la musica venti anni dopo

di Inathia Len
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** l'Opèra...dopo ***
Capitolo 2: *** una voce nel dolore ***
Capitolo 3: *** maestro di musica ***
Capitolo 4: *** è l'amore che... ***
Capitolo 5: *** sotto la maschera ***



Capitolo 1
*** l'Opèra...dopo ***


Il momento che preferisce all’Opéra Populaire è proprio questo, quando tutti gli artisti si rintanano dietro le quinte ed a lei è permesso girovagare indisturbata. Lo spettacolo è iniziato, un’altra sera, un’altra opera, un’altra storia che prende vita dalle arie, dalle voci dei cantanti. Le ballerine, nei loro scintillanti costumi, pestano nervosamente la pece con le loro scarpine, scalpitando, soprattutto le più giovani, per entrare in scena. Danielle passa quasi inosservata in quel viavai frenetico, solo qualche vago cenno di saluto per la ragazza che tanto assomiglia alla madre così amata in quel teatro, inchini per la figlia del visconte. Lì è nel suo mondo, solo Danielle, non mademoiselle De Chagny. Scivola lenta tra le vecchie e nuove scenografie, attenta a non rovinare il lavoro degli scenografi. Dal palco sente provenire quell’aria, la prima, quella che rese famosa sua madre consacrandola alla lirica. I suoi genitori le hanno spesso raccontato che il loro primo incontro, avvenuto quasi venti anni prima, fece scattare quella scintilla in loro che non si è ancora spenta. Più Danielle li guarda, più è convinta che quello che hanno Raul e Christine sia vero amore, non pura passione. Sono l’uno il conforto dell’altra, ridono, piangono insieme e soprattutto hanno una famiglia meravigliosa. Anatole, il loro primo figlio, è il suo fratellone, di quattro anni più grande di lei, è partito una settimana per tornare alla Marina. È l’unico in famiglia ad aver ereditato gli occhi scuri dei Daae, mentre i capelli sono quelli chiari del padre. Danielle è la sedicenne figlia di mezzo, dai lunghi riccioli rossicci, come quelli della mamma, ma gli occhi azzurri del papà. Infine c’è la piccola Léonie, di dodici anni, la copia esatta di papà Raul con quei capelli biondi e gli occhi azzurri. È determinata ad entrare nel corpo di ballo dell’Opéra, anche se sembra che i suoi genitori non siano molto di quell’idea. Mamma Christine ha una paura folle di quella che è stata la sua casa fino a quando aveva l’età di Danielle, prima di sposarsi, sembra aver rinunciato completamente al canto, sua grande passione, tranne quando si lascia sfuggire una o due note, salvo poi guardarsi attorno con aria smarrita e preoccupata, come se qualcuno potesse averla sentita. È sempre sul “chi va là”, come se fosse convinta che una grande catastrofe si possa abbattere sulla sua famiglia e che quegli anni di pace debbano finire da un momento all’altro. Papà Raul fa di tutto per consolarla e passano intere ore da soli, a parlare. Cerca di rassicurarla come meglio può, lontano dai figli, nessuno dei quali ha idea di cosa abbia reso la loro madre così insicura e spaventata. Anatole dice che parlano del passato, di quando erano giovani, come se qualcosa o qualcuno avesse potuto fare loro tanto male da costringerli a guardarsi sempre le spalle. Lui ha molte teorie a riguardo, ma secondo Danielle sono una più improbabile dell’altra. Lei non crede a queste cose. Per lei la mamma è semplicemente nata così, un po’ più timida e timorosa degli altri. Eppure Anatole ricorda di un tempo, quando era molto piccolo, in cui non si erano fermati un attimo. Cambiavano quasi una casa alla settimana, allontanandosi sempre di più dal centro e dall’Opéra . Sembravano inseguiti da un demone invisibile, da un fantasma. Danielle ride di queste assurde fantasie, Léonie nemmeno le ascolta. Eppure qualcosa deve essere successo, continua a sostenere Anatole. Così, dato che nessuno in casa De Chagny sembra volerne parlare, Danielle ha deciso di indagare da sola. Accettato l’invito per l’Opéra di una amica e di sua madre, vestitasi con il suo abito più bello, è ora dietro le quinte del teatro. Vuole ritrovare il vecchio camerino della madre, quello che prima era della Carlotta Giudicelli, ma che per una stagione era stato il suo. Ha lasciato le quinte ed ora vaga per i corridoi di servizio come se non avesse mai fatto altro in vita sua, sebbene sia la prima volta tutta la sua vita che vi mette piede.
“Cerchi il suo camerino?” dice una voce alla sue spalle.
Danielle si volta, presa dal panico. Di fronte a lei c’è una donna molto vecchia, coperta di mille scialli e con i capelli raccolti in una lunga treccia.
“Scusatemi, dovete avermi confusa con qualcun altro” sentenzia Danielle e riprende a camminare.
“Oh no, mia cara. Riconoscerei la figlia della mia amata Christine dovunque, ma soprattutto qui, dove tante volte ho visto tua madre.”
Danielle si ferma confusa. Le hanno sempre detto di assomigliare a sua madre, ma non avrebbe mai pensato così tanto.
“E secondo voi il camerino di chi sto cercando?” chiede cercando di apparire calma.
“Ma che sciocchezze! Quello di tua madre, ovviamente. Sei fortunata, molto di quello che vedi è stato ricostruito dopo l’incendio di venti anni fa, di cui tu ovviamente saprai tutto, mentre…”
“Un incendio? Qui, all’Opéra, mentre mio padre ne era mecenate?”
“Ma certo, bambina!” vedendo la faccia confusa di Danielle, allora continuò “Vuoi farmi credere che Christine non ti ha mai raccontato di quella notte in cui rischiò di rimanere uccisa? Segnò anche il suo addio alle scene e l’inizio della loro fuga.”
Danielle è senza parole. Allora è vero quello che Anatole ricorda, ha un senso ora. Ma ancora non capisce chi avrebbe potuto appiccare un incendio in così bel teatro e soprattutto perché i suoi genitori non avevano mai raccontato nulla a loro.
“Vieni, seguimi e ti mostrerò quello che cerchi. Dicevo che sei molto fortunata, perché il suo camerino è uno dei pochi luoghi rimasto illeso, come d’altra parte tutti i luoghi che lei frequentava: la sala prove, l’alloggio delle ballerine…”
Danielle sente che quella donna le sta fornendo informazioni importanti, ma non riesca a ricostruire il puzzle che si va a formare.
Giungono poi davanti ad una porta che stona, lungo il corridoio. È più antica, lo si nota subito, nonostante i lavori di restauro abbiano regalato al teatro tutta la sua antica magnificenza. La porta è leggermente annerita, come se il fuoco avesse tentato di aggredirla ma poi avesse cambiato idea, lasciandola con una carezza. La donna gira la chiave e la porta di apre cigolando. Danielle entra, camminando quasi senza rendersene conto. Ha come l’impressione di essere già stata lì.
“Ha lasciato istruzioni che nulla venisse toccato” sussurra la donna.
“Ma di chi parlate, di mia madre?”
Ma la domanda cade nel silenzio. La sua guida ne se è andata, scomparsa, come inghiottita dall’oscurità del corridoio.
“Grazie” sussurra Danielle, a nessuno.

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Capitolo 2
*** una voce nel dolore ***


Il camerino è pervaso da un fortissimo aroma di rose, ma fiori nessuna traccia, tranne uno, vicino ad un grande specchio. È una rosa rossa alla quale è stato legato un nastro nero. Danielle la raccoglie e si ferma incantata dalla sua immagine allo specchio. I capelli si sono liberati della scomoda acconciatura ed ora le scendono in morbide onde fino a metà schiena, mentre le spalline dell’abito bianco troppo grande le scivolano sulle spalle. Sa che non avrebbe dovuto mettere quell’abito, che non è nemmeno suo, ma la tentazione è stata troppa, lo ha sempre ammirato nel baule che la mamma tiene in soffitta. Segue lo stile che andava di moda quando Christine era giovane, un bustino stretto ed una gonna stretta davanti e vaporosa dietro. Indossandolo si è resa conto che è stato cucito a mano, confezionato sicuramente perché lo indossasse sua madre in una occasione speciale, ma lei, tanto per cambiare, ha avuto paura e lo ha tenuto chiuso in un baule per quasi venti anni.
“Christine, Christine…”
Una voce spettrale sussurra il nome di sua madre, con la malinconia di chi ha troppo amato e perduto. L’invocazione è intervallata da quelli che sembrano singhiozzi e questo non fa che incuriosire ancora di più Danielle. Chi mai può essere quell’uomo che ama così tanto sua madre da chiamarne ancora il nome dopo così tanti anni che non mette piede in quel teatro? Danielle, che come anche i suoi fratelli è stata cresciuta con la storia del grande amore tra Raul e Christine, non avrebbe mai pensato che qualcun altro avrebbe mai potuto amare sua madre.
“Christine, Christine…”
I sussurri continuano, diventando sempre più insistenti, cupi e disperati. Danielle si alza dalla toeletta dove si era seduta e si avvicina al grande specchio, ai piedi del quale aveva trovato la rosa con il nastro nero. La voce sembra provenire da dietro lo specchio. Danielle scuote la testa e reprime una risata. Che sciocchezza! Come se lo specchio non fosse uno specchio, ma una porta. Per provare a se stessa di non essersi sbagliata, appoggia la mano guantata sulla superfice e prova a spingere, delicatamente. Con sua grande sorpresa, lo specchio rientra di pochi centimetri. Decide allora di togliere i guanti e provare con entrambe le mani. Un po’ cigolando ed un po’ no, la porta-specchio si apre, rivelando un corridoio lungo, stretto e buio. La voce ora si sente più forte, come se ci si stesse avvicinando alla sua fonte e questa sensazione accompagna Danielle mentre avanza nell’oscurità. Non le importa più di nulla, del vestito che si sporca e delle domande che i suoi genitori le potrebbero fare a riguardo, del mistero dell’incendio e della fuga, della paura della madre… eppure sente che tutto è collegato. Arriva in un punto dove il corridoio è illuminato da una torcia. Proteggendosi gli occhi per il calore e la luce improvvisa, ringrazia silenziosamente la sua buona stella per aver trovato qualcosa che le illumini la strada. Estrae, non senza poca fatica, la torcia da suo sostegno e la tende davanti a sé. Scende le ripide scale fino ad arrivare ad un punto morto. Davanti a lei si estende un lago sotterraneo, illuminato da torce come quella che sta tenendo in mano. In acqua, una piccola barca nera che assomiglia tanto alle gondole di Venezia, dove è stata in vacanza la scorsa estate. Oltre il lago, alla voce ora si è unito anche il suono di un organo. La melodia è ipnotica e sensuale allo stesso tempo, una nenia che spinge Danielle ad andare avanti. Siede nella barca, la quale, non appena lei è comoda, comincia a scivolare dolcemente sull’acqua, come guidata dalla stessa musica. A mano a mano che avanza, intorno a lei lo scenario cambia. Non più un corridoio dalle pareti in pietra, ma una vera e propria grotta, candelieri che sembrano poggiare sull’acqua hanno sostituito le torce alle pareti, mentre la musica cresce di intensità.
“Christine, Christine…”
Finalmente lo vede, l’uomo che l’ha condotta lì giù con la sua voce ed il suo canto. È di spalle, chino su un organo che suona con disperazione. Sembra vivere lì, dove l’acqua di quel lago sotterraneo non arriva, lasciando abbastanza spazio per mobili antichi e polverosi, sui quali sono appoggiati candelabri dai mille bracci, così simili a quelli nell’acqua. Ovunque ci sono spartiti, costumi teatrali, scenografie e specchi rotti coperti da pesanti tendaggi.
Quando la barca si ferma sulla spiaggetta che precede il terreno di quella strana grotta, lo sconosciuto smette bruscamente di suonare e si volta. I suoi occhi scrutano Danielle che è rimasta immobile. È spaventata, ma molto di più lo sembra l’uomo. Il suo volto è coperto a metà da una maschera bianca, veste una camicia con ruche sul petto, che andava di moda quando sua madre era giovane, ed un paio di pantaloni neri. I suoi occhi grigi scrutano atterriti la giovane.
“Christine?” balbetta.
Danielle scuote la testa e lui si prende la testa tra le mani.
“Se non siete Christine, non dovreste essere qui, non dovreste sapere di me! Aveva promesso, mi aveva giurato che non avrebbero detto a nessuno della mia esistenza. Mi ha mentito, come mentiva quando mi cantava dolci parole d’amore…”
L’uomo sembra davvero scosso ed infuriato per la sua presenza, tanto che a Danielle piacerebbe tanto poter tornare indietro, ma non sa remare e la barca sembra rispondere al volere di quello sconosciuto mascherato.
“Avevo sperato che avessi cambiato idea, ho pregato per anni di vederti ancora, almeno una volta!” grida a nessuno, “di sentire la tua voce, ma mi hai abbandonato…hai preferito lui a me, la tua guida.” Poi il suo sguardo cadde ancora una volta su Danielle che attendeva tremante nella barca che la sua collera svanisse. “Se non siete la mia Christine, allora chi siete voi che me la ricordate così tanto?”
“Danielle” sussurra lei.
L’uomo si alza e le si avvicina. Apparentemente ha ritrovato la calma. Le tende una mano che lei afferra con tutte le sue forze per poter uscire dalla barca. Danielle è confusa e spaventata. Possibile che sua madre e quell’uomo abbiano avuto una storia d’amore? Lo sconosciuto dimostra solo trenta anni, quindi è impossibile che abbia conosciuto sua madre. Per quanto spaventata, deve chiarirsi.
“Voi cercate una donna di nome Christine. Conoscete anche il suo cognome, oppure il nome di suo padre? Magari l’ho incontrata e le posso dire che la cercate…”
La risata dell’uomo con la maschera giunse improvvisa ed inaspettata. Era cristallina e fresca, giovane.
“Anche se tu la vedessi o le parlassi di me, dubito che tornerebbe da me. Ha fatto la sua scelta ormai venti anni fa, anche se non c’è giorno che passi senza che lei mi manchi come il primo. La vedo ancora allontanarsi con la stessa barca con cui siete giunta voi, abbracciata al suo visconte, il suo Raul, mentre si sorreggono a vicenda. Ma poi tornò. Per un attimo pensai che potessimo davvero avere un futuro insieme, anche se qui, nell’oscurità. Credetti che avesse finalmente messo da parte le sue paure e che avesse aperto il suo cuore all’amore, ignorando la mia deformità che tanto la spaventava. Ma mi sbagliavo. Non potevamo stare insieme, non poteva bastare il mio amore, per quanto immenso, per tutti e due. Non era la mia bruttezza a spaventarla, non aveva nemmeno più paura dei miei crimini. Semplicemente non mi amava. C’era stato un momento in cui avevo creduto che fosse attratta da me, un momento in cui si fidava e si affidava solo a me, ma era finito. Ora per lei c’era solo Raul e lo splendore del giorno, mentre a me rimanevano i ricordi e la mia oscurità. Voi mi chiedete il suo nome, ma dai vostri occhi capisco che già sapete. È Christine Daae colei che cerco, figlia del violinista Gustave Daae.”
Danielle si sentì mancare e tutto divenne buio intorno a lei.

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Capitolo 3
*** maestro di musica ***


Riprende conoscenza udendo l’organo suonare e lo sconosciuto cantare. Rimane per un attimo in ascolto. Davvero quell’uomo aveva amato sua madre ed era da lui che si era nascosta per tutto quel tempo. Forse sua madre era anche stata lì dove era lei ora, aveva dormito lì, lo aveva sentito cantare e ne era rimasta affascinata così come sta succedendo ora a lei. Il letto dove lui l’ha deposta è scolpito nella coda di un pavone che si trovava ai suoi piedi. Scosta le coperte rosse e scopre di avere addosso solo la sottoveste. Vergognandosi, prende la prima vestaglia che le capita sotto mano, nera e con dei ricami d’argento sulla schiena. Sicuramente è dello sconosciuto, ma meglio stare con quella addosso piuttosto che solo con la sottoveste. Scosta i pesanti tendaggi neri che circondano il letto e lo raggiunge vicino l’organo.
“Volevo ringraziarvi per avermi offerto il vostro letto. Spero di non aver disturbato. Comunque credo di dover andare ora…” sussurra la ragazza.
“Dove avete preso l’abito che indossavate ieri?” chiede lui, ignorandola completamente.
“Mia madre lo teneva in un baule” risponde lei, decisa a dargli le risposte che cerca. Non crede che possa essere pericoloso e non capisce perché sua madre abbia sempre così tanta paura. È solo un uomo solo e disperato per la fine di quello che credeva l’amore della sua vita.
“Vostra madre?”
L’uomo è scioccato, Danielle lo vede chiaramente, ma va avanti a parlare, è un fiume in piena inarrestabile
“Mia madre è la Christine Daae che cercate, ma da venti anni il suo nome è Christine De Chagny, moglie del visconte Raul De Chagny. Ora ha tre figli, io sono quella mediana. Ha passato la vita a scappare da voi, ma posso rassicurarvi che non ha mai fatto parola della vostra esistenza con nessuno, al di fuori di mio padre che, a quanto pare, voi già conoscete. Perciò io non so chi voi siate, ignoro il vostro nome ed il motivo della vostra reclusione. Questa sera venni all’Opéra per fugare dei sospetti di mio fratello maggiore Anatole, che sosteneva ci fosse una storia simile a quella che mi avete raccontato voi dietro le paure ed i silenzi che avvolgono la nostra famiglia. Mia madre non canta più, non ha più voluto mettere piede qui a teatro ed io sono venuta qui con la famiglia di una mia conoscente. L’abito mi ha sempre affascinato ed ho deciso di metterlo. Per giungere qui ho seguito la vostra voce e musica dal camerino di mia madre.”
L’uomo rimane in silenzio così a lungo che il sorriso sul volto di Danielle si spegne in fretta. Credeva di aver fatto bene a parlare, ma ora non ne è più tanto sicura. Quell’uomo è strano, forse anche pericoloso, ma sta cominciando ad esercitare uno strano magnetismo su di lei. Vorrebbe andarsene, ma allo stesso tempo non se la sente di lasciarlo lì solo. Chiaramente quelle notizie lo hanno sconvolto. Un’unica solitaria lacrima gli scivola lungo il bel volto non coperto dalla maschera. A Danielle si stringe il cuore e di istinto si siede accanto a lui, sullo sgabello davanti all’organo, e gli prende la mano.
“Non dovete essere triste” sussurra, asciugandogli la lacrima con l’altra mano.
“Ha passato venti anni a scappare da me e dal male che le avevo fatto…” piange lui.
“Ha mantenuto il vostro segreto” cerca di consolarlo lei, ma lui la guarda stranito.
“Ha paura di me adesso.”
Danielle capisce che qualsiasi cosa che lei dirà sarà inutile, in questi casi la cosa migliore è rimanere in silenzio, consolare solo con la propria presenza. Quando le lacrime smettono di solcare il suo viso, Danielle toglie la propria mano dalla sua, ma è trattenuta dalla stretta forte di lui.
“Voi siete stata così gentile con me ed io così scortese da non essermi nemmeno presentato. Mi chiamano Erik, anche se è solo uno dei tanti nomi che mi hanno dato.”
Danielle annuisce, anche se non ha capito fino in fondo l’affermazione dell’uomo.
“Sapete cantare?” le chiede lui, probabilmente ansioso di rimediare a quella che ritiene sia stata la sua precedente maleducazione.
“Non so, non ho mai cantato.”
“Mai? Ma il canto è vita, come è possibile che Chris…vostra madre…”
“Lei non canta mai, anche se non so perché.”
“Io sì” mormorò Erik, ma non aggiunse altro.
“Voi potreste insegnarmi?”
“Tu accetteresti uno come me come insegnante?”
“Cosa avete voi che altri non hanno? A me sembrate gentile, disponibile, paziente e credo che soffriate troppo per questa reclusione che vi siete imposto da solo.”
“Il vostro animo dolce mi ricorda vostra madre. Solo che lei non ha saputo guardare al di là del mostro che sono, se non quando era ormai troppo tardi.”
“Non dovete più parlare del passato. Vi rende molto triste, lo vedo ed io non voglio che siate triste a causa mia.”
“Voi siete il raggio di sole venuto a rischiarare la mia oscurità, mi avete portato notizie, non buone come speravo, ma sono contento che la mia Christine stia bene. Non me lo sarei mai perdonato se si fosse pentita ed ora non fosse felice. Avete ragione, devo guardare avanti ed avanti a me vedo voi. Ora lo vedo bene, siete simile a Christine, ma avete un animo diverso. Ebbene, se lo desiderate sarò vostro maestro, ma dovrete venire voi qui, perché non oso sfidare la luce del sole.”

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Capitolo 4
*** è l'amore che... ***


Nei giorni che seguono, Danielle si reca spessissimo al palazzo dell'Opéra dove Erik le insegna con pazienza e dedizione. A casa sua, tutti hanno notato il cambiamento in lei. È più sorridente, meno litigiosa, ma tutti sono contenti e danno la colpa alla primavera. Come potrebbero mai immaginare Christine e Raul che colui che è stato il loro più grande nemico ora abbia così a cuore la loro bambina? Danielle freme per raccontare a tutti del suo nuovo maestro, di come lo apprezzi e lui sia affezionato a lei, ma lui le ha imposto il silenzio. Madame Giry, la donna dai molti scialli e la treccia che l'aveva aiutata alla sua prima visita, è ora una sua valida alleata. La fa entrare da una porta secondaria e la conduce fino al camerino di Christine, dove Erik la raggiunge attraverso il passaggio nello specchio. Inizialmente in modo timido e poi sempre più sicura, Danielle comincia a padroneggiare l'arte del canto, mentre Erik le compone le più dolci melodie. Trascorrono in questo modo i tre mesi migliori della vita di entrambi. Danielle è sempre più attratta da questo maestro misterioso, di cui tutti ignorano l'esistenza, ma di cui sussurrano il nome spaventati nell'ombra. Ad Erik, d'altra parte, sembra di tornare indietro nel tempo, quando insegnava a Christine. Sa, però, che questa volta è diverso. Danielle conosce il suo volto, sebbene coperto dalla maschera, lo apprezza ed è sempre più legata a lui, come anche lui a lei. In lei rivede la sua amata, ma anche molto più. Vede tutto quello che non hanno avuto ed anche nuove possibilità. Per lui non è la figlia di Christine, che ormai ha quasi dimenticato completamente, ma una giovane donna che è affascinata da lui incondizionatamente. Cantano spesso insieme e le loro voci si fondono in un'unica armonia. Erik, ormai, non è più l'uomo di un tempo, che viveva rintanato sotto terra. Nascosti nel palco numero 5, hanno assistito a numerose opere, prima come allieva e maestro, poi come amici, fino a qualcosa in più. Tra di loro di è formata una strana alchimia, difficilmente sostituibile. Dopo tre mesi di incontri segreti e lezioni, è giunta l'estate e la famiglia De Chagny andrà a sud, in villeggiatura, per incontrare Anatole. Danielle è emozionatissima all'idea di rivedere il fratello, ma non vorrebbe lasciare il suo maestro. Teme che quando lei se ne andrà, lui tornerà a nascondersi. Decide di comunicargli della partenza a fine lezione.
“A domani, mia adorata Musa!” scherza lui, sistemando gli spartiti. Il sorriso si spegne, però, quando vede l'espressione sul volto di lei. “Che è accaduto? Forse hanno saputo delle lezioni?”
“No, non vi preoccupate.”
Erik le si avvicina, allora, e le solleva il mento per avvicinare i loro volti.
“Allora non abbiamo nulla da temere” conclude, tentando di sorridere di nuovo, ma Danielle sembra decisa a non unirsi a lui.
“Posso accompagnarvi a riporre gli spartiti?”
Erik è sorpreso da quella proposta. Lei non aveva voluto mettere più piede in quel “lugubre posto” come lo aveva definito. Diceva che le ricordava troppo il loro primo incontro, quando lo aveva trovato solo e piangente. “Non voglio più vedervi così!” sentenziava.
Lui annuisce e la prende per mano, per condurla lungo il corridoio, tenendo le battiture con l'altra. È un viaggio silenzioso che a Danielle ricorda molto il primo ed unico che ha fatto seguendo quel muro. All'epoca non sapeva che cosa, o meglio chi, vi avrebbe trovato, ossia colui che ora le stringeva la mano come se non volesse lasciare andare mai più. Il suo maestro, la sua guida, il suo migliore amico e molto di più. Se fosse partita quando lo avrebbe rivisto?
“Come mai questo silenzio?” le chiede, mentre l'aiuta a scendere dalla barca.
“La mia famiglia parte per la villeggiatura, a sud” confessa lei, fissando ostinatamente il pavimento.
“Voi dovete andare con loro, immagino” mormora lui. “Capisco.”
“NO! Tu non capisci proprio nulla, io non ci voglio andare, voglio rimanere qui, in questo luogo che ho imparato ad amare più di me stessa, con te. Non so quando torneremo, se riuscirò a scriverti... non ti voglio lasciare” gridò lei, battendo i pugni contro il petto di lui.
Erik, pur sbalordito dal fatto che lei gli abbia dato del tu, circonda la sua figura minuta con le braccia, stringendola forte.
“Nemmeno io vorrei che tu te ne andassi, ma io per il mondo non esisto, non sono nessuno...”
“Tu sei tutto per me, tutto quello che non ho mai trovato in nessun altro,” poi sussurra, “togliti la maschera, fallo per me.”

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Capitolo 5
*** sotto la maschera ***


Erik lascia cadere le braccia e la guarda come se fosse impazzita.
“È meglio di no credimi.”
“Ma io ti amo!”
“Tu lo credi e forse anche io, ma se togliessi questa maschera, ogni difesa cadrebbe e tu vedresti quello che sono davvero: un orribile mostro.”
“Tu non potrai mai essere né orribile né un mostro per me. Toglila, così potrò ricordarti meglio.”
“Se dessi retta a te ed al mio pazzo istinto, mi ricorderesti, è vero, ma perché infesterei i tuoi incubi.”
“Ti prego...” mormora Danielle, mentre la sua mano scivola lentamente sul lato sinistro del suo volto, quello privo di maschera, cominciando dalla fronte. Segue le linee decise che si sono disegnate nel tempo a causa del dolore e della preoccupazione, gli accarezza la guancia, ruvida al tatto per la ricrescita della barba per arrivare poi alla bocca. Ne disegna i contorni con le dita, fino a quando non vede gli occhi di lui chiudersi. Allora si alza sulla punta dei piedi ed appoggia le sue labbra su quelle di Erik. Lui accoglie teneramente quel bacio dato con la timidezza di chi non è esperto, ma si abbandona all'amore, e la passione che sale rapida nelle vene. Il bacio è frenetico, possiede l'intensità di chi sa che non rimane molto tempo e che bisogna cogliere l'attimo, è struggente ed è tutto quello di cui entrambi necessitano in quel momento. Un attimo di follia per capire chi si è veramente, senza bisogno di parole. Quando il bacio finisce, rimangono vicinissimi, con le labbra che ancora quasi sfiorano, guardandosi negli occhi, come a chiedersi se quello che è accaduto sia successo davvero. Ed è quello l'attimo che la maschera, come se fosse dotata di una propria vita, sceglie per cadere, staccandosi dal viso di Erik. Lui ne osserva angosciato la parabola di discesa, per poi tornare ad incrociare gli occhi di Danielle. Lei sta osservando quella parte di cui lui si vergogna tanto, ma non è inorridita, curiosa, piuttosto.
“Non mi guardare...” la implora, mentre una lacrima cade seguendo le orme della maschera. Ma Danielle non ascolta, è intenta nella sua analisi. Il volto è irrimediabilmente sfigurato, ma Danielle lo guarda con gli occhi dell'amore. È vero, all'attaccatura i capelli sono radi e corti, ma dello stesso nero che lei ama, l'occhio è privo di palpebre, ciglia e sopracciglia, ma è pur sempre l'occhio che l'ha guardata con tanto amore per tutti quei mesi. La pelle è solcata da tremende cicatrici, ma è rosea come l'altra guancia che lei tante volta ha sognato di accarezzare.
“Non si può dire che il tuo sia un volto comune” dice Danielle, accompagnando la battuta con un sorriso.
Erik non crede alle proprie orecchie. Questo è meglio di qualsiasi cosa abbia mai sperato, non solo lei accetta le sue fattezze, ma riesce anche a scherzarci sopra.
La solleva tra le braccia e la fa volteggiare per tutta la grotta, fino a quando non scivola e finiscono entrambi in acqua, felici e sorridenti. Si baciano ancora, questa volta più dolcemente, con più calma, come a volersi conoscere meglio. Rimangono per un po' sdraiati sulla spiaggetta, Danielle appoggiata al suo petto, mentre lui gioca con i suoi riccioli. Lei recupera la maschera e la tiene un po' in mano, osservandola.
“Non posso credere che tu ti sia nascosto dietro questa per tutto questo tempo.”
“Sei l'unica a cui mi sono mostrato per quello che sono che ci ha fatto una battuta. Nemmeno Madame Giry, che è stata l'unica a provare pietà per me ed aiutarmi...”
“Ma io non provo pietà per te, io ti amo. È una cosa ben diversa.”
“Sai, per anni sono stato convinto di essermi innamorato di Christine, ma ora lo capisco. Il mio non era amore, era un'assurda gelosia, possesso per l'unica fanciulla per cui ero mai stato importante. Lei dipendeva da me ed io non volevo che nulla cambiasse. Ho fatto cose orribili in suo nome, me ne sono già pentito numerose volte. Ma ora comprendo che cosa sia davvero l'amore, grazie a te, Danielle. Sei stata davvero la luce che mi ha guidato fuori dalle tenebre.
Se vorrai, ora potrai rimanere per sempre con me. Non ti prometto né ori né argenti, ho solo la mia musica ed il teatro da offrirti. Non credo che ne uscirò mai, il mondo non è come te, ma vorrei che tu fossi il mio.”
Danielle, sempre tenendo la maschera in mano, si alza in piedi ed Erik fa lo stesso.
“Non ho bisogno di nulla, solo che tu mi prometti il tuo amore e che mi giuri che per te sarò l'unica. Basteremo l'uno all'altra e vivremo in questo fantastico luogo che è il teatro, non chiedo altro. Quanto all'uscire, si vedrà con il tempo. Per ora, voglio solo te e la tua musica.”
Dette queste parole, getta la maschera in acqua ed insieme la guardano che galleggia un po', fino a quando non viene irrimediabilmente sommersa dalle acque nere. 
 
 

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