Call me Angel

di Papillon_
(/viewuser.php?uid=134606)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** She was alive ***
Capitolo 3: *** Forbidden Memories ***
Capitolo 4: *** I'd like to scream it ***
Capitolo 5: *** But you will come back, won't you? ***
Capitolo 6: *** Miracle ***
Capitolo 7: *** Exception ***
Capitolo 8: *** Years pass, but you still hurt ***
Capitolo 9: *** Promesse non mantenute ***
Capitolo 10: *** Testimone ***
Capitolo 11: *** Katherine ***
Capitolo 12: *** Favola ***
Capitolo 13: *** Right next to you ***
Capitolo 14: *** Ritrovarsi ***
Capitolo 15: *** Here I am. Don't you see me? ***
Capitolo 16: *** Surrender ***
Capitolo 17: *** Sì, ti vedo. ***
Capitolo 18: *** I really love him ***
Capitolo 19: *** Even if I don't know why ***
Capitolo 20: *** Come with me, angel ***
Capitolo 21: *** Temptation ***
Capitolo 22: *** Your halo ***
Capitolo 23: *** The truth ***
Capitolo 24: *** Guilty ***
Capitolo 25: *** Per una volta ti aiuto io ***
Capitolo 26: *** Things that don't kill me only make me stronger ***
Capitolo 27: *** The wedding ***
Capitolo 28: *** Rain ***
Capitolo 29: *** Giurerei che sai di mare ***
Capitolo 30: *** Facile come respirare ***
Capitolo 31: *** Ferma il tempo ***
Capitolo 32: *** Forse ora, forse mai ***
Capitolo 33: *** Fredda, possibilmente ***
Capitolo 34: *** Le mie condizioni ***
Capitolo 35: *** Extra: Lory e Mina ***
Capitolo 36: *** Destinazione ***
Capitolo 37: *** Ogni fine è un nuovo inizio ***
Capitolo 38: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Call me angel
di Zero_nel_cuore
 
 
Prologo
 
Strawberry
 
E' tutto così buio, intorno a me. Il nulla, non vedo niente.
Ma soprattutto, non ricordo niente.
Ho la strana consapevolezza di essere qui per qualcosa, ma forse mi sbaglio. E' un errore, e io lo so; è solo che sto cercando di scappare da me stessa e sono brava, io, a mentire.
Un po' lo sono sempre stata.
Questo è un incubo.
Sento il buio intorno a me. Lo sento divorarmi accompagnato dalle tenebre, mi rincorre, mi cerca, mi vuole fare sua. E' la morte.
Questo è un incubo.
Sono stanca, vorrei cedere, ma fa freddo e io mi sono debole e anche un po' traditrice, per quello che è successo. Ho appena combattuto e sono stanca.
Cosa ho fatto?
C'è qualcosa, però, che mi impedisce di farlo, qualcosa che mi tiene ancora disperatamente...viva. Ma sono stufa di lottare, quindi prendimi, ti prego.
Se in questo momento mi lasciassi andare, tutto finirebbe e mi scivolerebbe via dalle mani. E per un attimo questo folle gesto mi attraversa l'anticamera del cervello, ma eccolo, lo vedo. Vedo lui con le sue labbra, il suo profumo, la sua dolcezza che mi avvolgono ad un passo dalla fine. Prima che tutto finisca, prima che tutto cominci.
E poi una luce. E' una speranza? No, in queste circostanze la speranza non esiste. Dolore, disperazione...e ho tanto freddo, dannazione. E penso a ciò che ho appena fatto con paura, perché so che, se mi sveglierò, saranno quegli occhi color oceano che mi faranno esplodere il cuore. Solo loro.
E dev'essere per forza un incubo.
Ma... ora la luce mi sta abbagliando completamente, è davvero qui, la posso sentire, è arrivata, è straordinariamente calda. Adesso non ho più freddo, no.
So che non sei la morte. E allora prendimi e portami via con te, ti prego.
 
Ryan
 
La posso vedere tra le sue braccia, inconfondibilmente. E' stanca ed ha paura. Ma perché dovrebbe averne? Non è certo la fine, è un inizio. L'inizio di una nuova vita, dove sarà libera da stranezze, esperimenti, magie.
Non andare via da me.
Posso sentire il suo nome, la stanno chiamando in molti; Mark per primo, continua a ripeterle di svegliarsi, ma lei non lo fa.
Non vedi ...che non ci riesce? E' debole, non combatte più...ha smesso da tempo di lottare per sopravvivere.
Non andare via da me.
Ora Mark la appoggia sul letto della mia camera. E' pomeriggio inoltrato, fra poco sarà buio.
Buio come l'iride dei tuoi occhi, mia piccola Strawberry. E tutto questo mi infonde una paura fottuta che non ho mai provato nemmeno quando ho scoperto di aver perso i miei genitori.
Ma un giorno non lontano tornerai da me...da noi, e tornerai a sorridere, come fai sempre, come hai sempre fatto.
Non andare via da me, Angelo.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** She was alive ***


Capitolo 1

She was Alive

Ryan

 

-C'è anche la minima possibilità di poterla risvegliare con l'acqua mew? - mi chiese Paddy, disperata.
Non risposi. La risposta sarebbe stata troppo difficile da affrontare e non avevo la forza di farlo.
-No, è impossibile. L'acqua mew non ha più alcun effetto su di voi, perché ormai avete perso i vostri poteri. - disse Kyle, con un tono sofferente.
-Allora portatela all'ospedale, da un medico...fate qualcosa per l'amor del cielo! - esclamò Pam, con una voce venata di isteria. Mi resi conto solo allora di quanto tutte fossero tremendamente legate l'una all'altra. Ed era tutta colpa mia, ovvio.
-Ryan! Ryan! Non stare lì impalato, fa qualcosa!
Mina. Il suo tono che non ammetteva repliche era inconfondibile.
Ma la verità era che non ci riuscivo. Volevo salvarla, ma non ne ero in grado. Eppure avevo calcolato tutto, e tutto mi era sembrato perfetto: sapevo che c'erano alte probabilità che qualcuno si facesse male, ma non avevo pensato a lei, non proprio a Strawberry.
Invece eccola li, sul mio letto, priva di forze e con il respiro faticoso, che ha perso la volontà di vivere.
Se potessi darti la mia vita lo farei, amore mio.
Qualcuno mi diede uno schiaffo. Non mi ero reso conto di essere rimasto sulla soglia a guardare la stanza tremante, per di più con una lacrima che mi rigava il viso. Fui così risvegliato dalla mia agonia.
Era stata Pam a darmi una sberla, e anche bella forte, aggiungerei.
-Sapevi che sarebbe successo. - disse, implacabile.
-Si. Sapevo che per sconfiggere Profondo Blu ci sarebbero potute essere delle perdite.
La mia voce era spaventosa, lacerata dalla disperazione. La verità era che non piangevo da quando erano morti i miei genitori, ed era come se non mi ricordassi più come si facesse.
-E sei felice? Diamine, guardala!
La sto guardando, Pam. Dimmi tu cosa vuoi che faccia perché io non lo so, davvero.
-Se avessi potuto evitare tutto questo lo avrei fatto, credimi.
-Dunque vuoi startene qui a guardarla morire. Complimenti, Ryan, non ho parole. La stai condannando! Eppure lo sapevi, lo sapevi che mandarla in quella torre l'avrebbe condotta a questo...
Le sue parole non erano altro che frecce infuocate che mi laceravano la carne. Era tutto così tremendamente vero.
-Se morirà...- disse Pam.
Scoppiai. Mi misi di fronte a Pam, in modo da poterla scrutare dall'alto.
-Tu più di ogni altro sai che in questo momento, dentro di me, c'è l'inferno. Pam, Dio, io la...- dissi impercettibilmente.
Sì, Pam lo sapeva. Era l'unica oltre a Kyle ad essere al corrente dei miei sentimenti. Forse Lory - che in quel momento era in un angolo a piangere - lo immaginava, ma poteva solo presupporlo. Pam più di ogni altro avrebbe dovuto capirmi, invece mi stava pugnalando, e forte.
-Questo però adesso non la può salvare, Ryan - mi rispose, gelida.
O beh, lo sapevo. Non c'era niente da fare, era finita.
-E' finita, allora. - proclamò Mina.
-No.
 
La voce era quella di Mark. Non avevo ancora avuto una grande considerazione di lui, una volta finita la battaglia. Mi erano bastate le parole di Strawberry, la quale piangendo era venuta verso di me, mentre stavamo combattendo...
-Ryan, Mark è Profondo Blu. E' lui, è la verità. Mi vuole morta, Ryan. Mark mi vuole morta...
Le cose erano due. Uno, Mark era stato da sempre Profondo Blu, non lo aveva detto a nessuno - nemmeno alla sua "amata" Strawberry - e piano piano, si era conquistato la fiducia di tutti noi arrivando in fine a tradirci. Se questa ipotesi fosse stata vera, sicuramente ora avrebbe tentato di ucciderci tutti. Tenevo gli occhi aperti e non a caso mi ero avvicinato all'armadio dove in uno dei cassetti tenevo una pistola.
Ma una parte piccola della mia coscienza mi stava urlando che Mark non era colpevole, no, era solo una vittima. Questa era la seconda ipotesi. Mark era un umano creato dagli alieni appositamente per ricevere un giorno Profondo Blu. Ma forse gli alieni non avevano previsto che quest'anima avesse potuto...amare. Sì, perché Mark era, per quanto mi fosse difficile ammetterlo, innamorato di Strawberry.
-Possiamo evitare tutto questo Ryan, lo sai.
-Io non so proprio niente. E non mi dire che tu sai come fare, visto che tutto questo lo hai provocato tu.
Da dove diamine stavo tirando fuori quelle parole? Non ero mai stato così crudele in vita mia. Ma tutto a un tratto mi sembrò che la rabbia, la gelosia e l'odio che avevo trattenuto in tutto quel periodo non potessero più rimanere al loro posto.
-Ryan, ascoltami. So che odiarmi ti sembra la soluzione più semplice adesso, ma possiamo ancora salvarla. Devi solo fidarti di me.
-Fidarmi di te, dopo tutto quello che hai fatto? Sei pazzo.
-Ryan, ascoltalo, ti prego. Ne vale la vita di Strawberry - disse Lory. La sua voce era continuamente spezzata dai singhiozzi, ma era determinata a farmi cambiare idea. Non so perché, ma fui tentato di ascoltarla. Forse era l'unica che avrebbe potuto farmi riflettere in quel momento.
-Tu sai come fare? - chiesi a Mark.
-Si. L'acqua mew è nel mio corpo, ora, vero?
-Si - rispose Kyle, anticipandomi.
-Allora devo immetterla nel corpo di Strawberry. Devo fare quello che lei ha fatto con me.
Se prima lo avevo solo pensato, ora era un dato di fatto.
-Tu sei veramente pazzo. Facendo così morirai, e lo sai.
-Certo, che lo so. Ma morirò per qualcosa, morirò per lei. - Si voltò per guardarla. -La amo, più di quanto lei ami me. Ma non poteva amarmi completamente, perché gli alieni glielo impedivano. Avrei voluto dirglielo al suo risveglio, dirle che ora niente poteva più separarci, ormai, ma non ci sarò più.
Un coro di “No, non farlo” si levò dalla stanza.
Ma sapevamo tutti che era l'unica speranza per Strawberry. La pazzia di Mark poteva salvarla.
-Mark, lei ha bisogno di te. Non la puoi lasciarla adesso...
Per quanto quelle parole per me fossero un abominio, mi sforzai di pronunciarle. Così conficcai la lama fino in fondo, ferendomi con le mie stesse parole.
-Lo devo fare, Ryan. L'unica cosa che ti chiedo è dirle, al suo risveglio, che mi dispiace per quello che le ho fatto.
Ebbi una fitta di dolore.
Così Mark ci guardò, uno a uno, soffermandosi più di qualche istante su di me. Aveva gli occhi di un soldato consapevole di ciò che c'è al di là della sua decisione di diventare tale, la morte.
Poi si voltò e si sedette sul letto. Ormai Strawberry aveva il respiro talmente leggero da essere inudibile.
Ma quello era l'unico modo, pensai.
Dovevo fidarmi di Mark - per quanto mi fosse difficile – e ascoltarlo, proprio come aveva detto Lory.
Mark prese tra le sue mani quella sinistra di Strawberry e la strinse. Poi si chinò e le sussurrò all'orecchio, con un amore che pochi sanno dare: -fra poco tornerai da loro, piccola.
 
Al tuo risveglio troverai la speranza, la speranza di quelle persone che non ti abbandoneranno mai, che ti ameranno per tutta la vita, Strawberry.
Torna da me, angelo.
Mark a quel punto la baciò. Fu un bacio semplice, privo di risposta, di quelli che i principi danno alle principesse per risvegliarle dal loro incantesimo. Ma in quel bacio era racchiusa la vita di Strawberry. Solo dopo una manciata di secondi mi accorsi che Mark si stava dissolvendo, stava scomparendo. Si alzò dal letto, e per l'ultima volta disse: -Ti voglio bene, piccola.
E io, dopo qualche istante, impercettibilmente, dissi: “Grazie” rivolto a lui.
Probabilmente mi aveva sentito, perché si voltò, mi sorrise, e dopo scomparve. Scomparve, sì, una volta per tutte.
Strawberry ricominciò a respirare e con la mano sinistra strinse il lenzuolo.
Era viva.
.
 
.
 
.
Buongiorno a tutti, cari e care <3 Credo che vi debba qualche spiegazione, prima di cominciare a entrare nel vivo di questo viaggio.
La battaglia contro profondo Blu è finita, e, come penso si sia capito, Strawberry ne è rimasta vittima. Ma, mentre nell'anime alla fine con un bacio viene salvata da Mark (e lui rimane inerme) nella mia storia ho immaginato che il ragazzo le desse proprio la vita, insieme all'acqua mew. Per coloro che stanno cominciando a imprecare, vorrei chiarire che non odio Mark, anzi, gli voglio un bene dell'anima, ma questa è una RyanxStrawberry, punto e fine. Li volevo insieme fin da piccola, e Efp mi da l'occasione di coronare il mio sogno. **
Questa non sarà una storia semplice; sarà complicata, ricca di nuovi personaggi, nuove battaglie...e anche qualche ritorno, verso la fine.
E' da una vita che aspetto di pubblicare questo scritto, che ahimè, non è ancora finito, ma vedrò di rimediare. E' in assoluto il mio primo lavoro su TMM, per cui siate clementi, va bene?
Scherzo, ovviamente le critiche sono ben accette e mi aiutano a crescere sia come persona, sia come autore.
 
Un'ultima cosa: per quanto mi dispiaccia non ho mai potuto leggere il manga, per cui la mia conoscenza degli avvenimenti si limita all'anime. Se potete, perdonate questa mia piccola mancanza!
Un bacio e a presto,
Vostra
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Forbidden Memories ***


Capitolo 2

forbidden memories

 

Strawberry
 

La luce è la vita, e io, finalmente, vedo la luce. Dopo ore e ore di buio, ora torno a vedere, non ho più freddo.
Mi sento viva, anzi, sento dei profumi, dei rumori intorno a me e in cuor mio ho capito di non essere più sola. Forse non lo sono mai stata.
Non come prima, quando il vuoto mi circondava.
Sono qui, lo posso dire senza rimpianti perché è qui dove ho scelto di essere, adesso.
 
La testa mi pulsava di continuo, sembrava fosse staccata dal corpo.
Dovevo aver dormito parecchio.
Cercai di capire dove mi trovavo, senza aprire ancora gli occhi. Ero debolissima e il mio senso dell'orientamento era pari a zero. Sentivo però che ero sdraiata su un letto: era morbido e decisamente comodo. Non era il mio però, e nemmeno quello di Mina: ormai ci avevo dormito parecchie volte, lo riconoscevo.
Forza Straw, apri gli occhi, mi ordinai.
Dovetti sbattere le palpebre più volte per riuscire ad abituarmi a una luce fioca che entrava da una finestrella alla mia destra. Questa illuminava me, un comodino alla mia sinistra e una scrivania con un computer posti vicino a una porta in legno.
La semplicità e l'accoglienza della minuscola stanza di Ryan.
Ryan. Certo, ora ricordavo tutto. Ricordavo il progetto mew, gli alieni, la battaglia finale che sembrava non finire mai...ma soprattutto, Profondo Blu e la mia scoperta agghiacciante: questo non era altri che Mark.
Dio, non capivo come avessi potuto non accorgermene, quando il mio nemico più grande mi era sempre stato così...vicino. E io ero stata talmente stupida da innamorarmi di lui.
Eppure, nel profondo del mio cuore, sapevo che Mark in realtà non era al corrente del piano degli alieni, era solo una pedina che si muoveva su una scacchiera troppo grande e incontrollabile. Le parole di Profondo Blu mi si erano stampate nella mente:
Mark non è mai esistito. E' solo un corpo che è stato creato al fine di ospitarmi, un giorno. Se solo per un momento ti è parso di amarlo, stavi semplicemente volendo troppo bene a un individuo che nemmeno vive realmente.”
No, non era vero. Profondo blu e Mark non potevano coesistere, ecco perché quest'ultimo aveva cercato di staccarsi brutalmente dal suo creatore. E io lo avevo salvato: avevo salvato Mark dal suo destino crudele. Gli avevo donato l'acqua mew che avevo in corpo e tutto il mio amore al fine di salvarlo.
Poi cos'altro ricordavo...certo, Ghish, Pie e Tart erano morti. Quanto mi dispiaceva per quei tre alieni, così legati alle loro origini...avevano rinunciato a tutto per salvarci.
Ghish aveva tradito il suo padrone per me, per me che ero sua nemica. Quando voleva portarmi via con sé io nemmeno gli credevo, e invece alla fine era arrivato a dare la sua vita per colei che così teneramente chiamava micetta.
Perdonami Ghish, se puoi.
E poi c'era l'ultimo, indelebile ricordo. Decisi di ripercorrerlo, anche se era proibito, ma le cose proibite sono quelle più magiche, quelle più sublimi...
 
-Non si può sconfiggere in alcun modo, almeno apparentemente. E' furbo ed è veloce, e non dimentichiamoci della sua dote più imprevedibile e pericolosa: è crudele.- annunciò Pam.
-Per non dire che ora è almeno a cinquanta metri da noi.- aggiunse Mina.
Avevano ragione, Profondo Blu era tutto questo. Una macchina da guerra con un' unica parola d'ordine stampata sul cuore: vendetta. Ora stava osservando le nostre mosse da una torre che era sollevata da terra, e da lì controllava anche i suoi fedeli tre alieni che nel frattempo ci stavano scrutando, lieti di sapere che non sapevamo dove andare a parare.
Potevo sentire le parole di Ghish, che era il più vicino.
-Io vado da lui. Liberate i chimeri ma siate prudenti, lei è...mia. Non fatele del male o ve ne pentirete. - Le sue parole erano ghiaccio. Non ci voleva un genio per capire che stesse parlando di me. Incredibile, non aveva ancora capito che non lo volevo. Io volevo solo Mark, che ora sembrava non essere mai esisto.
Cento punti a Strawberry, innamorata di una semplice creazione aliena.
I due alieni annuirono e si scambiarono un occhiata di intesa. Scomparvero tutti e tre insieme, ma Ghish lo fece dopo avermi guardata intensamente.
-Ok, abbiamo campo libero per tipo dieci secondi. Non dobbiamo farci scappare l'occasione! - esclamò Paddy, forse con troppo entusiasmo.
-Avete idee? - chiese Mina.
-Stanno per liberare i chimeri. Non possiamo impedirglielo perché ormai è troppo tardi, per cui dobbiamo prepararci a combattere in diverse situazioni. La soluzione è semplice, dobbiamo dividerci.- rispose Pam.
Rimaneva sempre la più saggia del gruppo.
-Dividerci è pericoloso Pam! Saremmo più vulnerabili e...- cominciò Lory.
-Lo so, lo so. Ma ascoltate, io e Mina ci occupiamo dei chimeri, tu, Lory, pensi a Pie e Paddy può occuparsi di Tart. E' una strategia semplice ma efficace.
-Scusa Pam, e io? - chiesi.
A quel punto si sentì un rombo di una moto e dall'angolo della strada comparve Ryan. Si tolse il casco e gettò questo e il suo amato mezzo in qualche modo nel cortile in cui eravamo per poi correrci incontro.
-Ragazze, state bene?
-Mai state meglio! - disse Paddy. Dove e come facesse a trovare certe battute a volte non lo sapevo.
A quel punto ricomparvero i due alieni e i chimeri si mossero con loro. Alcuni si diressero in città, altri a guardia della torre e altri tentavano già di attaccarci.
-Ok, il piano ha inizio adesso - proclamò Pam, e tutte si mossero all'unisono. Tranne me ovviamente, perché non sapevo che cosa fare.
-Vieni con me, Straw - disse Ryan, prendendomi per mano e cominciando a correre verso la moto. Vi salì sopra e mi invitò a fare come lui.
-Che diavolo vuoi fare?
-Sali senza fare storie.
-Antipatico. - Salii come voleva che facessi.
-E il casco? - chiesi, accorgendomi che lo aveva lasciato per terra.
-Spero non ti servirà - mi disse.
Sfrecciò a tutto gas in mezzo al cortile e io fui costretta a stringermi a lui per non perdere l'equilibrio.
-Ma dove andiamo? Perché non sono con le altre?
-Devo portarti in quel edificio, Strawberry, lontana dalla battaglia - mi rispose Ryan indicando una struttura non molto lontana da noi.
Ovviamente in men che non si dica avevamo un chimero alle calcagna. Non ne avevo mai visto uno così: era spaventoso. Aveva la coda di pesce, un paio di ali nere come la notte, dei denti aguzzi, una pelle color azzurro e i capelli e gli occhi erano viola.
Una sirena maledetta.
Volava velocissima e ci avrebbe raggiunta, era ovvio. Ma ero già trasformata e di una cosa ero sicura, dovevo proteggere Ryan. Mi alzai sulla moto e con la grazia di un gatto mi girai e mi risedetti dando le spalle al guidatore.
-Cosa fai? -mi domandò lui.
-Combatto, come mi hai insegnato tu.
-Combatti su una moto mentre fa i 130? Coraggiosa, direi.
Azionai il mio potere in modo che ci facesse da scudo.
-Più di quanto pensi.
Il chimero cercò di attaccarci, ma lo scudo lo respinse. Infuriandosi, la sirena si scagliò di nuovo contro di noi, stavolta facendoci sbandare.
-Strawberry, dobbiamo lasciare la moto. Al mio tre ,salta. - gridò Ryan.
-Cosa? - esclamai. Avevo paura, davvero. Non ne avevo mai avuta così tanta, perché se avessi sbagliato qualcosa io, di sicuro ci saremmo fatti male in due. E io non volevo che Ryan si facesse male...
-1, 2, 3, ora! - annunciò lui.
Sentii che Ryan stava saltando e feci la stessa cosa anch'io. Ovviamente atterrammo malissimo perché la moto non andava di certo piano, ma avendo il DNA di un gatto non mi era poi così difficile rimettermi in poco tempo.
Mi accorsi subito che non avevo niente di rotto. Ryan invece era steso a un metro da me e non si muoveva.
-Dio, no! - esclamai.
Mi avvicinai e mi chinai accanto a lui, pregando che stesse bene.
-Ryan, ti prego, alzati! -Cominciai quasi a piangere. Perché doveva succedere proprio a lui? Fa qualcosa, fa qualcosa, mi ripetei.
-Sto...bene - biascicò Ryan.
Dio ti ringrazio. -Cielo, tutto apposto? - gli chiesi.
-Sono stato meglio - rispose a fatica.
Ryan si sedette con le ginocchia incrociate e scoprì un taglio netto poco sopra lo stomaco. Perdeva sangue e mi faceva paura.
-Ryan, sei ferito.
-E' stata la caduta. Non è niente, è solo un graffio.
Il lamento del chimero tornò più feroce che mai e fu per noi un risveglio: dovevamo andare via da lì, e in fretta.
-Ti devo portare via da qui - dissi.
Lo aiutai ad alzarsi e mi accorsi che non eravamo molto lontani dal palazzo che dovevamo raggiungere.
Lo presi per mano e cominciai a correre, sperando che nonostante la ferita Ryan riuscisse a starmi dietro. Dieci, venti, trenta metri...c'eravamo quasi. Ma proprio quando mancavano pochi passi, Ryan lasciò la presa. Pregai non fosse per la ferita. Mi voltai e lo vidi vicino a me, che fissava la sirena la quale lo squadrava a sua volta da capo a piedi. Non capivo.
-Ryan, ti prego, andiamo.
-Strawberry...- mi chiamò senza guardarmi. -Quello è il chimero che ha ucciso i miei genitori.
Ebbi un tonfo al cuore. Gli alieni non si erano risparmiati proprio nulla.
-Ryan...
Cosa si dice in questi casi?
-Dio, mi dispiace. Ma devi metterti in salvo adesso. Fa' che gli sforzi dei tuoi genitori non siano stati vani.
I suoi occhi blu oceano si fusero nei miei. Attenta ai battiti del cuore, cara Straw.
-Andiamo - disse.
Ricominciammo a correre ma il chimero ci fu davanti. Sbarrava la via per l'unica entrata. E adesso? Pensa Strawberry, pensa!
Fu allora che notai un balcone a pochi centimetri dalla spalla della bestia.
-Ti fidi di me? - chiesi a Ryan.
Non ebbe nemmeno il tempo di rispondere che lo presi per mano. Eravamo praticamente già in volo. Usai la spalla del chimero come appoggio e in un batter d'occhio eccoci arrivati sulla terrazza.
-Certe idee non so come ti vengano, mew Berry. - rise.
Corremmo verso una nuova porta difronte a noi che portava direttamente al primo piano. Dietro di me però sapevo ci fosse il mostro.
-Fiocco d'azione!
Una freccia ci passo a pochi centimetri di distanza e colpi il fianco della sirena. Mina e Pam erano venute a soccorrerci.
-Forza, entrate.- disse Pam. -Ci occupiamo noi di lei.
-Grazie - le dissi, con tutta la forza che riuscii a trovare. Ammiravo profondamente quella ragazza.
Mi accinsi ad entrare e guardai fuori, dove le mie due compagne stavano ancora combattendo. Non so perché, ma ebbi la terribile sensazione che potesse essere l'ultima volta che lo facevo.
 
La porta si chiuse e io e Ryan rimanemmo al buio. Improvvisamente, sentii che non eravamo soli.
I miei occhi si stavano abituando al buio e riuscivo a vedere meglio Ryan, che era accanto a me.
-C'è una cosa che devo dirti, Strawberry.
Ero pronta ad ascoltarlo.
-Guarda un po' chi abbiamo qui!
Sapevo che non eravamo soli, la voce era quella di...
-Tart! - completò Ryan.
-Mi spiace avervi interrotto, ma lasciatevelo dire, siete degli allocchi! Vi seguo da quando siete caduti dalla moto. Poveri illusi, pensavate di poter usare questo edificio per arrivare da Profondo Blu, vero?
Ora mi era tutto chiaro, mentre le altre si occupavano degli alieni e dei chimeri, io avrei dovuto...
-Avete sbagliato tutto. Sempre. E se pensate di avere di fronte un ragazzino innocente toglietevelo dalla testa. Vi eliminerò, giuro sul mio pianeta che lo faccio. A meno che...
-A meno che? - chiese Ryan.
-A meno che non vi arrendiate. E' semplice, gettate le armi, e non vi sarà fatto alcun male.
-Mai, nanetto- incalzai. -Questo è il nostro pianeta, e lo difendiamo a tutti i costi - dissi.
-Ho sempre detto che avete sbagliato tutto...
Tart tirò fuori la sua arma che illuminò la stanza improvvisamente. Eravamo al cospetto di un magazzino, fatto di scale, piani vuoti e tanta tanta paura.
-Sia chiaro che questo è il nostro pianeta! - disse Tart mentre si scagliava contro di me. Tirai fuori il mio fiocco di luce e mi difesi. Tart sferrava colpi violentissimi, non l'avevo mai visto così agguerrito. Feci una finta e dopo di che gli diedi un calcio allo stomaco: aveva trovato pane per i suoi denti, quel nanetto.
-Vieni! - Presi Ryan per mano e cominciai a salire un'infinita rampa di scale. Sentii qualcosa che veniva verso di noi.
-Giù! - gridai. Appena in tempo, io e Ryan ci abbassammo e di fronte a noi l'arma di Tart stava creando un esplosione. Quel nanetto aveva mirato noi, diamine.
Continuammo a salire finché non arrivammo all'ultimo piano, il quale era formato da una terrazza di quelle che hanno l'entrata in centro. Uscimmo e ci trovammo immersi da un cielo grigio e cupo, e a pochi metri da noi si trovava la torre di Profondo Blu.
-Mi spiace di aver creato tutto questo, Strawberry.
-Devo andare, vero? - chiesi a Ryan.
-Sei l'unica che può salvarci Straw, io lo so. Ho scelto te, come prima mew mew da trasformare. Ho scelto te, per cercare e unire le tue compagne. Ho scelto te, per salvare l'umanità, anzi, il nostro pianeta.
-Ho paura - cominciai. Mi scese una lacrima.
Ryan mi abbracciò, e io affondai il mio viso nell'incavo del suo collo. Stavo tremando come una foglia ma con lui lì, vicino a me, non mi sembrava di riuscire più a trovare un motivo per temere.
Avvertii un rumore e mi sciolsi dall'abbraccio per piazzarmi davanti a Ryan a fungergli da scudo. Tutti, ma non lui.
Tart ci aveva trovati.
-Che bel quadretto - esclamò diafano. -Facciamola finita.
Mi preparai a incassare il colpo.
-Basta Tart! Piantala una buona volta! Eravamo amici, no? - Era Paddy, sbucata fuori dalla stessa entrata usata da noi. Che cara, la piccola Paddy.
-Amici? Non credo proprio, io devo uccidervi! - disse Tart nervosamente.
-Tu non sai niente della morte, Tart. Anzi, penso di saperne più io, che ho visto mia madre morire. Non fare lo stupido e aiutaci!
-Aiutarvi? Non se ne parla nemmeno! - disse l'alieno.
-Allora uccidimi! - Paddy balzò verso di lui e cominciò ad attaccarlo. L'alieno, come pensavo, non faceva nulla per difendersi: era chiaro quanto tenesse a Paddy.
Cominciai a correre per arrivare alla torre: era giunta l'ora.
Spiccai il volo e mi appoggiai a un appiglio della torre e ne rimasi appesa. Ryan mi seguiva.
-Ecco l'entrata, Strawberry.- mi disse, indicandomi una porta spalancata della torre.
Davanti a me c'era un corridoio largo e inquietante. Era quella la mia strada, ed ero pronta a percorrerla.
Mi voltai e vidi Ryan.
-E se dovessi fallire? - chiesi, cercando di ricacciare dentro le lacrime che cercavano di fuoriuscire.
-Non succederà - mi disse.
Non ne avevo la certezza.
Ryan si avvicinò. I nostri corpi quasi si toccavano, talmente erano vicini.
Con una mano mi sfiorò la guancia.
-Torna per me, Strawberry. - mi sussurrò.
E poi cedetti al fascino delle sue labbra e lo baciai. Le mia mano destra strinse la sua maglietta e la sinistra si incastonò tra la sua chioma bionda. Lui mi avvolgeva in un abbraccio intimo; era come se volessimo che il tempo si fermasse in quell'istante. Non avevo mai baciato Mark così, ma con Ryan mi lasciavo andare, e in quel momento non riuscivo a capire perché.
Fu Ryan a lasciarmi per primo, ma lo fece dolcemente. Poi mi guardò con quei suoi occhi di un colore assurdo e cadde. Si era lasciato scivolare all'indietro atterrando sulla terrazza. Non avevo il coraggio di guardarlo, ma in cuor mio sapevo che avrei mantenuto la mia promessa:sarei tornata.
 
Mi voltai e cominciai a percorrere il corridoio. In quel momento non mi sentivo per niente la timida e giocherellona Strawberry di sempre; ero una combattente, una guerriera che stava andando incontro al suo destino.
Giuro su tutto quello che ho di più caro che vi salverò.

.

.

.

Eccomi qui, e devo essere sincera, chiedo venia per il mio ritardo schifoso. Spero di riuscire a farmi perdonare con questo capitolo, molto melenso, lo so **
Grazie a tutti coloro che sono arrivati fin qui. E spero che avrete voglia di continuare.
Un bacio,
Vostra
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** I'd like to scream it ***


Capitolo 3

i'd like to scream it

 

Ryan

 

Avevamo lasciato la mia stanza non appena Strawberry si era mossa. Ovviamente avremmo dovuto aspettare a darle la notizia, anche se nessuno di noi, sinceramente, sapeva come fare.
Non appena arrivammo alla sala principale del caffè, paurosamente vuota e sinistra, Mina sbuffò rumorosamente sedendosi. Sapevo che ce l'aveva con me.
-Vi rendete conto di che cosa è appena successo in quella stanza? - chiese in generale, ma guardando me con sguardo accusatore.
-Mark si è sacrificato per dare la vita a Strawberry - rispose Lory. Ingenuamente come al solito. Mi chiedevo se lo facesse apposta.
-Mi chiedo come tu abbia potuto permetterlo, Ryan - mi accusò Mina. -E' una cosa abominevole...
-Credi che ne vada fiero? - insinuai, gonfiandomi di rabbia. Mi passai la mano fra i capelli confuso e spiazzato, desiderando, che ne so, anche solo di sparire. Per un attimo.
-Non hai cercato neanche di fermarlo...- continuava Mina. Assordante, insopportabile.
-Hai idea di come la prenderà lei? Ci hai pensato? Ryan! Ascoltami!”
-Basta - le dissi, terribilmente freddo. -Credi che sia facile per me un momento come questo? Pensi che quando ho creato la squadra avessi anche solo lontanamente pensato che qualcuno...sarebbe scomparso?
-Assassino - sussurrò Mina.
Mi diressi verso di lei con una furia incontenibile. Due braccia potenti mi avvolsero e vidi Pam che piazzava davanti a Mina. Non so che cosa avevo voglia di fare...cazzo, non lo sapevo. Ma non poteva dirmi quello. Non un assassino, mai.
-Cosa hai detto? - le urlai praticamente in faccia.
-Ryan - Lory mi chiamava. Era lei che mi aveva avvolto con le braccia.
Taci!, pensai.
-Tu non sai niente! - gridai. In quel momento pensai alla mia famiglia, morta per salvare questo segreto. -Tu non sai proprio niente... -dissi con tutta la rabbia che avevo in corpo.
Gli occhi di Mina si inumidirono. L'avevo spaventata.
Lory mollò la presa quanto bastava per farmi poter sgusciare via. E così feci, corsi a più non posso per le vie della città, con un unico problema in testa, la quale ormai mi stava scoppiando.
Svegliati, Strawberry, ti prego.
 
Strawberry
 
Mi accorsi che avevo cominciato a piangere. Con una mano strinsi il lenzuolo e l'altra la portai agli occhi, cercando di nasconderli. Chissà chi stava bene, chissà che era sopravvissuto, chissà se ero realmente riuscita a portare a termine la mia missione di mew mew. Di una cosa ero del tutto certa però:ero tornata, e questo valeva almeno un po'.
Non ero più trasformata: ero tornata la Strawberry di sempre, vestita con la mia gonnellina nera preferita e un pullover giallo canarino. Le gambe mi dolevano tanto quanto la testa, e mi accorsi di risentire della moltitudine dei lividi che mi ero procurata durante la battaglia con...lui.
Dio solo sapeva quanto mi aveva fatto male, ma alla fine ero riuscita a sconfiggerlo. A fatica avevo raggiunto il mio scopo, allora. Ma...Mark era salvo?
Mi alzai dal letto e la testa ne risentì subito: per un istante mi parve di vedere tre porte, invece che una, proprio di fronte a me. Piano piano misi a fuoco la stanza, mi girai e poggiai un piede per terra, poi quell'altro. Mi alzai molto lentamente. Traballai, poi cominciai a camminare in direzione della porta e la aprii, trovandomi difronte alla scala che conduceva direttamente alla sala principale del caffè Mew Mew. La percorsi, e, circa a metà, iniziai a sentire delle voci. Ascoltai, d'altronde era impossibile cercare di evitarle.
-Non so davvero perché Ryan l'abbia permesso.
Nell'udire quelle parole il mio cuore sussultò. La voce era quella di Pam, e lei aveva appena nominato Ryan. Erano salvi, tutti e due, davvero.
-Di sicuro ora non si può più tornare indietro, purtroppo.
Mina. Sapevo che ce l'avresti fatta, amica mia, pensai.
-Mi dispiace così tanto...
Paddy, ce l'hai fatta anche tu. Sei la più piccola, ma il tuo cuore è il più forte.
-Se solo avesse potuto rivederla un'ultima volta...
E infine tu, Lory, così dolcemente timida, ti dimostri una tenace guerriera.
Ce l'avevano fatta, tutti quanti. C'eravamo riusciti tutti insieme! Finalmente era tutto finito, per sempre.
Ormai ero arrivata nel corridoio che portava alla cucina del caffè. Non vedevo l'ora di rivederli, dal primo all'ultimo. Ma c'era qualcosa che mi teneva ferma sulla soglia, lì, fremente e timorosa come non mai.
C'è qualcosa che non va.
-Io mi rifiuto di dirglielo, quando si sveglierà - disse Pam.
A quel punto non resistetti più ed entrai.
Di fronte avevo Pam, che era intenta a guardare la porta dalla quale qualcuno era appena uscito. Vicino a lei c'erano, raggruppati, tutti gli altri, i quali non appena mi videro trasformarono i loro sguardi spazientiti in espressioni colme di...stupore, gioia e un tocco, seppur ben nascosto, di compassione.
Nessuno parlò, così decisi di farlo io.
-Cos'è che non mi volete dire?
Dio, il mio tono di voce mi fece accarpionare la pelle. Era secco, e forse era apparso un po' troppo gelido, ma volevo sapere tutto. Subito.
-Sei qui! - disse Mina avvicinandosi a me e abbracciandomi forte. Ricambiai l'abbraccio e nascosi il viso per non far vedere che avevo già cominciato a piangere. Poi sentii due mani delicate appoggiarsi sui miei fianchi e stringermeli fino a quando, quasi quasi, smisi di respirare. Era Paddy che era arrivata da dietro: sentivo la sua chioma sulla schiena. Infine arrivò Lory, spezzata in due dai mille singhiozzi, che ci avvolse con le sue braccia lunghe e snelle.
Vi voglio tanto bene, amiche mie, ed ora è tutto finito, siamo solo noi, solo noi.
Per sempre.
 
Dopo almeno un minuto di pianto ininterrotto, decisi di guardare Pam, la quale era rimasta di fronte a me. Piangeva in silenzio, in solitudine, e ci guardava con quei suoi occhioni viola che per la prima volta da quando l'avevo vista mi esprimevano tanta, tanta dolcezza. Sciolsi l'abbraccio dalle ragazze e andai da lei. La strinsi forte, per farle capire che io c'ero, ero sempre stata lì, e sapevo che un giorno il suo cuore, apparentemente di ghiaccio, si sarebbe scaldato. C'erano tante cose che volevo dirle, in primis che le volevo bene, ma soprattutto, che i suoi genitori sarebbero stati orgogliosi di lei. Ma non ci riuscii, o meglio, non ne ebbi il coraggio. Però sapevo che con quell'abbraccio, le cose tra me e Pam sarebbero andate sempre più per il meglio, e sentivo che lo pensava anche lei.
-Shhh, shhh, piccola Straw, va tutto bene, e tutto finito - mi disse dopo un po'. -Basta piangere.
La sua voce era diversa dal solito, più accogliente.
Mi asciugai gli occhi e tirai su col naso. Feci un bel respiro e fui pronta a parlare.
-Ce l'abbiamo fatta, alla fine. L'ho sempre saputo che ce l'avremmo fatta! Ma ditemi, come stanno gli altri?
Subito nessuno parlò. Poi Kyle venne verso di me, mi strinse velocemente e mi mise le sue braccia sulle spalle.
-Io sono qui come puoi vedere.- Disse con un sorriso meraviglioso stampato in viso. Kyle più che un uomo mi sembrava un angelo.
-Sono contentissima - dissi, mentre cercavo di ricacciare dentro le lacrime che tanto crudeli cercavano di riaffiorare nuovamente.
-Per quanto riguarda gli alieni, non sono morti. L'acqua mew li ha salvati, così sono tornati sul loro pianeta.
-Hanno rinunciato al nostro? - chiesi incredula.
-Non avevano più motivo di combattere. Profondo blu era ormai sconfitto, e loro non se la sentivano di continuare una battaglia inutile. Non erano così cattivi, infondo. Vi hanno salvato la vita.
Abbassai lo sguardo, ricordando la lama di profondo blu che trafiggeva il fianco di Ghish.
-Hanno dato la vita per noi, meritavano almeno di rimanere qui. Il loro pianeta è così freddo. - dissi.
-Hanno portato con loro dell'acqua mew. Sarà sufficiente per aiutarli a costruire passo per passo un mondo migliore.
-Per fortuna - proclamai. Misurai bene le parole prima di andare avanti.
-E Ryan...?
Troppa esitazione, Straw, complimenti.
-E' andato via da poco - mi rispose Kyle. -Sta bene, ma era in pensiero per te. Durante i tre giorni in cui eri convalescente non ha mai dormito, sai?
Non avrebbe dovuto. Però, al pensiero che lui mi era sempre stato vicino, il mio cuore si liberò di gioia. Avrei voluto vederlo, ma prima c'era una questione più importante. La più importante di tutti.
-Dov'è Mark?
In tutti notai una vena di panico nello sguardo, la quale mi spaventò a morte. In effetti Mark era l'unico che non avevano mai nominato, e lui non era in quella stanza.
Dio, non c'era.
-Dov'è Mark? - ripetei. Ora le lacrime scendevano incontrollabili. Ero talmente spaventata da aver cominciato a tremare.
-Strawberry... - qualcuno mi chiamava, ma era lontano. Mi girava la testa e faticavo a respirare.
-Devi sapere una cosa.
Non voglio sapere niente, lasciatemi in pace.
-Mark è morto per salvarti la vita, Strawberry.
 
Avevo freddo, ma riuscivo a sopportarlo. Avevo fame, ma non mi importava, non più. Ero stanca, ma potevo farcela a non svenire. Ero come immersa in una bolla di sapone. Completamente inerme, completamente sorda, inevitabilmente intrappolata. Sentivo una terribile sensazione di freddo e di paura...pareva che qualcuno volesse portarmi via con la forza.
Lasciami.
Sentii che le gambe mi cedevano, ma appoggiai una mano per terra. Vidi le mie lacrime cadere vicino alle mie calze. Il mio pianto era silenzioso, ma faceva male. Tutto mi faceva male, il cuore mi scoppia, pensai.
Lasciami.
Qualcuno mi toccò la spalla con la mano. Era stato Kyle.
-Lasciami!
Mi alzai e lo guardai. Dovevo sembrargli talmente disperata, ma era quello che ero. Poi osservai tutti quanti in quella stanza, aspettando che mi dicessero che quello che avevano appena sussurrato era falso, che Mark in realtà era vivo, e che presto sarebbe tornato da me. Ma non successe niente di tutto ciò. Così abbassai la testa, sconfitta, e dissi a me stessa: “Lui non tornerà mai più”.
Scappai, andai via, lontano dal mondo. Forse correndo avrei lasciato indietro molte cose, le avrei dimenticate. Ma mi resi subito conto che non poteva succedere, era impossibile. Improvvisamente il dolore che sentivo al petto si era allargato ovunque: non sentivo e non vedevo più, e faticavo a respirare. Per questo mi dovetti fermare. Mi misi una mano sullo stomaco, poi con quell'altra mi strinsi forte. Le lacrime sembravano non voler fermarsi; mi rigavano il viso, bruciavano, davano a me stessa una terribile scossa.
Dio, quanto fa male.
 
Ryan
 
Lasciarmi tutto alle spalle era stato difficile, ma prima o poi avrei dovuto farlo, e lo sapevano bene tutti quanti. Sì, perché in quella stanza avevo lasciato molte cose irrisolte, a partire da Strawberry, la quale non sapevo ancora se si fosse svegliata o meno. Ma sapevo che ce l'avrebbe fatta. Doveva farcela.
E poi Mark, con il suo gesto...non me lo sarei mai aspettato.
Quando lo avevo conosciuto mi irritava, ma subito non capivo il perché. Compresi solo dopo che era perché ero terribilmente geloso di lui.
Era il ragazzo di colei che amo.
Poi però capii che non sarei andato lontano con quell'atteggiamento nei suoi confronti, così accettai la cosa. Mark venne a stare con la squadra, sempre pronto a proteggerla, sempre pronto a dare la vita per lei.
Ma ora lui lo aveva fatto davvero, era scomparso per salvarla. Era davvero coraggioso.
Sentivo che sarebbe toccato a me dire a Strawberry tutto quello che era accaduto. Non ero pronto, ma dovevo farlo.
Ad un tratto il mio telefonino squillò. Sullo schermo comparve il numero di Pam. Avrei voluto tanto non risponderle...ma poteva essere qualcosa di importante.
-Pronto? - la mia voce aveva fatto progressi, gelida, pallida...senza emozioni. L'unico a tradirmi era il mio cuore, che già fremeva per sapere se lei stava bene.
-Ryan, si è svegliata. Sta bene, tranquillo...però sa già tutto.
Merda.
Fissai un punto qualunque. Stava bene, stava bene. Però ora era disperata, sì, lo era sicuramente.
-Io...vi raggiungo subito - dissi.
-Ryan, non capisci...è scappata. E' andata via dal caffè, sono passati dieci minuti buoni ormai. A casa non è andata, siamo tutti in giro a cercarla ma non la troviamo da nessuna parte. Ho paura, Ryan, ne ho per lei.
Sapevo già cosa dovevo fare.
-La cerco anche io. Teniamoci in contatto, se sapete qualcosa, ditemelo - conclusi.
Mi misi a correre in giro per la città. Non sapevo proprio dove andare , ma l'avrei trovata, a qualunque costo. Ero partito dalla via che costeggiava il caffè, ma ora ero già più vicino al centro. C'era una marea di gente...se fosse stata lì, sarebbe stato un bel casino trovarla.
Ti prego, ti prego, fa che la trovi.
Dopo venti minuti buoni, constatai che in centro lei non c'era. Dovevo allontanarmi da lì, al più presto possibile. Mi accorsi che ormai era quasi buio, e il panico mi assalì. Se qualcuno l'avesse toccata, se qualcuno le avesse fatto del male...gliela avrei fatta pagare. Davvero.
Correndo come mai in vita mia, arrivai in un quartiere che conoscevo poco. Era deserto, forse per l'ora. Guardai in cerca di lei, ma niente.
Il cellulare squillò, avvisandomi di un messaggio da parte di Kyle.
Qui niente. Pam e Mina sono a sud della città, Paddy cerca nei dintorni di casa sua, Lory è vicina al centro e io in macchina mi sto spostando da nord a est. Stiamo cercando dappertutto, Ryan, ma non c'è. Sua madre è praticamente disperata. Ti prego, appena sai qualcosa, diccelo.
Diamine, se le fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato.
Misi via il cellulare e proseguii. Ormai era passata un'ora da quando era scomparsa.
Me lo avevi promesso, Strawberry, mi avevi promesso che saresti tornata.
Torna, angelo.
Poi la vidi, a pochi isolati da me, che correndo a testa bassa stava raggiungendo un passaggio pedonale. Mi avvicinai a tutta velocità, mentre il cuore rimbombava all'impazzata. Cominciò ad attraversare le strisce pedonali, senza guardare da nessuna parte. Fu questo gesto che la mise in un pericolo atroce. A tutta velocità, stava arrivando una macchina da sinistra.
Dio, l'avrebbe investita.
Strawberry alzò lo sguardo, e si accorse della macchina. Ormai era troppo tardi. Si portò le mani davanti al viso e attese l'impatto.
No, non lo potevo permettere.
Mi precipitai verso di lei e lanciandomi la spinsi sul ciglio della strada. Atterrammo vicino al marciapiede. La sentivo lì, vicino a me, ma non si muoveva, era immobile.
-Strawberry - la chiamai. Non mi guardava; sembrava temesse di riaprire gli occhi.
Le presi i polsi e la costrinsi a girarsi verso di me.
-Guardami, Strawberry. E' tutto finito.
Cercai di usare il tono di voce più dolce che trovai.
Piano piano aprì gli occhi. Erano rossi, esprimevano tutto il dolore che stava provando. Ma era pur sempre la mia Strawberry.
-Ora ci sono io. Sono qui, e non ti lascio. Vieni.
Mi alzai e la presi con me. Aveva cominciato a piovere a dirotto, così mi tolsi la giacca e gliela avvolsi, stringendola a me. Camminammo verso un portico, sotto il quale c'era una panchina.
A un certo punto sentii che le sue gambe cedettero, così la presi in braccio. Non era per niente pesante, e avrei voluto dirglielo, perché l'avevo presa in giro tante volte per il suo peso, ma scherzavo, non era assolutamente vero.
Sei più pesante di quanto pensassi.
Lei era perfetta, era il mio angelo, era colei che amavo. In quel momento era talmente fragile, così facilmente distruttibile, da desiderare di proteggerla con tutto me stesso.
Appoggiai il mento alla sua fronte, e sussurrai: -Grazie di essere tornata, Straw.
Lei strinse con entrambe le mani la mia camicia e nascose il suo viso nel mio petto. Temei che potesse sentire i battiti del mio cuore.
Mi sedetti sulla panchina, sempre con lei in braccio, e la cullai lì con me. Le dissi di continuo che sarebbe andato tutto bene, che si sarebbe sistemato tutto. Ma a un certo punto le dissi una cosa che la liberò.
-Puoi piangere se vuoi. Non avere vergogna, so cosa si prova quando si perde una persona.
E così cominciò a piangere, piangere come non l'avevo mai sentita fare. Ma andava bene così, era quello che voleva, lo sapevo.
-Ryan...Ryan...
Continuava a ripetere il mio nome mentre piangeva, e ogni volta che lo faceva, io la stringevo e le dicevo che ero lì, e ci sarei stato sempre.
Eravamo fermi lì da molto, ormai. Dopo un'ora probabilmente, sentii che cominciava a calmarsi. Tentò di parlare.
-Scu...sa Ryan...se...ho...pianto...co...sì tanto...non vo...levo - mi disse con voce spezzata dai singhiozzi.
-Shhh, va bene così. Ora starai meglio.
-No, Ryan...penso che non riuscirò più ad...andare avanti.
-No, non dirlo. Sei forte, lo sei più di quanto pensi. Fa male perdere qualcuno. Sembra che vogliano portarti via un pezzo di cuore. Ma, piccola Strawberry, ti dirò una cosa: quel pezzetto, piano piano, verrà colmato da qualcuno.
Avrei voluto dirle che era lei a darmi la forza di andare avanti, quando pensavo ai miei genitori.
-Ryan...- mi chiamò.
Ti amo, lo vorrei urlare, ma non ci riesco.
-Sono qui - mi limitai a sussurrare.
Poi ricominciò a piangere, ed io restai lì, fermo ad aspettare che si calmasse, cercando di non perdere il controllo e di farla mia.
.
 
.
 
.
Poche parole: scusate il ritardo. Davvero, vorrei cercare di essere costante e forse in un futuro prossimo deciderò anche un giorno fisso nel quale pubblicare. Devo e voglio farcela! Per il resto, spero che il capitolo vi sia piaciuto. A me piace...o meglio, a me piace come si comporta Ryan. ** 
Un bacione enorme, e alla prossima. Ah, e grazie per esserci. Davvero.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** But you will come back, won't you? ***


Capitolo 4

but you will come back, won't you?

 

Strawberry

 

La vita va avanti. Anche quando ogni respiro fa male come se ti stessero bruciando viva, come se tutto il mondo stesse cercando di isolarti e di ferirti con milioni di lame affilate.
Niente sarà più come prima.
 
Ero immersa nella vasca del bagno di Ryan. L'acqua era bollente, e riscaldava la mia pelle fredda. Ero decisamente intorpidita dopo essere stata per più di due ore al freddo a contatto con la pioggia, ma sentivo di stare sempre meglio. Ero seduta in una posizione irregolare, ero come raggomitolata: le ginocchia al petto, con le braccia che mi stringevano in un abbraccio. Era come se volessi proteggermi da qualcosa, ma il punto è che non c'era proprio niente. No, non era rimasto niente.
Mi lasciai scivolare sul bordo della vasca e sprofondai anche con il viso sotto l'acqua. Cominciai a pensare a tutto quello che mi era successo.
La mia battaglia l'avevo vinta, ma avevo perso la persona che amavo di più. Lui era morto per salvarmi. Per salvare me!
Sei un idiota. Cosa pensavi di fare? Perché...perché proprio tu? Come diamine farò senza di te? Dimmelo Mark, perché non ce la faccio da sola.
Non voglio farcela da sola.
Riemersi e ricominciai a respirare. Ero stata parecchio sott'acqua, dovevo stare più attenta. Mi alzai e cominciai ad asciugarmi; poi mi avvolsi con l'asciugamano e mi misi davanti al mio specchio. Ero pallida, gli occhi erano ancora lucidi e arrossati e tremavo. Sembravo un fantasma, anzi, probabilmente un fantasma vedendomi sarebbe scappato via.
Mina – o non so chi altri, visto che non mi ricordavo nulla di quello che era successo poco prima nell'ingresso del caffè – mi aveva portato gentilmente dei vestiti di ricambio. Erano un po' larghi, ma sarebbero andati bene. Mentre mi vestivo, sentivo la mia pelle profumare del bagnoschiuma di Ryan: l'aroma era maschile, tipicamente forte e profondo.
Dio, era stato così gentile con me. Mi aveva salvato la vita, ed io non lo avevo nemmeno ringraziato. Poi mi era stato vicino tutto il tempo sussurrandomi che sarebbe andato tutto bene, che lui ci sarebbe sempre stato e che io avrei dovuto fidarmi di lui. Era stato talmente dolce da parermi surreale.
Vicino a lui avevo pianto come non avevo mai fatto in vita mia. Ma il punto era che quando mi aveva chiesto di sfogarmi, avevo sentito tutte le barriere difensive del mio cuore cedere e abbandonarsi alla tristezza: tanto sapevo che ci sarebbe stato Ryan lì, pronto a proteggermi.
Questa era una certezza che mi arrivava come uno schiaffo: certo, ora c'era lui. Forza Straw, ce la puoi fare, non sei sola in questa situazione. Ne verrai fuori, prima o poi.
I miei pensieri furono improvvisamente cancellati da qualcuno che bussò alla porta del bagno.
-Strawberry? - era Ryan. Probabilmente voleva assicurarsi che stessi bene, anche perché era stato l'unico a vedermi realmente in pessime condizioni, fino a quel momento. Quando sarei stata pronta avrei affrontato anche tutti gli altri, compresi i miei genitori.
-Sto uscendo. - risposi.
Così aprii la porta e uscii. Non vedevo proprio niente, e sinceramente avevo paura. Ma sapevo che lì da qualche parte c'era Ryan, per cui non dovevo temere. Avanzai di qualche passo, finché non sentii un soffio gelido arrivarmi alla schiena e un vento freddo soffiarmi sul collo.
-Strawberry...- qualcuno parlò nella mia mente.
Era la voce di Mark, mi stava chiamando.
Poi lo vidi, davanti a me. Cercò di prendermi per mano, ma io la rifiutai e mi ritrassi.
-Non temermi. - disse.
Di nuovo quella sensazione orribile di freddo e paura. Ma che diamine era?
-Lasciami!!! - urlai.
A quel punto mi accasciai a terra distrutta e spaventata. Mi voleva fare del male, lo sapevo. Mi avvolsi la testa con le mani, in preda a terribili convulsioni e tutta tremante.
Basta, non ce la faccio più...
Poi qualcuno mi abbracciò. Temei che si trattasse di nuovo di quella gelida presenza, ma colui che mi avvolgeva aveva un corpo caldo e accogliente.
-Non temere, Strawberry, sono io, Ryan. Chi pensavi che fosse?
-Oddio, Ryan...grazie. - Fu tutto quello che riuscii a dire.
Mi aiutò ad alzarmi e per la seconda volta mi accompagnò a sedermi. Stavolta però ci trovavamo nella sua camera da letto, buia, misteriosa, maledettamente intrigante.
Io ero seduta sul letto difronte a lui; nell'aria potevo sentire il profumo della mia pelle che si mischiava avidamente con quello di Ryan. Stavano bene, insieme.
Ancora ansimavo da prima, ma stavo meglio. Non avevo ancora avuto il coraggio di parlare a Ryan del pomeriggio. Tanto prima o poi lo devi fare Straw, non continuare a scappare.
-Ryan... volevo ringraziarti per oggi. . Mormorai.
Con le sue mani avvolgeva le mie. -Ho fatto quello che dovevo.- disse, sorridendomi. Era inginocchiato per terra e mi sentivo il suo sguardo addosso. Non mi dava fastidio, anzi, mi procurava una sorta di brivido. Di piacere.
-Ma ora voglio sapere cosa è successo un minuto fa'.
Se c'era una persona sulla faccia della terra che avrebbe potuto saperlo, quella era Ryan.
-Ho...sentito la voce di Mark che mi chiamava. Era nella mia testa, e sembrava quasi volesse farmi del male.
Silenzio.
-Poi ho sentito tanto freddo, e dentro di me è cresciuta una sensazione orribile, come se qualcuno mi stesse trascinando nelle tenebre. Le tenebre, sì, quelle terribilmente gelide che ti circondano e non ti lasciano più scappare... - continuai.
Ryan non parlava. Trovai il coraggio di guardarlo, e, nonostante il buio, riuscii a scrutare i suoi enormi occhi blu.
Con la mano destra mi toccò la guancia. L'altra la tenne stretta alle mie.
-Io impedirò a chiunque di farti del male, Strawberry. Non ti toccheranno, lo giuro.
La sua voce era ferma, ma tradiva una vena di ira. Era davvero disposto a tanto pur di proteggermi?
-C'è qualcuno che mi vuole, Ryan?
-Forse sì. Quel che è certo è che la nostra battaglia non è ancora finita.
-Da cosa lo sappiamo? - chiesi.
Poi accadde qualcosa di inspiegabile. Ma, se tornassi indietro, non lo modificherei per nulla al mondo.
Ryan mi spinse sul letto. Teneva ancora la mano destra sul mio viso, leggermente spostata sul mio collo; quella sinistra la usava per rimanere in equilibro e, in poche parole, per non appoggiarsi completamente sopra di me.
Ero spaventata, non mi ero mai trovata in quella situazione. Non sapevo più cosa pensare, ma non avrei urlato. Di Ryan mi fido, continuavo a ripetermi.
La mano lasciò il mio collo e quindi cercò di avvicinarsi all'interno della mia coscia destra. I vestiti di Mina erano talmente morbidi da mettere ben in risalto il mio tatuaggio a forma di due cuori e quattro trattini proprio lì, dove Ryan mi stava accarezzando con l'indice.
Certo, era tutto chiaro. Finché quel simbolo fosse rimasto, noi avremmo continuato ad essere delle mew mew. E se eravamo ancora tali significava che nel mondo c'era ancora qualcosa che non andava.
Ryan però era ancora sopra di me – mi chiedevo perché avesse avuto quella reazione – e non accennava a muoversi. Se qualcuno fosse entrato in quel momento...chissà cosa avrebbe pensato.
Anzi, sapevo benissimo cosa avrebbe pensato. Non c'erano dubbi.
Però la mia forza di volontà era talmente debole, non riuscivo a distogliere lo sguardo dai suoi occhi. Mi stava catturando in un vortice creatosi all'interno di essi...
Ryan cominciò ad avvicinare il suo viso al mio.
Il desiderio è talmente forte...
Una piccola vocina nella mia testa mi chiedeva disperatamente di tirarmi indietro.
Non lo posso fare. Non a Mark, non lo merita.
E poi arrivò un'altra vocina inconfondibile. Quella del male.
Ora lui non c'è più.
-Ryan...
Ma lui non fece quello che mi aspettavo. Affondò il viso nell'incavo del mio collo e lasciò andare il peso del suo corpo contro il mio. Non era pesante, lo potevo sopportare.
E in quel momento presi una decisione.
-Io voglio andare via da qui. Voglio iniziare una nuova vita, Ryan, la vita che ho sempre voluto fare ma che non ho mai avuto il coraggio di intraprendere. Voglio andare a Londra e laurearmi. Non sarà facile, ma è una promessa che avevo fatto a Mark. Lui diceva sempre che sarebbe stata la scelta giusta per me...
Mentre quelle parole uscivano dalla mia bocca, dai miei occhi sgorgavano fatali lacrime.
Dovevo andare via da lì. Niente mi permetteva di rimanere legata a quel posto, e io ormai cominciavo a comprenderlo bene. Chi volevo prendere in giro? Non ce l'avrei mai fatta a superare quel brutto momento rimanendo a contatto con tutto ciò che ricordava lui. Che mi ricordava Mark.
Ryan non parlò. Ma io avevo fatto la mia scelta, e a quel punto dovevo solo inseguirla. Andare a Londra per cinque anni, poi laurearsi, e, infine, tornare indietro. Ce l'avrei fatta, in quel momento ne ebbi la consapevolezza. Ma...Ryan mi avrebbe aspettato per cinque anni? Decisi di chiederglielo.
-Ti dimenticherai di me? - domandai.
Rimaneva col viso sul mio collo. Le sue labbra mi facevano il solletico...ed era qualcosa di estremamente dolce e piacevole.
-Strawberry...non potrei mai dimenticarmi di te. Al tuo ritorno sarò qui, ti aspetterò.
Era la risposta che cercavo. Fra cinque anni tornerò, Ryan, e prometto che in tutto questo tempo imparerò a guardarti con gli occhi di un'amica. Scaccerò i sentimenti incastonati nel mio cuore, così soffrirò di meno.
Sì, perché so che tu non vuoi un futuro accanto a me. Lo so...lo sappiamo tutti e due.
Ryan fece per alzarsi, ma io lo avvolsi in un abbraccio e lo strinsi a me.
-Restiamo così - dissi. -Solo un po'.
-E' il tuo modo di dirmi addio? - chiese lui.
Mi limitai solo a pensare la risposta. Tardò ad arrivare, ma quando lo fece, ne rimasi spaventosamente attratta.
No, pensai, è il mio modo di dirti una folle, inspiegabile cosa.
Credo di amarti, Ryan.
 
Ryan
 
Non so da quanto tempo fossi lì, inghiottito completamente dalle tenebre. Ma Dio, quanto si stava bene. Per me non esisteva più nulla. C'eravamo io, lei, l'oscurità. Non mi bastava nient'altro.
Dovevo ricorrere a tutto il mio autocontrollo per non sbatterla su quel letto e farle capire cosa provavo per lei. Oh, Cristo, sapevo che se però l'avessi fatto non sarebbe di certo partita. Lei...lei era lì, talmente vicina, il mio respiro sul suo collo, i miei capelli contro la sua guancia, il mio corpo adagiato dolcemente al suo...
Attento, Ryan.
Già pochi istanti prima avevo quasi rischiato di perdere il controllo. La mia mano che cercava la sua gamba, la mia frenetica voglia di averla...al diavolo quel briciolo di razionalità che continuava a ripetermi di non spingermi troppo oltre.
Ed ora eccomi lì, incapace di alzarmi, disteso tra le sue braccia che mi stringevano fievolmente in cerca di conforto.
Mi aveva appena confessato di voler andare via.
Ti dimenticherai di me?
Niente e nessuno ci disturbava, avremmo potuto rimanere così per sempre. L' avrei tenuta tra le mie braccia impedendole di lasciarmi anche per tutta la vita, ma qualcosa nella mia testa – forse di nome coscienza, chissà – mi ripeteva in continuazione di alzarmi da lì.
Così lo feci. Strawberry si era addormentata, ormai, ne aveva davvero bisogno.
Lasciai la mia stanza, chiusi la porta e appoggiai le spalle contro di essa. Mi misi a fissare il soffitto mentre ripensavo a quello che Strawberry mi aveva appena detto. Sapevo che prima o poi sarebbe successo, ma non ero ancora pronto a doverla lasciare andare via. Forse c'era solo un modo di farla rimanere lì con me...entrare in quella stanza, strapparla dal sonno con un bacio e dirle che l'amavo. Sì, Ryan, proprio come succede nelle favole. Peccato che quella fosse la realtà.
No, l'avrei lasciata andare. Sapevo che era quello che voleva. Che era la cosa giusta, anche faceva male. Faceva male da morire.
Però mi mancherai, Straw. Sappi che non mi dimenticherò mai di te. Lo giuro sul mio cuore, ti aspetterò fino a quando non ritornerai.
Ma...tornerai da me, non è vero?
.
 
.
 
.
Eccomi qui! Ringrazio tutte voi, dalla prima all'ultima. Chi mi lascia qualche parolina, chi segue, chi ricorda e...chi preferisce, addirittura ** Voi lettori siete la mia gioia. Dove andrei senza di voi?
Avviso che da questo capitolo il Raiting passerà ad arancione. Mi scuso per non aver fatto subito questo cambiamento, ma mi sono resa conto che nella storia potrebbe accadere qualcosa che richiede più del semplice raiting giallo.
Un grazie speciale. A presto,
Vostra,
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Miracle ***


Capitolo 5

Miracle

 

Strawberry

 

Finalmente ho preso la mia scelta. Dovrò partire.
Sei pronta a farlo, Strawberry?
No, non lo sono. E' una verità assurda e me la sbatto in faccia di continuo, che non sono pronta e che fra poco urlo e la faccio finita qui, Dio.
Ma è una sfida contro me stessa che devo superare. Al mio ritorno, poi, ci sarà lui. Di che cosa ho paura?
 
Era passata una settimana dal quel giorno che mi era sembrato colmo di incubi. Incubi che mi avevano portata a decidere di andare via, lontana da tutti. Era stata una settimana davvero difficile: affrontare i miei genitori dopo la perdita di Mark non era stata per niente una passeggiata; con loro era tutta una domanda. Sembrava fossero insensibili e che non capissero che per me ogni risposta era una pugnalata al cuore. Per fortuna, ogni volta che tutti i nervi del mio corpo sembravano cedere, c'era sempre Ryan accanto a me, pronto a darmi conforto. Anche Pam era diventata molto più gentile; avrei potuto dire che fosse mia amica, finalmente, senza alcun dubbio.
Erano le due del pomeriggio, e alle tre e venticinque il mio aereo sarebbe partito. Era stato tutto preparato alla rinfusa, molto velocemente, ma d'altronde anche la mia era stata una scelta presa da un momento all'altro. Tutto per me era una novità: i miei bagagli senza accanto quelli dei miei genitori, la mia frenetica voglia di andare via al più presto possibile. Tutte le mie amiche erano rimaste a bocca aperta di fronte alla mia decisione, ma ormai era stata presa. E adesso era arrivato il momento di salutare tutti, i miei genitori, Megan, Mimi, le mew mew, Kyle...e infine, beh, Ryan.
Mandai giù un amaro boccone. Ce la devi fare, mi dissi. Così uscii con le valige dalla mia stanza, la guardai un'ultima volta e corsi giù per le scale. Mia madre aveva già un fazzoletto in mano.
-Ma devi andare via per forza? Ma perché? Senza di te cosa faremo? - e un'altra serie infinita di domande che non distinsi. Poi arrivò mio padre. Lui già piangeva rumorosamente.
-Non è possibile che tu sia già diventata così grande, no, rimani con noi!
-Certo, papà. Ne abbiamo già discusso, fatevene una ragione.
-Promettimi che avrai cura di te, piccola mia. - disse la mamma.
-Ve lo prometto. - Li abbracciai. Eravamo lì, tutti e tre insieme, ed era l'ultima volta che ci saremmo abbracciati con così tanto vigore. Ancora non lo sapevo e non lo realizzavo, ma quell'abbraccio mi sarebbe mancato tantissimo.
-Chi ti porta all'aeroporto? - chiese mio padre.
-Mi porta Ryan, papà, tranquillo. Insieme a tutte le mie amiche - mi affrettai ad aggiungere, notando una vena di gelosia nei suoi occhi. Sempre uguale, mio papà.
Era arrivato il momento di andare.
-Ciao mamma, ciao papà. -Scese una lacrima. Non importa, mi dissi, davanti a loro non devi vergognarti. Ti hanno vista anche peggio di così.
-Ciao Strawberry - dissero all'unisono.
Basta, mi voltai e andai via. Sapevo che se mi fossi girata a guardarli non avrei più avuto il coraggio di andare avanti.
Dieci minuti dopo ero arrivata al caffè mew, ed ebbi una piacevole sorpresa nel trovare le mie 2 migliori amiche fuori ad aspettarmi. Mimi mi corse incontro e mi strinse forte, sussurrandomi: -Mi spiace, Straw, sto andando via anche io. Ma promettimi che ci terremmo in contatto.
-Te lo prometto, Mimi. Ti scriverò sempre.
Poi si separò da me e mi guardò.
-Ho promesso a Megan di non piangere. Per cui cercherò di non farlo!
I suoi occhi cominciavano già ad inumidirsi.
-Dove vai?
-Vado a Parigi, io e la mia famiglia ci trasferiamo lì per un po'. In questo periodo sei stata talmente occupata da non avere mai il tempo di dirtelo, mi spiace, tesoro. Ma ora parti anche tu! Londra, oddio, non sei emozionata?
-Sì, tanto...ma lo sarai anche tu.
Nel frattempo arrivò Megan.
-Sabotaggio – disse sforzandosi di sorridere -le mie due migliori amiche mi abbandonano e mi lasciano qui da sola. Non ce la farò mai!
L'abbracciai. Megan e Mimi mi mancavano tanto...durante la settimana appena passata avevo avuto il tempo di andarle a trovarle una volta sola. Ed era stato un incontro colmo di tensione, perché io continuavo a piangere e loro non sapevano mai cosa dirmi.
Era per quello che andavo via. Volevo staccare un po' la spina e permettere a me stessa di dimenticarmi di quello che era successo.
Decisi che era il caso di abbracciarle ancora un po'. Non avrei sentito le loro braccia per tanto tempo, per cui lo meritavo. Durante quell'addio ogni persona sulla faccia della terra mi avrebbe creduto se avessi detto che mi sentivo morire. Era vero, il cuore sembrava scoppiare. Ma ormai avevo deciso.
Le guardai un'ultima volta, e, tra mille promesse – scrivimi! Mandami tante lettere! Mi raccomando, chiamami! - le lasciai andare.
Vi voglio bene, amiche mie, e vi porterò nel mio cuore in questo viaggio. Voi portate me nel vostro, ci conto.
Finalmente entrai nel caffè e trovai li tutti quanti ad aspettarmi. Ed era già ora di andare in aeroporto.
 
Circa mezz'ora dopo i miei bagagli erano stati tutti spediti sull'aereo; il check-in era completato e l'unica cosa che rimaneva da fare era salutare tutti, davvero tutti, prima di ascoltare la chiamata che mi avrebbe condotta lontana da loro.
Tremavo e non riuscivo a dire una parola. Non ce l'avrei mai fatta a dire loro addio senza spezzarmi in due, in quel momento ne ebbi la certezza.
-Io devo andare, Strawberry, i miei fratelli mi aspettano e ho promesso loro di tornare a casa presto. Mi spiace...
Mi chinai e strinsi Paddy più che potevo.
-Grazie di essere venuta, piccola. Saluta i tuoi fratellini da parte mia, e...ricordati che ti scriverò. Ogni mese, è una promessa.
-E io prometto di risponderti! - disse lei, energica.
Dio, quanto mi sarebbe mancata.
Nel momento in cui la lasciai andare si avvicinò Lory.
-Ho fatto questo per te, spero ti piaccia,... e spero di porterà fortuna - cominciò.
Mi porse una bellissima fragolina cucita a mano di un colore rosso intenso. Era un peluche porta-fortuna, ed era talmente bello da togliermi il fiato. Non per il regalo che di per sé era semplice, ma per il gesto, che da solo meritava mille punti.
-Lory...- riuscii a dire ricacciando indietro le lacrime. Le presi le mani e le strinsi forte. -Scriverò anche a te, promesso.
-Mi mancherai - fu l'ultima cosa che disse, e dopo mi lasciò le mani. Raggiunse Paddy per aspettare le altre lì con lei.
Arrivò Mina, e sentii di cominciare a tremare.
-Ricordati che sarò la prima che dovrai venire a trovare quando tornerai. Sono in grado di offendermi se non lo farai...
La feci tacere con un abbraccio. Taci, taci, sai che per me sei importante e se dicessi un'altra parola mi faresti scoppiare in un pianto irrefrenabile.
-Va' e trionfa, Straw, perché sei nata per farlo. Ma torna - mi sussurrò.
Mi limitai ad annuire. Fu lei la prima a sciogliere l'abbraccio, mi guardò, e con la punta del pollice mi asciugò delicatamente una lacrima. Poi si spostò per aspettare con le altre.
Era il turno di Pam. Era talmente bella e slanciata; in quel momento indossava dei jeans aderentissimi e un top scollato che valorizzavano il suo fisico perfetto. Ogni persona che passava la osservava da capo a piedi, incredula che potesse essere la modella tanto famosa di cui tutti erano a conoscenza, Pam Fujiwara.
E quella modella era venuta lì per me.
-Non ho molto da dirti, Strawberry.
Oddio, che paura che mi metteva.
-Ma...sappi che io so che tu sei una persona speciale. L'ho visto. E grazie a te, ora posso dirlo, ho ricominciato a sorridere. Sai da quanto tempo non lo facevo? Da quando avevo almeno sei anni. Quella risata folle, incontrollata, infantile, l'ho riscoperta solo con te, Straw, ed è per questo che volevo semplicemente dirti... grazie.
Erano delle parole bellissime, non sapevo cosa dire.
-E io so che tu non potevi essere così gelida come sembravi. In realtà sei...calda - L'ultima parola la dissi con un tono ironico, ma sì, era quello che pensavo.
Scoppiammo e ridere all'unisono. Fu così bello da farmi dimenticare, per un breve ma intenso istante, tutto.
E infine ci scambiammo, anche se da lontano, un'occhiata colma di intesa, complice, come solo le donne sanno fare. Tra noi non c'era stato nessun contatto, ma era stato l'addio di certo più intenso.
Poi, tutte e quattro, andarono via da me, lasciandomi il cuore infranto. Ma le avrei riviste presto, ne ero certa.
Prima che cominciassi a piangere sbucò Kyle dietro di me e mi porse un pacchettino da sopra la spalla.
-Cioccolatini fatti elusivamente per te. Mangiali quanto ti sentirai sola, e vedrai che effetto miracoloso avranno!
Sembrava un omino delle pubblicità. Con lui avrei comprato tutto subito senza esitare, dovevo ammetterlo.
Poi mi strinse le spalle con le braccia e mi sussurrò: -il segreto è lo zucchero, piccola. Più dolci si è, più c'è la possibilità che si ricordino di noi. Per cui sii dolce, a Londra, come sei sempre, e vedrai che andrà tutto bene.
-Non ne ho dubbi - risposi, sorridendo.
Mi lasciò andare dicendo che doveva recarsi a prendere la macchina nel garage al più presto per evitare il traffico. Io lo interpretai come una scusa per lasciare me e Ryan da soli, ma era quello che volevo, per cui non importò.
In realtà non volevo parlagli, no, volevo solo stargli vicino. La sua vicinanza era tutto quello che desideravo, un po' come la necessità di avere dell'aria nei polmoni.
In quel momento avrei voluto toccare i suoi capelli con la mano, appoggiare la mia fronte sulla sua, sentire i nostri corpi aderire e dirgli, inconfondibilmente: sono qui.
Magari lui avrebbe risposto avvolgendomi i fianchi con le sue braccia forti, mi avrebbe baciata, quasi facendomi svenire, e poi mi avrebbe risposto: sei mia, non ti lascio scappare.
E poi avremmo appreso il bellissimo miracolo di trovarci a respirare insieme, all'unisono, con lo stesso ritmo. Avremmo compreso il piccolo, onnipotente miracolo dell'amore.
-Il volo 725 di Tokio con destinazione Londra partirà fra cinque minuti, avvisiamo i passeggeri di affrettarsi a raggiungere la dogana e di completare le operazioni di check-in...
La voce annunciò questo. Annunciò il momento di andare.
-Eem,...- esitai.
Dio, Ryan, aiutami o non ce la farò mai.
-E' il tuo volo, devi andare. - Notai l'amarezza nella sua voce. E che in effetti fino a quel momento lui non mi aveva mai parlato.
-Allora vado. Ciao, Ryan - Lo guardai per un istante secco e mi voltai.
-Ciao Strawberry - disse lui, mentre io cominciavo a camminare, dapprima in modo deciso, poi sempre più piano, come se una corda invisibile mi stesse trattenendo. Che diamine stavo facendo? Era così che intendevo salutarlo? No, neanche per sogno.
Mi voltai di nuovo e non mi sorpresi nel ritrovarlo lì, fermo a fissarmi. Le mie labbra si piegarono in un sorriso sghembo, compiaciuto per il fatto che lui non si era ancora allontanato da me.
Vieni via con me, disse la mia mente.
Non posso, mi rispose lui con i suoi occhi color oceano.
Correndo, tornai di fronte a lui e per un istante lo guardai, prima di affondare il mio viso nel suo collo. Lo sfiorai con le labbra, e al contatto lui reagì soffocando un gemito, che era solo per me. Per me, dannazione.
Sentii la sua mano salire e percorrere la schiena fino ad arrivare al mio collo e bloccarsi lì. Separai le labbra da lui, per portarle, dannatamente piano, all'altezza della sua bocca.
E poi lo baciai.
Non fu un bacio avido, né da parte mia né da parte sua. Era morbido, delicato ed estremamente dolce.
-Non lasciarmi - mi disse lui, tra un piccolo bacio e l'altro.
Ma non potevo restare lì, non più. Non dopo quello che avevo appena fatto.
M separai da lui e lo guardai con i miei occhi color cioccolato.
La verità era che lo amavo da sempre. Da prima di amare Mark, da prima di conoscerlo, quella prima volta, su un albero sbilenco. Lui era mio da sempre.
E per questo dovevo lasciarlo andare.
Mi incamminai nuovamente per raggiungere l'aereo, stavolta senza voltarmi più.
 
Ryan
 
Le ferite pulsano, come mai hanno fatto in vita loro. Mi sembra di morire. Le persone intorno a me parlano, e vorrei gridare loro di tacere. Vorrei gridare loro di andare via, vorrei rimanere solo con il mio dolore, che fa male, maledettamente male.
 
Ripensai al momento in cui le sue labbra avevano toccato il mio collo. Tanto così e l'avrei rapita; poco importa dove l'avrei portata. E poi il suo bacio, il suo respiro, il mio disperato tentativo di farle cambiare idea.
Ma alla fine era partita.
Mi diressi al parcheggio in direzione della mia moto. Salii e nel momento in cui stavo per mettermi il casco la mia mente si riempì di ricordi, colmi di lei.
Non so se ce la farò senza di te, angelo.
.
 
.
 
.
Toc toc! *si becca un bel pomodoro in piena faccia* Sono io, finalmente! Mi scuso per il ritardo. Questi orribili ritardi non li meritate voi e non li merita la mia storia, soprattutto perché è all'inizio, e strozzarla in questo modo è brutto, lo so, e per questo vi chiedo scusa. In ogni caso vi ringrazio tutte per continuare a seguirmi ed essermi sempre vicine. Siete davvero speciali per me, ognuna a suo modo!
Ho notato dalle recensioni che il personaggio di Ryan vi piace, e, a questo proposito, volevo chiedervi un parere:vi sembra IC od OOC? Io mi sono persa in questo personaggio e non ci capisco più niente...*si becca un altro pomodoro marcio* perciò vi chiedo di aiutarmi! Che dite, le cose che fa nella mia storia le farebbe anche “dal vivo”? Aspetto vostre opinioni...
Un bacio,
Vostra
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Exception ***


Capitolo 6

exception

 

Maybe i know, somewhere 

Deep in my soul 
That love never lasts 
And we've got to find other ways 
To make it alone 
Or keep a straight face
(...) 


But darlin', 
You, are, the only exception.


The Only Exception - Paramore

 

Strawberry
 

Scappare era stato semplice: mi era bastato voltarmi, senza una parola, e andare, a lunghi passi, il più lontano possibile da lui.
Proseguii automaticamente fino ad arrivare a sedermi sull'aereo. Mi guardai attorno e non vidi altro che uomini e donne pieni di speranza per una vita migliore. Io ce l'avrei fatta a sentirmi così; avevo bisogno solo di cinque minuti.
Cinque minuti, per favore.
Forse ne passarono dieci, ma mi sentivo anche peggio di prima. La sofferenza c'era, e non sembrava voler andar via.
Resta lì, allora, a bruciarmi e consumarmi. Tanto non torno indietro.
Dovevo trovare il modo di sgomberare la mente e non pensare più a casa mia, e a tutte le persone che avevo lasciato. Così, visto che fino a prova contraria glielo avevo promesso, cominciai a scrivere delle lettere. Scelsi Pam, come prima destinataria.
 
Ciao Pam,
ti scrivo dall'aereo che mi sta portando a Londra. E' un'emozione indescrivibile, devo dire, ed è tutto tranne che dimenticabile. Penso che questi momenti mi rimarranno impressi nella mente fino a quando non lascerò questo maledetto mondo.
Alla fine l'ho fatto, l'ho fatto davvero. Sono partita, è la cosa strana è che non intendo tornare indietro. Per una volta nella mia vita sto riuscendo a portare avanti una decisione che ho preso, amica mia, e questo, non so perché, mi fa capire che ce la devo fare.
Beh, poi arrivano le note dolenti, come sempre. Ho dovuto lasciarlo, ma non avevo scelta. Quando tornerò l'avrò dimenticato, è per me e per lui sarà tutto più semplice. Forse troppo semplice.
Sai cosa c'è? C'è che l''ho baciato. E se non fosse stato per questo volo, probabilmente avrei continuato a farlo, ancora e ancora, finché lui non mi avsse supplicato di fermarmi, dicendomi: “Ti prego, basta, amore mio”.
Un bacio assurdo, lento, che al contempo faceva bene e male. Questi due entrambi misteri della vita si sono conficcati nel mio cuore nel momento in cui le mie labbra hanno sfiorato le sue.
Basta, giuro che non lo faccio più. Non lo merito, non merito una persona come lui, davvero.
Fra poco sarà ora di dormire. E' presto, lo so, ma voglio riposare. Anche se è appena cominciata, sento che questa sarà una giornata lunga.
A presto, Pam. Conserva i miei segreti mentre io cercherò di non piangere.
Ancora.
 
Ryan
 
Il vento che attraversava il giubino di pelle fino a farsi sentire sul mio corpo, la moto che scorreva veloce come non mai lungo strade sconosciute, la consapevolezza di averla persa per sempre. Non avrei mai dimenticato quelle sensazioni.
Guidavo ormai da tutto il pomeriggio. Pensavo che il dolore se ne andasse prima o poi, invece cresceva ogni minuto di più. E la rabbia insieme a lui.
Il sole stava ormai tramontando quando imboccai una via buia, piena di gente non raccomandabile, e non avevo nessuna intenzione di tornare indietro. Sapevo dove stavo andando e con chi avrei avuto a che fare.
Parcheggiai di fronte a un locale sudicio e pieno di persone, la maggior parte delle quali era già ubriaca a quell'ora.
Ma cosa me ne fregava? Ero lì per dimenticare. Ero lì per riuscire a distogliere per cinque minuti la mia mente da lei.
Entrai in questo locale, passai vicino a gruppetti di persone che urlavano, si picchiavano, fumavano senza riguardo. Alcuni mi squadrarono da capo a piedi, facendo un cenno con la testa, come a dire:visita ai quartieri poveri, idiota?
Poi i miei occhi furono rapiti da una donna. Era bella, slanciata e perfetta. Non avevo dubbi che fosse più grande di me, ma mi fissava in modo che mi fece pensare subito di avere campo libero. Mi avvicinai, deciso a completare quello per cui ero andato a fare in quel locale talmente orrido.
Le ero praticamente di fronte.
-Ciao. - disse lei.
Aveva inizio il nostro gioco.
-Ciao - risposi deciso. Aveva praticamente fatto già tutto lei.
-Solo? - chiese, cominciando a guardare alle mie spalle.
-Per stasera sì. Un gin tonic, grazie. - dissi al tipo che prendeva gli ordini. Un uomo sulla sessantina pieno di tatuaggi e con la barba scura.
Parole che potevano dire tutto, o niente, le mie. La donna misteriosa pensò al tutto.
-Oh, devi essere fidanzato...- fece per andare via ma io la bloccai. Fui rapido, tagliente, veloce, e lei ne fu appagata. Guardò la mia mano che avvolgeva il suo braccio e mi sorrise. Aveva delle labbra rosse vermiglie, le quali facevano risaltare alla perfezione i suoi occhi verdi. Aveva capelli talmente scuri da sembrare neri, ma era difficile da dire, le luci si erano abbassate di colpo.
-Penso di sapere cosa vuoi. Un po' di divertimento, come lo vogliono tutti i ragazzini della tua età. Quanti anni hai?
La domanda mi spiazzò. -Venti. - sparai alto.
-Ne avrai massimo diciassette.
Perché le donne sono così fissate con l'età?
-L'età è solo un numero, non puoi giudicarmi per questo.
-E allora per cosa dovrei giudicarti?
-Vedi un po' tu...- le dissi mentre la trascinavo in corridoio vuoto.
La appoggiai al muro e cominciai a baciarla. Mi concentravo sul suo profumo dolce e avvolgente, per cercare di non volare altrove con la fantasia. Ma invece no, la fantasia c'era, e mi punzecchiava pure, come a ricordarmi che meno di qualche ora prima, tra le mie braccia c'era un'altra ragazza, quella che amavo, quella che in quel momento avrei voluto baciare.
Cazzo, non pensarci.
Mi staccai e la fissai. Ero stato troppo irruento e sbrigativo. Sì, lo sapevo. Ma il bacio le era piaciuto. Si vedeva.
-Penso proprio di dover andare...- cominciai.
Stavolta fu lei ad afferrarmi e a mettermi con le spalle al muro.
-Ho appena cominciato, sai? - disse, e riprese a baciarmi.
Era quello che volevo. Puro e semplice divertimento. Baciare solo per sentire qualcosa, non per far nascere qualcosa. Toccare una donna solo per impuro desiderio, non per cercare delle membra angeliche.
Ero venuto lì per dimenticarmi di tutto. Forse, in quel momento, avrei potuto dimenticarmi anche del mio nome.
Ma non avrei mai potuto dimenticare lei.
 
Strawberry
 
Non puoi scappare da me, Strawberry.
-...Chi sei?
Ero avvolta dalle tenebre e dall'ombra. Non c'era niente, però riuscivo a sentire una voce. Era avvolgente, seducente e maschile. Ma incuteva timore.
-Al tuo ritorno sarò qui ad aspettarti, non puoi sfuggirmi.
-Ma chi sei?
Quella situazione mi spaventava a morte. Dov'ero? Ho paura, Ryan.
Aiutami.
-Torna a casa e apprenderai il nostro potere, disse ancora quella voce. Siamo nati per distruggervi, piccoli umani.
-Vattene - urlai...ma non avevo le forze per combatterlo.
Vidi due occhi rossi fissarmi maleficamente.
-Qual'è il tuo nome?, chiesi.
-Il mio nome è Zero.
 
Aprii gli occhi di scatto e ringraziai il cielo. Ero sull'aereo, non mi era accaduto proprio niente. Però, ripensando a quell'incubo, mi sembrava tutto così reale...non so chi mi avesse parlato nel sogno, ma chiunque fosse mi metteva paura.
Non passò molto che il comandante annunciò l'arrivo all'aeroporto di Londra. Dio, ce l'avevo fatta, ero veramente lì. Una volta scesa dall'aereo mi trovai di fronte a uno spettacolo mozzafiato:il cielo era di un colore grigio-blu, mescolati insieme per creare un panorama che faceva venire i brividi. Nell'aria c'era profumo di pioggia: non esclusi che forse aveva appena piovuto. Il sole di tanto in tanto si affacciava, timido, forse per far capire che anche lui c'era, per dimostrare che non era andato via del tutto.
Una volta arrivata nel culmine dell'aeroporto sapevo bene cosa dovevo fare: chiamare un taxi e dirigermi al più presto in quella che sarebbe stata la mia futura scuola. Sinceramente però mi sentivo un pesce fuor d'acqua, ero davvero disorientata.
Forza, Straw, devi solo chiedere un' informazione.
Ma ero incapace di muovermi.
-Mi sembri disorientata, dolcezza, hai bisogno di aiuto?
Mi voltai e mi trovai di fronte a un tipico inglese dai capelli rosso fuoco, gli occhi chiarissimi e, anche se era un po' presto per dirlo, dall'atteggiamento spavaldo e aperto.
-Beh, ecco...veramente no. O sì, cioè... - concentrati e usa parole tue Strawberry, forza. Altrimenti questo rischia di scappare.
Lui accennò una risata. -Non ti avrò mica spaventata spero! Volevo solo aiutarti, mi sembravi così smarrita! Il mio nome è Mike, molto piacere.
Allungò il braccio per stringermi la mano.
-Strawberry.
-Mi piace il tuo nome. Da dove arrivi?
-Da Tokio.
-Dio, che cambiamento...ci credo se sei smarrita! Ma come mai qui?
-Vado all'università.
-Ma dai, anche io frequento l'università! A quale ti sei iscritta?
-Alla Newton. - risposi, cercando di frugare tra le migliaia di informazioni nuove che ronzavano nel cervello.
-I casi della vita...anche io vado lì, sai? Ti piacerà un sacco. A proposito, vuoi un passaggio, Strawberry?
-Davvero? Era questo il motivo dello smarrimento sai? Non volevo chiamare un taxi. Conclusione: accetto volentieri - dissi, energica.
-Mi piaci, sai? Di solito voi giapponesi non siete così simpatiche.
-Sono un'eccezione. Comunque, grazie.
-Le eccezioni mi hanno sempre fatto ridere parecchio. Comunque, prego.
Per fortuna che lui, questo Mike, riusciva a vedermi felice fuori. Perché, con tutta onestà, dentro stavo morendo.
 
Nemmeno venti minuti dopo ed eravamo - sopra una macchina decappottabile bianca stile anni novanta, di Mike, ovviamente - nel vialetto che portava alla mia università.
Il giardino che la circondava era enorme, pieno di ragazze e ragazzi giovani e sorridenti. Alcuni giocavano, altri erano intenti nello studio o nella lettura, altri mangiavano e qualche gruppo di ragazzi parlava. Era un'atmosfera piacevole, nuova, certo, ma di grande importanza per me.
-Perdona il rottame di macchina che mi ritrovo, ma finché non mi laureo devo tenermi questa.
-Figurati, è carina. In ogni caso, quand'è che ti laurei?
Diventò rosso. -Se tutto va bene, fra due anni. Ma sono sicuro che non andrà bene.
Risi, e fu bello scoprire che, nel momento in cui si ride, si riesce a dimenticare, anche solo per un istante, tutto.
Mike mi accompagnò così all'ingresso della scuola, e fui lieta di scoprire che non era così male come nei miei peggiori incubi avevo immaginato. Era piccola, ma graziosa nel contesto e molto accogliente. C'era movimento: probabilmente ero arrivata durante l'ora della pausa.
-Susy, guarda un po' chi c'è! - Mike si rivolse a una bionda mozzafiato che stava elegantemente camminando verso di noi.
-Mike! Sei tornato, finalmente, pensavo ti fossi perso in aeroporto. Allora?
-Non cercano quelli del terzo anno, vogliono solo ragazzi già laureati. Al massimo prendono uno del quarto anno con ottimi voti, ma come sai, io non vado molto bene quindi è inutile che riprovi l'anno prossimo.
-Che tristezza, Mike, non dormirai la notte. - disse la bionda.
-Cosa succede? - chiesi io, smarrita.
-Cercavo un lavoro all'aeroporto, ma non vogliono quelli come me. Il che non mi rattrista più di tanto, perché non amo lavorare, ma con un lavoretto part-time forse riuscirei ad aiutare i miei, capito?
-Capito...mi spiace, Mike.
-Non dispiacerti, piccola!
Piccola. Quante volte Mark mi aveva chiamata così.
-Che idiota, non vi ho ancora presentate...Strawberry, questa è la mia ragazza, Susan, ma puoi chiamarla Susy. - disse il rosso, avvolgendo un braccio attorno alle spalle della ragazza bionda.
-Hey, ciao, Strawberry. Non fare caso a Mike, e, puntualizzo, non sono la sua ragazza. - disse, ma mi sembrava addirittura imbarazzata.
Mi sforzai di sorridere. -Stareste bene insieme. - biascicai.
Lei diventò talmente rossa da sembrarmi un peperone. Un peperone bellissimo.
-Ehm, che dici se ti mostro la tua stanza?
-Grazie. - risposi.
Cominciammo a percorrere una serie infinita di corridoi finché arrivammo ad una scala. La scuola poteva pur sembrare piccola, a prima vista, ma in realtà accoglieva un numero sconfinato di stanze.
Mentre camminavamo, decisi di parlare un po' con questa Susan.
-Non volevo imbarazzarti, prima, Susan. Scusami - cominciai.
-Davvero, chiamami Susy. Comunque, perché mai avresti dovuto mettermi in imbarazzo, scusa? - chiese lei, abbastanza incuriosita.
-Beh, un po' si vede che Mike ti piace.
Diventò ancora più rossa di quanto già non lo fosse diventata prima.
-Qui sembrano accorgersene tutti tranne lui. - sorrise abbassando il viso. -Ma lui è insensibile, Strawberry, sembra non capisca quanto tengo a lui. Dovresti vedere come si comporta con certe ragazze, anche davanti ai miei occhi.
Alla fine si era fidata di me. Anche se non mi aveva ancora conosciuta, qualcosa dentro di lei le aveva detto di fidarsi di questa strana e pasticciona nuova arrivata. E qualcosa si mosse anche dentro di me.
-Lui sa quello che provi?
-Non ce la farò mai ad aprirgli il mio cuore, Straw...posso chiamarti così?
-Certo. - le sorrisi.
-E comunque mi prenderebbe in giro. Lui è il tipo di ragazzo che gioca con i sentimenti, e che quando è di fronte a quelli veri ride. - proseguì.
-Sì, però lo ami. - dissi io.
-Il primo dei miei problemi - concluse.
Arrivammo ad un nuovo corridoio, in fondo al quale si trovava la mia stanza. Era graziosa e ampia, con un letto, una scrivania munita di computer, una libreria – quasi priva di libri – e una porta-finestra che dava su un poggiolo.
-E' perfetta - dissi io.
-Ti piace? Meglio così, perché dovrai sopportarla per un bel po' - puntualizzò Susan.
-La regola qui è che i libri vanno presi dalla biblioteca e restituiti in tempo. Quelli che ci sono già nella libreria sono indispensabili per studiare.
-Ok, capo - ridacchiai.
Lei sorrise. -Le altre regole sono stupide: non andare nel bagno nei maschi, eccetera eccetera. Ah e se ci riesci, cerca di non infilarti nel loro letto. Porta solo guai.
Il tono amaro della sua voce mi fece capire che ne sapesse qualcosa.
-Grazie, Su...posso chiamarti così?
-Certo che no! - disse, poi rise e mi fece l'occhiolino. -Riposati, adesso, penso che tu ne abbia bisogno. Quando ti svegli cercami e ti darò tutto quello che ti servirà: libri, orari...
-Ok - dissi sedendomi sul letto.
Lei fece per uscire. Poi si voltò per un'ultima, straziante domanda.
-Ce l'hai il ragazzo?
Il cuore smise di battere.
-No. Ora sono stanca, Su, ehm...ciao.
Capì che aveva toccato un tasto dolente.
-Scusami, Straw...buon riposo.
E se ne andò, lasciandomi sola con i miei pensieri, che dapprima erano rimasti sospesi, poi diventarono sempre più ingombranti.
Ce l'avevo fatta. Ero andata via da casa, ero lì ora, a Londra.
Mark non c'era più, non lo avrei mai più rivisto, lo avevo perso per sempre.
Ryan. Doveva essere un demone, perché per colpa sua io mi sentivo tremendamente in colpa.
Sì, ma lo ami... avevo appena detto a Susan.
Mi presi la testa tra le mani e mi distesi sul letto. Ce la devo fare, ce la posso fare, continuavo a ripetermi. Ma non ne ero convinta.
Se sei un demone sei la mia maledizione, sei un veleno che sta scorrendo nel mio sangue. E anche se fa male, mi piace, dannazione.
Mi manchi già.
Cominciai a piangere, finché non furono le tenebre a dirmi basta, trattenendomi in un sonno profondo dal quale mi svegliai ancora in lacrime.
.
 
.
 
.
Vi chiederete se è uno scherzo. Ahah, dai, lo so che ve lo state chiedendo! No no, tesori, sono io e ho pubblicato dopo poco tempo! Ve lo meritavate, dopo l'assurda attesa dell'altra volta.
Sono consapevole del fatto che questo capitolo sia pesante, ma serve, per far capire al meglio come stanno vivendo la separazione i due personaggi. Nel prossimo i fatidici cinque anni saranno passati, e poi...e poi vedrete.
Penso – anzi, SO – che alcune di voi mi picchieranno per quello che farò fare – e ho fatto fare in questo capitolo :( - a Ryan. Volete la verità? L'ho picchiato anche io. E insomma, alla fine vedremo se cambierà, il nostro caro e dolce biondino disperato.
Un abbraccio stretto a tutte. Siete in tante, sapete? Più di quanto mi aspettassi. Quindi, semplicemente, grazie di cuore <3
Je

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Years pass, but you still hurt ***


Capitolo 7

years pass, but you still hurt

 

Cinque anni dopo

 

Ryan

 

Non stavo dormendo, ero solo in stato confusionale disteso sul letto, nudo, ma coperto dalla vita in giù. Sentivo l'aria che entrava dalla finestra sfiorarmi dolcemente la schiena e, francamente, desideravo rimanere lì per sempre. C'era ancora buio, ma non riuscivo a dire con certezza che ore erano. Prima o poi, quindi, avrei dovuto alzarmi. Mi aiutai con le braccia a sollevarmi e quasi quasi non vomitai. Idiota, l'hai fatto di nuovo, mi dissi.
Non ricordavo niente della sera precedente. Anzi, meglio, ricordavo di essere andato in un pub talmente lurido da sentirmi male ancora in quel momento. Poi avevo bevuto...tanto, e chissà cosa. Poi, beh, poi c'era il presente, e questo dimostrava che ero nella mia stanza, a letto con una completa sconosciuta.
Mi girai e stavolta dovetti seriamente correre in bagno. Respiravo affannosamente, ma poi, con coraggio, decisi di guardarmi allo specchio. Spettinato, pallido, con occhiaie profonde e occhi arrossati. Dio, quanto mi facevo schifo.
Decisi di farmi la doccia. Sotto l'acqua bollente si stava benissimo, e per un attimo quasi mi dimenticai del problema che avrei dovuto affrontare una volta uscito: una donna.
Qualcuno bussò alla porta proprio mentre mi stavo rivestendo.
-Esco. - annunciai. Avevo una voce spaventosa.
Ma una volta uscito non trovai nessuno, anche se la luce c'era. Poi, qualcuno parlò.
-Che carino che sei in questa foto! Questa e tua madre, vero? Ti assomiglia un sacco.
-Mettila giù - dissi, con un tono gelido.
-Dai, stavo solo guardando...- venne verso di me e cercò di baciarmi. Io mi scansai.
-Non ti sarai mica arrabbiato...- mi prese il viso tra le mani, e io ne approfittai per riprendere la mia foto.
-Non toccarla mai più...sono stato chiaro? E ora vattene.
Lei impallidì.
-Ma...- cominciò.
-Ascolta, non voglio una storia. Mi spiace per te, ma sono fatto così.
-Sei un emerito stronzo, come dicono in giro, allora.
Era la verità, per cui non faceva poi così male. Si rivestì velocemente mentre io andavo alla finestra a fumare una sigaretta. Vizio che avevo preso da...da quando...da quando lei...
-Prima di andare via, voglio chiederti una cosa - mi disse. Annuii.
-Dicono che ti comporti così per una donna. Dicono che fai così per dimenticarla, anche se continui a sperare che un giorno lei ritorni. E' vero?
Quasi non le risi in faccia.
-Vattene...non sono affari tuoi.
-Sai come mi hai chiamata stanotte? Lo sai, idiota? - cominciò a piangere.
-Vattene! - urlai.
-Mi hai chiamata Strawberry. Mi hai chiamata Strawberry!
Dalla prima parte della frase già mi sentivo perso. Abbassai lo sguardo e cominciai a tremare.
Non è possibile, non può essere.
Più cercavo di starle lontano, più lei, come un fantasma senza pace, mi cercava.
Mi sfiorai le labbra con le dita e pronunciai “Strawberry...” e per la mia bocca ritrovare quel suono fu meraviglioso.
In un attimo mi resi conto di tutti gli sbagli che avevo commesso in quel tempo, uno dei quali era ciò che avevo fatto quella notte.
Alzai il viso per scusarmi con quella donna, ma quando lo feci, nella mia stanza non c'era più nessuno.
 
Strawberry
 
Cara Mina,
mi sembra ancora ieri che ho lasciato il Giappone per venire qui, in Inghilterra. Allora avevo quattordici anni, tutta la mia gioventù da vivere e il cuore, tu lo sai meglio di me, infranto. Ma ora eccomi qui, a un passo dalla porta che mi divide dal mio piccolo sogno di prendere una laurea. E' davvero arrivato il momento!
Ora, però, temo il mio futuro. Dopo la laurea so che dovrò fare una scelta importantissima, o tornare a casa o rimanere qui. Restare a Londra non mi dispiacerebbe, qui mi piace e ho trovato tanti amici. Ma, a casa, la mia casa, c'è qualcosa che mi manca tantissimo. La mia vita, quella che conducevo tempo fa. Quella dalla quale non riesco a staccarmi e che sogno di poter tornare a vivere, prima o poi. E poi voi, ovviamente.
Tocca a me, sento i professori che discutono e che stanno per venire a chiamarmi. Ho il cuore che scoppia!
Ora vado. In cuor mio spero di rivederti presto, amica mia. Conserva i miei segreti finché non verrò a dirti com'è andata. Ma so che andrà bene, perché in questo momento, anche se non vi posso vedere, voi siete qui con me.
 
-Signorina Momoya? - il professore di lettere uscì dalla stanza degli esami e mi chiamò.
-Eccomi. - dissi io. E disorientata, confusa, persa e incredibilmente emozionata, mi diressi verso quello che era il mio destino.
 
Ryan
 
La mattina aveva già assunto da un pezzo un non so che di storto.
Finito di preparami, scesi al piano di sotto e lì incontrai Gerard, il mio maggiordomo. Sì, ormai era già da un paio d'anni che non abitavo più nell'appartamento sopra il Caffè, bensì in una casa che i miei genitori avevano comprato poco prima di avere me. Era una villa molto grande, e da soli sembrava tutto più bigio. Ma per fortuna c'era Gerard a farmi compagnia, una persona della quale i miei genitori si fidavano molto, ed era per questo motivo, forse, che anche da parte mia quest'uomo aveva tutta la fiducia.
-Buongiorno, Mr Shirogane. Gradisce la colazione?
-Buongiorno Gerard. No, oggi vado di fretta.
-Si è divertito stanotte?
-Ci credi che non mi ricordo niente? - come al solito, aggiunsi tra me e me. -Ma a che ora sono tornato? - chiesi.
-Penso intorno alle quattro e mezza, Mr Shirogane, ma non ne sono sicuro.
Sempre più tardi, dannazione. Mi chiedo cosa tu voglia farne della tua inutile vita, Ryan, idiota, mi dico.
-Non sei costretto ad aspettarmi fino a tardi, Gerard, davvero. Anzi, oggi puoi riposare, non voglio che lavori.
-Per me è un piacere lavorare, signore...lo faccio per lei e per i suoi genitori. Come avevo promesso loro.
E poi feci una cosa che non mi aspettavo di fare per nulla al mondo.
-Gerard...tu pensi che adesso i miei genitori stiano soffrendo per me? Pensi che siano delusi?
Lui pensò prima di rispondere.
-Metterei la mano sul fuoco, Ryan, che in questo momento loro sono qui con noi in questa stanza e che più di ogni altra cosa vorrebbero stringerla e non abbandonarla più. Anche se in questo periodo, mi lasci dire, non è un “bravissimo ragazzo”, loro non smetteranno mai di amarla. Non deve nemmeno pensare che li stia deludendo.
Annuii, sorrisi e me ne andai a testa bassa. Deludere i propri genitori è la cosa più orribile che qualcuno possa fare, ma io lo stavo facendo da cinque anni, ormai.
Mamma, papà, vi amo con tutto il cuore. E se siete con me adesso, ascoltatemi. Proteggetela, vi prego, fatelo per me. Perché mi sembra che l'unica cosa che io abbia fatto di giusto nella vita sia stato amarla; per poco, sì, ma l'ho amata davvero. E, Dio, la amo ancora. Per cui, se potete, proteggetela.
Riportatela da me.
Vi prego.
 
Strawberry
 
Così uscii, chiudendomi la porta alle spalle. Appoggiai la testa ad essa e la rivolsi verso l'alto.
Ce l'ho fatta.
-Strawberry! - era Susy che mi stava chiamando. -Come è andata? - chiese, impaziente e affannata al tempo stesso dalla corsa.
-Direi bene- sorrisi, e poi le feci l'occhiolino. Senza volerlo, scoppiai a ridere.
-Ce l'hai fatta! E brava la mia amica! - Susy mi abbracciò, stritolandomi ma facendomi sentire quasi sollevata.
-Allora, com'è andata ieri sera? - chiesi, sciogliendo l'abbraccio.
-Benone, è stato un peccato che tu non ci fossi. E...beh, c'è una novità.
Dall'angolo del corridoio spuntò Mike, che mi fece segno di non parlare, sussurrando “sssh”, per non farsi sentire da Susan, che essendo girata di spalle non poteva vedere nessuno tranne che me.
Poi, lui le coprì gli occhi con la mano e delicatamente la portò verso di sé.
Udii solo un “ma cosa??” da parte di Susan, prima che Mike la costrinse a smettere di parlare con un bacio.
Era stato tutto così improvviso che mi sentii pietrificare – le scene romantiche non erano il mio forte - ma in questo modo almeno scoprii che Mike e Susan stavano insieme.
Non potei fare a meno di sorridere, ma abbassai lo sguardo per non far notare che i miei occhi color del cioccolato erano già diventati lucidi.
Manchi, dannazione.
Mi tornò in mente quando io ero proprio così, come loro, con Mark.
Non lasciarmi” aveva detto Ryan.
E mi sentivo letteralmente spezzata in due, Cristo.
In me cresceva l'avido desiderio di stringere Ryan tra le braccia, di proteggerlo, come fosse stato parte del mio corpo. Desideravo stringere lui, stare insieme a lui, baciare lui. Non Mark, no.
Ma perché? Non ero andata via per dimenticarlo?
Mi manchi, Ryan.
-Beh, doveva essere una sorpresa, ma...- disse Susy.
Tornai alla realtà, dove quella meravigliosa coppia era nata. Dai Straw, pensa che almeno loro sono felici. Forse, prima o poi, lo sarai anche tu.
-Posso dire una cosa? - chiesi.
-Certo - rispose Mike.
-Era ora - e tutti e tre scoppiammo a ridere di gusto.
Poi mi ricordai di chiamare i miei genitori. Il telefono prendeva malissimo in quella zona di Londra, così io e i miei potevamo sentirci pochissime volte. Ma ogni volta che ascoltavo la voce di mio padre e di mia madre era una gioia.
Chiamai la mamma.
-Chi chiami? - chiese Susan, sottovoce.
-Mamma - risposi.
-Sarà fiera di te.
-Pronto? Oddio, quella voce. Quanto mi manchi, mamma? Ovviamente scoppiai a piangere.
-Sono io, mamma. Strawberry.
-Oh, santo cielo! Tesoro perché piangi? Caro, caro vieni, c'è tua figlia al telefono!
-Piango perché mi manchi, mamma. Da morire.
-Anche tu, amore mio...ma allora, com'è andata?
-Preferisci sederti? E' andata alla grande. Parli con la dottoressa Momoya, adesso.
Sentii mia madre strillare, e mio padre ridere di gioia. Come avrei voluto che fossero lì con me.
-Non so cosa dire, tesoro...sei bravissima, ma noi lo sapevamo, lo sapevamo! Vero caro che lo sapevamo?
Sento mio padre che addirittura piange. E adesso arrivano le dote dolenti, penso.
-Mamma...tu pensi che dovrei tornare?
-Ecco, tesoro...c'è una cosa di cui ti devo parlare. - lei si fa improvvisamente seria. Mi spaventa.
-Straw, quando tu sei partita io ero...ero incinta. Hai una sorellina di cinque anni, tesoro mio!
Sbiancai. Non ci potevo credere, una sorella? Ma perché non me l'avevano detto? Fui attraversata da un'onda di panico orribile.
-E perché me lo dici adesso? - ringhiai.
-Tesoro...io e tuo padre abbiamo voluto aspettare. Ecco, tornare a casa non sarebbe stato facile, per te, e se tu avessi detto che ero incinta probabilmente saresti venuta senza pensare...
Ci pensai su. Veramente avrei desiderato di tornare a casa? Probabilmente sì. -Ma potevate almeno...beh, vabbè, vi capisco. Come si chiama? Posso sentire la sua voce?
-No, tesoro. Tu torna a casa e la vedrai – il suo tono non ammise repliche. Beh, certo, adesso che avevo una sorella avevo un motivo per tornare a casa.
Due motivi, anzi. Perché c'è Ryan...
-Tornerò, mamma. Però fammi sentire la sua voce, ti prego!
-Tesoro, davvero, quando torni. Sta dormendo ed è adorabile.
Oddio, chissà com'è, se mi assomiglia...
-Devo andare, mamma. Non vedo l'ora di tornare a casa.
-Ti vogliamo tanto bene amore! E non vediamo l'ora che torni. Ah, e ovvio, siamo fieri di te. Tantissimo, bambina mia.
Riagganciai. Mi resi conto che tremavo. Ero davvero arrabbiata con i miei genitori...
Io, una sorella. Ma perché i miei non me l'avevano mai detto? Non ci potevo credere.
 
Ryan
 
Camminavo lentamente tra le via della città tornando dall'allenamento. Avevo preso questa abitudine da un po', mi piaceva andare in palestra e cimentarmi nei diversi sport. Di tanto in tanto passava qualche ragazza che mi sorrideva, ed io, compiaciuto, rispondevo eloquente a mia volta, facendole cadere nella rete dei miei occhi.
Che stronzo, che ero diventato.
Tutto a un tratto il mio cellulare squillò. Lo guardai, aspettandomi che fosse Kyle, il quale era solito farmi paternali, invece era un numero sconosciuto. Risposi titubante.
-Pronto?
-Guardati intorno, Ryan.
A rispondermi era stato un uomo. Non ne riconoscevo la voce, e in un primo momento desiderai riattaccare. Ma poi la voce parlò ancora.
-Fra poco tutto quello che conosci scomparirà.
Mi irrigidii. Chi diavolo era questo? La sua voce mi metteva i brividi. Mi guardavo intorno, alla ricerca di risposte, ma tutto quello che vedevo erano coppie innamorate che passeggiavano e anziani che giocavano coi loro nipoti.
-Siamo tornati, Ryan. I demoni della notte sono tornati. Puoi temerci, ora.
-Con chi parlo? - la storia cominciava a seccarmi.
-Non puoi fare niente per fermarci, stavolta perderai. Ogni cosa.
Quell'uomo riattaccò. Non riuscivo a pensare a nulla, e non capivo a cosa si riferisse. Ma quel tipo in ogni caso aveva il mio numero, mi conosceva e...mi minacciava. Continuai a camminare cercando di scrollarmi di dosso quei pensieri, ma questi ingombravano troppo la mia mente.
Ad un tratto, sentii urlare. Era stata una donna.
Mi girai e corsi subito nella direzione dalla quale l'urlo mi sembrava provenisse. Il mio istinto mi portò ad una torre vecchia circondata da palazzi abitati; una zona di Tokio dalla quale ero abituato a stare alla larga. Possibile che nessuno avesse sentito niente, in ogni caso?
Entrai e cominciai a percorrere le scale, e arrivato in cima trovai uno spettacolo rivoltante.
Una figura alta e slanciata teneva una donna tra le braccia, facendo aderire il collo di quest'ultima sulla sua bocca. La figura aveva un mantello, non riuscivo a vederlo in faccia.
Ma poi la creatura fece scivolare la donna per terra, così il sole lo abbagliò del tutto, scoprendo un ragazzo giovane e, almeno credo, attraente. La sua pelle era pallida e dal mantello si potevano intravvedere i muscoli ben proporzionati, scoperti.
Sembrava un angelo. Un angelo bellissimo, se non fosse stato per un particolare: aveva denti lunghissimi e sporchi di sangue. Sangue...di quella donna!
-Che cosa hai fatto? - chiesi, praticamente urlando.
Lui non rispose e si limitò a distogliere lo sguardo.
-Che cosa hai fatto? gridai, di nuovo, mentre la rabbia cresceva.
Mi avvicinai a lui pronto a un duello, ma poi cominciò a parlare. O meglio, cominciò a parlare nella mia testa.
-Questo è quello di cui siamo capaci, Ryan. Siamo i demoni della notte, tornati per vendicarci. Lei non sarà la prima a morire. La nostra vendetta la consumeremo lentamente, e ci saranno numerose vittime.
-Non ti azzardare mai più a fare una cosa del genere. Qualunque cosa tu sia, ti ucciderò. - dissi. Non riconoscevo nemmeno la mia voce.
-Lo so che vuoi uccidermi. Tu... e la tua banda di eroine. Ma non ve lo permetteremo. Sai che ti dico? Tieni le tue piccole bamboline lontano da noi, o le uccideremo una a una.
-Stai lontano da loro. - ringhiai.
-Per ora finisce qui, Shirogane. Ma tornerò, e non potrai più scappare da me.
Con una velocità incredibile, giunse alla finestra e si calò giù, senza mai voltarsi. E quando a mia volta mi affacciai ad essa, lui era scomparso.
I demoni della notte...erano tornati.
Ma chi erano e soprattutto cosa volevano da me? Cosa volevano...da noi?
.
 
.
 
.
Eccomi tornata, ragazze! Sono riuscita ad arrivare in una settimana...per fortuna! Grazie davvero a tutte quelle che continuano a seguirmi, in particolare a chi non ha mai mancato un appuntamento dall'inizio...siete davvero speciali <3
Dunque, a questo punto, ci tengo a dirvi che nella mia storia le mew mew dovranno affrontare un nuovo nemico che, come vedete, sta venendo fuori piano piano. Che tipo di nemico è, lo scopriremo solo vivendo. E sì, se qualcuno se lo chiede, il nome “Zero” l'ho preso pari pari dal protagonista di Vampire Knight, un manga che amo molto, anche se nella mia storia è tutt'altra persona, sia come carattere che come aspetto fisico.
Ora la pianto di rompere XD
Un abbraccio stretto, a tutte!
Vostra
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Promesse non mantenute ***


Capitolo 8

promesse non mantenute

 

Strawberry

 

-Hai visto, piccola umana? Stavolta hai sbagliato. Stavolta tornerai veramente indietro.
Di nuovo quella voce maschile crudele...non mi lasciava andare.
-Stammi lontana! - cercai di urlare.
-Non puoi mandarmi via. Non puoi farmi niente. Torna a casa, e mi troverai pronto. Per uccidervi.
-Non capisco che cosa vuoi. Vattene. - dissi piano. Come se qualcosa mi impedisse di parlare ad alta voce.
-Ti ricordi di me? - mi chiese.
-Sei Zero. – bisbigliai, mentre nel buio cercavo disperatamente il suo viso. Ma non vedevo niente.
-Tieni a mente il mio nome, umana, perché io cambierò la tua esistenza. In parte l'ho già fatto.
-Esci dal mio sogno. - dissi, decisa, irremovibile.
-Cosa?
-Esci dal mio sogno. Vattene, bastardo.
Lui...Zero, gemette. -Non puoi mandarmi via! -disse. Poi respirò a fatica.
-Vai via...
E a quel puntò, Zero urlò. Poi, faticosamente, parlò per l'ultima volta.
-Mi stai mandando via, umana. Non so come ci riesci...ma quello che hai appena fatto è un motivo in più per fartela pagare.
Nel buio, vidi i suoi occhi rosso sangue che si accesero dal nulla. Oh mio Dio.
-Temimi, Strawberry. - e grazie al cielo mi svegliai, aprendo gli occhi di scatto.
 
Erano stati due giorno di inferno. Dopo la notizia di mia madre – che notizia, Dio mio – mi ero affrettata ad avvisare tutti quelli che conoscevo che dovevo andare via il più presto possibile. La commissione, il giorno dopo la telefonata, mi annunciò il risultato dell'esame, e io contraccambiai facendo sapere loro della mia imminente partenza.
Dopo la cerimonia di laurea non facevo altro che preoccuparmi per qualsiasi cosa, ero irritabile e non vedevo l'ora di partire. E continuavo a fare incubi spaventosi ed inspiegabili, in cui c'ero sempre io, il buio e tanta tanta paura, che non mi lasciava andare, penetrandomi fino in fondo alle ossa. E poi c'era lui con quei suoi occhi rossi assettati di vendetta. Dannatamente orribili e impenetrabili.
Zero, diceva di chiamarsi, eppure io non lo avevo mai visto realmente. Lo avevo solo sentito parlare per minuti interminabili, di vendetta e di disperazione.
Forse, una volta tornata a casa, avrei potuto finalmente capire di più tutto quello che continuavo a sognare. E forse, avrei cominciato a capire qualcosa di più anche sulla mia vita.
 
Mi diressi nell'ufficio direzione per consegnare tutti i documenti e per firmare le ultime cose. Era giovedì, e il giorno dopo sarei partita. Con le valigie mi stava già aiutando parecchio Susan e Mike si era già preso l'impegno di portarmi all'aeroporto. Ma, una volta tornata a Tokio, me la sarei dovuta cavare da sola.
Quella sera, Susan sgattaiolò nella mia stanza e parlammo un po'. Era l'ultima volta che potevamo farlo, d'altronde.
-Sei agitata? - chiese lei.
-Un po'.
-Ma hai paura, vero?
-E' che non me lo aspettavo. Una sorella è una grande responsabilità, e io non avrei mai creduto di averne una.
-E' una cosa bellissima, tesoro. Il punto è che non capisco perché te l'abbiano nascosta.
-Non lo so davvero, Su...o meglio, te ne ho già parlato. Mia madre non voleva che mi preoccupassi.
Notai che Susan era sul punto di ribattere, ma poi chiuse la bocca e si passò una mano tra i capelli.
-E cosa mi dici del ragazzo misterioso di cui mi hai parlato? Non vedi l'ora di rivederlo, vero? - domandò, cambiando totalmente discorso. I cambi di direzione improvvisi di questa donna a volte mi davano sui nervi.
-E' acqua passata quel ragazzo, Su.
Bugia.
-Non ci credo. Lo amavi.
-Non è vero. - risposi, distogliendo lo sguardo.
Altra bugia.
-Mi sbaglierò...ma quando parliamo di lui in te scatta qualcosa. E' una cosa intensa. Si chiama Ryan, vero?
Il mio cuore sussultò.
-Sì. Ma che mi dici di Mike? Come va tra voi due? - chiesi, cercando di aggrapparmi alla prima cosa che mi veniva in mente. Per fortuna, quando volevo distrarre Susan, mi bastava anche solo nominare il suo neo fidanzato. Era l'unico modo che mi permetteva di distrarla.
 
Era molto tardi quando Susan se ne andò, ma avevo voglia di scrivere un po', prima di addormentarmi. Sarebbe stata l'ultima lettera che avrei spedito da Londra, e questo pensiero mi rendeva sia triste che felice. Triste, perché la mia avventura era finita. Felice, perché stavo per tornare a casa.
 
Lo so, alla fine sono felice di tornare a casa, perché a casa mi aspettano le persone a cui ho sempre voluto bene. Ho spedito loro tantissime lettere durante la mia assenza, e devo dire che hanno sempre risposto con affetto e calore.
Nelle ultime lettere, ognuna delle mew mew mi ha accuratamente descritto cosa sta facendo o cosa ha fatto. Mi hanno detto che donne meravigliose sono diventate.
Lory è diventata una scrittrice di successo, e che nel tempo libero cuce pupazzetti di stoffa che ama donare ai bambini poveri o ai centri d'accoglienza. So che quando la rivedrò mi ritroverò davanti l'amica generosa e affettuosa di sempre.
Paddy ha seguito suo padre in numerosi viaggi all'estero, in modo da imparare le arti marziali al meglio delle sue capacità. Ha cercato di insegnarle ai suoi fratellini, che ormai sono dei ragazzi, e mi ha detto che le sembrano molto interessati. I fratelli e la sorellina di Paddy sono fortunati ad avere a accanto una persona come lei. Ha un cuore grande, davvero.
Mina ha finalmente chiarito ogni cosa con i suoi genitori. O almeno, dice che le cose nella sua famiglia vanno meglio, e questo le ha permesso di sentirsi finalmente bene con se stessa e di partecipare a tantissimi provini di danza. A Tokio è prima ballerina, conosciuta da tutti con il soprannome di “il cigno blu”, per il colore dei suoi capelli.
Mi sbaglierò, ma Mina mi è sempre sembrata una specie rara di cigno straordinariamente aggraziato. Pochi sanno, in realtà, che lei è un loricchetto blu!
Infine, determinata e bellissima come non mai, c'è Pam. In realtà, c'è sempre stata. Forse noi tutti eravamo stati troppo ciechi per non renderci conto di che grande persona fosse, una persona che all'apparenza sembrava fredda e distaccata, ma che più profondamente nascondeva un animo buono e gentile. Le sue lettere erano quelle che aspettavo con più impazienza. In un ognuna di esse lei mi dava prova di quanto coraggio si celasse in lei, coraggio che per anni era stato nascosto da rabbia e gelida tristezza.
Le era successo qualcosa di molto grave, quando era bambina. Ma nessuno sapeva cosa.
Nell'ultima lettera mi ha scritto che sente che la sua vita finalmente qualcosa sta cambiando in positivo. Probabilmente si è innamorata, lo posso capire da come mi scrive. E qualcosa mi dice che il fortunato è Kyle.
E' stato da questa lettera che mi sono ripromessa di scoprire cosa le sia successo. Prometto che quando lo scoprirò farò di tutto per aiutarla. O per capirla, semplicemente, perché a volte serve solo questo.
 
Cara Pam,
Ormai ho preso la mia decisione e tornerò a casa, ma il punto è...sono davvero pronta a farlo?
A casa mi aspettano tutte le cose che in questi anni ho sempre cercato di evitare. Il mio ex ruolo come non-umana, perché ero (credi che sia giusto usare il passato?) una mew mew. La mia famiglia, con la quale non pensavo di avere più alcun problema, che invece ha avuto un'altra figlia. Ho una sorella, Pam Ci credi? E per ultimo, ma non meno importante, Ryan.
Per fortuna avrò modo di rivedervi. Sai, questa è l'ultima lettera che riceverai da me qui, e sarà tutto tua, tesoro,. Tutta tua. Ho scritto a tutti voi da quando sono qui, ma devo ammettere che tu sei sempre stata la più veloce a rispondermi e per questo ti ringrazio. Oh, quanto mi manchi.
C'è una persona a cui ho scritto moltissimo, e dalla quale non ho mai ricevuto alcuna lettera di risposta. Non capisco il perché, visto che mi aveva promesso che non si sarebbe mai dimenticato di me. Evidentemente, mi aveva mentito.
Sai chi è quella persona, Pam, e pensando a lui in questo momento mi sento quasi male. Tremo, ho freddo, vorrei scomparire e non tornare più. E' colpa sua.
Me lo aveva promesso. E io avevo promesso a mia volta che non gli avrei dato modo di dimenticarsi di me. Eppure, sono cinque anni che non ho uno straccio di notizia su di lui.
...la verità e che mi manca. Tanto. Vorrei solo rivederlo un'ultima volta, per vedere com'è diventato.
Al pensiero che potrei incontrarlo anche già domani sento di poter svenire.
Ora vado, custodisci i miei segreti finché non farò ritorno. E pensa che la prossima volta che ti scriverò, sarò tornata a casa.
Sì, sto tornando a casa.
 
Ryan
 
Passeggiavo avanti e indietro per i corridoi dell'ospedale, aspettando l'esito di quella povera donna che avevo sentito urlare poco prima.
Un urlo di dolore, soffocata disperazione.
Pensai che forse c'era ancora speranza. Ma ebbi subito dei dubbi, in quanto già quando le ero andata vicino mi sembrava immobile...morta.
Era così giovane...
-Scusi, lei è un parente della vittima? - sentii una voce femminile e mi voltai subito. Era un'infermiera piuttosto anziana, stanca e scura in volto. Ecco una donna che ha visto troppe persone morire davanti ai suoi occhi, pensai.
-No, l'ho solo trovata. - risposi, grattandomi la guancia.
-Capisco...devo rintracciare i suoi parenti.
-Ma come sta? - chiesi, decisamente preoccupato. L'infermiera mi guardava triste, sconfitta, e nel profondo del cuore lo capii che non ce l'aveva fatta.
-Dio...- sussurrai, ma lo immaginavo già.
-Non riusciamo nemmeno a riconoscerla. - mormorò. -E' stata mutilata. Sarebbe molto gentile se facesse sapere agli agenti tutto quello che sa sull'aggressione, perché...non riusciamo a venirne a capo.
-Tutto quello che ho visto l'ho detto agli agenti. - ammisi. Sì, avevo evitato di dire dei demoni della notte e della bocca sporca di sangue, ma...la polizia non mi avrebbe mai creduto. E non potevo permettermi di essere portato da uno strizza cervelli proprio ora.
-Capisco...ora vado, signore.
Fece per andarsene ma dopo si voltò.
-C'è una cosa che ci spaventa moltissimo, sa? Il collo della vittima è stato...beh, è come se un'animale l'avesse morsicata fino a toglierle la carne. Inoltre, era completamente dissanguata.
Quelle parole mi rimbalzarono nella testa arrivando fino al cuore, accelerando i suoi battiti.
Che diavolo di persona senza cuore era in grado di fare una cosa del genere? No, non una persona. Un mostro. Quello era un mostro.
-Io...io devo andare. - balbettai, con noncuranza. Cominciai a correre a perdifiato, sperando di arrivare a casa al più presto possibile, e forse cercando durante il percorso di dimenticare quello che avevo appena saputo.
Ero sicuro di una cosa, fra tutte: le mew mew erano in pericolo. Ecco perché correvo, ecco perché avevo paura. Se quell'essere senza cuore conosceva il mio – il nostro – segreto, dovevo fare di tutto per tenere le mew mew alla larga da lui.
O da loro.
Giunsi a casa e non mi stupii nel trovare una macchina che ormai era diventata, con il tempo, anche mia. Una Ferrari rosso accesa.
Entrai e trovai Gerard.
-Ha visite, Ryan.
-Lo so, ho visto. Fuori c'è la macchina di Kyle. Dove mi sta aspettando? - chiesi, mettendo via la giacca. Andai frettolosamente in cucina lavandomi la faccia e le mani. Ero stanco...e spaventato.
-L'ho fatto accomodare nel suo studio, Ryan.
Così arrivai al mio studio, e, seduto comodamente sulla mia poltrona, si trovava Kyle. Il mio migliore amico, mio fratello, colui che mi aveva cresciuto senza l'aiuto di nessuno.
-Ciao. - lo salutai, timidamente. Era straordinario, ma anche a ventidue anni riuscivo ad intimorirmi davanti a lui. Era come una figura paterna, anche se aveva solo qualche anno in più di me.
-Ciao, Ryan. - Kyle si divertì a far girare la poltrona, e si notava la sua espressione che diceva: guarda quanto sono potente.
Ma per fortuna ci sarà sempre qualcuno più potente di noi, diceva sempre mio padre.
-Bella trovata, genio, ieri sera. Come ti è saltato in mente di andare allo Sky? Hai idea di che cosa c'è la? - domandò Kyle, e io lessi nel suo sguardo una vena di irritazione. Eccolo, mi sta facendo la paternale.
-E' uno schifo, non ci tornerò più, tranquillo.
-Sei un idiota se pensi di risolverei tuoi problemi bevendo. E poi, scusa la domanda, ma cosa ti serve farlo?
Per dimenticare lei. Ecco a cosa serve. Ma tanto non lo avrei mai detto ad alta voce.
-Mi stavo solo divertendo...
-Mi domando cosa tu stia facendo della tua vita, Ryan Shirogane.
Me lo chiedo continuamente anche io.
-Perché sei venuto qui? - domandai.
-Non lo sai? - chiese, alzandosi dalla poltrona e togliendosi dal campo visivo del computer. C'era un articolo che già riportava la notizia della ragazza dissanguata.
-C'è scritto che eri sul posto. Per cui ora mi racconterai cosa hai visto, così chiariamo un po' di dubbi.
 
I “dubbi” si riferivano al fatto che quelle iene del giornale avevano già espresso il loro parere su di me, dicendo che probabilmente mi trovavo nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma, lo sapevo bene, quando i giornalisti dicevano così intendevano tutt'altro. Pensavano che fossi il colpevole, gli stronzi, senza dubbio. Raccontai a Kyle tutto quello che avevo visto, senza tralasciare nemmeno un particolare. Lui capiva, a differenza di altri.
-Non ho mai dubitato di te Ryan, volevo solo sapere cosa ci facevi lì. Insomma, un ragazzo cattivo sì, - mi sorrise, malizioso - ma non un assassino. In ogni caso, dobbiamo scoprire che cosa sono questi demoni della notte, e dobbiamo raccogliere più informazioni possibili su di loro. Questo...demone, sapresti riconoscerlo?
-Se lo vedessi sì. -risposi, ricordando i suoi lineamenti alla perfezione. -Ma non so dove potremmo cominciare a cercarlo.
-Non lo cerchiamo, aspettiamo che sia lui a trovare noi. - disse Kyle, con tono autoritario. -E, beh, vediamo un po' come va. E, Ryan...se questi demoni sono pericolosi come dicono, dobbiamo riunire le mew mew.
-Ma...è quello che vogliono, Kyle. Le vogliono morte perché sanno che potenzialmente sono le uniche capaci di sconfiggerli.
-Allora non dobbiamo permettere loro di organizzarsi. Creerò nuove armi, aprirò di nuovo il quartier generale e...in massimo tre giorni tornerà tutto come prima.
-Kyle - dissi sorridendo, ovviamente, un sorriso che non coinvolgeva minimamente gli occhi. -Forse dimentichi che non abbiamo più notizie delle mew mew da almeno cinque anni. A parte Pam. - gli sorrisi, perfettamente consapevole che lei e Kyle stavano insieme. E sembrava anche una cosa seria.
-Tu dammi tre giorni, e io vedrò cosa posso fare. Ah sì...sei libero stasera?
-Perchè?
-Ti vengo a trovare con Pam. E...dammi tre giorni. Ci vediamo stasera, Ryan. Non metterti nei guai. Ce la fai?
Rise e se ne andò.
 
Strawberry
 
Dire addio a Mike e a Susan non era stato facile. Ero stanca di dire addio.
Mike mi aveva promesso di mandarmi delle canzoni scritte da lui: era diventato una specie di cantautore nella band dell'università, per cui magari un giorno lo avrei visto in televisione, chissà. Susan sperava di ricevere da me un invito al mio matrimonio. Quando me lo chiese risi, solo per non pensare alla tristezza di quella risata stessa.
E così, in uno sfigatissimo venerdì di metà giugno, mi ritrovai sull'aereo che mi avrebbe riportato a casa. A casa dove mi aspettavano tantissime persone che mi mancavano da morire. Sto arrivando, sto arrivando davvero.
Aspettatemi.
.
 
.
 
.
Rieccoci qui. Mi rendo conto che è una bel pacco di capitolo, ma portate pazienza. Per quanto riguarda il passato di Pam, io non ne so niente, per quello sono stata così vaga, ma non so se magari nel manga si è capito qualcosa. Io ho visto e stravisto l'anime, ma di ciò che possa essere accaduto a Pam non ho mai capito niente *il pubblico ride per la mia IGNORANZA*. Per cui ho deciso che più avanti – moolto più avanti, fra un bel po' di capitoli – cercherò di costruire una sua storia, diciamo, tutta mia. Tutta inventata da me, insomma.
Finalmente lasciamo Londra e torniamo a Tokio. Non vedevo l'ora.
Un abbraccio stretto, a tutte! E grazie a chi segue, preferisce, ricorda. E soprattutto a chi mi lascia quelle dolci paroline che mi fanno andare avanti.
Vostra
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Testimone ***


Capitolo 9

Testimone

 

Avviso molto importante: una mia cara lettrice mi ha fatto notare che l'età di Strawberry al termine della battaglia non coincide affatto con l'età giusta per frequentare l'università. E' un terribile equivoco. Vi chiedo scusa. Penso che la soluzione migliore sia quella di far andare Straw al college, che è come una scuola superiore.
Davvero, cercate di perdonarmi. Buona lettura. I ringraziamenti li trovate in fondo.
 
Ryan
 
Andare avanti e indietro per il mio studio mi rendeva capace di pensare a tutto. O a niente.
Kyle sarebbe arrivato da un momento all'altro, e sinceramente non sapevo proprio cosa aspettarmi da lui. Mi chiesi distrattamente di cosa voleva parlare.
Visto che non mi veniva nessuna buona idea, decisi di aspettarli nel salotto del primo piano. Di solito, i miei genitori lo usavano per ricevere persone importanti, o almeno questo era quello che mi era stato riferito da Gerard.
Continuavo a rivedere il volto di quell'assassino nella mia mente. Vedevo i suoi occhi, il suo corpo perfetto, il suo sorriso distorto. E mi capitava di ripensare alle parole dell'infermiera.
E lo dovevo ammettere, ne ero spaventato.
Così cominciai ad aspettare, nessuna fretta, nessun rancore. Dio, Ryan, è solo Kyle, pensai. Eppure avevo uno strano presentimento.
 
Pam
 
Alla radio della macchina di Kyle trasmettevano Bleeding love di Leona Lewis.
Drammaticità allo stato puro, continuavo a ripetermi, ma d'altronde un pizzico di malinconia non guastava mai. La macchina scorreva veloce, a perdifiato, ma io non avevo paura, finché lui era con me.
Mi spaventava molto più quello che stavamo per fare.
-Ricordati quello che ti ho detto. - disse Kyle.
-Come potrei dimenticarlo?
-Dirà di sì, Pam. Lo conosco abbastanza bene per esserne sicuro. Fidati di me.
Ti amo, come potrei non fidarmi di te? Ma non glielo dissi. Mi limitai a fissarlo e ad abbozzare un semplice sorriso, e, in quel momento, seppi che ce la potevo fare.
-Sì, credo che potremmo farcela. - dissi sottovoce, ma decisa.
-Lo so. - concluse.
Cambiò marcia, ma la sua mano, invece di tornare insieme all'altra sul volante, avvolse la mia.
-Ti amo, Pam. - mi sussurrò guardandomi, con quei suoi occhi dannatamente dolci.
Gli sorrisi. -Ti amo anche io, Kyle. Però guarda la strada. - riuscii a dire, anche se un po' emozionata dal momento.
 
Quando scendemmo dalla macchina mi ritrovai di fronte a una villa immensa, e pensai che forse era un po' troppo per una persona e basta. Ryan doveva sentirsi talmente solo.
Kyle mi prese per mano, e insieme entrammo in casa accolti dal maggiordomo. Ryan ci aspettava in uno dei salotti. Prima di entrare, Kyle ripassò il piano.
-Entro prima io, tu sai già quello che devi fare. Sarà contento di vederti, è un sacco di tempo che non ti vede.
Sì, anche io ero molto contento di vederlo. Respirai a fondo. Era giunto il momento, finalmente.
-Andrà tutto bene, amore mio. - mi disse, baciandomi la fronte e riempiendomi di gioia.
Per fortuna ci sei tu, Kyle, perché senza di te non sarei nessuno.
Entrò nella stanza e io attesi che si salutassero.
Pregai che andasse tutto bene.
 
Ryan
 
Ecco che Kyle entrò. Finalmente era arrivato il momento di vederlo, non ce la facevo più ad aspettare.
-E' tutto il giorno che penso a quello che mi hai detto. Vuoi dirmi perché sei qui? - chiesi seccato.
-Intanto ciao, Ryan. Sono felice anche io di rivederti - disse ironico.
-Scusa...- cominciai. -Ma tu hai la straordinaria capacità di farmi rimanere in ansia...
Ma le mie parole furono interrotte da una terza persona che entrò nella stanza. Quasi non volevo crederci quando la vidi.
Capelli scuri, di una straordinaria sfumatura viola che arrivavano più in basso di quanto ricordassi. Due occhi a mandorla allungati al punto giusto, contornati da ciglia perfette e ricurve. Una bocca carnosa, rossa, ma non troppo grande.
Un fisico perfetto.
Pam.
Mio Dio, Pam!
Mi misi una mano tra i capelli e scoppiai a ridere.
-Oddio, Pam! - esclamai, correndole incontro e prendendola tra le braccia. Era molto più alta di quanto ricordassi, e anche molto più bella e più donna. Stare con Kyle le faceva bene.
-Dio, quanto mi sei mancata. - dissi. Da quando stava con Kyle, la consideravo la mia migliore amica.
Notai che era quasi in lacrime. Non era da lei.
Si ricompose subito, però, una parte di lei che avevo sempre apprezzato.
-Ciao, Ryan. - disse, sorridendo. Un sorriso vero, non di quelli da attrice che era solita regalare.
-Come stai? - chiesi, incuriosito. Una domanda che si fa spesso, in realtà. Ma di solito non ci si cura abbastanza della risposta.
Quella volta, invece, captai ogni minimo particolare, stando attento ai dettagli di quello che Pam aveva fatto in quel periodo. Kyle ascoltava, come me, ed eravamo entrambi rapiti da quella donna così coraggiosa e forte.
-E concluso l'ultimo film a New York, che nelle vostre sale uscirà a Novembre, credo, sono tornata qui.
-Tokio ti mancava? - domandai, mentre mi sedevo su un divano.
-Mi mancavano coloro che ci abitano. - rispose, prendendo la mano di Kyle. Insieme, sul divano, erano un pugno nell'occhio. Io li osservavo dalla mia poltrona preferita.
-E' bello rivederti. - dissi. -Dovresti venire a trovarmi più spesso.
-Ti dirò, ero titubante se venirti a trovare o no. Kyle mi ha detto che sei cambiato parecchio.
Mi irrigidii. -Sono solo cresciuto, tutto qua.
-Da quando fumare fa parte della crescita? - chiese Pam, estremamente seria.
-Dio, Pam, non è un reato.
-Magari lo fosse. Il fumo uccide, Ryan.
-Lo so benissimo. - ribattei.
-Già...e come immagino che sai che portarsi a casa una ragazza diversa ogni notte non è proprio un granchè. Vogliamo parlarne?
Sentii Kyle borbottare qualcosa di simile a: hai ragione, Pam.
-Sentite, siete venuti qui per farmi la paternale? Perché se è così, potete anche andarvene. - sbottai. In realtà non volevo mandarli via, stavo bene insieme a loro. Ma la mia vita faceva già abbastanza schifo così, senza che qualcuno me lo ricordasse.
Pam si sedette accanto a me, sul bracciolo della mia poltrona preferita.
-Non sono qui per accusarti, sono qui per aiutarti - mi disse.
Mi prese una mano fra le sue.
-Sono preoccupata per te, Ryan. A ventidue anni dovresti condurre una vita ben diversa da quella che hai adesso.
-Se non mi diverto adesso, quando lo faccio, Pam?
-Pensavo che non fossi una persona così superficiale.
Le sorrisi. -Sai che non lo sono, Pam.
-Non è necessario scoparsi tutte le ragazze della città per divertirsi, Ryan. Esistono altri modi per vivere, nel vero senso della parola.
-Non mi sento vivo, ora come ora, Pam. - fu una cosa brutta da dire, ma era quello che pensavo.
Notai che lei e Kyle si guardarono preoccupati.
-Ryan, io e Kyle dobbiamo darti una cosa.
Kyle tossì eloquentemente. -E' il motivo per cui siamo qui, aggiunse, sorridendomi.
Pam arrivò con una busta ricamata e dalla carta costosa. Non riuscivo a capire cosa fosse.
La aprii, e notai che conteneva un invito. C'erano poche parole.
 
A Ryan Shirogane,
Sei invitato al nostro matrimonio che si terrà Sabato 2 Luglio nella piccola chiesa in periferia. In quanto testimone dello sposo, ti chiediamo di essere presente alla cerimonia con almeno due ore di anticipo.
La messa inizierà alle ore 11:00.
Ti vogliamo bene, non immagini neanche quanto.
Kyle e Pam
 
Ero semplicemente senza parole.
La prima a parlare fu Pam. La guardai, e notai che i suoi occhi brillavano. Era visibilmente emozionata...cazzo, non volevo che piangesse.
-Il tuo invito l'ho scritto io. E' diverso dagli altri, l'ho personalizzato per essere più chiara in certi punti. In particolare in quello dell'anticipo dell'orario. Dio Ryan, dì qualcosa...ho così tanta paura che tu ci dica di no, che non verrai...
La zittii abbracciandola. Poco importa cosa avrebbe detto Kyle, tecnicamente non era ancora una donna sposata.
-Ma certo che ci sarò, Pam....e, Dio, congratulazioni. Davvero, sono così felice per voi. Quando lo avete deciso?
-Qualche mese fa, Ryan. -rispose Pam, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano.
-Oh, avete aspettato così tanto...
-E' stata una mia idea, Ryan. Ho voluto aspettare fino a...questo momento. - ammise Pam.
Sciolsi l'abbraccio e mi rivolsi a Kyle.
-Il mio...il mio Kyle si sposa. Cazzo, congratulazioni!
Lo abbracciai e lui mi strinse, proprio come facevamo da piccoli. Il suo calore, il mio calore: l'abbraccio di un bambino e di un adulto che si sono salvati la vita a vicenda.
-Mi farai da testimone, Ryan? - chiese, sciogliendo l'abbraccio.
Non so perché, ma in quel momento mi venne in mente mio padre. Sapevo già cosa rispondere, in ogni caso. -Certo che lo farò - annunciai.
Pam piangeva di gioia. -Grazie grazie grazie, Ryan - dissero all'unisono.
Pam piangeva ancora quando Kyle disse che era meglio andare.
-Ci vedremo presto, Kyle ha tre giorni per ricostruire tutto quello che avevamo una volta, vero Ryan?
Subito non capivo a cosa si riferisse.
-Parlo del progetto mew. - chiarì Pam.
-Oh, sì, giusto. - dissi. -Sarà difficile riuscire a riunire tutte le mew mew.
-In questo sbagli, Ryan. Mina è tornata ieri da Barcellona, Lory è a Tokio senza alcun dubbio, io sono qui. L'unica che rischia di mandare a monte i fatidici tre giorni è Paddy, che è dall'altra parte del pianeta, ma che ha detto che farà di tutto per tornare in tempo.
Non mi sfuggì che aveva evitato di nominarla.
-Che c'è, non mi chiedi di lei? - chiese Pam.-Ti manca, non è vero? - La sua voce era un sussurro. E io, piuttosto di rispondere, avrei preferito nascondermi.
-Lei non tornerà, Pam. - mormorai.
-Sbagli di nuovo.
Non capivo. Mi rifiutavo di capire.
-Strawberry sta tornando a casa proprio in questo momento.
Evitai di commentare. Evitai di pensare, proprio. O forse mi rifiutavo di pensare...Cristo, mi manca l'aria.
-Ci vediamo presto, Ryan. - disse Pam. Ed entrambi scomparvero, mano nella mano.
 
Rimasi solo con i miei pensieri.
Forse Pam si era presa gioco di me. Mi aveva preso in giro, solo per il gusto di farmi sentire in quella maniera.
Cercavo di ricacciare i miei sentimenti da dove erano venuti. Ma più ci provavo, più questi tornavano a galla, facendomi provare dopo tanto tempo una sensazione che avevo dimenticato. In me stava tornando la voglia di vivere, la paura dell'ignoto, l'impazienza per il nuovo giorno.
Quella notte dormii pensando a lei. Ma non come al solito. Lo feci pensandola come una figura tangibile, una persona vera.
Lei stava tornando.
Stava tornando da me.
 
Strawberry
 
Camminavo veloce nelle vie che per tanti notti insonni avevo riportato alla mia mente, immaginando di ripercorrerle senza mai fermarmi, con il vento che mi scompigliava i capelli e il cuore impazzito dalla gioia. La gioia e la certezza dell'essere tornata a casa, in mezzo alla mia gente, tra i palazzi di una città che mi aveva vista crescere.
Volteggiavo felice e leggera, separata solo da pochi metri dalla mia casa. Ancora poco, e avrei rivisto la mia famiglia.
E avrei incontrato per la prima volta lei, la mia sorellina.
Ero talmente emozionata da sentire che da un momento all'altro avrei pianto. Quasi tremavo, sorridevo continuamente, ero pronta ad affrontare la mia scelta di essere tornata a casa.
Sapevo che era quella giusta.
E così mi ritrovai di fronte alla porta di casa mia. Mi morsi il labbro, titubante se suonare o chiamare qualcuno, in quanto non avevo le chiavi di casa.
Optai per la prima ipotesi e aspettai. Non passò che meno di una manciata di secondi, e la porta si aprì. Ad aspettarmi sulla soglia c'era una bambina, una bellissima creatura dolce e paffuta.
Era alta per la sua età, snella, con le braccia forti e lunghe. I capelli erano di un castano dorato, raccolti in una coda molto lunga ed elegante. Il viso aveva un non so che di raro, una magica bellezza, completata da due occhi color oceano meravigliosi.
Sembrava un angioletto.
-Ciao. - disse la bambina.
Aveva una voce melodiosa e quasi adulta. Si notava quanto fosse timida nel fare gli onori di casa, ma stava facendo del suo meglio.
-Ciao. - risposi io, quasi più in imbarazzo della bambina.
-Tu devi essere Strawberry. - constatò la piccola. Mi sorrise.
E in quel momento tutte le mie difese mi abbandonarono, e sentii le lacrime che velocemente cercavano di sgorgare, pungenti e brucianti.
Quella era mia sorella, diamine.
C'è mia sorella davanti a me!
-Sì, sono io, piccola. - dissi con voce spezzata. -Posso entrare? - chiesi.
Si sposto e mi lasciò passare. Riflettei, in fretta. Se sapeva come mi chiamavo, sapeva anche chi ero. Per cui era a conoscenza di avere una sorella.
A differenza mia, che lo avevo appena scoperto.
Lei mi osservava cautamente. Non aveva paura, non era spaventata. Era solo straordinariamente curiosa e felice.
Dai Straw, puoi farcela. Chiedile come si chiama.
Quando i suoi occhi blu furono nei miei, scattò la domanda.
-Come ti chiami?
-Katherine. - rispose, mentre si sedeva composta sulla mio divano preferito. Non era cambiato niente, la casa era proprio accogliente come un tempo.
In quel momento mi sentivo piena di vita, felice, appagata. Contenta nel condividere il mio ritorno a casa con la mia sorellina, così piccola, così fragile.
In quel momento, vivere era semplice come respirare.
-Strawberry...c'è un motivo per cui sei andata via? Mamma e papà...non ti piacevano più?
Notai quanto quella bambina fosse diversa. Ma in senso buono. Se aveva cinque anni, secondo me ne dimostrava molti di più.
Lentamente, mi sedetti vicino a lei e la guardai. Mi sembrò quasi di perdermi nel colore intenso dei suoi occhi.
-Non avrei mai potuto abbandonarli, Katherine. - dissi, notando quanto fosse nuova per entrambe quella situazione. -E...non ho mai saputo di te, altrimenti sarei tornata. Davvero.
-Era proprio quello che voleva evitare la mamma. - rise. -Voleva che tu restassi a Londra, felice.
Non ero sicura che mi credesse, se si fidasse abbastanza di me. Non mi aveva mai vista.
Mi prese una mano. La sua era così piccola in confronto alla mia...
-Io ti credo, sorellina. - furono le semplici parole che riuscì a dire. So- rel – li – na. Oh, mio Dio.
Giuro che ti proteggerò da ogni male.
Cominciai a piangere, ma Katherine prontamente appoggiò la guancia al mio ginocchio destro.
-Non piangere.- disse.
La strinsi forte al mio petto.
-Ora siamo insieme, piccola, nessuno ci dividerà. E' una promessa.
E l'avrei mantenuta a tutti i costi.
Sentii i passi di mia madre venire dalle scale, alzai gli occhi e la vidi. Oddio, gli occhi della mia mamma. La mia mamma.
-Oh, mio Dio! Caro, è tornata Strawberry! - grido, e scoppiò a piangere, venendo ad abbracciarmi.
.
 
 
.

 
.
Che dire, se non ringraziarvi tutte dalla prima all'ultima?
La prima parte della storia ci sta abbandonando piano piano. Ora entreremo in una fase più complicata...nella parte “vera”.
Vorrei ringraziare in particolar modo chi non perde un appuntamento da sempre: Ryanforever, Silvia the best e la mia speciale nuova arrivata, Leilaiah. Grazie, davvero.
Chiedo ancora scusa per l'inconveniente citato a inizio del capitolo. Non so come, ma mi farò perdonare...
Vostra
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Katherine ***


Capitolo 10

Katherine

 

Zero
 
Corri. Corri come il vento, come un' aquila sublime che si scaglia sulla sua preda.
Corri e non fermarti più.
Quella notte aveva un che di perfetto. Era calda, estremamente buia, con la luna quasi invisibile perché sottile.
Quella notte ero saturo di emozioni. Eccitato dal sangue che avevo appena bevuto. Era da tanto che non bevevo così, che non bevevo sangue umano. Era una sensazione che piano piano tornava dentro di me, risvegliando i miei muscoli tesi sempre pronti all'attacco.
Non sbagliavamo mai, e se sbagliavamo venivamo puniti dal nostro stesso corpo. Ma il gioco era nelle nostre mani, finalmente. Nelle mani dei demoni della notte.
Bere sangue umano era proibito, e di solito non ci azzardavamo ad andare contro le regole. Ma dopo anni e anni di torture, avevamo deciso di venire allo scoperto. E di ricominciare a bere il sangue di quegli inutili umani.
Correvo da un palazzo all'altro, con il vento che soffiava veloce, con la mia lunga veste che mi fungeva da mantello, rendendomi un predatore pericoloso.
Arrivai ad una delle torri più alte della città. Lei sarebbe arrivata da un momento all'altro, così mi sedetti e l'aspettai.
Captai ogni minimo profumo, ogni movimento...sentivo le madri tornare a casa dai figli, i lavoratori bestemmiare per il salario basso, gli uomini raggiungere le donne per renderle felici.
Un mondo costruito di illusioni. E presto tutto questo finirà, ve lo garantisco.
Una figura alta e slanciata si mise vicino a me, restando in piedi.
-Valerie. - dissi, accarezzando il nome con la lingua. Sapevo già chi era senza guardare, perché il suo profumo e il suo portamento erano inconfondibili.
-Sei sparito da un po', Zero. Damon mi ha detto che eri in giro a...- si fermò.
-Che c'è, sorella, ti vergogni a dire che ero in giro per bere? Ebbene sì, Valerie, oggi ho bevuto molto. E non immagini nemmeno come sto.
-Non dovresti. E' proibito.
La mia parola preferita.
-Vuoi continuare a vivere dissetandoti semplicemente di sangue animale? Io sono stufo di gatti, topi e...non so che altro. Ho bisogno di nutrirmi di sangue umano.
-Tutti ne hanno bisogno, Zero. Ma tu sei l'unico a infrangere le regole.
-Che c'è, Valerie, hai paura che quelli là me la facciano pagare? - dissi, sorridendo maliziosamente.
-Ho paura per te, Zero. Mamma e papà mi hanno chiesto di proteggerti. Loro non avrebbero voluto questo. - mormorò, accarezzandomi i capelli. Il suo tocco era così dolce e delicato...ne avevo proprio bisogno.
-Loro volevano la libertà, proprio come la vogliamo noi, Valerie.
Mi alzai e mi misi di fronte a lei e la strinsi tra le braccia. Avevo bisogno che fosse dalla mia parte. Lo volevo disperatamente.
-Ti prego, sorella, ho bisogno di te. Devi aiutarmi.
-Non voglio.
-Sai che da solo non ce la farò.
-Allora non farlo. - tentò di dirmi.
-Devono pagare per quello che ci hanno fatto. Noi dobbiamo di nutrirci degli umani. Ti prego, Valerie.
Le accarezzai una guancia.
Forza, Valerie, dobbiamo solo vendicarci di coloro che ci hanno tolto la libertà. Coloro che ci hanno proibito di nutrirci degli umani.
La devono pagare.
-Cosa devo fare? - chiese lei.
Le sorrisi. -Tieni d'occhio le ragazze di cui ti parlavo. Sconfitte loro, gli altri umani sarà un gioco da ragazzi.
-E per quella con cui cercavi di comunicare?
Ricordai quella creatura dai capelli castano - vermigli e gli occhi cioccolato.
-E' tornata. - dissi, con un tono di voce glaciale.
Valerie fece per andarsene. Ma all'ultimo momento si voltò.
-Stai attento, fratello. - mi disse, e poi fece un balzo leggero, e in pochi istanti sparì dalla mia vista.
 
Strawberry
 
Riabbracciare i miei genitori era la cosa più bella che facessi da tempo. Erano la mia ancora di salvezza. Quando vidi le lacrime di mio padre mi commossi solo come una bambina poteva fare. Risposi a ogni loro domanda e strinsi le loro mani fino al sfinimento. Non erano invecchiati di un giorno.
Mi fecero molte domande, quel pomeriggio, e io rispondei sempre sorridendo, dimenticandomi del tempo, dimenticandomi di tutto.
Poi, proprio mentre l'orologio della cucina rintoccava le cinque, Katherine si alzò dal divano.
-Ho fame. -disse sorridendo e grattandosi la testa.
Risi di gusto. -Se vuoi ti preparo la merenda. - proposi.
Si illuminò, mi prese per mano e mi accompagnò in cucina.
-Ho voglia di fragole. - mi disse lei.
Io avrei voglia di stringerti e di non lasciarti più, sorellina mia.
 
Metà del pomeriggio era già passata tra risate leggere e tanto divertimento. Katherine era una bambina assurdamente meravigliosa, da lei avrei imparato tante cose, ne ero certa.
Ci eravamo appena abbuffate di fragole e panna; Katherine ne andava matta, mi aveva detto. Straordinario, ci piacevano le stesse cose.
-Allora perché sei andata via, Strawberry? - mi chiese a un certo punto, tra una fragola e l'altra.
-Sono andata via per studiare a Londra. Lì hanno una grande scuola dove ho imparato tante cose. Questo è l'unico motivo per cui mi sono allontanata...
Katherine mi fissò con i suoi occhioni grandi e irresistibili. Qualcosa mi disse che aveva capito. Era davvero intelligente, per avere solo cinque anni.
-Sapevo che saresti tornata, prima o poi. - disse infine, sfiorandomi la guancia in un punto dove era finita per sbaglio un po' di panna.
La cena fu a base di tipici piatti giapponesi che mi mancavano da morire. La cena della mamma mi mancava da morire. Le sue carezze tra un pasto e l'altro e il papà che si lamentava del lavoro. Cominciavo a credere che se fossi rimasta a Londra in avrei finito col perdere me stessa.
Katherine andò a dormire presto, e prima che salisse le scale, le diedi un lieve bacio sulla guancia. Sentii due forti braccia sulle spalle.
-Mi perdonerai mai? Per non avertelo detto. - sussurrò la mia mamma. Ero ancora arrabbiata con lei per non avermi mai detto una cosa del genere. Insomma, era normale, no? Però il fatto che mi fosse mancata così tanto mi tenevano buona. Non potevo litigare con lei.
-Ti ho già perdonata. Però sono un po' arrabbiata. - mormorai, abbracciandola.
-Cos'hai voglia di fare, stasera? - chiese, accarezzandomi una ciocca di capelli.
Fui percorsa da un brivido di eccitazione e felicità.
-Andrò a fare un giro, mamma.
 
Davanti a me si trovava la villa di Mina. Coraggiosa e piena di felicità, decisi di andare trovarla. Avevo tanta voglia di rivederla.
Suonai tre volte il campanello. Ero solita fare così, quando andavo a trovarla. Ed ero sicura che lei forse mi avrebbe riconosciuta...
 
Mina
 
Il campanello suonò tre volte. Ma io non potevo aprire, dovevo sistemare, ero appena tornata dal mio viaggio a Barcellona!
Davo ordini a destra e a manca, non capivo più niente. Dopo un viaggio così era naturale sentirsi un po' storditi. A Barcellona avevo esordito come prima ballerina Giapponese: un onore tutto da assaporare. Mi ero portata a casa gli applausi di milioni di persone, ma anche la soddisfazione della famiglia, che mi aveva aiutata a organizzare questo viaggio.
Dopo tanto tempo, finalmente, la nostra era diventata una famiglia, nel vero senso della parola.
Mio fratello mi passò a fianco, urtandomi. Aveva uno scatolone pieno di vestiti. I miei vestiti, quelli che usavo per esibirmi.
-Dove li metto? - biascicò lui.
-In camera mia, grazie. - ordinai, sorridente. Sentivo che anche lui rideva. Non era facile, ricevere ordini!
Mentre si dirigeva in camera, mio fratello mi ricordò che avevano suonato.
Non posso, non ho tempo, non ho tempo!
Ecco la mia governante, vecchia almeno di ottant'anni, anche se di spirito ne dimostrava almeno la metà.
-Cara, hanno suonato. La tua ospite ti aspetta nel salone principale. - annunciò, e poi rise.
-Uffa! - sbuffai. Alla fine sarei dovuta andare. Che scocciatura!
Mentre scendevo le scale cominciai a parlare ad alta voce, in modo da tenere a bada “l'ospite”, il quale sicuramente era un mio fan o un giornalista.
-Uffa, che noia - brontolai, con voce piuttosto forte, -mi sembrava di aver chiarito che dopo i viaggi non voglio visite, eppure qui c'è qualcuno duro di comprendonio.
Eccola lì. Girata di spalle mentre guardava rapita le mie foto.
Ebbi voglia di buttarla fuori a calci.
-Se vuoi un autografo, sarò lieta di fartelo avere venerdì prossimo dopo il mio allenamento. Ora ho da fare...- dissi.
La donna si girò. E io fui quasi sul momento di svenire.
Non avrei mai creduto di rivederla. Invece me la ritrovai lì, davanti ai miei occhi, cresciuta, in fondo in fondo, ma sempre la stessa.
-Ciao, Mina. - mi disse, soffocando un sorriso a fatica.
Ma io non le risposi. Rimasi a bocca aperta. Poi, quando finalmente realizzai, le sorrisi. Le corsi incontro e l'abbracciai.
-Dio, sei tornata, Straw! - urlai. -Non ci posso credere...
La presi per mano e la trascinai in camera mia. Mentre correvamo tra di noi c'era tanta complicità, tante risate, e in un batter d'occhio mi sembrò come se non fosse passato neanche un attimo, da quando lei era partita.
 
Strawberry
 
Mi era bastato guardarla negli occhi solo un istante per smettere di avere ripensamenti su Londra o essere arrabbiata con mia madre. Mina aveva avuto la capacità di scacciare ogni mio pensiero.
Ero in camera sua, seduta comodamente sul suo letto, e stando lì, a parlare con lei, mi tornarono in mente tutte le nostre memorabili avventure. Le raccontai del mio viaggio, dell'università, dei miei nuovi amici, di Mike e Susan, del loro amore e della mia laurea. Infine, dovetti dirle della piccola Katherine.
-Cosa? - chiese Mina stupita, -hai una sorella?
-Sì. - risposi io.
-Ma io non lo sapevo. - continuò lei.
-Neppure io lo sapevo, fino a qualche giorno fa'.
Mina non sapeva che dire. Era semplicemente basita, senza parole. Un po' come me, insomma.
-Non capisco. - mi confessò. -Però si vede che sei felice.
-Lo sono...ecco...almeno credo.
Per quanto mi sforzassi, neanche io riuscivo a capire.
-Mi ha detto di avere un'altra figlia per telefono...- dissi, e mi sentii avvampare. Il pianto stava arrivando, crudele e veloce.
Mina mi mise una mano sulla spalla.
-Hey. - sussurrò, -shhh, andrà tutto bene, vedrai.- mi promise.
-Ok. - accettai io, -E' che stato tutto così improvviso...e credo di amarla già tantissimo, Mina.
-E' normale, tesoro. - mormorò. E aspettammo insieme che mi tornasse il battito del cuore regolare.
-Puoi dormire qui, se vuoi. - mi propose Mina a un certo punto.
-No, grazie, Mina. Devo tornare a casa.
-Se te la senti...- cominciò.
-Va tutto bene, davvero.
-Beh, ho una proposta da farti, comunque. Per tirarti su il morale.
-Di che si tratta? - domandai incuriosita.
-Domani sera, ad un locale qui vicino, danno una festa per me. Sai che sono appena tornata da un tour a Barcellona, vero?
-Sì, me lo hai detto nella lettera. E?
I suoi occhi brillavano di una gioia che non passava inosservata. Fu in grado di rallegrare anche me.
-E mi piacerebbe se ci venissi. Sei tornata, dovremmo festeggiare anche te.
Oddio.
-Non voglio che mi festeggiate. -dissi arrossendo. -Ma alla festa ci verrei volentieri.
-Ok, allora è deciso! - disse lei, battendo le manine. Non era cambiata neanche un pochino. -Ti prendo un invito, ne ho tantissimi.
Da un cassetto estrasse un invito e me lo porse.
-Grazie, Mina. - dissi compiaciuta. Poi ebbi un dubbio.
-Ma, Mina...quella di domani che tipo di festa è? - domandai.
-Una festa in maschera, tesoro. Potrai indossare un vestito da principessa e una maschera bellissimi, proprio come nei film. - mi rispose lei, compiaciuta.
-Penso di non aver mai partecipato a una festa di questo tipo...ma in ogni caso, non vedo l'ora! - esclamai.
Era vero, non avevo mai partecipato a una festa in maschera, ma di sicuro sarebbe stata un'esperienza meravigliosa.
Grazie, amica mia.
-Domani ci vedremo per scegliere il vestito, va bene? - mi chiese, e al pensiero di andare a fare shopping con Mina mi riempiva il cuore di una strana gioia dolcissima.
E, minuto per minuto, cresceva in me la piacevole sensazione di essere finalmente tornata a casa.
 
Il giorno dopo, qualche minuto prima delle tre, io e Mina ci trovavamo difronte a un negozio sfarzoso, ricco di vestiti eleganti dai prezzi astronomici, il che mi fece preoccupare, visto che il mio portafogli era in uno stato pietoso.
-Il vestito te lo compro io, Straw, e non voglio repliche - mi disse Mina di tutto tono, come se mi avesse letto nel pensiero.
-Ma stai scherzando? - domandai strabuzzando gli occhi. -Non te lo permetto.
-Mettiamola così, è un regalo di bentornato da parte mia. E non voglio che tu ti senta in colpa, mi hai salvato la vita parecchie volte, questo è anche un modo per sdebitarmi.
-Non so cosa dire...- ammisi.
-Non dire niente. Mi basta il fatto che tu abbia mantenuto la tua promessa di venirmi a trovare non appena fossi tornata. Te la ricordi?
-Certo che la ricordo.
Con gli occhi lucidi per il gesto che avevo appena ricevuto, abbracciai la mia cara amica.
-Grazie, Mina.
-Ma di che, tesoro?
 
Passammo il pomeriggio circondate da eleganti capi, così belli e talvolta così simili da confonderci le idee. Alle sei e ventun minuti Mina aveva già fatto la sua scelta, io no.
-Che ne dici di questo? E' perfetto per te. - tentò Mina, indicando un abito grigio lungo con delle perle in cintura.
Lo provai e mi sembrò di essere un pagliaccio.
-Scherzavo. - disse ironicamente Mina. -Meglio che ti cambi.
-Non troverò mai un vestito adatto a me. - ammisi tristemente.
-Prima o poi lo troviamo, Straw, vedrai.
Alle sette e mezza il personale cominciò ad avvisarci dell'imminente chiusura.
-Mina, fa lo stesso, a questo punto ci rinuncio...
-Non dirlo neanche per scherzo! Adesso chiedo alla signorina se può tornare a darci una mano. - Così Mina si allontanò da me per cercare una commessa.
Io, distrutta dalla stanchezza, passai velocemente una serie di vestiti. Poi i miei occhi furono rapiti da qualcosa: uno velo rosa sembrava incastrato e nascosto da un altro vestito. Li separai, e presi in mano il vestito dal quale proveniva quel velo.
In mano avevo una semplice meraviglia. Nel momento in cui lo presi in mano, capii che sarebbe stato quello il mio vestito.
-Strawberry, la commessa si rifiuta di venire, dice che sta per chiudere. Che due pa...- ma si fermò, anche lei senza parole di fronte al vestito che avevo in mano.
-Dove l'hai trovato? - chiese.
-Era sempre stato qui.
-E' perfetto.
-E' mio. - dissi, senza alcun dubbio.
Appagate dai nostri acquisti, io e Mina decidemmo di tornare a casa.
-Grazie ancora, Mina.
-L'importante è che tu sia soddisfatta del tuo acquisto. - mi disse lei.
Lo ero eccome.
Tornai a casa per cenare, ma quando mi diressi in cucina notai che c'era solo Katherine.
-Ciao, piccola. Scusa se sono stata via tutto il giorno...
-Strawberry! - mi corse incontro e mi abbracciò.
Mi si strinse il cuore. Ebbi paura, solo per un folle attimo, di non essere alla sua altezza. Lei era buona, pura...io non ero niente.
Fui tremendamente spaventata dall'idea che lei potesse odiarmi.
-Strawberry, posso chiederti una cosa? - mi chiese.
-Sì. - risposi io, spaventata.
-Vorrei che trovassimo un nome con cui puoi chiamarmi solo tu. Katherine è troppo lungo, ho bisogno di un nome più corto, un nome in codice.
Con la stessa velocità con cui i dubbi mi erano venuti, questi svanirono di colpo. Come avevo potuto dubitare di lei?
Le sorrisi. -Ti piace Kat? - chiesi.
-Miao. - rispose lei. E ridemmo. -Sì, Kat mi piace! - decise in fine.
Un nome con il quale potevo chiamarla solo io.
 
Ryan
 
Io, un uomo senza un passato e senza un futuro, testimone di nozze di una persona come Kyle. Coraggiosa, forte, determinata. Innamorata.
Cogli l'attimo.
Certo che lo avrei fatto, Kyle per me era troppo importante. Fare da testimone per lui mi avrebbe aiutato tanto a imparare. Tutto ciò mi sarebbe servito da lezione.
Qualcuno suonò alla porta.
Mi diressi all'ingresso, convinto che si trattasse nuovamente di Kyle. Invece era un'altra persona.
Non ci volevo credere.
Mina entrò senza complimenti e si voltò verso di me.
-Ciao, Ryan. - disse.
Rabbrividii nel rivederla. Solo a pensare a quello che mi aveva detto una delle ultime volte in cui l'avevo vista...
Assassino.
Tuttavia, cercai di scrollare via quel pensiero.
-Dio, mi hai spaventato. Sei tornata, vedo.
-Non sono l'unica ad essere tornata.
Tornerà tutto come prima, aveva detto Kyle.
-Voglio darti questo. - mi porse una busta. -E' un invito per domani sera a una festa. Ti prego di venire.
Risi. -Cioè, tu vieni qui alle nove di sera per darmi un invito dopo non avermi visto per cinque anni? Sei forte, Mina.
-Guarda che se fosse per me non ti avrei neanche invitato, biondino. Lo faccio per lei, perché soffre, e si nota.
Lei.
Una semplice parola che può diventare tutto.
-Lei chi?
-Sai benissimo di chi sto parlando. Le voglio bene, e non permetterò che soffra ancora. - disse Mina agguerrita.
-Non so di che parli.
-Vieni alla festa, idiota, e capirai. Io pretendo che tu ci sia. Avete bisogno di vedervi.
Lei ci sarà. E io la vedrò. Oh, Cristo.
-Io...- cominciai.
-So che ci tieni ancora a lei. Non fingere e vieni, lei ti aspetterà.
E come era venuta se ne andò.
Certo che ci tengo a lei.
Rabbia e passione mi salivano famelici nel cuore.
La volevo rivedere.
Ho bisogno solo di te, in questo momento, angelo.
.

 
.

 
.
Ma ciao a tutti, carissimi! Come va? Sono contenta di essere potuta venire già oggi. D'ora in avanti pubblicare costantemente sarà dura perché domani ricomincio la scuola...Yeah! Ma non vi preoccupate, tra un impegno e l'altro VOGLIO assolutamente trovare il tempo per venire ad aggiornare. La storia va avanti spedita...quindi non posso permettermi di abbandonarla ora!
Bene, ovviamente siete invitati anche voi alla festa di Mina...io vi aspetto ;) Chissà cosa succederà...*Me malefica*
Ah, certo, quasi dimenticavo...questa creatura meravigliosa qui sotto è la Katherine che mi immagino io. E' simile a come la vedevate voi? Fatemi sapere ;)
Un abbraccio stretto...
Vostra,
Je <3

Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Favola ***


Capitolo 11

Favola

 

Se continui a guardarti indietro, non vedrai mai ciò che hai davanti.

Ratatuille

Mina
 
Il mattino dopo mi svegliai con il piacevole profumo di caffè che proveniva dal vassoio che la mia governante mi aveva appoggiato sul comodino di fianco al letto. Un sole debole schiariva la stanza, i suoi raggi penetravano dalla finestra leggeri.
Cominciai a fare la mia colazione a letto continuando a fissare il vestito che avevo comprato il giorno prima. Era di un colore blu notte, lungo a coda di sirena, scollato e aderente. Per una volta nella mia vita sapevo che osare non mi sarebbe costato nulla. Ormai avevo diciannove anni, era ora di dimostrarlo.
Ripensai al piacevole pomeriggio con Strawberry e la mia visita a Ryan, quel biondino insopportabile. Pensai che se non fosse venuto lo avrei strozzato, seriamente.
Il fatto era che Strawberry, per chissà quale strampalato motivo, pensava ancora a lui.
Pensava ancora a Ryan.
Ne avevo avuto la prova.
 
Stavamo scegliendo il suo vestito, ormai io avevo già preso la mia decisione. Strawberry ne avevo preso uno rosso in mano, e aveva detto: -Con questo sembrerei una ballerina di flamenco.
Ero d'accordo con lei.
Gliene avevo mostrato uno color pesca, lo aveva provato, ma si vedeva che non le piaceva.
-Non è adatto per le serate. Sarebbe carino da portare di giorno.
-Hai ragione. - ammisi.
-Com'è difficile scegliere un vestito...non l'ho mai fatto. L'ultima volta che ho avuto un ballo importante il vestito me lo aveva regalato...
E si era fermata. Non parlava più. E io mi ero chiesta se fosse spaventata anche solo a pronunciare il suo nome.
-Lo hai mai più sentito, Ryan?
Si voltò e mi diede le spalle. Era evidente che quell'argomento le faceva male.
-Non ha mai risposto a nessuna delle mie lettere...
Soffriva. Dio, se soffriva.
Soffriva per amore.
-Un giorno lo rivedrai, e si sistemerà tutto. - le avevo promesso.
-Ormai non ci spero più.
Ma la mia era una promessa. In quel momento avevo deciso che l'avrei aiutata.
 
Ecco perché lo avevo invitato alla festa.
E lui sarebbe dovuto venire.
Dio, Ryan, stasera devi esserci. Fallo per lei, lei ti ama.
Forse era per quello che non mi ero mai innamorata. Non volevo quel tipo di problemi.
Se questo è l'amore, io non ci voglio avere nulla a che fare.
 
Zero
 
Aspettavo Valerie sulla torre, la torre nella quale qualche giorno prima avevo ucciso una donna. Innocente.
No, in fondo nessun umano lo era. Erano tutti crudeli.
Sentii il dolce profumo del suo sangue, il sangue di Valerie. Eternamente dannato, perché lei era un demone, come me.
Mi voltai e la vidi, bella come non mai, sublime e peccatrice. La pelle chiarissima e perfetta, le labbra rosse come il fuoco, i capelli biondi, come quelli di una dea. E i suoi occhi? Gli occhi di Valerie erano i più belli del mondo. Verdi come i prati in primavera.
Mi venne vicino e appoggiò il viso sul mio petto.
-Mi sei mancato, Zero. -sussurrò, mentre l'avvolgevo tra le braccia. Anche io avevo bisogno di starle vicino. Lei era l'unica persona che era rimasta della mia famiglia. Era la mia dolce sorellina, forte, implacabile, per gli altri, ma per me fragile e perennemente a rischio.
Affondai il viso nel suo collo e lo annusai, e fui inondato dal suo profumo inebriante. La strinsi delicatamente.
I rapporti di sangue che si creavano tra i demoni imparentati erano considerati pericolosi. Due fratelli avrebbero dato la vita l'uno per l'altro, senza pensarci due volte. Il sangue che scorreva nelle nostre vene era lo stesso, e ci spingeva l'uno verso l'altra.
-Mi sei mancata anche tu. - ammisi. Ma c'era qualcosa di importante, in quel momento, che dovevamo affrontare. -Hai trovato le informazioni che ti ho chiesto? - domandai.
Il suo viso rimase nascosto, e ne fui felice. Avendola tra le mie braccia la potevo proteggere, senza alcun problema.
-Stasera ci sarà una festa. - mi disse piano. -Ma non ci andare, Zero, ti prego.
-E tu sei sicura che loro saranno lì?
-Non tutte, ma di due ne sono certa. Ma è pericoloso.
-Io adoro il pericolo, Valerie. Andrò alla festa e vedrò cosa fare, da solo. - dissi febbricitante. Sentivo che quella sera sarebbe accaduto qualcosa, sentivo che quella sera, finalmente, gli inutili umani sarebbero venuti a conoscenza della nostra esistenza.
Si staccò da me, e per un attimo temetti che piangesse. Invece mi accarezzò la guancia e mi disse: -Vuoi proprio la guerra, Zero...
-Lo faccio per i nostri genitori, Valerie. - dissi, distogliendo lo sguardo. Era vero.
-Stai attento. - mi ammonì, e poi, leggera come una farfalla quando prende il volo, balzò dalla finestra della torre e scappò via.
-Lo faccio anche per te, Valerie.- mormorai. Poi, come una pantera, sgusciai fuori dalla torre con il mio mantello e con il cappuccio mi coprii il viso.
E, come solo i predatori sanno fare, andai a caccia. La gola cominciò ad ardermi per la sete e i muscoli sentirono il bisogno di essere nutriti.
Dovevo essere pronto per quella sera, dovevo essere potente.
 
Strawberry
 
Ora mi metto il vestito e mi specchio. E' bello. Ha il corpetto molto stretto senza spalline, ricco di brillantini che al contatto giusto della luce si illuminano. La gonna scende a palloncino ed è velata, ricca ed elegante. Il colore del vestito è rosa, ed è un colore che ho sempre amato.
Decido di lasciarmi i capelli sciolti, che, dopo l'aiuto della mia vicina di casa, fortunatamente brava con i capelli, sono diventati ondulati e morbidi. Mi arrivano sotto il seno, e io ho il vizio di portarmeli sempre davanti alle spalle.
Lo faccio, mi guardo di nuovo allo specchio, e mi sembra di essere una principessa. E' una bella sensazione.
Mi trucco leggermente, e poi sono pronta per mettermi la maschera, anche questa rosa, con dei decori neri che la rendono ancora più bella.
Ora finalmente sono pronta ad andare. Indosso le scarpe, con il tacco ovviamente, e divento più alta di qualche centimetro.
Do un'ultima occhiata alla mia immagine, chiudo gli occhi e sussurro: -Ce la posso fare.
E' ora che vada a vivere questa meravigliosa favola.
 
Scesi dalle scale piano piano e trovai Katherine, alla fine di esse, ad aspettarmi. Nel vedermi aprì la bocca più che poteva, come nei cartoni animati.
-Sei bellissima, Strawberry, magnifica. - confessò.
-Grazie, Kat.
La mamma e il papà mi guardavano con ammirazione, e sì, temei che mi facessero la paternale. Mio padre non era cambiato neanche un pochino e sapevo che era geloso di chi potessi incontrare quella sera. Ma tanto, chi mai avrei potuto incontrare?
-Ora devo andare. - annunciai.
-A dopo Strawberry. - mi salutò Kat, mentre mio padre urlava qualcosa del tipo di tenere la testa sulle spalle e non bere troppo, dalla cucina.
-Ti voglio bene, piccola.
Uscii e trovai una mega limousine pronta ad aspettarmi. Mi venne da ridere.
Salii, e all'interno trovai un signore anziano. Mi sorrise, e poi mi disse: -Chiami Mina, le spigherà tutto.
Ubbidii.
-Ti avevo detto che ti venivo a prendere. - disse lei al telefono, come per giustificare il mio tono di voce stupito.
-Non aspettavo questo tipo di mezzo. - confessai.
-Ti sto aspettando.
-L'attesa è la migliore delle terapie. - sussurrai. E mi persi nel buio della notte, spaventata ed eccitata allo stesso tempo.
 
Ryan
 
Mi lavai la faccia e mi guardai allo specchio. Le occhiaie non c'erano più, si vedeva che avevo dormito meglio, decisamente.
Era ora di prepararsi per la festa. Mi sentii stupido ad essere sottomesso da Mina, ma di sicuro non andavo alla festa per lei.
Decisi di indossare il vestito da cerimonia nero che era stato di mio padre. Entrai nella stanza vecchia dei miei genitori, aprii l'armadio e lo vidi.
Era davvero bello.
Lo indossai, e notai che mi andava perfettamente. Ne ero felice.
Scesi le scale e incontrai Gerard.
-Il vestito di suo padre. - disse lui. -Le sta proprio bene, Ryan.
-Grazie, Gerard.
Prima di partire, ebbi un brutto presentimento. Non si poteva escludere che forse, essendo in così tanti riuniti quella notte, qualche demone si sarebbe fatto vedere. Tornai in camera e presi la pistola, quella di mio padre. La infilai nella giacca, in modo che fosse difficile da vedere.
Feci per uscire ma il mio maggiordomo mi bloccò.
-Ha dimenticato la maschera, Ryan.
Me la misi e quasi non scoppiai a ridere, per il semplice fatto che mi sentivo ridicolo.
Valutai fosse meglio andare in macchina. Presi la mia Audi R8 bianca e sfrecciai verso la meta, con il cuore che batteva all'impazzata perché fremevo al pensiero di rivederla.
 
Strawberry
 
Arrivai quando la festa era già cominciata.
Vidi Mina, la quale riceveva i complimenti da ogni persona. Era troppo occupata, le avrei parlato dopo. Il locale che ospitava la festa era molto spazioso e mi piacque subito: era circondato da un giardino immenso arricchito da piante e fontane, vicino alle quali si trovavano banchetti ricchi di cose mangiare. La struttura al centro ospitava un'enorme sala da ballo dove i musicisti si stavano già preparando. Il sole non accennava a tramontare, benché fossero le otto e mezza.
Una cosa che mi era sempre piaciuta dell'estate, era quella che sembrava che il sole non se ne andasse mai. Spariva per poco, solo la notte, per lasciar apparire la sua compagna luna: e io amavo la notte, ma il giorno rimaneva pur sempre ricco di speranze e di luce. E la speranza, per me, era tutto ciò che si poteva avere senza alcun problema. E' sempre e comunque gratis.
Salii una lunga rampa di scale che mi portarono all'entrata principale del locale. Qui, alla mia sinistra, trovai un salottino con dei divani, alla mia destra un piano bar. Davanti a me, però, nella sua immensità, si trovava la sala da ballo. L'ambiente era fresco e l'atmosfera piacevole: le mura infatti erano formate da finestroni enormi, che facevano penetrare nella sala una luce naturale piacevole.
Dentro il locale c'era poca gente ancora; sicuramente in molti sarebbero arrivati più tardi; d'altronde, Mina mi aveva detto che aveva invitato mezzo mondo.
Sentii la gola secca e andai al bar per prendere da bere. Mi sedetti su uno sgabello e da lì riuscii a vedere, attraverso un finestrone, Mina che parlava con un ragazzo. Era alto, biondo e...sembrava bello. Aveva la maschera, però, e questo non mi permise di riconoscerlo. I due stavano avendo una conversazione accesa: in lei però notai uno sguardo vacuo, come se volesse cercare di essere più misteriosa possibile.
Non pensai lo stesse corteggiando, non era da Mina. Lei voleva che quel ragazzo trovasse qualcosa, si notava... ma cosa?
Smisi di fantasticare su quei due e mi accorsi che i musicisti avevano iniziato a suonare. Le luci si erano abbassate il più possibile, per cui la stanza era illuminata solo dalla luce del tramonto.
Poi qualcuno mi toccò la spalla destra. Mi girai di scatto e trovai Mina.
-Mi hai spaventata. - le dissi.
-Scusa, tesoro. Sei bellissima. - mi sorrise.
-Anche tu. - confessai. L'abito a sirena valorizzava al meglio le sue belle forme. Aveva raccolto i capelli in una graziosa acconciatura, il fatto che avesse le spalle nude la rendevano fresca e dall'aria giovane, sbarazzina.
-Vieni con me. - mi prese per mano a mi portò dietro al bancone del bar, dove c'era una scala.
-Questa porta al piano di sopra. - mi disse lei, -E voglio che noi due dopo scendiamo da quella scala, quando mi presenteranno.
Quella scala che Mina mi aveva indicato era enorme ed era posta dietro il salone principale, proprio al centro. Se scendevo da lì, di sicuro non sarei passata inosservata.
-Non volevo essere festeggiata. - dissi un po' seccata.
-Voglio solo averti vicino mentre scendo. - si scusò lei. Mi guardava con occhi bellissimi e pieni di speranza...e questo mi fece sciogliere.
-Va bene...
-Grazie, tesoro! - disse con enfasi Mina, mentre mi abbracciava.
Al piano di sopra c'erano molte stanze da letto, salottini e qualche bagno. Dedussi che in fondo in fondo quel locale era un hotel.
-Ora dobbiamo solo aspettare che arrivino tutti. - disse Mina.
-Mina, con chi parlavi prima di venire da me?
-Con...uno. - ammise lei poco convinta.
-Era carino? - chiesi, sinceramente.
Lei rise. E io subito non capii. -Mah, non so...magari mi dirai tu dopo, se lo conoscerai.
 
E mentre tutti cercavano di divertirsi c'era qualcuno che tramava nell'ombra, che osservava ogni mossa dall'alto.
Zero desiderava la sua vendetta più di ogni altra cosa.
Doveva solo aspettare il momento giusto...
.
 
.
 
.
Ciao ragazze mie, mi siete proprio mancate. Sono venuta a pubblicare il taanto atteso capitolo tutto di corsa...oggi è stata una brutta giornata, proprio. E allora mi sono rifugiata qui da voi che mi date sempre tanto appoggio. Ci si sente al prossimo!

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Right next to you ***


Capitolo 12

right next to you

 

One day when the sky is falling,
I’ll be standing right next to you,
Right next to you.
Nothing will ever come between us,
I’ll be standing right next to you,
Right next to you.

Ryan
 
Quella mi sembrò subito una di quelle feste a cui ti penti di essere andato. Che guardassi a destra o a sinistra, c'erano ragazzi e ragazze che si conoscevano, che ballavano...io ero da solo, come un fottuto palo, diamine.
Come al solito.
E anche grazie a Mina, che non era disposta ad aiutarmi.
 
-Dov'è lei? - le avevo chiesto appena arrivato trattenendole un braccio.
-Ma che...sei tu che hai fatto tutto questo fracasso con la macchina quando sei arrivato? Ma prendersi una decapottabile silenziosa no, eh? - mi aveva risposto lei.
-Rispondi alla mia domanda.
-Senti, biondino, cerca di impegnarti. Lei è qui, e ti aspetta. Non vorrai mica che ti faccia trovare tutto già pronto? Svegliati un po'.
-Vai a fare il...
Ma lei mi impedì di parlare. -Ascolta, io non ti sopporto, ma non per questo non voglio che tu la perda. Cercala, dannazione, Ryan, lei vuole solo te...
 
A ripensare a quello che ci eravamo detti mi venne da ridere. Quello tra me e Mina non era odio; era...boh, non lo sapevo neanche io. Ma, in fondo in fondo, le ero grato di tante cose.
Ormai erano le dieci passate e gli ospiti avevano smesso di arrivare. Di colpo abbassarono le luci, e chiesero alle coppie in pista di spostarsi, perché da un momento all'altro sarebbe arrivata la festeggiata dalla scala grande. Giusto, Mina voleva fare un' entrata in grande stile.
Puah.
Ed eccolo lì, uno dei suoi mille servitori era al centro della sala e, pieno di orgoglio, come se dovesse presentare sua figlia, annunciò con un tono di voce carezzevole: -Ecco a voi, signori e signore, Mina Aizawa.
Ci furono dei cori tra il pubblico, molti bisbigli e sguardi d'intesa. Mina era bellissima nel suo abito scuro, dovevo ammetterlo. Era molto diversa da come la ricordavo la notte scorsa, vestita semplicemente per uscire. Ora mi rendevo conto di cosa fosse diventata.
Una bella donna.
Ma ci fu qualcosa, al di là di tutto, al di là di Mina, che rapì il mio sguardo, che non sembrava non voler più distogliersi da un'altra figura femminile, che leggera e nobile stava scendendo dalle scale. Di tanto in tanto lei e la festeggiata si guardavano e si sorridevano, sembravano conoscersi da sempre.
Era vestita completamente di rosa, un colore che le donava molto. Aveva capelli lunghissimi, e il suo viso era delicatamente coperto da una maschera, che mi impediva di capire chi fosse.
E se fosse stata...
No, non adesso Ryan, no.
Inutile dire che, per tutta la gradinata, mentre tutti quanti guardavano Mina, io continuai a fissare lei.
Dovevo conoscerla.
Mi accorsi che, tra gli applausi degli ospiti, Mina le parlò a un orecchio, e la ragazza misteriosa si voltò a guardarmi.
Mi sorrise, e io sentii un mostro di bramosia chiedermi famelico di avvicinarmi a lei.
Ma, questa volta, avrei dovuto aspettare. Quella donna, quella creatura, non era come le altre, lo sentivo. Nel suo sguardo, quando mi aveva sorriso, non c'era stata malizia, c'era la pura e semplice voglia di conoscermi.
E per una volta, anche io mi sarei dovuto comportare bene. Non meritava da me il trattamento che riservavo alle donne ultimamente.
Solo a pensarci mi sentii male.
Quando i miei pensieri finirono di fluire velocemente, trovai ancora i suoi occhi fissi su di me.

 

You had my child,
You make my life complete.
Just to have your eyes on little me,
That’d be mine forever.

 

Strawberry
 
Emozioni indescrivibili.
Sì, Mina aveva ragione, accompagnarla mentre scendeva dalla scala sarebbe stato un momento indimenticabile. Come lo sarebbe stato anche lo sguardo stupito – e, al quanto seducente – del ragazzo che, come mi aveva detto Mina, non mi aveva tolto gli occhi di dosso per un solo istante.
E io lo avevo guardato, quel ragazzo, che era lo stesso che avevo visto a inizio serata.
E nonostante i nostri occhi si fossero incontrati per pochi istanti, sentii i brividi percorrermi la schiena, quando io gli accennai un sorriso e lui mi rispose, alzando un angolo della bocca.
Non staccai gli occhi dai suoi, finché qualcuno non gli passò davanti, e lui scomparve.
Arrivò il fratello di Mina, era diventato grande...e molto carino.
-Ciao, Strawberry! - mi salutò calorosamente. -Sei bellissima.
-Grazie, Sergio. - risposi, sorridendo. -Anche tu non sei niente male.
-Ti dispiace se ti rubo mia sorella per qualche istante? Vorrei ballare con lei. - mi fece l'occhiolino.
-Certo, fai pure.
-Oh, mio fratello vuole ballare con me, quale onore...- disse Mina scherzando, ma infondo sapevo che ci teneva a ballare con lui.
Io mi spostai un po' dalla pista, in modo da non disturbare chi ballava. Le coppie erano tutte meravigliose, volteggiavano allegre e invidiabili con i loro vestiti magnifici.
-Ti annoi? - disse una voce al mio orecchio. In una normale situazione, mi sarei dovuta spaventare, ma non lo feci, perché quella voce era calda e avvolgente.
E, in un certo senso, mi sembrava di averla già sentita.
Mi voltai di scatto, e quasi non caddi all'indietro per lo stupore. Era lui, il ragazzo che aveva parlato con Mina e che mi aveva sorriso.
Dio, era bellissimo. Più alto di me, biondo, dagli occhi blu e incredibilmente profondi. Maledetta maschera, pensai, mi impediva di individuare metà dei suoi lineamenti. Ma quelli che riuscivo a intravedere mi bastavano. Quello che avevo capito di lui mi bastava. I muscoli delle braccia nascosti dall'elegante vestito, i capelli abbastanza lunghi pettinati alla rinfusa, il suo profumo che mi colpiva come mai quello di nessun altro aveva fatto.
Perché hai questo effetto su di me?
Lui aveva capito che mi sentivo strana. A disagio. E, solo per un istante, mi sembrò compiaciuto di ciò.
Ok Straw, decisa e sicura. Avanti.
Mi voltai di nuovo a fissare le coppie che ballavano.
-Sto benissimo, grazie. - dissi un po' troppo spavalda. Mai che ne combinassi una giusta!
-Non volevo offenderti. - mi disse lui.
In realtà non mi aveva offesa. Ero io come al solito a rovinare tutto.
Mi tirai in dietro i capelli con disinvoltura, passando la mano dalla fronte e percorrendoli in tutta la loro lunghezza. Me li portai davanti alle spalle, e mi voltai di nuovo. Trovai il coraggio di guardarlo negli occhi, anche se me ne pentii subito, perché quasi non sprofondai nel loro abisso.
-Io...non mi sono offesa. - tagliai corto.
-Ti posso invitare a ballare, angelo?
Angelo. Nessuno mi aveva mai chiamata così.
Rimasi a guardarlo mentre mi proponeva di ballare, con la mano destra avanti e la sinistra dietro alla schiena.
C'era qualcosa in me, che mi urlava di fidarmi di lui.
Proprio mentre stavo prendendo la sua mano con la mia, qualcuno mi strattonò e mi portò via con sé. In un battito di ciglia, mi ritrovai tra le braccia di un completo sconosciuto, ed ebbi voglia di prenderlo a pedate in quel posto.
-Cosa vuoi? - chiesi, irritata.
-Ballare con te, mi amor! - rispose questo sconosciuto dall'aria da pesce lesso.
E cominciò a parlare di non so che cosa. In realtà io volevo stare con quel ragazzo, quello dagli occhi oceano, volevo ballare con lui. Ma dov'era? Non lo vedevo più. Nonostante ballassi cercandolo continuamente con gli occhi, lui non c'era.
Forse se ne era andato.
-Si cambia il partner, mi amor, lo siento. - disse il pesce...il ragazzo. Dai lineamenti dedussi che potesse essere brasiliano, e il suo accento mi diede la conferma che non fosse di lì.
In ogni caso, era meglio rimanesse zitto.
-Come? - domandai disorientata.
-Devi ballare con un altro chico! - furono le sue ultime parole. Mi fece fare una piroetta e io rimasi lì, pensando alle sue parole, e pensando di sgusciare via, finché ero in tempo. Poi, qualcuno mi prese delicatamente tra le braccia e sussurrò: -Ti ho presa...
Era di nuovo il ragazzo misterioso.
Gli sorrisi. Non fui in grado di trattenermi.
Mi aveva trovata.
-Grazie. - gli dissi io.
-Di cosa?
-Per avermi cercata. Pensavo te ne fossi andato.
-Sono qui, invece. - e mi sferrò di nuovo quel suo sorriso particolare.
Tra le sue braccia stavo incredibilmente bene. Mi sentivo quasi protetta, lui mi guidava, io mi lasciavo guidare. I nostri sguardi si scrutavano a vicenda; io imparai a memoria ogni particolare del suo viso seminascosto, lui portò pazienza per la mia danza scadente.
A un certo punto si fermò, e io sentii le sue braccia avvolgermi più decise. Fui costretta ad avvicinarmi ancora di più a lui, e sentii un brivido percorrermi la schiena.
-Devi stare più vicina al cavaliere. - mi ordinò dolcemente.
Era una frase che avevo già sentito.
Mi staccai da lui. Non volevo e non potevo crederci, non poteva essere proprio... non doveva essere Ryan.
Cercò di riavvicinarsi.
-Ehi. - sussurrò, cautamente, con la sua voce molto, troppo sensuale, con il tono calcolato, per farmi cadere nella sua trappola...
-No! - quasi gli urlai in faccia.
Corsi lontano, perché non volevo mi raggiungesse. Non ero pronta ad affrontarlo, se era lui, non ci sarei riuscita...
Però lo desideravo, volevo stare tra le sue braccia, volevo mi chiamasse ancora angelo...
Raggiunsi la scala che mi aveva mostrato Mina, e, prima di arrivare in cima, mi voltai – sentivo che mi aveva seguita - e incontrai il suo sguardo.
Togliti quella maschera maledetta, almeno posso guardarti in faccia.
Le sue labbra si serrarono.
Continuai a salire le scale, sperando che si stancasse, sperando che mi lasciasse sola. Invece sentii i suoi passi veloci e furtivi avvicinarsi sempre di più. Ebbi paura, ebbi timore che mi facesse del male. Non fisicamente, sia chiaro.
Solo pensare che quel ragazzo fosse Ryan, mi stava provocando un vulcano di emozioni.
Quando arrivammo a un corridoio deserto, riuscì ad afferrarmi e mi appoggiò al muro, incastrandomi. Non avevo via d'uscita; il suo corpo aderiva al mio e con le mani mi serrava i polsi in una morsa di ferro.
Non lo guardai.
-Hai paura di me? - chiese, incredibilmente serio.
Continuavo a non guardarlo.
Mi strattonò senza troppo vigore e avvicinò più il viso.
-Hai paura di me? - sussurrò piano, come se stesse parlando a un gattino ferito.
Non risposi.
-Non devi averne. - mi rassicurò.
Ma io avevo già paura di lui. Mi aveva già strappato il cuore una volta, lo poteva fare di nuovo, quando voleva. Io avevo già ceduto al suo fascino, cinque anni prima...
-Ho paura di amare. - ammisi. -Ma non ho...paura di te. - mentii, continuando a fissare il pavimento.
-Perché mai dovresti aver paura di amare? - chiese lui.

 

And baby, everything that I have is yours
You will never go cold or hungry
I’ll be there when you’re insecure
Let you know that you’re always lovely
Girl, cos' you are the only thing that I got right now

 

E in quel momento lo riconobbi. Sì, era lui, non potevo più avere dubbi.
Il passato torna sempre a bussare alle nostre porte. Eccomi qui, Ryan, sono io.
-Perché...in passato...- mi fermai. Possibile che non volesse capire? Possibile che non riuscisse a capirmi?
-Voglio vedere chi sei. Togliti la maschera. - ordinai.
Sorrise in modo ambiguo, ma in quel momento, dovevo ammetterlo, mi sembrava più bello che mai.
-Toglimela tu.
Mi lasciò andare i polsi.
Piano piano, continuando a guardarlo negli occhi, la mia mano cercò la sua maschera. Arrivai a toccargliela. Poi esitai.
Sei davvero pronta ad affrontare tutto questo, Straw?
Al diavolo, mi era mancato da morire.
 
Ryan
 
Non avevo dubbi che fosse lei dal momento in cui la vidi scendere dalle scale insieme a Mina. Sì, lo avevo saputo fin dall'inizio, solo che ero troppo stupido per pensarlo concretamente. Il modo in cui si muoveva, il modo in cui parlava, quel dolce suo rossore quando le avevo ripetuto quella famosa frase: “devi stare più vicina al cavaliere...”
L'avevo stuzzicata chiamandola angelo, suscitando in lei chissà quali emozioni.
E ora eccola li, difronte a me, spaventata come un pulcino che viene al mondo e non sa cosa fare. I suoi occhi mi supplicavano di lasciarla andare, eppure il mio corpo non accennava a muoversi: rimaneva lì, a incastrare quello di lei, come per non farla andare via da me.
Con gli occhi praticamente ormai fusi nei suoi, con la mente che viveva, ora, con i pensieri di lei, lasciai che portasse le sue mani all'altezza della maschera, per toglierla e svelare la mia identità.
Ogni istante la sua mano si avvicinava sempre di più, finché arrivò a toccarmi la maschera. Avanti, Strawberry, sono qui.
Ma poi accadde qualcosa. Si fermò di scatto, e girò la testa. Aveva sentito qualcosa. Ascoltai meglio, e lo sentii anche io. Sembrava come qualcosa che veniva lanciato...
E poi il finestrone alla nostra destra si frantumò, e, verso di noi, stava arrivando una sorta di masso irregolare. Avevo paura, e quasi pensai fosse finita. Ma poi, leggera e veloce, Strawberry con il suo corpo protesse il mio, restando sopra di me, quasi abbracciandomi.
Desiderai che quel momento non finisse mai.
Le schegge di vetro erano sparse sopra e intorno a noi. Strawberry si alzò con cautela, rimanendo comunque sopra di me. I capelli le incorniciavano il viso sconvolto; i suoi occhi grandi guardavano in tutte le direzioni sperando di trovare una spiegazione a quello che era appena successo.
Sentimmo dei passi e entrambi ci voltammo di scatto dalla parte della finestra rotta.
Lì c'era la figura incappucciata, quella che aveva già ucciso quella povera ragazza.
Assassino.
 
Strawberry
 
Un secondo e quel masso schifoso ci avrebbe uccisi. Avrebbe ucciso me e...quel ragazzo, a cui non volevo dare un' identità precisa, benché i miei dubbi ce li avessi.
Ero sopra di lui, lo avevo protetto dalle schegge. Non avrei mai permesso che gli venisse fatto del male, in fondo, avevo ancora lo spirito di una mew mew.
Un altro passo, e un altro ancora. Io e il ragazzo ci voltammo all'unisono verso sinistra, e vidi comparire una figura incappucciata. Era stato lui a lanciare quella...cosa, e puntava a noi.
Mi trovai a fissare quell'uomo, stranamente coperto da un mantello nero che lo copriva interamente. Anche lui ci guardava, beffardo e divertito. A un certo punto, sentii qualcosa insinuarsi violentemente nella mia testa: la sentivo quasi scoppiare. Quegli occhi stavano aprendo un varco nella mia mente, si stavano costruendo una strada infernale per distruggermi.
-Strawberry. - Mi stava parlando. Quella bestia viscida stava parlando con me, nella mia testa.
-Sei tornata. - continuò. E io non potei fare a meno di notare quanto fosse estremamente dolce e calda la sua voce.
-Ora potrai scoprire di cosa siamo capaci. - in quel momento, la figura incappucciata alzò la testa e io riuscii a vedergli gli occhi. Una scintilla rosso sangue li attraversò quando incontrarono i miei.
Quell'uomo era Zero, colui che avevo sognato così tante volte.
Non mi lasciava andare. Sentivo il suo bisogno di farci del male, sentivo la sua perversione penetrarmi nel midollo. Si stava impossessando di me.
-Vattene. - gli dissi.
-Non potrai proteggere gli umani, piccola sciocca. Arrenditi.
-Vai via...- insistetti, e lui distolse lo sguardo. Mi sentii liberata da un peso di cento chili. Quasi non svenni.
Poi, Zero scappò via, con il suo mantello che lo rendeva simile a principe della notte.
O a un principe dei demoni.
Sentii le braccia cedere, il mio respiro affaticarsi. Caddi da una parte, ma qualcuno mi prese tra le braccia. Era quel ragazzo, quello che assomigliava a il mio Ryan.
-Andrà tutto bene, angelo. - mi sussurrò.
Non potei fare a meno di aprire gli occhi. Rividi quei lineamenti che avevo ormai imparato a memoria, e gli sorrisi.
-Ryan...- dissi, ormai sfinita. Non sapevo perché avevo detto proprio il suo nome, non volevo saperlo. Ma, in quel momento, era l'unica persona che avrei voluto accanto a me.
Le tenebre mi avvolsero, e sognai. Scappavo da qualcosa, qualcosa di indefinito, che alla fine riusciva a prendermi. Poi, questa cosa, mi poneva davanti a una scelta.
Dammi la tua vita, o dammi quella di Katherine.
Mi svegliai ore dopo, con i capelli appiccicati alla nuca per il sudore, in una delle stanze dell'albergo, e fui lieta di trovare Mina, china su di me, a ripetere: -Forza, tesoro, svegliati...

 

We’re made for one another
Me and you
And I have no fear
I know we’ll make it through

One day when the sky is falling
I’ll be standing right next to you

Right next to you.

 

.

 

.

 

.

La canzone che accompagna il capitolo è Right next to you, di Chris Brown.
Sono contenta di essere venuta prima del previsto perché sapevo che aspettavate il capitolo con tanta ansia. Spero di non aver deluso nessuno. Aspetto di sentire cosa ne pensate!
Come ho fatto con Katherine, vi lascio una mia personale idea di come potrebbe essere Zero ** Io me lo immagino un po' così, come l'attore Shiloh Fernandez, per gli occhi e soprattutto le espressioni che fa. Io più guardo i suoi film più ne sono convinta. E poi diciamolo, è un gran bel ragazzo XD
Un bacione enorme e ci sentiamo presto!
Vostra
Je <3

Image and video hosting by TinyPic

 
E sempre grazie a chi mi segue senza mai mancare...vi adoro! <3 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Ritrovarsi ***


Capitolo 13

Ritrovarsi

 

Strawberry
 
Cominciai piano piano a riflettere e a capire meglio dove mi trovavo. Non riuscivo a non pensare a cosa avessi appena visto nel sogno, nel quale qualcosa di indefinito mi chiedeva di sacrificarmi o di sacrificare Katherine, addirittura. Non potevano fare del male a Katherine. Non glielo avrei permesso. Quando aprii gli occhi e mi ritrovai in quelli della mia amica, cercai di togliere dalla mente i brutti pensieri.
-Sto bene. - mentii. Parlavo più a me stessa che a Mina.
-Grazie al cielo stai bene, Straw...ho preso una paura. Ma cosa diavolo è successo?
Avrei voluto tanto saperlo anche io.
-Non lo so, Mina. Ero...al primo piano con un ragazzo, stavamo parlando, e a un certo punto è comparso un masso che quasi non ci ha colpiti.
Mina mi fissò con gli occhi e la bocca spalancati, così continuai il racconto.
-Qualcuno volevo ucciderci, e lo voleva fare con questo sasso. Era diretto a noi, potrei scommetterci la vita.
-Quindi tu hai visto chi è stato.
-Non esattamente.-, dissi con una vena di rabbia. -Quel pazzo era incappucciato.
-Mio Dio...
-Dovrei dire agli agenti cosa ho visto. Feci per alzarmi, ma Mina mi bloccò.
-No, tesoro, ma sei matta? Gli agenti pensavano non ci fosse nessuno sul luogo del delitto, se dici che tu eri presente penseranno che sia stata tu.
Io a fare...cosa?
-Delitto? Ma di che cosa stai parlando?
-Straw, il masso che hai visto non era affatto una pietra.
E in quel momento capii perché quella cosa mi sembrasse così irregolare. Quel sasso in realtà era...
-Era un cadavere. - concluse Mina per me. Mi venne da vomitare.
-E' stato Zero...- mi lasciai scappare.
-Cosa? - chiese Mina.
-Voglio vedere il cadavere. - mi alzai e camminai veloce. Mi accorsi che il vestito si era rovinato in parecchi punti, e ci rimasi male.
Quella serata da sogno si era trasformata in una morte.
-Tesoro, fermati, ti prego! - mi strillava Mina, ma ormai dovevo sapere.
Arrivai nel corridoio nel quale non meno di qualche ora c'ero stata anche io, a un passo dallo scoprire la vera identità di quel ragazzo.
Dove sei?
Dovevo sforzarmi di non pensarci.
Vidi il corpo steso a terra, circondato da tutti gli indizi indicati dal gesso e dei paletti che tenevano su un nastro, oltre al quale non si doveva passare. Non c'era nessuno sul quel piano, i poliziotti probabilmente si stavano occupando di altro. Gli ospiti erano andati via.
-Se non fosse venuto alla mia festa...- cominciò Mina.
-Non ci devi nemmeno pensare, non è stata colpa tua. Io credo...che questa persona sia morta per errore. L'assassino puntava a fare del male a qualcun altro.
-A te...e a quel ragazzo con cui stavi?
-Penso di sì, ma non lo so. - dissi oltrepassando il limite delineato dal nastro. Mi chinai sul corpo e notai che sul collo aveva qualcosa di strano. Mi avvicinai con la mano a quel punto dove la sua pelle si schiariva di colpo, come a mostrare una mezzaluna...
-E' il quarto caso in una settimana. - disse una voce sconosciuta.
Ritrassi la mia mano non appena notai che era stato un agente della polizia a parlare. -Scusi, so che non dovrei essere qui. Ma...vede, ero talmente curiosa...- mi giustificai. Notai Mina che mi guardava con aria di rimprovero.
-Siamo tutti curiosi, signorina. Di fronte a una tale stranezza, chi non lo sarebbe? Comunque non tocchi il cadavere. Questione di impronte digitali.
-Ma cosa gli è successo? - chiese Mina.
-E'...completamente dissanguato. E presenta un morso sul collo. E' il quarto corpo che troviamo in queste condizioni, ma non sappiamo davvero come comportarci.
-Quale sadico impazzito arriverebbe a lacerare la carne con un morso? - chiese Mina più a sé stessa che all'agente. Ma lui rispose lo stesso. -Stiamo cercando in tutti i modi di rintracciare il DNA di chi provoca questi morsi, ma non ci riusciamo. Non capiamo perché...sembra che questa persona si diverta a lasciare un segno su chi uccide, come Zorro che lasciava una zeta dove agiva.
Sentivo la testa vuota, segno lasciato dallo scontro con Zero. Cominciai a sentirmi strana e soprattutto stanca.
-Mina, voglio andare a casa.
-Certo, ora ti chiamo un autista, aspetta un attimo. - E si dileguò per chiamare qualcuno che mi portasse a casa.
Diedi un'ultima occhiata al cadavere. Rabbrividii.
-Contro una minaccia del genere noi non possiamo fare niente. - disse alla radiolina l'agente. -No no, chiamami Walter e dì che vada lui...Questa cosa che uccide non è umana. Un uomo non è in grado di fare ciò...- poi la sua voce si spezzò, perché interrotta.
-Come dici? In terrazza? Arrivo subito. - disse alla radiolina.
Io sgattaiolai via.
Sulla via del ritorno, cominciai a pensare a tutto quello che era successo quella sera. Avevo incontrato un giovane meraviglioso, che mi chiamava angelo... poi, però, era scomparso, lasciandomi alle prese con un omicidio. Con una pazzia.
Mi chiesi, per la prima volta seriamente, dove saremmo andati a finire tutti quanti, dopo la morte. Ma quei suoi occhi blu, mi diedero la certezza di provare, almeno, ad andare avanti.
Ryan, se sei veramente tu, ti voglio ringraziare. E, ora più che mai, ti vorrei vedere, toccare, dannazione.
 
Ryan
 
Lei aveva pronunciato il mio nome, lo aveva detto chiaramente, mentre si trovava tra le mie braccia e io ero lì, a lottare contro me stesso per non permettermi di portarla via con me.
Se lo avessi fatto non sarei più tornato indietro, ne ero sicuro.
Così l'avevo portata da Mina, e, a malincuore, mi ero dovuto separare da lei. Non ero così sicuro che l'avrei rivista.
-Proteggila, io mi devo occupare di una cosa. - avevo detto a Mina.
-Tu...eri con lei. - aveva mormorato.
Non l'avevo guardata negli occhi, quando poi avevo sussurrato: -Devo andare.
 
E ora ero lì, alla disperata ricerca di quella figura sinistra che era stata vicina all'uccidere sia me che Strawberry.
I corridoi infiniti mi portarono ad una terrazza, e fu li che lo rividi. Come quella volta, non riuscivo a vederlo bene per il mantello, ma non avevo dubbi, era lui l'assassino.
-Shirogane. - Il tono di voce che aveva usato per chiamarmi faceva venire i brividi alti un chilometro e mezzo. Mi ricordai della pistola.
-Mi hai trovato. -annunciò. -Dovresti avere paura adesso...guarda cosa ho fatto.
-Sei un fottuto pazzo.
-Sto solo cominciando la mia vendetta, Shirogane. E tu non potrai fare niente per fermarmi.
-Lo vedremo. - tirai fuori la pistola e, senza nemmeno pensare, mirai alla spalla e sparai.
La figura fu emise un gemito e si abbassò; inginocchiandosi, si portò una mano alla spalla e se la strinse forte.
Lo sentii ridere. Prima solo con qualche ghigno, poi divenne una risata sonora, che aveva un che di malefico.
-Non puoi uccidermi. - mi disse.
E io quasi impallidii. Quel colpo di pistola gli aveva procurato un graffio si e no. Merda. Ora mi avrebbe ucciso. Sentii la fronte sudare freddo e le gambe tremare.
-Per ora non ti ucciderò, Shirogane, non stanotte. Non ne vale la pena, qui non ti vedrebbe cadere nessuno. - disse, e poi scomparve, di nuovo.
Mi trovai a fissare il punto nel quale era scomparso per infiniti momenti, con la testa vuota e il cuore pulsante.
Poi una voce ruppe il silenzio.
-Lei è Ryan Shirogane? - chiese un agente.
-Sì. - risposi.
-Deve venire con me, alcuni testimoni hanno detto di averla vista sul luogo del delitto. Potrei arrestarla. - disse il tizio con voce ferma.
Maledizione. -Ha sbagliato persona, agente. - dissi sicuro.
-Venga con me senza obbiettare, signore, o le metto le manette. - annunciò lui con altrettanta decisione.
La polizia non vedeva l'ora di sbattere dentro qualcuno, per quel dannato caso, e chi meglio di Ryan Shirogane, più volte coinvolto in risse e problemi con la legge? Mi prese un braccio e mi trascinò in una stanza buia e sporca. Avrei voluto urlargli che sapevo camminare da solo, ma mi trattenni.
-Allora, Shirogane, cosa stava facendo nella sala dove abbiamo trovato la vittima, proprio nel momento in cui è stata uccisa?
-Vuole arrivare ad incastrarmi, agente, ma, mi spiace per lei, non sono stato io.
-Ci sono testimoni che possono provare la sua presunta innocenza? - domandò l'agente avvicinandosi.
Mi sentì autorizzato a sostenere il suo sguardo. Non sono stato io, idiota, comincia a rincorrere quel pezzo di merda sui tetti, avrei voluto urlare lui. E' stato un demone.
Sì, certo. Mi avrebbero sbattuto in manicomio.
Non potevo coinvolgere Strawberry, avrebbero interrogato anche lei. Se i testimoni avevano visto solo me – il che era strano - lei era al sicuro. E quello mi bastava. Ma poi capii. Probabilmente era stato quell'uomo incappucciato a fregarmi. A dire agli agenti che sul luogo del delitto c'ero solo io. Voleva vedermi fuori gioco? Beh, gli avrei dimostrato che ci sarebbe voluto ben altro per incastrarmi.
Abbassai la testa. -No, non ci sono.
-Allora la devo arrestare, lo sa?
Non risposi.
-Bene, stanotte penso si farà una bella gita in caserma...e domani, convocheremo tutte le persone della festa a testimoniare. Le giuro, Ryan, che se è stato lei, la sbatto in prigione per il resto dei suoi giorni.
Sorrisi tra me e me.
-Lo trova divertente, signore?
-Trovo che chi dice la verità non ha paura. - risposi semplicemente.
 
E quella sera, tre persone dormirono malissimo. Ryan nella sua cella improvvisata, mentre pensava alla sua Strawberry. Mina, nel suo letto comodo e lussuoso, si sentiva in colpa per quello che era successo alla sua festa. E Strawberry, che si addormentò in un primo momento pensando alla dolce Kathrine, fu svegliata da un incubo sul ragazzo misterioso che aveva incontrato.
Quella notte, quei tre ragazzi, si sentirono tremendamente soli.
 
Strawberry
 
Il mattino dopo la festa mi svegliai distrutta e stordita. Mi lavai la faccia e i denti, ma non mi sentivo motivata a fare niente. Avevo semplicemente voglia di dormire, ero stanca. Ma poi, suonò il telefono.
-Ciao, Mina. - risposi.
-Ehi. Scusa se ti ho svegliata.
-Ero già in piedi, non ti preoccupare. - dissi abbozzando un sorriso. Mina era l'unica persona che avrei voluto sentire, in quel momento.
-Senti, non voglio spaventarti, ma devi venire da me. Si tratta della festa di ieri sera.
-E' successo qualcosa? - chiesi.
-Ti dirò dopo, sai che non mi piace parlare di cose serie al telefono. - tagliò corto.
Automaticamente mi alzai dal letto. -Arrivo.
 
Poco dopo mi ero già precipitata in strada. Arrivata davanti alla sua casa, lei uscì dal cancello.
-Hei, dove andiamo? - chiesi io. Mina mi abbracciò forte. -Strawberry, ciao...dobbiamo andare in caserma. Hai presente l'agente Gilbert? Quello di ieri...ha chiamato tutti gli invitati alla mia festa in caserma e intende fare un interrogatorio collettivo, una specie di assemblea...
Strabuzzai gli occhi e sciolsi l'abbraccio.
-Mi spiace di questa improvvisata. Tutto bene?
-No, è che è una cosa che mi spaventa, devo essere sincera. Le assemblee collettive non si fanno per i reati di poco conto, poi? Ieri c'è stato un omicidio.
-Lo so, tesoro, infatti me lo sono chiesta anche io. Ma credo che in realtà la polizia non sappia che pesci prendere e allora ci chiama là per far qualcosa.
Ero ancora più confusa di prima. Mina mi prese per mano e mi sorrise. -Dai, andiamo.
 
Poco dopo eravamo insieme dentro la caserma. Lì attendevano molte altre persone, tutte già incontrate alla festa.
Poi un agente venne fuori da uno stanzino.
-Tutte le persone convocate per la festa si dirigano nella sala riunioni a due isolati da qui. Gli interrogatori avranno luogo a breve. - disse.
La gente cominciò a uscire.
-La sala riunioni? - chiesi a Mina.
-Penso sia dove fanno gli interrogatori collettivi. - rispose lei.
Una volta entrate, io e Mina prendemmo i posti più lontani. Sembrava di aspettare l'inizio di una rappresentazione teatrale. Solo che l'atmosfera era ben diversa: gli sguardi tesi, pronti ad affrontare ogni particolare.
Poi, dalla sala non si levò più un sussurro. Tutti tacquero quando nella parte del palco della sala fece la sua entrata un agente, seguito da un poliziotto di maggior importanza.
Lentamente, avanzò anche un altro uomo. Era triste. Ma non furono questi particolari a rapirmi.
Quell'uomo era Ryan.
 
Mille e mille volte ho sognato di rivederti, e mille e mille volte l'ho fatto vedendoti di fronte a me, cambiato, cresciuto. Ti vedo e vedo un uomo, Ryan, un uomo bellissimo. Ma devo ammettere che non immaginavo di incontrarti in queste circostanze, dove tu sei l'assassino e io sono colei che ti deve giudicare.
Il cuore si spacca.
Sei necessario come lo è l'aria da respirare, per me. Quindi prova a immaginare quanto tu mi sia mancato.
Sentii Mina prendermi la mano, la guardai, e i suoi occhi mi chiedevano, muti: Stai bene? Non fare pazzie. Cazzo, hai visto quanto è cresciuto?
Ma io stavo bene. Stavo benissimo. Rivederlo mi aveva sempre spaventata, ma, ora che ero lì, a pochi passi da lui, non temevo più nulla. Anzi, inconsapevolmente, mi venne voglia di piangere dalla gioia.
Era il ragazzo della sera prima. E fui grata a me stessa di non avergli tolto la maschera. Affrontarlo dapprima da lontano sarebbe stato più facile per entrambi.
I miei occhi non si staccarono più dal suo viso, ma lui non si accorse di me. Era spaventato, lo notai subito.
Ma io e te sappiamo la verità, Ryan, non temere.
Agenti e avvocati seduti in prima fila lo sconvolsero di domande. Lui non sapeva rispondere alla maggior parte delle quali, semplicemente perché non era l'assassino.
Vi prego, lasciatelo andare.
Mi sentii impotente. I poliziotti dicevano che i testimoni avevano visto solo lui, in quel corridoio, ma, dannazione, c'ero stata anche io con lui. Dovevo fare qualcosa.
Non è giusto.
Un agente si avvicinò talmente tanto a Ryan da potergli quasi sfiorare il naso con il suo.
-Non abbiamo più scuse, eh Shirogane?
Ryan abbassò lo sguardo.
Lo stavano umiliando davanti a tutti.
Non è giusto.
-Non sono stato io. - ripeté lui per forse la centesima volta.
-Allora dove sono i testimoni? Chi può dirci con certezza che non sia stato lei?
Quasi gli sputava in faccia.
Non è giusto.
-Io! - urlai alzandomi in piedi. -Io ero con lui, e so per certo che non è l'assassino!
Sentii Mina avvampare vicino a me.
I miei occhi cercarono lui. Alzò lo sguardo lentamente, fino a trovare il mio. Dio, era proprio come lo ricordavo. La dolcezza dei suoi lineamenti perfetti era disarmante.
Notai con piacere che era davvero cresciuto. Era diventato un uomo. Un uomo bellissimo.
Una pioggia di fitte lacrime cominciò a spargersi sul mio volto, e io non trovai più la forza di rimanere lì. Mi fissavano tutti, e tutti erano increduli, ma anche stupiti dalla forza che una donna apparentemente così fragile sapeva dimostrare.
Uscii dalla sala, piangendo e correndo insieme.
Averti rivisto mi può far morire di gioia, Dio.
.
 
.
 
.
*Il tipo di assemblea che ho citato sopra non credo che esista, ma ho pensato sarebbe stato più veritiero riunire tutte le persone della festa in modo che nascesse una specie di interrogatorio. 

Avevo promesso di venire prima, lo so, e mi dispiace. Spero di rimediare con questo capitolo.
Grazie davvero a tutte voi che ci siete sempre, a chi segue, chi ricorda, e chi addirittura preferisce. ** Se sono arrivata fin qui è grazie a voi. 
Un Abbraccio,
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Here I am. Don't you see me? ***


Capitolo 14

here I am. Don't you see me?

 

Strawberry

 

Corri. Dannazione, corri Straw. Altrimenti ti prendono, o meglio, tu ti lasci prendere dalle emozioni. E non mi importa se il tuo cuore scoppia, non più. Perché in ogni caso non sarebbe niente paragonato al momento in cui l'hai visto.
 
Queste erano le parole che mi ripetevo freneticamente, mentre lasciavo la sala correndo all'impazzata.
Non badavo alla gente che mi fissava. Non badavo alle lacrime che volevano uscire a tutti i costi. Pensavo solo ad uscire da quel tunnel che mi ero creata. Dovevo andare lontana da lui, impedire che mi vedesse, che mi parlasse. E basta.
Ma un certo punto fui costretta a fermarmi. Sentivo il cuore in gola e le gambe molli, affaticate. Mi misi una mano sullo stomaco e strinsi i denti. Respiravo velocemente, i miei polmoni non vedevano l'ora di prendere tutta l'aria possibile.
Dopo alcuni istanti, il mio corpo si rilassò, e ricominciai a sentire il mio cuore battere regolarmente.
Forza, mi dissi. La forza era tutto ciò che dovevo avere.
Cominciai a camminare, piano. Ma in poco tempo mi accorsi di aver sbagliato strada: quella zona della città non la conoscevo. Mi circondavano palazzi alti, così bigi che parevano abbandonati, con le finestre rotte, rovinate e sporche.
Ero sola. Sola in una specie di quartiere sconosciuto e buio. Sentii qualcosa sfiorarmi la caviglia e mi girai di scatto. Ebbi paura.
Non trovai nessuno. O almeno, non alla mia altezza. Al livello della mia caviglia c'era un gatto rosso dagli occhioni gialli. Mi chinai ad accarezzarlo.
Scappa, disse qualcuno.
Mi alzai di scatto. -Chi c'è? - chiesi. Nessuna risposta.
Tornai a guardare il gatto. Possibile che mi avesse parlato lui? Era da almeno cinque anni che non capivo il linguaggio felino. Non mi sembrava possibile.
-Sei sola? - chiese alle mie spalle la voce di un ragazzo.
Mi girai e lo vidi. Sembrava uno dei quei bulli usciti dai film, con i capelli sparati, gli occhi circondati da occhiaie spaventose.
Mi sentii male per lui.
Si avvicinò e tentò di prendermi la borsa. Dentro avevo tutto, compreso il cellulare. Cominciai ad ansimare.
-Dammi la borsa. - ordinò il delinquente, facendomi vedere che in mano aveva un coltello.
Ritentò di prenderla ma io mi scansai. Feci un lungo passo indietro, convinta di scappare. Invece spuntò fuori un altro uomo. Era più grosso del primo ed incredibilmente alto. Riuscì a prendermi un braccio, quello libero dalla borsa.
-Vieni con noi, bambolina. - disse strattonandomi.
-Lasciami. - risposi con voce ferma.
Strinse la presa e io vidi le stelle.
Con l'altra mano lo graffiai. Lui mi lasciò andare gemendo.
-Ahi! - gridò, e si guardò il braccio. Rimanemmo scioccati in tre. Era reciso da quattro segni rossi indelebili, dai quali usciva un po' di sangue. Unghie umane non possono lasciare segni del genere, pensai, ma evidentemente quei due non ci fecero caso.
-Vieni qui, puttana. - cercò di prendermi con il suo braccio enorme, ma io scappai di lato.
-Ferma, non ti facciamo niente. - mi diceva l'altro sempre agitando il suo coltello.
Fui sul punto di urlare.
Mi stavano spingendo sul muro a ogni passo sempre di più. Non sapevo cosa fare, non avevo armi. Avevo un telefono, ma non potevo usarlo.
Ebbi paura che mi volessero violentare. Preferivo morire. Piuttosto uccidetemi, pensai.
Il tizio piccolo puntò l'arma contro di me.
-Io prendo la borsa. - disse.
-Io qualcos'altro. - rispose malizioso quello grosso.
Guardai altrove e chiusi gli occhi.
Avevo un secondo prima della fine. Così, pensai a lui.
Credo di amarti, Ryan, pensai. Perdonami per quello che ho fatto, se puoi.
Poi udii un rumore sordo. Sembrava che qualcuno avesse colpito qualcosa. Aprii gli occhi e trovai l'uomo piccolo a terra. Era stato steso da un pugno.
Fui colpita da un'ondata di conforto.
 
Ryan. Era Ryan che aveva dato un pugno a quel ragazzo.
Ma ora doveva vedersela con quello enorme. Provò a dare un pugno anche a lui, ma senza successo. Il rivale rimase immobile, e sulla sua faccia comparve un ghigno sadico. Lo avrebbe ucciso. Il tizio prese Ryan per la gola e lo sollevò leggermente. Non poteva competere, no. Devo fare qualcosa.
Mi scagliai sull'uomo e cominciai a graffiarlo, a picchiarlo, o, ecco, cercai per lo meno di distrarlo. Ma era troppo grande, troppo forte.
-Lascialo! - ordinai.
L'uomo lasciò cadere Ryan per terra e prese me dai capelli. Li sentii strapparsi e desiderai urlare con tutte le mie forze, ma l'unica cosa che mi uscì dalla bocca fu un gemito.
Mi sbatté al muro. -Pensavi di fare la furba, eh?
Urlai. Lo temevo. Avevo davvero paura di morire.
La mano che non mi teneva i capelli raggiunse il collo. Vidi nei suoi occhi il desiderio perverso di immergersi nella mia scollatura. Cominciai a dargli delle sberle, ma sembrava come picchiare il muro. Ci si faceva male da soli.
A un certo punto mi arresi. Lasciai cadere le braccia e mi sentii debole, incapace di andare avanti.
Poi tutto cambiò. Ryan comparve da dietro la schiena dell'uomo e gli mise il coltello all'altezza della gola. -Toccala ancora e ti uccido, bastardo.
Mi lasciò andare, e io caddi a terra in ginocchio. Vidi l'uomo scappare via mentre Ryan teneva lo sguardo costantemente puntato su di lui.
Poi si girò verso di me.
-Strawberry...
-Ryan no...- cercai di dirgli, ma lui si piegò e mi abbracciò, lanciando via il coltello che teneva tra le mani, avvolgendomi con il suo corpo caldo.
-Vieni qui. - mi ordinò, facendo aderire il suo petto al mio viso, e io gioii nel risentire il suo profumo. Calde lacrime scendevano dai miei occhi. Ma con lui lì, non avevo più paura.
Non so perché, ma alzai gli occhi. L'altro ragazzo.
-Ryan! - gridai, ma ormai era troppo tardi, l'altro delinquente aveva ferito Ryan al livello del fianco con il coltello e poi colpito forte alla testa.
Ryan gemette e si accasciò. Io mi alzai e diedi un calcio potente a quell'uomo, facendolo barcollare. Cercò di rispondere al colpo, ma mi sentivo leggera e lo evitai.
Tecnicamente, era più vicino lui a Ryan che io.
Con un colpo di polso deciso, riuscii a prendere dalle sue mani il coltello, salii a carponi sul corpo di Ryan, senza aderirvi. Gli stavo solo molto vicina, e mi sentii come una leonessa che protegge i suoi piccoli. Puntai il coltello verso quel pazzo e dissi: -Vattene. Semplicemente.
I suoi occhi mi sfidarono. Ma lui non avrebbe fatto del male a Ryan ancora, mai. Avrebbe dovuto letteralmente passare sul mio corpo.
In fine, arreso, anche lui se ne andò.
Lasciai cadere il coltello. Presi Ryan tra le braccia, il mio viso era sopra il suo. Il suo petto si alzava e si abbassava con fatica.
-Devo chiamare aiuto. - dissi guardandolo.
La sua mano cercò la mia e la portò sul suo cuore. Era debole.
-Non andare via da me, angelo.
Angelo.
Sei tu, allora. Sei tu. Ti stavo cercando, cavaliere misterioso.
-Mai. - promisi. -Ti porto via.
-Non voglio andare in ospedale. - mi confessò.
-Ma come faccio a...
-Ti prego. - mi implorò. Tenevo la mia mano sotto la sua testa per sollevargliela. Appoggiai la mia fronte alla sua. I suoi occhi nei miei, il mio mondo nel suo.
-Ti salverò Ryan, costi quel che costi.
Chiuse gli occhi.
-Grazie, angelo. - rispose fievolmente.
 
Era ora di agire.
Decisi di chiamare Mina.
-Tesoro, ti chiamo da mezz'ora. Dove sei? - mi rispose lei, ansimando.
-Sono...in piazza di Santa Barbara. O non lo so...- ero leggermente scossa, si capiva dalla voce.
-Cosa ci fai lì? Mio fratello una volta è stato picchiato in quel posto...
-Puoi venire?
-Arrivo. E' successo qualcosa?
-Sì, ho bisogno d'aiuto. Ti prego, Mina...- in quel momento trattenni le lacrime come mai avevo fatto in vita mia.
-Sono già per strada. Respira, Straw, andrà tutto bene.
Mise giù e io aspettai china su Ryan, che ormai aveva perso conoscenza.
Ti prego, Signore, fa che si salvi.
I minuti che seguirono furono interminabili, la mia amica sembrava non arrivare mai. Poi, finalmente, la vidi.
-Cosa è successo? - chiese mentre correva verso di noi.
-Ti spiegherò. - risposi veloce, -Ora lo dobbiamo portare via di qui.
Tamponai con un fazzoletto la ferita. Non era molto grave, o almeno io pensavo fosse così. Non ne sapevo niente di ferite, io. Ero spaventata. Dio, dovevamo fare presto.
-Un ospedale? - domandò Mina in un modo sarcastico, come a dire: non ci arrivi da sola?
-Non vuole. - dissi quasi seccata.
-Non vuole? Non vuole? Avanti Straw, non essere ridicola...
-Odia gli ospedali. E io non ce lo porto contro la sua volontà.
-Allora dammi il suo telefono. Il suo portafoglio...e magari...- si fermò a pensare.
Frugai nelle sue tasche e trovai tutto.
-Sai guidare, Straw?
-Sì, a Londra ho preso la patente. Perché?
-Dovrai guidare fino a casa di Ryan, lo portiamo lì.
 
-La sua macchina è parcheggiata di fronte alla questura. E' a pochi minuti da qui - disse Mina. In un momento folle mi chiesi perché lei sapesse che macchina aveva lui e io no.
-Devi cercare una R8 bianca... è un Audi sportiva e lussuosa. Non puoi sbagliarti. Io intanto rimango qui.
Mi misi a correre come mai in vita mia. Mi sentivo frustata, sì. Per Mina, che sembrava non capire. Per me, che dovevo arrivare chissà dove per la macchina. Rischiavo di arrivare tardi.
Troppo tardi, magari?
Trovai la questura. Eccola lì, una macchina super lussuosa mi aspettava davanti all'edificio. Mi spaventava, ma quel mezzo era la mia unica salvezza.
Mi infilai dentro il veicolo e girai la chiave. Il motore rimbombò con un potente ruggito, e io mi sentii leggermente osservata. Partii a tutto gas senza preoccuparmi troppo dei semafori e delle precedenze. Strano, perché di solito per la strada ero piuttosto ordinata.
Ma la mia unica precedenza era Ryan, in quel momento.
Una volta arrivata, io e Mina lo portammo di peso in macchina, insieme. Mina mi spiegò dove abitasse; in quel momento non cercai nemmeno di scoprire perché lo sapeva. Avevo solo fretta.
Partii.
Mi sentivo stupida. Ryan non voleva gli ospedali. Stava sanguinando. Era in macchina con una che non sapeva nemmeno dove abitasse, cosa dovesse fare con le ferite e come comportarsi una volta arrivata a casa.
Cominciai a sentire il bruciore delle lacrime. E' colpa mia, sì, è colpa mia...
Poi la vidi, una villa grande, circondata da un muretto con un cancello nero a ventaglio. Era lei, corrispondeva alla descrizione.
Eccola li, villa Shirogane.
Solo a pensarci, un brivido mi percorse la schiena.
-Angelo? - chiamò Ryan dai sedili posteriori. -Come stai?
Presi paura, non me lo aspettavo. Si era svegliato!
-Come sto io? Come stai tu, invece...- Mina non si voltò mai, continuava a fissare la strada.
-Io sto bene...adesso che so che sei qui con me.
Mi sentii avvampare.
Aprii la portella dell'auto e con l'aiuto di Mina lo caricai in spalle, ma poi lei mi disse che avrebbe chiamato qualcuno che ci avrebbe aiutati, così scomparve in casa sua.
Ryan aveva la fronte madida di sudore e i capelli gli si erano tutti appiccicati sul viso. Soffriva, era chiaro.
-E' colpa mia; Ryan, io...- io...cosa? Dispiacerti non serve, Straw.
-Shhh. - disse arrivando con una mano alla mia bocca. Con il pollice mi sfiorò le labbra. -Non preoccuparti, angelo. Andrà tutto bene. Mi aiuti a entrare?
-Ce la fai? - chiesi ancora un po' stordita.
Con lui appoggiato a me, percorremmo tutto il vialetto – e che razza di vialetto – fino ad arrivare davanti a casa.
Poi però, qualcosa ci passò davanti. Ryan urlò, e io mi ritrovai a non sapere perché, come, ora Ryan si trovasse per terra e ansimasse.
Sembrava che qualcuno lo stesse torturando.
-Vattene! - urlava tenendo gli occhi chiusi.
-Ryan! - lo chiamai disperata. Non apriva gli occhi.
Ed eccolo. Davanti a me, ricomparve Zero.
Anche lui si piegò per avere il viso alla mia altezza.
Stavolta lo vidi, anche se portava il cappuccio. Era stranamente bello. Di una bellezza sconvolgente, pura. Aveva capelli talmente scuri da sembrare più neri delle notti senza luna. Gli occhi erano grigi a sfumature viola, di un colore inesistente.
Ma che cosa sei?, mi ritrovai a pensare.
-Sono il tuo incubo. - mi rispose lui.
Leggeva i miei pensieri.
-Io so tutto di te, Strawberry. - disse con voce persuasiva. La sua solita voce sensuale che mi spaventava a morte.
-Unisciti a me, e potrai salvarlo. - continuò.
Era evidente che parlasse di Ryan. Mi rifiutavo anche solo all'idea di avvicinarmi a quella creatura spaventosa.
Mi toccò la guancia con la mano. Era ghiacciata, ma le sue dita erano lunghe, affusolate, quasi rassicuranti.
Il suo viso si avvicinò pericolosamente, e io, prontamente, lo graffiai sulla guancia.
-Hai ragione...non è ancora giunta la tua ora.
Voltò la testa e mi ritrovai a fissare due cerchi rossi. I suoi occhi avevano cambiato colore.
-A presto, Strawberry. - mi disse delicatamente.
L'aura nera che ci aveva circondato fino a quel momento scomparve. Ryan ansimò, come se fosse tornato fuori dall'acqua dopo esserci stato senza mai respirare.
Improvvisamente, dalla porta d'ingresso comparve Mina con un signore molto anziano. Non lo avevo mai visto, ma si protese a prendere Ryan tra le braccia e pensai subito che dovesse essere un suo domestico, o qualcosa del genere. Poi il mio mondo diventò buio. Vedevo nebbia, e non sentivo nulla, tranne il mio nome ripetuto all'infinito, più e più volte, e un freddo che cancellava ogni vana speranza di rivedere Ryan prima che le tenebre mi inghiottissero del tutto, lasciandomi priva di sensi e disperata.
Zero aveva cercato di possedere Ryan davanti ai miei occhi. Ecco, fin dove arrivava la sua perversione.
.

 
.

 
.

 

Oddio, oddio, oddio si sono incontrati. Ecco che sveniamo tutte insieme...XD
Tesori miei, spero di non aver deluso nessuno con questo capitolo. Se l'ho fatto ci tengo che me lo diciate...io, personalmente, vedo il loro ritrovo così: burrascoso, pieno di inconvenienti ma sotto sotto, dolce da morire.
Vi chiedo scusa per gli errori...sono inconsapevoli! Io li cerco e mi impegno tanto per limitarli ma scappano sempre. Ringrazio davvero di cuore Lelaiah, che ogni volta me li fa notare (tranquilla cara che non rompi le scatole!)
Un bacione grande,
Vostra
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Surrender ***


Capitolo 15

surrender

 

Do you really think it is weakness
that yields to temptation?
I tell you that there are terrible temptations
which it requires strength,
strength and courage to yield to.
.
.
.
The only way to get rid of a temptation is to yield to it.
Oscar Wilde
Ryan
 
Una viscida serpe si stava intromettendo nei miei pensieri, stava girovagando indisturbata nella mia mente rendendomi vulnerabile e cieco. Non vedevo niente. Vedevo solo buio, disperazione...eppure ero convinto di aver raggiunto l'apice della felicità, anche solo per averla stretta tra le mie braccia solo un po'.
Solo per un po', dannazione.
Quel serpente era un demone della notte. Voleva il mio corpo, la mia mente. Si stava impossessando di me. E io cercavo di reagire, urlavo. Ma non capivo se fossero urla immaginarie o vere. Mi sentivo estraneo al mio corpo.
Di mio, sentivo solo lei.
-Ryan, ti prego, apri gli occhi.
Qualcuno mi parlava. Perché devo svegliarmi? Non capisco, non ne vale la pena.
-Ryan...
Un sospiro, qualcuno accanto a me che piange.
Cominciai a sentire meglio i rumori e i profumi. La serpe sembrava essersi dileguata. Piano piano riacquistai il controllo del mio corpo, e di conseguenza percepii chiaramente il dolore. Acuto e pungente, esattamente sul fianco destro. Cazzo se brucia.
Ma non importa, ora devo aprire gli occhi. Sì, devo farlo. E poi ho patito di peggio.
Come averla perduta, ad esempio.
-Sta aprendo gli occhi. - disse lei.
Sì, li stavo aprendo. Ed eccola lì, vicino a me. Io disteso sul letto, lei con gli occhi fissi sul mio viso. Non sembrava tranquilla.
-Ha gli occhi chiarissimi...- disse, spaventata. No, no amore mio non temere. Sono qui, sono io...non aver paura.
Apparve un'altra figura. La riconobbi, era il mio maggiordomo.
-C'è qualcosa che non va. - mormorò.
Sono qui, va tutto bene, non mi vedete?!, avrei voluto urlare. Ma non riuscivo a pronunciare nessuna parola.
-Mi sente, Ryan? - chiese Gerard.
Strawberry, amore mio, no, non andare via.
-La perderai. - Di nuovo quella voce nella mia testa. -Morirà come tutti gli altri.
-Strawberry...- riuscii a pronunciare.
La fitta che ricevetti fece molto male. Ma sentii il mio petto liberarsi da un peso enorme. Se n'era andato, finalmente. Quella serpe viscida mi stava abbandonando per la seconda volta.
L'ultima cosa che vidi furono occhi limpidi color del cioccolato, poi il mio mondo tornò buio.
 
Zero
 
Crack. Come una fitta alla schiena. Di nuovo crack, ed ero uscito dal corpo di Ryan.
Sia lui che Strawberry erano difficili da possedere. Beh, lui più di tutti. Non mi era mai successa una cosa del genere, soprattutto dopo essermi appena nutrito.
Feci scrocchiare il collo, frustrato. Un brivido mi percorse la schiena. Aprii gli occhi e non mi trovai più a fissare quei due umani, Strawberry e quel vecchio che si preoccupavano per il biondo, no: ero completamente fuori dal suo corpo, in uno dei palazzi più alti di Tokio. Respirai a fondo.
Non mi era mai capitato di fallire, perché quando volevo entrare nel corpo di qualcuno lo facevo e basta. E di solito, quel qualcuno si lasciava possedere. Ma quei due no. Dentro di loro, non ero riuscito a ricavare alcuna informazione utile, niente di niente che potesse aiutarmi, farmi credere che andasse tutto bene e che ero riuscito ad andare fino in fondo, come sempre.
Ma non c'era tempo di riflettere, perché sentii il suo profumo.
 
-Hai ucciso stasera, fratello. Non dovevi. - disse una voce femminile.
-Ho sbagliato, Valerie, forse, a prendermi ciò che è mio di diritto? - chiesi, alzando la testa. A pochi passi da me, c'era mia sorella.
-Non davanti a tutte quelle persone. Non ad una festa.
-Era un inutile umano...- accennai un sorriso.
-Cosa hai cercato di fare, stasera? - mi chiese lei.
-Di uccidere un ragazzo che potrebbe darmi filo da torcere. Insieme alla sua bambolina, che è anche peggio.
Mi mise una mano sulla spalla e mi costrinse a guardarla.
-Non ci sei riuscito - disse.
-No. Ma ho capito tante cose...stanno tornando. Anche se non se ne rendono conto, stanno tornando ad essere com'erano una volta. Guarda. - dissi a Valerie, mostrandole il graffio che avevo sulla guancia.
-Cos'erano una volta?
-Delle guerriere, penso. Con dei poteri speciali. Il loro compito era quello di...purificare il mondo dalle guerre.
Mi toccò il graffio.
-Si rimarginerà subito. Ho bevuto tanto, stasera - mi giustificai.
-Zero...tu lei vuoi eliminare.
-Sì.
-Perché sono le uniche che potrebbero ostacolarti nella...riconquista del pianeta. - dedusse.
-Sì.
-E se eliminassero loro te, una volta riacquistati i poteri?
Presi le sue mani fra le mie.
-Non succederà. Le cancellerò, e porterò la nostra stirpe di nuovo al potere.
Mi guardò con i suoi occhi buoni, troppo buoni.
-Quelli di ieri sera e oggi pomeriggio sono stati solo dei giochi - continuai. -E' ora di smettere di giocare.
Bramavo vendetta. Desideravo vincere, al più presto.
-Li attaccheremo domani, in modo che non avranno il tempo di organizzarsi.
Sentii il sangue ribollirmi nelle vene.
-Verrò con voi. - promise Valerie.
 
Strawberry
 
Non pensavo ci si potesse inorridire così tanto. Beh, io lo avevo appena fatto.
Di fronte a Ryan, che si dimenava sul letto come se dentro di lui ci fosse qualcosa. O qualcuno.
Zero aveva tentato di possederlo. Di impadronirsi del suo corpo, Cristo.
E, quando aveva aperto gli occhi, invece di vedere due cerchi blu oceano, avevo visto due sfere di un celeste così chiaro da sembrare trasparente. Un celeste estremamente simile alle iridi di Zero.
Non so cosa quel demone volesse da noi, ma aveva tentato di ucciderci, di impossessarsi dei nostri corpi. E io mi sentivo ogni istante sempre più strana.
Attendevo che Ryan si risvegliasse, di nuovo. Andavo avanti e indietro per la sua camera da letto, incapace di sedermi. Continuavo a pensare ai graffi che avevo lasciato sulla pelle del malvivente e di Zero.
Graffi da gatto, profondi, inconfondibili.
E poi riflettei. Io ero stata una mew mew. Non potevo esserci ricascata? No, impossibile.
Eppure...
Desiderai cercare il simbolo che dimostrava cosa fossi, nella parte interna della gamba destra. Ma...non ne avevo la forza.
Alla fine cedetti e mi appoggiai sul letto dove Ryan stava riposando. Osservai i muscoli del suo viso, tesi per il dolore provocato dalla ferita.
Il mio cuore accelerò i battiti.
Era bello da impazzire. Più di quanto mi ricordassi. Il tempo non aveva cambiato niente, del suo bel viso: la bocca piccola ma seducente, il labbro superiore che sporgeva un pochino di più di quello inferiore, le guance arrossate in perfetta sintonia con la pelle diafana, e poi i suoi capelli, dorati come il sole. Mi morsi il labbro e sorrisi, impaziente. Mi sei mancato così tanto.
Chiusi gli occhi. Mi godevo un po' di pace, vicino a lui, finalmente.
Gerard era stato bravo ad occuparsi di tutto. Veloce come non mai, aveva sistemato la ferita di Ryan con molta tranquillità.
In realtà, avevo scoperto che da giovane aveva studiato per diventare medico, ma che poi aveva rinunciato per l'incarico di maggiordomo che gli aveva offerto la famiglia Shirogane. Sarei stata grata a quell'uomo per il resto della mia vita.
Mi spaventai quando i miei pensieri furono interrotti dal tocco di una mano calda. Era quella di Ryan che cercava e avvolgeva la mia.
Si era svegliato.
I nostri occhi si contemplarono per un po', e non fummo capaci di dirci una parola.
Forza, Straw, aspetti questo momento da almeno cinque anni, anche se non lo hai mai voluto ammettere. Parla.
No, non usciva niente dalla mia bocca.
-Ciao, angelo. - mormorò lui con voce travolgente, anche se un po' segnata dallo scontro.
Strinsi forte la sua mano.
-Ciao. - la mia parola alleggeriva l'atmosfera. Una parola che era stata una carezza.
-Bentornata - disse lui.
-Grazie...di tutto.
-Cosa?
-Di avermi salvata. Di certo non avresti questa ferita se non fosse stato per me...
-Appena hai lasciato la sala ti ho raggiunto. Credo che gli agenti mi stiano ancora aspettando...
-Non ti hanno fermato?
-No, correvo molto più veloce. Quando hai una ragione per correre nessuno ti ferma.
Il mio cuore sussultò.
Toccò i miei capelli, così lunghi da arrivare a toccare il letto mentre ero seduta e leggermente sporta in avanti.
-Sei cambiata tanto...- cominciò. La sua voce era piena di timidezza, ma al contempo di ardore, e fece si che il mio cuore si spezzasse in due. E bum! Eccolo, si era spezzato.
-In fondo sono sempre io, la stessa Straw di sempre. Lo garantisco - gli sorrisi.
-Dio solo sa quanto mi sei mancata...- mormorò.
Io mi sentii morire, perché quella frase era sussurrata al mio cuore. Un sussurro intimo e nostro per sempre.
Tentò di alzarsi a sedere.
-Che cosa fai? - chiesi allarmata.
Non rispose.
I suoi occhi non si staccavano dai miei. Era serio, ma con un'espressione triste.
La mano che era incastrata nei capelli cominciò a percorrerli fino ad arrivare sul retro del mio collo. Questo gesto mi provocò un brivido.
I suoi occhi si muovevano felini tra le mie labbra e i miei occhi.
Anche l'altra mano, che fino a poco prima avvolgeva la mia, ora era dolcemente poggiata sul mio collo.
Mi trascinò a sé, e, delicatamente, in modo dolce e inaspettato, mi baciò.
Dapprima schiuse le labbra, e io risposi con un bacio semplice, veloce. Avevamo entrambi chiuso gli occhi nel momento in cui le nostre labbra si erano toccate.
Poi, sempre delicato, mi baciò più affondo. E io mi lasciai baciare.
Aprimmo gli occhi.
Mi sentivo ribollire il sangue. In pancia avevo mille farfalle che sembravano non voler andare via.
Tolse le mani dal mio viso.
-Scusami. - disse.
Deglutii. Perché si scusava? Perché forse non era previsto che mi baciasse, ovvio. Ma quindi, mi aveva baciata solo per sentire le labbra di una donna? O perché gli facevo pena?
Ma sopratutto...perché io mi ero lasciata baciare con così tanta facilità?
Certo, Ryan mi era mancato. Fino a cinque anni prima avrei potuto dire di aver provato qualcosa per lui, ma ora era diverso...doveva essere diverso. Avevo giurato a me stessa di dimenticarlo.
E allora perché ero lì, con il cuore sussultante, speranzosa che mi prendesse di nuovo tra le braccia?
Mi alzai e mi passai una mano tra i capelli. Poi portai la stessa mano sulle labbra.
-Avresti potuto almeno rispondere a una delle mie dannate lettere. - dissi. Usai il tono più neutro che conoscevo, ma la voce uscì incrinata dalla delusione di giornate intere passate a disperarmi sperando che lui mi rispondesse.
-Non ho mai voluto farlo.
-Non avevi tempo a sufficienza da dedicarmi?
-Pensavo meritassi di stare lontano da me...almeno per un po'.
Ma che razza di risposta era?
-Ma va, si da il caso sia stata cinque anni lontana da te. E ora eccomi qui, mi vedi?
-Straw...ti prego. Non potevo risponderti perché...non volevo farti soffrire.
-Mi hai fatto soffrire abbastanza non facendoti mai sentire.
-Credimi, se sapessi che persona sono diventata non staresti qui così volentieri.
-Ma io ora sono qui. Ho scelto di essere qui con te. E ci rimarrò...se tu mi vuoi.
-Io voglio che stai lontano da me. Non sai cosa sono diventato.
-No che non lo so. Vorrei capirlo.
Subito non mi rispose.
-Io sono cambiato tanto. - disse infine.
-Anche io. - replicai. Non mi guardò. -Ho paura di perderti di nuovo. - ammisi.
Si alzò dal letto.
-No, Ryan, no, ti fa male...
Ma le mie parole furono fermate dal suo corpo, che mi avvolse in una morsa forte, ma al contempo delicata.
-Non mi perderai. - sussurrò al mio orecchio. -Non mi perderai, angelo.
E stavolta piansi davvero. Lì, tra l'incavo del suo collo, le mie lacrime sgorgavano infinite. E le sue parole mi davano conforto.
Dimmi, Ryan, davvero si può essere così felici?
 
Due ore dopo Ryan si era addormentato.
-Promettimi che al mio risveglio ti rivedrò. - mi aveva detto lui.
Uscii dalla sua stanza e, rimanendo attaccata alla porta, mi sedetti. Abbassai lo sguardo raggomitolandomi.
Una calda lacrima percorse la mia guancia.
Una lacrima che esprimeva dolore, perché in fondo mi dispiaceva averlo lasciato per così tanto tempo. Una lacrima di certezze, perché in ogni caso, anche se avevamo sofferto entrambi per colpa mia, io in quella stanza ci sarei tornata. Una lacrima di gioia, perché nonostante la mia testardaggine, mi ritrovavo ancora lì, a sperare nel suo bacio.
Perché infondo non mi ero dimenticata di lui.
-Tutto bene, signorina? - era la voce gentile di Gerard. Ero riconoscente nei confronti di quell'uomo, al punto da fidarmi di lui anche se non lo avevo mai conosciuto.
Mi asciugai la lacrima.
-Sì, grazie. Ryan si è addormentato. Penso ne avesse bisogno...
Gerard portava un vassoio colmo di viveri. Sembrava anziano, ma tuttavia ancora arzillo. Lo ammirai.
-Ha fame, desidera qualcosa?
-No, grazie. - Rifiutai, pensando seriamente di vomitare se avessi anche solo toccato cibo.
-Scusi, mi mette a disagio non sapere come si chiama - disse il maggiordomo, concedendomi un sorriso ampio e contagioso.
-Mi chiamo Strawberry.
Sgranò gli occhi.
-Strawberry? Ho sentito molto parlare di lei, sa?
Non capivo.
-Penso che lei sia l'unica persona a questo mondo che possa affermare di aver...colpito Ryan.
-Non capisco. - ammisi.
-Vede, Ryan è il mio padrone. Sono l'unica persona che ha avuto vicino negli ultimi anni, esclusi i suoi amici, perciò posso dire di sapere almeno un po' della sua vita. Glielo posso assicurare, Strawberry, che non ho mai sentito Ryan parlare di qualcuno come mi ha parlato di lei. - mi confessò.
Ero confusa, ma appagata e felice. Un pezzetto del cuore di Ryan apparteneva a me, forse, allora.
Mi bastava solo quello.
-Mi ha detto che in questi anni è cambiato tanto.
-Forse. - cominciò Gerard. -Ma secondo me ha solo un po' smarrito se stesso...Tutti, comunque, commettono degli errori. Lui negli ultimi tempi ne ha commessi tanti. Mi creda, però, che si è pentito. - continuò il maggiordomo. -Una sera dello scorso inverno, fuori nevicava. Io dormivo, e Ryan era uscito come era solito fare. Fui svegliato dai suoi passi e da quelli di una donna, mentre salivano le scale.
Il suo racconto si fermò al momento giusto. Non voleva scendere nei particolari, e nemmeno io.
-Al mattino mi ricordo che andai a svegliarlo, ma era da solo. Mi disse che aveva mandato via la ragazza. Io subito non capii...mi diceva che per lui erano solo un divertimento, ma io non capivo come potesse essere così. Perché infondo, lei lo sa meglio di me, Ryan è una persona buona.
Certo che lo sapevo.
-Mi chiedevo come potesse trattare le donne in quel modo. E, quella mattina rigida di inverno, capii tutto. Ryan mi spiegò che nel profondo del suo cuore, non voleva davvero essere così. Ma era stato un abbandono a renderlo una persona...superficiale, spenta. Lui non faceva una colpa a colui – o colei – che lo aveva abbandonato, ma suo malgrado quel gesto aveva scatenato qualcosa.
Quelle parole furono più affilate di una spada. Mi trafiggevano senza lasciarmi scampo. Era davvero questo quello che aveva provato Ryan?
Mi rispecchiai in lui, in quel ragazzo meraviglioso e cupo. Entrambi avevamo bisogno di ritrovarci, perché nessuno dei due era stato realmente pronto a voltare pagina.
L'amore ha molte facce, Strawberry, non sempre si può scegliere la più ovvia.
In quel momento mi venne in mente Mark. A quando stavo con lui e a quanto stavo bene. Ma anche a quanto in realtà mi sentissi incompleta, desiderosa di qualcosa di diverso, di mio. E pensai a quanto, solo poco prima, avessi sentito mio Ryan.
Avevo raggiunto la completezza, l'assoluta libertà, con lui tra le braccia.
-Credo di aver fatto una gran cazzata ad averlo lasciato qui...- pensai ad alta voce.
-E io credo che a tutto ci sia un rimedio, Strawberry. - disse Gerard.
Abbassai lo sguardo e sorrisi, tra me e me.
Il giorno dopo sarebbe stato tutto diverso. Il giorno dopo, avrei ricominciato tutto da capo.
Alzai la testa, ma Gerard non c'era più. Decisi che fosse il caso di chiamare l'agente Gilbert per spiegargli ciò che voleva sapere e chiarire cos'era successo poco prima. Nel giro di un'ora, il poliziotto venne a casa di Ryan, mi fece delle domande e capì finalmente che il biondo era innocente. Gilbert mi restituì tutto ciò che Ryan aveva lasciato in cella, poi mi chiese scusa per l'inconveniente.
-Sa, è difficile chiudere un occhio quando un ragazzo così giovane ha avuto problemi con la legge.
-Problemi con la legge? - chiesi con un filo di voce, mentre il poliziotto varcava la soglia della casa di Ryan.
-Sì, signorina. Shirogane è stato arrestato più volte per il suo coinvolgimento in risse, soprattutto negli ultimi tre anni.
Distolsi lo sguardo. Immaginare Ryan in certe situazioni mi faceva stare male, mi spezzava, e non osavo pensare che tutte quelle cose avesse cominciato a farle proprio da quando io ero andata via.
-Non lo sapeva? Beh, Shirogane non ha una gran bella reputazione da queste parti...
-E' stato molto chiaro, agente. Ora devo andare.
La mia voce era venata di incertezza, ma il sorriso educato che porsi all'agente ebbe la meglio, perché se ne andò ringraziandomi per il mio aiuto. Mentre salivo le scale, riportai alla mente le parole delle discussioni che avevo appena avuto e mi sentii sopraffare dai sensi di colpa. Se Ryan era così, forse era solo che colpa mia. Era sempre stato un ragazzo fragile, e averlo lasciato non aveva fatto altro che peggiorare la situazione. Per un momento, la rabbia che prima avevo provato nella sua stanza sembrò affievolirsi, e mi lasciai trascinare fino alla porta della sua stanza dalla consapevolezza che, d'ora in avanti, avrei dovuto impegnarmi nel renderlo più felice. In qualche modo, mi sarei fatta perdonare, e io avrei perdonato lui, se me ne avesse dato la possibilità. Chiusi gli occhi e ispirai a fondo.
Mordendomi il labbro, entrai nella stanza di Ryan.

.

 

.

 

.
Risalve a tutti, carissimi! Che dire, se non le solite cose? Che non mi aspettavo un successo così grande, per dirne una! No, davvero, grazie infinite a tutte. la storia è seguita da molte persone, cosa che non mi sarei mai, mai immaginata! 
Le citazioni all'inizio sono di Oscar Wilde. Bellissime <3 Ho voluto metterle in inglese perchè sono molto più belle e sentite, secondo me. Ah, prima che mi dimentichi, ho un'altra piccola immagine per voi: Amanda Seyfried è sicuramente la mia Valerie, in tutto e per tutto. Che ne pensate? 
Alla prossima, 
Vostra
Je <3

Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Sì, ti vedo. ***


Capitolo 16

sì, ti vedo.

 

Now I live through you and you through me
Enchanting
I pray in my heart that this dream never ends

 

Ryan

 

Sentivo di essere me stesso.
Dopo cinque anni mi sentivo di nuovo vivo.
Vedevo la mia vita davanti a me, sentivo di poterla temere e controllare. Non ero più schiavo della desolazione o del rimpianto. Ero un uomo desideroso del domani.
La ferita non bruciava più. Gerard era stato bravissimo, o forse ero io che non sapevo più cosa fosse il dolore.
Aprii gli occhi e trovai Strawberry appoggiata sul bordo del mio letto. Dormiva, e sembrava quasi fosse un angelo.
Il mio angelo.
Le andai più vicino e le accarezzai i capelli. Sì svegliò di scatto.
-Oddio. - disse spaventata. -Mi sono addormentata.
-Sei stanca? - le chiesi preoccupato.
-No, va tutto bene. - mi garantì.
Silenzio. Un silenzio adorabile, perché lei diventava rossa, e diventare tale, per me, voleva dire vederla più vulnerabile e più bella. Faceva bene scoprire che avevo quest'effetto su di lei.
-...Come va la ferita?
-Meglio, anzi, non sento proprio niente.
-Posso vederla? - chiese.
Si mosse per venirmi più vicino. Con le mani toccò la mia camicia e, prima di alzarla nel punto della ferita mi guardò, come se cercasse il mio acconsentimento.
Annuii.
Rimase a bocca aperta di fronte a ciò che era rimasto del taglio. Si era completamente rimarginato, e assomigliava più a una vecchia cicatrice.
-Ma come è possibile? - chiese lei, sbalordita.
-Non lo so. Ma te l'ho detto, ora sto bene, davvero. Gerard è bravo.
Non era convinta.
-Hai fame? - le domandai mentre incrociava le gambe e metteva le mani tra i capelli.
-No. - rispose di getto. Poi la sua pancia brontolò, tradendola.
Ridemmo, insieme. All'unisono. Fu una bella sensazione.
-Ti porto a mangiare un boccone. - proposi e mi alzai.
-Non voglio, Ryan, davvero. Sei ferito...
-Dai, l'hai vista anche tu la ferita. Praticamente non c'è già più.
Fu costretta ad ammettere che avevo ragione.
-Mi cambio e andiamo. - le promisi.
-Ti aspetto giù. - replicò lei.
Prima di entrare in bagno, rimanemmo a fissarci. Fui sul punto di cedere e ribaciarla, anche perché lei non faceva che guardarmi le labbra e tentarmi, ma decisi di trattenermi. L'avrei ribaciata solo quando sarebbe stata mia. O quando me lo avrebbe chiesto.

 

 

I see me through your eyes
Living through life flying high
Your life shines the way into paradise
So I offer my life as a sacrifice
I live through your love

 

Strawberry

 

Non sapevo cosa stavo facendo. Quello era un appuntamento? Una...specie di speranza per riavvicinarmi al lui? Non volevo essere illusa, non più.
Mi allora perché il cuore mi batteva a mille? Non riuscivo a formulare un pensiero sensato, a immaginare niente altro che le sue labbra sulle mie.
Così passeggiavo nel suo salotto vicino all'entrata, aspettando che arrivasse con il suo sorriso ambiguo. Da farmi paura.
Sentii dei passi e mi voltai: era lui che scendeva le scale. Indossava una camicia nera a maniche lunghe, che però lui aveva raccolto fino a metà braccio. Dei pantaloni bianchi, aderenti e lunghi gli valorizzavano le gambe, e portava scarpe nere eleganti. Non so per quanto rimasi lì, a fissarlo. Era...decisamente bello. E impossibile, come una canzone che mi era capitato di sentire.
-Non so nemmeno se sono vestita abbastanza bene...insomma, sono via da tutto il giorno. - E sono stata aggredita da due tipi loschi, pure!
-Se vuoi passiamo a casa tua, così ti dai una ripulita.
Mi prese per mano e mi trascinò fuori da casa sua. Non mi dispiaceva il calore della sua mano, per cui, la mia la tenni lì.
-Ciao Gerard! - gridammo all'unisono dirigendoci in garage. Mi lasciò la mano e tirò fuori le chiavi dalla tasca.
-Andiamo in macchina. - annunciò.
Di nuovo quella stramaledetta macchina costosa.
-Ok. - annuii.
-Non sei convinta. - disse lui, mentre mi apriva la portella.
-Ehm, no, è che...
-E' sfarzosa, lo so. E veloce. Ma...non l'ho presa per questo. Mi piaceva, e basta.
Chiuse la portella e fece il giro.
-Dove ti porto?
Probabilmente non si ricordava più dove abitavo.
-Allora...devi andare a destra per la piazza principale...
-Angelo, mi ricordo dove abiti, scherzavo. - rise.
-Mi prendi in giro? - dissi con fare scherzoso.
-Come potevo dimenticarmi dove abiti?
Non sapevo interpretare quelle parole. -Tecnicamente, a casa mia non ci sei mai venuto.
-Ma ti ho accompagnato a casa un paio di volte.
Già, solo quando pioveva, e magari io non avevo l'ombrello. Mi ricordai di quei giorni con serenità; allora non sapevo ancora cosa provavo per lui.
In verità, non riuscivo nemmeno ad esserne sicura in quel momento. Ma stavo bene, e per me era quello che contava.
Arrivammo dopo poco.
-Vuoi...entrare? - pregai mi dicesse di no.
-Ti aspetto qui, tranquilla.
-Avrò da fare per un po', in verità.
-Non importa, vai pure.
Uscii dalla sua auto e entrai in casa. Mi incamminai verso la cucina e notai che c'erano tutte le luci spente. Sul tavolo dove di solito mangiavamo, c'era un biglietto, che diceva:
Tesoro, siamo usciti! Spero vada tutto bene. Fatti sentire, un bacio
Mamma papà e Kat
 
Abbandonai la stanza e mi preparai. Feci una doccia rilassante, e decisi di vestirmi con dei pantaloni neri lunghi, una magliettina rosa e, per paura di avere freddo, mi misi un copri-spalle nero nella borsetta. Optai per un paio di sandali abbinati alla maglia, e, prima di lasciare la mia stanza, mandai un Sms alla mia mamma.
Sono uscita, non aspettatemi alzata. Vi voglio bene.
 
Lasciai i capelli sciolti e decisi di truccarmi poco, solo il minimo indispensabile.
Per qualche strana ragione, sentivo che non avevo bisogno di apparire troppo. Lo conoscevo già, non dovevo farmi problemi. Dovevo solo essere me stessa, la Strawberry che anche lui aveva imparato a conoscere e accettare.
Dopo circa mezz'ora, risalii in macchina.
-Scusa se ci ho messo tanto. - gli dissi.
-Mi aspettavo ci metessi anche di più. - Mi dedicò una lunga occhiata, durante la quale feci sicuramente in tempo a diventare rossa. -Sei...bellissima, angelo.
Ci guardammo per un po' e fui costretta a distogliere lo sguardo.
-Grazie. - dissi.
-Andiamo in un posto che è un po' lontano da qui. - ammise.
-Mi vuoi portare via con te? - chiesi mordendomi le labbra.
Si infilò nel traffico. -Tu vorresti?
-Io...penso di sì.
Mi guardò con i suoi occhi irresistibili. Avrei voluto fondermi in lui, davvero.
-E' un posto di lago...ed è importante per me. Finché ci arriviamo, puoi riposare.
-Sto bene, davvero.
-Penso che tu ne abbia bisogno. - ribatté lui.
Mi appoggiai allo schienale e chiusi gli occhi, con la testa voltata verso di lui.
-Ryan?
-Mmmh?
-Grazie, davvero, per oggi. - gli dissi. E stando attenta a non pestare niente che facesse andare in palla la macchina, mi appoggiai al suo sedile e lo baciai sulla guancia. Era una cosa che non mi aspettavo di fare, e pensai seriamente di essere diventata matta. Invece, mentre le mie labbra sfioravano la sua guancia, un suo braccio mi raggiunse stringendomi a sé. Così rimasi lì, a respirare affannosamente vicinissima a lui.
Poi mi lasciò andare. -Riposa, ora, angelo. - disse con voce dolce.

 

You teach me how to see
All that’s beautiful
My senses touch your word I never pictured
Now I give my hope to you
I surrender
I pray in my heart that this world never ends

 

 

Mi svegliai più tardi con una fame assurda. Sbattei gli occhi un paio di volte, e guardai fuori dal finestrino notando che stavamo costeggiando il lago. Il sole non era ancora del tutto tramontato, per cui lo spettacolo che si ergeva davanti a noi era semplicemente mozzafiato.
Notai che Ryan aveva messo la sua giacca su di me. Pensava probabilmente che avessi freddo, in effetti, teneva l'aria condizionata piuttosto alta.
-Ben svegliata. - mi accolse la sua voce.
-Siamo arrivati?
-Ormai sì, angelo. Dormito bene?
-Benissimo. E' comodo, qui. - ammisi.
-Come vedi allora la mia macchina non è solo sfarzosa, ma è anche comoda.
Risi. Stavo bene, in quel momento.
-Eccoci. - annunciò Ryan dopo cinque minuti.
Venne ad aprire la porta e, uscendo, mi trovai di fronte a un mondo nuovo. C'era un edificio, davanti a noi, completamente costruito sul lago, fatto di legno, colmo di fiori e ponticelli che portavano da una sala all'altra.
-D'inverno si sta dentro, d'estate aprono anche la parte fuori, che è tutta da scoprire. - mi promise Ryan, prendendomi di nuovo la mano.
E io mi lasciai trascinare in quel nostro nuovo, strano modo di vivere una vita.
E' proprio vero che le cose belle arrivano quando meno te lo aspetti, pensai.
 
Ryan
 
Non vedevo l'ora di trascinarla nel mio mondo, fatto di luci e divertimenti. E non più di svago inutile, che non avevo senso. Ora c'era lei, a dare un senso a tutto quello che facevo. La mia mano toccava la sua, e lei, inaspettatamente, si lasciava toccare.
Varcammo la soglia del primo ponte, e un cameriere si fece avanti.
-Buonasera, signori.
-Un tavolo per due. - dissi velocemente.
E così arrivammo sulla terrazza principale, posta sul lago, dove si poteva vedere tutta la sua meraviglia. Luci e ombre formavano un contrasto sublime che sembrava appartenere a lapislazzuli lucenti. Dio, stavo davvero bene.
Ci sedemmo e cominciammo a consultare il menù.
-Qui è bellissimo, Ryan. - mi confessò lei con un sorriso perfetto, sincero.
-Beh...ci sono venuto da piccolo, la prima volta, con i miei genitori e Kyle. E' stata una bella scoperta.
-Oh...- disse lei, quasi triste.
-Cosa c'è? - le chiesi.
-E'...che spero che questo posto non riporti in vita brutti ricordi, tutto qui.
-Il passato è il passato, Strawberry. - le dissi. -La morte dei miei genitori è stata una orribile, ma non la lego a questo posto. Anzi, almeno quando siamo venuti qui eravamo felici, senza preoccupazioni, sereni...- Ed era vero. Amavo quel posto proprio per quel motivo.
-Mi dispiace. - disse lei, appoggiando una mano sulla mia.
Capii che si riferiva alla morte dei miei. Era estremamente sbagliato, preoccuparsi per me. Eppure, lei lo stava facendo. Perché? Così ti cacci nei guai, angelo...non so se riesco a lasciarti andare...
I suoi occhi e i miei si incastonarono, e per un istante temetti di cadervici dentro senza più riuscire a tornarne fuori.
-Aperitivo, signori? - e spuntò un cameriere di mezza età, interrompendo quel momento dannatamente magico.
-Sì, grazie. - dicemmo all'unisono. E il cameriere scomparve.
-Beh...- disse lei, traendo la mano, -nei cinque anni che ho trascorso via...cosa hai fatto?
Riflettei. Ma, sinceramente, non avevo bisogno di mentirle, non volevo.
-Niente di speciale, ma niente di buono, anche.
-Immagino che tu ti sia divertito, insomma.
-Avevo bisogno di distrarmi. Perché, tu in cinque anni hai fatto la santarellina? - mi accorsi di desiderare di provocarla, anche solo per, non so, farle capire quanto avevo sofferto. Mi sentii un mostro.
-No, beh...a Londra ci sono andata per studiare, non per fare serata.
Cadde un freddo silenzio, durante il quale ci squadrammo, e quelle occhiate non avevano assolutamente niente a che fare con quelle che ci eravamo scambiati prima. L'atmosfera era leggermente cambiata, facendosi meno avvolgente e rassicurante.
-Io sono stato male parecchio, devo ammettere.
-Non certo perché sono andata via.
Mi sentii avvampare.
-E perché, sennò, Strawberry? Pensi che soffrissi a caso? - a quel punto abbassai spaventosamente la voce. -Desideravo morire, quando pensavo che tu non c'eri.
Quelle parole la trafissero. Mi dispiaceva, ma di sicuro dovevo dirglielo, non potevo tenermi tutto dentro. Mi aspettai un'esplosione da parte sua. Invece, rimase calma, e parlò dolcemente.
-So di aver sbagliato, Ryan. E sei la prima persona a cui intendo chiedere scusa per essermene andata via così. Avevo...bisogno di allontanarmi, tutto qua. Ma, sai cosa ti dico, Ryan? Londra è bellissima, davvero. Là ho anche trovato delle persone fantastiche, ma...come puoi vivere una vita che senti di vivere da lontano? Quella a Londra non ero io, non ero Strawberry. E, ti sembrerà strano, ma in tre giorni che sono qui, sento in qualche modo di essere tornata me stessa, la pasticciona e maldestra ragazza di Tokio che ha bisogno di dolci e fantasie...
Risi. Io ti amo per questo, angelo. Perché anche nei momenti come questi sai essere te stessa.
Grazie, semplicemente, di esistere.
-Oh, angelo, mi fai morire. - ammisi ridendo.
-Non eri arrabbiato? - chiese sorpresa.
-Sì. Penso che lo sarò per tutta la vita.
Sbarrò gli occhi e potei vederla nitidamente sbiancare. Le presi una mano tra le mie. -Scherzo, angelo. Dovevo solo farti sapere cosa pensavo. E...beh, tu ti sei fatta perdonare in fretta, devo dire. - le feci l'occhiolino, provocando in lei un rossore che mi fece venir voglia di stringerla a me.
-Io ero seria, Ryan.
-Anche io. Io ti sto perdonando, angelo.
-Hai passato cinque anni di inferno per colpa mia e mi perdoni così? - chiese incredula.
Nel frattempo arrivò l'aperitivo.
-Mah, non saprei...- le lanciai un pezzo di carota.
Le sorrisi nel modo più puro che si possa immaginare.
Sospirò, ad occhi chiusi. Poi ne aprì uno solo, mi guardò a sua volta, e mi lanciò un pezzetto di rapano.
-Ok, ok...basta. - le dissi.
-Sicuro di stare bene? Ero così spaventata...
-Non ci pensare più, angelo. Sto bene. Tu, piuttosto, come l'hai presa?
Vidi il suo volto essere attraversato da un lampo di dolore e paura. Doveva essersi spaventata a morte, e ringraziai mentalmente il cielo per aver fatto si che fossi arrivato in tempo.
-Mi hanno solo spaventata, Ryan. Francamente credo di aver spaventato io più loro, però.
-Perchè mai? - sorrisi, e vidi che lei però rimaneva seria.
-Li ho feriti, Ryan, sia uno dei delinquenti che il demone della notte di prima. Con le unghie. Esattamente come una volta...
Sentii il mio cuore sprofondare. Kyle si era attivato per rimettere insieme le mew mew per colpa del nuovo nemico, e ora, Strawberry mi diceva di notare qualcosa di strano in lei. Molto probabilmente i poteri stavano tornando.
-E poi ho parlato con un gatto, Ryan.
-La tua agilità e alcune caratteristiche, come le unghie, sono le prime cose che tornano, Strawberry. Non voglio mentirti, angelo: se c'è un nuovo nemico, è probabile che i poteri da mew mew stiano tornando. Lo sai, vero?
Nel suo viso non c'era traccia di rabbia. Solo rassegnazione. Forse lo avrebbe accettato, col tempo. Strinse le braccia attorno alla pancia, come per abbracciarsi.
-Sì, lo so. Ma ho anche sentito cosa mi diceva un gatto, Ryan.
-E' normale. Cinque anni fa, prima che partissi, il simbolo di mew mew non era scomparso. Ricordi? - Io me lo ricordavo perfettamente. Come dimenticarmi di quella sera, quando l'avevo appoggiata sul letto sotto di me? Dio. -Io e Kyle siamo riusciti ad apportarvi delle modifiche. Ad esempio, ora puoi ascoltare i felini, se lo desideri. E c'è una cosa più bella, piccola.
Arrossì leggermente. -Cosa?
-Non hai notato niente di diverso, in te? Straw, cosa succedeva quando ti agitavi, tempo fa, mentre eri una mew mew?
Aprì la bocca, e in quel momento era adorabile. Colsi l'occasione per finire il mio racconto. -Niente più coda e orecchie, micetta. E non ti trasformerai mai più in gatto se...bacerai qualcuno. - Anche se mi auguro con tutto il cuore che tu sia solo mia, e che bacerai solo me.
Pensai che non respirasse più. A un certo punto, strinsi con vigore la sua mano e l'accarezzai -Angelo, respira.
-Sì, sì, Ryan. - balbettò. -E'...è che una bella notizia, tutto qui.
 
Scherzammo e parlammo per tutta la serata, finché arrivò l'ora del dolce.
-Per me niente, grazie. - dissi.
Il cameriere si voltò verso di lei.
-Anche per me niente. - annunciò.
-Ehm, scusi, cameriere, ho cambiato idea...fragole, con panna. - dissi velocemente.
E si dileguò.
-Mi ricordo che sono le tue preferite.
-Le hai prese per me? - mi chiese, e mi regalò uno dei sorrisi più belli che mi ricordavo di lei.
-Si vedeva lontano un miglio che le volevi.
Tornò il cameriere con una coppa straordinaria. Presi un po' di panna con il dito e l'assaggiai.
-Sì, è proprio per te. - ammisi.
-Wow. - disse lei accettando la coppa. E se la fece fuori tutta, il mio angelo.
 
Pagai e ci dirigemmo verso la macchina.
Stavolta fu lei, a prendermi la mano. E io la strinsi forte.
-Vuoi tornare a casa? - le chiesi.
-No...ho una voglia matta di farmi perdonare. - disse lei.
Le presi il viso fra le mani. -Tu non devi farti perdonare più di nulla. - le dissi con vece ferma.
-Allora portami via...- sorrise e sgusciò via dalla mia presa. Cominciò a correre verso il lago, e, quasi giunta a destinazione, si voltò e mi disse: -Prendimi!
Era un invito che non potevo rifiutare.
Le corsi incontro e lei cominciò a scappare e a ridere, voltandosi di continuo per guardarmi.
-No! - mi urlava quando tentavo di prenderla.
Eravamo finiti dentro il lago e ci eravamo bagnati, spruzzandoci acqua dappertutto. In un momento di tregua, ci guardammo, io mi avvicinai e le presi il mento con un mano.
-Mi sei mancata.
Abbassò il viso. -Non sai quanto mi sei mancato tu...
Poi presi un po' di acqua e la bagnai. Mi guardò indignata, e io mi accorsi di divertirmi sempre di più. Finalmente, dopo aver schivato un suo spruzzo riuscii a prenderla in braccio. Avevamo i visi estremamente vicini e i nostri corpi sussultavano, dalle risate e dalla fatica, dopo tutto quel correre. Avvicinammo le labbra pericolosamente, e fui sul punto di cedere e baciarla. Ma dovevo mantenere una promessa che mi ero fatto.
-Sei più pesante di quanto pensassi. - le dissi praticamente sulle labbra. La rimisi in piedi, tenendola sempre tra le mie braccia. Mi spinse e caddi.
Risi mentre lei cercava di raggiungermi ripetendo: -Scemo, l'hai fatto apposta!
Sì, volevo vedere la sua reazione.
In macchina, più tardi, Strawberry batteva i denti.
Mi sfilai la giacca e gliela porsi.
-Tienila, o ti verrà un malanno.
Mi ringraziò. -Io direi che è stata una bella serata.
Era vero, avevamo parlato tanto, di tutto e di tutti. Anche delle cose che magari non centravano, non avevano senso; ma erano pur sempre servite a riavvicinarci quanto bastava.
-E se io volessi rivederti? - le chiesi.
-Dammi il tuo numero. - propose lei.
Glielo dettai. In meno di un minuto sentii qualcosa vibrare nella tasca, il mio telefono.
Diamine, in quel momento avrei potuto farla mia. Baciarla e gettarla malamente sull'auto, come avevo già fatto con altre. Sentire il calore del suo corpo sotto il mio.
La desideravo da tempo. Ma, anche se non capivo il perché, con lei, almeno con lei, le cose avrei dovute farle con calma e bene. Non era una delle tante, lei era l'unica.
Ecco perché mi accontentavo delle sue parole. La rispettavo...la volevo, sì, ma la rispettavo.
Accostai vicino a casa sua. Non troppo, per rimanere ancora un po' da soli.
-Grazie di tutto, Ryan. - disse lei.
Scesi e le aprii la portella dell'auto.
-Buonanotte. - concluse.
-Buonanotte. - risposi. E ora?
Pose la mano dietro il mio collo e mi baciò sulla guancia. Non so perché, ma nel suo piccolo, sentii che quello non era un bacio casto, era un bacio pieno di desiderio.
Poi mi prese la mano.
-La mano? - chiesi. -E' un gesto così serio, maledettamente ingiusto, formale...
Pensa a lei, per un istante. Lo vuole davvero?
Si girò.
Sta andando via, non lo desidera.
Ma lo desidero io, dannazione. Al diavolo la promessa.
Strattonai la sua mano e la portai bruscamente verso di me. Mi portai all'altezza della sua bocca e mi fermai lì, incerto se andare avanti o fermarmi. Spingersi troppo oltre avrebbe significato spaventarla e io non volevo farle del male. Quindi avrebbe scelto lei. Mandami via o prendimi.
-Baciami. - mormorò. La voce quasi inudibile, perché quello era un desiderio segreto. E io ubbidii. Non fu un bacio come gli altri, era il primo che davo in quel modo, almeno a lei. O forse no, non lo sapevo. Era un bacio dove le lingue danzavano insieme e imparavano a conoscersi, di quelli che crescono e che sembrano non finire più...
No, davvero, quello era diverso da ogni altro bacio che avessi mai dato in vita mia. Provai un fremito che mi avvolse da capo a piedi e giurai che quello era puro desiderio di averla tutta mia.
La mia lingua giocò un po' con la sua, le mie labbra si bearono delle sue, e per un istante fu tutto confuso, sembrava che il mondo girasse attorno a noi, non attorno al sole.
Mi staccai delicatamente e la guardai: sembrava scossa, ma compiaciuta. Mi guardava spaesata.
Poi appoggiai la bocca al suo orecchio e sussurrai: -Questo è un modo migliore per salutarci...buonanotte, angelo.
La lasciai e me ne andai in macchina.
Quella fu la prima volta che, dopo aver baciato una donna, non mi sentii un perfetto stronzo.
Ma mi sentii me stesso.
 
Strawberry
 
Entrai in casa e mi morsi il labbro. Dio, sentivo ancora il suo tocco. Famelico, forse, che disperato cercava una mia risposta. E l'aveva avuta.
Era la prima volta che baciavo un ragazzo così. Ma...era come se avessi saputo esattamente cosa fare, come comportarmi.
Salii le scale e mi buttai sul letto, immergendomi nel profumo della sua giacca, che sapeva di pelle, profumo da uomo...e Ryan.
Mi trovai a sorridere, mentre il mio cellulare vibrava nella tasca dei jeans.
E lo sapevo, o meglio, non lo sapevo ma lo immaginavo. Sussultai. Era Ryan.
Sogni d'oro, angelo.

When my heart was never open
(and my spirit never free)
To the world that you have shown me
But my eyes could not division
All the colours of love and of life ever more
Evermore
(I see me through your eyes)
I see me through your eyes
(Living through life flying high)
Flying high

 

.

 

.

 

.

Salve a tutti, carissimi, sono finalmente tornata con un nuovo capitolo. La canzone che accompagna lo scritto è “I see you”, di Leona Lewis. Ok, dimenticate per un attimo il fatto che sia la colonna sonora del film “Avatar” e andatevi a vedere il significato del testo (cosa inutile per chi sa l'inglese) e ditemi se non fa venire i brividi alti un chilometro! L'ho scelta perché parla di una vita nuova che è stata offerta dall'amore. Se ci pensate è un po' quello che sta succedendo ai nostri Ryan e Strawberry: ognuno sta mostrando all'altro un pezzetto di vita nuova, un nuovo mondo, chiamiamolo così.
Ah sì, quando gli Avatar dicono “Ti vedo” vuol dire che riescono a vedere dentro una persona, dentro la sua anima. In un certo senso è più forte del “ti amo”. Volevo far riflettere semplicemente sul significato di queste tre parole: I see you, Io ti vedo.
Alla prossima, vi adoro, come sempre **
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** I really love him ***


CAPITOLO 17

I really love him

 

Il sentimento peggiore è quando

qualcuno ti fa sentire speciale,

dopo improvvisamente ti lascia in sospeso,

e tu devi comportarti come se

non ti interessasse completamente.

 

Strawberry
 
Quella notte feci fatica ad addormentarmi; era tutto un continuo girarsi e rimuginare sulla serata precedente, a quanto fosse stata straordinariamente piacevole. A quanto lui mi aveva stupita dopo avermi rubato un bacio così strano, così diverso.
Un raggio di luce mi colpì il viso, a un certo punto, e decisi che ormai non volevo più rimanere a letto. Mi alzai e mi stiracchiai, sbadigliando felice.
Guardai l'orologio, che segnava le otto e mezza. Mi lavai i denti e la faccia con calma, visto che non prevedendo particolari programmi per la mattinata.
Poi, proprio mentre stavo decidendo qualcosa da mettermi, il telefonò squillò. Dio, l'avevo lasciato acceso tutta la notte, che sbadata!
Guardai, e notai di aver ricevuto un messaggio. Lo aprii, senza nemmeno guardare chi fosse ad avermelo mandato.
Buongiorno, angelo. Stamattina mi sono svegliato e...ho pensato a te.
 
Respirai a fondo senza staccare gli occhi dal testo del messaggio. Ora sapevo per certo chi me l'aveva mandato. Dio, il cuore mi batteva a mille, mentre la testa, freneticamente, faceva un resoconto di tutto quello che era successo la sera prima.
Anche se dopo il mio ritorno avevo speso solo due giorni insieme a lui – contando il ballo – mi sentivo già diversa. Non ero più così sicura di volermi dimenticare di lui.
Ryan era perfetto. Romantico, forte e protettivo. Solo a pronunciare il suo nome mi venivano i brividi, e quando pensavo a lui diventavo più rossa dei pomodori maturi. Dio, Straw!
D'altronde non potevo dimenticare la follia avvenuta cinque anni prima, quella notte, quando avevo deciso di partire. Lui disteso sopra di me, sensuale, persuasivo, con la bocca sottile sul mio collo. In quel momento, avvolta da lui, dalla sua anima, dal suo profumo, avevo pensato – sì, lo avevo pensato davvero – di essere innamorata di lui, senza fregarmene delle conseguenze. Avevo pensato a quella cosa, difficile e impronunciabile...
Ti amo, Ryan.
Ma poi avevo deciso di voltare pagina, per il suo bene e per il mio. Ma, nonostante fosse passato del tempo – e non poco, direi – il mio cuore apparteneva ancora a lui. Sì, in quel momento ne ebbi la certezza. Ed ebbi paura, paura di sbagliare, perché spesso l'amore è sbagliato. E purtroppo non ci si può fare nulla.
Ma ora che l'amore che provavo per lui mi sembrava l'appiglio di tutta la mia esistenza, una nuova fonte di speranza, decisi di continuare a viaggiare. Nessuno può dire di aver vissuto davvero se non si è mai buttato, nella vita.
Con il cuore in gola ammisi, dolcemente e piano piano al mio cuore, che mi ero innamorata. Sì, e stavolta c'ero dentro fino al collo.
I miei pensieri furono interrotti da un nuovo squillo del telefono.
-Pronto? - dissi con tono di voce titubante, ma allegro.
-Non so nemmeno se ti ricordi di me, piccola. - disse una voce familiare. Troppo familiare. Educata e calcolata al punto giusto, mascolina ma dolce.
-Kyle! -annunciai sorpresa. -Oddio, come stai?
-Benissimo, dolcezza. E...ben tornata a casa. - disse in tono caloroso.
-Grazie mille. Quanto tempo...come mai mi chiami?
-Beh...- sospirò e lo sentii quasi irrigidirsi. Riuscivo a immaginarlo.
Quando riparlò, la sua voce era estremamente protettiva e seria.
-Vedi, Straw, avrai saputo sicuramente di tutte le strane morti avvenute negli ultimi tempi qui a Tokio.
Annuii, sedendomi sul letto.
-Io e Ryan stiamo cercando di capire, insomma, a cosa esse sono dovute. Ryan mi ha già dato degli indizi preziosi, e mi dice che anche tu potresti esserci di aiuto.
A sentire il nome “Ryan” sussultai. L'avrei rivisto presto.
-Certo, farò il possibile, Kyle.
Non sarai l'unica però, a cui chiederemo aiuto. Ho, diciamo, riunito un vecchio gruppo di pazze scatenate che mi pareva avesse il nome di “mew mew”.
A quel pensiero quasi svenni. Oddio, no.
-Mew...mew? Vuoi dire che il gruppo si riforma?
-Vedi, piccola, non sappiamo se questi demoni della notte – sì, si chiamano così – siano dei potenziali nemici. Ma a me basta il fatto che abbiano cercato di impossessare Ryan, e di intrufolarsi alla festa di Mina.
-Non credo di essere pronta per essere di nuovo una mew mew. - ammisi.
-Riesci a venire al vecchio quartier generale? Il caffè?
-Sì, penso di sì. Arrivo.
-Strawberry, prima di partire, vorrei che capissi quanto è grave la situazione...ricordi il vecchio simbolo che avevi? Quello che indicava il cambiamento del tuo DNA, posto sull'interno della tua coscia destra.
-Sì, lo ricordo.
-Se quello è rimasto, tu sei ancora una mew mew. I simboli sono nati per rimanere finché sulla terra resterà qualcosa contro cui combattere, finché non si avrà pace. - concluse Kyle. -Ci vediamo dopo, Straw. - mi salutò lui, dopo un mio pesante silenzio.
-Ciao. - risposi semplicemente.
Riattaccai e, a malincuore, decisi di spogliarmi. Piano piano, tolsi anche il pantaloncino, e spaventata più che mai, guardai il mio interno coscia.
Ed eccolo lì, uno strano tatuaggio maledetto a forma di due cuori e quattro trattini, che indicava spudoratamente che io ero una mew mew.
-Merda merda merda!
Ora credevo a Kyle. Ero di nuovo tornata una mew mew. E credevo alle parole di Zero.
I demoni della notte sono tornati.
Mi vestii velocemente e, una volta arrivata in cucina, trovai mamma e Katherine.
-Buongiorno. - annunciai, mentre mettevo in bocca una fetta di pane imburrata probabilmente preparata dalla mamma.
-Ciao Strawberry. - rispose Kat, guardandomi con quei suoi occhioni azzurri. Le diedi un veloce bacio sulla guancia.
-Devo scappare. - dissi, mentre mi dirigevo verso la porta.
-Aspetta, Straw! - mi chiamò la mamma. Mi fermai davanti alla soglia.
-Ieri ho parlato con tuo padre, e...abbiamo deciso di farti fare delle chiavi di casa tutte tue!
Sorrisi, pensando che in fondo a diciannove anni fosse un passo più che normale. Ma mi sforzai di mostrarmi sorpresa. -Oddio, grazie mamma! - urlai di gioia, mentre l'abbracciavo.
Lei rispose stringendomi forte. -La mia bambina che è diventata grande...
-Mamma, mi stai stritolando. Devo andare. - dissi, dandole un leggero bacio sulla fronte. Ero diventata un pochino più alta di lei. Mamma annuì, per poi tornare in cucina da Kathrine. -Mi raccomando, stai attenta. - sentii che mi urlava mentre mi chiudevo la porta alle spalle.
 
Camminai lungo le vie della città, salutando che conoscevo, fermandomi magari a dare spiegazioni a chi mi fermava e mi chiedeva: -Oh mio dio, ma quanto sei cresciuta, sei davvero tu?
Non mi sembrava vero quando arrivai davanti a quella struttura piccola, rosea, colma di ricordi. Il caffè mew mew.
-Hai saputo la novità? - mi gridava Mina mentre stava arrivando.
-Mina!
-Allora, come è andata ieri sera? - chiese lei.
Sapeva tutto perché l'avevo avvisata via messaggio, ma a bruciapelo, la domanda mi fece arrossire. Abbassai lo sguardo.
-Ti stupirò. Bene.
-Wow...- disse senza entusiasmo. A Mina non piaceva Ryan, lo sapevo. Non gli era mai piaciuto. Perché allora invitarlo alla festa?
Mistero, che sarebbe rimasto tale, perché alla nostra conversazione stava per aggiungersi qualcun altro. Quando la vidi, mi parve di sognare. Le sorrisi, lei mi rispose a sua volta, e poi mi fece l'occhiolino.
Pam, che arrivava dal caffè.
-Pam! - urlai più forte che mai, saltandole in braccio.
Lei mi avvolse in un abbraccio morbido. -Bentornata, piccola Straw. Mi sei mancata tanto.
La sua voce da donna matura non si poteva dimenticare facilmente. Nonostante il suo carattere chiuso e distaccato, Pam aveva saputo entrare nel cuore di tutte noi, me e Mina in particolare.
Mi toccò i capelli, percorrendoli nella loro lunghezza.
-Li hai fatti crescere. - mi sussurrò. -Stai benissimo.
Poi lei e Mina si guardarono, sorridendosi educatamente.
-Ci siamo già viste, mentre eri via. - chiarì Mina. Ecco perché il loro saluto era così diverso dal nostro!
-Già, questa gentile donzella mi ha invitato a molti dei suoi balletti...devo ammettere che è brava. - disse Pam, dandole un baffetto sulla fronte.
Erano semplicemente fantastiche, e mi mancavano tanto.
-Entriamo, dai. - propose Pam.
E così facemmo. Il locale aveva subito i segni del tempo, un po' logoro, ma pur sempre salvabile, se ci si metteva d'impegno. Mi chiesi se dovessimo veramente renderlo come era una volta, per necessità, perché dovevamo tornare guerriere. O quel locale sarebbe finito in rovina perché nessuno lo avrebbe più usato?
Sentimmo dei passi avvicinarsi veloci, e tutte e tre ci voltammo verso la porta d'ingresso, allarmate. Lo spettacolo che ci si parò davanti fu incredibile, a dir poco esilarante.
Due ragazze, una con un cappello enorme, occhiali sottili , capelli ondulati e infiniti, stava rincorrendo una giovane ragazza, non bambina, non adulta. Adolescente, con i dolci capelli biondi lasciati cadere morbidi sulle spalle, raccolti in minuscole treccine. Entrambe ridevano, scherzavano, sembravano amare la vita.
Lory e Paddy.
-Se ti prendo! - esclamava Lory, in tono scherzoso. -Dai, promettimelo! - insisté.
Paddy finì per entrare nel locale; ci vide e si fermò di scatto, aprendo la bocca.
Lory, che stava correndo veloce, non fece in tempo a fermarsi e si scontrò con la piccola biondina, provocando una caduta coi fiocchi.
Tutte e cinque ci mettemmo a ridere sommessamente, alcune si tenevano la pancia, altre addirittura si piegavano quasi a trovare con il viso il pavimento. Sembrava fossimo tornate indietro di cinque anni.
-Ahiaaa! - continuava Paddy, ridendo e facendo un' espressione dolorante allo stesso tempo.
Quando ci calmammo, finalmente potemmo salutarci meglio tutte quante, al completo.
E passammo almeno mezz'ora fitta a raccontarci cosa avevamo fatto negli ultimi tempi, tralasciando molte cose, ma promettendoci che comunque dovevamo rivederci per completare i nostri racconti.
-E allora stamattina sono andata a casa di Paddy, perché mi prendo cura dei sui fratelli e della casa, e lei mi ha fatto uno scherzo assurdo! - esclamava Lory, sbalordita. -Così l'ho rincorsa fino qui, per fargliela pagare, tanto dovevamo venirci per forza...
-Non mi sono mai divertita così tanto in vita mia, giuro! - scherzava Paddy.
-Gne gne gne. - ribattè Lory.
-Ragazze, perché siamo qui? - intervenne Paddy, dopo una lunga risata. Era davvero cresciuta, sembrava più bella, più alta e aggraziata. Aveva abbandonato l'età dell'innocenza, lo si vedeva dalle dolci forme che il suo corpo aveva acquisito.
Anche Lory sembrava più bella, più donna. La nuova forma di occhiale la faceva sembrare più puntigliosa, e i capelli sciolti le valorizzavano il viso, con quei suoi occhioni grigio-blu che parlavano da soli di quanto fosse fantastica.
Pam era rimasta uguale, sempre bellissima e perfetta, dal portamento composto e regale.
Chissà se anche le altre avevano notato un cambiamento in me, anche solo esteriormente.
Perché dentro ero cambiata, lo sapevo.
-Nessuno sa niente. - rispose Mina, guardandomi di sfuggita. Benché la sera prima fossi uscita con Ryan, non sapevo davvero nulla di quello che ci saremmo dette durante quell'incontro al caffè. O meglio, potevo immaginarlo, ma era come se non volessi esserne sicura, perché avrebbe significato il fatto di tornare una mew mew a tutti gli effetti. Accettare possibili perdite. Mettere in gioco tutto quello che sei.
Per cui ero curiosa, anche se un po' spaventata.
-Potevano almeno degnarsi di dirci qualcosa...- cominciò Mina, con il suo solito fare arrogante. Una parte di lei che aveva migliorato, ma non certo cancellato.
-Sempre così fredda, eh Mina? - intervenne un biondino alto, slanciato e muscoloso al punto giusto scendendo dalle scale. Il mio cuore sussultò nel solo sentire la sua voce, perciò lo guardai di sfuggita. Mi sentivo i suoi occhi addosso, e questo mi fece arrossire.
Dai, guardalo. Non temere.
Alzai lo sguardo e trovai i suoi occhi puntati su di me. Nei suoi occhi non c'era coinvolgimento, ma solo stanchezza. Il bacio del giorno prima era solo...un modo perverso di avvicinarsi a me e sentirmi sua? Mi aveva fatta uscire solo per puro divertimento per poi illudermi?
Si fermò a braccia conserte davanti a dove ci eravamo sedute a parlare, poi sorrise.
-Che bello vedervi di nuovo insieme. - ammise.
Pam fu la prima ad alzarsi dal tavolo. -Scendiamo, ragazze. Kyle ci aspetta giù. - mormorò.
Ci dirigemmo verso quello che una volta da me veniva chiamato segretamente “rifugio nucleare”, per il numero infinito di macchine che vi giacevano. Marchingegni che servivano a Kyle e a Ryan per seguirci, controllarci e intercettare ogni nemico, alieno o kimero che fosse.
Come una volta, ci mettemmo in riga, dalla più piccola alla più grande. Kyle aspettava in piedi davanti ad un'enorme schermata che sembrava uguale a quella dei cinema.
-Buongiorno, mie care. - disse deciso.
Ryan si avvicinò a lui. Entrambi ci guardavano, titubanti se iniziare o no. Si era creato un silenzio imbarazzante.
-Volete parlare si o no? - sbottò Mina.
Kyle accennò una risata.
-Hai ragione, Mina, scusaci. Oggi vi abbiamo chiamato qui per un semplice motivo, che parte di voi sa già. Strawberry, ad esempio, e Pam.
Mi chiesi perché Pam sapesse già tutto.
-Molti popoli hanno abitato la terra. Molti popoli la abitano ancora adesso. Noi siamo stati abituati a sentir parlare di giapponesi, inglesi, americani, ed escludevamo a priori tutto il resto. Purtroppo però, anni fa, tutto ciò che sapevamo è cambiato.
Annuimmo tutte, ripensando agli alieni.
-Un nuovo popolo, conosciuto come “alieni” era tornato sulla terra per rivendicare il loro pianeta. Guidati da un odio e una vendetta incontrollabili, erano quasi riusciti a sterminare tutto e tutti. Ma...
Alzai lo sguardo, che avevo tenuto fisso sul pavimento fino quell'istante.
-Voi ci avete salvato la vita. Gli alieni ora non sono più una minaccia, si sono rifugiati in nuovo pianeta accogliente e rigoglioso. - Kyle abbassò gli occhi.
-Il progetto mew era stato iniziato unicamente per la creazione di DNA capaci di dar vita a creature in grado di sconfiggere questi alieni. La prova? Un piccolo simbolo sul vostro corpo, quello vi dimostrava quanto foste diverse. O...forse, lo dimostra ancora.
Vidi Lory guardare Paddy, e Mina girarsi bruscamente verso di me.
-Che vuol dire? - chiese Mina.
-I simboli scompaiono una volta che il male sparisce. Nessuna guerra? Bene, il simbolo va via. E ora vi chiedo...il vostro simbolo, lo avete ancora?
Io lo sapevo già. Lory si spostò leggermente la maglietta, notando il suo simbolo, mentre Paddy si tastò la fronte, notando una piccola stranezza. -Porca miseria! - disse.
Pam e Mina non guardarono, come me. La prima probabilmente perché già sapeva, la seconda, molto probabilmente, per rabbia.
-Se il simbolo c'è, significa che il male è tornato. E stavolta è un nemico diverso, pericoloso.
-Chi sono questo nemici? - chiese Lory, dimostrando la sua compostezza anche in situazioni come queste.
-Si fanno chiamare demoni della notte, anche se più comunemente, noi li chiamiamo con un altro nome. Tutte le ultimi inspiegabili morti, le sparizioni...sono dovute a loro. E i corpi che vengono ritrovati presentano tutti gli stessi sintomi.
-Dissanguati, ricchi di morsi...- sussurrò Ryan.
-Sono dei vampiri. - mormorai, sentendomi tutti gli occhi puntati addosso. Era ovvio, tremendamente ovvio.
-Se volete che continui il mio racconto lo farò. Ma, sappiate che tutto ciò in cui credete, tutto ciò di cui siete a conoscenza e vi fidate, sta per cambiare. - annunciò Kyle.
   
***   
 
-In realtà, di questa storia non sappiamo l'inizio, e sinceramente nemmeno la fine. Ciò di cui siamo certi, è che questi demoni sono tornati per riprendesi il nostro pianeta, che, molto tempo fa, era loro. Era loro anche prima che fosse degli alieni.
Un giorno, questi demoni vennero esiliati da...qualcuno, e costretti a vivere in massima segretezza. Fino ad oggi, hanno assistito allo sviluppo del nostro pianeta solo da lontano, ma ora...hanno deciso di tornare. E per farlo, hanno bisogno di eliminarci, perché sanno che siamo l'unica minaccia in grado di fermarli.
Kyle enfatizzava bene ogni parola. Il racconto avrebbe dovuto essere molto chiaro, eppure, qualcosa mi sfuggiva.
-Come puoi sapere tutto questo? - gli chiesi.
-In realtà, lo so io. - annunciò Ryan. -Due giorni fa, un demone ha cercato di impossessarsi del mio corpo. Mentre lo faceva, mi ha spiegato la sua storia, o meglio, mi ha immerso nei suoi ricordi...è stato orribile, ma utile, perché abbiamo cominciato subito una serie di ricerche, che comunque stanno fruttando.
C'ero anche io quando Zero aveva preso Ryan, eppure non mi aveva detto niente. Mi chiesi se, in fondo in fondo, quel biondino si fidasse di me.
-Quel demone si chiama Zero. - dissi. Tutti mi guardarono, esterrefatti.
-Come lo sai? - chiese Ryan, e notai i suoi occhi allargarsi impercettibilmente.
-Lui mi ha parlato, e mi è apparso più volte in sogno. - era la prima volta che ne parlavo con qualcuno. -Ancora cinque anni fa...mi aveva parlato del loro ritorno.
Kyle e Ryan si guardarono per un istante, capendo tutto, subito.
-In ogni caso vi abbiamo chiamato qui per...un'altra cosa. - ammise Kyle. -Vogliamo sapere...se siete disposte a riformare la squadra, come una volta.
Quello che fino a quell'istante avevamo tutte e cinque temuto, si era tramutato in sconvolgente realtà.
Ma ero tutto così chiaro. Nuovi nemici. Nuove consapevolezze, e, in un certo senso, una nuova sconvolgente vita insieme alle persone che, in fondo, delle guerre ne sapevano qualcosa.
Maledizione, ci sono ricascata, pensai.
Le iridi blu di Ryan incontrarono le mie.
Eppure...non mi dispiace, perché ci sei tu.
E ci sarai sempre.
.

 
.

 
.
Salve a tutti! Come state? So di essere in ritardo, per cui mi scuso...ma ho avuto una settimana infernale, con la i maiuscola. Vabbè, detto questo: il capitolo, come dice il titolo stesso, contiene una grande rivelazione: Straw si è decisa ad ammettere di amare Ryan, o meglio, di non averlo mai dimenticato davvero. 
Ma...Ryan è freddo, distaccato. E questo a Straw non fa bene. Cosa sarà successo? Perchè si comporta così? Beh, io sono malefica, (XD) per cui non vi dirò niente. La mia storia si spiegherà da sola...
Grazie a tutti quelli che mi seguono, e tutti quelli che trovano il tempo e la pazienza di lasciarmi sempre qualche parolina. 
Vostra
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Even if I don't know why ***


Capitolo 18

even if i don't know why

Ryan
 
-Aspetta Kyle, aspetta. - dissi. -Non voglio metterla su questo piano, ho delle cose da dire.
Guardai tutte le mie compagne. Vidi Paddy, così forte anche se così piccola. Mina, che non si fidava di me e non riusciva a sopportarmi da quel lontano giorno in cui avevo lasciato che Mark morisse. Pam, alla quale volevo bene come una sorella che mai avrei potuto avere. Lory, insicura e al tempo stesso tenace. E mi ricordai di quella notte che avevamo passato insieme, solo per mio gusto.
-Io ti amo davvero, Ryan. - aveva detto lei, guardandomi negli occhi, mettendomi praticamente in mano il cuore.
-Io sono innamorato di un'altra. - gli avevo confessato, spezzandola, tradendola dopo una notte di passione, in cui mi ero lasciato andare anche con lei.
Mi dispiace, mi dispiace, Lory.
E poi guardai lei, Strawberry, la donna di cui ero innamorato.
E parlai.
 
-Ho avuto modo di farvi capire che persona sono. E dopo tutto questo tempo, posso dirvi che anche io ho capito tante cose di voi. - Guardai Straw, che mi fissava senza alcuna espressione in volto. -Sapete che, se fossi in grado di combattere questa guerra da solo, lo farei. Ma non posso. - ammisi, sentendomi impotente.
-Ed è per questo che lo chiedo a voi. Perché voi potete, voi siete in grado di farlo. E insieme, so che vinceremo anche questa, di battaglia. E quindi, io e Kyle vi chiediamo...vorreste far parte di nuovo di questa squadra?
Tutte insieme, all'unisono, abbassarono lo sguardo.
-Io ci sto. - disse Strawberry. Fece un passo avanti, e io ne fui compiaciuto. -Avevo promesso di aiutarti, Ryan, e...io mantengo le promesse.
Un altro motivo per cui ti amo, angelo mio.
-Potete contare su di me. - disse Pam, avanzando.
-Ehi, cos'è la vita senza un po' di salsa, me lo dite? Un po' di guerra ci vuole ogni tanto, qualche bel combattimento, una rissa qua e là...- Paddy parlava mentre faceva delle mosse di karate, facendomi sorridere. -Se non si era capito, io ci sono. - disse mentre faceva passare un braccio sulla spalla di Strawberry. Era quasi alta come lei, ormai.
-Io...sono pronta.- ammise Lory, un po' timida come al solito. Non mi guardò, ma infondo la capii. -Grazie, Lory. - era l'unica che ringraziavo, visto che era l'unica ad avere un motivo valido per rifiutarsi, in quanto le avevo fatto del male.
Toccava a Mina.
-Non so cosa dire. - disse.
-Sì o no. - tagliai corto.
-Vedi Ryan, io sono una persona che non dimentica. E io non ho dimenticato che esattamente cinque anni fa, una di noi, stava per morire.
Chiusi gli occhi ripensando a quel dolore.
-Richiedendole di combattere dimostra che non te lo ricordi più.
-Non osare dirmi che non mi importa di lei. - sbottai, e tutti se ne accorsero.
I miei occhi erano probabilmente dei cerchi di fuoco, alimentati dalla rabbia e dall'ira. Mina distolse lo sguardo mentre si alzava, provocandomi.
-Io non voglio combattere. - furono le sue ultime parole, poi uscì dalla stanza sbattendo la porta.
Cercai di raggiungerla, accorgendomi del mio sbaglio. Dio, le mew mew erano in cinque, e dovevano rimanere in cinque. Non posso perdere nessuna di voi, no.
Ma lei se n'era già andata. Infuriato con me stesso, andai in camera mia, diedi un pugno all'armadio, e rimasi lì, con la mano che pulsava, la testa bassa. Avevo quasi rischiato di perderla una volta, secondo Mina ero disposto a farlo di nuovo.
Cazzo, non era vero!
-Ryan. - sentii Strawberry entrare nella stanza. Amore mio, stammi lontana, non vedi che mostro sono diventato?
Prima a malapena l'avevo guardata, non volevo rischiare di tradirmi. Dopo la sera prima, non rivelarle i miei sentimenti sarebbe stato difficile. E poi, detto francamente, come avrei potuto dimostrarle cosa provavo se c'era anche Lory? Le avevo già fatto del male rifiutandola. Se mi fossi spinto oltre con Strawberry e lo avessi fatto con lei lì, a pochi centimetri dalla verità, non mi avrebbe mai perdonato, e soprattutto, non avrebbe mai perdonato lei, la mia Straw.
-Vattene. - dissi. Cosa stavo facendo?
-Ryan, mi dispiace. - disse lei avvicinandosi.
No, sta lontana da me.
Venne esattamente dietro di me e mi avvolse in un abbraccio. Mi cingeva dalle spalle, e appoggiava la testa sulla schiena.
Dio, no...perché fai così?
Alzai la testa. -Lo sai che non avrei mai voluto quello che è successo, angelo. - ammisi.
-L'ho sempre saputo. Non è colpa tua.
-Se potessi combattere al posto vostro...lo farei. Ma non posso, l'unica cosa che so fare è trasformarmi in un misero gatto, e non ha senso, non è giusto. - Il mio corpo era attraversato da piccoli brividi. Oltre al contatto di Strawberry, dovevo sopportare anche la mia imminente ribellione a quello che ero. E io non ero niente.
Strawberry mi lasciò andare. -Potrai sempre contare su di me, Ryan. E ti aiuterò con Mina. Cambierà idea, vedrai.
Mi girai, e i suoi occhi cioccolato mi colpirono. Proprio come un raggio di sole che ti raggiunge e ti acceca, svegliandoti dal buio.
Le toccai una guancia. -Perché ti fidi di me, angelo? - le domandai.
-Non lo so...Ryan. Sento che lo devo fare. Io...
La strinsi forte, i nostri corpi aderivano alla perfezione. Avevo voglia di farla entrare dentro di me, due corpi... una sola anima. Ed era incredibile che riuscissi ad ottenere quella sensazione solo avvolgendo il suo corpo tra le braccia, come a dirle che ero lì e che non me ne sarei andato mai. Almeno finché lei mi voleva.
-Grazie, angelo.
Dopo un po' di tempo, ci separammo. Le presi una mano, proponendole di tornare giù. Finsi la più totale indifferenza, anche se quel tocco scottava, bruciava davvero. Come mai aveva fatto prima.
 
Mina
 
Faccia tosta, cretino, idiota, e per di più, bugiardo. Sì, Ryan, complimenti, continua così, tanto io non ci casco più. Come puoi dire che combatteresti al posto nostro? Intanto è Strawberry che ha rischiato di morire, cinque anni fa, non tu.
Fottiti.
Camminavo per una Tokio solitaria e spenta. Non passava quasi nessuno, e io ero tutta presa dalla mia rabbia. A un certo punto, una figura incappucciata si fermò davanti a me.
E' giunta la vostra ora, mi disse. O lo disse nella mia testa, non riuscii a capirlo bene, perché ero già spaventata a morte.
 
Zero
 
Comunicavo con gli altri attraverso il pensiero. I palazzi erano il modo migliore per osservare tutto e tutti, ed era giunto il nostro momento, finalmente.
-Zero, nessuno in vista qui. - era Damon. I suoi pensieri apparivano calcolati e distinti, proprio com'era lui.
-Zero, qui niente. - Jared. I suoi pensieri rudi e cupi, che rispecchiavano il suo animo.
-Io ne ho una davanti, Zero. - mi comunicò Vickie. -Che faccio, la attacco? Mi sembra piuttosto spaventata.
-Dove sei?
-High road, nella parte est della città.
-Allontanati, non farle nulla. Loro sono mie. - ordinai.
-Guastafeste. - mi accusò Vickie, abbozzando un sorriso – e lo potei sentire nitidamente, perché Vichie la conoscevo bene - mentre saltavamo su un altro palazzo. Mi incappucciai e cominciai a dirigermi verso est.
-Valerie? - chiamai, mandando un onda di potere con la mente.
-Dimmi, Zero. - Era stanca. Nel profondo non voleva combattere, e io lo sapevo.
-Aspetta ad attaccare. Per ora ci penso io.
-Stai attento, Zero, ti prego. - mi disse lei.
Uscii dal tunnel dei nostri poteri, e non la sentii più lì con me.
Da quel momento cominciava la nostra battaglia, l'eccitazione per la caccia e l'adrenalina cominciavano a farsi sentire.
-Presto! - ordinai ai miei compagni.
 
E poi la vidi, spaurita e spaventata dall'idea di incontrarci, lì, in mezzo alla strada, di fronte a Vickie. Non riuscivo a vederla in volto. Ma non importava, gli umani erano tutti uguali, tutti crudeli.
Cominciò a correre dalla parte non serrata dalla mia compagna. Ora era il momento di agire.
-Vickie, Damon, Jared, fatela entrare in un palazzo abbandonato e bloccate le uscite. Isolatela.
Io inseguivo la scena dall'alto, aspettando un segnale. Non appena fosse stata in trappola, toccava a me farla finita. E dopo avrei potuto dire: fuori una, ne mancano quattro.
-Non ucciderla, Zero. - era Valerie.
Mi spaventai, e cercai di capire dove si trovasse mia sorella, e di capire perché si ostinava ancora con tutta se stessa ad ostacolarmi. Ma non vidi nulla. -Oh, ti prego Valerie. - dissi, certo che mi stesse sentendo. -Lasciami in pace.
 
Mina
 
In quel maledetto palazzo c'era buio, un buio infernale. Quei farabutti mi avevano incastrata, e ora non potevo più uscire. Maledizione, mi avrebbero uccisa!
Certo, Mina, non ti risparmieranno mai, è impossibile.
Come sarei morta?
Mi sedetti, e una calda lacrima scese attraversando le mie guance arrossate. Ho sbagliato tanto nella vita, e vi chiedo di perdonarmi, pensai.
Qualcuno era entrato in quell'edificio, lo sentivo. Sbuffi d'aria mi raggiungevano insieme a brividi di paura. Sentii un rumore, e un altro ancora, provenire dai corridoi dai quali ero circondata. Quel magazzino era un labirinto, ma nel profondo sapevo che quegli essere non ci avrebbero messo molto, a trovarmi. In un certo senso mi davo già per rassegnata.
I demoni della notte sono tornati.
Io non potevo combattere, certo, ma avrei potuto provarci.
-Avanti, uccidimi. - dissi alla figura incappucciata che intravidi nella parte opposta del corridoio. La vedevo poco, per via della luce fioca. Forse era per quello che non avevo paura.
O forse era perché mi ero già rassegnata al mio destino.
-E' quello che sto per fare. - disse una voce maschile profonda. Mi piacque, e mi pentii del pensiero perverso.
L'aria venne tagliata, si stava avvicinando. Tenevo la testa bassa.
Qualcosa di gelido mi prese i polsi. Le sue mani? Non lo sapevo, sapevo solo che mi stava costringendo ad alzarmi. Tenevo continuamente la testa abbassata, non avevo il coraggio di guardarlo.
Con una mano sola, riuscì a tenermi entrambi i polsi, mentre con l'altra mi prese il collo per avvicinarmi a lui. Mi dimenai, ma non servì a nulla, era troppo forte.
In un certo senso mi abbracciava, e fui spaventata...positivamente da quel gesto. Fece aderire il mio collo alla sua bocca.
-So cosa stai per fare. - dissi con voce roca.
Sentii la sua lingua leccarmi il collo. Gemetti, ma no capii se lo feci per la paura...o per il piacere. E i accorsi fino a che punto potesse arrivare la perversione di quegli esseri, che facevano apparire un gesto disgustoso come quello come un qualcosa di sensuale e sopportabile. Un lungo brivido mi percorse la schiena. Aprì la bocca, e sentii il suo fiato caldo sul mio collo.
Mi risvegliai dall'agonia. No, combatti, Mina, non lasciarti andare. Lo colpii come potevo, ma sinceramente mi ero davvero fatta più male io di lui. Caddi all'indietro, con la testa per terra, lui si avvicinò e io finalmente mi voltai bruscamente. Lo vidi.
Occhi di un colore assurdo, talmente chiari da sembrare grigi. Capelli neri, che ribelli gli incorniciavano il viso perfetto.
Lo guardavo...e non potei far a meno di pensare che quell'incontro avrebbe cambiato la mia vita per sempre.
 
Zero
 
L'odore del suo sangue nelle mie narici, dolce e profondo. Era una sensazione sublime, che ti mandava su di giri. Ed ero quasi riuscito a mordere quel collo, e far sgorgare quel suo maledetto sangue nella mia gola, lento e inesorabile.
Ma qualcosa era andato storto. I suoi occhi nocciola nei miei, rossi per la sete, e tutto si era fermato. Il mio desiderio di bere era scomparso, la sete insieme a lui. Tutto per uno sguardo, che mi chiedeva pietà, che si insinuava dolcemente nel profondo delle mie viscere, in luoghi che io stesso stentavo a riconoscere. Sì, quella ragazza mi stava veramente chiedendo pietà, e io la stavo risparmiando.
Perché non la uccidi, Zero? Cazzo, è da una vita che aspetti questo. Fallo!
No, niente. Mi ero fermato a pochi centimetri da lei, incapace di farle del male.
-Non ci riesco. - sussurrai. Ah, bene, ora le parli? Forza, uccidila!
-Non riesci a fare cosa? - mi chiese, rapita dal mio sguardo. Col fiato corto, pure.
-...a ucciderti - ammisi.
Entrambi ci fissammo, il fiato corto, le labbra schiuse.
-Zero! Zero! Dove sei? - Damon mi chiamava. -Stanno arrivando!
-Vattene via di qui. - le dissi.
Cercò di alzarsi. Ma evidentemente era caduta male e soffriva.
La presi in braccio.
Si dimenò. -Lasciami, assassino, vattene! - mi diede continui pugni sul petto, mentre io correvo lontano dai miei compagni.
Che diamine stavo facendo?
 
La lasciai su una panchina dove attorno apparentemente non c'era nessuno.
-Perché non mi hai uccisa? - mi chiese.
Non lo so, avrei voluto dirle.
Invece rimasi a fissarla, incredulo e eccitato dal suo sangue. Buono, caldo, ma intoccabile.
Io non volevo fare del male a quella creatura.
-Non devi temermi. - le dissi.
-Sei un vampiro. - disse velocemente, come giustificazione del fatto che avessi dovuto ucciderla senza esitare.
-Hai paura dei vampiri? - chiesi con un sorriso sghembo.
-No. Vi devo eliminare, è diverso.
E io devo eliminare voi. Umani. Sciocchi, creduloni. Ma tu...sembri diversa.
-Dimmi il tuo nome.
-No. - replicò brusca.
Sentii dei rumori e mi girai. Jared, che stava arrivando.
-Ci vedremo presto. - le dissi, specchiandomi ancora in quegli occhi assurdi.
Mi voltai e feci per andare via. Ma proprio mentre stavo per lasciarmi tutto alle spalle, la sua voce arrivò dal nulla, roca, bassa, solo per me.
-Mi chiamo Mina, Zero. E la prossima volta che ti vedrò, ti ucciderò.
 
Scomparsi dalla sua vista. E magari, sarebbe stato utile sparire anche dalla sua vita.
Andai al solito posto, ignorando completamente Jared e gli altri. Alla torre, dove andavo quando avevo bisogno di riflettere. Sapevo che l'avrei trovata lì.
E come immaginavo, lei percepì il mio arrivo, e si voltò, con occhi sofferenti.
-Piccola Valerie. - sussurrai.
Sembravamo essere tornati indietro nel tempo, quando io e papà facevamo ritorno a casa dopo aver cacciato. Valerie si preoccupava sempre, anche se io continuavo a ripeterle che non doveva.
Mi abbracciò con decisione, e io la strinsi a mia volta. Il tocco delle sue braccia morbide mi dava sempre una ragione in più per sperare, per vivere e basta.
-Non l'hai uccisa. - dichiarò.
-Non ho potuto farlo.
-Tu sei una persona buona, Zero. Tu non fai del male alle persone. Tutti i peccati che stai commettendo, sono per vendetta...e nemmeno contro gli umani, ma contro di loro. Gli umani non hanno colpa, tanto meno loro cinque. E allora fermati, Zero. Puoi ancora scegliere.
Non so perché, ma per la prima volta in tutto quel tempo, ascoltai seriamente mia sorella. E le sue parole mi sembravano giuste. Benché fossi più grande di lei, ero decisamente più immaturo in certi aspetti. Gli umani, in fondo, non avevano colpa. Solo loro, ne avevano. E poi, gli occhi di Mina, quel pomeriggio, mi avevano trasportato in un mondo nuovo, diverso...in un certo senso, era come se stessi rinascendo lì, in quella piccola torre, insieme alla mia dolce sorellina.
-Dopo oggi, penso che rifletterò, prima di combattere. - dissi accarezzandole la guancia. Poi la mia mano scese, toccando il suo candido collo. La gola ardeva, avevo sete.
-Da quando non bevi, Zero? - chiese Valerie.
-Da due giorni, ormai.
Si sbottonò leggermente il mantello, e spostò i capelli tutti da un lato. Mi offrì la sua splendida gola, che sembrava richiamarmi in tutti i modi possibili.
-Prendi il mio sangue, allora.
Non me lo feci ripetere due volte. Leccai il suo collo, ammorbidendo la pelle che poco dopo fu lacerata dai miei canini, avidi e precisi. Succhiai, sentendo i piccoli gemiti di Valerie.
Quando finalmente la mia sete scomparve, mi staccai da lei. Sanguinava parecchio, così la accarezzai.
-Non dovrei bere così tanto. - dissi triste.
-Quando due fratelli vampiri scambiano il loro sangue, questi diventano ancora più forti. Io guardo i tuoi occhi, Zero, e sono rossi, rossi come il sangue...sono bellissimi.
Quando un vampiro ha bisogno di sangue ha due alternative. Cacciare la sua preda, e questa io l'aveva trovata. Ma mi era sfuggita da sotto il naso circa qualche minuto prima.
Sorrisi al pensiero di Mina, della sua gola e del fatto...del fatto che l'avessi lasciata andare.
Altrimenti potrebbe succhiare il sangue dei suoi simili, anche se questo non sarò mai buono come quello degli umani. Tranne quello dei fratelli. Ecco perché io e Valerie eravamo così forti, perché scambiavamo il nostro sangue. Eravamo legati da un vincolo indistruttibile.
Il mio sangue apparteneva a lei, il suo a me.
Presi Valerie in braccio e mi diressi al piano di sopra, dove di solito ci riposavamo durante il giorno. Mi accorsi che era stanchissima.
-Valerie...ha bevuto ancora il tuo sangue, lui? - chiesi.
-Sì...prima. Ha detto che gli serviva per la battaglia.
-Stronzo. Ma se pensa di passarla liscia...
-Ti prego, non dire così, Zero. Infondo, io lo amo. Lo sai. Davvero.
Mia sorella era così ingenua. Aveva avuto la sfortuna di innamorarsi di quel pervertito di Jared, che non volevo altro che il suo sangue. Valerie lo sapeva. Ma non le importava.
-Domani lo picchio. Giuro.
-Non giurare, non serve. - disse lei, mentre la appoggiavo dolcemente sul letto.
-Questa torre così vecchia, Zero...ormai è diventata la nostra casa.
-E' vero, piccolina. Lo sarà per sempre, se tu vuoi. - le diedi un bacio sulla fronte. -Penso che andrò a cacciare. - dissi.
E quando, con il mantello, fui fuori dall'edificio, non fui in grado di non pensare a quelle dolci iridi nocciola e a quei soavi riccioli blu che poco prima, mi avevano impedito di uccidere per la prima volta.
E mi resi conto che volevo rivederla.
.

 
.

 
.
Maa ciao a tutte, ragazze mie, come state? Non ho molto da dire su questo capitolo, se non che, come avete notato sicuramente, i punti di vista si stanno un po' spostando. Adesso non abbiamo più solo Straw e Ryan, ma anche Mina, e finalmente capiamo meglio cosa passa per la testa a questo Zero. Mi direte cosa ne pensate!
Bene, mi care, non vi resta che augurarvi un buon ponte (se lo fate)! Io spero di rilassarmi e di trovare sempre nuove idee...e magari anche di mettermi al pari con qualche recensione, che sono rimasta indietro (non faccio nomi ma una di voi si è sicuramente sentita in causa). Un'ultima cosa...dove andrete di bello ad Halloween? :)
Un bacione, 
Vostra
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Come with me, angel ***


Capitolo 19

come with me, angel

 

Strawberry
 
Quando finalmente raggiungemmo di nuovo le altre, il mio cuore sussultava, forse per l'emozione, forse perché avevo fatto le scale di fretta.
La prima ipotesi Straw, dai, è inutile che ti nascondi.
Ma quando arrivammo alla sala delle macchine ci accorgemmo subito che qualcosa non andava. Kyle era visibilmente allarmato, con tutte le ragazze attorno.
-Dio, non trovo più Mina, Ryan...il radar non riceve più i suoi segnali. Ma...prima aveva captato i demoni.
Ryan mi lasciò la mano e corse verso Kyle.
-Potrebbero attaccarla. - pensò Ryan ad alta voce.
-No...- sussultai, attirando l'attenzione di tutti. -Dobbiamo fare qualcosa.
-Kyle...è pericoloso. Ma dobbiamo mandare loro. - mormorò Ryan, con un tono che marcava sconfitta e tristezza.
Vidi Kyle annuire.
-Ragazze, trasformatevi. - ordinò Ryan.
E quelle parole bastarono a risvegliare in noi tutto ciò che in quel tempo si era addormentato. Ryan ci diede immediatamente i ciondoli, e noi cominciammo a correre verso l'uscita.
Prima di salire le scale, guardai Ryan.
-Stai attenta, angelo. - mi disse in tono dolce anche se preoccupato.
-La riporterò sana e salva, Ryan. Lo prometto.
E così, tutte e quattro, spaventate ma stranamente eccitate da quello che ci sarebbe potuto succedere, cominciammo a correre guidate da Kyle, che ci parlava attraverso il radar, per ora in mano di Pam. Fu bello pronunciare, dopo così tanto tempo, le parole mew Berry, metamorfosi!
 
-Ragazze, mi sentite? - chiamò Kyle quando ormai tutto era pronto per l'inseguimento.
-Il segnale di Mina è ricomparso, ma adesso va e viene...è in un palazzo sulla parte est della città, nella zona abbandonata.
E in pochi istanti arrivammo, veloci come non mai.
-Ok, e adesso? - chiese Paddy.
-Ci dividiamo. - propose Pam. -Lory, vieni con me.
Lory era particolarmente triste. Ma...si comportava così da quando aveva visto...Ryan. E me.
-Straw, allora, andiamo? - chiese una Paddy impaziente.
-Scusami, piccola. - E ci avviammo. Io e Paddy decidemmo di esplorare il palazzo nei piani più alti, mentre le altre due sarebbero rimaste su quella più bassi, perlustrando le stanze.
Le scale sembravano infinite, il posto era logoro e odorava di vecchio.
-Questo posto mette i brividi. - disse Paddy. -E puzza peggio della casa della prozia Ruka...bleah!
-Paddy! - la rimproverai affettuosamente, ma non c'era tempo di scherzare. Una figura strana ci si era apparsa davanti con un gesto velocissimo. D'istinto, parai Paddy.
-Eccovi qui. - disse una voce maschile ben calcolata e misuratrice. Metteva i brividi.
Alzò lo sguardo. Aveva occhi talmente chiari da sembrare un unica palla bianca.
-E' la vostra fine. - annunciò. E poi tentò di colpirci, ma sia io che Paddy scattammo all'indietro.
Diversi metri ci separavano, ma avevo paura lo stesso. L'uomo alzò la mano, puntando a Paddy. Non capii cosa stesse facendo fin quando vidi la mia compagna sospesa a mezz'aria, in preda a convulsioni terribili. La stava torturando.
-Lasciala andare! - gridai mentre mi ci scagliavo contro. Lo graffiai con tutta la mia forza, ma lui non sembrava provare dolore. A un certo punto, mi immobilizzò i polsi, facendomi un male cane.
-Si può uccidere un immortale? - mi chiese, quasi incuriosito dalla possibile risposta che potevo dargli.
-Fiocco del cuore. - sussurrai, e nella mia mano si materializzò la mia arma. Lui non se ne accorse, perché era completamente rapito da...qualcosa sul mio collo, e i miei polsi erano bloccati lungo i miei fianchi.
-Cosa hai detto? - chiese, mentre si avvicinava verso di me, e i suoi occhi diventavano rosso fuoco.
Gli diedi un calcio allo stomaco con tutta la forza che avevo in corpo. Lui si scansò leggermente, proprio per permettermi di puntargli la mia arma in faccia.
-Fiocco di luce! - e una scintilla lo colpì, facendolo indietreggiare ancora.
-Fiocco d'energia! - e una frustata gli spezzò la camicia al livello del braccio sinistro.
Paddy si era rialzata e mi aveva spalleggiato, Lory e Pam erano dietro di noi. Tutte e quattro lo guardammo.
Era a disagio, si vedeva.
-Ci vedremo presto. - garantì, e poi, con un balzo anormale, volò fuori dalla finestra frantumando i vetri, che si scagliarono crudeli sul pavimento.
-Ha volato. - disse Paddy, con la bocca spalancata. -Ha volato!
-No, è solo molto agile. - ammisi io.
-Ragazze? - Kyle ci chiamava dal radar che aveva Pam in mano.
-Dicci, Kyle. - rispose Pam.
-Mina si è spostata sulla destra del palazzo, verso l'esterno. Probabilmente è...nel giardino che c'è in quella zona.
Tutte ci guardammo. Ma cosa stava facendo?
Guidavo il gruppo durante la corsa che ci portava verso di lei, e, quando la vidi, era seduta su una panchina, mentre guardava un punto indefinito tre le piante.
-Mina! - la chiamammo. Poi la raggiunsi e la abbracciai. -Stai bene?
-Sì, sto bene. - disse avvolta dal mio abbraccio. Aveva la voce spenta, lontana, come se non fosse davvero lì con noi.
-Straw. - mi chiamò lei. Poi il silenzio. Sentii la mia spalla inumidirsi.
-Mina, perché piangi?
-Voglio...voglio combattere anche io. - annunciò.
 
In quel pomeriggio erano successe molte cose. Non avevo solo riscoperto la strana ambizione di trasformarmi, e la potente scarica di adrenalina che si insinuava nelle vene quando riuscivi a ferire il nemico no; avevo riscoperto l'agonia di non riuscire a trovare un' amica in pericolo. Ma ora Mina era lì, distesa sul suo letto, incredibilmente calma. Si girava e rigirava, mentre cercava di prendere sonno, con me vicina, a guardarla.
-Vai a casa, Straw.
-Non hai voglia di raccontarmi cosa è successo?
Il suo sguardo, nuovamente, si perse nel vuoto, come se qualcosa lo assorbisse completamente. Come se temesse i miei occhi più della morte stessa che, in qualche modo lo sapevo, quel pomeriggio avevamo visto tutte. Forse lei più di noi altre?
In ogni caso, rimase in silenzio, e io fui sicura che qualcosa non andava. Che, mentre io, ignara di tutto, stavo consolando Ryan al quartier generale, a Mina era accaduto qualcosa di irreparabile. Ma non me ne voleva parlare. E questo, nel profondo della mia anima, spezzava qualcosa di indefinito a cui si dà il nome di fiducia.
-Non è niente, tesoro. Vai, o farai tardi.
-Va bene, Mina...ma tu sta' attenta.
Non so perché mi fosse uscita quella strana frase dalla bocca, ma in qualche modo avevo sentito di doverla dire. Avevo un brutto presentimento, che riguardava Mina, e di conseguenza, inevitabilmente, tutte noi.
Uscii da casa sua, rassicurando Sergio, il quale era tremendamente preoccupato per la sorella.
-Non le è successo niente. - gli avevo detto. Ma non ne ero del tutto sicura.
Chiusi l'enorme cancello alle mie spalle e diedi un'ultima occhiata alla stanza di Mina. Abbassai lo sguardo, tristemente.
Track. Un rumore dietro di me. Mi girai di scatto. Davanti ai miei occhi una scia rossa, non distinta, al livello dei miei occhi.
Sentivo freddo al livello della nuca. Dio, avevo paura. Che...che cos'era stato?
Avvolsi le braccia attorno allo stomaco, come ad abbracciarmi. Chiusi gli occhi.
-Come sta Mina? - chiese una voce.
Mi voltai dalla parte da dove proveniva il mio interlocutore. Due occhi color oceano mi colpirono, e sentii le guance arrossire di colpo.
-Sta meglio. Non è ferita...è solo un po' sconvolta.
-Chissà cosa le è successo...- disse Ryan, avvicinandosi.
Distolsi lo sguardo. -Ehm...non lo so, non me ne ha voluto parlare. - mi affrettai a dire.
Era praticamente vicinissimo a me. Sentivo ormai il calore del suo corpo.
Rischio di impazzire.
La sua mano accarezzò la mia guancia.
-Grazie, angelo.
Lo guardai e presi un bel respiro. A volte riesci a farmi dimenticare chi sono, Ryan, pensai.
-Per tutto quello che fai, intendo. - continuò lui. La sua voce seguiva la carezza, e insieme mi spezzavano.
Tirai fuori il più bel sorriso che avessi mai regalato.
-Sto mantenendo la mia promessa. - gli garantii. Poi riflettei: possibile che fosse rimasto davanti a casa di Mina solo per aspettarmi? -Ma...cosa stai facendo ancora qui? - gli chiesi.
-Pensavo avessi bisogno di un passaggio.
-Beh...casa mia è vicina, non ce n'è bisogno. - dissi scuotendo le mani. Mi dispiaceva molto rifiutare, però...
-In realtà, pensavo che durante il tragitto avremmo potuto fare una piccola deviazione. - disse. Lo guardai perplessa.
-Vieni con me. - disse prendendomi la mano.
E in un battito di ciglia, mi trovai di fronte alla sua moto. La contemplammo per un po', poi io cominciai a ridere.
-Oddio, quanti ricordi, Ryan! Ce l'hai ancora? - chiesi.
-Beh, diciamo che non è proprio vecchia...va alla grande, per avere sei anni. E poi ci sono affezionato. - ammise.
Mi avvicinai e toccai la sella. Avevo pensato tante di quelle volte a quella moto...soprattutto con il suo proprietario sopra.
-Facciamo un giro. - disse lui porgendomi il casco.
-Non dici sul serio.
Ryan si mise il suo e mi fissò, con un espressione che diceva: Forza, fammi ridere un po' mentre ti metti il casco e voli via con me.
Sbuffai, contenta. -Uff, non ne ho proprio voglia. - Che pessima bugiarda, che ero.
-Ah, sì? - chiese lui, prendendomi in braccio e porgendomi dolcemente sulla sella, mentre io cercavo di dimenarmi, mentre gridavo: -Fermo! Fermo! Dai!
E in un attimo accese il motore.
-Ti conviene tenerti stretta.
Appoggiai la testa alla sua schiena e con le braccia lo avvolsi, senza stringere troppo.
-Si parte! - esultò, e in un attimo mi trovai immersa in un mondo fatto di adrenalina e cuori in gola, e dovetti stringermi molto più forte a lui. Quasi non strozzai un urlo, appena partiti, ma mi abituai in fretta. Mentre ero lì, che sfrecciavo veloce nelle strade di Tokio con la testa appoggiata alla sua schiena, mi ritrovai il cuore battere irregolarmente. Chiusi gli occhi, e ispirai il suo profumo.
Avrei voluto che quel momento non finisse mai.
 
Ryan
 
Era da tanto che non andavo in moto. Sì, una bella sensazione. Ma...lo era perché c'era anche lei, senza dubbio. Dio, lì, con me, c'era lei. E pensare che esattamente cinque anni prima, avevo usato quella moto proprio per dimenticarla.
Non importa, Ryan, la ami. Cercare inutili giustificazioni non serve.
In effetti, lei è mia.
E così la portai là. Beh, è tipo un posto che amavo fin quando ero bambino. Era un edificio a 85 piani, ma...la sorpresa era che all'ultimo piano c'era una terrazza dalla quale si poteva vedere tutta la città, ed era lì che volevo portare il mio angelo.
Scendemmo dalla moto, mettemmo a posto i caschi e ci dirigemmo verso l'edificio.
-Dai, corri! - le dissi mentre le prendevo la mano, e a sua insaputa mi diressi verso la scala esterna che portava direttamente alla terrazza. La conoscevo solo io, grazie al mio papà.
-Ryan, ma dove stiamo andando? - chiese con voce affannata, dopo l'ennesima rampa di scale.
-Vedrai.
Ed eccoci finalmente sulla terrazza. E lei era di fronte a me, con la bocca aperta, stupita, con tutta Tokio ai nostri piedi.
-Ti piace?
-Dio...qui è stupendo, Ryan. Ma come hai fatto a scoprire questo posto? - mi domandò guardandomi, prima di alzare il viso al cielo e fare una piroetta. Sembrava una farfalla libera, forse dai pensieri, da tutto quello che aveva subito nella vita.
Era libera, e lo era insieme a me.
Lei si appoggiò con le mani a un muretto che separava la fine dell'edificio con il vuoto. Osservando la mia città durante il tramonto, mi sentivo parte di qualcosa di grande. Si sporse leggermente e respirò, chiudendo gli occhi.
-Tutto questo mi mancava. - mi disse.
Io le fui dietro e le cinsi la vita con le mani, e posizionai il viso vicino al suo, continuando comunque a guardare avanti.
-A me mancavi tu, angelo - sussurrai guardandola, ma distogliendo subito lo sguardo, per non rischiare di tradirmi.
-Anche tu mi sei mancato tanto, Ryan. - mi disse fissandomi, senza paura. Da quel lato era decisamente più brava di me.
-C'è una cosa che ti voglio chiedere.
-Dimmi, angelo.
-Ecco...vorrei sapere perché mi chiami angelo.
Tornai a fissare la città. -Non ti piace?
-No, non è per quello...è solo che gli angeli sono creature meravigliose, pure, che non sbagliano mai...che aiutano la gente e che la salvano. Io non sono niente di tutto questo, Ryan.
-Perché, non credi di essere tutto questo ai miei occhi?
Mi guardò senza capire, e io tenni lo sguardo fisso sul sole che stava debolmente tramontando davanti a noi.
-Non credi di essere meravigliosa, pura, di aiutare la gente...e a volte di salvarla? Sì, angelo, forse avrai sbagliato qualche volta, ma di certo...tu mi hai salvata, nel momento in cui sei tornata a casa.
Pensavo con tutto me stesso quello che avevo appena detto. Dio, quanto avrei voluto urlare di amarla in quell'istante...
Appoggiò il mento alla mia guancia. -Io non pensavo, Ryan...tutto questo è...nuovo per me. So che essere andata via è stato assurdo, ma...adesso sono qui. E ci rimango, promesso.
Presi il suo viso tra le mani. Il tramonto illuminava i nostri visi, e in quel momento non volevo altro che lei.
-Sei il mio angelo custode. - dissi. E poi avvicinai la mia bocca alla sua, e chiusi gli occhi.
 
-Ehi, voi, che ci fate laggiù?! - tuonò qualcuno.
Io e Strawberry ci separammo all'istante.
-Cazzo, il guardiano. - dissi prima di scoppiare a ridere.
-Ryan, ti sembra questo il momento di ridere? - disse Strawberry, il mio angelo, mentre era evidente che anche sul suo viso si stava colorando una risata.
-Scappa! - dissi strattonandola via, mentre le voci del guardiano echeggiavano nell'aria.
-Tornate qui! Tornate qui! Se vi prendo!
Arrivammo di fronte alla moto senza fiato, dopo aver corso come pazzi, ridendo, punzecchiandoci, pensando a quanto, in fondo, ci eravamo mancati. Ormai lei mi era completamente dentro, non potevo più spingerla via, allontanarla da me. Solo il pensiero mi uccideva, mi straziava.
Lei rideva ancora quando mi ritrovai a fissarla, i suoi capelli lunghi mossi dal vento serale, che non era poi così caldo.
-Che scarica di adrenalina! - disse affannosamente.
-Torniamo a casa, prima che quell'uomo delle nevi rispunti fuori. Ah, sì...prova a metterti questi, vedrai che ti terranno caldo. - Le avevo lanciato i miei guanti preferiti, quelli che usavo quando c'era vento e che proteggevano le mani.
Li guardò in modo perplesso, poi decise di infilarseli.
-Grazie. - mormorò. -Ma tu?
-Penso di poter riuscire a guidare anche senza. L'importante è che stai al caldo tu.
Pensai di aver visto sulle sue guance accendersi un dolce colore rosso, che la rendevano ancora più bella, ancora più...umana, vicina.
Era quasi buio quando i freni della mia moto emisero un sonoro “scrach” per la mia frenata. Un rumore che amavo.
Strawberry scese dal veicolo, si tolse il casco e me lo porse.
-Grazie di tutto, Ryan. - Tentò di togliersi i guanti. Poi li fissò.
-Sono davvero molto belli.
Io mi privai del casco, appoggiandolo sulle gambe. Così la vedevo meglio.
-Puoi tenerli, se vuoi.
I suoi occhi si illuminarono.
-Ma no, servono a te...
Strinsi le sue mani con le mie e la guardai con intensità. -Li puoi tenere, ma ad una condizione.
-Sono pronta a tutto. - scherzò.
Brava, angelo, scherza. Perché se parlassi sul serio, ti porterei via con me, se fossi pronta.
-Li dovrai usare tutte le volte che viaggerai in moto con me. Perché...beh, ci tengo che tu ci risalga.
Sorrise.
-O, beh, mi aspettavo di peggio. Vuoi dire che mi farai venire di nuovo in moto con te?
-Questa non era certo l'ultima volta, angelo. - puntualizzai mentre le lasciavo le mani, e con una sola le sfioravo l'incavo del collo. Restando seduto sulla moto, feci un po' di pressione su di lei con quella mano, per avvicinarla a me.
Chiuse gli occhi.
No, non ancora. Non sei pronta, angelo mio, non sei pronta per tutto questo. Per me. Per noi.
La baciai sulla guancia.
-Domani ti passo a prendere alle sette e un quarto, intesi? Il caffè apre alle otto. - dissi mentre rimettevo il casco.
Mi guardò basita.
-Cominciamo già domani?
-Certo. Dopo oggi pomeriggio, non possiamo più aspettare.
Cominciò a guardarmi in modo più serio. -Mi farò trovare pronta.
E sfuggì da me, per rifugiarsi nella sua casa. Ma prima di aprire il portoncino mi guardò.
-Ciao, Ryan. - disse agitando la mano.
Alzai un angolino della bocca.
-A domani, angelo. - mormorai, senza che mi potesse sentire.
 
Mina
 
Pensa, non buttare tutto all'aria. E' la tua vita, fanne ciò che vuoi, ma non esagerare.
Balla.
Balla perché questo è l'unico modo per esprimere cosa sentiamo nel cuore attraverso il corpo. Sorridi, se riesci. Non fingere, e se non ce la fai, scappa.
Ma non piangere. Non morire, combatti, dannazione.
 
Questo era ciò che mi ripetevo da quando ero bambina. Da quando tutte le sere i miei genitori mi lasciavano con la mia tata, ma nonostante ciò, io lo sapevo, ero sola. Possibile che allora solo uno sguardo avesse potuto pietrificarmi fino al midollo? Possibile che un ragazzo qualunque si fosse fermato davanti...a me? E non mi avesse finita?
Ma in che mondo vivevamo? Un mondo popolato da alieni...da vampiri? Da nemici?
Dai suoi occhi color rosso fuoco. Che bramavano il mio sangue.
-Non ci riesco.
-A fare cosa?
-A ucciderti.
Poche parole, ma tanta paura nel pronunciarle.
Perché quel demone non mi aveva ucciso?
Mi alzai dal letto incapace di dormire. Strawberry se ne era andata, se ne erano andati tutti.
Come avrei potuto dire loro che avevo parlato con un vampiro? Peggio, come avrei potuto dire loro che...in qualche modo, mi sentivo fatalmente attratta da lui?
No, Mina, no, mi ripetei. E' un nemico, uno sporco assassino.
Eppure...
Aprii la finestra per vedere l'immensità della mia corte. Se in quel momento avessi voluto qualcosa, l'avrei potuto ottenere. Ero influente, ricca. Ma questo non mi era mai bastato.
Chiusi gli occhi e ascoltai il vento. Ascoltai i battibecchi della gente ritardataria, il traffico, annusai i profumi che riempivano l'aria.
Aprii gli occhi e lo vidi. Era di fronte a me, bello da mozzare il fiato, come lo avevo visto quel pomeriggio.
Zero.
I suoi occhi erano tristi e vuoti.
Aprii la bocca per parlare, per dirgli qualcosa, ma lui era già scomparso. Uscii sulla terrazza, ma non lo vedevo più da nessuna parte. Perché? Ora avevo persino le allucinazioni su di lui?
No...no davvero...non potevo, non potevo!
Mi rimisi a dormire e con una mano mi coprii gli occhi. Piansi lacrime calde, che nessuno poteva asciugare.
Io sono una mew mew. Questo è il mio destino, non si può cambiare. Devo ucciderlo, non farmi uccidere. O anche solo farmi ammaliare.
Non può esserci altro. Non deve.
.
 
 
.
 
 
.
Questo capitolo è davvero molto importante, per me, perché stato uno dei primi che ho scritto – penso ancora un anno fa, sì sì – e ammetto che l'ho un po' modificato, ma mi soddisfa. E la cosa è una novità! E' importante perché Straw e Ryan sono a un passo dal grande passo – ahahah :D , vabbè, lasciatemela correre, sono proprio a pezzi stasera – ma c'è un tassello che manca. Ryan dice che lei non è pronta...ma avrà ragione? O in realtà è lui che non è pronto? E poi...poi c'è Mina. Quello che ha visto è reale, o solo frutto della sua immaginazione?
Vi lascio con queste domande, mie care, e grazie come sempre. Vi adoro, semplicemente **
Vostra
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Temptation ***


Capitolo 20

temptation

 

Strawberry
 
Mi svegliai affamata e stanca, sul mio letto, scoperta, dove mi ero abbandonata a riflettere qualche ora prima. Ero andata a letto senza cena, il che era preoccupante. Papà si era messo quasi a piangere perchè fatalità, proprio quella sera, aveva cucinato lui. Ma io non avevo fame. Vuoi per i demoni, vuoi per quello che era successo con Ryan, ma non avevo fame. Guardai la sveglia e mi resi conto che erano le tre di notte, e, come se non bastasse, la mia pancia gridava vendetta. Lasciai la mia stanza e andai dritta in cucina. E lì trovai Katherine, che stava cucinando. La osservavo armata di coltello, mestolino e vestita come una chef in carriera.
-Kat! Cosa fai qui? Oddio, sei tutta sporca, guardati! - dissi, e cominciai a ridere.
-Volevo prepararti una torta, ma non so da dove cominciare. - bofonchiò.
-Prima leviamoci dalle mani questo coltello, che dici? Poi...beh, vediamo di fare questa torta insieme. - proposi.
E così, alle tre e mezzo del mattino, io e mia sorella ci ritrovammo a fare una torta al cioccolato. Oh, sì, che senza modestia, venne pure bene.
-E' buonissima. - disse Kat con la bocca piena mentre si gustava un pezzo di torta.
-Certo, l'abbiamo fatta noi! - dissi. Alla faccia della modestia!
Per un po', ci furono solo i rumori delle forchette e dei piatti di ceramica. Fu Kat a interrompere il silenzio.
-Straw, si può sapere perché non hai mangiato? Prima.
-Non avevo fame, piccola.
-Tu che non hai fame? Mi prendi in giro? - scoppiammo a ridere, all'unisono. Non le avrei mai detto perché non avevo avuto voluto mangiare, insomma, perché avrei dovuto caricarla dei miei problemi? Anche se era intelligente, Katherine non meritava che le sbattessi in faccia così tante verità. Le accarezzai la guancia rosea e paffuta. Forse, con una carezza, l'avrei convinta che andava tutto bene. A torta finita, la presi in braccio e la strinsi forte a me.
Mi resi conto che in quel periodo, lei e Ryan erano la ragione della mia vita, il raggio di sole che la rischiarava, l'ossigeno puro che mi faceva respirare.
La riportai in camera che ormai dormiva, e la lasciai nel suo letto.
-Sogni d'oro, sorellina. - le sussurrai.
Il mattino dopo mi svegliai – alle sette in punto, mi raccomando - particolarmente di buon umore, forse per la torta, forse perché sapevo che genere di giornata mi aspettava.
E così, dopo aver salutato tutti, percorsi il vialetto sino a raggiungere una moto che mi sembrava molto familiare.
-In ritardo di un minuto, angelo. - mi rimproverò Ryan, sorridendo piacevolmente. -Ma ti perdono.
Gli feci la linguaccia, scoppiando poi a ridere.
-Buongiorno. - mi disse poi porgendomi il casco.
-Buongiorno a te. - risposi accettandolo. Me lo misi, e poi infilai i guanti che mi aveva regalato il giorno prima.
Mi guardava con un sorriso sghembo, così mi giustificai dicendo: -Beh, mi avevi detto che dovevo metterli sempre...
Salii e presi il mio posticino sulla moto.
-Pensavo semplicemente non mi prendessi sul serio. - ammise Ryan, e notai che era compiaciuto.
E poi partì sgommando, dandomi una scarica d'adrenalina pazzesca. Strinsi forte la sua schiena, così ampia e accogliente, e immaginai che fosse solo mia.
Oddio, no, non dire così Straw...
Eppure sì, lo desideravo più di ogni altra cosa, lo volevo mio con tutta me stessa.
Nascosi il torpore delle mie guance fra il suo giubino in pelle, cercando di controllarmi anche solo quel minimo che bastava.
Una volta entrati nel locale, mi stupii non vedendo ancora nessuno, e il fatto provocò in me sentimenti contrastanti. Paura, perché ero sola con Ryan, emozione, perché in fondo non sarebbe stato facile essere sola con lui mentre lavoravo durante il giorno.
-Questo è per te, Strawberry. - mi disse Ryan porgendomi una graziosa scatola. La aprii senza avere la men che minima idea di cosa potesse essere.
E poi lo riconobbi. Il mio vestitino da cameriera! Era leggermente modificato perché ero un po' cresciuta, ma in fondo era ancora lui...
-Che ricordi. - ammisi stupita.
-Puoi andare a cambiarti dove sai, io comincio a sistemare. - mi propose Ryan, dirigendosi dalla parte opposta del camerino.
Quando fui pronta uscii, e fui sorpresa nel trovarmi davanti tutte e quattro le altre mew mew, già pronte e sorridenti.
-Sei sempre la solita ritardataria. - mi accusò Mina, puntandomi il dito contro. -ma ti voglio bene per questo.
-Mina, stai bene! - urlai mentre la abbracciavo forte. La vedevo molto meglio del giorno prima, e questo mi tranquillizzò parecchio. Non so perché, ma il fatto che avesse pianto tra le mie braccia mi aveva scossa parecchio.
-Ragazze, è ora. - annunciò Kyle, girando il cartello che da “Chiuso” passò ad “Aperto”.
E cominciò così una delle giornate più piacevolmente stancanti di tutta la mia vita.
 
Ryan
 
Si può cambiare per amore?
Io lo stavo scoprendo.
 
Ormai il locale era prossimo alla chiusura, così, tutti insieme, nessuno escluso, ci stavamo impegnando a ripulirlo e a renderlo accettabile per il giorno dopo. Le volte in cui mi era capitato di intravedere Strawberry erano state poche, ma a ogni occasione lei era sempre pronta a strapparmi un sorriso. Aveva rotto sette tazze, otto piatti e quattro bicchieri, superando temporaneamente il record di Lory che invece aveva semplicemente fatto cadere una torta.
Mi ero fermato più volte a soppesare lo sguardo di Lory, ma non capivo se fosse accusatore, bastonato o sbrigativo. Nessuno di noi due poteva dimenticare cosa era successo quella volta, e le immagini di quell'episodio ogni tanto rispuntavano fuori dalla mia testa, lacerandomi.
Era stata una tentazione fugace, uno sbaglio, come direbbero in molti. Ma c'era stato. Era successo due anni prima, ed era finito, ma c'era stato.
 
***
 
Distrattamente, presi in mano l'accendino e lo rigirai fra le mani. Quella conversazione aveva preso una brutta piega, e lei se ne era accorta. Mi conosceva bene, d'altronde, e non poteva biasimarmi.
Accesi noiosamente una sigaretta e la passai fra le labbra. Sentii la sua essenza vagare per la mia bocca, e poi rilasciai il fumo.
Lei parlava ancora. Io? Io non la ascoltavo.
-E poi potremmo andare a Parigi, Ryan Parigi, ci pensi? Forse potremmo anche affittare un appartamento, di quelli che non costano tanto. Ci pensi, Ryan?
Certo, andiamo dove vuoi, non m'importa.
-Ryan, mi ascolti? - chiese una Lory a dir poco esasperata.
-Si, ti ascolto.
Dio, ho bisogno di silenzio. Cazzo, perché riesco sempre a combinare queste cose? Complimenti, Ryan, hai cominciato ad andare a letto con Lory, lei ti ha chiesto qualcosa di serio, e tu come un cane ti sei fatto incastrare. Forse è una punizione, qualcuno ti sta costringendo a fare almeno qualcosa di buono nella tua lurida vita.
Ma non è lei che voglio.
Pagai il conto e insieme, mano nella mano, uscimmo dal locale. Lory si appoggiò alla mia spalla.
-Sei così diverso da ieri notte. - ammise Lory.
O come la notte prima, e quella prima ancora. Perché questo era ciò che succedeva. Io ero un uomo spezzato, lacerato, l'ombra di quello che era stato un tempo. Durante il giorno potevo fare finta che le cose fossero come sempre. Potevo costringermi a guardare il mio volto riflesso nello specchio e non odiarmi per quello che mi ostinavo a essere. Ma la notte diventavo un cucciolo smarrito. E così, quando il sole tramontava, uscivo di casa e cominciavo a viaggiare per la città. Assomigliavo a un vagabondo, un ragazzo senza meta e con il cuore pieno di paura e straziato dagli errori. E così, i miei passi, inevitabilmente, una notte mi avevano portato al suo appartamento.
E non ero più riuscito a non ritornarci, ogni sera, quando il cuore si riempiva di solitudine e quando non potevo più tollerare quello che ero diventato.
Fissai le nostre mani dondolare insieme. E pensai a quanto sarebbe stato bello dirle: Lory, io ti amo, ma non avrei potuto dirglielo mai, perché non era vero.
E lei meritava qualcosa di più di un mostro come me.
-Lory, io non voglio mentirti. - cominciai.
Mi fissò allarmata.
-Quella di questi mesi non è stata una semplice...avventura, per me. So che fa schifo detta in questo modo, ma...io non riesco a vederti in altro modo che come mia amica.
I suoi occhi fissarono un punto indeterminato dentro i miei, come se effettivamente ci fosse qualcosa cui aggrapparsi per non dover sentire tutto quello che stavo dicendo. -Non posso più continuare questa cosa. - mormorai.
Abbassò il suo viso minuto, e poi sorrise tra sé.
-Sai, l'avevo capito, in fondo, Ryan. So che non mi ami. Sono solo una sciocca che ti ha infastidito con i suoi sentimenti per tutto questo tempo...
Mi sentivo talmente piccolo e insignificante di fronte alle parole tristi di quella ragazza così ingenua e dolce. Ma lei era forte. Sì, Lory era anche forte, e te lo dimostrava quando ti prendeva fra le braccia, mentre faceva l'amore con te, e ti sradicava l'anima, dandoti il cuore in mano. Lei era anche calda, molto calda. Sapevo che, se avessi avuto più coraggio, avrei anche potuto innamorarmi di lei. La mia testa mi urlava che era quella la cosa giusta, ma il mio cuore, ogni volta, sussultava. Il mio cuore apparteneva a un'altra donna, e sarebbe stato suo, per sempre, dove per sempre non conosce limiti, non trova ostacoli, ma significa semplicemente che durerà anche oltre ciò che ti aspetti.
-Lory, siamo entrambi innamorati di una persona che non ci può ricambiare. E questo non cambierà mai...fa male, lo so, lo capisco, ma dobbiamo riuscire ad andare avanti, per il nostro bene, e per quello di chi ci circonda.
-Mi stai...chiedendo di dimenticarmi di te?
Non meritava altri giri di parole.
-Sì. Sì, Lory. Starai meglio, vedrai.
-Io...io non penso, Ryan. Perché ti amo. Ti amo da sempre, credo. - disse perdendosi nel mio petto, mentre la voce si affievoliva.
Strinsi forte quella creatura, che in quel momento sembrava fragile e indifesa come non mai.
-Ho sempre saputo che eri innamorato di Strawberry. E' che dopo tre anni dalla sua partenza, dopo questi mesi, io pensavo...pensavo ti fossi dimenticato di lei...
La verità delle sue parole mi trafisse come una potente lama.
Sì, quella era la verità proibita che si nascondeva nel mio cuore e che io cercavo con tutto me stesso di negare. Amavo Strawberry più della mia stessa vita.
E allora cosa devo fare. Lory? Dimenticarmi di lei? Ci ho provato, ma non ci riesco.
Lasciai andare quel cucciolo triste, e correndo, mi diressi verso casa, dove la mia moto attendeva solo di essere usata.
 
***
 
Quella storia era stata solo una terribile tentazione. Ma ora Strawberry era lì, e non potevo più negare a me stesso i miei sentimenti. Semplicemente perché avrei rischiato di impazzire.
-A domani, ragazze. - dissi mentre salutavo tutte con un cenno.
 
Zero
 
Davanti a me si trovavano tutti i miei più alleati vicini. Li osservavo, e loro osservavano me. Tutti eravamo coinvolti allo stesso modo, chi più chi meno, e..beh, io sì, c'ero dentro fino al collo.
Valerie mi teneva la mano, che non smetteva di tremare. Jared mi guardava minaccioso, ma io non avevo paura di lui. Non ne avevo mai avuta.
-Vi ho convocati qui - cominciai -per annunciarvi che rinuncio completamente alla mia missione. Non intendo più conquistare questo pianeta.
Si levarono strani versi che non riuscii a interpretare. Valerie si avvicinò ancora di più, e sentii il calore del suo corpo proteggere il mio, proprio come faceva da piccola.
-Ci stai...prendendo in giro? - tuonò un Jared furioso.
-Ma non aspettavi altro che questo, Zero! Non rinunciare adesso! - mi incitò Damon.
-Io...- tentai di giustificarmi -Non trovo più la forza di combattere. Non è colpa loro se siamo ridotti in queste condizioni, per cui non intendo usarli come esca. Non sono gli umani i nostri nemici.
-Infatti sono il nostro cibo. - ridacchiarono alcuni vampiri.
Damon si avvicinò e mi guardò fisso negli occhi. Era il mio migliore amico, avrebbe dovuto capirmi.
-Io farò quello che farai tu. - mi garantì.
-Anch'io. - mi confermò Vickie. Chissà perché, mi sentivo bene così. Anche se dalla mia parte avevo solo tre persone, i miei due migliori amici e mia sorella.
-Stupido illuso. - disse Jared. -Ci hai tirati tu in ballo a questa storia, e adesso hai paura di andare avanti. Mi fai quasi pena, tu, con quelle tue arie da vampiro superiore, solo perché puoi nutrirti di un tuo consanguineo...
Lanciai a Jared un'occhiataccia.
-Piantala, Jared. E' finita.
-Non è finita per niente. - mi disse attraverso la mente. Il suo potere era talmente intenso da avermi scosso.
-Siamo arrivati fin qui. Non possiamo fermarci adesso. - disse rivolto alla folla. -Chi vuole rinunciare rimanga, gli altri mi seguano, e saranno ricompensati.
Che diamine stava facendo?
-Fermo, idiota, che cosa hai intenzione di fare? - dissi mentre lasciavo Valerie e mi dirigevo verso Jared.
-Occupati della tua dolce sorellina mentre io bevo il sangue di quelle bamboline, Zero.
E poi scomparve, e con lui altri cinque demoni.
-Cazzo. - dissi. Non poteva farlo, no, davvero. Non ora...
Mina.
 
Mina
 
Ryan non mi incantava con i suoi saluti, né con le sue buone maniere. Sapevo benissimo che la sua scusa da io-non-posso-combatterere-perchè-non-ho-i-poteri funzionava con le altre, ma chissà perché, io non me la bevevo.
Io, Pam e Strawberry camminavamo davanti alle altre e stavamo arrivando alla fine del cortile, in procinto di salutarci.
-A domani, belle donne. - salutò Pam.
-A doma...
Ma qualcosa ci fece cadere bruscamente in avanti, tutte e tre. Ancora distese per terra, ci guardammo stupite, per poi trovarci un nemico a pochi metri di distanza.
Un demone, ancora.
Fummo raggiunte all'istante da Ryan, Kyle, Lory e Paddy, che allarmati si erano accinti ad aiutarci. Non mi stupii quando vidi Ryan accorrere da Strawberry.
-Ma guardatevi, un branco di umani soli e indifesi. Contro un vampiro!
Il sorriso maligno che affiorava tra le labbra di quel demone mi fece rabbrividire.
Zero...non era così. Vero?
Ma che cosa stavo dicendo? E' un nemico, dio, un nemico e basta.
-Provate a prendermi, bamboline. - ci incitò.
-Non me lo faccio ripetere due volte. - dissi, e mi trasformai.
Ero in vantaggio rispetto le altre, grazie alle ali, per cui feci in tempo a scagliarmi contro il nemico, che però scattò all'indietro e cominciò a correre. Chiamai a me il mio arco, e cominciai a scagliare frecce verso quel vampiro, il quale, inaspettatamente, si dimostrava molto più veloce del previsto.
Cercavo di seguirlo dall'alto, volando, ma lui riusciva in ogni caso a cogliermi di sorpresa, balzando di qua e di là come un leone affamato.
Arrivò il momento in cui non lo vidi più.
Mi fermai e atterrai. Ero in un vicolo cieco, stretto e piuttosto buio. Mi voltai più volte per evitare di essere attaccata alle spalle, ma quel vampiro era praticamente scomparso.
Poi sentii una voce nella mia testa.
-Mi auguro che la tua morte sarà lenta e dolorosa.
Mi voltai e vidi arrivare di fronte a me tre vampiri. Poi udii un rumore dietro di me, e mi trovai difronte ad altri due di loro.
Ero in trappola. Anche se avessi volato, mi avrebbero raggiunto comunque, bastava che facessero un balzo.
Era finita.
Ma l'importante era almeno provare a combattere, no? Scagliai una freccia contro un vampiro, colpendolo alla spalla destra. Balzai per evitare la presa di un demone che stava arrivando da dietro, e in questo modo colpii anche lui alla schiena con il mio fiocco d'azione.
Notai la loro eccitazione nel vedere che la preda combatteva. Si divertivano al pensiero che mi ribellassi? Ebbi paura. Probabilmente c'era più gusto a mettere a tacere per sempre una persona che cercava in tutti i modi di sopravvivere.
Un demone mi attaccò frontalmente, ma io lo fermai con la mia arma. Facendo così, però, non ne notai un altro che stava arrivando da destra. Questo mi scagliò a terra, e in un batter d'occhio mi trovai sotto di lui, messo a carponi.
Il leone si prepara a mordere la sua preda.
Sentii la sua lingua ammorbidire la mia pelle. Chiusi gli occhi.
Ma poi un fruscio, e non sentivo più il calore del suo corpo a così poca distanza dal mio. Aprii gli occhi, mi alzai a sedere, e quello che vidi mi fece accarpionare la pelle.
Un predatore contro un predatore, un vampiro contro un vampiro. Facile da pensare, difficile da vedere. Sì, perché questo vampiro era Zero.
Zero.
Lo vedevo mentre si stava ribellando ai suoi compagni. Zero che li stava uccidendo, i suoi compagni. Perché? Non aveva senso.
Mi ritrovai ad osservare la scena da spettatrice, quando fino a pochi minuti prima combattevo anche io. Mi sembrò strano, ma vero.
-Idiota, sei venuto qui per impedirci di divorarla? - chiese un vampiro a Zero.
Lui di risposta ringhiò. Mi sembrò un suono anormale, ma non avevo il motivo di averne paura, anche se non sapevo perché.
Uno del gruppo, il più alto, non la smetteva di fissarmi. Ero a disagio, e non osavo muovermi. A un certo punto questo scattò verso di me, ma Zero lo bloccò, prendendo il suo collo con una mano. Rimasi inorridita nel vedere che ormai quel vampiro non respirava; rimaneva semplicemente sospeso a mezz'aria, travolto da una forza più grande di lui.
Come si era scagliato il primo lo fecero, a canone, tutti i suoi seguaci. Stavano attaccando Zero, che combatteva contemporaneamente con cinque persone. Cinque vampiri. Cinque compagni, per lui.
Vidi lacerare due corpi sotto i miei occhi. Preferii chiuderli quando Zero cominciò a finire la ragazza, che tutto sommato non mi sembrava molto più vecchia di me.
Prima del colpo di grazia, la sentii sussurrare, a fatica: -Hai cominciato tu stesso tutto questo, e adesso ti stai tirando indietro. Bravo codardo.
Sentii qualcosa spezzarsi, ed ebbi la terribile sensazione che si trattasse dell'osso del suo collo.
Poi toccò all'ultimo vampiro, di cui non ricordavo nulla. Fu lo scontro che durò di più, ma io non ne colsi alcun particolare. Preferii rintanarmi in un angolo del vicolo, con la testa fra le mani e gli occhi perennemente chiusi.
Temevo che ad aprirli mi si sarebbe sbattuto in faccia un mondo pieno di dolore. Sentivo i loro versi, i loro gemiti e i continui ringhi. Tremavo come una foglia.
Poi fu il silenzio. Nessun crack, nessun rumore orribile e spaventoso. Dedussi fossero scappati. O che fossero tutti...morti.
Mi ritrovai a versare una lacrima amara. Zero era venuto lì...solo per salvarmi la vita? Aveva appena ucciso cinque dei suoi compagni per me. Mi sentii quasi svenire; ero stata catapultata in una situazione che era più grande di me.
Decisi ad alzare il viso. Presi un bel respiro, mi voltai, e, a pochi metri da me, in piedi, voltato di spalle, notai Zero. Fui catturata dalla sua figura, così perfetta da sembrare assurda, e per un istante ebbi la tentazione di scappare, per non essere costretta ad affrontare quello che era appena successo.
Lui si voltò di scatto e mi guardò. I suoi occhi erano rossi, profondamente caldi, e la sua bocca sporca era di sangue. Aveva morso qualcuno per porre fine alla sua vita?
Sembrava quasi spaventato della mia reazione, ma in che modo avrei potuto competere con un vampiro come lui?
Fece due passi lunghi e in breve trovai i suoi occhi a pochi centimetri dai miei. Mi tremavano le gambe, i suoni erano confusi e sembrava che niente avesse più senso. Niente, tranne quei due rubini dai quali non riuscivo a distogliere lo sguardo.
Tese una mano e la fece scorrere dietro la mia nuca. Mi inclinò leggermente il viso, si avvicinò e con la lingua disegnò un cerchio distratto sul mio collo.
Stava per mordermi, di nuovo. E, di nuovo, io non cercavo di fare nulla per fermarlo. Ero inerme.
Cercai la sua maglietta come appiglio. La strinsi forte, al livello delle spalle, sperando che il dolore sarebbe stato meno intenso.
-Il tuo...sangue mi fa impazzire, nel vero senso della parola. Non riesco a controllarmi. - mormorò lui, con voce roca. Mi sentivo tra le braccia di un qualcosa di disumano.
-Allora prendilo. - mi trovai a dire. E capii che io ero ancora peggio di qualcosa di disumano. Desideravo che quella bestia prendesse il mio sangue. Sì, lo volevo.
La sua bocca si aprì, sentii infatti il suo respiro caldo sulla pelle.
Poi lo sentii iniziare una risata.
-Tu devi essere più matta di me, se mi hai lasciato arrivare fino a questo punto - disse, staccandosi. I suoi occhi erano tornati grigi, come li ricordavo.
Lo guardai stupita, forse anche un po' delusa. Per un folle istante, ero stata davvero pronta a dare a quel vampiro il mio sangue.
Mi accorsi di stringere ancora la sua camicia. Osservai le mie mani, che tremavano al contatto con la sua pelle calda, che si sentiva attraverso la stoffa.
-Non trovo la forza di staccarmi da te. - ammisi.
-Hai paura? - chiese lui.
-Tantissima.
Avvicinò la bocca al mio orecchio. -Non so perché ho ucciso tutte queste persone. Penso...di essere stato crudele quanto basta da farti scappare.
-Forse non voglio, allora. - dedussi, visto che non muovevo un muscolo. Ero come pietrificata.
Quel mostro, quell'assassino davanti a me, in realtà si stava dimostrando una tentazione forte. Era una sensazione nuova per me, e forse lo era anche per lui.
Si staccò da me, così fui costretta a lasciare la sua camicia.
-Ti dovrei uccidere, ora. - disse in tono piatto.
-Allora cosa aspetti? - domandai io, come per dire: forza, fallo.
-Forse non voglio. - mi disse con un sorriso sghembo.
Allungò una mano ma io mi allontanai e, prontamente, feci arrivare le ali davanti al mio corpo, come per proteggermi. Durante gli anni si erano allungate. Ora, più che ali di un semplice lorichetto blu, si erano trasformate in qualcosa di molto più simile a quelle che avevo visto sulle schiene degli angeli nei libri illustrati che leggeva da adolescente. Mi difendevo così, sconvolta e stupita, da un vampiro che non solo mi aveva risparmiata, ma che mi aveva anche difesa. Mi aveva salvata.
-Vattene. - gli dissi. -A questo punto è meglio per tutti e due.
-Forse non lo vorrai sentire...ma spero di rivederti.
E sparì dalla mia vista, lasciandomi come un pulcino appena uscito dall'uovo, smarrito sia piacevolmente che negativamente, nel mondo che aveva appena appena cominciato a conoscere.
.

 
.

 
.
Eccomi tesori miei <3 Come state? Io sono un po' in ansia per questo capitolo...XD Beh, spero di non aver deluso nessuno con questa nuova coppia. A me piacciono tanto...sarà perchè gli amorei proibiti sono la mia passione, sarà perchè mi piace vedere Mina vulnerabile, finalmente. Non lo so. Aspetto vostri pareri <3 Grazie a tutte quelle che non sono ancora scappate via a gambe levate, a chi mi segue di continuo...a chi mi sostiene. Vi adoro.
Vostra
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Your halo ***


Capitolo 21

your halo

 

Mina

Remember those walls I built
Well, baby they’re tumbling down
And they didn’t even put up a fight
They didn’t even make up a sound

 

 

Volai veloce per raggiungere il caffè il prima possibile. Dovevo sbrigarmi, non vedevo le ragazze da quando non le avevo praticamente abbandonate davanti al locale.
Dio, mi sentivo uno straccio.
Una volta arrivata riacquistai la mia forma umana, tranquillamente, senza cercare di lasciarmi distrarre troppo dal ricordo di Zero. Il solo pensiero mi lacerava.
-Dov'eri finita? - chiese Ryan furioso, uscendo dal locale con foga.
-E-ecco...- balbettai. Non trovavo le parole e avevo paura. Paura di essere smascherata e di dover ammettere troppo presto di essermi persa in una cosa troppo grande. Ryan mi venne talmente vicino da quasi toccarmi. Ebbi il presentimento che mi volesse quasi picchiare, così misi le mani sui fianchi, e mi sentii la Mina che ero un tempo.
Che c'è, ora non lo sono più?
-Ascolta, idiota, non ho fatto niente di male. Piantala di fissarmi così. - gli dissi decisa.
Alzò il sopracciglio. Strawberry si sarebbe sciolta ad averlo a così poca distanza, invece, a me, non faceva né caldo né freddo. Ecco cos'era quel biondino per me, un bel niente.
Feci per andarmene. Se lui stava bene, significava che anche le altre erano salve, e fui profondamente rallegrata da questo pensiero. Gli passai di fianco, dirigendomi verso casa.
-Mina. - mi chiamò Ryan di nuovo. Ma era ancora lì?
Mi voltai e mi trovai a fissare lui che mi dava le spalle, a pochi metri da me. Si voltò, lentamente.
-Sai che puoi dirmi tutto, anche se mi odi. Sai che ti capirei.
Quelle parole mi colpirono nel profondo. Davvero era disposto ad ascoltarmi? A credermi? A credere che non fossi in grado di odiare un mio nemico, ma di sentirmi fatalmente attratta da lui?
Non lo credevo possibile.
-Io...io quando sarò pronta te ne parlerò. Prima di tutto devo fare i conti con me stessa.
-Ti aspetterò comunque, e sai che oltre a me lo farebbe qualcun altro. - concluse lui, e poi se ne andò.
Sì, forse le mie amiche mi avrebbero capita. Ma cosa serviva che mi capissero loro? La prima che doveva far luce su quello che le stava succedendo ero io. Così decisi di andare in un posto dove riflettere mi sembrava la cosa più semplice del mondo. Andai nella palestra dove facevo danza, dove avevo imparato tutto.
All'entrata trovai Emma, la proprietaria del posto, la signora che mi aveva insegnato fin da piccola cosa voleva dire essere una ballerina. Le volevo molto bene, e lei era una delle poche persone che ne volesse a me.
-Emma. - salutai con un cenno.
-Mina! Ma che piacere vederti! Sei venuta per allenarti?
-Sì. - risposi. -E' tardi, lo so, ma...ho bisogno di ballare.
E quando dicevo così ero al limite.
-Vieni, cara, la sala due è libera. Ti accompagno.
Così Emma chiuse le porte, e io mi trovai faccia a faccia con me stessa. Io, di fronte allo specchio, cominciai a osservare il mio corpo;lo vedevo nelle sue forme esili. Mi chiesi se quelle forme potessero piacere, potessero incuriosire. Mi tolsi le scarpe che avevo messo quella mattina, delle ballerine, e rimasi a piedi nudi. Feci roteare il capo, sentii che i muscoli rispondevano tendendosi e mi sentii pronta. Alzai una mano al cielo, misi l'altra in posizione, roteai la gamba ed eseguii una piroetta.

 

I found a way to let you in
But I never really had a doubt
Standing in the light of your halo
I got my angel now


 

Perfetta.
Ne feci un'altra. E poi un'altra, e un'altra ancora. Il corpo rispondeva benissimo ai miei comandi, danzavo come un cigno emozionato. Eseguii uno degli ultimi balletti che stavo preparando, ma, proprio nel finale, caddi banalmente.
Subito risi, ma mi resi conto che non potevo essere altro che isterica. Mi raggomitolai, immergendo la testa tra le ginocchia, e pensai a quella lingua che aveva percorso il profilo del mio collo.
Dio, desideravo risentirla così ardentemente...Mi sentii sporca, traditrice, ma non potevo fare altro che apparire tale. Perché lo ero. Lo ero e basta, senza via d'uscita.
Perché mi fai questo, Zero?
 
Zero
 
A casa trovai Valerie che stava riposando. Sfiorai la sua guancia e la svegliai.
-Zero. - mi salutò sorridendo. -Zero, ma...cos'hai? Sei pallido...Dio, Zero, Zero!
Crollai sulle ginocchia e lei mi accolse tra le sue braccia, cullandomi come fossi un bambino.
-Non so cosa mi stia succedendo, Valerie. - ammisi.
-Shhh. - sussurrò lei. Tremavo, dimostrando a mia sorella e a me stesso di essere un'anima smarrita, senza passato, e con un presente insostenibile.
-Ho ucciso cinque vampiri, oggi. - confessai. Di getto, senza pensare. Senza nascondere che strana persona ero diventato. Non mi sembrò sconvolta. Anzi, avvicinò il suo viso al mio e chiuse gli occhi. Le nostre fronti si sfioravano.
-Io sono sicura che c'è un motivo per cui l'hai fatto.
-No, non c'è.
-Sì, che c'è, io lo conosco. So che hai trovato una persona dal cuore puro che ti impedisce di agire crudelmente.
Che stupido, certo che lo sapeva. Il nostro sangue era legato, i nostri pensieri con lui. Lei di me sapeva tutto, era normale.
-Valerie...sto sbagliando tutto? - gli chiesi preoccupato.
-No...stai semplicemente assaporando quel poco che tutti chiamano amore, Zero. E non ti spaventare, è un sentimento normale, che io stessa provo.
Non spaventarmi? Ero già terrorizzato!
Mi alzai e la tirai su insieme a me. Eravamo mano nella mano, ci guardavamo con intensità e poco importava, in quel momento, tutto ciò che ci circondava. Importavamo noi, con le nostre idee assurde e le nostre iniziative.
-Andiamo a riunirci, ho bisogno di parlare agli altri. - le dissi.
-Sarò con te.
 
In breve scendemmo nei luoghi bui che sottostavano alle città: le catacombe di Tokio, fredde, ma decisamente ospitali per noi demoni della notte che ne avevamo fatto ormai la nostra casa, il nostro raduno. Da lì aveva avuto inizio tutto, non meno di milioni e milioni di anni prima. Io e Valerie giungemmo a una piazza che usavamo per riunirci e discutere: molta gente si trovava già lì, probabilmente perché sapeva già cosa avevo fatto. Sentii gli occhi dei miei compagni puntati addosso, accusatori e crudeli.
-Vedete, ecco: davanti a voi il male in persona. Zero, il vampiro che ci ha traditi oggi pomeriggio. - sentii dire da Jared. Lo avevo visto, prima, insieme ai suoi amici. Li aveva condotti fino al punto in cui si trovava Mina, ma poi se n'era andato, probabilmente alla ricerca di una preda più interessante o più sostanziosa. Fui dispiaciuto del fatto che non avesse deciso di rimanere con gli altri...perchè probabilmente avrei trovato il modo di uccidere anche lui. Non dissi niente. Avanzavo tra la folla solo per prendere un posto migliore dove avrei potuto parlare, e forse essere ascoltato.
-Non pensavo che avessi il coraggio di tornare fra noi, Zero. - mi disse Jared, ormai a pochi metri da me. La sua bocca aveva un ghigno malefico.
-Di certo non possiamo più farti rimanere qui, come se nulla fosse successo. - continuò. -Anzi, io direi...di ucciderlo! - annunciò, alzando un braccio come un possente capo. E la folla prese la proposta con molto entusiasmo. Si levarono urla di consenso, e mille paia di occhi rossi si accesero solo al pensiero di dover uccidere.
Eravamo dei mostri.
-Zero, sei accusato di aver tradito la tua razza...- continuava Jared.
Valerie aveva preso il posto al mio fianco. La vedevo lì, bellissima, preoccupata per me come sempre.
-Lascia che mi uccidano. - le dissi comunicando con la mente.
-Mai. - mi rispose. Con la voce, guardandomi negli occhi.
-Jared. - lo chiamò Valerie, con tono implorante. Persino dalla voce si notava il suo amore per quell'uomo, e mi sentii male. Come poteva una creatura come mia sorella innamorarsi di un essere così meschino? Dio, che orrore.
-Sta solo cercando la pace. - mi giustificò.
-Al diavolo la pace. Qui non la vuole nessuno. Ma non hai ancora capito, Valerie? Noi vogliamo solo il loro sangue!
Non era vero. Dolce Valerie, non ascoltarlo...ti sta dicendo in faccia che l'unica cosa che vuole da te è il tuo sangue.
In un lampo quell'essere le fu davanti. Le accarezzò il viso, e io sentii un mostro girarsi all'interno del mio stomaco. Ero inorridito.
-Allontanati da lui. - ordinai a mia sorella mentalmente.
Poi Jared fu su di me; mi mise una mano sul collo e mi scaraventò a terra. Le sue dita premevano con tutta la forza che aveva in corpo, e io mi sentivo soffocare. Intorno a me, la folla cominciò a gridare, ma nessuno si mosse. Né per aiutare me ma nemmeno per agevolare lui.
-Mi avevi fatto una promessa, Zero. Mi avevi promesso che gli umani sarebbero stati nostri. - mi disse lui con la voce venata d'ira.
-Ho sbagliato...Jared. - cercai di ribattere a fatica. -Ho sempre sbagliato a volermi comportare così...ti prego, ricominciamo da capo.
Sapevo che in fondo stavo parlando ad una persona che un tempo era stata mia amica. Era vero: l'idea di ribellarsi a loro usando come esca gli umani era stata mia, mia soltanto. Ma era cambiato tutto. Sì, era tutto diverso, adesso...
-Traditore. - mi sputò in faccia colui che mi sovrastava. E in un attimo vidi i suoi occhi attraversati dalla pazzia. Pazzia pura. Mi costrinse ad alzarmi in piedi, trattenendomi sempre dal collo, e poi, lentamente, i suoi occhi diventarono rossi come il fuoco e dalla tasca tirava fuori la sua arma preferita. Una piccola arma di legno, che teneva sempre con sé, mi aveva detto, per difendersi in caso qualcuno di noi si fosse ribellato a lui e l'avesse attaccato.
Sarebbe stata quella, la mia morte?
-Muori. - mi disse nella mente. Chiusi gli occhi, pronto ad incassare il colpo.
Un colpo che non arrivò mai.
 
La scena che mi si proferiva davanti era crudele, indimenticabile.
Valerie si era messa in mezzo. Letteralmente.
-Valerie! - urlai, afferrandola da dietro e adagiandola per terra. Dio, perdeva sangue...quel sangue che per tanto tempo si era ostinata a donarmi, ma che avevo condiviso anche con Jared. Assassino.
-Ti prego, ti prego non lasciarmi...non...- la supplicavo, la imploravo di restare con me. Non riuscivo a immaginare un mondo dove lei non ci fosse.
-Zero...
Il legno era l'unico materiale in grado di ferirci e di ucciderci. Io, prima, ero riuscito a sconfiggere gli altri vampiri solo con la forza perché mi nutrivo tanto. Ma solitamente era così che si poneva fine alle nostre vite: con il legno. E Valerie sanguinava. Cercava di sorridere, il mio bocciolo, ma non ci riusciva, tanto forte era il dolore.
-Ho bisogno di te, Valerie. Non puoi lasciarmi anche tu. Ti...ti prego. Mi senti? Mi senti, sorellina?
-Shhh, Zero...non avere paura. Non averne, davvero.
La cullai tra le mie braccia. Intorno a noi, il silenzio più assoluto e assordante. Fu Valerie, a spezzarlo, con incredibile coraggio e fatica.
-Ti prego, piccolo Zero, non ucciderla...amala, so che puoi farlo. Impara ad amare. - mi disse piano piano la mia Valerie.
Parlava di Mina?
-Ti voglio bene, fratello mio...se sapessi quanto ti ho amato, piangeresti di gioia.
-Valerie? - la chiamai. -Valerie!
Ma fu inutile. Quelle erano state le sue ultime parole.
Le mie labbra non proferivano parola. I miei occhi non accennavano lacrime. Sentivo solo la gola bruciare, ma non dalla sete comune...dalla sete di vendetta.
-Questo è l'inizio della guerra, Zero, e tua sorella ne è la prima vittima. - mi disse Jared. -Hai scelto da che parte stare? Bene, guarda le conseguenze!
Mi limitavo a stringere il corpo fragile di Valerie ormai senza vita, senza ascoltare veramente le parole di quel mostro.
-D'ora in poi, tutti i presenti sono tuoi nemici. Hai un giorno di tregua, poi...ti daremo la caccia, e ti uccideremo.
-Brucia all'inferno. - ringhiai.
-Credimi, Zero...- ghignò, -sarai tu il primo a bruciare all'inferno.
Poi scomparve. E con lui sparirono anche tutti i presenti.
Non trovavo la forza di muovermi. Sapevo cosa sarebbe successo a Valerie, a breve il suo corpo si sarebbe trasformato in polvere e sarebbe svanito.
-Perché, Valerie? Perché proprio tu? Avrei voluto morire io, piuttosto...
-Non dire così. - soggiunse una voce. Poi, probabilmente, quella persona alla quale apparteneva la voce mi sfiorò la spalla.
Mi voltai. Damon, e, subito dietro di lui, Vickie.
-Non mi toccare. Andate via. - ordinai loro.
-Vogliamo solo farti sapere che noi non siamo tuoi nemici. - disse Vickie.
-Davvero? Allora limitatevi a starmi lontano. Ora devo andare.
Appoggiai il corpo di mia sorella a terra, che ormai era diventato un peso insostenibile.
Mi incamminai, ma Vickie mi afferrò per un braccio.
-Stai attento, Zero. - mi disse, e così ricordai quante volte, quelle parole, le aveva dette mia sorella. Prima di voltarmi la vidi un'ultima volta, mentre il suo corpo si trasformava in polvere e veniva portato via dal vento.
 
Non sento niente. Il nulla. Nemmeno il dolore. Se mi uccidessero probabilmente non me ne accorgerei. Il mio cuore è spezzato, mangiato e risputato fuori dalla disperazione più assoluta. Ci si sente così, quando si perde l'altra metà del proprio essere, la persona con la quale hai scambiato il tuo sangue fino ad adesso. Se ne va anche una parte di te, e a te rimane solo una cosa.
Un cuore solo.
Mi sono spezzato, pensai. Mi sono spezzato.
 
Stavo camminando per la strade di una Tokio deserta, quando una scia di sangue catturò la mia attenzione. Era impossibile riuscire a resisterle, era una specie di richiamo primitivo, che arrivava fino alle più oscure profondità del mio corpo lacerato. Proveniva da uno strano edificio ancora illuminato dal quale si sentiva arrivare della musica. Entrai indisturbato, ma guardando il tardo orario mi sembrò normale.
Pensai che quell'edificio fosse buttato lì solo per solleticare la mia curiosità, invece dopo mi accorsi che all'interno di una delle sale c'era qualcuno. Entrai nella stanza, ma era buia; a stento vedevo una figura che si muoveva, danzava, ma non ne riconoscevo bene il viso. Dovetti ricorrere alla mia vista da vampiro per accorgermi che in realtà, quella figura docile ed elegante che stava ballando, non era altri che Mina.
Amala.
D'un tratto i miei muscoli non si sentirono più tesi. La mia sete passò in secondo piano.
Perché lei era più importante, la sua sicurezza era più importante. Non si era ancora accorta di me, ma sarei stato disposto ad aspettare tutta la notte. E poi eccola, la vidi girarsi e vedermi. Notai il suo stupore trapelare giusto un po'.
E in un attimo i miei nervi cedono e mi ritrovo davanti a lei, il respiro affannoso, il cuore che pulsa impazzito.

 

It's like I’ve been awakened
Every rule I had you breakin’
It’s the risk that I’m takin’
I ain’t never gonna shut you out


 

Caddi in ginocchio e appoggiai il viso al suo ventre, e lei, senza chiedermi nulla, mi strinse con le manine esili. Lì potei versare lacrime amare, senza spiegarle il perché. Si limitava a proteggermi e a credermi.
-Zero. - mi chiamò docilmente. Quasi come avesse paura.
-L'ha uccisa. - dissi immerso dall'enfasi del pianto. -lei non tornerà più. L'ha uccisa.
-Chi, Zero, chi? - mi rispose lei, preoccupata.
-Valerie. - le dissi. E dopo mi sentii cedere. Il mondo mi sovrastava, il peso della sua morte, mi sovrastava.
Sentii Mina abbassarsi lentamente, fino a che il suo viso si beò del mio collo.
Le mie mani, fuori controllo, presero le sue spalle e le strinsero inesorabilmente. Lasciai cadere anch'io il viso, in modo da far aderire gli occhi alla sua spalla esile.
-Mina. - la chiamai, famelico. -Voglio solo il tuo sangue.
-Prendilo. - mi disse lei, ingenuamente.
Non sai in che guaio ti stai cacciando.
Feci pressione sul suo corpo, e mi ritrovai disteso sopra di lei. La guardavo negli occhi; occhi che per lei erano diventati spaventati ma curiosi, per me rossi ed eccitati.
Riuscii lentamente ad appoggiare le labbra al suo collo, sentii il sangue caldo scorrere nelle vene al di sotto di esso, ma non fui abbastanza coraggioso da continuare.
-Ti prego, Zero. - mi supplicò lei.
Sorrisi, e le punte dei miei denti sfiorarono la sua pelle. -Non ora.
Cercò di sfuggire dalla presa del mio corpo, ma io rimasi immobile nella mia posizione.
-Ti prego, rimaniamo così. - le chiesi, mentre mi lasciavo andare sopra di lei.
Sentii le sue mani morbide farsi spazio sul mio corpo. Una prese posto sulla mia schiena, l'altra si fece strada tra i capelli e li strinse forte.
Forse piansi ancora. Forse no. Di una cosa però, ero certo: quell'umana, ormai, mi era entrata piano piano nel cuore.
 
Mina
 
Raggi leggeri entravano dalla finestra. La mia testa era vuota, il mio corpo intorpidito. Ma stavo bene così. Impossibile non pensare a cosa mi era successo la sera precedente: io lì, in quella sala a ballare sulle note di Halo, presa dalla musica, e Zero a pochi metri da me. Zero che ha bisogno di me.
Che ha bisogno del mio sangue.
Mi ricordai il momento in cui avevamo ceduto insieme, travolti dai nostri stessi sentimenti, e ci eravamo lasciati cadere sul pavimento, con lui sopra di me.
Lo avevo sentito piangere, avevo udito i sussulti della sua voce e gli spasmi del suo petto. Ma io gli ero stata vicino tutta la notte, e mi ero addormentata solo nel momento in cui ero sicura che il suo respiro fosse tornato regolare.
Ora mi trovavo nella stessa stanza, nella stessa posizione. Ma lui non c'era più, o meglio, si era spostato da me.
Mi alzai e lo ritrovai di fronte a me, seduto a gambe incrociate.
Gli sorrisi, ma lui distolse lo sguardo. Avevamo tutti e due paura dopo la notte precedente, c'era da aspettarselo.
-Credo che avresti fatto meglio a scappare. - disse lui con voce spezzata.
-No. - mi ritrovai a dire. -Non potevo lasciarti in quelle condizioni...
Tornò a guardarmi. In un lampo, si avvicinò a me, e con una mano sfiorò la mia guancia.
Sussultammo entrambi al contatto.
-Perché? - chiesi io.
-Perché...cosa?
-Perché ogni volta sei sul punto di mordermi, ma alla fine non lo fai mai?
Spostò la mano dalla guancia al mio collo, mi accarezzò leggermente, solleticando il mio cuore che batteva all'impazzata.
-Dimmi, Mina...tu sai come ci si trasforma in...uno come noi?
-No...credo che però un semplice morso non sia sufficiente. - dissi con certezza.
-Hai ragione; vedi, per trasformarti in un mostro come me, dovrei morderti, poi darti il mio sangue da bere quando il mio è ancora nel tuo corpo. In questo modo, il tuo sangue e il mio si mescolerebbero.
-E a quel punto sarei...come te?
-Non ancora. Poi dovresti morire, ma in ogni caso torneresti in vita grazie al mio sangue. Solo da non-morta, a questo punto, per completare la trasformazione, dovresti bere sangue umano.
-E se non lo bevo?
-Muori. *
-Beh...in ogni caso allora potresti bere il mio sangue senza trasformarmi.
Provocai in lui una risata.
-Ma sei impazzita? Cioè, mi stai offrendo il tuo sangue? Devi avere qualcosa che non va...Dio, Mina, sono un vampiro.
Era la prima volta che mi sentivo sbattere la verità in faccia, ma non ne ebbi paura, anzi, ne fui terribilmente attratta.
Feci una cosa che lo sconvolse, ma che sconvolse me in primo luogo. Feci pressione sul suo corpo, e mi misi a carponi sopra di lui.
-Io non ho paura di te. - gli dissi. Ed era vero. Incredibile, impressionante, spaventoso...ma vero.
-Mi hai salvato la vita, e questo...mi basta.
-Ti basta?
-Mi basta a fidarmi di te.
-Ti sbagli. - mormorò.
Non era vero. Tutto quello che stavo facendo non era sbagliato, e io lo sapevo. Ci avrei scommesso l'anima. La forte attrazione che provavo per quell'essere era fatalmente scritta nei nostri destini.
-Io voglio che tu prenda il mio sangue. - gli dissi.
I suoi occhi si tinsero di rosso, proprio nel momento in cui con le braccia mi trascinava a sé.
-Hai appena firmato la tua condanna.
 
Everywhere I’m looking now
I’m surrounded by your embrace
Baby I can see your halo
You know you’re my saving grace

 
Leccò avidamente il mio collo, come aveva già fatto. Aprì la bocca, come aveva già fatto. Per un attimo temetti che si fermasse ancora, ma poi, lentamente, sentii i suoi canini che perforavano la mia carne. Gemetti, ma mi risi conto che più di tanto, non faceva male.
Mi accorsi invece di sentirmi completamente inebriata, lì, avvolta dalle sue braccia in una morsa d'acciaio. Era...bello sapere che lo stavo nutrendo. Era una sensazione appagante; potevo sentire la sua sete defluire, mentre pensavo: Dio, quello che sta bevendo è il mio sangue, il mio e basta...

 

You’re everything I need and more
It’s written all over your face
Baby I can feel your halo
Pray it won’t fade away

 

Si staccò solo dopo alcuni secondi, mi lasciò andare, e fissò un punto immaginario della stanza.
-La bestia che sono si è fermata in tempo, per fortuna. - disse. Non a me, magari; forse più a se stesso.
-Non puoi rinnegare ciò che sei.
-E' proibito, Mina. Semplicemente. Noi non possiamo bere il vostro sangue.
-Non capisco...se il sangue umano è l'unico che vi disseta, perché mai non dovreste berlo?
Tornò a guardarmi, e con un dito sfiorò le mie labbra. Ebbi un dolce fremito.
-E' una lunga storia, Mina, ma se hai voglia, te la posso raccontare.
E così mi trovai catapultata nei suoi ricordi, nei suoi pensieri più antichi, e mi lasciai trasportare da quel suo innato potere, alimentato probabilmente dalla forza mio sangue.

 

I can feel your halo (halo halo)
I can see your halo (halo halo)
I can feel your halo (halo halo)
I can see your halo (halo halo)

 

Strawberry
 
-Un due tre, un due tre. Conta anche tu, Straw! Un due tre, un due tre...
Mia sorella canticchiava allegra mentre ogni tanto sorseggiava un po' di latte. Era una luce per i miei occhi.
La battaglia del giorno prima era stato solo un falso allarme, in realtà i demoni della notte ci avevano teso una trappola. Mina era scomparsa, ma Ryan ci aveva telefonato assicurandoci che l'aveva vista e che stava bene.
Però...non sapevo se crederci o no. Mina era così diversa negli ultimi giorni...
Dlin dlon. Il campanello suonò distraendomi.
-Straw, suonano suonano! - mi avvertì Kat, risvegliandomi dai miei pensieri.
-Arrivo! - annunciai alla porta.
E quando aprii mi trovai davanti a una bella sorpresa.
-Che c'è, non te l'aspettavi? - mi chiese Ryan, con un lieve sorriso e il sopracciglio alzato. Era bello da impazzire.
-Ehm...sinceramente, Ryan, riesci sempre a cogliermi di sorpresa. - ammisi.
-Ti devo parlare, Strawberry, e urgentemente. - disse lui, facendosi improvvisamente serio.
-E' successo qualcosa?
-Si tratta di Mina, angelo. E del fatto che in questo periodo sia un po'...diversa.
.

 
.

 
.
* Questo metodo di trasformazione è spiegato, pari pari, nella serie “The vampire Diaries”. Ho letto i libri e sono una grande fan del genere, penso si sia capito. Ci tengo a farvi sapere che nulla di quello che c'è scritto in quelle righe mi appartiene – struttura dei dialoghi e personaggi a parte - e quindi non è una mia idea, ma fa parte della meravigliosa spiegazione del mondo dei vampiri che ci ha donato Lisa Jane Smith. Mi sembrava e mi sembra, tutt'ora, il tipo di trasformazione più veritiero. E articolato, sicuramente! :D
La canzone che accompagna il capitolo è la meravigliosa Halo, di Beyoncè. 
Come al solito ringrazio tutte quelle che mi seguono e che non mancano mai, ma proprio
mai un appuntamento. Il capitolo lo dedico a tutte voi, ragazze mie, vi voglio un bene immenso! 
Un abbraccio,
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** The truth ***


Capitolo 22

the truth

 

Strawberry
 
In un certo senso me lo sentivo; era ovvio, in effetti, per uno come Ryan, accorgersi che qualcosa non andava in una di noi. Da quel lato era ipersensibile.
-Entra che ne parliamo. - proposi.
Era la prima volta che lo facevo entrare in casa mia. Al massimo, nei cinque anni in cui avevamo imparato a conoscerci, si era limitato ad accompagnarmi, ma in ogni caso era stato sempre fuori e mi osservava entrare, in silenzio.
Ryan fu leggermente attratto dalla miriade di foto che avevamo in casa, la maggior parte delle quali ritraevano me.
A un certo punto lo sentii ridere.
-Che c'è? - chiesi.
-No, niente. Mi chiedevo...sei sempre stata così, allora. Così...tu.
Capii subito che si riferiva alla foto della torta. O almeno, io l'avevo sempre chiamata così: c'ero io e la mia immensa torta ti compleanno di quando avevo compiuto sette anni...il punto era che mio padre aveva scattato la foto proprio mentre affondavo le dita nel morbido strato di panna montata sovrastante il dolce. E ce n'era un'altra, più recente, poco prima che partissi, nella quale stringevo mio padre fino a farlo diventare rosso.
-Te l'ho detto. Questa – dissi, indicando la foto della torta - è la vera me, imbranata e pasticciona. Beh...con qualche chilo in più, come puoi vedere.
-Però eri molto carina.
Carina. Dio, cosa mi fai, Ryan.
-Strawberry? - mi chiamo Kat dalla cucina alle mie spalle.
-Oh, Kat, scusa! Vedi, è arrivato un ragazzo che è un mio amico – puntualizzai – che mi deve parlare. Kat, lui è Ryan, Ryan, Katherine, la mia sorellina.
Ma il ragazzo dai capelli biondi era già stato rapito da qualcosa, qualcosa che probabilmente mi sfuggiva. Era lì, ro certa che fosse lì, eppure era invisibile ai miei occhi. Lo percepivano solo loro due, come qualcosa di immensamente intimo e segreto. Ryan guardò Kat come se fosse la fonte di tutta la luce del pianeta, come se fosse un sole. La guardò e sorrise; un sorriso talmente sincero e spontaneo da farmi venire i brividi.
-Ciao, Ryan. - disse Kat.
-Ciao. - disse Ryan, visibilmente incuriosito.
Sembravo il terzo incomodo. Si fissavano in una tale maniera...
-Ha degli occhi stupendi. - mi confessò Ryan.
Li guardai. In realtà conoscevo bene gli occhi di mia sorella, di un blu talmente intenso da sembrare l'oceano in uno dei suoi giorni più belli. Occhi che in qualche modo mi pareva di aver già visto.
-Assomigliano molto ai tuoi. - ammisi.
-Non credo di avere degli occhi così belli.
Ti sbagli, amore mio.
-Beh, credo di essere di disturbo. - irrompé mia sorella, schiarendosi la voce. -Vado in camera mia.
Mi sfuggì una risata. Mia sorella era piccola, ma capiva tante, tantissime cose.
-E' dolcissima. - dissi.
-Penso abbia preso dalla sorella maggiore. - disse Ryan con una voce che mi fece venire i brividi per la seconda volta da quando era entrato.
Ci accomodammo in sala, prendendo posto sullo stesso divano, e cominciammo a parlare del motivo della sua visita, Mina.
-Sono semplicemente preoccupato. Lei non si confida con me, quindi non so cosa le stia capitando. Non era mai successo che di sua iniziativa abbandonasse il gruppo per combattere da sola, e sinceramente, ieri ho avuto paura.
Lo capivo.
-Non dice niente nemmeno a me...eppure, pensavo di essere la sua migliore amica.
-Prova a parlarle, angelo. Ma non farlo per me, fallo per te stessa. - sfiorò la mano che avevo appoggiato sulle gambe. Ryan aveva ragione, avrei dovuto aiutare Mina. E dovevo farlo per la squadra, prima di tutto, ma anche per il legame che ci univa. Se davvero stava male o aveva dei problemi, l'avrei scoperto e l'avrei aiutata. Ero lì apposta, in quanto sua migliore amica. E poi, dovevo dimostrarle che tutto era risolvibile se si univano le forze. La bellezza di noi donne era proprio quella: apparire così determinate quando eravamo insieme, nonostante da fuori sembrassimo così fragili.
-Lo farò. - gli garantii.
-Brava, angelo. Andiamo al lavoro? - mi chiese lui.
-Penso proprio che ci tocchi...
 
Mina
 
In un primo momento, non riuscii a capire bene dove mi trovavo. Vedevo e non vedevo, sentivo e non sentivo. In un attimo mi parve di capire cosa si provava ad essere sordi e ciechi.
Poi, piano piano, i miei piedi toccarono terra, i miei occhi videro la luce. E le mie orecchie udirono la voce di Zero.
-Vedi, Mina, dopo che gli alieni abbandonarono il vostro pianeta, su di esso apparirono i primi esseri viventi. Erano delle creature immortali che possedevano un dono importante, quello del Potere. Avevano la possibilità di utilizzare questo Potere per fare del bene, e per questo, Dio li premiò donando loro delle ali. Al giorno d'oggi, tu riconosceresti queste creature con il nome di Angeli, Mina. Lo scopo degli Angeli era quello di proteggere la razza umana, che piano piano stava nascendo. Nessun umano doveva sapere dell'esistenza di quelle creature, altrimenti sarebbe stato punito. Un giorno, però, un Angelo si innamorò di una donna umana. Gli Angeli più importanti lo punirono privandolo delle ali, facendolo cadere. In seguito, gli Arcangeli vennero a conoscenza che l'Angelo traditore aveva persino rivelato la sua vera identità alla donna; per questo, gli venne lanciata una maledizione.
Quell'angelo caduto divenne così il primo demone della notte. La maledizione lo costringeva ad aver sete di sangue, ma gli Angeli gli impedivano di avvicinarsi agli umani, perché dovevano proteggerli. Il demone fu costretto così a trovare la sua dimora nelle catacombe, ma qui scoprì i suoi innati poteri. Poteva ascoltare voci che provenivano dal mondo degli uomini. Aveva una forza sovrumana e devastante. Se voleva, poteva anche rimanere senza dormire e rimanere in ogni caso in forma. Scoprì che il sole faceva male alla sua pelle. Si accorse che l'unica cosa in grado di ferirlo era il legno. Per anni sopravvisse cacciando animali, ma il loro sangue non era sufficiente. Voleva con tutto sé stesso sangue umano, ma non poteva averlo. Un giorno, quando ormai erano passati secoli dalla trasformazione dell'Angelo traditore, arrivò un altro demone a fargli compagnia. Quel demone era una femmina, forse l'unica salvezza per quel vampiro ormai disperato. I due si innamorarono, scambiarono il loro sangue per nutrirsi, accumulando così un Potere immenso. Piano piano, da due i vampiri diventarono una dozzina. Poi cento, poi mille. Tutti Angeli caduti che avevano infranto le regole, che si accoppiavano dando alla luce nuove vite dannate per l'eternità.
Gli Angeli sbagliarono in questo. Sbagliarono nel voler per forza trasformare gli Angeli traditori in bevitori di sangue. La comunità dei demoni diventò abbastanza ampia da divenire temibile, ma mai nessuno desiderava infrangere le regole. Nessuno provò mai ad assaggiare sangue umano, finché...
-Finché? - chiesi io, scoprendo con stupore di poter parlare.
-Finché due vampiri provarono l'estasi più profonda, cacciando una giovane umana. Due vampiri bambini, che possedevano un grande Potere e una sete incontrollabile.
-Ma...gli angeli non li fermarono?
-No. Non fecero in tempo.
-Mi chiedo chi fossero quei due bambini.
-E' proprio qui, che comincia il mio racconto...
 
La voce di Zero scomparve, proprio mentre davanti a me apparirono due bambini e una donna avvolti dalle tenebre.
-Ho sete, mamma. - disse la bambina. Era bellissima: aveva lunghi capelli biondi e occhi grigi enormi, che le rendevano il viso sveglio e vivace. -Ne ho tantissima.
-Oh, tesoro...papà è andato a caccia, ma tornerà stanotte. Per adesso, puoi prendere il sangue mio, o di tuo fratello.
Il bambino guardò le due donne, annoiato. Era disteso su una larga poltrona, con entrambe le mani sulla pancia. Aveva un aspetto così familiare...
-Prendi il mio, sorella. - disse.
E la bimba non se lo fece ripetere due volte. Si avvicinò al fratello e lo morse, privandolo di buona parte del suo sangue.
-Il tuo sangue è così buono, fratellone. Quando lo bevo, mi sento invincibile. - gli sussurrò all'orecchio la dolce bambina.
-E' normale. - disse lui, con voce calma. -Due fratelli vampiri che si scambiano il sangue diventano fortissimi...
La scena cambiò improvvisamente. Non c'erano più i due bambini, ora vedevo solo la donna, la loro madre. Era magra e visibilmente stanca. Mi avvicinai a lei, la chiamai, ma non mi sentiva.
-Sono tornato. - annunciò un uomo alto e distinto, entrando nella stanza buia.
Questo baciò la donna fragile sulla bocca, poi l'accarezzo dolcemente.
-Tesoro, oggi nostra figlia si è lamentata della fame ben tre volte. Ho dovuto darle il sangue di suo fratello...
-Mi dispiace tanto. - disse lui.
-Non voglio che i miei figli crescano in questa agonia. Diventano ogni giorno più forti, e sono sempre più consapevoli che il sangue animale non è abbastanza per loro. Hanno bisogno di sangue umano.
-Cara, noi non possiamo dare loro quello che cercano. E' proibito...
Qualcosa, dietro la scena, si mosse velocemente. Decisi di inseguirla, scoprendo che potevo muovermi, in quella specie di sogno. Mi ritrovai in un piccolo corridoio che portava ad una scala. Una volta finita questa, trovai probabilmente quella che era la stanzina dei due bambini.
-Ho sentito mamma e papà litigare. - affermò il maschio. Era lui quello che era sgattaiolato via dalla stanza di sotto; lui, che io avevo seguito.
-Non stavano litigando. - sussurrai io. Ma nessuno mi sentì, nuovamente.
-Per cosa? Per la nostra sete? - domandò la femmina.
-Certo, e per cos'altro, sennò! Continuano a dire che è proibito nutrirsi di sangue umano, ma perché?
-Ieri ho sentito che un vampiro è morto perché a cercato di bere sangue umano. Vuoi morire anche tu, fratellino mio?
La dolcezza di quella bimba era disarmante. Al contrario, il fratello era indipendente e sicuro di sè.
-No, ma...io vorrei solo darti un futuro migliore, Valerie.
Dunque la bambina si chiamava Valerie? Mi sembrava di avere già sentito quel nome, ma ancora una volta, non riuscii a capire il perchè.
-Mi basti tu, fratellone.
-No. - Il bambino prese per il braccio la sorellina e cominciò a trascinarla lungo le scale. Attraversarono la stanza buia senza essere visti, poi uscirono di casa. Io li seguivo, fidandomi completamente di quei due ragazzini.
Non era una città quella in cui ero capitata. Era un luogo buio, simile a una piazza immensa circondata da case. Ma l'ambiente era umido e si poteva annusare un odore decisamente sgradevole. E se fossero state le catacombe?
Il bimbo attraversò l'enorme piazza e cominciò a percorrere innumerevoli stradine secondarie, finchè non si fermò di fronte a un portone enorme.
-Là fuori, Valerie, c'è la nostra salvezza.
-Ma...io ho paura.
Il bimbo aprì la porta, inosservato. Oltre noi tre, quel mondo buio era vuoto.
-Vieni con me, Valerie.
Quel ragazzo, in quell'istante, mi fece paura.
-Vieni. - ordinò di nuovo, con voce dolce.
E la bimba, Valerie, afferrò la manina del fratello senza più dire una parola. Li seguii, certa che quella era la cosa giusta da fare. D'altronde, se Zero mi aveva condotta lì, un motivo ci doveva pur essere...
 
Vagavo per le vie di una Tokio buia e antica. Sembrava appartenere a un'epoca lontana, ormai cancellata. Non c'era vita, non c'era quel delizioso profumo di città che noi cittadini, ormai abituati, sopportavamo. C'era umidità, freddo e sporcizia.
Pochissime persone passeggiavano, ma, se veramente avevo capito cosa stavano per fare quei due bambini, forse era meglio così. Nessuno mi vedeva, ero come un docile fantasma che vegliava su due anime irrequiete.
Il bambino, a un certo punto, prese per mano la sorellina. -Penso di aver trovato la nostre preda. - le disse in tono gelido.
-Come fanno gli Angeli a non vederci? Dovrebbero essere già arrivati per ucciderci. - ricordò la bimba.
-Sto usando tutto il mio potere per non farci vedere, Valerie. Sono...abbastanza bravo.
-Stai attento, ti prego, fratellone.
E in un attimo, furono davanti a una ragazza giovane, che doveva avere al massimo la mia età. Nessuno dei tre parlava, si limitavano solo a guardarsi e scrutarsi a vicenda.
Avrei voluto urlare con tutta me stessa:Scappa, ti prego!, ma sarebbe stato inutile perché non mi avrebbe mai sentita.
-Salve, bambini. Posso esservi d'aiuto? Vi siete persi?
Valerie sussurrò all'orecchio del fratello: -Non so se riesco a fermarmi...
-Allora non fermarti. - le disse lui.
I due fratellini presero la ragazza per mano e la trascinarono via.
-L'ho trascinata io nell'oblio. - Era la voce di Zero. Quello vero, quello che mi stava aspettando nella sala da ballo e che mi aveva trascinato in quello strano sogno.
-Fermi, fermi! No! Vi prego! Aiuto, aiuto!
Sentivo le grida di quella donna. Davanti ai miei occhi, la città era scomparsa. Ora c'erano due demoni, piccoli ma estremamente pericolosi, che rubavano il sangue a una ragazza innocente.
Bum bum. Bum bum.
-Ascolta il suo cuore, Valerie... e dimmi se questo suono non ti manda in estasi. - chiese il bambino.
Bum bum, bum bum.
Non riuscivo a muovermi. Ascoltavo il rumore orribile dei denti che laceravano la carne e il cuore di quella povera creatura. Che continuava a battere, sempre più piano, sempre più piano, pronto a lasciarsi andare. E poi si fermò, per sempre.
 
Uscii bruscamente dal vortice dei sogni in cui ero stata catapultata. Avevo il fiato corto, probabilmente perché non mi ero ancora abituata. Ero tornata alle origini, con Zero di fronte a me nella sala da ballo.
-Mi dispiace averti fatto assistere a una tale scena...ma era l'unico modo per farti capire. - mi disse lui.
-Zero...chi erano quei due bambini? - chiesi.
E lui posò di nuovo una mano sul mio viso, per farmi ritornare nel suo mondo diabolicamente incantato.
 
Di nuovo, distinsi solo quella stanza buia e fredda dove per la prima volta avevo incontrato i protagonisti di quel sogno. I due bambini erano nascosti dalla penombra. Praticamente non vedevo nulla di loro, tranne la sagoma.
Nella stanza irrompé spaventata la mamma.
-Dio, sono qui, sono qui! - urlò esasperata.
Si inginocchiò di fronte ai suoi figli mentre anche il padre entrava nella stanza.
-Ma dove siete stati? - chiese la donna, -non vi trovavo più...
Ma nessuno parlò. Nella stanza erano piombati un silenzio assoluto e una paura agghiacciante.
-Cosa avete fatto? - domandò il padre con una voce spezzata.
-In questa stanza...c'è odore di sangue fresco. - ammise la donna adulta, preoccupata.
-Non capisco! - disse l'uomo.
No, non era vero. Quei due vampiri avevano capito fin troppo bene. Entrambi si guardarono, assorbendo la verità, piano e inesorabilmente, come se stessero ricevendo una pugnalata nella pancia. E di nuovo entrambi si voltarono insieme per osservare i loro figli.
La piccola Valerie fece un passo avanti, scoprendo il volto macchiato di un sangue che non sarebbe mai potuto andare via facilmente.
Poco dopo avanzò anche il fratello, nelle stesse condizioni.
La donna, esasperata, cadde a terra piangendo.
-Perché? Perché lo avete fatto? Dio mio, no, non ci credo, non è vero...- diceva in lacrime.
I due bimbi non parlavano. Si limitavano ad osservare la mamma che singhiozzava gravemente il suo dolore.
Non seppi come, né il perché, ma nella stanza entrò una nuova figura. Era entrata dalla porta principale senza problemi, ma qualcosa mi disse che era molto diversa dagli altri presenti. Era una donna; portava capelli biondi, lunghi e meravigliosi, era alta, magra e perfetta.
Aveva occhi color del ghiaccio.
Quello che più mi stupì, però, fu il vestito che portava. Era una tunica bianca molto lunga, ricamata d'oro nei bordi.
La donna guardò ogni membro della famiglia, soffermandosi con più curiosità sul ragazzo giovane.
-Credo che oggi delle regole siano state infrante. - disse. La sua voce era melodica e meravigliosa. Se avesse cantato, credo avrebbe avuto la voce più bella del pianeta.
Nessuno osò rispondere, ma tutti e quattro vampiri la fissarono con odio. Mi stupì la madre, ancora in ginocchio e piangente, che si era addirittura girata per guardarla con disprezzo.
La donna avanzò piano piano in direzione dei colpevoli. Mi resi conto che era scalza.
-Non ti avvicinare a loro, Angelo. - disse la madre.
Mi accorsi che l'ultima parola era stata sputata con l'odio più puro che si potesse trovare.
-Io sono qui per svolgere il mio dovere, vampiro.
Solo allora capii. Quello ero un angelo... un vero e proprio Angelo. Aveva le ali, che ora soltanto riuscivo a vedere. Era venuto lì per punire i due trasgressori.
Con quella tunica, sembrava ballasse in mezzo a quella stanza. Invece, stava andando a compiere una danza mortale.
Prese tra le mani il viso del bambino, visibilmente accigliato.
-Non toccarmi. - ringhiò lui.
-Shh...farò in un attimo. Devi sapere, piccolo vampiro, che è proibito bere il sangue degli umani. Chi lo fa, diventa ancora più dannato di quanto già sia.
La donna Angelo strinse la presa.
Il bambino cominciò ad urlare. Gridava di dolore, di pena assoluta. Sembrava lo stesse torturando con le peggiori pene esistenti al mondo.
-No! Ti supplico, fermati! Ti prego! - gridava la madre disperata.
Ma l'angelo non si fermava. Continuava a punire il bambino con chissà quali poteri mentali.
-Ti prego...prendi me! Prendi me, ma non i miei figli! - si ritrovò a dire la madre.
Ma evidentemente funzionò, perché l'Angelo si fermo e lasciò cadere il piccolo vampiro a terra. Si girò di scatto.
-Tu, un vampiro membro di una delle famiglie più antiche, ti sacrificheresti per...un figlio che ha sbagliato tutto?
La donna si alzò in piedi. -Certo. Uccidi me, non lui. Ti prego.
-Oh, è molto dolce da parte tua...ma i trasgressori sono stati due, e di conseguenza, le persone da punire devono essere le stesse. Non mi basti solo tu; la bambina viene con me.
Dicendo questo la donna Angelo si girò, prendendo la bambina per il braccio che si ritrovò in lacrime. Ma prontamente, il padre della bimba afferrò l'Angelo punitore per il collo.
-Lasciala.
L'angelo sorrise, beffardo. -Perché dovrei?
-Perché tu ora prenderai me al suo posto. - rispose lui.
L'angelo lasciò andare la bambina, prendendo invece il braccio del padre.
-Non posso crederci...Molto bene, allora, sarai il primo che sconterà la pena. - gli disse, in modo tutt'altro che angelico.
I due furono avvolti da una spirale di vento.
-Tornerò per prendere anche te. Non provare a scappare, altrimenti ti ucciderò molto, molto lentamente. - disse la punitrice rivolta alla mamma dei due bambini. E poi scomparve.
-Mamma! Mamma! Dov'è papà? - pianse la piccola Valerie.
La madre la strinse forte a sé.
-Amore mio, non sai che gioia ci ha dato avere una bambina dolce come te. Non cambiare mai.
-Mamma? - chiese la piccola, con occhi che, per quanto si sforzassero, non riuscivano a capire.
Poi la mamma si inginocchiò davanti al ragazzo. Gli accarezzò una guancia.
-Promettimi che avrai cura di lei.
A quelle parole, il bimbo, che si era rialzato dopo la tortura, cedette e lasciò il posto alle lacrime, che bagnarono il dolce viso ancora sporco di sangue.
-Io e tuo padre ti abbiamo sempre amato. Sei stato il nostro tesoro, la nostra salvezza. E...non sentirti in colpa per quello che hai fatto, io e tuo padre abbiamo sempre saputo che sarebbe successo.
-Non...non sacrificarti per me, mamma. Non voglio.
-Io invece lo voglio, figlio mio. Non c'è onore più grande che morire per i propri figli. -
E lo abbracciò.
-Ti amo, piccolo Zero...- disse quella donna, prima che, di nuovo, un ombra nera mi avvolgesse e mi portasse via con sé, per lasciarmi nella mia vera vita.
 
Piccolo Zero.
Le scoperte più grandi, lacerano anche le persone come me.
Il passato di Zero echeggia nella mia mente mentre io mi sento nell'oblio.
Quelli erano i suoi ricordi.
.

 
.

 
.
Mi sento terribilmente in colpa, ma ho proprio pochissimo tempo e devo scappare via. Eh sì tesori miei, a scuola questo è un periodo artroce, non ci danno mai un attimo di tempo per respirare! Spero ti tirarmi su con le vostre recensioni. Grazie mille a tutte, e un bacio grande!
Vostra
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Guilty ***


Capitolo 23

Guilty

 

Mina
 
E' semplice cadere nell'oblio, ma credetemi, risvegliarsi è difficile. Impossibile, forse.
-Quel bambino...eri tu. - Non era una domanda. Era un'indelebile e crudele certezza.
Zero mi aveva appena mostrato i suoi ricordi, quelli nascosti da chissà quanto tempo.
-Sì. - disse secco.
Bene. Ottimo, pensai. Davanti a me non solo si trovava un vampiro, no, si ergeva un traditore. Un traditore pericoloso.
-Tu sei stato il primo vampiro che è riuscito a cibarsi di sangue umano?
-Sì, Mina. Sono il primo demone della notte completamente diventato tale. Sono un vampiro a tutti gli effetti. Ma...non sono l'unico. Insieme a me, c'era Valerie, mia sorella.
Valerie, certo. Quella bambina!
Ma poi tutto ebbe senso.
-L'ha uccisa. Lei non tornerà più. L'ha uccisa.
-Chi, Zero, chi?
-Valerie.
 
-Ma allora...
-Mia sorella è morta. -disse Zero con voce spenta. Abbassò lo sguardo. -E' stata colpa mia. E' sempre stata colpa mia. Io l'ho resa peccatrice, io l'ho convinta a bere sangue umano, tempo fa. E se è morta, è solo colpa del sottoscritto.
-Non può essere. - ammisi.
-Ah, no? Tu non sai niente, non puoi sapere niente. - ringhiò lui. Si alzò e andò allo specchio, e io mi trovai a fissare una figura distrutta. Era così giovane, così bello, Zero.
-Circa cinque anni fa è cambiato tutto. Penso sia stata Valerie a farmi cambiare idea, come al solito. Lei ha avuto sempre il potere di farmi riflettere...
Non capivo.
-Hai voglia di sapere com'è cominciata la mia vendetta? - chiese il vampiro dagli occhi grigi.
-Come potrei mentirti, dicendoti di no?
E di nuovo, Zero si avvicinò e mi sfiorò la fronte con la mano, e venni risucchiata in un suo ricordo.
 
Strawberry
 
Mi incuriosiva il modo di guidare di Ryan. Veloce, fino al punto giusto: tanto per sentire quella dolce adrenalina che viene trasportata involontariamente dappertutto, attraverso il tuo corpo. Niente di più.
O, beh, c'era l'aria, che mi faceva respirare il suo profumo. Ogni volta che lo sentivo avrei potuto dire: Sa di Ryan.
Scesi cauta da quel suo mezzo a due ruote, mi tolsi i guantini e insieme entrammo nel locale, dove tutte le ragazze, escluso Mina, ci stavano aspettando.
Kyle era impegnato ai fornelli, ma appena entrati ci lanciò un occhiata preoccupata.
-Mina non è con voi? - chiese.
-No. - rispose Ryan turbato. Mi guardò, prima di andare in cucina e chiudersi dentro.
Qualcuno fischiò.
-Però, adesso arrivate pure insieme! - gridò Paddy, con la sua solita grazia.
Probabilmente diventai color fragola.
-Non è come pensate. - balbettai.
Pam e Paddy risero fragorosamente, Lory rimase in silenzio, anche se accennò un sorriso. Sembrava forzato.
-Tutto bene, Lory? - chiesi io.
-Eh? Oh, sì sì! - rispose lei, come risvegliata da un sogno.
A quel punto, Kyle e Ryan uscirono e si misero di fronte a noi.
-Ragazze, oggi lavorerete senza Mina. - dichiarò Kyle.
Tempo prima non me se sarei di certo dispiaciuta, Mina non ci aiutava mai. Ma ora era diversa, era cambiata. Era un piacere lavorare con lei, si dava molto da fare, sempre. Guardai Ryan, e il mio sguardo fu subito ricambiato. Anche solo con gli occhi, cercai di fargli capire che...mio malgrado, non capivo. Non capivo dove fosse finita Mina, cosa stesse combinando. E l'idea mi spaventava.
Le ragazze si sparpagliarono per accogliere i clienti, mentre io rimasi indietro. Ryan mi passò a fianco, afferrò il mio polso e vicino all'orecchio sussurrò: -Fidati di lei come hai sempre fatto, angelo. Andrà tutto bene.
Gli sorrisi. Ti credo, Ryan. E sempre lo farò, pensai.
 
Mina
 
Strano, molto strano. Stavolta vedevo tutto più chiaramente. Mi sembrava di poter camminare in modo più semplice e di essere incredibilmente libera.
-E' perché ormai i nostri pensieri viaggiano insieme, Mina.
-Zero?
-Sì, sono io. - rispose. E poi sogghignò.
-Cosa diamine ridi? - chiesi io.
-Non rido. E'. solo che...è bello poter condividere i miei ricordi con te.
Mi trovavo davanti alla città sperduta di prima, umida e buia. Di nuovo, pensai di essere nelle catacombe.
-Sono le catacombe di Tokio, Mina.
-Dunque...abitate lì?
-Una volta diciamo di sì. Ora non abito più da nessuna parte. O meglio, la mia casa è un edificio a forma di torre nella periferia della città.
Avanzai piano piano. Nessuno mi parlava; tutti mi passavano a fianco in silenzio, non mi vedevano. I loro mantelli neri sembravano lunghe ali di pipistrello.
-Entra in casa mia, Mina.
-Sì beh, la fai semplice, tu. Cioè?
-Questa a sinistra. Ora, gira.
Girai. Ero di nuovo in quella strana stanza buia e sinistra. Stavolta non c'erano bambini, solo due persone adulte. Zero e Valerie, due fratelli dannati per l'eternità.
-Non ti farò mai, mai una colpa per quello che è successo ai nostri genitori, Zero. - disse Valerie. Era dannatamente bella.
-Odiami. Ti scongiuro, Valerie, piuttosto della tua compassione, preferisco il tuo odio.
Le due figure in piedi si unirono grazie alla donna, che abbracciò il fratello.
-Io ti amo, fratello mio.
-Io ti ho resa un...mostro.
-Oh, piccolo Zero, io sono sempre stata un mostro.
Lo Zero che stava con me gemette.
-Era così ingenua. - mi disse, con voce bassissima. Forse non voleva che lo sentissi.
-Ti voleva semplicemente tanto bene. E tu ne volevi a lei.
-Ah, sì? Guarda.
Lo scenario cambiò di colpo, e fui costretta a ricorrere a tutte le mia capacità interiori per non imprecare ad alta voce. Ora, davanti a me c'era una chiesa. Una chiesa molto familiare, a dirla tutta. Era quella in cui una volta avevamo rischiato di perdere Pam, che credevamo volesse diventare nostra nemica.
Davanti all'enorme portone, lo Zero di una volta guardava assorto la luna piena.
-La chiesa è l'entrata principale delle catacombe. I miei ricordi erano molto offuscati, prima, ma è proprio da lì che io e Valerie eravamo usciti per andare a...bere il sangue di quella ragazza.
Mi chiesi se Pam ne avesse mai sospettato qualcosa.
-Hai intenzione di spiarmi ancora per un po'? Esci, e forse ti parlerò. - disse lo Zero che guardava la luna, davanti a me.
E, quasi come una magia, dall'alto comparve un'altra figura sinistra. Con quei suoi tratti rudi e i capelli rasati, le molteplici cicatrici a segnare un volto che, nell'insieme, era abbastanza attraente, quell'uomo sembrava incuriosito da Zero tanto quanto io sarei stata interessata a un ballo nella enorme città di Londra. Lo guardava con un sopracciglio alzato, gli girava intorno senza mai proferir parola.
-Che cazzo vuoi, idiota? Vai rompere i coglioni a qualcun altro. - sbottò Zero.
-Oh, beh, mi avevano detto che eri piuttosto suscettibile, ma non mi aspettavo fino a questi livelli. - rispose il rasato. Poi ridacchiò.
-Lasciami in pace. - ordinò Zero.
-Ero venuto solo per farti una proposta, ma se davvero la metti così...
-Che proposta? - I sussurri di Zero somigliavano a ringhi smorzati. Era furioso.
-Ero appena scappato da Valerie, che continuava a dirmi: “Ti perdono, ti perdono”... Era insopportabile, per me. Ha vissuto gran parte della sua vita a sentirsi in colpa, quando non doveva. Diciamo...che ero piuttosto su di giri, ok? - sbottò lo Zero che era nella mia testa.
-Tutti noi vampiri sappiamo cosa avete fatto tu e tua sorella. - continuò il rasato. -Avete infranto una regola molto importante e i vostri genitori si sono sacrificati per voi. Quello che mi chiedo, Zero – posso chiamarti così?
-Fa come ti pare.
-Bene...quello che mi chiedo, è: non sei incazzato fino al midollo? Non vorresti la vendetta?
Zero non rispose subito. Sembrò soppesare le parole una a una, prima di sputarle.
-Certo che voglio la vendetta, stronzetto, ma come pensi che me la voglio procurare? Uccidendo tutti quelli che incontro?
Sul volto del vampiro inquietante apparve un sorrisetto maligno.
-Magari tutti no, Zero, ma...gli umani, sì.
-Che cosa centrano gli umani in tutto questo?
-Avanti, Zero. So che lo hai pensato anche tu. Immagina se cominciassimo a sterminare la loro razza, come pensi che reagirebbero, loro? Quei sporchi assassini che si fanno chiamare Angeli, addirittura? Andrebbero su di giri. Sarebbe il momento, per loro, di sterminarci definitivamente. Ma a quel punto, saremo già forti abbastanza e pronti...a riceverli.
Zero non guardava più la luna. Ora guardava la croce posta sul tetto della chiesa. Socchiuse gli occhi.
-Usare gli umani come esca...è da pazzi.
-Non ho mai detto il contrario. Ma funzionerà. Sai che funzionerà.
-Ma a quel punto, scoppierà una guerra.
-Non è quello che vuoi, Zero? Non sono loro che hanno ucciso i tuoi genitori? Che li hanno portati via da te e da Valerie?
Zero a quel punto si scagliò sul vampiro, stringendogli con una mano il collo.
-Come sai tutte questa cose?
-Ti...osservo...da un sacco di tempo...lasciami...
La stretta aumentò, lo vidi chiaramente.
-Io...ti voglio aiutare in questa battaglia, Zero...dammene la possibilità.
I due vampiri si fissarono a lungo, poi, quello dai capelli neri e gli occhi grigi lasciò andare, a suo malgrado, la presa.
Il vampiro rasato era paonazzo, ma parlò ugualmente, anche se a fatica. -Insieme possiamo fare tante cose, Zero. Promettimi che conquisteremo il mondo. E di nuovo sarà tutto nostro.
-Va bene, è una promessa.
-Vaffanculo, stronzo. - ringhiò lo Zero che era con me. -Possibile che fossi così cretino, allora? Mi chiedo perché non ti ho ucciso quel giorno.
-Posso sapere il tuo nome? - chiese lo Zero del sogno.
-Mi chiamo Jared.
 
Jared.
No, impossibile. Oppure sì.
L'ha uccisa Jared... il ricordo delle parole di Zero rimbombavano della mente, furiose.
-Bene, Jared...scommetto che, per il tuo aiuto, tu voglia qualcosa in cambio. - ipotizzò Zero.
A quel punto, il portone della chiesa di aprì e da essa uscì Valerie. Dal suo volto trapelavano preoccupazione e...compassione.
-Dio, Zero...- disse lei, cercando i suoi occhi, alzando il volto -Non scappare da me. Non ti serve, credimi. - Poi era corsa verso di lui. Lo abbracciò. Non sembrava nemmeno essersi accorta del vampiro rasato che era rimasta a fissarla, incantato, senza dire nulla. Quando Jared parlò, le sua voce era autoritaria e decisa.
-Ho deciso. Voglio lei.
E il tutto di nuovo si dissolse, e io mi ritrovai di fronte a Zero, che velocemente tolse la mano dalla mia fronte.
 
-Ha fatto male? - mi chiese lui.
-No. E' andata meglio, 'stavolta.
-Mi hai visto in un periodo buio della mia vita, Mina. Hai paura?
-Ancora no. Non mi fai paura. Non mi stancherò mai di ripeterlo.
-Voglio sapere cosa hai capito di quello che ti ho mostrato.
-Beh...primo, che hai un sacco di anni. Secondo, hai bevuto sangue umano insieme a tua sorella, e per questo i vostri genitori si sono sacrificati per voi. Mi 'spiace tanto, Zero.
-Non dispiacerti per me. - disse in tono gelido, ma si il suo viso si ammorbidì quasi subito. -Continua.
-Terzo...beh, un vampiro di nome Jared ha una voglia pazzesca di distruggerci per provocare...loro- cioè gli Angeli- e iniziare una guerra.
-Sbagliato. - puntualizzò Zero.
-Che?
-Quello con una voglia matta di uccidervi ero io. Jared aveva semplicemente esternato quello che io avevo paura di dire, ma che pensavo con tutto me stesso. Come me, Jared legge nel pensiero, e quando era arrivato, quella notte, io ero infuriato per la morte dei miei genitori, e stavo escogitando un piano...lui sapeva quello che volevo. E io volevo la vendetta.
-Quindi lui era solo una pedina che potevi usare...come aiuto?
-Esatto. Infatti gli ho proposto qualcosa in cambio...
-Valerie. Tu gli hai venduto Valerie.
-Il mio primo errore. Mia sorella non si arrabbiò con me, anzi, mi ringraziò. Non so come, ma ebbe il coraggio di innamorarsi di lui e di scambiare anche il suo sangue...con lui. Giuro, Mina, mi viene da vomitare...
-Come hai potuto vendere tua sorella a un assassino? - chiesi con le lacrime agli occhi.
Zero cercò di toglierne una con il dorso della mano, ma io mi spostai.
-Ero crudele, Mina. Ero – sono - un demone. Davvero, non puoi immaginare cosa ho fatto negli ultimi anni della mia vita...Ma adesso, se potessi tornare indietro, se potessi...- la sua voce si spezzò.
E a quel punto non resistetti e lo abbracciai. Mi aggrappai alle sue spalle forti e immersi il mio viso nel suo petto.
-So per certo che sei crudele. Ma allora mi spieghi perché non riesco a odiarti? - domandai.
-Non lo so, Mina. Questa cosa mi spaventa moltissimo, sai? E di norma non sono uno che si spaventa facile.
Seppi che non era una battuta. Mi sentivo sporca e traditrice. Stavo tradendo le mie migliori amiche gettandomi tra le braccia di un vampiro...
-Eppure io so che tu...non sei così freddo.
-Ne ho viste tante nella mia vita, sai, Mina? Ma non avevo mai visto un' umana come te. Sei...diversa.
Le lacrime si placarono.
-Zero, devo tornare a casa. - ammisi.
-Vai, Mina. Io...devo occuparmi di Valerie.
-Ma ora che l'hai persa, cosa farai?
-Non lo so...mi sento vuoto, straziato. Mi sto impegnando al massimo per controllare il dolore, Mina. I miei poteri possono fare anche quello. In ogni caso, Jared, per quanto mi riguarda, ora è un mio nemico. Cercherò di far capire ai pochi che credono in me che devono abbandonarlo.
Ci alzammo insieme, io ancora aggrappata alle sue spalle. Poi lo guardai e lo lasciai andare.
-Cosa farai, dopo? - chiesi.
-Non lo so. Magari...tornerò da te. - disse accennando un sorriso.
-E' pericoloso.
-Credi che non lo sappia? Ma...non riesco a immaginare...di stare lontano da te. Non voglio stare lontano da te.
Anche per me era lo stesso.
-Sii prudente. - dissi.
-Lo sono sempre. Ah sì...comunque, ne ho ventidue.
-Eh? - chiesi.
-Ho ventidue anni umani.
E poi scomparve, lasciandomi sola con una nuova sensazione che si faceva spazio dentro di me, pungente, nuova...ma incredibilmente bella.
Mi stavo innamorando di un vampiro?
.
 
.
 
.
Il capitolo è un po' più corto del solito, lo so: non c'è un motivo preciso, ma doveva finire così, con il saluto da parte di Zero. Come vedete è da un po' che ho “abbandonato” la coppia principale, ma dal prossimo tornerà, finalmente. Mi mancava. **
Annuncio che ormai ci stiamo calando nella parte centrale e fondamentale della storia. I fili che ho cercato di tessere fino ad adesso troveranno un punto d'incontro. Succederanno tante cose, alcune che sicuramente immaginavate, altre magari un po' meno. Posso dire con certezza che tra circa dieci capitoli la storia si concluderà. Più o meno, non voglio sbilanciarmi troppo!
Grazie a tutte quelle che mi seguono e che continueranno a farlo. Siete sempre più numerose e devo ammettere che quando pubblico ultimamente ho una certa ansia! Spero davvero di non deludervi. Io ce la sto proprio mettendo tutta.
Vi voglio bene :)
Vostra,
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Per una volta ti aiuto io ***


Capitolo 24
Per una volta ti aiuto io
 

Mina
 
Mi resi conto di quanto era difficile dirigersi al caffè di nuovo, con la consapevolezza di aver tradito tutte quante, di aver tradito me. Sul collo mi ero coperta il morso con un foulard, ma certamente non era abbastanza, un pezzo di stoffa, a coprire i miei errori.
In ogni caso, non potevo nascondermi per tutta la vita. Non volevo, perché semplicemente non ero una codarda. Quindi avrei affrontato la mia squadra.
Entrai al caffè quando ormai era arrivato l'orario di chiusura. Nessuno sembrò notarmi; tutte erano indaffarate nei loro lavori – chi sistemava per il giorno dopo e chi puliva per terra - e non osavo disturbarle.
Se avessi potuto fermare quel momento, lo avrei fatto volentieri. Loro senza di me, io senza di loro. Sarebbero sopravvissute lo stesso e lo sapevo. Nessuno aveva mai veramente avuto bisogno di me, nemmeno la mia famiglia. Nemmeno Sergio che tutte le notti si ostinava a darmi la buonanotte.
In quel momento, sarei sparita volentieri. Forse sarebbe stato meglio per tutti.
Quei pensieri avevano ingombrato la mia mente a tal punto che faticai a sentire le braccia che mi avevano avvolta in un abbraccio.
Vedi, Mina, troverai sempre qualcuno che ti vuole bene. Non temere, diceva sempre la mia vecchia governante.
Non è che non ti voglio bene, è che non trovo il tempo materiale per dimostrartelo, tesoro, si scusava la mamma.
E allora mi va bene così. Vi perdono, perché vi voglio bene. Ve ne ho sempre voluto, mamma e papà.
Era Straw, che mi aveva abbracciata. Come sempre, lei c'era.
-Mi hai spaventato, sciocca...non ti vedo più dal giorno della battaglia, lo sai che ho rischiato un infarto? - mi sussurrò all'orecchio Strawberry.
-Scusami. - dissi nascondendo il mio viso nella sua spalla.
-Non scusarti con me. Ti ho già perdonata da quando sei entrata qui, sai?
Ridacchiai istericamente, ma fui grata alla mia amica di avermi strappato un sorriso.
Ci staccammo e io mi rivolsi a tutte. -Vi prego, perdonatemi. Non volevo farvi preoccupare. -
Tutti coloro che mi ascoltavano sorrisero all'unisono.
-Per farti perdonare, dovrai comprarmi un mega gelato. - scherzò Paddy.
-Oh, vi giuro che lo offrirò a tutte. - garantii, e scoppiammo a ridere.
Avrei voluto che quella beatitudine non finisse mai, ma prima o poi, avrei dovuto vuotare il sacco. Così mi buttai.
-Ragazze, io...devo dirvi una cosa.
Era troppo presto per parlare di Zero. Ma troppo tardi per tornare indietro. Così, avevo scelto una via di mezzo che non gravasse le due parti.
-Io...vi vorrei chiedere un momento di pausa dalla squadra. Cioè, non fraintendetemi, non vi sto lasciando, desidero solo non essere ciò che sono per...per un po'. Ho bisogno di riflettere, e devo farlo adesso.
Mi aspettai delle imprecazioni. Magari da Ryan. Invece, non arrivò niente.
Anzi, no; arrivò una mano calda che strinse docilmente la mia.
-Per me puoi prenderti tutto il tempo che vuoi. - disse Straw. Perché sei sempre così gentile?
-Se davvero senti il bisogno di una pausa, la puoi prendere, Mina. Nessuno ti costringe a essere una cosa che non vuoi essere. - mi rassicurò Kyle.
-Mi sembra di essere tornata indietro, Mina. A quella sera in cui ti ho convinto a tornare a combattere con noi. - disse Pam.
-Questa volta è diverso, ho solo bisogno di pensare...a me.
-So che è diverso. In ogni caso io ti aspetterò come ho fatto la volta scorsa. - mi promise Pam.
-Grazie a tutti. - dissi.
-Mina? - mi chiamò Ryan.
Beh, non potevo passarla liscia e lo sapevo già. Lui mi avrebbe comunque inchiodato, alla fine.
-Possiamo parlare? - chiese.
-Certo. - risposi, lasciando andare la mano di Strawberry.
Lo seguii nella solita stanza piena di strani computer; buia e polverosa come sempre. Ero pronta a subire torture, ma non avrei parlato di Zero. No. Ed era una promessa.
-Mina. - la voce di Ryan che mi chiamava era tagliente ma preoccupata. -A me basta solo sapere una cosa. - continuò.
Tipregotipregotiprego non chiedermi di lui. So che non puoi farlo, perché infondo non lo conosci, ma ho paura che tu ci possa scoprire. Quindi ti prego.
-Stai bene?
Strano, biondino. In questo istante mi ricordi mio fratello.
-Ho solo bisogno di tempo, Ryan. Davvero; dammi una settimana e torno. - La mia risposta mi sapeva tanto da: ehi, dammi cinque minuti e vado a prenderti il resto, aspetta qui.
-Non so cosa ti sia successo, Mina...ma puoi prenderti tutto il tempo che vuoi.
-Ti detesto, biondino. Per cui non aspettarti che dica a te cosa mi succede. - scherzai.
-Non ho preteso di saperlo, dolcezza.
L'ultima parola era uno sputo. Che stronzo che sei, Ryan; eppure in questo momento oserei dire che con te sto bene.
-Mi aspetterei solo...che ne parlassi con Strawberry. Tu non le parli più e lei ci sta di merda. -
Quello era vero. E in quel momento, a sentirsi una merda, ero io.
-Ci proverò. - promisi. Poi, con una lentezza straziante, presi il ciondolo dalla tasca dei jeans e glielo porsi. Addio ciondolo, addio trasformazioni: d'ora in poi sarei stata un'umana a tutti gli effetti. E la cosa terribile era che ne fui sollevata.
 
Salimmo la scala insieme e finalmente, rividi la luce. Sentii Paddy, la piccola e dolce Paddy, chiedere a Pam: -Ma avrà cambiato idea?
-Ragazze, davvero, non so come scusarmi. - cominciai.
-Quando tornerai, dovrai offrirmi un gelato così grosso che lo dovrò mangiare in almeno cinque volte. - disse la biondina con le treccine.
Risi di gusto insieme a tutte le altre.
Ma...in quelle occasioni, cosa si faceva? Si andava via senza dire nulla? Si diceva, in qualche modo, arrivederci? Non lo sapevo. Sapevo solo che, in quel momento, stare con le mew mew avrebbe giovato sia me che loro.
Imbarazzata, abbassai lo sguardo, incapace di decidere se andare via o rimanere lì ancora un po' a piangermi addosso.
Dio, se ero una codarda.
 
Pam
 
Ti vedo, dolce Mina. Ti osservo e cerco di entrarti nel profondo, come solo una che ti conosce come me può fare. Sai, è normale avere questi momenti di, come li possiamo chiamare, debolezza? Anche io ne ho avuti parecchi, senza contare le molteplici delusioni avute in ambito famigliare, amoroso, lavorativo.
Ma vedi, se c'è la motivazione, tutto ha senso, almeno per noi. E scommetto che tu, una valida motivazione, ce l'hai.
Ce l'ho avuta anche io quando ho lasciato la mia famiglia per andare a diventare una modella. Ce l'ho avuta anche io, quando ho visto mio padre sdraiato per terra, privato delle forze per colpa di un infarto.
E ora sono coraggiosa. Sono una donna forte, che sta per sposarsi con un uomo che ama più della sua stessa vita.
Mi sembrava di averlo perso, questo coraggio, quando Quish mi aveva chiesto di unirmi a lui.
E tu, amica mia, eri riuscita a tirarmi fuori da un buco nero del quale non conoscevo né l'inizio, né la fine. Con poche e semplici parole, sai?
Pam, io ti voglio bene!, mi avevi urlato.
E allora, cara, permettermi di aiutarti come posso. Sì, perché te lo meriti. Lascia che schiarisca il rossore che ti ha impregnato il volto, per colpa della tua indecisione. Lascia che scelga io, per te, se devi rimanere a dispiacerti o andartene per farlo piangendo.
Per una volta ti aiuto io, amica mia.
 
Con calma e disinvoltura, mi alzai dalla sedia che avevo occupato e assunsi una posizione naturale, da donna adulta. Lo feci per richiamare l'attenzione.
-Mina. - la chiamai piano. I suoi occhi furono subito nei miei. -Prima che tu vada via, io e Kyle dobbiamo dirvi una cosa importante.
Davanti a me, quattro volti mi scrutarono curiosi. Ai loro occhi potevo sembrare impazzita, in quel momento. Immaginai la coscienza di Paddy, che allegra annunciava: Che cavolo devono dirci quei due?
Di nuovo con la massima calma possibile, camminai verso Kyle e gli strinsi la mano. Lui la sollevò e dolcemente baciò le mie nocche, una ad una, facendomi scappare un sorriso.
Verso il mio pubblico, finalmente, senza paura, annunciai: -Io e Kyle ci sposiamo.
 
Strawberry
 
Penso che in quel momento tutti, nessuno escluso, sorridemmo all'unisono. Fu bello scoprire di aspettare un evento così inaspettato allo stesso modo: in realtà, avevamo solo il bisogno di un po' di bene, in un mondo dove ultimamente regnava il male.
Non so perché, ma pensai ai miei genitori. I miei genitori a cui volevo un bene dell'anima, che si erano sposati e avevano avuto me, e più tardi Katherine. Una vita perfetta, fatta di promesse, amore, bambini e passione; una vita che credevo tutti sognassero nel profondo della loro anima.
E mi chiesi se anche Pam e Kyle si sentissero così, come lo erano i miei genitori: innamorati e desiderosi di vivere. Magari con qualche bambino, chi lo sa.
-Ma...che meraviglia! - esclamai abbracciando tutti e due, insieme. Sentii qualcuno cingermi la vita, e una mano toccarmi la spalla. Poi cominciai ad avere più caldo: mi guardai attorno e mi accorsi che tutti, ma proprio tutti, ci eravamo stretti in un abbraccio.
Un abbraccio che era affamato di speranza.
-Dio, ti sposi, ti sposi! - diceva Lory. Era entusiasta.
-Mi spiace di avervelo detto solo ora, mie care amiche. - si scusò Pam.
Affondai il viso nei suoi capelli. -Non dirlo nemmeno. E' una gioia troppo grande.
Ora avevo capito perché sembrava sempre che Pam sapesse più di noi, riguardo al progetto mew: si confidava con Kyle.
Il locale ospitò la nostra gioia dopo l'orario di chiusura. Bevemmo caffè e mangiammo un sacco di manicaretti, per festeggiare la bellissima notizia. Mi parve, per un solo breve istante, di riuscire a dimenticare che da quel momento in avanti Mina non avrebbe più combattuto con noi.
Tra una risata e l'altra si fece tardi, e, mortificate, dovemmo andare.
-Ryan farà da testimone. - disse prima di andare via Kyle, dandogli una docile pacca sulla spalla.
-Oh, no, che cosa orribile che mi hai ricordato. - scherzò il biondo con voce lagnosa.
Non mi era sfuggito che, invece, Pam non aveva detto chi fosse il suo – o la sua – testimone. Mi incuriosii all'istante, ma decisi di tenere il dubbio per me. Quando avrebbe voluto dircelo lo avrebbe fatto, punto.
-Domani si lavora, ragazze. Non crederete che si possa fare festa tutti i giorni! - ci minacciò Ryan, accennando un sorriso malizioso che mi fece andare su di giri. Avrei tanto voluto che quel momento appartenesse a noi. Avrei tanto voluto che quella coraggiosa, in grado di sposarsi anche in un momento come questo, fossi io. Ma io ero diversa da Pam, perché avevo paura. Paura di soffrire, di cadere e farmi male davvero, come in realtà era già successo. Ma se fossi coraggiosa, amore mio, se riuscissi a dirti tutta la verità, ti porterei via con me e tu verresti. So che verresti.
O forse sono solo io che mi illudo come sempre.
 
Camminavo per il sentiero che portava a casa mia, pensando a quando fosse fortunata Pam, quando all'improvviso apparve una moto che sgommò davanti a me. Il guidatore si tolse il casco e io, stupita come sempre, mi sciolsi in un sorriso.
-Dovresti essere arrabbiata, angelo. Non ti ho nemmeno chiesto se volevi un passaggio, stasera. - disse Ryan.
Le sue parole mi diedero fastidio. Subito non capii il perché, poi me ne resi conto pian piano. In realtà, quando era solo con me, Ryan era seriamente l'uomo più dolce del pianeta. E io, ogni volta che lo guardavo o lo ascoltavo, mi sentivo persa. In effetti, ero innamorata persa. Ormai non potevo più nasconderlo. Al lavoro, invece, il signorino non mi parlava mai. Anzi, se poteva mi evitava ed io avevo anche la spudoratezza di sorridergli ogni volta che potevo.
Eh, no!
-Al lavoro non mi parli mai. - La neutralità delle mie parole mi sconvolse. Volevo fare l'arrabbiata, invece, la mia voce suonava pallida e sconcertata. Avevo seriamente paura di perderlo.
Scese dalla moto e si appoggiò ad essa, senza parlare. Non so come facevo, ma riuscivo a guardarlo. Lui però, non ricambiava; anzi, sembrava attratto da un sassolino che calciava ininterrottamente.
Poi alzò lo sguardo e di nuovo, per la stupida ennesima volta, i miei occhi furono nei suoi. Mi prese una mano e mi avvicinò a se. Io gliela strinsi, incapace di capire.
-C'è qualcosa che non va? - chiesi.
Non rispose. Si limitava a guardarmi e a mettermi a disagio.
-Ryan, parla. Così mi spaventi.
Mi accarezzò il viso con la mano libera.
Diglielo, cazzo, diglielo, Strawberry. Ti amo, Dio mio, ti amo. Prendimi ora e adesso, sono tua.
-Angelo...- disse con voce rotta. Roca, straziata. Non era in lui. -C'è una cosa che devo dirti.
Ahia. Incassai il primo colpo. Quando gli uomini dicono: C'è una cosa che devo dirti, non è mai una cosa bella. Almeno non con quegli occhi.
-Non ti ho nascosto che, nel tempo che sei stata via, ho commesso parecchi errori.
Lo lasciai parlare.
-Non sto qui a elencarteli tutti, credimi, sarebbe impossibile. Ma...c'è una cosa che devi sapere.
Non oso parlare. A malapena respiro. Guardo i tuoi occhi oceano e capisco che, in realtà, l'errore che hai commesso farà soffrire me in particolare.
-E' stata una stronzata, Strawberry. Sono...sono stato con Lory.
 
Ahia.
Fa male. Fa male. Fa davvero molto, ma molto male. Perché non è una cosa fisica. E' una cosa che prende il cuore e lo spezza, lo stravolge, spappola lo stomaco.
Lory.
Lory e Ryan.
Misi una mano sulla pancia. Mi...mi veniva da vomitare. Senza nemmeno rendermene conto, avevo le lacrime agli occhi. Lory e Ryan. Ryan e Lory. Li immaginai avvinghiati in un abbraccio mozzafiato sotto le coperte, lei sopra di lui a compiere una danza che sapeva di sesso, piacere e bugie.
Tolsi la mia mano dalla sua. -No...- mormorai, semplicemente. Non volevo crederci. Non potevo crederci. Sentivo il mio corpo lontano. Improvvisamente non ero più fatta di carne, di sangue e di un'anima, ma solo di dolore. Di un dolore acuto e bruciante che mi mozzava il respiro.
-Ecco perché davanti a lei non mi parli. Perché te la sei scopata, Cristo!
-Angelo...- cercò di stringermi tra le braccia. Quella parola non aveva più senso, almeno per me.
-Non mi toccare. - Indietreggiavo lentamente mentre lacrime amare mi ricoprivano il volto.
-Strawberry, ti prego. Ho sbagliato, è stato tempo fa, ora sono diverso...
Cazzo però, dicono tutti così.
-Stai lontano da me. Non...non mi toccare. Non toccarmi mai più.
Non è vero. Io ti vorrei. Ti ho sempre voluto...e allora mi spieghi perché ogni volta che sono vicina tanto così ad averti, va tutto a puttane?
-Ti prego. - cercò di afferrarmi il polso, ma io, prontamente, mi scansai.
-No, Ryan! Sei...sei una persona falsa! Tutto quello che abbiamo cercato di ricominciare per te non è stato niente. Niente! E io...e io che sono tornata per te...sei falso! Dovevi solo essere sincero! Avresti dovuto dirmelo. Che poi, Lory! Lory, Cristo, la dolce e ingenua Lory! Ma come hai potuto? Come cazzo ti è venuto in mente! Non sei riuscito nemmeno ad essere sincero per me, Ryan...per noi! E io ci credevo. La cosa più brutta, Ryan, è che io cominciavo a crederci.
I suoi occhi erano gli occhi di una belva lacerata. Trasparenti, fuggitivi. Non avevo mai visto nulla del genere. Il suo corpo tremava, proprio come il mio. Avevo cominciato a piangere ma non trovavo nemmeno la forza di asciugare le lacrime col dorso della mano. Non avrebbe avuto senso, non lo avrebbe avuto perché il senso della mia vita era appena andato via.
Non faceva male il tradimento. Lo sapevo che Ryan era stato con altre donne, cosa mi aspettavo? Ma non con lei. Non Lory, Dio, alla quale ero legata, alla quale volevo bene. E poi...ora si amavano? Ora lei era sua?
-Angelo...
-Non chiamarmi più così. - sussurrai. Un sussurro gelido a malapena udibile.
Feci per andarmene ma di nuovo, e stavolta con più vigore, lui mi prese tra le braccia. Viso contro viso. Mi rifiutavo di guardarlo negli occhi, perché farlo avrebbe significato lasciarsi andare e cedere.
-Guardami.
-Lasciami andare. Subito, Ryan, lasciami!
-Angelo, guardami! - mi strattonò. -Non volevo questo. Non volevo farti del male.
Misi le mani sul suo petto cercando di staccarmi da lui. -Ti ho detto di non toccarmi.
-Non andare via, angelo. - disse, stringendomi di più, per impedire la mia fuga. -Se vai via, io sono un uomo vuoto. Ho solo te, angelo. Solo te...
-No! - urlai. Lo spinsi via e cominciai a correre. Sapevo che non avrei mai e poi mai dimenticato il modo in cui mi aveva guardata quando gli avevo chiesto di lasciarmi andare, la freddezza dei suoi occhi, la chiarezza del suo dolore che traspariva dal suo volto sconvolto. Il sole stava tramontando sulla mia Tokio, che quella notte, lo sapevo, avrebbe pianto insieme a me.
 
***
 
Poco dopo ero già in bagno, con l'acqua gelida che mi scorreva fra le dita. Mi ero tolta i vestiti che mi ero messa quella mattina. Mi sembrava di soffocare. Così, ero rimasta semplicemente in mutandine e reggiseno, libera da scomodità. Mi ero bagnata il collo e risciacquata la faccia più volte. Il trucco era andato via. Le lacrime no.
Tirando su con il naso per l'ennesima volta, mi guardai allo specchio. Ero uno straccio: i miei occhi erano rossi e segnati da pesanti borse.
Ma dico io! Ridursi così per un uomo. Sei pazza, Straw.
Sembrava che anche i miei capelli, di solito lunghi e perfettamente ondulati, avessero perso la loro bellezza. Sembravano spenti e opachi.
Ecco perché Lory mi sembrava così strana, ultimamente. E'...gelosa.
Lo ero stata anche io tante volte, per Mark. A vedere tutte quelle oche che gli andavano a dietro, durante gli allenamenti. Ma tutto ciò non mi sembrava niente paragonato a quello che sentivo in quel momento.
Qualcuno bussò alla porta facendomi sobbalzare. Era mamma.
-Tesoro? - Il suo sorriso ebbe la capacità di farmi sentire subito meglio. Dio, la mamma doveva avere per forza qualche piccolo segreto perché il suo sorriso funzionasse come una piccola medicina, per me. Ma le lacrime non la smettevano di scorrere. Quando anche mamma se ne accorse, si precipitò in camera. -Tesoro! Oddio...ma perché piangi?
In un attimo fu sul letto vicino a me e mi prese tra le braccia. Mi sembrò di essere tornata piccola, ai tempi delle elementari, quando tornavo a casa da scuola e filavo in camera piangendo perché i bambini mi avevano fatta cadere. Lei c'era sempre. Era lei che rimetteva insieme i miei pezzi, quando mi spezzavo.
-Non è niente, mamma. Mi passa.
Provai ad a guardarla, e capii immediatamente che non se l'era bevuta. Era ovvio, mi conosceva. Ma non ero così sicura di poterle dire di Ryan. Che cosa le avrei detto, poi? Che il ragazzo di cui ero innamorata mi aveva appena detto di essersi portato a letto una delle mie migliore amiche? O che magari, l'amava, addirittura? In un attimo fu tutto talmente chiaro che il mio respiro si spezzò. Lory era innamorata di Ryan. E se anche lui fosse stato innamorato di lei?
Mamma mi strinse più forte, mentre i singhiozzi mi strappavano il petto. Non so se passarono ore o minuti, ma mi parve un tempo troppo breve, quando smisi di piangere. Forse non ne trovavo più la forza.
-Hai voglia di parlarne? - chiese la mamma con voce dolce. Sembrava parlasse a un cucciolo ferito.
Mi staccai da lei per poterla guardare negli occhi. Santo cielo, quanto mi era mancata questa donna. Ringraziai quella buona stella che aveva fatto sì che proprio lei fosse mia madre.
-E' per un ragazzo, mamma. - mormorai. Mi vergognavo da morire, ma prima o poi avrei dovuto dirlo. Per far sì di crederci davvero e per far capire a mia madre meglio la situazione.
-Che..che cosa ti ha fatto, amore? - sembrava inorridita. In realtà, non mi aveva fatto niente. Quello che era successo con Lory era successo prima che arrivassi io. Ma poi, io ero davvero arrivata, per Ryan? O ero solo una delle tante?
-Niente, mamma. Niente di quello che stai pensando. - cercai di dire prima che il pianto mi assalisse di nuovo. -E' che...è che io credo che lui non voglia da me quello che io invece voglio da lui. Tutto qui.
-Questo cosa te lo fa pensare?
-Oh, mamma...lui. Perché è una persona difficile. E' diversa da me. - mi asciugai gli occhi con il dorso della mano. Parlarne con mia mamma era davvero troppo difficile, perché non conosceva Ryan e non poteva darmi un giudizio concreto.
-Tesoro...- mi cinse la spalla con un braccio. -E' estate, no? Perché non vai da qualche parte e ti distrai? Sai, Straw, anche io da piccola ogni tanto piangevo per tuo padre. Provavo a parlarne con tua nonna, ma...insomma, era imbarazzante.
Mi misi a ridere. Era proprio ciò che provavo in quel momento con lei. Quanto ero uguale alla mia mamma, io.
-Quindi mi rifugiavo dalle amiche. Perché non lo fai anche tu?
Riflettei. Andare dalle amiche e confidarsi mi faceva bene quanto mangiare una buona cioccolata calda rigenerante. Forse avrei davvero potuto farlo. -Mi 'spiace per Kat. Non vorrei lasciarla sola.
-Avrà noi, tesoro. Poi puoi tornare quando vuoi, lo sai, no? Dai cara, ora pensaci. Io vado a preparati una cioccolata, va bene?
Fui sul punto di scoppiare a piangere di nuovo, ma mi trattenni. Annuii e accettai un bacio sulla guancia dalla mia mamma.
In cuori mio, sapevo che avrei dovuto chiamare Mina. Ma ultimamente aveva troppi pensieri per la testa e si vedeva, e credo che in qualche momento un'amica triste e spezzata sarebbe stato solo un altro grande problema da aggiungere alla sua lista. Con le dita tremanti, così, digitai un numero familiare. Mi sentivo sola ed indifesa, e più questa consapevolezza cresceva in me, più faticavo a rimanere lucida.
Il telefono prese a suonare. Tuuu. Tuuu. Tuuu.
Dio, ti prego, fa che risponda.
-Pronto?
Dio, ti ringrazio!
-Pronto, Pam? Pam? - Le lacrime che avevo cercato con tutta me stessa di non far uscire, mi spezzarono proprio in quel momento.
-Strawberry? Tesoro cosa c'è?
Non trovavo la forza di rispondere. Piangevo, e basta.
-Tesoro, mi stai spaventando a morte. Dimmi cos'hai.
-Pam, ti...prego... - singhiozzai. -Aiutami, aiutami. Per favore.
-Cos'è successo, Straw? Stai calma. Respira, tesoro.
-Io....ho bisogno di vederti, Pam. Ho bisogno di te.
-Ti vengo a prendere e vieni qui da me, ok? Ma stai tranquilla. Stai tranquilla. Hai capito?
-Non so se ce la faccio...
-Sì che ce la fai. Arrivo subito.
Riattaccò.
I singhiozzi mi stavano lacerando il petto. Fa male, fa tanto male.
Tutto girava, tutto era sfocato. Sul letto mi chiusi a riccio, abbracciandomi.
In quel momento, desiderai con tutta me stessa vederlo. Anche solo per sfiorargli la mano, per vedere i suoi occhi blu. Avrebbe potuto anche non abbracciarmi, sarebbe stato chiedere troppo.
Mi bastava la sua voce.
Qualcuno mi tastò la spalla e io mi voltai di scatto.
-Tesoro...- disse la mamma- -La tua cioccolata.
E io, bisognosa di calore com'ero, mi gettai tra le sue braccia, facendomi cullare. Non mi accorsi nemmeno di che fine aveva fatto la tazza.
.
 
.
 
.
*Probabilmente cambierò il titolo, non mi convince del tutto XD
Come promesso la nostra coppia preferita è tornata – con un bufera, ma è tornata. Questa è la crisi che prima o poi i due ragazzi dovevano affrontare: di certo gli errori di Ryan dovevano venire a galla. So che fa male – immaginate quanto sono triste io che ho dovuto scrivere una cosa del genere :( - ma ripeto che è una crisi voluta, che porterà da qualche parte. Altre cose importanti...ah, finalmente Pam e Kyle hanno detto del loro matrimonio e Mina ha lasciato la squadra temporaneamente per capire meglio cosa vuole da se stessa e cosa vuole dalla sua storia con Zero, soprattutto.
So che dopo questo capitolo qualcuno mi vorrà sopprimere XD (e vorrà sopprimere Lory) ma voglio ricordavi che la storia è ancora lunga e i personaggi devono ancora cambiare tanto. Abbiate fiducia in loro.
Un abbraccio stretto e un grazie speciale a chi mi segue, vi voglio bene, tanto tanto <3
Vostra,
Je.

P.S -> So di essere in terribile ritardo nel rispondere alle vostre meravigliose recensioni. Sto andando proprio ora, mi scuso per non averlo fatto prima! Comunque sappiate che in un modo in un altro, in ritardo o subito, le vostre parole mi arrivano sempre e mi aiutanto tanto. Quindi grazie

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Things that don't kill me only make me stronger ***


Capitolo 25

things that don't kill me only make me stronger

 

 

Il capitolo è, vi avviso, un po' pesantuccio nella parte centrale per un dialogo abbastanza lungo. Della serie, “uomo avvisato mezzo salvato” XD...a mia discolpa, ci tengo a dirvi che è un capitolo importante, al quale tengo molto, per le cose che vengono dette e per i sentimenti che si tirano in ballo. Non dico altro.
I ringraziamenti e e le mie solite divagazioni le trovate in fondo **
 
 
...
Ryan Shirogane era solito non dormire, la notte :non perché non gli piacesse farlo, no, semplicemente perché trovava molte altre cose più interessanti da fare.
D'altronde era un fottutissimo ragazzo di quasi ventidue anni che fumava, aveva pochi amici e un futuro incerto tra le mani. Si sentiva solo. Solo...nel vero e profondo senso della parola.
Non dormiva perché pensava a quel dannato giorno in cui aveva incontrato un cretino qualunque che gli aveva messo la sigaretta in bocca a diciassette anni. Se lo ricordava bene, quel periodo. Il più buio della sua vita. Ma non se ne badava; ultimamente il fumo non gli piaceva più.
Dio, però, come si sentiva stronzo quando portava quel tubicino di tabacco alla bocca e ispirava con avidità. Si sentiva potente. Proprio come adesso, in questo preciso istante.
Ma era solo un fottutissimo ragazzo di quasi ventidue anni, senza genitori – perché persi in un terribile avvenimento – e senza lei.
Quella notte Ryan Shirogane avrebbe preferito morire. Magari lentamente, soffrendo parecchio. Patendo tutte le pene, una per una.
Invece rimaneva sveglio, a fare il masochista pensando a lei, ai suoi baci e al suo profumo. Il suo profumo dolce che lui immaginava di assaporare sempre, quando assaggiava un'altra donna.
Quella notte Ryan non avrebbe dormito, semplicemente. Doveva pensare al suo angelo, che aveva perso con una confessione agghiacciante.
Ma non voleva perderla. Perché, diamine, l'amava tantissimo.
Quindi, quella notte, non dormirono ma si pensarono, quei due, Ryan e il suo angelo, immaginando il calore dei rispettivi baci e la dolcezza delle carezze mai date.
Avrebbero pianto e sarebbero rimasti svegli entrambi, quella notte.
 
Strawberry
 
L'appartamentino di Pam era adorabile; non molto grande, certo, ma sicuramente giusto per una donna che stava per sposarsi. Mi resi conto solo dopo aver varcato la soglia dell'ingresso di quanto la mia amica fosse fortunata. Stava per compiere il passo più bello e importante della sua vita.
Ero seduta sul divano del suo salottino – rigorosamente colorato di violetto – e mi limitavo a guardarla cucinare. Potevo essere scambiata per un vegetale: non parlavo, non bevevo, a malapena mi muovevo. Gli occhi mi bruciavano ancora; avevo pianto tutta la sera e la notte precedenti.
Ma brava.
Benchè fosse estate inoltrata, dai finestroni della cucina arrivava poca luce; come avevo previsto, la mia città aveva pianto con me, quella notte.
-Tesoro, è pronta la colazione. - mi disse Pam.
Fui costretta a mangiare. Non volevo far preoccupare nuovamente la mia amica, che si era passata una bella notte in bianco insieme a me sul divano del salotto che tuttora occupavo.
In realtà non avevamo parlato; io mi ero limitata a piangere mentre lei mi sussurrava: Shh, Straw. Shh. Andrà tutto bene.
L'avevo sentita così tante volte, quella frase, che ormai aveva perso il suo profondo significato. L'avevo assorbita fino alla noia e adesso, sinceramente, mi faceva anche un po' schifo.
Immersa nei miei biscotti al cioccolato, non mi ero accorta che avevano suonato il campanello. Pam, già rigorosamente vestita in jeans strettissimi e maglia aderente, non tardò ad aprire.
Tornò in cucina mano nella mano con il suo futuro sposo.
-E' stata con me, stanotte. Kyle, ha bisogno di me, adesso...- stava dicendo Pam sottovoce, probabilmente dimenticandosi che il mio udito da gatta arrivava dappertutto.
-Buongiorno, piccola. - disse Kyle. Gli risposi con un sorriso e fu il meglio che riuscii a dargli.
-Direi che stamattina non ce la fai a venire al lavoro. - presuppose.
Feci di no con la testa.
Si avvicinò e mi accarezzo una guancia. In quel momento, mi sentii come se avessi un fratello maggiore, dolce e incredibilmente protettivo.
-Ti aspetto in macchina, amore. - disse a Pam mentre si dirigeva all'uscita.
Anche Kyle passava a prendere la sua donna prima del lavoro. E, dolorosamente, non potei far a meno di pensare che il mattino precedente lo aveva fatto anche Ryan, con me...
-Vado al lavoro, tesoro. Fa come se fossi a casa tua; io chiederò a Kyle di uscire prima. Stasera vorrei parlare con te, se non ti dispiace.
-Va bene. - biascicai.
Mi diede un bacio sulla fronte. -Non so cosa sia successo - aggiunse, -ma lo risolveremo. E' una promessa.
In pochi minuti mi ritrovai da sola, e avrei dovuto assolutamente inventarmi qualcosa per non pensare. Ma ogni cosa toccassi o facessi, mi riportava alla mente errori e nuove consapevolezze.
Mentre mi toglievo la maglietta e i pantaloncini del giorno prima, ad esempio, mi venne in mente Katherine, che era rimasta da sola. Dopo l'avrei chiamata. Già mi mancava, la mia Kat.
E ovviamente, continuavo a pensare a Ryan e a Lory.
Dopo essermi fatta una doccia, mi distesi sul divano che ormai era diventato il mio partner ideale. Chiusi gli occhi, sperando di addormentarmi. Il sonno non tardò ad arrivare, come avevo previsto.
Addirittura, cominciai a sognare. Volavo tra i cieli di Tokio, proprio come se fossi un cigno in esplorazione. Tra tutte le case che avevo a mia disposizione, una in particolare attirò la mia attenzione.
Ovviamente era quella di Ryan. Ovviamente, entrai e sempre volando mi diressi in camera sua.
Lo vidi nel letto, ma non era da solo. Sopra di lui c'era una donna e
e... no, non è vero, non voglio crederci
i due stavano facendo l'amore. La stretta al cuore non tardò ad arrivare, soprattutto quando mi resi conto che la donna era...Lory.
No, non si stavano amando, perché quello non era amore. Stavano semplicemente cercando il proprio piacere. Rabbrividii.
A un certo punto, Ryan cambiò le carte in gioco mettendosi sopra di Lory. Certamente stupita, la donna urlò di piacere, ora godeva di più.
Non emettevo suono. Fui masochista fino in fondo e guardai la scena fino alla fine, sentendo che lo stomaco si spezzava, ogni istante di più.
Poi, quando tutto era finito, Ryan si voltò verso di me. Mi guardava con occhi impotenti, quasi per chiedermi scusa.
Ed io mi sentii di nuovo in grado di perdonarlo, e forse fu proprio in quel momento che cominciarono le mie urla.
 
-Straw, Straw! Ehi, ehi, basta, basta! Calmati!
Aprii gli occhi. Ero immersa in un bagno di sudore, stavo piangendo e di nuovo, Pam era seduta accanto a me trattenendomi i polsi.
-Era solo un incubo. - disse con voce dolcissima.
Boccheggiavo rumorosamente. Mi sistemai meglio sul divano, in modo da essere faccia a faccia con Pam.
-Così non va bene, tesoro. Posso giocare a fare quella che ti ospita in silenzio per una notte, ma dopo un po', credimi, mi stufo e mi preoccupo. Per me sei come una sorella, lo sai; ieri sera mi hai chiamata, hai pianto ininterrottamente da allora e ancora non vuoi dirmi niente?
-E' un brutto periodo. - mi giustificai.
-Non mi basta.
Sbuffai asciugandomi una lacrima.
-Straw...sai che con me puoi parlare.
E così confessai, certa che ogni briciolo della mia dignità – se ne possedevo ancora una – stava andando a farsi fottere.
-Io lo amo, Pam. Cristo, lo amo davvero; e sai cosa fa lui per ringraziarmi? Mi dice che va a letto con altre donne, ma poi si scusa dicendo che è cambiato. Mi chiedo come io abbia fatto a innamorarmi di uno come lui; è diverso da me. Lo è sempre stato. Ma io sono una stupida idiota, che è scappata da lui cinque anni fa per dimenticarlo ma è tornata ancora più smarrita di prima. Sono una frana, lo ammetto; lo puoi dire anche tu se vuoi, sarebbe uguale.
Subito Pam non disse nulla. Assorbì con calma ogni mia parola e soppesò bene la sua risposta, prima di parlare.
-Certo che lo ami, pensi che non me ne sia accorta? Forse lo ami da sempre. Solo che non hai mai voluto ammetterlo. Non sei una frana, sei solo spaventata. E' da tempo che non torni ad amare un uomo e ora che ti ritrovi lui davanti sei spiazzata. Ma, dimmi, vuoi... perderlo solo perché effettivamente hai paura di perderlo? Tesoro, tutti commettiamo errori. Non serve che te lo dica e che ti faccia la predica. Siamo tutti bravi a giudicare, ma quando siamo giudicati non facciamo altro che prendercela. Ryan avrà commesso tutti gli errori di questo mondo, ma credimi, sono rimediabili. Sappi che l'unica cosa che non si può rimediare, nella vita, è la morte. Tutte le cose che non ci uccidono, Strawberry, ci rendono più forti. Sei una donna matura, ormai, e penso che tu sia in grado di scegliere. Ricorda sempre, tesoro, che il perdono è uno dei doni più belli di Dio. Chi lo pratica è benedetto; tu hai un cuore grande che penso possa percepire quello che sto dicendo.
Guardavo quella donna con ammirazione. Le sue parole mi avevano colpito nel profondo del cuore facendomi rabbrividire.
-Non è solo una questione di errori, Pam. Ci sono errori che possono essere perdonati e lo so benissimo. Infatti non sono arrabbiata con Ryan perché è andato a let...è stato con Lory, sono arrabbiata perché me l'ha tenuto nascosto.
Pam incrociò le braccia. Se non fosse stata un'attrice, avrebbe potuto benissimo tentare la carriera di psicologa.
-Non sei arrabbiata perché è stato con Lory. Non ci credo. Ora guardami negli occhi e dimmi che non sei gelosa nemmeno un pochino. Perché è questo, il problema, no, Straw? Tu sei gelosa.
Aprii la bocca per poi richiuderla subito. Stavo già cominciando a tremare. Non c'era spazio per le parole, solo brividi. Brividi convulsi e inutili che mi smascheravano senza che nemmeno realmente lo volessi. Sì, anche se tentavo di girarci attorno, la cosa che mi fregava era che fossi gelosa, gelosa di una delle mie migliori amiche, che era riuscita ad avere Ryan. Lui era stato suo. Certo, prima che arrivassi io, ma era stato suo.
-Sì, Pam. - mormorai, come se fosse un segreto di stato. Ammetterlo faceva più male di quanto avessi pensato. -Sono gelosa del fatto che lui le sia appartenuto. Perché anche se sarà mio, un giorno...insomma, avrà sempre una specie di marchio.
-Beh, tesoro...- Pam accavallò le gambe, quasi con un fare professionale. -Qui entra il gioco il tuo amore. Fin dove sei disposta a spingerti per la persona che ami? Il tuo amore è forte? Lo è abbastanza da cancellare quello che ha fatto? Non voglio condizionarti, ma io penso che lo sia. Se non ti importasse, se davvero non ti avesse nemmeno lontanamente sfiorato l'idea di perdonarlo, non saresti qui, e non staresti così male.
Fui solo in grado di sospirare. Entrava in gioco il mio amore, adesso. Dovevo dimostrare a me stessa di essere abbastanza forte – abbastanza innamorata – da perdonarlo, da dimenticare i suoi errori, le sue mancanze. Lo avevo già perdonato per le lettere, per essersi comportamento così meschinamente mentre ero via. Potevo dimenticare – col tempo, e anche con una grande forza – il fatto che fosse stato con Lory. Ma potevo fidarmi di lui, visto che non me ne aveva mai parlato? La mia testa mi urlava di no. Il mio cuore, invece, formulava una specie di sussurro che ebbe la forza di svegliarmi dall'incubo. L'ha fatto per te, perché ti ama, perché non voleva farti soffrire.
-Ho sbagliato tanto anche io, nella vita, Straw. Tante volte, credimi.
Pam prese le mie manine tra le sue e le strinse forte. Fui stupita dal cambiamento improvviso della nostra conversazione, ma non dissi nulla. Lei mi guardò intensamente, prima di cominciare a parlare, e io mi sentii costretta ad abbassare lo sguardo, perché mi sentivo stupida. Semplicemente stupida, in confronto a due occhi viola così esperti e gentili.
 
-Mia madre e mio padre non si sono mai amati davvero. Si sono sposati per puro interesse, per garantire una specie di continuità alla famiglia Fujiwara che era una famiglia benestante. Mia madre, Diana, era una contadina emigrata dall'Europa venuta nei paesi dell'est a cercare fortuna; e qui, aveva incontrato mio padre, un signorotto in cerca di moglie. Dopo circa sei anni di matrimonio, nacqui io, l'unica ragione che avrebbe potuto unire effettivamente due persone così fredde che non si amavano, no, si sopportavano e convivevano. E basta. All'età di dieci anni possedevo zero bambole, ma avevo la conoscenza completa di giapponese, inglese, spagnolo e italiano. Era una signorina di tutto punto, che doveva tenere alto l'onore della famiglia.
Penso di aver avuto, ehm, quanti? Forse tredici anni, quando finalmente la mia vita cambiò. Stavo passeggiando con mia madre per le vie di Tokio, quando un signore mi notò e mi chiese se avevo mai pensato di diventare una modella. Mi ricordo benissimo che guardai mia madre, spaesata, e diventai rossa come un peperone. Da quel giorno diventai una modella, Strawberry. Vidi il mio nome piano piano farsi strada sulla bocca di tutti; pensa, tesoro, mi sentivo appagata. Per una volta, mi sentivo bene. Ovviamente avrei dovuto immaginare che la pace sarebbe durata poco; mio padre non voleva che la sua unica figlia diventasse, come diceva lui, una puttana. Mi voleva tenere sotto controllo, perché io dovevo essere il futuro della famiglia. Ma io ero ribelle. Ero giovane, bella e popolare; così, il giorno del mio quindicesimo compleanno, decisi, all'insaputa di mio padre ma con l'aiuto di mia mamma, di accettare un lavoro che mi avrebbe costretta ad andare in America.
 
La guardai di sbieco. Davvero la sua e la mia vita erano state segnate da un viaggio così radicale? Non lo avrei mai immaginato.
-...Questo fu il primo di una serie di errori. In America ero famosa e coccolata da tutti, ma non avevo i miei genitori lì vicino. Mi ricordo le serate in cui i manager mi chiedevano di andare a cena fuori; io ci andavo, ma preferivo cenare da sola. Rimanevo ad aspettare la mia mamma e il mio papà, che effettivamente, non sarebbero mai arrivati. Non mangiavo niente, a malapena dormivo. Poi, dopo un anno dalla mia partenza, mamma mi chiamò allarmata. Non dimenticherò mai le sue parole, sono scritte indelebilmente nella mia anima. Straw...mio padre aveva avuto un infarto.
Mi precipitai a casa e una volta arrivata, passai una notte intera a pregare in ospedale per mio padre. Dio, sai perché aveva avuto in infarto? Perché aveva saputo la verità sulla mia partenza. Il mattino dopo, il medico ci disse che ce l'aveva fatta...credimi, è stato un vero miracolo. Mi promisi che non avrei mai più lasciato casa, perché sia papà che mamma ne avevano risentito. Sembravano invecchiati di dieci anni, sul serio. Penso che fu in quegli anni che mi avvicinai alla chiesa; pregavo per mio padre, che continuasse a stare bene, per me, per noi. I paparazzi e i manager non tardarono a mettere la fresca notizia della quasi morte di mio padre su tutti i giornali. Alcuni ebbero la faccia tosta di telefonarmi e di chiedermi: -Ma, signorina Fujiwara, perché non torna nel mondo dello spettacolo? Avrei voluto morire. Il mio sogno era quello di essere una modella, ma mio padre non voleva. Ero spezzata a metà.
Una notte fredda d'inverno, proprio mentre stavo tornando a casa da un provino fatto di nascosto, trovai disteso sul pavimento della cucina mio padre. Con violenti scossoni, lo chiamavo, urlando: -Perché? Perché non mi hai mai ascoltata fin dall'inizio? - Sì, perché mio padre non aveva mai voluto ascoltarmi. Non aveva mai voluto sentire le ragioni per cui io volevo ballare, recitare, farmi bella per qualcuno. Quella stessa notte mio padre fu portato in ospedale. Era cosciente, e, prima di morire, chiese di me. Mi disse che aveva sbagliato tutto, che non avrebbe mai dovuto impedirmi di coronare il mio sogno. Ci perdonammo a vicenda, e il suo cuore smise di battere poche ore dopo il nostro ultimo abbraccio.
Dopo la morte di mio padre la salute di mia mamma divenne ogni giorno più cagionevole. Feci in tempo a portarla a New York con me, nell'ultimo inverno della sua vita. Qui mi vide migliorare e diventare la famosa Pam che tutti oggi conoscono. Morì serenamente, la mia mamma. Morì dicendomi che ero nata per essere ciò che ero diventata, che dovevo continuare a commuovere la gente con la mia bravura e la mia bellezza. Ancora oggi, prima di cominciare a recitare o a fare qualsiasi altra cosa, prego per loro, prego perchè mi sostengano. So che lo fanno, anche se non li vedo, so che sono qui, con me. Sempre.
 
Entrambe trasalimmo sentendo le ultime parole, io perché mi ero emozionata, lei perché si era ricordata il dolore della perdita.
-I più grandi errori che ho commesso, tesoro, mi hanno portato a soffrire enormemente. Ma da questi ho imparato che non si può mai tornare indietro, ma si può solo andare avanti. E' sempre più difficile, andare avanti, ma...bisogna anche lottare un po' nella vita, no?
Annuii impercettibilmente, poi le sorrisi. Lei quindi mi abbracciò.
-Solo Kyle sapeva del mio passato. Sei la prima con cui ne faccio parola.
-Credi che me lo meriti?
-Scherzi? Io mi fido di te. Davvero.
Si staccò un pochino e mi guardò negli occhi, con le labbra che accennavano un sorriso.
-Strawberry, vorresti essere la mia testimone di nozze?
Mi scese una lacrima di gioia pura.
-Dio mio, certo che sì! - dissi e di nuovo l'abbracciai forte.
-Beh, tesoro, dobbiamo darci una mossa. Il matrimonio è fra tre settimane, di sabato, sai?
Oh, merda. -Non abbiamo molto tempo! - annunciai preoccupata.
-Beh, a molte cose ci abbiamo già pensato. Anzi, sinceramente, mi resta solo una cosa da fare.
-Cioè? - chiesi perplessa, di nuovo tornata felice. Speranzosa.
-Devo scegliere il vestito, e voglio che tu mi dia una mano. - disse Pam alzandosi in piedi, facendomi l'occhiolino. Al frigorifero prese una bottiglia d'acqua e ne versò un bicchiere a entrambe.
-Pam?
-Mmmh?
-Mi hai raccontato del tuo passato perché in qualche modo vuoi che perdoni Ryan. La storia degli errori, il fatto che da questi si impara...tu credi che Ryan sia come te.
-Non lo credo, Straw, lo spero. So che si è pentito di ciò che ha fatto e so che farebbe qualsiasi cosa per tornare indietro e rimediare. Come lo vorrei io. Ma non si può. Entrambi sappiamo che non si può. Ed è questo ciò che fa più male, Strawberry. Il fatto che il cuore sia davvero cambiato, ma non ci sono parole, gesti, un niente di niente che può dimostrarlo agli altri. Kyle è stato in grado di capirmi. Ora devi capire tu se sarai in grado di farlo, con Ryan.
 
***
 
Le tre settimane che passai a casa di Pam furono colme di impegni e tanta, tanta gioia. Mi sembrava di avere trovato una sorella maggiore, un nuovo appiglio, e insomma, insieme a lei tutto mi sembrava più semplice.
Visto che, come più volte mi aveva ripetuto Pam, noi donne non siamo costrette a sentirci morire per gli uomini, mi armai di coraggio fino al midollo quando, due giorni dopo la litigata, ripresi a lavorare. Ovviamente lo vedevo, ovviamente ogni volta rischiavo di tradirmi ma dovevo impormi di essere forte. E' abbastanza forte il tuo amore?
Ogni notte mi svegliavo di soprassalto, incapace di non fare incubi su di lui. A malapena ci parlavamo; se lo facevamo, il motivo era dovuto al semplice fatto che entrambi lavoravamo ed eravamo persone serie e concentrate. Ma il dolore, almeno per quanto mi riguardava, non sembrava voler andare via.
Qualche volta andai anche a trovare la mia sorellina. Anche lei mi mancava, mi mancava il suo semplice e leggero tocco e la sua vocina di bimba. Per le ore in cui rimanevamo insieme, la mia dolce sorellina mi continuava a ripetere di provare a superare quel brutto periodo e di tornare presto. Le uniche cose che io potevo garantirle erano che sarei tornata presto e che non avrei smesso di venire a trovarla. Mamma e papà erano sereni. Dicevo loro che stava andando tutto meglio. Piano piano, ma stava andando tutto meglio.
I preparativi del matrimonio, problemi miei a parte, continuavano molto bene e con una velocità sorprendente. In quelle settimane, sembrava che i demoni della notte si fossero temporaneamente dimenticati di noi, perché nessuno di loro più ci attaccò. Kyle ci spiegò che poteva trattarsi di una situazione temporanea, ma in cuor mio, immaginai fosse semplicemente una tattica. Sperai con tutta me stessa che il matrimonio di Pam e Kyle filasse liscio.
In ogni caso, il lunedì precedente il matrimonio io, Pam e Mina – che nonostante si fosse allontanata dal progetto continuava normalmente a uscire con noi – andammo a fare la fatidica scelta del vestito. Ero sempre stata convinta al cento per cento che scegliere il vestito giusto fosse una passeggiata, ma mi ricredetti nel momento in cui Pam si sfilò di malavoglia il quinto vestito, ancora non contenta.
-Ha le spalline troppo evidenti, e poi non è nemmeno bianco. E' crema. - si lamentò.
-Il crema le dona. - cercò di rimediare la commessa.
-Secondo me dovresti provartene uno più scollato. - commentò Mina, che finora aveva bocciato tutti e cinque i vestiti.
Mentre le ragazze discutevano sul da farsi, io mi incamminai lenta e timorosa nei meandri del negozio, che mi parve fin troppo piccolo per ospitare quella quantità così spropositata di vestiti. Ce n'erano veramente tantissimi: con pizzi e merletti, bianchi classici o colorati, sbarazzini e sobri. Io non avrei saputo davvero quale scegliere.
-Strawberry, tu che ne pensi di questo? - mi chiese Pam decisamente disperata. La osservai con quella sua quinta scelta: era bella, ma era vero, il crema non andava. Almeno non su di lei.
-Mi piacevi di più con quello di prima. - ammisi, anche se sapevo che non l'aveva colpita particolarmente, in quanto era sul tono del rosa.
-Forse non è il momento giusto per la scelta del vestito. - disse seria Pam.
Mina diventò bordò. -Tesoro mio, mancano pochissimi giorni...se non lo prendi adesso quando lo prenderai? - chiese allarmata.
Assorta, mi voltai di scatto per guardare di nuovo una fila di vestiti, e uno, in particolare, mi colpì subito. Era una meraviglia. Lo presi in mano e lo feci vedere a tutte.
-Che ve ne pare? - chiesi, cercando di essere più convincente possibile.
Pam aprì la bocca e spalancò gli occhi.
-Lo vorrei provare. - annunciò.
Poco dopo, tutte le persone in quella stanza ebbero una visione. Il lungo vestito era a sirena, ma il fisico minuto e slanciato di Pam se lo poteva permettere alla grande. Il corpetto era privo di spalline, e il tutto risaltava il décolleté di Pam invidiabile. I suoi capelli viola, che per ora erano tenuti sciolti, si abbinavano perfettamente a dei ricami che aveva la gonna, che ospitava un lungo strascico elegante.
Poteva sembrare una principessa, ma in cuor mio io sapevo già che lo era.
Capimmo tutte quante che era la scelta giusta quando la futura sposa si specchiò e cominciò a piangere dall'emozione. Anch'io, sovrastata da un sentimento così forte da parte della mia amica, non fui in grado di trattenere qualche lacrima, soprattutto quando mi abbracciò e mi ringraziò per avere visto il vestito per prima.
Mi accorsi che la vita era preziosa, bella, e a volte, persino semplice.
.


 
.


 
.
 
*Il significato del titolo è: “Le cose che non mi uccidono mi rendono solo più forte”.
Eccoci qui. Allora, spero davvero che il capitolo, oltre ad essere lunghetto non sia stato noioso. E' fondamentale perché Strawberry sta facendo un confronto con se stessa e sta capendo veramente fin dove è disposta a spingersi per il suo uomo. Ho provato a mettermi nei suoi panni, ragazze...provateci anche voi. Ryan è bellissimo, dolcissimo, fantastico...ma è stato con Lory. E' vero, noi donne siamo forti, ma fin dove arriva la nostra forza? Saremmo davvero in grado di passare sopra a una cosa del genere? Strawberry deve capire questo. E lo capirà, promesso.
Ok, basta pesantezza! Volevo condividere con voi una cosa demenziale...del tipo che sto riguardando le puntate dell'anime e nonostante abbia diciotto – dico diciotto! - anni rido ancora di più di quando ne avevo la metà. Ryan è sempre più bello, Mark mi convince sempre meno, invece, e apprezzo molto i personaggi Ghish e Mina. Soprattutto quest'ultima...da piccola mi stava antipatica, adesso capisco e vedo tutto in modo diverso e so che è solo molto, molto sola e fragile.
Ryan nella puntata sei, quando ballano :Q_____Oh. Dio. Mio. Della serie, io chiamo chi ha prodotto il manga e lo denuncio. Si vede lontano chilometri che Straw ne è attratta, ma no, certo, MARK è meglio. *da un pugno alla scrivania*
Ok, carissime, mi dileguo. Vi ho trattenute abbastanza, credo. Nel prossimo chappy (per la vostra e mia gioia) ci sarà un matrimonio. Chi sa tra chi XD
Un bacio,
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** The wedding ***


capitolo 26

The weeding

 

Strawberry
 
Il sogno più bello che una donna potesse fare, quel giorno, io l'avrei potuto vedere con i miei dolci occhioni color cioccolato. Nulla sarebbe stato più semplice: avrei dovuto solo portare le fedi, piangere di tanto in tanto dall'emozione, rimanere folgorata dalla sposa. Evidentemente, non avevo ancora pensato che al matrimonio ci sarebbe stato anche Ryan, testimone dello sposo. Ottimo. Avrei cominciato a preoccuparmene più tardi.
Quel mattino sarebbe stato l'inizio della giornata più bella della vita di Kyle e Pam.
L'inizio della vita, di Kyle e Pam.
Entrambi si svegliarono molto presto, entrambi fecero finta di fare colazione e entrambi, sicuramente, si cominciarono a preparare.
Io fungevo personalmente da truccatrice della sposa. Alle nove e tre minuti esatti, io e Pam ci chiudemmo in camera e ci rifiutammo di essere disturbate per almeno un'ora. Dopo il trucco, sarebbero rimasti solo il vestito e i capelli, che Pam aveva deciso di raccogliere in una semplice coda di cavallo ornata da una coroncina che avrebbe sostenuto il velo.
Cominciai a mettermi all'opera, e, modestamente, anche se sfiorai il ritardo, fui soddisfatta del mio capolavoro: Pam era più bella di quanto non lo era mai stata prima. Un leggero fondotinta copriva il suo volto perfetto, completato da un filo di ombretto lilla e una passata di lucidalabbra color pesca che giorni prima avevamo comprato insieme.
Pam si scrutò allo specchio. Certo, era ancora in biancheria intima, ma faceva già un bell'occhio così.
-Oddio, tesoro...credo...non so se ce la faccio. - ammise Pam.
Le cinsi dolcemente la vita e mi appoggiai, da dietro, con il mento alle sue spalle. -Sì che ce la fai. Sei meravigliosa, e vedrai che andrà tutto bene. - la rassicurai.
-Dovresti cominciare a prepararti. - mi ricordò lei.
-Prima di andare voglio aiutarti a metterti il vestito... - dissi tirandolo fuori dalla scatola in cui era riposto, -per cui, mi auguro tu abbia ancora un po' di pazienza...
 
Quando si rispecchiò con il vestito addosso piangemmo entrambe. In quelle tre settimane di convivenza, io e Pam avevamo imparato a conoscerci bene e a condividere tante cose; mi aveva parlato di tutto, ma proprio tutto. Del suo primo bacio, della sua prima delusione, della sua prima volta. E ora la vedevo lì, assurdamente bella, pronta a dire sì all'uomo della sua vita.
-Ho paura, Strawberry. - disse chiudendo gli occhi e respirando profondamente.
Le parole che le dissi furono banali, ma le pensavo davvero. -Credimi, Pam...andrà tutto bene. Per una volta, sento che andrà bene. E' il giorno più bello della tua vita e te lo meriti. E' tuo.
Mi diressi velocemente, districandomi tra amici, parenti e persone che erano lì per aiutare, verso quella che era stata, nelle tre settimane precedenti, la mia stanza. Una volta dentro regnò la pace: rimanemmo solo io, il vestito che Pam aveva scelto per me come testimone e i miei ingombranti pensieri. Cercai di dimenticare Ryan, una volta tanto, e mi focalizzai su Pam e il suo matrimonio.
Non potei fare a meno di pensare a quello che avevamo pensato la notte precedente, sveglie ancora alle due del mattino.
 
-Non credo che riuscirò a dormire. - aveva detto Pam.
Entrambe ridemmo tantissimo, pensando che forse era il caso di imbottirci di sonnifero.
-Pam...con chi entrerai in chiesa? Posso chiedertelo?
Avevo sempre pensato che la sposa dovesse essere accompagnata dal padre, ma Pam, purtroppo, lo aveva perso tempo prima. A Tokio non aveva un gran numero di parenti, così mi chiesi, seriamente incuriosita, chi l'avrebbe accompagnata in quei indimenticabili metri.
-Io ho deciso che andrò da sola.
-Da sola?
-Da sola. Sì, perché il mio papà non può essere sostituito da nessuno.
Comprendevo e ammiravo quella scelta. In quei metri, Pam voleva osservare Kyle negli occhi, scrutargli l'anima; e se, accanto a lei, in quel meraviglioso gesto, non ci sarebbe potuto essere suo padre, allora non ci sarebbe stato nessuno.
Magari un giorno anche tu, papà, accompagnerai me...
 
Qualcuno bussò alla porta proprio mentre mi stavo infilando il vestito. Lo chiusi velocemente, e, quasi uccidendomi inciampando, andai ad aprire.
La visione che mi si presentò davanti mi fece stupire alquanto, ma, in ogni caso, mi ripetei che dovevo essere forte, se volevo arrivare a fine giornata sana e salva.
-Ehi. Ciao. - disse Ryan sorridendomi appena. Stronzo. Si aspettava lo lasciassi entrare così, senza preavviso? Io e lui non avevamo chiarito, ancora. E di questo passo non avremmo chiarito mai. Infondo, dove stava scritto che avrei dovuto io chiedergli scusa? Io non avrei mosso un dito, toccava a lui, venire da me, da quale uomo diceva di essere. In un attimo, furiosamente, tutte le parole che ci eravamo detti mi assalirono e fui percorsa da un brivido di terrore. Avevo paura che qualcosa di assurdamente grande si fosse mosso tra di noi: eravamo come in una situazione di stallo, dove non si stava bene da una parte, né dall'altra. Né in pace, né in guerra. E mi odiavo, nel profondo, perché nonostante tutto, non riuscivo a odiarlo.
Risentimento a parte, era dannatamente sexy. Dio mio...bello da mozzare il fiato. Mi sentii sciogliere quando mi guardò da capo a piedi con sguardo stupito, benché fossi struccata e con i capelli arruffati lasciti cadere così, come capitava. Respirai a fondo.
-Ciao. Mi sto preparando, per cui ti conviene andare. - cercai di usare una voce neutra, ma era trasparente il fatto che fossi ancora arrabbiata e delusa. E anche un po' scossa, certo.
Era semplicemente perfetto. Aveva indossato un elegantissimo frac bianco, che tempo prima gli avevo già visto intorno. Era chiaro che gli avesse apportato delle modifiche: Ryan era cresciuto, si era fatto uomo. Un gran bell'uomo...
-Non volevo infastidirti. Volevo solo parlare, angelo.
E non chiamarmi così però.
Mi venne più vicino e mi sorresse il viso con la mano. Cercai di scansarmi. -Non mandarmi via. - disse, quando capì che quel contatto non lo volevo. Mi comprometteva, mi mandava in pappa il cervellino.
-Volevo solo chiederti se oggi potevamo fare una specie di...tregua. E' il matrimonio del mio migliore amico, non voglio avere brutti ricordi. - disse a un centimetro dal mio viso.
Disse tutto con voce roca e calcolata...e io mi sentii in balia del suo sguardo. I suoi maledetti occhi che mi volevano tutta per loro, i suoi maledetti occhi che volevano uccidermi. Sorrise, diafano, certo di avermi in pugno.
-Vaffanculo, Ryan. - dissi scansandolo da me. -Cerca di starmi lontano, oggi, ok? - dissi seccata. Gli chiusi la porta in faccia e pregai con tutta me stessa che se ne andasse. Vai via, vai via, vai via...
Diedi le spalle alla porta, ma sentii che lui era ancora lì.
Stavo morendo. Morivo perché, nonostante tutto, nonostante non volessi più fidarmi di lui, nonostante mi avesse inflitto quell'enorme delusione, io l'amavo. L'amavo ancora, ogni istante sempre di più. E il mio stupido cuore sarebbe scoppiato prima o poi, a dover sopportare odio e amore insieme. La cosa che faceva male – male come una pugnalata nello stomaco – era il fatto che non riuscissi a lasciarlo andare. Entrambi saremmo stati più felici e io questo lo sapevo, e mi rifiutavo di credere che nemmeno lui ci avesse mai pensato. Lasciarmi andare. Sarebbe bastata una parola o un non ci credo più. Ma forse era proprio quello, il punto: noi ci credevamo ancora.
-Angelo, mi chiedo perché con te sono sempre così dannatamente stronzo ed egoista. - mormorò. Lo sentii chiaramente, attraverso il legno della porta. -Va bene, ti starò lontano, oggi. Però una cosa devo dirtela. Sei bellissima. - aggiunse.
Mi portai una mano allo stomaco. Stavo per vomitare: rabbia, gioia e stupore si stavano ammassando dentro di me con una forza devastante. Aveva detto tutto quello con un' altra voce, con la voce del mio Ryan, il ragazzo che amavo con tutta me stessa.
E' sempre lui. E' sempre l'uomo che hai imparato ad amare e che hai già perdonato, in fondo.
Aprii di scatto la porta, notando che Ryan si stava incamminando verso le altre stanze, e andai verso di lui, noncurante di tutte le persone sconosciute che mi stavano guardando. Si, beh, indosso avevo un vestito che arrivava alle ginocchia, con le spalline fini e ricamate perfettamente. Mi resi conto di avere solo quello, addosso, e di non poter fare altro che accontentarmi, perché ormai ero uscita e mi trovavo a pochi metri da lui.
-Ok, ammetto di essere stata stronza anche io. - gli dissi, mentre era ancora girato di spalle. -E se contiamo il livello di stronzaggine che entrambi abbiamo raggiunto negli ultimi giorni, direi che abbiamo superato il limite massimo mai conosciuto sulla terra. - conclusi. -Ma...- mormorai, avvicinandomi per farmi ascoltare solo da lui, -sono una donna ragionevole e ammetto i miei errori. Ho sbagliato, non avrei dovuto essere così cattiva. Ecco...tu mi hai chiesto una tregua, e io l'accetterò. E che sarà mai?
La verità era che mi ero cacciata nei guai, e avevo usato una pessima scusa per tirarmene fuori.
Solo allora si voltò, mi fissò sorridendo in modo dolce e mi diede un buffetto sulla guancia.
-Mi sento una bambina...- ammisi, sorridendo debolmente.
-Oh, angelo. Sei così tu, in questo momento. Mi mancava da morire il tuo sorriso.
-Non credere che ti abbia perdonato, Ryan. - sussurrai con voce bassa e seria. Lui annuì, impercettibilmente, per poi dileguarsi nella sala che era ormai gremita di ospiti. Tra l'altro, tutti mi fissavano, così, con molta discrezione, mi rinchiusi in camera, finendo quello che avevo cominciato.
 
***
 
Un'ora dopo mi trovavo, pronta ed emozionatissima, davanti all'entrata della chiesa. Pam aveva appena chiamato dicendo che sarebbe arrivata da un momento all'altro.
Avevo appena conosciuto i genitori di Kyle, delle persone estremamente gentili e cordiali, proprio come lui. Con mia grande sorpresa, scoprii che Kyle aveva almeno una decina di cugini, zii e prozii vari. La parentela di Pam era molto più contenuta, ma faceva numero lo stesso. Il matrimonio comunque sarebbe stato molto semplice; Pam mi aveva garantito di aver invitato solo le persone più care.
Finalmente arrivarono Mina, Paddy e Lory. Erano tutte e tre splendide e glielo dissi, anche se la reazione di Lory al mio vestito mi fece sussultare. Tra di noi le cose si erano andate spezzando, dalla rivelazione di Ryan, e nessuna delle due intendeva fare il primo passo. Lory era timida, io arrabbiata; non con lei, certo, ma ogni volta che la guardavo, mi sembrava che un mostro mi spezzasse letteralmente in due. Come ciliegina sulla torta, fu la volta di Ryan, che arrivò con la sua macchina di lusso facendo un sacco di rumore. Quando scese e venne verso di noi ebbi un fremito; davvero, era bellissimo. Avrei osato dire che fosse addirittura più bello dello sposo.
Ci raggiunse e ci baciò tutte sulla guancia, da buon gentil uomo.
-Siete meravigliose. - disse tra un bacio all'altro.
A Lory scappò un risolino stridulo. -Ed ecco l'altra testimone. - annunciò baciando me. Mi scrutò come non aveva mai fatto. Da quando mi aveva visto, poco prima, mi ero truccata e sistemata i capelli, che avevo deciso di rendere più lisci possibile. Avendoli stirati, mi arrivavano abbondantemente sotto il seno, il quale, per quanto fosse una terza scarsa, quel giorno era aiutato dal vestito che lo risaltava. Mi accorsi, con un gran sorriso, di arrivare all'altezza delle spalle di Ryan, perché avevo messo delle eleganti scarpe alte.
-Pensavo fosse Pam, la sposa. - mi sussurrò all'orecchio. La sua voce calda e familiare mi mandò in estasi, e io desiderai con tutta me stessa di porre fine alla mia ostilità nei suoi confronti. Mi era mancata da morire. Ma non dovevo cedere, non dovevo proprio, non ora che ero davanti a Lory.
Quando si staccò, tre paia di occhi non la smettevano di fissarci. In uno, in particolare, notai paura e...ostilità.
-Aspetto dentro. - mormorò Lory, precipitandosi verso la chiesa. Malgrado il mio tentativo di non sembrare sporca davanti a lei, se l'era presa ugualmente. La potevo capire, al suo posto avrei fatto lo stesso. Ryan era proprio uno...
-Oh mio Dio, sta arrivando, sta arrivando! - annunciò Paddy, che come damigella d'onore si preparò a ricevere la sposa. Mina, anche lei damigella, si schierò accanto a Paddy.
Ryan mi prese per mano e, per la seconda volta, sentii il suo fiato caldo all'altezza della spalla. -Ok, so che siamo... in una specie di tregua. Ma ci tenevo a dirti che quello che ho fatto l'ho fatto perché lo volevo, e non perché ero davanti a Lory. Non sono uno stronzo. Beh... non fino al midollo, almeno.
Gli sorrisi, anche se fu difficile sostenere il suo sguardo. Entrammo così, per mano, in chiesa, e io mi sentii talmente felice, da dimenticarmi completamente perché avessi litigato con quell'uomo. Che in quel momento era mio, mio soltanto...
 
La cerimonia durò davvero poco e fu piacevolissima. Pam si emozionò fino alle lacrime solo nel momento in cui entrò nella chiesa; forse, solo un pochino, lo fece anche quando infilò la fede nell'anulare di suo marito.
Erano...bellissimi. Sembravano far parte di un qualcosa di eternamente unito, di eternamente nato per essere formato da due persone e basta.
Avevo seguito la cerimonia da vicino, e lo avevo fatto accanto a Ryan. Eravamo rimasti in silenzio, a ascoltare il nostro cuore di testimoni che si emozionava insieme a
quello degli sposi.
Alle quattro del pomeriggio – con grande approvazione della super affamata Paddy – gli sposi fecero ritorno dal giro di fotografie e così, cominciammo a mangiare. A ora di cena, praticamente, fummo in grado di concludere i secondi e di cominciare le danze.
Il ristorante in cui ci trovavamo era piuttosto lussuoso; ma non me ne importò più di tanto, in quanto quel giorno, le uniche vere gemme erano Pam e Kyle. E furono loro, ad aprire le danze con tutta l'ammirazione dei presenti.
-Se fossi un uomo, ti chiederei di ballare. - scherzò Paddy avvicinandosi a Mina. Che, non so perché, quella sera mi sembrava piuttosto distratta.
-Taci, scimmietta. Guarda quanti uomini che ci sono; aspetta un minuto, due al massimo, e starai già ballando con uno di loro. - rispose Mina.
-Sarà. Intanto, vado al buffet. - annunciò la piccola.
-La seguo a ruota. - aggiunse Lory, la quale, a quanto pareva, non riusciva a stare più di cinque minuti nel luogo in cui mi trovavo io.
-Tesoro, sarebbe ora che tu e Lory la piantaste di non guardarvi nemmeno. - mi chiese Mina.
-Mmmmh?
-Gradirei non essere presa per i fondelli.
-Mina, io... non ce l'ho con lei. E'...che non ci riesco, punto.
-Certo che non ce l'hai con lei. La colpa è del biondino...
-Ok, ok. Ho capito. Vado fuori a prendere una boccata d'aria.
Fuori si stava bene. L'estate si faceva sentire, durante quel periodo, e io adoravo il mese di Luglio, con le sue brezze serali così rilassanti. Rilassanti per i miei nervi, che avevano davvero bisogno di riposo.
-Ti annoi?
 
Un flashback, giurai. No, non poteva essere, davvero.
Mi girai e lo trovai, bello come un Dio, intento a fissarmi mentre veniva verso di me.
Tornai a guardare il panorama di fronte a me, tentando, per quanto possibile, di mantenere la calma e regolarizzare il respiro. Poi, piano piano, trovai la forza di parlare.
-Quella notte. Eri tu.
-La notte della festa a casa di Mina?
Annuii.
Silenzio, troppo silenzio.
-Ma tu, Ryan Shirogane, le fai avvicinare così le ragazze che ti interessano? Chiedendo loro se si annoiano? Lasciatelo dire, è un po' patetico.
-Sarà, ma funziona. Da quella notte è passato un bel po' di tempo, eppure ti ricordi cosa ti avevo detto.
-Scommetto che se chiedo a Lory, anche lei si ricorda cosa le avevi detto, quella notte, per convincerla a...
Mi afferrò e mi strinse forte i fianchi, costringendomi a guardarlo.
-Vai avanti. Affonda la lama, fino in fondo.
-Lasciami, mi fai male.
I tuoi occhi non cedono, mi guardi e mi trafiggi.
-Strawberry, non c'è stato niente, tra me e Lory. Niente.
-Stronzate.
-Non a livello di sentimenti. E' la verità. E tu lo sai. Se si è fatta un mondo suo, nella sua testa, non è colpa mia. Io per lei non sento niente.
-Quindi è stata solo un' avventura, uno sfizio. Bene. Chi mi dice che anche io per te non sia nient'altro che un divertimento come tanti?
Mi lasci andare, e distogli lo sguardo. Vorrei stringerti forte perché è vero, Ryan, io ti amo, non ti odio per niente. Ma non capisco, davvero.
-Angelo, tu un divertimento non lo sei stato mai.
Me lo dici in un modo, Ryan...Dio, mi sembra vero. Ma è così difficile, perdonare...
-Credimi, se vuoi. Oppure odiami. Anzi, un po' mi odi già...perchè sai, angelo, la gente è in grado di odiare una persona solo se l'ha amata.
Mi viene quasi da piangere. Sarebbe semplice portarti via e chiuderti le labbra con un bacio, ma se lo facessi, saresti tu, quello ad odiare me.
 
Quando tornai dentro, Mina stava ballando con Paddy. Seriamente. Ma erano meravigliose e non potei fare a meno di sorridere, nonostante quello che mi fosse appena successo. Ero un po' triste, e sentivo ancora la dolce spina inflitta da Ryan poco prima bruciare lì, sulla pelle, nei punti più esposti che a contatto con la brezza ferivano ancora di più.
Guardandomi intorno, notai che invece Lory non era da nessuna parte. Avevo tanta voglia di parlarle per chiarire ciò che ci era successo, ma temevo che non mi avrebbe nemmeno ascoltata. Al posto suo anche io mi sarei limitata a fuggire, evitando di guardare negli occhi la donna che mi stava portando via la persona che amavo. E fa male, tanto, tanto male.
La cercai tra i corridoi dell'edificio, sentendo ogni istante la mia convinzione cedere sempre di più. Codarda com'ero, quando l'avrei trovata le avrei detto che stavo cercando il bagno, lo potevo già sentire. Ma almeno ci stavo provando.
Stavo uscendo dalla porta principale, quella che precedeva la strada che conduceva al parcheggio, quando la sentii parlare. Era incredibilmente seria.
-La devi smettere. Così mi spezzi, mi spezzi, hai capito?
-Ti ho detto che mi dispiace. Ci ho provato, ok? Ci ho provato, a dimenticarla, ma non ha funzionato. Lo sai, lo hai visto. Mi dispiace, Lory, non volevo arrivare a questo punto. Ma lo devi fare – devi dimenticarti di me, dimenticare quello che è c'è stato tra di noi. Ci sta rovinando. Sta rovinando me, sta rovinando te, sta rovinando Strawberry.
Oddio. Quella era la voce di Ryan.
-Non ce la faccio. Vedervi insieme...il modo in cui la guardi...
-Glielo stai facendo pesare, Lory! Lo fai pesare a lei. A lei, porca zozza! Lei non centra niente. Sono io, io il problema.
-Lo sai che non smetterò mai di sperarci.
-Devi. Tu devi, Lory, lo farai per te e per lei. Per l'amicizia che vi legava. Non ti chiedo di farlo per me, no. Ci sono tanti uomini a questo mondo, e io sono sicuro che là fuori ce n'è uno che ti merita. Io non ti merito, Lory, e la vuoi la verità?
Stavo tremando. Tremavo per il freddo, la paura, la desolazione, il brivido della speranza, l'amore...l'amore...
-Io non merito nemmeno lei, Lory. Non la merito, ed è questo ciò che fa più male.
 
Quella notte, avevo concordato con Mina di rimanere da lei, a dormire. L'appartamentino di Pam sarebbe rimasto solo, quella sera, perché lei e Kyle avevano deciso di partire per la luna di miele già la prima notte di nozze.
Ci misi un bel po' ad addormentarmi, quella sera, in un letto comodo e caldo, in una stanzetta sperduta nella meravigliosa reggia di Mina. Probabilmente perché ero stanca; forse, anche perché continuavo a riportare alla mente le parole di Ryan, così arrabbiato e frustato, ma così incredibilmente vero, allo stesso tempo. Non so perché dopo averlo sentito con Lory non mi ero fermata a parlargli. No: mi ero semplicemente voltata ed ero tornata alla cerimonia, tenendo una mano sulla pancia, come se stessi per scoppiare da un momento all'altro. Era una situazione orribile, e finalmente avevo capito che non ero solo io a sentirmi così. Mi sentivo in trappola, e avevo l'impressione che, qualunque decisione avessi preso, sarei andata a sbattere contro un muro indistruttibile. E non potei fare a meno di sentirmi una vera stronza, quella notte, perché lo amavo – con tutta l'anima, il cuore, il corpo - ma nonostante questo, mi ostinavo a respingerlo e a stargli alla larga.
 
Mina
 
Mi svegliai nel cuore della notte, incapace di riprendere sonno dopo un terribile incubo. Ebbi quasi volgia di andare a vedere se anche Straw era sveglia, ma cambiai idea, perché non volevo scocciarla.
Tutto sommato, quel giorno era stato meraviglioso. Pam e Kyle formavano una coppia a dir poco stupenda, insieme, quasi invidiabile: lei perfetta e bellissima, lui dolce e raffinato. Un pugno nell'occhio, insomma, per me, che ero legata in modo proibito a una persona che tanto casta non era.
Ma cosa pensavo? Casta? Zero era un vampiro. Che tra l'altro si era nutrito del mio sangue.
Mi nascosi sotto le coperte arrossendo come una bambina, desiderando di non aver mai incontrato quell'angelo maledetto che mi proteggeva, ma che allo stesso tempo era mio nemico. Dio, come avrebbe reagito, Ryan, se avesse saputo che...
Mi avrebbe uccisa con le sue stesse mani.
Fu proprio mentre pensavo al biondino che qualcuno bussò, ed io credetti che fosse Strawberry. Andai alla porta ad aprire ma, con mio grande stupore, non c'era nessuno.
Ebbi un fremito. Mi ero immaginata tutto?
I colpi arrivarono di nuovo. Forti, decisi, inconfondibili. Ma non dalla porta, ovviamente. Dalla finestra che io avevo chiuso.
Respirai profondamente. In un tempo lontano, avrei avuto motivo di avere paura, in quanto il nostro mondo era stato invaso dagli alieni. Certo, ora c'erano i demoni della notte, ma chissà perché, non riuscivo a temerli come avrei forse dovuto fare.
Quindi aprii la finestra, per trovarmi rispecchiata in due occhi di un colore assurdo.
Tutto ciò che vedevo, era assurdo. Zero era davanti a me. A casa mia.
-Merda. - mi lasciai sfuggire, mordendomi il labbro.
Lo vidi ridacchiare ma tornare subito serio. Dio, era stupendo. E pericoloso, molto pericoloso.
-Adesso dimmi che cosa cavolo ci fai a casa mia. - dissi con tutta l'autorità che riuscii a trovare. Autorità che andò a farsi fottere quando varcò la soglia ed entrò in camera.
-Ma sei pazzo?! Esci, esci. - dissi ridendo, ma in ogni caso prendendolo per il braccio e strattonandolo con forza. Ridevamo entrambi. -Zero, è una follia, vattene.
Mi mise un dito sulla bocca, e io davvero, non capii più nulla.
-Taci, piccola.
-Non chiamarmi piccola. Ed esci, subito.
-Ho attraversato mezza città e ti ho trovata. Più che altro, ormai conosco il tuo respiro e il tuo sangue e ti ho...sentita, ecco. Mi è troppo rischioso tornare a casa mia, Mina; se mi trovano, sono morto.
-Molto bene. - risposi sarcastica. -Quindi se ti trovano qui, moriremo tutti e due.
-Piccola, non corri alcun rischio perché nessuno sa di te. Stai tranquilla.
-No, diamine, no. Qui c'è la mia famiglia, Zero, la mia famiglia.
-A giudicare dal respiro pesante, direi che non lontano da noi sta dormendo un ragazzo, giusto? Tuo fratello. E più in là, molto più in là, invece...c'è la pazza che si arrampica ovunque, la tua amica con i capelli lunghi. Poi giù c'è un respiro lento, molto lento...è una donna, ed è anziana. Basta, direi che in casa non c'è più nessuno.
-Ma che bravo.
-Nessuno farà loro del male. Almeno finché ci sono io.
Mi lasciai sfuggire una risata. -Dovresti essere tu, quello che mette paura.
Si avvicinò e intrecciò le dita alle mie. Ebbi un fremito, ma cercai di nasconderlo, perché non volevo per nulla al mondo dargli a vedere che praticamente io, in quelle cose, ero una novellina. Una perfetta e ignorante novellina.
-Mi sei mancata, Mina.
Fu un sussurro, qualcosa di silenzioso e impercettibile. Che era solo nostro, solo nostro.
-Davvero?
Ovviamente, avevo rovinato tutto. Lo vidi sorridere, ma subito riacquistare la concentrazione.
-Voglio...voglio baciarti, Mina.
Sgranai gli occhi. Mi venne da star male, e quasi non gli risi in faccia.
Con estrema delicatezza, mi prese il volto fra le mani e mi osservò a lungo, scrutandomi l'animo. Ebbi paura di sciogliermi, di cedere.
Era tutto estremamente pericoloso. Noi non avremmo mai dovuto avvicinarci, mai dovuto anche solo provare ad essere qualcosa. Ci eravamo mesi in dei grossi guai, irreparabili, perché ormai eravamo andati davvero troppo oltre.
-Ma...ma non voglio farti del male.
Mi sentii svuotare, perché percepii che si stava tirando indietro.
-No, aspetta, aspetta. Provaci.
Provaci, semplicemente.
Mi sorrise e io persi un battito. Si avvicinò molto cautamente, e, praticamente sulle labbra, gli sussurrai: -Io non ho mai baciato, Zero.
Sentii la sua bocca aprirsi in un ampio sorriso divertito, le sue mani rilassarsi.
-Rimediamo subito, piccola.
 
E'...difficile, descrivere quello che provo, perché ammetto di nuovo di non essere brava in queste cose e quindi mi do già per sconfitta in partenza. Ma giuro che è una cosa bella, questa che sto provando, è bellissima: e mi spiace di non averla scoperta prima, un pochino.
Tralasciando la pancia e le gambe che non sento più - e la testa, soprattutto, che mi grida di fermarmi - il mio cuore è in delirio. In perfetta agonia. Ma mi va benissimo così.
Sento che lui cerca disperatamente di avermi di più, ma non può: perderebbe il controllo e se lo facesse entrambi falliremmo nel tentativo di trovarci. Quindi andiamo piano e dolcemente; ma ehi, come prima volta non è male, e poi...ho tutta la vita, per migliorare, no?
.

 
 
.
 

 
.
*Don Don*... Evviva gli sposi! **
Sono contenta che questo capitolo sia arrivato...un po' in ritardo, ma è arrivato. Dunque, finalmente il capitolo “matrimonio” è chiuso. Strawberry e Ryan si sono incontrati, ma la situazione è ancora in bilico...camminano entrambi su una lama di rasoio. Entrambi hanno paura di farsi male, entrambi non riescono a fare il primo passo, nonostante si amino e se lo dimostrino in continuazione. Zero e Mina hanno dato (finalmente) una piccola, ma significativa svolta al loro rapporto...visto che non so se ve l'ho mai detto, ma per me i baci (almeno nelle mie storie) sono fondamentali.
Vi chiedo di portare un po' di pazienza per due cose. La prima, per i capitoli che dal punto di vista della coppia principale lo so, non sono il massimo della felicità; la seconda, che purtroppo in queste settimane di festa gli aggiornamenti sono spostati verso fine settimana. Non uccidetemi, ma proprio non ce la faccio a pubblicare. Bene...ancora auguri di buone feste a tutti/e, vi adoro. <3 <3 <3
Vostra,
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Rain ***


CAPITOLO 27

Rain

 

I let it fall, my heart,
And as it fell you also claim it.
It was dark and I was all right,
Until you kissed my lips and you saved me.

Ryan non riusciva più a dormire. Provava a distendersi e dava l'ordine al suo corpo di rilassarsi, ma ci doveva essere per forza qualcosa nel suo cervello che lo teneva sveglio e vigile.
Al posto del cuore aveva un buco. Un buco nero e infinito e lacerante. Non voleva pensarci, ma ogni piccolo gesto – come guardare la moto, mangiare un pezzetto di cioccolato, sedersi sul divano – gli ricordava il suo sorriso. Sorriso che a breve si trasformava in una smorfia disfatta dal dolore che le aveva inflitto senza nemmeno chiederle il permesso.
Non capiva – o forse non voleva capire – perché non avesse trovato il coraggio di parlargliene prima. Tirare fuori le palle come un vero uomo e dirle che la sua depravazione era arrivata fino al punto di scoparsi una delle sue migliori amiche. Se fosse tornato indietro con la testa che aveva ora, si sarebbe dato tanti di quei pugni da farsi sanguinare, ogni volta che guardava Lory. Perché non l'aveva mai amata. Nemmeno quando aveva provato a fare le cose per bene e uscirci seriamente, l'aveva fatto. Quando assaggiava la sua pelle o sfiorava le sue labbra, lui inevitabilmente sentiva Strawberry. Non lo voleva, sapeva che era sbagliato, ma cercava con ogni fibra del suo corpo il suo angelo, ogni volta. Segretamente immaginava di sgretolarsi grazie a lei, di venire nel suo corpo. Era bello, perché si diceva che prima o poi sarebbe successo. Doveva succedere. E invece aveva appena perso tutto. Ogni cosa buttata al vento, per colpa dei suoi errori e della sua fottuta paura.
Si rigirò nel letto, in modo da avere Tokio di fronte. L'osservava dal finestrone. Era una nottata che presagiva pioggia. Forse avrebbe piovuto il giorno dopo. Non lo sapeva, non gli importava un granchè. Avrebbe dato ogni piccola e insignificante parte del suo corpo per riavere la felicità che gli era stata data quando per un po' l'aveva avuta. Le sue labbra...gli mancavano in modo atroce. Cercava di immaginarsi la loro consistenza, ma ogni volta che lo faceva sentiva lo stomaco spezzarsi, spaccarsi in mille pezzi. Non ce l'avrebbe fatta. Era vero, senza di lei non era niente, era un uomo vuoto senza certezze. Aveva voglia di stringerla tra le braccia, raccogliere le lacrime con le labbra e sussurrarle che era solo suo. Solo suo, sempre. Lei gli avrebbe creduto e avrebbero fatto l'amore.
Raccolse le braccia al petto, strinse le palpebre. Sentiva il suo corpo molto lontano. Su quel letto, rannicchiato, non c'era più Ryan Shirogane, ma i resti della sua essenza, fatta di tristezza che distruggeva ogni cosa. Sentì il suo cuore che batteva all'impazzata. -Ti amo, angelo. Ti amo. Ti ho sempre amata - disse. -Guardami, guardami: non sono niente, niente, senza te.
E fu quello a ucciderlo definitivamente: il fatto che lei non lo stesse ascoltando, e che forse quelle parole non le avrebbe udite mai. Si prese il volto tra le mani e cominciò a piangere come non faceva da una vita intera.
 
Mina
 
-Ok, ok. Può bastarmi. - disse Zero ansimando, mentre si staccava da me.
Ma io ne volevo ancora.
-Sei stato tu a cominciare. - lo incalzai rubandogli un bacio di leggero. Morivo dalla voglia di assaggiare le sue labbra, di farle mie di nuovo; ma forse, lo avrei spaventato.
Questa poi, era buona. Un demone spaventato da me.
-Piccola, può diventare pericoloso per te. Il tuo sangue mi provoca molto, devo ammetterlo.
-Lo avevo capito. Ma almeno...l'altra volta ti ha tenuto in forze.
Avvolgeva i miei polsi con le mani calde, ma fra di noi non c'era nessun altro tipo di contatto. Dopo il bacio, non capivo più dove saremmo andati a parare. Di sicuro, non potevamo essere amici. Ma nemmeno più nemici, ormai: avevo dato per assodato che non mi avrebbe fatto del male.
-Ok. E adesso cosa ci succederà, Zero?
Rise.
-Stronzo. - Mi staccai da lui bruscamente e mi andai a rifugiare sotto le coperte, nascondendomi per bene e sperando che lui mi stesse lontana. Io ero seria!
-Piccola, ti prego. - in un attimo, sentii che il letto si piegava sotto il suo peso e la sua mano cercò la mia testa, immersa nei cuscini. Quando la trovò, la accarezzò piano.
-Stai lontano da me. Diamine, non toccarmi! - mi dimenai nel letto per allontanarlo. -Vieni in camera mia, mi baci, e...uffa!
Tornai su e lo guardai. Per me era una sfida, i miei occhi nocciola contro i suoi di ghiaccio.
-Mina...
Mi afferrò una mano, e io prontamente reagii dimenandomi.
-Aspetta. Un. Minuto. Dio. Mio. - scandì lui, tenendomi ferma.
Chiusi gli occhi.
-Tutto questo è un errore. Un grave errore. E non dirmi che non l'hai capito dal giorno che ti ho risparmiata, in quel maledetto edificio, quando mia sorella era ancora viva. Dimmelo, dai.
-Non lo nego. - mi limitai a dire.
-Quel giorno io ti dovevo uccidere. Ma...qualcosa, in te, mi ha impedito di farlo.
-Te ne vieni fuori con il colpo di fulmine, adesso, Zero?
-Fammi finire. Che poi, pensi sia facile, per me? - Sbuffò.
Respirai a fondo, riaprii gli occhi e lo vidi concentrarsi. Era stupendo, perfetto, quasi troppo per me. E proibito, assurdamente proibito...
-Già da allora, Mina, sapevamo che era impossibile. Inimmaginabile. Eppure siamo qui e un motivo ci deve pur essere.

 

My hands they’re strong, but my knees were far too weak,
Stand in your arms without fall into your feet,

 

 

Mi afferrò il viso con le mani, e non potei più fingere che tutto mi scivolasse addosso. Ci ero dentro fino al midollo, a quella cosa, e ormai era tardi per poter anche solo pensare di tornare indietro.
Zero...tu credi di essere un demone. Ma hai mai pensato che ai miei occhi di semplice umana, assomigli quasi a un angelo?
-Piccola...mi si attanaglia lo stomaco se ci penso. E mi fa paura e credimi se ti dico che nella vita non ho mai avuto paura, mai.
Ne ho tanta anche io.
-Io...io ti desidero, Mina. E non è una questione di sangue. Sarebbe facile cavarsela dicendoti che ti voglio per il sangue. Ma no, non è nemmeno quello.
Mi sentii leggera, pronta per incassare il colpo.
-E' una follia e lo so, ma io ti voglio...al mio fianco, semplicemente. Perché sei tu, solo tu, e perché ti sento giusta, mia. E non mi importa che siamo diversi. Non importa nemmeno che tra di noi c'è una guerra che tra le altre cose ho istigato io.
-Posso parlare io, Zero? Sarò chiara e diretta.
-Sono qui apposta.
-Ho capito di provare qualcosa per te da quando mi hai lasciato entrare nella tua testa, quella notte. E'...è stato pazzesco, certo, e mi ha fatta crescere. Ma quando ci penso ho i brividi ancora adesso.
Accennò un sorrisetto sghembo, abbassando gli occhi. Il mio cuore perse un battito e per certo lui lo capì.
-Proviamoci, Mina. Nessuno ci impedisce di farlo. Io...senza di te non ce la faccio, non ce la faccio. Ci ho provato, a non cercarti, stasera. Ma mi dici dove vado? Dove posso andare, se non da te?
-E allora rimani.
Si mise a carponi sopra di me, incastrandomi con le gambe e col suo sguardo.
-Dillo ancora e sarà una promessa.
Stavo firmando la mia condanna. In parte lo avevo già fatto, fidandomi di lui, non impedendogli di uccidermi. Lasciandomi mordere e pensando poi che fosse una cosa giusta. Ma non volevo andarmene. Vidi tutti gli anni che avevo vissuto prima come un enorme sbaglio, come se gli avessi vissuti all'ombra della vera me stessa. La vera Mina era quella che c'era seduta su quel letto, quella notte, tra le braccia di un uomo dannato della quale era innamorata. Innamorata, e voglio dirlo. Non ebbi paura quando mormorai: -Rimani con me.
E stavolta le nostre labbra si unirono con forza e decisione, costruirono un bacio incredibilmente passionale e profondo. Praticamente Zero mi scavò l'anima, la spezzò, forse la rese colpevole di tradimento.
Ma in quel momento nulla aveva più senso delle sue labbra. Che erano mie, e ciò mi bastava.

 

But there’s a side to you that I never knew, I never knew.
All the things you say that were never, were never true,
And the games you play, you always, always win.

 

Il mattino dopo mi risvegliai nel mio letto, coperta e beata. Piano piano aprii gli occhi, cercando disperatamente qualcosa di suo; mano, labbra...lo volevo ancora.
Per fortuna, fu la sua bocca trovare la mia, prima del previsto. Risposi al bacio con indecisione, perché tutto sommato, ero ancora addormentata.
-Buongiorno. - disse lui, con voce roca. Il che mi fece avvampare al ricordo della sera prima, mentre sazia dei suoi baci, mi ero addormentata sul suo petto...
-Zero. - dissi semplicemente, aprendo gli occhi. Anche lui li aveva tenuti aperti, per guardarmi meglio, per imparare ogni centimetro del mio viso a memoria.
Cercai il suo viso con le mani e lo avvolsi, mentre lui, delicatamente, cercava i miei fianchi attraverso le coperte. Che diamine stavamo facendo?
Fu lui a staccarsi per primo, ricordandomi che fino a prova contraria, troppo oltre non potevamo permetterci di andare.
-La tua amichetta è già venuta a vedere se eri sveglia...
-Merda.
Mi alzai dal letto mettendogli una mano in faccia, nascondendomi dietro l'enorme armadio per togliermi in pace il pigiama e infilarmi qualcosa di più adatto.
-Ma ti ha visto?
-No, piccola. Ti ha solo chiamato da fuori. E non mi sono certo sognato di risponderle, sai com'è.
Uscii di nuovo e giurai di vederlo spalancare gli occhi, quando mi vide con indosso una gonnellina blu abbinata a una camicia bianca, semplice e assolutamente sobria.
-E così avresti intenzione di andare...- cominciò.
-A lavorare. - risposi automaticamente io. Ma poi mi morsi la lingua. -Ma io non lavoro più, Dio!
Distrutta, mi lasciai cadere seduta con le gambe incrociate sul pavimento. In un attimo, mi avvolse da dietro e mi appoggiò al suo petto.
-Se sapessero con chi sono in questo momento, non so se mi vorrebbero indietro.
-Shhh, piccola. Non pensarci.
-Non posso. Dio, Zero, come posso dire che...ho baciato un vampiro? Sto aiutando un vampiro? Oddio. Fa abbastanza schifo detta così.
-Ma è quello che hai fatto. - disse affondando il viso nel mio collo. -Mina, se mai un giorno deciderai di parlare alle tue compagne, io sarò con te. Lo faremo insieme.
Chissà perché, la sua mi suonava come una promessa. E per un attimo, mi immaginai veramente io, Ryan, Kyle e le ragazze insieme a Zero, come una squadra.
Ma era davvero inimmaginabile e per questo, per questo, dovevo smetterla di pensarci.
-Vado a fare colazione. - sussurrai alzandomi.
-Al tuo ritorno, mi troverai qui.
 
Scesi le scale di corsa e mi diressi nella sala da pranzo senza badare molto alla miriade di servi che mi circondava, chiedendomi, come ogni mattina, se avevo dormito bene.
Una volta arrivata, trovai la piccola Straw seduta al tavolo, intenta ad addentare una fetta di pane tostato guarnita con burro e marmellata scura. Stava parlando con la mia governante, che quando mi vide sembrò sollevarsi.
-Mina! Non ti svegliavi più. Buongiorno. - irrompé lei.
-Scusate il ritardo. - borbottai imbarazzata.
-Buongfforno. - improvvisò la mia amica, con la bocca piena.
-Dormito bene?
-Più che bene. Quasi quasi chiedo a mia madre di trasferirmi qui, che ne dici?
Entrambe ridemmo di gusto, come non facevamo da tempo. Era inutile nascondere che tra me e la squadra le cose si erano un po' incrinate da quando l'avevo lasciata; per cui ogni parola, ogni gesto, da parte mia, miravano in qualche modo a rimediare; erano un piccolo tentativo di chiedere scusa. E Straw pareva capirmi, sempre.
-Sembri raggiante, oggi. - continuò, versandosi una tazza di caffè.
-Beh...sto da papa. In senso lato. Cioè...lasciami perdere, tesoro, ok? Diciamo che mi sento bene.
-Si vede. Biscotti? - chiese porgendomi una scatola di manicaretti meravigliosa. Mi ricordavo: me l'aveva regalata Sergio, qualche giorno prima.
-Grazie, Straw. Ti va di andare a fare compere, dopo? Tanto non lavori.
-Già. Kyle ci ha dato un paio di giorni di pausa dopo il matrimonio. E poi, senza di lui in cucina, in qualche modo dobbiamo arrangiarci con i dolci: certo, Lory e Paddy sono brave a preparare le ciambelle, ma prima o poi i clienti si stuferanno.
Le labbra mi si incresparono in un sorriso triste. Senza me e senza Kyle, avrebbero dovuto realmente lavorare tutte il doppio, per mandare avanti il locale. La cosa mi uccideva, perché ovviamente era tutta colpa mia.
-Non mi hai risposto. - cercai di scrollarmi di dosso i sensi di colpa.
-Certo che ci vengo. Scherzi? Non mi perderei mai una giornata di compere con te.
-Bravissima. Vado a rendermi presentabile. - Quasi non urlai di gioia, mentre le davo un buffetto sul naso.
In camera, trovai Zero disteso sul mio letto, con gli occhi chiusi. Non so perché, ma mi venne voglia di saltargli addosso e di baciarlo, baciarlo di nuovo e di fargli Dio sa cos'altro; ma per fortuna, ripresi il controllo di me stessa e andai dietro la tendina, per cambiarmi di nuovo, con vestiti più consoni allo shopping.
-Pensavi stessi dormendo, piccola?
La sua voce mi arrivò come una scossa. Sembrava emanare elettricità. Di nuovo, provai l'impulso irrefrenabile di stargli vicino e di sentirmi maledettamente sua.
-Ma voi vampiri dormite?
Soffocò una risata. -Beh, sì, piccola. Però non nelle bare, tranquilla. I letti sono comodi e...decisamente perfetti.
Lo sentii sbadigliare, poi, finalmente pronta, mi affacciai e lo vidi distrutto e raggomitolato alla coperta. Dio, era così umano, così semplice...
-La mia governate fra un po' viene a sistemare la stanza, per cui non farti trovare qui.
-Dove vai?
Di colpo si alzò dal letto e in un primo momento mi sembrò di vederlo preoccupato.
-Esco con Strawberry, Zero. Non dirmi che non posso.
-Beh, sicuramente avrei preferito che restassi con me.
Con velocità disumana, mi era venuto a prendere ed era tornato sul letto, ed ora era a carponi sopra di me. Io con il cuore in gola, lui con il fiato corto.
Baciami.
Mi accarezzò il viso lentamente, e sentii il cuore perdere un battito. Mi stava uccidendo.
-Ma se preferisci lasciarmi...
Mi baciò quasi con rabbia, e io risposi con tutta la passione che riuscii a trovare. Dalla sera prima, potevo già affermare di essere migliorata...e molto.
I nostri corpi erano ormai uno sopra l'altro; mi aderiva perfettamente, e cercava, in qualche modo, di reggersi con le braccia per non pesare troppo su di me.
Cercai con le mani la sua schiena ampia, e quando la trovai, lo strinsi a me come mai avevo fatto con nessuno. Desiderai che mi entrasse dentro, che il suo corpo diventasse il mio. Che ci unissimo in una cosa sola.
-Ok. Rimango a casa. - mormorai.
Lo sentii ridere sulle mie labbra, come aveva fatto la notte precedente. -No, piccola. Vai. Altrimenti la tua amica si insospettisce e siamo fregati. Al tuo ritorno sarò qui... non ti lascio.
E mi bacia ancora. Stavolta è timido, dolce, e sembra che quasi mi scoppi il cuore. E' bellissimo.
-Vai. - sussurrò lasciandomi scendere dal letto.
-Appena finiscono di rassettare, puoi dormire nel mio letto. Sei stanco, si vede.
-Grazie.
Mi voltai ma sulla soglia mi chiamò piano, ancora. -Mina?
-Che c'è?
-Niente. E' che sei bellissima.
Sai che c'è? Se fossi assurdamente pazza ti direi che...che ti...
Ma ho paura, e non oso nemmeno pensarlo.
Senza aggiungere nulla, corsi via e raggiunsi Strawberry, che cambiata e perfetta come sempre, mi aspettava davanti al portone.

Strawberry

 

Mi sembrava di stare al fianco di una Mina diversa, quel pomeriggio: una Mina raggiante, che di per sè mi piaceva. Mi sarebbe piaciuta ancora di più se fosse tornata nella squadra, ma...
Quella, come dicono in molti libri, è un'altra storia.
Dio solo sa quante cose comprammo, e so ammettere che molti vestiti non li ho indossati mai, ma proprio mai. Evidentemente, però, quel giorno avevamo bisogno l'una del calore dell'altra, per cui non ci lamentammo delle spese, ma anzi: ci divertimmo come delle bambine che rimangono rinchiuse a Disneyland per sbaglio una notte intera.
La pausa caffè arrivò circa alle sei della sera, quando ormai ci tremavano le mani per il peso delle borse e i piedi gridavano vendetta.
-Un gelato alla caffè, per favore. - dissi alla cameriera di mezz'età che ci servì a uno dei bar più famosi della zona tempestata di negozi di Tokio.
Mina mi guardò storta.
-Ho bisogno di taaanta caffeina. - mi giustificai.
Rise. -Pure io. Ieri è stato un suicidio, praticamente, e stanotte non ho quasi dormito.
-Davvero? Mi 'spiace. - Mi chiesi il perché della sua insonnia, ma dopotutto, nemmeno io avevo dormito un granché. -A dire la verità...anche io ho dormito poco. Ma non per colpa del letto: era perfetto. E' che ho pensato...a tante cose.
-Fammi indovinare. - disse Mina, nel momento in cui ci arrivarono il gelato e il suo thè ai frutti di bosco.
-Vorrei poter dire che non penso sempre a lui, Mina, ma credimi, sarei una bugiarda. E un po' mi faccio pena, ma...dimmi, che altro devo fare?
Di solito, quei tipi di discorsi li facevo a Pam, non a Mina. Ma in quel momento, trovai il tipo di affinamento perfetto per lasciarmi andare.
-Vorrei che Ryan ti sentisse, quando parli di lui. Praticamente bruci, bruci di passione ed amore, e io mi chiedo cosa stiate aspettando, voi due.
Non era solita dire quelle cose, quando si parlava di sentimenti. Invece mi stupì, e mi ritrovai con gli lucidi a balbettare.
-As...aspettare? L-lui non mi vuole, Mina. Se...se mi volesse non...farebbe...Dio.
Mi incazzai con me stessa per il fatto di diventare fragile come porcellana quando si parlava di lui; presi un fazzoletto e cercai di calmarmi.
-Come puoi soffrire senza nemmeno averci provato?
Ma provare a fare cosa? Lui dalle donne, vuole solo una cosa. Niente altro. La parola amore è un'offesa, un insulto.

 

But I set fire to the rain,
Watch it pour as I touched your face,
Let it burn while I cry,
Cause I heard it screaming at your name, your name!

 

Eppure ti amo, Ryan, ti amo con tutta me stessa. Nemmeno io riesco a comprendere la grandezza di questa cosa perché credimi, sono troppo piccola e troppo ingenua per contenere un sentimento così grande e così sconvolgente.
-Poi...dovresti vedere come ti guarda.
-Come mi guarda?
-Ti guarda come il primo uomo ha guardato la prima donna. Ti guarda come se fossi un angelo, il suo angelo. Insomma, ogni volta che posa gli occhi su di te, sembra che ti scavi dentro. Ma me ne sono accorta solo io?
Fu in quel preciso istante, che cominciò a piovere. Ci eravamo sedute all'aperto, per cui ci affrettammo a lasciare i tavolini, pagare il conto, coprirci i capelli come meglio potevamo e avviarci verso casa.
-Vedi? A parlare di certe cose, viene la pioggia. - cominciai.
Mina mi cinse la vita con un braccio. -Voglio vederti sorridere, tesoro. E c'è un solo modo per farlo. Promettimi che glielo dirai.
Magari fossi così coraggiosa.
-...Ci proverò. Non so cos'altro dire.
-E' già qualcosa.
E all'improvviso, un lampo di luce nera ci attraversò davanti. Nessuna delle due capì subito cos'era; rimasero solo il battito dei nostri cuori e il nostro respiro accelerato.
-Lo hai visto? - chiese Mina.
-Sì. Era veloce - sussurrai.
-Ma dov'è?
-Non lo so. Ma non mi sento sola.
I miei istinti felini mi dicevano che qualcuno ci stava seguendo. Avrei dovuto combattere.
Strinsi il ciondolo-mew tra le mani, pronta a trasformarmi.
E poi lo vidi. Una figura alta, con un mantello nero, incappucciata. Un demone, non lontano da noi, che ci osservava con un ghigno maledetto, pronto all'attacco.
-Scappa - riuscii a dire a Mina.
-No, Straw, no! - disse lei, strattonandomi il braccio. -Io non posso traforarmi, sei da sola. E' pericoloso...
-Mettiti in salvo. Immergiti nella folla e chiuditi in casa. A lui ci penso io. Ti prego, ti prego, Mina, non cercare di intervenire perché senza i poteri ti ucciderebbe.
E in un semplice balzo, diventai l'altra me.
 
Cominciai a rincorrere il vampiro per le vie deserte della città, mentre sentivo i capelli appiccicarsi al viso e i vestiti inumidirsi, rendendo la corsa più pesante e difficile.
Ormai non vedevo più distintamente forme e ombre; davanti a me c'erano solo palazzi tutti uguali. Tutto era tremendamente offuscato e cominciavo a temere che il demone avesse inseguito Mina, perché davanti a me non c'era più.
E proprio quando stavo dando ogni cosa per scontata, proprio quando ormai ero convinta di essere sola e salva, qualcosa mi colpì forte il braccio e subito dopo lo sentii pulsare.
Lo guardai e vidi rosso. Un profondo taglio squarciava la mia pelle, e non vedevo e sentivo altro che sangue e dolore. Ebbi paura.
-Il tuo sangue ha un odore delizioso - disse il vampiro che dopo avermi tagliata, si era messo di fronte a me. -Lo voglio.
Mina aveva avuto ragione. Ero completamente sola.
Un semplice gesto e un minimo errore e sarei morta. Sì, perché quella creatura era molto più forte di me ed io lo sapevo.
-Ah - cominciai a gemere e a tastarmi il braccio. Il taglio faceva senso ma non era grave, anche se, di sicuro, stava mandando troppo su di giri il vampiro che era in mia compagnia.
Lo vidi scattare ma appena mi arrivò vicino lo colpii con la mia arma in faccia, facendo emanare un lampo di luce. Era incredibile come la velocità del mio fiocco fosse aumentata, negli ultimi tempi. Evidentemente Ryan e Kyle avevano lavorato molto a quella “seconda parte” del progetto...
Era grazie a loro che riuscivo a tenere bada un mostro. Sì, grazie a loro e grazie a Dio.
Il mio atto di difesa non aveva fatto altro che incrementare la rabbia e l'impazienza del vampiro. Ricominciai a correre cercando di difendermi dal nemico come potevo, ma certo, la ferita al braccio non aiutava per niente.
E poi ne arrivò un altro e si mise davanti a me. Alto, moro, bello da impazzire e incredibilmente senza mantello, vestito comunemente.
Non potevo fare nulla, ero circondata. Uno era dietro di me, l'altro mi sbarrava la via di fronte. Penso che il mio cuore smise di battere e
 
Penso anche a te, Ryan. Ti amo, ti amo da morire. Scusa se non te l'ho detto. Me ne vado così, senza averti visto un'ultima volta e mi fa schifo.
Il vampiro moro si avvicinò. Aveva un non so che di molto familiare. E poi la sentii chiaramente, quella voce nella mia testa forte e chiara, quella che avevo sentito a Londra diverse volte, quella che era solita minacciarmi.
-Strawberry, sono io. Zero.
Certo, era lui. Lo riconoscevo dal giorno in cui lo avevo visto alla festa, e poi più avanti, davanti alla casa di Ryan. Ed era lì per uccidermi, come tempo prima mi aveva promesso.
Mi arrivò di fronte e mi toccò una spalla. Fece cenno all'altro vampiro di avvicinarsi, e quello non se lo fece ripetere due volte. Ora, se mi fossi mossa anche solo di poco, gli avrei sfiorati tutti e due.
-Quando te lo dico, scappa. - disse nella mia testa.
Subito non capii. Zero mi abbracciò, delicatamente. Non potevo più vedere l'altro demone. Osservavo solo il collo del vampiro che fino a un attimo prima si era insinuato nella mia testa. Pensai che fosse una loro tecnica per mordere le persone. Zero mi avrebbe tenuta ferma e l'altro mi avrebbe morsa, sì, doveva essere così. Mi preparai ai canini, che non arrivarono.
Al loro posto, sentii un tonfo sordo, come se qualcuno avesse scavato dentro qualcosa. Mi voltai di scatto, e non potei fare a meno di gridare.
Con un braccio, Zero mi teneva ancora saldamente legata a lui. Con l'altra, aveva lacerato il petto del vampiro, che incredulo, stava per cedere e lasciarsi andare.
Mi stava
-Scappa, Strawberry. - per la prima volta, Zero mi aveva parlato. Per la prima volta, vidi i suoi occhi color del ghiaccio ma non ne fui spaventata.
Mi stava salvando.
-Tu...- cominciai io.
-Scappa - mi ordinò, con quei suoi occhi di ghiaccio.
E stavolta lo feci. Scappai mettendoci tutta la forza che avevo nelle gambe.
Quasi non mi reggevo più in piedi quando arrivai ad una piazzetta poco familiare, dove c'erano un molte persone e anche un buon numero di negozi e cabine telefoniche.
Mi precipitai immediatamente dentro una di loro e composi il numero di Mina.
Il cellulare squillò sì e no una volta.
-Tesoro! Stai bene?
-Sì, diciamo di sì.
Il braccio bruciava tanto. Il dolore era quasi insopportabile, ma dovevo resistere. Il fatto che prima mi fosse sembrato un taglio innocuo dimostrava quanto ne sapessi di ferite: un bel niente. Era peggiorato e ora mi spaventava, e parecchio.
-Dove sei?
Di nuovo, mi guardai intorno, ma di nuovo, non capii dov'ero.
-Non lo so. Ma c'è gente e ci sono dei negozi...per cui sono al sicuro.
-Sei al sicuro per altre due ore al massimo, tesoro. Dopo farà buio.
-Non posso tornare a casa, Mina. Ho una ferita orribile e mamma non se la berrebbe.
-Merda! Ti hanno ferita?
-Sì, ma...sono un gatto, ricordi? Io guarisco in fretta.
-Beh...Bah! Non riesco a pensare, Straw. Descrivimi dove sei.
-E' una piazza, c'è del verde ...e ci sono tanti negozi. Aspetta! Di fronte, sì, ho una scuola. Ma è strana.
-Com'è fatta?
-E' bassa e piccolina...l'insegna non si legge bene. E' pitturata di grigio, però.
-Straw, sei di fronte alla mia scuola di ballo. Dio sia ringraziato! Abbiamo capito dove sei.
Il suo entusiasmo si spense in un batter d'occhio.
-Merda, ma se sei lì sei distantissima da me. Senza contare che stasera tornano i miei e...
-Se mi vedono così sono guai.
-Senti, Straw. Un'idea io ce l'ho, ma non ti incazzare se te la dico, ok?
-Di che si tratta? Tanto peggio di così non può andare.
-...C'è solo una persona dalla quale puoi andare. Ed è anche l'unica che abita lì vicino.

 

When I’m with you I could stay there,
Close my eyes, feel you’re here forever,
You and me together, nothing is better!

 

Mi pentii di aver detto che peggio non poteva andare.
Sotto la pioggia, infreddolita, stanca e con il braccio intorpidito, mi stavo dirigendo verso la mia meta, tremante come non mai.
Non so se tremo per il freddo e per quello che sto per fare.
E poi finalmente la vidi, davanti a me. La sua casa.
Aprii il cancello e mi precipitai dentro; al citofono nessuno aveva chiesto niente. E, quando suonai il campanello, rimasi ancora sotto la pioggia fredda battendo i denti.
Grazie al cielo, fu lui ad aprirmi. E mi guardò come solo lui sapeva fare, e fui capace di immergermi in lui anche se ero distrutta e ferita, sia fuori che dentro.

 

And I feel lost into the…
Cause I knew that was the last time
The last time

 

-A...angelo, cosa ti è successo?
Mi accolse tra le sue braccia prima che potessi cedere, vinta dalle emozioni, dalla ferita...e dal suo sguardo.
Ora non ho più freddo.

.

 

.

 

.

*La canzone che accompagna il capitolo è “Set fire to the rain”, di Adele.

So che avevo promesso di pubblicare venerdì, ma non ce l'ho proprio fatta! In questo modo però ho dato tempo a chi era rimasto indietro di mettersi un po' al pari. Mi auguro che questo capitolo vi sia piaciuto; purtroppo ho la brutta sensazione che sia noioso, poi mi direte voi. Nel prossimo capitolo succederà una cosa che sto preparando da tempo e ho, credetemi, tanta, tantissima ansia. *me tiene le dita incrociate*

Vi voglio tanto bene, grazie davvero per esserci sempre <3

Vostra,

Je 

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Giurerei che sai di mare ***


Capitolo 28

giurerei che sai di mare

 

"Quando ti hanno morsa, sapevo che cosa sarebbe successo. Ogni notte aspettavo che ti trasformassi, così avrei potuto portarti con me e proteggerti."
[...] "Quanto hai aspettato?"
Sarebbe stato terribilmente romantico se avesse avuto il coraggio di dirmelo guardandomi in faccia,
invece chinò il capo e strisciò un piede tra le foglie:
infinite possibilità di giorni felici.

"Non ho mai smesso."

 

(M. Stiefvater, “Shiver”)
.
.
.

 

Strawberry

 

Ci sono tante cose che vorrei dire ma in questo momento non me ne viene in mente neanche una, sto zitta, faccio la solita figura di merda ma un po' mi sta bene perché in fondo me la sono cercata.
 
Ryan mi portò delicatamente verso l'enorme sala della sua casa immensa. Facevo ancora fatica ad orientarmi in mezzo a tutto quel lusso, ma rimasi zitta e mi ritenni fortunata, ad averlo trovato in casa. Se non ci fosse stato lui, se fossi rimasta sola...
Ryan intuì che ero troppo debole per riuscire ad arrivare fino al divano. Mi posò a terra molto prima, su uno dei tappeti. Era caldo e morbido, mentre io tremavo come una foglia. Non avevo mai avuto così tanto freddo e così tanta paura in vita mia.
-Strawberry! Dio...
Anche Ryan mi raggiunse sul pavimento continuando a cingermi la vita.
-Ho f-f-freddo
Non riuscivo a dire altro.
E da quel momento, i movimenti di Ryan si fecero velocissimi. Si precipitò nella stanza accanto e tornò con un paio di coperte dall'aspetto caldo. Poi, tornato per terra, cominciò a togliersi la maglietta, troppo in fretta perché potessi ragionare o replicare. Osservai i suoi muscoli perfetti e...
-C-c-che stai facendo? - chiesi. I tremori, nella mia voce, si unirono a un balbettio nervoso.
Poi, le sue mani, spudoratamente esperte, cominciarono a percorrere la mia, di maglietta, sfilandomela cautamente.
-R-Ryan!
-Dio, angelo! Ma non te l'hanno mai detto che bisogna toglierseli, i vestiti bagnati, per non sentire più freddo?
Restai con i Jeans e il reggiseno. Non per molto, in verità, perché poi lui mi avvolse con entrambe le coperte, e dopo, piano, appoggiò il mio viso al suo petto caldo.
Ebbe un sussulto, al momento del nostro contatto.
-Angelo... sei gelida.
Per tutta risposta, battei i denti più forte. E lui rise, facendomi desiderare che quel momento non finisse mai.
Mi cullava dolcemente, come se fossi la sua bambina, il suo bocciolo. E io mi riscaldavo al ritmo dei suoi movimenti, accompagnato dal battito del suo cuore inconfondibile.
E' tutto perfetto, Ryan. Prendimi, mi lascio portare dove vuoi tu.
Intrecciò le dita ai miei capelli, mentre l'altra mi avvolgeva la vita. Lo sentivo adagiare sulla mia pelle nuda, e provai un po' di imbarazzo.
-Stai meglio, angelo?
Parlò con la sua voce bassa, roca e perfetta. E desiderai baciarlo in quel momento più che mai.
-Sì...è solo...è solo
-Non vergognarti di me, Strawberry. Te l'ho detto, i vestiti vanno tolti.
Non potei non fare a meno di sorridere.
-Ma...cosa ti è successo?
Mi strinsi a lui ancora di più, senza volerlo. -Ho...lottato con un demone. È che ero da sola, cioè no, c'era Mina ma lei non poteva combattere e allora...
Mi sollevò il viso con la mano.
-Ti ha fatto del male?
Nel suo sguardo c'era una serietà e una preoccupazione che mi fecero rabbrividire.
-Ecco...mi hanno ferita al braccio.
Mi scostai da lui e gli feci vedere la ferita.
-Cazzo.
Si alzò di scatto e di nuovo andò nella stanza accanto, tornando poco dopo con un kit di medicazione piuttosto professionale.
-Ti improvvisi medico, Ryan Shirogane?
-Sì, un medico pessimo che nemmeno si era accorto che eri ferita. Gerard mi ha insegnato, comunque. - rispose con un largo sorriso. Poi, prese tutto l'occorrente per disinfettarmi.
Mi mise una mano sul collo per tenermi sollevato il viso, prima di cominciare, col cotone e il disinfettante, a medicarmi la ferita.
-Farà male, angelo.
Dal bruciore chiusi forte gli occhi.
-Ah!
-Scusami, scusami. - disse Ryan, continuando a tenermi il viso con la mano e accarezzandomi dolcemente.
Quando finì, tirammo entrambi un sospiro di sollievo.
Mi rinchiusi nella mia trappola di coperte, stavolta senza di lui. Lo osservai sistemare tutto, accendere il fuoco, prepararmi un caffè bollente. Tutto senza mai parlare.
Poi tornò a sedersi vicino a me.
-Mina sta bene, l'ho chiamata. - Cominciai io. -Ma...c'è una cosa pazzesca, pazzesca, Ryan. Sai chi mi ha salvata?
Mi accarezzò una guancia.
-Un demone, Ryan. Un demone...
Mi sentii mancare l'aria. Vidi tutto offuscato, e poi, senza poterci fare nulla, cominciai a cadere.
Ma presto due braccia forti mi accolsero.
-Angelo! Dio mio, non parlare. Così ti affatichi e basta.
-Ryan...sto bene, te lo giuro. Ho solo avuto un capogiro.
E alzando gli occhi al cielo mi prese tra le braccia, a mo' di principessa. Mi sentivo ancora infreddolita, ma ora, il problema più grave, era il fatto di essere così vicina a lui. Temevo che il mio cuore scoppiasse; e allora sì, sarebbe stato un bel problema, perché se ne sarebbe accorto...
Mi portò in bagno e mi lasciò lì, ancora avvolta solo da una coperta. Poi tornò con una maglietta tra le mani.
-Ehm...fatti pure una doccia calda, ti servirà. In casa ci sono solo io, per cui...insomma, fa quello che vuoi.
Fece per andarsene di nuovo ma io lo fermai, agganciandomi al suo polso. Non volevo che mi lasciasse sola, non di nuovo.
Se vai via, io sono un uomo vuoto. Ho solo te, angelo. Solo te...
Mi prese il viso tra le mani, preoccupato.
-Angelo, che c'è?
Cosa arei dovuto dirgli? Non lasciarmi, rimani con me. E la ragione è che ti amo e ti voglio stare vicino.
-Niente, niente, Ryan. Scusami. E' solo che i miei vestiti sono fradici, e...
-Usa questa. - disse porgendomi la maglietta che aveva tra le mani. -Beh...a te andrà grande, credo.
Immaginavo che in casa non avesse molto altro da propormi, per cui mi limitai ad annuire.
E stavolta, in silenzio, se ne andò veramente.
 
Mi infilai sotto la doccia. Il getto d'acqua era bollente, e, davvero veloce, mi penetrava dentro lasciandomi una sensazione di pienezza e serenità. Mi lavai i capelli cercando di sciogliere i nodi con le mani, e, quando finalmente mi sentii meglio, uscii e mi avvolsi in un asciugamano bianco che sapeva di muschio.
Cercai di ignorare le lacrime che cominciavano a rigarmi il viso. Sì, piangevo in silenzio, in quel meraviglioso bagno costosissimo del ragazzo che amavo più di me stessa. Piangevo perché ero sempre vicina -troppo vicina- a digli cosa pensavo, cosa provavo, ma non ci riuscivo mai. Piangevo perché ero delusa da me stessa. O perché, semplicemente, ero spaventata.
Trovai una spazzola e cominciai a pettinarmi, con calma. Solo quando fui certa che non uscivano più lacrime mi infilai la maglia a maniche corte di Ryan, che mi copriva quasi fosse un mini vestito estivo.
Uscii e non lo trovai nel corridoio. Dovevo immaginarlo.
Non poteva certo prendermi in braccio di nuovo, facendo finta che tutto andasse perfettamente...bene.
Non potei evitare che scendesse una nuova lacrima.
-Ryan? - lo chiamai. Avevo un disperato bisogno di lui.
Subito. Ora, lo voglio ora.
Trovai una stanza con la porticina aperta e mi ci infilai dentro. Era piccola, ma altamente confortevole: c'erano un letto matrimoniale, un armadio e un comodino tutti in colore blu, e poi un finestrone enorme, tutto bagnato dalla pioggia che non accennava a smettere.
Ryan si muoveva per la stanza rendendola ancora più bella di quello che già era.
-Ryan...
Si girò di scatto. -Non ti avevo sentita, angelo. Scusa. Questa è la tua stanza, beh...ho cercato di renderla presentabile...
Mi sedetti sul letto, sfinita. Tastai le coperte e sentii che sapevano di lui.
Perfetta.
-Va bene così, Ryan. Davvero.
Mi fu vicino in un attimo e mi sfiorò la mano.
-Finché non sapremo bene cosa ti è successo stasera, rimarrai qui. E' il caso, però, che ti trovi dei vestiti...adatti.
Sorrisi sforzatamente. Mi lasciai cadere sul letto, sfuggendo dalla sua presa.
-Così...così mi provochi, angelo.
E si alzò bruscamente, facendo sobbalzare il letto.
Appoggiò le braccia al muro, quasi in segno di resa. Aveva già fatto così, una volta. Quando io, da dietro, lo avevo avvolto e gli avevo detto che per lui ci sarei stata sempre.
Quante cose erano successe da quel giorno. Troppe...e troppo importanti. Nessuno dei due poteva fare finta che andasse tutto per il meglio, quando in realtà eravamo troppo legati, ma al contempo troppo spezzati, internamente, per crederci a vicenda.
Eppure, mi resi conto che eravamo solo noi, solo noi, a rendere tutto più difficile. Quando avremmo potuto comunque lasciarci andare e avere una prova di ciò che potevamo essere.
-Buonanotte, angelo.
Solo noi, niente altro.
 
Stavolta feci tutto da sola, guidata da un Dio che sapevo esistesse, ma anche dalle mie stesse mani, che convulsamente cercavano le sue. Ero disperata, non volevo vederlo andare via da me di nuovo.
Per cui resta, resta qui.
Lo guardai negli occhi. Blu dentro cioccolato.
E le mani rimanevano silenziosamente intrecciate, tanto no, non davano fastidio a nessuno.
-Ryan...
Mi scoprii timida. Come una bambina che deve dire la sua prima parolina e non sa come fare, perché non ci riesce, è inutile: è davvero difficile e chi è più grande e più esperto di te non lo può sapere.
Portai una mano sul suo collo, per arrivare poi ad afferrare i capelli. Quella chioma bionda che amavo tanto, che avevo sempre amato, perché si sposava perfettamente con l'oceano che erano i suoi occhi. Mi guardava basito e il suo labbro inferiore tremava leggermente. Aveva paura.
Ormai eravamo troppo oltre ed eravamo spaventati a morte. Ma lo baciai.
E per fortuna, che eravamo troppo oltre.
 
Lo posso dire da subito, non ho mai, mai baciato nessuno in questo modo. Non si tratta solo di fondere le labbra, o di agganciare le lingue: questo non centra assolutamente nulla. Si tratta di entrare nell'altro come se fossi parte di lui, di cedere sotto ogni punto di vista e di sperare con tutta la forza che c'è nel tuo corpo di perderti, di lasciarti andare a una forza che è davvero troppo potente, troppo bella e luminosa.
L'angelo sei tu, Ryan. Sei tu.
-Angelo, che stai
-Shhh, shhh, Ryan - gli sussurro sulle labbra. Forse, ha capito che lo voglio. Sarebbe un miracolo, sarebbe davvero la cosa più bella e più semplice che possa capitarmi.
Io ti voglio e ti voglio ora.
Mi prende in braccio di nuovo, il mio angelo, ma stavolta in modo molto meno formale di prima. Non mi deve più far sentire una principessa, mi deve far sentire donna.
E le nostre labbra non si staccano, si ostinano a rimanere unite per imparare l'una il sapore dell'altro.
Giurerei che sai di mare, Ryan. Sai di te.
Mi adagia sul letto, il mio angelo. Si distende, sopra di me, e...davvero, non ho paura di cosa potrebbe farmi. Non mi importa più chi sono, più che ero: mi importa solo di lui, del mio uomo, perché l'ho fatto aspettare troppo tempo.
-Non lo meriti, Ryan.
Lui si stacca, guardandomi come solo lui sa fare.
-Cosa...
Lo interrompo con un bacio.
-Non meriti di non sapere.
-Sapere cosa, angelo?
Mi sembra impaziente. E il cuore quasi mi esplode, quando mi accorgo che mi fissa come se potesse arrivarmi dentro così, solo così. Con gli occhi, Dio.
Avrei sognato di dirglielo diversamente. Magari mentre facevamo un viaggio in un posto dimenticato da Dio, o dopo una cena romantica. No, aspetta, avrei sognato di dirglielo in un mondo diverso, dove guerra e violenza non esistono. Per lui ero disposta a essere qualsiasi cosa.
Ma sono una persona che crede nel destino, no? E se questo ha voluto che fosse qui e adesso, beh, io gli rispondo sì: sono qui e sono qui adesso.
Qui e adesso insieme a lui.
 
-Io ti amo, Ryan.
Quasi cede e si lascia cadere definitivamente su di me. Quasi sviene, penso, il mio angelo. Ma perché sei così felice? Ho solo detto la verità. E mi spiace di non avertelo detto prima, amore mio.
Ma... non mi tocca. Si limita a fissarmi con occhi spalancati e io temo, per un istante che mi uccide, di aver sbagliato tutto.
-Dio...angelo, Dio...
Infila la testa tra i miei capelli, sopra la mia spalla.
-Sei la persona più importante della mia vita, Strawberry. Tu...e solo tu mi hai permesso di continuare a vivere, per tutto questo tempo. Ti ho persa una volta e grazie a Dio ti ho ritrovata.
Giuro che queste parole le ho sentite venire fuori dalla sua bocca. E, come una bambina, inizio a piangere.
-Non ho intenzione di perderti più, angelo. Sei mia...e io sono cambiato, te lo giuro, te lo giuro...Ti ricordi quando ti ho detto che non ero niente? Che ero un uomo vuoto? - Anche lui ora piange, lo sento chiaramente perché sta bagnando la mia spalla. Siamo vinti dai nostri stessi sentimenti e fa talmente bene da far male. -Tu mi completi, angelo. Tu sei la mia vita, anzi, sei la vita stessa.
Davvero, mi sta facendo piangere troppo. Rischio di rovinare il momento e visto che non mi va, lo avvolgo in un abbraccio semplice e delicato, che ci unisce nel profondo.
-Lo so, Ryan.
Finalmente torna a guardarmi.
-Ti amo, angelo. Ti ho sempre, sempre amata.
 
Non importa se ha sbagliato, non mi importa se ho sofferto. L'amore fa anche questo: cancella i dubbi, divora gli errori. L'unica cosa più forte del rammarico, della gelosia, dello schifo di mondo nel quale viviamo è l'amore. Era davvero tutto così semplice? Non me lo aspettavo, ma penso non se lo aspettasse nemmeno di lui, per cui le nostre labbra tornano a unirsi.
Ma né a me né a lui basta solo questo.
Le sue mani cercano i miei fianchi, li trovano e li stringono. Mi guarda solo, non fa niente altro, ma io sento di aver bisogno di lui. Voglio le sue labbra, le voglio di nuovo, voglio diventare sua ed essere amata perché in fondo è quello che ho sempre voluto.
Sono...ancora la goffa e imbranata ragazza di Tokio, che cinque anni fa è scappata dalla sua stessa vita per dimenticare l'unica cosa che poteva renderla accettabile? Sì, sono ancora io. Solo che adesso, in me, si fa largo una passione che non pensavo potesse esistere.
E questa cosa, che scotta, brucia e uccide, si chiama amore, e non si può fermare.
Entrambi abbiamo il fiato corto e ci desideriamo talmente tanto, che solo a immaginare questa voglia stiamo male.
Avvicina le labbra al mio orecchio.
-Amami .- mi dice.
E in cuor mio, sento di essere pronta. Anche se tra i due sono io, la novellina, quella che di queste cose non sa proprio niente di niente.
-E' la mia prima volta, Ryan. - mormoro. E non provo vergogna, perché so che mi ama e mi rispetta e che sa che andiamo a fare una cosa unica e bellissima, insieme.
Le sue dita, calde e veloci, cercano i miei pochi vestiti.
Mi guarda, mi scava dentro.
-Credimi se ti dico che lo è anche per me, angelo.
 
In un attimo siamo nudi e ci amiamo così, diventiamo l'uno parte dell'altra, danziamo insieme scoprendo per la prima volta il significato dell'amore.
Sento i nostri sospiri, i nostri gemiti, ogni tanto intravedo i suoi occhi e mi rendo conto che non so più che sono.
Ma non m'importa, perché so chi è lui e chi siamo noi quando siamo uniti, insieme.
 
Ryan
 
L'uomo che fa l'amore con la donna che ama, che ha sempre amato e che amerà all'infinito, non sono io. L'uomo che si sgretola tra sue braccia è un uomo vero, nudo di fronte al bellissimo significato della vita stessa. Amare, nel vero senso della parola, dove amore significa cedere, scoprire il proprio io e immergersi nel sentimento dell'altro, è una cosa meravigliosa.
Eccomi, amore mio.
E non sta succedendo a me. Non sta succedendo a me, dev'essere un sogno.
Eppure sento il suo corpo sotto il mio. I nostri cuori battono all'unisono e credo di aver anche pianto, a un certo punto. Nessun uomo amerà mai nessuna donna come io ho amato lei. L'ho aspettata per una vita intera, e forse anche oltre l'avrei aspettata. Non ricordo nemmeno il mio nome, ma perché è superfluo. Solo lei, solo il mio e solo mio angelo è ciò che conta, e ora mi appartiene, e posso giurare che mi apparterrà per sempre.
Eccomi, eccomi davvero, amore mio.
Questo è il vero Ryan. Il ragazzo fragile, spezzato, innamorato perso della donna che ha reso la sua vita degna di essere vissuta.
E io lo giuro, piccola mia, noi non avremo fine.
.

 
 
.
 

 
.
Ragazze non so cosa mi prende ma sono emozionata da morire e vi scrivo con gli occhi lucidi, quindi se ci sono degli strafalcioni sapete a cosa sono dovuti! Aschfagew! **
Scherzi a parte, preparo questo capitolo, questo grande passo, questo momento importantissimo e decisivo da tanto, tanto tanto tempo. Credetemi, ho immaginato un milione di modi diversi per far loro confessare il proprio amore, e sono giunta a questa cosina qui, che è semplice, tipica e forse scontata, ma vorrei farvi sapere che ci ho messo tutto il mio cuore e tutta la mia anima, perché io sono innamorata di questi due personaggi da quando avevo il pannolone (XD) e se c'è una cosa che mi rende assurdamente felice è che almeno nelle nostre storie loro possano stare insieme come effettivamente doveva essere anche nel manga (e nell'anime di conseguenza).
Detto questo sono ultra mega felice di annunciarvi che siamo entrati definitivamente nella parte finale della storia (ecco, altra lacrima!!!). Ovviamente devono ancora succedere molte cose perché come sappiamo tutte, la vera sfida per Ryan e Straw comincia adesso. Come saranno insieme? Supereranno le avversità? Lo scopriremo solo vivendo...
Ringrazio tutte voi per essere sempre calorose e per non abbandonarmi mai. Un grazie ancora più grande a chi recensisce ogni volta e chi ha messo la storia tra le preferite ** No worlds, seriously! :)
Il commento è più lungo del capitolo, molto bene! XD Scappo ragazze, altrimenti mi lanciate i pomodori. Vi voglio tanto tanto bene...sappiatelo <3
Vostra
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Facile come respirare ***


Capitolo 29

Facile come respirare

 

Io sono perfetto, perfetto, per te.

Per te sarebbe facile come respirare, con me.

Jacob Black, << Eclipse >>

 

Strawberry
 
Chi aveva detto che l'amore era la cosa più complicata del mondo? Probabilmente io, anche se non me lo ricordo.
Eppure, era stato tutto così semplice. Facile come respirare.
Mi chiedevo come avessi potuto anche solo pensare di poterla dimenticare, una persona come lui. Lui era perfetto.
Ed era mio, solo mio, finalmente.
Quella mattina, il sole scaldava meno del solito. Si era indebolito a causa della pioggia, il poverino. Ma mi andava bene così.
Il mio cuore era già abbastanza caldo di suo, già abbastanza perfetto.
E ora basta perché rischio di ripetermi e non voglio. Voglio solo amare, vivere, continuare a essere me stessa. Fino ad ora non l'ho mai fatto.
La tua vita vera inizia oggi, Strawberry. Solo ora puoi davvero respirare.
 
Aprii gli occhi per ritrovarmi a fissare la finestra della camera da letto di Ryan. Da questa entrava una luce leggera, permettendomi di vedere quel poco che bastava, senza disturbare i miei occhi ancora mezzi addormentati.
I respiri di Ryan mi accompagnavano su e giù. Ero appoggiata al suo petto caldo, che mi cullava dalla notte precedente.
Era stato tutto perfetto. Avevo sentito diverse opinioni su come poteva essere la benedetta prima volta di una persona. Ed io mi ritenevo abbastanza fortunata.
Avevo davvero sentito pochissimo dolore. Un dolore fantastico, avrei potuto definirlo.
Non gli avevo mai chiesto di fermarsi. Aveva fatto tutto da solo, mi aveva...rispettata fino in fondo. Un modo tremendamente bello di farmi sapere che mi amava.
Cosa avrei potuto desiderare, ancora? Io davvero, non lo sapevo. Il mio cuore aveva rischiato di esplodere, quando eravamo venuti insieme, quando praticamente e a tutti gli effetti, eravamo diventati l'uno parte dell'altra.
E non c'è motivo di avere vergogna, o di sentirsi inutili: l'amore queste cose non le sa e non le conosce. Le cancella, e ti fa vivere.
Dio, avevo cominciato a piangere. Tipico di me.
-Angelo...
La sua voce roca mi fece tornare alla mente ogni cosa della sera prima, e un po' arrossii.
Alzai lo sguardo e lo trovai lì, intento a fissarmi, e decisi di baciarlo. Il nostro primo bacio del buongiorno.
Mi avvolse ancora di più e per un attimo, desiderai riaverlo mio di nuovo. Ancora...
-Amore mio, stai piangendo.
-Dev'essere...
Mi asciugò le lacrime con il dorso delle mani.
-Ti ho fatto male? Strawberry, se ho fatto qualcosa che non andava...
-Ryan, ti prego, smettila. Stanotte...stanotte, è stata perfetta. Perfetta, Ryan.
Mi guardò come se mi volesse scrutare l'animo. Il mio viso tra le sue mani, il mio corpo sopra il suo. Dio, Ryan...
-Ti amo, angelo.
Immersi nuovamente il mio viso nel suo petto, piangendo di gioia come una bambina.
-Shhhh, piccola, shhhh. Sei ti faccio piangere così tanto devo farmi qualche domanda...
-Ryan, tu sei perfetto, perfetto, capito? E io...ti vorrei...
Mi baciò con una passione che non pensavo avesse, cambiando posizione e mettendosi sopra di me. Con un dito mi sfiorò le labbra, delicatamente, senza smettere di fissarle.
-Mi vuoi ancora, angelo? Io sì. Io ti voglio ancora.
E, di nuovo, mi lasciai trasportare da lui in un mondo dove non mi sentivo più me stessa, ma nel quale mi sembrava di essere più viva.
 
-Oddio, non è possibile. E adesso che faccio?
Ero in bagno, e avevo un piccolo grande problema. I vestiti del pomeriggio prima non si erano ancora asciugati e io rimanevo, fino a prova contraria, nell'enorme maglia di Ryan che mi faceva da vestito. Di sicuro non mi sarei più presentata davanti a lui così, no.
-Angelo, che c'è?
Sembrava quasi preoccupato, il mio uomo. Mi aspettava fuori dal bagno appoggiato alla porta impaziente.
-I vestiti, Ryan. Sono ancora bagnati.
Nessuna risposta.
-Angelo...vieni fuori sì o no? Dai, una soluzione la troviamo.
E così uscii con quella bellissima tovaglia addosso.
-Tu lo fai apposta perché vuoi vedermi conciata così.
Mi baciò velocemente.
-Ammetto che vederti così non mi dispiace...- mormorò con voce roca e sensuale, accarezzandomi le braccia. Sbarrai gli occhi e lui si mise a ridere.
-Dai, piccola. Vieni con me, voglio farti vedere una cosa.
Mi prese per mano e cominciò a dirigermi in una parte della casa che non avevo mai notato. Mi stava trascinando lungo un corridoio dall'aspetto sinistro (che si trovava a poca distanza della camera nella quale avevamo dormito) nella quale, alla fine, si trovava una lunga rampa di scale a chiocciola. Mi sembrava di essere in una di quelle case piene di angoli oscuri, che nessuno riesce mai a raggiungere perché segreti.
Una volta arrivati su, davanti a noi si presentò un'anticamera piccolina, che ospitava praticamente solo che vecchi scatoloni. Ma, dietro a tutto questo, c'era una porta.
-Ryan...dove siamo?
-E'...un posto un po' speciale. Non... ci ho mai portato nessuno. - disse stringendomi un pochino di più la mano.
Poi, piano piano, aprì la porta. E io fui accecata, oltre che dalla luce del giorno, da un mondo che pensavo non esistesse.
Eravamo in una piccola stanza con le pareti color pesca e una finestra enorme sul lato destro, che faceva filtrare la luce di quel giorno di metà Luglio all'interno e che rendeva tutto ancora più bello. Esattamente di fronte a noi, si ergeva un armadio enorme perfettamente in tinta con le pareti.
Quella cosa era talmente grande da spaventarmi. In casa mia non avevo mai avuto niente del genere, infatti, avevo aperto la bocca in segno di stupore e sicuramente per questo, Ryan stava già sorridendo in silenzio.
-E' una camera molto speciale...- disse piano. Io mi girai su me stessa più volte, per cercare di capire se davvero non stavo sognando o se Ryan mi stava davvero mostrando un posto così bello.
-Ryan...è bellissima. Ma perché non la usate più? Guarda quanta polvere!
Mi tirò leggermente a sé e mi baciò la fronte in modo delicato, quasi avesse paura di farmi male. Notai che aveva chiuso gli occhi.
-Questa stanza la usava mia madre, angelo. Qui aveva tutti i suoi vestiti, le sue scarpe...una specie di guardaroba tutto suo. Un piccolo mondo privato.
Gli occhi cominciarono già a diventarmi lucidi. Maledizione a me e all'emotività.
Sentii che invece lui cominciava a ridere.
-Ryan?
-Rido, angelo, perché mi ricordo che venivo spesso a trovarla mentre si cambiava. E Dio, sembrava una principessa, davvero.
Portai una mano ai suoi capelli e li strinsi forte. Una carezza, un sussurro, ovviamente non avrebbero potuto cambiare nulla. Ryan aveva perso i genitori, una perdita che per me era inimmaginabile. Come...come diamine mi dovevo comportare? Cosa dovevo dirgli? Con quelle cose non ero brava per niente, e lui penso lo sapesse.
-Ryan...ti mancano, vero?
Strinse la mia mano alla sua, poi la portò alla bocca e la baciò. Teneva ancora gli occhi chiusi.
-Da morire, angelo...da morire. Non passa giorno in cui non succeda qualcosa che vorrei raccontare loro.
Ti trema la voce e vederti così mi distrugge. Adesso mi sento come una madre con i suoi cuccioli, percepisco il bisogno dentro di me di stringerti e di proteggerti perché no, nessuno ti deve fare del male. Perché ti amo, e anche se è monotono ripetertelo sono qui, ora.
E ti amo.
Ora sei il mio bocciolo. Ti avvolgo come posso perché sei più grande e più alto di me, ma ci provo in ogni caso. Vorrei...vorrei essere di più, vorrei poterti sovrastare per farti sentire a casa proprio come tu, tra le tue braccia, fai sentire a casa me.
E ti amo.
-Amore mio... - sussurrò.
Adesso mi stringe a sua volta, il mio uomo: e io vorrei che questo non finisse mai. Davvero, mai.
-Ryan...ora ci sono io. E ci sarò sempre, te lo giuro. Non avrai motivo di sentirti solo, perché avrai me. E anche se non sono niente, niente...
-Angelo, smettila di dire che non sei niente. Tu sei tutto, sei tutto.
Mi culla un altro po', mi fa sentire a casa e al sicuro. E io mi riprendo da quello che doveva essere un gran bel discorso per me, per noi. Dio, quando mi ritrovo a parlare con lui le parole non hanno più senso e non riesco più a fare frasi lineari.
Mi rendo conto che il mio amore per lui è talmente grande che le parole, in confronto, sono inutili bazzecole.
-Comunque, ti avevo portata qui per i vestiti, angelo.
-Mmmh?
-Vuoi continuare ad andare in giro con la mia t-shirt? Non che mi dia fastidio... - sorrise malizioso, e io lo guardai male. -Perché non usi uno dei vestiti che trovi qui?
Ok, ora ne ero certa. Quell'uomo era completamente fuso.
-Ryan, tu scherzi.
-Certo che no, angelo mio. Guarda.
Aprì un'anta dell'armadio per farmi vedere un'infinità di vestiti al suo interno. Ce n'erano di semplici, di eleganti, di colorati: ogni donna avrebbe trovato sicuramente quello che faceva per lei, in quell'angolo di paradiso.
-Ryan...io non posso. Erano i vestiti di tua madre e...
-Sono convinto che se fosse qui sarebbe più che felice a farteli usare. Per cui per favore, amore mio, non farmi insistere.
Mi avvicinai a lui e cominciai a osservare ogni tessuto, ogni drappeggio, per poter capire meglio quale abito scegliere. Alcuni erano per stare in casa, altri troppo eleganti o troppo, ecco, succinti. Immaginai la mamma di Ryan come una bella donna.
-Puoi scegliere quello che vuoi, Strawberry.
Afferrai con la manina un vestito color pesca, un arancio chiaro che stava proprio bene con la mia pelle. Lo spiegai davanti a me e vidi che era lungo quanto bastava, e sì, la taglia doveva più o meno coincidere con la mia.
-Questo va bene -mi limitai a dire. -Ora mi cambio.
Ryan era rimasto a fissarmi.
-Non cercare di fare il furbo! Lasciami sola mentre mi...spoglio.
Mi avvolse il viso tra le mani e mi baciò di nuovo. Quasi il vestito non mi scivolò al suo contatto, ma ormai avrei dovuto abituarmi. Ryan era lì, ed era veramente mio. Mio e basta.
-Non metterci troppo, angelo.
In un primo momento, quando mi lasciò andare, sentii quasi freddo. Mentre mi toglievo la sua enorme maglia e rimanevo solo in biancheria intima, mi osservai allo specchio. Mi resi conto che quella donna, sì, quella ragazza che stavo osservando era davvero la persona più fortunata del mondo.
Mi chiedo se mai lui potrà stancarsi di me, se mai davvero mi amerà come in questo momento lo sto amando io.
 
Mi misi il vestito e mi guardai, di nuovo. Stavo bene, nonostante le aspettative.
La taglia della mamma di Ryan coincideva perfettamente con la mia. Il vestito aveva delle spalline semplici e fini; sotto il seno si stringeva con un nastro di seta di un'arancione più intenso che, al centro, si attorcigliava per diventare un piccolo fiocco. Da qui partivano gentili drappeggi che, con mio grande stupore, rendevano il mio corpo più slanciato.
Riaprii le ante per vedere se per caso ci fosse stato un copri spalla da qualche parte, e per fortuna – santa mamma di Ryan, avevi proprio tutto! - ne trovai uno a maniche corte, con dei bottoncini arancioni. Curiosando in giro, ormai divertendomi come una matta, scelsi per me un paio di ballerine che si abbinavano perfettamente al resto dell'abbigliamento.
A opera completa mi riguardai allo specchio. Non sapevo perché, ma quel giorno vedevo tutto in modo diverso. Diverso, addirittura, da come mi sembrava di aver osservato la realtà il giorno dopo della dichiarazione di Mark, cinque anni prima.
Mark era un pensiero che non mi aveva ancora sfiorato, ma sapevo, in cuor mio, che prima o poi avrei dovuto imbattermi in quel macigno. Non mi sentivo in colpa, o forse era passato troppo poco tempo da quella notte per cominciare a sentirne.
In realtà avevo già da tempo fatto pace con i miei sentimenti contrastanti. Avevo voluto bene a Mark, e avevo avuto la sfortuna di credere che questo sentimento fosse qualcosa di più grande. Avevo creduto di amarlo, di poterlo rendere felice. Ma lui aveva capito tutto molto prima che ci arrivassi io, e in questo era stato bravo. Aveva capito che non mi ero innamorata di lui, aveva capito che ero solo innamorata dell'idea di amarlo. E a pensarci, cinque anni dopo, quando comunque le cose le capivo e non potevo più nasconderle, mi sentii male per lui, per quel ragazzo dolce e sensibile che mi aveva dato un pezzo di sé stesso.
La verità e che non potrò mai ringraziarti abbastanza, Mark. Mi hai salvata una volta, mi hai salvata di nuovo, e mi hai lasciata andare. E se vivo ora...vivo grazie a te. E tu lo sai.
Con i capelli ondulati che accompagnavano ogni piccolo gesto, raggiunsi Ryan in cucina, che si stava cimentando nella preparazione del caffè. Quando si voltò con una tazza del liquido bollente in mano, dovetti nascondere la testa con le mani, per non scoppiargli a ridere in faccia.
-Oh, mio Dio – cominciai. -Sei davvero carino con quel grembiule rosso, davvero.
Mi sorrise e mi fece l'occhiolino, mentre, complice, faceva un giro su stesso per farmi vedere come stava. E anche con un grembiulino, i jeans scuri e una t-shirt, mi sembrava l'uomo più bello del mondo.
-Avevo voglia di caffè. Ne vuoi un po'?
Annuii, sporgendo le braccia per accogliere una mega tazza di caffè italiano. Ne avevo proprio voglia.
-E' buono, e non l'avrei mai detto.
-Hai ragione, di solito per me lo fa Gerard. Dovresti sentire il suo, è molto meglio della roba che stai bevendo ora.
-Gne, gne, gne. Se lo fai tu è il più buono del mondo.
Mi mise un dito sulle labbra e me le accarezzò. Fu un gesto talmente improvviso e intimo che mi sentii scoppiare il cuore.
-Ti amo, angelo. E sei mia. Te lo ripeterei ogni momento.
 
A ora di pranzo decidemmo di uscire, tanto per mangiare un panino per strada e rimanere a contatto con il mondo. Anche se c'era più fresco dei giorni prima, si stava bene lo stesso, e poi non avevo il coraggio di lamentarmi. Il sole ce l'avevo dentro.
Andammo in macchina, perché con me non portavo i guantini porta fortuna di Ryan; cosa che secondo lui ci avrebbe portato le più grandi e inimmaginabili catastrofi.
Stavamo mangiando un gelato, quando passammo davanti a una gioielleria che a Tokio era la migliore. Mia madre, una volta, mi aveva mormorato che era lì che mio padre le aveva preso l'anello di fidanzamento.
Mi affacciai alla finestra e cominciai ad ammirare gli anelli. Non che ne volessi uno, non che volessi far vedere a Ryan chissà che cosa. Volevo solo sentirmi libera e osservata. Dal mio uomo.
-Sei felice? - mormorò lui, stringendo la mano che era ancora intrecciata alla sua.
-No. Felice è troppo poco, credimi. - gli dissi tornando a guardarlo. -Se avessi saputo che era così semplice...
Lo baciai, ma fu un bacio leggero, fugace, timido. Lui mi guardò torvo, come se non capisse un passaggio fondamentale.
-Temo di non crederci, angelo. Ti prego, no, no. Mi stai dicendo che...
-Ti amo da quando quel giorno al ballo mi hai chiesto di starti più vicina, credo. O forse anche da prima, non lo so, il mio cuore è troppo confuso per capirlo. Sono stata una stupida, perché fino all'ultimo ho cercato di negare quello che provavo. Sviavo discorsi, arrossivo tra le mani. Ma la verità è che ti amo da sempre. Almeno in questo sono stata brava...
Mi mise un dito sulle labbra.
-Varrebbe di più se mi dicessi che mi ami da quel giorno in cui ti ho stretta a me, sull'albero, e ti ho salvata.
-Te lo ricordi?
-Beh, per me è cominciato tutto da lì. Io ti amo da quel giorno, angelo.
Mi strinse ancora di più tra le braccia e chiuse gli occhi. -Baciami. - ordinò.
Il suo ordine fu inutile, perché ormai, durante la confessione, le mie labbra erano praticamente sulle sue. Quel bacio fu carico di passione, di quelli che dai e che vuoi continuare a ricevere, di quelli che ti rimangono dentro e che non vuoi più perdere.
Perché è così, vero? Ora e adesso, in questo momento, io, te, e un delizioso gelato alla fragola che ci fa compagnia, che si scioglie piano piano, perché lo sai, in confronto ai tuoi occhi lui, il povero gelato, non è nulla.
 
Al ritorno Ryan ed io guidammo insieme. Nel senso che mi teneva la mano, quando inseriva le marce, e così sì, nella mia ampia fantasia, voleva dire che guidavamo insieme. Fu divertente, perché io sbagliavo sempre qualcosa, così ogni sacrosanta volta scoppiavamo a ridere. Quando facevo giusto, invece, le alzava dal cambio e baciava la mia, con intensità.
-Vuoi andare a casa? - mi disse imboccando una via che era proprio a metà strada tra casa sua e la mia. Se andava a destra c'era l'una, se andava a sinistra l'altra.
Al pensiero di separarmi da lui mi si strinse lo stomaco.
-Voglio stare con te.
-Angelo, hai bisogno di cambiarti, di stare con i tuoi. Domani staremo insieme.
-Domani c'è il lavoro.
Alla parola “lavoro”, scattò per entrambi un campanello d'allarme. Come lo avremmo detto agli altri?
Come se ci fossimo letti nel pensiero, il nostro discorso cambiò immediatamente e sentii la sua mano irrigidirsi.
-Non possiamo dirlo a Lory, è troppo presto.
Respirai a fondo, cercando di mantenere la calma. Era solo Lory. Era solo una sua ex, cavolo.
-Lo so. Ma non potremo rimanere nell'ombra per sempre.
-Angelo, io non voglio rimanere nell'ombra. Andrei in giro per il mondo a urlare che sei la mia donna e che aspettavo questo momento da Dio solo sa quanto, ma non qui, non dove c'è Lory.
-Ci tieni ancora così tanto, a lei? - mi ritrovai a dire in tono sprezzante. Poi Ryan inchiodò, e notai che mi aveva portata a casa. Non volevo lasciarlo, non volevo uscire da quella macchina. Volevo stare con lui ancora, baciarlo ancora, amarlo, magari, ancora. Ma non col pensiero “Lory”, che mi assillava. Non ne sarei stata in grado, perché la sua ombra mi avrebbe uccisa.
Con due occhi che emanavano fuoco, Ryan mi osservò e io mi sentii letteralmente nuda, scoperta, davanti a lui. Mi aveva smascherata, e io ero stata brava a farmi scoprire. Davanti a lui ero letteralmente un libro aperto.
-Amore mio, non è né di me, né di lei, che sto parlando. Io non voglio rovinare quello che c'è tra voi. Io non posso, rovinare quello che c'è tra voi. Io davanti a lei sono un uomo senza dignità, un fottutissimo bastardo, ma davvero, può pensare quello che vuole. Quello che sto cercando di salvare dalla sua ira sei tu, angelo.
-Cercherà di separarci?
-Non penso ne sia capace, in fondo è sempre lei, è sempre Lory. Ma nessuno ti porterà via da me, mai. Hai capito, angelo? Mai.
Mi sporsi per baciarlo, perché in fondo ero fatta così, come una pentola di fagioli: borbotta, borbotta, borbotta...ma in fondo non è cattiva. Ma proprio quando credevo di essermi fusa in lui, e di non poter più tornare indietro, qualcuno bussò al finestrino.
-Katherine!
Aprii in modo quasi spasmodico lo sportello, accorgendomi che stava piangendo. Sentii Ryan che faceva il giro per raggiungermi, ma non ero completamente sicura. Avevo occhi solo per la piccola.
-Kat, amore, dimmi cosa c'è. Guardami, Kat!
La mia piccola non la smetteva di piangere, e io stavo cadendo nel baratro insieme a lei. Avrei dovuto dimostrarle forza, coraggio, ma non ero in grado, io...
Due braccia forti ci avvolsero.
-Shhh, piccolina, shhh. Raccontaci cosa c'è. Ci siamo noi, qui con te, ora. Ci siamo noi. - disse Ryan in un tono che ebbe il potere di calmarmi.
-La...mamma...e il...papà...
La sua voce era scossa da violenti singhiozzi, che non le permettevano di parlare. Ma si era già spiegata fin troppo bene. Le finestre del piano di sopra di casa mia erano tutte spalancate. Sulla porta principale spiccavano graffi profondi.
Lasciai Katherine e mi precipitai in casa. C'erano disordine e caos ovunque, e quasi stentai a crederci, che quella era casa mia. Aprii tutte le porte e cercai in tutte le stanze, ma di mamma e papà non c'era l'ombra.
Li chiamai. E li chiamai ancora, di nuovo, finché non mi rimaneva più fiato in gola. E poi entrai in camera mia, e lo vidi. Un demone, troppo vicino, troppo pericoloso.
-Avete tre giorni di tempo per prepararvi alla battaglia. I tuoi genitori rimangono con me, come ricordino, diciamo. Così saprai che non potrai tirarti indietro. - mi urlò in testa il vampiro. La forza con la quale era penetrato nella mia testa era stata in grado di piegarmi in ginocchio.
-No! No ti prego, prendi me! Lascia loro...ti prego...
-Non sprecare fiato, umana. Conservalo per la guerra, ne avrai bisogno.
-Io ti
Il demone mi afferrò per la gola e mi scagliò contro il muro. Per un attimo non vidi più niente, c'era solo buio. Poi di nuovo la sua voce...
-No, non hai capito. Tre giorni, e porremo fine a tutto questo. E se non vi presentate alla croce nera, io ti giuro che i tuoi genitori non li vedi più.
Gemetti, perché la sua voce stava diventando insopportabile.
-Giura, umana.
-Lo...giuro.
-Lo vedi? Sei una brava bambina, in fondo.
Non so esattamente cosa accadde dopo. Ricordo che vidi una luce, una luce bellissima e profonda, provenire dalla porta d'entrata. Il demone scappò dalla finestra, disturbato da quella luce accecante.
Giuro su me stessa che lo sentii mormorare: -Ancora, ma non è possibile!
La luce era calda, dava sollievo. Lo ricordo ancora oggi.
E poi sentii il mio nome, molte e molte volte. Cercai di aggrapparmi a quella voce, che mi chiedeva di restare con lei, che mi chiedeva di lottare. Mi diceva che ero forte, quella voce.
Io gli credetti e mi lasciai salvare da quello spiraglio di vita, lontana dal male e dal dolore.
.
 

 
.

 
 
.
**
Ok, so di essere in ritardo e vi chiedo scusa, è solo che ieri non ho fatto proprio in tempo a venire a pubblicare perché ho studiato tutto il giorno...so che mi capite!
Allora...sono successe un sacco di cose e sono talmente rimbambita che come al solito me ne dimenticherò qualcuna.
Prima di tutto il titolo “Facile come respirare” è preso da una citazione di Jacob Black, il mio personaggio preferito in Twilight, quando dice alla donna che ama che stare con lui sarebbe appunto “Facile come respirare”. Volevo che si intuisse che finalmente, dopo tanto tanto tempo, gli ostacoli tra Ryan e Straw stanno via via sbiadendo e lasciando il posto a una storia d'amore semplice e senza pretese. Una fase che tutti noi stavamo aspettando col cuore in gola insomma, perché di litigi non se ne poteva più ;)
La parte della stanza dei vestiti è stata bellissima da scrivere (mi sono emozionata davvero tanto) e spero che arrivi almeno un quarto di quello che ho provato io. Davvero. Poi (finalmente) i due hanno parlato di Lory che per fortuna non rappresenta più una minaccia e alla fine è arrivata Kat con questa notizia sconvolgente. Cosa succederà adesso che Straw e Kat sono rimaste senza genitori? A chi si affideranno?
Ok, come al solito mi sono dilungata anche troppo. Ringrazio tutte quelle che mi seguono, che preferiscono e in modo particolare a chi mi lascia sempre un pensiero ** Siete speciali <3
Vostra,
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Ferma il tempo ***


capitolo 30

Ferma il tempo

 

Le persone fanno cose pazze, quando sono innamorate.

Hercules
.
.
.

Ryan
 
-Pam? Pam ti prego, non riattaccare.
-Ryan? Oh, Dio mio. Pensavo fosse uno scherzo...
-Pam..mi dispiace, mi dispiace da morire. Dovete tornare a casa. E subito, anche.
-Ma che...Ryan, sono in luna di miele e
-Ti prego, ti prego, Pam, ascoltami. Devi tornare a casa ora. Stavolta è una cosa grave, e quando dico grave...
-Ok, ok, basta. Al primo grave ero già in piedi. Spero che tu non mi stia prendendo in giro, caro il mio testimone. Per interrompere un viaggio a metà devi avere un motivo più che valido...
-I genitori di Strawberry sono in pericolo, Pam. E...ho paura, cazzo. Ne ho davvero.
-Oh...oh, merda! Adesso chiamo Kyle. Prendo il primo aereo e arrivo. Arrivo subito, mi hai capito? Tu aspettaci.
-Scusami.
-E di cosa? Non sei tu quello che prenderò a calci nel sedere.
 
Riattaccai il telefono e lo buttai sulla poltrona più lontana, per non dover più sentire nulla. Mi sedetti di nuovo ai piedi del divano sul quale Strawberry stava dormendo, con la testa fra le mani e il cuore che pompava sangue come mai in vita mia.
Mi rendevo conto che non potevo difendere la donna che amavo, o almeno non lo potevo fare abbastanza. Certo, le potevo dire di starmi vicino, le potevo assicurare un tetto e una protezione, ma non ero abbastanza forte da salvare i suoi genitori. O da salvare lei.
E per la prima volta dopo cinque anni, provai di nuovo gelosia nei confronti di Mark.
Lui poteva trasformarsi nel cavaliere Blu, proteggerla, farle da scudo col suo corpo. Anche io le avrei fatto da scudo col mio, ma subito dopo sarei morto e sarei stato inutile per lei e i miei bei propositi sarebbero andati a farsi fottere.
La mia vita non poteva essere normale, no. Non potevo, che ne so, sposarmi, essere felice, formare una famiglia.
Neanche a pagarlo.
-Ryan...
Al richiamo della sua voce, mi voltai di scatto. I suoi occhi erano ridotti a una fessura, stanchi, spaventati. In un attimo fui da lei e la strinsi forte.
-Ho dormito troppo? - mi chiese con voce roca.
-Un po'. Sei svenuta, angelo. Ero spaventato a morte.
-Katherine?
Le indicai il divanetto della cucina che era ben visibile da dove eravamo noi.
-Non la lascio mai sola, angelo. Fatica ad addormentarsi, ha paura.
-Ne ho così tanta anche io, Ryan...c'è mancato così poco che facessero del male anche a lei, ed ha cinque anni, cinque anni, Dio mio...
La baciai sulla fronte e per un po' rimanemmo così, a cullarci l'un l'altra, a sentirci protetti almeno in quel frangente, con nessuno che ci disturbava e che distruggeva l'illusione di quella bolla di sapone perfetta.
-Ryan... io prima di svenire ho visto una luce. Ne sono sicura.
La guardai con sguardo impotente, perché nemmeno io, come lei, sapevo o potevo sapere.
-L'ha emanata Katherine, angelo.
-Katherine? - chiese lei sbalordita, mentre si staccava da me per guardarmi meglio. -Ma come è possibile?
-Quando tu sei entrata lei ti ha seguito quasi subito. Arrivato nella tua stanza, mi sono accorto che emanava già quella luce blu, che ha mandato via il vampiro. Dopo si è accasciata a terra, seppur rimanendo cosciente, e mentre io ti portavo via ripeteva di non preoccuparmi, che stava bene, e che non era la prima volta che lo faceva.
Vedevo Strawberry perduta. Il suo sguardo vagava tra le mura della mia casa, disperatamente in cerca di risposte, ma era chiaro come la neve che non ne veniva a capo.
Di certo, la sua sorellina si era dimostrata un individuo particolare, unico. Era nata all'insaputa di tutti, ed era stata nascosta al mondo finché Strawberry non era tornata da Londra. Per avere cinque anni era davvero intelligente, o forse fin troppo intelligente, e ora questo...la capacità di emanare una luce pura, in grado di sconfiggere i demoni.
Non sapevo dire con certezza davanti a cosa ci trovavamo, ma di sicuro, non a una bambina qualunque.
-I demoni cominceranno a chiedersi che cosa è capace di fare, Ryan. E' un vero miracolo che l'abbiano risparmiata...
-Mi sono difesa.
Le parole arrivarono forti e chiare dalla cucina. Incontrai due occhi enormi blu, pieni d'affetto, di bellissima ingenuità, che per certi versi erano davvero simili ai miei, di quando ero bambino.
-Kat! -la chiamò Strawberry. E la piccola accennò un sorriso di sfida, come a dire: “Ma non capite?”
-Io mi sono difesa davvero, Straw. Ho fatto male al demone una volta, poi sono scesa, ho chiamato voi, e alla fine l'ho mandato via. L'ho mandato via!
Katherine ci raggiunse sul divano, e io mi staccai da Strawberry per permettere alle due sorelle di stare insieme.
-Come ne sei stata capace, Kat? - chiese Straw.
-Non lo so. Quando sento che sono in pericolo, o che sono in pericolo le persone che amo, mi viene naturale. Emano una luce calda, ma non so perché ci riesco.
Strawberry prese ad accarezzarle la guancia, mentre io mi alzavo e recuperavo il cellulare. Avevo dei messaggi non letti, tra i quali uno di Pam che mi diceva che era in aeroporto e aspettava di partire.
-E' una cosa brutta, Straw? E' brutto quello che so fare?
-Tesoro... è una cosa bellissima, capito? E' una cosa bellissima. Però dovremo capire che cos'è. Nel frattempo, Kat, rimarremo qui, a casa di Ryan.
Strawberry cercò i miei occhi, e li trovò senza molta fatica. Era disperata e capivo perché: non sapeva come spiegare alla piccola il rapimento dei loro genitori.
-E' che non possiamo tornare a casa...
La voce del mio angelo era un sussurro.
-Ehi, ehi, va tutto bene – le dissi tornando vicino e circondandola con le braccia, benché io fossi in piedi e lei seduta. -Kat, la mamma e il papà sono stati...
-So che qualcuno li ha portati via. - mi interruppe. -Non ho potuto evitarlo.
-Sei stata anche troppo coraggiosa, Katherine. Finché non ritroveremo i tuoi, tu e tua sorella rimarrete qui, da me. Magari non ti sto molto simpatico...
Sia lei che Straw accennarono una risata.
-Piaci a mia sorella, come puoi non piacere a me?
Le accarezzai la testa scompigliandole i capelli, poi la presi in braccio.
-Io e tua sorella dobbiamo fare una cosa, adesso. Ti porto in quella che sarà la tua camera e chiamo un mio amico che rimarrà con te. Te la senti di rimanere qui?
In realtà non me la sentivo neanch'io di lasciarla sola.
-Posso combattere. - disse la piccola senza neanche pensarci.
-Kat...-irrompé Strawberry. Ma io la bloccai con un'occhiata d'intesa e portai la bambina al piano di sopra.
 
Una volta tornato giù, trovai Strawberry intenta a disfare la borsa di vestiti che le avevo preso prima di lasciare casa sua.
-Spero di averne azzeccato almeno qualcuno, angelo.
Senza voltarsi, disse: -No no, va bene così, Ryan. Davvero. Anzi, grazie.
Mi sedetti vicino a lei e afferrai le sue mani. Aspettai di parlare fin quando vidi i suoi occhi immergersi nei miei. -Per quanto è in mio potere, amore mio, ti prometto che andrà bene. Ho chiamato Pam e Kyle, stanno tornando dalla luna di miele proprio ora. Mi dispiace davvero che abbiano dovuto interromperla...
Strawberry era devastata. -Oh, Dio, dispiace così tanto anche a me...
-Ho anche telefonato a Gerard, mi ha detto che viene fra venti minuti. Appena arriva andiamo al caffé, dobbiamo parlare con le altre. Ho già avvisato tutte.
-Kat sarà al sicuro?
-Conto sul fatto che non scoprano che siete qui, per ora. Poi devono rispettare il patto. Tre giorni, angelo. Tre giorni di tregua. Il grande respiro prima della battaglia.
Strawberry mi guardò, con gli occhi sbarrati e umidi di tristezza. Tristezza pura. In quel momento era così fragile che temetti si sarebbe spezzata proprio lì, davanti a me.
-Ho paura, Ryan.
 
In un attimo la immergo tra le braccia e la stringo talmente forte che ho paura che dica che sta soffocando. Ma non lo dice, perché evidentemente vuole e ha bisogno del mio contatto, ora più che mai. Lo brama, sento le sue mani che bruciano al contatto con la mia pelle.
Eccomi, amore mio. Ti tiro io fuori dal buio, fidati di me.
In un attimo le tolgo la maglietta. La sto già baciando con una voglia assurda, mi sto già spingendo troppo oltre, so già che se supero il limite, il mio limite, non torneremo più indietro. Ma lei ha bisogno di me e io, diamine, ho bisogno di lei, ho bisogno di sentirla mia ancora una volta e non mi importa se sul divano o per terra, ma lo dobbiamo fare e basta.
Afferra i passanti della cintura dei pantaloni, ruotando le dita e accarezzando la mia pelle. Li afferra attirandomi ancora più vicino a lei, e il suo contatto mi fa gemere.
E sento che la voglio, la voglio adesso, voglio sentirmi circondato da lei e voglio entrare, in lei, voglio dimenticare chi sono, insieme a lei.
Ti tiro io fuori dal buio.
La appoggio al divano ed è fatta, e tutto come ho sempre voluto. E' tutto, dannazione, come ho sempre sognato. Lei nuda è bellissima, perfetta, e io ho fame di lei e dei suoi baci.
Dio, quanto ti amo, angelo.
Quando finiamo di rivestirci la prendo per mano e la porto alla moto, proprio mentre vedo la macchina di Gerard entrare nel cortile. Le porgo i miei guantini, i miei e i suoi portafortuna, e lei se li mette, mentre la guardo. E non posso fare a meno di sentire che il mio cuore esplode, perché la immagino come l'ho vista prima, mentre cede al desiderio e viene, viene insieme a me.
-Ho più coraggio di quanto pensi – mi dice lei, salendo dietro di me.
-Lo so, angelo. E' una delle cose che di te amo di più.
E poi mi infilo il casco e parto veloce, e la mia destinazione non mi ha fatto mai così paura come adesso.
 
Io e Strawberry eravamo all'aeroporto, davanti alla sala degli arrivi.
Era un incubo.
Cercavo di stringerla a me, di lasciarla andare; di sussurrarle che l'amavo e di stringerle forte la mano per non permetterle di cedere. Sarebbe andato tutto bene, ne ero sicuro.
Lo speravo.
Pam e Kyle sarebbero arrivati a breve. E non avrebbero avuto tempo di disfare le valige o di riposarsi, no. Sarebbero venuti con noi al caffè, a parlare, a progettare l'arrivo dell'imminente battaglia.
Sapevo di aver paura, ma dovevo resistere per Strawberry, che contava su di me. Dovevo essere forte per entrambi.
Sussultammo quando le porte della sala si aprirono e da qui uscirono in fila tutte le persone. Pam e Kyle si distinguevano per l'abbronzatura, anche se ritirai immediatamente il mio pensiero. Se fossero stati in luna di miele per più tempo, sarebbero tornati molto più scuri.
La mano di Strawberry lasciò delicatamente la mia, e vidi la mia donna correre verso la mia migliore amica, che già allargava le braccia. Si strinsero e parlarono una lingua che io non conoscevo e che non potevo conoscere, fatta di lacrime e promesse, che sapeva di amiche e di speranza.
Kyle mi strinse la mano, in un gesto così formale che fece del mio sangue ghiaccio.
-Voglio sapere tutto.
Quelle tre parole mi erano crollate addosso come un macigno.
Le ragazze ci raggiunsero ancora unite e ancora piangenti. Mi resi conto che Pam continuava a fissarmi, e mi scappò un risolino isterico.
-Che c'è? - chiesi impaziente.
-Quando avete intenzione di dirmi che state insieme, ingrati?
Io e Straw ci guardammo di sfuggita, e notai che era già arrossita.
-Glielo hai detto? - le chiesi dolcemente.
-No. – rispose lei. -Ha capito tutto da sola.
-Vi conosco come le mie tasche. Mi è bastato guardarvi, per capire.
-Complimenti. – dissi senza entusiasmo.
-Congratulazioni – mormorò Kyle.
Pam tirò su col naso.
-E ora che c'è? - le domandò suo marito, allarmato.
-Niente, niente – cercò di rimediare Pam. -E' solo che sentire che c'è chi crede nell'amore in tempi come questi dà un po' di speranza, non vi pare?
 
Dieci minuti dopo, un taxi con a bordo i due novelli sposi seguiva la mia moto versò il caffè Mew. Era quasi sera, e la Tokio illuminata dalla luce del sole stava lasciando lo spazio alla città notturna che era nata per essere.
Non so cosa avrei dato per fermare il mondo in quel momento. Potevo fingere che tutto andasse bene, mentre andavo in moto con la donna che amavo. Ma non dovevo fingere, dovevo lottare, e magari pure vincere, alla fine.
Certo era che non l'avrei persa.
Io e Strawberry saremmo rimasti insieme, o in quella vita, dove si soffriva ma si era vivi, o nell'altra.
Era un promessa.
 
Strawberry
 
Ne avevo combattute tante di cose, nella vita: dalle più disgustose alle più improbabili, dagli alieni ai demoni. Avevo combattuto contro i professori, contro me stessa.
E avevo sempre vinto io.
Ero sempre sopravvissuta per quelli che amavo, ero sempre caduta ma poi mi ero rialzata, e di sicuro, ce l'avrei fatta anche quella volta.
Devo solo stringere i denti e pensare alle persone che amo, mi ripetevo. E' semplice.
Ma quando ci sono in gioco le persone che ti mettono al mondo diventa tutto estremamente più complicato, orribile e impareggiabile. Il dolore è terribilmente amplificato, soprattutto se c'è di mezzo una bambina di soli cinque anni che ti aspetta a casa e conta su di te.
Cominciavo a pensare che vincere sarebbe stato molto più difficile, quella volta.
Mandai giù la saliva, una volta entrata nel locale. Di fronte a me avevo le mie compagne: Mina, che era venuta, Paddy, con gli occhi sbarrati dall'agitazione e Lory, visibilmente preoccupata.
-Fra tre giorni ci sarà la guerra.
Ascoltai solo quello del discorso di Ryan, che sicuramente conteneva cose molto più interessanti e meno masochiste, di ciò che invece ingombrava la mia mente. Sentii che parlava di ciò che avevano fatto ai miei genitori, ma non mettevo a fuoco nulla di veramente importante. Forse avevo troppo nella testa: troppo e tutto insieme.
I miei genitori. La guerra. Lory, che incombeva su tutto come un macigno. Ryan che mi sussurrava ti amo...
Quando quella certezza mi risuonò nella mente, ebbi il coraggio di alzarmi in piedi, lo sguardo di tutti puntato addosso. Non seppi dirmi subito che cosa avevo intenzione di fare, ero confusa, probabilmente, e molto, molto innamorata.
-Lory, ti devo parlare.
Quella che un tempo era stata una delle mie migliori amiche mi squadrò da capo a piedi. Era semplicemente fredda, distaccata.
-Per favore. -insistetti.
Mi diede le spalle e si diresse in cucina. Era logico, voleva che la seguissi.
Per cui andai, non prima di aver guardato Ryan, non prima di aver sentito un mostro attanagliarmi lo stomaco per l'emozione e la paura insieme.
Entrai nella stanzetta e mi chiusi la porta alle spalle.
Nessuna delle due si muoveva. L'aria era così tesa che davvero, si poteva affettare.
Ryan che mi sussurrava ti amo...
-Spero che tu non sia arrabbiata con me, Strawberry.
Ricominciai a respirare.
-Perché io non voglio litigare con te, davvero. Rivoglio la mia amica, quella sbadata a cui volevo un bene dell'anima. E scusami, se me ne rendo conto solo adesso.
.
 


 
.
 


 
.
*Se qualcuno si sta chiedendo perché Pam e Kyle sono tornati così presto, è perché semplicemente ho immaginato che per la luna di Miele non andassero molto lontani. Non ho inserito nessun luogo particolare, così ognuno può immaginare la loro destinazione come preferisce!
 
Ce l'ho fatta a pubblicare! E scusate se per la seconda volta sposto l'aggiornamento dal lunedì al martedì, ma vedo che comunque riesco a mantenerlo a inizio settimana. Che dire...succedono tante cose, alcune che aspettavamo forse da una decina di capitoli. Il beato chiarimento – se sarà chiarimento – è alle porte; si è scoperto che Kat ha qualcosa di speciale e infine l'attesa della guerra finale si fa sempre più sottile.
Ok, devo farvi una confidenza...ultimamente pubblico col magone, perché so che la fine di questa storia si avvicina sempre di più. In ogni caso, la mia mente contorta sta già lavorando a una nuova long, anche se non voglio sbilanciarmi troppo perché con lo studio e il resto, prima che mi metta giù e la scrivi passerà molto tempo. Diciamo che volevo solo farvelo sapere, perché ci tengo a voi, miei cari lettori <3 Ah, e molto probabilmente scriverò una one-shot ispirata a un missing moment di Call me Angel. Ma questo, sempre in futuro ;)
Ora vado...grazie a tutti, in particolare a chi non manca un appuntamento dal lontano 9 Luglio. **
Un bacione,
Vostra,
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Forse ora, forse mai ***


CAPITOLO 31
Forse ora, forse mai

Ryan
 
Non credo fosse il fatto che la mia ex e la mia ragazza attuale si fossero allontanate da sole, in una stanza remota a parlare, ciò che più mi spaventava, no.
Mi allarmava il fatto che Mina si agitasse sulla sedia senza apparente motivo. E, stranamente, potevo giurare di non averla mai vista così.
Mina...agitata? Ma dai, no. Davvero, no.
Decisi di chiederglielo.
-Si può sapere cos'hai? - la domanda mi suonò quasi sbagliata, nel momento in cui la guardai negli occhi. Nel suo sguardo lessi emozioni diverse, finché non si decise a parlare.
-Ehm, niente...
-Impossibile, lo sai che con me non attacca.
Sapeva che odiavo le bugie. E allora, perché mentirmi?
Pensai di essere seriamente ubriaco, quando la vidi alzarsi e sbuffare sonoramente, con le mani fra i capelli. Quella non era Mina. Aveva...un non so che di inquietante, Dio. E le donne sono già inquietanti di loro...
-Ok, Ryan. Avrei voluto...dirtelo in modo diverso. Ma non c'è tempo. Ecco, so che vorrai uccidermi, probabilmente.
-Mina? - la chiamai.
Lei si bloccò di colpo e ricominciò a respirare.
-Puoi venire. - disse. Anche se non capii subito che non stava parlando con nessuno di noi. In un primo momento aggrottai le sopracciglia. Nella stanza eravamo rimasti io, Kyle che stava parlando con dei clienti in tono scocciato per far capire loro che eravamo momentaneamente chiusi, Pam e Paddy, intenta a stiracchiarsi. Non capivo con chi potesse parlare Mina, proprio no.
Fu tutto più chiaro quando dalla porta dello scantinato, sensuale e mortale allo stesso tempo, vidi avvicinarsi il demone della notte che avevo cercato per tutto quel tempo. Colui che aveva attaccato me e Straw alla festa, e quello che avevo visto uccidere una donna, settimane prima, nella torre fuori città.
Tutte le ragazze si alzarono in piedi in posizione d'attacco. Sulle prime non riuscii a parlare. Almeno non direttamente a lui. Mi rivolsi a Mina, piuttosto.
-Che. Cosa. ci. fa. Lui. Qui.
-Ryan...
-Rispondi!
Kyle nel frattempo si era avvicinato, dopo aver congedato i clienti e chiuso il locale. Sentivo i suoi occhi addosso, che chiedevano il motivo del mio urlo.
Ma avrei urlato ancora e ancora. Non mi sarei fermato, non dopo un tale affronto.
-Ryan, mi dispiace. Davvero. Ma...è successo.
Ogni muscolo, ogni nervo del mio corpo era teso e pronto a scattare. Quell'essere abominevole era nel nostro rifugio. Nel nostro rifugio, Cristo!
-E' successo cosa?
Pensai al peggio. Che l'avesse trasformata. O che...l'avesse messa incinta. Non ci vedevo più dalla rabbia.
Angelo...
Ridussi gli occhi a una fessura. Strinsi i pugni, inspirai, buttai fuori l'aria.
-Che cosa le hai fatto, mostro? - la mia voce era un ringhio.
-Non mi ha fatto niente. - disse Mina al suo posto.
-Cazzate! Ti deve aver manipolata, o qualcos'altro! Mina, guardalo. E' un nostro nemico. Il tuo nemico, per l'amor di Dio!
Nonostante volessi urlare, il mio tono di voce rimaneva basso, roco, spaventoso per fino per me.
Aiutami, angelo.
-Ryan, non ci serve il tuo acconsentimento. Non mi serve che tu ci capisca. Volevo solo fartelo sapere.
-Sapere cosa, Mina?
-Che stiamo insieme, Ryan. Che io sto insieme a un demone della notte. Ecco cosa.
 
Quasi mi venne da ridere. Perché avevo lasciato che una cosa del genere accadesse? Ero stato così cieco da non accorgermi che tutto quello stava succedendo proprio sotto il mio naso? Non era da me.
Non potei fare a meno di avvicinarmi al cassetto dove custodivamo le armi, con il pretesto di andare avanti e indietro, per calmarmi. Estrassi la più leggera, rimanendo voltato, senza farmi vedere nemmeno da Kyle. Con un gesto veloce, misi l'arma in tasca.
Tecnicamente, quel vampiro avrebbe potuto ucciderci tutti. Ne aveva tutto il tempo.
Angelo, perdonami se mi faccio vedere così.
Mi girai ed ebbi di nuovo il demone davanti agli occhi.
-Hai bisogno di una prova della mia lealtà, Ryan? - quella fu la prima volta che il mostro parlò. Zero, mi sembrava si chiamasse. Con quei capelli scuri e gli occhi grigi come il cielo prima di una tempesta.
Zero.
Quando la porta della cucina si aprì e Lory e Straw uscirono, tutto mi apparve troppo veloce e troppo spaventoso. Zero che scattava con velocità sovrumana accanto a Strawberry, io che estraevo la pistola e che la puntavo contro di loro.
Non toccarla non toccarla non toccarla, gridava la mia mente.
 
Strawberry
 
-Ti prego, dimmi che non è uno scherzo, Lory. Guarda che ci sto cascando.
La ragazza dai capelli verdi smeraldo sembrava non capire.
-Ho sbagliato, Strawberry. In tutto questo tempo ho preteso che Ryan si innamorasse di me, quando sapevo benissimo che ti amava praticamente da sempre. Ma non voglio perderti, davvero, no. Per cui la pianto di mettervi i bastoni tra le ruote...lo giuro.
L'unica cosa che riuscii a tirare fuori fu il sorriso più brutto della mia esistenza.
-Lory...
-Ti sto chiedendo scusa con tutta me stessa, Strawberry.
-Lo so, lo so, Lory. E' che è difficile, ecco...
-So benissimo che sono stata l'unica cosa che vi ha tenuto separati, in questo periodo. Ma ora sono stufa. Voglio...voltare pagina. Cambiare vita. Così voi, finalmente, potrete vivere la vostra.
Rimaneva sempre la ragazza imbranata che avevo incontrato in quel vicolo, quel giorno, quella fatidica ora. Era lei, sempre, era Lory. La mia dolce e insostituibile Lory, che si era innamorata del mio - e solo mio - uomo.
Avrei dovuto chiudere un occhio, e smetterla di pensarci. Ma mi era davvero difficile.
-Ti voglio bene, Straw. Scusami. Magari non oggi e non domani...ma scusami.
-Vieni qui. - allargai le braccia, attendendo di ricevere un suo abbraccio.
Quando arrivò, non rimanemmo attaccate a lungo. Certo, era da tempo che volevo un chiarimento, ma tra me e Lory si era spezzato qualcosa di indelebile e di certo, che purtroppo non sarebbe mai potuto tornare. Le volevo bene, lei ne voleva a me, ci saremmo protette, forse per un po', forse per sempre.
-Io lo amo, Lory. Lo amo da sempre e lui mi ricambia.
-...Lo so.
-Voglio renderlo felice. Ma per farlo devo essere sicura che proverai a dimenticarti di lui. Perché vedi, Lory, magari a te non sembra, ma Ryan a te ci tiene. E non riesce ad essere felice se sa che tu stai così male, o che addirittura proverai ad ostacolarci...
-No, Straw, hai la mia parola che non farò mai più niente del genere. Lo prometto.
Quelle parole suggellarono definitivamente la fine di tutte le sofferenze che io, Ryan e Lory avevamo dovuto sopportare. Sapevo però che lei mi avrebbe sempre portato rancore, e non si sarebbe mai veramente dimenticata di Ryan.
E quel pensiero mi uccise.
-Vorrei non aver mai combinato tutto questo – mi sussurrò.
-La gente si innamora tutti i giorni, Lory. Non fartene una colpa. Ti sei semplicemente innamorata della persona sbagliata.
Dopo una lacrima piccola piccola da parte sua, decidemmo che fosse il caso di tornare di là.
Quando aprii la porta, davanti a me si parò una scena incredibile, ma vera.
In un attimo, qualcuno mi abbracciò da dietro e mi portò stretto a sè. Qualcun altro caricò una pistola, Mina urlò, Pam, Paddy e Lory si trasformarono a una velocità disumana.
-Non le farò del male, Ryan.
...E quella era la voce di Zero.
Quando cominciai a vedere meglio chi mi circondava, capii anche cosa dovevo fare.
Dovevo stare ferma.
 
Zero mi stringeva lievemente, senza farmi male. Un braccio lo teneva attorno al mio collo, l'altro attorno alla vita. Io rimasi rilassata, e non provai nemmeno a parlare.
I miei occhi furono di Ryan, subito.
-Lasciala andare, bastardo. - gridò lui.
-Se spari colpirai lei, non me, svegliati. - ribatté Zero. L'alto contenuto di testosterone in quella stanza era palpabile. E il mio Ryan si stava arrabbiando, arrabbiando sul serio.
Spaventava persino me.
-Fidati di me e la lascerò andare.
-Lurido, non provare nemmeno a dire una cosa del genere...
-Ho bisogno che tu mi creda, Ryan.
-Lascia andare la pistola, Ryan. – intervenni io. In quel momento misi tutta me stessa, tutto il mio cuore. Non vidi più chi c'era nella stanza: c'eravamo solo io, solo lui, e lo dovevo salvare, perché la mia vita senza la sua non valeva niente.
Mi guardò per un istante che sembrò durare per sempre. Poi gettò la pistola per terra, e nell'esatto momento in cui lo fece, Zero mi lasciò andare.
Ma non feci quello che tutti si aspettavano. Non tornai da Ryan.
Mi voltai, guardai Zero negli occhi, e parlai.
-Quel giorno in cui mi hai salvato...lo hai fatto per uno scopo preciso.
-Non volevo che ti uccidessero. Ho lasciato i miei compagni da molto, ormai.
-Da quando, esattamente?
-...da quando ho cominciato a provare qualcosa per Mina, credo.
-Quindi ora cosa vuoi fare? - chiesi, guardandolo negli occhi. Erano bellissimi. Mai come quelli di Ryan, certo, ma se non si stava attenti si rischiava di perdersi nel loro colore intenso e passionale.
-Voglio unirmi a voi. - disse Zero, diretto.
Nella sala calò un silenzio pesante.
-Non vi chiedo di accettarmi subito, sia chiaro. Ma non intendo combattere al fianco dei demoni per distruggervi. Ho smesso di essere quel tipo di persona.
-E' difficile credere a qualcuno che è abituato a uccidere – intervenne Paddy.
-Ma mi ha salvato la vita – dissi io, continuando a guardarlo negli occhi.
-E ha salvato molte volte anche me, credetemi – aggiunse Mina, che era tornata tranquilla.
Potevo sentire quanto la rabbia di Ryan fosse pungente. Ma il mio amore avrebbe dovuto aspettare e fidarsi di me.
Lo avrebbe fatto, sì.
Solo allora diedi le spalle al demone e guardai Ryan, che mi osservava con espressione di rimprovero.
-Abbiamo bisogno di lui. - iniziai io.
-Ti prego, Strawberry. Non puoi farmi questo. Non tu.
-Ci aiuterà a scoprire più su di loro. - continuai, afferrando un suo polso nel frattempo diventato bollente. -Sai che non ci sta mentendo...-mormorai, con il tono più dolce e convincente che riuscii a trovare. Mi si attanagliava lo stomaco a vedere Ryan con quegli occhi, che trapelavano insicurezza e impotenza assoluta.
Come non avevano fatto mai.
Quasi ringhiando, Ryan abbassò lo sguardo, poi parlò ad alta voce e disse cosa pensava. E sapevo che era la verità.
-Va bene, Zero. Ti accetto nella squadra. Ma questo non vuol dire che io mi fidi di te, o peggio, che accetti il fatto che tu e Mina stiate...ecco, non riesco nemmeno a pensarci.
Tolse di scatto il polso dalle mie mani e guardò la ragazzina dai capelli blu con aria di rimprovero.
-Immagino che ora tornerai nella squadra. - sputò.
-...S-Sì, Ryan.
-Bene. Kyle ha tutto quello che ti serve. Ora vado giù...
Feci per seguirlo.
-...e ho bisogno di stare da solo.
 
La rabbia - perché sì, rabbia fu la prima cosa che provai – venne quasi immediatamente cancellata da un senso di colpa generale. Forse non avrei dovuto chiedergli di accettare Zero così direttamente.
Ma...io mi fidavo di lui, e, sopratutto, mi fidavo di Mina.
Come fare il contrario?
Così mi avvicinai a lei e la strinsi quel tanto che bastava, per farle capire che mi dispiaceva della reazione di Ryan. E prima o poi avrei dovuto anche dirle che stavamo insieme, finalmente.
Una cosa alla volta, mi ripetei. Calma, Straw.
-E' chiaro come la neve che il biondino non mi vuole. - annunciò Zero.
-Qui non ti vuole nessuno – disse Paddy, in un tono che mi fece rabbrividire. Anche Mina si irrigidì, sotto il mio braccio che le cingeva la vita.
-Ecco...lo sapevo che mi avreste creduto! Mina, lo sai che rispetto le tue scelte, Dio mio. E forse dovrebbe capirlo anche qualcun altro che si è particolarmente incazza...
-Paddy! - urlammo tutte all'unisono.
-Era per dire!
Ma aveva ragione. A così poco tempo dalla battaglia, l'ultima cosa che ci voleva era la mancata collaborazione tra i membri della squadra mew. E Ryan serviva lucido, perché era colui che ci avrebbe portato alla vittoria e lo sapevamo tutti.
-Beh...Zero, giusto? - chiese Kyle. -Vieni con me...vorrei, ecco, spiegarti come funziona qui dentro.
-Ehm Kyle? Tranquillo, non mangio mica. - scherzò Zero.
Non potei fare a meno che strabuzzare gli occhi.
La porta nera che portava al piano di sotto sembrava incombere su di me come un pesante fardello. Sapevo che Ryan non mi voleva, in quel momento. O magari anche sì, ma era troppo orgoglioso per ammetterlo.
Avevo davvero bisogno di stare con lui, e di spiegargli perché doveva fidarsi di Zero.
Ripensai ai miei genitori, a Kat che mi stava aspettando a casa e alla promessa che le avevo fatto. Avrei dovuto portare in salvo mamma e papà.
L'attesa era cominciata. E il conto alla rovescia già faceva male.
.



 
.



 
.
Eccoci qui, cari e care: è passata un'altra settimana. Rullo di tamburi...il famigerato chiarimento è arrivato, anche se adesso c'è una piccola burrasca alle porte. Il nome della burrasca è Zero, e penso che tutti stessimo aspettando il momento in cui finalmente si sarebbe unito alla squadra. Ryan è sconvolto a tal punto di prendersela con Straw, che invece ha preso le parti del demone. Come andrà a finire? Vi consiglio di non perdervi il prossimo capitolo, perché succederà una cosa inaspettata...Piccolo suggerimento: ci sarà un importante ritorno!
Ringrazio tutti coloro che continuano a seguirmi, chi preferisce, chi ricorda e in particolare chi lascia sempre un pensiero rendendomi l'autrice più felice del mondo :) Vi voglio bene, ve lo ripeterei ogni momento. G R A Z I E <3
Vostra
Je <3 

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** Fredda, possibilmente ***


CAPITOLO 32

fredda, possibilmente

 

Strawberry
 
Avevo un bisogno spasmodico di vedere mia sorella. Viva.
Nel senso, l'avevamo lasciata sola per troppo tempo, secondo me. Erano passate tre ore da quando avevamo lasciato la casa di Ryan, e, seppur il mio ragazzo aveva continuato a ripetermi che la casa era sicura, non potevo fare a meno di preoccuparmi.
Quindi quando scesi dalla moto, quasi non tirai a Ryan il casco in faccia dalla fretta che avevo.
Non mi aveva più parlato da quando era sceso al laboratorio. Cominciavo a sentirmi veramente in colpa. Ma Dio, cosa dovevo fare? Avevamo bisogno di Zero, ed era chiaro come il sole che quel ragazzo amasse Mina. Se avesse voluto, avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per ucciderla. Per ucciderci.
Ma Ryan sembrava seriamente troppo incavolato anche solo per ascoltarmi. E non era da lui.
Quando aprì la porta di casa, Kat mi corse in contro urlando il mio nome.
-Scusa il ritardo, piccola mia.
-Mi siete mancati – sussurrò lei. Mi chinai e la presi in braccio, e lei si lasciò cullare così. Sentire il profumo della sua pelle – che sapeva di pesca e fiori selvatici – e aver rivisto il suo sorriso mi fecero sentire meglio. Kat e Ryan erano parti di me, del mio corpo e della mia anima, ormai non potevo farci più nulla.
-Sei stata bene con Gerard? - chiese Ryan.
-Benissimo, davvero. É' molto gentile ed è tanto buono, Straw...mi ha preparato dei biscotti, e poi mi ha raccontato che la sua nipotina ha solo un anno in più di me. Qualche volta potremmo giocare insieme, vero?
La mia piccola fece uno sbadiglio che chiarì il fatto che avesse sonno da morire.
Sorrisi. -Certo che potrete giocare. Andiamo a letto però Kat, adesso.
-Ma... ma volevo raccontarvi tante cose!
-Facciamo domani, va bene? Domani ci dici tutto.
La luce della stanza andò via e ritornò. Kat sussultò e io la strinsi più forte, e in un attimo, Ryan ci fu vicino. Lo guardai e cercai spiegazioni.
-Non può essere un blackout. Cazzo. - mormorò lui.
-Ryan, la devo portare via. Se sono loro la uccideranno.
Ero bloccata. Non avevo nessuna intenzione di trasformarmi davanti a lei e da umana non avrei avuto nessuna possibilità con i vampiri.
-Non vi muovete. Vado a prendere la pistola.
Non ebbi il tempo di fermarlo. Io e Kat eravamo rimaste sole, e poco dopo, la luce andò via un'altra volta, e ci fu un lieve colpo dietro di noi. Kat urlò, e al momento del suono tornò anche la luce. E, davanti a me, rividi i suoi occhi.
Miele, promesse, vita spezzata...
Il mio primo bacio.
 
-Non volevo spaventarti, micetta. Davvero, scusami.
Un giallo sorprendete e caldissimo.
-Dì qualcosa, Strawberry... ti prego.
E la sua voce, cavolo, la ricordavo perfettamente. Era lui, era davvero lui! E non mi sarei mai aspettata di rivederlo.
-Ghish!
Lasciai andare Kat e mi gettai tra le braccia dell'alieno. Era diventato più alto e, novità per me bizzarra, portava un paio di jeans e una camicetta bianca. Sembrava quasi umano, se non fosse stato per lo strano colore degli occhi.
-Sei...sei tornato. - dissi raccogliendomi, facendomi passare una mano tra i capelli. -E le tue orecchie, Dio, sono, sono...
-Sono più umane, diciamo. E sì, piccola, sono tornato. Non volevo farlo in modo così plateale, ma entrando dal retro credo di aver fatto saltare il contatore.
Si era addirittura tagliato i capelli, ma portava lo stesso quei codini bizzarri che però, solo a lui, donavano molto.
-Mi sei mancato. - dissi io. Non che fossimo mai stati in buoni rapporti, ma fino a prova contraria mi aveva salvato la vita. E mi aveva rubato il primo bacio – a tradimento - per cui non gli volevo poi così tanto male.
-Anche tu. E tanto, micetta. - poi guardò Kat. -Ma chi è questo raggio di sole?
-Mia sorella, Ghish. Vieni Kat, saluta questo ragazzo, è...un mio vecchio amico.
I due si diedero la mano, e finalmente, dopo un momento di perplessità iniziale, Kat sorrise.
-Come hai fatto a sapere che ero qui? - chiesi io.
-Il primo posto in cui vi ho cercato è stato il caffè e lì ho trovato quello moro con la coda, che si è sposato con la violetta. Stanno bene, insieme, cavoli.
-Pam e Kyle – mormorai.
-Ecco, brava, così si chiamano. Beh, mi hanno detto che ti avrei trovata qui. E mi hanno detto anche di Mark... mi dispiace tanto, davvero.
Mi limitai ad annuire.
Nel frattempo era arrivato Ryan. Non aveva capito con chi stessi parlando, infatti alzò la pistola, credendo che fosse un vampiro. Quando si rese conto di avere Ghish, di fronte a sé, quasi scoppiò a ridere.
-Sono questi i modi di entrare in casa degli altri? - scherzò.
-Perdonami, biondo, hai ragione. Ero solo venuto a vedere come andava, tutto qua. E...
Improvvisamente Ghish abbassò lo sguardo, come per non far notare che era diventato rosso.
-Congratulazioni, ho saputo che state insieme.
Mi suonò un complimento falso, ma in ogni caso accennai un ringraziamento con la testa. Dopo tutto quel tempo, possibile che fosse ancora innamorato di me? Il suo amore era solo un ricordo del sentimento, e io lo sapevo bene. Per me era stato lo stesso all'inizio, con Mark, quando ancora non avevo assimilato bene il fatto che non sarebbe tornato mai più.
Ci fu un momento in cui nessuno parlò. E che mi sembrò anche piuttosto imbarazzante.
-Kat, vieni. Ti porto di sopra a dormire, ok? - chiese Ryan alla piccola.
-Va bene. 'Notte, Straw. 'Notte, signor amico di mia sorella.
-Buonanotte, stellina. - rispose l'alieno, soffocando una risata.
Quando furono abbastanza lontani parlai.
-Cos'è quella faccia, Ghish?
Volevo spiegazioni. E volevo, per una volta, che fossero vere.
-Non è nulla, micetta. Certo che ha proprio una bella casa il biondino...
-Ghish. Ti prego, dimmelo.
I suoi occhi si fecero improvvisamente seri. Si sedette su una delle poltrone, guardando un punto a me invisibile. -E' una cavolata. Per un attimo, ecco, solo per un attimo, ho provato invidia pura per quel biondino. Ma mi passa, micetta.
-Ghish...è passato tanto di quel tempo...
-A volte il tempo non basta a farti dimenticare, Strawberry.
Non potei fare altro che guardare per terra, per non cedere alla tentazione di guardarlo negli occhi. Non volevo più ferirlo: volevo che si dimenticasse di me per sempre.
-...Sei felice? Voglio dire, sei felice, con lui?
Incontrai i suoi occhi. -Sì, Ghish. Voglio stare con lui tutta la vita. Lo amo.
Tornò a guardare quel punto indistinto. -Allora sono felice per te. Adesso vado...si è fatto tardi. - Si alzò dal divano.
-Aspetta, aspetta! Ma torni a casa, Ghish?
-Non lo so...dovrei?
Mi avvicinai a lui. Non volevo che andasse via per la seconda volta con il cuore spezzato. -Rimani ancora un po'...non ci vediamo da tanto.
Il suo viso - e i suoi occhi, in particolare - si rilassarono, facendolo tornare il ragazzo giovane e spensierato che avevo portato nei miei ricordi per così tanto tempo.
-Ma sì, piccola. Non avevo intenzione di tornare sul mio pianeta. Mi cercherò un posto dove dormire. Anche perché non posso tornare senza gli altri.
-Gli altri? - chiesi.
-Giusto, dimenticavo: sono qui con Tart e Pie. Ma credo siano andati...
Smisi di ascoltare e sorrisi come un ebete. Sapevo benissimo dove potessero essere andati...
 
Paddy
 
Credevo che mia sorella mi avrebbe uccisa, quando mi sarei presentata a prenderla alle scuole elementari con più di un'ora di ritardo.
Lo ero perché avevo perso la condizione del tempo al caffè, ma ormai era anche troppo tardi per fermarsi a pensare e a rimediare. Heicha mi avrebbe perdonata, lo faceva sempre.
D'altronde aveva me, i suoi fratelli e qualche amica. Non ci avrebbe perso per nulla al mondo perché aveva già perduto abbastanza anni prima, quando la mamma era morta e il papà ci aveva lasciato.
Beh, e invece...dicevo che si sarebbe arrabbiata, ma ecco, lei alle scuole elementari non c'era più. E non c'era più nemmeno una sua maestra che potesse darmi spiegazioni; strano: quando ero in ritardo Heicha mi aspettava sempre insieme a Mara, la sua insegnante di matematica.
Forse era passata a prenderla Chinicha, che alla stessa ora tornava da Karate o magari Hanacha, che era il più premuroso dei gemelli nei confronti della sorellina più piccola. Ma in ogni caso non era mai successo che tardassi così tanto e mi sentivo un po' preoccupata.
Così arrivai a casa di corsa e mi precipitai nel corridoio che portava in cucina. Ma c'era qualcosa di strano.
I miei fratelli erano soliti aspettarmi, la sera, giocando in giro per le stanze: quel giorno non c'erano né rumori né traccia di loro. Cominciai seriamente a pensare che fosse successo qualcosa.
-Lucha? - chiamai. Lui mi ubbidiva sempre. Perché non rispondeva?
-Honcha? Ma dove siete?
Arrivai alla cucina e cominciai, piano piano, ad aprire la porta. Avevo il terrore che qualcuno di quei vampiri si fosse intrufolato in casa, e che mi avesse portato via l'unica ragione di vita che mi rimaneva, la mia famiglia.
Quando entrai in cucina, finalmente li vidi tutti. Stavano giocando, e c'era anche la piccola Heicha. Solo che giocavano in modo tranquillo, ed erano tutti intorno a
Intorno a
 
Non è possibile.
-Quindi sono venuto per rivedere la vostra sorellina.
-Sei venuto da molto molto lontano, signore?
-Sì, Hanacha. Molto, mooolto lontano.
-Lontano quanto?
-A volte mi sembra troppo, piccola Heicha.
Da quanto ero sconvolta, mi appoggiai al piccolo mobiletto vicino alla porta e lo spostai, facendo rumore.
-Eccola, è tornata!
I miei fratelli scattarono in piedi e mi circondarono. Ognuno di loro arrivava ad altezze diverse, ed era bellissimo abbracciarli tutti, come una mamma.
Ma io continuavo a fissare quel ragazzo moro dagli occhi giallastri. Quel ragazzo che inspiegabilmente non aveva più le orecchie enormi, e i vestiti strani: portava un paio di pantaloni della tuta blu, una t-shirt dello stesso colore e delle calze bianche.
Era uno scherzo?
Decisi di scoprirlo.
-Tart? - lo chiamai.
Lui sorrise e sembrò rilassarsi.
-Ciao, scimmietta.
Spostai i miei fratelli e cominciai a camminare verso la sua direzione. Gli occhi perennemente aperti più che potevo, per scorgere ogni suo movimento.
-Sei tornato. - dissi con nessuna emozione.
-Sì.
-Beh...
Scoppiai.
 
-Vai. A. Quel. Paese, idiota! Per tutto questo tempo non ti sei mai fatto vivo, ora ti presenti in casa mia? Ma chi ti credi di essere?!
Presi un cuscino dal divano più vicino e cercai di buttarglielo addosso, ma purtroppo era ancora molto agile, come lo ricordavo.
-Oddio, Paddy! Stai...stai calma! Siamo ancora amici, no?
-Amici? Amici! Ma dico ti sei sentito? Gli amici non si abbandonano! Tu invece te ne sei andato e non ti sei fatto più vedere. Beh, bravo! - dissi puntandogli il dito contro, a pochissimi centimetri da lui.
Mi ero fottuta da sola.
Tart mi afferrò la mano e con l'alta mi accarezzò la guancia. Era una sensazione stranissima; insomma, non mi aveva mai toccata così.
-Mi sei mancata anche tu, Paddy.
La sua voce un po' roca, i suoi occhi e il suo viso, mi fermarono inevitabilmente. Certo che mi era mancato, non c'era nemmeno da chiederlo.
Però non riuscivo a dirglielo, e questo mi spezzò in due.
Rimasi seria mentre mi toglievo dalla sua presa che ancora un po' bruciava sulla pelle. Misi le mani tra i capelli e mi sedetti sul divano, ancora senza parlare. Tutti i miei fratelli mi guardavano, forse non capendo perché ero arrivata ad arrabbiarmi così tanto con quel povero ragazzo sbucato fuori dal nulla.
Fu Heicha a parlare per prima, con il suo bellissimo tono di voce che aveva il dono di farmi calmare sempre.
-Non essere arrabbiata con lui, Paddy. Mi è venuto a prendere a scuola, addirittura.
-Mi chiedo cosa ci facessi a scuola da lei – chiesi rivolgendomi all'alieno.
-Beh, quando io e gli altri siamo arrivati siamo andati al caffè, e lì mi hanno detto che ti avrei trovata alla scuola elementare. Tu non eri ancora arrivata e io ho scambiato tua sorella per te.
In effetti, io e Heicha eravamo molto simili, fatta eccezione per i capelli, che lei teneva tagliati corti mentre io li lasciavo cadere sotto le spalle, e l'altezza. In cinque anni ero cambiata, certo, non radicalmente, ma quel poco che bastava a rendermi una ragazza quasi adulta. Ma stavamo parlando di Tart, e lui sicuramente non aveva nemmeno fatto caso al fatto che fossi cresciuta, e mi aveva addirittura scambiata per mia sorella.
-Beh, grazie mille. - dissi nel tono più scocciato che riuscii a trovare verso Tart. Poi mi rivolsi a mia sorella. -Non succederà più Heicha, promesso. Verrò sempre io d'ora in poi.
Riguardai Tart che mi parve quasi offeso.
-Paddy, ho tanta fame – annunciarono in coro i gemelli.
-Vi preparo la cena – dissi io alzandomi, con tutta la calma possibile. Ero quasi offesa dal fatto che lo difendessero. Insomma, lui...
-Possiamo invitare anche lui, Paddy? - chiese mia sorella.
-Heicha, non sono così sicura che sia disposto a rimanere. Avrà molto da fare. - dissi dandogli un'occhiata e riducendo gli occhi a una fessura.
-In realtà non saprei proprio dove andare. - ammise Tart.
-Vedi, vedi sorellina? - proseguì Heicha strattonandomi i pantaloni. -Ti prego, ti prego!
Di nuovo tornai a osservare Tart. Mettere da parte l'orgoglio, ecco l'unica cosa che mi serviva. Ma non era facile, e comunque lui sapeva com'ero fatta. Io non cedevo mai.
Ma arriva il momento in cui anche i testardi devono cedere a una forza più grande di loro.
Perché non avrei mai trovato la forza di mandarlo via, proprio adesso che era tornato.
-E va bene, può rimanere.
Tutti i miei fratellini esultarono e ci dirigemmo in cucina. Sentii qualcuno che mi afferrava la mano e che si avvicinava pericolosamente.
-Sei sempre la solita, sciocca. - sussurrò Tart al mio orecchio.
-Lo faccio per i miei fratelli.
-Beh, allora vado a ringraziarli.
E infatti se ne andò a giocare con Heicha e tutti gli altri. Io cercavo in tutti i modi di non arrossire mentre cucinavo il riso e le polpette di carne, invece.
 
-Ho tanto sonno, Paddy.
Ormai erano quasi le undici, e i miei piccoli non ce la facevano più. Avevamo mangiato e riso in compagna, ma ora era arrivato il momento di andare a dormire, per tutti.
-Forza, ragazzi. A nanna! - ordinai io.
Uno alla volta si alzarono e vennero a darmi un bacino, mentre cercavo in qualche modo di lavare i piatti. L'ultima fu Heicha, che andò a dare la buonanotte anche a Tart che era in piedi vicino a me.
Quando rimanemmo soli sentii lo stomaco che cominciava quasi a far male.
-Sei coma una mamma, per loro.
-Già...lo sono quasi a tutti gli effetti. Mi occupo della casa, li porto a scuola e alle attività che vogliono fare, e in mezzo a tutto trovo il tempo per lavorare.
-Non ti stanchi mai?
-No. Lo faccio per loro. E poi ormai mi sono abituata, lavoro da quando mamma si era ammalata. Ero molto piccola.
-Adesso dove sono i tuoi genitori?
Non mi ricordavo se gliene avessi mai parlato. In ogni caso non faceva quasi più male tornare a parlare di quelle cose. Anzi, certo, faceva male, ma era come una vecchia cicatrice che rimane lì, ti segna la pelle e brucia, ma ormai è passata e non puoi fare niente per mandarla via. Ti ci abitui, ecco.
-Mio padre non c'è quasi mai, viaggia per il mondo e qualche volta spedisce a casa delle lettere per far sapere dov'è.
-Tua madre?
-Mia mamma è morta molto tempo fa, Tart.
Ci fu un lungo silenzio, durante il quale Tart si guardò i piedi e io sfregai con tutta la forza che avevo una macchia che proprio non se ne voleva andare.
-Da' qua, provo io – disse l'alieno prendendo in mano la spugna e il piatto. Sfregò al posto mio e in un attimo fece sparire la macchia.
-Non volevo essere così impertinente.
-Non importa, Tart.
-Devi fare tutto da sola, con un peso così grande sulle spalle...
-Davvero, basta, Tart. Sto bene.
In un batter d'occhio arrivai alla finestra, uscii e andai a sedermi sul tetto. Era una mossa per stare lontana da lui, ma avevo dimenticato un piccolo particolare. Tart volava. Mi raggiunse in un battito di ciglia.
-Capisco: le orecchie sono più piccole ma puoi ancora volare.
-Certo che posso, cosa credi?
Si sedette accanto a me.
Io guardavo le stelle, o meglio, mi ostinavo a non guardare lui. Non sapevo perché e non volevo chiedermelo, ma Tart riusciva a mettermi in soggezione. Non lo aveva mai fatto, cinque anni prima. Insomma, con lui stavo bene, mi divertivo, addirittura giocavamo...
Non faceva altro che fissarmi.
-Sei diventata molto carina, Paddy.
Scoppiai a ridere. -Vuoi dirmi che ti sei accorto che sono cambiata?
A quella domanda cercò di avvicinarsi a me. Di nuovo mi sfiorò la guancia con le dita, poi le fece passare dietro il mio collo e afferrò i capelli.
-Certo che vedo che sei cambiata, sciocca. - mormorò.
E poi arrivò, inaspettato, caldo e dolce allo stesso tempo.
Il mio primo bacio.
Fu una sensazione bellissima, avvolgente, di quelle che ti portano via con loro. E se nei primi istanti mi sembrava una cosa innaturale, quando cominciai a prendere confidenza imparai come si faceva. Non avrei mai pensato di esserne capace, ma stavo baciando un ragazzo. Stavo baciando Tart. E mi piaceva da morire.
Tart mi piaceva da morire. Era avido ma allo stesso tempo timido, sicuro ma allo stesso tempo incerto se andare avanti e continuare quella follia, o fermarsi e rimpiangere tutto.
Ma non stavamo sbagliando, lo sapevo. Aspettavo quel gesto da quando lo avevo rivisto, e anche se in un primo momento lo avevo negato, ora che ci ero troppo dentro non potevo più cambiare idea.
Lui mi piaceva.
Mi sembrava tutto così semplice. Ora che lui era tornato i problemi non c'erano più. Le bollette in arretrato da pagare, la rata del Karate dei miei fratellini, non potersi permettere nulla più del dovuto...tutti i miei pesi, tutti i miei errori passarono in secondo piano. Scivolarono via come acqua fresca di pioggia che cade sulla pelle. C'eravamo solo io e lui, quel ragazzino fragile che era tornato e mi aveva salvato la vita.
-Ora sai perché sono tornato. – disse guardandomi negli occhi.
-Lo sai che mi stai salvando la vita, Tart?
Un fremito lo scosse. Non capiva. Così riunii le nostre labbra e stavolta avevo davvero cominciato io.
-Non andartene mai più. - dissi appoggiando il viso alla sua spalla.
Cominciai a piangere.
 
Strawberry
 
Era stata una giornata lunga, ed ero molto stanca.
Ghish se n'era andato: aveva preferito cercare una camera in qualche posto qua e la, piuttosto che rimanere in casa di Ryan.
Avevo l'impressione di averlo ferito davvero, anche se continuavo a ripetermi che non era colpa mia e che non potevo farci niente. Sarebbe stato bene sapendo che io ero felice? Ne dubitavo.
Sentivo il bisogno di chiarire con Ryan, e ora che eravamo soli non potevo più aspettare. Come gli avevo già detto, io mi fidavo di Mina. Ciecamente. Non pretendevo che anche lui automaticamente si fidasse, ma mi sarei aspettata un po' di più. Sì, ecco, un po' di più.
Non sopportavo l'idea che avessimo litigato per una cosa così stupida, e non sopportavo il fatto che tra di noi ci fosse un imbarazzo così tagliente da costringerci a guardarci a malapena.
Io nel letto di Ryan, lui nel bagno a farsi la doccia.
Non mi aveva chiesto nemmeno cosa ne pensassi di Ghish.
In un primo momento decisi di addormentarmi. In quel modo non avrei dovuto affrontare Ryan una volta che fosse uscito dalla doccia.
Ma poi pensai che era davvero una cosa da codardi, e che ero una donna, ormai, non una ragazzina di tredici anni che invece di affrontarli, scappava dai problemi.
Così, senza sapere bene cosa fare ma soprattutto cosa dire, aprii la porta del bagno e mi ci infilai dentro.
Vidi la sagoma di Ryan muoversi dietro la tendina della doccia, e immediatamente mi sentii avvampare. In un certo senso, cogliere ogni suo particolare in quel modo era quasi un gesto più intimo del sesso. Al posto suo, mi sarei sentita esposta, ancor più nuda e fragile.
Ma non sapevo se mi avesse vista, così mi limitai a sedermi nel bordo della vasca, ascoltare il rumore dell'acqua che colpiva il suo corpo e sentire il profumo delizioso del bagnoschiuma al muschio bianco.
-Angelo?
-...Ma allora mi hai sentita.
Non era una domanda. Era un qualcosa che mi era uscito in tono freddo, ma stanco, di chi non vede l'ora di chiarire e muore dalla voglia
dalla voglia
Io morivo dalla voglio di baciarlo, ad esempio.
-...mi 'spiace, angelo. E' solo che...
-Sembra che non ti fidi di me, Ryan.
-Non è quello il punto. Mi stupisce invece il fatto che tu ti fida di lui.
-Mi ha salvato la vita. Non gli sei riconoscente? Mi. Ha. Salvato. la. Vita.
Vidi che si mosse leggermente grazie alle pieghe delle tendine. Immaginai le sue mani vagare per il corpo, e per un attimo pensai di aver bisogno urgentemente anche io di una doccia. Fredda, però, possibilmente.
-Angelo, non voglio farti arrabbiare, Dio...vieni più vicina.
Feci un bel respiro e mi avvicinai alla doccia.
Non avevo quasi più voglia di arrabbiarmi, o di provare a farlo, perché in ogni caso in quelle occasioni, e lo sapevo, vinceva il cuore. E il mio mi portava a lui, sempre.
Scostai le tendine di poco, solo per poter intravedere i suoi occhi. E quando li trovai, non potei fare a meno di sorridere.
-Mi fido di te, Angelo.
-E allora prova a fidarti anche di Zero. Provaci.
-...Se ci provo, è solo per te. - mormorò accarezzandomi una guancia.
Mi si era chiuso lo stomaco, e non riuscivo proprio a parlare.
Io sono
una ragazza qualunque
e ho paura
ma non ti perderò
E' una promessa.
Mi infilai dentro la doccia e cinsi con le braccia il suo petto fradicio.
-Ti amo così tanto, Ryan.
Per tutta risposta, lui divorò le mie labbra. Il suo bacio arrivò come un secchio di acqua fresca e calda allo stesso tempo, che mi annebbiarono e risvegliarono allo stesso tempo. Il suo gesto, accompagnato da un gemito, era un qualcosa di primitivo e forte, che mi spaccava lo stomaco e che mi fece venir voglia di farlo di mio di nuovo, ancora e ancora, succhiare le sue labbra, la sua pelle, farmi amare e prendere così, ora, prima di tornare di là, nel mondo in cui c'erano i problemi, le guerre e gli orrori.
-Perchè litighiamo? - mormorò, mentre percorreva il mio collo con piccoli baci. E nella sua voce udii sconforto, paura di perdermi, che ebbero la capacità di scaldarmi il cuore e farmi arrivare il sangue alla testa. Ero satura di emozioni. -Non lo so. - ansimai.
E non lo sapevo davvero. Ma strappò i vestiti di dosso come se pesassero, pungessero, e, nuda di fronte all'uomo che amavo, piansi una lacrima.
-Ma tu non lasciarmi. Non lasciarmi mai.
Riunì le nostre labbra e con voracità morse il labbro inferiore.
-Mai. - scandì.
.


 
.


 
.
Buon salve a tutti, tesori miei ** Non vedevo l'ora di pubblicare questo capitolo perché è uno di quelli che amo di più, un po' perché tornano gli alieni che io adoro, un po' perché i momenti in cui si fa pace (soprattutto tra quei due figaccioni di Ryan e Straw) mi piacciono da morire. Scusate se non sono venuta ieri, ma era il mio compleanno e sono stata un pochino impegnata (anche se per colpa della neve non ho potuto festeggiare come si deve, mannaggia!) XD
Comunque non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate di questo chappy ;) Come al solito ringrazio tutte, in particolare le nuove arrivate, che con i loro messaggi inaspettati, dolcissimi e fantastici mi fanno cadere sempre qualche lacrima di troppo. Grazie, davvero.
Un bacio,
Vostra
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** Le mie condizioni ***


Capitolo 33

le mie condizioni

 

Strawberry
 
-Mi ha baciata.
Paddy continuava a urlarlo al telefono, quasi come se fossi sorda. Avrei voluto tanto dirle che non lo ero, che non c'era bisogno di tutto quel fracasso, ma non me ne dava il tempo.
-Mi ha baciata!
Tra le altre cose, ero ancora mezza addormentata. Erano le sette del mattino, per cui diciamo che avevo una scusa, per esserlo. Come ogni altro giorno stavo preparando la colazione: latte con cioccolato in polvere, due buoni caffè, biscotti e un del tè freddo per la piccola Kat, a cui il caffè proprio non piaceva.
Ryan era venuto per darmi un bacio sulla guancia, come buongiorno, ed era arrivato da dietro cingendomi la vita; ma non si era più staccato, quando aveva notato il telefono. Ascoltava preoccupato la piccola Paddy.
E lei non smetteva più di urlare.
-Ma chi, Paddy? Chi? - dissi anche io urlando, per farmi sentire.
D'un tratto parlò sottovoce. - Tart.
Oh.
Oh.
Mi ero rigirata tre le braccia di Ryan, e ora eravamo petto contro petto. Mi guardava senza capire. Neppure io capivo, insomma, Tart era...
-Ora dov'è? - domandai.
-Ha accompagnato i miei fratelli a scuola, non è con me. Ma...Straw, io ho una bruttissima sensazione. Sto sbagliando qualcosa? C'è qualcosa che non va in me? Ogni volta che lo guardo mi sembra di impazzire. E vorrei che fosse con me sempre, e...
Mi persi nella conversazione sorridendo e guardando Ryan. Anche lui rideva, perché capiva benissimo di cosa stava parlando Paddy. Anche io, ogni volta che guardavo lui impazzivo, e volevo che fosse con me sempre, e volevo...
-Paddy, mi ascolti? - la interruppi a un certo punto.
-Sì, dimmi! - disse come fosse un piccolo caporale sull'attenti.
-...Ti sei innamorata.
Ci fu un lungo silenzio. A un certo punto io e Ryan ci guardammo, come a dirci “che abbia messo giù”?
-Ma non è possibile. – disse con voce a malapena udibile.
-E invece è vero, ed è una cosa bellissima.
Si sentì chiaramente il campanello suonare. La paura di Paddy era palpabile.
-E' lui...è lui. Ecco, Straw, mi tremano le gambe.
Guardai gli occhi di Ryan e fui percorsa da un brivido, quel fremito familiare che il suo sguardo era solito regalarmi.
-Anche a me, piccola, in questo momento.
Ma aveva già riattaccato.
 
Quella mattina, a parte tutto, era davvero molto importante: ci dovevamo incontrare al caffè mew per discutere della guerra imminente. Nessuno mancava all'appello: le cinque mew mew, Zero, Ryan, Kyle e i tre alieni, che si erano messi a disposizione non appena avevano saputo che una guerra era in atto. Era venuta anche la piccola Kat, con la quale però avevano deciso di stare Lory e Ghish, nella cucina vuota al piano di sopra che sapeva sempre un po' di fragole...il frutto che mia sorella preferiva.
La verità era però che non volevo che sentisse ciò di cui avremmo discusso.
-Abbiamo a che fare con vampiri immortali. – cominciò Kyle, ma Pam gli diede una pacca sulla spalla come a dire “così esageri”.
Ma a conti fatti aveva ragione. Erano vampiri, sì, ed erano immortali, pure.
-Ma non morite mai, ma proprio mai mai mai? - aveva chiesto Paddy a Zero.
-Non esiste la vera immortalità, Paddy. Tutti prima o poi si spengono: perché sono stanchi, o perché non hanno un motivo per continuare a vivere.
-Passiamo ai fatti, Zero – si intromise Ryan. -C'è qualcosa che può uccidervi? O ferirvi?
Zero guardò per terra, poi Mina. Poi anche a me.
-Il sole.
Ci guardammo tutti senza capire, perché Zero non aveva assolutamente problemi col sole. Anzi, fuori c'era una bellissima giornata e lui era vivo e vegeto, per cui...
-Ci prendi per il culo? - chiese Ryan sorridendo.
-No, biondino, è la verità. Il sole ci uccide. Se non lo fa, è perché abbiamo questo. - alzò il braccio e ci mostrò un braccialetto sottile, probabilmente in pelle. Guardai meglio, e notai che vi era intersecata una pietra del colore dell'oceano.
-E' un lapislazzuli, una pietra che difende i vampiri dal sole. Ognuno di noi ne ha una.
-Vuoi dire che se te la togli...- cominciò Pam.
-Il sole ci ucciderebbe.
Era incredibile. Ero fermamente convinta che nulla potesse difendere i vampiri dal sole, ma probabilmente ero rimasta ai tempi di Dracula, e la cosa era, come dire, andata avanti.
-Quindi non sopporti l'aglio? - chiesi io.
Zero ridacchiò. -Quella è solo una stupida leggenda inventata da voi.
-E che mi dici del crocifisso? - continuò Ryan.
-Niente di niente.
Ci guardammo tutti con aria di spavento. Quasi nulla poteva intimorire quegli esseri, e la battaglia era sempre più vicina. E non potevamo fermarla, era ovvio.
-Ryan...vorrei farti vedere una cosa. - mormorò a un certo punto il demone. Tutti, all'unisono, come chiamati da qualcosa di più grande di noi, rialzammo il viso.
-Prendi un coltello e una matita – ordinò Zero.
Ryan tornò in pochissimo con l'occorrente e si mise davanti al vampiro. Noi osservavamo la scena. Eravamo tutti concentrati, e c'era tanta tensione.
-Ora – cominciò Zero - vorrei che premessi entrambi gli oggetti sui miei polsi fino a ferirmi.
Ryan scoppiò quasi a ridere, ma la serietà di Zero lo mise in guardia. Quello che stavamo per vedere era davvero la chiave che avrebbe potuto salvarci?
-Prima di stasera, biondino. Grazie.
Ryan appoggiò le “armi” sui polsi di Zero, e premette con forza. Lui emise solo un piccolo gemito, mentre Mina si portò una mano alla bocca.
Ci avvicinammo tutti.
Sul polso destro non c'era assolutamente nulla. O meglio, vi era un segno rosso che velocemente – troppo velocemente – si schiariva. E ancora e ancora, fino a scomparire.
Quello era il polso ferito dal coltello.
Sull'altro sanguinava una ferita ben visibile, che non accennava a rimarginarsi. Zero guardò Ryan, poi Mina. Arrivò a me.
-Il legno.
Tutti si voltarono a fissarmi.
-Il legno può ferirvi. Pensavo fosse solo una leggenda.
-Già, Strawberry. Il legno può ferirci e addirittura ucciderci, se veniamo colpiti al cuore, o alla testa. E' incredibile, no? Con tutto quello che c'è, proprio il legno.
-E'...pazzesco. - commentò Ryan. -Kyle, puoi fare qualcosa per modificare le armi delle ragazze? Possiamo sfruttare questa cosa a nostro vantaggio.
 
Nel giro di qualche ora, le nostre armi ci vennero restituite. Erano state modificate da Kyle: penso che avessero iniettato loro un siero a base di legno, o qualcosa di simile, che potesse in qualche modo mettere in difficoltà i vampiri. Era gratificante sapere che le nostre armi ora erano più efficaci. Dava più speranza, in un certo senso.
Nel grande magazzino del caffè non si parlava altro che di armi e di battaglie. Zero, Ryan e Kyle erano alle prese con la creazione di proiettili di legno, mi pareva di aver capito. Credo che le avrebbero usate loro, poi.
La cosa mi faceva impazzire di paura.
Gli alieni erano usciti per fare la spesa: erano stati molto carini. Fuori dai giochi di morte rimanevamo io, Paddy e Mina. Pam aveva raggiunto Lory in cucina, e probabilmente voleva giocare con mia sorella, che era anche troppo brava a non lamentarsi della giornataccia che le avevo riservato.
Ci avrei scommesso tutta me stessa che le mancavano mamma e papà. E mi si spezzava il respiro ogni volta che pensavo a loro. Ogni volta.
 
-Kat è straordinaria.
Alzai la testa che avevo immerso nelle ginocchia. Ero seduta sugli scalini, fuori dal magazzino che si trovava sotto il caffè mew. Sentivo debolmente le voce di tutti quanti, ma non ascoltavo.
E poi Ghish, con il suo Kat è straordinaria.
-D'altronde è tua sorella.
Gli sorrisi, forse con una vena di imbarazzo. Stare vicino a lui non mi era mai parso così strano, lo dovevo ammettere. Era morto tra le mie braccia, perché mi aveva salvato la vita: eppure adesso eccolo lì, mentre si sedeva accanto a me, pronto a parlare del più e del meno.
Appoggiai la testa alla sua spalla.
-Sei stanca?
-Un pochino. O forse ho solo paura, non lo so.
-Non perderete, micetta. Lo sai già. Poi ci siamo noi, no?
-Non è una garanzia. Sinceramente non vorrei perdervi di nuovo.
-E invece ti sbagli. Guarda che siamo molto forti...anche se credo che tu te lo ricordi. E poi... abbiamo un motivo in più per combattere.
Tornai a guardarlo. -Quale?
-Se vincessimo e andasse tutto bene, io credo che potremmo anche rimanere qui.
Mi si accese un sorriso a trecentosessanta gradi, di quelli che mi piaceva fare quando avevo davvero un motivo per essere felice.
-Rimarrete qui dopo la battaglia?
-Credo di sì, Strawberry. Ma non ci contare...
-Non immagini quanto Paddy e Lory saranno felici, è davvero...
-E tu? E tu sarai felice? - mi interruppe Ghish. Catturò i miei occhi e ogni mio movimento. Non mi muovevo più, non pensavo più.
Io sono di Ryan.
Solo sua.
Lo sapeva il mio cuore, lo sapeva la mia anima, il mio corpo, il mio petto...tutto di me apparteneva a Ryan. Ero nata per essere sua. Ghish lo sapeva? Faceva finta di non capire?
-Certo che lo sarò, Ghish...- distolsi lo sguardo e sistemandomi una ciocca ribelle dietro l'orecchio. E poi mi alzai in piedi.
-A volte mi dico che sono tornato per niente. Mi chiedo se ha avuto senso tutto questo. - mormorò lui.
-Meriti molto più di me, Ghish.
Abbassò lo sguardo.
-Ma io voglio te. - sussurrò.
Gli passai di fianco diretta in cucina, ma fu più veloce e mi afferrò un polso.
Vidi l'uomo che era. Non era più assolutamente il ragazzino testardo che voleva portarmi via con sè, quando ancora ero un'adolescente. Ora era un uomo, e poteva capire le conseguenze delle sue scelte, delle sue stesse parole.
-Scusami, piccola, io....ti lascio stare, promesso.
Se lo avessi stretto a me per fargli capire quanto mi dispiacesse, poi mi sarei odiata. Toccarlo gli avrebbe dato delle false speranze e non intendevo prendermi gioco dei sentimenti di nessuno. Per cui feci la cosa che mi sembrava più ovvia.
-Io ti voglio bene, Ghish. - confessai. -Ma appartengo a Ryan. Mi dispiace. Odio tutto questo perché per la seconda volta non posso amarti perché appartengo a un altro uomo. Puoi perdonarmi? - chiesi con un filo di voce.
Lui annuì e io gli sorrisi, ma di quei sorrisi che chiedevano scusa al posto della parola stessa, che però valevano di più. Poi cedetti. Non potevo certo costringermi a non dimostrargli il mio affetto o la mia devozione. Se in quel momento respiravo, se in quel momento potevo amare Ryan, era anche grazie a lui.
Per cui lo abbracciai.
 
Fui da Kat poco più tardi. La strinsi a me mentre canticchiavo una ninna nanna che mia madre mi faceva ascoltare sempre da bambina.
Mi spiaceva da morire per Ghish, ma non potevo andare oltre. Ero sicura che in quel mondo immenso ci fosse qualcuno adatto a lui, qualcuno che lo avrebbe reso felice e che lo avrebbe amato come meritava. Non ero io, per cui mi avrebbe dimenticata.
Alla fine di tutto, mi avrebbe dimenticata.
Kat si era addormentata tra le mie braccia, quando Ryan venne a chiamarci giù in magazzino. Sembrava essere ringiovanito: continuava a dire che aveva trovato una soluzione. Lui e Zero ci erano riusciti, avevano creato i proiettili anti-vampiro, o almeno così li chiamavano.
C'era aria di trionfo, ma anche tensione, perché ormai eravamo pronti alla battaglia e più niente avrebbe potuto allontanare il suo avvenire. Zero sembrò ricordarcelo.
-Ryan, ormai siamo pronti. Mi sembra anche inutile rimandare.
Ci fu un attimo di silenzio.
-Credo che abbiamo bisogno di un piano – disse Pyle, guardando i ragazzi. Era diventato ancora più alto di quanto ricordassi e aveva tagliato la treccina che una volta custodiva gelosamente. Un non so che di più adulto lo segnavano ed era diventato anche molto più carino. E, cosa importante, non la smetteva di fissare Lory.
-C'è un'altra cosa che dovresti sapere, biondino – annunciò Zero portando le braccia al petto. Era come se si stesse abbracciando, come se avesse voglia di proteggersi.
-C'è un'arma, la più potente di tutti, che è custodita sotto la città. E' una spada antichissima forgiata dagli angeli, ai quali è stata da noi rubata. E' l'unica lama che può ucciderci, e non avremmo scampo, con quella.
-Hai omesso un particolare così importante? - chiese Ryan, un po' adirato.
-Te lo sto dicendo adesso, Dio. Il vampiro che possiede quell'arma diventa automaticamente colui che guida tutti gli altri. Mi seguite?
Tutti accennammo un sì con la testa, ma l'unica che ebbe il coraggio di parlare fu Mina.
-Chi è che la possiede, adesso?
Zero alzò un angolo della bocca, a formare un sorriso amaro. -Nessuno, perché pochissimi di noi sanno dov'è. Ma dobbiamo muoverci, visto che chi la possiede diventa il capo indiscusso di tutti gli altri vampiri.
-Cazzo – mormorò Ryan. -E adesso cosa dobbiamo fare?
-Io so dov'è custodita la spada, biondino. Dobbiamo recuperarla se vogliamo avere qualche speranza.
Zero si sedette su uno degli enormi scatoloni del magazzino; gli alieni lo imitarono, ma preferirono il pavimento alle scatole. Ryan non riusciva a stare fermo. Se mi concentravo, riuscivo persino a sentire il respiro di mia sorella che era rimasta sopra a dormire, controllata da Tart. Su c'era la pace, dove eravamo noi, invece, stava per scoppiare il finimondo e io lo sentivo.
-Uno di noi deve recuperare la spada. – disse Zero.
-Mi spieghi perché non l'hai mai presa tu, visto che sai dov'è? - chiese Pam.
-Quell'arma è molto pericolosa e la maggior parte di noi la teme. Quando la spada appartiene a qualcuno, quel qualcuno diventa il re indiscusso. Ma i suoi poteri vengono amplificati è c'è il rischio di morire. Non sempre poi la spada rappresenta una salvezza o un punto di forza: è in grado di farti diventare una persona orribile solo perché sei accecato dal potere.
-Quindi, non vuoi essere re? E' questo che stai dicendo? - chiese Ryan.
-No. - dichiarò Zero, abbassando lo sguardo. -Non sono pronto. Biondo, quella spada ha dei poteri enormi. Potrei combinare dei disastri, o che ne so, tradirvi solo per avere più potere. E non voglio, davvero.
-Allora andrò io. – si propose Lory. Lessi il disappunto sul volto di Pyle, ma sinceramente, nemmeno Lory mi sembrava molto convinta.
-No – disse immediatamente Zero. - I tuoi poteri sono troppo deboli e potrebbero far poco contro i vampiri, se ti scoprissero.
-Ci vado io, allora. Ho un potere abbastanza forte, Zero. – annunciò Pam. Kyle portò una mano sul mento, poi la passò velocemente tra i capelli. Non era minimamente pronto al fatto che sua moglie si proponesse.
-Pam, tu servi in battaglia, come Mina. Se siete occupate a fare dell'altro non ci siete d'aiuto. Ci servite fuori.
E poi...
E poi.
Penso ai miei genitori
a Ryan
e so che è la scelta giusta.
E' come quando ho baciato Ryan e sono andata in quella torre a sconfiggere Profondo blu.
Sono pronta
credo
...e so che è la cosa giusta.
 
-Vado io.
Non era una supposizione. Era una certezza. Dovevo andare io, ne ero certa con tutta l'anima.
-Vado io. – ripetei, quando tutti mi guardarono con occhi sofferenti.
-Non se ne parla nemmeno. – disse Ryan.
 
Ryan
 
-Vado io.
Avrei potuto accettare di tutto, di tutto, Dio mio, ma non che fosse proprio lei a scendere il quel dannato posto. Non avrei potuto proteggerla e peggio, la maledizione per noi due era quella di stare separati, e non era il caso di farlo proprio durante la battaglia. Volevo che mi stesse vicina, volevo avere la certezza che fosse tutto a posto e che per nulla al mondo avrei rischiato di riperderla.
-Vado io.
-Non se ne parla nemmeno. – dissi sicuro.
-Ryan – mi chiamò, conficcando i suoi occhi dolci color del cioccolato nei miei - lo sai che è l'unica soluzione. La mia arma può neutralizzare i vampiri senza problemi, ma non è nemmeno così indispensabile in battaglia.
-Come puoi pensare che possa acconsentire a mandarti là? Che ti mandi a morire?
-Non vado a morire, Ryan. - disse avvicinandosi. Le avrei chiuso la bocca con un bacio, facendo sparire tutto quello che ci circondava con un gesto folle, ma che desideravo con tutto me stesso.
Non dire così, ti prego, angelo. Non farlo.
-Ti prego... – sussurrai.
-Devo farlo, Ryan.
Alzai gli occhi al cielo e cominciai a camminare avanti e indietro per la stanza. C'era solo una cosa che mi era rimasta da fare, l'unica che ci avrebbe salvati da quell'agonia.
-Allora vengo con te.
-No! - disse lei. -Ryan...no.
Sorrisi, notando quanto fosse evidente che nel provare a mettersi nei miei panni soffriva anche lei, almeno quanto me.
-Andremo insieme.
-Ryan, non posso difenderti mentre sono concentrata a fare altro! Rischio di perderti. Ti prego, non farlo.
-Ormai ho deciso. Zero? Hai tempo di dirci dove si trova questa dannata spada?
Zero annuì, io feci l'occhiolino a Strawberry che era letteralmente furiosa. Aspettai che tutti si allontanassero dalla stanza e poi, con vigore, abbracciai Strawberry e le parlai all'orecchio, in modo che nessuno mi sentisse.
-E' così, angelo. O mi porti con te, o rimani qui. Sono le mie condizioni.
Mi strinse piano.
-Io non voglio perderti, Ryan.
-...Non mi perderai. - le promisi.
.
 
 
 
.
 
 
 
.
Buonasera a tutti, miei cari! So di essere in ritardo ma ho un motivo per farlo...un motivo che un po' mi rattrista :( Purtroppo la settimana prossima non potrò aggiornare la mia storia perché partirò per uno stage a Valencia, e starò via fino al 2 Marzo. Ci sentiremo col capitolo 34 lunedì 4 o martedì 5 Marzo! Quindi mi sono detta di pubblicare questo cap. un po' più tardi, così il periodo di distacco sembrerà più breve. O almeno spero **
Allora, come al solito lascio la parola a voi. La guerra è alle porte, come vedete, per cui manca davvero poco alla fine di questa storia, anche se ci sono ancora tante cose che devono succedere...cose che probabilmente non immaginavate nemmeno! A partire dal prossimo capitolo, che sarà un “extra” dedicato interamente a Lory e Mina.
Ci tengo ad aggiungere che l'idea del lapislazzuli che protegge dal sole non è mia ma è ispirata ai libri de “Il diario del vampiro” (santa L.J. Smith, mi hai salvato la vita!)
Bene...io scapperei. Come al solito vi ringrazio tutte; vorrei anche chiedere scusa per essere in ritardo con alcune risposte alle recensioni: spero di poter venire stasera.
Mi mancherete tanto... ma vi prometto che vi penserò, tesorine mie!
Un beso...XD
Vostra,
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** Extra: Lory e Mina ***


Capitolo 34

Extra: Lory e Mina

 

Lory
 
Sono tornata a casa.
Non abito più coi miei genitori da qualche anno, a dirla tutta: la verità è che mi imponevano troppi limiti, ed io ero stanca, stanca di farmi dire da loro che cosa ne sarebbe stato della mia vita se avessi fatto una cosa piuttosto che un'altra.
Ho imparato che la vita è breve, e per questo dobbiamo saperne cogliere ogni attimo che crediamo vero; perché non lo riavremo mai, quest'attimo, nemmeno se siamo nella stessa situazione, nello stesso posto, con le stesse persone.
Comunque ora abito in un piccolo appartamento nei pressi del centro di Tokio: c'è tanta confusione ma mi è utile perché mi distrae, e poi mi fa sentire libera. Insomma, come se facessi parte di qualcosa di grande.
Sono tornata a casa, dicevo; ho appoggiato le chiavi della macchina sulla mensola vicino alla porta e poi...e poi mi sono fermata a riflettere.
Ci sono dei momenti in cui mi ritrovo bloccata a pensare alla mia vita. Tipo adesso: mi sono fermata e penso a domani, che sarà una giornata pazzesca perché finalmente ci sarà la battaglia.
Non so se sono pronta, insomma: ci sono tantissime cose che vorrei fare prima di morire, come ad esempio andare a trovare la mia famiglia, viaggiare, avere dei figli...non è detto che poi tutto finisca domani, ma non si sa mai.
E un po' di paura ce l'ho.
Ho acceso la tv ma come al solito c'è poco niente, ma almeno mi fa compagnia. Cerco di prepararmi qualcosa da mangiare velocemente, perché non ho voglia di grandi pasti.
-Che c'è per cena, mamma?
-Oh, la tua pasta preferita, Lory. Sei contenta?
Mi ricordavo esattamente quando avevo lasciato la mia famiglia. Era il periodo subito dopo in cui Ryan mi aveva lasciata.
 
Non parlavo, non mangiavo; dormivo a malapena. Sembravo una povera idiota che aveva perso tutto, ma proprio tutto: persino la voglia di vivere. Poi arriva il momento in cui tiri fuori gli attributi e ti dici: ma devo stare così di merda per un uomo? La risposta è semplice, ed è no.
Ryan mi ha usata, questo l'ho capito col tempo e mi dispiace di non essermene accorta prima, perché avrei risparmiato un sacco di tempo e di lacrime. Ma a volte penso che se adesso sono così, cioè, che sono la donna che sono diventata, lo devo a lui, perché ha tirato fuori la parte di me che sa combattere.
Quindi gli sarò eternamente grata per quello che ha fatto.
E va bene... non sto nemmeno qui a mentire. Non lo dimenticherò mai, e mai vuol dire mai: morirò con i suoi occhi stampati nella mente e sul cuore, perchè sono loro la prima cosa che ho amato di lui. Come non dimenticherò mai le volte in cui gli ho concesso il mio corpo, quando marchiava la mia pelle con i baci, e quando, probabilmente pensando a lei, mormorava di non lasciarlo andare.
Strawberry è proprio fortunata: io se fossi al suo posto ringrazierei Dio ogni giorno per avermi dato una persona così, al mio fianco. Non perché Ryan sia bello, o bravo a letto: perché è sincero, forte, dolce e sa farti sentire protetta.
Non so se Strawberry lo amerà mai come l'ho amato io, ma sono sicura che nessuno amerà Strawberry come fa Ryan. A volte lo sentivo. Quando rimaneva a dormire da me, dopo che avevamo fatto l'amore, lo sentivo chiamare il suo nome. Quando stava per lasciarmi gli avevo detto: So bene che non mi ami, Ryan. Ti sento, la notte, quando sussurri il suo nome.
 
Quelle parole avevano il potere di spezzarmi ancora, ma cercavo di lasciarle in un angolino della mia mente, dove nessuno le avrebbe potute ripescare.
Così mi infilo nella doccia, dove cerco di non pensare. L'acqua mi accarezza, mi schiarisce le idee. E potrei stare qui tutta la vita, solo che domani devo andare a combattere, e forse non è il caso.
A un certo punto tutte le luci si spengono, e non vedo più nulla. L'acqua diventa gelida ed esco velocemente, avvolgendomi in un asciugamano. Il contatore dev'essere saltato, e stavolta giuro su Dio che i capo-condominio mi sentono.
Cerco di uscire dal bagno ma la porta è chiusa. E' strano, non la chiudo mai. Poi una brezza mi sfiora le spalle e mi fa venire i brividi. La finestra è aperta. Anzi, più correttamente, si è aperta da sola.
Mi volto di scatto per poi sentire una mano scattare sulla mia bocca.
-Shh. - dice la figura. E io, ancora, non riesco a capire chi sia.
-Hai paura? - mi chiede.
E io quasi non svengo.
 
-Pyle?
Non è una domanda. E' una certezza. E' Pyle, l'alieno che ho cercato di aiutare tempo fa, che era morto per salvarci.
E' lui, quasi il cuore si ferma.
-Che ci fai qui?
-Volevo solo venire a trovarti.
-Ti sembra il caso? - chiedo, cercando di non pensare al fatto che indosso solo un asciugamano che a malapena arriva sotto i fianchi. Cerco in tutti i modi di non arrossire. -Va' via – gli ordino.
-Non sei molto convincente.
Il pavimento è completamente bagnato sotto di me, sento freddo ai piedi, ma anche alle spalle. Oggi non c'era caldo, e io se continuo così mi ammalo.
I miei occhi si sono abituati al buio. Ora lo posso vedere bene: è vestito come un umano, e ci assomiglia, pure, a un umano. Proprio come oggi, quando eravamo al quartier generale. Quando mi sorrideva o mi concedeva il suo sguardo.
Dio, è bellissimo.
Il mio occhio cade sulla scollatura della camicia che fa intravedere il suo petto, avverto una strana sensazione, poi mi passo una mano tra i capelli.
Non posso. Dio, non voglio ricascarci.
-Vattene, Pyle...ti prego.
-Ti prego?
Lo spingo verso la finestra, mentre lui sorride, prendendosi gioco di quella che è la mia dignità. Non sa cosa ho dovuto sopportare nella vita; non sa che ho vissuto delle cose che mi hanno costretta ad essere così, ora. A volte se vuoi tirare avanti devi cambiare, e non lo fai certo per te stessa: lo fai per gli altri.
-Sì, per favore. - mormoro.
Ma ai piedi della finestra, lui si ferma. I suoi occhi vanno al di là dei miei, emanano un calore pazzesco, che mi trafigge e mi fa sentire donna.
Non ho un gran autocontrollo.
E forse...forse ho solo bisogno di sentirmi amata, ecco.
-Non mandarmi via, Lory – mormora.
Il mio cuore cede, le mie gambe con lui, ma Pyle mi afferra, mi stringe a se e mi bacia come non aveva fatto nessun uomo prima di adesso.
Questo è amore, mi viene da pensare, sì, deve esserlo per forza, perché nessuno mi è entrato dentro come lo ha fatto lui in questo momento. Con un semplice bacio.
Mi ama, molto probabilmente. Ama la ragazza imbranata che abitava in periferia e che veniva sempre presa in giro da tutti; la stolta che credeva di aver fatto innamorare di sé il ragazzo più bello, dolce e forte del pianeta, Ryan Shirogane. Mi ama, nonostante ci siamo fatti la guerra, nonostante gli abbia dato una parte troppo piccola e troppo insignificante del mio cuore.
Mi ama, Dio.
E' così diverso, lui. Pyle è fuoco, fuoco che brucia sulla mia pelle ma anche sulle mie labbra, sui miei capelli. Fuoco che arriva dappertutto e che detta regole, che spezza ogni certezza e che lacera ogni limite, ogni barriera che mi ero costruita. Fuoco che dissolve i miei contorni e che ridisegna loro a suo puro piacimento.
Forse è per questo che questa notte mi concedo a lui.
Non è per Ryan, non è per vendetta...è per me stessa.
Io ho bisogno di Pyle.
L'asciugamano non serve più. Ora è lui che mi veste col suo corpo perfetto.
Forse è per questo che questa notte, forse l'ultima della mia vita, faccio l'amore per la prima volta.
 
Mina
 
Ero sulla terrazza con la mia governante a bere il thè. Zero, invece, era in camera mia e mi stava aspettando, ma io dovevo cercare di essere convincente prima di tutto con la mia famiglia. Se lo avessero scoperto, sarei stata persa.
Quella scena mi riportava a cinque anni prima, il giorno della vigilia della battaglia con gli alieni. Anche quello stesso giorno mi ero seduta a bere il thè con la governante, con una paura addosso che si poteva sentire.
Di paura ne avevo parecchio anche adesso, dovevo ammetterlo.
Così, tanto per rimembrare un po' i tempi passati ero di nuovo lì, il giorno prima della battaglia, a regolare i miei respiri per fare in modo che nessuno capisse che ero molto preoccupata.
-Cosa faresti se sapessi che oggi è l'ultimo giorno che ti rimane da vivere?
Ed eccola lì, la stessa domanda che le avevo fatto cinque anni prima gliela stavo rifacendo adesso. Chissà perché, però, ora la sua risposta mi spaventava molto di più.
-Perché questa domanda, piccola mia?
-Non lo so... Dai, rispondi e basta.
Probabilmente non si ricordava che mi stavo ripetendo, ma andava bene così.
-Credo che cercherei di viverlo come ogni altro giorno, assaporando ogni cosa come se fosse l'ultima volta che la faccio. Credi che sia un'errore?
-No – mi affrettai a risponderle. Ma avevo bisogno di riflettere su ciò che avrei detto dopo. -Ecco...è che ho una paura pazzesca, non so se mi spiego.
Le sorrisi, e vidi che lei increspava le labbra per assaporare meglio il thè.
Come se fosse l'ultima volta che lo faccio, aveva detto.
-Piccola mia, sei giovane, bella e intelligente. Non hai bisogno di altro, ti direbbe tuo padre.
-Mio padre magari si sbaglia. – dissi abbassando il volto.
-Di che cosa hai paura, Mina?
-Di perdere tutto quello che ho. E' il mio peggiore incubo.
-Non lo perderai, tesoro mio.
Si alzò, venne dalla mia parte e prese le mie mani tra le sue. Poi mi diede un piccolo bacio sulla fronte e io chiusi gli occhi.
-Ascolta il tuo cuore, piccola. E' tutto ciò che devi fare. E' così difficile?
-Credo di no. – dissi abbozzando un sorriso.
-Allora, qualunque cosa accada, sarai sicura che quello che hai fatto non è stato vano.
-Perché? - chiesi, ancora più incerta di prima.
-Perchè lo hai fatto col cuore.
 
Più tardi salii in camera mia. Fu incredibilmente gratificante lasciarmi prendere tra le braccia di Zero, che poi si distese sul mio letto. Rimanemmo a guardarci per un po', lui seduto, mentre mi teneva la mano e io lì, catturata dal suo sguardo. Sarei rimasta così per sempre.
-Hai paura per domani. - disse lui, a un certo punto.
-No – dissi, pur sapendo che la sua non era una domanda.
-Non mentirmi, Mina. Sento i battiti del tuo cuore. Che c'è, non hai fiducia nelle tue compagne?
-Scherzi, Zero? Darei loro la mia vita. Più che altro non mi fido di me.
Mi accarezzò il viso, e io chiusi gli occhi, nuovamente.
-Non devi.
Quando riaprii gli occhi e incontrai i suoi, di nuovo, ci fu poco da dire. Mi alzai a sedere e lo baciai intensamente – ormai avevo imparato come si faceva – e lo avvolsi in un abbraccio unico, sensuale, di quelli che sapevo dare solo a lui.
Zero toccò la mia schiena così lievemente da provocarmi un brivido. La inarcai, e inaspettatamente mi ritrovai ancora più vicina al suo corpo. Il suo tocco bruciava. Il suo corpo, bruciava. E non accennavamo minimamente a staccarci.
Si lasciò cadere all'indietro e mi trascinò con sé. Non avevo la minima idea di cosa stavo facendo, ma, per una volta, stavo andando fino in fondo. Le mie mani si muovevano da sole, e, ironia della sorte, incontravano le sue, terribilmente affamate del mio corpo.
Era una cosa alla quale non avevo mai pensato. Certo, ora che ero impegnata doveva essere normale pensare a quel genere di cose con il mio ragazzo, ma forse non mi veniva naturale per il fatto che lui fosse un vampiro.
Inconsciamente, arrivai addirittura a toglierli la maglietta. Non c'era più tempo per pensare, o per tornare indietro: unirmi a lui sarebbe stata la cosa più bella che avessi mai fatto in tutta la mia vita. Per cui mi limitai a lasciarmi trasportare da ciò che provavo, da ciò che volevo. E io volevo lui.
Zero si fermò.
-Non ancora, piccola.
Non ancora.
La magia svanì com'era venuta, ma stavolta si portò via un pezzetto di me. Avevo ancora il suo sapore sulle labbra, quando mi alzai piano piano. Mi sedetti accanto a lui, che invece rimase disteso.
Sorrideva, quel bastardo. Probabilmente non mi voleva. Insomma, non mi desiderava abbastanza. Stavo forse correndo troppo?
Incrociai le braccia.
-Ti sei arrabbiata?
-No.
Il mio tono era talmente seccato, che non avrei preso in giro nessuno. Mi avrebbe capita anche una persona stupida, davvero. Ma Zero era stupido, molto probabilmente, e si stava prendendo gioco dei miei sentimenti.
Si alzò e cercò di avvolgermi, ma io mi spostai ancora, in modo da stargli lontano ma poterlo guardare ugualmente.
-Mina, ti prego. Mi fai impazzire.
-Sì sì, come no. Ti prego, fammi il piacere.
Allungò le braccia e le appoggiò al muro dietro di me. Mi aveva praticamente incastrata.
-Non ho detto mai. Ho detto non ancora. Che significa, almeno per me, che aspetteremo.
-Se non mi vuoi bastava dirlo prima.
Mi baciò con rabbia. Le nostre lingue giocarono a un gioco estremamente divertente, ma vinsi io, perché mi staccai per prima.
-Dio mi fulmini. Io ti voglio con tutto me stesso, Mina. Ma dobbiamo aspettare. Hai idea di cosa potrei farti? E' pericoloso...per te.
Forse cominciavo a capire. Zero preferiva aspettare per la sua natura da vampiro. Ottimo, certo, peccato che la sua natura non sarebbe mai cambiata.
Mi morsi il labbro inferiore. -Dovrò aspettare per sempre?
-Assolutamente no. Aspetteremo il giorno in cui saremo entrambi pronti. Io...non voglio farti del male, piccola. Non potrei perdonarmelo.
Stavolta lo baciai io. Teneramente, perdendomi in lui, proprio come la prima volta.
Stavo diventando proprio brava.
-Trasformami.
Quasi scoppiò a ridere. Ma io gli impedii di rispondere, prendendogli il viso tra le mani.
-No, Zero, dico sul serio. Insomma, perché dovresti cambiare tu, per me? Voglio fare qualcosa anche io. Trasformami, Zero, rendimi un vampiro.
-Non è il genere di futuro che avrei desiderato per te, Mina. E poi...è doloroso. Io...
-Puoi farlo, Zero. Come posso sentirmi tua se non posso appartenerti completamente?
-Mina...non avrebbe senso. Hai la tua famiglia, le tue amiche, una meravigliosa vita davanti. Tu non sai cosa stai dicendo...
-Certo che ha senso, Zero. Lo farei per te.
I suoi occhi, per un attimo, diventarono ancora più chiari di quanto già non fossero, attraversati da un barlume di speranza, panico, e, sperai, amore, uniti in un miscuglio spaventoso e fatale. Forse fu in quel momento che capii che eravamo davvero parte l'una dell'altro e che, qualsiasi cosa fosse successa dopo, non potevo permettermi di perderlo.
-Forse un giorno lo farò. Ti trasformerò. Ma fammi il piacere di avvisare qualcuno, perché per un bel po' di tempo dovrai stare lontano dalla gente, al buio...Piccola, ti rendi conto di che vita scegli, per te?
Gli sorrisi, teneramente. -Non mi spaventa se la vivi con me.
I suoi occhi ora brillavano, meravigliosi. Si era illuminato, perché aveva scoperto che avrei fatto di tutto per tenerlo con me. Certo, avrei dovuto rinunciare alla mia famiglia, ai miei amici...ma tutto avrebbe avuto senso, se ci fosse stato lui, dopo, con me.
Ci addormentammo una nelle braccia dell'altro, proteggendoci a vicenda. I raggi del sole ci svegliarono dolcemente, il mattino dopo, riscaldandoci e facendoci sentire vivi.
Era...
Il giorno della battaglia.
La prima cosa che vidi fu il suo viso, e sapevo che non me lo sarei mai potuta dimenticare. Comunque fosse andata quella battaglia, io quel giorno avrei assaporato ogni cosa come se fosse l'ultima volta che la facevo.
Lui aprì gli occhi e mi strinse leggermente.
-Zero? - mormorai.
-Ehi...- sussurrò aprendo gli occhi e sorridendomi. Un sorriso sereno, beato, tutto mio. -Dimmi, piccola.
-...Ti amo, Zero.
.


 
 
.


 
 
.
Salve a tutte ragazze ** Finalmente sono tornata con un nuovo chappy che spero vi piacerà. Mi rendo conto che è un capitolo un po' diverso dal solito, soprattutto per la prima parte, ma credo ci volesse. Praticamente, come avete notato, la mia storia non si incentra solo sulla coppia RyanxStraw, ma anzi, ho cercato di parlarvi il più possibile anche delle altre coppie. L'unica che mi mancava era Lory e vi dirò...parlare di lei, anzi, attraverso lei, non è stata una passeggiata, perché il suo è un personaggio che non ho mai amato, e soprattutto perché come ben sapete nella mia storia non ricopre un ruolo così...ehm, bellissimo, anzi, diciamo che ha combinato un bel po' di casini, insieme a Ryan. >.< Il mio scopo era quello di farvi apprezzare anche lei e ricordarvi che non dobbiamo per forza odiarla, ma capirla. Lei era davvero innamorata di Ryan; la sua sfortuna è stata quella di non essere abbastanza da fargli dimenticare Straw. Ma non è colpa sua, povera!
Detto questo, preparatevi, perché nel prossimo capitolo la guerra avrà inizio...e se ne vedranno delle belle.
Un bacio, grazie come sempre a chi preferisce, segue, ricorda e commenta, in particolare <3
Vostra
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** Destinazione ***


Capitolo 35
Destinazione
 
Strawberry
 
Mi sembra di aver aspettato questo giorno da tutta una vita. Ora che è arrivato non mi fa quasi più paura. Ha fatto molto più male l'attesa, devo ammetterlo.
E' proprio come dicono: ciò che conta è il viaggio, non la destinazione.
 
Non c'era tempo di fare colazione, quel mattino di Luglio. Non c'era tempo per i baci, per gli ultimi abbracci, per le parole d'addio.
A malapena sorrisi a Ryan, quel maledetto mattino di Luglio.
Perché, dannazione, non sarebbe finita così. Non poteva finire così.
Katherine era quella che mi spaventava di più. Non parlava, e non sembrava minimamente turbata. Avrei dovuto lasciarla sola per un sacco di tempo, e
 
E se non torni, sorellina?
Forse non avevo nemmeno il coraggio di guardarla. Mi ero ripromessa che saremmo state insieme fino alla fine, che l'avrei protetta, che le avrei riportato indietro mamma e papà. Certo, io ce l'avrei messa tutta, ma se avessi fallito? Non volevo nemmeno prenderlo in considerazione.
Era difficile continuare a ripetersi ce la devo fare, perché noi dovevamo farcela, altrimenti saremmo stati distrutti. Non c'erano vie di mezzo: o noi, o loro. E forse era questa la cosa che più mi spaventava.
Da piccola avevo sempre creduto che le favole non esistessero. Invece esistevano, esistevano eccome, e comprendevano buoni e cattivi. Nella nostra però alla fine non c'era nessun bacio e nessun castello; c'era solo una battaglia alla quale non si poteva sfuggire.
Non mi perderai.
Avrei voluto credergli. Avrei voluto credere al mio uomo che aveva un cuore immenso e che ogni volta mi sollevava e mi guariva. Lui, l'amore della mia vita, che mi aveva raccolta e fatta sua. Avrei voluto, voluto...
Ma non c'era più tempo.
 
E così io, Kat e Ryan salimmo in macchina diretti alla chiesa in periferia, quella in cui Pam andava sempre. Secondo Zero, quella era l'entrata principale per le catacombe, dove risedevano tutti i vampiri. La croce nera.
Il piano era molto più complicato di quanto avessi immaginato. Mentre io e Ryan saremmo scesi per prendere la spada – già cominciavo a odiarla e nemmeno l'avevo vista – Zero e Mina ci avrebbero guidato tramite un computer attraverso le vie della città sotterranea. Pam, Lory e Paddy sarebbero state pronte a entrare in azione non appena avessimo recuperato la spada. Gli alieni, per ultimi ma non meno importanti, sarebbero rimasti a controllare che nessun nemico interferisse dall'esterno.
Ah, certo, la piccola Kat sarebbe rimasta ad adeguata distanza dal pericolo insieme a Kyle, munito di armi anti-vampiro e di radar per poterci contattare.
La R-8 di Ryan fece una manovra brusca, nel momento in cui entrò nel parcheggio della chiesa ormai sconsacrata. Scesi tenendo per mano Kat, che non sembrava davvero avere paura. Ryan mi cinse la vita, e mi diede un leggero bacio sulla guancia.
-Rilassati, angelo. – mi sussurrò con voce roca. Era fantastica, sublime, in grado di farmi sentire meglio. Ma non mi avrebbe condotta fuori da quella situazione, lo dovevo ammettere.
Lo ringraziai con un dolce bacio sulle labbra. Veloce, ma nostro, in tutto e per tutto.
Erano tutti ai loro posti, ma nessuna di noi era già trasformata. Probabilmente aspettavano che Kat andasse via insieme a Kyle.
-Ci siamo – mormorò Zero. -Possiamo procedere.
Presi un bel respiro e mi chinai a guardare gli occhioni di mia sorella. -Piccola mia, è arrivato il momento. Ricordi tutto quello che ti ho detto?
Fece segno di sì con la testa, portandosi il pollice alle labbra. Era così piccola, così indifesa, la mia Kat...
La abbracciai, affondando il viso tra i suoi capelli. Non volevo si accorgesse che stavo cominciando a piangere.
-Andrà tutto bene. – le promisi.
Mi strinse con le sue braccia esili.
-Ti voglio bene, sorellina.
-Io di più – ammisi, cercando di reprimere un singhiozzo. Alzai gli occhi, e per poco non svenni sul corpicino della mia bambina. Tutti si stavano salutando, come se fosse l'ultima volta che si vedevano. Pam piangeva silenziosamente tra le braccia di Kyle. Il marito le teneva una mano sulla schiena, e le sussurrava di non preoccuparsi.
Mi si strinse il cuore.
Lasciai andare la piccola che corse immediatamente in braccio a Kyle. Pam, commossa, osservava la scena tenendo una mano sulla pancia. E in quel momento, mi sembrò...diversa.
-Prendete posizione. – ordinò Zero. -E buona fortuna. Guai a voi se non tornate tutti interi.
Prese per mano Mina e andò con lei dentro la macchina di Ryan. Loro ci avrebbero seguito da lì dentro; da quello che avevo capito, quel marchingegno era in grado di garantire abbastanza campo al computer e alle radio con le quali avremmo comunicato.
Per un istante, mi parve di vedere Lory che stringeva la mano a Pyle. La cosa mi fece felice e al contempo mi sollevò. Che Lory si fosse finalmente accorta dei sentimenti dell'alieno? Me lo auguravo con tutta me stessa.
Qualcuno mi costrinse a voltarmi e mi abbracciò dolcemente, anche se per poco tempo. Non era Ryan, era Ghish.
-Sta' attenta. – mi sussurrò.
Mi vidi riflessa in un mare di miele e ricordi. Mormorai: -Promesso. - mentre mi auguravo che tutto andasse davvero per il meglio.
Guardai Ryan. Non mi sembrava per niente arrabbiato. Aveva capito che per me esistevano solo lui e i suoi occhi, che non volevo nient'altro.
I tre alieni si alzarono in volo, e io non facevo altro che spostare il mio sguardo dai volti fiduciosi dei tre ragazzi ai visi sconvolti di noi mew mew, che li guardavamo diventare sempre più piccoli nel cielo.
 
-Mi senti, Straw? - chiese Mina dall'auricolare. La sentivo forte e chiara.
-Abbastanza, è come se ti avessi qui.
-Beh, allora è un sollievo, no?
Ryan si stava sistemando il suo apparecchio. -Zero, alza un po' il volume. Di più...ok, così è a posto.
-Perfetto. – ora a parlare era il vampiro. -Potete entrare, ragazzi.
Ryan mi prese per mano, e, senza guardarmi, entrò nella chiesa.
-Non c'è anima viva. – sussurrò Ryan.
-Meglio – rispose immediatamente Zero. -Procedete verso l'altare, a passo veloce, se vi è possibile.
Ubbidimmo e in un attimo ci ritrovammo dietro all'altare.
-Ottimo, il portale è sotto di voi. Migliaia di anni fa quel portale non era circondato da una chiesa, era in mezzo ai campi. - Zero ridacchiò. -Potete immaginare d'inverno, quando c'era la neve, che fatica trovarlo...
Non ero in grado di captare la sua ironia. Non ne ero proprio capace, visto ciò che mi aspettava.
-Sei pronta? - mi chiese Ryan.
Annuii.
Non aprimmo con difficoltà la specie di botola. Quello che ci diede più fastidio fu la polvere che sollevò.
-Bravi. Ora scendete.
Senza fiatare, scendemmo le scale che si ergevano davanti a noi. Non c'era nessuno in vista, nemmeno qui.
-Siamo sicuri che sia l'entrata principale? - chiese Ryan.
-Beh, è quella che usavo di più io. Sei fortunato che non c'è ancora nessuno, Shirogane, non trovi?
Ryan evitò di rispondere, probabilmente solo perché c'ero io. Mi afferrò di nuovo la mano, e stavolta ci guardammo, pur continuando a camminare. Misi in quello sguardo tutta la fiducia che provavo per quell'uomo, che mi sorrideva e mi faceva sentire protetta anche ora che tutto era buio e spaventoso.
-Non morderti il labbro, angelo.
Che?...Non lo faccio apposta!
-Ehi, ragazzi... – ci rimproverò Zero. -Per favore, concentratevi.
Ridemmo silenziosamente tutti e tre.
Quando le scale terminarono, un nuovo mondo si erse davanti a noi.
 
Non credevo di aver visto niente del genere in tutti i miei anni di vita.
Quella non era una semplice cripta, quello ero un mostro di architettura. Mi immaginai una schiera di demoni intenti a costruire la loro dimora, e inevitabilmente mi ritrovai a essere loro devota. Enormi colonne in marmo sorreggevano un soffitto altissimo, che mi ricordava molto le cattedrali gotiche che avevo studiato molto tempo prima a scuola. Certo, c'era molto buio e forse quello era l'unico motivo che rendeva tutto estremamente inquietante, ma pur sempre magnifico.
Le case erano piccole e rudimentali, ma davano l'idea di essere accoglienti. Le abitazioni davano un idea completamente diversa dal soffitto, ma nell'insieme, eravamo di fronte a una vera e propria città sotterranea. Rabbrividii al solo pensiero di cosa sarebbero stato in grado di costruire quelle creature una volta salite in superficie, dove c'era luce, petrolio, carbone e molte altre risorse naturali.
Io e Ryan ci stringemmo senza nemmeno farlo apposta. Ormai eravamo nel bel mezzo del villaggio di Zero ed era pieno di gente, e nella mia testa continuavo a ripetermi di non pensare a cosa in realtà quelle persone fossero. Eravamo vestiti più che potevamo, con mantelli che addirittura coprivano il volto: non volevamo sentissero il nostro odore o che potessero riconoscerci da vecchie battaglie.
-Procedete verso nord. – disse Zero. Grazie a Dio l'auricolare lo potevamo sentire solo noi, ma Zero parlava piano ugualmente. Chissà, se avesse alzato il tono di voce magari lo avrebbero sentito, avevano sensi così sviluppati...
Dopo pochi minuti, ci trovammo di fronte a una specie di chiesa. Mi domandai se anche i vampiri andavano a messa, ma poi cambiai idea, non volevo fare domande stupide nei momenti sbagliati.
-Entrate lì dentro.
Una volta entrati ci accorgemmo che non c'era nessuno. Poteva essere davvero una chiesa, per quanto mi riguardava, ma allora dovevamo muoverci, perché sarebbe potuto arrivare chiunque da un momento all'altro.
-Bene, adesso andate dietro all'altare. Ci sono due porte, voi entrate in quella a destra.
Obbedimmo, e ci trovammo in una stanza buia che puzzava di umido e vecchio. Tutto sommato, essendo un gatto, avevo la sfortuna di sentire gli odori perfettamente. Ryan fu costretto ad accendere una torcia, perché non vedevamo nulla. Ed ecco, davanti a noi si trovava una specie di sarcofago enorme. Era l'unica cosa che c'era in quella stanza.
-Apritelo. - ordinò la voce di Zero solennemente.
Io e Ryan ci mettemmo l'uno di fronte all'altra con le mani sul coperchio del sarcofago. Contammo fino a tre e tirammo verso l'alto. Dentro c'era una meravigliosa statua di marmo, che raffigurava una donna bellissima con le mani raccolte in preghiera.
-La spada ce l'ha in mano lei.
Osservammo le mani della donna. Io e il biondo corrugammo entrambi la fronte.
 
-Non c'è nessuna spada, Zero.
Nessuna risposta. Era vero, la donna non aveva in mano la spada, sembrava semplicemente che pregasse.
-Merda. Allora vuol dire che ce l'ha già lui!
In quel momento il coperchio del sarcofago si chiuse improvvisamente, e io sussultai. Mi misi di fronte a Ryan dandogli le spalle, in modo da difenderlo, proprio come avevo fatto tanto tempo prima, nella battaglia con Profondo Blu.
 
La porta si apre.
Il respiro si ferma.
L' uomo che entra con passi eleganti, con in mano la spada che stavamo cercando è uno dei vampiri più belli che abbia mai visto. Dev'essere Jared, è proprio come Zero ce l'ha sempre descritto, e devo ammettere che fa tanta paura, più di quanto avessi mai immaginato. E' il vampiro più potente insieme a Zero, e questo gli da un certo vantaggio su tutti noi.
E per un attimo ho talmente tanta paura che mi sento cedere le gambe, ma devo lottare. Questo essere non toccherà Ryan, quindi finchè riuscirò anche solo a muovere un dito lo difenderò.
Ed è una promessa.
 
-Sono così contento di avere degli avversari validi come voi – mormorò il vampiro. Io ero pronta col mio ciondolo in mano, per trasformarmi non appena si fosse distratto. Ma dovevo essere sicura che Ryan fosse al sicuro, e per ora non lo era.
-Oh, cercavate questa? - chiese, guardandomi, alzando la spada che aveva tra le mani. -Mi 'spiace tanto, ma penso che siate un tantinello in ritardo.
Parlava con un tono di voce così tranquillo, superiore...se fosse stato abbastanza veloce, e io pensavo che lo fosse, avrebbe potuto ucciderci in pochi secondi. Ne era capace. Sì, perché era uguale a Zero, e io avevo visto Zero all'opera, per cui sì... ne era capace.
Improvvisamente, la sua mano gelida mi sfiorò la guancia. Ryan tirò fuori la pistola.
-Non la toccare.
Quasi non finì la frase, che Jared con una semplice occhiata lo scaraventò addosso alla parete.
-Ryan! - la mia voce era colma di panico. No, Dio, no...
Jared mi afferrò dai capelli e mi costrinse a sedermi sopra il sarcofago. Si infilò tra le mie gambe e io quasi non gli urlai in faccia. Non capivo cosa volesse farmi, ero bloccata tra le sue braccia troppo forti per una donna fragile come me...
-Adesso stai ferma, va bene?
Ansimavo in preda all'ansia. Lui cominciò ad annusarmi il collo, la spalla, poi arrivò dietro all'orecchio. Merda, se solo avessi potuto trasformarmi!
-Adesso ti morderò, piccola, perché hai proprio un buon sapore...
Udii dei colpi di pistola, e Jared si staccò di colpo. Era stato Ryan, che continuava a colpire, a colpire...Jared incassava ogni colpo con una smorfia di dolore. Ne approfittai per trasformarmi e ad ogni colpo di Ryan io aggiungevo anche una buona dose del mio fiocco di luce. E per un folle attimo, pensai addirittura che potevamo farcela.
 
-Siete ridicoli.
Jared era rimasto in piedi. Anche se perdeva sangue, anche se sembrava che dovesse cedere da un momento all'altro, respirava, ed aveva anche la forza di sorridere.
Quando la spada appartiene a qualcuno, quel qualcuno diventa il re indiscusso. Ma i suoi poteri vengono amplificati è c'è il rischio di morire. Non sempre poi la spada rappresenta una salvezza o un punto di forza: è in grado di farti diventare una persona orribile solo perché sei accecato dal potere.”
In un attimo, Jared sparì e dal soffitto cominciò a piovere una terribile cascata di acqua. Inspiegabilmente, la porta era scomparsa e il sarcofago anche. Non c'era niente a cui appigliarsi, c'era solo acqua, che stava riempiendo piano piano quella stanza come se fosse una bottiglia di vetro. Nella confusione persi anche gli auricolari.
Corsi verso Ryan-. -Dobbiamo uscire di qui! - urlai.
Lui mi prese tra le braccia. Ormai già non toccavamo più il fondo, quindi dovevamo nuotare.
-Ryan...-dissi in preda ai singhiozzi. Era già molto debole. Chissà quanto aveva sofferto prima, quando Jared lo aveva sbattuto contro la parete.
Mi baciò la fronte con vigore. -Non deve finire per forza così, angelo.
Mi parlò da sopra il viso, dove non potevo vedere realmente i suoi occhi. Lo strinsi ancora di più. Se doveva finire, allora sarebbe finita per entrambi. Ce ne saremmo andati insieme...
Con la testa sentivo già il soffitto. Ryan, che era più alto di me, doveva piegarsi per respirare.
-Ti amo, lo sai vero? - mi disse, guardandomi intensamente. -Lo sai, angelo?
-Lo so da sempre. – scoppiai a piangere.
L'acqua mi travolse. Mi riempì la bocca, e piano piano percepii di averne ingerita parecchia. Mi aveva stordita. Ora la gola mi bruciava e non riuscivo più a vedere niente, sentivo solo la mano di Ryan che non lasciava la mia. Aveva già chiuso gli occhi e si era lasciato cadere negli abissi, trascinandomi giù con sé.
Sentivo le forze abbandonarmi. Era vero, non avevo mai creduto che potesse finire così...ma in ogni caso ci avevo provato. Sapevo per certo che anche senza di me le mie compagne ce l'avrebbero fatta. Dovevano farcela...
Strinsi Ryan al mio petto e aspettai la luce, che arrivò quasi subito.
Morire, dopotutto, non era nemmeno così atroce.
.
 


 
.


 
 
.
Eccoci qui, ragazze mie! First of all (prima di tutto, cit. la mia prof. di inglese XD) vi chiedo scusa per non essere venuta ieri, mi odio, credetemi! Ma questo è stato davvero un brutto periodo per via della scuola e sono riuscita solo oggi a sistemare il capitolo con le ultimissime cose. Perdonatemi **
Poi...poi niente. Vi chiedo di non disperare e vi avviso che il prossimo sarà il penultimo capitolo. Ok, sto piangendo in questo momento!
Un bacione a tutte coloro che mi seguono ancora dal lontano Luglio. Insieme ne abbiamo passate tante, e ancora tante ne dobbiamo vedere. In particolare dedico il capitolo alle mie quattro lettrici “per eccellenza”, che non mancano mai a un appuntamento: Brillantina Chan, Raf 96, Silvia the best e Ryanforever. E un grazie speciale anche a te, Ang3l, che mi lasci sempre delle recensioni bellissime, che mi fanno riflettere molto **
Un abbraccio stretto,
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** Ogni fine è un nuovo inizio ***


CAPITOLO 36

Ogni fine è un nuovo inizio

 

Every story has an end,

but in life every end

is a new beginning.

.

.

.

Mina
 
-Combattere al tuo fianco è la cosa più bella che abbia mai fatto – urlai a Zero, mentre prendevo la mira per uccidere un altro vampiro.
-Mi screditi, piccola. Vuoi dire che sono più interessante mentre uccido, che non mentre ti aspetto nel tuo letto, quando torni dal lavoro...
-Non distrarmi! - dissi mentre correvo verso un altro demone. Io e Zero combattevamo così da quando avevamo perso i contatti con Straw, fianco a fianco. Mi auguravo continuamente che non le fosse successo nulla, ma in cuor mio sapevo che ce l'avrebbe fatta. Lei e il suo biondino dovevano tornare, e poi avremmo festeggiato...
A un certo punto ci ritrovammo di fronte a un numero altissimo di vampiri. Potevo scorgere Ghish che stava arrivando per aiutarci. In tre contro tutti quei mostri? Non ero così sicura che ce l'avrei fatta. Zero mi prese il viso tra le mani.
-Guardami – mi sussurrò. Distolsi a fatica gli occhi da quell'esercito che in maniera lenta ma inesorabile ci stava raggiungendo.
-Noi ce la faremo. Mi hai capito? Ce la faremo.
Dissi di sì con la testa, forse con troppo vigore.
-Mina?
-Dimmi.
Mi baciò dolcemente. Labbra contro labbra, estremamente morbide, calde, mie.
-Ti amo. Scusa se stamattina non te l'ho detto subito. In realtà so che avrei dovuto dirtelo da quando mi hai permesso anche solo di guardarti. Ti amo e voglio amarti per sempre, per cui ce la faremo. Promesso.
Mano per mano, ci lanciammo verso la battaglia.
 
Strawberry
 
Qualcuno mi chiamava, ma mi rifiutavo di svegliarmi. Perché mai avrei dovuto farlo? Era finita. Ho avuto fretta tutta la vita, nemmeno adesso ho un po' pace?
Eppure sento un dolore atroce ai polmoni e la gola sembra bruciare. Persino quando si muore si sente il dolore? Evidentemente sì. Ma è insopportabile, ho quasi voglia di tirarmelo via con le mani.
Un momento, io ho le mani. E una gola, e posso respirare.
Ma allora...
 
Non è finita. E questa consapevolezza mi sveglia e mi percorre la schiena con un brivido meraviglioso. Forza, forza, non è ancora finita!
-Strawberry, ti prego! - urla Pam. Sento che con le mani mi sta scuotendo il petto. E finalmente sputo, allontanando da me tutta l'acqua che ho nei polmoni e apro gli occhi che bruciano e chiedono pietà.
 
Ero nel cortile della chiesa, salva, viva, solo un po' fradicia e con la gola a pezzi. Ma viva.
Pam mi strinse a sé. -Meno male... – mormorò.
Ricambiai l'abbraccio. -Dov'è Ryan? - domandai, ma lo vidi quasi subito. Era disteso a pochi metri da me e respirava a fatica. Mi trascinai vicino a lui e lo presi tra le braccia, come fosse un bambino.
-Per fortuna stai bene, angelo – racchiò. Quanta acqua aveva bevuto?
-Shh...- gli diedi un bacio sulla fronte. Era così fragile...
-Voi due non potete combattere – affermò Pam, decisa.
-Non ci penso proprio – le risposi. -Magari lui no, ma io sono pronta.
-No...angelo, ti prego, io voglio...
-Shh – ripetei, con maggior vigore. -Non parlare, Ryan. Andrà bene. Rimarrai qui, al sicuro.
Poi sentii dei passi, mi voltai e notai che di fronte a me era arrivato Jared. Le sue ferite sanguinavano ancora, e questo mi provocava un piacere che non potevo reprimere. E' debole, pensai, possiamo farcela.
Alzò la spada verso di noi in segno di minaccia, e, all'istante, un buon numero di vampiri gli fu accanto.
-Non potete fare niente – disse Jared. -Arrendetevi.
Aiutai Ryan a raggiungere un albero a pochi metri da noi, lo appoggiai al tronco e mi augurai che rimanesse lì fino alla fine della battaglia. Notai che stava sanguinando molto dalla gamba: sicuramente si era ferito con qualcosa durante l'impatto di poco prima. Dovevo muovermi, cavolo, o sarebbe stato per tutti troppo tardi.
Tornai da Pam e mi misi al suo fianco. Erano tanti, ma noi avevamo un gran cuore e tanto coraggio. Forse sarebbero bastati, forse no, ma non importava; l'importante era che ci avevamo provato. Jared sorrise, malefico, ma vidi il suo sorriso affievolirsi nel momento in cui al mio fianco arrivò Lory, poi Paddy, poi Mina. Infine, dal cielo, atterrarono anche gli alieni.
-Non siamo mai state sole – mormorai.
-Voi. Non. Potete. Sconfiggermi. - scandì Jared.
-Probabilmente loro no. Ma io sì – affermò Zero, arrivando da dietro di me. Estrasse la spada che con tanta cura aveva preparato insieme a Ryan.
-Tu non sei mai stato all'altezza di portare il nostro popolo alla vittoria. - ringhiò Jared. -Mai.
Zero sorrise, un sorriso amaro, che non coinvolgeva minimamente gli occhi. -Facciamola finita – mormorò.
E come nelle grandi battaglie, i due eserciti si incontrarono una volta per tutte.
La battaglia per la salvezza della terra era cominciata.
 
Ryan
 
Dall'albero potevo vedere tutto. Faticavo a muovermi, ero dolorante, ma nonostante quello mi imponevo di alzare il collo per vedere ogni loro movimento.
Tutte stavano dando il meglio, e io non potevo essere più fiero del progetto mew. Nessuna di loro mi aveva mai delusa, ma ora si stavano superando: erano disposte a dare la vita, a dare loro stesse, la loro dignità, tutto, pur di impedire ai vampiri di fare ancora del male.
Mina scoccava frecce con precisione, non sbagliava mai. Aveva fatto fuori numerosi vampiri, e io mi rendevo conto solo ora di quanto tenesse alla sua missione. Forse, quando aveva lasciato la squadra aveva avuto solo paura. O era solo innamorata e spaventata di dover sopportare un peso così grande.
Ed ora eccola lì, la più agguerrita di tutte che combatte al fianco del suo uomo.
Osservai Lory, che insieme a Pail aveva messo in difficoltà molti demoni. Quei due insieme erano una bella squadra. Mi augurai per lei che potessero diventare anche qualcosa di più, magari non domani, non fra un mese, ma un giorno, chi lo sa.
Paddy e Tart si appartengono da quando sono nati, mi dissi nel vederli combattere. Non si muovevano se l'uno non seguiva l'altro, non facevano nulla se prima non si erano scambiati un' occhiata.
Pam, anche se era sola, non mi deludeva mai. Era sempre forte, determinata, non aveva bisogno dell'aiuto di nessuno e non si trovava in difficoltà. Come Ghish, anche se lui era avvantaggiato perché poteva volare.
Stavamo vincendo noi, era ovvio. Ovvio e meraviglioso. Osservai Strawberry, la mia vita, la mia anima, che combatteva con tutta sé stessa. E mi chiesi cosa avevo fatto per meritare di stare al fianco di una persona come lei.
Dio quanto ti amo.
Poi osservai Zero. Ce la stava mettendo davvero proprio tutta contro Jared, che mi sembrava piuttosto in difficoltà. Al pensiero che un tempo quelle due menti diaboliche fossero alleate un leggero brivido mi percorse la schiena. Entrambi maneggiavano la spada con grande grazia, ma quando dovevano affondare il colpo lo facevano con rabbia e forza devastanti. Per ora solo Jared era ferito, ma lui aveva un vantaggio: era invincibile, grazie alla forza della spada. Se solo Zero fosse riuscito a disarmarlo...
-Ora smettiamola di giocare, va bene? - disse Jared, con occhi spalancati. Aveva un taglio profondo sopra il ginocchio e sanguinava dalla bocca. Non era proprio messo bene, ma trovava ugualmente la forza di combattere.
Improvvisamente, la sua spada si illuminò di un blu intenso. Il cielo si fece buio, e, inspiegabilmente, cominciai a sentirmi ancora più debole.
Doveva essere così per tutti noi. Paddy perse l'arma dalla mani e venne scaraventata per terra da un vampiro. Tart fece per difenderla, ma un demone lo colpì alla testa facendolo svenire. Una donna afferrò Pam per le mani e la sbatté contro il muro della chiesa, incatenandola. Vidi qualcuno prendere per il collo Lory che poi venne fatta cadere per terra. Non si rialzò più, e Pail subì il suo stesso trattamento.
Ci stava indebolendo con il potere della sua spada, cazzo! Cercai Straw, che ancora non aveva ceduto alla stanchezza e continuava a combattere contro un vampiro che era almeno il doppio di lei.
-Ecco, la situazione si è capovolta, Zero. - disse beffardo Jared, per poi scomparire. Riapparve esattamente dietro Mina, e la strinse a sé puntandole addosso la sua spada. Zero spalancò gli occhi.
-Non toccarla. - ringhiò.
Jared rise sonoramente.
-Ti ho detto non toccarla!
-Ah no? E se io la mordessi?
Zero era in preda al panico. Mina cercava disperatamente di dimenarsi in qualche modo, ma non ci riusciva, era immobilizzata, paralizzata da una forza troppo grande.
Jared inclinò la testa di Mina, mentre lei gemeva di paura. Le leccò il collo e io fui percorso da una scossa di ribrezzo. Se lo avesse fatto a Strawberry...
-No! - gridò Zero, con tutta la forza che aveva in corpo. -Non morderla. Mi arrendo! Tieni la mia spada!
Jared deglutì, e buttò Mina in qualche modo per terra, che non osò più muoversi. Si avvicinò a passi decisi verso Zero, che gli tendeva la sua spada.
-Ti arrendi troppo facilmente, Zero – disse Jared prendendo la spada. La osservò, e poi fu un attimo.
Conficcò nella pancia di Zero la sua stessa spada.
-No! - urlai io, proprio come Mina. Non potevo crederci. Quelle spade erano state studiate apposta perché potessero ferire gravemente i vampiri. Se venivano colpiti nei punti giusti, sarebbero addirittura potuti morire...
-E' finita, umani - urlò Jared. -Io sono il padrone del nuovo mondo!
E per un attimo ci credo, è finita. Abbiamo perso, dobbiamo inchinarci al volere del male.
 
Tu – sentii ringhiare – tu non sei il padrone di niente!
Era Strawberry che si stagliava contro Jared. Era velocissima, imprendibile, e lasciava lui piccoli graffi e morsi in tutto il corpo. Di tanto in tanto lo colpiva col suo fiocco.
Con tutte le forze che mi erano rimaste, mi misi in ginocchio e cercai la mia pistola. La afferrai e la puntai contro Jared. Dovevo stare attento, o avrei colpito lei...
-Tu – sputò il demone – non sei niente! - cercò di infilzare la piccola Straw con la sua arma, ma lei fu più veloce. Con un rapido movimento, fece slittare la sua arma sulla spada, la colpì, e la tolse dalle mani del vampiro. La impugnò lei.
Jared rise. -Tu non sei degna di impugnare quella spada.
-Io no – mormorò lei. Si voltò verso Zero, che era in ginocchio e osservava la scena. Stava ancora abbastanza bene da reggersi in piedi. -Ma lui sì.
Lanciò la spada al nostro vampiro alleato, che non appena la impugnò, fu percorso da un forte brivido. I suoi occhi si allargarono impercettibilmente e la ferita che aveva alla pancia scomparve. Il ragazzo dai capelli neri sorrise. Poi si alzò, e andò verso il nostro più grande nemico.
-No, no no ti prego Zero, io...no posso cambiare, posso...- balbettò Jared. I suoi occhi trasparivano panico puro.
Presi la mira.
Strawberry caricò la sua arma.
Zero colpì con tutta la forza con la sua nuova spada.
E in un battito di ciglio, i tre colpi si unirono, si fusero, e Jared si dissolse, sotto i nostri stessi occhi.
 
Sospirai, contento che tutto fosse finito. Era effettivamente tutto finito, no? Sorrisi a Strawberry, che ricambiò subito.
Poi vidi nebbia.
-Ryan? - lei mi chiamava. Ma non trovavo la forza di rispondere. Osservai il mio corpo, poi il taglio profondo sulla gamba sinistra. Perdevo tanto, troppo sangue. Non lo sapevo, non ne ero sicuro...
-Ryan! - vidi a malapena la piccola Straw che stava correndo verso di me. Mi lasciai cadere su un lato, ma atterrai tra le sue braccia. Qualcosa mi bagnò una guancia.
Erano le lacrime del mio angelo.
 
Strawberry
 
-Ryan! - urlai. Oh ti prego. Ti prego prendi me, non prendere lui ti prego
-Ryan – ripetei, con la voce spezzata dal pianto. Lo stringevo a me come se fosse la mia ragione di vita, il mio tutto. Ed effettivamente lui era quello. Se l'avessi perduto che ne sarebbe stato di me? Senza di lui non ero niente, peggio, senza di lui non valeva la pena di essere nessuno.
Presi ad accarezzargli i capelli. In un certo senso, sentire la loro morbidezza, percepire che lui aveva ancora consistenza e palparla con le dita mi dava speranza. Speranza che avrebbe potuto farcela. Continuavo a piangere.
-Ehi – disse lui accarezzandomi una guancia. -Va tutto bene. Andrà bene. - mormorò, con voce spenta e occhi socchiusi.
Mi sforzai di sorridergli. -Non lasciarmi. Ti prego, Ryan, non lasciarmi.
-Io non ti lascerò. - sorrise anche lui, un sorriso nostro, meraviglioso. -Non ti lascerò mai, mi hai capito? - sembrava sinceramente offeso mentre mi diceva così. Come se volesse dirmi: ma non capisci che senza di te non vado da nessuna parte?
Nemmeno io, nemmeno io, Cristo, vado da nessuna parte senza di te, amore mio.
Mi rifiutai di continuare a fingere e piansi tra i suoi capelli morbidi. Non è troppo tardi. O forse lo è e non si può fare niente, ha perduto troppo sangue. Mio Dio, ma perché? Perché non posso soffrire io?
 
A un certo punto sentii un tintinnio. Lo conoscevo bene, ma era come se fosse appartenuto a un' epoca troppo lontana per essere ricordata. A una me che non esisteva più.
Alzai lo sguardo. Kat stava vendendo verso di me, circondata da due persone.
Il mio primo istinto fu quello di prendere in mano la mia arma. Ma mia sorella mi guardò con sguardo ammonitore e mi fece segno di abbassarla. Quelle due figure erano talmente luminose, talmente magnifiche, che facevo fatica a riconoscere i loro volti.
Poi la luce andò via, e scorsi una giovane donna bellissima dai capelli biondi e gli occhi azzurri. Aveva dei lineamenti così familiari...
Poi guardai l'uomo, e il mio cuore perse un battito.
 
-Mark? - chiesi, basita. -Non può essere. - dissi più a me stessa che a lui. Il moro sorrise. -Ciao, Strawberry.
Era proprio lui. I suoi occhi scuri, la sua pelle olivastra: era rimasto uguale, sempre il Mark al quale una volta avevo voluto così bene. Ed era lì, a pochi centimetri da me, che teneva la mano di mia sorella. Mark camminava, sembrava vivere.
-Sono così felice per te, Strawberry. Non immagini neanche quanto.
Non c'era un accenno di gelosia o di ripensamento nella sua voce. Sapeva che stavo insieme a Ryan, sapeva che ero stata abbastanza forte da superare la sua morte e non me lo stava facendo pesare, no. Mi stava praticamente dicendo che era felice di essere morto per me perché aveva significato la continuazione della mia vita.
-Non sono persone cattive, Straw. Sono qui per aiutarci – mi garantì mia sorella. Ma io non riuscivo più a muovermi, non ero più nessuno.
Ryan tremò tra le mie braccia. -Mamma? - chiamò, con voce leggera. La donna dalla chioma bionda si lasciò andare e gli concesse un grande sorriso. -Mamma...- ripetè Ryan, con un gioia che mi fece scoppiare il cuore.
-Mi 'spiace di averti mentito per tutto questo tempo, Straw. - disse Katherine.
Non capivo. Corrugai la fronte e le tesi la mano. -Vieni qui, tesoro. Va tutto bene.
-No, prova ad ascoltarmi.
-Non riesco a capire, Kat.
-Strawberry... – cominciò la madre di Ryan -noi siamo gli Angeli. Quelli che un tempo avevano maledetto i vampiri. Ti ricordi di noi?
Feci segno di sì con la testa. Zero ci aveva spiegato tutto su di loro. -Ma allora esistete davvero...- sussurrai.
-Siamo tornati perché volevamo parlare con te, mia cara. Anzi, Kat doveva parlare con te.
La bionda mise una mano sulla spalla di mia sorella. Lei mi guardò, sorrise, e per un attimo mi parve di vedere che aveva gli occhi lucidi ma cercava di nasconderlo.
-Io non sono tua sorella, Strawberry.
I suoi occhi blu nei miei, come se mi stesse dando se stessa.
-Io sono tua figlia.
Involontariamente, strinsi Ryan di più a me. Continuavo a fissare quella bambina, i suoi capelli biondo scuro, le sue guance rosse, la sua ostentata voglia di vivere. Poi vidi i suoi occhi blu, e probabilmente come me aveva fatto anche Ryan, perché sospirò.
-E' nostra figlia. – disse Ryan. E anche se non lo potevo vedere in faccia perché aveva ancora il viso sulle mie gambe e non avevo la forza di muovermi, percepivo il suo sorriso, la sua gioia.
Cominciai a piangere. -Kat...
-Mi dispiace, Straw. Non mi era permesso venire sulla terra, ma io l'ho fatto lo stesso. E' che ti vedevo così smarrita...non facevo altro che scomparire. Cominciavo a chiedermi, da lassù, se tu mi volessi veramente.
Mi sentii terribilmente in colpa per tutte le pene che avevo inflitto alla mia bambina. Alla mia bambina.
-Ti ricordi quando sei andata a Londra? Ecco, in quel periodo ho rischiato di sparire definitivamente. Non amavi più, anzi, avevi una paura folle di amare...così ho deciso di venire qui, come tua sorella. Se avessi saputo che a casa avevi una sorella saresti tornata, e così hai fatto. E hai incontrato Ryan. - per la prima volta, Kat lo guardò. Vidi padre e figlia scrutarsi, e un brivido fantastico mi percorse la schiena. Quella era nostra figlia. Figlia mia e dell'uomo che amavo.
-Puoi dirmelo se pensi che abbia sbagliato.
-Tu...- sussurrai. La mia voce non sembrava nemmeno appartenermi. Era come se ogni molecola del mio corpo, dal momento in cui avevo scoperto di essere destinata a diventare madre, fosse mutata. Il meraviglioso bocciolo che avevo davanti era frutto del mio amore e aveva scelto di rischiare la vita per non far si che mi smarrissi. Mia figlia mi aveva slavato la vita. -Tu non hai sbagliato niente, amore mio. Tu sei stata così coraggiosa...e se non fosse stato per te è vero, probabilmente ora sarei perduta.
Finalmente capivo tutto. Capivo perché i miei genitori mi avessero tenuto nascosta una cosa così grande come una gravidanza. Probabilmente Katherine aveva fatto credere a mamma e papà, con la magia o non so che altro, di essere la loro seconda figlia.
-Vi voglio tanto bene. – mormorò lei, lasciandosi scappare una lacrima.
-Te ne vogliamo così tanto anche noi, piccola – disse Ryan. Mi accorsi era sempre più debole. Kat si voltò e guardò la madre di Ryan negli occhi, come se le chiedesse il permesso per fare qualcosa.
-Fallo, piccolina. Sarà il nostro segreto...- sussurrò la bionda.
Così Kat si chinò vicino a Ryan, e posò le sue manine piccole sulla sua ferita. In un battito di ciglia, questa scomparve. Mi parve anche di scorgere un piccolo lampo di luce.
Ryan si alzò quasi subito a sedere. Era guarito.
-Devo andare. – disse Kat.
-Andare...dove? - chiesi io, spaventata. -Torna a casa con me, Kat... ti prego.
-Non può – mi ammonì la mamma di Ryan. -Lei per ora è ancora un Angelo. Non è ancora arrivato il momento di Katherine di venire sulla terra, e non può continuare ad essere la tua sorellina. Perché lei è molto di più.
Calde lacrime cominciarono a rigarmi il viso. Come avrei potuto lasciarla andare? Non volevo! Non ci riuscivo...
-Se mi vuoi, e io so, che mi vuoi, io tornerò. E' una promessa, Straw.
-Certo che ti vogliamo – dissi con voce spezzata dalle lacrime.
-Allora a presto, mamma. Ti voglio bene, papà.
La piccola Kat prese per mano Mark, e se lo portò via con sé. Vederlo mi aveva riempito il cuore di gioia. Lui era stato un vero e proprio angelo nella vita, per cui ora lo era anche in cielo. Sapere mia figlia al suo fianco mi faceva stare meglio.
-Strawberry – mi chiamò la madre di Ryan. -Abbiamo liberato i tuoi genitori, sono al sicuro. Ora però...
-Però cosa, mamma?
Ryan scrutò la madre. -Siamo stati costretti a togliere loro la memoria, in modo che non ricordino nulla di Katherine. Ora faremo tornare indietro il tempo, in modo che le cose si sistemino.
-Cosa? - domandai. -Ma...
-Ovviamente il tempo scorrerà solo per voi. Quando tornerete indietro i vampiri saranno scomparsi, proprio come ora. E tranquilli, non dimenticherete nulla di quello che è successo, è una promessa. A meno che qualcuno di voi non voglia dimenticare, ovvio.
Tutte le mew mew si erano accerchiate a me e a Ryan. Tutte mano nella mano con coloro che amavano, tranne Ghish, che era scomparso. Era già tornato sul suo pianeta? Mi si strinse il cuore a sapere che non lo avevo salutato per la seconda volta.
-Io voglio ricordare. – dissi.
-Anche io. – ripetè Ryan, seguito da un coro dietro di noi.
Sorrisi tra me e me.
-Molto bene. Grazie per avere liberato la terra dai vampiri...Zero? - chiamò l'angelo. Il vampiro alzò lo sguardo. Teneva Mina tra le braccia.
-So per certo che sarai un grande capo.
Poi accadde una cosa che non ho mai dimenticato. La tengo gelosamente nel cuore e a volte durante la notte, quando mi giro e mi rigiro nel letto, la porto alla mente perché così mi scalda e mi fa pensare che, qualsiasi cosa accada, l'amore non muore mai, ci accompagna anche dopo la fine.
-Non voglio che te ne vai, mamma. - disse Ryan, alzandosi in piedi. -Mi manchi da morire. Ogni giorno, ogni istante. Non puoi andartene ancora. Non lo sopporterei.
Non credevo di poter vedere le lacrime dell'uomo che amavo. Una volta sola le avevo sentite, poco prima che facessimo l'amore per la prima volta, nella sua stanza. Solo sentite. Vederle spezzava anche me, perché il suo dolore era il mio.
La madre di Ryan sorrise. -Non posso rimanere qui, lo sai. Mi uccide dovertelo dire, Ryan, ma devo tornare indietro.
Ryan strinse i pugni, ma fu incredibilmente silenzioso mentre pianse quelle che penso fossero le lacrime più pure e tristi di tutta la sua esistenza. -Mi mancherai. - disse alla fine.
L'Angelo l'abbracciò. Insieme sembravano una cosa sola e dovetti ammettere che si assomigliavano tantissimo, più di quanto avessi immaginato. Pregai che Ryan non si dimenticasse mai di quel tocco, in modo da portarlo nel cuore per sempre e di far riaffiorare il ricordo quanto le cose non fossero andate bene.
-Anche tu. Ma ti dirò un segreto: io sono sempre con te.
Furono momenti interminabili, quelli che seguirono, perché i singhiozzi cominciavano a farmi male al petto. Sapevo che avrei dovuto essere forte, sia per me che per Ryan. Per entrambi. Ma ero spezzata. Non riuscivo a sopportare che il mio angelo dovesse perdere sua madre per la seconda volta.
I due si staccarono. Lei disse: -Ho visto quanto sei innamorato. E' così bello, Ryan. Non lasciarla mai andare, va bene? Hai aspettato tanto per averla. Adesso ti appartiene. E sarà per sempre.
Detto questo, l'Angelo si voltò, e, piano piano, nella sua luce meravigliosa, scomparve. Una brezza piacevole cominciò a scompigliarci i capelli, e in un istante, Ryan si inginocchiò di nuovo e mi fu davanti. Stavamo piangendo ed eravamo sudici, stanchi, sporchi del sangue che avevamo versato. Ma era finita.
Non gli dissi niente, mi limitai a guardarlo negli occhi.
Intorno a noi si alzò un polverone che ci avvolse, e, da quel momento non vidi più gli altri. Ma sapevo che stavano bene, ne ero certa.
Era come se in quello sguardo io e Ryan ci volessimo mettere la nostra intimità, facendo vedere chi eravamo davvero. Ed eravamo due persone che avevano appena scoperto di essere destinate a diventare genitori.
Mi accarezzò una guancia, e io chiusi gli occhi.
E' finita, è finita davvero. E mi rendo conto che in realtà l'inizio non è altri che la fine; questi due opposti hanno lo stesso significato, e noi non ce ne rendiamo conto anche se forse loro ce lo gridano. E' duro ammetterlo ma è finita, e quando ci si ripete certe parole si sente sia il dolore della vittoria sia la piacevolezza del baratro che abbiamo toccato, finalmente, dopo notti insonni, giorni di pioggia, baci rubati che sapevano di sale, lacrime amare.
E anche quando infondo non rimane niente, io sono certa che nel mio cuore, almeno, rimani tu.
 
Quando riaprii gli occhi ero di fronte alla porta di casa mia, con una valigia in mano e un sorriso stampato sulle labbra. C'era il sole e, osservando i miei vestiti, mi accorsi che indossavo proprio ciò che avevo il giorno in cui ero ritornata da Londra.
La mamma di Ryan aveva ragione. Eravamo davvero tornati indietro nel tempo, anche se i ricordi erano rimasti. Sentii i passi di mia madre che veniva verso la porta, che a un tratto si spalancò.
-Oh, mio Dio! Caro, è tornata Strawberry!
.




 
.




 
.
...Ok, sto ufficialmente piangendo. :'(
Come vi avevo anticipato, angeli miei, questo è il penultimo capitolo. Il prossimo sarà l'Epilogo che uscirà verso la metà della settimana prossima. Non so come affrontare tutto questo perché è la prima long che finisce, per me...infatti ho un mal di stomaco assurdo, e la cosa non va tanto bene! XD
Spero davvero di non aver deluso nessuno. La storia ufficiale di “Call me Angel” finisce oggi, infatti; l'Epilogo sarà ambientato in tempi e luoghi diversi e vi accorgerete che la narrazione sarà un pochino diversa. Vorrei già fare ora tutti i ringraziamenti ma li farò con calma la settimana prossima...e allora lì si che sarà una valle di lacrime!
Niente...non ce la faccio a dire altro e come al solito lascio la parola a voi. Tutti i dubbi in teoria, con questo capitolo sono stati risolti...ora sapete chi è davvero Katherine.
Vi voglio un mondo di bene,
Vostra,
Je <3

Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** Epilogo ***


EPILOGO

 

Gli Angeli non sanno
di essere Angeli
e non sanno di avere le ali.
Solo la Notte sognano di volare
e per loro la Notte è il Giorno.
La luce dell'Alba
il soffio di Vita che li fa muovere.
Hanno i piedi stanchi,
soffrono, ridono, danzano,
gioiscono, piangono
e non sanno il perché...
Sono Angeli.
(Francesco Memmola)

.

.

.

 

Salve, mi chiamo Strawberry e frequento la settima classe. Ieri sera ero così agitata che mi sono addormentata tardi, e adesso eccomi qui, in preda al panico! Questo è ciò che si guadagna a non svegliarsi in tempo. Mi manca il fiato, ma non posso rallentare il passo: il cuore batte forte all'idea di quello mi attende...
 
Ora che sono arrivata alla fine e guardo indietro sento di avere un vuoto pazzesco.
Perché mi ripeto che è finita.
E' finita.
A volte mi capita di pensare a come sarebbe potuta andare se non avessi fatto quello che effettivamente avevo fatto; e ogni volta mi ritenevo fortunata perché, grazie a Dio, ero rimasta me stessa, sempre.
E non poteva esserci cosa più deliziosa che tornare a casa la sera, baciare i miei figli sulla guancia, guardare mio marito negli occhi e dirgli, semplicemente: -Ciao, amore mio. Com'è andata oggi?
Oh, giusto, vi comprenderei se non capiste di che cosa sto parlando.
La memoria era rimasta come promesso. I sentimenti con lei. Per cui io e Ryan ci eravamo incontrati quello stesso pomeriggio, di fronte a casa mia, lui con la sua moto e io con i miei capelli lunghi, che lui amava tanto.
 
-Tesoro, tipo che c'è un ragazzo con la moto qua fuori. - disse la mamma scostando le tende della cucina. -Ammazza, è bellissimo. Ma lo conosci?
Ero seduta al tavolo di legno cercando di ascoltare mia mamma senza dare di matto. Tecnicamente ero tornata indietro nel tempo di quasi due mesi e dovevo seriamente concentrarmi per non cedere e urlare che ce l'avevamo fatta e che meno di qualche ora prima stavo combattendo con degli esseri mortali e avevo scoperto di...
-Tesoro, ma mi ascolti? Sto parlando da sola?
Mi imposi di svegliarmi dal trauma temporaneo. -Cosa hai detto, mamma?
-C'è un ragazzo, tra l'altro molto molto carino, qui fuori. Credo che cerchi te.
Il mio cuore si fermò di colpo. Ryan. In un attimo rividi nella mia mente, dettaglio dopo dettaglio, tutto quello che era stato il nostro amore. Il mio ritorno, il ballo in maschera, il processo, io che gli salvavo la vita, i baci, i litigi...e poi finalmente avevamo ceduto e ci eravamo confessati tutto il nostro amore. E ora lui era lì. Provava ancora lo stesso? La memoria era rimasta a lui nello stesso modo in cui era rimasta a me? In un attimo mi sentii davvero impotente e spaventata. Se non si fosse ricordato di me, sarei morta.
-Vado a vedere cosa vuole. - borbottai. -Tu non sbirciare dalla finestra, ok?
Quando mi chiusi la porta alle spalle, qualcosa dentro di me mi disse di stare calma. Di non correre, perché correre non sarebbe servito a nulla. Di camminare, piano, passo dopo passo verso di lui, senza inciampare. Di non crollare. Di tenere a bada il mio cuore che stava scoppiando d'amore.
Mi guardava. I suoi occhi infiniti, bellissimi, più azzurri del cielo, erano nei miei. E non sembravano non ricordare. Mi sussurravano: sono qui, sono tuo.
Non correre. Lentamente, fa le cose lentamente.
Gli ero di fronte. Se mi fossi concentrata un pochino di più avrei potuto sentire i battiti dei nostri cuori perfettamente sincronizzati.
-Vieni via con me. – disse lui. E io gli sorrisi.
-Dove? - gli chiesi io.
-Lontano. Ma vieni via con me.
Mi prese tra le braccia con una lentezza straziante. La verità era che il suo corpo mi mancava da morire. Anche le sue labbra. Cominciò ad accarezzarmi le braccia, poi giunse alla schiena e alla fine, risalendo, imprigionò i miei capelli in una morsa dalla quale non mi sarei più sottratta facilmente.
-Allora, com'era Londra? - mormorò. Mi baciò sulla spalla.
-Noiosa. - risposi io.
-Mmmh...- disse, risalendo appena verso il collo e accarezzandomi con le labbra. -Quindi hai deciso di tornare. Mi fa piacere, angelo.
Mi diede un leggero bacio sul collo mentre infilava le mani sotto la maglietta e toccava la mia pelle nuda. Gemetti. Grazie a Dio aveva parcheggiato la moto dietro l'albero del mio giardino perché altrimenti mamma mi avrebbe uccisa.
Non riuscivo più a resistergli. Con una mano afferrai i suoi capelli mentre infilai l'altra sotto la sua maglietta per sentire il calore e la consistenza meravigliosa del suo petto. Stavolta fu lui a gemere.
-Non ti ricordavo così audace, Strawberry. Sei cresciuta e cambiata tanto, e devo ammettere che ciò mi piace. - lasciò una scia di caldi baci dal collo al mento, per poi salire e mordicchiarmi il lobo. Era una tortura. Perché non mi baciava?
Ma lo sapevo, il perché. Era sempre stata una persona alla quale piacevano i compromessi.
-Se verrò via con te mi bacerai? - gli chiesi.
Si staccò di colpo. Era sempre lui, il mio Ryan, il ragazzo che avevo imparato ad amare con tutta la mia anima. Era mio e niente e nessuno avrebbe potuto separarci, mai più. Il nostro amore era persino più forte dei demoni, degli alieni, delle incertezze e delle paure.
Non mi spaventava più nulla.
-Può darsi. - mormorò, baciandomi l'angolino della bocca.
-Sì, Ryan. Verrò via con te.
Non fece altro che spostarsi di qualche millimetro e così mi divorò le labbra. Era un bacio completamente nuovo che sapeva di speranza e amore sconfinati. La mia esistenza era sua, tutto il mio destino era suo. La scelta di tornare a Tokio era stata la decisione più importante e giusta di tutta la mia vita, perché mi aveva riportato a lui e aveva fatto sì che tornassi me stessa.
Quando sì staccò da me avevo come l'impressione di essere stata baciata per la prima volta.
Salimmo sulla moto e io mi strinsi a lui, beandomi del suo profumo. Mamma si sarebbe arrabbiata. O forse no.
In ogni caso era meglio che si tenesse pronta. Mi venne da ridere, infatti, a pensare che prima o poi avrei dovuto dirle che sarebbe diventata nonna.
 
La fuga d'amore con Ryan era durata un giorno. Un giorno che ci servì di lezione, comunque, perché fu la prima volta in cui parlammo seriamente di Katherine e del nostro futuro insieme. E penso che il periodo più bello della mia vita cominciò da quel giorno, più o meno. Presentai ai miei genitori Ryan, qualche settimana dopo la bravata. Uno dei momenti più belli e insieme più imbarazzanti di tutta la mia esistenza.
A mamma Ryan piaceva tantissimo. Diceva che era dolce e perfetto, e che si vedeva che mi amava, anche solo dal modo in cui mi guardava.
Papà ci mise un po' a mandare giù la situazione, ma piano piano smise di fare il geloso e finì per considerare Ryan quasi come un figlio.
 
Salve, mi chiamo Strawberry e sono una donna innamorata.
 
Ora sto osservando l'oceano dalla casa sul mare di Ryan , quella in cui ci aveva portato ormai non mi ricordo nemmeno quanti anni fa. In braccio ho Katherine, che gioca con i miei lunghi capelli.
La porta dietro di me si apre, e io sussulto appena sulla poltrona. E' Jacob, il mio primo figlio.
-Mamma, posso andare a giocare con le conchiglie?
Inutile nascondere che io e Ryan ci eravamo presi un bello spavento. Quando ci siamo sposati, sapevo già di essere incinta, ma avevo voluto fare una sorpresa generale durante la cerimonia. Di quei momenti ricordo perfettamente l'urlo di gioia di mia madre, una mia piccola lacrima e le braccia di Ryan che mi stringevano forte. -Finalmente, amore mio. Ti amo, angelo. Anzi, vi amo, mi aveva detto.
Noi ci aspettavamo Katherine, e invece arrivò un maschio, che è tutto suo padre, solo con due occhioni color del cioccolato che ti fan venire voglia di mangiarti le sue guance di baci, e di stringerlo fino a farlo lamentare. E comunque lei è arrivata tre anni dopo, e ora è qui con me. E' sempre con me.
-Ci voglio andare anche io! - dice Kat, che salta sulle mie ginocchia lamentandosi, perché vuole scendere.
-Va bene, va bene. State attenti, ok?
Vedo i miei figli che si allontanano, e io mi cullo sulla sedia a dondolo. Sono un po' stanca, ma vedere i miei figli ha il potere di svegliarmi, e posso garantire di non essermi sentita mai più viva di così.
-E' arrivata una lettera di Pam, angelo. La vuoi?
Ryan esce e mi viene vicino, restando in piedi.
-Mettila pure qui, la leggo dopo. Vorrà sicuramente dirmi di Kim.
Kim è la figlia di Kyle e Pam, e devo dire che è già bella grande. Ha...undici anni, sì, perché sono passati undici anni dalla grande battaglia e Pam ci ha confessato che credeva di essere incinta già durante quella.
Zero ha trasformato Mina da un po', ormai. E seppur all'inizio avessi paura ora non ne ho più. La vado a trovare spesso, e tra di noi non è cambiato niente. Beh, è cambiato il suo stile di vita, ma Zero la tiene teneramente sotto controllo.
Tart ha chiesto a Paddy di sposarlo. Era ora, continuo a ripeterle, e lei ride, ride di gusto. Non ho mai visto una ragazza più innamorata di lei.
Lory invece ha lasciato la terra e se n'è andata con Pyle sul suo pianeta. E di una cosa sarò sempre certa: l'ultimo abbraccio che ci siamo scambiate era vero come pochi altri che avevo dato. -Sei una delle mie migliore amiche, ricordalo. Lo sarai sempre. - le avevo sussurrato Anche Ghish era con loro, e benchè ricevessi poche notizie su di lui ero certa che stesse bene. Non mi fa più male pensare al suo amore per me, perché sicuramente ora si è trasformato in un sentimento che sa d'affetto e nostalgia e non di devozione eterna. E comunque non posso dire di averlo odiato. Io ho voluto tanto bene a Ghish, bene che non è bastato a completarlo e a renderlo felice. Ma un giorno non lontano troverà la persona giusta per lui e quando si guarderà indietro sorriderà nel pensare a quello provava per me. Deve aspettare, credo di sì. Il segreto, in amore, è sicuramente aspettare.
 
-Va tutto bene, amore mio?
Alzo il volto e vedo Ryan. L'uomo della mia vita. Mi ricordo che una volta, forse prima o forse dopo il matrimonio, una notte mi aveva mormorato che noi non avremmo avuto fine. E aveva avuto ragione, noi eravamo ancora lì. Il nostro amore aveva superato un sacco di difficoltà ed era sempre riuscito ad avere la meglio su tutto, persino sulla morte, il dolore, il tempo. Noi eravamo il tutto, l'infinito, noi stessi eravamo l'amore. E non sarebbe mai finita, perché le nostre anime si sarebbero amate in eterno. Forse non lo potevamo sapere, o forse sì. Io avevo il sospetto che la mia anima e quella di Ryan non si sarebbero mai lasciate e mi piaceva pensare che avrebbero vagato insieme per sempre.
-Va tutto benissimo. Stavo solo pensando che ne sono successe tante, di cose, negli ultimi tempi. E se sedici anni fa mi avessi detto che oggi sarei stata qui, al fianco dell'uomo che amo, con due figli bellissimi...beh, probabilmente non ci avrei creduto.
Si china e mi bacia dolcemente sulle labbra, e il mio corpo è scosso da un fremito. Ci sono i bambini, mi dico, e un po' mi calmo.
I miei occhi sono nei suoi. Sono sua, lo sono da sempre, da quel giorno in cui mi ha afferrata da quell'albero e mi ha stretto a sé. E' cominciato tutto così.
-Ti amo, Ryan. - Ed è vero, il mio cuore lo grida, ma a parte che il mio cuore praticamente è come se battesse nel suo petto, per cui lo sa. So che lo sa.
-Io di più, angelo.
Si alza e corre dai nostri figli. Li vedo giocare, e loro sono miei, posso dire di essere fiera di me stessa come non lo sono mai stata.
 
Salve, mi chiamo Strawberry, e questa è la mia storia.


 
 
Fine
.




 
.




 
.

NOTE PIU' LUNGHE DEL CAPITOLO XD

Ci sono tantissime cose che vorrei dire e ho paura di dimenticarmene qualcuna. Se dovesse succedere, credo che tornerò e aggiungerò, in ogni caso vi chiedo scusa.
Come penso di aver già anticipato questa è la prima long che pubblico e quindi, di conseguenza, che porto a termine. Non posso esprimervi a parole quanto questo significhi per me a livello personale. Ammetto che sono una persona alla quale piace arrivare fino in fondo nel momento in cui ha deciso di prendere un impegno, ma quando si tratta di scrivere, diventa davvero tutto più complicato ma anche più bello. Ho scoperto troppo tardi che adoravo farlo e per questo non mi perdonerò mai, in ogni caso, un anno e mezzo con EFP mi ha dato soddisfazioni enormi che penso che possiate immaginare, se come me amate scrivere. Terminare Call me Angel oggi non vuol dire scrivere la parola fine a una storia, ma vuol dire molto di più: vuol dire non tornare ogni settimana e ritrovarvi, vuol dire terminare un pezzetto di qualcosa; in qualche modo, vuol dire anche voltare pagina. Forse sembrerò sentimentale ma vi prego, prendetemi uguale, io sono fatta così **
Non so da dove cominciare per ringraziare tutte le persone che ho conosciuto durante questo cammino. Persone che mi hanno aiutata a crescere sia come individuo che come scrittrice, persone che avevano mille impegni o problemi personali ma che nonostante tutto c'erano sempre. Siete nel mio cuore. E un grazie a chi non si è fatto sentire ma che è passato comunque. Un ringraziamento a tutti coloro che preferiscono, hanno seguito e ricorderanno questa storia. Siete in tantissimi e non so davvero cosa ho fatto per meritarmi tutto questo!
Ci tengo a dire che non vi libererete facilmente di me (alcune dicono: Oh, no!). Scherzi a parte, per la settimana prossima ho in servo una sorpresina per voi. Vedrete vedrete **
 
Le ultime parole di questa storia, però, voglio che vadano a loro: Ryan, Strawberry, Zero, Mina, e tutti i personaggi che abbiamo imparato ad amare e conoscere. Se questa piccola cosa è nata lo devo a loro e al magnifico genio che le ha create, che non ringrazierò mai abbastanza. Ricordatevi che anche quando tutto sembra perduto, c'è sempre qualcosa in cui dobbiamo credere, qualcosa che inesorabilmente ci fa cambiare e ci rende persone migliori, qualcosa che ci fa fare chilometri e chilometri con il cuore in gola: l'amore. Mette in discussione ciò che siamo, smuove tutto. I personaggi della mia storia, nonostante purtroppo non possano esistere, ne sono la dimostrazione.
Vado davvero, adesso. Vi voglio bene e vi ringrazio, ancora una volta, per tutto.
Ciao angeli! <3
Vostra
Je 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1151361