Two-Part Secret Heart - Reloaded

di Walpurgisnacht
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il figliol prodigo ritorna a casa e santa Ukyo da Nerima bestemmia ***
Capitolo 2: *** Kuonji & Hibiki, cosa vogliamo fare con quella scomoda proposta? La accendiamo? ***
Capitolo 3: *** Il sakè scorre a fiumi per l'Okonomiyaki Ucchan e tutti vissero felici, contenti e sbronzi ***
Capitolo 4: *** Ciao Akane e Ukyo, siamo i gemelli Emicrania e Vomito. Uscite con noi? ***
Capitolo 5: *** Confessioni di una cuoca coraggiosa, sola e con i postumi ***
Capitolo 6: *** I piccioncini si evitano e Akane fa la pollicultrice. Special guest: il cervello di Ranma ***
Capitolo 7: *** Addio libertà spensierata, Nabiki ti ha sequestrata ***
Capitolo 8: *** Concerto per costole e setto nasale n. 48 in CRACK maggiore K 162 ***
Capitolo 9: *** La tua okonomiyaki la vuoi condita con un pugno o con amicizia sincera? ***
Capitolo 10: *** Ranma, ma le porte che ti hanno fatto di male? E quel costume da banshee? ***
Capitolo 11: *** Tieni Mousse, questi sono i tuoi cento yen come controfigura di John Holmes ***
Capitolo 12: *** Questioni di tempo sfigato, sorelle stronze e alzabandiera selvaggi ***
Capitolo 13: *** Tu raccontami del tuo durello che io ti racconto del mio bacio focoso ***
Capitolo 14: *** Il ninja travestito ritorna a casa e santa Ukyo da Nerima si dispera ***
Capitolo 15: *** Eddai gente, toglietevi dalla griglia del senso di colpa ***
Capitolo 16: *** Allora Nabiki, prendi il forcone e stringiti bene in vita il costume da diavolo ***
Capitolo 17: *** Caldane, film di Hong Kong e Battisti in libertà ***



Capitolo 1
*** Il figliol prodigo ritorna a casa e santa Ukyo da Nerima bestemmia ***


Come già successo per Secrets of the Heart Split in Two, prima di dedicarci al seguito (ebbene :D) abbiamo deciso di pubblicare la versione riveduta e corretta di Two-Part Secret Heart, priva di tutti i refusi ed errori di battitura dovuti all' EIP :D
Speriamo ancora una volta di aver fatto cosa gradita! :)
E in attesa del seguito potete leggere Us from Now on, raccolta di oneshot legate a Secrets e Secret Heart! :p
Sempre vostri,
quelle due brutte persone di Kaos e Mana Sputachu.





****


Era passato un anno esatto da quando Ranma, Akane, Mousse, Shan-Pu e Ukyo erano usciti quasi indenni dalla peggiore bufera delle loro ancora giovani vite.
La quotidianità di Nerima era stata rovesciata come un calzino dopo quei tre turbolenti giorni: Ranma Saotome e Akane Tendo erano ufficialmente fidanzati, non si nascondevano più dietro a un dito (fra di loro, il mondo esterno era un discorso a sé stante) e, sebbene la cosa fosse piuttosto rara, ogni tanto si concedevano qualche morigerata effusione; Shan-Pu e Mousse erano sempre tremendamente vicini uno all'altra ma la parola "fidanzamento" era ancora abbastanza taboo e non veniva pronunciata mai in loro presenza, se non da chi aveva voglia di una scazzottata; Ukyo Kuonji aveva provato a superare il dolore di vedere Ranma impegnato con Akane uscendo con Konatsu ma la cosa non aveva funzionato più di tanto, pur non rovinando il loro rapporto che si manteneva sempre su binari di cameratismo e amicizia sinceri.
Il giorno dell'anniversario i cinque si ritrovarono all'Okonomiyaki Ucchan per festeggiare la ricorrenza. La ritenevano, non senza una buona dose di ragione, una data importante e come tale andava ricordata.
I primi ad arrivare al ristorante furono i cinesi. Mano nella mano.
Fu poi il turno di Ranma e Akane, che si concessero un bacino innocente poco prima di entrare con l'intenzione di non scambiarsene ulteriori in presenza degli altri. Ranma disse anche ad alta voce che erano molto bravi e riguardosi dei sentimenti altrui, battuta che gli valse uno scappellotto sulla testa da parte della fidanzata.
Poi, proprio mentre si stavano tutti sedendo al tavolone grande, con Ukyo ancora impegnata a spignattare...
Rumore della porta, che la cuoca si maledisse mentalmente per non aver ancora oliato a dovere.
"Uff. Finalmente sono tornato a Nerima. Buongiorno Ukyo" disse un distratto Ryoga, non ancora avvedutosi degli altri presenti.
Presenti che, invece, si erano decisamente accorti di lui. Difficile non notarlo, con l'aria malmessa di chi è perso andando in giro per il mondo - senza la minima idea di DOVE, soprattutto, e che probabilmente non si nutre né si lava da giorni.
"Oh, ciao Ryoga! Ti vedo bene oggi, sei proprio un fiore!" gli fece cenno Ranma, con la solita gentilezza da elefante che lo contraddistingue - e che gli fece guadagnare una gomitata da parte di Akane.
"Oh ma sta zitto e mangia tu, che è meglio!" rincarò la dose Ukyo, uscendo da dietro al bancone per andare ad accogliere Ryoga "Lascialo perdere e vieni a sederti, hai bisogno di una bella okonomiyaki delle mie, mi sa!"
"Oh ma no, non devi..." rispose Ryoga, per nulla convinto, che si lasciò guidare docilmente fino al tavolo dove sedevano gli altri quattro.
"Ragazzo-porco sa di... puzza!" esordì Shan-Pu, che aveva ancora difficoltà a filtrare certi pensieri e tenerli per sé, ma venne prontamente zittita da Mousse.
"Shan-Pu, non essere irrispettosa dai..." disse, tappando la bocca della ragazza con la mano. Akane, dopo tutto quel tempo, era ancora ignara della doppia identità del ragazzo -che nel frattempo aveva perso dieci anni di vita- nel suo adorato maialino P-chan. Ma per fortuna, anche stavolta, non notò nulla.
"Lasciala stare Ryoga, sai com'è fatta..." gli sorrise Akane.
Ryoga ricambiò il sorriso, poco convinto.
Il suo sesto senso gli diceva che c'era qualcosa che non andava.
Ok, un po’ di cose. Doveva essersi perso parecchi aggiornamenti dalla sua ultima visita, eppure era convinto di non essere stato via così tanto...
"Ecco qui le vostre okonomiyaki, ragazzi!" trillò Ukyo, portando i loro piatti in tavola.
E mentre osservava le reazioni degli presenti cominciò a notarlo.
Una strana atmosfera... armonia. Un'armonia che mai c'era stata tra tutti loro, soprattutto se tutti insieme nella stessa stanza.
Niente punzecchiamenti al vetriolo tra Ranma e Mousse.
Niente risse all'ultimo sangue tra le ragazze.
Non una battuta di Ranma ai suoi danni, esclusa quella di poco prima.
Qualcosa gli sfuggiva, ma cosa?
Passò i successivi minuti a rimuginarci sopra, senza giungere a una risposta. Non era abbastanza acuto o intuitivo da poterci arrivare. E, a onor del vero, non era una cosa facile da capire. Ci sarebbe voluto un notevole sforzo di fantasia per immaginarsi il nuovo scenario che, proprio in quegli istanti, si stava srotolando di fronte ai suoi increduli occhi.
Si diede mentalmente del tardone per non essere riuscito a risolvere il mistero. Poi decise che, tonteria a parte, lo avrebbe comunque scoperto in un modo o nell'altro.
E quando ogni possibile piano d'azione venne scartato, vuoi perché troppo ardito o vuoi perché infattibile da un punto di vista pratico, si trovò in mano una sola soluzione: chiederlo.
"Ragazzi. Io... io avrei una domanda... da farvi?" fece timidamente non rivolgendosi a nessuno in particolare.
Akane, intenerita da questo spropositato balbettare, si voltò verso di lui e lo invitò a esporre il suo dubbio.
"Io... non capisco cosa sta succedendo qui".
"Cosa c'è da capire, scusa?" chiese Ranma, onestamente stupito. Essendo la sua un'altra mente non proprio da Nobel non aveva colto lo spaesamento dell'eterno disperso che, per gli smemorati, mancava da più di un anno e si era perso tutti i più recenti sviluppi.
"Oh, niente. Ad esempio perché tu e il cinese orbo non vi prendete a parolacce ogni due secondi. O perché le tue spasimanti non stanno cercando di ammazzarsi a vicenda. O perché...".
E la consapevolezza calò come un velo sulla testa degli altri presenti. Si guardarono interdetti, cercando senza parole un portavoce adatto per metterlo al corrente delle novità.
Fu Ukyo a farsi avanti.
"È normale che sia così" disse, portando loro le altre ordinazioni "dato che Mousse e Shan-Pu si frequentano..."
Ryoga spalancò la bocca dalla sorpresa.
Il paperotto e l'amazzone psicopatica si frequentavano? Decisamente doveva farsi aggiornare sugli ultimi eventi...
"... e Ranma e Akane si sono ufficialmente fidanzati".
... cosa?
Non era sicuro di aver capito bene. Ranma e Akane - la SUA Akane COSA?
Alla coppietta, intanto, gelò il sangue nelle vene.
Conoscevano abbastanza bene Ryoga da temere una reazione di quelle epocali, che avrebbe portato minimo allo sfascio del locale di Ukyo.
Ukyo sostenne lo sguardo di Ryoga con fermezza, ma quest'ultimo non la stava realmente guardando poiché ancora impegnato nell'assimilare la notizia.
Ranma si voltò a guardare l'amica con uno sguardo di fuoco, scambiando messaggi del tipo "Non potevi star zitta?!" - "Tanto prima o poi l'avrebbe scoperto!" - “Meglio poi che prima!" - "Almeno così non soffre!" - "Meno male che non volevi farlo soffrire, chissà che avresti fatto in caso contrario!". Il tutto a smorfie.
"E così... vi siete fidanzati...".
La voce di Ryoga non era mai stata così funerea.
Si voltarono tutti a guardarlo, tesissimi - Shan-Pu esclusa, che aveva ancora molto da lavorare sulla sua sensibilità verso il prossimo. Una calamità per volta.
Poi Ryoga sollevò la testa e... sorrise.
"Sono... sono davvero contento per voi".
Le mandibole degli altri cinque si slogarono e toccarono terra con un rumore sordo. Specialmente quella di Ranma, che dentro di sé era già psicologicamente pronto alla baruffa che un'uscita del genere avrebbe sicuramente provocato.
"Sei... sei contento... per noi?" disse con un tono di voce istupidito.
"Certo. Perché non dovrei esserlo?" rispose l'altro con nonchalance.
Solo Ranma venne ingannato dalla tranquillità con cui aveva parlato. Le ragazze e Mousse capirono istantaneamente che Ryoga non intendeva quanto appena detto. Gli tremavano le mani e sugli occhi si formò una leggera ma visibile patina di lacrime.
"Scusatemi, ora devo andare. Ukyo, passerò in un altro momento a mangiare il tuo delizioso cibo".
E si voltò, avvicinandosi a grandi falcate all'uscita.
Si fermò quando una mano si posò sulla sua spalla.
Non voleva vedere a chi apparteneva. Aveva paura di vedere a chi apparteneva.
"Andiamo fuori, Ryoga. Vorrei parlarti".
Ecco, la stilettata che si era immaginato. La voce di Akane.
Si lasciò condurre docilmente all'esterno del ristorante, il braccio di lei attorno alla sua vita, soffiandosi più di una volta il naso con la manica.
"Per favore, non seguiteci. Vorrei chiacchierare da sola con lui. Grazie" disse lei con calma. Era intenzionata a essere onesta con lui, lo considerava un grande amico e non voleva essergli causa di alcun tipo di dolore.
Una volta fuori, però, venne presa alla sprovvista quando il pugno di lui incrinò il muro appena a lato dell'ingresso.
"Akane... io... io...".
Il pugno di Ryoga contro il muro prese in contropiede la piccola Tendo, lasciandola per un attimo senza parole - e, doveva ammetterlo, anche un po’ spaventata dalla reazione del ragazzo, pur consapevole che non le avrebbe mai torto un capello.
"Akane, io... mi dispiace, mi-".
"Ryoga... ti prego".
Il ragazzo si fermò e rimase in silenzio ad ascoltarla, senza guardarla in volto.
Akane sospirò.
"Ryoga... mi dispiace davvero che tu l'abbia scoperto in questo modo, Ukyo è stata avventata... anche se forse non c'era un modo più gentile per dirtelo..."
"Akane davvero, non devi scusarti..." la interruppe, con voce non proprio ferma "non mi devi alcuna spiegazione..."
"So cosa provi per me".
Finalmente si volse a guardarla.
Aveva sempre creduto che Akane, nella sua infinita ingenuità, non avesse mai compreso i suoi sentimenti fino in fondo. Questo non se l'aspettava proprio... come se quella giornata fosse stata avara di sorprese, poi.
"Per questo avrei voluto che lo sapessi in tutt'altro modo... e invece, per un'assurda fatalità, ti sei trovato davanti al fatto compiuto".
Era sempre più sorpreso.
Sorpreso dall'incredibile sensibilità di Akane, che stava cercando in ogni modo di addolcire l'amara scoperta preoccupandosi dei suoi sentimenti.
Si sentì un verme per la gelosia che provava nei confronti suoi e di Ranma.
E a tal proposito, cos'avrebbe fatto con lui, ora?
Fino a quel momento, il suo amore per Akane e l'odio misto a gelosia che provava per l'amico-nemico erano stati la sua ragione di vita. Il suo motivo per tornare a Nerima, orientamento permettendo.
Una parte di sé, quella più istintiva e irrazionale, gli urlava che adesso aveva una ragione in più per spaccare la faccia a Saotome; ma dentro di sé sapeva che Ranma non aveva colpe in questo. 
Forse dal suo punto di vista non meritava in alcun modo l'amore di Akane, ma che poteva fare? Ostacolarli? Cercare di separarli, mettendosi in mezzo come terzo incomodo?
No, quello mai. Non sarebbe mai sceso al livello di quelle squilibrate delle pretendenti di Saotome. Non era da lui.
Una domanda si fece strada nella sua mente, impaziente di trovare una risposta.
Qual era lo scopo di Ryoga Hibiki, adesso.
"Akane, io... senza la possibilità di conquistarti io... sono sperduto... non ho altro obiettivo nella vita... se non perdermi". Si accasciò contro il muro e, in maniera per lui molto poco caratteristica, scoppiò in un pianto dirotto. In quel momento emergevano le insicurezze e la solitudine di una vita passata a girovagare per il Giappone.
"Ryoga, non dire così. Non voglio credere che un ragazzo come te, intraprendente, intelligente, forte non sappia cosa fare della propria vita". Si rese conto subito di aver esagerato con i complimenti, sensazione corroborata dallo sguardo di lui che le chiedeva silenziosamente "Ma ti droghi, per caso?".
"Ok, forse ho un attimo esagerato. Ma intendevo quel che ho detto. Non posso credere...".
"Credici invece. La mia famiglia è dispersa in giro per il paese, il mio cane ha avuto dei cuccioli che ho visto una sola volta, Ranma è riuscito a convincermi che avessi una sorella. Non ho legami, non ho radici, non ho nulla. Solo questi miei maledettissimi pugni e una forza smisurata ma senza bersaglio. Adesso ti chiedo una cosa: tu sai tutto di me. Tutto. Dimmi onestamente cosa posso fare ora, in questo punto della mia vita, di utile visto che non posso neanche più pensare di accasarmi con te".
"Ma... ma... e Akari?". Lanciata l'ultima ancora per salvarlo.
"Ah, la dolce Akari. Non l'ho mai veramente amata. È una ragazza carinissima, gentilissima e un sacco di altri begli aggettivi che finiscono in -issima. Ma non ha mai avuto le chiavi del mio cuore, quello è un onore di cui solo tu puoi vantarti. E poi le interesso solo perché è una feticista dei maiali".
"... cosa c'entrano i maiali con te, scusa?".
E Ryoga si trovò a pensare se, in tema di grandi rivelazioni, fosse il caso di dirle chi era davvero P-chan.
Inspirò, facendosi coraggio. Era giusto che sapesse.
"Akane, devi sapere che P-chan...".
"Giustoooo, ma dov'è finito il nostro maialino preferito!".
La voce di Ukyo li colse entrambi di sorpresa.
Senza dar loro il tempo di replicare, la ragazza prese Ryoga sotto braccio, e fece per trascinarlo di nuovo all'interno del ristorante.
"Ryoga, tesoro, mi seguiresti un secondo di là? Ti devo dire un paio di cose...".
"U-Ukyo aspetta" balbettò, cercando di opporre resistenza "io e Akane stavamo parlando... n-non puoi aspettare un minu-"
"Adesso".
La lapidaria risposta di Ukyo lasciava intendere che quella era ovviamente una scusa per trascinarlo via da lì, e che qualunque cosa dovesse dirgli era parecchio seria.
Si scusò con Akane facendole un breve cenno con la testa, e la lasciò ancora balbettante sull'uscio della porta.
Attraversarono l'interno del locale sotto gli sguardi attoniti di Ranma, Mousse e Shan-Pu dirigendosi sul retro, dove Ukyo teneva le provviste.
Quando furono lontani da occhi e orecchie indiscrete, Ryoga si liberò dalla mano di Ukyo di malagrazia.
"Si può sapere perché ci hai interrotti?" ringhiò "Stavo per dirle una cosa importantissima!".
"No idiota, stavi semmai per affossarti da solo!" lo rimproverò Ukyo, dando prova di aver origliato ogni parola - probabilmente insieme agli altri.
"Arrivati a questo punto Akane merita di sapere tutta la verità sul mio conto!".
"E non hai pensato che forse, e dico FORSE, sapere che il porcellino che tanto ama, che porta sempre con sé e che dorme addirittura nel suo letto sei in realtà TU? Credi si sentirebbe sollevata nel sapere che quello che credeva un innocente animaletto è in realtà un suo caro amico, che con la scusa di avere un musino carino e la codina a cavatappi le si tuffava tra le tette? Dici che Akane la prenderà bene?".
... oh.
Beh, messa così, doveva dire che Ukyo non aveva torto.
Conoscendo Akane la sua reazione sarebbe stata piuttosto... esagerata.
Rabbrividì, decidendo che l'identità di P-chan era meglio nasconderla del tutto.
"... ok, hai ragione su questo" sospirò "ma rimane il fatto che non so cosa fare della mia vita, adesso...".
E senza nemmeno riflettere sulle conseguenze delle sue parole, Ukyo si lanciò nell'ennesima opera caritatevole che l'avrebbe fatta pentire poco dopo.
"Beh... posso aiutarti io, in questo!".
"Tu? E... e come... vorresti fare?".
Ukyo venne colpita in fronte da una figurata incudine. Non aveva uno straccio di risposta valida da dargli. Era stato l'impeto del momento, di vedere quel povero ragazzo avvelenarsi da solo, a spingerla a dire così. Ma alla prova pratica le sue mani erano tristemente vuote.
"Io... oddio, in che pasticcio mi sono messa...".
"Scusa? Mi staresti dicendo... che non lo sai?".
"Tesoro, ho parlato senza riflettere...".
A Ukyo si rizzarono tutti i peli corporei vedendo il sorriso che nacque sul volto di Ryoga.
Cosa stai architettando tu?
Lui prese a girarle attorno, esattamente come fanno i condor prima di avventarsi sulla carogna da divorare. La squadrava divertito mentre lei, paralizzata, non riusciva a far altro che seguirlo con lo sguardo.
"Dunque, fammi capire bene. Tu vieni fuori e mi interrompi mentre sto dicendo ad Akane la verità su P-chan. E questo, te lo devo concedere, è stato un bene. Ma, non contenta del primo atto di sabotaggio, ne imbastisci un altro e mi getti una ciambella di salvataggio che però è sgonfia? Cosa devo fare con te adesso?". Se non avesse avuto la faccia ancora bagnata dalle lacrime Ryoga sarebbe risultato molto, ma molto intimidatorio.
"Ecco... io..." cercò di difendersi la cuoca, totalmente priva di argomentazioni valide.
"So io come punirti per l'uscita a sproposito, non temere".
Ukyo prese a tremare. Il tono non era per nulla conciliante e, considerate le sue condizioni psicologiche, avrebbe potuto commettere qualche pazzia. Tipo metterle le mani addosso.
"Allora signorina Kuonji, sto per emettere la sentenza. Tieniti forte".
E lei si strinse i lembi dei pantaloni fino a bloccare completamente la circolazione sanguigna delle dita.
"Esci con me".

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Capitolo 2
*** Kuonji & Hibiki, cosa vogliamo fare con quella scomoda proposta? La accendiamo? ***


"Che tu sia dannato Hibiki! Dannato!".
Ukyo ripeteva quella frase a mo di mantra da ormai mezz'ora; aveva accompagnato tutta la preparazione della pastella base delle sue okonomiyaki, che venne torturata in maniera lunga e dolorosa seppure non avesse alcuna colpa.
"Che tu possa perderti nel deserto del Sahara, stupido porco in forma d'uomo!" ringhiò mentre tagliava con violenza la carne che avrebbe fatto parte del condimento -probabilmente immaginandovi su la faccia di Ryoga.
"Esci con me" era stata la richiesta del ragazzo alla sua incosciente proposta di aiutarlo, rendendosi poi conto che non aveva la minima idea di come fare.
"Uscire con lui... a che pro, poi?" si chiese. In effetti cosa sapeva di Ryoga, a parte che non aveva senso dell'orientamento, diventava un maiale bagnandosi con l'acqua fredda, amava Akane e si erano spesso alleati per separare lei e Ranma in passato? Oh si, sapeva anche di Akari. Ma in realtà nessuno aveva mai scommesso più di tanto su quel rapporto basato sui porcellini...
Mentre rifletteva e massacrava il povero ed innocente preparato per okonomiyaki, qualcuno aprì la porta del ristorante.
"Signorina Ukyo, sono tornato dal mercato!".
Ah, già. Konatsu.
Tra le altre cose, c'era anche quel piccolo dettaglio.
"Hai preso tutto quello che ci serviva?". La domanda, detta con noncuranza, nelle intenzioni di Ukyo voleva essere il primo passo verso la rivelazione della novità che, lei lo sapeva perfettamente, avrebbe provocato non pochi sconquassi al suo dipendente.
Lui avanzò con le mani stracolme di borse, un sorriso a ottocentoquarantotto denti. Oh, povero Konatsu. Non gli sarebbe piaciuto per nulla.
"Sì, c'era tutto. Anche i gamberetti che temevo fossero esauriti" trillò tutto felice.
Mentre poggiava la spesa sul bancone la guardò inclinando leggermente la testa di lato con un'espressione interrogativa: "Sai, mi chiedevo cosa ci faccia qui fuori un ragazzo che mi ha salutato mostrando un paio di canini francamente inquietanti. Ho come l'impressione di averlo già visto ma non ricordo bene dove".
Ukyo sbiancò. Perché cavolo Ryoga era lì fuori?
Stava per circumnavigare il bancone per correre fuori quando fu lui ad entrare.
"Cosa ci fai ancora qui, tu?" sibilò.
"Io? Niente di che, stavo solo vedendo come ti stavi preparando per stasera".
Konatsu, sentendo queste parole, si voltò verso di lui e alzò tremando un dito nella sua direzione: "E-Esci... con Ukyo?".
"Ci puoi giurare, caro mio".
Ukyo sentiva nell'aria l'arrivo dell'apocalisse.
I suoi appuntamenti con Konatsu non erano andati benissimo, così avevano deciso di comune accordo di lasciar perdere, almeno per il momento... ma evidentemente nessuno dei due aveva messo in conto possibili nuove "conoscenze".
Se poi il ruolo era interpretato da Ryoga... gli scenari che le si paravano davanti erano i più inquietanti che potesse immaginare.
Konatsu squadrò Ryoga dalla testa ai piedi, poi si rivolse ad Ukyo: "Non... non mi avevi detto di aver già trovato un... sostituto" commentò, calcando particolarmente sull'ultima parola.
"Ma no Konatsu, non ti sto sostituendo..." balbettò, cercando di togliersi da quell'impiccio come meglio poteva "è... è successo tutto all'improvviso, e poi è solo un'uscita con un vecchio amico..." disse, rivolgendosi a Ryoga. Quest'ultimo la osservava con un sorriso stampato sulle labbra, mostrando i canini come l'animale che era. Ukyo gli lanciò un'occhiataccia delle sue che venne ignorata con garbo.
Konatsu osservò entrambi, gli occhi ridotti a due fessure; chiaramente non credeva a una sola parola di quanto gli era stato detto.
"La signorina ha ragione. Non immaginavo che ci fosse stato... ecco, qualcosa... fra di voi. Ma è vero quando dice che non ti sta sostituendo. L'ho... diciamo... moralmente costretta, anche se devo dire che lei non ha opposto tutta 'sta resistenza".
Questa uscita di Ryoga ruppe almeno in parte la situazione di stallo: Ukyo fece un passo indietro, onestamente sorpresa; al contrario Konatsu rimase impassibile nella sua maschera. Lei non si aspettava quanto il ragazzo aveva detto. Nell'ultima mezz'ora era riuscito a tirar fuori il lato peggiore di sé, trasformandosi in un infido manipolatore di gentil donzelle. Sentirlo ammettere così candidamente come erano andate effettivamente le cose, per quanto tutto sommato prevedibile considerato il soggetto in questione, l'aveva un poco spiazzata. Nella sua testa, prima di questo avvenimento, si stava formando il nuovo Ryoga: scaltro, approfittatore, con pochi scrupoli. Ritornare a qualcosa a cui si era abituati non era poi così spiacevole.
Il kunoichi fece l'esatto opposto della sua padrona, cioè un passo in avanti. Senza staccare gli occhi di dosso da Ryoga disse, chiaro e forte: "Non permetterò che tu esca con lei".
"Cosa vorresti fare?".
"Impedirtelo".
"Con le cattive?".
"Con le cattive, se necessario".
A ogni parola la tensione riempiva sempre di più l'atmosfera del ristorante. Ukyo si chiese perché Ranma e gli altri se ne fossero andati lasciando a lei la patata bollente.
"Buoni maschioni pieni di testosterone, buoni. Perché non mangiamo qualcosa? Tu Ryoga sei ancora in credito di un okonomiyaki, mi pare di ricordare".
"Indietro donna, non sono cose che ti riguardano".
Ukyo rimase a bocca aperta.
Non aveva mai sentito Ryoga esprimersi in termini così maschilisti e la cosa iniziava seriamente a infastidirla.
"Senti un po’ porcellino su gambe" lo minacciò agitando una delle sue spatole "pensi di essere in diritto di venire nel mio locale atteggiandoti a macho della domenica?".
"Ti ho detto di fare silen-AAAAAAAAAAARGH!!!!".
Per tutta risposta Ukyo lo zittì con un'okonomiyaki bollente in piena faccia.
"Come dicevo, eri in credito di un'okonomiyaki" disse, girando attorno al bancone e avvicinandosi al ragazzo, che rantolava a terra in preda ai dolori delle ustioni "... spero sia di tuo gradimento".
Ryoga si mise a sedere, buttando via la frittata rovente dal viso. Si volse furente verso Ukyo.
"Ma sei impazzita?! Lanciarmi quella rob-".
"Ryoga. Taci".
Il ragazzo chiuse la bocca immediatamente. Lo sguardo e il tono di Ukyo erano di quelli che non ammettevano repliche, pena un'altra okonomiyaki infuocata in faccia.
Infine si rivolse a Konatsu.
"Senti" sospirò "ora non è il momento migliore per spiegarti cosa sta succedendo, devo prima trovare il modo di far rinsavire quel cretino" disse, riferendosi a Ryoga.
Konatsu non rispose, incerto su cosa dire.
"Appena avrò un attimo di tregua cercherò di spiegarti tutto, anche se probabilmente serve che qualcuno spieghi prima a me..." disse "ma ti prego, non provocare Ryoga. Ok?".
Il tono era quasi una supplica. E nonostante tutto Konatsu riusciva a tenere il broncio a Ukyo solo per poco.
"Ok" concesse. Il suo buonumore era svanito ma evidentemente lasciò dietro di sé qualche rimasuglio visto che, pur sentendosi in diritto di piantare una scenata di quelle epocali per quanto era appena successo, si limitò a scusarsi e a togliere il disturbo. Prese le scale per il piano superiore con l'intenzione di fermarsi a origliare non appena fosse stato fuori dalla loro portata visiva.
Nel frattempo i due piccioncini si arrabattavano con i loro problemi.
"Si può sapere cosa ti è venuto addosso da quando hai messo piede in questo locale, Ryoga? Non ti riconosco più. Sei sempre stato un casinista e in ciò non ti sei smentito, d'accordo. Ma da dove è saltato fuori questo odioso modo di fare? Me lo sarei potuto aspettare da Shan-Pu, tempo fa, e me lo aspetto tuttora da gente come i Kuno. Ma da te proprio no. Ora che ne diresti di sederti, non per terra, e dirmi cosa ti passa per la testa, mh?". E gli allungò una mano per aiutarlo a rialzarsi.
Lui in un primo momento rifiutò, poi lo sguardo "prendi quella mano o ti spezzo tutte le ossa" di lei gli fece cambiare idea.
"Cosa mi è venuto addosso?" disse acidamente mentre si sedeva al bancone, con lei che vi tornava dietro "Niente Ukyo, niente. Cosa ti fa credere che lo scoprire quel che ho scoperto per tua gentile intercessione mi avrebbe provocato... oh, non lo so, qualcosa tipo un mezzo colpo, una bolla d'aria nel cervello e la morte per fucilazione di tutti i miei sogni? Avrei voluto vedere te a ruoli invertiti, ti avrei davvero voluta vedere".
Lei rise. Dapprima una risata lieve che poi, col passare dei secondi, crebbe d'intensità.
"Mi fa piacere che la cosa ti faccia ridere".
"Ahahahahahah. Scusa, scusa. Non volevo. È che mi è venuto naturale".
"E perché mai?".
"Non lo so. Mi è venuto e basta. Comunque, se può interessarti, non sei l'unico che è passato per tutto questo".
"Lo sospettavo ma sai, al momento i miei pensieri erano rivolti principalmente a me stesso".
"Chiaro. Ma il solo anno di ritardo non ti dà nessun diritto di diventare improvvisamente uno stronzo".
Ryoga la osservò, un po’ piccato. Però la corazza di egoismo iniziava a sgretolarsi.
"Ti assicuro, caro il mio Hibiki, che ci sono passata prima di te in questo schifo" disse, incrociando i gomiti sul tavolo e osservandolo con un sorriso mellifluo in volto.
"L'avevo nasato da un pezzo eh, intendiamoci... ero persino riuscita a fare da psicologa con quel tardo di Ranma, al fine di svegliarlo e renderlo partecipe dei suoi stessi sentimenti per Akane. Che masochista eh? Ma non è certo questa la parte peggiore" disse, prendendo una bottiglia di sakè rimasta lì dal pranzo di Ranma e gli altri, e versandone due dita in un bicchierino pulito "Il peggio, mio caro, è che ho avuto modo di assistere al loro primo, passionale bacio!".
Ryoga sgranò gli occhi, immaginando la scena, ma prima che potesse distruggere il tavolo venne fermato da Ukyo che ancora lo minacciava con la spatola.
La ragazza sorrise.
"Ha fatto male, veramente tanto" sospirò "ma sai cosa? Più che la scena in sé, è stato il dovermi scontrare con la realtà dei fatti a farmi davvero male. E poi, in fondo, avevo sempre saputo di non avere speranze... perché diciamocelo, Ryoga: che tra Ranma e Akane ci fosse qualcosa che andava oltre i battibecchi e le litigate, che andasse oltre qualunque legame potessero avere con altre persone, lo sapevamo tutti. Tutti. Solo che a noi poveri spasimanti faceva molto più comodo guardare dall'altra parte e fingere di non sapere".
Ryoga abbassò lo sguardo, colpito e affondato; Ukyo aveva dannatamente ragione. E bruciava ancora di più per questo motivo.
"Ora dimmi" proseguì la ragazza "alla luce di tutto questo, vuoi ancora cercare -invano, lasciatelo dire- di ingelosire Akane uscendo con me?".
Ryoga sbuffò. Prima di rispondere indicò la bottiglia di sakè facendo intendere che voleva assaggiarlo. La cuoca, calandosi nei panni della perfetta padrona di casa, gliene versò un po' in un altro bicchiere e glielo mise davanti.
Lo prese con tre dita e lo fece muovere senza alcun senso davanti al proprio naso.
"Brindisi?".
Brindisi? Brindisi per cosa? Perché?
Lei, che stava ancora giochicchiando con il suo, gli rivolse uno sguardo interrogativo. Lui alzò le spalle e rispose "Così. È vietato brindare tanto per brindare?".
"No, in effetti no" concesse Ukyo "E sia, brindiamo. A cosa?".
"A niente. Brindiamo e basta".
E ci fu un cin cin fra la perplessa Ukyo Kuonji e il momentaneamente impazzito Ryoga Hibiki.
Bevvero tutto di un fiato.
"Wow. Questo sakè è eccellente. Ne ho bevuti parecchi ma non tanti così buoni" commentò lui con l'aria di chi la sapeva lunga.
"Da quando in qua sei un sommelier, Ryoga?".
"Da quando la gente che ti ospita in casa propria per la notte ha l'armadio pieno di alcool. Viaggiare in giro per il paese ha anche qualche piccolo vantaggio, ogni tanto. Me ne verseresti un altro, per favore?".
"Certo".
Poi, mentre osservava concentrato il liquido trasparente che cadeva nel contenitore, disse: "Io non volevo far ingelosire Akane, sai?".
Un po' di sakè cadde sul bancone. La mano di Ukyo aveva tremato.
"... come?".
"Davvero, non avevo intenzione di far ingelosire Akane... in realtà non so nemmeno io perché ho tirato fuori quell'idea. Forse l'abitudine maturata negli anni nel creare diversivi assurdi come questo, o forse sul serio il mio istinto aveva cercato di farmi giocare sporco almeno un'ultima volta, per disperazione" disse tutto d'un fiato, osservando il liquido nel bicchierino "ma la verità è che... non lo so nemmeno io qual è. Ma credo di essermi arreso nel momento in cui mi ha raccontato tutto. Come hai detto tu stessa lo sapevamo tutti, ed era solo questione di tempo perché alla fine lo accettassi...".
"... solo che il dolore che provoca non è quantificabile, anche se lo metti in conto che farà male" concluse Ukyo per lui.
Ryoga fece un cenno d'assenso con la testa, buttando giù il sakè tutto d'un fiato, e Ukyo lo imitò.
"Però la mia proposta rimane ancora valida".
Ukyo riuscì a farsi andare di traverso il sakè.
"C-come...?" chiese, tossendo.
"Esci con me. In fondo che abbiamo da perdere? Come team per intralciare Ranma e Akane non eravamo male... anzi c'era molta sintonia".
"C'è un po’ di differenza tra un appuntamento e un piano sgangherato per separare due persone, lo sai si?" chiese, sempre più convinta che Ryoga stesse dando i numeri.
Quest'ultimo le sorrise.
"Allora qual è la tua risposta, signorina Kuonji?".
Ukyo si ritrovò a fissarlo, incerta su cosa rispondere, e il cuore che le batteva forte.
Nello stesso istante qualcuno dalle scale origliava la conversazione. E decisamente non aveva preso bene la notizia.
No, proprio per nulla. Era arrabbiato, nervoso, teso. E attendeva la risposta come un fanatico di baseball attende il Koshien.
Si accorse di star quasi sbattendo i denti da quanto era in tensione. Abbastanza da far rumore e farsi beccare. E non sarebbe stato bello farsi beccare a origliare, no no no.
Pertanto concluse, con la morte nel cuore, che sarebbe stato meglio allontanarsi ed evitare qualunque brutta conseguenza. Avviandosi verso camera propria si disse che era meglio così, se non altro per le conseguenze sulla sua salute, e che comunque l'avrebbe scoperto a breve.
Di sotto la tregenda continuava.
"Ryoga, io... io..." balbettò Ukyo, la cui faccia stava assumendo tonalità di rosso non esistenti in natura.
"Ukyo, tutto bene? Mi sembri un po' in affanno" fece lui con il suo ritrovato senso della realtà da macaco. Si alzò e fece per andare a darle una mano ma lei lo fermò alzando la mano dritta di fronte a sé.
"Fermo lì... non fare... un passo in più..." ansimò.
"Ma stai male! Non vorrei ti venisse un accidenti!".
"Taci... e lasciami... sola... vai via...".
Lui la osservò per qualche secondo, fisso come un baccalà. Poi, con la mano di lei alzata a imporgli l'alt a qualche centimetro dalla faccia, si rassegnò ad obbedirle e se ne andò senza la risposta a cui, sotto sotto, un pochino teneva.
"Spero di riuscire a tornare da solo per sentire cos'hai da dirmi" disse prima di uscire.
Rimasta finalmente sola Ukyo Kuonji si fece cadere sulle ginocchia, il fiato ancora cortissimo e un principio di infarto che stava decidendo se trasformarsi in qualcosa di più serio.
"Io... io... che cavolo...".

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Capitolo 3
*** Il sakè scorre a fiumi per l'Okonomiyaki Ucchan e tutti vissero felici, contenti e sbronzi ***


La situazione lo aveva gettato nell'ansia e nello sconforto.
Che tu sia dannato, Ryoga Hibiki!
Mentre mirava al calendario sulla parete con gli shuriken, immaginandovi impressa la faccia di Ryoga in un improvvisato tiro al bersaglio, Konatsu passò in rassegna le possibilità che aveva per poter migliorare la sua situazione... e non erano poi molte.
Rapire la signorina Ukyo?
Uccidere Hibiki?
No, in effetti non erano molte. E soprattutto, erano pessime idee. Sapeva che erano pensieri dovuti solo al nervosismo, quindi mise da parte gli shuriken e cercò di rilassarsi controllando la respirazione.
"È permesso?".
Una voce conoscente proveniente dal piano di sotto lo distolse dalla meditazione. Curioso, tornò ad acquattarsi vicino alle scale, chiedendo mentalmente perdono ad Ukyo per questo suo continuo origliare.
-
"Akane?".
"Scusa se piombo qui senza neanche averti avvisata ma... tu e Ryoga eravate strani e mi sono preoccupata".
"No, figurati. Non disturbi mai. È che, come noterai da te, al momento non sono esattamente presentabile" fece la padrona di casa cercando di riassestarsi un attimo.
"Lo vedo" rispose Akane ridacchiando.
"Uuuuuh. Lingua lunga come sempre, tu".
"Sai com'è" continuò la più giovane delle Tendo avviandosi verso il bancone, dove poi si sedette "mi sembrava potessi aver bisogno di una mano date le condizioni in cui stavi versando".
Lingua lunga, irrispettosa e senza filtro.
"Posso prepararti qualcosa?".
"No grazie, mi sono già ingozzata a sufficienza prima".
"E gli altri?".
"Ranma è a casa e per quanto riguarda i cinesi... boh. Non sono la loro balia. E adesso basta con le divagazioni, cara la mia Kuonji. Quale tornado si è abbattuto sulla tua testa per ridurti così? Sembravi reduce da una serie di colpi apoplettici".
Ukyo alzò le braccia, quasi a commentare silenziosamente la sfortuna nei riguardi della gente che frequentava. Come per dire "ma guarda tu che brutta gente che entra nel mio ristorante", per capirsi. Si versò un altro bicchiere di sakè e ne offrì uno ad Akane che, inusualmente, accettò.
"Non penso che lo berrò, comunque. Era solo per non essere scortese".
"Figurati, per quel che conta. Che è successo, eh? Niente. Cosa ti fa pensare che sia successo qualcosa? Cosa ti fa pensare che quel demente di Ryoga mi abbia invitata fuori precisando che non lo fa per causarti gelosia?".
"... oh" fu l'intelligente commento di Akane, spiazzata dalla cosa. "E tu?".
"Io? Non lo so. È la situazione più assurda in cui mi sono trovata da parecchio tempo a questa parte... forse perché sono sempre stata abituata a correre dietro al ragazzo che amavo, e non ad avere spasimanti alle costole...".
"Si, è una gran rottura" commentò Akane, avvezza ad avere spasimanti piuttosto insistenti e fastidiosi, mentre annusava dubbiosa il suo sakè.
"Che cosa dovrei fare, secondo te?" chiese Ukyo, sbuffando.
"Accetta”.
"Akane... sii seria, per favore".
"Ma sono seria!" insistette "Davvero, che male c'è se esci con Ryoga? Con Konatsu non è andata, ok, ed è tempo di guardare avanti. E poi Ryoga è carino ed è un bravo ragazzo...".
Ukyo si trattenne dal raccontarle l'iniziale reazione di Ryoga, giusto per non distruggere l'immagine idilliaca che aveva di lui.
"Non lo so Akane, davvero... è un situazione troppo strana. E poi, mi dispiacerebbe per Konatsu...".
"Ma non puoi passare la vita a dispiacerti per lui, prima o poi dovrai andare avanti e lui dovrà farsene una ragione!".
Ukyo sbuffò, indecisa sul da farsi. Che avesse ragione lei?
"Non è che tu abbia tutti i torti, in effetti..." si trovò a considerare guardando il proprio bicchiere colmo fino all'orlo. Poi lo afferrò e se lo scolò tutto d'un fiato, di fronte allo stupefatto sguardo di Akane.
"Ehi. Non ti facevo così avvezza all'alcool".
L'altra scrollò le spalle, noncurante. Nell'ultimo periodo aveva scoperto che quel sakè, proveniente da Okinawa, le piaceva davvero molto e si era ritrovata in più di un'occasione a berlo, spesso e volentieri da sola. Ma si era accorta, durante la precedente chiacchierata con Ryoga, che era più piacevole ubriacarsi in compagnia.
"Perché non ti aggreghi? Dai, un bicchierino non ha mai ucciso nessuno" disse melliflua, cercando di convincere la sua riottosa amica. La quale, più per spirito di solidarietà che per vera voglia di assaggiare, decise di accontentarla e tracannò.
"Ma... ma questo sakè è eccellente! Versamene un altro, per favore!".
Ukyo strabuzzò gli occhi. Akane... apprezzava? Non se lo aspettava proprio. Ma una compagna di sbornia era proprio quello che ci voleva, pertanto acconsentì di buon grado e riempì nuovamente entrambi i bicchieri.
Fra una chiacchiera e l'altra sulla situazione fra la signorina Kuonji e il signorino Hibiki il tutto degenerò presto. Akane Tendo scoprì che, oltre a Ranma Saotome, amava quel particolare tipo di sakè.
"E quindi *hic* io dico che dovreshti ushire con *hic* lui" biascicò Akane, mezza riversa sul bancone.
"Mah, ho ancora dei dubbi..." rispose Ukyo, meno sconvolta dell'amica. Pur non essendo niente di eccezionale, infatti, la sua soglia alcolica era più elevata. Anche se barcollò leggermente mentre raggiungeva la sua unica cliente che, oramai, stava delirando a ruota libera sulla vita, sull'universo e su tutto quanto.
"Macché dubbi e dubbi!" commentò Akane, alzando un po’ il tono di voce e sbattendo una mano sul bancone. Ukyo osservò perplessa la crepa sul legno ma l'alcool che le scorreva nelle vene la rendeva più accomodante al riguardo, almeno per il momento.
"È ora che ti lashi andare Ukyoh" disse Akane alitando in faccia all'amica "e ti concentri sulla ricerca della tua felishità!".
"Tu dishi...?".
"Io dicoh!".
Trascorsero lunghi attimi di silenzio in cui Ukyo rifletté sui consigli di Akane, mentre quest'ultima si dedicava al sakè con un po’ troppo trasporto.
Forse Akane non aveva tutti i torti.
Era giusto che pensasse finalmente a se stessa, e se Konatsu ne avesse sofferto... beh, era grande abbastanza da sopravviverne. Avere riguardo per lui non significava dover negarsi qualcosa di piacevole per non ferirlo.
L'avrebbe superato, prima o poi.
"Si, forse hai ragione... magari è la volta buona, chissà..." disse, accorgendosi di star parlando da sola: Akane era crollata addormentata sul bancone.
"E forse è meglio che chiami Ranma per portarti a casa..." commentò, avviandosi verso il telefono con passo malfermo.
"Non serve telefonare. Ti aiuto io con lei" disse una voce alle sue spalle.
Konatsu.
Oddiossantissimobenedettocrocifisso. Ha... ha sentito tutto?
Lui, quasi le avesse letto nel pensiero, continuò dicendo "Ho sentito. Scusa se ho origliato, non avrei dovuto. Ma ero troppo curioso e preoccupato e agitato e...".
Lei fece un passo nella sua direzione per cercare di calmarlo, si notava come stesse rapidamente perdendo il controllo e si sapeva cosa succedeva in simili situazioni. Non era affatto la circostanza più adatta per tentare di rassicurarlo a parole, quindi optò per usare i gesti tipo accarezzargli i capelli, cingergli una mano in vita e cullarlo come fosse un bimbo piccolo.
Tutto molto bello. Se non fosse stato che, alterata com'era, Ukyo prese con un piede dentro l'altro capitombolando a terra.
"Kami! Ti sei fatta male?" chiese precipitandosi su di lei che aveva battuto la testa piuttosto forte. Pareva svenuta.
Il panico si impossessò del kunoichi: aveva due ragazze prive di sensi per le mani e non sapeva assolutamente cosa fare. Passò qualche minuto nell'isteria totale, poi ebbe un lampo di lucidità e si disse che la soluzione migliore era di recuperare aiuto. Chiunque sarebbe andato bene, non era il momento di fare gli schizzinosi.
Si precipitò fuori dall'Okonomiyaki Ucchan e corse a perdifiato verso il dojo dei Tendo.
Bussò e attese che venissero ad aprirgli. Quando di fronte a lui apparve Ranma fece un sospiro di sollievo.
"Konatsu? Che ci fai qui?".
"Ho bisogno di aiuto" disse Konatsu, cercando di calmarsi "con la signorina Ukyo e la signorina Akane...".
"Aiuto? Cos'è successo?" chiese Ranma subito all'erta temendo eventuali pericoli, ma Konatsu cercò subito di frenarlo.
"Niente di grave, davvero" disse, poggiando una mano sulla sua spalla per attirare la sua attenzione "sono solo... ubriache".
"Sono... cosa?" sgranò gli occhi Ranma, incredulo. Da che conosceva entrambe non le aveva mai viste bere un goccio d'alcool. Akane, poi... era curioso e al contempo inquieto di vederla in preda all'euforia alcolica.
"Facciamo che mi spieghi tutto mentre ci avviamo al ristorante di Ukyo, ok?".
"Uh ok, forse è meglio..." commentò Konatsu, mentre si avviavano verso il locale.
-
"Mettimi giù Ranma, ce la faccio benishimo da solah!" commentò per l'ennesima volta Akane mentre il fidanzato cercava di sollevarla e metterla a sedere. L'aveva trovata riversa sul bancone mentre borbottava qualcosa sulla giovinezza che sfioriva e sul fatto che Ukyo meritasse la felicità. Peccato che quest'ultima non la ascoltasse nemmeno, svenuta com'era sul pavimento. Quando Konatsu cercò di svegliarla ne ottenne solo dei versi insensati, che poco a poco formarono discorsi tipo "Konatsuh perdonami", "E' giushto che ognuno viva la sua vitah" e cose del genere. Il tutto accompagnato da una dose massiccia di fiatella satanica.
"Cavolo, ci sono andate giù pesante!" commentò Ranma rigirandosi tra le mani la bottiglia vuota di sakè. Si voltò verso Konatsu, intento a sistemare Ukyo su una sedia.
"Ma cos'è successo che le ha ridotte in questo stato?”.
Konatsu sospirò. Voleva raccontare tutto a Ranma? Tutto tutto, compresa la sua opera di spionaggio dei fatti privati di Ukyo da cui, purtroppo per lui, era escluso? Poi si disse che, essendoci in ballo anche la sua fidanzata, era legittimo che sapesse. Si lisciò un secondo i capelli cercando le parole adatte.
"Se devo essere sincero... sì, devo essere sincero, non posso mentirti... mi riempiresti di botte se lo facessi... beh, ecco... per farla breve ho sentito tutto e... ossantocielo, mi dai un minuto per riprendere fiato? Al momento non riuscirei a spiegarti nulla".
L'altro acconsentì grugnendo. La piega presa dalla situazione, per quanto non fosse niente di davvero pericoloso, non gli piaceva granché.
Il kunoichi si versò un bicchiere d'acqua bevendolo a piccoli sorsi mentre, dopo essersi seduto, cercava di recuperare un ritmo di respirazione più normale.
"Ok, credo di esserci" riprese poi, decisamente più stabile "Dunque, io ho sentito praticamente tutto da quando quello coi canini sporgenti... Ryoga, giusto?". Al suo cenno affermativo proseguì "Ecco, da quando lui è ritornato qui e mi ha spiattellato sulla faccia la tremenda notizia".
A Ranma venne automatico alzare un sopracciglio e lo invitò a spiegarsi meglio.
Altro sospiro. "Vedi, pare che lui abbia chiesto alla mia padrona di... di uscire assieme. Un'uscita romantica".
Ci fu un secondo di silenzio. Poi il codinato sorrise con un riflesso incondizionato e scoppiò a ridere come una iena.
"Quel marpione di Ryoga! Era ora che si facesse avanti!" rise, dandosi una manata sul ginocchio.
Konatsu lo guardò sbalordito. Non immaginava tanto supporto per Ryoga da parte di Saotome; da quel che ricordava i due non andavano poi così d'accordo...
"Sono proprio contento, anche per Ukyo! Era ora che si trovasse qualcuno..." commentò Ranma a ruota libera "e poi li ho sempre visti bene insieme, non so perché...".
A quelle parole Konatsu abbassò lo sguardo, intristito. E finalmente Ranma si accorse dell'enorme gaffe.
"Oddio Konatsu perdonami... non volevo..." balbettò, ma il kunoichi scosse la testa accennando un sorriso.
"Non devi preoccuparti, davvero, io sto bene!" mentì "E poi è normale che tu sia contento per il tuo amico...".
"Konatsu, non raccontare balle. Lo vedo pure io che stai soffrendo come un cane" lo zittì, ammettendo candidamente di non essere molto acuto in situazioni del genere "e poi sono stato indelicato, mi spiace...".
Konatsu non disse nulla, limitandosi ad arrossire.
La situazione aveva preso una piega davvero assurda.
Ranma osservò Konatsu in silenzio per poi fissare le due ragazze ancora svenute. Si morse un labbro, indeciso sul da farsi.
Voleva aiutare Konatsu, ma non sapeva come -e soprattutto, sapeva di non essere esattamente la persona più adatta per le questioni di cuore. Ora come ora il kunoichi aveva bisogno di consigli e lui non aveva idea di cosa dirgli. Se fosse stato un combattimento, avrebbe potuto sfoderare tutta la sua esperienza in materia... ma in amore, oh no. Era decisamente il peggiore.
E poi... forse non era proprio il caso di immischiarsi. L'istinto gli diceva che non erano fatti suoi e che dovevano vedersela da soli. E di solito il suo istinto aveva pienamente ragione.
Poi ebbe un'idea.
"Konatsu, ascolta" disse dolcemente "io sono la persona meno indicata per parlare di affari di cuore e credo che se mi intromettessi farei più male che bene... ma forse so chi può consolarti e darti qualche consiglio".
Konatsu rimase in silenzio a osservarlo, poi annuì.
"Prima di rivelarti l'identità di questa persona, però, dovresti darmi una mano con 'ste due sconsiderate dedite all'alcool selvaggio" disse sornione, pregustando il divertimento nella faccia del kunoichi che, esattamente come aveva previsto, si immusonì. La smorfia di delusione sul suo volto aveva un non so che di esilarante, almeno per il gusto umoristico di Ranma.
"Dai, non fare così" lo rassicurò bonariamente "anche perché, se mi aiuti, avrai l'occasione di vedere a chi mi sto riferendo. Tu prendi Ukyo, io prendo Akane. Sai, per non scambiarci cose che non vanno scambiate". L'occhiolino lo mise di miglior umore.
Se le caricarono in spalla e uscirono. Non mancarono di attirare l'attenzione dei passanti, specialmente a causa delle due fanciulle che continuavano a emettere suoni poco identificabili, ruttini e amenità simili.
Konatsu riconobbe la strada che stavano percorrendo.
"Ma... ma così...".
"Oh sì, è proprio come pensi".
"Ma io conosco questa persona del mistero?".
"Fammi pensare. Uhm... no, mi sa di no. Ti assicuro che però sarai contento di conoscerla. È una delle ragazze più dolci e comprensive che conosca. E io, modestamente, ne conosco parecchie".
"Se lo dici tu" concluse dubbioso. Ma, in fondo, cosa aveva da perdere? Nel peggiore dei casi un po' di tempo.
Quando Ranma aprì la porta di casa Tendo Konatsu borbottò qualcosa sottovoce, che per sua fortuna sfuggì alle pur aguzze orecchie dell'altro.
Poggiarono Akane in camera sua e Ukyo nella stanza degli ospiti. Poi Ranma gonfiò il petto e urlò "Kasumiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!".
Lei emerse dalla cucina, col suo solito grembiulino e il suo solito sorriso. La solita Kasumi, pensò Ranma con un pizzico di soddisfazione nel vedere che alcune cose non sarebbero mai cambiate.
"Ecco la tua consulente per le questione amorose. Konatsu, lei è Kasumi Tendo ed è la maggiore delle sorelle di Akane. Kasumi, lui è Konatsu e lavora per Ukyo. Avrebbe bisogno di un paio di dritte riguardo la sua vita sentimentale, se non ti dispiace". E detto ciò si dileguò fischiettando.

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Capitolo 4
*** Ciao Akane e Ukyo, siamo i gemelli Emicrania e Vomito. Uscite con noi? ***


"Allora, quale problema ti affligge?".
Konatsu arrossì mentre Kasumi gli porgeva una tazza colma di tè.
In realtà l'idea di dover parlare dei suoi problemi con un'estranea lo imbarazzava, anche se Ranma gli aveva assicurato che Kasumi era abituata ad ascoltare le lamentele di chiunque in casa; in ogni caso la maggiore delle sorelle Tendo gli era sembrata disponibile ad ascoltarlo, preparando persino tè e dolcetti per metterlo a suo agio.
Rigirò la tazza tra le mani, incerto su cosa dire o fare; non sapeva nemmeno da dove iniziare. Kasumi, dal canto suo, era rimasta in attesa, senza forzarlo a parlare. Sapeva che prima o poi Konatsu avrebbe trovato le parole giuste per esprimersi.
E così fu.
Ma non subito. Konatsu era davvero molto nervoso, più che altro perché si sentiva imbarazzato nell'esporre i fatti propri a una sconosciuta. Per quanto la suddetta sconosciuta, a parole e a gesti, stesse cercando di metterlo a proprio agio.
Di sicuro, si disse il kunoichi, è una brava persona e non ho nulla da temere da lei. Era fin troppo palese da quel suo sorriso luminoso e dai modi gentili.
"Ecco... forse le sto rubando del tempo... lei avrà da fare..." azzardò, timidissimo.
Al che lei gli si avvicinò e gli prese le mani fra le sue, sempre inondandolo di un calore materno a lui completamente sconosciuto.
"Innanzitutto dammi del tu, per favore" esordì con tono pacato "perché non sono così tanto più vecchia di te. In secondo luogo non temere per le faccende di casa, quelle di cuore sono sicuramente più importanti e se Ranma ti ha indirizzato a me vuol dire che sei suo amico, quindi sono disposta a stare ad ascoltarti se vorrai farmi il piacere di aiutarmi ad aiutarti".
Konatsu si stropicciò le dita. Aveva capito che quella bella ragazza sembrava genuinamente provando a essergli d'aiuto.
Oh, e va bene. Via il dente via il dolore, no?
"Ecco, c'è questa...".
"Ragazza?".
"Sì... uff... questa ragazza di cui... sono innamorato da parecchio oramai... abbiamo anche provato a uscire assieme, un po' di tempo fa... ma non è stato come speravo... e ora lei... forse... forse...".
"Forse?".
"Forse... uscirà con un altro... e io non so cosa fare... sono spaventato, geloso, imbufalito con lui anche se so che non dovrei... ho bisogno di una mano".
Non si rese conto, verso la fine del discorso, di essere scoppiato in lacrime.
Si sentì cingere le spalle in un gesto di conforto da parte di Kasumi.
Si diede dell'idiota per essere scoppiato a piangere così dal nulla, in casa d'altri, di fronte ad un'estranea...
"Sta tranquillo, sfogati pure" sussurrò la ragazza "chissà che sofferenza dover tenere dentro quel peso...".
A quella frase Konatsu si fece andare ad un pianto liberatorio, lasciandosi cullare da Kasumi e dalle sue parole dolci; c'era tempo per le spiegazioni, ora aveva solo necessità di buttar fuori tutto.

"Ohi, la mia testa...".
"Bentornata tra i vivi, Akane! Andato bene il tuo pomeriggio di bagordi?".
Akane ringhiò in direzione di Ranma, seduto sulle scale, ma smise quasi subito per via dell'atroce emicrania con cui si era svegliata.
"Taci, non ricordarmelo" borbottò, sedendosi sullo scalino accanto al ragazzo "non so se berrò mai più, dopo oggi...".
Ranma rise, ripensando ai discorsi senza senso che erano usciti dalla bocca della ragazza durante il tragitto fino a casa; sproloqui che andavano dall'argomento del giorno -l'appuntamento tra Ukyo e Ryoga- a discorsi vecchi di anni come il giorno in cui si erano conosciuti e lei aveva creduto che Ranma fosse davvero una ragazza.
"Che hai da ridere? Non ti è mai capitato di ubriacarti?".
"Non ai tuoi livelli, credo" ridacchiò il ragazzo, porgendole alcuni dei biscotti che Kasumi aveva preparato e che era riuscito ad accaparrarsi senza farsi notare. Akane accettò di buon grado.
"Piuttosto, che ci fai qui sulle scale? Non starai mica origliando qualche discorso?".
Ranma sorrise, incapace di nascondere le sue intenzioni ad Akane; quest'ultima alzò gli occhi al cielo ma non fece nulla per far cambiare idea al fidanzato e mandarlo via di lì.
D'altronde la curiosità è donna e anche lei voleva essere aggiornata sulla situazione di Konatsu e Ukyo.
"Urgh. Se non avessi questo mal di testa titanico mi verrebbe un dubbio: giurare di non toccare mai più un goccio di quel paradisiaco sakè o imparare a convivere con il post-sbornia?" guaì la poveretta, suscitando l'ilarità del suo ragazzo che senza pensarci le diede due pacche sulla schiena.
Lei era talmente scombussolata che quasi rischio di rotolare in avanti, salvo farsi prendere dalle rapide braccia di lui che si scusò per la gaffe.
"Perdonami, non volevo" balbettò, terribilmente imbarazzato. Akane avrebbe voluto picchiarlo come si meritava ma stava troppo male per fare alcunché che non fosse ascoltare.
"Sì sì, va bene" mugugnò "ma adesso raccontami un po' cosa sta succedendo là sotto".
Ranma si grattò la nuca mentre cercava le parole adatte: "Beh, la cosa è semplice... Konatsu era un po' in crisi per via di Ryoga e Ukyo... sai le novità, no?".
Un cenno della testa, accompagnato da un grugnito, lo spinse a proseguire.
"Ecco, come potrai immaginare non l'ha presa troppo bene e la cosa lo faceva stare parecchio male. Avrei voluto metterci mano io ma sai altrettanto bene che sono completamente negato in queste faccende. Quindi ho pensato che tua sorella fosse la persona più adatta per dargli qualche consiglio".
Akane dimostrò tutto il proprio rintontimento da sbronza quando sgranò gli occhi, si voltò verso di lui e, subito dopo essersi presa la testa fra le mani, disse: "L'hai mandato... da Nabiki? Ma sei scemo?".
Ranma scoppiò a ridere.
"Sei ancora nel paese degli ubriachi!" rise, mentre Akane lo fulminava con lo sguardo. Ma era ancora troppo intontita dall'emicrania per anche solo pensare di fargliela pagare.
Dopo, ci sarebbe stato tempo dopo.

"E quindi non hai preso troppo bene la notizia di Ukyo e Ryoga, eh?".
Konatsu fece un cenno affermativo con la testa mentre tirava su col naso.
Il pianto di prima si era rivelato assai liberatorio e la dolcezza che Kasumi aveva dimostrato nei suoi confronti aveva lenito almeno in parte la sofferenza che provava; non era una cura definitiva ma almeno adesso riusciva a parlare senza singhiozzare. Inoltre sentiva di essersi tolto un enorme macigno dal cuore: come Kasumi aveva detto prima, sopportare un fardello del genere era dannatamente faticoso e logorante per l'anima.
"Non so davvero cosa fare..." sussurrò, fissando la sua tazza di tè.
Kasumi sorrise mentre sistemava sul tavolino altri biscotti appena sfornati perché sapeva che Ranma ne avrebbe sottratto qualcuno e a lei piaceva prepararne in più per lui, lasciando al ragazzo la convinzione di non venire mai scoperto.
"Credi sia il caso?" chiese Kasumi, sorseggiando il suo tè.
Konatsu la guardò, riflettendo. Era davvero il caso di immischiarsi nella vita di Ukyo? Perché adesso era di questo che si trattava.
"Io... non saprei" balbettò "insomma, forse dovrei solo farmi da parte e lasciarle vivere la sua vita, però...".
"Però...?".
"Però...forse vorrei solo un'altra possibilità... secondo te è chiedere troppo?".
Kasumi sorrise, uno di quei sorrisi che sapevano infondere calma e serenità in chiunque e che facevano di lei la persona più adatta per avere un po’ di conforto nei momenti peggiori.
"Secondo me? Vuoi la mia opinione onesta?" chiese, pensando che la risposta avrebbe sicuramente ferito il suo ospite.
Attese paziente una risposta che tardava ad arrivare.
Konatsu era pronto a sentire l'opinione, la reale opinione di qualcuno non coinvolto in quella bagarre e quindi potenzialmente brutale?
Lei, come già aveva fatto prima, gli diede ampio margine per decidersi. Non era proprio il caso di fargli fretta.
Quel che di lei lo stupiva immensamente, si trovò a pensare in modo inconscio, era come si prodigasse ad aiutare uno che aveva forse visto di sfuggita una o due volte in vita propria, e come ci mettesse l'impegno e la dedizione che di solito si riservano solo alle persone davvero importanti.
La cosa lo colpì in profondità.
"S-Sì... la tua opinione onesta... per favore" riuscì alla fine a dire.
Lei prese un respiro. Non le piaceva essere latore di cattive notizie, ma era conscia della reazione che probabilmente quanto stava per dire avrebbe scatenato.
"Fermo restando che è solo quel che penso, quindi nulla di scolpito nella pietra. Credo che dovresti lasciar andare Ukyo dal tuo cuore se davvero le cose fra di voi non hanno funzionato la prima volta. Da come me ne hai parlato il tuo amore per lei traspare evidente e capisco che ti faccia male sentire quello che stai sentendo, pertanto mi scuso sin da ora. Ma se davvero le vuoi bene non è giusto trattenerla a te in questo modo. Anche lei ha diritto alla sua felicità e...".
Il discorso venne bruscamente interrotto dal rumore di una porta che si apriva di scatto.
Si voltarono entrambi.
Era Ukyo, paonazza in volto e con gli occhi fuori dalle orbite.
Konatsu sbiancò.
Ukyo.
Si era dimenticato che avevano portato lì anche lei, preso com'era dal suo sfogo con Kasumi.
Che avesse sentito tutto? Si augurò di no...
Ukyo avanzò verso di lui.
Oddio, e adesso?
"Ukyo! Ukyo buona, torna qui!" sentirono borbottare, e videro Ranma che cercava di fermare l'amica.
"Perdonateci, non siamo riusciti a fermarla..." si scusò Akane mentre aiutava il fidanzato a tenere a bada Ukyo. Quest'ultima cercò di divincolarsi, agitandosi più del dovuto; quando riuscì a liberarsi cercò di avanzare verso Konatsu, che ormai sudava freddo.
E poi...
"Urrrgh... dov'è il bagno?".
Ukyo riuscì appena in tempo a mettere le mani davanti la bocca prima che i postumi della sua sbornia finissero addosso al povero kunoichi.
-
"Scusaci Konatsu, non siamo riusciti a fermarla..." si scusò Akane, imbarazzata.
"L'abbiamo vista uscire dalla camera solo all'ultimo secondo" continuò Ranma "e ci è toccato inseguirla. Camminava piuttosto svelta per essere reduce da una sbornia!".
Konatsu annuì, cercando di rassicurarli.
"Non c'è problema, davvero" disse "so che non l'avete fatto apposta. Dovevate essere distratti in altre faccende per non averla notata subito..." rifletté candidamente.
I due fidanzati avvamparono all'istante, davanti a un ignaro Konatsu: in realtà il ragazzo non aveva voluto davvero insinuare nulla e, ingenuo com'era, non immaginava neanche di averci preso in pieno.
Una voce alle loro spalle li tirò fuori d'impiccio.
"Rieccomi, scusate" disse Kasumi, sedendo al tavolino "ma volevo assicurarmi che Ukyo si fosse addormentata prima di andare via. Ha rimesso quasi tutto ciò che aveva mangiato, poverina...".
Akane si sentì un po’ in colpa visto che delle due era quella che alla fine aveva avuto meno conseguenze dalla sbornia, se non quella fastidiosa emicrania. Ma era pur vero che Ukyo aveva bevuto anche più di lei...
"Tornando a noi, Konatsu" riprese Kasumi "hai deciso cosa fare?".
Il ragazzo la guardò, poi annuì.
"Forse è il caso che io sparisca, almeno per un po’...".
"Sparire? Cosa intendi?" chiese Akane, un po' preoccupata dal tono cupo con cui quella frase era stata pronunciata.
Calò un velo di silenzio mentre gli sguardi di tutti i presenti si posero su Konatsu. Il nuovo centro dell'attenzione comune subì il contraccolpo, si alzò di scatto e prese a camminare nervoso mentre gli occhi degli altri tre rimanevano attaccati alla sua schiena.
"Vi prego, non fissatemi così! Vado nel pallone" si lamentò senza però ottenere nulla.
"Non puoi uscirtene con una cosa del genere senza aspettarti una reazione simile!" proruppe Ranma, sempre fedele alla sua linea di uomo che non deve mai dire "scusa", "grazie" e "mi dispiace".
"Ranma!" lo sgridarono le due Tendo. Sì, anche Kasumi, inusualmente poco composta. Dire arrabbiata sarebbe stato esagerato, ma comunque non era la solita maschera sorridente. Lui si fece piccolo piccolo e mugolò qualcosa di inintelligibile.
"Comunque" riprese il kunoichi "se vi state preoccupando non dovete. Intendevo semplicemente dire che forse dovrei allontanarmi da Nerima per qualche tempo, almeno per digerire la situazione. Se anche Kasumi, che ringrazio per l'estrema gentilezza che mi ha mostrato, ha detto che dovrei lasciarla fare... beh, la soluzione migliore che posso escogitare al momento è questa. Soffrirei troppo a sapere che Ukyo si vede con qualcun altro ma, al contempo, non è neanche giusto che mi immischi. Ci sono già state troppe tragedie amorose da queste parti, non è il caso che metta anche la mia firma in fondo al registro".
Nessuno ebbe niente da ridire. La situazione era crudele per quel povero ragazzo ma, obiettivamente, altre possibilità non ce n'erano.
"Sei... sei proprio sicuro?" azzardò Akane, chiedendosi se quella domanda non foss'altro che un tentativo di pulirsi la coscienza e di potersi dire che loro le avevano provate tutte.
"Feh. Se avete qualche suggerimento basta dirlo" rispose lui, un poco inacidito.
E di nuovo si ammutolirono.
"Uh? Ho interrotto qualcosa?" fece capolino la voce di Ryoga dal lato esterno della stanza.
Si ritrovò quattro paia d'occhi puntati addosso.
"Pe-perché mi fissate tutti...?".
"Magari perché nessuno si aspettava di vederti spuntare in casa Tendo in questo esatto momento quando non sei neanche capace di trovare il bagno di casa tua senza perderti?" lo punzecchiò Ranma.
Ryoga ringhiò ma si trattenne dal dire qualcosa perché in fondo era dannatamente vero: mica era arrivato in casa Tendo perché voleva... ci era solo capitato davanti per caso mentre cercava di tornare al ristorante di Ukyo. E aveva pensato bene di entrare, in quanto unico punto di riferimento che riconosceva, senza neanche sospettare il dramma che si stava consumando all'interno.
"Ecco, adesso è decisamente il caso che io vada" annunciò Konatsu, deciso più che mai a tener fede a quanto detto prima "non è il caso che mi trattenga oltre".
"Allora sei davvero deciso?" chiese Akane un'ultima volta. Konatsu sorrise, sinceramente toccato dall'interesse che lei e tutti gli altri avevano dimostrato per la sua situazione.
"Credo proprio sia la cosa migliore, passare un po’ di tempo lontano da Nerima servirà a schiarirmi le idee" disse. Poi si volse verso la maggiore delle Tendo e fece un breve inchino. "Kasumi, ti ringrazio per la tua ospitalità e per i tuoi preziosi consigli, non dimenticherò mai ciò che hai fatto per me".
"Oh non devi ringraziarmi di nulla" rispose la ragazza ricambiando l'inchino "cerca di stare bene, mi raccomando!".
Sorrise un'ultima volta ai presenti, poi si incamminò verso l'uscita. Fermandosi di fronte a Ryoga.
"Non farla soffrire" ringhiò, e lo fissò serio in volto per qualche secondo.
Poi saltò sul ramo di un albero del giardino e si dileguò.

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Capitolo 5
*** Confessioni di una cuoca coraggiosa, sola e con i postumi ***


Ukyo aprì gli occhi.
Non stava bene. Per niente. Le doleva la testa e, appena mosse la lingua, sentì il retrogusto di qualcosa di schifoso.
Cosa le era successo? In quel momento era troppo stordita per ricordarselo, quindi si accontentò di appoggiarsi una mano sulla fronte per cercare di calmare il concerto di ottoni che vi si stava svolgendo.
Si alzò lentissimamente, cercando di non scuotersi troppo per non peggiorare l'emicrania.
Dovette prendersi parecchi minuti per focalizzare la sua situazione. Poi tutto le tornò in mente come un fiume in piena: Ryoga che le chiedeva di uscire, più di una volta; Akane che si presentava al ristorante per consigliarla e finiva con l'ubriacarsi; Konatsu che... aveva sentito tutto; la sua ultima avventura nel reame dell'inconsapevolezza, finita con la faccia sopra a un water e una mano che le teneva la testa per aiutarla a vomitare.
Dio santo. Per quanto quel sakè le piacesse niente valeva quel disgraziato stato di malessere.
Mai più oltre il limite, che fosse in compagnia o meno.
Finalmente, dopo un altro po', riuscì a riottenere sufficiente controllo sul proprio corpo da potersi muovere in libertà. Era... a casa Tendo, forse. Ricordava una delle sorelle di Akane che la assisteva nell'ingrato compito di rimettere.
Stava per afferrare la porta con l'intento di aprirla quando qualcuno la anticipò. Si trovò davanti Ranma e Akane.
Ranma le sorrise: "Vedo che ti sei ripresa, Ucchan!".
"Ripresa credo sia un parolone" rispose massaggiandosi una tempia "ma comincio a stare meglio, anche se qualcosa per l'emicrania non sarebbe male...".
Akane sorrise, mostrandole la scatola di analgesici che teneva in mano.
Ukyo ricambiò il sorriso. "Comincio a volerti bene, Akane Tendo".
"Se bastava così poco per farti cedere potevi dirlo prima!" rise Akane porgendole le pillole e un bicchiere d'acqua, che Ukyo mandò giù velocemente.
"Allora, cosa mi sono persa mentre ero in stato catatonico?" chiese, accomodandosi di nuovo sul futon.
Ranma e Akane si scambiarono uno sguardo dubbioso, incerti su cosa raccontare a Ukyo, e se fosse soprattutto il momento più opportuno.
Quest'ultima inarcò un sopracciglio, sospettosa.
"Ragazzi, vi prego... se c'è qualcosa che dovrei sapere ditemela subito" disse col tono di chi non ammetteva repliche. Ranma e Akane si scambiarono un ultimo sguardo, poi Akane prese parola.
"Credo non ci sia un modo delicato per dirtelo, quindi...".
"Quindi...?".
"Konatsu è andato via".
Ukyo sgranò gli occhi.
"Co... come?".
"Soffriva troppo all'idea di te che esci con Ryoga... così ha deciso di andare via da Nerima, almeno per un po’ di tempo".
Ukyo rimase in silenzio.
La notizia l'aveva abbastanza destabilizzata, benché si aspettasse un'azione simile da parte di Konatsu. Solo... non sapeva come reagire. Si sentiva svuotata di qualcosa.
"Ucchan... tutto bene?" chiese Ranma.
"No, non sto bene..." balbettò, incerta. Non era sicura di quella risposta, come non era sicura di come stesse veramente. In quel momento era sicura di davvero poche cose. Si tastò il cranio per assicurarsi di averne uno solo.
"Ha... ha lasciato detto... non so, come possiamo contattarlo? O dove ha intenzione di andare?".
"Non ha detto niente del genere, no" rispose Ranma, mordendosi in maniera impercettibile il labbro inferiore "Ma forse siamo ancora in tempo...".
"Non essere assurdo, Ranchan. Se Konatsu non vuol farsi trovare non si fa trovare. Sei il migliore combattente che conosco e nemmeno tu avresti speranza. Inoltre, da quanto è andato via?".
"Saranno dieci minuti" stimò Akane.
"Svanito. Non lo troveremmo neanche con un metal detector".
I tre si guardarono. Ranma e Akane si sentivano costernati per Ukyo, la quale tuttavia non tradiva particolare irrequietezza.
"Dio, è tutto così complicato" sussurrò la cuoca, rivolta a nessuno in particolare.
Akane decise di prendere in mano la situazione: si avvicinò al futon, le si sedette accanto e come prima cosa estrasse una pastiglia dalla confezione degli analgesici, porgendogliela con un lieve sorriso di incoraggiamento.
"Sicura di non volerne un'altra? Hai la faccia parecchio sofferente".
Lei scosse la testa, rifiutando. Non le piaceva imbottirsi di farmaci per una cosa che una dormita di sedici ore avrebbe fatto passare senza problemi.
"Immagino tu sia provata, per vari motivi" proseguì la minore delle Tendo "e quindi, per ora, ti consiglio di rilassarti e non pensarci troppo. Sarebbe un carico eccessivo per la tua mente".
"Senza considerare che sei ancora mezza ubriaca" aggiunse con poco tatto Ranma, guadagnandosi un'occhiataccia da parte della fidanzata che lo convinse ad ammutolirsi.
"Ranchan" riprese Ukyo "ti scoccia... lasciarsi sole per un attimo?".
Lui fece mezzo passo indietro, un poco offeso. Poi, incredibilmente, il suo neurone gli disse che forse lui non era propriamente la persona più adatta per quel tipo di discussione. Pertanto, pur fingendo di essere stato ferito nel profondo dalla richiesta, acconsentì e se ne andò.
Akane, che in tutto questo era stata presa appena in contropiede, la osservò aspettando che cominciasse.
"Ecco... io...".
"Si...?".
Ukyo si accoccolò su se stessa, stringendo le ginocchia al petto. A giudicare dal rossore alle guance sembrava parecchio imbarazzata da qualcosa.
"Ukyo...?".
"Ecco... tu..." balbettò "com'è stato il tuo primo appuntamento con Ranma?".
Akane sgranò gli occhi e arrossì a sua volta.
"Co-come?".
"Si insomma, ne avrete avuto uno serio... no?".
"Beh, ne abbiamo avuti tanti in realtà" disse distogliendo lo sguardo "ma ogni volta c'era qualcosa che andava storto... pretendenti che spuntavano dal nulla, combattimenti improvvisi, Ranma che decide di ricordarmi quanto io non sia carina...".
"No Akane, non era questo che intendevo" la interruppe Ukyo, prima che la piccola Tendo iniziasse a scaldarsi troppo ricordando cose poco piacevoli "intendevo... un vero appuntamento. Insomma, dopo la vostra dichiarazione ne avrete avuto uno, da vera... coppia".
Akane la fissò per un momento, incerta su cosa rispondere. In effetti, nonostante la sua relazione con Ranma fosse ormai ufficiale, non aveva mai pensato a proporgli di uscire e sperare che lo facesse lui era pura utopia.
Chissà come sarebbe stato...
"No, in effetti... non è successo" rispose, riflettendo seriamente sulla domanda di Ukyo.
"Oh.." fu la mogia risposta di quest'ultima, evidentemente piuttosto delusa.
"Ma come mai questa domanda?".
"Ecco io... te lo chiedevo perché non... non ho mai avuto un appuntamento con un ragazzo. Serio, intendo. E ora che Ryoga mi ha ficcata in questo guaio non so come comportarmi ad un eventuale appuntamento!" disse, nascondendo la testa tra le ginocchia, imbarazzatissima.
"Ma scusa, non eri uscita con Konatsu?" chiese Akane.
"Konatsu è... diverso" balbettò Ukyo, mordicchiandosi il labbro inferiore "mi sentivo stranamente a mio agio, se così si può dire... forse perché in qualche modo mi ricordava Tsubasa...".
Akane annuì, ricordando lo strambo amico d'infanzia di Ukyo, anche lui con l'hobby del travestimento femminile. E con qualche serio problema comportamentale.
"Beh, Konatsu non ha certo lo stesso carattere... ehm, particolare di Tsubasa...".
"No no, indubbiamente" ammise Ukyo "ma credo fosse il loro travestirsi entrambi da ragazza ad essermi ormai familiare".
Poi la ragazza si alzò in piedi e cominciò a camminare su e giù per la stanza.
"La verità è che non ho mai avuto modo di avere un appuntamento normale con un ragazzo!" sbuffò "Ho passato buona parte della mia adolescenza travestita da maschio, a frequentare una scuola maschile... insomma, è frustrante!".
Akane la fissò in silenzio non sapendo cosa dire.
"Dimmelo tu, cosa dovrei fare?" la implorò Ukyo.
Akane indossò il suo sorriso più smargiasso. Stare vicino a quel barilotto di boria di Ranma ogni tanto aveva i suoi effetti benefici.
"Bada che non ho in mano nessuna ricetta della felicità, cara mia. Quel che posso dirti non è nient'altro che la mia onesta opinione in proposito".
"Non pretendo nulla da te, Akane. Ho solo bisogno di un supporto e di qualche suggerimento, possibilmente non come quelli di Ranchan" disse ridacchiando, facendosi presto raggiungere da Akane che apprezzava l'ironia nei confronti del fidanzato.
"Ciò mi solleva. Sai, non credere che io sia poi così più esperta di te. Come ti ho appena detto non ho mai avuto un reale appuntamento col mio fustaccione... e se scopro che gli hai riferito questa cosa spezzo qualcos'altro oltre alla nostra amicizia... e quindi ne so tanto quanto te. Però ecco, mi sento di poterti dire questo".
Prima di proseguire le intimò di non guardarla con quegli occhioni adoranti. Le mettevano pressione e, per quanto sapesse di non avere nessuna reale responsabilità nei confronti di Ukyo, non le piaceva così tanto sentirsi divorata dai suoi occhi.
"Kuonji, cancella i cattivi pensieri. Ryoga ha un bel po' di difetti, come ogni maschio degno di questo nome, ma ha anche un sacco di lati positivi. Non me la sento di dire che andrà tutto bene, sarebbe poco sincero da parte mia, ma non nascondo che vi vedo piuttosto bene assieme. Se non altro nel breve termine, per aiutarvi a superare le difficoltà che i vostri amori non corrisposti vi danno. Non intendo suonare crudele, nei tuoi confronti o nei suoi, ma credo che una frequentazione più... diciamo intima, senza voler sottintendere nulla, non possa che portarvi benefici. Per farla breve: scrollati la paura di dosso ed esci con lui. Quel che verrà verrà".
Ukyo si prese qualche secondo per assimilare quanto le era stato detto. Poi il suo sguardo si illuminò d'immenso.
"Ho un'idea" cinguettò allegra.
"Sarebbe?".
"Usciamo tutti e quattro assieme".

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Capitolo 6
*** I piccioncini si evitano e Akane fa la pollicultrice. Special guest: il cervello di Ranma ***


"Tu hai promesso COSA ad Ukyo?!".
Lo sguardo sconvolto di Ranma fece sentire Akane piuttosto colpevole, nonché ancora più imbarazzata di quanto non fosse.
"Mi spiace, ok? Mi dispiace!" piagnucolò, implorando il perdono del fidanzato "Ma davvero non sapevo cosa risponderle, mi guardava con quegli occhioni adoranti... cosa dovevo fare?!".
"Ma... un appuntamento a quattro? Seriamente?!" pigolò Ranma a sua volta, assolutamente impreparato di fronte ad una richiesta del genere.
"Perché no? E' un idea carina, e poi..." disse, distogliendo lo sguardo da Ranma.
Quest'ultimo inclinò la testa, interrogativo. Ovviamente, non ci arrivava.
Akane lo guardò di nuovo, imbarazzata.
"... beh, io e te non abbiamo ancora avuto un appuntamento come si deve!".
"Veramente ne abbiamo avuti parecchi, che io ricordi”.
"Non... dopo".
"Dopo cosa?".
Akane era allibita. Ranma riusciva ad essere l'apoteosi dell'idiozia quando voleva.
"Dopo che io e te... ecco... DOPO!".
"Ma dopo cos... OH".
Akane alzò gli occhi al cielo. Finalmente aveva capito!
"Oh certo, dopo... ma anche tu, che non parli chiaramente!" borbottò imbarazzato.
"S-sei tu che dovresti capirmi al volo!" lo rimproverò, punta sul vivo.
"Però un appuntamento come si deve dovremmo averlo DA SOLI, ti pare?" sottolineò Ranma, giustamente.
"Ma è per una buona causa" chiosò Akane, sfoderando uno dei suoi sguardi più teneri "tu non abbandoneresti mai un amico in difficoltà, soprattutto Ucchan...".
Ranma deglutì, imbarazzato; Akane sapeva decisamente dove colpire.
"E poi non sapevo avessi tanta voglia di uscire da solo con me..." rise.
"N-non l'ho mai detto!" ringhiò, poco convinto e, soprattutto, troppo tardi. Akane stava già ridendo di lui.
"Certo, certo. Non l'hai mai detto. Ma sai, Ranma caro, che spesso il corpo e i gesti dicono più di mille parole?" proseguì lei nella sua instancabile presa in giro.
A Ranma uscì fisicamente del fumo dalle orecchie, tipo sbuffo di locomotiva a vapore. Akane si stava divertendo da matti a metterlo in difficoltà e a ridere di lui.
"E poi davvero, tempo per uscire soli io e te ne abbiamo quanto ce ne pare" aggiunse, inusualmente... maliziosa. Lui si voltò, incapace di reggere un attacco tanto subdolo. Incredibilmente Ranma Saotome, in quel preciso istante, aveva perso la sua aura di sbruffoneria e si stava comportando come un qualunque adolescente timido che ha appena chiesto alla più bella della classe se volesse fidanzarsi con lui.
"Va bene, va bene" disse nervoso "facciamo questo benedetto appuntamento a quattro e chiudiamola qui, altrimenti...".
"Altrimenti?".
"...".
"Ranma, questo silenzio ti fa apparire colpevole".
"Ebbasta!".
Akane rise ancora. Era tremendamente divertente vederlo così in difficoltà, neanche fosse un cucciolo di foca.
"Su, ora rilassati e diciamolo anche agli altri. Maschio con maschio e femmina con femmina, ok?".
Ranma si rigirò come un fulmine, apparentemente sorpreso da quanto aveva appena pronunciato: "Perché mai?".
E alla più piccola delle Tendo sembrò di trovarsi improvvisamente in un asilo nido e di essere la maestra incaricata di insegnare al bambino tutto speciale a contare fino a tre.
"Ma hai la margarina nel cervello? Come credi che possa reagire Ukyo se sei tu ad andare a darle la notizia? E Ryoga con me?" fece, metà sconsolata e metà rassegnata all'ottusità del ragazzo.
Gli ci volle qualche secondo, e una faccia parecchio stupida, per capire cosa intendesse. Poi si trovò d'accordo e si avviò verso il soggiorno, dove sperò di trovare Ryoga invece di vederlo perdersi in giro per Nerima. Lo stesso fece Akane andando in direzione della stanza degli ospiti, dove al contrario di lui sapeva di trovare chi stava cercando.

"CO-COSA?! UN APPUNTAMENTO A QUATTRO?!".
Ranma ebbe una strana sensazione di deja-vu nel vedere la reazione di Ryoga. Una copia esatta della sua, solo molto molto molto amplificata.
"Non chiedermelo, l'idea è stata di Ukyo e Akane ha accettato...".
"Ma ma ma" balbettò Ryoga in preda al panico "i-io non ho m-mai... ecco... non ho m-mai avuto u-un vero appuntamento...".
Ranma sollevò un sopracciglio, dubbioso.
"Scusa, non eri uscito con quella Akari un paio di volte?".
"Si ma... non c'era poi molto feeling tra di noi. A parte, beh..." arrossì, quasi sussurrando "a parte la sua passione per i maiali...".
Ranma trattenne a stento una risata di cui fortunatamente Ryoga non si accorse, troppo impegnato ad auto commiserarsi. "Sai, Akari era una ragazza tanto dolce e carina ma... non c'era nient'altro. Insomma, non mi piaceva in QUEL senso, ecco...".
"... quindi vuol dire che Ucchan invece ti piace in QUEL senso?" chiese Ranma, stranamente acuto per una volta.
Ryoga sgranò gli occhi, rosso fino alle orecchie; Ranma sfoderò un sorriso da iena, divertito.
Era anche ora che toccasse pure a lui un po' di sollazzo, ecchediamine. Non era mica giusto che solo Akane avesse questo privilegio.
"Su Ryoga, dimmi pure tutto quel che hai da svelarmi riguardo la nostra cara cuoca" lo canzonò. L'altro divenne quasi viola.
"R-R-R-Ran-Ran-Ranma...".
"Che c'è? Ho toccato qualche punto dolente? Guarda che non hai nulla di cui vergognarti. Siamo fra maschi e nessuno andrà a dire in giro quel che mi confesserai adesso" provocò Ranma, sfoderando di proposito lo sguardo di uno che diceva una cosa e ne intendeva tutt'altra. Non che davvero volesse raccontare eventuali notizie scottanti, ma lo deliziava troppo essere inutilmente pungente nei confronti del suo amico-nemico.
Ryoga, pur con il poco autocontrollo che gli era rimasto, trovò un lampo di lucidità e cercò di recuperare una postura e un atteggiamento un po' più presentabili. Si impose di smettere di balbettare come uno col singhiozzo, tentò di stabilizzare il respiro e perse un po' del colorito anormale che gli riempiva la faccia. Il tutto con estremo disappunto di Ranma, che vedeva il suo svago sciogliersi come neve al sole.
"Ebbene sì" disse poi l'eterno disperso, non ancora ritornato a uno stato psicologico normale ma notevolmente più calmo "non posso proprio negare che Ukyo... sì, diciamo che non mi dispiace in quel senso".
"Prego?" chiese Ranma, onestamente scombussolato da quanto aveva appena sentito.
"Oh insomma, mica sei sordo" rispose Ryoga, girando lo sguardo lontano da lui in modo ancora un po' impacciato "Mi hai fatto una domanda e io ti ho risposto sinceramente".
"Sì, ma... la tua cotta mostruosa per Akane?".
"Il fatto che sia innamorato mica vuol dire che non possa trovare altre ragazze di mio gradimento. E poi, se proprio non posso avere la medaglia d'oro temo che mi dovrò accontentare di quella d'argento...".
Al che a Ranma, per un motivo che non riuscì a spiegarsi, inizio a montare un neanche troppo lieve accenno di fastidio. Quel che Ryoga aveva detto non gli era piaciuto.
"Ritira quello che hai detto".
"Come?".
"Ritira quello che hai detto".
Ryoga osservò Ranma senza capire.
"Il fatto che Ukyo non sia Akane non fa di lei una seconda scelta" disse Ranma, imponendosi di stare calmo. Non voleva scatenare una rissa con Ryoga, non ora che le cose sembravano calmarsi; ma non gli era decisamente piaciuto quel commento su Ucchan, che fosse intenzionale o solo un'uscita infelice.
Ryoga finalmente sembrò capire e sembrò quasi offeso.
"Ranma, ma per chi mi hai preso?!" ringhiò "Io non sono il tipo che offende una donna senza motivo, soprattutto se la considero un'amica!".
"Bene, perché si dia il caso che sia la mia più cara amica" disse Ranma, serissimo "e un altro commento del genere te lo ricaccerei in gola con gli interessi".
In effetti, pensò Ryoga, quella frase suonava davvero male. "Mi dispiace, ammetto di essermi espresso nella maniera peggiore" ammise, giustamente imbarazzato "ma ti assicuro che non ho mai pensato ad Ukyo come una seconda scelta o altro, davvero".
Ranma annuì, sollevato.
"Però..." continuò Ryoga.
"Però...?" chiese Ranma, di nuovo all'erta.
Ryoga sospirò.
"Beh, Akane è stata un po’ il mio grande amore e cercare di togliermela dalla testa è difficile" disse "quindi ammetto di aver pensato che uscire con Ukyo potesse essere un buon modo per farlo. Ma ti assicuro che non ho mai pensato a lei come rimpiazzo o peggio, ero sincero quando ho detto che mi piaceva!".
Ranma lo osservò in silenzio per qualche secondo, poi decise di credergli. Conosceva bene Ryoga e il suo senso dell'onore ed era abbastanza sicuro che non sarebbe mai uscito con un'altra solo come rimpiazzo di Akane.
"Voglio crederti" annunciò infine "in fondo io e te siamo amici da tanto... P-chan".
Insulti (da Ryoga a Ranma), risate (di Ranma), urla (di entrambi) e rumori di oggetti rotti su qualcuno (difficile dire chi dei due) fecero intendere ad Akane che l'idea di lasciar parlare Ranma con Ryoga era andata a buon fine, nonostante tutto.
E poi, sul serio? Lei che andava a dire a Ryoga di uscire con un'altra? Insieme a lei e a Ranma? Per tanto così poteva far che piantargli un pugnale nel cuore, gli avrebbe causato meno dolore e una morte più rapida.
Ora tocca a me, però.
Aprì la porta della stanza degli ospiti. Seduta sul futon c'era Ukyo, apparentemente distratta da qualcosa di invisibile.
"Oh, sei tornata" disse poi voltandosi verso la nuova venuta, la quale le sorrise e si avvicinò per sedersi vicino a lei.
"Akane" la interruppe.
"Che c'è? Qualcosa non va?".
"A dire il vero... sì. Ci ho ripensato. Non credo sia stata una buona idea".
Eh?
"Scusa? Ci hai ripensato? E perché?".
Prima di risponderle si alzò e cominciò a camminare in circolo nel centro della stanza, con la piccola Tendo che la osservava fissa.
"Ecco... il fatto è che... sarebbe troppo crudele nei confronti di Ryoga. E, non lo nascondo, nei miei. Nonostante tutta la mia buona volontà non sono ancora pronta a vedere te e Ranma in una vera e propria uscita romantica. Mi sento rosa dai dubbi e dal fatto che potrei tentare qualche pazzia e rinnegare quest'ultimo anno di pace. Inoltre, se a me non sono bastati dodici mesi quanto credi che possa essere pronto il nostro turista della domenica? No no, cancelliamo tutto. Uscirò con Ryoga, ma non insieme a voi. Senza offesa".
Akane sospirò. Capiva che non era facile per lei, lo capiva sul serio. Ma non stava facendo niente per semplificarsi la vita e, se non fosse stata certa del contrario, si sarebbe trovata a pensare che lo stesse facendo apposta.
"Ukyo, diamine. Non puoi fuggire per sempre".
"Ah no? Io ci stavo facendo un pensierino..." scherzò, ma Akane evidentemente non la pensava allo stesso modo.
"Dico sul serio! So che non è facile da affrontare ma...".
"Ma lo sto già facendo" sorrise la cuoca "o non sarei qui a parlare con te, no?".
Akane si morse un labbro, pensierosa. In effetti non aveva torto...
Ukyo le si sedette accanto, posando le sue mani su quelle di Akane.
"Non dico di non esserti grata per quanto stai facendo e per quanto hai fatto in passato" disse "ma ci sono ferite che purtroppo hanno bisogno di più tempo per rimarginarsi... e per quanto io sia davvero felice di avere la forza di frequentarvi come amica, temo che un appuntamento a quattro sia ancora difficile da mandare giù per me".
Akane annuì, sospirando.
"Vista in quest'ottica, credo tu abbia ragione..." disse.
"Ciò non toglie" continuò Ukyo "che ho comunque intenzione di uscire con Ryoga. Sarà difficile senza un minimo di aiuto ma... è ora che mi metta in gioco, diamine!”.
Akane sorrise, contenta della reazione dell'amica.
"Posso almeno aiutarti coi preparativi?".

"Quindi niente uscita a quattro?".
"Esatto, sarai contento immagino..." bofonchiò Akane, intenta a spaccare tavolette di legno durante il suo allenamento quotidiano.
Stranamente Ranma sembrò quasi deluso.
"E ora glielo dici tu a Ryoga che dovrà uscire con Ucchan da solo?" chiese Ranma, osservando la ragazza seduto su una pila di materassini.
"Esagerato, cosa vuoi che sia?".
"Se l'idea di uscire con lei in nostra presenza lo ha mandato in crisi, figurati cosa farà quando scoprirà che saranno loro due soli...".
Akane si fermò a riflettere. Ranma non aveva torto, in effetti.
"Oh beh, che si abitui all'idea" disse, interrompendosi solo per spaccare un'altra tavoletta "perché se pianterà in asso Ukyo dovrà vedersela con me!".
"Beh, tanto almeno uno dei due dovrà accompagnarcelo, da Ukyo" rispose Ranma "o l'appuntamento salterà perché lui si sarà perso di nuovo...".
Akane fece una smorfia, ma sapeva che Ranma aveva ragione.
E poi, pensò quest'ultimo, forse non è del tutto un male che quei due escano da soli. Come Ucchan avrebbe sofferto nel vedere lui e Akane insieme, Ryoga avrebbe potuto star male per Akane. Avevano bisogno di concentrarsi solo sul loro appuntamento, senza distrazioni.
"Però..." disse improvvisamente Akane, interrompendo l'allenamento.
"Però cosa?".
"Ecco... non mi sento tranquilla a lasciarli andare da soli!".
... eh?
"Akane, che vuoi dire? Non sono mica bambini delle elementari!".
"Si, ma hai visto anche tu come entrambi vanno nel panico all'idea di uscire insieme!".
"Ma Ukyo ha anche ritirato la richiesta di un appuntamento a quattro, ricordi? Quindi non farti venire un'idea delle tue...".
"Ho un'idea!".
"... ecco, appunto".
"Potremmo seguirli!" squittì Akane battendo le mani.
"... cosa?" chiese Ranma, incredulo.
"Ma si, solo per assicurarci che le cose vadano per il meglio!".
"Akane. Ti rendi conto che non è normale, vero?".
"Perché no?" chiese, mettendo il broncio "E poi... con questa scusa potremmo anche avere il nostro primo appuntamento!".
"Eh certo, fare da stalker a un'altra coppia è sempre stato il mio ideale di appuntamento!".
Ranma non ci voleva credere. Lui, di solito l'essere più ritardato, ottuso e stupido del mondo quando si trattava di sentimenti... lui. LUI capiva che quella era un'idea orribile.
"No. Ci tieni a seguirli, rischiando di combinare chissà quali infernali casini? Fai pure. Io me ne lavo le mani. Non ne voglio sapere niente. Niente".
"Senti Ranma, non farne una tragedia! Si tratterebbe solo di spiarli da lontano e fare in modo di allontanare eventuali disturbi. Non muore mica nessuno, eh".
"Ma ti senti parlare? Saremmo noi i primi disturbi. Avanti Akane, mi stai dicendo che uno di noi due tontoloni resisterebbe all'impulso di intromettersi in qualche modo e rovinare tutto? Ti ricordo di quella volta che Ryoga ti ha invitata a casa sua per farti vedere i cuccioli di Biancanera cosa mi è saltato per la testa di fare. Vuoi che si ripeta una situazione del genere? In tal caso ti basta dirlo chiaramente, senza mascherare l'intento con belle parole caritatevoli e vuote come un piatto di riso dopo che siamo passati io e mio padre".
Akane fece due passi indietro e si portò una mano sul petto, all'altezza del cuore. Chi... chi era quello? Aveva sentito parlare di un film americano degli anni '50 in cui degli alieni invadevano la Terra e si sostituivano agli esseri umani prendendone le sembianze. Doveva essere successo lo stesso con Ranma, non vedeva altra spiegazione.
"Ma... abbiamo sempre fatto così" si trovò a obiettare in maniera meccanica, non particolarmente convinta di quanto stava dicendo.
"Appunto per questo non dobbiamo proseguire! Stiamo vivendo un momento di cambiamento epocale. Da quant'è che non litighiamo seriamente io e te, eh?".
"Parecchio, in effetti...".
"Ecco. Adesso Ryoga e Ukyo stanno per uscire assieme. Loro due, quelli che fino a poco tempo fa avrebbero fatto di tutto per vederci separati e avvinghiati al loro braccetto come fedeli fidanzati. Io non riesco a credere che non possa liberarti da questi vecchi schemi!".
Ok, era tempo del diserbante per baccelli. Si stava davvero sfiorando il parossistico.
"Inoltre c'è un ulteriore motivo per cui non voglio" chiuse, ficcandosi improvvisamente un dito in bocca.
"Sarebbe?" chiese lei.
"Non mi va che il nostro primo appuntamento sia caotico e pieno di imprevisti...".
Akane sgranò gli occhi, intenerita.
"Chi sei tu e cosa ne hai fatto del mio antipatico fidanzato?" disse, sapendo di provocarlo.
"Ooooh, quando fai così non sei per niente carina!" borbottò Ranma, voltandosi imbarazzato "E te lo meriti tutto quando te lo dico, ecco!".
Akane rise osservando Ranma di spalle, intento a mugugnare sulla frase appena detta e fingere di essersene pentito. Gli si avvicinò in silenzio e, cogliendolo di sorpresa, lo abbracciò.
"Oh su, non fare così" disse, accoccolandosi contro la schiena del ragazzo "in fondo credo tu abbia proprio ragione...".
Ranma non disse nulla, troppo impegnato a mantenere la calma e non impazzire per l'imbarazzo di fronte a un'aperta dimostrazione d'affetto di Akane.
"Non sei carina comunque..." borbottò senza troppa convinzione.
Akane per tutta risposta rise, stringendosi ancora di più a lui. Conosceva il suo pollo, d'altronde.

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Capitolo 7
*** Addio libertà spensierata, Nabiki ti ha sequestrata ***


Passarono tre giorni.
Ryoga era rimasto a casa Tendo per tutto il tempo, preoccupato com'era di finire in Indonesia per errore. Non c'era stato alcun incidente di nessuna specie. Ranma era stato inusualmente tranquillo e poco provocatorio, ben conscio del fatto che la situazione era stabile e non era saggio movimentarla inutilmente. A parte un momento, durante un pranzo, quando un piccolo diverbio rischiò di montare in un vero e proprio litigio, subito disinnescato da Akane e Kasumi.
Ukyo invece era tornata al suo solito tran-tran al ristorante, privata però del prezioso aiuto di Konatsu. Ogni tanto, specialmente prima dell'apertura e dopo la chiusura, si concedeva un attimo per pensare a lui e chiedersi se stesse bene o se potesse aver bisogno di una mano per qualcosa. Poi sospirava e riprendeva l'attività momentaneamente interrotta. Pensare a lui la inquietava e si ripeté più di una volta che non le faceva bene, non con un appuntamento all'orizzonte.
Poi un giorno la porta dell'Okonomiyaki Ucchan, ormai deserto, si aprì all'improvviso e vi entrarono Ranma, Akane e Ryoga al gran completo. La padrona di casa non si aspettava quella visita, quindi si trovò colta in contropiede.
"Ehi, ragazzi... che ci fate qui?" chiese mentre usciva da dietro il bancone per andar loro incontro.
"Ukyo, Ryoga ha qualcosa da chiederti" rispose vispo Ranma, scostandosi per permettere all'altro ragazzo di farsi avanti. Il quale altro ragazzo avanzò tenendosi una mano sulla nuca, imbarazzato.
"Ecco... Ukyo... io... volevo sapere... ecco sì, volevo sapere... se stasera può andare bene per te... per quella cosa...".
"Quella... cosa?".
"S-si insomma, i-il n-n-ostro a-a-a-appunt..." balbettò imbarazzatissimo e incapace di completare la frase.
"Aaaah, il nostro appuntamento... si beh, penso possa andar bene. Va bene se passi... anzi, passate" si corresse, immaginando che avrebbero dovuto di nuovo accompagnarlo fin lì per evitare di perderlo per strada "per l'orario di chiusura?".
"S-si, perfetto!".
"Bene!" sorrise Ukyo, e per tutta risposta Ryoga rischiò di morire a causa di una delle sue solite perdite di sangue dal naso.
Toccò a un non particolarmente entusiasta Ranma trascinarlo fuori e riportarlo a casa.
Rimaste sole, Akane sfoderò un sorriso poco rassicurante.
"C-che... che c'è?" chiese Ukyo, un po’ inquieta.
"C'è che è ora di renderti bellissima per il tuo cavaliere!".
Ukyo avvampò. Decisamente non era abituata a farsi bella per un ragazzo; aveva passato troppi anni dall'altra parte della barricata, dimenticando come ci si comporta da donna.
"Oddio, non so da che parte iniziare" balbettò, cominciando a camminare su e giù per la saletta "non so nemmeno se ho qualcosa di adatto da mettere!".
"Per questo sono qui!" sorrise Akane, mostrandole un paio di borse piene di abiti "E se non dovessero bastare, chiamiamo i rinforzi!".
"Rinforzi...?".
Ukyo ebbe uno strano presentimento su chi potessero essere i "rinforzi". E subito si sentì una specie di Barbie in mano a una bambina.
Prese a suonarle un allarme furioso nella testa. Stava per cadere in una tagliola imbevuta di arsenico e non ci sarebbe stato modo di sfuggire.
Tergiversa. Temporeggia. Cerca una via di fuga. Presto. Subito. Ora.
"E... E Ryoga? Chi lo prepara lui, eh?" gettò in un fiato, sperando di distrarre la sua aguzzina quanto bastava.
"Lui è in salde mani, non preoccupartene troppo" rispose Akane sfoderando un sorriso da iena ridens.
Ukyo si sentì le ginocchia come fatte di burro. Era spacciata.
"Bene" disse ancora Akane, cominciando a spintonarla lievemente "è tempo della vestizione. Andiamo, andiamo".
"Ma... ma...".
"Niente obiezioni, Kuonji. Non vorrai mica presentarti in condizioni meno che perfette, voglio sperare".
"Sei crudele, Akane!".
"È solo il nervosismo a farti parlare così. Ti assicuro che non sarà spiacevole e il risultato finale ti lascerà senza fiato. Quando si tratta di altre persone sono una stylist di talento".
"E per te stessa?" la punzecchiò Ukyo.
Akane non rispose e lasciò che un velo di malinconia le coprisse il viso per qualche secondo. Poi recuperò il buonumore e la spinse via, dirigendola verso camera sua.
-
"Ma non sarà un po' troppo... vistoso?" chiese Ukyo mentre si osservava dubbiosa allo specchio, abbastanza grande da prenderla a figura intera.
Akane, seduta sul letto, la squadrò un attimo e decise che no, non era troppo vistoso. Si trattava solo di una maglietta nera traforata sulla schiena, neanche in zone critiche, e di un paio di jeans assolutamente anonimi.
"No, non direi" commentò con nonchalance, onestamente stupita da come qualche abito ben scelto potesse valorizzare una persona a livello estetico.
"Ah no? E questo come lo spieghi?" ruggì Ukyo voltandosi verso di lei. La scollatura era pericolosamente profonda e lasciava intravedere parecchio. Il rossore delle sue guance era quasi palpabile.
Akane inclinò la testa, osservandola.
"Ma dai, non è poi COSÌ scollata..." mentì, cercando di convincere sia se stessa sia Ukyo "E poi ti sta benissimo!".
"Ma... e se Ryoga pensasse male? Che mi sono vestita... così solo per p-provocarlo?!".
"... e non è la verità?" sorrise maliziosa Akane, trattenendo a stento un risolino nel vedere Ukyo così imbarazzata e nel panico.
"C-c-come?! AKANE!".
"Calmati, scherzavo" rise la piccola Tendo affiancandosi ad Ukyo e osservando i loro riflessi nello specchio. Ukyo continuò ad osservare la sua mise, dubbiosa.
"Io non credo tu abbia nulla di cui preoccuparti, davvero. Ok, la scollatura è un po’ provocante ma oltre a questo non c'è nulla nel tuo completo che faccia pensare a te come una ragazza facile o peggio! E poi, qual è il problema se per una volta mostri un po’ più di pelle del dovuto?".
"Non so, io... non sono abituata...".
"Appunto, signorina Kuonji, è ora che ti abitui!" chiosò Akane, in un tono che non ammetteva repliche "Sei una bella ragazza ed è ora che inizi a ragionare e valorizzarti come tale! Vedrai, Ryoga rimarrà di stucco!".
Ukyo restò in silenzio, riflettendo sulle parole di Akane. Forse era davvero ora di buttarsi alle spalle la vita da maschio e provare invece come si sta nei panni di una ragazza.

"Ranma, tu sei sicuro di quello che fai... si?".
"E dammi un po’ di fiducia P-chan, su!" borbottò Ranma, immerso nell'armadio alla ricerca di abiti per Ryoga "E fermo con quel pugno! Ti ho visto sai? Un altro passo e da Ukyo ti ci porto come maialino nero!".
Ryoga fermò il pugno a mezz'aria, arrossendo. Inspirò lentamente, imponendo di calmarsi. L'idea dell'appuntamento lo rendeva incredibilmente nervoso, ma scoprire di non avere niente da mettersi lo aveva mandato nel panico più totale.
"Certo che devi essere proprio disperato per rivolgerti a Ranma come stilista per la tua uscita galante, Hibiki..." commentò Nabiki, che seduta sul pavimento osservava la scena con perfido divertimento.
"Hai forse qualche idea migliore, Nabiki?" chiese Ranma, stizzito.
"Forse" sorrise lei, fiutando l'odore di un affare "ma ovviamente vi costerà un po’...".
"Sei veramente una sanguisuga, Nabiki" sputò Ranma con veleno "Si può sapere cosa vuoi da noi, ora?".
L'interpellata si alzò e si spolverò dagli eleganti pantaloni la polvere. Al momento non c'era ancora una chiara fonte di guadagno, ma il solo fatto di essersi aggregata a quei due ragazzi rozzi e senza stile apriva le porte a molte possibilità. Una parola di troppo, un gesto equivoco, una foto compromettente. Poteva venir fuori di tutto da quelli lì, e lei sarebbe stata pronta ad approfittarne. In quel preciso istante, però, non aveva ancora in mano niente di concreto e decise di prendere tempo, aspettando e sperando che la gallina dalle uova d'oro le cadesse magicamente fra le braccia.
"Nulla, Ranma caro. Nulla. Solo aiutarvi a rendere questo appuntamento davvero memorabile" disse melliflua, con il suo solito tono da vipera mascherata da pecorella. Si avvicinò ai maschi, ancora accanto all'armadio, e vi posò lo sguardo.
Orribile. Qua non c'è nulla di adatto per un appuntamento.
"Non ci siamo proprio, giovanotti. Con quello contenuto in questo guardaroba non ci si potrebbe vestire nessuno con un minimo di buonsenso" sentenziò gelidamente.
Senza neanche aspettare diede loro le spalle e si avviò alla porta.
"E ora dove vai?" pigolò Ryoga.
"Vi conduco dove si può rimediare qualcosa di decente. Su, andiamo".
L'eterno disperso stava per seguirla quando sentì una mano sulla propria spalla. Si voltò e vide Ranma che lo osservava con uno sguardo mortalmente serio.
"Ryoga, guardami bene: non fidarti di una sola parola pronunciata da Nabiki Tendo. Non una. Non esiste al mondo persona più infida e scorretta".
Ryoga deglutì rumorosamente. Sapeva abbastanza bene che l'avidità di Nabiki non aveva pari e che c'era gente in tutta Nerima che aveva debiti con lei. Come i fratelli Kuno, avidi acquirenti affamati di foto di Ranma e della Ragazza con il Codino.
Quello che Ryoga non sapeva era ciò di cui Nabiki era capace quando intravedeva denaro e sollazzo personale in una qualsiasi situazione.
"S-si ma... ha appena detto che può aiutarci" balbettò Ryoga, lanciando sguardi inquieti a Nabiki. Quest'ultima era in attesa sulla porta e sorrideva loro come la più falsa delle venditrici di pentole porta a porta.
"Puoi continuare a scavare nell'armadio di Ranma, rimediandone solo boxer sdruciti e bluse cinesi oltre a qualche pacchiano smoking che nessuno eccetto lui oserebbe indossare" commentò Nabiki, sostenendo con noncuranza l'occhiataccia lanciatale da Ranma "oppure puoi venire con me. E scoprire un mondo fatto di stile ed eleganza che ti renderà un uomo nuovo. E, ovviamente, farà cadere Ukyo ai tuoi piedi!".
Ryoga sgranò gli occhi, come se all'improvviso avesse visto la luce.
"Ranma, mi dispiace... sono un debole" disse in tono solenne "ma io a questo appuntamento ci tengo!".
Ranma lo fissò, gli occhi ridotti a due fessure.
Sapeva che Nabiki li avrebbe dissanguati come una vampira.
-
"Visto, cosa ti dicevo? Nabiki Tendo non sbaglia mai".
Ryoga osservò il suo riflesso nello specchio del camerino, incredulo; non era abituato a vedersi in abiti diversi dalle solite bluse che usava per allenarsi, ma doveva ammettere che Nabiki sapeva il fatto suo.
"Wow. Sono... colpito, ecco" balbettò, continuando a rimirarsi allo specchio.
"E tu che volevi dar retta a Ranma" disse Nabiki, sistemando la camicia di Ryoga.
Incredibile come un semplice completo giacca e cravatta piuttosto casual potesse fare di lui una persona nuova. Persino Ranma si costrinse ad ammettere che forse affidarsi a lei non era stata un'idea del tutto malvagia, e anzi approfittò lui stesso della situazione alla ricerca di qualcosa che potesse stare bene anche a lui. In fondo anche lui aveva un appuntamento a cui pensare, ma questo era meglio che Nabiki non lo sapesse.
"Vanesio..." commentò quest'ultima, osservando il codinato provare una camicia con cravatta e gilet "è proprio una donna, in questi casi".
Poi tornò a guardare Ryoga, che faceva decisamente la sua bella figura.
"Però, Hibiki. Se non fossi già impegnato con la nostra bella cuoca ci farei un pensierino..." scherzò, osservando Ryoga cambiare colore e ricominciare a balbettare.
"Su su, non morire" tagliò corto "e dimmi, piuttosto. Sei soddisfatto?".
"D-direi di si" rispose "n-non so davvero come ringraziarti, Nabiki...".
"Oh tranquillo" sorrise melliflua la ragazza "tu e Ranma troverete un modo... te lo garantisco".
E ad entrambi si gelò il sangue nelle vene.
"Ecco" sussurrò Ranma a Ryoga "quando ti dicevo di non fidarti di lei, era esattamente questo che intendevo!".
"Su Saotome, non fasciarti la testa prima di essertela rotta. Per ora, e sottolineo quel per ora, ve la cavate a buon mercato. Mi limiterò a farvi pagare i vestiti che, vorrei ricordarti, comprate voi per vostro uso. Al netto io non ne guadagno niente. Ci sistemeremo in futuro" sibilò Nabiki dopo essersi avvicinata all'orecchio di Ranma. Il quale Ranma sentì un brivido di pura fiamma farsi un coast to coast dalla base del collo fino al sedere.
Erano rovinati. Nabiki Tendo li avrebbe prosciugati come si prosciuga una spugna quando la strizzi con massima forza. Essere in debito con lei voleva dire vivere in una bolla di rinfacciamenti e minacce più o meno velate.
Addio libertà spensierata, è stato bello conoscerti. Vieni a portarmi le arance ogni tanto.
Sospirò rumorosamente. Se non altro avevano trovato dei bei vestiti per i rispettivi appuntamenti. E a tal proposito, si scoprì a pensare che non aveva ancora fatto la fatidica proposta alla sua bella.
Chissà come se la stavano cavando quelle due...

"Ukyo, sul serio. Sei una bomba" trillò tutta felice Akane rimirando per l'ennesima volta il suo capolavoro: una Ukyo Kuonji sexy senza essere volgare, ben truccata ma non con chili di cerone in volto, pettinata a modo e che emanava una gran carica sensuale.
Fece due passi indietro per osservarla meglio e ripensò a quella volta in cui, per scherzo, le fece una battuta sull'essere dell'altra sponda. In tutta onestà, se proprio avesse dovuto cedere con qualcuna, lei sarebbe stata un'eccellente candidata.
"Dici? Io mi sento tremendamente imballata..." mormorò quella, per nulla consapevole di quale effetto la sua attuale persona poteva avere su tutti i maschi del circondario.
"Fidati di me. Ryoga ti cadrà ai piedi neanche gli avessero messo dei pesi ai gomiti. Sei fantastica. Su, guardati allo specchio e dimmi che non farai faville".
Lei ubbidì e si vide, bella come il sole. Era davvero rifiorita. La figura che lo specchio le restituiva non ricordava per nulla la timida ragazza insicura di sé e dei propri mezzi fisici.
Tutt'altro.
"Cavolo, sì. Faccio la mia porca figura. E devo ammettere che avevi ragione quando dicevi che la scollatura aiuta molto...".
"Eh, so con chi abbiamo a che fare. Danno un sacco di peso a... quelle. Anzi, beata te che hai qualcosa da mostrare" commentò con una punta di malcelata invidia.
Ukyo sollevò un sopracciglio, incuriosita.
"E tu da quando dai tanta importanza a certe cose? Voglio dire, hai sempre avuto una schiera di ammiratori ai tuoi piedi...".
Akane ebbe il buon gusto di arrossire.
"Oh, se intendi Kuno e gli altri folli che mi sfidavano ogni mattina non li ho mai tenuti troppo in considerazione..." borbottò, arricciando una ciocca di capelli attorno a un dito "Diciamo che è diventato un fatto di discreta rilevanza da quando hanno iniziato a farmi notare come io sia poco carina, poco femminile, rozza, maschiaccio e...".
"Aaaah, è questo il nocciolo della questione" commentò Ukyo, ridacchiando "un certo ragazzo col codino che è assolutamente incapace a fare un complimento come si deve...".
"O che preferisce ragazze più formose e femminili" ringhiò Akane, improvvisamente tornata con la memoria ai tempi in cui rozza era la cosa più carina che Ranma fosse capace di dirle.
"Ma se così fosse ora voi due non sareste una coppia ufficiale" suggerì Ukyo "o sbaglio?".
Akane la fissò, rossa in volto. Un punto per Ukyo.
"Io non credo tu abbia nulla di cui preoccuparti. Forse non ci hai mai fatto caso, ma ho visto come Ranma ti guardava di sottecchi certe volte" confessò "e ti assicuro che lo sguardo non era quello di qualcuno che ti ritiene un maschiaccio, credimi. Ti ho invidiata parecchio, sai?".
"Oh..." fu l'unico commento di Akane, che si ritrovò spiazzata dalla rivelazione di Ukyo.
"Cosa cosa? Mi stai dicendo che, anche prima del Gran Casino, non ti eri mai accorta di come Ranchan ti buttasse ogni tanto gli occhi addosso? Il prosciutto che hai, o avevi, al posto delle palpebre era crudo o cotto? Mi stai stupendo. Dico sul serio. Era così evidente che persino un cieco se ne sarebbe accorto".
Le si avvicinò e le mise le mani sulle spalle: "Akane, quel ragazzo ti ama da tanto tempo. È per te che ha sfidato serpenti a ottantaquattro teste, principi megalomani e divinità fenice. È con te che si stava per sposare. Noi spasimanti lo ignoravamo volutamente, preferendo sovrapporre alla realtà un velo di menzogna comoda. Ma se avessi chiesto a uno sconosciuto di frequentarvi per un giorno intero costui, salvo cataclismi, avrebbe di sicuro pensato che stavate insieme anche senza sapere dell'accordo fra i vostri padri. Non dubitare mai di lui. Non farlo. Vi incastrate alla perfezione, come due pezzi contigui di un puzzle".
Akane, che aveva abbassato la testa, la rialzò improvvisamente e fissò Ukyo direttamente negli occhi: "Perché... perché mi dici questo?".
"Prendilo come ringraziamento per il trattamento di bellezza, amica mia" sorrise civettuola la cuoca facendole l'occhiolino.
"È decisamente passato un anno, si vede proprio".
"Si vede sì. All'epoca mi avrebbe fatto un male del diavolo parlare così apertamente di voi due come coppia. Forse non ci sarei neanche riuscita senza cadere per terra in preda a un mezzo colpo. Adesso sento solo un pallido dolore in gola, qualcosa che riuscirò a scacciare facilmente. E poi io ho un appuntamento stasera, non fa bene a nessuno perdersi in ricordi evanescenti".
Akane le sorrise. Come aveva fatto a considerare la propria vita felice senza una preziosa presenza come quella di Ukyo al suo fianco? Non se ne capacitava. Più passavano i giorni e più si rendeva conto che aveva trovato un tesoro inestimabile in lei.
Si commosse leggermente. Quando Ukyo, preoccupata dallo sguardo strano che le stava rivolgendo, la abbracciò chiedendole se tutto andasse bene...
Diciamo che ci vollero parecchi fazzoletti per calmarla.

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Capitolo 8
*** Concerto per costole e setto nasale n. 48 in CRACK maggiore K 162 ***


"Ukyo, davvero... calmati. Non ti fa bene agitarti in questo modo! E poi finirai per fare un fosso attorno al bancone...".
Ukyo si voltò di scatto verso Akane, le mani serrate tra di loro così forte fino a far sbiancare le nocche.
"Io non sono... agitata" balbettò, cercando di convincere più sé stessa che Akane.
"Immagino che il pavimento, se potesse, direbbe il contrario..." commentò quest'ultima sorseggiando una bibita.
"Davvero, tutta questa tensione non ti fa bene" continuò, facendo cenno a Ukyo di sedersi accanto a lei "cerca invece di rilassarti. Anche perché, conoscendo Ryoga, sarà più teso di una corda di violino. Almeno uno dei due deve stare calmo!".
"Quest'affermazione su Ryoga non contribuisce a farmi scaricare la tensione, lo sai?".
"Ti ho solo anticipato qualcosa che, in fin dei conti, potevi anche dedurre da sola visto con chi stai per aver a che fare" disse, rigirando la cannuccia nella lattina.
Ukyo sospirò, cercando di riprendere il controllo delle sue facoltà mentali già in tilt a causa dell'imminente appuntamento.
"E' che... mi sento così in ansia! E' il mio primo appuntamento serio e... non so cosa fare...".
"Essere te stessa di solito aiuta" rispose Akane "anche se, per esperienza diretta, posso dire che essere me stessa non mi ha mai aiutata molto nei miei precedenti appuntamenti, salvo scatenare casini infernali, risse e litigi".
Ukyo non riuscì a trattenere una risatina e Akane sorrise nel constatare che la sua battuta era riuscita a stemperare in parte la tensione.
"Sono lieta che le mie disgrazie ti divertano!".
Ukyo rispose con una pernacchia ed entrambe scoppiarono a ridere, quando qualcuno bussò alla porta del locale.
"Che sia già arrivato? Non è un po' presto?" pensò ad alta voce Akane mentre con un rapido gesto della mano controllava l'orologio al suo polso.
Le sei e un quarto. Mah, poteva essere. L'unica era andare ad aprire.
Si incaricò lei del compito, visto che Ukyo aveva ripreso a tracciare solchi nel pavimento mordendosi lievemente un dito.
Ah, queste ragazze timide.
"Faccio io" si premurò di dire, giusto per precauzione.
Andò verso la porta e la aprì.
Sì, era chi si aspettava che fosse: un Ryoga... decisamente bello. Si mordicchiò la lingua al pensiero, ingiusto nei confronti di Ranma, ma era solo vero.
Ryoga Hibiki portava davvero bene quel classicissimo ma efficace completo giacca e cravatta. Non altrettanto bene portava il suo umore, che come ampiamente previsto era quello di uno scolaretto al primo giorno di scuola. Dietro di lui Ranma, che per forza di cose si era trovato costretto a fargli da accompagnatore, gli diede una leggera spinta e un tiepido incoraggiamento a farsi avanti.
Mentre il ragazzo-porco avanzò tentennando verso la sua partner Akane ebbe una sorpresa: Ranma le si avvicinò all'orecchio e le sussurrò "Sai che Ryoga non è il solo ad aver fatto compere per un'occasione speciale?".
La più piccola delle Tendo prese a fare concorrenza a un pomodoro di quelli belli maturi.
Si voltò nella sua direzione e gli vide in volto un sorriso smagliante. L'imbarazzo, che era sicura fosse forte anche in lui, sembrava non trasparire in nessun modo.
L'enigma chiedeva solo di essere svelato.
"Sai, è da frasi come questa che si nota quanto tu, in fondo, sia più vanesio di una donna" sussurrò Akane con un sorriso malizioso sulle labbra "perché è la tipica frase che una donna direbbe al suo uomo dopo aver comprato della biancheria intima!".
Ranma sgranò gli occhi e arrossì di colpo, preso in contropiede dal sarcasmo della fidanzata, oltre che da quel sorrisino malizioso che aveva interpretato in maniera decisamente sbagliata.
"Comunque" continuò Akane, sempre sussurrando "sono proprio curiosa di vedere i tuoi nuovi acquisti...".
Ranma rimase imbambolato a fissarla come un pesce lesso. Donne. Non le avrebbe mai capite.
"Allora... è il grande momento!" squittì Akane, osservando i due piccioncini. Che, a loro volta, si stavano facendo la radiografia a vicenda. Decisamente Ukyo non era la sola ad essere rimasta piacevolmente colpita dal look del suo accompagnatore. Anzi, a giudicare dalla mascella aperta e quasi dislocata, anche Ryoga aveva molto apprezzato la mise di Ukyo.
"Chiudi la bocca che sennò inghiotti i moscerini" commentò Ranma, chiudendo la bocca a Ryoga ancora in stato di trance.
"Ok, credo sia il momento di lasciarvi andare" dichiarò Akane, spingendo i due verso la porta del locale "è ora che andiate a divertirvi!".
"Vuoi una mappa, Ryoga?" commentò Ranma, beccandosi una meritatissima gomitata da parte di Akane.
"Sono sicura che non si perderanno, questa sera. E poi Ukyo ha un senso dell'orientamento migliore del suo" commentò a bassa voce per non farsi sentire.
Mentre osservavano Ukyo e Ryoga cercare di scambiarsi almeno un saluto, Ranma squadrò Ukyo dalla testa ai piedi. "Però, non l'avevo mai vista così... così..." gesticolò, non riuscendo a trovare un aggettivo che fosse adatto ma che non istigasse le ire di Akane.
Quest'ultima lo guardò di sbieco sorridendo.
"Carina vero? E' tutta opera mia!".
"Davvero? E perché tu non ti vesti mai così?".
E quel commento gli valse la seconda gomitata della serata, se possibile ancora più forte della prima.
"Idiota! Io vado a casa, fa niente se lo lascio lì che rantola?" chiese a Ukyo, che osservava sconvolta Ranma disteso sul pavimento.
"Voi divertitevi, mi raccomando!" trillò e, senza voltarsi a controllare le condizioni di Ranma, Akane corse verso casa.
Ukyo sbuffò. Ranchan non sarebbe mai e poi mai riuscito a combinarne una giusta con le ragazze, neanche se da quello fosse dipesa la sua vita.
Intimò a Ryoga di stare fermo come uno stoccafisso, che l'ultima cosa di cui avevano bisogno era che si perdesse nel bagno del ristorante. Poi si avvicinò a Ranma e lo aiutò a tirarsi in piedi.
"Sei proprio un pollo, Ranma" commentò con una punta di malcelata ironia. Lui le schioccò un'occhiataccia ma lo sguardo noncurante della cuoca non gli diede la soddisfazione che cercava.
"Grazie Ucchan, sei davvero un tesoro" fu la sarcastica risposta di lui mentre le scostava il braccio. Era comunque meglio, per una forma di rispetto verso Ryoga e per non disseppellire cose del passato, che i contatti fisici stretti fra loro due fossero ridotti al minimo indispensabile. Non si sa mai.
"Figurati. Che ci stanno a fare le migliori amiche, sennò? Piuttosto, non stare qui a cianciare e vai a scusarti con lei. Su su, smamma".
Ranma la guardò instupidito per qualche istante: lo sguardo era inusualmente duro. Si capiva bene che intendeva seriamente quanto appena detto. E questo fece un po' male all'orgoglio di Ranma: sotto sotto, pur non volendo assolutamente negare dove erano davvero direzionati i suoi sentimenti, sperava che almeno un'ombra della vecchia Ukyo cotta e stracotta di lui fosse ancora presente. Invece niente, in quel momento il focus di lei era Akane.
Quante cose sono cambiate in questo ultimo anno, si disse Ranma con un pizzico di amarezza.
"E va bene, va bene. Adesso vado a casa e le chiederò scusa strisciando per terra. Contenta?" fu la stizzita risposta.
Ukyo sentì la mano prudergli. Per qualche istante contemplò seriamente la possibilità di dargli uno schiaffo che, a suo giudizio, si meritava in tutto e per tutto. Poi si ricordò del momentaneamente trascurato Ryoga, che emetteva dei versetti poco identificabili in sottofondo, e decise di lasciar perdere.
Spintonò fuori Ranma, rimbrottandolo ancora, e tornò a dedicarsi al suo cicisbeo. Ma non prima di aver mollato uno scapaccione dietro la nuca a Ranma.
"Ahio" E questo a cosa lo devo?".
"Perché mi prudeva la mano" disse da dietro la porta del locale semi chiusa "e perché te lo meriti, insensibile! Ora fila a scusarti con Akane, che io ho un appuntamento di cui occuparmi! Sciò sciò, via!".
Detto questo tornò dentro il locale e finalmente rivolse le sue attenzioni verso Ryoga, che aveva saggiamente deciso di sedersi al bancone ed attendere -piuttosto che gironzolare per il locale e ritrovarsi inspiegabilmente al liceo Furinkan.
Ukyo sorrise, già meno nervosa di prima. Il siparietto con Ranchan l'aveva quantomeno aiutata a calmare i nervi e distrarla dall'origine della sua ansia.
Almeno, si disse, posso iniziare quest'appuntamento in maniera un po’ più serena e non come se stessi andando alla gogna.
"Allora Ryoga..." iniziò, cercando di tenersi stretta quella poca calma che era riuscita a racimolare "sei... pronto?".
"N-non è proprio la domanda migliore da farmi" balbettò lui, grattandosi la nuca con la mano "non sono MAI pronto per questo genere di occasioni...".
Ukyo sorrise, un po’ intenerita dal balbettare del ragazzo. "Dunque... avevi qualche programma per stasera?" chiese.
E Ryoga iniziò a balbettare peggio di prima.
Balbettio da cui non uscì nulla di coerente. Poi, come se gli fosse caduto un fulmine in testa, Ryoga guardò Ukyo con uno sguardo a metà fra il "mi prendi in giro?" e il "non sono scherzi da fare".
Si riassettò un po' meglio sullo sgabello che lo ospitava mentre focalizzava l'attenzione su Ukyo. La quale si chiese, onestamente, se per caso avesse detto qualcosa di sbagliato.
Fu un sorriso mesto quello che andò nascendo sullo sguardo dell'eterno disperso: "Io? Programmi? Non posso averne. Sono la persona che non sa neanche tornare a casa propria. O meglio, a volte li ho avuti ma questo mio maledetto senso dell'orientamento mi ha sempre ostacolato al peggio".
Lei si grattò la nuca, in evidente difficoltà. Sapeva di non aver tirato fuori l'argomento con intento canzonatorio, ma si era ritrovata a sfotterlo involontariamente. In effetti c'erano parecchi argomenti off limits: Akane, Ranma, relazioni amorose varie in cui uno dei suddetti era coinvolto, programmi, maialini neri...
Al che le venne quella che, almeno nella concitazione dell'attimo, le sembrò un'idea geniale. Si sedette vicino a lui, dalla parte dei clienti, e gli prese le mani fra le proprie. Provocando uno spruzzo di sangue paragonabile, senza esagerare poi così tanto, a un'esondazione del Nilo.
"Ryoga, ascolta. Io voglio che questo appuntamento vada nel miglior modo possibile. Ma siamo tutti e due troppo nervosi per poter uscire e andare... chessò, a mangiare un gelato e a sederci su una panchina. Finiremmo con lo stare muti come pesci tutto il tempo. E non deve essere così. Inoltre, salvo le poche cose che ci hanno accomunato in passato, non sappiamo quasi nulla l'uno dell'altra. Non come Ryoga Hibiki e Ukyo Kuonji, intendo. Ci siamo sempre frequentati solo in funzione di Akane e Ranma. Non va bene. Se davvero vogliamo che questa cosa abbia una minima possibilità di funzionare dobbiamo partire da zero, dalle basi. Conoscerci".
Lui la osservò, perplesso. Che cos'era questo fiume in piena di parole così auliche, così cariche di significato? Non dovevano semplicemente fare qualcosa di poco impegnato e passare una serata spensierata?
"Mi... mi stai dicendo che dovremmo metterci a fare qualcosa tipo seduta psichiatrica?" le chiese.
Al che lei gli sorrise, furba: "No Ryoga, niente seduta psichiatrica. Non ci saranno domande indiscrete se non vorrai che ce ne siano. Non ci saranno racconti dolorosi se non vorrai che ce ne siano. Non ci sarà niente che non vorrai. Sarà semplicemente raccontarsi a vicenda come siamo fatti e perché, nei limiti che ognuno di noi riterrà opportuni. Se la cosa può metterti più a tuo agio...".
"Sì?".
"Possiamo rimanere qui. Tu sei ancora in credito, me lo ricordo bene. E no, tranquillo, non ho nessuna intenzione di lanciartela in faccia stavolta".
Ryoga la guardò sbalordito. In effetti l'idea di rimanere lì non gli dispiaceva, al contrario di dover uscire, trovarsi in mezzo alla folla (col rischio di perdersi, almeno per lui), la tensione che sale...
E poi, come aveva detto lei, avevano tanto da dirsi. Da raccontarsi.
"Si, direi che l'idea mi piace" balbettò sorridendo.
"Bene! Allora è il caso che mi metta a preparare qualcosa da mettere sotto i denti!" trillò, girando attorno al bancone.
"Ma a-aspetta" balbettò ancora Ryoga "è il tuo appuntamento e tu ti metti a cucinare?".
"Beh, a meno che tu non voglia rimanere digiuno qualcuno deve pur farlo" disse Ukyo mentre indossava il suo grembiule "e poi quale sarebbe l'alternativa, farci portare il ramen dal Nekohanten?".
Oh. In effetti convenne che non era esattamente la migliore delle idee.
"E poi sono capace di parlare ed ascoltare anche mentre rigiro le okonomiyaki sulla piastra, sai?".

"Stupido! Stupido! IDIOTA!".
In preda alla rabbia, Akane distrusse l'ennesimo blocco di cemento.
Era passato parecchio tempo dall'ultima volta che si era allenata solo per sfogare la sua rabbia contro Ranma. In effetti era il loro primo litigio serio da quando erano diventati una coppia di fatto. Ma ciò non lo rendeva meno irritante.
Akane guardò i calcinacci sul pavimento e in ognuno di essi le sembrò di rivedere Ranma che, con fare idiota, le chiedeva perché non si vestisse mai così carina.
Non erano state le sue esatte parole ma il significato era quello.
Calciò via un pezzo del blocco borbottando.
"Tanto lo so che non sono carina, imbecille...".
-
Nascosto sul tetto del dojo Ranma spiava Akane, chiedendosi se fosse il caso di avvicinarsi o no.
A giudicare dallo stato in cui erano ridotti i blocchi di cemento forse non era il momento migliore. E lo scapaccione di Ucchan gli faceva ancora male.
Ah, donne.
No cavolo, no. Basta rimanere negli errori del passato. Gliel'aveva rimproverato non più di due ore prima e ora non seguiva il suo stesso monito? Era davvero disposto a rischiare una frattura fra lui e Akane? Non era stato detto, quel giorno di un anno prima, che non si voleva più aspettare prima di saldare una situazione incrinata?
Ranma piroettò con grazia dentro il dojo, non badando all’eventuale rumore. Che Akane se ne accorgesse o no era indifferente, tanto le voleva parlare a quattr'occhi.
La più piccola delle Tendo stava ancora sfasciando degli innocenti pezzi di cemento. Era davvero furiosa, come non le capitava da tempo. Solo Ranma era in grado di mandarla così in bestia. Non suo padre quando piangeva come una fontana, non sua sorella Nabiki quando escogitava uno dei suoi tossici piani di distruzione, non Kuno quando la importunava con il suo anacronistico senso cavalleresco da lobotomizzato.
Solo Ranma.
E, si trovò a pensare dopo aver frantumato l'ultimo mattone, il motivo era semplice. Solo chi ami pazzamente sa scatenarti questo maremoto di emozioni, belle o brutte che siano.
Si fermò un attimo. Aveva bisogno di rifiatare.
Fu per questo che l'abbraccio che le avvolse la vita la prese in contropiede.
"Akane... scusami".
Lei scollegò il cervello. Se non lo avesse fatto avrebbe recepito le parole che Ranma le aveva appena rivolto e, seppur ancora arrabbiata, si sarebbe girata lentamente verso di lui per chiedere spiegazioni sul suo stupido comportamento. Irritata, di sicuro, ma con almeno la volontà di chiarirsi.
Ma aveva scollegato il cervello. Era nervosa e stanca per l'esercizio.
Il gomito che le partì in maniera inconsulta incocciò col naso di Ranma. Si sentì un CRACK riecheggiare per la palestra.

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Capitolo 9
*** La tua okonomiyaki la vuoi condita con un pugno o con amicizia sincera? ***


"Ahi! Ahi ahi ahi, piano!".
"Sta’ buono Ranma, sto cercando di essere il più delicato possibile..." commentò il dottor Tofu applicando del ghiaccio sul naso di Ranma "... certo che devi aver proprio fatto imbestialire Akane, non ti ha fratturato il naso per pura fortuna".
"E lei come fa a...?".
"Ti ricordo che i primi tempi in cui abitavi in casa Tendo venivi qui in ambulatorio almeno una volta al giorno" rispose il dottore, fissando sul naso di Ranma un pezzo di benda adesiva "e di solito per ferite e contusioni causate da Akane. In effetti era un po’ che non ti si vedeva, segno che le cose tra voi due vanno per il meglio... a parte questo".
Ranma rimase in silenzio, consapevole che il dottor Tofu aveva ragione.
“È che… non so nemmeno cosa ho fatto per provocarla, stavolta!” sbuffò “Anzi, mi stavo scusando con lei quando il mio naso e il suo gomito hanno avuto un incontro ravvicinato come non ne avevano da tempo...”.
“... quindi avevi davvero qualcosa di cui scusarti. Vedi?”.
Il giovane medico sorrise a Ranma, riuscendo ad ammutolirlo ancora una volta.
-
“Già di ritorno, Don Giovanni? Era parecchio che Akane non ti accarezzava come solo lei sa fare, vero?”.
Ecco, l’ultima cosa di cui Ranma sentiva il bisogno era di ritrovarsi Nabiki sulla porta di casa coi suoi commenti al vetriolo.
“Non sono affari tuoi, Nabiki” rispose di malavoglia togliendosi le scarpe.
“Attento a come parli, Saotome, tu e Ryoga siete ancora in debito con me per la gita al centro commerciale... e non vogliamo che il tuo aumenti ancora, vero?”.
Ranma deglutì, terrorizzato solo all’idea.
“N-no...”.
“Bravo bambino” sorrise compiaciuta “e ora dimmi: cos’hai fatto alla mia sorellina per farla imbestialire così?”.
"Perché tutti partite dal presupposto che sia stato io a fare qualcosa?" disse Ranma in tono difensivo mentre scostava la mediana delle Tendo per entrare in casa.
"Oh, non lo so. Forse perché ha sempre funzionato così, per esempio?".
"Le cose sono cambiate da queste parti, per tua informazione. Una con il tuo spirito d'osservazione non può farsi sfuggire delle cose tanto evidenti".
"Cambiate, Saotome? Cos'è cambiato fra voi due, esattamente?".
"Te lo lascerò scoprire da te".
"Non era una domanda, Ranma. Era un ordine. Rispondimi".
"No".
Gli occhi di Nabiki si incendiarono. Non era abituata a sentirsi opporre un rifiuto. E la cosa, se da una parte la infastidiva mortalmente, dall'altra risvegliava il suo istinto di primeggiare.
"Ti ho in pugno, Ranma. Non puoi rispondermi così e sperare di non subirne le conseguenze. Hai dieci secondi da ora per dirmi quel che voglio sentire o...".
"Nabiki, piantala. Non sono dell'umore adatto".
"Dieci. Nove. Otto...".
"Sì sì, d'accordo". Decise di tagliar corto, non aveva tempo da perdere con queste fregnacce senza senso. Si diresse verso il dojo, dove sperava di trovare Akane per poter finalmente chiarirsi.
Nabiki, ancora impalata di fronte alla porta d'ingresso, sussurrò quasi a bassa voce uno "zero" intinto nel veleno.
"Hai firmato la tua condanna a morte, Saotome" sussurrò, prima di lasciarlo andare verso il dojo "verrò a riscuotere al momento opportuno".
Ranma rabbrividì al solo pensiero, consapevole che quando sarebbe arrivato il momento avrebbe preferito perdersi ad Hokkaido con Ryoga. Ma non era il caso di pensarci adesso, aveva altro da fare.
Fece un bel respiro, e poi corse verso il dojo.

"E quindi tutto il tuo astio verso Ranchan nasce da un mancato scontro quando avevate quattordici anni?".
"Ehi, ho fatto una fatica immensa per riuscire ad arrivare al luogo dell'appuntamento! Poteva almeno rimanere ad aspettarmi!".
"Ma non hai detto che ci hai messo tre giorni a raggiungere il... cortile dietro casa? Ci credo che ti ha mollato lì...".
"Ugh... questi sono dettagli...".
Ukyo rise, bevendo un altro sorso di sakè. Era stata indecisa fino all'ultimo se servirlo o meno, visti gli esiti disastrosi dell'ultima volta... ma alla fine si disse che un'occasione del genere andava festeggiata nel migliore dei modi.
E poi, che male poteva fare un bicchiere?
O forse due, aveva già perso il conto. Ma non se ne preoccupava troppo: stava passando una bella serata come non le succedeva da davvero tanto tempo, si sentiva serena e libera da tanti pesi. E Ryoga, nonostante l'imbarazzo iniziale, si era rivelato una compagnia piacevolissima.
Mentre parlava l'aveva osservato a lungo, studiandone i lineamenti, i profondi occhi castani, per non parlare di quei canini aguzzi che le suscitavano strane sensazioni...
Certo, era bassino e per tanto tempo era stata abituata a rivolgere il suo sguardo solo a Ranma, decisamente più alto di lei, ma non era nulla di troppo grave.
Sorrise, chiedendosi se era lei o l'alcool a parlare. E si chiese come mai non aveva notato quanto Ryoga Hibiki fosse carino.
"E tu, Ukyo? Ti sei ricordata di una promessa morta e sepolta per legare a te un ragazzo che non vedevi da dieci anni?" fece lui, sogghignando. Nell'atto di abbassare la testa non vide bene la faccia di lei, arrossita dalla frecciata.
La cuoca fece girare ancora un paio di volte l'okonomiyaki che stava preparando per lui, visto che lei non aveva particolare appetito e si era risparmiata il pasto. La domanda era legittima, comunque. E di facile risposta, almeno come contenuto.
"Eeeeeh, nessuno è perfetto caro Hibiki. Mi sono avvinghiata a una promessa vecchia come il cucco per ottenere qualcosa che non sarebbe mai stato mio. Succede. Imputo questi errori alla gioventù, in fondo abbiamo solo diciassette anni e mi sembra normale attaccarsi al primo amore in questo modo. Tra l'altro, non voglio suonare scortese ma non credo che parlare di Ranma o di Akane sia la cosa migliore... per noi due".
Lui la guardò, sbattendo un paio di volte le palpebre. E a Ukyo il cuore mancò mezzo battito. Era davvero bello. Non sapeva dire se fosse la luce soffusa messa ad hoc per dare al tutto quella giusta atmosfera vagamente romantica, il fatto che fosse vestito come una persona che conosce il significato della parola eleganza o cos'altro, fatto sta che Ryoga le apparve davvero un bel ragazzo.
"Sì, credo che tu abbia ragione" confermò "questa non è la serata dei ricordi e dei rimpianti. Se tutto andrà bene, anzi, potrebbe essere il primo passo verso qualcosa di splendido".
Lei si ammutolì. La sua mente cosciente andò a farsi un giro e cominciò a immaginarsi scene via via sempre più... intime?
Torna in te, Kuonji. Non è il momento dei castelli in aria.
"Tutto bene, Ukyo?" le chiese sventolandole una mano davanti al viso un poco paonazzo.
"Sì sì, sto bene. Mi sa che ho bevuto troppo".
"Ma se Ranma mi ha raccontato della piccola avventura che tu e Akane avete affrontato assieme nella Magica Terra del Whisky?".
"Per favore, evita. E proprio perché non voglio ripetere quell'esperienza sarà meglio che mi fermi qui con il sakè. A meno che non vogliamo passare la notte io ubriaca marcia sulle tue spalle e tu perso per le vie di Nerima cercando un posto conosciuto dove potermi far prestare soccorso".
La risata di Ryoga le ferì le orecchie. Ecco, una cosa di lui che non le piaceva particolarmente. Ryoga aveva una risata strana, quasi... animalesca? Era l'unica definizione che le veniva in mente. Sembrava quasi una iena, le dava i brividi... anche se, doveva ammetterlo, in quel momento non erano dati del tutto dall' inquietudine.
Forse era davvero il caso di mettere via il sakè...
"Ma si, non succederà nulla del genere" continuò Ryoga, giocherellando col bicchiere ancora mezzo pieno "una sbronza basta e avanza... però questo stato di euforia non mi dispiace. Rende tutto più... semplice".
Lo sguardo che Ukyo lesse negli occhi del ragazzo la spiazzò: era difficile da identificare, non era lussuria, o desiderio, o altro... però riusciva a scorgervi speranza? Interesse per lei?
Per la prima volta in diciassette anni, Ukyo Kuonji capì come ci si sentiva quando un ragazzo era interessato a te. Te, solo te, senza altre donne in mezzo.
Aveva sperato per tanti anni che Ranchan gliene rivolgesse uno, ma quelli erano riservati ad Akane... e ora che si era ormai buttata il passato alle spalle e guardava incerta al futuro dopo il tentativo fallito con Konatsu, ecco che qualcuno le dimostrava interessamento.
Tanto.
Si morse il labbro e improvvisamente il cuore iniziò a batterle all'impazzata.

Seduta alla sua scrivania Akane cercava inutilmente di concentrarsi sui suoi compiti. Cosa non facile, visto che schiumava ancora di rabbia per gli eventi di qualche ora prima.
Lanciò un occhiata per nulla casuale allo specchio che teneva sul tavolo e osservò il suo riflesso, chiedendosi per l'ennesima volta se davvero agli occhi di Ranma fosse così brutta.
Prima di conoscerlo non si era mai posta il problema: aveva sempre avuto una schiera di ammiratori, capitanati dall'onnipresente Kuno, pronti a saltarle addosso ogni mattina. E per quanto non si fosse mai preoccupata troppo di cose tanto frivole, quella calca di gente adorante, per quanto fastidiosa, era stata un toccasana per la sua autostima.
Ma con Ranma era tutto diverso.
Ranma era bello, anche se non gliel' avrebbe mai detto nemmeno sotto tortura, e volente o nolente aveva sempre avuto uno stuolo di ammiratrici molto carine ai suoi piedi. Per non dimenticare poi gli ammiratori del suo alter ego femminile, con cui Akane aveva sempre avuto un enorme conflitto interiore. Aveva sempre avuto un complesso d'inferiorità nei confronti di Ranmachan, che riteneva più bella e formosa di lei.
Sospirò, giocando distrattamente coi capelli. Le si erano allungati parecchio da quanto li aveva dovuti tagliare per colpa di Ranma e Ryoga, ma erano bel lontani dalla lunga chioma che aveva sfoggiato per anni e che era stata per lei un grande vanto...
Era ancora persa nei suoi pensieri malinconici quando un lieve bussare alla sua finestra la fece sussultare.
"Ranma? Che diamine ci fai lì fuori?!".
Si alzò e lo fece entrare. Quel ragazzo non conosceva lo scopo delle porte, apparentemente. Si limitò a questo gesto gentile, però, e gli diede subito le spalle grugnendo.
Cominciamo bene, pensò lui. Ma non si sarebbe fatto scoraggiare da così poco. Se lo aspettava e sapeva bene che avrebbe dovuto affrontare anche di peggio.
"Che cosa vuoi, screanzato?" disse lei. O, per essere più corretti, lo sputò.
Ranma strinse i pugni: o la va o la spacca. I discorsi sono belli, nobili, pieni di intenti apprezzabili. Ma è alla prova dei fatti che bisogna agire, che bisogna dimostrare la volontà messa in quelle parole. Pertanto trasse un lieve sospiro e si impose di mantenere la calma, contrastando come mai aveva fatto prima l'imbarazzo già montante.
"Io... volevo chiederti scusa... di nuovo".
E successe ancora.
Akane si voltò, rapida come un fulmine, e gli sferrò un pugno. Questa volta, però, la distanza e la maggiore attenzione giocarono a favore di lui, che riuscì a schivare senza eccessivi problemi.
"A-Akane!" mormorò sconvolto "Perché?".
Lei, inginocchiata a terra per il troppo slancio, si guardò incredula la mano con cui aveva cercato di gonfiare la faccia del fidanzato. Mosse leggermente le dita, aprendo il palmo. Non si capacitava di quanto aveva appena fatto.
"O kami... non riesco a controllarmi. Il solo sentire la tua voce mi manda in bestia e perdo il controllo di me stessa".
Il silenzio calò come una velo funebre sulla faccia di un deceduto.
Ranma avrebbe voluto farle mille domande: se davvero le aveva causato un simile terremoto emozionale solo per una battuta infelice, se il suo annoso problema di gestione della rabbia fosse peggiorato a sua insaputa, se... se... se...
Quando lei ricominciò a parlare trovò saggio lasciarla fare: "Ranma, te lo chiedo per favore: vattene. Non so cosa mi abbia preso oggi, ma è evidente che non possiamo parlare di questa cosa finché rimango così".
Era vero, non poteva neanche chiederle che tempo facesse senza scatenarle una reazione inconsulta. E meno male che le aveva offerto delle scuse entrambe le volte, altrimenti gli sarebbe arrivato sulla faccia l'equivalente del monte Fuji sotto forma di percosse.
"Ti prego, lasciami sola. Ne riparliamo domani, te lo prometto. Non intendo lasciare la questione in sospeso ma al momento è più forte di me. Lasciami sola".
Ranma non poté far altro che annuire e lasciare la stanza della ragazza.
Prima di andare via rivolse un ultimo sguardo triste alla figura di Akane, inginocchiata sul pavimento.
Sospirò e sgattaiolò fuori dalla finestra. Poco dopo sentì la ragazza chiuderla dall'interno.
Amareggiato, andò a nascondersi sul tetto, dove si rifugiava quando aveva bisogno di pensare.
Era davvero tanto grave? Era una situazione così irreparabile? Per la prima volta si pose queste domande senza fare lo spaccone, ma chiedendosi se davvero quella stupida battuta avesse creato una crepa così grossa tra lui e la sua fidanzata.
Proprio ora che ci eravamo avvicinati, pensò amaramente.
Voleva davvero risolvere la questione, chiederle scusa nella maniera più sincera... ma era impossibile, se lei per prima non glielo permetteva.
Strinse a sé le ginocchia e fissò l'orizzonte per un po'. Poi notò due figure familiari avvicinarsi a casa Tendo.
-
"Ti ringrazio per avermi riaccompagnato qui, sei stata g-gentile..".
"Oh figurati, era il minimo. Non ti avrei mai fatto tornare a casa Tendo con la certezza che ti saresti perso girando attorno al mio locale...".
"Spiritosa" ringhiò Ryoga, ma senza alcun astio.
La serata era continuata senza incidenti o intoppi, chiacchierando allegramente. E soprattutto, si erano molto... avvicinati. Non in senso fisico, ma Ryoga sentiva chiaramente che tra loro c'era molta affinità.
Per questo avevano deciso di uscire ancora. Il feeling c'era, perché correre rischiando di rovinare tutto con la fretta? Un altro appuntamento avrebbe sicuramente chiarito le idee di entrambi. E magari, chissà...
"Ma sei sicuro sia il caso di pernottare dai Tendo? Voglio dire, non avrai problemi con Ranma o...".
"Oh no, non credo" balbettò, riportato alla realtà dalla domanda della ragazza "sia Akane sia Kasumi avevano tanto insistito, sapevano che probabilmente mi sarei perso nel cercare un ryokan... e poi le mie cose sono rimaste qui dopo che mi sono cambiato per l'appuntamento".
"Capisco..." rispose Ukyo con un sorriso.
E calò il silenzio tra i due. Quel silenzio che si potrebbe colmare con un bacio, pensò Ukyo avvampando.
Se solo... se solo non avesse avuto la fastidiosa sensazione di due occhi che la osservavano.
"Ukyo? Toc toc, ci sei?" chiese Ryoga vedendola guardarsi attorno con circospezione. Era tipo la terza volta che glielo chiedeva quella sera e la cosa stava cominciando a suonargli familiare.
Lei si scosse come dal torpore del sonno e fece un cenno affermativo con la testa, sorridendogli per scacciare eventuali inquietudini. Ho perso il momento, maledizione.
"Che ti era successo? Per un attimo sei diventata assente".
"Oh no, nulla. Era solo una strana sensazione... che non se ne va".
"Che sensazione?".
"La sensazione che ci stiano spiando".
"Credo stia parlando di me" disse Ranma avvicinandosi ai due, le mani in tasca e lo sguardo fintamente sereno. "Ho interrotto qualcosa?".
"N-N-N-N-N-N-No. Assolutamente no" si affrettò a dire Ryoga, viola in viso. Il riemergere del suo lato più timido provocò una reazione ilare in Ukyo, che senza badare alle conseguenze si mise a ridere. Quando lui la rimproverò, piccato, gli chiese subito scusa ma lo spettacolo l'aveva troppo divertita per impedirsi di esternarlo.
"Deduco che il vostro appuntamento è andato bene" suggerì sornione Ranma, che trovò nei suoi amici un buon motivo per non pensare alla spinosa faccenda in sospeso con Akane.
"Non ci possiamo lamentare, no" rispose Ukyo, pur interrompendosi per i residui del precedente attacco di risa "Tanto che vogliamo replicare, prima o poi. Spero più prima che poi".
"Accidenti. Non mi direte che devo cominciare a pensar male" fu il commento di Ranma, che pur parlando principalmente a Ukyo non toglieva gli occhi di dosso a Ryoga. Il quale, soverchiato dall'imbarazzo, non riusciva a ripetere altro che "ghè".
"Dipende da quante spatolate vuoi in faccia, Ranchan".
"Nessuna, grazie. Per oggi ho già dato come botte".
"Oh. È vero, vedo solo ora. Cosa ti sei fatto al naso?".
"Ho... litigato con Akane...".
"Ma per quello che le hai detto al ristorante?".
"Sì...".
"O diavolo, sul serio? Non mi sembrava così grave".
"Neanche a me. Ma lei la pensa diversamente. O meglio, una parte di lei. Stasera ho provato a chiederle scusa due volte: i risultati della prima sono sotto gli occhi di tutti, e la seconda non è andata tanto meglio".
Ukyo si sentì improvvisamente in colpa: lei era reduce da una piacevolissima serata con Ryoga, piena di frizzi e lazzi e risate; il suo migliore amico, invece, sembrava appena precipitato in un pozzo di catrame.
Pensieri del cavolo, Kuonji. Non è mica colpa tua e non è neanche giusto sentirsi colpevoli per aver passato qualche ora allegra. In compenso, invece di tirarti scudisciate, puoi cercare di dargli una mano.
Senza pensarci due volte prese entrambi i ragazzi a braccetto e si avviò verso il giardino dei Tendo.
"A quanto pare devo proprio sudarmi questa laurea in psicologia" rise, mentre i due ragazzi la guardavano sorpresi -Ranma perché aveva quasi dimenticato cosa volesse dire poter parlare apertamente con Ucchan, Ryoga perché... beh, perché era Ryoga, quindi tendente ad emozionarsi facilmente per definizione.
"Allora dimmi, cos'è successo quando hai cercato di scusarti la prima volta?".
Ranma si morse il labbro, pensieroso: non era sicuro fosse il caso di lasciarsi sfuggire il dettaglio dell'abbraccio. Il suo appuntamento con Ryoga sembrava essere andato alla grande, ma non sapeva se sentirsi dire una cosa del genere potesse ancora farla soffrire.
"Mi ha dato una gomitata sul naso" commentò, indicando la benda al naso, ancora gonfio e violaceo.
"Deve aver fatto male...".
"Quella ragazza ha una precisione incredibile..." commentò Ryoga, ammirando la maestria con cui Akane riusciva sempre a pestare Ranma in faccia, come a volergli rovinare realmente i connotati.
"Pure troppa..." borbottò.
"E la seconda volta?" indagò ancora Ukyo.
"Ci ha ritentato" rispose Ranma, osservando gli occhi sgranati dei suoi amici "... ma l'ho schivata per un soffio".
"Però, è davvero furibonda..." rifletté Ukyo, incredula. Meno di un anno fa sarebbe stato per lei uno scenario normale vedere Akane furiosa con Ranma, e quest'ultimo prenderle di santa ragione.
Ma adesso che le cose tra loro andavano bene...
Sentì una stretta al cuore nel vedere Ranma così triste.
"Senti un po', oltre al pugno ti ha detto altro? Non so, urla, strilli, epiteti?".
"No... ha solo detto che domani ne avremmo parlato, perché finché si trovava in quello stato la mia sola presenza la irritava".
"Ouch..." fu l'unico commento di Ryoga, per una volta davvero dispiaciuto per l'eterno nemico/amico.
"Beh, è già qualcosa" disse Ukyo, sorridendo "il fatto che sia disposta a parlarti è già un enorme passo avanti. Se vuoi domani posso provare a sondare il terreno...".
Ranma sgranò gli occhi. "Davvero lo faresti...?".
"Non aspettarti miracoli o altro, non voglio di nuovo ritrovarmi nel ruolo di psicologa per mezza Nerima" commentò sorridendo "ma un aiuto al mio migliore amico non potrei mai negarlo e qualche domanda innocente non credo possa scatenare l'inferno... anzi, ultimamente Akane si è confidata spesso con me".
Ranma non sapeva cosa rispondere, ma la prospettiva di un piccolo aiuto da parte di Ucchan gli aveva tolto un enorme macigno dal petto.
Guardò fisso negli occhi Ukyo e cercò di trasmetterle, senza parole, la gratitudine che in quel momento provava per lei. Sapeva che, per quanto la sua situazione fosse enormemente migliorata -anche grazie alla compagnia di P-chan, aggiunse malizioso-, non era ancora del tutto oltre la cotta che una volta provava per lui. Eppure, nonostante questo ostacolo ancora presente, si era offerta per l'ennesima volta di aiutarlo. Era felice di averla come amica e per un istante, solo per un istante, provò l'ombra di un rimorso per non poter essere nulla di più per lei.
"Mi faresti il più grande dei favori, Ukyo" disse sinceramente. Lei gli sorrise ancora e sciacquò via il tutto come un compito di routine.
"Bene ragazzi miei, credo che andrò a dormire adesso" disse poi alzandosi e stiracchiandosi "Domani c'è scuola anche per te, Ranma, e sarebbe meglio riposare un po'. Specie dopo una giornata difficile. Credo che metterò in atto il mio mefistofelico piano domani, all'ora di pranzo. Prenderò la tua ragazza e me la trascinerò sul tetto per un bel faccia a faccia fra signore. Obiezioni all'idea?".
"Neanche mezza. E ancora grazie".
"Non dirlo neanche. Mi fa piacere essere utile. Ryoga, vedi di non finire in Laos in questi giorni. Io e te... abbiamo un discorso da proseguire".
"C-C-C-C-C-C-Certo" singhiozzò il poveretto, scombussolato. L'occhiolino di lei lo tranquillizzò un pochino. Poi se ne andò, dopo averli salutati nuovamente.
Rimasti soli, i due si guardarono in faccia per qualche secondo. Ryoga sentiva un gran bisogno di raccontare la sua serata a qualcuno, solo che non era sicuro che Ranma fosse la persona più appropriata per un paio di ragioni: innanzitutto, conoscendolo, lo avrebbe preso in giro da lì fino al 2050; e poi, in tutta onestà, non gli sembrava carino andare a spiattellargli addosso quanto bene fosse andata, non dopo tutti i problemi che stava attraversando con la sua... dolce metà.
Fu Ranma a toglierlo dagli impicci: "Ryoga, andiamo a dormire. Tu, vagabondo che non sei altro, che soldi in tasca non ne hai, non ti devi preoccupare di cose tanto sceme come la scuola. Ma io, povero ragazzo giudizioso, devo alzarmi presto. E devo ammettere di essere discretamente stanco. Dai, ti accompagno nella tua stanza".

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Capitolo 10
*** Ranma, ma le porte che ti hanno fatto di male? E quel costume da banshee? ***


"Allora, non vuoi proprio dirmi com'è andato il tuo appuntamento con Ryoga?".
Ukyo sorrise maliziosa, assaporando un pezzo di okonomiyaki e lasciando che Akane si struggesse ancora un pochino in attesa di dettagli succosi.
Si stiracchiò, rilassandosi contro la ringhiera che delimitava il tetto della scuola.
"E' andato... alla grande!".
"E tu che ti preoccupavi tanto!" la provocò Akane, dandole una giocosa gomitata al fianco. "Racconta, su!".
Ukyo arrossì, lasciando che il suo sorriso si allargasse e che un vivace rosso le colorasse le guance.
"Beh, non c'è poi così tanto da dire" cinguettò, giocherellando con una ciocca di capelli "abbiamo parlato... tanto. Davvero tanto. Ci siamo raccontati un po' di cose per conoscerci meglio, sai com'è...".
"E poi...?".
"E poi... ci siamo accordati per un secondo appuntamento".
Akane proruppe in una moltitudine di versetti isterici, simili a squittii, seguita a ruota da Ukyo. Era un momento tra ragazze, con confidenze tra ragazze, di conseguenza doveva -e voleva- squittire come una ragazza... infatuata. Parlare d'amore era prematuro, ma che si fosse presa una bella sbandata per Ryoga Hibiki era sicurissima.
"Avete già deciso quando vedervi?".
Ukyo rise. Akane era decisamente su di giri, neanche stessero parlando di un appuntamento per lei. Questo le ricordò che aveva un piano da mettere in atto e un favore da fare a Ranma.
"Non ancora, in effetti. Quindi vedete di mettergli un guinzaglio bello lungo e legarlo a un palo nel giardino di casa Tendo, giusto per non perderlo di vista!".
"Sarà fatto!".
"Bene. Ora, signorina Tendo" disse Ukyo, con un tono più serio "veniamo a te".
"Uh?" chiese lei, sorpresa. Di cosa poteva volerle parlare? Davvero non lo capiva ed espresse questa incertezza guardandola con uno sguardo da baccalà.
"Akane, ieri sera ho visto Ranma...".
Oh. Ecco cos'era.
Nella stessa identica situazione la vecchia Akane Tendo, quella che non sarebbe mai stata disposta a confessare i suoi sentimenti, avrebbe cominciato a tramare vendetta tremenda vendetta nei confronti del ragazzo col codino. Sicuramente era stato lui a mandarla in avanscoperta per questa storia. Quella Akane, invece, accolse la notizia con neutralità. Sapeva di avere dei torti, dei grossi torti nella questione e pertanto non ci vide nulla di troppo sbagliato in un tentativo di mediazione da parte di un'amica comune.
"Hai visto Ranma. Come sta il suo naso?".
"Gonfio. Un giorno mi dovrai dare lezioni su come si picchiano i maschi. Credo ti si possa ufficiosamente considerare la campionessa regionale in materia".
Risero assieme della battuta, anche se ad Akane faceva un po' male.
"È stato un caso, comunque. Credo fosse sul tetto o qualcosa del genere quando ho riaccompagnato Ryoga a casa vostra e ci ha visti arrivare. Un bozzo simile non passa inosservato e non ho potuto fare a meno di impicciarmi. Inoltre non voglio che si crei una crepa fra di voi, non quando stavate raggiungendo un buon equilibrio e stavate imparando a smussare i vostri lati più... frenetici. Vedervi tornare come prima non è piacevole per me come spettatore esterno, quindi non voglio neanche immaginare come dev'essere per voi due".
"Già, ci hai azzeccato. Sono stata molto male per quel che è successo e la cosa che mi fa più imbufalire è che non sono riuscita nemmeno ad accettare le sue scuse. Ormai, salvo casi eccezionali come quello di ieri, non riesco a tenergli il muso per più di dieci minuti alla volta".
"Prova a raccontarmi per bene cosa hai provato".
"Semplice: rabbia. Di quella che brucia come lava di un vulcano. Anche in passato ero giunta raramente a un tale livello. Non era mia intenzione aggredirlo in quel modo, in nessuna delle due occasioni. Il mio corpo si è mosso da sé e ho finito per ricadere nelle vecchie abitudini, quando prima picchiavo e poi chiedevo spiegazioni. Pensavo... speravo che quei tempi fossero finiti. A quanto pare mi sbagliavo".
Ukyo provò pena per lei. Non le piaceva davvero vederla così sofferente. Anche prima che lei e Ranma ufficializzassero il loro rapporto l'aveva considerata un'amica. Magari non delle più vicine, per ovvie ragioni, ma avevano sempre avuto un buon rapporto. E ora che potevano considerarsi davvero amiche le dispiaceva tanto sapere che stava soffrendo, e tutto per una stupida incomprensione tra fidanzati.
Questa laurea in psicologia la pretendo sul serio, pensò ironicamente.
"Senti un po' " disse dopo un lungo silenzio "ho idea che tutto sia cominciato per quella stupida battuta di Ranma sul mio look per l'appuntamento. Sbaglio?".
Akane fece cenno di no con la testa, tenendo lo sguardo basso.
"Ma davvero tu credi che lui non ti trovi carina?".
"È quello che mi ha sempre detto" disse, un velo di amarezza quasi tangibile nella voce "e come biasimarlo... tutte le sue altre spasimanti erano più belle, formose e aggraziate di me. Io ero solo il maschiaccio che per una stupida promessa tra i nostri padri sarebbe stato costretto a sposare, un giorno".
Ukyo rimase in silenzio, incredula. Non pensava che la situazione fosse così seria per Akane.
"Sai quante volte ho provato invidia guardando te o Shan-Pu?" continuò Akane "Come dare torto a Ranma se preferiva la vostra compagnia a me?".
"Akane... ma tu ti rendi conto di cosa dici?" la interruppe Ukyo, basita da quanto stava sentendo "Hai idea di quante volte ho desiderato che Ranma guardasse me nello stesso modo in cui guarda te, quando non te ne accorgi?".
Prese le mani di Akane tra le sue e continuò, addolcendo il tono: "Ranma può blaterare quanto vuole dandoti del maschiaccio, ma quante volte ha messo in pericolo la sua vita per te? La verità è che ucciderebbe per difenderti da tutto e tutti. Se non è amore questo, come lo chiami?".
Akane la guardò trattenendo le lacrime.
"Razionalmente lo so" sussurrò, stringendo le mani dell'amica "ed è per questo che mi detesto... ma è inutile. Io non mi sentirò mai abbastanza per lui: mai abbastanza bella, abbastanza elegante, abbastanza gentile, abbastanza... tutto".
Ukyo fissò Akane impotente, chiedendosi cosa poteva fare per lei.
-
Non molto lontano una figura le osservava. E origliava.
Si sentì un po' in colpa perché non voleva spiarle. Ma non riusciva ad attendere la fine delle lezioni per sentire quanto Ukyo aveva da dirgli. Si sarebbe scusato poi, quando l'avrebbe vista.
Ora era troppo impegnato ad ascoltare... e sentirsi un verme. Continuando a celare la sua presenza con l'Umisenken, Ranma lasciò il tetto e tornò in classe.
Si sedette al suo banco, pensieroso e disturbato. Sentire quel che aveva sentito lo aveva ferito. E non perché erano state dette delle cose brutte su di lui. Ma perché, forse per la prima volta in vita sua, aveva cominciato a capire quanto quelle prese in giro nei confronti di Akane avessero minato la stabilità emotiva di lei.
Ranma non era mai stato serio quando la chiamava "maschiaccio", "vita larga", "rozza" e via discorrendo. Oddio, c'era un buon fondo di verità ma non erano mai epiteti mirati a far male. Si era ritrovato a usarli senza neanche pensarci, quasi come un meccanismo di difesa per non mostrare il formicolio alle dita e la secchezza della gola che spesso e volentieri gli facevano visita quando aveva a che fare con lei. Per come era stato cresciuto, e per come era caratterialmente di suo, Ranma Saotome non riusciva a mostrarsi debole -un concetto tutto suo di debolezza, peraltro- e doveva sopperire alzando la cresta e sminuendo l'avversario. Senza rendersi conto che le ferite si accumulavano sulla pelle di lei, come dei piccoli tagli con la lametta che presi singolarmente non hanno nessuna conseguenza, ma se assommati diventano una cicatrice profonda.
Improvvisamente gli balenò in testa una frase di cui non si ricordava per nulla la provenienza: "le scuse sono le chiacchiere preferite dagli inetti". Si rivide mentre rideva della stupidità di quell'aforisma senza minimamente immaginarsi che, un giorno lontano, si sarebbe trovato con la melma fino alla vita.
Stupido Ranma. Stupido. Stupido. Stupido. Stupido.
Diede un paio di testate al banco che, non abituato a venire colpito da tanta selvaggia volontà autolesionista, si crepò. I pochi alunni presenti nell'aula si voltarono verso di lui, anche perché l'azione aveva provocato un discreto casino che non sarebbe passato inosservato facilmente.
"Ranma? Tutto ok?" gli chiese Hiroshi avvicinandosi a lui.
"No, non va bene. Ma grazie per la preoccupazione" gli rispose voltandosi nella sua direzione e sorridendogli, uno di quei sorrisi così carichi di tristezza da uccidere un rinoceronte.
"Ranma..." fu l'esclamazione di genuino sgomento di Daisuke, anche lui presente e anche lui non abituato a vedere il suo buzzurrissimo amico ridotto in quello stato pietoso.
In quel momento non poteva sopportare la presenza di nessuno. Si sentiva come un cucciolo circondato da un branco di lupi.
Trovò come unica soluzione quella di scappare via. Ma, in pieno stile Ranma, ignorò la banale porta e si tuffò fuori dalla finestra. Chiusa.
CRAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAASH.
"R-Ranma!" gli urlarono dietro Hiroshi e Daisuke, guardandolo increduli saltare giù in cortile e fuggire via come una saetta.
"Mi dispiace, devo andare!" urlò, senza curarsi se la risposta fosse giunta o meno.
"Poteva usare la porta..." disse Hiroshi, incredulo.
"... o magari aprire la finestra" concluse Daisuke per lui, osservando il vetro distrutto.
Una voce alle loro spalle richiamò la loro attenzione. "Ragazzi, avete visto Ran... oh".
Ukyo non ebbe bisogno di una risposta, le condizioni della finestra parlavano chiaro.
"Codardo, non mi ha nemmeno aspettata per avere il resoconto!".
Poco più indietro Akane fissava i vetri rotti sul pavimento. Temeva così tanto la risposta di Ukyo?
Certo, avrebbe preferito parlargli di persona... ma in fondo era stata proprio lei a dirgli, la sera prima, che avrebbero parlato quando sarebbe stata in grado di gestire la sua rabbia. E poi, si disse, probabilmente voleva evitare un'altra gomitata al naso...
Ma d'altronde non poteva continuare a delegare i suoi problemi a Ukyo. Avrebbe dovuto affrontare Ranma, prima o poi, o non ne sarebbe uscita.
"A quanto pare quel cretino è scappato" la destò Ukyo dai suoi pensieri "ma non temere, non mi sfuggirà in eterno!”.
Akane sorrise, confortata dalla presenza di Ukyo e dal suo sostegno.
Quest’ultima la osservò in silenzio per un attimo, poi il suo viso si illuminò di uno strano sorriso che preoccupò Akane.
“Dimmi un po', signorina Tendo... hai da fare più tardi?”.
“Eh? No, non credo... perché?”.
“Che ne dici di un pomeriggio tra ragazze?”.

Di solito Ranma affrontava i problemi eliminandoli alla radice. Ma non potendo fisicamente distruggere il suo attuale problema -un po' perché di natura emotiva, un po’ perché non avrebbe mai torto un capello ad Akane- si limitò a sfogare la rabbia e la confusione che provava sui blocchi di cemento. Per fortuna casa Tendo era deserta a quell’ora e poteva sfruttare il dojo in santa pace.
Era ancora scombussolato per quanto aveva sentito, ma non aveva idea di come risolvere. Come sempre i sentimenti erano l’avversario più difficile da battere, e lui si ritrovava senza difese e senza strategie per affrontarli.
“Nervoso per qualcosa, Ranma?”.
Si voltò verso la voce. Appoggiato allo stipite della porta, Ryoga lo osservava con uno sguardo curioso, in parte consapevole dei tormenti che affliggevano l’eterno rivale.
“Vuoi parlare?”.
“Preferisco combattere”.
Ryoga fece spallucce. “Per me va bene, è pur sempre un modo per sfogarsi”.
"Mi dai una gran bella notizia. Finalmente qualcosa di più duro di 'sti blocchetti di cartapesta da rompere".
"Ranma, ti ricordo che sono stato via più di un anno. Non hai idea di quali fantastiche tecniche sono entrato in possesso".
"Feh. Ciancia di meno e muovi di più quelle zampette rachitiche, P-chan".
"Ooooooh. Poi non dire che non ti avevo avvertito".
-
Ranma si lasciò cadere per terra e sorrise, pur ansimando molto. Ryoga gli aveva dato un gran filo da torcere e dovette ammettere con se stesso che era stato un sostanziale pareggio. Inoltre, c'era da dargli credito, aveva accuratamente evitato di prendere di mira il suo naso. Che si stesse dimenticando di tutte le volte che urlava "Ranma, ti ammazzo!"?
"Cavolo maialino *anf*, sei migliorato parecchio *anf* dall'ultima volta".
"Lo stesso *anf* vale per te, travestito *anf*".
Non c'era alcun intento offensivo in quegli epiteti. I due erano decisamente più sul piatto amici che su quello nemici della bilancia che sosteneva il loro annoso, complicato rapporto.
Stettero a farsi i complimenti ancora per un po', naturalmente senza far trasparire più del dovuto la reale ammirazione che ognuno sentiva nei confronti dell'altro e della sua forza. Più che un anno sembrava passato un secolo perché entrambi avrebbero usato i se stessi del passato come stracci per pulire le cacche dei piccioni dalla finestra.
Poi, una volta recuperato un ritmo di respirazione normale, Ryoga si rialzò ringraziandolo in maniera casuale per l'utile esercizio. Mentre se ne stava andando colse l'altro in contropiede: "Adesso che ti sei sfogato vuoi parlare?".
Ranma lo guardò. Da quando Ryoga era così sensibile e desideroso di aiutarlo?
"Mi nascondi qualcosa, per caso? O hai fatto un casino in casa e stai cercando di farti perdonare in anticipo?".
"Non sei divertente. Mi preoccupo solo per te".
"Sì, certo. Aspetterò la neve viola a Natale".
"Finiscila! Ho mille motivi per non volerti vedere così. Già ieri sera anche uno emozionalmente handicappato come me aveva capito che soffri come un cane per quel che sta succedendo fra te ed Akane. E non mi va".
Gli tese una mano per aiutarlo a ritirarsi in piedi.
Il codinato la guardò a lungo. Oltre al semplice gesto pratico quella mano rappresentava il sicuramente bizzarro, ovviamente peculiare tentativo di Ryoga di farlo stare meglio.
Sorrise afferrandola.
"Beh, in realtà non c'è molto altro da dire, oltre quanto vi ho raccontato ieri sera" disse rialzandosi "non saprei cos'altro aggiungere...".
"Oh davvero?" chiese Ryoga, con una certa malizia nella voce "Non hai niente da dichiarare riguardo le carinerie con cui hai sempre apostrofato Akane?".
Ranma lo guardò sorpreso e persino un po' piccato.
"Cos'è, tu e Ukyo avete anche la telepatia adesso? Quand'è che ti ha raccontato della sua chiacchierata con Akane?".
"Non l'ha fatto" replicò pacatamente Ryoga "non ancora almeno. Ma ti conosco Ranma, potrei ripetere a memoria ogni singolo insulto che hai riservato ad Akane da quando la conosci, ed ero presente quando hai fatto quella battuta sul look di Ukyo. E persino io sono capace di fare due più due".
Colpito e affondato. Ranma si morse un labbro, spiazzato. A quanto pareva era un libro aperto per mezza Nerima tranne che per se stesso.
"Ti assicuro che parlare non ti ucciderà" continuò Ryoga "mentre l'ulcera causata dal volersi tenere tutto dentro potrebbe. O il mio Shishi Hoko Dan". Ranma si lasciò scappare un risolino al tentativo di ironia di Ryoga e sentì la tensione allentarsi un pochino.
"Sii sincero Ranma" chiese Ryoga, serio "pensi davvero che Akane sia un maschiaccio sgraziato? Che sia brutta se paragonata alle tue ex fidanzate?".
Ecco. Immaginatevi Ranma Saotome posto di fronte a una domanda diretta di quel genere.
La reazione che vi aspettereste? Vederlo diventare viola, verde e rosso tutti assieme; ficcare la testa sotto terra o dentro un muro; cominciare a balbettare alfabeti stranieri e formule algebriche; fuggire su Plutone; esplodere.
Non fece nulla di tutto questo.
"IO AMO AKANE!" si trovò a urlare in modo del tutto incosciente. Al Furinkan la professoressa Ninomiya sentì le vibrazioni e fu solo in quel momento che si accorse dell'assenza di Saotome il teppista. Gli mise una nota sul registro mentre si succhiava le dita della mano non impegnata a scrivere.
Ryoga venne assordato, esattamente come qualsiasi essere vivente provvisto di apparato uditivo nel raggio di cinquecento metri. Si portò le mani sulle orecchie cercando di far fermare il concerto in ottoni, trombone e sassofono appena partito.
"RANMA! CHE CACCHIO URLI! NON SONO... NON ERO SORDO!" disse in tono sostenuto per tentare di sentirsi.
L'altro lo ignorò platealmente. Stava sperimentando in prima persona cosa significava essere soverchiato da una pura scarica di sentimento che dribblava con maestria il controllo dell'io razionale. Era la stessa cosa provata da Akane in entrambe le funeste situazioni del giorno prima, con la differenza che per lei si trattava di rabbia e per lui di amore incondizionato.
Era come se la sua stessa anima si stesse ribellando al suo modo di fare da cialtrone insensibile.
Una sensazione... spaventosa. Non tanto per quanto aveva detto, che era tutto sommato la verità senza scherzi, prese in giro, sarcasmo a mascherarla e imbruttirla. Era il brivido di denudarsi del tutto di fronte a un quesito secco, che non ammetteva tergiversamenti.
Ci volle qualche minuto affinché Ryoga tornasse fisicamente completo. Quando ci riuscì lo osservò sconvolto, chiedendosi da quali anfratti del suo corpo potesse essere uscito un grido tanto disperato.
"Ci tenevi a farmi sfogare, Hibiki? Sei contento ora? Ecco cosa penso della mia fidanzata" bisbigliò Ranma, quasi a voler controbilanciare l'eccesso precedente.
"Io...".
"Lasciami in pace, ti prego". E se ne andò verso la cucina, mollando il ragazzo con la bandana piantato nel centro del dojo a chiedersi se una scenata del genere era davvero necessaria.

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Capitolo 11
*** Tieni Mousse, questi sono i tuoi cento yen come controfigura di John Holmes ***


“La prossima volta non correre così, lo sai che mi perdo anche in bagno!”.
Ranma, ancora in corridoio, si voltò a guardare Ryoga che l’aveva inseguito dalla palestra.
“Scusa” borbottò “ma sai, visto che ti avevo chiesto di lasciarmi solo…”.
“Dopo aver fatto tremare mezza Nerima con un urlo? E avermi distrutto un timpano? Per favore, è chiaro che ora più che mai hai bisogno di non rimanere solo!”.
Ranma inarcò un sopracciglio.
“E da quando sei un grande esperto in queste cose, Ryoga?”.
Quest’ultimo sorrise, mostrando i canini.
“Da quando? Ranma, io sono SEMPRE solo. Passo mesi interi in viaggio senza facce amiche, attorniato da estranei nel migliore dei casi. E per quanto alle volte la solitudine sia un toccasana e permetta di riflettere su se stessi e sui propri errori, altre volte hai solo il disperato bisogno di parlare con qualcuno e sfogarti”.
Ranma abbassò lo sguardo, incerto su cosa dire.
“E tu, amico mio, lasciatelo dire” proseguì “ora più che mai hai bisogno di qualcuno che ascolti i tuoi sfoghi. Tu affronti tutto come se fosse un combattimento, ma il tuo Hiryu Shoten Ha non spazzerà via né i tuoi problemi né quello che provi”.
Ranma continuò a guardare in basso, mordendosi il labbro inferiore.
“E quindi... cosa suggerisci di fare, grande esperto in materia di sentimenti?” borbottò, con quel lieve cenno di sarcasmo che Ryoga interpretò come un buon segno.
Gli diede una pacca sulla spalla e, sorridendo, disse: “Beh, il tuo maestro dei cuori infranti suggerisce di parlarne a pranzo, che è quasi ora e io inizio ad avere fame. E poi si ragiona meglio a stomaco pieno”.
“Kasumi non è ancora rincasata e anche Ukyo è fuori discussione... suggerimenti?”.
Ryoga si grattò il mento, riflettendo. Poi, l’idea.
“Beh...”.
-
“Questa si che è una sorpresa. Qual buon vento vi porta al Nekohanten?”.
Attraverso le spesse lenti, Mousse fissava incuriosito Ranma e Ryoga seduti a un tavolo del ristorante.
"Ciao paperotto. Il vento della fame ci porta qui e, visto che non ve la cavate poi così male ai fornelli, io e il mio amico dal pelo nero abbiamo pensato di venire a trovarvi. Spero che oggi non serviate l'anatra alla pechinese" disse ridacchiando il ragazzo col codino, mentre Ryoga abbassava la testa e si vergognava di essere seduto al tavolo insieme a un tale elemento.
"Io non lo conosco..." sussurrò con un filo di voce.
"No, per tua sfortuna oggi niente Mousse sul menù. In compenso abbiamo un sacco di altre prelibatezze per i vostri stomaci" rispose il cameriere orbo. L'eterno disperso lo guardò un po' storto, dato che si sarebbe aspettato fuoco e fiamme per una così becera provocazione e invece il risultato fu questo scambio... amichevole. Poi la sua mente cosciente lo adeguò alle avvenute novità che erano successe nell'anno di sua assenza e si ricordò dei nuovi equilibri.
Certo che gli faceva ancora strano vedere Ranma e Mousse riuscire a coabitare in maniera quasi civile. Gli faceva ancora più strano, se ci si metteva a pensarci un attimo, come lui e Ranma fossero in rapporti persino buoni.
La vita è un calderone di sorprese ribollenti.
Mousse portò loro le carte dei cibi e dei vini. Ordinarono in fretta, affamati com'erano.
Poi a Ryoga venne un dubbio: "Ranma...".
"Dimmi".
"Tu... tu hai dei soldi? Io sono completamente al verde dopo aver comprato il vestito per l'appuntamento...".
"Oh, ti spaventi proprio per un nonnulla porcellino. Io" disse tranquillo tirando fuori il portafoglio "sono sempre a posto con...".
Lo aprì e sbiancò.
La zanzara che uscì dalle pieghe vuote rischiò di entrargli nel naso.
"Ranma...".
"...".
Il silenzio fu più che eloquente.
“Ero sicuro di avere ancora soldi, davvero...” disse, sbiancando. Poi si voltò verso Mousse, sfoderando uno dei suoi sorrisi più falsi e disperati.
“Mousse, amico mio!”.
“Ah non chiedere a me, non sono io il boss qui...” rispose pacato quest’ultimo, pulendo gli occhiali con una manica.
“Tranquillo Ranma, è tutto sul tuo conto” gracchiò una voce dalle cucine “ricordati solo che è parecchio lungo...”.
Ranma rabbrividì. Se già odiava essere in debito con quella strozzina di Nabiki, figurarsi con la vecchia Obaba.
“G-grazie...” borbottò, lanciando uno sguardo di fuoco a Ryoga.
“Mi devi un pranzo, P-chan”.
“Io? E dire che siamo qui per risolvere i tuoi drammi sentimentali... travestito” rispose Ryoga senza fare una piega.
“Problemi con Akane?” chiese Mousse, intento a segnare le loro ordinazioni.
“Come, non hai visto com’è ridotto il suo naso?”.
“Ouch...” disse il cinese, sistemando le lenti sul naso per osservare meglio “che hai fatto ad Akane per farla imbestialire così?”.
Ranma avvampò d’imbarazzo, un po’ piccato.
“La smettete di dare per scontato che sia colpa mia?!”.
“Perché, non è così?” chiese Mousse innocentemente.
“Su su, non infierire” disse Ryoga, mentre Ranma era impegnato a crogiolarsi nel suo imbarazzo misto a disperazione “sta già soffrendo abbastanza...”.
“Facciamo così” disse infine Mousse “lasciate che finisca con le ordinazioni, poi mi prendo cinque minuti di pausa per farmi aggiornare sugli ultimi eventi”.
Detto ciò tornò ad occuparsi degli altri tavoli, mentre Ryoga lo osservava stranito.
“Devo ammetterlo, vedervi andare così d’accordo è... inquietante”.
“Questione di abitudine” rispose Ranma “sei stato via un anno, è logico che ti sembri innaturale...”.
“Si, Ukyo mi ha raccontato cosa è successo... gran bel casino”.
Ranma annuì, ripercorrendo mentalmente gli eventi che solo un anno prima avevano sconvolto le vite di tutti loro. Quei mesi erano davvero volati, pensò.
-
“E quindi sei ricaduto nelle vecchie abitudini delle battute stupide...”.
Ranma fissò imbarazzato il suo piatto di ramen, rigirandovi dentro le bacchette. Come promesso, Mousse si era preso qualche minuto di pausa per ascoltare le novità, e Ryoga si era offerto di riassumere i fatti. Il tutto intervallato dai flebili “Ma non l’ho fatto apposta!” di Ranma, che cercava con sempre meno insistenza di difendersi.
“Sei proprio senza speranza, Saotome” concluse Mousse, sistemandosi le lenti sul naso.
“Da quando tu saresti un esperto di donne, che di solito scambi i pali della luce per Shan-Pu?”.
Mousse si lasciò sfuggire un ringhio. Non amava che si scherzasse sulla sua miopia.
“E persevera nell’errore...” borbottò Ryoga, intento a divorare i suoi ravioli al vapore.
“Non sarò un esperto ma...” sorrise Mousse “da quanto non mi vedi litigare con Shan-Pu?”.
Ranma e Ryoga sgranarono gli occhi, col cibo che pendeva dalle loro bocche.
In effetti non ho sentito nemmeno una battutaccia da parte dell’amazzone, pensò Ryoga. Il che, per lui, era una cosa fuori dal mondo.
“Com’è possibile? Qual è il tuo segreto?” urlò Ranma, implorando Mousse di confidargli le sue tecniche.
“Ranma, non sono arti marziali” continuò quest’ultimo “mi limito a comportarmi gentilmente come ho sempre fatto. E se per caso capitasse un litigio...”.
“... la porti fuori a cena?” chiese Ranma.
“Le regali dei fiori?” si intromise Ryoga, ora parecchio incuriosito dall’argomento.
“Niente di tutto questo” disse Mousse, alzandosi dal tavolo e voltando loro le spalle “con Shan-Pu certe cose non bastano, non sempre almeno. Diciamo che ho altri... modi, per farmi perdonare”.
E si avviò nuovamente in cucina, lasciano gli altri due increduli e soprattutto non del tutto sicuri di aver capito le sue allusioni.
No, non avevano capito nulla delle sibilline parole del cinese. Ovviamente non le avevano definite "parole sibilline" nelle loro testoline bacate, bensì "Uh? Cavolo ha detto quel pennuto?".
"Ryoga, tu hai capito...".
"No".
"E vorresti...".
"Sì".
"Andiamo".
"Sono con te".
Lasciarono dietro di sé il pur buon cibo e si precipitarono in cucina, spalancando con un teatralissimo gesto della mano la porta che divideva i due locali (con tanto di urlo di Mousse che strepitò "Ehi! Non abbatteteci Ping!").
"Che cavolo succede, Ranma? Che cos'è questa invasione?" gracchiò il vecchio ghoul zompettando in maniera sufficientemente minacciosa verso i due impavidi.
"Scusa l'irruenza, ma il tuo sguattero ci ha gettato una palla curva troppo invitante per lasciarle fare strike impunemente" rispose sicuro Ranma, beccandosi un'occhiata stranita da Ryoga che non aveva colto il paragone baseballistico.
"Sarebbe, Saotome? Ti riferisci alle mie... tecniche con Shan-Pu?".
"Esattamente. Non puoi lasciarmi così in sospeso, non quando ti ho raccontato le mie disgrazie".
"Mendichi saggezza, vedo. Beh, non ho particolare piacere nel vederti picchiato e depresso, quindi potrei anche collaborare".
"Lo sapevo che c'è del tenero sotto le tue piume, Mousse".
"Però non sarà gratis".
"Mannò. Devi proprio rovinare tutto?".
"Mi diverto con poco. E ora allunga l'orecchio, è una cosa privata e non voglio che si sappia troppo in giro. Nobile Cologne, ti devo chiedere di allontanarti per favore. Sono faccende... molto personali".
"Sei un giovanotto indisponente, Mu-Si. Dammi un solo buon motivo per cui dovrei fare come dici".
Mousse si aspettava resistenza da parte del gargoyle, sicuramente. Ma non era stato abbastanza previdente da prepararsi una risposta.
La vecchia stava per pigiare sull'acceleratore, consolidando il vantaggio, quando il ragazzo cinese estrasse un asso inaspettato: "Oh, ci sono. Ti auguro buona fortuna a trovare un altro cameriere che sopporti i miei orari e il mio carico di lavoro per lo stipendio che tanto generosamente mi elargisci. Rapire degli alunni elementari promettendo caramelle e macchinine non vale".
Obaba alzò gli occhi al cielo e abbandonò la cucina sciorinando una lunga serie di imprecazioni in lingua madre, delle quali sono alcune vennero colte dal suo connazionale più giovane.
Sistemati gli ostacoli Mousse fece quanto aveva detto. Gli occhi di Ranma si dilatarono dopo ogni singola parola.

“Ukyo, vuoi dirmi perché siamo qui?” chiese Akane per l’ennesima volta.
Ukyo la osservò, sorseggiando la sua bibita.
“Per un pomeriggio tra ragazze, come ti avevo detto” rispose, slacciando il colletto della sua uniforme maschile.
“Vuoi portarmi a far compere, per caso?”.
“Beh... se vuoi” ammise Ukyo “ma in realtà non era la mia principale intenzione. Volevo solo cercare di sollevarti il morale, e magari parlare un altro po’ dei tuoi problemi...”.
Akane sospirò.
“Ti ho già detto tutto quello che c’era da dire, cos’altro dovrei aggiungere?”.
“Se vogliamo essere categoriche prima sul tetto ti ho lasciata sfogare, ma non abbiamo parlato” precisò, puntando la cannuccia verso Akane “quindi speravo di poter parlare adesso, ora che sei più calma. Ti va?”.
Akane la osservò, riflettendo su quanto successo durante la pausa pranzo. Effettivamente quel pianto era stato da un certo punto di vista rigenerante: adesso si sentiva più leggera, con un peso in meno sul cuore. Certo, era ben lontana dal sentirsi serena, ma di sicuro poteva affrontare di nuovo l’argomento senza scoppiare a piangere per la rabbia accumulata.
“Si, direi che mi va” annuì, accennando un mezzo sorriso che Ukyo ricambiò prontamente.
“Così mi piaci!” disse, stringendo una mano all’amica “E ora dimmi: che intenzioni hai con Ranma? Gli parlerai?”.
“È quello che vorrei... ma ho paura di reagire come ieri sera...”.
“Beh, il fatto che tu abbia questo timore è un buon segno” disse Ukyo, riflettendo “significa che puoi fermarti in tempo. E poi credo sinceramente che fosse una reazione data dalla rabbia accumulata durante tutta la giornata, ora che hai sbollito non dovrebbe più esserci alcun rischio...”.
“Tu dici?”.
"Eh, io dico... mi piace atteggiarmi a capo psicologa di Nerima, ma non so ancora in grado di prevedere il futuro. Specialmente quando si parla di un soggetto come Ranchan. Sarebbe anche poco onesto e illusorio da parte mia dirti che tutto filerà alla perfezione. Mettiamola così: mi piace pensarlo".
Akane mise su il broncio. Capiva che Ukyo stava solo cercando di essere sincera e che indorare la pillola avrebbe potuto avere delle conseguenze potenzialmente nefaste, ma avrebbe davvero gradito sentirsi rassicurata. Anche se, un pochino, fingeva per infastidirla.
"Oh dai, adesso non regredire a cinque anni. Sto solo cercando di esserti di sostegno. Di reale sostegno. La vita non è una fiaba, cara Akane, e purtroppo le cose non sempre vanno per il meglio. Anche se ho molta fiducia, in te e in lui. Voglio dire, vi amate. Questa è già un'eccellente base da cui partire per smussare i problemi più aguzzi, non credi?".
La minore delle Tendo osservò la cuoca dritta negli occhi. Ci vide tante emozioni: durezza, speranza, voglia di aiutare, inquietudine. A un livello inconscio aveva colto una nota personale in quanto Ukyo le aveva appena detto e, anche per distrarsi un attimo, non poté fare a meno di chiederle perché fosse così poco idealista.
"Cambiamo argomento, eh? E va bene, non pensarci almeno per un po' ti farà bene. Per quanto riguarda quanto mi hai chiesto: sono disillusa di natura e inseguire Ranma a vuoto per tutto quel tempo non ha aiutato la mia capacità di costruire castelli in aria".
"Ma... ma se ti vedevi sposata con lui e con una marea di figli?".
"Bugie Akane, erano solo bugie. Dirsi bugie è diverso dal coltivare illusioni. Nel primo caso conosci la verità, nel secondo speri davvero che la situazione si aggiusti come vuoi. E, lascia che te lo dica, tu non rientri nella prima categoria. Né tu, né tantomeno Ranma. Il vostro amore è sincero ed è giusto che lottiate per salvaguardarlo".
"Ukyo... per favore... mi farai scoppiare a piangere di nuovo..." cercò di tagliare Akane per evitare che il discorso prendesse una piega troppo sentimentale. Si sentiva terribilmente in conflitto, con se stessa e con i sentimenti che lei e Ranma provavano l'uno per l'altra.
Ukyo sospirò. Forse aveva fatto più danni che altro, ma se non altro era in totale buona fede e credeva sinceramente in ogni parola da lei pronunciata. Si alzò per consolare la sua amica.
“Ascoltami, non hai alcun motivo per piangere” disse, inginocchiandosi accanto alla sedia di Akane e prendendole le mani tra le sue “è una situazione fastidiosa, ma sono sicura che risolverete. Ho detto che non sarà facile perché certe questioni non lo sono mai, soprattutto per voi che avete sempre negato con forza i vostri sentimenti”.
Akane arrossì e distolse lo sguardo. Ranma non era stato il solo a reprimere quello che provava, in quello erano in due a dividersi la colpa.
“Ma per quanto possa essere difficile” proseguì Ukyo “sono certa che vi chiarirete. Non è un problema insormontabile, questo è poco ma sicuro”.
Akane la osservò per un attimo, poi sorrise; non era esattamente la consolazione in cui sperava, ma era sincera e non poteva chiedere di meglio.
“Forse hai ragione” ammise “magari mi sto solo lasciando prendere dall’ansia pensando a quando dovrò affrontare il discorso con lui. Sarà meglio distrarmi prima di cadere del tutto preda delle mie paranoie”.
“Così va meglio!” commentò Ukyo entusiasta. Poi si rimise in piedi e tese la mano ad Akane.
“Ed ora, signorina Tendo, che ne dici di un po’ di shopping per risollevare il morale?”.
“Allora erano queste le tue reali intenzioni, ammettilo!”.
“No davvero, ero seria quando dicevo che volevo solo parlare con calma” si affrettò a rispondere Ukyo, sollevando la mano destra in segno di giuramento “ma da che mondo e mondo qualche vestito nuovo ha sempre aiutato noi povere fanciulle a cauterizzare le ferite del cuore!”.
“Beh... perché no?” sorrise Akane, che cominciava ad apprezzare l’idea di Ukyo.
“E poi…” proseguì quest’ultima “magari trovi qualcosa di carino da sfoggiare con Ranma...”.
Akane avvampò solo all’idea.
“E magari tu qualcosa per Ryoga...?” la pungolò, curiosa sulla sua risposta.
Ukyo sgranò un po’ gli occhi e arrossì, poi sorrise maliziosa. “Chissà...”.
Le due si guardarono per un attimo per poi scoppiare a ridere.
“Sai, sarebbe bello se Ranma trovasse qualcuno con cui parlare come sto facendo io con te” disse Akane dopo essersi ripresa dalla risata “magari qualcuno che lo possa consigliare...”.
“E chi dovrebbe essere la sua fonte di saggezza, Ryoga? Mousse?” domandò la cuoca, sarcastica.
La piccola Tendo la osservò, seria, poi scosse la testa.
No, in effetti non era proprio plausibile.

“Non posso crederci...”.
“I-io n-non...”.
“Oh per piacere, non fate quelle facce imbarazzate! Non siete più bambini!”.
I due bambinoni osservarono Mousse con occhi sgranati e guance rosse per l’ennesima volta, sconvolti dalle sue piccanti rivelazioni. Il cinese alzò gli occhi al cielo, incredulo di fronte a tanta timidezza e fragilità racchiusa in due dei più forti artisti marziali che avesse mai affrontato.
Non che la loro timidezza fosse una novità, sia chiaro... ma non credeva certo arrivasse a tali livelli.
“Beh scusaci se non siamo così spigliati come te, sai?!” urlò Ranma, ancora scioccato dai racconti del cinese neanche particolarmente dettagliati.
“E poi smettila di atteggiarti a uomo vissuto, che diamine!” fu la ben più moderata risposta di Ryoga, troppo impegnato ad arrossire per formulare una difesa più convincente.
“M-ma quindi” continuò Ranma, sottovoce “tu m-mi stai suggerendo d-di...”.
“Ma per favore, guarda come stai arrossendo” lo schernì Mousse “non riusciresti nemmeno a baciare Akane, in queste condizioni!”.
Ranma mise il broncio, indispettito dall’insinuazione -disgraziatamente vera, ma non osò ammetterlo.
“E allora quale sarebbe il tuo consiglio, rubacuori?”.
"Potresti, non lo so, cominciare a essere gentile. A portarla fuori a cena, qui visto che sei senza un soldo in tasca. Portarla al cinema. Insomma, le cose che si fanno in un appuntamento normale fra due persone normali" sbottò il cinese, costretto ad atteggiarsi a Buddha di fronte a due lucertole.
"Ma ma ma io io non so se se se se se..." ricominciò a balbettare Ranma in preda a una crisi di Ripetizionite.
A Mousse saltò un fusibile. Per un motivo misterioso lo irritava vedere il baldo Ranma Saotome, vincitore di tutto e tutti, re del mondo marziale, imperatore di 'staceppa bloccarsi come un moccioso di quattro anni di fronte al più annoso dei quesiti che flagellavano le scuole inferiori: quanto fa due più due?
Gli diede uno spintone. Niente di troppo aggressivo, ma sufficiente a ristabilire l'io da maschio alpha di Ranma che assunse subito una posizione difensiva, subodorando botte che sarebbero volate di lì a poco.
Con somma sorpresa della sua mente lucida anche Ryoga si mise in guardia.
"Cerchi rissa, cinese che avrebbe bisogno di un trapianto d'occhi?".
Il papero alzò le mani in segno di arrendevolezza. Non voleva attaccar briga, quei tempi d'idiozia erano passati e non si sentiva in vena di riportare alla luce cose che era meglio stessero sepolte dov'erano.
"Scusa, mi sono lasciato andare. Ma Saotome, sul serio. Non è possibile che ti blocchi come un poppante di fronte a una cosa tanto evidente. Dalle mie parti esiste un detto: sei un uomo o un caporale? Perché non vediamo tanto di buon occhio l'esercito. Vuoi essere un uomo o ti accontenti di una divisa piena di balbettii?".
Ranma rimase basito dalla franchezza di Mousse. Abbandonò la posa battagliera e si rilassò. Ringraziò sinceramente il loro ospite e trascinò Ryoga fuori di lì, voglioso di mettere finalmente le cose nel giusto binario fra lui e Akane.

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Capitolo 12
*** Questioni di tempo sfigato, sorelle stronze e alzabandiera selvaggi ***


“Sei ancora nervosa, Akane?”.
La ragazza si voltò verso Ukyo, scuotendo la testa. “No, no davvero. Perché dovrei...?”.
“Magari perché stiamo rientrando a casa, e tu hai un certo discorso da affrontare con un certo ragazzo...”.
Akane arrossì e abbassò lo sguardo.
“Un po’, in effetti...” sussurrò “è che non ho ancora deciso cosa dirgli esattamente... non è un discorso facile...”.
“Beh, digli le stesse cose che hai detto a me, quando eravamo sul tetto” sorrise Ukyo, cercando di infondere un po’ di coraggio all’amica “è quello il nocciolo del problema, ed è quello che deve sapere”.
“Sempre se avrà voglia di parlarmi... non so se è disposto a rischiare un’altra frattura al naso...” commentò mogia Akane, sentendosi particolarmente in colpa per il naso di Ranma.
“Oh, lo farà” sorrise Ukyo, sorniona “la sua incoscienza ti tornerà utile”.
Akane guardò Ukyo di sbieco per quell’affermazione, benché verissima. Ukyo rise al broncio dell’amica.
“Scherzo! E comunque, ha già dimostrato di voler affrontare il discorso la sera stessa in cui è successo il fattaccio, se lo conosco abbastanza direi che ora freme per poter rimettere le cose a posto. Non hai di che preoccuparti, davvero!”.
Akane sospirò, augurandosi che Ukyo avesse ragione ancora una volta.

“Hai finito di camminare avanti e indietro? Mi metti ansia!”.
“Scusa, scusa!”.
Ranma tornò a sedersi sul tetto, vicino a Ryoga. Avevano deciso di aspettare lì il rientro di Ukyo e Akane, e nel frattempo decidere cosa Ranma avrebbe detto a quest’ultima, tanto per evitare frasi che gli sarebbero costate un paio di ossa rotte. L’agitazione lo aveva portato a fare su e giù per il tetto, accrescendo la sua ansia e innervosendo Ryoga.
“Allora, hai deciso cosa le dirai?” chiese quest’ultimo.
“... no”.
“... e perché abbiamo parlato per quasi due ore e mezza, discorsi con Mousse compresi, allora?”.
“Mica ho detto che non sono serviti, mi avete schiarito le idee!” rispose Ranma, piccato “... solo che non ho deciso le parole esatte, ecco”.
Ryoga alzò gli occhi al cielo, esasperato. Si chiese se e quando Ranma avrebbe smesso di avere bisogno di essere tenuto per mano nelle questioni amorose.
Non ebbe tempo di rispondersi, perché lo vide saltare giù dal tetto svelto come una lepre.
Akane e Ukyo erano appena giunte davanti casa Tendo.
Soffocò una parolaccia mentre anche lui scendeva agile. Pensò fosse opportuna anche la sua presenza. Ukyo sarebbe stata messa inevitabilmente da parte dalla portata del discorso che i due... piccioncini... dovevano condurre in privato e non gli andava vederla appoggiata al muro ad annoiarsi.
E poi dovevano stabilire i dettagli del loro... appuntamento.
Quante parole strane in quel discorso. Gli facevano perdere l'equilibrio.
Pensa te, Ryoga. In un anno che non sei stato da queste parti guarda quante cose sono successe. E guarda quante cose stanno succedendo a te. Alcune belle, alcune brutte, alcune solo inattese e ancora da valutare.
Ti eri convinto che tutto sarebbe rimasto immutabile, uguale a se stesso. E invece adesso stai vedendo con i tuoi stessi occhi, e sperimentando con le tue stesse mani, che tiri mancini può giocare il destino. O il caso. O la volontà testarda di un papero cinese.
"Akane!" urlò Ranma mentre si avvicinava alle due ragazze. Si vedeva lontano un chilometro che era nervoso ma determinato. Il disguido si era protratto anche per troppo tempo, oramai. Non era più abituato a due giorni consecutivi di musi e silenzi fra lui e la sua fidanzata.
Ryoga gli era indietro di qualche passo.
Ma fu Ukyo a percepire il cambio nell'aria. Bloccò, con uno scatto fulmineo, il pugno di Akane che era già alzato a mezz'aria.
"Akane! Cosa stai combinando?" le sussurrò.
"Io... io...".
"Niente scuse. Adesso ti calmi, respiri e lo lasci parlare. Se proprio vuoi mettergli le mani addosso, almeno aspetta che ti dica qualcosa che ti ha fatto arrabbiare. Non sempre prevenire è meglio che curare".
"Uff. Uff. Uff". Abbassò il braccio cercando di scaricare la rabbia che già le stava montando, imbizzarrita.
Ranma aveva colto il movimento di Akane ma non si era tirato indietro, né tantomeno aveva cambiato idea sul suo corso d'azione.
Doveva parlarle e le avrebbe parlato.
Finalmente furono faccia a faccia.
"Akane... dobbiamo parlare" esordì secco. L'essere diretto gli costava molta fatica, ma capiva che era il metodo migliore per affrontare il problema.
"Sì, hai ragione" rispose lei, ansimando ancora un poco.
"Ukyo, se non ti spiace..." disse il codinato in direzione della sua amica di infanzia. La quale, molto cavallerescamente, diede ai due lo spazio di cui avevano bisogno. Non disse neanche nulla su quello che lei e Akane si erano dette sul tetto della scuola, ormai era superfluo. Perché sentire per bocca di terzi qualcosa che, se tutto fosse andato come doveva andare, avresti sentito dalla bocca della diretta interessata?
Si avvide di Ryoga che sopraggiungeva e, senza dargli il tempo di far nulla, lo prese a braccetto e lo trascinò dentro casa.
"Anche noi dobbiamo parlare, maialino" disse, abbassando volutamente la voce sull'ultima parola "Non avevamo un appuntamento romantico da organizzare?".
“Uh u-uh s-s-s-s-s-i c-c-c-c-certo!” balbettò, preso totalmente in contropiede da Ukyo.
“Anzi, ancora meglio! Che ne dici di anticiparlo ad ora?”.
Ryoga ebbe un principio d’infarto a quella proposta.
“M-m-m-a c-come, a-a-adesso?!”.
“Perché, hai da fare?”.
“N-n-no ma l-loro” disse, puntando un dito tremante in direzione di Ranma e Akane, intenti ad osservare il siparietto con curiosità... e anche divertimento.
“Oh, sono grandi abbastanza da cavarsela da soli” sorrise “non hanno bisogno dei suggeritori!”.
“M-ma sta per piovere e-“ cercò di replicare, ma non ne ebbe il tempo perché Ukyo lo trascinò correndo in direzione dell’Ucchan, incurante della pioggia che iniziava a scendere.
“U-Ukyo sta piovendo!” fu l’ultimo, disperato appello di Ryoga, prima che il suo lamento si trasformasse in un grugnito. Fortunatamente erano già abbastanza lontani perché Akane se ne accorgesse.
Quest’ultima era totalmente immersa nei suoi pensieri, preoccupata per l’imminente discorso da affrontare. Osservò la sua mano, incredula di aver reagito di nuovo in quella maniera così avventata. Sarebbe stata capace di trattenersi? Sarebbe riuscita a non picchiare Ranma, che voleva sinceramente parlare e chiederle scusa?
Alzò gli occhi verso quest’ultimo, ritrovandosi ad osservare due occhi azzurri decisamente più in basso di quanto si aspettava.
Ranmachan fece un mezzo sorriso alzando lo sguardo verso il cielo coperto di nubi scure.
“Non ti dispiace se prima di parlare faccio una doccia calda, vero?”.
Akane annuì, non riuscendo a trattenere un sorrisetto guardando la ragazzina rossa.
Di fretta corsero dentro casa.

“Mi dispiace Ryoga, mi era totalmente passato di mente!” Ukyo si scusò per l’ennesima volta col porcellino nero che teneva in braccio, chiudendo con una mano la porta del ristorante.
Posò l’animaletto su uno sgabello, continuando a parlare. “Davvero, ero così presa dalla faccenda di quei due che ho dimenticato di collegare bocca e cervello e ho fatto la prima cosa che mi è passata per la testa!” disse, mentre strizzava i capelli bagnati. Il porcellino grugnì in segno d’assenso, muovendo la testolina. Poi starnutì.
Ukyo finì di sistemare gli abiti di Ryoga nell’asciugatrice, dopo di che lo portò al piano di sopra.
“Vai a fare un bagno, su” disse, spingendolo oltre la porta “così torni normale. Io intanto mi tolgo questa divisa, che sto gelando!”.
Mentre si allontanava, Ukyo sentì uno splash! provenire dal bagno e dei passi avvicinarsi velocemente.
“Comunque non hai tenuto conto di una cosa” disse Ryoga, la testa gocciolante che spuntava da dietro la porta del bagno “i miei vestiti sono bagnati. E le mie cose sono rimaste a casa Tendo”.
Ukyo si voltò lentamente, sgranando gli occhi.
“Tu non mi hai dato tempo di parlare...” borbottò il ragazzo, osservando la cuoca arrossire visibilmente.
La pressione nella scatola cranica di Ukyo ebbe un'impennata da far paura.
Aveva un Ryoga nudo per casa. Senza vestiti asciutti, al momento irrecuperabili.
E non era tanto la situazione di per sé a metterla in tensione. In fondo non era niente di davvero grave: sarebbe bastato aspettare che smettesse di piovere e tornare dai Tendo a recuperare il resto della sua roba. Certo, avrebbe dovuto fare il tragitto coi vestiti bagnati ma capirai, per evitare casini peggiori si sarebbe fatto questo ed altro. E poi la strada era poca, correndo ci avevano messo non più di tre minuti dal cortile del dojo al ristorante. A passo tranquillo era questione di dieci minuti, al massimo.
No no, ti pare.
Ma... aveva... Ryoga... nudo... per... casa.
L'unica persona che aveva mai visto nuda in vita sua, da quando aveva compreso cosa di solito significava essere nudi a parte per farsi il bagno, era se stessa. Figurati un esponente del sesso opposto. Con cui forse magari può darsi stesse nascendo qualcosa al di là dell'amicizia.
"Ukyo? UKYO?" fece lui, sempre riparato dalla porta, nel vederla assumere tonalità sempre più accese e preoccupanti.
E lì l'equivalente giapponese di Loki calò l'asso.
Ryoga Hibiki, totalmente dimentico della sua situazione di quel momento, si fece prevaricare dal timore per le condizioni della sua amica.
Uscì dal bagno e corse verso di lei.
Appena la mente della cuoca registrò il cambiamento trovò una e una sola reazione appropriata: svenne, cadendo come un sacco.
"UKYO!".
Stupido porco...

"Ranma? Ti manca molto?".
"No, ho quasi finito" rispose una voce maschile oltre la porta del bagno.
Meno male. Mi stavo annoiando ad aspettare che finisse la toeletta.
Akane era mollemente appoggiata al muro, proprio accanto all'ingresso della stanza in cui, in quel momento, Ranma si stava riappropriando della propria mascolinità perduta. Le sarebbe piaciuto sfruttare quel momento per riflettere su cosa li attendeva. Sul discorso che erano in procinto di affrontare.
E invece no. La sua mente aveva dato forfait e galleggiava sperduta in un mare di nulla. Come la particella di sodio nella pubblicità di quell'acqua minerale.
Sbuffò, un po' spazientita. L'attesa la logorava.
Poi arrivò qualcosa, o per meglio dire qualcuno, che non si limitava a logorarla. Di solito la prendeva a figurate martellate.
Nabiki rese nota la propria presenza, distraendo Akane dalle sue elucubrazioni, tossendo rumorosamente.
"Kerumph".
"Uh? Chi? Nabiki?".
"In carne, ossa e cupidigia sorellina. Che ci fai qui nel corridoio?".
"Niente di che. Aspetto che Ranma finisca di farsi bello. Hai visto che piove, no? Non siamo riusciti a ripararci e...".
"... e la piccola e molto ben fornita Ranmachan ci ha fatto visita. Capisco".
"Nabiki!".
"Che c'è? Cos'ho detto che non va?".
"Lasciam perdere. Piuttosto, ti devo chiedere se ci puoi lasciare soli. Dobbiamo... parlare".
"Mi spiace ma non posso farlo. Ho un conto in sospeso con il tuo ragazzo e, visto che intendo saldarlo a breve, tanto vale farlo ora".
"Cosa? Che hai combinato stavolta, approfittatrice che non sei altro?".
"Perché non te lo fai spiegare direttamente da lui?".
"Nabiki, smamma. Non è il momento".
Le due Tendo si voltarono insieme verso la porta del bagno, da dove era giunta la voce. Ranma osservava la sorella di Akane con sguardo duro.
"Starai scherzando, Saotome. Una volta te la faccio passare, alla seconda devi cominciare a pregare tutti i tuoi antenati".
"Nabiki Tendo, guardami fisso nelle palle degli occhi: io e tua sorella dobbiamo parlare. Di una cosa importante. Non fare in modo che debba rinnegare il mio codice d'onore riguardo il picchiare le donne".
Sapete nei fumetti, quando un personaggio parla in tono antagonistico verso un altro e gli disegnano i fulmini che gli escono dagli occhi? Ecco, se quella cosa fosse stata vera Nabiki si sarebbe potuta raccogliere con scopa e paletta. E ciononostante lei resse con notevolissimo coraggio quello sguardo.
"Non serve alterarsi, Saotome. Facciamo così: spiega a mia sorella qual è il nostro problema e, in cambio, vi lascerò da soli a sfogliare le margheritine".
Ranma ringhiò in direzione di Nabiki.
“Ti ho già detto che lo farò, a tempo debito”.
“Spiacente Saotome, ma gli interessi lievitano e i creditori non aspettano” sorrise melliflua “faresti meglio ad arginare il disastro finché puoi...”.
Ranma osservò Nabiki, e per un secondo la odiò. Si chiese se quella ragazza si rendesse conto di quando cattiva riuscisse ad essere, e di quanti danni causasse. Anche lui sapeva di avere la sua bella colpa perché non bisogna mai chiedere un favore a Nabiki, mai. Ma ciò non giustificava il comportamento della ragazza.
Poi, l’illuminazione. Capì improvvisamente che poteva sfruttare quell’inghippo a suo vantaggio, e con la benedizione dei kami forse, molto forse, avrebbe smorzato l’ira di Akane. Quest’ultima continuava a spostare lo sguardo da Ranma alla sorella, cercando di capire in che guaio si fosse cacciato il fidanzato.
“Uno di voi due potrebbe spiegarmi cosa sta succedendo? Ranma che cosa hai combinato stavolta?”.
“Assolutamente nulla... di grave” disse, lanciando a Nabiki un’occhiata di sfida. Quest’ultima inarcò un sopracciglio, curiosa.
“E allora perché dice che avete un conto in sospeso?”.
“Perché è vero” ammise Ranma, continuando a sostenere lo sguardo della mediana delle Tendo “in quanto Ryoga non è l’unico ad avere un debito con lei per gli acquisti al centro commerciale”.
Akane sgranò gli occhi, incredula. Non era possibile.
“Non è stato il solo a… comprare degli abiti. D’altronde non era l’unico ad avere un appuntamento a cui pensare...” borbottò, arrossendo.
Akane non riusciva a credere alle proprie orecchie. Il cuore prese a batterle all’impazzata. Ranma aveva fatto questo... per lei?
“Notevole Saotome, notevole” applaudì sarcasticamente Nabiki “mi hai davvero sorpresa. Non che io abbia cancellato il tuo debito, sia chiaro, ma... questa sceneggiata è andata ben oltre le mie più rosee aspettative”.
“Lieto di averti divertito, strozzina”.
“Non sai quanto, mezz’uomo” sorrise “e ora dimmi, cos’avete tu e mia sorella da discutere?”.
“Non. Sono. Fatti. Tuoi!” fu la risposta di Ranma, che fulmineo acchiappò Akane per i fianchi e corse via lungo il corridoio. Dimenticando di avere solo i boxer addosso.
A quanto pare era la settimana dei nudisti anonimi, a Nerima.

“Mi dispiace, n-non volevo...”.
“Non fa niente, e poi la colpa di questa situazione è mia...”.
Nascosto sui gradini che portavano al piano superiore, Ryoga se ne stava rannicchiato cercando di coprire le nudità come meglio poteva. Ukyo, dopo essersi ripresa, gli aveva dato un’ asciugamano e uno yukata che aveva lasciato Konatsu. Era piccolo per Ryoga, e anche leggero vista la stagione, ma meglio di niente.
"No dai, non è vero. Non hai mica deciso tu che dovesse piovere".
"In effetti no, non l'ho deciso io. Ma rimane che ti ho trascinato qui dimenticandomi del fatto che avevi i vestiti dai Tendo...".
"Su su, consideriamo l'incidente chiuso. Ora sono vestito e non c'è più il rischio che attenti...".
Entrambi si congelarono. Una parola sbagliata e sarebbe scoppiato il finimondo.
"Non dire niente, Ryoga" lo avvisò lei.
"Io? Cos'è che devo dire, io?".
"Niente. Non devi dire niente".
"Già, proprio niente. Niente di niente. Nulla. Zero. Il vuoto".
"Ecco, esatto. Cuciti la bocca".
E lei stessa seguì il proprio consiglio.
Passarono alcuni minuti in un imbarazzatissimo silenzio, temendo di incrinare qualcosa di molto fragile.
Poi lui trovò un po' di coraggio per parlare: "Credo... credo che il nostro appuntamento sia... da rinviare".
Lei, che fino a quel momento lo aveva accuratamente evitato, si voltò nella sua direzione. Pareva... ferita all'idea. "No, perché?".
"Come perché? Io sono mezzo nudo...".
"Appunto, mezzo. Pensi davvero che il vederti con indosso uno yukata, che fa intravedere abbastanza dei tuoi guizzanti muscolacci senza il pericolo di creare situazioni pepate, possa davvero essere un ostacolo? E poi hai l'asciugamano per... quello...".
"Io so solo che non mi sento per niente a mio agio".
"È perché sei un maialino tanto tenerino e ti sale il vapore alle orecchie al primo accenno. Ora la situazione è calda il giusto senza pericolo di diventare bollente. Su, tirati in piedi e seguimi. Andiamo in camera mia, che c'è un discorso in sospeso fra me e te".
"Ma... ma...".
"In piedi, Hibiki!".
"Signorsì signora!".

"Ranma, tu sei un pazzo suicida" disse Akane ridendo mentre apriva la porta di camera sua. Se solo avesse saputo che, proprio negli stessi istanti, Ukyo stava facendo lo stesso con Ryoga... diciamo che avrebbe faticato a contenere la propria gioia per l'amica.
"E perché? Solo perché sono il primo uomo sulla faccia della Terra a tenere testa a Nabiki Tendo la cannibale?".
"Esatto! Ti pare poco?".
"Ora che mi ci fai pensare no, non lo è per nulla. Ma vedi" si interruppe sedendosi per terra, mentre la padrona di casa si sedeva sul letto "sono stufo e arcistufo di vedere gente che si intromette fra di noi. Specialmente adesso, dove dobbiamo sostenere un discorso fondamentale".
Lei lo guardò e istantaneamente le tornarono alla mente le sue parole, quando aveva detto che Ryoga non era l'unico a doversi preparare per un appuntamento. Si intenerì e sentì il residuo di rabbia che ancora le circolava in corpo sciogliersi più velocemente di un cubo di ghiaccio messo sotto al sole cocente.
"Ranma, io...".
"Prima fai parlare me, per favore" la supplicò in tono serio.
"Va bene".
Ranma inspirò ed espirò in maniera teatrale per qualche secondo, come se oltre all'aria stesse raccogliendo il coraggio. Poi si rivolse a lei per il discorso più serio e sentito della propria vita: "Akane, ti chiedo scusa in ginocchio per tutte le volte in cui mi sono comportato come un gorilla stupido. Non ti meriti nulla di quanto sfugge da questa mia boccaccia non addestrata. Credimi, ti scongiuro di credermi: non penso che tu sia rozza, senza fascino e con la vita larga. Sono parole automatiche, che ormai hanno una volontà propria ed escono quando ne hanno voglia. Ti prometto che cercherò di trattenermi il più possibile, da ora in avanti. Invece ti assicuro che le parole che sto per pronunciare sono reali, esattamente come il mio cerotto e tutte le sacrosante botte che mi hai dato quando ti insultavo: Ranma Saotome ama Akane Tendo più della sua stessa vita. Sono cotto e stracotto di te. Queste ultime ore sono state una tortura a fuoco lento. Il non riuscire a parlarti per più di venti secondi mi ha fatto più male di quanto Safulan sia riuscito a fare durante tutto il nostro combattimento. Perdonami, ti prego. Perdonami".
Quando finì buttò le mani in avanti e si prostrò, sinceramente pentito di tutte le malvagità che non era mai riuscito ad evitarsi di dire.
Akane lo guardò sbigottita, gli occhi lucidi. Si aspettava qualcosa del genere, le ultime due volte aveva esordito con parole simili. Ma quanto era appena sgorgato dal cuore di Ranma l'aveva lasciata di sasso.
Senza nemmeno capire il perché si trovò a piangere.
"Ranma... siamo due stupidi...".
Ranma si azzardò a sollevare lo sguardo verso Akane; quando vide le lacrime, istintivamente si avvicinò a lei, incurante del rischio di prendersi altri pugni. Che comunque non arrivarono.
“A-Akane perché piangi? Cosa ho detto stavolta?!” disse, lasciandosi prendere dal panico. Senza neanche rendersene conto, le accarezzò il viso con una mano e le asciugò una lacrima.
“Piango perché sono felice, scemo” rispose lei, ridacchiando e tirando su col naso. Ranma la guardò stranito: non avrebbe mai capito come si potesse piangere dalla gioia dimenticando quante volte a lui stesso era capitato di farlo, dall’incontro con sua madre al salvataggio di Akane sul monte Hooh.
“Allora mi... mi perdoni?” chiese, cauto. Akane sorrise, uno di quei sorrisi che scaldano il cuore, e Ranma si rese finalmente conto di una cosa: bastava un sorriso di Akane per annullargli qualunque pensiero razionale. Non ci aveva mai fatto caso o forse non voleva ammetterlo, ma ogni volta che Akane gli sorrideva lui dimenticava totalmente il creato attorno a sé, le sue difese si abbassavano e il mondo era improvvisamente un bel posto in cui vivere. Poi la voce della ragazza lo risvegliò dai suoi pensieri.
“Anche io devo scusarmi con te... ho decisamente qualche problema di gestione della rabbia”.
“Beh, non è esattamente una novità” azzardò lui, con un sorrisetto “ma ci sono abituato. E comunque me lo sono meritato”.
Akane per un attimo mise il broncio, poi sorrise di nuovo.
“Giuro che imparerò a controllarmi, promesso”.
“E io prometto che imparerò a pensare prima di aprire la bocca”.
“Che sarebbe anche ora”.
“Ehi, guarda che devi collaborare anche tu affinché io non dica più che hai le tette piccole!”.
“Cosa...?” ringhiò lei, pronta a rimangiarsi la sua promessa.
“... o quantomeno che completi la frase, ammettendo che a me vanno benissimo così come sono”.
Akane lo fissò con occhi sgranati e il volto in fiamme. L’aveva detto davvero?
Ranma la guardò, altrettanto rosso in viso e un mezzo sorrisetto. Era decisamente una giornata di rivelazioni.
La ragazza si strinse il petto con le braccia, non riuscendo a trattenere un sorriso sornione. Probabilmente non si sarebbe più preoccupata troppo delle sue misure, da ora in poi.
“E quindi... hai comprato dei vestiti...” disse, cercando maldestramente di cambiare argomento.
“Per l’appuntamento...” annuì lui, ridendo sotto i baffi.
“Devo aspettarmi qualche nuova camicia cinese?”.
“No, per una volta”.
“Oh” commentò, sorpresa “e allora ti vedrò con quello smoking terribile...”.
“Neanche” borbottò lui, piuttosto offeso. Non capiva cosa tutti ci trovassero di così brutto in quell’abito.
Akane lo fissò per un momento, curiosa. A parte quel genere di vestiti, ed esclusi pigiami, boxer e costumi da bagno, non aveva mai visto Ranma con abiti diversi da quelli di foggia cinese. Aveva persino faticato ad immaginarselo con la divisa scolastica maschile, quando le aveva raccontato dei suoi trascorsi con Ryoga alle scuole medie.
“Mi stai mettendo parecchia curiosità, Saotome” sorrise, sorniona “non vedo l’ora di vederti vestito... beh, in qualunque modo sarai vestito per il nostro appuntamento!”.
“Lieto di sentirtelo dire” commentò, alzandosi in piedi “ma ora è meglio che vada, comincio a gelare con solo i boxer addosso...”.
Non fece in tempo a completare la frase che si ritrovo le labbra di Akane incollate alle sue.
“Ecco, ora puoi andare” disse lei, ridacchiando.
“P-perché questo...?” balbettò Ranma, totalmente stupito e istupidito dal gesto.
“Perché te lo meritavi. E ora, vai a vestirti!” rise lei, buttandolo fuori dalla sua stanza.
Per un tempo indefinito, Ranma rimase davanti la porta della camera di Akane, lo sguardo stralunato e una mano sulla bocca.
Quella ragazza sapeva davvero come polverizzargli il cervello.

“Ryoga, guarda che puoi avvicinarti. Giuro che non ti mangio!”.
Il ragazzo guardò Ukyo dubbioso, rosso come un peperone. Era rannicchiato in un angolino della stanza della ragazza, cercando di rimanere ben coperto dallo yukata. L’idea di essere in camera di una ragazza praticamente mezzo nudo era una cosa che lo mandava in crisi. E il fatto che la ragazza gli piacesse anche, beh... lo agitava ancora di più.
“N-non è questo il punto” piagnucolò, non sapendo come spiegarlo ad Ukyo.
"E qual è il punto, caro mio?" ridacchiò la cuoca, ora incuriosita dalla piega presa dagli eventi.
"Ukyo..." balbettò lui senza dir nulla.
"Sono qui, Ryoga. Ti sento".
"Ukyo..." ripeté.
"Ho detto che ti ho capito, diamine".
Lui si evitò di ripetere il nome per la terza volta. In compenso alzò un dito e se lo puntò... in mezzo alle gambe.
"C'è un problema...".
La temperatura di quella camera passò dai comodi dieci gradi di un secondo prima agli insopportabili milleduecento del secondo dopo.
"C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-C-Cosa..." fu tutto quello che riuscì a dire lei.
"T-T-Ti prego... di s-s-scusarmi ma... s-sono un m-m-m-m-maschio in fondo...".
Ukyo Kuonji si trovò davanti a uno dei bivi più difficili della sua ancora giovane vita. Aveva fondamentalmente due opzioni: la prima consisteva nel trasformare Ryoga Hibiki in un piccolo oggetto di chincaglieria, imbucarlo nella buca delle lettere vicino casa sua e sperare che si perdesse da qualche parte sull'Himalaya durante il trasporto verso Nessundove; la seconda era di ingoiare il rospo e far finta di nulla, cercando di riprendere da dove si erano interrotti prima di quella pioggia sfortunata che tanti casini aveva creato.
In realtà ce n'era una terza che implicava un letto disfatto. Tentò di ignorarne l'esistenza.
Dopo qualche secondo di stato confusionale decise che non poteva appioppare troppa colpa alla natura maschile di Ryoga, che comunque stava dimostrando di non essere per nulla a suo agio nel frangente. Quindi optò per la seconda ipotesi.
"Ryoga, cancelliamo questo piccolo incidente, mh? Non è successo nulla. E ti conviene che sia così, altrimenti ti ritroverai in un tempio buddhista sul Nanga Parbat sotto forma di spilletta per tenere insieme un faldone di fogli".
Lui alzò immediatamente le mani e si proclamò innocente e totalmente d'accordo con la sua proposta.
"Adesso vedi di mettere il guinzaglio a quel... coso".
"N-N-Non posso... assicurare nulla ma... ci proverò...".
"Sarà meglio per la tua cotenna, Hibiki" dichiarò col tono marziale di un boia.
"Okokokokokokokokokokokokokfaròdelmiomegliotelogiuromanoncastrarmi!".
Ci fu un sospiro e un mezzo sorriso. Nessuno avrebbe potuto accusare Ukyo di non star davvero provando a far funzionare la cosa.
“Che ne dici se vado a controllare l’asciugatrice?”.
“Che te ne sarei immensamente grato!” pigolò Ryoga, sull’orlo delle lacrime per l'imbarazzo.
Ukyo fece per dirigersi verso il corridoio... poi, in preda a un’idea folle dell’ultimo secondo, andò dritta verso Ryoga. E gli stampò un bacio sulle labbra. Un contatto brevissimo, nonché un gesto che a mente fredda l’avrebbe probabilmente mandata nel panico, e forse se ne sarebbe anche pentita. Ma non in quel momento.
“Non c’è di che, Hibiki” commentò, prima di correre al piano di sotto e lasciandosi alle spalle un Ryoga che faticava a contenere la più copiosa emorragia al naso della sua vita, nonché quell’altro piccolo problemino maschile.
-
Mentre l’atmosfera all’interno dell’Ucchan si surriscaldava, qualcuno fuori dalla finestra osservava la situazione.
Forse tornare era stata la scelta peggiore che potesse fare, pensò.
Saltò giù dal ramo su cui era appollaiato, nascosto tra le fronde, e si dileguò tra le ombre della sera.

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Capitolo 13
*** Tu raccontami del tuo durello che io ti racconto del mio bacio focoso ***


"Ecco, questi sono i tuoi abiti asciutti" mormorò Ukyo poggiando ai piedi di Ryoga una pila di abiti sommariamente piegati. Era ancora abbastanza imbarazzata da non riuscire a guardarlo negli occhi, e anzi si teneva scostata per non rischiare di incrociare il suo sguardo.
"G-Grazie" rispose lui, a voce altrettanto bassa.
"Bene. Ora ti lascio da solo così puoi cambiarti...".
"Ukyo!" la chiamò Ryoga mentre stava già per uscire dalla stanza. Si fermò sulla soglia, con la porta aperta. Mosse appena la testa nella sua direzione, giusto per non dargli l'impressione di evitarlo così platealmente.
"Cosa c'è?".
"Perché prima...".
"... ti ho baciato?".
"E-Ecco... sì...".
"Perché mi andava, maialino. Non ti è piaciuto, per caso?".
"N-No, figurati. Anzi. Ma...".
"E allora va tutto bene. Dai su, lasciami andare. O preferisci che rimanga qui mentre ti vesti?".
"Beh... se devo essere onesto... non mi darebbe fastidio...".
Uno spettatore esterno avrebbe potuto giurare che in quel momento, nella camera da letto di Ukyo Kuonji situata al secondo piano dell'Okonomiyaki Ucchan, la caldaia fosse stata messa al massimo. Entrambe le persone lì presenti presero a sudare, neanche fossero state buttate a forza in un bagno turco.
"Dai su, non scherzare" lo ammonì lei, più accalorata che infastidita.
"Non... non sto scherzando... non sei l'unica a cui sono concessi... dei colpi di testa...".
Ukyo era incredula. E da quando Ryoga Hibiki riesce ad articolare pensieri e frasi tanto audaci, per i suoi standard quantomeno, senza rischiare di morire per dissanguamento dal naso?
“Ryoga tu... ti rendi conto di quello che hai appena detto?” chiese, più per essere sicura di aver capito bene che altro. Eppure, rossore diffuso a parte, Ryoga sembrava piuttosto serio riguardo quell’affermazione.
“Ryoga che... che intenzioni hai?” proruppe all’improvviso, credendo che potesse avere... certi propositi.
Il ragazzo inclinò la testa, guardandola incuriosito per qualche secondo... poi realizzò e si mise a gesticolare freneticamente con la mano libera. L’altra teneva chiuso il suo yukata per impedire imbarazzanti visioni.
“N-n-n-n-n-o nonononononononono non è come pensi! G-giuro sui kami chenonpensavoaquellomidispiacemidispiacenonusarmicomecondimentoperleokonomiyaki!”.
La reazione spropositata di Ryoga la fece scoppiare a ridere e allentò la tensione.
“Facciamo che ti aspetto qui fuori...” disse Ukyo uscendo dalla stanza.
Ryoga annuì mestamente, pronto per rivestirsi.
“... ma magari ogni tanto sbircio” aggiunse, facendo capolino dalla porta socchiusa.
Ryoga la guardò sbigottito, poi accennò un sorrisetto.
“Come preferisci...”.
Ukyo socchiuse la porta alle sue spalle, lasciando uno spiraglio nel caso decidesse davvero di lanciare un’occhiata a Ryoga. Si lasciò andare contro la parete, il cuore che le batteva a mille. La situazione si stava davvero surriscaldando, e non sapeva se fosse più un bene o un male.
E non era poi così sicura di volerlo sapere.
-
“Non posso crederci...”.
Era ancora sconvolto dalla visione della signorina Ukyo insieme a quell’Hibiki. Sembravano così... intimi! Davvero erano arrivati a quel punto?
Non riusciva a crederlo.
Allontanarsi dal ristorante era stata la scelta migliore, si disse; in quelle condizioni avrebbe potuto combinare cose di cui poi si sarebbe pentito.
Ringhiando lanciò un kunai contro un albero, seguito da un altro kunai e un altro ancora.
Immaginò che sulla corteccia vi fosse impressa la faccia di Ryoga Hibiki.

“Allora tu, non hai niente da raccontarmi?”.
Akane alzò lo sguardo verso Ukyo, ferma davanti al suo banco. Sembrava stranamente raggiante, pensò.
"Io? Sì, ho delle cose su cui spettegolare. Ma vedendoti in faccia ne deduco che anche tu hai delle novità".
Ukyo strinse un pugno, che per fortuna rimase fuori dalla visuale dell'amica. Era davvero così evidente? Ce l'aveva proprio dipinto in maniera così palese sulla faccia?
"È vero" concesse "Anch'io ho delle cose da raccontare. Facciamo così: ce ne andiamo sul tetto e chi perde a Carta Forbici Sasso comincia a svuotare il sacco. Ci stai?".
Akane si sentì pungolata nel suo spirito competitivo e accettò roteando un pugno sin troppo vicino al naso di Ukyo. La quale, nonostante il gesto intimidatorio, sorrise e la trascinò fuori dalla classe.
-
"Ma porca eva! Al meglio delle tre, al meglio delle tre!" si lamentò Akane agitando le braccia per aria.
"Oh no no no no no no. Hai perso e ti attacchi, ciccia".
Guardò Ukyo e per un istante ebbe l'impulso di ricacciarle quel ghigno in gola a calci. Poi si disse che chi perde paga pegno e i cocci sono suoi, pertanto si sedette per terra e si accinse a cominciare.
"Dunque signorina Tendo, com'è andata fra lei e il baldo Ranma Saotome?" chiese la cuoca sedendosi accanto a lei.
"Com'è andata? Bene, è andata bene. Ci siamo parlati e...".
"E...".
"... e chiariti. Sì, ci siamo chiariti".
Gli squittii di Ukyo riempirono l'aria circostante.
"Quindi è tutto a posto adesso? Dimmi le parole esatte, dimmele. Sono curiosissima!".
Akane fece una faccia strana. Non era ancora del tutto abituata a queste confidenze fra ragazze, anche se nell'ultimo periodo si era ritrovata spesso proprio con lei a confidarsi.
"Eh, cos'ha detto. Si è scusato, per l'ennesima volta, delle parole cattive che ogni tanto gli scappano ancora. È stato dolcissimo e mi è venuto da piangere da quanto mi ha commossa. E poi, giusto per rompere l'idillio, ha avuto la faccia tosta di...". Si interruppe per mettere Ukyo sulla graticola.
L'altra la prese per le spalle e la esortò a finire, altrimenti l'avrebbe inchiodata lì sul posto finché non avesse sputato il rospo.
Missione riuscita, rise fra sé e sé.
"Niente. Ha solo fatto un apprezzamento... sulle mie forme...".
Gli occhi di Ukyo raddoppiarono di dimensione: "Cos'ha fatto quello? Ma io lo ammazzo di botte!".
"No no no no! Ferma!" fu il disperato appello di Akane mentre cercava di trattenerla, visto che si era già alzata per andare a massacrarlo.
"Lasciami! È la volta che gli arrotolo la lingua e gliela faccio ingoiare!".
"UKYO! MI HA FATTO UN COMPLIMENTO!".
Le due si bloccarono sul posto.
La figura perfettamente mimetizzata contro il muro ebbe l'impulso di abbandonare il suo nascondiglio e chiedere se tutto andasse bene, ma si trattenne. Non poteva mandare a monte così la sua copertura. E poi voleva sentire.
"... davvero?" chiese Ukyo, incredula. Akane rispose con un cenno affermativo.
“Sei proprio sicura? Sicura sicura sicura? È di Ranma che parliamo!”.
“Si che sono sicura!” rise Akane, divertita dalla reazione -più che giusta- di Ukyo.
“E che cosa ha detto esattamente?” chiese quest’ultima, desiderosa di carpire ogni dettaglio.
Akane si schiarì la voce per poi cimentarsi in un’ottima imitazione del fidanzato: “Ehi, guarda che devi collaborare anche tu affinché io non dica più che hai le tette piccole! O quantomeno che completi la frase, ammettendo che a me vanno benissimo così come sono”.
Ukyo era sbigottita.
“Ha davvero detto questo?!”.
“Ebbene si!” cinguettò Akane arrossendo al solo ricordo.
“E poi? E poi?” chiese Ukyo, ormai dedita al pettegolezzo più sfrenato.
“E poi mi ha detto che ha comprato dei vestiti nuovi per il nostro appuntamento” proseguì, ridacchiando “e non è nulla di cinese, né uno di quei terribili smoking per cui ha una morbosa fissazione...”.
“Ecco, questa si che è una novità” commentò la cuoca, cercando di immaginare il suo amico d’infanzia in abiti che non fossero né bluse cinesi né karategi.
“ E poi mi ha...” proseguì Akane, ma si zittì subito. Non era sicura di volere che un dettaglio del genere arrivasse alle orecchie di Ukyo. Temeva che potesse ancora ferirla, e davvero non voleva fare questo alla sua amica.
Quest’ultima sgranò gli occhi e con un balzo si avvicinò a lei, ormai al culmine della curiosità.
“E poi cosa? Ti ha baciata?!”.
Akane sgranò gli occhi e arrossì. Come diamine ha...
“Aaaaaaaaah! Lo sapevo, la tua espressione non mente!” urlò Ukyo, incapace di contenere l’emozione per l’amica e soprattutto di raccontarle gli avvenimenti della sera prima.
“Beh in realtà sono stata io” ammise Akane con un fil di voce “l’ho preso un po’ in contropiede...”.
“Come ho fatto io con Ryoga...” si lasciò sfuggire Ukyo, attirando così l’attenzione di Akane.
“Tu hai fatto COSA?” disse, con un sorrisone in volto “Parla!”.
Alla parola bacio la figura nascosta nell’ombra ebbe una fitta al cuore, ma cercò di trattenersi e rimanere concentrato.
Mi perdoni per questo mio continuo origliare ma devo sapere, pensò.
"Oh guarda, il bacio è stata quasi la cosa meno grave che è successa ieri fra me e lui...".
A questo la mente di Akane cominciò a viaggiare: li vide mano nella mano mentre entravano nel ristorante, salivano le scale assieme, entravano in camera di lei e... ullalà, vestiti che volavano e lenzuola che coprivano nudità.
Si sentì venir meno e la sua amica dovette sorreggerla afferrandola per i fianchi. "Akane! Akane! Che ti succede?". Non sospettava di averle fatto partire i pensieri più sconci possibili. Non che la realtà fosse poi stata troppo differente, anche perché in effetti la temperatura era stata esageratamente alta in certi momenti, ma non si era mai giunti neanche per sbaglio alle vette immaginate dalla minore delle Tendo.
Ukyo le diede un paio di schiaffetti sulla faccia per cercare di farla rinvenire. Ebbe la sensazione di sentire come dei grugniti, o comunque dei versi strani di natura umana, ma dopo aver appurato che non c'era nessuno oltre loro due sul tetto tornò a dedicarsi ad Akane. La quale, per fortuna, rinvenne quasi subito.
"Ooooooh... Ukyo... la prossima volta dammi simili notizie più gradualmente" riuscì a dire con voce fioca.
"Eh? Cosa ti avrei detto di così esplosivo?".
"Come cosa?" riprese mentre si massaggiava il volto per svegliarsi del tutto "Mi hai praticamente lasciato capire che... tu e Ryoga...".
Ci fu un solo istante di silenzio tombale. Poi la cuoca la mollò, facendole battere sonoramente il sedere per terra, e cominciò a muovere le braccia in maniera confusionaria dinnanzi a sé: "Nonononononononononononononononononono".
"Quindi... tu e lui... non...".
"No! No! No! Assolutamente no!".
"Fiùùùùùùùùù. Mi ero seriamente spaventata".
"Scusa, non era mia intenzione farti pensar male. Anche se devo ammettere che...".
"Sì?" fece Akane, la cui curiosità si era riaccesa come una sigaretta troppo trascurata che si spegne da sola.
"... che... cavolo, è imbarazzante da morire...".
"Io ti ho detto tutto tutto tutto tutto, eh. Battuta sulle tette compresa. Non osare essere da meno, Kuonji".
"Uff. Per tutti i kami, mi stai mettendo a disagio".
"Lo so. Per questo è divertente".
"Maledetta. E va bene. Ecco, diciamo che... un po' di sfiga... e alcune circostanze... sfavorevoli... hanno finito con il bagnargli tutti i vestiti. E siccome il suo ricambio era rimasto da voi...".
"Cavolo!" esclamò Akane portandosi una mano alla bocca "Mi stai dicendo che ti ha girato nudo per casa?".
Un sospiro lungo e profondo: "Sì... e non solo...".
Ci fu, stavolta distinto e ben percepibile, il rumore di qualcosa -o qualcuno- che cadeva.
“Allora avevo sentito davvero un rumore prima, c’è qualcuno!”.
“Oddio, dici che ci avrà sentite parlare?” chiese Akane, imbarazzata all’idea che qualcuno potesse aver origliato discorsi tanto personali.
“Probabilmente...” commentò Ukyo, la mano già pronta sulla sua spatola, mentre ispezionava l’entrata delle scale che portavano al tetto.
“Pervertito, non gliela farò passare liscia!” ringhiò Akane, facendo scrocchiare le dita.
Ma il misterioso spione sembrava essersi volatilizzato: ispezionarono il tetto in lungo e in largo, ma nulla rivelò la presenza di una terza persona.
“Eppure ero abbastanza sicura ci fosse qualcuno...” borbottò Ukyo tra sé e sé. Era convintissima di aver udito un tonfo, anche piuttosto vicino a dov’erano sedute poco prima. Non poteva credere di essersi sbagliata.
“Magari veniva dal piano di sotto” commentò Akane, anche se non del tutto convinta. Il primo rumore le era sfuggito, ma il secondo l’aveva sentito chiaramente anche lei. Tutta via non c’era nessuno lì con loro, e di posti dove nascondersi neanche l’ombra.
“Probabilmente ci siamo sbagliate entrambe” sospirò, prendendo a braccetto Ukyo “ma ora torniamo a sederci, che tu hai un discorso piccante da finire prima che suoni la campanella!”.
Ukyo sorrise sorniona, dimenticando il tonfo di prima, e tornò a spettegolare con Akane, senza tralasciare alcun dettaglio. E come previsto le sue reazioni furono esilaranti.
-
“Per un pelo...”.
Si diede dello stupido per come aveva rischiato di farsi scoprire, poco prima. Certo quei discorsi non erano facili da digerire, per lui. E avendo persino assistito ad alcune delle scene narrate da Ukyo poteva anche evitare di farsi del male in questo modo.
Ma decise infine di proseguire la via dell’autolesionismo e riprese ad origliare, stavolta assicurandosi un nascondiglio più sicuro.

La fine delle lezioni non arrivava mai troppo presto, per Ranma. Ma stavolta aveva un motivo che andava ben oltre la semplice pigrizia di uno studente svogliato. Sorrise, ripensando alla sera prima. Fino a un anno prima non l’avrebbe mai ammesso, ma non vedeva l’ora di poter stare solo con Akane. Il bacio che lei gli aveva dato era stato del tutto inaspettato... e ne voleva altri. In effetti non erano mai stati particolarmente espansivi neanche dopo la loro reciproca confessione e la loro proverbiale timidezza non li aveva certo aiutati. Decisamente non gli sarebbe dispiaciuto recuperare il tempo perduto.
Però non c’era traccia di Akane in classe, né di Ukyo. Sbuffò, pensando che probabilmente avevano deciso di tornare a casa insieme per continuare a spettegolare. Questo gli fece venire un’idea.
-
“C’è nessuno?”.
“No, il ristorante è ancora chiuso...” rispose Ryoga all’avventore, facendo capolino dalle scale.
“Tanto meglio, vuol dire che aspetterò qui”.
“Uh, Ranma?” chiese Ryoga, sinceramente stupito di trovarlo lì.
“Akane e Ukyo saranno in giro a chiacchierare di cose da ragazze, io mi annoiavo e così...”.
“... sei venuto a provocarmi?”.
“Forse. Ma non nel senso che intendi tu” disse, alzando le mani in segno di pace “non voglio litigare”.
Ryoga inarcò un sopracciglio, incerto su cosa aspettarsi dal codinato, poi si rilassò.
“Beh, libero di attendere qui che arrivino...”.
Ranma annuì, prendendo posto su uno sgabello.
Si osservarono per un lungo minuto, quando Ranma cominciò a sorridere in maniera strana. Ryoga si sentì un po’ inquieto.
“Ranma, perché stai...”.
“Dimmi che non sono l’unico che ha un po’ di roba da raccontare”.
Ryoga lo fissò, non del tutto certo di aver colto il significato delle sue parole. Ma quando capì, ricambiò ampiamente il sorriso.
"No, non sei proprio l'unico".
"Bene. Comincia pure, porcellino".
"Perché dovrei cominciare io, travestito?".
"Perché... perché sì".
"Gran bella motivazione, Ranma. Ma, pensa un po', non mi hai convinto".
"Bof, hai ragione. Braccio di ferro per stabilire chi parte?".
"Ne sei sicuro? A pura forza fisica penso di esserti superiore".
"Tu non ti preoccupare troppo".
"Come vuoi, Saotome. Quando poi ti avrò piegato la mano di duecentottanta gradi non lamentarti".
"Feh. Dimostralo".
Si spostarono presso un tavolo e, dopo inceppi e ritardi vari, diedero inizio al loro scontro mortale.
-
"Io te l'avevo detto, Ranma" disse ridendo Ryoga mentre osservava il codinato che si teneva il polso dolorante.
"Devi aver barato. Non hai mai avuto questa forza erculea".
"Erche? No comunque, temo tu mi abbia sempre sottovalutato da quel punto di vista".
"Credo di essermene accorto da me..." guaì, parecchio stupito dall'inaspettata sconfitta.
"Sicuro di non voler fasciare la parte offesa?".
"Non prendermi in giro, Hibiki. Una roba del genere passa in fretta" si bullò Ranma, muovendo in maniera sconsiderata la zona lesionata. Gli faceva un po' male, è vero, ma niente che non fosse in grado di sopportare.
"Scusami tanto se mi preoccupo. E comunque glielo spieghi tu a Ukyo il buco che le abbiam fatto su questo tavolo".
"Sì sì, me la sbrigo io. Allora mi tocca, eh?".
"Ti tocca. Parla".
Ranma si alzò. Sentiva il bisogno fisico di muoversi mentre riportava a galla gli avvenimenti del giorno prima. Gli spifferò tutto: l'intrusione di Nabiki, le scuse in ginocchio, la battuta sulle tette di Akane, l'appuntamento in programma, il bacio.
"Oh" fu l'intelligentissimo commento di Ryoga a quest'ultima cosa.
"Che c'è, P-chan? Perché questo ti colpisce?".
Solo un cieco non avrebbe capito che c'era un parallelismo fra le loro storie in materia di baci. E Ranma era tordo, ottuso e lento come un asino zoppo ma non cieco.
Alzò un dito verso di lui, un poco tremebondo, e disse: "Non mi vorrai fra credere che... anche voi...".
"Hm-hmm".
"E... anche con voi... è stata lei...".
"Hm-hmm".
"Quelle due mi inquietano. Stanno cominciando a ragionare e a comportarsi allo stesso modo".
"È bizzarro, in effetti...".
"Beh, io la mia parte l'ho fatta. Ora tocca a te".
Ryoga ebbe un eccesso d'imbarazzo al solo richiamare alla mente le scene da lui vissute assieme alla cuoca. L'uscita dal bagno come mamma l'aveva fatto, l'asciugamano, lo yukata che copriva troppo poco, quel... ehm, leggero inturgidimento...
"Non so da che parte cominciare. Me ne sono successe di ogni..." esordì, onesto.
"Prova dall'inizio, genio del male".
Ryoga abbassò lo sguardo, imbarazzato, e unì le punte degli indici indeciso su cosa dire. Non era un discorso semplice e non era abituato a sfogarsi con qualcuno, Ranma soprattutto. Ma d’altro canto le cose stavano cambiando anche per lui, e aveva un bisogno disperato di esternare quanto gli era successo la sera prima.
“Ryoga? Ci sei?” lo pungolò Ranma.
“UKYO MI HA VISTO NUDO!” esplose, incapace di trattenere oltre le emozioni.
Ranma sgranò gli occhi, incredulo.
“Ukyo... tu... COSA?” chiese, non del tutto sicuro di aver compreso. Ryoga cominciò a camminare per il locale, in preda all’agitazione.
“Giuro che io non volevo è stato uno sbaglio io avevo i vestiti bagnati e sono uscito dal bagno senza rendermene conto perché lei era agitata e io non sapevo cosa fare ero in crisi come adesso eggiurochenonvolevodavveromidispiaceoddio-“.
“Ok Ryoga calmati, respira” lo interruppe Ranma, notando il lieve colorito cianotico di Ryoga. Quest’ultimo riprese a respirare più lentamente, cercando di riappropriarsi delle sue poche facoltà mentali.
“Ce la fai? Ti sei ripreso?” chiese Ranma, un po’ preoccupato per l’antico rivale e un po’ tanto divertito dalla reazione.
“Si, ok, sono calmo... credo” balbettò, trovando non poche difficoltà nell’articolare una frase di senso compiuto, e che non lo mandasse di nuovo in crisi.
“Mi sembra di capire che ti sei divertito molto più di me ieri” commentò Ranma, ancora incredulo per le rivelazioni. Scosse la testa, ridendo.
“Davvero tu e Ucchan vi siete spinti a… tanto?”.
“NON ABBIAMO FATTO NIENTE DI NIENTE LO GIURO!” si agitò di nuovo Ryoga “Niente niente, lo giuro... mi ha solo spiato... credo”.
Ranma era sempre più sconvolto dalle notizie.
"Spiato? Come spiato?".
"Mentre mi cambiavo... oddio, quant'è imbarazzante... ho avuto un colpo di testa... e le ho chiesto... di restare lì...".
"Ryoga! Ti sei bevuto il cervello con della cicuta?".
"No! È che... ero ancora sconvolto... dal bacio... e dall'alzabandiera...".
Ranma ammutolì del tutto.
"Alzabandiera? Ma sei veramente un porco, in tutti i sensi!" riuscì poi a dire, dopo alcuni lunghi istanti di silenzio.
"Ma ma ma ma ma ma ma è stato del tutto involontario io non ci tenevo a creare situazioni spiacevoli per qualcuno e poi è rimasto dritto per volontà propria io non c'entro nulla te lo giuro Ranma te lo giuro...".
Il codinato prese a ridere. La situazione era molto scomoda per il povero Ryoga, se ne rendeva conto, e sapeva anche che spesso e volentieri l'amico Fritz non ubbidiva ai comandi coscienti del cervello e decideva da sé come comportarsi e quanti metri di fossa farti scavare dalla vergogna. Però era esilarante comunque. E, in un angolo ben nascosto del suo io razionale, una vocina gli diceva querula che prima o poi, se tutto fosse andato come doveva andare, anche a lui sarebbero toccate queste sensazioni con la sua Akane. Anche più spinte, si sperava.
"Va bene Ryoga, va bene. Ci credo che non volevi provocare problemi. Ti... ci conosco. Io e te siamo i tipi che in simili casi cominciano a balbettare sconnessamente e non sapremmo approfittarne neanche volendo. Ti credo. Adesso però è meglio che tu ti sieda mentre io ti recupero un bicchiere d'acqua per farti calmare un attimo. Altrimenti finisci con lo scoppiare".
L'altro lo guardò, un poco sorpreso. Non si aspettava proprio una simile comprensione da Ranma. E, sebbene avesse riso di lui, non poteva negare che stava comunque cercando di venirgli incontro in qualche modo.
Accettò l'aiuto e l'acqua che gli venne gentilmente offerta.
"Off" disse, più rilassato, mentre appoggiava il bicchiere ormai svuotato vicino alla crepa creata dalla loro precedente sfida a braccio di ferro "questa storia dell'appuntamento mi sta distruggendo. Per tanti versi è molto piacevole, ma per altri non fa che causare grattacapi. Sia a me, sia a lei".
"C'est l'amour, mon ami" rispose Ranma in un'inusuale vena poetica.
"Cos'è 'sto criptogramma che hai appena detto?".
"Boh, l'ho letta su un bigliettino" commentò il codinato "sai di quelli che trovi nei cioccolatini... me l'ha spiegata Akane, dopo".
Ryoga annuì, sentendosi meno solo sul carrozzone dell'ignoranza.
"E tu cosa ci fai qui, Ranchan?".
Si voltarono entrambi verso l'entrata del locale, dove Ukyo e Akane li osservavano curiose.

L'amore è sofferenza, ormai l'aveva capito.
E nascondersi per origliare la vita amorosa della ragazza che ami è ancora più doloroso.
Osservando da lontano l'entrata del locale decise che non poteva più stare con le mani in mano.

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Capitolo 14
*** Il ninja travestito ritorna a casa e santa Ukyo da Nerima si dispera ***


"Cosa ci faccio qui? Ma niente, passavo di qui e ho deciso di sentire dalla viva voce di uno dei suoi protagonisti lo scabroso scenario di baci piccanti, nudità in bella vista e tutto il carrozzone" disse Ranma con nonchalance, chiudendo gli occhi e mettendo le mani dietro la testa in una delle sue tipiche pose. Dietro di lui Ryoga prese a bruciare in volto e lo stesso fece Ukyo. Mentre Akane, che era al fianco della cuoca, soppresse con fatica un risolino irriverente.
"Non... non siete divertenti, ecco!" proruppero i due in contemporanea.
"Ma noi non abbiamo fatto nulla, in questo caso. Avete fatto tutto voi" ribatté Akane, poggiando una mano sulla spalla dell'amica.
"Esattamente" corroborò Ranma voltandosi verso Ryoga "noi eravamo in faccende affaccendati a casa Tendo. Se voi quasi rischiavate di saltarvi addosso...".
"Ranma!!!". L'assalto sonoro lo aggredì da due direzioni differenti.
"Scherzavo, scherzavo. Mamma mia, quanto siete suscettibili" tagliò corto sedendosi al bancone dopo aver rapidamente evitato la figura del ragazzo con la bandana, ancora fermo come un tronco a cui era stato appiccato il fuoco.
Ukyo stava per dire qualcosa quando...
VRAAAAAAM.
La porta si spalancò all'improvviso.
La padrona del ristorante disse che erano chiusi, in modo del tutto automatico. Se avesse riconosciuto il nuovo arrivato se ne sarebbe ben guardata.
Konatsu stava di fronte a tutti loro, ansimando. Naturalmente non si prese la briga di dire niente sul fatto che non sarebbe potuto entrare.
Calò un velo di silenzio impietoso sui quattro.
Da quanto era nei paraggi? Aveva sentito? Cosa aveva sentito?
Nessuno si prese la briga di azzardare a parlare, troppo timorosi di dire qualcosa di sbagliato.
Fu il kunoichi a rompere l'impasse.
"Fra quello che ho visto e quello che ho sentito so tutto".
Oh, merda...
Ryoga fissò Konatsu per un tempo che gli sembrò interminabile. Non solo aveva sentito la loro conversazione, ma aveva anche visto cos’era successo.
Sudò freddo al solo pensiero. Cosa aveva visto? L’aveva visto uscire dal bagno? Li aveva visti in camera? Aveva visto il... bacio?
Si sentì avvampare per l’imbarazzo, si sentì colpevole come se avesse fatto qualcosa di terribilmente spregevole, ma soprattutto si sentì colpevole nei confronti di Konatsu. Era a conoscenza dei sentimenti del kunoichi per Ukyo, e ricordava benissimo la sua minaccia di non farla soffrire, prima di lasciare casa Tendo e Nerima.
“Konatsu, io...”.
Fu Ukyo a parlare, ma venne zittita con un gesto.
“La prego, signorina Ukyo... non dica nulla. So già tutto, anche troppo... non potrei sopportare oltre”.
Ukyo lo guardò con occhi tristi; anche lei si sentiva in parte colpevole nei confronti del ragazzo. Sapeva di non aver fatto nulla di sbagliato nei suoi confronti, e in ogni caso Konatsu aveva già avuto più di un’opportunità... ma non era andata come sperava, ed era arrivato il momento di guardare avanti. Ma cervello e cuore camminano su binari diversi, e lei non poteva fare a meno di sentirsi responsabile per la sofferenza di Konatsu.
“Cosa hai intenzione di fare?”.
Fu Ranma che, con stupore di tutti, prese parola. Gli altri lo guardarono sorpresi, e anche un po’ sconvolti.
“Ranma ti prego, lascia perdere...” sussurrò Akane, cercando di far rinsavire il fidanzato “noi due dovremmo starne fuori!”.
“Lo so, ma non ce la faccio a stare a guardare mentre loro si sentono colpevoli per... essere felici!”.
Ryoga e Ukyo si scambiarono uno sguardo perplesso: era davvero Ranma a parlare?
“Konatsu, la tua possibilità con Ukyo l’hai avuta mi pare, ma non è andata come speravi... e sapevi che prima o poi lei sarebbe andata oltre e avrebbe conosciuto qualcun altro. Quindi ti chiedo, ora perché sei qui? Cos’hai intenzione di fare?”.
Konatsu lo ascoltò, senza smettere di fissarlo. Si morse un labbro, indeciso sulla risposta.
In fondo nemmeno lui sapeva perché era lì, aveva fatto irruzione senza pensare troppo al dopo.
“Io...” balbettò, cercando di formulare una risposta sensata. Risposta che, a conti fatti, non aveva.
Non c'era un vero e proprio motivo per cui era andato lì. Semplicemente i suoi piedi ce l'avevano trascinato a forza, totalmente slegati da un qualsiasi intento volontario.
"... non lo so perché sono qui. Mi sono sentito ferito, tradito, calpestato..." riuscì a dire prima di trattenere un singulto e cadere in ginocchio.
Ukyo prese in mano la situazione: intimò agli altri tre, con ferma gentilezza, di andarsene. "E mi raccomando, non perdetevi Ryoga per strada".
Quando rimasero soli nel locale lo aiutò a rialzarsi e lo portò al bancone, facendolo sedere. Aveva gli occhi gonfi, di lacrime e non solo di quelle.
"Vuoi bere qualcosa?" chiese lei, premurosa.
"No, grazie...".
"Konatsu, io... mi dispiace che tu l'abbia scoperto così. Ma quel che ha detto Ranma è vero: con Ryoga è scattato qualcosa che con te, purtroppo, non c'è stato. Vorrei che tu capissi che non l'ho deciso logicamente, è stato un evento capitato oserei dire per caso. Abbiamo parlato, sono successe un paio di coincidenze sfortunate e dei fili si sono rotti da sé. Non pensare che sarei stata dispiaciuta se fosse successo quando sono uscita con te, non è così. So che mi ami e so che avresti voluto poter stare con me per rendermi felice. Ma evidentemente non era destino o qualcosa del genere. Ci abbiamo provato e non è andata. Mi dispiace davvero spezzarti il cuore".
Konatsu la guardò. Nei suoi occhi vedeva tanta sincerità e tanta tristezza per quel che gli stava succedendo. Anche da lontano un chilometro si sarebbe capito che non intendeva minimamente provocargli dolore e che si struggeva fin più del dovuto.
Era proprio l'Ukyo di cui si era innamorato follemente.
"Lo so... so che non volevi... so che ti dispiace... so tutto... e ti ringrazio per questo, mi dimostra che mi sono preso la sbandata per una persona che si merita tutto il bene del mondo... ma so anche che non potrò essere io a dartelo...".
Senza dir niente lei lo abbracciò. Voleva cercare di calmarlo e tranquillizzarlo il più possibile. Pensò che sarebbe stato più facile scalare l'Everest con i denti. Ora che Konatsu aveva parlato si sentiva ancora più impotente e colpevole.
Non che ne avesse alcuna ragione, aveva agito alla luce del sole e senza nessuna intenzione di ferirlo... finendo invece per causargli più sofferenza di quanta ne meritasse.
“Konatsu, mi dispiace...” sussurrò cingendolo per le spalle “se potessi fare qualcosa per te io...”.
“Qualcosa c’è...” rispose lui tirando su col naso.
Ukyo lo guardò, curiosa riguardo la richiesta del ragazzo. Quest’ultimo alzò lo sguardo ancora velato di lacrime verso di lei e sorrise.
“Sii felice, Ukyo”.

“Secondo voi cosa si staranno dicendo?”.
Ranma volse lo sguardo verso Ryoga, che stava facendo avanti e indietro nel cortiletto sul retro del locale da ormai una decina di minuti. Inarcò un sopracciglio.
“Oh non saprei, magari la sta convincendo a riprovarci urlandole quanto la ama?”.
Ryoga impallidì solo all’idea mentre Akane lanciava al fidanzato occhiate di fuoco.
“Ranma, ma ti sembrano cose da dire?!”.
“Era per sciogliere la tensione...”.
“Sappi che non ci sei riuscito” commentò Ryoga, ora intento a cercare qualcosa da distruggere per distendere i nervi.
“... e se mi avessi lasciato finire avrei aggiunto che Konatsu non agirebbe mai in quel modo, è una persona d’onore. Non credo sia capace di certi tiri mancini”.
Ryoga lo osservò per qualche secondo, incerto se credere o no a Ranma.
“Piuttosto” incalzò quest’ultimo “tu che intenzioni hai?”.
Ryoga sgranò gli occhi, preso totalmente in contropiede dalla domanda.
“I-io cosa?”.
“Cosa vuoi fare con Ukyo?” prese parola Akane “Hai intenzione di... insomma...”.
Ryoga avvampò di colpo, chiaramente travisando le parole di entrambi.
“M-m-ma i-i-io n-n-non lo so ancora insomma è p-p-p-presto per p-pensare a c-c-certe cose oddio o-o-oddio” balbettò, in preda ad un attacco di panico.
“Quello che intendeva dire Akane” borbottò Ranma “è se hai intenzione di uscire ancora con Ukyo e... beh, provare a... insomma... instaurare una relazione più... seria?”.
Akane annuì. E Ryoga venne preso ancora di più dal panico. Panico che, però, venne preso per le briglie e buttato per terra con forza. Era anche il momento di essere un po' più maturo, diamine.
Ryoga tentò di calmarsi, riuscendoci solo parzialmente. Smise di tremare e un poco di rossore abbandonò le sue guance, ma quando cominciò a parlare si accorse con una nota di disappunto che ancora faceva fatica ad articolare parole chiare: "S-Sì, forse... n-non lo so... b-bene... ma forse... sì...".
"E pensi che lei voglia lo stesso?" proseguì Ranma.
"Non... n-non l-lo so...".
"Quante cose che non sai, oh. Ma è stata lei a baciarti ieri no? Non so te, ma io non bacio persone a cui non tengo in nessun modo".
"Ranma, ti devo ricordare quante volte le tue labbra si sono incontrate con quelle di altre persone, maschi o femmine che fossero?" si intromise Akane in tono allegro, vuoi per stemperare il clima e vuoi perché perculare il suo ragazzo l'aveva sempre divertita da matti.
FIIIIIIIIIIIIIIII. Il fumo che uscì dalle orecchie del baldo codinato.
"Akane! Io non ho mai baciato nessuno! Sono stato baciato, è vero, ma essere il lato passivo della cosa cambia tanto!".
"Gnè gnè gnè. Sempre a cercare le scuse, voialtri Saotome. Hai proprio preso da tuo padre".
E mentre i due si misero a bisticciare -in tono assolutamente giocoso, va detto- Ryoga si trovò a riflettere sulla domanda postagli da Ranma.
Ukyo aveva preso l'iniziativa. Era stata lei a baciarlo, non il contrario. E se quello che il suo quasi-amico aveva detto corrispondeva a verità significava che qualcosa per lui lo provava. Forse solo amicizia, forse ancora niente più che quella. Ma qualcosina c'era.
E lo stesso stava cominciando a valere per lui.
Era la sua occasione per una prospettiva di vita un minimo più stabile del girovagare come uno con la bussola rotta per tutto il Giappone. Sempre solo, sempre infreddolito, sempre senza sapere dove stava andando o perché.
Mettere radici da qualche parte. Un qualunque tipo di radici. E con una persona che mostrava interesse, forse non romantico ma comunque una forma di interesse, verso di lui. E nemmeno per via del fatto che si trasformava in maiale, com'era il caso della cara Akari, ma per lui in quanto lui.
Era un evento più unico che raro. Che magari sarebbe scoppiato come un palloncino bucato da uno spillone, ma si disse che valeva la pena tentare.
"S-Sì" riuscì finalmente a rispondere "Credo che valga... lo stesso... anche per lei...".
Gli ci volle qualche secondo per attirare l'attenzione dei due piccioncini, ancora intenti a prendersi a insulti farlocchi.
"Bene" esordì Akane "Allora perché non vai dentro e non dici a lei quello che hai appena detto a noi?".
“C-cosa d-dovrei...?”.
“Beh prima o poi dovrà sapere cosa provi per lei! O volete andare avanti in eterno rincorrendovi senza mai concludere nulla?”.
“E te lo dice un’esperta...” commentò Ranma, beccandosi una gomitata di rimprovero da Akane.
“Quello che volevo dire è... non seguire il nostro esempio. Smettila di tentennare e corri da lei!”.
Ryoga fissò la ragazza per qualche secondo, poi decise di seguire il suo consiglio.
“Hai ragione! È ora che Ryoga Hibiki prenda in mano la sua vita!” disse, e con sicumera si diresse verso la porta.
“Aspetta, ma... Konatsu è ancora dentro! Non può certo irrompere lì e fare la tua dichiarazione mentre sta ancora parlando con Ukyo!”.
Ryoga aveva appena afferrato la maniglia della porta quando sentì Ranma pronunciare quella frase. Si voltò a guardarlo con occhi sgranati.
“Ops, non ci avevo pensato...” arrossì Akane, portandosi una mano davanti alla bocca.
“Ma ma... ma io ero... e avevo già...” piagnucolò Ryoga, dimenticando la sicurezza sfoggiata solo qualche secondo prima.
“Su su, magari hanno quasi finito...” cercò di consolarlo Ranma, risultando poco convincente persino a se stesso.
Ryoga piagnucolò, nascondendo il viso tra le mani.
“E io ora quando lo ritrovo il coraggio per dirle...”.
“Dirmi cosa, Ryoga?”.
Ukyo fece capolino da dietro la porta del retrobottega. E Ryoga si ritrovò a pensare per la seconda volta in una giornata se qualcuno aveva sentito i suoi discorsi più imbarazzanti.
"Ma... ma... tu... e Konatsu... e voi... e loro... e poi..." farfugliò in maniera completamente sconnessa. Se trenta secondi prima Ryoga Hibiki era stato la sicurezza fatta uomomaialino, in quell'istante era il tentennamento fatto uomomaialino.
La cuoca gli sorrise, intenerita. Era una delle cose che più apprezzava in lui, quel suo essere così puccioso e innocente non appena si toccavano questioni di cuore. Se lo ricordava bene, in passato, quando si scioglieva tipo cubo di ghiaccio al sole parlando di Akane. E vedeva ombre di quel suo comportamento rivolte verso di lei. L'idea le fece piacere.
"Non ti preoccupare del tuo... come lo devo chiamare, rivale in amore? È curioso usare questa frase nei tuoi confronti senza riferirsi a Ranma, mi ci dovrò abituare. Comunque, dicevo, non preoccupartene. È corso in camera sua e si è tappato dentro. Credo non abbia retto le novità e, come immagino tutti voi, me ne dispiaccio. Ma d'altronde Ranchan aveva ben ragione..." spiegò, riferendosi a quel non è giusto rinfacciar loro di essere felici.
Akane si avvicinò all'amica quando la vide incupirsi. Era evidente come il solo parlare di Konatsu la ferisse e questo, di riflesso, feriva lei. Quella situazione era crudele per tutti coloro che vi erano coinvolti e si mordeva la coda tipo cane idrofobo, creando un vortice di dolore da cui non si poteva uscire con le proprie forze. Pertanto toccava a loro due fare da infermierini. Rivolse un rapido sguardo a Ranma, implorandolo silenziosamente di aiutarla.
Lui, incredibilmente, capì. Si avvicinò a Ryoga con fare amichevole, facendo trasparire chiaramente l'intenzione di essergli vicino. L'altro però, ancora scombussolato dall'arrivo di Ukyo, non ci fece troppa attenzione.
"Te lo chiedo di nuovo, Ryoga" riprese poi Ukyo mentre la mano di Akane si avvolgeva attorno alla sua "Cosa devi dirmi?".
"Diglielo, Ryoga. È importante" disse Ranma guardandolo fisso negli occhi e cercando di trasmettergli un po' di determinazione.
Al che l'eterno disperso prese un profondo, pesante respiro. Strinse i pugni. Alzò la testa, che nell'atto dell'inspirazione si era involontariamente abbassata. Si rivolse con decisione verso Ukyo, con lo sguardo e le parole.
"Ukyo, tu... tu mi piaci... e credo... credo di piacerti... o sbaglio?".
Ukyo rimase spiazzata dalla domanda che assolutamente non si aspettava, non in quel momento e in quella situazione di sicuro. Sostenne a fatica lo sguardo di Ryoga mentre il cuore prendeva a battere all’impazzata.
Cosa provava per lui?
Era qualcosa di serio?
Voleva provare a costruire qualcosa di più concreto con lui?
Mille risposte vorticarono nella sua mente: e se non funzionasse? Se finissimo per insultarci come ogni volta che abbiamo cercato di separare Ranma e Akane in passato? E se mi pentissi della scelta che sto per fare?
Aprì la bocca per esternare tutti quei dubbi e altri ancora, ma tutto quello che ne uscì fu un...
“Si”.
“Eh?” fu la risposta di Ryoga, incredulo.
“Si Ryoga, tu mi... mi piaci” confermò lei, rossa in viso ma con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
Ryoga si lasciò prendere dal panico per la contentezza e divenne incapace di articolare qualsivoglia frase di senso compiuto; in realtà avrebbe voluto prendere coraggio e ricambiare il bacio che Ukyo gli aveva dato la sera prima, ma il suo cervello aveva pensato bene di scollegarsi nel momento peggiore.
Akane intanto guardava la scena con occhi lucidi: era immensamente felice per l’amica, e faticava a contenere la sua gioia. E diversi squittii, che inquietarono Ranma non poco.

Ormai, per Konatsu, era diventata un’abitudine spiare Ukyo. In fondo era l’unico modo in cui aveva sempre preso parte alla sua vita: guardandola da lontano.
Affacciato dalla finestra della sua camera, la guardò un’ultima volta.
“Sia felice, signorina Ukyo”. Poi rientrò nella sua camera.
Era a pezzi. Distrutto. Devastato.
Aveva appena sentito la donna che amava dichiarare il proprio apprezzamento per un altro.
La cosa peggiore della sua vita. E di roba orribile ne aveva vista, con la vita da servo che aveva condotto sotto la matrigna e le sorellastre. Aveva scoperto, tra l'altro, che esisteva una fiaba occidentale che ricordava tremendamente la sua storia. Quindi non è che non fosse abituato a stare uno schifo.
Ma mai così tanto. Proprio mai.
In Ukyo Konatsu aveva visto prima un'ancora di salvezza, colei che sola poteva cambiare il mondo... ehm, salvarlo da quella schiavitù, e poi il faro sulla sua via oscura. Faro che era sempre stato lontano, irraggiungibile, inerpicato in cima alla scogliera più ripida del mondo.
Poi, qualche tempo prima, quella che pensava potesse essere la svolta: lei gli si era avvicinata. Gli aveva proposto di uscire. Senza impegno, è vero, ma si era fatta avanti. Solo che, purtroppo, non aveva funzionato. Non era scattato nulla fra di loro, a parte un rapporto cordiale e comunque molto piacevole.
E invece fra lei e Ryoga pareva esserci stato quel *click* che a loro due era disgraziatamente mancato.
Era colpa di qualcuno? No, non lo era. Sapeva tre cose: la prima era che lui la amava e voleva solo il suo bene; la seconda era che Ukyo non era assolutamente il tipo di persona che prende in giro qualcuno e che se diceva che le spiaceva per l'evoluzione delle cose le credeva; la terza era che Ryoga non poteva essere accusato di nulla, visto che lui la sua possibilità l'aveva avuta e sfruttata.
È brutto non aver nessuno a cui scaricare il peso di tutto quel dolore, eh?
Dillo al cuore che non puoi colpevolizzare nessuno, stupido cervello. Tu e la tua logica da quattro soldi. Siete impotenti di fronte a questo masso di granito che mi schiaccia.
Si tuffò sul letto e non trattenne le lacrime.
Cosa ne sarebbe stato di lui, ora che la situazione fra Ukyo e Ryoga prendeva la piega peggiore? Con che forza sarebbe rimasto a fare il cameriere dell'Okonomiyaki Ucchan?
Si fece questa e altre ventordici domande. Che, puntualmente, non trovarono la benché minima risposta.

"Sai Akane, non sapevo di essere fidanzato con uno scoiattolo".
"Uno scoiattolo che hai detto di amare, ti ricordo".
"Non rivangare le mie pene, per favore".

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Capitolo 15
*** Eddai gente, toglietevi dalla griglia del senso di colpa ***


L’atmosfera all’Ucchan si era fatta pesante.
Nessuno aveva più parlato, dopo che Konatsu si era ritirato nella sua stanza. Ukyo aveva provato a bussare, chiedere se avesse bisogno di qualcosa, ottenendo solo risposte monosillabiche. Alla fine aveva gettato la spugna: probabilmente la cosa migliore era lasciarlo in pace e sperare che le sue ferite si rimarginassero da sole. Per quanto le sue intenzioni fossero buone, lei era probabilmente la persona meno adatta ad aiutarlo.
Ora erano tutti al piano di sotto. Lei e Ryoga seduti al bancone, Akane e Ranma seduti ad uno dei tavoli.
Il silenzio durava ormai da un po’ ma nessuno osava fiatare. Non c’era molto da dire, in fondo.
Ukyo lasciò vagare lo sguardo attraverso la saletta, tanto per distrarsi; prese mentalmente nota di alcuni ingredienti che stavano per finire, e notò che Ranma e Akane erano del tutto persi in chiacchiere che non riusciva a sentire. Sorrise, e si voltò a guardare Ryoga, perso anche lui nei suoi pensieri.
Arrossì ripensando alla domanda che le aveva fatto prima... e alla sua risposta. Non si capacitava ancora di quel si che le era uscito così naturalmente, così voluto e sentito. Era spaventata ma anche eccitata dalla novità.
“Credi che starà bene?”. La voce di Ryoga la scosse dai suoi pensieri.
“Come?”.
“Konatsu, intendo...” bisbigliò “mi sento in colpa per lui...”.
Ukyo sorrise, intenerita. “Anche io mi sento in colpa... so che non dovrei ma...” disse, con un’alzata di spalle a concludere la frase.
Ryoga sospirò. Non gli piaceva proprio la situazione, ma non poteva davvero fare nulla per il ninja. D’altronde non aveva nemmeno previsto che si sarebbe preso una cotta per l’unica ragazza con cui aveva avuto infinite discussioni, durante i loro folli piani per separare Ranma e Akane.
E, quasi gli avesse letto nel pensiero, Ukyo lo prese per mano. Il cuore di Ryoga saltò un battito, rischiando di farlo collassare lì sullo sgabello.
"Ryoga... tutto bene?" chiese Ukyo stringendogli ulteriormente la mano. L'aveva visto sbiancare tutto ad un tratto.
Naturalmente non si rese conto che, così facendo, peggiorò solo le sue condizioni. Tanto che si portò una mano sul petto, gemendo.
"Oh santo cielo. Ryoga, stai male?" disse ancora, con tono di voce più alto. Abbastanza alto da attirare anche l'attenzione dei coniugi Saotome, ancora intenti a cianciare dei fatti loro.
"Che succede, Ukyo?" fece Akane, moderatamente preoccupata, mentre si avvicinava agli altri due seguita dal fidanzato. Dalla sua posizione, di spalle rispetto al bancone, non riusciva a vedere cosa avesse preoccupato la sua amica.
Ukyo non le rispose. Si limitò a sventolare una mano davanti alla faccia di Ryoga, il quale continuava a fare versi strani e poco identificabili. Fra gli altri si poteva cogliere il suo respiro, terribilmente frammentato e irregolare.
"Ryoga?" esclamò Ranma prendendolo per le spalle e cercando di girarlo verso di loro. Venne fermato dalla mano di Akane che, silenziosamente, gli disse di non muoverlo.
"Ragazzi..." riuscì finalmente a dire l'eterno disperso.
"Che cosa? Che c'è?".
"... io... sono felice... per la prima volta in vita mia... sono felice...".
"Stupido ma... ledetto!" esplose Ranma lasciandolo andare e girandosi in direzione. Per fortuna ebbe la prontezza di spirito di trattenersi e di non chiamarlo maiale di fronte ad Akane.
Il suddetto maiale si fece versare un bicchiere d'acqua e, dopo averlo ingollato alla velocità della luce, si mise di buona lena per cercare di recuperare un ritmo di respirazione più umano.
Quando poi, alla fine, ce la fece...
"Sono affranto per Konatsu, dico sul serio. Ma questo non mi impedisce, e non può impedirmi, di dire di essere felice per come le cose stanno andando".
A Ukyo nacque un sorriso luminoso sul volto. Ancora una volta non riuscì a reprimere il pensiero di quanto si sentisse fortunata.
E, senza nemmeno pensarci, stampò un bacio sulla guancia di Ryoga. Causando al ragazzo un collasso e un’emorragia dal naso.
“Oddio Ryoga, tutto bene?!” si affrettò Ukyo, non rendendosi conto di essere lei la causa di quelle reazioni esagerate.
“Ok signori, è il caso di togliere le tende, siamo di troppo!” commentò Ranma, ridacchiando e già pronto ad avviarsi alla porta. Venne fermato da Ryoga, che lo tirò per un polso.
“Saotome non osare lasciarmi solo nel momento del bisogno” ringhiò “non te lo permetto!”.
“Hibiki, non farmi proposte strane, sono un ragazzo candido e ingenuo io”.
“Non prenderti gioco di me, lo sai che tendo ad agitarmi!”.
“Chiamala tendenza...”.
“Ehm, ragazzi...”. L’atmosfera ilare venne interrotta da Akane che indicò qualcosa alle loro spalle.
“Scusate se vi interrompo di nuovo... ecco, volevo solo salutarvi. Ho deciso di andare via”.
Konatsu, in piedi davanti alle scale e con una sacca in spalla, li guardava con occhi lucidi.
Ukyo sentì una fitta al petto. Il senso di colpa per Konatsu continuava ad attanagliarla... davvero non poteva fare nulla per lui?
“Non si affligga per me, signorina Ukyo” la rassicurò Konatsu, quasi le avesse letto nel pensiero “è la cosa migliore, per tutti quanti”.
I quattro si ammutolirono.
Nessuno ebbe il coraggio di dire che quella non era la cosa migliore per tutti. Nessuno ebbe il coraggio di fermarlo mentre attraversava la sala da pranzo e si avviava verso la porta. Nessuno ebbe il coraggio di dirgli che quella era la più grossa stupidaggine che potesse venirgli in testa.
Quest'ultima, molto probabilmente, perché nessuno di loro lo pensava realmente.
Prendiamo Akane, una a caso.
Nella sua testa vedeva solo un grosso e ingarbugliato casino di fili, giocattoli rotti e speranze infrante. Per quanto incredibile possa sembrare non si poteva prendere uno, indicarlo con fare accusatorio e dirgli "È colpa tua, disgraziato che non sei altro! Adesso alzi le chiappe e sistemi il bordello che hai combinato" perché non era stata opera volontaria di nessuno. Eppure c'era una persona là in mezzo, una persona schiacciata dal peso di quanto le stava accadendo attorno e che, per salvaguardarsi, aveva visto come unica possibile via d'uscita l'allontanarsi fisicamente.
Che cosa poteva fare o dire per fargli cambiare idea senza risultare superficiale, insensibile o peggio?
Ci pensò per qualche istante e non trovò nulla.
L'assenza di Konatsu faceva bene a Ukyo, a Ryoga e alla loro nascente... storia? Forse era un po' esagerato chiamarla così, ma qualcosa stava venendo fuori. Quindi non si poteva neanche dire che quella decisione non avesse dei lati positivi. Ma il povero kunoichi? Era davvero giusto che sparisse così, col cuore a pezzi? La risposta, ovviamente, era no.
Non esternò niente di tutto questo. Pensò bene di tenerselo stretto nella propria testa.
Konatsu arrivò alla porta. Fece per girarsi, in perfetta tradizione dei filmoni drammatici in bianco e nero, per fare la sua ultima dichiarazione prima di abbandonare il posto che, ormai per parecchio tempo, aveva avuto l'onore di chiamare casa.
Non ci riuscì perché si sentì afferrare per le spalle e trascinare fuori.
"Che... chi è?" chiese, scombussolato. Non aveva proprio capito che cosa fosse successo.
Quando lo sguardo affranto di Ukyo incontrò il suo fu degno di una tragedia shakespeariana.
"Konatsu, non... non può andare così. Non puoi...". Stava per chiedergli di ripensarci.
Il ninja la guardò con uno sguardo colmo di tristezza e gratitudine: era un gesto che si aspettava da Ukyo. E questo rendeva la sua decisione ancora più difficile e dolorosa.
“Signorina Ukyo, io la ringrazio per le sue premure” disse, scostando gentilmente le mani della ragazza “ma davvero non posso rimanere. Sarebbe... troppo per me”.
L’improvviso ritorno alle formalità da parte di Konatsu ferì Ukyo, ma in fondo non poteva biasimarlo; probabilmente mettere le distanze era qualcosa che lo aiutava a soffrire di meno... o quantomeno si augurò che fosse così.
“È solo che... è così ingiusto!”.
“Non è ingiusto... è così e basta” sorrise Konatsu “nessuno ha colpa in questa situazione, e io non sono arrabbiato o altro, davvero. Ma come non posso impedirvi di essere felici non posso neanche impedire a me stesso di soffrire. Lei e Hibiki non avete alcuna colpa, davvero... ma io ho bisogno di allontanarmi, di concentrarmi su qualcos’ altro per alleviare la mia sofferenza. E credo che lei possa capirmi, vero?”.
Ukyo non rispose ma si limitò ad annuire. Konatsu c’era quando scoppiò la rivoluzione a Nerima per colpa di un cinese miope stufo di fare lo zerbino; c’era quando Ukyo si ritrovò ad aiutare il ragazzo che amava a dichiarare i suoi sentimenti ad un’altra ragazza; c’era quando, coraggiosamente, si era rimessa in piedi da sola e aveva affrontato la sofferenza.
“Promettimi almeno che... tornerai, prima o poi”.
Konatsu sorrise, un sorriso sincero. Perché non riusciva a non sorridere di fronte alla dolcezza di Ukyo.
“Te lo prometto... dammi giusto il tempo di riprendermi”. E rimasero in silenzio. Non c’era più molto da dire, ormai.

“Dite che dovrei andare a dirgli qualcosa?”.
Ranma inarcò un sopracciglio in direzione di Ryoga, la cui espressione seria e pensierosa era rovinata da un pezzo di carta igienica che gli penzolava da una narice per tamponare l’emorragia di prima.
“A Konatsu, intendo...” aggiunse.
Ranma e Akane si scambiarono uno sguardo interrogativo. Fu lei a rispondergli per prima: "No Ryoga, credo sia una cattiva idea".
"Ma perché?".
"Perché non è una mossa appropriata, in questo momento. E poi sentiamo, cosa vorresti dirgli? Che ti dispiace e che non volevi ferirlo? Sono sicura che tutte queste cose gliele ha già dette lei. E poi, perdonami, ma come credi che possa reagire alla tua presenza se, allo stato attuale, sei l'involontaria fonte di gran parte delle sue pene?".
Ryoga sbuffò. Aveva totalmente ragione, andare lì fuori sarebbe significato solo peggiorare le cose. E già erano sufficientemente complicate per i fatti loro.
"Temo che tutti noi dobbiamo rassegnarci e accettare la situazione" riprese Akane dopo una breve pausa in cui aveva scambiato con Ranma uno sguardo che mendicava approvazione "Abbiamo le mani legate, Ryoga. Io e Ranma possiamo fare del nostro meglio e cerchiamo di farlo, ma non sta a noi e non ci è proprio possibile strofinare la lampada magica e desiderare la soluzione divina. Tu cosa puoi fare? Schiacciare il bottoncino dietro la nuca e cancellare il protocollo su Ukyo dal tuo sistema? E lei cosa può fare, lo stesso con i nomi invertiti? E Konatsu, cosa vuoi che faccia Konatsu se non cercare di allontanarsi da quello che in questo momento gli fa più male di un tuo pugno a massima potenza? Ryoga, io capisco che tu ti senta in colpa. Mi sentirei in colpa anch'io se fossi al tuo posto. Ma voglio pensare che riuscirei a essere abbastanza lucida da capire che non è in nostro potere fare alcunché. Se mi si concede di essere poetica: la ruota della vita ha girato e non ci sono crediti extra".
Arrivò un piccolo applauso dalle sue spalle, alla conclusione del lungo monologo.
CLAP. CLAP. CLAP. CLAP.
Akane strinse il pugno sinistro e lasciò che la rabbia la invadesse. Questo, si disse, non rientra nei limiti della promessa. Non saprei dire in base a cosa, ma è questo che pensò.
Stava per girarsi e piantare un diretto sul naso di quel cafone del suo ragazzo...
"Approvo in tutto e per tutto. E sei riuscita a esprimerti mille volte meglio di quanto avrei mai potuto fare io".
“Non che ci voglia molto ad esprimersi meglio di te...”.
Akane ignorò la battuta caustica di Ryoga e il conseguente battibecco con Ranma, impegnata com’era a rimanere imbambolata. Non era ancora abituata ai complimenti sinceri del fidanzato, che avevano su di lei un effetto quasi destabilizzante.
La baruffa venne interrotta dalla porta del locale che si riapriva e Ukyo che vi si appoggiava esausta.
“È andato via” disse senza aggiungere altro.
Gli altri non risposero. Stavolta non c’era davvero più nulla da dire.
“Scusate ma credo andrò a farmi un bagno, ho bisogno di rilassarmi...” disse Ukyo, e senza voltarsi indietro salì le scale.
“Credo sia il caso che andiamo via anche noi” aggiunse Akane, seguita a ruota da Ranma... ma vennero di nuovo fermati da Ryoga, paonazzo in viso.
“N-non potete lasciarmi qui da solo!”.
“Ma non sei da solo, c’è Ukyo! Dovresti essere contento!” commentò Ranma, senza capire il nuovo dramma dell’uomomaialino.
“M-ma è n-n-n-uuuudaah e e e ei-i-i-i m-m-miei vestiti sono a-a-a-ancora a casa v-v-ostraaah!” piagnucolò.
“Approfittane allora!” sorrise sornione Ranma, ottenendo l’ennesimo collasso di Ryoga e una gomitata da parte di Akane.
“Smettila di provocarlo, non vedi che va in crisi facilmente?” borbottò “E poi ha parlato il macho di Nerima, il cui primo bacio era stato con un uomo...”.
Ranma ringhiò, piccato. Non c’era davvero bisogno di tirar fuori certi episodi imbarazzanti, ecco.
“Ryoga” disse Akane, dolcemente “ti sentiresti più tranquillo se uno di noi due andasse a prenderti i tuoi vestiti?”. Il ragazzo annuì, in un misto di gratitudine e disperazione.
“Perfetto. Ranma, vai su!”.
“Perché io?”.
“Perché Ryoga da solo rischierebbe di perdersi, e quando si riprenderà magari vorrà sfogarsi su qualcuno riguardo Ukyo e tutta questa situazione... e tu faresti solo danni”.
“Grazie della fiducia eh! Va bene va bene, vado...” borbottò, e si avviò verso casa Tendo.
-
“Bentornato, Saotome. Noi abbiamo ancora dei discorsi in sospeso, lo sai?”.
Ovviamente, nella migliore delle situazioni che non potevano che peggiorare, a casa trovò Nabiki ad attenderlo al varco.
"Ohnonononononononononono" cominciò a ripetere Ranma tipo disco rotto dopo essersi paralizzato di fronte a lei. Perché Nabiki doveva proprio palesarsi in quel momento, cavolo? Messa lì così, con le braccia conserte, le caviglie incrociate e la schiena appoggiata contro il muro della palestra le risultava ancora più odiosa.
"Che c'è, mezz'uomo? Hai perso la lingua per strada? Su, se ti metti a dire sempre la stessa, brutta cosa poi mi annoio. E tu non vuoi che io mi annoi". Non era una domanda, era una cruda constatazione col contorno di minaccia e una spolverata di vaniglia.
Vedendo che lui non reagiva decise di premere sull'acceleratore. Si mosse con fare studiato, quasi da felino che sta per zompare addosso alla vittima designata. E non era una descrizione poi troppo lontana dalla realtà.
"Adesso che mi sei di nuovo sottomano non ti mollo neanche per sbaglio. Ti seguirò ovunque come un'ombra: a scuola, a casa, fuori e dentro, sopra e sotto, nel bagno e nel letto".
"Dio santo Nabiki, vuoi lasciarmi lo spazio per respirare?".
"No".
"Grrrrrrrazie, gentilissima. Cosa vuoi dalla mia vita, si può sapere?".
"Non fare il finto tonto, Saotome. Sai cosa voglio: la riscossione del debito tuo e di Ryoga".
"E allora facciamola finita, una volta per tutta. Dicci di che morte dobbiamo morire e siamo tutti felici".
"Oh, ho una mezza idea in proposito. Ma prima di esportela portami dove si trova Ryoga, così che debba parlare una volta sola per tutti e due".
"E poi cos'altro, la carrozza con le ruote placcate in oro?".
"Se paghi tu non mi offendo di certo".
"Immagino di non aver modo di farti desistere senza picchiarti a sangue, vero?".
"Immagini bene. E visto che ti conosco e so che non tocchi le donne neanche con un fiore...".
"Tsk. Mi chiedo da dove tu e tua sorella abbiate ereditato la capacità di approfittarvi dei maschi. Se tanto mi dà tanto non corre in famiglia, vedendo Kasumi". E per sua fortuna trovò la lucidità di fermarsi, visto che stava per tirare in ballo la loro mamma. Chissà quanti squarci avrebbe riaperto con la sua sensibilità da ramarro.
Dopo aver recuperato i vestiti di Ryoga le fece strada verso l'Okonomiyaki Ucchan.
Quando vi giunsero davanti lei gli impose di chiamarlo fuori, dopo essere venuta a sapere che c'era anche Akane lì. La sua presenza avrebbe portato solo guai e non ne voleva.
Ranma, da bravo ometto braccato dagli strozzini, fece quanto gli era stato detto: mise la testa dentro il ristorante e chiamò fuori il suo compagno di sventura, senza accennare nulla di fronte alla minore delle Tendo.
I due condannati erano lì, di fronte a lei. Umili e sottomessi. Quanto si sarebbe divertita.

Immersa nella vasca da bagno, Ukyo pensò alla casualità della vita: anche quando aveva avuto a che fare con l’assurda farsa di Shan-Pu ai danni del Gran Consiglio amazzone, in cui avevano finto di essere una coppia, si era ritrovata nella vasca da bagno a piangere e sfogarsi.
Stavolta però non riusciva a versare una lacrima, e non perché non le dispiacesse per Konatsu. Semplicemente, si rendeva conto che non poteva fare davvero nulla per lui, se non sperare che superasse il suo dolore... e che magari trovasse qualcuno che lo rendesse felice, perché no. Quel ragazzo meritava tutto il bene del mondo e lei gli augurava davvero di trovare qualcuno che gli stesse vicino.
Come lei aveva trovato Ryoga.
Arrossì, lasciandosi scappare un sorrisone. Ora che aveva tempo e modo di poter pensare con calma, si sentiva ancora più agitata. Quel piacevole sfarfallio allo stomaco si faceva vivo ogni volta che pensava a lui, e alle sue reazioni imbarazzate per ogni gesto d’affetto che lei gli mostrava.
Sorridendo, uscì dalla vasca, e velocemente si rese di nuovo presentabile.
Aveva un uomomaialino ad attenderla.

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Capitolo 16
*** Allora Nabiki, prendi il forcone e stringiti bene in vita il costume da diavolo ***


Ukyo scese al piano inferiore in fretta e furia. Il bagno l'aveva elettrizzata dopo che si era messa a pensare agli ultimi, intensi giorni.
Si era anche ritrovata, mentre si stava rivestendo, a tracciare un parallelismo fra Akane che, l'anno prima, le augurava di trovare qualcuno e lei che, pochi minuti prima, aveva fatto lo stesso con Konatsu. Ciò, pur non essendo nient'altro che la constatazione di un dato di fatto, aveva solo contribuito ad accentuare il suo dispiacere per il kunoichi, che chissà dov'era e chissà cosa stava facendo.
No, basta pensare a lui. Per quanto sia doloroso e ingiusto è un capitolo chiuso, per me. Gli auguro ogni bene e di risollevarsi, ma adesso è giusto e sacrosanto che pensi a me.
E a Ryoga.
E fu brutto per lei arrivare nella sala da pranzo del ristorante e trovarci solo Akane che fissava la porta con sguardo istupidito.
"Ma... Akane, Ryoga dov'è? Sarà mica uscito autonomamente?".
L'altra sobbalzò, come se fosse stata scossa per farla svegliare da un brutto sogno, e si voltò verso la nuova arrivata fissandola con lo sguardo di un baccalà surgelato: "Non so. Ranma è arrivato qui poco fa e l'ha trascinato fuori imponendomi di non seguirli. Era molto serio e ho preferito non fare pasticci".
La cuoca si avvicinò all'amica e cercò di estorcerle altre informazioni, ma non ne ricavò niente perché era al suo stesso livello di ignoranza.
Poi le parve di sentire come delle voci giungere dall'esterno. Si voltò verso Akane, le fece il gesto di zittirsi e si avvicino quatta quatta all'ingresso facendole cenno di seguirla. Quando furono a pochi passi dalla porta recepirono chiaramente cosa stava accadendo al di là del divisorio.
"Bene ragazzi, ora che siete tutti e due qui possono finalmente riscuotere il mio credito nei vostri confronti".
"N-N-Nabiki... mi spaventi parlando così...".
"E fai bene a spaventarti, disperso".
Ranma deglutì rumorosamente. Non sapeva ancora cosa doveva aspettarsi, ma trattandosi di Nabiki qualunque cosa fosse non sarebbe stata nulla di buono.
“Allora... quanto ti dobbiamo? Ci vuoi tuoi schiavi a vita?” osò chiedere.
“Ti prego, sii clemente...” piagnucolò Ryoga “lavoreremo per te se necessario! Andremo a riscuotere i debiti per te!”.
“Non è niente di tutto questo, tranquilli” sorrise lei, melliflua “ho in mente un’idea più... divertente”.
I due erano come paralizzati. Divertente, nel vocabolario di Nabiki, era sinonimo di pericoloso, folle, inquietante e altri aggettivi poco rassicuranti.
“Vedete” proseguì “i consigli di moda hanno un certo valore, soprattutto se si ha a che fare con due buzzurri come voi...”.
Ranma e Ryoga le lanciarono uno sguardo piuttosto indispettito, che lei ignorò del tutto.
“... e hanno un costo ALTO”.
Ranma si sentì gelare il sangue, mentre Ryoga si stringeva a lui convinto che la loro fine fosse ormai alle porte.
“Quindi... ho pensato di organizzare un’asta”.
I due ragazzi inarcarono un sopracciglio.
“... una che?” chiesero all’unisono.
“Un’asta. Devo forse spiegarvi come funziona?”.
“No, volevo dire... perché un’asta?” chiese Ryoga, che proprio non riusciva ad immaginare una possibile fonte di guadagno in tutto questo.
“È semplice, Hibiki caro: anche se Ranma è ormai ufficialmente fidanzato con mia sorella, ha ancora un sacco di ammiratori per entrambe le sue versioni. Ammiratori che pagherebbero fior di quattrini pur di poterlo avere anche solo mezz’ora tutto per loro” spiegò Nabiki, con fare pratico.
Ranma sgranò gli occhi, immaginando la scena: Kodachi pronta a sborsare cifre inimmaginabili solo per averlo, idem Tatewaki nel caso Nabiki decidesse di alzare la posta spargendo la voce della presenza della Ragazza col Codino, seguito a ruota da Happosai... per non parlare di altra gente che sarebbe potuta comparire, come Mikado Sanzenin, o Gosunkugi solo per potergli lanciare qualche maledizione delle sue...
Si sentì mancare la terra sotto i piedi.
Ryoga, invece, era perplesso.
“Perdonami ma... io in tutto questo che ruolo avrei?” chiese. A parte Akari non è che avesse avuto altre ammiratrici. C’era sempre quella squilibrata di Azusa Shiratori che aveva una morbosa passione per il suo lato porcino, ma preferì non pensarci.
“Oh Ryoga, ti sottovaluti” chiosò Nabiki, pizzicandogli una guancia “ti assicuro che un bel ragazzo come avrà tante di quelle offerte da pagarmi un anno nella più prestigiosa università del Giappone!”.
Ryoga la fissò, indeciso se prenderlo come un complimento o una minaccia. Optò per la seconda.
“E quando si farà l’asta...?” chiese Ranma, cauto.
Nabiki sorrise, sapendo di averli entrambi in pugno. “Quando meno te lo aspetti, Saotome”.
"Non mi hai risposto".
"Vuoi una risposta?".
"La gradirei, sì".
"Bene. L'asta è...".
Nabiki lasciò crescere tensione, terrore e raccapriccio. Si sentiva come uno di quei parassiti che, nelle fiction, succhiano l'energia emozionale negativa di chi li circonda traendone forza.
Sorrise come potrebbe sorridere un lupo che sta per pranzare con l'agnello più carino del gregge.
"... adesso. Andiamo".
Ci furono quattro mandibole che toccarono terra nello stesso istante, due all'interno e due all'esterno del ristorante.
"Forza, miei assegni semoventi. È tempo di portarsi al luogo convenuto. Muoversi muoversi muoversi". E i due, pur con tutta la voglia che avevano di spaccarle la faccia e lasciarla rantolante per terra a implorare pietà per aver tentato uno scherzo così meschino, non riuscirono a far altro che abbassare il capo sconfitti e seguirla.
Dentro l'Okonomiyaki Ucchan le due ragazze si guardarono e ognuna sembrò stesse per rimettere gli occhi dentro le orbite dell'altra.
"Akane" sussurrò Ukyo al suo orecchio "dobbiamo fermarli! Questa... questa è una follia! E tua sorella è un rapace!".
"Hai ragione su tutto. Ma non è che Ryoga e soprattutto Ranma non sapessero in che guaio si stavano ficcando quando hanno deciso di rivolgersi a lei".
"Cosa stai insinuando?".
"Che, per quanto mi riguarda, i nostri cari ragazzi meritano una piccola lezioncina".
Ukyo alzò le mani al cielo e, se avesse potuto, avrebbe cominciato a sciorinare una sequela di insulti rivolti all'amica. Cosa le passava per quella testaccia, si può sapere? Lasciare quei due poveri disgraziati nelle mani di quella faina di Nabiki significava che, una volta conclusa la tortura, a loro due sarebbero rimaste giusto le ossa e qualche brandello di carne.
"Tu fai quel che vuoi, io li seguo" dichiarò a tono di voce normale, sperando che i tre all'esterno si fossero allontanati a sufficienza da non sentirla.
E fece per aprire la porta.
“Ukyo, aspetta!” la fermò Akane, afferrandola per una spalla.
“Akane, se non la fermiamo adesso non oso immaginare cosa succederà!” piagnucolò la cuoca seriamente preoccupata.
“Mica ho detto che non dobbiamo fermarla” rispose Akane, pacata “... solo, non subito. Quei due meritano una punizione, te l’ho detto”.
Ukyo inarcò un sopracciglio, curiosa.
“Tu vuoi ancora che Ranma paghi per il vostro litigio, non è così?”.
Akane sorrise e lasciò vagare lo sguardo attorno a sé, fingendo innocenza.
“Sei davvero crudele... un naso quasi fratturato e non più dritto non ti basta proprio?”.
“No, in effetti no” rise Akane “e poi dai... nonostante la vostra improvvisa attrazione, non credo che tu abbia ancora perdonato Ryoga per averti incastrato con l’appuntamento. Ammettilo!”.
Ukyo la fissò in silenzio, gli occhi ridotti a due fessure. In effetti...
“... un punto a tuo favore, Tendo. Devo ammettere che quel suo comportamento non mi era proprio andato giù. Però sono comunque preoccupata... senza offesa, ma di tua sorella non mi fido”.
“Oh, nemmeno io” ammise Akane “ma come ti ho già detto, non lascerò che venga torto loro un capello, saremo lì pronte per salvarli come dei principi azzurri. Solo... non subito. Prima voglio fargli prendere un bello spavento e godermi lo spettacolo”.
“Sei perfida, Akane Tendo. Mi piace”.
“Lieta di saperlo, Ukyo Kuonji. E ora possiamo pedinarli con calma”.

Il cortile del liceo Furinkan era pieno di gente. Ovviamente Nabiki aveva fatto le cose a regola d’arte, spargendo la voce in tutto l’istituto. E oltre, probabilmente.
“Senti un po’ Nabiki... le gabbie sono proprio necessarie?” chiese Ranma osservando le sbarre di ferro “Voglio dire, non è che possiamo scappare da te, in ogni caso... fa molto vendita degli schiavi”.
“Si, era un po’ la mia idea...” rispose lei con noncuranza.
“Ranma ti prego, scappiamo! Io ho paura di quella donna!” piagnucolò Ryoga, che nella sua testa immaginava scenari apocalittici di servitù eterna e chissà cos’altro.
“Oh, ti assicuro che scappare sarebbe anche peggio” sussurrò Ranma, rabbrividendo “perché poi... si vendicherebbe. E credimi Ryoga, tu non vuoi che Nabiki Tendo si vendichi”.
Ryoga si sentì un po’ morire.
“Guardate che vi sento, geni del male...” commentò Nabiki, sempre noncurante.
"Perché, gli schiavi non avevano neanche diritto di parola?".
"Non quando sono gli schiavi di Nabiki I. E adesso smettetela di berciare e cominciamo".
La carnefice prese in mano un megafono che aveva precedentemente appoggiato lì per terra e cominciò a urlarci dentro: "Venghino siore e siori, venghino alla svendita dell'anno! Venghino a comprare questi due splendidi esemplari di maschio giapponese ultimo modello! Dotati di tutti i comfort, prestanti, muscolosi e all'occorrenza grandi amatori!".
A questa i due poveretti desiderarono di essere stati imprigionati in qualcosa di morbido che consentisse loro di sprofondare. Specialmente Ryoga prese a girare in tondo nel limitatissimo spazio a sua disposizione urlando "Nononononononononononononononononononono!".
Al che Ranma, pur cercando di contenere la vergogna che sentiva bruciargli la pelle quasi a livello fisico, ebbe un'idea. "Ryoga! Ryoga! Ascoltami! Focalizza e spara uno Shishi Hoko Dan per sfondare la gabbia!".
L'altro non fece neanche finta di sentirlo, impegnato com'era a ripetere lo stesso movimento circolare.
Nabiki interruppe un secondo la propria reclame e si voltò verso i due: "Ranma, ti ricordo ancora che vi sento. E dato che la cosa è reciproca questo te lo dirò una sola volta: azzardatevici e le vostre vite sono finite. Kaputt. Macerie fumanti. Non avrete un solo angolo in tutto il mondo in cui potrete nascondervi dalla mia vendetta. Ora buonini, ho un pubblico da imbonire".
E riprese a fare la marchetta ai suoi bottini di guerra.

In lontananza Ukyo e Akane osservavano ammutolite.
Sapevano che l'avvoltoio di casa Tendo era capace di tutto e di più, ma non sospettavano potesse arrivare a tanto.
Soprattutto in termini di organizzazione, con persino le gabbie e il palchetto da cui strepitava cercando di convincere i possibili clienti.
Bisognava darle atto di aver fatto un lavoro di PR eccellente, visto che lo spiazzo era gremito di gente che sgomitava ed alzava le mani per fare offerte.
"Io vado, non sopporterò questa buffonata un solo istante in più" disse a un certo punto Ukyo, stringendo con forza la mano destra a pugno.
"Ma allora sei di coccio" commentò l'altra, trattenendola per un braccio "Non avevamo detto di aspettare un po' prima di intervenire?".
"Sì, l'avevamo detto. Ma ho cambiato idea. È vietato per caso?".
"Oh guarda, no. Sei libera di fare come vuoi e rovinarti con le tue stesse mani. Perché, a quanto vedo, il tuo... come lo devo chiamare, innamorato? Beh, Ryoga sta riscuotendo un gran bel successo. Ora silenzio un secondo, per favore".
Fecero silenzio e alle loro orecchie giunse la stridula voce di Nabiki che annunciava "E siamo a centomila yen per Ryoga Hibiki. Qualcuno vuole rilanciare?".
"Centomila yen. Hai tutti quei soldi da parte?".
"Soldi? E chi ti fa pensare che voglia pagare quello strozzino di tua sorella?" rispose la cuoca sogghignando malvagiamente.
"Uh?".
Senza neanche rispondere Ukyo si diresse verso il palco con fare battagliero.
Akane sospirò e seguì l’amica, consapevole che non poteva fare molto per fermarla.

“Allora, nessuno offre di più?” urlò Nabiki, cercando di alzare le offerte per Ranma.
“Io offro duemila yen!” urlò Kodachi Kuno dalla prima fila, agitando il suo solito nastro con fare isterico “Ranma amore mio, non preoccuparti! Non c’è cifra al mondo che possa tenermi separata da te!”.
“Questo è da vedere, sorella” commentò Tatewaki Kuno, seduto accanto a Kodachi “non ti permetterò di buttar via il patrimonio di famiglia per quel buzzurro di Saotome”.
“Guarda che ti ho sentito, Kuno!” urlò Ranma, ma non venne ascoltato perché l’attenzione di Kuno era tutta per il nastro della sorella con cui quest’ultima cercava di strangolarlo.
“Duemila yen per Ranma Saotome, signori! Altre offerte per il nostro codinato preferito?”.
“Se gli butti dell’acqua fredda addosso potremmo farci un pensierino!” urlò Hiroshi, ridacchiando insieme a Daisuke. Ranma prese mentalmente nota di fargliela pagare, dopo.
“Oh, mi sembra una grande idea!” trillò Nabiki, estasiata. “Signori, c’è nessuno che vuol fare un’offerta per la Ragazza col Codino, di cui attendiamo l’arrivo ma che al momento potete ammirare in questo poster?” disse, mostrando loro una gigantografia di Ranmachan che dormiva scomposta sul suo futon con addosso i soli boxer.
Ranma si sentì morire mentre le urla e i fischi provenienti da sotto il palco aumentarono.
“IO OFFRO TREMILA YEN PER LA RAGAZZA CON IL CODINO!” urlò Kuno, pronto a invadere il palco e sventolando una mazzetta di banconote “Nessuno a parte Tatewaki Kuno può bearsi della dolce visione delle sue forme generose!”.
“Nabiki, tu sei pazza!” urlò Ranma, dimenticando qualsiasi timore nei confronti della mediana delle Tendo. Quest’ultima stava per accettare l’offerta di Kuno quando qualcuno la afferrò per le spalle.
“Ok Nabiki, è stato divertente. Ma adesso basta!”.
“Oh, ciao Kuonji, qual buon vento?” trillò Nabiki “Vuoi acquistare il tuo omino prima che si perda nella gabbia?”.
“Aiuto!” piagnucolò Ryoga, mettendo da parte quel poco di orgoglio maschile che gli era rimasto pur di scappare da lì.
“... forse” commentò Ukyo, incerta sul da farsi.
Akane, dietro di lei, sbuffò. Lei in fondo gliel’aveva detto di star calma ed aspettare...
“Akaneeee, ti prego comprami tu e andiamo via!” guaì Ranma, sfoggiando la sua migliore faccia da cucciolo abbandonato. Non che dovesse sforzarsi troppo data la situazione.
Akane lo osservò, intenerita. E sorrise.
“Non ancora”.
"Come non ancora? Per favore, tirami fuori di qui!".
"Ranma, santo cielo. Non hai due anni. Attendi davvero il principe col cavallo bianco che ti salvi dalla sorellastra cattiva? Sei grande e forte abbastanza da tirarti fuori da lì da solo".
"Ma l'hai sentita Nabiki! Se lo faccio mi renderà la vita un inferno!".
"E allora tu non immischiarti con lei. Sai che i canini di mia sorella sono intinti nel veleno e non fanno prigionieri".
"Ma tu almeno hai idea del perché sono qui dentro, adesso?".
"Ti sei fatto circuire per comprare gli abiti... per quella cosa là. Lo so, c'ero quando me l'hai detto".
"E quindi? Non hai un po' di pietà per me?".
"Non in questo momento. Hai sgarrato e paghi".
Ranma si sentì seriamente ferito da quest'ultima affermazione. Quel che diceva Akane era giusto e sacrosanto, non lo negava, e sapeva in che potenziale casino si stava infilando quando ha accettato l'aiuto di Nabiki. Ma così facendo la sua fidanzata non stava mostrando la minima comprensione per la sua disavventura che, a conti fatti, le era imputabile perché era per uscire con lei che lui aveva comprato quei vestiti.
Lei percepì qualcosa nel suo sguardo. Una nota amara e un incupimento che andava oltre alla bizzarra situazione di oggetto in vendita.
Che... che abbia esagerato?
Oh, al diavolo. Saotome, questa è la prima e ultima volta che ti tiro fuori dai pasticci. Tienitela stretta.
Alzò il braccio e urlò "Diecimila yen per Ranma Saotome" in tono un pochino scocciato.
A Nabiki, momentaneamente dimentica della querelle con Ukyo, si illuminarono gli occhi di immenso: "Diecimila yen! Offerte più alte?". Mentre la cuoca, ignorata così platealmente, perse definitivamente la pazienza e sfoderò la spatola pronta a dargliela in testa. Solo l'intervento provvidenziale di Akane servì a fermarla.
Incredibilmente, contro ogni aspettativa, nessuno rilanciò. Persino i Kuno divennero muti come statue, presi in totale contropiede dallo sviluppo inaspettato.
"Diecimila e uno. Diecimila e due. Diecimila e tre! Aggiudicato ad Akane Tendo per diecimila yen!".
"Nabiki, tu non vedrai un soldo da me" le disse la sorella all'orecchio "E io, al contrario di questi due poveracci, non ho remore a farti cambiare idea con le maniere forte se serve". Poi, rivolgendosi verso il suo ragazzo, lo invitò ad uscire. E lui, tremendamente tranquillizzato da come la situazione pareva in procinto di risolversi, aprì le sbarre della gabbia senza nessuna fatica.
Nabiki Tendo schiumava rabbia.
“Akane, solo perché sei mia sorella non vuol dire che ti tratterò coi guanti” sibilò in direzione della sorella minore, occupata a consolare il fidanzato che ancora piagnucolava per gli eventi appena occorsi.
“Oh Nabiki, non ti facevo così credulona” commentò Akane “credevi davvero che avessi una cifra del genere?”.
Nabiki dovette incassare il colpo. Era caduta come una sprovveduta nella trappola di Akane. Una ferita profonda per una strozzina del suo calibro.
“Te lo concedo sorellina, mi hai fregata” rispose “ma ciò non toglie che avrò comunque il mio debito saldato, che vi piaccia o no”.
“Libera di fotografare Ranmachan quando preferisci” commentò, ignorando le proteste di Ranma.
“Quello lo faccio già, non mi basta...” sospirò Nabiki, pensando ad un adeguato compenso. Mentre rifletteva una mano afferrò la sua e le piazzò centomila yen sul palmo.
“Io purtroppo non sono tua sorella e non voglio avere debiti con te” disse Ukyo “quindi ecco a te i tuoi soldi e io mi riprendo Ryoga!”.
Quest’ultimo, se avesse avuto una coda, avrebbe scodinzolato tutto contento attorno ad Ukyo, felice di essere finalmente libero da quella prigionia.
“Hmmm... si, direi che per oggi posso ritenermi soddisfatta” annuì Nabiki, contando le banconote “mentre io e te ce la discuteremo dopo, sorella”.
“So dove abiti” sorrise Akane sarcastica mentre scendeva dal palco trascinando Ranma per una mano. I due vennero subito imitati da Ukyo e Ryoga.
“T-ti ringrazio Ukyo, n-non so davvero come sdebitarmi...” piagnucolò quest’ultimo, quasi prostrandosi ai piedi della ragazza.
“Quello era il frutto di una giornata piena al mio ristorante...” commentò seria “tranquillo, troverai il modo di... ringraziarmi”.
Ryoga notò il modo in cui Ukyo calcò particolarmente su quell’ultima parola, e il sorrisetto che prometteva parecchie cose. Ma non essendo particolarmente sveglio, si chiese se fossero cose brutte o meno.
Intanto Ranma era impegnato a mettere il broncio ad Akane come un bambino di sei anni.
Era contento che l’avesse tirato fuori di lì e a un prezzo enorme, per di più: l’avarizia di Nabiki Tendo trascendeva i legami familiari. Ma non poteva fare a meno di sentirsi piccato... insomma, se si era immolato con quella strozzina di sua sorella l’aveva fatto per lei!
“Pensi di tenermi il muso ancora per molto?” chiese Akane, tanto per rompere il silenzio.
“Finché mi va” borbottò lui, non trovando risposte più sagaci.
"Oh, va bene bimbo Saotome. Puoi fare le smorfie per quanto ti pare. Tanto questo non ti libererà dal nostro appuntamento" sogghignò.
...
Akane.
Aveva.
Pronunciato.
Quella.
Parola.
Di.
Fronte.
Alla.
Intera.
Scuola.
...
E non era paga. Oh, nossignore.
Prese il megafono che Nabiki, nel loro battibecco, aveva lasciato cadere per terra.
Ranma divenne viola. Ma non per modo di dire. Sapete, si usa dire "diventare viola" per esasperare uno stato di imbarazzo. Nel suo caso, invece, lui divenne realmente viola. Quel bel viola scuro che a teatro dicono porti sfiga.
Se lo portò alla bocca.
"Stammi bene a sentire, Furinkan. Io e questo rozzo, maleducato e insensibile ragazzo stiamo assieme. E non solo di nome, ma di fatto. Io e lui... ci amiamo. Mi avete sentito bene? Ci amiamo!".
Poi fece cadere lo strumento con un gesto plateale mentre si gustava lo scenario circostante: i Kuno che si guardavano con la faccia ancora più rincretinita del solito; facce più o meno sconosciute nella platea che mormoravano e commentavano e manifestavano apprezzamento o diniego o incredulità; Nabiki che non credeva alle sue orecchie.
Non aveva assolutamente calcolato la reazione di Ukyo che, senza preavviso alcuno, la abbracciò con vigore congratulandosi con lei.
Come se non lo sapesse da tempo, lei. Tsk. Ti paiono reazioni consone?
E mentre cercava di divincolarsi dall'eccessivo affetto della sua cara amica le cadde l'occhio sull'altra metà della coppia. Che sembrava non stesse neanche respirando.
"Ukyo, per favore, mollami. Non vedi che Ranma è cianotico?" disse, preoccupata. Al che l'altra la mollò istantaneamente. Insieme si avvicinarono a lui e cercarono di rianimarlo, presto raggiunte anche da Ryoga.
"Ranma! Ranma! Che ti succede?".
"... Akane...".
"Cosa c'è?".
"... questa... te la... faccio pagare...".
"Oh no" rispose l'interpellata con un sorriso sbruffone "perché non c'è niente da pagare. Siamo pari, adesso. Considerala la tua punizione per essere caduto con tutte le braghe nella rete di Nabiki, pur sapendo in cosa ti stavi impantanando. E poi per quanto volevi tenerlo nascosto? Non eri tu quello che aveva deciso di abbandonare gli schemi del passato e di imboccare un nuovo, luminoso sentiero?".
Lui non rispose. Aveva un tale turbinio di emozioni, pensieri e stati d'animo dentro di sé che qualunque cosa avrebbe potuto dire o fare sarebbe stata imprecisa, incompleta e irrazionale.
Trovò solo la forza di incamminarsi verso casa, distrutto dall'odissea che aveva appena vissuto, seguito dagli altri tre sotto lo sguardo stupefatto dell'intero corpo studentesco del liceo.
Non ebbe da ridire quando Akane, con un sorriso extralarge, gli prese il braccetto. E non ebbe da ridire quando Ukyo fece lo stesso con Ryoga, per sua immensa gioia e imbarazzo.

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Capitolo 17
*** Caldane, film di Hong Kong e Battisti in libertà ***


Le conseguenze della piccola sceneggiata di Nabiki non tardarono ad arrivare.
La notizia che Ranma e Akane avevano finalmente deciso di ufficializzare la loro relazione era infine giunta alle orecchie di Soun e Genma che subito avevano cominciato ad organizzare il matrimonio, il secondo tentativo, coinvolgendo persino Nodoka affinché tutto si svolgesse senza intoppi.
Ovviamente il fatto che i due piccioncini non volessero saperne di sposarsi era un dettaglio del tutto trascurabile agli occhi dei loro padri, ormai lanciati nell’allestimento della cerimonia.
Fortunatamente, con molta fatica -e insulti, lotte, urla che andavano da “Noi non vogliamo sposarci adesso!” a “Vogliamo almeno aspettare di finire il liceo!” fino a “Prova a mettermi le mani addosso per infilarmi quel tight e casa Tendo avrà un nuovo tappeto di pelo di panda!”-, si arrivò ad un accordo: la decisione su quando sposarsi stava solo a Ranma e Akane. Dal canto loro Soun e Genma si sarebbero impegnati a non organizzare più nozze in segreto. Almeno fino alla fine del liceo.
“Peccato, avevo già preparato gli inviti... e tutti quei bei regali di nozze che avrei potuto rivendere!”.
“Nabiki sparisci, hai già fatto troppi danni!” ringhiò Akane, che non aveva ancora perdonato la sorella per le conseguenze dell’asta. La compravendita in sé in realtà l’aveva trovata anche piuttosto divertente.
“Come sei rancorosa, sorellina” trillò Nabiki, uscendo dalla camera di Akane “ti verranno le rughe prima del tempo! E a Ranma le cariatidi rugose non piacciono!”.
Schivò appena in tempo un cuscino lanciato da Akane, e chiuse la porta ridacchiando.
Akane sbuffò, ma lasciò perdere: aveva cose ben più importanti del sarcasmo di sua sorella di cui occuparsi. Tornò ad osservare il suo riflesso nello specchio, facendo una piroetta.
“Ok... ci siamo. Credo”.
Già, ci siamo. L'appuntamento.
Quei due pazzi furiosi di suo padre e Genma volevano organizzare il matrimonio quando loro due non erano neanche mai usciti assieme in modo serio? Che razza di persone erano? Un po' di sale in zucca, diamine.
Sbuffò. Da una parte era anche abituata a tutta quella foga da parte dei rispettivi genitori, che dopo i mille e più casini successi da quando si conoscevano non vedevano l'ora di vederli impalmati e sistemati per sempre. Dall'altra la fretta che non mancavano mai di mostrare la irritava oltremodo, e per fortuna Ranma era della stessa opinione.
Oh gente, insomma. Qua nessuno ha mai detto che io e lui non ci sposeremo mai. Anzi, a meno di litigi senza possibilità di ritorno sarà... sarà... una bella cosa quando succederà. Però cavolo, non abbiamo neanche ancora diciotto anni. Cosa vi morde la coda, un cane con la rabbia? Facciamo le cose con calma, e soprattutto quando saremo pronti.
E al momento io non mi sento pronta a prendere un simile impegno. Sposarsi significa stare insieme per tutta la vita, mica andare a funghi una volta e poi ciao. Abbiamo ancora un sacco di cose da chiarire, sistemare, concordare. Dobbiamo... ah... ah... per la miseria, se non riesco a dirlo neanche a me stessa vuol dire che i tempi non sono maturi. Ma proprio per niente.
A cuccia, su.
Stava per fare qualcosa, neanche lei sapeva cosa, per togliersi l'imbarazzante pensiero dalla testa quando Kasumi entrò senza bussare in camera sua.
"Uh?" disse, meravigliata di vederla lì "Qualcosa non va?".
La sorella le sorrise, come suo solito. "No. Ma non hai sentito suonare il telefono, scusa?".
"Ah. No, a dire il vero no. Ero pensierosa".
"È per te. Ukyo".
Ukyo? Cosa poteva volere?
Scese rapida le scale e raccolse il ricevitore.
"Pronto?".
"Akane, ciao".
"Ciao Ukyo. Tutto bene? Successo qualcosa?".
"Cos'è tutta 'sta apprensione? Tranquilla, è tutto ok. Una non può neanche telefonare ad un'amica?".
"Certo che può. Ma, a meno che tu non sia in vena di spendere soldi tanto per, avrai pur qualcosa da dirmi".
"Sì, in effetti sì".
"E cosa?".
"Ascolta, con Ryoga abbiamo parlato e... ecco... ci era venuta in mente una cosa...".
"... sarebbe?".
"Diglielo tu. Io mi vergogno troppo" disse la cuoca rivolta a qualcuno che non era Akane.
Si sentirono rumori di una lieve colluttazione dall'altra parte della cornetta. Akane rimasse imbambolata con la cornetta in mano, chiedendosi quale gas stesse avvelenando i due abitanti dell'Okonomiyaki Ucchan.
Finalmente qualcuno diede un segno di vita. Era ancora Ukyo. "Akane, perché... non facciamo quella famosa uscita a quattro?".
Akane sgranò gli occhi. Quei due si erano finiti le scorte di sakè del ristorante, per caso?
“Ukyo, starai scherzando spero!”.
“Perché? Quando te l’ho proposto la prima volta eri d’accordo, mi sembra...” piagnucolò Ukyo all’altro capo del telefono.
“Non sperare di impietosirmi con quel tono di voce da bambina offesa, Kuonji”.
“Umph”.
“E poi... come posso dire di sì a un’uscita a quattro se non ho ancora avuto il mio appuntamento?” sussurrò Akane, e fu il suo turno di piagnucolare.
“Oddio è vero...” disse Ukyo “era oggi, giusto? Che sbadata sono, mi dispiace!”.
“Non fa niente, non ricordavi...” disse, interrotta da altri suoni di baruffe e discussioni.
“Ehm, ragazzi...?”.
“Senti, ho un’idea” rispose nuovamente Ukyo, con il tono affaticato di chi ha appena vinto una battaglia “perché non venite qui stasera? Godetevi il vostro appuntamento tranquilli, poi ci raggiungete per cena! Che ne dici?”.
Akane ci pensò su. Non sembrava poi un’idea malvagia.
“... così poi mi racconti tutto!”.
Scoppiò a ridere. Ecco dove voleva andare a parare.
"Sei tremenda, Ukyo. Peggio della comare più attempata del vicinato" la accusò bonariamente Akane.
"Oh, senti. Il primo appuntamento è una cosa importante e, in quanto tua amica del cuore -spero- voglio essere tenuta aggiornata costantemente. Io ti ho ben detto tutto tutto tutto del mio primo appuntamento con il m... Ryoga. Cribbio, vuoi stare zitto un momento? Sono al telefono, se non te ne fossi accorto!".
Akane staccò il ricevitore dall'orecchio e lo guardò come si potrebbe guardare un omino verde che scende dalla sua astronave e chiede trenta chili di plutonio per fare il pieno.
Voglia di sentirli azzuffarsi per chissà quale motivo non ne aveva, pertanto la salutò sbrigativamente confermando comunque il piano da lei proposto. Per quanto la facesse ridere non vedeva nulla di male nel raccontarle i loro exploit.
Chiuse la conversazione, ridacchiando ancora per la faccia tosta di Ukyo.
Ritornò in camera sua. Mentre saliva le scale rifletté su cosa si sarebbe messa per l'occasione. Almeno lei, al contrario di Ranma, aveva un guardaroba sufficientemente fornito per occasioni del genere senza dover andare a fare appositamente compere.
E poi c'era l'esperienza recente con Ukyo, che senza falsa modestia le era uscita davvero fantastica. Poteva attingerne a piene mani. Magari solo meno scollata.
"... ammettendo che a me vanno benissimo così come sono".
Ok, e scollatura sia. Questa mercanzia ho e questa esporrò.
Sentì il cuore batterle più forte a pensare di sé in questi termini. Non era per nulla avvezza a mostrarsi... sensuale.
Contò di farci l'abitudine a breve.

"Forza bellezze, è tempo di uscire dalla naftalina" disse a mezza voce Ranma mentre tirava fuori dal rivestimento protettivo il suo completo chic.
E, incredibilmente, era davvero chic. O quantomeno non era la pacchianitudine fatta vestito. Alla fine aveva comprato il completo gilet cravatta e camicia. Una cosuccia molto sobria ma che gli stava decisamente bene.
A pensare che 'sti abiti mi hanno fatto finire dentro una gabbia nel bel mezzo della scuola...
Strinse un pugno, reprimendo a stento la voglia di entrare in camera di Nabiki e mettergliela a soqquadro per il puro gusto di vendicarsi.
Era pur vero che, da una parte, tutti gli abitanti di casa Tendo dovevano prostrarsi in ginocchio di fronte a lei se avevano tutti i giorni qualcosa da mangiare. Ma questo non le dava il diritto di trattarli come pezze da piedi o sub-umani.
Un giorno gliel'avrebbe fatta pagare in qualche modo. Un giorno.
Ma non quel giorno. Quel giorno era suo e di Akane e nessuno, nessuno si sarebbe messo in mezzo. Che lo volesse o no.

Akane fece un’ultima giravolta davanti allo specchio, osservando con occhio critico la mise che aveva scelto.
Si morse il labbro inferiore, pensando che aveva affrontato battaglie molto più semplici dell’organizzazione di questo appuntamento.
A sentir parlare le sue amiche era tutto bello ed incredibilmente emozionante: insomma, devi farti bella per il tuo lui, la scelta degli abiti viene da sé! E il figurone è assicurato, il tuo principe cadrà ai tuoi piedi!
Certo, perché nessuna di loro ha un fidanzato come Ranma, pensò.
Non che avesse più nulla di cui preoccuparsi, soprattutto dopo quelle scuse tanto sentite e... beh, quel simpatico commento sulle sue misure che le aveva risollevato il morale non poco.
Ma certe insicurezze sono difficili da mandar via, soprattutto quando sono tanto radicate nella tua testa.
Sarò abbastanza carina?
Gli piacerà il mio look o mi prenderà in giro?
Mi dirà che sono femminile come un camionista?
Scosse la testa prima di cadere di nuovo preda delle paranoie. No, stavolta sarebbe andato tutto bene. Niente bisticci -beh, magari qualcuno-, niente insulti, niente di niente. Solo lei e Ranma. Finalmente.
Si guardò un’ultima volta, e annuì con decisione verso il suo riflesso. Poi lasciò la sua stanza e scese di corsa le scale.
Al piano terra trovò Ranma ad aspettarla, e quasi il cuore saltò un battito.
“Ce ne hai messo di tempo, maschiaccio”.
Non diede nemmeno peso alla frase, troppo impegnata a squadrare Ranma dalla testa ai piedi.
“Allora?” chiese lui, quasi intuendo i pensieri della fidanzata; fece una piroetta davanti a lei, tanto per farsi ammirare. Non lo avrebbe mai ammesso, ma certe volte persino il suo ego stratosferico aveva bisogno di qualche rassicurazione. Soprattutto da Akane.
“Io... io non ho parole” balbettò quest’ultima “sembri... sembri un normale essere umano!”.
“Hmph, non hai altro da dire?!” borbottò Ranma, piccato.
“Scherzavo, scherzavo” trillò Akane, prendendolo a braccetto “sei proprio carino vestito così!”.
“Soltanto?” chiese lui, fingendosi ancora offeso; in realtà era impegnato a non morire d’imbarazzo osservando Akane e la sua mise decisamente... provocante? In realtà era un accostamento piuttosto semplice e per nulla audace, ma tra la gonnellina e la scollatura -che su Akane aveva visto davvero di rado- non sapeva su cosa svenire prima. E soprattutto stava cercando un modo per dirglielo senza sembrare goffo, o sdolcinato, o passare per pervertito, o finire per litigare.
Ecco, non avevano ancora messo piede fuori di casa e il suo neurone l’aveva già abbandonato a se stesso. Stupido ingrato.
"Oh porca eva! Aspetta, non ho chiuso il gas!" esclamò ad alta voce il suddetto neurone, che velocemente tornò indietro rientrando nel lobo temporale.
"Sei... sei meravigliosa" disse Ranma senza neanche averne l'intenzione cosciente. Le parole fluirono da sole e rispecchiavano i suoi più profondi sentimenti.
"R-Ranma... dici... dici sul serio?" fu la domanda che Akane, piantatasi come un palo per lo stupore, gli rivolse.
"Ci... ci puoi giurare".
"...".
"...".
I due si guardarono inebetiti. In quel minuto si erano detti più cose che nel primo anno della loro convivenza. Complimenti in maggior quantità e più sinceri.
Fu un attimo.
Le mani di Akane scivolarono sulle guance di Ranma, mentre le braccia di lui le avvolgevano la schiena.
Il bacio che ne seguì fu l'avvenimento più spinto che si erano mai concessi fino a quel momento. Lungo e alla francese.
Quando si staccarono stavano ansimando.
"Noi... noi l'abbiamo fatto davvero?" chiese lui, straniato in maniera molto piacevole.
"Direi di sì" confermò lei, altrettanto scombussolata ma soddisfatta.
"E se... lo rifacessimo?".
"Si può fare. Ma non adesso. Mica vorrai bruciarti subito le cose migliori, spero".
Ranma sbuffò. Quel contatto era stato così passionale... così... bello...
"Dai, non fare i capricci. Dopo replicheremo. Te lo prometto" miagolò lei, con un tono che assomigliava pericolosamente a quello che ai tempi era stato di Shan-Pu.
Lui si sciolse come un panetto di burro a sentirla parlare così. Trovò giusto la forza di stringerle la mano e di cominciare a camminare verso...
Verso dove? Dove sarebbero andati?
"Akane...".
"Mh?".
"Dove stiamo andando?".
"Oh. Sai che non ne ho idea? Che dici, hai qualche proposta?".
Mentre passeggiavano Ranma cercò una risposta soddisfacente. E si accorse che non è il tipo a cui piace studiare tutto nei minimi dettagli. Era sempre stato quel tipo di persona che prima agisce e poi riflette.
Pertanto, per non smentirsi, disse la prima cosa che gli venne in mente.
"Cinema?". Sembrava che a parlare fosse stato un pulcino.
"Ma sai cosa danno?".
"No. Non... non vuoi?".
Akane sorrise fra sé e sé. Vederlo in panni a cui era così poco abituato ne esasperava la tenerezza. Decise che, almeno per quella volta, non avrebbe posto ridicoli paletti.
"No no, va benissimo il cinema".
Non importava, davvero. Per quel che la riguardava potevano sedersi in mezzo a un prato a contare i ciuffi d'erba. Non contava nulla cosa avrebbero fatto, né dove. Contava solo che fossero loro due. Vicini. Innamorati.
-
"Incredibile. C'era un film di Jackie Chan!" disse contentissimo Ranma mentre usciva trotterellando dal cinema. Akane, due passi più indietro, lo guardava come una mamma guarda suo figlio mentre sta giocando ai robottoni invisibili. Meno male che di solito le mamme non si sentono attratte fisicamente dalla propria prole.
"Sì, siamo stati fortunati. Ed era pure un bel film".
"Beh, immagino che tu abbia preferito le scene romantiche a quelle di azione...".
"Non particolarmente. Devo dire che c'è stato un buon equilibrio, e comunque la coreografia era eccellente. Insomma, sono pur sempre la figlia di Soun Tendo e ho ereditato la sua passione".
"Ho un'idea!" trillò Ranma girandosi verso di lei.
"E sarebbe?".
"Facciamo di questo Miracles il nostro film".
Akane inarcò un sopracciglio. “Intendi come... avere una nostra canzone?”.
“Si beh, qualcosa del genere...” ammise lui, arrossendo “Non sono così ferrato in musica, quindi credo che la canzone la lascerò scegliere a te. Però... insomma, è il nostro primo appuntamento -serio, specifichiamolo- e... beh, questo film è un ricordo di questa giornata! Non... non credi?”.
Ranma guardò la fidanzata con occhi sgranati, temendo di aver sparato una cavolata.
Akane lo osservò, riflettendo. Voleva davvero che un film di Jackie Chan diventasse il LORO film?
Davvero le sembrava opportuno rispondere Miracles quando Ukyo, le sue amiche -e le sue sorelle, e zia Nodoka, e quegli impiccioni di Genma e suo padre, persino i suoi figli in un futuro prossimo!- le avessero chiesto qual era il film che suggellava la loro storia d’amore?
“Si, si può fare!” sorrise, annuendo con convinzione. D’altronde, come aveva detto prima, era un film di arti marziali, per di più di Jackie Chan. Cosa c’era di più appropriato per due come loro?
Il sorrisone da bambino stampato sul volto di Ranma non fece che rafforzare la sua convinzione. Trotterellò accanto a lui e lo prese per mano, trascinandolo chissà dove.
“Comunque, per tua informazione” proseguì “una coppia non sceglie la propria canzone!”.
“Ah no?”.
“Certo che no, ma ti devo spiegare tutto?” rise “La canzone è casuale, di solito è quella che piace a entrambi, o si sta ascoltando mentre si balla, o ci si bacia per la prima volta o...”.
“Quindi se mentre ci baciamo passa il carretto dei gelati ci facciamo andar bene il jingle?”.
“... idiota”.

“A che ora hanno detto che sarebbero arrivati?”.
Ukyo guardò l’orologio. Erano ormai le venti passate.
“Non ci siamo date un orario” rispose, pulendo il bancone “ha detto solo che sarebbero passati per cena...”.
“Secondo me l’hanno dimenticato” commentò Ryoga, stiracchiandosi.
“Dici che il loro appuntamento è andato così bene?”.
“O questo, o Akane ha ucciso Ranma per qualche stupidaggine delle sue e ha abbandonato il cadavere lungo il fiume”.
"Sei divertente come un annuncio mortuario" lo fulminò lei, pur sorridendo. La battuta era sin troppo pesante. E poi, da come l'aveva sentita prima, Akane era davvero vogliosa di questa uscita. Doveva essere successa l'apocalisse per rovinare tutto.
Ryoga stava per rispondere quando...
VRAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAM.
"Miracoli per tutti, gentili clienti dell'Ucchan!" gridò con voce stridula Ranma spalancando la porta del ristorante.
Ukyo e Ryoga, non appena lo sentirono, si voltarono nella sua direzione. E gli occhi abbandonarono le loro cavità andando a farsi un giro.
Innanzitutto era vestito come una persona con un minimo di senso estetico. In secondo luogo era iper-eccitato come un bambino di sei anni che riceve la macchinina tanto desiderata, al punto di saltellare mentre si avvicinava al bancone. In terzo luogo, e di questo se ne accorse solo Ukyo, aveva la faccia impiastricciata di rossetto.
Oh. Prevedo un resoconto succulento, miss Tendo.
La quale Tendo giunse pochi istanti dopo. Si appoggiò un secondo al muro, non appena fu dentro, per rifiatare. Ad occhio lo aveva inseguito invano.
"Anf... scusa Ukyo, non volevo... anf..." si giustificò.
"No, tranquilla".
"Il carretto passava e quell'uomo gridava «Gelatiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!»" disse il codinato una volta giunto di fronte alla cuoca. La quale, comprensibilmente, lo guardò chiedendosi quale varietà di slime radioattivo gli fosse caduta in testa.
"Che cos'ha? Sta bene? Cos'è che blatera sui gelati?" chiese allungando lo sguardo verso Akane, cercando di scostarlo dal proprio campo visivo.
"Non badare a quello. Una stupida cosa sulla nostra canzone. Lascia perdere" fece lei, sconsolata.
"Avete fame?" chiese la padrona di casa per cambiare argomento.
"Mangerei un intero cinghiale senza neanche spellarlo" fu l'elegantissima risposta di Ranma.
"Chi credi di essere, Obelix?" rise Akane dietro di lui, mettendogli una mano sulla spalla.
"Obesix?".
"... non parlare più. Due okonomiyaki, Ukyo. Grazie".
"Certamente. Ma prima...". Dicendo questo si fece sotto ai due e prese Akane per un braccio trascinandola nel retro.
"Che cavolo fai, Kuonji?" protestò quella.
"Tu hai da raccontare, cara mia".
Quando giunsero a destinazione la lasciò andare. Poi prese a fissarla.
"Parla".
"Che ti devo dire?".
"No, nulla. Ad esempio perché il tuo rossetto si è magicamente spostato dalle tue labbra alle guance di Ranma".
"... oh".
Ukyo la fissava con lo sguardo da predatore in attesa della sua preda.
“Beh...” iniziò Akane, giocando con una ciocca di capelli “sai, prima di uscire di casa c’era stato quel bacio... così appassionato, non era mai successo!”.
“Uuuh! Ha fatto miracoli il cambio di look!”.
“Non solo quello eh... anche i suoi complimenti hanno avuto un ruolo considerevole nella faccenda...”.
“Che ti ha detto?” trillò Ukyo trattenendo l’emozione a fatica. Akane sorrise maliziosa, pregustandosi la reazione dell’amica.
“Ha... detto che... sono meravigliosa” sussurrò, avvampando. Tanto bastò ad Ukyo per lanciare un urlo talmente acuto da far abbaiare i cani di tutto l’isolato e far borbottare qualcosa a Ryoga riguardo i vetri che rischiavano di rompersi.
“Guarda che non c’è bisogno di urlare così!” disse Akane con le mani ancora sulle orecchie.
“Scusami, è solo che... oddio, è così romantico!” squittì, e Akane non riuscì a non imitarla.
“Certo che quel bacio dev’essere stato proprio focoso” commentò Ukyo, dopo essersi calmata “tutto quel rossetto...”.
“Oh no, quello è stato dopo” ammise Akane “al cinema, sai...”.
“... Akane Tendo. Sono sconvolta da tale affermazione! Vi siete nascosti al cinema per pomiciare?”.
“N-no!” si affrettò a correggere il tiro Akane “Cioè, non solo... insomma, il film l’abbiamo visto! Sul serio!”.
“Ah si? E che film era, sentiamo?”.
“... un film di Jackie Chan”.
“... stai scherzando?”.
“Non era brutto, a me è piaciuto...”.
“Perché la cosa non mi sorprende?” disse Ukyo, alzando gli occhi al cielo “D’altronde in qualche modo dovete pur farvi riconoscere...”.
Akane mise il broncio, fingendosi offesa.
“Su su, scherzo” la rassicurò la cuoca, prendendole le mani “dicevi quindi del cinema? A quanto pare è davvero il luogo migliore per... certe cose”.
“In effetti...” ridacchiò la più piccola delle Tendo “ma molti di quei baci glieli ho dati dopo il film...”.
“Ma come siamo audaci!”.
“Disse quella che aveva proposto a Ryoga di spiarlo mentre si cambiava”.
Stavolta toccò ad Ukyo arrossire come un peperone. “Era... era stata un’idea estemporanea, dettata da fattori esterni e...”.
“Ah ora si chiamano fattori esterni? Pensavo volessi solo sbirciare il suo fondoschiena...”.
“Akane!” urlò Ukyo, imbarazzatissima. Anche se, lo sapeva, l’amica non aveva torto per nulla.
“Piuttosto” continuò “questa cosa dei gelati di cui blaterava Ranma, me la spieghi?”.
-
Mentre le ragazze erano impegnate a spettegolare, Ryoga assisteva impotente al decadimento cerebrale di quello che era stato il suo degno avversario e storico nemico-amico.
Aveva chiacchierato di gelati e Jackie Chan per almeno venti minuti, senza che Ryoga riuscisse a trovarci un filo conduttore che gli sembrasse sensato.
Si chiese se questo era il destino riservato a tutti i ragazzi che si innamoravano o se Ranma Saotome era un caso a parte che meritava studi sociologici approfonditi.
Si trovò anche a chiamare Ukyo più di una volta pur di farlo smettere. Ma non servì, visto che la sua... uhm, ragazza? Fiamma? Più-che-amica-ma-meno-che-qualcos'altro?... insomma, lei... ecco, lei era occupata a fare il carico di gossip con la sua compare.
L'uomomaialino si risolse a sopportare stoicamente le farneticazioni di quello che una volta era stato Ranma Saotome e che in quel momento, a giudicare da come si stava comportando, era un bimbo di due anni imprigionato nel corpo di un diciassettenne.
No, sul serio. Ripeteva ossessivamente di un certo jingle dei gelati, di Jackie Chan che scappava sul risciò e di miracoli sulla Trentaquattresima.
Poi, così com'era venuta, la follia parve andarsene.
Ranma lo guardò, la faccia stravolta. Sbatté le palpebre un paio di volte, come se si fosse appena svegliato. "Ryoga, dove... dove siamo? L'Ucchan?".
Fu lì che il disperso si accorse lucidamente delle macchie di rossetto sul suo viso.
"Ranma, stai bene? Hai passato l'ultima mezz'ora a delirare".
"Io... deliravo?".
"Più o meno. Io non vado al cinema, ma dubito che nell'ultimo film di Jackie Chan l'omino dei gelati sia poi così importante".
"O kami. Ero così sovreccitato da parlare a vanvera...".
"Non che ti serva la sovreccitazione, eh. Ma quindi devo dedurre che il tuo appuntamento è andato a buon fine?".
A questa domanda Ryoga si sentì afferrato per le braccia. Il suo istinto combattivo lo portò ad irrigidire i muscoli, ma a parte questo non reagì.
"Non hai idea quanto".
"Sì che ce l'ho. Sei rosso in faccia".
"Che dici? Non mi sento imbarazzato".
"Parlo del rossetto".
"...".
"Tu e Akane dovreste fare più attenzione quando vi date alla pazza gioia".
"A proposito, dov'è? E Ukyo?".
"Sono nel retro. Penso stiano parlando in maniera approfondita della vostra uscita".
"Occavolo. La mia reputazione è spacciata!".
Ryoga non poté trattenersi dal ridere fino a sentire dolore alla pancia. Ranma... e la sua reputazione...
"Grunf. Non sei spiritoso" lo apostrofò acidamente prima di risolversi a raggiungerle e cercare di salvare il salvabile. Ma non fece in tempo a fare due passi che le vide tornare verso la sala, intente a ridacchiare e parlottare.
Quando lo vide, Ukyo non riuscì a trattenere una risata, che andò ad unirsi a quella di Ryoga.
“Akane, che le hai detto?” ringhiò Ranma in direzione della fidanzata, che per tutta risposta lo guardò col più innocente dei suoi sguardi.
“Io? Nulla, davvero... le ho solo fatto un riassunto del nostro appuntamento, tutto qui!”.
Ranma si sentì mancare la terra sotto i piedi. Tra questo e il suo stato delirante, aveva dato decisamente spettacolo.
“La mia reputazione...” piagnucolò, accasciandosi su una sedia.
“Reputazione? Quale?” chiese Ukyo, difficile dire se scherzasse o fosse una domanda seria.
“Ah ah. Simpatica Ucchan, davvero”.
“Lo so, Ranchan, lo so” rispose, mimando un inchino in direzione del suo migliore amico. Lo guardò per un attimo, sorridendo. Era bello poterlo definire ancora tale, senza dover più soffrire o provare gelosia. Erano ancora amici, forse più di quanto lo fossero mai stati in passato, e stavolta senza secondi fini o sotterfugi. E a giudicare dall’espressione di Ranma, il ragazzo la pensava allo stesso modo.
“Bene, visto che siamo tutti qui che ne dite di fare questa benedetta cena a quattro?” trillò Ukyo, allacciandosi il grembiule e tornando dietro al bancone.
La serata fu una di quelle difficili da dimenticare, quantomeno per un quartetto sui generis come loro: niente feste scatenate o alcol a fiumi -quello aveva fatto fin troppi danni, nei giorni passati-, solo quattro adolescenti che per una volta si comportavano davvero come tali, dimenticando rancori passati, gelosie e battaglie. Chiunque, passando davanti al locale in quel momento, avrebbe sentito solo risate.

“Ma Ucchan è assente?”.
Akane si guardò attorno: in effetti non c’era traccia dell’amica, in aula. La sera prima avevano fatto un po’ tardi in effetti, ma non tanto da giustificare un assenza.
“A quanto pare” rispose, stringendosi nelle spalle “magari era particolarmente stanca...”.
Ranma annuì, prendendo per buona quella risposta.
-
“Ohi, la mia povera schiena...”.
“Non ti facevo così di pastafrolla, Ryoga...”.
“Mica ci hai dormito tu sul pavimento!”.
“Ieri notte non ti lamentavi...”.
L’uomomaialino avvampò.
“L-lo fai sembrare tutt’altro, se lo dici così!”.
“E scommetto che non ti sarebbe dispiaciuto...”.
"UKYO! COSA TI SALTA IN TESTA?".
"Ryoga, maledizione! Cacchio urli come una bertuccia evirata?".
"E-E-Evirata?".
"Stai tranquillo, il tuo affare non te lo tocca nessuno. Nessuno che non sia io, almeno".
Ukyo Kuonji rise come una iena mentre Ryoga Hibiki sveniva, lasciando sotto di sé una macchia di sangue come se lo avessero crivellato di proiettili con un mitra.

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