After everything we've been through

di Miriel_93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Pelle contro pelle ***
Capitolo 2: *** Solidi legami ***
Capitolo 3: *** Notte di notizie ***
Capitolo 4: *** Promesse dimenticate ***
Capitolo 5: *** Amare gelosie ***
Capitolo 6: *** Cambiamenti profondi ***
Capitolo 7: *** Attimi di vita ***
Capitolo 8: *** Vecchie abitudini ***
Capitolo 9: *** Hajime ***
Capitolo 10: *** Primi impacci ***
Capitolo 11: *** Rammarico ***
Capitolo 12: *** Piccole fantasie ***
Capitolo 13: *** Amiche e segreti ***
Capitolo 14: *** Timide speranze ***
Capitolo 15: *** Panico ***
Capitolo 16: *** Nervosismi ***
Capitolo 17: *** Piccole lezioni ***
Capitolo 18: *** Consigli gelidi ***
Capitolo 19: *** Acque placide ***
Capitolo 20: *** Col fiato sospeso ***
Capitolo 21: *** Eiko ***
Capitolo 22: *** Libertà ***
Capitolo 23: *** Ricordi ***
Capitolo 24: *** Cuori leggeri ***



Capitolo 1
*** Pelle contro pelle ***


Le sue labbra si posano sulle mie, le sfiorano, le baciano, le mordono delicatamente. Pochi istanti dopo scendono sul mio collo, scivolano più giù, nell’incavo tra i seni, scappano lungo il mio ventre, indugiano, risalgono. Il mio corpo si inarca, cerca quelle labbra che fuggono, le chiama, le insegue.
Respiro velocemente, con le labbra semidischiuse, le mani nascoste tra i capelli del mio uomo, il fuoco che invade ogni fibra del mio essere, assumendo la forma di un bisogno primordiale, quasi sfiancante. Un bisogno di lui che non si spegne, che brucia ogni cellula del mio corpo.
Le sue labbra ripetono all’infinito quel percorso, comincio a temere che possano scavare un solco sulla mia pelle. Raggiungono di nuovo la mia bocca, e nel tentativo di assaporarle più a lungo mi stringo al suo corpo, lo circondo con le gambe, tento di trattenerlo, di impedirgli di sgattaiolare via. Ma un sorriso increspa quelle labbra maledette e, quasi magicamente, tutti i miei tentativi vanno in fumo. Quella lenta e inesorabile tortura riprende, accompagnata da quelle sue grandi mani calde che mi sfiorano i fianchi, provocandomi miriadi di brividi che mi attraversano come se loro fossero dei lampi e io il cielo livido di una tempesta.
Mugugno qualcosa che non capisco nemmeno io e un soffio d’aria calda scivola fuori da quelle labbra. Ride. Il mio uomo ride della mia impazienza. Mi inarco di nuovo sotto di lui, pregandolo a gesti, dal momento che le parole mi mancano.
Finalmente sento il suo corpo farsi strada nel mio che, docilmente, lo accoglie. Sospiro, affondando le unghie nella sua schiena, stringendolo a me, decisa a non lasciarmelo scappare, ora che è mio. Ed è come se tentasse di fuggire, scivola lontano da me, ma non abbastanza, torna sui suoi passi, indugia, tenta di nuovo di andarsene. E io respiro contro l’incavo del suo collo, incapace di pronunciare anche una sola parola.
«Ti amo…» Mi dice lui, in un soffio. Sorrido. Non sono l’unica a cui manca il fiato.
In risposta gemo, un gemito lieve, appena accennato. Non ho abbastanza aria nei polmoni. Allaccio le gambe dietro il suo bacino, sfioro la pelle del suo collo con le labbra, vi deposito dei piccoli baci in apnea, bevendo il suo profumo con lunghe sorsate. Mai avrei creduto che il suo amore, che il nostro amore, potesse essere così travolgente, devastante, perfetto.
Il suo corpo lotta più decisamente contro il mio, colpisce, scappa, si arrende, lotta, affonda, riemerge, sempre più freneticamente, e io sono come disarmata, non riesco a trattenerlo, a imprigionarlo. Appena credo di esserci riuscita si libera dalla mia stretta, mi prende in giro, prima scappa e poi ritorna.
Finché non si accascia contro il mio, lasciandosi avvolgere, cercando il mio abbraccio, quasi pregandomi di stringerlo a me. Quella lotta all’ultimo gemito di piacere si è conclusa, ed entrambi abbiamo vinto. Il piacere mi paralizza il fiato in gola per un istante. Annaspo in cerca d’aria e le mie labbra si tendono in un sorriso.
La mia presa sul suo corpo si allenta. Non c’è più bisogno di trattenerlo. Non se ne andrà. Resterà lì, a godersi l’abbraccio nel quale si è accasciato senza forze. Accarezzo quella schiena forte che mi ha protetta tante volte e sospiro, recuperando lentamente l’ossigeno di ci ho bisogno.
«Anche io ti amo…» Bisbiglio, ora che finalmente ho abbastanza aria nei polmoni.
Ora è lui quello a non avere fiato. La sua risposta è una risata soffiata, che si infrange sulla mia pelle nuda, solleticandola. Chiudo gli occhi, godendomi il calore del suo corpo, che lentamente scivola fuori dal mio, rimanendo, però, tra le mie braccia.
«Sono incinta…» Mormoro. Ho aspettato quel momento per tutto il giorno. Da quando ho avuto la conferma di quelle mie strane nausee e di quell’incredibile ritardo mensile. Da quando ho saputo, quel pomeriggio, che la vita aveva messo le sue piccole e forti radici dentro di me, da allora aspetto che la notte rubi il posto al giorno, avvolgendoci nelle sue tenebre.
L’altra metà di quella nuova vita si solleva, puntellandosi sulle braccia, guardandomi negli occhi. È incredulo. Mi fissa in silenzio per qualche istante e io ne approfitto per sfiorargli dolcemente le guance, aspettando pazientemente. Ho nove lunghi mesi da attendere, aspettare che il mio uomo metabolizzi quella notizia è un tempo irrisorio, a confronto.
«Dici…dici sul serio?» Mi domanda, in un soffio leggero, mentre un sorriso affiora su quelle labbra che mi erano scivolate addosso miliardi di volte. Annuisco, con un sorriso. Gli occhi nei quali avevo fissato il mio sguardo si chiudono e il viso su cui sono sistemati si nasconde nell’incavo del mio collo.
«È magnifico…» Mormora mentre mi abbraccia, sistemandosi al mio fianco, riparando i nostri corpi sotto una coperta. Guardandomi di nuovo negli occhi mi sfiora il ventre con la punta delle dita, facendomi rabbrividire.
«Mio…figlio…» Sussurra, come se temesse di mandare in frantumi quella realtà, se solo dovesse parlare a voce alta. «Nostro figlio…» Precisa. Ha forse gli occhi lucidi? Forse è solo una mia impressione.
«Io sento che è una bambina» Confesso, posando la mia mano sulla sua. Sento il calore del suo palmo che mi scalda la pelle. Quella nuova vita, ancora così piccola, sentirà il calore della mano di suo padre?
«Non importa quello che sarà. Che sia maschio o che sia femmina, amerò questa creatura con tutte le mie forze…» Giura, scendendo a baciare il punto in cui quel minuscolo cuore sta già battendo. Gli sorrido e premo le mie labbra sulle sue, sfiorandogli il volto.
Ci addormentiamo così, abbracciati, con le mani intrecciate a proteggere quella piccola esistenza. 

Come promesso sono tornata con il sequel di "It took a long time"! Spero che vi piaccia!
La storia avrà una struttura leggermente diversa: alternerà capitoli in prima persona, nei quali dominerà il punto di vista di un personaggio, e capitoli in terza, dove sarà presente un narratore esterno. Come primo capitolo ho scelto di mettere questo, non se se per catturare la vostra attenzione o se per altri motivi XD
A voi capire di che personaggio si tratta! Sono aperte le scommesse! XD
Buona lettura e a presto con il prossimo capitolo =)
Baci baci!

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Capitolo 2
*** Solidi legami ***


Il sole mi sveglia, colpendomi dritto in un occhi. Grugnisco, infastidito, e mi giro dall’altra parte. Le braccia della donna che amo mi circondano mollemente, avvolte dal sonno. Ora che mi sono girato per evitare il sole me la trovo davanti. Sento il suo respiro lieve sul viso. Apro gli occhi, ubriacandomi della sua espressione addormentata. Sorrido, sfiorandole con delicatezza la guancia, sperando di non svegliarla. Adoro restare a guardarla mentre dorme. Mi dà un grande senso di pace. Non che non sia così per tutto il resto del tempo, ma guardarla mentre è immersa in chissà quale sogno, con gli occhi chiusi, indifesa come solo il sonno può rendere una persona, sento che è giusto. Sento che quello è il mio posto, lì, accanto a lei. Per sempre.
Brontolando sommessamente, la mia donna increspa la fronte, mettendo il broncio per qualche istante. Ridacchio lievemente. Adoro quando borbotta nel sonno. Pochi attimi dopo, il suo viso si distende di nuovo con un sospiro leggero. Come ho potuto mascherare il mio amore per lei così a lungo?
Proprio mentre il sonno mi sta per vincere di nuovo, la vedo aprire faticosamente gli occhi, sbirciandomi da sotto le palpebre ancora pesanti. Sorride, trovandomi di fianco a lei.
«Buongiorno…» Mormora, con la voce assonnata.
«Buongiorno» Rispondo, dopo averle posato un leggero bacio sulle labbra.
«Il sole è sorto da tanto?» Chiede.
«Abbastanza per cavarmi un occhio» Dico, ridacchiando.
Ride anche lei, accoccolandosi contro il mio petto. La accolgo tra le mie braccia con un sorriso, stringendola dolcemente.
«Sognato qualcosa?» Mi informo. Adoro quando condivide con me quello che sogna.
«Mh, non mi pare» Brontola, vagamente delusa.
«Pazienza, sarà per la prossima notte» La rassicuro, sfiorandole la fronte.
Ancora rimbambita dal sonno, alza il viso, in cerca di un bacio. La accontento subito, senza farmelo ripetere due volte. Le sfioro le labbra delicatamente, ma appena mi scosto la sento allungarsi in cerca di un altro bacio. Sorrido e torno sui miei passi, incontrando di nuovo quella sua bocca avida di me, lasciandomi travolgere dalla sua dolcezza mattutina. Dopo qualche bacio si solleva, appoggiandosi ad un braccio, schiacciandomi a terra. La lascio fare, prendendole il viso tra le mani, facendomi scivolare i suoi lunghi capelli tra le dita. Pochi istanti dopo e seduta su di me, e mi sfiora le labbra, il collo, fa scorrere le mani sul mio petto, studiandolo con dita leggere. Il mio respiro si fa più veloce. Le stringo i fianchi e lei sospira, adoperandosi per accogliermi dentro di lei. Un mugolio leggero mi sfugge dalle labbra quando il suo corpo mi avvolge nel suo caldo abbraccio.
Le mie dita volano lievi e rapide lungo la sua schiena, facendola rabbrividire. Per ripicca mi morde le labbra, schiacciandosi contro il mio corpo, come a volermi ricordare che, in quel momento, è lei a comandare il gioco. Facendo sparire i suoi seni morbidi sotto le mie mani mi arrendo, massaggiando quelle rotondità perfette con decisione e delicatezza, mentre dalle sue labbra socchiuse fuoriescono piccoli gemiti di piacere. Il suo corpo scivola sopra al mio con una lentezza esasperante, tanto che devo trattenermi dal rovesciare la situazione.
Qualche tempo dopo il ritmo dei suoi movimenti aumenta e il mio respiro accelera con essi, finché, con la mente annebbiata dal piacere che cresce dentro di me, non mi ritrovo a farla rotolare su un fianco, sovrastandola con il mio corpo. La sento allacciare le gambe dietro il mio bacino mentre corro a riempirle il collo di baci, danzando nel suo corpo mentre i suoi gemiti di fanno più consistenti e le sue unghie si fanno strada nella mia pelle, graffiandomi la schiena senza farmi male. Gemo anche io, e le nostre voci distorte dal piacere si intrecciano come i nostri corpi, seguendo i passi di quella danza antica come il mondo intero.
«Ti amo…» Le dico, e la mia voce è talmente soffocata da sembrare un lamento.
«Anch’io…» Mugola lei, inarcandosi sotto di me, stringendomi al suo corpo.
L’abbraccio del suo corpo si fa sempre più caldo, e sento che di lì a poco esploderò. Sento che ogni fibra del mio corpo è immersa in quel piacere incontenibile che, ad ogni istante, sembra sempre più grande.
Quando sento il fiato bloccarsi nella sua gola e le sue unghie affondare nella mia schiena, il mio corpo affonda nel suo con più decisione, e lì si blocca, travolto dalla stessa sconvolgente onda che ha travolto lei. Il suo corpo si riempie di me, e io mi accascio lentamente su di lei, ad occhi chiusi, con il fiato corto e il sorriso sulle labbra. Le sue unghie lasciano la mia pelle e la punta delle dita prende il loro posto, accarezzando i solchi lievi rimasti su di me, come se si scusassero di quei segni. Affondo il viso nell’incavo del suo collo, respirando il suo profumo dolce. Rimaniamo in silenzio. Non abbiamo niente da dire, i nostri respiri accelerati parlano per noi.
Appena ho recuperato un po’ di fiato, scivolo di lato, evitando di schiacciarla oltre sotto il mio peso. Ci guardiamo negli occhi, sorridendoci. Lei torna tra le mie braccia, appoggiando la testa sulla mia spalla e una mano sul mio petto. Le accarezzo la schiena, chiudendo gli occhi per recuperare le energie.
«Potremo dormire ancora un’oretta o verranno a disturbarci prima?» Mi chiede, in un soffio.
«Sinceramente? Non m’importa. Aspetteranno» Le rispondo, stringendola a me, sistemandomi un braccio sotto la testa, pronto a scivolare di nuovo nel sonno.
Riapro gli occhi tempo dopo, senza sapere quanto ne sia trascorso. Non sento il calore del suo corpo contro il mio, ma avverto un fruscio a poca distanza da me. Si è alzata da poco e si sta vestendo. Mi giro su un fianco, ammirandola. Gli abiti le scivolano leggeri sulla pelle candida.
«Di nuovo buongiorno» Le dico, sorridendo.
«Buongiorno» Mi risponde, ridendo.
Mi alzo e mi vesto a mia volta, velocemente. Poi le prendo una mano, trascinandola fuori con me senza dirle nulla.
«Ma che ti prende?» Mi chiede, ridacchiando, mentre cerca di tenere il mio passo.
«Sssh, è una sorpresa» La zittisco, sorridendo.
Una volta raggiunta la riva del torrente che scorre vicino al nostro villaggio mi fermo. So che quello è il suo posto preferito, nascosto tra l’erba alta e vicino a una piccola insenatura dove l’acqua va a scivolare tranquilla. Le prendo entrambe le mani e, guardandola negli occhi, mi inginocchio davanti a lei, che improvvisamente capisce e si mette a piangere, con le guance rosse d’emozione.
«So che te ne ho fatte passare tante, e non mi scuserò mai abbastanza, però ti amo, anche se ci ho messo un sacco di tempo a capirlo e a dimostrartelo come si deve» Comincio, senza distogliere lo sguardo. «Dimmi, ora che Naraku è stato finalmente sconfitto, vuoi sposarmi?» Chiedo. La sua testa si muove spasmodicamente su e giù prima ancora che io finisca di parlare.
«Sì! Certo che sì!» Urla, cadendo in ginocchio davanti a me, gettandomi le braccia al collo, la stringo a me e sospiro. La mia futura sposa. 

Eccoci qua con il secondo capitolo di questa nuooooova ff! Lo so, lo so, mi state odiando perché non ho ancora chiarito chi sono i personaggi del primo e vi pianto davanti un'altro dubbio ^^
Abbiate fede, presto verrà tutto svelato! A voi la parola, chi sono stavoltaaa? Sono curiosa di vedere cosa mi dite ^^
Nel frattempo, tanti baci a tutti e buona lettura! ^^

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Capitolo 3
*** Notte di notizie ***


Come, ormai di consueto, avviene le notti di luna piena, il gruppo che per lungo tempo ha inseguito Naraku si riunisce nella capanna della vecchia Kaede, rivangando vecchi episodi e raccontandosi i nuovi avvenimenti. Nessuno di loro, però, si aspetta così tante novità tutte insieme.
«Somma Kaede!» Chiama Miroku, scendendo dal dorso di Kirara insieme a Sango.
«Ah, Sango, Miroku! Siete arrivati!» Li saluta l’anziana donna, sempre più segnata dall’età.
«Già! Buona serata! Come si sente?» Risponde Sango, avvicinandosi.
«Il peso della vecchiaia non accenna certo a diminuire, ma non ho di che lamentarmi. Voi, invece? Come procede l’addestramento dei nuovi sterminatori?» S’informa la donna.
«Faticosamente, ma procede. La prossima settimana porterò gli allievi più anziani in missione insieme a me, anche se Miroku non è troppo d’accordo» Sottolinea, lanciando un’occhiata complice al monaco, che le sorride, scrollando le spalle.
«Di sicuro si dimentica di quanto tu sia valorosa, Sango. Ma entriamo, Inuyasha e Kagome saranno qui a momenti, sono andati a prendere l’acqua giù al fiume» Annuncia la sacerdotessa, sparendo all’interno della sua capanna, dove Shippo aspetta tutti, seduto vicino al fuoco.
«Sango! Miroku!» Li saluta.
«Ciao, piccolo Shippo! Come stai?» Saluta Sango.
«Bene! Vi vedo in forma! Anche voi state bene, immagino!» Risponde.
«Certo, Shippo, tutto alla grande» Conferma Miroku.
Proprio in quel momento Kagome fa il suo ingresso, seguita da Inuyasha che trasporta un secchio pieno d’acqua fresca.
«Oh, siete arrivati anche voi! Che piacere rivedervi!» Li saluta Kagome, prendendo posto vicino a Sango.
«Kagome, Inuyasha, buona sera!» Saluta Miroku.
«Ehi, ce ne avete messo di tempo!» Brontola Inuyasha.
«Sì, Inuyasha, anche per noi è un piacere rivederti» Lo prende bonariamente in giro Sango, ridacchiando.
Tra uno scherzo e l’altro, il gruppo comincia a mangiare, mentre, lentamente, i ricordi del passato lasciano posto a questioni più recenti.
«A proposito!» Esordisce Kagome. «Abbiamo una notizia» Annuncia, mentre Inuyasha arrossisce lievemente, schiarendosi la voce.
«Che coincidenza, anche noi abbiamo qualcosa di cui informarvi» Confessa Sango, sorridendo, mentre Miroku le prende dolcemente la mano.
«Avanti, sono curioso! Che succede?» Chiede Shippo, con gli occhi pieni di curiosità.
«Era un po’ che non avevate notizie importanti da darci, diteci, di che si tratta?» Chiede l’anziana Kaede.
«Kagome, Inuyasha, parlate prima voi, avete la precedenza» Incoraggia Miroku, con un sorriso, curioso di sapere che cosa hanno da annunciare i due amici.
«Sputa il rospo, Miroku!» Incita Inuyasha, incrociando le braccia.
«Ah, decidetevi!»Esclama Shippo, impaziente.
«Inuyasha, avete parlato per primi, tocca a voi» Stabilisce la vecchia sacerdotessa.
«Tsk!» Brontola Inuyasha.
«Andiamo, Inuyasha, non fare storie» Lo ammonisce dolcemente Kagome, posando una mano sulla sua gamba. «Se vuoi lo dico io» Si propone.
«Fa’ un po’ come ti pare» Mugugna il mezzo demone, imbarazzato.
«D’accordo, allora. Ragazzi, Inuyasha mi ha chiesto di sposarlo!» Annuncia Kagome, sorridendo, piena di gioia.
«Ma è una notizia splendida! Era proprio ora, Inuyasha! Congratulazioni a entrambi!» Si complimenta Sango, con gli occhi lucidi.
«Tantissimi auguri, sono felicissimo anche io» Commenta Miroku, circondando le spalle di Sango con un braccio.
«Che notizia incredibile! Complimenti, Inuyasha, non me l’aspettavo da parte tua! Congratulazioni» Replica l’anziana Kaede, stupita ma contenta.
«Kagome, ti ci vorrà tanta fortuna per sopportare Inuyasha» Commenta Shippo, ridacchiando.
«Brutto moccioso, adesso giuro che ti gonfio di botte!» Lo minaccia Inuyasha, profondamente a disagio per tutte quelle attenzioni.
«Inuyasha, a cuccia!» Ordina Kagome, senza fare una piega. «Non ti preoccupare, piccolo Shippo, non sarà così tremendo» Lo tranquillizza, aiutando un Inuyasha imbronciato a rimettersi seduto.
«Miroku, Sango, la vostra notizia invece qual era?» Indaga il cucciolo di demone volpe, ancora curioso.
«Beh, ecco» Esordisce Sango, arrossendo. «Miroku, vuoi dirglielo tu?» Chiede, prendendo una mano del monaco tra le proprie.
«D’accordo» Acconsente il ragazzo, con un sorriso. «Sango è incinta» Annuncia, posando una mano sul ventre della ragazza, guardandola negli occhi mentre parla.
«Sango! Sono felicissima! Hai già deciso il nome? Pensi che sarà un maschietto o una femminuccia? Posso fare la madrina? Oh, Sango, congratulazioni!» Prorompe Kagome, al settimo cielo per l’amica.
«Ehm, no, ancora no, io sento che sarà una bambina, ma non posso esserne certa» Borbotta la sterminatrice, con gli occhi lucidi.
«Ehi, Miroku, tanti auguri con il marmocchio eh!» Lo prende in giro il mezzo demone, felice ma incapace di dimostrarlo adeguatamente.
«Tu, piuttosto, vedi di stare attento a quello che fai se non vuoi finire schiantato di continuo dal Rosario della Soggiogazione» Replica il monaco, ringraziandolo a modo suo.
«Questo vuol dire che sarò zio?» Chiede Shippo, sentendosi immediatamente più grande e più saggio.
«Ma quale zio, al massimo gli farai da compagno di giochi!» Lo schernisce Inuyasha, beccandosi, così, un’occhiataccia da parte di Kagome.
«È davvero una bellissima notizia, Sango. Se avrai bisogno non esitare a cercare il mio aiuto, ho assistito parecchie donne in gravidanza nel villaggio, sarà un piacere aiutare anche te» Si congratula l’anziana Kaede, con gli occhi lucidi.
«Grazie, venerabile Kaede. E grazie anche a voi» Risponde Sango, stringendosi a Miroku.
«Direi di brindare a queste notizie meravigliose!» Propone la sacerdotessa, porgendo un piccolo bicchiere di sakè a ognuno, raccomandando a Sango di non berne troppo.
«Alle belle notizie e a un futuro splendente!» Esclamano, tutti in coro.

Sì, lo so, questo capitolo è un pochino più breve dei precedenti, ma l'importante è che la vostra curiosità sia stata soddisfatta, no? ^^
Comunque, complimenti a chi aveva indovinato! Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che le scoperte vi abbiano soddisfatto ^^
Alla prossima! 
Baci baci, Aly! ^^

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Capitolo 4
*** Promesse dimenticate ***


Mentre il sonno ci scivola dolcemente addosso, stringendoci nel suo confortevole abbraccio, Sango si gira verso di me, guardandomi negli occhi per un lungo istante senza dire nulla.
«Che c’è?» Le chiedo, con un sorriso lieve.
«Sono veramente contenta per Kagome e Inuyasha» Dice. Dove vuole arrivare?
«Sì, anche io» Replico, vagamente sospettoso.
«Il che mi ricorda una certa promessa» Aggiunge. Eccola lì. Lo sapevo che c’era qualcosa sotto.
«Ah, sì?» Le chiedo.
«Già» Conferma, chiaramente aspettando che me la ricordi.
Resto a guardarla negli occhi. Se uno sguardo potesse uccidere, quella sarebbe stata una delle tante volte in cui sarei morto.
«Hai intenzione di dirmi quale promessa ti ricorda?» Chiedo, alla fine.
«Non sei cambiato una virgola» Sussurra, sconsolata, girandosi di nuovo dall’altra parte. Alzo gli occhi al cielo, abbracciandola.
«Ti riferisci alla promessa di sposarci una volta sconfitto Naraku, vero?» Le domando, sapendo già che la risposta sarebbe stata affermativa.
«Già. Ma a quanto pare non te la ricordavi» Mormora, rassegnata.
La stringo lievemente a me, sfiorandole i capelli con le labbra.
«Me la ricordavo, invece. Solo che c’è stato il problema di Kagome e non ne abbiamo più parlato. Sono pronto a sposarti anche stanotte, Sango» Le assicuro, in un sussurro.
La sento sospirare, soddisfatta, mentre si accoccola contro di me, raggomitolandosi su se stessa.
«Voglio sposarti prima che nasca» Confessa, sfiorandosi il ventre con la punta delle dita.
«Allora farò in modo che sia così» Le prometto, posando la mia mano sulla sua, sfiorandole a mia volta la pancia, chiedendomi quanto ci vorrà prima che il frutto del nostro amore cominci a modificare le sue curve.
«Ti amo, Miroku» Sussurra. Scommetto che sta sorridendo.
«Anche io ti amo, Sango» Mormoro. «Ora dormi, però. Voglio che ti riposi il più possibile» Aggiungo, premurosamente.
«D’accordo. Buona notte» Risponde, sistemandosi meglio al mio fianco.
«Sogni d’oro» Le auguro, intrecciando le dita con le sue, prima di lasciarmi vincere dal sonno.
 
La mattina dopo, quando apro gli occhi, mi trovo il suo viso davanti, gli occhi fissi nei miei e un sorriso sulle labbra.
«Buon giorno» Mugugno, stiracchiandomi.
«Ben svegliato. Gli altri sono in piedi da un po’» M’informa. Sembra un rimprovero bonario.
«Quanta fretta hanno sempre» Brontolo, rubandole un bacio prima di mettermi a sedere, sospirando. Mi stropiccio un occhio. «Come stai?» Le chiedo, ripensando alle lievi nausee che negli ultimi tempi l’avevano infastidita. Ripensandoci, avremmo anche potuto arrivarci a capire che era incinta.
«Bene» Risponde, facendo spallucce.
«Stamattina niente nausea?» M’informo.
«Fortunatamente no. Ormai  è qualche giorno che non ne ho» Risponde, pensierosa. «Chiederò alla vecchia Kaede qualche informazione in più» Promette, sorridendomi.
«D’accordo» Rispondo, sorridendo a mia volta.
Dopo qualche esitazione mi lascio convincere ad alzarmi, raggiungendo gli altri, che stanno discutendo i primi preparativi delle nozze.
«Buon giorno a tutti» Saluto.
«Chi non muore si rivede» Mi risponde Inuyasha, evidentemente nervoso. Sarà un periodo molto lungo quello che precederà il matrimonio.
«Inuyasha, insomma!» Lo rimprovera Kagome, esasperata.
«Non preoccuparti, divina Kagome, ci sono abituato» La rassicuro, con una risata lieve.
«Allora, Inuyasha, hai intenzione di decidere entro la fine dell’anno?» Chiede, con tono incalzante la venerabile Kaede.
«Ma che cambia la data! Per me va bene qualsiasi giorno, fai scegliere a Kagome!» Brontola il mezzo demone, incrociando le braccia.
«Kagome?» Chiede, in un sospiro, l’anziana donna.
«Va bene entro la fine del mese» Risponde la ragazza, cercando conferma negli occhi di Inuyasha.
«Giusto! Volevo chiedervi una cosa, se non è un problema» Esordisco, schiarendomi la voce.
«Certo, Miroku» Risponde la venerabile Kaede.
Sento lo sguardo perplesso di Sango pungermi il viso.
«Inuyasha, Kagome, sarebbe un problema celebrare un doppio matrimonio?» Chiedo, cercando la mano di Sango, in piedi al mio fianco. Gli sguardi di tutti mi si posano addosso con aria piacevolmente sorpresa. Le dita della mia donna si stringono intorno alle mie e io le sorrido. «Te l’ho promesso, no?» Le dico.
«S-sì» Risponde, con gli occhi lucidi. Forse non si aspettava che mi attivassi così presto per esaudire il suo desiderio.
«Stai dicendo che finalmente sposerai Sango?» Mi chiede Kagome, anche lei con gli occhi colmi di lacrime.
«Mi ha giustamente ricordato che l’avevamo deciso ancora prima di sconfiggere Naraku» Le spiego.
«Tsk, allora te n’eri dimenticato, eh, bonzo?» Mi prende in giro Inuyasha.
«I problemi della divina Kagome hanno distratto anche me e Sango, sai?» Gli faccio notare, con aria di sfida. «E poi ti conviene chiudere il becco, ci hai messo una vita a confessare i tuoi sentimenti» Gli rinfaccio.
«Sempre meglio di te che hai vuotato il sacco e poi hai continuato a comportarti da farfallone» Replica.
«Ora basta, tutti e due!» Ci rimproverano Sango e Kagome.
«Lascia perdere, Kagome, non cresceranno mai!» Sento dire a Sango, che ridacchia, scuotendo bonariamente la testa.
Sarà una madre meravigliosa. Ne sono sempre più convinto. Le sorrido dolcemente, lasciando perdere il battibecco con Inuyasha. Sango sarà mia moglie. E la madre dei miei figli. Cos’altro potrei chiedere dalla vita?

Lo so, capitolo relativamente breve anche questo, ma tutto ha un suo perché, fidatevi di me ^^
Spero che vi piaccia! Non dimenticate di darmi sia pareri positivi che pareri critici, la vostra opinione è sempre utile e fonte d'ispirazione ^^
Alla prossima!
Baci baci! ^^

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Capitolo 5
*** Amare gelosie ***


Qualche mese dopo.
 
«Inuyasha, a cuccia!» Esclamo, irritata. Possibile che sia così stupido?
«D-dannata, che ho fatto stavolta?» Mugugna mio marito, cercando di alzarsi dal pavimento.
«Che hai fatto?!» Gli urlo contro, esasperata. «Io…io non ti sopporto più!» Aggiungo, mordendomi la lingua per trattenere le lacrime, prima di girare i tacchi e uscire dalla nostra piccola, ma accogliente, capanna. Ho bisogno di Sango. Ho un disperato bisogno di Sango.
Dopo esserci sposati tutti nello stesso giorno, Miroku e Sango si sono trasferiti provvisoriamente nel nostro villaggio, in modo da poter essere vicini alla venerabile Kaede qualora ve ne fosse il bisogno. La pancia di Sango comincia a crescere e posandovi sopra una mano, di tanto in tanto, si può avvertire qualche lieve movimento del bambino che cresce dentro di lei. Non l’ho mai detto ad Inuyasha, ma vorrei provare anche io quello che prova Sango. Da quando ha scoperto di essere incinta è meravigliosamente radiosa, non le manca mai il sorriso, nemmeno quando Miroku ne combina una delle sue. È veramente qualcosa di cui essere invidiosi.
«Kagome! Che succede?» Mi chiede Sango, vedendomi mentre esce dalla capanna in cui si è sistemata con Miroku. Ha una cesta in mano. Probabilmente sta andando a sistemare il bucato al sole perché si asciughi.
«Oh, Sango…!» Esclamo, accorgendomi di essere scoppiata a piangere.
«Ehi, va tutto bene, andiamo, racconta» Mi incita, intuendo che si tratta di Inuyasha.
Qual è il problema? Beh, diciamo che credevo che con il matrimonio Inuyasha sarebbe cambiato, che avrebbe smesso di comportarsi da stupido e che, soprattutto, avrebbe smesso di parlare di Kikyo. E invece sembrava non averne la minima intenzione. Certo, non che lo facesse apposta, ma a lungo andare la cosa cominciava veramente a distruggermi, sia fisicamente che psicologicamente. Credevo che Kikyo fosse un capitolo chiuso della sua vita, e invece una notte l’avevo persino sentito bisbigliare il suo nome nel sonno.
«Mi ha chiamata Kikyo…e non se n’è nemmeno reso conto…! L’ho messo a cuccia e lui nemmeno ha capito qual era il motivo. E se Inuyasha mi amasse solo perché sono molto simile a Kikyo?» Spiego alla mia amica, asciugandomi le lacrime.
«Kagome» Mormora, con un sorriso, posandomi una mano sulla spalla. «Inuyasha ha solo un modo orribile di dimostrartelo, ma ti ama. Lo sai. Lo sappiamo tutti» Cerca di rassicurarmi. Io, invece, cerco di crederle.
«Credevo che sarebbe cambiato almeno un po’, che avrebbe smesso di comportarsi come se dovesse nascondere i suoi sentimenti per me, e invece…» Mugugno.
«Torna da lui. Probabilmente sta ancora cercando di capire che cosa ha fatto. Spiegaglielo, aprigli il tuo cuore e vedrai che tutto si sistemerà» Mi consiglia, sorridendomi.
Annuisco, convinta, però, che le cose non cambieranno di una virgola. Forse è il caso di tornare nella mia epoca per qualche giorno. Staccare la spina, insomma.
Mi avvio verso casa con il cuore pesante.
Inuyasha mi aspetta sulla porta, le braccia incrociate e lo sguardo colpevole.
«Scusa. Non ho ancora capito cosa ho sbagliato, ma scusa» Mugugna, abbassando lo sguardo.
«Inuyasha…tu…mi ami veramente?» Sussurro, senza guardarlo negli occhi.
«Ma che razza di domanda è?» Sbotta.
«Non hai risposto» Gli faccio notare, amareggiata.
«Certo che ti amo» Bofonchia.
«Torno nella mia epoca per qualche giorno» Annuncio, dopo un istante di silenzio.
Inuyasha annuisce. Non protesta. Mando giù il rospo e faccio dietrofront.
“Non mi insegue nemmeno”, noto, amareggiata.
Una volta raggiunto il pozzo mi volto indietro, sperando di intravederlo. E invece, niente. Salto nel pozzo trattenendo le lacrime e chiudendo gli occhi.
 
Il rumore familiare dei clacson delle macchine che invadono le strade della mia città natale mi avvolgono. Mi arrampico fuori dal pozzo Mangiaossa ed esco dal piccolo tempietto. C’è il sole. Un meraviglioso sole estivo che mi scalda l’anima. Respiro a pieni polmoni, anche se l’aria, in confronto a quella dell’epoca Sengoku, è molto più pesante e inquinata.
«Sorellina, sei passata a salutarci?» Sota sta giocando a pallone nel cortile, come sempre. Gli anni passano, ma lui è sempre insieme al suo pallone da calcio.
«Sì, diciamo di sì. La mamma è in casa?» Gli chiedo, facendo finta di nulla.
«Sì, il nonno si è ammalato. Gli è venuto un raffreddore incredibile» Mi spiega, alzando gli occhi al cielo. Sorrido appena, avviandomi verso casa.
«Ma il fratellone-cane non c’è?» Mi chiede, deluso. Forse sperava di trovare un compagno di giochi in quella giornata calda.
«Ehm…no, aveva da fare» Mento, con un’alzata di spalle.
«Va beh, peccato» Commenta mio fratello, tornando a prendere a calci il pallone.
 
«Mamma! Nonno!» Chiamo, entrando in casa.
«Kagome, siamo qui!» Risponde mia madre dal salotto.
«Oh, Kagome, sei venuta a trovare il tuo povero nonno!» Mi saluta, invece, il nonno, con aria moribonda.
«Andiamo, hai solo un po’ di raffreddore!» Commenta la mamma.
«Alla mia età potrebbe uccidermi!» Si lamenta lui. «Ma di’ un po’ Kagome, non c’è Inuyasha?» Mi chiede.
«Vieni Kagome, aiutami a preparare una tazza di tè per il nonno, ti va?» Propone mia madre, capendo il problema.
«Non ha risposto alla mia domanda!» Protesta il nonno.
«Andiamo tesoro» Lo ignora lei, posandomi un braccio sulle spalle.
 
Dopo qualche momento di silenzio crollo.
«Avanti, racconta tutto alla tua mamma» Mi incoraggia mia madre, sedendosi vicino a me.
«Oh, mamma!» Esclamo, gettandomi tra le sue braccia. Mi faccio pietà da sola. Ormai sono grande, sposata, e ancora piango e cerco la mamma.
«Va tutto bene, Kagome. Va tutto bene» Cerca di rassicurarmi, senza perdere quel suo sorriso incredibilmente sereno. «Sai, anche io con tuo padre ho avuto un sacco di problemi all’inizio. Era difficile vivere insieme, ci vedevamo tutti i giorni, certo, ma non era la stessa cosa» Mi racconta, accarezzandomi i capelli. «Devi solo portare pazienza, piccola mia. Tutto si sistemerà» Conclude. «Asciugati le lacrime, porta il tè al nonno e torna da Inuyasha. Sono sicura che ti sta aspettando» Aggiunge, sorridendo.
Annuisco, e con la manica del kimono mi asciugo il viso.
«Prima però ne approfitto per un bagno caldo e un riposino. Non sono ancora in vena di rivederlo…» Mugugno.
«Va bene, tranquilla, vado a prepararti l’acqua» Propone, mentre, con la tazza di tè caldo in mano, torno dal nonno. Assurdo come si sia preso un raffreddore in piena estate.
 
Dopo aver passato quasi un’ora immersa nell’acqua calda del bagno, mi butto sul letto, con i capelli umidi. Sospiro e sto già dormendo.
Qualche tempo dopo un profumo familiare mi pizzica il naso. Intontita dal dormiveglia mi accoccolo contro il corpo che avverto al mio fianco, lasciandomi avvolgere da quell’aroma.
«È perché ti ho chiamato Kikyo, vero?» Mormora una voce.
Apro gli occhi, convinta di essere immersa in qualche sogno. E invece no, Inuyasha è proprio lì, sul mio letto, con il viso triste e l’aria colpevole. Mi metto seduta, stropicciandomi appena un occhio.
«Credevo che l’avresti dimenticata, con il tempo, invece comincio a pensare che dovrò convivere per sempre con il suo fantasma» Brontolo, la voce impastata dal sonno, ma comunque colma di tristezza.
Inuyasha non mi risponde. Mi prende il viso tra le mani e mi bacia, stringendomi a sé. Ricambio quel bacio, anche se sto ancora soffrendo. La sensazione delle sue labbra sulle mie mi dà i brividi.
Ben presto sento l’aria calda dell’estate accarezzarmi la schiena nuda mentre entra dalla finestra socchiusa. Scappo dal bacio di Inuyasha, ascoltando per un istante il silenzio di casa mia. Faccio girare la chiave nella serratura e torno da mio marito, buttandomi alle spalle, per qualche tempo, l’odiosa ombra di Kikyo.
Gli tolgo la giacca che indossa nonostante il caldo e lui mi trascina sul letto. Ci liberiamo a vicenda dei nostri abiti e ci lasciamo avvolgere l’uno dai sospiri dell’altra, mugolando a bassa voce per non farci scoprire. Siamo sposati, ma non mi entusiasma l’idea di essere scoperti da qualcuno della mia famiglia.
Lo sento entrare in me, una sensazione familiare, dolce, appagante. Avvolgo il suo bacino con le gambe, incatenandolo a me, inarcandomi contro il suo corpo muscoloso. Nascondo il viso nell’incavo del suo collo, inspirando il suo profumo a grandi boccate mentre lui si muove nel mio corpo, mandando in estasi ogni fibra del mio essere.
Ci muoviamo piano, per non far cigolare il letto, è un amore dolce, lento e meraviglioso che ci travolge in silenzio, esplodendo piano dentro di noi. Sento il piacere farsi largo dentro di me insieme al corpo di Inuyasha. Mi inarco, lo inseguo, pianto le unghie nella sua schiena e trattengo il fiato. Inuyasha ansima, si nasconde contro la pelle del mio collo, si schiaccia contro di me, si lascia stringere dalle mie gambe. Ci lasciamo travolgere insieme, come sempre. Insieme come in ogni cosa, insieme nell’amore, insieme nel pericolo e insieme nei problemi.
Una lacrima mi sfugge. Capisco. Comprendo che anche se il fantasma di Kikyo aleggerà sempre intorno a noi, niente potrà dividerci, tanto meno un ricordo.

Mi scuso immensamente per il piccolo ritardo, ma ieri ho avuto un sacco di cose da fare e non sono riuscita a finire il capitolo in tempo T_T
Spero vi piaccia come vi sono piaciuti gli altri! Scusate ancora ^^
A presto, baci baci! ^^

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Capitolo 6
*** Cambiamenti profondi ***


Il silenzio regna sovrano sulla tranquilla riva del fiume su cui Rin si è seduta qualche tempo prima. Ora che lei e Sesshomaru, senza dimenticare Jaken, non hanno più motivo di viaggiare in lungo e in largo per il Giappone, la ragazzina può godersi tranquillamente il calore del sole. Sdraiata sull’erba, con le braccia aperte e gli occhi chiusi, lascia che il suo corpo si scaldi lentamente, assorbendo i raggi del sole come una piantina bisognosa d’acqua.
Lentamente il sonno l’avvolge, trascinandola con sé.
Quando riapre gli occhi si ritrova rannicchiata su un fianco, nella posizione in cui dorme di solito. Scivola fuori dal sonno lentamente, rendendosi pigramente conto di aver dormito fino a quel momento e per chissà quanto. Non sente più il calore del sole, segno che, forse, aveva dormito abbastanza perché l’astro calasse.
Si stiracchia, senza aprire gli occhi. Poi sospira, e lentamente fa scivolare le palpebre verso l’alto. Seduto accanto a lei trova Sesshomaru, con un sorriso lieve dipinto sul volto. Nonostante sia già passato un anno, il demone non ha ancora imparato a sciogliersi veramente. Ma  a Rin va bene così. Un mezzo sorriso di Sesshomaru le basta per sciogliersi.
«Mi hai fatto preoccupare» Le fa notare il demone, con la sua voce profonda.
«Ero venuta a godermi un po’ di sole…ma mi sono addormentata» Spiega Rin, ridacchiando.
«La solita» Commenta Sesshomaru, puntando lo sguardo verso il sole, quasi completamente sparito dietro gli alberi.
Rin, tirandosi a sedere, si avvicina al demone, accoccolandosi al suo fianco, posando la testa sulla sua spalla destra. Circondandola con il braccio, Sesshomaru rimase in silenzio, osservando fino all’ultimo secondo il globo infuocato del sole.
«Andiamo, è meglio rientrare. Comincerà a fare più fresco» Suggerisce, alzandosi per poi porgere la mano alla ragazzina, che la afferra con un sorriso sincero.
Mentre si dirigono alla loro capanna, dove Jaken sicuramente li sta aspettando, ancora terrorizzato all’idea di diventare presto inutile, Rin finisce per non riuscire a trattenere la domanda che da giorni le ronza in testa.
«Padron Sesshomaru, secondo lei come stanno suo fratello e quella ragazza?» Domanda.
Dopo qualche istante di silenzio, il demone scrolla lievemente le spalle.
«Non ne ho la minima idea, e sinceramente non me ne importa troppo» Risponde.
«Io non ci credo che non siete curioso, signor Sesshomaru!» Lo stuzzica la ragazzina, trotterellandogli al fianco.
«Ti ho detto più volte di non chiamarmi più “signore” o “padrone”. E comunque non mi interessa cosa fa quel misero mezzo demone»
«Ma è pur sempre vostro fratello!»
«Fratellastro. Lui è il risultato dell’unione di mio padre e di una miserabile essere umana» Sibila Sesshomaru, cominciando ad alterarsi, senza pesare le parole.
Rin abbassa il capo, incassando il colpo.
«Scusa» Aggiunge, il demone.
«No, avete ragione. Siamo solo esseri umani, in fondo» Mormora Rin, fingendo un sorriso.
Senza aggiungere altro per paura di peggiorare la situazione, Sesshomaru continua a camminare, sbirciando solo di tanto in tanto il profilo della ragazzina.
 
La cena si svolge in assoluto silenzio, sotto le occhiate perplesse di Jaken, che non capisce assolutamente nulla di quello che sta succedendo.
Quando, poi, Rin annuncia che andrà a coricarsi, il piccolo demone verde capisce che, forse, è meglio levarsi dai piedi. C’è qualcosa nell’aria, e il silenzio tra la ragazzina e Sesshomaru ne è la prova. Certo, il demone non è mai stato particolarmente loquace, ma da un anno a quella parte era lentamente cambiato e anche se non parlava tanto più del solito, non era mai successo che calasse un silenzio simile.
Rimasto solo con Rin, girata verso la parete della loro piccola capanna, Sesshomaru non sa che cosa dire. Ha passato tutta la sua vita a considerare il padre un debole per aver generato un figlio con un’umana. Certo, vive con Rin ora, e non si può certo dire che ne disprezzi la compagnia, ma non si è mai fermato a pensare a come questo lo renda simile a suo padre.
Sbirciando la schiena della ragazzina, Sesshomaru stringe i denti in un moto di stizza. Com’è possibile che si sia abbassato a tanto? E come è possibile che, in realtà, non gli dispiaccia per nulla? D’improvviso è diventato incoerente con se stesso, e questo non può non irritarlo profondamente.
«Rin?» Chiama.
«Sì?» Risponde la ragazzina.
Un momento di silenzio.
«Mi dispiace» Sospira il demone. «Ho passato la vita a credere che i demoni fossero esseri superiori e gli umani stupide creaturine inferiori» Spiega, cercando di giustificarsi. «Ora che ho cambiato punto di vista ammettere di non essere più d’accordo con quello che ho sempre pensato è difficile» Conclude.
«Lo so» Risponde Rin, girandosi verso il demone. «Ma la mia famiglia è stata sterminata da dei demoni. Sentire che odiate vostro fratello per un motivo così…sciocco…beh, fa male» Dice la ragazzina.
«Capisco» Commenta, semplicemente, Sesshomaru, avvicinandosi a lei.
Scivolando accanto al suo corpo, avvolgendolo con il suo, Sesshomaru capisce suo padre. E capisce Inuyasha. Capisce che cosa significa avere al proprio fianco qualcuno che ha disperatamente bisogno di protezione. Osservando Rin prendere sonno si rende conto di come, in realtà, non possa fare a meno di aggrapparsi alla vita di quella ragazza, proteggendola come solo lui può.

Salve! Questo capitolo, sono sincera, non finisce di convincermi, ma l'ho postato comunque nella speranza che piaccia a voi! Buona lettura miei cari ^^

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Capitolo 7
*** Attimi di vita ***


«Miroku!» Chiamo a gran voce mio marito, restando immobile nel futon, seduta, con una mano sul ventre gonfio. Pochi secondi dopo, con gli occhi blu sgranati per la paura, Miroku entra di corsa nella nostra capanna, ansimando.
«Stai male?» Mi chiede, angosciato.
«No, vieni qui, presto!» Lo invito, allungando una mano verso di lui che, confuso, si siede accanto a me. Gli afferro una mano, gliela poso sulla mia pancia, dove un lieve movimento mi solletica dall’interno. Miroku trattiene il fiato e mi guarda negli occhi. Gli sorrido, senza dire nulla.
«Si muove» Nota, con la voce lievemente tremula. Mai avrei pensato di leggergli un’emozione simile in viso. Annuisco e continuo a sorridergli. Il bambino si muove di nuovo.
«Credo che gli piaccia la tua voce» Azzardo, con il cuore che galoppa nel petto.
«Tu credi?» Mi domanda Miroku, sobbalzando lievemente quando un piccolo calcio colpisce il punto in cui la sua mano si trova ancora. «Temo tu abbia ragione» Farfuglia.
«Temi?» Gli chiedo, con una risata lieve.
Miroku non replica e mi stringe tra le sue braccia. Gli circondo la vita e appoggio il mento sulla sua spalla, inspirando a fondo quel profumo familiare.
«Non chiamarmi più così, mi hai fatto morire di paura» Mi suggerisce, con il volto affondato nei miei capelli sciolti. Ridacchio lievemente, annuendo appena.
«D’accordo, scusami» Rispondo, stringendomi a lui, che mi lascia un bacio sulla tempia, prima di districarsi dal mio abbraccio.
«Hai bisogno di qualcosa? Ti chiamo la venerabile Kaede?» Mi chiede. Scuoto il capo con un sorriso.
«No, è tutto a posto, tranquillo» Lo rassicuro, rubandogli un bacio leggero. «Piuttosto, hai visto Kagome? L’ho incontrata questa mattina e non era per niente di buon umore» Confido.
«Inuyasha ne ha combinata un’altra delle sue, vero? Comunque no, non ho visto né la divina Kagome né quel caprone di Inuyasha» Risponde. Annuisco.
Che sia tornata nella sua epoca? Può darsi che Inuyasha l’abbia seguita. “Ti auguro di averlo fatto, Inuyasha, o dovrai fare i conti con me”, penso. «Non fa nulla. Risolveranno di sicuro» Commento, stringendomi nelle spalle. «Hai ancora molto da fare? Altrimenti comincio a preparare la cena» Propongo.
«No, ho quasi finito di spaccare la legna. Sicura di farcela?» Mi chiede. Alzo gli occhi al cielo.
«Lo sai bene anche tu che non sono così debole» Gli ricordo, inclinando il capo di lato. Lui mi sorride e annuisce, baciandomi la fronte.
«Allora vado a finire» Annuncia, alzandosi. Annuisco e mi alzo a mia volta, accettando l’aiuto che mi offre per pura pignoleria.
Mentre il contenuto della pentola ribolle sul fuoco, Kirara si stiracchia pigramente, prima di puntare il naso verso la porta e miagolare un benvenuto.
«Sango, vedo che sei in ottima forma» Mi saluta Kaede.
«Venerabile Kaede! Sì, va tutto benissimo, grazie» Rispondo, portando istintivamente una mano sulla pancia che non sembra decisa a smettere di crescere. Ogni giorno che passa sembra sempre più gonfia.
«Mancano pochi mesi, ormai» Mi ricorda. «Dovresti evitare di fare sforzi o di stancarti troppo»
«Lo so, ma non posso lasciar fare tutto a Miroku. E poi mi sto limitando ai compiti meno pesanti, lo giuro» La rassicuro, con un sorriso.
«Me lo auguro. Hai visto Kagome, per caso?» Mi chiede, poi.
«È passata di qui questa mattina. Inuyasha l’ha di nuovo chiamata Kikyo per sbaglio» Confesso, con un’espressione contrariata.
«Come immaginavo. L’ho vista andare verso il pozzo, ma non l’ho ancora vista tornare. Per di più, anche Inuyasha sembra svanito» Mi spiega.
“Grazie al cielo è andato da lei”, penso. «Probabilmente l’avrà raggiunta nella sua epoca» Dico, stringendomi nelle spalle come avevo fatto poco prima parlando con Miroku.
«Così pare. Speriamo che tornino presto» Conclude, prima di avviarsi verso l’uscita. «Mi raccomando, Sango. Niente sforzi» Mi ripete, prima di uscire.
«D’accordo, venerabile Kaede» Le assicuro. La sento salutare Miroku mentre se ne va e un istante dopo mio marito entra nella capanna con aria stanca.
«Ho finito» Annuncia, con un sorriso.
«Perfetto. Qui è quasi pronto» Gli comunico, rimestando il contenuto della pentola con un utensile in legno di bambù.
 
Dopo cena Miroku mi aiuta a mettere ordine nella capanna, impedendomi di fare qualsiasi cosa.
«Sappi che questo non è aiutare, questo è mettere in un angolo» Protesto, con uno sbuffo.
«La venerabile Kaede ha detto che devi riposare. Andiamo, porta pazienza ancora un paio di mesi, no?» Mi supplica, rivolgendomi uno sguardo carico di aspettative. Sbuffo di nuovo, incrociando le braccia sul petto.
«D’accordo»
«Non credere di intenerirmi con quel broncio» Mi suggerisce, avvicinandosi a me, dopo aver sistemato al proprio posto le ultime cose. Si siede di fianco a me, davanti al fuoco che riscalda quella serata di fine estate. Mi circonda le spalle con un braccio e io mi appoggio al suo corpo, sentendomi in pace col mondo intero. Gli basta così poco, per farmi felice.
Mi addormento senza nemmeno rendermene conto. Lo sento depormi delicatamente nel futon sul quale trascorro buona parte delle giornate, costretta al riposo forzato dalla sua ansia costante. Sospiro e sorrido nel dormiveglia, rannicchiandomi accanto a lui appena prende posto al mio fianco. Poi il nulla.
 
Sogno.
Lo so che sto sognando, ne sono cosciente.
Sono seduta in riva al fiume, il ventre gonfio di vita. Il sole mi scalda le braccia e l’acqua fresca mi accarezza i piedi. Sento una voce chiamarmi, alle mie spalle. So che è Miroku.
Mi volto verso di lui con un sorriso a tendermi le labbra, un sorriso che scompare immediatamente per lasciare il posto a una smorfia di terrore puro. Miroku è imprigionato dalla presa ferrea di Sesshomaru che, per l’occasione, ha recuperato un nuovo braccio. Il fratello di Inuyasha punta un artiglio velenoso alla gola di Miroku e mi guarda con quei suoi occhi freddi e glaciali.
«Dov’è quel dannato mezzo demone?» Chiede, senza mutare espressione.
Scuoto la testa senza staccare gli occhi da mio marito, il cuore mi batte violentemente in gola.
«Non lo so» Gli rispondo, incapace di muovere anche un solo muscolo. Se solo avessi Hiraekotsu a portata di mano!
«Risposta sbagliata» L’artiglio affonda nella pelle chiara di Miroku, sparendo brevemente insieme nella carne. Gli occhi di mio marito di allargano, la bocca si apre in un ultimo saluto e il blu dei suoi occhi si fa opaco, distante. Vitreo.
 
Un urlo mi sveglia. Sto urlando. Sento il viso bagnato di lacrime.
«Sango, amore, sssh» Miroku. È la voce di Miroku.
«Miroku!» Lo chiamo, scossa dai singhiozzi, cercando rifugio nel suo petto.
«Sssh, va tutto bene, sono qui» Cerca di calmarmi, stringendomi tra le sue braccia. Mi aggrappo al suo corpo,  artigliando la stoffa del suo yukata.
«Sesshomaru…ho sognato che Sesshomaru…lui ti ha ucciso, cercava Inuyasha» Spiego velocemente.
«Va tutto bene» Mi ripete mio marito, cullandomi. «Hai solo fatto un brutto sogno» Mi ricorda, baciandomi i capelli più e più volte finché non smetto di piangere e il mio respiro torna normale.
«Sembrava così vero» Mugolo, stringendomi a lui prima di sollevare il viso in cerca dei suoi occhi. Anche al buio posso vedere il loro blu intenso, scurito dalla notte.
«Ma non lo era» Mi ripete, con un sorriso. «Torniamo a dormire, d’accordo?» Mi chiede, sfiorandomi le labbra con le sue. Annuisco, tornando a stendermi. Lo sento avvicinarsi a me, abbracciarmi da dietro, nascondendo il viso contro la mia nuca. «Era solo un sogno. Ora dormi. E ricordati che ti amo» Bisbiglia. Sorrido nel buio, stringendogli le mai che ha sistemato sul mio ventre.
«Ti amo» Rispondo, prima di richiudere gli occhi.


Chiedo immensamente perdono per il ritardo nell'aggiornare la storia, ma purtroppo l'estate, i nuovi esami e un sacco di altre cose mi avevano privato di qualsiasi tipo di ispirazione ç_ç
Questo capitolo è piuttosto semplice, come avrete notato, ma ho voluto descrivere una giornata tranquilla e all'insegna della normalità. Un'occhiata sulla vita di tutti i giorni, insomma. Spero che vi piaccia ^^
A presto con il prossimo capitolo e perdonatemi ancora ç_ç
Baci baci!

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Capitolo 8
*** Vecchie abitudini ***


Kagome si è addormentata. È scivolata nel sonno nel silenzio più totale e non ho proprio avuto il cuore di svegliarla. Ogni volta la faccio soffrire, dannazione. Con più mi sforzo di tenere lontano da noi il fantasma di Kikyo, con più sembra infilarsi nei miei pensieri. Che poi non è nemmeno giusto dire così. Non ci penso. Non di continuo, almeno. È naturale che ogni tanto mi torni in mente, che diamine. Però non lo faccio di proposito, a sbagliarmi.
Sfioro una guancia di Kagome, scostandole una ciocca di capelli scuri.
«Sono proprio uno stupido» Le dico, con un sorriso amaro. Probabilmente se non mi amasse così tanto mi avrebbe già lasciato nell’Epoca Sengoku a marcire. Tsk, come se io, poi, non l’avessi seguita nella sua epoca per riportarla di là. Ammesso e non concesso, ovviamente, che avesse deciso di piantarmi dopo aver recuperato la Sfera per poter continuare a viaggiare attraverso il Pozzo. Ecco, questa era una variabile importante, anche perché sono perfettamente cosciente del fatto di averla fatta soffrire più e più volte anche prima di aver definitivamente sconfitto Naraku.
Sospiro. Meglio lasciar perdere, o finirò per innervosirmi da solo.
Fuori comincia a far buio. Chissà che cosa staranno pensando gli altri.
Mi sistemo un braccio sotto la testa, circondando, con l’altro, il corpo di Kagome, coricato di fianco a me, la testa sulla mia spalla. Quanto sono stato stupido.
Dal piano di sotto sento la madre di Kagome chiamarla per dirle che la cena è pronta. Si è fatto piuttosto tardi, allora. Non è solo una mia impressione. Cerco di svegliarla prima che sua madre decida di salire a vedere perché non risponde. Ha chiuso la porta a chiave, certo, ma dovrebbe svegliarsi comunque, prima o poi. Le accarezzo di nuovo la guancia. Sta dormendo così beatamente.
«Kagome? Amore?» La chiamo, scuotendola lievemente. Nel sonno mugugna infastidita e mi strappa uno sbuffo. «Andiamo, svegliati» Insisto. Aggrotta le sopracciglia e non mi dà retta. Altro che dormire beatamente. Sta dormendo come un ghiro. «Dannazione, Kagome, svegliati» Passo alle maniere un po’ meno delicate e la scuoto con più decisione. Apre un occhio con aria infastidita.
«Mh, che c’è? Accidenti ai tuoi modi, Inuyasha» Borbotta, tirandosi a sedere. Si copre con il lenzuolo e si stropiccia un occhio.
«Accidenti ai miei modi? Vogliamo parlare del tuo sonno pesante?» Brontolo. Bel ringraziamento. «Tua madre ti sta chiamando per la cena» La informo.
«Cosa? È già così tardi? Ma quanto ho dormito?» Domanda, scendendo velocemente dal letto e partendo alla ricerca dei suoi vestiti. «In effetti, però, ho una fame incredibile. Ho saltato anche il pranzo!» Si lamenta.
«Ehi, non provare a darmi la colpa. Che ne so io di quanto hai dormito, hai dormito e basta. Anzi, come un ghiro, aggiungerei»
«E chi ti ha dato la colpa!» Replica, rivestendosi. Sua madre la chiama di nuovo. «Sì, mamma! Stavo dormendo, adesso arrivo!» Risponde, urlando.
«Dannazione, perché urli?!» Ringhio.
«Perché mia madre non ha un udito sopraffino come il tuo e per farmi sentire devo per forza alzare la voce» Mi risponde, assottigliando lo sguardo con fare minaccioso.
«Tsk» Commento.
«Quanto sei antipatico…!» Aggiunge, alzando gli occhi al cielo. «Io scendo. Se vuoi restare a cena fai il giro e fingi di essere appena tornato»
«Non vedo perché dovrei» Protesto. «Dannazione, siamo sposati, che c’è di male?» A volte Kagome si fa davvero dei problemi inutili.
«Scusa se preferisco tenere la mia vita sessuale per me» Risponde, prima di aprire la porta.
«Quante storie» Bofonchio, prima di uscire per la finestra.
Mentre faccio il giro della casa incrocio Buyo, il gatto di Kagome. Con un sorrisetto vagamente maligno lo acchiappo e lo porto in casa insieme a me.
«Ehilà» Saluto, mentre Buyo sospira, rassegnato.
«Fratellone - cane!» Mi saluta Sota, con un sorriso che va da orecchio a orecchio.
«Inuyasha, sei venuto a prendere Kagome?» Chiede sua madre.
«Ehm, sì. Si può sapere perché diavolo ci stai mettendo così tanto?» Recito, spostando lo sguardo su mia moglie, seduta al solito posto, armata di bacchetta e pronta a gustare i piatti cucinati da sua madre.
«Non sono affari tuoi» Mi risponde, fingendosi seccata.
«Ah, Inuyasha, Kagome ha dormito quasi tutto il giorno. Dev’essere terribilmente preoccupata per il suo povero nonno malato» Si lamenta il vecchio, comportandosi come se fosse sul letto di morte.
«A me non sembri messo poi così male» Gli dico, torturando il gatto, che miagola pigramente.
«Ha un banale raffreddore. Perché non ti siedi e mangi con noi, Inuyasha? Kagome, per favore, recupera un piatto e delle bacchette per lui» Mi invita sua madre, mente Kagome si alza a recuperare il necessario.
«Più tardi fai due tiri con me, fratellone?» Mi chiede Sota.
«Mi dispiace, ma sono solo venuto a recuperare Kagome» Gli rispondo, con un’alzata di spalle.
«Oh, capisco» Commenta, dispiaciuto.
«Ecco, Inuyasha» Annuncia mia moglie, dopo aver apparecchiato anche per me, di fianco a lei.
«Grazie» Rispondo, prendendo posto.
 
La cena non si svolge in modo molto diverso, rispetto a quelle a cui partecipiamo nell’Epoca Sengoku. Il clima è ugualmente scherzoso. L’unica differenza sono i commensali, e il fatto che Shippo non cerca di rubarmi l’ultimo boccone di qualsiasi cosa con il puro intento di rompermi le scatole.
Una volta finito di mangiare aspetto che Kagome finisca di aiutare sua madre con i piatti, mentre torturo Buyo e fingo di ascoltare i vaneggiamenti del vecchio nonno. Quanto è noioso! Non fa altro che parlare di vecchie reliquie e del fatto che Kagome non sta mai ad ascoltarlo. Mi chiede di farle capire che si tratta di oggetti preziosi e dotati di grande forza spirituale. Addirittura mi sventola sotto il naso la zampa di un Kappa.
«Bleah, quanto puzza quell’affare» Mi lamento, tappandomi il naso. Buyo ne approfitta per sgattaiolare via.
«Come puoi dire una cosa del genere! Ah, nessuno mi capisce!» Brontola il vecchio.
«Inuyasha, se vuoi possiamo andare. Ho finito» Mi informa Kagome. Appena in tempo. Mi alzo, spazientito.
«Era ora!» Sbotto, incrociando le braccia sul petto. Kagome sbuffa. Saluta la madre, il fratello e il nonno e mi spinge verso l’uscita.
«Mi raccomando, tesoro!» Le dice la madre.
«Torna presto, fratellone – cane!» Mi saluta Sota.
Per protesta, il vecchio non viene sulla porta a salutarci, ma si limita a sbirciare dalla finestra della cucina con uno sguardo deluso.
«Non ce la facevo più ad ascoltare le stupidaggini di tuo nonno» Confido a Kagome, mentre saltiamo nel Pozzo Mangiaossa.
«Sì, lo so, diventa davvero irritante a volte, ma che vuoi farci» Mi risponde, aggrappandosi a me.
Non aggiungo altro e lascio che il Pozzo faccia il suo lavoro, trasportandoci nell’Epoca Sengoku. Già dal fondo intravedo il volto di Shippo.
«Siete tornati!» Esclama. La sua voce ancora immatura rimbalza sulle pareti.
«Certo che siamo tornati» Gli rispondo, uscendo dal Pozzo insieme a Kagome con un poderoso salto.
«Piccolo Shippo, è successo qualcosa mentre eravamo via?» Chiede mia moglie, con gentilezza.
«No, non mi pare. Sango ha fatto prendere un colpo a Miroku perché il bambino si è mosso, ma niente di più» Comunica il cucciolo di demone volpe, sistemando le corte braccia dietro la testa.
«Dici davvero? Si è mosso?! Ah, che meraviglia!» Cosa ci sarà di così incredibile da agitarsi tanto, poi.
«Tsk, capirai. È una cosa assolutamente normale» Minimizzo, con un’alzata di spalle.
«Che insensibile» Commenta Shippo. «Kagome, non è che per caso hai portato qualcuno dei tuoi cibi ninja?» Chiede, poi.
«Accidenti, me ne sono completamente dimenticata. Mi dispiace, piccolo Shippo»
«Non fa nulla, sarà per la prossima volta» Si arrende, stringendosi nelle spalle, prima di sbadigliare sonoramente.
«Non ci avrai aspettato qui tutto il giorno!» Protesta Kagome, mentre ci avviamo verso il villaggio.
«Sì, ero preoccupato. Inuyasha è così stupido a volte!» Risponde, scuotendo la testa con aria contrariata.
«Chi sarebbe lo stupido?!» Chiedo, agitando un pugno a mezz’aria.
«Kagomeee» Si lamenta il moccioso.
«Inuyasha, a cuccia!»
Dannazione. Dannazione a Shippo, a Kagome e al maledettissimo Rosario.
Mentre io me ne resto spiaccicato sul prato, Kagome e Shippo continuano a camminare, consapevoli che, prima o poi, mi sarei ripreso e li avrei raggiunti.
«D-dannazione. Mi piacerebbe sapere perché non mi ha ancora levato questo coso» Grugnisco, cercando di sollevarmi. Sì, in effetti è proprio una bella domanda.

Ebbene! Ecco qui l'ultimo capitolo! Sì, lo so che anche questo è un po' "noioso", ma vi prometto che questa calma non durerà ancora a lungo ^^ Godetevela finché potete, ho in serbo qualcosa di stravolgente (e so già che mi odierete per questo, ma tant'è =____="""")
Mi dileguo! Alla prossima, gente! Spero vi sia piaciuto! 
Baci baci, Aly! :3

 

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Capitolo 9
*** Hajime ***


«Kagome, presto, mi serve dell’acqua pulita!» Incita la venerabile Kaede, voltandosi brevemente a guardare la giovane ragazza dai capelli scuri, impegnata ad aiutarla.
«Subito!» Risponde lei, fiondandosi fuori dalla capanna. Inuyasha la segue con lo sguardo, mantenendosi fuori dalla sua traiettoria mentre Miroku la insegue, gli occhi sbarrati.
«Divina Kagome, come sta andando?» Chiede, agitato.
«Tutto bene, non ti preoccupare» Lo rassicura Kagome, con un sorriso, mentre raccoglie l’acqua con il catino di legno che ha portato con sé.
«Dimmi la verità, divina Kagome» Supplica lui.
«Miroku, quanto sei noioso» Interviene Inuyasha. «Sta partorendo. È normale che urli. Ti aspettavi che cantasse?» Chiede, scuotendo la testa.
«Inuyasha, cerca di essere gentile. È normale che Miroku sia preoccupato. Lo saresti anche tu, no?» Gli fa notare, con un leggero sguardo di rimprovero. Con il catino pieno, poi, Kagome torna all’interno della capanna, lasciando Miroku a torturarsi le mani e Inuyasha a fornirgli uno scarso supporto morale.
«Ci siamo quasi, Sango» Assicura l’anziana donna, proprio mentre Kagome entra.
«Ecco l’acqua» Annuncia, prima di tornare al fianco dell’amica per prenderle la mano. «Puoi farcela, Sango. Miroku è fuori che aspetta» Le mormora, asciugandole il sudore dalla fronte mentre la giovane mugola di dolore.
«È un dolore insopportabile» Mugugna, stringendo la mano dell’amica.
«Ce la farai» Le ripete Kagome, sorridendole.
«Forza, Sango, manca poco» Ribadisce la sacerdotessa, con un sorriso di incoraggiamento.
 
«Dannazione, dannazione, dannazione!» Mugugna il monaco, passeggiando nervosamente avanti e indietro a poca distanza dalla capanna, pronto a fiondarsi dentro in caso di bisogno.
«Dannazione, Miroku. Datti una calmata» Impreca Inuyasha, saltando giù dal ramo su cui si era sistemato poco prima. «Mi innervosisci» Lo informa.
Miroku si ferma, avvicinandosi al mezzo demone con aria minacciosa.
«Darmi una calmata?!» Gli urla in faccia. «Mia moglie è là dentro! E sta mettendo al mondo il nostro primo figlio! E tu mi dici di darmi una calmata?!» Aggiunge.
«Dannazione, invece di essere così agitato dovresti essere felice, idiota!» Gli risponde Inuyasha, urlando a sua volta.
«Miroku! Inuyasha!» Urla il piccolo Shippo, arrivando di corsa. «Sono qui, ci sono» Ansima.
«Ah, Shippo. Spiegaglielo anche tu a questo bonzo maledetto che dovrebbe essere più rilassato» Suggerisce.
«Come sta Sango!?» Chiede il cucciolo di volpe, ignorando le parole del mezzo demone, che alza gli occhi al cielo, esasperato.
«È ancora dentro con la divina Kagome e la venerabile Kaede» Risponde il monaco, sconsolato.
«Accidenti» Mugola Shippo, visibilmente agitato.
«Siete assurdi. Piuttosto, l’esame di tecnica delle volpi come è andato?» Chiede Inuyasha, nel tentativo di distrarli.
«Ti sembra il momento di parlare del mio esame?!» Sbotta il cucciolo, sgranando gli occhi.
«Bah, non vi reggo più!» Risponde il mezzo demone, tornando a sedersi sul ramo su cui era stato comodamente sistemato fino a poco prima.
Pochi istanti dopo, Kagome esce di nuovo dalla capanna, accompagnata da un suono lieve, quasi un miagolio sommesso.
«Miroku, penso che tu abbia qualcuno da salutare» Dice con un sorriso al monaco, che corre dentro prima ancora di sentire la fine della frase. «Piccolo Shippo, sei arrivato! Come è andato l’esame?» Chiede poi, notando il cucciolo di volpe.
«Benissimo! Ma quindi…è nato!?» Chiede, incredulo lui. Kagome annuisce, sorridendo. «Dici che posso entrare anche io?» Aggiunge Shippo.
«Non penso ci siano problemi» Risponde la ragazza, stringendosi nelle spalle. Anche il cucciolo di volpe corre all’interno della capanna mentre Inuyasha, con lo sguardo corrucciato, se ne resta appollaiato sul ramo.
«Qualcosa non va?» Gli domanda Kagome, avvicinandosi.
«Niente» Risponde, con tono scontroso.
«A cuccia!» Ordina la ragazza, spostandosi di un passo dall’albero. Inuyasha, per effetto del Rosario, cade a terra come un frutto maturo.
«Dannazione, Kagome!» Impreca. La giovane si avvicina a lui, sedendogli accanto.
«Vuota il sacco» Gli intima, abbracciandosi le gambe, avvolte nei pantaloni rossi della divisa da sacerdotessa.
«Non ho niente» Ripete Inuyasha, tirandosi a sedere a sua volta.
«Inuyasha…» Lo rimprovera Kagome.
Inuyasha risponde con un grugnito, spostando lo sguardo verso un punto lontano. Con un sospiro, Kagome si alza. «D’accordo. Me ne parlerai quando vorrai. Non ho intenzione di rovinare una bella giornata litigando» Rinuncia, tornando verso la capanna. «Hai intenzione di entrare a vedere il bambino o no?» Chiede, voltandosi un istante a guardare il volto corrucciato di suo marito.
«Arrivo» Si arrende, alla fine.
 
«Sango. Santo cielo. Sango!» Continua a ripetere Miroku.
«Sì, Miroku, ho capito» Tenta di ridere la giovane cacciatrice, senza forze. Seduto accanto a lei, con il loro bambino tra le braccia, Miroku sembra aver completamente perso ogni facoltà intellettiva.
«Kagome, Miroku sembra diventato scemo» Bisbiglia Shippo alla ragazza, appena questa entra, seguita da Inuyasha.
«Credo sia normale, Shippo, dagli un momento» Risponde Kagome, avvicinandosi a Inuyasha, rigidamente in piedi vicino alla porta. Gli prende la mano e sorride, mentre Miroku è completamente rapito dal piccolo fagotto che tiene tra le braccia.
«Avete scelto il nome?» Chiede l’anziana Kaede, dopo aver sistemato i vari oggetti utilizzati.
«Pensavamo di chiamarlo Hajime» Risponde Sango, mentre Miroku lo adagia tra le braccia il bambino.
«Già. “Inizio”. Un nome un programma, giusto?» Precisa Miroku, cingendo con un braccio le spalle di Sango, guardando con aria adorante il figlio.
«È un nome splendido» Commenta Kagome, prima che Inuyasha liberi la mano dalla sua presa, uscendo dalla capanna.
«Ma che ha Inuyasha?» Chiede Sango, stranita.
«Sai com’è, è Inuyasha. Troppa felicità lo mette a disagio» Minimizza Kagome, ridendo.
«E così…Hajime, eh?» Domanda Shippo, avvicinandosi a Sango per sbirciare il volto stropicciato del neonato. «Io sono Shippo, e sarò lo zio migliore del mondo. Anche se, tecnicamente, non sono davvero tuo zio» Brontola il cucciolo di volpe.
«Credo che ti vorrà bene comunque, Shippo» Lo rassicura Sango, accarezzando la testa del bambino.
«Io vado  a cercare Inuyasha» Annuncia Kagome, sorridendo prima di uscire. “Chissà dove si sarà cacciato”, pensa.
Dopo una rapida ricerca, la ragazza intravede il giovane mezzo demone seduto ai piedi del Pozzo Mangiaossa, lo sguardo scuro. Gli si avvicina, sedendosi di fianco a lui. Appoggia la testa sulla sua spalla, senza dire nulla. Inuyasha non fa una piega, non si volta nemmeno a guardarla.
«Credo di aver capito che cosa ti turba, sai?» Lo informa Kagome, cercando di incrociare il suo sguardo color oro. «E se è come penso sei uno stupido» Aggiunge, aspettando che il mezzo demone reagisca alle sue parole.


Ebbene! Ecco qui il nuovo capitolo! Spero vi sia piaciuto *-*
So che mi odiate (ma poco, vero? ç_ç) per avervi lasciato in sospeso con Inuyasha e Kagome, ma non temete, il problema verrà svelato a breve ^^ Nel frattempo se avete delle idee su quello che potrebbe essere fatemi sapere, sono proprio curiosa :3
Bene, direi che non ho altro da dire, se non che ci sentiamo presto ^^
Baci baci!

 

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Capitolo 10
*** Primi impacci ***


«Che cosa credi che abbia Inuyasha?» Chiedo, mentre osservo mia moglie cullare dolcemente nostro figlio. Non posso crederci che sia tutto vero.
«Mi credi se non ne ho la più pallida idea?» Risponde, sorridendo al piccolo Hajime.
«Certo. È solo che, non lo so, stavolta sembrava qualcosa di serio» Continuo, senza distogliere gli occhi da Sango e Hajime. Pian piano ci farò l’abitudine. Finché quel fagottino era nel ventre di mia moglie, tutto era più semplice. Era più facile credere che sarei diventato padre, forse perché ancora non sembrava del tutto vero. Adesso, però, che quel bambino stringeva l’indice di mia moglie, che emetteva i suoi gorgoglii infantili e che mi guardava con gli occhi spalancati nel tentativo di riconoscermi…beh, adesso era un altro paio di maniche.
«Vieni, Shippo, andiamo a lavare queste pezze» Dice la venerabile Kaede, cercando di lasciare me e Sango soli per un po’. La ringrazio con lo sguardo.
«D’accordo. Sango, quando sarà un po’ più grande potrò tenerlo in braccio?» Chiede il cucciolo di volpe.
«Ma certo» Risponde lei, sorridendogli. Rallegrato dalla promessa, Shippo esce subito dopo la sacerdotessa.
«Sei stanca?» Chiedo a Sango, spostandole una ciocca di capelli dalla fronte.
«Non immagini quanto. Più che altro è una sensazione strana» Confessa. «Fino a ieri questo bambino era nella mia pancia e ora guardalo» Spiega, mentre il piccolo Hajime sbadiglia.
«Capisco cosa intendi» Le assicuro, accarezzando la testolina di mio figlio. Per essere appena nato ha già un sacco di capelli.
«Ieri lo sentivo muoversi dentro di me e oggi lo tengo in braccio» Aggiunge Sango. «Ha dell’incredibile» Ride, scuotendo la testa.
«Vedrai come sarà credibile quando passeremo le notti in bianco» Le assicuro, baciandole una tempia.
«Ma il nostro piccolo Hajime sarà un angioletto» Replica, tentando di convincere più se stessa che me.
«Me lo auguro davvero» Rispondo, con un sospiro.
«Ha i tuoi occhi» Nota mia moglie, studiando lo sguardo curioso del bambino.
«Il colore degli occhi, dici? A me non sembra» Le dico, osservando le iridi tendenti al grigio di mio figlio.
«Ma no. Il colore cambierà, vedrai. Per adesso sono così. Io, comunque, intendevo la forma. Guardali» Precisa, cullando Hajime con una dolcezza che mi fa venire la pelle d’oca sulle braccia.
«Comincio a essere geloso. Non mi hai mai guardato così!» Protesto.
«Non è vero. Non te ne sei mai accorto, forse» Risponde, voltandosi a guardarmi. Le sorrido e le rubo un bacio. Ci abbiamo impiegato così tanto a rivelarci i nostri sentimenti…!
Il viso di nostro figlio si accartoccia per un attimo, prima che la sua voce acerba si sciolga in un pianto disperato. Io e Sango ci guardiamo con gli occhi sbarrati per la sorpresa. E ora?
«Sssh, va tutto bene, sssh» Tenta di calmarlo mia moglie, cullando. «Amore? Che devo fare?» Mi chiede, con sguardo confuso. Scuoto la testa.
«Non ne ho idea. Sfodera l’istinto materno!» Suggerisco. Diamine, quanto piange.
«Ma io…!» Protesta.
«Aspetta, facciamo un tentativo» Propongo, allungando le braccia per sollevare il bambino. Sango me lo adagia in braccio e io comincio a gironzolare per la stanza, cullandolo. Ottengo solo un pianto ancora più disperato. «Dei del cielo, perché piange?!» Domando, preoccupato.
Fortunatamente, la venerabile Kaede fa ritorno proprio in quel momento. Vedendo le occhiate ansiose e sconvolte che ci lanciamo io e Sango, ma soprattutto sentendo il neonato piangere, scuote la testa, divertita.
«È stato faticoso anche per lui, venire al mondo. Prova ad allattarlo, vedrai che si sentirà meglio» Suggerisce. Mi affretto a riaffidare Hajime a Sango, che, impacciata, se lo attacca al seno. Il bambino smette quasi istantaneamente di piangere, riempiendosi con compiacimento il piccolo stomaco.
«Saranno giornate lunghissime» Realizzo, sedendomi di fianco a Sango, che, sollevata, accarezza i capelli di Hajime.
«È questione di abitudine. Prima che ce ne rendiamo conto starà correndo dietro a qualche ragazza» Dice, lanciandomi un’occhiataccia eloquente. Mi schiarisco la voce con aria innocente.
«Beh, non è detto, magari sarà tutto sua madre» Azzardo, tentando di ingraziarmela.
«Me lo auguro» Commenta, con un sorriso che dice tutt’altro. Le rubo l’ennesimo bacio, mentre Shippo entra nella capanna.
«Esco di nuovo» Annuncia, imbarazzato, scatenando la nostra ilarità.
Mentre rido mi chiedo che fine avranno fatto Inuyasha e Kagome. Quel mezzo demone non me la racconta giusta. Sono giorni che si comporta in modo strano. Anzi, a ripensarci meglio, sono mesi. Proprio non capisco che cosa gli sia venuto. La divina Kagome ha proprio una grande pazienza a tenergli dietro.
«Sango, ti ho portato una cosa» Annuncia la venerabile Kaede, mostrandoci una cesta di bambù. «È una cosa di poco valore, ma sarà perfetta per farci dormire il piccolo Hajime» Aggiunge, sistemando alcune coperte all’interno della piccola culla.
«Ha un grandissimo valore, per noi. Vero, Miroku?» Mi chiede, stringendomi una mano con dolcezza.
«Certo» Assicuro. «La ringraziamo dal profondo del cuore, venerabile Kaede»
«Avanti, per così poco. Piuttosto, non fargli bere troppo latte, Sango, o starà male» Suggerisce, di nuovo. Annuendo, Sango stacca con delicatezza il bambino dal proprio seno, sistemandolo con il piccolo viso sopra la propria spalla, assestandogli qualche delicato colpetto sulla schiena.
«Allora un po’ di istinto materno ce l’hai» La prendo in giro, osservandola compiere quei gesti con relativa sicurezza. Lei, invece di prendersela, ride lievemente.
«Quando Kohaku era piccolo chiedevo sempre a mia madre di farmelo fare. Ovviamente non quando era così piccolo» Spiega, continuando a battere delicatamente sulla schiena di Hajime finché dalla gola del bambino non esce un gorgoglio sommesso.
«Perfetto. Ora se vuoi metterlo a dormire lasciamo riposare un po’ anche te. Sarai distrutta» Propone la sacerdotessa, avvicinando a Sango la culla di bambù.
«Diciamo che sono stata peggio, ma non sono esattamente riposata» Minimizza mia moglie, adagiando il bambino tra le coperte.
«È piccolissimo» Commenta Shippo, avvicinandosi per guardarlo meglio.
«Probabilmente anche tu eri più o meno grande come lui» Gli faccio notare, osservando con orgoglio il corpicino di mio figlio, avvolto nelle coperte.
«Crescerà anche fin troppo velocemente, credo» Gli risponde Sango, ridendo appena.
«Forza, Shippo, lasciamo riposare Sango» Invita l’anziana donna, avviandosi verso l’uscita.
«Grazie, venerabile Kaede» La ringrazia mia moglie.
«Ovviamente i ringraziamenti sono anche da parte mia» Preciso.
«Non dovete ringraziarmi» Assicura la venerabile Kaede, mentre Shippo lancia un’ultima occhiata ad Hajime.
«È il minimo che possiamo fare» Insisto.
«Non preoccupatevi. Piuttosto, Inuyasha e Kagome?» Chiede. Mi stringo nelle spalle.
«Non ne abbiamo la più pallida idea» Rispondo, sinceramente.
«Ultimamente Inuyasha sembrava più strano del solito» Nota il piccolo Shippo.
«Allora non era solo una nostra impressione» Replica Sango, cercando il mio sguardo.
«Già. Kagome ci spiegherà tutto a suo tempo, immagino» Ipotizza la venerabile Kaede. «Vi lasciamo riposare. Se doveste avere bisogno non esitate» Conclude, salutandoci mentre esce, seguita da Shippo.
«È veramente una persona splendida» Commenta Sango, sbirciando Hajime prima di accoccolarsi contro di me, seduto al suo fianco.
«Hai ragione. Come avremmo fatto, senza di lei! E non solo oggi, ma anche durante la lotta contro Naraku» Mi chiedo, stringendo inconsciamente la mano destra, ormai libera dalla maledizione di quel dannato.
«Non ne ho davvero idea» Risponde mia moglie, scuotendo appena la testa.
«Forza, tu, riposati. Sei stata magnifica» Le sussurro, baciandole i capelli. «Ci penserò io al bambino, ora» Le assicuro.
«È proprio questo che mi preoccupa» Scherza, ridendo appena, prima di lasciarsi vincere dalla stanchezza.

Tadaaaaaan! Ecco a voi Miroku e Sango alle prese con il piccolo Hajime! Penso che mi divertirò un mondo a farli sudare sette camice col piccoletto! Muahahah! :3 (ma io, in fin dei conti, sono piccola, carina e coccolosa :3)
Spero che vi sia piaciuto. Non succede nulla di eclatante, ma presto avrete i vostri colpi di scena, ve lo assicuro, portate ancora un pochino di pazienza :3
Alla prossima e baci baci! :3

 

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Capitolo 11
*** Rammarico ***


Nonostante io stia aspettando una risposta, una qualsiasi, Inuyasha sembra non avere intenzione di reagire alle mie parole. E questo mi fa stare anche peggio. Non riesco proprio a vederlo in questo stato, messo in un angolo da un pensiero stupido e insensato che gli rovina le giornate di continuo. Gli prendo il viso tra le mani e lo costringo a guardarmi.
«Inuyasha» Lo chiamo. «Ti prego» Dico, semplicemente.
Mio marito mette le mani sopra le mie, sospirando.
«Vorrei che tu fossi felice come Sango» Confessa, poi. Gli sorrido, scuotendo la testa.
«Pensi che non lo sia?» Gli chiedo, pazientemente.
«Non sto dicendo questo. Dico solo che vorrei poterti dare quel tipo di felicità. E invece…!» Protesta, stringendo i denti.
«Quanto sei stupido» Lo rimprovero, abbracciandolo. Allaccio le braccia dietro il suo collo, nascondendo il viso contro la sua spalla. «A me va bene così, scemo. Mi basti tu» Cerco di rassicurarlo. Quando è arrivato questo nuovo Inuyasha? Il mezzo demone che conoscevo una volta non si sarebbe mai fatto paranoie di questo tipo, non avrebbe mai sofferto perché pensava di non riuscire a rendere felice qualcuno. O meglio, non l’avrebbe dimostrato così apertamente, anche se significava avere sempre il broncio ed essere più intrattabile del solito.
«Prima o poi non ti basterà più» Replica.
«Ci penseremo quando sarà il momento. Dannazione, Inuyasha, dammi retta una buona volta» Ribadisco.
Inuyasha resta in silenzio, tenendomi stretta tra le sue braccia. Un po’ ha ragione, d’accordo. Ma anche se, sì, lo ammetto, vorrei provare la stessa gioia di Sango, il fatto che ancora non sia successo non rappresenta il problema che pensa Inuyasha. Sta esagerando. E più cerco di fargli capire che non è tragico come lo fa sembrare lui, più si intestardisce. In fin dei conti, è sempre il solito Inuyasha.
«Dannazione» Mugugna a denti stretti, sospirando di frustrazione. Lo stringo più forte, sperando che quell’abbraccio arrivi dove non arrivano le mie parole.
«Se vuoi continuare a mangiarti il fegato per questa storia non posso impedirtelo, ma almeno smettila di comportarti così. Stai preoccupando tutti» Gli suggerisco, allontanandomi da lui abbastanza per guardarlo negli occhi.
«Sai che m’importa» Borbotta.
«Importa a me» Lo incastro. Esita, poi sbuffa.
«D’accordo» Mi concede. Gli sorrido, rubandogli un bacio.
«Abbiamo tempo» Gli assicuro.
 
La luna, stanotte, non c’è. Inuyasha, al tramonto, perde le sue forze da mezzo demone per trasformarsi in un semplice umano. E questo non può che innervosirlo ulteriormente. Dopo aver cenato tutti insieme e brindato al piccolo Hajime, resto per poco da sola con Sango e la venerabile Kaede, mentre Inuyasha, Shippo e Miroku vanno a recuperare altra legna per il fuoco. Sango non perde tempo e pochi istanti dopo che gli altri hanno abbandonato la capanna, con la culla di Hajime da un lato e Kirara accoccolata su se stessa dall’altro, mi chiede se ci sono problemi con Inuyasha.
«Ma no» Le assicuro. «Era solo un po’ nervoso. Stasera c’è la luna nuova e lui, nonostante tutto, ancora non sopporta l’idea di perdere i propri poteri» Mento, anche se, in fin dei conti, un fondo di verità c’è.
«Capisco. È sempre il solito» Commenta.
«Esattamente» Aggiungo, ridendo. «E poi è in imbarazzo, è felice per voi e non riesce a dimostrarlo» Aggiungo.
«Parlando di bambini. Kagome, non avete intenzione di averne?» Mi chiede la vecchia Kaede, studiando la mia espressione. Mi stringo nelle spalle, punzecchiando le braci quasi morte nel piccolo focolare con un rametto.
«Quando capiterà, capiterà» Rispondo, sorridendo per nascondere il fatto che è proprio questo il problema di Inuyasha. Ancora mi stupisco di quanto abbia a cuore questo argomento.
«Capisco» Commenta laconicamente la sacerdotessa, con aria fintamente disinteressata.
Gli altri ritornano con le braccia cariche di legna da ardere che sistemano in un angolo della stanza.
«Dovrebbe bastare sia per stanotte che per domani» Nota Miroku, asciugandosi la fronte con la manica della tunica. Mi alzo, pronta ad andarmene a casa insieme ad Inuyasha. Mi avvicino alla culla e saluto con una carezza il piccolo Hajime che, fortunatamente, sta già dormendo.
«Speriamo non si svegli troppe volte» Dico, sorridendo.
«Possiamo andare, Kagome?» Mi chiede Inuyasha, cercando di non mostrarsi scontroso come negli ultimi giorni. Apprezzo il tentativo e annuisco, avvicinandomi a lui, in piedi sulla soglia.
«Shippo, andiamo anche noi» Invita la venerabile Kaede, dopo aver brevemente studiato la figura di Inuyasha.
«Sì! Buona notte» Risponde il cucciolo di volpe, salutando.
«Buona notte a tutti quanti» Risponde Sango, salutandoci tutti con un sorriso.
Usciamo nella frescura della notte, incamminandoci verso le rispettive capanne. Salutiamo Shippo e la sacerdotessa e ce ne andiamo in silenzio, camminando fianco a fianco.
«Ti senti un pochino meglio?» Chiedo a Inuyasha. Mi dispiace vederlo così.
La risposta che ricevo è un grugnito d’assenso poco convinto che mi fa alzare gli occhi al cielo. Mi rassegno ed entriamo nella nostra capanna, preparandoci per dormire. Mentre infilo lo yukata, Inuyasha accende il fuoco, mettendoci sopra abbastanza legna per mantenerne vivo il calore durante la notte. Dopodiché si infila a sua volta il kimono e si stende accanto a me, senza dire una parola. Per qualche istante resto in silenzio, sopportando il suo mutismo. Poi cedo.
«Per favore, Inuyasha» Mormoro, appoggiando la testa sulla sua spalla. «Perché non puoi smettere di pensarci?» Chiedo.
«Perché voglio che tu sia felice, dannazione» Risponde, spazientito.
«Ma io sono felice!» Ribatto, con tono lamentoso. «Non vuoi proprio capirlo, eh?» Inuyasha punta i suoi occhi castani nei miei.
«Potresti esserlo di più»
«E tu potresti darci un taglio» Replico, mettendomi a sedere. «Davvero, non vedo dov’è il problema! Vuoi che io sia felice. Io sono felice!» Ripeto, scuotendo la testa. Anche Inuyasha si siede. Mi afferra il viso, rapisce le mie labbra, mette a tacere le mie proteste. Dopo un istante di iniziale resistenza rispondo al suo bacio, allacciando le braccia dietro al suo collo. Sento le sue mani trafficare con lo yukata, che poco dopo scivola via, lasciando la mia pelle a contatto con l’aria tiepida. Sospiro e mi stringo ad Inuyasha per un instante, sopraffatta dalla sensazione delle sue dita sulla mia schiena. Lotto brevemente con la stoffa leggera del suo kimono, riuscendo a farlo sparire dopo qualche difficoltà. Mentre torno ad adagiarmi sul futon, il corpo di mio marito mi sovrasta, mentre lo accolgo dentro di me. Quella sensazione di completezza mi fa increspare la pelle sulle braccia e sospirare. Inuyasha non sembra voler abbandonare le mie labbra nemmeno per un istante, forse per paura che io possa protestare di nuovo. Mi bacia, lasciandomi quasi senza fiato, mentre fa scivolare una mano lungo il mio fianco, muovendosi con sicurezza sopra di me, senza temere di farmi male. Forse questo è l’unico aspetto che riesce a fargli accettare la sua natura di mezzo demone e il fatto di ritrovarsi senza poteri, nelle notti di luna nuova.
Inuyasha sospira sulle mie labbra, io sospiro sulle sue, aggrappandomi alla sua schiena e allacciando le gambe intorno al suo bacino. Quando il piacere, da sottile e placido, si trasforma in un’onda che, travolgendoci, sembra in grado di trascinarci alla deriva, affondo inconsciamente le unghie nella schiena di Inuyasha. Lo sento stringersi contro di me, ansimante.
«Ti amo, Inuyasha» Sussurro, contro la sua bocca avida.
«Ti amo anche io» Risponde, spendendo meno parole possibili per non abbandonare le mie labbra.
L’onda ci trascina via, lontano dalla costa. Per un istante ci sentiamo persi, disorientati, sopraffatti dalla sua forza. Poi, lentamente, la corrente diminuisce e noi ci lasciamo trasportare di nuovo verso la riva, dove rimaniamo accasciati l’uno sopra l’altra a riprendere fiato.  Poco dopo, stremati, scivoliamo nel sonno, restando abbracciati, come se avessimo paura di perderci.

Come promesso, ecco qui il nuovo capitolo ^^
Forse vi aspettavate che vi rivelassi tutto già in quello precedente, ma ho preferito farvi penare ancora un pochino, eheheh :3
Ad ogni modo, spero che vi sia piaciuto e che vi abbia sorpreso almeno un po' :°D Confesso che quando mi è venuto in mente di far prendere questa piega alle cose mi sono stupita da sola di quanto emotivo avessi immaginato Inuyasha XD
Aspetto i vostri commenti e, bo, intanto preparo il prossimo :3
A presto! Baci baci!

 

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Capitolo 12
*** Piccole fantasie ***


Anche con il passare dei mesi, non si può dire che le cose tra Rin e Sesshomaru abbiano preso una piega diversa. Le giornate trascorrono sempre molto simili tra loro, con il demone che sparisce dall’alba fino al tardi pomeriggio per allenarsi e sconfiggere altri demoni, la ragazzina che inganna il tempo come può e Jaken che la segue ovunque come un’ombra, preoccupato che possa accaderle qualcosa. Se prima la minaccia di una punizione da parte di Sesshomaru poteva essere solo una finta, ora era quasi una certezza. E Jaken conosceva fin troppo bene la forza del suo padrone per voler rischiare di incappare nella sua gelida ira.
Superate le perplessità iniziali, il piccolo demone aveva deciso di non interrogarsi a proposito del rapporto che era nato tra Sesshomaru e Rin. Da un lato preferiva non sapere che cosa spingeva il principe dei demoni dallo sguardo freddo come il ghiaccio a giacere con una banale umana. Dall’altro, invece, aveva sempre sospettato che, prima o poi, sarebbe accaduto. L’unica cosa che non riusciva a non chiedersi era: che cosa avrebbe fatto o detto il padrone se Rin avesse dovuto restare incinta?
Più il tempo passava e più la domanda si faceva lontana nella mente di Jaken, per quanto gli apparisse assai strano che anche dopo tutto quel tempo, ancora non fosse accaduto. Appena si ritrovava a pensarci, però, scuoteva la testa e trovava altro da fare. Quel genere di pensieri gli faceva accapponare la pelle.
Dal canto suo, Rin non ci pensava proprio. Non che non fosse consapevole del fatto che sarebbe potuto accadere. Semplicemente, non se ne preoccupava. Sapeva che, se fosse successo, il demone non avrebbe di certo fatto i salti di gioia, ma confidava che si sarebbe abituato pian piano all’idea. In fin dei conti era pure sempre figlio di suo padre, no? E se davvero il suo animo era lentamente mutato, nel corso del tempo, avrebbe saputo accettare anche quella piega degli eventi. Forse, segretamente, Rin sperava addirittura che la vita mettesse in lei le radici. Da quando quel branco di demoni aveva brutalmente assassinato la sua famiglia aveva desiderato avere diversi figli, ai quali dare i nomi dei propri cari defunti. Era un modo come un altro di ricordarli e portarli sempre con sé. E se il padre fosse stato il potente demone cane per il quale il cuore della ragazza batteva, non le sarebbe certo dispiaciuto.
Dondolando pigramente i piedi, seduta su un tronco piegato sul fiume, Rin si permette di perdersi in queste considerazioni, immaginando dei bambini con gli stessi capelli argentati del padre, ma senza quel suo sguardo glaciale.
«Jaken, credi che i figli di Sesshomaru potrebbero assomigliare a suo fratello Inuyasha?» Chiede, di punto in bianco, facendo quasi strozzare il piccolo demone.
«Ma che razza di domande fai?! È più che naturale che i figli del padron Sesshomaru sarebbe diecimila volte più forti di quell’insulso mezzo demone!» Risponde.
«Ma io dico di aspetto. Dici che avrebbero anche loro le orecchie come lui?» Domanda ancora lei, senza curarsi del tono isterico di Jaken.
«Ma insomma, Rin! Si può sapere cosa ti passa per la testa!?» Sbraita.
«Era solo una domanda, Jaken. Calmati o ti verrà un infarto» Suggerisce, stringendosi nelle spalle. A volte proprio non capisce perché ci sia bisogno di agitarsi tanto. In fin dei conti le sue sono solo curiosità innocenti.
«E tu smettila di fare domande tanto sciocche! Non accadrà mai che il signor Sesshomaru diventerà padre di esseri inutili come quel dannato di suo fratello!» Sputa Jaken, senza realizzare che con le sue parole potrebbe ferire Rin. D’altra parte, se il demone dovesse generare un figlio con Rin, per forza nascerebbe un mezzo demone.
«Sei veramente fastidioso quando urli così» Lo rimprovera Rin, ignorando le sue affermazioni taglienti con la stessa calma di Sesshomaru. Nonostante possa non sembrare, il demone e la ragazza si sono influenzati parecchio a vicenda, imparando l’uno dall’altra, rafforzandosi o riuscendo a scoprire parti di sé finora tenute segrete.
«Guarda, Jaken! Un pesce, un pesce!» Urla Rin, come se la discussione appena terminata non avesse mai avuto luogo. Quei suoi cambiamenti d’umore così repentini ancora lasciano stranito il povero demone, che non può far altro che tentare di starle dietro.
Cercando di acchiappare il pesce che la ragazza gli ha indicato, Jaken finisce a faccia in giù nell’acqua, riuscendo, se non altro, a catturare l’animale.
«Dannazione, finirò per ammalarmi!» Si lamenta, trascinandosi fuori dal fiume, infilando il pesce in una cesta intrecciata.
Quando, a poche ore dal tramonto, Sesshomaru fa ritorno, Jaken e Rin hanno già catturato abbastanza pesci per preparare una cena sostanziosa, cucinata dalla stessa ragazza.
Mentre mangiano, Rin studia attentamente il viso del demone, cercando di immaginare il suo aspetto da piccolo. Più si sforza e più si rende conto di non riuscirci proprio. Al contrario, pur avendolo visto poche volte, se tenta di immaginare il fratello di Sesshomaru da bambino, l’immagine gli appare così chiara da avere quasi l’impressione di averlo conosciuto.
«Signo…Sesshomaru, com’eravate da piccolo?» Chiede, alla fine. Sesshomaru alza gli occhi su di lei, vagamente confuso. Di certo quella era una delle ultime domande che si aspettava da parte di Rin.
«Padron Sesshomaru, non dia peso alle sue parole, Rin oggi si è fissata particolarmente sui bambini» Interviene Jaken, prima di rendersi conto del significato che le sue parole potrebbero assumere alle orecchie del demone. «Così, a caso, naturalmente!» Precisa, sperando che il suo padrone non cominci a nutrire dubbi. Se decidesse di abbandonare la ragazzina al suo destino, probabilmente lui farebbe la stessa fine.
«Non lo so» Risponde senza sforzarsi troppo.
«Ma è impossibile!» Si lamenta Rin.
«Rin, smettila! Il padron Sesshomaru è un demone di tantissimi anni, come pretendi che si ricordi di qualcosa di inutile come la sua infanzia?!» La rimprovera Jaken, guadagnandosi un’occhiata gelida da parte di Sesshomaru.
«Stai forse dicendo che la mia memoria non è abbastanza solida?» Si informa il demone, con tono glaciale.
«C-certo che n-no, padron Sesshomaru!» Tenta Jaken, balbettando.
«Per quanto ne so, il mio aspetto era identico ad adesso. Semplicemente ero più piccolo» Precisa Sesshomaru, riprendendo a mangiare.
«Capisco» Borbotta Rin, giocherellando con il proprio pesce con aria trasognata.
«Perché questa curiosità?» Chiede il demone.
«Oh, così, oggi pomeriggio mi sono ritrovata a chiedermi che aspetto potrebbero avere i suoi figli» Confessa, con una sincerità disarmante. Sesshomaru si irrigidisce appena. Non che non abbia mai pensato all’eventualità, ma sentire la ragazza parlarne con così tanta leggerezza, come se fosse la cosa più giusta e naturale del mondo lo mette a disagio. Non può certo dire di non volersi abbassare al livello del padre, che ha concepito un figlio con una banale donna umana, ma avere un figlio, e per giunta un mezzo demone, non è esattamente in cima alla sua lista dei desideri.
«Capisco» Commenta, lasciando di sasso Jaken, che si aspettava un commento un po’ meno comprensivo.
“Il mio padrone non è più quello di una volta. Per quanto ne so, potrebbe persino volerlo un figlio da questa ragazza umana”, pensa, rabbrividendo.  “Se dovesse succedere non solo il buon nome del mio padrone ne risulterebbe infangato, ma a me spetterebbe un carico doppio di lavoro! Non riuscirei a sopportare di dover badare a Rin e anche a dei marmocchi urlanti”, aggiunge, scuotendo la testa.
«Jaken» Lo chiama il demone.
«S-sì, padron Sesshomaru?»
«Smettila di intavolare discorsi con te stesso» Dice, senza degnarlo di un’occhiata.
«C-chiedo scusa» Risponde Jaken, con un piccolo inchino.
 
«Non vi sembra di esagerare con Jaken, a volte?» Chiede Rin, una volta accoccolata sotto le coperte insieme a Sesshomaru, beandosi del calore del suo corpo.
«Non sopporto quando si mette a pensare a stupidaggini e comincia a reagire alle sue stesse parole a quel modo» La informa.
«Ma non fa nulla di male» Lo difende la ragazza, con un sorriso.
«Non importa» Taglia corto il demone.
Con un’alzata di spalle, Rin lascia perdere il discorso, allungandosi per rubare un bacio dalle labbra di Sesshomaru che, senza farselo ripetere due volte, le impedisce di tornare ad appoggiare la guancia sulla sua spalla, trattenendo il viso della ragazza vicino al suo.
Poco dopo, mentre prende possesso del corpo di Rin con gesti sicuri e decisi, Sesshomaru realizza che, in fin dei conti, non gli importa molto di un possibile figlio.
“In fin dei conti mio padre era uno dei demoni più forti di tutto il Giappone”, pensa. “E anche se si è fatto ammazzare pur di proteggere quel dannato di Inuyasha, questo non cancella la sua grandezza”, conclude, premendo il suo corpo contro quello della ragazzina, che ansima lievemente sotto di lui, aggrappata alle sue spalle.
«Sesshomaru…» Mormora. «Io…ti amo» Soffia, travolta dal piacere. Stringendo i denti, il demone affonda con più decisione nella ragazza, non riuscendo ancora a confessare quel peccato. Perché, per quanto si ostini a negarlo, dentro di sé lo sa. Sa di essersi innamorato di quell’umana. Perché mai avrebbe dovuto salvarle la vita, per poi continuare a proteggerla, altrimenti?
“Padre, perché hai dovuto lasciarmi anche questa, di eredità? Non bastava Tenseiga?” Chiede il demone, osservando il viso addormentato di Rin, sfiorandole una guancia. “Temo che non scoprirò mai il motivo”, nota, prima di abbandonare l’aria da gelido principe dei demoni per lasciarsi avvolgere dal sonno.

Ho fatto un po' fatica a scrivere questo capitolo, se devo essere sincera :°D Sesshomaru nei panni del demone "sensibile" proprio faccio fatica a vedercelo, ma pian piano deve pur sciogliersi, no? Spero di farglielo fare nel migliore dei modi :°D
A parte questo, mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto ^^ Si tratta di un altro momento di relativa calma, ma non preoccupatevi, ho altri colpi di scena pronti...e non saranno carini. Muahah!
Alla prossima! :3
Baci baci!

 

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Capitolo 13
*** Amiche e segreti ***


Le notti passate a cercare di far riaddormentare il piccolo Hajime si erano rivelate essere particolarmente numerose, abbastanza da lasciare me e Miroku con le occhiaie un giorno sì e l’altro pure. Abbastanza per farci prendere in giro da Inuyasha, che non perdeva occasione per ricordarci che l’avevamo voluto noi, quel flagello.
Parlando di Inuyasha, la storia che Kagome ci aveva rifilato ormai un paio di mesi fa sul suo comportamento non mi aveva convinto per nulla. L’arrivo della luna nuova aveva sempre indisposto Inuyasha, questo è vero, ma mai a questi livelli.
«Miroku? Credi davvero a quello che ha detto Kagome a proposito di Inuyasha?» Chiedo a mio marito, che sta cercando di schiacciare un sonnellino pomeridiano approfittando dell’apparente tregua tra un pianto e l’altro.
«Mh?» Mi domanda, intontito.
«La storia di Inuyasha nervoso per la luna nuova. Non mi pare che sia migliorato di molto il suo umore, eppure la luna piena è passata» Spiego.
«Ma ci stai ancora pensando?» Bofonchia, quasi infastidito.
«Hai ragione, forse avrei dovuto lasciar perdere» Concedo, ricevendo un sospiro sollevato come risposta. «Il fatto è che è veramente strano» Aggiungo, poco dopo.
«Sango, amore, Inuyasha e Kagome sanno risolvere i loro problemi da soli, non credi?» Cerca di farmi ragionare, tirandosi faticosamente a sedere. «Per di più, la divina Kagome non è il tipo di persona che racconta balle, quindi, perché ti dai così tanto pensiero?» Ribadisce, accarezzandomi una guancia.
«Hai ragione. Scusa» Rispondo, con un sospiro e un sorriso.
«Certo che ho ragione, adesso fatti un sonnellino anche tu. Ne hai bisogno» Suggerisce, tornando a stendersi con aria esausta.
«Non ci crederai, ma al momento non ho molto sonno» Confesso, stringendomi nelle spalle.
«Tu sei indistruttibile, mi fai paura» Mugugna, girandosi su un fianco e coprendosi gli occhi con l’avambraccio. Gli rubo un bacio prima di alzarmi e andare a controllare Hajime, beatamente addormentato nella sua culla.
«Tale padre, tale figlio» Borbotto, spostando lo sguardo dal bambino a mio marito, scuotendo la testa con tenerezza. Rimbocco le coperte ad Hajime e, dopo essermi sistemata uno scialle sulle spalle, esco nella fresca aria autunnale. I mesi stanno passando così velocemente che quasi non me ne rendo conto.
Approfittando della pace che il sonno ha fatto calare su casa nostra, faccio due passi da sola, scendendo fino al fiume. Evito di sedermi, il terreno è umido e lievemente fangoso e non mi va di sporcarmi il kimono. Resto in piedi, con le braccia strette intorno al corpo per ripararmi dalla temperatura non troppo gradevole. Davanti al placido scorrere del fiume ripercorro gli ultimi mesi. La mia gravidanza tranquilla, la gioia negli occhi di Miroku, le notti passate ad ascoltare i movimenti di mio figlio, ancora al sicuro nel mio ventre, il dolore del travaglio, quello ancora peggiore del parto, la sensazione di stringerlo per la prima volta tra le braccia e l’espressione di Miroku nel prenderlo in braccio. Involontariamente sorrido e mi stringo ancora di più nello scialle in cui mi sono avvolta. Solo un anno e mezzo fa, mese più, mese meno, avevamo appena sconfitto Naraku, con tutto quello che questo aveva comportato. Avevamo vissuto ogni giorno nella triste consapevolezza che non avremmo mai più rivisto Kagome, e invece eravamo riusciti a superare anche quello scoglio.
Mi accorgo che, nonostante tutto il male che ha portato in questo mondo, qualcosa di positivo l’ha fatto anche Naraku. Anche se ha spinto Kohaku ad uccidere la nostra famiglia, anche se ha maledetto la famiglia di Miroku e fatto sì che Inuyasha e Kikyo si uccidessero a vicenda, Naraku ci ha fatti incontrare tutti quanti. Non che sia esattamente merito suo. A ripensarci bene, questo pensiero sembra maledettamente egoista. Tante, troppe persone hanno sofferto per causa sua, e io sto qui a crogiolarmi all’idea di aver incontrato Inuyasha e gli altri sulla via per la sua distruzione.
Scuoto la testa con un sorriso mesto e faccio per tornare sui miei passi. Lancio un’ultima occhiata al fiume, poi al cielo bianco di nuvole basse e pesanti. Si prospetta un autunno particolarmente piovoso. Sbuffo e torno indietro, risalendo la sponda lievemente in discesa del fiume, fino a riportarmi sulla strada principale. Proprio qui incontro Kagome.
«Kagome, ciao!» La saluto, un po’ sorpresa.
«Ciao, Sango» Mi saluta a sua volta, con un sorriso strano.
«Che c’è? Qualcosa non va?» Chiedo. «Inuyasha ne ha combinata un’altra delle sue?» Mi informo, piantandomi le mani chiuse sui fianchi con aria minacciosa. Se non ci dà un taglio con il far impazzire Kagome dovrò ricordargli che sono una sterminatrice di demoni.
«Uh? No, tranquilla, va tutto bene» Mi risponde, e io, chissà perché, fatico a crederle. Diventare madre mi ha aiutata a sviluppare un certo sesto senso.
«Mh, d’accordo» Rispondo, poco convinta. «Che cosa ti porta qui?» Chiedo, cercando di risolvere il mistero della sua visita. Non che non mi faccia piacere, ovvio.
Kagome si stringe nelle spalle e sorride di nuovo, come a dire che non è niente di particolare ad averla fatta passare da noi.
«Volevo vedere come stava Hajime» Aggiunge.
«Al momento lui e Miroku stanno dormendo» La informo. «Sembra che facciano tutto loro» Commento, con un sorriso, scuotendo la testa.
«Capisco. Beh, non dormire di notte li stancherà. La vera domanda è: come fai a non essere stanca tu» Dice.
«Non lo so. Farà parte dell’istinto materno. Oppure dell’addestramento da sterminatrice» Scherzo, stringendomi nelle spalle.
«Sì, immagino che tu abbia ragione» Commenta, ridendo.
Restiamo in silenzio per qualche istante, dondolando ognuna sui propri talloni. È strano. Tra me e Kagome non ci sono mai stati silenzi del genere, imbarazzanti e di troppo. Qualcosa non va. Me lo sento.
«Kagome, vuota il sacco» Le impongo, dopo un po’. «È inutile che tu faccia finta di niente» Aggiungo, con un sorriso dolce.
Le sue spalle si alzano per un attimo, permettendo ai polmoni di immagazzinare un po’ di aria in più.
«Ecco, qualcosa c’è, in effetti» Bofonchia, alla fine. Alzo gli occhi al cielo e scuoto la testa.
«Che aspettavi?»
«Hai già così tante cose da fare, non volevo darti altro a cui pensare» Risponde, intrecciando le braccia dietro la schiena.
«Non dire stupidaggini. Raccontami tutto. Perdonami se non ti faccio entrare, ma se quei due si svegliano è finita» Mi scuso, preparandomi ad ascoltarla.
«Non è assolutamente un problema, Sango. Ti ringrazio tantissimo» Comincia lei.
«Bando ai ringraziamenti inutili, non è un peso per me. Avanti, che c’è?» Incito, incrociando le braccia sul petto.

Sì, lo so, sono perfida, ho troncato sul punto più bello...ma se non vi lascio un po' sulle spine che divertimento c'è? :3
Spero che non me ne vogliate troppo :°D
Portate pazienza e presto saprete tutto quanto, è una promessa. E io mantengo le mie promesse, no? :3
Questa ff si sta rivelanto più lunga del previsto, ma devo ammettere che mi sto divertendo davvero un sacco, nonostante io abbia millemila cose da fare per l'università (e non ne stia facendo mezza, ovviamente XD)
Beh, vi lascio ^^ Alla prossima!
Baci baci!

 

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Capitolo 14
*** Timide speranze ***


Kagome è uscita da un po’, ormai. So che da parte mia era un po’ eccessivo preoccuparmi così tanto, ma comincio a chiedermi dove diavolo si sia cacciata. Aveva detto che voleva farsi una passeggiata e passare a salutare Sango e Miroku, ma quando mi ero proposto di accompagnarla aveva detto che non ce n’era assolutamente bisogno. Non mi piace questo atteggiamento, ma mi rendo conto di non poterle fare sempre da ombra. Ora che la minaccia di Naraku è scomparsa, la mia epoca è un luogo relativamente sicuro anche per Kagome, che proviene da un tempo completamente diverso.
Appollaiato sul ramo dell’albero che cresce a pochi passi dalla nostra capanna sbuffo. Muovo nervosamente una gamba, battendo il piede nudo sulla corteccia, cercando di resistere all’impulso di scendere dall’albero e andare a seguirla, aggrappandomi alla scia del suo profumo familiare. E pensare che c’era stato un tempo in cui avevo giudicato insopportabile il suo odore. Tutto perché assomigliava dolorosamente tanto a quello di Kikyo.
Rieccola. Nonostante i miei sforzi, Kikyo riusciva sempre a far capolino, in un modo o nell’altro, tra i miei pensieri. Finché questo restava tra me e me, il problema era relativamente irrilevante, ma quando la mia mente falliva nel tenere per se stessa certi ricordi, allora ci andava di mezzo anche Kagome, che inevitabilmente soffriva. Non potevo biasimarla, se a volte aveva l’istinto di prendermi a calci.
Con un balzo agile scendo dall’albero, sforzandomi di non cercare l’essenza di Kagome nell’aria che mi circonda. Devo smetterla di comportarmi così. Kagome è più forte di quanto sia disposto ad ammettere, e il fatto che persino Naraku l’avesse temuta ne era una riprova. Il solo pensiero di perderla, però, basta a rendermi nervoso e intrattabile. Esattamente come l’idea di non poterle darle tutta la felicità che merita. Non odio Miroku, e nemmeno Sango, ma l’idea che quel cascamorto di un monaco fosse stato in grado di regalare la gioia di un figlio alla sterminatrice proprio non mi va giù. È invidia. Invidia allo stato puro. Assesto un calcio a una pietra seminascosta nell’erba che comincia a perdere il suo verde brillante per lasciare spazio a un colore più cupo, che meglio si adatta all’autunno ormai iniziato.
Il vento porta con sé una folata di profumo che mi fa attorcigliare lo stomaco. Alzo di scatto il viso, vedendo finalmente Kagome risalire il lieve pendio su cui è situata la nostra capanna. Mi trattengo a stento dal correrle incontro. Forse ha ragione Shippo quando mi definisce un cagnolino obbediente, per quanto, ovviamente, non l’avrei mai ammesso a voce alta. Non gli avrei mai dato una soddisfazione del genere.
Il volto di Kagome si apre in un sorriso, quando i suoi occhi si posano su di me e io, posso quasi giurarlo, sento il mio cuore perdere un battito. Non ho mai potuto resistere al suo sorriso dolce e ai suoi occhi sinceri.
Finalmente è abbastanza vicina perché io possa catturarla nel mio abbraccio. Le sue braccia si avvolgono intorno alla mia vita mentre affondo il viso tra i suoi capelli, inspirando a fondo quel profumo familiare.
«Ci hai messo una vita, dove diavolo sei stata?» Le chiedo. Inutile, se non nascondo i miei veri sentimenti sotto un velo di sgarbatezza mi sento morire.
«Chiacchierando con Sango ho perso la cognizione del tempo, scusami» Risponde Kagome, consapevole che il mio tono brusco altro non è che una dimostrazione della mia preoccupazione. Le bacio i capelli con un sospiro soddisfatto. Ora che è di nuovo tra le mie braccia il mondo sembra un posto migliore. «A dire il vero non abbiamo proprio “chiacchierato”» Confessa, qualche istante dopo.
«Che vuoi dire?» Domando, cercando il suo viso con aria perplessa.
«Ecco…diciamo che avevo alcune domande da farle» Aggiunge, arrossendo lievemente e distogliendo lo sguardo dai miei occhi indagatori.
«Cioè?» Incalzo, sentendomi rosicchiare dal tarlo della curiosità e della preoccupazione.
«Possiamo parlarne dentro?» Chiede. Questa sua richiesta mi fa preoccupare ancora di più. È qualcosa di serio. Senza aggiungere una parola sola, la trascino all’interno della capanna tenendola per un polso. A volte mi chiedo davvero come fa a sopportare i miei modi.
«Allora?» Insisto, lasciandomi cadere a sedere con le gambe incrociate e le mani appoggiate alle ginocchia. Kagome si siede lentamente, lisciandosi i pantaloni rossi della divisa da sacerdotessa.
«Le ho chiesto perché, secondo lei, ancora non…» Borbotta. Se non avessi l’udito che ho avrei fatto fatica a capire le sue parole. Resto in silenzio un secondo. Intuisco subito la conclusione della sua frase. Vorrei darle della stupida per averne parlato proprio con Sango, che ha avuto la fortuna di non avere problemi, ma mi rendo conto che la sua scelta può significare che ci tiene quanto ci tengo io o che i miei tentativi di lasciar correre le sembrano troppo disperati per essere accettati.
«E?» Chiedo. Gli occhi di mia moglie si alzano brevemente dal tessuto scarlatto dei pantaloni per scivolare sul mio viso, prima di tornare ad abbassarsi.
«Secondo lei i mezzo demoni non possono…» Mormora, lasciando la frase in sospeso. Non possono cosa? In realtà non voglio conoscere la fine di quel pensiero. Preferisco il dubbio di non aver capito. Preferisco fingere di non aver intuito nulla. «Però crede che questo si verifichi solo mentre il loro aspetto è demoniaco» Aggiunge, poco dopo, cercando di non lasciarmi il tempo di farmi rodere dalle sue parole. «Secondo lei nelle notti di luna nuova è possibile…» Continua, lasciando di nuovo in sospeso la frase, come se esplicitare il tutto potesse compromettere il nostro futuro. Stringo i pugni sulle ginocchia, senza dire nulla. «Però c’è anche un altro motivo, per cui sono andata da lei» Va avanti. Quella frase cattura la mia attenzione, portandomi a corrugare la fronte. Gli occhi di Kagome incontrano i miei e per un attimo mi perdo nella loro luce.
«Un altro motivo?» Chiedo. Mia moglie annuisce brevemente, prima di cominciare torturarsi le mani.
«Ecco, in realtà non sono andata a cercare Sango per sapere che cosa ne pensava lei su questa storia. Questo discorso è uscito dopo» Mi spiega. Resto in silenzio, aspettando che continui. «Ormai è un paio di mesi che…sì, ecco, insomma» Bofonchia, imbarazzata. Credevo che non ci fossero più motivi di imbarazzo tra me e lei, invece qualcosa è rimasto, a quanto pare. Poso le mani sulle sue, ponendo fine a quella sua nervosa tortura.
«Un paio di mesi che cosa?» Chiedo, cercando di non suonare scorbutico come al solito. Kagome mi guarda, aspettandosi che io intuisca qualcosa dal suo sguardo. Invece mi limito a ricambiare la sua occhiata, trasformando il suo messaggio implicito in una domanda.
«Sangue, Inuyasha» Sospira, arrendendosi.
«Sangue?» Le chiedo, ancora vagamente perplesso. Come siamo arrivati a parlare di sangue?
«Sì, Inuyasha. Sangue» Conferma, ripetendolo come se fosse la chiave di un rebus. Mi gratto il naso con aria confusa, cercando di non farmi notare mentre annuso l’aria. Non c’è odore di sangue. Quindi non mi sta dicendo che c’è del sangue in giro, ergo niente pericoli. La soluzione mi colpisce come un pugno in pieno stomaco.
«Niente sangue?!» Domando, col tono di voce di chi ha appena raggiunto l’illuminazione. Mordendosi un labbro mia moglie annuisce. Sta trattenendo un sorriso. Mi passo una mano sul viso, trattenendo il fiato per un istante. Una volta ha provato a spiegarmi quello che tutti già sanno nella sua epoca, ma che nessuno di noi capisce ancora su quel fenomeno. Per noi è solo un semplice segnale. Un segnale che, se viene a mancare, ha solo un significato. «Credi di essere in….» Tento, prima che la mano di Kagome corra a tapparmi la bocca, gli occhi sgranati e l’indice approcciato alle labbra.
«Ti prego, non dirlo ad alta voce» Mi prega, gli occhi accesi di una luce nuova, quasi euforica. «Non voglio che la Sfortuna ci senta» Spiega, allontanando la mano. Non riesco a parlare. Non riesco nemmeno a pensare, è come se il mio cervello stesse arrancando faticosamente in un pantano. Al tempo stesso il mio cuore galoppa ad una velocità quasi impossibile, risuonandomi nel petto come un tamburo. Incapace di dire qualsiasi cosa, imprigiono Kagome tra le mie braccia, sentendola sciogliersi contro di me. È come se la tensione che l’attanagliava in quell’ultimo periodo fosse svanita.
«Sango cosa ha detto?» Le chiedo, senza lasciarla andare.
«Che è una probabilità, mi ha suggerito di prestare attenzione ad alcuni segnali e di evitare di fare sforzi. Vorrei tornare nella mia epoca per degli accertamenti, ma ho paura di quello che potrebbe accadere se attraversassi il Pozzo…non abbiamo modo di sapere se potrebbero esserci delle ripercussioni» Blatera, travolta da un’ondata di timida gioia.
Chiudo gli occhi e cerco di ritrovare la calma. Non oso nemmeno pensare quello che potrebbe essere la realtà. L’ho desiderata troppo a lungo per rischiare di mandare a monte tutto quanto.
«Ti amo» Soffio, stringendo a me Kagome come se avessi paura che potesse svanire da un momento all’altro.
«Anche io ti amo, Inuyasha» Risponde lei, aggrappandosi a me come se fossi la sua unica speranza di salvezza, come se dipendesse da me l’avverarsi di quel sogno ad occhi aperti.
«Andrà tutto bene» Le assicuro, con tono deciso. Non permetterò che vada altrimenti.

Ta-daaaaaaan! Allora, ammetto di averci messo del mio in questo capitolo, specialmente nell'idea che i mezzo demoni non possano concepire. Ammetto di averci pensato a lungo, prima di arrivare a questa conclusione (si potrebbe pensare che non ho nulla da fare, se mi perdo in questi ragionamenti, quando in realtà sono strapiena di cose da fare che, immancabilmente, non faccio ._.) e ci sono arrivata per un motivo quasi banale: non sapevo come sarebbe potuto uscire un eventuale bambino. Insomma, due terzi umano e un terzo demone? Come si sarebbe manifestata quella piccolissima parte della sua natura demoniaca? Che aspetto avrebbe avuto? Ammetto che la mia soluzione non risolve del tutto il problema, però poi mi sono affezionata alla mia teoria e ho fatto finta di niente :°D
Prendetemi pure per pazza ahahah XD
Comunque (ho notato che scrivo troppe volte "comunque" nei commenti ._.) saprete di più su questa mia "teoria dell'infanzia mista" (sì, ha anche un nome ahahahaha) nei prossimi capitoli, sperando che non vi deluda ^^
Se avete idee vostre al riguardo condividetele pure, a me fa sempre piacere XD
Alla prossima! Baci baci!

 

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Capitolo 15
*** Panico ***


I mesi passano. Le foglie cadono, le temperature si abbassano. Il tempo scorre via, il piccolo Hajime cresce, comincia ad esplorare il mondo gattonando in giro. Cade la neve, l’acqua poco profonda ghiaccia. La terra si trasforma in una poltiglia di neve e fango, e il piccolo Hajime paga sulla sua pelle morbida il prezzo della curiosità, procurandosi piccole ferite o facendo esperienze poco piacevoli che lo lasciano in lacrime.
Il ventre di Kagome comincia lentamente a gonfiarsi, le sue forme si arrotondano dolcemente, portando gioia e soddisfazione nel suo cuore e in quello di Inuyasha, che finalmente sembra aver trovato la pace.
I giorni scivolano via tranquillamente, portando via gioie e dolori in egual misura, scandendo il ritmo del tempo con il continuo alternarsi di giorno e notte. Tutto sembra andare per il meglio, l’inverno pian piano scioglie la sua presa ghiacciata sul mondo e gli alberi cominciano a riempirsi di piccole gemme verdi.
«Vecchia Kaede!» L’urlo di Inuyasha fa quasi tremare i teneri germogli sui rami degli alberi.
«Inuyasha, cosa…Kagome!» Esclama la donna, vedendo Kagome rannicchiata in braccio ad Inuyasha, ripiegata su se stessa come un cucciolo impaurito.
«Si è sentita male, ha perso del sangue!» Spiega rapidamente il mezzo demone, adagiando la ragazza sul giaciglio di paglia della sacerdotessa, lo sguardo incupito dalla paura.
«Kagome, cosa ti senti?» Si informa l’anziana, cercando di non farsi contagiare dal nervosismo di Inuyasha.
«Fa…male…» Mugugna Kagome, cercando di proteggersi il ventre tondeggiante.
«Venerabile Kaede, abbiamo sentito Inuyasha urlare, che succede?» Chiede Sango, accorsa dopo aver sentito, mentre era nelle vicinanze, la voce agitata del mezzo demone.
«Kagome si è sentita male. Per favore, recuperami alcune erbe, fai più in fretta che puoi» Risponde la sacerdotessa, approfittando della presenza della sterminatrice, che affida il piccolo Hajime, stretto tra le sue braccia con aria impaurita, ad Inuyasha.
«Amore, resta qui, mamma torna subito, d’accordo?» Dice al bambino. Subito dopo si fionda fuori dalla capanna alla ricerca delle erbe richieste dalla sacerdotessa.
A pochi passi di distanza intercetta suo marito, che le chiede spiegazioni per tutta quella fretta.
«Kagome si è sentita male, vai dentro, Inuyasha è fuori di sé»Dice velocemente la ragazza, prima di correre via. Il monaco si affretta ad entrare, prendendo in custodia suo figlio, liberando così il mezzo demone dal compito di sorvegliante.
«Cosa è successo, Inuyasha?» Si informa, cullando Hajime, che nasconde il viso contro il suo abito, turbato da tutto quel fracasso.
«La stavo aiutando a travasare alcune erbe medicinali, quando di colpo si è sentita male, ha perso del sangue, non lo so!» Risponde di fretta il mezzo demone, quasi ringhiando. Hajime si stringe ancora di più a suo padre, guardando il ragazzo dai capelli argentati con gli occhietti pieni di inquietudine.
Appena Sango rientra con le erbe necessarie, la venerabile Kaede affida Kagome alle cure di Inuyasha, che cerca di tranquillizzarla, mentre lei prepara il giusto miscuglio per alleviare i dolori della ragazza.
«Inuyasha, falle bere questo» Ordina dopo un po’. Il mezzo demone annuisce, sollevando appena Kagome e sorreggendola con una mano posata sulla schiena.
«Tieni» Mormora, avvicinando il piccolo bicchiere di terracotta alle labbra di sua moglie che, con una smorfia, manda giù il contenuto amaro.
Inuyasha la abbraccia finché non fa effetto, facendola scivolare in un torpore tranquillo. La sacerdotessa provvede, allora, a tastarle il ventre con gesti sicuri ed esperti. Dopo un’attenta analisi sospira di sollievo, coprendo Kagome con una trapunta leggera, lasciandola avvolta nel suo sonno lieve.
«Il bambino sembra stare bene» Annuncia, strappando sospiri di sollievo a tutti i presenti. «Però d’ora in avanti dovrà stare molto attenta e soprattutto a riposo. Evita di farle fare sforzi, di qualsiasi tipo. Il suo corpo non è abituato allo stile di vita della nostra epoca, per quanto Kagome sia qui da relativamente molto tempo. Il suo organismo non è abituato al nostro cibo, al nostro clima, ai nostri ritmi, per cui specialmente ora che è in una fase così delicata, devi assicurarti che si riposi» Spiega la sacerdotessa. Inuyasha abbassa il capo e annuisce, posando gli occhi sul corpo addormentato di sua moglie.
«Lo terrò a mente» Assicura.
Sango si avvicina all’amica, scostandole un ciuffo di capelli dalla fronte.
«Povera Kagome. Deve aver preso un bello spavento» Commenta, in un sussurro compassionevole.
«Già. Speriamo che questo contribuisca a convincerla a restarsene buona per un po’» Aggiunge Miroku, sistemandosi il piccolo Hajime in spalla. «Coraggio, ci conviene andare. Inuyasha, se ci sono novità facci sapere, d’accordo?» Chiede il monaco. Il mezzo demone annuisce e proprio in quel momento Shippo, che era andato al fiume a giocare, rientra.
«Ragazzi? È successo qualcosa?» Chiede, costernato.
«Kagome non si è sentita bene» Lo informa Sango. «Però ora sembra stare meglio. Per favore, se ci sono dei cambiamenti corri ad avvisarci, così Inuyasha le può restare vicino, d’accordo?» Chiede. Il cucciolo di volpe annuisce con decisione, contento di potersi rendere utile.
 
«Kagome, amore, come ti senti?» Chiede Inuyasha, appena Kagome riapre gli occhi.
«Meglio. Il dolore è svanito» Mugugna la ragazza, cercando di mettersi seduta.
«Non azzardarti ad alzarti, resta dove sei» Le intima il mezzo demone, impedendole di muoversi. «Mi hai fatto preoccupare abbastanza» La rimprovera.
«Mi dispiace» Risponde lei, rinunciando all’idea di tirarsi su.
«L’importante è che tu ti senta meglio» Aggiunge Inuyasha.
«Il bambino?» Chiede di colpo Kagome, come se si fosse ricordata solo in quel momento di essere in dolce attesa.
«La vecchia Kaede dice che sta bene, però devi restartene buona. Dice che il tuo corpo non è ancora abituato al nostro stile di vita, e specialmente adesso devi stare attenta» Le riferisce.
«Sciocchezze, è stato un caso…» Brontola Kagome.
«Prometti che te ne starai tranquilla» Insiste Inuyasha.
«E va bene» Sbuffa la ragazza, incrociando le braccia sul petto, convinta che, tanto, l’avrebbe spuntata più avanti, anche se l’idea di mettere a repentaglio quella nuova vita che le cresceva dentro non le piaceva più di tanto.
«Ah, Kagome, ti sei svegliata» Nota l’anziana sacerdotessa, rientrando nella capanna, dalla quale era uscita qualche tempo prima.
«Sì, grazie dell’aiuto, venerabile Kaede» Risponde lei.
«Non ringraziarmi. Piuttosto, Inuyasha ti ha già detto tutto?» Si informa.
«Sì, l’ha fatto» Sospira la ragazza.
«Mi raccomando, Kagome. Se ci tieni al bambino, niente sforzi per un po’. Il tuo corpo non si è ancora abituato a questo stile di vita, e soprattutto ora che sei in una situazione così delicata devi cercare di non sforzarti. Questo vale per qualsiasi donna, ma specialmente per te, che sei abituata alla vita in un’epoca molto più avanzata» Ripete, per sicurezza. Kagome annuisce con aria afflitta. Che razza di madre potrà mai essere, se mette a repentaglio la vita di suo figlio già durante la gravidanza?
«Shippo, va’ a dire a Sango e Miroku che Kagome sta meglio» Suggerisce la donna, appena il cucciolo di volpe entra nella capanna.
«Subito! Allora stai bene, adesso?» Chiede, prima di correre dagli altri.
«Sì, Shippo, grazie» Risponde Kagome, con un sorriso amaro.
«Smettila di tenere il muso» Le intima Inuyasha.
«Ma proprio tu parli?» Replica Kagome, lanciandogli un’occhiataccia.
«Io posso, tu no» Risponde il mezzo demone.
«Ah, ma davvero? E chi l’avrebbe deciso?» S’informa la ragazza.
«Io» Dice Inuyasha, prima di chinarsi sulle sue labbra. «Senza sei più bella» Mormora, rubandole un bacio. Stranita da tanta dolcezza, Kagome non può far altro che chiudere la discussione lì e tendere le labbra in un sorriso.
«Kagome! Va meglio?» Domanda Sango, quasi prima di essere entrata nella capanna insieme al marito.
«Sango, Miroku! Sì, il dolore è sparito, grazie» Risponde, prima di fare una smorfia. «Inuyasha, per favore, aiutami a mettermi seduta» Si lamenta. Alzando gli occhi al cielo, Inuyasha l’accontenta, sedendosi poi al suo fianco, cingendole la vita con un braccio.
«Non mi lascerai fare nemmeno un passo da sola, vero?» Brontola Kagome.
«Divina Kagome, Inuyasha lo fa per il tuo bene, sii paziente» Suggerisce Miroku, intervenendo in favore del mezzo demone, sistemandosi il piccolo Hajime sulle gambe, decisamente più tranquillo ora che la tensione si è allentata.
«Sì, però…» Tenta la ragazza.
«Niente proteste, Kagome. È per il bene tuo e del bambino» Incalza Sango, mentre suo figlio si caccia il piccolo pugno in bocca, osservando la scena con i suoi curiosi occhi blu, ereditati dal padre.
«D’accordo. Saranno dei mesi lunghissimi» Si arrende Kagome, abbandonando la testa contro la spalla di Inuyasha, che le bacia dolcemente i capelli.
«Ne varrà la pena» Bisbiglia lui tra di essi, inspirandone a fondo il profumo.

Ok, quanti insulti mi sono beccata? Il fatto che io abbia risolto tutta la situazione nel giro di un capitolo invece di tenervi sulle spine è un'attenuante, vero? *w*
Vi chiedo immensamente scusa, ma questa idea malsana mi è venuta quasi d'improvviso qualche giorno fa e non ho saputo restistere. Sono molto istintiva, specialmente quando si tratta di scrivere ^^
Bando alle ciance, mi ritiro :3
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, nonostante tutto ^^ 
Alla prossima, baci baci!

 

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Capitolo 16
*** Nervosismi ***


Rifletto a lungo. Mi dispiace sinceramente per Inuyasha e Kagome e quasi mi sento in colpa per la mia fortuna. A differenza loro, io e Sango abbiamo trovato subito il nostro equilibrio, abbiamo avuto subito tutto quello che desideravamo. Invece, per quanto riguardava i nostri amici, sembrava che le pene non avessero mai fine. Prima la paura di doversi dividere per sempre, poi la costante presenza del ricordo di Kikyo a turbare la loro pace, poi il non riuscire ad avere un figlio ed ora il rischio di perderlo prima ancora di averlo stretto tra le braccia.
Con Hajime rannicchiato sulle gambe, intento a giocare con la mia veste, sospiro. Sango interrompe i lavori di casa e si gira a guardarmi con aria preoccupata.
«Qualcosa non va?» Mi chiede, inclinando la testa di lato e spostando un ciuffo di capelli dalla fronte. Scuoto lievemente la testa, arricciando le labbra.
«Stavo pensando ad Inuyasha e Kagome. Sono così sfortunati!» Confido, impedendo ad Hajime di infilarsi in bocca qualcosa che non mi preoccupo nemmeno di esaminare.
«Hai ragione. Ne hanno passate già così tante, eppure sembra che per loro i guai non abbiano fine» Replica mia moglie, dimostrando di pensarla esattamente come me.
«Mi hai letto nel pensiero. Vorrei poter fare qualcosa per loro, ma non so proprio che cosa» Aggiungo, sospirando di nuovo, mentre Hajime lotta per recuperare l’oggetto che gli ho sottratto.
«Credo che stargli vicino sia il massimo che possiamo fare. Purtroppo non abbiamo doti magiche o altro che possa tornargli utile» Spiega Sango. Annuisco con aria sconsolata e scopro che ho fregato a mio figlio il suo pupazzetto preferito. Glielo restituisco con un’occhiata di rimprovero.
«Non metterlo in bocca.» Lo ammonisco, prima di lasciare la presa sul giocattolo. «Hai ragione…però mi sento così impotente! Hanno fatto così tanto per noi, e ora non so come ripagarli» Brontolo. Sango mi si avvicina scuotendo la testa. Mi posa una mano sulla guancia e io, istintivamente, piego il volto verso di essa, cercandone il contatto delicato.
«Cercheremo di aiutarli come potremo, d’accordo?» Mi promette, prima di strapparmi un bacio. Hajime alza la testa allo schiocco lieve delle nostre labbra, approfittandone per cacciarsi in bocca il pupazzo. «Adesso vai a stendere il bucato, va bene? Renditi utile» Suggerisce mia moglie, accarezzando dolcemente la testa piena di capelli scuri di nostro figlio, che allunga le braccia per indicare che vuole essere preso in braccio da sua madre. Lo sollevo, prendendolo da sotto le ascelle, e lo porgo a Sango, che se lo appoggia su una spalla, cullandolo.
«Va bene, vado» Rispondo, alzandomi. Recupero la cesta dei panni lavati da poco ed esco nella fresca aria primaverile, contemplando brevemente il cielo azzurro come non mai. Poi mi avvicino ai fili per il bucato tesi tra due alberi. Poso la cesta e, con grande pazienza, inizio ad appendere uno ad uno i panni profumati di pulito. Li sistemo con cura a cavallo della corda, imitando i gesti di mia moglie.
«Miroku» Mi chiama una voce famigliare.
«Ehilà, Inuyasha» Saluto, prima di recuperare uno dei piccoli abiti di Hajime.
«Ti fai schiavizzare da Sango, eh?» Mi prende in giro. Senza fare una piega lo ignoro.
«Vuota il sacco, qual è il problema?» Chiedo, senza girarci troppo intorno. Inuyasha resta spiazzato per un istante, schiarendosi la voce.
«Ecco…non è che avresti qualche fuda per Kagome?»
«Inuyasha, purtroppo non funziona così, dovresti saperlo. Posso pregare perché gli dei la proteggano, ma non posso applicarle un futa» Gli spiego, dispiaciuto. Inuyasha ascolta e punta lo sguardo tra l’erba.
«Capisco» Borbotta. Gli appoggio una mano sulla spalla e cerco di sorridergli.
«Andrà tutto bene, vedrai» Strano che si sia creato un momento del genere tra me e Inuyasha, di solito ci insultiamo e basta.
«Facile, per te. Hai avuto tutta la fortuna che potevi avere» Commenta, acidamente.
«Pensi che non mi dispiaccia per te e Kagome?» Chiedo, sorpreso.
«Non abbiamo bisogno della tua pietà» Rinfaccia Inuyasha. Lascio cadere la mano dalla sua spalla e lo guardo dritto negli occhi, profondamente stupido dal suo comportamento.
«Io non vi sto offrendo la mia pietà. Dico solo che mi dispiace per voi, siete miei amici, ne abbiamo passate tante e mi dispiace che non riusciate ad essere pienamente felici, che vuoi che faccia?!» Gli rispondo, allargando le braccia con aria rassegnata.
«Va’ al diavolo, Miroku!» Mi urla in faccia Inuyasha, prima di voltarsi per andarsene. Sango esce dalla capanna con aria confusa e Hajime tra le braccia.
«Ma che succede?» Domanda.
«Andate al diavolo entrambi!» Si corregge Inuyasha, prima di andarsene di gran carriera. Sono talmente stupito che non riesco nemmeno a parlare. Rimango lì, come un allocco, con le braccia lungo i fianchi e lo sguardo stranito. Sango si avvicina, prendendomi una mano.
«Cosa è successo, Miroku?» Ripete.
«Inuyasha è venuto a chiedermi un fuda per proteggere Kagome, e quando gli ho detto che mi dispiaceva per loro ha cominciato a urlare dicendo che non gli serviva la mia pietà» Spiego, in un borbottio sommesso. Inuyasha è sempre stato una testa calda, ma non mi sarei mai aspettato una reazione del genere. Sango mi abbraccia, baciandomi una guancia.
«Cerca di capirlo, è un momento duro» Mormora, accarezzandomi il viso con la mano che non sostiene il peso di nostro figlio. Annuisco, senza aggiungere altro. Il cuore è diventato un macigno incredibilmente pesante. Sospiro e mi passo una mano sulla nuca. Dannazione, ma perché il mondo sembra avercela con tutti noi?

Buonasera a tutti e scusate per il lieve ritardo, è stato un weekend un po' intenso ^^"
BTW, spero che il capitolo vi sia piaciuto! Anche se non mi piace come Inuyasha si è comportato nei confronti di Miroku, credo che questa sarebbe stata proprio la sua reazione. Sappiamo tutti che ha un bel caratterino, quando vuole (ergo, quasi sempre) e credo che davanti a una situazione del genere darebbe proprio di matto...anche se forse non arriverebbe a mandare al diavolo Miroku e Sango. Tant'è! 
Spero proprio che vi sia piaciuto e, bo, vado a preparare le cose per le lezioni di domani ^^
Alla prossima! Baci baci!

 

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Capitolo 17
*** Piccole lezioni ***


Inuyasha entra nella nostra capanna come un tornado. Non che sia mai stato di umore particolarmente buono, in questi ultimi tempi, ma vederlo con quell’espressione buia dipinta in viso mi sorprende. Lo guardo ringhiare contro qualsiasi cosa si trovi davanti, pur cercando di mantenere la calma davanti a me.
«Inuyasha» Lo chiamo, cercando di catturare la sua attenzione.
«Non è successo niente» Mi risponde malamente, lanciandomi un’occhiataccia. Mi tiro a sedere con un sospiro. Quanta pazienza.
«Inuyasha» Riprovo, con un tono più dolce.
«Ho detto che non è successo niente» Ribadisce, mentre misura a grandi passi casa nostra. Alzo gli occhi al cielo.
«A cuccia» Aggiungo, con nonchalance. Un tonfo e mio marito è disteso sul pavimento, di umore più nero che mai.
«Dannazione!» Sbotta, cercando di tirarsi su.
«Adesso ti calmi e mi spieghi» Sentenzio, incrociando le braccia sopra al ventre. Mio figlio scalcia come a darmi ragione. Inuyasha, invece, digrigna i denti in silenzio. «Allora?» Incalzo.
«Ho litigato con Miroku, fine della storia» Risponde lui, in modo a dir poco telegrafico. Lo guardo con un sopracciglio sollevato in un’espressione poco convinta.
«Il motivo?» Chiedo, quando capisco che non avrebbe aggiunto altro, di sua spontanea volontà.
«Non sopporto che mi guardi con quell’aria di sufficienza che prende ogni volta che il discorso si sposta su nostro figlio» Bofonchia. Alzo di nuovo gli occhi al cielo.
«Quella che tu chiami “aria di sufficienza” non è altro che sofferenza. A Miroku e a Sango dispiace che per noi le cose siano così difficili» Cerco di spiegargli.
«Tsk»
«Vai a chiedere scusa»
«No»
«Vai!»
«No!»
«A cuccia!» Io ci provo a mantenere la pazienza, ma tutti i miei sforzi sono concentrati nel resistere alla tentazione di fare di testa mia e smetterla di farmi trattare da invalida.
«D-dannata» Mugugna Inuyasha.
«Te lo sei cercato. Adesso vai a scusarti con Miroku» Insisto, recuperando un tono gentile. Sì, soffro di sbalzi d’umore a dir poco evidenti.
«Al momento non ne ho nessuna intenzione» Risponde mio marito, incrociando le braccia sul petto muscoloso. Se non altro ha lasciato la porta aperta all’eventualità di scusarsi.
«Quanto mi fai penare» Sospiro, scuotendo lievemente la testa con un sorriso.
«Piuttosto» Aggiunge, un istante prima che finissi di parlare. «Spiegami perché non mi hai ancora tolto questa schifezza» Chiede, con aria di sfida, sfiorando il Rosario della Soggiogazione. Per un istante resto in silenzio. A dire il vero non ho mai pensato a liberarlo da quell’impiccio. «Ancora non ti fidi di me?» Continua, stringendo i denti.
«A dire il vero…» Inizio.
«Preferisco non saperlo, se devo essere sincero» Mi interrompe, alzandosi.
«Inuyasha» Chiamo nuovamente, vedendolo costruire un muro intorno a sé, evitando di mostrarmi la sofferenza.  Esce e mi lascia di nuovo da sola, in compagnia della piccola vita che ha quasi finito di crescere dentro di me. Questi mesi sono stati lunghi, terribilmente lunghi, e difficili. Ci sono stati momenti in cui Inuyasha si è rivelato incredibilmente premuroso, contrariamente a quanto mi sarei mai aspettata, e altri in cui lo sconforto l’ha spinto in fondo a un baratro così profondo che temevo non sarebbe riuscito a risalire. E invece ci era sempre riuscito, pur di starmi accanto. Oggi, però, sembra profondamente ferito.  E tutto per colpa mia.
Abbasso lo sguardo sul rigonfiamento nascosto dal kimono. Un nodo mi si forma in gola prima che io possa oppormi. Improvvisamente sento di non meritare nemmeno una piccola parte di quella felicità, di non meritare nemmeno l’amore di Inuyasha. Perché? Beh, perché…
L’ingresso di qualcuno nella capanna mi strappa alle mie tristi riflessioni. Mi volto e mi ritrovo davanti una Sango alquanto confusa. Hajime, in braccio a lei, è impegnato a studiare i movimenti delle proprie dita grassocce.
«Kagome, c’è Inuyasha?» Mi chiede, venendo a sedersi vicino a me. Scuoto la testa, mordendomi la lingua. «Che succede?» Domanda, notando il liquido scintillio dei miei occhi. Nascondo il viso tra le mani e mi sciolgo in singhiozzi disperati, spiazzando persino il piccolo Hajime. Lo sento emettere un versolino gutturale pieno di stupore, mentre la mano di Sango mi accarezza i capelli nel tentativo di consolarmi. «Fatti coraggio, Kagome» Incita, sorpresa.
Quando finalmente riesco a riprendere il controllo mi asciugo le lacrime con la manica del kimono, tirando su col naso.
«Scusami» Bofonchio. Sango scuote la testa e senza aggiungere altro mi invita a spiegarle. «Non credo di meritare nulla di tutto questo» Sussurro, sforzandomi di non ricominciare a piangere.
«Che sciocchezze vai dicendo?» Mi domanda.
«Io non appartengo a questa epoca, Inuyasha non avrebbe dovuto essere mio, io…» Mugugno.
«Calmati, calmati» Mi accorgo di tremare.
«Inuyasha mi ha detto di aver litigato con Miroku» Dico, spostando un po’ il centro del discorso.
«Sì. Era venuto a chiedergli un fuda per te, ma sai anche tu che Miroku non ha quel tipo di talismani» Spiega Sango, cullando distrattamente Hajime. «Inuyasha l’ha presa un po’ sul personale, non ho ben capito che cosa è successo a dire il vero, e ci ha urlato che non ha bisogno della nostra pietà» Conclude, stringendosi nelle spalle.
«Mi dispiace. È tutta colpa mia» Le dico, abbassando il viso.
«Smettila di dire stupidaggini e spiegami perché piangevi. Non credo fosse per questo, dato che non sapevi che cosa era successo di preciso» Sango non mi lascia mai scampo. Deglutisco e mi accarezzo il ventre.
«Inuyasha mi ha chiesto perché non gli ho ancora tolto il Rosario. Il problema è che per me è diventato così naturale il fatto che ce l’abbia che non ci ho mai pensato. Invece lui crede che sia perché non mi fido di lui…non so, è come se io fossi un peso. Non è questa discussione in sé…è tutto» Confesso. «Gli sto procurando un dolore dietro l’altro. Prima ho rotto la Sfera e lui è stato costretto a recuperare i frammenti insieme a me, poi l’ho obbligato a scegliere tra me e Kikyo, l’ho fatto preoccupare mille volte perché volevo fare di testa mia, ora questo» Continuo, riferendomi alla situazione in cui avevo costretto sia me che mio marito. «A volte credo che tutta la nostra sfortuna in realtà sia solo una conseguenza del mio comportamento. Io non avevo il diritto di innamorarmi di Inuyasha. Io non avrei nemmeno dovuto mettere piede in quest’epoca» Concludo, mordendomi un labbro.
«Kagome» Mi chiama Sango, dopo avermi ascoltato con attenzione. «Se tu ed Inuyasha non foste stati destinati ad incontrarvi, perché il Pozzo Mangiaossa ti avrebbe portato qui, mh?»
«Non lo so…» Borbotto.
«Smettila di darti la colpa di tutto quello che accade. Inuyasha è una testa calda, lo sappiamo tutti, e reagisce male alla pressione. È preoccupato per te, come tutti noi, anzi, di più. Non è colpa tua» Mi rassicura. «Pensa solo a resistere un altro po’. Manca poco, e potrai abbracciare il tuo bambino, Inuyasha si rilasserà un po’ e tutto tornerà alla normalità, vedrai» Mi promette, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Ho sempre pensato che Sango fosse la sorella maggiore che non avevo mai avuto, e quei momenti sembravano confermare la mia tesi.
«Grazie, Sango. Mi dispiace veramente tantissimo che Inuyasha si sia comportato così con te e Miroku…» Aggiungo.
«Lascia perdere, sappiamo com’è fatto. Non darti troppa pena. Ma soprattutto credimi, tutto si sistemerà» Ribadisce, accompagnando le sue parole con un sorriso. Annuisco e le sorrido a mia volta, con Hajime che mi guarda incuriosito. Gli porgo una mano e lui provvede prontamente a stringermi un dito, gorgogliando soddisfatto.
«Ehilà, come siamo diventati forti!» Scherzo, mentre agita la mia mano e io lo assecondo.
Il tempo scivola via, in compagnia di Sango che mi racconta delle marachelle di Hajime e della disperazione soddisfatta di Miroku. Scivola via velocemente, tanto che quando Sango si alza per tornare a casa mi stupisco di quanto buio si sia fatto. E Inuyasha ancora non è tornato.
«Se preferisci posso tornare qui con Miroku e tenerti compagnia» Propone la sterminatrice di demoni. Scuoto la testa con un sorriso di ringraziamento.
«Non ti preoccupare, hai già fatto tantissimo per me. Salutami Miroku e digli che mi dispiace» Le dico.
«D’accordo. Mi raccomando. A presto!» Mi saluta, uscendo. Ha l’aria preoccupata. Scommetto che più tardi passerà a controllare.
Il silenzio è quasi soffocante, ora che Sango è andata via. Mi mordicchio distrattamente il labbro, prima di scendere furtivamente dal letto per mettermi a cucinare qualcosa, l’unica attività che Inuyasha mi permette di svolgere, non prevedendo grandi sforzi.
Mentre sto tagliuzzando le verdure, mio marito torna. Alzo gli occhi e lo guardo con aria colpevole e dispiaciuta.
«Inuyasha» Tento, ma lui mi zittisce scuotendo la testa. Si avvicina e mi prende il viso tra le mani. Chiudo gli occhi e lascio che le sue labbra catturino le mie. Mi aggrappo alla sua bocca come se fosse la mia unica fonte di ossigeno nelle profondità del mare. «Scusami» Mugugno, tra i suoi baci.
«Mi dispiace. Non avrei dovuto dirti quelle cose. Ti amo, Kagome» Dice lui, come se non avessi parlato. È raro che, dopo una discussione, torni così pentito. Che cosa gli sarà successo? Egoisticamente penso che non mi importa, che va bene così. Lascio che mi baci a lungo, prima di tornare a preparare la cena. Abbiamo ancora così tanto da imparare.

Sono imperdonabile =.=" Ci ho messo una vita ad aggiornare, ma per via dell'università e di altri mille impegni, come al solito, ho avuto pochissimo tempo. Spero che mi possiate perdonare ç_ç
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e, soprattutto, spero di poter aggiornare presto!
Alla prossima! 
Baci baci!

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Capitolo 18
*** Consigli gelidi ***


Sesshomaru cominciava ad averne le tasche piene dei battibecchi tra Jaken e Rin. I toni si mantenevano sempre relativamente bassi, questo è vero, e raramente si protraevano troppo a lungo, ma si presentavano uno dopo l’altro, a un ritmo vertiginoso. A volte arrivava a sperare che Jaken se ne andasse di sua iniziativa, anche se poi si rendeva conto che il piccolo demone gli era troppo appiccicato addosso per farlo. Così, di tanto in tanto, aveva bisogno di prendere e andarsene a fare quattro passi tra i fitti alberi che circondavano l’isolata capanna in cui si erano stabiliti.
Quel giorno un odore familiare lo spinge a interrompere la camminata.
“Non può essere”,  pensa, voltandosi verso la direzione da cui proviene il vento.
Una macchia rossa attraversa velocemente il suo campo visivo.
«Inuyasha» Sibila, portando istintivamente la mano sull’elsa di Tenseiga. Sentendosi chiamare il mezzo demone arresta la sua corsa, fermandosi a pochi metri dal fratello.
«Sesshomaru» Risponde, gli occhi socchiusi in un’espressione di profondo astio. «Non è giornata, quindi levati dai piedi» Gli intima, scrocchiando le lunghe dita affusolate.
«Pensi che m’importi qualcosa della tua giornata?» Domanda retoricamente Sesshomaru, squadrando il giovane da capo a piedi. «Scommetto che hai litigato con quell’umana» Lo prende in giro, con un sogghigno lieve dipinto sul volto. «Sei un rammollito. Lasciarti turbare da una sciocchezza del genere» Incalza, estraendo la spada. “Non potrà ferirlo, ma qualche livido glielo può sempre lasciare”, pensa, prima di scagliarsi contro il fratello.
Sfoderando Tessaiga, Inuyasha schiva il fendente di Sesshomaru, atterrando poco più in là, impugnando la propria spada a due mani.
«Va’ al diavolo, Sesshomaru!» Ringhia, prima di lanciarsi all’attacco, accecato dalla rabbia.
«Sei sempre il solito» Nota il demone, scansandosi il minimo indispensabile per evitare la lama di Tessaiga ma riuscire comunque ad assestare un poderoso colpo sulla schiena di Inuyasha con l’elsa di Tenseiga, mandandolo a faccia in giù sul terreno. «Ti lasci guidare dalla rabbia e attacchi alla cieca. Mi sorprendo ogni giorno di più del fatto che tu sia vivo, fratello. E ancora di più del fatto che l’umana che ti ostini a proteggere sia sana e salva» Lo provoca, attendendo che si rialzi.
«Smettila di tirare in mezzo Kagome!» Urla Inuyasha, completamente fuori di sé dalla rabbia. Una volta in piedi infila di nuovo Tessaiga nel suo fodero, sfilandolo dalla cintura. Scaglia il tutto lontano da sé, allargando le braccia. «Avanti, Sesshomaru, attaccami!» Lo incita. «Attaccami e lascia che sia il mio sangue di demone a darti il ben servito!» Continua.
Sesshomaru, per tutta risposta, ripone la spada nel suo fodero, senza degnare Inuyasha nemmeno di uno sguardo. «Non ho intenzione di combattere contro uno sciocco che cerca il suicidio» Lo canzona, dandogli le spalle.
«Non darmi le spalle, Sesshomaru!» Urla Inuyasha, lanciandosi nuovamente all’attacco. Con un gesto rapido e preciso, il demone lo afferra per la gola, sollevandolo da terra.
«Torna in te. Fai pietà persino a tuo fratello, vergognati» Lo ammonisce, lasciandolo cadere a terra una volta pronunciate quelle parole.
«Che tu sia dannato» Ringhia Inuyasha a denti stretti, tenendosi una mano sulla gola.
«Pensa piuttosto a farti perdonare da quella donna. Da patetico mezzo demone quale sei non sei in grado di fare a meno di quella Kagome. Tanto vale che la smetti di comportarti come l’idiota che sei» Suggerisce, cominciando a tornare sui propri passi.
«Sesshomaru, aspetta, dannato!»
«Non ho nient’altro da dirti. Ed evita di farti rivedere da queste parti, la prossima volta non ti riserverò alcuna pietà» Gli intima, senza fermarsi. “Gira voce che quella sacerdotessa sia incinta. A quanto pare il sangue impuro di quell’idiota non sparirà con lui”, riflette. “La paternità deve avergli dato al cervello, anche se devo ammettere che la luce di follia che aveva negli occhi puzzava di pericolo. Pare che, invece di assopirsi, la sua metà demoniaca accumuli forza di nascosto. Potrebbe essere un problema”, continua, mentre la capanna sembrava non sbucare mai attraverso gli alberi. “Non credevo di essermi spinto tanto lontano”, nota, senza mutare minimamente l’andatura.
Dopo diversi minuti di cammino, immersi nel silenzio più assoluto, l’aria cominciò ad incresparsi intorno alla voce di Jaken.
«Padron Sesshomaru! Padron Sesshomaru, dove siete finito?» La sua gracchiante tonalità graffiava i timpani del demone con fastidiosa decisione. Trattenendo una smorfia di disgusto, Sesshomaru segue placidamente il suono di quella vocetta irritante, raggiungendo in poco tempo il piccolo demone.
«Che hai da gridare tanto, Jaken?» Domanda, con la sua tipica freddezza.
«Ah, padron Sesshomaru, che sollievo! Rin e io…no, a dire il vero è tutta colpa di Rin, il buon vecchio Jaken sapeva che sareste tornato presto, invece quella ragazzina insopportabile continuava a…» Blaterava, prima di rendersi conto di quanto gli usciva dalla bocca. «Fate finta che il vostro umile servitore non abbia detto assolutamente nulla, padron Sesshomaru. Perdonatemi!» Implora, prostrandosi a terra. Senza troppi complimenti, Sesshomaru gli cammina addosso, reputando superfluo girargli intorno.
La capanna, a pochi passi di distanza, era silenziosa. Entrando, Sesshomaru non vede subito Rin e, per un istante, sente il gelido cuore stringerglisi nel petto.
«Rin» Chiama, semplicemente.
«Sesshomaru!» Una voce un po’ nasale, dal retrogusto amaro delle lacrime lo raggiunge. Un movimento lieve, al di sotto delle coperte attira la sua attenzione.
«Perché piangi?» Chiede il demone, avvicinandosi alla ragazza.
«Avevo paura che non tornassi, stavolta» Confessa, tirando sul col naso.
«Sono tornato ogni volta, continuerò a farlo» Sussurra il demone, cingendole le spalle con un braccio. Forse un po’ poteva dire di capire il fratello. Ma se il suo cuore cominciava a liberarsi dalla gelida presa che lo soffocava, il suo orgoglio ancora non gli permetteva di fare certe considerazioni. Era già abbastanza che ammettesse, con se stesso, di provare qualcosa per quella ragazzina umana. Per il resto c’era tempo.

Ci ho messo un po', come al solito, ma finalmente sono iniziate le vacanze di Natale (=ho più tempo per scrivere, e scriverò!). Spero che mi perdoniate ^^"
Mi rendo conto che questo capitolo è un po' più corto degli altri, ma credo sia un po' più intenso degli ultimi che ho postato, forse perché c'è questo intenso momento tra fratelli che, bo, mi sembrava giusto mettere :3
Spero sia chiaro che questo capitolo è una sorta di flashback: mostra, in sostanza, cosa è successo prima che Inuyasha chieda scusa a Kagome nel capitolo 17. Diciamo che il fatto che proprio Sesshomaru gli abbia fatto "la ramanzina" gli ha fatto aprire un po' di più gli occhi sul proprio comportamento ^^
Spero che vi sia piaciuto! Alla prossima! 
Baci baci!

 

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Capitolo 19
*** Acque placide ***


Da quando avevo lasciato Kagome ero inquieta. Sapevo perfettamente che Inuyasha la amava dal profondo del cuore, per quanto, a volte, fosse veramente incapace di dimostrarlo, eppure non riuscivo a stare tranquilla. Continuavo a chiedermi se era tornato, se le aveva chiesto scusa o se si era fatto perdonare. Mi sarei accontentata anche di sapere che era tornato ma che le teneva il muso. Che incosciente. Lasciare Kagome da sola nelle sue condizioni. Prima le faceva una testa così perché non doveva fare nessun tipo di sforzo e poi se ne andava via, stizzito come un bambino. Nemmeno Hajime faceva queste scenate.
Sospiro e, così facendo, attiro lo sguardo di Miroku su di me.
«Stai pensando a Kagome, vero?» Mi chiede, in un sussurro.
«Non posso proprio nasconderti nulla, vero?» Replico, con lo stesso tono di voce. Hajime si è appena addormentato, è meglio evitare di svegliarlo o sarà una tragedia.
«Ti conosco troppo bene, Sango» Mi fa notare mio marito. Sorrido e mi accoccolo tra le sue braccia, inspirando il suo profumo.  È così familiare che mi viene la pelle d’oca. «Coraggio, va’ a vedere se Inuyasha è tornato. Lo tengo d’occhio io Hajime» Propone, baciandomi i capelli.
«Grazie» Mormoro, sfiorando le sue labbra con le mie, rubandogli un bacio lieve e delicato.
«Vai, prima che cambi idea» Insiste, afferrandomi i fianchi per strapparmi un bacio decisamente meno innocente di quello che gli avevo appena sottratto io. Ridacchio lievemente, sfiorandogli una guancia con la punta delle dita.
«Torno presto» Prometto, baciandolo nuovamente. Una rapida occhiata ad Hajime, rannicchiato nel suo lettino, ed esco nell’aria fredda della sera. Quasi corro fino a casa di Kagome, tante sono la curiosità e la preoccupazione.
Nel momento stesso in cui arrivo nei pressi della sua capanna, Inuyasha varca la soglia ed esce. Rallento il passo e riprendo fiato, pronta ad affrontarlo. Se non altro so che è tornato.
«Inuyasha» Dico, con un tono più duro di quanto volessi in realtà. La sua unica risposta è un’occhiata in tralice. Chiaramente non ha ancora digerito la discussione con Miroku.
«Che vuoi?» Mi domanda, quasi seccato. Anzi, senza quasi.
«Sono venuta a vedere se Kagome era ancora da sola» Rispondo, con il chiaro intento di rinfacciargli il suo comportamento.
«Tsk» Risponde, voltando il viso dall’altra parte. Peggio di mio figlio.
«Senti, mi dispiace per la discussione di oggi. Sai bene che Miroku non intendeva offenderti, e nemmeno io» Comincio. Tanto vale affrontare il discorso.
«Pensi che mi interessi?»
«Dovrebbe. Andiamo, Inuyasha. Credi davvero che io e Miroku siamo così? Non ci conosci nemmeno un po’, dopo tutto questo tempo?» Chiedo, sinceramente sorpresa.
«E voi non mi conoscete?» Ribatte. Capisco immediatamente dove vuole arrivare.
«Miroku ha scelto le parole sbagliate, forse, ma tu sei scattato subito. Non è un bel periodo per te, e nemmeno per Kagome. Appunto per questo dovresti cercare di essere meno scontroso. Siamo tuoi amici, Inuyasha. Lo siamo sempre stati» Il volto del mezzo demone viene attraversato da un lampo di sorpresa, come se avesse realizzato solo in quel preciso momento di avere degli amici. Proprio lui, abbandonato a se stesso dalla morte della madre, ripudiato tanto dai demoni quanto dagli umani per via di quella sua natura a metà.
«Tsk» È imbarazzato, è evidente. Quanta pazienza ci vuole con lui.
«Archiviamo qui il discorso, d’accordo? E basta tenere il muso» Propongo, tendendo le labbra in un sorriso.
«Non finché Miroku non si sarà scusato» Bofonchia.
«Inuyasha…!» Lo rimprovero, bonariamente.
«Dannazione, possibile che sia sempre io quello dalla parte del torto?» Si lamenta.
«Avete torto entrambi, siete due imbecilli, ma io e Kagome vi amiamo per questo, no?» Noto, cercando di appianare la questione una volta per tutte. «Piuttosto, come sta? Dorme?» Chiedo, accantonando il discorso.
«Si è addormentata poco fa. Stavo andando a recuperare un po’ di legna per domani mattina» Mi risponde, finalmente con un tono tranquillo.
«Allora vado, volevo solo assicurarmi che non ci fossero problemi» Taglio corto.
«D’accordo» Risponde Inuyasha, avviandosi verso la catasta di legna impilata vicino alla loro capanna.
«Buonanotte, Inuyasha»
«’Notte» Replica.
Torno sui miei passi col cuore un po’ più leggero. Per quante difficoltà ci si possano parare davanti lungo il nostro cammino, alla fine riusciamo sempre a superarle. Questa constatazione mi dà la forza di credere che anche la gravidanza di Kagome andrà a buon fine e che varrà tutte le tribolazioni che ha procurato.
Alleggerita dal peso delle preoccupazioni, cammino meno spedita, godendomi l’aria frizzante che mi accarezza il viso mentre, passo dopo passo, mi avvicino a casa mia, a mio marito, a mio figlio. Alla mia famiglia.
Entro di soppiatto nella capanna, facendo il meno rumore possibile. Miroku mi vede e mi sorride, venendomi incontro per abbracciarmi.
«Come è andata? Kagome sta bene?» Mi chiede, in un soffio.
«Stava dormendo. Comunque ho avuto la possibilità di parlare con Inuyasha. Diciamo che ho chiarito la situazione, pare che abbia capito e abbia sotterrato l’ascia di guerra» Scherzo, stringendomi a mio marito con un sorriso soddisfatto.
«Questa è la donna che ho sposato» Mormora, con tono soddisfatto, prendendomi il viso tra le mani. Non riesco a replicare, le sue labbra si avventano sulle mie con un’avidità quasi disarmante. Ci trasciniamo verso il nostro futon, sghignazzando come due ragazzini e intimandoci a vicenda di non fare rumore.
Facciamo l’amore sottovoce, cercando di non svegliare Hajime. È un amore dolce, delicato ma intenso, l’amore di due anime e di due corpi che si cercano disperatamente. Miroku si muove dentro di me lentamente ma inesorabilmente, come l’acqua che con la sua liquida potenza leviga le pietre del fiume. Mi aggrappo a lui come un naufrago che cerca la salvezza tra quello che resta della sua povera imbarcazione, lasciandosi trasportare dalla corrente. Mormoro il suo nome, lo sospiro contro le sue labbra, contro la sua pelle. E quando la marea sale e ci travolge trattengo il respiro, affondo le unghie nella sua schiena ampia e muscolosa, mi aggrappo alla mia salvezza con tutte le mie forze. Mio marito nasconde il viso nell’incavo del mio collo, soffocando un gemito di piacere mentre affoga nell’abbraccio del mio corpo. Ansimanti, tremanti, abbiamo raggiunto la terra ferma. Restiamo accasciati sulla spiaggia per qualche istante, prima di cercare l’uno gli occhi dell’altra e sorriderci, il fiato rotto come dopo una corsa. Mi sposta una ciocca di capelli dalla fronte, baciandomi le labbra, il mento, il naso, la fronte. Baciandomi come se ne andasse della sua vita.
«Ti amo» Bisbiglio, quando le sue labbra liberano le mie.
«Non hai idea di quanto io ami te» Replica, guardandomi per un attimo infinito con quei suoi occhi blu come il cielo. Scivolando fuori da me, Miroku mi si stende accanto, cingendomi con le braccia, stringendomi al suo petto. Appoggio il viso sulla sua spalla, accoccolandomi al suo fianco con un sospiro soddisfatto. A volte ho paura. A volte ho paura di tutta questa felicità. Ne abbiamo passate così tante che a volte ho la terribile impressione che sia tutto una bolla di sapone pronta a esplodere.
Mentre mi addormento comincio a sognare di Hajime che corre in un campo pieno di fiori mentre io e Miroku lo guardiamo, soffiando fragili bolle iridescenti fuori da un giocattolo che Kagome gli ha portato dalla sua epoca. Tutto il resto è un’immagine confusa, ormai sto dormendo.

Innanzitutto: BUON NATALE A TUTTI! ^^
Con la pancia ancora piena dal pranzo di oggi non potevo non scrivere il nuovo capitolo (si sa, a pancia piena si lavora meglio XD) Spero che vi piaccia ^^
Ovviamente non potevo non far fare pace a Inuyasha e Sango e Miroku, sarebbe stato improponibile ^^ E poi Kagome ha bisogno di tranquillità :3
Mah, in teoria non ho altro da dire, quindi vi lascio ^^ A prestissimo col nuovo capitolo e di nuovo Buon Natale! ^^
Baci baci!

 

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Capitolo 20
*** Col fiato sospeso ***


Mi piacerebbe poter dire che il mio comportamento negli ultimi mesi è stato impeccabile, ma la verità è assai diversa, purtroppo. Ho fatto del mio meglio, ma non posso farci nulla, sono fatto così. Ancora non mi viene automatico pensare agli altri prima di agire. Ho vissuto troppo solo e troppo a lungo, perché l’abitudine mi entri in circolo così in fretta, anche se c’è chi mi farebbe notare che ho avuto tutto il tempo del mondo per imparare. Al che mi verrebbe da chiedere se avrei dovuto farlo quando eravamo perennemente in lotta contro Naraku o quando dovevo imparare ad accettare l’idea che avrei perso Kagome per sempre. In sostanza, è meglio che la gente si faccia gli affari suoi. Non devo le mie scuse a nessuno, se non a Kagome.
Kagome. Il suo amore è la cosa più bella che mi sia mai capitata. A volte (molto spesso, a dir la verità) mi stupisco della fortuna che ho avuto. C’è chi dice che si è trattato di Destino, ma non è comunque Fortuna il fatto che mi sia toccato un Destino tanto perfetto? Una volta Miroku mi ha fatto notare che, probabilmente, si trattava di una forma di compensazione del mio passato tanto tragico. Io, però, preferisco vederla in un altro modo. Invece di considerare Kagome un premio, preferisco vederla come una promessa. Questo mi permette di considerare il mio passato come passaggio obbligato per raggiungere la felicità con lei. Sì, tenere buona l’idea di Miroku o la mia cambia ben poco le cose, è una questione di gusti, diciamo.
«Inuyasha, si può sapere che stai pensando?» La voce dell’anziana Kaede mi riscuote dai miei pensieri.
«Fatti gli affari tuoi, vecchia» Rispondo, scendendo dall’albero vicino alla mia capanna con un agile balzo.
«Devi imparare ad essere più rispettoso» Mi rimprovera. Alzo gli occhi al cielo e la ignoro.
«Come sta Kagome?» Domando, incrociando le braccia sul petto.
«Molto meglio, il riposo le sta facendo bene. Ormai non manca molto al parto, oserei dire che è questione di giorni. Cerca di non farla affaticare proprio ora, capito?» Risponde, rifilandomi un’occhiataccia.
«Sì, sì, certo»La liquido, con un gesto della mano, prima di avviarmi verso la capanna.
«E se dovessero esserci problemi, corri a chiamarmi»
«Quello era abbastanza ovvio, vecchia» Faccio notare, prima di sparire all’interno. La sento bofonchiare qualcosa sul mio comportamento e poi avviarsi verso il villaggio, dove certamente l’aspettano altre visite. Kagome è seduta sul futon, i capelli morbidamente liberi sulla schiena, le mani appoggiate sul ventre gonfio e un sorriso sulle labbra.
«Hai parlato con la venerabile Kaede?» Mi chiede subito, gli occhi brillanti di gioia.
«Certo» Le rispondo, sedendomi accanto a lei, posandole un bacio tra i capelli morbidi.
«Manca così poco! Non vedo l’ora!» Esclama, con la voce tremula per l’emozione. Dev’essere stata dura, per lei. Lo è stata per me che non ero costretto a letto, non oso immaginare cosa abbia significato questa gravidanza per lei. Se poi aggiungiamo la mia condotta tutt’altro che esemplare…!
Lo sguardo di mia moglie s’incupisce per un istante. Aggrotto le sopracciglia e le sollevo il viso, guardandola negli occhi.
«Cosa c’è che non va?»
«Niente. Ho solo un po’ paura. Sì, è vero, manca pochissimo…ma proprio per questo ho paura che la situazione precipiti. In fin dei conti finora non è successo nulla di veramente tragico e…» Non la lascio finire.
«Smettila di pensare a queste cose. Devi stare tranquilla, andrà tutto bene» Cerco di rassicurarla, stringendola dolcemente tra le braccia. «Andrà tutto bene» Ripeto, e non so se lo sto dicendo a lei o a me stesso. In fin dei conti anche io ho paura. Kagome ricambia il mio abbraccio e avvolge le braccia intorno a me. Non dice nulla, sospira e si limita a stringermi.
Qualche ora dopo ci raggiungono Sango e Miroku. Dicono di aver incrociato Kaede mentre tornava dal giro di visite e di aver saputo che era passata anche da noi, motivo che li aveva spinti a fare un salto per sentire le novità.
«Non c’è nulla da aggiungere alle parole della vecchia» Spiego, stringendomi nelle spalle.
«Nervosetto come al solito, eh, Inuyasha?» Mi stuzzica Miroku. Stringo i pugni e resisto alla tentazione di assestargli un gancio destro. Dannato monaco impertinente.
«Andiamo, lascialo stare, Miroku» Lo invita Sango, cullando Hajime. Quel bambino cresce a vista d’occhio. O è solo una mia impressione?
Kagome, di fianco a me, sussulta. Si porta una mano sul ventre e resta immobile per un istante, pensierosa. La guardo con aria enigmatica, attendendo col fiato sospeso che la sua espressione muti.
«Che c’è?» Domando, quando la vedo cercare di distendere la fronte.
«Nulla, ho sentito una piccola fitta, dev’essersi mosso bruscamente» Risponde, cercando di darmela a bere.
«Vado a chiamare Kaede» Annuncio, alzandomi. Preferisco andarla a chiamare per una stupidaggine, che rischiare di nuovo di perdere Kagome o il bambino o entrambi.
«Ma non ce n’è bisogno» Protesta Kagome, portando di nuovo la mano sul grembo. Non le rispondo nemmeno. Sento Sango farlo al posto mio mentre mi fiondo fuori.
«Kagome, è meglio essere sicuri» Le dice, dolcemente. Non sento altro, sono già troppo lontano.
«Kaede!» Chiamo, piombando nella capanna della vecchia senza troppi complimenti. La sacerdotessa solleva lo sguardo dal mortaio in cui sta macinando alcune erbe e non fa nemmeno in tempo a chiedermi perché sto facendo tutto quel baccano. «Kagome ha delle fitte» Comunico e lei, senza dire nulla si alza e mi segue fuori dalla capanna. Sono così impaziente che mi tocca caricarmela sulle spalle.
Quando arriviamo Miroku è in piedi fuori dalla nostra abitazione con Hajime in braccio.
«Credo che sia arrivato il momento, Inuyasha» Bofonchia, visibilmente preoccupato. Kaede si precipita dentro intimandoci di non stare in mezzo ai piedi. Vorrei entrare per stare vicino a Kagome, ma Miroku mi trattiene.
«Credimi, è meglio se resti qui» Consiglia. Mi rendo conto che ha probabilmente ragione, ma sono terrorizzato all’idea di perdere Kagome. So che anche se fossi al suo fianco non potrei fare nulla di concreto per aiutarla, però…!
Mi rassegno e comincio a battere nervosamente un piede sul terreno, tenendo le braccia incrociate. Poi mi siedo, appoggiando la schiena contro la capanna. Un istante dopo mi rialzo, prendendo a camminare avanti e indietro. Poi mi sistemo sul ramo più basso dell’albero che cresce vicino alla nostra abitazione. Poi scendo e mi metto a fissare la porta, dalla quale escono i lamenti strazianti di mia moglie e le incitazioni di Sango e Kaede. Il figlio di Miroku mi rivolge uno dei suoi gorgoglii incomprensibili, sembra quasi dirmi di restare calmo. Mi passo una mano sul viso e sbuffo.
«Ricordi quando è nato Hajime?» Mi chiede il monaco, sistemandosi il bambino sull’altro braccio.
«Cosa vorresti dire?» Taglio corto.
«Nulla, solo che al tempo mi prendevi in giro per la mia impazienza» Confessa, abbozzando un sorriso ansioso. In circostanze normali gli sbotterei contro, ma non sono molto in vena.
«Sta’ zitto. Sango non era in pericolo di vita» Lo liquido. Noto che avrebbe qualcosa da ridire, ma prende la saggia decisione di lasciarmi alle mie angosce.
 
A giudicare dalla posizione del sole, sono ormai passate almeno quattro ore. Ho i nervi a pezzi. Quattro ore di urla e lamenti. Quattro ore di pentimento. Come ho potuto desiderare così tanto qualcosa che sta facendo soffrire così terribilmente Kagome? Come ho potuto essere così egoista?
Di tanto in tanto Sango usciva dalla capanna per andare a recuperare dell’acqua pulita e io la tempestavo di domande, alle quali lei rispondeva sbrigativamente e con poca concentrazione. Anche se la odiavo per questo, capivo che aveva il suo bel da fare. Non sarei mai stato in grado di ringraziarla per quello che faceva, ne ero consapevole, e probabilmente lo era anche lei. Vedendola passare Hajime allungava le sue piccole mani, nella speranza che la madre lo prendesse in braccio, ma ogni volta Sango si limitava a rivolgergli un sorriso dolce e teso, prima di sparire di nuovo all’interno della capanna, lasciando suo figlio un po’ perplesso e deluso.
«Inuyasha fa davvero paura, vero Miroku?» Domanda Shippo, sottovoce. Avrei preferito che non ci raggiungesse. Circa un’ora dopo che Kaede era entrata nella capanna il cucciolo di volpe aveva fatto la sua apparizione, lamentandosi del fatto che, se non fosse passato per caso, nessuno sarebbe andato a chiamarlo. Era bastata un’occhiata a zittirlo.
«Sssh, Shippo. Abbi pazienza» Gli consiglia Miroku, notando che l’avevo sentito nonostante il tono di voce piuttosto basso.
L’ennesimo urlo di Kagome increspa l’aria. Poi il silenzio. Rabbrividisco. Sto trattenendo il fiato e mi accorgo che anche Miroku e Shippo stanno facendo la stessa cosa. Poi un suono lamentoso, un gorgoglio appena udibile si mescola al silenzio. Mi fiondo verso la porta e quasi sbatto contro Sango, che stava uscendo a chiamarmi. Blatera qualcosa, ma non la ascolto. Corro da Kagome, mi si gela il sangue nel vederla tanto pallida. È seduta sul futon, avvolta da una coperta. E tiene in braccio il nostro bambino.

Sono una brutta persona, lo so, ci ho messo di nuovo una vita ad aggiornare, ma abbiate (tanta) pietà ç_ç
Sono una studentessa in crisi per gli esami, come mi capita fin troppo spesso ç_ç
In più ieri sono andata al Festival del Fumetto a Novegro e bo, ho incontrato Inuyasha, Sesshomaru, Kagura e Shippo e stavo tipo morendo. Poi ho comprato un kimono troppo figo e, sì, insomma, mi devo ancora riprendere dall'emozione. 
Detto questo mi ritiro, siate clementi e vogliatemi bene <3
Baci baci :3

 

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Capitolo 21
*** Eiko ***


Guardando il viso rapito di Inuyasha, Kagome non poté trattenere più a lungo le lacrime. Calde scie bagnate cominciano a scorrerle lungo le guance, mentre il mezzo demone non trova nemmeno mezza parola per riempire il silenzio carico di commozione che invade la stanza.
Anche Miroku e Shippo fanno il loro ingresso nella capanna, curiosi, ma Sango e Kaede li spingono fuori, bisbigliando loro che è giusto lasciare ai neogenitori il tempo di realizzare. Ci sarà tempo più tardi per le congratulazioni e tutto il resto.
«È una bambina bellissima, e soprattutto in perfetta salute» Assicura Kaede, prima di lasciare a Inuyasha e Kagome il loro angolo di pace.
«Una bambina?» Chiede Inuyasha, temendo anche solo di sfiorare quella piccola e fragile vita.
«Sì» Mormora Kagome, sorridendo tra le lacrime.
«È bellissima» Sussurra il mezzo demone, senza riuscire a distogliere lo sguardo dalla neonata. «Non ha…»  Esita, rendendosi conto, per la prima volta, che la sua natura demoniaca potrebbe aver lasciato tracce sulla sua discendenza. Kagome scuote lievemente la testa, sistemando la coperta in cui è avvolta la bambina.
«Sembra completamente umana» Risponde, alzando lo sguardo su Inuyasha. «E se anche avesse ereditato parte della tua natura di demone, la cosa non intaccherebbe l’amore che provo per lei» Precisa, con uno sguardo liquido ma deciso.
«Questo lo so» Nota Inuyasha, con un sorriso amaro, prima di sospirare. «Il problema sono gli altri» Precisa, stringendo i pugni. Kagome allunga una mano, posandola sul viso di suo marito.
«So cosa stai pensando. Nostra figlia avrà una vita piena e felice, sia che abbia ereditato parte della tua natura, sia che non l’abbia fatto. E a proposito di questo…pensavo di chiamarla Eiko…che ne pensi?» Aggiunge, sfiorando il capo minuto della bambina.
«Eiko…» Mormora Inuyasha, come se stesse soppesando il nome. “Bambina dalla lunga vita”, ma anche “bambina splendida”. «È perfetto» Risponde, alla fine, visibilmente impacciato. Vorrebbe sentire il peso di quella vita tra le braccia, ma allo stesso tempo teme di farla cadere, di farle del male. A distoglierlo da quel dilemma arriva l’anziana Kaede, venuta a portare delle coperte pulite per la bambina.
«Va tutto bene?» S’informa, avvicinandosi al futon.
«Certo. Non so proprio come ringraziarla, venerabile Kaede» Attacca Kagome.
«No, non iniziare. Pensa a riposarti» La blocca la sacerdotessa, con un gesto della mano. Pochi istanti dopo anche Sango, Miroku, il piccolo Hajime e Shippo si aggiungono, iniziando a tempestare di attenzioni Kagome e la piccola Eiko, sotto lo sguardo stranito di Inuyasha.
Quando cala la sera e finalmente ognuno fa ritorno alla propria abitazione, Inuyasha si dimostra quasi timoroso di quella piccola creatura, un po’ come se fosse un’estranea piombata in casa sua senza che lui potesse opporsi.
«Inuyasha, che c’è?» Gli domanda Kagome, cullando la piccola dopo averla allattata.
«Niente» Bofonchia il mezzo demone.
«Andiamo, non puoi mentirmi»
«Fa strano. Ecco» Confessa. Con un sorriso, Kagome alza gli occhi al cielo.
«Vieni qui» Lo chiama. Inuyasha si avvicina senza protestare, con aria circospetta. «Tienile una mano sotto la testa, mi raccomando» Avvisa la ragazza, porgendo la bambina al mezzo demone.
«No, Kagome, aspetta» Protesta lui, tirandosi indietro.
«È tua figlia, Inuyasha» Gli fa notare, dolcemente Kagome. Dopo un istante di esitazione, il giovane si rassegna, accogliendo goffamente la bambina tra le braccia. Con un leggero gorgoglio, la piccola punta i suoi occhioni ancora grigi nei suoi, studiandone l’aspetto, apparendo quasi incantata dalle orecchie candide del padre.
«Perché mi guarda così?» Domanda, vagamente preoccupato.
«Ti sta studiando, non agitarti» Ridacchia Kagome, divertita.
«È inquietante» Bofonchia Inuyasha, cercando di nascondere l’orgoglio.
«Smettila, scemo» Lo rimprovera lei, scuotendo la testa.
Dopo qualche minuto, Eiko sbadiglia, aprendo la piccola bocca priva di denti. Senza riuscire a trattenere un sorriso, Inuyasha ne studia per un altro lungo istante i lineamenti acerbi, prima di domandarsi cosa fare.
«E ora che faccio?» Domanda, guardando Kagome con aria confusa.
«Mettila a dormire, no?» Risponde la ragazza.
Dirigendosi verso la piccola culla recuperata con saggio anticipo e preparata nel pomeriggio per la nuova arrivata, Inuyasha esita.
«Sistemala a pancia in su» Suggerisce Kagome, trattenendo a sua volta uno sbadiglio. Dopo qualche piccola incertezza, Inuyasha depone la bimba nel suo lettino, dove si addormenta quasi subito.
«Beh, non è andata male» Bisbiglia, restando ad osservarla per un momento, prima di avvicinarsi a sua moglie, studiandone l’aria stanca.
«Per adesso no» Bofonchia lei, coprendosi la bocca con una mano per nascondere uno sbadiglio.
«Dormi, sei esausta» Nota Inuyasha, stendendosi accanto a lei.
«Non vedo l’ora di potermi alzare» Si lamenta, accoccolandosi con cautela contro il fianco di suo marito. Avvolgendola con un braccio, il mezzo demone sospira.
«Il peggio è passato, sii paziente»
«Proprio tu mi parli di pazienza?» Lo prende in giro Kagome, alzando il viso per sfidarlo con gli occhi stanchi.
«Qualcuno deve pur dirtelo, no?» Le risponde, prima di posarle un bacio sulla fronte.
«Mh» Mugugna la ragazza, troppo assonnata per replicare oltre. Lentamente anche Inuyasha scivola nel sonno, nonostante i mille pensieri e le mille preoccupazioni che gli affollano la mente. Il peggio è passato veramente? Gli piacerebbe crederlo, ma sa fin troppo bene, purtroppo, che è proprio quando meno ce lo si aspetta che il peggio fa la sua entrata in scena.
“No, non succederà”, pensa, addormentandosi, mentre la sua mente imbocca sentieri incoerenti e tortuosi.
Ma il riposo dura ben poco. Qualche ora più tardi il peggio, proprio come il mezzo demone aveva temuto, si presenta sotto forma di un pianto lamentoso e continuo che strappa entrambi i neogenitori al loro sonno. Con Kagome ancora costretta a letto per riprendersi, Inuyasha è costretto ad alzarsi e ingegnarsi per riuscire a far riaddormentare la piccola Eiko.
Tornando al caldo del futon, non può far a meno di notare che Kagome se la sta ghignando, nonostante la stanchezza.
«Perché ridi?» Le domanda, in un sussurro appena udibile.
«Temo che sia solo l’inizio» Risponde la ragazza, con la voce impastata di sonno, risistemandosi tra le braccia del mezzo demone.
«Non dirlo un’altra volta» Le intima lui, in un bisbiglio carico di angoscia. Ma sa benissimo anche lui che le cose stanno proprio così.



...sono sempre peggio, perdonatemi davvero tantissimo ç_ç
Ho avuto un sacco di pensieri ultimamente e tra università e poca ispirazione per mandare avanti la carretta non sono più riuscita a buttare giù niente. Sopportatemi, please <3
Comunque sia, spero che questo nuovo capitolo vi piaccia, vi giuro che anche il prossimo è quasi pronto e che lo posterò prestissimissimo, parola d'onore! E se non dovessi farlo siete autorizzati a linciarmi, torturarmi, pestarmi...quello che volete!
A presto e tanti baci <3

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Capitolo 22
*** Libertà ***


«Credi che se la caveranno?» Mi chiede mia moglie, dopo essere riuscita a far addormentare il piccolo Hajime. Le emozioni della giornata avevano pervaso anche lui e quella piccola peste proprio non voleva saperne di mettersi a dormire.
«Credo di sì. Voglio dire, ce l’abbiamo fatta noi!» Rispondo, stringendomi nelle spalle, prima di sbadigliare.
«Sì, ma ce lo vedi Inuyasha a fare il padre?» Insiste. Non credo che voglia denigrarlo o chissà cosa, sicuramente è solo preoccupata per Kagome. In fin dei conti non è stato un periodo semplice per lei.
«Tu ci vedevi me?»
«Di’ un po’, monaco, non ti hanno insegnato che non si risponde con una domanda a una domanda?» Mi fa notare, avvicinandosi con aria di sfida al nostro futon, dove sono seduto.
«Come hai appena fatto tu, intendi?» Le rispondo, tenendole testa.
«Sei insopportabile» Mi prende in giro, scuotendo la testa, mentre si siede accanto a me, soffocando uno sbadiglio.
«Mi ami anche per questo» Le ricordo, avvolgendole la vita con le braccia.
«La usi troppo spesso come scusa, sai?» Mi stuzzica di nuovo, posando le mani sulla cintura di carne che ho allacciato intorno al suo corpo.
«Lo so, ma vuoi negare?» Mormoro contro il suo collo, la sento rabbrividire e il mio stomaco si capovolge un paio di volte, come un lombrico torturato con un legnetto.
«Mi piacerebbe, ma mentirei spudoratamente» Mugugna, stringendosi al mio petto. Chiudo gli occhi e inspiro a fondo il suo profumo. Perché le basta così dannatamente poco per farmi perdere il filo del discorso?
«Allora non farlo» Bofonchio, sfiorando la sua pelle fresca con le labbra. Sango non mi risponde. Si limita a voltarsi verso di me, concedendosi un istante per guardarmi negli occhi, prima di baciarmi. Nascondo una mano tra i suoi capelli, assicurandola alla nuca, attirandola verso di me. Mi posa le mani sulle spalle, facendole scivolare verso il collo, fino alle guance. Afferra il mio viso, come se avesse paura che potessi scappare. Il mio cuore perde un battito, incespica. A volte questo suo timore mi riempie di soddisfazione, la soddisfazione che un uomo innamorato prova nel sapersi ricambiato, mentre altre mi stringe il cuore in una morsa dolorosa. Con il mio comportamento l’ho fatta soffrire a lungo, e il ricordo di quei giorni continua a perseguitarla.
«Mi dispiace» Mormoro, contro le sue labbra, accarezzandole la schiena. La sento irrigidirsi per un istante, prima di allontanarsi appena da me, guardandomi con aria leggermente confusa.
«Che stai dicendo?» Chiede a mezza voce. Forse è colpa del sentiero che i miei pensieri hanno preso, ma mi sembra di sentire un lieve tremito nelle sue parole, come se avesse paura di quello che ho da dire.
«Sono stato così stupido a non dirti prima tutto quello che provavo per te, a comportarmi da monaco pervertito…» Spiego, sfiorandole una guancia con la punta delle dita. Senza staccare gli occhi dai miei, Sango inclina il capo verso la mia mano, come un gatto in cerca di carezze.
«Non è del tutto colpa tua. Avrei potuto farmi avanti io…» Non la lascio finire, scuoto appena la testa prima che possa dire altro. Non deve difendermi.
«Quale pazza si sarebbe dichiarata a un donnaiolo come me?» Le domando, sorridendole dolcemente.
«Ma…» Protesta.
«No, Sango. Niente “ma”. Mi sono comportato da verme. Avevo talmente paura di lasciarci le penne per colpa di quel bastardo di Naraku che avevo paura anche di innamorarmi sul serio. E se avessi saputo che il mio sentimento era ricambiato…non sarei mai riuscito a mettere anima e corpo nello scontro finale», confesso, liberandomi di un peso che mi sono ostinato a portarmi dentro fino a questo momento.
Gli occhi di Sango non mi lasciano scampo. Studiano il mio sguardo con aria perplessa.
«Non me ne avevi mai parlato prima» Sussurra, mordendosi nervosamente il labbro inferiore. Mi stringo lievemente nelle spalle.
«Non so perché non l’ho fatto. Forse perché eravamo troppo felici per rivangare questa storia»
«Vorresti dire che ora non lo siamo più?» La sua voce si fa ancora più bassa. Le prendo il viso tra le mani, corrugando la fronte.
«Ma cosa ti viene in mente?» Le domando, con un tono un po’ troppo alto. Hajime, nella sua culla, sospira pesantemente nel sonno. «Cosa ti viene in mente?» Ripeto, abbassando il volume. «Non potrei essere più felice di così, Sango. Dico sul serio» Le assicuro, guardandola intensamente negli occhi. «Mi è solo venuto in mente, tutto qui. A volte sembra che tu abbia paura di perdermi da un momento all’altro, come se io potessi uscire da quella porta e sparire, e questo mi fa pensare che è tutta colpa mia, se mi fossi comportato diversamente forse ora non avresti questi attimi di sconforto» Spiego, accarezzandole le guance con i pollici.
«Io non ho paura che tu te ne vada» Mi spiega mia moglie, tendendo le labbra in un sorriso. «Ti sei comportato davvero come un cretino, lasciatelo dire. Ma non ho paura che tu possa sparire» Mi rassicura. «È solo che la lotta contro Naraku è stata così lunga e faticosa che a volte fatico a credere che sia davvero finita, che abbiamo veramente vinto. A volte ho paura…sì, insomma, che possa tornare a tormentarci» Bisbiglia, rabbrividendo appena, abbassando lo sguardo, come se si vergognasse di quella sua fragilità. La abbraccio, facendole posare la testa sulla mia spalla, cullandola. Affondo il viso nei suoi capelli, chiudendo gli occhi.
«All’inizio anche io avevo paura che potesse andare così. Ma ce l’abbiamo fatta. Abbiamo vinto noi. Tutto si è sistemato» Cerco di convincerla. Non posso negare che abbia ragione. Tutti noi abbiamo avuto questi pensieri, all’inizio. La normalità era qualcosa a cui non eravamo più abituati.
Sango solleva il viso e cerca di nuovo i miei occhi, sorridendo dolcemente. Il suo sguardo è velato dalle lacrime. Appoggio la fronte alla sua, sorridendole a mia volta.
«Possiamo essere felici sul serio…» Mormora, come se lo realizzasse solo ora. Annuisco, mentre lei chiude gli occhi per un istante, sospirando di nuovo, assaporando il gusto di una libertà che non aveva del tutto compreso.
«Ora però dormi, amore mio. Domani saremo ancora liberi» Le assicuro, baciandole i capelli, prima di farla stendere di fianco a me.
Prima di addormentarci ci fissiamo a lungo negli occhi, in silenzio. E, dannazione, non mi sono mai sentito così completo.


Come promesso (fortunatamente :'D) ecco qua il nuovo capitolo! Finalmente ho le idee ben chiare su come far proseguire la storia e posso dedicarmi solo all'avere il tempo che mi serve per scriverla, sperando, nel frattempo, di non dimenticarmi come volevo preseguire ^^"
Bene, me ne vado! Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Baci baci ^^

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Capitolo 23
*** Ricordi ***


Caspita, era davvero tantissimo che non scrivevo su questo povero diario sgangherato dalle lotte. Devo ammettere che dall’ultima volta sono cambiate veramente tantissime cose. Sembra ieri che avevo paura di perdere per sempre Inuyasha e tutti gli altri, di essere costretta a tornare in un’epoca che, per quanto mia, mi sarebbe stata stretta.
Strano come il destino sappia giocarci tiri strani, eh?
Ma bando alle ciance, qui serve un riassunto veloce, anche se non credo che potrei mai dimenticare tutti i bellissimi momenti che ho vissuto dall’ultima volta che ho scritto. Senza dimenticare quelli terribili, intendiamoci, non è stato tutto rose e viole. Mi verrebbe da dire “purtroppo”, ma so bene che sarebbe potuto andare tutto molto peggio di così e che, in fin dei conti, non ci si può certo aspettare che tutto sia perfetto. E poi, ad essere sinceri fino in fondo, non potrei chiedere nulla di meglio di tutto quello che ho.
Ma andiamo con ordine, che è meglio.
Dunque, io e Inuyasha non abbiamo dovuto dirci addio. Raccontare tutto mi porterebbe via davvero un sacco di tempo e per come stanno attualmente le cose non posso proprio permettermi di adagiarmi sugli allori, ho troppe cose da fare. Ma dicevo, alla fine non abbiamo dovuto separarci. Ho dovuto combattere un’ultima, faticosa sfida contro Kikyo, ma alla fine sono riuscita a riconquistare, se così possiamo dire, la Sfera e a restare qui, nell’Epoca Sengoku, senza rinunciare alla mamma, al nonno e a Sota. Ah, e a Buyo, ovviamente. Insomma, tutto è tornato come prima, e forse anche meglio.
Sango e Miroku si sono sposati, anche se faccio ancora fatica a credere che il signor monaco abbia messo la testa a posto. E faccio ancora più fatica a credere che sia diventato padre. Perché sì, Sango e Miroku hanno avuto un bambino bellissimo che hanno chiamato Hajime. Non ci sono parole per descriverlo, è il degno figlio di una sterminatrice di demoni e un monaco. Detta così non rende l’idea, ma è davvero straordinario come i suoi genitori.
Anche io e Inuyasha ci siamo sposati. Non dimenticherò mai quel giorno…è stato veramente magico. E alla fine, anche se ci è voluto un po’ e se non è stato per niente facile, anche noi abbiamo avuto un bambino. O, meglio, una bambina, la nostra splendida Eiko. Se ripenso a quanto dolore ho provato al momento del parto, a quanto abbiamo sofferto io e Inuyasha (ma anche tutti gli altri, non dimentichiamocene) durante la gravidanza non mi sembra vero. A volte credo di sognare.
Poi, però, la nostra gioia si sveglia e comincia a piangere come una disperata, e allora la realtà ci dà una bella botta di vita. Mi lamento, a volte, ma in verità non cambierei nulla di questa mia vita. Nulla.
Su Eiko, però, forse devo spendere due parole in più. Quando è nata ho faticato molto a scegliere il suo nome. E, da un lato, mi pento di non averne parlato con Inuyasha. Ero indecisa, una parte di me voleva chiamarla Kikyo. L’altra parte di me, però, si è resa conto che, forse, non era il caso. Insomma, per quasi tutto il tempo che ho trascorso in quest’epoca ho combattuto con lo spirito della sacerdotessa di cui il destino ha voluto che io fossi la reincarnazione e una volta superato l’ostacolo avrei dovuto chiamare mia figlia, la mia gioia, come lei? No, non se ne parlava. Per questo, e per il fatto che continuo a temere la sua ombra, non ne ho parlato con Inuyasha. E se un po’ me ne pento, quando lo vedo giocare con Eiko la gioia cancella ogni dubbio dalla mia mente.
All’inizio quel testone non voleva nemmeno prenderla in braccio. Aveva paura di farle male, di farla cadere, di essere morso…non lo so, ma era dannatamente tenero. Quando l’ha presa in braccio la prima volta credevo che il cuore mi scoppiasse di felicità.
Per il momento, comunque, Eiko non sembra aver ereditato nulla della natura demoniaca di suo padre. Un po’ mi dispiace, devo dirlo. In fin dei conti amo entrambi i suoi lati, per quanto lui continui a non accettarsi fino in fondo. D’altra parte, però, non posso negare che l’infanzia di Inuyasha sia stata terribile, per via della sua natura e che, da madre, non potrei mai augurare un’esistenza così dolorosa a mia figlia. Ad ogni modo amo entrambi, smisuratamente. E poi Eiko ha gli stessi occhi dorati di Inuyasha. A essere sinceri per il momento sono ancora pallidi, ma è ancora piccola. La mia gioia. Che comincia a svegliarsi. Il dovere di madre mi chiama!

Chiudo il diario e lo nascondo frettolosamente, prima di andare a recuperare Eiko, che piange nella sua culla. Perché continuo a nascondere quel conglomerato scalcagnato di pagine che è il mio diario? Perché…beh, perché ancora non me la sento di far leggere a Inuyasha tutti i miei pensieri. Insomma, alcuni potrebbero ferirlo. Per quanto si dimostri duro e forte sappiamo tutti quanto sia in realtà fragile e non voglio scalfire la felicità che ha finalmente raggiunto. Che abbiamo finalmente raggiunto.
«Sssh, va tutto bene, vieni dalla mamma» Mormoro a mia figlia, sorridendole, prendendola tra le braccia e cullandola dolcemente finché non si calma. «Dov’è il papà? Mh? Andiamo a cercare il papà, su!» La incito, uscendo dalla nostra capanna, tra i gorgoglii di approvazione di Eiko.
«Papà!» Chiamo, dando voce a mia figlia. «Papà, dove sei?»
Mi muovo verso il bosco che cresce a qualche centinaia di metri da casa nostra, lo stesso bosco in cui io e Inuyasha ci siamo incontrati. Quanti ricordi.
E là lo vedo, intento ad abbattere un albero per ricavarne la legna per il fuoco. Le mie labbra si tendono in un sorriso orgoglioso.
«Che cosa fa il papà, eh?» Chiedo, mentre lo osservo. Vedo le sue orecchie muoversi lievemente al suono della mia voce, prima che il suo viso si volti verso di noi, aprendosi in un sorriso. Si asciuga la fronte con una manica della sua veste scarlatta e si avvicina a grandi balzi, suscitando le risate di nostra figlia, che batte spasmodicamente le manine grassocce, prima di cacciarsene una in bocca.
«Che fate, spiate?» Domanda, baciando me sulla fronte e accarezzando dolcemente la testa di Eiko.
Fa tutto così tremendamente famiglia felice dei film. Questa consapevolezza mi stringe il cuore in una morsa dolorosa. Cosa potrei volere di più dalla vita?
«Ti stavamo prendendo un po’ in giro, vero Eiko?» Chiedo alla nostra creatura, che punta quei suoi occhi acerbi dentro i miei, gorgogliando una risata sdentata, agitandosi giocosamente.
«Sfottete, sfottete pure, ma intanto se ci sarà un bel fuoco stasera sarà merito mio» Replica Inuyasha.
«Inuyasha, modera il linguaggio» Lo rimprovero. Non voglio che la prima cosa che Eiko dirà sia una parolaccia. Sì, forse sono un po’ troppo apprensiva, ma sfido io, con tutto quello che abbiamo passato.
«Tsk, quante storie» Brontola mio marito, strappandomi un sorriso.
«Torna al lavoro, brontolone» Suggerisco, allungandomi per rubargli un bacio. Lui, però, esita un attimo, corrugando lievemente la fronte. Si guarda attorno per un istante, sospettoso. «Qualcosa non va?» Chiedo, facendomi sospettosa a mia volta. «C’è un demone?»
«No, va tutto bene. Per un momento mi è sembrato di sentire un odore famigliare» Risponde, scoccandomi il bacio che cercavo. Un odore famigliare? Chi poteva essere per fargli increspare la fronte così?
«Sicuro che vada tutto bene?» Insisto.
«Dannazione, Kagome» Impreca. Gli rifilo un’occhiataccia.
«D’accordo, d’accordo. Andiamo, Eiko, lasciamo lavorare il papà» Suggerisco, rubandogli un altro bacio, prima di tornare verso la capanna. «Più tardi Sango e Miroku ci aspettano da loro per il compleanno di Hajime, non te lo dimenticare!» Gli urlo, qualche metro più avanti, ricordandomi solo allora di quello che avevo pensato di dirgli prima ancora di mettermi a scrivere sul diario.
«Sì, sì!» Mi liquida, scocciato. Sorrido e riprendo a camminare.
Sul serio, cosa potrei volere di più?


Ah, ehm, dunque. 
Alla faccia dell'aggiornare presto :'D
Scusatemi infinitamente come al solito e abbiate pazienza, siamo quasi alla fine ^^
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ho voluto inserire uno stralcio del diario di Kagome per creare una sorta di parallelismo con la ff precedente (che, appunto, si apre con una pagina di diario). 
Beh, fatemi sapere che cosa ne pensate! A presto! Baci baci ^^

 

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Capitolo 24
*** Cuori leggeri ***


«Tsk», commenta il demone, voltando le spalle alla scena a cui ha appena assistito, trascinandosi dietro il piccolo Jaken e Rin, entrambi perplessi.
«Veramente patetici», bofonchia Jaken, con aria tronfia, in cerca di approvazione.
«Sta’ zitto, Jaken», lo rimbrotta Sesshomaru, camminando con passo lento e tranquillo, come se nulla fosse. “Non avrei mai creduto di vedere una scena del genere. Inuyasha sembra un’altra persona. E quella bambina…”, pensa.
«Padro…Sesshomaru, perché ce ne stiamo già andando?» Domanda Rin, trotterellandogli al fianco, le mani intrecciate dietro la schiena con spensieratezza.
«Non abbiamo nulla da fare, qui», le risponde lui.
«Ma allora perché siamo venuti?» Insiste la ragazza. «Volevi vedere come se la cavava tuo fratello, vero?» Butta lì, cercando di trattenere un sorriso. Il demone di ghiaccio si era lentamente lasciato sciogliere dal calore dei sentimenti di Rin, e questo non era sfuggito alla giovane che, pur guardandosi bene dall’ammetterlo, era decisamente compiaciuta di essere riuscita in un’impresa che in molti avrebbero giudicato impossibile.
«Rin! Come puoi fare certe affermazioni!» Sbotta Jaken, lanciandosi in una breve corsetta per raggiungere i due, rinforzando così il suo rimprovero.
«Non ho detto nulla di male, in fin dei conti Inuyasha è il fratello di Sesshomaru», nota lei, con leggerezza.
«Fratellastro!» Precisa il piccolo demone.
«È uguale!» Protesta Rin.
«Piantatela», li richiama Sesshomaru, senza nemmeno voltarsi a guardarli.
«Sesshomaru!» Una voce familiare costringe il demone a fermarsi.
«Inuyasha, non dovresti occuparti della tua famiglia? Che ci fai qui?» Lo schernisce.
«Potrei farti la stessa domanda», risponde il mezzo demone.
«Tsk, hai paura forse?»
«Pensavo che avessi deciso di usare il cervello, invece vedo che sei il solito idiota, Sesshomaru», lo stuzzica Inuyasha. «Non mi fai paura, ma non per questo ti permetterò di avvicinarti a Kagome o Eiko», spiegò.
“Eiko, dunque. È questo il nome di sua figlia?” Pensa. «Non ho nessun interesse per quelle due»
«Allora che ci fai qui?» Insiste il mezzo demone.
«Facevo semplicemente quattro passi», risponde Sesshomaru.
«E ti aspetti che io ci creda?»
«Non sono certo affari miei, quello che credi o che non credi», lo liquida il demone, dandogli le spalle e riprendendo a camminare. «Rin, Jaken, andiamo»
«Dannato, non farti rivedere da queste parti!» Gli urla dietro Inuyasha, guardandolo allontanarsi.
«Quello sfacciato!» Bofonchia Jaken, lanciandosi un’occhiata alle spalle.
«Mi fa pena», sentenzia Sesshomaru, continuando a camminare a testa alta, lasciando dietro di sé un Inuyasha particolarmente perplesso e preoccupato. “Questo potrebbe essere un problema. Non lo ammetterò mai, però già prima, quando aveva solo quella Kagome da difendere, Inuyasha poteva rappresentare un avversario abbastanza ostico. Ma ora, con quella bambina di mezzo…”, lo sguardo gli cade su Rin, che lo segue con leggerezza, rivolgendogli, di tanto in tanto, un sorriso innocente e pieno di calore. “No, non potrei mai permettere che quella bambina passi quello che ha passato Rin. Non importa se è figlia di quell’abominio di Inuyasha. Non posso privarla della sua famiglia”.
«Padron Sesshomaru, forse per lei è finalmente arrivato il momento tanto atteso! Ora che quell’insulso mezzo demone ha abbassato la guardia per via della bambina voi…», tenta Jaken.
«Jaken», chiamò Sesshomaru, fermandosi. Abbassò lo sguardo sul piccolo demone verde, gelandolo con una sola occhiata. «A te sembra che abbia abbassato la guardia, per caso?»
«Io…beh…ecco…non aveva con sé Tessaiga…quindi…ecco…», balbetta, in cerca di una giustificazione.
«Ora che c’è quella bambina di mezzo Inuyasha sarà sulla difensiva più che mai. Il fatto che non avesse con sé la spada che ha ingiustamente ereditato da nostro padre non significa assolutamente nulla. Potrebbe far ricorso al suo sangue demoniaco, ma a quanto pare te ne sei dimenticato», gli fa notare il demone, riprendendo a camminare. «Ad ogni modo, ora che si è sistemato con quell’umana è solo questione di tempo, prima che abbassi seriamente la guardia», aggiunge. «E io non ho fretta», conclude.
«C-capisco. Rin, che hai da ridere?!» Nota Jaken, riversando parte della sua frustrazione sulla ragazzina.
«Sono felice», risponde lei, semplicemente, rivolgendo l’ennesimo sorriso al demone che le aveva rapito il cuore con il suo carattere freddo come il ghiaccio. “Sono felice, Jaken. E anche se tu non riesci a fartene una ragione, sono felice proprio perché il padron Sesshomaru è cambiato così tanto. Io non lo so se dipende da me, dall’amore che gli ho offerto e che forse, in parte, comincia ad accettare, ma so che il motivo che l’ha trattenuto dal dare il benservito a Inuyasha non ha niente a che vedere con la prudenza. Io…io lo so che cosa l’ha fermato dall’attaccarlo, ed è stata quella bambina. È stato il sorriso di Kagome, la dolcezza rude di Inuyasha, l’innocenza di quella bambina che non ha colpe. E tutto questo dimostra quanto il signor Sesshomaru sia cambiato, quanto tutto quello che abbiamo passato l’abbia segnato e modellato. E io…io sono così fiera di lui”, pensava, senza osare pronunciare ad alta voce quelle parole, limitandosi a camminare a passi veloci e spensierati di fianco a Sesshomaru, che procedeva con calma, la schiena dritta e lo sguardo fisso davanti a sé, con quel suo portamento fiero e composto che lo rendeva ancora più affascinante.
Guardando il demone e la ragazzina camminare fianco a fianco, Jaken si rende conto di quanto le cose siano cambiate. E non gli torna solo in mente il momento in cui aveva capito che tra il suo padrone e Rin c’era più di quanto avrebbe mai osato pensare, ma anche tutte quelle piccole cose che erano cambiate nel demone. Di per sé, già il fatto che avesse rinunciato a chiudere i conti con il fratellastro era un chiaro indizio. Il grande Sesshomaru si era rammollito.
“Se mi leggesse nel pensiero sarei spacciato. Il mio padrone non si è rammollito…si è semplicemente…scongelato, suppongo”, pensava, spostando lo sguardo dalla schiena del demone a quella della ragazzina, cercando di capire come fosse stato possibile. “Eppure…ha sempre biasimato il padre per aver generato quel miserabile mezzo demone con un’umana, e ora guardatelo! Non sembra nemmeno più lui”, si rende conto, con un sospiro, abbassando il capo.
«Jaken, piantala di sospirare», lo richiama Sesshomaru, senza voltarsi.
«Chiedo scusa, p-padron Sesshomaru», si scusa subito, irrigidendosi. “Dannazione, si sarà anche rammollito ma non perde un colpo! Ah, povero me. Non posso far altro che accettare questa brutta situazione. Chissà che, magari, non si addolcisca anche con il suo povero servitore maltrattato…”, continua. “In fondo…non tutto il male viene per nuocere, no?”
Inuyasha, rimasto immobile nel punto in cui il fratello gli aveva dato le spalle, non aveva perso di vista i tre finché non erano stati inghiottiti dai tronchi degli alberi. Solo allora aveva allentato i pugni e tirato un sospiro di sollievo. Aveva sudato troppo per quella fetta di felicità, perché potesse permettere a qualcun altro di strappargliela da sotto il naso, specialmente se si trattava di Sesshomaru.
“Eppure…il suo sguardo sembrava diverso. Che la vecchia Minako* avesse ragione…?”
«Inuyasha!» La voce di Kagome lo riporta alla realtà.
«Arrivo!» Affrettandosi a tornare sui suoi passi, il mezzo demone si lancia un’ultima occhiata alle spalle, assicurandosi che i due demoni e la ragazzina se ne fossero andati sul serio.
«Mi hai fatta preoccupare, dov’eri finito?» Chiede Kagome, con le mani piantate sui fianchi.
«Sono…», tenta Inuyasha.
«Ah, lascia perdere! Eiko si è messa a piangere perché non ti sentiva più spaccare la legna, complimenti! E non ti sei ancora preparato, ti ricordo che Sango e Miroku ci aspettano per il compleanno di Hajime!» Lo rimprovera Kagome.
«Dannazione, ma devi sempre urlare così!?»
«A cuccia!»
«D-dannazione…!» Accasciandosi a terra, trascinato dal potere del Rosario della Soggiogazione, il mezzo demone non può fare a meno di lanciare un ultimo pensiero al fratello. “Prenditi la tua felicità e lascia in pace la mia, Sesshomaru”.

 
FINE.
 
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*Minako: l’anziana sacerdotessa che aiuta Kagome a riportare la Sfera nella loro dimensione nella mia ff precedente, “It took a long time”

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Non l'avrei mai creduto possibile, ma anche questa mia seconda ff su Inuyasha è finita. Sono un po' commossa, è stata una faticaccia, devo ammetterlo. Tra gli esami, la mancanza di ispirazione e altri millemila problemi che mi avevavno tolto quasi ogni voglia di portarla avanti, alla fine ci sono riuscita.
Spero che vi sia piaciuta, che non vi sia sembrata una storiellina stupida (come invece sembra a me, che rileggo quello che ho scritto e mi chiedo che cosa cavolo avevo in testa XD) e che vi abbia tenuto almeno un po' di compagnia.
Col senno di poi mi rendo conto di aver snaturato un po' troppo Sesshomaru, e questo mi dispiace. Tornando indietro credo che cambierei completamente le parti in cui appare. Spero, però, che vi sia piaciuto questo demone "sghiacciato" :'D
Beh, io vi lascio ^^
Chissà, magari mi ritroverete con qualche flash-fic o una one-shot, tutto dipende da cosa partorirà la mia testolina bacata e provata dal caldo :'D
Aspetto qualche commentino da parte vostra per sapere se la mia è stata una fatica sprecata o, almeno in parte, salvabile. Grazie del vostro supporto, di avermi sopportata, di aver letto, recensito e avermi dato i vostri consigli *W*
Vi voglio tanto bbbbbene <3

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