Chained

di Hebi_Grin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le Catene — Strette ***
Capitolo 2: *** Le Catene — Allentate ***



Capitolo 1
*** Le Catene — Strette ***


NdA:

Salve, lettori e lettrici!

Qualche precisazione, prima di lasciarvi alla lettura della fic, credo che sia necessaria.

Innanzitutto, questa è nata da una ruolata avvenuta quest’estate con Bea (una delle ragazze che gestisce l’account Oxymoron), in cui io ruolavo Turles e lei Vegeta. Mi sono staccata dalla ruolata per scrivere la fic, lasciandovi intatta o quasi la trama, ma arricchendola di alcuni dettagli. Ovviamente, la ringrazio infinitamente per aver assecondato quel mio starter così Angst e per esser stata disposta a ruolare Angst-Hurt/Comfort appena sveglia (saremo state un po’ masochiste?) e per avermi permesso di scriverci su.

Questa fic è dedicata a lei, né sarebbe nata senza lei.

La Turles x Vegeta è il mio OTP, e spero davvero di non essere caduta nell’OOC. Il PoV di Turles è difficile, ma quello di Vegeta lo è senz’altro ancora di più.

Un po’ di informazioni preliminari, per chi non conoscesse bene il personaggio di Turles: tutto ciò che fa (il Sacro Albero dello Spirito, la fondazione del suo Impero etc) ha, per come la vedo io, lo scopo di essere lui a sconfiggere Freezer. E per questo trovo che sia tanto interessante con Vegeta. Uno contrastava il Tiranno dall’interno (agendo però come suo sottoposto) e l’altro dall’esterno. Io credo Turles non perdonasse questo stare con Freezer a Vegeta. Insomma, ognuno dei due si vede un po’ come il vero detentore dello spirito dei Saiyan. Non dimentichiamoci, inoltre, che Turles era estremamente più forte di Vegeta, ma che questo certo non poteva sottomettersi a Turles.

 

Un’altra cosa importante per capire la fic: le frasi in corsivo. Quelle scritte con la centratura più a sinistra sono frasi pensate da Turles, quelle centrate al centro (?) sono dette dalla voce che sente nella testa, una sorta di coscienza con cui dialoga.

Nata come One Shot, ho deciso di dividerla in due parti, per evitare che fosse un capitolo infinito (e già così è lunghetto!). Mi manca da scrivere l’ultima parte del secondo capitolo, attualmente, e spero di farlo il più presto possibile.

Se doveste notare errori, vi prego di informarmi!

Così come il Rating. Ero seriamente indecisa tra Arancione e Rosso. Le tematiche sono da Rosso, direi, ma son stata abbastanza delicata, tutto sommato. Bon, fatemi sapere se secondo voi deve essere messa a Rating Rosso. 

Buona lettura ^-^

 


 

 

 

Dragon Ball © Akira Toriyama

 

 

 

                                                                                                     Chained

 

Era successo tutto velocemente. Troppo velocemente. Turles ripensava a come potesse essersi ritrovato, dopo anni di lotta, in quella situazione dalla quale non vedeva via di scampo.

O meglio, la via di scampo la vedeva, ma non era altro che un condotto d’aria, da cui durante il giorno filtrava la luce.

Ed era ancora più doloroso, perché lui non lo poteva raggiungere.

Dolorante nel corpo, ma soprattutto nell’anima, la sofferenza era unica cosa che lo facesse ancora sentire vivo, una volta perso l’orgoglio con la cattura.

La sua cella era quella più in profondità nella vecchia base di Freezer, la più lontana dalla libertà. Più volte, con lo sguardo, si era guardato attorno, non appena la sua vista si era abituata a quel buio. Era una stanza abbastanza grande, per essere unicamente per lui. Uno sfregio a lui dal Tiranno, che aveva deciso di imprigionarlo in uno spazio ampio, che sarebbe stato adatto agli allenamenti, ma in cui non poteva muoversi.

Si trovava incatenato al centro della stanza con quelle resistenti catene, forgiate con l’unica lega capace di imprigionare un Saiyan. Imprigionare nel corpo, ma non nello spirito.

O forse sì, invece?

Lo spirito non era libero, così come il corpo, oppresso dalla calura e dall’umida afa di quella stanza, chiuso dalle spesse mura e tormentato dalla prigionia. Non era libero, ma il ricordo c’era ancora. Il ricordo della libertà, che fino a poco tempo prima aveva. La stessa libertà che lo contraddistingueva dai suoi simili. Non un servo, ma un padrone. Eppure schiavo della sua stessa volontà e della paura, di cui lui stesso non si rendeva ancora conto, di non riuscire a vendicare il suo popolo.

Un Saiyan non ha paura.

 

È pur sempre un essere vivente. Un crudele e  senza paure, forse, ma certamente con moltissime macchie.

 

 

Una punizione per queste macchie, allora?

 

Inflitta da uno che ne ha di maggiori?

 

Turles sospirò. Era due giorni – o almeno, gli pareva fossero passati due giorni – che aveva sentiva quella voce in lui, e con essa dialogava.

“Sempre una compagnia migliore dei topi”, pensò aprendo lentamente gli occhi secchi, sentendo il muso umido del roditore sul suo piede scalzo. Tra tutti gli esseri viventi, questi erano per lui i più orrendi. Scosse appena il piede per farlo spostare, ma questo, con suo rammarico, non si mosse.

«Maledizione!» grugnì con un fil di voce, per via della gola secchissima, muovendo il piede con maggiore violenza. Era ormai chiaro, le forze lo stavano abbandonando. La fame, la disidratazione e l’insonnia lo stavano portando con lentezza al collasso. Non poteva permettersi di riposare, o la sua posizione sarebbe peggiorata ancora.

Sogghignò amaramente: il sadismo di Freezer gli metteva i brividi. Cibo e acqua son cose di cui vengono frequentemente privati i prigionieri, ma la sua capacità nel rendere la situazione dura persino per uno come lui era terrificante.

Riusciva appena a toccare con la punta dei piedi la pietra del pavimento, mentre le sue braccia erano legate in alto, all’indietro. Si era risvegliato così, una volta passato l’effetto del sedativo che gli era stato dato. Non gli ci volle molto, nonostante fosse ancora intontito, per capire che se si fosse addormentato altre volte avrebbe rischiato di lussarsi le articolazioni, e il dolore che provava in esse ne erano una chiara testimonianza.
“Magari se ne pentirebbe e manderebbe un dottore…” scherzò tra sé e sé maturando questa riflessione. Quel poco umorismo di cui la sua razza l’aveva dotato e la sua incredibile resistenza erano probabilmente le uniche cose che gli avevano impedito di impazzire, ma il fatto di sentire quella maledetta voce gli fece pensare, a più riprese, che la follia sarebbe giunta presto.

 

Ancora non capisco come…

Non capisci? Ti facevo più intelligente!

 

Non scherzare, dannato…

Sei stato tradito…

 

Già, ora ricordo…

 

***

Non sapeva quanto tempo fosse passato, ma considerando la sua situazione fisica probabilmente due settimane. Era in un Pianeta ormai deserto, la cui popolazione era stata ormai completamente sterminata e si trovava insieme ai suoi uomini, attorno a un falò a rischiarare la notte, mangiando e bevendo degli alcolici che facevano parte del bottino. Con loro c’era anche quello nuovo, un tale Xer, che nonostante la giovane età – sedici anni al massimo – si era rivelato un ottimo e astuto combattente. E l’ultima cosa che ricordava era che gli aveva passato un bicchiere di quel delizioso vino rosso. Delizioso, ma dolciastro. Aveva pensato fosse una caratteristica del vino del posto, né fece caso al lieve mal di testa e intontimento che cominciò a sentire subito dopo averlo bevuto. Era andato nella sua tenda, distaccata dal resto del gruppo, e si era addormentato. Quando si risvegliò, si trovava in quella lurida cella.

 

***

 

Sì, ora ricordo… Quel maledetto me la pagherà cara quando uscirò di qui.

Uscire? Pensi davvero di riuscirci? I tuoi uomini verrebbero uccisi!

 

Io devo uscire e vendicarmi, qualcuno verrà.

Ti servirebbe forse…

… Un alleato.

 

Aveva pronunciato quella parola nella sua testa con tono deciso e un ghigno sul suo volto. Non aveva alleati, non veri, almeno, eppure era sicuro che un Saiyan, sapendo della sua situazione, sarebbe intervenuto.

 

Si guardò il petto, sul quale era evidente del sangue causato dall’unica cosa che, oltre alla flebile luce di quella piccola finestra, scandiva le sue giornate: le frustate che gli venivano date. Non avrebbe mai supposto che la crudeltà di Freezer fosse tale da fargli perdere ancora di più la cognizione del tempo, facendogliele infliggere con un ritmo del tutto casuale e irregolare.

Piegò la testa in avanti, allungando la lingua nel vano tentativo di riuscire ad arrivare a esso per berne qualche goccia. Si sentiva un miserabile nel compiere quel gesto, dopo essersi devastato le labbra secche per bagnare anche solo con qualche goccia la sua gola arida.

Nel momento in cui ebbe l’impressione che mancasse davvero poco al raggiungere la pelle, sentì il cigolio metallico della porta arrugginita che si apriva con estrema lentezza.

  Vuoi scommettere con me?

Uhm?

  Secondo te, sarà un nemico o un alleato?

Non hai speranze che possa essere un alleato!

«Turles…» 

Ripetilo...

Non hai speranze

No, il mio nome…

Alza lo sguardo, non l’ho detto io…

 

«Turles…» ripeté quella voce, ora più chiara alle sue orecchie.

Il ragazzo alzò la testa, vedendo l’unica persona da cui non si sarebbe mai voluto far vedere così.

 

Un nemico o un alleato? Non lo so nemmeno io…

Questa volta, nessuna risposta giunse nella sua testa.

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Le Catene — Allentate ***


Eccomi qui col secondo e ultimo capitolo di questo breve racconto! Allora, premetto una cosa: io non so scrivere dialoghi, quindi non ho idea di come sia uscito. E Vegeta non è un personaggio che mi riesce poi così bene (l’ho trattato una sola volta, e solo dal punto di vista introspettivo, cosa che mi riesce molto meglio). Quindi, spero sia accettabile e di non deludere nessuno.

In questo capitolo, c’è un vago Hurt/Comfort e una velata presenza di violenza, ma credo che sia abbastanza ‘solo accennata’ da non sconvolgere nessuno.

Uh, cosa che mi ero dimenticata di scrivere nel capitolo precedente! È una TurlesxVegeta, ma c’è chiaramente un forte accenno alla Turditz!

 


 

 


«Turles, come ti sei ridotto?» aveva detto quella figura che ora avanzava lentamente nell’ombra, ma che lui conosceva bene. Fin troppo.

«Che ci fai qui, Vegeta?», disse con un filo di voce, spezzata dalla secchezza nella sua gola, schiarendosela subito dopo, nel vano tentativo di nascondere la debolezza mostrata.

«Mi sembri deboluccio, Terza Classe». Un moto d’ira aveva attraversato l’animo di Turles nel sentirsi chiamare in quel modo, facendogli uscire un lieve ruggito dalle labbra, mentre guardava il Principe minaccioso,  il cui viso si trovava a pochi centimetri da lui.

«Non chiamarmi così». Il tono ringhioso assunto dalla sua voce non giovava certo alla sua situazione, difatti strizzò gli occhi dal dolore.

«Lo sei. Te ne vergogni, forse?». Il Principe girava ora attorno al suddito ribelle, osservandone ogni singola ferita e segno di sofferenza, compiaciuto a quella vista.

«Direi», disse con voce rotta, che gli imponeva forzate pause «che piuttosto che vergognarmi sono orgoglioso di essere nato tale, ma aver superato persino le Élite».

«Eppure ora mi sembri così fragile… Sarebbe questa la forza in grado di sconfiggere un Élite?».

Ora il Principe era nuovamente di fronte a lui e lo guardava con la testa lievemente piegata di lato per scrutare lo sguardo dell’altro, che aveva la testa piegata.

«Attendo una risposta, Terza Classe». L’aveva ora afferrato per il mento, sollevandoglielo di scatto per convincerlo a guardarlo. I suoi occhi non erano più quelli che Vegeta poteva ricordare. Erano spenti e sofferenti.

«Sembrano gli occhi di un topo, Turles…» insinuò maligno, conscio della sua repulsione per quegli animali. «Ti sei ridotto proprio male!»

Sentiva le sue dita stringersi attorno alla sua mascella, mentre le parole da lui pronunciate lo irritavano sempre di più. Mai in vita sua aveva desiderato tanto colpirlo.

«Non osare» sibilò coi denti stretti, mentre i suoi occhi riacquistavano una lieve tonalità viva nell’ira che provava nei suoi confronti.

«Altrimenti?» disse l’altro lasciando la presa e incrociando le braccia, guardandolo con aria di sfida e con un ghigno sadico sul volto.

«Pff, lascia perdere. Ti ha mandato Freezer?».

«Freezer? No, son venuto qui di mia spontanea volontà, e ogni mia azione sarà dettata unicamente da essa».

Turles alzò lievemente gli occhi al cielo. « Noi dovremmo essere alleati contro Freezer! Che senso ha avuto massacrarci a vicenda per decidere chi di noi due lo debba far fuori?»

«E per allearti con me devi divertirti a ledere ogni volta il mio orgoglio, approfittando della tua forza fasulla?». Il Principe si avvicinava sempre più, portando Turles a capire i motivi della sua venuta. «… A sentirmi gemere sotto di te?»

«Non mi pareva ti dispiacesse tanto…». Alzò a fatica la testa, guardandolo negli occhi e accennando un lieve, malizioso, sorriso. E rimase ancora più soddisfatto nel sentire che l’altro non rispondeva, limitandosi a stringere un pugno per l’affermazione dell’altro e ad andare dietro di lui.

«Vegeta…». Un lieve ghigno comparve sulle labbra di Turles nel vedere la direzione preso dall’altro. «Non vorrai mica…?»

Sentì un dolore lancinante sella schiena, un dolore che, in quei giorni, aveva imparato a conoscere e strizzò gli occhi, lasciandosi andare a un lieve lamento.

«… Vendicarti…» biascicò dolorante.

«Esattamente. Vendicarmi di ogni volta che hai disonorato me e il mio corpo».

Lo colpiva tra una frase e l’altra, mentre Turles si sforzava di non far lasciare andar via dalle sue labbra più che dei lievi lamenti.

«Per ogni volta che, forte dei tuoi Frutti, sei riuscito ad importi su di me. Ma senza quelli, Turles… Senza quelli, cosa saresti?». Si era spostato ora davanti a lui, con la frusta nera e gocciolante del suo sangue in mano. L’altro aprì lentamente gli occhi doloranti, per guardarlo negli occhi, come il suo orgoglio gli imponeva di fare.

«Nulla…» sibilò il Principe vicino alle sue labbra.

Le sue labbra, quelle del suo Principe che tanto si ostentava a riconoscere come tale.

Quelle labbra a cui tante volte aveva strappato un bacio, e da cui tante volte si era sentito chiamare “Terza Classe”. Baci che Vegeta inizialmente rifiutava, per poi cedere a lui.

Da esse, il suo occhio passò all’arma che il Principe aveva in mano. Si passò più volte le labbra l’una sull’altra, provando ad avvicinarsi a essa col corpo con le poche forze a sua disposizione.

«Uhm?». Il Principe aveva notato il suo gesto e intuitole sue intenzioni. «Questa?» chiese muovendo lievemente.

Turles annuì, mentre il Principe gliel’avvicinava alla bocca. Leccò con disperazione le gocce del proprio sangue di cui era impregnata la frusta.

«Non hai più dignità» ghignò Vegeta.

Turles alzò lentamente lo sguardo, guardandolo negli occhi e rileccandosi le labbra, dopo aver leccato ogni goccia.

«Non è forse dignità, voler sopravvivere?»

«Non sei un degno Saiyan, certo, al di là di ciò».

«E tu lo sei, Vegeta?».

«Ovviamente, io sono il Principe».

«E mentre stavi con me, quelle notti? E quando ti gettavi su Radish perché prendeva il tuo posto?».

«Un Principe non è tenuto a rispondere a un suddito, specie se questo è un vile traditore e un essere di dubbio gusto».

«Proprio tu parli di gusto» disse Turles con la testa nuovamente verso il basso. «Hai un pessimo gusto nella scelta dei tuoi alleati».

«E dimmi… Come sei finito qui?».

L’imprigionato sospirò lievemente e rimase in silenzio qualche attimo, prima di rispondere, con voce bassa.

«Pessimi alleati…».

L’altro sogghignò di rimando, dirigendosi verso il muro di fronte, dando le spalle a Turles.

«Lui partirà, comunque» cominciò mentre si sistemava i guanti bianchi. «Per rintracciare il fratello. Parlo di Radish, ovviamente».

A questo punto, si voltò, per scrutare il viso dell’altro. A lungo si era divertito ad insinuarsi nella mente di entrambi, così forte e irruento eppure ora, così fragile. La propria rivincita se l’era presa, lui, ma  era indubbiamente piacevole e allo stesso tempo tremendo vedere i suoi occhi in quel momento: quelle iridi, pur così spente, desideravano qualcosa che non potevano avere, vedere l’altro. In un atto di crudeltà – e forse masochismo – aggiunse «Lui non verrà. Non sa che sei qui».

Voleva spegnere quel pizzico di ardore che aveva visto negli occhi di Turles, sintomo del ricordo della passione con l’altro. Ma contemporaneamente sentiva montare la rabbia in sé per il semplice fatto che l’unico Saiyan in vita degno di scontrarsi con lui dimostrasse, per l’ennesima volta, di aver desiderato un subordinato più di un condottiero. Un plebeo a un nobile. Un debole a un forte.

Ma non era ancora pronto a rinunciare a quell’avversario, e vedere chi dei due sarebbe diventato il Vendicatore.

Si avvicinò all’altro, ormai vuoto. Le sue mani scorsero sule braccia sollevate dell’altro, fino ai polsi.

Allentò le catene. Non avrebbe avuto senso farsi forte di quella situazione, né lasciare che lui marcisse in quelle condizioni, non provocate da lui, ma dal nemico comune, con uno stupido trucco. Ed era consapevole che da quella base sarebbe riuscito a fuggire, come aveva fatto tante altre volte, quando si era introdotto – col favore della notte – nella sua stanza o in quella di Radish.

L’altro, in quella difficile situazione fisica, scivolò al suolo, privato dell’unico sostegno che aveva. Tanto stremato, da non rendersi nemmeno conto di ciò che stesse succedendo. L’unica cosa che i suoi sensi percepirono, fu il suono della voce di Vegeta che, ormai con la mano sulla maniglia della porta e dandogli le spalle, gli diceva

«Sì, lo è.», per poi sparire e lasciare la porta socchiusa dietro sé.

 

 

 


Allora, è finita. Una faticaccia! Io i dialoghi non li so scrivere, e sebbene conoscessi il finale, non sapevo come arrivarci, quindi ho improvvisato. Non ho idea di come sia uscita. Ho fatto del mio meglio per mantenere l’ICness nonostante il contesto.

Se notaste errori, vi prego di farmeli sapere! La storia è lunghetta e qualcuno sfugge, tanto più a me che conosco già la storia. Insomma, siate i miei occhi (??).

Ah, l’ultima frase detta da Vegeta è riferita alla domanda posta da Turles prima: “«Non è forse dignità, voler sopravvivere?»”, nel caso non si fosse capito.

Bene, non linciatemi (anzi fatelo pure!) e grazie per aver letto. È stato un parto, giuro!


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