In principio fu diffidenza.......

di The dark prince
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Iridi d'argento ***
Capitolo 2: *** Iridi d'ambra ***



Capitolo 1
*** Iridi d'argento ***


IN PRINCIPIO FU DIFFIDENZA….


1°)
Iridi d’argento

Anno Domini 928.
Gran Bretagna.
Inghilterra.
Cumbria.

 

 

Pioveva, o meglio, diluviava.

Il cielo nero, coperto da nuvole color metallo scuro, era colorato da una tenue luce scarlatta, donata dal disco che si inabissava oltre la linea dell’orizzonte.

Piccole strisce color del sangue si ritiravano dal terreno che le aveva paternamente accolte per l’arco della giornata, seguendo il disco colorato, di cui ormai era visibile solo una piccola striscia dorata.

La vegetazione era fitta, molto: alberi  dal grande busto, si innalzavano verso il cielo, come se volessero toccarlo con un ramo; la corteccia color del metallo e della terra sembrava più dura dell’acciaio;  le spesse foglie color smeraldo intenso, rilucevano di un tetro color arancio, al riflesso del crepuscolo.

Lampi d’oro comparivano rapidi e violenti nel cupo cielo, accompagnati dal caratteristico e sordo boato, e regalavano per il tempo di un battito di ciglia, il loro intenso colore alla natura sottostante.

Sotto quei lampi e tuoni sorgeva una casa color dell’argento, dal cui camino, fumo si protendeva come una cupa mano verso le grigie nuvole.

Una porta, color del metallo, costituiva l’unico accesso all’abitazione costruita con grossi blocchi di nero marmo.

All’interno, l’unica illuminazione era fornita dal sinistro fuoco color smeraldo che divampava sotto un opaco calderone di peltro e dal candelabro in rame poggiato sul tavolo di freddo e bianco marmo, che diffondeva una tetra luce argentata.

Un effluvio di vapori di mutevole colore, fuoriusciva dal liquido contenuto dal calderone.

Un uomo, anzi un ragazzo sui venti anni era seduto su una sedia di pietra, chino sul libro appoggiato al tavolo di marmo.

Il libro in questione, sembrava alquanto antico:

le pagine erano ingiallite dal tempo, sgualcite e stropicciate in più punti, in molte righe, il verde inchiostro era sbiadito e la copertina di nera pelle era usurata dall’uso.

I grigi occhi del ragazzo, iniettati di sangue, scorrevano febbrilmente le pagine del libro, intingendo ogni tanto la penna di struzzo nel calamaio e prendendo appunti sui fogli lì accanto.

Dei ciuffi di capelli nero pece, lunghi fino alle spalle, gli dimezzavano la visuale cadendo proprio su gli occhi dalle iridi d’argento, la pelle era color d’alabastro.

Indossava nei pantaloni neri, una camicia color argento, legato al collo un mantello color smeraldo.

Il freddo silenzio era interrotto solo dagli scoppiettii del fuoco, dal rumore delle pioggia che si scontrava con il duro tetto e dal suono della penna che sfregava il foglio.

Il boato di un tuono, scosse il terreno, e il calamaio del ragazzo cadde a terra, frantumandosi in migliaia di schegge trasparenti, intrise di verde inchiostro.

Un sibilo di un serpente, si aggiunse ai rumori che già permanevano l’aria:

- Sta attento… -

Un enorme serpente verde, chiazzato in più punti di un verde più intenso, si mosse nell’ombra che fino ad allora l’aveva tenuto nascosto.

Le iridi cremisi guizzarono per l’intera sala, come a cercare un particolare che gli fosse sfuggito, allargando e si restringendo le pupille verticali a seconda della necessità.

- Scusa.-

Un altro sibilo si aggiunse al precedente, come in risposta: proveniva dal ragazzo.

Per qualche battito di ciglia, lo sguardo del serpente si concentrò sul giovane, per poi tornare a scrutare lo spazio circostante.

- Ti fa bene stare alzato per tre notti di fila…. –

L’ennesimo sibilo provenne dal grosso serpente, che intanto si spostava per la stanza, strisciando, come in cerca di qualcosa, o qualcuno.

- ….. diventi più cordiale, gentile…. –

- Orvoloson, ti do un consiglio: taci. –

Un sibilo proveniva dal ragazzo, ancora chino sul libro.

- Certo, ti migliora …. –

Il sibilo del serpente si caricò di una pungente ironia, mentre si muoveva per lo spazio circostante.

- …. ma di certo non ti guarisce, d’altra parte… -

- “D’altra parte” cosa? –

Il sibilo del ragazzo si sfumò di rabbia, e per la prima volta le argentate iridi si staccarono dal libro per scrutare torvo il serpente.

- …. d’altra parte… non credo sia possibile guarire un psicopatico come te…. –

La pungente ironia del serpente, sembrò rallegrare, leggermente, il ragazzo.

- Lo sai che hai una lingua veramente biforcuta? –

Il sibilo del ragazzo giunge carico di sarcasmo alla serpe.

- Odio quando cerchi di fare del sarcasmo: sei negato. –

La serpe sembrò leggermente infastidita dall’ironia del giovane.

- Vuoi essere trasfigurato in un topo?O forse preferisce in un gatto? –

Una scherzosa, forse non troppo, minaccia venne letteralmente sibilata dal ragazzo.

- Lasciamo perdere….piuttosto: dove si è cacciato Orfin? –

- Orv, Orv, mio caro Orv… -

Carica di pungente ironia il sibilo dell’uomo giunse alla serpe.

- NON chiamarmi “Orv”… -

Nervoso, il sibilo di Orvoloson non giunse mai alla conclusione.

- Orvoloson!Dormito bene? –

Un annoiato sibilo, interruppe la frase di Orvoloson.

Un sorriso comparve sulle rosee labbra del ragazzo.

Con uno scatto, la serpe si girò per far scontrare le sue iridi cremisi con quelle smeraldo di un serpente identico a lui, se non per le chiazze color metallo anziché verde scuro, vicino alla porta.

- Orfin!Dove ti eri cacciato? –

Il cupo sibilo di Orvoloson risuonò tra i muri di nero marmo.

- Facevo un giro… -

Un lampo illuminò d’oro la casa, per poi scomparire, improvvisamente, così come era venuto. Le iridi cremisi squadrarono l’esterno, dove sembrava che un intero torrente si stesse rovesciando impetuoso, mentre il vento freddo sembrava voler sradicare gli alberi.

- …. mi stavo annoiando…. –

Lo strascicato sibilo di Orfin giunse all’altra serpe.

- Ma piove!Anzi: diluvia! –

Il sibilo di Orvoloson risuonò nitido per la stanza, mentre con le iridi cremisi squadrò disorientato la serpe dalle iridi smeraldo.

- Non sta affatto diluviando!-

Il sibilo convinto di Orfin fece sorridere il ragazzo dalle iridi d’argento e dai capelli corvini.

- No? –

Il sibilo confuso e contemporaneamente sarcastico di Orvoloson strappò un piccolo sbuffo divertito al giovane, che lanciò un’occhiata divertita all’esterno:

“Dire “diluvia” è davvero poco!”

Esclamò mentalmente il ragazzo, cercando di non farsi scappare una frase di quella buffissima conversazione tra serpi.

- No! –

Esclamò sibilando Orfin.

- Sta grandinando. –

Il giovane soffocò un risata, con le lacrime agli occhi, intanto Orvoloson scoccò un’occhiata esasperata alla serpe dalle iridi smeraldo.

- Toc. Toc. –

Qualcuno bussò alla porta.

- Orvoloson, ti dispiacerebbe aprire? –

Il sibilo del ragazzo dalla carnagione color del latte e dai capelli corvini raggiunse una scioccata serpe.

- Sono in un covo di pazzi!-

Sibilò visibilmente al limite della pazienza Orvoloson.

- Uno… -

Le iridi cremisi scoccarono uno sguardo omicida a Orfin.

- Nega che stia diluviando, per esclamare, poi, che grandina…. –

- Toc. Toc –

Di nuovo, qualcuno bussò alla porta.

- E l’altro …. –

Scoccò uno sguardo identico al primo al giovane.

- Mi dice di aprire la porta, quando sa benissimo che la mia razza non ha le braccia e tanto meno le mani! –

- Che sbadato! –

Sibilò sinceramente divertito il giovane.

Dal tavolo, prese una bacchetta color delle tenebre.

- No!No!Non provarci neanche… -

Il sibilo disperato di Orvoloson fu zittito dal movimento secco della bacchetta e dal mormorio indistinto che pronunciò il giovane: una luce argentata avvolse il serpente, per allargarsi  fino a giungere alle dimensioni di una piccola poltrona infine, delle sinuose linee smeraldo iniziarono a delinearsi su quella luce argentata, che scoppiò in milioni di schegge.

Dove in principio c’era Orvoloson, il serpente, ora vi stava Orvoloson, la scimmia.

- Io ti ammazzo. –

Il sibilo secco di Orvoloson, fu zittito dall’ennesimo rumore proveniente dalla porta.

- E ora, se sei così gentile, va ad aprire la porta –

Il sibilo del giovane, fu come un comando.

Orvoloson raggiunse la porta e l’aprì.

Poi si fece da parte nascondendosi nell’ombra, Orfin d’altro canto rimase immobile, come pietrificato.

Sulla soglia si profilò un uomo anziano, occhi gelidi che sembravano luccicare come diamanti nell’ombra e barba fluente.

- Si accomodi, signor? –

La fredda voce del ragazzo risuonò nitida nella stanza.

- Mi chiami Wulfric. –

La calda voce dell’anziano avvolse paterna la sala che sembrò splendere di luce propria quando l’uomo varcò la soglia.

- Wulfric, e poi?-

Una gelida smorfia di irritazione si delineò sul viso del ragazzo, quando la risposta giunse all’orecchio:

- Wulfric, e basta; scusi la scortesia. Potremmo illuminare l’ambiente? –

- Questo qui non mi piace…. –

Sibilò Orvoloson.

Orfin non si era ancora mosso e fissava con le sue iridi smeraldo il vecchio.

Il giovane li ignorò, concentrandosi sull’uomo.

- Ma certo. –

Sibilò. Gelido. Secco.

- Molto bene. –

La voce calda del vecchio avvolse nuovamente la stanza, mentre prendeva in mano la sua bacchetta ambrata; una sfera luminosa fuoriuscì andandosi a sistemare al centro della stanza.

Con un lieve cenno della bacchetta, il giovane fece apparire una poltrona color argento per poi sibilare, a labbra strette:

- Si accomodi. –

- Grazie. –

Con un sorriso, Wulfric lanciò un’occhiata di ringraziamento all’ospite, ma questi rimase impassibile, come privo di sentimenti.

- Bene signor Wulfric, potrebbe illuminarmi sul motivo della sua inaspettata visita? –

La voce del ragazzo dai capelli corvini risuonò ancora. Fredda. Dura.

- Ma certo, signor? –

- Preferisco non rispondere, se non le dispiace. –

- Come vuole. Bene, vede…. –

Una tempesta di fuoco sembrava scoppiare istante dopo istante nelle sue iridi di ghiaccio che si scontravano con quelle argentate del ragazzo lì migliaia di pagliuzze smeraldo vorticavano come  in un eterno gorgo.

-….ho sentito parlare molto di lei…. –

- In modo positivo, spero. –

Come al solito, soltanto un gelido sibilo fuoriuscì da quelle rosee labbra.

- In un certo senso…. –

Dondolando leggermente il capo Wulfric trafiggeva gli occhi d’argento del giovane con i suoi.

- ….molto positivo, riguardo ai vostri poteri magici; sembra infatti che lei sia tra i cinque più potenti maghi in Gran Bretagna e comunque uno dei più potenti nel mondo intero ma…. –

Con estrema calma Wulfric spiegava e suoi occhi non abbandonavano quelli del suo interlocutore.

- Ma? –

Fredda come al solito, la voce del giovane risuonò ancora.

- ….ma, a quanto sembra, lei ha delle inclinazioni un po’, come dire…. –

“Non è affatto imbarazzato.”

Costatò mentalmente il giovane socchiudendo leggermente gli occhi per scrutare meglio Wulfric; questi sembrava pensare a un termine adatto da usare.

“Tutto il discorso fino ad ora era perfettamente calcolato. Programmato. Non mi stupirei se anche questa pausa fosse scritta nel suo copione. Bene, cerchiamo di scompigliare un po’ le carte in tavola….”

Un freddo, gelido sorriso apparve sul viso de giovane.

- Chi sono gli altri quattro? –

Domandò, sempre sibilando come una serpe, con le pupille completamente verticali.

- Chi? –

Domandò disorientato Wulfric.

- Gli altri quattro stregoni più potenti in Gran Bretagna. –

Sorrise sinceramente, il ragazzo dai capelli corvini sorrise per essere riuscito, con una sola frase, a disorientarlo; per un attimo è vero, ma a disorientarlo, a far cadere per pochi istanti quella maschera di perfezione che gli vedeva appoggiata sul viso.

- Beh, il mio intento è proprio quello di riunirvi….-

Disse. Voce ferma, fiera.

- Bene, allora cosa aspettiamo? –

Voce gelida come al solito.

- Possiamo partire anche subito. –

Disse Wulfric.

- Posso portare i miei animali da compagnia?-

Chiese sempre gelido, anticipando Orvoloson che gli aveva lanciato un’occhiata assassina per essere ancora trasfigurato in una scimmia.

- Ma certo. –

Disse con voce calda e amabile Wulfric.

- Bene. –

Sibilò il ragazzo.

Un lieve movimento della bacchetta, e una gabbia nera come l’inchiostro comparve sul pavimento con una fessura grande quanto una testa umana.

Un altro colpo di bacchetta e Orvoloson tornò a essere un serpente gigantesco, sotto gli occhi divertiti e contemporaneamente curiosi di Wulfric.

- Dentro. –

Sibilò freddo il ragazzo rivolto alle serpi, indicando la gabbia; i due guardandolo truce e sibilando  qualcosa tipo:

- Questa me la paghi… - o – Me lo ricorderò, o se me lo ricorderò…. –

Ci entrarono.

L’ennesimo cenno di bacchetta e delle sbarre calarono sull’entrata della gabbia.

- State tranquilli. –

Ordinò freddo sibilando, poi si rivolse a Wulfric:

- Andiamo? –

Chiese, gelido.

- Molto bene. –

Disse calmo il vecchio, sempre con una tempesta di fuoco e fiamme negli occhi di ghiaccio.

- Congiunta? –

Chiese amichevole, cordiale.

“No guarda, mi smaterializzo da solo, tanto so dove andare….”

Pensò nervoso il ragazzo.

- Non sapendo la destinazione… -

Sibilò freddo il ragazzo.

- Bene. –

Disse Wulfric, con voce calda.

Il ragazzo sfidò Wulfric in una battaglia di sguardi:

le fiamme all’interno delle iridi di ghiaccio, i frammenti di smeraldo all’interno di quelle d’argento

Non ci furono vincitori; per il momento.

- Adesso posso sapere il tuo nome? –

Chiese con voce paterna, stringendogli con forza un braccio.

- Salazar… -

Rispose freddo, gelido il ragazzo.

- Salazar Serpeverde. –

Una luce intensa, di un bianco malato:

 i due uomini erano, semplicemente, scomparsi.

CONTINUA.....

Ringrazio infinite per la lettura, e vi invito a lasciare un commento  in caso abbiate notato errori di qualsiasi tipo o se qualcosa vi sgugge.
Grazie ancora,

The Dark Prince

 

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Capitolo 2
*** Iridi d'ambra ***


2°) Iridi d’ambra

 

Anno Domini 928.

Gran Bretagna.

Scozia.

Brughiera.

 

 

Il disco solare illuminava gli steli d’erba, di un brillante color smeraldo, che rilucevano d’oro al riflesso della luce. Qua e là piccoli arbusti e cespugli di un verde intenso sbucavano dalla terra, mentre un freddo vento piegava tutte le forme viventi in un’unica direzione, sradicando i vegetali più deboli e proclamando a gran voce, quasi urlando, la legge del più forte.

Un lago, sorgeva a pochi metri da tutto questo, la superficie rispecchiava il sole sopra ad essa, colorandosi di un tenue color oro, era increspata dal tagliente vento, in modo che piccole onde andassero ripetutamente, a sfracellarsi contro le grigie rocce, sollevando migliaia di goccioline trasparenti.

Vicino al lago, una casa di bianco e liscio marmo si levava imponente, coperta da tegole scarlatte.

Una delle tre stanze che formavano l’abitazione era piuttosto ampia, un letto matrimoniale occupava l’intero spazio, le basi color dell’acciaio, poggiavano sul parquet di pregiato ebano, col quale era stato costruito l’intero letto.

Coperte scarlatte, riccamente ricamate in oro, raffiguravano un leone.

L’intera stanza, era illuminata da un’ampia finestra, le tapparelle, color verde scuro, erano spalancate, la luce solare colpiva il colorato vetro, che diffondeva milioni di raggi colorati; sopra il letto, si ergeva imponente un lampadario d’oro massiccio, che sembrava restare attaccato al soffitto per pura magia, serviva per illuminare la camera nei freddi e bui giorni invernali.

Nella seconda stanza si poteva vedere un tavolo di ciliegio, su cui era poggiato un piatto trasparente, finemente lavorato, che riluceva di mille colori provenienti dalle tre finestre, identiche a quella in camera da letto; un calderone di metallo ribolliva a fuoco lento, e effluvi di vapori si incanalavano nel camino; quadri che rappresentavano eroiche battaglie spiccavano nitidi sul bianco muro, evidenziato dalle cornici color argento, un tappeto scarlatto e color metallo, copriva il parquet.

Nella terza e ultima camera, il tetto mancava completamente, un nido costruito con ramoscelli, peli e pelli animali occupava tutto lo spazio disponibile, grumi di sangue rappreso imbrattavano il duro pavimento di pietra argentata.

Improvvisamente, un verso stridulo, acuto, tanto che pareva trapanarti i timpani, riecheggiò nell’aria, una forma indistinta, simile a un triangolo nero, proveniente dalla rocciosa catena montuosa alle spalle della abitazione, oscurò per pochi attimi il disco dorato, per poi planare in direzione del nido all’interno della casa.

Quando fu più vicino si poté distinguere come un volatile, maestoso, leggiadro, l’apertura alare, circa tre metri, pareva portare ombra all’intera pianura, il becco, color dell’acciaio, sfumato di un opaco giallo, brillava sotto la luce del sole, lucente e liscio come alabastro; gli occhi azzurri come il cielo, luccicavano di una propria luce  color del sole e scrutavano la piana sottostante famelici; il piumaggio, di un

bruno-fulvo terminava con delle penne nere come l’inchiostro. La testa, affusolata e calva era ricoperta da sottili e brevi penne setolose color della panna, alla base era ben visibile un collare di piume, bianco come la neve: un Grifone planò sulla casa, andandosi a sistemare in quel nido color della terra.

- Te la sei presa proprio comoda oggi, eh? –

Una fiera voce si levò nitida per la stanza, il grifone squadrò truce in direzione della porta, mentre i suoi occhi azzurri luccicavano di una sinistra luce dorata.

Sulla porta d’ebano, rinforzata con del metallo, si stagliava la figura di un ventenne, muscoloso, una camicia cremisi metteva in evidenzia gli addominali ben scolpiti, dei pantaloni azzurri gli ricadevano sulle scarpe nere, legato al collo un mantello color dell’oro; il viso scarno, metteva in evidenzia gli occhi color dell’ambra, così simile al color dell’oro fuso, mentre ei capelli ricci, color del rame, gli ricadevano in maniera disordinata sulle orecchie.

L’ennesimo verso stridulo e cupo provenne dal grifone.

- Ok, non fa niente, Victor, ma… –

Un sinistro luccichio scarlatto comparve nelle iridi ambrate, una smorfia di irritazione sulle rosee labbra.

- Quante volte ti ho detto di non portare del cibo nella mia casa? –

Un tremolio di rabbia attraversò il corpo del ragazzo; gli occhi illuminati da una tetra luce scarlatta, il colore ambrato delle iridi sostituito da un luminoso dorato, che saettarono rapide in direzione delle zampe dell’avvoltoio: la carcassa di una pecora, il cui bianco manto era imbrattato da un vischioso sangue cremisi, era stretta dai lucenti artigli del volatile.

Uno stridulo verso di protesta si levò dal grifone, quando il ragazzo, con un leggero movimento della bacchetta color dell’acciaio, aveva fatto sparire la carcassa.

Victor lanciò uno sguardo carico di rancore all’uomo, come se volesse bruciarlo con le fiamme all’interno delle azzurre iridi.

- Ciao, Victor. –

Girandosi, con un ghigno di soddisfazione in volto, il giovane abbandonò la stanza, diretto al tavolo di ciliegio, accompagnato dall’ennesimo verso stridulo del grifone.

Si stava per sedere, quando si irrigidì di colpo, come se fosse stato pietrificato.

- Ma cosa?! –

Disse il ragazzo, guardando fuori dalla finestra.

 

***

 

Una luce bianca malata, scoppiò dal nulla nella piana, per poi sparire, improvvisamente, così com’era venuta, lasciandosi dietro un ricordo: un giovane e un vecchio si guardavano intorno.

- Dove siamo?. –

Un freddo sibilo provenne dal ragazzo, scrutando torvo la pianura circostante con le sue iridi argentate, tenendo stretta nella mano sinistra una gabbia nera inchiostro.

- Dove dovevamo essere, Salazar. –

Una voce caldo, completamente opposta alla prima, si levò dal vecchio, che lanciava sguardi attenti alla casa di bianco marmo.

- Questo l’avevo capito anche da solo… -

Sibilò gelido Salazar.

-…vorrei qualche informazione in più, Wulfric.-

- Come desideri. –

Disse amabile Wulfric.

- Siamo in Scozia, nelle grandi brughiere. –

- Per fare cosa? –

Chiese freddo il ragazzo, scoccando sguardi carichi d’astio al vecchio.

- A incontrare un altro stregone –

Rispose rapido Wulfric, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, scrutando la pianura con i suoi occhi color del ghiaccio.

- Anche se credo che ci abbia già avvistato… -

Disse solare, e iniziando a camminare nella direzione dell’abitazione, da cui un ragazzo stava venendo nella loro direzione.

Dopo pochi minuti, il ragazzo li raggiunse, per poi iniziare a parlare guardandoli torvo:

- Chi siete? –

Chiese scorbutico, la bacchetta color dell’acciaio in mano.

- Buongiorno. –

Disse amabile Wulfric.

“Questo è pazzo…”

Pensò Salazar, scrutando accigliato il vecchio.

“….questo qui ha la bacchetta sguainata e lui lo saluta!Cose da matti!”

- Io mi chiamo Wulfric invece questo giovane… -

Continuò l’anziano, indicando Serpeverde.

- …è uno stregone dai grandi poteri, Salazar Serpeverde. –

- Sì? –

Chiese scettico e ironico il ragazzo.

- Non ci credi? –

Sibilò Salazar a denti stretti, gli occhi ridotti a fessure argentee.

- Solo una cosa potrebbe convincermi. –

Disse di ramando il giovane, come ruggendo.

Un gelido sorriso si disegnò sulle labbra di Serpeverde, mentre la pupilla si riduceva a poco più di un fessura, frammenti di smeraldo nelle iridi, la mano era scattata alla nera bacchetta, ora puntata al petto del giovane.

- Un duello? –

Chiese ruggendo il ragazzo dalle iridi ambrate.

- Prima il tuo nome. –

Sibilò gelido Salazar.

- Calmiamoci, ragazzi. –

- Taci, Wulfric. –

Sibilò nuovamente Salazar.

- Godric -

Rispose il giovane, puntando a sua volta la bacchetta al petto di Serpeverde, un lampo di sfida nelle iridi, in cui fiamme scarlatte divampavano impetuose.

- Godric Grifondoro. –

Serpeverde contro Grifondoro.

Argento contro Oro.

Smeraldo contro Cremisi.

La prima sfida tra Salazar Serpeverde e Godric Grifondoro ha inizio.

Quello, fu il vero inizio di tutto.

Ringrazio chiunque abbia letto, e sò che questo cap. è corto e piuttosto brutto e i scuso.

Ringrazio per i commenti, invitando anche voi a lascarli, Vegeta91, Salazar e Lilyblack.

Grazie, The Dark Prince.

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