Chocolates

di Nike93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Si parte! ***
Capitolo 2: *** Conoscenze ***
Capitolo 3: *** I Cesaroni ***
Capitolo 4: *** Amore impossibile ***
Capitolo 5: *** La strana coppia ***
Capitolo 6: *** Una prof per Walter ***
Capitolo 7: *** Stranezze ***
Capitolo 8: *** Scuola, corso, lavoro ***
Capitolo 9: *** Amore impossibile bis ***
Capitolo 10: *** Chiacchiere e cioccolatini ***
Capitolo 11: *** Dicembre ***
Capitolo 12: *** Complicazioni ***
Capitolo 13: *** Sorprese e gelosia ***
Capitolo 14: *** Nuovo anno, vecchi ritmi ***
Capitolo 15: *** Senza senso ***
Capitolo 16: *** Volevo dirti che ti amo ***
Capitolo 17: *** Chiarimenti... ***
Capitolo 18: *** Tregua ***
Capitolo 19: *** Fidati di me ***
Capitolo 20: *** Il nuovo ospite ***
Capitolo 21: *** La decisione di Stefania ***
Capitolo 22: *** Clandestini in officina ***
Capitolo 23: *** Confessioni ***
Capitolo 24: *** Confusione ***
Capitolo 25: *** Tredici anni e due parole ***
Capitolo 26: *** Un viaggio ***
Capitolo 27: *** Luce ***
Capitolo 28: *** Partenze e ritorni ***
Capitolo 29: *** Periodi e cambiamenti ***
Capitolo 30: *** Sospesa ***
Capitolo 31: *** Esami ***
Capitolo 32: *** ...e poi non dormirò ***



Capitolo 1
*** Si parte! ***


Eccomi qui con una fic a capitoli con protagonisti tratti dalla seria “I Cesaroni”. Enjoy it!
(Il primo capitolo è un po’ un prologo. I prossimi saranno più lunghi!)

 

ATTENZIONE: I personaggi de “I Cesaroni” non mi appartengono e tutte le canzoni da me citate sono proprietà degli artisti che le hanno create. India, la protagonista, e la sua famiglia sono personaggi di mia invenzione. Ogni riferimento a luoghi e persone realmente esistenti è puramente casuale. La storia non è scritta a fini di lucro.

 

Capitolo 1 – Si parte!

 

- India, a che punto sei? –
Madri. Ansiose come sempre.
- Sto chiudendo la valigia, mamma. –
- Fai in fretta, mi raccomando. –
Non ci sarebbe stato bisogno di dirlo, dato che, secondo la leggenda, era lei a essere sempre in ritardo. Quel giorno, per la prima volta da molto tempo, Laura, la madre di India aveva paura di fare tardi. Eppure avrebbe dovuto essere sua figlia, quella divorata dall’ansia. Dopo più di diciotto anni di vita in Sicilia, erano pronte a partire: quella sera sarebbero già state a Roma, nella loro nuova casa. Beh, non proprio “loro”. Era grazie alla zia Giulia se potevano assicurarsi un appartamentino in affitto per tutto il soggiorno a Roma. Non era detto che dovesse durare in eterno, ma neanche che l’avrebbero lasciata appena finito il corso d’arte.
Povera zia Giulia. Era talmente vecchia e malandata, ormai, che fare questo “piccolo regalo” alle sue nipoti, come diceva lei, era stata una vera gioia per lei. In gran confidenza aveva detto a India di averlo fatto solo ed esclusivamente per lei, perché se ad averne bisogno fosse stata sua madre, non si sarebbe data tanto da fare. Questo, alla madre, India non l’aveva detto, ma dubitava che Laura ne sarebbe rimasta urtata o amareggiata. Era così presa dalla sua lotta quotidiana, che non aveva certo il tempo di prendersi una botta di collera per stupidaggini come quella.
India agganciò le fibbie del suo unico bagaglio e ci si sedette sopra sospirando. Non perché fosse troppo piena, semplicemente perché si sentiva spossata, come se il viaggio fosse appena terminato. E invece l’aereo sarebbe partito appena tre ore dopo.
Provò a immaginarsi la nuova casa: non le riuscì granché bene. Forse perché non era la casa, la sua preoccupazione.
E la scuola, come sarebbe stata? Se il motivo del trasferimento non fosse stato molto valido, la ragazza avrebbe pensato che fosse una sciocchezza cambiare scuola proprio l’ultimo anno. “Probabilmente non avrò neanche il tempo di farmi qualche vero amico. Non che ne abbia mai avuto uno” pensò. Chi non diffidava del color caffellatte della sua carnagione, era reticente per il suo carattere chiuso e la sua natura non esattamente di logorroica.
Alzò lo sguardo e incrociò il riflesso rimandato dallo specchio che teneva appoggiato sulla scrivania. Fortunatamente non si era mai fatta troppe paturnie per il proprio aspetto. Anzi, nel complesso si piaceva abbastanza. Pensava che la pelle scura le donasse, e le piacciono i suoi morbidi capelli castani, corti e vaporosi. Trovava buffa la forma leggermente squadrata del suo viso. La zia Giulia non le aveva mai nascosto il proprio amore per gli occhi verdi della nipotina.
Era il suo nome a darle fastidio.
India.
Sua madre l’aveva chiamata così semplicemente perché l’aveva concepita insieme a un uomo proveniente da quel lontano Paese. Dopodiché lui era sparito, così India portava il cognome di sua madre, Fabiani. Lei l’aveva solo visto in fotografia. Mai una telefonata, mai una lettera. Laura diceva di essere soltanto affezionata ai ricordi di lui che conservava, ma India sapeva benissimo che, da diciotto lunghi anni, sua madre non faceva altro che aspettare il suo ritorno. Sinceramente, a lei interessava di più la chiazza d’inchiostro che ornava le sue scarpe da tennis bianche, e che sembrava volerle ricordare che era giunto il momento di acquistarne un altro paio. Ma di certo non poteva chiederlo a sua madre.
Essendo sola e con una figlia da mantenere (anche se lei sperava che le cose cambiassero entro un anno), non poteva certo permettersi grandi lussi. Si arrangiava andando a pulire la casa ogni giorno di una famiglia diversa. Non era il massimo come confidente, per sua figlia, ma bisognava ammettere che da quel punto di vista era instancabile. Quindi non se la passavano neanche tanto male, e nell’armadio di India c’erano bei vestiti, anche se certamente non nuotavano nell’oro. Per Laura, o Sicilia, o Lazio, o Polo Nord non faceva differenza: per una cameriera non era poi tanto difficile trovare un posto. La loro nuova casa sarebbe stata più piccola di quella che avevano avuto fino a quel momento, ma fortunatamente India non aveva mai avuto grossi problemi di adattamento. Anzi, nonostante dalla sua nascita a quella parte avesse abitato in tre appartamenti diversi, tutti regolarmente affittati, era sempre riuscita ad affezionarsi a tutti. Adesso, si sentiva strana: come se non provasse niente.
- India, prendi le tue cose e andiamo! –
La ragazza si alzò, afferrò il manico della valigia e se la trascinò dietro fino all’entrata. La madre l’aspettava con i suoi due borsoni. Non si poteva certo dire che fosse al massimo della forma: i suoi capelli biondi avevano l’aria di non vedere una spazzola da almeno due giorni. La pelle chiara era già segnata da rughe mediamente profonde. Chi le avesse viste insieme non avrebbe mai sospettato di una parentela: nonostante i lineamenti europei molto simili a quelli di sua madre, India aveva preso i colori del suo ipotetico padre. – Forza, sbrigati, non vorrai perdere l’aereo? –
Certo che no! Le era costato così tanto prendere questa decisione, che non poteva tirarsi indietro per puro e semplice orgoglio. L’idea di cominciare il corso d’arte non poteva che elettrizzarla. Al momento, era l’unica cosa che desiderava.
Comodamente seduta su una delle poltroncine dell’aereo, accanto a Laura che sfogliava nervosamente una rivista (l’idea di volare la terrorizzava, ma cercava sempre di non darlo a vedere), cominciò a chiedersi cosa avrebbe fatto dopo. Cominciare? Erano settimane, mesi che affrontava mentalmente l’argomento. Era fermamente convinta di quello che stava per fare, ma quando cominciava a pensare al “dopo”, le idee si sfumavano e la testa si svuotava. Avrebbe potuto fare l’illustratrice. O la ritrattista. Chissà. India disegnava la gente, le poche persone che conosceva, le tante che le passavano davanti senza sapere che lei li stava osservando con attenzione, quelle sedute su una panchina al parco mentre lei si appostava con il suo blocco e la matita. Forse quello che avrebbe fatto era secondario. Quello che contava davvero era che potesse sempre rimanere nella sua posizione, acquattata su una sedia, o su un muretto, o per terra, a osservare senza essere osservata.
Mamma Laura le aveva detto che se non avesse avuto i voti che invece aveva, il corso se lo sarebbe potuto scordare. India non era sicura che dicesse sul serio, ma per fortuna i suoi 8 e 9 erano sempre stati lì, fissati sul registro e sulle pagelle.
Naturalmente avrebbe cercato di dare un contributo per le spese della scuola e del corso, sia perché non voleva pesare sulle spalle di nessuno e perché avrebbe dovuto cominciare a darsi da fare da sola. Sarebbe bastato un lavoretto part-time. Solo, non aveva la più pallida idea di cosa avrebbe potuto fare: sperava che l’occasione si presentasse da sola.
Smise di pensare e guardò fuori dal finestrino: il cielo era azzurro, senza una nuvola. Sperava che il tempo non somigliasse troppo a quello lasciato in Sicilia: non aveva mai amato quel caldo asfissiante, con annesso sudore e senso di debolezza.
E così, eccola lì a preoccuparsi del tempo atmosferico, invece che delle persone con cui avrebbe avuto a che fare. Era strano, si sentiva come se non gliene importasse veramente. In fondo, se stava andando via da casa non era per cercare nuovi amici, ma per impegnarsi nel coltivare la propria passione.
A volte aveva paura di risultare asociale. Non avrebbe voluto dare quell’impressione, ma purtroppo, dato lo scarso numero di suoi conoscenti, pareva che fosse proprio quello che faceva. Forse perché non era mai riuscita a togliersi dalla testa che doveva essere anche colpa sua se non aveva un padre e sua madre non aveva un marito. Certo, guardandola capiva che lei non era esattamente il tipo da matrimonio, ma era come se, guardandola negli occhi, leggesse una sorta di accusa nei suoi confronti.
O forse era solo paranoica.
L’aereo atterrò alle 18;00 esatte. Il sole non era ancora calato, l’aria era piacevolmente fresca e le persone che si affollavano all’aeroporto misero allegria alla ragazza. Sua madre non perse tempo a guardarsi intorno e si fece subito largo nella confusione. Acchiapparono al volo i bagagli e in un batter d’occhio si trovarono sedute sul sedile posteriore di un taxi, dirette verso la loro nuova abitazione.
Vista da fuori non sembrava niente male. Si trovarono davanti a un portone verniciato di verde. Sul citofono c’erano solo cinque etichette con i rispettivi pulsanti. Salirono tre rampe di scale, aprirono una porta in legno di noce e subito si trovarono dentro la loro nuova vita. India dette un’occhiata veloce: un bagno, una camera con due letti e due comodini, una piccola cucina e un soggiorno di pochi metri quadri.
Decise subito che la casa le piaceva.
L’unica cosa a cui avrebbe faticato un po’ ad abituarsi era la condivisione della camera da letto con sua madre. Ma supponeva che con il tempo non ci avrebbe fatto più tanto caso.
Meno di due ore dopo, i vestiti erano sistemati negli armadi, i mobili erano stati spolverati (perlomeno in superficie) e il resto degli averi di madre e figlia avevano già preso posto in casa.
Intenta a prepararmi un panino in cucina, India capì da un improvviso silenzio che mamma Laura si era messa a letto. Magari avrebbe fatto lo stesso non appena finito di mangiare.
Finì in fretta il panino e, anziché andare in camera da letto, si rannicchiò sul divano. Voleva godersi un po’ di solitudine prima dell’inizio della nuova vita.
Non aveva quasi scambiato una parola con sua madre, ma poco importava. Ormai ci era abituata.
Sperava solo che quel soggiorno a Roma non la facesse diventare un’eremita completa.

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Capitolo 2
*** Conoscenze ***


Capitolo 2 – Conoscenze

 
Il corso d’arte sarebbe iniziato solo una settimana dopo, ma l’arrivo di India coincise con la seconda settimana dell’anno scolastico. L’ultimo anno di liceo. Non le avrebbe fatto così impressione se non fosse che si era appena trasferita in una città sconosciuta, in mezzo a un mare di gente sconosciuta, diretta verso una scuola sconosciuta.
- Buona fortuna. – le disse sua madre baciandola in fronte.
La scuola superiore Giulio Cesare si trovava a poca distanza dal nuovo appartamento, e India la raggiunse in meno di venti minuti a piedi.
Si trovò davanti a un grande cancello aperto che dava su una scuola non proprio maestosa, ma dall’aria stranamente accogliente. Nel cortile principale si era già radunata una folla di ragazzi rumorosi e insegnanti impazienti di cominciare subito a strigliare gli alunni vecchi e nuovi. Qua e là erano stati parcheggiati svariati motorini. Le ragazze chiacchieravano sedute su un muretto, i ragazzi ridevano e sembravano pensare a tutto fuorché alla scuola. India si risparmiò l’imbarazzo di starsene da sola in mezzo a tutta quella gente, perché la campanella suonò appena due minuti dopo il suo ingresso nel cortile.
Passò prima dalla segreteria e poi si avviò verso la classe che le venne indicata, la terza G. Lungo il percorso, vide una donna minuta sui quarantacinque anni, dal viso piuttosto squadrato e capelli mossi e castani tenere per un orecchio un uomo notevolmente più alto di lei, con addosso una tuta da meccanico e l’aria di chi stava aspettando il Giudizio Universale sapendo che non l’avrebbe fatta franca.
- Una casa in Calabria! – urlava lei con la sua vocetta acuta. – Come ti è venuto in mente? Ma perché sei così cretino?! –
India scosse la testa come se avesse visto un fantasma e procedette. Arrivata in classe, cercò un banco vuoto e vi si sedette, tirando fuori il suo diario e cominciando a sfogliarlo distrattamente. Nella classe c’era già qualcun altro, un ragazzo alto, con i capelli neri e lo sguardo perso nel vuoto, una ragazza magra, bruna e sorridente seduta accanto a lui e un ragazzo con una felpa di un accecante giallo canarino. I tre la osservavano con discrezione, ma pochi secondi dopo la classe si riempì e India si risparmiò con sollievo quell’imbarazzo. Era convinta che sarebbe rimasta sola, e invece una ragazza dai lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri scostò la sedia accanto alla sua.
- Posso sedermi qui? – le chiese. India annuì.
- Certo. – La ragazza si lasciò cadere sulla sedia e scrutò attentamente la sua nuova compagna.
- Scusami, ma… so’ io che passo troppo tempo nei corridoi o tu sei nuova? –
- No, sono nuova. Sono arrivata a Roma solo ieri. – La ragazza annuì e le tese una mano.
- Ben arrivata. Io sono Veronica. –
- Piacere. India. – Si strinsero la mano.
- India… Bel nome. Sei nata lì, vero? – chiese Veronica, accennando al colorito della sua pelle. Il sorriso che le aveva rivolto India sparì all’istante.
- Sì, ma è stato solo un caso. Io sono italiana in tutto e per tutto. –
- Aha. Dicevi di non esse’ mai stata qui? –
- Già. Non conosco niente e nessuno, ma immagino che ci vorrà solo un po’ di tempo. – rispose India, come per sottintendere che non le interessava fare conoscenza con nessuno. Ma Veronica, che non colse l’allusione, sembrava simpatica.
- Per quello ti aiuto io, non te preoccupa’. Ti farò conoscere gli elementi base. –
In quel momento, un’altra persona entrò in classe: India riconobbe subito la donna che poco prima aveva visto inveire contro quel poveretto. Istintivamente rabbrividì e Veronica se ne accorse.
- E’ la professoressa Masetti, di lettere. E’ anche la preside. Dalla tua faccia si direbbe che l’hai già conosciuta… -
- L’ho vista poco fa con un uomo… alto, con i capelli neri. –
- Ah, suo marito! Lui la adora, ma la fa impazzire. Lei è incredibilmente paziente con lui. – India alzò un sopracciglio. Non le era sembrata esattamente paziente, quando l’aveva vista in corridoio. L’insegnante estrasse una certa quantità di fogli da una cartellina e lì sbatté sulla cattedra.
- MASETTI! – tuonò. India non capì quel richiamo e si accostò all’orecchio di Veronica.
- Ma che fa, si chiama da sola?! –
- Ora vedrai! – rispose l’altra, che tratteneva chiaramente le risate. – Ce l’ha co’ suo figlio. Lui si illude sempre che un giorno o l’altro lei lo favoreggerà, ma se in classe lui non la chiama “professoressa” so’ dolori! – In quel momento, il ragazzo con la felpa gialla si alzò cautamente dal suo posto, esibendo un tremulo sorrisetto. La professoressa sventolava un foglio con aria minacciosa.
- Sì, prof? –
- Masetti, spero che questo sia uno scherzo! –
- Ehm… cosa, esattamente? –
- La tua prova d’ingresso! Che tu non abbia imparato un accidenti da quattro anni a questa parte non mi riguarderebbe direttamente, ma devo ammettere che mi sento profondamente frustrata come insegnante! – Gli occhi della donna lanciavano fuoco, mentre il ragazzo cercava di tirarsi fuori dai guai.
- Beh… mi dispiace, prof… le garantisco che lei vale molto più di quanto pensa! – Il suo tono era chiaramente canzonatorio, ma cercava di apparire serio.
- Lo so io se e quanto valgo. Ora siediti, per favore, e cerca di dare un senso alle ore che passi in questa classe! – Il ragazzo tornò a sedersi, e dalla sua faccia sembrava che avesse appena sentito una barzelletta. – Vi farò vedere i risultati prima della ricreazione. – La professoressa sedette dietro la cattedra e aprì il registro, inforcando un paio di spessi occhiali rosa confetto. Se non si fosse sentita così intimidita da quel carattere, India l’avrebbe trovata molto buffa. La prof alzò lo sguardo.
- E’ presente India Fabiani? – La ragazza si alzò per farsi vedere, chiedendosi quale sorte le sarebbe toccata. Inaspettatamente, la Masetti sorrise. – Tu sei nuova, non è così? –
- Sì… Sono arrivata oggi. – rispose con voce piuttosto bassa.
- Allora benvenuta! Spero che ti troverai bene. – Rovistò nella cartellina e ne estrasse tre fogli. – Adesso farai lo stesso compito che i tuoi compagni hanno fatto la settimana scorsa, giusto per capire a che punto sei. Niente suggerimenti! – il suo sguardo si spostò su Veronica. – Oh, beh… non credo sarà un problema. – India si avvicinò alla cattedra per prendere le schede e cercò di non guardarsi intorno mentre tornava in fretta al suo posto. Fu impegnata per le due ore successive, durante le quali la prof Masetti si dedicò al resto della classe. Alla terza ora, mentre correggeva il compito di India, gli altri ragazzi confrontavano i propri: pochissimi sorridevano soddisfatti, tra cui la ragazza bruna che India aveva visto con gli altri due ragazzi.
Quando suonò la campana della ricreazione, tutti si precipitarono in corridoio, tranne India, Veronica e la ragazza bruna, che le raggiunse subito. Le tre ragazze uscirono con calma e si misero a parlare fuori dalla porta della terza G.
- Ciao, io sono Eva. – si presentò subito la ragazza bruna.
- E’ mia amica. – soggiunse Veronica. – Beh, Eva, cominciamo a farle fa’ il giro turistico dei nostri compagni! – India si affrettò a dire:
- Oh, no, non preoccupatevi! Io… me la caverò da sola, con il tempo… Per ora mi basta conoscere voi due. – Cercò di spiegarsi senza risultare scortese.
- Ma no, fidati di noi. Almeno devi conoscere gli elementi portanti della nostra classe! – replicò Eva ridendo.
- Tipo? – sospirò India, rassegnata. Veronica non ci pensò su a lungo.
- Tipo Walter. – S’interruppe e sembrò che cercasse qualcuno, poi si sbracciò verso qualcuno in fondo al corridoio. – Ehi, Masetti! A rapporto! – Il Walter in questione arrivò pochi attimi dopo, con la sua felpa gialla. Era bassino, superava India di pochi centimetri. Aveva i capelli biondicci portati con un ciuffo laterale, aveva un’andatura leggermente ondeggiante e una faccia piuttosto buffa (India non avrebbe saputo in che altro modo descriverlo).
- Non ditemi, si parlava di me. – esordì.
- E quando mai… - lo prese in giro Eva. – India non si poteva mica permettere di perdersi gli elementi più ridicoli della classe! Almeno l’accogliamo facendole fare una bella risata! –
- Tutta invidia, tesoro: lo so che spasimi segretamente per me, ma che colpa ne ho io? Con tutte non posso! – rispose in tono falsamente melodrammatico. India cominciò a chiedersi se per caso i membri della famiglia Masetti non avessero qualche rotella fuori posto.
- Oh, certo. E la tua prodezza serviva solo a darte ‘n po’ di carica, vero? – ribatté Veronica. Il sorriso non scomparve dalle labbra di Walter, il quale però si mostrò meno spavaldo.
- E’ la tradizione di famiglia… - sospirò allargando le braccia. In contemporanea alle sue parole, dall’aula uscì sua madre, con la cartellina sottobraccio.
- Commovente, Walter. Non mi dispiacerebbe qualche colpo di scena, ogni tanto. – Poi dedicò un grande sorriso a India. – Tu sì che sei stata un colpo di scena, invece. Il compito era perfetto. Meno male che c’è qualche buon elemento che compensa quelli più scadenti. – aggiunse, scoccando un’occhiata fulminante a suo figlio. Poi si allontanò a grandi passi, sospirando. Walter la guardò in silenzio per qualche secondo, poi si voltò verso le tre ragazze e alzò le spalle.
- Che volete, mi adora. – In quell’istante, una figura comparve alle due spalle. Era il ragazzo dai capelli neri e l’aria sognante che India aveva visto con Walter ed Eva all’entrata.
- Walter, manco il tempo di cominciare e sei già di cucco? – Detto questo, il ragazzo si rivolse a India, che avrebbe giurato di aver sentito Walter borbottare “Invidioso…”. – Ciao, tu sei la nuova, no? – Lei annuì, non proprio sicura di trovarlo simpatico. – Io sono Marco Cesaroni, piacere. – India gli strinse la mano, ma in cuor suo sentì di preferire il bizzarro esordio di Walter al saluto di Marco. La sua mano strinse a lungo quella della ragazza, e a lei sembrò che Marco la fissasse più del dovuto. Alla fine Walter lo trascinò via, salutando ad alta voce le tre ragazze dall’altro capo del corridoio.
- Simpatici. – commentò India, non del tutto sincera.
- Vedrai che col tempo riuscirai ad abituarti a Walter. Dopo un po’ non ce se fa più caso. – disse Veronica. India pensò che avrebbe avuto più difficoltà ad abituarsi all’espressione sognante di Marco.
- Sembra solo un po’ fuori fase. – disse.
- A proposito, Marco è mio fratellastro. Mia madre e suo padre si sono sposati due anni fa. – spiegò Eva. – E’ timido fino alla nausea. – aggiunse facendo una smorfia, come se il problema la riguardasse direttamente. A India non era sembrato poi così timido.
- Devi vede’ casa loro, pare ’n albergo. – ridacchiò Veronica. – Due genitori, tre fratelli e due sorelle. –
- Con annessi zii, nonna e amici vari. – rincarò Eva. – A mio parere, più che un albergo somiglia a un asilo! - Pochi secondi dopo risuonò la campana di fine ricreazione. India notò un ragazzino sui tredici anni appostato fuori della terza G, con un sorrisetto malefico dipinto sulle labbra. Eva lo fulminò con lo sguardo. – Ecco uno dei fratelli. E’ Rudi, una sottospecie di pestilenza ambulante. Probabilmente ha riservato un’accoglienza coi fiocchi al prof di matematica… - Ma quando India si sedette e sentì uno strano ciac, ebbe la spiacevole sensazione che l’accoglienza fosse stata riservata a lei. Si alzò di pochi centimetri, che bastarono per vedere una macchia di vernice blu sulla sua sedia, e una identica sui suoi jeans chiari.
“Fantastico” pensò. “Aveva ragione Eva: è quella che si dice un’accoglienza coi fiocchi.” In cuor suo sperò di non essere chiamata alla cattedra da qualche altro insegnante.
All’uscita cercò di nascondere la macchia con la borsa, tenendola serrata sul fondoschiena. Forse non fu abbastanza svelta, perché evidentemente Marco l’aveva vista. Le corse accanto con il suo zaino in spalla.
- E’ stato sicuramente mio fratello Rudi… Devi scusarlo, ci tiene moltissimo a dare il benvenuto ai nuovi arrivati. – Cercava di fare il simpatico. India non rise e cercò di non guardarlo in faccia.
- Sì, fortunatamente tua sorella mi ha avvisata in tempo. Non ho evitato il disastro, ma pazienza. Le lavatrici sono state inventate per questo. –
- Quando torniamo a casa gli dirò quattro paroline. –
- Figurati, non c’è bisogno. – si affrettò a rispondere India, cercando di nascondere il suo fastidio. Perché mai quello aveva tanto a cuore la sua macchia di vernice? La ragazza dubitava seriamente che il suo nuovo compagno si prendesse il disturbo di scusarsi con tutte le persone colpite dalla gentile accoglienza del fratello. – Devo andare. Comunque grazie. – E schizzò via, curandosi di non spostare la borsa dalla macchia blu. Nel cortile intravide il famoso Rudi con altri due ragazzini, uno piccolino e con gli occhi a mandorla, l’altro con chiari problemi di obesità: si stavano sganasciando dalle risate. India cercò di non guardarli e si affrettò verso casa.

commentate!!!

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Capitolo 3
*** I Cesaroni ***


Capitolo 3 – I Cesaroni

 
- Com’è andato il primo giorno? –
Quando sua madre le pose questa domanda, India si trovava nel bagno, intenta a esaminare la vistosa macchia blu scuro sul retro dei suoi jeans. Sperava che una lavata e una buona strizzata bastassero ad eliminare il danno.
- Benissimo. – rispose, strofinando energicamente la macchia con acqua e detersivo. – Ho conosciuto un paio di compagni e la preside. Insegna lettere nella mia classe. E’… - Si bloccò, in cerca dell’aggettivo giusto per descrivere la prof Masetti. - …particolare. –
- Hai trovato qualche occasione per il tuo lavoro? –
- Mamma, è stato il primo giorno. – sospirò India. – Non ci ho neanche pensato. Da domani comincio a darmi da fare, non ti preoccupare. –
Ma il giorno successivo pensò a tutto fuorché al lavoro, perlomeno durante la mattinata. A scuola ebbero due ore supplementari, durante le quali India conobbe un’altra insegnante. Inizialmente, quando la vide entrare in classe, non le venne neanche in mente che quella donna giovane e affascinante fosse una professoressa: era alta e slanciata, aveva capelli biondi e lucenti, un sorriso disarmante ed un’andatura da modella, oltre che abiti giovanili e ricercati. Come la Masetti, anche lei si presentò a India.
- Ciao, India. – la salutò affabilmente. – Sono Rachele e insegno poesia. L’ho già detto ai tuoi compagni quando sono arrivata in questa scuola: non chiamarmi “professoressa”, per favore. Chiamami col mio nome e dammi del tu, d’accordo? –
- D’accordo. – rispose l’altra, chiedendosi ancora se non fosse uno scherzo e se Rachele non fosse per caso la sorella di qualche alunno. Si avvicinò a Veronica e le chiese: - Com’è? –
- Fantastica, in tutti i sensi. Se ti interessa la poesia non riuscirai a staccare gli occhi da lei mentre spiega. Io la trovo una buona insegnante, per Walter è semplicemente bona e basta. – La ragazza aveva ragione: Rachele sembrava una vera appassionata di poesia, e non si limitava a spiegarne il significato.
- Ma è una tipa che attira guai. – aggiunse poi Veronica. India non ebbe il tempo di chiederle cosa intendesse dire, perché la campana annunciò la fine della giornata.
- Perché non andiamo dai Cesaroni? – le propose Veronica mentre la classe si svuotava rapidamente. – Li devi vedere, sono uno spasso! –
- Oh, io… non so… - balbettò India, imbarazzata. – Non li conosco… -
- Beh, se rimedia subito! E poi conosci Eva e Marco! – Appunto perché conosceva Marco l’idea non la attirava. – Dài… A casa loro c’è sempre mezza città. Vedrai che ti piaceranno. E poi Giulio, il padre di Marco, è così rassegnato ad ave’ la casa piena che ormai uno più o uno meno non fa differenza. Lui e sua moglie sono molto gentili. –
- Dovrei avvisare mia madre. – cedette India, sperando che almeno quello fosse un piacevole diversivo. Si attardò cercando di rintracciare sua madre al cellulare (ancora non avevano messo il telefono fisso, in casa). Alla fine, non avendo successo, le lasciò un messaggio in segreteria e, insieme ad Eva e Veronica, si avviò verso casa Cesaroni. Marco era già andato avanti con Rudi. India si trovò di fronte a una casa a due piani, dall’apparenza molto accogliente. Sorrise tra sé: probabilmente si stava preoccupando per niente. Eva aprì con le sue chiavi e gridò: - Sono io! – Davanti a loro comparve una ragazzina sui tredici anni, con i lunghi capelli castani raccolti un due trecce.
- Non provare a entrare in camera nostra. Rudi l’ha assediata. – Eva sospirò e alzò gli occhi al cielo prima di passare alle presentazioni.
- India, questa è mia sorella Alice. Ali, lei è una mia nuova compagna. – Alice salutò educatamente e scomparve su per le scale, strillando:
- Rudi, comincia pure a uscire o sfondo la porta! – Eva si voltò verso India e sorrise come per scusarsi.
- Non farci caso, quei due sono eternamente in lotta. – Posò la borsa sul divano e guidò le altre due ragazze verso la cucina. Un bambino sui sette anni era seduto sul tavolo, e Marco era intento a strofinargli con un tovagliolo una chiazza d’inchiostro nero che gli imbrattava una guancia. Attorno al tavolo erano seduti un uomo di media statura sui quarantacinque anni, una bella donna sulla quarantina, dai capelli rossicci e un uomo alto con i capelli neri… il marito della preside. Eva si schiarì la voce per annunciare la sua presenza e Marco si voltò di scatto verso di loro. – Oh, eccovi. – La donna, invece, sorrise.
- Ciao Eva, ciao Veronica. – Veronica fece un cenno di saluto. Poi la donna si rivolse a India. – Tu sei…? –
- India, molto piacere. – rispose lei stringendole la mano.
- E’ arrivata ieri nella nostra classe, non è di qui. – spiegò Eva. La donna sorrise di nuovo: era veramente molto bella, e sembrava anche gentile.
- Sono contenta di conoscerti, India. Io sono Lucia. – Si voltò verso i due uomini che continuavano a chiacchierare sottovoce e richiamò l’attenzione di quello che India non aveva mai visto. – Lui è Giulio, mio marito. – Giulio le strinse cordialmente una mano.
- Ciao, India. Ben arrivata a Roma. –
- Grazie. – rispose lei sorridendo.
Il marito della prof Masetti sembrava troppo disperato per prestarle attenzione. – Calabria… comprare una casa in Calabria… ma che mi è venuto in mente? – borbottava tra sé.
- Ecco, bravo, comincia a pensare a come rimediare! – India sobbalzò nel sentire quella voce e solo in quel momento si accorse che nella cucina c’era anche un’altra persona: la prof Masetti. Guardò suo marito con aria feroce, poi si voltò verso la ragazza. – Oh, India! Anche tu qui! – esclamò sembrando piacevolmente sorpresa. India sorrise nervosamente. – Fuori della scuola, puoi chiamarmi Stefania. Piacere! – Le strinse calorosamente la mano. Dalle sue spalle si levò una vocina:
- Come sei carina, India! – Era il bambino seduto sul tavolo. India gli andò incontro e gli scompigliò i capelli, sorridendo.
- Anche tu sei molto carino. Come ti chiami? –
- Mimmo. – rispose il bambino, sorridendole. Aveva due guance paffute e gli mancava un dentino davanti.
- E’ mio fratello. – intervenne Marco.
- Allora, India, dimmi un po’ di te. – disse Giulio, invitandola a sedere accanto a lui.
- Non preoccuparti, è sempre in ansia per le compagnie dei suoi figli! – le sussurrò Eva, ridacchiando. India prese posto su una sedia libera.
- Beh… non c’è molto da dire, veramente. Mi sono appena trasferita con mia madre. –
- Come mai? –
- Volevo fare un corso d’arte professionale, per prepararmi, dopo… vorrei lavorare in quel campo, una volta finita la scuola. E trovavamo che quello di Roma fosse il migliore. Resterò qui almeno per due anni, fino alla fine del corso, poi vedrò cosa fare. – Giulio sembrava sinceramente interessato.
- Dicevi di essere qui con tua madre? –
- Sì… beh… - mormorò, impacciata. – Vivo con lei. Siamo state aiutate da una zia, ma ora sto cercando un lavoro part-time, per mettere da parte un po’ di soldi… Sia per adesso che per dopo, ecco… - Mentre parlava, Mimmo si era avvicinato di più a lei e continuava a sorriderle. Accorgendosene, India gli sorrise a sua volta e lo fece sedere sulle sue gambe. Nonostante avesse le ginocchia un po’ spigolose, Mimmo sembrava contentissimo di quella sistemazione. Sentendo le sue ultime parole, Giulio si fece improvvisamente attento.
- Che tipo di lavoro cerchi? –
- Oh, uno qualsiasi. Non mi farò problemi. Aspetterò di conoscere qualcuno in più e poi comincerò a chiedere in giro… -
- Te l’ho chiesto perché, pensandoci, posso suggerirti io qualcosa. – India lo guardò con tanto d’occhi. Non si aspettava certo un aiuto così immediato, ma non vedeva l’ora di sentire cosa Giulio avesse da proporle. – Come vedi, casa nostra è… affollata, ma ognuno ha i suoi impegni e spesso Mimmo e Rudi si trovano da soli in casa. Io ho una bottiglieria, e Lucia è impegnata con la scuola. Ogni tanto c’è anche Alice, ma… beh, conoscendo Rudi, non sono mai troppo tranquillo. Potresti venire un paio di pomeriggi a settimana e stare con loro per… tre, quattro ore o giù di lì. – India si morse un labbro, cominciando a calcolare le possibilità. – Non c’è bisogno che tu faccia niente di speciale: puoi portarti i compiti o qualcos’altro da fare, basta che i ragazzi non siano soli. Il povero Marco ha già sprecato troppi pomeriggi. – scherzò, guardando il figlio maggiore. Nel frattempo, Eva e Veronica avevano lasciato la cucina, dove invece era appena entrato Rudi.
- Non ho bisogno di una guardiana, mica ho tre anni! – protestò con voce strascicata. Giulio lo guardò minaccioso.
- Per te non basterebbe un esercito! E ora fila via. – Rudi sparì sbuffando. India non era ancora pronta ad acconsentire, ma sperava che l’entusiasmo di Mimmo fosse almeno un poco più elevato.
- Tu che ne dici? – gli chiese dolcemente, accarezzandogli i capelli.
- Sì! – esclamò semplicemente il bambino. Poi si voltò verso suo padre. – A me piace, India. – Giulio gli sorrise e poi guardò la ragazza con aria interrogativa. In quel momento, intervenne Lucia:
- Sarebbe una buona idea! Ti andrebbe, India? –
- A me sì, andrebbe benissimo. Ma non credo che Rudi… - azzardò vergognosa.
- Non preoccuparti, Rudi lo sistemo io. – rispose Giulio.
- Dicevo, a me andrebbe bene. Dovrei solo vedere quali giorni ho liberi. Il corso è due volte a settimana… il martedì e il giovedì… Potrei venire lunedì, mercoledì e venerdì… -
- L’importante è che non ti tolga tempo allo studio. – intervenne premurosamente Lucia.
- Oh, non è un problema. Mi chiedevo piuttosto se… ne siete proprio sicuri? Non mi conoscete neanche… -
Lucia sorrise e parve intenerita.
- Stefania mi ha parlato benissimo di te. Dice che sei educata e studiosa. Io mi fido del suo giudizio, e credo di potermi anche fidare di te. Oh, naturalmente sarai pagata bene: stare tre ore con Rudi in giro per casa non è la cosa più divertente del mondo… -
- Beh, allora… allora direi che va bene. Potrei venire in prova questa settimana. Così… così deciderete voi stessi se fidarvi o meno. – concluse sorridendo. Lucia guardò suo marito.
- Amore, a me sembra perfetto. Tu che ne dici? – Giulio rise.
- Dico che se accetta di stare con Rudi, è una ragazzina molto coraggiosa. Comunque, per me va benissimo. Dunque, oggi è martedì… Ti andrebbe bene di venire domani e venerdì in prova? – India annuì energicamente.
- Perfetto. Grazie mille, signor Cesaroni. –
- Dammi pure del tu. Sembri una ragazza con la testa sulle spalle. –
- Spero di non deludervi. – Poi scompigliò affettuosamente i capelli di Mimmo. – E spero che tuo fratello di abitui presto all’idea. – gli sussurrò. Mimmo ridacchiò. Poi India si rivolse nuovamente a Giulio e Lucia: - Passo un attimo da Eva e Veronica e poi torno a casa. Siete stati gentilissimi, vi ringrazio. –
- Figurati! Ciao, India, ci vediamo domani. –
- A domani! – Mimmo scese dalle sue ginocchia e la ragazza uscì dalla cucina, salutando con un cenno anche Stefania e suo marito, seppure quest’ultimo fosse ancora preso dai suoi problemi e non la degnasse di uno sguardo. Prima di andare in camera di Eva (benché non avesse idea di dove si trovasse in quella casa immensa), entrò in soggiorno e sospirò di sollievo. Un problema era risolto. Quello di Rudi era secondario. Sospettava che fosse il tipo di ragazzino che desisteva non appena la sua vittima si mostrava indifferente ai suoi attacchi. Ammirando i bei quadri appesi alle pareti, si avviò verso un divano e ci si lasciò cadere senza guardarlo. Gettò un urlo e saltò in piedi quando si accorse di essere atterrata su una cosa che si muoveva: si voltò a guardare, ancora con il fiato mozzo, e vide Walter, fino a un attimo prima comodamente steso sui cuscini, la cui espressione diceva chiaramente che doveva essersi fatto piuttosto male.
- Oddio, scusa, scusa… non ti avevo visto! – balbettò India, rendendosi conto che doveva essere davvero da stupidi sedersi senza neanche guardare il divano. Walter la guardò di sbieco, ansimando.
- Avevo avuto il sospetto… di non esserti andato a genio, a scuola… ma non pensavo che volessi già uccidermi! –
- Davvero, non ti avevo visto… guardavo da un’altra parte e… Scusami! – Walter si mise a sedere, inspirando profondamente.
- Meno male che pesi poco, altrimenti… - India stava per scusarsi per l’ennesima volta, poi le venne in mente qualcos’altro.
- Ma scusa… tu che ci facevi spaparanzato sul divano di una casa che non è tua? –
- Casa Cesaroni è anche casa Masetti. – disse lui solennemente. – Ed è anche il covo preferito dei miei per litigare. –
- Pare che ci sia il problema di una casa in Calabria… - azzardò India, pentendosi subito dopo di aver fatto la parte della ficcanaso. Ma Walter non parve infastidito e annuì.
- Mio padre l’ha comprata a rate insieme a un televisore, e non sappiamo che farcene… Ma pare che sia troppo tardi. – disse con indifferenza, come se la faccenda non lo toccasse minimamente.
- Oh. Capisco. – A quel punto, India non sapeva più cosa dire. – Beh… saluto le ragazze e poi scappo. Ciao… e scusa. – Walter sorrise divertito.
- Se non continuerai a scusarti per almeno altri tre giorni di seguito, mi riterrò mortalmente offeso. – India ridacchiò imbarazzata e si allontanò in fretta, in cerca della camera di Eva. Salutò velocemente lei e Veronica, poi corse verso la porta. Lungo il tragitto incrociò Rudi, che la guardava minaccioso, con le braccia incrociate sul petto. India lo guardò come per chiedergli cosa volesse.
- Cerchiamo di intenderci da subito, miss Chicco di Caffè… - iniziò con la sua parlata da adulto. – Ti sarai pure ingraziata mio padre e i miei fratelli, ma se pensi che andremo d’accordo, levatelo dalla testa! –
- Io non pretendo di andare d’accordo con nessuno, perlomeno con nessuno che sembra incapace di scambiare civilmente due parole! – ribatté aspra, poi si affrettò ad uscire. Non capiva perché quel mostriciattolo sembrasse detestarla a quel modo senza un apparente valido motivo.
Beh, se avesse continuato così, l’avrebbe ripagato con la stessa moneta. Non certo spalmandogli della vernice sulla sedia, ma rispondendogli con quel suo stesso tono saccente e aggressivo.
Sorridendo tra sé a quel pensiero, corse a casa: non vedeva l’ora di dire a sua madre che aveva già trovato un lavoro.

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Capitolo 4
*** Amore impossibile ***


New cap!!! Prima di tutto, devo ringraziare, oltre a quelli che leggono questa fic anche senza recensire, due persone in particolare: Temperance_booth, alias my big sister Elisa, che mi sostiene e mi accompagna anche da lontano, ed Egittofona (Valeria), che mi offre la sua amicizia e i suoi commenti!

 

Capitolo 4 – Amore impossibile

 

Laura si dimostrò abbastanza contenta della notizia di India, ma non certo entusiasta.
- E quante volte a settimana dovresti andarci? – s’informò.
- Tre: lunedì, mercoledì e venerdì. Gli altri due giorni ho il corso. Andrò da loro già domani per una prova. Se va tutto bene anche venerdì, mi prendono. – India era raggiante quando dette la notizia a sua madre. Pensava che fosse molto meglio avere a che fare con una famiglia simpatica e più o meno conosciuta, piuttosto che con qualche altro estraneo.
- E quand’è che dovresti studiare, tu? – le chiese sua madre, scettica.
- A casa loro. Non devo mica tenerli occupati, mamma. Devo solo controllare che non combinino qualche guaio. Uno dei due ha tredici anni e… - S’interruppe, pensando a quel terremoto in miniatura che era Rudi. - …e starà certamente per conto suo. L’altro è più piccolo, ma mi ha presa in simpatia e credo che mi lascerà studiare, se glielo chiedo. –
- Non so, India… - sospirò l’altra. – Mi sembra un lavoro fin troppo simile al mio. –
- Non lo è, mamma, sta’ tranquilla. Si tratta solo di studiare a casa di qualcun altro, ecco tutto. –
Alla fine riuscì a convincere sua madre (“Dopotutto, è meglio che ti abitui a qualsiasi situazione”) e si ritirò in camera. Si stese sul letto, certa che sua madre non sarebbe entrata, e cominciò a pensare a tutte le novità che stavano per presentarsi. Cercò invece di non pensare a sua madre, con la quale avrebbe voluto tanto avere un rapporto più stretto e confidenziale. Ma la sua sembrava una speranza vana.
Il giorno successivo, all’uscita della scuola, India si accorse che Marco si era fermato a intrattenere una stretta conversazione con Rachele. Poi erano saliti entrambi nella macchina di lei ed erano partiti verso una destinazione ignota.
Essendosi accorta che India li osservava incuriosita, Veronica le andò vicino.
- E’ quello il motivo per cui dicevo che Rachele è una che attira guai. –
- Sarò stupida, ma non capisco. – ammise India.
- Senti, ti va se vengo con te a casa Cesaroni? Non ho niente da fare… e poi posso raccontarti meglio la storia, dato che Eva non c’è. – concluse, indicando l’amica mentre saliva in sella a un motorino insieme a un’altra ragazza.
- Che c’entra Eva? – Veronica sembrò imbarazzata, ma solo per un attimo.
- Oh, niente… Rachele non le piace e non parla volentieri di lei. –
Le due ragazze sospesero la conversazione durante tutto il tragitto fino a destinazione. India suonò il campanello e fu Rudi ad aprirle. Guardò di sbieco anche Veronica.
- Avevi bisogno di rinforzi, Miss Chicco di Caffè? – A India non dava fastidio quel modo in cui rudi la chiamava, almeno non quanto il tono che usava con lei.
- E’ solo un sostegno psicologico. – rispose superandolo per entrare. In soggiorno trovò Giulio, già pronto per uscire.
- Ciao, India. Ti ho aspettata prima di andare in bottiglieria. –
- Non dovevi disturbarti! –
- Figurati. Volevo solo dirti che poi mi racconterai com’è andata, così ci metteremo d’accordo. Della versione di Rudi non mi fiderò molto, non preoccuparti. – soggiunse ammiccando.
- D’accordo. Buon lavoro! – Giulio salutò le due ragazze e uscì. India guardò Rudi con aria di sfida.
- Hai sentito? Quindi risparmiati la fatica di inventare scuse assurde per mandarmi via! – In quel momento nella stanza irruppe il piccolo Mimmo, che corse incontro a lei e Veronica.
- Ciao Vero. Ciao India! –
- Ciao, piccolo! – lo salutò India chinandosi a dargli un bacio. – Adesso io e Vero ci mettiamo a studiare, ok? Tu stai buono, mi raccomando. – Mimmo annuì con espressione angelica. In realtà non c’era ancora nulla da studiare, ma India voleva sapere di più su Marco e Rachele. Quando i due bambini ebbero lasciato il soggiorno, Veronica guardò India ed esclamò:
- ‘Mazza! Le due facce della personalità umana! Mai vista ‘na metamorfosi così rapida! – India rise appena ed entrambe si accomodarono sul divano (lo stesso dove India aveva quasi soffocato Walter).
- Quel ragazzino mi odia. Eppure, visto il bel regalo di benvenuto che mi ha fatto, avrei dovuto essere io ad aprire le ostilità! Non capisco cosa gli abbia fatto. –
- Credo che detesti sentirsi controllato. – assodò Veronica facendosi meditabonda. India cambiò rapidamente discorso.
- A scuola mi stavi dicendo di Rachele e Marco… - Veronica parve svegliarsi da un sogno.
- Ah, già! Beh, è una cosa che va avanti da un bel po’. –
- Cosa? –
- Ava’, non mi dirai che non l’hai capito? E’ chiaro come il sole! – India si sentì incredibilmente ottusa.
- No, davvero. Non capisco. –
- Stanno insieme! – sbottò Veronica.
- Marco e la prof? –
- E chi sennò, Marco e mia nonna? – India la guardò con tanto d’occhi.
- Cioè, un alunno e un’insegnante? Non ci posso credere! E quant’è che vanno avanti? –
- Più o meno da maggio. Non so cos’abbiano fatto quest’estate, so solo che lui è testardo come un mulo…! –
- In che senso? – Seppure stupita, India si mostrò molto interessata alla vicenda.
- Nel senso che hanno fatto un sacco di tira e molla! Lei è separata dal marito, ma torna da lui un mese sì e uno no. – proseguì l’altra, limandosi distrattamente un’unghia. – Marco è pazzo di lei, ma Rachele continua a dirgli che tra loro non è possibile. Come prof è fantastica, ma quando si tratta di Marco, ha la resistenza di una bambina di cinque anni! –
- Allora vuol dire che anche lei è innamorata di lui. –
- Forse. Non so dirtelo con certezza. Quel che è sicuro è che se gli dice che ha intenzione di torna’ col marito, due giorni dopo Marco se la porta a letto. – India annuì.
- Capisco. –
- Io no. Non capisco che ci trovi lei in Marco. –
- Beh, se una s’innamora… -
- Ah, boh, questi so’ fatti loro. La verità è che lei ha troppa paura d’esse’ buttata fuori dalla scuola. Di certo è impossibile accorgersi che stanno ’nsieme! Ma loro cercano sempre di stare attenti e pare che a scuola non lo sappia nessuno. –
- Avranno avuto qualche problema, immagino… -
- Te pare che con una prof come Stefania la se po’ passa’ liscia? – India provò ad immaginarsi la prof Masetti minacciare Marco di morte prematura se non avesse troncato con Rachele.
- Mi sa di no. –
- E certo che te sa de no! Lei li ha scoperti e stava per fare ‘n macello… Marco le ha giurato che si sarebbe comportato bene, anzi è stata più che altro Rachele… Ma se capisce che quei due non mollano! Lui c’ha pure scritto ‘na canzone… –

“Tu dici che non si può
tra noi due mai
ma non dire mai
perché le regole non sono oracoli
in fondo sai
dietro a quel vicolo
c’è un oceano
respira e vedrai
il nostro non è un mare di guai”

(M. Branciamore, “Amore impossibile”)

India non rispose e pensò a quello che Veronica le aveva appena detto. Ricordando Rachele, la sua giovinezza e il suo fisico da indossatrice, capiva perfettamente perché Marco non volesse mollare. Ma anche lei si chiedeva cosa trovasse Rachele in lui. Fin dal primo momento in cui l’aveva visto, India aveva provato una curiosa antipatia verso di lui. Marco, d’altra parte, non sembrava ricambiare, ma lei era certa che, se fosse stata una professoressa bella e giovane, se proprio avesse voluto mettersi con un alunno, non avrebbe scelto lui.
Come evocato dai suoi pensieri, Marco fece il suo ingresso in casa pochi minuti dopo. Borbottò un “ciao” stentato e sparì su per le scale.
- Ahiahi… - ridacchiò Veronica. – Me sa che stavolta la prof non è stata così indulgente! –
- Magari Stefania ha capito qualcosa. –
- Sta’ sicura che a quella non sfugge mai niente! –
- A parte suo figlio. – ribatté India, non riuscendo a trattenere una risatina.
- Già, a parte suo figlio. Figurati, quello è completamente per conto suo. Pare un po’ suonato, ma non è male come amico. –
- Dovrei conoscerlo meglio per darti ragione, ma sembra simpatico. –
- Avresti dovuto vederlo, quando Marco gli ha raccontato d’esse’ stato a letto co’ Rachele… gli è praticamente saltato in braccio! Forse, se non fosse stato Walter a incoraggiarlo, Marco non se sarebbe messo con Rachele. –
Le due ragazze chiacchierarono un altro po’, poi Veronica la lasciò per tornare a casa. India rimase da sola con Mimmo e Rudi (che stranamente non diede segni di vita, dalla sua camera) per un’altra ora e mezza, dopodiché Giulio tornò dalla bottiglieria e le chiese notizie sull’esito del primo pomeriggio di prova.
- Per un po’ è stata qui Veronica, poi se n’è andata. Rudi e Mimmo li ho visti solo quando sono arrivata, poi sono rimasti in camera loro. –
- Quindi tutto bene? – s’informò, incredulo. E lo fu ancora di più quando la risposta fu affermativa. Così, India tornò anche venerdì. Quel giorno Veronica l’aveva salutata ed era tornata direttamente a casa, così India si preparò a passare qualche ora da sola, in compagnia solo dei suoi libri e dei primi compiti assegnati. Verso le 16;00 qualcuno suonò al campanello. India aprì e si trovò di fronte Walter.
- Oh, ciao India. Non c’è Marco? – chiese lui, sbirciando dentro casa.
- No, Giulio ha detto che torna stasera. – Walter sbuffò sonoramente.
- Quel deficiente! E io gliel’avevo pure detto che passavo, oggi! – Scosse la testa. – Vabbè. Tanto vale che resto cinque minuti. – Entrò dentro, andò in cucina e si servì dal frigorifero come se fosse stato a casa propria. India si rimise al tavolo, pronta a ricominciare a studiare, quando Walter fece il suo ingresso in soggiorno con due bicchieri. – Aranciata. Non ho trovato altro. – disse, porgendo uno dei due bicchieri ad India.
- Grazie. – rispose lei prendendolo tra le mani. Ne sorseggiò un po’. – Ma scusa, che resti a fare? Rudi e Mimmo sono di sopra, e qua ci sono solo io. –
- Al momento, meno sto a casa mia e meglio è. Tanto vale resta’ qui, piuttosto che vagare per strada. –
- Perché? Cos’è successo? – india si chiese se per caso non fosse stata troppo invadente, ma poi si tranquillizzò: in fondo, era stato lui a tirare fuori l’argomento, e comunque Walter non esitò a rispondere.
- Mia mamma sta dando di matto. Mercoledì ha visto Marco andarsene via con Rachele… Ah, non so se tu sai la storia, comunque stanno ‘nsieme. – spiegò in modo molto più conciso di quanto non avesse fatto Veronica.
- Lo so, lo so. Ma non puoi dire a tua madre di stare tranquilla? Prima o poi si convinceranno. E poi è nel loro interesse non dare nell’occhio. – un’ombra di esasperazione attraversò gli occhi di Walter.
- Figurati se m’ascolta! Se la prende tanto perché non vuole disordini, a scuola. E già si sta diffondendo la voce che una prof ha una relazione con un alunno. –
- Si sa che sono loro due? –
- No, niente nomi. – fece lui, pensieroso. – Spero che vada tutto bene. Altrimenti bisognerà sviare i sospetti. –
- In che senso? –
- Se l’amante segreto fossi io, sta’ certa che mia madre non se la prenderebbe così. Tanto, i miei voti fanno talmente schifo che uno scandalo passerebbe inosservato! – disse ridendo. India lo ammirò per questo: al suo posto, non sarebbe riuscita a prenderla a ridere. Tuttavia gli rispose con fermezza:
- Questo non devi dirlo. Il fatto che tua mamma sia severa non implica che abbia poca fiducia in te. E poi, hai tempo per metterti in pari, siamo solo all’inizio. -
- Vedremo. – sospirò. Poi disse: - Vabbè, ora vado. Scusami se t’ho disturbato. – aggiunse, accennando ai libri ancora aperti sul tavolo.
- Figurati. –
- Certo che anche tu però… se già cominci così, a fine anno sarai distrutta! –
- Non ti preoccupare, sono abituata a questi ritmi. – rispose India sorridendo.
- Meglio per te. A domani. – la salutò Walter, avviandosi verso la porta.
- A domani. –

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Capitolo 5
*** La strana coppia ***


Nota per chi ha seguito “I Cesaroni”: quest’episodio non è stato inventato da me, è tratto da una delle puntate della serie. Una delle più divertenti, a mio parere…buona lettura!

Capitolo 5 – La strana coppia

 

La settimana successiva, India fu “assunta” dalla famiglia Cesaroni. Le prime due settimane furono abbastanza tranquille: quando non aveva molto da studiare, dedicava un po’ del suo tempo a Mimmo, che sembrava contentissimo di stare con lei. Rudi non si faceva vedere quasi mai, e quelle rare volte che era costretto a passarle davanti, non la guardava neanche in faccia. In fondo, India era più contenta così. Walter passò di lì un paio di volte, anche se poi si fermava solo per poco. Ogni tanto Marco passava da casa, altre volte vi si faceva trovare all’arrivo di India per poi andarsene qualche minuto dopo. Un giorno rimase a casa tutto il pomeriggio, girellando per le stanze come un’anima in pena.
India aveva il sospetto di conoscere il motivo di quel comportamento: la notizia che a scuola ci fosse un amore clandestino era ormai confermata e di dominio pubblico. Non era stato fatto il nome né di Marco né di Rachele, ma era evidente che almeno qualcuno sapesse benissimo chi fossero i “colpevoli”, e quei qualcuno erano Walter, Rudi, Alice, Eva, Veronica e, naturalmente, la Preside.
India non avrebbe saputo dire se l’angoscia di Marco fosse dovuta all’improvvisa freddezza di Rachele nei suoi confronti (perlomeno in pubblico), o a Stefania che sembrava essersi improvvisamente trasformata in un cane da tartufi: spuntava fuori nei momenti più impensati, ma non aveva mai colto Marco e Rachele in teneri atteggiamenti. Certo, era quasi impossibile: Rachele fuggiva via non appena finite le sue ore e Marco non faceva che starsene seduto al suo banco, imbronciato e taciturno. Ogni tanto si udivano le sonore imprecazioni di Walter, che cercava invano di far resuscitare il suo amico.
- Ma de che te preoccupi? So’ solo chiacchiere! Nessuno sa di voi, e mia madre non po’ fa’ niente, se non vi coglie sul fatto! – l’aveva sentito dire India, un giorno che i due ragazzi si trovavano da soli in classe. Lei stava per aprire la porta ed entrare, ma poi sentì le parole di Walter e fece dietro-front. Non avrebbe voluto origliare, ma neanche che Marco sapesse che anche lei era a conoscenza dell’amore fra lui e Rachele. Certo, negli ultimi giorni non sembrava proprio amore…
- Secondo me, tra poco Walter va da Rachele e la bacia in pubblico, pe’ farla finita! – aveva detto un giorno Veronica.
La sua previsione non fu del tutto sbagliata, ma certamente India non avrebbe mai immaginato che sarebbe andata così vicina a quello che in realtà successe ai primi di ottobre.
Era una fresca e grigia mattinata quando, passeggiando tranquillamente per il corridoio durante la ricreazione, India, Eva e Veronica videro due figure uscire di corsa dall’aula d’informatica: Walter e la professoressa di religione (Benedetta Benedettini, cinquanta e più anni, bassotta e molto casa e Chiesa, come voleva la materia che insegnava).
- La prego, non mi tratti così! – esclamò Walter, inseguendola.
- Walter, ti prego… Lascia perdere… - balbettò lei, come spaventata. Continuarono così per tutto il corridoio, diretti verso il cortile. Veronica sgranò gli occhi e tirò una gomitata sia ad India che ad Eva.
- Ragazze, questa non ce la possiamo perdere! Venite! –
- Ma che ha in mente quello? – borbottava intanto qualche studente. Le tre ragazze raggiunsero di corsa Walter e la prof, fermandosi a distanza di sicurezza. Questo, però, sembrava inutile: i due si erano fermati in cortile, pieno zeppo di ragazzi che avevano formato una piccola folla compatta attorno a quella che sembrava una lotta disperata. Walter tratteneva la prof per i polsi e la supplicava a gran voce.
- La prego, mi ascolti… non sono pazzo! Dicevo sul serio, ero sincero! –
- E’ proprio questo che mi spaventa, Walter… N-non devi neanche pensarlo! –
- Per favore! Provi a capire i miei sentimenti! – Il tono di Walter era decisamente più alto del dovuto, e India ancora non capiva il perché di tutto quello spettacolo. – Io… non faccio che pensare a lei! Non dormo più la notte! Io la amo! – A quelle parole, si levò una debole risata collettiva.
- Walter, ti prego! – lo supplicò lei.
- Sì, la capisco… Non è possibile, non è così? Tutte quelle voci che giravano, e poi il rischio di perdere la sua posizione… Io… cercherò di convincermi! Ma sappia che non dimenticherò facilmente… E quelle voci, erano vere! Erano tutte vere! – Da qualche parte si sentì il click di una macchina fotografica.
Due secondi dopo, dalla folla emerse Stefania, che si scagliò su suo figlio e se lo trascinò via tenendolo per un orecchio.
- Ahiahiahiahia! Mammaaa! -
- Cretino! Sei solo un povero cretino! – sbraitò la donna, con le guance più rosse della giacca che indossava. – Sembri quasi figlio di tuo padre! Ma non la passerai liscia, imbecille! – Gli altri ragazzi li guardarono allontanarsi a passo di carica, un po’ ridendo, un po’ parlottando, un po’ scuotendo la testa.
- Ma guarda te che cosa… - borbottò Veronica, guardando però la prof Benedettini, ancora sotto shock.
Finalmente India capiva il senso di quella sceneggiata: l’aveva capito nel momento in cui Walter aveva detto che le voci erano vere. Stava semplicemente coprendo Marco! E non era andato a cercarsi una donna come Rachele, giovane e affascinante, ma una sempliciotta (e leggermente avanti con l’età) come la Benedettini. E forse stava già covando qualcosa da prima. Non le aveva forse detto che i sospetti andavano sviati in tempo?
- Certo che deve avere un bel coraggio per essere andato a scegliersi una come lei! – commentò divertita Eva, indicando l’insegnante, che sembrava in preda a una silenziosa crisi isterica.
India notò che Marco non disse nulla a Walter, il quale sembrava abbastanza provato dall’intervento di sua madre. Non un cenno, non un ringraziamento. “Forse preferirà ringraziarlo in privato” si disse India, ma non ne era del tutto convinta.
All’uscita non riuscì a trattenersi dall’andare da Walter per parlargli. – Ciao. – lo salutò timidamente.
- Ciao… - rispose lui. Dalla voce, sembrava stanco.
- Sei stato grande, sai? – proseguì India, cercando di scacciare la timidezza. – Davvero, non so dove tu abbia trovato il coraggio di fare una cosa del genere. –
- Per gli amici, questo e altro. –
- Non credo che ci siano molti ragazzi disposti a fare quello che hai fatto tu, per un amico. – riuscì a dirgli con sicurezza. Walter si fermò e la guardò. Finalmente sorrise.
- Grazie, India. Davvero. – Nei suoi occhi c’era un qualcosa di malinconico, che però scomparve quasi subito. – Spero che Marco abbia apprezzato. Finora non ho avuto modo di verificarlo. –
- Non preoccuparti. – fece una voce alle loro spalle. India e Walter si voltarono e videro Marco dietro di loro. Non sorrideva, anzi sembrava scontroso. – Ho apprezzato. –
- Ah. Beh, buono a sapersi. – ribatté Walter con tono scherzoso, battendogli una pacca su una spalla.
- Comunque, non ce n’era nessun bisogno. – Marco non sembrava voler scherzare. Guardava ora Walter, ora India, sebbene quella faccenda, in fondo, non la riguardasse. Cominciò a sentirsi intimidita da quel comportamento.
- Ehm… questo che vorrebbe di’? – gli chiese Walter, chiaramente confuso.
- Che con Rachele è finita. Ho chiuso. – rispose l’altro.
- Aaah, ho capito! T’ha rifilato di nuovo la storia del marito! – esclamò Walter, cercando di apparire spiritoso. – Non te preoccupa’ ché dopodomani, massimo fra tre giorni torna da te in ginocchio, come sempre! – Marco scosse la testa e gli scoccò un’ultima occhiata astiosa.
- No, non ci siamo capiti. – gli disse rabbiosamente. – Ho chiuso. Io, non lei. Le ho detto basta. Tanto sarebbe finita lo stesso. E ti ringrazio per il tuo aiuto, - soggiunse, con il tono di chi non ha nessuna voglia di ringraziare. - …Ma non serviva. Tanto, in qualche giorno, le voci sarebbero finite. – E, dopo aver detto quelle ultime parole cariche di collera, sparì senza lasciar replica. Walter rimase a guardarlo a bocca aperta finché non fu inghiottito dalla folla ammassata nel cortile. India, dal canto suo, non sapeva proprio cosa dire: il comportamento di Marco era assurdo!
- Quello lì è completamente in aria! – esclamò Walter incredulo. – Ma dico, l’hai visto? L’hai sentito? –
- L’ho sentito sì. Ma siamo sicuri che abbia capito davvero cos’hai fatto? –
- A questo punto ne dubito seriamente. – Il ragazzo fece una smorfia. – La prossima volta lo lascio a cuocere nel suo brodo e buona notte ai suonatori! Voglio vede’ come se la cava! –
- Dev’essere stata dura per lui mettere fine alla relazione con Rachele… - commentò India, cercando di non lasciar trasparire la sua antipatia verso Marco. – Gli passerà. –
- Lo spero più per me che per lui, guarda. – La ragazza si strinse nelle spalle.
- Beh… devo tornare a casa. Ci vediamo domani. –
- Già… a domani. – India fece per allontanarsi, ma si fermò dopo pochi passi.
- Walter! – lo chiamò. Lui si voltò a guardarla con espressione interrogativa. – Non preoccuparti per Marco. Ti sei comportato da vero amico e… quando la delusione gli si sarà sbollita, lo riconoscerà anche lui. – Walter le sorrise da lontano.
- Spero che tu abbia ragione. Grazie! – 
Nei giorni successivi, Marco sembrava essersi condannato all’eremitaggio. Ogni volta che India andava a casa Cesaroni, lui era sempre lì che studiava, o strimpellava con la sua chitarra, o rimaneva relegato in camera sua. Non studiavano insieme, nonostante avessero gli stessi compiti da svolgere (ma India dubitava che lui studiasse sul serio, perlomeno quando lei era a casa sua).
A volte, quando lei sedeva sul divano con un libro chiuso davanti, tentando di ricordare e ripetere tra sé quello che aveva appena letto, era distratta da Marco che gironzolava tra soggiorno e cucina, e non riusciva ad andare avanti con lo studio.
- Ma che hai? Perché non ti siedi e stai calmo cinque minuti? – sbottò un pomeriggio, dopo che le era passato davanti per la settima volta. Lui la guardò come se non si fosse neanche reso conto del suo ininterrotto viavai.
- Oh… ecco… - balbettò giocherellando con l’orlo della sua maglietta. – Scusami, sono solo nervoso. – “Questo si era capito” pensò India, ma si limitò a chiedergli:
- Problemi con lo studio? –
- Ehm… Sì, anche. – Sembrò pensarci su per un attimo. – Storia. Non ricordo le date. –
- Ah. Ma non credo che ti verranno in mente scolandoti una bottiglia di Coca Cola e accendendo e spegnendo di continuo la tv… - Marco fece un tentativo di risata.
- Certo. Lo so. Ma quando m’innervosisco non riesco a star fermo. Scusa se ti disturbo. –
- Non fa niente. –
- Vabbè. Allora io… vado in camera mia. Proverò a studiare standomene seduto. – concluse, affrettandosi verso le scale. In cuor suo, India ringraziava il cielo che a Marco non venisse la splendida idea di farsi aiutare da lei nello studio.
Ma poi, quando cercò di riprendere, rinunciò e si mise a pensare a Walter. Ce l’aveva davvero messa tutta per aiutare il suo amico, ma, nei giorni che seguirono, il loro rapporto non diede segni di miglioramento. Walter faceva sempre il simpatico, ma Marco rispondeva a monosillabi. Evidentemente non aveva ancora mostrato segni di riconoscenza verso il suo amico. India si sentiva dispiaciuta per Walter e, allo stesso tempo, incuriosita da lui. Durante i primi giorni di scuola, l’aveva giudicato solo uno squinternato (“Dopotutto, da una madre così che ragazzo poteva venir fuori?” pensava ridendo tra sé). Ma adesso pensava che fosse uno di quei ragazzi che bisogna conoscere davvero a fondo, con cui passare molto tempo, prima di capire davvero dome fosse fatto.
Marco, invece… Beh, se avesse continuato così, di certo India non avrebbe cercato di approfondire la conoscenza!

 E ora, rispondo alle recensioni…
Temperance_Booth: tesò, cosa pensi tu lo so già, come tu sai quanto piacere mi faccia leggere i tuoi commenti!
Egittofona: mia cara, se non riesci a seguire basta chiedere! XD Mi dispiace che tu debba sorbirti anche questi fastidiosi “ingombri” che sono gli altri personaggi, ma non preoccuparti… dal prossimo capitolo la loro presenza sarà meno evidente! ^^
Auryn: evviva, ti sei unita a noi! Mi è piaciuto il tuo commento. Grazie x i complimenti… Per rispondere sia a te che a egittofona, dico che dovrete aspettare un po’ per il romanticismo: prima di farvi venire la carie, dovete mangiare un po’ di caramelle XD Ma vedrai che i colpi di scena non mancano!
Baci e grazie anche a chi legge senza recensire ^^

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Capitolo 6
*** Una prof per Walter ***


Capitolo 6 – Una prof per Walter

- Se fa così un’altra volta, giuro che questo libro glielo tiro in testa! – esordì Eva, entrando nella classe ancora semivuota e agitando un grosso volume di poesia.
- Oddio, chi è la vittima? – le chiese India ridendo. Ma Eva non sembrava in vena di scherzare.
- Il fantasma che solitamente occupa quel banco! – sbottò, indicando il posto vuoto di Marco.
- Beh, è solo assente… Magari domani torna. E poi tu lo saprai, perché non è venuto… sei sua sorella. –
- Sorellastra. – la corresse Eva. – Fortunatamente, aggiungerei, perché mi rifiuto di dichiararmi parte della stessa famiglia di quel… - Sospirò. – Non riesco a trovare la parola adatta. –
- Allora, qual è il problema? –
- Ah, questo chiedilo a lui! Non… non lo riconosco più! Ieri sono entrata nella sua stanza solo per riprendermi un libro che c’avevo lasciato, e mi ha quasi buttata fuori a calci! – India sorrise.
- Ma dài, non è da lui. –
- Beh, non proprio a calci. Ma hai presente quel suo modo di dirti una cosa che non gli va bene? Ecco. Evidentemente da un po’ di giorni la mia presenza gli dà fastidio! – India rimase stupita da quello sfogo: dalla collera di Eva, aveva immaginato qualcosa di molto peggio.
- Dài, non fare così. E’ solo giù per via di Rachele. – La sua affermazione non tranquillizzò Eva, anzi parve sortire su di lei l’effetto contrario.
- Quella! – Sbuffò e depositò lo zaino ai piedi del suo banco, davanti a quello di India e Veronica, la quale, quel giorno, era assente. – Quella lo porterà alla pazzia, prima o poi. –
- Ma è finita. Hanno chiuso. L’ha detto lui stesso. –
- Beh, non credergli! Sarà la dodicesima volta in due mesi, che lo dice. E poi si sa come finisce. – Si lasciò cadere sulla sedia.
- Capisco che tu sia preoccupata per lui, ma… -
- Non è solo questo! – sbottò Eva, ma non aggiunse altro perché in quel momento suonò la campana e la terza G si riempì dei suoi alunni. Alla fine comparve Walter che, prima di entrare, sembrò perlustrare tutta la classe, poi si avviò verso il banco di India e sedette al posto di Veronica.
- Buongiorno. A cosa devo questo onore? – gli chiese lei, mentre la prof di religione entrava in classe.
- Ho bisogno di sostegno morale. – borbottò lui.
- Non mi dirai che hai paura di lei! – esclamò India facendo un cenno con la testa verso la Benedettini. – Ormai si sarà pure dimenticata di quello che è successo! –
- Di questo non ne sarei così sicuro, ad ogni modo non è quello il problema. – rispose Walter, sembrando parecchio abbacchiato. Per l’intera durata dell’ora, l’insegnante non osò nemmeno guardare nella sua direzione, così lui poté spiegare ad India: - Ho avuto una discussione con mia madre. –
- Sempre per…? – fece per chiedergli, ma lui la interruppe.
- Ma no, no, dimenticatela! Non era per la Benedettini… era per me. –
- Per te? – Walter annuì tristemente.
- Quei tre compiti in classe che abbiamo fatto… matematica, lettere e inglese… - Non aggiunse altro, ma la sua espressione era inequivocabile.
- Oh… capisco… -
- Eh, capisci… Ancora non hai visto niente… Ora vedrai… - Infatti, dopo religione, avrebbero avuto due ore con la prof Masetti. Già al suo arrivo India capì che non era esattamente di buon umore. Non aveva neanche messo piede in aula, che strillò:
- MASETTI! Torna immediatamente al tuo posto o non mi limiterò più alle minacce! –
Walter raccolse le sue cose con aria rassegnata e, quando India gli scoccò un’occhiata interrogativa, le sussurrò in risposta:
- Ti spiego all’uscita… Di certo alla ricreazione vorrà continuare il discorso! – E tornò al suo posto abbastanza in fretta da risparmiarsi ulteriori rimbrotti. Effettivamente, Stefania sembrava avercela con lui in modo feroce, ma India non riusciva a credere che ciò fosse dovuto solo a qualche brutto voto. Certo che Stefania sembrava anche troppo severa con Walter. Ma chissà che quello non fosse solo il suo modo di smuoverlo.
Ad ogni modo, alla ricreazione non ci fu nessun discorso, come aveva invece temuto Walter. Ma lui aspettò comunque la fine dell’ultima ora per spiegarsi meglio. Veronica era di nuovo assente, mentre Eva e Marco si erano già incamminati verso casa.
- Mia madre insegna nella nostra classe fin dal primo anno. – disse a India mentre uscivano dalla classe. – Quindi sa come sono combinato a voti. Ma dice che quest’anno, se continuo così… beh, non è detto neanche che venga ammesso alla maturità. –
- Mi dispiace… Ma forse tua madre è solo troppo esigente, da quel punto di vista. L’importante non è che tu abbia il massimo dei voti, ma almeno che riesca a passare l’esame senza difficoltà, non credi? –
- Eh, lei no, non crede. –
- Ha già in mente qualcosa per te, per quando avrai finito gli studi? – gli chiese poi India.
- Mio padre è meccanico… anche se non sta quasi mai a lavoro… Mi vorrebbe in officina con lui, ma so benissimo che è solo per mollarmi lì e svignarsela alla bottiglieria di Giulio e suo fratello. Almeno finché non trovo una posizione fissa. Mia madre… beh, lei non si fa nessuna aspettativa. – Sospirò. – Ma mi ci vedi, a me, a lavorare come meccanico? – esclamò, esasperato. India lo squadrò da capo a piedi con finta aria critica e rise.
- Non credo. – Poi, improvvisamente, le balenò alla mente un’idea. Non sapeva come avesse potuto pensarci, ma non poté trattenersi. – Walter, tu ci tieni davvero ad avere buoni risultati, alla fine? –
- Di certo non vorrei ammuffi’ in ‘sta scuola, e mia mamma senza diploma mi blocca qua fino ai trent’anni. Direi di sì… - concluse.
- Stavo pensando… se vuoi, potrei darti una mano. – Walter la guardò come se non avesse capito. India proseguì: - Quando sono a casa di Giulio, puoi venire lì… e ti aiuterei a sistemare un po’ la tua situazione, sempre se ti va. A me non costerebbe niente… - Walter si fermò a due passi dal portone della scuola, nell’atrio.
- Ma… sei sicura? –
- Se te l’ho detto… -
- Io… beh, non so… Si può provare. Ma con mia madre come la mettiamo? Quella si sarà già fatta i conti per relegarmi in casa per i prossimi due mesi… - India alzò le spalle.
- Le diciamo la verità. – rispose semplicemente. – Le dici che vuoi rimettere in sesto i tuoi voti finché sei in tempo. – Walter la guardò con scetticismo.
- Penserà che sia una scusa per cazzeggiare con Marco. Non mi crederà mai. –
- Allora glielo dico io. Dài, andiamo a recuperarla. – Stefania aspettava al cancello, mentre gli ultimi studenti uscivano di corsa. Appena scorse Walter gli fece segno di seguirla, ma India le si avvicinò di corsa.
- Professoressa… - cominciò, ma poi si guardò intorno e vide che non era rimasto praticamente nessuno. Così si corresse: - Stefania… devo chiederti una cosa. –
- Dimmi, India. – acconsentì l’altra, senza l’ombra del tono autoritario che usava con suo figlio.
- Io e Walter avremmo pensato… ehm… sai che io vado dai Cesaroni tre volte a settimana, no? Ecco, pensavamo che potremmo studiare insieme, almeno un paio di volte… Potrei dargli una mano con qualche materia… Tu saresti d’accordo? –
- Tu e Walter? Sei stata tu a pensarci, vero? – Stefania si fece sospettosa.
- No, anzi, è stato lui ad avere l’idea. – mentì spudoratamente India. – Ci tiene molto a portarsi avanti. – Walter, da dietro le spalle di sua madre, stava chiaramente trattenendo una risata.
- Mm… -
- Mamma, si può almeno provare. – intervenne lui a quel punto. – Se non combiniamo niente, lasciamo perdere e pace fatta. Ma almeno provare… - La guardò con occhi angelici. Stefania scosse la testa sospirando e si rivolse ad India.
- Se ci riesci, ti cedo direttamente la mia cattedra. Buona fortuna. – Quando si girò per andarsene, India avrebbe giurato di aver visto un sorriso farsi strada sulle labbra della professoressa.
Walter si piegò in un inchino esagerato.
- I miei rispetti! –
- Ma va’, alzati, stupido! – ridacchiò la ragazza, nuovamente imbarazzata.
- No, davvero! Ma che incantesimo le hai fatto? –
- Dolcezza, fermezza, carisma… - elencò lei. Poi si fermò un attimo e schioccò le dita. – Ah, già! …e modestia. – Walter le scompigliò scherzosamente i capelli.
- Mi sa che devo ancora imparare a conoscerti. –
- Intanto cominciamo a muoverci, che sono già in ritardo. Poi avrai tutto il tempo che vorrai per scoprire le mie qualità nascoste. –
I due s’incamminarono verso casa Cesaroni, parlando del più e del meno durante la strada. Appena arrivati, suonarono il campanello. Meno di tre secondi dopo, la porta si aprì e spuntò Marco, come se fosse stato seduto sul gradino dell’ingresso, aspettando l’arrivo di India. Fece per salutare, ma poi vide Walter e diede un piccolo colpo di tosse.
- Beh, io… stavo per andarmene. Ci vediamo. – disse velocemente, poi si infilò il giubbotto ed uscì in fretta e furia. India sospirò pesantemente e scosse la testa.
- Io rinuncio a capirlo. – Walter rincarò la dose:
- Se penso a lui, mi rendo conto che prendere un 8 sarà una bazzecola, in confronto. –

Tre ore dopo, un esausto Walter giaceva con la testa appoggiata su una pila di libri.
- Dimmi che abbiamo finito, ti prego… - biascicò.
- Mmm… Vediamo un po’… Pare proprio di sì! – Alle parole di India, Walter alzò debolmente la testa e fece il segno di vittoria con le dita, senza dire una parola. – Ma dài, non fare così! – lo rimproverò scherzosamente India, non potendosi trattenere dal ridere fragorosamente. – Siamo solo all’inizio! –
- Ecco una delle frasi che odio di più… - India si finse offesa.
- Non vorrai insinuare che io non sia una brava professoressa! –
- Oh, certo che no! – esclamò Walter. – Sei fin troppo brava, ecco il guaio! Ma te che vuoi fa’ da grande, l’aguzzina? – India gli tirò uno scappellotto sulla nuca.
- Riparliamone quando escono le schede del primo quadrimestre! – Cominciò a mettere a posto libri e quaderni. – Allora, cosa dirai adesso a tua madre? –
- Che tanto vale che ti ceda davvero la cattedra… -
- Dài, sii serio! –
- Serio? Che vuol dire? – India scosse penosamente la testa.
- Sei un caso disperato. – Walter rise e raccolse i suoi libri.
- Va beeene… Direi che come prof saresti perfetta. Dovrei essere matto per scordarmi tutta la roba che mi hai ficcato in testa oggi. –
- Walter, erano quattro paginette… -
- E ti pare poco? Comunque, a parte lo scherzo… - Finse di fare uno sforzo immenso per essere serio. – Sei stata brava. E poi, con quegli occhiali, sembri una vera professoressa! –
- Che ci posso fare? Almeno per leggere, devo usarli per forza. E comunque dovrei essere io a giudicare il tuo lavoro, non credi? –
- Ok, ti ascolto! –
- Eh no, caro. Mi ci vorranno ancora un paio di lezioni. Sempre che tu voglia continuare… - India ringraziò il cielo per averle donato quel suo colorito, altrimenti sarebbe arrossita almeno cinque volte per ogni conversazione. Le piaceva il modo di fare di Walter, la metteva a suo agio, ma… India era sempre India, e nessun Walter Masetti sarebbe riuscito a cambiare la sua natura.
- Ma sì, mi sottoporrò a qualche altra ora di tortura. – concluse. India sospirò sorridendo. – No, dài, scherzo. Grazie per il tuo aiuto. Non capisco dove tu abbia pescato quest’idea folle, ma… forse mi piace proprio perché è folle. –
Quando Walter l’ebbe salutata e tornò a casa, India si sentì sicura di aver fatto la scelta giusta. Non capiva perché l’idea di fare la stessa cosa con Marco le facesse venire un curioso senso di soffocamento. Quello di cui era sicura era il fatto di essersi sbagliata sul fatto di non voler stringere amicizie con nessuno, a priori. Di certo uno come Water bastava a farle mettere in discussione quel suo principio.

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Capitolo 7
*** Stranezze ***


Capitolo 7 – Stranezze

 
Walter tornò a casa Cesaroni con India altre due volte, ma la volta successiva non venne a scuola, ed India si preparò a un pomeriggio di studio solitario.
Invece, quando uscì da scuola, Marco le andò accanto.
- Oggi resto a casa, visto che abbiamo un mare di compiti. –
- Ah, d’accordo. –
Eva, all’altro lato del cortile, li guardava allontanarsi. India si chiese perché non tornasse a casa anche lei, ma ben presto se ne dimenticò.
Arrivati a casa, Marco si sistemò sul tavolo della cucina e tirò fuori i suoi libri mentre India, contenta di non dover studiare assieme a lui, si accomodò sul divano del soggiorno, come ormai era solita fare. Una testolina arruffata si sporse dal corridoio.
- Ciao India! –
- Oh, ciao, Mimmo. – Mimmo saltò sul divano accanto ad India e lei gli diede un bacio su una guancia.
- Che fai? –
- Studio, piccolo… -
- Ma perché a scuola vi danno così tanti compiti? Stai sempre a studiare… - disse con una punta di delusione nella voce. India gli sorrise: cominciava ad adorare quel bambino così dolce.
- Secca anche a me, sai? – Rimuginò qualcosa per qualche secondo. – Sai cosa possiamo fare? Puoi stare qui con me e aiutarmi. Ti andrebbe? – Sulle labbra si Mimmo spuntò un enorme sorriso.
- Sì! Cosa devo fare? – India tirò fuori dallo zaino il libro di storia, lo aprì alla pagina segnata con una piega nell’angolo in alto a destra e lo porse a Mimmo.
- Allora… Ora io ti dirò più o meno quello che c’è scritto qui. Non lo ripeterò a memoria, però. Tu devi solo controllare che quello che dico sia lo stesso di quello che c’è scritto lì, ok? Non con le stesse parole, magari. Basta che il significato sia quello. – Il bambino scrutò le pagine che India gli indicava.
- E se non capisco qualche parola? –
- Non fa niente. Te l’ho detto, l’importante è che le mie parole siano simili a quelle scritte sul libro. Tutto chiaro, capitano? – Mimmo annuì energicamente.
- Chiarissimo! –
India iniziò a ripetere la sua lezione quando, pochi minuti dopo, in soggiorno comparve Rudi. Prima fulminò entrambi con lo sguardo, poi guardò India e sembrò trattenere un sorriso, come se avesse in mente qualcosa. “Eccoci qui” pensò, sconsolata. “Fra meno di tre giorni avrò un’altra bella macchia sul sedere.” Sospirò. Perché quel ragazzino la odiava così?
- India? – fece la vocetta di Mimmo. – Ti sei bloccata. –
- Oh? Ah sì, scusami. Riprendiamo. Dove eravamo rimasti? –
Mezz’ora dopo propose a Mimmo di andare a giocare.
- Non ti sei stufato di sentire un mucchio di cose che non t’interessano? – Mimmo fece spallucce.
- Anche Marco, quando non riesce a imparare qualcosa, la ripete ad alta voce. Ma lui confonde tutte le frasi e io non capisco niente. E poi mi piace stare con te. – India gli sorrise.
- Sei sicuro? – Il bambino fece segno di sì con la testa. – E va bene. Continuiamo. –
Rimasero così per un’altra ora circa, poi India si dedicò a una versione di latino. Pochi minuti dopo, Marco fece il suo ingresso in soggiorno, schiarendosi la voce per annunciare la sua presenza.
- Ehm… India? – La ragazza si tolse gli occhiali e alzò la testa dal libro.
- Sì? –
- Stai facendo la traduzione? –
- L’ho iniziata adesso. –
- Ecco… potresti darmi una mano? Non vorrei inaugurare il registro con un due… - India dimenticò le sue ostilità: alla fine, se aiutava Walter, perché non avrebbe dovuto farlo con Marco? In fondo sarebbe stato scorretto. Così si spostò più a lato del divano e fece segno a Marco di sedersi accanto a lei.
- Vediamo che riusciamo a combinare. – Marco sorrise e prese posto sui cuscini.
- Grazie, ti adoro. – India simulò un colpo di tosse per fingere di non aver sentito quelle ultime due parole.
- Allora, cominciamo. –
Un’ora e mezza dopo avevano terminato entrambi: India trascriveva la brutta copia e Marco rileggeva la traduzione. Alla fine sorrise trionfante.
- Cavolo, dev’essere la prima volta da due anni che faccio una versione completa. Grazie mille, India! –
- Figurati, ti ho solo indicato la strada da seguire. Hai fatto quasi tutto da solo. – gli rispose lei, chiedendosi se per caso non avesse esagerato nel suo giudizio. In fondo non era poi così sgradevole, quando non aveva la luna storta. Magari la delusione per Rachele era stata superata.
Mentre pensava ciò, la porta di casa si aprì e nell’atrio comparve Eva. Si sfilò il giubbotto, posò la borsa ed entrò in soggiorno, esibendo un sorriso che ad India parve leggermente forzato.
- Ciao! Stavate... studiando, vero? –
- Sì, India mi ha dato una mano. – le rispose prontamente Marco.
- Capisco. Beh, io… devo andare in camera mia. Ciao India. – disse frettolosamente. Prima di salire le scale, parve controllare qualcosa, ma poi si voltò e sparì. India guardò l’orologio.
- Va bene, io vado, visto che in casa ci siete tu ed Eva, adesso. E poi sono in ritardo. – Si alzò, rimise le sue cose nello zaino e sorrise a Marco. – Ciao, Marco, ci vediamo a scuola. –
- Ciao… E grazie ancora. – fu la sua risposta.
- Me l’avrai detto almeno altre venti volte! Mi basta sapere che sono servita a qualcosa. – Si avviò verso la porta e lo salutò con la mano. – A domani! –
Quel venerdì, India constatò tristemente che, in quanto a Rudi, aveva avuto ragione. Non seppe come né perché, ma alla fine delle cinque ore, uscendo di corsa, gli passò accanto e ruzzolò a terra. Che fosse stato uno sgambetto o qualsiasi altra cosa, non le importava, perché adesso era coperta di terra e polvere da capo a piedi. Respirò profondamente un paio di volte per costringersi a non saltare al collo di Rudi, e quando fu raggiunta da Marco, il ragazzino era già lontano.
- Ehi, che hai fatto? – esclamò lui, trattenendo chiaramente le risate.
- Niente, ma sai com’è… Tuo fratello mi adora. –
- Oh, ancora lui… -
- Senti, andando a casa tua, non è che potrei farmi una doccia? Per i vestiti pazienza, ma almeno mi do una ripulita… - Marco la guardò in silenzio per qualche secondo, come se fosse stupito, poi si affrettò a rispondere:
- Sì, sì, certo! Ma… vabbè, tanto anch’io vengo a casa. –
India era troppo occupata a sottrarsi agli sguardi divertiti degli altri ragazzi per chiedere a Marco cosa venisse a fare lei a casa sua, se lui era sempre, costantemente lì con lei. Non riusciva a stare dietro ai suoi fratelli? Ad ogni modo, appena arrivati a casa, Marco le disse:
- Il bagno è di sopra. Puoi… puoi usare l’accappatoio di Eva. –
- Grazie. – India salì di sopra ed entrò nel bagno. Posò i suoi vestiti nello zaino e lo mise fuori, davanti alla porta, perché nel bagno non c’era molto spazio. Poi s’infilò sotto la doccia, sospirando di sollievo sotto il getto dell’acqua tiepida. Quando ne uscì strizzandosi i capelli tra le mani, si guardò intorno ma non trovò nessun accappatoio, e rimediò avvolgendosi un asciugamano intorno al corpo. Aprì la porta per prendere i suoi vestiti dallo zaino, ma non lo trovò. Le venne naturale pensare a un altro scherzo di Rudi.
- Ehm… Marco? – chiamò. Sentì dei passi su per la scale, e Marco le comparve davanti poco dopo. India sperò che l’asciugamano non fosse troppo corto.
- Sì? –
- Il mio zaino… sai dov’è? Ci avevo messo dentro i miei vestiti… -
- Ah, credevo che non ti servisse e l’ho portato di sotto. Scusami, vado a prendertelo. – India annuì e aspettò sulla soglia del bagno, finché Marco non tornò con il suo zaino. Glielo porse.
- Grazie, Marco. Mi vesto e vengo di sotto. –
- Sì… - Il ragazzo rimase fermo dov’era, come imbambolato, con lo zaino di India ancora tra le mani. Lei si affrettò a riprenderselo, piuttosto imbarazzata.
- Ehm… grazie. Puoi… puoi aspettarmi di sotto! – balbettò, come a intimargli di sparire.
- Oh, sì, certo. Vado… - Senza aspettare che se ne andasse, India chiuse di scatto la porta. Mentre tirava fuori i suoi indumenti dallo zaino, sentì distintamente Rudi dire:
- Si chiama “femmina”, Marco. Mai vista una? -

Quando Walter tornò a scuola, lui e India ricominciarono con le ripetizioni. I suoi voti non mostravano ancora molti miglioramenti, ma Stefania sembrava decisamente più tranquilla. Questo probabilmente perché India continuò a ottenere risultati molto soddisfacenti… forse più per Stefania, che per sé stessa!
- Almeno so che Walter è in buone mani… - disse ad India verso metà ottobre.
- E tu che ne dici, pensi di essere in buone mani? – chiese lei, subito dopo, a Walter.
- Mmm… Ma sì, dài, te lo concedo. Mi stai praticamente massacrando, ma se riesci a convincermi che lo fai per il mio bene, potrei arrivare a perdonarti! – E giù a ridere.
Le lezioni erano quasi un divertimento. Ogni tanto sospendevano per mangiare qualcosa, o per stare un po’ con Mimmo, o per chiacchierare del più e del meno.
- Pare che Rudi ti abbia preso particolarmente in simpatia! – le disse un giorno Walter, quando ebbero finito di studiare.
- Oh, sì, moltissimo! Mi adora! – ironizzò India. – Non so cos’abbia fatto per meritarmi il suo amore! –
- Quel ragazzino è un mito… Io e lui siamo praticamente uguali! –
- Con la differenza che tu non fai di tutto per buttarmi a faccia in giù nel fango… -
- Beh, dài, lui è fatto così. Non credo che ce l’abbia davvero con te… Sarà che sei piuttosto a portata di mano, venendo qui tre volte a settimana… - commentò Walter stiracchiandosi.
- E non può prendersela con Marco, che è sempre qui, tutto per lui? –
- Nah. Marco a volte è da diabete. Non dà soddisfazione. –
- Mi chiedo come facciate a essere amici, voi due, che siete l’uno l’opposto dell’altro. –
- Beh, forse non per tutto. – India capì che Walter si riferiva a qualcosa in particolare, ma, sebbene fosse curiosa di sapere cosa intendesse, non gli chiese nulla in proposito.
- Praticamente, nella famiglia Cesaroni, piaccio solo a Mimmo… - disse tristemente India.
- Ma nooo… Piaci anche a Giulio! –
- Da cosa lo deduci? – gi chiese, non esattamente entusiasta.
- Secondo me, lui ti vede già come potenziale fidanzata in casa di Marco. – India spalancò gli occhi.
- Spero che ti sbagli… E poi, non può trovarsele lui, le ragazze? -
- Fidati. Lo conosco. – Walter sembrava sinceramente divertito.
- Vabbè, parliamo di cose serie. Tu e Marco… insomma, come va? – Walter alzò le spalle.
- Sembra che sia tornato normale. Probabilmente avevi ragione tu. Certo però che… non so, c’è sempre un qualcosa… Come se nascondesse qualcosa. Non è mai stato logorroico, ma adesso sembra che gli abbiano tagliato la lingua! – Sospirò. – Almeno non mi tiene più il muso! –
In effetti, Walter aveva ragione: Marco appariva vigile, teso. E poi, per un motivo qualsiasi, era sempre a casa. Sia che Walter venisse a studiare con India, sia che non ci fosse. India continuava a chiedersi cosa ci stesse a fare lì, se Marco non si assentava mai. Effettivamente Giulio mostrava di avere molta fiducia in lei, e così anche Lucia, sebbene si fossero viste solo poche volte. Era soprattutto per quel motivo che India era restia a parlare di licenziamento: se i Cesaroni le avevano dato la loro fiducia, perché piantarli in asso, dopo un solo mese di lavoro?
E poi, India era troppo presa dal corso d’arte per preoccuparsi anche di quello. Procedeva a meraviglia, seppur con ritmi massacranti. Ma a India piaceva così, e non perdeva una lezione.
Aveva stretto una bella amicizia con Veronica, ma… Anche Eva sembrava strana. Il giorno prima rideva e scherzava, quello dopo appariva guardinga. Sembrava tenere Marco sotto controllo. India capiva che gli volesse bene e fosse preoccupata per lui, ma la storia di Rachele, ormai, era solo un ricordo. Lei e Marco non si scambiavano più uno sguardo, se non quando lei lo interrogava, il che avveniva raramente perché Rachele, più che interrogare, chiedeva agli alunni di interpretare a modo proprio la poesia appena letta.
Che i membri di casa Cesaroni fossero stati colpiti da un virus? Fortunatamente, pensava India, non c’erano solo loro. C’era Veronica, c’era Walter. Soprattutto lui. India cominciava a sentirsi veramente a proprio agio con lui. E Walter, dal canto suo, sembrava aver superato lo “shock da studio intensivo”, come lo chiamava lui. Erano proprio quelli ad alleggerire i pomeriggi a casa Cesaroni.

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Capitolo 8
*** Scuola, corso, lavoro ***


Capitolo 8 – Scuola, corso, lavoro…

 
- Marco, davvero, non c’è bisogno… -
- Ma no, dài, almeno siamo in due! –
- Ma lascia perdere! Se voglio portarmi avanti non è necessario che lo faccia anche tu! – Marco non sembrava voler desistere. Lui e India avevano appena finito di studiare, e lei aveva pensato di togliersi davanti anche i compiti assegnati per due giorni dopo. Non capiva perché Marco volesse per forza fare come lei, dopo averle detto esattamente dieci minuti prima di non poterne più di libri.
- Che c’è di male? Così domani sono libero. – “Non potresti liberarti per quando io sono qui, eh?” avrebbe voluto chiedergli India. Ma per educazione disse solo:
- Senti, fa’ come ti pare. Io però adesso ho bisogno di concentrarmi. Ti dispiace se continuo da sola? – Marco sembrò deluso.
- No… certo, va bene… Allora, non fa niente. Continuo domani. –
Ormai Marco era una presenza costante e questo, a India, cominciava a pesare. In cuor suo, però, si dava dell’egoista: possibile che Walter non le facesse pesare i pomeriggi di studio insieme? In fondo Marco non le aveva mica fatto niente di male. Ma continuava ad essere convinta che la propria presenza in casa Cesaroni fosse ormai inutile. Quando c’era Marco, e cioè ogni martedì, giovedì e venerdì, persino Rudi la lasciava in pace.
Alla fine si decise ad affrontare l’argomento con qualcuno. Non osò parlarne con Lucia: la conosceva così poco! E Giulio aveva una fiducia incondizionata in lei, le sembrava troppo scortese dirlo a lui. Eva… beh, Eva era praticamente sua amica, ormai, anche se non come Veronica. Ma India aveva il vago sospetto che parlarne con lei sarebbe stato pressoché inutile. “Chiedi a Giulio” le avrebbe detto.
Allora non restavano alternative: doveva esporre la propria idea al diretto interessato.
Affrontò l’argomento in un piovoso pomeriggio di fine ottobre. Marco sedeva sul divano e sfogliava una rivista di musica. Non c’era nulla da studiare per il giorno dopo, e India aveva passato due ore tra le finestra e il divano, come un’anima in pena.
- Marco? Posso parlarti? – gli chiese. Lui alzò gli occhi dalla rivista.
- Certo… Dimmi. – India andò a sedersi accanto a lui sul divano. Si sentiva imbarazzata, ma doveva tirar fuori quel discorso, prima o poi.
- Ecco, io volevo dirti… ultimamente, quando sono venuta qui… Beh, io mi trovo benissimo e lo sai… -
- Ma…? – Marco capì che c’era qualcosa che non andava.
- Ma tu sei sempre a casa, e io… io sono praticamente inutile. Tuo padre mi ha offerto questo lavoro perché io non lasciassi soli Mimmo e Rudi, ma se tu sei sempre qui… a cosa serve la mia presenza? –
- Non è che ti do fastidio? – indagò lui, trattenendo a stento un sorriso.
- No! No, assolutamente. Ma io non… insomma, mi sembra di rubare soldi a tuo padre. Io vengo qui, lui mi paga, ma ormai sembra che non ce ne sia più bisogno! –
- Ma che dici? Tu devi continuare a venire! –
- A che scopo? –
- Beh… il fatto che io stia a casa, non vuol dire… Insomma, io ho sempre un po’ la testa tra le nuvole penso ai fatti miei e… Non è che proprio io badi ai miei fratelli… - Dal suo tono, sembravano tutte scuse.
- Ma neanch’io! Sto qui a studiare, solo e unicamente per non lasciarli soli. Ma non faccio altro… -
- Togliti dalla testa il fatto dei soldi. Non stai rubando a nessuno. – replicò Marco, risoluto. – Qui c’è bisogno di te. Non vorrai mica licenziarti? –
- Beh, l’idea era quella… -
- E se ti dico che non puoi farlo? – Marco le sorrise. India si sentì in parte rassicurata e in parte ancora poco convinta.
- In tal caso… immagino che dovrò restare. –
- Appunto. – India alzò le spalle e sorrise a sua volta.
- Va bene, va bene. Resto. Però mi sembrava scorretto non dire niente… -
- No, no, hai fatto bene. – Marco le sfiorò la guancia con una mano, e India si ritrasse leggermente.
- Ok, allora… - mormorò, impacciata. – Io… beh, credo che tornerò a casa. –
- Ma sta diluviando! – La ragazza lanciò un’occhiata alla finestra. Cavolo.
- Vabbè. Allora aspetterò che smetta… -

 Il giorno dopo, India ne parlò prima con Walter, poi con Veronica.
- Povero Marcolino, a senti’ te lui sarebbe mentalmente infermo! –
- Ava’, Walter, tu fai sempre tutto a modo tuo. Non ho detto questo! Dico solo che me lo trovo un po’… appiccicoso, ecco. –
- Che fa il Califano in miniatura, allunga le mani? –
- Uffaaa… Allora sono io che ho il dono di non farmi capire! –
- E che vuoi, io interpreto quello che sento… -
- Beh, non volare troppo con la fantasia. Intendevo dire che mi scoccia un po’ il fatto che lui stia sempre lì, quando sono a casa sua… -
- E beh, è pur sempre casa sua… -
Incredibile. Semplicemente incredibile. Come faceva Walter a recitare sempre la parte del clown?
- Sai, a volte fai nascere in me un istinto omicida che non credevo di possedere… - sospirò India. Walter si riparò scherzosamente con un grosso volume.
- Aiuto! India, la Selvaggia Furia de Roma, è pronta a colpire la sua prossima vittima! –
- Sì, e mi sa che la colpirò molto forte! – esclamò lei, ridendo e fingendo di picchiarlo con il libro di matematica.
La conversazione con Veronica fu almeno un po’ più seria.
- Sì, mi rendo conto che piomba’ all’improvviso nel bel mezzo della famiglia Cesaroni sia un trauma, ma pensavo che avresti resistito un po’ più de trenta giorni! – India scosse la testa.
- Non era quello, il motivo! Soltanto, non capisco cosa ci stia a fare, io, in quella casa. –
- Ah, se non lo sai te… -
- …tanto Marco è sempre là a vigilare. E’ come se mi controllasse. –
- Forse vuole solo assicurarsi che Rudi non ti faccia volare via da una finestra… -
- Veronica! – gemette India.
- D’accordo, d’accordo… -
Ad ogni modo, chissà come mai, per due volte di seguito India si ritrovò sola a casa Cesaroni. Solo a un certo punto, verso le 17;00, si aprì la porta e all’ingresso comparve Eva. Allungò il collo in soggiorno, dove India chiacchierava con Mimmo, seduta sul tappeto.
- Ciao! Siete soli? – chiese.
- No, c’è anche Rudi di sopra. – rispose prontamente il bambino.
- E… Marco non è qui? –
- No… oggi non è tornato a casa. – le disse India.
- Ah. Ho capito… - Riprese la borsa che aveva poggiato per terra solo pochi attimi prima. – Allora ciao! – E sparì così com’era apparsa. India guardò Mimmo.
- Tu che fai parte della famiglia… secondo te cosa sta succedendo? –
- Non lo so. Ma da quando sei arrivata, tutti sembrano un po’ matti. – India sospirò scoraggiata.
- Ecco, lo sapevo… -
- Ma io non dicevo in senso brutto! Per esempio, quando sono con Marco, lui è sempre allegro… canta in continuazione! – Mimmo si avvicinò a lei e l’abbracciò. – E poi io ti voglio bene, con te mi diverto. – India lo strinse tra le braccia e gli posò un bacio sui capelli.
- Ah, Mimmo… meno male che ci sei tu! –

 - Come procede il lavoro dai De Cesare? –
- Cesaroni, mamma… -
- Oh, vabbè, è quasi uguale… Allora? Come ti vanno le cose? –
- Nel complesso direi bene, mamma. – La madre di India annuì. La ragazza rimase ferma dov’era, sperando che il dialogo continuasse. Si sentiva stanca e di malumore, quel giorno, e la domanda iniziale di sua madre le aveva quasi messo allegria. “Ora parlerò un po’ con lei” pensò. Ma non fu così.
- Non mi chiedi nient’altro? – Laura si voltò a guardarla.
- Cosa dovrei chiederti? –
- Mamma, io non ho solo il lavoro dai Cesaroni. C’è la scuola, c’è il corso, c’è lo studio, ci sono le persone che conosco. Siamo quasi a novembre. Davvero non t’importa di tutto questo? – La voce di India si incrinò. Sua madre assunse un’espressione spazientita.
- Certo che m’importa, India, cosa vai a pensare? –
- T’importa, ma non mi chiedi niente! –
- Ti ho chiesto del tuo lavoro, no? –
- Sì, e di tutto il resto? Potrei avere risultati disastrosi a scuola, non avere amici, potrebbe anche succedere che il corso d’arte vada male, ma tu non lo saprai mai…! –
- E’ successa una di queste cose, per caso? –
- No, ma… -
- E allora cosa vuoi da me, India?! – esplose sua madre, gettando sul divano il libro che stava leggendo. – Sono qui per te, ti ho pagato la scuola e il corso, non mi sembra di avere molto per cui essere rimproverata! Se hai dei problemi puoi dirmelo, ma, accidenti, cosa posso fare di più? – India si accorse che la vista le si era improvvisamente velata. Seguitò a fissare sua madre nonostante ora la sua immagine apparisse leggermente sfocata.
- Vorrei che ogni tanto mi dicessi che hai voglia di chiacchierare con me. Anche di cose poco importanti, del più e del meno… ma vorrei che lo facessi. Vorrei che mi chiedessi come mi sento… cosa penso… com’è andata la giornata… Lo so che sei impegnata. Ma lo sei davvero così tanto da… da non poterti interessare un po’ della mia vita, oltre che degli stupidi soldi che guadagno per darti una mano? –
Sua madre restò a guardarla senza rispondere. India scosse la testa.
- Grazie, mamma. Ho capito perfettamente. – E, detto questo, le voltò le spalle e uscì di corsa. Si fermò solo dopo aver sceso tutte e tre le rampe di scale che la dividevano dal portone. Si accovacciò sul marciapiede, si prese la testa tra le mani e pianse. Buttò fuori tutte le lacrime che riuscì a liberare, senza curarsi dei passanti che la fissavano straniti. Se a sua madre non interessava la sua vita, perché lei avrebbe dovuto interessarsi di quei quattro cretini che la guardavano scuotendo la testa?
Adesso, era persino contenta di non essere quasi mai a casa, tra scuola, corso e lavoro. Avrebbe sopportato un intero pomeriggio di silenzio? Certo, lei stessa non parlava molto, ma stava pian piano scoprendo quanto fosse piacevole una sana chiacchierata, non per forza impegnata. Qualche parola scambiata con una persona che la tirasse su di morale, o che semplicemente fosse felice quando lo era lei. Ci sarebbe voluto un Mimmo per dirle un semplice “ti voglio bene”,  una Veronica per farle dire tutto quello che si teneva dentro… o un Walter che con un sorriso e una parola la tirasse su come solo lui sapeva fare.
A dispetto dell’enorme tristezza che aveva trasformato il suo cuore in un macigno, India rise tra sé. Possibile che delle persone conosciute solo poco più di un mese prima cominciassero a diventare indispensabili per lei?

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Capitolo 9
*** Amore impossibile bis ***


Rieccomi! Questo è un po’ un capitolo di transizione, nel senso che non succede niente di particolarmente rilevante… Colgo l’occasione per ringraziare le persone che leggono questa fic (vi ho scoperti, che credete? XD )… ma le ringrazierei ancora di più se commentassero! ;)

Capitolo 9 – Amore impossibile bis

 
- Terra chiama Pianeta India! Sveglia! –
- Eh?! – India si risvegliò improvvisamente dal suo torpore. Davanti a lei, Walter era appoggiato al suo banco e la scrutava attentamente. – Oh, ciao, Walter… -
- Io ti ho salutata circa dieci minuti fa, ma pazienza… Si vede che non sono degno di considerazione. –
- Ma no, scemo… tu non c’entri. Sono soprappensiero. – Era passato un bel po’ di tempo dalla discussione con sua madre, ma India non riusciva a togliersela dalla testa. Adesso, ogni sera Laura le chiedeva come fosse andata a scuola, ma India non si sbilanciava nel rispondere: era fin troppo chiaro che quello era solo un modo per non sentirsi colpevole. - Mmm… Scusami. Ci vorrebbe un intervento tempestivo. –
- Non so l’intervento, ma la tempesta c’è di sicuro. – rispose Walter guardando fuori dalla finestra dell’aula.
- Evidentemente riflette il mio umore… - borbottò India appoggiando la testa su una pila di libri. Walter la guardò inclinando la testa.
- Qualcosa che non va? –
Ecco. Ecco cosa voleva sentirsi dire. E da chi lo sentiva? Da un compagno di classe! Buffo. Buffo, anche perché, dopo aver desiderato ardentemente di sentire quella domanda, preferì non rispondere.
- Niente di grave. – Rialzò la testa. – Ti va di farmi compagnia, stamattina? – gli chiese, indicando la sedia vuota di Veronica. Walter finse una riflessione sofferta.
- E va bene. Per questa volta, permesso accordato. – disse prendendo posto accanto ad India. In quella, anche Eva fece il suo ingresso in terza G. Si fermò davanti ai due ragazzi e sorrise.
- Povera Vero. Lei si prende una vacanza e voi la sostituite così prontamente! –
- Che c’entra, io fungo solo da antidepressivo. E mi sa che oggi ce ne vuole una dose massiccia. – aggiunse, guardando le occhiaie di India, piuttosto evidenti.
- E il tuo povero amico, lo abbandoni? – Walter guardò Marco, seduto da solo al suo banco.
- Marcolino deve pur imparare a cavarsela senza di me, no? –
A quel punto, Eva si rivolse ad India:
- Pensavo che avresti preferito la sua compagnia, invece che quella di questo “squinternato”, come lo chiamavi tu all’inizio. – Sorrise e andò a sedersi accanto a Marco.
Walter si voltò di scatto verso India, fingendosi profondamente sdegnato.
- Ah, e io sarei squinternato? – Lei rise debolmente.
- E’ quello che pensavo all’inizio… Poi si può cambiare parere, no? –
- Volevo ben dire! E quale sarebbe il tuo giudizio, adesso? –
- Che sei molto squinternato! – Walter stava per saltarle addosso e massacrarla di solletico, ma l’arrivo di Stefania in classe glielo impedì.
- Sei salva. – bisbigliò ad India. – Tanto ora mi rimanda al mio posto. Ma non mi sfuggirai facilmente! – Invece, con loro sorpresa, la professoressa Masetti non inveì contro suo figlio, anzi, quando si accorse dello spostamento, sorrise.
- Ecco, brava, Fabiani, vedi se riesci a prolungare la metamorfosi del tuo amico! –
- Diventerò lo zimbello della classe… - borbottò Walter alle parole di sua madre.
Ma alla ricreazione fu spiegata l’esclamazione di Stefania. India se ne stava tranquillamente appoggiata al muro in corridoio, ad ascoltare la pioggia battere contro i vetri, quando si accorse improvvisamente di essere stretta in vita da un abbraccio da orso.
- Otto! Ho preso otto nel compito di storia!!! – tuonò la voce di Walter. India lo guardò sorridendo.
- Incredibile! Da chi hai copiato? –
- Da nessuno, sul mio onore! Ho solo avuto una prof armata di pazienza e coraggio. – Walter le stampò un sonoro bacio su una guancia. – Sei grande! Senza di te non ce l’avrei fatta! – India si morse il labbro inferiore mentre il suo sorriso si allargava.
- Sono contenta di questo, Walter. –
- Figurati quanto lo sono io! –
Quando Walter si allontanò gongolando, India rimase a guardarlo finché non scomparve dalla sua visuale. Finalmente si sentiva davvero contenta. Certo, non si aspettava tanta riconoscenza. Ma era impossibile non sentirsi soddisfatti di fronte all’entusiasmo di Walter.
- Ehi, bella, che guardi? – India si voltò di scatto, riconoscendo subito quella voce.
- Veronica! –
- In persona. –
- Ma che ci fai qui a quest’ora? – La ragazza alzò le spalle, passandosi le dita tra i capelli biondi.
- Un piccolo ritardo. Ogni tanto fa bene. Che me racconti di bello? –
- Walter ha preso otto in una verifica e… beh, sembrava abbastanza soddisfatto! –
- Apperò! L’ho sempre sostenuto che il Masetti ha delle qualità nascoste… - Lo guardò saltellare allegramente per il corridoio. – Molto nascoste. – India rise. Le passarono davanti Eva e Marco, chiacchierando fitto.
- Quei due non sembrano neanche fratello e sorella, di quanto stanno incollati! –
- Si direbbe che facciano di tutto per non esserlo. –
- Che significa? – Veronica si guardò un po’ intorno, poi abbassò la voce.
- Eva e Marco so’ fratellastri, ma tra loro c’è stato anche qualcosa di più. –
- Qualcosa… tipo? –
- Erano innamorati l’uno dell’altra. – India guardò incredula i due diretti interessati, in fondo al corridoio.
- Ma scusa… lui non stava con Rachele? –
- Beh, sì. Ma io credo che Marco ci sia stato solo per scordarsi Eva una volta per tutte. – Vedendo che India era incuriosita dalle sue parole, Veronica proseguì: - Lui è stato innamorato di lei fin da quando i loro genitori si sono sposati. Lei all’inizio non se lo filava, anche perché Giulio ha fatto di tutto pe’ fargli passa’ la cotta. Forse poi gl’è pure passata. Ma dopo un po’, anche Eva ha cominciato a vederlo sotto un’altra luce. –
- E sono mai stati insieme? –
- Figurati! Non si sono mai neanche detti che si piacevano. Il fatto è che, quando Marco mollava, Eva gli andava dietro, e quando Marco ripartiva alla carica, lei si faceva prendere dal senso di colpa e lasciava perdere. –
- Certo, avrà avuto paura di fare guai… Sfasciare la famiglia… -
- Ce crederesti? Giulio ne ha parlato anche con lei. Ovviamente non le ha detto che Marco era innamorato di lei, ma l’ha convinta che se avessero avuto problemi, la famiglia si sarebbe sfasciata, come dicevi te. –
- E adesso? Come sono messi? –
- Boh! Pare che abbiano smesso di pensarci tutt’e due. Non che si capisca mai bene cos’abbiano in mente. La situazione cambia di giorno in giorno… Un attimo prima sono lì per baciarsi, e quello dopo manco si guardano in faccia. Adesso devono aver raffreddato i loro bollenti spiriti… - Veronica ridacchiò.
- Che storia! Non sembra neanche vero. –
- E invece lo è eccome! Per un periodo, Eva c’è stata davvero male. A me non piaceva vederla così, e le ho detto di lasciarlo perdere. Ho trovato a Marco tutti i difetti possibili, me la so’ portata in vacanza in Croazia… Poi non mi sono più impicciata. Di solito è lei che mi racconta come vanno le cose, e a giudicare dal poco che mi ha detto fin ora… pare che si siano rassegnati. –
- Magari Marco ha chiuso con Rachele per onestà verso entrambe. –
- Magari. Chi può dirlo? – India le tirò scherzosamente una piccola gomitata.
- E tu, come stai a innamoramenti? –
- Io? Ma te sembro tipa che s’innamora del primo che passa? – ribatté sdegnosamente Veronica.
- Che c’entra, non dico del primo che passa. Tu sai tutto di tutti, tutti gli intrighi amorosi possibili ed esistenti, ma di te non dici mai niente… ci sarà un motivo! –
- Scordatelo, ragazza. Veronica non s’innamora. Qualche filarino sì, giusto per non annoiarsi. Ma niente di serio. –
- Eh, vedremo… -
Prima di rientrare in classe una volta finita la ricreazione, India incrociò Stefania.
- India, posso chiederti come hai fatto? – le chiese la donna.
- Non ho fatto in nessun modo. Gli ho solo dato una spintarella… -
- Devi avere qualche potere magico. –
- Walter non è mica un cretino, Stefania… ehm… professoressa. – si corresse subito India.
- Sta a te scoprirlo, India! – rispose l’altra, sorridendo come per prenderla in giro. – Alla prossima lezione! –
- Sì… alla prossima. –
E tornò in classe, chiedendosi se fosse possibile che Veronica non si fosse mai innamorata nella sua vita… e che non avesse intenzione di farlo.

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Capitolo 10
*** Chiacchiere e cioccolatini ***


Capitolo 10 – Chiacchiere e cioccolatini

 
Buio. Voci indistinte. Anzi no, una sola voce. Ma perché sembrava solo un fastidioso brusio di sottofondo?
- India? –
- Mmm… -
- Ohi, India, che fai, stai male? – India socchiuse gli occhi.
Due occhi scuri. Un ciuffo biondiccio.
- Walter? –
- No, il lupo mannaro... Certo che sono Walter! – India alzò la testa e si stropicciò gli occhi. – Ti stavo chiedendo a che pagina è la lezione nuova e te stavi già dormendo! Me devo preoccupare? –
- No… non mi dire. Mi sono addormentata per davvero? –
- Non mi sembra che stessi facendo finta, ma… -
- Sto dando i numeri! -  gemette India, prendendosi la testa tra le mani. – Siamo solo a novembre e sto già per crollare! – Sbuffò sconsolata.
- Non per essere cattivo, ma anche a scuola sembrava che tu dormissi in piedi. -
- Sarà la stanchezza… - Walter sospirò.
- Te la senti di continuare? Anzi, di cominciare? – A quelle parole, India richiuse tutti i suoi libri e li ficcò nello zaino. Sotto lo sguardo incredulo di Walter, sbottò:
- Non mi va di studiare! Non oggi. Non ce la faccio. Se vuoi, fai da solo. Io mi rifiuto. – Si alzò e andò a sedersi sul divano, incrociando le braccia e fissando il pavimento davanti a sé. Sentì Walter trafficare con i libri e le sedie, poi se lo trovò seduto accanto.
- Senza la mia professorina personale non faccio un bel niente! – le disse sorridendo. – Per un giorno si può anche mandare tutto al diavolo. –
- Vuoi farmi credere che fino ad oggi non l’avevi mai fatto? –
- Voglio dire che da quando studiamo insieme non ne mai avuto l’opportunità… ma prima era una sacra abitudine. – India sorrise appena.
- Lo sospettavo. – Quando alzò lo sguardo, vide gli occhi scuri di Walter puntati nei suoi.
- Vorresti parlare di qualcosa? –
- Walter, tu leggi nel pensiero? –
- Solo nel tuo. – detto questo, Walter si alzò, sparendo in cucina. India lo sentì armeggiare per un po’ prima di vederlo tornare con un pacchetto colorato. Quando glielo porse, vide che erano cioccolatini. Ne prese uno e lo masticò con gratitudine.
- Ecco i veri piaceri della vita. –
- Ti accontenti di poco! – India guardò quel viso buffo e sorridente.
- E per te, quali sono i piaceri della vita? – Walter sembrò pensarci su mentre assaporava un cioccolatino.
- Mmm… Vediamo… - Inghiottì. – Giocare a calcio con Marco… Vedermi assegnare un voto superiore alla sufficienza da mia madre… e passare i pomeriggi con te, a studiare o a dedicarsi al dolce far niente. – I due sorrisero contemporaneamente. India preferì parlare del secondo di quei piaceri.
- Guarda che tua madre fa solo il suo lavoro. Se tu non studi ti cala il voto. Ma questo non vuol dire… -
- A volte mia madre si fida più dei numeri che di me. – Pronunciata da chiunque altro, quella frase sarebbe risultata carica di amarezza. Ma non era da Walter parlare così.
- Ognuno di noi ha le sue qualità. Sicuramente lei ti vuole bene per quelle che possiedi… e anche per quelle che non hai. –
- Sicuramente lei pensa che io sia un buono a nulla. –
- Walter, lei può darti dei voti ai tuoi risultati scolastici, ma tu non puoi dare un voto all’amore che prova per te. – Walter alzò lo sguardo. Non sorrideva, ma nei suoi occhi c’era un qualcosa che a India piacque un sacco. – E questo è sicuramente più grande di quanto tu creda. –
- Mah…! -
- Io… te lo dico sinceramente, da amica. Perché noi due siamo amici, vero? – Walter le sorrise e annuì, ma un velo di tristezza attraversò il suo viso.
- Certo che lo siamo. –
- E allora ti dico che sto imparando a conoscere Stefania anche fuori dalla scuola, ed è del tutto diversa! Pensa che la prima volta che l’ho vista, stava massacrando tuo padre per quella casa in Calabria… - Entrambi risero al solo pensiero. – A proposito, che ne è stato? –
- Mio padre ha già pagato la prima rata… credendo che fosse il prezzo complessivo. – India soffocò un’altra risata. – Dio, se ci ripenso ho voglia di sotterrarmi. Ho una famiglia un po’ svitata. –
- Io la trovo fantastica. – disse India con sincerità. Pescò un altro cioccolatino dal pacchetto.
- E tu che mi dici, di te? – India si strinse nelle spalle.
- Cosa posso dirti? –
- Come mai sei così stanca, ultimamente? –
- Beh… Forse mi sto un po’ sovraccaricando di lavoro. C’è la scuola, poi i compiti, il fatto che vengo spesso qui, e poi sto seguendo un corso d’arte. –
- Davvero? Ti piace? – Walter sembrava realmente interessato e questo la incoraggiò.
- Moltissimo, ma è faticoso. C’è un sacco da imparare, ma è totalmente diverso dalla scuola. Si impara in un altro senso. A scuola ti danno questo e quel compito da fare, poi glielo porti e te lo correggono se è sbagliato. Invece lì… ti danno un aiuto, una guida, e poi prosegui da solo. Ti aiutano, ti indirizzano verso la strada giusta, ma lì non c’è niente da correggere. E forse il difficile è proprio quello. Devi fare tutto da solo. Ma se non ci metti passione, è inutile. –
- Caspita… se la scuola fosse come ‘sto corso, io sarei la persona più felice del mondo! –
- Vabbè, ma adesso ti va abbastanza bene, no? –
- Va molto meglio. Ma lascia perdere questo… Parliamo un po’ di te. – India sorrise imbarazzata.
- Ho paura che rimarrai deluso, Walter. Ho molto poco da raccontare. –
- Io non credo. – Walter le sfiorò una mano: le loro dita si toccarono appena, ma India sentì come una scossa elettrica invaderle tutto il corpo. – Sei tu a crederlo. Ma sicuramente hai molto più da dire di quello che pensi. –
- Beh, eccoti la mia vita: vengo dalla Sicilia, non ho lasciato nessun amico, solo una zia. Sono venuta qui solo e unicamente per il corso d’arte. Durerà due anni, durante i quali resterò qui. Poi vedrò cosa fare della mia vita. Sono venuta a lavorare qui per dare una mano a mia madre. –
- E tuo padre? – India rimase interdetta. Non aveva previsto quella domanda. Per non sembrare troppo esitante, decise di scegliere la via più facile.
- E’ rimasto in Sicilia. Il suo lavoro è lì, e non può lasciarlo. – Cercò di mettere almeno qualcosa di vero nel suo racconto. – Ed è di origini indiane. Tutto qui. – Walter sorrise, anzi sembrava che stesse per ridere.
- Tutto qui? Eh, no, cara mia… Stai dimenticando qualcosa. –
- Davvero? E cosa? –
- La tua vita qui. –
- E’ appena iniziata… -
- Da due mesi. Ma ormai ti sarai ambientata, no? – India appoggiò la testa sullo schienale del divano.
- Direi di sì. Mi trovo bene. Anzi, forse meglio che in Sicilia. Certo, lì c’è talmente tanto sole che non avrei dovuto avere problemi per il colore della mia pelle… - Walter intuì che c’era un “ma”.
- Però…? –
- Però sembra che mi sia sbagliata. O forse sono solo troppo asociale per stringere qualche amicizia. –
- Beh, quel problema si risolve. Devi solo imparare a rispondere a tono. – India lo guardò.
- Che vuol dire? –
- Che quando qualcuno ti dice qualcosa che non va bene, devi anche saperti trasformare nel limone più acido del mondo, all’occorrenza. E tu, questo, non lo fai. – aggiunse, agitandole minacciosamente un dito davanti al viso. India scoppiò a ridere.
- E cosa dovrei fare? –
- Esercitarti. Puoi provare con me. Avanti, dimmi qualcosa di veramente offensivo. – La ragazza rifletté.
- Cioè, dovrei dirti esattamente come sei, senza mezzi termini? –
- Ecco, già ci siamo! – esclamò Walter ridendo. – Questo, detto a me, suonava come un vero insulto! – India scosse la testa sorridendo. – Tornando al tuo problema… Beh, dài, non credo che il tuo colore ne sia la causa! –
- Credi? Le statistiche dicono che il razzismo aumenta di anno in anno. –
- Ma va’, neanche fossi arrivata dritta dritta dal Terzo Mondo! – Le sfiorò una guancia con la punta delle dita, ma India non provò l’imbarazzo cocente che le aveva provocato lo stesso gesto, compiuto da Marco. Anzi, si sentì piacevolmente riscaldata da quel leggerissimo contatto. – Ti dona. E’ come devi essere. E poi, volendo, potresti essere semplicemente molto abbronzata. – Walter la guardò in silenzio per qualche istante. – ‘Mazza… ma quante lampade te sei fatta? –
- Tu sei completamente scemo! – esclamò India scoppiando a ridere. Walter tirò fuori un altro cioccolatino e lo scartò, osservandolo attentamente.
- Com’è che ti chiama Rudi? –
- “Miss Chicco di Caffè”… -
- Nah, direi che Miss Cioccolatino al Latte ti dona di più! Miss Chocolate per gli amici. – Sorrise e infilò il cioccolatino tra le labbra di India, che lo mandò giù senza smettere di ridere.
- Sarà perché lo dici tu, ma lo apprezzo decisamente di più! –
- Ecco, brava, hai fatto la rima! – esclamò Walter simulando una voce di bambino piccolo e battendo le mani. – India ha fatto la rima! – Due secondi dopo, India se lo ritrovò addosso mentre le sue dita la massacravano di solletico.
- Noooo, basta, BASTA! SMETTILA! – strillò, con gli occhi pieni di lacrime per il troppo ridere. A quel rumore accorse Rudi. Si affacciò in soggiorno mentre India era ancora prigioniera sotto il peso di Walter. Li guardò con espressione disgustata.
- Ma che schifo! Mi spiace dirtelo, Miss Chicco di Caffè, ma dovrai deciderti: o Walter, o mio fratello! – E se ne andò sogghignando. I due ragazzi si tirarono su e India cercò di sistemarsi i vaporosi capelli castani.
- Che voleva dire? – indagò Walter.
- Boh. Chiedilo a lui. – rispose India, che non aveva neanche prestato attenzione alle parole di Rudi.
- Vabbè. Comunque, adesso so come ripagarti delle lezioni private: ti darò lezioni di risposta pronta! –
- Non vedo l’ora di cominciare, prof. –
- E cerca di non prendermi troppo in giro. Porta rispetto a chi è più vecchio di te e sta per prendere la patente! – India si voltò a guardarlo.
- Davvero? Quando? –
- Tra qualche mese. Ti andrebbe di farti un giro per tutta Roma a centosettanta chilometri orari per festeggiare? –
- Cioè vuoi festeggiare la patente facendotela ritirare subito? –
- Ecco, mi sa che tra poco non avrai più bisogno delle mie lezioni. –
- Non si finisce mai d’imparare. Accoglierò sempre con piacere qualche suggerimento. E anche un altro cioccolatino. – aggiunse allungando una mano verso il pacchetto, prima di accorgersi che questo era completamente vuoto. – Ops. Come non detto. Mi sa che abbiamo abusato dell’ospitalità dei Cesaroni. –
- Quale ospitalità? Ma se non c’è nessuno! –
- A parte Mimmo e quella sottospecie di pestilenza con i piedi. –
- Sta’ attenta: se i tuoi amorevoli rapporti con Rudi e la nostra… amicizia dovessero influenzarlo negativamente… ovvero, se Rudi decidesse improvvisamente di aggiungermi alla lista delle sue vittime preferite… Sarà colpa tua e non ti rivolgerò mai più la parola! –
- Fa’ direttamente bisticcio, visto che ti piace ricorrere a soluzioni così mature. – propose India.
- Ma io sono maturo, sono appena cascato dall’albero! Vabbè, a parte lo scherzo, non so se riuscirei a resistere due settimane senza almeno un’altra seduta di chiacchiere come questa. Anzi… - Rifletté. – Di chiacchiere e cioccolatini. Visto come abbiamo saccheggiato la credenza Cesaroni, direi che è più giusto chiamarla così. –
- Già. –
- Beh… - Walter si stiracchiò e lanciò un’occhiata fuori dalla finestra: il tempo era decisamente più aperto che nei giorni passati. – Dovrei andare. – E rimase fermo sul divano, senza dire altro, per vari minuti. Poi India ruppe il silenzio:
- Non dovevi andare? –
- Non mi va di muovermi. – si lamentò lui. India si alzò dal divano e tirò Walter per un braccio fino a far alzare anche lui.
- Ecco fatto. Se fossi un po’ più forzuta, potrei portarti in braccio fino alla porta, ma da lì in poi dovrai comunque camminare con le tue gambe! –
- Oooh, come siamo spiritooose! – India lo spinse fino alla porta.
- Non ho intenzione… di fare ancora per molto… il servizio gru! –
- Va bene, va bene, ho capito! – Sospirando di sollievo, India smise di spingerlo.
- Mettendo da parte le buffonate… - mormorò attorcigliandosi i riccioli tra le dita. – Sono stata bene con te, oggi. Mi ha fatto piacere parlare un po’. –
- A tua disposizione, quando vuoi. Fa’ un fischio e sono da te. – Walter si chinò a baciarla su entrambe le guance. – Ci si vede a scuola, India. – Lei annuì e chinò la testa, sorridendo imbarazzata.
- Sì, certo. – Stava quasi per andarsene, lasciando Walter da solo davanti alla porta aperta, ma poi le venne spontaneo aggiungere: - E… grazie. –
- Niente grazie. Facciamo così: quando sarò io a voler parlare con qualcuno, ti costringerò ad ascoltarmi per sdebitarti. Va bene così? – Walter le fece l’occhiolino e India sorrise.
- Va bene, faremo così. A domani. –
- A domani… -
Richiudendo la porta alle sue spalle, India si sorprese a ridere da sola. Le tornarono in mente i primi pensieri che avevano occupato la sua mente quando aveva appena messo piede a Roma.

Non voglio legarmi a nessuno. “Ma si può cambiare idea, no?”
Sì, quel ragazzo cominciava decisamente a piacerle.

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Capitolo 11
*** Dicembre ***


Capitolo 11 – Dicembre

 
Dicembre arrivò portando una ventata di novità, oltre ai primi segni dell’inverno ormai vicino. 
Quel lunedì, India si sentiva nuovamente addosso quel fastidioso senso di stanchezza, una strana voglia di non far niente se non starsene stesa sul divano a leggere un libro o a disegnare un po’. Anche Eva la pensava allo stesso modo, o perlomeno così sembrava dalla sua espressione quando entrò in classe e gettò lo zaino ai piedi del banco. 
- Giornatina incantevole fin dal risveglio, eh? – scherzò India vedendo la sua faccia. Con sua grande sorpresa, Eva le rivolse uno sguardo gelido.
- Già… Incantevole. – Le parole uscirono dalle sue labbra taglienti come frammenti di vetro, come se avesse appena ricevuto un pesante insulto.
- Scusami, non volevo… insomma, non credo che… - balbettò India, impacciata.
- Non volevi che? – sibilò Eva, voltandole le spalle e sedendosi al suo banco. India rivolse uno sguardo incredulo a Veronica, la quale alzò le spalle.
- Ma che le prende? –
- Non ne ho idea! –
India non voleva credere di aver potuto offendere Eva: le aveva rivolto appena due parole! Sperò che si trattasse di un malumore passeggero e decise di tenersi occupata nell’ora di religione, durante la quale ogni singolo membro della terza G si dedicava puntualmente ai fatti propri. I pensieri di India volarono all’anziana zia Giulia. Avevano parlato al telefono un paio di volte, ma non erano state conversazioni molto esaurienti: mamma Laura aveva un vero terrore della bolletta del telefono, e pregava India di fare a meno di chiamare chiunque, se non per casi eccezionali. Ma la zia le mancava: aveva fatto moltissimo per loro, ma India adesso si sentiva quasi in colpa per non essersi più fatta viva. Prese carta e penna e cominciò a scrivere.

Cara zia Giulia,
ti chiedo scusa per non essermi più fatta sentire. Ma sai com’è… la mamma e le sue manie di risparmiare! In realtà negli ultimi tempi guadagna niente male, e anch’io me la cavo con un lavoretto part-time a casa di certi miei compagni di scuola. E così, a forza di risparmiare, comincio a sentirmi isolata!
Come va lì da te? Qui c’è già abbastanza freddo. Sono sicura che laggiù in Sicilia ci sono almeno dieci o quindici gradi in più.

Al momento sto fingendo di seguire l’ora di religione. Non ho trovato occasione migliore per scriverti. Ogni martedì e giovedì sono impegnata con il corso d’arte, come penso saprai, e per il resto della settimana (tranne naturalmente nel weekend) sono da questi miei compagni per badare ai loro due fratelli più piccoli. Uno di loro ha otto anni, si chiama Mimmo ed è un amore. Si sorbisce intere pagine di letteratura, scienze e storia pur di farmi compagnia! L’altro ha tredici anni e si chiama Rudi. Diciamo che, mettendo da parte la sua accoglienza con una macchia di vernice sulla mia sedia e il suo tentativo (riuscito) di buttarmi a faccia in giù nel fango, potrei anche trovarlo simpatico…

 

Si chiese cos’altro avrebbe potuto aggiungere. Erano successe un bel po’ di cose in meno di tre mesi, ma non era certo il caso di raccontarle tutte. C’erano la costante presenza di Marco, la mutabilità di Eva, le chiacchierate con Veronica, i pomeriggi passati con Walter… Come riassumere in poche parole tutto ciò?

 

…Se non t’interessa sapere delle mie nuove conoscenze, salta pure questa parte. Ma ti conosco troppo bene, zia, e so che non lo farai!

Prima di tutto c’è Veronica, la mia compagna di banco. Abbiamo fatto subito amicizia e, nonostante il suo posto sia spesso vuoto come conseguenza delle vacanze che ama concedersi, passiamo insieme la maggior parte del tempo a scuola. Quando mi ritrovo da sola nel banco, in ogni caso, c’è qualcun altro che viene spesso a farmi compagnia, ma te ne parlerò più avanti.

Poi ci sono Marco ed Eva. Sono fratellastri e fanno parte della famiglia presso cui lavoro. Mimmo e Rudi sono i fratelli di Marco; poi c’è Alice, la sorella di Eva; Giulio, il padre dei tre ragazzi, e Lucia, la madre delle ragazze. E’ una famiglia piuttosto caotica ma simpatica. Variopinta. E’ stato Giulio ad offrirmi il lavoro. Che poi non è un lavoro nel vero senso della parola, perché il mio compito è unicamente di non lasciare soli Mimmo e Rudi.
Poi c’è Walter Masetti. E’ un po’ matto, ma siamo diventati amici. Quando sono con i due bambini, lui è quasi sempre con me: da un po’ di tempo gli do una mano con lo studio (con ottimi risultati: forse sto scoprendo una vocazione!). E’ un ottimo antidepressivo quando sono giù, ed è un tipo a posto. Sua madre Stefania insegna lettere nella mia classe (è anche Preside della scuola). Quando l’ho vista per la prima volta mi ha fatto un po’ paura: come prof è severissima (sul lavoro, non guarda in faccia neanche suo figlio), ma fuori dalla scuola è uno spasso. Credo che mi abbia preso in simpatia. Suo marito Ezio sembrerebbe la sua vittima preferita, ma in realtà si adorano. Non l’ho visto molte volte, ma credo che Walter sia tale e quale a lui, come carattere…

 Che altro dire? Scorse velocemente con lo sguardo le righe che aveva scritto. L’ora stava per finire, e India era certa che Stefania, per quanto fosse “uno spasso”, come aveva scritto, non l’avrebbe lasciata ad occuparsi dei fatti propri durante la sua ora.

 …Credo di averti detto tutto. Anzi no! L’appartamento che ci hai affittato è delizioso! Peccato solo che non ci sia una camera tutta per me. Ma non fa niente, perché la maggior parte delle volte mi alzo a metà nottata e mi metto a dormire sul divano.
Spero che ci vedremo presto. Potremmo venire da te per le vacanze di Natale!
Mi manchi un sacco. Ti mando un saluto anche da parte di mamma.
A presto,

tua India

 Mise da parte la lettera, sperando di ricordarsi di spedirla all’uscita della scuola, e si accinse a seguire la lezione successiva.
Quando la campana annunciò il termine dell’ultima ora, India pensò di scambiare due parole con Eva, giusto per capire se fosse ancora seccata come a inizio giornata. Ma se ne pentì quasi subito.
- Non torni con noi, oggi? – le chiese gentilmente.
- Non torno mai a casa subito dopo la scuola. – Niente. Il suo tono era ancora gelido e scostante.
- Ah, ok, scusa. Pensavo solo… -
- Cominciamo a muoverci, India? – In quel momento Marco spuntò al suo fianco, facendola sobbalzare. India rivolse ad Eva uno sguardo interrogativo, ma la ragazza tagliò corto:
- Andate pure. Avrete un sacco da fare. – E si allontanò a passo di marcia con lo zaino appeso a una spalla. India rimase a guardarla a bocca aperta, ma Marco non sembrò farci caso.
- Allora? Andiamo? –
- Sì, andiamo. – sospirò lei. Lungo la strada, si fermò a comprare una busta e un francobollo, poi imbucò la lettera per sua zia, sperando ardentemente in una sua risposta.
- Non vedo l’ora che arrivino le vacanze. Sono già stanco morto… - cominciò Marco, prima di lanciarsi in una dettagliatissima relazione di quello che avrebbe fatto una volta libero dallo studio. India lo ascoltava distrattamente, ma non si sentiva più così infastidita dalla sua presenza. Anzi, le sembrò un ottimo pretesto per tenere la mente ben sgombra da qualsiasi pensiero.
Quel giorno Eva non passò da casa, non tornò poco prima che India se ne andasse, come faceva quasi sempre, ma lei era troppo presa dalla chiacchiera inarrestabile di Marco per farci caso.
Il giorno dopo, appena finite le due ore di poesia con Rachele, India decise di riprovarci.
- E’ stato interessante, oggi, vero? –
- Molto. – Niente da fare. Eva era, se possibile, ancora più fredda. “Cretina che non sono altro” si rimproverò India. “Se proprio dovevo attaccare discorso, perché usare come argomento proprio la donna che lei detesta? A meno che non stia cominciando a detestare anche me. Ma che ho fatto di male? Prima Rudi, poi le…i!”
Marco, da parte sua, non fece proprio caso allo strano atteggiamento della sua sorellastra. Dopo un periodo in cui fece in modo di non essere mai a casa quando c’era India, era tornato alle vecchie abitudini. Almeno, quando c’era anche Walter, non girava per tutta la casa come un’anima in pena.
Stava riflettendo su questo, quando la porta d’ingresso si aprì. India allungò il collo per vedere chi fosse. Era Eva. Ma entrò senza il suo solito “Sono io!”. Salì in camera sua senza dire una parola, passò qualche secondo e tornò giù.
- Ciao, Eva. – azzardò timidamente India.
- Avevo dimenticato la borsa. – Fu con queste parole che Eva uscì nuovamente di casa. Non un cenno, non un saluto. India cominciava a sentirsi frustrata: erano già a venerdì, e non sembrava che l’apparentemente infondata collera di Eva accennasse a sbollire.
Qualche giorno dopo, le venne voglia di saltarle al collo e scuoterla finché non le avesse detto perché la trattava così. Non avrebbe saputo dire se quel comportamento non proprio affettuoso fosse riservato solo a lei, o se Eva avesse improvvisamente maturato un odio feroce verso tutti gli esseri umani di sua conoscenza. Decise di chiedere aiuto alla persona più adatta in quella situazione: Veronica.
- Per favore, puoi vedere se riesci a scoprire che cavolo le ho fatto? Almeno mi sarò tolta la curiosità! –
- Posso prova’. Ma quando Eva è di malumore, è difficile che parli. –
- Tirale fuori le parole con le pinze, allora! –
Il giorno dopo quella breve conversazione, Veronica rivolse ad India un’occhiata inequivocabile.
- Niente, eh? –
- C’ho provato a farla parla’. Ma dice che non ha niente. –
- Non sembrerebbe, dal modo in cui mi tratta, ultimamente. –
- A me sembrava solo triste. Non è stata particolarmente offensiva. –
- Allora avevo ragione, sono io il problema! – convenne tristemente India.
- Ma no, se vede che tu Eva non la conosci. Di solito pare ‘n agnellino, ma quando c’ha la luna di traverso, diventa ‘na belva e aggredisce il primo che le capita sottotiro. Se vede che sei stata sfortunata, India. – Lei allargò le braccia e scosse la testa.
- Non so che dire. Speriamo che le passi. –
- Ma sì, dài. Vedrai che passerà. –
India lo sperava con tutta sé stessa. Non che con Eva fosse mai stata particolarmente legata, ma quella freddezza nei suoi confronti, senza che lei avesse fatto niente di male, la metteva parecchio a disagio.
- Uffa, ma dov’è Walter quando c’è bisogno di lui? –
- Ovunque, ma non qui. – sospirò Veronica. – Tipicamente Masetti. – India non indagò oltre. Non le interessava più di tanto sapere cosa intendesse Veronica.
Alla sua preoccupazione si aggiunse il fatto che la zia Giulia non si era fatta viva. Nemmeno con una telefonata. Che non avesse ricevuto la sua lettera? Decise di chiedere a sua madre.
- Mamma, hai per caso notizie di zia Giulia? – le chiese un giorno, subito prima di uscire per andare a scuola. La sera prima era andata a dormire presto e non aveva visto sua madre. Solo in quel momento notò che aveva l’aria più sbattuta del solito.
- Ehm… come dici? –
- Zia Giulia! Le ho mandato una lettera più di una settimana fa e non ho ancora avuto sue notizie. Per caso l’hai sentita? – Laura sospirò profondamente. India conosceva bene quel sospirare, quegli occhi chiusi: c’era una notizia poco piacevole in arrivo.
- Ieri… ieri sera ho ricevuto una telefonata. Tu stavi dormendo e… e non ho voluto svegliarti. Ma te l’avrei comunque detto oggi. – India si rasserenò. 
- Ah, allora ha chiamato! Che dice? Come sta? – Sua madre scosse la testa.
- Non era lei. – Le fece una carezza su una guancia e sorrise mestamente. – India… zia Giulia ieri se n’è andata. – Ad India si seccò la bocca.
- In che senso… se n’è andata? –
- E’ morta, India. – Sua madre non aveva avuto un rapporto abbastanza sereno con la zia per esserne sinceramente addolorata, ma immaginava facilmente che ciò sarebbe stato un duro colpo per India. E infatti non si sbagliò. Dagli occhi verdi della ragazza spuntarono due piccole lacrime.
- Oh, no… no… - La carezza che ricevette da sua madre non l’aiutò.
- Mi dispiace. – Ma fu come parlare al muro: India era già scappata giù per le scale. Non riuscì a fermare i singhiozzi per tutto il tragitto fino alla scuola, davanti la quale s’impose di darsi un contegno… per quanto le fosse possibile.
Zia Giulia morta… non le sembrava possibile. Proprio adesso che stava cominciando a organizzare il suo ritorno in Sicilia per le vacanze di Natale!
Ricacciò indietro le lacrime, sospirò profondamente e varcò il cancello. Si avviò direttamente in classe, senza guardarsi attorno, senza dire una parola, senza riuscire neanche a pensare. In aula non c’era ancora nessuno, e India si accovacciò a gambe incrociate sul suo banco, a testa bassa. Era come una piccola fiamma appena accesa, pronta a esplodere da un momento all’altro.
- Ehi! – fece una voce squillante. Inutile voltarsi a guadare chi fosse: la voce di Walter era inconfondibile. India non si mosse, e Walter le andò vicino, pensando che non l’avesse sentito. – Ti ho vista fuori, poi sei schizzata in classe e non ho avuto neanche il tempo di… - cominciò, ma la sua voce fu improvvisamente sovrastata da un pianto irrefrenabile e disperato, e un attimo dopo India lo stava abbracciando.
- Oh, Walter! –
Lui rimase interdetto, non disse nulla. India continuava a singhiozzare sulla sua spalla, così fece ciò che gli venne più naturale: circondò India con le braccia e la strinse a sé, sperando di placare il suo pianto.
- No, piccola… dài… non piangere… -
Continuò ad abbracciarla e cullarla dolcemente, senza chiederle cosa fosse successo: India era talmente scossa dai singhiozzi che certamente non sarebbe riuscita a pronunciare una sola parola. E d’altronde, dentro di sé, India era felice almeno di aver trovato qualcuno che le offrisse la sua amicizia senza riserve, senza domande, solo e unicamente per il desiderio di farlo. E questa era senz’altro la cosa di cui aveva più bisogno in quel momento.

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Capitolo 12
*** Complicazioni ***


Lo so, è da poco che ho postato, ma oggi sono di buonumore perchè 1), ho scritto l'ultimo capitolo di questa fic (ancora ce n'è, non temete) e 2) perchè sto già lavorando a quella nuova. Ah, già! Devo ringraziare tantissimo la mia sore Elisa, che commenta sempre (e non solo per quello), e Michelle Ma Belle, che ha messo fine al mio complesso da zero recensioni: grazie!!!

Capitolo 12 – Complicazioni

 

Fino a pochi giorni prima, India avrebbe dichiarato con sicurezza di non aver mai vissuto momenti più terribili. Ma dovette presto ricredersi.
Walter non osò sfiorare l’argomento, ma India si sentiva profondamente in colpa e, allo stesso tempo, grata verso di lui. La verità era che Walter, vedendo quei due occhi verdi colmi di tristezza, non aveva il coraggio di chiedere nulla, anche se, naturalmente, si chiedeva cosa avesse buttato giù India fino a quel punto.
Così, pochi giorni dopo il fattaccio, India si decise a spiegarsi.
- Walter… - mormorò un pomeriggio, quando ebbero finito di studiare. – Volevo scusarmi per l’altro giorno… - Lui le sorrise.
- Scusarti di cosa? Non mi hai né offeso né fatto uno sgambetto. –
- Sì, ma ti sono saltata addosso a quel modo, a piangere senza spiegarti neanche il motivo… -
- Beh, si era capito che non avevi voglia di parlarne… Ma a volte buttar fuori il dolore fa bene, no? –
- Appunto. E se non lo dico a te… a chi lo dico? – I due sorrisero insieme. – Ecco, quel giorno… mia madre mi aveva appena detto che… che una mia carissima zia, l’unica, è morta. – Il sorriso scomparve dalle labbra di Walter. Le strinse affettuosamente una spalla.
- Mi dispiace… - India annuì tristemente.
- E già. Eravamo così legate, non ci sentivamo da tanto tempo… E poi vengo a sapere… E’ stato un brutto colpo. Avresti dovuto vedere mia madre quando me l’ha detto, come se fosse morto il pesce rosso! – Seguì un silenzio carico di significati. – Ed ero così scossa, che mi sono messa a frignare sulla prima spalla che mi è capitata. –
- Mi vuoi dire che se in classe fosse entrato Rudi, avresti usato la sua? – Come al suo solito, Walter riuscì a farla ridere.
- No, non credo. Diciamo che la tua spalla era la più comoda in circolazione. –
- Vabbè, dài, a parte gli scherzi… Mi dispiace, davvero. Posso fare qualcosa per te? – India scrollò le spalle.
- E cosa? Non credo che tu possa cambiare il ciclo della vita. Perché oltre quello… non c’è proprio nient’altro da fare. –
E quello fu il suo primo grande errore.
Perché dopo il dolore e la sofferenza, venivano i problemi pratici.
- India, adesso dobbiamo pensare ad organizzarci. – le disse infatti sua madre.
- Ovvero? – le chiese l’altra, di rimando. Era appena sera, ed India era appena tornata dal corso d’arte. Non aveva ancora digerito la morte della zia, e le parole di sua madre, qualsiasi cosa intendessero, le parvero fuori luogo, quasi offensive.
- Non c’è più l’aiuto di zia Giulia. Non possiamo sostenere le spese, in due. –
- Mamma, vai al sodo, per favore. – Laura sospirò profondamente.
- Io devo tornare in Sicilia. – India la guardò senza dire niente. – In due non guadagniamo abbastanza da arrangiarci in modo decente. Io credo che… dovresti cominciare a cercarti un appartamentino per te. –
- Un… appartamento per… Dovrei andare a vivere da sola? – esclamò India, incredula.
- Non c’è altra soluzione. –
- E come faccio? A chi chiedo? Così, all’improvviso… - Sua madre le sorrise.
- Non me ne andrò finché non avrai trovato un posto in cui stare, non preoccuparti. – Da un po’ di tempo si sforzava di fare la madre premurosa e, per quanto non le riuscisse granché bene, India cercava di venirle incontro. Ma adesso la faccenda era veramente seria.
- Non potrò permettermi più di un monolocale… -
- Aspetta, India, non ti ho ancora detto tutto. Zia Giulia ha lasciato un testamento, naturalmente… – Con uno sguardo India la incitò a continuare. – E ti ha lasciato una piccola somma. Solo per te. Non è tantissimo, ma ti darà un aiuto notevole. –
Quella notizia la rassicurò, ma solo per una piccola parte. Quanto ci sarebbe voluto per trovarsi un appartamento? Dove l’avrebbe preso? Cosa si sarebbe potuta permettere con quella somma? Tutto a un tratto, si sentiva confusa come non lo era mai stata. A soli diciotto anni, si trovava a dover affrontare una responsabilità forse troppo grande. Certo, non era sola, c’era sua madre, c’erano i suoi amici… Ma cosa avrebbero potuto fare un paio di ragazzi della sua età per aiutarla?
L’unica soluzione era darsi da fare. E cominciare col chiedere qualche informazione in giro.
- Brutta storia. – commentò Veronica quando India le parlò del suo problema. – Non nascondo che mi piacerebbe anda’ a vivere da sola, ma non in circostanze così… -
- Non sapresti proprio dove…? –
- Mi dispiace, India, non ho idea di come aiutarti. Posso ascoltare quello che hai da dirmi, ma per la casa… non so proprio dove mettere le mani. – India le fu comunque molto riconoscente.
- Grazie, Vero, sei un’amica. – le disse abbracciandola.
- Figurati! Se posso aiutare… -
- A proposito, come sta Eva? – In quei giorni, presa com’era dai suoi problemi, si era quasi dimenticata di lei e del suo comportamento aggressivo. Veronica si strinse nelle spalle.
- Sembra sempre molto giù. Ma non sono riuscita a capire perché. –
- Mah. Forse è preoccupata per un ragazzo. Magari è innamorata. –
- Ma quando una s’innamora non se comporta così! – India le sorrise.
- Non eri tu quella che non si innamora mai e mai lo farà? – Anche Veronica stese le labbra in un sorriso.
- Oh, beh… Una ragazza certe cose le capisce… - Per la prima volta da quando si conoscevano, India colse una nota d’imbarazzo nella sua voce e nei suoi gesti.
- Ringrazia che al momento ho la testa altrove. Ma quando avrò sistemato tutto, ti ascolterò con gioia! – Veronica sorrise ancora e non rispose.
Alla ricreazione, India tentò di parlare con Eva ma, non appena le si avvicinò e aprì bocca, lei schizzò via senza guardarla in faccia. India sospirò e si lasciò cadere sulla sua sedia. Stefania, che in quel momento stava riordinando le sue cose nella borsa prima di andarsene, le lanciò un’occhiata apprensiva.
- India, c’è qualcosa che non va? – La ragazza si stupì leggermente dell’interessamento.
- No, professoressa, è tutto a posto. –
- Lascia perdere la formalità, tanto sono quasi tutti fuori. – replicò Stefania in tono sbrigativo. – Sei sicura che sia tutto a posto? Ultimamente sei spesso soprappensiero… -
- Grazie dell’interessamento, Stefania, ma davvero, è tutto ok. –
- Se c’è qualcosa che ti preoccupa, puoi parlarmene, lo sai. – Stefania le fece l’occhiolino e uscì dalla classe, lasciandola sola. India le era grata per le sue attenzioni, ma non se la sentiva di parlare con lei delle sue preoccupazioni. Le sarebbe sembrato di elemosinare compassione, e questo non le sarebbe piaciuto per niente.
Anche Walter si accorgeva della distrazione di India durante i loro pomeriggi di studio. Non avrebbe voluto darle l’impressione di ficcare il naso nelle sue faccende, ma la sua natura spontanea ed espansiva gli impedì di trattenersi dal chiedere:
- Altri problemi in vista? – India era sepolta sotto una montagna di libri di ogni materia. Non voleva che i suoi voti né, soprattutto, quelli di Walter risentissero del suo malumore.
- Si vede tanto? –
- Scusami se m’impiccio, ma mi sento in colpa. – India emerse dalla montagna di libri.
- Tu? E perché mai? – Walter si strinse nelle spalle con aria colpevole.
- Beh, si capisce che tu hai le tue preoccupazioni, e intanto sei qui, appresso a questo peso morto che sarei io… -
- Dio, Walter, cosa ti passa per la testa? Tutti hanno dei problemi, ma non per questo smettono di studiare o mandano al diavolo gli amici, no? –
- Allora vuoi almeno dirmi cos’altro è successo? – India spostò di lato la sua pila di libri.
- Entro qualche mese me ne andrò a vivere da sola. – disse, senza troppi preamboli. Walter la guardò a bocca aperta.
- Di già? E perché? –
- Ti avevo detto che era stata mia zia ad affittarci una casa, no? Beh, ora che non c’è più, non possiamo aspettare che i soldi piovano dal cielo. Mia madre torna in Sicilia e io devo arrangiarmi. –
- Ah, tornerà da tuo padre, allora… - Per un attimo India si chiese cosa volesse dire, poi si ricordò delle frottole che gli aveva raccontato a proposito del padre.
- Ehm, sì, appunto. Ma, come ti ho detto, lui è bloccato laggiù. Mia zia mi ha lasciato una piccola somma di denaro… non so quanto… ma dovrebbe facilitarmi un po’ le cose. –
- Dunque adesso il problema più grosso sarà trovare una casa per te. –
- Esattamente. Un appartamentino piccolo, possibilmente nei pressi della scuola… Prima pensavo a un monolocale, ma… non so proprio da che parte cominciare. – Per qualche minuto regnò il silenzio. Si udiva solo il fruscio delle pagine del libro con cui Walter giocherellava mentre rifletteva.
- Se potessi aiutarti… -
- E come? Almeno mia madre rimane qui finché non sistemo le cose. Non che sia un granché come sostegno morale, ma almeno non rimarrò sola fino a… -
- India, non sei sola. – la interruppe Walter. Le sorrise e le prese una mano. – Ci sono io. – India chinò la testa e non rispose.

 Abbracciami, ancora un po’
perché d’amore
mai abbastanza io ne avrò.
Abbracciami, perché non so
domani se ti avrò…

(G. Morandi, “Abbracciami”)

Dì qualcosa, scema, rispondigli, non fare sempre la parte del pesce lesso…
Perché quegli occhi scuri la mandavano in confusione? Perché quella mano le faceva venire la pelle d’oca ogni qualvolta la sfiorasse? Perché provava un desiderio irrefrenabile di gettargli le braccia al collo e non lasciarlo più?

Avanti, parla, cretina… Su… Avanti, India, respira. Respira…
- Grazie di tutto, Walter. Ti voglio bene. –
Si sentì come se avesse appena inghiottito un grosso cubetto di ghiaccio. Ecco, ora Walter sarebbe scoppiato a ridere… Avrebbe scosso la testa, dicendo che sì, lui c’era, ma non fino a quel punto… India si preparò mentalmente a sotterrarsi nella prima buca a portata di mano.
- Anch’io ti voglio bene, India. – La ragazza alzò la testa, troppo sorpresa per ribattere qualsiasi cosa. Walter sorrideva. E non era un sorriso di scherno. Era un sorriso sincero. – Non ti preoccupare, tutto si sistemerà, d’accordo? –
Altro cubetto di ghiaccio.
- Se lo dici tu… -
- Fidati. – Ancora una volta, India ringraziò il cielo di non poter arrossire. E poi, Walter le aveva detto che quel colorito le donava…

 

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Capitolo 13
*** Sorprese e gelosia ***


Piccola nota: l'indirizzo inserito in questo capitolo deriva dal fatto che via Adige è l'unica via romana che io conosca^^ ogni riferimento è puramente casuale

Capitolo 13 – Sorprese e gelosia

 
- Tu non sei innamorata di Walter. No, no, no. E’ solo un amico. –
- Che dici? –
- Ehm… niente. Parlavo da sola. –
Veronica alzò le spalle e si coprì le orecchie con le cuffie del suo lettore mp3. India sospirò di sollievo. Sperò che l’amica non avesse sentito. Ma non trovava altro modo per autoconvincersi di non essere innamorata di Walter, come da qualche giorno pareva invece che fosse.
Era nata un’amicizia troppo bella, troppo speciale per rischiare di rovinarla. Per Walter, India era chiaramente solo un’amica.
D’accordo, le aveva offerto il suo aiuto, l’aveva consolata, era stato ad ascoltarla… ma questo era un comportamento normale per un amico.
Le vacanze erano ormai alle porte ed India sperava che servissero a farle passare quella cotta. Ma era una cotta? Ormai la vicinanza di Walter provocava in lei strani effetti: improvvisamente aveva paura di dire qualsiasi cosa, paura di sembrare solo una sciocca ragazzina, paura di farsi scappare qualcosa che non avrebbe assolutamente dovuto dire. Walter non sembrava aver notato quella metamorfosi, dato che era ancora più amichevole con India, più presente e chiacchierone.
Così, da più di una settimana, si impegnava puntualmente con una seduta di lavaggio del cervello, diventando sempre più consapevole di quanto fosse difficile.
- Eva sembra un po’ più tranquilla, sai? – disse a un certo punto Veronica.
- Sarà la prossimità delle vacanze… - fu la distratta risposta di India. Personalmente, non aveva notato nessun grosso cambiamento. Eva sembrava solo meno reticente a parlare, ma quando si rivolgeva a lei la sua voce era sempre dura e tagliente. Alla fine, la ragazza decise di lasciar perdere. Non valeva davvero la pena di farsene una malattia, quando aveva cose più importanti a cui pensare.
- Già. Io, per esempio, me sento benissimo. –
- Sono contenta per te. –
- Tu, invece… Ti vedo giù di tono. Altrimenti m’avresti chiesto perché so’ felice. – Veronica non sembrava affatto offesa, anzi… la sua era quasi una presa in giro.
- Oh, scusami, Vero. Sono completamente andata. Dài, dimmi. E’ successo qualcosa di bello? – Veronica si strinse nelle spalle e sorrise.
- In realtà non è successo niente… Ma, ecco… Beh… Ti ricordi quando ti dicevo che non mi sarei mai innamorata? – India le sorrise.
- Che ci hai ripensato si era capito, ma… Chi è il fortunato? –
- Oh, aspe’, non farti strane idee. Non è che so’ proprio “innamorata”, eh! Diciamo che ho trovato qualcuno su cui non me dispiacerebbe fa’ ‘n pensierino, ecco… –
- Dài, non tenermi sulle spine. Chi è? –
- …che poi ‘n c’avrei manco pensato, sai. Figurati, è mio amico da una vita, e solo adesso m’accorgo che se fosse anche qualcos’altro… -
- Vero, sputa il rospo! – la ammonì India, divertita. Veronica si piegò verso di lei e sfoderò un sorriso a trentadue denti.
- Walter! – sussurrò elettrizzata. Il sorriso si gelò sulle labbra di India. – Ce crederesti? So’ secoli che col Masetti siamo amici, ma adesso… beh, sto cominciando a vederlo sotto un’altra luce! –
- Ah… - Improvvisamente India decise che non si sarebbe mai più fatta il lavaggio del cervello.
- Ma dài, non me dici niente? Come ce vedi assieme? –
- Benissimo. – India non trovò altro da dire. Quel ghiaccio che le sembrava di ingoiare quando parlava con Walter, ora le si era fermato tutto nello stomaco.
Walter e Veronica? No. Impossibile. India si rese conto, nel panico, che mancavano solo due giorni alle vacanze di Natale. E se durante queste…? Nooo. Non doveva pensarci.
Non doveva.
Assolutamente…

Invece, la mattina di Natale vi stava ancora pensando. Stesa sul letto e immobile, non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine di Veronica, tutta contenta e sorridente. Ma le aveva detto di non essere proprio innamorata…
Bip bip. Nuovo messaggio. India lo aprì. “Buon Natale, bella! Baci, Vero.” Sentì come un pugno nello stomaco. Non poteva fare la sostenuta con Veronica per una stupidaggine. No, Walter non era una stupidaggine. Ma Veronica era sua amica. Così le mandò una risposta veloce e affettuosa, augurando buon Natale anche a lei, poi si alzò dal letto e andò in cucina per fare colazione. Sul frigorifero torreggiava un piccolo albero di Natale finto, alto più o meno trenta centimetri. India lo trovava piuttosto deprimente. In cucina trovò sua madre, che le sorrise e le porse una tazza di cioccolata calda.
- Buon Natale! –
- Buon Natale anche a te, mamma. – Due rapidi baci e una busta. Laura la porse a sua figlia.
- Sono i soldi che ti ha lasciato zia Giulia. – India prese la busta e la guardò senza aprirla.
- Grazie… - Bevve in fretta la sua cioccolata e ripose la busta nel cassetto. Non le andava di mettersi a contare i soldi. In quel momento, il suo cellulare squillò di nuovo.
Buongiorno! Vai in via Adige n° 10, appena puoi. Walter.” Neanche uno straccio di auguri.
Ma che storia è questa? Oggi non è il primo di Aprile!” India non trovò niente di più amichevole da scrivere. La risposta arrivò meno di un minuto dopo.
Lo so! Fidati. Ripeto, via Adige n°10. Riesci ad andarci entro un’ora?” India sospirò. Cos’aveva in mente Walter? Rilesse più volte il suo sms. Dopotutto, cos’aveva da fare quella mattina? Niente. Sarebbe stato tristissimo, un Natale chiusa in casa. Così rimandò in fretta una risposta.
E va bene, vado. Voglio proprio vedere che scherzo mi stai facendo.
- Mamma, io sto uscendo! –
- Dove vai? –
- Da… ehm… da un amico. Dice che vuole vedermi per… darmi il suo regalo. – mentì India. Sua madre scosse la testa nel trovarsela davanti già vestita e con la borsa appesa a una spalla.
- E non può dartelo a scuola, quando saranno finite le vacanze? –
- Mamma… -
- Va bene, va bene, vai pure. Almeno prendi un po’ d’aria. –
India non era così smaniosa di vedere Walter, ma almeno avrebbe soddisfatto la sua curiosità. Solo quando fu fuori si rese conto di non sapere assolutamente dove si trovasse via Adige. Chiese un po’ in giro e vi arrivò in circa mezz’ora.
Si trovò di fronte a un alto palazzo bianco, di circa quattro o cinque piani. In giro non c’era nessuno. Rimase per un po’ ferma sul marciapiede, senza sapere bene cosa fare. Poi tirò fuori dalla borsa il telefonino e scrisse un sms a Walter.
Sono arrivata. Che dovrei fare?” Nell’attesa di una risposta, non poté fare a meno di sentirsi molto stupida. A che gioco stava giocando?
Primo piano. C’è una porta socchiusa, entra lì.
Puoi almeno spiegarmi perché?
Fa’ come ti ho detto e non discutere!
Gentile. India cacciò con rabbia il cellulare in borsa e spinse il portone, entrando nella palazzina. Salì una rampa di scale e trovò la porta socchiusa di cui parlava Walter.
Ebbe un attimo di esitazione. Se davvero Walter voleva fare le cose per bene, perché non l’aveva accompagnata fino a là, invece che mettere in scena quella specie di ridicola caccia al tesoro? Per un breve istante ebbe la tentazione di girare i tacchi e dimenticare tutto.
Ma in fondo… cosa le costava?
La sua mano spinse esitante la porta socchiusa. Dentro, buio. Superò l’atrio e cercò a tentoni un interruttore della luce. Quando la stanza fu illuminata, India si accorse di non essere sola.
- Walter! –
Lui era seduto sul divano che occupava un angolo di un piccolo soggiorno, con le braccia conserte e un gran sorriso stampato in faccia.
- Buon Natale! – Si alzò e le venne incontro, ridendo della sua espressione allibita.
- Vuoi spiegarmi cosa significa tutto questo? Perché mi hai fatto venire fin qui? E’ casa tua? Cosa… - Walter la zittì posandole l’indice sulle labbra.
- Con calma. Intanto facciamoci un giro delle stanze e vediamo che te ne pare. – Oltre al soggiorno, c’era una camera da letto, un bagno e un piccolo angolo cottura.
- E’ molto carina, Walter, ma davvero non capisco cosa… -
- Bene, ora passiamo alle spiegazioni. – fece lui, come se India non avesse aperto bocca. – Giorni fa, mi hai detto del problema di trovare una casa. Allora, da grande mente illuminata e geniale che sono, ho ben pensato di accennarne “casualmente” con mia madre. Dopodiché, ha fatto tutto lei. La professoressa Masetti, con la sua testa dura e l’adorazione che nutre segretamente per te, si è fatta in quattro per trovare un appartamento che corrispondesse alle tue esigenze, prima di Natale. Ci è arrivata per un pelo, direi. Stava per farsela soffiare sotto il naso. Ma la nostra cara prof ha un notevole potere di persuasione. Ha anticipato i primi sei mesi di affitto ma, naturalmente, se ci sarà bisogno di un piccolo aiuto, non esiterà a darlo. E così, eccola qui. – Alzò le spalle sorridendo. – Diciamo che è il mio… anzi, il nostro regalo di Natale per un’amica speciale. –
India rimase a guadarlo a bocca aperta, senza la forza né il coraggio di dire nulla. In pochi secondi la situazione si era ribaltata: prima incerta, poi incredula. Prima dubbiosa dell’amicizia di Walter, poi rincuorata di esserne più che certa.
- Dimmi che non stai scherzando… - proferì.
- Hai una scarsa considerazione della mia umanità, eh? –
Un attimo prima avrebbe voluto mandarlo al diavolo. E perché, poi?
Per gelosia. Pura e semplice gelosia.
- Walter… posso abbracciarti? – mormorò con la poca voce che le era rimasta. Lui le rivolse un ampio sorriso e allargò le braccia.
- Buon Natale, India. – Senza dire altro, India gli gettò le braccia al collo, scoppiando a ridere e a piangere contemporaneamente.
- Tu sei pazzo! Sei completamente scemo! Oh, Dio… -
- Chiamami pure Walter. – India rise ancora più forte.
- E’ il più bel… regalo che… che potessi farmi. – balbettò, mentre le sue risate si trasformavano rapidamente in singhiozzi. Chi se ne importava se Veronica era innamorata di lui? Gli aveva rivolto pensieri talmente adirati, che adesso si sentiva pervadere da un terribile senso di colpa. E adesso, lui aveva risolto in un colpo solo tutti i suoi problemi.

 Felicità
Forse sei qui
Sento che tu mi stai cercando
Ed ho i brividi
Di felicità
Se fossi qui
Esattamente ti vorrei così.

(L. Pausini, “La felicità”)

 

Walter la strinse dolcemente a sé e posò la guancia sulla sua testa, accarezzandole la schiena senza dire nulla. India si lasciava cullare dal suo respiro, desiderando che quel momento non finisse mai.
- S-sei grande, Walter… -
- Non esageriamo… -
- Non finirò mai di ringraziarti. –
- Provaci, e dico a mia madre di riprendersi la casa. – Prese India per le spalle. – E’ mia madre che devi ringraziare, non me. Ha fatto tutto lei. –
- Ma sei stato tu a dirglielo! Adesso però voglio parlarle. Me la puoi chiamare? – gli chiese porgendogli il suo cellulare. Water digitò in fretta il numero e le restituì il telefono, dopodiché India avviò la chiamata.
- Pronto? – fece la voce squillante di Stefania.
- Stefania, sono India! –
- Ciao, India! Buon Natale! Sei con Walter? –
- Buon Natale anche a te! Sì, sono con lui… in via Adige n° 10. – Dall’altra parte, Stefania rise.
- Ti ha consegnato il suo regalo, insomma. –
- Stefania, grazie. Grazie infinite. Sei… siete stati grandi. –
- Ma figurati, India! Era il minimo che potessi fare per una ragazza così gentile, simpatica e disponibile. –
- Grazie davvero! –
- Non pensarci. Ora goditi la giornata. Ci rivediamo a scuola, o anche prima, se vuoi. –
- Passerò a trovarti uno di questi giorni, stanne certa. Adesso ti saluto. E… grazie ancora. –
- Non dirlo più! Buone feste, India. –
- Anche a te, Stefania. –

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Capitolo 14
*** Nuovo anno, vecchi ritmi ***


Capitolo 14 – Nuovo anno, vecchi ritmi

 
La madre di India fu sollevata di veder risolto così in fretta un problema che pensava si sarebbe trascinato per molto tempo. Tuttavia, rimase a Roma per tutta la durata delle vacanze Natalizie.
- Certo però che è curioso. Non sarà stata troppo invadente, la tua professoressa? –
India evitò di rispondere. Era troppo contenta per riconoscere che, in effetti, a sua madre non andava mai bene niente. C’era sempre qualcosa fuori posto.
A Capodanno fu organizzata una festicciola tra amici a casa Cesaroni, a cui presero parte, oltre naturalmente Giulio, Lucia, Eva e Marco con annessi fratelli, India, Walter con Ezio e Stefania, e Veronica. Quando India vide Stefania, non poté trattenersi dall’abbracciarla stretta.
- Te l’avevo detto che ci saremmo riviste prima del 7 gennaio! –
- Ne ero sicura. –
- Allora, ti sei già sistemata nella nuova casa, o aspetterai ancora un po’? –
- Lo farò non appena mia madre se ne andrà da Roma. – A quel punto intervenne Lucia:
- Perché non le hai detto di venire? E’ una festa anche per noi vecchietti! –
- Ehm… Lei non ama questo genere di cose. – In realtà era quasi contenta che sua madre non fosse venuta. Le aveva appena accennato di quella festa, e il suo commento era stato “Divertiti”. Poi fu Marco a salutarla con due baci sulle guance.
- Ciao, India, sono contento che tu sia venuta. –
- Anche a me fa piacere rivedervi, Marco. – Il ragazzo le porse un pacchetto colorato.
- Questo è per te… In ritardo per Natale. – India prese il pacchetto e sorrise stupita.
- Oh, ma io… io ho portato solo un dolce e una bottiglia di champagne…! –
- …e va benissimo così. Questo è… ehm… anche da parte di Eva. – aggiunse in fretta. India non era sicura che fosse vero, ma decise di credergli. In quanto ad Eva, da quando era entrata non l’aveva ancora vista. – Dài, aprilo. – India scartò il pacchetto e ne estrasse una lunga e morbida sciarpa nelle tonalità dal rosa al viola, quelli che lei era solita scegliere per il suo abbigliamento. Sorrise a Marco e lo baciò su una guancia.
- Grazie, è bellissima! –
- Quando l’ho vista, ho pensato che ti sarebbe stata benissimo. – India posò la sciarpa sul divano, accanto alla sua borsa e, quando si voltò per raggiungere gli amici, vide Eva a pochi passi da lei.
- Ciao, India… - Non era fredda, piuttosto esitante. India cercò di sembrare normale.
- Ciao, Eva. Grazie per il regalo e per l’invito. – Si sporse a baciarla sulle guance ed Eva, finalmente, stirò le labbra in un sorriso non propriamente allegro.
- Oh. Figurati… - Veronica aveva ragione: era proprio giù. Pochi secondi dopo, India sentì una mano picchiettarle la spalla. Si voltò e vide Walter.
- La signorina è libera dai suoi impegni per salutare questo comune mortale? –
- Ciao, Walter! – Baciò anche lui sulle guance, molto più contenta di quanto si aspettasse per averlo visto di nuovo. Le sembrava che fosse passato un secolo da Natale, anziché pochi giorni.
- Come te la passi? – Walter sembrava stanco, abbattuto: sorrideva meno del solito e il suo tono era meno allegro.
- Io, benissimo, grazie a certe persone che mi hanno aiutata a trovare casa… Tu, piuttosto, che hai? Sembri un po’ giù… -
- Beh, ecco… Sono solo stanco. Stanotte non ho dormito granché. –
- Ce la farai a resistere fino a mezzanotte? – scherzò lei.
- Credo di sì. –
Veronica, come al suo solito, arrivò per ultima. Appena entrata, saltò al collo di India, non strozzandola per poco.
- Ehi, Vero, frena l’entusiasmo! – Ora le sembrava impossibile prendersela con lei per ciò che le aveva detto a proposito di Walter. Non poteva certo sapere… E comunque, Veronica restava un’amica speciale.
- Ma quanto me sei mancata, Indiuzza mia! –
- Stavo per dirti la stessa cosa, ma il modo in cui mi hai chiamata mi ha fatto cambiare subito idea… -
Nonostante i suoi buoni propositi, India si trovò spesso a lanciare occhiate apprensive verso di lei quando chiacchierava con Walter. Lui, invece, era decisamente giù di tono. In fondo, non c’era molto di cui preoccuparsi.
A mezzanotte meno due minuti cominciarono il conto alla rovescia. Quando scoccò mezzanotte, si levò un coro di “BUON ANNOOOO!” e Giulio stappò con un sonoro fragore la bottiglia di champagne. Per un attimo il tappo sembrò sparito, poi atterrò dritto sulla testa di India. Sentì Rudi borbottare:
- Però! Visto il risultato, avrei anche potuto stapparlo io, no, miss Chicco di Caffè? –
Giulio invece rise ed esclamò:
- Complimenti, India! Non avrai mica intenzione di sposarti entro l’anno? –
- Oddio, no! Prima vado a vivere da sola, poi mi sposo… Finisce che a trent’anni sono già vedova e a quaranta potete mettermi all’ospizio! – Si girò istintivamente verso Walter, cercando i suoi occhi, il suo sorriso, una sua battuta, ma lui era voltato di spalle e stava guardando fuori dalla finestra. Veronica si lanciò a recuperarlo.
- Eddài, Masetti, non fare il vecchio bacucco! Unisciti ai festeggiamenti per la futura sposa! – Walter esibì quello che sembrava un sorriso forzato.
- Magari si accontenterà di cuccarsi il fidanzatino… – disse. Quando fu al fianco di India, lei gli sibilò:
- Si può sapere perché sei così acido? – Lui aprì la bocca per rispondere, ma in quel preciso istante Marco piombò al loro fianco e scoccò un sonoro smack sulla guancia di India.
- Allora congratulazioni! –
- Ma smettetela, su! – protestò lei, scoppiando a ridere. Il suo sguardo cadde su Eva, i cui occhi erano rivolti al soffitto. – Forse è solo il segnale di un imminente trauma cranico! – Qualche minuto dopo, Veronica si avvicinò all’orecchio di India.
- Me sa tanto che il Masetti non è in vena di conquiste! Devo rimandare, eh? – India sospirò.
- Sa anche a me, sì. –
- Vabbè. C’ho ancora mesi interi a disposizione. –
India dovette appellarsi a tutte le sue forze per non farsi rovinare la festa dalla parlantina (a senso unico) di Veronica e dal malumore di Walter ed Eva. Per una volta, la compagnia di Marco divenne una piacevole via di fuga.
- Dicevi che vai a vivere da sola? – le chiese a un certo punto.
- E già. –
- E la tua nuova casa è… molto lontana? – India scoppiò a ridere di fronte a quella faccia seria.
- Oh, no, anzi! Non preoccuparti, non mi trasferisco di nuovo, se è questo che intendi. Cambio solo la casa. –
- Ah, ok. – Marco parve distendersi. – No, pensavo solo… Pensavo che non saresti venuta più. –
- Certo che vengo. Non so se ne saranno tutti contenti, ma vengo. – aggiunse, guardando in direzione di Eva.
- Oh, non fare caso a Rudi. Lascialo perdere, non ha… -
- Non parlavo di lui! – si affrettò a precisare India, rendendosi improvvisamente conto di quello che aveva detto. – No, niente, non… Stavo solo pensando ad alta voce, non mi riferivo a voi. –
- Ah… va bene. –
- Allora torno il primo giorno dopo la fine delle vacanze? –
- Sì. Sì, d’accordo. Se non sbaglio è mercoledì… -
- Mi pare di sì. – Lo sguardo le cadde sull’orologio appeso alla parete, sopra il televisore. – Si è fatto un po’ tardi, mia mamma si starà chiedendo che fine ho fatto. –
- Oh… Certo. D’accordo. Allora… ci si vede a scuola. –
- Salvo imprevisti, penso di sì. Grazie dell’ospitalità, Marco. –
- Figuriamoci! Ormai sei di casa. – India si alzò sulle punte dei piedi per baciarlo sulle guance.
- A presto. – Poi fece il giro dei saluti. Quando fu la volta di Eva, le parve di toccare una statua di marmo: l’ostilità non si era placata. Veronica l’abbracciò come se dovessero passare mesi prima di rivedersi. Walter sembrava ancora più depresso. India gli strinse una spalla e gli sorrise.
- E tu, fai il bravo. Tirati su, che così non mi piaci. – Lui sorrise a stento e la baciò su una guancia, ma fu un bacio senza entusiasmo. India moriva dalla voglia di sapere cosa fosse successo, perché era sicura che Walter non fosse semplicemente stanco. Glielo avrebbe chiesto al ritorno a scuola.
Per fortuna, il saluto di Stefania fu molto più caloroso.
- Buon continuo di vacanze, bella. –
- Anche a voi, Stefania. Posso ringraziarti ancora? –
- Neanche per sogno! Invece, fammi sapere quando ti sposti là e come ti trovi, va bene? –
- Lo farò. –
- Ma non aspettarti favoritismi a scuola! Resti sempre una delle migliori della classe, ma non posso perdere la mia credibilità di fronte agli altri! – chiarì Stefania con una sonora risata.
- Me ne ricorderò. Ancora auguri! –
Quando si avviò verso casa, arrotolandosi intorno al collo la sciarpa che le aveva regalato Marco, India non poté fare a meno di pensare a Walter e Veronica. Che fossero fatti l’uno per l’altra? In fondo, Vero era divertente, allegra, aveva un carattere da leader. Forse, se voleva davvero bene a Walter, doveva lasciare che lui stesse con la ragazza più adatta a lui. Più “giusta” di quanto non fosse lei stessa.
Si sfregò le guance punzecchiate dal freddo. Ma cosa andava a pensare? Era stata Veronica stessa a dirle di non essere proprio innamorata. Ma da una semplice attrazione poteva nascere molto di più. Lo sapeva bene, lei: le era capitata esattamente la stessa cosa…

Toh, questo Walter sembra proprio simpatico.
Ma sai che mi piace proprio il suo carattere?
Oh, guarda, mi sono innamorata!

India rise da sola. Che sciocchezze! Come si faceva a prevedere una cosa del genere?
Walter, da parte sua, quella sera sembrava un’altra persona. Ma cosa gli era preso?
Per fortuna, ormai mancava poco alla riapertura delle scuole, e avrebbero ripreso a vedersi ogni giorno. I vecchi ritmi sarebbero ricominciati, avrebbero di nuovo studiato insieme… E chissà… magari sarebbe stata la volta della rivelazione?
India rise di nuovo e spinse la porta di casa, chiudendo fuori tutte le sue preoccupazioni.

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Capitolo 15
*** Senza senso ***


Capitolo 15 – Senza senso

 
- Bentornati  tutti! – fu l’allegro saluto di Stefania quando entrò in classe la mattina del 7 gennaio. – Spero che abbiate passato giornate piacevoli! –
L’espressione dipinta sulle facce di tutti gli alunni della terza G era inequivocabile.

Giornate piacevoli, sì, piacevolissime. Fino a ieri.
- Oh, vedo che siete tutti ben riposati! Quindi non avrete problemi a rimettervi al lavoro, vero? – Scrutò ogni singolo alunno. – Da subito. –
Sospiri, fruscii, borbottii. Ebbene sì, la scuola era ricominciata.
- Non capisco perché siano tutti così ‘mbronciati! – commentò allegramente Veronica. – Io non vedo prospettiva migliore: ho di nuovo la mia libertà! Posso farmi buttar fuori e passeggiare per i corridoi! – India scosse la testa sorridendo e le rivolse un’occhiata scherzosamente compassionevole: il passatempo preferito di Veronica era far incavolare gli insegnanti per farsi sbattere fuori dalla classe.
Evidentemente, le due amiche erano le uniche ad essere contente.
India sbirciò Eva con la coda dell’occhio e notò che sembrava un tantino più distesa. Non sorrideva, ma almeno non assomigliava più a un cucciolo di tigre.
Come al solito, alla ricreazione, India si trovò con Marco al suo fianco.
- Allora oggi vieni, no? – le chiese, pimpante come un grillo.
- Certo. Dovrebbe venire anche Walter, credo… - India si trovò ad incrociare le dita. Non aveva ancora avuto modo di parlare con Walter, ma sperava che il suo umore fosse migliorato da Capodanno. - Ah. Beh, io… volevo appunto dirti che… che oggi non torno a casa. – disse in fretta Marco.
- Va bene. – India non batté ciglio. Marco sembrò perdere tutta la sua vivacità, tornando in fretta nei panni di Mr. Timidezza.
- Allora… beh, ci vediamo all’uscita. – E si allontanò frettolosamente.
In un modo o nell’altro, non riuscì a recuperare Walter fino all’uscita, quando dovette correre come una matta per raggiungerlo.
- Ciao… - disse ansimando. – Oggi… oggi vieni? –
- Ehm… Dove? – ribatté lui, sinceramente confuso.
- A casa Cesaroni, a studiare con me! –
- Ah, già. Sì, certo. Andiamo. –
India era troppo contenta di rivederlo per dire qualsiasi cosa sul suo comportamento decisamente anormale per i suoi standard.
Fecero la strada in silenzio, e India maledisse tra sé la sua dannata timidezza.

Parla. Digli qualcosa!
Non ci riusciva. Di nuovo le prese la paura di dire qualcosa di sbagliato. Qualsiasi cosa.

 Dove sei
E come stai?
Non ci sei, ma dove vai?
Io sono qui
Come te
Con questa paura
Di amare per due minuti
Due ore, un’eternità…

 India si sorprese a sentirsi sempre più frustrata man mano che passavano i minuti, seduti a quel tavolo coperto di libri. Persino l’aria era difficile da respirare.
Ogni singola cosa intorno a loro sembrava essere lì apposta per appesantire l’atmosfera.
Quanto avrebbe voluto dirgli tutto quello che c’era da dire.

Mi sono innamorata di te, Walter. Hai qualcosa in contrario?
Certo, se le cose avessero dovuto continuare così, rifletté, non c’era alcuna speranza.
Nessuna speranza che tutto filasse liscio. Che Walter capisse. Che lei si rassegnasse.
Per varie volte nel corso del pomeriggio le venne voglia di prenderlo per le spalle e scuoterlo, gridando: “Sveglia, Walter, torna in te! Che ti prende? Come posso dirti quello che sento per te, se tu continui a ignorarmi così?”
- India? Ci sei? –
- Come? Ah, sì, scusa, stavo pensando… - India tornò frettolosamente al suo libro. Si era imbambolata a guardare nel vuoto, a pensare, pensare e ancora pensare… Dopo qualche disperato tentativo, si tolse gli occhiali e li posò sul tavolo, massaggiandosi le tempie. Non poteva, non poteva… Non poteva stare così. Sarebbe scoppiata. Avrebbe detto cose inopportune.
La sua mano afferrò di scatto il braccio di Walter.
Walter alzò la testa e la guardò con stupore.
- Cosa…? –
- Walter, mi dici che succede? – Lui alzò le spalle.
- Niente, India. Non capisco cosa vuoi dire… -
- Avanti, non fare il finto tonto. Non sei credibile. Ho fatto qualcosa di male? –
- Ti ripeto che non ho idea di cosa dici. – India sbuffò e distolse lo sguardo. – Ti stai facendo un sacco di problemi per niente. –
- Cosa intendi esattamente per “niente”? –
- Oh, andiamo! – Walter si ritrasse dalla sua stretta. – Non posso fare sempre la parte del clown. Ho anch’io dei sentimenti e degli sbalzi d’umore, sai? –
- E io non posso sapere a cosa sono dovuti, vero? – La voce di India si fece dura.
- Esattamente. –
Proseguirono a studiare ognuno per conto proprio, in silenzio. India tremava di rabbia. Non bastavano gli sbalzi d’umore di Eva, no, mancavano quelli di Walter!

Sbalzi d’umore? Ah!
Non sapeva esattamente quanto tempo fosse passato (mezz’ora? Un’ora?) quando Walter raccolse le sue cose e, con voce inespressiva, le disse:
- Beh, mi pare che per oggi abbiamo finito. Ci vediamo domani. –
Lei non rispose. Sentì solo la porta aprirsi e poi chiudersi.

Stupida! Stupida, come al solito!
Avrebbe dovuto trattenerlo, tirargli fuori le parole con le pinze, se necessario. Ma non lasciare che si prendesse gioco di lei fino a quel punto?
Mettendo da parte l’orgoglio, tirò fuori il cellulare e provò a chiamarlo. Spento.
Ok. Avrebbe fatto quello che era giusto. Gli sarebbe andata dietro.

 Io che ti telefono,
tu che non sei in casa,
“lasciate un messaggio”
ma è molto più veloce il nastro di me
che non so mai che dire
e allora proverò ad uscire,
stasera io ti trovo, lo so!
(Raf, “Due”) 

Corse più veloce che poteva, tremando per il freddo: aveva lasciato il giubbotto in casa Cesaroni.
Poco male, sarebbe tornata indietro. Ma non prima di aver parlato con Walter.
Lo raggiunse con il fiato corto.
- Walter! – Lui si voltò, con un’espressione di vaga sorpresa.
- Che ci fai qui? –
- Lo sai benissimo! – Walter sospirò.
- India, per favore… -
- Per favore un corno! Che ti prende, Walter, perché ti comporti così? Ho fatto qualcosa di sbagliato? –
- Te l’ho detto, non hai fatto un bel niente. Perché non te ne dimentichi? –
- Perché credevo che fossimo amici! E tra amici certe cose vanno dette, no? – Walter la guardò con rabbia per qualche istante, senza dire niente.
- Proprio così, siamo amici. – disse poi tra i denti. – Solo amici. Niente di più. – E si allontanò a passo svelto, lasciando India sola e confusa. Che voleva dire “solo amici”? Per un attimo India pensò con terrore che Walter avesse capito il suo interesse verso di lui. Ma, anche se fosse stato così, che motivo poteva mai avere per comportarsi così? Allora, la loro amicizia, l’aiuto che lui le aveva offerto, l’appartamento… non avevano più senso?
No. Era il suo comportamento, l’unica cosa senza senso.
Girò i tacchi e s’incamminò verso casa Cesaroni. Quando entrò, si accorse di non essere sola: c’era anche Eva. Doveva essere tornata mentre India era fuori con Walter.
- Oh, ciao, Eva… - mormorò. Eva si voltò verso di lei. Di nuovo quegli occhi di ghiaccio.
- Ciao. – India non resistette più. Era troppo.
- Ma insomma, che vi ho fatto, a tutti quanti?! – sbottò. – Prima Walter, poi tu! E nessuno che mi degni di una spiegazione! Cos’ho fatto di tanto tremendo per essere trattata così? –
- Non sei la persona più adatta per dirmi come devo comportarmi, India. – replicò Eva, facendo per allontanarsi. Ma India la trattenne per un braccio.
- Eh, no, cara. Magari Walter riuscirà a manovrarmi come gli fa comodo, ma almeno tu… almeno tu mi devi una spiegazione! Pensavo che fossimo amiche. –
- Anch’io lo pensavo! –
- E cosa mai sarebbe cambiato, perdio?! –
- Marco! Ecco cos’è cambiato! – esplose Eva. India la fissò a bocca aperta. Ma cosa…? – E certo, tu non te n’eri accorta, eh? Non venirmi a dire che non sapevi che sono innamorata di lui! – sibilò. – Da quando sei arrivata tu, mi è stato impossibile non accorgermi che è cambiato. E’ cambiato, con me… Finora il problema più grosso era stata la vigilanza di Giulio, ma da quando Marco si è innamorato di te… -
- Ma… cosa dici? Marco non è innamorato di me! –
- Viviamo sotto lo stesso tetto da due anni, India. Lo conosco meglio di chiunque altro. Quegli sguardi, quelle attenzioni che prima riservava a me, ora sono tutte per te! E non fare quella faccia! – gridò ancora, dato che India continuava a guardarla a bocca aperta.
- Eva, io… Ti giuro che non è come pensi. Marco non può essere innamorato di me… E… e anche se lo fosse, lui non mi piace! Cioè, sì, è simpatico, può essere un buon amico, ma… io non sono innamorata di lui! Io… - Stava per dire “Io sono innamorata di Walter”, ma le parve di aver già detto abbastanza. Gli occhi di Eva lanciavano fiamme.
- Certo, come no. E’ comodo fare la parte della principessina ingenua. E, se proprio vuoi saperlo, Marco ha lasciato Rachele per te! Per te! – India sentiva una curiosa sensazione, come se le si fosse annodata la lingua. Sì, si era spesso chiesta se le attenzioni di Marco non fossero un po’ eccessive, ma… mai e poi mai avrebbe pensato… E se Eva, che di solito era tranquilla e sorridente, era così infuriata, voleva dire che era sicura di quello che diceva. Cosa poteva fare India? Scusarsi? Non era certo colpa sua…
- Senti, Eva, non so se lui ti abbia detto qualcosa, comunque sia, io ti assicuro, ti giuro che non ho assolutamente intenzione di mettermi tra di voi… -
- Allora lo ammetti! – A quel punto, India si sentiva troppo stanca ed esasperata per continuare la discussione. Afferrò la borsa e s’infilò in giubbotto.
- Va bene, ho capito, con te è impossibile parlare. Non mi stupisco che Marco ti abbia lasciata perdere, se riesci ad essere così straordinariamente cocciuta e infantile! – E se ne andò sbattendo la porta.
Che voleva da lei, Eva? Che poteva farci? Non le sarebbe mai passato per l’anticamera del cervello che Marco potesse essere interessato a lei. Oh, se all’inizio della scuola avesse scambiato i propri giudizi! Avrebbe potuto provare antipatia per Walter e non avere più niente a che fare con lui. Invece, adesso… che pasticcio!
Quando si infilò sotto le coperte, quella sera, si chiese se per caso non avesse esagerato nel rivolgersi ad Eva in quel modo. Era nervosa, si era trovata ad affrontare argomenti del tutto inaspettati, era ancora in collera per Walter, e poi doveva pure sentirsi piovere addosso tutte quelle accuse infondate… Non ce l’aveva fatta più ed era esplosa. Non si sarebbe mai aspettata di poter avere reazioni come quella, ma era davvero troppo carica di rabbia e delusione per fare caso alle parole da usare.
Cosa aveva fatto cambiare Walter così all’improvviso? Cosa voleva dire quel “Siamo solo amici e niente di più”? Perché, allora, non le era dato sapere?
E come comportarsi con Marco? In fondo, era un buon ragazzo, un po’ noioso, forse, ma non certo cattivo… India sperò con tutto il cuore che i timori di Eva fossero infondati, sia perché altrimenti non avrebbe saputo come comportarsi con lui, sia perché non sopportava il pensiero che Eva la odiasse in quel modo per qualcosa di cui, alla fine, non era colpevole.
Decise che con Marco avrebbe fatto finta di niente, per vedere come si sarebbe evoluta la situazione. Con Eva… che fare? Parlare era inutile. Avrebbe fatto finta di niente anche con lei. Sicuramente Veronica avrebbe chiesto qualcosa in proposito, ma India era sicura che, se glielo avesse raccontato, lei avrebbe mantenuto la discrezione. Magari ne avrebbe parlato con Eva, ma non avrebbe spiattellato in giro la questione di lei e Marco.
Ma con Walter non avrebbe chiuso un occhio. No. Non avrebbe mollato finché non avesse capito e, possibilmente, risolto il problema.
Perlomeno, tutta quella questione era servita a farle riscoprire una tenacia che non credeva di possedere.

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Capitolo 16
*** Volevo dirti che ti amo ***


Oggi posto due capitoli, sia perché tanto commentano sempre solo la mia sore e Michelle (grazie per i complimenti, sono contenta che la storia ti piaccia^^), sia perché è abbastanza lunga e non vorrei ridurmi a non arrivare a postarli tutti (dato che in estate sono senza internet). Dunque in questo periodo potrei velocizzare l’aggiornamento. Buona lettura!

Capitolo 16 – Volevo dirti che ti amo

 
Ti prego, fa’ che finisca presto… fa’ che finisca!
Era almeno la quindicesima volta che India ripeteva tra sé quella preghiera. Ciò che sperava finisse in fretta era un pomeriggio a casa Cesaroni.
Eva era dovuta rimanere in casa per via della montagna di compiti assegnati per il giorno dopo, e non rivolse a India nemmeno uno sguardo.
Per quanto riguardava Marco, sembrava che qualcuno gli avesse dato la carica: non la finiva più di parlare. Dopo un po’ India non sentì altro che un confuso brusio di sottofondo.
Inoltre, per tutto il pomeriggio non aveva fatto altro che sperare in un’apparizione di Walter: India si era accorta di aver preso per sbaglio uno dei suoi libri di scuola, ma lui, a quanto pareva, o non se n’era accorto, o nel suo programma di allontanamento-India era compreso il non parlarle neanche per questioni “esterne”.

Magari non se n’è accorto… Forse verrà a riprenderselo…
La tensione era palpabile nell’aria, ed era spezzata solo ogni tanto da un provvidenziale ingresso di Mimmo, il quale veniva però puntualmente mandato via da Marco.
- Quindi, ti stavo dicendo… -
- Scusami, Marco, ma non riesco a concentrarmi, se continui a parlare. –
- Ah, ok. – Chinò di nuovo la testa e si immerse nello studio. India inforcò gli occhiali e riprese la lettura del lungo brano di storia che era stato loro assegnato.
- Scusate, ho lasciato qui il mio libro di poesia. – fece la voce asciutta di Eva. La ragazza prese il libro in questione, poggiato al centro del tavolo, e tornò in camera sua senza dire altro.
- Ultimamente è un po’ giù di corda, eh? – commentò allegramente Marco.

Complimenti, genio.
- Già, poverina. Chissà cosa le passa per la testa. –

Che vorrebbe uccidermi, ecco cosa le passa per la testa.
- E a te, cosa passa per la testa? –

Walter. Walter, Walter, Walter. Non ne posso più di andare avanti così.
- Niente di interessante. Sono solo un po’ preoccupata per le interrogazioni di domani. –
Chi se ne frega delle interrogazioni!
- Oh, figuriamoci… Se hai paura tu, allora io posso andare direttamente a nascondermi sotto il banco. –

E non sarebbe male. Così ti leveresti dai piedi e io sarei più tranquilla almeno per un verso!
- Beh, per ora devo concentrarmi solo su questo. Non posso permettermi distrazioni. –

Dove sei, Walter? Perché non mi fai capire che sei vivo?
Marco cincischiò ancora per un po’ con le pagine del suo libro, peraltro già abbastanza rovinato. Sembrava che fosse seduto sui carciofi, da come smaniava e si agitava sulla sedia.
- Senti, ogni tanto si può fare una pausa, no? –
- No, non oggi! –
- Eddài… Nemmeno cinque minuti? –
- No, nemmeno. – Proprio adesso che stava cercando di evitare qualsiasi contatto che non implicasse la presenza di almeno sei o sette libri a dividerli?
- Tre minuti? –
- Neanche mezzo. –
- Guarda che mi bastano anche due secondi. Dài, che ti costa? – Le mostrò due dita. – Due secondi. – India sbuffò. Va bene, va bene, va bene. Qualsiasi cosa pur di farlo star zitto!
- E va bene. Se proprio è necessario. – Marco non aspettava altro. Le afferrò una mano e la trascinò lontano dal tavolo, a grandi passi. In quel momento suonò il campanello e India vide un barlume di speranza.
- Marco, suonano alla porta… -
- Apre Rudi. – In breve si ritrovarono in camera sua. Marco le si piazzò davanti. – India, devo… devo dirti una cosa importante. –
- Avanti, parla. – rispose lei, sperando che la cosa si risolvesse in pochi minuti.
- Io… credimi, sto morendo di vergogna in questo momento, ma se non te lo dico, scoppio… E se non te lo dico adesso che Walter non c’è, non so se avrò più la possibilità… -
- Dirmi che cosa, Marco? – sbottò India. Ti prego, fa’ che non sia quello che penso…
- Tu mi piaci, India. – rispose lui in fretta. – Mi piaci molto, da quando ti ho vista per la prima volta a scuola. Sei… oh, non so spiegarlo. So solo che ogni volta che vieni qua, ho una voglia pazza di starti accanto e mi dimentico di tutto il rest… -
- Marco, ti prego… - mormorò lei, maledicendolo tra sé e sé. Perché, perché doveva complicare le cose?
- No, ascoltami. Lo sai, io non sono bravo in queste cose, ma da quando mi tengo dentro questo segreto… non ne potevo più… E Walter l’ha capito, ecco perché non mi ha… -
- Cosa c’entra Walter in tutto questo?! – esclamò disperatamente India. Ma Marco non le rispose. Un attimo dopo, si trovò stretta tra le sue braccia mentre lui cercava di baciarla. – No! No, Marco, non… - balbettò, cercando di scostare il viso per quanto le fosse possibile. – Smettila! –
Pochi secondi dopo, si sentì improvvisamente libera. Non perché Marco l’avesse lasciata, ma perché qualcuno si era infilato a forza tra i due e li aveva allontanati bruscamente. India guardò in faccia quel qualcuno: era Walter, che ora fissava gelidamente Marco.
- Bravo, Marco, complimenti. Bravo davvero. – E, senza dire altro, prese India per una mano e lasciò in fretta la stanza, portandola con sé.
India avrebbe giurato di aver visto Rudi, raggomitolato sul divano, in preda a una crisi di risa isteriche. Walter si fermò solo quando furono lontani da casa Cesaroni di almeno una cinquantina di metri. Dopodiché si sedette su un muretto, respirò profondamente e fissò il marciapiede di fronte a sé.

 Dal rumore del mondo,
dalla giostra degli attimi,
dalla pelle e dal profondo,
dai miei sbagli soliti…
Dal silenzio che ho dentro
E dal mio orgoglio inutile,
da questa voglia che ho di vivere…

 India avrebbe voluto avere il coraggio di dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma l’espressione di Walter non gliene diede la forza. Solo dopo vari minuti, Walter sospirò profondamente un paio di volte e poi si decise a parlare:
- Ti… ti chiedo scusa. – India alzò lo sguardo.
- Tu? Scusarti…? –
- Sì. Devo… devo aver perso il lume della ragione. Scusami. Torna… torna pure da Marco. – Respirava pesantemente, come se avesse corso per chilometri.
- Walter, sono io che devo ringraziarti. Mi è praticamente saltato addosso, non avevo idea che volesse… Meno male che sei arrivato in tempo, altrimenti non so cosa… -
- Marco non sarebbe andato oltre, lo so. Ma… davvero è stato lui? – Aveva ancora un tono scontroso, ma ora pareva più disteso. Solo, sembrava che il restare seduto su quel muretto gli costasse uno sforzo immane.
- Sì. Io, di certo, non l’avrei mai baciato di proposito. –
- Oh. Capisco. –
- Walter… - Lui alzò la testa e finalmente guardò India negli occhi. – Anche se non c’entra nulla con tutto questo… Adesso puoi dirmi perché ce l’avevi tanto con me? – Walter sospirò di nuovo e chiuse gli occhi.
- Io non ce l’avevo con te, India. E c’entra più di quanto pensi. Ero solo… ero geloso. –
India deglutì, chiedendosi come sarebbe continuato il discorso.

 Volevo dirti che ti amo
Perché sei troppo uguale a me
Quando per niente litighiamo
E poi ti chiudi dentro te.

 - …Geloso…? –
- Senti, India, te lo dico chiaramente, qualsiasi cosa tu penserai dopo. All’inizio, quando ci eravamo appena conosciuti, io non avrei mai pensato che… insomma, che sarebbe andata così. Poi ho cominciato a conoscerti, e mi sei piaciuta, e intanto siamo diventati amici. Ma poi… poi ho capito che l’amicizia non mi bastava più, e ho fatto di tutto per capire se… insomma, se anche tu… Beh… Quando ho chiesto a mia madre di trovarti una casa, ho pensato di fare il bel gesto e di colpirti, ma… lì ho capito quanto tu fossi sincera e disinteressata, e non ho avuto il coraggio di dirti niente. Ma poi… si capiva lontano un miglio che Marco è cotto di te. E io pensavo che tu… che tu lo ricambiassi. E mi è venuta una tale rabbia, una gelosia così forte che… che ho deciso di tagliare del tutto, con te. Ma non posso. Non ce la faccio. –
India lo guardava ammutolita. Non era possibile… Stava sognando…
- Io… io pensavo che tu e Veronica… - balbettò.
- Veronica? Oh, no… Siamo amici da una vita, e non potrei mai vederla sotto un’altra luce. Anche tu sei mia amica, ma ecco… io vorrei che tu fossi anche qualcosa di più, per me. –
India cercò di trovare qualcosa di sensato da dire, ma quei dannati cubetti di ghiaccio erano di nuovo lì, nella sua gola. Le sembrava che anche il suo cervello fosse ricoperto di ghiaccio, dati i pensieri confusi e insensati che ora le riempivano la testa.
Un discorso così non era da Walter… Era troppo serio, troppo… sincero.
Walter fraintese il suo silenzio.
- Mi dispiace se ti sto facendo confondere, India. Io… volevo solo dirti questo… che mi sono innamorato di te. – Giorni dopo, India si sarebbe chiesta dove mai avesse trovato il coraggio di sporgersi in avanti e posare un timido bacio sulle labbra di Walter. Ma lo fece. Le venne talmente naturale che la sua testa si svuotò, per lasciare al proprio posto una sola certezza: lui le aveva detto ciò che desiderava sentirsi dire, più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Si scostò dal viso di Walter e si lasciò sfuggire una risatina nervosa. Gli occhiali, che non aveva ancora tolto, le si erano appannati e le impedivano di vedere l’espressione di incredulità dipinta sul volto di Walter. Lo sentì solo alzarsi in piedi e sfiorarle una guancia con le dita.
- Oh, Walter, mi sa che abbiamo combinato un guaio… – mormorò sorridendo appena.
Solo quando lui le tolse delicatamente gli occhiali poté vedere il sorriso stampato sulle sue labbra. Ma a poco a poco il sorriso scomparve, i suoi lineamenti si confusero e India sentì solo il suo respiro caldo avvicinarsi sempre di più. Dapprima le loro labbra si toccarono timidamente, poi Walter serrò le braccia attorno alla vita di India e la baciò con trasporto, stringendola a sé, quasi sollevandola da terra.
India non avrebbe mai pensato che un bacio, il primo vero bacio, potesse essere così… così bello, così naturale, così… così difficile da descrivere. Affondò le dita tra i capelli di Walter e continuò a baciarlo, avendo come l’impressione che il mondo attorno a loro sparisse, lasciandoli soli con la gioia di quel momento magico e tanto sospirato.
Fu con il fiato corto che India si separò da Walter. – Non… non provare a vantarti… perché sei il primo! –
Lui la guardò inclinando al testa di lato. – Prima di tutto, non lo farei mai. E in secondo luogo, non sono il primo. Marco dove lo metti? – La sua espressione non era affatto adirata, anzi, pareva molto divertito.
- Marco? Chi è Marco? – ribatté India ridendo. – Non ho mai baciato nessun Marco, io… - E, per rafforzare la sua convinzione, abbracciò Walter in vita e lo baciò di nuovo, con un pizzico di scioltezza in più.
- Punto terzo: non l’avrei mai detto! –
- Cosa? –
- Di essere il primo! – India scosse la testa.
- Ecco, ora mi stai prendendo in giro… - Walter l’abbracciò.
- Non oserei mai. – India si sentì talmente tranquilla e confortata, al caldo tra le sue braccia, che chiuse gli occhi e non disse nient’altro. Appoggiò la testa sulla spalla di Walter e si godette in silenzio quel suo piccolo paradiso perdonale.

 E questo dirti che ti amo
È la mia sola verità,
tu non lasciarmi mai la mano,
anche se un giorno finirà…

(L. Pausini, “Volevo dirti che ti amo”)

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Capitolo 17
*** Chiarimenti... ***


Capitolo 17 – Chiarimenti…

- India, non so da dove cominciare… -
- Da nessuna parte, Eva, ti capisco benissimo. –
- Ma io non potevo pensare che tu… -
- Neanch’io, credimi! –
India aveva aspettato qualche giorno prima di parlare con Eva. Benché lei cercasse sempre di non esibirsi in troppe smancerie a scuola, con Walter (soprattutto quando c’era Stefania nei dintorni, e cioè quattro ore su cinque), Eva aveva finalmente capito che, per quanto Marco potesse averci provato, India non aveva occhi che per Walter. La ragazza si manteneva ancora cauta, ma era impossibile non capire che la sua rabbia era stata infondata, perlomeno da una parte.
- Credimi, ci sono rimasta talmente male quando ho capito che Marco… - India ritenne opportuno non scendere nei particolare e lasciar perdere le recenti “avances” di Marco.
- Lo so, ti capisco meglio di quanto credi. – Le sorrise. – Allora… amiche? –
Eva sospirò e abbozzò un sorriso mesto.
- Amiche. – disse alla fine.
India non aveva parlato a caso dicendo a Eva che la capiva meglio di quanto credesse.
Quanto si era sentita gelosa nei confronti di Veronica? Le sembrava pazzesco pensare che anche Walter era stato geloso… di Marco!
Fin dal giorno dopo il bacio, si poteva tastare una certa tensione tra i due. Ma, prima di pensare alla loro amicizia, India voleva occuparsi di qualcun altro.
Questo qualcun altro era Veronica. Le sembrava disonesto tacerle quanto era successo. Non che Veronica covasse grandi progetti per Walter, ma India era comunque l’unica a cui aveva raccontato di quella sua cotta…

Insomma, o la va o la spacca. Io glielo dico.
- Ciao bella! Che mi racconti? – fece la voce squillante di Veronica.
- Ciao, Vero… Come stai? –
- Benissimo. A te non c’è bisogno che lo chieda: te brillano gli occhi! – commentò sedendosi al banco. India sorrise mordendosi il labbro inferiore.
- Sul serio? –
- Come no! Avanti, dimmi… -

Oddio, come faccio a prenderla alla lontana?
- Senti, Vero, io… volevo dirti qualcosa a proposito di Walter. – Veronica si fece improvvisamente attenta.
- Dimmi! Ma non fa’ quella faccia che me preoccupo! – India sospirò e si torse nervosamente le mani.
- Oh, senti, non mi va di girarci attorno. Vero, lo so che l’hai raccontato solo a me perché siamo amiche, ma, vedi… ecco, io… io e Walter… -
- Sei innamorata di lui, eh? – Veronica sorrideva con la faccia da “sputa-il-rospo-che-io-ne-so-più-di-te”.
- Come fai a… -
- India, devi pensa’ che so’ davvero cretina, se credevi che non l’avessi capito. –
- No, Vero, assolutamente, pensavo solo… - Ecco che si confondeva di nuovo. Possibile che le sfuggisse sempre tutto di mano? Veronica scosse la testa senza smettere di sorridere.
- A India, cara mia, te sei peggio d’un libro aperto! Pensavi che non me ne fossi accorta? E’ vero, a me piace Walter, però te l’ho voluto dire lo stesso. Era giusto, no? Così, se fossimo diventate rivali, almeno non mi avresti potuto rinfacciare di non averti detto niente! –
- Tu… tu sei completamente scema! – esclamò India scoppiando a ridere. Poi tornò subito seria. – Allora… allora non ce l’hai con me? –
- Ma dài, come posso avercela con te? Si vede che per te è molto più importante! –
- Sì, è vero, lo è… - mormorò vergognosamente India, sorridendo appena e stringendosi nelle spalle.
- E lui? Che fa il Masetti? Se dà una mossa, vero? – Quella ragazza era incredibile! India non sapeva come si sarebbe comportata al suo posto. Di certo non come Veronica! Ed era talmente schietta e senza peli sulla lingua, che era impossibile che stesse mentendo solo per farle piacere.
- Beh, effettivamente sì. – Veronica avvicinò bruscamente la sedia a quella di India e spalancò gli occhi.
- In che senso? Che ha fatto? –
- Ehm… beh, ecco, noi… -
- Vi siete baciati? –
- Cavoli, Vero: puoi dirmi direttamente se litigheremo entro un mese? Mi pare che tu ne sappia molto più di me, dato che io ancora stento a crederci! – Veronica emise un’esclamazione di gioia.
- Non ce posso credere! Il mio amichetto è cresciuto! –
- Che vuol dire? –
- Che di solito, se gli piace una ragazza, ce prova da subito, senza perdere tempo. Evidentemente tu lo hai messo in soggezione! – India la guardò scettica. – Davvero! Oppure vuol dire, molto più semplicemente, che a te ci tiene in modo particolare! Allora, dimmi, dimmi, com’è stato? –
- Scommetto che tu sapresti spiegarlo meglio di me: io non avevo mai baciato nessuno, prima. –
- Che tenera! – squittì Veronica, praticamente saltellando sulla sedia. – Ma io non posso mica descrivere i baci degli altri! Dài, parla! – India si sentì improvvisamente molto in imbarazzo.
- Oh… non saprei spiegarlo… è stato bellissimo, non saprei dirti di più. Era come… come se ci fossimo solo noi, capisci? Come se non esistesse altro. Di certo non me lo sarei mai immaginato così… - Veronica ridacchiò.
- Cara mia, se la tua pelle fosse dello stesso colore della mia, a quest’ora saresti arrossita fino alla radice dei capelli! –
- E già, è quello che penso sempre anch’io. –
- Scusami se so’ indiscreta, ma… Che è successo esattamente, lui è venuto da te e, paf!, ti ha baciata? Cioè, com’è successo? – India si chiese se fosse il caso di raccontare anche quello, ma, una volta iniziato, tanto valeva andare avanti.
- No, sono successe un bel po’ di cose. – E le raccontò della rabbia improvvisa di Walter, che poi si era rivelata gelosia, della propria esasperazione, di Eva che finalmente aveva vuotato il sacco… A quel punto, Veronica fece un salto sulla sedia.
- Marco è innamorato de te? –
- Evita di ribadirlo, per favore. Sono riuscita a stabilire una tregua con Eva e non mi va di mandare tutto al diavolo un’altra volta. Comunque non credo ci sia bisogno di dire che… -
- …che de Marco non te ne po’ frega’ de meno, sì. Va’ avanti. –
E così, India proseguì a raccontarle del litigio con Eva e poi con Walter, di come avesse deciso di far finta di niente, di Marco che aveva mandato al diavolo la timidezza e l’aveva quasi baciata…
- Cooosa?! – strillò Veronica. – Cioè, Cesaroni ha provato a… - India le tappò la bocca con una mano.
- Sì, va bene, ho capito che hai afferrato! – sibilò. – Ma non c’è bisogno che tutta la scuola lo sappia. –
- Ok, ok. Scusa. E poi…? –
- E poi è arrivato Walter, mi ha portata via e mi ha fatto tutto un discorso su quello che… beh… su quello che prova. – A quel punto India sorrise e fece spallucce. – E il resto lo sai. –
- Ragazzi…! Fischia, non credevo che Walter potesse essere così… così! –
- Aspetta a parlare, Vero. Magari era solo il momento… Ma Walter è sempre Walter, no? – In quell’istante, come evocato dai loro pensieri, Walter spuntò davanti alle due ragazze e colse India di sorpresa con un sonoro bacio sulle labbra.
- Buondì, ragazze, che si dice di bello? –
- Hai ragione, Walter è sempre Walter… - fu il commento divertito di Veronica.
- Devi dare per forza spettacolo? – gli sussurrò India. Lui alzò gli occhi al cielo.
- Ma se non c’è nessuno… -
- E io chi sarei? – esclamò Veronica, tirandogli un calcio da sotto il banco.
- Una rompiscatole che dovrebbe farsi i fatti suoi! – replicò Walter facendole la linguaccia. Ma ormai India non li avrebbe più guardati con sospetto. Sia perché era sicura che tra di loro non ci fosse niente di più di una semplice amicizia, sia perché ora pensava a qualcos’altro…
- Walter, alla ricreazione dovrei parlarti. –
- Quando vuoi. – E non poté aggiungere altro perché Stefania entrò in classe, seguita da un codazzo di alunni ritardatari.
Alla ricreazione, si fermarono a parlare nel corridoio.
- Cosa volevi dirmi? –
- Beh, ecco… mi chiedevo se… insomma, tu e Marco… - Walter smise di sorridere.
- Non chiedermelo. –
- E invece te lo chiedo. Siete amici, perché rovinare tutto per… per… -
- Per una bugia e un tradimento che non mi sarei mai aspettato? No, India, non chiedermi questo. Marco sapeva benissimo quello che provo per te. E avrebbe almeno potuto parlarmi, prima di… - Non seppe come continuare e alzò le spalle. – Non so se voglio essere ancora suo amico. –
- No, dài, Walter, parlo sul serio. –
- Anch’io parlo sul serio! –
- Non voglio che rompiate l’amicizia per colpa mia. – Ed era vero: era quello il suo più grande timore. Walter sorrise e le cinse la vita con le mani.
- Piccola, non è colpa tua. Non mi pare che tu gli sia saltata addosso o niente di simile, no? –
- No, ma… per favore, Walter. Non puoi almeno provarci? Con Marco posso parlarci prima io, se vuoi. –
- Se s’accontenta di parlare… -
- Ma certo, scemo! – India non poté fare a meno di ridere. – E’ stato solo un incidente. – Walter la guardò con un’espressione indecifrabile. – Che c’è? –
- Sei incredibile, lo sai? Perché ti affanni tanto a difenderlo? –
- Non sarai ancora geloso… - sospirò lei, dovendo però ammettere a sé stessa che, in fondo, l’idea non le dava poi così fastidio. Walter rise.
- No, no. E’ che… boh, non lo so. Io non riuscirei a comportarmi come te. Non avevo torto quando ho cominciato a pensare che tu fossi speciale. – Fece per baciarla, ma lei gli mise un dito sulle labbra.
- Dài, Walter… non a scuola. E se ci vedesse tua madre? –
- Sarebbe contenta e felice. Lo sai che ti adora. –
- Magari si ricrederà. Meglio non correre il rischio, no? – Walter sbuffò, ma le sue labbra si incresparono in un sorriso.
- Vorrà dire che quando studieremo insieme, metterò sotto chiave Mimmo e Rudi. –
- Sì, sì, come no… Ci penseremo. Ora vado a scambiare quattro chiacchiere col tuo amico. – disse India, marcando l’ultima parola. Walter allargò alle braccia come a dire “Se proprio ci tieni” prima di allontanarsi salutandola con la mano. India prese il coraggio a due mani prima di avvicinarsi a Marco, che se ne stava da solo in un angolo ad ascoltare musica con il suo walkman. - Ciao, Marco… - Lui si voltò di scatto e sembrò quasi impaurito.
- Oh… ehm… devo… ho dimenticato una cosa in classe. – Fece per andarsene, ma India lo trattenne.
- Dài, Marco, non c’è bisogno di scappare. – Lui sospirò, evitando il suo sguardo. – Volevo dirti solo due cose, poi ti lascio in pace e tu sei libero di fare quello che riterrai più giusto. – Fece una pausa, ma Marco non rispose. – Prima di tutto, io… ecco, mi sembra giusto dirti che io e Walter stiamo insieme. E poi… beh, facciamo conto che tra noi due non sia successo niente, ok? – La ragazza non trovò parole più gentili per dirlo. Marco continuava a guardare il pavimento senza dire niente. Allora India andò avanti: - E poi, a proposito di te e Walter… A me non sembra giusto che un’amicizia come la vostra debba rompersi per una stupidaggine. Cose così capitano a tutti, no? Che bisogno c’è di tenersi il muso? Tanto, tra noi non è successo niente, no? Quindi… volevo solo chiederti se, per favore, puoi parlare con lui e chiarire. Lo so che nessuno di voi vuole che la vostra amicizia finisca. – A quel punto, Marco fissò il suo sguardo in quello di India.
- Come fai a essere sicura di quello che dici? –
- Io non posso essere sicura di sentimenti che non sono miei, Marco. Ma credo che un’amicizia, se è tale, debba imparare a fronteggiare ogni tipo di ostacolo. E penso anche che tu e Walter siate in grado di farlo. Ora… - S’interruppe per un istante, in cerca di parole adatte per chiudere il discorso. – Credo di aver detto tutto. Per favore, provateci. D’accordo? –
- Non lo so, India. – tagliò corto lui.
- L’importante è che vi ficchiate bene in testa che non è colpa di nessuno, né mia, né tua, né di Walter. Dopodiché, sono affari vostri. Io ho detto tutto. –

E si allontanò, chiedendosi fino a che punto Marco e Walter fossero disposti ad ascoltarla.

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Capitolo 18
*** Tregua ***


Capitolo 18 – Tregua

Fu a febbraio, e non alla fine delle vacanza di Natale, che la madre di India partì per la Sicilia, lasciando sua figlia alle prese con la sua nuova vita. Il trasferimento nell’appartamento di via Adige non fu troppo faticoso: India aveva con sé poche cose, inoltre la casa era già arredata. E, per la vita tranquilla e momentaneamente solitaria di una diciottenne, era più che abbastanza.
E anche questa è andata.
Il giorno dopo il trasloco, India tornò a preoccuparsi per Marco e Walter. Chissà che non fossero giunti a un chiarimento…
L’avrebbe scoperto una volta arrivata a scuola.
Non ebbe il coraggio di avvicinarsi a nessuno dei due per tutte le prime tre ore.

E se rovinassi tutto?
Ma alla ricreazione, mentre chiacchierava con Eva e Veronica, li sbirciò con la coda dell’occhio: parlottavano a bassa voce tra loro, appartati in un angolo. Già il fatto che si parlassero era un bel passo avanti. Dopo vari minuti, India li vide distintamente scambiarsi due esitanti sorrisi e darsi una pacca sulla spalla a vicenda.
Sospirò di sollievo: era fatta. Quando i due ragazzi si separarono, India avvicinò prima Marco.
- Avevo ragione? – Lui la guardò con quella che sembrava un’espressione rassegnata.
- Più o meno. – Marco le lasciò capire di non voler aggiungere altro. Così India fece per raggiungere Walter, ma lui la precedette.
- Lei dovrebbe mettere su un’agenzia Amici Solitari, sa, miss Chocolates? – India alzò le spalle e gli sorrise.
- Devo dedurne che è andato tutto liscio? –
- Grazie a te. –
- Dài, non tenermi sulle spine! Dimmi qualcosa di più. – Walter scosse la testa ridendo a fior di labbra.
- Donne… - borbottò. – Beh, all’inizio pareva ‘na gara a chi stava più zitto. Poi Marco m’ha detto che effettivamente tu gli piaci sul serio, e io lì stavo per saltargli addosso e gonfiarlo… Ma non l’ho fatto, eh! – si affrettò ad aggiungere, vedendo l’espressione di India. – Alla fine ha capito che non l’avrebbe spuntata e ha detto che cercherà di guardarti il meno possibile. –
- A me sembra una tregua, più che un’amicizia ricucita. –
- Che c’entra, voi femmine avete un modo tutto diverso di vedere le cose. Tra maschi è diverso, no? –
- Sarà. Spero che tu abbia ragione. – Walter la abbracciò dolcemente, e India non cercò di ritrarsi.
Tanto, nel corridoio non c’era quasi nessuno…
- Ciao, India. Ti senti male, per caso? – La ragazza sobbalzò quando sentì quella voce alle proprie spalle, e per riflesso saltò via dalle braccia di Walter. Vide Stefania, in piedi e sorridente di fronte a lei.
- S-salve, professoressa… No, non sto male… perché? –
- No, sai, perché ti ho vista aggrapparti così a Walter… -
- Sono… scivolata. – Le rifilò la prima scusa che le venne in mente. Se Stefania non le avesse creduto, non lo diede a vedere.
- Oh, capisco. Ti sei già trasferita? –
- Ehm… sì… Ieri. – borbottò India, sentendo uno strano prurito salirle su per le gambe. Ora sì che si sentiva male.
- Ah, allora tra qualche giorno saprai dirmi come ti trovi! –
- Già. –
- Beh, io devo andare in un’altra classe. Buona giornata! – India la guardò allontanarsi con il suo passo deciso, mentre il prurito le passava, cedendo il posto alla sensazione di avere le gambe molli.
- Eri scivolata, eh? – mormorò Walter ridacchiando e facendo come per abbracciarla di nuovo. Ma India si scostò.
- No, no, guarda, queste scene riserviamocele per quando saremo fuori dalla scuola! –
- Ma mia madre se n’è andata, è al piano di sotto! –
- Potrebbe tornare. –
- Andiamo, India, di che hai paura? – Sentendosi porre quella domanda, India dovette ammettere a sé stessa di non conoscere la risposta.
- N-non lo so, Walter. Ma… non voglio che tua madre venga a sapere di… di noi. Non così presto. E non farmi la predica, perché di certo tu non stai morendo dalla voglia di andarglielo a raccontare! –
- Uffa… Quante volte te lo devo ripetere? Mia-madre-stravede-per-te! –
- Ma l’hai vista, come ci ha guardati? –
- Se ne farà una ragione… - Walter si sporse in avanti per baciarla, ma lei voltò la testa. – India… -
- Non voglio, Walter. –
- Oh, fa’ come ti pare. – A quel punto Walter sembrò davvero seccato, infatti le voltò le spalle e si allontanò a grandi passi. India resistette a stento alla voglia di sbattere la testa contro il muro.

Stupida, cretina, idiota! Usare modi più gentili no, eh?
Le venne da piangere al pensiero di come aveva trattato Walter. Certo, lui avrebbe anche potuto essere più comprensivo, ma lei era stata decisamente troppo brusca. Doveva avere una faccia orribile quando tornò al suo posto, perché Veronica sgranò gli occhi ed esclamò:
- ‘Mazza, India, ma che è, hai visto uno zombie? –
Lei non rispose e finse di cercare qualcosa nello zaino per nascondere la lacrima che le scivolava dispettosamente lungo la guancia. L’asciugò in fretta e cercò di darsi un certo contegno. Ma le venne naturale pensare che quel pomeriggio sarebbe andata da sola a casa Cesaroni.
All’uscita, quando fece per andarsene, si sentì chiamare:
- India! – Si impose di non voltarsi e continuò a camminare. Walter la raggiunse di corsa. – India, aspettami! –
- Scusami, Walter. – Cercò di liquidarlo con quelle due parole, ma lui non era disposto a mollare tanto facilmente. Si guardò intorno per controllare che sua madre non ci fosse, poi prese le mani di India fra le proprie.
- India, piccola, scusami tu. Non volevo parlarti così. Solo, ecco… mi dispiace pensare che… che dobbiamo nasconderci da qualcuno che, in fondo, non troverebbe niente di male in… -
- Lascia perdere, ho capito benissimo. – Fece per andarsene, ma Walter la trattenne per un braccio.
- No, dài. Scusa. Scusa, scusa, scusa e scusa. Hai ragione, io non sarei corso da mia madre a dirle che stiamo insieme. – India lo guardò tristemente.
- Allora stiamo ancora insieme? – Walter sorrise e le passò una mano tra i capelli.
- Non dovremmo? – Lì, fu India ad abbracciarlo. Si strinse forte a lui e mormorò:
- Scusami. –
- Scusami anche tu. – Le mise un braccio intorno alle spalle. – Andiamo? –
- Sì… andiamo. – mormorò lei, lasciandosi stringere.

Tregua anche per noi.
Rimase comunque una certa tensione tra i due. Ma India pensava che, magari, essendo poi soli a casa Cesaroni, le cose si sarebbero chiarite. Walter continuava a parlare, parlare e parlare per allentare la tensione. Alla fine India si disse che era stupido fare la sostenuta.
Quando furono a casa, rimediarono qualche panino per fare pranzo.
- Certo che se dovessimo rimanere chiusi qui, un giorno, non avremmo di che preoccuparci. – commentò Walter a bocca piena, esaminando le credenze strapiene.
- Beh, mi sembra giusto. Con cinque figli… -
- Io impazzirei ad avere tutti quei fratelli. Anche tu sei figlia unica, no? – India annuì, masticando con gratitudine il proprio panino. Lei era nata quasi per errore. Era difficile che lo sbaglio si ripetesse, ma questo non lo disse ad alta voce. – D’altra parte, passo talmente tanto tempo qui, che Giulio mi ha praticamente preso in adozione. –
- Masetti e Cesaroni sono una specie di famiglia allargata, mi pare. –
- Sì, più o meno. – A quel punto gli scappò da ridere.
- Che c’è? –
- No, pensavo… Ormai mancano solo i tuoi all’appello. Un giorno o l’altro me li farai conoscere, vero? –
India cercò di sviare il discorso. – Ah, siamo passati già a proposte serie e impegnate? –
- Vabbè, dài, non esageriamo. Però… chissà! –
Appena finito di mangiare, si misero a studiare. Erano alle prese con complicate analisi matematiche, quando Walter sbuffò e lanciò la penna dall’altra parte del tavolo.
- Basta, ci rinuncio! –
- Ma dài, abbiamo appena cominciato! –
- Sì, appena mezz’ora fa. –
- Che fai, getti la spugna a metà anno? – Walter non rispose e si mise a giocherellare con una matita, così India riprese i suoi calcoli. Dopo qualche minuto, fu lui a rompere il silenzio.
- Guarda che prima non stavo scherzando. –
- A che proposito? – gli chiese lei senza alzare gli occhi dal quaderno.
- A proposito dei tuoi genitori. Prima o poi me li devi fare conoscere, sai? – India sospirò profondamente, chiedendosi come troncare il discorso.
- E perché avresti tutto quest’interesse a conoscerli? –
- Mah, non so… Tua madre dev’essere tosta. Ti è venuta dietro fin qui e si è dovuta allontanare da tuo padre pur di realizzare un tuo sogno… Dev’essere forte. –
- Le apparenze possono ingannare. –
- E anche tuo padre dovrebbe essere un tipo interessante. Viene da un altro continente… praticamente un altro mondo. Io oltre l’Italia non sono mai andato. Deve avere un bel po’ di cose da raccontare. – India non aveva idea di quanto suo padre avesse da raccontare, e non gliene importava nulla.
- Oh, non c’è così tanto da dire… Non è poi così diverso da qui. – Walter rise.
- Beh, insomma…! –
- E comunque non sono tipi così interessanti come credi. –
- Forse lo dici solo perché sono i tuoi genitori, stai sempre con loro da diciott’anni e non li trovi tanto interessanti. Ma non è detto che sia così. – Quell’argomento faceva montare una certa rabbia dentro India. Cercò di controllarsi, ma il suo tono di voce mutò notevolmente.
- Non c’è proprio niente da sapere e nessuno da conoscere. – Cercò di concentrarsi sui numeri, ma era calato un improvviso silenzio.
Un silenzio pesante.
- Perché tutti questi segreti, India? –
- Non c’è nessun segreto. –
- Come no! Prima non vuoi che nessuno sappia di noi, poi ti spaventi persino di dirmi quattro cose sui tuoi genitori… Cosa c’è che non va? –
- Niente, Walter, proprio niente! – Di nuovo silenzio. Le sopracciglia di Walter si aggrottarono.
- Te lo dico io cosa c’è che non va: tu non ti fidi di me! –

Oh, no, ti prego. Fa’ che non si ricominci a litigare. Non lo sopporto.
- Questo è ridicolo! – ribatté India con una risata un po’ stridula. Walter sbatté un pugno sul tavolo.
- No, non è ridicolo, è la verità! Io… io non so quasi niente di te. Non capisco perché… di che hai paura? –

Di me stessa e di quello che potrei provocare…
- Walter, non ti arrabbiare! –
- No, figurati se mi arrabbio! – ripose lui sarcastico.
- Tu non puoi capire… -
- Hai ragione. Non capisco. – Raccolse le sue cose, le ficcò nello zaino e si alzò dalla sedia. – Questo non si chiama stare insieme, India. Questo è prendersi in giro. –
- Walter, ti prego… -
- Ci vediamo. – India non seppe con precisione quanto tempo passò da quelle sue parole allo sbattere della porta d’ingresso. Rimase seduta al tavolo, con lo sguardo fisso nel vuoto.
Avrebbe voluto piangere, ma non ci riuscì.
Avrebbe voluto uscire e corrergli dietro, ma non ne ebbe la forza. Sapeva che lui aveva ragione. Ma si vergognava talmente tanto di raccontare la verità sulla sua vita!
Con rabbia spinse da parte i libri e affondò la testa tra le braccia incrociate sul piano di legno. Perché non poteva avere una famiglia normale?
Perché non riusciva ad accettare le cose per come stavano?
Perché doveva rovinare sempre tutto?
“Questo non si chiama stare insieme”.
Walter era stato fin troppo chiaro.
Anche lei avrebbe dovuto esserlo. A dispetto della situazione, rise tra sé. Forse era stata anche fin troppo chiara!

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Capitolo 19
*** Fidati di me ***


Capitolo 19 – Fidati di me

 
- India, sei incredibile! –
- Perché, che ho fatto? – India si stupì di fronte all’esclamazione di Veronica.
- State ‘nsieme sì e no da una settimana e già litigate?! –
- Uffa, Vero… Ma tu hai la palla di vetro? –
- Scusa, arriva Walter che c’ha un muso fino a terra, arrivi tu che c’hai un muso fino a terra… Faccio due più due, no? E comunque non si tratta di palla di vetro, ma di avere le palle di andarci a parla’! –

E ieri eri assente. Sono passati solo due giorni, cara mia, non hai visto niente.
- Veronica… -
- Che t’ha fatto il cattivone? – Veronica non perdeva mai la sua doppia faccia: pazza scatenata e amica perfetta.
- Non ha fatto niente, lui, è stata colpa mia. – Veronica spalancò gli occhi.
- Allora è grave! Se è colpa tua e lo ammetti pure, è grave! –
- Già, mi sa che è grave. –
- Senti, non ti chiedo perché avete litigato, ma… - India le fu grata per questo. – Ma me sembra giusto dirti che, secondo me, è meglio risolvere subito la faccenda, prima che peggiori. –
- Hai ragione, ma… insomma, non so se ne avrò il coraggio. –
- Devi! –

Già, devo.
E allora lo faccio.
All’uscita, India riuscì ad acchiappare Walter per un pelo, prima che se andasse da solo.
- Walter, aspetta… -
- Se è per dirmi ancora che non posso capire… -
- No. Al diavolo lo studio, per oggi. Per favore, lascia… lasciami spiegare. –
Walter sospirò. Sembrava combattuto.
- Io… -
- Per favore. – India gli prese una mano. – Tu vuoi che io mi fidi di te, no? E allora io ti chiedo la stessa cosa: fidati di me. –

Quando smetterai di chiederti perché,
non credere che non ci sia
un’altra strada in fondo a questa bugia.
Non credere che non verrà
una canzone a dirti la verità…

 Il tragitto dalla scuola a casa Cesaroni fu silenzioso e imbarazzato. Ma erano lì. Insieme.
Quando arrivarono, si sedettero a gambe incrociate sul divano, uno di fronte all’altra, in un silenzio gravido di imbarazzo. Walter fece per cominciare il discorso:
- India, io… - Ma lei lo interruppe.
- No, aspetta. Fa’ parlare me, per ora. – Tirò un profondo sospiro. Ce la posso fare. – Walter, io a te ci tengo. E molto. Se non fosse per questo, ora non saremmo qui a parlare. E’ che… io mi vergognavo. Mi vergognavo di raccontarti la verità, che poi forse non è così orribile come sembra a me. Forse sono solo egoista. Ma il problema non sei tu, perché io mi fido di te. Sono io, il problema. –
- Non sei obbligata a… -
- Lo so. Ma voglio dirti la verità. Te lo devo. – Deglutì. – Io ti ho mentito, Walter. –
- A… a che proposito? – chiese lui, vagamente preoccupato.
- A proposito della mia famiglia. Mia madre non mi ha accompagnata perché è “tosta”, come dici tu. Solo perché pensava che non potessi cavarmela da sola. Lei non è una persona eccezionale, è solo… si mantiene facendo le pulizie a casa d’altri. E’ per questo che io vengo qui dai Cesaroni… perché i suoi soldi non bastavano. E’ stata mia zia ad affittarci la casa in cui stavamo, altrimenti… dubito che saremmo potute venire qui. –
Walter non disse nulla. Rimase ad ascoltarla, a testa bassa. E allora India proseguì.
- E mio padre… Io non lo conosco, Walter. Lui e mia madre si sono incontrati per caso in un aeroporto, hanno avuto un’avventura e io sono venuta fuori da lì. Un errore, insomma. Lui è tornato in India e per un po’ di tempo ha continuato a tenersi in contatto con mia madre, ma poi si sono persi. Da molti anni, ormai, anche se mia madre crede ancora che lui possa tornare. La verità è che non gliene importa niente né di lei, né di me. – Sospirò a lungo.

Mi sono liberata.
- Eccoti la verità. Mi dispiace di averti mentito, ma io… non avevo il coraggio… - A quel punto, Walter alzò lo sguardo e incrociò quello di India.
- Ti… ti chiedo scusa, India. Non potevo immaginare… -
- E’ stata colpa mia. –
- Non è vero. India… - Le prese una mano e la fissò a lungo. – Ti fidi davvero di me? –

 Fidati di me,
ho sbagliato anch’io
quando per paura
non ho fatto a modo mio,
fidati di me…
 

- Certo che mi fido di te. Scusami, Walter, davvero, io non… -
- Vieni qui. – Walter le fece segno di avvicinarsi, e India si rifugiò tra le sue braccia forti e calde. Walter la strinse dolcemente a sé, baciandola sulla fronte.
- Mi dispiace… -
- Non dirlo più. Anche a me dispiace. Non potevo immaginare perché tu non volessi raccontarmi la verità, ma… non so… mi sono sentito preso in giro, ecco. – Le sue guance si tinsero di un rosa acceso. – E questo perché… Beh, io tengo troppo a te e… non voglio perderti, ok? – India alzò la testa e lo guardò sorridendo.
- Stai scherzando? –
- Mai stato così serio. –
- Allora dillo di nuovo. –
- Ci tengo troppo, a te, e non voglio perderti. – Walter Masetti imbarazzato… Quella era una scena da fissare per sempre nella mente.
- Neanch’io. – Gli accarezzò una guancia e lo baciò dapprima timidamente, poi sempre con più convinzione. Quando si separarono, Walter tirò un profondo sospiro.
- Cavolo… sono sempre più convinto… di non essere io il primo! –
- Mi sa che dovrai rassegnarti. – India fissò le mani di Walter, così grandi rispetto alle sue, e si soffermò per qualche secondo a giocherellare con le sue dita. – Senti, stabiliamo un compromesso. –
- Sentiamo. –
- A scuola, niente smancerie, ok? Sono ancora terrorizzata se penso a cosa può fare tua madre… -
- E va bene. Ma allora do anch’io le mie condizioni: niente più segreti, d’accordo? –
- D’accordo. – Si scambiarono un altro lieve bacio a rafforzare la promessa. In quel momento si udì lo scatto della serratura e davanti a loro comparve Eva.
- Scusate, mi sono dimenticata il cellulare… tolgo subito il disturbo! – aggiunse frettolosamente, notando che India e Walter erano ancora stretti l’uno all’altra. Ma, non appena la vide, Walter balzò giù dal divano, prendendo India per mano.
- Capiti a proposito, Eva bella! India ti restituirà i soldi di un pomeriggio, ok? Ciaociao! – sparò a raffica, correndo verso la porta e trascinandosi appresso India. Lei fece appena in tempo a riprendersi la borsa e il giubbotto, e, mentre si allontanavano a velocità, sentì distintamente Eva urlare:
- Ma io ho da fare! – Solo quando furono abbastanza lontani rallentarono.
- E perché dovrei dare a lei i soldi di un pomeriggio? – gli chiese India ridendo.
- Beh, oggi dovrà bada’ lei ai ragazzini, no? –
- Perché? Dove stiamo andando? –
- Boh. A fare un giro. Tra scuola, casa e lavoro sei sempre tappata tra quattro mura. –
Per un po’ girellarono a vuoto, poi raggiunsero i giardini pubblici e sedettero su una panchina. India chiuse gli occhi ed inspirò a fondo l’aria piacevolmente fredda di febbraio. Dopo un po’, tirò fuori dalla borsa un quaderno e una matita e si guardò intorno in cerca di un soggetto interessante.
Poi cominciò a disegnare. Era talmente concentrata da non accorgersi che Walter stava osservando attentamente la figura prendere vita sul foglio bianco.
- E’ fantastico! - Quell’esclamazione la fece bruscamente tornare con i piedi per terra. Riguardò il disegno.
- Beh, insomma… - mormorò imbarazzata. Walter prese in mano il quaderno e o fissò a lungo.
- Ti dico che… Accidenti, India, ma come hai fatto? –
Aveva fatto un veloce schizzo di loro due seduti sulla panchina. Non le andava di ritrarre vecchietti addormentati o bambini irrequieti.
- Con le mani e con gli occhi, Walter, come dovrei fare? – rispose ridacchiando.
- Ma non mi hai guardato in faccia neanche una volta! Cioè… l’hai fatto così, in meno di dieci minuti, e… e siamo identici! –
- Beh… sono abituata a ritrarre le persone a memoria. E poi tu, chissà perché, sei uno che non si dimentica facilmente! – Walter continuò a guardare il disegno ancora per qualche minuto prima di restituire il quaderno alla proprietaria.
- Hai sempre le munizioni in borsa, eh? –
- A volte mi viene voglia di disegnare per la strada… Almeno sono preparata, no? –
- Stavolta è andata, ma per il prossimo compleanno voglio un disegno. Così hai anche il tempo di migliorare e lavorarci su, eh? –
- Ci proverò! –
Ma, per uno come Walter, ci sarebbe senz’altro riuscita.

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Capitolo 20
*** Il nuovo ospite ***


Un ringrazieamento particolare a Michelle (non temere, la fic ormai l'ho finita da tempo^^ cercherò di postare velocemente) e alla mia sore Tempe che, anche se non sta commentando più, ha già letto questo capitolo e mi ha smpre sostenuta... mi accomando, non sparire! Già mi manchi!

Questo capitolo è un po' inutile ma mi sono divertita un mondo a scriverlo XD

Capitolo 20 – Il nuovo ospite

 
Dopo il chiarimento definitivo, India e Walter diventarono inseparabili. Anche a scuola, dove tentavano tuttavia di non dare nell’occhio. Gli unici a sapere di loro erano Marco, Veronica ed Eva. E, se Eva e Marco erano troppo presi dalle proprie paturnie per preoccuparsi di loro, di certo Veronica non avrebbe vuotato il sacco.
Quando si trovavano a casa Cesaroni, erano quasi sempre soli (a parte Mimmo e Rudi, che però si facevano vedere di rado). Ma se Rudi gironzolava per le stanze, India si allontanava il più possibile da Walter.
- Non mi dirai che ti vergogni di un ragazzino! –
- Figurati! Quello già mi odia, non oso immaginare cosa farebbe se sapesse… -
- Al massimo appende per tutta la scuola gigantografie di noi due che ci baciamo… -
- Cretino! –
Rudi sarebbe stato capacissimo di quello e altro. Per questo India evitava di farsi vedere abbarbicata a Walter in sua presenza.
- Cara mia, ormai la cotta m’è passata, ma lasciamelo dire: te c’hai un culo bestiale! – era stato invece lo schietto commento di Veronica. Ed India non poteva fare altro che darle ragione.
Ogni tanto Walter passava da casa sua e poi andavano a scuola insieme. Stavano ben attenti a non far insospettire Stefania, la quale tuttavia sembrava essere sempre dietro l’angolo. Nonostante la simpatia che India nutriva per lei (più come persona che come insegnante), tremava al pensiero che scoprisse che i due stavano insieme. Non sapeva neanche bene perché, ma intanto si curava di misurare i suoi gesti.
- A cosa pensi? – le chiese Walter durante il tragitto verso la scuola.
- A un po’ di tutto. Per esempio, a cosa farò dopo la scuola. –
- E cosa vorresti fare? –
- Non saprei con esattezza. L’illustratrice, forse. O la ritrattista, la grafica… Prima, devo finire il corso, poi mi iscriverò all’Accademia di Belle Arti. E dopo si vedrà. –
- Qualcosa nel campo dell’arte, insomma. –
- Sicuramente. E’ una delle poche cose che mi riesce bene. –
- Non sopravvalutarti, mi raccomando! – Nonostante l’adulazione da parte di Walter, India continuava a considerarsi una ragazza normalissima, e fingeva sempre di non ascoltarlo quando lui la rimproverava di buttarsi troppo a terra.
- E tu, invece? Cos’avresti intenzione di fare? – gli chiese lei, quando furono in prossimità della scuola.
- Non ne ho idea. Almeno per un anno rimarrò tappato nell’officina di mio padre, questo è sicuro. Poi non so… - Diede un calcio a una lattina vuota e accartocciata. – Almeno per un verso mia madre sarà contenta: con me in officina, mio padre non se ne andrà troppo a spasso. – La lattina volò in un cespuglio, dal quale giunse uno strano verso.
- Cos’era? – chiese India, fermandosi.
- Boh. Qualche animale. – Ma, quasi subito, dal cespuglio schizzò fuori quello che sembrava un grosso gomitolo di lana nera. La strana “cosa” inciampò sui piedi di India, emettendo un guaito.
- E’ un cane! – Il cane in questione, che aveva davvero le dimensioni di un gomitolo, zampettò fino ai piedi dei due ragazzi e scodinzolò, stuzzicando le loro scarpe con una zampetta morbida. – Che carino! – India si chinò ad accarezzarlo, e il cucciolo ne sembrò molto contento.
- Non è che c’ha qualche malattia? –
- Ma và… E’ così piccolo! Forse l’hanno abbandonato. – Il cucciolo si coricò sulla schiena e le offrì la pancia. India gliela grattò sorridendo. – Fosse per me, me li porterei tutti a casa, i cani che incontro per strada. – Si rialzò sospirando. – Vabbè… E’ meglio se andiamo. – Mentre procedevano a passo svelto, Walter notò che India lanciava occhiate furtive al cagnolino, rimasto nello stesso punto in cui era prima, e che ora li guardava allontanarsi con espressione triste.
- Mai avuto un cane? –
- Sì, figurati se mia madre me ne lasciava tenere uno! Una volta mi ha proposto di prendermi un pesce rosso per compensare… Capirai! Mi sarebbe venuta la depressione a guardarlo girare in tondo in una boccia per tutto il giorno. –
Walter annuì senza dire niente.
Appena ebbero varcato il cancello, però, si bloccò all’improvviso, frugandosi in una tasca. – Porca… -
- Hai perso qualcosa? –
- Sì, il cellulare! Cavolo, mia madre mi gonfia… Forse l’ho lasciato a casa! – Fece per uscire di nuovo.
- Ma scusa, non puoi controllare all’uscita? Se torni a casa ti perdi la prima ora! –
- Faccio in frettissima! – E fu con queste parole che Walter schizzò via dal cortile della scuola.
- Bah… -
India entrò a scuola da sola. La campana non era ancora suonata, ma Walter avrebbe sicuramente perso la prima ora. Perché sua madre avrebbe dovuto “gonfiarlo”, poi… Di certo Stefania si sarebbe infuriata molto di più vedendolo arrivare in ritardo.
All’ingresso incrociò Eva e Veronica. – Buongiorno! Dov’è il tuo cavaliere? –
- E’ tornato indietro, dice che ha perso il cellulare. –
- E non poteva guardare oggi pomeriggio, a casa? –
- Valli a capire, i maschi… -
Quando suonò la campana, le tre ragazze fecero per avviarsi verso la classe, ma proprio in quel momento India scorse Walter farsi largo tra i ragazzi ammassati all’entrata. - Permesso, permesso! –
Raggiunse le ragazze con il fiato corto: evidentemente si era fatto una bella corsa.
- Non mi dire che sei andato e tornato in meno di tre minuti! – si stupì India.
- Ehm… no, è tutto ok… mi era caduto per strada. –
- Ah, capisco. – India fece per voltarsi, ma l’esclamazione di Veronica attirò la sua attenzione.
- Walter, ma che c’ha il tuo zaino?! – Fu con immenso stupore che India notò lo zaino di Walter… muoversi!
- Walter? –
- Ehm, no, è che me la sono fatta di corsa e… -
- E anche lo zaino corre? – Veronica scoppiò a ridere. – Eddài, Masetti, che hai fatto? – In quel momento si udì un rumore che pareva provenire proprio dallo zaino di Walter. India abbassò lo sguardo sulle mani del ragazzo: su entrambe spiccavano due tagli non molto profondi, ma recenti. Solo in quel momento cominciò a capire.
- Walter, non dirmi… -
- Cosa? – Velocissima, India aprì lo zaino, e ne uscì il cucciolo nero che avevano visto lungo la strada. Il cane, abbaiando allegramente, attirò l’attenzione di molti ragazzi che si affrettarono a vedere più da vicino quella che sembrava una scenetta comica.
- Walter, ma che combini?! –
- Beh, ti era piaciuto tanto… - India provò un desiderio incontrollabile di gettargli le braccia al collo e riempirlo di baci, ma una figura che comparve di fronte a loro la lasciò di sasso.
- COSA STA SUCCEDENDO QUI?! – abbaiò Stefania. Walter, che non si era ancora accorto della sua presenza, fece quasi un salto all’indietro per lo spavento. In quei pochi secondi, il cagnolino balzò fuori dallo zaino e si mise a correre come un forsennato per tutto il corridoio.
- Prendete… prendete quella cosa! – continuò a strillare Stefania. In breve, il cane fu riacchiappato da una ragazzina bionda sui 16 anni, che aveva tutta l’aria di volerlo tenere per sè. – Masetti… Fabiani… spero che voi abbiate una spiegazione decente! – India apriva e chiudeva la bocca senza proferire alcun suono, Walter invece cercò di cavarsela a modo proprio. - Quel cane è mio, professoressa. –
- Come sarebbe a dire… tuo?! –
- Eh, sarebbe! Sarebbe a dire che è mio. – Pochi studenti all’infuori della terza G sapevano che Walter era figlio di Stefania, così quasi nessuno trovò particolarmente strana quella conversazione. Eva e Veronica, invece, si scompisciavano dalle risate, rannicchiate in un angolo.
- Beh, non da oggi, Masetti! Non più da oggi! – Stefania prese il cane dalle braccia della ragazzina. – Per questa mattina starà nel mio ufficio. Poi vedremo. Mai e poi mai… in questa scuola… è increscioso… -
- Professoressa, aspetti un attimo, io… - provò a intervenire India.
- NON UNA PAROLA DI PIU’! – urlò Stefania, prima di allontanarsi a grandi passi con il cucciolo fra le braccia. India e Walter non ebbero modo di parlare prima della ricreazione. Ma quando riuscirono ad appartarsi in un angolo del corridoio, lei non stava più nella pelle.
- Ma tu sei scemo! Come… come hai fatto a… - disse, praticamente saltellandogli davanti.
- Me lo chiedo anch’io! – esclamò lui, esaminando i tagli sul dorso della mano. – Credevo che fossero solo i gatti a graffiare. Meno male che era piccolo, altrimenti mi avrebbe azzannato! –
- Ma ora… tua madre… -
- Troveremo un modo… - India si guardò intorno, poi lo sorprese con un lieve bacio sulle labbra.
- Sei stato carinissimo! Ma scusa, avevi intenzione di fargli fare un giro turistico, oppure…? -
- Veramente, pensavo che, ora che non hai il problema di tua madre che non vuole animali in giro… Beh, insomma, era una specie di regalo. –
- Non so dove tu vada a pescare certe idee. –
- Eh, grazie, lo so che la mia è una mente brillante. –
- E allora pensa a un modo brillante di farci restituire il cane. – Walter alzò le spalle.
- Se mi faccio avanti io, come minimo mi ammazza. Abbaiava più lei del cane! Forse dovresti essere tu a chiederglielo. –
- E certo, così ammazza me! Come si vede che ci tieni a me… - Walter le scompigliò affettuosamente i capelli.
- Certo che ci tengo, a te! E’ proprio per questo che non voglio privarti della mia presenza! Se mia madre dovesse uccidermi, ne rimarresti molto provata, mi sa. – India alzò gli occhi al cielo, sorridendo.
- Va bene, ho capito. Tocca a me mettere la mia vita nelle mani del destino. –
Quando suonò la campana dell’ultima ora, India schizzò subito fuori dalla classe per arrivare prima che Stefania andasse via. Quando si trovò di fronte alla porta con scritto “Presidenza”, invece, le venne voglia di scappare a gambe levate.
Rassegnata alla strigliata e all’interrogatorio che le sarebbero spettati, bussò debolmente.
- Avanti! –
India socchiuse appena la porta, sbirciando dentro. Poi si disse che era assurdo, Stefania non era mica il mostro di Lochness!

No, ma sicuramente riuscirebbe a spaventarlo, il mostro di Lochness.
Aprì del tutto la porta e si trovò di fronte a una scena che mai avrebbe pensato di vedere.
Il cucciolo trotterellava allegramente sulla scrivania, e Stefania lo coccolava intenerita. Aveva la stessa espressione che avrebbe avuto una madre con in braccio il suo bambino appena nato.
- Ehm… mi scusi, professoressa… - Stefania alzò gli occhi verso India e le rivolse un enorme sorriso.
- Ciao, India! Stavo… giocando un po’ con il tuo cane, prima di riportartelo. –
- Beh, non è esattamente mio… -
- Ma Walter te l’ha regalato, no? Quindi, se non è tuo… - India era sempre più strabiliata dalla perspicacia  di quella donna. Stefania si alzò con il cucciolo tra le braccia.
- Senti, Stefania, io non… -
- Guarda che non sono stupida. Tu e Walter siete amici. Molto amici. E allora? Che c’è di male? Non dovete mica nascondervi! – India si curò di non contraddirla su quel “molto amici”. – I suoi voti sono migliorati moltissimo da quando studiate assieme, sai? Dopo un po’ di tempo è naturale cominciare a volersi bene. –
- Ehm… sì… certo. – balbettò lei, mentre Stefania le metteva il cane tra le braccia.
- Hai intenzione di tenerlo con te, no? –
- Oh… credo di sì. – Il cucciolo intanto era impegnatissimo ad annusarle i capelli.
- Anche se dovesse crescere molto, dovrebbe stare bene in casa tua. Assomiglia a un Labrador, ma non credo che sia di razza. Altrimenti non lo avrebbero abbandonato. – Gli lanciò un’ultima occhiata sognante, poi riprese le sue vesti di Preside, seria e composta. – Beh… facciamo in modo di non far girare troppo la notizia. E, per favore, dì a Walter di scegliere posti più… ehm… appropriati, per consegnarti i suoi regali. –
- Grazie mille, professoressa! – esclamò India con un largo sorriso, uscendo in fretta dall’ufficio con il cucciolo in braccio. Trovò Walter ad aspettarla all’uscita.
- Allora, com’è andata? Vedo che siete tutti interi! –
- Non ci crederesti! Quando sono entrata, tua madre era lì tutta presa a coccolarlo… Facevano un tale quadretto! – Il cucciolo, intanto, si era appallottolato tra le sue braccia e sembrava profondamente addormentato. India gli accarezzò delicatamente le orecchie. – Oh, quant’è bello… -
- Scelta azzeccata, allora. – India si sporse a baciare Walter su una guancia.
- Sì, ma tua madre manda a dirti di scegliere altri posti per darmi i tuoi regali! –
- Vabbè, quando è un’emergenza… -
- Senti, posso chiederti un favore? Dì a Eva, o Marco o chiunque altro Cesaroni che trovi, che… che oggi non posso andare da loro. Vorrei portare il cane dal veterinario e comprare qualcosa per lui… -
- Allora lo tieni! –
- Dovrei lasciarlo in mezzo alla strada? – Walter le sorrise e incrociò le braccia.
- Mia cara miss Chocolates, oggi mi sento in vena di generosità: se proprio ci tiene, la sostituirò io a casa Cesaroni! – India sorrise raggiante.
- Ti abbraccerei, se non avessi le mani occupate… -
- Nessun problema. Riscuoterò domani quello che mi spetta. – Si scambiarono un bacio veloce, poi India si allontanò di corsa, felicissima, chiedendosi dove avrebbe potuto trovare un veterinario.

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Capitolo 21
*** La decisione di Stefania ***


Oggi posto due capitoli...grazie 1000 a michelle che commenta sempre! ^^

Capitolo 21 – La decisione di Stefania

 - Walter, smettila! –
Risate.
- Dààài, non fare la tiranna! –
- Con te non c’è altro modo di trattare. –
- Uno solo. Piccolo piccolo… -
- Non se ne parla… ehi! – India non poté non ridere quando Walter riuscì finalmente, con uno scatto fulmineo, a baciarla. – Dài, Walter… -
- Dài Walter de che? E’ colpa tua. –
- Pure! E che avrei fatto? –
- E’ colpa tua, a ogni bacio mi sembra di mangiare un cioccolatino. Non riesco a smettere. –
- Allora spero che tu non decida mai di iniziare a fumare, altrimenti… poveri noi! –
- Non cambiare discorso. – Walter esibì il suo migliore sorriso accattivante, che però risultò né più ne meno che una perfetta faccia da schiaffi.
- E tu, non saresti qui per studiare? –
- Un tempo, forse. –
Già, un tempo.
Erano lontani i tempi in cui India sbirciava Walter di sottecchi, potendo soltanto sognare pomeriggi come quello. E adesso doveva lottare disperatamente contro il suo istinto per non mandare al diavolo lo studio e accontentare Walter.

Sapessi quanti cioccolatini ti darei, Walter…
- Le aspettative di tua madre saranno seriamente deluse. – gli disse ridendo mentre lui la trascinava lontano dal tavolo coperto di libri. Walter si accomodò sul divano e fece sedere India sulle proprie ginocchia.
- Non te rispondo co’ ‘na mala parola solo perché tu sei tu e mia madre… beh, la mamma è sempre la mamma, e poi lei sarebbe capace de sentirmi magari da due chilometri de distanza. – India non poté ribattere, perché un attimo dopo, Walter la stava già baciando.

Al diavolo i buoni propositi.
- Ma fate schifo! –
India riemerse improvvisamente e vide Rudi, piazzato davanti a loro, con un espressione di disgusto dipinta sul volto.
- Tu fatti gli affari tuoi. – lo rimbeccò Walter. – ‘Ste cose le capirai da grande. –
India pensò che sicuramente, di qualsiasi cosa parlasse Walter, Rudi ne sapeva dieci volte più di lei.
- Walter, mi dichiaro ufficialmente deluso. Tu e miss Chicco di Caffè… non me lo sarei mai aspettato! – brontolò Rudi prima di dileguarsi.
Walter alzò le spalle.
- Vabbè, finché non ce vede il più piccolo… -
- Secondo me è peggio che ci veda Rudi. –
- Ormai è fatta. – Walter fece per baciarla di nuovo, ma India si divincolò e saltò giù dalle sue ginocchia.
- Ecco, e facciamo in modo che non si ripeta! – lo ammonì, tornando a sedersi al tavolo.
- Donne… sempre ligie al dovere… - sentì bofonchiare Walter.
- Dovresti imparare qualcosa dalle donne, invece di fare tanto lo sbruffone! –
E continuarono così per giorni, settimane.
- Walter, posso farti una domanda? – Walter smise di fare finta di studiare.
- Prego. –
- Come stanno i tuoi voti, ultimamente? –
- Boh, così… non male… - rispose lui vagamente.
- No, dài, parlo sul serio. Stiamo trascurando lo studio. Non vorrei che per colpa mia il tuo rendimento calasse… -
- Ma sempre colpa tua deve essere? Non ti preoccupare, dài. E’ tutto a posto, te lo assicuro. –
Ma c’era ben poco da assicurare. Non erano solo i voti di Walter a calare, tornando quasi alle vecchie quote, ma anche quelli di India. Pensava che almeno lei non avrebbe avuto grossi problemi, finché riusciva ad assicurarsi la sufficienza. Ma i problemi arrivarono.
Durante uno degli ormai finti pomeriggi di studio, i due ragazzi ricevettero una visita certamente non casuale: Stefania. Fu India ad aprirle la porta, cercando di nascondere il proprio nervosismo.
- Ciao, Stefania. Che… che ci fai qui? –
- Oh, niente, così… Passavo per caso. Pensavo ci fosse Lucia, non c’è Lucia? – Parlava un po’ troppo in fretta per i suoi standard.
- No, non c’è Lucia. –
- Ah, ok, allora l’aspetto! –
- Ehm… non so quando tornerà a casa… -
- Non fa niente, non fa niente! Tanto… tu e Walter state studiando, no? Non vi disturbo, vero? –
- Certo che no, entra pure. – mormorò India, a disagio.
- Ciao, Walter, tesoro! Sto aspettando Lucia, ma voi continuate pure il vostro lavoro! – trillò Stefania a voce insolitamente alta. Quando India tornò da lui, a testa bassa, Walter la guardò inorridito.
- Ma che, l’hai mandata a controllare? – le sibilò.
- Che c’entro io? E’ stata lei a venire! –
- Beh, spero per lei che se ne stia alla larga! –
Ma Stefania non stette affatto alla larga da loro. Per un motivo o per l’altro, si ritrovava sempre a passare per il soggiorno, con una scusa qualunque.
- Non fate caso a me, continuate, continuate! Mi trattengo solo due minuti! –
Sorvolando sui minuti che da due diventavano venti e poi quaranta, era impossibile non fare caso a lei. Per tutto il pomeriggio, India e Walter cercarono di parlare il meno possibile e dedicarsi ognuno al proprio lavoro. Quando India richiuse sonoramente i propri libri, sbuffando, Stefania piombò nuovamente nel soggiorno.
- Beh, vedo che Lucia non è arrivata! Allora forse è il caso che me ne vada! – trillò prima di sparire.
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata interrogativa.
- Che senso aveva tutto questo? –
- Non ne ho idea. –
La situazione si ripeté altre tre volte. India era sicura che Stefania avesse fiutato qualcosa. A Walter non importava quali fossero gli intenti di sua madre, era troppo occupato a imprecare sottovoce ad ogni sua apparizione.
- Ma cosa vuole, tra poco ci manda pure la CIA… Altro che due minuti! - brontolò torturando una gomma da cancellare fino a sminuzzarla.
In quel momento, la porta si aprì di nuovo e davanti a loro comparve Marco (che sembrava non fare più parte della famiglia Cesaroni, dato che non era mai in casa).
- Scusate il disturbo, dovevo solo… beh… mi trattengo solo due minuti. –
A quelle parole, Walter si alzò rumorosamente, gettandosi lo zaino in spalla.
- Fai pure con comodo! – E uscì bofonchiando tra sé parole incomprensibili. Marco rimase impalato a guardarlo, poi si rivolse ad India:
- Ma che, siete in crisi? –
- Io no, ma lui… beh, penso proprio di sì. – rispose, trattenendosi a malapena dallo scoppiare a ridere.
- Ah. Scusa. –
India non ebbe il tempo di tirare un sospiro di sollievo per la fine di quelle invasioni barbariche, che Stefania passò subito all’azione.
- Preparati. – le disse una mattina Walter a scuola. – Io la mia razione l’ho avuta stamattina, a te tocca più tardi, la predica. – Non c’era bisogno di chiedere spiegazioni. Alla ricreazione, Stefania rimase seduta alla cattedra, riordinando dei fogli nella solita cartella, al che India tentò di svignarsela dalla classe senza farsi notare.
- Scusami, India, posso trattenerti cinque minuti? –
 
Ma come fa? Come fa a vedere tutto senza alzare lo sguardo?!

- Ehm… certo. – Stefania mise da parte gli occhialoni rosa confetto e le rivolse un grande sorriso. Ad India ricordò vagamente il luccichio malefico dei denti di un leopardo che sta per lanciarsi sulla sua preda.
- Non fare quella faccia, non è niente di grave. – le disse l’insegnante in tono sbrigativo. India si avvicinò alla cattedra.
- Cosa voleva dirmi, prof? –
- Lascia perdere ‘sto “prof”. Allora… immagino che tu sappia dell’improvviso calo dei tuoi voti. – La ragazza annuì tristemente. – Tuoi e di Walter. –

Ecco. Ci siamo.
- Se non avessi imparato a conoscerti, non mi preoccuperei, perché mantieni comunque la sufficienza. E conosco anche mio figlio, quindi non dovrei preoccuparmi neanche per lui, che i 4 se li può mettere in vetrina. – Fece una smorfia. – Ma penso che tu capisca il motivo della mia… chiamiamola convocazione non ufficiale. – India sospirò.
- Lo immagino, sì. –

Su, dillo. Non vuoi che io e Walter stiamo insieme.
- Ecco, io credo che la vostra amicizia non abbia influito positivamente. –
- In che senso? –

Sempre fare i finti tonti, è la cosa migliore.
- All’inizio, forse, per te era un impegno come un altro, ma adesso… mi chiedo se tu non sia troppo poco… severa, con Walter. – India si sforzò di trattenere una risata.
- Io non faccio il tuo mestiere, Stefania. Più di un aiuto non posso dare… -
- Ma prima questo aiuto funzionava. – Pausa. – India… Non avrai forse paura di correggere le ca… ehm, gli errori di Walter? Ho l’impressione che questi pomeriggi di studio siano diventati motivo di distrazione per entrambi. Forse tu ci provi, ma non abbastanza, e questo ti distoglie dal tuo lavoro. –
- Stefania, mi dispiace, davvero… Cercherò di essere più te e meno me. Cioè, più prof e meno amica. –
- Non so se è possibile, capisci cosa intendo? –

Purtroppo sì, lo immagino.
- No, veramente. –
- Io penso che dovreste sospendere. E’ meglio che smettiate di studiare insieme. –
- Ma… -
- Sì, lo so, all’inizio i risultati sono stati sorprendenti, ma adesso siete in due ad avere difficoltà. –
- Non so se… -
- Credimi. – Stefania sorrise di nuovo. Nel suo tono dolce e amichevole c’era una sfumatura di durezza. – E’ meglio così. Magari, più in là… Ma adesso davvero no, è meglio smettere. – India sospirò di nuovo, più a lungo. Che fare, se non acconsentire? C’erano ben poche probabilità di prevalere.
- Se pensi che sia giusto così… -
- Fidati di me, è la cosa migliore. Scusami se ti ho trattenuta, vai pure. – India si diresse a passo lento verso la porta. Ma prima di uscire, si voltò verso Stefania.
- La ringrazio, professoressa. –

 
- Sei fortunata. – fu l’amaro commento di Walter quando India gli riferì della conversazione con Stefania.
- Fortunata?! – protestò lei. – Guarda che non mi ero affatto stufata… -
- No, non in quel senso. Fortunata perché t’è andata bene con mia madre. Quando ha parlato con me di certo non è stata tutta zucchero e miele. – Imitò la voce acuta di sua madre, gesticolando al suo stesso modo: - “Sfaticato! Quella poveretta ti dedica metà della sua settimana, e tu te ne freghi così! Mi era sembrato troppo bello! Ma certo, mica poteva durare! Da domani, dopo scuola tu te ne torni dritto a casa e ti arrangi da solo!” – Lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi. – E’ commovente tanta fiducia in me. Ma forse ha ragione lei. Che mi metta nei guai da solo è un conto, ma non volevo dare problemi pure a te. – India lo vide talmente demoralizzato che non poté trattenersi dall’abbracciarlo stretto.
- Ma scherzi? Non è solo colpa tua… E poi mi ci voleva qualche puntata di studio alternativo. – Walter ridacchiò appena.
- E adesso? –
- E adesso si fa come dice lei. Se hai altri suggerimenti validi… -
- Ma così possiamo vederci solo a scuola! – India gli sorrise e gli sfiorò una guancia con una carezza.
- Meglio di niente, no? –
- Già, meglio di niente… -
Ma nessuno dei due era convinto che fosse davvero meglio di niente.

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Capitolo 22
*** Clandestini in officina ***


Capitolo 22 – Clandestini in officina

 
“Fidati di me, è la cosa migliore”.
Per quanto Stefania fosse un’insegnante più che valida e una donna sicura di sé e dei propri metodi, stavolta India non era certa che avesse fatto la scelta giusta.
Peccato che Stefania, invece, ne fosse pienamente convinta.
Ogni tanto, a scuola, India lanciava occhiate furtive verso il banco di Walter, al di sopra delle spalle di Veronica: sembrava piuttosto demoralizzato. Forse perché lui e India non avevano più modo di parlarsi se non alla ricreazione, forse perché i suoi voti, invece che migliorare come aveva pronosticato Stefania, erano calati ancora.
Walter, come al suo solito, cercava di non darlo a vedere. Era nella sua natura. Ma, se per India era impossibile non accorgersi del cambiamento, nessun altro sembrava averlo notato. Come Marco, per esempio. Non se ne andava più in giro ingobbito e immusonito come al solito. Era improvvisamente tornato a sorridere, canticchiava sempre tra sé e sé: sicuramente gli era successo qualcosa di veramente buono.
Se non altro, la decisione di Stefania aveva giovato ai voti di India.

Solo ai suoi.
- E’ inutile che mia madre mi minacci di farmi invecchiare a scuola. – si lamentava Walter. – Se poi è solo colpa sua se so’ combinato così male. –
Passavano insieme tutta a ricreazione, poiché era l’unico spazio di tempo che Stefania occupasse chiusa nel suo ufficio o in classe.
- Almeno hai provato a parlargliene? – A Walter scappò una risata che non aveva niente di allegro.
- Io? Io magari ce posso anche parla’, ma lei, con me, se non urla… Poi se non dà ascolto manco a te, possiamo metterci l’anima in pace. –
India, infatti, aveva provato a braccare Stefania per farle cambiare idea, ma lei, in un modo o nell’altro, se ne usciva sempre con un frettoloso: - Scusami, tesoro, ho mille cose da fare, ne parliamo dopo, eh? –
Ma quel dopo non arrivava mai.
- Non capisco come tu possa ancora essere convinto che tua madre provi quest’amore folle nei miei confronti! – sospirò penosamente India.
- La conosco da diciannove anni, purtroppo. E poi si capisce da come ha presentato la situazione: è colpa mia se ti distrai e non concludi niente. Senza contare come l’ha spiegato a te e come a me. – Sbuffò, quasi spezzando a metà la matita con cui giocherellava da dieci minuti. – Almeno per te è servito… tu sei a posto, no? –
- Eh, ma tu non sei a posto. –
- Beh, dài, non è solo questo… Mi scoccia il fatto che per mia madre la mia crescita mentale si sia fermata a dieci anni! – Pausa diriflessione.
- E se tu venissi lo stesso da me? A un certo punto Stefania capirà, no? –
- No. – fu la secca risposta.
Seguì un’altra pausa di silenzio. Poi sembrò che sulla testa di India si fosse accesa una lampadina.
- Senti… tu ci vai mai in officina da tuo padre? –
- A volte. – rispose distrattamente Walter, esaminando le due metà della matita. – Quando non ha lavoro arretrato e se la svigna alla bottiglieria dei Cesaroni. Per non lasciare l’officina incustodita… Il sabato, per lo più. – Alzò lo sguardo e corrugò la fronte. – Perché, che c’entra? –
- No, stavo pensando… - mormorò India in tono meditabondo. – Che, quando tuo padre è lì… ma anche quando non c’è… tu potresti andare là, tanto Stefania penserà che non puoi lasciare l’officina… E allora, quando tu sei là, io vengo e ci arrangiamo come possiamo! –
Per un attimo, il viso si Walter s’illuminò, ma si rabbuiò subito dopo.
- Ma tu hai tutta la settimana occupata. –
- L’officina è aperta anche sabato e domenica? –
- Sì, tanto, per quello che fa mio padre… -
- E allora io vengo sabato e domenica pomeriggio! – concluse allegramente la ragazza.
- Ma così non avrai neanche un giorno di libertà… - obiettò Walter con aria colpevole.
- Avrò la domenica mattina. – disse India con noncuranza. – E poi, beh… Non è che dobbiamo studiare tutto il tempo… - Walter rise e lei stessa si stupì di quello che aveva appena detto.
- Sei un angelo! Anzi, un cioccolatino con le ali e l’aureola. – Walter l’abbracciò in vita e le posò un bacio all’angolo della bocca.
- Dài, Walter… - mormorò lei, cercando di allontanarlo senza troppa convinzione.
- Che ci posso fare se mi stimoli? – India scoppiò a ridere.
- Ah, vuol dire che quando mi baci senti l’impellente bisogno di scappare in bagno? –
- La bimba sta diventando petulante… -
- Allora, che mi dici? –
- E che te devo di’, che ti adoro! –
- No, scemo, dicevo… per il sabato e la domenica. –
- Ah. Per quello, va bene. Tanto mia madre non ce va mai in officina. Se vuole trovare mio padre, va direttamente in bottiglieria. – Si fece pensieroso. – Scusa, lo so che non c’entra niente, ma… come sta il cane? – India ridacchiò.
- E’ già bello cresciuto. Poverino, sta quasi sempre solo. Si chiama Bambù e già lo amo alla follia. –
- Più di me? –
- Sei ridicolo! –
- Se te lo vuoi portare in officina, fai pure, eh… -
- Scherzi? E’ già enorme. E poi vedrò di accontentarmi della tua compagnia. –
E così, il sabato successivo, India, con non poca preoccupazione addosso, si preparava a raggiungere l’officina di Ezio Masetti. Secondo le indicazioni di Walter, era vicino alla bottiglieria Cesaroni, dunque non sarebbe dovuto essere troppo difficile raggiungerla. Prima di uscire di casa, fece una carezza sul testone nero di Bambù e si augurò che Ezio non fosse troppo invadente… Beh, insomma, che non si lasciasse sfuggire nulla con sua moglie.
Ma Walter era stato chiaro in proposito. “Quello si fa i fatti suoi, manco sa dove sta di casa.”
Dopo circa venti minuti di strada, si trovò davanti a una saracinesca alzata per metà. Prima ancora di avere il tempo di dare un’occhiata all’insegna per controllare che il posto fosse giusto, l’inconfondibile sorriso di Walter fece capolino di fronte a lei. – Ben arrivata! –
- Oh, bene! Non ho sbagliato strada! –
- Beh, papà è l’unico meccanico nel raggio di… ahia! – Aveva fatto per alzare la testa, ma il risultato fu una sonora capocciata. India si infilò sotto la saracinesca ed entrò nell’officina, mentre Walter si massaggiava la testa con una smorfia di dolore. – La prossima volta… se non la apre del tutto… gliela sfascio! –
- Sempre a lamentarsi, sempre a lamentarsi… E’ proprio figlio de sua madre… -
India si voltò verso l’uomo che aveva pronunciato quelle parole: Ezio Masetti, con le mani sporche di grasso e la solita tuta da meccanico, stava armeggiando con dei fili aggrovigliati nel cofano di un’automobile.
- Ehm… Salve, signor Masetti. – Ezio alzò gli occhi e la guardò come se fosse piovuta dal cielo, prima di sorridere e alzare la testa, andando a sbattere contro una mensola. India simulò un colpo di tosse per non scoppiare a ridere. Ezio si strofinò una mano sulla tuta per poi porgerla alla ragazza.
- Piacere, molto piacere, sono Ezio. – Le strinse la mano con energia. Aveva più l’aria di un attore comico che di un meccanico.
- India. – Walter si schiarì la voce per attirare la sua attenzione, poi si rivolse al padre.
- Ehm, papà, noi… beh, abbiamo da fare. –
- In che senso? –
- Ci mettiamo in un angolo, tranquilli tranquilli, non la disturberemo. – si affrettò ad aggiungere India, facendosi scivolare giù dalle spalle lo zaino che si era portata dietro.
- Ah. Beh… sì, certo, fate pure. – L’officina era abbastanza spaziosa, e i due ragazzi si sistemarono comodamente in fondo. Walter si sporse verso India, con un sorrisetto malizioso sulle labbra.
- Hai fatto colpo! –
- Ma che dici? Stupido… -
- Ti sta ancora guardando! Da chi credi che io abbia ereditato il mio buon gusto? – India gli tirò una gomitata, soffocando un’altra risata. Dopo neanche dieci minuti, sentirono la voce di Ezio alle loro spalle.
- Ehm… Walter, io c’avrei da fare alcune commissioni… che, ce stai te, qua, con la tua amica? – Walter alzò gli occhi al cielo.
- Sì, sì, vai… - Ezio si pulì in fretta le mani con uno straccio e un attimo dopo era già uscito. Walter alzò le spalle in segno di scusa. – Te l’avevo detto. Vabbè, almeno siamo soli, per una volta. –
India non poté che dargli ragione. Continuarono così per un paio di settimane, che bastarono per far sentire India di nuovo allegra.
Anche Marco se ne accorse, ma la prese alla lontana.
- Tu e Walter non vi vedete più? – India era talmente contenta di avere di nuovo qualche ora da passare da sola con Walter, e di vedere da subito i risultati della sua decisione, che non fece neanche caso alle parole che rivolse a Marco.
- Momentaneamente no. – Dovette trattenersi dal ridere per la bugia che aveva appena detto, ma in fondo, che importava? Voleva divertirsi a vedere le reazioni di Marco.
- Ah, capisco. Beh, si era… si era capito, ultimamente. –
- Cosa si era capito? –
- Che non… vi vedete, ecco. –
- Oh, beh, sono periodi. – Soffocò un’altra risata al pensiero di come Marco avrebbe interpretato le sue parole. Anche lui parve trattenersi, ma India non capì da cosa.
- Sì, immagino di sì. – Si passò una mano tra i capelli scuri, spostando lo sguardo altrove. – Però ti vedo bene. –
- Certo. Sto benissimo. - Perché non c’è una parola di vero in quello che ti ho detto!
La domenica dopo, Walter si scompisciava dalle risate al racconto di India su quella breve conversazione.
- Quello è nelle nuvole! Davvero gli hai detto così? –
- Guarda, mi sentivo talmente contenta, così in pace, che non me ne importava niente! –
- Tu però sei cattiva, eh! –
- Ma che cattiva… Solo, non faccio più caso a quello che dico. – Walter l’attirò a sé per baciarla.
- Visto che effetto straordinario che ho sulle donne? –
- Su quante “donne” hai testato quest’effetto straordinario, sentiamo? – lo schernì lei, fingendosi offesa.
- Boh… un numero imprecisato. – rispose Walter con aria altezzosa.
- E dài, Casanova, ora sono curiosa! Avanti, quante ragazze hai avuto prima di me? –
- E’ meglio per il tuo giovane cuore che tu non lo sappia, potresti subire uno shock e io non me la sentirei di addossarmi questa responsabilità. – India sorrise implorante.
- Giuro che non me la prendo. Dài… -
- Nessuna. – Questa volta, India non si trattenne e scoppiò a ridere.
- Sì, certo, raccontala a qualcun altro! Guarda che non è così che mi terrai buona. –
- Te l’avevo detto che sarebbe stato uno shock. – Lei gli sorrise, giocherellando con i suoi capelli.
- E’ la verità? –
- Beh, l’anno scorso c’avevo una cottarella per Eva, e siamo stati insieme due giorni. –
- Però! –
- …Più che altro perché appena lei cercava di dirmi che per lei non stavamo insieme, io me la svignavo e le impedivo di dire altro! – Le cinse la vita con un braccio e, sorridendo, si avvicinò alle sue labbra. – Non ho mai trovato un cioccolatino buono come te! –
- Bugiardo e calunniatore… - bisbigliò lei ridacchiando, prima di accostare il viso a quello di Walter e sfiorare la sua bocca con un lieve bacio.
- Se ti vedesse ora la brava professoressa Masetti, sai che colpo basso! –
- Probabilmente mi porterebbe tutti i voti a sotto zero, senza possibilità di replica! –
- Mm… Finché non ci ripensa e non lo fa pure con me… -
- Tu cerca di tenerti al passo… -
- E tu cerca di venire più spesso, parlare di meno e farti baciare di più! – concluse Walter con una risata, mettendo subito in pratica l’ultimo comando.

 

Nda_ lo so, Bambù è un nome ridicolo per un cane, ma una sera ho visto non mi ricordo che fiction in cui c'era un cane di nome Bambù...e me ne sono innamorata!

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Capitolo 23
*** Confessioni ***


Capitolo 23 – Confessioni

 
India cominciava a trovare accogliente l’officina. Non che fosse il massimo della comodità, ma starsene là, sola con Walter, scambiandosi un’occhiata e un sorriso di tanto in tanto, era il massimo che potesse desiderare. Ezio non c’era quasi mai, appena lei arrivava bofonchiava che aveva cose da fare e se ne andava.
- Ah, ora la bottiglieria si chiama “Cose da fare”? –
- Ma fatti gli affari tuoi, Walter! E soprattutto, muto come un pesce! Se lo sapesse tua madre… -
- Cos’è che dovrei sapere? –
India saltò giù dalla sedia per la sorpresa di sentire quella voce acuta e ben nota fuori dell’officina. Walter, che aveva perso l’equilibrio ed era direttamente caduto giù, la guardò con gli occhi sbarrati.
- Ciùciù, che sorpresa… - fece nervosamente Ezio.
- Oh, davvero? Io invece non sono per niente sorpresa. Non solo per la tua rinomata vocazione di scansafatiche. – aggiunse, lanciando una fugace occhiata verso India e Walter, ancora pietrificati dalla sorpresa. – Ma vai, vai, tanto, chi nasce cretino muore cretino. –
Il marito la guardò raggiante e le schioccò un sonoro bacio prima di dileguarsi con un: - Grazie, Ciùciù, sei unica. –
Stefania sorrideva, ferma al suo posto, con le braccia incrociate. – Avanti, ragazzi, non vi mangio mica! –
A guardarla in faccia, si sarebbe detto che India temesse proprio quello.
- Ehm… buon pomeriggio, mamma. –
- Risparmiaci l’introduzione, Walter, so tutto. – India le si avvicinò a testa bassa, con aria colpevole, e subito dopo Walter la imitò sbuffando. – Però magari è meglio parlarne fuori, piuttosto che in questo… - Indugiò, non trovando la parola adatta a descrivere il pandemonio che regnava nell’officina. - …vabbè, lasciamo perdere. –
India non si sentì per niente sollevata, una volta fuori, alla luce del sole. Stefania non smetteva di sorridere. Si appoggiò alla sua automobile, che aveva parcheggiato proprio di fronte all’officina.
- A ma’, se è solo per farci la predica… -
- No, Walter, non voglio farvi la predica. Volevo solo chiederti se mi reputi davvero così cretina. –
- Mamma… -
- Dico davvero. Ma su, credevate che non l’avrei capito? I tuoi voti non lievitano così all’improvviso, senza perché. Era abbastanza ovvio. Ci ho messo un po’ a capire dove si tenevano le vostre riunioni segrete ma, a pensarci bene, neanche quello era poi così difficile. – Walter sospirò e spostò lo sguardo altrove, cacciandosi le mani nelle tasche. India alzò la testa e incrociò lo sguardo di Stefania.
- Stefania, mi dispiace. E’ stata un’idea mia, ma non avevo intenzione di… -
- Non avevi intenzione di aiutare Walter e dimostrarmi cosa riesci a fare, vero? Avevi solo molto tempo da perdere, no? – Stefania non appariva truce e severa come al solito, anzi, pareva molto divertita.
- Io non voglio dimostrare niente. Però non dirmi che avrei potuto parlartene. Ogni volta che ci provavo, scappavi via e non mi lasciavi neanche il tempo di dire “pio”! Non c’era altra scelta, ecco. –
- Se non quella di lasciar perdere e dedicarti esclusivamente a te stessa. –
- Mamma, per favore… - intervenne a quel punto Walter. – Vai al sodo, dicci quello che devi dirci e finiamola! –
- Santa pace, Walter, perché devi essere sempre così? Non vi sto mica rimproverando! D’altronde, non ne avete più l’età, giusto? Vorrei solo ricordarti che non è poi così grave volere bene a una persona e che anche tua madre, che non è ancora del tutto rimbambita, ha un cuore e può capirlo! – Ad India parve che le guance di Walter diventassero piuttosto colorite, ed intervenne:
- Dunque, per concludere…? –
- Per concludere, non c’è bisogno di nascondersi. E neanche di starsene rinchiusi in quest’officina puzzolente per sfuggirmi. Sarà meglio che torniate a studiare a casa Cesaroni… Perlomeno tu avrai i fine settimana liberi! – soggiunse, rivolgendosi a India, che finalmente riuscì a sorridere. – Va bene, ho detto anche troppo. Penso che abbiate afferrato il concetto, no? – Entrambi annuirono energicamente. – Bene, allora io vado. E, mi raccomando… la maturità si avvicina, dateci sotto! – Detto questo, Stefania girò i tacchi ed entrò in macchina. Quando scomparve dietro l’angolo, a India scappò da ridere.
- Beh? Che c’è da ridere? –
- No, stavo pensando… che ormai mi sono talmente abituata a venire qui, che… penso che continuerò a sacrificare i miei weekend! – Walter sorrise e le cinse la vita con le mani.
- Adesso non hai più scuse. Mia madre ha capito tutto, e non c’è più bisogno di nascondersi nei bagni, a scuola! –
- Ma noi non ci siamo mai nascosti nei bagni… - ridacchiò lei accarezzandogli una guancia.
- Diciamo che stavo cominciando a prendere seriamente in considerazione questa possibilità. – India fece per ribattere, ma le riusciva difficile, con le labbra di Walter premute sulle sue. Si aggrappò alle sue spalle, dimenticando in fretta quello che stava per dirgli. Quando si separò da lui, si meravigliò nel sentirsi come invasa da un fuoco bollente. Doveva avere il viso in fiamme.
- …Walter! – Quasi le mancava il fiato.
- Era un modo implicito di ringraziarti. –
- E di che? –
- Boh. Qualsiasi scusa è buona. – Risero simultaneamente. – Allora, cos’hai deciso? Cesaroni o officina? –
- Officina, decisamente. Mi stuzzicava l’idea di essere una clandestina… -
- Eh, ma adesso non lo siamo più. –
- Cerca di non ricordarmelo. Mi piace di più così. – E lo abbracciò, perdendosi in un nuovo bacio.

 È inevitabile oramai
come uno sbaglio di corsia
questo groviglio fra di noi
questa tua bocca sulla mia
e le tue mani su di me
sulle mie mani su di te
molto probabile che sia
inevitabile follia.
Fammi entrare nel tuo labirinto
voglio perdermi dentro di te
siamo due calamite viventi
tutto il resto del mondo non c’è.

(Raf, “Inevitabile follia”)

- Ma sei sempre così allegra? – Era quasi retorica, la domanda di Marco. Ma aveva ragione, eccome!
- Ultimamente sì. Ma anche tu sembri a posto! – Marco sorrise imbarazzato e si strinse nelle spalle.
- Beh, ognuno ha i suoi motivi… -
- Già. Sono settimane che ho solo voglia di ridere! –
- A questo si rimedia! – Detto questo, Marco cominciò a farle il solletico, e India corse via strillando.
- Ma non cosìììì!!! – gridò, ridendo a crepapelle e fuggendo su per le scale, mentre Marco la rincorreva. Alla fine si rifugiò nella stanza dei tre fratelli, dove Mimmo, accucciato in un angolo, era occupato a trafficare con i colori.
- Ciao India! Che ci fai qui? –
- Sto… scappando da… tuo fratello! – ansimò lei, parandosi contro la porta. Ma le bastò allentare di poco la pressione perché Marco le piombasse di nuovo davanti. – No, basta, basta, ti prego! – Mimmo li guardava divertito con la testa inclinata di lato. In quel momento si udì suonare al campanello.
- Mimmo, vai ad aprire! – disse Marco.
- Ma Rudi è di sotto, sarà già andato lui… -
- Vai lo stesso! – Il bambino uscì sbuffando. India lo guardò allontanarsi.
- Ma dài, poverino, perché l’hai cacciato? – Marco sorrise.
- Non cambiare discorso… - Lei lo guardò sorpresa.
- Che discorso? –
- Stavamo dicendo di quanto ti senti felice in questi giorni, no? – disse lui, ammiccando.
- Ah, già… Beh, non è un argomento su cui stendere una relazione, no? –
- Beh, no, ma… guarda, io l’ho sempre capito che non eravate adatti per stare insieme. Non ho detto niente perché magari avresti pensato che il mio era un giudizio di parte, ma… -
- Scusa, ma di chi stai parlando? – India era sinceramente confusa. Marco sorrise ancora, prendendola dolcemente per i polsi.
- Di Walter, e di chi, sennò? – La ragazza scoppiò a ridere.
- No, guarda, mi sa che hai capito male. –
- Più di così, cosa c’è da capire? Io vedo solo che da quando vi siete lasciati, tu stai molto meglio di prima… - A quelle parole, il sorriso scomparve dalle labbra di India.
- Marco, io e Walter non ci siamo lasciati. Non capisco come tu possa pensarlo! – Cercò di liberarsi dalla stretta delle sue mani, ma non ci riuscì.
- Sì, vabbè, dài… Lui non viene più qui a casa con te, a scuola manco vi parlate… è ovvio! –
- Hai preso un abbaglio. –
- E su, è inutile che fingi… - Se non avesse avuto le mani bloccate, India l’avrebbe spinto via, ma, con un movimento velocissimo, Marco la strinse tra le braccia e la baciò. Non fu come a gennaio, non era un bacio timido e impacciato, India non riuscì a divincolarsi in una sola mossa.
- Marco… basta… finiscila! – Con una spinta decisa, riuscì a liberarsi. Si fermò a pochi passi di distanza da lui, ansimando. – Ma che, sei pazzo? Ti sei rincretinito?! Cosa… cosa ti salta in mente, maledizione? –
- Ma dài, tanto non stai più con lui, quindi… -
- No, no e no, Marco, ti sbagli! Io con Walter ci sto eccome! – Cercò di sistemarsi i capelli arruffati.
- Ma non eri stata tu a dire…? – Il sorriso stava rapidamente svanendo dalle labbra di Marco, mentre guardava allibito la ragazza di fronte a sé.
- Io… oh, Marco come hai potuto credere… Io stavo semplicemente scherzando! E comunque, non ho mai detto niente del genere! – Improvvisamente le sembrò tutto molto stupido. Perché gli aveva detto quelle parole, perché glielo aveva lasciato credere?
- Stavi… scherzando? –
- Ma tu, con Walter, non ci parli mai? Se ci fossimo lasciati te lo avrebbe detto chiaro e tondo, no?! –
- Lui… beh, io e lui… Oddio, India, non… -
- Senti, lasciamo perdere, per favore. Facciamo finta che non sia successo niente, eh? – gli disse, con il tono più distaccato che potesse tirar fuori. Non le riuscì molto bene, perché la voce le tremava ancora. Marco chinò la testa.
- S-scusami… io… - In quel momento, India sentì dei passi veloci scendere giù per le scale.
- Avanti, andiamo a… andiamo a vedere chi è stato a suonare alla porta, prima. – E uscì in fretta dalla stanza, scendendo precipitosamente le scale e sentendo sbattere la porta d’ingresso. Quando arrivò in soggiorno, trovò solo Rudi, seduto sul divano a rimirare il proprio telefonino. – Beh? Chi era? – Il ragazzino alzò lo sguardo e sorrise con aria di sufficienza.
- Era Walter. Era passato per non so cosa, ma se n’è andato quasi subito. –
- Ma perché non l’hai fatto rimanere cinque minuti, scusa? Poteva almeno aspettarci! – Alle sue spalle, Marco simulò un attacco di tosse. Il ghigno di Rudi si allargò ulteriormente.
- Doveva avere molta fretta. O, perlomeno, gli è venuta tutta d’un colpo. –
- Non capisco, cosa… -
- Non sembrava molto contento. Dovresti fare una chiacchierata con lui, miss Chicco di Caffè, magari riesci a fargliela passare! – Saltò giù dal divano e si avviò su per le scale, con il solito ghigno dipinto in volto. India lo guardò stranita.
- Bah… Chissà cosa voleva. – A quel punto, Marco balbettò:
- Ehm… io… vado in camera mia… -
- No, non preoccuparti, è già tardi. Me ne vado io. – replicò India, recuperando la borsa. – Ehm… ci vediamo, Marco. –
- Sì. Ci… ci vediamo. –
Uscendo e richiudendosi la porta alle spalle, India ringraziò il cielo che Walter non avesse assistito alla scena. Eppure… eppure, era come se nella stanza, con loro, ci fosse stato anche qualcun altro.

 

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Capitolo 24
*** Confusione ***


Capitolo 24 – Confusione

 
Il giorno dopo, a scuola, India avrebbe giurato che ci fosse qualcosa che non andava.
Qualcosa di serio.
Un po’ per l’espressione da cane bastonato di Marco, un po’ per il ghigno malefico che non abbandonò Rudi neanche per un istante, un po’ per lo sguardo indecifrabile di Veronica.
- Ehm… ciao, India. – Il suo saluto fu molto meno allegro ed entusiasta di quelli che le riservava di solito.
- Ciao a te, Vero. Che è quella faccia? – Veronica fece un gesto vago con la mano.
- Oh, niente… pensavo solo… non farci caso. – Detto ciò, si affrettò a spostare il suo sguardo altrove.

Sono tutti matti.
Poco dopo, Marco le passò davanti, con la sua solita espressione afflitta.
- C-ciao, India. – Lei rispose con un cenno della testa, ansiosa solo di vedere Walter. Possibile che fosse l’unico a cui fosse rimasto un po’ di senso dell’umorismo?
Ma neanche Walter sembrava in vena di scherzare, quel giorno. Entrò in classe come un fulmine, scuro in volto, e superò India a passo di carica, senza neanche darle il tempo di salutarlo. India si voltò di scatto verso Veronica.
- Ma che gli prende? – La sua compagna si strinse nelle spalle e non rispose. Sembrava molto a disagio. India non riuscì a pensare a niente se non a un ulteriore discorso con Stefania.

No, per favore. Che non ci abbia ripensato!
Alla ricreazione, Walter uscì in fretta dalla classe portandosi dietro Veronica. India rimase a guardare la porta aperta, chiedendosi cos’altro potesse essere successo. Rimise i libri nello zaino e uscì in corridoio: Walter e Veronica parlavano fitto tra loro, ma, non appena India sporse la testa fuori dalla classe, Walter si allontanò di corsa. La ragazza rimase a guardarlo con espressione allibita.
- Si può sapere che ha?! – Veronica le rivolse nuovamente uno sguardo indecifrabile. – Allora? –
- Oh, odio ‘ste situazioni! – si lamentò la bionda. - Per favore, non mettermi ‘n mezzo, finché non avrete chiarito, ok? –
- Che vuol… - fece per controbattere India, ma Veronica era già sparita. Che voleva dire, perché non voleva “stare in mezzo”? Di che situazione parlava? E perché Walter si era comportato così? India non trovò altra soluzione se non chiederlo direttamente a lui.
In quel momento se ne stava dall’altra parte del corridoio, da solo, con le orecchie coperte dalle cuffie del lettore mp3. India si avvicinò cautamente. Quando Walter la vide, fece per andarsene, ma lei lo acchiappò per la maglietta.
- Eh, no! Ora mi spieghi! – lo ammonì. Walter sembrava fare di tutto per non guardarla negli occhi.
- Non c’è proprio niente da spiegare. Lasciami in pace. –
- Ma perché? Che ho fatto? –
- Che hai fatto? – Walter rise. Era una risata strana. Falsa, tagliente. – Bella domanda, miss Chicco di Caffè. Perché non provi a risponderti da sola? – India rimase talmente colpita da quelle parole che lasciò andare la sua maglietta, guardandolo con la bocca spalancata, incapace di formulare una frase sensata.
- Ma cosa… -
- Lasciami in pace! – ripeté rabbiosamente lui, voltandole le spalle e correndo via.

Che significa tutto questo?
Di qualsiasi cosa si trattasse, Veronica lo sapeva. E India l’avrebbe fatta parlare, a costo di tirarle fuori le parole con le pinze. Quando rientrò in classe, si diresse subito verso di lei e le si piazzò di fronte.
- O mi dici cos’è successo con Walter, o… o non lo so. Voglio solo saperlo. –
- Io… -
- E non dirmi che non hai idea di cosa sia successo. Tu lo sai benissimo, a differenza di me, visto che nessuno mi degna mai di una spiegazione! – Strinse i pugni mentre Veronica si torturava nervosamente ciocche di capelli tra le dita.
- Senti, te l’ho detto, non mi piace sta’ ‘n mezzo. Per favore, non prendertela con me, sbrigatevela da soli! – E non ci fu modo di farle dire altro.
Il sabato successivo, India decise di andare comunque in officina da Ezio: se Walter trovava sempre il modo di evitarla e scappare, a scuola, in un modo o nell’altro sarebbe riuscita a capire cos’era che non andava.
Si affacciò cautamente all’interno dell’officina. In un angolo, Ezio trafficava con un’auto piuttosto malandata. India si schiarì la voce. – Ehm… salve, Ezio. –
- Ciao, India. Cercavi Walter? –
- Veramente sì. Non c’è? –
- No, oggi non è venuto. – La ragazza cercò di mascherare la delusione.
- Oh, capisco. Va bene. Grazie lo stesso. – E se ne andò a testa bassa, rimuginando senza sosta. Chi restava? Decise di parlarne con Marco. Fu molto sconfortante per lei scoprire che Walter non rivolgeva più la parola nemmeno a lui.
- Ma perché? Perché, dico io?! – Il ragazzo allargò le braccia, sconfortato.
- Non ne ho idea, India. So solo che stare in banco con uno che manco ti guarda in faccia è una tortura! –
- E non ti ha detto quale sia il problema? –
- Ci ho provato, a chiederglielo, ma è convinto che io lo sappia… Non ci capisco niente. –
- Ma… non può averci visti, quel giorno, no? – India evitò di scendere nei particolari, ma Marco capì subito che si riferiva al giorno in cui aveva di nuovo tentato di baciarla… con discreto successo. Aveva creduto che tra lei e Walter fosse finita, e adesso… - Cioè, è entrato e uscito, non avrà avuto il tempo di salire, vederci e andarsene, in due secondi! –
- Ma no, non può essere niente di così… niente del genere, insomma. C’avrà i cavoli suoi. –
- Sì, anch’io ho i cavoli miei, ma non per questo incenerisco la gente con lo sguardo, pretendendo che tutti sappiano cosa mi frulla per la testa! – concluse lei, sconsolata. Quella situazione era frustrante.
- Dài, non ti preoccupare… Si sistemerà tutto. – Marco sembrò sul punto di allungare una mano e accarezzarle una guancia, ma si trattenne con la mano a mezz’aria. India pensò che fosse ancora imbarazzato per quello che era successo, ma subito dopo vide Walter passare a razzo dietro di loro, con la stessa espressione che manteneva ormai da quattro giorni. – Sì, però così quello inciampa nel suo mento! –
- Gli starebbe bene… - mormorò India, con lo sguardo fisso sui propri piedi.
- Ciao, India! – La ragazza fece quasi un salto all’indietro per la sorpresa di vedere Stefania materializzarsi di fronte a lei e Marco. – Come va? –
- Ehm… benissimo, grazie. – rispose, esitante.
- Tu e Walter avete smesso di studiare insieme? Eppure vi avevo detto che… -
- Ci siamo presi un periodo di pausa. – La risposta le uscì un po’ troppo in fretta, ma Stefania non sembrò farvi caso. La scrutò con espressione severa.
- Beh, vedete di darvi da fare. Mancano due mesi agli esami. Non vorrete mollare proprio adesso? –
- Oh, no, no… Certo che no. Riprenderemo tra pochissimo, tranquilla. –

Pochissimo. Già. O quanto ci vorrà per capire cos’ha Walter…
Stefania sorrise soddisfatta. – Bene. So che posso fidarmi di te. Buona giornata, ragazzi. –
- Già, fantastica… - borbottò Marco quando la donna si fu allontanata abbastanza da non sentirlo.
Dunque, Walter e Veronica erano gli unici a conoscere la causa di quell’improvvisa metamorfosi… Ma erano anche convinti che India sapesse tutto.

E invece no. Non so niente. Nessuno mi dice mai niente.
Non pensava ad altro da ore, stesa a pancia in giù sul suo letto, con Bambù ai suoi piedi, in attesa di qualche coccola. Gli diede una grattatina sulla schiena, e il cane alzò la testa, guardandola con i suoi grandi occhi color nocciola. Quando faceva così, sembrava quasi che sorridesse.
- Oh, Bambù, meno male che almeno tu sei contento. – sospirò India, voltandosi su un fianco. In quel momento, sentì lo squillare del telefonino. Si frugò nelle tasche e lo tirò fuori.
“Nuovo messaggio MMS”.
Mittente: Marco.
Cosa mai poteva volere Marco a quell’ora? Cliccò su “OK” e sullo schermo comparve una piccola immagine, accompagnata da un testo: “Forse è per questo che Walter si comporta così.
L’immagine era confusa, ma strizzando gli occhi India cominciò a distinguerne i contorni, e rimase paralizzata per lo stupore. Era una foto.
Non una qualsiasi.
Lei e Marco che si baciavano.
Solo che era stata scattata proprio nel momento in cui Marco l’aveva colta di sorpresa stringendola tra le braccia e incollando la bocca alla sua, e sembrava più un romantico quadretto che altro.
Ma Walter…? Cosa c’entrava Walter?
Senza più poter resistere, India digitò in fretta il numero di cellulare di Marco. Il telefono squillò solo una volta, prima che una voce sommessa e afflitta rispondesse: - Pronto? –
- Marco, cos’è questa storia? –
- Oh, Dio, India, abbiamo combinato un gran casino. –
- Abbiamo?! Vorrei proprio sapere cosa… -
- Rudi ci ha fotografati con il cellulare e ha fatto vedere la foto a Walter. – India sentì come un pugno allo stomaco. Anzi no, peggio. Deglutì, cercando di incassare il colpo.
- N-no… non ci posso credere. –
- Credici! – gemette Marco. – Io non lo so, non capisco… ha sempre avuto una certa propensione a fare scherzi idioti, ma non credevo che sarebbe arrivato a… - In altre circostanze, India l’avrebbe interrotto con il solito “Quel ragazzino mi odia!”. Ma ora, la faccenda era diversa.
- Quindi Walter ha… crede che io… oh, no, no, no! –
- Mi dispiace, India… -
- Ma che mi dispiace e mi dispiace! Oddio, e ora come… come gli parlo? Neanche mi vuole guardare in faccia! – Frenò a stento l’impulso di prendere a calci il comodino. Evidentemente anche Bambù avvertì il rapido cambiamento di umore, perché si allontanò a passo felpato, con la coda tra le zampe.
- C-cosa vorresti fare? –
- Non lo so, cavolo, non lo so! – Richiuse di scatto il cellulare e lo scagliò sul letto, prendendosi la testa tra le mani.

Pensa, pensa, pensa.
Ma c’era poco da pensare. Walter credeva che lei …! Non riusciva neanche a pensarci. E tutto per gli stupidi divertimenti di un teppistello di tredici anni…
E a scuola non andò meglio. Non avendo il tempo di rallegrarsi per il sorriso sempre meno spavaldo di Rudi, India tentò disperatamente di bloccare Walter per parlargli. Invano. Così decise di sfogarsi con Veronica.
- Scusa, mi stai dicendo che… -
- Che è tutto uno stupido equivoco! – Veronica si fece meditabonda.
- Mi sembrava strano! Tra me e me, pensavo che tu non fossi il tipo da mettere le corna al tuo ragazzo, ma quando Walter mi ha fatto vedere la foto… Non sapevo cosa pensare, te lo giuro! –
- Non ti preoccupare. Fosse questo, il problema più grave! –
- Certo, ora come fai a parla’ con lui? – India appoggiò il mento sul banco, sconsolata.
- Non ne ho idea, Vero. Walter mi evita come la peste. Se hai qualche suggerimento… -
- Mi dispiace, piccola. – Veronica le strinse affettuosamente una spalla. – Dev’essere terribile, vero? –
- Sì… terribile. –
- Se devi preparare ‘n piano d’azione, ti suggerirei di strozzare Rudi, come fase uno. Anzi no, meglio, quando va in bagno, entra dalla finestra e fotografalo seduto sul cesso! – Quella volta, neanche Veronica riuscì a farla ridere con le sue battute irriverenti.
Doveva parlare con Walter. Assolutamente. Anche a costo di farsi ricoprire di insulti. Ma doveva, o sarebbe impazzita, ne era sicura.

 

Michelle... hai ragione per quanto riguarda l'officina di Ezio... caspita, non ci avevo pensato completamente!! O_O che razza di fan dei cesaroni sono?!? Perdonami, ti prego! ^^

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Capitolo 25
*** Tredici anni e due parole ***


Chiedo umilmente perdono!!!! Ho involontariamente saltato il capitolo 23, “Confessioni”. L’ho aggiunto adesso… scusate!!!

 

Capitolo 25 – Tredici anni e due parole

 
Stava ancora rimuginando su quella faccenda, in un penoso mercoledì pomeriggio di fine aprile, dopo aver mandato al diavolo lo studio ed essersi raggomitolata sul divano.
Se a scuola non riusciva neanche a incrociare lo sguardo di Walter da lontano, quali altre possibilità poteva avere?
Fu il trillo del campanello di casa Cesaroni a darle la risposta. Quasi in trance, India si tirò su dal divano e andò a vedere chi fosse. Non appena aprì la porta, le si mozzò il fiato.
- Walter…! – Stava lì, impalato davanti a lei, sforzandosi di apparire disinvolto.
- Sono venuto per parlare con Eva. – disse, con lo sguardo fisso sullo stipite della porta. La sua voce sembrava provenire da un computer. India si morse le labbra.
- Per favore, non… -
- Non c’è Eva? – Sì, era proprio la stessa voce fredda e metallica di un computer.
- Walter, ti prego, parliamone! – lo implorò lei.
- Puoi chiamarmela, per favore? –
- Ma chiamatela da solo e vai al diavolo! – sbottò India, voltandogli le spalle e facendo come per allontanarsi. In quel momento, Eva scese frettolosamente le scale e salutò India con un cenno nervoso.
- Ehm… ciao, India, ci vediamo! – Strano che non l’avesse fulminata con lo sguardo!

Non piangere, India. Non provarci neanche. Non fargli vedere che sei debole.
Aspettò che la porta si richiudesse per scoppiare in lacrime. Era semplicemente impossibile. Non sapeva neanche cosa pensare di Walter. Se dargli dello stronzo o chissà che altro… Perché non si fermava un attimo, perché si rifiutava categoricamente di sfiorare l’argomento? Come avrebbe potuto dirgli la verità se a malapena lui la guardava in faccia?
Già. Ma come avrebbe reagito lei, vedendolo baciarsi con un’altra?
Chissà, forse lui ed Eva si stavano consolando a vicenda.
Si lasciò cadere sul divano, singhiozzando senza ritegno e senza accorgersi di due occhi scuri che la fissavano intimiditi.
- Ehm… -
India alzò di poco la testa, ma non riuscì subito a distinguere i lineamenti della persona che stava di fronte a lei a causa delle lacrime che le inondavano gli occhi. Se li strofinò energicamente con il dorso della mano ma, non appena vide Rudi in piedi davanti al divano, ricominciò a piangere, nascondendo la testa tra le braccia.
- Vai… via… - balbettò.
- Dài, per favore… Non possiamo parlare come… ehm… buoni amici? –
- No, perché non lo siamo! E ora vattene! – ripeté, senza alzare la testa.
- E su, non farti pregare! Per favore… -
In fondo, aveva tanto disprezzato Walter perché non le offriva l’opportunità di parlargli. Chi era lei per commettere lo stesso errore? Si asciugò le lacrime alla meno peggio e tirò su col naso.
- Avanti, sentiamo cos’hai da dire, mio caro buon amico. – Non riuscì a trattenersi dal dirlo. Rudi sospirò, lasciandosi cadere sul divano accanto a lei.
- Senti, India, mi spiace. –
- Ah, ti spiace. E mi chiami pure per nome! Cerchierò la data di oggi sul calendario! –
- No, veramente. Io non… cioè, non è che volessi farvi litigare… non per davvero. Non ci avevo pensato, ma… -
- Oh, certo, non ci avevi pensato. Io e Walter stiamo, anzi stavamo insieme, tu mi fotografi mentre un altro mi sta baciando, gli fai vedere la foto e non ci pensi neanche per un secondo, che lui possa rimanerci male! – ribatté amaramente. Rudi sospirò più forte.
- Non volevo arrivare fino a questo punto, ecco. – India lo guardò senza credergli.
- Perché mi detesti così, Rudi? Cosa ti ho fatto di tanto tremendo? Io non ero mal disposta nei tuoi confronti, ma tu mi hai dichiarato guerra fin da subito, e adesso, questo! Perché? – Rudi esitò prima di risponderle.
- Ma perché tu sei… piaci a tutti, no? – disse, come se fosse stato più che ovvio. – Io faccio parte di questa famiglia da tredici anni, ma è come se non ci fossi. Anzi, quand’è così, forse è meglio, perché altrimenti mi dicono che sono un buono a nulla, uno sconclusionato… Tu, invece, eri appena arrivata e… insomma, ti sono bastate due parole per guadagnarti la fiducia di tutti! Mi sarebbe piaciuto avere questa capacità. – India rimase ad ascoltarlo in silenzio, sbalordita.
- Ah, dunque è così? –
- No, sai, mi sono inventato tutto di sana pianta solo per farti commuovere. Certo che è così! –
- Quindi io piacerei a tutti? – Il suo tono risultò vagamente canzonatorio.
- Che, forse non si vede? Marco ti sbava dietro, mio padre non fa che dire che dovremmo prendere esempio da te, Lucia dice che sei adorabile… Mimmo, non ne parliamo, quello preferirebbe avere te come sorella. E Walter… beh, lui… - India si sentì salire un groppo in gola.
- Lui, qualsiasi cosa pensasse prima, adesso ha cambiato idea. – concluse tristemente.
- Senti, mi spiace, davvero… -
- Anche a me dispiace. Mi dispiace se… beh, se ti sei fatto quest’idea di me. Però, santa pace… - Si nascose il viso tra le mani, sospirando pesantemente. - …Che bisogno c’era di arrivare fino a questo punto? – Rudi perse ogni traccia di timidezza e tornò quello di sempre.
- Ma io non lo credevo così scemo! – esclamò, con il suo solito tono strascicato. – Cioè, quella foto gliel’ho fatta vedere quasi per scherzo, ero sicuro che non ci avrebbe creduto… All’inizio pensavo che l’avesse capito, com’era andata veramente, ma due secondi dopo praticamente gli fumavano le orecchie e se n’è scappato via! – India apprezzò le parole e le scuse di Rudi, ma ormai c’era poco da fare.
- Ti ringrazio per essere stato sincero, ma adesso non c’è molto da fare. – mormorò. – Dubito che Walter abbia molta voglia di sentire spiegazioni. – Rudi la guardò in modo strano. – Che c’è? –
- No, pensavo… Siccome ci siamo… ehm… spiegati, io e te… Magari con Walter potrei sbrigarmela io. –
- Sì, come no. Secondo me penserà che stai scherzando. –
- Oh, senti, lascia fare a me… Ci ho già pensato. Ti fidi? – India non rispose subito. Poi però sorrise e gli scompigliò i capelli con la mano.
- E va bene, mi fido. –
- Ehm, sì, ok, però lascia stare i capelli… - Sì, era decisamente tornato in sé.
- Allora, cos’avresti in mente? –
- Segreto professionale. Ti dico solo che io e Alice facciamo parte della redazione del giornalino della scuola. – India aggrottò la fronte.
- E questo cosa c’entra? –
- Niente, niente, non fare quella faccia. Ti garantisco che domani tu e Walter starete di nuovo insieme! –
- Se lo dici tu… -
Rudi le rivolse una delle sue solite occhiate, lo sguardo di chi la sa lunga. Dopotutto, quel ragazzino non era poi così male. Non quando ti dichiarava guerra, certo… Chissà cosa aveva in mente, adesso. India non era sicura che le cose sarebbero andate proprio come Rudi aveva assicurato, ma…

Tanto, peggio di così non può andare.
La mattina dopo, non appena mise piede nel cortile della scuola, non poté fare a meno di notare che svariate teste si voltarono a guardarla, indicandola e borbottando parole incomprensibili. Cercò di convincersi che fosse solo una sensazione e procedette, finché Stefania non le tagliò la strada, rincorrendo Walter, brandendo un fascio di fogli in una mano e agitandolo in aria come una spada.
- Cretino! Sei sempre tu, eh?! Perché non appendi direttamente la tua gigantografia al cancello, se vuoi un po’ di pubblicità? – strillava.
- Mamma, ma ti ho detto che non ne so niente! – gridava lui in risposta, correndo qualche metro davanti a lei. Intanto, molti ragazzi continuavano a lanciarle occhiate furtive, ridacchiando. Alcune ragazze sospirarono. Di sicuro non si trattava di un’allucinazione. Ma allora…?
Che Rudi l’avesse solo presa in giro, e cercasse solo di giocarle un altro brutto tiro?
India si avvicinò a Marco, più immusonito che mai, anche lui con un mazzo di fogli sotto un braccio.
- Marco, che sta succedendo? –
- Lasciamo perdere, va’… - bofonchiò allontanandosi. In quel momento, Veronica si avvicinò di corsa ad India, brandendo anche lei un fascio di fogli, ridendo e strillando:
- Sei ‘na pazza! Ma come vi è venuto in mente? – Quasi le saltò in braccio, ma India si scostò.
- Ma perché sono sempre l’ultima a sapere cosa succede? Cos’è questa storia? – Il suo sguardo vagò a lungo tra i ragazzi presenti in cortile, prima di fermarsi su Rudi. Era seduto su un muretto, accanto ad Alice, e reggeva una pila di fogli tra le braccia, distribuendoli ai ragazzi che man mano gli si avvicinavano.

Chi aveva parlato del giornalino della scuola?
India strappò i fogli di mano a Veronica, e la prima cosa che riuscì a distinguere fu una foto di lei e Walter, qualche settimana prima, abbracciati davanti al cancello della scuola.
- Ma cosa fa quel ragazzino, mi pedina?! –
Il titolo era stampato a caratteri cubitali di uno sgargiante color arancio. Scherzi crudeli, ovvero l’equivoco. Ingoiando più o meno due litri di saliva, India cominciò a leggere.
Può un innocente scherzetto, opera di un altrettanto innocente tredicenne, compromettere un idilliaco rapporto di coppia? Ebbene, cari lettori, può eccome! Stiamo parlando di due studenti dell’ultimo anno, tali Walter Masetti e India Fabiani, i quali, per un’astuta burla compiuta da uno dei vostri redattori, Rudi Cesaroni…”
I suoi occhi percorsero velocemente le righe fino alla fine dell’articolo, firmato, naturalmente, da Rudi. In sostanza, raccontava esattamente come si erano svolti gli avvenimenti che avevano portato India e Walter alla rottura. Per fortuna, il nome di Marco non era stato citato. Si parlava solo di “un ragazzo preda di bollenti spiriti adolescenziali”, ma India immaginava fin troppo bene il motivo dell’umore di Marco. India strinse i pugni, quasi strappando le pagine del giornalino, prese fiato e…
- RUDIIIIIII!!! – Rudi la salutò allegramente con una mano. India attraversò il cortile a grandi passi, lo raggiunse e gli strappò di mano le copie del giornalino. – Ma sei scemo? C’era bisogno di farlo sapere a tutta la scuola? –
- Beh, se Walter non vuole parlare con nessuno, almeno può leggere! E poi c’è scritto, no? “A cura di Rudi Cesaroni”. Non c’è mica il tuo nome! –
- Tranne che nelle due pagine occupate dall’articolo! –
- Piantala di lamentarti, e comincia a cercare Walter: si sarà nascosto in un gabinetto per sfuggire a Stefania! – India sospirò profondamente, cercando di non perdere il controllo.
- Io non lo cerco di sicuro. Adesso decide lui cosa fare! –
E mantenne la parola, rimanendo al proprio banco, chiacchierando con Veronica, facendosi i fatti propri fino alla ricreazione. Quando suonò la campana, un esitante e immusonito Walter si avvicinò a loro con finta disinvoltura. Rimase in silenzio per un po’, guardando fuori dalla finestra, poi dalla bocca gli uscì un sommesso: - Possiamo parlare? – India si trattenne dal dire “Era ora!” e rispose con un semplice:
- Sì, certo. – Walter uscì lentamente dalla classe, ed India lo seguì fino alla fine del corridoio, dove si fermarono. Per qualche secondo nessuno proferì una sillaba, poi Walter si passò una mano tra i capelli ed esordì:
- Allora… ecco… - India, che fino a quel momento gli aveva voltato le spalle, affacciata alla finestra, si girò a guardarlo e appoggiò la schiena al muro.
- Ti ascolto. – Walter fissò per qualche istante la copia del giornalino, prima di schiarirsi la voce.
- E’ vero quello che c’è scritto? –
- Ah, non chiederlo a me, Walter. Mi pare che ti fidi più di un ragazzino che di me. Più di cose che credi di vedere, che di quelle che vedi davvero. Quindi, se vuoi, chiedilo a lui. - mormorò India, incrociando le braccia e abbassando lo sguardo.
- Era… era una foto, India. Come facevo a non crederci? –
- Semplicemente venendo da me, o da Marco, a chiedere spiegazioni, e non eclissandoti. –
- Mi dispiace… -
- Ah, davvero? – Si guardarono con diffidenza per qualche istante, poi dissero addio al rancore e finirono l’uno tra le braccia dell’altro. – Perché non hai voluto ascoltarmi, Walter? Credevo di contare qualcosa di più per te… -
- Ma no, India, che dici? – mormorò lui, stringendola più forte. – Tu conti troppo per me, è questo il guaio. Non… non puoi capire come ci sono rimasto, davanti a quella foto… -
- Più o meno come ci sono rimasta io quando hai smesso di parlarmi. – Walter le accarezzò il viso, sorridendo come non faceva ormai da una settimana.
- E’ che… guarda, se ci ripenso mi sento così cretino! Ma ho ripensato a quando mi hai raccontato che… insomma, che Marco credeva che noi non ci vedessimo più, no? E allora credevo… beh… - S’interruppe.
- E allora credevi che io l’avessi fatto apposta per lasciargli via libera? Oh madonna, che fantasia che hai! – Finalmente riuscì a ridere di gusto.
- Promettimi solo una cosa. –
- Cosa? –
- Che stavolta non mi farai la predica perché io e Marco abbiamo chiuso. – India sospirò.
- Ve bene, per una volta starò zitta… - Walter le sorrise e la baciò lievemente. Sembrava quasi che non avesse mai baciato una ragazza, tanta fu la timidezza e l’esitazione con cui le sfiorò le labbra. India sorrise e posò la testa sulla sua spalla. – Mi sei mancato. –
- Anche tu. E, India… - Improvvisamente la sua voce si abbassò, si fece incerta. La ragazza rialzò la testa e fissò lo sguardo in quello di Walter. Quegli occhi scuri e dolci… le sembrò di rivederli per la prima volta da mesi.

Occhi neri occhi neri
assoluti e sinceri
occhi amati e sognati
occhi desiderati…
Occhi neri e distanti
calamita e diamanti
occhi belli e impazienti
due sparvieri vibranti…

(F. Mannoia, “Occhi neri”)

 - Sì? – Walter le cinse la vita con le braccia.
- Ci credi se ti dico una cosa? – Lei sorrise di fronte a quella che sembrava un’altra persona. Un ragazzo del tutto diverso dall’irriverente, scherzoso, schietto Walter Masetti.
- Dipende da quello che vuoi dirmi. – Walter sorrise imbarazzato e accostò il viso a quello di India. Sì, sembrava decisamente un altro.
- Ti amo, India. –
Pronunciò quelle due semplici parole con voce sommessa, quasi fosse un segreto. Un segreto meraviglioso che nessun altro avrebbe potuto comprendere.
India si morse le labbra, abbozzando un sorriso.
- Non ho sentito… -
- Ti amo… -
- Puoi parlare più forte? – Sorrise nel prendersi gioco di lui. Anche Walter sorrise, scuotendo la testa come per dire “Tu non cambi mai”. Poi prese fiato e:
- TI AMO, INDIA! – Una ragazza poco distante da loro trasalì. Un bidello che passava di lì per caso scosse pensosamente il capo. Una professoressa piuttosto avanti con l’età borbottò “Ragazzi…”.
Ma India non la sentì. Non sentì nessuno se non Walter, raggiante di fronte a lei.
E rise.
Dapprima fu solo un sorrisetto, che poi si fece più largo, fino a diventare una squillante risata di gioia.
- Mi sa che… ti amo anch’io, Walter! – Neanche lui poté trattenersi dal ridere.
- Adesso non abbiamo più problemi… tanto lo sa tutta la scuola! –

 

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Capitolo 26
*** Un viaggio ***


Capitolo 26 – Un viaggio

 
- Scendi tu o butto giù la porta? –
- Un attimo! Dammi almeno il tempo di vestirmi! –
Erano appena le otto di mattina di una splendente giornata di sole, sabato primo maggio. India era stata svegliata dal dolce richiamo di Walter, che si era appostato di fronte al portone della palazzina. La ragazza si affacciò al balcone e lo vide lì, sorridente come sempre e appoggiato alla macchina, la sua 307 nuova fiammante. – Ma dove dobbiamo andare, scusa? –
- Sì, e io te lo vengo a dire… Vedrai, vedrai! –
- E cosa dovrei mettermi, visto che non so neanche dove stiamo andando? –
- La prima cosa che trovi, tanto sei sempre ‘na por… ehm, bellissima! – India non fece in tempo a rispondere, che dal palazzo di fronte si affacciò un uomo sulla cinquantina piuttosto seccato.
- La piantate di urlare?! C’è gente che vorrebbe dormire, qui! – Walter lo guardò senza fare una piega.
- E beh, è sabato, ha tutto il giorno per dormire, no? E c’è pure la domenica… - L’uomo chiuse di scatto la finestra, al che Walter volse di nuovo lo sguardo verso India. – A meno che non decida di scendere a picchiarmi, i programmi non cambiano. Dài, sbrigati! –
- Arrivo, arrivo… - India pescò dall’armadio una camicetta a maniche corte e un paio di pinocchietti rosa, si vestì in fretta e furia e si diede una veloce occhiata allo specchio. Chissà perché, la sola vista del suo ragazzo le faceva passare il sonno tutto d’un colpo. Non vedeva l’ora di scoprire cosa avesse in mente per quel giorno. Scese in fretta le scale e corse ad abbracciarlo, come se non si vedessero da settimane.
- Buon primo maggio! Oggi sei ufficialmente sotto sequestro. E non osare chiedermi dove ti porto! Te la senti di lasciarti andare al brivido di questa avventura? – India rise e prese posto sul sedile accanto a Walter.
- Accetto la sfida! A proposito, carina la macchina! –
- Già, soprattutto considerando che la patente l’ho presa tre mesi fa e sono comunque stato costretto a girare in moto. Ma lasciamo perdere… non è alla macchina che dobbiamo pensare oggi! Sei pronta? –
- Prontissima. – Walter mise in moto.
- Eeeee… si parte! –

 Avrò quell’entusiasmo
Che ovunque mi aiuterà…

 
Dopo mezz’ora di viaggio, India smise di chiedersi dove fossero diretti, distratta com’era dalle inesauribili chiacchiere di Walter. Man mano che procedevano, si allontanavano sempre di più dai palazzi, dalle autostrade e dallo smog, sboccando in aperta campagna. India guardò l’orologio.
- Walter, sono più di due ore che siamo in viaggio… -
- Avevi promesso di rispettare le regole: niente domande. – Walter guidava tranquillo. – E niente orologio. –
- Ma dài, sono curiosa… -
- Amore, lascia perdere le domande, ok? Vedrai che, quando capirai cos’ha partorito la mia mente perversa, sarai molto più contenta che io non ti abbia detto niente. – India ricambiò il suo sorriso, leggermente intimidita.

Amore…

 E la dolcezza con cui mi guarderai
mi darà il coraggio che non ho avuto mai.
Quello che conta è che siamo in viaggio,
Io e Te. 


- Goditi questo viaggio… -
E così fece.
Passarono le ore, il sole cominciò a picchiare, sempre più caldo, per poi cominciare a scivolare lentamente via, lasciando che il cielo passasse da un allegro azzurro a un cupo celeste scuro.
Le chiacchiere di Walter, le sue risate, la sua mano che ogni tanto abbandonava il volante per posarsi sulla gamba di India, annullarono ogni preoccupazione e ogni curiosità. C’era solo quella macchina, con loro due seduti vicini e la musica della radio a fare loro compagnia.

 
Un viaggio, per sempre in mare aperto
ci basta un po' di vento e in salvo ci porterà
la mia vita è tutta quanta un viaggio
lontani da ogni porto
in mezzo ad un concerto
che ci accompagnerà fino a quell'orizzonte
al di là del quale c’è ancora un orizzonte
da cui ricominciare
apposta lì per noi.
 

- E questa canzone? –
- Boh… Credo che il cantante si chiami Mazzocchetti, o qualcosa del genere. Ma questa non l’ho mai sentita… -
- Sembra fatta apposta per noi, vero? In fondo siamo in viaggio… - Walter le sorrise.
- Hai ragione… Ma il viaggio è finito. Siamo quasi arrivati! – India gettò un’occhiata fuori dal finestrino.
- Non mi ero neanche accorta che si è fatto buio! – Walter guidò ancora per qualche minuto, prima di frenare di fronte a quella che sembrava una graziosa villetta a due piani.
- Eccoci arrivati, mademoiselle! – annunciò, ossequioso.
- Ora posso sapere dove siamo? – Walter la guardò divertito, con la sua solit espressione da “io-la-so-più-lunga-di-te”.
- Ci troviamo esattamente… in Calabria! – India spalancò gli occhi.
- Stai scherzando? –
- Credi che abbia fatto il giro di Roma per dodici ore? – Siccome India continuava a guardarlo allibita, aggiunse: - Dài, intanto scendiamo, che ti spiego. – Una volta scesi dalla macchina, la prese per mano e la guidò verso la villetta. – Ti ricordi della casa che comprò mio padre vari mesi fa? E che non poté restituirla perché aveva già pagato la prima rata? Beh, a quel punto non c’era molto da fare se non tenercela. Quindi, se c’è… si usa! – India lo scrutò attentamente.
- E questo, esattamente, significa che…? –
- Che mi sono preso tre giorni di vacanza e ho fatto in modo che rimangano tali, senza interferenze. –
- E dài, Walter, puoi spiegarmi tutto senza giri di parole o indovinelli? –
- Allora, andiamo per gradi. Ho detto a mia madre che io, tu e Veronica abbiamo deciso di fare una gitarella fuori città… La nostra cara amica è stata già avvisata dal sottoscritto, e sarà ben felice di mancare da scuola lunedì e martedì per coprirci. Così almeno mia madre sta tranquilla e non pensa male, come al suo solito. – concluse allegramente. India non poté trattenere una risata.
- Non dovrebbe? –
- Assolutamente. Dài, vediamo com’è dentro. –
- Aspetta un attimo… - Walter si bloccò di fronte alla porta, con una mano già sulla maniglia. India lo abbracciò e lo baciò lievemente. – Grazie… - La risposta di Walter fu un sorriso trionfante.
- Entriamo? – India annuì e si lasciò guidare all’interno. La casa, su due piani, era abbastanza grande. C’era un soggiorno, spazioso e accogliente, una cucina, due bagni e due camere da letto. Una di esse, arredata solo con un letto matrimoniale e due comodini, dava su una piccola terrazza.
I due ragazzi uscirono sul balcone. Un venticello piacevolmente fresco accarezzava le loro guance, e la luna sembrava giocare a nascondino tra le nuvole. India si appoggiò alla ringhiera e Walter, da dietro, l’abbracciò, poggiando il mento sulla sua spalla. – Che ne dici? Ti piace? –
- Moltissimo. E mi piaci tu. – Lui sorrise appena, prima di accostare le labbra a quelle della sua ragazza, scendendo poi sul suo collo. India chiuse gli occhi, inclinando la testa di lato.
Sentiva uno strano senso di pace, come se fosse ovattata, protetta, isolata dal resto del mondo. Ma allo stesso tempo, qualcosa le impediva di lasciarsi andare del tutto. Stava per succedere qualcosa di nuovo, qualcosa di strano ed eccitante, e poteva capirlo dai baci di Walter, più intensi e decisi, dal suo tocco diverso dal solito, dal suo respiro che improvvisamente si era fatto più pesante. Inspirò a fondo l’aria primaverile, tiepida e leggera.
- Fa fresco, rientriamo? – sussurrò Walter tra un bacio e l’altro. India annuì, non trovando la forza per dire niente. Improvvisamente, quando furono dentro, prima che lui le si avvicinasse di nuovo e ricominciasse a baciarla, le venne fuori tutto d’un colpo:
- Walter, ho paura. – Walter sorrise dolcemente e le ravviò i capelli scuri.
- Mi credi se ti dico che io ne ho persino più di te? – India lo guardò con occhi colmi di ansia, e si sorprese molto quando scoprì di non riuscire a sorridergli.
- Non… non voglio deluderti… - Walter le sorrise, provando un’infinita tenerezza per quella che sembrava solo una bambina spaventata. Quegli occhi… quegli stupendi occhi di smeraldo non l’avevano mai guardato così.
- Non mi deluderai, piccola. Io non mi aspetto niente da te… niente che tu non voglia darmi. Se non ti sembra troppo brutto il doppio senso… – Il ragazzo cercò di alleggerire l’atmosfera con una battuta, ma ciò non sortì l’effetto da lui sperato. India alzò nuovamente lo sguardo verso di lui, senza ancora riuscire a sorridere.
- Sono molto sciocca, vero? –
- Non mi pare. Sei sempre quella ragazza timida e dolcissima di cui mi sono innamorato. Quella ragazza che ha l’incredibile pazienza di stare dietro a un pazzoide come me… Quella ragazza che ha paura di deludermi, quando è l’ultima cosa che potrebbe fare. Ed è per questo che io sono completamente, irreparabilmente pazzo di lei. –
Sulle labbra di India si fece finalmente strada un sorriso. Abbracciò il suo ragazzo, nascondendo il viso nel suo petto. – Ti amo, Walter. –
Non le venne in mente nient’altro da dire.
Forse perché non c’era davvero nient’altro da dire.
- Ti amo anch’io, piccola. – Le prese il viso tra le mani e le accarezzò una guancia con il pollice. – Allora… Ti andrebbe di fare questo viaggio? –
- Sì… Con te, e nessun altro. – Annullò subito con un altro bacio i pochi centimetri che li separavano. Le dita di Walter slacciarono lentamente i bottoni della camicetta di India, con cautela, quasi come se un solo gesto affrettato potesse rovinare la magia di quel momento. La ragazza cercò l’orlo della maglietta di lui, per poi sollevarla e sfilarla via, rapidamente, vergognosa di quel gesto così semplice. I due indumenti furono abbandonati sul pavimento mentre Walter si stendeva sul letto, attirando dolcemente India sopra di sé. Le sue mani si rincorrevano sulla schiena di lei, cercando la chiusura del reggiseno. India rimase immobile, in silenzio, mentre anche quel piccolo pezzo di stoffa scivolava via. Nonostante la poca luce che illuminava la stanza, riuscì a vedere le labbra di Walter allungarsi in un sorriso.
- Lo sai che sei bellissima? – India, ancora una volta felice di non poter arrossire, si chinò a baciarlo.
- E’ merito tuo… -

 C'è ancora un orizzonte
da cui ricominciare apposta lì per noi,
apposta lì per noi…
 per noi che siamo in viaggio
e non torneremo indietro mai.

(P. Mazzocchetti, “Un viaggio”)


Note dell'autrice: se non avete questa canzone, cercatela, perchè è bellissima. Grazie come sempre alla Sore e a Michelle, e anche alla new entry lu88!

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Capitolo 27
*** Luce ***


Oggi posto due capitoli, non ne posso più di trascinarmi sta storia...e il titolo di questo capitolo deriva da una totale mancanza di ispirazione XD Rispondo:

Sore: finiscila con queste figure retoriche, che le sto facendo in poesia e ne ho le scatole piene!!! Ah, anche di questo capitolo ti avevo dato un'anticipazione, se ricordi... ;)

Chika: ben arrivata! Spero che continui a piacerti

Michelle: semper fidelis! Comunque mettiti l'anima in pace: Walter, Ludovico e tutti i personaggi che potrà interpretare, sono tutti miei, in blocco! XD

Capitolo 27 – Luce

India aprì lentamente gli occhi, sentendo un venticello fresco pizzicarle le guance. Alzò la testa e sbirciò oltre le spalle di Walter, il quale dormiva ancora profondamente: da un piccolo spiraglio della portafinestra penetrava un sottile filo di luce che andava a posarsi delicatamente ai piedi del letto. La ragazza calciò via il lenzuolo che si era aggrovigliato alle sue caviglie e si alzò silenziosamente, attenta a non svegliare Walter. Attraversò la stanza a passi felpati e imprecò sonoramente quando inciampò in una grossa busta della cui presenza non si era accorta, appoggiata ai piedi della finestra. Walter si rigirò nel letto parecchie volte prima di alzare la testa, mostrando una pettinatura molto simile a un cespuglio con urgente bisogno di tosatura, e borbottare: - Che succede? –
- Oddio, scusa… non volevo svegliarti… Ho messo un piede in fallo. – Tuttavia, India non poté fare a meno di ridacchiare alla vista dei capelli di Walter.
- Mmm… che c’è da ridere? – fece lui con la voce impastata di sonno.
- Niente… Sei pittoresco. – India abbassò lo sguardo sulla busta che l’aveva fatta inciampare. – Ma questa da dove salta fuori? – Walter sembrò svegliarsi di colpo.
- Ehm… niente, niente, lascia stare. Sono solo… beh, qualche provvista. –
- A proposito… - India si fece meditabonda. – Pensavo… saremo qui tre giorni e io ho solo i vestiti che porto addosso! – Walter esibì uno dei suoi classici sorrisetti maliziosi.
- Portavi. – India abbassò lo sguardo e lo rialzò rapidamente, sorridendo vergognosa.
- Ehm… già. – Tornò di corsa verso il letto e andò ad arrotolarsi tra le lenzuola, abbracciando Walter. – Facendo un piccolo passo indietro… buongiorno. – Walter sorrise e la baciò.
- Buondì, luce dei miei occhi. –
- Eh, quanto sei esagerato… Non mi diventerai mica romantico? –
- Perché, scusa, dopo che ti ho portata fin qui con un viaggio che non finiva più, per giunta siamo arrivati che c’era la luna piena… -
- Ah, ecco, sarà stata quella… - Walter mise su un finto broncio.
- Sei cattiva, cattiva, cattiva! Si possono riscoprire lati nascosti del proprio carattere, no? E poi, prova a dire che non ti piace l’uomo all’antica… che ti corteggia, ti porta a cena fuori, magari quando la mattina ti svegli te lo trovi pure con il vassoio della colazione… - India sorrise divertita e gli accarezzò una guancia.
- Io non voglio mica l’uomo “all’antica”, voglio te e basta. Bisognerebbe vedere chi è la tua donna ideale, piuttosto… -
- Ce l’ho davanti, ed è una visione niente male… - India lo colpì con un cuscino.
- Invece che fare il lecchino, perché non rispondi alla mia domanda? Cosa mi metterò addosso? –
- Tempo fa ho saputo che esistono dei posti, chiamati “negozi”… Sai, tu entri, cerchi quello che ti serve e poi lo paghi. Dovrebbero essercene anche qui, credo, dipende da quanto siano civilizzati i calabresi! – Gli arrivò una seconda cuscinata. – Ma dài, non c’è bisogno di prendersela così…! – protestò ridendo.
- Non osare provocarmi, sai? –
- Cosa intendi esattamente per “provocazione”? – India finse di pensarci su.
- Qualunque cosa possa infastidirmi e cambiare radicalmente i sentimenti che provo per te. –
- Allora sto per osare, come dici tu, perché dopo mi amerai molto di più! – mormorò Walter rivolgendole il suo sorriso più dolce. India non rispose, si limitò ad abbracciarlo e a lasciarsi baciare, desiderando che quei tre giorni si trasformassero in settimane.
Nel tardo pomeriggio, entrambi erano riusciti a recuperare qualche vestito nuovo e lo stretto necessario per la sopravvivenza.
- So che la mia domanda ti sembrerà inopportuna, ma… - cominciò India, riguardando i vestiti appena acquistati. - …stasera che si mangia? Quest’aria mi mette una certa fame. –
- Beh, visto e considerato che ieri sera siamo rimasti a stomaco vuoto per cause di forza maggiore, - rispose Walter, – direi che possiamo permetterci di andare a cena fuori. – India gli rivolse uno sguardo divertito.
- Stai ancora pensando alla questione dell’uomo romantico? –
- No, ho solo pensato alla questione portafoglio prima di partire. –
- Bravo! Adesso mi dedicherò al vero e serissimo problema che mi tormenta. – annunciò India in tono scherzoso. – Ovvero: cosa mi metto stasera? –
- Donne… - replicò Walter in finto tono di compatimento. – Credevi che non avrei pensato all’eventualità di una cena a lume di candela? – India lo guardò incuriosita, e lui, per tutta risposta, fece un cenno con la testa verso un sacchetto posato ai piedi del letto. Lo stesso in cui lei aveva inciampato quella mattina.
India lo abbracciò trattenendo una risatina. – Provviste, eh? –
- Senti, sono stato in ansia due giorni interi. Non farmi soffrire, provatelo e vediamo come ti sta. Non ho mai avuto occasione di sperimentare cose del genere… - aggiunse, facendole l’occhiolino. India rise, prima di spingerlo verso la porta.
- Ora però esci, mi vedrai alla fine! – E lo chiuse fuori dalla camera da letto, sentendolo protestare a gran voce:
- Certo, ora riprendi le tue vesti di fanciulla pudica e casta, vero? Ipocrita! –
India prese il sacchetto da terra e lo appoggiò sul bordo del letto, più curiosa che mai. Lo capovolse e ne dispiegò il contenuto. Si trovò davanti un abito lungo in stile indiano, sui toni del viola, con una fascia quasi trasparente posta in diagonale sul davanti. Rimase a guardarlo in silenzio per qualche secondo, lisciandone la stoffa con una mano. Tutt’a un tratto si sentiva strana e confusa. Decise di scacciare quelle sensazioni e si cambiò in fretta, per poi fermarsi davanti allo specchio e contemplare a lungo l’immagine che quello le rimandava indietro. L’abito aderiva perfettamente al suo corpo, sottolineando la grazia delle forme. Ma c’era ancora qualcosa di strano…
Era solo un vestito, ma improvvisamente India rivedeva le sue origini rinnegate, la sua storia sepolta in un angolo, la sua vita messa da parte per cominciarne una nuova. Quasi non sentì la voce di Walter chiamarla allegramente dall’altro lato della porta.
- Sei ancora lì? –
Qualche secondo di silenzio. Poi la maniglia girò e Walter entrò nella camera da letto. – Scusa, pensavo che… - cominciò, ma si bloccò di colpo quando India si voltò a guardarlo con vaga sorpresa. Richiuse la porta dietro di sé e rimase a guardarla per qualche istante, senza muovere un passo. – Dio, India, sei… semplicemente uno spettacolo. – Poi si accorse dell’espressione smarrita sul volto della sua ragazza e le restituì uno sguardo preoccupato. - …Non ti piace? Te l’ho detto, non ne capisco molto di… -
- No, Walter, è bellissimo. – lo interruppe lei a bassa voce, tornando a fissare il proprio riflesso. – E’ solo che… mi sento un’altra. – Walter arrivò silenziosamente alle sue spalle e le cinse la vita con le mani.
- E invece sei tu, in tutta la tua bellezza. –
- Oh, Walter, io… davvero, non so come spiegarmi… -
- Capisco benissimo. – Fu dalla semplicità di quelle parole e dalla serietà del tono di Walter che India comprese che lui le stava dicendo la verità, e che la sua non era una frase di circostanza. – Volevo solo dirti che… - La frase fu interrotta a metà dallo squillo del cellulare di India. La ragazza lo prese dal comodino e lesse il nome sul display.

Mamma.
Premette in fretta il tasto rosso, gettando il telefonino sul letto. Walter provò a ribattere. – Ma perché… -
- Non ho voglia di parlarle. – replicò malamente lei. Walter assunse un’espressione ferita.
- Amore, non volevo intristirti… Mi dispiace se… -
- Non è colpa tua. – India riuscì a sorridergli. – A dire il vero non ho mai voglia di parlarle, ma almeno una volta al mese dovrei farlo, no? Solo che ne farei volentieri a meno, ecco. –
- Ma è tua madre… -
- Sì, anagraficamente. E’ fin troppo presente nella mia vita, eh? – ribatté amaramente India. Walter le sorrise, facendole segno di sedersi sul letto, accanto a lui. India lo abbracciò sospirando. – A volte sono deprimente, lo so… -
- Non è vero, scema. – Walter posò un bacio leggero sul suo collo. – Senti, lo so che non sono il più adatto a fare discorsi del genere, tanto più che non sono mai riuscito a fare una conversazione seria… Ma mi riesce difficile scordare cosa mi dicesti tu a proposito del mio rapporto con mia madre, quindi… - Fece una pausa e sorrise appena, accarezzandole una mano. – Purtroppo non possiamo sceglierci una famiglia, e a volte è difficile trovare un punto d’accordo. Da questo punto di vista posso ritenermi fortunato… certo, a volte devo frenarmi per non dire a mia madre di chiudere il becco, ma… è soprattutto grazie a te se ho imparato a mettere da parte questi “piccoli particolari” e pensare solo ai lati positivi. Magari per tua madre è difficile fare la madre, magari ci prova e vorrebbe darti di più. Forse pensa che sia tu a non volere il suo affetto, anche se non è così. E tuo padre… - Si fermò un attimo e le sorrise come non aveva mai fatto fino a quel momento. India trovò molto difficile staccare gli occhi da quel viso così dolce e sincero, e rimase in attesa. Poi Walter riprese a parlare, accarezzandole i capelli. – Tuo padre non ti conosce, ma se ti avesse davanti agli occhi anche solo per un secondo, si renderebbe conto di avere una figlia meravigliosa… e si odierebbe per aver perso tanto tempo, ne sono sicuro. Ma sono sicuro anche che farebbe di tutto per recuperarlo… se ne avesse l’opportunità. – India sorrise mordendosi le labbra, e abbassò appena il capo, per nascondere quelle piccole lacrime dispettose che avevano deciso di spuntare senza preavviso dai suoi occhi.
- La vacanza ti ha fatto male, eh, Masetti? – mormorò, cercando di mascherare un singhiozzo con una debole risatina.
- Più che altro sono i cioccolatini che mi fanno male… - Walter l’attirò a sé e la baciò sulla fronte. – Allora, che ne dici? Usciamo, stasera? – India si asciugò le lacrime con il dorso della mano e annuì.
- Certo… Ma prima devo fare una cosa. –
- Tutto quello che desidera, mia piccola principessa indiana. – India ridacchiò scuotendo la testa.
- Preferisco il vecchio Miss Cioccolatino al Latte. –
- Sono uno specialista in soprannomi brevi e facili da ricordare, vero? –
- Sei uno specialista in trasformismo, caro il mio Ragazzo dai Mille Volti. – Posò un bacio leggero sulle labbra di Walter e poi si alzò dal letto. Recuperò il cellulare e lo riaccese, rivolgendo al suo ragazzo un’occhiata allusiva e, allo stesso tempo, divertita. – Ci metto un attimo… -
Le labbra di Walter si incresparono in un sorriso, prima che si alzasse dal letto e si dirigesse verso la porta.
- Tutto il tempo che ti serve… io non ho fretta. –
 

- Pronto? –
- Mamma, sono io… -
- Oh… - La voce dall’altro capo del filo assunse una leggera nota d’imbarazzo. – Ciao, India. Ti avevo chiamata dieci minuti fa, ma forse non era il momento adatto… -
- No, no. Avevo il cellulare in borsa e deve essersi premuto qualche tasto. Scusa. – Per una volta, India non si sentì colpevole di quella piccola bugia.
- Ah, va bene. – Sua madre sembrò rianimarsi un po’. – Volevo solo sapere come stai. –
- Benissimo. – rispose India, esitante. – Sono… fuori città. –
- Ah. Quanto fuori, esattamente? –
- In Calabria. –
- Calabria?! – Laura sembrò più stupefatta che preoccupata. Non era mai stata apprensiva, anzi, forse lo era stata troppo poco. Ma, in quel momento,India sentiva che avrebbe potuto perdonarle anche quella mancanza.
- Sì, è una specie di… gita, diciamo. Sono qui con un mio amico. – In fondo, era meglio ricominciare un poco alla volta. Forse non era il caso di raccontare proprio tutto.
- E chi? – La domanda non sembrò costarle sforzo. E ad India costò ancor meno risponderle.
- E’ un mio compagno di classe, ci conosciamo da settembre e… beh, eravamo un po’ stanchi di stare sempre sepolti sotto i libri. Pensavamo che una pausa non ci avrebbe fatto male. –
- Mi sembra giusto. –
- Tu… come stai? –
- Io? Bene, bene… - Anche quella volta, India colse una lieve sfumatura di incredulità. – In questo periodo sono… mi sto sentendo con una persona. – India fu indecisa se chiedere o no “Chi?”. Non sapeva come avrebbe potuto reagire, qualsiasi risposta fosse arrivata. Parlare con Walter l’aveva fatta sentire incredibilmente meglio, e non voleva tornare a deprimersi. Tuttavia, decise di chiedere.
- Con chi? –
- Oh, ecco… beh… - Laura esitò per qualche istante. – Tuo padre. – Per qualche secondo, nessuna delle due proferì una sillaba. Poi fu India a riprendere la parola.
- Oh, ma… è fantastico! –
- Come dici? – Stavolta sua madre non fece nulla per nascondere il proprio stupore. India non rispose alla sua domanda e proseguì:
- Vi siete visti? –
- No, no… E’ solo che… mi sentivo sola. Da quando sono tornata, e tu non ci sei, beh… Per un motivo o per l’altro, ci siamo ritrovati. E’ già da qualche mese che ci sentiamo. Può anche darsi che ci vedremo. –
- Beh… - India non sapeva se definirsi, in quel momento, euforica, speranzosa o incredula. Qualsiasi cosa fosse, doveva essere una bella sensazione. – Sono contenta, mamma. Chissà che… magari potreste trovare un… un nuovo punto d’accordo. – Le venne quasi da ridere, pensando alla sua precedente conversazione con Walter. Laura, dal canto suo, sembrava troppo stupita per essere felice di quell’inaspettata reazione.
- Può essere. Beh… ti lascio andare dal tuo amico, ok? –
- Ok… Spero che ci sentiremo presto. –
- Quando vuoi. Buon divertimento, India. –
- Grazie, mamma. –
India richiuse il telefonino, e dopo neanche dieci secondi era già di fronte a Walter. – Com’è che mi hai detto stamattina? Luce dei tuoi occhi? – Walter la guardò stupito.
- Qualcosa del genere. Perché? –
- Niente, ma credo di dover essere io a dirlo a te! – replicò lei, stampandogli un bacio su una guancia.
- Bella chiacchierata, eh? – concluse lui con un sorriso falsamente supponente.
- Abbastanza, sì… -
- Però adesso avrei un altro consiglio da darti… -
- E sarebbe? – Walter mise su un sorrisetto malizioso.
- Se non ti togli quel vestito, penso che stasera sarà già da buttare! –

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Capitolo 28
*** Partenze e ritorni ***


Capitolo 28 – Partenze e ritorni

- E adesso raccontami tutto. –
India sbadigliò sonoramente.
- Vero, scusami se te lo chiedo, ma posso almeno svegliarmi? –
- Assolutamente no! – fu la secca risposta di Veronica. – M’avete resa complice della vostra scappatella amorosa e adesso desidero, anzi voglio, anzi no, pretendo un resoconto dettagliato! – India sbadigliò una seconda volta. Possibile? Era mercoledì, lei era appena tornata dalla sua “vacanza” e già Veronica l’aggrediva così, quando a momenti non aveva neanche la forza di reggersi in piedi?

Certe volte la vita è ingiusta.
- Parlarne dopo no, eh? –
- No! – Nonostante il sonno, India non poté non sorridere di fronte agli occhi azzurri e divertiti di Veronica che lasciavano trasparire tutta la sua curiosità. La bionda giunse le mani in segno di supplica. – Ti prego… ti prego ti prego ti prego… -
- Ho capito! – esclamò l’altra scoppiando a ridere. – E va bene! Va bene… -
Non sarebbero bastate tutte e cinque le ore di scuola a raccontare tutto, ma India mantenne la sua naturale riservatezza e non rivelò altro che i dettagli “essenziali”. Veronica ascoltava attentamente, senza interromperla e annuendo, ma quando India concluse il breve racconto con un “Tutto qui”, spalancò gli occhi chiari ed esclamò:
- Che vuol dire tutto qui?! Pensavo che questa fosse solo l’introduzione! –
- Vero, dài… -
- Ah, ho capito… Quella è solo la minima parte, il più s’è visto di notte! – India le tirò una gomitata nelle costole, trattenendo appena una risatina. – Che c’è? E’ chiaro come il sole, anzi come la luna, visto che siamo in tema. –
- Vabbè, sì, diciamo che il senso è quello. – Veronica sfoderò un sorrisone esaltato.
- E pensi de calmarmi così? Voglio sapere com’è stato! –
- E’ stato e basta. – tagliò corto India, ridendo dell’espressione scandalizzata di Veronica.
- Ma io voglio i dettagli! –
- Chiedili a Walter, se proprio ci tieni! –
- Stà certa che lo farò, se non ti sbilanci un po’ di più! – India scosse la testa: Veronica non cambiava proprio mai. Ed era proprio per quello che le voleva così bene.
- E tu come te la sei passata? –
- Come posso essermela passata non andando a scuola. E meno male che m’avete regalato questa vacanza, perché in giro ce so’ ‘n paio de zombie di cui non sopporto più la vista! –
- E sarebbero? – Veronica alzò gli occhi al cielo.
- Quei due bacucchi di Eva e Marco! C’hanno di nuovo questioni! –
- Quando si daranno pace sarà sempre troppo tardi… Comunque, mi sa che mi prenderò una vacanza dal mio lavoro. Ormai Giulio si sarà pure stufato di avermi sempre per casa… E poi Rudi mi sembra più tranquillo, non credo che ci sarà più bisogno di me. Tanto oggi è mercoledì, dovrei andare comunque a casa loro… - Veronica annuì.
- Che si siano stufati di te non credo proprio, ma se preferisci così… -
All’uscita della scuola, Walter raggiunse India di corsa e le stampò un veloce bacio sulle labbra, al riparo dalla visuale di Stefania. – Vero ti ha massacrata, eh? – le chiese sogghignando.
- Più o meno! Ma le ho detto di venire a chiedere notizie a te… magari ti saresti sbilanciato più di me! –
- Vedremo… Comunque, suppongo che oggi ci tocchi studiare, no? – continuò, in tono meno allegro.
- Già, supponi bene. Però vorrei scambiare quattro parole con Giulio, se lo becco prima che esca. Dài, sbrighiamoci! – I due ragazzi si affrettarono a raggiungere casa Cesaroni, e trovarono non solo Giulio, ma anche Lucia e Veronica.
- E tu che ci fai qui? – le chiese con un sorriso India, incredula.
- Beh, Eva e Marco sono tornati, voi stavate per arrivare… tanto vale fa’ le cose al completo, no? –
India salutò Giulio e Lucia. – Ciao Giulio, ciao Lucia. Vi vorrei parlare di una cosa, se non avete fretta… -
- Certo, dì pure! – la incitò Giulio. Prima che India potesse rispondere, Veronica la tirò per un braccio.
- Aspe’, saliamo un attimo da Eva, vediamo se vengono anche lei e Marco… dopotutto l’argomento riguarda anche loro, no? – soggiunse ammiccando.
- Beh, sì… - India si scusò con Giulio e Lucia e seguì Veronica su per le scale, con Walter al seguito. Ma non appena si trovarono di fronte alla porta chiusa della camera di Eva, si bloccarono, sentendola chiaramente singhiozzare.
- No, Marco, è inutile che… è inutile che ne riparliamo! Io… io non voglio, e non vuoi neanche tu! – India provò a dire a Veronica di andarsene, ma l’amica le fece un cenno con la mano, come per zittirla. Da dietro la porta chiusa, si sentì anche la voce di Marco.
- Ma perché? – esclamò. – Non capisco perché dici così! –
- Perché tu sei ancora innamorato di lei, ecco perché! – Ci fu una pausa di silenzio, rotta solo da un singhiozzo di Eva.
- Questo non è vero, e poi… e poi lei sta con Walter. Non li vedi, come sono innamorati, tutti e due? – A quelle parole, Walter trattenne il respiro, immobile accanto alla porta. Veronica si voltò di scatto verso India, che non sapeva minimamente come reagire.
- Io li vedo, ma tu no, tu non lo vedi! – esclamò Eva, riprendendo a piangere. India tirò Veronica per un braccio, con più insistenza. Stavolta Veronica non ebbe nulla da obiettare e la seguì giù per le scale.
- Quei due so’ proprio messi male… - commentò Walter. Veronica alzò le spalle e superò India, arrivando al piano di sotto.
- Se si fanno mille paturnie, possono stare così per altri dieci anni… - E scomparve in cucina. Walter si avvicinò ad India e le circondò le spalle con un braccio.
- Forse non è stata una grande idea salire, eh? –
- Già… Mi sento sempre di troppo. – Walter sorrise e la baciò.
- Non dire sciocchezze. Vedrai che prima o poi si daranno pace. Dài, torniamo di là. –
In cucina, oltre a Giulio, Lucia e Veronica, erano sopraggiunti anche Mimmo e Rudi. Quando India e Walter fecero il loro ingresso, Giulio le chiese: - Allora, di cosa ci volevi parlare? –
- Oh, ecco… io… - Cercò le parole più giuste per spiegarsi. – Pensavo... ormai sono mesi che vengo qui da voi, e sono stati mesi bellissimi, io sono stata benissimo con voi, ma… ecco, forse la mia presenza non è più necessaria, qui. – Lucia la guardò stupita.
- Sicura che non ci siano stai problemi? – Giulio guardò minacciosamente Rudi, che si difese:
- Ehi, che c’entro io?! – India si affrettò a spiegarsi:
- No, no, assolutamente, ve l’ho detto che sono stata benissimo qui. Ma Mimmo e Rudi sono grandi, a voi forse darà un po’ fastidio la mia presenza costante… - Giulio si rivolse di nuovo a lei.
- Allora, India… Se ci stai dicendo questo per un motivi ben preciso, per tuoi impegni, è un conto e non possiamo certo biasimarti. Ma se pensi che qualcuno si sia stufato di te, lasciamelo dire, ti sbagli di grosso. – Le sorrise giovialmente. – Nella famiglia Cesaroni sarai sempre la benvenuta, quando vorrai. Quindi, se i motivi sono solo quelli che ci hai detto poco fa, mi sa che dovrai rimanere. – Sulle labbra di India si fece strada un sorriso.
- Beh, effettivamente i motivi erano quelli… -
- Allora ti costringeremo a restare. – Il sorriso di India si fece più ampio e stavolta la ragazza non poté trattenersi dall’abbracciare Giulio.
- Grazie… -
- E di che, India? Grazie a te, che porti sempre un po’ di allegria e tranquillità in questa casa. – La ragazza si voltò a guardare Mimmo e Rudi: il primo batteva le mani felice, e del resto c’era da aspettarselo. Rudi cercava di darsi un contegno, ma anche lui sorrideva sotto i baffi.
In quel momento, si udirono dei passi giù per le scale e poco dopo Marco fece la sua entrata in cucina, immusonito come non mai.
- Oh, Marco, mancavi solo tu all’appello! – lo accolse allegramente Giulio. Poi vide la sua espressione. – Beh? Che è quella faccia? – indagò.
- La mia faccia. Qualcosa in contrario? – reagì bruscamente Marco.
- Ma che è successo? –
- Niente, va bene? Niente! – esclamò il ragazzo, esasperato. Da dietro le sue spalle, India notò che Walter le lanciava uno sguardo preoccupato e Veronica fischiettava, cercando di apparire indifferente.
- Va bene, scusa, scusa! – sospirò Giulio, alzando gli occhi al cielo.
- Comunque, papà, uno di questi giorni comincio a cercarmi un appartamento. – aggiunse Marco in tono sbrigativo. Sette sguardi allibiti si spostarono su di lui.

E meno male che porto allegria e tranquillità.
- Un che? –
- Un appartamento, papà, una casa, un posto dove vivere! – rispose rabbiosamente.
- Perché, forse non ce vivi qua dentro? – Giulio appariva confuso, come del resto tutti gli altri presenti.
- Sì, ma voglio trovarmi una casa, un monolocale, qualsiasi cosa, non ce la faccio più a stare qua dentro! Così vi libero anche un bel po’ di spazio e non sentirete più il rumore della mia chitarra scordata. –
- Scusa, Marco, non capisco, perché questa decisione improvvisa… - intervenne Lucia.
- Perché ormai ho diciannove anni, Lucia, non sono un bambino ed è ora che cominci a cavarmela per conto mio. E non ne posso più di stare qui, ho bisogno di uno spazio solo per me. E non guardatemi così, per favore. Adesso vorrei uscire. – concluse, dirigendosi verso la porta. Ma Giulio lo bloccò con un perentorio richiamo:
- Eh no, Marco, eh NO! Tu ora te ne sali in camera tua e ce pensi bene, a questa bella scenetta che c’hai presentato! Poi forse potrai uscire, ma non adesso! Su, fila! – Marco gli lanciò un’occhiata truce e scomparve su per le scale. Giulio si rivolse a India con aria di scusa. – Scusami, India, davvero non capisco cosa gli sia preso… -
- No, non preoccuparti. – rispose lei in fretta. – Anzi, se non ti dispiace… potrei… - mormorò impacciata, facendo cenno verso le scale. Giulio annuì sospirando.
- Vai, vai. Vediamo se almeno tu riesci a farlo ragionare. – Prima di salire di sopra, India si accostò a Walter e gli sussurrò:
- Spero di non incrociare Eva, o dubito che mi vedrai tornare indietro. –
- Forza e coraggio. – rispose lui, trattenendosi appena dal ridere. India salì velocemente le scale e, dopo essersi guardata intorno per assicurarsi che Eva non fosse in circolazione, raggiunse in fretta la camera di Marco. Bussò leggermente, chiamando:
- Marco? Posso entrare? –
- Sì. – fu la secca risposta. India entrò nella stanza, richiudendo la porta dietro di sé. Marco era seduto sul letto e le dava le spalle. – Senti, se sei venuta per continuare la predica… -
- Marco, mica sono tuo padre! – Si avvicinò lentamente al letto. – Senti, innanzitutto mi devo scusare. –
- Tu? Scusarti? – ribatté Marco senza guardarla. – Non hai proprio niente di che scusarti. –
- E invece temo di sì. Poco fa, ho involontariamente sentito un pezzo della tua conversazione con Eva. –
- Ah, bene. – fece Marco, sarcastico. – Illuminante, eh? – India sospirò, non sapendo bene cosa dire.
- Io lo so che tu dicevi la verità… - disse, imbarazzata. E, in cuor suo, sapeva di esserne convinta. Finalmente, Marco voltò la testa e fissò il proprio sguardo in quello di India, e tutto quello che lei video furono due occhi neri colmi di tristezza.
- Peccato che sia solo tu a saperlo… - La sua voce ebbe un tremito, poi, inaspettatamente, Marco si nascose il viso tra le mani e le sue spalle sussultarono. – N-non so più… nemmeno io… cosa voglio… - balbettò con la voce rotta dal pianto.
- Oh, Marco, dài… - mormorò India. Ma Marco scosse la testa, sconsolato.
- Non faccio altro che casini… Se me ne vado è meglio per tutti… p-per Eva, per mio padre, e … e anche per te e Walter. – In un altro momento, India avrebbe pensato che una situazione del genere non le avrebbe suscitato altro se non imbarazzo. Ma ora, non provava niente del genere. Si sedette sul letto accanto a lui e gli toccò leggermente una spalla.
- Marco, non fare così… Le cose si sistemano, basta avere pazienza. – Il ragazzo rialzò la testa e le rivolse uno sguardo a dir poco disperato.
- Come fai a dirlo? –
- Tu cosa desideri in questo momento? –
- Vorrei non aver fatto tutti i casini che invece ho fatto… Vorrei di nuovo i miei amici, vorrei… - Per un attimo gli mancarono le parole.
- ...Eva? – concluse India per lui. Marco annuì.
- Sì, vorrei anche Eva. – La ragazza gli sorrise. E stavolta le venne spontaneo.
- E allora tutte queste cose arriveranno, tutto si sistemerà, perché se tu le desideri con tutto te stesso e sei disposto a fare qualsiasi cosa per ottenerle, le otterrai. – Marco abbassò lo sguardo e India sentì il naturale impulso di fare una cosa che non avrebbe mai neanche sognato di fare: allargò le braccia e lo strinse forte a sé. Capiva fin troppo bene la sua disperazione, si era sentita come lui talmente tante volte, aveva così tanto desiderato un gesto semplice come un abbraccio… Un desiderio che non era mai stato esaudito, finché non era arrivato Walter. Ma questo preferì non dirlo. – Ma scappando non otterrai niente… Le persone che ami… e che ti amano, sono tutte qui, e non puoi desiderare di meglio. – Marco rimase in silenzio per qualche minuto, continuando a piangere silenziosamente con la fronte appoggiata sulla spalla di India. Poi si tirò su, scuotendo la testa.
- Io… io la capisco, Eva… Sono mesi che faccio tira e molla, ma… ma è di lei che io sono innamorato, anche se… anche se lei non mi crede. E non posso certo biasimarla. –
- Marco, se la sua reazione è stata quella, di certo non puoi dire che a Eva non importi nulla di te. Evidentemente ci sta male anche lei, e non poco. – Il ragazzo la guardò sconsolato. – E’ solo un momento, siete nervosi tutti e due, datevi tempo. Non avere fretta. Tutto si sistemerà, te lo prometto. – Finalmente le labbra di Marco si stirarono in un sorriso. Un sorriso mesto, ma pur sempre un sorriso.
- Grazie, India. Sei… sei l’amica migliore che si possa desiderare. – mormorò stringendola a sé.
- Mi raccomando, Marco… Pensaci. –
- Ok… promesso. –

ndA: no, Marco, non pensarci...vattene, và, che non ti sopportiamo più! XD Lamentoso...

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Capitolo 29
*** Periodi e cambiamenti ***


Due nuovi capitoli per farmi perdonare la luuuunga assenza ^^

Capitolo 29 – Periodi e cambiamenti

 
Quella domenica, il citofono attaccò a strepitare alle nove di mattina. India, ben sapendo chi si trovasse dall’altra parte, lo staccò dal supporto, rispondendo: - Arrivo! – Dopo aver recuperato un elastico ed essersi raccolta i capelli in un piccolo nodo, prese al volo la borsa e si fiondò fuori dalla porta. Erano tre giorni che non si vedeva con Walter, perché la scuola era stata chiusa per chissà quali riparazioni, e Stefania aveva praticamente blindato in casa suo figlio, sostenendo che “comunque è meglio che tu ti metta sotto con lo studio. Quella povera ragazza vorrà cominciare il ripasso con un po’ di tranquillità.”
Walter l’aspettava davanti al portone e le rivolse un sorriso smagliante quando la vide uscire. L’afferrò per la vita, baciandola prima ancora che lei avesse il tempo di salutarlo.
- Non dirmi che pensavi di liberarti di me così facilmente… - India rise, restituendo l’abbraccio.
- Non è esattamente colpa mia se non ci siamo visti…! –
- Niente paura, il coprifuoco della prof Masetti durerà poco. Ho urgente bisogno di rivedere ‘n paio de materie prima degli esami… ma solo con la mia professorina personale! – India lo prese sottobraccio, svoltando verso la strada che prendeva di solito quando aveva voglia di fare una passeggiata.
- E non dirmi che non stai morendo di curiosità per quello che ci siamo detti io e Marco l’altro giorno! –
- Pensavo che non ci fosse neanche bisogno di dirlo, è sottinteso. –
- Dài, veramente… Non pensare male… Mi sono sentita uno schifo per come l’ho trattato ultimamente, per quello che ho pensato di lui… E mi sono anche resa conto di aver fatto male a non insistere perché tu chiarissi con lui. Ci sta male, sai? – Walter non disse nulla per qualche istante.
- L’ho pensato anch’io. – ammise, improvvisamente serio. – Ma sai com’è… Un giorno ero convinto che volesse che le cose tornassero come prima, il giorno dopo mi dicevo che non gliene importava niente. –
- E invece gliene importa eccome. – rispose India, con enfasi. – Gli dispiace sul serio per quei nostri… ehm… incidenti. –
- Lo spero. – borbottò Walter. India gli tirò una gomitata.
- Non essere così duro. So che ti manca. –
- India, non so se ce semo capiti: con Marco posso discutere di qualsiasi cosa, ma non di te. Non mi è andato giù che… che si prendesse certe liberà, ecco. –
- Ma non l’hai ancora capito? Lui è innamorato di Eva! – Walter le rivolse uno sguardo scettico, poi si strinse nelle spalle.
- S’è visto... tra le scappatelle con Rachele e le volte che c’ha provato con te… -
- Walter, sii serio! – lo implorò India. Le risultava inconcepibile arrabbiarsi con lui per un motivo del genere, ma quello non era un semplice equivoco tra bambini. Era qualcosa di ben più importante, ed era sicura che anche Walter lo sapesse, per quanto si rifiutasse di ammetterlo. – Tra lui ed Eva le cose non sono mai state facili, e probabilmente ha cercato di ripiegare con qualche distrazione… Ma questo non significa che i suoi sentimenti per lei non siano sinceri! – Walter sospirò, fermandosi a metà del marciapiede. Si appoggiò con la schiena a un muro.
- Non so, India… Sono cambiate tante cose… Lui è cambiato, e forse non siamo più fatti per essere amici… - India incrociò le braccia sul petto.
- Dillo guardandomi negli occhi, Walter. Dimmi che non ti importa più di essere suo amico. – Walter fissò il proprio sguardo in quello della sua ragazza.
- Ovvio che non mi… Oh, mamma mia, certo che m’importa! – esclamò esasperato, distogliendo lo sguardo. – Solo, ho paura che ormai io e lui siamo incompatibili! –
- Incompatibili… Non penso che due persone “incompatibili” tra di loro possano costruire un’amicizia come la vostra. – Walter sospirò.
- Lo so, lo so… Alla fine hai sempre ragione tu. Mi manca un casino, mi manca… – Allargò le braccia con espressione rassegnata. – Chissà, magari non è il momento adatto. –
- E’ la stessa cosa che gli ho detto io. Le cose arrivano, a poco a poco ma arrivano… se le desideri. – Studiò Walter per qualche secondo. – E tu lo vuoi, no? –
- Certo che lo voglio, India. Ma non è che posso andare da lui e dirgli “dài, facciamo finta di niente, anche se ci siamo comportati da idioti mettiamoci una pietra sopra”! Se facesse il primo passo mi renderebbe le cose molto più facili. – Nonostante tutto, India sorrise divertita.
- Effettivamente, se non avesse provato a baciarmi la prima volta, forse a quest’ora io e te non staremmo insieme. – Walter la guardò di sbieco.
- Non ci contare. – Ma neanche lui poté più trattenersi dal sorridere. Si avvicinò a India e le cinse la vita con le braccia. – Prima o poi saresti stata colpita comunque dal mio incredibile fascino. Ha solo affrettato i tempi… -
- Già… chissà di quanti anni! – lo schernì lei, dandogli un buffetto su una guancia. Con un rapidissimo movimento, Walter le bloccò entrambi i polsi.
- Eh no! Le beffe no! – Tenendola ferma con un braccio, cominciò a farle il solletico, mentre lei si dimenava ridendo a crepapelle.
- No, no, basta, basta, basta! – strillò. Riuscì a divincolarsi appena in tempo per vedere un paio di persone superarli a passo svelto, guardandoli con perplessità.
- Ok… torniamo seri. Per quanto i nostri standard possano permetterlo. – India finse di sistemarsi i capelli e lisciarsi i vestiti.
- Io mi accontento di tornare normale. – Walter sorrise appena e l’attirò dolcemente a sé.
- E per te quale sarebbe la normalità? –
- Oh, beh… - cominciò India, giocherellando con una ciocca dei capelli chiari di lui. – Diciamo che questo periodo meriterebbe di essere inquadrato come “periodo tipo”. –
- Periodo tipo? – L’espressione di Walter era alquanto stranita.
- Sì, periodo perfetto, insomma. – gli spiegò sbrigativamente lei, sorridendo divertita della sua faccia perplessa. – Sai che mi sento incredibilmente bene? Credo di non essere mai stata meglio di adesso. –
- Adesso nel senso di “in questo momento”? –
- Anche. – India soffocò una risatina. – Ma intendevo proprio… in questo periodo… in queste settimane, mi sento benissimo. Così tranquilla, così in pace con tutti… - Si fece meditabonda. – Certo, ora si avvicinano gli esami, mi sa che questa calma andrà a farsi benedire… Ma per ora me la godo! –
- E i motivi di questa straordinaria tranquillità…? –
- Che, per caso sei stressato? –
- No, solo curioso. –
- Boh. Sarà perché, stranamente, nessuno ce l’ha con me per nessun motivo particolare, o forse perché sto recuperando il rapporto con mia madre, o forse… - S’interruppe un attimo, con uno sguardo insieme malizioso e assorto.
- O forse…? – la incitò Walter con un sorriso.
- O forse perché ti amo. – mormorò lei, gettandogli le braccia al collo e posando un bacio sulle sue labbra. Walter la strinse tra le braccia e ricambiò il bacio, senza preoccuparsi della gente che passava accanto a loro e dei vecchietti che li fissavano scandalizzati, scuotendo la testa.

Chi se ne frega, quando il mondo è tutto qui.
Quando, pochi minuti dopo, si separarono con il fiato corto, Walter sorrise e le passò una mano tra i capelli. – Parlando di cose serie… - India mise su un finto broncio.
- Perché, secondo te questa non è una cosa seria? –
- Certo, dicevo… passando a cose un pizzichino più serie, è tutto ok con tua madre? Se non sono indiscreto… - aggiunse poi.
- No, no, che indiscreto… Sì, va tutto liscio. Quasi non mi sembra vero, che in una settimana ci siamo sentite già quattro volte! – Walter sorrise e alzò un sopracciglio come per prenderla in giro.
- Però, un record. – India gli tirò uno scappellotto sulla nuca.
- Idiota! Guarda che è un record sul serio. E non facciamo a gara a chi sta più zitta. – Per un attimo, India si chiese se parlare a Walter del fatto che suo padre si era rifatto vivo… perlomeno con sua madre. Ma poi decise di tenerlo per sé ancora per un po’, almeno fino a che non fosse stato più definitivo. – Ora sì che è una madre… finalmente. E ti dirò… mi manca pure. – Walter le accarezzò una guancia.
- Sono felice di sentirtelo dire. –
- Ci sarà un motivo se dicevo che questo è il periodo più bello della mia vita… - mormorò lei, appoggiando la testa sulla sua spalla e chiudendo gli occhi.
Il periodo più bello… Le sarebbe bastato anche solo un minuto passato così, appoggiata a Walter, con le sue braccia strette intorno alla vita… Ma, se la fortuna era finalmente arrivata, perché rifiutarla?
India non lo sapeva, ma se lo sarebbe chiesto tante volte, e non molto tempo dopo. 

- Bambù, ma che hai oggi? –
I grandi occhi nocciola del cane sembravano voler dire: “Non è ovvio?”.
Era una calda giornata di inizio giugno, India era tornata da appena un’ora, dopo essere stata a casa di Walter (con Stefania in giro per negozi, naturalmente), e Bambù non aveva smesso un attimo di fare avanti e indietro per il soggiorno. La ragazza si chinò ad accarezzare il testone nero del cane.
- Che c’è, piccolo? E’ successo qualcosa? –
Anche stavolta lo sguardo che ricevette in risposta era chiaro: “No, ma sta per succedere”.
In quel momento, però, India fu distratta dal suono del citofono. Si alzò e andò a rispondere.
- Chi è? – Nessuna risposta. – Chi è? – ripeté allora a voce più alta. Ancora una volta non ottenne risposta. – Boh… io apro. – Pigiò il bottone e fece per andare in camera sua, ma pochi secondi dopo suonò il campanello.
- Ok, chi è lo spiritoso? – Si avviò a grandi passi verso la porta, gettò un’occhiata veloce attraverso lo spioncino, pronta a trovarsi di fronte a qualche venditore porta a porta o uno sconosciuto con chissà quali fogli da firmare, ma la visione che ebbe fu ben diversa. Chiedendosi se stesse sognando, aprì la porta, pensando che magari era un’allucinazione e il pianerottolo sarebbe stata vuoto, invece… c’era proprio sua madre, di fronte a lei, sorridente come non lo era da molto tempo.
- Mamma? – mormorò, incerta se sorridere o piangere.
- In persona! – Laura allargò le braccia, con un sorriso smagliante. – Ma quant’è che non ci vediamo, un secolo? – Abbandonando ogni dubbio, India l’abbracciò con entusiasmo.
- Oddio, non lo so, forse di più! Ma tu guarda… Vieni, entra! –
Laura fece il suo ingresso nel piccolo locale e si guardò intorno.
- E’ l’appartamento che ti ha procurato la tua professoressa? –
- Già. –
- Però, carino! – Per una frazione di secondo, mentre sua madre era intenta a studiare l’ambiente, India si chiese che fine avesse fatto Bambù: nel momento in cui era suonato il campanello, era scappato in cucina. Strano.
Intanto, Laura si era accomodata sul piccolo divano del soggiorno.
- Allora, come mai sei passata di qui? –
- Dài, di questo parliamo dopo… Dimmi un po’, come si sta qui? –
- Beh, abbastanza bene… - India non si sbilanciò: era troppo sorpresa e contenta per dire che la vita a Roma era fantastica. – Non c’è male. Conosco un paio di persone e a scuola è tutto ok. –
- Tra poco ci sono gli esami, no? –
- Sì, tra una settimana. –
- Oh, bene, appena in tempo… - India la guardò senza capire.
- Appena in tempo? In tempo per cosa? – Laura accavallò elegantemente le gambe. Era decisamente più sorridente e curata del solito.
- Ricordi cosa ti ho detto a proposito di tuo padre? – A quelle parole, India tornò a sorridere.
- Certo… come vanno le cose? –
- Benissimo. In realtà, siamo in contatto da mesi. Non te l’ho detto subito perché non sapevo come l’avresti presa, ma se l’avessi saputo… Ad ogni modo, non ci siamo ancora visti. Ma succederà presto. –
- Mi fa piacere! –
- Non pensavo che l’avresti presa così bene! –
- Beh… posso solo essere contenta per voi, no? –
- Non solo per noi. Presto sarai contenta anche per te stessa. – Beh, certo. India non aveva mai incontrato suo padre, ma lo stato delle cose non poteva certo lasciarla indifferente.
- Che vuol dire, esattamente? – chiese a sua madre, sedendosi sul divano accanto a lei. Laura sorrise enigmaticamente.
- Presto vi vedrete. – India non avrebbe saputo dire quale effetto le avesse provocato quell’affermazione. Curiosità e stupore, senza dubbio. Ma anche un pizzico di… felicità? – E da quel momento avrete tutto il tempo di approfondire la vostra conoscenza. Vedrai, tesoro, sarà fantastico, una vita completamente diversa per tutte e due. Sarà come se questi diciott’anni li avessimo passati sempre insieme, perché avremo tutto il tempo a nostra… -
- Aspetta, mamma, fermati. – Qualcosa non quadrava. C’era un chissà che di… minaccioso, in quelle parole. Non che Laura non le avesse pronunciate con poco entusiasmo. Ma il loro significato restava in parte oscuro. – Non ho capito bene. Cosa sarebbe tutto questo tempo a nostra disposizione? Che vuol dire che… sarà come se avessimo passato diciott’anni insieme? E poi, scusa… una vita completamente diversa? – L’unica risposta fu un sorriso compiaciuto. – Sul serio, non ho afferrato. –
Laura si chinò verso sua figlia. Solo quando i loro visi furono distanti poco più di cinque centimetri India si rese conto della luce che brillava negli occhi di sua madre. Era un qualcosa che non aveva mai visto in diciotto anni.
- Torniamo da lui, India. –
Fu come se avesse parlato cinese. India sbatté le palpebre.
- Torniamo? –
- Abbiamo organizzato tutto. Il tempo che tu faccia gli esami, e poi partiamo. Ci pensi? Vivremo nella tua terra d’origine! – India seguitava a non dire niente. Tutto quello che riusciva a pensare era “Questo è tutto uno stupido scherzo”. – Vedrai che sarà come essere stati sempre insieme, sempre lì! –
- No… - Finalmente la ragazza riuscì a tirar fuori la voce. Poco più di un sussurro, per la verità. – No… no! E’ assurdo! Non puoi… tu non stai parlando sul serio, vero? Non stai parlando sul serio! – esclamò, con una lieve sfumatura di panico che Laura non sembrò cogliere nella sua voce.
- Certo che sto parlando sul serio, sciocchina! – ribatté sua madre, muovendo una mano in avanti per scompigliarle i capelli. Ma India si ritrasse violentemente  e scattò all’impiedi.
- Tu non puoi farmi questo! – gridò. Laura la guardò interdetta.
- India, che ti prende? –
- Mi prende che io non ho nessuna intenzione di muovermi da qui! –
- Ma che dici? Fino a poco fa eri così contenta… -
- Sì, fino a poco fa! Fino a quando non mi hai detto che tra due settimane ce ne andiamo a vivere dall’altra parte del mondo! – Fece una pausa, respirando con affanno per quanto si era sgolata.

E’ tutto uno stupido scherzo.
- Ma scusa, che problemi hai? A quanto mi hai detto, qui non stai neanche poi così bene, non conosci quasi nessuno…! –
- Ma non è vero! NON E’ VERO! – gridò, stringendo i pugni fino a conficcarsi le unghie nei palmi delle mani. A quel punto, il sorriso scomparve dalle labbra di Laura, che sembrò riacquistare la sua vera personalità, cinica e per niente comprensiva.
- Oh, insomma, India, è quello che mi hai detto! –
- Io non ho detto niente del genere! Io… io… io non voglio andarmene di qui! –
- Questa è una cavolata. –
- No, la tua, è una cavolata! Io sto bene qui, tu non ne sai niente, e ti permetti di piombarmi davanti a dirmi che me ne devo venire con te?! Te lo scordi! – urlò, sentendosi salire la lacrime agli occhi. Non poteva essere vero, non doveva.
- Non fare la bambina, India! Se io me ne vado, tu non hai come vivere! –
- Si, s’è visto lo straordinario aiuto che mi hai dato in questi mesi! – replicò India con sarcasmo.
- Non ti permettere di parlarmi così! – le gridò contro sua madre, alzandosi di botto dal divano. – Stammi bene a sentire, India. Io sono tua madre, tu non sei ancora nelle condizioni di badare a te stessa, dunque, se ti dico che devi venire con me, tu vieni con me! Mi sono spiegata?! – A quel punto India, abbandonato ogni ritegno, era scoppiata in lacrime, indietreggiando di qualche passo.
- Fuori... fuori! Vattene via! – Ma Laura restava lì impalata, di fronte a lei, tremante di rabbia. – Ho detto VATTENE! – urlò India tra i singhiozzi.
A quel punto, Laura attraversò a grandi passi la stanza e, raggiunta la porta, si rivolse a sua figlia con un freddo:
- Ciao, India. Ci sentiamo domani. – E uscì sbattendo la porta.

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Capitolo 30
*** Sospesa ***


Capitolo 30 – Sospesa

 
Non è possibile.
Era questo l’unico pensiero sensato che India riuscì a formulare dopo la discussione con sua madre.
Andarsene da Roma? Semplicemente, non era possibile. Vivere in una terra che sarebbe rimasta per sempre sconosciuta, lontana dalla sua vita vera?
No, non era possibile…
Eppure stava per succedere.
Nei quattro giorni successivi, India rimase come sospesa, in trance. Sua madre si rifece viva solo per dirle, con il massimo distacco, che sarebbero partite esattamente tre settimane dopo. Il tempo di fare gli esami e vedere i risultati. Già, ma non aveva calcolato il tempo che avrebbe impiegato India a digerire l’idea. O forse proprio perché non l’avrebbe digerita mai.
Come dirlo alle persone che conosceva?

Cosa dico a Veronica? A Marco… A Stefania… a Walter?
Se non era riuscita neanche a realizzarlo da sé, come avrebbe fatto a spiegarlo agli altri?
Semplice. Non dico niente.
Ma non era difficile accorgersi che doveva essere successo qualcosa. Qualcosa di grave.
- India! Sveglia! – la richiamò a gran voce Stefania. India alzò la testa dalle braccia conserte.
- Eh? Ah, sì, scusi, professoressa. – Stefania le lanciò un’occhiata preoccupata prima di tornare al proprio lavoro. Mancavano solo pochi giorni agli esami. India avrebbe voluto che non arrivassero mai, e non per la paura di dover rendere conto a insegnanti sconosciuti di cosa aveva imparato in un anno di scuola. Quella era una cosa da niente.
- India? India, porca paletta, mi vuoi ascoltare?! –
- Cosa? – Solo in quel momento India realizzò che Veronica si era attaccata al suo braccio e la stava scuotendo senza pietà. E la classe era pure vuota. Toh. Doveva essere suonata la ricreazione.
- Ma che hai, India? Perché stai così? – Diretta come al solito, Veronica. Preoccupata ma sbrigativa. Che ne poteva sapere, lei? Che ne potevano sapere, tutti?
- Niente, Vero… Niente. –
- Guarda che non sono cretina! Avanti, sputa il rospo! – Ma India rimase in silenzio, fissando il vuoto davanti a sé. – E’ successo qualcosa con Walter? –
Effettivamente non si parlavano da quattro giorni. O meglio, era India a non rivolgergli la parola e a evitarlo come la peste. Se stava già male lei, perché condannare anche lui? Scosse debolmente la testa.
- E allora cos’è successo? – Dato che l’amica seguitava a non rispondere, Veronica lanciò uno sguardo fuori dalla porta per controllare che non ci fosse nessuno. Poi si alzò e andò a chiuderla. Tornò a sedersi accanto a India. – India, non ti posso vede’ così. Me lo dici cos’è successo? – Il suo tono si fece più basso e dolce. – Ti prometto che non lo dico a nessuno, se non vuoi. Ma se stai così dev’essere una cosa grave. Allora? – India alzò lo sguardo, incrociando i dolci occhi azzurri di Veronica.

Avanti, parla. Non è difficile.
- Io… è che… - cominciò con voce sommessa, ma un violento scoppio di pianto le impedì di andare oltre la terza parola. – Scusami, Vero… scusami… - singhiozzò. Veronica stava per sporgersi ad abbracciarla, ma in quel momento si aprì la porta e Walter fece il suo ingresso nell’aula. Era chiaro dalla sua espressione che stava per dire qualcosa, ma non appena vide India in quello stato, prima rimase bloccato sulla porta, poi le si avvicinò di corsa.
- India! India, cos’è successo? – le chiese con evidente preoccupazione, circondandole le spalle con un braccio. Veronica si alzò lentamente dalla sedia.
- Vi lascio soli… - mormorò prima di dirigersi verso la porta e uscire. Intanto, India continuava a singhiozzare senza accennare a fermarsi.
- Piccola, perché fai così? E’ successo qualcosa? – Dapprima India scosse la testa.
- No… n-no, niente… -
- Ma che niente! Me vuoi dire che c’hai? – India tirò su col naso, ma poi incrociò lo sguardo preoccupato del suo ragazzo e riprese a piangere sconsolatamente. Walter, non sapendo bene cosa fare, la strinse a sé, sperando così di calmare i suoi singhiozzi. Era fin troppo chiaro che India non era in condizioni da spiegargli cosa fosse accaduto. Per il momento, non poteva fare altro che cercare di consolarla. Dopo pochi minuti il pianto si calmò e India si sciolse dall’abbraccio, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano.
- Allora? – mormorò dolcemente Walter, accarezzandole una guancia. – Ti va di parl… - Ma la sua voce fu coperta dal suono della campanella e dal brusio dei ragazzi che cominciavano a rientrare in classe. – Vabbè, mi spieghi dopo… – Le diede un bacio e si alzò, facendo come per andarsene, ma istintivamente India lo trattenne.
- Walter… resti qui? – mormorò. Walter sorrise e le accarezzò i capelli, tornando a sedersi al posto di Veronica. Baciò India sulla fronte e le prese una mano, intrecciando le dita con le sue.
- Stai tranquilla, ok? – India annuì debolmente, senza dire nulla. Dubitava che anche lui sarebbe riuscito a rimanere tranquillo, poche ore dopo.
All’uscita, prima di uscire dalla classe, India scorse Veronica alzare in alto il pollice e farle l’occhiolino. A sua volta, tentò di sorriderle in risposta, ma il risultato non fu molto convincente. Walter le mise di nuovo un braccio intorno alle spalle.
- Vuoi venire da me? Magari ne parliamo anche con mia madre… -
- No, no, grazie. – si affrettò a rispondere lei. – No… Vieni tu da me? – Walter le sorrise e le scompigliò affettuosamente i capelli.
- Andiamo, dài. – Fecero il tragitto in silenzio, senza scambiare una sola parola. Walter sembrava solo vagamente preoccupato per quello strano comportamento… di certo non immaginava cosa vi si celasse dietro.
Una volta arrivati a casa, India ebbe la tentazione di mandarlo via con una scusa, magari dicendogli che quelle lacrime erano solo la manifestazione dello stress per gli esami. Ma cosa avrebbe risolto, così? Come gli avrebbe spiegato il motivo del suo distacco nei giorni precedenti? Walter non era certo uno che si accontentava di quattro parole messe una dietro l’altra. Non da India.
Salirono le scale in silenzio, dopodiché India entrò in casa con estrema lentezza, come se così facendo avesse potuto rimandare la “resa dei conti”. Posò lo zaino e il giubbotto e aprì la finestra, poi si appoggiò al davanzale con un lungo e penoso sospiro. Meglio fissare bene nella mente le immagini di Roma, le sue strade, i suoi negozi, i suoi abitanti, perché non avrebbe più avuto modo di rivederli.
Due mani le cinsero la vita e subito dopo sentì Walter appoggiare il mento sulla sua spalla.
- Va tutto bene, piccola? –
Quell’odioso groppo in gola.
- No, non va tutto bene. –
Quelle mani grandi e delicate, e quelle carezze…
- E allora cosa c’è che non va? –
Quella voce dolce e vellutata, riservata solo a lei.
- Io… -
Quelle lacrime dispettose e brucianti…
Walter le passò un braccio dietro la schiena, facendola voltare verso di lui, e le accarezzò una guancia.
- Tesoro, perché fai così? – India scosse la testa, passandosi una mano sugli occhi.
- Scusami, Walter… -
- Ecco. Stavo aspettando. – Walter sospirò sorridendo. – Quando capirò perché mai devi scusarti ogni volta che sei triste, non sarà mai troppo tardi. – Le mise un dito sotto il mento, facendole alzare la testa e puntare lo sguardo nel suo. La vista di quegli occhi disperati e sofferenti gli fece quasi paura. – India… che stai male si vede… ma, per favore, mi dici cosa ti è successo? Non ti posso vedere così. –

Aiuto.
Le cose erano più difficili di quanto pensasse. Come poteva mai tirar fuori le parole più adatte a spiegare quello che c’era da spiegare? Doveva forse aspettare che venissero fuori da sole?
- Mia madre è qui a Roma, Walter. – Lui la guardò senza capire.
- E non sei contenta? –
- Lo ero… Ma ho saputo che è tornata a sentirsi con mio padre. –
- E… non sono in buoni rapporti? – India si morse le labbra.
- Anche troppo buoni. –
- India, scusami, non capisco… Qual è il problema? – India rimase in silenzio per qualche secondo.
Poi, lo disse.
- Il problema è che mia madre torna a vivere con lui e vuole che io vada con loro! – esplose.
Ecco, le parole erano arrivate. Peccato che non avesse fatto in tempo a chiedersi se fossero quelle giuste.
Walter rimase ammutolito a guadarla, come se lei avesse parlato arabo.
- Vuole che… tu…? – mormorò, inebetito.
- Che io me ne vada con loro, Walter, con loro! In India! Ecco cosa vuole! – esclamò, sull’orlo di una crisi di nervi. Ecco, gliel’aveva detto. Non ebbe neanche modo di vedere la sua faccia né di capire in alcun modo quale fosse la sua reazione: continuava a singhiozzare, ferma davanti alla finestra, Walter invece non disse una parola, non fece un solo movimento. Solo quando India riuscì bene o male a calmarsi, lo sentì proferire:
- No… Non può essere. – India tirò su col naso.
- Ah, secondo te sto scherzando? Ho la faccia di una che scherza?! – si alterò.
- M-ma… ma non ha senso! – esclamò lui con voce insolitamente acuta. – Perché devi andare con loro? Non te la sei cavata da sola finora? Non… non stai bene qui? –
- Ma che domande mi fai?! – esplose India, riprendendo a versare fiumi di lacrime. Le dava fastidio questa sua improvvisa impossibilità di frenarle, ma per quanto ci provasse non riusciva a trattenersi. Walter rimase immobile per qualche secondo, poi l’abbracciò, cercando forse di confortare sé stesso più che lei.
- Scusami, amore… scusami… - mormorò con voce tremante, posando un bacio sulla sua fronte. – Non… non ci posso credere. Perché non me l’hai detto subito? –
- E per cosa? – balbettò lei. – Saresti stato meglio? Le cose sarebbero cambiate? No! E’… sarebbe stato tutto inutile… è tutto inutile… - Pianse ancora più forte, stringendosi a lui con tutte le sue forze. – N-non voglio andarmene! – Walter la allontanò da sé, prendendola per le spalle.
Fu per la prima volta che India vide la disperazione nei suoi occhi.
- E allora non andare. –
- Non posso! Mi… mi ci costringerà lo stesso! – Le mani di Walter cercarono le sue e le strinsero. Erano stranamente fredde, a dispetto della stagione.
- India, non… non puoi farlo. Per favore… ti prego, non andare via. – mormorò, stringendola nuovamente a sé. India di certo non avrebbe pensato a una tale reazione, ma adesso, se da una parte si sentiva liberata di un peso, dall’altra provava ancora più disperazione, vedendo Walter implorarla di fare qualcosa che avrebbe voluto, ma che non poteva fare. Nascose il viso nell’incavo del suo collo e chiuse gli occhi. – Ti… ti amo, India. –
Quelle parole avrebbero dovuto confortarla, ma la fecero sentire ancora più scoraggiata.
Si liberò debolmente dell’abbraccio e fece per rispondergli, ma si bloccò vedendo che Walter aveva gli occhi lucidi e che una lacrima aveva segnato il suo percorso sulla sua guancia.
Non l’aveva mai visto così, né avrebbe mai pensato che sarebbe potuto succedere.
- N-non devi dirlo, Walter. – Per tutta risposta, lui deglutì e sorrise forzatamente.
- Che fai, scherzi? Te lo dirò fino allo sfinimento. –
- No, non devi! – ripeté lei, allontanandosi di qualche passo e distogliendo lo sguardo. Non ce la faceva più a guardarlo negli occhi. – Sto abbastanza male per tutti e due, Walter. Non… cerca di non pensarci. –
- Ma che dici? – esclamò lui. – Come vuoi che non ci pensi? –
- Per favore! Renderai solo tutto più difficile! –
- India, non puoi arrenderti così! Và a parlare con tua madre, anzi no, se vuoi ci parlo direttamente io, la convinciamo, le facciamo cambiare idea… non può finire così! –
- Non l’ho deciso io il finale, Walter! – replicò lei, esasperata.

Non piangere, India… Non provarci neanche… Sii forte ancora per un po’.
- Ma se si può fare in modo che… -
- No! Non si può fare niente! – quasi gli gridò contro. – N-non complicare le cose, ti prego. Cerca di non pensarci, ora… ora ci sono gli esami, pensa a quelli, non buttare all’aria mesi di lavoro, ok? E se… se qualcuno ti chiede cos’è successo, beh… digli che tra noi è finita! –
Walter restò a fissarla attonito. Non era India, quella. Non poteva aver detto davvero una cosa del genere. – Spero… spero che tu non dica sul serio. –
- Pensi che mi faccia piacere vederti stare così? –
- E tu pensi che io starei meglio facendo finta che tu non esista, sapendoti lontana miglia e miglia?! – Lui stesso si meravigliò di aver gridato così di fronte a lei, ma gli era venuto naturale. Qualcosa stava per distruggersi e lui non era disposto ad arrendersi così. Ma la cosa che gli faceva più male era che solo lui sembrava voler combattere. – Cosa mi stai chiedendo, India? Di fare finta di niente? Tanto io sono forte, no? Tanto io sono quello sempre allegro, senza una preoccupazione al mondo! Chi vuoi che se ne accorga, di quello che mi frulla per la testa? Vuoi che ti implori in ginocchio di restare qui?! –
- No, Walter, non sto dicendo che… - farfugliò India, cominciando a spaventarsi.
- No, davvero, se proprio ci tieni, te lo dico eccome! Non voglio che tu parta, India! Forse sono solo egoista, o un bambino, o più semplicemente un cretino, o quello che vuoi tu, ma se tu parti… - Si interruppe per qualche istante, poi riprese, con voce strozzata: - Se tu parti, io… io non ce la faccio. –

 “Parce que tu pars
On restera brisé devant l'irréparable.
Parce que tu pars
On éteindra tout contre soi l'intolérable
Parce que tu pars”

(L. Fabian, “Parce que tu pars”)
 

- Walter, ti prego… - mormorò India, senza più la forza di aggiungere altro.
- Ti prego? Ti prego che? – Il tono di Walter tornò basso, dolce. Prese le mani di India tra le sue, accarezzandole con i pollici. – Piccola, io… -
- Per favore, vai via. – sussurrò lei senza guardarlo negli occhi.
- India… -
- Vai via! – ripeté con la voce rotta, liberando le mani dalle sue e voltandogli le spalle. Non seppe per quanto tempo Walter rimase alle sue spalle, immobile e in silenzio, prima che la porta si aprisse per poi richiudersi con un tonfo che frantumò definitivamente tutte le sue speranze.

Ragazze, tenete duro, il prossimo sarà il penultimo capitolo!!! XD

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Capitolo 31
*** Esami ***


Capitolo 31 – Esami

 
Se i quattro giorni trascorsi dopo l’annuncio di Laura erano stati terribili, quelli che seguirono furono ancora peggio. Insopportabili, quasi.

Se tu parti, io non ce la faccio.
Quelle parole erano impresse a fuoco nella mente di India, insieme a molte altre, e continuavano a tormentarla ad ogni ora del giorno e della notte.
Walter.
Quante cose avrebbe voluto dirgli. In un certo senso gliele aveva spiegate, le sue ragioni. Taglio netto. Veloce e indolore. Per quanto questo fosse possibile, certo. C’erano stati gli ultimi giorni di scuola, e India non poteva mettere una benda e non guardarlo più.
Aveva avuto la tentazione di chiedergli se avesse voluto dirlo a qualcuno. Veronica, Marco, Eva, Stefania… Ma cosa c’era, poi, da dire? Le avrebbero chiesto perché, se per caso non si potesse fare qualcosa, se era colpa di qualcuno. Le stesse domande che le aveva fatto Walter. Ma se parlare con lui non era servito a nulla, a cosa sarebbe servito il resto?
Se India avesse avuto il coraggio necessario, gliel’avrebbe detto, tutto quello che le passava per la testa.

 
Walter, non so più cosa pensare di te.
Da una parte ti odio, e non immagini neanche quanto. Perché mi hai spronata a riprendere i rapporti con mia madre, convincendo anche me che fosse la cosa giusta. E poi, proprio quando stavo cominciando a credere di vivere in un sogno, sono caduta dal letto. Sapessi quanto mi sono fatta male, Walter. Ho un bernoccolo che non accenna a voler sparire.
Ed è solo colpa tua.
Se tu non avessi cominciato a farmi sognare, il risveglio non sarebbe stato così doloroso. Ma io non avevo mai fatto sogni così belli, prima, quando tu non eri ancora entrato nella mia vita. Quindi dovrei anche ringraziarti, no?
Ma ci sono talmente tante cose per cui vorrei ringraziarti, che mi sembra di aver perso il conto.
Quante cose hai fatto per me?
Troppe, forse. Troppe cose che non sono neanche più certa di aver meritato.
E questo è uno degli infiniti motivi per cui ti amo, Walter. Che poi è la stessa ragione per cui ti odio.
Ecco, se tu non mi avessi ispirato sogni così dolci, non mi sarei fatta tanto male cadendo. Se tu non ti fossi fatto amare quanto io posso e quanto tu meriti, ora non ti odierei.
Ma se non ti odiassi vorrebbe dire che non ti amo, no?
E allora preferisco così.
Ti ho chiesto di dimenticarmi. Forse te l’ho chiesto proprio perché sapevo che per me sarà impossibile dimenticare te.
Non lo so, non so più niente.
Vorrei mettere tutto questo in un foglio di carta, in una lettera, vorrei poterti dirti quello che c’è da dire. Ma allora penso che non riuscirei più ad andarmene.
E io voglio amarti, Walter, ma più di tutto voglio che tu sia felice. E questo non sarà possibile se continuerò ad essere legata a te come lo sono stata e come vorrei continuare ad essere…
E allora perdonami, Walter.

 
Ma non c’era stato bisogno di chiedere nulla. Gli sguardi dei suoi amici dicevano tutto.
In un primo momento, Veronica sembrava voler picchiare India, poi l’aveva abbracciata stretta.
- Perché non m’hai detto niente, maledizione a te?! –
- Vero, non voglio che nessuno stia male, basto io. – A quelle parole, Veronica si era sciolta dall’abbraccio e aveva puntato i suoi occhi azzurri in quelli verdi dell’amica.
- Questa è la stessa cosa che hai detto a Walter, vero? –
E India si era vergognata come non mai.
- India, dove c’hai la testa? Quello là è distrutto. Perché fai così? Non se lo meritava da parte tua, sai? –
- Vero, per favore, la pianti di rimproverarmi?! –
- No, non la pianto! Sei liberissima di andare dove ti pare e piace, India, puoi dimenticarci tutti quanti, ma non puoi chiederci di fa’ lo stesso con te. – India aveva rialzato lo sguardo ed aveva incrociato quello di Veronica. Questo era bastato a farla sciogliere di nuovo.
- Oh, Vero… come puoi dire una cosa del genere? Io non dimenticherò mai nessuno di voi, e anche se volessi non ci riuscirei! – aveva mormorato, abbracciandola e cercando di non piangere, senza molto successo. – Cavolo… maledizione a te, piuttosto! Non ne posso più di fare la fontana ambulante! –
- Prepara le riserve, India, anche Marco vuole parlare con te. –
- Allora siamo a posto… -
E aveva parlato anche con lui, infatti.
- E’ uno scherzo, vero? – era stato il suo esordio.
- No, è la verità. – Inizialmente la tensione era palpabile tra i due, ma poi India cercò di non far precipitare di nuovo il morale a terra. Con Marco era abbastanza facile lasciarsi trascinare dalla depressione. – Dài, ti immagini? Ora dovrete trovarvi un’altra baby sitter. Chissà che non sia il tuo futuro grande amore! –
Ma lo sguardo che Marco le aveva lanciato in risposta non era certo allegro.
- Ma non sarai tu. –
- Marco, ti prego… Non rendermela ancora più complicata. –
- Per carità, spero solo che tu ti renda davvero conto di quello che stai facendo. –
- Credi che ne sia felice? – Per un attimo si erano guardati in cagnesco, poi India l’aveva abbracciato, così, senza pensarci neanche. – Venitemi a trovare, un giorno, tu ed Eva… e portate anche gli altri, eh?, che laggiù ci si deve stare benissimo. –
- Cavolo, India, che combini? –
- Io non combino niente, sono gli altri che combinano tutto al mio posto… -
- Certe volte non ti capisco. Come puoi accettare una cosa del genere? –
Visto?, avrebbe voluto dirgli. Tu e Walter non siete poi così diversi.
Chissà se in futuro sarebbero riusciti a trovare un nuovo punto d’accordo… Forse sarebbe rinata un’amicizia, e con la sua assenza si sarebbero ritrovate due persone che erano state lontane per troppo tempo.
Aveva parlato anche con gli altri Cesaroni, quella grande famiglia di cui ormai si sentiva un po’ parte. Aveva visto le lacrime di Mimmo, aveva risposto alle domande di Giulio, aveva visto il muso lungo di Rudi accompagnato da un ostinato silenzio. E si era resa conto che le sarebbero mancati tutti, dal primo all’ultimo, alla stessa misura.
C’erano stati gli esami, ma India aveva pensato solo a concentrarsi su se stessa, sul suo tema, sulla sua versione, sui suoi orali. Non si era fermata a vedere quelli di nessun altro, si era trattenuta solo quei tre quarti d’ora scarsi che erano serviti a rendere conto di quello che aveva imparato in un anno di studio.

Ho imparato molto di più fuori da questa scuola, sapete?
Stefania sembrava non sapere niente dell’imminente partenza di India. Era stata cordiale e sorridente come sempre, forse anche troppo allegra. No, decisamente non lo sapeva. Dunque Walter aveva deciso di tenerlo per sé, quel piccolo dolore.
Ma sarebbe passato. Doveva passare.
C’erano stati i risultati. India andò a vedere i quadri all’inizio, il primo giorno, di mattina presto, per essere sicura di non incontrare nessuno.
Scorse con lo sguardo la lista di nomi stampati sul foglio.

Fabiani India: 100/100esimi. Evviva.
Non riuscì a resistere alla tentazione e lanciò un’occhiata di sfuggita ad altri quattro nominativi, quasi fosse reato vedere i voti degli altri. Anche Eva era uscita con 100. Marco aveva preso 80, Veronica se l’era cavata con un 60…

Masetti Walter: 95/100esimi.
Le venne quasi da ridere. Cinque punti.

Che saranno mai?
Avessero dato un voto al loro impegno, ai pomeriggi passati insieme, a quello che ne era nato…
- India! –
Sentendosi chiamare, India si voltò di scatto verso la direzione da cui proveniva la voce. Stefania correva verso di lei sorridendo e agitando una mano. La raggiunse in fretta. – India, non ci speravo! Dopo gli esami te ne sei scappata, pensavo che ti avrei rivista direttamente a luglio! Perché ce la fai una visitina quest’estate, vero? – India mandò giù il nodo che le si era formato in gola e si sforzò di sorridere.
- Certo… Se potrò. – Stefania sorrise e lanciò un’occhiata ai quadri.
- Allora, soddisfatta del risultato? –
- Non c’è male. –
- Oh, ma che vi prende a tutti? – esclamò scoppiando a ridere. – Fino a qualche mese fa Walter avrebbe ringraziato tutti i Santi in ginocchio se fosse stato sicuro di prendere 60 e adesso, tra poco inciampa nel suo mento. Cos’è, stanchezza post-esami? –
- Forse, Stefania, forse… - La donna la guardò con tenerezza.
- India, non mi capaciterò mai abbastanza del fatto che da settembre non sarai nella mia classe. Però mi fa piacere che potremo continuare a vederci. Mi raccomando, tirati su, continua così e fatti sentire, ok? –
Forse perché non sapeva cosa rispondere, India si sporse ad abbracciarla.
- Grazie, Stefania. Grazie di tutto. –

 
Le 23;30.
Walter si gettò sul divano, sfinito per il continuo avanti e indietro che faceva ormai da mezz’ora per il corridoio. La notte sarebbe passata, prima o poi. Peccato che fosse solo all’inizio.
Dopo quella che gli sembrò un’eternità, strizzò gli occhi e tornò a guardare l’orologio.
Le 23;32.
Fantastico, erano passati solo due minuti.

Sarà una notte lunga.
Dall’altra parte della casa, Ezio russava sonoramente.

Speriamo che almeno lui faccia sonni tranquilli.
Walter rimase lì dov’era, immobile e stravaccato sul divano, senza sapere più neanche a cosa pensare. Nella sua mente si erano accumulati talmente tanti pensieri, tante domande che si sentiva come se avesse appena sbattuto la testa contro un muro.
Ma di quelli duri.

India, che mi combini, limortaccitua?!
Gli sembrava impossibile. Eppure eccolo lì, Walter Masetti che, dopo diciannove anni passati senza alcuna preoccupazione al mondo, ora si disperava fino a notte fonda per una ragazza che probabilmente non avrebbe visto mai più. Le cose erano due: o era lui ad essere impazzito, o la ragazza in questione era veramente speciale.
Un po’ tutte e due, magari.
Solo una cosa era certa: non poteva passare un minuto di più in quello stato, o sarebbe impazzito sul serio. Si tirò faticosamente su dal divano e cominciò a rovistare nei cassetti del mobile del soggiorno finché non trovò carta e penna. Scostò bruscamente una sedia dal tavolo e vi si lasciò cadere, mettendosi davanti il foglio bianco e la penna, senza preoccuparsi del fracasso che stava provocando.
Tolse il cappuccio alla penna e cominciò a scarabocchiare: “Cara India…” e rimase a contemplare quelle due parole, solitarie in cima al foglio, per un’eternità. Dopo pochi minuti le cancellò con un veloce tratto di penna, e passò al rigo successivo.
India,

ebbene sì, lo ammetto: non ho mai scritto una lettera in 19 anni. Ma tu meriti molto più di qualche riga scritta così, senza pensarci, e allora…” Si fermò, mordicchiando l’estremità della penna.
...e allora eccomi qui, seduto al tavolo in piena notte come un idiota, a cercare di mettere su carta quello che da mesi sento per te, avrebbe voluto scrivere. Ma non lo fece. Cancellò rapidamente quanto scritto, fino a formare un’uniforme macchia nera. Strappò la strisciolina di carta consumata e la accartocciò. Riprovò ancora.
Come puoi pensare che non me ne importi niente se tu te ne vai? Come fai a cancellare tutto quello che abbiamo fatto in questi mesi? Beh, sai una cosa? Io non lo farò. NON LO FARO’. Perché ti amo, India. IO TI AMO!” Si soffermò un istante a rileggere, poi accartocciò rabbiosamente il foglio e gettò via la penna.
- Ma vaffanculo! –
Walter si prese la testa tra le mani, chiudendo gli occhi e massaggiandosi le tempie. Ma aveva la vaga impressione che non sarebbe bastato a dargli neanche un po’ di sollievo.
- Walter… -
Inutile voltarsi: sapeva a chi apparteneva quella voce. Ma, nonostante ciò, il ragazzo alzò la testa e guardò nella direzione da cui proveniva il richiamo. Stefania era lì, ferma sulla soglia del soggiorno, in camicia da notte bianca, e sorrideva.
- Scusa se ti ho svegliata, mamma. – borbottò lui, voltandosi nuovamente dall’altra parte.
- E’ da un po’ che sono sveglia. – Stefania avanzò lentamente e gli si affiancò. – E tu? Non è scrivendo che si prende sonno. –
- Lo so. – Stefania scostò una sedia dal tavolo e vi si sedette, appoggiandosi con il gomito al tavolo.
- Estenuato dagli esami? –
Walter rimase in silenzio per qualche secondo, fissando il cielo stellato fuori dalla finestra, poi voltò lentamente la testa e rivolse a sua madre uno sguardo stanco. – Un po’. –
- Sono andati benissimo, lo sai. – lo rassicurò lei, con un tono che diceva chiaramente “So che non è tutto qui”.
- Diciamo che ci sono altri esami che non vorrei affrontare, ma ci sono costretto. – mormorò con voce carica di amarezza. Stefania fissò per qualche istante il foglio appallottolato e abbandonato al centro del tavolo, poi sospirò e tornò a guardare suo figlio.
- Walter, vuoi dirmi cosa c’è che non va? –
Walter non si era mai sentito troppo in confidenza con sua madre. Tutto quello che lo turbava, lo rendeva felice, lo faceva arrabbiare, non gliel’aveva mai raccontato. Ne aveva parlato con Marco. E quanto gli mancava quel parlare! Ne aveva parlato con Eva, ogni tanto… Ma non era lei la persona che avrebbe potuto aiutarlo, in quel momento.
Ne aveva parlato con India… Ma di cosa avrebbero dovuto parlare, adesso, se non riusciva più neanche a pensare a lei senza sentirsi salire il magone?
Decisamente non era da lui.
E allora avrebbe accettato fino in fondo quel cambiamento di personalità.
- Mi sento così solo, mamma… -

NdA: qui ci stanno. Anche se adesso, rileggendo la storia, mi sembra incredibilmente stupida, questo capitolo è uno dei miei preferiti. Perchè ho avuto l'onore di conoscere il "vero" Walte, Ludovico Fremont, ed è così che io me l'immagino nella vita vera. Detto questo... il prossimo capitolo sarà l'ultimo, e spero che anche i miei tanti lettori silenziosi lasceranno un commentino.

(michelle, hai ricevuto la mia email di risposta?)

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Capitolo 32
*** ...e poi non dormirò ***


E siamo arrivati alla fine!!! Grazie a tutti quelli che hanno letto e hanno aggiunto la storia ai preferiti, in particolare grazie alla mia sore, michelle, chika, lu88, auryn ed egittofona (e chi saranno mai queste due? Mah! XD)
Mi piacerebbe se, almeno per quest’ultimo capitolo, tutti quelli che hanno letto mi lasciassero un commentino... ci conto!

 
Capitolo 32 - …e poi non dormirò

 
Mai, in oltre diciotto anni, India aveva trovato così difficile alzare la testa dal cuscino.
Neanche adesso, seduta su una delle infinite –e infinitamente scomode- poltroncine dell’aeroporto, riusciva a raccogliere le forze necessarie per compiere un qualsiasi gesto. Il grande orologio appeso alla parete scandiva un ritmo regolare e fin troppo lento. A quel punto, India sperava solo che tutto finisse il più presto possibile. Che salisse subito sull’aereo, che il viaggio durasse poco e che si facesse in fretta ad arrivare nella loro nuova casa.
Perlomeno, forse questo avrebbe compensato il lunghissimo lasso di tempo che avrebbe impiegato ad adattarsi e a rimuovere tutto quanto riguardasse la sua vita a Roma.
Forse… 

Una figuretta sottile e non molto alta si muoveva affannosamente lungo i marciapiedi, sgomitando tra la folla che sembrava voler impedire il compimento di quella che ormai era diventata la sua missione.
No, non lo avrebbe permesso.
C’erano in gioco troppe cose.
O forse una cosa sola, ma troppo importante…

 
All’apatia era subentrata la smania. Non potendone più di sentirsi un tutt’uno con la sedia, India scattò in piedi e si diresse verso il primo luogo che sembrava poter offrire una distrazione.
Un bar.
L’uomo dietro il bancone le chiese qualcosa che India non si curò di decifrare. Si limitò ad indicare distrattamente verso un punto imprecisato sullo scaffale, accompagnando quel gesto con un debole “per favore”. Tirò fuori qualche moneta e la poggiò sul bancone, prese in mano il piccolo sacchetto e tornò indietro. Si lasciò cadere nuovamente sulla poltroncina e finalmente si decise a scoprire cosa avesse comprato: qualunque cosa fosse, l’importante era che fosse commestibile.
Gettò uno sguardo all’etichetta: cioccolatini.
Rimase a fissare il pacchetto per pochi, lunghissimi secondi, prima di distogliere frettolosamente lo sguardo, stringendolo forte tra le mani, quasi a volerlo distruggere.
 

La coda non era poi così lunga, ma, anche se ci fossero state solo due persone, le si sarebbe comunque prospettata un’attesa troppo lunga. Più di quanto fosse disposta a sopportare.
Scorse velocemente le righe dell’immenso fascio di fogli che le avevano messo davanti. Doveva sbrigarsi, ma non avrebbe messo alla prova il destino al punto di rischiare di mandare tutto all’aria.
Finalmente, le fu concesso di apporre la propria firma.

 
India lanciò uno sguardo fugace verso sua madre, che ricambiò con non meno freddezza.
- Sei un po’ più tranquilla, adesso? –
Suonava tanto come una presa in giro, ma India cercò di non perdere la calma di fronte a quegli occhi di ghiaccio e quella bocca allungata in una smorfia forse canzonatoria, forse di semplice disapprovazione, o stanchezza.
- Ho altra scelta? –
Gli occhi di Laura si ridussero a fessure. India cominciava a chiedersi come avesse fatto a credere, anche solo per un paio di giorni, anche solo per pochi minuti, che avrebbe potuto avere una vera madre.
Ma poi giunse alla conclusione che non gliene importava granché.
Non in quel momento.
Laura riprese a sfogliare nervosamente la rivista che teneva in mano ormai da ore.
India non riuscì a staccarle gli occhi di dosso, in un misto di rancore e disgusto.
Avrebbe preferito che sua madre si fosse dimostrata felice della propria scelta, assolutamente incurante del dolore che con essa aveva potuto provocare a sua figlia.

Mi stai rovinando la vita, almeno sii felice!
Avrebbe voluto urlarglielo in faccia, ma le era già costato tanto quel “Fuori!” che le aveva scagliato contro dopo la notizia dell’imminente partenza. Non era nella sua natura.

Forse anch’io sono così. Forse sono come lei e non me ne rendo conto. Dopotutto, sono sua figlia.
India si coprì il viso con le mani, sprofondando nella confusione più nera.
O forse non era confusione.
Forse era solo disperazione… Pura e semplice disperazione.
 

Stava per arrivare. Sì. Il traffico non l’avrebbe fermata, come non l’aveva fermata mai nulla.
O forse così credeva. Adesso, le sembravano ben più stupidi quei tanti ideali che aveva inseguito fin da giovane, senza nessuno con cui condividere il successo finale.
Ora c’era più di una persona con cui dividerlo.
Perché anche stavolta ce l’avrebbe fatta.

 Nonostante ce l’avesse messa tutta per evitarlo, India si mise a pensare alle persone che stava lasciando.
Anzi, che aveva già lasciato.
Veronica aveva capito. Si era arrabbiata, aveva cercato di farla ragionare, si era asciugata a forza quelle poche lacrime dispettose per mantenere un certo ritegno, ma l’aveva capita. Il loro saluto era stato un lungo abbraccio, dopodiché India l’aveva pregata di non cercarla più. Si sarebbe fatta viva lei. Forse. E Veronica, seppur sospirando, aveva obbedito. Cosa che non aveva fatto Walter. Ormai, India era arrivata al punto di cancellare sms e chiamate perse dal cellulare senza neanche leggere il nome del mittente.
Non si permise una risposta né un rimpianto.

 
Dov’era? Se non l’avesse trovata, avrebbe fatto un macello, e allora sì…

 
Fu con un lungo e penoso sospiro che India si tirò su dalla poltroncina quando sua madre la richiamò con un cenno del capo.

Chissà, forse potrei scriverci su una sottospecie di Addio ai monti. Potrei diventare famosa e ricavare almeno qualcosa di buono da tutto questo st…
- Permesso, permesso! INDIA! E mamma mia, se chiedo permesso sarà perché devo passare, no?! –
I pensieri della ragazza furono bruscamente interrotti dal richiamo che esplose alle sue spalle, a qualche metro di distanza. Si voltò indietro e, con immensa sorpresa, vide Stefania cercare di farsi largo tra la folla che riempiva l’aeroporto. Rimase basita a guardarla finché non se la trovò di fronte. – Diamine, sembra che siano tutti extracomunitari! –
- Stefania, che… che ci fai qui? – La donna le rivolse uno dei suoi soliti sguardi alla guarda-che-mi-tocca-fare.
- Riprendo fiato, e intanto mi diletto cercando di capire per quale astrusa ragione non mi hai detto che stavi per andartene. – India non sprecò neanche le energie necessarie per mostrarsi imbarazzata.
- Semplicemente perché ho visto già abbastanza facce depresse, e non volevo che nessuno cercasse di convincermi a restare, cosa che tu avresti fatto. –
- Naturalmente. Perché pensi che io sia qui? – Detto ciò, Stefania cominciò a guardarsi intorno. – C’è tua madre? Vorrei fare quattro chiacchiere con lei. –
- Non ce n’è bisogno, davv… - cominciò India, ma si interruppe quando avvertì la mano di sua madre stringersi saldamente sul proprio braccio.
- India, è ora di andare, non c’è tempo di fare salotto. – la apostrofò. Poi alzò la testa e incrociò lo sguardo di Stefania. – Mi dispiace, dobbiamo andare. – aggiunse senza scomporsi.
- Oh, certo, non mi permetterei mai di trattenervi, se questo fosse dettato da un mio personale capriccio. – replicò l’altra in tono di sfida, ma senza smettere di sorridere.
- Prego? – Laura socchiuse gli occhi, scrutando minacciosamente la sua interlocutrice.
- Dicevo, se fossi solo io a volere che India restasse qui, non mi sognerei mai di intromettermi. Ma si dà il caso che la notizia della sua partenza abbia suscitato reazioni non propriamente felici in un bel po’ di persone. Compresa sua figlia stessa, se mi permette. – soggiunse.
- Non mi interessa se mia figlia è venuta a fare la pietà da voi. Io sono sua madre, e io decido per lei. E’ meglio che India passi un po’ di tempo con la sua famiglia. –
Stefania la rivolse un sorriso a trentadue denti.
- Naturalmente, l’importante è che torni in tempo. –
- In tempo per cosa, scusi? –
- Oh, già, avevo dimenticato… che sbadata! – In un’altra occasione, India avrebbe riso a crepapelle di fronte all’espressione di Stefania, ma in quel momento si sentiva troppo confusa e stordita per accennare qualsiasi reazione. – Immagino che lei sappia per quale motivo India si è trasferita qui. –
- Esattamente. Per il corso d’arte. – rispose prontamente Laura. Cominciava chiaramente a perdere la pazienza.
- Che non è terminato. – A quelle parole, India dovette davvero trattenersi dal ridere: cosa voleva fare Stefania, convincere sua madre a lasciarla dov’era? Forse aveva un’opinione troppo alta di se stessa o, più probabilmente, una troppo bassa di sua madre. – Lei ha idea di quanto questo corso sia servito a sua figlia, di quanto si sia dilettata e impegnata nel seguirlo? –
- Posso immaginarlo, ma non è questo che ci interessa. Non era mica obbligata a continuarlo. –
- Certo, certo… Ma mi sento in dovere di ricordarle che India avrebbe diritto a seguire anche il secondo anno del corso, e di informarla che gli insegnanti che hanno avuto a che fare con lei non hanno sottovalutato il suo talento. Sarebbe davvero un peccato che India se ne andasse ora… - Stefania aprì la propria borsa e ne estrasse un fascio di fogli. - …perché è già iscritta all’Accademia di Belle Arti. Può controllare. Non sono pochi quelli che aspirano a questo posto… sarebbe un vero peccato lasciarlo vuoto, non crede? –
- Stefania… - cominciò India, ma fu incapace di continuare. Era rimasta talmente frastornata da non riuscire più a formulare una frase di senso compiuto. Fu l’intervento di sua madre a risparmiarle quella fatica.
- E lei vorrebbe… convincermi a lasciare qui India solo per un… contratto? – Laura non aveva più quell’espressione dura e autoritaria, sembrava solo confusa quanto la figlia.
- Dal momento che lei sembra non interessarsi del modo in cui India ha passato questi ultimi mesi, delle persone che ha conosciuto e che le vogliono bene, sì. –
India rimase a guardare ammutolita le due donne che seguitavano a guardarsi in cagnesco. Certo, Stefania non era tipo che si lasciava mettere i piedi in testa, ma non avrebbe mai pensato…
Per la prima volta da giorni, gli sguardi di madre e figlia si incrociarono senza evitarsi.
- Perché non mi hai mai detto come stavano davvero le cose? – mormorò Laura. Sembrava quasi offesa.
- Non me l’hai mai chiesto. – replicò India a voce ancora più bassa.
- Non è vero. –
- Ok… me l’hai chiesto, ma non ti importava. – Questa volta, India non si vergognò di dirlo. Scandì lentamente ogni parola, in modo che Laura non potesse far finta di non aver afferrato.
Non voleva separarsi da sua madre dopo lunghi e inutili convenevoli. Non voleva perdersi in discorsi ipocriti. Non aveva mai parlato con lei… Perché avrebbe dovuto farlo prima della separazione definitiva?
Aveva letto di tanti addii. Addii sentiti, sofferti, addii infiniti.
Dietro un addio c’era qualcosa che finiva, ma davanti… cosa c’era, davanti?
Cosa avrebbe trovato dopo quell’addio?
Sapeva che anche la sua favola stava per finire. Ma ora le si era presentato davanti un altro finale.
Un finale diverso, non programmato, ma desiderato. Bramato con tutta l’anima.
- L’aereo parte. –
La sua favola sarebbe finita senza saluti e senza lacrime.
- Mi pare di aver capito che non posso… beh, fare granché. –
Ma poi ne sarebbe cominciata un’altra.
Più bella, perché inattesa.
 

Mentre guardava le nuvole scivolarle accanto come in una pellicola proiettata troppo da vicino, stava ancora chiedendosi come avesse potuto essere tanto stupida. Come avesse potuto pretendere di domare una creatura che non le era appartenuta mai, se non nel momento in cui l’aveva generata.
Ma questo non era bastato. Curioso rendersi conto di come fosse cresciuta in pochi mesi, da sola, più che in tanti anni passati accanto a lei.
Ma le era stata mai accanto anche in un senso che non fosse fisico?
No, e ormai non lo sarebbe stata più neanche in quel senso. 

- E sorridi, India, accidenti! –
La ragazza si riscosse dal suo torpore. – Come? –
- Sì, buonanotte… Se avessi saputo che sarebbe stata questa la tua reazione, ti avrei fatta arrivare all’aereo direttamente senza farti toccar terra. Ohè, India, ci sei? –
- Sì, sì, ci sono, non urlare! Sono ancora sotto shock, credo. Come diamine hai fatto…? – Stefania le scoccò uno sguardo di finta superiorità.
- Giusto, avrei dovuto prima chiederti se ti interessasse davvero il posto all’Accademia. Ma, sinceramente, questo mi è sembrato un dettaglio su cui potevo anche soprassedere. Tua madre non è poi così difficile da convincere! – Finalmente, India riuscì a sorridere.
- Non c’era bisogno di chiederlo. – Sospirò e abbandonò la testa all’indietro, appoggiandosi allo schienale. – Stefania, mi scuserai se non ti sto ringraziando come si deve. Al momento mi sento completamente rimbambita. Forse, quando mi renderò conto… -
- Non preoccuparti. Quando ti sarai ripresa, avremo tutto il tempo per parlarne, se ti va. Vorrei solo capire perché non mi hai detto niente, benedetta ragazza! –
- Mi dispiace, Stefania… - mormorò India, imbarazzata. – Non ho capito più niente. – La donna sospirò.
- In fondo non hai tutti i torti. So solo che mai come adesso mi sono sentita una madre apprensiva e responsabile. – A quelle parole, India smise di guardare il paesaggio che le scorreva accanto mentre Stefania guidava tranquillamente.
- E’ stato Walter a dirtelo, vero? –
- Diciamo che gliel’ho dovuto tirar fuori con le pinze, ma, sì, me l’ha detto lui. Appena in tempo per sistemare un paio di cose e venirti a recuperare. –
- Non puoi capire quanto mi senta stupida… e inutile… - mormorò India, portandosi una mano sulla fronte.
- Stupida forse, ma capita anche nelle migliori famiglie. – assentì Stefania. - Ma inutile non credo proprio. Non per qualcuno… - aggiunse facendole l’occhiolino. – E quel qualcuno ti sta aspettando, anche se non lo sa. Siamo arrivate. – Solo allora India si accorse che l’auto era ferma davanti casa Masetti. Sospirò profondamente.
- Non vorrà più vedermi. –
- Se fosse così, pensi che mi sarei data tutta questa pena per fare in modo che tu rimanessi? –
I loro sguardi si incrociarono, e ad India mancarono le parole per ringraziarla come avrebbe voluto.
- Stefania, io… -
- Non devi dire nulla, piccola. – La donna le sorrise in un modo diverso dal solito. Tirato, sì, ma quasi… materno. – Forse Walter avrebbe potuto desiderare una madre migliore, ma per me… ti giuro che non c’è gioia più grande che vederlo felice. E felice com’è adesso… cioè, com’era fino a qualche giorno fa, e come spero che tornerà ad essere, io non l’ho mai visto. Io… - Ma non poté finire il discorso, perché India la stava già abbracciando, come forse non aveva mai abbracciato nessuno.
- Grazie, Stefania. –
- Và da lui, su. –

“Piccolina dammi un bacio e vado via
sono certo che mi porterà fortuna
questa notte sembra così bella
e poi lo sai che ho una buona stella…[…]
Poi mi volto e mi saluti con la mano
mentre io mi allontano e non ti vedo più”

 
Fu con trepidazione, stavolta non più mista a quello strano desiderio di scappare a gambe levate, che India suonò alla porta di casa Masetti.
Non poteva fare altro che sperare vivamente che le sue previsioni fossero sbagliate.
La porta si aprì dopo parecchi minuti, e per un attimo India temette che le si potesse chiudere in faccia.
Walter la fissava con stupore malamente camuffato in rabbia.
- Che ci fai qui? –

“Ma da quanto tempo amore sono in mare
e da quanto tempo aspetti sempre lì
io lo so ch'e' come il primo giorno,
per te e' un miracolo quando ritorno
quello vero, invece, e' ritrovarti qui.”

 
- Sono… beh, come dire… tornata. – Walter alzò le sopracciglia.
- Ah. – Era chiaro come il sole che faticava enormemente a nascondere la sua sorpresa.
Tuttavia, India non poté fare a meno di sorridere tra sé.
Non avrebbe avuto più bisogno di difese.
Fece qualche passo avanti.
- Walter, lo so che mi odi… E hai ragione, hai perfettamente ragione. Ho fatto male a… beh, mi sono comportata da stronza, ecco. E tu non lo meritavi, non lo meritavi affatto. – Walter annuì scettico, cercando di non guardarla negli occhi.
- Beh, mi fa piacere che te ne rendi conto. No, cioè… - Tornò imbarazzato. – Non è che ti sei comportata da stronza, ecco, ma… -
- Sì che l’ho fatto. – A quel punto, le venne spontaneo sorridere. Si avvicinò di più a Walter.
- Va bene, va bene. Chiarito questo concetto… non hai paura di perdere l’aereo? -
- Quello l’ho perso già da un’oretta. O meglio, l’aereo ha perso me. – India si vide piantato in faccia uno sguardo allibito.
- Come, scusa? –
- Già, pare che una certa signora Masetti abbia provveduto a recuperare certi documenti e a iscrivermi all’Accademia di Belle Arti, e che poi sia venuta fino all’aeroporto a bloccare mia madre, e che… -
- No, no, alt. – Walter la fermò con un gesto della mano, ancora scioccato. Deglutì. – Non ho recepito una sola parola oltre a “l’aereo ha perso me”. Dimmi solo una cosa: è uno scherzo? –
Il sorriso di India si fece più ampio. Gli si avvicinò ancora e portò le braccia intorno al suo collo.
- Sai, un certo ragazzo, tempo fa, mi insegnò a rispondere a tono alle persone, ma non a fare battute così divertenti. Se vorrà insegnarmi anche quest’arte, io sarò sempre qui… finché lo vorrà. –
Finalmente, vide sul viso di Walter quella che ormai era diventata una delle sue ragioni di vita: il suo sorriso.
- Puoi dirmelo senza giri di parole o indovinelli? Ho paura di interpretare il tutto nel modo sbagliato. –
India si strinse più forte a lui.
- Non parto, Walter. Resto qui, a Roma, con te. –
E il silenzio fu spezzato solo dal bacio che India posò sulle labbra del suo ragazzo, a confermare e sigillare la sua promessa. 

- Ragazzi, cosa… -
Stefania si bloccò improvvisamente. Erano passati ormai lunghissimi minuti da quando India era salita in casa, e ancora non aveva avuto notizie. Aveva salito le scale più rapidamente del solito, e li aveva trovati lì, appoggiati allo stipite della porta ancora aperta, persi in un bacio senza fine.
Avrebbe voluto allontanarsi, ma dopotutto Stefania Masetti restava sempre e comunque Stefania Masetti, e aspettò che i due si staccassero –cosa che non successe troppo in fretta- per rivolgere loro la parola.
- Pare che abbiate trovato un nuovo punto d’accordo, no? –
La risposta fu più che eloquente: due larghi sorrisi, una doppia risata.
- Già… Mamma, per oggi noi prendiamo la macchina, ok? Non so quando torneremo, in caso il mio cellulare è acceso! – E, con queste parole, Walter stava già scendendo a razzo le scale, trascinandosi dietro un’India ancora scossa dalle risate, finché Stefania non li vide scomparire.
E finalmente sorrise. Non era il suo solito sorriso da prof, né il sorriso di chi aveva visto i voti di suo figlio lievitare di colpo, né di chi l’aveva visto per la prima volta innamorato. Era semplicemente il sorriso di una madre che si era resa conto che ne era valsa la pena, di passare una notte insonne nel tentativo di farlo tornare felice, quel figlio.

“Ma non vedi che col sole sto tornando
e mi stai salutando: amore sono qui[…]
in mezzo a quei bei fiori io ti confonderò:
saranno tanti baci e poi non dormirò”

(F. Concato, “La barca Guendalina”)

 

***FINE***

 

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