Hermione in Wonderland

di Kleio
(/viewuser.php?uid=202874)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio ***
Capitolo 2: *** L'ascesa di Milady ***
Capitolo 3: *** I tiri vispi di Pinko e Panko ***



Capitolo 1
*** L'inizio ***


Un bambina camminava da ore in una foresta dall’atmosfera inquietante e surreale: gli alberi erano talmente alti che le chiome si perdevano nell’oscurità sovrastante, i tronchi, lisci come la superficie di uno specchio, riflettevano lo scenario circostante e i funghi, dai colori più stravaganti, la superavano in statura. Stravagante era persino il sentiero su cui poggiava i piedi: i ciottoli, perfettamente ovali, erano di un bianco talmente puro che sembravano brillare nel buio.
Perché quella bambina stesse camminando da ore in una foresta dall’atmosfera inquietante e surreale non lo sapeva neanche lei e, tantomeno, si ricordava come ci fosse arrivata in quella foresta inquietante e surreale …  E questo, di certo, non migliorava il suo umore.
Stava inseguendo un rospo, questo sì lo ricordava, che un bambino di nome Neville era riuscito a perdere ancor prima di mettere piede a Hogwarts.
Hogwarts … Era lì che avrebbe dovuto trovarsi in quel momento, non a gironzolare chissà dove in cerca di chissà che cosa! Il suo primo giorno di scuola e già correva il rischio di farsi espellere … Lei poi, che si era ripromessa di impegnarsi al meglio delle sue capacità e ottenere il massimo dei voti in tutte le materie! Un progetto ambizioso, forse, ma voleva, doveva, dimostrare al mondo che tipo di persona fosse Hermione Granger!
La streghetta si guardò attorno: era già da un po’ che aveva l’insolita sensazione di percorrere sempre lo stesso tratto di bosco che, in effetti , sembrava invariato. Prese quindi un fungo come punto di riferimento e camminò per altri dieci minuti. Trascorso il lasso di tempo osservò speranzosa il panorama e non fu felice di constatare che aveva avuto l’intuizione giusta: stava percorrendo, e ripercorrendo e ripercorrendo, gli stessi pochi metri di strada.
Infilò la mano in tasca, in cerca della sua bacchetta: era sempre lì e la cosa la rassicurò, ma solo in parte. Sapeva bene che, in caso di necessità, non le sarebbe servita a molto. Certo, a casa si era già esercitata nell’eseguire con successo semplici incantesimi, ma, sinceramente, non vedeva come una formula utile per riparare un paio di occhiali le avrebbe salvato la vita, nel caso fosse stata attaccata da una manticora …
Era immersa in queste considerazioni quando una voce severa la riportò alla “realtà”:
-Ti sei persa un’altra volta, vedo. -
Hermione alzò lo sguardo; un gatto soriano, dai singolari baffi viola, era accoccolato sul ramo di un arbusto, misteriosamente apparso dal nulla.
- … Come? – chiese la bimba esterrefatta.
-È diventato un vizio allora … Alice … -  continuò il micio sorridendo (sì, aveva proprio sorriso!), senza dare l’impressione di averla sentita.
-Alice?? … No scusa … scusi … credo che tu, o che lei, abbia sbagliato persona … - disse Hermione incerta, poiché nessuno le aveva mai insegnato come rivolgersi cortesemente ad un gatto soriano.
-Facciamo anche le spiritose, eh? – la rimproverò l’animale in tono serio –Non è così che otterrai il mio aiuto! -
Hermione stava per ribattere, ma il gatto non gliene diede la possibilità e, con un balzo, scomparve dietro all’arbusto.
-E ora dove te ne vai? -  chiese esasperata.
-Sono dietro di te. -
La bambina si girò di scatto e sbiancò di colpo: una donna alta, dal contegno rigido e severo, vestita con uno scintillante mantello verde smeraldo, era in piedi davanti a lei.
-Ma io so chi è lei! – balbettò, atterrita all’idea di essere espulsa –C’era una sua foto su “Trasfigurazione oggi” proprio l’altro giorno … Lei è la professoressa Mcgranitt! La prego, mi permetta di spiegarle che … -
-Ma insomma ragazza, sei ubriaca per caso! – la interruppe malamente la donna –Io sono lo Stregatto! -
Hermione era letteralmente senza fiato.
-Vieni, so esattamente cosa fare con te. Seguimi. – le ordinò la professoressa, o lo Stregatto, che dir si voglia, con un tono che non ammetteva repliche.
-Calma Hermione, sta calma … - disse a se stessa mentre seguiva la sua guida, ormai rassegnata. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** L'ascesa di Milady ***


Uno scoiattolo viola saltellava tra un ramo e l’altro di una rigogliosa pianta di glicine che avvolgeva l’alta vera di un pozzo. Il suo pelo folto e lucente era dello stesso colore dei fiori e la morbida coda, troppo grande rispetto al resto del corpo, si confondeva con i grappoli. Un sonoro pop e l’animale si ritirò tra il fogliame: un’alta figura incappucciata era apparsa dal nulla accanto alla vera. Lo scoiattolo si mosse appena, provocando un fruscio quasi impercettibile e l’uomo subito scattò: un lampo di luce verde e la bestiola si ritrovò a terra, morta. L’uomo rivoltò l’animale col piede e proseguì con passo deciso lungo il viale, circondato da entrambi i lati da una siepe di tasso molto curata. Da qualche parte, oltre la siepe, gorgogliava una fontana. L’orlo del lungo mantello svolazzava intorno alle sue caviglie e si sporcò quasi subito del bianco della ghiaia che scricchiolava sotto i suoi piedi. Voltò a destra e la siepe svoltò con lui.
Una bella dimora gentilizia emerse alla fine del viale; le vetrate a rombi riflettevano la luce del sole, così come un’ampia piscina rettangolare, collocata a breve distanza dalla facciata della villa ne rifletteva tutta la grandiosità. Il portone era spalancato e dovunque scorrazzavano elfi domestici: alcuni strofinavano compulsivamente il pavimento in marmo a scacchi bianchi e neri, altri spolveravano quadri e mezzibusti, tutti raffiguranti una splendida donna mora dallo sguardo inquietante, altri si affannavano attorno alla vasca, raschiandone il fondale e gettando cibo alla coppia di cigni neri che ne solcava la superficie, altri ancora erano impegnati a dipingere di verde i fiori nelle aiole.
L’uomo entrò senza indugiare, mentre la donna raffigurata in tutti i dipinti lo seguiva con gli occhi e gli sorrideva con espressione compiaciuta.
-Dove posso trovarla?- chiese freddamente l’uomo ad uno degli elfi intenti a pulire il pavimento.
-Di sopra, signore. Nella Sala Grande.- rispose quello tutto tremante.
L’uomo gli assestò un calcio senza una ragione apparente, salì per un’ampia scalinata coperta da un tappeto intarsiato d’argento e si ritrovò in un vasto salone praticamente vuoto, fatta eccezione per un massiccio camino, uno specchio appoggiato alla parete, un lungo tavolo e le rispettive sedie.
-Tom - esordì una decisa voce femminile –Sei quasi in ritardo.-
Era stata la donna seduta a capotavola a parlare. Era di una bellezza rara: una folta, scura, criniera lucente, labbra sottili, palpebre pesanti e lineamenti marcati, ma tutto perfettamente combinato.
I suoi occhi brillarono per un istante quando Tom fece il suo ingresso. Questi, liberatosi del mantello, che subito un elfo domestico si premurò di raccogliere e riporre altrove, si inginocchiò ai suoi piedi e le sfiorò la mano con le labbra.
-Milady- mormorò, e la sua voce, benché controllata, tradì l’emozione – È un onore per me essere al vostro fianco, non potrebbe esistere piacere più grande.-
Anche lui era bello: alto, capelli corvini, occhi scuri e intelligenti. Anche la regina sembrò momentaneamente subire il suo fascino, ma si riprese immediatamente.
-Non potrebbe esistere piacere più grande …- ripeté lei modulando accuratamente il tono di voce
-Detto da te, Tom, significa molto.-
Lui chinò rispettosamente il capo e andò a sedersi alla sua destra.
-Per fortuna sei arrivato.- proseguì la regina, giocherellando pigramente con un pendaglio che portava al collo –Stavo cominciando ad annoiarmi, anche se Codaliscia qui, ha notizie interessanti. Vero, Codaliscia?-
Qualcuno squittì da sotto il tavolo, Tom sobbalzò per la sorpresa e la regina diede in una risata gioiosa.
-Quest’essere viscido e inutile dice che la nostra cara, piccola Alice è finalmente arrivata tra noi.-
Tom sgranò gli occhi neri e Codaliscia cominciò a piagnucolare. La regina si godette per qualche secondo l’effetto che aveva prodotto sul suo pubblico, quindi continuò:
-Il grande giorno si avvicina, Tom. Il giorno in cui finalmente dimostrerò quale sorte aspetta chiunque provi ad intralciare il mio cammino. Da quel momento in poi, nessuno oserà più dubitare della mia potenza.-
Sembrava invasata, impaziente, si alzò da tavola e per la foga ribaltò la sedia.
-Padrona- replicò Tom con risoluta convinzione –nessuna persona sana di mente oserebbe mettere in dubbio il vostro valore. Nessuna persona sana di mente potrebbe credere, anche solo per un istante, che una ragazzina priva di qualsivoglia talento sia in grado di mettervi in difficoltà.-
-Ma, purtroppo, le persone sane di mente sono davvero troppo poche. Altrimenti perché alcuni avrebbero organizzato la resistenza, quando non c’è più nulla per cui valga la pena combattere?- rispose lei piagnucolando e andandosi ad accoccolare sulle sue ginocchia. Tom, dal canto suo, era troppo preso da lei per ribattere e si limitò a stringerla un po’ di più, contemplandola adorante.
-Codaliscia!- lo chiamò lei cambiando immediatamente atteggiamento, diventando all’improvviso fredda e spietata. Codaliscia, per la fretta di rispondere, si alzò di scatto e battè la testa contro il tavolo.
-Idiota.- commentò Tom gelido.
-Tu continuerai ad eseguire i miei ordini vero, Codaliscia?- proseguì la regina non appena l’omino uscì dal suo nascondiglio. La sua voce era suadente, ma la domanda suonava come una minaccia.
-Ho bisogno di qualcuno che mi tenga informata, che segua quella mocciosa dai capelli crespi e mi tenga aggiornata sui suoi spostamenti.-
Codaliscia la guardò con sguardo supplice.
-Suvvia, non fare così. Avrai la tua ricompensa per questo. Per quanto tu non sia dotato di cervello potrai rivelarti incredibilmente utile fintantoché i tuoi stupidi amichetti continueranno ad avere fiducia in te.-
Milady lo guardò malevola e Codaliscia distolse lo sguardo, terrorizzato di guardarla negli occhi. Si limitò ad un breve cenno d'assenso.
-Adesso vattene. Lasciami da sola con Tom.-
-Sì, padrona.- Codaliscia si inginocchiò e uscì dalla stanza quanto più veloce glielo permisero le gambe tozze.
-Milady- esordì Tom, non appena si ritrovò solo con lei, ancora appollaiata sulle sue ginocchia –Siete davvero convinta che sia prudente affidare a quel sorcio un compito tanto importante? Quale sorta di garanzia può fornirvi un simile soggetto? Permettetemi di andare a cercare la bambina. Sarà vostra prima del tramonto.-
-Ma tu non conosci Alice come la conosco io.- rispose Milady alzandosi e dirigendosi verso lo specchio.
–Non c’è bisogno di andarla a cercare. Le persone oneste sono così facili da manovrare: quando sarà il momento lei stessa verrà da me, e io sarò qui ad aspettarla.- disse fissando con sguardo infuocato lo specchio, dov’era riflessa la piccola Hermione.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** I tiri vispi di Pinko e Panko ***


Stava cercando un rospo e aveva trovato un gatto. O meglio, un gatto aveva trovato lei e le aveva fatto da guida turistica.
-Come abbiamo fatto ad avanzare lungo la foresta?- aveva chiesto ad un certo punto Hermione, ancora riluttante ad accettare il bizzarro corso degli eventi.
-Basta mettere un piede davanti all’altro, non è poi così difficile …- aveva risposto il gatto imperturbabile.
Hermione aveva inarcato un sopracciglio –Hai capito benissimo a che cosa mi riferisco: prima ho continuato a ripercorre lo stesso tratto di bosco per così tanto tempo che …-
-Lo sai- l’aveva interrotta lo Stregatto –non credo che questo tono petulante ti renderà molto popolare a scuola.-
-Se fossi libera di tornarci, a scuola ...-   
Lo Stregatto la ignorò.
-Ad ogni modo, è sufficiente sapere dove si vuole arrivare.- E con questa nota enigmatica si era dissolto nel nulla.
Ora Hermione era davanti ad un bivio, sola. C’era un cartello piantato nel terreno, proprio di fronte a lei, aveva la forma di una freccia. “Sala del tè” recitava, ma era fissato su di un perno girevole così da indicare, a seconda della direzione del vento, ora una direzione, ora l’altra. Non restava che affidarsi al caso, essendo, l’oggetto, di dubbia utilità, e così decise di imboccare la strada sulla sinistra. Questa volta fu felice di constatare che tutto intorno a lei sembrava essere normale, o quasi: insomma, gli alberi che aveva lasciato indietro camminando non le ricomparivano prepotentemente davanti agli occhi pochi metri più in là e questo era un passo avanti, nel vero senso della parola. Il sentiero si apriva su di uno spiazzo circolare bordato da una schiera di candide betulle tra loro perfettamente identiche. Esattamente nel mezzo si trovava un lungo tavolo di legno scuro la cui superficie liscia e lucida rifletteva le nuvole bianche e vaporose del cielo, cosa singolare, dal momento che, il presunto cielo, era coperto dalle folte chiome delle betulle. Ciò che rendeva il luogo se possibile ancor più singolare era un intangibile alone dorato che lo incorniciava come un’aureola. Cespugli di rose erano sparsi qua e là, mentre lontano gorgogliava una fontana. Hermione era ancora impegnata a contemplare la bellezza del paesaggio circostante quando fecero la loro comparsa tre bizzarri personaggi.
-Alice!- esclamarono in coro non appena la videro.
Hermione si voltò di scatto, ma, indietreggiata, si limitò a studiare l’aspetto eccentrico dei nuovi venuti, che la fissavano in silenzio con un sorriso quasi ebete stampato sulla faccia: tre ragazzini lentigginosi e rossi di capelli, il più piccolo dei quali, che doveva avere all’incirca l’età di Hermione, indossava un logoro cappello a punta rammendato in più punti. Gli altri due erano dei gemelli alti e allampanati dall’aria sveglia, vestiti con degli improbabili completi tutti pizzi e merletti.
-Non ti sarai davvero dimenticata di noi, eh Alice?- le chiese uno dei gemelli in tono divertito. Hermione, che ormai aveva capito quanto fosse inutile discutere sulla questione del nome,  si limitò a ribattere:
-Mmm … Sono spiacente … -
-Beh, in effetti è comprensibile- ribatté l’altro gemello –pensandoci bene, l’ultima volta che l’abbiamo vista,  non era più grande di un cucciolo di gatto.-
Hermione rimase colpita dall’affermazione, non solo perché  lei non li conosceva, ma perché i due ragazzi dovevano essere più grandi di lei solo di poco ed era strano, quindi, che si ricordassero di un avvenimento accaduto così tanto tempo prima, ammesso e non concesso che fosse realmente successo qualcosa.
-Ti rinfresco la memoria- disse il ragazzino con il cappello –loro sono Pinko e Panko ed io sono il Cappellaio Magico.- e le tese la mano. Ma Hermione non la strinse: era troppo impegnata a tentare di ricordare dove lo aveva già visto, quel bambino lentigginoso …
-Aspetta un secondo … Ma tu sei Ron! Ron Weasley!-
Lui la guardò interrogativo.
-Non ricordi?! Ci siamo incontrati poco tempo fa sul treno!- insistette lei –Hai cercato di fare un incantesimo al tuo topo …-
-Oh, io non ho un topo …- replicò il Cappellaio confuso –Ma se vuoi c’è Codaliscia.- ed un uomo piccolo e tozzo dagli occhietti acquosi si materializzò immediatamente al suo fianco. Hermione lo guardò stranita e il Cappellaio ricambiò il suo sguardo, perplesso.
-Lascia perdere- s’intromise Panko –lo Stregatto l’aveva detto, che era un po’ tocca! Coraggio: è l’ora del tè.- e con uno schiocco di dita fece comparire sul tavolo cinque tazzine, una teiera, latte, zucchero e limone. Il quartetto si accomodò come se fosse la cosa più naturale del mondo ed Hermione li imitò, allibita. Un silenzio imbarazzato si dilatò immediatamente tra i convitati, interrotto solamente dal tintinnio isolato di qualche cucchiaino.
-E così sono le cinque?- chiese Hermione nel disperato tentativo di trovare qualcosa da dire –da quando sono qui ho perso del tutto la cognizione del tempo.-
-Beh, non è difficile: qui sono sempre le cinque.- commentò il Cappellaio con una certa disinvoltura.
-Come?-
-Da quando Lei  ha preso il potere tempo e spazio si sono fermati. E così noi non facciamo altro che prendere il tè. Piuttosto seccante, a dire il vero. – spiegò Panko rassegnato.
-E chi sarebbe questa Lei?-
-Oh, noi non pronunciamo il suo nome.- rispose il Cappellaio mortifero –Ne abbiamo tutti troppo timore.-
-La paura del nome non fa che incrementare la paura della cosa stessa.- decretò Hermione convinta.
-Per la barba di Merlino, Alice, qui la gente è terrorizzata!- abbaiò Pinko, Codaliscia annuì e sprofondò nella sedia –Siamo oppressi dalle tenebre!-
Hermione inarcò un sopracciglio.
-Eppure qui è tutto così bello …-
-Non capisci? Non è una questione d’estetica!- sentenziò Pinko solenne –Stiamo parlando di un dramma umano che va ben oltre le semplici apparenze: non è questione di luci o di ombre, ma di corruzione, egoismo ed inimicizia che ci dilaniano da dentro!-
-Non è più il posto che ricordavi, ormai. La gente vende i propri cari pur di aver salva la vita, mentre i suoi oppositori scompaiono nel nulla e narcisismo e cattiveria regnano sovrani. Le vedi le rose? Presto verranno a dipingerle di verde e d’argento, i suoi colori preferiti.- spiegò il Cappellaio in tono amaro.
-Veramente, io questo posto non me lo ricordo per niente …-
-Eri troppo piccola.- la interruppe Panko spiccio.
Hermione tacque: era prigioniera in una gabbia di matti che sostenevano di conoscerla da sempre e che facevano discorsi assurdi su una presunta regina malefica. Doveva trovare una via d’uscita, e subito, ma prima le sorse spontanea una domanda:
-E voi non fate niente per fermarla? Vi limitate a prendere il tè e basta?-
Codaliscia squittì da sotto il tavolo, mentre Pinko e Panko diedero in una risata priva di allegria. A rispondere – Hermione trattenne a stento un grido – fu il cappello a punta:
-Gente migliore di noi ha tentato … dei Maghi, e hanno trovato la perdizione.-
-Maghi? Ci sono altri Maghi qui?- chiese Hermione speranzosa.
-C’erano.- rispose Panko lugubre.
Il cappello continuò:
-Un vecchio e saggio stregone molto tempo fa tentò di convincerla a rinunciare al potere. Lei lo trasformò in un animale e nessuno lo ha più visto da allora.-
-Senza parlare poi di quel povero ragazzo- disse il Cappellaio –un orfano di nobile stirpe e rare capacità. Andò da lei con l’intenzione di sfidarla, ma nessuno sa cosa accadde di preciso quella notte, sta di fatto che ora si professa il suo servo più fedele.-
-Dico io … o quel ragazzo è un pazzo furioso o è follemente innamorato di lei.- borbottò Pinko.
-Una cosa non esclude l’altra.- squittì Codaliscia da sotto il tavolo.
-Lei almeno lo ricambia?- chiese Hermione, che ormai si era lasciata conivolgere dalla vicenda.
-È bello vedere che sei rimasta un’innocente, Alice- disse il Cappellaio –l’amore può essere una cosa meravigliosa quando è puro e incondizionato, ma non è questo il caso. Lei è troppo concentrata su se stessa anche solo per considerare quel povero ragazzo.-
Hermione lo guardò sorpresa: era un discorso fin troppo profondo, quello, per un suo coetaneo di sesso maschile.
-Devo assolutamente andarmene di qui.-mormorò Hermione.
-La vedo dura: tutte le strade ti condurranno da lei.-
-Ma io non voglio andare da lei!- urlò disperata.
-È un buon inizio.- asserì il cappello –Ma allora vai, non importa dove, basta che tu vada: non lasciare che ti prenda e non provare a cercarla tu, mai. In nessun caso.-
Hermione li guardò in faccia uno ad uno (tranne Codaliscia, ancora nascosto sotto il tavolo).
-Grazie.- disse solamente, e se ne andò. Aveva afferrato poco o niente di tutta quella conversazione, ma, forse, era meglio continuare a camminare, anche se le tenebre si facevano sempre più fitte, anche se una sadica regina dai capelli corvini la stava già cercando per ucciderla …
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1117090