The Poe's Journal

di AlexEinfall
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***



Capitolo 1
*** I ***


Autore: AlexItimia
Titolo: The Poe's Journal
Capitoli: 5
Fandom: Supernatural
Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester, Castiel, Nuovo Personaggio
Rating: Giallo
Avvertimenti: OC
Introduzione: 3 Marzo 1849: un uomo in preda ai deliri lascia come testamento un taccuino. Presente: un ragazzo si sveglia dopo tre anni di coma irreversibile, portando via con sé un bracciale particolare. Sam e Dean sono sulle tracce del fuggiasco quando inciampano in un vecchio mistero.
Declaimer: Ogni riferimento storico è liberamente stravolto. I personnaggi non mi appartengono, tranne Daniel, che è tutto mio (<3). Nessuno scopo di lucro.
Note: Lo premetto: molti dettagli riferiti a Poe sono liberamente manipolati, non se la prenda chi ne è fedele.
Questa storia partecipa al contest L'orologio delle fanfiction.




I

Baltimora, 3 ottobre 1849


Baltimora dormiva insolitamente deserta. Era già sceso l'inverno e con esso una costante e sottile umidità che faceva lacrimare i lampioni. Piccole gocce si ungevano nel sudore intrappolato tra i capelli radi e corvini dell'uomo che arrancava, come se sostenesse il peso del mondo sulle palpebre.
"Reynold" gridava all'aria, strisciando i piedi sul suolo freddo.
Nessuno lo ascoltava, ma non gli importava. Nelle pupille erano racchiuse immagini che nessun uomo avrebbe potuto sostenere, così grandi e inafferrabili da farlo precipitare nell'abisso. Tra le dita ossute stringeva con devozione e ostinazione pagine consumate dal tempo, dalle preghiere e dalle notti.
Sentiva la fine avvicinarsi.
Il mondo era un garbuglio di colori e ogni cosa era priva di senso al suo sguardo, così lontano che neanche la minaccia di morte potè destarlo.
Si trascinò ancora, finché le gambe cedettero e la mente esplose. Sentì a malapena la pressione sulle ossa del craneo e il rilascio. Alla fine la sua umanità si era arresa, rivelandosi troppo debole, troppo limitata, troppo reale.
Si accasciò al suo, pregando un Dio distratto di salvare la sua anima. Ma sapeva che non c'è salvezza per chi sceglie l'inferno.

+

Hellen, 3 Aprile 2011

Apre gli occhi.
Strappa la maschera che gli serra il viso.
La bocca si spalanca.
Sta annaspando e i polmoni si accaparrano tutta l'aria che riescono a trattenere, la friggono e risputano via incandescente.
Il corpo acquista forza velocementre, troppo. Salta giù dal letto e i piedi nudi si assestano sul pavimento freddo. Si guarda intorno. Sa di aver dormito molto, ma non ricorda altro. Ha un vago sentore di innaturalezza, come se quelle sue membra si siano risvegliate troppo facilmente.
Non ci bada. Intravede il cielo oltre le tende bianche. Le scosta e la luce di mezzogiorno è abbagliante.
Fa scorrere l'anta e controlla: non c'è nessuno alle sue spalle. Sale sul davanzale graffiandosi i talloni, ma non fa attenzione neanche a questo.
Bene, sono solo due piani, dovresti farcela.
Si butta giù e per un attimo gli sembra che le cose prendano senso dall'aria: vola. E' un microsecondo, abbastanza perché il contatto col terreno lo spaventi.
Rotola male, la spalla è contusa, ma sta bene. Si tira su e controlla ancora di non essere seguito: c'è solo un'ambulanza parcheggiata pigramente sotto il sole. Non sa perché, ma si sente minacciato.
Si guarda il polso, passa i polpastrelli su quella ferita, saggia al tatto la sagoma di quella mano marchiata perennemente. Le dita di fuoco si allungano come un'ombra su tutta la circonferenza dell'osso sporgente, come se un demone in fiamme lo avesse afferrato per trascinarlo all'Inferno. Il solo pensiero di quel luogo gli gela il sangue e rabbrividisce rendendosi conto che una persona qualunque non riuscirebbe neanche ad immaginarlo.
Lui sì.
Non c'è tempo di ricordare, devi fuggire.
Così si avvia a passo spedito attraverso il prato e poi comincia a correre, con l'erba che gli graffia i palmi dei piedi e la mantellina che svolazza liberamente.
Corre e non sa dove sta andando.
Numeri gli circolano nella mente. Non ricorda cosa siano e non riesce nemmeno a metterli a fuoco.
Ci penserai quando sarai al sicuro.
Non crede sia possibile.

+

Hellen, 8 Aprile 2011

"Sammy, sono cinque giorni che ci lavoriamo. Neanche a me piace l'idea di mollare un caso irrisolto, ma Mammina scorazza liberamente in giro, non è il caso di fare il detective rimuginoso" sbotta Dean, abbandonandosi al materasso butterato della stanza. Comincia a sentire il prurito per quel posto, nel quale sono rinchiusi da giorni.
Sam lo guarda accigliato e continua le sue ricerche, navigando alla cieca per siti e siti, solo per tenere le mani e la mente occupate.
Il maggiore decide di chiudere gli occhi e riposare un attimo, ma sa che continuerà a rimuginare lui stesso. Fa il punto della situazione, annotando mentalmente i pochi dettagli raccolti.
Erano alla ricerca di casi così insoliti da poterli portare sulle tracce di Eva, quando si sono imbattuti in questo: un ragazzo di ventitre anni, ricoverato da tre anni in coma irreversibile, si risveglia improvvisamente e fugge gettandosi dalla finestra del secondo piano. Nessuno lo ha riconosciuto dalle foto diramate dalla polizia locale, nessuno lo ha reclamato. Non aveva con sé alcun documento o oggetto personale, tranne un braccialetto di famiglia.
Il personale del reparto lo ha chiamato Daniel. Le circostanze sarebbero già state sospette di per sé, ma si aggiunge al quadro un altro elemento: una foto scattata al momento dell'arrivo in ospedale mostra il polso marchiato a fuoco da una mano, e a questo pensiero Dean rabbrividisce. Non ha alcun dubbio: sa cosa voglia dire quella cicatrice, la conosce fin troppo bene.
Riapre gli occhi, troppo irrequieto per riposate. Si alza e getta una rapida occhiata al fratello, chino nelle sue ricerche.
"Esco a prendere la birra" annuncia afferrando il giubotto.
"Uhm."
"Vuoi qualcosa?"
"No, grazie" dice Sam senza degnarlo di uno sguardo.
Dean sbuffa e afferra le chiavi dell'Impala.
Il trillo del telefono fa scattare entrambe le teste.
"E' Bobby" annuncia Dean prima di rispondere. "Ehy, Bobby, come va?"
"Che domande fai?" lo secca l'altro. "Piuttosto, scoperto nulla?"
"Solo buchi nell'acqua. Questo ragazzo sembra essersi volatilizzato."
"Uhm. Bhe, ho una novità io. Ieri è scomparso dal commissariato l'unico oggetto personale del ragazzo. La polizia si è affrettata a diramare una foto del bracciale, in modo da trovare qualche pista. Pare che questo caso abbia smosso la gente."
"Scomparso, dici?" sottolinea lanciando un'occhiata a Sam.
"Sei sordo?" bofonchia Bobby. "Comunque, qualcuno ha riconosciuto lo stemma sul bracciale. Un ragazzo, si chiama Allan Stevens. E' il figlio di un mio vecchio amico, morto qualche anno fa, un cacciatore. Ha chiamato me e non chiamerà la polizia, per ora. Segna l'indirizzo."
Dean si fa passare carta e penna e segna tutto.
"Grazie, Bobby. Hey, stammi-"
Non riesce a terminare che la cornetta dall'altro capo è già stata agganciata. Fa una smorfia e guarda il fratello.
"Almeno abbiamo una pista."

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Capitolo 2
*** II ***



II

Daniel apre gli occhi e volta la schiena al sole. La stanza è invasa dal pulviscolo infiammato dalla luce che penetra attraverso i vetri.
Si scompiglia assonnato i capelli biondicci, sottili come fli di rame pungenti.
Tossisce e si sgranchisce i muscoli indolenziti. Malgrado si sia ripreso miracolosamente dal coma, continua a dormire molto, svegliandosi sempre nel pomeriggio. Come ogni giorno da quasi una settimana, si alza e fruga nella sacca, afferrando un barattolo di fagioli rubato nella dispensa di una casa.
Mentre stappa la linguetta pensa che dovrebbe farsi qualche domanda sulle doti feline di ladro che ha scoperto di possedere, ma decide che è meglio lasciare tutto a quando sarà più lucido.
Spera che quel momento non arrivi troppo presto.
Affonda il cucchiaino nella brodaglia e comincia a trangugiarla con poco gusto.
Si sente ancora avvolto in una bolla di incoscienza, ovattato e chiuso in autistiche difese.
Posa il barattolo a terra e cerca sotto il cuscino improvvisato il suo bracciale. Ancora non è riuscito a metterlo. Si è chiesto più volte perché sia tornato indietro a sottrarlo dalla centrale di polizia e perché, poi,, sia fuggito fino a giungere in quella baita fatiscente. Scuote la testa, avvertendo la pressione di una sorta di programmazione genetica che non riesce proprio a comprendere.
Se lo rigira tra le mani. E' di argento e pesa abbastanza da poter essere considerato puro.
Un ciondolo piatto e tondo pende dal gancetto. E' inciso un simbolo, raffinatamente incavato nel metallo consunto, tanto da sembrare uno stemma di famiglia. Ma lui sa che non si tratta di questo, perché per qualche motivo riesce a comprendere cosa dica.
"Dono divino" mormora leggendo. "Che diavolo vuol dire?"

+

Allan è quel tipo di persona nata con una predisposizione genetica all'abuso di alcol, alla noia e all'inedia, un connubio che si fonde tristemente con la mancanza di pudore nel mostrare le proprie debolezze.
Si stropiccia gli occhi arrossati. Sa che i due fratelli, seduti nelle poltrone impregnate di fumo, lo stanno guardando spazientiti.
"Allora?" lo incalza Dean. "Bobby ha detto che hai delle informazioni."
"Già, certo" bofonchia. "Vi ha detto che mio padre era un cacciatore? Sicuramente. Bhe è morto qualche anno fa." Prende una pausa e si gratta il mento. "Prima di mettersi sulle tracce di mostri e maghetti, era un professore di inglese. Poi è iniziata la sua fissa per Poe ed è stato deriso da tutti. Così si è dimesso e ha iniziato a cacciare, convinto di poter scoprire la causa della sua morte."
"Aspetta" lo interrompe Sam aggrottando l'ampia fronte. "Stai parlando di Edgar Allan Poe, lo scrittore?"
Allan solleva un sopracciglio, come ad evidenziare l'ovvio.
"Già" mormora. "Mio padre era appassionato fin da ragazzo. Qualche mese prima che la sua ossessione iniziasse aveva avuto un incontro ravvicinato con una strega. Così gli si è aperto il fantastico mondo del mistero" ironizza il ragazzo. "Ha iniziato le sue ricerche, convinto che le sue fantasie di ragazzino nascondessero qualche verità. Pensava che Poe fosse morto in circostanze così strane che ci doveva per forza essere sotto il maligno. Ha raccolto un sacco di materliale, da ogni angolo del mondo, ma non è mai riuscito a mettere tutti i pezzi insieme. Diceva che gli mancava la parte fondamentale: il taccuino."
"Taccuino?" ripete stupito Sam, quasi appassionato alla vicenda.
"Sì, sembra che qualcuno abbia visto Joseph Walker, l'uomo che trovò Poe, prendere da lui un taccuino e nasconderlo. Secondo mio padre è lì che si può trovare la tessere mancante."
"Who who who" interviene Dean agitando le mani. "Time out! Tutto questo è interessante, ma arriva al punto: Daniel."
Due paia di occhi verdi si scontrano burberi, sotto lo sguardo di rimprovero di Sam, finché Allan si alza e comincia a frugare in un cassetto: "Mi sembrava di averlo messo qui..."
Dopo qualche secondo estrae una scatolina, che sapientemente porge al minore dei fratelli, il quale alza uno sguardo interrogativo.
Allan gli fa cenno di aprirla. Al suo interno Sam scopre un anello, presumibilmente di argento. Lo posa sul grosso palmo e lo studia. E' ben rifinito, anche se torturato dal tempo e dai viaggi. Al centro spicca un'ovale ricamato, all'interno del quale è inciso uno stemma.
"Mio padre trovò questo anello in un viaggio in India, sulle tracce di chissà cosa. Deve essere passato di mano in mano, ma lui era molo bravo a cercare le cose."
"Cosa ci dovremmo fare?" prorompe Dean spazientito.
"Dean, guarda qui" gli dice il fratello, mostrandogli l'anello.
Il ragazzo lo prende con diffidenza, ma poi le sopracciglia si aggrottano. Spalanca gli occhi, fissando lo stemma: a nessuno dei due serve rifletterci attentamente, sanno che nessun umano può comprenderne il senso.
"Non ha mai capito che simbolo fosse" commenta Allan, quasi nostalgico.
I fratelli si fissano e Dean ringhia: "Fottuti angeli."
Allan alza un sopracciglio.
"Che?"

Prima di lasciare Allan alle sue faccende- o meglio non faccende- Sam ha uno scrupolo di coscienza. Infila la custodia con l'anello nella tasca del giubbotto e si volta verso il ragazzo, ancora seduto sul divano, impassibile alle norme dell'ospitalità.
"Dì un po', hai chiamato Bobby perché speri di riscattare il nome di tuo padre?" chiede, ritrovandosi in risposta solo un sopracciglio alzato. "Voglio dire, tu credi ci sia un collegamento tra Daniel e le ricerche di tuo padre?"
Allan volta il capo divertito.
"Assolutamente no" risponde secco. "Credo che mio padre fosse un fanatico e che quell'anello e quel bracciale siano coincidenze. Voglio solo provare che si sbagliava."
Sam getta uno sguardo preoccupato al fratello, che si limita a scrollare le spalle.

+

Castiel si rigira assorto l'anello tra le dita, passando i polpastrelli freddi sulle sporgenze e rientranze dell'argento consumato.
"Bhe?"
Alza gli occhi su Dean, stringendo le palpebre nella penombra della stanza.
"E' enochiano" sancisce finalmente.
"Questo lo sappiamo" sbuffa il Winchester.
"E' lo stesso simbolo" annuncia Sam, voltando lo schermo del computer, fisso sulla foto del bracciale diramata dalla polizia.
"Ottimo, abbiamo fatto una visita a mr. Simpatia inutilmente."
"Non è corretto" commenta Castiel, passando il mignolo all'interno dell'anello. "Qui c'è dell'altro."
Dean incrocia le braccia e lo fissa, fino ad ottenere la sua attenzione.
L'angelo sospira.
"Il simbolo che è anche sul bracciale vuol dire dono divino."
Dean strabuzza gli occhi e si passa una mano sul volto, irritato da quella situazione.
"Non mi piace, non mi piace per niente."
Sam si alza e lo fiancheggia, cercando di direzionare la sua attenzione verso altro.
"Cass, hai saputo nulla lassù su questo ragazzo?"
"No" dice abbassando gli occhi. "Se l'angelo che lo ha strappato all'Inferno è ancora vivo, non sono riuscito a trovarlo."
"Sarebbe il caso d'impegnarsi di più" lo rimprovera Dean.
"Io sono in gue-"
"Sì, ok, ho capito."
Il silenzio che occupa lo spazio tra i loro occhi diventa denso e pesante e ancora una volta Sam si sente escluso, fuoriposto e nervoso.
"D'accordo, calmiamoci" dice con calma. "Che ci dici dell'altro simbolo?"
Castiel finalmente gli da attenzione e l'aria sembra sospirare.
"Sono più simboli, incisi con molta precisione. Senza dubbio" dice fissandoli. "si tratta di coordinate."

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Capitolo 3
*** III ***



III

10 Ottobre 1849


Chiunque trovi questo taccuino, il che indica la mia morte, deve assolutamente nasconderlo alle coordinate riportate a fondo pagina. In questo modo, tra 162 anni alle 12 antepomeridiane in punto pervenga a chi deve. Se non credete ai miei deliri vi prego di accontentare comunque l'ultima richiesta di un pover'uomo. Dio le sarà grato, caro sconosciuto. E. A. P.
Queste erano le parole incise sulla prima pagina di quel taccuino che l'uomo, con il suo ultimo impeto d'intenzione, aveva posto tra le mani di Joseph.
"Lo protegga, la prego" erano state le sue ultime parole prima di sprofondare in quello stato che, quattro giorno dipo, lo avrebbe portato alla morte.
Spinto dal senso del dovere cattolico che sua madre gli aveva insegnato fin da tenera età, decise che la cosa moralmente più saggia fosse eseguire le ultime volontà di quel pover'uomo. Così, il 10 ottobre Joseph Walker prese il primo treno per il Montana, stringendo tra le mani quel taccuino.
Quando giunse alle coordinate prestabilite ed entrò nella piccola cascina da caccia, ormai abbandonata, decise che forse dare una lettura alle restanti pagine non fosse una cosa così malvagia. In fondo aveva fatto tutta quella strada.
Osservò le pagine che teneva tra le mani tremanti, poi in un impeto di terrore le allontanò dalla vista. No, non poteva farlo. E se avesse scoperto cose così oscure da far precipitare anche lui nei deliri? E se fosse morto proprio come lo scrittore?
La superstizione e il timore del giudizio divino in quel momento lo guidarono a non indugiare.
Sollevò una tavola cedevole del pavimento e vi nascose il taccuino, accuratamente protetto da una cassetta di metallo, così come riportavano le istruzioni.
Si ritrovò a ridere di se stesso.
"Meglio non rovinarlo se deve sopravvivere a 162 anni."
Guardò il pavimento e si sorprese a chiedersi se il mondo sarebbe sopravvissuto tanto.



I.15, da qualche parte nel Montana, 9 Aprile 2011

This body holding me reminds me of my own mortality.
Embrace this moment. Remember. we are eternal.
all this pain is an illusion.

Dean gira la manopola dello stereo, riducendo la canzone a una semplice melodia di sottofondo.
Il fratello alza uno sguardo interrogativo.
"Che c'è? E' il cd che mi ha dato una tipa."
Sam si concede un sorriso prima di tornare alla cartina e Dean ne approfitta per scrutare dallo specchietto l'angelo che, seduto rigido sul sedile, guarda oltre il finestrino.
"Allora, quanto manca?"
Sam scruta la cartina e punta il dito su un punto.
"Poco, devi svoltare tra due chilometri in una stradina cieca."
Dean si morde il labbro, stringendo gli occhi nella luce intensa che l'asfalto gli ribalta sul volto.
"Sam, non ti sembra assurda questa faccenda?"
"Uhm?"
"Sì, insomma, questo caso era già complicato all'inizio. Ora ci si mettono in mezzo anche angeli e scrittori morti."
Sam si volta verso Castiel, trovandolo assorto e indifferente.
"Io credo sia emozionante" risponde. "Insomma, potremmo svelare il mistero di uno degli scrittori più famosi della storia!"
"Non capisco come. Cioè, ci stiamo dirigendo dove?"
"Ti spaventa cosa troveremo a quelle coordinate?"
Dean fa una smorfia che il fratello non crede di riuscire ad afferrare, e vaga con lo sguardo oltre la strada sotto l'Impala.
E Sam capisce che è una di quelle domande alle quali non risponderà mai, se non agendo.

Dean stringe il volante e una strana sensazione gli prude sotto la pelle. Sarà che nulla gli è chiaro, sarà che ha ben poca voglia di indagare sulla morte di uno scrittore che ormai è cenere, sarà che da quando è iniziato questo caso sotto le palpebre ha solo l'immagine di quella cicatrice sul polso.
Cos'hai fatto per finire così?
L'hai scoperto anche tu, pensa tra sé, che siamo eterni solo all'Inferno.

+

Daniel si sveglia di soprassalto. Un sottile strato di sudore è attaccato alla nuca e si raffredda velocemente. Ha un brivido e si guarda attorno. Sente che qualcosa non va e istintivamente afferra il bracciale e se lo mette in tasca.
Si alza e ha una vertigine che lo getta nello spavento.
Sulla pelle sente la pressione dell'aria, come se qualcosa si stia avvicinando, qualcosa di brutto, una minaccia alla sua stessa essenza.
Raduna le sue cose e ha un'esitazione: non vorrebbe lasciare quella squallida, cigolante e umida cascina, dove è giunto guidato da chissà quale vecchio ricordo.
Ma quella sensazione non va via, come spilli gli buca le ossa.
Si china a raccogliere un barattolo rotolato via e il suo sguardo cade su un punto al centro del pavimento.
Strabuzza gli azzurri occhi arrosati, se li strofina con i palmi aperti, eppure non si tratta di uno scherzo ottico: quei simboli sono lì. Alza il capo e nota i buchi sulle assi del tetto, disegnati accuratamente perché lascino passare la luce solo a mezzogiorno, proiettando sul pavimento una labile ma chiara traccia.
Gattona fino a quel punto, passa la mano sotto quei disegni di luce e si concentra. Danzano irridescenti su un punto preciso del pavimento, richiamando esigenti l'attenzione
"Verità" legge con un filo di voce che scava attraverso la gola invasa da palpiti veloci.
Con il coltellino fa leva nel legno, fino a staccare l'asse.
Lì, sotto strati di polvere e tempo, una cassetta di metallo nero sembra quasi brillare.

+

"Sam?"
"Ci siamo quasi, Dean."
Il ragazzo continua a camminare, affossando le gambe nel terriccio vischioso e cercando di schivare le piante che frustano il viso. Avanza in cima al piccolo gruppo, a ogni passo sempre più nervoso, a ogni minuto di silenzio sempre più assorto.
Poi la luce del sole esplode nella radura alla quale giunge, abbagliandogli la vista.
Si fermano e controllano insieme la mappa.
"Dobbiamo andare lì" dice Sam alzando un braccio davanti a loro. "Manca poco."
"Lo dici da un'ora" brontola Dean, gettando uno sguardo alle sue spalle.
Castiel è immobile, al centro della radura, con quel suo sguardo assorto e quasi preoccupato.
"Cass, ti muovi?"
L'angelo gli getta addosso due occhi pieni d'inquietudine- è questa la sensazione che ha Dean. Glieli sta scagliando contro e lui si sente ancora più allarmato.
Lo raggiunge in pochi passi.
"Cass?" chiede con un tono molto diverso. "Che succede?"
Gli occhi blu si spalancano e le labbra secche si dischiudono appena. Al cacciatore sembra di vederci l'Inferno. Gli afferra un braccio e lo riscuote.
"Hey, amico."
L'angelo sembra tornare alla realtà.
"Dean, io...non so cosa succede...ho una sensazione-" si interrompe e guarda oltre le sue spalle.

"Dean!" urla Sam, facendogli scattare la testa indietro.
Un demone lo ha afferrato per le spalle. Si guarda attorno: altri due li hanno circondati.
Gli occhi neri brillano nel sole e l'erba per un attimo sembra bloccare il suo ondeggiare ritmico.
I fratelli si scambiano uno sguardo d'intesa, prima che la battaglia cominci.

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Capitolo 4
*** IV ***


IV


Gli occhi pungono spalancati. Daniel afferra la pagina che ha strappato dal taccuino e la infila in tasca.
Rimette tutto al suo posto e apre la porta della baita. Attraverso gli alberi intravede qualcosa, un movimento caotico. Non gli serve avvicinarsi per sapere che lì, nella radura, degli esseri malvagi stanno liberando la loro essenza. Ne avverte uno scemare e spegnersi, come una fiamma nera sotto il sole.
Si sistema la sacca sulla spalla e guarda il sole scendere lentamente verso il pomeriggio.

Poi corre via, dalla parte opposta, per non tornare più
Nella mente ancora quelle parole che si porta via.
Mio caro Reynold, ho visto il tuo futuro e sarà pieno di difficoltà. Ti strapperanno all'umanità e la tua anima sarà sospesa all'Inferno per lungo tempo. Non posso proteggerti, ma ti affido queste mie parole. Resta dove sei, posso vedere che ti troverai nel luogo che deve essere. Resta lì e quando il sole sarà più alto vedrai tre uomini avvicinarsi. Non aver timore di loro, sono due cacciatori di mostri ed un angelo. Verranno a salvarti dal demonio che ti divora il cuore.
Ma Daniel scappa, con la fatica che gli brucia i muscoli. Tutto ciò non ha senso per lui, ma quelle parole e quella sensazione demoniaca lo hanno scaraventato fuori dal suo guscio protettivo. Ora, come un animale in trappola, desidera solo fuggire.
Mette tra sé e la salvezza più passi che può.

+


Helen, 1849

Aveva amato tanto Eleonor che, quando essa si recò da lui per un consiglio, tenendo le mani sul crembo gonfio di vita, egli ebbe come l'impressione che quello fosse l'inizio della fine.
"Mio figlio è in pericolo" aveva detto la ragazza, trattenendo lacrime amare.
Si era fidata di lui, forse perché ormai sentiva di non avere più scelta. Così gli aveva raccontato dell'angelo sceso per amarla, del frutto del loro amore che portava in grembo e di come quel padre celeste fosse stato portato via dal cielo. Lei era riuscita a nascondersi, ma sentiva che prima o poi l'Inferno o il Paradiso, o entrambi, avrebbero divorato la sua creatura.
"Lei deve proteggerlo, signor Poe. Deve farlo, la prego. Questo non è solo la mia creatura, ma la creatura di Dio Nostro Padre."
Ma Edgar ormai non aveva così tanta vita davanti e lo sapeva. Non avrebbe mai potuto proteggere a lungo quell'essere.
"Poe, lui è stato condannato. Io ho commesso un'errore enorme. Un demonio si è presentato alla mia porta, dicendomi ciò che già sapevo: non sarei riuscita a portare a termine la gravidanza. Mi ha offerto aiuto, dicendomi che avrebbe fatto sì che nascesse, tornando dopo venti anni a reclamare il suo premio. Io ho accetto, Dio mi perdoni. Baciando le labbra del demonio, ho condannato mio figlio all'Inferno. Oh, i suoi occhi neri...La prego, Poe, deve salvarlo."
Quando Eleonor morì, poco dopo il parto, Poe seppe esattamente cosa fare. Ormai considerava Reynold suo figlio, doveva salvarlo. Doveva salvare quello che lui riteneva il nuovo Cristo.

+

Presente

Il terzo demone si accascia al suolo con gli occhi bruciati, strisciando via dal palmo incandescente dell'angelo.
Castiel si volta verso i due fratelli, ansimanti e ammaccati, ma vivi.
"Dobbiamo andare" annuncia gelido, attirandosi quattro occhi stupiti. "Non c'è tempo per spiegare" dice prima di mettersi in moto, sorpassandoli a passo spedito.
I due lo seguono attraverso la vegetazione.

Dean quasi si scontra contro la schiena dritta e rigida dell'angelo fermo davanti ad una cascina.
"E' questo il luogo" annuncia Castiel.
Sam squadra la fatiscente costruzione.
"Questo?"
"Cass, che succede? Cosa non ci dici?"
Gli occhi blu si fissano un attimo nei suoi, prima che mormori: "Non è più qui."
"Cosa? Di che diavolo parli?"
L'angelo abassa lo sguardo, appare sconfortato e la situazione non potrebbe avere meno senso per Dean. Lo strattona, impaziente.
"Fino a poco fa qui c'era qualcosa. Non so spiegarlo."
Sam saetta gli occhi tra i due e decide di avviarsi all'entrata, ottenendo che lo seguano lasciando in sospeso le domande.
Quando spalanca la porta, l'odore stantio gli punge le narici e la polvere inizia a smuoversi infastidita.
La piccola stanza è vuota, il letto sfatto indica che qualcuno ci ha dormito. Poggia una mano sul materasso.
"E' ancora caldo."
"Dannazione" ringhia Dean. "Doveva essere Daniel, ci è sfuggito."
Sta per voltarsi e uscire nel bosco a cercarlo, quando il fratello lo richiama sull'angelo che, inginocchiato a terra, sta passando le mani nel fascio di luce.
I fratelli si avvicinano per osservare, e lo sguardo di tutti e tre è fisso sui simboli che vanno sbiadendosi, disegnati dalla luce.
"Ingegnoso" commenta Sam. "Cosa dicono?"
"Verità" mormora Castiel senza staccare gli occhi dal pavimento.
Dean tira dalla tasca il coltello di Ruby e lo pianta nel legno, facendo leva fino a far staccare l'asse cedevole. Non gli sfuggono i segni che indicano un'ispezione già avvenuta.
Afferra la cassetta nera e la tira fuori. Si alza e la poggia sul tavolino.
"Cass, tanto per essere certi" mormora. "Non è così il vaso di Pandora, vero?"
Castiel stringe gli occhi confuso, e Sam tossicchia: "Era una battuta."
Dean sbuffa e con delicatezza e stringendo un occhio, col fiato sospeso, solleva il coperchio metallico.
All'interno c'è solo un taccuino nero sfatto e logoro.
"Tutto qui?" dice quasi stupito.
"Dean, ti rendi conto?" esordisce eccitato Sam. "Potrebbe essere quel taccuino."
"Il taccuino di Poe?" dice divertito. "Il padre di Allan ci ha messo una vita, e noi in poche ore lo troviamo."
Sam si fionda ad afferrarlo e con delicatezza apre la prima pagina. Studia le parole, passa alla seconda, poi alla terza, fino a incappare in qualcosa di interessante.
"Fin qui tutte annotazioni che studierò, ma qui c'è qualcosa."
Gira la pagina verso Castiel.
"Enochiano. Puoi leggerlo?"
L'angelo prende il taccuino e stringe le palpebre nella polvere che torna a posarsi indisturbata.

Un minuto dopo lo sguardo che alza è lontano, spalancato su chissà quale mondo. Dean sente un nodo alla gola.
"Che dice?"
"Se state leggendo queste mie parole, ogni cosa ha preso la forma che io ho visto e sperato. Non conosco i vostri nomi, sono dettagli troppo minuziosi, ma conosco i vostri animi. Uno di voi è finito all'Inferno per amore, come me. Uno di voi è morto e risorto, come io non posso. Il terzo si è ribellato e ha sfidato ogni cosa per la giustizia e l'umanità, come avrei sempre voluto poter fare. Voi tre siete la speranza. Io mi auguro col cuore in fiamme che abbiate rinvenuto il figlio di Dio. Se così non fosse, vi prego di cercarlo e portarlo in salvo. Egli è una creatura incredibile, ma ha bisogno della vostra protezione e voi della sua. Io ho venduto la mia anima per poter vedere nel futuro e trovare una salvezza al figlio della mia amata e di un angelo, per trovare il mistero della sua morte e resurrezione. Vi prego di non rendere invana la mia morte. Nel vostro futuro ci saranno molte disgrazie, ma non temete: tutto questo dolore è un'illusione, noi siamo eterni. E. A. P."

+

Infausto giorno, 1849

Edgar si recò all'incrocio e quando il demone apparve, avanzò le sue richieste.
"Liberi questo mio figliocco e io darò la mia anima in pasto al demonio."
Ma l'essere aveva riso.
"Non si può fare un simile scambio. Quell'essere ci serve."
Poe era svelto e l'aveva previsto. Passò disperato alla seconda opzione.
"Vi darò la mia anima se potrò avere accesso al futuro."
Il demone era rimasto stupito e aveva creduto che quell'uomo fosse l'essere più folle dei mondi.
"Perché mai, stolto?"
"Io non ho più nulla da vivere, mi resta solo mio figlio. Non posso andarmene senza sapere cosa sarà del suo futuro."

Aveva occultato una grande verità. Quando ebbe accesso ai segreti del futuro, vedendo per millenni avanti, prima di impazzire scoprì come proteggere Reynold.
Vide che Reynold sarebbe stato salvato dall'Inferno, anche se dopo anni e anni, e che sarebbe tornato tra gli uomini, confuso, stremato. Avrebbe dormito per tre anni prima di risorgere, come Cristo prima di lui. E una volta risolto sarebbe stato alla deriva del mondo. Ma due ragazzi ed un angelo ribelle lo avrebbero salvato.
Di questo era certo.
Strinse tra le braccia il bambino biondiccio, che lo scrutava con grandi occhi blu. Pose un bacio ruvido sulla sua fronte e sorrise.
"Tu sei eterno."

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Capitolo 5
*** V ***



V

Sam infila il taccuino nella borsa e sale sull'Impala. Aspetta che Dean a ripartire e nel frattempo inizia la lettura del taccuino.
Tutte le pagine sono importanti, ma ben poche rivelano qualche dettaglio di natura demoniaca, se non quelle in enochiano lette da Castiel. Eppure è certo che ci sia dell'altro, nascosto tra le righe.
Ha la sensazione di aver fatto qualcosa di importante: ha scoperto la causa della morte di Poe. Ma allo stesso tempo ci sono due cose che incrinano il suo entusiasmo. Prima di tutto, non sono riusciti a trovare Daniel, seppure hanno cercato ovunque nel bosco fino al calare del sole. Seconda cosa, ci sono ancora molti punti interrogativi e molta sofferenza nella morte di quell'uomo che, ora, stima ancora di più.
Sfoglia velocemente le pagine e giunge all'ultima, dove la grafia si fa più confusa e frettolosa.
A fior di labbra, legge.
Il mistero della sua morte e resurrezione tortura il mio animo. E' un'aberrazione ciò che gli è accaduto. Non esiste spiegazione al male e al bene che affliggono il mondo, agli angeli e ai demoni che lo dilaniano e a quel Dio lontano che tace. Non vi è spiegazione alle resurrezioni miracolose, alle nascite inaspettate ed alle morti violente. Una volta scrissi qualcosa che mi venne da dentro, ed ora comprendo quanto vero fosse: i confini tra vita e morte sono i più labili, chi può dire dove cominci l'una e finisca l'altra? A ciò non vi è risposta. In verità, potremmo essere già tutti morti. In cuor mio ho ancora una speranza, che un giorno ci sveglieremo tutti da quest'incubo e rideremo abbracciando i nostri cari creduti defunti.

Dean è appoggiato al bagagliaio dell'Impala e lo sguardo si perde nelle proprie scarpe.
Sente una punta amara di delusione e rancore per non essere riuscito a trovare quel ragazzo, e c'è qualcos'altro che non vuole ammettere: ha un disperato bisogno di incontrarlo, parlarci, capire cosa gli è successo, chi lo ha salvato. Ricorda bene cosa voglia dire emergere dall'Inferno e il pensiero che qualcuno debba affrontarlo da solo...Scuote il capo, maledicendo questi pensieri e benedicendo il ritorno improvviso di Castiel dal suo ultimo giro di controllo.
"Trovato nulla?"
"No, è sparito" mormora l'angelo.
"Hey, lo troveremo" cerca di confortarlo, ma le parole gli escono più arrese di quanto vorrebbe.
"Dean" prorompe Castiel, stringendo i pugni. "Dobbiamo ritrovarlo, lui...non sai quanto è potente."
Dean serra le mascelle e si stacca dall'auto, afferrando un braccio dell'amico.
"No, non lo so e ora non voglio saperlo. Un giorno lo troveremo, ma ora dobbiamo occuparci di altre cose. Come Eva."
Castiel distoglie lo sguardo e arretra di un passo, lasciando il braccio di Dean per un attimo sospeso nell'aria tra loro.
"Devi andare eh?" sussurra il ragazzo. In quel momento vorrebbe solo distrarsi per un attimo, trovare in quegli occhi un senso di pace, anche solo nella confusione che esprimono. Vorrebbe incrociare occhi che, senza parole, afferrino la sua inquietudine. "D'accordo" dice dirigendosi allo sportello. Ha un attimo di esitazione.
"Hey, Cass" mormora voltandosi e trovando il vuoto della notte. "Buona fortuna" sorride prima di tornare nell'auto, con la sensazione di averlo detto un po' all'angelo un po' al mezzo angelo nascosto in quel mondo che dell'Inferno porta ancora l'odore addosso.


-FINE-

NdAlex:
Voglio prima di tutto ringraziare chi ha letto fin qui. La stesura finale della storia ha richiesto 5 riscritture, è stata una gran fatica, ma ne sono soddisfatta.
E' da considerarsi il prequel di una storia più lunga e articolata che sto progettando, che avrà come "protagonista" proprio Daniel. Spero di riuscire a sfornarla. Ma in sé questa piccalo long si conclude qui.
Piccola imprecisione: la Eleonor di cui si parla qui non è la stessa realmente amata da Poe, ma ho preso in prestito solo il nome. Così come la città di Hellen è solo un riferimento ad un'altra amata dello scrittore. Declaimer: la canzone che Dean ascolta in auto è "Parabola" dei Tool. La frase " i confini tra vita e morte sono i più labili, chi può dire dove cominci l'una e finisca l'altra?" è di Poe.
Che dire, chiudo qui le mie ciance.
Grazie.
Ax.

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