Chocolates di Nike93 (/viewuser.php?uid=33395)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Si parte! ***
Capitolo 2: *** Conoscenze ***
Capitolo 3: *** I Cesaroni ***
Capitolo 4: *** Amore impossibile ***
Capitolo 5: *** La strana coppia ***
Capitolo 6: *** Una prof per Walter ***
Capitolo 7: *** Stranezze ***
Capitolo 8: *** Scuola, corso, lavoro ***
Capitolo 9: *** Amore impossibile bis ***
Capitolo 10: *** Chiacchiere e cioccolatini ***
Capitolo 11: *** Dicembre ***
Capitolo 12: *** Complicazioni ***
Capitolo 13: *** Sorprese e gelosia ***
Capitolo 14: *** Nuovo anno, vecchi ritmi ***
Capitolo 15: *** Senza senso ***
Capitolo 16: *** Volevo dirti che ti amo ***
Capitolo 17: *** Chiarimenti... ***
Capitolo 18: *** Tregua ***
Capitolo 19: *** Fidati di me ***
Capitolo 20: *** Il nuovo ospite ***
Capitolo 21: *** La decisione di Stefania ***
Capitolo 22: *** Clandestini in officina ***
Capitolo 23: *** Confessioni ***
Capitolo 24: *** Confusione ***
Capitolo 25: *** Tredici anni e due parole ***
Capitolo 26: *** Un viaggio ***
Capitolo 27: *** Luce ***
Capitolo 28: *** Partenze e ritorni ***
Capitolo 29: *** Periodi e cambiamenti ***
Capitolo 30: *** Sospesa ***
Capitolo 31: *** Esami ***
Capitolo 32: *** ...e poi non dormirò ***
Capitolo 1 *** Si parte! ***
Eccomi
qui con una fic a capitoli con protagonisti tratti dalla seria
“I Cesaroni”.
Enjoy it!
(Il primo capitolo è un po’ un prologo. I prossimi
saranno più lunghi!)
ATTENZIONE:
I personaggi
de “I Cesaroni” non mi appartengono e tutte le
canzoni da me citate sono proprietà
degli artisti che le hanno create. India, la protagonista, e la sua
famiglia
sono personaggi di mia invenzione. Ogni riferimento a luoghi e persone
realmente esistenti è puramente casuale. La storia non
è scritta a fini di
lucro.
Capitolo
1 – Si parte!
- India, a che punto sei? –
Madri. Ansiose come sempre.
- Sto chiudendo la valigia, mamma. –
- Fai in fretta, mi raccomando. –
Non ci sarebbe stato bisogno di dirlo, dato che, secondo la
leggenda, era lei a essere sempre in ritardo. Quel giorno, per la prima
volta
da molto tempo, Laura, la madre di India aveva paura di fare tardi.
Eppure
avrebbe dovuto essere sua figlia, quella divorata dall’ansia.
Dopo più di diciotto
anni di vita in Sicilia, erano pronte a partire: quella sera sarebbero
già
state a Roma, nella loro nuova casa. Beh, non proprio
“loro”. Era grazie alla
zia Giulia se potevano assicurarsi un appartamentino in affitto per
tutto il
soggiorno a Roma. Non era detto che dovesse durare in eterno, ma
neanche che
l’avrebbero lasciata appena finito il corso d’arte.
Povera zia Giulia. Era talmente vecchia e malandata, ormai,
che fare questo “piccolo regalo” alle sue nipoti,
come diceva lei, era stata
una vera gioia per lei. In gran confidenza aveva detto a India di
averlo fatto
solo ed esclusivamente per lei, perché se ad averne bisogno
fosse stata sua
madre, non si sarebbe data tanto da fare. Questo, alla madre, India non
l’aveva
detto, ma dubitava che Laura ne sarebbe rimasta urtata o amareggiata.
Era così
presa dalla sua lotta quotidiana, che non aveva certo il tempo di
prendersi una
botta di collera per stupidaggini come quella.
India agganciò le fibbie del suo unico bagaglio e ci si
sedette sopra sospirando. Non perché fosse troppo piena,
semplicemente perché
si sentiva spossata, come se il viaggio fosse appena terminato. E
invece
l’aereo sarebbe partito appena tre ore dopo.
Provò a immaginarsi la nuova casa: non le riuscì
granché
bene. Forse perché non era la casa, la sua preoccupazione.
E la scuola, come sarebbe stata? Se il motivo del
trasferimento non fosse stato molto valido, la ragazza avrebbe pensato
che
fosse una sciocchezza cambiare scuola proprio l’ultimo anno.
“Probabilmente non
avrò neanche il tempo di farmi qualche vero amico. Non che
ne abbia mai avuto
uno” pensò. Chi non diffidava del color
caffellatte della sua carnagione, era
reticente per il suo carattere chiuso e la sua natura non esattamente
di
logorroica.
Alzò lo sguardo e incrociò il riflesso rimandato
dallo
specchio che teneva appoggiato sulla scrivania. Fortunatamente non si
era mai fatta
troppe paturnie per il proprio aspetto. Anzi, nel complesso si piaceva
abbastanza. Pensava che la pelle scura le donasse, e le piacciono i
suoi
morbidi capelli castani, corti e vaporosi. Trovava buffa la forma
leggermente
squadrata del suo viso. La zia Giulia non le aveva mai nascosto il
proprio
amore per gli occhi verdi della nipotina.
Era il suo nome a darle fastidio.
India.
Sua madre l’aveva chiamata così semplicemente
perché l’aveva
concepita insieme a un uomo proveniente da quel lontano Paese.
Dopodiché lui
era sparito, così India portava il cognome di sua madre,
Fabiani. Lei l’aveva
solo visto in fotografia. Mai una telefonata, mai una lettera. Laura
diceva di
essere soltanto affezionata ai ricordi di lui che conservava, ma India
sapeva
benissimo che, da diciotto lunghi anni, sua madre non faceva altro che
aspettare
il suo ritorno. Sinceramente, a lei interessava di più la
chiazza d’inchiostro
che ornava le sue scarpe da tennis bianche, e che sembrava volerle
ricordare
che era giunto il momento di acquistarne un altro paio. Ma di certo non
poteva
chiederlo a sua madre.
Essendo sola e con una figlia da mantenere (anche se lei
sperava che le cose cambiassero entro un anno), non poteva certo
permettersi
grandi lussi. Si arrangiava andando a pulire la casa ogni giorno di una
famiglia
diversa. Non era il massimo come confidente, per sua figlia, ma
bisognava
ammettere che da quel punto di vista era instancabile. Quindi non se la
passavano
neanche tanto male, e nell’armadio di India c’erano
bei vestiti, anche se
certamente non nuotavano nell’oro. Per Laura, o Sicilia, o
Lazio, o Polo Nord
non faceva differenza: per una cameriera non era poi tanto difficile
trovare un
posto. La loro nuova casa sarebbe stata più piccola di
quella che avevano avuto
fino a quel momento, ma fortunatamente India non aveva mai avuto grossi
problemi
di adattamento. Anzi, nonostante dalla sua nascita a quella parte
avesse
abitato in tre appartamenti diversi, tutti regolarmente affittati, era
sempre
riuscita ad affezionarsi a tutti. Adesso, si sentiva strana: come se
non
provasse niente.
- India, prendi le tue cose e andiamo! –
La ragazza si alzò, afferrò il manico della
valigia e se la
trascinò dietro fino all’entrata. La madre
l’aspettava con i suoi due borsoni.
Non si poteva certo dire che fosse al massimo della forma: i suoi
capelli
biondi avevano l’aria di non vedere una spazzola da almeno
due giorni. La pelle
chiara era già segnata da rughe mediamente profonde. Chi le
avesse viste insieme
non avrebbe mai sospettato di una parentela: nonostante i lineamenti
europei
molto simili a quelli di sua madre, India aveva preso i colori del suo
ipotetico padre. – Forza, sbrigati, non vorrai perdere
l’aereo? –
Certo che no! Le era costato così tanto prendere questa
decisione, che non poteva tirarsi indietro per puro e semplice
orgoglio. L’idea
di cominciare il corso d’arte non poteva che elettrizzarla.
Al momento, era
l’unica cosa che desiderava.
Comodamente seduta su una delle poltroncine dell’aereo,
accanto a Laura che sfogliava nervosamente una rivista
(l’idea di volare la
terrorizzava, ma cercava sempre di non darlo a vedere),
cominciò a chiedersi
cosa avrebbe fatto dopo. Cominciare? Erano settimane, mesi che
affrontava
mentalmente l’argomento. Era fermamente convinta di quello
che stava per fare,
ma quando cominciava a pensare al “dopo”, le idee
si sfumavano e la testa si
svuotava. Avrebbe potuto fare l’illustratrice. O la
ritrattista. Chissà. India
disegnava la gente, le poche persone che conosceva, le tante che le
passavano
davanti senza sapere che lei li stava osservando con attenzione, quelle
sedute
su una panchina al parco mentre lei si appostava con il suo blocco e la
matita.
Forse quello che avrebbe fatto era secondario. Quello che contava
davvero era
che potesse sempre rimanere nella sua posizione, acquattata su una
sedia, o su
un muretto, o per terra, a osservare senza essere osservata.
Mamma Laura le aveva detto che se non avesse avuto i voti
che invece aveva, il corso se lo sarebbe potuto scordare. India non era
sicura
che dicesse sul serio, ma per fortuna i suoi 8 e 9 erano sempre stati
lì,
fissati sul registro e sulle pagelle.
Naturalmente avrebbe cercato di dare un contributo per le
spese della scuola e del corso, sia perché non voleva pesare
sulle spalle di nessuno
e perché avrebbe dovuto cominciare a darsi da fare da sola.
Sarebbe bastato un
lavoretto part-time. Solo, non aveva la più pallida idea di
cosa avrebbe potuto
fare: sperava che l’occasione si presentasse da sola.
Smise di pensare e guardò fuori dal finestrino: il cielo era
azzurro, senza una nuvola. Sperava che il tempo non somigliasse troppo
a quello
lasciato in Sicilia: non aveva mai amato quel caldo asfissiante, con
annesso
sudore e senso di debolezza.
E così, eccola lì a preoccuparsi del tempo
atmosferico,
invece che delle persone con cui avrebbe avuto a che fare. Era strano,
si
sentiva come se non gliene importasse veramente. In fondo, se stava
andando via
da casa non era per cercare nuovi amici, ma per impegnarsi nel
coltivare la propria
passione.
A volte aveva paura di risultare asociale. Non avrebbe
voluto dare quell’impressione, ma purtroppo, dato lo scarso
numero di suoi conoscenti,
pareva che fosse proprio quello che faceva. Forse perché non
era mai riuscita a
togliersi dalla testa che doveva essere anche colpa sua se non aveva un
padre e
sua madre non aveva un marito. Certo, guardandola capiva che lei non
era
esattamente il tipo da matrimonio, ma era come se, guardandola negli
occhi,
leggesse una sorta di accusa nei suoi confronti.
O forse era solo paranoica.
L’aereo atterrò alle 18;00 esatte. Il sole non era
ancora
calato, l’aria era piacevolmente fresca e le persone che si
affollavano
all’aeroporto misero allegria alla ragazza. Sua madre non
perse tempo a
guardarsi intorno e si fece subito largo nella confusione.
Acchiapparono al
volo i bagagli e in un batter d’occhio si trovarono sedute
sul sedile
posteriore di un taxi, dirette verso la loro nuova abitazione.
Vista da fuori non sembrava niente male. Si trovarono
davanti a un portone verniciato di verde. Sul citofono
c’erano solo cinque
etichette con i rispettivi pulsanti. Salirono tre rampe di scale,
aprirono una
porta in legno di noce e subito si trovarono dentro la loro nuova vita.
India
dette un’occhiata veloce: un bagno, una camera con due letti
e due comodini,
una piccola cucina e un soggiorno di pochi metri quadri.
Decise subito che la casa le piaceva.
L’unica cosa a cui avrebbe faticato un po’ ad
abituarsi era
la condivisione della camera da letto con sua madre. Ma supponeva che
con il
tempo non ci avrebbe fatto più tanto caso.
Meno di due ore dopo, i vestiti erano sistemati negli
armadi, i mobili erano stati spolverati (perlomeno in superficie) e il
resto
degli averi di madre e figlia avevano già preso posto in
casa.
Intenta a prepararmi un panino in cucina, India capì da un
improvviso silenzio che mamma Laura si era messa a letto. Magari
avrebbe fatto
lo stesso non appena finito di mangiare.
Finì in fretta il panino e, anziché andare in
camera da letto,
si rannicchiò sul divano. Voleva godersi un po’ di
solitudine prima dell’inizio
della nuova vita.
Non aveva quasi scambiato una parola con sua madre, ma poco
importava. Ormai ci era abituata.
Sperava solo che quel soggiorno a Roma non la facesse
diventare un’eremita completa.
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Capitolo 2 *** Conoscenze ***
Capitolo
2 – Conoscenze
Il corso
d’arte sarebbe iniziato solo una settimana dopo, ma
l’arrivo di India coincise
con la seconda settimana dell’anno scolastico.
L’ultimo anno di liceo. Non le
avrebbe fatto così impressione se non fosse che si era
appena trasferita in una
città sconosciuta, in mezzo a un mare di gente sconosciuta,
diretta verso una
scuola sconosciuta.
- Buona
fortuna. – le disse sua madre baciandola in fronte.
La scuola
superiore Giulio Cesare si trovava a poca distanza dal nuovo
appartamento, e
India la raggiunse in meno di venti minuti a piedi.
Si trovò
davanti a un grande cancello aperto che dava su una scuola non proprio
maestosa, ma dall’aria stranamente accogliente. Nel cortile
principale si era
già radunata una folla di ragazzi rumorosi e insegnanti
impazienti di
cominciare subito a strigliare gli alunni vecchi e nuovi. Qua e
là erano stati
parcheggiati svariati motorini. Le ragazze chiacchieravano sedute su un
muretto, i ragazzi ridevano e sembravano pensare a tutto
fuorché alla scuola.
India si risparmiò l’imbarazzo di starsene da sola
in mezzo a tutta quella
gente, perché la campanella suonò appena due
minuti dopo il suo ingresso nel
cortile.
Passò
prima dalla segreteria e poi si avviò verso la classe che le
venne indicata, la
terza G. Lungo il percorso, vide una donna minuta sui quarantacinque
anni, dal
viso piuttosto squadrato e capelli mossi e castani tenere per un
orecchio un
uomo notevolmente più alto di lei, con addosso una tuta da
meccanico e l’aria
di chi stava aspettando il Giudizio Universale sapendo che non
l’avrebbe fatta
franca.
- Una casa
in Calabria! – urlava lei con la sua vocetta acuta.
– Come ti è venuto in
mente? Ma perché sei così cretino?! –
India
scosse la testa come se avesse visto un fantasma e procedette. Arrivata
in classe,
cercò un banco vuoto e vi si sedette, tirando fuori il suo
diario e cominciando
a sfogliarlo distrattamente. Nella classe c’era
già qualcun altro, un ragazzo
alto, con i capelli neri e lo sguardo perso nel vuoto, una ragazza
magra, bruna
e sorridente seduta accanto a lui e un ragazzo con una felpa di un
accecante
giallo canarino. I tre la osservavano con discrezione, ma pochi secondi
dopo la
classe si riempì e India si risparmiò con
sollievo quell’imbarazzo. Era
convinta che sarebbe rimasta sola, e invece una ragazza dai lunghi
capelli
biondi e gli occhi azzurri scostò la sedia accanto alla sua.
- Posso
sedermi qui? – le chiese. India annuì.
- Certo. –
La ragazza si lasciò cadere sulla sedia e scrutò
attentamente la sua nuova
compagna.
- Scusami,
ma… so’ io che passo troppo tempo nei corridoi o
tu sei nuova? –
- No, sono
nuova. Sono arrivata a Roma solo ieri. – La ragazza
annuì e le tese una mano.
- Ben
arrivata. Io sono Veronica. –
- Piacere.
India. – Si strinsero la mano.
- India…
Bel nome. Sei nata lì, vero? – chiese Veronica,
accennando al colorito della
sua pelle. Il sorriso che le aveva rivolto India sparì
all’istante.
- Sì, ma è
stato solo un caso. Io sono italiana in tutto e per tutto. –
- Aha.
Dicevi di non esse’ mai stata qui? –
- Già. Non
conosco niente e nessuno, ma immagino che ci vorrà solo un
po’ di tempo. –
rispose India, come per sottintendere che non le interessava fare
conoscenza
con nessuno. Ma Veronica, che non colse l’allusione, sembrava
simpatica.
- Per
quello ti aiuto io, non te preoccupa’. Ti farò
conoscere gli elementi base. –
In quel
momento, un’altra persona entrò in classe: India
riconobbe subito la donna che
poco prima aveva visto inveire contro quel poveretto. Istintivamente
rabbrividì
e Veronica se ne accorse.
- E’ la
professoressa Masetti, di lettere. E’ anche la preside. Dalla
tua faccia si
direbbe che l’hai già conosciuta… -
- L’ho
vista poco fa con un uomo… alto, con i capelli neri.
–
- Ah, suo
marito! Lui la adora, ma la fa impazzire. Lei è
incredibilmente paziente con lui.
– India alzò un sopracciglio. Non le era sembrata
esattamente paziente, quando
l’aveva vista in corridoio. L’insegnante estrasse
una certa quantità di fogli
da una cartellina e lì sbatté sulla cattedra.
- MASETTI!
– tuonò. India non capì quel richiamo e
si accostò all’orecchio di Veronica.
- Ma che
fa, si chiama da sola?! –
- Ora
vedrai! – rispose l’altra, che tratteneva
chiaramente le risate. – Ce l’ha co’
suo figlio. Lui si illude sempre che un giorno o l’altro lei
lo favoreggerà, ma
se in classe lui non la chiama “professoressa”
so’ dolori! – In quel momento,
il ragazzo con la felpa gialla si alzò cautamente dal suo
posto, esibendo un
tremulo sorrisetto. La professoressa sventolava un foglio con aria
minacciosa.
- Sì,
prof? –
- Masetti,
spero che questo sia uno scherzo! –
- Ehm…
cosa, esattamente? –
- La tua
prova d’ingresso! Che tu non abbia imparato un accidenti da
quattro anni a
questa parte non mi riguarderebbe direttamente, ma devo ammettere che
mi sento
profondamente frustrata come insegnante! – Gli occhi della
donna lanciavano
fuoco, mentre il ragazzo cercava di tirarsi fuori dai guai.
- Beh… mi
dispiace, prof… le garantisco che lei vale molto
più di quanto pensa! – Il suo
tono era chiaramente canzonatorio, ma cercava di apparire serio.
- Lo so io
se e quanto valgo. Ora siediti, per favore, e cerca di dare un senso
alle ore
che passi in questa classe! – Il ragazzo tornò a
sedersi, e dalla sua faccia
sembrava che avesse appena sentito una barzelletta. – Vi
farò vedere i
risultati prima della ricreazione. – La professoressa sedette
dietro la
cattedra e aprì il registro, inforcando un paio di spessi
occhiali rosa
confetto. Se non si fosse sentita così intimidita da quel
carattere, India
l’avrebbe trovata molto buffa. La prof alzò lo
sguardo.
- E’ presente
India Fabiani? – La ragazza si alzò per farsi
vedere, chiedendosi quale sorte
le sarebbe toccata. Inaspettatamente, la Masetti sorrise. –
Tu sei nuova, non è
così? –
- Sì… Sono
arrivata oggi. – rispose con voce piuttosto bassa.
- Allora
benvenuta! Spero che ti troverai bene. – Rovistò
nella cartellina e ne estrasse
tre fogli. – Adesso farai lo stesso compito che i tuoi
compagni hanno fatto la
settimana scorsa, giusto per capire a che punto sei. Niente
suggerimenti! – il
suo sguardo si spostò su Veronica. – Oh,
beh… non credo sarà un problema. –
India si avvicinò alla cattedra per prendere le schede e
cercò di non guardarsi
intorno mentre tornava in fretta al suo posto. Fu impegnata per le due
ore
successive, durante le quali la prof Masetti si dedicò al
resto della classe.
Alla terza ora, mentre correggeva il compito di India, gli altri
ragazzi
confrontavano i propri: pochissimi sorridevano soddisfatti, tra cui la
ragazza
bruna che India aveva visto con gli altri due ragazzi.
Quando
suonò la campana della ricreazione, tutti si precipitarono
in corridoio, tranne
India, Veronica e la ragazza bruna, che le raggiunse subito. Le tre
ragazze
uscirono con calma e si misero a parlare fuori dalla porta della terza
G.
- Ciao, io
sono Eva. – si presentò subito la ragazza bruna.
- E’ mia
amica. – soggiunse Veronica. – Beh, Eva, cominciamo
a farle fa’ il giro
turistico dei nostri compagni! – India si affrettò
a dire:
- Oh, no,
non preoccupatevi! Io… me la caverò da sola, con
il tempo… Per ora mi basta
conoscere voi due. – Cercò di spiegarsi senza
risultare scortese.
- Ma no,
fidati di noi. Almeno devi conoscere gli elementi portanti della nostra
classe!
– replicò Eva ridendo.
- Tipo? –
sospirò India, rassegnata. Veronica non ci pensò
su a lungo.
- Tipo
Walter. – S’interruppe e sembrò che
cercasse qualcuno, poi si sbracciò verso
qualcuno in fondo al corridoio. – Ehi, Masetti! A rapporto!
– Il Walter in
questione arrivò pochi attimi dopo, con la sua felpa gialla.
Era bassino,
superava India di pochi centimetri. Aveva i capelli biondicci portati
con un
ciuffo laterale, aveva un’andatura leggermente ondeggiante e
una faccia
piuttosto buffa (India non avrebbe saputo in che altro modo
descriverlo).
- Non
ditemi, si parlava di me. – esordì.
- E quando
mai… - lo prese in giro Eva. – India non si poteva
mica permettere di perdersi
gli elementi più ridicoli della classe! Almeno
l’accogliamo facendole fare una
bella risata! –
- Tutta
invidia, tesoro: lo so che spasimi segretamente per me, ma che colpa ne
ho io?
Con tutte non posso! – rispose in tono falsamente
melodrammatico. India
cominciò a chiedersi se per caso i membri della famiglia
Masetti non avessero
qualche rotella fuori posto.
- Oh,
certo. E la tua prodezza serviva solo a darte ‘n
po’ di carica, vero? – ribatté
Veronica. Il sorriso non scomparve dalle labbra di Walter, il quale
però si
mostrò meno spavaldo.
- E’ la
tradizione di famiglia… - sospirò allargando le
braccia. In contemporanea alle
sue parole, dall’aula uscì sua madre, con la
cartellina sottobraccio.
-
Commovente, Walter. Non mi dispiacerebbe qualche colpo di scena, ogni
tanto. –
Poi dedicò un grande sorriso a India. – Tu
sì che sei stata un colpo di scena,
invece. Il compito era perfetto. Meno male che c’è
qualche buon elemento che
compensa quelli più scadenti. – aggiunse,
scoccando un’occhiata fulminante a
suo figlio. Poi si allontanò a grandi passi, sospirando.
Walter la guardò in
silenzio per qualche secondo, poi si voltò verso le tre
ragazze e alzò le
spalle.
- Che
volete, mi adora. – In quell’istante, una figura
comparve alle due spalle. Era
il ragazzo dai capelli neri e l’aria sognante che India aveva
visto con Walter
ed Eva all’entrata.
- Walter,
manco il tempo di cominciare e sei già di cucco? –
Detto questo, il ragazzo si
rivolse a India, che avrebbe giurato di aver sentito Walter borbottare
“Invidioso…”. – Ciao, tu sei
la nuova, no? – Lei annuì, non proprio sicura di
trovarlo simpatico. – Io sono Marco Cesaroni, piacere.
– India gli strinse la
mano, ma in cuor suo sentì di preferire il bizzarro esordio
di Walter al saluto
di Marco. La sua mano strinse a lungo quella della ragazza, e a lei
sembrò che
Marco la fissasse più del dovuto. Alla fine Walter lo
trascinò via, salutando
ad alta voce le tre ragazze dall’altro capo del corridoio.
-
Simpatici. – commentò India, non del tutto sincera.
- Vedrai
che col tempo riuscirai ad abituarti a Walter. Dopo un po’
non ce se fa più
caso. – disse Veronica. India pensò che avrebbe
avuto più difficoltà ad
abituarsi all’espressione sognante di Marco.
- Sembra
solo un po’ fuori fase. – disse.
- A
proposito, Marco è mio fratellastro. Mia madre e suo padre
si sono sposati due
anni fa. – spiegò Eva. – E’
timido fino alla nausea. – aggiunse facendo una
smorfia, come se il problema la riguardasse direttamente. A India non
era
sembrato poi così timido.
- Devi
vede’ casa loro, pare ’n albergo. –
ridacchiò Veronica. – Due genitori, tre
fratelli e due sorelle. –
- Con
annessi zii, nonna e amici vari. – rincarò Eva.
– A mio parere, più che un
albergo somiglia a un asilo! - Pochi secondi dopo risuonò la
campana di fine
ricreazione. India notò un ragazzino sui tredici anni
appostato fuori della
terza G, con un sorrisetto malefico dipinto sulle labbra. Eva lo
fulminò con lo
sguardo. – Ecco uno dei fratelli. E’ Rudi, una
sottospecie di pestilenza
ambulante. Probabilmente ha riservato un’accoglienza coi
fiocchi al prof di
matematica… - Ma quando India si sedette e sentì
uno strano ciac, ebbe
la spiacevole sensazione che l’accoglienza fosse stata
riservata a lei. Si alzò
di pochi centimetri, che bastarono per vedere una macchia di vernice
blu sulla
sua sedia, e una identica sui suoi jeans chiari.
“Fantastico”
pensò. “Aveva ragione Eva: è quella che
si dice un’accoglienza coi fiocchi.” In
cuor suo sperò di non essere chiamata alla cattedra da
qualche altro
insegnante.
All’uscita
cercò di nascondere la macchia con la borsa, tenendola
serrata sul
fondoschiena. Forse non fu abbastanza svelta, perché
evidentemente Marco
l’aveva vista. Le corse accanto con il suo zaino in spalla.
- E’ stato
sicuramente mio fratello Rudi… Devi scusarlo, ci tiene
moltissimo a dare il
benvenuto ai nuovi arrivati. – Cercava di fare il simpatico.
India non rise e
cercò di non guardarlo in faccia.
- Sì, fortunatamente
tua sorella mi ha avvisata in tempo. Non ho evitato il disastro, ma
pazienza.
Le lavatrici sono state inventate per questo. –
- Quando
torniamo a casa gli dirò quattro paroline. –
-
Figurati, non c’è bisogno. – si
affrettò a rispondere India, cercando di
nascondere il suo fastidio. Perché mai quello aveva tanto a
cuore la sua
macchia di vernice? La ragazza dubitava seriamente che il suo nuovo
compagno si
prendesse il disturbo di scusarsi con tutte le persone colpite dalla
gentile
accoglienza del fratello. – Devo andare. Comunque grazie.
– E schizzò via,
curandosi di non spostare la borsa dalla macchia blu. Nel cortile
intravide il
famoso Rudi con altri due ragazzini, uno piccolino e con gli occhi a
mandorla,
l’altro con chiari problemi di obesità: si stavano
sganasciando dalle risate.
India cercò di non guardarli e si affrettò verso
casa.
commentate!!! |
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Capitolo 3 *** I Cesaroni ***
Capitolo 3
– I Cesaroni
- Com’è
andato il primo giorno? –
Quando sua
madre le pose questa domanda, India si trovava nel bagno, intenta a
esaminare
la vistosa macchia blu scuro sul retro dei suoi jeans. Sperava che una
lavata e
una buona strizzata bastassero ad eliminare il danno.
-
Benissimo. – rispose, strofinando energicamente la macchia
con acqua e
detersivo. – Ho conosciuto un paio di compagni e la preside.
Insegna lettere
nella mia classe. E’… - Si bloccò, in
cerca dell’aggettivo giusto per
descrivere la prof Masetti. - …particolare. –
- Hai
trovato qualche occasione per il tuo lavoro? –
- Mamma, è
stato il primo giorno. – sospirò India.
– Non ci ho neanche pensato. Da domani
comincio a darmi da fare, non ti preoccupare. –
Ma il
giorno successivo pensò a tutto fuorché al
lavoro, perlomeno durante la
mattinata. A scuola ebbero due ore supplementari, durante le quali
India
conobbe un’altra insegnante. Inizialmente, quando la vide
entrare in classe,
non le venne neanche in mente che quella donna giovane e affascinante
fosse una
professoressa: era alta e slanciata, aveva capelli biondi e lucenti, un
sorriso
disarmante ed un’andatura da modella, oltre che abiti
giovanili e ricercati.
Come la Masetti, anche lei si presentò a India.
- Ciao,
India. – la salutò affabilmente. – Sono
Rachele e insegno poesia. L’ho già
detto ai tuoi compagni quando sono arrivata in questa scuola: non
chiamarmi
“professoressa”, per favore. Chiamami col mio nome
e dammi del tu, d’accordo? –
-
D’accordo. – rispose l’altra, chiedendosi
ancora se non fosse uno scherzo e se
Rachele non fosse per caso la sorella di qualche alunno. Si
avvicinò a Veronica
e le chiese: - Com’è? –
-
Fantastica, in tutti i sensi. Se ti interessa la poesia non riuscirai a
staccare gli occhi da lei mentre spiega. Io la trovo una buona
insegnante, per
Walter è semplicemente bona e basta. – La ragazza
aveva ragione: Rachele
sembrava una vera appassionata di poesia, e non si limitava a spiegarne
il
significato.
- Ma è una
tipa che attira guai. – aggiunse poi Veronica. India non ebbe
il tempo di
chiederle cosa intendesse dire, perché la campana
annunciò la fine della
giornata.
- Perché
non andiamo dai Cesaroni? – le propose Veronica mentre la
classe si svuotava
rapidamente. – Li devi vedere, sono uno spasso! –
- Oh, io…
non so… - balbettò India, imbarazzata.
– Non li conosco… -
- Beh, se
rimedia subito! E poi conosci Eva e Marco! – Appunto
perché conosceva Marco
l’idea non la attirava. –
Dài… A casa loro c’è sempre
mezza città. Vedrai che
ti piaceranno. E poi Giulio, il padre di Marco, è
così rassegnato ad ave’ la
casa piena che ormai uno più o uno meno non fa differenza.
Lui e sua moglie
sono molto gentili. –
- Dovrei
avvisare mia madre. – cedette India, sperando che almeno
quello fosse un
piacevole diversivo. Si attardò cercando di rintracciare sua
madre al cellulare
(ancora non avevano messo il telefono fisso, in casa). Alla fine, non
avendo
successo, le lasciò un messaggio in segreteria e, insieme ad
Eva e Veronica, si
avviò verso casa Cesaroni. Marco era già andato
avanti con Rudi. India si trovò
di fronte a una casa a due piani, dall’apparenza molto
accogliente. Sorrise tra
sé: probabilmente si stava preoccupando per niente. Eva
aprì con le sue chiavi
e gridò: - Sono io! – Davanti a loro comparve una
ragazzina sui tredici anni,
con i lunghi capelli castani raccolti un due trecce.
- Non
provare a entrare in camera nostra. Rudi l’ha assediata.
– Eva sospirò e alzò
gli occhi al cielo prima di passare alle presentazioni.
- India,
questa è mia sorella Alice. Ali, lei è una mia
nuova compagna. – Alice salutò
educatamente e scomparve su per le scale, strillando:
- Rudi,
comincia pure a uscire o sfondo la porta! – Eva si
voltò verso India e sorrise
come per scusarsi.
- Non
farci caso, quei due sono eternamente in lotta. –
Posò la borsa sul divano e
guidò le altre due ragazze verso la cucina. Un bambino sui
sette anni era
seduto sul tavolo, e Marco era intento a strofinargli con un tovagliolo
una
chiazza d’inchiostro nero che gli imbrattava una guancia.
Attorno al tavolo
erano seduti un uomo di media statura sui quarantacinque anni, una
bella donna
sulla quarantina, dai capelli rossicci e un uomo alto con i capelli
neri… il
marito della preside. Eva si schiarì la voce per annunciare
la sua presenza e
Marco si voltò di scatto verso di loro. – Oh,
eccovi. – La donna, invece,
sorrise.
- Ciao
Eva, ciao Veronica. – Veronica fece un cenno di saluto. Poi
la donna si rivolse
a India. – Tu sei…? –
- India,
molto piacere. – rispose lei stringendole la mano.
- E’
arrivata ieri nella nostra classe, non è di qui. –
spiegò Eva. La donna sorrise
di nuovo: era veramente molto bella, e sembrava anche gentile.
- Sono
contenta di conoscerti, India. Io sono Lucia. – Si
voltò verso i due uomini che
continuavano a chiacchierare sottovoce e richiamò
l’attenzione di quello che
India non aveva mai visto. – Lui è Giulio, mio
marito. – Giulio le strinse
cordialmente una mano.
- Ciao,
India. Ben arrivata a Roma. –
- Grazie.
– rispose lei sorridendo.
Il marito
della prof Masetti sembrava troppo disperato per prestarle attenzione.
–
Calabria… comprare una casa in Calabria… ma che
mi è venuto in mente? –
borbottava tra sé.
- Ecco,
bravo, comincia a pensare a come rimediare! – India
sobbalzò nel sentire quella
voce e solo in quel momento si accorse che nella cucina c’era
anche un’altra
persona: la prof Masetti. Guardò suo marito con aria feroce,
poi si voltò verso
la ragazza. – Oh, India! Anche tu qui! –
esclamò sembrando piacevolmente
sorpresa. India sorrise nervosamente. – Fuori della scuola,
puoi chiamarmi
Stefania. Piacere! – Le strinse calorosamente la mano. Dalle
sue spalle si levò
una vocina:
- Come sei
carina, India! – Era il bambino seduto sul tavolo. India gli
andò incontro e
gli scompigliò i capelli, sorridendo.
- Anche tu
sei molto carino. Come ti chiami? –
- Mimmo. –
rispose il bambino, sorridendole. Aveva due guance paffute e gli
mancava un
dentino davanti.
- E’ mio
fratello. – intervenne Marco.
- Allora,
India, dimmi un po’ di te. – disse Giulio,
invitandola a sedere accanto a lui.
- Non
preoccuparti, è sempre in ansia per le compagnie dei suoi
figli! – le sussurrò
Eva, ridacchiando. India prese posto su una sedia libera.
- Beh… non
c’è molto da dire, veramente. Mi sono appena
trasferita con mia madre. –
- Come
mai? –
- Volevo
fare un corso d’arte professionale, per prepararmi,
dopo… vorrei lavorare in
quel campo, una volta finita la scuola. E trovavamo che quello di Roma
fosse il
migliore. Resterò qui almeno per due anni, fino alla fine
del corso, poi vedrò
cosa fare. – Giulio sembrava sinceramente interessato.
- Dicevi
di essere qui con tua madre? –
- Sì… beh…
- mormorò, impacciata. – Vivo con lei. Siamo state
aiutate da una zia, ma ora
sto cercando un lavoro part-time, per mettere da parte un po’
di soldi… Sia per
adesso che per dopo, ecco… - Mentre parlava, Mimmo si era
avvicinato di più a
lei e continuava a sorriderle. Accorgendosene, India gli sorrise a sua
volta e
lo fece sedere sulle sue gambe. Nonostante avesse le ginocchia un
po’ spigolose,
Mimmo sembrava contentissimo di quella sistemazione. Sentendo le sue
ultime
parole, Giulio si fece improvvisamente attento.
- Che tipo
di lavoro cerchi? –
- Oh, uno
qualsiasi. Non mi farò problemi. Aspetterò di
conoscere qualcuno in più e poi
comincerò a chiedere in giro… -
- Te l’ho
chiesto perché, pensandoci, posso suggerirti io qualcosa.
– India lo guardò con
tanto d’occhi. Non si aspettava certo un aiuto
così immediato, ma non vedeva
l’ora di sentire cosa Giulio avesse da proporle. –
Come vedi, casa nostra è…
affollata, ma ognuno ha i suoi impegni e spesso Mimmo e Rudi si trovano
da soli
in casa. Io ho una bottiglieria, e Lucia è impegnata con la
scuola. Ogni tanto
c’è anche Alice, ma… beh, conoscendo
Rudi, non sono mai troppo tranquillo.
Potresti venire un paio di pomeriggi a settimana e stare con loro
per… tre,
quattro ore o giù di lì. – India si
morse un labbro, cominciando a calcolare le
possibilità. – Non c’è
bisogno che tu faccia niente di speciale: puoi portarti
i compiti o qualcos’altro da fare, basta che i ragazzi non
siano soli. Il
povero Marco ha già sprecato troppi pomeriggi. –
scherzò, guardando il figlio
maggiore. Nel frattempo, Eva e Veronica avevano lasciato la cucina,
dove invece
era appena entrato Rudi.
- Non ho
bisogno di una guardiana, mica ho tre anni! –
protestò con voce strascicata.
Giulio lo guardò minaccioso.
- Per te
non basterebbe un esercito! E ora fila via. – Rudi
sparì sbuffando. India non
era ancora pronta ad acconsentire, ma sperava che
l’entusiasmo di Mimmo fosse
almeno un poco più elevato.
- Tu che
ne dici? – gli chiese dolcemente, accarezzandogli i capelli.
- Sì! –
esclamò semplicemente il bambino. Poi si voltò
verso suo padre. – A me piace,
India. – Giulio gli sorrise e poi guardò la
ragazza con aria interrogativa. In
quel momento, intervenne Lucia:
- Sarebbe
una buona idea! Ti andrebbe, India? –
- A me sì,
andrebbe benissimo. Ma non credo che Rudi… -
azzardò vergognosa.
- Non
preoccuparti, Rudi lo sistemo io. – rispose Giulio.
- Dicevo,
a me andrebbe bene. Dovrei solo vedere quali giorni ho liberi. Il corso
è due
volte a settimana… il martedì e il
giovedì… Potrei venire lunedì,
mercoledì e
venerdì… -
-
L’importante è che non ti tolga tempo allo studio.
– intervenne premurosamente Lucia.
- Oh, non
è un problema. Mi chiedevo piuttosto se… ne siete
proprio sicuri? Non mi
conoscete neanche… -
Lucia
sorrise e parve intenerita.
- Stefania
mi ha parlato benissimo di te. Dice che sei educata e studiosa. Io mi
fido del
suo giudizio, e credo di potermi anche fidare di te. Oh, naturalmente
sarai
pagata bene: stare tre ore con Rudi in giro per casa non è
la cosa più
divertente del mondo… -
- Beh,
allora… allora direi che va bene. Potrei venire in prova
questa settimana.
Così… così deciderete voi stessi se
fidarvi o meno. – concluse sorridendo.
Lucia guardò suo marito.
- Amore, a
me sembra perfetto. Tu che ne dici? – Giulio rise.
- Dico che
se accetta di stare con Rudi, è una ragazzina molto
coraggiosa. Comunque, per
me va benissimo. Dunque, oggi è
martedì… Ti andrebbe bene di venire domani e
venerdì in prova? – India annuì
energicamente.
-
Perfetto. Grazie mille, signor Cesaroni. –
- Dammi
pure del tu. Sembri una ragazza con la testa sulle spalle. –
- Spero di
non deludervi. – Poi scompigliò affettuosamente i
capelli di Mimmo. – E spero
che tuo fratello di abitui presto all’idea. – gli
sussurrò. Mimmo ridacchiò.
Poi India si rivolse nuovamente a Giulio e Lucia: - Passo un attimo da
Eva e
Veronica e poi torno a casa. Siete stati gentilissimi, vi ringrazio.
–
-
Figurati! Ciao, India, ci vediamo domani. –
- A
domani! – Mimmo scese dalle sue ginocchia e la ragazza
uscì dalla cucina,
salutando con un cenno anche Stefania e suo marito, seppure
quest’ultimo fosse
ancora preso dai suoi problemi e non la degnasse di uno sguardo. Prima
di andare
in camera di Eva (benché non avesse idea di dove si trovasse
in quella casa
immensa), entrò in soggiorno e sospirò di
sollievo. Un problema era risolto.
Quello di Rudi era secondario. Sospettava che fosse il tipo di
ragazzino che
desisteva non appena la sua vittima si mostrava indifferente ai suoi
attacchi.
Ammirando i bei quadri appesi alle pareti, si avviò verso un
divano e ci si
lasciò cadere senza guardarlo. Gettò un urlo e
saltò in piedi quando si accorse
di essere atterrata su una cosa che si muoveva: si voltò a
guardare, ancora con
il fiato mozzo, e vide Walter, fino a un attimo prima comodamente steso
sui
cuscini, la cui espressione diceva chiaramente che doveva essersi fatto
piuttosto male.
- Oddio,
scusa, scusa… non ti avevo visto! –
balbettò India, rendendosi conto che doveva
essere davvero da stupidi sedersi senza neanche guardare il divano.
Walter la
guardò di sbieco, ansimando.
- Avevo
avuto il sospetto… di non esserti andato a genio, a
scuola… ma non pensavo che
volessi già uccidermi! –
- Davvero,
non ti avevo visto… guardavo da un’altra parte
e… Scusami! – Walter si mise a
sedere, inspirando profondamente.
- Meno
male che pesi poco, altrimenti… - India stava per scusarsi
per l’ennesima
volta, poi le venne in mente qualcos’altro.
- Ma
scusa… tu che ci facevi spaparanzato sul divano di una casa
che non è tua? –
- Casa
Cesaroni è anche casa Masetti. – disse lui
solennemente. – Ed è anche il covo
preferito dei miei per litigare. –
- Pare che
ci sia il problema di una casa in Calabria… -
azzardò India, pentendosi subito
dopo di aver fatto la parte della ficcanaso. Ma Walter non parve
infastidito e
annuì.
- Mio
padre l’ha comprata a rate insieme a un televisore, e non
sappiamo che farcene…
Ma pare che sia troppo tardi. – disse con indifferenza, come
se la faccenda non
lo toccasse minimamente.
- Oh.
Capisco. – A quel punto, India non sapeva più cosa
dire. – Beh… saluto le
ragazze e poi scappo. Ciao… e scusa. – Walter
sorrise divertito.
- Se non
continuerai a scusarti per almeno altri tre giorni di seguito, mi
riterrò
mortalmente offeso. – India ridacchiò imbarazzata
e si allontanò in fretta, in
cerca della camera di Eva. Salutò velocemente lei e
Veronica, poi corse verso
la porta. Lungo il tragitto incrociò Rudi, che la guardava
minaccioso, con le braccia
incrociate sul petto. India lo guardò come per chiedergli
cosa volesse.
-
Cerchiamo di intenderci da subito, miss Chicco di
Caffè… - iniziò con la sua
parlata da adulto. – Ti sarai pure ingraziata mio padre e i
miei fratelli, ma
se pensi che andremo d’accordo, levatelo dalla testa!
–
- Io non
pretendo di andare d’accordo con nessuno, perlomeno con
nessuno che sembra
incapace di scambiare civilmente due parole! –
ribatté aspra, poi si affrettò
ad uscire. Non capiva perché quel mostriciattolo sembrasse
detestarla a quel
modo senza un apparente valido motivo.
Beh, se avesse
continuato così, l’avrebbe ripagato con la stessa
moneta. Non certo
spalmandogli della vernice sulla sedia, ma rispondendogli con quel suo
stesso
tono saccente e aggressivo.
Sorridendo
tra sé a quel pensiero, corse a casa: non vedeva
l’ora di dire a sua madre che
aveva già trovato un lavoro.
|
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Capitolo 4 *** Amore impossibile ***
New
cap!!! Prima di
tutto, devo ringraziare, oltre a quelli che leggono questa fic anche
senza
recensire, due persone in particolare: Temperance_booth, alias my big
sister
Elisa, che mi sostiene e mi accompagna anche da lontano, ed Egittofona
(Valeria), che mi offre la sua amicizia e i suoi commenti!
Capitolo
4 – Amore impossibile
Laura si
dimostrò abbastanza contenta della notizia di India, ma non
certo entusiasta.
- E quante
volte a settimana dovresti andarci? –
s’informò.
- Tre:
lunedì, mercoledì e venerdì. Gli altri
due giorni ho il corso. Andrò da loro
già domani per una prova. Se va tutto bene anche
venerdì, mi prendono. – India
era raggiante quando dette la notizia a sua madre. Pensava che fosse
molto
meglio avere a che fare con una famiglia simpatica e più o
meno conosciuta,
piuttosto che con qualche altro estraneo.
- E
quand’è che dovresti studiare, tu? – le
chiese sua madre, scettica.
- A casa
loro. Non devo mica tenerli occupati, mamma. Devo solo controllare che
non
combinino qualche guaio. Uno dei due ha tredici anni e… -
S’interruppe,
pensando a quel terremoto in miniatura che era Rudi. - …e
starà certamente per
conto suo. L’altro è più piccolo, ma mi
ha presa in simpatia e credo che mi
lascerà studiare, se glielo chiedo. –
- Non so,
India… - sospirò l’altra. –
Mi sembra un lavoro fin troppo simile al mio. –
- Non lo
è, mamma, sta’ tranquilla. Si tratta solo di
studiare a casa di qualcun altro,
ecco tutto. –
Alla fine
riuscì a convincere sua madre (“Dopotutto,
è meglio che ti abitui a qualsiasi
situazione”) e si ritirò in camera. Si stese sul
letto, certa che sua madre non
sarebbe entrata, e cominciò a pensare a tutte le
novità che stavano per
presentarsi. Cercò invece di non pensare a sua madre, con la
quale avrebbe
voluto tanto avere un rapporto più stretto e confidenziale.
Ma la sua sembrava
una speranza vana.
Il giorno
successivo, all’uscita della scuola, India si accorse che
Marco si era fermato
a intrattenere una stretta conversazione con Rachele. Poi erano saliti
entrambi
nella macchina di lei ed erano partiti verso una destinazione ignota.
Essendosi
accorta che India li osservava incuriosita, Veronica le andò
vicino.
- E’
quello il motivo per cui dicevo che Rachele è una che attira
guai. –
- Sarò
stupida, ma non capisco. – ammise India.
- Senti,
ti va se vengo con te a casa Cesaroni? Non ho niente da
fare… e poi posso
raccontarti meglio la storia, dato che Eva non
c’è. – concluse, indicando
l’amica mentre saliva in sella a un motorino insieme a
un’altra ragazza.
- Che
c’entra Eva? – Veronica sembrò
imbarazzata, ma solo per un attimo.
- Oh,
niente… Rachele non le piace e non parla volentieri di lei.
–
Le due
ragazze sospesero la conversazione durante tutto il tragitto fino a
destinazione. India suonò il campanello e fu Rudi ad
aprirle. Guardò di sbieco
anche Veronica.
- Avevi
bisogno di rinforzi, Miss Chicco di Caffè? – A
India non dava fastidio quel
modo in cui rudi la chiamava, almeno non quanto il tono che usava con
lei.
- E’ solo
un sostegno psicologico. – rispose superandolo per entrare.
In soggiorno trovò
Giulio, già pronto per uscire.
- Ciao,
India. Ti ho aspettata prima di andare in bottiglieria. –
- Non
dovevi disturbarti! –
-
Figurati. Volevo solo dirti che poi mi racconterai
com’è andata, così ci
metteremo d’accordo. Della versione di Rudi non mi
fiderò molto, non
preoccuparti. – soggiunse ammiccando.
-
D’accordo. Buon lavoro! – Giulio salutò
le due ragazze e uscì. India guardò
Rudi con aria di sfida.
- Hai
sentito? Quindi risparmiati la fatica di inventare scuse assurde per
mandarmi
via! – In quel momento nella stanza irruppe il piccolo Mimmo,
che corse
incontro a lei e Veronica.
- Ciao
Vero. Ciao India! –
- Ciao,
piccolo! – lo salutò India chinandosi a dargli un
bacio. – Adesso io e Vero ci
mettiamo a studiare, ok? Tu stai buono, mi raccomando. –
Mimmo annuì con
espressione angelica. In realtà non c’era ancora
nulla da studiare, ma India
voleva sapere di più su Marco e Rachele. Quando i due
bambini ebbero lasciato
il soggiorno, Veronica guardò India ed esclamò:
- ‘Mazza!
Le due facce della personalità umana! Mai vista
‘na metamorfosi così rapida! –
India rise appena ed entrambe si accomodarono sul divano (lo stesso
dove India
aveva quasi soffocato Walter).
- Quel
ragazzino mi odia. Eppure, visto il bel regalo di benvenuto che mi ha
fatto,
avrei dovuto essere io ad aprire le ostilità! Non capisco
cosa gli abbia fatto.
–
- Credo
che detesti sentirsi controllato. – assodò
Veronica facendosi meditabonda.
India cambiò rapidamente discorso.
- A scuola
mi stavi dicendo di Rachele e Marco… - Veronica parve
svegliarsi da un sogno.
- Ah, già!
Beh, è una cosa che va avanti da un bel po’.
–
- Cosa? –
- Ava’,
non mi dirai che non l’hai capito? E’ chiaro come
il sole! – India si sentì
incredibilmente ottusa.
- No,
davvero. Non capisco. –
- Stanno
insieme! – sbottò Veronica.
- Marco e
la prof? –
- E chi
sennò, Marco e mia nonna? – India la
guardò con tanto d’occhi.
- Cioè, un
alunno e un’insegnante? Non ci posso credere! E
quant’è che vanno avanti? –
- Più o
meno da maggio. Non so cos’abbiano fatto
quest’estate, so solo che lui è
testardo come un mulo…! –
- In che
senso? – Seppure stupita, India si mostrò molto
interessata alla vicenda.
- Nel
senso che hanno fatto un sacco di tira e molla! Lei è
separata dal marito, ma
torna da lui un mese sì e uno no. –
proseguì l’altra, limandosi distrattamente
un’unghia. – Marco è pazzo di lei, ma
Rachele continua a dirgli che tra loro
non è possibile. Come prof è fantastica, ma
quando si tratta di Marco, ha la
resistenza di una bambina di cinque anni! –
- Allora
vuol dire che anche lei è innamorata di lui. –
- Forse.
Non so dirtelo con certezza. Quel che è sicuro è
che se gli dice che ha
intenzione di torna’ col marito, due giorni dopo Marco se la
porta a letto. –
India annuì.
- Capisco.
–
- Io no.
Non capisco che ci trovi lei in Marco. –
- Beh, se
una s’innamora… -
- Ah, boh,
questi so’ fatti loro. La verità è che
lei ha troppa paura d’esse’ buttata
fuori dalla scuola. Di certo è impossibile accorgersi che
stanno ’nsieme! Ma
loro cercano sempre di stare attenti e pare che a scuola non lo sappia
nessuno.
–
- Avranno
avuto qualche problema, immagino… -
- Te pare
che con una prof come Stefania la se po’ passa’
liscia? – India provò ad
immaginarsi la prof Masetti minacciare Marco di morte prematura se non
avesse
troncato con Rachele.
- Mi sa di
no. –
- E certo
che te sa de no! Lei li ha scoperti e stava per fare ‘n
macello… Marco le ha
giurato che si sarebbe comportato bene, anzi è stata
più che altro Rachele… Ma
se capisce che quei due non mollano! Lui c’ha pure scritto
‘na canzone… –
“Tu
dici che non si
può
tra noi due mai
ma non dire mai
perché le regole non sono
oracoli
in fondo sai
dietro a quel vicolo
c’è un oceano
respira e vedrai
il nostro non è un
mare di guai”
(M.
Branciamore,
“Amore impossibile”)
India non
rispose e pensò a quello che Veronica le aveva appena detto.
Ricordando
Rachele, la sua giovinezza e il suo fisico da indossatrice, capiva
perfettamente perché Marco non volesse mollare. Ma anche lei
si chiedeva cosa
trovasse Rachele in lui. Fin dal primo momento in cui l’aveva
visto, India
aveva provato una curiosa antipatia verso di lui. Marco,
d’altra parte, non
sembrava ricambiare, ma lei era certa che, se fosse stata una
professoressa
bella e giovane, se proprio avesse voluto mettersi con un alunno, non
avrebbe
scelto lui.
Come
evocato dai suoi pensieri, Marco fece il suo ingresso in casa pochi
minuti
dopo. Borbottò un “ciao” stentato e
sparì su per le scale.
- Ahiahi…
- ridacchiò Veronica. – Me sa che stavolta la prof
non è stata così indulgente!
–
- Magari
Stefania ha capito qualcosa. –
- Sta’
sicura che a quella non sfugge mai niente! –
- A parte
suo figlio. – ribatté India, non riuscendo a
trattenere una risatina.
- Già, a
parte suo figlio. Figurati, quello è completamente per conto
suo. Pare un po’
suonato, ma non è male come amico. –
- Dovrei
conoscerlo meglio per darti ragione, ma sembra simpatico. –
- Avresti
dovuto vederlo, quando Marco gli ha raccontato
d’esse’ stato a letto co’
Rachele… gli è praticamente saltato in braccio!
Forse, se non fosse stato
Walter a incoraggiarlo, Marco non se sarebbe messo con Rachele.
–
Le due
ragazze chiacchierarono un altro po’, poi Veronica la
lasciò per tornare a
casa. India rimase da sola con Mimmo e Rudi (che stranamente non diede
segni di
vita, dalla sua camera) per un’altra ora e mezza,
dopodiché Giulio tornò dalla
bottiglieria e le chiese notizie sull’esito del primo
pomeriggio di prova.
- Per un
po’ è stata qui Veronica, poi se
n’è andata. Rudi e Mimmo li ho visti solo
quando sono arrivata, poi sono rimasti in camera loro. –
- Quindi
tutto bene? – s’informò, incredulo. E lo
fu ancora di più quando la risposta fu
affermativa. Così, India tornò anche
venerdì. Quel giorno Veronica l’aveva
salutata ed era tornata direttamente a casa, così India si
preparò a passare
qualche ora da sola, in compagnia solo dei suoi libri e dei primi
compiti
assegnati. Verso le 16;00 qualcuno suonò al campanello.
India aprì e si trovò
di fronte Walter.
- Oh, ciao
India. Non c’è Marco? – chiese lui,
sbirciando dentro casa.
- No,
Giulio ha detto che torna stasera. – Walter sbuffò
sonoramente.
- Quel
deficiente! E io gliel’avevo pure detto che passavo, oggi!
– Scosse la testa. –
Vabbè. Tanto vale che resto cinque minuti. –
Entrò dentro, andò in cucina e si
servì dal frigorifero come se fosse stato a casa propria.
India si rimise al
tavolo, pronta a ricominciare a studiare, quando Walter fece il suo
ingresso in
soggiorno con due bicchieri. – Aranciata. Non ho trovato
altro. – disse,
porgendo uno dei due bicchieri ad India.
- Grazie.
– rispose lei prendendolo tra le mani. Ne
sorseggiò un po’. – Ma scusa, che
resti a fare? Rudi e Mimmo sono di sopra, e qua ci sono solo io.
–
- Al
momento, meno sto a casa mia e meglio è. Tanto vale
resta’ qui, piuttosto che
vagare per strada. –
- Perché?
Cos’è successo? – india si chiese se per
caso non fosse stata troppo invadente,
ma poi si tranquillizzò: in fondo, era stato lui a tirare
fuori l’argomento, e
comunque Walter non esitò a rispondere.
- Mia
mamma sta dando di matto. Mercoledì ha visto Marco andarsene
via con Rachele…
Ah, non so se tu sai la storia, comunque stanno ‘nsieme.
– spiegò in modo molto
più conciso di quanto non avesse fatto Veronica.
- Lo so,
lo so. Ma non puoi dire a tua madre di stare tranquilla? Prima o poi si
convinceranno. E poi è nel loro interesse non dare
nell’occhio. – un’ombra di
esasperazione attraversò gli occhi di Walter.
- Figurati
se m’ascolta! Se la prende tanto perché non vuole
disordini, a scuola. E già si
sta diffondendo la voce che una prof ha una relazione con un alunno.
–
- Si sa
che sono loro due? –
- No,
niente nomi. – fece lui, pensieroso. – Spero che
vada tutto bene. Altrimenti
bisognerà sviare i sospetti. –
- In che
senso? –
- Se
l’amante segreto fossi io, sta’ certa che mia madre
non se la prenderebbe così.
Tanto, i miei voti fanno talmente schifo che uno scandalo passerebbe
inosservato! – disse ridendo. India lo ammirò per
questo: al suo posto, non
sarebbe riuscita a prenderla a ridere. Tuttavia gli rispose con
fermezza:
- Questo
non devi dirlo. Il fatto che tua mamma sia severa non implica che abbia
poca
fiducia in te. E poi, hai tempo per metterti in pari, siamo solo
all’inizio. -
- Vedremo.
– sospirò. Poi disse: - Vabbè, ora
vado. Scusami se t’ho disturbato. –
aggiunse, accennando ai libri ancora aperti sul tavolo.
-
Figurati. –
- Certo
che anche tu però… se già cominci
così, a fine anno sarai distrutta! –
- Non ti
preoccupare, sono abituata a questi ritmi. – rispose India
sorridendo.
- Meglio
per te. A domani. – la salutò Walter, avviandosi
verso la porta.
- A
domani. –
|
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Capitolo 5 *** La strana coppia ***
Nota
per chi ha
seguito “I Cesaroni”: quest’episodio non
è stato inventato da me, è tratto da
una delle puntate della serie. Una delle più divertenti, a
mio parere…buona
lettura!
Capitolo
5 – La strana coppia
La settimana
successiva, India fu “assunta” dalla famiglia
Cesaroni. Le prime due settimane
furono abbastanza tranquille: quando non aveva molto da studiare,
dedicava un
po’ del suo tempo a Mimmo, che sembrava contentissimo di
stare con lei. Rudi
non si faceva vedere quasi mai, e quelle rare volte che era costretto a
passarle davanti, non la guardava neanche in faccia. In fondo, India
era più
contenta così. Walter passò di lì un
paio di volte, anche se poi si fermava
solo per poco. Ogni tanto Marco passava da casa, altre volte vi si
faceva
trovare all’arrivo di India per poi andarsene qualche minuto
dopo. Un giorno
rimase a casa tutto il pomeriggio, girellando per le stanze come
un’anima in
pena.
India
aveva il sospetto di conoscere il motivo di quel comportamento: la
notizia che
a scuola ci fosse un amore clandestino era ormai confermata e di
dominio
pubblico. Non era stato fatto il nome né di Marco
né di Rachele, ma era
evidente che almeno qualcuno sapesse benissimo chi fossero i
“colpevoli”, e
quei qualcuno erano Walter, Rudi, Alice, Eva, Veronica e, naturalmente,
la
Preside.
India non
avrebbe saputo dire se l’angoscia di Marco fosse dovuta
all’improvvisa
freddezza di Rachele nei suoi confronti (perlomeno in pubblico), o a
Stefania
che sembrava essersi improvvisamente trasformata in un cane da tartufi:
spuntava fuori nei momenti più impensati, ma non aveva mai
colto Marco e
Rachele in teneri atteggiamenti. Certo, era quasi impossibile: Rachele
fuggiva
via non appena finite le sue ore e Marco non faceva che starsene seduto
al suo
banco, imbronciato e taciturno. Ogni tanto si udivano le sonore
imprecazioni di
Walter, che cercava invano di far resuscitare il suo amico.
- Ma de
che te preoccupi? So’ solo chiacchiere! Nessuno sa di voi, e
mia madre non po’
fa’ niente, se non vi coglie sul fatto! –
l’aveva sentito dire India, un giorno
che i due ragazzi si trovavano da soli in classe. Lei stava per aprire
la porta
ed entrare, ma poi sentì le parole di Walter e fece
dietro-front. Non avrebbe
voluto origliare, ma neanche che Marco sapesse che anche lei era a
conoscenza
dell’amore fra lui e Rachele. Certo, negli ultimi giorni non
sembrava proprio
amore…
- Secondo
me, tra poco Walter va da Rachele e la bacia in pubblico, pe’
farla finita! –
aveva detto un giorno Veronica.
La sua
previsione non fu del tutto sbagliata, ma certamente India non avrebbe
mai
immaginato che sarebbe andata così vicina a quello che in
realtà successe ai
primi di ottobre.
Era una
fresca e grigia mattinata quando, passeggiando tranquillamente per il
corridoio
durante la ricreazione, India, Eva e Veronica videro due figure uscire
di corsa
dall’aula d’informatica: Walter e la professoressa
di religione (Benedetta
Benedettini, cinquanta e più anni, bassotta e molto casa e
Chiesa, come voleva
la materia che insegnava).
- La
prego, non mi tratti così! – esclamò
Walter, inseguendola.
- Walter,
ti prego… Lascia perdere… - balbettò
lei, come spaventata. Continuarono così
per tutto il corridoio, diretti verso il cortile. Veronica
sgranò gli occhi e
tirò una gomitata sia ad India che ad Eva.
- Ragazze,
questa non ce la possiamo perdere! Venite! –
- Ma che
ha in mente quello? – borbottava intanto qualche studente. Le
tre ragazze
raggiunsero di corsa Walter e la prof, fermandosi a distanza di
sicurezza.
Questo, però, sembrava inutile: i due si erano fermati in
cortile, pieno zeppo
di ragazzi che avevano formato una piccola folla compatta attorno a
quella che
sembrava una lotta disperata. Walter tratteneva la prof per i polsi e
la
supplicava a gran voce.
- La
prego, mi ascolti… non sono pazzo! Dicevo sul serio, ero
sincero! –
- E’
proprio questo che mi spaventa, Walter… N-non devi neanche
pensarlo! –
- Per
favore! Provi a capire i miei sentimenti! – Il tono di Walter
era decisamente
più alto del dovuto, e India ancora non capiva il
perché di tutto quello
spettacolo. – Io… non faccio che pensare a lei!
Non dormo più la notte! Io la
amo! – A quelle parole, si levò una debole risata
collettiva.
- Walter,
ti prego! – lo supplicò lei.
- Sì, la
capisco… Non è possibile, non è
così? Tutte quelle voci che giravano, e poi il
rischio di perdere la sua posizione… Io…
cercherò di convincermi! Ma sappia che
non dimenticherò facilmente… E quelle voci, erano
vere! Erano tutte vere! – Da
qualche parte si sentì il click di una
macchina fotografica.
Due
secondi dopo, dalla folla emerse Stefania, che si scagliò su
suo figlio e se lo
trascinò via tenendolo per un orecchio.
-
Ahiahiahiahia! Mammaaa! -
- Cretino!
Sei solo un povero cretino! – sbraitò la donna,
con le guance più rosse della giacca
che indossava. – Sembri quasi figlio di tuo padre! Ma non la
passerai liscia,
imbecille! – Gli altri ragazzi li guardarono allontanarsi a
passo di carica, un
po’ ridendo, un po’ parlottando, un po’
scuotendo la testa.
- Ma
guarda te che cosa… - borbottò Veronica,
guardando però la prof Benedettini,
ancora sotto shock.
Finalmente
India capiva il senso di quella sceneggiata: l’aveva capito
nel momento in cui
Walter aveva detto che le voci erano vere. Stava semplicemente coprendo
Marco!
E non era andato a cercarsi una donna come Rachele, giovane e
affascinante, ma
una sempliciotta (e leggermente avanti con l’età)
come la Benedettini. E forse
stava già covando qualcosa da prima. Non le aveva forse
detto che i sospetti
andavano sviati in tempo?
- Certo
che deve avere un bel coraggio per essere andato a scegliersi una come
lei! –
commentò divertita Eva, indicando l’insegnante,
che sembrava in preda a una
silenziosa crisi isterica.
India notò
che Marco non disse nulla a Walter, il quale sembrava abbastanza
provato
dall’intervento di sua madre. Non un cenno, non un
ringraziamento. “Forse
preferirà ringraziarlo in privato” si disse India,
ma non ne era del tutto
convinta.
All’uscita
non riuscì a trattenersi dall’andare da Walter per
parlargli. – Ciao. – lo
salutò timidamente.
- Ciao… -
rispose lui. Dalla voce, sembrava stanco.
- Sei
stato grande, sai? – proseguì India, cercando di
scacciare la timidezza. –
Davvero, non so dove tu abbia trovato il coraggio di fare una cosa del
genere.
–
- Per gli
amici, questo e altro. –
- Non
credo che ci siano molti ragazzi disposti a fare quello che hai fatto
tu, per
un amico. – riuscì a dirgli con sicurezza. Walter
si fermò e la guardò.
Finalmente sorrise.
- Grazie,
India. Davvero. – Nei suoi occhi c’era un qualcosa
di malinconico, che però
scomparve quasi subito. – Spero che Marco abbia apprezzato.
Finora non ho avuto
modo di verificarlo. –
- Non
preoccuparti. – fece una voce alle loro spalle. India e
Walter si voltarono e
videro Marco dietro di loro. Non sorrideva, anzi sembrava scontroso.
– Ho
apprezzato. –
- Ah. Beh,
buono a sapersi. – ribatté Walter con tono
scherzoso, battendogli una pacca su
una spalla.
-
Comunque, non ce n’era nessun bisogno. – Marco non
sembrava voler scherzare.
Guardava ora Walter, ora India, sebbene quella faccenda, in fondo, non
la
riguardasse. Cominciò a sentirsi intimidita da quel
comportamento.
- Ehm…
questo che vorrebbe di’? – gli chiese Walter,
chiaramente confuso.
- Che con
Rachele è finita. Ho chiuso. – rispose
l’altro.
- Aaah, ho
capito! T’ha rifilato di nuovo la storia del marito!
– esclamò Walter, cercando
di apparire spiritoso. – Non te preoccupa’
ché dopodomani, massimo fra tre
giorni torna da te in ginocchio, come sempre! – Marco scosse
la testa e gli
scoccò un’ultima occhiata astiosa.
- No, non
ci siamo capiti. – gli disse rabbiosamente. – Ho
chiuso. Io, non lei. Le
ho detto basta. Tanto sarebbe finita lo stesso. E ti ringrazio per il
tuo
aiuto, - soggiunse, con il tono di chi non ha nessuna voglia di
ringraziare. -
…Ma non serviva. Tanto, in qualche giorno, le voci sarebbero
finite. – E, dopo
aver detto quelle ultime parole cariche di collera, sparì
senza lasciar
replica. Walter rimase a guardarlo a bocca aperta finché non
fu inghiottito
dalla folla ammassata nel cortile. India, dal canto suo, non sapeva
proprio
cosa dire: il comportamento di Marco era assurdo!
- Quello
lì è completamente in aria! –
esclamò Walter incredulo. – Ma dico,
l’hai visto?
L’hai sentito? –
- L’ho
sentito sì. Ma siamo sicuri che abbia capito davvero
cos’hai fatto? –
- A questo
punto ne dubito seriamente. – Il ragazzo fece una smorfia.
– La prossima volta
lo lascio a cuocere nel suo brodo e buona notte ai suonatori! Voglio
vede’ come
se la cava! –
-
Dev’essere stata dura per lui mettere fine alla relazione con
Rachele… -
commentò India, cercando di non lasciar trasparire la sua
antipatia verso
Marco. – Gli passerà. –
- Lo spero
più per me che per lui, guarda. – La ragazza si
strinse nelle spalle.
- Beh…
devo tornare a casa. Ci vediamo domani. –
- Già… a
domani. – India fece per allontanarsi, ma si fermò
dopo pochi passi.
- Walter!
– lo chiamò. Lui si voltò a guardarla
con espressione interrogativa. – Non
preoccuparti per Marco. Ti sei comportato da vero amico e…
quando la delusione
gli si sarà sbollita, lo riconoscerà anche lui.
– Walter le sorrise da lontano.
- Spero
che tu abbia ragione. Grazie! –
Nei giorni
successivi, Marco sembrava essersi condannato
all’eremitaggio. Ogni volta che
India andava a casa Cesaroni, lui era sempre lì che
studiava, o strimpellava
con la sua chitarra, o rimaneva relegato in camera sua. Non studiavano
insieme,
nonostante avessero gli stessi compiti da svolgere (ma India dubitava
che lui
studiasse sul serio, perlomeno quando lei era a casa sua).
A volte,
quando lei sedeva sul divano con un libro chiuso davanti, tentando di
ricordare
e ripetere tra sé quello che aveva appena letto, era
distratta da Marco che
gironzolava tra soggiorno e cucina, e non riusciva ad andare avanti con
lo
studio.
- Ma che
hai? Perché non ti siedi e stai calmo cinque minuti?
– sbottò un pomeriggio,
dopo che le era passato davanti per la settima volta. Lui la
guardò come se non
si fosse neanche reso conto del suo ininterrotto viavai.
- Oh…
ecco… - balbettò giocherellando con
l’orlo della sua maglietta. – Scusami, sono
solo nervoso. – “Questo si era capito”
pensò India, ma si limitò a chiedergli:
- Problemi
con lo studio? –
- Ehm… Sì,
anche. – Sembrò pensarci su per un attimo.
– Storia. Non ricordo le date. –
- Ah. Ma
non credo che ti verranno in mente scolandoti una bottiglia di Coca
Cola e
accendendo e spegnendo di continuo la tv… - Marco fece un
tentativo di risata.
- Certo.
Lo so. Ma quando m’innervosisco non riesco a star fermo.
Scusa se ti disturbo.
–
- Non fa
niente. –
- Vabbè.
Allora io… vado in camera mia. Proverò a studiare
standomene seduto. –
concluse, affrettandosi verso le scale. In cuor suo, India ringraziava
il cielo
che a Marco non venisse la splendida idea di farsi aiutare da lei nello
studio.
Ma poi,
quando cercò di riprendere, rinunciò e si mise a
pensare a Walter. Ce l’aveva
davvero messa tutta per aiutare il suo amico, ma, nei giorni che
seguirono, il
loro rapporto non diede segni di miglioramento. Walter faceva sempre il
simpatico, ma Marco rispondeva a monosillabi. Evidentemente non aveva
ancora
mostrato segni di riconoscenza verso il suo amico. India si sentiva
dispiaciuta
per Walter e, allo stesso tempo, incuriosita da lui. Durante i primi
giorni di
scuola, l’aveva giudicato solo uno squinternato
(“Dopotutto, da una madre così
che ragazzo poteva venir fuori?” pensava ridendo tra
sé). Ma adesso pensava che
fosse uno di quei ragazzi che bisogna conoscere davvero a fondo, con
cui
passare molto tempo, prima di capire davvero dome fosse fatto.
Marco,
invece… Beh, se avesse continuato così, di certo
India non avrebbe cercato di
approfondire la conoscenza!
E
ora, rispondo alle
recensioni…
Temperance_Booth: tesò,
cosa pensi tu lo so già, come tu sai quanto piacere mi
faccia leggere i tuoi
commenti!
Egittofona: mia cara,
se non riesci a seguire basta chiedere! XD Mi dispiace che tu debba
sorbirti
anche questi fastidiosi “ingombri” che sono gli
altri personaggi, ma non
preoccuparti… dal prossimo capitolo la loro presenza
sarà meno evidente! ^^
Auryn: evviva, ti sei
unita a noi! Mi è piaciuto il tuo commento. Grazie x i
complimenti… Per
rispondere sia a te che a egittofona, dico che dovrete aspettare un
po’ per il
romanticismo: prima di farvi venire la carie, dovete mangiare un
po’ di
caramelle XD Ma vedrai che i colpi di scena non mancano!
Baci e grazie anche a
chi legge senza recensire ^^
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Capitolo 6 *** Una prof per Walter ***
Capitolo
6 – Una prof per Walter
- Se fa
così un’altra volta, giuro che questo libro glielo
tiro in testa! – esordì Eva,
entrando nella classe ancora semivuota e agitando un grosso volume di
poesia.
- Oddio,
chi è la vittima? – le chiese India ridendo. Ma
Eva non sembrava in vena di
scherzare.
- Il
fantasma che solitamente occupa quel banco! –
sbottò, indicando il posto vuoto
di Marco.
- Beh, è
solo assente… Magari domani torna. E poi tu lo saprai,
perché non è venuto… sei
sua sorella. –
- Sorellastra.
– la corresse Eva. – Fortunatamente, aggiungerei,
perché mi rifiuto di
dichiararmi parte della stessa famiglia di quel… -
Sospirò. – Non riesco a
trovare la parola adatta. –
- Allora,
qual è il problema? –
- Ah,
questo chiedilo a lui! Non… non lo riconosco più!
Ieri sono entrata nella sua
stanza solo per riprendermi un libro che c’avevo lasciato, e
mi ha quasi
buttata fuori a calci! – India sorrise.
- Ma dài,
non è da lui. –
- Beh, non
proprio a calci. Ma hai presente quel suo modo di dirti una cosa che
non gli va
bene? Ecco. Evidentemente da un po’ di giorni la mia presenza
gli dà fastidio!
– India rimase stupita da quello sfogo: dalla collera di Eva,
aveva immaginato
qualcosa di molto peggio.
- Dài, non
fare così. E’ solo giù per via di
Rachele. – La sua affermazione non
tranquillizzò Eva, anzi parve sortire su di lei
l’effetto contrario.
- Quella!
– Sbuffò e depositò lo zaino ai piedi
del suo banco, davanti a quello di India
e Veronica, la quale, quel giorno, era assente. – Quella lo
porterà alla pazzia,
prima o poi. –
- Ma è
finita. Hanno chiuso. L’ha detto lui stesso. –
- Beh, non
credergli! Sarà la dodicesima volta in due mesi, che lo
dice. E poi si sa come
finisce. – Si lasciò cadere sulla sedia.
- Capisco
che tu sia preoccupata per lui, ma… -
- Non è
solo questo! – sbottò Eva, ma non aggiunse altro
perché in quel momento suonò
la campana e la terza G si riempì dei suoi alunni. Alla fine
comparve Walter
che, prima di entrare, sembrò perlustrare tutta la classe,
poi si avviò verso
il banco di India e sedette al posto di Veronica.
-
Buongiorno. A cosa devo questo onore? – gli chiese lei,
mentre la prof di
religione entrava in classe.
- Ho
bisogno di sostegno morale. – borbottò lui.
- Non mi
dirai che hai paura di lei! – esclamò India
facendo un cenno con la testa verso
la Benedettini. – Ormai si sarà pure dimenticata
di quello che è successo! –
- Di
questo non ne sarei così sicuro, ad ogni modo non
è quello il problema. –
rispose Walter, sembrando parecchio abbacchiato. Per l’intera
durata dell’ora,
l’insegnante non osò nemmeno guardare nella sua
direzione, così lui poté
spiegare ad India: - Ho avuto una discussione con mia madre. –
- Sempre
per…? – fece per chiedergli, ma lui la interruppe.
- Ma no,
no, dimenticatela! Non era per la Benedettini… era per me.
–
- Per te?
– Walter annuì tristemente.
- Quei tre
compiti in classe che abbiamo fatto… matematica, lettere e
inglese… - Non
aggiunse altro, ma la sua espressione era inequivocabile.
- Oh…
capisco… -
- Eh,
capisci… Ancora non hai visto niente… Ora
vedrai… - Infatti, dopo religione,
avrebbero avuto due ore con la prof Masetti. Già al suo
arrivo India capì che
non era esattamente di buon umore. Non aveva neanche messo piede in
aula, che
strillò:
- MASETTI!
Torna immediatamente al tuo posto o non mi limiterò
più alle minacce! –
Walter
raccolse le sue cose con aria rassegnata e, quando India gli
scoccò un’occhiata
interrogativa, le sussurrò in risposta:
- Ti
spiego all’uscita… Di certo alla ricreazione
vorrà continuare il discorso! – E
tornò al suo posto abbastanza in fretta da risparmiarsi
ulteriori rimbrotti.
Effettivamente, Stefania sembrava avercela con lui in modo feroce, ma
India non
riusciva a credere che ciò fosse dovuto solo a qualche
brutto voto. Certo che
Stefania sembrava anche troppo severa con Walter. Ma chissà
che quello non
fosse solo il suo modo di smuoverlo.
Ad ogni
modo, alla ricreazione non ci fu nessun discorso, come aveva invece
temuto
Walter. Ma lui aspettò comunque la fine
dell’ultima ora per spiegarsi meglio.
Veronica era di nuovo assente, mentre Eva e Marco si erano
già incamminati
verso casa.
- Mia
madre insegna nella nostra classe fin dal primo anno. – disse
a India mentre
uscivano dalla classe. – Quindi sa come sono combinato a
voti. Ma dice che
quest’anno, se continuo così… beh, non
è detto neanche che venga ammesso alla
maturità. –
- Mi
dispiace… Ma forse tua madre è solo troppo
esigente, da quel punto di vista.
L’importante non è che tu abbia il massimo dei
voti, ma almeno che riesca a
passare l’esame senza difficoltà, non credi?
–
- Eh, lei
no, non crede. –
- Ha già
in mente qualcosa per te, per quando avrai finito gli studi?
– gli chiese poi
India.
- Mio
padre è meccanico… anche se non sta quasi mai a
lavoro… Mi vorrebbe in officina
con lui, ma so benissimo che è solo per mollarmi
lì e svignarsela alla
bottiglieria di Giulio e suo fratello. Almeno finché non
trovo una posizione
fissa. Mia madre… beh, lei non si fa nessuna aspettativa.
– Sospirò. – Ma mi ci
vedi, a me, a lavorare come meccanico? – esclamò,
esasperato. India lo squadrò
da capo a piedi con finta aria critica e rise.
- Non
credo. – Poi, improvvisamente, le balenò alla
mente un’idea. Non sapeva come
avesse potuto pensarci, ma non poté trattenersi. –
Walter, tu ci tieni davvero
ad avere buoni risultati, alla fine? –
- Di certo
non vorrei ammuffi’ in ‘sta scuola, e mia mamma
senza diploma mi blocca qua
fino ai trent’anni. Direi di sì… -
concluse.
- Stavo
pensando… se vuoi, potrei darti una mano. – Walter
la guardò come se non avesse
capito. India proseguì: - Quando sono a casa di Giulio, puoi
venire lì… e ti
aiuterei a sistemare un po’ la tua situazione, sempre se ti
va. A me non
costerebbe niente… - Walter si fermò a due passi
dal portone della scuola,
nell’atrio.
- Ma… sei
sicura? –
- Se te
l’ho detto… -
- Io… beh,
non so… Si può provare. Ma con mia madre come la
mettiamo? Quella si sarà già
fatta i conti per relegarmi in casa per i prossimi due mesi…
- India alzò le
spalle.
- Le
diciamo la verità. – rispose semplicemente.
– Le dici che vuoi rimettere in
sesto i tuoi voti finché sei in tempo. – Walter la
guardò con scetticismo.
- Penserà
che sia una scusa per cazzeggiare con Marco. Non mi crederà
mai. –
- Allora
glielo dico io. Dài, andiamo a recuperarla. –
Stefania aspettava al cancello,
mentre gli ultimi studenti uscivano di corsa. Appena scorse Walter gli
fece
segno di seguirla, ma India le si avvicinò di corsa.
-
Professoressa… - cominciò, ma poi si
guardò intorno e vide che non era rimasto
praticamente nessuno. Così si corresse: -
Stefania… devo chiederti una cosa. –
- Dimmi,
India. – acconsentì l’altra, senza
l’ombra del tono autoritario che usava con
suo figlio.
- Io e
Walter avremmo pensato… ehm… sai che io vado dai
Cesaroni tre volte a
settimana, no? Ecco, pensavamo che potremmo studiare insieme, almeno un
paio di
volte… Potrei dargli una mano con qualche
materia… Tu saresti d’accordo? –
- Tu e
Walter? Sei stata tu a pensarci, vero? – Stefania si fece
sospettosa.
- No,
anzi, è stato lui ad avere l’idea. –
mentì spudoratamente India. – Ci tiene
molto a portarsi avanti. – Walter, da dietro le spalle di sua
madre, stava
chiaramente trattenendo una risata.
- Mm… -
- Mamma,
si può almeno provare. – intervenne lui a quel
punto. – Se non combiniamo
niente, lasciamo perdere e pace fatta. Ma almeno provare… -
La guardò con occhi
angelici. Stefania scosse la testa sospirando e si rivolse ad India.
- Se ci
riesci, ti cedo direttamente la mia cattedra. Buona fortuna.
– Quando si girò
per andarsene, India avrebbe giurato di aver visto un sorriso farsi
strada
sulle labbra della professoressa.
Walter si
piegò in un inchino esagerato.
- I miei
rispetti! –
- Ma va’,
alzati, stupido! – ridacchiò la ragazza,
nuovamente imbarazzata.
- No,
davvero! Ma che incantesimo le hai fatto? –
-
Dolcezza, fermezza, carisma… - elencò lei. Poi si
fermò un attimo e schioccò le
dita. – Ah, già! …e modestia.
– Walter le scompigliò scherzosamente i capelli.
- Mi sa
che devo ancora imparare a conoscerti. –
- Intanto
cominciamo a muoverci, che sono già in ritardo. Poi avrai
tutto il tempo che
vorrai per scoprire le mie qualità nascoste. –
I due
s’incamminarono verso casa Cesaroni, parlando del
più e del meno durante la
strada. Appena arrivati, suonarono il campanello. Meno di tre secondi
dopo, la
porta si aprì e spuntò Marco, come se fosse stato
seduto sul gradino
dell’ingresso, aspettando l’arrivo di India. Fece
per salutare, ma poi vide
Walter e diede un piccolo colpo di tosse.
- Beh, io…
stavo per andarmene. Ci vediamo. – disse velocemente, poi si
infilò il
giubbotto ed uscì in fretta e furia. India
sospirò pesantemente e scosse la
testa.
- Io
rinuncio a capirlo. – Walter rincarò la dose:
- Se penso
a lui, mi rendo conto che prendere un 8 sarà una bazzecola,
in confronto. –
Tre
ore
dopo, un esausto Walter giaceva con la testa appoggiata su una pila di
libri.
- Dimmi
che abbiamo finito, ti prego… - biascicò.
- Mmm…
Vediamo un po’… Pare proprio di sì!
– Alle parole di India, Walter alzò
debolmente la testa e fece il segno di vittoria con le dita, senza dire
una
parola. – Ma dài, non fare così!
– lo rimproverò scherzosamente India, non
potendosi trattenere dal ridere fragorosamente. – Siamo solo
all’inizio! –
- Ecco una
delle frasi che odio di più… - India si finse
offesa.
- Non
vorrai insinuare che io non sia una brava professoressa! –
- Oh,
certo che no! – esclamò Walter. – Sei
fin troppo brava, ecco il guaio! Ma te
che vuoi fa’ da grande, l’aguzzina? –
India gli tirò uno scappellotto sulla
nuca.
- Riparliamone
quando escono le schede del primo quadrimestre! –
Cominciò a mettere a posto
libri e quaderni. – Allora, cosa dirai adesso a tua madre?
–
- Che
tanto vale che ti ceda davvero la cattedra… -
- Dài, sii
serio! –
- Serio?
Che vuol dire? – India scosse penosamente la testa.
- Sei un
caso disperato. – Walter rise e raccolse i suoi libri.
- Va
beeene… Direi che come prof saresti perfetta. Dovrei essere
matto per scordarmi
tutta la roba che mi hai ficcato in testa oggi. –
- Walter,
erano quattro paginette… -
- E ti
pare poco? Comunque, a parte lo scherzo… - Finse di fare uno
sforzo immenso per
essere serio. – Sei stata brava. E poi, con quegli occhiali,
sembri una vera
professoressa! –
- Che ci
posso fare? Almeno per leggere, devo usarli per forza. E comunque
dovrei essere
io a giudicare il tuo lavoro, non credi? –
- Ok, ti
ascolto! –
- Eh no,
caro. Mi ci vorranno ancora un paio di lezioni. Sempre che tu voglia
continuare… - India ringraziò il cielo per averle
donato quel suo colorito,
altrimenti sarebbe arrossita almeno cinque volte per ogni
conversazione. Le
piaceva il modo di fare di Walter, la metteva a suo agio,
ma… India era sempre
India, e nessun Walter Masetti sarebbe riuscito a cambiare la sua
natura.
- Ma sì,
mi sottoporrò a qualche altra ora di tortura. –
concluse. India sospirò
sorridendo. – No, dài, scherzo. Grazie per il tuo
aiuto. Non capisco dove tu
abbia pescato quest’idea folle, ma… forse mi piace
proprio perché è folle. –
Quando
Walter l’ebbe salutata e tornò a casa, India si
sentì sicura di aver fatto la
scelta giusta. Non capiva perché l’idea di fare la
stessa cosa con Marco le
facesse venire un curioso senso di soffocamento. Quello di cui era
sicura era
il fatto di essersi sbagliata sul fatto di non voler stringere amicizie
con
nessuno, a priori. Di certo uno come Water bastava a farle mettere in
discussione quel suo principio.
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Capitolo 7 *** Stranezze ***
Capitolo
7 – Stranezze
Walter
tornò a casa Cesaroni con India altre due volte, ma la volta
successiva non
venne a scuola, ed India si preparò a un pomeriggio di
studio solitario.
Invece,
quando uscì da scuola, Marco le andò accanto.
- Oggi
resto a casa, visto che abbiamo un mare di compiti. –
- Ah,
d’accordo. –
Eva,
all’altro lato del cortile, li guardava allontanarsi. India
si chiese perché
non tornasse a casa anche lei, ma ben presto se ne
dimenticò.
Arrivati a
casa, Marco si sistemò sul tavolo della cucina e
tirò fuori i suoi libri mentre
India, contenta di non dover studiare assieme a lui, si
accomodò sul divano del
soggiorno, come ormai era solita fare. Una testolina arruffata si
sporse dal
corridoio.
- Ciao
India! –
- Oh,
ciao, Mimmo. – Mimmo saltò sul divano accanto ad
India e lei gli diede un bacio
su una guancia.
- Che fai?
–
- Studio,
piccolo… -
- Ma
perché a scuola vi danno così tanti compiti? Stai
sempre a studiare… - disse
con una punta di delusione nella voce. India gli sorrise: cominciava ad
adorare
quel bambino così dolce.
- Secca
anche a me, sai? – Rimuginò qualcosa per qualche
secondo. – Sai cosa possiamo
fare? Puoi stare qui con me e aiutarmi. Ti andrebbe? – Sulle
labbra si Mimmo
spuntò un enorme sorriso.
- Sì! Cosa
devo fare? – India tirò fuori dallo zaino il libro
di storia, lo aprì alla
pagina segnata con una piega nell’angolo in alto a destra e
lo porse a Mimmo.
- Allora…
Ora io ti dirò più o meno quello che
c’è scritto qui. Non lo ripeterò a
memoria, però. Tu devi solo controllare che quello che dico
sia lo stesso di
quello che c’è scritto lì, ok? Non con
le stesse parole, magari. Basta che il
significato sia quello. – Il bambino scrutò le
pagine che India gli indicava.
- E se non
capisco qualche parola? –
- Non fa
niente. Te l’ho detto, l’importante è
che le mie parole siano simili a quelle
scritte sul libro. Tutto chiaro, capitano? – Mimmo
annuì energicamente.
-
Chiarissimo! –
India
iniziò a ripetere la sua lezione quando, pochi minuti dopo,
in soggiorno
comparve Rudi. Prima fulminò entrambi con lo sguardo, poi
guardò India e sembrò
trattenere un sorriso, come se avesse in mente qualcosa.
“Eccoci qui” pensò,
sconsolata. “Fra meno di tre giorni avrò
un’altra bella macchia sul sedere.”
Sospirò. Perché quel ragazzino la odiava
così?
- India? –
fece la vocetta di Mimmo. – Ti sei bloccata. –
- Oh? Ah
sì, scusami. Riprendiamo. Dove eravamo rimasti? –
Mezz’ora
dopo propose a Mimmo di andare a giocare.
- Non ti
sei stufato di sentire un mucchio di cose che non
t’interessano? – Mimmo fece
spallucce.
- Anche
Marco, quando non riesce a imparare qualcosa, la ripete ad alta voce.
Ma lui
confonde tutte le frasi e io non capisco niente. E poi mi piace stare
con te. –
India gli sorrise.
- Sei
sicuro? – Il bambino fece segno di sì con la
testa. – E va bene. Continuiamo. –
Rimasero
così per un’altra ora circa, poi India si
dedicò a una versione di latino.
Pochi minuti dopo, Marco fece il suo ingresso in soggiorno,
schiarendosi la
voce per annunciare la sua presenza.
- Ehm…
India? – La ragazza si tolse gli occhiali e alzò
la testa dal libro.
- Sì? –
- Stai
facendo la traduzione? –
- L’ho
iniziata adesso. –
- Ecco…
potresti darmi una mano? Non vorrei inaugurare il registro con un
due… - India
dimenticò le sue ostilità: alla fine, se aiutava
Walter, perché non avrebbe dovuto
farlo con Marco? In fondo sarebbe stato scorretto. Così si
spostò più a lato
del divano e fece segno a Marco di sedersi accanto a lei.
- Vediamo
che riusciamo a combinare. – Marco sorrise e prese posto sui
cuscini.
- Grazie,
ti adoro. – India simulò un colpo di tosse per
fingere di non aver sentito
quelle ultime due parole.
- Allora,
cominciamo. –
Un’ora e
mezza dopo avevano terminato entrambi: India trascriveva la brutta
copia e
Marco rileggeva la traduzione. Alla fine sorrise trionfante.
- Cavolo, dev’essere
la prima volta da due anni che faccio una versione completa. Grazie
mille,
India! –
-
Figurati, ti ho solo indicato la strada da seguire. Hai fatto quasi
tutto da
solo. – gli rispose lei, chiedendosi se per caso non avesse
esagerato nel suo
giudizio. In fondo non era poi così sgradevole, quando non
aveva la luna
storta. Magari la delusione per Rachele era stata superata.
Mentre
pensava ciò, la porta di casa si aprì e
nell’atrio comparve Eva. Si sfilò il
giubbotto, posò la borsa ed entrò in soggiorno,
esibendo un sorriso che ad
India parve leggermente forzato.
- Ciao!
Stavate... studiando, vero? –
- Sì,
India mi ha dato una mano. – le rispose prontamente Marco.
- Capisco.
Beh, io… devo andare in camera mia. Ciao India. –
disse frettolosamente. Prima
di salire le scale, parve controllare qualcosa, ma poi si
voltò e sparì. India
guardò l’orologio.
- Va bene,
io vado, visto che in casa ci siete tu ed Eva, adesso. E poi sono in
ritardo. –
Si alzò, rimise le sue cose nello zaino e sorrise a Marco.
– Ciao, Marco, ci
vediamo a scuola. –
- Ciao… E
grazie ancora. – fu la sua risposta.
- Me
l’avrai detto almeno altre venti volte! Mi basta sapere che
sono servita a
qualcosa. – Si avviò verso la porta e lo
salutò con la mano. – A domani! –
Quel
venerdì, India constatò tristemente che, in
quanto a Rudi, aveva avuto ragione.
Non seppe come né perché, ma alla fine delle
cinque ore, uscendo di corsa, gli
passò accanto e ruzzolò a terra. Che fosse stato
uno sgambetto o qualsiasi
altra cosa, non le importava, perché adesso era coperta di
terra e polvere da
capo a piedi. Respirò profondamente un paio di volte per
costringersi a non
saltare al collo di Rudi, e quando fu raggiunta da Marco, il ragazzino
era già
lontano.
- Ehi, che
hai fatto? – esclamò lui, trattenendo chiaramente
le risate.
- Niente,
ma sai com’è… Tuo fratello mi adora.
–
- Oh,
ancora lui… -
- Senti,
andando a casa tua, non è che potrei farmi una doccia? Per i
vestiti pazienza,
ma almeno mi do una ripulita… - Marco la guardò
in silenzio per qualche secondo,
come se fosse stupito, poi si affrettò a rispondere:
- Sì, sì,
certo! Ma… vabbè, tanto anch’io vengo a
casa. –
India era
troppo occupata a sottrarsi agli sguardi divertiti degli altri ragazzi
per
chiedere a Marco cosa venisse a fare lei a casa sua, se lui era sempre,
costantemente lì con lei. Non riusciva a stare dietro ai
suoi fratelli? Ad ogni
modo, appena arrivati a casa, Marco le disse:
- Il bagno
è di sopra. Puoi… puoi usare
l’accappatoio di Eva. –
- Grazie.
– India salì di sopra ed entrò nel
bagno. Posò i suoi vestiti nello zaino e lo
mise fuori, davanti alla porta, perché nel bagno non
c’era molto spazio. Poi
s’infilò sotto la doccia, sospirando di sollievo
sotto il getto dell’acqua
tiepida. Quando ne uscì strizzandosi i capelli tra le mani,
si guardò intorno
ma non trovò nessun accappatoio, e rimediò
avvolgendosi un asciugamano intorno
al corpo. Aprì la porta per prendere i suoi vestiti dallo
zaino, ma non lo
trovò. Le venne naturale pensare a un altro scherzo di Rudi.
- Ehm…
Marco? – chiamò. Sentì dei passi su per
la scale, e Marco le comparve davanti
poco dopo. India sperò che l’asciugamano non fosse
troppo corto.
- Sì? –
- Il mio
zaino… sai dov’è? Ci avevo messo dentro
i miei vestiti… -
- Ah,
credevo che non ti servisse e l’ho portato di sotto. Scusami,
vado a
prendertelo. – India annuì e aspettò
sulla soglia del bagno, finché Marco non
tornò con il suo zaino. Glielo porse.
- Grazie,
Marco. Mi vesto e vengo di sotto. –
- Sì… - Il
ragazzo rimase fermo dov’era, come imbambolato, con lo zaino
di India ancora
tra le mani. Lei si affrettò a riprenderselo, piuttosto
imbarazzata.
- Ehm…
grazie. Puoi… puoi aspettarmi di sotto! –
balbettò, come a intimargli di
sparire.
- Oh, sì,
certo. Vado… - Senza aspettare che se ne andasse, India
chiuse di scatto la
porta. Mentre tirava fuori i suoi indumenti dallo zaino,
sentì distintamente
Rudi dire:
- Si
chiama “femmina”, Marco. Mai vista una? -
Quando
Walter tornò a scuola, lui e India ricominciarono con le
ripetizioni. I suoi
voti non mostravano ancora molti miglioramenti, ma Stefania sembrava
decisamente più tranquilla. Questo probabilmente
perché India continuò a
ottenere risultati molto soddisfacenti… forse più
per Stefania, che per sé
stessa!
- Almeno
so che Walter è in buone mani… - disse ad India
verso metà ottobre.
- E tu che
ne dici, pensi di essere in buone mani? – chiese lei, subito
dopo, a Walter.
- Mmm… Ma
sì, dài, te lo concedo. Mi stai praticamente
massacrando, ma se riesci a
convincermi che lo fai per il mio bene, potrei arrivare a perdonarti!
– E giù a
ridere.
Le lezioni
erano quasi un divertimento. Ogni tanto sospendevano per mangiare
qualcosa, o
per stare un po’ con Mimmo, o per chiacchierare del
più e del meno.
- Pare che
Rudi ti abbia preso particolarmente in simpatia! – le disse
un giorno Walter,
quando ebbero finito di studiare.
- Oh, sì,
moltissimo! Mi adora! – ironizzò India.
– Non so cos’abbia fatto per meritarmi
il suo amore! –
- Quel
ragazzino è un mito… Io e lui siamo praticamente
uguali! –
- Con la
differenza che tu non fai di tutto per buttarmi a faccia in
giù nel fango… -
- Beh,
dài, lui è fatto così. Non credo che
ce l’abbia davvero con te… Sarà che sei
piuttosto a portata di mano, venendo qui tre volte a
settimana… - commentò
Walter stiracchiandosi.
- E non
può prendersela con Marco, che è sempre qui,
tutto per lui? –
- Nah.
Marco a volte è da diabete. Non dà soddisfazione.
–
- Mi
chiedo come facciate a essere amici, voi due, che siete l’uno
l’opposto
dell’altro. –
- Beh,
forse non per tutto. – India capì che Walter si
riferiva a qualcosa in
particolare, ma, sebbene fosse curiosa di sapere cosa intendesse, non
gli
chiese nulla in proposito.
-
Praticamente, nella famiglia Cesaroni, piaccio solo a Mimmo…
- disse
tristemente India.
- Ma nooo…
Piaci anche a Giulio! –
- Da cosa
lo deduci? – gi chiese, non esattamente entusiasta.
- Secondo
me, lui ti vede già come potenziale fidanzata in casa di
Marco. – India
spalancò gli occhi.
- Spero
che ti sbagli… E poi, non può trovarsele lui, le
ragazze? -
- Fidati.
Lo conosco. – Walter sembrava sinceramente divertito.
- Vabbè,
parliamo di cose serie. Tu e Marco… insomma, come va?
– Walter alzò le spalle.
- Sembra
che sia tornato normale. Probabilmente avevi ragione tu. Certo
però che… non
so, c’è sempre un qualcosa… Come se
nascondesse qualcosa. Non è mai stato
logorroico, ma adesso sembra che gli abbiano tagliato la lingua!
– Sospirò. –
Almeno non mi tiene più il muso! –
In
effetti, Walter aveva ragione: Marco appariva vigile, teso. E poi, per
un
motivo qualsiasi, era sempre a casa. Sia che Walter venisse a studiare
con
India, sia che non ci fosse. India continuava a chiedersi cosa ci
stesse a fare
lì, se Marco non si assentava mai. Effettivamente Giulio
mostrava di avere
molta fiducia in lei, e così anche Lucia, sebbene si fossero
viste solo poche
volte. Era soprattutto per quel motivo che India era restia a parlare
di
licenziamento: se i Cesaroni le avevano dato la loro fiducia,
perché piantarli
in asso, dopo un solo mese di lavoro?
E poi,
India era troppo presa dal corso d’arte per preoccuparsi
anche di quello.
Procedeva a meraviglia, seppur con ritmi massacranti. Ma a India
piaceva così,
e non perdeva una lezione.
Aveva
stretto una bella amicizia con Veronica, ma… Anche Eva
sembrava strana. Il
giorno prima rideva e scherzava, quello dopo appariva guardinga.
Sembrava
tenere Marco sotto controllo. India capiva che gli volesse bene e fosse
preoccupata per lui, ma la storia di Rachele, ormai, era solo un
ricordo. Lei e
Marco non si scambiavano più uno sguardo, se non quando lei
lo interrogava, il
che avveniva raramente perché Rachele, più che
interrogare, chiedeva agli
alunni di interpretare a modo proprio la poesia appena letta.
Che i
membri di casa Cesaroni fossero stati colpiti da un virus?
Fortunatamente,
pensava India, non c’erano solo loro. C’era
Veronica, c’era Walter. Soprattutto
lui. India cominciava a sentirsi veramente a proprio agio con lui. E
Walter,
dal canto suo, sembrava aver superato lo “shock da studio
intensivo”, come lo
chiamava lui. Erano proprio quelli ad alleggerire i pomeriggi a casa
Cesaroni.
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Capitolo 8 *** Scuola, corso, lavoro ***
Capitolo 8
– Scuola, corso, lavoro…
- Marco,
davvero, non c’è bisogno… -
- Ma no,
dài, almeno siamo in due! –
- Ma
lascia perdere! Se voglio portarmi avanti non è necessario
che lo faccia anche
tu! – Marco non sembrava voler desistere. Lui e India avevano
appena finito di
studiare, e lei aveva pensato di togliersi davanti anche i compiti
assegnati
per due giorni dopo. Non capiva perché Marco volesse per
forza fare come lei,
dopo averle detto esattamente dieci minuti prima di non poterne
più di libri.
- Che c’è
di male? Così domani sono libero. – “Non
potresti liberarti per quando io sono
qui, eh?” avrebbe voluto chiedergli India. Ma per educazione
disse solo:
- Senti,
fa’ come ti pare. Io però adesso ho bisogno di
concentrarmi. Ti dispiace se
continuo da sola? – Marco sembrò deluso.
- No…
certo, va bene… Allora, non fa niente. Continuo domani.
–
Ormai
Marco era una presenza costante e questo, a India, cominciava a pesare.
In cuor
suo, però, si dava dell’egoista: possibile che
Walter non le facesse pesare i
pomeriggi di studio insieme? In fondo Marco non le aveva mica fatto
niente di
male. Ma continuava ad essere convinta che la propria presenza in casa
Cesaroni
fosse ormai inutile. Quando c’era Marco, e cioè
ogni martedì, giovedì e
venerdì, persino Rudi la lasciava in pace.
Alla fine
si decise ad affrontare l’argomento con qualcuno. Non
osò parlarne con Lucia:
la conosceva così poco! E Giulio aveva una fiducia
incondizionata in lei, le
sembrava troppo scortese dirlo a lui. Eva… beh, Eva era
praticamente sua amica,
ormai, anche se non come Veronica. Ma India aveva il vago sospetto che
parlarne
con lei sarebbe stato pressoché inutile. “Chiedi a
Giulio” le avrebbe detto.
Allora non
restavano alternative: doveva esporre la propria idea al diretto
interessato.
Affrontò
l’argomento in un piovoso pomeriggio di fine ottobre. Marco
sedeva sul divano e
sfogliava una rivista di musica. Non c’era nulla da studiare
per il giorno
dopo, e India aveva passato due ore tra le finestra e il divano, come
un’anima
in pena.
- Marco?
Posso parlarti? – gli chiese. Lui alzò gli occhi
dalla rivista.
- Certo…
Dimmi. – India andò a sedersi accanto a lui sul
divano. Si sentiva imbarazzata,
ma doveva tirar fuori quel discorso, prima o poi.
- Ecco, io
volevo dirti… ultimamente, quando sono venuta
qui… Beh, io mi trovo benissimo e
lo sai… -
- Ma…? –
Marco capì che c’era qualcosa che non andava.
- Ma tu
sei sempre a casa, e io… io sono praticamente inutile. Tuo
padre mi ha offerto
questo lavoro perché io non lasciassi soli Mimmo e Rudi, ma
se tu sei sempre
qui… a cosa serve la mia presenza? –
- Non è
che ti do fastidio? – indagò lui, trattenendo a
stento un sorriso.
- No! No,
assolutamente. Ma io non… insomma, mi sembra di rubare soldi
a tuo padre. Io
vengo qui, lui mi paga, ma ormai sembra che non ce ne sia
più bisogno! –
- Ma che
dici? Tu devi continuare a venire! –
- A che
scopo? –
- Beh… il
fatto che io stia a casa, non vuol dire… Insomma, io ho
sempre un po’ la testa
tra le nuvole penso ai fatti miei e… Non è che
proprio io badi ai miei
fratelli… - Dal suo tono, sembravano tutte scuse.
- Ma
neanch’io! Sto qui a studiare, solo e unicamente per non
lasciarli soli. Ma non
faccio altro… -
- Togliti
dalla testa il fatto dei soldi. Non stai rubando a nessuno. –
replicò Marco,
risoluto. – Qui c’è bisogno di te. Non
vorrai mica licenziarti? –
- Beh,
l’idea era quella… -
- E se ti
dico che non puoi farlo? – Marco le sorrise. India si
sentì in parte
rassicurata e in parte ancora poco convinta.
- In tal
caso… immagino che dovrò restare. –
- Appunto.
– India alzò le spalle e sorrise a sua volta.
- Va bene,
va bene. Resto. Però mi sembrava scorretto non dire
niente… -
- No, no,
hai fatto bene. – Marco le sfiorò la guancia con
una mano, e India si ritrasse
leggermente.
- Ok,
allora… - mormorò, impacciata. –
Io… beh, credo che tornerò a casa. –
- Ma sta
diluviando! – La ragazza lanciò
un’occhiata alla finestra. Cavolo.
- Vabbè.
Allora aspetterò che smetta… -
Il
giorno
dopo, India ne parlò prima con Walter, poi con Veronica.
- Povero
Marcolino, a senti’ te lui sarebbe mentalmente infermo!
–
- Ava’,
Walter, tu fai sempre tutto a modo tuo. Non ho detto questo! Dico solo
che me
lo trovo un po’… appiccicoso, ecco. –
- Che fa
il Califano in miniatura, allunga le mani? –
- Uffaaa…
Allora sono io che ho il dono di non farmi capire! –
- E che
vuoi, io interpreto quello che sento… -
- Beh, non
volare troppo con la fantasia. Intendevo dire che mi scoccia un
po’ il fatto
che lui stia sempre lì, quando sono a casa sua… -
- E beh, è
pur sempre casa sua… -
Incredibile.
Semplicemente incredibile. Come faceva Walter a recitare sempre la
parte del
clown?
- Sai, a
volte fai nascere in me un istinto omicida che non credevo di
possedere… -
sospirò India. Walter si riparò scherzosamente
con un grosso volume.
- Aiuto!
India, la Selvaggia Furia de Roma, è pronta a colpire la sua
prossima vittima! –
- Sì, e mi
sa che la colpirò molto forte! –
esclamò lei, ridendo e fingendo di picchiarlo
con il libro di matematica.
La
conversazione con Veronica fu almeno un po’ più
seria.
- Sì, mi
rendo conto che piomba’ all’improvviso nel bel
mezzo della famiglia Cesaroni
sia un trauma, ma pensavo che avresti resistito un po’
più de trenta giorni! –
India scosse la testa.
- Non era
quello, il motivo! Soltanto, non capisco cosa ci stia a fare, io, in
quella
casa. –
- Ah, se non
lo sai te… -
- …tanto
Marco è sempre là a vigilare. E’ come
se mi controllasse. –
- Forse
vuole solo assicurarsi che Rudi non ti faccia volare via da una
finestra… -
-
Veronica! – gemette India.
-
D’accordo, d’accordo… -
Ad ogni
modo, chissà come mai, per due volte di seguito India si
ritrovò sola a casa
Cesaroni. Solo a un certo punto, verso le 17;00, si aprì la
porta e
all’ingresso comparve Eva. Allungò il collo in
soggiorno, dove India
chiacchierava con Mimmo, seduta sul tappeto.
- Ciao!
Siete soli? – chiese.
- No, c’è
anche Rudi di sopra. – rispose prontamente il bambino.
- E… Marco
non è qui? –
- No… oggi
non è tornato a casa. – le disse India.
- Ah. Ho
capito… - Riprese la borsa che aveva poggiato per terra solo
pochi attimi
prima. – Allora ciao! – E sparì
così com’era apparsa. India guardò
Mimmo.
- Tu che
fai parte della famiglia… secondo te cosa sta succedendo?
–
- Non lo
so. Ma da quando sei arrivata, tutti sembrano un po’ matti.
– India sospirò
scoraggiata.
- Ecco, lo
sapevo… -
- Ma io
non dicevo in senso brutto! Per esempio, quando sono con Marco, lui
è sempre
allegro… canta in continuazione! – Mimmo si
avvicinò a lei e l’abbracciò.
– E
poi io ti voglio bene, con te mi diverto. – India lo strinse
tra le braccia e
gli posò un bacio sui capelli.
- Ah,
Mimmo… meno male che ci sei tu! –
-
Come
procede il lavoro dai De Cesare? –
- Cesaroni, mamma… -
- Oh,
vabbè, è quasi uguale… Allora? Come ti
vanno le cose? –
- Nel
complesso direi bene, mamma. – La madre di India
annuì. La ragazza rimase ferma
dov’era, sperando che il dialogo continuasse. Si sentiva
stanca e di malumore,
quel giorno, e la domanda iniziale di sua madre le aveva quasi messo
allegria.
“Ora parlerò un po’ con lei”
pensò. Ma non fu così.
- Non mi
chiedi nient’altro? – Laura si voltò a
guardarla.
- Cosa
dovrei chiederti? –
- Mamma,
io non ho solo il lavoro dai Cesaroni. C’è la
scuola, c’è il corso, c’è lo
studio, ci sono le persone che conosco. Siamo quasi a novembre. Davvero
non
t’importa di tutto questo? – La voce di India si
incrinò. Sua madre assunse
un’espressione spazientita.
- Certo
che m’importa, India, cosa vai a pensare? –
-
T’importa, ma non mi chiedi niente! –
- Ti ho
chiesto del tuo lavoro, no? –
- Sì, e di
tutto il resto? Potrei avere risultati disastrosi a scuola, non avere
amici,
potrebbe anche succedere che il corso d’arte vada male, ma tu
non lo saprai
mai…! –
- E’
successa una di queste cose, per caso? –
- No, ma…
-
- E allora
cosa vuoi da me, India?! – esplose sua madre, gettando sul
divano il libro che
stava leggendo. – Sono qui per te, ti ho pagato la scuola e
il corso, non mi
sembra di avere molto per cui essere rimproverata! Se hai dei problemi
puoi
dirmelo, ma, accidenti, cosa posso fare di più? –
India si accorse che la vista
le si era improvvisamente velata. Seguitò a fissare sua
madre nonostante ora la
sua immagine apparisse leggermente sfocata.
- Vorrei
che ogni tanto mi dicessi che hai voglia di chiacchierare con me. Anche
di cose
poco importanti, del più e del meno… ma vorrei
che lo facessi. Vorrei che mi
chiedessi come mi sento… cosa penso…
com’è andata la giornata… Lo so che sei
impegnata. Ma lo sei davvero così tanto da… da
non poterti interessare un po’
della mia vita, oltre che degli stupidi soldi che guadagno per darti
una mano?
–
Sua madre
restò a guardarla senza rispondere. India scosse la testa.
- Grazie,
mamma. Ho capito perfettamente. – E, detto questo, le
voltò le spalle e uscì di
corsa. Si fermò solo dopo aver sceso tutte e tre le rampe di
scale che la
dividevano dal portone. Si accovacciò sul marciapiede, si
prese la testa tra le
mani e pianse. Buttò fuori tutte le lacrime che
riuscì a liberare, senza
curarsi dei passanti che la fissavano straniti. Se a sua madre non
interessava
la sua vita, perché lei avrebbe dovuto interessarsi di quei
quattro cretini che
la guardavano scuotendo la testa?
Adesso,
era persino contenta di non essere quasi mai a casa, tra scuola, corso
e
lavoro. Avrebbe sopportato un intero pomeriggio di silenzio? Certo, lei
stessa
non parlava molto, ma stava pian piano scoprendo quanto fosse piacevole
una
sana chiacchierata, non per forza impegnata. Qualche parola scambiata
con una
persona che la tirasse su di morale, o che semplicemente fosse felice
quando lo
era lei. Ci sarebbe voluto un Mimmo per dirle un semplice “ti
voglio
bene”, una
Veronica per farle dire tutto
quello che si teneva dentro… o un Walter che con un sorriso
e una parola la
tirasse su come solo lui sapeva fare.
A dispetto
dell’enorme tristezza che aveva trasformato il suo cuore in
un macigno, India
rise tra sé. Possibile che delle persone conosciute solo
poco più di un mese
prima cominciassero a diventare indispensabili per lei?
|
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Capitolo 9 *** Amore impossibile bis ***
Rieccomi!
Questo è un
po’ un capitolo di transizione, nel senso che non succede
niente di
particolarmente rilevante… Colgo l’occasione per
ringraziare le persone che
leggono questa fic (vi ho scoperti, che credete? XD )… ma le
ringrazierei
ancora di più se commentassero! ;)
Capitolo
9 – Amore impossibile bis
- Terra
chiama Pianeta India! Sveglia! –
- Eh?! –
India si risvegliò improvvisamente dal suo torpore. Davanti
a lei, Walter era
appoggiato al suo banco e la scrutava attentamente. – Oh,
ciao, Walter… -
- Io ti ho
salutata circa dieci minuti fa, ma pazienza… Si vede che non
sono degno di
considerazione. –
- Ma no,
scemo… tu non c’entri. Sono soprappensiero.
– Era passato un bel po’ di tempo
dalla discussione con sua madre, ma India non riusciva a togliersela
dalla
testa. Adesso, ogni sera Laura le chiedeva come fosse andata a scuola,
ma India
non si sbilanciava nel rispondere: era fin troppo chiaro che quello era
solo un
modo per non sentirsi colpevole. - Mmm… Scusami. Ci vorrebbe
un intervento
tempestivo. –
- Non so
l’intervento, ma la tempesta c’è di
sicuro. – rispose Walter guardando fuori
dalla finestra dell’aula.
-
Evidentemente riflette il mio umore… - borbottò
India appoggiando la testa su
una pila di libri. Walter la guardò inclinando la testa.
- Qualcosa
che non va? –
Ecco. Ecco
cosa voleva sentirsi dire. E da chi lo sentiva? Da un compagno di
classe!
Buffo. Buffo, anche perché, dopo aver desiderato
ardentemente di sentire quella
domanda, preferì non rispondere.
- Niente
di grave. – Rialzò la testa. – Ti va di
farmi compagnia, stamattina? – gli
chiese, indicando la sedia vuota di Veronica. Walter finse una
riflessione
sofferta.
- E va
bene. Per questa volta, permesso accordato. – disse prendendo
posto accanto ad
India. In quella, anche Eva fece il suo ingresso in terza G. Si
fermò davanti
ai due ragazzi e sorrise.
- Povera
Vero. Lei si prende una vacanza e voi la sostituite così
prontamente! –
- Che
c’entra, io fungo solo da antidepressivo. E mi sa che oggi ce
ne vuole una dose
massiccia. – aggiunse, guardando le occhiaie di India,
piuttosto evidenti.
- E il tuo
povero amico, lo abbandoni? – Walter guardò Marco,
seduto da solo al suo banco.
-
Marcolino deve pur imparare a cavarsela senza di me, no? –
A quel
punto, Eva si rivolse ad India:
- Pensavo
che avresti preferito la sua compagnia, invece che quella di questo
“squinternato”, come lo chiamavi tu
all’inizio. – Sorrise e andò a sedersi
accanto a Marco.
Walter si
voltò di scatto verso India, fingendosi profondamente
sdegnato.
- Ah, e io
sarei squinternato? – Lei rise debolmente.
- E’
quello che pensavo all’inizio… Poi si
può cambiare parere, no? –
- Volevo
ben dire! E quale sarebbe il tuo giudizio, adesso? –
- Che sei molto
squinternato! – Walter stava per saltarle addosso e
massacrarla di solletico,
ma l’arrivo di Stefania in classe glielo impedì.
- Sei
salva. – bisbigliò ad India. – Tanto ora
mi rimanda al mio posto. Ma non mi
sfuggirai facilmente! – Invece, con loro sorpresa, la
professoressa Masetti non
inveì contro suo figlio, anzi, quando si accorse dello
spostamento, sorrise.
- Ecco,
brava, Fabiani, vedi se riesci a prolungare la metamorfosi del tuo
amico! –
-
Diventerò lo zimbello della classe… -
borbottò Walter alle parole di sua madre.
Ma alla
ricreazione fu spiegata l’esclamazione di Stefania. India se
ne stava
tranquillamente appoggiata al muro in corridoio, ad ascoltare la
pioggia
battere contro i vetri, quando si accorse improvvisamente di essere
stretta in
vita da un abbraccio da orso.
- Otto! Ho
preso otto nel compito di storia!!! – tuonò la
voce di Walter. India lo guardò
sorridendo.
-
Incredibile! Da chi hai copiato? –
- Da
nessuno, sul mio onore! Ho solo avuto una prof armata di pazienza e
coraggio. –
Walter le stampò un sonoro bacio su una guancia. –
Sei grande! Senza di te non
ce l’avrei fatta! – India si morse il labbro
inferiore mentre il suo sorriso si
allargava.
- Sono
contenta di questo, Walter. –
- Figurati
quanto lo sono io! –
Quando
Walter si allontanò gongolando, India rimase a guardarlo
finché non scomparve
dalla sua visuale. Finalmente si sentiva davvero contenta. Certo, non
si
aspettava tanta riconoscenza. Ma era impossibile non sentirsi
soddisfatti di
fronte all’entusiasmo di Walter.
- Ehi,
bella, che guardi? – India si voltò di scatto,
riconoscendo subito quella voce.
-
Veronica! –
- In
persona. –
- Ma che
ci fai qui a quest’ora? – La ragazza
alzò le spalle, passandosi le dita tra i
capelli biondi.
- Un
piccolo ritardo. Ogni tanto fa bene. Che me racconti di bello?
–
- Walter
ha preso otto in una verifica e… beh, sembrava abbastanza
soddisfatto! –
- Apperò!
L’ho sempre sostenuto che il Masetti ha delle
qualità nascoste… - Lo guardò
saltellare allegramente per il corridoio. – Molto nascoste.
– India rise. Le
passarono davanti Eva e Marco, chiacchierando fitto.
- Quei due
non sembrano neanche fratello e sorella, di quanto stanno incollati!
–
- Si
direbbe che facciano di tutto per non esserlo. –
- Che
significa? – Veronica si guardò un po’
intorno, poi abbassò la voce.
- Eva e
Marco so’ fratellastri, ma tra loro c’è
stato anche qualcosa di più. –
-
Qualcosa… tipo? –
- Erano
innamorati l’uno dell’altra. – India
guardò incredula i due diretti
interessati, in fondo al corridoio.
- Ma scusa…
lui non stava con Rachele? –
- Beh, sì.
Ma io credo che Marco ci sia stato solo per scordarsi Eva una volta per
tutte.
– Vedendo che India era incuriosita dalle sue parole,
Veronica proseguì: - Lui
è stato innamorato di lei fin da quando i loro genitori si
sono sposati. Lei
all’inizio non se lo filava, anche perché Giulio
ha fatto di tutto pe’ fargli
passa’ la cotta. Forse poi gl’è pure
passata. Ma dopo un po’, anche Eva ha
cominciato a vederlo sotto un’altra luce. –
- E sono
mai stati insieme? –
- Figurati!
Non si sono mai neanche detti che si piacevano. Il fatto è
che, quando Marco
mollava, Eva gli andava dietro, e quando Marco ripartiva alla carica,
lei si
faceva prendere dal senso di colpa e lasciava perdere. –
- Certo,
avrà avuto paura di fare guai… Sfasciare la
famiglia… -
- Ce
crederesti? Giulio ne ha parlato anche con lei. Ovviamente non le ha
detto che
Marco era innamorato di lei, ma l’ha convinta che se avessero
avuto problemi,
la famiglia si sarebbe sfasciata, come dicevi te. –
- E
adesso? Come sono messi? –
- Boh!
Pare che abbiano smesso di pensarci tutt’e due. Non che si
capisca mai bene
cos’abbiano in mente. La situazione cambia di giorno in
giorno… Un attimo prima
sono lì per baciarsi, e quello dopo manco si guardano in
faccia. Adesso devono
aver raffreddato i loro bollenti spiriti… - Veronica
ridacchiò.
- Che
storia! Non sembra neanche vero. –
- E invece
lo è eccome! Per un periodo, Eva c’è
stata davvero male. A me non piaceva
vederla così, e le ho detto di lasciarlo perdere. Ho trovato
a Marco tutti i
difetti possibili, me la so’ portata in vacanza in
Croazia… Poi non mi sono più
impicciata. Di solito è lei che mi racconta come vanno le
cose, e a giudicare
dal poco che mi ha detto fin ora… pare che si siano
rassegnati. –
- Magari
Marco ha chiuso con Rachele per onestà verso entrambe.
–
- Magari.
Chi può dirlo? – India le tirò
scherzosamente una piccola gomitata.
- E tu,
come stai a innamoramenti? –
- Io? Ma
te sembro tipa che s’innamora del primo che passa?
– ribatté sdegnosamente
Veronica.
- Che
c’entra, non dico del primo che passa. Tu sai tutto di tutti,
tutti gli
intrighi amorosi possibili ed esistenti, ma di te non dici mai
niente… ci sarà
un motivo! –
-
Scordatelo, ragazza. Veronica non s’innamora. Qualche
filarino sì, giusto per
non annoiarsi. Ma niente di serio. –
- Eh,
vedremo… -
Prima di
rientrare in classe una volta finita la ricreazione, India
incrociò Stefania.
- India,
posso chiederti come hai fatto? – le chiese la donna.
- Non ho
fatto in nessun modo. Gli ho solo dato una spintarella… -
- Devi
avere qualche potere magico. –
- Walter
non è mica un cretino, Stefania… ehm…
professoressa. – si corresse subito
India.
- Sta a te
scoprirlo, India! – rispose l’altra, sorridendo
come per prenderla in giro. –
Alla prossima lezione! –
- Sì… alla
prossima. –
E tornò in
classe, chiedendosi se fosse possibile che Veronica non si fosse mai
innamorata
nella sua vita… e che non avesse intenzione di farlo.
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Capitolo 10 *** Chiacchiere e cioccolatini ***
Capitolo
10 – Chiacchiere e cioccolatini
Buio. Voci
indistinte. Anzi no, una sola voce. Ma perché sembrava solo
un fastidioso
brusio di sottofondo?
- India? –
- Mmm… -
- Ohi,
India, che fai, stai male? – India socchiuse gli occhi.
Due occhi
scuri. Un ciuffo biondiccio.
- Walter?
–
- No, il
lupo mannaro... Certo che sono Walter! – India
alzò la testa e si stropicciò
gli occhi. – Ti stavo chiedendo a che pagina è la
lezione nuova e te stavi già
dormendo! Me devo preoccupare? –
- No… non
mi dire. Mi sono addormentata per davvero? –
- Non mi
sembra che stessi facendo finta, ma… -
- Sto
dando i numeri! - gemette
India,
prendendosi la testa tra le mani. – Siamo solo a novembre e
sto già per
crollare! – Sbuffò sconsolata.
- Non per
essere cattivo, ma anche a scuola sembrava che tu dormissi in piedi. -
- Sarà la
stanchezza… - Walter sospirò.
- Te la
senti di continuare? Anzi, di cominciare? – A quelle parole,
India richiuse
tutti i suoi libri e li ficcò nello zaino. Sotto lo sguardo
incredulo di
Walter, sbottò:
- Non mi
va di studiare! Non oggi. Non ce la faccio. Se vuoi, fai da solo. Io mi
rifiuto. – Si alzò e andò a sedersi sul
divano, incrociando le braccia e
fissando il pavimento davanti a sé. Sentì Walter
trafficare con i libri e le
sedie, poi se lo trovò seduto accanto.
- Senza la
mia professorina personale non faccio un bel niente! – le
disse sorridendo. –
Per un giorno si può anche mandare tutto al diavolo.
–
- Vuoi
farmi credere che fino ad oggi non l’avevi mai fatto?
–
- Voglio
dire che da quando studiamo insieme non ne mai avuto
l’opportunità… ma prima
era una sacra abitudine. – India sorrise appena.
- Lo
sospettavo. – Quando alzò lo sguardo, vide gli
occhi scuri di Walter puntati
nei suoi.
- Vorresti
parlare di qualcosa? –
- Walter,
tu leggi nel pensiero? –
- Solo nel
tuo. – detto questo, Walter si alzò, sparendo in
cucina. India lo sentì
armeggiare per un po’ prima di vederlo tornare con un
pacchetto colorato.
Quando glielo porse, vide che erano cioccolatini. Ne prese uno e lo
masticò con
gratitudine.
- Ecco i
veri piaceri della vita. –
- Ti
accontenti di poco! – India guardò quel viso buffo
e sorridente.
- E per
te, quali sono i piaceri della vita? – Walter
sembrò pensarci su mentre
assaporava un cioccolatino.
- Mmm…
Vediamo… - Inghiottì. – Giocare a
calcio con Marco… Vedermi assegnare un voto
superiore alla sufficienza da mia madre… e passare i
pomeriggi con te, a
studiare o a dedicarsi al dolce far niente. – I due sorrisero
contemporaneamente. India preferì parlare del secondo di
quei piaceri.
- Guarda
che tua madre fa solo il suo lavoro. Se tu non studi ti cala il voto.
Ma questo
non vuol dire… -
- A volte
mia madre si fida più dei numeri che di me. –
Pronunciata da chiunque altro,
quella frase sarebbe risultata carica di amarezza. Ma non era da Walter
parlare
così.
- Ognuno
di noi ha le sue qualità. Sicuramente lei ti vuole bene per
quelle che
possiedi… e anche per quelle che non hai. –
-
Sicuramente lei pensa che io sia un buono a nulla. –
- Walter,
lei può darti dei voti ai tuoi risultati scolastici, ma tu
non puoi dare un
voto all’amore che prova per te. – Walter
alzò lo sguardo. Non sorrideva, ma
nei suoi occhi c’era un qualcosa che a India piacque un
sacco. – E questo è
sicuramente più grande di quanto tu creda. –
- Mah…! -
- Io… te
lo dico sinceramente, da amica. Perché noi due siamo amici,
vero? – Walter le
sorrise e annuì, ma un velo di tristezza
attraversò il suo viso.
- Certo
che lo siamo. –
- E allora
ti dico che sto imparando a conoscere Stefania anche fuori dalla
scuola, ed è
del tutto diversa! Pensa che la prima volta che l’ho vista,
stava massacrando
tuo padre per quella casa in Calabria… - Entrambi risero al
solo pensiero. – A
proposito, che ne è stato? –
- Mio
padre ha già pagato la prima rata… credendo che
fosse il prezzo complessivo. –
India soffocò un’altra risata. – Dio, se
ci ripenso ho voglia di sotterrarmi.
Ho una famiglia un po’ svitata. –
- Io la
trovo fantastica. – disse India con sincerità.
Pescò un altro cioccolatino dal
pacchetto.
- E tu che
mi dici, di te? – India si strinse nelle spalle.
- Cosa
posso dirti? –
- Come mai
sei così stanca, ultimamente? –
- Beh…
Forse mi sto un po’ sovraccaricando di lavoro.
C’è la scuola, poi i compiti, il
fatto che vengo spesso qui, e poi sto seguendo un corso
d’arte. –
- Davvero?
Ti piace? – Walter sembrava realmente interessato e questo la
incoraggiò.
- Moltissimo,
ma è faticoso. C’è un sacco da
imparare, ma è totalmente diverso dalla scuola.
Si impara in un altro senso. A scuola ti danno questo e quel compito da
fare,
poi glielo porti e te lo correggono se è sbagliato. Invece
lì… ti danno un
aiuto, una guida, e poi prosegui da solo. Ti aiutano, ti indirizzano
verso la
strada giusta, ma lì non c’è niente da
correggere. E forse il difficile è
proprio quello. Devi fare tutto da solo. Ma se non ci metti passione,
è
inutile. –
- Caspita…
se la scuola fosse come ‘sto corso, io sarei la persona
più felice del mondo! –
- Vabbè,
ma adesso ti va abbastanza bene, no? –
- Va molto
meglio. Ma lascia perdere questo… Parliamo un po’
di te. – India sorrise
imbarazzata.
- Ho paura
che rimarrai deluso, Walter. Ho molto poco da raccontare. –
- Io non
credo. – Walter le sfiorò una mano: le loro dita
si toccarono appena, ma India
sentì come una scossa elettrica invaderle tutto il corpo.
– Sei tu a crederlo.
Ma sicuramente hai molto più da dire di quello che pensi.
–
- Beh,
eccoti la mia vita: vengo dalla Sicilia, non ho lasciato nessun amico,
solo una
zia. Sono venuta qui solo e unicamente per il corso d’arte.
Durerà due anni,
durante i quali resterò qui. Poi vedrò cosa fare
della mia vita. Sono venuta a
lavorare qui per dare una mano a mia madre. –
- E tuo
padre? – India rimase interdetta. Non aveva previsto quella
domanda. Per non
sembrare troppo esitante, decise di scegliere la via più
facile.
- E’
rimasto in Sicilia. Il suo lavoro è lì, e non
può lasciarlo. – Cercò di mettere
almeno qualcosa di vero nel suo racconto. – Ed è
di origini indiane. Tutto qui.
– Walter sorrise, anzi sembrava che stesse per ridere.
- Tutto
qui? Eh, no, cara mia… Stai dimenticando qualcosa.
–
- Davvero?
E cosa? –
- La tua
vita qui. –
- E’
appena iniziata… -
- Da due
mesi. Ma ormai ti sarai ambientata, no? – India
appoggiò la testa sullo
schienale del divano.
- Direi di
sì. Mi trovo bene. Anzi, forse meglio che in Sicilia. Certo,
lì c’è talmente
tanto sole che non avrei dovuto avere problemi per il colore della mia
pelle… -
Walter intuì che c’era un “ma”.
- Però…? –
- Però
sembra che mi sia sbagliata. O forse sono solo troppo asociale per
stringere
qualche amicizia. –
- Beh,
quel problema si risolve. Devi solo imparare a rispondere a tono.
– India lo
guardò.
- Che vuol
dire? –
- Che
quando qualcuno ti dice qualcosa che non va bene, devi anche saperti
trasformare nel limone più acido del mondo,
all’occorrenza. E tu, questo, non
lo fai. – aggiunse, agitandole minacciosamente un dito
davanti al viso. India
scoppiò a ridere.
- E cosa
dovrei fare? –
-
Esercitarti. Puoi provare con me. Avanti, dimmi qualcosa di veramente
offensivo. – La ragazza rifletté.
- Cioè,
dovrei dirti esattamente come sei, senza mezzi termini? –
- Ecco,
già ci siamo! – esclamò Walter ridendo.
– Questo, detto a me, suonava come un
vero insulto! – India scosse la testa sorridendo. –
Tornando al tuo problema…
Beh, dài, non credo che il tuo colore ne sia la causa!
–
- Credi?
Le statistiche dicono che il razzismo aumenta di anno in anno.
–
- Ma va’,
neanche fossi arrivata dritta dritta dal Terzo Mondo! – Le
sfiorò una guancia
con la punta delle dita, ma India non provò
l’imbarazzo cocente che le aveva
provocato lo stesso gesto, compiuto da Marco. Anzi, si sentì
piacevolmente
riscaldata da quel leggerissimo contatto. – Ti dona.
E’ come devi essere. E
poi, volendo, potresti essere semplicemente molto abbronzata.
– Walter la
guardò in silenzio per qualche istante. –
‘Mazza… ma quante lampade te sei
fatta? –
- Tu sei
completamente scemo! – esclamò India scoppiando a
ridere. Walter tirò fuori un
altro cioccolatino e lo scartò, osservandolo attentamente.
- Com’è
che ti chiama Rudi? –
- “Miss
Chicco di Caffè”… -
- Nah,
direi che Miss Cioccolatino al Latte ti dona di più! Miss
Chocolate per gli amici. – Sorrise e infilò il
cioccolatino tra le labbra di India, che lo mandò
giù senza smettere di ridere.
- Sarà
perché lo dici tu, ma lo apprezzo decisamente di
più! –
- Ecco,
brava, hai fatto la rima! – esclamò Walter
simulando una voce di bambino
piccolo e battendo le mani. – India ha fatto la rima!
– Due secondi dopo, India
se lo ritrovò addosso mentre le sue dita la massacravano di
solletico.
- Noooo,
basta, BASTA! SMETTILA! – strillò, con gli occhi
pieni di lacrime per il troppo
ridere. A quel rumore accorse Rudi. Si affacciò in soggiorno
mentre India era
ancora prigioniera sotto il peso di Walter. Li guardò con
espressione
disgustata.
- Ma che
schifo! Mi spiace dirtelo, Miss Chicco di Caffè, ma dovrai
deciderti: o Walter,
o mio fratello! – E se ne andò sogghignando. I due
ragazzi si tirarono su e
India cercò di sistemarsi i vaporosi capelli castani.
- Che
voleva dire? – indagò Walter.
- Boh.
Chiedilo a lui. – rispose India, che non aveva neanche
prestato attenzione alle
parole di Rudi.
- Vabbè.
Comunque, adesso so come ripagarti delle lezioni private: ti
darò lezioni di
risposta pronta! –
- Non vedo
l’ora di cominciare, prof. –
- E cerca
di non prendermi troppo in giro. Porta rispetto a chi è
più vecchio di te e sta
per prendere la patente! – India si voltò a
guardarlo.
- Davvero?
Quando? –
- Tra
qualche mese. Ti andrebbe di farti un giro per tutta Roma a
centosettanta
chilometri orari per festeggiare? –
- Cioè
vuoi festeggiare la patente facendotela ritirare subito? –
- Ecco, mi
sa che tra poco non avrai più bisogno delle mie lezioni.
–
- Non si
finisce mai d’imparare. Accoglierò sempre con
piacere qualche suggerimento. E
anche un altro cioccolatino. – aggiunse allungando una mano
verso il pacchetto,
prima di accorgersi che questo era completamente vuoto. –
Ops. Come non detto.
Mi sa che abbiamo abusato dell’ospitalità dei
Cesaroni. –
- Quale
ospitalità? Ma se non c’è nessuno!
–
- A parte
Mimmo e quella sottospecie di pestilenza con i piedi. –
- Sta’
attenta: se i tuoi amorevoli rapporti con Rudi e la nostra…
amicizia dovessero
influenzarlo negativamente… ovvero, se Rudi decidesse
improvvisamente di
aggiungermi alla lista delle sue vittime preferite…
Sarà colpa tua e non ti
rivolgerò mai più la parola! –
- Fa’
direttamente bisticcio, visto che ti piace ricorrere a soluzioni
così mature. –
propose India.
- Ma io sono
maturo, sono appena cascato dall’albero! Vabbè, a
parte lo scherzo, non so se
riuscirei a resistere due settimane senza almeno un’altra
seduta di chiacchiere
come questa. Anzi… - Rifletté. – Di
chiacchiere e cioccolatini. Visto come abbiamo
saccheggiato la credenza Cesaroni, direi che è
più giusto chiamarla così. –
- Già. –
- Beh… -
Walter si stiracchiò e lanciò
un’occhiata fuori dalla finestra: il tempo era
decisamente più aperto che nei giorni passati. –
Dovrei andare. – E rimase fermo
sul divano, senza dire altro, per vari minuti. Poi India ruppe il
silenzio:
- Non
dovevi andare? –
- Non mi
va di muovermi. – si lamentò lui. India si
alzò dal divano e tirò Walter per un
braccio fino a far alzare anche lui.
- Ecco
fatto. Se fossi un po’ più forzuta, potrei
portarti in braccio fino alla porta,
ma da lì in poi dovrai comunque camminare con le tue gambe!
–
- Oooh,
come siamo spiritooose! – India lo spinse fino alla porta.
- Non ho
intenzione… di fare ancora per molto… il servizio
gru! –
- Va bene,
va bene, ho capito! – Sospirando di sollievo, India smise di
spingerlo.
- Mettendo
da parte le buffonate… - mormorò attorcigliandosi
i riccioli tra le dita. –
Sono stata bene con te, oggi. Mi ha fatto piacere parlare un
po’. –
- A tua
disposizione, quando vuoi. Fa’ un fischio e sono da te.
– Walter si chinò a
baciarla su entrambe le guance. – Ci si vede a scuola, India.
– Lei annuì e
chinò la testa, sorridendo imbarazzata.
- Sì,
certo. – Stava quasi per andarsene, lasciando Walter da solo
davanti alla porta
aperta, ma poi le venne spontaneo aggiungere: - E… grazie.
–
- Niente
grazie. Facciamo così: quando sarò io a voler
parlare con qualcuno, ti
costringerò ad ascoltarmi per sdebitarti. Va bene
così? – Walter le fece
l’occhiolino e India sorrise.
- Va bene,
faremo così. A domani. –
- A
domani… -
Richiudendo
la porta alle sue spalle, India si sorprese a ridere da sola. Le
tornarono in
mente i primi pensieri che avevano occupato la sua mente quando aveva
appena
messo piede a Roma.
Non
voglio legarmi a nessuno. “Ma
si può cambiare idea, no?”
Sì, quel
ragazzo cominciava decisamente a piacerle.
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Capitolo 11 *** Dicembre ***
Capitolo
11 – Dicembre
Dicembre
arrivò portando una ventata di novità, oltre ai
primi segni dell’inverno ormai
vicino.
Quel
lunedì, India si sentiva nuovamente addosso quel fastidioso
senso di
stanchezza, una strana voglia di non far niente se non starsene stesa
sul divano
a leggere un libro o a disegnare un po’. Anche Eva la pensava
allo stesso modo,
o perlomeno così sembrava dalla sua espressione quando
entrò in classe e gettò
lo zaino ai piedi del banco.
-
Giornatina incantevole fin dal risveglio, eh? –
scherzò India vedendo la sua
faccia. Con sua grande sorpresa, Eva le rivolse uno sguardo gelido.
- Già… Incantevole.
– Le parole uscirono dalle sue labbra taglienti come
frammenti di vetro, come
se avesse appena ricevuto un pesante insulto.
- Scusami,
non volevo… insomma, non credo che… -
balbettò India, impacciata.
- Non
volevi che? – sibilò Eva, voltandole le spalle e
sedendosi al suo banco. India
rivolse uno sguardo incredulo a Veronica, la quale alzò le
spalle.
- Ma che
le prende? –
- Non ne
ho idea! –
India non voleva credere di aver potuto offendere Eva: le
aveva rivolto appena due parole! Sperò che si trattasse di
un malumore
passeggero e decise di tenersi occupata nell’ora di
religione, durante la quale
ogni singolo membro della terza G si dedicava puntualmente ai fatti
propri. I pensieri
di India volarono all’anziana zia Giulia. Avevano parlato al
telefono un paio
di volte, ma non erano state conversazioni molto esaurienti: mamma
Laura aveva
un vero terrore della bolletta del telefono, e pregava India di fare a
meno di
chiamare chiunque, se non per casi eccezionali. Ma la zia le mancava:
aveva
fatto moltissimo per loro, ma India adesso si sentiva quasi in colpa
per non
essersi più fatta viva. Prese carta e penna e
cominciò a scrivere.
Cara
zia Giulia,
ti
chiedo scusa per non essermi più fatta sentire. Ma sai
com’è… la mamma e le sue
manie di risparmiare! In realtà negli ultimi tempi guadagna
niente male, e
anch’io me la cavo con un lavoretto part-time a casa di certi
miei compagni di
scuola. E così, a forza di risparmiare, comincio a sentirmi
isolata!
Come va
lì da te? Qui c’è già
abbastanza freddo. Sono sicura che laggiù in Sicilia ci
sono almeno dieci o quindici gradi in più.
Al
momento sto fingendo di seguire l’ora di religione. Non ho
trovato occasione
migliore per scriverti. Ogni martedì e giovedì
sono impegnata con il corso
d’arte, come penso saprai, e per il resto della settimana
(tranne naturalmente
nel weekend) sono da questi miei compagni per badare ai loro due
fratelli più
piccoli. Uno di loro ha otto anni, si chiama Mimmo ed è un
amore. Si sorbisce
intere pagine di letteratura, scienze e storia pur di farmi compagnia!
L’altro
ha tredici anni e si chiama Rudi. Diciamo che, mettendo da parte la sua
accoglienza con una macchia di vernice sulla mia sedia e il suo
tentativo
(riuscito) di buttarmi a faccia in giù nel fango, potrei
anche trovarlo
simpatico…
Si chiese
cos’altro avrebbe potuto aggiungere. Erano successe un bel
po’ di cose in meno
di tre mesi, ma non era certo il caso di raccontarle tutte.
C’erano la costante
presenza di Marco, la mutabilità di Eva, le chiacchierate
con Veronica, i
pomeriggi passati con Walter… Come riassumere in poche
parole tutto ciò?
…Se
non
t’interessa sapere delle mie nuove conoscenze, salta pure
questa parte. Ma ti
conosco troppo bene, zia, e so che non lo farai!
Prima
di tutto c’è Veronica, la mia compagna di banco.
Abbiamo fatto subito amicizia
e, nonostante il suo posto sia spesso vuoto come conseguenza delle
vacanze che
ama concedersi, passiamo insieme la maggior parte del tempo a scuola.
Quando mi
ritrovo da sola nel banco, in ogni caso, c’è
qualcun altro che viene spesso a
farmi compagnia, ma te ne parlerò più avanti.
Poi ci
sono Marco ed Eva. Sono fratellastri e fanno parte della famiglia
presso cui
lavoro. Mimmo e Rudi sono i fratelli di Marco; poi
c’è Alice, la sorella di
Eva; Giulio, il padre dei tre ragazzi, e Lucia, la madre delle ragazze.
E’ una
famiglia piuttosto caotica ma simpatica. Variopinta. E’ stato
Giulio ad
offrirmi il lavoro. Che poi non è un lavoro nel vero senso
della parola, perché
il mio compito è unicamente di non lasciare soli Mimmo e
Rudi.
Poi c’è
Walter Masetti. E’ un po’ matto, ma siamo diventati
amici. Quando sono con i
due bambini, lui è quasi sempre con me: da un po’
di tempo gli do una mano con
lo studio (con ottimi risultati: forse sto scoprendo una vocazione!).
E’ un
ottimo antidepressivo quando sono giù, ed è un
tipo a posto. Sua madre Stefania
insegna lettere nella mia classe (è anche Preside della
scuola). Quando l’ho
vista per la prima volta mi ha fatto un po’ paura: come prof
è severissima (sul
lavoro, non guarda in faccia neanche suo figlio), ma fuori dalla scuola
è uno
spasso. Credo che mi abbia preso in simpatia. Suo marito Ezio
sembrerebbe la
sua vittima preferita, ma in realtà si adorano. Non
l’ho visto molte volte, ma
credo che Walter sia tale e quale a lui, come carattere…
Che
altro
dire? Scorse velocemente con lo sguardo le righe che aveva scritto.
L’ora stava
per finire, e India era certa che Stefania, per quanto fosse
“uno spasso”, come
aveva scritto, non l’avrebbe lasciata ad occuparsi dei fatti
propri durante la
sua ora.
…Credo
di averti detto tutto. Anzi no! L’appartamento che ci hai
affittato è
delizioso! Peccato solo che non ci sia una camera tutta per me. Ma non
fa niente,
perché la maggior parte delle volte mi alzo a
metà nottata e mi metto a dormire
sul divano.
Spero
che ci vedremo presto. Potremmo venire da te per le vacanze di Natale!
Mi
manchi un sacco. Ti mando un saluto anche da parte di mamma.
A
presto,
tua India
Mise da
parte la lettera, sperando di ricordarsi di spedirla
all’uscita della scuola, e
si accinse a seguire la lezione successiva.
Quando la
campana annunciò il termine dell’ultima ora, India
pensò di scambiare due
parole con Eva, giusto per capire se fosse ancora seccata come a inizio
giornata. Ma se ne pentì quasi subito.
- Non
torni con noi, oggi? – le chiese gentilmente.
- Non
torno mai a casa subito dopo la scuola. – Niente. Il suo tono
era ancora gelido
e scostante.
- Ah, ok,
scusa. Pensavo solo… -
-
Cominciamo a muoverci, India? – In quel momento Marco
spuntò al suo fianco,
facendola sobbalzare. India rivolse ad Eva uno sguardo interrogativo,
ma la
ragazza tagliò corto:
- Andate
pure. Avrete un sacco da fare. – E si allontanò a
passo di marcia con lo zaino
appeso a una spalla. India rimase a guardarla a bocca aperta, ma Marco
non
sembrò farci caso.
- Allora?
Andiamo? –
- Sì,
andiamo. – sospirò lei. Lungo la strada, si
fermò a comprare una busta e un
francobollo, poi imbucò la lettera per sua zia, sperando
ardentemente in una
sua risposta.
- Non vedo
l’ora che arrivino le vacanze. Sono già stanco
morto… - cominciò Marco, prima
di lanciarsi in una dettagliatissima relazione di quello che avrebbe
fatto una
volta libero dallo studio. India lo ascoltava distrattamente, ma non si
sentiva
più così infastidita dalla sua presenza. Anzi, le
sembrò un ottimo pretesto per
tenere la mente ben sgombra da qualsiasi pensiero.
Quel
giorno Eva non passò da casa, non tornò poco
prima che India se ne andasse,
come faceva quasi sempre, ma lei era troppo presa dalla chiacchiera
inarrestabile di Marco per farci caso.
Il giorno
dopo, appena finite le due ore di poesia con Rachele, India decise di
riprovarci.
- E’ stato
interessante, oggi, vero? –
- Molto. –
Niente da fare. Eva era, se possibile, ancora più fredda.
“Cretina che non sono
altro” si rimproverò India. “Se proprio
dovevo attaccare discorso, perché usare
come argomento proprio la donna che lei detesta? A meno che non stia
cominciando a detestare anche me. Ma che ho fatto di male? Prima Rudi,
poi le…i!”
Marco, da
parte sua, non fece proprio caso allo strano atteggiamento della sua
sorellastra. Dopo un periodo in cui fece in modo di non essere mai a
casa
quando c’era India, era tornato alle vecchie abitudini.
Almeno, quando c’era
anche Walter, non girava per tutta la casa come un’anima in
pena.
Stava
riflettendo su questo, quando la porta d’ingresso si
aprì. India allungò il
collo per vedere chi fosse. Era Eva. Ma entrò senza il suo
solito “Sono io!”.
Salì in camera sua senza dire una parola, passò
qualche secondo e tornò giù.
- Ciao,
Eva. – azzardò timidamente India.
- Avevo
dimenticato la borsa. – Fu con queste parole che Eva
uscì nuovamente di casa.
Non un cenno, non un saluto. India cominciava a sentirsi frustrata:
erano già a
venerdì, e non sembrava che l’apparentemente
infondata collera di Eva
accennasse a sbollire.
Qualche
giorno dopo, le venne voglia di saltarle al collo e scuoterla
finché non le
avesse detto perché la trattava così. Non avrebbe
saputo dire se quel
comportamento non proprio affettuoso fosse riservato solo a lei, o se
Eva
avesse improvvisamente maturato un odio feroce verso tutti gli esseri
umani di
sua conoscenza. Decise di chiedere aiuto alla persona più
adatta in quella
situazione: Veronica.
- Per
favore, puoi vedere se riesci a scoprire che cavolo le ho fatto? Almeno
mi sarò
tolta la curiosità! –
- Posso
prova’. Ma quando Eva è di malumore, è
difficile che parli. –
- Tirale
fuori le parole con le pinze, allora! –
Il giorno
dopo quella breve conversazione, Veronica rivolse ad India
un’occhiata
inequivocabile.
- Niente,
eh? –
- C’ho
provato a farla parla’. Ma dice che non ha niente. –
- Non
sembrerebbe, dal modo in cui mi tratta, ultimamente. –
- A me
sembrava solo triste. Non è stata particolarmente offensiva.
–
- Allora
avevo ragione, sono io il problema! – convenne tristemente
India.
- Ma no,
se vede che tu Eva non la conosci. Di solito pare ‘n
agnellino, ma quando c’ha
la luna di traverso, diventa ‘na belva e aggredisce il primo
che le capita sottotiro.
Se vede che sei stata sfortunata, India. – Lei
allargò le braccia e scosse la
testa.
- Non so
che dire. Speriamo che le passi. –
- Ma sì,
dài. Vedrai che passerà. –
India lo sperava con tutta sé stessa. Non che con Eva
fosse mai stata particolarmente legata, ma quella freddezza nei suoi
confronti,
senza che lei avesse fatto niente di male, la metteva parecchio a
disagio.
- Uffa, ma
dov’è Walter quando c’è
bisogno di lui? –
- Ovunque,
ma non qui. – sospirò Veronica. –
Tipicamente Masetti. – India non indagò
oltre. Non le interessava più di tanto sapere cosa
intendesse Veronica.
Alla sua
preoccupazione si aggiunse il fatto che la zia Giulia non si era fatta
viva.
Nemmeno con una telefonata. Che non avesse ricevuto la sua lettera?
Decise di
chiedere a sua madre.
- Mamma,
hai per caso notizie di zia Giulia? – le chiese un giorno,
subito prima di
uscire per andare a scuola. La sera prima era andata a dormire presto e
non
aveva visto sua madre. Solo in quel momento notò che aveva
l’aria più sbattuta
del solito.
- Ehm…
come dici? –
- Zia
Giulia! Le ho mandato una lettera più di una settimana fa e
non ho ancora avuto
sue notizie. Per caso l’hai sentita? – Laura
sospirò profondamente. India
conosceva bene quel sospirare, quegli occhi chiusi: c’era una
notizia poco
piacevole in arrivo.
- Ieri…
ieri sera ho ricevuto una telefonata. Tu stavi dormendo e… e
non ho voluto
svegliarti. Ma te l’avrei comunque detto oggi. –
India si rasserenò.
- Ah,
allora ha chiamato! Che dice? Come sta? – Sua madre scosse la
testa.
- Non era
lei. – Le fece una carezza su una guancia e sorrise
mestamente. – India… zia
Giulia ieri se n’è andata. – Ad India si
seccò la bocca.
- In che
senso… se n’è andata? –
- E’
morta, India. – Sua madre non aveva avuto un rapporto
abbastanza sereno con la
zia per esserne sinceramente addolorata, ma immaginava facilmente che
ciò
sarebbe stato un duro colpo per India. E infatti non si
sbagliò. Dagli occhi
verdi della ragazza spuntarono due piccole lacrime.
- Oh, no…
no… - La carezza che ricevette da sua madre non
l’aiutò.
- Mi
dispiace. – Ma fu come parlare al muro: India era
già scappata giù per le
scale. Non riuscì a fermare i singhiozzi per tutto il
tragitto fino alla
scuola, davanti la quale s’impose di darsi un
contegno… per quanto le fosse
possibile.
Zia Giulia
morta… non le sembrava possibile. Proprio adesso che stava
cominciando a
organizzare il suo ritorno in Sicilia per le vacanze di Natale!
Ricacciò
indietro le lacrime, sospirò profondamente e
varcò il cancello. Si avviò
direttamente in classe, senza guardarsi attorno, senza dire una parola,
senza
riuscire neanche a pensare. In aula non c’era ancora nessuno,
e India si
accovacciò a gambe incrociate sul suo banco, a testa bassa.
Era come una
piccola fiamma appena accesa, pronta a esplodere da un momento
all’altro.
- Ehi! –
fece una voce squillante. Inutile voltarsi a guadare chi fosse: la voce
di
Walter era inconfondibile. India non si mosse, e Walter le
andò vicino,
pensando che non l’avesse sentito. – Ti ho vista
fuori, poi sei schizzata in
classe e non ho avuto neanche il tempo di… -
cominciò, ma la sua voce fu
improvvisamente sovrastata da un pianto irrefrenabile e disperato, e un
attimo
dopo India lo stava abbracciando.
- Oh,
Walter! –
Lui rimase
interdetto, non disse nulla. India continuava a singhiozzare sulla sua
spalla,
così fece ciò che gli venne più
naturale: circondò India con le braccia e la
strinse a sé, sperando di placare il suo pianto.
- No,
piccola… dài… non piangere…
-
Continuò
ad abbracciarla e cullarla dolcemente, senza chiederle cosa fosse
successo:
India era talmente scossa dai singhiozzi che certamente non sarebbe
riuscita a
pronunciare una sola parola. E d’altronde, dentro di
sé, India era felice
almeno di aver trovato qualcuno che le offrisse la sua amicizia senza
riserve,
senza domande, solo e unicamente per il desiderio di farlo. E questa
era
senz’altro la cosa di cui aveva più bisogno in
quel momento.
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Capitolo 12 *** Complicazioni ***
Lo
so, è da poco che ho postato, ma oggi sono di buonumore
perchè 1), ho scritto l'ultimo capitolo di questa fic
(ancora ce n'è, non temete) e 2) perchè sto
già lavorando a quella nuova. Ah, già! Devo
ringraziare tantissimo la mia sore Elisa, che commenta sempre (e non
solo per quello), e Michelle Ma Belle, che ha messo fine al mio
complesso da zero recensioni: grazie!!!
Capitolo
12 – Complicazioni
Fino a
pochi giorni prima, India avrebbe dichiarato con sicurezza di non aver
mai
vissuto momenti più terribili. Ma dovette presto ricredersi.
Walter non
osò sfiorare l’argomento, ma India si sentiva
profondamente in colpa e, allo
stesso tempo, grata verso di lui. La verità era che Walter,
vedendo quei due
occhi verdi colmi di tristezza, non aveva il coraggio di chiedere
nulla, anche
se, naturalmente, si chiedeva cosa avesse buttato giù India
fino a quel punto.
Così,
pochi giorni dopo il fattaccio, India si decise a spiegarsi.
- Walter…
- mormorò un pomeriggio, quando ebbero finito di studiare.
– Volevo scusarmi
per l’altro giorno… - Lui le sorrise.
- Scusarti
di cosa? Non mi hai né offeso né fatto uno
sgambetto. –
- Sì, ma
ti sono saltata addosso a quel modo, a piangere senza spiegarti neanche
il
motivo… -
- Beh, si
era capito che non avevi voglia di parlarne… Ma a volte
buttar fuori il dolore
fa bene, no? –
- Appunto.
E se non lo dico a te… a chi lo dico? – I due
sorrisero insieme. – Ecco, quel
giorno… mia madre mi aveva appena detto che… che
una mia carissima zia,
l’unica, è morta. – Il sorriso scomparve
dalle labbra di Walter. Le strinse
affettuosamente una spalla.
- Mi
dispiace… - India annuì tristemente.
- E già.
Eravamo così legate, non ci sentivamo da tanto
tempo… E poi vengo a sapere… E’
stato un brutto colpo. Avresti dovuto vedere mia madre quando me
l’ha detto,
come se fosse morto il pesce rosso! – Seguì un
silenzio carico di significati.
– Ed ero così scossa, che mi sono messa a frignare
sulla prima spalla che mi è
capitata. –
- Mi vuoi
dire che se in classe fosse entrato Rudi, avresti usato la sua?
– Come al suo
solito, Walter riuscì a farla ridere.
- No, non
credo. Diciamo che la tua spalla era la più comoda in
circolazione. –
- Vabbè,
dài, a parte gli scherzi… Mi dispiace, davvero.
Posso fare qualcosa per te? –
India scrollò le spalle.
- E cosa?
Non credo che tu possa cambiare il ciclo della vita. Perché
oltre quello… non
c’è proprio nient’altro da fare.
–
E quello
fu il suo primo grande errore.
Perché
dopo il dolore e la sofferenza, venivano i problemi pratici.
- India,
adesso dobbiamo pensare ad organizzarci. – le disse infatti
sua madre.
- Ovvero?
– le chiese l’altra, di rimando. Era appena sera,
ed India era appena tornata
dal corso d’arte. Non aveva ancora digerito la morte della
zia, e le parole di
sua madre, qualsiasi cosa intendessero, le parvero fuori luogo, quasi
offensive.
- Non c’è
più l’aiuto di zia Giulia. Non possiamo sostenere
le spese, in due. –
- Mamma,
vai al sodo, per favore. – Laura sospirò
profondamente.
- Io devo
tornare in Sicilia. – India la guardò senza dire
niente. – In due non
guadagniamo abbastanza da arrangiarci in modo decente. Io credo
che… dovresti cominciare
a cercarti un appartamentino per te. –
- Un…
appartamento per… Dovrei andare a vivere da sola?
– esclamò India, incredula.
- Non c’è
altra soluzione. –
- E come
faccio? A chi chiedo? Così,
all’improvviso… - Sua madre le sorrise.
- Non me
ne andrò finché non avrai trovato un posto in cui
stare, non preoccuparti. – Da
un po’ di tempo si sforzava di fare la madre premurosa e, per
quanto non le
riuscisse granché bene, India cercava di venirle incontro.
Ma adesso la
faccenda era veramente seria.
- Non
potrò permettermi più di un
monolocale… -
- Aspetta,
India, non ti ho ancora detto tutto. Zia Giulia ha lasciato un
testamento,
naturalmente… – Con uno sguardo India la
incitò a continuare. – E ti ha
lasciato una piccola somma. Solo per te. Non è tantissimo,
ma ti darà un aiuto
notevole. –
Quella
notizia la rassicurò, ma solo per una piccola parte. Quanto
ci sarebbe voluto
per trovarsi un appartamento? Dove l’avrebbe preso? Cosa si
sarebbe potuta
permettere con quella somma? Tutto a un tratto, si sentiva confusa come
non lo
era mai stata. A soli diciotto anni, si trovava a dover affrontare una
responsabilità forse troppo grande. Certo, non era sola,
c’era sua madre,
c’erano i suoi amici… Ma cosa avrebbero potuto
fare un paio di ragazzi della
sua età per aiutarla?
L’unica
soluzione era darsi da fare. E cominciare col chiedere qualche
informazione in
giro.
- Brutta
storia. – commentò Veronica quando India le
parlò del suo problema. – Non
nascondo che mi piacerebbe anda’ a vivere da sola, ma non in
circostanze così…
-
- Non
sapresti proprio dove…? –
- Mi
dispiace, India, non ho idea di come aiutarti. Posso ascoltare quello
che hai
da dirmi, ma per la casa… non so proprio dove mettere le
mani. – India le fu
comunque molto riconoscente.
- Grazie,
Vero, sei un’amica. – le disse abbracciandola.
-
Figurati! Se posso aiutare… -
- A
proposito, come sta Eva? – In quei giorni, presa
com’era dai suoi problemi, si
era quasi dimenticata di lei e del suo comportamento aggressivo.
Veronica si
strinse nelle spalle.
- Sembra
sempre molto giù. Ma non sono riuscita a capire
perché. –
- Mah.
Forse è preoccupata per un ragazzo. Magari è
innamorata. –
- Ma
quando una s’innamora non se comporta così!
– India le sorrise.
- Non eri
tu quella che non si innamora mai e mai lo farà? –
Anche Veronica stese le
labbra in un sorriso.
- Oh, beh…
Una ragazza certe cose le capisce… - Per la prima volta da
quando si
conoscevano, India colse una nota d’imbarazzo nella sua voce
e nei suoi gesti.
-
Ringrazia che al momento ho la testa altrove. Ma quando avrò
sistemato tutto,
ti ascolterò con gioia! – Veronica sorrise ancora
e non rispose.
Alla
ricreazione, India tentò di parlare con Eva ma, non appena
le si avvicinò e
aprì bocca, lei schizzò via senza guardarla in
faccia. India sospirò e si
lasciò cadere sulla sua sedia. Stefania, che in quel momento
stava riordinando
le sue cose nella borsa prima di andarsene, le lanciò
un’occhiata apprensiva.
- India, c’è
qualcosa che non va? – La ragazza si stupì
leggermente dell’interessamento.
- No,
professoressa, è tutto a posto. –
- Lascia
perdere la formalità, tanto sono quasi tutti fuori.
– replicò Stefania in tono
sbrigativo. – Sei sicura che sia tutto a posto? Ultimamente
sei spesso
soprappensiero… -
- Grazie
dell’interessamento, Stefania, ma davvero, è tutto
ok. –
- Se c’è
qualcosa che ti preoccupa, puoi parlarmene, lo sai. –
Stefania le fece
l’occhiolino e uscì dalla classe, lasciandola
sola. India le era grata per le
sue attenzioni, ma non se la sentiva di parlare con lei delle sue
preoccupazioni. Le sarebbe sembrato di elemosinare compassione, e
questo non le
sarebbe piaciuto per niente.
Anche
Walter si accorgeva della distrazione di India durante i loro pomeriggi
di
studio. Non avrebbe voluto darle l’impressione di ficcare il
naso nelle sue
faccende, ma la sua natura spontanea ed espansiva gli impedì
di trattenersi dal
chiedere:
- Altri
problemi in vista? – India era sepolta sotto una montagna di
libri di ogni
materia. Non voleva che i suoi voti né, soprattutto, quelli
di Walter
risentissero del suo malumore.
- Si vede
tanto? –
- Scusami
se m’impiccio, ma mi sento in colpa. – India emerse
dalla montagna di libri.
- Tu? E
perché mai? – Walter si strinse nelle spalle con
aria colpevole.
- Beh, si
capisce che tu hai le tue preoccupazioni, e intanto sei qui, appresso a
questo
peso morto che sarei io… -
- Dio,
Walter, cosa ti passa per la testa? Tutti hanno dei problemi, ma non
per questo
smettono di studiare o mandano al diavolo gli amici, no? –
- Allora
vuoi almeno dirmi cos’altro è successo?
– India spostò di lato la sua pila di
libri.
- Entro
qualche mese me ne andrò a vivere da sola. –
disse, senza troppi preamboli.
Walter la guardò a bocca aperta.
- Di già?
E perché? –
- Ti avevo
detto che era stata mia zia ad affittarci una casa, no? Beh, ora che
non c’è
più, non possiamo aspettare che i soldi piovano dal cielo.
Mia madre torna in
Sicilia e io devo arrangiarmi. –
- Ah,
tornerà da tuo padre, allora… - Per un attimo
India si chiese cosa volesse
dire, poi si ricordò delle frottole che gli aveva raccontato
a proposito del
padre.
- Ehm, sì,
appunto. Ma, come ti ho detto, lui è bloccato
laggiù. Mia zia mi ha lasciato
una piccola somma di denaro… non so quanto… ma
dovrebbe facilitarmi un po’ le
cose. –
- Dunque
adesso il problema più grosso sarà trovare una
casa per te. –
-
Esattamente. Un appartamentino piccolo, possibilmente nei pressi della
scuola…
Prima pensavo a un monolocale, ma… non so proprio da che
parte cominciare. –
Per qualche minuto regnò il silenzio. Si udiva solo il
fruscio delle pagine del
libro con cui Walter giocherellava mentre rifletteva.
- Se
potessi aiutarti… -
- E come?
Almeno mia madre rimane qui finché non sistemo le cose. Non
che sia un granché
come sostegno morale, ma almeno non rimarrò sola fino
a… -
- India,
non sei sola. – la interruppe Walter. Le sorrise e le prese
una mano. – Ci sono
io. – India chinò la testa e non rispose.
Abbracciami,
ancora
un po’
perché d’amore
mai abbastanza io ne
avrò.
Abbracciami, perché
non so
domani se ti avrò…
(G.
Morandi,
“Abbracciami”)
Dì
qualcosa, scema, rispondigli, non fare sempre la parte del pesce
lesso…
Perché
quegli occhi scuri la mandavano in confusione? Perché quella
mano le faceva
venire la pelle d’oca ogni qualvolta la sfiorasse?
Perché provava un desiderio
irrefrenabile di gettargli le braccia al collo e non lasciarlo
più?
Avanti,
parla, cretina… Su… Avanti, India, respira.
Respira…
- Grazie
di tutto, Walter. Ti voglio bene. –
Si sentì
come se avesse appena inghiottito un grosso cubetto di ghiaccio. Ecco,
ora
Walter sarebbe scoppiato a ridere… Avrebbe scosso la testa,
dicendo che sì, lui
c’era, ma non fino a quel punto… India si
preparò mentalmente a sotterrarsi
nella prima buca a portata di mano.
- Anch’io
ti voglio bene, India. – La ragazza alzò la testa,
troppo sorpresa per
ribattere qualsiasi cosa. Walter sorrideva. E non era un sorriso di
scherno.
Era un sorriso sincero. – Non ti preoccupare, tutto si
sistemerà, d’accordo? –
Altro
cubetto di ghiaccio.
- Se lo
dici tu… -
- Fidati.
– Ancora una volta, India ringraziò il cielo di
non poter arrossire. E poi,
Walter le aveva detto che quel colorito le donava…
|
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Capitolo 13 *** Sorprese e gelosia ***
Piccola nota: l'indirizzo
inserito in questo capitolo deriva dal fatto che via Adige è
l'unica via romana che io conosca^^ ogni riferimento è
puramente casuale
Capitolo
13 – Sorprese e gelosia
- Tu non
sei innamorata di Walter. No, no, no. E’ solo
un amico. –
- Che
dici? –
- Ehm…
niente. Parlavo da sola. –
Veronica
alzò le spalle e si coprì le orecchie con le
cuffie del suo lettore mp3. India
sospirò di sollievo. Sperò che l’amica
non avesse sentito. Ma non trovava altro
modo per autoconvincersi di non essere innamorata di Walter, come da
qualche
giorno pareva invece che fosse.
Era nata
un’amicizia troppo bella, troppo speciale per rischiare di
rovinarla. Per
Walter, India era chiaramente solo un’amica.
D’accordo,
le aveva offerto il suo aiuto, l’aveva consolata, era stato
ad ascoltarla… ma
questo era un comportamento normale per un amico.
Le vacanze
erano ormai alle porte ed India sperava che servissero a farle passare
quella
cotta. Ma era una cotta? Ormai la vicinanza di Walter provocava in lei
strani
effetti: improvvisamente aveva paura di dire qualsiasi cosa, paura di
sembrare
solo una sciocca ragazzina, paura di farsi scappare qualcosa che non
avrebbe
assolutamente dovuto dire. Walter non sembrava aver notato quella
metamorfosi,
dato che era ancora più amichevole con India, più
presente e chiacchierone.
Così, da
più di una settimana, si impegnava puntualmente con una
seduta di lavaggio del
cervello, diventando sempre più consapevole di quanto fosse
difficile.
- Eva
sembra un po’ più tranquilla, sai? –
disse a un certo punto Veronica.
- Sarà la
prossimità delle vacanze… - fu la distratta
risposta di India. Personalmente,
non aveva notato nessun grosso cambiamento. Eva sembrava solo meno
reticente a
parlare, ma quando si rivolgeva a lei la sua voce era sempre dura e
tagliente. Alla fine, la ragazza decise di lasciar perdere. Non valeva
davvero
la pena di farsene una malattia, quando aveva cose più
importanti a cui
pensare.
- Già. Io,
per esempio, me sento benissimo. –
- Sono
contenta per te. –
- Tu,
invece… Ti vedo giù di tono. Altrimenti
m’avresti chiesto perché so’ felice.
–
Veronica non sembrava affatto offesa, anzi… la sua era quasi
una presa in giro.
- Oh,
scusami, Vero. Sono completamente andata. Dài, dimmi.
E’ successo qualcosa di
bello? – Veronica si strinse nelle spalle e sorrise.
- In
realtà non è successo niente… Ma,
ecco… Beh… Ti ricordi quando ti dicevo che
non mi sarei mai innamorata? – India le sorrise.
- Che ci
hai ripensato si era capito, ma… Chi è il
fortunato? –
- Oh,
aspe’, non farti strane idee. Non è che
so’ proprio “innamorata”, eh! Diciamo
che ho trovato qualcuno su cui non me dispiacerebbe fa’
‘n pensierino, ecco… –
- Dài, non
tenermi sulle spine. Chi è? –
- …che poi
‘n c’avrei manco pensato, sai. Figurati,
è mio amico da una vita, e solo adesso
m’accorgo che se fosse anche
qualcos’altro… -
- Vero,
sputa il rospo! – la ammonì India, divertita.
Veronica si piegò verso di lei e
sfoderò un sorriso a trentadue denti.
- Walter!
– sussurrò elettrizzata. Il sorriso si
gelò sulle labbra di India. – Ce
crederesti? So’ secoli che col Masetti siamo amici, ma
adesso… beh, sto
cominciando a vederlo sotto un’altra luce! –
- Ah… -
Improvvisamente India decise che non si sarebbe mai più
fatta il lavaggio del
cervello.
- Ma dài,
non me dici niente? Come ce vedi assieme? –
-
Benissimo. – India non trovò altro da dire. Quel
ghiaccio che le sembrava di
ingoiare quando parlava con Walter, ora le si era fermato tutto nello
stomaco.
Walter e
Veronica? No. Impossibile. India si rese conto, nel panico, che
mancavano solo
due giorni alle vacanze di Natale. E se durante queste…?
Nooo. Non doveva
pensarci.
Non
doveva.
Assolutamente…
Invece, la
mattina di Natale vi stava ancora pensando. Stesa sul letto e immobile,
non
riusciva a togliersi dalla testa l’immagine di Veronica,
tutta contenta e
sorridente. Ma le aveva detto di non essere proprio
innamorata…
Bip bip.
Nuovo messaggio. India lo aprì. “Buon
Natale, bella! Baci, Vero.” Sentì
come un pugno nello stomaco. Non poteva fare la sostenuta con Veronica
per una
stupidaggine. No, Walter non era una stupidaggine. Ma Veronica era sua
amica.
Così le mandò una risposta veloce e affettuosa,
augurando buon Natale anche a
lei, poi si alzò dal letto e andò in cucina per
fare colazione. Sul frigorifero
torreggiava un piccolo albero di Natale finto, alto più o
meno trenta
centimetri. India lo trovava piuttosto deprimente. In cucina
trovò sua madre,
che le sorrise e le porse una tazza di cioccolata calda.
- Buon
Natale! –
- Buon Natale
anche a te, mamma. – Due rapidi baci e una busta. Laura la
porse a sua figlia.
- Sono i
soldi che ti ha lasciato zia Giulia. – India prese la busta e
la guardò senza
aprirla.
- Grazie…
- Bevve in fretta la sua cioccolata e ripose la busta nel cassetto. Non
le
andava di mettersi a contare i soldi. In quel momento, il suo cellulare
squillò
di nuovo.
“Buongiorno!
Vai in via Adige n° 10, appena puoi. Walter.”
Neanche uno straccio di
auguri.
“Ma che
storia è questa? Oggi non è il primo di Aprile!”
India non trovò
niente di più amichevole da scrivere. La risposta
arrivò meno di un minuto
dopo.
“Lo so!
Fidati. Ripeto, via Adige n°10. Riesci ad andarci entro
un’ora?” India
sospirò. Cos’aveva in mente Walter? Rilesse
più volte il suo sms. Dopotutto,
cos’aveva da fare quella mattina? Niente. Sarebbe stato
tristissimo, un Natale
chiusa in casa. Così rimandò in fretta una
risposta.
“E va
bene, vado. Voglio proprio vedere che scherzo mi stai facendo.”
- Mamma,
io sto uscendo! –
- Dove
vai? –
- Da… ehm…
da un amico. Dice che vuole vedermi per… darmi il suo
regalo. – mentì India.
Sua madre scosse la testa nel trovarsela davanti già vestita
e con la borsa
appesa a una spalla.
- E non
può dartelo a scuola, quando saranno finite le vacanze?
–
- Mamma… -
- Va bene,
va bene, vai pure. Almeno prendi un po’ d’aria.
–
India non
era così smaniosa di vedere Walter, ma almeno avrebbe
soddisfatto la sua
curiosità. Solo quando fu fuori si rese conto di non sapere
assolutamente dove
si trovasse via Adige. Chiese un po’ in giro e vi
arrivò in circa mezz’ora.
Si trovò
di fronte a un alto palazzo bianco, di circa quattro o cinque piani. In
giro
non c’era nessuno. Rimase per un po’ ferma sul
marciapiede, senza sapere bene
cosa fare. Poi tirò fuori dalla borsa il telefonino e
scrisse un sms a Walter.
“Sono
arrivata. Che dovrei fare?” Nell’attesa
di una risposta, non poté fare a
meno di sentirsi molto stupida. A che gioco stava giocando?
“Primo
piano. C’è una porta socchiusa, entra
lì.”
“Puoi
almeno spiegarmi perché?”
“Fa’
come ti ho detto e non discutere!”
Gentile.
India cacciò con rabbia il cellulare in borsa e spinse il
portone, entrando
nella palazzina. Salì una rampa di scale e trovò
la porta socchiusa di cui
parlava Walter.
Ebbe un
attimo di esitazione. Se davvero Walter voleva fare le cose per bene,
perché
non l’aveva accompagnata fino a là, invece che
mettere in scena quella specie
di ridicola caccia al tesoro? Per un breve istante ebbe la tentazione
di girare
i tacchi e dimenticare tutto.
Ma in
fondo… cosa le costava?
La sua mano
spinse esitante la porta socchiusa. Dentro, buio. Superò
l’atrio e cercò a
tentoni un interruttore della luce. Quando la stanza fu illuminata,
India si
accorse di non essere sola.
- Walter!
–
Lui era
seduto sul divano che occupava un angolo di un piccolo soggiorno, con
le
braccia conserte e un gran sorriso stampato in faccia.
- Buon
Natale! – Si alzò e le venne incontro, ridendo
della sua espressione allibita.
- Vuoi
spiegarmi cosa significa tutto questo? Perché mi hai fatto
venire fin qui? E’
casa tua? Cosa… - Walter la zittì posandole
l’indice sulle labbra.
- Con
calma. Intanto facciamoci un giro delle stanze e vediamo che te ne
pare. –
Oltre al soggiorno, c’era una camera da letto, un bagno e un
piccolo angolo
cottura.
- E’ molto
carina, Walter, ma davvero non capisco cosa… -
- Bene,
ora passiamo alle spiegazioni. – fece lui, come se India non
avesse aperto
bocca. – Giorni fa, mi hai detto del problema di trovare una
casa. Allora, da
grande mente illuminata e geniale che sono, ho ben pensato di
accennarne
“casualmente” con mia madre. Dopodiché,
ha fatto tutto lei. La professoressa
Masetti, con la sua testa dura e l’adorazione che nutre
segretamente per te, si
è fatta in quattro per trovare un appartamento che
corrispondesse alle tue
esigenze, prima di Natale. Ci è arrivata per un pelo, direi.
Stava per farsela
soffiare sotto il naso. Ma la nostra cara prof ha un notevole potere di
persuasione. Ha anticipato i primi sei mesi di affitto ma,
naturalmente, se ci
sarà bisogno di un piccolo aiuto, non esiterà a
darlo. E così, eccola qui. –
Alzò le spalle sorridendo. – Diciamo che
è il mio… anzi, il nostro regalo di
Natale per un’amica speciale. –
India
rimase a guadarlo a bocca aperta, senza la forza né il
coraggio di dire nulla.
In pochi secondi la situazione si era ribaltata: prima incerta, poi
incredula.
Prima dubbiosa dell’amicizia di Walter, poi rincuorata di
esserne più che
certa.
- Dimmi
che non stai scherzando… - proferì.
- Hai una
scarsa considerazione della mia umanità, eh? –
Un attimo
prima avrebbe voluto mandarlo al diavolo. E perché, poi?
Per gelosia.
Pura e semplice gelosia.
- Walter…
posso abbracciarti? – mormorò con la poca voce che
le era rimasta. Lui le
rivolse un ampio sorriso e allargò le braccia.
- Buon
Natale, India. – Senza dire altro, India gli gettò
le braccia al collo,
scoppiando a ridere e a piangere contemporaneamente.
- Tu sei
pazzo! Sei completamente scemo! Oh, Dio… -
- Chiamami
pure Walter. – India rise ancora più forte.
- E’ il
più bel… regalo che… che potessi
farmi. – balbettò, mentre le sue risate si
trasformavano rapidamente in singhiozzi. Chi se ne importava se
Veronica era
innamorata di lui? Gli aveva rivolto pensieri talmente adirati, che
adesso si
sentiva pervadere da un terribile senso di colpa. E adesso, lui aveva
risolto
in un colpo solo tutti i suoi problemi.
Felicità
Forse sei qui
Sento che tu mi stai
cercando
Ed ho i brividi
Di felicità
Se fossi qui
Esattamente ti vorrei
così.
(L.
Pausini, “La
felicità”)
Walter la
strinse dolcemente a sé e posò la guancia sulla
sua testa, accarezzandole la
schiena senza dire nulla. India si lasciava cullare dal suo respiro,
desiderando che quel momento non finisse mai.
- S-sei
grande, Walter… -
- Non
esageriamo… -
- Non
finirò mai di ringraziarti. –
- Provaci,
e dico a mia madre di riprendersi la casa. – Prese India per
le spalle. – E’
mia madre che devi ringraziare, non me. Ha fatto tutto lei. –
- Ma sei
stato tu a dirglielo! Adesso però voglio parlarle. Me la
puoi chiamare? – gli
chiese porgendogli il suo cellulare. Water digitò in fretta
il numero e le
restituì il telefono, dopodiché India
avviò la chiamata.
- Pronto?
– fece la voce squillante di Stefania.
-
Stefania, sono India! –
- Ciao,
India! Buon Natale! Sei con Walter? –
- Buon
Natale anche a te! Sì, sono con lui… in via Adige
n° 10. – Dall’altra parte,
Stefania rise.
- Ti ha
consegnato il suo regalo, insomma. –
-
Stefania, grazie. Grazie infinite. Sei… siete stati grandi.
–
- Ma
figurati, India! Era il minimo che potessi fare per una ragazza
così gentile,
simpatica e disponibile. –
- Grazie
davvero! –
- Non
pensarci. Ora goditi la giornata. Ci rivediamo a scuola, o anche prima,
se
vuoi. –
- Passerò
a trovarti uno di questi giorni, stanne certa. Adesso ti saluto.
E… grazie
ancora. –
- Non
dirlo più! Buone feste, India. –
- Anche a
te, Stefania. –
|
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Capitolo 14 *** Nuovo anno, vecchi ritmi ***
Capitolo
14 – Nuovo anno, vecchi
ritmi
La
madre
di India fu sollevata di veder risolto così in fretta un
problema che pensava
si sarebbe trascinato per molto tempo. Tuttavia, rimase a Roma per
tutta la
durata delle vacanze Natalizie.
- Certo
però che è curioso. Non sarà stata
troppo invadente, la tua professoressa? –
India
evitò di rispondere. Era troppo contenta per riconoscere
che, in effetti, a sua
madre non andava mai bene niente. C’era sempre qualcosa fuori
posto.
A
Capodanno fu organizzata una festicciola tra amici a casa Cesaroni, a
cui
presero parte, oltre naturalmente Giulio, Lucia, Eva e Marco con
annessi
fratelli, India, Walter con Ezio e Stefania, e Veronica. Quando India
vide
Stefania, non poté trattenersi dall’abbracciarla
stretta.
- Te
l’avevo detto che ci saremmo riviste prima del 7 gennaio!
–
- Ne ero
sicura. –
- Allora,
ti sei già sistemata nella nuova casa, o aspetterai ancora
un po’? –
- Lo farò
non appena mia madre se ne andrà da Roma. – A quel
punto intervenne Lucia:
- Perché
non le hai detto di venire? E’ una festa anche per noi
vecchietti! –
- Ehm… Lei
non ama questo genere di cose. – In realtà era
quasi contenta che sua madre non
fosse venuta. Le aveva appena accennato di quella festa, e il suo
commento era
stato “Divertiti”. Poi fu Marco a salutarla con due
baci sulle guance.
- Ciao,
India, sono contento che tu sia venuta. –
- Anche a
me fa piacere rivedervi, Marco. – Il ragazzo le porse un
pacchetto colorato.
- Questo è
per te… In ritardo per Natale. – India prese il
pacchetto e sorrise stupita.
- Oh, ma
io… io ho portato solo un dolce e una bottiglia di
champagne…! –
- …e va
benissimo così. Questo è…
ehm… anche da parte di Eva. – aggiunse in fretta.
India non era sicura che fosse vero, ma decise di credergli. In quanto
ad Eva,
da quando era entrata non l’aveva ancora vista. –
Dài, aprilo. – India scartò
il pacchetto e ne estrasse una lunga e morbida sciarpa nelle
tonalità dal rosa
al viola, quelli che lei era solita scegliere per il suo abbigliamento.
Sorrise
a Marco e lo baciò su una guancia.
- Grazie,
è bellissima! –
- Quando
l’ho vista, ho pensato che ti sarebbe stata benissimo.
– India posò la sciarpa
sul divano, accanto alla sua borsa e, quando si voltò per
raggiungere gli
amici, vide Eva a pochi passi da lei.
- Ciao,
India… - Non era fredda, piuttosto esitante. India
cercò di sembrare normale.
- Ciao,
Eva. Grazie per il regalo e per l’invito. – Si
sporse a baciarla sulle guance
ed Eva, finalmente, stirò le labbra in un sorriso non
propriamente allegro.
- Oh.
Figurati… - Veronica aveva ragione: era proprio
giù. Pochi secondi dopo, India
sentì una mano picchiettarle la spalla. Si voltò
e vide Walter.
- La
signorina è libera dai suoi impegni per salutare questo
comune mortale? –
- Ciao,
Walter! – Baciò anche lui sulle guance, molto
più contenta di quanto si
aspettasse per averlo visto di nuovo. Le sembrava che fosse passato un
secolo
da Natale, anziché pochi giorni.
- Come te
la passi? – Walter sembrava stanco, abbattuto: sorrideva meno
del solito e il
suo tono era meno allegro.
- Io,
benissimo, grazie a certe persone che mi hanno aiutata a trovare
casa… Tu,
piuttosto, che hai? Sembri un po’ giù… -
- Beh,
ecco… Sono solo stanco. Stanotte non ho dormito
granché. –
- Ce la
farai a resistere fino a mezzanotte? – scherzò lei.
- Credo di
sì. –
Veronica,
come al suo solito, arrivò per ultima. Appena entrata,
saltò al collo di India,
non strozzandola per poco.
- Ehi,
Vero, frena l’entusiasmo! – Ora le sembrava
impossibile prendersela con lei per
ciò che le aveva detto a proposito di Walter. Non poteva
certo sapere… E
comunque, Veronica restava un’amica speciale.
- Ma
quanto me sei mancata, Indiuzza mia! –
- Stavo
per dirti la stessa cosa, ma il modo in cui mi hai chiamata mi ha fatto
cambiare subito idea… -
Nonostante
i suoi buoni propositi, India si trovò spesso a lanciare
occhiate apprensive
verso di lei quando chiacchierava con Walter. Lui, invece, era
decisamente giù
di tono. In fondo, non c’era molto di cui preoccuparsi.
A
mezzanotte meno due minuti cominciarono il conto alla rovescia. Quando
scoccò
mezzanotte, si levò un coro di “BUON
ANNOOOO!” e Giulio stappò con un sonoro
fragore la bottiglia di champagne. Per un attimo il tappo
sembrò sparito, poi
atterrò dritto sulla testa di India. Sentì Rudi
borbottare:
- Però!
Visto il risultato, avrei anche potuto stapparlo io, no, miss Chicco di
Caffè?
–
Giulio
invece rise ed esclamò:
-
Complimenti, India! Non avrai mica intenzione di sposarti entro
l’anno? –
- Oddio,
no! Prima vado a vivere da sola, poi mi sposo… Finisce che a
trent’anni sono
già vedova e a quaranta potete mettermi
all’ospizio! – Si girò istintivamente
verso Walter, cercando i suoi occhi, il suo sorriso, una sua battuta,
ma lui
era voltato di spalle e stava guardando fuori dalla finestra. Veronica
si lanciò
a recuperarlo.
- Eddài,
Masetti, non fare il vecchio bacucco! Unisciti ai festeggiamenti per la
futura
sposa! – Walter esibì quello che sembrava un
sorriso forzato.
- Magari
si accontenterà di cuccarsi il fidanzatino…
– disse. Quando fu al fianco di India,
lei gli sibilò:
- Si può
sapere perché sei così acido? – Lui
aprì la bocca per rispondere, ma in quel
preciso istante Marco piombò al loro fianco e
scoccò un sonoro smack
sulla guancia di India.
- Allora
congratulazioni! –
- Ma
smettetela, su! – protestò lei, scoppiando a
ridere. Il suo sguardo cadde su
Eva, i cui occhi erano rivolti al soffitto. – Forse
è solo il segnale di un
imminente trauma cranico! – Qualche minuto dopo, Veronica si
avvicinò
all’orecchio di India.
- Me sa
tanto che il Masetti non è in vena di conquiste! Devo
rimandare, eh? – India
sospirò.
- Sa anche
a me, sì. –
- Vabbè.
C’ho ancora mesi interi a disposizione. –
India
dovette appellarsi a tutte le sue forze per non farsi rovinare la festa
dalla
parlantina (a senso unico) di Veronica e dal malumore di Walter ed Eva.
Per una
volta, la compagnia di Marco divenne una piacevole via di fuga.
- Dicevi
che vai a vivere da sola? – le chiese a un certo punto.
- E già. –
- E la tua
nuova casa è… molto lontana? – India
scoppiò a ridere di fronte a quella faccia
seria.
- Oh, no,
anzi! Non preoccuparti, non mi trasferisco di nuovo, se è
questo che intendi.
Cambio solo la casa. –
- Ah, ok.
– Marco parve distendersi. – No, pensavo
solo… Pensavo che non saresti venuta
più. –
- Certo
che vengo. Non so se ne saranno tutti contenti, ma vengo. –
aggiunse, guardando
in direzione di Eva.
- Oh, non
fare caso a Rudi. Lascialo perdere, non ha… -
- Non
parlavo di lui! – si affrettò a precisare India,
rendendosi improvvisamente
conto di quello che aveva detto. – No, niente,
non… Stavo solo pensando ad alta
voce, non mi riferivo a voi. –
- Ah… va
bene. –
- Allora
torno il primo giorno dopo la fine delle vacanze? –
- Sì. Sì,
d’accordo. Se non sbaglio è
mercoledì… -
- Mi pare
di sì. – Lo sguardo le cadde
sull’orologio appeso alla parete, sopra il
televisore. – Si è fatto un po’ tardi,
mia mamma si starà chiedendo che fine ho
fatto. –
- Oh…
Certo. D’accordo. Allora… ci si vede a scuola.
–
- Salvo
imprevisti, penso di sì. Grazie
dell’ospitalità, Marco. –
-
Figuriamoci! Ormai sei di casa. – India si alzò
sulle punte dei piedi per
baciarlo sulle guance.
- A
presto. – Poi fece il giro dei saluti. Quando fu la volta di
Eva, le parve di
toccare una statua di marmo: l’ostilità non si era
placata. Veronica
l’abbracciò come se dovessero passare mesi prima
di rivedersi. Walter sembrava
ancora più depresso. India gli strinse una spalla e gli
sorrise.
- E tu,
fai il bravo. Tirati su, che così non mi piaci. –
Lui sorrise a stento e la
baciò su una guancia, ma fu un bacio senza entusiasmo. India
moriva dalla
voglia di sapere cosa fosse successo, perché era sicura che
Walter non fosse
semplicemente stanco. Glielo avrebbe chiesto al ritorno a scuola.
Per
fortuna, il saluto di Stefania fu molto più caloroso.
- Buon
continuo di vacanze, bella. –
- Anche a
voi, Stefania. Posso ringraziarti ancora? –
- Neanche
per sogno! Invece, fammi sapere quando ti sposti là e come
ti trovi, va bene? –
- Lo farò.
–
- Ma non
aspettarti favoritismi a scuola! Resti sempre una delle migliori della
classe,
ma non posso perdere la mia credibilità di fronte agli
altri! – chiarì Stefania
con una sonora risata.
- Me ne
ricorderò. Ancora auguri! –
Quando si
avviò verso casa, arrotolandosi intorno al collo la sciarpa
che le aveva
regalato Marco, India non poté fare a meno di pensare a
Walter e Veronica. Che
fossero fatti l’uno per l’altra? In fondo, Vero era
divertente, allegra, aveva
un carattere da leader. Forse, se voleva davvero bene a Walter, doveva
lasciare
che lui stesse con la ragazza più adatta a lui.
Più “giusta” di quanto non
fosse lei stessa.
Si sfregò
le guance punzecchiate dal freddo. Ma cosa andava a pensare? Era stata
Veronica
stessa a dirle di non essere proprio innamorata. Ma da una semplice
attrazione
poteva nascere molto di più. Lo sapeva bene, lei: le era
capitata esattamente
la stessa cosa…
Toh,
questo Walter sembra proprio simpatico.
Ma sai
che mi piace proprio il suo carattere?
Oh,
guarda, mi sono innamorata!
India
rise
da sola. Che sciocchezze! Come si faceva a prevedere una cosa del
genere?
Walter, da
parte sua, quella sera sembrava un’altra persona. Ma cosa gli
era preso?
Per
fortuna, ormai mancava poco alla riapertura delle scuole, e avrebbero
ripreso a
vedersi ogni giorno. I vecchi ritmi sarebbero ricominciati, avrebbero
di nuovo
studiato insieme… E chissà… magari
sarebbe stata la volta della rivelazione?
India rise
di nuovo e spinse la porta di casa, chiudendo fuori tutte le sue
preoccupazioni.
|
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Capitolo 15 *** Senza senso ***
Capitolo
15 – Senza senso
-
Bentornati tutti!
– fu l’allegro saluto
di Stefania quando entrò in classe la mattina del 7 gennaio.
– Spero che
abbiate passato giornate piacevoli! –
L’espressione
dipinta sulle facce di tutti gli alunni della terza G era
inequivocabile.
Giornate
piacevoli, sì, piacevolissime. Fino a ieri.
- Oh, vedo
che siete tutti ben riposati! Quindi non avrete problemi a rimettervi
al
lavoro, vero? – Scrutò ogni singolo alunno.
– Da subito. –
Sospiri,
fruscii, borbottii. Ebbene sì, la scuola era ricominciata.
- Non
capisco perché siano tutti così
‘mbronciati! – commentò allegramente
Veronica.
– Io non vedo prospettiva migliore: ho di nuovo la mia
libertà! Posso farmi
buttar fuori e passeggiare per i corridoi! – India scosse la
testa sorridendo e
le rivolse un’occhiata scherzosamente compassionevole: il
passatempo preferito
di Veronica era far incavolare gli insegnanti per farsi sbattere fuori
dalla
classe.
Evidentemente,
le due amiche erano le uniche ad essere contente.
India
sbirciò Eva con la coda dell’occhio e
notò che sembrava un tantino più distesa.
Non sorrideva, ma almeno non assomigliava più a un cucciolo
di tigre.
Come al
solito, alla ricreazione, India si trovò con Marco al suo
fianco.
- Allora
oggi vieni, no? – le chiese, pimpante come un grillo.
- Certo.
Dovrebbe venire anche Walter, credo… - India si
trovò ad incrociare le dita.
Non aveva ancora avuto modo di parlare con Walter, ma sperava che il
suo umore
fosse migliorato da Capodanno. - Ah. Beh,
io… volevo appunto dirti che… che oggi non torno
a casa. – disse in fretta
Marco.
- Va bene.
– India non batté ciglio. Marco sembrò
perdere tutta la sua vivacità, tornando
in fretta nei panni di Mr. Timidezza.
- Allora…
beh, ci vediamo all’uscita. – E si
allontanò frettolosamente.
In un modo
o nell’altro, non riuscì a recuperare Walter fino
all’uscita, quando dovette
correre come una matta per raggiungerlo.
- Ciao… -
disse ansimando. – Oggi… oggi vieni? –
- Ehm…
Dove? – ribatté lui, sinceramente confuso.
- A casa
Cesaroni, a studiare con me! –
- Ah, già.
Sì, certo. Andiamo. –
India era
troppo contenta di rivederlo per dire qualsiasi cosa sul suo
comportamento
decisamente anormale per i suoi standard.
Fecero la
strada in silenzio, e India maledisse tra sé la sua dannata
timidezza.
Parla.
Digli qualcosa!
Non ci
riusciva. Di nuovo le prese la paura di dire qualcosa di sbagliato.
Qualsiasi
cosa.
Dove
sei
E come stai?
Non ci sei, ma dove vai?
Io sono qui
Come te
Con questa paura
Di amare per due minuti
Due ore, un’eternità…
India
si
sorprese a sentirsi sempre più frustrata man mano che
passavano i minuti,
seduti a quel tavolo coperto di libri. Persino l’aria era
difficile da
respirare.
Ogni
singola cosa intorno a loro sembrava essere lì apposta per
appesantire
l’atmosfera.
Quanto
avrebbe voluto dirgli tutto quello che c’era da dire.
Mi
sono
innamorata di te, Walter. Hai qualcosa in contrario?
Certo, se
le cose avessero dovuto continuare così,
rifletté, non c’era alcuna speranza.
Nessuna
speranza che tutto filasse liscio. Che Walter capisse. Che lei si
rassegnasse.
Per varie
volte nel corso del pomeriggio le venne voglia di prenderlo per le
spalle e
scuoterlo, gridando: “Sveglia, Walter, torna in te! Che ti
prende? Come posso
dirti quello che sento per te, se tu continui a ignorarmi
così?”
- India?
Ci sei? –
- Come?
Ah, sì, scusa, stavo pensando… - India
tornò frettolosamente al suo libro. Si
era imbambolata a guardare nel vuoto, a pensare, pensare e ancora
pensare… Dopo
qualche disperato tentativo, si tolse gli occhiali e li posò
sul tavolo,
massaggiandosi le tempie. Non poteva, non poteva… Non poteva
stare così.
Sarebbe scoppiata. Avrebbe detto cose inopportune.
La sua
mano afferrò di scatto il braccio di Walter.
Walter
alzò la testa e la guardò con stupore.
- Cosa…? –
- Walter,
mi dici che succede? – Lui alzò le spalle.
- Niente,
India. Non capisco cosa vuoi dire… -
- Avanti,
non fare il finto tonto. Non sei credibile. Ho fatto qualcosa di male?
–
- Ti
ripeto che non ho idea di cosa dici. – India
sbuffò e distolse lo sguardo. – Ti
stai facendo un sacco di problemi per niente. –
- Cosa
intendi esattamente per “niente”? –
- Oh,
andiamo! – Walter si ritrasse dalla sua stretta. –
Non posso fare sempre la
parte del clown. Ho anch’io dei sentimenti e degli sbalzi
d’umore, sai? –
- E io non
posso sapere a cosa sono dovuti, vero? – La voce di India si
fece dura.
-
Esattamente. –
Proseguirono
a studiare ognuno per conto proprio, in silenzio. India tremava di
rabbia. Non
bastavano gli sbalzi d’umore di Eva, no, mancavano quelli di
Walter!
Sbalzi
d’umore? Ah!
Non
sapeva
esattamente quanto tempo fosse passato (mezz’ora?
Un’ora?) quando Walter raccolse
le sue cose e, con voce inespressiva, le disse:
- Beh, mi
pare che per oggi abbiamo finito. Ci vediamo domani. –
Lei non
rispose. Sentì solo la porta aprirsi e poi chiudersi.
Stupida!
Stupida, come al solito!
Avrebbe
dovuto trattenerlo, tirargli fuori le parole con le pinze, se
necessario. Ma
non lasciare che si prendesse gioco di lei fino a quel punto?
Mettendo
da parte l’orgoglio, tirò fuori il cellulare e
provò a chiamarlo. Spento.
Ok.
Avrebbe fatto quello che era giusto. Gli sarebbe andata dietro.
Io
che ti telefono,
tu
che non sei in casa,
“lasciate
un messaggio”
ma
è molto più veloce il
nastro di me
che
non so mai che dire
e
allora proverò ad
uscire,
stasera
io ti trovo, lo
so!
(Raf,
“Due”)
Corse
più
veloce che poteva, tremando per il freddo: aveva lasciato il giubbotto
in casa
Cesaroni.
Poco male,
sarebbe tornata indietro. Ma non prima di aver parlato con Walter.
Lo
raggiunse con il fiato corto.
- Walter!
– Lui si voltò, con un’espressione di
vaga sorpresa.
- Che ci
fai qui? –
- Lo sai
benissimo! – Walter sospirò.
- India,
per favore… -
- Per
favore un corno! Che ti prende, Walter, perché ti comporti
così? Ho fatto
qualcosa di sbagliato? –
- Te l’ho
detto, non hai fatto un bel niente. Perché non te ne
dimentichi? –
- Perché
credevo che fossimo amici! E tra amici certe cose vanno dette, no?
– Walter la
guardò con rabbia per qualche istante, senza dire niente.
- Proprio
così, siamo amici. – disse poi tra i denti.
– Solo amici. Niente di più. – E si
allontanò a passo svelto, lasciando India sola e confusa.
Che voleva dire “solo
amici”? Per un attimo India pensò con terrore che
Walter avesse capito il suo
interesse verso di lui. Ma, anche se fosse stato così, che
motivo poteva mai
avere per comportarsi così? Allora, la loro amicizia,
l’aiuto che lui le aveva
offerto, l’appartamento… non avevano
più senso?
No. Era il
suo comportamento, l’unica cosa senza senso.
Girò i
tacchi e s’incamminò verso casa Cesaroni. Quando
entrò, si accorse di non
essere sola: c’era anche Eva. Doveva essere tornata mentre
India era fuori con
Walter.
- Oh,
ciao, Eva… - mormorò. Eva si voltò
verso di lei. Di nuovo quegli occhi di
ghiaccio.
- Ciao. –
India non resistette più. Era troppo.
- Ma
insomma, che vi ho fatto, a tutti quanti?! –
sbottò. – Prima Walter, poi tu! E
nessuno che mi degni di una spiegazione! Cos’ho fatto di
tanto tremendo per
essere trattata così? –
- Non sei la
persona più adatta per dirmi come devo comportarmi, India.
– replicò Eva,
facendo per allontanarsi. Ma India la trattenne per un braccio.
- Eh, no, cara.
Magari Walter riuscirà a manovrarmi come gli fa comodo, ma
almeno tu… almeno tu
mi devi una spiegazione! Pensavo che fossimo amiche. –
- Anch’io
lo pensavo! –
- E cosa
mai sarebbe cambiato, perdio?! –
- Marco!
Ecco cos’è cambiato! – esplose Eva.
India la fissò a bocca aperta. Ma cosa…?
–
E certo, tu non te n’eri accorta, eh? Non venirmi a dire che
non sapevi che
sono innamorata di lui! – sibilò. – Da
quando sei arrivata tu, mi è stato
impossibile non accorgermi che è cambiato. E’
cambiato, con me… Finora il
problema più grosso era stata la vigilanza di Giulio, ma da
quando Marco si è
innamorato di te… -
- Ma… cosa
dici? Marco non è innamorato di me! –
- Viviamo
sotto lo stesso tetto da due anni, India. Lo conosco meglio di chiunque
altro.
Quegli sguardi, quelle attenzioni che prima riservava a me, ora sono
tutte per
te! E non fare quella faccia! – gridò ancora, dato
che India continuava a
guardarla a bocca aperta.
- Eva, io…
Ti giuro che non è come pensi. Marco non può
essere innamorato di me… E… e
anche se lo fosse, lui non mi piace! Cioè, sì,
è simpatico, può essere un buon
amico, ma… io non sono innamorata di lui! Io… -
Stava per dire “Io sono
innamorata di Walter”, ma le parve di aver già
detto abbastanza. Gli occhi di
Eva lanciavano fiamme.
- Certo,
come no. E’ comodo fare la parte della principessina ingenua.
E, se proprio
vuoi saperlo, Marco ha lasciato Rachele per te! Per
te! – India sentiva
una curiosa sensazione, come se le si fosse annodata la lingua.
Sì, si era
spesso chiesta se le attenzioni di Marco non fossero un po’
eccessive, ma… mai
e poi mai avrebbe pensato… E se Eva, che di solito era
tranquilla e sorridente,
era così infuriata, voleva dire che era sicura di quello che
diceva. Cosa
poteva fare India? Scusarsi? Non era certo colpa sua…
- Senti,
Eva, non so se lui ti abbia detto qualcosa, comunque sia, io ti
assicuro, ti
giuro che non ho assolutamente intenzione di mettermi tra di
voi… -
- Allora
lo ammetti! – A quel punto, India si sentiva troppo stanca ed
esasperata per
continuare la discussione. Afferrò la borsa e
s’infilò in giubbotto.
- Va bene,
ho capito, con te è impossibile parlare. Non mi stupisco che
Marco ti abbia
lasciata perdere, se riesci ad essere così
straordinariamente cocciuta e
infantile! – E se ne andò sbattendo la porta.
Che voleva
da lei, Eva? Che poteva farci? Non le sarebbe mai passato per
l’anticamera del
cervello che Marco potesse essere interessato a lei. Oh, se
all’inizio della
scuola avesse scambiato i propri giudizi! Avrebbe potuto provare
antipatia per
Walter e non avere più niente a che fare con lui. Invece,
adesso… che
pasticcio!
Quando si
infilò sotto le coperte, quella sera, si chiese se per caso
non avesse
esagerato nel rivolgersi ad Eva in quel modo. Era nervosa, si era
trovata ad
affrontare argomenti del tutto inaspettati, era ancora in collera per
Walter, e
poi doveva pure sentirsi piovere addosso tutte quelle accuse
infondate… Non ce
l’aveva fatta più ed era esplosa. Non si sarebbe
mai aspettata di poter avere
reazioni come quella, ma era davvero troppo carica di rabbia e
delusione per
fare caso alle parole da usare.
Cosa aveva
fatto cambiare Walter così all’improvviso? Cosa
voleva dire quel “Siamo solo
amici e niente di più”? Perché, allora,
non le era dato sapere?
E come
comportarsi con Marco? In fondo, era un buon ragazzo, un po’
noioso, forse, ma
non certo cattivo… India sperò con tutto il cuore
che i timori di Eva fossero
infondati, sia perché altrimenti non avrebbe saputo come
comportarsi con lui,
sia perché non sopportava il pensiero che Eva la odiasse in
quel modo per
qualcosa di cui, alla fine, non era colpevole.
Decise che
con Marco avrebbe fatto finta di niente, per vedere come si sarebbe
evoluta la
situazione. Con Eva… che fare? Parlare era inutile. Avrebbe
fatto finta di
niente anche con lei. Sicuramente Veronica avrebbe chiesto qualcosa in
proposito, ma India era sicura che, se glielo avesse raccontato, lei
avrebbe
mantenuto la discrezione. Magari ne avrebbe parlato con Eva, ma non
avrebbe
spiattellato in giro la questione di lei e Marco.
Ma con
Walter non avrebbe chiuso un occhio. No. Non avrebbe mollato
finché non avesse
capito e, possibilmente, risolto il problema.
Perlomeno,
tutta quella questione era servita a farle riscoprire una tenacia che
non
credeva di possedere.
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Capitolo 16 *** Volevo dirti che ti amo ***
Oggi posto
due capitoli, sia perché tanto commentano sempre solo la mia
sore e Michelle
(grazie per i complimenti, sono contenta che la storia ti piaccia^^),
sia perché
è abbastanza lunga e non vorrei ridurmi a non arrivare a
postarli tutti (dato
che in estate sono senza internet). Dunque in questo periodo potrei
velocizzare
l’aggiornamento. Buona lettura!
Capitolo
16 – Volevo dirti che ti amo
Ti prego,
fa’ che finisca presto…
fa’ che finisca!
Era
almeno
la quindicesima volta che India ripeteva tra sé quella
preghiera. Ciò che
sperava finisse in fretta era un pomeriggio a casa Cesaroni.
Eva era
dovuta rimanere in casa per via della montagna di compiti assegnati per
il
giorno dopo, e non rivolse a India nemmeno uno sguardo.
Per quanto
riguardava Marco, sembrava che qualcuno gli avesse dato la carica: non
la
finiva più di parlare. Dopo un po’ India non
sentì altro che un confuso brusio
di sottofondo.
Inoltre,
per tutto il pomeriggio non aveva fatto altro che sperare in
un’apparizione di
Walter: India si era accorta di aver preso per sbaglio uno dei suoi
libri di
scuola, ma lui, a quanto pareva, o non se n’era accorto, o
nel suo programma di
allontanamento-India era compreso il non parlarle neanche per questioni
“esterne”.
Magari
non se n’è accorto… Forse
verrà a riprenderselo…
La
tensione era palpabile nell’aria, ed era spezzata solo ogni
tanto da un
provvidenziale ingresso di Mimmo, il quale veniva però
puntualmente mandato via
da Marco.
- Quindi,
ti stavo dicendo… -
- Scusami,
Marco, ma non riesco a concentrarmi, se continui a parlare. –
- Ah, ok.
– Chinò di nuovo la testa e si immerse nello
studio. India inforcò gli occhiali
e riprese la lettura del lungo brano di storia che era stato loro
assegnato.
- Scusate,
ho lasciato qui il mio libro di poesia. – fece la voce
asciutta di Eva. La
ragazza prese il libro in questione, poggiato al centro del tavolo, e
tornò in
camera sua senza dire altro.
-
Ultimamente è un po’ giù di corda, eh?
– commentò allegramente Marco.
Complimenti,
genio.
- Già,
poverina. Chissà cosa le passa per la testa. –
Che
vorrebbe uccidermi, ecco cosa le passa per la testa.
- E a te,
cosa passa per la testa? –
Walter.
Walter, Walter, Walter. Non ne posso più di andare avanti
così.
-
Niente
di interessante. Sono solo un po’ preoccupata per le
interrogazioni di domani.
–
Chi
se
ne frega delle interrogazioni!
- Oh,
figuriamoci… Se hai paura tu, allora io posso andare
direttamente a nascondermi
sotto il banco. –
E
non
sarebbe male. Così ti leveresti dai piedi e io sarei
più tranquilla almeno per
un verso!
- Beh, per
ora devo concentrarmi solo su questo. Non posso permettermi
distrazioni. –
Dove
sei, Walter? Perché non mi fai capire che sei vivo?
Marco
cincischiò ancora per un po’ con le pagine del suo
libro, peraltro già
abbastanza rovinato. Sembrava che fosse seduto sui carciofi, da come
smaniava e
si agitava sulla sedia.
- Senti,
ogni tanto si può fare una pausa, no? –
- No, non
oggi! –
- Eddài…
Nemmeno cinque minuti? –
- No,
nemmeno. – Proprio adesso che stava cercando di evitare
qualsiasi contatto che
non implicasse la presenza di almeno sei o sette libri a dividerli?
- Tre
minuti? –
- Neanche
mezzo. –
- Guarda
che mi bastano anche due secondi. Dài, che ti costa?
– Le mostrò due dita. –
Due secondi. – India sbuffò. Va bene, va bene, va
bene. Qualsiasi cosa pur di
farlo star zitto!
- E va
bene. Se proprio è necessario. – Marco non
aspettava altro. Le afferrò una mano
e la trascinò lontano dal tavolo, a grandi passi. In quel
momento suonò il
campanello e India vide un barlume di speranza.
- Marco,
suonano alla porta… -
- Apre
Rudi. – In breve si ritrovarono in camera sua. Marco le si
piazzò davanti. –
India, devo… devo dirti una cosa importante. –
- Avanti,
parla. – rispose lei, sperando che la cosa si risolvesse in
pochi minuti.
- Io…
credimi, sto morendo di vergogna in questo momento, ma se non te lo
dico,
scoppio… E se non te lo dico adesso che Walter non
c’è, non so se avrò più la
possibilità… -
- Dirmi che
cosa, Marco? – sbottò India. Ti prego,
fa’ che non sia quello che penso…
- Tu mi
piaci, India. – rispose lui in fretta. – Mi piaci
molto, da quando ti ho vista
per la prima volta a scuola. Sei… oh, non so spiegarlo. So
solo che ogni volta
che vieni qua, ho una voglia pazza di starti accanto e mi dimentico di
tutto il
rest… -
- Marco,
ti prego… - mormorò lei, maledicendolo tra
sé e sé. Perché, perché
doveva
complicare le cose?
- No,
ascoltami. Lo sai, io non sono bravo in queste cose, ma da quando mi
tengo dentro
questo segreto… non ne potevo più… E
Walter l’ha capito, ecco perché non mi
ha…
-
- Cosa
c’entra Walter in tutto questo?! –
esclamò disperatamente India. Ma
Marco non le rispose. Un attimo dopo, si trovò stretta tra
le sue braccia
mentre lui cercava di baciarla. – No! No, Marco,
non… - balbettò, cercando di
scostare il viso per quanto le fosse possibile. – Smettila!
–
Pochi
secondi dopo, si sentì improvvisamente libera. Non
perché Marco l’avesse
lasciata, ma perché qualcuno si era infilato a forza tra i
due e li aveva
allontanati bruscamente. India guardò in faccia quel
qualcuno: era Walter, che
ora fissava gelidamente Marco.
- Bravo,
Marco, complimenti. Bravo davvero. – E, senza dire altro,
prese India per una
mano e lasciò in fretta la stanza, portandola con
sé.
India
avrebbe giurato di aver visto Rudi, raggomitolato sul divano, in preda
a una
crisi di risa isteriche. Walter si fermò solo quando furono
lontani da casa
Cesaroni di almeno una cinquantina di metri. Dopodiché si
sedette su un
muretto, respirò profondamente e fissò il
marciapiede di fronte a sé.
Dal
rumore del mondo,
dalla giostra degli
attimi,
dalla pelle e dal
profondo,
dai miei sbagli
soliti…
Dal silenzio che ho
dentro
E dal mio orgoglio
inutile,
da questa voglia che
ho di vivere…
India
avrebbe voluto avere il coraggio di dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma
l’espressione di Walter non gliene diede la forza. Solo dopo
vari minuti,
Walter sospirò profondamente un paio di volte e poi si
decise a parlare:
- Ti… ti
chiedo scusa. – India alzò lo sguardo.
- Tu?
Scusarti…? –
- Sì.
Devo… devo aver perso il lume della ragione. Scusami.
Torna… torna pure da
Marco. – Respirava pesantemente, come se avesse corso per
chilometri.
- Walter,
sono io che devo ringraziarti. Mi è praticamente saltato
addosso, non avevo
idea che volesse… Meno male che sei arrivato in tempo,
altrimenti non so cosa…
-
- Marco
non sarebbe andato oltre, lo so. Ma… davvero è
stato lui? – Aveva ancora un
tono scontroso, ma ora pareva più disteso. Solo, sembrava
che il restare seduto
su quel muretto gli costasse uno sforzo immane.
- Sì. Io,
di certo, non l’avrei mai baciato di proposito. –
- Oh.
Capisco. –
- Walter…
- Lui alzò la testa e finalmente guardò India
negli occhi. – Anche se non c’entra
nulla con tutto questo… Adesso puoi dirmi perché
ce l’avevi tanto con me? –
Walter sospirò di nuovo e chiuse gli occhi.
- Io non
ce l’avevo con te, India. E c’entra più
di quanto pensi. Ero solo… ero geloso.
–
India
deglutì, chiedendosi come sarebbe continuato il discorso.
Volevo
dirti che ti
amo
Perché sei troppo
uguale a me
Quando per niente
litighiamo
E poi ti chiudi
dentro te.
-
…Geloso…?
–
- Senti,
India, te lo dico chiaramente, qualsiasi cosa tu penserai dopo.
All’inizio,
quando ci eravamo appena conosciuti, io non avrei mai pensato
che… insomma, che
sarebbe andata così. Poi ho cominciato a conoscerti, e mi
sei piaciuta, e
intanto siamo diventati amici. Ma poi… poi ho capito che
l’amicizia non mi
bastava più, e ho fatto di tutto per capire se…
insomma, se anche tu… Beh…
Quando ho chiesto a mia madre di trovarti una casa, ho pensato di fare
il bel
gesto e di colpirti, ma… lì ho capito quanto tu
fossi sincera e disinteressata,
e non ho avuto il coraggio di dirti niente. Ma poi… si
capiva lontano un miglio
che Marco è cotto di te. E io pensavo che tu… che
tu lo ricambiassi. E mi è
venuta una tale rabbia, una gelosia così forte
che… che ho deciso di tagliare
del tutto, con te. Ma non posso. Non ce la faccio. –
India lo
guardava ammutolita. Non era possibile… Stava
sognando…
- Io… io
pensavo che tu e Veronica… - balbettò.
-
Veronica? Oh, no… Siamo amici da una vita, e non potrei mai
vederla sotto
un’altra luce. Anche tu sei mia amica, ma ecco… io
vorrei che tu fossi anche
qualcosa di più, per me. –
India
cercò di trovare qualcosa di sensato da dire, ma quei
dannati cubetti di
ghiaccio erano di nuovo lì, nella sua gola. Le sembrava che
anche il suo
cervello fosse ricoperto di ghiaccio, dati i pensieri confusi e
insensati che
ora le riempivano la testa.
Un
discorso così non era da Walter… Era troppo
serio, troppo… sincero.
Walter
fraintese il suo silenzio.
- Mi
dispiace se ti sto facendo confondere, India. Io… volevo
solo dirti questo… che
mi sono innamorato di te. – Giorni dopo, India si sarebbe
chiesta dove mai
avesse trovato il coraggio di sporgersi in avanti e posare un timido
bacio
sulle labbra di Walter. Ma lo fece. Le venne talmente naturale che la
sua testa
si svuotò, per lasciare al proprio posto una sola certezza:
lui le aveva detto
ciò che desiderava sentirsi dire, più di
qualsiasi altra cosa al mondo.
Si scostò
dal viso di Walter e si lasciò sfuggire una risatina
nervosa. Gli occhiali, che
non aveva ancora tolto, le si erano appannati e le impedivano di vedere
l’espressione di incredulità dipinta sul volto di
Walter. Lo sentì solo alzarsi
in piedi e sfiorarle una guancia con le dita.
- Oh,
Walter, mi sa che abbiamo combinato un guaio… –
mormorò sorridendo appena.
Solo
quando lui le tolse delicatamente gli occhiali poté vedere
il sorriso stampato sulle
sue labbra. Ma a poco a poco il sorriso scomparve, i suoi lineamenti si
confusero e India sentì solo il suo respiro caldo
avvicinarsi sempre di più. Dapprima
le loro labbra si toccarono timidamente, poi Walter serrò le
braccia attorno
alla vita di India e la baciò con trasporto, stringendola a
sé, quasi
sollevandola da terra.
India non
avrebbe mai pensato che un bacio, il primo vero
bacio, potesse essere
così… così bello, così
naturale, così… così difficile da
descrivere. Affondò le
dita tra i capelli di Walter e continuò a baciarlo, avendo
come l’impressione
che il mondo attorno a loro sparisse, lasciandoli soli con la gioia di
quel
momento magico e tanto sospirato.
Fu con il
fiato corto che India si separò da Walter. –
Non… non provare a vantarti… perché
sei il primo! –
Lui la
guardò inclinando al testa di lato. – Prima di
tutto, non lo farei mai. E in
secondo luogo, non sono il primo. Marco dove lo metti? – La
sua espressione non
era affatto adirata, anzi, pareva molto divertito.
- Marco?
Chi è Marco? – ribatté India ridendo.
– Non ho mai baciato nessun Marco, io… -
E, per rafforzare la sua convinzione, abbracciò Walter in
vita e lo baciò di
nuovo, con un pizzico di scioltezza in più.
- Punto
terzo: non l’avrei mai detto! –
- Cosa? –
- Di
essere il primo! – India scosse la testa.
- Ecco,
ora mi stai prendendo in giro… - Walter
l’abbracciò.
- Non
oserei mai. – India si sentì talmente tranquilla e
confortata, al caldo tra le
sue braccia, che chiuse gli occhi e non disse nient’altro.
Appoggiò la testa
sulla spalla di Walter e si godette in silenzio quel suo piccolo
paradiso
perdonale.
E
questo dirti che ti
amo
È la mia sola verità,
tu non lasciarmi mai
la mano,
anche se un giorno
finirà…
(L.
Pausini, “Volevo
dirti che ti amo”)
|
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Capitolo 17 *** Chiarimenti... ***
Capitolo
17 – Chiarimenti…
- India,
non so da dove cominciare… -
- Da
nessuna parte, Eva, ti capisco benissimo. –
- Ma io
non potevo pensare che tu… -
-
Neanch’io, credimi! –
India
aveva aspettato qualche giorno prima di parlare con Eva.
Benché lei cercasse
sempre di non esibirsi in troppe smancerie a scuola, con Walter
(soprattutto
quando c’era Stefania nei dintorni, e cioè quattro
ore su cinque), Eva aveva
finalmente capito che, per quanto Marco potesse averci provato, India
non aveva
occhi che per Walter. La ragazza si manteneva ancora cauta, ma era
impossibile
non capire che la sua rabbia era stata infondata, perlomeno da una
parte.
- Credimi,
ci sono rimasta talmente male quando ho capito che Marco… -
India ritenne
opportuno non scendere nei particolare e lasciar perdere le recenti
“avances”
di Marco.
- Lo so,
ti capisco meglio di quanto credi. – Le sorrise. –
Allora… amiche? –
Eva
sospirò e abbozzò un sorriso mesto.
- Amiche.
– disse alla fine.
India non
aveva parlato a caso dicendo a Eva che la capiva meglio di quanto
credesse.
Quanto si
era sentita gelosa nei confronti di Veronica? Le sembrava pazzesco
pensare che
anche Walter era stato geloso… di Marco!
Fin dal
giorno dopo il bacio, si poteva tastare una certa tensione tra i due.
Ma, prima
di pensare alla loro amicizia, India voleva occuparsi di qualcun altro.
Questo
qualcun altro era Veronica. Le sembrava disonesto tacerle quanto era
successo.
Non che Veronica covasse grandi progetti per Walter, ma India era
comunque
l’unica a cui aveva raccontato di quella sua cotta…
Insomma,
o la va o la spacca. Io glielo dico.
- Ciao
bella! Che mi racconti? – fece la voce squillante di Veronica.
- Ciao,
Vero… Come stai? –
-
Benissimo. A te non c’è bisogno che lo chieda: te
brillano gli occhi! –
commentò sedendosi al banco. India sorrise mordendosi il
labbro inferiore.
- Sul
serio? –
- Come no!
Avanti, dimmi… -
Oddio,
come faccio a prenderla alla lontana?
- Senti,
Vero, io… volevo dirti qualcosa a proposito di Walter.
– Veronica si fece
improvvisamente attenta.
- Dimmi!
Ma non fa’ quella faccia che me preoccupo! – India
sospirò e si torse
nervosamente le mani.
- Oh,
senti, non mi va di girarci attorno. Vero, lo so che l’hai
raccontato solo a me
perché siamo amiche, ma, vedi… ecco,
io… io e Walter… -
- Sei
innamorata di lui, eh? – Veronica sorrideva con la faccia da
“sputa-il-rospo-che-io-ne-so-più-di-te”.
- Come fai
a… -
- India,
devi pensa’ che so’ davvero cretina, se credevi che
non l’avessi capito. –
- No,
Vero, assolutamente, pensavo solo… - Ecco che si confondeva
di nuovo. Possibile
che le sfuggisse sempre tutto di mano? Veronica scosse la testa senza
smettere
di sorridere.
- A India,
cara mia, te sei peggio d’un libro aperto! Pensavi che non me
ne fossi accorta?
E’ vero, a me piace Walter, però te l’ho
voluto dire lo stesso. Era giusto, no?
Così, se fossimo diventate rivali, almeno non mi avresti
potuto rinfacciare di
non averti detto niente! –
- Tu… tu
sei completamente scema! – esclamò India
scoppiando a ridere. Poi tornò subito
seria. – Allora… allora non ce l’hai con
me? –
- Ma dài,
come posso avercela con te? Si vede che per te è molto
più importante! –
- Sì, è
vero, lo è… - mormorò vergognosamente
India, sorridendo appena e stringendosi
nelle spalle.
- E lui?
Che fa il Masetti? Se dà una mossa, vero? – Quella
ragazza era incredibile!
India non sapeva come si sarebbe comportata al suo posto. Di certo non
come
Veronica! Ed era talmente schietta e senza peli sulla lingua, che era
impossibile che stesse mentendo solo per farle piacere.
- Beh,
effettivamente sì. – Veronica avvicinò
bruscamente la sedia a quella di India e
spalancò gli occhi.
- In che
senso? Che ha fatto? –
- Ehm…
beh, ecco, noi… -
- Vi siete
baciati? –
- Cavoli,
Vero: puoi dirmi direttamente se litigheremo entro un mese? Mi pare che
tu ne
sappia molto più di me, dato che io ancora stento a
crederci! – Veronica emise
un’esclamazione di gioia.
- Non ce
posso credere! Il mio amichetto è cresciuto! –
- Che vuol
dire? –
- Che di
solito, se gli piace una ragazza, ce prova da subito, senza perdere
tempo.
Evidentemente tu lo hai messo in soggezione! – India la
guardò scettica. –
Davvero! Oppure vuol dire, molto più semplicemente, che a te
ci tiene in modo
particolare! Allora, dimmi, dimmi, com’è stato?
–
-
Scommetto che tu sapresti spiegarlo meglio di me: io non avevo mai
baciato nessuno,
prima. –
- Che
tenera! – squittì Veronica, praticamente
saltellando sulla sedia. – Ma io non
posso mica descrivere i baci degli altri! Dài, parla!
– India si sentì
improvvisamente molto in imbarazzo.
- Oh… non
saprei spiegarlo… è stato bellissimo, non saprei
dirti di più. Era come… come
se ci fossimo solo noi, capisci? Come se non esistesse altro. Di certo
non me
lo sarei mai immaginato così… - Veronica
ridacchiò.
- Cara
mia, se la tua pelle fosse dello stesso colore della mia, a
quest’ora saresti
arrossita fino alla radice dei capelli! –
- E già, è
quello che penso sempre anch’io. –
- Scusami
se so’ indiscreta, ma… Che è successo
esattamente, lui è venuto da te e, paf!,
ti ha baciata? Cioè, com’è successo?
– India si chiese se fosse il caso di
raccontare anche quello, ma, una volta iniziato, tanto valeva andare
avanti.
- No, sono
successe un bel po’ di cose. – E le
raccontò della rabbia improvvisa di Walter,
che poi si era rivelata gelosia, della propria esasperazione, di Eva
che
finalmente aveva vuotato il sacco… A quel punto, Veronica
fece un salto sulla
sedia.
- Marco è
innamorato de te? –
- Evita di
ribadirlo, per favore. Sono riuscita a stabilire una tregua con Eva e
non mi va
di mandare tutto al diavolo un’altra volta. Comunque non
credo ci sia bisogno
di dire che… -
- …che de
Marco non te ne po’ frega’ de meno, sì.
Va’ avanti. –
E così,
India proseguì a raccontarle del litigio con Eva e poi con
Walter, di come
avesse deciso di far finta di niente, di Marco che aveva mandato al
diavolo la
timidezza e l’aveva quasi baciata…
- Cooosa?!
– strillò Veronica. – Cioè,
Cesaroni ha provato a… - India le tappò la bocca
con una mano.
- Sì, va
bene, ho capito che hai afferrato! – sibilò.
– Ma non c’è bisogno che tutta la
scuola lo sappia. –
- Ok, ok.
Scusa. E poi…? –
- E poi è
arrivato Walter, mi ha portata via e mi ha fatto tutto un discorso su
quello
che… beh… su quello che prova. – A quel
punto India sorrise e fece spallucce. –
E il resto lo sai. –
-
Ragazzi…! Fischia, non credevo che Walter potesse essere
così… così! –
- Aspetta
a parlare, Vero. Magari era solo il momento… Ma Walter
è sempre Walter, no? –
In quell’istante, come evocato dai loro pensieri, Walter
spuntò davanti alle
due ragazze e colse India di sorpresa con un sonoro bacio sulle labbra.
- Buondì,
ragazze, che si dice di bello? –
- Hai
ragione, Walter è sempre Walter… - fu il commento
divertito di Veronica.
- Devi
dare per forza spettacolo? – gli sussurrò India.
Lui alzò gli occhi al cielo.
- Ma se
non c’è nessuno… -
- E io chi
sarei? – esclamò Veronica, tirandogli un calcio da
sotto il banco.
- Una
rompiscatole che dovrebbe farsi i fatti suoi! –
replicò Walter facendole la
linguaccia. Ma ormai India non li avrebbe più guardati con
sospetto. Sia perché
era sicura che tra di loro non ci fosse niente di più di una
semplice amicizia,
sia perché ora pensava a qualcos’altro…
- Walter,
alla ricreazione dovrei parlarti. –
- Quando
vuoi. – E non poté aggiungere altro
perché Stefania entrò in classe, seguita da
un codazzo di alunni ritardatari.
Alla ricreazione,
si fermarono a parlare nel corridoio.
- Cosa
volevi dirmi? –
- Beh,
ecco… mi chiedevo se… insomma, tu e
Marco… - Walter smise di sorridere.
- Non
chiedermelo. –
- E invece
te lo chiedo. Siete amici, perché rovinare tutto
per… per… -
- Per una
bugia e un tradimento che non mi sarei mai aspettato? No, India, non
chiedermi
questo. Marco sapeva benissimo quello che provo per te. E avrebbe
almeno potuto
parlarmi, prima di… - Non seppe come continuare e
alzò le spalle. – Non so se
voglio essere ancora suo amico. –
- No, dài,
Walter, parlo sul serio. –
- Anch’io
parlo sul serio! –
- Non
voglio che rompiate l’amicizia per colpa mia. – Ed
era vero: era quello il suo
più grande timore. Walter sorrise e le cinse la vita con le
mani.
- Piccola,
non è colpa tua. Non mi pare che tu gli sia saltata addosso
o niente di simile,
no? –
- No, ma… per
favore, Walter. Non puoi almeno provarci? Con Marco posso
parlarci prima
io, se vuoi. –
- Se
s’accontenta di parlare… -
- Ma
certo, scemo! – India non poté fare a meno di
ridere. – E’ stato solo un
incidente. – Walter la guardò con
un’espressione indecifrabile. – Che
c’è? –
- Sei
incredibile, lo sai? Perché ti affanni tanto a difenderlo?
–
- Non
sarai ancora geloso… - sospirò lei, dovendo
però ammettere a sé stessa che, in
fondo, l’idea non le dava poi così fastidio.
Walter rise.
- No, no.
E’ che… boh, non lo so. Io non riuscirei a
comportarmi come te. Non avevo torto
quando ho cominciato a pensare che tu fossi speciale. – Fece
per baciarla, ma
lei gli mise un dito sulle labbra.
- Dài,
Walter… non a scuola. E se ci vedesse tua madre? –
- Sarebbe
contenta e felice. Lo sai che ti adora. –
- Magari
si ricrederà. Meglio non correre il rischio, no? –
Walter sbuffò, ma le sue
labbra si incresparono in un sorriso.
- Vorrà
dire che quando studieremo insieme, metterò sotto chiave
Mimmo e Rudi. –
- Sì, sì,
come no… Ci penseremo. Ora vado a scambiare quattro
chiacchiere col tuo amico.
– disse India, marcando l’ultima parola. Walter
allargò alle braccia come a
dire “Se proprio ci tieni” prima di allontanarsi
salutandola con la mano. India
prese il coraggio a due mani prima di avvicinarsi a Marco, che se ne
stava da
solo in un angolo ad ascoltare musica con il suo walkman. - Ciao,
Marco… - Lui
si voltò di scatto e sembrò quasi impaurito.
- Oh… ehm…
devo… ho dimenticato una cosa in classe. – Fece
per andarsene, ma India lo
trattenne.
- Dài,
Marco, non c’è bisogno di scappare. –
Lui sospirò, evitando il suo sguardo. –
Volevo dirti solo due cose, poi ti lascio in pace e tu sei libero di
fare quello
che riterrai più giusto. – Fece una pausa, ma
Marco non rispose. – Prima di
tutto, io… ecco, mi sembra giusto dirti che io e Walter
stiamo insieme. E poi…
beh, facciamo conto che tra noi due non sia successo niente, ok?
– La ragazza
non trovò parole più gentili per dirlo. Marco
continuava a guardare il
pavimento senza dire niente. Allora India andò avanti: - E
poi, a proposito di
te e Walter… A me non sembra giusto che
un’amicizia come la vostra debba
rompersi per una stupidaggine. Cose così capitano a tutti,
no? Che bisogno c’è
di tenersi il muso? Tanto, tra noi non è successo niente,
no? Quindi… volevo
solo chiederti se, per favore, puoi parlare con lui e chiarire. Lo so
che
nessuno di voi vuole che la vostra amicizia finisca. – A quel
punto, Marco fissò
il suo sguardo in quello di India.
- Come fai
a essere sicura di quello che dici? –
- Io non
posso essere sicura di sentimenti che non sono miei, Marco. Ma credo
che
un’amicizia, se è tale, debba imparare a
fronteggiare ogni tipo di ostacolo. E
penso anche che tu e Walter siate in grado di farlo. Ora… -
S’interruppe per un
istante, in cerca di parole adatte per chiudere il discorso.
– Credo di aver
detto tutto. Per favore, provateci. D’accordo? –
- Non lo
so, India. – tagliò corto lui.
-
L’importante è che vi ficchiate bene in testa che
non è colpa di nessuno, né
mia, né tua, né di Walter. Dopodiché,
sono affari vostri. Io ho detto tutto. –
E si allontanò, chiedendosi fino a che punto Marco
e Walter fossero disposti ad ascoltarla.
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Capitolo 18 *** Tregua ***
Capitolo 18
– Tregua
Fu a febbraio,
e non alla fine delle vacanza di Natale, che la madre di India
partì per la
Sicilia, lasciando sua figlia alle prese con la sua nuova vita. Il
trasferimento nell’appartamento di via Adige non fu troppo
faticoso: India
aveva con sé poche cose, inoltre la casa era già
arredata. E, per la vita
tranquilla e momentaneamente solitaria di una diciottenne, era
più che
abbastanza.
E
anche
questa è andata.
Il giorno
dopo il trasloco, India tornò a preoccuparsi per Marco e
Walter. Chissà che non
fossero giunti a un chiarimento…
L’avrebbe
scoperto una volta arrivata a scuola.
Non ebbe
il coraggio di avvicinarsi a nessuno dei due per tutte le prime tre ore.
E
se
rovinassi tutto?
Ma
alla
ricreazione, mentre chiacchierava con Eva e Veronica, li
sbirciò con la coda
dell’occhio: parlottavano a bassa voce tra loro, appartati in
un angolo. Già il
fatto che si parlassero era un bel passo avanti. Dopo vari minuti,
India li
vide distintamente scambiarsi due esitanti sorrisi e darsi una pacca
sulla
spalla a vicenda.
Sospirò di
sollievo: era fatta. Quando i due ragazzi si separarono, India
avvicinò prima
Marco.
- Avevo
ragione? – Lui la guardò con quella che sembrava
un’espressione rassegnata.
- Più o
meno. – Marco le lasciò capire di non voler
aggiungere altro. Così India fece
per raggiungere Walter, ma lui la precedette.
- Lei
dovrebbe mettere su un’agenzia Amici Solitari, sa, miss
Chocolates? – India
alzò le spalle e gli sorrise.
- Devo
dedurne che è andato tutto liscio? –
- Grazie a
te. –
- Dài, non
tenermi sulle spine! Dimmi qualcosa di più. –
Walter scosse la testa ridendo a
fior di labbra.
- Donne… -
borbottò. – Beh, all’inizio pareva
‘na gara a chi stava più zitto. Poi Marco
m’ha
detto che effettivamente tu gli piaci sul serio, e io lì
stavo per saltargli
addosso e gonfiarlo… Ma non l’ho fatto, eh!
– si affrettò ad aggiungere,
vedendo l’espressione di India. – Alla fine ha
capito che non l’avrebbe
spuntata e ha detto che cercherà di guardarti il meno
possibile. –
- A me
sembra una tregua, più che un’amicizia ricucita.
–
- Che
c’entra, voi femmine avete un modo tutto diverso di vedere le
cose. Tra maschi
è diverso, no? –
- Sarà.
Spero che tu abbia ragione. – Walter la abbracciò
dolcemente, e India non cercò
di ritrarsi.
Tanto, nel
corridoio non c’era quasi nessuno…
- Ciao,
India. Ti senti male, per caso? – La ragazza
sobbalzò quando sentì quella voce
alle proprie spalle, e per riflesso saltò via dalle braccia
di Walter. Vide
Stefania, in piedi e sorridente di fronte a lei.
- S-salve,
professoressa… No, non sto male…
perché? –
- No, sai,
perché ti ho vista aggrapparti così a
Walter… -
- Sono…
scivolata. – Le rifilò la prima scusa che le venne
in mente. Se Stefania non le
avesse creduto, non lo diede a vedere.
- Oh,
capisco. Ti sei già trasferita? –
- Ehm… sì…
Ieri. – borbottò India, sentendo uno strano
prurito salirle su per le gambe.
Ora sì che si sentiva male.
- Ah,
allora tra qualche giorno saprai dirmi come ti trovi! –
- Già. –
- Beh, io
devo andare in un’altra classe. Buona giornata! –
India la guardò allontanarsi
con il suo passo deciso, mentre il prurito le passava, cedendo il posto
alla
sensazione di avere le gambe molli.
- Eri
scivolata, eh? – mormorò Walter ridacchiando e
facendo come per abbracciarla di
nuovo. Ma India si scostò.
- No, no,
guarda, queste scene riserviamocele per quando saremo fuori dalla
scuola! –
- Ma mia
madre se n’è andata, è al piano di
sotto! –
- Potrebbe
tornare. –
- Andiamo,
India, di che hai paura? – Sentendosi porre quella domanda,
India dovette
ammettere a sé stessa di non conoscere la risposta.
- N-non lo
so, Walter. Ma… non voglio che tua madre venga a sapere
di… di noi. Non così
presto. E non farmi la predica, perché di certo tu non stai
morendo dalla
voglia di andarglielo a raccontare! –
- Uffa…
Quante volte te lo devo ripetere? Mia-madre-stravede-per-te! –
- Ma l’hai
vista, come ci ha guardati? –
- Se ne
farà una ragione… - Walter si sporse in avanti
per baciarla, ma lei voltò la
testa. – India… -
- Non
voglio, Walter. –
- Oh, fa’
come ti pare. – A quel punto Walter sembrò davvero
seccato, infatti le voltò le
spalle e si allontanò a grandi passi. India resistette a
stento alla voglia di
sbattere la testa contro il muro.
Stupida,
cretina, idiota! Usare modi più gentili no, eh?
Le venne
da piangere al pensiero di come aveva trattato Walter. Certo, lui
avrebbe anche
potuto essere più comprensivo, ma lei era stata decisamente
troppo brusca.
Doveva avere una faccia orribile quando tornò al suo posto,
perché Veronica
sgranò gli occhi ed esclamò:
- ‘Mazza,
India, ma che è, hai visto uno zombie? –
Lei non
rispose e finse di cercare qualcosa nello zaino per nascondere la
lacrima che
le scivolava dispettosamente lungo la guancia.
L’asciugò in fretta e cercò di
darsi un certo contegno. Ma le venne naturale pensare che quel
pomeriggio
sarebbe andata da sola a casa Cesaroni.
All’uscita,
quando fece per andarsene, si sentì chiamare:
- India! –
Si impose di non voltarsi e continuò a camminare. Walter la
raggiunse di corsa.
– India, aspettami! –
- Scusami,
Walter. – Cercò di liquidarlo con quelle due
parole, ma lui non era disposto a
mollare tanto facilmente. Si guardò intorno per controllare
che sua madre non
ci fosse, poi prese le mani di India fra le proprie.
- India,
piccola, scusami tu. Non volevo parlarti così. Solo,
ecco… mi dispiace pensare
che… che dobbiamo nasconderci da qualcuno che, in fondo, non
troverebbe niente
di male in… -
- Lascia
perdere, ho capito benissimo. – Fece per andarsene, ma Walter
la trattenne per
un braccio.
- No, dài.
Scusa. Scusa, scusa, scusa e scusa. Hai ragione, io non sarei corso da
mia
madre a dirle che stiamo insieme. – India lo
guardò tristemente.
- Allora
stiamo ancora insieme? – Walter sorrise e le passò
una mano tra i capelli.
- Non
dovremmo? – Lì, fu India ad abbracciarlo. Si
strinse forte a lui e mormorò:
- Scusami.
–
- Scusami
anche tu. – Le mise un braccio intorno alle spalle.
– Andiamo? –
- Sì…
andiamo. – mormorò lei, lasciandosi stringere.
Tregua
anche per noi.
Rimase
comunque una certa tensione tra i due. Ma India pensava che, magari,
essendo
poi soli a casa Cesaroni, le cose si sarebbero chiarite. Walter
continuava a
parlare, parlare e parlare per allentare la tensione. Alla fine India
si disse
che era stupido fare la sostenuta.
Quando
furono a casa, rimediarono qualche panino per fare pranzo.
- Certo che
se dovessimo rimanere chiusi qui, un giorno, non avremmo di che
preoccuparci. –
commentò Walter a bocca piena, esaminando le credenze
strapiene.
- Beh, mi
sembra giusto. Con cinque figli… -
- Io
impazzirei ad avere tutti quei fratelli. Anche tu sei figlia unica, no?
– India
annuì, masticando con gratitudine il proprio panino. Lei era
nata quasi per
errore. Era difficile che lo sbaglio si ripetesse, ma questo non lo
disse ad
alta voce. – D’altra parte, passo talmente tanto
tempo qui, che Giulio mi ha praticamente
preso in adozione. –
- Masetti
e Cesaroni sono una specie di famiglia allargata, mi pare. –
- Sì, più
o meno. – A quel punto gli scappò da ridere.
- Che c’è?
–
- No,
pensavo… Ormai mancano solo i tuoi all’appello. Un
giorno o l’altro me li farai
conoscere, vero? –
India
cercò di sviare il discorso. – Ah, siamo passati
già a proposte serie e
impegnate? –
- Vabbè,
dài, non esageriamo. Però…
chissà! –
Appena
finito di mangiare, si misero a studiare. Erano alle prese con
complicate
analisi matematiche, quando Walter sbuffò e
lanciò la penna dall’altra parte
del tavolo.
- Basta,
ci rinuncio! –
- Ma dài,
abbiamo appena cominciato! –
- Sì,
appena mezz’ora fa. –
- Che fai,
getti la spugna a metà anno? – Walter non rispose
e si mise a giocherellare con
una matita, così India riprese i suoi calcoli. Dopo qualche
minuto, fu lui a
rompere il silenzio.
- Guarda
che prima non stavo scherzando. –
- A che
proposito? – gli chiese lei senza alzare gli occhi dal
quaderno.
- A
proposito dei tuoi genitori. Prima o poi me li devi fare conoscere,
sai? –
India sospirò profondamente, chiedendosi come troncare il
discorso.
- E perché
avresti tutto quest’interesse a conoscerli? –
- Mah, non
so… Tua madre dev’essere tosta. Ti è
venuta dietro fin qui e si è dovuta
allontanare da tuo padre pur di realizzare un tuo sogno…
Dev’essere forte. –
- Le
apparenze possono ingannare. –
- E anche
tuo padre dovrebbe essere un tipo interessante. Viene da un altro
continente…
praticamente un altro mondo. Io oltre l’Italia non sono mai
andato. Deve avere
un bel po’ di cose da raccontare. – India non aveva
idea di quanto suo padre
avesse da raccontare, e non gliene importava nulla.
- Oh, non
c’è così tanto da dire… Non
è poi così diverso da qui. – Walter
rise.
- Beh,
insomma…! –
- E
comunque non sono tipi così interessanti come credi.
–
- Forse lo
dici solo perché sono i tuoi genitori, stai sempre con loro
da diciott’anni e
non li trovi tanto interessanti. Ma non è detto che sia
così. – Quell’argomento
faceva montare una certa rabbia dentro India. Cercò di
controllarsi, ma il suo
tono di voce mutò notevolmente.
- Non c’è
proprio niente da sapere e nessuno da conoscere. –
Cercò di concentrarsi sui
numeri, ma era calato un improvviso silenzio.
Un
silenzio pesante.
- Perché
tutti questi segreti, India? –
- Non c’è
nessun segreto. –
- Come no!
Prima non vuoi che nessuno sappia di noi, poi ti spaventi persino di
dirmi
quattro cose sui tuoi genitori… Cosa
c’è che non va? –
- Niente,
Walter, proprio niente! – Di nuovo silenzio. Le sopracciglia
di Walter si aggrottarono.
- Te lo
dico io cosa c’è che non va: tu non ti fidi di me!
–
Oh,
no,
ti prego. Fa’ che non si ricominci a litigare. Non lo
sopporto.
-
Questo è
ridicolo! – ribatté India con una risata un
po’ stridula. Walter sbatté un
pugno sul tavolo.
- No, non
è ridicolo, è la verità!
Io… io non so quasi niente di te. Non capisco
perché…
di che hai paura? –
Di
me
stessa e di quello che potrei provocare…
-
Walter,
non ti arrabbiare! –
- No,
figurati se mi arrabbio! – ripose lui sarcastico.
- Tu non
puoi capire… -
- Hai
ragione. Non capisco. – Raccolse le sue cose, le
ficcò nello zaino e si alzò
dalla sedia. – Questo non si chiama stare insieme, India.
Questo è prendersi in
giro. –
- Walter,
ti prego… -
- Ci
vediamo. – India non seppe con precisione quanto tempo
passò da quelle sue
parole allo sbattere della porta d’ingresso. Rimase seduta al
tavolo, con lo
sguardo fisso nel vuoto.
Avrebbe
voluto piangere, ma non ci riuscì.
Avrebbe
voluto uscire e corrergli dietro, ma non ne ebbe la forza. Sapeva che
lui aveva
ragione. Ma si vergognava talmente tanto di raccontare la
verità sulla sua
vita!
Con rabbia
spinse da parte i libri e affondò la testa tra le braccia
incrociate sul piano
di legno. Perché non poteva avere una famiglia normale?
Perché non
riusciva ad accettare le cose per come stavano?
Perché
doveva rovinare sempre tutto?
“Questo
non si chiama stare insieme”.
Walter era
stato fin troppo chiaro.
Anche lei
avrebbe dovuto esserlo. A dispetto della situazione, rise tra
sé. Forse era
stata anche fin troppo chiara!
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Capitolo 19 *** Fidati di me ***
Capitolo
19 – Fidati di me
-
India,
sei incredibile! –
- Perché,
che ho fatto? – India si stupì di fronte
all’esclamazione di Veronica.
- State
‘nsieme sì e no da una settimana e già
litigate?! –
- Uffa,
Vero… Ma tu hai la palla di vetro? –
- Scusa,
arriva Walter che c’ha un muso fino a terra, arrivi tu che
c’hai un muso fino a
terra… Faccio due più due, no? E comunque non si
tratta di palla di vetro, ma
di avere le palle di andarci a parla’! –
E
ieri
eri assente. Sono passati solo due giorni, cara mia, non hai visto
niente.
-
Veronica… -
- Che t’ha
fatto il cattivone? – Veronica non perdeva mai la sua doppia
faccia: pazza
scatenata e amica perfetta.
- Non ha
fatto niente, lui, è stata colpa mia. – Veronica
spalancò gli occhi.
- Allora è
grave! Se è colpa tua e lo ammetti pure, è grave!
–
- Già, mi
sa che è grave. –
- Senti,
non ti chiedo perché avete litigato, ma… - India
le fu grata per questo. – Ma
me sembra giusto dirti che, secondo me, è meglio risolvere
subito la faccenda,
prima che peggiori. –
- Hai
ragione, ma… insomma, non so se ne avrò il
coraggio. –
- Devi! –
Già,
devo.
E
allora lo faccio.
All’uscita,
India riuscì ad acchiappare Walter per un pelo, prima che se
andasse da solo.
- Walter,
aspetta… -
- Se è per
dirmi ancora che non posso capire… -
- No. Al
diavolo lo studio, per oggi. Per favore, lascia… lasciami
spiegare. –
Walter
sospirò. Sembrava combattuto.
- Io… -
- Per
favore. – India gli prese una mano. – Tu vuoi che
io mi fidi di te, no? E
allora io ti chiedo la stessa cosa: fidati di me. –
Quando
smetterai di
chiederti perché,
non credere che non ci
sia
un’altra strada in
fondo a questa bugia.
Non credere che non
verrà
una canzone a dirti la
verità…
Il tragitto
dalla scuola a casa Cesaroni fu silenzioso e
imbarazzato. Ma erano lì. Insieme.
Quando arrivarono, si sedettero a gambe incrociate sul
divano, uno di fronte all’altra, in un silenzio gravido di
imbarazzo. Walter
fece per cominciare il discorso:
- India, io… - Ma lei lo interruppe.
- No, aspetta. Fa’ parlare me, per ora. –
Tirò un profondo
sospiro. Ce la posso fare. – Walter, io a
te ci tengo. E molto. Se non
fosse per questo, ora non saremmo qui a parlare. E’
che… io mi vergognavo. Mi
vergognavo di raccontarti la verità, che poi forse non
è così orribile come
sembra a me. Forse sono solo egoista. Ma il problema non sei tu,
perché io mi
fido di te. Sono io, il problema. –
- Non sei obbligata a… -
- Lo so. Ma voglio dirti la verità. Te lo devo. –
Deglutì.
– Io ti ho mentito, Walter. –
- A… a che proposito? – chiese lui, vagamente
preoccupato.
- A proposito della mia famiglia. Mia madre non mi ha
accompagnata perché è
“tosta”, come dici tu. Solo perché
pensava che non
potessi cavarmela da sola. Lei non è una persona
eccezionale, è solo… si
mantiene facendo le pulizie a casa d’altri. E’ per
questo che io vengo qui dai
Cesaroni… perché i suoi soldi non bastavano.
E’ stata mia zia ad affittarci la
casa in cui stavamo, altrimenti… dubito che saremmo potute
venire qui. –
Walter non disse nulla. Rimase ad ascoltarla, a testa
bassa. E allora India proseguì.
- E mio padre… Io non lo conosco, Walter. Lui e mia madre
si sono incontrati per caso in un aeroporto, hanno avuto
un’avventura e io sono
venuta fuori da lì. Un errore, insomma. Lui è
tornato in India e per un po’ di
tempo ha continuato a tenersi in contatto con mia madre, ma poi si sono
persi.
Da molti anni, ormai, anche se mia madre crede ancora che lui possa
tornare. La
verità è che non gliene importa niente
né di lei, né di me. –
Sospirò a lungo.
Mi
sono liberata.
- Eccoti la verità. Mi dispiace di averti mentito, ma
io…
non avevo il coraggio… - A quel punto, Walter
alzò lo sguardo e incrociò quello
di India.
- Ti… ti chiedo scusa, India. Non potevo
immaginare… -
- E’ stata colpa mia. –
- Non è vero. India… - Le prese una mano e la
fissò a
lungo. – Ti fidi davvero di me? –
Fidati
di me,
ho sbagliato anch’io
quando per paura
non ho fatto a modo
mio,
fidati di me…
- Certo che mi
fido di te. Scusami, Walter, davvero, io
non… -
- Vieni qui. – Walter le fece segno di avvicinarsi, e India
si rifugiò tra le sue braccia forti e calde. Walter la
strinse dolcemente a sé,
baciandola sulla fronte.
- Mi dispiace… -
- Non dirlo più. Anche a me dispiace. Non potevo
immaginare perché tu non volessi raccontarmi la
verità, ma… non so… mi sono
sentito preso in giro, ecco. – Le sue guance si tinsero di un
rosa acceso. – E
questo perché… Beh, io tengo troppo a te
e… non voglio perderti, ok? – India
alzò la testa e lo guardò sorridendo.
- Stai scherzando? –
- Mai stato così serio. –
- Allora dillo di nuovo. –
- Ci tengo troppo, a te, e non voglio perderti. – Walter
Masetti imbarazzato… Quella era una scena da fissare per
sempre nella mente.
- Neanch’io. – Gli accarezzò una guancia
e lo baciò
dapprima timidamente, poi sempre con più convinzione. Quando
si separarono,
Walter tirò un profondo sospiro.
- Cavolo… sono sempre più convinto… di
non essere io il
primo! –
- Mi sa che dovrai rassegnarti. – India fissò le
mani di
Walter, così grandi rispetto alle sue, e si
soffermò per qualche secondo a
giocherellare con le sue dita. – Senti, stabiliamo un
compromesso. –
- Sentiamo. –
- A scuola, niente smancerie, ok? Sono ancora terrorizzata
se penso a cosa può fare tua madre… -
- E va bene. Ma allora do anch’io le mie condizioni:
niente più segreti, d’accordo? –
- D’accordo. – Si scambiarono un altro lieve bacio
a
rafforzare la promessa. In quel momento si udì lo scatto
della serratura e
davanti a loro comparve Eva.
- Scusate, mi sono dimenticata il cellulare… tolgo subito
il disturbo! – aggiunse frettolosamente, notando che India e
Walter erano
ancora stretti l’uno all’altra. Ma, non appena la
vide, Walter balzò giù dal
divano, prendendo India per mano.
- Capiti a proposito, Eva bella! India ti restituirà i
soldi di un pomeriggio, ok? Ciaociao! – sparò a
raffica, correndo verso la
porta e trascinandosi appresso India. Lei fece appena in tempo a
riprendersi la
borsa e il giubbotto, e, mentre si allontanavano a velocità,
sentì
distintamente Eva urlare:
- Ma io ho da fare! – Solo quando furono abbastanza
lontani rallentarono.
- E perché dovrei dare a lei i soldi di un pomeriggio?
–
gli chiese India ridendo.
- Beh, oggi dovrà bada’ lei ai ragazzini, no?
–
- Perché? Dove stiamo andando? –
- Boh. A fare un giro. Tra scuola, casa e lavoro sei
sempre tappata tra quattro mura. –
Per un po’ girellarono a vuoto, poi raggiunsero i giardini
pubblici e sedettero su una panchina. India chiuse gli occhi ed
inspirò a fondo
l’aria piacevolmente fredda di febbraio. Dopo un
po’, tirò fuori dalla borsa un
quaderno e una matita e si guardò intorno in cerca di un
soggetto interessante.
Poi cominciò a disegnare. Era talmente concentrata da non
accorgersi che Walter stava osservando attentamente la figura prendere
vita sul
foglio bianco.
- E’ fantastico! - Quell’esclamazione la fece
bruscamente
tornare con i piedi per terra. Riguardò il disegno.
- Beh, insomma… - mormorò imbarazzata. Walter
prese in
mano il quaderno e o fissò a lungo.
- Ti dico che… Accidenti, India, ma come hai fatto?
–
Aveva fatto un veloce schizzo di loro due seduti sulla panchina.
Non le andava di ritrarre vecchietti addormentati o bambini irrequieti.
- Con le mani e con gli occhi, Walter, come dovrei fare? –
rispose ridacchiando.
- Ma non mi hai guardato in faccia neanche una volta!
Cioè… l’hai fatto così, in
meno di dieci minuti, e… e siamo identici! –
- Beh… sono abituata a ritrarre le persone a memoria. E
poi tu, chissà perché, sei uno che non si
dimentica facilmente! – Walter
continuò a guardare il disegno ancora per qualche minuto
prima di restituire il
quaderno alla proprietaria.
- Hai sempre le munizioni in borsa, eh? –
- A volte mi viene voglia di disegnare per la strada…
Almeno sono preparata, no? –
- Stavolta è andata, ma per il prossimo compleanno voglio
un disegno. Così hai anche il tempo di migliorare e
lavorarci su, eh? –
- Ci proverò! –
Ma, per uno come Walter, ci sarebbe senz’altro riuscita.
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Capitolo 20 *** Il nuovo ospite ***
Un
ringrazieamento particolare a Michelle (non temere, la fic ormai l'ho
finita da tempo^^ cercherò di postare velocemente) e alla
mia sore Tempe che, anche se non sta commentando più, ha
già letto questo capitolo e mi ha smpre sostenuta... mi
accomando, non sparire! Già mi manchi!
Questo
capitolo è un po' inutile ma mi sono divertita un mondo a
scriverlo XD
Capitolo
20 – Il nuovo ospite
Dopo il chiarimento definitivo, India e Walter diventarono
inseparabili. Anche a scuola, dove tentavano tuttavia di non dare
nell’occhio.
Gli unici a sapere di loro erano Marco, Veronica ed Eva. E, se Eva e
Marco
erano troppo presi dalle proprie paturnie per preoccuparsi di loro, di
certo
Veronica non avrebbe vuotato il sacco.
Quando si trovavano a casa Cesaroni, erano quasi sempre
soli (a parte Mimmo e Rudi, che però si facevano vedere di
rado). Ma se Rudi
gironzolava per le stanze, India si allontanava il più
possibile da Walter.
- Non mi dirai che ti vergogni di un ragazzino! –
- Figurati! Quello già mi odia, non oso immaginare cosa
farebbe se sapesse… -
- Al massimo appende per tutta la scuola gigantografie di
noi due che ci baciamo… -
- Cretino! –
Rudi sarebbe stato capacissimo di quello e altro. Per
questo India evitava di farsi vedere abbarbicata a Walter in sua
presenza.
- Cara mia, ormai la cotta m’è passata, ma
lasciamelo
dire: te c’hai un culo bestiale! – era stato invece
lo schietto commento di
Veronica. Ed India non poteva fare altro che darle ragione.
Ogni tanto Walter passava da casa sua e poi andavano a
scuola insieme. Stavano ben attenti a non far insospettire Stefania, la
quale
tuttavia sembrava essere sempre dietro l’angolo. Nonostante
la simpatia che
India nutriva per lei (più come persona che come
insegnante), tremava al
pensiero che scoprisse che i due stavano insieme. Non sapeva neanche
bene
perché, ma intanto si curava di misurare i suoi gesti.
- A cosa pensi? – le chiese Walter durante il tragitto
verso la scuola.
- A un po’ di tutto. Per esempio, a cosa farò dopo
la
scuola. –
- E cosa vorresti fare? –
- Non saprei con esattezza. L’illustratrice, forse. O la
ritrattista, la grafica… Prima, devo finire il corso, poi mi
iscriverò
all’Accademia di Belle Arti. E dopo si vedrà.
–
- Qualcosa nel campo dell’arte, insomma. –
- Sicuramente. E’ una delle poche cose che mi riesce bene.
–
- Non sopravvalutarti, mi raccomando! – Nonostante
l’adulazione da parte di Walter, India continuava a
considerarsi una ragazza
normalissima, e fingeva sempre di non ascoltarlo quando lui la
rimproverava di
buttarsi troppo a terra.
- E tu, invece? Cos’avresti intenzione di fare? –
gli
chiese lei, quando furono in prossimità della scuola.
- Non ne ho idea. Almeno per un anno rimarrò tappato
nell’officina di mio padre, questo è sicuro. Poi
non so… - Diede un calcio a
una lattina vuota e accartocciata. – Almeno per un verso mia
madre sarà
contenta: con me in officina, mio padre non se ne andrà
troppo a spasso. – La
lattina volò in un cespuglio, dal quale giunse uno strano
verso.
- Cos’era? – chiese India, fermandosi.
- Boh. Qualche animale. – Ma, quasi subito, dal cespuglio
schizzò fuori quello che sembrava un grosso gomitolo di lana
nera. La strana
“cosa” inciampò sui piedi di India,
emettendo un guaito.
- E’ un cane! – Il cane in questione, che aveva
davvero le
dimensioni di un gomitolo, zampettò fino ai piedi dei due
ragazzi e scodinzolò,
stuzzicando le loro scarpe con una zampetta morbida. – Che
carino! – India si
chinò ad accarezzarlo, e il cucciolo ne sembrò
molto contento.
- Non è che c’ha qualche malattia? –
- Ma và… E’ così piccolo!
Forse l’hanno abbandonato. – Il
cucciolo si coricò sulla schiena e le offrì la
pancia. India gliela grattò
sorridendo. – Fosse per me, me li porterei tutti a casa, i
cani che incontro
per strada. – Si rialzò sospirando. –
Vabbè… E’ meglio se andiamo.
– Mentre
procedevano a passo svelto, Walter notò che India lanciava
occhiate furtive al
cagnolino, rimasto nello stesso punto in cui era prima, e che ora li
guardava
allontanarsi con espressione triste.
- Mai avuto un cane? –
- Sì, figurati se mia madre me ne lasciava tenere uno! Una
volta mi ha proposto di prendermi un pesce rosso per
compensare… Capirai! Mi
sarebbe venuta la depressione a guardarlo girare in tondo in una boccia
per
tutto il giorno. –
Walter annuì senza dire niente.
Appena ebbero varcato il cancello, però, si
bloccò
all’improvviso, frugandosi in una tasca. –
Porca… -
- Hai perso qualcosa? –
- Sì, il cellulare! Cavolo, mia madre mi gonfia…
Forse
l’ho lasciato a casa! – Fece per uscire di nuovo.
- Ma scusa, non puoi controllare all’uscita? Se torni a
casa ti perdi la prima ora! –
- Faccio in frettissima! – E fu con queste parole che
Walter schizzò via dal cortile della scuola.
- Bah… -
India entrò a scuola da sola. La campana non era ancora
suonata, ma Walter avrebbe sicuramente perso la prima ora.
Perché sua madre
avrebbe dovuto “gonfiarlo”, poi… Di
certo Stefania si sarebbe infuriata molto
di più vedendolo arrivare in ritardo.
All’ingresso incrociò Eva e Veronica. –
Buongiorno! Dov’è
il tuo cavaliere? –
- E’ tornato indietro, dice che ha perso il cellulare.
–
- E non poteva guardare oggi pomeriggio, a casa? –
- Valli a capire, i maschi… -
Quando suonò la campana, le tre ragazze fecero per
avviarsi verso la classe, ma proprio in quel momento India scorse
Walter farsi
largo tra i ragazzi ammassati all’entrata. - Permesso,
permesso! –
Raggiunse le ragazze con il fiato corto: evidentemente si
era fatto una bella corsa.
- Non mi dire che sei andato e tornato in meno di tre
minuti! – si stupì India.
- Ehm… no, è tutto ok… mi era caduto
per strada. –
- Ah, capisco. – India fece per voltarsi, ma
l’esclamazione di Veronica attirò la sua
attenzione.
- Walter, ma che c’ha il tuo zaino?! – Fu con
immenso
stupore che India notò lo zaino di Walter…
muoversi!
- Walter? –
- Ehm, no, è che me la sono fatta di corsa e… -
- E anche lo zaino corre? – Veronica scoppiò a
ridere. –
Eddài, Masetti, che hai fatto? – In quel momento
si udì un rumore che pareva
provenire proprio dallo zaino di Walter. India abbassò lo
sguardo sulle mani
del ragazzo: su entrambe spiccavano due tagli non molto profondi, ma
recenti.
Solo in quel momento cominciò a capire.
- Walter, non dirmi… -
- Cosa? – Velocissima, India aprì lo zaino, e ne
uscì il
cucciolo nero che avevano visto lungo la strada. Il cane, abbaiando
allegramente, attirò l’attenzione di molti ragazzi
che si affrettarono a vedere
più da vicino quella che sembrava una scenetta comica.
- Walter, ma che combini?! –
- Beh, ti era piaciuto tanto… - India provò un
desiderio
incontrollabile di gettargli le braccia al collo e riempirlo di baci,
ma una
figura che comparve di fronte a loro la lasciò di sasso.
- COSA STA SUCCEDENDO QUI?! – abbaiò Stefania.
Walter, che
non si era ancora accorto della sua presenza, fece quasi un salto
all’indietro
per lo spavento. In quei pochi secondi, il cagnolino balzò
fuori dallo zaino e
si mise a correre come un forsennato per tutto il corridoio.
- Prendete… prendete quella cosa!
– continuò a
strillare Stefania. In breve, il cane fu riacchiappato da una ragazzina
bionda
sui 16 anni, che aveva tutta l’aria di volerlo tenere per
sè. – Masetti…
Fabiani… spero che voi abbiate una spiegazione decente!
– India apriva e
chiudeva la bocca senza proferire alcun suono, Walter invece
cercò di cavarsela
a modo proprio. - Quel cane è mio, professoressa. –
- Come sarebbe a dire… tuo?! –
- Eh, sarebbe! Sarebbe a dire che è mio. – Pochi
studenti
all’infuori della terza G sapevano che Walter era figlio di
Stefania, così
quasi nessuno trovò particolarmente strana quella
conversazione. Eva e
Veronica, invece, si scompisciavano dalle risate, rannicchiate in un
angolo.
- Beh, non da oggi, Masetti! Non più da oggi! –
Stefania
prese il cane dalle braccia della ragazzina. – Per questa
mattina starà nel mio
ufficio. Poi vedremo. Mai e poi mai… in questa
scuola… è increscioso… -
- Professoressa, aspetti un attimo, io… - provò a
intervenire India.
- NON UNA PAROLA DI PIU’! – urlò
Stefania, prima di
allontanarsi a grandi passi con il cucciolo fra le braccia. India e
Walter non
ebbero modo di parlare prima della ricreazione. Ma quando riuscirono ad
appartarsi
in un angolo del corridoio, lei non stava più nella pelle.
- Ma tu sei scemo! Come… come hai fatto a… -
disse,
praticamente saltellandogli davanti.
- Me lo chiedo anch’io! – esclamò lui,
esaminando i tagli
sul dorso della mano. – Credevo che fossero solo i gatti a
graffiare. Meno male
che era piccolo, altrimenti mi avrebbe azzannato! –
- Ma ora… tua madre… -
- Troveremo un modo… - India si guardò intorno,
poi lo
sorprese con un lieve bacio sulle labbra.
- Sei stato carinissimo! Ma scusa, avevi intenzione di
fargli fare un giro turistico, oppure…? -
- Veramente, pensavo che, ora che non hai il problema di
tua madre che non vuole animali in giro… Beh, insomma, era
una specie di
regalo. –
- Non so dove tu vada a pescare certe idee. –
- Eh, grazie, lo so che la mia è una mente brillante.
–
- E allora pensa a un modo brillante di farci restituire
il cane. – Walter alzò le spalle.
- Se mi faccio avanti io, come minimo mi ammazza. Abbaiava
più lei del cane! Forse dovresti essere tu a chiederglielo.
–
- E certo, così ammazza me! Come si vede che ci tieni a
me… - Walter le scompigliò affettuosamente i
capelli.
- Certo che ci tengo, a te! E’ proprio per questo che non
voglio privarti della mia presenza! Se mia madre dovesse uccidermi, ne
rimarresti molto provata, mi sa. – India alzò gli
occhi al cielo, sorridendo.
- Va bene, ho capito. Tocca a me mettere la mia vita nelle
mani del destino. –
Quando suonò la campana dell’ultima ora, India
schizzò
subito fuori dalla classe per arrivare prima che Stefania andasse via.
Quando
si trovò di fronte alla porta con scritto
“Presidenza”, invece, le venne voglia
di scappare a gambe levate.
Rassegnata alla strigliata e all’interrogatorio che le
sarebbero spettati, bussò debolmente.
- Avanti! –
India socchiuse appena la porta, sbirciando dentro. Poi si
disse che era assurdo, Stefania non era mica il mostro di Lochness!
No,
ma sicuramente riuscirebbe a spaventarlo, il mostro di
Lochness.
Aprì
del tutto la porta e si trovò di fronte a una scena
che mai avrebbe pensato di vedere.
Il cucciolo trotterellava allegramente sulla scrivania, e
Stefania lo coccolava intenerita. Aveva la stessa espressione che
avrebbe avuto
una madre con in braccio il suo bambino appena nato.
- Ehm… mi scusi, professoressa… - Stefania
alzò gli occhi
verso India e le rivolse un enorme sorriso.
- Ciao, India! Stavo… giocando un po’ con il tuo
cane,
prima di riportartelo. –
- Beh, non è esattamente mio… -
- Ma Walter te l’ha regalato, no? Quindi, se non è
tuo… -
India era sempre più strabiliata dalla perspicacia di quella donna. Stefania
si alzò con il
cucciolo tra le braccia.
- Senti, Stefania, io non… -
- Guarda che non sono stupida. Tu e Walter siete amici.
Molto amici. E allora? Che c’è di male? Non dovete
mica nascondervi! – India si
curò di non contraddirla su quel “molto
amici”. – I suoi voti sono migliorati
moltissimo da quando studiate assieme, sai? Dopo un po’ di
tempo è naturale
cominciare a volersi bene. –
- Ehm… sì… certo. –
balbettò lei, mentre Stefania le
metteva il cane tra le braccia.
- Hai intenzione di tenerlo con te, no? –
- Oh… credo di sì. – Il cucciolo
intanto era
impegnatissimo ad annusarle i capelli.
- Anche se dovesse crescere molto, dovrebbe stare bene in
casa tua. Assomiglia a un Labrador, ma non credo che sia di razza.
Altrimenti non
lo avrebbero abbandonato. – Gli lanciò
un’ultima occhiata sognante, poi riprese
le sue vesti di Preside, seria e composta. – Beh…
facciamo in modo di non far
girare troppo la notizia. E, per favore, dì a Walter di
scegliere posti più…
ehm… appropriati, per consegnarti i suoi regali. –
- Grazie mille, professoressa! – esclamò India con
un
largo sorriso, uscendo in fretta dall’ufficio con il cucciolo
in braccio. Trovò
Walter ad aspettarla all’uscita.
- Allora, com’è andata? Vedo che siete tutti
interi! –
- Non ci crederesti! Quando sono entrata, tua madre era lì
tutta presa a coccolarlo… Facevano un tale quadretto!
– Il cucciolo, intanto,
si era appallottolato tra le sue braccia e sembrava profondamente
addormentato.
India gli accarezzò delicatamente le orecchie. –
Oh, quant’è bello… -
- Scelta azzeccata, allora. – India si sporse a baciare
Walter su una guancia.
- Sì, ma tua madre manda a dirti di scegliere altri posti
per darmi i tuoi regali! –
- Vabbè, quando è
un’emergenza… -
- Senti, posso chiederti un favore? Dì a Eva, o Marco o
chiunque altro Cesaroni che trovi, che… che oggi non posso
andare da loro.
Vorrei portare il cane dal veterinario e comprare qualcosa per
lui… -
- Allora lo tieni! –
- Dovrei lasciarlo in mezzo alla strada? – Walter le
sorrise e incrociò le braccia.
- Mia cara miss Chocolates, oggi mi sento in vena di
generosità: se proprio ci tiene, la sostituirò io
a casa Cesaroni! – India
sorrise raggiante.
- Ti abbraccerei, se non avessi le mani occupate… -
- Nessun problema. Riscuoterò domani quello che mi spetta.
– Si scambiarono un bacio veloce, poi India si
allontanò di corsa, felicissima,
chiedendosi dove avrebbe potuto trovare un veterinario.
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Capitolo 21 *** La decisione di Stefania ***
Oggi
posto due capitoli...grazie 1000 a michelle che commenta sempre! ^^
Capitolo
21 – La decisione di
Stefania
-
Walter, smettila! –
Risate.
- Dààài, non fare la tiranna!
–
- Con te non c’è altro modo di
trattare. –
- Uno solo. Piccolo piccolo… -
- Non se ne parla… ehi! – India
non poté non ridere quando Walter riuscì
finalmente, con uno scatto fulmineo, a
baciarla. – Dài, Walter… -
- Dài Walter de che? E’ colpa tua.
–
- Pure! E che avrei fatto? –
- E’ colpa tua, a ogni bacio mi
sembra di mangiare un cioccolatino. Non riesco a smettere. –
- Allora spero che tu non decida
mai di iniziare a fumare, altrimenti… poveri noi! –
- Non cambiare discorso. –
Walter esibì il suo migliore sorriso accattivante, che
però risultò né più ne
meno che una perfetta faccia da schiaffi.
- E tu, non saresti qui per
studiare? –
- Un tempo, forse. –
Già, un tempo.
Erano lontani i tempi in cui
India sbirciava Walter di sottecchi, potendo soltanto sognare pomeriggi
come
quello. E adesso doveva lottare disperatamente contro il suo istinto
per non
mandare al diavolo lo studio e accontentare Walter.
Sapessi
quanti cioccolatini ti
darei, Walter…
- Le aspettative di tua madre
saranno seriamente deluse. – gli disse ridendo mentre lui la
trascinava lontano
dal tavolo coperto di libri. Walter si accomodò sul divano e
fece sedere India
sulle proprie ginocchia.
- Non te rispondo co’ ‘na mala
parola solo perché tu sei tu e mia madre… beh, la
mamma è sempre la mamma, e
poi lei sarebbe capace de sentirmi magari da due chilometri de
distanza. –
India non poté ribattere, perché un attimo dopo,
Walter la stava già baciando.
Al
diavolo i buoni propositi.
- Ma fate schifo! –
India riemerse improvvisamente e
vide Rudi, piazzato davanti a loro, con un espressione di disgusto
dipinta sul
volto.
- Tu fatti gli affari tuoi. – lo
rimbeccò Walter. – ‘Ste cose le capirai
da grande. –
India pensò che sicuramente, di
qualsiasi cosa parlasse Walter, Rudi ne sapeva dieci volte
più di lei.
- Walter, mi dichiaro
ufficialmente deluso. Tu e miss Chicco di Caffè…
non me lo sarei mai aspettato!
– brontolò Rudi prima di dileguarsi.
Walter alzò le spalle.
- Vabbè, finché non ce vede il più
piccolo… -
- Secondo me è peggio che ci
veda Rudi. –
- Ormai è fatta. – Walter fece
per baciarla di nuovo, ma India si divincolò e
saltò giù dalle sue ginocchia.
- Ecco, e facciamo in modo che
non si ripeta! – lo ammonì, tornando a sedersi al
tavolo.
- Donne… sempre ligie al dovere…
- sentì bofonchiare Walter.
- Dovresti imparare qualcosa
dalle donne, invece di fare tanto lo sbruffone! –
E continuarono così per giorni,
settimane.
- Walter, posso farti una
domanda? – Walter smise di fare finta di studiare.
- Prego. –
- Come stanno i tuoi voti, ultimamente?
–
- Boh, così… non male… - rispose
lui vagamente.
- No, dài, parlo sul serio.
Stiamo trascurando lo studio. Non vorrei che per colpa mia il tuo
rendimento
calasse… -
- Ma sempre colpa tua deve
essere? Non ti preoccupare, dài. E’ tutto a posto,
te lo assicuro. –
Ma c’era ben poco da assicurare.
Non erano solo i voti di Walter a calare, tornando quasi alle vecchie
quote, ma
anche quelli di India. Pensava che almeno lei non avrebbe avuto grossi
problemi, finché riusciva ad assicurarsi la sufficienza. Ma
i problemi
arrivarono.
Durante uno degli ormai finti
pomeriggi di studio, i due ragazzi ricevettero una visita certamente
non
casuale: Stefania. Fu India ad aprirle la porta, cercando di nascondere
il
proprio nervosismo.
- Ciao, Stefania. Che… che ci
fai qui? –
- Oh, niente, così… Passavo per
caso. Pensavo ci fosse Lucia, non c’è Lucia?
– Parlava un po’ troppo in fretta
per i suoi standard.
- No, non c’è Lucia. –
- Ah, ok, allora l’aspetto! –
- Ehm… non so quando tornerà a
casa… -
- Non fa niente, non fa niente!
Tanto… tu e Walter state studiando, no? Non vi disturbo,
vero? –
- Certo che no, entra pure. –
mormorò India, a disagio.
- Ciao, Walter, tesoro! Sto
aspettando Lucia, ma voi continuate pure il vostro lavoro! –
trillò Stefania a
voce insolitamente alta. Quando India tornò da lui, a testa
bassa, Walter la
guardò inorridito.
- Ma che, l’hai mandata a
controllare? – le sibilò.
- Che c’entro io? E’ stata lei a
venire! –
- Beh, spero per lei che se ne
stia alla larga! –
Ma Stefania non stette affatto
alla larga da loro. Per un motivo o per l’altro, si ritrovava
sempre a passare
per il soggiorno, con una scusa qualunque.
- Non fate caso a me,
continuate, continuate! Mi trattengo solo due
minuti! –
Sorvolando sui minuti che da due
diventavano venti e poi quaranta, era impossibile non fare caso a lei.
Per
tutto il pomeriggio, India e Walter cercarono di parlare il meno
possibile e
dedicarsi ognuno al proprio lavoro. Quando India richiuse sonoramente i
propri
libri, sbuffando, Stefania piombò nuovamente nel soggiorno.
- Beh, vedo che Lucia non è
arrivata! Allora forse è il caso che me ne vada! –
trillò prima di sparire.
I due ragazzi si scambiarono
un’occhiata interrogativa.
- Che senso aveva tutto questo?
–
- Non ne ho idea. –
La situazione si ripeté altre
tre volte. India era sicura che Stefania avesse fiutato qualcosa. A
Walter non
importava quali fossero gli intenti di sua madre, era troppo occupato a
imprecare sottovoce ad ogni sua apparizione.
- Ma cosa vuole, tra poco ci
manda pure la CIA… Altro che due minuti! -
brontolò torturando una gomma da
cancellare fino a sminuzzarla.
In quel momento, la porta si
aprì di nuovo e davanti a loro comparve Marco (che sembrava
non fare più parte
della famiglia Cesaroni, dato che non era mai in casa).
- Scusate il disturbo, dovevo
solo… beh… mi trattengo solo due minuti.
–
A quelle parole, Walter si alzò
rumorosamente, gettandosi lo zaino in spalla.
- Fai pure con comodo! – E uscì
bofonchiando tra sé parole incomprensibili. Marco rimase
impalato a guardarlo,
poi si rivolse ad India:
- Ma che, siete in crisi? –
- Io no, ma lui… beh, penso
proprio di sì. – rispose, trattenendosi a malapena
dallo scoppiare a ridere.
- Ah. Scusa. –
India non ebbe il tempo di
tirare un sospiro di sollievo per la fine di quelle invasioni
barbariche, che
Stefania passò subito all’azione.
- Preparati. – le disse una
mattina Walter a scuola. – Io la mia razione l’ho
avuta stamattina, a te tocca
più tardi, la predica. – Non c’era
bisogno di chiedere spiegazioni. Alla
ricreazione, Stefania rimase seduta alla cattedra, riordinando dei
fogli nella
solita cartella, al che India tentò di svignarsela dalla
classe senza farsi
notare.
- Scusami, India, posso
trattenerti cinque minuti? –
Ma come
fa? Come fa a vedere tutto senza alzare lo sguardo?!
- Ehm… certo. – Stefania mise da
parte gli occhialoni rosa confetto e le rivolse un grande sorriso. Ad
India
ricordò vagamente il luccichio malefico dei denti di un
leopardo che sta per
lanciarsi sulla sua preda.
- Non fare quella faccia, non è
niente di grave. – le disse l’insegnante in tono
sbrigativo. India si avvicinò
alla cattedra.
- Cosa voleva dirmi, prof? –
- Lascia perdere ‘sto “prof”.
Allora… immagino che tu sappia dell’improvviso
calo dei tuoi voti. – La ragazza
annuì tristemente. – Tuoi e di Walter. –
Ecco.
Ci siamo.
- Se non avessi imparato a
conoscerti, non mi preoccuperei, perché mantieni comunque la
sufficienza. E
conosco anche mio figlio, quindi non dovrei preoccuparmi neanche per
lui, che i
4 se li può mettere in vetrina. – Fece una
smorfia. – Ma penso che tu capisca
il motivo della mia… chiamiamola convocazione non ufficiale.
– India sospirò.
- Lo immagino, sì. –
Su,
dillo. Non vuoi che io e
Walter stiamo insieme.
- Ecco, io credo che la vostra
amicizia non abbia influito positivamente. –
- In che senso? –
Sempre
fare i finti tonti, è la
cosa migliore.
- All’inizio, forse, per te era
un impegno come un altro, ma adesso… mi chiedo se tu non sia
troppo poco…
severa, con Walter. – India si sforzò di
trattenere una risata.
- Io non faccio il tuo mestiere,
Stefania. Più di un aiuto non posso dare… -
- Ma prima questo aiuto
funzionava. – Pausa. – India… Non avrai
forse paura di correggere le ca… ehm,
gli errori di Walter? Ho l’impressione che questi pomeriggi
di studio siano
diventati motivo di distrazione per entrambi. Forse tu ci provi, ma non
abbastanza, e questo ti distoglie dal tuo lavoro. –
- Stefania, mi dispiace,
davvero… Cercherò di essere più te e
meno me. Cioè, più prof e meno amica. –
- Non so se è possibile, capisci
cosa intendo? –
Purtroppo
sì, lo immagino.
- No, veramente. –
- Io penso che dovreste
sospendere. E’ meglio che smettiate di studiare insieme.
–
- Ma… -
- Sì, lo so, all’inizio i
risultati sono stati sorprendenti, ma adesso siete in due ad avere
difficoltà.
–
- Non so se… -
- Credimi. – Stefania sorrise di
nuovo. Nel suo tono dolce e amichevole c’era una sfumatura di
durezza. – E’
meglio così. Magari, più in
là… Ma adesso davvero no, è meglio
smettere. –
India sospirò di nuovo, più a lungo. Che fare, se
non acconsentire? C’erano ben
poche probabilità di prevalere.
- Se pensi che sia giusto così…
-
- Fidati di me, è la cosa
migliore. Scusami se ti ho trattenuta, vai pure. – India si
diresse a passo
lento verso la porta. Ma prima di uscire, si voltò verso
Stefania.
- La ringrazio, professoressa. –
- Sei fortunata. – fu l’amaro
commento di Walter quando India gli riferì della
conversazione con Stefania.
- Fortunata?! – protestò lei. – Guarda
che non mi ero affatto stufata… -
- No, non in quel senso.
Fortunata perché t’è andata bene con
mia madre. Quando ha parlato con me di
certo non è stata tutta zucchero e miele. –
Imitò la voce acuta di sua madre,
gesticolando al suo stesso modo: - “Sfaticato! Quella
poveretta ti dedica metà
della sua settimana, e tu te ne freghi così! Mi era sembrato
troppo bello! Ma
certo, mica poteva durare! Da domani, dopo scuola tu te ne torni dritto
a casa
e ti arrangi da solo!” – Lasciò ricadere
le braccia lungo i fianchi. – E’
commovente tanta fiducia in me. Ma forse ha ragione lei. Che mi metta
nei guai da
solo è un conto, ma non volevo dare problemi pure a te.
– India lo vide
talmente demoralizzato che non poté trattenersi
dall’abbracciarlo stretto.
- Ma scherzi? Non è solo colpa
tua… E poi mi ci voleva qualche puntata di studio
alternativo. – Walter ridacchiò
appena.
- E adesso? –
- E adesso si fa come dice lei.
Se hai altri suggerimenti validi… -
- Ma così possiamo vederci solo
a scuola! – India gli sorrise e gli sfiorò una
guancia con una carezza.
- Meglio di niente, no? –
- Già, meglio di niente… -
Ma nessuno dei due era convinto
che fosse davvero meglio di niente.
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Capitolo 22 *** Clandestini in officina ***
Capitolo
22 – Clandestini in officina
“Fidati
di me, è la cosa
migliore”.
Per quanto Stefania fosse
un’insegnante più che valida e una donna sicura di
sé e dei propri metodi,
stavolta India non era certa che avesse fatto la scelta giusta.
Peccato che Stefania, invece, ne
fosse pienamente convinta.
Ogni tanto, a scuola, India
lanciava occhiate furtive verso il banco di Walter, al di sopra delle
spalle di
Veronica: sembrava piuttosto demoralizzato. Forse perché lui
e India non
avevano più modo di parlarsi se non alla ricreazione, forse
perché i suoi voti,
invece che migliorare come aveva pronosticato Stefania, erano calati
ancora.
Walter, come al suo solito,
cercava di non darlo a vedere. Era nella sua natura. Ma, se per India
era
impossibile non accorgersi del cambiamento, nessun altro sembrava
averlo
notato. Come Marco, per esempio. Non se ne andava più in
giro ingobbito e
immusonito come al solito. Era improvvisamente tornato a sorridere,
canticchiava
sempre tra sé e sé: sicuramente gli era successo
qualcosa di veramente buono.
Se non altro, la decisione di
Stefania aveva giovato ai voti di India.
Solo ai suoi.
- E’ inutile che mia madre mi
minacci di farmi invecchiare a scuola. – si lamentava Walter.
– Se poi è solo
colpa sua se so’ combinato così male. –
Passavano insieme tutta a
ricreazione, poiché era l’unico spazio di tempo
che Stefania occupasse chiusa
nel suo ufficio o in classe.
- Almeno hai provato a
parlargliene? – A Walter scappò una risata che non
aveva niente di allegro.
- Io? Io magari ce posso anche
parla’, ma lei, con me, se non urla… Poi se non
dà ascolto manco a te, possiamo
metterci l’anima in pace. –
India, infatti, aveva provato a
braccare Stefania per farle cambiare idea, ma lei, in un modo o
nell’altro, se
ne usciva sempre con un frettoloso: - Scusami, tesoro, ho mille cose da
fare,
ne parliamo dopo, eh? –
Ma quel dopo non arrivava mai.
- Non capisco come tu possa
ancora essere convinto che tua madre provi quest’amore folle
nei miei
confronti! – sospirò penosamente India.
- La conosco da diciannove anni,
purtroppo. E poi si capisce da come ha presentato la situazione:
è colpa mia se
ti distrai e non concludi niente. Senza contare come
l’ha spiegato a te
e come a me. – Sbuffò, quasi spezzando a
metà la matita con cui giocherellava
da dieci minuti. – Almeno per te è
servito… tu sei a posto, no? –
- Eh, ma tu non sei a posto. –
- Beh, dài, non è solo questo…
Mi scoccia il fatto che per mia madre la mia crescita mentale si sia
fermata a
dieci anni! – Pausa diriflessione.
- E se tu venissi lo stesso da
me? A un certo punto Stefania capirà, no? –
- No. – fu la secca risposta.
Seguì un’altra pausa di
silenzio. Poi sembrò che sulla testa di India si fosse
accesa una lampadina.
- Senti… tu ci vai mai in
officina da tuo padre? –
- A volte. – rispose
distrattamente Walter, esaminando le due metà della matita.
– Quando non ha
lavoro arretrato e se la svigna alla bottiglieria dei Cesaroni. Per non
lasciare l’officina incustodita… Il sabato, per lo
più. – Alzò lo sguardo e
corrugò la fronte. – Perché, che
c’entra? –
- No, stavo pensando… - mormorò
India in tono meditabondo. – Che, quando tuo padre
è lì… ma anche quando non
c’è… tu potresti andare là,
tanto Stefania penserà che non puoi lasciare
l’officina… E allora, quando tu sei là,
io vengo e ci arrangiamo come possiamo!
–
Per un attimo, il viso si Walter
s’illuminò, ma si rabbuiò subito dopo.
- Ma tu hai tutta la settimana
occupata. –
- L’officina è aperta anche
sabato e domenica? –
- Sì, tanto, per quello che fa
mio padre… -
- E allora io vengo sabato e
domenica pomeriggio! – concluse allegramente la ragazza.
- Ma così non avrai neanche un
giorno di libertà… - obiettò Walter
con aria colpevole.
- Avrò la domenica mattina. –
disse India con noncuranza. – E poi, beh… Non
è che dobbiamo studiare tutto
il tempo… - Walter rise e lei stessa si stupì di
quello che aveva appena detto.
- Sei un angelo! Anzi, un
cioccolatino con le ali e l’aureola. – Walter
l’abbracciò in vita e le posò un
bacio all’angolo della bocca.
- Dài, Walter… - mormorò lei,
cercando di allontanarlo senza troppa convinzione.
- Che ci posso fare se mi
stimoli? – India scoppiò a ridere.
- Ah, vuol dire che quando mi
baci senti l’impellente bisogno di scappare in bagno?
–
- La bimba sta diventando petulante…
-
- Allora, che mi dici? –
- E che te devo di’, che ti
adoro! –
- No, scemo, dicevo… per il
sabato e la domenica. –
- Ah. Per quello, va bene. Tanto
mia madre non ce va mai in officina. Se vuole trovare mio padre, va
direttamente in bottiglieria. – Si fece pensieroso.
– Scusa, lo so che non
c’entra niente, ma… come sta il cane? –
India ridacchiò.
- E’ già bello cresciuto.
Poverino, sta quasi sempre solo. Si chiama Bambù e
già lo amo alla follia. –
- Più di me? –
- Sei ridicolo! –
- Se te lo vuoi portare in
officina, fai pure, eh… -
- Scherzi? E’ già enorme. E poi
vedrò di accontentarmi della tua
compagnia. –
E così, il sabato successivo,
India, con non poca preoccupazione addosso, si preparava a raggiungere
l’officina
di Ezio Masetti. Secondo le indicazioni di Walter, era vicino alla
bottiglieria
Cesaroni, dunque non sarebbe dovuto essere troppo difficile
raggiungerla. Prima
di uscire di casa, fece una carezza sul testone nero di
Bambù e si augurò che
Ezio non fosse troppo invadente… Beh, insomma, che non si
lasciasse sfuggire
nulla con sua moglie.
Ma Walter era stato chiaro in
proposito. “Quello si fa i fatti suoi, manco sa dove
sta di casa.”
Dopo circa venti minuti di
strada, si trovò davanti a una saracinesca alzata per
metà. Prima ancora di
avere il tempo di dare un’occhiata all’insegna per
controllare che il posto
fosse giusto, l’inconfondibile sorriso di Walter fece
capolino di fronte a lei.
– Ben arrivata! –
- Oh, bene! Non ho sbagliato
strada! –
- Beh, papà è l’unico meccanico
nel raggio di… ahia! – Aveva fatto per alzare la
testa, ma il risultato fu una
sonora capocciata. India si infilò sotto la saracinesca ed
entrò nell’officina,
mentre Walter si massaggiava la testa con una smorfia di dolore.
– La prossima
volta… se non la apre del tutto… gliela sfascio!
–
- Sempre a lamentarsi, sempre a
lamentarsi… E’ proprio figlio de sua
madre… -
India si voltò verso l’uomo che
aveva pronunciato quelle parole: Ezio Masetti, con le mani sporche di
grasso e
la solita tuta da meccanico, stava armeggiando con dei fili
aggrovigliati nel
cofano di un’automobile.
- Ehm… Salve, signor Masetti. –
Ezio alzò gli occhi e la guardò come se fosse
piovuta dal cielo, prima di
sorridere e alzare la testa, andando a sbattere contro una mensola.
India
simulò un colpo di tosse per non scoppiare a ridere. Ezio si
strofinò una mano
sulla tuta per poi porgerla alla ragazza.
- Piacere, molto piacere, sono
Ezio. – Le strinse la mano con energia. Aveva più
l’aria di un attore comico
che di un meccanico.
- India. – Walter si schiarì la
voce per attirare la sua attenzione, poi si rivolse al padre.
- Ehm, papà, noi… beh, abbiamo
da fare. –
- In che senso? –
- Ci mettiamo in un angolo,
tranquilli tranquilli, non la disturberemo. – si
affrettò ad aggiungere India,
facendosi scivolare giù dalle spalle lo zaino che si era
portata dietro.
- Ah. Beh… sì, certo, fate pure.
– L’officina era abbastanza spaziosa, e i due
ragazzi si sistemarono
comodamente in fondo. Walter si sporse verso India, con un sorrisetto
malizioso
sulle labbra.
- Hai fatto colpo! –
- Ma che dici? Stupido… -
- Ti sta ancora guardando! Da
chi credi che io abbia ereditato il mio buon gusto? – India
gli tirò una
gomitata, soffocando un’altra risata. Dopo neanche dieci
minuti, sentirono la voce
di Ezio alle loro spalle.
- Ehm… Walter, io c’avrei da
fare alcune commissioni… che, ce stai te, qua, con la tua
amica? – Walter alzò
gli occhi al cielo.
- Sì, sì, vai… - Ezio si
pulì in
fretta le mani con uno straccio e un attimo dopo era già
uscito. Walter alzò le
spalle in segno di scusa. – Te l’avevo detto.
Vabbè, almeno siamo soli, per una
volta. –
India non poté che dargli
ragione. Continuarono così per un paio di settimane, che
bastarono per far
sentire India di nuovo allegra.
Anche Marco se ne accorse, ma la
prese alla lontana.
- Tu e Walter non vi vedete più?
– India era talmente contenta di avere di nuovo qualche ora
da passare da sola
con Walter, e di vedere da subito i risultati della sua decisione, che
non fece
neanche caso alle parole che rivolse a Marco.
- Momentaneamente no. – Dovette
trattenersi dal ridere per la bugia che aveva appena detto, ma in
fondo, che
importava? Voleva divertirsi a vedere le reazioni di Marco.
- Ah, capisco. Beh, si era… si
era capito, ultimamente. –
- Cosa si era capito? –
- Che non… vi vedete, ecco. –
- Oh, beh, sono periodi. –
Soffocò un’altra risata al pensiero di come Marco
avrebbe interpretato le sue
parole. Anche lui parve trattenersi, ma India non capì da
cosa.
- Sì, immagino di sì. – Si
passò
una mano tra i capelli scuri, spostando lo sguardo altrove. –
Però ti vedo
bene. –
- Certo. Sto benissimo. - Perché
non c’è una parola di vero in quello che ti ho
detto!
La domenica dopo, Walter si
scompisciava dalle risate al racconto di India su quella breve
conversazione.
- Quello è nelle nuvole! Davvero
gli hai detto così? –
- Guarda, mi sentivo talmente
contenta, così in pace, che non me ne importava niente!
–
- Tu però sei cattiva, eh! –
- Ma che cattiva… Solo, non
faccio più caso a quello che dico. – Walter
l’attirò a sé per baciarla.
- Visto che effetto
straordinario che ho sulle donne? –
- Su quante “donne” hai testato
quest’effetto straordinario, sentiamo? – lo
schernì lei, fingendosi offesa.
- Boh… un numero imprecisato. –
rispose Walter con aria altezzosa.
- E dài, Casanova, ora sono
curiosa! Avanti, quante ragazze hai avuto prima di me? –
- E’ meglio per il tuo giovane
cuore che tu non lo sappia, potresti subire uno shock e io non me la
sentirei
di addossarmi questa responsabilità. – India
sorrise implorante.
- Giuro che non me la prendo.
Dài… -
- Nessuna. – Questa volta, India
non si trattenne e scoppiò a ridere.
- Sì, certo, raccontala a
qualcun altro! Guarda che non è così che mi
terrai buona. –
- Te l’avevo detto che sarebbe
stato uno shock. – Lei gli sorrise, giocherellando con i suoi
capelli.
- E’ la verità? –
- Beh, l’anno scorso c’avevo una
cottarella per Eva, e siamo stati insieme due giorni. –
- Però! –
- …Più che altro perché appena
lei cercava di dirmi che per lei non stavamo insieme, io me la svignavo
e le
impedivo di dire altro! – Le cinse la vita con un braccio e,
sorridendo, si
avvicinò alle sue labbra. – Non ho mai trovato un
cioccolatino buono come te! –
- Bugiardo e calunniatore… -
bisbigliò lei ridacchiando, prima di accostare il viso a
quello di Walter e
sfiorare la sua bocca con un lieve bacio.
- Se ti vedesse ora la brava
professoressa Masetti, sai che colpo basso! –
- Probabilmente mi porterebbe
tutti i voti a sotto zero, senza possibilità di replica!
–
- Mm… Finché non ci ripensa e
non lo fa pure con me… -
- Tu cerca di tenerti al passo…
-
- E tu cerca di venire più
spesso, parlare di meno e farti baciare di più! –
concluse Walter con una
risata, mettendo subito in pratica l’ultimo comando.
Nda_
lo so, Bambù è un nome ridicolo per un cane, ma
una sera ho visto non mi ricordo che fiction in cui c'era un cane di
nome Bambù...e me ne sono innamorata!
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Capitolo 23 *** Confessioni ***
Capitolo
23 – Confessioni
India
cominciava a trovare
accogliente l’officina. Non che fosse il massimo della
comodità, ma starsene
là, sola con Walter, scambiandosi un’occhiata e un
sorriso di tanto in tanto,
era il massimo che potesse desiderare. Ezio non c’era quasi
mai, appena lei
arrivava bofonchiava che aveva cose da fare e se ne andava.
- Ah, ora la bottiglieria si
chiama “Cose da fare”? –
- Ma fatti gli affari tuoi,
Walter! E soprattutto, muto come un pesce! Se lo sapesse tua
madre… -
- Cos’è che dovrei sapere? –
India saltò giù dalla sedia per
la sorpresa di sentire quella voce acuta e ben nota fuori
dell’officina.
Walter, che aveva perso l’equilibrio ed era direttamente
caduto giù, la guardò
con gli occhi sbarrati.
- Ciùciù, che sorpresa… - fece
nervosamente Ezio.
- Oh, davvero? Io invece non
sono per niente sorpresa. Non solo per la tua rinomata vocazione di
scansafatiche. – aggiunse, lanciando una fugace occhiata
verso India e Walter,
ancora pietrificati dalla sorpresa. – Ma vai, vai, tanto, chi
nasce cretino
muore cretino. –
Il marito la guardò raggiante e
le schioccò un sonoro bacio prima di dileguarsi con un: -
Grazie, Ciùciù, sei
unica. –
Stefania sorrideva, ferma al suo
posto, con le braccia incrociate. – Avanti, ragazzi, non vi
mangio mica! –
A guardarla in faccia, si
sarebbe detto che India temesse proprio quello.
- Ehm… buon pomeriggio, mamma. –
- Risparmiaci l’introduzione,
Walter, so tutto. – India le si avvicinò a testa
bassa, con aria colpevole, e
subito dopo Walter la imitò sbuffando. –
Però magari è meglio parlarne fuori,
piuttosto che in questo… - Indugiò, non trovando
la parola adatta a descrivere
il pandemonio che regnava nell’officina. -
…vabbè, lasciamo perdere. –
India non si sentì per niente
sollevata, una volta fuori, alla luce del sole. Stefania non smetteva
di
sorridere. Si appoggiò alla sua automobile, che aveva
parcheggiato proprio di
fronte all’officina.
- A ma’, se è solo per farci la
predica… -
- No, Walter, non voglio farvi
la predica. Volevo solo chiederti se mi reputi davvero così
cretina. –
- Mamma… -
- Dico davvero. Ma su, credevate
che non l’avrei capito? I tuoi voti non lievitano
così all’improvviso, senza
perché. Era abbastanza ovvio. Ci ho messo un po’ a
capire dove si tenevano le
vostre riunioni segrete ma, a pensarci bene, neanche quello era poi
così difficile.
– Walter sospirò e spostò lo sguardo
altrove, cacciandosi le mani nelle tasche.
India alzò la testa e incrociò lo sguardo di
Stefania.
- Stefania, mi dispiace. E’
stata un’idea mia, ma non avevo intenzione di… -
- Non avevi intenzione di
aiutare Walter e dimostrarmi cosa riesci a fare, vero? Avevi solo molto
tempo
da perdere, no? – Stefania non appariva truce e severa come
al solito, anzi,
pareva molto divertita.
- Io non voglio dimostrare
niente. Però non dirmi che avrei potuto parlartene. Ogni
volta che ci provavo,
scappavi via e non mi lasciavi neanche il tempo di dire
“pio”! Non c’era altra
scelta, ecco. –
- Se non quella di lasciar
perdere e dedicarti esclusivamente a te stessa. –
- Mamma, per favore… -
intervenne a quel punto Walter. – Vai al sodo, dicci quello
che devi dirci e
finiamola! –
- Santa pace, Walter, perché
devi essere sempre così? Non vi sto mica rimproverando!
D’altronde, non ne
avete più l’età, giusto? Vorrei solo
ricordarti che non è poi così grave volere
bene a una persona e che anche tua madre, che non è ancora
del tutto
rimbambita, ha un cuore e può capirlo! – Ad India
parve che le guance di Walter
diventassero piuttosto colorite, ed intervenne:
- Dunque, per concludere…? –
- Per concludere, non c’è
bisogno di nascondersi. E neanche di starsene rinchiusi in
quest’officina
puzzolente per sfuggirmi. Sarà meglio che torniate a
studiare a casa Cesaroni…
Perlomeno tu avrai i fine settimana liberi! – soggiunse,
rivolgendosi a India,
che finalmente riuscì a sorridere. – Va bene, ho
detto anche troppo. Penso che
abbiate afferrato il concetto, no? – Entrambi annuirono
energicamente. – Bene,
allora io vado. E, mi raccomando… la maturità si
avvicina, dateci sotto! –
Detto questo, Stefania girò i tacchi ed entrò in
macchina. Quando scomparve
dietro l’angolo, a India scappò da ridere.
- Beh? Che c’è da ridere? –
- No, stavo pensando… che ormai
mi sono talmente abituata a venire qui, che… penso che
continuerò a sacrificare
i miei weekend! – Walter sorrise e le cinse la vita con le
mani.
- Adesso non hai più scuse. Mia
madre ha capito tutto, e non c’è più
bisogno di nascondersi nei bagni, a
scuola! –
- Ma noi non ci siamo mai
nascosti nei bagni… - ridacchiò lei
accarezzandogli una guancia.
- Diciamo che stavo cominciando
a prendere seriamente in considerazione questa possibilità.
– India fece per
ribattere, ma le riusciva difficile, con le labbra di Walter premute
sulle sue.
Si aggrappò alle sue spalle, dimenticando in fretta quello
che stava per
dirgli. Quando si separò da lui, si meravigliò
nel sentirsi come invasa da un
fuoco bollente. Doveva avere il viso in fiamme.
- …Walter! – Quasi le mancava il
fiato.
- Era un modo implicito di
ringraziarti. –
- E di che? –
- Boh. Qualsiasi scusa è buona.
– Risero simultaneamente. – Allora,
cos’hai deciso? Cesaroni o officina? –
- Officina, decisamente. Mi
stuzzicava l’idea di essere una clandestina… -
- Eh, ma adesso non lo siamo
più. –
- Cerca di non ricordarmelo. Mi
piace di più così. – E lo
abbracciò, perdendosi in un nuovo bacio.
È
inevitabile oramai
come uno sbaglio di corsia
questo groviglio fra di noi
questa tua bocca sulla mia
e le tue mani su di me
sulle mie mani su di te
molto probabile che sia
inevitabile follia.
Fammi entrare nel tuo
labirinto
voglio perdermi dentro di te
siamo due calamite viventi
tutto il resto del mondo non
c’è.
(Raf,
“Inevitabile follia”)
- Ma sei
sempre così allegra? –
Era quasi retorica, la domanda di Marco. Ma aveva ragione, eccome!
- Ultimamente sì. Ma anche tu
sembri a posto! – Marco sorrise imbarazzato e si strinse
nelle spalle.
- Beh, ognuno ha i suoi motivi…
-
- Già. Sono settimane che ho
solo voglia di ridere! –
- A questo si rimedia! – Detto
questo, Marco cominciò a farle il solletico, e India corse
via strillando.
- Ma non cosìììì!!!
– gridò,
ridendo a crepapelle e fuggendo su per le scale, mentre Marco la
rincorreva.
Alla fine si rifugiò nella stanza dei tre fratelli, dove
Mimmo, accucciato in
un angolo, era occupato a trafficare con i colori.
- Ciao India! Che ci fai qui? –
- Sto… scappando da… tuo
fratello! – ansimò lei, parandosi contro la porta.
Ma le bastò allentare di
poco la pressione perché Marco le piombasse di nuovo
davanti. – No, basta,
basta, ti prego! – Mimmo li guardava divertito con la testa
inclinata di lato.
In quel momento si udì suonare al campanello.
- Mimmo, vai ad aprire! – disse
Marco.
- Ma Rudi è di sotto, sarà già
andato lui… -
- Vai lo stesso! – Il bambino
uscì sbuffando. India lo guardò allontanarsi.
- Ma dài, poverino, perché l’hai
cacciato? – Marco sorrise.
- Non cambiare discorso… - Lei
lo guardò sorpresa.
- Che discorso? –
- Stavamo dicendo di quanto ti
senti felice in questi giorni, no? – disse lui, ammiccando.
- Ah, già… Beh, non è un
argomento su cui stendere una relazione, no? –
- Beh, no, ma… guarda, io l’ho
sempre capito che non eravate adatti per stare insieme. Non ho detto
niente
perché magari avresti pensato che il mio era un giudizio di
parte, ma… -
- Scusa, ma di chi stai
parlando? – India era sinceramente confusa. Marco sorrise
ancora, prendendola
dolcemente per i polsi.
- Di Walter, e di chi, sennò? –
La ragazza scoppiò a ridere.
- No, guarda, mi sa che hai
capito male. –
- Più di così, cosa c’è da
capire? Io vedo solo che da quando vi siete lasciati, tu stai molto
meglio di
prima… - A quelle parole, il sorriso scomparve dalle labbra
di India.
- Marco, io e Walter non ci
siamo lasciati. Non capisco come tu possa pensarlo! –
Cercò di liberarsi dalla
stretta delle sue mani, ma non ci riuscì.
- Sì, vabbè, dài… Lui non
viene
più qui a casa con te, a scuola manco vi parlate…
è ovvio! –
- Hai preso un abbaglio. –
- E su, è inutile che fingi… -
Se non avesse avuto le mani bloccate, India l’avrebbe spinto
via, ma, con un
movimento velocissimo, Marco la strinse tra le braccia e la
baciò. Non fu come
a gennaio, non era un bacio timido e impacciato, India non
riuscì a
divincolarsi in una sola mossa.
- Marco… basta… finiscila! – Con
una spinta decisa, riuscì a liberarsi. Si fermò a
pochi passi di distanza da
lui, ansimando. – Ma che, sei pazzo? Ti sei rincretinito?!
Cosa… cosa ti salta
in mente, maledizione? –
- Ma dài, tanto non stai più con
lui, quindi… -
- No, no e no, Marco, ti sbagli!
Io con Walter ci sto eccome! – Cercò di sistemarsi
i capelli arruffati.
- Ma non eri stata tu a dire…? –
Il sorriso stava rapidamente svanendo dalle labbra di Marco, mentre
guardava
allibito la ragazza di fronte a sé.
- Io… oh, Marco come hai potuto
credere… Io stavo semplicemente scherzando! E comunque, non
ho mai detto niente
del genere! – Improvvisamente le sembrò tutto
molto stupido. Perché gli aveva
detto quelle parole, perché glielo aveva lasciato credere?
- Stavi… scherzando? –
- Ma tu, con Walter, non ci
parli mai? Se ci fossimo lasciati te lo avrebbe detto chiaro e tondo,
no?! –
- Lui… beh, io e lui… Oddio,
India, non… -
- Senti, lasciamo perdere, per
favore. Facciamo finta che non sia successo niente, eh? – gli
disse, con il
tono più distaccato che potesse tirar fuori. Non le
riuscì molto bene, perché
la voce le tremava ancora. Marco chinò la testa.
- S-scusami… io… - In quel
momento, India sentì dei passi veloci scendere
giù per le scale.
- Avanti, andiamo a… andiamo a
vedere chi è stato a suonare alla porta, prima. –
E uscì in fretta dalla
stanza, scendendo precipitosamente le scale e sentendo sbattere la
porta
d’ingresso. Quando arrivò in soggiorno,
trovò solo Rudi, seduto sul divano a
rimirare il proprio telefonino. – Beh? Chi era? –
Il ragazzino alzò lo sguardo
e sorrise con aria di sufficienza.
- Era Walter. Era passato per
non so cosa, ma se n’è andato quasi subito.
–
- Ma perché non l’hai fatto
rimanere cinque minuti, scusa? Poteva almeno aspettarci! –
Alle sue spalle,
Marco simulò un attacco di tosse. Il ghigno di Rudi si
allargò ulteriormente.
- Doveva avere molta fretta. O,
perlomeno, gli è venuta tutta d’un colpo.
–
- Non capisco, cosa… -
- Non sembrava molto contento.
Dovresti fare una chiacchierata con lui, miss Chicco di
Caffè, magari riesci a
fargliela passare! – Saltò giù dal
divano e si avviò su per le scale, con il
solito ghigno dipinto in volto. India lo guardò stranita.
- Bah… Chissà cosa voleva. – A
quel punto, Marco balbettò:
- Ehm… io… vado in camera mia… -
- No, non preoccuparti, è già
tardi. Me ne vado io. – replicò India, recuperando
la borsa. – Ehm… ci vediamo,
Marco. –
- Sì. Ci… ci vediamo. –
Uscendo e richiudendosi la porta
alle spalle, India ringraziò il cielo che Walter non avesse
assistito alla
scena. Eppure… eppure, era come se nella stanza, con loro,
ci fosse stato anche
qualcun altro.
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Capitolo 24 *** Confusione ***
Capitolo
24 – Confusione
Il giorno dopo, a scuola, India
avrebbe giurato che ci fosse qualcosa che non andava.
Qualcosa di serio.
Un po’ per l’espressione da cane
bastonato di Marco, un po’ per il ghigno malefico che non
abbandonò Rudi
neanche per un istante, un po’ per lo sguardo indecifrabile
di Veronica.
- Ehm… ciao, India. – Il suo
saluto fu molto meno allegro ed entusiasta di quelli che le riservava
di
solito.
- Ciao a te, Vero. Che è quella
faccia? – Veronica fece un gesto vago con la mano.
- Oh, niente… pensavo solo… non
farci caso. – Detto ciò, si affrettò a
spostare il suo sguardo altrove.
Sono
tutti matti.
Poco dopo, Marco le passò
davanti, con la sua solita espressione afflitta.
- C-ciao, India. – Lei rispose
con un cenno della testa, ansiosa solo di vedere Walter. Possibile che
fosse
l’unico a cui fosse rimasto un po’ di senso
dell’umorismo?
Ma neanche Walter sembrava in
vena di scherzare, quel giorno. Entrò in classe come un
fulmine, scuro in
volto, e superò India a passo di carica, senza neanche darle
il tempo di
salutarlo. India si voltò di scatto verso Veronica.
- Ma che gli prende? – La sua
compagna si strinse nelle spalle e non rispose. Sembrava molto a
disagio. India
non riuscì a pensare a niente se non a un ulteriore discorso
con Stefania.
No,
per favore. Che non ci abbia
ripensato!
Alla
ricreazione, Walter uscì in fretta dalla classe portandosi
dietro Veronica.
India rimase a guardare la porta aperta, chiedendosi
cos’altro potesse essere
successo. Rimise i libri nello zaino e uscì in corridoio:
Walter e Veronica
parlavano fitto tra loro, ma, non appena India sporse la testa fuori
dalla
classe, Walter si allontanò di corsa. La ragazza rimase a
guardarlo con
espressione allibita.
- Si
può sapere che ha?! – Veronica le rivolse
nuovamente uno sguardo indecifrabile.
– Allora? –
- Oh,
odio ‘ste situazioni! – si lamentò la
bionda. - Per favore, non mettermi ‘n
mezzo, finché non avrete chiarito, ok? –
- Che
vuol… - fece per controbattere India, ma Veronica era
già sparita. Che voleva
dire, perché non voleva “stare in
mezzo”? Di che situazione parlava? E perché Walter
si era comportato così? India non trovò altra
soluzione se non chiederlo
direttamente a lui.
In
quel momento se ne stava dall’altra parte del corridoio, da
solo, con le
orecchie coperte dalle cuffie del lettore mp3. India si
avvicinò cautamente.
Quando Walter la vide, fece per andarsene, ma lei lo
acchiappò per la
maglietta.
- Eh,
no! Ora mi spieghi! – lo ammonì. Walter sembrava
fare di tutto per non
guardarla negli occhi.
- Non
c’è proprio niente da spiegare. Lasciami in pace.
–
- Ma
perché? Che ho fatto? –
- Che
hai fatto? – Walter rise. Era una risata strana. Falsa,
tagliente. – Bella
domanda, miss Chicco di Caffè. Perché non provi a
risponderti da sola? – India
rimase talmente colpita da quelle parole che lasciò andare
la sua maglietta,
guardandolo con la bocca spalancata, incapace di formulare una frase
sensata.
- Ma
cosa… -
-
Lasciami in pace! – ripeté rabbiosamente lui,
voltandole le spalle e correndo
via.
Che
significa tutto questo?
Di
qualsiasi cosa si trattasse, Veronica lo sapeva. E India
l’avrebbe fatta
parlare, a costo di tirarle fuori le parole con le pinze. Quando
rientrò in
classe, si diresse subito verso di lei e le si piazzò di
fronte.
- O
mi dici cos’è successo con Walter, o… o
non lo so. Voglio solo saperlo. –
- Io…
-
- E
non dirmi che non hai idea di cosa sia successo. Tu lo sai benissimo, a
differenza di me, visto che nessuno mi degna mai di una spiegazione!
– Strinse
i pugni mentre Veronica si torturava nervosamente ciocche di capelli
tra le
dita.
- Senti,
te l’ho detto, non mi piace sta’ ‘n
mezzo. Per favore, non prendertela con me,
sbrigatevela da soli! – E non ci fu modo di farle dire altro.
Il
sabato successivo, India decise di andare comunque in officina da Ezio:
se
Walter trovava sempre il modo di evitarla e scappare, a scuola, in un
modo o
nell’altro sarebbe riuscita a capire cos’era che
non andava.
Si
affacciò cautamente all’interno
dell’officina. In un angolo, Ezio trafficava
con un’auto piuttosto malandata. India si schiarì
la voce. – Ehm… salve, Ezio.
–
-
Ciao, India. Cercavi Walter? –
-
Veramente sì. Non c’è? –
- No,
oggi non è venuto. – La ragazza cercò
di mascherare la delusione.
- Oh,
capisco. Va bene. Grazie lo stesso. – E se ne andò
a testa bassa, rimuginando
senza sosta. Chi restava? Decise di parlarne con Marco. Fu molto
sconfortante
per lei scoprire che Walter non rivolgeva più la parola
nemmeno a lui.
- Ma
perché? Perché, dico io?! – Il ragazzo
allargò le braccia, sconfortato.
- Non
ne ho idea, India. So solo che stare in banco con uno che manco ti
guarda in
faccia è una tortura! –
- E
non ti ha detto quale sia il problema? –
- Ci
ho provato, a chiederglielo, ma è convinto che io lo
sappia… Non ci capisco
niente. –
- Ma…
non può averci visti, quel giorno, no? – India
evitò di scendere nei
particolari, ma Marco capì subito che si riferiva al giorno
in cui aveva di
nuovo tentato di baciarla… con discreto successo. Aveva
creduto che tra lei e
Walter fosse finita, e adesso… - Cioè,
è entrato e uscito, non avrà avuto il
tempo di salire, vederci e andarsene, in due secondi! –
- Ma
no, non può essere niente di così…
niente del genere, insomma. C’avrà i cavoli
suoi. –
- Sì,
anch’io ho i cavoli miei, ma non per questo incenerisco la
gente con lo
sguardo, pretendendo che tutti sappiano cosa mi frulla per la testa!
– concluse
lei, sconsolata. Quella situazione era frustrante.
-
Dài, non ti preoccupare… Si sistemerà
tutto. – Marco sembrò sul punto di
allungare una mano e accarezzarle una guancia, ma si trattenne con la
mano a
mezz’aria. India pensò che fosse ancora
imbarazzato per quello che era
successo, ma subito dopo vide Walter passare a razzo dietro di loro,
con la
stessa espressione che manteneva ormai da quattro giorni. –
Sì, però così
quello inciampa nel suo mento! –
- Gli
starebbe bene… - mormorò India, con lo sguardo
fisso sui propri piedi.
-
Ciao, India! – La ragazza fece quasi un salto
all’indietro per la sorpresa di
vedere Stefania materializzarsi di fronte a lei e Marco. –
Come va? –
-
Ehm… benissimo, grazie. – rispose, esitante.
- Tu
e Walter avete smesso di studiare insieme? Eppure vi avevo detto
che… -
- Ci
siamo presi un periodo di pausa. – La risposta le
uscì un po’ troppo in fretta,
ma Stefania non sembrò farvi caso. La scrutò con
espressione severa.
-
Beh, vedete di darvi da fare. Mancano due mesi agli esami. Non vorrete
mollare
proprio adesso? –
- Oh,
no, no… Certo che no. Riprenderemo tra pochissimo,
tranquilla. –
Pochissimo.
Già. O quanto ci
vorrà per capire cos’ha Walter…
Stefania
sorrise soddisfatta. – Bene. So che posso fidarmi di te.
Buona giornata, ragazzi.
–
-
Già, fantastica… - borbottò Marco
quando la donna si fu allontanata abbastanza
da non sentirlo.
Dunque,
Walter e Veronica erano gli unici a conoscere la causa di
quell’improvvisa
metamorfosi… Ma erano anche convinti che India sapesse
tutto.
E
invece no. Non so niente.
Nessuno mi dice mai niente.
Non
pensava ad altro da ore, stesa a pancia in giù sul suo
letto, con Bambù ai suoi
piedi, in attesa di qualche coccola. Gli diede una grattatina sulla
schiena, e
il cane alzò la testa, guardandola con i suoi grandi occhi
color nocciola.
Quando faceva così, sembrava quasi che sorridesse.
- Oh,
Bambù, meno male che almeno tu sei contento. –
sospirò India, voltandosi su un
fianco. In quel momento, sentì lo squillare del telefonino.
Si frugò nelle
tasche e lo tirò fuori.
“Nuovo
messaggio MMS”.
Mittente:
Marco.
Cosa
mai poteva volere Marco a quell’ora? Cliccò su
“OK” e sullo schermo comparve
una piccola immagine, accompagnata da un testo: “Forse
è per questo che
Walter si comporta così.”
L’immagine
era confusa, ma strizzando gli occhi India cominciò a
distinguerne i contorni,
e rimase paralizzata per lo stupore. Era una foto.
Non
una qualsiasi.
Lei e
Marco che si baciavano.
Solo
che era stata scattata proprio nel momento in cui Marco
l’aveva colta di
sorpresa stringendola tra le braccia e incollando la bocca alla sua, e
sembrava
più un romantico quadretto che altro.
Ma
Walter…? Cosa c’entrava Walter?
Senza
più poter resistere, India digitò in fretta il
numero di cellulare di Marco. Il
telefono squillò solo una volta, prima che una voce sommessa
e afflitta
rispondesse: - Pronto? –
-
Marco, cos’è questa storia? –
- Oh,
Dio, India, abbiamo combinato un gran casino. –
-
Abbiamo?! Vorrei proprio sapere cosa… -
-
Rudi ci ha fotografati con il cellulare e ha fatto vedere la foto a
Walter. –
India sentì come un pugno allo stomaco. Anzi no, peggio.
Deglutì, cercando di
incassare il colpo.
-
N-no… non ci posso credere. –
-
Credici! – gemette Marco. – Io non lo so, non
capisco… ha sempre avuto una
certa propensione a fare scherzi idioti, ma non credevo che sarebbe
arrivato a…
- In altre circostanze, India l’avrebbe interrotto con il
solito “Quel
ragazzino mi odia!”. Ma ora, la faccenda era diversa.
-
Quindi Walter ha… crede che io… oh, no, no, no!
–
- Mi
dispiace, India… -
- Ma
che mi dispiace e mi dispiace! Oddio, e ora come… come gli
parlo? Neanche mi
vuole guardare in faccia! – Frenò a stento
l’impulso di prendere a calci il
comodino. Evidentemente anche Bambù avvertì il
rapido cambiamento di umore,
perché si allontanò a passo felpato, con la coda
tra le zampe.
-
C-cosa vorresti fare? –
- Non
lo so, cavolo, non lo so! – Richiuse di scatto il cellulare e
lo scagliò sul
letto, prendendosi la testa tra le mani.
Pensa,
pensa, pensa.
Ma
c’era poco da pensare. Walter credeva che lei …!
Non riusciva neanche a
pensarci. E tutto per gli stupidi divertimenti di un teppistello di
tredici
anni…
E a
scuola non andò meglio. Non avendo il tempo di rallegrarsi
per il sorriso
sempre meno spavaldo di Rudi, India tentò disperatamente di
bloccare Walter per
parlargli. Invano. Così decise di sfogarsi con Veronica.
-
Scusa, mi stai dicendo che… -
- Che
è tutto uno stupido equivoco! – Veronica si fece
meditabonda.
- Mi
sembrava strano! Tra me e me, pensavo che tu non fossi il tipo da
mettere le corna
al tuo ragazzo, ma quando Walter mi ha fatto vedere la foto…
Non sapevo cosa
pensare, te lo giuro! –
- Non
ti preoccupare. Fosse questo, il problema più grave!
–
-
Certo, ora come fai a parla’ con lui? – India
appoggiò il mento sul banco,
sconsolata.
- Non
ne ho idea, Vero. Walter mi evita come la peste. Se hai qualche
suggerimento… -
- Mi
dispiace, piccola. – Veronica le strinse affettuosamente una
spalla. –
Dev’essere terribile, vero? –
- Sì…
terribile. –
- Se
devi preparare ‘n piano d’azione, ti suggerirei di
strozzare Rudi, come fase
uno. Anzi no, meglio, quando va in bagno, entra dalla finestra e
fotografalo
seduto sul cesso! – Quella volta, neanche Veronica
riuscì a farla ridere con le
sue battute irriverenti.
Doveva
parlare con Walter. Assolutamente. Anche a costo di farsi ricoprire di
insulti.
Ma doveva, o sarebbe impazzita, ne era sicura.
Michelle... hai ragione per quanto riguarda l'officina di Ezio...
caspita, non ci avevo pensato completamente!! O_O che razza di fan dei
cesaroni sono?!? Perdonami, ti prego! ^^
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Capitolo 25 *** Tredici anni e due parole ***
Chiedo
umilmente perdono!!!! Ho involontariamente saltato il capitolo 23,
“Confessioni”.
L’ho aggiunto adesso… scusate!!!
Capitolo
25 –
Tredici anni e due parole
Stava
ancora rimuginando su quella faccenda, in un penoso
mercoledì pomeriggio di
fine aprile, dopo aver mandato al diavolo lo studio ed essersi
raggomitolata
sul divano.
Se a
scuola non riusciva neanche a incrociare lo sguardo di Walter da
lontano, quali
altre possibilità poteva avere?
Fu il
trillo del campanello di casa Cesaroni a darle la risposta. Quasi in
trance,
India si tirò su dal divano e andò a vedere chi
fosse. Non appena aprì la
porta, le si mozzò il fiato.
-
Walter…! – Stava lì, impalato davanti a
lei, sforzandosi di apparire
disinvolto.
-
Sono venuto per parlare con Eva. – disse, con lo sguardo
fisso sullo stipite
della porta. La sua voce sembrava provenire da un computer. India si
morse le
labbra.
- Per
favore, non… -
- Non
c’è Eva? – Sì, era proprio la
stessa voce fredda e metallica di un computer.
-
Walter, ti prego, parliamone! – lo implorò lei.
- Puoi
chiamarmela, per favore? –
- Ma
chiamatela da solo e vai al diavolo! – sbottò
India, voltandogli le spalle e
facendo come per allontanarsi. In quel momento, Eva scese
frettolosamente le
scale e salutò India con un cenno nervoso.
-
Ehm… ciao, India, ci vediamo! – Strano che non
l’avesse fulminata con lo
sguardo!
Non
piangere, India. Non
provarci neanche. Non fargli vedere che sei debole.
Aspettò
che la porta si richiudesse per scoppiare in lacrime. Era semplicemente
impossibile. Non sapeva neanche cosa pensare di Walter. Se dargli dello
stronzo
o chissà che altro… Perché non si
fermava un attimo, perché si rifiutava
categoricamente di sfiorare l’argomento? Come avrebbe potuto
dirgli la verità
se a malapena lui la guardava in faccia?
Già.
Ma come avrebbe reagito lei, vedendolo baciarsi con un’altra?
Chissà,
forse lui ed Eva si stavano consolando a vicenda.
Si
lasciò cadere sul divano, singhiozzando senza ritegno e
senza accorgersi di due
occhi scuri che la fissavano intimiditi.
-
Ehm… -
India
alzò di poco la testa, ma non riuscì subito a
distinguere i lineamenti della
persona che stava di fronte a lei a causa delle lacrime che le
inondavano gli
occhi. Se li strofinò energicamente con il dorso della mano
ma, non appena vide
Rudi in piedi davanti al divano, ricominciò a piangere,
nascondendo la testa
tra le braccia.
- Vai…
via… - balbettò.
- Dài,
per favore… Non possiamo parlare come…
ehm… buoni amici? –
- No,
perché non lo siamo! E ora vattene! –
ripeté, senza alzare la testa.
- E
su, non farti pregare! Per favore… -
In
fondo, aveva tanto disprezzato Walter perché non le offriva
l’opportunità di
parlargli. Chi era lei per commettere lo stesso errore? Si
asciugò le lacrime
alla meno peggio e tirò su col naso.
-
Avanti, sentiamo cos’hai da dire, mio caro buon amico.
– Non riuscì a
trattenersi dal dirlo. Rudi sospirò, lasciandosi cadere sul
divano accanto a
lei.
-
Senti, India, mi spiace. –
- Ah,
ti spiace. E mi chiami pure per nome! Cerchierò la data di
oggi sul calendario!
–
- No,
veramente. Io non… cioè, non è che
volessi farvi litigare… non per davvero.
Non ci avevo pensato, ma… -
- Oh,
certo, non ci avevi pensato. Io e Walter stiamo, anzi stavamo insieme,
tu mi
fotografi mentre un altro mi sta baciando, gli fai vedere la foto e non
ci
pensi neanche per un secondo, che lui possa rimanerci male! –
ribatté
amaramente. Rudi sospirò più forte.
- Non
volevo arrivare fino a questo punto, ecco. – India lo
guardò senza credergli.
-
Perché mi detesti così, Rudi? Cosa ti ho fatto di
tanto tremendo? Io non ero
mal disposta nei tuoi confronti, ma tu mi hai dichiarato guerra fin da
subito,
e adesso, questo! Perché? – Rudi esitò
prima di risponderle.
- Ma
perché tu sei… piaci a tutti, no? –
disse, come se fosse stato più che ovvio. –
Io faccio parte di questa famiglia da tredici anni, ma è
come se non ci fossi.
Anzi, quand’è così, forse è
meglio, perché altrimenti mi dicono che sono un
buono a nulla, uno sconclusionato… Tu, invece, eri appena
arrivata e… insomma,
ti sono bastate due parole per guadagnarti la fiducia di tutti! Mi
sarebbe
piaciuto avere questa capacità. – India rimase ad
ascoltarlo in silenzio,
sbalordita.
- Ah,
dunque è così? –
- No,
sai, mi sono inventato tutto di sana pianta solo per farti commuovere.
Certo
che è così! –
-
Quindi io piacerei a tutti? – Il suo tono risultò
vagamente canzonatorio.
-
Che, forse non si vede? Marco ti sbava dietro, mio padre non fa che
dire che
dovremmo prendere esempio da te, Lucia dice che sei
adorabile… Mimmo, non ne
parliamo, quello preferirebbe avere te come
sorella. E Walter… beh, lui…
- India si sentì salire un groppo in gola.
-
Lui, qualsiasi cosa pensasse prima, adesso ha cambiato idea.
– concluse
tristemente.
-
Senti, mi spiace, davvero… -
-
Anche a me dispiace. Mi dispiace se… beh, se ti sei fatto
quest’idea di me.
Però, santa pace… - Si nascose il viso tra le
mani, sospirando pesantemente. -
…Che bisogno c’era di arrivare fino a questo
punto? – Rudi perse ogni traccia
di timidezza e tornò quello di sempre.
- Ma
io non lo credevo così scemo! –
esclamò, con il suo solito tono strascicato. –
Cioè, quella foto gliel’ho fatta vedere quasi per
scherzo, ero sicuro che non
ci avrebbe creduto… All’inizio pensavo che
l’avesse capito, com’era andata
veramente, ma due secondi dopo praticamente gli fumavano le orecchie e
se n’è
scappato via! – India apprezzò le parole e le
scuse di Rudi, ma ormai c’era
poco da fare.
- Ti
ringrazio per essere stato sincero, ma adesso non
c’è molto da fare. – mormorò.
– Dubito che Walter abbia molta voglia di sentire
spiegazioni. – Rudi la guardò
in modo strano. – Che c’è? –
- No,
pensavo… Siccome ci siamo… ehm…
spiegati, io e te… Magari con Walter potrei
sbrigarmela io. –
- Sì,
come no. Secondo me penserà che stai scherzando. –
- Oh,
senti, lascia fare a me… Ci ho già pensato. Ti
fidi? – India non rispose
subito. Poi però sorrise e gli scompigliò i
capelli con la mano.
- E
va bene, mi fido. –
-
Ehm, sì, ok, però lascia stare i
capelli… - Sì, era decisamente tornato in
sé.
-
Allora, cos’avresti in mente? –
-
Segreto professionale. Ti dico solo che io e Alice facciamo parte della
redazione del giornalino della scuola. – India
aggrottò la fronte.
- E
questo cosa c’entra? –
-
Niente, niente, non fare quella faccia. Ti garantisco che domani tu e
Walter
starete di nuovo insieme! –
- Se
lo dici tu… -
Rudi
le rivolse una delle sue solite occhiate, lo sguardo di chi la sa
lunga.
Dopotutto, quel ragazzino non era poi così male. Non quando
ti dichiarava
guerra, certo… Chissà cosa aveva in mente,
adesso. India non era sicura che le
cose sarebbero andate proprio come Rudi aveva assicurato, ma…
Tanto,
peggio di così non può
andare.
La
mattina dopo, non appena mise piede nel cortile della scuola, non
poté fare a
meno di notare che svariate teste si voltarono a guardarla, indicandola
e
borbottando parole incomprensibili. Cercò di convincersi che
fosse solo una
sensazione e procedette, finché Stefania non le
tagliò la strada, rincorrendo
Walter, brandendo un fascio di fogli in una mano e agitandolo in aria
come una
spada.
-
Cretino! Sei sempre tu, eh?! Perché non appendi direttamente
la tua
gigantografia al cancello, se vuoi un po’ di
pubblicità? – strillava.
-
Mamma, ma ti ho detto che non ne so niente! – gridava lui in
risposta, correndo
qualche metro davanti a lei. Intanto, molti ragazzi continuavano a
lanciarle
occhiate furtive, ridacchiando. Alcune ragazze sospirarono. Di sicuro
non si
trattava di un’allucinazione. Ma allora…?
Che
Rudi l’avesse solo presa in giro, e cercasse solo di giocarle
un altro brutto
tiro?
India
si avvicinò a Marco, più immusonito che mai,
anche lui con un mazzo di fogli
sotto un braccio.
-
Marco, che sta succedendo? –
-
Lasciamo perdere, va’… - bofonchiò
allontanandosi. In quel momento, Veronica si
avvicinò di corsa ad India, brandendo anche lei un fascio di
fogli, ridendo e
strillando:
- Sei
‘na pazza! Ma come vi è venuto in mente?
– Quasi le saltò in braccio, ma India
si scostò.
- Ma
perché sono sempre l’ultima a sapere cosa succede?
Cos’è questa storia? – Il
suo sguardo vagò a lungo tra i ragazzi presenti in cortile,
prima di fermarsi
su Rudi. Era seduto su un muretto, accanto ad Alice, e reggeva una pila
di
fogli tra le braccia, distribuendoli ai ragazzi che man mano gli si
avvicinavano.
Chi
aveva parlato del giornalino
della scuola?
India
strappò i fogli di mano a Veronica, e la prima cosa che
riuscì a distinguere fu
una foto di lei e Walter, qualche settimana prima, abbracciati davanti
al
cancello della scuola.
- Ma
cosa fa quel ragazzino, mi pedina?! –
Il
titolo era stampato a caratteri cubitali di uno sgargiante color
arancio. Scherzi
crudeli, ovvero l’equivoco. Ingoiando
più o meno due litri di saliva, India
cominciò a leggere.
“Può
un innocente scherzetto, opera di un altrettanto innocente tredicenne,
compromettere un idilliaco rapporto di coppia? Ebbene, cari lettori,
può
eccome! Stiamo parlando di due studenti dell’ultimo anno,
tali Walter Masetti e
India Fabiani, i quali, per un’astuta burla compiuta da uno
dei vostri
redattori, Rudi Cesaroni…”
I
suoi occhi percorsero velocemente le righe fino alla fine
dell’articolo, firmato,
naturalmente, da Rudi. In sostanza, raccontava esattamente come si
erano svolti
gli avvenimenti che avevano portato India e Walter alla rottura. Per
fortuna,
il nome di Marco non era stato citato. Si parlava solo di “un
ragazzo preda
di bollenti spiriti adolescenziali”, ma India
immaginava fin troppo bene il
motivo dell’umore di Marco. India strinse i pugni, quasi
strappando le pagine
del giornalino, prese fiato e…
-
RUDIIIIIII!!! – Rudi la salutò allegramente con
una mano. India attraversò il
cortile a grandi passi, lo raggiunse e gli strappò di mano
le copie del
giornalino. – Ma sei scemo? C’era bisogno di farlo
sapere a tutta la scuola? –
-
Beh, se Walter non vuole parlare con nessuno, almeno può
leggere! E poi c’è
scritto, no? “A cura di Rudi Cesaroni”. Non
c’è mica il tuo nome! –
-
Tranne che nelle due pagine occupate dall’articolo!
–
-
Piantala di lamentarti, e comincia a cercare Walter: si sarà
nascosto in un
gabinetto per sfuggire a Stefania! – India sospirò
profondamente, cercando di
non perdere il controllo.
- Io
non lo cerco di sicuro. Adesso decide lui cosa fare! –
E
mantenne la parola, rimanendo al proprio banco, chiacchierando con
Veronica,
facendosi i fatti propri fino alla ricreazione. Quando suonò
la campana, un
esitante e immusonito Walter si avvicinò a loro con finta
disinvoltura. Rimase
in silenzio per un po’, guardando fuori dalla finestra, poi
dalla bocca gli
uscì un sommesso: - Possiamo parlare? – India si
trattenne dal dire “Era ora!”
e rispose con un semplice:
- Sì,
certo. – Walter uscì lentamente dalla classe, ed
India lo seguì fino alla fine
del corridoio, dove si fermarono. Per qualche secondo nessuno
proferì una
sillaba, poi Walter si passò una mano tra i capelli ed
esordì:
-
Allora… ecco… - India, che fino a quel momento
gli aveva voltato le spalle,
affacciata alla finestra, si girò a guardarlo e
appoggiò la schiena al muro.
- Ti
ascolto. – Walter fissò per qualche istante la
copia del giornalino, prima di
schiarirsi la voce.
- E’
vero quello che c’è scritto? –
- Ah,
non chiederlo a me, Walter. Mi pare che ti fidi più di un
ragazzino che di me.
Più di cose che credi di vedere, che di quelle che vedi
davvero. Quindi, se
vuoi, chiedilo a lui. - mormorò India, incrociando le
braccia e abbassando lo
sguardo.
-
Era… era una foto, India. Come facevo a non crederci?
–
-
Semplicemente venendo da me, o da Marco, a chiedere spiegazioni, e non
eclissandoti. –
- Mi
dispiace… -
- Ah,
davvero? – Si guardarono con diffidenza per qualche istante,
poi dissero addio
al rancore e finirono l’uno tra le braccia
dell’altro. – Perché non hai voluto
ascoltarmi, Walter? Credevo di contare qualcosa di più per
te… -
- Ma
no, India, che dici? – mormorò lui, stringendola
più forte. – Tu conti troppo
per me, è questo il guaio. Non… non puoi capire
come ci sono rimasto, davanti a
quella foto… -
- Più
o meno come ci sono rimasta io quando hai smesso di parlarmi.
– Walter le
accarezzò il viso, sorridendo come non faceva ormai da una
settimana.
- E’
che… guarda, se ci ripenso mi sento così cretino!
Ma ho ripensato a quando mi
hai raccontato che… insomma, che Marco credeva che noi non
ci vedessimo più,
no? E allora credevo… beh… -
S’interruppe.
- E
allora credevi che io l’avessi fatto apposta per lasciargli
via libera? Oh
madonna, che fantasia che hai! – Finalmente riuscì
a ridere di gusto.
-
Promettimi solo una cosa. –
-
Cosa? –
- Che
stavolta non mi farai la predica perché io e Marco abbiamo
chiuso. – India
sospirò.
- Ve
bene, per una volta starò zitta… - Walter le
sorrise e la baciò lievemente.
Sembrava quasi che non avesse mai baciato una ragazza, tanta fu la
timidezza e
l’esitazione con cui le sfiorò le labbra. India
sorrise e posò la testa sulla
sua spalla. – Mi sei mancato. –
-
Anche tu. E, India… - Improvvisamente la sua voce si
abbassò, si fece incerta.
La ragazza rialzò la testa e fissò lo sguardo in
quello di Walter. Quegli occhi
scuri e dolci… le sembrò di rivederli per la
prima volta da mesi.
Occhi
neri occhi neri
assoluti
e sinceri
occhi
amati e sognati
occhi
desiderati…
Occhi
neri e distanti
calamita
e diamanti
occhi
belli e impazienti
due
sparvieri vibranti…
(F.
Mannoia, “Occhi neri”)
-
Sì?
– Walter le cinse la vita con le braccia.
- Ci
credi se ti dico una cosa? – Lei sorrise di fronte a quella
che sembrava
un’altra persona. Un ragazzo del tutto diverso
dall’irriverente, scherzoso,
schietto Walter Masetti.
-
Dipende da quello che vuoi dirmi. – Walter sorrise
imbarazzato e accostò il
viso a quello di India. Sì, sembrava decisamente un altro.
- Ti
amo, India. –
Pronunciò
quelle due semplici parole con voce sommessa, quasi fosse un segreto.
Un
segreto meraviglioso che nessun altro avrebbe potuto comprendere.
India
si morse le labbra, abbozzando un sorriso.
- Non
ho sentito… -
- Ti
amo… -
-
Puoi parlare più forte? – Sorrise nel prendersi
gioco di lui. Anche Walter
sorrise, scuotendo la testa come per dire “Tu non cambi
mai”. Poi prese fiato
e:
- TI
AMO, INDIA! – Una ragazza poco distante da loro
trasalì. Un bidello che passava
di lì per caso scosse pensosamente il capo. Una
professoressa piuttosto avanti
con l’età borbottò
“Ragazzi…”.
Ma
India non la sentì. Non sentì nessuno se non
Walter, raggiante di fronte a lei.
E
rise.
Dapprima
fu solo un sorrisetto, che poi si fece più largo, fino a
diventare una
squillante risata di gioia.
- Mi
sa che… ti amo anch’io, Walter! –
Neanche lui poté trattenersi dal ridere.
-
Adesso non abbiamo più problemi… tanto lo sa
tutta la scuola! –
|
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Capitolo 26 *** Un viaggio ***
Capitolo
26 – Un viaggio
-
Scendi tu o butto giù la porta? –
- Un
attimo! Dammi almeno il tempo di vestirmi! –
Erano
appena le otto di mattina di una splendente giornata di sole, sabato
primo
maggio. India era stata svegliata dal dolce richiamo di Walter, che si
era
appostato di fronte al portone della palazzina. La ragazza si
affacciò al
balcone e lo vide lì, sorridente come sempre e appoggiato
alla macchina, la sua
307 nuova fiammante. – Ma dove dobbiamo andare, scusa?
–
- Sì,
e io te lo vengo a dire… Vedrai, vedrai! –
- E
cosa dovrei mettermi, visto che non so neanche dove stiamo andando?
–
- La
prima cosa che trovi, tanto sei sempre ‘na por…
ehm, bellissima! – India non
fece in tempo a rispondere, che dal palazzo di fronte si
affacciò un uomo sulla
cinquantina piuttosto seccato.
- La
piantate di urlare?! C’è gente che vorrebbe
dormire, qui! – Walter lo guardò
senza fare una piega.
- E
beh, è sabato, ha tutto il giorno per dormire, no? E
c’è pure la domenica… -
L’uomo chiuse di scatto la finestra, al che Walter volse di
nuovo lo sguardo
verso India. – A meno che non decida di scendere a
picchiarmi, i programmi non
cambiano. Dài, sbrigati! –
-
Arrivo, arrivo… - India pescò
dall’armadio una camicetta a maniche corte e un
paio di pinocchietti rosa, si vestì in fretta e furia e si
diede una veloce
occhiata allo specchio. Chissà perché, la sola
vista del suo ragazzo le faceva
passare il sonno tutto d’un colpo. Non vedeva l’ora
di scoprire cosa avesse in
mente per quel giorno. Scese in fretta le scale e corse ad
abbracciarlo, come
se non si vedessero da settimane.
-
Buon primo maggio! Oggi sei ufficialmente sotto sequestro. E non osare
chiedermi dove ti porto! Te la senti di lasciarti andare al brivido di
questa
avventura? – India rise e prese posto sul sedile accanto a
Walter.
-
Accetto la sfida! A proposito, carina la macchina! –
-
Già, soprattutto considerando che la patente l’ho
presa tre mesi fa e sono comunque
stato costretto a girare in moto. Ma lasciamo perdere… non
è alla macchina che
dobbiamo pensare oggi! Sei pronta? –
-
Prontissima. – Walter mise in moto.
-
Eeeee… si parte! –
Avrò
quell’entusiasmo
Che ovunque mi aiuterà…
Dopo
mezz’ora di viaggio, India smise di chiedersi dove fossero
diretti, distratta
com’era dalle inesauribili chiacchiere di Walter. Man mano
che procedevano, si
allontanavano sempre di più dai palazzi, dalle autostrade e
dallo smog,
sboccando in aperta campagna. India guardò
l’orologio.
-
Walter, sono più di due ore che siamo in viaggio…
-
-
Avevi promesso di rispettare le regole: niente domande. –
Walter guidava
tranquillo. – E niente orologio. –
- Ma
dài, sono curiosa… -
-
Amore, lascia perdere le domande, ok? Vedrai che, quando capirai
cos’ha
partorito la mia mente perversa, sarai molto più contenta
che io non ti abbia
detto niente. – India ricambiò il suo sorriso,
leggermente intimidita.
Amore…
E
la dolcezza con cui mi guarderai
mi
darà il coraggio che non ho avuto mai.
Quello
che conta è che siamo in viaggio,
Io
e Te.
-
Goditi questo viaggio… -
E
così fece.
Passarono
le ore, il sole cominciò a picchiare, sempre più
caldo, per poi cominciare a
scivolare lentamente via, lasciando che il cielo passasse da un allegro
azzurro
a un cupo celeste scuro.
Le
chiacchiere di Walter, le sue risate, la sua mano che ogni tanto
abbandonava il
volante per posarsi sulla gamba di India, annullarono ogni
preoccupazione e
ogni curiosità. C’era solo quella macchina, con
loro due seduti vicini e la
musica della radio a fare loro compagnia.
Un
viaggio, per sempre in mare aperto
ci basta un po' di vento e in salvo ci porterà
la mia vita è tutta quanta un viaggio
lontani da ogni porto
in mezzo ad un concerto
che ci accompagnerà fino a quell'orizzonte
al di là del quale c’è ancora un
orizzonte
da cui ricominciare
apposta lì per noi.
- E
questa canzone? –
-
Boh… Credo che il cantante si chiami Mazzocchetti, o
qualcosa del genere. Ma
questa non l’ho mai sentita… -
-
Sembra fatta apposta per noi, vero? In fondo siamo in
viaggio… - Walter le
sorrise.
- Hai
ragione… Ma il viaggio è finito. Siamo quasi
arrivati! – India gettò
un’occhiata fuori dal finestrino.
- Non
mi ero neanche accorta che si è fatto buio! –
Walter guidò ancora per qualche
minuto, prima di frenare di fronte a quella che sembrava una graziosa
villetta
a due piani.
-
Eccoci arrivati, mademoiselle! – annunciò,
ossequioso.
- Ora
posso sapere dove siamo? – Walter la guardò
divertito, con la sua solit
espressione da
“io-la-so-più-lunga-di-te”.
- Ci
troviamo esattamente… in Calabria! – India
spalancò gli occhi.
-
Stai scherzando? –
-
Credi che abbia fatto il giro di Roma per dodici ore? –
Siccome India
continuava a guardarlo allibita, aggiunse: - Dài, intanto
scendiamo, che ti
spiego. – Una volta scesi dalla macchina, la prese per mano e
la guidò verso la
villetta. – Ti ricordi della casa che comprò mio
padre vari mesi fa? E che non
poté restituirla perché aveva già
pagato la prima rata? Beh, a quel punto non
c’era molto da fare se non tenercela. Quindi, se
c’è… si usa! – India lo
scrutò
attentamente.
- E
questo, esattamente, significa che…? –
- Che
mi sono preso tre giorni di vacanza e ho fatto in modo che rimangano
tali,
senza interferenze. –
- E
dài, Walter, puoi spiegarmi tutto senza giri di parole o
indovinelli? –
-
Allora, andiamo per gradi. Ho detto a mia madre che io, tu e Veronica
abbiamo
deciso di fare una gitarella fuori città… La
nostra cara amica è stata già
avvisata dal sottoscritto, e sarà ben felice di mancare da
scuola lunedì e
martedì per coprirci. Così almeno mia madre sta
tranquilla e non pensa male,
come al suo solito. – concluse allegramente. India non
poté trattenere una
risata.
- Non
dovrebbe? –
-
Assolutamente. Dài, vediamo com’è
dentro. –
-
Aspetta un attimo… - Walter si bloccò di fronte
alla porta, con una mano già
sulla maniglia. India lo abbracciò e lo baciò
lievemente. – Grazie… - La
risposta di Walter fu un sorriso trionfante.
-
Entriamo? – India annuì e si lasciò
guidare all’interno. La casa, su due piani,
era abbastanza grande. C’era un soggiorno, spazioso e
accogliente, una cucina,
due bagni e due camere da letto. Una di esse, arredata solo con un
letto
matrimoniale e due comodini, dava su una piccola terrazza.
I due
ragazzi uscirono sul balcone. Un venticello piacevolmente fresco
accarezzava le
loro guance, e la luna sembrava giocare a nascondino tra le nuvole.
India si
appoggiò alla ringhiera e Walter, da dietro,
l’abbracciò, poggiando il mento
sulla sua spalla. – Che ne dici? Ti piace? –
-
Moltissimo. E mi piaci tu. – Lui sorrise appena, prima di
accostare le labbra a
quelle della sua ragazza, scendendo poi sul suo collo. India chiuse gli
occhi,
inclinando la testa di lato.
Sentiva
uno strano senso di pace, come se fosse ovattata, protetta, isolata dal
resto
del mondo. Ma allo stesso tempo, qualcosa le impediva di lasciarsi
andare del
tutto. Stava per succedere qualcosa di nuovo, qualcosa di strano ed
eccitante,
e poteva capirlo dai baci di Walter, più intensi e decisi,
dal suo tocco
diverso dal solito, dal suo respiro che improvvisamente si era fatto
più
pesante. Inspirò a fondo l’aria primaverile,
tiepida e leggera.
- Fa
fresco, rientriamo? – sussurrò Walter tra un bacio
e l’altro. India annuì, non
trovando la forza per dire niente. Improvvisamente, quando furono
dentro, prima
che lui le si avvicinasse di nuovo e ricominciasse a baciarla, le venne
fuori
tutto d’un colpo:
-
Walter, ho paura. – Walter sorrise dolcemente e le
ravviò i capelli scuri.
- Mi
credi se ti dico che io ne ho persino più di te? –
India lo guardò con occhi
colmi di ansia, e si sorprese molto quando scoprì di non
riuscire a
sorridergli.
-
Non… non voglio deluderti… - Walter le sorrise,
provando un’infinita tenerezza
per quella che sembrava solo una bambina spaventata. Quegli
occhi… quegli stupendi
occhi di smeraldo non l’avevano mai guardato così.
- Non
mi deluderai, piccola. Io non mi aspetto niente da te…
niente che tu non voglia
darmi. Se non ti sembra troppo brutto il doppio senso…
– Il ragazzo cercò di
alleggerire l’atmosfera con una battuta, ma ciò
non sortì l’effetto da lui
sperato. India alzò nuovamente lo sguardo verso di lui,
senza ancora riuscire a
sorridere.
-
Sono molto sciocca, vero? –
- Non
mi pare. Sei sempre quella ragazza timida e dolcissima di cui mi sono
innamorato. Quella ragazza che ha l’incredibile pazienza di
stare dietro a un
pazzoide come me… Quella ragazza che ha paura di deludermi,
quando è l’ultima
cosa che potrebbe fare. Ed è per questo che io sono
completamente,
irreparabilmente pazzo di lei. –
Sulle
labbra di India si fece finalmente strada un sorriso.
Abbracciò il suo ragazzo,
nascondendo il viso nel suo petto. – Ti amo, Walter.
–
Non
le venne in mente nient’altro da dire.
Forse
perché non c’era davvero nient’altro da
dire.
- Ti
amo anch’io, piccola. – Le prese il viso tra le
mani e le accarezzò una guancia
con il pollice. – Allora… Ti andrebbe di fare
questo viaggio? –
- Sì…
Con te, e nessun altro. – Annullò subito con un
altro bacio i pochi centimetri
che li separavano. Le dita di Walter slacciarono lentamente i bottoni
della
camicetta di India, con cautela, quasi come se un solo gesto affrettato
potesse
rovinare la magia di quel momento. La ragazza cercò
l’orlo della maglietta di
lui, per poi sollevarla e sfilarla via, rapidamente, vergognosa di quel
gesto così
semplice. I due indumenti furono abbandonati sul pavimento mentre
Walter si
stendeva sul letto, attirando dolcemente India sopra di sé.
Le sue mani si
rincorrevano sulla schiena di lei, cercando la chiusura del reggiseno.
India
rimase immobile, in silenzio, mentre anche quel piccolo pezzo di stoffa
scivolava via. Nonostante la poca luce che illuminava la stanza,
riuscì a
vedere le labbra di Walter allungarsi in un sorriso.
- Lo
sai che sei bellissima? – India, ancora una volta felice di
non poter arrossire,
si chinò a baciarlo.
- E’
merito tuo… -
C'è
ancora un orizzonte
da
cui ricominciare apposta lì per noi,
apposta lì per noi…
per noi che siamo in
viaggio
e non torneremo indietro mai.
(P.
Mazzocchetti, “Un viaggio”)
Note dell'autrice: se non avete questa canzone, cercatela,
perchè è bellissima. Grazie come sempre alla Sore
e a Michelle, e anche alla new entry lu88!
|
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Capitolo 27 *** Luce ***
Oggi
posto due capitoli, non ne posso più di trascinarmi sta
storia...e il titolo di questo capitolo deriva da una totale mancanza
di ispirazione XD Rispondo:
Sore:
finiscila con queste figure retoriche, che le sto facendo in poesia e
ne ho le scatole piene!!! Ah, anche di questo capitolo ti avevo dato
un'anticipazione, se ricordi... ;)
Chika:
ben arrivata! Spero che continui a piacerti
Michelle:
semper fidelis! Comunque mettiti l'anima in pace: Walter, Ludovico e
tutti i personaggi che potrà interpretare, sono tutti miei,
in blocco! XD
Capitolo
27 – Luce
India
aprì lentamente gli occhi, sentendo un venticello fresco
pizzicarle le guance.
Alzò la testa e sbirciò oltre le spalle di
Walter, il quale dormiva ancora
profondamente: da un piccolo spiraglio della portafinestra penetrava un
sottile
filo di luce che andava a posarsi delicatamente ai piedi del letto. La
ragazza
calciò via il lenzuolo che si era aggrovigliato alle sue
caviglie e si alzò
silenziosamente, attenta a non svegliare Walter. Attraversò
la stanza a passi
felpati e imprecò sonoramente quando inciampò in
una grossa busta della cui
presenza non si era accorta, appoggiata ai piedi della finestra. Walter
si
rigirò nel letto parecchie volte prima di alzare la testa,
mostrando una
pettinatura molto simile a un cespuglio con urgente bisogno di
tosatura, e
borbottare: - Che succede? –
-
Oddio, scusa… non volevo svegliarti… Ho messo un
piede in fallo. – Tuttavia,
India non poté fare a meno di ridacchiare alla vista dei
capelli di Walter.
-
Mmm… che c’è da ridere? –
fece lui con la voce impastata di sonno.
-
Niente… Sei pittoresco. – India abbassò
lo sguardo sulla busta che l’aveva
fatta inciampare. – Ma questa da dove salta fuori?
– Walter sembrò svegliarsi
di colpo.
-
Ehm… niente, niente, lascia stare. Sono solo…
beh, qualche provvista. –
- A
proposito… - India si fece meditabonda. –
Pensavo… saremo qui tre giorni e io
ho solo i vestiti che porto addosso! – Walter
esibì uno dei suoi classici
sorrisetti maliziosi.
-
Portavi. – India abbassò lo sguardo e lo
rialzò rapidamente, sorridendo
vergognosa.
-
Ehm… già. – Tornò di corsa
verso il letto e andò ad arrotolarsi tra le
lenzuola, abbracciando Walter. – Facendo un piccolo passo
indietro… buongiorno.
– Walter sorrise e la baciò.
-
Buondì, luce dei miei occhi. –
- Eh,
quanto sei esagerato… Non mi diventerai mica romantico?
–
-
Perché, scusa, dopo che ti ho portata fin qui con un viaggio
che non finiva
più, per giunta siamo arrivati che c’era la luna
piena… -
- Ah,
ecco, sarà stata quella… - Walter mise su un
finto broncio.
- Sei
cattiva, cattiva, cattiva! Si possono riscoprire lati nascosti del
proprio
carattere, no? E poi, prova a dire che non ti piace l’uomo
all’antica… che ti
corteggia, ti porta a cena fuori, magari quando la mattina ti svegli te
lo
trovi pure con il vassoio della colazione… - India sorrise
divertita e gli
accarezzò una guancia.
- Io
non voglio mica l’uomo
“all’antica”, voglio te e basta.
Bisognerebbe vedere chi
è la tua donna ideale, piuttosto… -
- Ce
l’ho davanti, ed è una visione niente
male… - India lo colpì con un cuscino.
-
Invece che fare il lecchino, perché non rispondi alla mia
domanda? Cosa mi
metterò addosso? –
-
Tempo fa ho saputo che esistono dei posti, chiamati
“negozi”… Sai, tu entri,
cerchi quello che ti serve e poi lo paghi. Dovrebbero essercene anche
qui,
credo, dipende da quanto siano civilizzati i calabresi! – Gli
arrivò una
seconda cuscinata. – Ma dài, non
c’è bisogno di prendersela
così…! – protestò
ridendo.
- Non
osare provocarmi, sai? –
-
Cosa intendi esattamente per “provocazione”?
– India finse di pensarci su.
-
Qualunque cosa possa infastidirmi e cambiare radicalmente i sentimenti
che
provo per te. –
-
Allora sto per osare, come dici tu, perché dopo mi amerai
molto di più! –
mormorò Walter rivolgendole il suo sorriso più
dolce. India non rispose, si
limitò ad abbracciarlo e a lasciarsi baciare, desiderando
che quei tre giorni
si trasformassero in settimane.
Nel
tardo pomeriggio, entrambi erano riusciti a recuperare qualche vestito
nuovo e
lo stretto necessario per la sopravvivenza.
- So
che la mia domanda ti sembrerà inopportuna, ma… -
cominciò India, riguardando i
vestiti appena acquistati. - …stasera che si mangia?
Quest’aria mi mette una
certa fame. –
-
Beh, visto e considerato che ieri sera siamo rimasti a stomaco vuoto
per cause
di forza maggiore, - rispose Walter, – direi che possiamo
permetterci di andare
a cena fuori. – India gli rivolse uno sguardo divertito.
-
Stai ancora pensando alla questione dell’uomo romantico?
–
- No,
ho solo pensato alla questione portafoglio prima di partire. –
-
Bravo! Adesso mi dedicherò al vero e serissimo problema che
mi tormenta. –
annunciò India in tono scherzoso. – Ovvero: cosa
mi metto stasera? –
-
Donne… - replicò Walter in finto tono di
compatimento. – Credevi che non avrei
pensato all’eventualità di una cena a lume di
candela? – India lo guardò
incuriosita, e lui, per tutta risposta, fece un cenno con la testa
verso un
sacchetto posato ai piedi del letto. Lo stesso in cui lei aveva
inciampato
quella mattina.
India
lo abbracciò trattenendo una risatina. –
Provviste, eh? –
-
Senti, sono stato in ansia due giorni interi. Non farmi soffrire,
provatelo e
vediamo come ti sta. Non ho mai avuto occasione di sperimentare cose
del
genere… - aggiunse, facendole l’occhiolino. India
rise, prima di spingerlo
verso la porta.
- Ora
però esci, mi vedrai alla fine! – E lo chiuse
fuori dalla camera da letto,
sentendolo protestare a gran voce:
-
Certo, ora riprendi le tue vesti di fanciulla pudica e casta, vero?
Ipocrita! –
India
prese il sacchetto da terra e lo appoggiò sul bordo del
letto, più curiosa che
mai. Lo capovolse e ne dispiegò il contenuto. Si
trovò davanti un abito lungo
in stile indiano, sui toni del viola, con una fascia quasi trasparente
posta in
diagonale sul davanti. Rimase a guardarlo in silenzio per qualche
secondo,
lisciandone la stoffa con una mano. Tutt’a un tratto si
sentiva strana e
confusa. Decise di scacciare quelle sensazioni e si cambiò
in fretta, per poi
fermarsi davanti allo specchio e contemplare a lungo
l’immagine che quello le
rimandava indietro. L’abito aderiva perfettamente al suo
corpo, sottolineando
la grazia delle forme. Ma c’era ancora qualcosa di
strano…
Era
solo un vestito, ma improvvisamente India rivedeva le sue origini
rinnegate, la
sua storia sepolta in un angolo, la sua vita messa da parte per
cominciarne una
nuova. Quasi non sentì la voce di Walter chiamarla
allegramente dall’altro lato
della porta.
- Sei
ancora lì? –
Qualche
secondo di silenzio. Poi la maniglia girò e Walter
entrò nella camera da letto.
– Scusa, pensavo che… - cominciò, ma si
bloccò di colpo quando India si voltò a
guardarlo con vaga sorpresa. Richiuse la porta dietro di sé
e rimase a
guardarla per qualche istante, senza muovere un passo. – Dio,
India, sei…
semplicemente uno spettacolo. – Poi si accorse
dell’espressione smarrita sul
volto della sua ragazza e le restituì uno sguardo
preoccupato. - …Non ti piace?
Te l’ho detto, non ne capisco molto di… -
- No,
Walter, è bellissimo. – lo interruppe lei a bassa
voce, tornando a fissare il
proprio riflesso. – E’ solo che… mi
sento un’altra. – Walter arrivò
silenziosamente
alle sue spalle e le cinse la vita con le mani.
- E
invece sei tu, in tutta la tua bellezza. –
- Oh,
Walter, io… davvero, non so come spiegarmi… -
- Capisco
benissimo. – Fu dalla semplicità di quelle parole
e dalla serietà del tono di
Walter che India comprese che lui le stava dicendo la
verità, e che la sua non
era una frase di circostanza. – Volevo solo dirti
che… - La frase fu interrotta
a metà dallo squillo del cellulare di India. La ragazza lo
prese dal comodino e
lesse il nome sul display.
Mamma.
Premette
in fretta il tasto rosso, gettando il telefonino sul letto. Walter
provò a
ribattere. – Ma perché… -
- Non
ho voglia di parlarle. – replicò malamente lei.
Walter assunse un’espressione
ferita.
-
Amore, non volevo intristirti… Mi dispiace se… -
- Non
è colpa tua. – India riuscì a
sorridergli. – A dire il vero non ho mai voglia
di parlarle, ma almeno una volta al mese dovrei farlo, no? Solo che ne
farei
volentieri a meno, ecco. –
- Ma
è tua madre… -
- Sì,
anagraficamente. E’ fin troppo presente nella mia vita, eh?
– ribatté
amaramente India. Walter le sorrise, facendole segno di sedersi sul
letto,
accanto a lui. India lo abbracciò sospirando. – A
volte sono deprimente, lo so…
-
- Non
è vero, scema. – Walter posò un bacio
leggero sul suo collo. – Senti, lo so che
non sono il più adatto a fare discorsi del genere, tanto
più che non sono mai
riuscito a fare una conversazione seria…
Ma mi riesce difficile scordare
cosa mi dicesti tu a proposito del mio rapporto con mia madre,
quindi… - Fece
una pausa e sorrise appena, accarezzandole una mano. –
Purtroppo non possiamo
sceglierci una famiglia, e a volte è difficile trovare un
punto d’accordo. Da
questo punto di vista posso ritenermi fortunato… certo, a
volte devo frenarmi
per non dire a mia madre di chiudere il becco, ma…
è soprattutto grazie a te se
ho imparato a mettere da parte questi “piccoli
particolari” e pensare solo ai
lati positivi. Magari per tua madre è difficile fare la
madre, magari ci prova
e vorrebbe darti di più. Forse pensa che sia tu a non volere
il suo affetto,
anche se non è così. E tuo padre… - Si
fermò un attimo e le sorrise come non
aveva mai fatto fino a quel momento. India trovò molto
difficile staccare gli
occhi da quel viso così dolce e sincero, e rimase in attesa.
Poi Walter riprese
a parlare, accarezzandole i capelli. – Tuo padre non ti
conosce, ma se ti
avesse davanti agli occhi anche solo per un secondo, si renderebbe
conto di
avere una figlia meravigliosa… e si odierebbe per aver perso
tanto tempo, ne
sono sicuro. Ma sono sicuro anche che farebbe di tutto per
recuperarlo… se ne
avesse l’opportunità. – India sorrise
mordendosi le labbra, e abbassò appena il
capo, per nascondere quelle piccole lacrime dispettose che avevano
deciso di
spuntare senza preavviso dai suoi occhi.
- La
vacanza ti ha fatto male, eh, Masetti? – mormorò,
cercando di mascherare un
singhiozzo con una debole risatina.
- Più
che altro sono i cioccolatini che mi fanno male… - Walter
l’attirò a sé e la
baciò sulla fronte. – Allora, che ne dici?
Usciamo, stasera? – India si asciugò
le lacrime con il dorso della mano e annuì.
-
Certo… Ma prima devo fare una cosa. –
-
Tutto quello che desidera, mia piccola principessa indiana. –
India ridacchiò
scuotendo la testa.
-
Preferisco il vecchio Miss Cioccolatino al Latte. –
-
Sono uno specialista in soprannomi brevi e facili da ricordare, vero?
–
- Sei
uno specialista in trasformismo, caro il mio Ragazzo dai Mille Volti.
– Posò un
bacio leggero sulle labbra di Walter e poi si alzò dal
letto. Recuperò il
cellulare e lo riaccese, rivolgendo al suo ragazzo
un’occhiata allusiva e, allo
stesso tempo, divertita. – Ci metto un attimo… -
Le
labbra di Walter si incresparono in un sorriso, prima che si alzasse
dal letto
e si dirigesse verso la porta.
-
Tutto il tempo che ti serve… io non ho fretta. –
-
Pronto? –
-
Mamma, sono io… -
- Oh…
- La voce dall’altro capo del filo assunse una leggera nota
d’imbarazzo. –
Ciao, India. Ti avevo chiamata dieci minuti fa, ma forse non era il
momento
adatto… -
- No,
no. Avevo il cellulare in borsa e deve essersi premuto qualche tasto.
Scusa. –
Per una volta, India non si sentì colpevole di quella
piccola bugia.
- Ah,
va bene. – Sua madre sembrò rianimarsi un
po’. – Volevo solo sapere come stai.
–
-
Benissimo. – rispose India, esitante. –
Sono… fuori città. –
- Ah.
Quanto fuori, esattamente? –
- In
Calabria. –
-
Calabria?! – Laura sembrò più
stupefatta che preoccupata. Non era mai stata
apprensiva, anzi, forse lo era stata troppo poco. Ma, in quel
momento,India
sentiva che avrebbe potuto perdonarle anche quella mancanza.
- Sì,
è una specie di… gita, diciamo. Sono qui con un
mio amico. – In fondo, era
meglio ricominciare un poco alla volta. Forse non era il caso di
raccontare
proprio tutto.
- E
chi? – La domanda non sembrò costarle sforzo. E ad
India costò ancor meno
risponderle.
- E’
un mio compagno di classe, ci conosciamo da settembre e…
beh, eravamo un po’
stanchi di stare sempre sepolti sotto i libri. Pensavamo che una pausa
non ci
avrebbe fatto male. –
- Mi
sembra giusto. –
- Tu…
come stai? –
- Io?
Bene, bene… - Anche quella volta, India colse una lieve
sfumatura di
incredulità. – In questo periodo sono…
mi sto sentendo con una persona. – India
fu indecisa se chiedere o no “Chi?”. Non sapeva
come avrebbe potuto reagire,
qualsiasi risposta fosse arrivata. Parlare con Walter l’aveva
fatta sentire
incredibilmente meglio, e non voleva tornare a deprimersi. Tuttavia,
decise di
chiedere.
- Con
chi? –
- Oh,
ecco… beh… - Laura esitò per qualche
istante. – Tuo padre. – Per qualche
secondo, nessuna delle due proferì una sillaba. Poi fu India
a riprendere la
parola.
- Oh,
ma… è fantastico! –
-
Come dici? – Stavolta sua madre non fece nulla per nascondere
il proprio
stupore. India non rispose alla sua domanda e proseguì:
- Vi
siete visti? –
- No,
no… E’ solo che… mi sentivo sola. Da
quando sono tornata, e tu non ci sei, beh…
Per un motivo o per l’altro, ci siamo ritrovati. E’
già da qualche mese che ci
sentiamo. Può anche darsi che ci vedremo. –
-
Beh… - India non sapeva se definirsi, in quel momento,
euforica, speranzosa o
incredula. Qualsiasi cosa fosse, doveva essere una bella sensazione.
– Sono
contenta, mamma. Chissà che… magari potreste
trovare un… un nuovo punto
d’accordo. – Le venne quasi da ridere, pensando
alla sua precedente
conversazione con Walter. Laura, dal canto suo, sembrava troppo stupita
per
essere felice di quell’inaspettata reazione.
- Può
essere. Beh… ti lascio andare dal tuo amico, ok? –
- Ok…
Spero che ci sentiremo presto. –
-
Quando vuoi. Buon divertimento, India. –
-
Grazie, mamma. –
India
richiuse il telefonino, e dopo neanche dieci secondi era già
di fronte a
Walter. – Com’è che mi hai detto
stamattina? Luce dei tuoi occhi? – Walter la
guardò stupito.
-
Qualcosa del genere. Perché? –
-
Niente, ma credo di dover essere io a dirlo a te! –
replicò lei, stampandogli
un bacio su una guancia.
-
Bella chiacchierata, eh? – concluse lui con un sorriso
falsamente supponente.
-
Abbastanza, sì… -
-
Però adesso avrei un altro consiglio da darti… -
- E
sarebbe? – Walter mise su un sorrisetto malizioso.
- Se
non ti togli quel vestito, penso che stasera sarà
già da buttare! –
|
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Capitolo 28 *** Partenze e ritorni ***
Capitolo
28 – Partenze e ritorni
- E
adesso raccontami tutto. –
India
sbadigliò sonoramente.
-
Vero, scusami se te lo chiedo, ma posso almeno svegliarmi? –
-
Assolutamente no! – fu la secca risposta di Veronica.
– M’avete resa complice
della vostra scappatella amorosa e adesso desidero, anzi voglio, anzi
no, pretendo
un resoconto dettagliato! – India sbadigliò una
seconda volta. Possibile? Era
mercoledì, lei era appena tornata dalla sua
“vacanza” e già Veronica
l’aggrediva così, quando a momenti non aveva
neanche la forza di reggersi in
piedi?
Certe
volte la vita è ingiusta.
-
Parlarne dopo no, eh? –
- No!
– Nonostante il sonno, India non poté non
sorridere di fronte agli occhi
azzurri e divertiti di Veronica che lasciavano trasparire tutta la sua
curiosità. La bionda giunse le mani in segno di supplica.
– Ti prego… ti prego
ti prego ti prego… -
- Ho
capito! – esclamò l’altra scoppiando a
ridere. – E va bene! Va bene… -
Non
sarebbero bastate tutte e cinque le ore di scuola a raccontare tutto,
ma India
mantenne la sua naturale riservatezza e non rivelò altro che
i dettagli
“essenziali”. Veronica ascoltava attentamente,
senza interromperla e annuendo,
ma quando India concluse il breve racconto con un “Tutto
qui”, spalancò gli
occhi chiari ed esclamò:
- Che
vuol dire tutto qui?! Pensavo che questa fosse solo
l’introduzione! –
-
Vero, dài… -
- Ah,
ho capito… Quella è solo la minima parte, il
più s’è visto di notte! –
India le
tirò una gomitata nelle costole, trattenendo appena una
risatina. – Che c’è? E’
chiaro come il sole, anzi come la luna, visto che siamo in tema.
–
-
Vabbè, sì, diciamo che il senso è
quello. – Veronica sfoderò un sorrisone
esaltato.
- E
pensi de calmarmi così? Voglio sapere
com’è stato! –
- E’
stato e basta. – tagliò corto India, ridendo
dell’espressione scandalizzata di
Veronica.
- Ma
io voglio i dettagli! –
-
Chiedili a Walter, se proprio ci tieni! –
- Stà
certa che lo farò, se non ti sbilanci un po’ di
più! – India scosse la testa:
Veronica non cambiava proprio mai. Ed era proprio per quello che le
voleva così
bene.
- E
tu come te la sei passata? –
-
Come posso essermela passata non andando a scuola. E meno male che
m’avete
regalato questa vacanza, perché in giro ce so’
‘n paio de zombie di cui non
sopporto più la vista! –
- E
sarebbero? – Veronica alzò gli occhi al cielo.
-
Quei due bacucchi di Eva e Marco! C’hanno di nuovo questioni!
–
-
Quando si daranno pace sarà sempre troppo tardi…
Comunque, mi sa che mi prenderò
una vacanza dal mio lavoro. Ormai Giulio si sarà pure
stufato di avermi sempre
per casa… E poi Rudi mi sembra più tranquillo,
non credo che ci sarà più
bisogno di me. Tanto oggi è mercoledì, dovrei
andare comunque a casa loro… -
Veronica annuì.
- Che
si siano stufati di te non credo proprio, ma se preferisci
così… -
All’uscita
della scuola, Walter raggiunse India di corsa e le stampò un
veloce bacio sulle
labbra, al riparo dalla visuale di Stefania. – Vero ti ha
massacrata, eh? – le
chiese sogghignando.
- Più
o meno! Ma le ho detto di venire a chiedere notizie a te…
magari ti saresti
sbilanciato più di me! –
-
Vedremo… Comunque, suppongo che oggi ci tocchi studiare, no?
– continuò, in
tono meno allegro.
-
Già, supponi bene. Però vorrei scambiare quattro
parole con Giulio, se lo becco
prima che esca. Dài, sbrighiamoci! – I due ragazzi
si affrettarono a
raggiungere casa Cesaroni, e trovarono non solo Giulio, ma anche Lucia
e
Veronica.
- E
tu che ci fai qui? – le chiese con un sorriso India,
incredula.
- Beh,
Eva e Marco sono tornati, voi stavate per arrivare… tanto
vale fa’ le cose al
completo, no? –
India
salutò Giulio e Lucia. – Ciao Giulio, ciao Lucia.
Vi vorrei parlare di una
cosa, se non avete fretta… -
-
Certo, dì pure! – la incitò Giulio.
Prima che India potesse rispondere,
Veronica la tirò per un braccio.
-
Aspe’, saliamo un attimo da Eva, vediamo se vengono anche lei
e Marco…
dopotutto l’argomento riguarda anche loro, no? –
soggiunse ammiccando.
-
Beh, sì… - India si scusò con Giulio e
Lucia e seguì Veronica su per le scale,
con Walter al seguito. Ma non appena si trovarono di fronte alla porta
chiusa
della camera di Eva, si bloccarono, sentendola chiaramente
singhiozzare.
- No,
Marco, è inutile che… è inutile che ne
riparliamo! Io… io non voglio, e non
vuoi neanche tu! – India provò a dire a Veronica
di andarsene, ma l’amica le
fece un cenno con la mano, come per zittirla. Da dietro la porta
chiusa, si
sentì anche la voce di Marco.
- Ma
perché? – esclamò. – Non
capisco perché dici così! –
-
Perché tu sei ancora innamorato di lei,
ecco perché! – Ci fu una pausa
di silenzio, rotta solo da un singhiozzo di Eva.
-
Questo non è vero, e poi… e poi lei sta con
Walter. Non li vedi, come sono
innamorati, tutti e due? – A quelle parole, Walter trattenne
il respiro,
immobile accanto alla porta. Veronica si voltò di scatto
verso India, che non
sapeva minimamente come reagire.
- Io
li vedo, ma tu no, tu non lo vedi! – esclamò Eva,
riprendendo a piangere. India
tirò Veronica per un braccio, con più insistenza.
Stavolta Veronica non ebbe
nulla da obiettare e la seguì giù per le scale.
-
Quei due so’ proprio messi male… -
commentò Walter. Veronica alzò le spalle e
superò India, arrivando al piano di sotto.
- Se
si fanno mille paturnie, possono stare così per altri dieci
anni… - E scomparve
in cucina. Walter si avvicinò ad India e le
circondò le spalle con un braccio.
-
Forse non è stata una grande idea salire, eh? –
-
Già… Mi sento sempre di troppo. –
Walter sorrise e la baciò.
- Non
dire sciocchezze. Vedrai che prima o poi si daranno pace.
Dài, torniamo di là. –
In
cucina, oltre a Giulio, Lucia e Veronica, erano sopraggiunti anche
Mimmo e
Rudi. Quando India e Walter fecero il loro ingresso, Giulio le chiese:
-
Allora, di cosa ci volevi parlare? –
- Oh,
ecco… io… - Cercò le parole
più giuste per spiegarsi. – Pensavo... ormai sono
mesi che vengo qui da voi, e sono stati mesi bellissimi, io sono stata
benissimo con voi, ma… ecco, forse la mia presenza non
è più necessaria, qui. –
Lucia la guardò stupita.
-
Sicura che non ci siano stai problemi? – Giulio
guardò minacciosamente Rudi,
che si difese:
-
Ehi, che c’entro io?! – India si
affrettò a spiegarsi:
- No,
no, assolutamente, ve l’ho detto che sono stata benissimo
qui. Ma Mimmo e Rudi
sono grandi, a voi forse darà un po’ fastidio la
mia presenza costante… -
Giulio si rivolse di nuovo a lei.
-
Allora, India… Se ci stai dicendo questo per un motivi ben
preciso, per tuoi
impegni, è un conto e non possiamo certo biasimarti. Ma se
pensi che qualcuno
si sia stufato di te, lasciamelo dire, ti sbagli di grosso. –
Le sorrise
giovialmente. – Nella famiglia Cesaroni sarai sempre la
benvenuta, quando
vorrai. Quindi, se i motivi sono solo quelli che ci hai detto poco fa,
mi sa
che dovrai rimanere. – Sulle labbra di India si fece strada
un sorriso.
-
Beh, effettivamente i motivi erano quelli… -
-
Allora ti costringeremo a restare. – Il sorriso di India si
fece più ampio e
stavolta la ragazza non poté trattenersi
dall’abbracciare Giulio.
-
Grazie… -
- E
di che, India? Grazie a te, che porti sempre un po’ di
allegria e tranquillità
in questa casa. – La ragazza si voltò a guardare
Mimmo e Rudi: il primo batteva
le mani felice, e del resto c’era da aspettarselo. Rudi
cercava di darsi un
contegno, ma anche lui sorrideva sotto i baffi.
In quel
momento, si udirono dei passi giù per le scale e poco dopo
Marco fece la sua
entrata in cucina, immusonito come non mai.
- Oh,
Marco, mancavi solo tu all’appello! – lo accolse
allegramente Giulio. Poi vide
la sua espressione. – Beh? Che è quella faccia?
– indagò.
- La
mia faccia. Qualcosa in contrario? – reagì
bruscamente Marco.
- Ma
che è successo? –
-
Niente, va bene? Niente! – esclamò il ragazzo,
esasperato. Da dietro le sue
spalle, India notò che Walter le lanciava uno sguardo
preoccupato e Veronica
fischiettava, cercando di apparire indifferente.
- Va
bene, scusa, scusa! – sospirò Giulio, alzando gli
occhi al cielo.
-
Comunque, papà, uno di questi giorni comincio a cercarmi un
appartamento. –
aggiunse Marco in tono sbrigativo. Sette sguardi allibiti si spostarono
su di
lui.
E
meno male che porto allegria e
tranquillità.
- Un
che? –
- Un
appartamento, papà, una casa, un posto dove vivere!
– rispose rabbiosamente.
-
Perché, forse non ce vivi qua dentro? – Giulio
appariva confuso, come del resto
tutti gli altri presenti.
- Sì,
ma voglio trovarmi una casa, un monolocale, qualsiasi cosa, non ce la
faccio
più a stare qua dentro! Così vi libero anche un
bel po’ di spazio e non
sentirete più il rumore della mia chitarra scordata.
–
-
Scusa, Marco, non capisco, perché questa decisione
improvvisa… - intervenne
Lucia.
-
Perché ormai ho diciannove anni, Lucia, non sono un bambino
ed è ora che
cominci a cavarmela per conto mio. E non ne posso più di
stare qui, ho bisogno
di uno spazio solo per me. E non guardatemi così, per
favore. Adesso vorrei
uscire. – concluse, dirigendosi verso la porta. Ma Giulio lo
bloccò con un
perentorio richiamo:
- Eh no,
Marco, eh NO! Tu ora te ne sali in camera tua e ce pensi bene, a questa
bella
scenetta che c’hai presentato! Poi forse
potrai uscire, ma non adesso!
Su, fila! – Marco gli lanciò un’occhiata
truce e scomparve su per le scale.
Giulio si rivolse a India con aria di scusa. – Scusami,
India, davvero non
capisco cosa gli sia preso… -
- No,
non preoccuparti. – rispose lei in fretta. – Anzi,
se non ti dispiace… potrei…
- mormorò impacciata, facendo cenno verso le scale. Giulio
annuì sospirando.
-
Vai, vai. Vediamo se almeno tu riesci a farlo ragionare. –
Prima di salire di
sopra, India si accostò a Walter e gli sussurrò:
- Spero
di non incrociare Eva, o dubito che mi vedrai tornare indietro.
–
-
Forza e coraggio. – rispose lui, trattenendosi appena dal
ridere. India salì
velocemente le scale e, dopo essersi guardata intorno per assicurarsi
che Eva
non fosse in circolazione, raggiunse in fretta la camera di Marco.
Bussò
leggermente, chiamando:
-
Marco? Posso entrare? –
- Sì.
– fu la secca risposta. India entrò nella stanza,
richiudendo la porta dietro
di sé. Marco era seduto sul letto e le dava le spalle.
– Senti, se sei venuta per
continuare la predica… -
-
Marco, mica sono tuo padre! – Si avvicinò
lentamente al letto. – Senti,
innanzitutto mi devo scusare. –
- Tu?
Scusarti? – ribatté Marco senza guardarla.
– Non hai proprio niente di che
scusarti. –
- E
invece temo di sì. Poco fa, ho involontariamente sentito un
pezzo della tua
conversazione con Eva. –
- Ah,
bene. – fece Marco, sarcastico. – Illuminante, eh?
– India sospirò, non sapendo
bene cosa dire.
- Io
lo so che tu dicevi la verità… - disse,
imbarazzata. E, in cuor suo, sapeva di
esserne convinta. Finalmente, Marco voltò la testa e
fissò il proprio sguardo
in quello di India, e tutto quello che lei video furono due occhi neri
colmi di
tristezza.
-
Peccato che sia solo tu a saperlo… - La sua voce ebbe un
tremito, poi, inaspettatamente,
Marco si nascose il viso tra le mani e le sue spalle sussultarono.
– N-non so
più… nemmeno io… cosa
voglio… - balbettò con la voce rotta dal pianto.
- Oh,
Marco, dài… - mormorò India. Ma Marco
scosse la testa, sconsolato.
- Non
faccio altro che casini… Se me ne vado è meglio
per tutti… p-per Eva, per mio
padre, e … e anche per te e Walter. – In un altro
momento, India avrebbe
pensato che una situazione del genere non le avrebbe suscitato altro se
non
imbarazzo. Ma ora, non provava niente del genere. Si sedette sul letto
accanto
a lui e gli toccò leggermente una spalla.
-
Marco, non fare così… Le cose si sistemano, basta
avere pazienza. – Il ragazzo
rialzò la testa e le rivolse uno sguardo a dir poco
disperato.
-
Come fai a dirlo? –
- Tu
cosa desideri in questo momento? –
-
Vorrei non aver fatto tutti i casini che invece ho fatto…
Vorrei di nuovo i
miei amici, vorrei… - Per un attimo gli mancarono le parole.
-
...Eva? – concluse India per lui. Marco annuì.
- Sì,
vorrei anche Eva. – La ragazza gli sorrise. E stavolta le
venne spontaneo.
- E
allora tutte queste cose arriveranno, tutto si sistemerà,
perché se tu le
desideri con tutto te stesso e sei disposto a fare qualsiasi cosa per
ottenerle, le otterrai. – Marco abbassò lo sguardo
e India sentì il naturale
impulso di fare una cosa che non avrebbe mai neanche sognato di fare:
allargò
le braccia e lo strinse forte a sé. Capiva fin troppo bene
la sua disperazione,
si era sentita come lui talmente tante volte, aveva così
tanto desiderato un
gesto semplice come un abbraccio… Un desiderio che non era
mai stato esaudito,
finché non era arrivato Walter. Ma questo preferì
non dirlo. – Ma scappando non
otterrai niente… Le persone che ami… e che ti
amano, sono tutte qui, e non puoi
desiderare di meglio. – Marco rimase in silenzio per qualche
minuto,
continuando a piangere silenziosamente con la fronte appoggiata sulla
spalla di
India. Poi si tirò su, scuotendo la testa.
- Io…
io la capisco, Eva… Sono mesi che faccio tira e molla,
ma… ma è di lei che io
sono innamorato, anche se… anche se lei non mi crede. E non
posso certo
biasimarla. –
-
Marco, se la sua reazione è stata quella, di certo non puoi
dire che a Eva non
importi nulla di te. Evidentemente ci sta male anche lei, e non poco.
– Il
ragazzo la guardò sconsolato. – E’ solo
un momento, siete nervosi tutti e due,
datevi tempo. Non avere fretta. Tutto si sistemerà, te lo
prometto. –
Finalmente le labbra di Marco si stirarono in un sorriso. Un sorriso
mesto, ma
pur sempre un sorriso.
-
Grazie, India. Sei… sei l’amica migliore che si
possa desiderare. – mormorò
stringendola a sé.
- Mi
raccomando, Marco… Pensaci. –
- Ok…
promesso. –
ndA: no, Marco, non
pensarci...vattene, và, che non ti sopportiamo
più! XD Lamentoso...
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Capitolo 29 *** Periodi e cambiamenti ***
Due nuovi capitoli per farmi perdonare la
luuuunga assenza ^^
Capitolo
29 – Periodi e cambiamenti
Quella
domenica, il citofono attaccò a strepitare alle nove di
mattina. India, ben
sapendo chi si trovasse dall’altra parte, lo
staccò dal supporto, rispondendo:
- Arrivo! – Dopo aver recuperato un elastico ed essersi
raccolta i capelli in
un piccolo nodo, prese al volo la borsa e si fiondò fuori
dalla porta. Erano
tre giorni che non si vedeva con Walter, perché la scuola
era stata chiusa per
chissà quali riparazioni, e Stefania aveva praticamente
blindato in casa suo
figlio, sostenendo che “comunque è meglio che tu
ti metta sotto con lo studio.
Quella povera ragazza vorrà cominciare il ripasso con un
po’ di tranquillità.”
Walter
l’aspettava davanti al portone e le rivolse un sorriso
smagliante quando la
vide uscire. L’afferrò per la vita, baciandola
prima ancora che lei avesse il
tempo di salutarlo.
- Non
dirmi che pensavi di liberarti di me così
facilmente… - India rise, restituendo
l’abbraccio.
- Non
è esattamente colpa mia se non ci siamo visti…!
–
-
Niente paura, il coprifuoco della prof Masetti durerà poco.
Ho urgente bisogno
di rivedere ‘n paio de materie prima degli esami…
ma solo con la mia professorina
personale! – India lo prese sottobraccio, svoltando verso la
strada che
prendeva di solito quando aveva voglia di fare una passeggiata.
- E
non dirmi che non stai morendo di curiosità per quello che
ci siamo detti io e
Marco l’altro giorno! –
-
Pensavo che non ci fosse neanche bisogno di dirlo, è
sottinteso. –
-
Dài, veramente… Non pensare male… Mi
sono sentita uno schifo per come l’ho
trattato ultimamente, per quello che ho pensato di lui… E mi
sono anche resa
conto di aver fatto male a non insistere perché tu chiarissi
con lui. Ci sta
male, sai? – Walter non disse nulla per qualche istante.
-
L’ho pensato anch’io. – ammise,
improvvisamente serio. – Ma sai
com’è… Un
giorno ero convinto che volesse che le cose tornassero come prima, il
giorno
dopo mi dicevo che non gliene importava niente. –
- E
invece gliene importa eccome. – rispose India, con enfasi.
– Gli dispiace sul
serio per quei nostri… ehm… incidenti. –
- Lo
spero. – borbottò Walter. India gli
tirò una gomitata.
- Non
essere così duro. So che ti manca. –
-
India, non so se ce semo capiti: con Marco posso discutere di qualsiasi
cosa,
ma non di te. Non mi è andato giù che…
che si prendesse certe liberà, ecco. –
- Ma
non l’hai ancora capito? Lui è innamorato di Eva!
– Walter le rivolse
uno sguardo scettico, poi si strinse nelle spalle.
- S’è
visto... tra le scappatelle con Rachele e le volte che c’ha
provato con te… -
-
Walter, sii serio! – lo implorò India. Le
risultava inconcepibile arrabbiarsi
con lui per un motivo del genere, ma quello non era un semplice
equivoco tra bambini.
Era qualcosa di ben più importante, ed era sicura che anche
Walter lo sapesse,
per quanto si rifiutasse di ammetterlo. – Tra lui ed Eva le
cose non sono mai
state facili, e probabilmente ha cercato di ripiegare con qualche
distrazione…
Ma questo non significa che i suoi sentimenti per lei non siano
sinceri! –
Walter sospirò, fermandosi a metà del
marciapiede. Si appoggiò con la schiena a
un muro.
- Non
so, India… Sono cambiate tante cose… Lui
è cambiato, e forse non siamo
più fatti per essere amici… - India
incrociò le braccia sul petto.
-
Dillo guardandomi negli occhi, Walter. Dimmi che non ti importa
più di essere
suo amico. – Walter fissò il proprio sguardo in
quello della sua ragazza.
- Ovvio
che non mi… Oh, mamma mia, certo che m’importa!
– esclamò esasperato,
distogliendo lo sguardo. – Solo, ho paura che ormai io e lui
siamo
incompatibili! –
-
Incompatibili… Non penso che due persone
“incompatibili” tra di loro possano
costruire un’amicizia come la vostra. – Walter
sospirò.
- Lo
so, lo so… Alla fine hai sempre ragione tu. Mi manca un
casino, mi manca… –
Allargò le braccia con espressione rassegnata. –
Chissà, magari non è il
momento adatto. –
- E’
la stessa cosa che gli ho detto io. Le cose arrivano, a poco a poco ma
arrivano… se le desideri. – Studiò
Walter per qualche secondo. – E tu lo vuoi,
no? –
-
Certo che lo voglio, India. Ma non è che posso andare da lui
e dirgli “dài,
facciamo finta di niente, anche se ci siamo comportati da idioti
mettiamoci una
pietra sopra”! Se facesse il primo passo mi renderebbe le
cose molto più facili.
– Nonostante tutto, India sorrise divertita.
-
Effettivamente, se non avesse provato a baciarmi la prima volta, forse
a
quest’ora io e te non staremmo insieme. – Walter la
guardò di sbieco.
- Non
ci contare. – Ma neanche lui poté più
trattenersi dal sorridere. Si avvicinò a
India e le cinse la vita con le braccia. – Prima o poi
saresti stata colpita
comunque dal mio incredibile fascino. Ha solo affrettato i
tempi… -
-
Già… chissà di quanti anni!
– lo schernì lei, dandogli un buffetto su una
guancia. Con un rapidissimo movimento, Walter le bloccò
entrambi i polsi.
- Eh
no! Le beffe no! – Tenendola ferma con un braccio,
cominciò a farle il
solletico, mentre lei si dimenava ridendo a crepapelle.
- No,
no, basta, basta, basta! – strillò.
Riuscì a divincolarsi appena in tempo per
vedere un paio di persone superarli a passo svelto, guardandoli con
perplessità.
- Ok…
torniamo seri. Per quanto i nostri standard possano permetterlo.
– India finse
di sistemarsi i capelli e lisciarsi i vestiti.
- Io
mi accontento di tornare normale. – Walter sorrise appena e
l’attirò dolcemente
a sé.
- E
per te quale sarebbe la normalità? –
- Oh,
beh… - cominciò India, giocherellando con una
ciocca dei capelli chiari di lui.
– Diciamo che questo periodo meriterebbe di essere inquadrato
come “periodo
tipo”. –
-
Periodo tipo? – L’espressione di Walter era
alquanto stranita.
- Sì,
periodo perfetto, insomma. – gli spiegò
sbrigativamente lei, sorridendo
divertita della sua faccia perplessa. – Sai che mi sento
incredibilmente bene?
Credo di non essere mai stata meglio di adesso. –
-
Adesso nel senso di “in questo momento”?
–
-
Anche. – India soffocò una risatina. –
Ma intendevo proprio… in questo periodo…
in queste settimane, mi sento benissimo. Così tranquilla,
così in pace con
tutti… - Si fece meditabonda. – Certo, ora si
avvicinano gli esami, mi sa che
questa calma andrà a farsi benedire… Ma per ora
me la godo! –
- E i
motivi di questa straordinaria tranquillità…?
–
-
Che, per caso sei stressato? –
- No,
solo curioso. –
-
Boh. Sarà perché, stranamente, nessuno ce
l’ha con me per nessun motivo
particolare, o forse perché sto recuperando il rapporto con
mia madre, o forse…
- S’interruppe un attimo, con uno sguardo insieme malizioso e
assorto.
- O
forse…? – la incitò Walter con un
sorriso.
- O
forse perché ti amo. – mormorò lei,
gettandogli le braccia al collo e posando
un bacio sulle sue labbra. Walter la strinse tra le braccia e
ricambiò il
bacio, senza preoccuparsi della gente che passava accanto a loro e dei
vecchietti che li fissavano scandalizzati, scuotendo la testa.
Chi
se ne frega, quando il mondo
è tutto qui.
Quando,
pochi minuti dopo, si separarono con il fiato corto, Walter sorrise e
le passò
una mano tra i capelli. – Parlando di cose serie…
- India mise su un finto
broncio.
-
Perché, secondo te questa non è una cosa seria?
–
-
Certo, dicevo… passando a cose un pizzichino
più serie, è tutto ok con
tua madre? Se non sono indiscreto… - aggiunse poi.
- No,
no, che indiscreto… Sì, va tutto liscio. Quasi
non mi sembra vero, che in una
settimana ci siamo sentite già quattro volte! –
Walter sorrise e alzò un
sopracciglio come per prenderla in giro.
-
Però, un record. – India gli tirò uno
scappellotto sulla nuca.
-
Idiota! Guarda che è un record sul serio. E non facciamo a
gara a chi sta più
zitta. – Per un attimo, India si chiese se parlare a Walter
del fatto che suo
padre si era rifatto vivo… perlomeno con sua madre. Ma poi
decise di tenerlo
per sé ancora per un po’, almeno fino a che non
fosse stato più definitivo. –
Ora sì che è una madre… finalmente. E
ti dirò… mi manca pure. – Walter le
accarezzò una guancia.
-
Sono felice di sentirtelo dire. –
- Ci
sarà un motivo se dicevo che questo è il periodo
più bello della mia vita… -
mormorò lei, appoggiando la testa sulla sua spalla e
chiudendo gli occhi.
Il
periodo più bello… Le sarebbe bastato anche solo
un minuto passato così,
appoggiata a Walter, con le sue braccia strette intorno alla
vita… Ma, se la
fortuna era finalmente arrivata, perché rifiutarla?
India
non lo sapeva, ma se lo sarebbe chiesto tante volte, e non molto tempo
dopo.
-
Bambù, ma che hai oggi? –
I
grandi occhi nocciola del cane sembravano voler dire: “Non
è ovvio?”.
Era
una calda giornata di inizio giugno, India era tornata da appena
un’ora, dopo
essere stata a casa di Walter (con Stefania in giro per negozi,
naturalmente),
e Bambù non aveva smesso un attimo di fare avanti e indietro
per il soggiorno.
La ragazza si chinò ad accarezzare il testone nero del cane.
- Che
c’è, piccolo? E’ successo qualcosa?
–
Anche
stavolta lo sguardo che ricevette in risposta era chiaro:
“No, ma sta per
succedere”.
In
quel momento, però, India fu distratta dal suono del
citofono. Si alzò e andò a
rispondere.
- Chi
è? – Nessuna risposta. – Chi
è? – ripeté allora a voce
più alta. Ancora una
volta non ottenne risposta. – Boh… io apro.
– Pigiò il bottone e fece per
andare in camera sua, ma pochi secondi dopo suonò il
campanello.
- Ok,
chi è lo spiritoso? – Si avviò a grandi
passi verso la porta, gettò un’occhiata
veloce attraverso lo spioncino, pronta a trovarsi di fronte a qualche
venditore
porta a porta o uno sconosciuto con chissà quali fogli da
firmare, ma la
visione che ebbe fu ben diversa. Chiedendosi se stesse sognando,
aprì la porta,
pensando che magari era un’allucinazione e il pianerottolo
sarebbe stata vuoto,
invece… c’era proprio sua madre, di fronte a lei,
sorridente come non lo era da
molto tempo.
-
Mamma? – mormorò, incerta se sorridere o piangere.
- In
persona! – Laura allargò le braccia, con un
sorriso smagliante. – Ma quant’è
che non ci vediamo, un secolo? – Abbandonando ogni dubbio,
India l’abbracciò
con entusiasmo.
-
Oddio, non lo so, forse di più! Ma tu guarda…
Vieni, entra! –
Laura
fece il suo ingresso nel piccolo locale e si guardò intorno.
- E’
l’appartamento che ti ha procurato la tua professoressa?
–
-
Già. –
-
Però, carino! – Per una frazione di secondo,
mentre sua madre era intenta a
studiare l’ambiente, India si chiese che fine avesse fatto
Bambù: nel momento in
cui era suonato il campanello, era scappato in cucina. Strano.
Intanto,
Laura si era accomodata sul piccolo divano del soggiorno.
-
Allora, come mai sei passata di qui? –
-
Dài, di questo parliamo dopo… Dimmi un
po’, come si sta qui? –
-
Beh, abbastanza bene… - India non si sbilanciò:
era troppo sorpresa e contenta
per dire che la vita a Roma era fantastica. – Non
c’è male. Conosco un paio di
persone e a scuola è tutto ok. –
- Tra
poco ci sono gli esami, no? –
- Sì,
tra una settimana. –
- Oh,
bene, appena in tempo… - India la guardò senza
capire.
-
Appena in tempo? In tempo per cosa? – Laura
accavallò elegantemente le gambe.
Era decisamente più sorridente e curata del solito.
-
Ricordi cosa ti ho detto a proposito di tuo padre? – A quelle
parole, India tornò
a sorridere.
-
Certo… come vanno le cose? –
-
Benissimo. In realtà, siamo in contatto da mesi. Non te
l’ho detto subito
perché non sapevo come l’avresti presa, ma se
l’avessi saputo… Ad ogni modo,
non ci siamo ancora visti. Ma succederà presto. –
- Mi fa
piacere! –
- Non
pensavo che l’avresti presa così bene! –
-
Beh… posso solo essere contenta per voi, no? –
- Non
solo per noi. Presto sarai contenta anche per te stessa. –
Beh, certo. India
non aveva mai incontrato suo padre, ma lo stato delle cose non poteva
certo
lasciarla indifferente.
- Che
vuol dire, esattamente? – chiese a sua madre, sedendosi sul
divano accanto a
lei. Laura sorrise enigmaticamente.
-
Presto vi vedrete. – India non avrebbe saputo dire quale
effetto le avesse
provocato quell’affermazione. Curiosità e stupore,
senza dubbio. Ma anche un
pizzico di… felicità? – E da quel
momento avrete tutto il tempo di approfondire
la vostra conoscenza. Vedrai, tesoro, sarà fantastico, una
vita completamente
diversa per tutte e due. Sarà come se questi
diciott’anni li avessimo passati
sempre insieme, perché avremo tutto il tempo a
nostra… -
-
Aspetta, mamma, fermati. – Qualcosa non quadrava.
C’era un chissà che di…
minaccioso, in quelle parole. Non che Laura non le avesse pronunciate
con poco
entusiasmo. Ma il loro significato restava in parte oscuro. –
Non ho capito
bene. Cosa sarebbe tutto questo tempo a nostra disposizione? Che vuol
dire che…
sarà come se avessimo passato diciott’anni
insieme? E poi, scusa… una vita
completamente diversa? – L’unica risposta fu un
sorriso compiaciuto. – Sul
serio, non ho afferrato. –
Laura
si chinò verso sua figlia. Solo quando i loro visi furono
distanti poco più di
cinque centimetri India si rese conto della luce che brillava negli
occhi di
sua madre. Era un qualcosa che non aveva mai visto in diciotto anni.
-
Torniamo da lui, India. –
Fu
come se avesse parlato cinese. India sbatté le palpebre.
-
Torniamo? –
-
Abbiamo organizzato tutto. Il tempo che tu faccia gli esami, e poi
partiamo. Ci
pensi? Vivremo nella tua terra d’origine! – India
seguitava a non dire niente.
Tutto quello che riusciva a pensare era “Questo è
tutto uno stupido scherzo”. –
Vedrai che sarà come essere stati sempre insieme, sempre
lì! –
- No…
- Finalmente la ragazza riuscì a tirar fuori la voce. Poco
più di un sussurro,
per la verità. – No… no! E’
assurdo! Non puoi… tu non stai parlando sul serio,
vero? Non stai parlando sul serio! –
esclamò, con una lieve sfumatura di
panico che Laura non sembrò cogliere nella sua voce.
-
Certo che sto parlando sul serio, sciocchina! –
ribatté sua madre, muovendo una
mano in avanti per scompigliarle i capelli. Ma India si ritrasse
violentemente e
scattò all’impiedi.
- Tu
non puoi farmi questo! – gridò. Laura la
guardò interdetta.
-
India, che ti prende? –
- Mi
prende che io non ho nessuna intenzione di muovermi da qui! –
- Ma
che dici? Fino a poco fa eri così contenta… -
- Sì,
fino a poco fa! Fino a quando non mi hai detto che tra due settimane ce
ne
andiamo a vivere dall’altra parte del mondo! – Fece
una pausa, respirando con
affanno per quanto si era sgolata.
E’
tutto uno stupido scherzo.
- Ma
scusa, che problemi hai? A quanto mi hai detto, qui non stai neanche
poi così
bene, non conosci quasi nessuno…! –
- Ma
non è vero! NON E’ VERO! –
gridò, stringendo i pugni fino a conficcarsi le
unghie nei palmi delle mani. A quel punto, il sorriso scomparve dalle
labbra di
Laura, che sembrò riacquistare la sua vera
personalità, cinica e per niente
comprensiva.
- Oh,
insomma, India, è quello che mi hai detto! –
- Io
non ho detto niente del genere! Io… io… io non
voglio andarmene di qui! –
-
Questa è una cavolata. –
- No,
la tua, è una cavolata! Io sto bene qui, tu non ne sai
niente, e ti permetti di
piombarmi davanti a dirmi che me ne devo venire con te?! Te lo scordi!
– urlò,
sentendosi salire la lacrime agli occhi. Non poteva essere vero, non
doveva.
- Non
fare la bambina, India! Se io me ne vado, tu non hai come vivere!
–
- Si,
s’è visto lo straordinario aiuto che mi hai dato
in questi mesi! – replicò
India con sarcasmo.
- Non
ti permettere di parlarmi così! – le
gridò contro sua madre, alzandosi di botto
dal divano. – Stammi bene a sentire, India. Io sono tua
madre, tu non sei
ancora nelle condizioni di badare a te stessa, dunque, se ti dico che
devi
venire con me, tu vieni con me! Mi sono spiegata?! – A quel
punto India,
abbandonato ogni ritegno, era scoppiata in lacrime, indietreggiando di
qualche
passo.
-
Fuori... fuori! Vattene via! – Ma Laura restava lì
impalata, di fronte a lei,
tremante di rabbia. – Ho detto VATTENE! –
urlò India tra i singhiozzi.
A
quel punto, Laura attraversò a grandi passi la stanza e,
raggiunta la porta, si
rivolse a sua figlia con un freddo:
-
Ciao, India. Ci sentiamo domani. – E uscì
sbattendo la porta.
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Capitolo 30 *** Sospesa ***
Capitolo
30 – Sospesa
Non
è possibile.
Era
questo l’unico pensiero sensato che India riuscì a
formulare dopo la
discussione con sua madre.
Andarsene
da Roma? Semplicemente, non era possibile. Vivere in una terra che
sarebbe
rimasta per sempre sconosciuta, lontana dalla sua vita vera?
No,
non era possibile…
Eppure
stava per succedere.
Nei
quattro giorni successivi, India rimase come sospesa, in trance. Sua
madre si
rifece viva solo per dirle, con il massimo distacco, che sarebbero
partite
esattamente tre settimane dopo. Il tempo di fare gli esami e vedere i
risultati. Già, ma non aveva calcolato il tempo che avrebbe
impiegato India a
digerire l’idea. O forse proprio perché non
l’avrebbe digerita mai.
Come
dirlo alle persone che conosceva?
Cosa
dico a Veronica? A Marco… A
Stefania… a Walter?
Se non
era riuscita neanche a realizzarlo da sé, come avrebbe fatto
a spiegarlo agli
altri?
Semplice.
Non dico niente.
Ma
non era difficile accorgersi che doveva essere successo qualcosa.
Qualcosa di
grave.
-
India! Sveglia! – la richiamò a gran voce
Stefania. India alzò la testa dalle
braccia conserte.
- Eh?
Ah, sì, scusi, professoressa. – Stefania le
lanciò un’occhiata preoccupata
prima di tornare al proprio lavoro. Mancavano solo pochi giorni agli
esami.
India avrebbe voluto che non arrivassero mai, e non per la paura di
dover
rendere conto a insegnanti sconosciuti di cosa aveva imparato in un
anno di
scuola. Quella era una cosa da niente.
-
India? India, porca paletta, mi vuoi ascoltare?! –
-
Cosa? – Solo in quel momento India realizzò che
Veronica si era attaccata al
suo braccio e la stava scuotendo senza pietà. E la classe
era pure vuota. Toh.
Doveva essere suonata la ricreazione.
- Ma
che hai, India? Perché stai così? –
Diretta come al solito, Veronica.
Preoccupata ma sbrigativa. Che ne poteva sapere, lei? Che ne potevano
sapere,
tutti?
-
Niente, Vero… Niente. –
-
Guarda che non sono cretina! Avanti, sputa il rospo! – Ma
India rimase in
silenzio, fissando il vuoto davanti a sé. –
E’ successo qualcosa con Walter? –
Effettivamente
non si parlavano da quattro giorni. O meglio, era India a non
rivolgergli la
parola e a evitarlo come la peste. Se stava già male lei,
perché condannare
anche lui? Scosse debolmente la testa.
- E
allora cos’è successo? – Dato che
l’amica seguitava a non rispondere, Veronica
lanciò uno sguardo fuori dalla porta per controllare che non
ci fosse nessuno.
Poi si alzò e andò a chiuderla. Tornò
a sedersi accanto a India. – India, non
ti posso vede’ così. Me lo dici
cos’è successo? – Il suo tono si fece
più basso
e dolce. – Ti prometto che non lo dico a nessuno, se non
vuoi. Ma se stai così
dev’essere una cosa grave. Allora? – India
alzò lo sguardo, incrociando i dolci
occhi azzurri di Veronica.
Avanti,
parla. Non è difficile.
- Io…
è che… - cominciò con voce sommessa,
ma un violento scoppio di pianto le impedì
di andare oltre la terza parola. – Scusami, Vero…
scusami… - singhiozzò.
Veronica stava per sporgersi ad abbracciarla, ma in quel momento si
aprì la
porta e Walter fece il suo ingresso nell’aula. Era chiaro
dalla sua espressione
che stava per dire qualcosa, ma non appena vide India in quello stato,
prima
rimase bloccato sulla porta, poi le si avvicinò di corsa.
-
India! India, cos’è successo? – le
chiese con evidente preoccupazione,
circondandole le spalle con un braccio. Veronica si alzò
lentamente dalla
sedia.
- Vi
lascio soli… - mormorò prima di dirigersi verso
la porta e uscire. Intanto,
India continuava a singhiozzare senza accennare a fermarsi.
- Piccola,
perché fai così? E’ successo qualcosa?
– Dapprima India scosse la testa.
- No…
n-no, niente… -
- Ma
che niente! Me vuoi dire che c’hai? – India
tirò su col naso, ma poi incrociò
lo sguardo preoccupato del suo ragazzo e riprese a piangere
sconsolatamente. Walter,
non sapendo bene cosa fare, la strinse a sé, sperando
così di calmare i suoi
singhiozzi. Era fin troppo chiaro che India non era in condizioni da
spiegargli
cosa fosse accaduto. Per il momento, non poteva fare altro che cercare
di
consolarla. Dopo pochi minuti il pianto si calmò e India si
sciolse
dall’abbraccio, asciugandosi le lacrime con il dorso della
mano.
-
Allora? – mormorò dolcemente Walter,
accarezzandole una guancia. – Ti va di
parl… - Ma la sua voce fu coperta dal suono della campanella
e dal brusio dei
ragazzi che cominciavano a rientrare in classe. –
Vabbè, mi spieghi dopo… – Le
diede un bacio e si alzò, facendo come per andarsene, ma
istintivamente India
lo trattenne.
-
Walter… resti qui? – mormorò. Walter
sorrise e le accarezzò i capelli, tornando
a sedersi al posto di Veronica. Baciò India sulla fronte e
le prese una mano,
intrecciando le dita con le sue.
- Stai
tranquilla, ok? – India annuì debolmente, senza
dire nulla. Dubitava che anche
lui sarebbe riuscito a rimanere tranquillo, poche ore dopo.
All’uscita,
prima di uscire dalla classe, India scorse Veronica alzare in alto il
pollice e
farle l’occhiolino. A sua volta, tentò di
sorriderle in risposta, ma il
risultato non fu molto convincente. Walter le mise di nuovo un braccio
intorno
alle spalle.
-
Vuoi venire da me? Magari ne parliamo anche con mia madre… -
- No,
no, grazie. – si affrettò a rispondere lei.
– No… Vieni tu da me? – Walter le
sorrise e le scompigliò affettuosamente i capelli.
-
Andiamo, dài. – Fecero il tragitto in silenzio,
senza scambiare una sola
parola. Walter sembrava solo vagamente preoccupato per quello strano
comportamento… di certo non immaginava cosa vi si celasse
dietro.
Una
volta arrivati a casa, India ebbe la tentazione di mandarlo via con una
scusa,
magari dicendogli che quelle lacrime erano solo la manifestazione dello
stress
per gli esami. Ma cosa avrebbe risolto, così? Come gli
avrebbe spiegato il
motivo del suo distacco nei giorni precedenti? Walter non era certo uno
che si
accontentava di quattro parole messe una dietro l’altra. Non
da India.
Salirono
le scale in silenzio, dopodiché India entrò in
casa con estrema lentezza, come
se così facendo avesse potuto rimandare la “resa
dei conti”. Posò lo zaino e il
giubbotto e aprì la finestra, poi si appoggiò al
davanzale con un lungo e
penoso sospiro. Meglio fissare bene nella mente le immagini di Roma, le
sue
strade, i suoi negozi, i suoi abitanti, perché non avrebbe
più avuto modo di
rivederli.
Due
mani le cinsero la vita e subito dopo sentì Walter
appoggiare il mento sulla
sua spalla.
- Va
tutto bene, piccola? –
Quell’odioso
groppo in gola.
- No,
non va tutto bene. –
Quelle
mani grandi e delicate, e quelle carezze…
- E
allora cosa c’è che non va? –
Quella
voce dolce e vellutata, riservata solo a lei.
- Io…
-
Quelle
lacrime dispettose e brucianti…
Walter
le passò un braccio dietro la schiena, facendola voltare
verso di lui, e le
accarezzò una guancia.
-
Tesoro, perché fai così? – India scosse
la testa, passandosi una mano sugli
occhi.
-
Scusami, Walter… -
-
Ecco. Stavo aspettando. – Walter sospirò
sorridendo. – Quando capirò perché mai
devi scusarti ogni volta che sei triste, non sarà mai troppo
tardi. – Le mise
un dito sotto il mento, facendole alzare la testa e puntare lo sguardo
nel suo.
La vista di quegli occhi disperati e sofferenti gli fece quasi paura.
– India…
che stai male si vede… ma, per favore, mi dici cosa ti
è successo? Non ti posso
vedere così. –
Aiuto.
Le
cose erano più difficili di quanto pensasse. Come poteva mai
tirar fuori le
parole più adatte a spiegare quello che c’era da
spiegare? Doveva forse
aspettare che venissero fuori da sole?
- Mia
madre è qui a Roma, Walter. – Lui la
guardò senza capire.
- E non
sei contenta? –
- Lo
ero… Ma ho saputo che è tornata a sentirsi con
mio padre. –
- E…
non sono in buoni rapporti? – India si morse le labbra.
-
Anche troppo buoni. –
-
India, scusami, non capisco… Qual è il problema?
– India rimase in silenzio per
qualche secondo.
Poi,
lo disse.
- Il
problema è che mia madre torna a vivere con lui e vuole che
io vada con loro! –
esplose.
Ecco,
le parole erano arrivate. Peccato che non avesse fatto in tempo a
chiedersi se
fossero quelle giuste.
Walter
rimase ammutolito a guadarla, come se lei avesse parlato arabo.
-
Vuole che… tu…? – mormorò,
inebetito.
- Che
io me ne vada con loro, Walter, con loro! In India! Ecco cosa vuole!
– esclamò,
sull’orlo di una crisi di nervi. Ecco, gliel’aveva
detto. Non ebbe neanche modo
di vedere la sua faccia né di capire in alcun modo quale
fosse la sua reazione:
continuava a singhiozzare, ferma davanti alla finestra, Walter invece
non disse
una parola, non fece un solo movimento. Solo quando India
riuscì bene o male a
calmarsi, lo sentì proferire:
- No…
Non può essere. – India tirò su col
naso.
- Ah,
secondo te sto scherzando? Ho la faccia di una che scherza?!
– si alterò.
- M-ma…
ma non ha senso! – esclamò lui con voce
insolitamente acuta. – Perché devi
andare con loro? Non te la sei cavata da sola finora? Non…
non stai bene qui? –
- Ma
che domande mi fai?! – esplose India, riprendendo a versare
fiumi di lacrime. Le
dava fastidio questa sua improvvisa impossibilità di
frenarle, ma per quanto ci
provasse non riusciva a trattenersi. Walter rimase immobile per qualche
secondo, poi l’abbracciò, cercando forse di
confortare sé stesso più che lei.
-
Scusami, amore… scusami… - mormorò con
voce tremante, posando un bacio sulla
sua fronte. – Non… non ci posso credere.
Perché non me l’hai detto subito? –
- E
per cosa? – balbettò lei. – Saresti
stato meglio? Le cose sarebbero cambiate?
No! E’… sarebbe stato tutto inutile… è
tutto inutile… - Pianse ancora
più forte, stringendosi a lui con tutte le sue forze.
– N-non voglio andarmene!
– Walter la allontanò da sé,
prendendola per le spalle.
Fu
per la prima volta che India vide la disperazione nei suoi occhi.
- E
allora non andare. –
- Non
posso! Mi… mi ci costringerà lo stesso!
– Le mani di Walter cercarono le sue e
le strinsero. Erano stranamente fredde, a dispetto della stagione.
-
India, non… non puoi farlo. Per favore… ti prego,
non andare via. – mormorò,
stringendola nuovamente a sé. India di certo non avrebbe
pensato a una tale
reazione, ma adesso, se da una parte si sentiva liberata di un peso,
dall’altra
provava ancora più disperazione, vedendo Walter implorarla
di fare qualcosa che
avrebbe voluto, ma che non poteva fare. Nascose il viso
nell’incavo del suo
collo e chiuse gli occhi. – Ti… ti amo, India.
–
Quelle
parole avrebbero dovuto confortarla, ma la fecero sentire ancora
più scoraggiata.
Si
liberò debolmente dell’abbraccio e fece per
rispondergli, ma si bloccò vedendo
che Walter aveva gli occhi lucidi e che una lacrima aveva segnato il
suo
percorso sulla sua guancia.
Non
l’aveva mai visto così, né avrebbe mai
pensato che sarebbe potuto succedere.
-
N-non devi dirlo, Walter. – Per tutta risposta, lui
deglutì e sorrise
forzatamente.
- Che
fai, scherzi? Te lo dirò fino allo sfinimento. –
- No,
non devi! – ripeté lei, allontanandosi di qualche
passo e distogliendo lo
sguardo. Non ce la faceva più a guardarlo negli occhi.
– Sto abbastanza male
per tutti e due, Walter. Non… cerca di non pensarci.
–
- Ma
che dici? – esclamò lui. – Come vuoi che
non ci pensi? –
- Per
favore! Renderai solo tutto più difficile! –
-
India, non puoi arrenderti così! Và a parlare con
tua madre, anzi no, se vuoi
ci parlo direttamente io, la convinciamo, le facciamo cambiare
idea… non può
finire così! –
- Non
l’ho deciso io il finale, Walter! –
replicò lei, esasperata.
Non
piangere, India… Non
provarci neanche… Sii forte ancora per un po’.
- Ma
se si può fare in modo che… -
- No!
Non si può fare niente! – quasi gli
gridò contro. – N-non complicare le cose,
ti prego. Cerca di non pensarci, ora… ora ci sono gli esami,
pensa a quelli,
non buttare all’aria mesi di lavoro, ok? E se… se
qualcuno ti chiede cos’è
successo, beh… digli che tra noi è finita!
–
Walter
restò a fissarla attonito. Non era India, quella. Non poteva
aver detto davvero
una cosa del genere. – Spero… spero che tu non
dica sul serio. –
-
Pensi che mi faccia piacere vederti stare così? –
- E
tu pensi che io starei meglio facendo finta che tu non esista,
sapendoti
lontana miglia e miglia?! – Lui stesso si
meravigliò di aver gridato così di
fronte a lei, ma gli era venuto naturale. Qualcosa stava per
distruggersi e lui
non era disposto ad arrendersi così. Ma la cosa che gli
faceva più male era che
solo lui sembrava voler combattere. – Cosa mi stai chiedendo,
India? Di fare
finta di niente? Tanto io sono forte, no? Tanto io sono quello sempre
allegro,
senza una preoccupazione al mondo! Chi vuoi che se ne accorga, di
quello che mi
frulla per la testa? Vuoi che ti implori in ginocchio di restare qui?!
–
- No,
Walter, non sto dicendo che… - farfugliò India,
cominciando a spaventarsi.
- No,
davvero, se proprio ci tieni, te lo dico eccome! Non voglio che tu
parta,
India! Forse sono solo egoista, o un bambino, o più
semplicemente un cretino, o
quello che vuoi tu, ma se tu parti… - Si interruppe per
qualche istante, poi
riprese, con voce strozzata: - Se tu parti, io… io non ce la
faccio. –
“Parce que tu pars
On restera brisé devant l'irréparable.
Parce que tu pars
On éteindra tout contre soi l'intolérable
Parce que tu pars”
(L. Fabian, “Parce que
tu pars”)
- Walter, ti
prego… - mormorò India, senza più la
forza di
aggiungere altro.
- Ti prego? Ti prego che? – Il tono di Walter
tornò basso,
dolce. Prese le mani di India tra le sue, accarezzandole con i pollici.
–
Piccola, io… -
- Per favore, vai via. – sussurrò lei senza
guardarlo
negli occhi.
- India… -
- Vai via! – ripeté con la voce rotta, liberando
le mani
dalle sue e voltandogli le spalle. Non seppe per quanto tempo Walter
rimase
alle sue spalle, immobile e in silenzio, prima che la porta si aprisse
per poi
richiudersi con un tonfo che frantumò definitivamente tutte
le sue speranze.
Ragazze, tenete duro, il prossimo sarà il penultimo capitolo!!! XD
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Capitolo 31 *** Esami ***
Capitolo
31 – Esami
Se i quattro giorni trascorsi dopo l’annuncio di Laura
erano stati terribili, quelli che seguirono furono ancora peggio.
Insopportabili, quasi.
Se
tu parti, io non ce la faccio.
Quelle parole erano impresse a fuoco nella mente di India,
insieme a molte altre, e continuavano a tormentarla ad ogni ora del
giorno e
della notte.
Walter.
Quante cose avrebbe voluto dirgli. In un certo senso
gliele aveva spiegate, le sue ragioni. Taglio netto. Veloce e indolore.
Per
quanto questo fosse possibile, certo. C’erano stati gli
ultimi giorni di
scuola, e India non poteva mettere una benda e non guardarlo
più.
Aveva avuto la tentazione di chiedergli se avesse voluto
dirlo a qualcuno. Veronica, Marco, Eva, Stefania… Ma cosa
c’era, poi, da dire?
Le avrebbero chiesto perché, se per caso non si potesse fare
qualcosa, se era
colpa di qualcuno. Le stesse domande che le aveva fatto Walter. Ma se
parlare
con lui non era servito a nulla, a cosa sarebbe servito il resto?
Se India avesse avuto il coraggio necessario,
gliel’avrebbe detto, tutto quello che le passava per la testa.
Walter, non so
più cosa pensare di
te.
Da una parte ti odio, e non
immagini neanche quanto. Perché mi hai spronata a riprendere
i rapporti con mia
madre, convincendo anche me che fosse la cosa giusta. E poi, proprio
quando
stavo cominciando a credere di vivere in un sogno, sono caduta dal
letto. Sapessi
quanto mi sono fatta male, Walter. Ho un bernoccolo che non accenna a
voler
sparire.
Ed è solo colpa tua.
Se tu non avessi cominciato a farmi
sognare, il risveglio non sarebbe stato così doloroso. Ma io
non avevo mai
fatto sogni così belli, prima, quando tu non eri ancora
entrato nella mia vita.
Quindi dovrei anche ringraziarti, no?
Ma ci sono talmente tante cose per
cui vorrei ringraziarti, che mi sembra di aver perso il conto.
Quante cose hai fatto per me?
Troppe, forse. Troppe cose che non
sono neanche più certa di aver meritato.
E questo è uno degli infiniti
motivi per cui ti amo, Walter. Che poi è la stessa ragione
per cui ti odio.
Ecco, se tu non mi avessi ispirato
sogni così dolci, non mi sarei fatta tanto male cadendo. Se
tu non ti fossi fatto
amare quanto io posso e quanto tu meriti, ora non ti odierei.
Ma se non ti odiassi vorrebbe dire
che non ti amo, no?
E allora preferisco così.
Ti ho chiesto di dimenticarmi.
Forse te l’ho chiesto proprio perché sapevo che
per me sarà impossibile dimenticare
te.
Non lo so, non so più niente.
Vorrei mettere tutto questo in un
foglio di carta, in una lettera, vorrei poterti dirti quello che
c’è da dire.
Ma allora penso che non riuscirei più ad andarmene.
E io voglio amarti, Walter, ma più
di tutto voglio che tu sia felice. E questo non sarà
possibile se continuerò ad
essere legata a te come lo sono stata e come vorrei continuare ad
essere…
E allora perdonami, Walter.
Ma non c’era stato bisogno di chiedere nulla. Gli sguardi
dei suoi amici dicevano tutto.
In un primo momento, Veronica sembrava voler picchiare
India, poi l’aveva abbracciata stretta.
- Perché non m’hai detto niente, maledizione a
te?! –
- Vero, non voglio che nessuno stia male, basto io. – A
quelle parole, Veronica si era sciolta dall’abbraccio e aveva
puntato i suoi
occhi azzurri in quelli verdi dell’amica.
- Questa è la stessa cosa che hai detto a Walter, vero?
–
E India si era vergognata come non mai.
- India, dove c’hai la testa? Quello là
è distrutto.
Perché fai così? Non se lo meritava da parte tua,
sai? –
- Vero, per favore, la pianti di rimproverarmi?! –
- No, non la pianto! Sei liberissima di andare dove ti
pare e piace, India, puoi dimenticarci tutti quanti, ma non puoi
chiederci di
fa’ lo stesso con te. – India aveva rialzato lo
sguardo ed aveva incrociato
quello di Veronica. Questo era bastato a farla sciogliere di nuovo.
- Oh, Vero… come puoi dire una cosa del genere? Io non
dimenticherò mai nessuno di voi, e anche se volessi non ci
riuscirei! – aveva
mormorato, abbracciandola e cercando di non piangere, senza molto
successo. –
Cavolo… maledizione a te, piuttosto! Non
ne posso più di fare la fontana
ambulante! –
- Prepara le riserve, India, anche Marco vuole parlare con
te. –
- Allora siamo a posto… -
E aveva parlato anche con lui, infatti.
- E’ uno scherzo, vero? – era stato il suo esordio.
- No, è la verità. – Inizialmente la
tensione era
palpabile tra i due, ma poi India cercò di non far
precipitare di nuovo il
morale a terra. Con Marco era abbastanza facile lasciarsi trascinare
dalla
depressione. – Dài, ti immagini? Ora dovrete
trovarvi un’altra baby sitter.
Chissà che non sia il tuo futuro grande amore! –
Ma lo sguardo che Marco le aveva lanciato in risposta non
era certo allegro.
- Ma non sarai tu. –
- Marco, ti prego… Non rendermela ancora più
complicata. –
- Per carità, spero solo che tu ti renda davvero conto di
quello che stai facendo. –
- Credi che ne sia felice? – Per un attimo si erano
guardati in cagnesco, poi India l’aveva abbracciato,
così, senza pensarci
neanche. – Venitemi a trovare, un giorno, tu ed
Eva… e portate anche gli altri,
eh?, che laggiù ci si deve stare benissimo. –
- Cavolo, India, che combini? –
- Io non combino niente, sono gli altri che combinano
tutto al mio posto… -
- Certe volte non ti capisco. Come puoi accettare una cosa
del genere? –
Visto?, avrebbe voluto dirgli. Tu e Walter non siete poi
così diversi.
Chissà se in futuro sarebbero riusciti a trovare un nuovo
punto d’accordo… Forse sarebbe rinata
un’amicizia, e con la sua assenza si
sarebbero ritrovate due persone che erano state lontane per troppo
tempo.
Aveva parlato anche con gli altri Cesaroni, quella grande
famiglia di cui ormai si sentiva un po’ parte. Aveva visto le
lacrime di Mimmo,
aveva risposto alle domande di Giulio, aveva visto il muso lungo di
Rudi
accompagnato da un ostinato silenzio. E si era resa conto che le
sarebbero
mancati tutti, dal primo all’ultimo, alla stessa misura.
C’erano stati gli esami, ma India aveva pensato solo a
concentrarsi su se stessa, sul suo tema, sulla sua versione, sui suoi
orali.
Non si era fermata a vedere quelli di nessun altro, si era trattenuta
solo quei
tre quarti d’ora scarsi che erano serviti a rendere conto di
quello che aveva
imparato in un anno di studio.
Ho
imparato molto di più fuori da questa scuola, sapete?
Stefania sembrava non sapere niente dell’imminente
partenza di India. Era stata cordiale e sorridente come sempre, forse
anche
troppo allegra. No, decisamente non lo sapeva. Dunque Walter aveva
deciso di
tenerlo per sé, quel piccolo dolore.
Ma sarebbe passato. Doveva passare.
C’erano stati i risultati. India andò a vedere i
quadri
all’inizio, il primo giorno, di mattina presto, per essere
sicura di non
incontrare nessuno.
Scorse con lo sguardo la lista di nomi stampati sul
foglio.
Fabiani India: 100/100esimi. Evviva.
Non riuscì a resistere alla tentazione e lanciò
un’occhiata di sfuggita ad altri quattro nominativi, quasi
fosse reato vedere i
voti degli altri. Anche Eva era uscita con 100. Marco aveva preso 80,
Veronica
se l’era cavata con un 60…
Masetti Walter: 95/100esimi.
Le venne quasi da ridere. Cinque punti.
Che
saranno mai?
Avessero dato un voto al loro impegno, ai pomeriggi
passati insieme, a quello che ne era nato…
- India! –
Sentendosi chiamare, India si voltò di scatto verso la
direzione
da cui proveniva la voce. Stefania correva verso di lei sorridendo e
agitando
una mano. La raggiunse in fretta. – India, non ci speravo!
Dopo gli esami te ne
sei scappata, pensavo che ti avrei rivista direttamente a luglio!
Perché ce la
fai una visitina quest’estate, vero? – India
mandò giù il nodo che le si era
formato in gola e si sforzò di sorridere.
- Certo… Se potrò. – Stefania sorrise e
lanciò un’occhiata
ai quadri.
- Allora, soddisfatta del risultato? –
- Non c’è male. –
- Oh, ma che vi prende a tutti? – esclamò
scoppiando a
ridere. – Fino a qualche mese fa Walter avrebbe ringraziato
tutti i Santi in
ginocchio se fosse stato sicuro di prendere 60 e adesso, tra poco
inciampa nel
suo mento. Cos’è, stanchezza post-esami?
–
- Forse, Stefania, forse… - La donna la guardò
con
tenerezza.
- India, non mi capaciterò mai abbastanza del fatto che da
settembre non sarai nella mia classe. Però mi fa piacere che
potremo continuare
a vederci. Mi raccomando, tirati su, continua così e fatti
sentire, ok? –
Forse perché non sapeva cosa rispondere, India si sporse
ad abbracciarla.
- Grazie, Stefania. Grazie di tutto. –
Le 23;30.
Walter si gettò sul divano, sfinito per il continuo avanti
e indietro che faceva ormai da mezz’ora per il corridoio. La
notte sarebbe passata,
prima o poi. Peccato che fosse solo all’inizio.
Dopo quella che gli sembrò un’eternità,
strizzò gli occhi
e tornò a guardare l’orologio.
Le 23;32.
Fantastico, erano passati solo due minuti.
Sarà
una notte lunga.
Dall’altra parte della casa, Ezio russava sonoramente.
Speriamo
che almeno lui faccia sonni tranquilli.
Walter rimase lì dov’era, immobile e stravaccato
sul
divano, senza sapere più neanche a cosa pensare. Nella sua
mente si erano
accumulati talmente tanti pensieri, tante domande che si sentiva come
se avesse
appena sbattuto la testa contro un muro.
Ma di quelli duri.
India,
che mi combini, limortaccitua?!
Gli sembrava impossibile. Eppure eccolo lì, Walter Masetti
che, dopo diciannove anni passati senza alcuna preoccupazione al mondo,
ora si
disperava fino a notte fonda per una ragazza che probabilmente non
avrebbe
visto mai più. Le cose erano due: o era lui ad essere
impazzito, o la ragazza
in questione era veramente speciale.
Un po’ tutte e due, magari.
Solo una cosa era certa: non poteva passare un minuto di
più in quello stato, o sarebbe impazzito sul serio. Si
tirò faticosamente su
dal divano e cominciò a rovistare nei cassetti del mobile
del soggiorno finché
non trovò carta e penna. Scostò bruscamente una
sedia dal tavolo e vi si lasciò
cadere, mettendosi davanti il foglio bianco e la penna, senza
preoccuparsi del
fracasso che stava provocando.
Tolse il cappuccio alla penna e cominciò a scarabocchiare:
“Cara India…”
e rimase a contemplare
quelle due parole, solitarie in cima al foglio, per
un’eternità. Dopo pochi
minuti le cancellò con un veloce tratto di penna, e
passò al rigo successivo.
“India,
ebbene
sì, lo ammetto: non ho mai
scritto una lettera in 19 anni. Ma tu meriti molto più di
qualche riga scritta
così, senza pensarci, e allora…”
Si fermò, mordicchiando l’estremità
della penna.
...e
allora eccomi qui, seduto al tavolo in piena notte
come un idiota, a cercare di mettere su carta quello che da mesi sento
per te, avrebbe
voluto scrivere. Ma non
lo fece. Cancellò rapidamente quanto scritto, fino a formare
un’uniforme
macchia nera. Strappò la strisciolina di carta consumata e
la accartocciò.
Riprovò ancora.
“Come puoi pensare
che non me ne importi niente se tu te ne vai? Come fai a cancellare
tutto
quello che abbiamo fatto in questi mesi? Beh, sai una cosa? Io non lo
farò. NON
LO FARO’. Perché ti amo, India. IO TI
AMO!” Si soffermò un istante a
rileggere, poi accartocciò rabbiosamente il foglio e
gettò via la penna.
- Ma vaffanculo! –
Walter si prese la testa tra le mani, chiudendo gli occhi
e massaggiandosi le tempie. Ma aveva la vaga impressione che non
sarebbe
bastato a dargli neanche un po’ di sollievo.
- Walter… -
Inutile voltarsi: sapeva a chi apparteneva quella voce.
Ma, nonostante ciò, il ragazzo alzò la testa e
guardò nella direzione da cui
proveniva il richiamo. Stefania era lì, ferma sulla soglia
del soggiorno, in
camicia da notte bianca, e sorrideva.
- Scusa se ti ho svegliata, mamma. – borbottò lui,
voltandosi nuovamente dall’altra parte.
- E’ da un po’ che sono sveglia. –
Stefania avanzò
lentamente e gli si affiancò. – E tu? Non
è scrivendo che si prende sonno. –
- Lo so. – Stefania scostò una sedia dal tavolo e
vi si
sedette, appoggiandosi con il gomito al tavolo.
- Estenuato dagli esami? –
Walter rimase in silenzio per qualche secondo, fissando il
cielo stellato fuori dalla finestra, poi voltò lentamente la
testa e rivolse a
sua madre uno sguardo stanco. – Un po’. –
- Sono andati benissimo, lo sai. – lo rassicurò
lei, con
un tono che diceva chiaramente “So che non è tutto
qui”.
- Diciamo che ci sono altri esami che non vorrei
affrontare, ma ci sono costretto. – mormorò con
voce carica di amarezza.
Stefania fissò per qualche istante il foglio appallottolato
e abbandonato al
centro del tavolo, poi sospirò e tornò a guardare
suo figlio.
- Walter, vuoi dirmi cosa c’è che non va?
–
Walter non si era mai sentito troppo in confidenza con sua
madre. Tutto quello che lo turbava, lo rendeva felice, lo faceva
arrabbiare,
non gliel’aveva mai raccontato. Ne aveva parlato con Marco. E
quanto gli
mancava quel parlare! Ne aveva parlato con Eva, ogni tanto…
Ma non era lei la
persona che avrebbe potuto aiutarlo, in quel momento.
Ne aveva parlato con India… Ma di cosa avrebbero dovuto
parlare, adesso, se non riusciva più neanche a pensare a lei
senza sentirsi
salire il magone?
Decisamente non era da lui.
E allora avrebbe accettato fino in fondo quel cambiamento
di personalità.
- Mi sento così solo, mamma… -
NdA: qui ci stanno.
Anche se adesso, rileggendo la storia, mi sembra incredibilmente
stupida, questo capitolo è uno dei miei preferiti.
Perchè ho avuto l'onore di conoscere il "vero" Walte,
Ludovico Fremont, ed è così che io me l'immagino
nella vita vera. Detto questo... il prossimo capitolo sarà
l'ultimo, e spero che anche i miei tanti lettori silenziosi lasceranno
un commentino.
(michelle, hai
ricevuto la mia email di risposta?)
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Capitolo 32 *** ...e poi non dormirò ***
E siamo
arrivati alla fine!!! Grazie a tutti quelli che
hanno letto e hanno aggiunto la storia ai preferiti, in particolare
grazie alla
mia sore, michelle, chika, lu88, auryn ed egittofona (e chi saranno mai
queste
due? Mah! XD)
Mi piacerebbe se, almeno per quest’ultimo capitolo, tutti
quelli che hanno letto mi lasciassero un commentino... ci conto!
Capitolo
32 - …e poi non dormirò
Mai,
in oltre diciotto anni, India aveva trovato così difficile
alzare la testa dal cuscino.
Neanche adesso, seduta su una delle infinite –e
infinitamente scomode- poltroncine dell’aeroporto, riusciva a
raccogliere le
forze necessarie per compiere un qualsiasi gesto. Il grande orologio
appeso
alla parete scandiva un ritmo regolare e fin troppo lento. A quel
punto, India
sperava solo che tutto finisse il più presto possibile. Che
salisse subito
sull’aereo, che il viaggio durasse poco e che si facesse in
fretta ad arrivare
nella loro nuova casa.
Perlomeno, forse questo avrebbe compensato il lunghissimo
lasso di tempo che avrebbe impiegato ad adattarsi e a rimuovere tutto
quanto
riguardasse la sua vita a Roma.
Forse…
Una figuretta
sottile e non molto
alta si muoveva affannosamente lungo i marciapiedi, sgomitando tra la
folla che
sembrava voler impedire il compimento di quella che ormai era diventata
la sua
missione.
No, non lo avrebbe permesso.
C’erano in gioco troppe cose.
O forse una cosa sola, ma troppo
importante…
All’apatia era subentrata la smania. Non potendone
più di
sentirsi un tutt’uno con la sedia, India scattò in
piedi e si diresse verso il
primo luogo che sembrava poter offrire una distrazione.
Un bar.
L’uomo dietro il bancone le chiese qualcosa che India non
si curò di decifrare. Si limitò ad indicare
distrattamente verso un punto
imprecisato sullo scaffale, accompagnando quel gesto con un debole
“per
favore”. Tirò fuori qualche moneta e la
poggiò sul bancone, prese in mano il
piccolo sacchetto e tornò indietro. Si lasciò
cadere nuovamente sulla poltroncina
e finalmente si decise a scoprire cosa avesse comprato: qualunque cosa
fosse,
l’importante era che fosse commestibile.
Gettò uno sguardo all’etichetta: cioccolatini.
Rimase a fissare il pacchetto per pochi, lunghissimi
secondi, prima di distogliere frettolosamente lo sguardo, stringendolo
forte
tra le mani, quasi a volerlo distruggere.
La
coda non era poi così lunga, ma, anche se ci fossero
state solo due persone, le si sarebbe comunque prospettata
un’attesa troppo
lunga. Più di quanto fosse disposta a sopportare.
Scorse
velocemente le righe
dell’immenso fascio di fogli che le avevano messo davanti.
Doveva sbrigarsi, ma
non avrebbe messo alla prova il destino al punto di rischiare di
mandare tutto
all’aria.
Finalmente, le fu concesso di
apporre la propria firma.
India lanciò uno sguardo fugace verso sua madre, che
ricambiò con non meno freddezza.
- Sei un po’ più tranquilla, adesso? –
Suonava tanto come una presa in giro, ma India cercò di
non perdere la calma di fronte a quegli occhi di ghiaccio e quella
bocca
allungata in una smorfia forse canzonatoria, forse di semplice
disapprovazione,
o stanchezza.
- Ho altra scelta? –
Gli occhi di Laura si ridussero a fessure. India
cominciava a chiedersi come avesse fatto a credere, anche solo per un
paio di
giorni, anche solo per pochi minuti, che avrebbe
potuto avere una vera
madre.
Ma poi giunse alla conclusione che non gliene importava
granché.
Non in quel momento.
Laura riprese a sfogliare nervosamente la rivista che
teneva in mano ormai da ore.
India non riuscì a staccarle gli occhi di dosso, in un
misto di rancore e disgusto.
Avrebbe preferito che sua madre si fosse dimostrata felice
della propria scelta, assolutamente incurante del dolore che con essa
aveva
potuto provocare a sua figlia.
Mi
stai rovinando la vita, almeno sii felice!
Avrebbe voluto urlarglielo in faccia, ma le era già
costato tanto quel “Fuori!” che le aveva scagliato
contro dopo la notizia
dell’imminente partenza. Non era nella sua natura.
Forse
anch’io sono così. Forse sono come lei e non me ne
rendo conto. Dopotutto, sono sua figlia.
India si coprì il viso con le mani, sprofondando nella
confusione più nera.
O forse non era confusione.
Forse era solo disperazione… Pura e semplice disperazione.
Stava
per arrivare. Sì. Il traffico non l’avrebbe
fermata,
come non l’aveva fermata mai nulla.
O
forse così credeva. Adesso, le sembravano ben più
stupidi quei tanti ideali che aveva inseguito fin da giovane, senza
nessuno con
cui condividere il successo finale.
Ora
c’era più di una persona con cui dividerlo.
Perché
anche stavolta ce l’avrebbe fatta.
Nonostante
ce l’avesse messa tutta per evitarlo, India si
mise a pensare alle persone che stava lasciando.
Anzi, che aveva già lasciato.
Veronica aveva capito. Si era arrabbiata, aveva cercato di
farla ragionare, si era asciugata a forza quelle poche lacrime
dispettose per
mantenere un certo ritegno, ma l’aveva capita. Il loro saluto
era stato un
lungo abbraccio, dopodiché India l’aveva pregata
di non cercarla più. Si
sarebbe fatta viva lei. Forse. E Veronica, seppur sospirando, aveva
obbedito.
Cosa che non aveva fatto Walter. Ormai, India era arrivata al punto di
cancellare sms e chiamate perse dal cellulare senza neanche leggere il
nome del
mittente.
Non si permise una risposta né un rimpianto.
Dov’era?
Se non l’avesse trovata, avrebbe fatto un
macello, e allora sì…
Fu con un lungo e penoso sospiro che India si tirò su
dalla poltroncina quando sua madre la richiamò con un cenno
del capo.
Chissà,
forse potrei scriverci su una sottospecie di Addio
ai monti. Potrei diventare famosa e ricavare almeno qualcosa di buono
da tutto
questo st…
- Permesso, permesso! INDIA! E mamma mia, se chiedo
permesso sarà perché devo passare, no?!
–
I pensieri della ragazza furono bruscamente interrotti dal
richiamo che esplose alle sue spalle, a qualche metro di distanza. Si
voltò
indietro e, con immensa sorpresa, vide Stefania cercare di farsi largo
tra la
folla che riempiva l’aeroporto. Rimase basita a guardarla
finché non se la
trovò di fronte. – Diamine, sembra che siano tutti
extracomunitari! –
- Stefania, che… che ci fai qui? – La donna le
rivolse uno
dei suoi soliti sguardi alla guarda-che-mi-tocca-fare.
- Riprendo fiato, e intanto mi diletto cercando di capire
per quale astrusa ragione non mi hai detto che stavi per andartene.
– India non
sprecò neanche le energie necessarie per mostrarsi
imbarazzata.
- Semplicemente perché ho visto già abbastanza
facce
depresse, e non volevo che nessuno cercasse di convincermi a restare,
cosa che
tu avresti fatto. –
- Naturalmente. Perché pensi che io sia qui? –
Detto ciò,
Stefania cominciò a guardarsi intorno. –
C’è tua madre? Vorrei fare quattro
chiacchiere con lei. –
- Non ce n’è bisogno, davv… -
cominciò India, ma si
interruppe quando avvertì la mano di sua madre stringersi
saldamente sul
proprio braccio.
- India, è ora di andare, non c’è tempo
di fare salotto. –
la apostrofò. Poi alzò la testa e
incrociò lo sguardo di Stefania. – Mi
dispiace, dobbiamo andare. – aggiunse senza scomporsi.
- Oh, certo, non mi permetterei mai di trattenervi, se
questo fosse dettato da un mio personale capriccio. –
replicò l’altra in tono
di sfida, ma senza smettere di sorridere.
- Prego? – Laura socchiuse gli occhi, scrutando
minacciosamente la sua interlocutrice.
- Dicevo, se fossi solo io a volere che India restasse
qui, non mi sognerei mai di intromettermi. Ma si dà il caso
che la notizia
della sua partenza abbia suscitato reazioni non propriamente felici in
un bel
po’ di persone. Compresa sua figlia stessa, se mi permette.
– soggiunse.
- Non mi interessa se mia figlia è venuta a fare la
pietà
da voi. Io sono sua madre, e io decido per lei.
E’ meglio che India
passi un po’ di tempo con la sua famiglia. –
Stefania la rivolse un sorriso a trentadue denti.
- Naturalmente, l’importante è che torni in tempo.
–
- In tempo per cosa, scusi? –
- Oh, già, avevo dimenticato… che sbadata!
– In un’altra
occasione, India avrebbe riso a crepapelle di fronte
all’espressione di
Stefania, ma in quel momento si sentiva troppo confusa e stordita per
accennare
qualsiasi reazione. – Immagino che lei sappia per quale
motivo India si è
trasferita qui. –
- Esattamente. Per il corso d’arte. – rispose
prontamente
Laura. Cominciava chiaramente a perdere la pazienza.
- Che non è terminato. – A quelle parole, India
dovette
davvero trattenersi dal ridere: cosa voleva fare Stefania, convincere
sua madre
a lasciarla dov’era? Forse aveva un’opinione troppo
alta di se stessa o, più
probabilmente, una troppo bassa di sua madre. – Lei ha idea
di quanto questo
corso sia servito a sua figlia, di quanto si sia dilettata e impegnata
nel
seguirlo? –
- Posso immaginarlo, ma non è questo che ci interessa. Non
era mica obbligata a continuarlo. –
- Certo, certo… Ma mi sento in dovere di ricordarle che
India avrebbe diritto a seguire anche il secondo anno del corso, e di
informarla che gli insegnanti che hanno avuto a che fare con lei non
hanno
sottovalutato il suo talento. Sarebbe davvero un peccato che India se
ne
andasse ora… - Stefania aprì la propria borsa e
ne estrasse un fascio di fogli.
- …perché è già iscritta
all’Accademia di Belle Arti. Può controllare. Non
sono
pochi quelli che aspirano a questo posto… sarebbe un vero
peccato lasciarlo
vuoto, non crede? –
- Stefania… - cominciò India, ma fu incapace di
continuare. Era rimasta talmente frastornata da non riuscire
più a formulare
una frase di senso compiuto. Fu l’intervento di sua madre a
risparmiarle quella
fatica.
- E lei vorrebbe… convincermi a lasciare qui India solo
per un… contratto? – Laura non aveva
più quell’espressione dura e autoritaria,
sembrava solo confusa quanto la figlia.
- Dal momento che lei sembra non interessarsi del modo in
cui India ha passato questi ultimi mesi, delle persone che ha
conosciuto e che
le vogliono bene, sì. –
India rimase a guardare ammutolita le due donne che
seguitavano a guardarsi in cagnesco. Certo, Stefania non era tipo che
si
lasciava mettere i piedi in testa, ma non avrebbe mai
pensato…
Per la prima volta da giorni, gli sguardi di madre e
figlia si incrociarono senza evitarsi.
- Perché non mi hai mai detto come stavano davvero le
cose? – mormorò Laura. Sembrava quasi offesa.
- Non me l’hai mai chiesto. – replicò
India a voce ancora
più bassa.
- Non è vero. –
- Ok… me l’hai chiesto, ma non ti importava.
– Questa
volta, India non si vergognò di dirlo. Scandì
lentamente ogni parola, in modo
che Laura non potesse far finta di non aver afferrato.
Non voleva separarsi da sua madre dopo lunghi e inutili
convenevoli. Non voleva perdersi in discorsi ipocriti. Non aveva mai
parlato
con lei… Perché avrebbe dovuto farlo prima della
separazione definitiva?
Aveva letto di tanti addii. Addii sentiti, sofferti, addii
infiniti.
Dietro un addio c’era qualcosa che finiva, ma
davanti…
cosa c’era, davanti?
Cosa avrebbe trovato dopo quell’addio?
Sapeva che anche la sua favola stava per finire. Ma ora le
si era presentato davanti un altro finale.
Un finale diverso, non programmato, ma desiderato. Bramato
con tutta l’anima.
- L’aereo parte. –
La sua favola sarebbe finita senza saluti e senza lacrime.
- Mi pare di aver capito che non posso… beh, fare
granché.
–
Ma poi ne sarebbe cominciata un’altra.
Più bella, perché inattesa.
Mentre
guardava le nuvole scivolarle accanto come in una
pellicola proiettata troppo da vicino, stava ancora chiedendosi come
avesse
potuto essere tanto stupida. Come avesse potuto pretendere di domare
una
creatura che non le era appartenuta mai, se non nel momento in cui
l’aveva
generata.
Ma
questo non era bastato. Curioso rendersi conto di come
fosse cresciuta in pochi mesi, da sola, più che in tanti
anni passati accanto a
lei.
Ma
le era stata mai accanto anche in un senso che non
fosse fisico?
No,
e ormai non lo sarebbe stata più neanche in quel
senso.
- E sorridi,
India, accidenti! –
La ragazza si riscosse dal suo torpore. – Come? –
- Sì, buonanotte… Se avessi saputo che sarebbe
stata
questa la tua reazione, ti avrei fatta arrivare all’aereo
direttamente senza
farti toccar terra. Ohè, India, ci sei? –
- Sì, sì, ci sono, non urlare! Sono ancora sotto
shock,
credo. Come diamine hai fatto…? – Stefania le
scoccò uno sguardo di finta
superiorità.
- Giusto, avrei dovuto prima chiederti se ti interessasse
davvero il posto all’Accademia. Ma, sinceramente, questo mi
è sembrato un
dettaglio su cui potevo anche soprassedere. Tua madre non è
poi così difficile
da convincere! – Finalmente, India riuscì a
sorridere.
- Non c’era bisogno di chiederlo. –
Sospirò e abbandonò la
testa all’indietro, appoggiandosi allo schienale. –
Stefania, mi scuserai se
non ti sto ringraziando come si deve. Al momento mi sento completamente
rimbambita.
Forse, quando mi renderò conto… -
- Non preoccuparti. Quando ti sarai ripresa, avremo tutto
il tempo per parlarne, se ti va. Vorrei solo capire perché
non mi hai detto
niente, benedetta ragazza! –
- Mi dispiace, Stefania… - mormorò India,
imbarazzata. –
Non ho capito più niente. – La donna
sospirò.
- In fondo non hai tutti i torti. So solo che mai come
adesso mi sono sentita una madre apprensiva e responsabile. –
A quelle parole,
India smise di guardare il paesaggio che le scorreva accanto mentre
Stefania
guidava tranquillamente.
- E’ stato Walter a dirtelo, vero? –
- Diciamo che gliel’ho dovuto tirar fuori con le pinze,
ma, sì, me l’ha detto lui. Appena in tempo per
sistemare un paio di cose e
venirti a recuperare. –
- Non puoi capire quanto mi senta stupida… e
inutile… -
mormorò India, portandosi una mano sulla fronte.
- Stupida forse, ma capita anche nelle migliori famiglie.
– assentì Stefania. - Ma inutile non credo
proprio. Non per qualcuno… -
aggiunse facendole l’occhiolino. – E quel qualcuno
ti sta aspettando, anche se
non lo sa. Siamo arrivate. – Solo allora India si accorse che
l’auto era ferma
davanti casa Masetti. Sospirò profondamente.
- Non vorrà più vedermi. –
- Se fosse così, pensi che mi sarei data tutta questa pena
per fare in modo che tu rimanessi? –
I loro sguardi si incrociarono, e ad India mancarono le
parole per ringraziarla come avrebbe voluto.
- Stefania, io… -
- Non devi dire nulla, piccola. – La donna le sorrise in
un modo diverso dal solito. Tirato, sì, ma quasi…
materno. – Forse Walter
avrebbe potuto desiderare una madre migliore, ma per me… ti
giuro che non c’è
gioia più grande che vederlo felice. E felice
com’è adesso… cioè,
com’era fino
a qualche giorno fa, e come spero che tornerà ad essere, io
non l’ho mai visto.
Io… - Ma non poté finire il discorso,
perché India la stava già abbracciando,
come forse non aveva mai abbracciato nessuno.
- Grazie, Stefania. –
- Và da lui, su. –
“Piccolina
dammi un bacio e
vado via
sono certo che mi porterà fortuna
questa notte sembra così bella
e poi lo sai che ho una buona stella…[…]
Poi mi volto e mi saluti con
la mano
mentre io mi allontano e non ti vedo più”
Fu con
trepidazione, stavolta non più mista a quello
strano desiderio di scappare a gambe levate, che India suonò
alla porta di casa
Masetti.
Non poteva fare altro che sperare vivamente che le sue
previsioni fossero sbagliate.
La porta si aprì dopo parecchi minuti, e per un attimo
India temette che le si potesse chiudere in faccia.
Walter la fissava con stupore malamente camuffato in
rabbia.
- Che ci fai qui? –
“Ma
da quanto tempo amore
sono in mare
e da quanto tempo aspetti sempre lì
io lo so ch'e' come il primo giorno,
per te e' un miracolo quando ritorno
quello vero, invece, e' ritrovarti qui.”
- Sono… beh, come dire… tornata. –
Walter alzò le
sopracciglia.
- Ah. – Era chiaro come il sole che faticava enormemente a
nascondere la sua sorpresa.
Tuttavia, India non poté fare a meno di sorridere tra
sé.
Non avrebbe avuto più bisogno di difese.
Fece qualche passo avanti.
- Walter, lo so che mi odi… E hai ragione, hai
perfettamente ragione. Ho fatto male a… beh, mi sono
comportata da stronza,
ecco. E tu non lo meritavi, non lo meritavi affatto. – Walter
annuì scettico,
cercando di non guardarla negli occhi.
- Beh, mi fa piacere che te ne rendi conto. No,
cioè… -
Tornò imbarazzato. – Non è che ti sei
comportata da stronza, ecco, ma… -
- Sì che l’ho fatto. – A quel punto, le
venne spontaneo
sorridere. Si avvicinò di più a Walter.
- Va bene, va bene. Chiarito questo concetto… non hai
paura di perdere l’aereo? -
- Quello l’ho perso già da un’oretta. O
meglio, l’aereo ha
perso me. – India si vide piantato in faccia uno sguardo
allibito.
- Come, scusa? –
- Già, pare che una certa signora Masetti abbia provveduto
a recuperare certi documenti e a iscrivermi all’Accademia di
Belle Arti, e che
poi sia venuta fino all’aeroporto a bloccare mia madre, e
che… -
- No, no, alt. – Walter la fermò con un gesto
della mano,
ancora scioccato. Deglutì. – Non ho recepito una
sola parola oltre a “l’aereo
ha perso me”. Dimmi solo una cosa: è uno scherzo?
–
Il sorriso di India si fece più ampio. Gli si
avvicinò
ancora e portò le braccia intorno al suo collo.
- Sai, un certo ragazzo, tempo fa, mi insegnò a rispondere
a tono alle persone, ma non a fare battute così divertenti.
Se vorrà insegnarmi
anche quest’arte, io sarò sempre qui…
finché lo vorrà. –
Finalmente, vide sul viso di Walter quella che ormai era
diventata una delle sue ragioni di vita: il suo sorriso.
- Puoi dirmelo senza giri di parole o indovinelli? Ho
paura di interpretare il tutto nel modo sbagliato. –
India si strinse più forte a lui.
- Non parto, Walter. Resto qui, a Roma, con te. –
E il silenzio fu spezzato solo dal bacio che India posò
sulle labbra del suo ragazzo, a confermare e sigillare la sua promessa.
- Ragazzi,
cosa… -
Stefania si bloccò improvvisamente. Erano passati ormai
lunghissimi minuti da quando India era salita in casa, e ancora non
aveva avuto
notizie. Aveva salito le scale più rapidamente del solito, e
li aveva trovati
lì, appoggiati allo stipite della porta ancora aperta, persi
in un bacio senza
fine.
Avrebbe voluto allontanarsi, ma dopotutto Stefania Masetti
restava sempre e comunque Stefania Masetti, e aspettò che i
due si staccassero
–cosa che non successe troppo in fretta- per rivolgere loro
la parola.
- Pare che abbiate trovato un nuovo punto d’accordo, no?
–
La risposta fu più che eloquente: due larghi sorrisi, una
doppia risata.
- Già… Mamma, per oggi noi prendiamo la macchina,
ok? Non
so quando torneremo, in caso il mio cellulare è acceso!
– E, con queste parole,
Walter stava già scendendo a razzo le scale, trascinandosi
dietro un’India
ancora scossa dalle risate, finché Stefania non li vide
scomparire.
E finalmente sorrise. Non era il suo solito sorriso da
prof, né il sorriso di chi aveva visto i voti di suo figlio
lievitare di colpo,
né di chi l’aveva visto per la prima volta
innamorato. Era semplicemente il
sorriso di una madre che si era resa conto che ne era valsa la pena, di
passare
una notte insonne nel tentativo di farlo tornare felice, quel figlio.
“Ma
non vedi che col sole sto
tornando
e mi stai salutando: amore sono qui[…]
in mezzo a quei bei fiori io ti confonderò:
saranno tanti baci e poi non dormirò”
(F.
Concato, “La barca
Guendalina”)
***FINE***
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