You are my angel

di Claire66
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rinnegato ***
Capitolo 2: *** Fuga ***
Capitolo 3: *** Ricordi ***
Capitolo 4: *** Indecisione ***
Capitolo 5: *** Villa Conchiglia ***
Capitolo 6: *** La quiete prima della tempesta ***
Capitolo 7: *** Conseguenze ***
Capitolo 8: *** Prugne Dirigibili Molotov ***
Capitolo 9: *** Radio Potter in diretta ***
Capitolo 10: *** Sulle Orme di Felpato - Prima Parte ***
Capitolo 11: *** Sulle Orme di Felpato - Seconda Parte ***
Capitolo 12: *** Greyfriars Kirkyard ***
Capitolo 13: *** I Gallesi ***
Capitolo 14: *** E Pandemonio Sia ***
Capitolo 15: *** Il Sosia ***
Capitolo 16: *** You Are My Angel - La Battaglia di Hogwarts ***



Capitolo 1
*** Rinnegato ***


Rinnegato



"To see a World in a Grain of Sand
And a Heaven in a Wild Flower,
Hold Infinity in the palm of your hand
And Eternity in an hour."



William Blake, fragment from "Auguries of Innocence"



                  
Mai come allora aveva avuto bisogno di riflettere. Stava per prendere una decisione che avrebbe cambiato ogni cosa: la sua vita, la sua appartenenza, il suo futuro. Stava per rinnegare sé stesso, o almeno, quello che era stato fino ad allora. Stava per voltare le spalle a tutto ciò che era certo, per andare verso l'ignoto, in un luogo in cui non era sicuramente il benvenuto, ma questo a Draco Malfoy non importava.
Ormai era deciso a cambiare. Aveva visto troppa violenza, e troppe volte non aveva fatto nulla per impedirla. Anzi, aveva persino contribuito a quella orrenda causa; solo per salvarsi la pelle, troppo debole per ribellarsi, troppo codardo per esprimere le sue vere intenzioni, e cosa più frustrante, nemmeno abbastanza determinato per perseguire con successo gli scopi meschini che gli erano stati presentati come la gloria e gli allori di cui coronarsi. Bè, se non altro ora stava per metter le corna in capo alla causa che non l'aveva mai ricompensato, pensò Draco con il suo solito umorismo strafottente.
Fino a quel momento aveva continuato a comportarsi come si aspettavano da lui, come un discendente di una linea ininterrotta di Purosangue mangiamorte avrebbe dovuto fare. Aveva odiato e detestato i Potter e tutti i Mezzosangue, e l'anno appena trascorso era stato incaricato di uccidere Silente. I tentativi di omicidio, che grazie a Merlino erano falliti, lo tormentavano ogni notte, insieme a tutti gli altri orrori che aveva vissuto.
Forse era stato proprio quell'incarico a premere il grilletto del cambiamento: gli aveva fatto capire che non era un assassino. Le parole di Silente lo avevano scosso profondamente. Le frasi di quel vecchio, che per molto aveva disprezzato, gli avevano fatto comprendere che tutti i rimorsi e i dubbi che aveva provato non erano vani, che se lo voleva poteva cambiare.
La certezza con cui i saggi e penetranti occhi azzurri di Silente avevano trasmesso chiaramente: "Draco, tu non sei un assassino" avevano innescato in lui un nuovo cambiamento, che non avrebbe mai creduto possibile.
Il sentimento di rivolta interiore risvegliato dal modo in cui Silente aveva affermato, con la sua caratteristica e fino a quel momento snervante pacatezza, che poteva provare un sentimento umano come la paura, vibrava tutt'ora dentro di lui come la corda di un'arpa tesa da un folletto dispettoso. Lui, il giovane Malfoy disprezzato da tutti tranne che dalle serpi che nel loro abbraccio mortale lo stavano lentamente stritolando tra le loro spire, fino a far scomparire ogni briciolo di umanità in lui, mai aveva potuto affermare di non essere ciò che i suoi genitori, i Mangiamorte invasati e il Signore Oscuro volevano che fosse.
Desiderava ardentemente impedire che ciò accadesse: voleva disperatamente salvare quanto di buono c'era ancora in lui, e voleva dimostrare che sotto la corazza di malvagità e insofferenza che si era creato c'era altro. La metamorfosi scatenata nella sua mente a partire da quei mesi di tormento era stata un vero inferno, e sapeva che era appena cominciata. Se le cose fossero andate male, cosa assai probabile, la sua trasformazione sarebbe stata grottesca, incompleta, vana e penosa.
Ma non era sicuro di essere abbastanza forte. Non era certo di farcela, né di possedere abbastanza coraggio per un gesto del genere. Probabilmente sarebbe stato rifiutato da entrambe le parti, e lo avrebbero lasciato morire come il rinnegato che stava per diventare; ammesso che non lo fosse già, rimuginò mesto Draco. 
Tuttavia valeva la pena di provare, piuttosto che continuare a soffocare sé stesso fino a che dentro di lui non sarebbe rimasto più nulla, nemmeno un codardo purosangue, solo un corpo vuoto, senza alcuna volontà o sentimenti.
Si ritrovò a pensare a Potter e a sua sorella, a Weasley e alla Granger. Tutto il disprezzo che aveva manifestato verso di loro nasceva prevalentemente dall'invidia. "Che c'è, ora ammetti pure di invidiare la Sanguesporco sottuttoio e lo straccione?" lo derise caustica la sua vocina interiore.
Loro erano dalla parte giusta, nella luce, mentre lui era nell'ombra. Ci era nato. Sia lui che i Potter erano nati con il destino segnato, loro dalla parte giusta, forse difficile da seguire e anch'essa piena di dolore, ma lui non aveva nemmeno avuto scelta. Non che loro ce l'avessero avuta, ma era diverso.
Voleva ribellarsi al suo destino, fare ciò che nessuno si aspettava da lui, dato che l'avevano già etichettato, giustamente purtroppo, come Mangiamorte. Per troppo tempo era rimasto rintanato nell'ombra. Ora era giunto il momento di fare il passo che lo avrebbe portato dall'altra parte del campo di battaglia.
Eppure la paura che così facendo avrebbe scoperto che i troppi anni passati nell'oscurità l'avevano reso cieco, che fosse ormai niente più che un verme albino delle caverne agli occhi dei Potter, e che ormai per lui non fosse rimasta alcuna speranza, era grande.
Certo non si aspettava che gli avrebbero creduto. Ciononostante ripensava di continuo a quando aveva guardato negli occhi Marie, la sorella di Potter, e non aveva trovato nel suo sguardo glaciale il disprezzo e la diffidenza che così spesso li animavano e che vedeva negli occhi del fratello, bensì una sorta di pena, e un briciolo di speranza, persino. Sul momento lo aveva fatto infuriare, giacché non voleva la pietà di nessuno; ma fu proprio quella scintilla di speranza che gli fece prendere la decisione finale. Fosse anche stata un suicidio. "Lo è, anzi magari lo fosse sarebbe meglio…" Insinuò melliflua la voce della serpe parte di lui, ma la zittì, questa volta infastidito da quell'umorismo nefasto.
Per quanto potesse sembrare folle e sconsiderato, sarebbe andato a cercare i Potter e i loro due compagni. Per unirsi a loro. Certo era un'idea folle e impossibile da realizzare, ma poco importava, dato che il solo fatto di averla lo faceva sentire già più libero.

Non sapeva ancora che non avrebbe avuto nessun bisogno di andare a cercarli, perché sarebbero stati loro a venire da lui.
E la sua decisione sarebbe stata messa alla prova.




Angolo dell'autrice

Grazie, lettore, per aver scelto di leggere questa storia. Spero che i prossimi capitoli siano di tuo gradimento, ti prometto che farò di tutto perché siano Tutti i gusti + 1
(Sei avvisato, cavoletti di bruxelles e cerume compresi…)

Qualche informazione per gli avventurieri: i primi 20 capitoli riguarderanno la Seconda Guerra Magica, seguendo il brillante tracciato della stimatissima J.K. Rowling, dopodiché si continuerà nella nuova era. Di conseguenza, alcuni capitoli saranno molto fedeli agli originali, altri invece completamente nuovi, ma sempre con un personaggio inedito: Marie Potter, la sorella gemella di Harry.
Capitolo dopo capitolo, questa strega coraggiosa e determinata fino alla testardaggine (ci ricorda qualcuno? Hem hem Harry…) diventerà familiare, ma non preoccupatevi: sarà sempre piena di sorprese, come tutto il mondo magico!
Auguro a tutti voi buon viaggio, che scegliate scope, polvere volante, passaporta o Thestral, ma vi ricordo che i tappeti volanti sono consigliabili solo se volete finire nell'Ufficio per l'Uso Improprio di Manufatti Babbani dell'adorabile Arthur Weasley, che potrebbe esserne alquanto contrariato.

Naturalmente, ogni gufo da parte vostra sarà un grandissimo onore, e non rifiuto nemmeno Strillettere, ma niente pus di bubotubero prego!
Non importa quanto breve sarà la pergamena, sarò sempre felicissima di rispondere a qualsiasi commento e fornire spiegazioni, se necessario.
Vi invito cordialmente a mandare un gufetto e guadagnare punti per la vostra casa.

Sempre al vostro servizio,
Claire 66

P.S Forse qualcuno dei miei lettori precedenti sta già buttando giù una Strillettera, in fretta e soprattutto furia: domando umilmente scusa e sono desolata per il lungo, lunghissimo silenzio. Anche la vita dei babbani è dura. Ora, con il tempo finalmente a disposizione, ho rivisto e perfezionato i primi 6 capitoli, e giuro solennemente che ne sto pubblicando altri. Questa volta, seguiremo i quattro ed il tormentato Draco fino alla fine della Seconda Guerra Magica, e molto oltre: quella infatti è solo la prima parte.
Chiedo umilmente perdono e rimedierò cullando questa storia fino alla seconda generazione.
Un Caro saluto, Claire


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Capitolo 2
*** Fuga ***


Fuga




A Villa Malfoy si trascinava agonizzante una normalissima giornata, posseduta come al solito da corruzione e violenza, e gli individui che la popolavano erano tutt’uno con quell’aura malsana che aleggiava ovunque. Nessuno ci faceva più caso, faceva parte dell’ambiente come lo era l’aria che respiravano. Solamente una persona veniva lentamente soffocata da quella malvagità. Draco aveva passato una notte insonne come al solito, ma cominciava a sentirsi meglio, dopo essere finalmente giunto ad una conclusione.
All’improvviso il sonoro crack di una materializzazione ruppe l’aria, rimbombando sinistro nel vialetto ormai non più deserto. Un gruppo di Ghermidori proseguiva trionfante verso il cancello, accompagnato dai gemiti soffocati dei loro prigionieri.
Appena udì la voce algida e metallica del cancello, che annunciava l’arrivo di ospiti indesiderati, Draco si precipitò di sotto, allarmato. Percorse in fretta i freddi e austeri corridoi di marmo, fermandosi dietro ad una colonna che precedeva le scale per scendere al piano terra, in ascolto. Quello che udì nei secondi successivi gli gelò il sangue nelle vene. A meno che le tante ore passate a rimuginare non gli avessero fatto evanescere il cervello, rendendo di conseguenza fuori uso anche il suo sistema uditivo, cosa che sperò ardentemente, Greyback aveva appena annunciato orgoglioso a sua madre che avevano catturato i Potter!! Non poteva essere vero! Sperò ardentemente di essere caduto in uno dei suoi incubi, ma il tutto era terribilmente reale, a cominciare dalla maratona che il suo cuore iniziò ad intraprendere.
Ripensò velocemente alla decisione presa nei giorni precedenti. Aveva intenzione di fuggire e iniziare finalmente a dare retta alla parte di lui che fino ad ora aveva sempre soffocato, rischiando di farlo diventare come suo padre.
Ma ora che doveva agire non ne era nemmeno completamente certo, quell’idea gli pareva ancora in parte il vaneggiamento di un Serpeverde i cui geni avevano sporadicamente deciso di modificarsi, sconvolgendo l’intero organismo del malcapitato. Sapeva che d’ora in avanti avrebbe dovuto ragionare a pieno ritmo e in poco tempo, senza darlo a vedere, mantenendo la mente chiusa, altrimenti era finito. Il suo cervello iniziò a lavorare a pieno ritmo, e la fronte gli si imbrattò di sudore freddo. Tutti i pensieri delle precedenti settimane gli rimbombavano nella testa, e ora era il momento di dimostrare che non erano solo vaneggiamenti di un codardo, giovane Mangiamorte.
Tuttavia era ancora indeciso, non poteva nasconderselo. Se avesse agito e fallito si sarebbe ritrovato in una situazione ben peggiore di quella in cui era ora, e la sua precedente natura cercò di farsi avanti. La spinse via prepotentemente, era la sua occasione, e doveva usarla bene. La voce di suo padre che pronunciava il suo nome lo riportò bruscamente alla realtà. Lottò per non farsi prendere dal panico. Aveva la brutta sensazione (o era un terribile brivido di eccitazione?) che tutto quello che stava per succedere avrebbe cambiato drasticamente la sua vita, e questa volta dalle sue decisioni ne dipendevano molte altre.
Realizzò che Lucius lo stava chiamando, e scese le scale con il cuore che batteva a mille.
La scena che gli si presentò di fronte gli mozzò il respiro.
Al centro del salotto, proprio sotto il lampadario, giaceva un gruppo di quattro prigionieri, legati schiena contro schiena, e la luce che li investiva rendeva la loro identificazione anche troppo semplice. Ci mise poco meno di due secondi a riconoscerli, facendo svanire le sue speranze. Evidentemente avevano cercato di mascherarsi, ma la fretta imposta dalla situazione aveva reso il loro lavoro pessimo. Ron ed Hermione non avevano nemmeno tentato di cambiare aspetto, e questo gli tolse ogni dubbio. Si avvicinò a loro, con lo sguardo di suo padre puntato addosso.
“Draco, sono loro?” Così dicendo fece bruscamente voltare i suoi ex compagni, in modo che i due fratelli si trovassero di fronte a lui.
Li guardò, quasi con timore, temeva che le sue paure fossero inesorabilmente confermate.
Il suo precedentemente acerrimo nemico aveva il viso gonfio come se fosse stato punto da uno sciame di vespe, ma la cicatrice si scorgeva comunque, tirata e sformata, sulla sua fronte.  Scostò lo sguardo e lo posò sulla ragazza al suo fianco.
Il suo aspetto era diverso da come lo ricordava: i capelli una volta lunghi fino alla vita ora le arrivavano solamente una decina di centimetri oltre le spalle, e non erano del loro solito colore. Al posto del rosso fenice ora c’era un nero molto simile a quello del fratello, il quale sortiva solo in parte l’effetto voluto, dato che esaltava la somiglianza con il gemello.  Quando i loro sguardi si incrociarono, nonostante i suoi sforzi per evitarlo, notò che anche il colore delle iridi era diverso: al posto dell’azzurro glaciale che spesso aveva cercato di congelarlo c’era un verde smeraldo, ma una cosa era rimasta uguale. Quel bagliore di speranza che già una volta aveva notato c’era ancora, quasi soffocato dalla paura che stava velocemente dilagando nelle finestre delle sue emozioni, ma presente.
Pensò che come travestimento non era male, ma nemmeno lontanamente sufficiente ad ingannarlo.
“Allora?” lo incitò incalzante suo padre, nascondendo a mala pena l’ansia.
Lucius. Cerca di chiamarlo Lucius, si disse Draco. Dovrebbe renderti le cose più semplici. “Si come no” Fece caustica la vocina. Quando si prova a mentire a sé stessi a volte si è proprio ridicoli, non poté far a meno di pensare.
Lottò contro il tumulto di emozioni che lo scuotevano come una tempesta che solo lui poteva avvertire. Se avesse detto la verità, ossia che erano certamente loro, sarebbero stati spacciati, ma se avesse negato, nella remota possibilità che ci cascassero, li avrebbero uccisi o consegnati al ministero, reputandoli inutili. Sempre che non ci arrivassero da soli. Optò per una via di mezzo.
“Non…non ne sono sicuro” Maledizione, gli tremava la voce. Se continuava così se ne sarebbero accorti, doveva controllarsi.
“Draco, sai bene quanto ne beneficeremmo, se consegnassimo i Potter al signore oscuro, ma dobbiamo esserne certi…”
“Spero non si dimentichi di chi è il merito, signor Malfoy” Ruggì minaccioso il lupo mannaro.
“Assolutamente no, no” Fu la distratta risposta.
“Osservalo meglio, non è una cicatrice quella?” Come se non se ne fosse già accorto, cominciava a farsi avanti l’inevitabile.
“Dovrebbe averne una anche la ragazza…” Si avvicinò a Marie, e tese una mano per spostarle la frangia improvvisata che, Draco ne era certo, aveva fabbricato per nascondere il fregio.
Lei spostò di lato il viso con espressione schifata, nel vano tentativo di sottrarsi alle mani, ma così facendo non fece altro che innervosirlo e la presa intorno agli zigomi delicati si fece ferrea. Scostò i capelli. Sotto c’era effettivamente una cicatrice identica a quella dell’altro Potter, seppur più tenue.
“Si si, sono loro…Devono esserlo” Una luce folle cominciava a farsi strada tra quegli occhi solitamente grigi e freddi. Li stava per riconoscere, non poteva evitarlo. Non c’era altra via, dovevano riuscire a fuggire. E potevano farlo solo con il suo aiuto.
In quel momento intervenne sua madre, mostrando due bacchette.
“Un Germidore dice che queste sono loro” Mostrò due bacchette. Notò con sollievo che non erano identiche come avrebbero dovuto essere. Decise di puntare su quello per guadagnare tempo.
“Ma dovrebbero essere identiche, invece non lo sono…” Obiettò, mentre si arrovellava nel tentativo di farsi venire qualche idea. Avrebbe potuto smaterializzarsi, dato che le misure di protezione lo permettevano solamente se un Mangiamorte lo voleva. Ma per questo doveva prima trovare il modo di avere un contatto fisico con ognuno di loro, cosa, ora come ora che era osservato, impossibile. Doveva fare in modo che si trovasse solo con tutti e quattro, inosservato.
Le cantine in cui erano già rinchiusi la Lovegood e Olivander sarebbero state l’ideale, ma purtroppo erano protette da un incanto per impedire la smaterializzazione.
Inoltre era assai probabile che prima di rinchiuderli avrebbero voluto interrogarli.
Un brivido gli corse lungo la schiena. Interrogarli…
“Ma questi sono la mezzosangue Granger e Weasley” Esclamò sua madre, e con questo seppe che non avevano più dubbi.
“Si non c’è dubbio, sono identici ai manifesti, quindi gli altri due sono per forza i Potter!”
“Tu che ne dici Draco?”
“Non so, forse…” Si girò verso il camino per nascondere il viso, sperando che lo inghiottisse…Il camino!
Poteva sempre usare il fuoco come diversivo, ma avrebbe avuto conseguenze disastrose, e inoltre avrebbe rischiato di ferire i suoi genitori. L’avrebbe usato solo in caso di estrema emergenza. Una vocina sarcastica gli suggerì che in emergenza si trovava già, e quella che stava per fare era finalmente un’impresa col botto, ma la ignorò. 
La consapevolezza che stava architettando di abbandonare veramente tutta la sua precedente vita gli fece girare la testa. Certo, lo aveva pensato, ma non credeva di doverlo mettere in atto così tempestivamente.
Avrebbe dovuto abituarsi in fretta a soffocare tutti i vecchi legami, e ciò gli fece pensare che forse far esplodere il camino non era un’idea così malvagia.
La voce che ruppe il silenzio che si era creato fece saltare un battito al suo cuore già notevolmente stressato, e da quel momento iniziò ad avere veramente paura, e per una volta non per sé stesso, ma per qualcun altro. L’unica persona di cui non aveva assolutamente bisogno dopo Lord Voldemort era quella pazza di sua zia, che avrebbe senza dubbio peggiorato all’inverosimile la situazione già precaria.
“Che succede qui?”
La voce imperiosa accompagnò il suono dei tacchi sul marmo, e Bellatrix Lestrange fece il suo teatrale ingresso, dirigendosi immediatamente verso i prigionieri, soffermandosi prima su Ron ed Hermione.
“È la mezzosangue quella?” Chiese con aria incredula e schifata.
“Sì sì, e gli altri sono Weasley e i Potter” Esclamò suo padre, senza più riuscire a controllarsi.
“I Potter? Ne sei sicuro, la ragazza qui non le assomiglia molto” Osservò, dubbiosa. Iniziava ad essere in un bagno di sudore, causa minore anche il mantello che indossava.
“Ma hanno entrambi la cicatrice!”
“Sì? Allora dobbiamo assolutamente chiamare il Signore Oscuro!”
Pronunciò la frase che Draco più temeva, non doveva assolutamente farlo.
Fortuitamente gli venne in aiuto suo padre, senza saperlo.
“Stavo per farlo io. Tu non c’entri niente in questa faccenda.” Disse secco e aggressivo, deciso ad accaparrarsi il merito.
“Siamo stati noi a catturarli!” Affermò, ma non aveva fatto i conti con Greyback, che intervenne furioso, affiancato da alcuni Germidori.
“Posso ricordarle, Signor Malfoy, che siamo stati noi a prendere i Potter…”
“Giusto, e spetta a noi l’oro!” Intervenne un Ghermidore, e Bellatrix si voltò verso di lui, deridendolo sprezzante.
“L’oro, sciocco illuso, non è quello che importa, è la gratitudine dell’…” Non terminò la frase, fissando orripilata ciò che il Ghermidore teneva in mano.
“Cos’è quella? Dove l’hai trovata?” Domandò inquisitoria, con una luce folle negli occhi.
“Spada. Era nella loro tenda. È mia.” Non fece in tempo ad accorgersi di ciò che succedeva che fu schiantato, e i suoi compagni con lui; solamente Greyback reagì in tempo e fece per avventarsi sulla strega, che lo incatenò con un rapido movimento della bacchetta prima che riuscisse a sfiorarla. Il lupo ringhiò minaccioso ma completamente impotente.
“È vero? L’avete trovata nella loro tenda? Dovrebbe essere nella mia camera blindata!” Strillò Bellatrix, la voce rauca e selvaggia più che mai.
“Si…lasciami andare, strega! Lasciami!”
Bellatrix lo liberò, e in tutto quel tempo Draco non aveva ancora trovato un’idea, la situazione stava precipitando. Per un momento abbassò le barriere che aveva creato intorno alla sua mente, e avvertì che qualcuno cercava di penetrare le sue difese, ma non era chi si sarebbe aspettato. Grazie alle lezioni di Occlumanzia che gli aveva impartito proprio quella pazza violenta di sua zia, aveva anche imparato a comunicare telepaticamente, in un certo senso. Per quanto ne sapeva, era molto raro che potesse succedere, perché le due persone dovevano trovarsi entrambe in uno stato emotivo molto forte, in modo che le loro emozioni si espandessero facilmente e incontrollate nei pensieri, i quali dovevano essere ben determinati e indirizzati in modo preciso su una persona in particolare, senza lasciarsi influenzare da qualunque altra sensazione.
Draco lo era decisamente, in uno stato emotivo tumultuoso, e così Marie, che era anche l’artefice di quel disperato messaggio di aiuto. Il suo sguardo cadde su di lei, ed all’improvviso fu come travolto dalla sua disperata richiesta:
“Aiutaci, ti prego, ti prego, aiutaci! Ti imploro, altrimenti siamo tutti finiti. Malfoy aiuto!”
Quel silenzioso urlo di aiuto gli riempì la mente, sconcertandolo. Non credeva che la Potter fosse capace di fare una cosa del genere, ci voleva un certo allenamento. Ma lo inquietò anche, perché se aveva ricevuto il messaggio, significava che la sua mente era pericolosamente accessibile. Gli venne istintivo respingerla, e alzò le barriere che fino a poco prima avrebbero impedito una cosa del genere. Subito dopo si diede dello stupido. Non era lei che doveva respingere!
Tentò di aprire la mente, facendo ciò che nella normale Occlumanzia avrebbe rovinato tutto, ma non in questo caso. Si concentrò sulle proprie emozioni, in particolare sul fatto che aveva effettivamente intenzione di aiutarli.
Consapevole del rischio che correva se fosse stato scoperto, tentò di indirizzarle il suo pensiero, nella speranza che lei riuscisse a riceverlo.
“D’accordo. Posso farvi fuggire se collaborate, ma mi serve qualcosa per distrarli.”
Il loro muto dialogo fu bruscamente interrotto da Bellatrix, che urlò fuori di sé.
“NON chiamarlo Lucius, altrimenti siamo tutti morti!”
“Ma cosa…Come osi darmi ordini!”
“Non capisci, se arriva ora siamo finiti, devo assolutamente capire come sono arrivati in possesso della spada!” Negli occhi aveva una luce folle, e si avventò sui prigionieri.
“Dunque, da dove cominciamo…” Disse, con una calma improvvisa e inquietante.
Fece scorrere lo sguardo sul quartetto terrorizzato, soffermandosi prima sulla Granger, poi davanti ai Potter.
“Perché non sfruttare i legami familiari…Vediamo se Potter vuole davvero bene alla sua sorellina…” Un ghigno perfido le si allargò sul volto, e la precedente follia tornò con tanta velocità quanta era sparita. Separò con un colpo di bacchetta i fratelli dagli altri due, sbraitando ordini.
“Grayback, porta questi due nelle celle!” Urlò.
Ron ed Hermione cercarono di liberarsi dalla presa ferrea del lupo, invano. Ron cominciò ad urlare il nome dei due compagni, Draco avrebbe preferito che non lo facesse. Doveva assolutamente comunicare nuovamente con Marie, ma rischiava di diventare impossibile. L’orrore lo invase quando cominciò a capire che intenzioni aveva Bellatrix.
Scaraventò Harry contro una parete, imponendogli un incantesimo Petrificus prima che potesse reagire. Trascinò invece Marie per i capelli al centro della stanza, proprio di fronte al fratello. Aveva il cuore in gola, non era pronto ad assistere ad una scena del genere, eppure non sapeva cosa fare per impedirlo.
Proprio quando si stava per disperare, sentì di nuovo la sua voce, sebbene fosse alterata e creasse una specie di eco nella sua mente.
“Ghermidori. Borsetta di perline. Bacchette.”
Credette che stesse vaneggiando a causa della paura, stava per essere torturata e gli parlava di borsette di perline? Aveva anche aggiunto bacchette però. Forse era ancora lucida. Guardò i Ghermidori a terra, svenuti. Non poteva avvicinarsi senza essere notato. Maledizione!
Non sapeva se fosse un miracolo che fece accadere ciò che successe, ma proprio in quel momento Bellatrix iniziò a sbraitare ordini anche a lui.
“Draco, porta fuori questa feccia e uccidili, se non ne hai il coraggio me ne occuperò io.”
Sua madre intervenne furente.
“Come osi dare ordini a Draco in casa mia…”
“Smettila, Cissy, non sai quanto è grave la situazione!”
Cercò di eseguire ciò che aveva detto senza dare nell’occhio, e prese due dei Ghermidori che aveva notato portare oggetti sotto le ascelle, trascinandoli malamente giù dagli scalini di marmo verso l’uscita. Non gli venne nemmeno in mente di usare un incantesimo, tanto era agitato.
Si ritrasse in un angolo scarsamente illuminato, approfittando del fatto che erano tutti concentrati sui Potter, e cominciò a cercare disperatamente tra gli oggetti che pendevano ancora dalle spalle del mercante di Nati Babbani. Cercò tra le varie sacche, ma non c’era niente che assomigliasse ad una borsetta di perline. Passò alle tasche interne, e proprio mentre rovistava in una di quelle si ritrovò tra le mani qualcosa di legnoso. Aveva appena trovato le bacchette della Granger e di Weasley! Solitamente le bacchette venivano nascoste meglio, dato che i Germidori cercavano sempre di rivenderle al mercato nero di Nocturn Alley. Senza poter credere alla sua fortuna, continuò con la ricerca. Passò all’altro Ghermidore.
Un urlo gli ghiacciò il sangue nelle vene, ma continuò a cercare, conscio del fatto che la loro sofferenza dipendeva da quanto ci avrebbe messo a trovare quel dannato oggetto.
Cercò nuovamente nelle tasche interne, dove solitamente si mettono gli oggetti più piccoli, ma che non si vuole perdere. Tirò un sospiro di sollievo quando finalmente la trovò, ma rischiò di farsela sfuggire di mano a causa del tremito quasi incontrollabile delle mani. Altre urla echeggiarono nell’aria, questa volta anche maschili. Non poté resistere alla curiosità e aprì la borsetta. Se aveva deciso di credere a quella frase assurda poteva anche prendersi il diritto di aprirla! Fu sorpreso di scoprire che la capienza di quel piccolo oggetto era ben maggiore di quanto ci si potesse aspettare, in quanto vi erano stipate una miriade dei più svariati oggetti, e comprese perché era tanto importante recuperarla. Fece scivolare entrambi in una tasca del mantello, avviandosi nuovamente verso il salotto, con il cuore in gola, in quanto i lamenti e le grida erano aumentate, facendogli temere più che mai lo scenario che si sarebbe trovato davanti.
Marie giaceva a terra ai piedi di Bellatrix, che incombeva su di lei, puntandole contro la bacchetta con un ghigno folle ma preoccupato, emozione che si notava di rado sul suo viso, specie quando tormentava le sue vittime.
Potter era anche lui a terra, nella stessa posizione in cui la strega l’aveva immobilizzato prima che se ne andasse, ma il viso era diventato cinereo, e si scorgevano i solchi delle lacrime appena versate. Non aveva mai visto Potter piangere, né aveva mai considerato che potesse provare emozioni del genere. La sua mente era sempre stata bloccata sull’immagine dell’eroe ficcanaso che rovinava i suoi piani, ma in quel momento si rese conto di quanto era stato sciocco. Sembrava più in difficoltà lui della sorella, sebbene sarebbe stato logico il contrario. Lei giaceva con le labbra strette e contratte, nel tentativo di reprimere le urla di dolore che le maledizioni le causavano, ma lo sguardo era fiero. Certo in quegli occhi, sotto il velo di lacrime che li ricopriva, si scorgeva il mare di dolore in cui nuotava, ma sembrava decisa a mostrarlo il meno possibile, probabilmente per non fare il gioco che Bellatrix voleva. Purtroppo comportandosi in quel modo la provocava, rendendola più violenta.
“È una copia! Lo giuro!” Urlava Potter, ormai disperato per la sofferenza della sorella.
“Una copia, tu dici? Bugiardo!” Bellatrix stava per scagliare un'altra maledizione, ma Draco la interruppe prima che potesse pronunciarla. Sapeva che era una mossa avventata intromettersi, ma voleva assolutamente impedire di udire di nuovo quelle urla angoscianti.
“Ma possiamo verificarlo facilmente”
Sua zia si bloccò, e tutti i presenti che erano in grado di farlo lo guardarono sbalorditi.
“C’è un folletto della Gringott prigioniero nelle cantine, giusto? Lui lo saprà.”
“Va a prendere il folletto” Fu la fredda risposta.
Era l’occasione che aspettava, poteva finalmente raggiungere le cantine senza destare sospetti.
Scese le scale di corsa, ma trovò una brutta sorpresa alla loro fine. Greyback era rimasto di guardia, proprio di fronte alla porta.
“Devo prendere il folletto” Disse con voce fredda e autoritaria, come risposta al suo sguardo indagatore. Estrasse la bacchetta e la puntò verso la serratura, ma una frazione di secondo dopo si voltò fulmineo e, concentrandosi con tutte le sue forze, la puntò sul lupo mannaro, con un unico pensiero:“Stupeficium!”
L’incantesimo fece il suo effetto, ma temeva che sarebbe durato molto meno del normale. Per sicurezza lo immobilizzò con delle funi d’argento.
Entrò velocemente ma con precauzione, temendo che i suoi ex compagni gli tendessero comunque un agguato, credendolo nemico.
“Fermi, non voglio farvi nulla!” Silenzio totale.
“Voglio aiutarvi” La sua voce rimbombò sinistra, ma stavolta gli giunse anche una risposta.
“Tu? Aiutarci? Che cos’è una trappola?” Nonostante sapesse che avevano tutte le ragioni per non credergli lo infastidì parecchio, sapendo che il tempo stringeva. Notò che erano riusciti a liberarsi dalle corde, ma la cosa non lo sorprese troppo.
“Sentite, so che non vi fidate di me, ma siete in guai seri e comunque non avete altra scelta, inoltre la sofferenza dei vostri due amici si sta prolungando” Sapeva che facendo pressione sui Potter probabilmente avrebbe ottenuto che lo stessero a sentire.
“Cos’hai intenzione di fare?”
Era la voce di Hermione, tremante di agitazione e piena di diffidenza.
Invece di rispondere estrasse dal mantello la borsetta e le bacchette, e poté intuire nel buio le loro facce stupefatte e incredule.
“Come le hai…”
“A che gioco stai giocando…”
“Ve l’ho già detto, vi voglio aiutare a fuggire. Queste sono vostre. NON provate a schiantarmi, vi assicuro che ho buoni riflessi e attirereste solo l’attenzione, perdendo il vostro unico alleato.” “Alleato…” fece sarcastico Ron.
Decise che era meglio tralasciare la parte in cui diceva che voleva andare con loro.
“Posso farci smaterializzare, ma dobbiamo essere rapidi.”
Guardò Luna, l’unica a non aver ancora aperto bocca, e Olivander, che non sembrava in grado di reggersi in piedi.
“Ce la fai a sorreggerlo?” Le chiese, leggermente a disagio, gli sembrava di essere in un sogno, o meglio in un incubo.
“Si…Ma tu sei davvero Draco Malfoy?” Chiese con quella sua voce bizzarra. Con una domanda simile gli venne voglia di mandarla a quel paese. E quale goblin lo sa, bella domanda, spostata, pensò Draco.
“Ascoltate, ora prendo il folletto e lo porto di sopra, voi mi seguite ma vi fermate prima che vi vedano. Inizierà a interrogare il folletto, e lì interverrete voi.
Vide che Hermione stava per obiettare, ma un urlo agghiacciante echeggiò di sopra, e Draco accelerò. “Questo perché fino all’ultimo momento dovrà sembrare che io sia contro di voi. Così facendo potrò avvicinarmi ai Potter e portarli dal lato opposto al camino, dove vi dirigerete anche voi. Prima di smaterializzarci lo faremo esplodere, in modo di avere un altro diversivo.”
“Non è granché come piano” Commentò Hermione, scettica e anche impaurita.
“Hai idee migliori?” La fissò con sguardo tagliente, le urla si fecero più disperate e lei distolse lo sguardo.
“No…” 
Non avrebbe mai creduto di avere un’idea, seppur scarsa, in più della Mezzosangue.
Era proprio un segno che i tempi erano letteralmente impazziti. Se qualcuno, chiunque, gli avesse detto che un giorno avrebbe deciso di allearsi ai quattro combattenti per la libertà magica, prima gli avrebbe riso in faccia, poi lo avrebbe schiantato.
Fece segno agli altri di affrettarsi, temeva che iniziassero ad insospettirsi.
Prese il folletto senza curarsi di essere troppo delicato e salì deciso le scale.
Decise che era meglio non pensare nemmeno quante cose sarebbero potute andare storte, perché altrimenti si sarebbe Avadakedavrizzato all’istante. Non si voltò a controllare che la Granger e Weasley non gli facessero qualche tiro mancino, contava sul fatto che erano sconvolti almeno quanto lui. Sbucò nuovamente nella sala e condusse lo sfortunato folletto tra le grinfie di, lo ripugnava solo pensarlo, sua zia. Volse lo sguardo sulla figura riversa sul freddo pavimento di marmo, con la paura di ciò che avrebbe potuto vedere. Fortuitamente non erano visibili molte ferite, tranne due lunghi tagli su un braccio, ma sapeva bene che i terribili effetti della maledizione Cruciatus non si potevano scorgere ad occhio nudo. Sembrava semisvenuta, una lacrima solitaria lasciava la sua traccia sul viso delicato ma spossato; i capelli, tornati al loro colore abituale, formavano una corona infuocata attorno al suo capo, alcune ciocche le ricadevano scomposte sugli occhi, nascondendo la cicatrice.
Fu sollevato nel vedere che il suo petto si alzava e abbassava ad un ritmo regolare. Non seppe perché, ma stranamente era il suo destino che gli stava a cuore più di tutti, e uno dei numerosi nodi presenti nella sua gola si sciolse. Aveva temuto che Bellatrix si fosse lasciata prendere la mano, nonostante sapesse che l’Oscuro Signore sarebbe andato a dir poco su tutte le furie, se uno dei Potter fosse morto per una mano estranea alla sua. 
“Bene bene, Draco…”
L’attenzione della Mangiamorte passò al folletto, lasciando finalmente una tregua ai due gemelli. Dato che non poteva soccorrere Marie, essendo lei ancora ai piedi di Bellatrix, si diresse verso Potter, e incrociò le braccia con un’espressione concentrata, tenendo la bacchetta puntata verso il prigioniero, sperando che in apparenza sembrasse che lo stesse sorvegliando. Sapeva che mancavano pochissimi secondi perché Weasley e la mezzosangue facessero il loro rocambolesco ingresso, o almeno così sperava, perché stava per commettere una mossa a dir poco azzardata.
Si mosse leggermente e puntò in modo più preciso la bacchetta su Potter, stando bene attento a far apparire il tutto casuale, e diresse su di lui un Finite Incantatem non verbale. Era praticamente certo che la cosa sarebbe stata notata, ma fortuitamente un urlo attirò l’attenzione di tutti i presenti.
“Stupeficium!” Lo schiantesimo urlato dal rosso scaraventò Bellatrix contro il duro muro di marmo, facendole perdere i sensi. Hermione non perse tempo, disarmando lei e Narcissa dopo aver schivato le loro maledizioni, e la bacchetta di sua madre, insieme alle altre due che teneva in mano, furono prese al volo da Potter, che era balzato in piedi non appena i suoi amici avevano fatto ingresso, e ne approfittò per disarmare Lucius, che era immobile come una statua di marmo e fissava Draco allibito, con due occhi freddi come il ghiaccio, e un brivido corse lungo la schiena di Draco...
Draco fece per dirigersi verso Marie, quando un ruggito squarciò l’aria, insieme alle voci sconcertate dei suoi genitori, urla che, sebbene fossero dirette a lui, lo raggiunsero appena.
Non ebbe tempo per curarsi delle loro reazioni, perché Greyback stava per avventarsi su Marie. Conoscendo i suoi istinti non credeva nemmeno lontanamente che sarebbe riuscito a fermarsi per usarla come ostaggio, non senza infliggerle gravi ferite.
Senza riflettere si fiondò tra lei e il lupo mannaro, proteggendola con il suo corpo ed evocando uno scudo protettivo.
L’impatto che seguì fece vacillare la sottile barriera in modo allarmante, e capì che non sarebbe durata a lungo.
Nel frattempo Ron ed Hermione erano corsi verso di lui dall’altro lato della sala.
Potter lanciò uno Schiantesimo a Greyback prima che potesse avventarsi nuovamente sulla ormai più che fragile barriera, dopo di che si fiondò anche lui verso di loro.
Prima che scomparissero in un turbinio di colori, Draco fissò sua madre negli occhi e pensò intensamente al luogo in cui erano diretti.




Angolo dell’autrice

Cari lettori, vi ringrazio di cuore per aver scelto di continuare l’avventura!
Se volete mandarmi un gufo o una Strillettera, o fare alla babbana, sarò al settimo cielo nel sapere cosa ne pensate. Naturalmente non sto nella pelle dal sapere se vi piace, ma forse è un po’ presto per dirlo, avete ragione. Allora, potete semplicemente farmi il grandissimo regalo di esprimere la vostra opinione: sarete ascoltati!
Avrete certamente notato che manca Dean. Non è finito nel dimenticatoio tra le grinfie dei Ghermidori, il nostro caro Grifondoro tornerà… ma per sapere come dovrete esplorare qualche capitolo in più.
Non vi trattengo oltre, so bene che il vostro tempo è prezioso:
Un umile saluto

Claire 66









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Capitolo 3
*** Ricordi ***



Ricordi

L’ultima cosa che Marie avvertì prima di sprofondare nella dolce ed avvolgente oscurità, portatrice della tanto agognata incoscienza che avrebbe posto fine a quell’interminabile susseguirsi di dolore, furono due braccia forti e protettrici, che la avvolgevano nel loro calore, e decise di abbandonarsi alla fugace promessa di serenità che le porgevano, con il tumulto di urla che giungeva sempre più soffocato alle sue orecchie, fino a che diventò solamente un ronzio indistinto, e mentre cadeva nel buio, alcuni ricordi cominciarono a susseguirsi nella sua mente spossata.

*
Era il primo giorno di scuola.
Marie indossava una gonna rosa che odiava, aveva cugino il cui passatempo preferito era rovinarle la giornata e un gran mal di pancia. La gonna faceva letteralmente a pugni con i suoi capelli. Era il “regalo” di Zia Petunia per l’inizio della scuola, e Marie era convinta che l’avesse comprata per sfidare apertamente il detto “i gusti non si discutono”. Per fortuna poteva aggiungere qualcos’altro a quel disastroso elenco. Suo fratello Harry.
O, per dirla in un altro modo, la parte della sua anima che le cammina a fianco, pronta a completare i suoi pensieri e a riempire le sue lacune con la sua presenza.
La persona con cui aveva l’impressione di condividere persino il respiro, sebbene le differenze tra di loro fossero molte, ma ben piazzate.
Erano, nella sua mente di bambina, come due metà di un puzzle. Entrambi con lo stesso disegno, ma con solo una parte dei pezzi, e la parte mancante corrispondeva perfettamente al vuoto appartenente all’altro, e quando erano insieme si completavano a vicenda.
Si voltò per cercare conforto, sapevano entrambi che non sarebbero stati accettati dagli altri, Dudley in questo ci metteva del suo, ma restava comunque il fatto che eranoo diversi dagli altri bambini. Diversi, non speciali.
I loro sguardi s’incrociano, e quegli occhi verdi che erano lo specchio esatto delle sue emozioni trasmessero a Marie un po’ di coraggio. Gli sfiorò la mano, ed insieme si sedettero nella fila il più distante possibile da loro cugino, il quale, dopo solo qualche secondo, rivelò di essere un ragazzo con molti talenti nascosti, tra i quali tirare pezzi di gomma da masticare da una distanza di otto file senza sbagliare mira.
Si voltarono all’unisono e si scambiarono un’occhiata esasperata, non avevano bisogno di tradurre in parole il pensiero che entrambi fecero: Ci vorrebbe la magia per farci piacere la scuola.

*

Come ogni comune pomeriggio piovoso di Privet Drive, si ritrovava nella sua piccola soffitta piena di polvere, che avrebbe dovuto fungere anche da camera, a fissare il frammento di cielo che scorgeva dalla microscopica finestra che faceva entrare un po’ di luce.
Un picchiettio improvviso la fece sobbalzare, ma mai quanto la scoperta della fonte del rumore. Come aveva fatto un gufo ad arrivare fino a lì, e soprattutto da quando i pennuti portavano una lettera nel becco?!
Dopo alcuni momenti Marie superò la paura e trovò il coraggio di aprire la finestrella, de il suo sbalordimento aumentò quando il gufo le porse gentilmente la zampa.
Con dita tremanti slegò la lettera, e mentre il curioso postino volava via, lesse l’intestazione, precisa in modo quasi assurdo.

Alla Signorina
Marie Potter
Soffitta di Casa Dursley
4, Privet Drive
Little Whinging
Surrey

Un’improvvisa euforia la invase, per la prima volta nella sua vita aveva ricevuto posta!
Si precipitò al piano terra sprizzando felicità da tutti pori, e con la voce affannata e alta per l’agitazione Marie si affrettò a raccontare l’evento ad Harry, con tanto di dettaglio sul messaggero, senza curarsi della presenza di Zio Vernon, e senza notare i disperati segni di diniego di Harry. Un momento, perché non voleva che glielo raccontasse?
Quando vide il volto violetto di Zio Vernon fece due più due, e si pentì amaramente di non essersi tenuta la notizia per un momento più riservato.

*

Era ancora impegnata ad osservare a bocca aperta, colma di meraviglia, il soffitto di quella sala che emanava magia da ogni dettaglio, quando un vecchio e consunto cappello venne posato su uno sgabello dalla strega con lo sguardo severo che li aveva accolti in precedenza. Proprio mentre stava per chiedere ad Harry se avesse capito il motivo per cui si dava tanta importanza ad un copricapo così malridotto, sobbalzarono entrambi per lo spavento, in quanto nella stoffa si era aperto uno strappo, ed il cappello comincia a cantare una canzone sulle quattro case menzionate in precedenza da Ron, il loro nuovo amico.
Uno scroscio di applausi seguì la canzone, ed ebbero la buffa impressione che il Cappello Parlante si inchinasse ai presenti; così si chiamava secondo la ragazza dai capelli cespugliosi al fianco, di Marie, che con la sua somma conoscenza riguardo la scuola li faceva quasi sentire in soggezione.
Improvvisamente calò il silenzio, e la Professoressa McGranitt si fece avanti con una pergamena lunga fino a terra, e iniziò a chiamare gli alunni uno alla volta, i quali si facevano avanti come se dovessero andare al patibolo.
All’improvviso Marie cominciò a farsi paranoie, era poi così terribile indossare quel cappello? Forse ne dipendeva il loro futuro. Si voltò angosciata verso Harry, e lesse la stessa paura nel suo viso, fattosi pallido. E se fossero, per la prima volta nella loro vita, stati divisi? Non l’avrebbero sopportato. Si strinsero convulsamente la mano senza spiccicare parola, ed osservarono gli altri.
Hermione, la ragazza con cui Marie aveva cominciato a fare amicizia, quando venne chiamata sembrava avere una fretta quasi eccessiva, si pigiò con zelo il cappello in testa, e dopo una breve pausa il cappello gridò:
“Grifondoro!”
I gemelli diventavano sempre più nervosi, e mille pensieri orribili si affollavano nella loro mente. Se fossero finiti nella casa di cui Ron aveva parlato tanto male? O forse il Cappello non sarebbe stato in grado di smistarli, cosa sarebbe successo allora?
L’attenzione di Marie venne attirata dal ragazzo biondo e borioso che si dava l’aria di essere chissà chi e si sedette sullo sgabello come se fosse un trono, con un’espressione strafottente. Lo riconobbe come Malfoy, il ragazzo con cui avevano litigato sul treno.
Il Cappello gli aveva a mala pena sfiorato la testa, quando sbraitò: “Serpeverde!”
Malfoy sembrava alquanto compiaciuto, ma Marie si chiese come fosse possibile che il carattere di una persona fosse così netto e deciso. Ognuno di loro aveva caratteristiche opposte e mille sfaccettature nella personalità, sia positive che negative; com’era possibile che Malfoy fosse così certo di essere un Serpeverde? Probabilmente lui era sicuro di esserlo, ma non era questo già un modo per troncare ogni possibilità di evolvere sé stessi?
Per una frazione di secondo pensò che forse anche lui, non in modo fastidiosamente dichiarato come loro, fosse già stato etichettato, che il suo futuro fosse già stato deciso da qualcun’ altro, qualcuno che probabilmente lo influenzava facendogli apparire quella strada impostagli, qualunque fosse, migliore e piena di successo. Chissà se un giorno riuscirà a fare le sue scelte, si chiese.
La McGranitt strappò Marie dalle sue riflessioni pronunciando, le salì un groppo alla gola, il loro cognome. Toccava però prima ad Harry.
Un brusio agitato infiammò la sala, e capirono che si scambiano informazioni su di loro, ritenendoli una specie di miracolo, e la cosa oltre che a metterli in imbarazzo diede loro molto fastidio. Perché improvvisamente erano diventati delle celebrità, per un fatto orribile come l’assassinio dei loro genitori?
Marie gli fece coraggio, e cercò di ignorare i mormorii e le tante teste che si sporgonevano per lanciar loro occhiate curiose. Sentiva la paura di Harry come se fosse sua, e la professoressa gli calò il cappello sugli occhi. Ovviamente non riusciva a sentire le riflessioni che faceva il cappello, ma avvertiva l’inquietudine di Harry salire fino a che non toccò livelli allarmanti, e cominciò a preoccuparsi. Ad un certo punto fu quasi sicura di sentirlo pregare il cappello a denti stretti di non mandarlo a Serpeverde, ma prima che potesse dirsi che era assurdo, non poteva sentirlo mormorare da dove si trovava:
“Grifondoro!”
Il sollievo l’invase, era felice per lui.
Lo vide esultare e mentre correva al tavolo in cui sono erano impazziti, le lanciò un’occhiata incoraggiante, ma Marie sapeva che ora era Harry ad essere preoccupato per lei.
La McGranitt pronunciò il suo nome, e con le gambe molli e il cuore che batteva a mille si avviò verso lo sgabello, e quando le posarono il cappello sulla testa questo le ricadde sugli occhi, e tutto diventò nero.
Una voce antica e sapiente cominciò a parlare, e Marie vi avvertì anche un pizzico di divertimento.
“Dunque, ecco l’altra Potter, la gemella…Una mente molto simile avete, ma sicuramente diversi siete…
C’è tanto coraggio e forza d’animo che ti manderei all’istante a Griofondoro, se non fosse che la voglia di impegnarsi ad aiutare e capire il prossimo, perfino di cercare la speranza dove sembra perduta, con grande pazienza, ti farebbe trovare bene anche a Tassorosso…
Ma pure l’intelligenza abbonda, o è forse in gran parte ragione?
Subito seguita dall’astuzia e dal desiderio di essere messi alla prova, mhh, molto difficile…Dove ti metto?”
Questa volta fu lei a sussurrare tra i denti, con l’ansia che saliva.
“Ti prego, ti prego non mi separare da Harry…”
“Ah…Scorgo l’ardente desiderio di non lasciare il fratello tanto amato, quindi perché dividervi, se è tanto chiaro che siete destinati a rimanere uniti, insieme siete completi, questo è certo.
Allora dubbi non vi son più…
“Grifondoro!”
Un masso le cadde dal cuore, e tra uno scroscio di applausi si diresse anche lei verso il tavolo rosso e oro, e oltre a numerose strette di mano ed euforici saluti, in particolare altri due gemelli dai capelli rossi intonarono una canzoncina, scambiò un sorriso a trentadue denti con Harry e si sedette accanto a lui di nuovo tranquilla e completa.

*

Erano entrambi seduti in un letto dell’infermeria, dopo aver appena affrontato Voldemort per impedire che rubasse la Pietra Filosofale. Silente, con un’espressione pacatamente felice su cui Marie scorgeva un velo di tristezza, spiegò loro  finalmente come si erano formate le loro due cicatrici.
“Le maledizioni come quella che su di voi miracolosamente non hanno sortito effetto, sono molto potenti, e lasciano dei segni, come le vostre cicatrici.
Ma ci sono altre magie, più antiche e primordiali, i cui poteri a Voldemort erano sconosciuti, e per questo le ha sottovalutate.
L’amore che vostra madre provava per voi, e il sacrificio che ha compiuto quando ha deciso di morire per salvarvi, fa parte di quelle magie.
*Vedete, vostra madre è morta per salvarvi. Se c’è una cosa che Voldemort non riesce a concepire, è l’amore. Non poteva capire che un amore potente come quello di vostra madre lascia il segno: non una cicatrice, non un segno visibile…Essere stati amati tanto profondamente ci protegge per sempre, anche quando la persona che ci ha amato non c’è più. È una cosa che ti resta dentro, nella pelle. *
Proprio questo segno, invisibile ed intangibile, ma più forte di ogni protezione, vi ha salvati.
La protezione che vostra madre ha inconsapevolmente imposto su di voi, ha fatto in modo che la maledizione rimbalzasse su Voldemort stesso, lasciandovi indenni.
Ora, vi chiederete come mai, dato che Voldemort ha colpito solamente te, Harry, ha sortito esattamente lo stesso effetto anche su di te, Marie.”
Fece una pausa, guardandoli negli occhi mentre menzionava i loro nomi.
“Questo è successo perché vostra madre è morta per salvare entrambi, ed amava entrambi allo stesso modo. Fin da quando siete nati, ed anche quando eravate nel suo ventre, tra di voi c’è sempre stato uno stretto legame, ma prima di quella notte vi legava solamente l’intesa che c’è tra due normali gemelli, come i vostri amici Fred e George Weasley.
Ma da quando Voldemort ha cercato di uccidervi, vi lega anche la protezione che vostra madre ha imposto su di voi.
Quando ha deciso di morire per voi, quella protezione ha creato un vero e proprio legame, composto da molto di più che emozioni ed affetto, ma formato innanzitutto dall’amore.
Per questo gli effetti della maledizione si sono rispecchiati su entrambi, anche se in modo minore su Marie, non essendo stata colpita direttamente.
Si può quindi dire che ogni cosa in cui entra in gioco la protezione che vi lega, sortisce effetti su entrambi, perché né voi né vostra madre avreste sopportato di vivere senza l’altro.
Questo vi ha quindi destinati a sopravvivere insieme, ma significa anche che ogni cosa che accade su uno di voi due, si ripercuote anche sull’altro, mantenendo così l’equilibro.
Probabilmente è questo il motivo per cui avvertite le emozioni dell’altro, in maniera quasi sovrannaturale, e riuscite a capire quando uno di voi è in pericolo, anche se non potete vederlo.
Non so fino a che punto si estenda questo legame, non ne ho mai visto uno così potente.”
“Ma quindi significa che se uno di noi muore, muore anche l’altro?”
Chiese Marie con voce tremante e carica di tensione, quasi timorosa di rompere il silenzio che si era creato con una domanda così pesante.
Silente accennò un sorriso bonario, sempre con quel velo di malinconia e serietà, e li guardò affezionato, e sia Harry che Marie sapevano che in un certo senso aveva paura anche lui di risponderle.
“Non posso darvi una risposta certa, ragazzi miei, ma penso di sì, Marie.
 Credo significhi questo.”


A
ngolo dell’autrice

Il testo fra asterischi * è una citazione tratta da “Harry Potter e la Pietra Filosofale” di J.K Rowling, Salani Editore, 2006. Fatta eccezione, ovviamente, per la declinazione al plurale “vedete/vedi; vostra/tua”.
Ringrazio sempre sinceramente i lettori, sia quelli silenziosi che quelli più loquaci, e rinnovo l’invito a lasciare un commento, anche brevissimo.
A presto

Claire 66

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Capitolo 4
*** Indecisione ***


Indecisione


Mentre venivano risucchiati da un turbino di colori Draco fissò sua madre negli occhi, pensando intensamente al luogo in cui stavano andando, che era puramente casuale.
Sapeva bene che, essendo anche lei un’abile Legilimens, avrebbe capito dove erano diretti, ma era proprio quello che voleva.
Sperava che quando si fossero trovati ad affrontare la collera di Voldemort questo sarebbe servito a migliorare la loro situazione.
Era certo che non li avrebbe uccisi, perché pur essendosi lasciati scappare la sua preda più ambita, gli servivano comunque, in quanto voleva avere il maggior numero di seguaci possibile.
Molti incarichi che l’Oscuro Signore -si maledisse per averlo ancora chiamato così, si era promesso di cercare di non dargli più quell’appellativo- aveva dato alla loro famiglia, specialmente a suo padre, erano andati male, come per esempio il libro rilegato in pelle nera che suo padre aveva deciso di rifilare alla piccola Weasley. Eppure li aveva sempre tenuti come servitori, anche se lui stesso a volte faticava a vederne il motivo. Forse per la Villa, anzi sicuramente per quello, e per la copertura che in precedenza gli avevano dato dal Ministero? O per i numerosi Mangiamorte che si fidavano di loro, ritenendoli superiori. Inoltre non avevano fatto l’errore di chiamarlo, ma sarebbe venuto presto a conoscenza dell’accaduto, e la sua collera sarebbe stata terribile.
Questa consapevolezza lo angustiava, e pensando ai suoi genitori una strana sensazione lo invadeva. Già prima di prendere la decisione di smettere di appoggiare i Mangiamorte ci aveva pensato molto, ma ora che si ritrovava a vivere la situazione che aveva più volte immaginato, la situazione cambiava.
Da un lato era preoccupato per entrambi, più per sua madre che per suo padre. Temeva che non uscissero vivi da tutta quella faccenda. Dall’altro sapeva che la parte giusta da cui stare non era quella in cui erano schierati loro. Quella da appoggiare, e da portare alla vittoria, era la causa per cui si battevano i Potter.
Quando aveva provato a guardare le cose sotto un’altra luce, che non fosse quella impostagli dalla nascita, gli si erano aperti gli occhi, e con quelli un mondo di possibilità.
La giustificazione che suo padre avanzava per i suoi gesti era sempre uguale, e quando Draco pensava con la mentalità di Serpeverde impegnato a mettersi al sicuro nel modo più facile possibile, ignorando il destino degli altri e promuovendo solo gli ideali dei Purosangue, gli andava più che bene.
Lucius sosteneva che faceva tutto quello per il bene della famiglia Malfoy, per proteggerli e tenere alto il buon nome della famiglia, dicendo che stando dalla parte dell’Oscur…-Voldemort erano al sicuro, che mettendosi contro di lui sarebbero andati in rovina, perché sostenere il più grande mago oscuro forniva loro protezione. Essendo il mago più potente erano dalla parte giusta, quella vincente, e quindi appoggiandolo Lucius faceva il meglio per la loro famiglia.
Ma appena Draco aveva cominciato a pensarci con negli occhi il corpo di Silente che si librava nell’aria, privo di vita, per poi precipitare dalla torre di Astronomia, si era accorto che tutto questo non aveva senso. Tutto si basava sul fatto che Voldemort fosse il più potente, che avrebbe sempre vinto e che i suoi ideali fossero da sostenere. Ma se invece avessero sostenuto gli ideali di Silente? Per loro sarebbe andato tutto meglio.
Essendo sotto il giogo di Voldemort, erano costantemente sottomessi, e vivevano nel terrore di deluderlo.
Se avesse vinto Voldemort, e loro fossero stati dalla sua parte, sarebbero sì stati al sicuro, ma in un mondo pieno di angoscia, paura e terrore, con morti e assassinii continui.
Si sarebbero salvati, ma solo trasformandosi, nella pallida eventualità che non lo fossero già, nei mostri che sguazzavano in quel mare di dolore e oscurità. 
Che senso avrebbe avuto, e che senso aveva, tutto quello che stavano facendo?
Nessuno.
Se avessero appoggiato l’altra parte, quella di Silente, avrebbero avuto certamente meno possibilità di vincere, e molte più di uscirne sconfitti, ma meglio sconfitti e in pace con sé stessi, che vincitori ma dannati. Ora poteva dirlo, dopo aver provato la dannazione.
Se avesse vinto la causa per cui si battevano i Potter, ovvero distruggere Voldemort, il mondo magico sarebbe stato un luogo ben più sereno, senza terrore ed oppressione, e avrebbero potuto vivere senza doversi garantire una buona vita con sotterfugi malvagi e azioni orribili.
Era per questo che si metteva contro di loro, contro suo padre in particolare.
Sapeva che facendo quest’azione a loro parere sconsiderata, cercava di dare un piccolo, probabilmente insignificante tributo per liberare il mondo magico dall’oppressione in cui era calato, e dall’oppressione in cui erano sempre stati costretti a vivere.
Pensò a sua madre, alla confusione in cui doveva trovarsi. Chissà cosa pensava di lui.
Lo avrebbe rinnegato, come probabilmente avrebbe fatto suo padre?
Era propenso a credere di no, ma sapeva che le sarebbe occorso parecchio tempo per capire il suo gesto. Sperava solo che non le succedesse niente che la compromettesse inevitabilmente. Lei lo aveva sempre protetto, anche se eccessivamente, e non lo dimenticava.
Riguardo a suo padre era piuttosto sicuro che sarebbe stato a dir poco in collera con lui, e avrebbe continuato a seguire imperterrito l’Oscur…-Voldemort.
Gli ideali e la mentalità che lo avevano costretto a seguirlo erano troppo radicati in lui, era quasi certo che fosse troppo tardi. Ma in qualche modo sperava che quello che stava facendo potesse salvarlo, paradossalmente.
Se i Potter avessero vinto, e lui fosse stato dalla loro parte, c’era una probabilità che riuscisse a salvarli dalla rovina, in cui si sarebbero comunque diretti, anche se lui non avesse fatto nulla.
Era un gioco perverso, o tutto o niente, e aveva deciso di lottare, anche se così rischiava la vita.

***

Vide Draco sparire, e mentre non riusciva a smettere di fissare il punto in cui era svanito, a Narcissa sembrò che il tempo si fermasse.
Il nome del luogo in cui era diretto continuava ad echeggiarle nella mente, insieme ad un milione di domande ed incomprensioni. Non poteva credere a quello che era appena successo.
Draco, suo figlio, che aveva sempre servito fedelmente la loro causa, era veramente svanito con i Potter ed i suoi amici? Com’era possibile che li avesse lasciati, per unirsi a loro? Temette di essere impazzita. Tutto questo non poteva essere possibile.
Cosa le era sfuggito, quali pensieri non era riuscita ad intravedere nel suo amato figlio?
E ancora, come mai le aveva lasciato capire dove era diretto? Voleva forse che lo seguisse? Impossibile, sapeva che non l’avrebbe mai fatto.
Prima che potesse cominciare ad arrovellarsi cercando di capire i motivi per cui Draco aveva appena compiuto quell’azione folle e senza senso, una preoccupazione si fece strada prepotente nella sua mente.
Cos’avrebbero detto al Signore Oscuro?
Per fortuna Bella non aveva commesso l’errore di chiamarlo, ma ne sarebbe comunque venuto a conoscenza, e la sua collera si sarebbe abbattuta su di loro.
La faccenda della spada era responsabilità di Bellatrix, ma cos’avrebbero avanzato quando avrebbe scoperto che loro figlio era la causa per cui i Potter erano fuggiti?
Improvvisamente capì come mai Draco le avesse lasciato intendere dove stava andando.
Voleva che usasse quell’informazione per saziare la sete d’informazioni del Signore Oscuro riguardanti i Potter, e in questo modo ne avrebbe diminuito la furia.
Un altro pensiero si fece strada, molto più prioritario del precedente.
Lei voleva davvero ritrovare Draco, non avrebbe mentito dicendo questo all’Oscuro Signore.
Voleva ritrovare il figlio che aveva appena perso, ma non se questo avesse significato la sua morte. Sapeva anche che ora ritrovare lui significava trovare i Potter, e perciò questo sarebbe stato nelle sue mire.
E con sua sorpresa riuscì a prendere subito una decisione.
Avrebbe aiutato, per quanto le fosse possibile, gli altri Mangiamorte a trovare i Potter, cominciando a dare loro indicazioni sul luogo in cui si erano materializzati, ma avrebbe anche cercato di fare in modo che non riuscissero a catturarli.
Se li avessero ritrovati, probabilmente avrebbero ucciso anche Draco, dato che ora era un traditore, di questo era ben consapevole.
Perciò avrebbe dovuto impedire che riuscissero a prenderli, ma allo stesso tempo il desiderio di ritrovare Draco bruciava dentro di lei, e fin da quel momento diventò il suo pensiero fisso.
Ma in qualche modo doveva sembrare che volesse contribuire ad aiutare gli altri seguaci del Signore Oscuro, perciò pensò che la cosa migliore da fare fosse essere sincera il più possibile e non fare mosse avventate o inutili, in quanto l’Oscuro Signore era particolarmente bravo a capire quando una persona mentiva.
Gli avrebbe aiutati, perché voleva avere notizie di Draco, e una parte di lei voleva rivederlo nonostante sapesse che era estremamente rischioso, ma allo stesso tempo li avrebbe ostacolati, in modo discreto e con piccole azioni che non venissero notate.
Doveva riuscire a nascondere questa parte dei suoi pensieri al Signore Oscuro, e mostrargli solo la sua volontà di ritrovare Draco, forse così sarebbe riuscita ad ingannarlo, in quanto quell’emozione era forte e veritiera, ed occupava davvero i suoi pensieri. Questo avrebbe facilitato molto le cose.
Avrebbe fatto quello che faceva da sempre, ossia assecondare le persone che la circondavano, cercando di raggiungere i suoi scopi senza essere notata, dato che non sarebbero stati approvati.
Da molto tempo faceva così; fin da quando aveva sottratto la bacchetta di sua madre Druella, dopo la sua morte. non aveva mai realmente appoggiato il Signore Oscuro. Anche se il suo disprezzo per i Mezzosangue ed i Babbani, così come la devozione ad una famiglia purosangue, erano più che sinceri, aveva sempre trovato le continue uccisioni di maghi e le torture orribili, e non approvava il regime di terrore con cui governava l’Oscuro Signore.
Tuttavia l’aveva sempre appoggiato, perché non voleva che corressero rischi, soprattutto non voleva che Draco corresse rischi. Era convinta che avrebbe vinto il Signore Oscuro; la lotta disperata che stavano conducendo i Potter era, a suo parere, un tentativo destinato a fallire. Lui era troppo forte, e la Resistenza si trovava sempre più con le spalle al muro, soprattutto ora che avevano perso Silente.
Perciò voleva che Draco si trovasse dalla parte vincente, che gli avrebbe garantito una vita, forse non piena di felicità, ma senz’altro una vita.
Era convinta che anche Draco conoscesse questi motivi. Allora come mai aveva deciso di abbandonare il luogo sicuro?
Per battersi per una causa che partiva in svantaggio, non era nella mentalità dei Malfoy.
Non riteneva suo figlio uno stupido, al contrario, perciò doveva esserci una valida ragione per cui aveva compiuto quel gesto avventato.
Che avesse deciso che secondo lui valeva la pena di lottare per la causa dei Potter, anche se era più rischioso, e la morte era una prospettiva da considerare?
Per la prima volta la sua convinzione che fosse giusto servire il Signore Oscuro vacillò, ma appena se ne accorse la troncò subito sul nascere.
Non poteva permettersi di dubitare, non ora che avrebbe dovuto a breve sostenere un confronto con l’Oscuro Signore.
Costrinse quel dubbio a nascondersi in un angolino della sua mente, e lo coprì con le vecchie certezze, sperando che fosse abbastanza forte da ignorarlo.
Doveva farcela, per lei e per Draco. Sapeva che lui voleva che lei si salvasse, ed aveva cominciato a capire, in una minima parte, la sua decisone, ma questo non le agevolava le cose, anzi.

***

Per l’ennesima volta venne risucchiato nella stretta ferrea della smaterializzazione, questa volta ancora più soffocante, essendo in sette maghi più un folletto, una bella folla.
All’improvviso vennero tutti catapultati con forza sul duro tappeto di fogliame e radici di un bosco vicino ad Inverness, nel nord della Scozia, con le cime degli alberi che coprivano il celo, formando curiosi arabeschi.
Tra le sue braccia Draco stringeva ancora il corpo svenuto di Marie, e cercò, per quanto possibile, di attutire l’atterraggio con il suo corpo, in modo da non crearle altro dolore, era sicuramente già provata dalle maledizioni. Sapeva bene come ci si sentiva dopo essere stati sottoposti ripetutamente alla maledizione Cruciatus.
Ebbe un attimo di disorientamento, seguito dal sollievo per la fuga riuscita, ma venne subito soffocato da nuove preoccupazioni.
Si alzò in piedi barcollante nel buio, controllando con la bacchetta accesa che nessuno si fosse spaccato o ferito in qualche modo, otto individui erano decisamente troppi per una smaterializzazione congiunta.
Fortuitamente nessuno sembrava ferito, anche se erano tutti pallidi come cenci.
Il primo a riprendersi fu Harry, che naturalmente gli puntò subito contro la bacchetta, stringendo ancora tra le mani quelle di Narcissa, Lucius e della gemella.
Ben sapendo che avrebbe cercato di disarmarlo, Draco gli facilitò il compito, appoggiando a terra la sua, non aveva nessuna voglia di farsi disarmare da lui, preferiva farlo da solo.
Inoltre così non sarebbe sembrato che volesse attaccarli, doveva cercare in tutti i modi di guadagnarsi la loro fiducia, anche con piccoli gesti.
“Accio bacchetta! Spostati da mia sorella, Malfoy”
Però, riconoscente il ragazzo! Si rimangiò le parole poco gentili che avrebbe voluto rivolgergli, per fare ciò che gli aveva detto, cercando di non fulminarlo. Harry passò tre bacchette a Ron, che nel frattempo aveva fatto scattare il deluminatore e le sfere di luce, a lui nuove ed inspiegabili, illuminavano i loro volti.
Gli veniva difficile sopportarlo. Dopo sei anni passati impegnandosi ad odiarlo con tutto il cuore come acerrimo nemico, Draco faceva fatica ad eseguire un ordine così imperativo senza ribattere, ma si concentrò. Sapeva che erano loro ad essere dalla parte giusta e doveva riuscire a farsi accettare, era anche normale che non si fidassero di lui.
Il suo lato Serpeverde fece per ribattere, ma soffocò anche quello.
Dopotutto era comprensibile che Potter fosse in pena per la sorella, dopo quello che avevano appena vissuto. Inoltre erano sempre stati inseparabili, e immaginò quale tortura dovesse essere stata per lui, essere obbligato a vederla soffrire.
Harry prese Marie tra le sue braccia, sollevato ma con espressione preoccupata; quando vide che stava per pronunciare l’incantesimo che l’avrebbe fatta rinvenire però, Draco non poté trattenersi.
“Aspetta!”
Harry si girò, fulminando Malfoy con uno sguardo sconcertato.
“Come scusa?”
“Non farla rinvenire qui, dove non possiamo curarla, se ha perso conoscenza vuol dire che il suo corpo non ce la fa più, perciò se la svegli le crei solo dolore, in quanto non possiamo offrirle cure.”
Harry squadrò Malfoy diffidente, ma parve dargli retta, perché non pronunciò l’incantesimo, ma si limitò a scostarle gentilmente una ciocca dal viso.
Draco notò che il più stremato di tutti, dopo Marie, era lui, sembrava fosse sul punto di svenire come la gemella.
Intanto anche Ron e Hermione si erano ripresi, e gli puntavano contro le bacchette, mentre Luna sorreggeva ancora Olivander, pallido quanto un cadavere.
“Dove siamo?” Chiese Hermione con voce malferma. Draco sapeva che era solo una delle mille domande che voleva porgli.
“In una foresta a Nord della Scozia, vicino ad Inverness. Ho scelto il luogo puramente per caso.”
“Come diavolo ti è saltato in mente di aiutarci? Ma da che parte stai, è forse una trappola?”
Ecco il genio Weasley, pensò sarcastico Draco.
“Si certo, prima faccio i salti mortali per farvi fuggire, poi tanto per divertimento vi tendo ancora una trappola, così per hobby, non ho niente di meglio da fare che rischiare di compromettere la mia esistenza.” Commentò una vocina beffarda nella sua testa.
“Non è una trappola, altrimenti perché vi avrei fatto fuggire? Ma dobbiamo sbrigarci ad andare via di qui, altrimenti la trappola ce la tenderanno sul serio.”
“Cosa intendi dire?” Sbottò allarmato Harry, sollevando lo sguardo dalla sorella.
“Ho rivelato tramite la Legilimanzia il luogo in cui eravamo diretti a mia madre…”
Vide la faccia sconcertata del trio, e prima che potessero infuriarsi si giustificò.
Sapeva che dicendoglielo avrebbe rischiato di attirarsi la loro rabbia, ma sperava che capissero, ed inoltre non era stupido, se si fossero smaterializzati nuovamente non avrebbero corso nessun pericolo.
“L’ho fatto perché altrimenti, se non hanno nessuna informazione da dare a Tu-Sai-Chi, la sua collera rischierebbe di ucciderli…”
“E cosa ce ne frega a noi…” Borbottò Ron.
“Ron!” Lo ammonì subito Hermione. Draco cercò di ignorare il commento, altrimenti gli sarebbe saltato al collo.
“E non corriamo nessun pericolo, è sufficiente che ci smaterializziamo subito.”
Sperò che questo li convincesse.
Ron ed Hermione guardarono Harry, e Draco sperò che si sbrigasse a prendere una decisione.
“Dobbiamo andarcene subito, ma non mi fido di lui.” Disse Harry con voce esausta.
“Ma che sorpresa.”
“Lasciamolo qui.” Propose Ron. Draco cercò nella sua mente una ragione per non ucciderlo, e purtroppo ne trovò subito una.
“Ah giusto, se lo ammazzo addio fiducia, e mi ritrovo rinnegato una volta per tutte, che peccato”.
“Ron!” Fece Hermione per la seconda volta, in tono di rimprovero.
“Non possiamo mica lasciarlo qui, lo ucciderebbero. È grazie a lui se siamo sani e salvi, lontani dalle grinfie di Tu-Sai-Chi. Gli dobbiamo almeno la possibilità di spiegarsi.”
Draco si ritrovò stranamente a benedire Hermione e il suo senso dell’onore e dell’imparzialità, gli potevano salvare il collo.
Harry guardò Draco negli occhi, sempre con diffidenza.
“Solamente perché ha ragione Hermione. Dacci una spiegazione convincente del perché ci hai fatti fuggire, e ti prendiamo con noi. Ma in fretta”
Draco non sapeva bene cosa si aspettasse, ma un ultimatum non era fra le sue migliori prospettive, ma neanche fra le peggiori, perciò prese fiato.
“So che a voi può sembrare strano, insomma siamo sempre stati nemici, fin da quando ci siamo conosciuti, per non parlare delle nostre famiglie.
Ma quando ho provato a guardare le cose senza i pregiudizi impostimi dalle mie origini, pensando con la mia testa ed esaminando la causa che stavamo sostenendo, mi sono accorto che la cosa non aveva alcun senso, che ci stavamo uccidendo con le nostre mani.
Quando ho cominciato a ragionare senza credere di essere obbligato a sostenere la loro causa, mi sono reso conto che non vi erano motivi, mi sono accorto che non era quello che veramente volevo, né quello che avrei mai voluto, e tantomeno era giusto.
Mi ero sempre limitato a fare la scelta più facile, quella che mi garantiva la salvezza, o almeno credevo. Invece mi sono reso conto che stavo soffocando me stesso, e piano piano gli orrori che vivevo e a cui contribuivo mi stavano consumando, fino a farmi diventare l’ombra di me stesso.
Quindi ho deciso di fare la mia scelta. Non voglio più fare ciò che è facile, ma ciò che è giusto, anche se significa rischiare. Anche se facendo questo passo, abbandono ogni cosa certa per rimettermi al destino, faccio un salto nel vuoto che può costarmi la vita, ma preferisco morire essendo in pace con me stesso che vivere dannato.
Ho visto da vicino gli orrori e gli assassinii che commette l’Osc…Voi-Sapete-Chi, almeno quanto voi.
Spesso non ho fatto nulla per impedirli, rimanendo un muto spettatore senza la forza di ribellarsi, ma ora non più.
Mi sono accorto che siete voi quelli che bisogna sostenere, e voglio aiutare a liberare il mondo magico dall’oppressione in cui è calato, proprio perché prima ho persino contribuito a questo. So che non vi fidate di me, e avete tutti i motivi per non farlo.
Ma non vi chiedo di fidarvi. Vi chiedo di darmi la possibilità di riparare ai miei errori, e la possibilità di farvi capire che potete fidarvi di me.
Forse credete che sia tutto un inganno, un sotterfugio. Ma sicuramente la vostra amica si è accorta che non avrebbe senso. Ho avuto, loro hanno avuto l’occasione di stringervi nella loro morsa, sapete voi meglio di me quanto avete rischiato.
Non vi ho fatto fuggire per secondi fini, né tantomeno ho l’intenzione di fare il doppio gioco o di in qualche modo riconsegnarvi a loro. Se tornassi indietro ora mi ucciderebbero, perché per la prima volta ho fatto la mia scelta. Voglio combattere Voi-Sapete-Chi, ed aiutarvi. Voglio stare dalla vostra parte. Ora siete voi, che potete decidere di me.”
Aveva parlato tutto d’un fiato, ed era calato un silenzio tomba, perfino Ron non fece alcun commento sarcastico.
Gli era costato molto dire quelle parole, mettere il suo destino nelle loro mani, ma ormai aveva fatto la sua scelta, e doveva accettare la loro decisione. Forse le sue azioni precedenti avevano già compromesso il suo futuro, ma sperò ardentemente di no, non ora che aveva finalmente preso una decisione giusta, con la mente finalmente libera da influenze, ora che aveva finalmente cominciato ad ascoltare sé stesso.
Il silenzio continuava, e il trio si scambiò un paio di occhiate. Hermione si mordicchiava il labbro, ed Harry era evidentemente nel bel mezzo di un combattimento interiore.
Infine si avvolse un braccio di Marie attorno al collo, e chiese aiuto a Ron.
Draco aveva il cuore in gola. Aveva appena messo il suo futuro tra le mani dei suoi precedenti nemici, si sentiva vulnerabile come non mai. Non era per nulla una bella sensazione, come se si trovasse senza alcuna protezione sulla linea del fronte, con le bacchette puntate contro di lui pronte ad attaccare, bendato.
I due confabularono velocemente sotto voce, sotto lo sguardo preoccupato di Hermione, ed infine Harry disse:
“A Villa Conchiglia. Non farcene pentire.”

Angolo dell'autrice

Un ringraziamento  particolare va a:

lunastorta88
angyp
Amy Jackson Weasley
nilde
Potter_bieber
 _HORANGOTANGO_
max85
valepassion95
whyou24
Winchester_Morgenstern
angyp
domaris72
ElfaFelpata
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Giadipotter
Lady_purosangue
lumamo64
marika silente
Sherlockstardust
spectrum__
Valentina_P

Vi sono enormemente grata per aver recensito, inserito la storia fra le preferite, le seguite e le ricordate. Avete il mio affetto e spero di sentire presto le voci di tutti voi.
Un abbraccio
Claire66







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Capitolo 5
*** Villa Conchiglia ***


Villa Conchiglia



Si smaterializzarono per la seconda volta, divisi in due gruppi, per non rischiare ancora come avevano fatto pochi minuti prima.
Draco era con la Luna, Olivander ed Hermione, e liberò la prima dal peso dell’anziano mago, sorreggendolo. Si sentiva in colpa per lo stato in cui si trovava il fabbricante di bacchette, sebbene non fosse stato lui a rinchiuderlo e ad interrogarlo, ma sapeva le pene che aveva passato, e per giunta sotto il suo tetto. Si chiese se potesse ancora chiamarlo “Il suo tetto”.
Una stretta allo stomaco lo raggiunse, non di rimorso o pentimento per la scelta fatta, ma per la consapevolezza di ciò che si era lasciato alle spalle.
Tuttavia ora stava decisamente meglio, uno dei numerosi massi che gli gravava sul cuore era scomparso.
Certo il fatto che avessero deciso di portarlo con loro non significava che avessero deciso di accettarlo, ma era sicuramente un passo più avanti, e quello appena superato era il più temuto. Per un momento aveva davvero avuto paura che avesse preso troppo tardi una decisione, che avrebbero deciso di lasciarlo lì, sebbene la cosa non sembrava combaciasse con i loro caratteri, almeno per quel poco che li conosceva.
Ora cominciava la parte veramente difficile, ma perlomeno gli era stata concessa l’opportunità di fare finalmente ciò che riteneva giusto. Se ci fosse riuscito, era tutto ancora da vedere, ma l’ignoto non lo spaventava più come una volta, dato che ora era libero.
Il buio opprimente che li aveva avvolti comprimendoli nel solito modo sgradevole svanì, lasciando il posto all’odore di salsedine ed al rumore della risacca.
Draco non sapeva dove si trovasse questa Villa Conchiglia, né a chi appartenesse, probabilmente ad uno dei Weasley, ma a quanto pareva il nome derivava dalla vicinanza al mare.
La seconda smaterializzazione aveva fatto rinvenire Marie, cosa che lo preoccupò e sollevò contemporaneamente.
Bizzarro, si preoccupava per uno dei Potter?!
Cercò di giustificarsi, era normale che si preoccupasse, se li aveva appena aiutati a fuggire ed ora erano loro i suoi alleati, o almeno così sperava. Giusto?
Sentì che Marie chiedeva al fratello dove si trovassero, e quando lui le rispose, lei concluse con la voce debole ma soddisfatta: “Draco è riuscito a farci fuggire.”
Questa sua frase lo rasserenò, almeno la sua prima conclusione era che li aveva aiutati, non che voleva tender loro una trappola.
Harry si avviò sorreggendola verso la villetta che Draco intravedeva solo ora, da cui corse fuori una giovane e attraente donna dai capelli argentei, che riconobbe come Fleur Delacour.
Si ricordava che aveva partecipato al Torneo Tremaghi del quarto anno. O avrebbe fatto meglio a chiamarla Weasley?
Si avviarono anche loro verso la casa da cui spirava un’aria di tranquillità. Sebbene la luce fosse rada ed il cielo ancora adombrato dalla notte, tutto nell’aspetto di quell’edificio dava l’impressione che l’ambiente al suo interno ed attorno dovesse essere sereno e felice; le conchiglie incrostate nei muri le davano un aspetto fiabesco, e per un ingenuo momento quella casetta lo fece sognare. Se solo fosse bastato un edificio del genere con un bel paesaggio attorno per chiudere fuori tutto il male e gli orrori che ognuno di loro era costretto a vivere…
Si riscosse. Questo non sarebbe mai stato possibile, non così facilmente almeno, ma in altri modi forse ci riusciremo, si disse.
Appena ebbe concluso quella frase si accorse che aveva usato il plurale. Noi.
Inteso come lui ed i quattro? Stava cominciando a pensare troppo, si era improvvisamente trasformato in un tipo riflessivo, dopo i tanti giorni passati a rimuginare sulle ragioni per unirsi ai Potter; tutto quel riflettere cominciava a far correre troppo la sua immaginazione, doveva rimanere ben con i piedi per terra.
Inoltre si stupiva di sé stesso, non avrebbe mai creduto che allearsi con loro fosse per lui, sottolineò il per Lui, un processo così veloce.
Tuttavia ciò valeva solo in alcuni campi, come quello degli ideali; nelle reazioni e nelle battute si concentravano tutti gli anni di rivalità accanita che avevano portato avanti.
Arrivarono all’ingresso, in cui li aspettava un giovane uomo dai capelli rossi piuttosto lunghi. Sicuramente un altro dei Weasley, non sapeva come si chiamasse, prima d’ora non si era mai preoccupato di conoscere i nomi dei loro parenti, figurarsi, tra le loro famiglie era sempre circolato cattivo sangue, ed a questo in precedenza aveva anche contribuito.
Bill lo squadrò con uno sguardo indagatore e piuttosto sorpreso, ma non fece domande né accennò ad essere allarmato per la sua presenza, anche se era sull’attenti.
Draco immaginò che Potter gli avesse spiegato velocemente gli avvenimenti, e gli avesse detto che non rappresentava un pericolo immediato.
Bill rivolse loro un’ultima occhiata, in cui a Draco sembrò di scorgere perfino un briciolo di curiosità, prima di andare ad aiutare Hermione e Luna con il folletto, dopo aver fatto un breve cenno del capo al fratello, indicando le scale.
Portarono il fabbricante di bacchette in una piccola ma accogliente stanzetta; l’interno della casa era più o meno come se lo era immaginato, completamente diverso da ciò a cui era abituato. Persino l’arredamento lo faceva sentire fuori posto, figurarsi quando avrebbe dovuto affrontare gli altri, in una discussione più lunga e complicata di quella che era riuscito a fornire nella radura.
Era però una fortuna che si trovasse in un ambiente completamente diverso, lo aiutava ad ignorare i pensieri riguardanti il passato che cercavano in ogni momento di affiorare nella sua mente e trascinarlo sul fondo.
Fleur si affrettò verso Olivander con le braccia cariche di bende ed unguenti, con il viso segnato da rughe di preoccupazione.
“Vite Vite!” Disse, passando loro davanti, parlando più con sé stessa.
Rimasero lì fermi impalati, lui e Ron. Draco aspettava la mossa di Ron, che a quanto pare si sentiva stupido almeno quanto lui a stare lì immobile, e decise di scendere le scale, osservandosi attentamente le spalle. “Neanche fossi un’acromantula pronta ad attaccare.
No, forse ho sbagliato esempio, se sospettasse davvero che fossi pericoloso quanto un’acromantula, sarebbe corso giù dalle scale.”
Un sorriso sghembo gli si stiracchiò sulle labbra, ma fortuitamente durò solo pochi secondi, altrimenti lo avrebbero dato per matto, perché non c’era proprio nulla da ridere nella sua situazione, e nemmeno nella loro.
Passando davanti alla porta lasciata semi aperta da Fleur Draco sentì Harry e Marie discutere, lei con voce roca e debole, ma decisa, lui preoccupato ma tranquillo, come se sapesse già quello che la sorella stava per dire, o per contestare, in questo caso.
“Sto meglio ora, non voglio rimanere qui dentro come se fossi malata, voglio vedere Ron ed Hermione, e Luna, e mi devi aggiornare su ciò che mi sono persa, cos’ha detto Malfoy? Tu cosa ne pensi? A proposito di questo ti devo dire una cosa…E hai avuto anche tu la visione di Tu-Sai-Chi e Grindelwald vero…”
Stava parlando come un fiume in piena, Draco stentava a credere che pochi minuti prima fosse distrutta, come aveva fatto a riprendersi così velocemente?
Harry non sembrava per nulla sorpreso da tanta energia, ed aveva la risposta pronta, l’intesa tra i due era incredibile, non capitava mai che l’uno non fosse a conoscenza dello stato d’animo dell’altro.
L’ attenzione di Draco fu però attirata dal suo nome, cosa doveva dirgli su di lui? Che fosse il grande punto di domanda che si trovava ancora lì dove l’aveva lasciato nella sua mente, e la riguardava?
Non riusciva ancora, e non credeva che ci sarebbe mai riuscito in futuro, a dare una spiegazione al fenomeno che era avvenuto quando lei gli aveva chiesto aiuto.
Aveva solo delle vaghissime informazioni, neanche lontanamente sufficienti per poter fare una supposizione coerente. Avrebbe dovuto darsi da fare per cercare delle risposte.
“Marie, poco fa non riuscivi nemmeno a reggerti in piedi. Fleur ha detto che è normale che dopo aver ricevuto la pozione rigenerante ti senta piena di forze, ma è solo temporaneo, e se vuoi davvero rimetterti in forma devi riposare. Ne abbiamo bisogno tutti.”
Stava per ribattere, ma accelerò.
“Ho visto anch’io Tu-Sai-Chi e Grindelwald a Nurmengard, ma è meglio se non ne parliamo ora…” “Ma Harry, sai dov’è diretto ora, dopo sarà troppo tardi!” Lo interruppe lei, affannata.
“Mentre eri svenuta ci siamo smaterializzati in una radura,” continuò lui “Ed eravamo indecisi su cosa fare con Malfoy, perciò gli abbiamo chiesto di spiegarci le sue ragioni, e devo dire che era convincente…”
“Come eravate indecisi? Insomma, certo cosa dobbiamo fare ora date le circostanze non lo sappiamo, e nemmeno se lui sia veramente deciso a stare completamente dalla nostra parte, ma Harry ci ha salvato la vita, in tutti i sensi.
Ci ha salvati da Tu-Sai-Chi, e mi ha salvato la vita impedendo che Greyback mi aggredisse, e così facendo sai bene che l’ha salvata anche a te.”
A quelle parole nella stanzetta cadde il silenzio, e Draco cominciò a temere che gli altri di sotto si insospettissero per il fatto che ci impiegava più del normale a scendere, e inoltre non voleva origliare la conversazione dei fratelli, soprattutto se riguardava lui.
Dunque era quello che pensava lei.
Il fatto che fosse così conscia che le aveva salvato la vita lo rincuorava, ma non capiva come mai lo legasse così strettamente al fratello.
La consapevolezza che almeno lei lo guardasse sotto una luce positiva, o almeno non
scura e opprimente e colma di ombre passate, creò una piccola bolla di felicità dentro di lui, che fluttuò via non appena vide i quattro volti che lo fissavano, come in attesa.
Sotto tutti quegli sguardi non sapeva proprio come comportarsi. Aveva l’impressione, o meglio la paura, che qualsiasi cosa avesse detto o fatto non sarebbe andata bene.
Uno scricchiolio annunciò che qualcun’altro stava scendendo le scale, ed arrivò anche Harry, che sembrava in dubbio su cosa fare almeno quanto Draco.
“Hem….Forse…, forse è meglio se ci sediamo tutti e discutiamo di ciò che è accaduto…”

*

La sensazione della sabbia umida sotto i palmi delle mani la trascinò via dalla quiete ritrovata nel buio colmo di ricordi, e Marie tornò a dover affrontare la realtà, insieme a tutte le sue spiacevoli consapevolezze.
Provò a muoversi, ma le doleva ogni parte del corpo. Una valanga di sensazioni la travolse, come se avesse aspettato solo il momento in cui sarebbe stata cosciente per irrompere con tutta la sua forza.
Gli avvenimenti di pochi minuti prima, almeno credeva, le balenarono con forza nella mente.
Villa Malfoy, la paura di essere finiti in una situazione senza via di scampo, l’interrogatorio di Bellatrix e il dolore dovuto non solamente alle maledizioni, ma anche alla pena che sapeva stava subendo Harry vedendola soffrire, il ruggito e la presenza minacciosa di Greyback che sentiva incombere su di lei e la visione di Voldemort, ancora nitida e agghiacciante come se fosse stata vera.
Tra tutti quegli orrori però svettavano anche la comunicazione che non riusciva a spiegarsi con Draco, e il sollievo quando aveva capito che voleva aiutarli assieme al barlume di speranza che ciò portava, e che l’avrebbe accompagnata per tutto il resto di quell’incubo, dandole forza.
Una mano le si avvolse attorno le spalle e la tirò fuori da quel tumulto. La consapevolezza di avere di nuovo vicino Harry, dopo che erano stati tenuti separati in maniera così brutale, la fece sentire di nuovo al sicuro.
Sentirlo vicino le ricordò che non era sola, che avrebbe sempre avuto qualcuno che la sosteneva, capiva ed aiutava meglio di chiunque altro in qualsiasi situazione.
Soprattutto sapeva che sarebbero sempre stati in due ad affrontare il difficile compito che era stato loro assegnato, ed avrebbero sempre potuto contare sulla presenza dell’altro, sapeva che avrebbe potuto condividere con lui ogni dubbio, ogni sofferenza ed ogni felicità.
Harry la aiutò ad alzarsi, e mentre lasciava che il sollievo e la tranquillità datale dalla sua vicinanza la rimettessero piano piano in forze, si accorse che la sabbia che si ritrovava sulle mani apparteneva alla spiaggia che la circondava, e lo sciabordio delle onde le giunse solo in quel momento alle orecchie.
Si ritrovò completamente disorientata. Dove si trovavano?
Fece questa domanda ad Harry, con la voce debole e gracchiante, e quando le rispose:
“A Villa Conchiglia, da Bill e Fleur” Capì che il suo silenzioso urlo di aiuto era servito a qualcosa, Draco era veramente riuscito a farli fuggire. Lo disse, quasi incredula.
Quando gli aveva chiesto di aiutarli non si aspettava una risposta positiva, ma sperava arrivasse, sperava che ci avesse visto giusto, e che l’ombra del ragazzo che non voleva seguire Voldemort, scorta sulla torre di astronomia la notte in cui decise di non uccidere Silente, fosse diventata più forte, tanto forte da decidere per sé stessa.
Fleur corse loro incontro interrompendo i suoi pensieri, seguita da Bill, entrambi con in viso un’espressione estremamente preoccupata e sconcertata.
Harry spiegò loro velocemente cosa era successo, soffermandosi sul fatto che per quanto dovesse sembrargli strano, per ora Draco era con loro e non rappresentava un pericolo immediato, ed era lui ad averli fatti fuggire da Villa Malfoy.
Bill non fece commenti, anche se sicuramente avrebbe voluto dire molte cose, ma fece loro segno di entrare.

Fleur portò Marie al piano di sopra e la curò con un’abilità che lei non avrebbe mai sospettato. Per quanto le sembrava, era abile quanto una Medimaga, e l’intruglio che le diede da bere fu come una scarica di adrenalina.

All’improvviso si sentiva di nuovo padrona di sé stessa e dei suoi sensi, e riusciva a ragionare con chiarezza. L’improvvisa energia però le faceva girare la testa, e Fleur la costrinse a sdraiarsi, cosa su cui non era affatto d’accordo, ma dato che la stanza si sbilanciava in un modo davvero strano lo fece, e si sentì subito meglio.
Si stupiva lei stessa di come era migliorata rapidamente, solitamente le sarebbe occorso più tempo. Solitamente, però, anche Harry era nel suo stesso stato, e il fatto che invece ora stesse bene le dava più energie di quanto avrebbe creduto possibile.
Proprio in quel momento Harry entrò nella stanza, sicuramente per accertarsi delle sue condizioni, e per un momento entrambi si bearono solamente del fatto che erano insieme, e guardandosi negli occhi si scambiarono tutto ciò che avevano provato prima, senza bisogno di parole: lei sapeva cosa provava lui, e lui sapeva cosa provava lei.
Assieme alla tranquillità e la lucidità arrivarono anche una miriade di domande. Voleva immediatamente discutere della bacchetta di sambuco e delle intenzioni di Voldemort, ogni istante era cruciale: ora dovevano decidere se tentare la via dei Doni o continuare sulla strada degli Horcrux. Poi c’era il collegamento che era avvenuto tra lei e Draco che aveva permesso loro di fuggire, oltre che una miriade di altre cose.
Quando disse che erano indecisi se portare con loro o meno Draco però Marie fu sconcertata.
Aveva salvato la vita ad entrambi, com’era possibile che avessero avuto dei dubbi su da che parte stava? Se avesse intenzione di aiutarli davvero, con tutti i rischi che comportava era ancora da vedere, e certamente non potevano fidarsi del tutto, ma era chiaro che non volesse seguire Voldemort, di sicuro Hermione ci era arrivata, con la sua logica.
Marie capiva la sua diffidenza, ma non la poca riconoscenza verso ciò che Dr…Malfoy aveva fatto. Probabilmente Harry non ci aveva ancora pensato, perché appena glielo fece notare vide che lo prendeva seriamente in considerazione, anche se la reazione di Marie lo aveva sconcertato, cosa che capitava di rado. Lei capì che aveva bisogno del tempo per pensarci, e gli strinse la mano, perché si accertassero ancora entrambi del fatto che fossero di nuovo insieme. Il modo in cui Bellatrix li aveva divisi era stato più che orribile, non aveva mai provato uno strazio, un dolore così grande come quando aveva visto la sua sofferenza riflessa negli occhi del fratello gemello, e la consapevolezza di essere impotente e non poter fare nulla per impedirlo la struggeva ancora.
Lui aveva provato sicuramente la stessa cosa, perfino amplificata, dato che era stato costretto a vederla soffrire. Era un meccanismo perverso quello che aveva usato Bellatrix, ritorcendo contro di loro il legame che li univa così indissolubilmente, che in quel caso aumentava la loro pena. Con quella stretta di mano constatavano che non sarebbe mai più successo, almeno lo speravano, e cercavano di cancellare quell’orribile ricordo.
Quando Marie seppe che voleva che restasse a letto però si impuntò.
Si assomigliavano molto, e come lui Marie non sopportava di rimanere tagliata fuori dagli avvenimenti, le era già bastato il momento in cui era incosciente. Rimanere sdraiata come una vecchietta malata mentre loro discutono degli avvenimenti e di cosa fare, ma neanche per sogno, pensò Marie, infervorata. Sapeva che Harry capiva la sua voglia di essere in azione e la sua intolleranza al stare ferma, e lei capiva il suo punto di vista. Voleva che si riposasse, perché era ancora preoccupato per lei…
Uno dei numerosi motivi per cui Marie voleva scendere era chiedere ad Hermione se sapesse qualcosa riguardo quella strana forma di Legilimanzia, lei sicuramente avrebbe avuto qualche libro che ne parlava.
Alla fine fece finta di rassegnarsi, anche se lui di certo non l’aveva bevuta. Era una sorta di patto silenzioso che usavano sempre, come durante la discussione sui Doni. Erano d’accordo di scambiarsi ogni informazione e rispondere alle altre domande in seguito, perché ora dovevano anche discutere con gli altri. E la decisione, in cuor loro, l’avevano già presa.
Era un modo silenzioso per fare sempre ciò che volevano entrambi, Harry sapeva che nella temporanea, anzi brevissima rassegnazione di Marie c’era il compromesso ideale, e per ora era tranquillo perché era rimasta a riposo. Si fidavano di ciò che faceva l’altro, perché erano certi che ognuno avrebbe fatto la cosa giusta per sé stesso e per il compagno.
Marie lo ascoltò scendere le scale, e non appena fu arrivato in fondo si alzò e scese piano, con il passo un po’ titubante nonostante tutto, maledicendo quei gradini scricchiolanti. Le sembrava già di udire il sospiro tra il rassegnato e il divertito di Harry, che infatti egli fece non appena sbucò nel salotto, con tutti che la fissavano allarmati.
“Marie, cosa fai già in piedi, dovresti riposare, come stai? Disse preoccupata Hermione, come sempre molto razionale. Marie vide lo sguardo di disapprovazione di Fleur, che stava per tornare da Olivander, e prima che potesse obiettare adocchiò un divanetto e si affrettò a sedersi, e per sicurezza tirò pure su i piedi, tanto perché non potessero dirle niente.
E che cavolo, ma è proprio una fissa, pensò, amareggiata.
“Sono sdraiata” Disse, per precedere altre obiezioni.
“Non vi aspettavate mica che me ne stessi fuori? Ma ci conosciamo per caso?”
Per la prima volta da un po’ sul viso dei suoi tre compagni si accennò un sorriso, e Harry le lanciò uno sguardo a metà strada tra il rimprovero e il divertito.
Stava facendo esattamente come Harry aveva voluto, era sdraiata, più o meno, e si stava riposando, dato che a quanto pareva era così importante per tutti.
All’improvviso vide Draco, seduto all’angolo del tavolo, sul bordo della sedia. Era evidentemente a disagio, ed il perché era palese.
La guardò, e per la seconda volta in quegli occhi verdi oscurati da un velo di grigio scorse quel ragazzo che aveva visto sulla torre di Astronomia, con la differenza che ora era diventato ben più di un’ombra. Non poté impedire alla speranza di rifiorire; era incredibile che fosse riuscito a liberarsi dal male che lo opprimeva, che fosse riuscito a decidere lui la parte da cui voleva stare, anche se significava mettersi contro i propri genitori e affidarsi ai suoi precedenti nemici. Marie aveva imparato a sue spese che molte volte la speranza è un rischio, perché se svaniva, lasciava un vuoto che non poteva più essere colmato, come quello lasciato da Sirius e da Cedric. A quel pensiero la invase la tristezza, solo per un breve momento per fortuna, perché Bill cominciò a parlare.
“Cosa diavolo sta succedendo? Arrivate all’improvviso con un Mangiamorte, o forse non lo è più?” Draco di irrigidì sulla sedia.
“E Marie sembra essere stata torturata, mentre ognuno di voi si rifiuta di dirmi qualunque cosa…”
“Bill, sai che Silente ci ha lasciato una missione, e non possiamo parlarne con nessuno…”
Disse Harry. Marie era d’accordo con lui, non potevano dire a Bill e Fleur degli Horcrux, anche se a loro probabilmente avrebbe dato fastidio essere all’oscuro di tutto.
Bill guardò i gemelli con uno sguardo che faceva intuire quanto fossero seri i suoi pensieri, ed alla fine parve rassegnarsi al fatto che non poteva sapere nulla.
“Va bene, ma per la sicurezza di mia moglie e di tutta la mia famiglia, per non parlare dell’Ordine, vorrei una spiegazione chiara sul perché lui è qui.” Guardò Draco. Tutti lo fecero. Ora arrivava il punto difficile.
Malfoy rimase in silenzio, sembrava un imputato davanti alla corte. Marie pensò che se volevano essere diversi dai Mangiamorte dovevamo anche essere liberi dai pregiudizi, e lui in quel momento lo era, li aveva lasciati alle spalle, mentre dubitava che molti in quella stanza avessero fatto lo stesso. Certo avevano buoni motivi per non farlo e c’era da dire che avevano avuto ancora troppo poco tempo, nemmeno lei si fidava completamente.
Decise di prendere la parola, dato che sapeva bene cosa dire.
“È grazie a lui se siamo qui ora. Ci ha fatti fuggire da Villa Malfoy, e con questo gli dobbiamo tutti la nostra salvezza, ora.” Draco la fissò di nuovo, stupito dalle sue parole. Le sembrava giusto riconoscere ciò che era vero, perché ostinarsi a non riconoscere una cosa così importante?
Certo, Ron ed Harry facevano più fatica di lei ed Hemione ad accettarlo, che aveva visto approvare quello che diceva. Loro erano sempre stati più diffidenti, ed a volte si era dimostrato un bene. Come le ricordava a volte Harry, tendeva spesso ad essere di indole un po’ troppo comprensiva e speranzosa, ma anche lì, si compensavano.
Inoltre questa volta era diverso, guardava solamente la situazione come stava.
“Non so i motivi che lo hanno spinto a fare una cosa del genere, né se vuole stare completamente dalla nostra parte, ma mi sembra chiaro, che questa azione indica che non vuole più seguire Tu-Sai-Chi.
Magari ci può dire lui perché ha deciso di farlo?” Sul finire della frase Marie guardò Draco, e vide che si preparava a parlare, riprendendosi dalla sorpresa. Era poi così strana la sua reazione?
“Per noi non comporta alcun pericolo, per ora. Quindi perché non ascoltarlo?”
Hermione le lanciò uno sguardo di approvazione, Bill ed Harry avevano una maschera indecifrabile sul volto, e Ron due rughe di concentrazione sulla fronte.
“Hem…” esordì titubante Malfoy. “Come vi ho già spiegato nella radura…Noi siamo nemici da sette anni, più o meno, ci siamo odiati quasi dal primo momento, e so che guardando il passato trovereste ben poco di positivo in me. Il fatto è che, un po’ come voi, anch’io sono nato con il destino segnato. Tra una famiglia di maghi oscuri da sempre sotto il giogo di Voi-Sapete-Chi, sostenitrice degli ideali purosangue e con un padre Mangiamorte, non si ha molta scelta su da che parte stare; almeno fino a quando credi che la cosa più importante sia salvarsi la pelle, nel modo più semplice e sicuro possibile. Ma ora ho capito che non è questo quello che conta. Ho capito che c’è qualcosa di più importante della salvezza e basta, una cosa per cui vale la pena sacrificarsi, se questo serve a salvare molte altre persone… anche i miei genitori, sebbene sembri un paradosso.
È la libertà.
La libertà dall’oppressione del Signor…Voi-Sapete-Chi. La libertà dagli omicidi, le torture e gli orrori che porta, la libertà dal suo razzismo e dalla schiavitù.
Per diciassette anni ne sono stato schiavo, e per questo potete essere certi che non faccio il doppio gioco. Ho visto molto da vicino le azioni terribili che commette, ho perfino contribuito, e non me lo perdonerò mai.
Ad un certo punto, dopo l’omicidio di Silente, mi sono detto che non poteva essere possibile, non poteva essere possibile che ci fosse un motivo per cui tutto quello dovesse essere minimamente giustificato o sopportabile, un motivo per seguirlo.
Ho cominciato a chiedermi perché lo facessi, ed oltre a capire che io, la mia anima e la mia personalità, non erano davvero tanto codarde come avevo sempre pensato, ho capito che se volevo, una scelta l’avevo. Quella che nessuno avrebbe mai immaginato che prendessi, giudicandomi troppo debole perfino per pensarlo, ma ho deciso di fare una scelta. Solamente io, senza i pregiudizi e gli ideali della mia famiglia.
E ho scelto la vostra causa, perché ho finalmente compreso che vi battete per ciò che è giusto, e anch’io, come voi, voglio salvare la mia famiglia, ed aiutare il mondo magico ad essere liberato dai crimini a cui purtroppo ho partecipato, proprio per questo sono deciso a farlo, costi quel che costi.
Io voglio aiutarvi, anche se so che per voi è difficile crederlo.”
Nel salotto era calato il silenzio. Nessuno fiatava, e Marie, così come altri nel salotto, era stata trasportata dall’energia che avvertiva in quelle parole, dalla volontà che vi era dentro, la volontà di ribellarsi, e il coraggio di fare una scelta.
Fu la voce di Harry a rompere il silenzio, dopo aver scambiato un’occhiata d’intesa con Marie.
“Non siamo noi a dover decidere per te. Sei tu che hai già deciso per te stesso, con queste parole, e facendoci fuggire da Villa Malfoy. Come ha detto Silente, sono le scelte che facciamo che dimostrano quello che siamo veramente, molto più delle nostre capacità, e ognuno ha il diritto di fare le sue.”
“Certo non vuol dire che ci fidiamo di te, ma ti diamo la possibilità di farci capire che possiamo farlo.”
Marie concordava pienamente con le sue parole, aveva detto esattamente quello che avrebbe detto lei, come al solito.
Ora quindi poteva fargli la domanda urgente che le ronzava in testa, insistente come un fastidioso insetto.
Marie stava per porla quando Ron tirò fuori un altro interrogativo importante.
“Come facevi a sapere dov’erano la borsetta di perline e le bacchette?”
Questa domanda sottintendeva la spiegazione dello strano fenomeno che era avvenuto.
Marie fu piuttosto felice che Ron avesse fatto questa domanda, almeno poteva chiedere ad Hermione informazioni. Però la metteva anche a disagio, a dire il vero voleva tenersi per sé il più possibile ciò che era avvenuto, non sapeva bene perché, ma tentennava a rivelare quel legame.
“A questo ti posso rispondere io, Ron” Lui la guardò perplesso, e Marie non sapeva bene come mai ma un’aria compiaciuta comparve brevemente sul viso di Hermione, ma quasi nessuno la notò.
“È complicato da spiegare…” Harry la guardò perplesso, nemmeno lui sapeva cosa stesse per dire.
“Quando eravamo a Villa Malfoy, ero disperata, sapevo che eravamo spacciati, ed avevamo assolutamente bisogno di aiuto…Così, ecco, non so come dirlo, nemmeno io so cosa è successo…” Guardò di sottecchi Malfoy, che si era agitato sulla sedia. Era passato da sollevato per la loro decisione, a nervoso.
“Ho fissato Malfoy, tra il tumulto di emozioni, e pensato intensamente, con tutta la forza che avevo direi, ad una richiesta di aiuto…E poco dopo ho ricevuto una risposta.”
Tutti i presenti, esclusi Marie e Draco, si voltarono verso Malfoy, come in una partita di Tennis al rallentatore.
Visto dalla postazione di Marie era piuttosto comico, in un altro momento si sarebbe messa a ridere, ma non ora che la riguardava.
A quanto pare ora che non aveva più la spada di Damocle che incombeva su di lui, doveva essere un po’ meno sulle spine, perché parlò piuttosto subito.
“Io ho come sentito una voce, quella di M… Potter, che echeggiava nella mente, che mi chiedeva di aiutarvi…E le ho dato ascolto.
Ho fatto esattamente quello che ha fatto Marie, quando ho studiato Occlumanzia avevo trovato delle vaghe informazioni su questo fenomeno, ma non mi ricordo né il nome né dove ne avevo sentito parlare” Disse, prima che Hermione potesse interromperlo con il suo entusiasmo quando si entrava in materia di studio.
“Sapevo solo che bisognava aprire la mente e concentrarsi sulle emozioni ed i pensieri che si vuole trasmettere, ed è ciò che ho fatto.
Sempre tramite quello strano collegamento le ho detto che volevo aiutarvi, e le ho chiesto un diversivo. Come risposta ho ricevuto la borsetta di perline e i Ghermidori, nei loro mantelli ho trovato anche le vostre bacchette.”
Ci fu ancora un attimo di silenzio, e lo ruppe Marie, chiedendo alla persona a cui era logico fare una domanda del genere, era una fortuna avere la strega più brillante del secolo come amica.
“Hermione?”
“Ecco, al quinto anno, quando voi prendevate lezioni di Occlumanzia da Piton, mi sono interessata anch’io alla materia, e…
“Sei andata in biblioteca.” Dissero tutti e tre all’unisono. Li guardò un po’ storto, e Marie vide la faccia sconcertata di Draco, in parte nel sapere che prendevano lezioni di Occlumanzia da Piton, in parte non era abituato a vederli discutere.
Hermione continuò, ignorando la classica interruzione.
“E ho trovato un libro che trattava quell’argomento.” Frugò nella borsetta di perline, per poi ricorrere ad un incantesimo di appello silenzioso, ed un libro si adagiò con leggerezza nella sua mano.
“Hai rubato un libro dalla biblioteca?” Chiese Marie, incredula.
“L’ho duplicato, dato che lo ritenevo importante e non era protetto da alcun incantesimo, ed ho fatto bene a quanto pare”
Fulminò Marie come ogni volta in cui lei cercava di fare breccia nella sua impeccabile condotta, anche se ovviamente falliva sempre.
Appoggiò sul tavolo un tomo rilegato in pelle, dall’aria vecchia e consunta, intitolato:
“L’arte di leggere nella mente: Occlumanzia e magia telepatica”
Lo sfogliò con zelo, con l’espressione concentrata e seria che aveva sempre quando studiava, fino a che non arrivò al capitolo che cercava:
“Comunicare attraverso il pensiero: Pathos Cogitatio”
Per un momento a Marie sembrò che fossero tornati al primo anno, mentre Hermione leggeva loro il testo su Nicolas Flamel. Ora stava per fare esattamente la stessa cosa, ma se possibile, era ancor più assetata di informazioni.

"Il Pathos Cogitatio è un fenomeno molto raro che consiste nel processo inverso dell’Occlumanzia; per questo è necessario che entrambi i soggetti abbiano una buona padronanza in quella branca della magia telepatica.

Consiste nella condivisione di pensieri ed emozioni tramite la mente.
Viene usato specialmente per trasmettere messaggi che non devono essere uditi o intercettati da esterni; è difatti impossibile, per qualsiasi persona non coinvolta nel legame creato, intromettersi in qualunque modo.
Perché ciò succeda è necessario che i soggetti siano sommersi o in balia delle emozioni che desiderano comunicare, ed entrambi i maghi devono avere una mente aperta, specialmente il messaggero. Il destinatario, se così non fosse, ha inizialmente la possibilità di interrompere o impedire il fenomeno. Se il mago o la strega si concentra solamente su uno stato d’animo, obbligatoriamente quello che prova al momento, non è necessario contatto visivo, se invece si vuole trasmettere un messaggio questo è essenziale.
Il Pathos Cogitatio può avvenire con una sola persona nell’arco della vita di un mago o una strega, e non tutti i maghi sono in grado di farlo. Non è ancora chiaro il motivo per cui un numero così limitato di maghi ne sia capace, probabilmente perché un numero ancor minore sono a conoscenza delle loro capacità, e sono perfino più rari coloro che si trovano nelle circostanze adatte perché succeda.
Si pensa che abbia radici nelle magie più antiche e ancestrali, legate all’intensità dei sentimenti ed alle emozioni. È tuttora inspiegabile come mai succeda solo con alcune persone.
Una volta avvenuto, il fenomeno può essere ripetuto a volontà. Più sarà esercitato e più aumenteranno l’abilità e la precisione dei messaggi, così come la spontaneità.
Si consiglia di prestare attenzione a non esagerare tuttavia. Se il Pathos diventa troppo spontaneo, può causare una forte confusione interiore ed improvvisi cambiamenti di stato d’animo. Per ulteriori approfondimenti cercare un libro specifico sull’argomento."

Per l’ennesima volta calò il silenzio, e questa volta Marie non aveva nessuna intenzione di romperlo. Il testo le aveva lasciato molta inquietudine e sconcerto, ed era piuttosto confusa. Ad alcune domande aveva trovato una risposta, ma ne erano comparse molte altre. Prima che potesse pensarci però un dolore penetrante le strappò un lamento, una lama incandescente aveva attraversato la cicatrice, e avvertì la furia di Voldemort, forte e chiara, non in sottofondo come solito.
Il dolore era quasi insopportabile, le sembrava che avesse la fronte spaccata in due. Le venne naturale portare le mani alla testa, e sapeva che Harry stava facendo lo stesso.
Voldemort era irato, e sapeva bene perché. Aveva scoperto l’occasione che gli era sfuggita, e la sua furia era terribile. Riuscì a chiuderlo fuori, lasciando che la miriade di domande e preoccupazioni che aveva nella mente la sommergessero, e a quanto pare anche Harry ci riuscì, perché il dolore si trasformò in un pulsare sordo in un angolo della sua mente, decisamente più sopportabile.
Alzò il viso, e si accorse che loro due non erano gli unici ad essersi lasciti sfuggire un lamento.
Draco era piegato in due, stringendosi convulsamente il braccio.
Sul suo viso oltre che a dolore, si leggeva chiaramente una preoccupazione che tutti loro conoscevano bene, quella per i propri cari.



Angolo dell'autrice

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Capitolo 6
*** La quiete prima della tempesta ***


La quiete prima della tempesta



Lucius era piegato in due dai dolori causati dalle maledizioni che il Signore Oscuro gli aveva inferto nella sua collera, ma un dolore ed una rabbia più penetranti delle maledizioni gli turbinavano senza sosta nella mente.

Draco, il suo unico e prediletto figlio, in cui aveva riposto tutte le ambizioni della famiglia ed il futuro del loro buon nome, li aveva traditi, disonorati e abbandonati.
Suo figlio era sempre stato un orgoglio per lui, e da quando aveva finalmente cominciato a fare parte dei Mangiamorte aveva visto in lui la possibilità di riparare ai propri fallimenti.
Già immaginava come sarebbe migliorata la loro situazione, se Draco fosse riuscito ad entrare nelle grazie dell’Oscuro Signore, trionfando dove lui aveva fallito, alcuni anni addietro.
Ma le sue mire erano presto calate quando Silente era stato ucciso da Piton, impedendo a suo figlio di portare a termine il compito.
Calate, ma non scomparse, ed era certo che durante la guerra si sarebbero presentate altre occasioni per riscattarsi.
Ma ora non riusciva a capacitarsi dell’accaduto.
Draco non poteva averli traditi, era assolutamente impossibile che rischiasse la sua vita per tre traditori del loro sangue condannati a morte ed una sporca mezzosangue.
Quel ragazzo non poteva essere suo figlio; Draco non lo avrebbe mai fatto, non avrebbe mai osato fargli un tale disonore e compromettere anni di fedele servizio.
Credeva di essere riuscito a fargli capire che stare dalla parte dell’Oscuro era la loro via per il successo, ciò che doveva essere fatto.
La causa del Signore Oscuro era quella vincente, quella che garantiva lunga vita alle famiglie nobili e purosangue come la loro.
Tutti i maghi che si ostinavano ad opporsi non erano altro che feccia, traditori del loro sangue e sanguesporco che cercavano disperatamente di impedire l’inevitabile, difendendo quegli insignificanti babbani che dovevano essere sottomessi ed eliminati; indegni, dato che non avevano né il potere né la capacità di controllarlo o conoscerlo.
Draco aveva sempre onorato la famiglia ed obbedito a tutti i suoi ordini, soddisfacendo le sue aspettative e comportandosi come ci si aspettava da un Malfoy.
Per questo la sua azione lo sconcertava come non mai, e risvegliava in lui una rabbia di un’intensità nuova; la sua motivazione nel seguire l’Oscuro Signore non era mai stata così forte come dopo l’azione di suo figlio.
Lo aveva deluso.
Profondamente.
Lo aveva anche ingannato. Sicuramente stava progettando da tempo di lasciare la loro nobile causa, ed aveva cospirato alle loro spalle per far fuggire i Potter, cosa di cui ora lui e Narcissa dovevano pagare le conseguenze.
Come aveva osato fargli un simile affronto?
Per un momento la rabbia fu tale che gli venne la tentazione di non fare nulla perché avesse una possibilità di tornare dal Signore Oscuro.
Per un attimo pensò che se aveva scelto di stare tra le file di coloro che sarebbero stati schiacciati dal suo potere, poteva rimanerci con tutto ciò che comportava.
Ma subito dopo quel pensiero l’affetto che provava ogni padre per il proprio figlio si fece avanti, anche nel cuore gelido e desertico di Lucius, in cui il male aveva ormai messo forti ed inestirpabili radici.
Voleva dargli ancora una possibilità. Avrebbe fatto qualunque cosa per catturarlo o farlo tornare in qualche modo, anche con la forza, in maniera da potergli mostrare di nuovo quale era la giusta via.
Anche se questo poteva significare farlo soffrire.
Bastava che quell’azione, non importava quanto grave potesse essere, gli permettesse di chiarire le idee al figlio.
Non sapeva cosa fosse successo nella sua mente perché facesse una tale pazzia, ma voleva assolutamente impedire che Draco si trovasse dalla parte sbagliata quando sarebbe calata la mannaia.
Perché quando i Potter si sarebbero resi conto che combattevano una battaglia persa, quando avrebbero dovuto affrontare l’Oscuro Signore senza l’aiuto di esterni, ogni singola persona che li appoggiava sarebbe stata spacciata.
Tutti quegli anni di umile e fedele servizio li aveva fatti per garantire un destino prospero alla sua famiglia, seguendo i giusti ideali dei Purosangue e dei Mangiamorte, perché così, seppur con un po’ di sofferenza, sarebbero sempre usciti vincitori da qualsiasi conflitto.
Difatti la famiglia Malfoy aveva sempre mantenuto la sua più che agiata posizione sociale, e i buoni rapporti con il Ministero, creatisi grazie alla loro ricchezza, eliminavano qualunque ostacolo dal loro cammino.
Con l’appoggio del Signore Oscuro, che aveva garantito loro molto del potere che ora possedevano, avevano inoltre la certezza di rimanere imbattuti.
Non poteva permettere a Draco di rovinare la sua vita ed il loro futuro. Non poteva.
Narcissa sarebbe rimasta distrutta se loro figlio fosse morto, e lo stesso valeva per lui.
Non importava quale rischio comportasse, o quanto dolore avrebbe dovuto soffrire, l’importante era che in qualche modo Draco potesse essere perdonato dall’Oscuro Signore.
Ma purtroppo non aveva la minima idea di come fare.

*

Voldemort era già colmo d’odio e di furia a causa delle parole di sfida lanciategli da Grindelwald perfino pochi minuti prima che lo uccidesse, e quando era tornato a Villa Malfoy aveva impiegato una frazione di secondo per leggere nella mente dei suoi seguaci e rendersi conto dell’occasione che gli era sfuggita.

Li aveva avuti tra le mani, gli sarebbe bastato un non nulla per stringere la presa e soffocarli nella sua morsa, invece gli erano sfuggiti, per l’ennesima volta.
Questo aumentava a dismisura la sua ossessione per la Bacchetta di Sambuco.
Doveva essere sua, ad ogni costo.
Era convinto che quello fosse l’unico modo per eliminare per sempre i Potter e sconfiggere una volta per tutte i suoi oppositori.
Solo con quella bacchetta avrebbe potuto diventare veramente invincibile.
Più ancora di quanto lo era da quando aveva creato gli Horcrux.
Nessuno avrebbe potuto contrastarlo, non ci sarebbero più stati gemelli protetti dalla loro madre in grado di sfidarlo, né antiche magie che avrebbero potuto impedire la sua ascesa al potere assoluto.
Sarebbe stato invincibile, e non avrebbero più avuto scampo.
La rabbia creatagli dalle parole di Grindelwald, amplificata dall’enorme frustrazione per essersi fatto sfuggire i Potter sotto il naso, si scaricò sui suoi seguaci, ma la sua attenzione fu attirata dai pensieri che trovò nella mente di Lucius.
Nell’impeto della sua rabbia era stato tentato di ucciderli, ma si era trattenuto. Qualche seguace in più gli sarebbe sempre stato utile, erano altre bacchette che si sarebbero scatenate sui nemici, altra carne da cannone che sarebbe stata utile nel momento della battaglia per rendere più schiacciante il numero, perciò perché uccidere dei maghi con il sangue così puro?
Appartenevano pur sempre ad una discendenza ininterrotta di Purosangue, e Voldemort rispettava questo.
I pensieri che intravide nella mente di Lucius però, prima accrebbero ancora di più la sua collera, portandola a livelli inconcepibili per un’anima integra, poi gli fecero venire un’idea, e capì che forse poteva ancora essergli utile.
Così era Draco, il giovane rampollo dei Malfoy, entrato tanto presto tra le sue file, che aveva ceduto. Alla collera per il tradimento subìto seguì immediatamente un’idea malvagia di vendetta e profitto, suggeritagli dalle conclusioni a cui era giunto Malfoy Senior.
Un ghigno demoniaco cercò di farsi strada sull’orribile volto dai lineamenti serpenteschi contratto dall’ira, e una maschera ancor più orrida e spaventosa ne fu il risultato.
Che illuso.
Avrebbe pagato caro la sua azione, quel piccolo ed insignificante atto di coraggio sarebbe costato la vita al giovane Malfoy, ma non prima di essergli stato utile.
Perché scomodarsi a dare la caccia ai Potter, quando la sua ossessione e priorità assoluta era trovare la Bacchetta che lo avrebbe reso invincibile, se poteva farli venire lui tramite Lucius ed il ragazzo ad Hogwarts, scenario perfetto per distruggere le speranze di tutta quella feccia che ancora si opponeva a lui? Era proprio Hogwarts il luogo in cui intendeva recarsi al più presto, anzi immediatamente.

*

Un dolore acuto gli perforò il braccio, e Draco sentì il marchio contorcersi come se fosse una cosa viva intrappolata appena sotto la sua pelle, gli venne la nausea.
Avvertiva la rabbia di Voldemort attraverso il pulsare ossessivo sempre più forte e bruciante, ma non era quello il vero dolore che lo faceva piegare in due.
Tutte le sicurezze sul fatto che non li avrebbe uccisi svanirono, e comprese che in parte le aveva create lui per avere la forza di compiere quel gesto.
Le paure che aveva durante l’incarico di uccidere Silente al pensiero di fallire tornarono prepotenti, e lo sommersero.Se in un moto d’ira che solamente un’anima intrisa di malvagità come la sua poteva avere, li avesse uccisi?
Per colpa sua.
Il pensiero della loro sofferenza era insopportabile, chissà quali pene stavano patendo, a causa delle sue azioni. In quel momento avrebbe preferito essere lui sotto le grinfie di Voldemort, almeno non avrebbe avuto quei sensi di colpa che lo attanagliavano senza tregua.
Solamente il dolore fisico, puro e micidiale, ma anche redentore.
Una piccola sicurezza però affiorò dalla tempesta che abbatteva in parte lui stesso su di sé.
Non li aveva ancora uccisi, e se l’avesse fatto lo avrebbe saputo.
Era una fitta totalmente diversa quella che si avvertiva quando l’Osc…Voldemort, in preda ad uno dei suoi raptus di collera folle, uccideva uno dei suoi seguaci.
Era come una coltellata, netta e precisa, che si troncava all’improvviso com’era arrivata, e non l’aveva ancora avvertita.
Per ora era come avere la pelle trafitta da mille aghi, ma per lui era quasi un sollievo. Avrebbe sopportato quel dolore per un tempo indeterminato, se poteva evitare ciò che temeva.
Quando riuscì a riemergere dal panico in cui era sprofondato, si accorse che tutti lo stavano fissando con espressioni alquanto preoccupate.
Anche i Potter sembravano alle prese con un tumulto interiore.
Marie si portò una mano alla tempia, chiudendo gli occhi con espressione sofferente, e Potter mosse il capo in un gesto nervoso, come se volesse scacciare dei pensieri nefasti.
Sicuramente aveva a che fare con le loro cicatrici, pensò Draco.
Da tempo ad Hogwarts, ma non solamente lì, grazie all’articolo pubblicato qualche anno fa dalla Skeeter, circolava la voce che le cicatrici funzionassero come una sorta di antenna satellitare, e Draco era certo che non fosse soltanto una voce.
“Pensare che l’ho aiutata io, la Skeeter, a scrivere quell’articolo. Piuttosto comico, a dire il vero.”
Intravide un altro barlume di speranza nel fatto che avvertissero le emozioni di Voldemort, o qualcosa del genere sicuramente, a giudicare dalle loro espressioni insieme preoccupate e sofferenti, ma concentrate.
Forse anche loro se ne sarebbero accorti, se li avesse uccisi.
Costrinse le preoccupazioni e i sensi di colpa a passare in secondo piano, doveva concentrarsi su cosa stava succedendo intorno a lui.
Fra tutti gli sguardi che volgevano verso di lui si ritrovò a fissare negli occhi Harry, con una muta richiesta che lo sorprese. Stava davvero chiedendo una rassicurazione a lui, il suo da sempre accanito nemico, fino a poche ore fa?
Doveva proprio esser disperato, o forse no?
Ma lo sorprese ancora di più il fatto che Harry, oltre a capirlo, gli diede una risposta.
“Non li ha uccisi. Sono ancora vivi, e lo resteranno a lungo, credo.”
Nonostante in parte lo sapesse già, questa sicurezza gli diede un enorme sollievo.
Quando guardò la sorella per vedere se anche lei concordava, cosa praticamente certa, notò che si rabbuiò improvvisamente; un’ombra di ulteriore preoccupazione le era calata sul viso, ma ebbe l’impressione che appena si era accorta che la stava osservando si affrettasse a nasconderla. C’era qualcosa che non gli avevano detto?
“Malfoy…Ti sembrerà strano, ma sappiamo la sofferenza e la preoccupazione che provi.
Una volta che sei contro Tu-Sai-Chi, la preoccupazione per i propri cari diventa un’abitudine.”
La voce di Hermione gli sembrò surreale, talmente faticava a credere a quello che aveva appena detto. Non si sarebbe mai aspettato una frase del genere.
Certo lo metteva a disagio, molto.
Tempo addietro lo avrebbe fatto infuriare se qualcuno avesse preteso di sapere quello che provava, detto da una mezzosangue poi, sarebbe andato in collera. Ma ora era un aiuto insperato, anche se forse giungeva un po’ troppo in fretta per i suoi gusti.
Era vissuto praticamente tutta la sua vita in un ambiente in cui sentimenti del genere venivano accuratamente tenuti nascosti, o mostrati talmente di rado che quando succedeva non ci si credeva nemmeno. Veniva data la precedenza ad un comportamento austero e freddo, in cui si dava più importanza all’immagine che una persona, secondo loro, era tenuta a dare, che all’individuo stesso, e alcuni erano finiti per perdere sé stessi e trasformarsi in quello che avevano a lungo finto si essere.
Il primo che si comportava così era suo padre, ma nonostante tutto Draco non riusciva a non preoccuparsi per lui.
Ora che invece era piombato per sua volontà in un ambiente del tutto diverso, si sentivo come un pesce fuori dall’acqua, ma sperava ardentemente che non lo fosse veramente, perché allora sarebbe soffocato, e non voleva che il passato gli impedisse di cambiare.
“Se vuoi porre fine alla sofferenza dei tuoi genitori, e di molti altri, conta ogni passo in avanti che facciamo.
Il tempo corre sempre più a favore di Tu-Sai-Chi, ma magari hai delle informazioni che potrebbero aiutarci…”
La voce determinata di Marie si rivolse, per la prima volta da quando avevano comunicato attraverso il Pathos Cogitatio, direttamente a Draco, e dietro quelle parole lui colse il primo invito concreto a collaborare con loro.
“Fatemi tutte le domande che volete.” Disse, ed era sincero.
Qualsiasi informazione avessero avuto bisogno di sapere gliel’avrebbe fornita, così magari perfino gli anni passati sotto il terrore di Voldemort avrebbero portato qualcosa di positivo, se alcuni dettagli potevano aiutarli.
“Sai cosa viene custodito nella camera blindata dei Lestrange nella Gringott?”
La domanda lo spiazzò. Si era immaginato più o meno di tutto: se sapeva qualcosa sui piani di Voldemort, informazioni sui Mangiamorte o su Hogwarts, o qualunque altra cosa, ma quella proprio non gli era venuta in mente.
Certo sapeva più o meno cosa veniva custodito al suo interno, Bellatrix si vantava spesso della ricchezza della loro famiglia, cosa a suo parere piuttosto stupida.
Come domanda era piuttosto generica, e perciò inizialmente lo fu anche la sua risposta.
“Bè, si…C’è oro in quantità, gioielli, pozioni rare, antichi cimeli…”
“Tanto antichi da poter essere oggetti appartenuti ai quattro fondatori?”
Avvertì la speranza di un’idea che stava per essere confermata nella sua voce, e fu felice di poterla accontentare.
“Sì, anche…Si è spesso vantata di avere l’onore di poter custodire la spada di Grifondoro, e suo marito una volta ha anche accennato che erano in possesso della coppa di Tassorosso, anche se disprezzano quella casa…”
Un lampo di trionfo passò negli occhi di Marie, e Draco seppe che la sua risposta aveva soddisfatto le sue aspettative, ma non ne capiva il motivo.
Che cosa aveva a che fare con la battaglia contro l’Osc…Voldemort?
Marie si voltò verso il fratello, anche lui con la stessa espressione soddisfatta, sebbene all’improvviso sembrava avere fretta di fare qualcosa.
“Ora ne siamo sicuri. Dobbiamo subito parlare con Unci-Unci.” Disse Marie, il briciolo di entusiasmo precedente già svanito, sormontato da altre preoccupazioni.
Harry sembrava indeciso, su cosa, Draco lo ignorava. Avrebbe voluto fare lui le domande ora, ma sembravano essersi dimenticati di lui, ora che la domanda più pressante -possibile che fosse quella ?- Aveva ricevuto una risposta, ma riteneva un po’ rischioso azzardarsi a porre domande così presto, dato che perfino con chi conoscevano da tempo facevano i misteriosi, figurarsi con lui, uno di cui non si fidavano nemmeno.
Ci fu un momento di silenzio, e anche Hermione e Ron li fissarono.
Dopo alcuni secondi la loro discussione silenziosa terminò, avevano raggiunto un accordo senza dirsi nemmeno una parola.
“Si, prima Unci-Unci…” Disse Harry, con espressione sempre più preoccupata. Draco era insospettito dal fatto che i loro volti si oscuravano sempre più.
Guardando Hermione e Ron vide che anche sui loro visi era stampata un’espressione piuttosto interrogativa.
Quindi non era l’unico a non aver capito molto.
Bè, era già qualcosa.
Un momento. Se gli avevano chiesto cosa c’era nella camera blindata dei Lestrange non era certamente per fare un censimento delle ricchezze magiche. Inoltre dopo quella notizia volevano improvvisamente parlare con Unci-Unci, un folletto che lavorava alla Gringott.
Si diede dello stupido per non esserci arrivato prima, era semplice.
Volevano irrompere nella camera blindata di Bellatrix, per prendere la coppa di Tassorosso.
Per la seconda o terza volta gli venne da ridere, e in quel momento non si trattenne, anche se la cosa stava diventando preoccupante, doveva stare attento a non impazzire.
“Come se pazzo non lo fossi già…”
A quanto pare Ron, ma non era il solo, trovò la sua risata sommessa e trattenuta sospetta, perché diede voce all’interrogativo che era comparso nella mente di tutti quanti, i quali si erano subito girati allarmati verso di lui.
“Perché ridi?” Chiese, in tono curioso, vagamente preoccupato ma privo della precedente aggressività.
“Niente…Diciamo che l’ultima cosa che mi mancava per guadagnarmi definitivamente la simpatia di Bellatrix era irrompere nella sua camera blindata…Ma non fa nulla, eravamo già grandi amici prima.”
Vide che tutti e quattro cercarono di contenere al massimo la piccola scintilla di ilarità che una battuta così inaspettata aveva generato, ma gli orli della bocca di Marie si curvarono all’insù creando delle buffe quanto brevi fossette. Harry scosse la testa, a quanto pareva se prima era solamente etichettato come “Potenzialmente Pericoloso”, ora aveva aggiunto una nota: “Pazzo”.
O forse, con un po’ di fortuna, date le parole precedenti il potenzialmente pericoloso era stato cancellato.
Hermione gli lanciò un’occhiata penetrante, forse sorpresa che fosse giunto a quella conclusione, Ron aveva assunto un’espressione a metà tra l’esterrefatto e lo sbalordito. Come la battuta di Marie pochi minuti prima, successe in un brevissimo attimo, dopodiché fu come se Draco non avesse detto nulla, e i volti di tutti divennero di nuovo preoccupati o tenebrosi.
In quel momento Bill scese dalle scale, tornando dalle stanze a cui era salito dopo che avevano letto il breve ed enigmatico capitolo, per controllare come stavano gli ospiti inaspettati.
“Dobbiamo vedere Unci-Unci, e dopo anche Olivander.”
Gli disse deciso Harry, con un tono reso imperioso dalla fretta e dall’ansia, che gli fece guadagnare delle occhiate allarmate dai suoi due amici.
“Sono ancora troppo provati, tra un’ora li potremo trasferire da zia Muriel, le gambe di Unci-Unci stanno guarendo…”
“No, ci servono qui, dobbiamo parlare con loro. È importante.”
Bill non batté ciglio, nessuna emozione visibile sul volto solcato da profonde cicatrici.
“Allora seguitemi.” Lanciò un’occhiata diffidente a Draco, che non seppe cosa fare.
Doveva seguirli o rimanere lì?
Come risposta Harry si voltò e gli fece un cenno.
Salì per ultimo, meravigliato del permesso ricevuto, sentendo gli amici scambiarsi qualche complimento o rassicurazione, che probabilmente volevano dirsi da dopo la fuga.
Ron non poté fare a meno di guardarsi le spalle, come se fosse una belva pronta ad attaccare, anche quando era privo di bacchetta.
Li fece accomodare in una stanzetta luminosa con vista sul mare.
La primo timidi raggi di sole salutavano il nuovo giorno con la loro luce dorata, filtrando a sprazzi fra le tende semichiuse.
Mentre aspettavano l’arrivo del folletto i gemelli si voltarono verso di lui, con l’aria di voler dire qualcosa di importante.
“Dr-Malfoy, ti diremo quello che serve a tempo debito, per ora non farti sfuggire nulla sulla Gringott con Bill e Fleur, meno sanno meglio è…”
Dopo questa frase Marie aggrottò le sopracciglia, come sorpresa da qualcosa che aveva detto.
“Per ora sappi che stiamo cercando degli oggetti, uno potrebbe essere la coppa di Tassorosso, e altri cimeli appartenuti ai fondatori…che servono per sconfiggere Voldemort.
Di più per ora non ti possiamo dire. Sai già che vogliamo irrompere nella Gringott, e sai cosa può comportare.”
Per tutto il tempo in cui Marie aveva parlato Harry non gli aveva staccato gli occhi di dosso, come se cercasse di capir qualcosa, ma Draco lo lasciò fare, non aveva niente da nascondere.
Sapeva che era già un miracolo che lo facessero partecipare alle conversazioni e gli avessero detto quelle informazioni, perciò non pensò nemmeno di obiettare.
Non capiva perché con Bill e Fleur si ostinavano a mantenere segreto tutto, mentre con lui condividevano alcune, seppur vaghe, informazioni.
Avrebbe ritenuto più logico il contrario, sebbene gli andasse benissimo così.
Quale differenza c’era tra lui e la giovane coppia, che gli faceva compiere questa strana scelta?
In quel momento entrò Bill con il folletto in braccio, il quale stringeva ancora la spada tra le mani, e lo posò cautamente sul letto.
Harry scambiò qualche convenevole con il folletto, che a quanto pare lo aveva accompagnato nella sua prima visita alla Gringott.
I gemelli e il folletto si scambiarono una serie di occhiate, come se lui volesse capire cosa si stavano comunicando a sua insaputa quando si guardavano con aria d’intesa.
“Siete dei maghi veramente strani, Harry e Marie Potter.
In numerosi anni di servizio alla Gringott ho avuto a che fare con molti gemelli, ma non ne ho mai incontrati come voi. Siete molto giovani per affrontare una battaglia tanto ardua, ma di una cosa sono certo: il Signore Oscuro sbaglia a considerarvi due entità separate.”
Quelle parole sortirono un forte effetto sui due fratelli, e un brivido corse sulle loro schiene, quel folletto aveva un che di sgradevole ed inquietante, e Draco stesso trovava quelle parole piuttosto minacciose, sebbene non sapesse il perché. Quell’impressione crebbe a dismisura quando si rivolse, con sorpresa di tutti, a lui.
“Ma il Mangiamorte dietro di voi non è meno particolare.”
Quella frase risvegliò la rabbia dentro di lui, per il fatto che lo etichettava ancora con tanta sicurezza con quell’appellativo, che ora era peggio di un insulto.
“I Mangiamorte sono coloro che sono al servizio di Tu-Sai-Chi, e io non lo sono più.”
Disse con voce ferma e glaciale.
“Potrai anche credere di non esserlo, ma finché è vivo lo sarai, un Mangiamorte traditore, e tutti i traditori di Voi-Sapete-Chi fanno una brutta fine. Mi sorprende che non ti sia ancora successo nulla, ragazzo.”
Una furia quasi incontrollabile invase Draco; se avesse avuto una bacchetta gli avrebbe scagliato contro una delle più terribili maledizioni, ma dato che non ne era in possesso, strinse i pugni, e il suono sinistro delle nocche che scricchiolavano rimbombò tetro nella stanzetta. Harry intervenne nella conversazione, che se fosse stato per Draco sarebbe diventata una faccenda sanguinosa.
Le parole che rivolse al folletto gli giunsero come attutite, ne capiva il senso e seguiva la conversazione, ma aveva la mente altrove.
Come si permetteva quell’essere di deliberare così sicuro sul suo futuro, condannandolo anche ad una brutta fine.
Era davvero segnato come diceva lui?
Quelle parole gli avevano fatto paura, anche se in sua presenza non l’avrebbe mai ammesso. Pensò a ciò che fino ad ora era riuscito ad evitare.
Che provvedimenti stava prendendo Voldemort per il suo tradimento?
Sapeva che avrebbe cercato di vendicarsi, ma lo spaventava di più il non sapere come l’avrebbe fatto che l’azione in sé.
Anche se ci fosse riuscito, cosa che voleva assolutamente impedire, l’importante era che non gli avesse più dato il potere di sottometterlo, e che non ci sarebbe mai più riuscito, si disse Draco. Questo gli assicurava una vittoria che Voldemort non sarebbe riuscito a strappargli con nessuna maledizione, ma ora che la sua vita seguiva un percorso che lui ritenevo giusto non voleva che vi ponessero fine.
Mentre Unci-Unci litigava anche con Ron e faceva infervorare Hermione insinuando che nessuno contrastasse Voldemort questi pensieri lo angustiavano, e avvertì che qualcuno lo stava osservando.
Draco si voltò, negli occhi ancora la rabbia che le parole del folletto avevano creato, e si scontrò con due frammenti di limpido cielo estivo fissi su di lui.
Quando Marie incontrò il suo sguardo si affrettò a portare la sua concentrazione sul folletto, come se si fosse scottata, e non si voltò più.
Draco si sforzò di concentrarsi sulla conversazione, che era ormai giunta alla fine.
“Ci aiuterai?” Gli chiese Harry.
“Non possiamo entrare senza l’aiuto di un folletto. Sei la nostra unica possibilità.”
Unci-Unci, probabilmente proprio perché aveva capito quanto era importante la sua decisione, si divertì a dar loro una risposta esasperante.
“Ci penserò” Disse, sistemandosi con cura le corte e grassocce gambe.
Se avesse potuto, Draco gli avrebbe spezzato di nuovo le ossa una per una, al diavolo l’Ossofast. Mentre uscivano Harry si premurò di portare con sé la spada.
Saggia decisione, pensò Ron, quel disgustoso essere era tremendamente avido ed infido.
Quando uscirono dalla camera Draco vide che le parole taglienti del folletto non avevano colpito solo lui, si era guadagnato il disprezzo di tutti, anche se tenevano la voce bassa per non farsi sentire.
“Piccolo idiota…”
Per la prima volta nella sua vita concordò con Ron.
Superava uno dopo l’altro limiti che non avrebbe mai creduto si potessero frantumare.
“Che essere disgustoso e maligno…” Disse Marie, prima di venir interrotta da Hermione.
“Harry, Marie, quindi credete che ci sia un Ho…un Voi-Sapete-Cosa nella camera blindata dei Lestrange?”
A Draco non sfuggì il fatto che non avesse detto il vero nome della “cosa” perché era presente lui, ma se non doveva saperlo, pazienza, per ora.
Era convinto che al momento giusto avrebbe capito, o gli avrebbero spiegato, almeno lo sperava. Oppure, cosa più che probabile ora che Voldemort stava meditando vendetta, sarebbe morto ignorando ogni cosa.
“Certo! Hai sentito quello che ha detto Malfoy, c’è la coppa di Tassorosso nella camera, e Bellatrix è andata fuori di senno quando credeva che fossimo entrati nella sua camera!”
Disse Marie, non senza una smorfia al pensiero della pazzia di Bellatrix.
“Era terrorizzata all’idea che Voi-Sapete-Chi lo scoprisse, e secondo noi Voi-Sapete-Chi avrebbe nascosto un Voi-Sapete-Cosa nella Gringott perché riteneva che possedere una camera al suo interno fosse un privilegio riservato solo ai veri maghi.”
Inoltre avrà sempre invidiato chi possedeva una chiave, perché lui non ha mai avuto denaro da custodire da giovane.” Precisò Harry.
“Come ragionamento non fa una piega, e se c’è davvero la coppa nella camera, allora non ci sono dubbi.” Constatò Hermione.
“Certo che lo capite proprio bene.” Disse Ron.
L’affermazione non sembrò far loro molto piacere.
“Solo a tratti.” Ribatté Marie, come per difendersi, sebbene quella di Ron non fosse un’accusa.
“Magari fosse stato così facile con Silente.” Disse con una punta d’amarezza Harry.
Fece per bussare alla porta, ma si fermò, e guardò Draco, indeciso.
Draco capì che stava riflettendo se farlo partecipare o meno alla conversazione, e guardò Marie, in cerca d’aiuto. Dopo un momento lei si voltò verso Draco, senza guardarlo negli occhi, e chiese: “Cosa sai dei Doni della Morte? 
“State parlando della leggenda dei doni che diede la Morte ai tre fratelli? La bacchetta, il mantello e la pietra?” Aveva un vago ricordo di quel racconto appartenente alla sua infanzia, ma niente di più.
“Sì.” Fece una pausa.
“Sembra che uno di quegli oggetti, la bacchetta, esista d’avvero. È quello che Tu-Sai-Chi sta cercando, per diventare invincibile.”
Non aveva mai creduto a quella leggenda che gli era stata raccontata da bambino, ma in effetti la bacchetta avrebbe potuto esistere davvero.
Così era quello l’oggetto delle ossessioni di Voldemort.
In quel momento capì cosa intendeva Marie per una corsa contro il tempo. Erano in una situazione disperata, perché se Voldemort stava cercando veramente quella bacchetta, c’erano molte più probabilità che la trovasse prima che loro riuscissero a completare la loro missione.
Ancora non sapeva in cosa consistesse, ma appariva molto insidiosa, complicata e soprattutto lunga.
Hermione e Ron guardarono increduli Harry e Marie, quando per la seconda volta lui alzò il braccio, stavolta per bussare veramente.
Probabilmente non capivano la loro decisione, cosa che nemmeno Draco riusciva a fare.
Erano per caso impazziti?
Non avrebbe mai immaginato che fossero così aperti.
Certo le informazioni che gli avevano dato non erano così importanti, ma credeva che sarebbero stati ancora più riservati. “Ti danno per spacciato…” Intimò a quella vocina caustica di tacere, per Merlino! Avrebbe tanto voluto sapere cosa pensavano su di lui ora, per capire le loro decisioni, ma gli era chiaro che chiedeva decisamente troppo, senza l’uso della Legilimanzia.
Una flebile risposta giunse da dietro la porta, ed entrarono.
Il vecchio fabbricante di bacchette era disteso semisdraiato con la schiena appoggiata ad un cuscino, ed era pallido come un cencio.
Draco non l’aveva mai visto molto, sebbene fosse stato prigioniero per diversi mesi, quasi un anno, nella sua dimora.
Di nuovo lo assalì quel senso di colpa per le azioni che non aveva impedito succedessero, e per l’ennesima volta si ripromise che avrebbe fatto di tutto per fare in modo che non accadessero di nuovo, o almeno, per cercare di riparare i danni che aveva fatto.
Era talmente magro che sembrava solamente un sottile strato di pelle ricoprisse le ossa, ora fin troppo visibili, ed il viso era quasi irriconoscibile, scavato e provato dai mesi di prigionia e dalle torture.
Le tende erano accuratamente tirate, anche se l’alba non occhieggiava alla finestra, dato che questa non dava sul mare. Quando lo vide in quello stato pietoso, Draco si sentì in dovere di porgergli le sue scuse, e fu quello che fece, non appena Harry e Marie lo avevano salutato cordialmente.
“Signor Olivander, le devo porgere le mie più umili scuse.
So che non vuol dire molto ora, ma mi dispiace di non aver fatto nulla per impedire che la catturassero, e per non aver alleviato le sue sofferenze durante la prigionia. Le garantisco che non avrei mai voluto che un ospite venisse trattato così male nella mia ormai ex casa.”
Olivander lo fissò con quello sguardo rimasto inalterato nonostante le dure prove passate, ancora penetrante e inquisitorio come la prima volta in cui l’aveva incontrato, a undici anni. Ma questa volta c’era anche una punta di gratitudine inaspettata.
“Ragazzo, non devi farmi le tue scuse. Mi hai fatto fuggire da lì, ed è grazie a te se ora sono disteso in questo letto al sicuro. Mi hai salvato, e non potrò mai essertene sufficientemente grato. Una decisione come la tua merita di essere riconosciuta.”
Quelle deboli ma intense parole sortirono su di lui l’effetto di un balsamo curativo, non si aspettava un ringraziamento così sincero e comprensivo, e fu lui ad essergli grato per quella frase, che lo rincuorava.
“Senza dubbio la bacchetta di Biancospino è stata la miglior scelta per te, ora più che mai hai dimostrato di avere le caratteristiche perfette per quella bacchetta. Non mi meraviglia che ti abbia scelto con tanta sicurezza”
Aggiunse con quella sua voce carismatica e sempre carica di mistero.
Draco non ricordava quali caratteristiche avesse il legno di biancospino, ma decise che sarebbe andato a ripassarle.
“È stato un piacere farlo, la ringrazio per avermelo detto.”
“Signor Olivander…Potrebbe identificare queste bacchette per favore?”
Disse Harry, porgendogli le bacchette che avevano preso a Villa Malfoy, due delle quali Draco realizzò appartenevano ai suoi genitori, e l’altra era quella di Bellatrix.
“Certo certo…qualunque cosa possa aiutarvi.”
Prese tra le mani quella che Draco riconobbe come la bacchetta di sua madre.
“Castagno e crine di unicorno. 11 pollici e un quarto. Leggermente flessibile.
Questa bacchetta apparteneva a Narcissa Malfoy, come Draco Malfoy saprà sicuramente.”
Lo guardò di sottecchi, e si avvertì un leggero disagio nei fratelli.
“Mentre questa è quella che sono stato costretto a fabbricare per Lucius Malfoy, dopo che la precedente fu distrutta da voi.
Olmo e corda di cuore di drago. Undici pollici, dura.
E quest’altra invece apparteneva a Bellatrix Lestrange. Noce e corda di cuore di drago. Dodici pollici e tre quarti, rigida.”
Dopo questo elenco fece una pausa, prima di porre una domanda.
“Se non sono indiscreto…Desidererei tanto vedere la tua bacchetta, Marie.
È per me un’enorme fonte di curiosità ciò che è avvenuto tra le vostre due bacchette, anche se il cambiamento è avvenuto solamente in quella di sorbo…”
Marie estrasse dalla manica della veste la bacchetta, e la porse ad Olivander, che la prese con delicatezza tra le mani, un luccichio negli occhi saggi.
“Potrei confrontarla con la sua, Signor Potter?”
Anche Harry estrasse la sua, e Draco vide con sgomento che era spezzata in due, legata solamente da un sottilissimo filo di piuma di fenice. Anche Olivander sembrò desolato, ma era difficile a dirsi, tanto era pallido ed emaciato. Portò all’altezza degli occhi entrambe le bacchette, come soppesandole con lo sguardo. “Crede di poterla riparare?” Chiese Harry, speranzoso nonostante tutto.
“Temo, signor Potter, che un danno tanto grave sia al di là delle capacità di qualsiasi mago.”
Harry deglutì, deluso e più cupo che mai.
“Credevo che forse, con il passare del tempo, la bacchetta di Marie sarebbe tornata della tonalità originale, ma non è successo…Come mai questa bacchetta sia diventata della stessa tonalità della compagna, lo ignoro tutt’ora. Quanto mi piacerebbe capirlo!” Continuò Olivander. “Ricordo ogni bacchetta che ho venduto, e vi assicuro che le vostre sono le sole ad essere identiche nell’aspetto in tutto e per tutto, si può dire che l’unica differenza vera e propria sta nel tipo di legno, in quanto persino i nuclei sono simili.
Il legame che si è instaurato tra queste due bacchette tramite la piuma di fenice è per me un mistero, e temo che rimarrà tale…
È già raro che una fenice doni due piume, ma come mai ne abbia donata una terza, dopo essere risorta dalle proprie ceneri, lo ignoro.
Credo però che la particolare abilità negli incantesimi protettivi tu l’abbia acquisita anche grazie alle caratteristiche della bacchetta stessa, Marie, essendo legno di Sorbo, ma rimane nascosto il motivo per cui sembra avere la volontà di proteggere l’altra.
Potrebbe essere per via delle piume, ma questa branca della magia rimane sempre molto complessa, colma di poteri celati in meandri ancora inesplorati dai maghi, e noi fabbricanti di bacchette avremo perennemente da imparare.”
“Quindi è convinto anche lei che la mia bacchetta abbia agito di propria volontà, quando ha scagliato il sortilegio scudo ad una grande distanza, senza che io volessi fare nulla, quella notte? Così come quella di Harry.”
“Non saprei esattamente di cosa potrei essere convinto, Signorina Potter, ma certo è che le bacchette hanno una volontà propria. E la sua, in quell’istante, voleva proteggere la gemella.
Di più non ti posso dire, ragazza mia, sarebbero supposizioni troppo azzardate.”
Calò il silenzio, mentre Harry e Marie riflettevano assorti su quelle parole.
Draco era meravigliato da ciò che aveva appena udito. Non sapeva del legame tra le loro bacchette, e la cosa lo affascinava, sebbene non avesse davvero capito quello che Olivander aveva detto. Sapeva che le loro bacchette avevano sconfitto quella di suo padre, che l’Osc…-Voldemort aveva preso in prestito, ma non conosceva il motivo di quella richiesta, che gli era apparsa molto strana.
Quindi le loro bacchette e quella del Sign…-Voldemort erano legate.
E quella di Marie aveva cambiato tonalità, diventando uguale a quella del gemello.
Era molto strano, non ne aveva mai sentito parlare, e non aveva idea di cosa significasse.
Certo doveva essere di grande importanza, a giudicare da come ne aveva parlato Olivander e dalla loro sete di informazioni, ma gli sfuggiva il vero significato di tutta quella vicenda, certamente perché di loro sapeva poco e nulla.
“Ma si può utilizzare una bacchetta anche se non ne si è stati scelti?”
Chiese Harry dopo essersi riscosso.
“Si…Un mago che si rispetti è in grado di incanalare i propri poteri in quasi tutti gli strumenti.
“Però la bacchetta non sarà mai veramente sua?”
“Tutto dipende dal modo in cui la si ha conquistata, se viene vinta con la forza e contro la volontà dell’avversario, in genere la bacchetta cambia fedeltà.”
“Quindi non è necessario uccidere il proprietario precedente per impadronirsi veramente di una bacchetta?”
“No non direi…” Olivander cominciò a sudare freddo, a disagio.
“Ci sono tuttavia leggende che parlano di una bacchetta passata di mano tramite omicidi”
Insistette Marie, anche lei con la fronte imperlata di sudore, sebbene indossasse una veste leggera e non facesse caldo.
“Sì, una.” Olivander diventava sempre più pallido, e l’affermazione successiva lo fece diventare di una tonalità grigiastra.
“E Lei-Sa-Chi le ha chiesto informazioni al riguardo vero?
Voleva che lo aiutasse a superare il legame tra le nostre bacchette, ma malgrado lei gli abbia detto dei nuclei gemelli e consigliato di prendere in prestito un’altra bacchetta non ha funzionato…” Continuò imperterrita, ignorando lo sconcerto di Olivander per ciò che sapeva, e il terrore del vecchio schizzò alle stelle, come sentendosi in colpa per le informazioni date.
“Mi ha torturato! Non avevo altra via, la maledizione Cruciatus non mi ha dato scelta, ho dovuto farlo…”
“La capiamo, chiunque avrebbe agito come lei. Non aveva scampo.”
“Quindi gli ha dato informazioni sulla Bacchetta di Sambuco?
Dicendogli che Gregorovich la possedeva?” Continuò Potter.
“Ma come fate a sapere!”
“Questo non ha importanza” Ribatté Marie, scura in volto.
“Il Signore Oscuro” Iniziò Olivander, con voce debole e rassegnata “Non cerca più la Bacchetta solo per sconfiggervi, ma è convinto che ciò lo renderà davvero invulnerabile.”
“E sarebbe davvero così?” Chiese Harry, e Draco avvertì il peso di quella domanda.
“Chiunque possieda la bacchetta deve sempre temere gli attacchi, ma il Signore Oscuro in possesso della Bacchetta di Sambuco sarebbe…Formidabile.”
Sembrava quasi che quella idea lo spaventasse almeno quanto lo attraesse, e quell’impressione, sommata al modo in cui pronunciava il nome del S…-Voldemort, non diedero a Draco proprio una buona impressione di lui, e sicuramente nemmeno ad Harry e Marie piaceva più di tanto.
L’ultimo vano tentativo di trovare un barlume di speranza lo fece Hermione, ma com’era prevedibile, fallì.
“Quindi lei crede che esista veramente? Insomma, che non sia una leggenda?”
“Non penso sia una leggenda, no, nella storia ci sono molte sue tracce, e resoconti noti solamente ai fabbricanti di Bacchette.
Anche se credo che la scia di sangue che si è lasciata dietro sia utile solo per rintracciarla, perché creata dalle forti passioni che un oggetto così potente, desiderabile e pericoloso suscita nei maghi da secoli.
Se il Signore Oscuro si impossesserà veramente della Bacchetta di Sambuco, Harry e Marie Potter, dovrete davvero combattere molto uniti, per farcela.”
Soprattutto ora che non avevano più la bacchetta di Harry, pensarono desolati i due gemelli.
Con queste rassicuranti parole il discorso si chiuse, e dopo qualche ringraziamento uscirono.
Ora Draco era davvero conscio del motivo per cui i gemelli avevano un’espressione sempre più preoccupata.
Come facessero a sopportare il peso di quella drammatica situazione, quando tutto sembrava andare a loro sfavore, non ne aveva idea.
Se Voldemort era veramente alla caccia della bacchetta che fino a poco prima riteneva leggenda, ogni ora che passava era determinante.
Per questo immaginò che dovesse essere enormemente frustrante per loro dover perseverare nella ricerca di quegli oggetti, qualsiasi cosa significassero.
La via che stavano intraprendendo sembrava la più lunga e tortuosa, e si chiese come mai, dato l’emergenza della situazione, non cercassero di ostacolare Voldemort, o di trovare la bacchetta prima di lui.
Certo, sarebbe stato forse perfino più pericoloso che irrompere nella Gringott, ma almeno avrebbero agito in modo diretto contro Voldemort, avendo l’impressione di fare qualcosa per impedire che il loro nemico diventasse apparentemente invincibile.
Mentre così erano confrontati con ostacoli sempre nuovi, spesso brancolando nel buio, con la consapevolezza che il loro avversario si avvicinava inesorabilmente ed incontrastato al suo obiettivo, e per di più uno di loro non aveva più la sua bacchetta.
L’unica spiegazione sensata era che dovevano essere certi che quegli oggetti, una volta trovati, gli aiutassero a sconfiggere Voldemort, anche se fosse stato in possesso della Bacchetta di Sambuco.
Dovevano essere di cruciale importanza.
Dal loro ritrovamento doveva dipendere la loro salvezza, altrimenti perché affannarsi tanto?
Tra le altre mille domande però una affiorava più insistente delle altre, non era nemmeno così importante, eppure Draco non riusciva a scacciarla.
Quegli oggetti davano loro il potere di distruggerlo, oppure ne toglievano all’Osc…Voldemort, rendendolo più vulnerabile?
Si rendeva conto che le due possibilità erano collegate, però c’era una leggera differenza.
Si costrinse a non ritenerlo importante, appena si accorse che quella domanda probabilmente era sorta perché essendo stato molti anni in un ambiente dove tutto si giocava sul potere, fino a poco tempo fa gli dava anche troppa importanza.
Credendo che da chi lo possedesse dipendesse la sorte sua e degli altri, era deciso ad averne una parte, illudendosi così di essere al sicuro.
Ora invece aveva capito che la vita di una persona non si giocava affatto su quello, anzi, era una trappola, perché una volta convinti che avere potere fosse essenziale per cavarsela, si era sotto il suo giogo, e si finiva con dare al potere il potere di controllare le proprie azioni, mentre la cosa più importante e vitale se si era intenzionati a seguire il proprio percorso, era non dare potere a nessuno di influenzare le proprie scelte. Ora, finalmente, l’aveva capito.
Ma per essere in grado di fare ciò era necessario essere indipendenti e non sottomessi, e quindi spesso era meglio rinunciare a qualsiasi mira di alto rango o dominio, perché avrebbero sortito l’effetto contrario.
Con il volere di sottomettere si poteva finire con l’essere sottomessi, perfino dalla propria volontà, e non c’è cosa peggiore che essere schiavi di sé stessi, oltre che degli altri, in alcuni casi.
Mentre rinunciandoci può capitare che arrivi inaspettato, come ricompensa per le fatiche superate, e non come forza tiranna che rendeva superiori sottomettendo gli altri, ma sotto forma di rispetto.
Questa era una delle tante cose che aveva capito, mentre prendeva la decisione più importante della sua fino ad allora miserabile vita. “Ma guarda un po’ che filosofo stai diventando…non rammollirti come certi professori incollati alle loro pergamene, Flamel!”
I Potter interruppero le sue riflessioni e battibecchi interiori, dirigendosi a passo spedito giù per le scale, senza voltarsi ne dare spiegazioni, tranne un sommesso:
“Ho bisogno di un po’ d’aria.” da parte di Marie.
Con le labbra serrate ed i visi pallidi contratti dalla preoccupazione non avevano un’aria rassicurante, sembravano affetti da una qualche malattia.
Certo Draco ero l’ultimo a potersi permettere di dare un giudizio, sapeva bene cosa significava quando la preoccupazione ed i pensieri non smettevano di tormentare, fino a consumare tutte le energie.
Immaginò che il suo volto non dovesse avere un aspetto migliore, comunque.
Li piantarono in asso, cosa che non doveva succedere spesso, a giudicare dalle facce esterrefatte di Hermione e Ron.
“E ora che si fa?” Chiese Ron, allibito.
“Si aspetta.” Disse Hermione, rassegnata ma non molto più tranquilla del compagno, prima di mettersi comoda sullo stesso divanetto in cui poco prima sedeva Marie, una volta scese le scale.
Aveva l’aria di essere un’attesa lunga.
Ron si era seduto accanto a lei, mentre Draco era ancora impalato in mezzo alla stanza, con il dolore lancinante al braccio che non accennava ad andarsene.
Non poteva fare a meno di stringerlo continuamente, nella vana speranza che sparisse, ed Hermione gli scoccò uno sguardo a metà fra l’ansioso e l’inquisitorio.
Sperò non facesse domande.
Il silenzio inquietante instauratosi fu rotto da Fleur, che vedendoli accampati nel salotto volle porre rimedio, ma le sue premure non fecero loro un gran favore.
Sebbene il sole stesse per sorgere, a nessuno era passata per la testa l’idea di dormire, anche se come aveva detto lei, erano tutti molto stonchi.
“Dov’è Luna?” Chiese ad un tratto Hermione, di nuovo agitata.
“Credo di averla scorta in spiaggia” Disse Bill, affiancando la moglie.
“Vado a cercarla” Affermò risoluta.
Sicuramente nemmeno lei riusciva a sopportare quella calma surreale, ed insieme a Ron decise di ingannare il tempo che occorreva ai gemelli per schiarirsi le idee andando alla ricerca dell’amica.
Draco se possibile si sentiva anche peggio, e se non avesse fatto qualcosa per distrarsi prima o poi si sarebbe lasciato sfuggire un lamento con quel dolore bruciante al braccio.
Per non attirare l’attenzione su di sé uscì a sua volta e scese verso la costa, certo che la spiaggia fosse abbastanza grande per non scontrarsi tra di loro.
Regnava un’atmosfera strana.
Sebbene nulla lo rivelasse, Draco si sentiva come sul ciglio di un precipizio; quella calma improvvisa ed i cambiamenti repentini erano avvenuti con sorprendente facilità, gli sembrava che tutto fosse filato fin troppo liscio.
Quella doveva essere la quiete prima della tempesta, senza dubbio.
Tante volte aveva immaginato quello che era appena successo, ed ora che vi si trovava immerso, lo coglieva comunque alla sprovvista.

*

Lei ed Harry quasi corsero verso l’uscita, riuscì appena a borbottare qualche parola di scusa.
Si sentiva soffocare, non riusciva a sopportare quella mancanza di azione, proprio ora che la parte della sua mente abituata ad agire la riteneva essenziale.
Le scoperte e le informazioni date loro da Olivander non davano scampo.
Se Voldemort fosse diventato padrone della Bacchetta di Sambuco, e lo stava per essere, avrebbero dovuto affrontare un avversario invincibile, a detta della storia e della ragione.
Vedeva Voldemort che avanzava nei prati di Hogwarts, e si sforzò con tutta la volontà che aveva di non lasciarsi trascinare dalla visione.
Cercò la mano di Harry, sapeva che lui provava quello che provava lei, come accadeva sempre, ma dovevano parlare, la decisione che stavano per prendere, che avevano in parte già preso, era troppo grande per condividerla solo con il pensiero.
Afferrò la sua mano. La strinse, forte.
“Harry…! Dobbiamo chiuderlo fuori, non possiamo farci nulla ormai, sai che abbiamo già scelto…”
“Mi sembra così una pazzia, Marie, e se stessimo facendo la cosa sbagliata? Abbiamo sempre agito, sempre, mentre ora stiamo a guardare con le mani in mano Tu-Sai-Chi che diventa invincibile!”
"Lo so, anche a me sembra senza senso, eppure…Non può essere davvero invincibile, altrimenti perché mandarci alla ricerca degli Horcrux?
Certo, scegliere tra Horcrux e Doni è straziante, non capisco come mai Silente sia stato così poco chiaro, ma infondo lo era sempre…Non avrebbe mai voluto che noi violassimo la sua tomba…” A quelle parole seguì, vivida, l’immagine della tomba di Silente squarciata, e Marie perse nuovamente la percezione del suo corpo, trasformandosi in quella figura china e trionfante…Fino a che non fu Harry a tirarla fuori da lì.
Harry si bloccò di colpo, e usò la rabbia che anche lei provava a volte verso Silente per contrastare l’orrore, e la richiamò alla discussione che disperati portavano avanti.
Più per giustificare le loro azioni che per prenderne altre, ormai era fatto, ma sapeva che parlandone con lui avrebbe potuto trovare un attimo di pace.
“Non possiamo sapere quale sia giusta, ma mai prima d’ora abbiamo lottato per avere più potere di Tu-Sai-chi per sconfiggerlo, sono sempre state le nostre risorse a farci vincere, quelle che non sapevamo nemmeno di avere, ed alla fine tutto si è ritorto contro di lui.
Non so cosa sia giusto Marie, non lo so proprio, ma l’unico modo per ucciderlo è distruggere gli Horcrux, e la bacchetta non protegge la sua anima, lo rende solo più abile…
Silente ci ha mostrato questa ricerca, e sebbene sapesse dell’esistenza dei Doni non ce ne ha mai parlato…
Solo una persona può essere padrone della morte, e noi abbiamo sempre agito insieme.
Anche se uno di noi li trovasse, o avesse la bacchetta di Sambuco, l’altro sarebbe sempre vulnerabile, e noi non siamo mai stati disequilibrati.”
Una mano bianca quanto il cadavere sottostante strinse con cupidigia la Bacchetta, e una pioggia di scintille e trionfo ne scaturì.
“Hai ragione. Continueremo per la nostra strada, insieme.
Lui punta sulla sola forza bruta e abilità, ma una corazza imbattibile non gli servirà a nulla, se lo miniamo dall’interno.
Se rimaniamo uniti non potrà spezzare il nostro legame nemmeno con la Stecca della Morte, mentre la sua anima non sarà altro che un ammasso sanguinolento senza difese, resa tale da lui stesso.
E se riuscisse a distruggerci – Disse Marie con tutta la convinzione che aveva in corpo, non temeva quella sorte, purché fosse ad una condizione – Saremmo comunque ancora uniti.” 
Eccolo, quel piccolo, persistente barlume di speranza, che proprio per la sua discrezione non cessava mai di pulsare di energia.
Pure quando era alla sua minima potenza, provato da tutto ciò che gli stava attorno, era come il lume di una candela.
Per quanto debole e languido poteva essere, permetteva di farsi strada tra le tenebre più oscure senza rimanerne soffocati, e da quel barlume poteva nascere un faro, che oltre a loro illuminava la via a molti altri, rischiarando ogni angolo con la sua luce, accecante solo per chi troppo a lungo era vissuto nell’oscurità.
Per Marie quel barlume era Harry e la sua vicinanza, il legame che li univa, e per Harry ero Marie. Questo li rendeva sicuri e forti anche quando ogni speranza sembrava fuggire, come ora. Certo se fossero riusciti a sconfiggere uno di loro, anche l’altro si sarebbe trovato al buio.
Ma Marie era certa che non le sarebbe mai capitato di dover affrontare le tenebre da sola, reggendo colma di paura la sua candela, e tanto le bastava, per continuare a contrastarle.


Angolo dell’autrice:

Per chi, come Draco, dovesse ripassare le proprietà dei nuclei delle bacchette:
la bacchetta di Draco è di biancospino, con il nucleo di crine di unicorno, e lunga 11 pollici esatti. Le bacchette con nucleo di crine di unicorno, fra i tre nuclei che compongono le bacchette di Olivander (corda di cuore di drago, crine di unicorno e piuma di fenice) sono note per essere quelle più difficili da piegare alle Arti Oscure.
Secondo J.K. Rowling stessa, questo nucleo è simbolo del fatto che, nonostante tutto, nel cuore di Draco c’è una fonte inestinguibile di bene. Queste informazioni, e molte altre altrettanto affascinanti, si trovano su www.pottermore.com
Se non lo conosceste ancora, è il paradiso per coloro che adorano Harry Potter, e una fonte magia ed inesauribile di informazioni sempre nuove e più approfondite! Spero vi divertiate ad esplorare il sito.

Un caloroso saluto

Claire 66




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Capitolo 7
*** Conseguenze ***




Conseguenze



Da diversi minuti ormai Draco si trovava sul bagnasciuga debolmente illuminato dal rossore dell’alba incipiente, ed osservava il moto continuo delle onde, sperando che il ritmo lento e costante del loro sciabordio riuscisse a sommergere il groviglio di preoccupazioni che si accavallavano disordinatamente nella sua mente.

Non pose più alcun freno alle sue ansie, ed effettivamente dopo il confuso turbinio iniziale, in cui lui stesso non riusciva a seguire i suoi pensieri, la risacca sembrò riuscire a trascinare con sé ogni cosa, lasciando solamente il suo cullare perpetuo.
Proprio prima che quella fragile tranquillità andasse in frantumi, credette che avrebbe potuto andare avanti all’infinito, come sembrava fare l’orizzonte da cui proveniva.
All’improvviso un’invisibile ghigliottina calò dal cielo, mozzandogli al posto del collo la mano e una considerevole parte dell’avambraccio sinistro, alcuni centimetri al di sotto del polso.
Il dolore fu così acuto e lancinante che gli strappò un grido traboccante di sgomento e sorpresa, secco e breve, che tuttavia non incontrò difficoltà nel propagarsi tra la spiaggia silenziosa.
Dopo un primo istante in cui, nonostante avesse gli occhi spalancati, non vide altro che oscurità, poté portare la mano destra a stringere il moncone che credeva di trovare.
La sorpresa di vedere la mano intatta, con tutte le sue articolazioni funzionanti, fu quasi quanto quella suscitata dall’improvvisa sofferenza.
Non aveva nessuna ferita visibile ad occhio nudo. Il dolore, come accadeva spesso con il Marchio, svaniva con tanta rapidità quanto era comparso, lasciando il posto all’ormai solito pulsare sordo.
Quando guardò con più attenzione il Marchio che ormai odiava, un dettaglio gli ghiacciò il sangue nelle vene, e per un momento fu come se tutto il sangue che aveva in corpo si fosse fermato, in preda all’orrore.
Il viscido serpente che sbucava dalla bocca del macabro teschio si era mosso: strisciando aveva raggiunto la sua coda, in cui aveva conficcato le sue lunghe sciabole velenose.

*

Entrambi rilassarono la presa sulle mani del gemello, fattasi ormai convulsa, lasciando che il sollievo dato dall’aver preso una delle decisioni più importanti e insolvibili della loro missione li invadesse.
Volsero lo sguardo verso il mare, ascoltando come per la prima volta quella dolce musica che sorgeva spontanea da esso; come un dono mai chiesto ma oltremisura apprezzato, proveniente da una generosità sconosciuta.
Marie sentiva di nuovo il vento scompigliarle i capelli, mentre prima tutto era offuscato da quel terribile dubbio, che inghiottiva ogni cosa come un drago affamato.
Sapeva che il mostruoso carico che gravava sulle loro spalle avrebbe ben presto fatto ritorno, ma cercò di godersi quell’attimo con tutte le sue forze, assieme ad Harry, forte della sua vicinanza.
Si portò una mano tra i capelli, i quali ora che erano più corti erano ribelli quanto quelli di Harry, e perciò il vizio che entrambi avevano ereditato, in lei prima lieve, ora era evidente. Tuttavia oltre alle onde ribelli avvertì anche il freddo del metallo, e strinse la mano attorno alla catenella che aveva al collo, per poi afferrare il ciondolo che non aveva mai tolto dalla lettura del testamento di Silente.
Era il dono che Silente aveva deciso di darle in eredità, con sorpresa sua e di tutti quanti.
Ancora non riusciva a capire a cosa dovesse servire, ed a volte anche quel gioiello era fonte di disperazione.
Quali erano state le intenzioni di Silente, nel donarglielo? Quale astuto scopo avrebbe dovuto scoprire? Nonostante ci avesse riflettuto fino alla nausea durante notti insonni, brancolava ancora nel buio.
Harry, assaporando a sua volta la brezza salmastra, le rivolse un sorrisetto sghembo al di sotto dell’ormai consueto velo di preoccupazione, scompigliandole scherzosamente i capelli. Lei rispose scompigliandoglieli a sua volta, ed a guardarli senza conoscere il peso di Atlante che portavano sulle spalle, ricordavano proprio due cuccioli di Wampus.
“Non si può negare che Silente avesse il senso dell’umorismo fino alla fine” esordì Harry spezzando quell’etereo sussurrare del vento.
“Ben oltre la sua fine…vecchio furbone!” Marie lesse con tono dolcemente canzonatorio la scritta incisa sul retro del ciondolo, incorniciata da un motivo celtico circolare tracciato con quella che sembrava polvere d’orata.
“To see a world in a grain of sand, And a heaven in a wild flower, Hold Infinity in the palm of your hand And Eternity in an hour.
del poeta babbano William Blake … Sai Harry, il messaggio di Silente mi fa sempre sorridere, ma ora comincia ad assillarmi sul serio, apprezzo il suo umorismo, ma non poteva essere più chiaro, Morgana!”
Aprì malamente la pergamena stropicciata su cui aveva trascritto le poche parole lasciatele da Silente nel suo testamento: “A Marie Lily Potter, nella speranza che non passi mai di moda, in qualsiasi tempo." Niente, assolutamente nulla sulla sua utilità! Per Merlino, almeno quando V…Tu-Sai-Chi ci ammazzerà indosserò un gioiello ben al di sopra dei miei gusti, questa si che è una bella notizia!”
“Continuo ad essere convinto che contenga qualcosa. Come il medaglione Horcrux…e il boccino. Anche quello ci è stato dato con un rompicapo, Mi apro alla chiusura.” Suggerì Harry, ripercorrendo le tappe ormai usuali di quella conversazione, tracciando con le dita l’orlo ovoidale del ciondolo color ossidiana “Lo spessore è sufficiente per nascondervi qualcosa di piatto o sottile. Qualsiasi cosa contenga, è minuscola. Se il boccino contiene la pietra della resurrezione, come pensiamo, allora…” Marie lo interruppe.
“Qualsiasi cosa contenga, non lo sapremo mai!” Harry la guardò con uno sguardo stanco ma determinato. “Non disperare Marie, siamo tutti provati, e lambiccarci il cervello sui medesimi interrogativi ci logora. Se non altro ora abbiamo un nuovo rompicapo, Malfoy. Devo ammettere che si è rivelato straordinariamente utile nelle ultime ore, il Serpeverde.
“Sei in vena di eufemismi, Potter” gli ripose lei, con sguardo giocoso.
“Sia chiaro, non mi fido di lui. Ma ti ha salvato la vita, e l’ha salvata a tutti noi. Questo è sufficiente a capovolgere le cose, per ora. Ed oltretutto non può fuggire da nessuna parte, se lo facesse, sarebbe un rinnegato. Ricercato dai Mangiamorte e scacciato dalle forze dell’Ordine, non avrebbe uno straccio di possibilità.”
Marie non aveva bisogno di assentire, a loro due non occorreva il Pathos Cogitatio né qualsiasi altra forma di Legilimanzia per leggersi nel pensiero.
“Nessun rischio a farlo partecipare alle nostre missioni, anche se con misura.”
“Poi sarei io quello in vena di eufemismi” le rimbalzò la battuta Harry.
“Non possiamo mica mollarlo a Bill e Fleur, o ad altri dell’Ordine no? Potrebbero tenerlo al sicuro come gli altri Membri, ma lui è pur sempre un Mangiamorte, non lo vorrebbero, e poi riesci ad immaginarti Malfoy da Muriel?” Un dubbio li punzecchiò puntuale: avevano rifiutato l’aiuto di Lupin, per accettare senza esitazioni il cambio di bandiera di un Malfoy? Ma in fondo, era giovane quanto loro, e altrettanto determinato, ora.
“Hai pensato ai vantaggi che ci potrebbe portare il fatto che sia un Mangiamorte? In teoria, intendo.” Continuò Marie, certa di seguire il filo dei pensieri del gemello “Chissà quanti luoghi sono protetti contro intrusi ma non contro Mangiamorte! Hogwarts, di sicuro! Sento che il castello ci potrebbe aiutare molto Harry, tu che ne pensi?”
“Sono d’accordo, ma prima dobbiamo infiltrarci nella Gringott…” Un urlo improvviso e roco gli fece trasalire, chi era in pericolo?
Corsero nella direzione del grido, inciampando nella tenue luce dell’alba con la sabbia che entrava nelle scarpe, fino a che giunsero sul bagnasciuga e videro Ron, Hermione e Luna che correvano loro incontro dalla direzione opposta. Tra di loro si frapponeva Malfoy, in ginocchio nella sabbia umida. Già da lontano videro che si stringeva convulsamente l’avambraccio.
“Malfoy, che succede?” Proruppe Harry, dando voce all’allarme dei suoi compagni.
“Il marchio…” Ansimò Draco a denti stretti “Il marchio nero si è rivoltato contro di me, e…”  Si interruppe per non lasciarsi sfuggire un lamento “si sta facendo strada nella mia carne.”
Il verso di un gabbiano sembrò prendersi gioco di lui, con una risata acuta ed animalesca.
“Ha spaventato tutte le ostriche zannute, nemmeno una spunta più dalla sabbia” Affermò Luna con la sua voce cristallina. “Non sono le zanne delle ostriche a preoccuparmi, lunatica!” Pensò irritato Malfoy.
“Fa vedere il braccio, Draco” Disse Marie con voce ferma ma morbida, come se avesse a che fare con un bambino spaventato. Malfoy non lo avrebbe mai ammesso, ma quella morbidezza, seppur accennata, gli diede la forza di scoprire l’orrenda cicatrice.
“Per la miseria!” sbottò Ron, ed Hermione si portò le mani alla bocca. Luna invece si era messa a cercare le ostriche zannute, canticchiando tra sé. Ma Harry e Marie fissavano con sguardo indecifrabile l’avambraccio tumefatto di Draco, dove il serpente si dibatteva stringendosi la coda fra la morsa ferrea delle zanne velenose, da cui si spandeva, tanto piano quanto inesorabilmente, una macchia nera come la pece.
“Torniamo a Villa Conchiglia, ci siamo rinfrescati abbastanza” Fu l’unica cosa che disse Harry, e tutti tranne Luna si avviarono silenziosamente verso la dimora. Hermione si rassicurò che li raggiungesse a breve, e fu sorpresa nel vedere che portava diverse manciate di ostriche zannute nella maglietta.
“Luna, a cosa…” stava per chiedere, ma lei l’anticipò, angelica. “Dalle loro zanne si può trarre un succo lenitivo, non lo sapevi?” No, Hermione non lo sapeva, e si domandò quale libro avesse tralasciato un’informazione tanto importante. Certo non immaginava che dovesse studiare anche Il Cavillo!

*

Severus Piton camminava su e giù nell’ufficio del Preside. Il fatto che ora fosse lui il Preside di Hogwarts non gli impediva di considerare come veramente suo unicamente l’ufficio sotterraneo in cui custodiva i rari e ricercati ingredienti per le sue pozioni. Quel bonaccione assuefatto dai contatti sociali che considerava essere Lumacorno lo aveva confinato in quello che per i suoi alti standard era sicuramente un gabinetto. Là in quell’umida stanza era racchiusa la sua passione, mentre quello studio dagli spazi ricercati non faceva che ricordargli quanto avesse dovuto sacrificare, e quanto vicina fosse la sua fine. Malgrado Fannì la Fenice fosse assente e l’atmosfera meno luminosa, l’ufficio di Silente era ancora ben riconoscibile. Certo la presenza del nuovo e più odiato Preside di Hogwarts l’adombrava come il pipistrello del malaugurio. D’un tratto, il silenzio fu rotto dal tintinnio di una bacchetta che bussava alla porta. Una figura decisamente più elegante portò improvvisamente vita nel silenzioso studio, dopo essere stata fatta entrare con un perentorio ma insofferente “Avanti”. Il ritratto di Silente, in cui il preside dagli occhiali a mezzaluna passava la maggior parte del tempo sonnecchiando, sbirciò la nuova arrivata con interesse.
La chioma di un biondo chiarissimo e l’aria di sufficienza, seppur di molto deperita, che trapelavano da sotto il pesante cappuccio di seta nera non lasciarono dubbi a Piton: si trattava di Narcissa Malfoy.
“Signora Malfoy, a cosa devo l’onore della sua visita?” Chiese Piton, senza preoccuparsi minimamente di celare il fastidio e l’insofferenza nella sua voce, strascicata con calcolata indifferenza.
“Chiamami Narcissa, Severus. Non è una visita ufficiale la mia” esordì la madre di Draco, con una voce inusuale per il suo portamento: debole, carica di preoccupazione.
“L’avevo intuito, dato che tuo figlio non frequenta più la mia scuola e non necessita di favori per entrare nella squadra di Quidditch” Piton si divertì crudelmente a girare il coltello nella piaga ed estrarre dal cappello quelle che ormai risultavano futili preoccupazioni in confronto a quelle presenti. Sapeva benissimo che Narcissa era venuta per chiedergli di intervenire per suo figlio una seconda volta nell’arco di due anni. Questa volta però non avrebbe ottenuto un voto infrangibile come a Spinner’s End, quello era certo.
“Severus, … le tue doti nell’arte del fabbricar pozioni sono inarrivabili. Sai benissimo, in quanto sono certa che questa…notizia ti sia stata riportata, che Draco ha commesso una sciocchezza imperdonabile, lo so bene, e so anche che probabilmente gli costerà la vita. Ma come madre non posso rassegnarmi a vederlo morire o deperire senza fare nulla per lui. L’Oscuro Signore certo lo saprà e mi tiene sotto stretta sorveglianza, non posso fare nulla per aiutarlo. Se cercassi di farlo, mi farei uccidere e so che Draco non vuole perdere sua madre, anche se le ha causato un dolore tale da portarla vicino a quello stato…
“Non sono qui per ascoltare la tua inettitudine come genitore, Narcissa.” Piton sapeva che per la Signora Malfoy un trattamento del genere era un colpo duro e insopportabile all’orgoglio, ma era necessario per metter alla prova la devozione di Narcissa e mascherare la sua parzialità. Lei si interruppe, mortificata quanto seccata, ed andò dritta al punto.
“Sai benissimo quanto me qual è la sorte che spetta ad un Mangiamorte traditore, se l’Oscuro Signore desidera eliminarlo senza averlo in ginocchio davanti a sé. Ha avvelenato il marchio di Draco, il mio unico figlio, in modo che ogni suo arto deperisca lentamente, condannandolo ad una morte lenta e ad un’agonia intollerabile.” Narcissa sperò che quelle parole potessero scalfire la coscienza del Preside, e rievocare un briciolo di…umanità, per quello che era stato uno studente della sua casa. “Morirà comunque, Severus, quando la guerra sarà vinta dal Signore Oscuro, per mano sua o di qualcun altro, ma non se io potrò impedirlo. Dato che non posso, non morirà in quel modo. Era un tuo studente e faceva parte della tua casa. Sei il Preside di Hogwarts, fallo per uno dei tuoi studenti.”
La rassegnazione che Narcissa manifestava nelle sue parole sorprese Piton, anche se ebbe cura di nasconderlo. Intuiva che dietro alla maschera rassegnata Narcissa stava adoperando la logica più spietata per difendere suo figlio dalla realtà altrettanto spietata che aveva tradito. Il suo ingegno brillante, costretto ad essere offuscato dall’inettitudine del marito, stava applicando la ragione a quella situazione apparentemente senza via d’uscita.
Narcissa non era mai stata sentimentale. Ma era carica di passione, Severus lo sapeva, l’aveva conosciuta da giovane. Era una passione silenziosa la sua, che ora si manifestava in modo positivo nel suo amore incondizionato per il figlio, e se repressa, nelle atrocità che accettava per quello che aveva sempre creduto essere il bene di Draco. Ma ora suo figlio aveva scelto da solo la sua sorte, e l’assurdo era che Piton sapeva che aveva scelto meglio di lei. Nel suo ruolo di doppiogiochista, sapeva che la causa dei Potter non era senza speranza, che Draco e Narcissa avrebbero potuto uscirne in una luce nuova. Questo se i Potter avessero sconfitto il Signore Oscuro. Aveva dedicato tutto sé stesso, dannato la sua reputazione e lacerato la sua anima per portarli più vicini alla vittoria, ma era ancora tutto incerto. Le cose potevano andare storte, e morire tutti. Camminavano sul filo del rasoio, e per evitare di essere falciati in due occorreva muoversi il meno possibile.

I due stavano giocando una partita di scacchi al buio, senza nemmeno sapere quali e quanti pezzi avesse l’avversario. Le mosse erano tali da essere inesistenti, basate sulle caselle vuote invece che sulle pedine. Quelle erano compromesse, mentre gli spazi liberi potevano essere la loro salvezza. Ma nel buio, nessuno dei due aveva la certezza di quali caselle fossero effettivamente libere.

“Non avrei nemmeno dovuto farti entrare Narcissa, lo sai bene.” Riprese secco Piton, mentre il suo sguardo indagatore registrava il fatto che Narcissa stringesse tra le mani una bacchetta diversa dal solito.
“Draco si era rivelato essere più che discreto nell’arte delle pozioni negli ultimi anni, anche se faceva del suo meglio per nasconderlo. Non posso assolutamente preparare direttamente l’antidoto di persona, sarebbe alto tradimento. Nulla mi obbliga di impedirgli di prepararlo da solo, tuttavia” Fece una pausa, e gli occhi freddi e calcolatori di Piton si incrociarono con quelli di Narcissa, altrettanto calcolatori, ma traboccanti di passione, sofferenza e, appena visibile nascosto da qualche parte, un briciolo di speranza.
“Sappiamo entrambi che l’Oscuro Signore vincerà questa guerra, Narcissa. Questo ti deve bastare”
Il barlume di speranza negli occhi di Narcissa divampò, ma fu subito spento da un gelido autocontrollo.
Il labbro inferiore della donna tremò leggermente, quando sussurrò le parole
“Grazie, Preside”.
Si rialzò l’anonimo e pesante cappuccio di seta e voltò le spalle a Piton.
Legami di sangue e alleanze vecchie di secoli stavano per eclissarsi come oro leprecauno, mentre nuove alleanze si forgiavano, saldandosi con la sinuosità dell’argento goblin. Il prezzo però era alto, e più di una lama aveva sete di sangue.

*

“Dove sei stata, Cissy? Lo sai che il Signore Oscuro ti ha intimato di non lasciare la casa!” Sbottò Bellatrix in faccia alla sorella, contenendo a stento la furia.
“Hogwarts è stata casa mia, in passato.” Rispose atona Narcissa, sfilandosi i guanti da viaggio.
“Cissy, stai solleticando la chimera. Tu e Lucius avete già molto per cui farvi perdonare, non vorrai peggiorare la situazione.” E Bellatrix la inchiodò con lo sguardo.
“Certo che no.” Fu la fredda risposta.
“Allora faresti meglio a non dimenticare che è il Signore Oscuro che merita la nostra assoluta fedeltà, sopra ogni altro mago o strega! E questo, sorellina, include anche Draco! Già più di un discendente dei Black ha disonorato la nostra famiglia, e non tollererò che un altro mago insudici il nostro onore!” sbraitò Bellatrix, questa volta senza minimamente nascondere l’ira. Narcissa invece riuscì a imbrigliare la risposta, e la fattura, che avrebbe voluto scagliarle contro, e trattenne la rabbia e l’indignazione che parole simili infuocavano. “Come osi rivolgerti a me in questo modo quando sei ospite sotto il mio tetto!” Le tremò la voce, nonostante i suoi sforzi.
“Il Signore Oscuro è l’unico mio padrone, Cissy, e così dovrebbe essere anche per te! Tuo marito Lucius è determinato a riportare Draco fra queste mura, ma sappi che io lo sono ancor di più!” E con questo si avvicinò alla sorella, e malgrado fosse più bassa di lei di una spanna, la fronteggiò con arroganza e continuò. “Anzi, in nome dell’amore che provo per te, Cissy, mi assicurerò personalmente che Draco non torni a mani vuote, sai cosa lo aspetterebbe altrimenti…non che possa ancora salvarsi la pelle, se chiedi a me. Ma gli farò svuotare il sacco, e forse io e Lucius riusciremo ad attirare uno dei Potter e della loro sudicia combriccola nella nostra trappola… magari a quel punto il tuo Draco avrà un’insignificante possibilità – “
La voce di Bellatrix le morì in gola, ma Narcissa rilasciò subito la fattura asfissiante che le aveva scagliato contro, ed innalzò uno scudo, pronta a difendersi dalla sua ritorsione.
Ma questa non venne. Al suo posto, Bellatrix sfoggiò uno dei suoi sorrisi più perversi e disse, con un tono improvvisamente infantile: “È ora di giocare, Cissy!”
Nella rabbia e nel dolore che la avevano sconvolto alle parole di quella che fino a quel momento aveva sempre, seppur con numerose ostilità a dividerle, considerato sua sorella,
Narcissa non si era accorta che Bellatrix, avvicinandosi, le aveva strappato una ciocca di capelli.
Dopo aver subito la rabbia del Signore Oscuro, bruciava dalla voglia di far pagare a Draco la sua scappatella e l’umiliazione che aveva loro imposto, a cominciare dall’imposizione di rimanere a Villa Malfoy.
Ora doveva solo convincere Lucius e fare due parole con il direttore del profeta dal camino del suo ufficio, pensò Bellatrix, gongolando.

*

Il mattino successivo alla prima alba vista dai dintorni di Villa Conchiglia, Draco si risvegliò completamente intontito. Una vaga sensazione di smarrimento lo colse, e gli occorsero alcuni istanti per realizzare che l’ultima cosa che si ricordava era il profilo del cottage illuminato dalla luce ormai dorata del mattino, e poi solo il buio più assoluto. Evidentemente, doveva essere svenuto per il dolore e lo sfinimento. Fu felice di essere disteso su di uno scomodo materasso in uno sgabuzzino improvvisato alla bell’e meglio come camera da letto, dove nessuno poteva vederlo. L’avambraccio gli doleva da morire. Gli sembrava che gli artigli di decine di ippogriffi gli stessero lacerando la carne ripetutamente e senza sosta.
Si chiese se fosse per quello che aveva fatto un sogno così sconvolgente. Di sicuro il materasso duro come la testa di un troll non aveva aiutato, ma Draco si augurò che ciò che aveva sognato non fosse mai scoperto da nessuno, Legilimanzia compresa. Di problemi per la testa ne aveva già a sufficienza, ed ora si era aggiunto anche il sognare cose che, bè, etichettava come da omosessuali punto. Gente con i calzini di Merlino a rovescio. “Ecco vedi, ora sei impazzito, te l’avevo detto fin dall’inizio!” Proruppe trionfante la vocina, messa a tacere come sempre.
“No che non lo sono, lo sarei se fossi stato me stesso, nel sogno, ma la cosa più bizzarra e inquietante di tutte è che il mio corpo – ammettiamo che fosse il mio – era quello di una ragazza!” “Ah Ecco, ora si che sei tornato sano di mente. Lo sai come si etichettano quelli che si mettono sia i calzini che le mutande di Merlino a rovescio…” “Taci, ironia traditrice!” “Anche se fosse, meglio tradire il proprio sesso che i Mangiamorte…”
Draco decise di porre fine a quel dialogo delirante, e fece per alzarsi. In un attimo vide le stelle, senza sapere di avere condiviso in quel risveglio doloroso l’infanzia dei gemelli Potter. Si sdraiò di nuovo, massaggiandosi il bernoccolo, e ripensò al sogno. Certo era bizzarro e si vergognava di sé stesso, cosa poteva aver scatenato una cosa simile? E dire che ad una parte di lui era persino piaciuto. Le immagini e la sensazione, soprattutto, di essere accoccolata fra due braccia forti dalla pelle liscia e calda, che le accarezzavano i fianchi sinuosi e percorrevano il suo corpo con delicatezza e foga al tempo stesso, come se non potessero mai stancarsene, lo inondavano come una tempesta imprevista. Ed esattamente come l’incauto passeggero che non ha saltato il pasto, una parte di Draco sentiva di dare di stomaco. Lui non era una ragazza, quello non era il suo corpo, e in ogni caso, giù le mani! E la lingua aggiunse melliflua la vocina.
Poi una seconda botta lo colpì, più forte di prima, ma stavolta non aveva sbattuto la testa, almeno non materialmente. Quella scena lui l’aveva intravista, e con altrettanto disgusto e... per Merlino, una qualche sensazione bruciante sconosciuta, qualche anno prima. Tre anni prima. Una settimana dopo quello stupido Ballo del Ceppo, ora ricordava bene. Era l’imbrunire e stava tornando fradicio e infangato da un deludente allenamento di Quidditch, quando una risata calda e morbida, come attutita lo aveva attratto inesorabilmente verso la porta socchiusa di un’aula di incantesimi. Di cose strambe quell’aula ne aveva viste molte, compreso Neville Paciock appeso al lampadario, ma sicuramente Marie Potter e Cedric Diggory stretti in un abbraccio così intimo, stavano facendo arrossire non solo Draco, ma anche l’aula. Non appena Draco era riuscito a scollare gli occhi, aveva continuato per la sua strada spedito come se il pavimento scottasse, indeciso se collezionare il ricordo per esperienze future, o tentare di cancellare quella sensazione umiliante per sempre. Che la Potter potesse batterlo in quel campo, per giunta così clamorosamente, gli faceva salire il sangue alla testa.
Per finire, aveva attuato entrambe le intenzioni, al punto che se n’era completamente dimenticato, fino a questa mattina. “Certo che il tuo inconscio ha davvero un modo strano e a scoppio ritardato di processare le cose, Draco.” “Non posso darti torto!”
Mentre rimuginava, diede un’occhiata ai pianeti che rivolvevano al suo polso, e si rese conto con orrore che era passato un giorno intero! I Potter lo avevano sbattuto in uno sgabuzzino, lontano dalla vista, e lo avevano lasciato lì a ronfare per tutto quel tempo! Hanno approfittato di potermi levare dai piedi con la solita galanteria ipocrita dei Grifondoro e tanto per cambiare si sono presi la rivincita, pensò Draco, ricordando quando si era preso gioco di loro al terzo anno dopo che erano svenuti sull’espresso per Hogwarts. Improvvisamente desiderò di potersi sciacquare via la sensazione che gli faceva ritorcere le viscere e lo faceva arrossire al tempo stesso. “Ci vorrebbe ben altro che sapone magico, prova a sbattere la testa una seconda volta…” Avrebbe finito per renderlo ridicolo! Giurò a sé stesso di comportarsi come il mago adulto e navigato che si riteneva essere, e non come uno sbarbatello. Risalendo la breve rampa di scale che portava allo sgabuzzino, un odore penetrante gli punse le narici. Sperò che non fosse la colazione; non che avesse fame, il dolore pulsante e dilaniante del marchio gli toglieva l’appetito.
Trovò il gruppo di giovani maghi riuniti al tavolo, intenti a confabulare a coppie. Chissà quante cose avevano potuto dirsi nel giorno appena passato, non era ancora abbastanza?  Hermione parlottava fitto fitto con Ron, che probabilmente non capiva la metà, a giudicare dallo sguardo assonnato, mentre i gemelli erano chini su quella che sembrava una piantina scarabocchiata a mano. Avvicinandosi, Draco comprese che l’odore pungente di qualcosa che ricordava lontanamente il concime di drago delle serre di Hogwarts proveniva da un calderone sopra il quale Luna stava sbacchettando allegramente. La splendida signora del cottage la teneva sotto stretta sorveglianza, con il grazioso viso buffamente incorniciato da quella che sembrava una bolla di sapone attorno al naso. Fu proprio Luna a voltarsi ed esordire “Buongiorno!” nella sua direzione, con il suo consueto tono leggero e sognante. Probabilmente aveva avvertito che il numero di gorgosprizzi ronzanti nel salotto era aumentato considerevolmente. Il parlottio smise subito, dando voce al sobbollire del calderone. “Giorno” Risposero tutti gli altri presenti all’unisono, eccetto Fleur. La bizzarra sincronia non sgelò l’aria, ma ancora una volta, ci pensò Luna. “Il decotto di ostriche zannute è pronto” Possibile che fosse il solo con un’espressione da gufo con la sbornia, in tutta la stanza? Sembrava avesse annunciato il tè. “Dovrebbe alleviare gli effetti da avvelenamento, dice Luna” Spiegò Hermione, con una punta di scetticismo.
Come facesse la Granger a sapere anche quello, Draco si domandò, era un mistero. Come se un rimedio tanto semplice potesse funzionare.
“Certo, Tu-Sai-Chi ha pensato a tutto tranne che ai rimedi della nonna!” Intervenne Ron, sopprimendo a stento una risata. Ammutolì quando Marie ed Hermione gli lanciarono due occhiate assassine, e cercò lo sguardo di Harry, che gli sorrise mascherandosi con uno sbadiglio. “Non sono di mia nonna, ma di mia mamma.” Ribatté serena Luna. “Era un’abile pozionista, Ron, e prima che morisse mi ha insegnato molti trucchi del mestiere.” Ron sembrò vergognarsi un pochino, ma era sempre scettico. Così era Draco, ma tanto valeva provare, pensò, soprattutto perché il Marchio gli causava un dolore pazzesco.
In quel momento entrò Bill, carico di garze e boccette, e senza preavviso lanciò un rotolo di tessuto a Malfoy. Con gran delusione di Ron, che sperava gli arrivasse sul naso, Draco reagì con prontezza.
“’Giorno – per l’impacco.” Disse Bill, come se niente fosse, ma poi aggiunse “Luna, se potessi imbottigliare la pozione quanto prima te ne sarei enormemente grato, e Fleur con me”
“oh certo, subito” Annuì Luna, raggiante. Harry, Marie, Ron ed Hermione non l’avevano mai vista così felice. Forse preparare quella pozione l’aveva riportata indietro nel tempo, a quando sua madre era ancora viva, rifletterono alcuni di loro. Draco si sedette, senza sapere cosa fare e se aveva il permesso di fare qualunque cosa, ma cercò di evitare di incrociare lo sguardo di Marie. Fleur lo sorprese quanto il marito facendo scivolare verso di lui una ciotola di porridge con un gesto noncurante della bacchetta, mentre diceva a Bill “Quel materassò dev’essere tremondo Bill, dobiamò agiungere un po’ di piumage
Felice di essere occupato, Draco si concentrò sul porridge, malgrado fosse nauseato, e fece appena in tempo a trangugiare qualche cucchiaio che fu costretto ad accettare le cure dell’infermiera più improbabile a cui avesse mai potuto pensare. Malgrado il suo imbarazzo, Luna era disinvolta ma soprattutto abile, e con gran sorpresa di Draco e molti dei presenti, le garze divenute blu per il decotto di cui erano state intrise formarono presto una fasciatura curiosamente a forma di stella. “Mamma diceva sempre che è la forma a fare il sortilegio – Grazie per il calderone Fleur. L’ottone francese è davvero profumato!”
“Mai quanto quell’intruglio” pensarono Ron ed Harry all’unisono.
Ora gli sguardi erano tutti puntati su Malfoy, e Draco si rivolse a Luna con un tono di voce a cui nessuno intorno al tavolo si era ancora abituato: grato.
“Il sollievo è immediato, grazie… Luna.” Disse Draco, alla ricerca infruttuosa di parole.
“Di niente. Non penso lo fermerà, ma almeno ti risparmia un po’ di dolore.”
“Hermione manderà Leotordo -un gufo- a Viktor Krum, pensiamo che possa sapere quale effetto abbia avuto su Karkaroff la maledizione…visto che anche lui ha tradito Tu-Sai-chi.” Esordì Marie, e poi formulò ad alta voce la domanda dei suoi compagni. “Perché tu non sai cosa sta succedendo al Marchio vero, o sì?”
“No, non lo so.” Dovette ammettere Draco, cercando una posizione in cui il braccio gli dolesse il meno possibile. “Il fatto è che sono…stato…un Mangiamorte per relativamente poco tempo, ed alcune domande sono tabù, come potete immaginare, quindi si sanno le risposte per esperienza, o si evitano e basta.”
“Ce lo eravamo immaginati” Disse Potter, con una punta di soddisfazione nella voce che punzecchiò Draco all’inverosimile.
“Ringrazia di non avere un’immaginazione troppo fervida, Potter.” L’imprecazione gli sfuggì dalle labbra prima che potesse trattenerla, il tono sprezzante del vecchio Malfoy era riaffiorato. Ormai il danno era fatto.
Hermione si fermò con la penna a metà strada fra il calamaio e la pergamena appena srotolata, Ron posò la tazza di tè e Marie ed Harry gli puntarono addosso degli sguardi inquietantemente simili nel loro moto di sfida ed ira appena velata.
“Come scusa?” Proruppe Harry, la voce carica di elettricità come uno stetoscopio impazzito.
“Per tua informazione, non ci siamo dovuti immaginare Tu-Sai-Chi che ti costringeva a torturare Rowle, e nemmeno la tua faccia bianca come un lenzuolo. Se non vuoi sentire di nuovo la sua voce soave a pochi centimetri da te, ti consiglio di tenere a bada la lingua.”
Silenzio. Draco non disse nulla, si sentiva come se gli avessero appena tirato un ceffone.
Come facevano a sapere?
“Non è importante come” Gli lesse nel pensiero Marie, fredda.
“Credo, credo che nessuno voglia litigare, no?” Pigolò Hermione, sventolando nervosa la piuma sotto il naso di Ron.
“Il lupo perde il pelo ma non il vizio, anche se con il serpente proprio non so come metterla…” Intervenne Ron, nel a lui piuttosto nuovo ruolo di mediatore, se non altro fra questi due attori.
“A Proposito…” Esordì Marie, l’ira svanita dal suo sguardo senza lasciare traccia. “ecco la tua bacchetta, Malfoy. Vedi di farne un uso più benefico, ora che sei libero. Non siamo noi a doverti ricordare che se provi a fuggire da qui sei spacciato come un furetto con un ippogriffo inferocito alle calcagna, e se ben ricordo hai familiarità con entrambi gli animali…”
Per la prima volta da tempo, Draco la insultò silenziosamente, ed ebbe voglia di sbatterle in faccia che il suo ultimo sogno non era stato così intimo come credeva. Quello se lo sarebbe tenuto per un'altra volta, decise, e si rimangiò l’epiteto, tentando di sopportare senza reagire le risatine generali che la battuta aveva scatenato. Con la bacchetta nuovamente fra le mani, gli occorreva uno sforzo ancor maggiore per controllarsi. Era sicuro che la Potter lo avesse fatto apposta.


Angolo dell’autrice

Ecco, finalmente un nuovo capitolo! L’ottavo arriverà a breve, è già pronto :-)
Una nota sulla risposta pungente di Harry e Marie all’insolenza di Draco: Voldemort costrinse realmente Draco ad usare la maledizione cruciatus su Rowle, Harry ebbe una visione nel bagno di Grimmauld place, in “Harry Potter e i Doni della Morte” della geniale J.K Rowling.
Il Wampus è un felino riportato nel compendio di creature magiche di Newt Scamander (aka J.K. Rowling): “Creature Fantastiche e dove trovarle.”
Purtroppo per voi non mi stancherò mai di ringraziarvi per seguire la mia storia, ma immaginate cosa succederebbe se mi scriveste una recensione…fuochi d’artificio! Ho in serbo anche un’illustrazione, quindi, fatevi sentire vi prego! Non sto nella pelle dal desiderio di sapere cosa ne pensate di questo capitolo: forse qualcosa non vi è piaciuto? O non vi convince? Siete entusiasti, curiosi?
Allora mandatemi un gufo o una Strillettera, o se preferite, fate alla babbana… Avrete la mia più sincera riconoscenza. Ma ora, non vi tedio più…

A presto, carissimi lettori

Claire


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Capitolo 8
*** Prugne Dirigibili Molotov ***








Prugne Dirigibili Molotov



Erano trascorsi appena tre giorni dal rocambolesco arrivo a Villa Conchiglia, quando Bill tornò da una visita da zia Muriel con una copia assai strapazzata del Profeta di quel giorno nebbioso e la lasciò cadere al centro del tavolo. Harry, Marie, Ron ed Hermione stavano per tornare nella stanza occupata da Unci-Unci per lavorare al piano per irrompere nella Gringott, quando notarono una testata nell’angolo sinistro della prima pagina, che svettava:
“Traditori dell’Ordine Magico Supremo prossimi al processo”

I quattro si riunirono attorno alla pagina, ed Hermione lesse a bassa voce il breve articolo, verso il quale la stampa di una bacchetta sospesa a mezz’aria, che si agitava ogni manciata di secondi facendo ingrandire il titolo a singhiozzo, attirava l’attenzione.

“Un mago ed una strega Purosangue di identità ancora ignote si trovano al momento ad Azkaban, nell’attesa di sostenere un processo per Alto Tradimento dell’Ordine Magico Supremo, rivela una fonte interna all’Ufficio della Difesa e Sicurezza Magica al Profeta. I nomi dei due incriminati sono stati classificati come Informazioni Ineffabili di classe A, per permettere agli Ispettori della Fedeltà Magica di individuare ulteriori complici. Chiunque essi siano, è altamente improbabile che sfuggano alla massima condanna prevista per l’accusa di Alto Tradimento: il bacio del dissennatore. Sebbene il Profeta non osi contravvenire agli ordini di segretezza, i nostri giornalisti non hanno potuto fare a meno di notare che Lucius e Narcissa Malfoy erano assenti alla riunione dei Benefattori del Ministero, tenutasi la scorsa sera.”

Quando Hermione tacque, nessuno parlò per alcuni istanti, e si scambiarono sguardi di orrore.

“Ho pensato potesse interessarvi” Disse Bill grave, porgendo loro un altro giornale da sotto il mantello, con loro enorme stupore.
“Ma…Il Cavillo non è…hanno sbattuto Xenophilius ad Azkaban!” Balbettò Hermione, senza parole. “Non è possibile, la stampante è stata distrutta con l’esplosione del corno e del resto della casa!” Sbottò Marie, incredula, ed afferrò il giornale. La prima pagina era divisa a metà. Due fotografie di lei ed Harry si dividevano la parte superiore, con l’ormai noto “Indesiderabili numero 1”.
La metà inferiore era invece occupata da una foto di nientemeno che Narcissa Malfoy, scortata da due Guardie Magiche, ed il titolo soprastante recitava:
“Narcissa Malfoy rinchiusa ad Azkaban con l’accusa di Alto Tradimento dell’Ordine Magico Supremo”


Il corpo dell’articolo non era molto più lungo di quello del Profeta, e le informazioni erano le stesse, eccetto per il fatto che l’identità di uno dei due criminali era, evidentemente, scoperta.

“…Il processo è previsto fra due settimane, tempo concesso per legge ad ogni Purosangue per preparare la propria difesa a fronte della pena capitale del bacio del dissennatore”

Marie finì di leggere, ed il baccano improvviso di ostriche zannute che si fracassavano sul pavimento del salotto li fece sobbalzare tutti e quattro fin quasi a toccare il soffitto incrostato di conchiglie. Draco era ritornato dalla spiaggia assieme a Luna, e aveva sentito Marie leggere l’articolo sul Cavillo.

Le braccia di Draco si erano intorpidite, e la vista annebbiata, ma riuscì ad avanzare sopra i gusci scricchiolanti e disse, con la voce atona e fredda del Barone Sanguinario: “Passami - il -Giornale.”
Marie, riluttante, gli porse la copia insolitamente sottile del Cavillo, e si infilò le mani nelle tasche dei jeans. Altrettanto fecero Harry, Ron ed Hermione.
Gli occhi di Malfoy percorrevano, febbricitanti, le poche righe del Cavillo, le nocche bianche ed il viso cinereo. Bill osservava Malfoy appoggiato alla credenza, pronto a reagire.
Il silenzio tomba fu rotto dalla voce, sempre spaventosamente fredda e atona, di Draco: “È anche sul Profeta?” domandò.
“Sì. Ma non fanno nomi.” Rispose Harry, apparentemente calmo.
“È una trappola.” Affermò Draco, chiudendo gli occhi per un istante.
Stava cercando di mantenere il controllo, ma la rabbia e la disperazione erano insorte dentro di lui con la violenza di onde tempestose su una scogliera. Il sollievo fra i quattro era palpabile. Bill, invece, era ancora sull’attenti.

“Bellatrix non ha osato diffamare apertamente il nome della famiglia di sua sorella di fronte ai lettori Purosangue del Profeta.”
“B – Bellatrix?” Esclamò Marie, incerta.
“Solo lei ricorrerebbe ad uno stratagemma del genere. Le piace giocare con il cibo, credevo l’aveste capito.” Continuò imperterrito, ignorando deliberatamente le occhiate poco meno che assassine. “Mio padre lo considererà un disonore, ma è disperato e a corto di idee. Mia madre non ha voce in capitolo, non ora e non contro Bellatrix.”
“Ma allora, se è una trappola, lei non rischia la pena capitale…”  Intervenne Hermione, cercando di suonare convinta.
“Sì invece. Ho detto che le piace giocare con il cibo.” Ripeté Malfoy, stizzito ed affannato al tempo stesso. “Se non mi presento ad Azkaban entro le due settimane, la condanneranno di certo al bacio, per costringermi ad uscire allo scoperto.”
“Ma andiamo, Narcissa…tua madre…” E Ron dovette fare uno sforzo per pensare ai Malfoy come ad una famiglia “È la moglie di Lucius, non lascerà che le facciano una cosa del genere.”
“Adesso che ho la tua garanzia, Weasley, dormirò sonni traquilli.” Malfoy avrebbe voluto suonare sarcastico, ma ai Grifondoro e Luna non sfuggì la nota di disperazione che continuò a risuonare nell’aria.  Possibile che i legami che aveva con la sua famiglia lo stessero già soffocando nella loro rete?
Era solo per quella breve boccata d’aria salmastra che aveva sofferto già così tanto? Il dolore al braccio si fece ancora più feroce, come se avvertisse che la sua vittima si era fatta più debole.

“Devo farla fuggire da Azkaban.” Bill incrociò le braccia, e Ron ed Hermione si scambiarono uno sguardo incredulo. 
“Ma l’hai detto tu Malfoy, è una trappola. Non è nemmeno sicuro che tua madre sia ad Azkaban, anzi molto probabilmente non lo è.”
Draco girò appena la testa, poi sembrò metterla a fuoco.
“I tuoi genitori dove sono, Hermione?” Pronunciò il suo nome con fredda disinvoltura, ed Hermione dubitò perfino che si fosse ricordato che erano Babbani. Possibile?
“In Australia.”
“Molto probabilmente?” Infierì Draco, glaciale.
“No, ne sono sicura.” Disse Hermione, piano.
“Anch’io devo esserlo”
“Non se ne parla. Se ti prendono, ci andiamo di mezzo tutti.” Disse Harry, categorico.
Il Serpeverde e il Grifondoro si fronteggiarono, con il tavolo di da pranzo a separarli. Bill si raddrizzò, lo sguardo cupo e vigile.
“Ti prenderanno, ti tortureranno e sapranno che vogliamo entrare alla Gringott. Come minimo. E poi ti uccideranno.” Disse Marie, gelida.
“Pensi che mi importi che mi uccidano o torturino? Dimmi un po’, Potter, quando siete corsi a salvare il vostro padrino, vi siete lasciati fermare?” Sibilò Draco.
Sia Harry che Marie scattarono in piedi, serrando i pugni attorno alle bacchette dalla rabbia. Bill balzò in scena e proiettò un sortilegio scudo fra i tre.

“Calma.” Poi aggiunse “Niente duelli in salotto.”
“No” Ringhiò Harry a denti stretti in risposta a Malfoy. “E Sirius è morto! Assassinato da … - da Bellatrix.”
Come colpito da un fulmine, Harry tacque e si sedette. Marie rimase in piedi.
“Senti, ci hai salvato la vita e per questo ti siamo riconoscenti” Ron roteò gli occhi. “Ma non ti lasceremo andare ad Azkaban. Non da solo.” Il sortilegio scudo svanì con un “pop” di sorpresa, che avrebbe potuto essere quello delle bocche di Ron ed Hermione che si spalancavano.
“Marie! Cosa!” Fece Harry, sbalordito, e balzò nuovamente in piedi.
“Non possiamo entrare alla Gringott in sei Maghi ed un folletto.” Fece una pausa, ed Harry sapeva già cosa stava per dire, ora. “Sirius è morto. Morto perché siamo andati a salvare la sua illusione. Tua madre, che sia ad Azkaban o meno, non morirà.” Una seconda pausa, più lunga. “Tu vedi di morire nel tentativo o portarci fuori entrambi, chiaro?” Concluse Marie, secca. Sarebbe stato assai difficile dire chi fosse più sorpreso nel piccolo salotto, e per cosa. Solamente Luna sembrava serena.
Maledizione, pensò Harry, non avrebbe dovuto sapere del loro piano di entrare alla Gringott! E nemmeno Bill; avrebbe cercato di dissuaderli nei prossimi giorni? Guardò Marie, e l’amore incondizionato che provava per la sua sorella gemella si scontrò con la pericolosità del piano in cui lei si era appena lanciata. Non poteva permettere che si trovasse in una tale situazione di pericolo, lontano da lui, e non sapere se ce l’avrebbero fatta a fuggire! Eppure, avvertiva il suo ardore e la sua sicurezza.
Non si erano mai ostacolati, e non avrebbe cominciato ora. Decise di rimandare le domande che gli salivano alle labbra per un momento riservato solo a loro quattro. Harry e Marie sapevano bene quanto i loro lunghi silenzi potessero mettere alla prova i nervi a fior di pelle dei loro amici.
Marie, dopo  alcuni attimi di contemplazione silenziosa, ruppe il silenzio, e con gran sorpresa di tutti (ammesso che l’ormai gigantesca sorpresa dei presenti potesse ancora crescere) con tono entusiasta.

“Ah, Hermione, mi stavo proprio domandando…Il liquido esplosivo all’interno del Corno di Erumpent è la ragione per cui il corno è così pericoloso, vero?” Una luce folle, piena di vita rendeva i suoi occhi celesti ancora più brillanti. La stessa luce che animava quelli di Harry quando si gettava in picchiata ad afferrare il boccino, la stessa di James.
“Hem, co, cosa Marie? Si certo che lo è!” Hermione ci mise un attimo a riprendersi, o meglio, a reagire.  “Ah bene” E sfoderò un sorriso che fece sgranare gli occhi a Bill, che di anatemi, Malocchi e cose bizzarre ne aveva viste molte. “Lo riuseremo per far esplodere il muro della cella di Narcissa, o chiunque sia lì dentro ad aspettarci, e farglielo crollare addosso. Naturalmente non addosso a tua madre, ammesso che sia lì, cosa che dubito fortemente.” Aggiunse lesta per Draco.
Ora camminava avanti ed indietro, lo sguardo febbrile. Draco invece stava ancora lì fermo, impalato, ad osservare quello che in cuor suo riteneva un miracolo sprecato per salvare l’anima di un dannato. Il Serpeverde che era in lui non si oppose, e la gracile ma tenace parte nobile di lui si promise di tentare ogni cosa per uscirne vittoriosi.

“Ma come hai intenzione di recuperarlo, e trasportarlo?” Hermione interruppe il cupo e risoluto filo dei pensieri di Malfoy.
“Ho una mezza idea, ve lo spiegherò dopo.”
“Anche ammesso che voi due vi andiate sul serio” Cominciò Harry, che voleva mettere bene in chiaro che Malfoy non doveva pensare nemmeno lontanamente che avesse il margine di manovra che gli stavano effettivamente lasciando. “È cruciale trovare un modo per andarsene, ancora prima che per entrare. Entrare sarà fin troppo facile, vi spianeranno la strada. È quello che vogliono. Non vi lasceranno mai uscire.”
A questo punto Draco ritrovò la voce. Doveva evitare assolutamente che la missione apparisse impossibile, anche se sapeva benissimo che lo era. La parte del Serpeverde egoista e ingannatore in lui tornò improvvisamente molto utile.
“Ma lei, perché tiene la tua parte? Non è una sciocca, non la stai ingannando” Domandò la vocina, melliflua. Draco non ne aveva la più pallida idea. Stranamente, il fatto che agisse in modo così imprevedibile lo spaventava quasi quanto il pensiero di fuggire da Azkaban. Se fossero stati lei e Potter i pazzi da cui tenersi alla larga? Forse entrambi cercavano la morte.
Questi pensiero sfiorarono Draco come uno spiffero gelido, ma la determinazione li scacciò. Non erano importanti. Ne sarebbero usciti entrambi.

“So fabbricare una Passaporta. Datemi un oggetto qualsiasi e posso incantarlo in modo che ci trasporti in un luogo in cui sono già stato.” Poi aggiunse “Se non mi credete posso mostrarvelo, possiamo fare una prova.” Intervenne Bill, per la seconda volta.
“E Narcissa Malfoy, dove la porterete?” Tutti i presenti seppero le parole che sottintese e che nessuno pronunciò: non a Villa Conchiglia.
“La lasceremo andare e basta, sarebbe troppo pericoloso per lei cambiare fronte, la ucciderebbero. Bellatrix non tenterà due volte lo stesso trucco, non è divertente. E mio padre non permetterà che la uccidano.” Ron fece per interromperlo, e così aggiunse “Avrà collaborato al loro piano; se noi non la coinvolgiamo non avranno nessun motivo per ucciderla.
È una strega Purosangue di nobili origini e moglie di un Mangiamorte, non avranno ragione di ucciderla perché il piano di punire e catturare un traditore sarà fallito!” Concluse, il tono risoluto adombrato da un’ombra malcelata di disperazione.

Bill annuì, indecifrabile.
“Bè, onestamente devo dire che confrontato ai piani che abbiamo organizzato fino ad ora, non fa brutta figura, no?” Disse Ron, ironico, prima di rendersi conto che l’ironia poteva anche essere inesistete. Infatti Marie rispose “Ben detto, Ron.”
“Ma Marie, come farai a non farti riconoscere? Ci è rimasta pozione Polisucco solo per una persona, e ci serve per la Gringott. Stessa cosa per il mantello.” Intervenne Hermione.
A quella domanda, Marie tacque e guardò Harry. I due gemelli si studiarono, in un secondo dialogo silenzioso che ai presenti sembrò interminabile. Poi Harry annuì, cupo.

“Non mi maschererò. Malfoy dovrà fingere di averci tradito e di avermi portata ad Azkaban come merce di scambio per il suo riscatto” E fece le virgolette all’ultima parola.
Si voltò verso Draco, con un’espressione a metà fra il canzonatorio e la sfida. “Non farebbe forse così, il viscido ed egoista Serpeverde che conoscevamo?”
Draco, deciso a non irritarsi, prima pensò di risponderle per le rime, e poi preferì essere prudente. Se lo avessero frainteso, avrebbe rischiato di pronunciare le sue ultime parole.
“Suppongo di sì”
“Beh, dovrai essere una supposta convincente, Malfoy” Fece Ron, sinceramente desideroso di fare una battuta. Purtroppo per Ron, la battuta era brillante, degna del fratello di Fred e George, ma il momento non avrebbe potuto essere peggiore. O forse, più opportuno, avrebbe detto Silente, a posteriori.
Draco, punto sul vivo da un’umiliazione del genere, fece un movimento istintivo ed estrasse la bacchetta, senza più riuscire a controllare la tensione e le emozioni che lo mettevano a dura prova dall’inizio della conversazione. Sebbene distratti, Harry, Marie, Bill ed Hermione erano sull’attenti da tempo, e proprio Harry, con il polso ed i riflessi lesti del miglior cercatore di Hogwarts, fu il più rapido.
Fulmineo, estrasse la bacchetta di prugnolo prima che Draco potesse finire di puntare la propria verso Ron. “Expelliarmus!” Sebbene non fosse a suo agio con quella bacchetta, quella di Biancospino guizzò via dalla mano del suo proprietario ed Harry la prese al volo, interrompendo il suo roteare nell’aria.

“Bella battuta Ron” Luna spezzò il silenzio carico di tensione dal divano su cui si era appollaiata. “Ma Fleur non sarà contenta se saprà che avete duellato nel salotto.”
“E Malfoy non sarà contento di sapere che riavrà la sua bacchetta solo per fabbricare la Passaporta.” Disse Harry, che malgrado l’adrenalina provava ancora il forte desiderio di piegarsi in due dalle risate.
“Forse non è una cattiva idea Potter, se Weasley prova di nuovo di avere più umorismo che denaro.” Ron e Bill lo guardarono in cagnesco. “Ora come ora ti rimane poco più che un calzino, Malfoy” Ribatté Hermione, caustica “Se fossi un elfo domestico, Malfoy, saresti al settimo cielo” Continuò Marie, che adorava scherzare quando l’atmosfera era tesa.
Anche Malfoy cominciava a prenderci gusto, evidentemente.
“Se lo fossi, sareste voi il mio calzino.” A questo punto, Luna scoppiò a ridere, una risata sincera e libera, e fu come se riverberasse quella libertà su ognuno di loro. Scoppiarono tutti a ridere, Harry con due bacchette in mano, Bill appoggiato allo stipite di calce e Ron ed Hermione fianco a fianco. Proprio in quel momento entrò Fleur, e malgrado trovasse assai bizzarro che ridessero, non poté che rallegrarsi del fatto che quel suono ormai tanto raro echeggiasse fra le mura del suo cottage. La cosa più curiosa e folle di quella situazione stava nel fatto che se Malfoy, tanto odiato in precedenza, non fosse stato in quella stanza, i quattro avrebbero dovuto aspettare fino all’arrivo del neo-papà Remus Lupin, per godersi il lusso di una risata.

Per la prima e unica volta diedero buca ad Unci-Unci, e dedicarono il resto del pomeriggio ad elaborare i dettagli del piano per uscire da Azkaban.
“Recupereremo il liquido esplosivo con un incanto Aguamenti unito ad uno di densità selettiva.” Si rivolse all’amica, in cerca di conferma. “Se non ricordo male, Hermione, i fluidi ad alta concentrazione di magia hanno una densità unica e particolare, vero?”
“Sì, esatto. Secondo le note ai margini della versione “Creature Fantastiche e Dove Trovarle” nella biblioteca di Hogwarts, la densità dei fluidi della flora e fauna magica è inferiore all’acqua e persino al ghiaccio.”
“Speriamo che la Radigorda non sia magica, allora, altrimenti avrete a che fare con una bella brodaglia.” Esclamò Ron, orripilato al pensiero.
“Maledizione Ron hai ragione!” Fece Marie. “Come ho fatto a non pensarci!” Esclamò Hermione. “Ma no, aspetta un momento, quel pazzo di Xeno ci ha fatto un tè, con quella robaccia, quindi …” continuò Ron. “Falso allarme” Concluse Harry, con sollievo.
“Tu pensi sempre a tutto, Hermione, sei fantastica.” Hermione sorrise a Ron, ma si schernì con un “Non proprio a tutto…”
Draco, che fino a quel momento aveva preso parte all’elaborazione del piano e subìto le battute di Ron senza fiatare, limitandosi ad immaginare quale fattura sarebbe stata più consona risposta, rimase silenzioso. L’equilibrio dei quattro, indisturbato, li faceva procedere molto più velocemente, e Malfoy aveva molta, molta fretta.
“Ci manca ancora il contenitore… dev’essere qualcosa che possiamo trasportare facilmente, che possiamo avvolgere in un telo con un incanto antiesplosivo. E che ci permetta di dividere il liquido in piccole dosi, così creiamo” Ron interruppe Marie “Un nuovo tipo di caccabombe! È geniale! Ora so come hanno fatto Fred e George ad inventarsi tutti quei prodotti, hanno dovuto tirarsi fuori dai guai un milione di volte!” “Purché non ci finiamo noi nella cacca, ti ringrazio Ron.”
Luna, che li stava osservando dal divano da un po’, si avvicinò al tavolo.
“Penso che se volete che vi porti a casa mia dobbiamo farlo domani all’alba. Sarà il momento più sicuro, al sorgere del giorno si aggirano di rado creature oscure, e prima andiamo meglio è. Mi manca casa.” A questa proposta, Harry e Marie erano in imbarazzo. “Ehm, Luna, lo sai vero che casa tua è” Cominciò Hermione “Esplosa? Sì. Sono molto curiosa di vedere come è ridotta.
Mi farebbe felice tornare ancora su quella collina, è da tanto che non vedo papà.” I quattro si sentivano responsabili per quello che era successo alla casa di Luna e per il suo tono triste, e quindi non obiettarono. Inoltre, Luna sapeva esattamente dietro a quale cespuglio materializzarsi per dare un’occhiata fugace a quello che era rimasto della casa, senza essere allo scoperto, cosa assai utile per accertarsi che non ci fossero Mangiamorte di guardia.

Marie, senza preavviso, balzò verso Luna e l’abbracciò, fra la sorpresa generale.
“Luna, ti adoro, hai così stile!” Si distanziò un pochino, e la guardò, raggiante. “Anch’io ho grande stima di te, Marie” Rispose Luna, molto felice in confronto a pochi istanti prima.
Nessun altro ci stava capendo qualcosa, nemmeno Hermione. “Mi hai dato l’idea per i contenitori delle nostre caccabombe. Useremo le prugne dirigibili. Non quelle che indossi Luna, ti donano! Ma a casa Lovegood era pieno il giardino! È perfetto, sono lì, pronte per essere usate.”
Le espressioni da sorprese erano divenute scettiche. “Sei d’accordo, Luna?” “Oh certo che sì. Una delle proprietà delle prugne dirigibili è di essere molto versatili. Questi orecchini mi hanno anche protetta da molte fatture!”
“Perché le prugne hanno la buccia solida, vero?” Disse Ron, dubbioso. “Basta toccarle con la bacchetta, e mai con le dita, altrimenti si raggrinziscono ed esplodono.” Rispose Luna.
“Fantastico!” Hermione guardava Marie, divisa fra l’incredulità ed il sollievo.
“Vedete, in un libro di pozioni…” “Ingredienti più rari della storia e come non sprecarli” puntualizzò Hermione, che ora aveva capito tutto. “Si?” Fece Ron, desideroso quanto Harry e Draco di essere reso partecipe. “In Ingredienti più rari della storia e come non sprecarli, puntualizzano che il liquido esplosivo è al pieno delle sue proprietà deflagranti solamente quando racchiuso in uno spazio molto ristretto, che aumenta la densità delle particelle presenti nel fluido, in proporzione allo spazio che occupa.
Una volta chiuso e al riparo dalla luce, queste particelle si moltiplicano, rendendolo sempre più esplosivo, ragion per cui un Erumpent anziano è molto più pericoloso di un cucciolo. Ma quello che interessa a noi, è che il contenitore non deve essere particolarmente resistente!”

“Ma dobbiamo comunque assicurarci che le prugne non si rompino o crepino, non sappiamo che effetto avrà il fluido, potrebbe corroderle lentamente.” Fece notare Harry.
“Ci occorrerebbe un telo ed un incantesimo antiesplosivo…” Disse Marie, pensosa.
Intervenne Hermione. “Ron, tuo fratello ha fatto lo Spezzaincantesimi in Egitto, vero?”
“Sì…Ma certo!” Ora erano Harry, Marie e Draco i principali esclusi dalla comprensione.
“Papà mi ha raccontato un sacco di volte che i maghi inglesi si cacciano nei pasticci con l’Ufficio Esportazione Egiziano perché cercano di contrabbandare teli antieslposivi… e Bill ne ha uno, glielo regalarono per aver sconfitto un Malocchio particolarmente maligno!”
“Questa si che è una bella notizia!” Esclamò Harry, stiracchiandosi.
“Bene, allora domani all’alba ci smaterializziamo.” Concluse Marie, stanca.
“Noi chi?” Fece Hermione, che rivolse all’amica uno sguardo indagatore.
Come spesso accadeva prima che uno dei gemelli rispondesse, si scambiarono un’occhiata.
“Io, Luna e Malfoy.” Disse Marie, come se annunciasse le previsioni del tempo.
“Mentre noi tre continueremo il piano per entrare alla Gringott, con Unci-Unci. Abbiamo solo due settimane di tempo per completarlo.” Finì la frase Harry.
“Ma vuoi dire che irromperemo nella camera dei Lestrange nello stesso giorno in cui Marie e Malfoy si gettano nella trappola di Bellatrix?” Fece Hermione, allarmata.
“Esattamente,” continuò Marie, tranquilla. “Ci sono moltissime ragioni per coordinarci in questo modo. Primo, nessuno di noi potrà tornare a Villa Conchiglia. Metteremmo Bill e Fleur troppo in pericolo, diventeremo tutti degli Indesiderabili n.1 ancora più ricercati dopo esser fuggiti dalla prigione dei maghi e aver svaligiato la Gringott.”
“E se qualcosa andasse storto nel nostro piano,” Continuò Hermione, che non poté nascondere il raccapriccio che il solo pensiero le creava. “Bellatrix sarebbe attirata lontano da Azkaban e voi fuggireste di sicuro. Mentre se il vostro piano andasse storto, l’aver svaligiato la camera dei Lestrange distrarrà comunque i Mangiamorte, e di nuovo, sarà più facile per voi fuggire.” Concluse Hermione, leggermente più sollevata. “Avete ragione, è vero!”
“Totalmente folle. Ma l’unione fa la forza.” Disse Ron, deciso ed euforico per come erano riusciti ad elaborare il piano.
“Un momento però.” Cominciò Ron, allarmato. Se qualcosa va storto con il nostro piano, chi ci tira fuori dalla Gringott?” I quattro si guardarono, e calò il silenzio.
“Maledizione, Malfoy, scegli sempre la via più facile, viscido Serpeverde” Fece Ron, più per abitudine che autentico astio.
“Certo, tra una stanza piena zeppa di ricchezze e una prigione pullulante di dissennatori, ho scelto di prendere il tè con mia zia in una comoda cella. Cosa ti aspettavi, Weasley?”
“Sinceramente, sarà Radigorda a vagonate per entrambi, Malfoy.”

*

Poco prima dell’alba, l’inconsueto trio si radunò fuori da Villa Conchiglia, vicino al muretto di cinta al confine con la protezione dell’Incanto Fidelius. La sera precedente avevano deciso di ridare a Malfoy la sua bacchetta, dato il rischio che comportava lasciare la zona protetta.
Prima di infilarsi nei sacchi a pelo, Harry, Marie, Ron ed Hermione avevano avuto l’ultima discussione di quella giornata lunga ed estenuante di macchinazioni. L’incantesimo Muffliato impediva che Malfoy potesse udirli dallo sgabuzzino in cui l’avevano confinato. Nonostante tutto, dormire nella stessa stanza sarebbe stato troppo per i loro nervi, e probabilmente anche per quelli di Draco, sebbene lui non ne gioisse nemmeno ora che il materasso era stato imbottito dalle premure di Fleur.

Seduti per terra fra i sacchi a pelo, sembravano cambiati poco dai quattro ragazzi di Hogwarts, riuniti a confabulare a notte tarda qualche piano malandrino come al primo anno.
“Harry, Marie, ma è rischiosissimo!” Cominciò Hermione, dando voce alla preoccupazione che assillava Harry da quasi tutta la giornata. “I due piani che stiamo organizzando, non sono mai stati tanto pericolosi!” “Solo perché non sapevamo a cosa stavamo andando incontro! Pensa a Godric’s Hollow e Bathilda! Questa volta è evidente, come al Ministero.”
“Ma il punto è che riponiamo la nostra fiducia in Malfoy!”
“Avrò la mia bacchetta nascosta sotto il mantello, non sarò in balia delle sue decisioni! E inoltre, non ha motivo di tradirci. Lo ucciderebbero Ron. Lucius e Narcissa potranno anche pensare di poter salvare la vita al loro figlioletto, ma il Marchio, Ron, il Marchio lo sta già uccidendo!” “Non sappiamo che maleficio sia, potrebbe non essere mortale” Continuò Ron, deciso a non arrendersi. “Tu-Sai-Chi non ci va leggero Ron!” Ribatté Marie, alzando gli occhi al cielo.
“Malfoy ha sempre avuto cara la sua pellaccia, e ci ha sorpresi tutti con ciò che è riuscito a fare per salvarla a sé stesso e a noi. È nel suo interesse far saltare la trappola e uscire da Azkaban.” Disse Harry, asciutto. “La cosa che non mi piace in tutto questo è che dobbiamo separarci. Anche senza Malfoy, sarebbe complicato entrare tutti nella Gringott. Ma soprattutto, e vorrei non doverlo dire ad alta voce.” Fece una pausa, e poi buttò fuori lo spettro che lo tormentava.
“Uscire dalla Gringott è ancora più difficile che da Azkaban. Marie ripone la sua fiducia in un Serpeverde, e noi in un Goblin. Se entrassimo entrambi ad Azkaban, Marie ed io, il rischio che ci prendano entrambi è altissimo. Chiamerebbero Tu-Sai-Chi e fine della profezia! Così invece abbiamo un filo di speranza. Odio ammetterlo, ma è meglio se ci separiamo. Ma non sapere dove saranno gli altri, sarà durissima, lo so.” Concluse, esausto. Anche Ron, Hermione e Marie erano allo stremo delle forze, e crollarono nei sacchi a pelo, quasi certi di fare incubi dopo una discussione tanto angosciante.

“Marie?” Fece Ron, guardando il soffitto dal suo sacco a pelo “Mmh?” Fu la sua assonnata risposta. “Il motivo per cui non leghiamo Malfoy ad una poltrona qualsiasi fino a che non vediamo se Bellatrix fa sul serio, è che con voi hanno tentato di farlo e proprio Bellatrix ha ucciso Sirius?” “Esattamente” Risposero i gemelli all’unisono.
“È come far andare la clessidra di un giratempo, e poter rifare la stessa azione, ma con un effetto positivo. Certo non porterà in vita Sirius, lo sappiamo. Ma siamo pur sempre dei Grifondoro!”

Hermione, prima di addormentarsi, passò diversi minuti insonne, pensando al giratempo che aveva al terzo anno. Un sonno inquieto li reclamò tutti e quattro, tuttavia, e poche ore dopo si svegliarono a salutare Marie, che uscì con Luna e Draco nell’aria ancora buia.
Mano nella mano, tutti e tre provarono la sgradevole sensazione di essere compressi in un tubo di gomma troppo stretto, e dopo aver vorticato nella più completa oscurità, si ritrovarono vicini alla cima di una collina spazzata dal vento, proprio dietro a dei cespugli da cui si vedeva un mucchio di macerie poco più in basso, al di là di un ruscello.
Marie scoccò un’occhiata a Luna, preoccupata. Lei però non sembrava troppo scossa, ma dal suo sguardo si intuiva chiaramente che voleva affrettarsi a scendere. “Aspetta: Homenum Revelio! L’incantesimo aveva un raggio d’azione appena sufficiente per avvicinarsi a quel che rimaneva della dimora, ma dubitava che un Mangiamorte, per quanto vile e strisciante, potesse nascondersi là sotto.
“Via libera, sperando che non siano appostati più lontano.”  Sussurrò.
Scesero quasi di corsa dal pendio e si arrampicarono su quello di fronte. Un odore diffuso di cavoli marci e polvere da sparo impregnava l’aria. Non rimaneva praticamente nulla del buffo cilindro Lovegood. Luna, che guidava la fila, si lasciò sfuggire un’esclamazione quando intravide un pezzo del soffitto della sua camera, dal quale metà del viso di Ginny li fissava, muto e scheggiato, con la scritta d’orata di “amici” appena visibile lungo il bordo.
“Ecco guarda Luna, le prugne dirigibili ci sono ancora!” Esclamò Marie, tenendo la voce bassa e stringendo la mano all’amica, per confortarla. E, incredibile a dirsi, le prugne dirigibili fluttuavano sopra le macerie, come piccoli palloncini arancioni senza compleanno.
“Non toccarle, solo con la bacchetta! Il tocco umano le fa raggrinzire ed esplodere!” Le ricordò Luna, con gli occhi lucidi. Draco si mise subito all’opera, appellandone e rinchiudendone una dozzina in una bolla a mezz’aria, di modo che non fluttuassero tutt’intorno. Marie invece agitò la bacchetta verso il limite di quello sfacelo, dove sperava che si trovasse il liquido esplosivo: “Aguamenti!” Luna si unì a lei, e Marie sapeva che l’acqua che scaturiva dalla sua bacchetta avrebbe potuto essere lacrime. Anche Draco pronunciò il medesimo incantesimo; poco dopo, e in men che non si dica l’intero sito era immerso in un sottile strato d’acqua. Un’elica di billywig fluttuava mesta tra lo sfacelo di mobili rotti, ingranaggi di metallo ed utensili da cucina, tra cui svettava al centro lo scheletro rattrappito della scala a chiocciola che portava fino alla stanza di Luna.
Marie respirò profondamente e si concentrò. Non aveva mai fatto un incantesimo simile. Agitò la bacchetta riproducendo un’aggraziata forma geometrica, sperando di aver scelto quella giusta. Il movimento si rifletté sull’acqua torbida, e per alcuni istati sembrò non succedesse nulla. Poi, d’un tratto l’odore di polvere da sparo si fece molto più pungente e coprì interamente quello di cavolo marcio. Tre strati di liquido si erano formati, e una sostanza che sembrava acciaio fuso, eccetto che non emanava alcun calore, si snodava minacciosa verso di loro, scivolando su una pellicola millimetrica di brodaglia viola. Ron ci aveva visto giusto, pensò Marie, la Radigorda aveva davvero una densità particolare.
“D’accordo, allora, dobbiamo essere veloci. Appena il liquido di Erumpent” Luna la interruppe. “Ricciocorno” Marie fece uno sforzo e acconsentì. “Ricciocorno verrà richiuso e circondato in un ambiente ristretto, le sue proprietà esplosive raggiungeranno una concentrazione micidiale. Non dobbiamo assolutamente toccare le prugne…” Come definirle? Sorrise: il suo passato babbano la ispirò come mai era successo. “Molotov”
“Come hai chiamato quei cosi, scusa?” Domandò Draco, aggrottando le sopracciglia.
“Le prugne Molotov. Farcite di esplosivo, le chiameremo così. Non appena tu e Luna salderete le due metà, io le avvolgerò nel telo antieslposivo di Bill, e per sicurezza avvolgeremo il tutto in una bolla protettiva come quella in cui sono ora.”
“Tutto chiaro.” Disse Luna, di nuovo serena, e Draco annuì.
Marie inspirò profondamente una seconda volta. Era davvero una situazione esplosiva. Il liquido color acciaio fuso si era radunato interamente ai bordi della pozza, e sembrava scalpitare, famelico. Lei lo fece gravitare in aria, e Luna fece a metà sei prugne con un colpo lesto della bacchetta, Draco affettò le altre sei. Sudando, Marie cominciò a far raggruppare e lievitare fino alle prugne dodici dosi di liquido, con complicati arabeschi per far si che il liquido mantenesse la sua concentrazione naturale e allo stesso tempo non si disperdesse.
Una volta allineate, disse: “Ora!” Fece schizzare i proiettili nel loro guscio, e Luna e Draco, in sincronia, fecero balzare i dodici coperchi arancioni sulla loro base con un secco tack. Le prugne Molotov passarono da arancione a violacee, ma ressero il colpo. O almeno, così pensavano. L’ultima della fila emise un fischio da teiera e partì verso il cielo zigzagando come un razzo ubriaco.
Draco, Marie e Luna si tuffarono a terra per lo spavento, ma per fortuna la prugna impazzita urtò contro la collina, e scavò un cratere profondo tre metri e largo cinque nella terra scura, facendo volare zolle a destra e sinistra con un cupo ruggito.
“Maledizione!” Sibilò Draco. “Non sono riuscito a sigillare l’ultima, scusate.”
“Chiedi scusa alla collina.” Rispose Marie, accigliata. “Perlomeno abbiamo provato che funzionano, e con quale carica.” Si spazzolarono la terra dai vestiti e lei avvolse il telo antiesplosivo egiziano attorno ai palloncini, e Draco e Marie guardarono Luna. Erano pronti a partire, con la loro bizzarra bolla, nuovamente a tema di Complemorte. Luna tuttavia non accennava a stringer loro la mano, ma contemplava quel che rimaneva di casa sua. “Vi dispiace se ne utilizzo una?” “Ehm, se vuoi farci saltare in aria sì” Fece rapido Draco, allarmato. “No, credo che Luna abbia in mente qualcos’altro.” Marie fece scivolare una prugna Molotov al di sotto del telo e al di fuori dalla bolla. Indietreggiarono una ventina di metri, e Luna disse: “Sarà il mio addio a casa. E il nostro brindisi alla vittoria.” Dopodiché fece sfrecciare la prugna verso il mucchio di macerie, e il trio cominciò a vorticare su sé stesso. Uno di loro in particolare non era desideroso di rimanere a guardare.





Angolo dellautrice

Avrete sicuramente notato che la Bacchetta di Sambuco ha cambiato proprietario...definitivamente.
Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare fra una settimana, nel frattempo, cosa ne pensate di lasciare una recensione?
Come sempre, vi ringrazio per leggermi e seguirmi: il vostro sostegno è una carica…esplosiva! Ma non quanto le prugne dirigibili Molotov, per quello ci vorrebbero delle recensioni hehe...
Vi auguro tutto il meglio e buone letture.


Claire


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Capitolo 9
*** Radio Potter in diretta ***



Radio Potter in diretta



L’unico rumore, nella camera da letto dei Malfoy dove Narcissa si era rifugiata per trovare un po’ di pace, era la sua piuma che grattava la pergamena. L’ennesimo passo verso il basso, pensò, amareggiata. Ma la sua determinazione rimase ferrea. Nonostante ordinare cinque bacchette false dai Tiri Vispi Weasley la ripugnasse, così come pagarle il doppio nella speranza che esaudissero entrambe le sue richieste. Sapeva che era solo il primo gradino di una lunga e tortuosa scalinata verso quelli che aveva sempre etichettato come Traditori del Proprio Sangue e Filobabbani.

Ma pur di rivedere Draco avrebbe fatto qualsiasi cosa: a Narcissa non importava più della sua vita, ora, tranne per quello che era ormai il suo unico scopo: evitare che Draco venisse macellato dalla furia di Bellatrix e consegnato al Signore Oscuro. Prima, aveva temuto di agire e compromettere la sua posizione. Ora che era stata costretta a prestare la sua immagine per quella sporca trappola ed aveva origliato la sorella discutere con il marito su cosa era disposta a fare per far sì che Draco “vuotasse il sacco” e chiunque lo avesse accompagnato non fuggisse, Narcissa era mortalmente determinata.
Non avrebbe lasciato che sua sorella torturasse Draco, il suo unico figlio, inostacolata, e che lo imprigionasse. Usando lei come esca. Avrebbe messo fuori combattimento i quattro Mangiamorte che li avrebbero scortati, senza scoprirsi, e priva di bacchetta Bellatrix aveva solamente la sua furia, che Narcissa sperava non bastasse per impedir loro di fuggire. Non pensò, tuttavia, di ingannare il marito. Di certo non temeva la sua reazione, ma voleva risparmiargli un’ulteriore umiliazione.
Il suo tradimento sarebbe stata un’onta sufficiente.
Conosceva Lucius, e sapeva che non si sarebbe mai rivoltato al Signore Oscuro fintanto che fosse in vita. Essere abbandonato da Draco aveva reso la sua determinazione altrettanto ferrea. Il figlio aveva scelto la sua strada, e lui, di continuare sulla sua. Sapeva che non avrebbe permesso che i Malfoy passassero alla storia come i traditori del Signore Oscuro. Negli anni di vita che avevano condiviso, Narcissa era divenuta forse una delle poche persone in grado di intravedere il nucleo valoroso che Lucius nascondeva.  Era quella fermezza di principio che l’aveva attratta, da giovane, quando le loro famiglie prosperavano. In lui, nulla era più forte che la determinazione nel difendere l’onore dei suoi antenati, e della sua presente famiglia. I tempi lo avevano messo con le spalle al muro, e così Draco: doveva impedire che quella parte virtuosa di Lucius, anche se contorta e compromessa dalla Magia Oscura, distruggesse ciò che insieme avevano fatto di buono.
Narcissa aprì la finestra e legò la lettera al fidato barbagianni, e lasciò che l’aria gelida, in cui la primavera era lontana quanto la felicità dal suo animo, le inondasse il viso e scompigliasse la serica chioma biondo chiaro. Agire la faceva sentire libera.
Un pensiero inaspettatamente positivo le attraversò la mente, come risvegliato dal gelo: Lucius avrebbe lasciato in eredità a Draco la forza di perseverare ed essere fedeli alle proprie convinzioni, e Draco aveva ereditato da lei la forza di agire. In fondo, si erano rivelati dei buoni genitori per Draco. La intristì che Lucius lo vedesse come un fallimento, e si domandò se avrebbe mai capito. E se Draco avrebbe mai capito.

***

Hermione, seduta sul divanetto celeste di Villa Conchiglia, era intenta a scribacchiare una traduzione delle rune che componevano Lo Stregone Dal Cuore Peloso, e Ron stava proprio per approfittare di quel momento di parziale solitudine per abbracciarla, quando quello che sembrava un colpo di pistola li fece sobbalzare entrambi. Ron estrasse la bacchetta e allargò un braccio, schermando Hermione. “Miseriaccia! Che cavolo…” sbottò Ron. Le Fiabe di Beda il Bardo rovinarono sul pavimento. “Leo! Pennuto rimbambito, mi sei mancato!” Esclamò sorpreso, ruggendo di gioia.
Il piccolo Leotordo, stordito, svolazzava stremato alla finestra della cucina.

“Poverino, deve esser planato e il peso della lettera gli ha impedito di fermarsi.” Disse Hermione, aprendo la finestra e prendendo fra le mani il batuffolo che tubava sfinito.
“Campione, ce l’hai fatta, dal Galles fin qui! Sotto quelle piume c’è un leone, te lo assicuro Hermione.”

Lei, intenerita dall’inedita dolcezza con cui Ron si rivolgeva all’impavido messaggero, gli appoggiò la testa sulla spalla ed accarezzò leggera il suo polso, passandogli il piccolo Leo, a cui aveva già sfilato la lettera.
I due rimasero così, le mani unite attorno al batuffolino il cui cuore batteva all’impazzata, come se fosse un microfono per quello che batteva nei loro petti. Quel breve attimo apparteneva unicamente a loro.

Quando il cuoricino di Leotordo smise di galoppare, Ron si accigliò, turbato da un pensiero improvviso.
“E La lettera? Cosa dice?” Si era ricordato che era di Krum, e la loro bolla di felicità scoppiò.

“Hem, sì, la lettera…” Hermione si scostò a malincuore dalla spalla di Ron.
Con delusione, videro che era molto breve, tracciata con una grafia appuntita e un po’ zoppicante.

Hermione dovette faticare un po’ per leggerla ed ignorare gli errori di ortografia, ma il contenuto non poteva essere più chiaro.

“Cara Hermione,

la tua lettera è stata un grande sorpresa. Vado dritto al punto: fra noi studenti di

Durmstrang, ha fatto molto parlarre che Karkaroff sia stato trofato con un grande parte del

braccio tagliato da lui stesso. Persone dicono che ha cerkato di fermare maledizione del

Marchio, di cui tu mi chiedi. Ricordo che i proffessori a Durmstrang rifiutafano di parlarne,

ma si diceva che fosse un maledizione che uccide i traditori del stregone britannico che voi

chiamate Tu-Sapete-Chi. Mi dispiace dirti che cura è ignota, Karkaroff certo non sapeva.
 

Per rispondere alla tua seconda domanda, qui in Galles dico di allenarmi, ma dopo il simbolo

di quel idiota al matrimonio di Fleur, la nostra squadra, assieme con giokatori gallesi,
 
impedisce quei ladri ficcanaso e rapitori chiamati “Ghermidori”.
 

Se i due Potter vogliono aiuto, noi saremo subito dove serfe. Spero tu sta bene.


“Bill! Qui è Georgie, passo e chiudo, anzi, sto per aprire la porta!”

Per la seconda volta, i due innamorati sobbalzarono, “Ti siamo mancati dall’ultima volta, vero? Pensavi di poterti godere la tua villetta con Fleur hehe…” Un rumore di cavi, stivali e metallo rimbombò sull’uscio, assieme a qualche genuina imprecazione.
“Occhio a quei fili, Monoforo. Mi stai avvolgendo come un furetto stecchito. Ci ha già provato quella vecchia ciabatta di tua zia a farmi fuori con quel dannato cucù anti-intrusi.” Borbottò Lee Giordan, con due graffi sul viso scavato dal maltempo e dalla stanchezza, ma l’abituale energia.
Leotordo, risvegliato dal trambusto, decollò come la prugna dirigibile Molotov che aveva appena fatto prendere uno spavento ai loro compagni, a miglia di distanza, e si diresse con vertiginosi alti e bassi verso la fonte del rumore. “Ehi! Calma amico, sono Lee! Ma allora è una cosa di famiglia!” Dopo un civettare eccitato, Leo tornò a svolazzare attorno alla testa di Ron, seguito dai nuovi arrivati.
“Fred, George, Lee, siete proprio voi!” Ruggì Ron, e si gettò ad abbracciare i gemelli.
“Bon jour Ronnie!” Fece George “Proprio non ce la fai a stare lontano da Fleur eh?” Gli fece eco Fred; l’abbraccio che si scambiarono, tuttavia, fu di puro sollievo.
Hermione non gradì particolarmente la battuta, ma strinse più forte la lettera di Viktor, certa di poter replicare. Salutò con altrettanto entusiasmo i tre eredi dei Malandrini, curiosa.
“Ma cosa ci fate qui? Con la radio!” Hermione trattenne a stento l’entusiasmo. “Non vorrete mica trasmettere Radio Potter…” Esclamò con un mezzo sorriso. Quello che le rivolsero Lee, Fred e George invece fu a trentadue denti, e sincronizzato. “Brillante come sempre, Hermione.”
Bill e Fleur scesero in quel momento dalle scale, entrambi sorridenti, con sorpresa di Ron ed Hermione. Non sapevano che anche Bill e Fleur si erano isolati nella loro bolla, approfittando della notte e della casa tranquilla per qualche ora.
“Allora, quando si comincia?” Fece Bill, dando due pacche sulle spalle ai gemelli e strizzando l’occhio a Lee. “Visto che ormai Villa Conchiglia si è trasformata in una base dell’Ordine, non ci limiteremo ad un ospizio! Non sia mai detto che sono un tipo noioso” “Ma scerto che no” Cinguettò Fleur. Se Ginny fosse stata presente, avrebbe lamentato un grave caso di eccesso di flebo, ma Bill e Fleur trovavano nel loro amore decisamente sopra le righe la forza per sfidare il muro di tenebre che li opprimeva tutti.
“Ma dove si è cacciato Harry?” Domandò Ron, cercando con lo sguardo l’amico.
“Penso sia appena fuori dal giardino, a prender un po’ d’aria.” Disse Hermione, e il sorriso le si ghiacciò sulle labbra al pensiero di Marie, Luna e Malfoy di nuovo nei dintorni del Cilindro Lovegood.
“Vado a chiamarlo. Anche gli altri dovrebbero essere di ritorno!” Si diresse in fretta verso l’uscita, lasciando Ron a rallegrarsi con la compagnia dei gemelli e Lee Giordan.
Come poteva essersi dimenticata di loro, e aver accantonato tutte le preoccupazioni! Per quell’effimero istante, grazie alla morbidezza delle piume del piccolo gufo, era svanita ogni ombra al loro orizzonte, e poi la lettera e l’arrivo imprevisto dei garruli Fred e George e Lee l’aveva distratta ancora. Questo mentre Harry fissava l’orizzonte increspato dalle onde, con la mente distante, nei dintorni di Ottery St Catchpole. Hermione lo trovò seduto su un ciuffo d’erba, e capì immediatamente il motivo per cui cercava la solitudine. Quando lui e Marie erano costretti a separarsi, Harry spesso si chiudeva in un silenzio meditabondo e faticava a relazionarsi con gli amici, una parte della sua mente occupata dall’ansia. Metà di lui era assente, e l’unico linguaggio che lo faceva tornare quello di sempre era l’azione. Ma ora, solamente Marie era in avanscoperta, e le retrovie non facevano per lui. Ad Hermione ricordò Marie durante la terza prova del Torneo Tremaghi, prima che venisse trascinata via dall’impostore di Malocchio.
Hermione, senza dire nulla, si sedette accanto a lui.
“Harry, arriveranno, ne sono certa. È ancora presto.” “Dovrebbero essere qui a momenti. Mi sento come zia Petunia quando allungava il collo aspettando l’auto arrivare nel vialetto. Chissà come se la passa Dudley. Te l’avevo detto che prima che partissimo mi ha offerto una tazza di tè?” Ma Hermione non fece in tempo a rispondere. Un sonoro crack spezzò l’aria, e i tre fabbricabombe ricomparvero a qualche metro dal muretto di cinta, arruffati quasi quanto Leotordo e ben più maleodoranti.
“Finalmente!” Esclamò Harry, un po’ stizzito. Marie si avvicinò sventolando il bizzarro palloncino in cui galleggiava il sacco informe delle prugne dirigibili Molotov, e Draco lo adocchiò nervoso. “Fa piano con quegli aggeggi!” “Che c’è Malfoy, hai avuto tra le mani patate bollenti ben peggiori!” Gli rispose lei, piccata. Ma fece apparire robuste funi d’argento con cui assicurò la bolla ad una pietra dell’aiuola. In realtà Marie stava cercando di sfogare il sollievo di rivedere il viso occhialuto e spettinato di Harry, ed ogni modo per rassicurare l’altro era lecito, nel loro codice. Bill e Fleur non erano gli unici ad avere un rapporto ben al di sopra delle righe.
“Marie, Luna, Harry, ora devo proprio dirvelo, sono arrivati Fred e George e Lee Giordan e indovinate, vogliono trasmettere Radio Potter da Villa Conchiglia!”
A Draco andò di traverso il respiro. I gemelli Weasley avrebbero fatto esplodere tutto il loro lavoro! Decise immediatamente di rimanere a fare la guardia alle loro granate.
I quattro, come rinati dopo le rispettive fatiche, si precipitarono dentro, dove furono accolti dall’alquanto originale: “Avete deciso di sotterrare Voi-Sapete-Chi sotto il letame di drago? Potevate dircelo subito, reclutiamo Charlie!”
“Mon dieu, qui sci vuole un bagno!” “Certo Fleur, gliela diamo noi una lavata a questi campeggiatori della domenica!” Seguirono altre pacche sulle spalle e saluti, poi d’un tratto Lee si sfregò gli occhi. “Fred? Niente più whisky incendiario a colazione. Lo vedi anche tu?”
Fred sgranò gli occhi e sfoderò la bacchetta, altrettanto fece George. “Cosa ci fa Malfoy nel giardino? Bill, sei impazzito? Blocchiamolo!” Fece per uscire, quando Harry sbraitò per farsi sentire oltre al chiacchiericcio ormai quasi spento: “Fermi! Non è come credete! Sta con noi adesso!” Avrebbe potuto annunciare il proprio fidanzamento con Severus Piton, e dubitava che avrebbe sortito un effetto diverso. I gemelli non abbassarono la bacchetta. Guardarono prima Harry, e poi Draco in piedi vicino alle prugne dirigibili, che ricambiò il loro sguardo, apparentemente insofferente, e poi Marie. Senza curarsi di cosa potesse pensare Malfoy, lo osservarono in cagnesco come se fosse uno schiopodo in vetrina; poi lo spirito sperimentatore di George ebbe la meglio.
“A cosa fa la guardia la serpe?” Disse, incuriosito.
“Prugne Dirigibili Molotov.” Rispose prontamente Marie, orgogliosa.
“Prima che vi vengano idee, il copyright è mio e di Luna.”
“Prugne Dirigibili Molotov? Tu si che sai fare affari, Marie.” Gli occhi dei gemelli ora scintillavano, così come quelli degli altri due gemelli erano divisi fra preoccupazione e ilarità. L’espressione dei gemelli si spiegava da sé. “Draco dormiens numquam titillandus…tu che dici Georgie? “
“Concordo pienamente Fred.”
Harry e Marie si scambiarono l’occhiata che precedeva le loro decisioni importanti. Decisero di lasciarli fare, per il momento. I gemelli Weasley uscirono nel giardinetto, fischettando.
“Allora Malfoy, hai cambiato bandiera?” Domandò Fred con finta noncuranza.
“Ma che domande fai Fred, è lampante: ha finalmente trovato la casa adatta per lui: da Serpe si è degradato a cane da guardia.” Disse George, sparando il primo colpo e più ostile del gemello; ora più che mai ricordava il dolore bruciante della maledizione Sectumsempra scagliata da un professore che aveva sempre coccolato Malfoy.
Draco, con gran sorpresa degli altri spettatori, non reagì alle provocazioni, ma si limitò a rispondere freddamente.
“Brillante deduzione Weasley, vedo che lasciare la scuola ti ha fatto bene. D’altronde, il bisogno aguzza l’ingegno, non è vero? Scordati di toccare le Prugne Dirigibili, almeno finché Tu-Sai-Chi è in giro.”

“La lingua biforcuta c’è la ancora però, eh?” Fece Lee.
“Di un po’ Malfoy, ti va di avere finalmente il tuo momento sul palcoscenico? Non dico il campo da Quidditch, lo sappiamo che messo su una scopa sei un ottimo buffone.” Disse George. Questa volta, Draco non reagì del tutto.
Harry e Marie erano sempre più convinti della propria scelta: il fuoco di battute di Fred e George era un’altra prova che Draco doveva superare, se voleva guadagnarsi la loro fiducia. Se la cava bene, tutto sommato, pensarono all’unisono.
“Abbiamo bisogno di fare scalpore oggi su Radio Potter, e non c’è dubbio che saresti proprio…inaudito.”
“Anche per chi ha un orecchio per ogni lato del corpo, Weasley?”
“Hai sviluppato il senso dell’umorismo eh, Malfoy?” Gli rispose Fred. “Potremmo sempre farti ritrovare con un organo in più, come ad esempio il cervello, ma così saremmo perfino più misericordiosi di ora.”
“D’accordo. Parteciperò a quella Radio…Potter.” E gli angoli della bocca gli si arricciarono per il disgusto. Malgrado tutti gli sforzi, il nome della trasmissione gli ricordava orribilmente un fan club. E l’idea di far parte di un fan club dei Potter era umiliante, per Draco Malfoy. Fino ad ora, aveva avuto il privilegio di sentirsi, imprevedibilmente, al loro livello. Era appena tornato da una missione, seppur minore, e come ringraziamento lo trattavano come un fenomeno da baraccone?
Con suo sbalordimento, mentre si radunarono nell’affollato salotto, Bill gli fece l’occhiolino. Draco credette di esserselo immaginato. Anzi, decise di esserselo immaginato, tanto per il momento faceva lo stesso.
L’atmosfera era peculiare: ilarità e battute cozzavano con la tensione ed il disagio.
Ron ed Harry aiutarono a dispiegare l’attrezzatura, che consisteva in una radio, tre microfoni e una lunga antenna che fu infilata nel camino, senza tanti complimenti.
“Abbiamo scoperto che così trasmette in modo ottimale” Fece Lee, in risposta allo sguardo esterrefatto di Hermione.
“Serve ad impedire che ci intercettino, è un’antenna incantata. L’abbiamo trovata mentre cercavamo merce utile da vendere al negozio.” Spiegò Fred ad Harry e Marie, che si erano avvicinati incuriositi a quello che si poteva ancora intravedere dell’antenna, che ronziva a singhiozzo.
I due notarono che i microfoni erano collegati all’antenna con un filo color carne che apparteneva senza dubbio a delle orecchie oblunghe.
“Geniale!” Fecero i gemelli Potter all’unisono. “Ora li usate per non essere intercettati, inceve che origliare!” Disse Harry.
“Eh sì Harry, la vita ne riserva di sorprese eh?” Rispose George, sorridendo ai due.

“Allora, attenzione prego!” Fred si schiarì la voce. Tutti tacquero, frementi.
“Il piano è il nostro preferito: improvvisazione! Con l’eccezione del triste capitolo sui maghi e le streghe dispersi, dove la storia si fa seria. Ma ricordate, la gente ha bisogno di una buona dose di risate per tirare avanti, perciò sparatele grosse e a volontà. Useremo dei nomi in codice, e non possiamo assolutamente partecipare tutti.” L’espressione di Ron mutò da eccitata a delusa.
“Riveleremmo di essere riuniti, sarebbe troppo azzardato anche per i nostri standard inesistenti.”
Marie lo interruppe.
“Non credi che almeno uno di noi debba partecipare?” Aveva capito subito che Fred si riferiva a loro. Intervenne Bill. “Non fatelo, parlo da Spezzaincantesimi. Darebbe moltissima speranza Harry, so cosa stai per dire, ma se riuscissero a localizzarvi, cosa non impossibile se indovinassero la parola d’ordine, sareste in guai enormi una seconda volta, e non ne abbiamo bisogno.”
I gemelli Potter acconsentirono a malincuore, delusi quanto Ron, che invece aveva riacquistato entusiasmo. “Parleranno Ron, Luna, Bill e Malfoy per noi” Esordì Hermione, che preferiva agire da dietro le quinte. “Quale messaggio può essere più forte di un Mangiamorte che sfida Tu-Sai-Chi per difendere la libertà del mondo magico?”

“Sei assunta Hermione!” Le disse Lee con un gran sorriso, che lei restituì timidamente.
“Allora, quali soprannomi volete? Niente di troppo chiaro come ad esempio won won Ron.” Tossicchiò George.
“Dacci un taglio George!”
“Ci ha già pensato Piton, grazie won won
“Gorgosprizzo, io sarò gorgosprizzo.” Disse Luna, entusiasta.
“Bella scelta Luna, nessuno saprà mai di chi –anzi, volevo dire cosa– si tratta” Fece Fred.
“Contami come Zanna, Fred.”
“Vedo che non perdi mai l’ironia, Bill.”
Ron si stava arrovellando, poi Leotordo gli sfrecciò sotto il naso e lui si illuminò.
“Tordo, passo e chiudo, Stocco!”
“Bene Ron, vedo che ti sei già calato nella parte, del resto hai talento per un gufo rimbambito!” Fece Fred, pronto. Ma Ron non aveva sentita una parola, perso negli occhi di Hermione e nel suo dolce sorriso.
Scese il silenzio. Mancava solo una persona. Draco pensava che gli avrebbero appioppato loro un soprannome, invece evidentemente gli lasciavano spazio libero. Cosa avrebbe dovuto scegliere? Decise di mirare alto e sorprendere.
“Grifone, chiamatemi Grifone.”
Ci fu un attimo di silenzio assoluto, poi George lo ruppe ruggendo
“Alias Pallone Gonfiato, forte e chiaro grazie!”
L’emozione salì alle stelle. Erano pronti. Bill per sicurezza stese un incanto interferente sul gruppetto riunitosi accanto ai tre microfoni che lievitavano a mezz’aria. Fred diede un’occhiata all’orologio, picchiettò i microfoni con la bacchetta e Lee azionò l’antenna, che cominciò a vibrare senza interruzione. Hermione lanciò due biscottini a Leotordo, per evitare che tubasse euforico.
George mimò, con fare teatrale, il conto alla rovescia di 5, 4, 3, 2, 1…Azione!
“Egregi Maghi, Gentili Streghe, complimenti per essere riusciti a sopravvivere fino ad un'altra puntata di Radio Potter! In diretta da un affollato cesso di Londra – no, cari ascoltatori, non siamo nel Ministero, anche se è vero che ultimamente è popolato da elementi che apparterrebbero ai contenuti di un tubo di scarico, per usare un elegante parafrasi.”
“Parlando di scarichi, Stocco” intervenne George, “sconsigliamo di tentare di creare gabinetti svanitori, ci è giunta voce che una strega nel Kent, benedetta fattucchiera, ha tentato di usarlo come armadio svanitore, finendo nelle fogne della contea.”
“Qui a Radio Potter oggi vogliamo darvi un motivo per non gettare le speranze giù per il cesso…” Riprese Fred.
“Piuttosto, spediteci i volantini Purosangue del Ministero, purgherete la casa dalle scemenze.” Intervenne Lee/River.
“E abbiamo in serbo delle sorprese River…” Continuò Fred, in crescendo. “Ma prima, l’elenco dei caduti, che oggi, forse per il sollievo di alcuni, è breve e viene dall’estero.” Cominciò Lee, sbirciando su un frammento di pergamena. “Con grande sconforto annunciamo l’assassinio di Gregorovich, rinomato fabbricante di bacchette in Europa, ucciso con la Maledizione Senza Perdono. Malgrado le dubbie simpatie di Gregorovich, si tratta senza dubbio di una pesante perdita per la popolazione magica.” Fece una pausa.
“Dall’Inghilterra invece, la Signora Augusta Paciock, nonna di Neville, si è data alla macchia, ma non prima di aver spedito Dawlish al San Mungo con un paio di grosse orecchie d’asino, che siamo certi gli stessero a meraviglia. Il nostro pensiero ora va a Neville, nella speranza che continui ad organizzare la resistenza ad Hogwarts, senza lasciarci le penne. Neville e compagni, se ci siete, rimanete in ascolto, siamo tutti con voi!” E con questo Lee concluse l’elenco di disgrazie.
 “Ascoltatori, è con enorme piacere che per la nostra rubrica Amici di Harry Potter vi presento Gorgosprizzo, Tordo e Grifone, direttamente dalla macchia britannica!”
“Allora, fece George, rivolgendosi a Luna, “Gorgosprizzo, qualche consiglio su come sfuggire ai Mangiamorte?”
“Grazie Sorcino. Senza dubbio portare le scarpe con le stringe allacciate con il doppio nodo può fare miracoli: spesso i maghi si dimenticano di usare gli oggetti a loro disposizione, una volta privi di bacchetta. Le stringhe delle scarpe sono un ottimo sostituto del gas strozzante, ma nel caso in cui i Mangiamorte vi assaliscano mentre siete in pantofole, allora accertatevi di tirarvi fuori dai piedi con un incanto rimbalzerino: le pantofole rimbalzeranno contro ogni superficie per ore, creando un bello scompiglio.”
“Gorgosprizzo, concordo con te: mai lasciarsi mettere i piedi in testa!” intervenne Ron, trattenendo a stento le risate.
“Ben detto Tordo, che per chi non ne fosse al corrente, non è per nulla tardo.”
“Niente affatto Sorcino, sono tanto sveglio da aver capito che Il Cavillo, signori, non è più stampato da Xenohilius Lovegood, se vi foste persi la puntata precedente, perciò non credete ad una lettera stampata sotto quel nome. Credete invece a Radio Potter, che vi garantisce che i gemelli Potter sono concentrati -ma sono ancora due, badate, non si sono sintetizzati- nel salvare il mondo magico. Se non ne siete convinti, allora qui con noi c’è Grifone a dimostrarvi come si fa.”  Concluse Ron, con le orecchie rosse. Poi sembrò ricordarsi di qualcosa, e fece segno a George di lasciarlo parlare.
“Ma prima, vorrei dare un consiglio a coloro che sono in fuga: se non volete lasciare il paese, dirigetevi in Galles, con la dovuta cautela: due squadre di Quidditch pattugliano il paese per liberare chi si ritrova prigioniero dei Ghermidori e dare una bella sistemata a questi predoni.”
Hermione lo guardò con affetto e ammirazione, e le orecchie di Ron divennero ancora più rosse, e tacque.
“Grifone, Alias Pallone Gonfiato, è il tuo momento” Disse George.
Draco, pallido ma risoluto, aveva ormai deciso cosa dire.
“Qui è Grifone che vi parla.” Si interruppe un momento, come se avvertisse lo sgomento degli ascoltatori, poi riprese.
“Sono qui per dirvi che per quanto le forze di Tu-Sai-Chi vi facciano sentire soli ed indifesi, non è mai troppo tardi per sostenere la causa della Libertà del Mondo Magico dall’oppressione che è calata su di noi. Lasciatevi gonfiare dalla speranza, e Grifondoro diventeranno persino i palloni gonfiati come me.
Nessuna situazione è troppo disperata per sostenere la causa della libertà dalle sofferenze e la cessazione degli omicidi, e le discriminazioni, che i seguaci di Tu-Sai-Chi ci infliggono tutti i giorni. Quando l’occasione si presenterà, fate le vostre scelte, e fatele in cuor vostro già ora. Arriverà il momento in cui potrete schierarvi e non sarete più costretti a nascondervi.” Fece una seconda pausa, poi il suo tono solenne mutò ad uno scherzoso, nuovo agli organizzatori di Radio Potter, e sempre sorprendente per i quattro.
“Tra parentesi, questo cesso mi fa quasi sentire a casa, è squisitamente umido.”
Tutti gli ascoltatori di Villa Conchiglia erano senza parole.
Bill, tuttavia, non si lasciò cogliere alla sprovvista.
“Signori, qui vi parla Zanna. Ringraziamo Grifone Alias Pallone Gonfiato per le sue parole di incoraggiamento, sicuramente preziosa testimonianza di prima mano. Tuttavia, Radio Potter continua a raccomandare una linea difensiva, fino a che non arriverà il momento, e vi assicuro, lo saprete.
Nel frattempo, proteggete voi stessi e i vostri cari come meglio potete. Ai Nati Babbani e fuggiaschi consigliamo, dopo aver saputo del successo di alcuni di questi, di tentare la via dei trasporti babbani. I Mangiamorte non sono pratici della metropolitana, treni, aeroplani e traghetti, e per il momento non pianificano azioni distruttive di massa, stando alle nostre fonti interne. Cercate di non fornir loro l’ispirazione, tuttavia.”
“Bene, da Radio Potter è tutto per oggi. La prossima parola d’ordine sarà Mandragola, gente, non scordatevela, ma soprattutto non annotatevela, se un certo studente di Hogwarts ci sta ascoltando.”

Dopo quella trasmissione, i quattro ebbero molti meno dubbi, e molta più fiducia in Malfoy.

Quello stesso pomeriggio, dopo una lunga discussione con Unci-Unci sulla sicurezza alla Gringott, Hermione mostrò la lettera di Viktor Krum ad Harry e Marie, che rimasero piuttosto delusi.
“Non dice nulla su come contrastarlo…” Fece Harry, con disappunto. “Però è bello sapere che Krum dà man forte ai Gallesi contro i Ghermidori! Sembrerebbe perfino disposto a lottare più apertamente.”
“Ma il fatto che abbia tentato di tagliarsi il braccio è significativo!” Disse Marie, mentre Hermione rabbrividiva al pensiero, “Ci dice che sapeva che la maledizione si espande. Dobbiamo evitare che proliferi, o lo ucciderà!”
“Beh, io sono d’accordo, Pallone Gonfiato ha fatto un bel discorso oggi e mi dispiacerebbe quasi se ci lasciasse le penne, ora che si dice Grifone.” Fece Ron.
“E poi senza di lui chi prenderemmo in giro?”
L’armonia tra lui ed Hermione l’aveva reso baldanzoso.
“Ma non possiamo abbandonare la ricerca dei Voi-Sapete-Cosa, no?”
Sia Harry che Marie scossero con decisione la testa.
“E se non c’è riuscito Karkaroff o chiunque prima di lui, ci resta solo il rimedio di Luna, per alleviare il dolore.”
Si voltarono tutti e quattro verso Draco, che non poteva udirli. Si era avvolto in un mantello e dava loro la schiena, sempre a guardia delle prugne dirigibili. Era triste pensare che fosse destinato a morire.
“Gli faccio leggere la lettera, anche se non sono buone nuove” Disse Harry, alzandosi. Gli altri tre non si mossero, e osservarono Fred e George rovistare fra una pila torreggiante di lettere, prima che tornassero da zia Muriel, che aveva minacciato di mummificarli se l’avessero turbata anche quel giorno con gli ordini via gufo e altre stramberie.
Marie, incupita e pensosa, passò al volo il ciondolo di Silente ad Hermione, che la guardò sorpresa e l’afferrò con la punta delle dita. “Marie, ma che ti prende?”
“Penso stia molto meglio a te, provalo, se ti va. A me ora impedisce di pensare; oltretutto non ne ho ancora cavato un ragno dal buco!” Disse, amareggiata.
“Marie ha ragione Hermione, ti sta d’incanto” Disse Ron, cavalcando l’onda della giornata, e se la passò liscia, sebbene fosse assolutamente sincero, questa volta.
Hermione gli strinse la mano in risposta, e prese a giocherellare con il ciondolo.
“Ti spiace se lo tengo per un po’? È davvero bella la strofa sul retro.”
“Tutto il tempo che vuoi” Le rispose Marie, con un sorriso un po’ mesto.
Guardò Harry passare la lettera a Draco, faticando a distinguerli fra le tenebre che stavano calando, ma sapendo esattamente cosa Harry stesse dicendo a Malfoy.
“Sai Hermione, non riesco a rassegnarmi al pensiero che non ci sia cura per quell’orribile maledizione del Marchio. Insomma, guarda Luna cos’è riuscita ad ottenere con delle banalissime ostriche zannute! Non sarebbe la prima volta che Tu-Sai-Chi sottovaluta le soluzioni più banali.”
“Vorrei darti speranza Marie, ma realisticamente, anche se ci fosse le possibilità che lo trovassimo sono infinitesimali! Probabilmente ci sarà un ingrediente raro che nessuno ha mai utilizzato, ma chi lo sa. Noi abbiamo letto molto e non mi viene in mente nulla!”
“Mhm…Chissà se quel viscido di Piton ne sa qualcosa in più. Silente lasciava curare la sua mano annerita solo da lui.”
“Perfetto, perché non bussiamo alla porta del suo ufficio e domandiamo?” Fece Ron, con la solita ironia.
“Bè, è da prima che facessimo quella disastrosa visita a Godric’s Hollow che io ed Harry vi ripetiamo che dobbiamo andare ad Hogwarts, perché no? Abbiamo un conto in sospeso con il nuovo Preside.”
“Qualcuno ha detto Hogwarts? Intervenne Fred, finendo di sigillare un pacco. “Perché non provate a presentarvi con una selezione di Shampoo in omaggio? Ginny pianificava di stregarne un plotone per insozzare il suo vecchio ufficio, ma gli usi sono infiniti!” Gli fece eco George, intento a studiare incuriosito una missiva.
“Ehi Fred, l’ho trovata! Ci aveva effettivamente dato il doppio dei galeoni, i conti tornano!”
E Fred tornò dal gemello.
“Non ha tutti i torti.” Ridacchiò Ron, accarezzando i capelli ad Hermione, che era ancora assorta nella contemplazione del ciondolo. Proprio in quel momento Harry e Draco rientrarono, e con sorpresa di Ron ed Hermione Malfoy si portò dentro il palloncino.
Harry si unì a loro.
“Pensiamo che lo sgabuzzino sia un buon posto per tenere le prugne dirigibili, per finire. Fleur non vuole vederle in giro, la mettono di malumore, ed in giardino dobbiamo continuare a tenerle d’occhio. Per di più non potevamo trovare custode più solerte di Malfoy.”
“Che dice della lettera?” Chiese Ron.
“Cosa vuoi che dica…Il braccio è peggiorato molto però, non ha voluto mostrarlo.”
“Sei sempre il solito ficcanaso, Potter.” Disse Draco, con tono piatto ma privo di ostilità.
“Anche voi alla presa con missive misteriose?” Domandò Fred.
“Cos’e misterioso?” Chiese Ron.
“Bè, che Burgin & Burke abbia bisogno di cinque bacchette finte!”
“Burgin & Burke?” Sbottò incredulo Draco.
“Ti suona familiare Malfoy? Scommetto che andavate spesso a farci shopping.”
Draco, avvicinatosi a Fred, era sbiancato e si stringeva convulsamente il braccio.
“Quella lettera…chi l’ha scritta?” Domandò, trattenendo il fiato.
“Non c’è il mittente, anche di questo ci interrogavamo!” Gli rispose George.
Harry e Marie si avvicinarono a loro volta, preoccupati.
“Malfoy, pensi vogliano stregarle?” Domandò Marie, che tacque quando vide la sua espressione. Sembrava avesse visto un fantasma.
“È la grafia di mia madre. Ne sono certo.”
Tutti quanti si scambiarono sguardi increduli, ma nessuno parlò, finché Ron non poté più trattenersi e domandò:
 “Perché mai dovrebbe ordinare cinque bacchette false da voi?”
“Perché siamo i migliori!” Rispose Fred, fingendosi offeso.
“Per ostacolare i loro piani.” Disse Draco con un filo di voce. “Bellatrix è priva di bacchetta. Le altre quattro saranno per Mangiamorte scagnozzi…”
“Ma allora vi aiuterà a fuggire!” Esclamò Hermione.
“Aspetta un momento, se è ad Azkaban non può essere stata lei. Quando vi è arrivata, George?”  Domandò Harry.
“Tre giorni fa.”
“Allora avrebbe potuto averla scritta appena prima che la rinchiudessero, se è arrivata tre giorni fa. La notizia è di ieri, e le cose si muovono molto velocemente.” Concluse Harry.
“Che l’abbiano incriminata per l’ordine?” Domandò Ron. “Ma è ridicolo!”
“Non credo abbiano intercettato la lettera, il barbagianni era sano e la lettera come nuova.” Disse Fred. “Abbiamo già spedito le bacchette. Ci abbiamo pensato un po’. I clienti di Burgin & Burke sono Mangiamorte o gente losca, e abbiamo pensato che volesse truffarne qualcuno. In ogni caso, non durano a lungo, quindi dovrebbero essere inoffensive.”
Una cortina gelata sembrava essere calata sul salotto, ed il polo freddo era proprio nel punto in cui si trovava Draco.
“Beh, noi dobbiamo andare.” Fece Lee. “Fleur ci ha invitato a cena ma preferiamo togliere il disturbo, la casa è già piena ed è meglio tornare prima che calino le tenebre. Ci hanno già ospitato per Radio Potter.”
Fred stiracchiò un sorriso, ma Harry ebbe l’impressione che preferissero levarsi dai piedi Malfoy. Forse era meglio così, ma Fred e George portarono via con sé l’allegria che era sopravvissuta per quelle poche ore.
La cena fu silenziosa, nemmeno Luna parlò, e il tintinnare delle posate rimbombava. L’atmosfera frizzante di Radio Potter sembrava appartenere a settimane prima.
Ciò che avrebbero dovuto affrontare, e le mille incertezze che scheggiavano i loro piani, aleggiava sui quattro come uno spettro foriero di disperazione.
Draco, perso nelle sue ansie, era tormentato dall’immagine della madre in una cella di Azkaban, con i dissennatori ad evocare i suoi peggiori ricordi. Non riusciva a perdonarsi di aspettare, e di essersi completamente dimenticato di lei, durante la trasmissione di Radio Potter. I rimorsi lo divoravano quanto il Marchio, che sentiva farsi strada nella propria carne anche in quel preciso istante.
Non potendo più sopportare la compagnia dei quattro, che lo studiavano di nuovo come se fosse una bestia pericolosa, uscì, per l’ennesima volta, diretto verso la discesa che dava sul mare. Harry e Marie, dopo qualche istante, lo seguirono, facendo cenno a Ron ed Hermione di non seguirli.
“Mentre giocavi a fare l’eroe lei probabilmente era sola in una cella ad Azkaban, solamente perché ha tentato di aiutarti. Anche se non fosse rinchiusa, è determinata ad aiutarti, ciò significa che Voldemort potrebbe decidere di ucciderla.”
Se solo avesse potuto trarla in salvo! Sperò, contro la logica, che fosse davvero rinchiusa, e che potessero farla fuggire, ma anche così la loro idea di lasciarla andare non avrebbe più funzionato. Avvertì di essere seguito, ma non gli importava.
“Draco, non è detto che l’abbiano imprigionata per quello. L’avevi detto tu, è una trappola architettata da Bellatrix. Lucius non avrà lasciato che le facessero del male!” Gli urlò Marie, ancora lontana, sopra lo sciabordio delle onde.
Quelle parole lo fecero stare peggio. Se solo avesse potuto avere almeno quella certezza, ma non poteva mentire a sé stesso: non aveva mai compreso se per suo padre fosse più importante la loro famiglia o i Mangiamorte.
I passi dei gemelli frusciarono fra l’erba che ricopriva il ciglio della duna sabbiosa.
“Non sei solo. L’hai detto tu oggi. Non dobbiamo farci schiacciare dall’angoscia, ma continuare a lottare. Nessuna situazione è troppo disperata, e non lo è nemmeno la vostra.” Disse Harry, stranamente calmo.
“Ci abbiamo pensato, e l’unico modo per salvarla, ammesso che sia ad Azkaban, è nasconderla ad Hogwarts. Ne abbiamo discusso con Ron ed Hermione, ed Hogwarts sarebbe il luogo ideale in cui ritrovarci, dopo Azkaban e la Gringott. Voi fuggirete lì con tua madre, e così faremo noi tre. Ci ritroveremo nella Stanza delle Necessità. È un buon nascondiglio.”
Draco non si girò a guardarlo, ma disse:
“Non funzionerà! Non sappiamo come entrare ad Hogwarts, e se mia madre non fosse ad Azkaban? È anche probabile che non sia lì, è una trappola, lo so. Ma devo accertarmene. Ma la uccideranno, se scoprono quello che ha fatto! Se lo hanno già scoperto la stanno usando come esca, ed è comunque spacciata. Ma devo sapere, devo vederla, e cercare di proteggerla!” Si voltò, e fronteggiò i gemelli.
“Ma voi, perché mi appoggiate?” Quasi li attaccò, e si rivolse direttamente a Marie.
“Non posso portarti ad Azkaban come lasciapassare, è troppo rischioso, se ti prendono siete finiti! Mia madre potrebbe morire per la scelta che ho fatto, e non posso distruggere la sua vita e la vostra missione in un sol colpo”
“Se ci prendono entrambi alla Gringott siamo spacciati!” Ribatté lei.
“Che c’è Malfoy, non reggi più il carico di preoccupazioni ed ansie dopo così pochi giorni? Eravamo pronti ad aspettarci di meglio da te dopo oggi!”
Lo aggredì Marie, ma poi tornò sulla difensiva.
“Adesso che noi abbiamo cominciato a fidarci di te, sei tu a doverci fidare di noi! Non dimenticare che combattiamo in svantaggio spaventoso da molto più tempo di te, e ora giochiamo tutto per tutto.”
“Sappiamo cosa vuol dire essere in pena per una persona cara. Sappiamo anche come ci si sente se si fallisce, se le cose vanno storto. Abbiamo visto morire davanti ai nostri occhi alcune delle persone a cui tenevamo di più. Tu hai appena cominciato a lottare per Narcissa. Devi, e dobbiamo, andare avanti.”
Quando Harry pronunciò queste ultime parole, Marie ripiombò nel passato, e fu come se le avessero tirato un bolide nello stomaco. Draco si voltò ed incrociò il suo sguardo.
Le emozioni la travolsero, e fu catapultata di nuovo nel teatro dei suoi incubi.

Reduce dal cimitero di Little Angleton, con il corpo freddo e senza vita di Cedric stretto tra le braccia ed Harry aggrappato alla sua spalla, furono sbattuti sull’erba di fronte agli spalti, e un turbinio di colori, baccano e urla arrivò loro attutito alle orecchie, ma Marie non vedeva nessuno, nessuno tranne gli occhi della persona che dopo Harry amava di più, guardarla con gli occhi spalancati ed inespressivi della morte.
Trovò a malapena la forza di cullarlo tra le sue braccia, con Harry sempre aggrappato a lei, ed accarezzargli il viso, aspettando una risposta, ma gli occhi di Cedric rimanevano inespressivi, ed allora lo chiamo, urlò il suo nome, disperata per una risposta, ma il freddo, gelido e inerte corpo sembrava rifiutarsi di rispondere alle sue suppliche.
Crollò, incapace di sostenere quel peso, ed appoggiò la testa sul suo petto, ma il cuore che aveva sentito vivace poche ore prima ora era muto, e muta singhiozzò la sua disperazione nei suoi capelli, aggrappata ad Harry con un braccio e a Cedric con l’altro, accarezzandolo e baciandogli la fronte per quella che sapeva essere l’ultima volta. Poi, mani estranee la strattonarono con violenza, riaprendo il taglio che le bruciava sulla schiena, ma non se ne accorse, perché le stavano squarciando il cuore.
Volevano portarle via Ced, ma non l’avrebbe permesso, lei l’aveva amato e loro no, come osavano toglierle anche quel piccolo, freddo istante. La rabbia esplose dentro di lei, ed un sortilegio scudo apparì dal nulla gettando lontano tutti gli altri maghi, tranne il padre di Cedric, che cadde in ginocchio accanto a loro. Anche lui aveva amato Cedric, e non tentò di strapparlo dalla sua presa.
A quel punto, il sortilegio scudo svanì, ma quando i maghi del ministero e Silente tentarono di avvicinarsi di nuovo, Marie raccolse le forze rimastele e sempre con una mano stretta attorno a Cedric, gridò:

“Expecto Patronum!”
Un cardellino scaturì dalla sua bacchetta, e cinguettò allegro, tracciando un cerchio attorno ad Harry, Marie e Cedric ed Amos Diggory, ed a quel canto la Morte si rintanò nel labirinto, per pochi istanti, lasciando loro il tempo di congedarsi in pace.
Quando Marie sentì le forze abbandonarla, il cardellino si adagiò sul petto di Cedric, spalancò le ali e si abbandonò con la testolina piumata vicino al suo viso, prima di scomparire.

Draco boccheggiò, e per un momento pensò di essere ancora ad Hogwarts, al Torneo Tremaghi in quella tragica sera. Il cardellino c’era ancora, svolazzava attorno al suo capo, cinguettando spensierato, non poteva essere vero. Eppure, era lì, e si rese conto di essere ancora a Villa Conchiglia quando volò verso Harry, che si beò un istante dell’aura di calore che emanava, per poi appollaiarsi sulla spalla di Marie. Lei, appoggiata al fratello, senza guardarlo negli occhi gli disse le ultime parole per quella sera.
Ron ed Hermione osservavano meravigliati la sagoma luminosa e vivace del cardellino dal giardino. Fleur strattonò la manica del marito, e dalla finestra della loro camera, anche loro videro quel piccolo incanto.
  “Questo Patronus sono i ricordi che ho di Cedric. Ha scacciato la morte, anche per un solo istante, e vola persino ora. È la prova che anche la morte può essere sconfitta.”
“Non lasciare che la sua ombra ti schiacci, come non ha schiacciato Cedric, nemmeno una volta che l’ha rubato a mia sorella.” Gli disse Harry, serio come non mai.
“L’ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte.”

*

I giorni seguenti passarono senza eventi particolari, e la situazione a Villa Conchiglia aveva finalmente trovato un equilibrio. Marie e Draco scelsero di ignorare il fatto che il Pathos Cogitatio era fuori dal loro controllo, e sebbene Harry avesse intuito cosa era successo, non lo menzionò. Avevano abbastanza a cui pensare.
I quattro passavano la maggior parte del tempo ad elaborare il piano della Gringott e a discutere i dettagli della fuga da Azkaban con Draco, che dopo la discussione della sera di Radio Potter era più tranquillo, ma non meno determinato. La Passaporta che Malfoy aveva fabbricato una mattina, una piccola spazzola dai denti spezzati, riposava su una mensola. Il Marchio non faceva che peggiorare, ed una mattina, mentre Luna medicava la ferita, videro che il serpente, agonizzante, stava scavando la sua strada di inchiostro nero nella pelle di Malfoy, ed era quasi arrivato all’altezza del bicipite. Ci volevano molte più garze, ora, e Draco cominciava ad essere impedito nei movimenti, con un braccio irrigidito.
“È una fortuna che la fuga è tra due giorni. Non so come sarò messo fra una settimana.” Disse una sera Draco. Hermione alzò lo sguardo e sospirò, continuando a giocherellare con il ciondolo.
“Forse ad Hogwarts riusciremo a trovare un antidoto.” Lo disse più per dare una risposta che perché ci credesse veramente.
“Non sappiamo nemmeno ancora come arrivare ad Hogwarts” Disse Ron, stanco.
“Potremmo provare da Hogsmeade” Ripeté Harry.
“Ma è troppo azzardato!” Esclamò di nuovo Hermione. “Se lo aspetteranno.”
“Non più azzardato che derubare la Gringott.” Disse inespressiva Marie.
Hermione, contrariata, continuò a giocherellare con il ciondolo, facendoselo rigirare tra le mani, sovrappensiero.
Poi, d’un tratto, balzò in piedi con un gridolino, facendo sobbalzare Ron.
“Cosa succede?” “Che c’è Hermione, cosa…?”
Il ciondolo aveva cominciato a vibrare, ed Hermione vide chiaramente che il motivo celtico si stava animando. I nodi avevano cominciato a ruotare e a spostarsi, formando un’apertura.
“Il ciondolo, si sta aprendo!” Disse senza fiato.
Marie scattò dalla sedia, facendo cadere per terra il libro che le aveva regalato Sirius anni prima, sugli incantesimi protettivi. Non ci poteva credere.
“Cosa c’è all’interno? Hermione, cosa contiene?” L’amica era senza parole.
A bocca aperta, Hermione sollevò un minuscolo, fragile oggetto di vetro fra il pollice e l’indice: la clessidra di un giratempo scintillò al riflesso della lampada.
“C’è anche un biglietto: Non usare.”

Nel frattempo Draco, sebbene fosse poco distante da loro, non si era accorto di nulla, ed aveva lo sguardo fisso nel vuoto, al di là di Luna. Un’idea l’aveva appena fulminato: lui sapeva come entrare ad Hogwarts, lo sapeva dal suo ultimo, tormentoso anno passato al castello.



Angolo dell’autrice


Lo Stregone Dal Cuore Peloso è una delle cinque favole di Beda il Bardo, si tratta di una tragica storia di desiderio e Magia Oscura. (Le altre quattro sono Il Mago E Il Pentolone Salterino; La fonte Della Buona Sorte; Baba Raba E Il Ceppo Gigante e naturalmente La Storia Dei Tre Fratelli.)
I giorni a Villa Conchiglia sono giunti agli sgoccioli…I quattro e Draco si confronteranno presto con i loro dubbi e le loro paure, e le tante supposizioni saranno messe alla prova.

Nel frattempo, avete visto che diversi nuovi elementi sono giunti in superficie.
Vi chiedo di pazientare fino a quando si svilupperanno, ma non esitate a lasciare un commento, di qualsiasi tipo. Cosa ne pensate delle molte novità? Se desiderate chiarimenti o approfondimenti, sono a vostra disposizione.
Mi domandavo se gradite la lunghezza dei capitoli. Li preferireste più brevi, o forse più estesi? Fatemelo sapere, se vi va.

Ringrazio di cuore l’amata autrice Francy/Inzaghina per le sue approfondite recensioni, sono il migliore incoraggiamento! Un grande grazie anche a coloro che hanno recensito in precedenza e aggiunto la storia tra le preferite o le seguite.

A presto,

Claire


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Capitolo 10
*** Sulle Orme di Felpato - Prima Parte ***




Sulle Orme di Felpato – Parte 1



“Il punto è che” cominciò Hermione tracciando con il dito una linea nella sabbia, “per viaggiare nel tempo, occorre racchiudere in un frammento di sabbia un istante” e tracciò una righetta a caso sulla linea, “che potrà essere spostato nel tempo già trascorso, permettendo al mago od alla strega di trasportarsi in quell’istante. Questo è ciò che avviene quando si ruota il giratempo.” Concluse la frase tracciando un arco nella sabbia e spostando il tratto in un altro punto della linea.

“Ora, questo è l’ultimo giratempo rimasto.”
Draco la interruppe, guadagnandosi un’occhiataccia che aveva in sé tutto lo spirito di Grattastinchi. 
“Come fai ad esserne certa?”
“Gli altri sono stati tutti distrutti quando entrammo all’Ufficio Misteri. Come se non bastasse, il biglietto di Silente ne è la conferma.” Gli rispose Hermione, piccata. 
“Se mi lasciate continuare capirete perché.” Aggiunse come ammonimento a Ron, che aveva già preso fiato per parlare. Harry la guardò incoraggiante.
“Allora” Fece un respiro profondo.
“L’istante racchiuso nella sabbia, ritorna nel flusso del tempo quando la clessidra va in frantumi. Dato che è ormai lontano dal momento in cui è stato catturato, si sovrapporrà al momento in cui verrà liberato.” Lo sguardo carico di significato di Hermione incrociò quello di Marie, ed Harry sgranò gli occhi, esterrefatto. Draco si sforzò di non incrociare lo sguardo di Ron, temeva di scoprire che avevano molto in comune.
“Ma allora…” “Vuoi dire che…” Fecero Harry e Marie, all’unisono.
“Il tempo si fermerà.” E così dicendo tracciò una croce in un altro punto della linea.
“Questo spiega perché Silente non voleva che lo usassimo.” Disse Harry, a bassa voce.
“Non voleva che ci saltasse in mente di viaggiare nel tempo.” Si allacciò Marie, amareggiata.
“Ma una volta distrutto il giratempo, nessuno potrà più viaggiare nel tempo.” Esordì Draco, realizzando il motivo per cui Hermione aveva ribadito quel dettaglio.
Lei non rispose, ma cancellò lo scarabocchio con un ampio movimento della mano, e tutti e cinque si misero a guardare l’orizzonte, ognuno seguendo il proprio filo dei pensieri, ognuno su una strada diversa.
Draco, dimentico del resto, si fermò a pensare cosa avrebbe fatto se avesse potuto usare la clessidra che aveva bramato, al sesto anno, per avere un alibi e per poter dedicare più tempo al progetto che gli succhiava ogni energia. Ci pensò l’ambiente che lo circondava a trasportarlo indietro nel tempo.

“Il vento primaverile accarezzava dolce l’erba alta e puntinata di colori vivaci, e la risata eccitata di un bambino veniva trasportata lontano, subito colta dall’orecchio attento della madre, che seguiva con passo leggero la traccia lasciata dal suo zigzagare spensierato nel campo confinante con il perimetro di Villa Malfoy.

“Draco, amore, cosa stai rincorrendo?” Disse con voce adamantina una giovane Narcissa con il sorriso sulle labbra sottili, osservando il suo piccolo di quattro anni correre in cerchio attorno ad un ciuffo particolarmente variopinto del campo.
Il bambino lanciò un gridolino di gioia, scomparve un momento tra l’erba, e prima che sua madre potesse preoccuparsi, la sua chioma d’orata rifletté di nuovo il tiepido sole d’aprile. Narcissa si fermò e lasciò che il birbantello, con le ginocchia tutte inzaccherate, le corresse incontro, gridando: “Mamma mamma, ti ho trovato!”
“Ma allora stavi giocando a nascondino? E perché non me lo hai detto, tesoro, mi sarei nascosta meglio.” Gli rispose la madre in tono morbido e divertito.
“Ti ho trovato fra gli altri fiori, questa sei tu mamma.” E il bimbo allungò la manina verso la madre, che si chinò portando il viso all’altezza del suo.
“Ma è splendido tesoro!” Esclamò Narcissa ridendo e affondando il viso nel Narciso che le porse il piccolo, per poi stringerlo forte a sé.
“Tu sei ancora più profumata mamma.” Constatò il bambino, beato fra le braccia della madre. Lei gli schioccò un bacio sulla guancia, ma si sforzò di assumere un’espressione seria e gli diede un buffetto con il narciso. “Ora si torna a casa mio piccolo cercatore! Tuo padre si starà già chiedendo perché siamo andati così lontano.”
“Ma mamma! Ci sono tanti altri fiori come te da raccogliere…” Si lagnò il piccolo, impaziente e facendo gli occhi grandi, speranzoso.
Narcissa gli sorrise maliziosa.
“Un altro giorno, furbetto!”
Questa volta avanzarono mano nella mano, ripercorrendo la traccia lasciata da Narcissa, per non calpestare altri fiori. All’improvviso Draco fece per lanciarsi in una corsa, e la madre lo lasciò andare, sapendo che si sarebbe diretto verso il mago che si stagliava appena fuori dal cancello della Villa, con una ruga sul volto abbellito da un sottile sorriso.
“Eih! Ma non te le ha insegnate nessuno le maniere, giovanotto?” Disse con tono severo quando il bambino fece per lanciarsi tra le sue braccia, ma gli accarezzò la testa con dolcezza quando il piccolo disse, euforico:
“Ho trovato il Narciso, come mi avevi chiesto! Ce l’ha la mamma.”
“Ben fatto figlio mio! Sarai un abile cercatore, a Hogwarts.”
“Ma io mi domando, Signor Malfoy,” Aggiunse Narcissa in tono giocoso, baciando sulla guancia il marito e tirandosi vicina Draco. “Come sia possibile che Narcisi crescano in un campo del genere.” Il marito assunse un’aria di finta innocenza, e disse
“Non sospetterà di me, Signora Malfoy?”
“Ho sempre sospettato di te, Lucius.” Fu la sua pronta risposta, lanciandogli un’occhiata tra il serio e il faceto.
“E facevi bene Narcissa, mia cara. Buon anniversario!
“Buon anniversario mamma!”
 
Tornerei a quell’istante, pensò Draco, e lo fermerei, anche se non ha senso.
Era l’unico pensiero con cui fosse in grado di produrre un Patronus corporeo; un pensiero che inavvertitamente, aveva appena condiviso con uno dei Potter. Esattamente come Marie era ignara del fatto che Draco avesse condiviso il suo sogno di Cedric, così Draco non si accorse che lei si era irrigidita e aveva afferrato la mano del gemello, che la fissava interrogativo.
La sua stretta strappò Harry dal suo sogno ad occhi aperti, in cui lui e Ginny avrebbero potuto passare pomeriggi interi in riva al lago nero, all’ombra di una quercia o sul campo da Quidditch, magari con Ginny davanti a sé che gli sorrideva malandrina, accomodata sulla sua Firebolt, come si erano azzardati a fare una sera, all’imbrunire e lontano dallo sguardo di chiunque.
Marie lo guardò assente, e poi sembrò tornare in sé e scosse la chioma sbarazzina, nostalgica e preoccupata. Harry pensò che fosse stata presa dalla tristezza al ricordo dei giorni passati con Cedric, e ciò sarebbe stato vero, se non fosse stata inondata dalle emozioni di Draco.
Harry era stato la sua sola ancora di salvezza, solamente la sua vicinanza le aveva impedito di chiudersi nel mutismo più assoluto e vivere nel passato. Nonostante il dolore che la straziava, non avrebbe mai potuto infliggere una pena del genere al fratello, e lui in cambio non la lasciò mai, in quell’estate orribile dopo il torneo. Un sorriso le si stiracchiò sul volto al pensiero di cosa avevano escogitato per non rimanere separati nemmeno durante la notte.

Il cimitero di Little Angleton continuava a tormentarli nei loro incubi, e sebbene zio Vernon avesse il sonno pesante, Petunia era stata svegliata più volte dalle urla di Marie, in soffitta, e con il suo fine udito di pettegola veterana, udiva Harry parlare ed a volte gridare nel sonno. Tuttavia, ci vollero ben tre settimane prima che Petunia si decidesse a permettere a Marie di condividere la stanza di Harry. Durante quelle notti, Harry sgattaiolava in soffitta, ma per raggiungerla avrebbe dovuto usare una scala di latta, ancorata parallela al muro, che produceva uno scricchiolio inconfondibile. Marie aveva naturalmente pensato al vecchio lenzuolo annodato, ma quello era talmente consunto che la prima sera in cui tentarono di usarlo si strappò e per poco Harry non si fracassò gli occhiali e il gomito. Così, un giorno Marie sorprese Dudley avvicinandolo e dicendogli
“Ehi Big D, lo sai che ieri tuo papà parlava di farti saltare la corda per un lunghissimo e tremendo quarto d’ora? Fa parte del suo programma per farti diventare un pugile provetto. Io se fossi in tè, mi disferei di tutte le corde che sono in giro, non si sa mai eh, Big D?” Dudley, con gli occhietti porcini diffidenti, non mollò subito. “Sei una bugiarda. Adesso lo dico a papà e vediamo.”
“Oh sì diglielo certo, così poi cominciate subito ad allenarvi e io ti guarderò sudare dalla panchina del giardinetto. Potrei anche fare il tifo.”
Dudley a quel punto diventò paonazzo, ma non per la rabbia, bensì per lo sforzo mentale richiesto al suo cervello quanto mai fuori forma. Marie lo lasciò lì, per schivare ulteriori domande, con una sviante pacca sulla spalla e un noncurante “Ci si vede Dudley”.
Il piano naturalmente funzionò, se c’era una cosa che Dudley faceva di tutto per evitare, era l’esercizio fisico. Harry spiò Dudley gettare le corde sotto la siepe potata ad arte, nascondiglio fallimentare, dato che zio Vernon curava in modo maniacale il giardino, e prima che potessero finire nelle grinfie dello zio, le due corde da ginnastica erano già nella soffitta di Marie. La fune che ne ricavarono si rivelò essere molto resistente, essendo praticamente nuove, e così Harry poté arrampicarsi nella soffitta di Marie indisturbato. Passavano diverse ore sdraiati sul materasso, che si trovava direttamente sul pavimento, guardando la piccola scheggia di cielo stellato che si intravedeva dalla finestra. Era l’unico lusso della soffitta sgombra e piuttosto claustrofobica, non fosse stato per gli striscioni di Grifondoro e per i disegni di Dean e Fred che tappezzavano ogni superficie, ravvivando le mura pallide.
“Marie?”
“Mhm?”
 “Non mi ero mai accorto di questo ritratto.” Borbottò a disagio, accennando al viso di Cedric che lo guardava serio. Il tratto era leggero e a matita, e non portava alcuna traccia di magia, il viso di Cedric non si muoveva di un millimetro, sebbene fosse dolorosamente fedele all’originale.
“Perché l’ho fatto io stamattina, subito dopo il sogno di ieri.” Il suo tono era piatto, freddo, ed Harry profondamente turbato. Marie non era mai fredda con lui, ed ora invece era inespressiva da quando aveva preso in giro Dudley.
“Da come ti agitavi, sembrava un incubo.” Si girò verso la sorella, che fissava il cielo con lo sguardo perso e non ricambiò il suo sguardo.
“Lo è diventato, quando come sempre siamo finiti nel cimitero. L’inizio per una volta era diverso.” Gli rispose semplicemente lei.
“Marie, ascoltami. Ripetimi quello che hai detto a me e Sirius, dopo che avevamo raccontato a Silente quello che era successo.” Cedric continuava ad inchiodarlo con lo sguardo, ed era come un magnete per le attenzioni di Marie. Harry agì d’istinto, afferrò il suo cuscino e lo lanciò a Marie, che si ritrovò il muro morbido sul naso.
“Ma sei impazzito??!” Sussurrò lei inviperita, rispedendo il cuscino al mittente, che salvò i suoi occhiali per un soffio.
“Era ora, una reazione come si deve!”
Si guardarono torvi, seduti sotto la finestra.
“Ora rispondi alla mia domanda: Ripetimi quello che hai detto a me e Sirius, quando lui ti ha fatto promettere di non lasciarti andare.”
“Vi avevo detto che non importava cosa mi sarebbe costato, ma Voldemort sarebbe passato sul mio cadavere prima che mi passasse la voglia di vivere e ammazzarlo.” Il suo tono era tornato combattivo, ed alla luce argentea della luna assomigliava di nuovo allo striscione con il leone di Grifondoro che Dean le aveva regalato dopo una partita.
“E allora mantieni la promessa!” E così facendo Harry fece una cosa che solo lui aveva la libertà di fare, chiunque altro sarebbe stato sbranato: staccò il disegno.
Marie non disse nulla, ma Harry sentiva la sua sofferenza scuoterlo con ondate sempre più soverchianti; si impose di non cedere.
Arrotolò il disegno e glielo porse.
“Va bene. Scriverò a Sirius.” Disse secca, ma risoluta.
Un picchiettio alla finestra la fece balzare in piedi.
“Ouch!” “Edvige!”
L’affetto per la loro civetta invase Harry, che la fece subito appollaiare sul suo avambraccio, non appena Marie la lasciò entrare. Era proprio arrivata al momento giusto.
“Puoi scriverla ora.” Propose Harry, beccandosi un’occhiata graffiante. “Edvige è pronta a ripartire dopo la caccia notturna, non è vero? Shhh!” La zittì poi, prima che potesse tubare il suo assenso.
“Ti spedirei io da qualche parte, Potter.” Borbottò, ma Harry si rallegrò a quella risposta piccata, era tornata la solita Marie, indomita e sensibile al tempo stesso. E dalla mira infallibile, pensò Harry. Per fortuna le voglio troppo bene per lanciarle nulla più di un cuscino, altrimenti sarei già impagliato.
Nello stesso istante Marie, dopo aver intinto una penna prendi-appunti molto sgualcita nel calamaio in bilico, per qualche assurdo motivo, sulla sveglia, si disse che senza Harry sarebbe ancora stata lì a fissare il ritratto di Cedric, immobile come una statua per chissà quanti giorni.

“Caro Sirius,

Ti ho fatto una promessa. Voglio mantenerla.

Puoi tenere questo disegno al sicuro, lontano da me? Non potrei mai gettarlo via, e sento

che tu comprendi quello che provo ora più di chiunque altro.

Ti prego di non farmi domande: se mai avessi bisogno di confidare qualcosa, sarai il primo a

cui mi rivolgerò. Sì, questa volta avrai il primato anche sul mago spettinato accanto a me

ora, che è la vera ragione per cui ho la forza di scriverti.

Salutami il pennuto


Tua Marie”

Marie rimase a lungo alla finestra osservando la civetta delle nevi allontanarsi con tutto ciò di concreto che le era rimasto di Cedric, ora le restavano solo i ricordi. Appoggiò il capo sulla spalla di Harry, al suo fianco, ed insieme assaporarono l’aria notturna.
“Vedrai, Sirius risponderà subito, ed Edvige è infallibile.” La rassicurò.
Lei non rispose, ma Harry questa volta se lo aspettava.
“Allora, che scherzo combiniamo oggi a Dudley?”
La mezzanotte era passata da un po’, ma anche senza la luce fresca e languida della luna Harry avrebbe indovinato il sorriso malandrino che si stiracchiava sul volto provato di Marie.
“Niente di troppo ovvio, se zia Petunia non ci ha sentito parlare questa volta, giuro che mi annodo la bacchetta. Che ne dici di incasinargli i cavi dell’unica playstation rimastagli? Così magari fa prendere il volo anche a quella. Muoio dalla voglia di veder qualcosa volare.”
“Ci possiamo lavorare su. Mi accerterò io che nessuno sia in giardino, e tu puoi guardare dal vialetto. Scommetto che la vista sarà spettacolare.”
Marie punzecchiò il disegno della fatina combinaguai, al momento piuttosto imbronciata, che la guardava furbescamente. Fred e George l’avevano incantata a tradimento per riflettere i suoi stati d’animo, quando le stava vicino. Quella andò su tutte le furie e trillò, con la voce adamantina tutt’altro che innocente:
“Giuro solennemente di non avere buone intenzioni!”

La risposta di Sirius non si era fatta tardare quell’estate, nonostante venisse da lontano. Marie la conservava fra gli oggetti più preziosi che possedeva, tra cui c’era anche la lettera di Lily trovata da Harry a Grimmauld Place. Solamente allora aveva scoperto l’origine del suo nome. Sia lei che Harry avevano assillato più volte i Dursley con quella domanda, da bambini, ma Petunia era sempre stata irremovibile e irritabile, ogni qualvolta menzionassero i loro genitori.

Mia Cara Marie,


Se non sapessi che Harry sa prendersi eccellente cura di te, e la tua lettera ne è la prova,


potresti vedere un grosso cane nero all’angolo del vialetto proprio ora, e così ogni mattina.

Mi portereste a spasso ogni giorno e mi divertirei un mondo a far prendere un bello

spavento a vostro cugino, al diavolo la prudenza.

Conserverò il disegno come mi hai domandato, assieme ai miei oggetti più cari, e se un

giorno lo rivorrai, saprai dove trovarlo.

Lasciatelo dire Marie, hai ereditato la mano leggera e vivace di tua madre.

Ogni volta che ritraeva James, si lamentava sempre di come lui non stesse mai fermo, lei

era la sola a riuscire a catturarlo sulla pagina.

Sono piuttosto sicuro che abbia ritratto anche voi due, ma purtroppo ne avevo potuti

conservare solo alcuni, appena le acque si saranno calmate farò di tutto per trovarli.

Mi hai chiesto di non fare domande, e non ne farò, ma le risposte me le hai già date tu: sono

tutte lì, nello schizzo che mi hai affidato.

Il motivo per cui non ti lascerei mai sola, Marie, sta anche nel tuo nome. Immagino che tu

non sappia il motivo per cui ti chiami Marie, quando invece hai tutto il diritto di saperlo.

Hai
preso il nome da una strega coraggiosa e bellissima, che non si è mai lasciata intimorire

da
Voldemort e lo ha sfidato fino alla fine, combattendo per coloro che amava.

Quella strega era Marlene McKinnon, la donna che ho amato alla follia e che fu uccisa da

Voldemort, assieme a tutta la sua famiglia, poco prima che voi compiste un anno. Se avessi

la tua mano, Marie, avrei preso una pietra e tappezzato le mura di Azkaban con il suo viso,

e mai avrei potuto separarmene. Avrei perso il senno.

Tu invece ti sei dimostrata più forte, non c’è strega più degna di te di portare il suo nome, Marie.

Senza amore non è vita, Marie, ma dobbiamo vivere per amare.

Coloro che abbiamo amato come tu hai amato Cedric e io Marlene, saranno sempre con noi,

non occorre cercarli nella morte.

Sono lì, nel nostro cuore, come lo sono Lily e James. Li troverai sempre, quando ne hai bisogno.

Scrivimi, se un pensiero ti tormentasse, promesso? Becco vi manda i suoi saluti.


Tuo Sirius



Al momento la lettera riposava, dopo essere stata letta e riletta innumerevoli volte, piegata in quattro, nella saccoccia regalata da Hagrid che Harry e Marie si passavano a seconda del bisogno. Ron ed Hermione, se avessero potuto, avrebbero cristallizzato quell’istante, per un tempo infinito. Il silenzio dei compagni e la loro vicinanza li aveva fatti dimenticare di qualunque altra preoccupazione, ed il sole pomeridiano carezzava caldo i loro visi. Ron sarebbe rimasto lì immobile, cingendo la vita di Hermione, lasciandosi cullare dal suo profumo e dalla risacca del mare, ed ad Hermione non occorreva altro per essere felice, in quel piccolo istante di pace, che l’abbraccio di Ron a scacciare gli spettri del giorno successivo, quello in cui avrebbero lasciato Villa Conchiglia.
Draco stava per rompere il silenzio e dir loro che sapeva come arrivare ad Hogwarts, quando Fleur corse loro incontro dal cottage, sorprendensoli tutti con un sorriso raggiante.
“Harrì, Marie, scè qualcuno per voi!” Disse soave, con la chioma argentea che luccicava nel sole del tardo pomeriggio. Tutti e quattro si riscossero, perplessi e curiosi.
All’interno, Marie non fece in tempo ad abituarsi al cambio di luce che fu stretta in un abbraccio travolgente, ed Harry con lei.
“È un maschio!” Ruggì Remus Lupin, felice come non mai. “Vostro figlioccio è un maschietto!” Li lasciò respirare, e schioccò due baci sulla guancia a Marie, che cominciò a saltare sul posto per l’euforia e scuotere Remus, che dal canto suo non se ne accorse nemmeno, tanto tremava dalla gioia. “Remus! Sei! Papa!” Sottolineò ogni parola con un salto ed una scossa, ed Harry gli si era aggrappato al collo con un braccio, sollevando l’altro in segno di trionfo, per poi dargli un’affettuosa e sonora pacca sulla spalla. Nessuno dei due aveva realizzato che la parola “figlioccio” implicava che fossero appena diventati padrino e madrina, ma la loro felicità aveva già raggiunto l’incredibile. Ci arrivarono dopo, nonostante il brindisi che Bill e Fleur proposero appena Harry e Ron sbraitarono, ridendo all’unisono,
“Qui – Si festeggia!”
“Facci vedere una foto del piccolino, Remus.” Civettò Hermione sorridendogli incoraggiante.
Remus si frugò nelle tasche e mostrò loro il suo bambino, tutto orgoglioso, ed il piccolo Teddy sorrise dalla sua foto, con uno sparuto ciuffo di capelli turchesi sul testolino rotondo.
“Somilia a Dora, Remus, è parfait!” “E ha i tuoi occhi, Rem!” Aggiunse Bill, incoraggiante, distribuendo bicchieri a tutti, anche a Draco, che lo prese con esitazione.
Non poteva credere che Lupin non l’avesse notato, anche se era fuori di sé dalla gioia. Probabilmente Bill l’aveva informato, pensò Draco.
Deciso ad onorare l’evento che dava gioia anche a lui, seppur in modo più distaccato, levò in alto il calice. Nelle famiglie di maghi, quando si brindava per il nuovo arrivo, per scaramanzia si teneva nella sinistra, dando così simbolicamente forza al braccio più debole (aveva raccontato Hermione a Marie, leggendo “Folklore Magico e le sue origini”, al terzo anno). Naturalmente Draco questo lo sapeva per esperienza.
Nessuno si accorse del rumore del vetro infranto, erano tutti troppo impegnati a festeggiare; nessuno tranne Luna, che lo prese da parte con gentilezza e gli estese la medicazione fino alla spalla. Questo attirò l’attenzione di Lupin, che se ne stava andando, e con l’entusiasmo e l’affetto per il figlio neonato ancora negli occhi, gli diede una calorosa pacca sulla spalla buona e guardandolo senza timore, gli disse incoraggiante:
“Ti ho sentito a RadioPotter, Draco, parole degne di un mago coraggioso, Serpeverde o Grifondoro, non ha importanza!” Non si soffermò ulteriormente, ma il suo sguardo fresco di una nuova vita rincuorò Draco quasi di più del decotto di Luna, senza il quale non sarebbe riuscito a restare lucido.
Quando Lupin se ne andò, ai quattro ci volle un po’ per smaltire quella sbornia di felicità, ma quello che avrebbero dovuto affrontare il giorno successivo gli rovinò presto addosso, e si ritirarono con Malfoy e Unci-Unci a ripassare il piano. Appena poterono, si allontanarono dallo sguardo arcigno e avido del folletto e ripeterono le poche basi che avevano per irrompere ad Azkaban.
“Devi giocare bene la tua parte Malfoy, è cruciale.” Disse Harry, mortalmente serio. Non gli andava per niente di affidare la sorte della sorella al talento per l’inganno di Malfoy, ma nemmeno l’idea di poter rimanere incastrato nei sotterranei della Gringott lo entusiasmava.
“Sì, questo mi è chiaro.” Rispose Draco, stringendosi il braccio.
“Pensi di farcela con il braccio sinistro così mal messo?” Gli domandò Hermione.
Lo sguardo critico con cui lo guardò punse sul vivo Draco. Che fosse pur moribondo, ma non era incapace!
“Ce la devo fare, e ce la farò.” Rispose deciso.
“Bene, questo è lo spirito giusto, se non altro.” S’inserì Ron, ancora baldazoso per la buona notizia di Lupin ed il brindisi.
“Allora, controlliamo di avere tutto quello che serve.” Cominciò Marie in tono pratico.
“Mantello con tasca incantata, all’interno del quale ci sono la passaporta” E sventolò la spazzola “Un timer da cucina e le prugne Molotov. Draco userà la bacchetta di Lucius, così quando lo disarmeranno non perderà la sua, e la terrà nascosta assieme al secondo timer, sincronizzato al mio. Terrò la mia nella manica. Ah, e anche quella di Narcissa, così una volta liberata non la lasceremo inerme.” Fece una pausa e guardò gli altri, in cerca di conferma.
“Io fingerò di avervi tradito ed esser tornato con Marie come merce di scambio per salvare mia madre, e di averle tolto la bacchetta, che invece è una finta, dei Tiri Vispi Weasley. Se qualcuno dei Mangiamorte o delle guardie cerca di bloccarci, Marie userà la maledizione Imperius, e se alle strette lo farò io. Farò rinchiudere Marie nella cella accanto a quella di mia madre, dopodiché dovrò vedermela con mio padre e Bellatrix, presumibilmente.
“Io faccio partire il timer una volta nella cella, e speriamo che tua madre abbia escogitato qualcosa di efficace con le bacchette finte che ha ordinato.” S’inserì Marie.
“Già, speriamo.” Disse Harry, cupo.
“Dopodiché avrai quattro minuti, Draco, per liberare tua madre e proteggervi con uno scudo, prima che faccia saltare in aria il muro, e ci smaterializzeremo a Inverness con la Passaporta.”
“E ora siamo di nuovo al solito problema! Come arrivare ad Hogwarts!” Proruppe Hermione, spazientita.
“Per questo ho io la soluzione” Disse Draco, piano.
“Fai sul serio?” Disse Harry incredulo, dopo un momento, e tutti e quattro lo fissarono allibiti.
“Certo. Ho passato un anno intero cercando di far entrare i Mangiamorte ad Hogwarts.”
“E ci sei riuscito” Si lasciò sfuggire Ron in tono accusatorio.
“Beh, ora ci torna utile!” Si difese Draco.
“Possiamo usare gli armadi svanitori. Sono ancora lì, ne sono certo. Nessuno dei Mangiamorte si ricorderebbe di liberarsi di quegli sgangherati armadi, nessuno si ricorda mai delle cose nella Stanza delle Cose Nascoste, a meno di averci passato giorni!”
Draco era entusiasta e anche orgoglioso dell’idea, e lo sguardo estremamente diffidente dei quattro lo spiazzò. Cosa c’era che non andava?
“Quindi tu proponi di entrare ad Hogwarts per la stessa via che hanno usato i Mangiamorte per tendere un agguato ed uccidere Silente?” Sbottò Marie, disgustata.
“Scusa tanto, puoi sempre provare a prendere il treno se non è abbastanza raffinato per sua signoria!” S’infuriò Draco, sentendosi umiliato e minacciato.
Intervenne Hermione, ragionevole.
“Devo ammettere che nemmeno a me piace l’idea, ma può funzionare, ed è molto meno rischiosa che Hogsmeade. Il problema è che noi tre non possiamo usarla.”
Harry e Ron la guardarono interrogativi.
“Andiamo, pensate che usciremo dalla Gringott passeggiando allegramente per Diagon Alley? Non penso proprio che potremo restare lì mezzo secondo di troppo! Barricheranno tutto, e sarà rischioso anche per voi, ma di meno, essendo che non sarete immediatamente ricercati per il furto alla Gringott.”
“Già, in fondo loro evadono solamente da Azkaban.” Fece Ron, con debole sarcasmo.
Per un po’ tutti tacquero, poi Harry prese in mano la situazione.
“Sentite, lo so che sono due piani che fanno acqua da tutte le parti. Dovremo improvvisare. Voi tre entrerete dall’armadio da Burgin & Burke, e noi da Hogsmeade. Se uno dei due gruppi rimane incastrato, l’altro proverà a liberarlo, possiamo mobilitare l’Ordine.”
Con quelle ultime parole chiusero la discussione, salutarono Bill, Fleur e Luna e si ritirarono nei loro sacchi a pelo. Li attendeva una levataccia, ma quello che li preoccupava era che avrebbe potuto essere l’ultima.

***

Narcissa lottava per sfuggire alle grinfie della disperazione. Domani sarebbe stato l’ultimo giorno prima che inscenassero il processo fasullo, e se Draco avesse tentato di liberarla allora, al Ministero, non avrebbe avuto scampo. Il tempo stringeva, e non era ancora riuscita a trovare un modo per rifilare la bacchetta finta a Bellatrix. Non che avrebbe potuto affidargliela in anticipo, se ne sarebbe accorta, dato che le bacchette dei Tiri Vispi eseguivano incantesimi semplici solamente per breve tempo. Il problema era che non sapeva ancora come.
Proprio in quel momento i tacchi di Bellatrix risuonarono sul marmo del salone deserto in cui lei si trovava.
“Ancora niente per oggi, Cissy. Tuo figlio si fa attendere. Non credevo fosse così sciocco da aspettare che ci spostiamo al Ministero, ma d’altronde ho sopravvalutato Draco già una volta.” E così dicendo gongolò felice, come un ragno che ha intravisto la mosca dirigersi verso la sua tela.
“Resta ancora un giorno.” Le ricordò Narcissa fredda.
“Come hai risolto la questione della bacchetta?” Il viso di Bellatrix mutò da compiaciuto a disgustato, ed arricciò le labbra in una smorfia.
“Ho dovuto prendere dai Ghermidori quella di quel Mezzosangue schifoso che ha sposato quella disgraziata di nostra sorella, quel Tonks. Quanto vorrei esser riuscita ad ammazzare la sua mocciosa filomannara!” ringhiò Bellatrix a denti stretti, tremando dalla rabbia.
“Non credi che ti troveresti meglio con quella di nostra madre?” Domandò casualmente Narcissa.
“Non essere sciocca Cissy, è stata sotterrata con lei, come da tradizione.” Fece Bellatrix, infastidita.
“Questo lo credi tu.” Bellatrix si voltò verso di lei, spalancando la bocca in modo teatrale e fingendo una sorpresa che certo non le apparteneva.
“Hai rubato a nostra madre Cissy? L’ho sempre saputo che facevi la finta santarellina!”
Narcissa ignorò la sua risata di scherno.
“Te la presterò per tendere la trappola ad Azkaban, domani.”
Bellatrix la guardò con sfida.
“Come sai che Draco arriverà domani?”
“Lo sento. Tu non potresti mai capire, Bella.”
Bellatrix sbuffò in modo teatrale, fece un inchino canzonatorio ed esordì
“Se la metti così, Narcissa, mi concedi l’onore di ricevere la bacchetta di nostra madre?”
Tese la mano. Narcissa era riluttante, ma non poteva permettersi di farla aspettare oltre, sarebbe stato sospetto. Sperò ardentemente che l’incanto che le aveva imposto la facesse durare per almeno un giorno.
Con questo era uscita allo scoperto. Se Draco non si fosse presentato domani, come presagiva, sarebbe stata spacciata.
Aveva passato ore ed ore, ogni giorno, tormentandosi per trovare una soluzione per salvare lei e Draco, ed una sera era stato proprio Lucius a darle l’idea.
“Se i Potter saranno tanto stupidi da credere ancora alle parole di Silente, che “Un aiuto verrà sempre dato ad Hogwarts a chi lo richederà!” Si era interrotto, sprezzante. “Allora li prenderemo senza sforzo, e magari anche Draco con loro. L’unico accesso rimasto è tramite Hogsmeade, ma l’incanto gnaulante scatta non appena qualcuno si smaterializza, di notte, e di giorno non hanno speranza con tutta la sorveglianza dei Carrow.”
Narcissa non aveva nemmeno sentito il resto della frase.
Lei, a differenza degli altri Mangiamorte, aveva sofferto ogni giorno dell’incarico di Draco, al suo sesto anno, come se fosse stata al suo posto, e perciò non si sarebbe mai potuta dimenticare del corridoio formato dai due armadi svanitori. Per di più, si era da poco accertata che funzionassero, quando era andata a trovare il Preside.
Il fatto che non avesse fatto domande su come era riuscita ad arrivare al castello, nonostante dovesse sapere che nessuno se ne era accorto, essendo che non era stato avvisato, era l’unico dettaglio che le permetteva di essere certa della parzialità di Severus, e del significato nascosto nella loro ultima conversazione.
Ora ne era sicura. L’unico modo per salvare sé stessa e suo figlio era fuggire e nascondersi ad Hogwarts, nella Stanza delle Necessità. Lì Piton avrebbe potuto fornirgli il necessario per preparare l’antidoto, e Narcissa sentiva che il suo autocontrollo era agli sgoccioli. Non ce l’avrebbe fatta ancora per molto a nascondere ciò che sapeva.
Doveva andarsene.


Angolo dell'autrice


Questo capitolo è stato un vero imprevisto, e per questo ho deciso di dividerlo in due parti, altrimenti sarebbe stato davvero troppo lungo. I ricordi ci hanno permesso di scoprire qualche dettaglio in più su Harry e Marie e su Draco. Fatemi sapere cosa ne pensate, sarebbe di grande aiuto per i prossimi capitoli.
Per chi non se lo ricordasse (anche se sono sicura che avete tutti un’eccellente conoscenza dei 7 libri) l’incanto gnaulante, presente nell’originale, è un allarme, chiunque si smaterializzi ad Hogsmeade dopo il coprifuoco sarà rivelato dal baccano di una sirena spaccatimpani, che avvisa i Mangiamorte.
Ringrazio di cuore tutti i lettori, in particolar modo coloro che recensiscono, ma anche chi ha messo la storia fra le seguite, le preferite e le ricordate.

A presto,

Claire





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Capitolo 11
*** Sulle Orme di Felpato - Seconda Parte ***


 
Sulle Orme di Felpato – Parte 2



Harry riaprì il minuscolo sacchetto di Mokessino che portava lui al collo, da quando erano a Villa Conchiglia. Per trovare ciò che stava cercando dovette estrarre il boccino, che sembrava deriderlo con la sua superficie perennemente insondabile, e stava per afferrare una delle pergamene che gli interessava, quando imprecò sonoramente.
“Harry, che succede?” Domandò subito Marie, che aveva già i nervi tesi sapendo cosa li aspettava fra poche ore.
“Nulla, mi sono di nuovo tagliato con la scheggia dello specchio di Sirius.” Le rispose lui, succhiandosi il dito per evitare di macchiare la Mappa del Malandrino di sangue.
“Hai per caso rivisto quell’occhio? Continuo a pensare che assomigli a Silente!” Riprese Marie, sviluppando un filo dei loro pensieri. Harry, tuttavia, non voleva sprecare il poco tempo che rimaneva loro nelle ennesime speculazioni infruttuose, e le prese la mano. Marie fu sorpresa di avvertire, oltre al tocco fresco e rassicurante del fratello, il dolce frusciare della pergamena.
“Harry, ma questa è la lettera di mamma…” Disse lei esitante, riconoscendo la grafia ritrovata a Grimmauld Place.
“No, tienila tu! Vi porterà fortuna.” E fece per restituirgliela, ma Harry non accennò ad allentare la stretta, anzi. La pergamena scricchiolò, sofferente.
“Voglio che tu la prenda, insieme a questa.” Le mise la mappa del Malandrino in tasca con la mano libera.
“Così potrete ritrovarci ad Hogwarts. Con Draco e Narcissa, sarai più esposta tu, nel castello.” I loro sguardi s’incrociarono nella penombra del salotto, ed Harry avvertiva distintamente che la sorella non era d’accordo.
“Ti prego, prendile. Io devo proteggerti, non sopporto di lasciarti andare da sola, ad Azkaban e tra le grinfie di Bellatrix!”
Il suo scoramento per la separazione imminente investì Marie come una secchiata di acqua gelida, ma si impose di rassicurare il fratello. Odiava vederlo soffrire più di ogni altra cosa, più ancora che separarsi da lui.
“Harry, d’accordo. Le prendo.” Poi, sforzò un sorriso sghembo e gli mise una mano sulla spalla come era solito fare Sirius.
“In fondo, non sarò la prima della nostra famiglia a fuggire da Azkaban. Si tratta solo di seguire le orme di Felpato.”
Harry non riuscì a trovare la forza di restituirle il sorriso. Avrebbe tanto voluto lasciarsi convincere dalle parole della sorella, ma l’umorismo non era sufficiente per coprire il leggero tremore che avvertì nella voce della sorella.
“Ma che è successo, sembra un mortorio! Credevo ci rimanesse ancora fino a domani!”
La voce sorpresa e speranzosa di Ron che faceva scattare il deluminatore li alleggerì.
Harry accennò una risata nervosa. In quel momento entrò Bill, seguito da Fleur e Luna.
“Dovremo cavarcela con le candele. Il temporale deve aver colpito la centralina babbana che ci rifornisce elettricità.”
“Non credevo che i maghi utilizzassero l’elettricità.” Proruppe Hermione incuriosita ed assonnata, che si era appisolata sul divano nell’attesa che tornassero.
Bill accese una manciata di candele e le fece lievitare a mezz’aria, per poi ammiccarle con fare complice.
“Bè sai com’è Hermione, papà aveva bisogno di un complice nel suo laboratorio alla Tana e mi ha trasmesso la passione, anche se non l’ho mai detto a mamma per non farla preoccupare.”  Fleur lo prese sottobraccio con delicatezza per un istante, poi si rivolse ai quattro, stringendo Harry e Marie per primi in un abbraccio tanto profumato quanto sorprendentemente asfissiante.
“Bonne chance!”
Bill rimase al fianco di Fleur, senza dire nulla, ma il suo sguardo caldo e fermo, e l’aria calma e imperturbabile che emanava diedero un’ultima boccata di sollievo a tutti loro.
Mezz’ora dopo, Harry e Ron erano ancora intontiti, con grande disappunto delle ragazze, tranne Luna che lo trovava divertente. Draco era stato risparmiato a causa del suo braccio, e forse anche per lo sguardo minaccioso di Bill, che l’aveva portato a protendere il braccio sano per stringere la mano a Fleur.
Luna fece loro segno di affacciarsi alla finestra che dava sul giardino, oltre cui infuriava il vento fischiante.
“Domani sarà un’alba serena e asciutta. Conosco il tempo sulla costa.” Disse loro con serenità. “Io me ne vado a letto, ma se aveste bisogno di me, ricordatevi che la luna è sempre lì, anche dietro le nuvole. Ci vediamo presto!”
E con quelle semplici parole di commiato si avviò verso la stanza che era stata di Olivander.
Prima di cedere ad un sonno agitato, nella mente dei quattro Grifondoro e del Serpeverde si stagliò l’immagine serena della luna, imperturbabile e calma, che vegliava su di loro dietro la ferrea cortina di nubi.
 
*

I due gruppi che si avviarono alle prime luci dell’alba sarebbero apparsi assai male assortiti ad un estraneo, anche senza il folletto che li seguiva arcigno ed impaziente. La figura, stranamente impacciata, di quella che appariva come Bellatrix stonava enormemente con il paesaggio sereno e la villetta sullo sfondo.
Giunti al di là del muretto di cinta, gettarono un’ultima occhiata al cottage che li aveva ospitati e cementato la loro nuova alleanza, prima di inspirare a pieni polmoni l’aria umida e pungente delle prime ore dell’alba.
“Ce la faremo.” Disse Marie, riavvicinandosi per l’ultima volta al fratello e cercando lo sguardo di Ron ed Hermione.
“Ce l’abbiamo fatta le altre volte.” Disse Ron, cercando di suonare convinto. Si guardarono tutti, ansiosi e irrequieti.
“Andiamo, non c’è motivo di aspettare.” Proruppe Hermione.
Fu lei a spronarli, nessuno dei gemelli accennava a muoversi.
“Ci vediamo ad Hogwarts” Disse Harry, quando Marie lasciò il suo fianco, guardando Draco dritto negli occhi.
“Ad Hogwarts” Rispose lui, cercando di ignorare l’aspetto di Hermione, che con le sembianze di Bellatrix lo stava tormentando come la sua nemesi.
 “Buona fortuna.” Concluse per loro Hermione, gettando il mantello su Harry e il folletto, togliendolo alla vista di Marie.
Draco e Marie si distanziarono dagli altri tre, che cominciarono a vorticare sul posto, senza voltarsi indietro.
“Pronta?” Domandò Malfoy, in tono secco. Era meglio che si calasse subito nella parte, ma si chiese se dovesse avvisarla.
“Ora o mai più” Soffiò lei in risposta.
Draco fece apparire le solite funi d’argento, che si attorcigliarono sinuose attorno ai suoi polsi e le portarono le mani dietro alla schiena. La loro presa era stranamente leggera notò Marie, che tuttavia non riuscì a trattenere un brivido.
“Allora, non fai apparire il Patronus?” Domandò lui brusco.
“Se aspettavi a legarmi le mani sarebbe già qui!” Fu la stizzita risposta.
“Sono elastiche, si adattano ai tuoi movimenti.” Marie, scettica, se ne accertò subito.
La sua mano destra fu libera di compiere l’arco che per abitudine associava all’incantesimo, e il cardellino si rifugiò subito sotto il suo mantello, dove si accoccolò con la testa sotto l’ala.
Le nocche di Draco sbiancarono attorno alla bacchetta di suo padre al momento in cui prese Marie per il gomito e cominciarono a vorticare su sé stessi.
“Speriamo solo che le prugne Molotov non esplodano.” Pensò Marie, e la stessa frase risuonò nella mente di Draco, che raggelò, come se gli spruzzi d’acqua gelida e il vento che frustava le coste delle Isole Ebridi su cui furono scaraventati pochi secondi dopo l’avessero già raggiunto.
 
***

Narcissa camminava su e giù per il salone come un leone in gabbia. I pallidi raggi del mattino non le trasmettevano alcun calore, e lo stesso valeva per la vista del marito, che con sua sorpresa le si avvicinò. Comprese subito che doveva essere successo qualcosa. Un’ondata di panico minacciò di travolgerla; dopo tutto il tempo passato a tramare un modo per uscire di lì, la paura per il figlio minacciava di offuscarle la mente.
“Maledizone, Draco è là, lo sento! Bella finirà per ammazzarlo, non posso rimanere qui ad aspettare che mi porti indietro il suo cadavere!”
“Dobbiamo andare.” Narcissa rimase immobile.
Aveva capito giorni prima che il marito le stava tenendo nascosto una parte del loro piano. Allora si era premunita ed aveva ordinato all’elfa domestica, Gonril, di origliare al posto suo ogni conversazione fra Bellatrix e Lucius e gli altri tre Mangiamorte coinvolti.
L’avevano assunta dopo che Dobby era stato liberato dai Potter. Se fosse stata scoperta, non avrebbe esitato a scaricare la colpa sull’elfa.
Una sera Gonril, intenta a ravvivare il camino, udì Rowle lamentarsi a gran voce del suo compito di custode, dicendo che sarebbe stato inutile sorvegliare Narcissa, dato che ad Azkaban solo coloro che avevano il Marchio potevano penetrare le difese attorno alla fortezza ed accedere direttamente dagli scogli. Chiunque altro avrebbe prima dovuto ottenere il lasciapassare dalla vedetta su terra, o sarebbe stato costretto a scaraventarsi nelle acque tumultuose e ghiacciate oltre cui la fattura asfissiante s’interrompeva, scegliendo così la morte per mano degli scogli affilati. Gonril, che per far la spia disobbediva quotidianamente agli ordini di Lucius, aveva riferito tutto alla padrona. Narcissa dal canto suo, per essere certa che l’elfa non la tradisse, le aveva promesso la libertà alla fine del suo compito.
Ora il momento era vicino, Gonril lo avvertiva, e si aggirava per il salone lucidando il pavimento di marmo con le orecchie più dritte del solito. Ma nessuno lo notò, nessuno prestava mai un briciolo di attenzione agli elfi, men che meno un’occhiata.
Lucius si avvicinò ulteriormente a Narcissa, che per un folle momento pensò la volesse riabbracciare, come avrebbe fatto anni prima. Invece, si limitò a proferire freddo:
“Non voglio che tu ti intrometta. Mi occuperò io di Draco. Lo porterò a casa vivo, è una promessa.” Narcissa continuò a fissarlo e gli restituì lo sguardo gelido, e Lucius comprese che la moglie non aveva alcuna fiducia in lui. Irritato e di fretta, prese una decisione.
“Dammi la tua bacchetta. Te la restituirò quando torneremo.” Narcissa dovette faticare per imbrigliare la sorpresa. Evidentemente Lucius non sapeva che aveva già finto di prestare la sua bacchetta a Bellatrix. Non tentennò. Estrasse una delle quattro bacchette dei Tiri Vispi rimastele e la consegnò al marito, non senza fulminarlo con lo sguardo più gelido che gli avesse mai rivolto.
“Così mi manchi di rispetto Lucius. Non posso sopportarlo.”
“Invece devi. Per Draco.”
Narcissa strinse le nocche attorno alla sua vera bacchetta, e si impose di non ribattere.
“Non hai idea di cosa sia disposta a fare io per Draco Lucius, ma te ne accorgerai presto.”
“Lucius, hai finito con i convenevoli? Non vorrai arrivare in ritardo al nostro…appuntamento!” Il sosia di Narcissa, con il volto contorto in un’espressione teatralmente impaziente, pronunciò l’ultima parola caricando la voce di lussuria.
Lucius gettò un’ultima occhiata alla moglie, e si diresse a passo affrettato verso la donna che ne aveva solo le sembianze.
Appena i due sparirono, Rowle spuntò dal salone adiacente, con un ghigno malevolo sul volto segnato da numerose cicatrici. Il risentimento che covava per Draco da quando l’Oscuro Signore l’aveva costretto a torturarlo si riversò su Narcissa.
“Quel tuo moccioso ora la pagherà cara. Ben gli sta. Non vi rimane nulla per essere così altezzosi, a voi Malfoy.” Gongolò compiaciuto.
Le si avvicinò con passo strascicato, ma Narcissa non gli permise mai di esserle alle spalle, e i due cominciarono a studiarsi in cagnesco.
“Fanno bene a non fidarsi di te, e io non ti perderò d’occhio neanche un minuto.”
Continuò ad avanzare verso di lei, ma Narcissa, al contrario di lui, si muoveva in modo studiato. Quando Rowle diede le spalle a Gonril, si fermò. Lui colmò la distanza che rimaneva con due rapidi passi.
“Se chiedessero a me, tu non la dovresti passare liscia.” Ghignò, estraendo la bacchetta.
Ma prima che potesse anche solo tentare di aggredirla, Narcissa lo guardò dall’alto in basso con sfida e sbatté il tacco sul lucido pavimento di marmo.
A quel segnale, Gonril tese la manina dalle lunghe dita e scagliò una fattura fulminante contro il Mangiamorte, che fu scaraventato contro il soffitto del salone e si schiantò a terra con un fracasso assordante. Narcissa estrasse la sua bacchetta e indirizzò rapida quella di Rowle tra le fiamme del camino, per mettergli in tasca una di quelle finte.
Udì il rimbombare di stivali pesanti affrettarsi verso il salone e si appiattì a destra dell’ingresso, la bacchetta puntata. Gonril trotterellò silenziosa dall’altro lato. La seconda guardia si avventò nel salone con la bacchetta spianata, gli occhi pieni di orrore verso il compagno riverso a terra.
“Imperio!” Gridò Narcissa, e quello subito si diresse docile verso Rowle e lo trascinò per i piedi verso la sala da cui era spuntato in precedenza.
La terza guardia tentò di colpire Narcissa con una fattura lanciata dalle scale che portavano all’ingresso, ma ci pensò Gonril a farla precipitare, muta, faccia un giù per quel che rimaneva degli scalini.
A quel punto la casa era silenziosa. Mulciber attendeva, con un’espressione ebete, gli ordini di Narcissa, che tuttavia aveva un essere molto più prezioso a cui dedicare la sua attenzione.
“Ti ringrazio Gonril.” Disse in tono asciutto ma riconoscente. “Sei stata la mia mano destra.” E così dicendo, le porse uno dei suoi guanti da viaggio.
L’elfa la guardò, gli enormi occhi ambrati ancor più grandi per lo stupore. Negli anni, aveva imparato a diffidare delle promesse dei padroni, ma questa strega l’aveva mantenuta.
“Grazie Padrona. Ora Gonril è libera!” Squittì l’elfa, in lacrime dalla felicità.
Narcissa, tuttavia, non badò ai gridolini di esultanza dell’elfa, bensì stava pensando come oltrepassare le difese di Azkaban. Con Mulciber sotto l’influenza della maledizione Imperius sarebbe entrata, ma come avrebbero fatto lei e Draco a scappare? Improvvisamente prestò di nuovo attenzione all’elfa.
“Gonril, non sono più la tua padrona ora. Tuttavia, ti chiederei un favore.”
Gonril sgranò gli occhi grandi come palline da tennis e rizzò la punta delle orecchie, sorpresa e indecisa.
“La Signora Malfoy ha mantenuto la promessa…Gonril può aiutare.” Si risolse infine l’elfa, dopo essersi rigirata il guanto fra le mani.
“Ma solo per questa volta, dopo Gonril sarà libera di andarsene.” Squittì ancora, sulla difensiva.
Narcissa ordinò a Mulciber di avvicinarsi a loro, e nel frattempo si rivolse a Gonril.
“Dobbiamo smaterializzarci sulle scogliere di Azkaban, non so di preciso quale sia il punto migliore, dovremo scegliere a caso. Il Mangiamorte qui ci proteggerà dalla fattura asfissiante, quindi non lasciarlo mai andare fino a che siamo all’esterno. Una volta recuperato mio figlio, ti chiederei di farci smaterializzare ad Hogwarts. So che gli elfi sono in grado di rompere quel tipo di barriere. Pensi di poterlo fare? Ti avverto, è pericoloso.”
“Gonril è riconoscente.” Si limitò a dire l’elfa.
“D’accordo allora.” Sospirò risoluta Narcissa.
 
***

Draco e Marie fecero appena in tempo a mettere piede sull’isola che scivolarono sulle rocce scivolose e coperte di alghe violacee, procurandosi diversi tagli sulle mani e sbucciandosi le ginocchia. Draco dovette lasciar andare la presa su Marie per rimettersi in piedi, prima di accorgersi che qualcosa non andava.
Lei rimase a terra e cominciò a tossire, cercando invano di portarsi le mani alla gola; Malfoy aveva temporaneamente stretto le funi per essere più credibile. Istintivamente, Draco si chinò su di lei, la bacchetta sfoderata, ma memore del ruolo che doveva interpretare e temendo di essere osservato, la strattonò in piedi in malo modo, tenendola ad una certa distanza e sotto tiro.
“Non – riesco a – respirare!” Rantolò una voce nella sua mente, ed il viso di Marie, che stava diventando paonazzo, lo mandò nel panico. Senza pensare, la strinse forte a sé, pensando disperatamente ad un contro-incantesimo mentre le teneva la bacchetta puntata alla gola, con le braccia incrociate sul suo petto. Inaspettatamente, avvertì i suoi polmoni riempirsi dolorosamente di aria, sotto le sue braccia, ed allentò la presa per lasciarla respirare.
Per un momento sostenne tutto il suo peso, poi lei riuscì a rimettersi malferma sulle gambe, ma continuò a rantolare e tossire sangue. Era una fattura asfissiante di una ferocia inaudita, realizzò Malfoy. Nonostante i suoi rantoli lo impietosissero, si impose, con la stessa risolutezza di sua madre, di approfittare del momento di debolezza di Marie per essere più convincente, e non le diede tempo di riprendersi.
Nello stesso istante, Ron ed Hermione erano chini su Harry, che riusciva appena a rimettersi in piedi. Se non fosse stato per la protezione del vicolo in cui si erano smaterializzati, sarebbero stati scoperti ancora prima di entrare nel vivo della missione.
Draco tuttavia non stava soffrendo meno di Marie. La fattura lo costringeva a spingere e sorreggere la Potter con entrambe le braccia, e il sinistro gli stava annebbiando la vista dal dolore. La fortezza che si ergeva di fronte a loro, tuttavia, non poteva essere più imponente, e si stagliava tetra e minacciosa contro il cielo come la scheggia di un’antica dannazione infernale conficcatasi sull’isola.
Quest’ultima era più grande di quanto si ricordava l’unica volta che aveva visitato quella parte dell’arcipelago delle Ebridi. Occorsero loro diversi minuti di sofferenza, prima che riuscissero a districarsi dagli scogli e giungessero su un rozzo sentiero tracciato fra la terra brulla e bruciata dal freddo e dal vento.
L’aria si appesantì dell’odore di marcio e divenne talmente densa di disperazione che Draco fu costretto a fermarsi. Una nebbiolina insidiosa strisciò verso di loro, e alle loro orecchie giunse il rantolo e il mortifero risucchio di centinaia e centinaia di dissennatori. Il Patronus di Marie era svanito a causa della mancanza di ossigeno, ma all’udire di quel terribile sottofondo, buttarono entrambi le precauzioni alle ortiche, sperando che la nebbia offrisse loro copertura.
“Expecto Patronum!” Sussurrò Marie, e seppur a singhiozzo, il cardellino si ripresentò e si nascose subito in un turbinio di ali vicino alla tasca con le Prugne Molotov, scaldandole il cuore. A Draco occorse un istate in più per rievocare il campo fiorito di molti anni prima, il dolce sorriso della madre e la carezza orgogliosa del padre.
“Expecto Patronum!” Una nebbiolina di un bianco intenso, luminosissima, bucò quella grigia e appiccicosa dei dissennatori. A Marie sembrò di intravvedervi la figura di un cavallo, e per un folle istante credette fosse un unicorno, ma era difficile a dirsi, il Patronus non era completamente formato. Qualunque cosa fosse, trottò di fronte a loro, aprendo la via.
Draco riprese i suoi modi bruschi e le imprecò più vote addosso, intimandole di affrettarsi, più erano vicini, più gli occhi che li osservavano si moltiplicavano. Tuttavia, Marie oppose realmente resistenza alle spinte di Draco, rimanendo agghiacciata da ciò che si intravedeva alla sua destra, verso Ovest.
Grottesche pietre tombali orrendamente appuntite, storte e spezzate si stendevano in quello che era ovviamente un cimitero improvvisato, e proprio di fianco al sentiero la terra era più scura, smossa e fresca. Ad entrambi venne la nausea. Ad un tratto Marie si bloccò, pietrificata dalla paura. Era certa di aver intravisto delle figure muoversi fra le tombe, lontano da loro.
 
*

Narcissa, la vera Narcissa, e Gonril si smaterializzarono sull’isola, trascinandosi stretto a loro il Mangiamorte. Con orrore, realizzarono di essere finite proprio nel cimitero. Si fecero largo fra le lapidi aguzze e sgangherate, tentando di non affondare i piedi nella terra terribilmente fresca, annaspando.
Marie, qualche decina di metri più in là, si raggelò, credendo di aver visto un morto camminare, metà fuori dalla sua tomba. In realtà, aveva intravisto Narcissa annaspare e finire con una gamba in una fossa. Perse la presa sul Mangiamorte e cominciò immediatamente a soffocare.
Gonril si sporse tempestivamente sulla fossa e le tese il suo braccino ossuto. Narcissa, che cominciava a veder macchie bianche davanti agli occhi, ebbe appena la forza di aggrapparvisi, ma l’elfa la tirò su con una forza insospettata. Con disgusto si allacciò il braccio del Mangiamorte intontito alla spalla, riprendendo fiato.
“Forse è meglio prestare più attenzione.” Disse scossa da violenti attacchi di tosse, e da quel momento avanzarono più lentamente.
 
*

Draco, realmente infastidito dalla sua esitazione, le spinse la punta della bacchetta sotto la giugulare, togliendole l’aria e strappandole un gemito di dolore.
“Ti vuoi dare una mossa, Potter!”  La apostrofò.
Marie lo detestò per quell’istante, le aveva fatto male sul serio e non le piaceva sentirselo così vicino costantemente. Ci vollero un’altra decina di metri prima che potesse ribattere.
“Va all’inferno, traditore di un Malfoy!” Sbottò irata e rancorosa con il fiato che riuscì a racimolare. Malfoy realizzò che erano giunti all’ingresso Nord e distinse la figura incappucciata di un Mangiamorte avvicinarsi. Reagì senza pensarci troppo, e fece quello che avrebbe fatto anni prima. La costrinse a girarsi verso di lui e prima che potesse incrociare il suo sguardo le appioppò un sonoro schiaffo con il dorso della mano.
“Taci, Potter!”
La figura incappucciata si fermò, ma altrettanto non fece la lacrima sulla guancia di Marie. Non credeva che sarebbe stato così, avvertiva il sapore ferroso del sangue riempirle la bocca.
“Prendici gusto, bastardo!”
Draco si detestava per quello che stava facendo, ma sapeva di non poter fallire. Quella farsa si stava rivelando più insidiosa di quanto avesse pensato. Una nuova paura stava cercando di prendere il sopravvento, ed il terreno infestato da secoli di sevizie e sofferenza era l’ambiente ideale perché proliferasse. Stava davvero fingendo, o semplicemente aveva lasciato libera la parte più violenta di lui? Avrebbe dovuto sapere che si stava spingendo troppo in là, o il suo limite era mostruosamente più lontano da quello che si aspettava Marie?
“Faccio solo ciò che è necessario.” 
“Bene bene, chi abbiamo qui…” Fece una voce suadente e strascicata che gelò il sangue ad entrambi. “Vedo che non sei da solo, figlio mio. Buon per te.”
Un'altra figura emerse dalle ombre, e fece scorrere il pesante cancello incrostato. Il puzzo di sudore e sangue che Draco aveva creduto provenire dalle celle si rivelò essere quello di Grayback. Cosa diavolo ci faceva lì, e dov’erano le altre guardie?
“Prego entrate, entrate” Fece malevolo il lupo mannaro.
“Se e come uscirete è un'altra questione, vero bellezza?”  Un ringhiò gutturale gli sfuggì dalle fauci e fece scorrere una delle sue lunghe unghie ingiallite sul labbro spaccato di Marie, che tremò come una foglia fra le braccia ostili ma protettive di Draco.
“Lei non ti riguarda Greyback. È dell’Oscuro Signore.” Fece Draco freddo e autoritario.
Greyback lo guardò canzonatorio. “Non mi limito ad uccidere, pulcino di un Malfoy.”
“Non esporre ulteriormente la tua ignoranza, Draco.” Fece Lucius, tagliente.
Greyback richiuse il cancello dietro di loro ululando una risata malvagia, che risuonò per il dedalo di scale e mura diroccate che si presentò di fronte ai due adolescenti, terrorizzati.
Draco era ansioso di assicurarsi che Marie non potesse finire fra le grinfie di Greyback, ma non voleva che suo padre intuisse quanto gli importava.
“Smettila di star così appiccicato a quella sgualdrina Draco. Qui la fattura asfissiante non attacca più.” Proruppe Lucius con disprezzo, facendo loro segno di salire una scalinata particolarmente vertiginosa. Non aveva nemmeno estratto la bacchetta, tanto era sicuro che Draco volesse salvare quella che credeva essere sua madre.
L’interno della prigione assomigliava ad un alveare pullulante di morte e disperazione. Corridoi su corridoi si susseguivano seguendo la scala a chiocciola su cui si stavano inerpicando e conducevano tutti a strapiombo verso il centro della torre, dove una gabbia circolare fluttuava su e giù, fungendo da ascensore. Il fatto che si dirigessero dall’esterno verso l’interno creava una strana sensazione di claustrofobia frammista a vertigini. Sfidava le leggi della gravità, e a Draco sembrò che i corridoi fossero addirittura sospesi a mezz’aria e si spostassero, come avvitati attorno all’ascensore in un folle carosello.
I dissennatori entravano ed uscivano dalla tromba dell’ascensore, che culminava a cielo aperto, e dalle strette finestre che apparivano irregolari nelle mura, tra cui strisciavano passando come polipi putrefatti, ficcando prima dentro la testa e poi comprimendo il resto del corpo. Il Patronus di Marie palpitava debole, schiacciato contro il suo petto, sempre più sottile, fino a che scomparve. Draco cercava di tenerla ad una distanza accettabile senza lasciarla andare, temendo che precipitasse nello strapiombo.
Una serpe argentea li seguiva strisciando sul muro ammuffito e umido, doveva essere il Patronus del padre, rifletté Draco, che non l’aveva mai visto. Il suo era sparito quando aveva colpito Marie. Draco ebbe la distinta sensazione che li stesse facendo camminare per sfinirli. Dopo un tempo che sembrava infinito, Lucius gli intimò di voltare, e prima che potesse contrattare, un’improvvisa spinta lo scaraventò contro il muro, tramortendolo.
Dal grido soffocato di Marie, fece appena in tempo a intuire che la porta della prima cella sulla destra si chiudeva dietro di lei. Draco pregò con tutte le forze che finisse nella cella accanto, altrimenti sarebbe crollato tutto. La testa gli doleva da morire, e il difficile doveva ancora cominciare.
Il padre lo afferrò per la spalla dolorante, strappandogli un gemito suo malgrado, e lo scaraventò nella cella successiva. Draco finì a faccia in giù sul sudicio pavimento della cella, ma prima di guardarsi intorno diresse tutte le forze verso un unico pensiero, sapeva che dopo non ne sarebbe stato in grado.
“Sono nella cella accanto. Funzionerà.”
Marie, a pochi metri da lui ma separata da diverse tonnellate di roccia, frugò freneticamente nel mantello per far partire il timer, e Draco avvertì un leggero tack nella tasca della sua giacca.
La porta della cella si richiuse dietro di lui con un tonfo, e sollevò lo sguardo temendo quello che avrebbe visto.
 
*

Quando giunsero all’ingresso, lo trovarono libero da sentinelle. Strano, molto strano, rifletté Narcissa, allarmata. Greyback, che avrebbe dovuto essere di guardia, aveva abbandonato la sua postazione, incapace di resistere alla tentazione di sapere dove avrebbero rinchiuso Marie. Gonril fece aprire il cancello, e Narcissa si fiondò dentro, scaraventando il Mangiamorte in un angolo.
“Revelio vestigia” Disse subito, cercando di mantenere la calma. Le impronte del lupo mannaro, più fresche, apparvero un’istante sul sudicio lastricato, e si lanciarono all’inseguimento come poterono sugli scalini scivolosi. Dovette fermarsi due volte e far riapparire il suo Patronus, uno stallone bianco, per difendersi dall’orda di dissennatori che attiravano da ogni misero buco. Infine arrivò al piano dove portavano le orme, e dovette appiattirsi di scatto lungo la parete.
 
*

Sul momento, un’ondata di sollievo lo travolse. Gli occhi che avevano incontrato i suoi erano quelli che lo avevano tormentato, sofferenti, nei suoi incubi.
Ma quello sguardo malevolo e freddo non era mai stato riservato a lui. Sua madre lo guardava altezzosa, letteralmente dall’alto in basso. Draco cercò di tirarsi in piedi, ricordando che i quattro minuti erano partiti.
Una domanda gli rimbombava nella testa, dov’era Bellatrix? Era sicuro che aveva architettato lei il piano. Non fece in tempo a porsi la domanda fino in fondo che uno schiaffo lo colpì in pieno viso, buttandolo nuovamente per terra. L’anello che portava alla mano gli spaccò il labbro, e la mente di Draco cominciò a muoversi a tentoni. L’impostora gli puntò addosso la bacchetta, e contorse le labbra in una smorfia. “Draco, devi dirci tutto quello che sai. Dillo a noi, e forse con la Potter che ti sei portato dietro avrai una chance.”
“Ora!” Sbraitò, e il viso le si accartocciò in una smorfia di rabbia.
“Crucio!” Sibilò, e Draco si rannicchiò. Non successe nulla. Cercò di ragionare e non farsi prendere dal panico. Quella era la prova che gli serviva.
Era lei Bellatrix. Sua madre doveva averle rifilato la bacchetta finta. Per questo motivo la fede era sulla mano sbagliata. Narcissa gli aveva tirato uno schiaffo una sola volta, e per sua fortuna portava la fede sulla sinistra.
D’un tratto un dolore atroce gli trafisse il torace e si diffuse come una scossa lungo tutto il suo corpo, e non poté far altro che udire sé stesso urlare, impotente.
“Draco, è nel tuo interesse.” Lo stivale del padre entrò nel suo campo visivo.
“Hai qualcosa da dirmi? Ti aiuto io. Dov’è l’altro Potter?”
Draco avrebbe voluto chiedergli dov’era sua madre. Lei ora si era scoperta con la storia delle bacchette, e Voldemort l’avrebbe uccisa, pensò in preda allo scoramento. Doveva assolutamente trovare un modo per comunicarle dove fuggire. Non sapeva che era molto vicina. I quattro minuti erano quasi finiti.
Sputò il sangue che gli impastava la bocca e si rivolse al padre, che lo guardava freddo e inespressivo.
“Draco dormiens nunquam titillandus”
 
*

Appena udì il tonfo della porta della cella dietro di lei, Marie si rimise in piedi a fatica e si frugò nelle tasche del mantello per far partire il timer. Svolse con mani tremanti il telo che proteggeva le Prugne Molotov, e con un fluido movimento della bacchetta le fece allineare in corrispondenza dei quattro angoli della parete alla sinistra della porta. Proprio mentre ne stava piazzando due al centro, avvertì un raschiare ed un ringhio gutturale al di fuori della porta. Il cuore cominciò a batterle all’impazzata e finì in un bagno di sudore. Non poteva essere. Come poteva Greyback averli seguiti fin lassù?
Deglutì e puntò la bacchetta contro la porta, pronta ad attaccarlo. Lo spazio era molto angusto, e una buona parte della sua concentrazione stava facendo lievitare le bombe Molotov.
Pregò che i minuti scorressero in fretta, ma se Greyback fosse riuscito ad entrare proprio quando doveva far esplodere le dirigibili molotov, non avrebbe potuto difendersi. Evocò uno scudo protettivo attorno a sé, e pregò di avere la forza necessaria per giostrare il terzo e ultimo incantesimo senza che gli altri due si spezzassero.
 
*

Un'altra fitta di dolore gli tolse il fiato, ma mentre si contorceva in agonia, Draco infilò una mano nella tasca interna del giaccone e la strinse attorno alla bacchetta. Il timer emise un secondo tack. Gli restavano trenta secondi per decidere cosa fare.
Bellatrix era fuori di sé per la bacchetta finta. Si avventò su Lucius e gli strappò la sua, minacciandolo con lo stesso lungo pugnale d’argento che aveva usato contro Marie a Villa Malfoy.
“Svuota il sacco Draco. Non hai un minimo di rispetto per tua madre?” Tuonò con disprezzo.
Ora che era armata, a Bellatrix era tornata la voglia di giocare.
Draco le rivolse uno sguardo di sfida e non disse nulla. Udì il terzo tack.
“Cru…“
“Protego!” Uno scudo si allargò attorno a lui appena prima che un boato assordante gli spaccasse i timpani. Non distinse altro che pezzi di roccia volare da tutte le parti e intravide suo padre crollare sotto i detriti, protetto solo a metà dal suo scudo. Bellatrix era scomparsa, e l’aria era densa di calcinacci. Un fischio penetrante e continuo gli impediva di percepire la realtà così com’era.
Con un tuffo al cuore distinse una figura farsi strada più in fretta che poteva fra la polvere, ed intuì che stringeva una spazzola fra le mani tremanti. Si trascinò barcollante verso di lei.
All’improvviso Marie si chinò per estrarre una persona dalle macerie.
“No! Quella è Bellatrix!” Urlò Draco disperato, ma il fischio alle orecchie gli impediva di capire se avesse urlato sul serio o se la sua voce roca per le grida di dolore avesse appena gracchiato.
Marie parve non udirlo, ma Draco intravide la mano di Bellatrix stringersi attorno al pugnale.
Si fiondò su Marie per proteggerla.
“Via! La Passaporta!” Quest’ultima era sincronizzata a sua volta con il timer, e scattava esattamente un minuto dopo. Un minuto che si rivelò essere di troppo.
Nel momento in cui Draco strinse la mano attorno a quella di Marie, aggrappandosi alla spazzola, un dolore simile alla maledizione Cruciatus gli trafisse la spalla, e non fece che aumentare, mordendolo sempre più in profondità. Il turbinio di colori li inghiottì e trascinò via da quell’inferno, ma non erano soli.
Il pugnale di Bellatrix era conficcato nella spalla di Draco, e quest’ultima vi era fermamente aggrappata.
 
*

Greyback stava cercando di capire come scattasse la serratura della cella di Marie, e a giudicare dallo scatto che seguì ci era appena riuscito. Un grido terrorizzato seguì immediatamente, a Marie sfuggì d’istinto, il timer era appena scattato per la seconda volta e la vista del lupo mannaro con le fauci spalancate, bloccata nella cella al di là del sottile scudo protettivo, la fece sentire come un pezzo di carne da macello, vulnerabile preda per altri trenta secondi.
Narcissa girò l’angolo più veloce che poteva, ma Gonril fu più rapida di lei e schiantò il lupo mannaro con un lampo di luce blu. Marie non poteva farsi distrarre, sapeva che per Draco contavano i secondi. Fece appena in tempo ad intravedere la chioma bionda e serica di Narcissa, prima di udire il terzo tack e far esplodere le Prugne Molotov come da piano.
Seguì il caos più assoluto, e Narcissa si salvò tuffandosi d’isitinto nella cella a sinistra, vuota, per sua fortuna. Non appena i detriti smisero di rovinare si avvicinò al punto dell’esplosione, ma dovette arrampicarsi oltre la parete crollata.
Temeva per Draco più di ogni altra cosa, ma era anche preoccupata per il marito. Quando vide Lucius mezzo sepolto dalle macerie, e nessuna traccia di Draco o Marie, la disperazione l’avvolse, e i dissennatori cominciarono ad avvicinarsi.
“Gonril, aiutami!” Con la bacchetta e l’aiuto dell’elfa liberarono Lucius, ma quando Narcissa vide che tutto sommato stava bene, gli puntò contro la bacchetta e disse, perentoria.
“Dov’è Draco? Rispondimi, se è vero che sei il padre di tuo figlio!”
“È sparito” Tossì Lucius, rauco e coperto di polvere.
“Cosa ti ha detto?” Fu la fulminea domanda. Lucius esitò un momento, poi, in cerca della bacchetta, sibilò a bassa voce e senza guardare la moglie:
“Draco dormiens numquam titillandus”
A Narcissa questo bastava.
“Gonril, cambiamo programma.” Le sussurrò qualcosa, e le due figure si smaterializzarono con un sonoro crack.
Lucius rimase solo tra le macerie, terrorizzato dal suo fallimento e allarmato dall’assenza di Bellatrix.
 
*

Marie credeva sinceramente che la donna semisepolta sotto le macerie fosse Narcissa. Avendo intravisto la sua chioma prima dell’esplosione, non voleva abbandonare chi credeva l’avesse salvata dall’ennesima aggressione di Greyback. Quando intravide il pugnale, era troppo tardi.
Draco si era già fiondato tra lei e Bellatrix e aveva stretto la Passaporta appena in tempo per riapparire nella foresta di Inverness. Sbatterono duramente sul suolo che odorava di resina, ma l’odore si sangue sembrava averli seguiti fin lì.
L’urlo straziante di Draco fece scattare una scarica di adrenalina che la fece balzare in piedi come una molla. Puntò la bacchetta contro quella che pensava fosse Narcissa e senza credere alla scena raccapricciante che le si presentava davanti, riuscì a pensare ad un solo incantesimo.
“Stupeficium!”
Purtroppo l’incantesimo mancò la figura impolverata di  Bellatrix per un soffio. Il senso dell’equilibrio e dell’orientamento di Marie era ancora seriamente danneggiato dall’esplosione e dalla smaterializzazione.
Bellatrix rise follemente ed estrasse il pugnale dalla spalla di Draco, a cui era rimasta voce solo per un gemito strozzato. Si rigirò la lama sanguinante fra le mani, pronta a lanciarla contro di lei.
Marie, traballante sulle gambe, prese disperatamente la mira, pronta a gettarsi di lato.
Poi, una sagoma nera e slanciata piombò dal cielo e s’impennò di fronte a Bellatrix, scalciandole gli zoccoli in viso. La Mangiamorte emise un ultimo acuto grido di spavento prima di tentare di proteggersi con le braccia. La morte alata, così la vedeva Marie, la tramortì con un sol colpo di zoccoli.
Ora ammazza anche noi, pensò Marie, tutta questa sofferenza per finire aggrediti da una bestia.
Invece, quello che le ricordava un Thestral, eppure non lo era, non diede segno di volerli attaccare. Si avvicinò piano a Draco, e Marie trattenne il fiato. Non tese la bacchetta, temendo di far innervosire l’animale, che avrebbe potuto calpestare Malfoy nell’agitazione. Tentò di metterla a fuoco nonostante avesse le vertigini, ed approfittò dei suoi movimenti lenti e aggraziati per osservarla.
Notò che una luce calda e immacolata sembrava scorrere sotto la pelle nera e senza pelo dell’animale.
Era una luce rassicurante, che prometteva vita. Si disse che quello non era l’aspetto di una creatura malvagia. Una creatura oscura non avrebbe mai potuto assomigliare tanto ad un unicorno, con quello splendore che irradiava.
Il corpo scheletrico e slanciato, così come l’ossatura sporgente, le davano un che di sinistro, accentuato dall’attaccatura nera come la pece delle ali membranose. Il corno affusolato che spuntava dalla testa della misteriosa creatura punzecchiò Draco, a cui sfuggì un lamento, ormai febbricitante e semisvenuto. La creatura si chinò ancora verso di lui, con il suo respiro che si appannava nella fredda aria scozzese. Sbatté le ali e le richiuse lungo i fianchi strettissimi. Un reticolo argenteo e luminoso s’intravide nell’istante in cui le ali raggiunsero la loro massima apertura. Solamente in quel momento Marie realizzò che l’estremità delle ali, da membranosa e scura passava a lunghe e sottili piume argentee, che nella loro morbidezza sembravano nascondere un orlo affilato.
Poteva anche non essere malvagia, ma se non la avesse lasciata avvicinare a Draco entro i prossimi secondi, rischiava di morire dissanguato, pensò Marie, azzardandosi a fare un passo avanti. Il cavallo solleticò il viso di Draco con il liscio muso, che continuò a gemere e gridare, incosciente. Poi, fece una cosa che Marie stentò a credere. Leccò la ferita che gli squarciava la spalla destra, che smise subito di sanguinare, e si ricoprì di quello che sembrava un siero argenteo e luccicante. I gemiti di Draco si placarono, e la creatura si inginocchiò di fianco a lui, posando la sua scheletrica testa sul suo petto.
Marie, incantata da quella scena, ma pur sempre esausta, abbandonò ogni diffidenza e si stese di fianco a Draco, avvertendo che le vertigini non le avrebbero dato tregua. “Ha perso molto sangue, dovresti curarlo”, le disse una voce impastata di stanchezza ed esaurimento, nella sua testa. “Non ho gli ingredienti…non conosco un incantesimo adatto…lei ha saputo chi attaccare, ci proteggerà da Bellatrix.” “No! Potrebbe chiamare Voldemort con il Marchio!” Disse un'altra voce, più autoritaria.
Con le ultime forze che le rimanevano, puntò la bacchetta contro la figura riversa di Bellatrix e la legò saldamente ad un ontano, di modo che non potesse vederli.
“Solo un attimo, lasciami solo un attimo per riprendermi”
Con quest’ultimo pensiero si abbandonò all’oscurità che voleva inghiottirla, e per una sola preziosa ora la creatura vegliò su di loro, lasciandoli riposare.
 
***

Harry, Ron ed Hermione erano aggrappati alle ferree squame del drago acciecato dall’oscurità dei sotterranei da cui erano appena riusciti a sfuggire per un soffio. Mentre si libravano sopra l’ameba grigiastra di quartieri e palazzi londinesi, rabbrividendo dal freddo e coperti di vesciche, Harry non pensò alla libertà conquistata o all’Horcrux che avevano recuperato, ma si augurò solamente con tutto sé stesso che Marie e Draco fossero riusciti a fuggire così come loro. Bé, forse non a cavallo di un drago.
Sapeva per certo che era viva, e la cicatrice non aveva dato segnali allarmanti, quindi le speranze erano che ce l’avessero fatta, che non fossero prigionieri. Tuttavia, l’ansia e la preoccupazione lo corrodevano come un’ulcera. Fu grato di trovarsi per lo meno nel suo ambiente naturale: l’aria.
Tuttavia, esserlo sul dorso di un drago comportava un’incognita enorme, e si girò per urlare attraverso il vento ai due compagni.
“Dobbiamo trovare un modo per scendere e raggiungere Hogsmeade!”
Hermione annuì, pallida come un cencio e con le labbra violacee, Ron, subito dietro di lei, fece altrettanto, urlandogli in risposta
“Aspettiamo che perda quota!”
 
***

Marie era piombata in un sonno scuro e privo di ogni sensazione. All’improvviso qualcosa di morbido e caldo le sfiorò il viso, e come un fulmine a ciel sereno l’immagine cruda e vivida della maschera pelosa e ringhiante del lupo mannaro, a pochi centimetri dal suo, attraversò la sua coscienza, e spalancò gli occhi con il panico più assoluto nelle vene. Il terrore di poco più di un’ora prima la assalì immediatamente, e le occorsero alcuni secondi per mettere a fuoco gli occhi color cobalto della creatura che la fissavano, in attesa.
Trasalì, ma si impose di non fare movimenti bruschi. Le venne spontaneo mettersi a parlare con la creatura, dato che non c’era nessun altro con cui relazionare.
“Grazie.” Si mise seduta e dopo aver gettato un’occhiata nervosa alla figura legata di Bellatrix, controllò come stava Draco.
La vista del compagno zuppo di sangue e cinereo le fermò il cuore.
Si chinò su di lui per udire se respirasse, e con sollievo constatò che il respiro era regolare e profondo. Spostò la sua attenzione alla ferita. Lo squarcio era largo e profondo, e le si rivoltò lo stomaco quando credette di intuire il bianco della clavicola. Il pericolo più grande tuttavia era lontano, per ora.
L’emorragia era cessata, e una sottile membrana argentea ricopriva la ferita.
Evidentemente la saliva della creatura doveva avere delle proprietà simili alla mistura di polvere d’argento e dittamo usata per rimarginare le ferite causate dal morso di lupi mannari, senza la quale le vittime erano solito morire dissanguate.
Va fino in fondo, si disse.
Con cautela gli sfilò il giaccone e la camicia stracciata e ormai in gran parte purpurea. L’aria fredda gli azzannò la carnagione pallida, e così si premuro di evocare una bolla termoregolatrice attorno a loro. Strappò un lembo di tessuto dal suo mantello e lo pulì e disinfetto con un rapido colpo di bacchetta, ma quando fede per porre una minima protezione alla ferita, il cavallo-non aveva idea di come chiamarla- le spostò la mano con il muso, e di nuovo leccò la ferita di Draco. A Marie venne un’idea. Le porse con lentezza il tessuto, e la lingua inaspettatamente rosea della creatura raschiò contro il tessuto, che divenne fresco e leggero fra le sue mani.
Improvvisò una fasciatura alla bell’e meglio, rimpiangendo l’abilità di Luna.
Dovevo chiederle di insegnarmi come fa, che sciocca sono stata! Si rimproverò sconsolata.
Avrebbe tanto voluto aver Harry vicino a rincuorarla con la sua presenza. Il solo pensiero che potesse essere intrappolato alla Gringott la straziava. Tuttavia, non c’erano stati segni sinistri, da quel punto.
Ma per esserne certa dovevano raggiungere Londra, e da lì Hogwarts. Prima di infilargli una maglietta di Harry che si era ritrovata nelle tasche del mantello che le aveva regalato Sirius anni prima, che si espandevano magicamente, non poté evitare di notare con un brivido quanto il Marchio fosse avanzato.
L’intero braccio sinistro era avvolto dai tentacoli neri come la pece del marchio, che si espandeva a chiazze sempre più grandi e informi fino ad allargarsi minacciosamente sul petto e verso le costole. Il serpente spiccava gonfio sulla pelle irritata, foriero di morte.
Rimaneva loro poco tempo, rifletté Marie triste. Non c’era traccia dell’ombra violenta che l’aveva ferita ad Azkaban sul suo volto pallido.
Pensò che il dubbio che l’aveva assalita doveva essere dovuto all’atmosfera malsana e asfissiante del luogo, e senza esitare oltre salì sul dorso della creatura, sollevando Draco davanti a sé. Le costò una gran fatica e si aiutò come poté con un leggero Levicorpus qua e là. Aveva deciso che era più prudente fare un pezzo del viaggio in volo e vedere se Draco si sarebbe ripreso, piuttosto che tentare di smaterializzarsi con lui svenuto e rischiare di spaccarsi.
Strappò un altro lembo del mantello per farne una fascia con cui assicurarsi che Malfoy non cadesse. Si immaginò con amarezza l’espressione indignata di Sirius se avesse visto come stava facendo a pezzi il suo regalo di compleanno. Non potrebbe dire che non è per una buona causa, ridacchiò, sapendo che Sirius avrebbe molto probabilmente sostenuto il contrario.
L’ombra di un sorriso le svanì dalle labbra quando vide Bellatrix ancora accasciata contro l’ontano. Che marcisca lì, si disse. Se era tanto coriacea da uscire intatta dall’esplosione delle prugne dirigibili Molotov, sospettava che se la sarebbe cavata anche di lì.
Volse lo sguardo verso la loro nuova alleata, una vista decisamente più piacevole.
“Portaci a Sud, bella, verso Edinburgh.” Le disse dolcemente, e lei si librò nell’aria spalancando le ali eteree, senza salire troppo di quota. Marie si lasciò cullare dal battito regolare delle ali e assaporò il vento freddo e pungente per un po’.
Avvolse entrambi in una bolla termoregolatrice e ne approfittò per recuperare le forze.



Angolo dell'autrice
Allora, capitolo tenebroso, d’altronde non poteva essere altrimenti: ma guardate un po’ qua sotto!

Grazie alla favolosa e dotatissima Thundelara, che trovate su Deviantart (https://thundelara.deviantart.com) e ringrazio di cuore, ecco un’illustrazione della misteriosa creatura ancora senza nome che ha soccorso Draco e Marie.
Non esitate a lasciare un commento, sarebbe di grande aiuto sapere cosa ne pensate!
E sono sicura che anche la splendida Thundelara vi ringrazierebbe!

 

Nei prossimi capitoli si scoprirà di più su perché abbia soccorso proprio loro, e dove si sia smaterializzata Narcissa con la focosa Gonril. Con questo capitolo ho spezzato una lancia in favore degli elfi domestici, cosa a cui tenevo da tempo.
Finalmente Narcissa ha fatto vedere a quei fuchi di Mangiamorte con chi hanno a che fare.
Un grande grazie va a tutti i recensori, un bacione a voi! Siete la mia più grande motivazione! Naturalmente l’illustrazione è anche per voi lettori silenziosi e per coloro che hanno inserito la storia nelle preferite, nelle seguite e nelle ricordate.



Un caro saluto a tutti voi e a presto
Claire

P.S Se vi interessasse, le informazioni sulla mistura di dittamo e polvere d’argento sono prese da J.K. Rowling, “Heroism, Hardship and Dangerous Hobbies”

 

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Capitolo 12
*** Greyfriars Kirkyard ***




Greyfriars Kirkyard



Il vecchio accidioso Borgin si era chiuso nel negozio e borbottava imprecazioni a raffica, facendosi scrocchiare nervosamente le nocche dalle lunghe unghie sporche.
Il putiferio di poco più di un’ora prima sembrava essersi calmato, ma il negoziante non aveva intenzione di mettere il naso fuori dal negozio per quel pomeriggio, non dopo il profondo ruggito che aveva squarciato l’aria. Al momento il baccano che aveva raggiunto anche il suo discosto vicolo di Nocturn Alley era cessato, per lasciare il posto ad un dissonante silenzio.
Si mise a lucidare, svogliato, il teschio in vetrina, rimuginando tetro su quanto gli rimaneva da vivere. Il teschio sembrò guardarlo beffardo, e la mascella giallastra e scheggiata si spalancò in uno sbadiglio eterno.
D’un tratto un secco crack risuonò nell’aria polverosa e scura.
La mascella si richiuse sul dito di Burgin, che tentò invano di sbattere lontano il teschio e cominciò a mandare in frantumi la vetrina.
Al piano di sopra, Narcissa corrugò le sopracciglia a quel fracasso, ma portò un dito alle labbra facendo segno a Gonril di tacere. Piano, con molta cautela e come un gatto che ha messo gli occhi sul topo, si accinse a scendere le scale, scivolando con gran parte del suo peso sul corrimano di osso. Al pianerottolo si fermò, e le si presentò davanti agli occhi quella scena grottesca.
“Ma-le-det-to! Staccati!” Il vetro di una credenza andò in frantumi, ma il teschio non accennò a mollare la presa.
Narcissa puntò la bacchetta verso la propria gola e sussurrò: “Sonorus”
“Esci da questo negozio, Burgin, o entrerò con te nella tomba!”
Burgin cacciò un gridolino stridulo e si afflosciò sulle ginocchia.
“Ho detto fuori Burgin!”
Il negoziante si aggrappò alla maniglia come se fosse la sua ultima possibilità di redenzione.
La campanella squillò nel vicolo, e Burgin andò a sbattere contro un mago coperto di cenci che se la stava dando a gambe dalle Guardie Magiche, che si prese il teschio in testa
Dall’interno, Narcissa sigillò la porta. Gonril planò dal corrimano direttamente sul bancone di Burgin. “Bella trovata Signora. Peccato che se ne sia andato così in fretta.” Pigolò l’elfa, calpestando con interesse le carte sul bancone.
“Anche Gonril deve andare ora. Ad Hogwarts. Gonril deve trovare Dobby.” Stava per far schioccare le dita, quando Narcissa si voltò verso di lei.
“Grazie Gonril.”
L’elfa non le rispose, ma piegò un orecchio nella sua direzione, prima di svanire con uno schiocco.
Narcissa non perse altro tempo, oscurò le finestre, rapida, prima che alle Guardie Magiche venisse in mente di controllare da dove fosse uscito il mentecatto che stavano portando nelle celle del Ministero. Dopodiché risalì le scale, si avvicinò all’armadio svanitore che l’aveva tanto tormentata tempo prima, e si sedette contro la parete umida e scricchiolante. Trasse un gran respiro, rinchiuso da settimane nel suo petto. Ora non le restava altro che aspettare.

***

Il timoniere di Enea, Palinuro, conobbe a sue spese quale bestia strisciante potesse essere il Sonno, e ben presto se ne accorse anche Marie. Per ben due volte, all’imbrunire, si risvegliò di soprassalto con l’orribile sensazione di scivolare nel vuoto, nel mare d’aria sempre più scura sotto di loro, e se non fosse stato per la sua abitudine a rimettersi in sella sulla scopa dopo le mosse più azzardate per afferrare la pluffa o schivare un bolide, sarebbero piombati entrambi nel fiume Ericht.
Draco, con sua preoccupazione, non dava cenno di rinvenire, e fu solo quando sorvolavano le luci della capitale scozzese che intravide la chioma chiara di fronte a lei muoversi con intenzione.

“Shhh. Siamo quasi arrivati, riposati.” Marie sperò che quelle poche parole bastassero a calmarlo. Se avesse realizzato che si trovavano a quelli che sembravano almeno cento metri d’altezza, in sella ad una creatura sconosciuta, avrebbe rischiato di disarcionarli entrambi.
Il cavallo cominciò a perdere quota. Poteva distinguere sempre più chiaramente le arterie illuminate e fluorescenti delle strade principali, e perfino intuire il reticolo labirintico delle viuzze più antiche. Alla loro sinistra sembrava esserci una stazione, a giudicare dalle insegne luminose, e Marie pensò con nostalgia a King’s Cross. Con suo sgomento, quella che sembrava una torre aculeata si stagliava sempre più vicina a loro con la sua punta aguzza, e la strappò con forza dalla sua rêverie. Cercò di mantenere la calma, non poteva agitare Malfoy.
La creatura l’avrebbe vista, l’avrebbe evitata, cercò di convincersi. I pinnacoli si distinguevano sempre più chiaramente, e Marie trattenne il respiro e si aggrappò con tutta la forza che aveva ai fianchi della bestia, le nocche bianche attorno al lembo del mantello. Non successe nulla. Lo Scott Monument era alle loro spalle, e loro ancora in sella.
Maledetto ronzino, pensò Marie, gli piace il rischio. Aveva intenzione di dirigersi verso il castello, arroccato con la sua figura massiccia sulla collina proprio di fronte a loro, e stava per sussurrarlo all’orecchio della creatura quando questa virò bruscamente a sinistra.
“No, maledizione! Al castello, va al castello!”
I Babbani li avrebbero scoperti, dov’altro potevano atterrare? L’animale scendeva sempre più, e Marie si sorprese che nessuno si accorgesse di loro, giù in strada.
All’improvviso si tuffarono in picchiata, e la terra una ventina di metri sotto di loro si fiondò loro incontro. Avvertì Draco irrigidirsi davanti a lei. Nonostante l’allarmante velocità con cui toccarono il suolo, gli zoccoli non fecero alcun rumore e non dovettero attutire nessun colpo.

Indolenzita e con i muscoli rigidi per il lungo volo, si affrettò comunque a scendere, con molta meno grazia della creatura, ed aiutò Draco a seguirla.
“Cosa diavolo succede?” Riuscì a biascicare il giovane. Gli doleva ogni singolo arto, tranne la spalla destra, che non avvertiva, ed ogni respiro gli causava una fitta alle costole.
“Te lo spiego appena riusciamo a capire dove ci troviamo.” Sussurrò Marie.
Un’ondata di vertigini lo assalì, ed avvertì il battito affannoso del suo cuore rimbombargli nelle orecchie. Si aggrappò alla prima cosa che trovò, per poi rendersi conto con orrore di essersi puntellato su una lapide. Marie si sentì svenire.
No, non un altro cimitero, ti prego, implorò silenziosamente l’animale, ma questi cominciò a brucare leggiadro l’erba. Detestava i cimiteri, le ricordavano tutti il luogo della morte di Cedric.
Questo, tuttavia, notò subito che era privo dell’aria macabra e mortifera che permeava quello di Little Angleton. Sembrava più un luogo di pace, libero dall’atmosfera di pericolo incombente che aveva oppresso il cimitero di Godric’s Hollow. Doveva essere regolarmente frequentato dai vivi, a giudicare dalla presenza rassicurante della chiesa dietro di loro.
Di riflesso, si affrettò a gettare incantesimi repello-babbani e di protezione attorno al luogo in cui si trovavano, proprio al cominciare della leggera discesa erbosa punteggiata da tombe più o meno solitarie, lungo la quale riusciva appena a scorgere un viottolo.
Draco, nel frattempo, si era appoggiato alla tomba, dalla forma spigolosa, e osservava meravigliato la creatura brucare tranquilla. Marie si sorprese di non vederlo spaventato. Sembrava a proprio agio nelle vicinanze della creatura, e questa addirittura cercava la sua vicinanza, si rese conto con stupore Marie.
Si avvicinò sempre più a lui, brucando qua e là, fino ad annusare i suoi vestiti, e cominciò a puntellarlo sempre più insistentemente con il muso. Marie non osava avvicinarsi, avvertiva che la creatura, sebbene avesse confidenza con lei, preferiva Draco. Lui, nel frattempo, tentava di capire, non senza timore incipiente, cosa volesse da lui la creatura eterea.

“oh, va bene, me lo tolgo” Bofonchiò debole. “Calma, fa piano!”
Con fatica, si tolse il giaccone. La maglietta di Harry lasciava scoperto gran parte del braccio sinistro, che si era ormai abituato ad ignorare. La creatura cominciò, con suo disappunto, a leccare il suo avambraccio, e dovette mordersi il labbro per non gridare.
La lingua ruvida sembrava scorticargli la pelle gonfia ed infiammata, e si appiattì contro la lapide, tentando di resistere all’impulso di sottrarsi alle sue cure. Premette il viso contro la pietra fredda e muschiosa, pregando che il supplizio finisse presto. Lo stava scorticando, ne era certo, non poteva farcela a resistere.
Eppure lei non voleva fargli del male, lo sentiva. Non riuscì a trattenere un gemito, possibile che non finisse più? La stoffa della maglietta si strappò, e credette di essere premuto contro una fresa. Questa cominciò a mordergli anche le costole, ed urlò dal terrore, era finita, l’avrebbe ammazzato. Pregò che Marie lo sottraesse a quella tortura. Poi, così com’era cominciato, il dolore svanì. Aprì gli occhi, ed incrociò quelli della creatura. Grandi, bui e tormentati voragini luccicanti lo osservavano, curiose.
A Draco parve di vedere ombre scure agitarsi in quegli specchi, e gli sembrò di guardare dentro di sé, nell’abisso, e l’abisso guardava dentro di lui. Allungò una mano a carezzare il muso ossuto ma serico della creatura, e questa non si sottrasse, bensì, a tradimento, gli appioppò una leccata ruvida come carta vetrata.
Marie intanto camminava in tondo attorno ai due, come un gatto nervoso, e trasse un sospiro di sollievo nel vedere Draco accarezzare la creatura. Questa si piegò sulle ginocchia sottili e si sdraiò accanto a lui, le ali reticolate ripiegate sulla schiena. A questo punto Marie si avvicinò, con passo felpato, e si accoccolò appoggiandosi al dorso della creatura, caldo e fresco, sul lato opposto a quello contro cui si era disteso Draco.

Il suolo era umidissimo, ed entrambi gettarono degli incantesimi isolanti attorno a loro, Draco con un po’ di fatica, poiché dovette estrarre la bacchetta dal giaccone con le membra doloranti.
Mentre si muoveva, tuttavia, si accorse che i movimenti gli riuscivano leggermente più facili.
Soprattutto, la fitta al petto era svanita. Con riluttanza, si azzardò a gettare un’occhiata al braccio. Quello che vide lo lasciò incredulo.

Quella che sembrava rugiada argentea aveva ricoperto il nero tumefatto della maledizione, ancora visibile sotto la pellicola translucida. Il serpente si dibatteva furioso, con spasimi sempre più violenti, e Draco lo sentì muoversi nella sua carne, con quel dolore da volta stomaco che gli era divenuto famigliare.
Ciò nonostante, osservando meglio notò che quello che sembrava argento vivo stava dissolvendo l’inchiostro velenoso del Marchio, millimetro per millimetro, e per quanto il serpente affondasse le zanne nella propria coda e si dibattesse, la linfa non indietreggiava.
Si puntellò sui gomiti e si girò per mostrare meravigliato la scoperta a Marie, ma vide che si era addormentata, cullata dal movimento regolare del dorso della creatura contro cui si era adagiata.
Doveva essere esausta per il viaggio da Inverness a Edinburgh, e sebbene fremesse dall’impazienza di sapere che fine avesse fatto Bellatrix, il pensiero di svegliarla non lo sfiorò.
L’espressione insolitamente serena esaltava la dolcezza del suo viso, ed avere l’occasione di vederla così indifesa, senza schermi, risvegliò in lui un sentimento di tenerezza che non l’aveva carezzato da tempo.

Lui, al contrario, era riposato, sebbene debole, e decise di montare la guardia. Lasciò vagare lo sguardo nel vasto cielo sopra di loro, e di tanto in tanto spostava lo sguardo dalle stelle al suo viso, soffermandosi ogni volta su un dettaglio diverso.
Le labbra morbide e rotondeggianti erano percorse dal taglio rigonfio che lui stesso le aveva causato, ed il senso di colpa lo attanagliò. Azkaban e la sua disperazione avevano tirato fuori il peggio di lui.

D’un tratto quel dettaglio, il cielo stellato sopra di lui e la figura che gli riposava accanto lo riportarono indietro nel tempo, in quella sera in cui si era rifugiato sulla torre di Astronomia, sconvolto e roso dal dubbio, e tormentato da quello che aveva visto nel sotterraneo.
Si domandava ancora ora cosa fosse successo realmente. La figura di Marie riposava tranquilla accanto a lui ora, qualsiasi cosa fosse successa, e questo lo rassicurò, ma decise che se mai se ne fosse presentata l’occasione, avrebbe dovuto porle quella domanda.
C’era anche un’altra questione che dovevano affrontare, ed era meglio che lo facessero presto, rimuginò ansioso Draco, di nuovo rivolto verso le stelle. Il Pathos Cogitatio era, inequivocabilmente, sfuggito al loro controllo ed interveniva quando meno se lo aspettavano.
Certo, ad Azkaban era stato utile, ma il fatto che i sogni dell’altro non fossero più interamente suoi, così come l’evidenza che potevano anche scambiarsi ricordi lontani dal presente, era inquietante.
Dovevano assolutamente affrontare la questione, per quanto Draco non gioisse all’idea di comunicarle che aveva condiviso il suo sogno, a Villa Conchiglia.

La rabbia per gli insulti precedenti e il desiderio di vendicarsi erano evaporati da tempo.
All’insaputa di Draco, il Pathos Cogitatio era attivo anche in quel preciso istante, e i suoi pensieri interferirono con i sogni di Marie, indirizzandoli verso quella sera.

(Avvertimento: tematiche delicate)

Marie alzò il braccio, cercando di scacciare all’ultimo momento il nodo allo stomaco che la assaliva ogni giovedì, e fece per bussare alla porta dell’ufficio sotterraneo.
Questa si aprì di scatto prima che potesse anche solo sfiorarla.
“Sei in ritardo di nuovo Potter!” L’aggredì il sibilo di Piton, che cercò di incenerirla con lo sguardo.
“Proprio come quella carogna del tuo padrino. Si diceva che non sarebbe arrivato in orario nemmeno al suo funerale, ed infatti.” Continuò l’odioso, ed untuoso, aggiunse Marie, professore, ingoiando gli epiteti che avrebbe voluto lanciargli contro.
“Compenserò arrivando in anticipo al suo, professore.” Rispose lei fra i denti.
“Vedremo se sarai ancora così insolente quando avremo cominciato.”
Replicò Piton, minaccioso.
“Ti ricordo, Potter, che ti sto concedendo un privilegio. Come al solito, voi due siete troppo inebriati dalla vostra fama per accorgervene.”
Marie, catturata suo malgrado dalla curiosità per quello che l’aspettava, non ribatté.
Piton se ne accorse e la serpe che albergava in lui gongolò, pregustando la preda che si stava offrendo più o meno spontaneamente a lui.
“Ovviamente la prodigiosa incapacità del tuo gemello potrebbe compromettere irrimediabilmente le capacità che stai acquisendo, ma se riuscirai a superare questa prova, sarai capace di esercitare un’Occlumanzia pressoché inespugnabile.”
Fece una pausa, e un sorriso sottile e beffardo si allargò sul suo volto giallognolo.
“Eccetto, è plausibile, per il Signore Oscuro…”
Bene, allora è una bella perdita di tempo, pensò la voce più ragionevole di Marie.
Prendi, alza i tacchi e vattene finché sei in tempo!

Le raccomandò la stessa voce, che veniva direttamente dalla sua pancia.
Non hai visto il ghigno compiaciuto spalmato sulla sua brutta faccia? Non promette nulla di buono!

Ma la parte più irrazionale ed ambiziosa di lei era stata rapita da tempo da quella promessa di gloria, e la Grifondoro non aveva il gemello a farla ragionare, questa volta.
Piton si arrotolò le maniche con quel gesto ostentato che detestava, e continuò a spiegare, la voce sempre più bassa e suadente, incantatrice.
“Ora attaccherò le tue difese sul serio, esattamente come farebbe un autentico nemico.”
Lo sguardo era rivolto alla sua bacchetta, che si rigirava tra le mani con ostentata indifferenza.
Tese la mano, e Marie vi depose la sua bacchetta. Le viscere le si attorcigliarono.
“Il mio, ed il suo obiettivo, sarà penetrare nei meandri più gelosamente custoditi dei tuoi pensieri, per farli miei e contorcerli a mio piacimento.”
Cominciò a misurare la stanza a grandi passi.
“È necessario che le tue barriere, ancora fragili, vengano infrante nel punto in cui sono più sensibili, altrimenti non sarai mai in grado di fortificarle e rimarranno inutili, ridicole resistenze.”
Smise di giocherellare oziosamente con la bacchetta, per impugnarla saldamente. Marie cominciò a sudare freddo e si pentì amaramente di aver stretto quello che sembrava in tutto e per tutto un patto con il diavolo.
Se almeno ci fosse stato Harry con lei, le avrebbe dato la forza di andarsene.
Invece c’erano solamente lei, disarmata, e Piton, in quel viscido sotterraneo lontano dalla luce e dal calore della vita. 
Cercò di prepararsi come le riusciva spontaneo solitamente, ma il panico si stava insinuando strisciante. Quali erano i ricordi che non avrebbe mai rivelato a nessuno? Non se lo dovette domandare due volte. Lo sapeva benissimo: erano quelli che aveva tenuto nascosti ad Harry.
L’idea che Piton potesse venirne a conoscenza non l’aveva mai sfiorata. Durante le lezioni precedenti Piton aveva lasciato che lei sviluppasse un senso di confidenza tale da farle credere che i suoi segreti fossero al sicuro.
Ma ora, era giunto il momento di far crollare il muro di cartone, pensò il professore, per posare le fondamenta di uno più solido. Almeno, quello era il pretesto.
Marie fece per appoggiarsi ad uno scaffale, aggrappandosi agli ultimi istanti di intimità che le rimanevano.
“Spostati dagli scaffali.” Fu la secca reazione.
Fece appena in tempo ad eseguire l’ordine, che la realtà svanì come fumo davanti ai suoi occhi.
Sulle prime, non c’era nulla di diverso dalle altre occasioni.
I ricordi la assalirono da ogni dove, ma riuscì a tenere a bada la corrente che voleva sbatterla qua e là come un cencio.

Lei ed Harry stavano giocando a Spara-Schiocco contro Sirius e Remus, l’uno sghignazzava raggiante, sventolando loro sotto il naso la vincita in api frizzole, mentre l’altro li guardava con un velo di nostalgia e tristezza negli occhi. Con grande divertimento del padrino lei si infuriava come anni prima avrebbe fatto Lily Evans: “Vergognati Sirius, hai barato! Lo so che hai barato! Non si vince così!”
Fred le stringeva calorosamente la mano sull’espresso, per poi farle fare un balzo di spavento quando la sua mano divenne all’improvviso verde e gelatinosa.
“Oh scusami, mi sono dimenticato di togliere il guanto strettafrolla del mio amico Lee” “Piacere di conoscerti!” Proruppe il gemello, tendendole la mano con espressione furbesca. “Ah no, questa volta non ci casco.”
“Impara in fretta eh Freddie?” Disse George, non senza ironia.

L’ufficio di Piton le tornò improvvisamente di fronte agli occhi, ma non le lasciò il tempo di riprendere fiato.

Lei ed Harry correvano a perdifiato per il quartiere di Little Whinging, con la banda di Dudley alle calcagna. Harry rovesciò un bidone della spazzatura pronto per la raccolta e non appena girarono l’angolo si appiattirono nello stretto passaggio fra lo steccato di due villette, dove Dudley sarebbe di sicuro rimasto incastrato. “Per un pelo” Sussurrò Harry al suo orecchio.
L’acqua gelida del Lago Nero si infranse sopra le loro teste, e Cedric le nuotava accanto, guidandola verso la riva. Il panico l’assalì, Harry era ancora sotto, lo sentiva. Si aggrappò al collo di Cedric, che sputacchiò ma la sostenne, sorridente in principio, e poi preoccupato al suo pallore incipiente.
Nell’aula sotterranea densa di fumi densi e scuri, la voce tagliente di Malfoy si fece strada fra il sibilo ed il sobbollire dei calderoni.
“Ehi Potter, scommetto che ti manca l’abbraccio di Diggory. Perché non hai spiattellato anche quello alla Skeeter? Avreste ancora più lettori. O forse ti penti di essere andata troppo in là? Certo bambolo Diggory si è preso quello che voleva prima di essere morto.” Il fragore di un calderone che esplodeva coprì tutto il resto, ma Piton aveva trovato la chiave che stava cercando.
Cedric correva davanti a lei, la sciarpa gialla e nera ben visibile fra i fiocchi di neve.
“Aspetta Ced! Ma dove stai andando!” Lo chiamò Marie con il fiato corto e la voce ilare. Annaspò, affondando sempre più nella neve, finché un abbraccio che aveva imparato a conoscere, eppure le sembrava sempre nuovo le cinse i fianchi e l’inebriò con una risata profonda e leggermente roca. Lui le coprì gli occhi con le mani, per poi sussurrarle all’orecchio: “Guarda verso l’alto.”
“Ma Ced,” Rise lei, appoggiando la testa al suo petto, “Non vedo nulla.” Ma fece come le aveva chiesto e rivolse il viso verso il cielo da cui cadevano, morbidi e algidi, grossi fiocchi di neve. Cedric, un largo sorriso carico di aspettative sulle labbra, scostò le mani per puntare la bacchetta verso il cielo, puntandola verso un fiocco che cadeva ondeggiando languido e sereno dal cielo, proprio sopra di loro.
Mentre cadeva, questo cominciò a mutare forma, ramificandosi ed espandendosi nell’aria, sempre più diverso dai fiocchi che si adagiavano sulle ciglia di Marie, il naso all’insù.
Dal centro si spandeva pulsante una calda tinta dorata, portatrice di vita. I bracci del fiocco, divenuti ben visibili, si unirono a formare due piccole ali, e la morbidezza della neve divenne candore del piumaggio.
La palla di piume fece due buffe capriole a mezz’aria, mentre dal centro pulsante d’oro fuso spuntava timidamente una testolina, che si capovolse in un’altra capriola, divenne una coda e poi l’uccellino cominciò a cinguettare estasiato attorno alle loro teste, fino a posarsi nella mano aperta di Marie, guidata da quella di Cedric.
Il cardellino le becchettò amichevolmente il dito, per poi cercare di insinuarsi sotto il suo mantello.

“Ehi piccolino, dove vuoi andare, hai freddo?” Cinguettò Marie in risposta al suo canto, trasportata dalla meraviglia.
“Prova per te lo stesso amore e desiderio di colui che l’ha creato.”
Mentre diceva queste parole Cedric le percorse con delicatezza il contorno del viso e tornò a stringerla a sé, più vicina di quanto avesse mai osato prima. Il cardellino arruffò le piume soddisfatto, girando la testolina quel tanto che poteva da sotto il mantello da cui spuntava appena fuori, proprio sotto il collo di Marie, che cominciò a ridere e contorcersi giocosamente fra le braccia di Cedric. “Mi fa il solletico, il malandrino!”
Lui si chinò a baciarle il collo, con il tocco leggero e fresco delle sue labbra, per poi cercare quelle di lei. Le piume dell’uccellino sfiorarono la pelle di Cedric, ed a quel contatto il nuovo nato fremette come la padrona del suo cuoricino che batteva da così poco eppure tanto in fretta. Cullato fra il calore dei due corpi a cui era indissolubilmente legato, si accoccolò tranquillo e lasciò che ci pensasse Cedric a solleticare i sensi della sua amata, sempre più accogliente ai suoi baci prima delicati e poi intraprendenti.
Ogni volta i due diventavano più desiderosi della pelle fragrante che li infuocava, e gli istanti che li appagavano erano gli stessi che esasperavano il loro desiderio. I due giovani sentivano un istinto atavico sussurrare concitato che il tempo era alle loro calcagna, che ogni istante doveva essere consumato come la cera dalla fiamma, se non volevano bruciar d’amore invano.


Marie non poteva più controllare la direzione o il flusso dei suoi pensieri, era in balia della presa ferrea fra cui si dibatteva impotente, come un cucciolo preso per la collottola dalla madre.
Sperò solo che Piton non riuscisse a sostenere le emozioni, le sue emozioni, che permeavano ogni istante, ma evidentemente il viscido era senza scrupoli e non credeva di essersi spinto abbastanza lontano.

Davanti alla porta del bagno dei prefetti, Cedric, con i capelli bronzei bagnati fradici dalla neve e tremante dal freddo, si guardò intorno, sull’attenti, per poi sussurrare lesto la parola d’ordine, “Asticello”, e la piccola porta girò sui cardini ben oliati. Marie aveva la testa poggiata contro la sua spalla e le braccia attorcigliate attorno al suo collo; sapeva bene di non dover mettere piede per terra vicino alla porta, altrimenti non li avrebbe lasciati entrare. Con lei tra le braccia come una sposa romana, Cedric varcò la soglia raggiante, ed appena lasciò che Marie posasse i piedi a terra, agitò la bacchetta verso alcuni degli innumerevoli rubinetti ed immediatamente una fragranza di pino e resina si diffuse nell’aria, assieme a grosse bolle dorate. Il cardellino svolazzò come una freccia al di fuori del suo nascondiglio, rincorrendo le bolle in volo al fruscio dei loro vestiti che cadevano a terra.

Marie stava lottando con tutte le sue forze per cristallizzare la scena in quel singolo istante, rallentare il ricordo, farlo insabbiare ed impedire a Piton di invadere un angolo che era solamente suo, e tale avrebbe dovuto rimanere. Ma non ci riuscì. Per quanto cercasse di concentrare tutta la sua forza di volontà verso la bolla dorata, questa riflesse la chioma di Cedric, e quella presa tirannica ed asfissiante che le toglieva lucidità ne approfittò per forzare e balzare in avanti.

Il respiro di Cedric era veloce ed affannoso contro il suo orecchio, e Marie si era abbandonata completamente fra di lui, con l’acqua che accarezzava i loro fianchi – No!


Marie avvertì il sapore ferroso del sangue e la fredda, granulosa botta del pavimento di pietra con qualche secondo di ritardo. Senza alcun sostegno, era crollata a terra dallo sforzo, stordita. Mani gelide e invadenti la strattonarono in piedi per poi abbandonarla appena possibile, ed andò a schiantarsi rovinosamente contro uno scaffale, i cui numerosi barattoli dai contenuti dissezionati ondeggiarono pericolosamente. Finì per sedersi per terra, nell’angolo vicino alla porta, vagamente consapevole della figura di Piton che la guardava con disgusto dall’alto in basso.
Un’ondata d’odio puro e scottante le ribollì nelle vene, ed il velo appiccicaticcio e sporco dell’umiliazione la calò addosso come un volturo, mentre cercava di riprendere le forze.
Piton decise di non infierire. Aveva ottenuto quello che voleva.
La Potter avrebbe abbassato la cresta e si meritava un’umiliazione del genere, pensò la parte più perfida del professore, quella che si innalzava sopra la ragionevolezza ogni qualvolta gli occhi beffardi di quello strafottente di James Potter lo guardavano dal viso così somigliante a quello di Lily. Era una tortura. Almeno ora che evitava il suo sguardo, avrebbe potuto ingannarsi che quel ricordo fosse suo, che la figura rannicchiata fosse Lily, che lei fosse lì con lui, e non morta e sepolta nel cimitero di Godric’s Hollow. Tuttavia, vedere Lily in quella posa sofferente gli pungolò il cuore con una stilettata che non provava da anni.  Eppure, era lui la causa della sua sofferenza, lo sapeva bene.
Fu una fortuna per Piton che lei non osasse guardarlo negli occhi; altrimenti avrebbe intravisto la pietà e la tristezza che si celavano sotto lo strato di disgusto e lascivia.
Non aveva calcolato che stesse seviziando la sua vittima con un’arma a doppio taglio. Per un istante, fu felice che la Potter fosse riuscita a fermarlo, impedendogli di raggiungere il suo obiettivo più meschino e che aveva celato perfino a sé stesso, parte di un segreto che non avrebbe mai interamente rivelato a nessuno. Aveva quasi messo le mani su ciò che desiderava da anni e non aveva mai potuto avere.
Non in prima persona, ma forse in un altro modo, si era illuso, avrebbe potuto raggiungerla. Eppure, quella che considerava solo un veicolo del suo desiderio represso, invece di saziarlo l’aveva respinto.

La vista di Marie rannicchiata spalle al muro scatenò, per un singolo istante, il ricordo di Lily riversa senza vita sul pavimento straziato della stanza, e per quello stesso istante Severus Piton ebbe ribrezzo di sé stesso. Lily era morta per salvare la sua bambina, ed ora lui se ne stava approfittando calpestando il suo cadavere.
Avrebbe dovuto porre rimedio a quell’errore, o si meritava di essere dannato.
Se quella ragazza era riuscita, con il suo talento di Occlumante, ad impedire al lato più sudicio e perverso di sé di esplicarsi fino in fondo, era in debito con lei.
“Lezione conclusa, Potter. Non te ne occorreranno altre. Hai superato la prova. Vattene in infermeria a curare quella tua testa dura, se non ne sei capace tu.”
E che cavolo dico a Madama Chips, pensò Marie, furiosa per come la stava liquidando e tremante dall’umiliazione, la rabbia e il dolore che la scuotevano ad ondate febbricitanti.
Senza replicare, tuttavia, si diresse verso la porta, a cui Piton aveva tolto l’incantesimo che la sigillava. L’unica cosa che disiderava era mettere più distanza possibile fra sé e Piton.
Proprio mentre stava per afferrare la maniglia, delle nocche bussarono dall’altro lato, e la aprirono prima che il professore potesse rispondere.
Malfoy si trovò faccia a faccia con Marie, stravolta, con i capelli arruffati, le vesti spiegazzate ed un livido ed un brutto taglio sul viso.
Spalancò la bocca, immobile come un gargoyle, ed il suo sguardo scorse da Marie a Piton, e si soffermò di nuovo sul suo stato, proprio mentre il capo casa sbraitava,
“Non ti hanno insegnato a bussare, Malfoy?”
Draco, senza parole, riuscì appena a balbettare,
“È un’emergenza. Qualcuno ha …. ha stregato il muro attraverso cui dovremmo passare per accedere alla sala comune, ed ora insulta chiunque ci parli.”
“Sciocchezze Malfoy, è impossibile che uno studente possa incantare una delle entrate alle quattro case! Sarà uno scherzo di bassa lega, una barriera ingiuriosa o qualche altra trovata dei Grifondoro!” Detto questo, si precipitò fuori dall’ufficio, diretto più in giù verso il cuore dei sotterranei.
Marie cercò di evitare lo sguardo indagatore di Malfoy e riprese la sua bacchetta, abbandonata sulla scrivania. Era pronta ad aspettarsi un insulto, una battuta canzonatoria o il solito ghigno beffardo da parte di Malfoy, e al momento non avrebbe avuto la forza di ribattere.
Per una volta, era rassegnata a subire.
Tuttavia, non intravide nulla di tutto ciò sul viso di Malfoy. La sua aria afflitta e sottomessa spaventò Draco ancor di più, che sbiancò e continuò a fissarla. Incapace di sopportare oltre quello sguardo insolito e disperata per un briciolo di solitudine, si fiondò a sua volta oltre Malfoy e fuori dall’ufficio, ma ancora disorientata fece male i calcoli e finì contro lo stipite con un gran colpo.
Draco, allarmato e confuso più che mai, la afferrò prima che potesse barcollare altrove, cercando allo stesso tempo di starle distante, come se avesse paura di sporcarsi. Constatò che non puzzava di burrobirra o alcol come alcuni suoi compagni quando si comportavano in modo simile, e gli si strinse lo stomaco. Aveva una gran voglia di andarsene da lì prima che tornasse Piton.

“Per Merlino Potter, che ti succede?”
“Che succede a te Malfoy, stare lì così impalato!”
Gracchiò Marie con la voce debole suo malincuore, fallendo nell’intento di suonare sprezzante.
“Almeno io sto in piedi da solo.” Ribatté Malfoy in tono piatto.
“La Umbridge ti darà una spilla anche per questo, Malfoy?”
Marie si ricordò improvvisamente di cosa le aveva detto durante pozioni, poche settimane prima, e di come avesse portato Piton a capire quale fosse il suo punto debole.
“Toglimi le mani di dosso, Serpeverde!”
“Ma prego Potter!” E lasciò andare la presa.
Ingrata, pensò Malfoy irritato, cosa stava a preoccuparsi per chi lo disprezzava? Eppure la scena che si era trovato davanti agli occhi continuava ad apparirgli orrendamente dissonante e profondamente sbagliata. Lasciò che Marie lo superasse, incerta sulle gambe, e poi, dopo essersi guardato le spalle, la seguì, con tutta l’abilità di una serpe. Sapeva che la sala comune di Grifondoro si trovava in una delle torri, ma come pensava, lei non si diresse verso le scalinate più alte, ma balzò, e rischiò di cadere indietro, su una scala che conduceva al quarto piano.
Draco stette a due rampe di distanza, pronto ad appiattirsi nell’ombra se necessario, ma lei non si voltò nemmeno una volta. La intravide sgusciare furtivamente in un’aula semiaperta, e si accostò alla porta, incapace di entrare senza essere scoperto.
Dall’interno, gli sembrò di udire il cinguettare fioco di un uccellino, ma si convinse che fosse un’illusione, perché non lo sentì più. Al contrario, il suono di singhiozzi soffocati giungeva sufficientemente chiaro alle sue orecchie, e sarebbe rimasto lì, aspettando non sapeva cosa, se dopo alcuni minuti dei passi affrettati non lo avessero messo in guardia e non si fosse nascosto dietro una colonna.
Fu un bene, perché se Harry lo avesse trovato ad origliare, avrebbero di certo scatenato un putiferio duellando. Appena il gemello era sparito nell’aula, Draco si diresse di corsa verso la torre di astronomia, incurante del coprifuoco imminente.

Aveva bisogno di aria fresca che lavasse via l’atmosfera asfissiante e opprimente del sotterraneo, e le stelle lo avevano sempre aiutato a pensare. In fondo, portava il nome di una costellazione. Scala dopo scala, il pensiero lo arrovellava e corrodeva. Stava ricamando un dramma, la sua immaginazione cavalcava troppo in fretta, oppure avrebbe dovuto riportare quello che aveva appena visto?
“A chi, al capo casa?” Domandò una voce caustica.
“Fatti gli affari tuoi Draco, come hai sempre fatto finora. A loro non importa nulla di te, perché dovresti preoccuparti per la Potter? Si sa difendere da sola.”
Continuò, ma Draco non riusciva a darle ascolto. Svoltò un altro angolo e cominciò a scalare la rampa di scale a chiocciola.
È proprio questo il punto, era indifesa! Probabilmente si stava approfittando di lei ed era indifesa!” “Ma se non sai nemmeno quello che hai visto! Forse si è fatta male ed è passata per l’ufficio di Piton per una pozione.” L’ipotesi suonava talmente ridicola da essere già insopportabile sotto forma di pensiero.
Non era così. Non gli era sfuggito il sangue sul pavimento di pietra dell’ufficio.
Possibile che Piton avesse un lato tanto oscuro e minaccioso, possibile che potesse essere tanto vile verso una Grifondoro? Come poteva Silente non saperlo? Avrebbe dovuto dire qualcosa?
Il dubbio lo arrovellava.
Finalmente l’aria gelida lo aggredì, e l’agitazione che gli ribolliva nelle vene si calmò un poco. Raggirò la barriera e si avvicinò alla balaustra, lo sguardo puntato verso le stelle.

Guardando le stelle, una tranquillità fredda ma cristallina lo invase, e tentò di riconoscere le costellazioni come era solito fare da bambino, senza successo.
Il dubbio rimaneva.

Ora non era più sola, se ne era accertato lui stesso. Non poteva bastare quello? Il gemello tronfio l’avrebbe aiutata, come sempre, quei due non erano mai davvero soli.
“Se davvero è successo quello che credi, ci penserà Potter a correre da Silente. Non occorre che lo faccia tu.” Draco dovette ammettere che sembrava un’ipotesi ragionevole, e, cosa più importante, lo assolveva da qualsiasi responsabilità.
Le stelle gli sembrarono brillare più fulgide, ora. Com’era solito fare, abbracciò immediatamente quella che gli appariva come la via più sicura, e la sua coscienza smise di disturbarlo, per quella sera.

Tuttavia, non avrebbe più taciuto a lungo, ormai era stata risvegliata.



Marie biascicò qualcosa nel sonno e si agitò inquieta, ma tutto ciò che Draco riuscì ad afferrare fu il nome di Harry. Tornò a seguire il filo dei suoi pensieri.
Chissà se sua madre aveva colto l’indizio lasciato a suo padre. Doveva essere così, cercò di convincersi Draco, il messaggio era chiaro. Sperò che ripartissero presto, avevano ancora molta strada da fare per Londra. Al pensiero del negozio di Burgin & Burke e di come avessero intenzione di arrivare ad Hogwarts, si ricordò di come l’anno precedente avesse rifiutato con disprezzo e risolutezza ogni aiuto di Piton.
Da quella sera irrisolta nutriva per quell’uomo una diffidenza e un ribrezzo radicato nelle sue viscere, e le attenzioni che gli dedicava non solo lo mandavano su tutte le furie, ma lo facevano sentire complice dei suoi intenti, e sapeva quanto perversi potessero essere.

All’improvviso un grido lo fece sobbalzare da terra, e la creatura alzò il muso da terra e drizzò le orecchie, allarmata.
Portò istintivamente la mano alla bacchetta, sebbene realizzò subito che era solamente Marie, risvegliatasi di soprassalto. Si alzò e girò attorno alla creatura, che si era risistemata, per sedersi accanto a Marie.

“Stai bene?” Le domandò, sentendosi un po’ a disagio per il filo dei suoi pensieri precedenti.
Lei lo guardò con gli occhi persi nel vuoto, pieni di orrore e allarme.
“Dobbiamo muoverci. Tu-Sai-Chi ha scoperto che stiamo cercando gli Ho…insomma, degli oggetti vitali per lui. Dobbiamo assolutamente arrivare ad Hogwarts e riunirci ad Harry, e trovare gli altri oggetti prima che sia troppo tardi. Uno è sicuramente ad Hogwarts, ed ha a che fare con Corvonero.” Parlava come spiritata, più a sé stessa che a lui, ma d’un tratto tornò i sé.
“Ma tu, stai bene? O mio Dio, mi sono addormentata!” Balzò in piedi e si contorse le mani, un vizio che aveva preso dalla sua amica.
“Come va la ferita?” Esclamò, chinandosi di nuovo verso di lui.
Draco credette che si rivolgesse al Marchio; il dolore causato dal pugnale era stato tanto forte che se lo ricordava solo in modo confuso, e la preoccupazione per la maledizione del Marchio, unita al fatto che la saliva della creatura aveva narcotizzato la ferita, gliel’aveva fatto dimenticare.
“Non ci crederai, ma la saliva della creatura sembra aver fermato il Marchio. Lo sta dissolvendo.” Disse piano, togliendosi il giaccone e mostrandole il braccio.
Marie corrucciò il viso in un’espressione incredula, per poi spalancare la bocca, non senza una smorfia di dolore, meravigliata.
“Non è possibile, è un miracolo…” Sussurrò, tracciando con il dito la lunghezza del suo avambraccio, facendolo rabbrividire. La pelle era ancora irritata e Draco l’avvertiva, al suo tocco, come se fosse effettivamente scorticata.
“Ahi” Disse ostentatamente, per farla smettere.
“Oh scusami! È così straordinario che non ho resistito.” Si scusò lei imbarazzata.
Tacque, pensierosa, per alcuni istanti.
“Dici che abbia fermato la maledizione, quindi?” Domandò, ancora stentava a crederlo.
Possibile che la soluzione che sembrava impossibile si fosse offerta a loro così spontaneamente?  Lesse la stessa domanda negli occhi di Draco.
“Non la sento più farsi strada nella mia carne, e la fitta al petto che mi tormentava da alcuni giorni è svanita. Ma il braccio è ancora indolenzito e la pelle la avverto come scorticata, fa un male tremendo. Ma il serpente sta svanendo, guarda bene anche tu.”
Le protese l’avambraccio, e stavolta Marie fece attenzione a non toccarlo. Notò anche lei un fluido argenteo avviluppare la coda del serpente, anche se sarebbe stato difficile affermare con sicurezza che stesse avanzando.
“Dobbiamo proprio andare ad Hogwarts. Là troveremo qualcuno in grado di farti una fasciatura come si deve. Io non sono molto dotata, come avrai notato.”
“Cosa?” Domandò Draco, confuso.
“Come cosa? Guarda la tua spalla! – Quella destra!” Aggiunse spazientita, vedendo che Draco controllava quella avviluppata dal Marchio. La fasciatura alla bell’e meglio con un brandello del suo mantello si era allentata, e per Draco non fu difficile toglierla. Era così molle che nemmeno se n’era accorto.
Osservò con orrore e sgomento lo squarcio che si apriva fra l’attaccatura dell’omero alla clavicola, e la sottile pellicola trasparente che la ricopriva. Un alone bluastro e violaceo la circondava, e quando tentò di ruotare il braccio, un dolore lancinante lo trapassò. L’effetto narcotizzante della saliva stava svanendo.

Perché se si mostrava tanto forte contro il Marchio, sembrava proteggere debolmente la ferita della lama?
“Ti ricordi cosa è successo?” Domandò Marie, con voce morbida.
“Mi ricordo che mi sono fiondato fra te e Bellatrix, che aveva l’aspetto di mia madre, per impedire che ti pugnalasse e non perdere la Passaporta.”
Non gli occorreva una spiegazione di ciò che era accaduto dopo, se lo poteva facilmente immaginare.
“Come ti sei disfatta di Bellatrix?”
“La creatura è piombata dal cielo e l’ha assalita, per poi leccare la tua ferita, che sanguinava in modo…strano.” Marie rabbrividì al ricordo.
“Era tramortita, così l’ho legata ad un albero e l’ho mollata lì. Spero sia ancora lì impalata, ma ne dubito.”
Draco annuì, scuro in volto. Conosceva i passatempi della detestata zia.
“La lama è maledetta. È imbevuta in un’antica pozione di famiglia che impedisce a qualsiasi ferita di rimarginarsi. È un miracolo che l’emorragia si sia fermata.”
“La creatura deve avere poteri straordinari, e ancora sconosciuti. Non compare nel libro di Newt Scamander, e lui ha girato il mondo intero!”
Hermione ci aveva visto giusto, pensò Marie, solo un rimedio ignoto aveva potuto fermare il Marchio.
Entrambi pensarono nostalgici a Luna ed alle sue mani abili.
“Te la senti di Smaterializzarti?” Gli domando Marie, cambiando tono e diventando pragmatica.
“Sì.” Non era vero, ma voleva assolutamente arrivare a Londra il più in fretta possibile, e lo stesso valeva per Marie. La furia di Voldemort e la distruzione che aveva disseminato intorno a lui, così come la determinazione assassina con cui si era prefisso di controllare i luoghi degli Horcrux, la riempivano di terrore per Harry, dovevano assolutamente riunirsi per essere più forti e poterlo affrontare.
Lei glissò sulla sua bugia, e osservò l’orizzonte. Il castello era visibile dal cimitero, e la sua sagoma maestosa si stagliava sempre più chiara all’orizzonte. Stava albeggiando, e presto avrebbero dovuto trovarsi nelle vicinanze di un altro castello.
Draco, tuttavia, voleva assolutamente approfittare della rara intimità che rimaneva loro per affrontare la questione che riguardava unicamente loro due.
“Aspetta ancora un momento.” La fermò.
Marie alzò un sopracciglio, interrogativa. Pensò che stesse per riferirsi alla creatura, lei difatti si stava domandando come avrebbero fatto a portarla ad Hogwarts. Le parole seguenti tuttavia furono una doccia fredda.

“Non possiamo più ingannarci, dobbiamo smettere di ignorare l’evidenza. Il Pathos Cogitatio ci è sfuggito di mano fin dall’inizio.”
Marie si sedette di nuovo accanto a lui, con un gran sospiro. La creatura cominciò a muovere la coda di qua e di là, con un rumore lento ma costante.
“Sì, è innegabile. Ad Azkaban è avvenuto senza che potessimo controllarlo, fin da prima che entrassimo, anche se si è rivelato di nuovo molto utile.”
“Non dico che non sia utile, ma non è questo il punto.” Continuò Draco, senza capire se lei stesse facendo la finta tonta o se fosse ancora all’oscuro di ciò che avevano condiviso.
“Dici il fatto che ho visto il tuo ricordo, quello nel campo di fiori?” Domandò lei, esitante.
Questo non sorprese più di tanto Draco, se l’era già immaginato, riflettendo sugli episodi in cui era avvenuto.
Ecco, ora devo dirglielo. Merda. Se mi affattura mi riduco ad un bidone, pensò Draco.
“Sì, diciamo di sì, ma non solo.” Esitò, non sapeva come continuare. La prese larga.
“Mi riferisco ai sogni, in particolare.” Tacque, e Marie non disse nulla.
Le lanciò un’occhiata, timoroso, ma vide solamente sorpresa nel suo sguardo. Draco si maledisse, perché non capiva? Avrebbe preferito che ci arrivasse lei, invece così ogni passo era penoso.
“Aspetta, allora quel sogno orrendo che ho appena fatto è stato a causa tua?”
Come? Di cosa lo stava accusando?
“Il sogno del sotterraneo, quando Piton…” Si interruppe e deglutì con forza.
“Bé, quando tu sei entrato di sorpresa, io non…non stavo bene e fin lì sarebbe anche stato normale, ma poi io era te e ho visto cose che non avrei mai potuto immaginare, tu mi hai seguito!” Il tono, si sorprese Draco, non era accusatorio, ma sofferente.
“E sei andato sulla torre si Astronomia. Era il tuo sogno, quello?”
Dopo quella scena, la rabbia di Voldemort e la visione che sicuramente aveva avuto anche Harry aveva soffocato temporaneamente quel ricordo, al suo risveglio, ma ora era dolorosamente vivido.
“No, dovevano essere i miei pensieri, devono aver interferito con il tuo sogno…” Disse Draco, preso in contropiede. Ora anche quello, si disse, esasperato, non bastava il resto!
“Quello che dico io è che a Villa Conchiglia, ho fatto un sogno che era indubbiamente tuo!"
“Come fai ad esserne certo?” Domandò Marie, a voce bassa.
Draco sentì il sangue salirgli alla testa, e fu felice che il sole non fosse ancora sorto e non distinguessero chiaramente i propri visi.
“Perché io ero te, e insomma, solo tu eri così… vicina a Cedric.”
Sperò non dovesse rivelarle che aveva spiato un frammento di quella scena anche dal vero.
La bacchetta di Marie fece scintille, ma il suo viso era rigato dalle lacrime, Draco le scorse copiose nonostante la luce fioca. Lei soffocò un ringhio di rabbia e gli voltò furiosa la schiena, ma una tristezza immensa l’invadeva, e Draco questo lo avvertiva, perciò non si scostò.
Perché, perché quei momenti impagabili e meravigliosi che aveva vissuto con Cedric non potevano essere suoi, solamente suoi, come avrebbe dovuto essere normale?
Non bastava Piton e la sua intrusiva, intollerabile lascivia, non bastava che la morte le avesse strappato Cedric quando appena avevano cominciato ad amarsi, che mani estranee avessero tentato di strapparle via perfino il suo corpo, non bastava. Ora anche Malfoy aveva rubato un frammento del loro piacere, e quel dolce momento non era più suo. La rabbia cozzava con la tristezza incommensurabile, e un pensiero dettato dall’ira l’invase. Era uguale a Piton, un Serpeverde viscido e schifoso anche lui, invadente e strisciante.

Ma no, lui, Draco non lo aveva voluto, era imbarazzato e da come glielo aveva detto, avvertiva che avrebbe voluto fermare quel fenomeno, le disse la voce più ragionevole.
Erano ugualmente impotenti di fronte al legame che si era instaurato fra di loro e li avvicinava sempre più.
“Non avevo mai immaginato che ti fossi preoccupato per me.” Proruppe, ricordando l’ultima parte del sogno, quella estranea. Draco sollevò lo sguardo da terra e la guardò esitante.
“È stato nobile da parte tua. Quasi da Grifondoro”
E abbozzò un sorriso timido, fra le lacrime che scorrevano inarrestabili.

“Quasi” Ripeté Draco amaramente.
“Io, mi dispiace Marie. Non avrei mai voluto invadere i tuoi ricordi. E mi detesto per non aver avuto il coraggio di agire, quella sera.”
Queste parole sorpresero Marie.
“Ma cosa dici, non avresti potuto fare nulla. Mi aiutasti già come potevi.”
“Mi riferisco a Piton… quel viscido! Io non se ti ha fatto quel che ti ha fatto, ma il pensiero mi ha tormentato per settimane! Non doveva metterti le mani addosso.”
Marie cominciò a fare uno più uno, e un’ondata di vergogna la travolse nuovamente, acuta come quel giorno. Certo Draco aveva potuto pensare il peggio, e non ci era andato tanto lontano, pensò amaramente Marie. Se non fosse per il fatto che la violenza di Piton era stata interamente psicologica, e per fortuna non lo aveva lasciato andare fino in fondo, non aveva sbagliato di molto.
“Draco, non è così grave, non ti tormentare.”
Si girò interamente verso di lui, ed appoggiati alla creatura dalla pelle serica, non erano mai stati così vicini.

Lui la guardò, senza dirle nulla, con uno sguardo morbido e delicato a lei nuovo.
“Piton non mi ha messo le mani addosso, almeno non fisicamente. Con l’esca dell’Occlumanzia avanzata, è penetrato nei miei pensieri più intimi, cercando di prendere e rendere suoi gli attimi che appartenevano solamente a me e Cedric, quelli che non vorresti mai rivelare a nessun altro.”
“Ci è arrivato molto, molto vicino, ed ha certamente visto molto più di quello che tu ti rimproveri, ma sono riuscita a fermarlo. Nello sforzo sono caduta ed ho sbattuto contro il pavimento. Poi sei arrivato tu. Per questo un attimo fa ero arrabbiata con te, perché pochi attimi così intimi sono rimasti ancora miei.”
Draco avrebbe voluto essere sollevato da quelle parole, ed una parte di lui sicuramente lo era, ma al tempo stesso rabbia e disgusto l’invadevano di nuovo.
Afferrò la mano di Marie e la strinse forte fra le sue.
“Marie, guardami.” Lei lo fece, anche se con vergogna.
“Non sminuire quello che ti ha fatto. Sono uno stupido Serpeverde, ma proprio per questo la violenza la so riconoscere anche nelle sue forme più contorte, e se quello che avevo visto mi ha tormentato per settimane, ci sarà un motivo.
È una violenza fatta e finita, ma tu non ne hai colpa.”
“Si invece, sono stata una stupida. Sono felice che Cedric sia morto, non saprà mai che ho rovinato ciò che era stato.”
“Non lo hai rovinato. Quello schifoso si è approfittato di te quando eri più vulnerabile, ma quello che avete vissuto fra di voi rimarrà sempre puro e sincero.” Marie lo guardò, sconsolata.
“I ricordi sono solamente una traccia, che la magia manipola e a volte intacca. Quello che c’e stato fra di voi l’avete goduto solamente voi due, e sarà sempre vostro.”
Cercò il suo sguardo, e non la lasciò sfuggire finché non fu certo che la decisione presente nei suoi occhi si fosse riflessa in quelli di lei. Con sua sorpresa, lei fece per appoggiare il capo sulla sua spalla, poi si ricordò della ferita e si appoggio al suo petto, chiudendo gli occhi.
Draco non la disturbò, sperando che le sue parole stessero facendo effetto. Si godette la sua vicinanza, che lo risollevava sempre, quando era libera da rancori. Rimasero così per un po’, Marie ascoltando il battito nuovamente forte e regolare del suo cuore, e lui assaporando la sensazione del suo corpo caldo contro il suo.
Il sole sorse, e la giornata si prospettava fredda, ventosa e serena fra le viuzze di Edinburgh. Entrambi volsero lo sguardo verso il castello loro guardiano, che sembrò un monito ad affrettarsi.
Si staccarono e volsero verso la creatura, che aveva cominciato ad agitarsi e sbattere le ali.
Draco prese l’iniziativa e si avvicinò al suo orecchio.
“Vola più su, Niké, va ad Hogwarts, il castello magico più a Nord. Ci ritroveremo lì.”
E le accarezzò il dorso dalle vertebre sporgenti. Niké lo guardò negli occhi e sbatté le ali, in quello che per Draco era in tutto e per tutto un segno di assenso. Si librò in volo leggiadra e fluida, diventando un puntino sempre più piccolo contro il cielo chiaro.
“Come l’hai chiamata?” Domandò Marie, prima che si smaterializzassero.
“Niké. Ci porterà alla vittoria.”

Quel mattino, il curatore del Writers’ Museum di Edinburgh lo cominciò facendo una passeggiata per le vie della città che aveva abitato sin da bambino, e decise di passare per il Greyfriars. Passeggiava tranquillo fumando la pipa, quando delle bizzarre orme fra l’erba attirarono la sua attenzione. Sembravano gli zoccoli di un cavallo.  Strano, pensò, emettendo uno sbuffo di fumo. Cosa ancora più bizzarra, sembravano finire nel nulla, come se il cavallo che avrebbe dovuto gironzolare libero per Edinburgh in quel preciso istante, dato che le orme erano fresche, avesse preso il volo. Il vecchio, colto e saggio, si strinse nelle spalle e proseguì godendosi la vista del castello, che si stava lentamente risvegliando, accarezzato dal vento tagliente. La vista di altre orme, decisamente umane questa volta, che svanivano a loro volta spezzò un sorriso sul suo volto rugato dall’esperienza.
Uno dei motivi per cui amava la sua città erano i suoi tanti misteri.



Angolo dell’autrice

Miei cari lettori, eccoci con un nuovo capitolo.
Il caso vuole che la scorsa settimana un esame abbia mandato in frantumi la mia forza creativa per gran parte della settimana, ma ho ingranato la marcia nel tempo rimasto e cercato di limitare il ritardo al minimo.
In questo capitolo, come avrete notato, ho pensato necessario aggiungere un avvertimento. Vorrei sottolineare che gli eventi narrati hanno lo scopo di portare a riflettere, ma cosa più importante, hanno la loro ragione di essere all’interno dell’ecosistema del racconto.
Le due necessità si fondono. Sarei molto curiosa di sapere cosa ne pensiate, e di rispondere alle vostre recensioni.
La realtà, questa impietosa dispensatrice di gioie e dolori, ha funto da spunto per l’episodio fra Marie e Piton. Il caro De André era solito dire, “Dal letame nascono i fiori”, e spero che sia così anche per questo capitolo.
La narrazione si concentra su Draco e Marie, ma non preoccupatevi, Harry Ron ed Hermione non sono stati dimenticati, ma ai due occorreva proprio un momento di tranquillità per sciogliere alcuni nodi.
Avrei voluto aggiungere più dettagli sulla meravigliosa Edinbirgh, ma la storia non me lo vuole permettere. Mi limito a dire che il Writers’ Museum esiste davvero, così come il suo curatore, uomo oltremodo affabile, colto e saggio.
Mi immagino che avrebbe reagito esattamente così, di fronte al soprannaturale di cui è ricca la sua antica città. Ma se andaste a trovarlo, prego siate discreti ;-)
Ringrazio tutti voi che mi seguite, ed un abbraccio colmo di affetto va ai miei amici recensori, è sempre un onore rispondervi.
Un grazie particolare va a:

Francy
Em
Bea
Angyp

Siete la mia forza e motivazione!
Buona lettura a tutti voi,

A presto,
Claire

P.S Un premio va a chi individua per primo le citazioni/ i richiami a Shakespeare e Neitzsche nel capitolo, due in totale. Faccio Sul Serio.





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Capitolo 13
*** I Gallesi ***




I Gallesi



Ron era ancora intento a scrutare il grigio cielo gallese, ripensando nervosamente al drago perlaceo che li aveva trasportati fin lì, quando l’amico occhialuto lo distrasse dalle sue preoccupazioni.
“Dobbiamo andare ad Hogwarts, non c’è tempo da perdere!”
Harry balzò in piedi dolorante dalla conca in cui era scivolato, senza fiato.
“Harry, cos’è successo?”
Hermione smise di rovistare nella borsetta di perline per avvicinarsi a lui, l’ansia nei grandi occhi color ambra.
La sua voce femminile non fece che causargli una fitta di solitudine più acuta; sapeva che Marie aveva visto esattamente quello che si era parato davanti ai suoi occhi, ed era certo che anche lei avrebbe preso la loro stessa direzione il più presto possibile.
La sua lontananza lo stava logorando: ogni istante che passava si sentiva più vulnerabile, ed ora che Voldemort era alle loro calcagna, la paura per la gemella schizzò alle stelle.
“Voi-Sapete-Chi ha scoperto che stiamo dando la caccia agli Horcrux. Sta per controllare se sono tutti ancora al loro posto”
Ron impallidì e cinse la vita di Hermione, e tutti e tre volsero lo sguardo verso la coppa di Tassorosso, che scintillò ad un debole raggio di sole sfuggito alla coltre di nubi sopra di loro, sempre più scura e minacciosa.
“Miseriaccia, non abbiamo pensato che potesse scoprirci!” Farfugliò Ron guardando Hermione in cerca di aiuto, ma lei non seppe rispondergli, questa volta.
Aveva lo sguardo perso nelle nuvole, cosa insolita per lei.
“Che facciamo adesso?” Domandò nervosamente Ron.
“Ve l’ho appena detto! Dobbiamo assolutamente andare ad Hogwarts come da piano, e cercare l’Horcrux di Corvonero prima che ci intercetti.” 
La stanchezza, la fame e la rabbia di Voldemort che risuonava ancora nelle sue vene lo rendevano irritabile, ed era teso come una corda di violino dalla preoccupazione.
“Bé, allora smaterializzamoci no?”
Fece Ron volgendosi verso Hermione, cercando di smorzare il tono snervato dell’amico.
Hermione, tuttavia, fissava a bocca aperta il cielo, incurante della mano di Ron che stringeva la sua.
“Li…li vedete anche voi, vero?”
Harry e Ron, sconcertati, alzarono il capo verso le nuvole, e stentarono a credere ai loro occhi. 
Sopra di loro, una formazione di maghi in sella alle proprie scope stava invertendo ordinatamente la rotta, dirigendosi proprio verso di loro. Ad occhio, giudicò Harry, avrebbero potuto essere una quindicina. Due squadre di Quidditch, all’incirca.
Erano tutti avvolti da vesti scure e lacere, e mentre planavano formarono un cerchio attorno ai tre, che si affrettarono ad estrarre le bacchette. Il fruscio delle scope che perdevano quota si mescolava a parole che né Ron né Harry avevano mai udito, ma ad Hermione una di quelle suonò famigliare, ed allentò la presa sulla mano di Ron.
“Sono amici” Fece appena in tempo a sussurrare, prima che una voce a loro assai nota, ma che non udivano da tempo squarciò gioviale l’aria.
“Harry, sei proprio tu! Ron! Hermione! Non posso crederci!”
L’ultimo mago ad atterrare fu il primo a scendere dalla scopa e corse loro incontro, sotto le occhiate guardinghe degli altri.
“Dean!” Ron abbassò la bacchetta, incredulo, “Ma che ci fai in sella ad una scopa nel mezzo del Galles?”
“Lunga storia, lunga, ma potrei farvi la stessa domanda!”
Batté una mano sulla spalla a Ron e ad Harry, e quest’ultimo gli rivolse un sorriso tirato. Malgrado fosse felice di rivedere l’amico e saperlo libero dalle grinfie del Ministero, l’unica cosa che riusciva a pensare era che stavano perdendo tempo prezioso.
Ciò nonostante, due figure massicce e autoritarie richiesero la loro attenzione, smontando di sella con sicurezza ed avanzando decisi verso di loro. Il viso del giovane sulla destra gli sembrava famigliare: la barba incolta ed i capelli disordinati e agitati dal vento erano decisamente nuovi, ma quello sguardo da falco e la camminata un po’ scoordinata non avrebbe mai potuto dimenticarli.
“Viktor!” Esclamò Hermione, vedendo la sua intuizione confermata.
“Krum!” Sbottò Ron, con un tono a metà fra l’ammirato e lo scocciato.
“’Giorno Hermi-one, Ron” Rivolse loro un cenno del capo, affabile per i suoi standard di giocatore introverso. L’aver solcato selvaggio i cieli del Galles per settimane lo aveva evidentemente reso più loquace, pensò Harry, con ironia inaspettata.
“Harry Potter…sono felitce di vederrti vivo.”
E così dicendo gli strinse la mano, ma il compagno al suo fianco gli diede appena il tempo di lasciarla, prima di fare un balzo felino in avanti ed afferrare a sua volta la mano di Harry, con un largo sorriso sul viso sbattuto dal tempo.
“Harry Potter, che onore! Io e la mia squadra abbiamo sempre sperato di imbatterci in voi, ed ora è successo!” Scosse vigorosamente il braccio di Harry, che ricambiò il suo sguardo entusiasta sotto la zazzera di ricci capelli biondi, cercando di mettere a fuoco il mondo attorno a lui nonostante gli occhiali gli ballassero sul naso.
Dall’accento, aperto e ruvido come il mare, comprese che era uno dei giocatori della nazionale del Galles.
“Continuate a resistere, Potter, continuate. Ma dov’è tua sorella? Ho tre cacciatori che rimarranno molto delusi di non vederla.”
“Ecco, noi stavamo proprio per partire per ricongiungerci, quando siete arrivati voi.”
Gli altri membri delle due squadre, distinguibili per i tratti somatici oltre che per la stazza imponente di molti dei giocatori bulgari, si avvicinarono a loro volta. Alcuni li guardavano incuriositi, altri si distesero a riposare sull’erba e tre dei gallesi si misero a scherzare con Ron, scoppiando in risate profonde che Ron ricambiava un po’ incredulo.
Harry fu grato di aver riposto la coppa nella giacca, prima di apprestarsi a partire.
“Credevamo che foste dei Nati Babbani in fuga, allora abbiamo invertito la rotta per soccorrervi, è questo che facciamo la maggior parte del tempo, oltre a dare una bella suonata a tutti i Ghermidori che incontriamo.” Fece Dean, al settimo cielo nel rivedere gli amici.
Krum nel frattempo si era rivolto ad Hermione, che lo stava ringraziando per la lettera, ma Harry si stava arrovellando per trovare un modo per volgere quella situazione a loro favore.
Un giocatore gallese si tolse il berretto avvicinandosi a lui ma non accennò a stringergli la mano, con sollievo di Harry, il capitano gliel’aveva stritolata già abbastanza.
Con movimenti lenti ma precisi tirò fuori una pipa riccamente intagliata e cominciò a sbuffare fumo denso e di un verde cangiante. Gli gettò un’occhiata sorniona e dopo una profonda boccata tese la pipa verso di lui.
“Ehr…Non fumo, a dire il vero.”
“Prova, è speciale. In famiglia ce la passiamo da generazioni. Non la farei fumare a nessun altro, ma se dicessi al mio vecchio che questa bellezza ha sollevato anche te, tornerebbe un giovanotto.”
Harry, a metà fra l’esasperato e l’affascinato, si arrese allo sguardo scintillante e serafico del giovane, che poteva avere al massimo qualche anno più di lui, e aspirò una boccata.
Un penetrante odore di resina, muschio e alghe salmastre inebriò i suoi sensi, e gli sembrò di udire una carena scricchiolare ed avvertire uno spruzzo d’acqua salmastra sul viso. Strizzò gli occhi, ma i contorni della realtà furono coperti da un velo smerlando che portò con sé una piacevole sensazione di leggerezza. Deliziato suo malgrado dal profumo di rugiada con cui il velo lo ammantava, prese un’altra boccata. L’odore di resina e alghe si fece pungente, e gli sembrò di distinguere una figura, assai bizzarra, fra la cortina. Il suo cuore fece un balzo nel riconoscere la chioma color fenice della sorella, e quella più chiara di Malfoy appoggiata contro di lei. La ragnatela perlacea di due grandi ali scure si stagliava dietro i loro visi stanchi, ma qaando si domandò cosa fosse, l’odore di muschio lo stordì e la visione andò in fumo.
Mise a fuoco con fatica lo sguardo penetrante di chi realizzò finalmente essere Bleddyn Dacey, il cercatore del Galles. Lo stava osservando divertito con due occhi grigi che, notò Harry, ancora ammaliato dal profumo, ricordavano quelli di un lupo.
“Me lo immaginavo che avresti visto qualcosa”
Si intascò la pipa e accomodò sulla sua scopa, con movimenti lenti ma aggraziati.
Harry spalancò la bocca, poi la rischiuse, e l’aprì di nuovo.
“Aspetta, cosa mostra il fumo?”
Bleddyn si calcò il berretto in testa, incantato per non volare via con il vento.
“Se sei fortunato, ti mostrerà la persona che occupa i tuoi pensieri. Se sei sfortunato, bé, ognuno vede una cosa diversa.” Si volse verso i due capitani con un fischio.
“Vado a fare un giro di ricognizione!” Annunciò con voce tonante.
“Non metterci un’eternità come l’altra volta Dacey!” Lo redarguì bonario il portiere gallese mentre questi si alzava in volo.
Harry non riusciva a squotersi di dosso la visione di Marie e Draco in sella a quella misteriosa creatura, in volo chissà dove, probabilmente ancora lontani da Londra. Perché non si smaterializzavano e basta, si domandò preoccupato. Uno di loro doveva essere ferito, era l’unica spiegazione plausibile.
Krum, seguito da Ron ed Hermione, interruppe il filo dei suoi pensieri.
“Harry, Hermi-one ha detto che volete passare da Hogsmeade. Questa non è buona idea, il villaggio è sorrvegliato giorrno e notte da Mangiamorte e incantesimo gnau - ” Krum dovette concentrarsi “gnau-lante. Se entrate da soli, vi prenderanno di sicuro.”
Harry era sicuro che fosse il discorso più lungo che avesse mai udito da parte del giocatore.
Da cercatore a cercatore, i due si compresero senza bisogno di altre parole.
“D’accordo, per me si può fare.”
Hermione gettò un’occhiata ansiosa alle scope, per niente felice della piega che stava prendendo il discorso. Il capitano, che Ron riconobbe come Wynn Embrey, si inserì nella conversazione, dondolandosi sulle punte dei piedi in modo assai bizzarro per la sua figura imponente.
“Splendido, avremo un cambio di scenario. Propongo di gettare lo scompiglio nel villaggio e attirare i Mangiamorte lontano da voi, così che abbiate tempo di arrivare dove vi occorre.”
Ron lo guardò ammirato, probabilmente colpito dal tono pimpante con cui parlava di un agguato selvaggiamente rischioso.
“Quei bulli tatuati si muovono sulla scopa come se fosse un palo della luce, vero Beaven?” “Direi piuttosto che sembra abbiano un palo su per il -”
Qui il più basso dei tre cacciatori, Bran Broderick, fece segno a Llew Beaven di fermarsi.
“Sarà divertente insegnar loro come si fa davvero, alle scope non frega nulla del tuo stato di sangue.”
“Aspettavamo da un pezzo una scusa per una bella regolatina di conti, ci siamo quasi stufati di girare per le nostre colline.” Il cacciatore con lo stesso berretto di Bleddyn calcato sul capo fece loro l’occhiolino. 
“Bene allora, si parte?” Bleddyn Dacey planò proprio in quel momento di fianco ai Bulgari.
Il loro portiere, Drakovich, era di origini serbe, e sfilò una bottiglia di Rakja dal mantello.
“Prima brindisi. Porta fortuna.”
“Non esagerare.” Lo richiamò severo Krum, aggrottando le sopracciglia.
Hermione si lasciò sfuggire uno squittio.
“Tu non preoccupare Hermione, noi siamo abituati.”
“Io no invece!” Dean ammiccò a Ron ed Harry “Se fossi in voi, non la proverei ora, dopo due bicchierini di quella roba mi sono quasi disarcionato.”
Harry, al contrario, avrebbe proprio voluto annegare la sua preoccupazione in una bella botta di whisky incendiario, o qualsiasi altro superalcolico, ma si impose di rimanere lucido. Presto avrebbero dovuto avere tutti i sensi all’erta.
Ma quando tutta questa storia sarà finita, nessuno mi impedirà una bella sbronza, pensò dando ascolto ai geni Malandrini che albergavano in lui e reclamavano ascolto.
Ron, Harry indovinò dal suo sguardo desideroso verso la bottiglia che stava passando di mano in mano sotto le occhiate di disapprovazione di Hermione, provava il suo stesso impulso, ma per ragioni ben diverse.
Le due squadre si smaterializzarono poco dopo, fra due colline a qualche miglio da Hogsmeade.
“Qui dovrebbe essere sicuro.” Disse Embrey, montando in sella.
“Tempo uggioso e nebbiolina: perfetto per una bella sorpresa.”
Alwyn Dacey ammiccò al fratello, che gli passò al volo la pipa.
Con grande disappunto del giovane Weasley, Krum aiutò Hermione a salire in sella alla sua Firebolt, molto meno lucida di qualche anno prima. Hermione invece sembrò leggermente sollevata nello scoprire Krum come compagno di viaggio, dato che lui non aveva toccato nemmeno un goccio di Rakja.
Ron, che sembrava stesse per trasformarsi in un’imitazione piuttosto fedele dell’espresso per Hogwarts, paonazzo e fumante, fu felice di essere invitato in sella dal battitore mancino con cui aveva stretto amicizia, Cadfan Bowen, mentre Harry fece scorrere le dita sulle rune intagliate nella scopa dell’altro battitore, Arawn Lewis, snello come i gemelli Weasley e dall’aria altrettanto sveglia.
“Un’antica formula magica, fa fare alla scopa cose incredibili, un giorno potrei fartele vedere, ma non stasera.” Con una spinta dal suolo si sollevarono in volo, all’unisono. I Bulgari diventarono improvvisamente seri e silenziosi, e nemmeno i Gallesi proferirono parola una volta in aria.
Harry ritrovò in un lampo tutta la sua forza e il suo coraggio, era nel suo elemento, a cavallo di una scopa. Le preoccupazioni rimpicciolirono come gli alberi sotto i loro piedi, e la sua mente fu libera di spaziare nel cielo all’imbrunire.
Il battitore volava sorprendentemente leggiadro, Harry quasi non avvertiva le virate.
Contorse il collo per controllare che Ron ed Hermione stessero bene. Lei era evidentemente tesa, immobile sulla Firebolt, ma con Krum al manico non c’era da temere. Ron voltava il capo a destra e sinistra, immaginando di essere parte di una famosa squadra di Quidditch, Harry dedusse dalla sua espressione temporaneamente beata.
Tuttavia, era destinata a durare poco.
Vide Bowen dare una gomitata nelle costole a Ron, e Lewis fece altrettanto con lui.
“Villaggio in vista. Preparatevi a saltare giù.”
Non di nuovo, pensò Hermione, che giornata orribile.
In effetti, le luci del villaggio si erano fatte distinguibili ed erano sempre più vicine, i tetti diroccati sempre più grandi, il reticolo di viuzze sempre più chiaro, finché sette di loro virarono bruscamente verso Ovest, perdendo velocemente quota, ed altri otto verso Est.
“Buona Fortuna!” Dean riuscì a farsi sentire sopra il vento della discesa in picchiata, proprio quando Lewis e Bowen sterzarono bruscamente, ad un metro dal suolo, e ruggirono all’unisono “Ora!”
Harry sarebbe saltato anche senza l’incitamento, ma dietro di loro, Krum quasi sfiorò terra per evitare uno spavento ad Hermione, che aveva nascosto il viso contro la sua schiena.
I tre fecero appena in tempo a poggiare i piedi a terra che un grido spaccatimpani lacerò l’aria, prolungandosi a ondate come la sirena di un antifurto.
I loro cavalieri scattarono verso l’alto in una vertiginosa inversione di rotta, diretti verso il centro di Hogsmeade.
“Presto, qui sotto!”
Harry si affrettò a gettare il mantello su di loro prima che qualcuno potesse scorgerli nella viuzza per il momento deserta.
Lampi di luce cominciarono immediatamente a tingere il cielo, e fatture e incantesimi in gaelico e bulgaro, a loro incomprensibili, si mescolarono alle grida orribilmente famigliari delle maledizioni senza perdono. Malgrado cercassero di correre il più velocemente possibile verso ciò che era rimasto di Mielandia, non riuscivano a trattenersi dal gettare occhiate ansiose verso il cielo scuro, illuminato ad intermittenza.
Per fortuna, le sagome dei giocatori erano appena distinguibili nonostante i lampi delle Maledizioni. Solcavano fulminei l’aria come saette, guizzando in tutte le direzioni, ed i Mangiamorte che tentarono di colpirli dal suolo dovettero presto cercare riparo improvvisato sotto gli usci delle case.
Una delle fatture dei gallesi colpì la finestra del primo piano della Testa di Porco, e il suo già di natura bellicoso oste non tardò ad affacciarsi alla finestra, sbraitando improperi molto fantasiosi contro le frecce che si aggiravano per il cielo notturno. Quando una maledizione dei Mangiamorte gli sfiorò l’orecchio, ritenne comunque prudente richiudere la finestra e non immischiarsi, per il momento.
Stava per affrancare il vetro quando si fermò imbambolato. Era certo di aver visto tre paia di scarpe, assieme alle relative caviglie, precipitarsi oltre la sua locanda. Dato che non aveva bevuto, vi era un’unica possibilità. Di certo non poteva essere il pentolone salterino di Beda il Bardo.
Imprecò di nuovo contro Merlino e la sua cricca, e si affrettò a chiamare il suo fedele piccolo amico e compagno di serate.

“Cosa diavolo è saltato in mente a quei Potter! Prima di crepare, lo voglio sapere, parola mia!”
Harry, Ron ed Hermione si gettarono a capocollo attraverso la piazza, schivando un Mangiamorte barcollante che imprecava verso il cielo. Zigzagarono come ubriachi per evitare la rete impazzita di incantesimi e schegge che volavano da tutte le parti, per poi fiondarsi contro la porta del negozio. Questa, traballante sui cardini, cedette gemendo sotto il loro peso ed il vetro scheggiato che rimaneva andò in frantumi, ma nessuno se ne accorse nel putiferio di urla e botti.
“Forza, corri Ron!” Hermione si era già diretta verso le scale che portavano al seminterrato, con Harry e Ron alle calcagna.
Harry si chinò a sollevare la pietra che nascondeva il passaggio, ma per quanto i muscoli delle braccia gli dolessero, non si mosse di un millimetro. Ron si unì a lui, ma non c’era verso di smuovere la lastra.
“Maledizione!”
“Che facciamo ora?”
“Shhh! È entrato qualcuno!” Hermione fece loro segno di tacere, ed Harry, alla disperata ricerca di risorse, frugò nella saccoccia di Mokessino alla ricerca dello specchio.
Le parole di Marie gli risuonavano nella mente, ed anche lui non riusciva ad abbandonare quel piccolo frammento di speranza. Quell’occhio, era l’occhio di Silente, vi assomigliava in tutto per tutto, ed erano così vicini ad Hogwarts… Un aiuto verrà sempre dato a Hogwarts, a chi lo chiede…la voce del Preside si unì a quella della sorella, e l’occhio apparve.

“Siamo a Mielandia, ti prego, dobbiamo arrivare ad Hogwarts!” Sussurrò implorante alla scheggia affilata, e prima che potesse coprire lui e i suoi due amici sotto il Mantello, un sonoro crack li fece sobbalzare tutti e tre.
“Dobby!”
“Via via arrivano!”
“Harry Potter Signore prenda la mia mano, presto.”
Harry, Ron ed Hermione presero la sua manina nodosa senza farsi pregare, proprio quando lo stivale incrostato di fango di un Mangiamorte fece scricchiolare lo scalino.


*


Il picchiettio incerto di tacchi affilati sul marmo ruppe il silenzio che aleggiava nella sala dal pavimento marmoreo. Bellatrix, livida di rabbia e con l’acconciatura scura e serpentesca di una chimera, bruciava di umiliazione. Era appena tornata a Villa Malfoy, alla ricerca furibonda della sorella che aveva osato rifilarle la bacchetta falsa, quando si scontrò con Lucius, ancora impolverato e pallido come un cencio, che non reagì nemmeno alla scarica di improperi e urla folli che la strega gli scagliò contro.
“Zitta!”
“Dov’è finita quella serpe in seno di tua moglie?” Tuonò Bellatrix, e fece per avvicinarsi a Lucius, quando qualcosa di grosso e viscido le strisciò fra le caviglie.
Ammutolì, e le venne istintivo abbassare lo sguardo. Le giallognole pupille a mandorla di Nagini incontrarono le sue; l’enorme serpente annusò l’aria con la lingua, famelico, per poi srotolare le sue spire verso il padrone.

“Da quando volti le spalle al tuo Signore, Bellatrix?”
A questa voce fredda, cruda e sibilante, Bellatrix si voltò di scatto e cadde in ginocchio implorante.
“Mio Signore, al suo servizio.” Tenne il capo basso, fissando il pavimento lucido, nel quale si scorgeva il riflesso delle pupille rosse come tizzoni.
I piedi bianchi e nudi di Voldemort entrarono nel suo campo visivo, ma non osò alzare lo sguardo.
“Ho un compito per te, Bellatrix.” Si fermò di fronte a lei, e le alzò il mento con un lungo dito cadaverico.
“Se dovessi fallire questa volta, non escludo che potresti rivelarti utile, finalmente, come cena per Nagini.”
Bellatrix non mosse un muscolo, ma fisso in un’estasi folle quei tizzoni ardenti.
“Sono pronta a bruciare all’Inferno, Mio Signore, piuttosto che deludervi ancora.”
La bocca senza labbra di Voldemort si contrasse in una smorfia feroce e mefistofelica.
“Bene, Bella. Devi recarti ad Hogwarts e riferire a Severus Piton che le difese del castello devono essere al massimo livello di allerta. In particolare, la Torre di Corvonero deve essere sorvegliata costantemente. Se i Potter cercheranno di introdursi nel castello, devono essere immediatamente fatti prigionieri, ma non uccisi. Sfogatevi sui loro compagni.”
Qui, Voldemort lasciò andare la presa e cominciò ad arrotolarsi Naghini attorno alle spalle, come un grosso scialle lucente.
“Ricordagli che sono attesi a momenti. Allo sciocco giovane Malfoy non restano che poche ora di vita, e senza dubbio tenteranno di rubare un antidoto dal suo ufficio. Che sfrutti questa occasione.” Il ghigno spietato questa volta era diretto verso Lucius, che tuttavia abbassò lo sguardo.
“Non mi azzarderei ad uscire da qui senza ordini da un tuo superiore, Lucius, o la clessidra cesserà di scorrere anche per Malfoy Senior.”
Naghini sibilò qualcosa al suo orecchio, e Voldemort schioccò la lingua impaziente.
“Non ritengo opportuno affibbiarti compiti più importanti, Bellatrix, vista la tua incapacità. Una volta trasmesso il messaggio, lascia fare a Severus, o ti costerà caro.”
Con queste parole, carezzò il serpente con la punta delle dita.
Senza aggiungere nulla, ed ignorando completamente Lucius, al quale aveva letto la mente non appena comparso a Villa Malfoy, la sua figura foriera di morte svanì così com’era comparsa.
Bellatrix si rialzò non appena Voldemort fu sparito, gettando indietro la testa con fare tracotante. Prima di smaterializzarsi davanti agli imponenti cancelli fiancheggiati da cinghiali alati, si premurò di sputare ai piedi del marito della sorella.


*


Narcissa aspettava, aspettava ed aspettava ancora, da un tempo che le pareva infinito. La solitudine del negozio cominciava a pesarle, truci e maledetti oggetti di ogni sorta erano la sua sola compagnia da ore ormai. Ansie e incertezze la trivellavano senza sosta, e malgrado la ragione la avvertisse che era una grande imprudenza dormire in una situazione così precaria, in cui chiunque avrebbe potuto decidere di forzare l’entrata, insospettito, il sonno si faceva sempre più prepotente.
Al calare della notte, cedette alla stanchezza, e si accomodò con la schiena contro l’armadio svanitore, evocando un soffice strato di piume compatte con la bacchetta, che ormai considerava pienamente sua.
La dolce soddisfazione per aver gabbato la sorella la invitò al sonno, ma non prima che decidesse di accomodarsi all’interno dell’armadio, per essere pronta ad un eventuale fuga, se necessario.
Come tutte le donne e bambine prima di lei, non chiuse la porta, perché si sa, è una cosa assai sciocca da fare.

Così, sentendosi riparata dalle pareti di legno scuro, cadde presto in un sonno leggero ed agitato, privo di sogni. Tuttavia, verso l’albeggiare, le parve di sentire delle voci, voci concitate e famigliari, e lamenti di dolore.
L’espressione dolorante del figlio le baluginò vivida nella mente, e lottò per emergere dal torpore che non voleva saperne di lasciarla tornare da dov’era venuta, ma la dura parete contro cui sbatté le venne in aiuto.
L’adrenalina l’assalì immediatamente, ed aguzzò le orecchie, perfettamente sveglia.
Nessuno parlava più, ma dei passi si avvicinavano furtivi al suo giaciglio. Il cuore di Narcissa batteva all’impazzata, ma nonostante fremesse dalla voglia di balzare fuori ed accertarsi che suo figlio fosse davvero lì, a meno di un metro da lei, oltre la porta socchiusa, non poteva abbandonare la prudenza.
Puntò la bacchetta contro la porta, pronta a schiantare un eventuale ospite indesiderato.
Dalla parte opposta, separata da dieci centimetri di legno massiccio, Marie pose, con il fiato sospeso, la mano sulla maniglia. Aveva sentito distintamente un colpo provenire dall’interno, un rumore che Draco, accasciatosi a terra dal dolore, non poteva aver notato.
Stringendo la bacchetta sfoderata nell’altra mano, strinse la presa sulla maniglia e spalancò la porta con un colpo secco. Lo sguardo che dovette fronteggiare le cavò un urlo dalla sorpresa.
“Aaah!”
“Protego!” Narcissa scattò fulminea fuori dall’armadio, per nulla sorpresa.
Marie balzò indietro sulla difensiva. Si era preparata a bestie infide pronte ad attaccare e Mangiamorte appiattati, ma non alla figura che aveva pugnalato Draco e che aveva legato ad un albero nel bel mezzo di Inverness. Certo, la figura non era altro che Bellatrix mascherata, ma l’impressione l’aveva lasciata lo stesso.
Si diede della sciocca per non aver affrontato la questione con Draco.
Per lei, la questione era scivolata in secondo piano. La sola cosa che le importava era raggiungere Harry ad Hogwarts, e prima di quello aveva dovuto occuparsi di Draco ferito. Narcissa non era realmente stata imprigionata ad Azkaban, ed in ogni caso non sarebbe stato difficile fuggire e lasciar perdere le proprie tracce dopo l’esplosione.
Però è corsa in vostro aiuto, la rimproverò una vocina, e tu te ne sei già dimenticata?
Evidentemente, Draco non se ne era scordato.
Abbassò la bacchetta, ma tenne alta la guardia.
Narcissa non aspettava altro. Si fiondò sul figlio, accasciatosi contro la parete, la mano stretta convulsamente sullo squarcio da cui usciva sangue a fiotti nonostante gli incantesimi tentati ed il bendaggio improvvisato di Marie.
“Draco…” Lo strinse a sé con tutta la forza che aveva in corpo.
“Madre…la spalla…” Un gemito di gioia e dolore sfuggì alle sue labbra tremanti, e Draco affondò il viso nella spalla della madre, inebriato, per un breve istante, dal suo profumo famigliare, che sapeva di sicurezza e protezione. Narcissa non avrebbe più allentato la presa sul figlio, no fosse stato per il dolore che spezzò la voce di Draco. Si distaccò da lui solamente per tentare di arginare l’emorragia.
Marie notò con un pizzico di invidia che stava avendo molto più successo di lei.

“Vulnera Sanentum, Vulnera Sanentum…” Narcissa ripeté quella litania senza quasi riprendere fiato, ed un sottile strato di pelle si espanse a coprire la voragine scavata dal pugnale. Per quanto si ostinasse a ripetere la formula, tuttavia, la ferita non si irmarginava più di così.
Nonostante avesse sfiorato l’infarto per lo spavento, trasportata dalla litania la gemella si allacciò al filo dei suoi pensieri e registrò subito che Narcissa li stava aspettando.
Altrimenti, perché andare proprio da Burgin & Burke e nascondersi all’interno dell’armadio svanitore? Malfoy doveva averle comunicato, in un modo a lei ignoto, dove erano diretti.

S’inginocchiò accanto a Draco, al fianco di Narcissa, che la guardò con rimprovero. Avrebbe voluto carezzargli la guancia, per offrire un minimo di sollievo a quegli zigomi contratti, ma non osò, sotto gli occhi della madre.
“Avresti dovuto dirmelo!” Sibilò all’orecchio di Draco, seppur con debole irritazione nella voce, in confronto a quella che provava pochi istanti prima. Era abituata ad essere trattata come il capo, assieme ad Harry, e l’essere stata tenuta all’oscuro la allarmava.
Tuttavia, la vista di Draco sanguinante e sofferente, ormai sciaguratamente famigliare, le impedivano di essere irata; oltretutto si aggiungeva il fatto che non aveva la coscienza pulita in merito.

Narcissa evocò lo stesso strato di piume usato per riposare, e vi accomodò Draco, che lentamente sembrava rimettersi in forze, poi si voltò imperiosa verso Marie.
“Chi l’ha ridotto così?” Ed inchiodò Marie con due schegge di ghiaccio, ma lei non aveva nessuna intenzione di farsi intimidire.
“Bellatrix!” Sbottò, scuotendosi indietro i capelli con un gesto stizzito.
Tua sorella, pensò rabbiosa, ma non lo disse.
Lo sguardo di Narcissa su di lei cambiò repentinamente a queste parole. Distolse gli occhi dai suoi per un istante, la sua presa intorno alla bacchetta si fece ferrea, ma quando rialzò lo sguardo, questo era limpido e calmo.
“Grazie, Marie Potter. Grazie per aver portato Draco salvo fin qui ed averlo aiutato a fuggire da Azkaban.” Silenzio.
“Per questo, io vi sono fedele fino alla fine di questa guerra, qualsiasi essa sarà.”
Narcissa quasi non sbatteva nemmeno le palpebre.
“Continuerò a combattere per la mia libertà e quella di mio figlio. Quando ci sarà una battaglia, lotterò perché voi possiate vincere. Fino alla morte.”
Marie, immobile, tacque per un istante, e desiderò ardentemente che anche Harry fosse lì con lei ad ascoltare quelle parole. Sarebbe stato difficile convincere gli altri, senza che venissero inchiodati da quello sguardo.
“È probabile che moriremo.” Fece una pausa, osservando Narcissa, ma la sua espressione non cambiò.
“Tuttavia, sarai felice di sapere che Draco non morirà per il Marchio, almeno credo.”
Gli occhi di Narcissa si illuminarono, e finalmente li distolse da quelli di Marie, che si trovava a disagio di fronte a quella donna ancora alquanto misteriosa e algida nei suoi confronti.
“Come avete fatto, è impossibile…” Sussurrò, con la voce traboccante di gioia, già in ginocchio ad osservare meravigliata il braccio argenteo di Draco, con il quale scambiò uno sguardo fugace ma pieno di significato.
Marie fu sorpresa di avvertirla completamente diversa da niente più che un secondo prima. Per la prima volta, la sentì come amica. Le parole precedenti erano sincere, su questo non aveva dubbio, ma era abbastanza sveglia da capire che per Narcissa il cambio di alleanza era dovuto all’amore per il figlio, e privo di sentimento nei loro confronti.
Ora invece era certa di avvertire gratitudine in quelle poche parole, e prima che potesse realizzare cosa stesse succedendo, si ritrovò stretta in un abbraccio sorprendentemente stretto e morbido, un abbraccio di donna, che le mancava da tempo.
Riuscì appena a ricambiarlo, ma Narcissa non vi fece caso.
“Grazie”
Quel singolo ringraziamento le scaldò il cuore, ben diversamente dalla dichiarazione precedente.
Draco, disteso e ben attento a non muoversi, con la sensazione agghiacciante della ferita che si apriva ancora ben viva nel ricordo, ascoltò ogni parola, ed interpretò correttamente ogni silenzio. L’abbraccio fra le due donne coincise con un sentimento inusuale e sconosciuto, di protezione, che lo invase e fece sentire di nuovo in forze.
Con molta cautela, si rimise in piedi, puntellandosi su un comodino sbatacchiante lì accanto. Narcissa e Marie ebbero cura di non puntargli gli occhi addosso mentre si rialzava, e ne fu loro grato. Una volta in piedi, si sentiva di nuovo pronto a sfidare l’avvenire.
“Allora, prendiamo l’armadio?” Disse con voce roca, nel debole tentativo di fare una battuta.
Narcissa aggrottò le sopracciglia, ma un angolo della bocca di Marie si sollevò.
Quel debole sorriso si squagliò inesorabilmente alla vista della larga e zuppa chiazza di sangue sulla maglietta strapazzata appartenuta ad Harry.
“Dobbiamo trovare un modo per rimarginare seriamente quella ferita.”
Narcissa carezzò il capo a Draco, che fu felice di notare con la coda dell’occhio che Marie aveva lo sguardo per nel vuoto, pensosa. Le era appena venuta un’idea. Era decisamente una fortuna che l’Armadio li portasse nella Stanza delle Cose Nascoste.
I tre si pigiarono nell’armadio, e, cosa molto sciocca, secondo Lucy Pevensie, chiusero la porta.
Ma d’altronde, in quell’armadio non c’erano pellicce morbide contro cui strusciarsi, Lucy.


*


“Ma Dobby, siamo ancora ad Hogsemade!” Harry si ripulì frettolosamente gli occhiali.
I lampi di luce, le urla e il rumore di tegole rotte, seppur soffocato, giungeva inconfondibile alle loro orecchie. Ron ed Hermione invece avevano già messo a fuoco l’uomo che si stagliava, assai contrariato, di fronte a loro.
Harry, gli occhiali di nuovo sul naso, si trovò faccia a faccia con l’uomo che aveva intravisto nello specchio. Prima di proferire parola, estrasse il frammento tagliente dalla tasca, nel quale ora non intravedeva nulla, ma quello stesso sguardo, così simile a quello di Silente, era ora di fronte a lui.

“Potter! Che cavolo ti è venuto in mente, si può sapere? E dove diavolo è tua sorella, non siete forse inseparabili voi?” Oscurò con un gesto stizzito la finestra, e cominciò a scendere le scale.
“Grazie, grazie per aver mandato Dobby a soccorrerci.”
In tutta risposta l’uomo dalla lunga barba argentata diede loro le spalle e cominciò a scendere le scale.
“E muovetevi imbecilli! Se volete andare ad Hogwarts, so io il modo per farvi arrivare là.”
Dobby, dall’alto dei suoi sette strati di cappellini e cuffie, fece loro un sorrisetto incoraggiante e diede ad Harry una spintarella.
“Forza Harry Potter signore, è meglio se arriva ad Hogwarts con uno dei suoi amici.”
Harry appoggiò una mano sulla spalla dell’elfo, che gli era mancato molto, ma guardò scettico verso le scale pericolanti.
“Ma tu sei mio amico Dobby!”
In tutta risposta, le orecchie dell’elfo si sollevarono e questi fece una giravolta sul posto, estasiato, creando un buffo effetto ottico, con i calzini rigorosamente spaiati alti fino al ginocchio.
“Vi volete spicciare?”
“Miseriaccia, ma che ha, un pijama party in programma quello?”
Ron si strinse nelle spalle e mentre scendevano le scale porse uno dei suoi guanti di lana più trivellati di buchi a Dobby, che scese il resto degli scalini sul corrimano.
“Harry, è Aberforth!” Sussurrò Hermione agitata.


*


Fra gli elfi delle cucine scoppiò lo scompiglio. Tutti volevano dare un’occhiata alla nuova arrivata. Molti di loro si precipitarono con mestoli e padelle luccicanti ancora stretti fra le manine.
Il capo cucina, un elfo con batuffoli di pelo particolarmente lunghi e arruffati che spuntavano dalle orecchie e uno straccio lievemente più dignitoso, si avvicinò a Gonril.
“Nessuno ci ha detto nulla di nuovi arrivi, ma sei la benvenuta.”
“Non tira buona aria come una volta, nessuno si cura più di noi”
Borbottò un’elfa dalle orecchie stranamente piccole e con una ciotola d’impasto fra le mani.
“Sono solo di passaggio, a dire il vero, signore. Cerco Dobby, l’ultima volta che l’ho visto lavorava qui.” A pagamento, pensò Gonril.
All’improvviso una figurina si fece largo tra gli elfi radunati attorno a lei.
“Cerchi Dobby? Sono io quello con cui passa il suo tempo.”
Kreacher si aggiustò pomposamente la federa. Trovava le orecchie di Gonril molto snelle e attraenti.
“È appena stato chiamato da Aberforth, fa sempre su e giù lui.”
“Ma poi torna sempre, prima di mezzanotte, di solito, a meno che il vecchio mago non faccia serata.” L’elfa dalle orecchie minute fece spallucce.
“Allora non mi resta che aspettarlo. Vi aiuto, nel frattempo.”
Con queste parole Gonril prese un mestolo e si mise a rimestare il porridge per la mattina successiva.
Dopo non molto, tuttavia, le orecchie tese e appuntite di Gonril udirono il solito crack fra il tintinnio e lo spadellare della grande cucina.
“Dobby! Gonril è tornata!”
L’elfa corse incontro al compagno imbacuccato, e lo strinse con tanta foga che diversi berretti caddero sul pavimento sempre lindo e pulito. Kreacher grugnì un saluto infastidito all’amico e rivale.
Una volta costretto ad andarsene da Grimmauld Place, Dobby era stato di gran conforto a Kreacher, e dal momento che ora erano entrambi grandi fan dei gemelli Potter, non avevano più bisogno di bisticciare. Anzi, passavano molto del tempo ai fornelli raccontandosi episodi passati con i Potter, facendo a gara a chi fosse il favorito di Harry o di Marie. Dobby la vinceva sempre con Harry, ma Kreacher si prendeva le sue vittorie raccontando delle attenzioni di Marie a Grimmauld Place, come quella volta in cui gli aveva fatto diventare lindo e profumato il suo grembiule.
“Se Gonril sapesse chi ha appena incontrato Dobby, sarebbe molto invidiosa.” Squittì l’elfo.
“Ma presto sarà qui, e Gonril potrà conoscere anche i suoi amici Hermione Granger e Ron Weasley.”
“La ragazza che ha fondato il C.R.E.P.A, Gonril deve incontrarla!”
“Ma prima si deve sconfiggere il Signore Oscuro signorina, lui gli elfi domestici li usa come carne da macello.” Kreacher le sventolò il mestolo sotto il naso, e sapeva bene di cosa parlava.
“Vendicheremo Padron Regulus!”
Le orecchie dei tre elfi erano tutte ritte e tremanti di eccitazione, e i loro grandi occhi rotondi si scambiarono occhiate cospiratorie.
“Quando saranno qui?” Domandò Gonril, impaziente di conoscere i sopravvissuti.
“A momenti, nella stanza delle Necessità.”



Angolo dell'autrice

Buongiorno a voi, carissimi lettori!
In primis, vi ringrazio enormemente per leggermi, seguirmi e recensirmi.
Ma ormai, al tredicesimo capitolo questo l'avrete sentito già altrettante volte.
Perdonatemi, non posso fare a meno di volervi un bene immenso!

Mallveollos,
Inzaghina,
black_whiteswan
Thundelara e MarieRaven: siete ormai una parte essenziale della storia, con i vostri commenti brillanti, vi mando un abbraccione!
Ma ora, basta smancerie.

Questo capitolo è, ve ne sarete resi conto, di transizione, ma spero che vi sia piaciuto lo stesso. Personalmente, mi sono invaghita perdutamente dei Gallesi…e soprattutto di Bleddyn. Per la cronaca, il suo nome deriva dal termine gallese blaidd -lupo- combinato con un suffisso diminutivo. Quindi, insomma, lupachiotto!
Informandomi sui nomi e patronimici gallesi, ho notato che anche Evans figura nei nomi gallesi. Lo sapevate?
Tornando al capitolo, sarebbe di enorme aiuto sapere cosa ne pensate! Il prossimo sarà più movimentato, e con una meravigliosa illustrazione di Thundelara. Ma nel frattempo…Buona lettura a tutti.

Un carissimo saluto
A presto

Claire


P.S se vi interessassero i nomi della squadra completa, che figurano qua e là, eccoli.
Ci tengo a precisare che i Bulgari hanno altrettanto fascino, potenzialmente, ma giostrare quattrodici nomi, è un’impresa titanica, come ben sa la nostra Thundelara

Wynn Embrey - capitano portiere

Bleddyn Dacey - cercatore e fumatore di pipa

Alwyn Dacey- cacciatore

Bran Broderick - cacciatore

Llew Beaven - cacciatore

Arawn Lewis - battitore

Cadfan Bowen - battitore


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Capitolo 14
*** E Pandemonio Sia ***




E Pandemonio Sia


Narcissa spalancò la porta con una spinta, ed il cigolio dei cardini arrugginiti fu subito fagocitato dai mille ticchettii, ronzii e fruscii che animavano la Stanza delle cose Nascoste.
Draco rabbrividì rivedendo quella cattedrale sorta da secoli di fedele illegalità, divenuta per lui una seconda dimora ed ora immersa nella penombra.
Quante cose erano cambiate, pensò, avanzando un passo dopo l’altro fra le pile pericolanti di oggetti accatastati alla rinfusa e riconoscendo il quadro di un omicidio particolarmente cruento. Aguzzando le orecchie, gli parve perfino di distinguere la stessa musica angosciante, ripetuta all’ossessione da un vinile graffiato che aveva tentato più volte di far tacere.
Prima se ne sarebbero andati, meglio era.
Si voltò verso la madre, che gli mise una mano sulla spalla più o meno sana. Rassicurato da quel gesto che gli mancava da tempo, gli occorse un istante per notare che qualcosa non andava.
“Dov’è Marie?”
Narcissa si voltò repentina, i lunghi capelli biondi roteanti e la bacchetta sfoderata.
“Era al mio fianco un attimo fa.”
“Non può essere lontana.”
Draco, maledicendo tra sé la rossa, infilò alla svelta uno stretto corridoio che si apriva proprio alla destra dell’armadio, lungo un tappetto stranamente molle sotto i piedi.
“Draco, aspetta! Dobbiamo restare uniti!”
Lui rallentò appena, voltandosi meccanicamente a destra e sinistra per scrutare ogni viuzza che si apriva fra i muri di ciarpame. Ormai la stanza la conosceva quasi a memoria, sebbene non l’avesse mai esplorata nella sua interezza. Qualcosa gli diceva che Marie non era lontana da loro, e il lungo corridoio che aveva imboccato si apriva in uno spiazzo una decina di metri e alcune montagne di oggetti più indietro rispetto all’armadio.
Un botto gli fece fare un gran balzo, e le sue orme affondarono una buona ventina di centimetri nel tappeto. Si era dimenticato di quel maledetto orologio a cucù demente, che segnava sempre la stessa ora. Poco lontano, il rumore di calici che andavano in frantumi gli confermò che aveva imboccato la strada giusta.
Girò l’angolo con due grandi falcate per ritrovarsi faccia a faccia con Marie che, spaventata dal cucù a cui voltava la schiena, aveva mandato all’aria un’intera schiera di calici scheggiati, abbandonati su di una credenza dalle zampe traballanti e mangiata dall’acido.
“Ma si può sapere che ti salta in mente?” Ansò Draco, furibondo ma sollevato.
Narcissa staccò con fatica lo stivale dal tappeto e svoltò l’angolo a sua volta, con lo stesso sguardo irritato del figlio.
“Mi sono ricordata di un libro…un libro in cui potremmo trovare una pozione per rimarginare la tua ferita.”
Il libro del Principe Mezzosangue faceva capolino fra le sue mani, e Draco si immobilizzò.
“Stai scherzando?” Marie nascose il tomo consunto dietro la schiena.
 “Con quel maledetto libro tuo fratello mi ha quasi ammazzato!”
La copertina era ancora macchiata di sangue.
Narcissa era venuta a sapere tramite Piton come Harry fosse a conoscenza di magia oscura così potente, sebbene ignorasse chi fosse l’artefice dell’incantesimo, e naturalmente non aveva lasciato Draco all’oscuro.
“Forse il fatto che tu lo volessi cruciare ha influito!” gli occhi di Marie fiammeggiarono.
“Per questo me ne sono andata su due piedi, sapevo che ti saresti opposto! Ma senza libro non sarei mai in grado di accorciare il tempo di preparazione!”
Draco guardò il libro con diffidenza, e non diede cenno di voler demordere.
“Senti, fa schifo anche a me questo libro, ma è per te che l’ho recuperato, svegliati!”
Draco sapeva che aveva ragione, ma la sensazione terribile di una lama ardente e affilata che gli tagliava la carne come un filo arroventato era ancora vividissima nella sua memoria, e sapeva che le macchie di sangue sul libro erano le sue.
Eppure Draco non poteva dimenticare nemmeno che proprio fuori da quella stanza, nel corridoio del settimo piano, al sesto anno, quegli stessi occhi felini che lo guardavano ora furenti ed esasperati, gli avevano donato un piccolo, clandestino granello di speranza e comprensione, proprio nel momento in cui si era sentito abbandonato come mai prima nel castello.

Draco camminava spedito per i corridoi di marmo, facendo gli scalini tre a tre e silenziando impietoso i quadri che protestavano per la tarda ora. Malgrado fosse notte, l’ansia e la paura in cui annegava da giorni lo avevano costretto a balzare fuori dal letto e strisciare di soppiatto fino al settimo piano, nell’ennesimo tentativo di riparare l’armadio svanitore. Del resto, da quando Goyle era stato spaventato a morte da un’ipotetica voce incorporea, era diventato sempre più difficile e penoso portarsi dietro i due energumeni, temporaneamente esili ragazzine, come guardia. Di notte, invece, aveva tutto il tempo per dedicarsi indisturbato al suo compito, che si stava rivelando sempre più chiaramente una condanna a morte. Il solito masso appuntito gli gravò sul petto togliendogli l’aria, e dovette fermarsi all’angolo del settimo piano per riprendere fiato e tentare di respirare normalmente malgrado l’angoscia asfissiante che lo pedinava ovunque.
Stava per riprendere la sua decisa avanzata verso l’apparentemente ordinaria striscia di muro che nascondeva la Stanza delle Necessità, quando oltre la grottesca statua di Barnabà e i Troll gli parve di distinguere una figura camminare su e giù, avvolta da una lunga vestaglia nera e con il cappuccio alzato. Si nascose dietro la statua, avanzando di qualche passo.
Quella che giudicò essere una strega, dalle movenze e dalle curve morbide, stava senz’ombra di dubbio entrando nella Stanza, pertanto dubitava che si sarebbe accorta di lui anche se non si fosse nascosto. Bruciava dalla curiosità di sapere chi altri avesse un bisogno così impellente della Stanza, da recarvisi nel pieno della notte. Tuttavia, era impossibile distinguere chi fosse, a meno che le cadesse il cappuccio, ma era già troppo tardi. La porta apparve e lei vi sgusciò dentro, chiudendosela alle spalle, e malgrado Draco avesse voluto correre ad aprirla, si trattenne. Era chiaro che non voleva essere seguita; un duello o baccano avrebbero fatto finire nei guai entrambi.

Tuttavia, Draco non poteva permettersi di perdere tempo. Aveva rischiato parecchio districandosi fin lassù fra Gazza e gli Auror di ronda, e non aveva intenzione di tornarsene al dormitorio senza nemmeno tentare. Non si era mai domandato prima se la Stanza potesse soddisfare contemporaneamente due richieste. Per quanto ne sapeva, avrebbe potuto essere possibile. Uscì dal suo nascondiglio e si mise a camminare su e giù davanti alla parete, concentrandosi con tutte le forze sulla sua richiesta, che ripeté tre volte:
“Devo entrare nella Stanza delle Cose Nascoste, Devo entrare nella Stanza delle Cose Nascoste, Devo entrare nella Stanza delle Cose Nascoste.”
La porta apparve, e Draco l’aprì non senza stupore.
Possibile che la Stanza fosse in grado di duplicarsi? Tanto meglio, si disse, almeno così poteva continuare indisturbato il suo lavoro.
Però la curiosità ardeva ancora dentro di lui, avrebbe tanto voluto sapere chi era quella figura; possibile che qualcun altro fosse disperato quanto lui?
“Piantala di distrarti Draco, non c’è nessuno con cui confidarti, ti sei già lasciato andare troppo con il fantasma!” Lo redarguì la voce caustica.
Il giovane si diresse deciso verso l’armadio per la strada che conosceva bene. Girò l’angolo davanti al solito enorme ed orrendo Troll impagliato, per poi avanzare per il lungo ed irregolare corridoio, fino a fermarsi ad un’apertura che dava sulla sinistra, ed il suo cuore saltò un colpo. La porta era aperta. Qualcuno era stato lì, non poteva essere altrimenti, si accertava sempre di lasciarla chiusa. Il cinguettio libero e sollevato di un uccellino sembrava deriderlo, e Draco lo scacciò infastidito, prima di realizzare con stupore che era lo stesso uccellino che aveva rinchiuso nell’armadio in uno dei suoi tanti tentativi vani, tornato dal suo padrone, da dovunque fosse finito.
“Trionferai dopo, ora esci di qui prima che ti scopra.”
La parte più ragionevole di lui rifiutava categoricamente che la strega di poco prima avesse potuto avvicinarsi proprio all’armadio, fra i milioni di oggetti nascosti in quella città morente, eppure l’uccellino era appena stato liberato. Non poteva essere altrimenti.
Marie, qualche decina di metri più in là, si guardava intorno triste ma meravigliata, girando su sé stessa e con il naso all’insù come se stesse avanzando fra le navate di una cattedrale. Aveva chiesto alla Stanza di trasformarsi in un luogo in cui potesse nascondere il corpicino del cardellino, che aveva ritrovato senza vita una volta tornata nel dormitorio, quella terribile sera. Prima di risalire sull’espresso, aveva consultato uno dei libri della sezione proibita, ma solamente per leggere di un incantesimo conservativo, di modo che il corpicino non deteriorasse. Ora, tuttavia, il cardellino era stato consumato da quella magia ed era diventato fragile come porcellana, e Marie sapeva che ne era rimasto solo un guscio vuoto.
Quella consapevolezza le avvelenava il cuore, e così aveva deciso di liberarsene.
Dopo averlo depositato in una culla desolatamente incrinata ed abbandonata, era stata attirata da un cinguettio poco lontano, e con il cuore che batteva all’impazzata, credendo di sognare, aveva aperto l’armadio. Con sua enorme delusione, riconobbe subito l’uccellino come estraneo, girò sui tacchi e si diresse verso l’uscita.
Inizialmente, aveva intenzione di tornare sui propri passi, ma il cinguettio continuava e suo malgrado si concesse di sognare che non fosse mai passato un giorno da quando il batuffolo piumato era apparso. Così, sbagliò strada e dovette districarsi con l’incantesimo dei quattro punti per ritrovare l’uscita.

Draco prese la strada più breve e giunse in vista della porta quando questa era appena stata richiusa silenziosamente a sua insaputa. Uscì a sua volta, voltandosi per richiudere con mano felpata l’ingresso, ed il respiro irregolare e composito della stanza si era appena spento, quando fece per avviarsi ed il sangue gli gelò nelle vene.
La figura che gironzolava nella sua mente tempo prima era a pochi metri da lui, a capo scoperto. La disordinata e sbarazzina chioma color fenice era inconfondibile, così come i grandi e felini occhi luccicanti che lo fissavano addolorati. Draco e Marie erano immobili, stregati da quell’attimo di vicinanza e complicità inattesa e imprevedibile. La luce della luna entrava pallida e gentile da una delle piccole finestre del piano più alto del castello, come se temesse di spezzare quel momento di tregua.
Prima che Marie rialzasse il cappuccio e si voltasse senza dire una parola, Draco intravide una scintilla di speranza luccicare distinta come un cristallo nel ghiaccio, e senza preavviso si tagliò con uno dei suoi spigoli. Era pietà, era comprensione quella che inondava lo sguardo di Marie? Rimase solo in compagnia di quella domanda, osservando, scosso, la figura scura che si allontanava leggera verso la Torre di Grifondoro.

Deciso a fidarsi della gemella che lo aveva salvato, e determinato a mettere da parte il tentato omicidio dell’altro gemello, Draco prese Marie sotto braccio e fece per avviarsi verso l’uscita. Lei era ancora scossa per l’aver visto gli eventi di quella notte con la prospettiva di Draco, ma come era già accaduto con i ricordi che avevano condiviso fino ad allora con il Pathos Cogitatio, uno dei due non si accorgeva subito dell’accaduto.
“Aspettate, di qui non si passa.” Cavolo, quella prima non c’era, pensò Draco allarmato.
 “È una sabbia mobile tascabile, meglio fare il giro. Questa dev’essere difettosa, altrimenti ci avrebbe già inghiottito.” Altre persone usavano di continuo la Stanza, quella stanza che era stato abituato a considerare il suo reame, o meglio, il suo girone infernale.
Narcissa di avvicinò alla credenza rovinata per osservare un gioiello che aveva attirato la sua attenzione, e Marie fu scossa da un brivido. Possibile che una simile bellezza fosse esposta in piena luce, si domandò Narcissa, incuriosita e catturata dal fascino scuro dello zaffiro incastonato nel diadema.
Con l’occhio allenato di una donna ricca e corteggiata, sapeva riconoscere il taglio delle pietre preziose e la fattura dei gioielli, e la tiara che aveva di fronte era senza dubbio di valore inestimabile.
“Cosa c’è?” Draco si voltò verso la madre, con Marie immobile come il busto scheggiato su cui era poggiato il diadema. L’oggetto le appariva inspiegabilmente sinistro, eppure famigliare. Si ricordò di quando aveva guidato Harry nella stanza, subito dopo che aveva aggredito Draco, e di come lui avesse sbattuto il busto, una parrucca e la tiara in cima alla credenza per riconoscerla.
Quell’anno, tuttavia, Corvonero la riguardava solo come squadra di Quidditch da sconfiggere.

“Come mai sei da sola Marie? Dov’è Harry?”
“Preferisce non scendere, sai che non gioca no?”
Le rispose lei un po’ scocciata dalla domanda, e dal copricapo chiaramente pro-corvonero sulla testa della bionda.

Nemmeno la voce frizzante ed angelica di Luna poteva sollevarla con Harry lontano, rinchiuso nel pulcioso ufficio di Piton, lontano dal campo di Quidditch. Perfino durante le partite erano ormai abituati ad essere fianco a fianco, lui compiendo ampi giri sul campo, alla ricerca del boccino, e lei zigzagando con le altre due cacciatrici. Quel giorno invece avrebbe dovuto cavarsela da sola; l’unica consolazione era che Ginny, seduta al suo fianco, fosse la cercatrice.
“Su con il morale Marie, ti abbiamo bisogno combattiva!”
Ginny le sorrise raggiante e determinata, e Seamus le passò senza preavviso un surrogato di pluffa, che Marie afferrò prontamente, ma non prima che mandasse a terra lo stravagante cappello di Luna.
“Splendidi riflessi Marie, andrete alla grande!”
Seamus corse via facendo loro l’occhiolino e senza scusarsi per il cappello.
Luna si chinò a raccoglierlo, senza batter ciglio.
Evidentemente Seamus aveva digerito che avesse sostituito lei Katie Bell, rimuginò Marie, ce ne aveva messo di tempo!
 “Niente leone oggi, allora?” Quella di Ginny, nonostante il tono lievemente interrogativo, era un’affermazione, non un’accusa.
“Per una volta che sono in finale, tifo per la mia casa.”
“Naturale.”
“Che cosa rappresenta la corona?”
Marie era determinata a rimanere distratta, per poi potersi concentrare pienamente sulla partita, ed il copricapo era davvero buffo. Due prugne dirigibili galleggiavano ai lati, legate alla radice.
“Non è una corona, ma un diadema. Il diadema di Corvonero.”
“Corvonero ha un diadema? Non ne sapevo nulla.” Cominciava ad interessarle sul serio.
“Certo, è il diadema perduto di Helena Corvonero, detto dispensatore di saggezza per chiunque se ne coroni.” Marie fece vagare lo sguardo su quella che sembrava un’elica, al centro del cappello.
“Ma se è perduto, come fai a sapere che aspetto ha?”
Per quanto volesse bene a Luna, dubitava seriamente che una tiara appartenuta all’illustre Rowena Corvonero potesse apparire così stravagante.
“Oh queste sono supposizioni naturalmente. L’elica di Billywig si dice abbia il potere di innalzare sopra l’ordinario, mentre le prugne dirigibili…”
“Marie, Ginny! È ora, andiamo!” Demelza Robins fece loro segno di affrettarsi dall’altra parte del tavolo.
“Arriviamo Demy”
“Scusa Luna. Peccato non ti facciano più commentare…”

Marie affiancò Narcissa, che aveva preso la tiara fra le mani e la stava esaminando.
“C’è un’incisione, una scritta, tutt’attorno…”
Marie deglutì, non osava crederci.
“Cosa dice?” Mantenne la voce ferma, nonostante dentro di sé tremasse dall’anticipazione.
Narcissa strizzò gli occhi ed avvicinò la tiara scolorita al viso.
“Un ingegno smisurato per il mago è dono grato…”
Ci fu un tonfo, e Marie finì tra le braccia di uno stupefatto Draco Malfoy, che passò da un cremisi intenso per l’imbarazzo di dove metter le mani, direttamente ad un bianco spettrale. Il libro del Principe giaceva dimenticato a terra.
Narcissa continuava a stringere esterrefatta il diadema, osservando perplessa i due, sempre più meravigliata dal tesoro scoperto.
“È quello, l’oggetto di Corvonero per cui siamo venuti ad Hogwarts.” Boccheggiò Marie, incredula.
“Deve essere distrutto.” Draco aveva notato lo sguardo incantato con cui la madre osservava il diadema, e vi lesse altrettanto facilmente la delusione. Si ricordava vividamente le parole sussurrategli da Harry e Marie a Villa Conchiglia, e sapeva che non sarebbero mai scesi a compromessi. Per un’istante temette che sua madre avrebbe voluto tenere la tiara, e di doversi di nuovo fronteggiare su linee opposte.
Marie tese la mano verso Narcissa, senza sfoderare la bacchetta.
Con grande sollievo di Draco e Marie, lei le porse semplicemente la tiara, seppur con un sospiro. Ma Narcissa non dimenticava le promesse fatte, e con Draco vicino, nessun gioiello aveva sufficiente valore.
Marie si chinò a raccogliere il libro, e tentò di infilare il diadema nella saccoccia di Mokessino, senza successo. Per quanto cercasse di allargare l’apertura, la pelle coriacea non ne voleva sapere di muoversi anche solo di mezzo centimetro. Dovette rassegnarsi e infilarsela nella tasca del mantello ormai sfilacciato.
Si fecero strada guardinghi verso l’uscita, con Draco come guida e Marie sovrappensiero.
Perché mai Voldemort avrebbe lasciato un Horcrux così in piena vista?
La risposta tuttavia le giunse prima che potesse finire di porsi la domanda. Maghi molto meno presuntuosi di Voldemort avevano lasciato in quella stanza indizi e oggetti che avrebbero potuto incriminarli, certi che nessuno avrebbe mai potuto trovarli.
Superarono un mucchio impolverato di fiaschi scuri e panciuti, e Marie controllava ossessivamente di avere il diadema ancora in tasca. Né lei né Draco, seppur in minor misura, riuscivano a capacitarsi di aver avuto un tale colpo di fortuna.
Giunsero alla porta.
“Insomma, ci muoviamo?”
“Draco, uscire così allo sbaraglio è pericolosissimo. Tu resti qui.”
“Neanche per sogno” Replicò risoluto alla madre.
“Inoltre, dobbiamo uscire tutti e tre, se rimaniamo nella stanza, gli altri non potranno usarla.”
“Ma potrebbero già essere arrivati.” Marie cominciava a realizzare quale piano traballante avessero buttato là con disinvoltura a Villa Conchiglia.
Ora che erano nella buca del serpente, tutto si rivelava molto più insidioso.
“Aspettate, ho la mappa!” Scuotendo la chioma color fenice, indignata dalla sua lentezza, tentò per la seconda volta di aprire la saccoccia di Mokessino, e Draco si offrì di tenerle il libro. Glielo passò, non senza un’occhiata inquisitoria, che Draco sostenne con un’ombra dell’antico sarcasmo.
“Andiamo, mi sembri la Pince con quello sguardo!”
Lei lo ignorò e sussurrò le parole per far apparire la mappa.
Narcissa e Draco rimasero affascinati dal reticolo che si snodava come se fosse sempre stato lì, il cuore pulsante di Hogwarts si svelava aula dopo aula sotto i loro occhi chiari.
“Allora, ogni persona ha un cartiglio ad indicarne la posizione. Cerchiamo Harry, Ron ed Hermione… E anche Piton, meglio controllare che non sia nel suo ufficio.”
Draco inquadrò subito il cartiglio “Severus Piton”, che naturalmente aleggiava proprio sopra l’unico luogo in cui non avrebbero voluto vederlo.
“Maledetto pipistrello, ti pareva.”
“Trovati, sono loro.” Il tono di Narcissa era decisamente incredulo.
“Ma sei sicura che la mappa funzioni?”
“La mappa non sbaglia mai!”
“E cosa ci fanno nelle cucine, allora?”
Già, cosa ci facevano nelle cucine?
“A Weasley sarà venuto un languorino. Ahi!”
La gomitata di Marie gli ricordò la ferita da rimarginare.
Marie si mordicchiò un labbro, e spostò lo sguardo dalla mappa a Draco, e viceversa.
Lui faceva lo stesso. Narcissa, nervosa, osservava perplessa quella scherma silenziosa.
“Allora, tu raggiungi Harry nelle cucine, qualsiasi cosa ci facciano lì, e io rubo quello che serve dall’ufficio di Piton.”
“Non se ne parla. Non sai cosa ci serve, e come pensi di sottrarglieli sotto il naso?”
“Dimmi gli ingredienti, e mia madre mi aiuterà ad attirarlo fuori dall’ufficio.”
Le rispose lui semplicemente. Marie a questo punto fu presa in contropiede. Moriva letteralmente dal desiderio di ricongiungersi con il gemello, ma non le piaceva l’idea di lasciare il compito più gravoso a Draco, che per giunta era anche ferito.
“Lo aiuterò io, Marie. Tu va.” Lo sguardo deciso di Narcissa non ammetteva repliche.
“Se Piton ti vede, chiamerà Tu-Sai-Chi e tenterà di imprigionarti, assieme all’oggetto da distruggere. È molto meglio così.”
Cosa diavolo mi succede, da quando Malfoy è più stratega di me? Pensò Marie preoccupata.
Il suo cervello stava decisamente andando nel panico, con Harry lontano da così tanto tempo. Una parte di lei era lontana, ed avevano passato praticamente tutta la vita prendendo decisioni assieme. Meglio che questa situazione finisca presto, sospirò tra sé e sé.
Duplicò con un colpo di bacchetta la pagina scribacchiata di Pozioni Avanzate che si era già studiata a memoria, e porse il libro a Draco.
“Servono i tre ingredienti scribacchiati nell’angolo sinistro, e una boccetta di morte vivente, quella la devi cercare nel suo ufficio, ne ha sempre delle scorte.”
Il libro scomparve nella tasca di Draco.
 “Allora si va, ma così allo sbaraglio sarà un miracolo se non ci beccano tutti subito.”
Senza mantello dell’invisibilità era tutto molto più difficile.
“Aspettate, lasciate fare a me.”
Narcissa agitò rapida la bacchetta sopra le loro teste, con un tocco leggero ma deciso sui loro capi, e un rivolo freddo corse loro lungo la schiena.
“Bene, così è già meglio. Tenete a mente la strada, perché disillusi ci potremmo perdere presto di vista, ed allora dovremo dividerci senza tante storie. Io e Draco verso l’ufficio nei sotterranei, e tu verso le cucine.”
Detto questo, anche la figura di Narcissa si fuse con il muro dietro di lei, e se Draco e Marie non avessero saputo dove si trovava, sarebbe stato quasi impossibile distinguerla.
Ripiegata la mappa, Marie sfiorò le dita di Draco, con leggerezza, come se fosse un caso.
“Buona fortuna.”
Avvertì lo sguardo di Draco scorrere come acqua fresca su di lei, ed un istante dopo erano fuori, nel corridoio del settimo piano, con ben altrettante rampe di scale da percorrere inosservati e l’arazzo di Barnabas e i Troll in tutù a canzonarli silenziosamente dalla parete di fronte.
La prima cosa che colpì Marie, Draco e Narcissa fu il buio che si trovarono di fronte. Tutti loro erano pronti ad affrontare i corridoi alla piena luce del giorno, come avrebbe dovuto essere, visto che erano partiti da Edinburgh quel mattino. Invece, le torce fiammeggiavano fioche, di una luce spenta, e la piccola finestra rotonda in fondo al corridoio mostrava un piccolo, ma inconfondibile, spicchio di cielo notturno.
Si voltò per accertarsi che anche Draco vedesse quello che la lasciava a bocca aperta, ma prima che potesse proferire parola, udì la sua voce sussurrare vellutata, proprio vicina al suo orecchio.
“L’armadio deve aver alterato la nostra percezione del tempo ed averci messo molto più di quello che pensavamo. Gli incantesimi con cui lo riparai devono essersi indeboliti.”
“Chissà come sono preoccupati gli altri! Ora sappiamo perché sono nelle cucine, è passato un giorno intero!”
Marie imprecava a tutto volume nella sua mente, e sebbene il Pathos Cogitatio non intervenisse di nuovo come pochi minuti prima, Draco avvertì che Merlino e la sua biancheria venivano tirati in ballo parecchio. Per curiosità, guardò il suo orologio, a cui non prestava un’occhiata dallo sgabuzzino di Villa Conchiglia, e rimase esterrefatto. Era ancora il 2 maggio, giorno in cui, ne era certo, erano volati ad Edinburgh, per poi passare la notte lì.
Si avvicinò di nuovo a Marie, che stava per cominciare a scendere gli scalini, per sussurrarle all’orecchio il miracolo. Lei fece un balzo dallo spavento e rischiò di rotolare giù dalle scale.
Narcissa sibilò irritata.
Marie represse una nuova ondata di improperi a beneficio del silenzio.
“Non è passato un giorno, siamo tornati indietro nel tempo, Marie, indietro.”
Come poteva essere accaduto? Non aveva estratto il Giratempo, Silente aveva detto di non usarlo…eppure…Controllò di avere ancora il ciondolo al collo. Accese la bacchetta. I nodi celtici vorticavano graziosamente, era aperto.
“Il Giratempo, la sabbia deve aver scombussolato l’armadio!”
“Spegni la bacchetta!” Narcissa era rimasta basita da quell’informazione, ma lumos era decisamente una mossa avventata.
Nox
“Chi va la? Fatti avanti!”
Indietreggiarono nell’ombra, il cuore in gola. La voce, tuttavia, era famigliare, e così la stazza, degna di un tricheco.
“Eh, ragazzi, fate attenzione, se vi beccano i Carrow non possiamo fare nulla per aiutarvi.” Lumacorno, parlando come se nulla fosse al corridoio buio, si diresse al piano inferiore.
Se mai sopravviveremo, farò una donazione al Lumaclub, pensarono ben tre futuri benefattori. Se avessero saputo che Lumacorno aveva appena ordinato ai tre elfi di guardia di tornare alle cucine, ordine a cui non potevano disubbidire, la loro generosità sarebbe diminuita alquanto.
Con passi felpati cominciarono a scendere gli scalini, e con loro grande sorpresa, rimasero indisturbati fino al quarto piano, dove una contrariata e insonne Minerva McGranitt faceva la ronda, più che sugli studenti, su eventuali Mangiamorte che si aggiravano, non di rado, profanatori del castello. I tre rallentarono, ed a Marie si strinse il cuore nel vedere la sua vecchia professoressa sola e corrucciata, ma dovevano proseguire.
Ci sarebbe stato tempo per parlare a breve. Passarono il terzo ed il secondo piano senza intoppi, ma tutti loro cominciarono ad avere i nervi a fior di pelle. Avrebbero già dovuto imbattersi almeno in un altro professore o in uno dei Carrow, c’era qualcosa di anomalo e sinistro nei corridoi deserti e fiocamente illuminati.
Al primo piano, riuscivano già ad intravedere le porte, serrate, della Sala Grande, quando Alecto Carrow spuntò dalle scale dei sotterranei. Indietreggiava terrorizzata da qualcosa di indistinguibile.
“Se ti dico che non sono affari tuoi, Alecto, tu tieni il naso fuori dai miei affari, capito?”
Un ringhio basso e gutturale accompagnò quelle parole di minaccia. La Carrow non se lo fece ripetere una seconda volta, indietreggiò fino alle scale e se la diede a gambe.
Narcissa si appiattì contro il muro, e la veste nera di Alecto svolazzò loro accanto per un soffio. Greyback, al contrario, avanzava con passo lento e cadenzato, ma inesorabile. Marie indietreggiò, intuendo che Greyback la stava fiutando.
“Greyback, che fai, dobbiamo andarcene, e subito.”
“Sei tu ad averci messo un’eternità.” Il lupo si voltò a malincuore.
“È stato difficile convincere il pusillanime.”
I due svanirono nell’androne, ma passò del tempo prima che osassero oltrepassare la Sala Grande. Non osarono parlare, ma tutti e tre pensavano la stessa cosa. Di cosa aveva dovuto convincere Piton, e perché Bellatrix si trovava ad Hogwarts?

***

“Allora Harry, dimmi un po’ di voi, ora.”
Neville avanzava baldanzoso, seppur ansante, su per il passaggio segreto fra la Stanza delle Necessità e la Testa di Porco, con Harry, Ron ed Hermione al suo seguito.
Harry stava per rispondere, ma Neville continuò, incapace di trattenere l’euforia.
“È proprio vero, Malfoy è dalla vostra parte ora? Ho un sacco di gente nella Stanza che non ha creduto alle proprie orecchie, durante quella puntata di Radio Potter. Molti dicono che sia stato uno scherzo.”
“Ma Neville, come possono pensare questo?” Hermione era indignata.
“I Carrow gli hanno fuso il cervello, ai nostri? Se fossero stati sul campo per cinque minuti si accorgerebbero che c’è poco da scherzare.” Ron parlava con l’esperienza del fuggiasco e di chi, per un brutto momento, ha abbandonato il suo gruppo.
“Bé, sono d’accordo con voi, io ci ho creduto, per quanto fossi sorpreso.”
Ron dovette ingobbirsi ancora di più, si stavano avvicinando alla porta.
“Ma molti non hanno nessuna intenzione di fidarsi di un Mangiamorte, anzi, non vedono l’ora di farla pagare a chiunque porti il Marchio, dovete saperlo questo.”
Si fermarono alla fine del tunnel e ripresero fiato.
“Sarà meglio stare sulla difensiva quando arriveranno Marie e Malfoy, ma prima, avete un bagno di folla da fare!” Spalancò la porta, chiamando a gran voce i compagni.
Harry, Ron ed Hermione fecero appena in tempo a scorgere amache ed arazzi appesi lungo i muri di quella che assomigliava ad una confortevole cambusa, quando furono strizzati, stretti e abbracciati da amici, compagni e ammiratori in un turbinio di grida eccitate, pacche sulle spalle e strette di mano.
“È Harry!
“Ron! Hermione!”
“Te l’avevo detto, Malfoy non c’è!”
“Marie? Ma sono solo in tre!”
Dopo alcuni secondi, le urla di giubilo sfumarono per lasciare posto alle domande.
“Allora Harry, è vero che siete fuggiti dalla Gringott a cavallo di un Drago?”
Harry era sgomento nel vedere il viso tumefatto di Seamus, ma si riprese subito. Non era l’unico, gli erano occorsi alcuni secondi per riconoscere Michael Corner e Terry Boot quando vennero a stringer loro la mano.
“Certo che è vero!” Ruggì Ron, inchinandosi agli applausi.
“Ma allora, la fuga da Azkaban è una balla?” Il cuore di Harry fece un balzo.
“Girava la voce che i Potter avessero liberato un prigioniero e fossero fuggiti da Azkaban.” Ernie sembrava deluso, ma quando si ritrovò Harry al collo, era decisamente meravigliato.
Harry gli diede una sonora pacca sulla spalla, si riaggiustò gli occhiali sul naso e prese un gran respiro. La pipa non aveva mentito, allora.
“Quelli erano Draco e Marie! Ce l’hanno fatta!”
“Allora dovrebbero essere qui a momenti!” Hermione era divisa fra felicità e ansia.
L’euforia tuttavia svanì veloce com’era apparsa sul viso di Ernie, che s’incupì, e diversi membri dell’ES fecero altrettanto. Per la prima volta da quando erano apparsi, calò il silenzio nella sala.
“Ci state dicendo che un Mangiamorte sta per entrare nel nostro rifugio?”
Calì e Lavanda si guardarono spaventate.
“Non sarà mai!” Anthony Goldstein serrò i pugni, e molti altri assentirono.
“Da quando chiamate Malfoy per nome?” Terry Boot incrociò le braccia robuste e fece scrocchiare le nocche. La sua famiglia aveva un conto aperto con i Malfoy.
Harry guardò Ron ed Hermione, non si era nemmeno accorto di ciò.
“Andiamo Boot, non l’avete ascoltata Radio Potter?”
“Certo che sì, non ci perdiamo mai una puntata!”
“E allora vedete di non perdere la memoria! Il messaggio di Malfoy, alias Pallone Gonfiato, era chiaro!” Prima che Goldstein potesse ribattere, la porta da cui erano appena entrati si aprì e fece entrare altri tre Weasley, Lee Jordan e Luna.
“Qualcuno ha detto alias Pallone Gonfiato?”
“Da quando hanno fatto esplodere mezza Azkaban con quelle prugne, George, il Serpeverde ha davvero fatto colpo sullo staff di Radio Potter, non è vero Lee?”
“Non quanto quelle teste di legno che hanno pensato stessimo trasmettendo uno scherzo.”
Boot, Goldstein e MacMillan trovarono il pavimento di pietra improvvisamente interessante.
“Dico io, ma vi pare che faremmo uno scherzo così serio? Che insulto.”
“State parlando di Draco?” Luna, dopo aver abbracciato Hermione, si stava guardando intorno con meraviglia.
“Spero tornino presto, lui e Marie, altrimenti senza il decotto di ostriche zannute il Marchio lo ucciderà ancora più in fretta.”
“Già, Harry, dov’è Marie?” Chiese George, ma Harry era temporaneamente assente, perso fra le braccia di Ginny ed infischiandosene alla grande della piccola folla che lo circondava.
Era difficile dire chi avesse l’espressione più ottusa, fra Boot, MacMillan o Ron: tutti e tre sembravano essere appena stati colpiti da un battitore estremamente feroce, per due motivi diversi.
Solamente il pensiero della sorella lo fece staccare da Ginny. Non poteva dimenticarsi di quanto fosse bella e del suo sguardo indomito, ma i suoi ricordi non le rendevano giustizia.
“È in viaggio con Malfoy. Dovrebbero farcela ad arrivare qui, nella Stanza, ma Malfoy è gravemente ferito, è probabile che ci mettano di più.”
Le sorelle Patil e Lavanda avevano cominciato a parlottare e ridacchiare per ragioni meglio note soltanto a loro tre.
“Bè, allora vediamo di trovare un modo utile e adatto ai nervi di Ron per passare il tempo.”
Fred strizzò l’occhio ad Harry e Ginny, che si sedettero su un pouf che ricordava molto quelli dell’ES.
“Allora Harry, si combatte, vero?” Neville, e tutto l’ES, guardavano pieni di aspettative il loro maestro. Harry scambiò uno sguardo con Ron ed Hermione, e lesse nei loro occhi la stessa determinazione. Hogwarts non poteva rimanere nelle mani dei Carrow, e non sarebbe passato molto tempo prima che Voldemort volesse controllare anche l’Horcrux nascosto nel castello.
E pandemonio sia, pensò Harry, desiderando di poter scambiare il sorriso malandrino che gli saliva sulle labbra con Marie. Si voltò verso Ginny, e lei, come Malandrina, non era da meno.
“Sì, si combatte.” Un boato assordante salì fino al soffitto.
“Era ora!”
“Evviva Potter!”
“Abbasso Piton e i Carrow!”
Harry fu sottratto all’abbraccio di Ginny, Ron ed Hermone si beccarono altre pacche sulle spalle e Fred e George si affrettarono a montare il necessario per una trasmissione eccezionale di Radio Potter.
“Bene, calmatevi ora, calma! Prima dobbiamo decidere come procedere, giusto Harry?”
Neville, sotto i tagli e i lividi, la barba sfatta e le occhiaia, era raggiante come non mai.
“Giusto, allora, ascoltate.” Tutti tacquero, Fred e George già pronti con i microfoni in mano.
Prima che Marie e Malfoy siano qui con noi…”
Si interruppe, e cambiò tono alla velocità della luce.
La vicinanza di Ginny faceva uscire il capo sopito in lui, con lei accanto, non esitava.
“Vediamo di liquidare la questione una volta per tutte. Non accetto repliche su questo punto. Noi ci fidiamo, e per una buona ragione. Malfoy ci ha salvato la vita, quindi, fate i vostri calcoli.” Fece scorrere lo sguardo sui compagni, contando quanti erano ancora dubbiosi.
“Volete combattere?” Un mormorio di assenso si levò dall’ES.
“E allora, non si perda tempo su questioni inutili! Siamo in guerra, e se non credete in noi, dovreste rivalutare la vostra decisione di mettervi in campo.”
“Mai, noi siamo con voi, Harry!”
“Fino alla fine!”
“Bene, allora, proseguiamo.” Ron gli mandò un cenno di assenso e incoraggiamento.
“Come dicevo, non possiamo cominciare la battaglia vera e propria prima che Marie sia di nuovo al mio fianco. Tuttavia, possiamo sabotare i Carrow e prepararci. Libereremo i prigionieri che Neville ci ha detto essere nei sotterranei, e sonderemo il terreno per dare più forza alla rivolta.”
“Che ne dite di scrivere all’ingresso della Sala Grande “Hogwarts Combatterà?” Farà venire una bella strizza ai Carrow.” Lavanda si fece avanti entusiasta.
“Ma dai, ancora con quelle bravate!” La derise Goldstein.
“Per cominciare, direi che va benissimo. Ma dobbiamo trovare un modo per non farci beccare.”
“Io avrei un’idea Harry”
Hermione fece un passo avanti, rivolgendosi sia ad Harry che ai compagni.
“Come sapete, all’interno di Hogwarts è impossibile smaterializzarsi.
Tuttavia, siete tutti d’accordo che se ci potessimo smaterializzare su e giù per il castello, i Carrow e Piton non riuscirebbero a prenderci?” Fece una pausa ad effetto, e tutti la guardavano trepidanti.
“Allora, alleiamoci con gli elfi, gli unici in grado di smaterializzarsi. Senza dubbio vorranno aiutarci a liberare Hogwarts dagli invasori.”
“Splendida idea Hermione!”
“Geniale!”   
I Tassorosso, la cui sala comune era vicina alle cucine, si batterono una mano sul capo.
“Perché non ci abbiamo pensato prima!”
“Andiamo dagli elfi allora, non vedo l’ora di rivedere Dobby!” Luna batté le mani entusiasta.
“Andiamo nelle cucine!” Neville era già pronto, ma Harry lo trattenne.
“Possiamo evitarci il rischio, finché Marie e Draco non sono qui, è meglio che non sospettino di noi, o potrebbero impedir loro di raggiungerci.”
Si voltò di nuovo verso gli altri.
“Non spaventatevi, adesso chiamo il nostro elfo domestico. Kreacher!”
Crack. Crack. Crack.
“Studia studia Harry, quelli sono tre!”
“Padron Harry, Kreacher è ai suoi ordini. Chi vuole pedinare questa volta?”
“Harry Potter Signore! Dobby ha detto ad Aberforth che l’avrebbe rivisto presto!”
“Gonril è onorata di conoscerla, Signor Potter.”
Un’elfa che Harry non aveva mai visto, dalle lunghe orecchie slanciate, si inchinò fino a sfiorare terra con il naso appuntito, per poi guardarlo con grandi occhi rosati pieni di interesse.
“Kreacher, hai portato degli amici vedo.”
“Padron Harry, Kreacher non ha potuto far nulla per fermarli. Desideravamo incontrarla tutti e tre.”
“Anche noi, guarda caso. Perché?” Harry aveva un ottimo presentimento.
“Gli elfi di Hogwarts, sotto nostro incoraggiamento, hanno deciso di aiutare Harry e Marie Potter a sconfiggere Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato e liberare il castello dai suoi cattivi e negligenti usurpatori!” Un secondo boato si levò dalla folla di ragazzi.
“Di un po’ Kreacher, hai già stampato questo proclama?” Domandò Ron.
“È perfetto, prendete nota Lavanda, Padma e Calì, o chiunque andrà a vandalizzare i muri.”
“Splendido, allora potete aiutarci fin d’ora. Ti ho proprio chiamato, Kreacher, per farci smaterializzare nelle cucine, ma Dobby e Gonril potrebbero aiutare altri due nostri gruppi.”
Gonril, con sua sorpresa, si fece avanti.
“Con tutto il rispetto Signor Potter, gli elfi Gonril, Dobby e Kreacher chiedono una promessa in cambio del loro aiuto, ed i loro colleghi richiederebbero una sua visita ufficiale alle cucine.” Ad Harry fece strano sentir parlare di “visita ufficiale”.
“Cosa chiedete, Gonril?” Domandò Hermione, con gli occhi che luccicavano.
Gonril in risposta si inchinò ad Hermione, con i grandi occhi pieni di ammirazione.
“Signorina Granger, onorevole fondatrice del C.R.E.P.A, Gonril ha sentito parlare molto di lei.” Hermione le sorrise, sorpresa. Gonril si irrigidì ed assunse un portamento solenne. La sua voce acuta si propagò per tutta la stanza.
“Gli elfi sopra citati domandano ai gemelli Potter ed alla fondatrice del C.R.E.P.A di impegnarsi solennemente a ripagare gli elfi dell’aiuto che forniranno nelle future battaglie, promuovendo maggiori diritti per gli elfi e maggiore rispetto da parte dei maghi!”
Hermione saltò sul posto dalla gioia, e cominciò a scuotere Ron per un braccio, felice come una Pasqua.
“Certo, certo! Hai visto Ron, avevo ragione, avevo ragione a lottare per loro!”
Fred accese il microfono e sollevò in alto il pugno.
“C.R.E.P.A, Voldy!”
Harry non poté trattenere una risata, ma quando si rivolse ai tre elfi era serio.
“Gonril, Dobby, Kreacher: avete la mia parola d’onore di mago che mi impegnerò solennemente a difendere i diritti degli elfi e la loro rappresentanza nella comunità dei maghi.”
Hermione ripeté la stessa formula, e fece apparire tre nastri argentei con ricamate quelle parole. Harry impugnò il suo ed intascò quello di Marie.
“Non appena mia sorella arriverà rinnoverà la promessa, non dubitate.”
“Dobby ne è felicissimo signore!”
“Ora possiamo aiutare i suoi amici, Signor Potter. Lei può visitare le cucine con Dobby, così gli altri elfi si mobiliteranno.”
Hermione, prima raggiante, tornò seria.
“Harry, non dobbiamo dimenticarci che se rimaniamo nella stanza, Marie Draco potrebbero non riuscire ad usarla ed apparire tramite l’armadio. Ora è il momento buono per uscire tutti, fare quello che dobbiamo fare e poi aspettare che arrivino. Possiamo rifugiarci nelle cucine, e ci troveranno usando la mappa.”
Harry era dubbioso: raggiungerli nelle cucine sarebbe stato tutt’altro che facile.
“Va bene, ma dovremo mettere degli elfi di ronda, di modo che quando escano dalla stanza possano guidarli alle cucine senza pericolo.”
“Allora, ascoltate tutti! Dovete formare tre gruppi, ognuno collabrerà con un elfo, e ci ritroveremo nelle cucine.
Uno si occuperà di scrivere sul muro della Sala Grande “Libereremo il castello dai suoi usurpatori” O quello che vi aggrada, avete capito il succo, insomma.”
“Ce ne occuperemo noi!”
Gridarono all’unisono, e determinate come mai prima, Lavanda, le sorelle Patil e Cho.
“Un altro gruppo libererà i prigionieri nei sotterranei, e li porterà nelle cucine.”
“Questo possiamo farlo noi, abbiamo già esperienza”
Terry Boot, Ernie, Michael Corner e Anthony Goldstein annuirono impazienti.
Un terzo deve avvisare i Capi delle Case McGranitt, Sprite e Vitious della battaglia imminente. Dite loro che Voi-Sapete-Chi presto attaccherà Hogwarts, e di tenersi pronti.
“Ci andrò io Harry, mi prendono molto sul serio ora.” Disse Neville, orgoglioso.
“Perfetto. Già che ci sei Neville, usa i galeoni dell’ES per chiamare chi sia ancora assente e fallo andare alla testa di Porco. Mi riferisco soprattutto a Dean.”
“Fred, George, Lee, trasmettete che tutti coloro che vogliono lottare contro Voi-Sapete-Chi devono recarsi ad Hogsemade, alla Testa di Porco.
“Sicuro Harry? Aberforth ti ammazza…” Lee scherzava solo a metà.
“Sicuro. Lee e Seamus, prendete quelle scope e cercate due squadre di Quidditch, capitanate da Wynn Embrey e Viktor Krum. Se il galeone di Dean funziona, saranno presto di nuovo ad Hogsmeade e il villaggio sarà sicuro, quindi non dovrebbero essere tutti costretti ad ammassarsi alla Testa di Porco. Rimanete lì con loro e istruiteli sulla situazione generale, state pronti alla chiamata.” Riprese fiato, poi, sbraitò per farsi sentire sopra il chiasso.
“Esercito di Silente, sull’attenti!” Silenzio.
“Il segnale di via libera sarà sul vostro galeone: si scalderà e porterà le parole: Ad Hogwarts, si combatte! A quel punto, rovesceremo Piton con l’aiuto degli elfi, dei direttori delle case e di tutti coloro che sarete riusciti a riunire. Poi, arriverà la parte seria, ma ora di lì spero di non essere il solo a dirigevi.”
Harry si asciugò il sudore dalla fronte, prese Ginny per il braccio e si diresse verso i gemelli, prima che cominciassero a trasmettere.
“Fred, George, Ginny, dovete avvisare Bill e l’ordine, da casa di zia Muriel e da Villa Conchiglia” Non voleva farsi sentire dagli altri compagni, l’Ordine era pur sempre segreto.
“Facevo sul serio dicendo che ci ritroveremo Voi-Sapete-Chi sul collo, e lì non ci basterà l’ES. Io, Ron ed Hermione dobbiamo cercare un oggetto, con l’aiuto di Luna.”
“Benissimo generale Potter!” Fred mimò un soldato sull’attenti, ma poi tornò serio.
“Non ti preoccupare Harry, Marie arriverà, e sono sicuro che non si è perso per strada nemmeno quel Malfoy.” George gli mise una mano sulla spalla.
“Prima però dobbiamo sloggiare!”
“Ben detto Freddie. Forza Lee, trasmissione lampo, anzi, fulmine!”
Ginny lo abbracciò ed Harry non pensò a nulla, in quel momento, se non a quanto l’amava ed a come avrebbe voluto che quell’abbraccio durasse in eterno.
“Ci si vede, Potter” Rubarono un ultimo bacio, e poi si voltò verso i gemelli, i capelli infuocati che danzavano dietro di lei.
“Harry, a me non hai dato istruzioni, o sbaglio?” La voce di Luna lo fece tornare sulla terra.
“No Luna, hai ragione. Abbiamo bisogno del tuo aiuto. Verresti con noi nelle cucine, per poi aiutarci a trovare un oggetto di Corvonero? Tu sei la persona adatta, conosci molte leggende e Corvonero è la tua casa. È un oggetto molto importante per distruggere Tu-Sai-Chi.
“Ma certo Harry! Non vedo l’ora di incontrare altri elfi.”
“Affrettiamoci allora.” Alzò il volume, rivolgendosi a tutti.
“A breve vi manderemo degli elfi in aiuto, poi, ricordatevi, la Stanza deve rimanere vuota. Una volta compiuta la vostra missione, ci ritroviamo tutti nelle cucine.”

*

Piton stava osservando con livore il ritratto del vecchio Preside, i piedi incrociati sulla scrivania. Aveva scoperto di trarre enorme piacere da quel piccolo gesto di affronto verso l’uomo che gli stava dando ordini anche ora che era morto, e lui l’aveva ucciso.
Appena Bellatrix aveva tolto il disturbo, era piombato nel medesimo stato di noia in cui si trovava durante le sue notti insonni.
Il pandemonio scoppiato ad Hogsmeade era un sicuro segno che si erano già intrufolati nel castello; tanto meglio, gli facilitava di molto le cose che Bellatrix fosse arrivata in ritardo, ma il tutto risultava ancora mortalmente noioso. Certo, era all’erta e non aspettava altro che i due giovani cadessero nella trappola entrando nel suo ufficio, alla ricerca vana di ingredienti.
Ma ciò non cambiava il fatto che da quando sapeva di dover morire, ogni cosa gli appariva monotona e futile; solo i suoi ricordi gli davano un po’ di sollievo.
Fra tutti i tuoi astuti piani, Silente, non ti è mai passato per quella tua brillante mente che volessi redimermi. Ora, ho trovato il modo, e non me lo potrai impedire, Albus.
Giocherellò con la fiala in cui volteggiava placido un unico, lungo e composito ricordo, assemblato durante quelle suddette notti insonni e tediose.
Giocare al gatto e il topo con Malfoy e la Potter tuttavia rimaneva un diversivo succulento, dopo tutto. Così, lasciò la fiala nel suo sottile trespolo di cristallo, dove una volta stava Fanny la Fenice, e tolse con teatrale gravità i piedi dalla scrivania, intenzionato a tornare nel suo vero ufficio.
“Villano!” Squittì rabbioso Dippett dal suo quadro, ma Piton non gli gettò nemmeno un’occhiata.
Nonostante potesse con pieno diritto trastullarsi nella consapevolezza che fra tutte le pedine in gioco, lui era l’unica in grado di prevedere alcune delle mosse più cruciali in assoluto, e sapesse ben più dei Potter, e perfino di più di Voldemort, ignorava il motivo per cui Bellatrix fosse arrivata in ritardo. La strega si era intrufolata nel suo ufficio, rompendo con poche difficoltà gli incantesimi che Piton aveva messo a sua protezione, per impossessarsi di una piccola fiala di Polisucco.
Bellatrix non sopportava di essere agli ordini di Piton, e rubare dal suo ufficio soddisfava la diabolica bambina dispettosa in lei, così come il piano che aveva architettato. Sapeva che probabilmente non sarebbe risultato fatale ai Potter, ma li avrebbe di certo ostacolati, e, messa alle strette, era ben più che una consolazione. Aver dovuto abbassarsi ad usare quello spocchioso di Zabini come marionetta era fastidioso, ma probabilmente avrebbe fatto una brutta fine, e quella consapevolezza la rallegrava.

*

“Ehi Wynn, non ne è rimasto nemmeno uno, che facciamo?”
Alwyn guardò l’ultimo Mangiamorte precipitare senza un briciolo di stile e schiantarsi sul tetto dei Tre Manici di Scopa, o meglio, provvisoriamente Quattro.
Cadfan e Volkanov affiancarono i rispettivi capitani, ripulendo le loro mazze con un colpo di bacchetta.
“Perché non andiamo a farci una burrobirra?” Broderick studiava dall’alto i Tre Manici.
“Una inglese? Ma ti è partita la pluffa, Bran?”
“Andiamo Lewis, lo dice anche Volkov qui che la burrobirra è buona, e lui è cresciuto a superalcolici.”
“Tanto lo so che tu vuoi solo mettere i piedi a terra per fumare, Bleddyn.”
“Falso, posso farlo benissimo in volo, s’è per questo.”
Dacey fece per estrarre la pipa, ma Wynn lo bloccò. Krum reclamò la sua attenzione.
“Io e la mia squadra dice di scendere ed aspettare. Potter avrà ancora bisogno di aiuto.”
Krum urlò qualcosa ai suoi, che gridarono in assenso.
“Certo, Harry non esiterà a chiamarci di nuovo!” Dean si beccò un’occhiataccia da Krum.
“Nel frattempo potrebbero arrivare altri Mangiamorte, non abbassate la guardia.”
Wynn scoccò uno sguardo particolarmente pungente a Bleddyn. La sua squadra era come una famiglia per lui, e sebbene sapesse che se la cavavano tutti alla grande dopo mesi di vita selvaggia ed agguati più o meno pericolosi, Bleddyn si cacciava sempre nei guai.
“Non ti preoccupare Wynn, ci penso io a lui.” Alwyn affiancò il fratello, scrutando la luna.
Nel frattempo Krum si era già diretto verso la Testa di Porco, dove era certo di aver visto una luce. Per giunta, i Tre Manici di Scopa gli ricordavano quella megera di una giornalista che ronzava sempre intorno ad Hermione.
Le strade di Hogsmeade erano invase da maghi e streghe in vestaglia, stralunati ma euforici nel vedere i Mangiamorte stramazzati a terra.
“Questo qui ci è rimasto secco. Ma proprio sul mio tetto doveva atterrare, disgraziato!” Madama Rosmerta si trovava a dieci metri d’altezza, osservando il danno alle sue tegole.
Gli altri abitanti del villaggio avevano già legato ed imbavagliato i restanti Mangiamorte, alcuni dei quali, scoprirono con una certa delusione, si rivelarono essere Ghermidori.
Furono gettati senza tanti complimenti nelle cantine di Mielandia, che ebbero cura di sigillare.
“Che diavolo succede sta notte, non si può proprio chiudere occhio qui.
“Ve la faccio pagare due galeoni io, la burrobirra, a quest’ora. E che non vi venga in mente di farla diventare un’abitudine, solo perché il mio pub è diventato una stazione ferroviaria.”
“Eddai Ab, lo sappiamo che ti sai divertire la sera, per una volta puoi condividerla con noi.”
“Lee!” Ruggì Dean, saltando addosso all’amico.
“Cercavo proprio te, maledetto fuggiasco! Ti sei dato alla bella vita mentre io lavoravo eh?”
Un tavolo più in là, Bleddyn sussurrava all’orecchio del fratello.
“Spero che scoppi una battaglia, con i Potter al castello. L’unica cosa che vorrei da questa notte, è mettere le mani su Greyback.”
Alwyn mandò giù il suo Whisky incendiario in un colpo solo.
“Anch’io Eddie, e lo incastreremo, questa volta non ci scapperà, fosse l’ultima cosa che faccio!”
I due fratelli guardarono cupi il fondo dei loro bicchieri, e prima che potessero accorgersi di quanto fossero unti, Beaven e Lewis gli furono addosso con la loro solita traboccante energia di battitori. La Testa di Porco non era mai stata tanto affollata, ed Aberforth non poteva fare a meno di pensare che quella notte era appena cominciata.

*

Piton era furioso. Appena avvicinatosi alla porta dell’ufficio, aveva intuito che qualcosa non andava. Qualcuno aveva rotto gli incantesimi di difesa. Si scaraventò dentro, e gli occorse una frazione di secondo per accorgersi di cosa mancava: Pozione Polisucco.
Possibile che la maggior parte dei maghi fosse in grado solamente di rubarla, quella pozione?
Non potevano essere stati i Potter, o Malfoy, a loro non era di alcuna utilità.
Ecco perché Bellatrix era in ritardo, stolto!
Corroso dalla rabbia, faceva su e giù per lo stanzino umido e straripante di boccette e creature immerse in liquidi sinistri, gettando di tanto in tanto uno sguardo allo specchio una volta appartenuto ad Alastor Moody. Delle figure si agitavano, sempre più nitidamente, nel vetro nebuloso. Piton era improvvisamente stanco e stufo di aspettare.
La parte più austera di lui attribuiva quell’impazienza al tedium vitae che non li dava tregua ormai da mesi, ma in cuor suo sapeva che bramava il piccolo viso impertinente che gli aveva permesso, e poteva ancora donargli, attimi di dolce illusione.
“Fatti avanti Potter, è ora di smetterla di aspettare nell’ombra.”
La figura nello specchio si mosse, ed un istante dopo fronteggiava Piton, impugnando la bacchetta nella sinistra ed il Principe nella destra.


Angolo dell’autrice

Allora, non odiatemi per aver lasciato il capitolo così sospeso!
Non preoccupatevi, aggiornerò presto, vi voglio un sacco di bene, dopo tutto;-)
Finalmente abbiamo scoperto in quale occasione Draco ha intravisto la scintilla della salvezza nello sguardo di Marie. Con questo capitolo, ci siamo riallacciati al prologo.
La battaglia si avvicina, ed Harry e Marie presto potranno finalmente riabbracciarsi.
Harry, essendo abituato ad agire in compagnia fin da prima che sapesse camminare, è più socievole ed incline alla collaborazione che nell’originale.
Hermione ha finalmente assaporato la vittoria, alla faccia di tutti gli sbuffi e gli occhi al cielo di Ron ed Harry; i nostri elfi si sono rivelati provvidenziali, ma non sono sprovveduti.
L’ES, senza di loro, faticherebbe parecchio ad eseguire gli ordini di Harry.
La storia dei fratelli Dacey, con la benedizione di Draco e dei gemelli, dovrà pazientare un po’ per svelarsi, ma pian piano scopriremo di più su questi due provetti piloti di Firebolt.

Sono curiosissima di sapere cosa ne pensate, la vostra opinione conta molto per me, e sono
enormemente grata a tutti i miei recensori ed a voi lettori silenziosi.

Vi ringrazio di cuore e spero apprezziate il capitolo.
A presto,
Claire

P.S Mi scuso per gli errori di battitura presenti nell'aggiornamento del 20/notte del 21, quale svista! La data è 2 maggio, anche se ero in dubbio per molto tempo: insomma, Voldemort è stato ucciso il 2, quindi la battaglia era forse il primo maggio? Vabbé , per semplificare le cose, è il 2 maggio come nei resoconti.


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Capitolo 15
*** Il Sosia ***


 
 
Il Sosia
 
Nota: ILLUSTRAZIONI alla fine del capitolo by Thundelara
 
“Remus, ti ho detto mille volte di non accendere la radio, hai svegliato Teddy!” 
“Piantala mamma, Teddy era già sveglio, non è vero? Dopo il bagnetto gli occorre sempre un po’ di tempo per addormentarsi.” 
Dora sollevò il piccolo piangente dalla culla e gli baciò i piedini. 
Remus distolse lo sguardo dalla radio ed il ciuffo sparuto che spuntava fra le braccia di Dora passò da biondo a turchese acceso. 
“Qualcosa di interessante?” Il divano del salotto scricchiolò e Teddy tese i pugnetti verso il papà, il suo visino paonazzo e contrariato. 
Remus tese le braccia e Dora gli passò il fagottino profumato fresco dal bagnetto. 
Lupin si adagiò Teddy sul petto, appoggiandogli con delicatezza la testolina sulla spalla. 
Teddy fece un gran sospiro, e poi smise di piangere. 
“Ripeto, Radio Potter ha un annuncio ufficiale da fare: Hogwarts combatterà!”
“Per Severus Piton l’ora dello shampoo si avvicina!”
“Compagni Maghi, Compagne Streghe, è giunta l’ora di ribellarsi! 
Coloro che desiderano prendere parte alla battaglia, si rechino alla Testa di Porco, e magari già che ci siete portate un regalo ad Aberforth, o potrebbe anche schiantarvi.” 
Tonks afferrò la mano di Lupin, e carezzò il capo del piccolo con l’altra.
“Siate discreti gente, non ci servono Mangiamorte in zona.” 
“Con questo, bando alle ciance, è ora di passare all’azione!”
“Passo e chiudo Sorcino, da Radio Potter, che Merlino sia con voi stanotte!”
Remus coccolò la schiena di Teddy, ascoltando il suo corpicino sollevarsi ed abbassarsi in modo regolare, e Dora si appoggiò a sua volta al marito, assimilando quella notizia ed ascoltando il cuoricino di Teddy e quello del suo uomo battere all’unisono. 
I loro sguardi si incrociarono, e Tonks posò la sua mano su quella di Lupin.
“Dobbiamo andare subito Remus! Harry e Marie avranno bisogno di tutto il nostro aiuto.”
Andromeda spense la radio ed incrociò le braccia, osservando la famigliola accoccolata sul divano con la sensazione che qualcosa di ineluttabile stesse per accadere.
Remus continuò a coccolare Teddy come se Dora non avesse detto nulla, ma il suo sguardo era mortalmente serio e fisso nel vuoto.
“No, tu resti qui. Non voglio che nostro figlio rimanga orfano.”
Le parole di Remus tagliarono l’aria come dardi, e conficcarono nei petti dei tre adulti presenti la loro fredda punta di morte.
Tonks non rispose, ma sollevò delicatamente il piccolo dal petto di Remus e lo cullò con dolcezza fino al suo lettino, dove gli rimboccò amorevolmente le coperte e sistemò il suo lupacchiotto peluche con lui, con il quale Teddy aveva passato tutte le sue nottate e pisolini.
Remus si avvicinò al figlio e incantò l’area di soffitto sopra la sua culla affinché mostrasse un cielo punteggiato di grandi e luminose stelle, che danzavano tranquillamente e si solleticavano a vicenda. 
Remus e Dora avrebbero voluto non staccarsi mai dal loro bambino e passare tutta la notte l’uno accanto all’altro, vicini al loro piccolo, ma dopo essersi impressi il più vividamente possibile nella memoria il visino sereno di Teddy, i suoi pugnetti che si aprivano e chiudevano appena, ed il ciuffo che stava virando verso un rosa delicato, indizio che stava sognando qualcosa che gli piaceva, voltarono le spalle alla culla ed uscirono nel portico.
“Remus, amo nostro figlio tanto quanto te. 
Non puoi chiedermi di star qui ad aspettare e non tentare di fermare i Mangiamorte.” 
Remus fissava il cielo stellato senza guardarla.
“Sai anche tu che ogni bacchetta sarà cruciale! Se Tu-Sai-Chi vincesse, ucciderebbero tutta la nostra famiglia, e non riesco nemmeno a tollerare il pensiero!”
La voce di Dora si incrinò come non accadeva mai, e Remus la avvolse con le sue braccia, sollevandole delicatamente il mento verso le stelle.
“Lo so Dora, lo so. Guarda le stelle, come sono belle.” 
Tonks distolse a malincuore lo sguardo dal profilo di Remus e si aggrappò più forte a lui.
“Anche Teddy le sta guardando, e se le cose non dovessero andare come speriamo, ci ritroveremo tutti lassù, e ci sarà una nuova costellazione, più luminosa di qualunque altra.”
Tonks si sollevò sulla punta dei piedi e baciò Lupin con delicatezza, all’inizio, ma lui rispose con trasporto, e la chioma di lei si fece cremisi.
“Combatteremo insieme sotto questo cielo, Remus, per la nostra stella che ora dorme tranquilla con il suo piccolo lupacchiotto.”
“E brilleremo insieme.”
Lupin le schioccò un altro bacio sulle labbra.
“Guarda che così mi abbagli Lupin!”
“Tanto tu sei sempre stata una cometa Dora.”
“Vorrai dire una meteora.”
“Voglio dire il miracolo che mi ha guidato verso la felicità e la luce.”
I due si abbracciarono per un ultimo istante, prima di girare sul posto e svanire.
 
 
*
 
Giunta in vista del quadro con la ciotola di frutta, Marie gettò la cautela alle ortiche e si mise a correre all’impazzata. Harry era vicino, vicinissimo, ma più la distanza diminuiva, più la morsa che le stringeva il cuore si faceva stretta e tagliente, come se il suo corpo non fosse più disposto ad accettare nemmeno quei pochi metri che li separavano e volesse staccarsi dalla sua anima, attraversare il muro prima che la pera dipinta ad olio avesse finito di ridere e stringersi ad Harry. O forse, era la sua anima a volerle balzare fuori dal petto, questo Marie non avrebbe saputo dirlo. 
Si fiondò nella cucina, e prima che Ron ed Hermione potessero comprendere cosa o chi fosse entrato, Marie ed Harry erano abbracciati tanto stretti da poter respirare a mala pena, ma l’ossigeno era di ben poca importanza. La realtà circostante fu sommersa ed Harry e Marie rimasero come tramortiti, per un istante, dalla percezione improvvisa di essere nuovamente completi. Entrambi provavano la soverchiante sensazione di aver appena riacquistato un arto, senza il quale, ora che si sentivano di nuovo completi, sembrava incomprensibile e spaventoso essere stati in grado di muoversi.
“Marie, ce l’hai fatta! Ancora un minuto e sarei impazzito…”
“Harry, ma che ci è venuto in mente?” 
Marie allentò la presa per guardare negli occhi il gemello, ed il blocco di ghiaccio affilato che le segava la gola si sciolse, il timore di non poter più rivedere il gemello si tramutò in gioia pura e distillata, che le scorreva nelle vene riportando raggi di sole dove prima era calato il gelo e la brina della disperazione. 
Harry si lasciò sprofondare nei grandi occhi felini della gemella, ma la vista, e tutti i suoi sensi messi insieme non riuscivano a tenere il passo con la gioia ed il sollievo che suscitavano.
La strinse nuovamente a sé, lasciandosi rassicurare dalla loro vicinanza.
“Harry, sono così felice che tu sia qui con me.” 
“Non voglio mai più separarmi da te così a lungo, Marie.”
“Eravamo così preoccupati Marie!”
“Dai Harry, lasciacela abbracciare, non te la portiamo via, promesso.”
Ron ed Hermione si unirono all’abbraccio, e in quel breve istante i quattro si sentirono di nuovo come al primo anno, quando Harry e Marie erano usciti dall’infermeria. 
“Ce la faremo, insieme,” 
“Come ogni anno ad Hogwarts.” Completò Marie, le braccia attorno alle spalle di Ron ed Hermione. Hermione fece per sorridere all’amica, ma improvvisamente sussultò. 
“Marie, dov’è Draco? E Narcissa?”
Harry e Ron si voltarono fulminei verso la porta, ma non c’era nessuno.
“Oh no! Harry, Draco è nell’ufficio di Piton, deve rubare gli ingredienti per la pozione cicatrizzante del Principe.”
“Perché diavolo ci è andato da solo?”
“A che gli serve la pozione cicatrizzante?” Hermione si mise le mani nei capelli.
“Dopo, dopo! È con Narcissa, ma il punto è” Marie trattenne il fiato “Che abbiamo trovato un altro Horcrux!”
“Cosa?”
“Dove, come avete fatto a…”
“Vi spiegherò dopo, ora dobbiamo preoccuparci di Draco!” 
Gli elfi, nel frattempo, si erano avvicinati incuriositi, e si facevano strada fra le loro gambe, ma Marie non poteva dedicar loro nemmeno un’occhiata, per il momento.
Estrasse la mappa e la dispiegò. Ed imprecò in tal modo che un’elfa si piegò le orecchie.
“Maledizione, Amycus Carrow sta duellando con Narcissa, quindi Draco se la sta vedendo con Piton! Ed Alecto è in arrivo! Non sono sicura che il piano che gli ho dato al volo possa funzionare.”
“Quale piano?” Domandò Harry, allarmato.
“Che facciamo adesso?” 
Ron si rivolse quasi per sbaglio agli elfi, come in cerca d’aiuto, ed in quel momento Kreacher non seppe più trattenersi. 
“Marie signorina, Kreacher può andare e salvare il giovane Malfoy, se lo desidera.” 
Kreacher la guardò speranzoso. Ora che i due compagni Dobby e Gonril erano fuori in missione con l’ES, poteva avere lui tutte le attenzioni.
“Kreacher! Non ti avevo visto!” Marie gli rivolse un enorme sorriso, che si appiattì subito in un’espressione molto seria. Si chinò verso l’elfo e gli pose le mani sulle spalle esili e ossute.
“Va Kreacher, non perdere un secondo. Porta Draco e Narcissa qui, insieme gli ingredienti, te li diranno loro!” 
Kreacher scomparve con un sonoro crack, lasciando solo il riflesso del suo sguardo determinato in una delle padelle di rame appese alla parete.
I quattro di riunirono attorno alla mappa, osservando i due cartigli, “Severus Piton” e “Draco Malfoy”, librarsi enigmatici e taciturni sulla pergamena. 
 
*
 
 “Usa il libro, minaccia di distruggerlo!” Prima che Draco potesse chiederle altro, lei si era già lanciata verso le cucine, e sua madre l’aveva preso per il braccio, facendogli segno di affrettarsi. Il buio dei sotterranei li inghiottì, ma una volta giunti in prossimità dell’ufficio, a Narcissa parve di udire dei passi echeggiare in lontananza, gli stessi che credeva di aver immaginato pochi attimi prima. Fece segno a Draco di tacere, e si avviò verso la fonte del rumore. L’incantesimo di disillusione stava svanendo, Draco lo avvertiva scivolare via come una coperta troppo corta d’inverno, e sperò che quello della madre durasse più a lungo. 
Appiattito di fianco alla porta spalancata dell’ufficio di Piton, Draco tentava di convincersi che le parole di Marie avessero un senso, mentre lottava per tenere a bada il panico che risaliva strisciante dal suo stomaco, stringendogli la gola. 
Piton lo stava aspettando, esattamente come il gatto acquattato fra l’erba attende il topolino sbucare, fissando il punto dove è convinto che apparirà. 
D’un tratto, gli parve di udire la voce accusatrice di un Grifondoro dallo spiccato accento irlandese, doveva essere Finnigan, con la solita espressione altezzosa e fiera dei loro nemici di Casa: “Serpeverde, sono tutti uguali, vigliacchi, approfittatori e codardi, non ce n’è uno che valga qualcosa, Marie, non star lì a perdere il tuo tempo, li batteremo sul campo da Quidditch.” Questa volta non si sarebbe comportato da vigliacco. Non avrebbe aspettato appiattito nell’ombra che Piton saltasse fuori a fargli booh! come un grosso pipistrello del malaugurio. Strinse la bacchetta nella mano forte ed il libro che sapeva di muffa in quella dalla spalla malridotta. 
Al diavolo, non c’è altro modo, pensò Draco, vedi almeno di rendere onore alla fama dei Serpeverde ed essere scaltro. 
Lentamente, con intenzione, Draco uscì dalle tenebre e poggiò un piede sulla soglia, e poi l’altro, lasciando che la luce verdastra della stanza gli illuminasse il viso d’ombre. 
Due rampicanti grigiastri attorcigliati alla porta fremettero leggermente, attirando il suo sguardo per un istante, ma questo non dovette vagare a lungo: due occhi neri come l’abisso lo inchiodarono con un’espressione indecifrabile, ma un’intenzione ben precisa.
Draco fece appena in tempo a chiudere la mente e volare lontano dai suoi pensieri più cari e più recenti, prima che l’attacco di Piton si infrangesse contro le sue scogliere, sgretolandone la superficie. Puntò la bacchetta contro il suo vecchio professore, ma Piton fu rapido ad evocare un sortilegio scudo; in risposta Draco mirò ad una delle boccette sugli scaffali alle sue spalle.
“Confringo!” 
Schegge di vetro e liquido violaceo attaccarono Piton alle spalle, che dovette abbandonare l’attacco alle difese della mente di Draco ed ampliare lo scudo.
Togliendosi una milza di pipistrello dal mantello, Piton ringhiò, disgustato, ma perfettamente calmo: 
“Sei venuto non accompagnato, Draco, con il solo scopo di far esplodere il mio ufficio? 
Non credo proprio…” 
Draco tentò di infrangere lo scudo, ma era solido come diamante e sembrava non avere punti deboli.
“E lei, è capace solo di rintanarsi dietro ad uno scudo? Mica male, per un ex insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure.” 
A Piton, tuttavia, non era sfuggita la scintilla di sorpresa negli occhi di Malfoy alla menzione dei compagni. I Potter erano nel castello. 
Avrebbe dovuto comunicarlo al Signore Oscuro, ma prima, perché non giocare un po’ con la preda? Probabilmente i Potter sarebbero corsi a salvare il loro nuovo amico, se avesse temporeggiato, ed allora avrebbe potuto chiamare il Signore Oscuro con assoluta certezza.  
“Non credi di essere in debito con me, Draco?” 
Un angolo della bocca di Piton si alzò con insofferenza. Draco sbottò in una risata sarcastica e nervosa, e strinse più forte la bacchetta, spostando il peso da un piede all’altro. 
“In debito con lei? E per cosa, esattamente?” 
Sapeva perfettamente dove Piton voleva andare a parare, ma i suoi occhi stavano perlustrando freneticamente gli scaffali pericolanti e traboccanti, in cerca di sangue di unicorno e squame di drago. Sapeva bene quanto il primo rilucesse perlaceo, non avrebbe mai potuto dimenticare quella notte nella Foresta. Dubitava che Piton lo tenesse in vista, dato il prezzo, ma gli sembrò di individuare le squame verdeggianti di un gallese nello scaffale alla sua destra. 
“Per aver ucciso Silente - ” 
“Accio!” 
“Al posto tuo, misero ladruncolo di un Malfoy.” 
Gli occhi neri di Piton dardeggiarono verso il barattolo che sparì nella giacca di Draco, ma non fece nulla per bloccarlo.
Perché Piton non attaccava? E sua madre, dov’era finita? Se fosse arrivata, in due se la sarebbero potuta cavare in fretta da lì.  
“Come se non sapessi che l’ha fatto per il suo interesse. Non le devo un bel niente.”
“Oltre ad essere sciocco, sei anche irriconoscente.”
Urla ed il fragore indistinto di botti riempirono il corridoio alle loro spalle. 
D’un tratto, lo scudo che si frapponeva fra i due svanì, Piton agitò la bacchetta e così fece Draco. Il Mangiamorte schivò con sorprendente facilità lo schiantesimo di Draco, che minò gli scaffali alle sue spalle con un’esplosione, e Piton dovette rinunciare a lanciargli un altro Expelliarmus per proteggersi nuovamente dalle scansie cariche di erbe e decotti. 
Draco evitò per un soffio il primo incantesimo, e capì che non avrebbe resistito a lungo. Tanto valeva provare.
“Se non mi consegna gli ingredienti che mi servono, brucerò il suo libro!”
Piton si era raddrizzato e lo guardò con disprezzo.
“Così quella sarebbe la tua ultima risorsa Draco? So a memoria tutto quello che vi è scritto, stolto, saluta la tua bacchetta. Il Signore Oscuro sarà felice di frugarti la mente in cerca dei Potter -” 
Le parole gli morirono in gola quando intravide un volto ondeggiare sulla pergamena che era sfuggita alle pagine del libro ed ora stava volteggiando aggraziata verso terra, un volto che si animava oramai solamente nei ricordi che aveva riposto nella fiala. 
Draco reagì d’istinto intuendo lo sgomento dell’avversario e appellò fulmineo la pergamena, per poi puntarvi contro la bacchetta. 
“Mi dia il sangue di unicorno e una boccetta di morte vivente, o questo disegno brucerà.” 
Draco agiva alla cieca, ma gli occhi di Piton erano spalancati, incatenati dal tratto che aveva tracciato con tanta emotività il sorriso di Lily, quel sorriso che lei donò a molti, e che a lui fu tolto. Piton si dibatteva silenziosamente fra la dimensione del ricordo e del lutto, senza riuscire a capacitarsi che un ritratto di Lily fosse spuntato dalle pagine su cui aveva vissuto così tanti anni di tormentosa passione.
Draco nel frattempo annaspava fra il panico, l’impazienza e l’incomprensione. 
Premette la punta della bacchetta sulla carta e si levò un sibilo e un filo di fumo. 
“Ti darò gli ingredienti, se tu mi dai il ritratto, intatto.”
“Provi ad attaccarmi e potrà soffiare sulle sue ceneri.” 
Con due rapidi movimenti altrettante boccette balzarono dal buio stanzino che si apriva alla sinistra di Piton; l’una scura come se condensasse al suo interno la notte e l’oblio, l’altra lucente come se un Patronus fosse intrappolato al suo interno. Le afferrò al volo ed affiancò alle squame di drago. 
“Ora, Malfoy, dammelo.” 
L’espressione di Piton era indecifrabile, impassibile ed illeggibile come la pietra, e Draco si sentì come il marinaio che abbandona la zattera in mare aperto. 
Esitante, lasciò che il disegno volteggiasse fino ad atterrare leggero nella mano di Piton, che prima di contemplarlo senza battere ciglio e spianarne le pieghe, agitò la bacchetta verso l’ingresso. 
Draco indietreggiò, un passo dopo l’altro, senza credere che Piton fosse disposto a lasciarlo andare. La voce irata di sua madre che duellava con un Mangiamorte gli era appena arrivata all’orecchio, quando fece per fare un altro passo e quasi cadde, disorientato. 
Era incatenato al suolo, incapace di muoversi di un centimetro, da due grossi, freddi e viscidi tentacoli che gli stringevano le caviglie in una morsa ferrea. Non riuscì a trattenere un ringhio di rabbia e frustrazione. 
“Credevi davvero che ti avrei lasciato trotterellare via così, Draco?” 
Piton ridacchiò, gli occhi persi nella contemplazione del ritratto. 
Nell’angolo in basso a sinistra era stata scribacchiata una firma, Marie Potter
Infastidito, il mago la cancellò, e la vista del nome di famiglia gli guastò l’euforia di essersi appropriato definitivamente di un pezzo tanto prezioso di memoria tutto per sé. Lily gli sarebbe stata accanto nella sua ultima notte da vivo, e nessuno, soprattutto nessun Potter, doveva guastare la sua presenza. 
Il baccano degli incantesimi che Draco stava invano gettando contro la pianta lo riportò fastidiosamente alla realtà.
“Piantala di fare rumore, Malfoy, nessuno degli incantesimi che conosci può liberarti.”
Senza scomodarsi, si arrotolò la manica della veste e premette il Marchio. 
Draco cessò di divincolarsi e rabbrividì, ma la cicatrice sotto la pellicola argentea che ricopriva il suo braccio rimase muta. 
“Direi che è giunto il momento di toglierti la bacchetta, ora che non hai più pagine con cui farti da scudo.” 
Draco cambiò immediatamente bersaglio, ma prima che entrambi potessero pronunciare una sillaba, ci fu un crack! che fece alzare ad entrambi lo sguardo al soffitto. 
Kreacher, ondeggiante sul lampadario fornito di qualche moribondo mozzicone di candela, schioccò le dita nodose nella direzione di Piton, e un istante dopo impugnava la sua bacchetta. “Kreacher non oserebbe attaccare il Direttore di una Casa nobile come quella dei Serpeverde, ma disarmarlo, Kreacher lo può fare, per i suoi padroni.”
“Maledetto elfo! Come osi!” 
Ma Kreacher si era già avvinghiato al collo di Draco, saltando direttamente dal lampadario, e i due si smaterializzarono qualche metro più in là, oltre al muro e nel corridoio dove Narcissa stava duellando con Alecto. Il fratello Amycus era già tutt’uno con il muro alle loro spalle, tenuto lì da un solido incantesimo aderente, gli occhietti porcini che fulminavano in vano Narcissa, unico arto rimastogli in grado di compiere un movimento. 
“Traditrice del tuo sangue! L’ho sempre saputo che eri solo una p…”
Gli occhi di Narcissa fiammeggiarono e con un solo elegante movimento frustò l’aria attorno ad Alecto, che fu risucchiata all’indietro e si incollò al muro con un tonfo. 
“Una cosa, esattamente? Perdonami, ma proprio detesto le persone che non concludono gli improperi.” 
Gettò un incanto di disillusione sui due Gargoyle più grotteschi che Hogwarts avesse mai visto, e fu affiancata da Draco. 
“Ben fatto, madre.”
“Sono sicura che Severus apprezzerà le aggiunte all’arredamento del suo castello.”
“Signori Malfoy, dobbiamo affrettarci!” 
Kreacher li guardò ansioso, e Narcissa aveva appena stretto la sua mano attorno a quella dell’elfo quando a questo sfuggì un gridolino di sorpresa. La bacchetta che stringeva fra le dita gli era sfuggita, di sua iniziativa, dalle mani, per atterrare fra quella tesa del proprietario, che si stagliava a pochi metri di distanza. 
I tre scomparirono con uno schiocco, lasciando Piton a contemplare irato la nuova tappezzeria.
 
*
 
Neville e Gonril si smaterializzarono nel corridoio del quarto piano, dove Neville sapeva che la professoressa era solita fare la ronda. Minerva sobbalzò voltandosi di scatto verso la fonte del rumore, e non appena si raddrizzò gli occhiali sul naso e mise a fuoco Neville, concesse al suo povero cuore di riprendersi, appoggiandosi alla balaustra. 
“Paciock, fuori a prendere un po’ d’aria? In compagnia, vedo.”
“Scusi Professoressa, non era mia intenzione spaventarla.”
“Sono certa che farmi prendere un infarto non sia in cima alla lista delle sue priorità, Paciock,” Replicò lei piccata, “In quel caso mi augurò l’abbia persa.” 
Neville arrossì al ricordo del suo disastro.
“Piuttosto, quale è la sua vera intenzione, Paciock? Ho motivo di credere che non sia una scampagnata al chiaro di luna a portarla fuori.” 
Neville notò con orgoglio come il tono della McGranitt suggerisse che lo considerava un suo pari, nella resistenza e nella quotidiana difesa del castello, che ora dovevano fortificare.
“Professoressa,” abbassò la voce, e la McGranitt si chinò incuriosita verso lo studente, “Harry Potter è tornato ad Hogwarts, e combatteremo.”
“Cosa, Neville!”
“Dobbiamo organizzare la difesa contro l’attacco di Voi-Sapete-Chi, e radunare gli altri Capi delle Case, una volta che Marie sarà arrivata, si combatterà.”
“Ma Paciock, i Potter devono essere usciti di senno!” 
Ma nonostante l’evidente sgomento, la McGranitt stava già evocando tre Patroni sinuosi e felini, e Neville dovette accelerare il passo per starle dietro. 
“Se Voi-Sapete-Chi sta per arrivare, dobbiamo proteggere il castello ed evacuare gli studenti, immediatamente, ma prima…”  Minerva si fermò davanti alle porte della Sala Grande, in attesa dei colleghi. 
“Dobbiamo fare una visitina al Preside. Se Voi-Sapete-Chi sta per attaccare, non vogliamo che ci attacchino dall’interno, giusto Paciock?”
“Concordo pienamente, Professoressa.”
“Minnie, cosa c’è?” La Professoressa Sprite, ancora in vestaglia, fu la prima ad arrivare.
“Ah, Pomona, è arrivato il momento di dare il benservito al nostro Preside, ora che i Potter sono tornati al castello e Voi-Sapete-Chi sta per arrivare.”
La Sprite era in cerca di un’esclamazione che potesse esprimere lo stupore per una triade di notizie così rivoluzionarie, quando Vitious arrivò sfrecciando come una saetta, con uno dei suoi incantesimi di autolocomozione.
“Minerva, sento vento di duello, o le orecchie mi ingannano? Ci hai chiamati per questo?”
“Hai ragione Filius, ero troppo impegnata a riflettere su quanto mi aveva detto Paciock per notarlo. Come ho appena detto a Pomona, I Potter sono tornati ad Hogwarts e di conseguenza Voi-Sapete-Chi si avventerà sul castello, è solo questione di tempo.”
“Credete che Horace stia duellando con Severus, nel sotterraneo?” 
Vitious si stava già dirigendo in quella direzione, ormai certo che un duello stesse prendendo piede.
“Per mille tentacoli Minnie, dobbiamo muoverci!”
“Non credo possa essere Horace, sarebbe insolitamente coraggioso da parte sua.” 
Il tono della McGranitt era secco e non privo di disdegno.
I tre Direttori delle Case e Neville (ognuno dei tre professori lo riteneva ormai capace di badare a sé stesso) avanzarono formando un fronte compatto, attraversando con passo felpato le zone d’ombra e gli sprazzi di luce tremolante delle fiaccole, le bacchette sfoderate. 
Prima che voltassero l’angolo, voci concitate ed un sonoro schiocco li raggiunsero, ma quando Neville svoltò, rimase deluso. Il corridoio era vuoto. 
SBAM! Una mano invisibile lo spinse indietro ed un secondo dopo colpì il muro alle sue spalle, la maledizione diretta a Vitious lo mancò per un soffio.  
“Infame! Le tue maledizioni hanno infestato abbastanza a lungo il castello!” 
Squittì Vitious scagliandogli contro uno stormo di falchi dorati ed apparendo ben più minaccioso di quanto la sua altezza lasciasse ad intendere. 
Piton li ridusse in polvere dorata, ma la McGranitt e la Sprout gli stavano addosso.
“Non ti permetteremo di fare altre vittime!”
La pianta rampicante che faceva da guardia al suo ufficio si rivoltò contro il suo precedente proprietario, avvinghiandosi attorno al suo collo.
“La tua presenza è un sacrilegio per tutta Hogwarts, assassino!”
Il pavimento sotto i piedi di Piton si liquefò e compattò in sabbie mobili, ma prima che potesse essere immobilizzato del tutto, Piton svanì in una nuvola di fumo nero e sfrecciò come un proiettile scuro e fumoso nel suo ufficio, dove si infilò per il camino e scomparve. 
La McGranitt, Vitious e Sprite si scaraventarono nell’ufficio disastrato, e Minerva sbirciò nel camino, con cautela. 
“Deve avere un permesso speciale, essendo pappa e ciccia con i Mangiamorte.”
“Bè, se non altro si è tolto di mezzo.”
La McGranitt non sembrava soddisfatta come la Sprite e Vitious. 
“Spero che la sua faccia di bronzo riappaia presto in battaglia.”
“Ragazzo mio, cosa ci fai in giro!” 
Il respiro affannoso di Lumacorno oltrepassò la soglia con la sua mole ingombrante, assieme ad un arruffato ma elettrizzato Neville. 
“Soressa, i Carrow sono stati incollati al muro, sono fuori gioco anche loro!”
“Incollati al muro? Che vai dicendo, Neville?” La Sprite uscì per osservare i due esemplari.
“Probabilmente un incantesimo aderente estremamente efficace. Mi piacerebbe sapere chi ha avuto l’inventiva e l’abilità di lanciarlo!” Vitious si sfregò le mani, curioso.
“Che mi sono perso?” Annaspò Lumacorno, mentre cercava di riprendere fiato.
“Il suo collega di casa se l’è data a gambe, Lumacorno. In compenso, i suoi due beniamini Potter sono tornati a farci visita, ciò significa, che Voi-Sapete-Chi attaccherà Hogwarts.”
Lumacorno quasi soffocò dallo sgomento. 
“Dobbiamo evacuare il castello. Raduni gli studenti della sua casa nella Sala Grande. 
Noi faremo lo stesso.”
“Ehm, Minerva, si sa esattamente quanto manca all’arrivo di Voi-Sapete-Chi?”
“Certo Horace, mi ha mandato un gufo. Ma che diavolo le prende!” 
Lumacorno la guardava con gli occhi sgranati, e fece un balzo all’indietro di fronte alla sua determinazione. 
“Non si preoccupi, lei ed i suoi studenti avranno tempo a sufficienza per fuggire, ma lo sottolineo fin da subito, i Serpeverde che desiderano aggiungersi alle file di Lei-Sa-Chi sono liberi di farlo, ma fuori da qui, o faranno una brutta fine.”
“Ma Minerva, potremmo morire tutti…”
“Horace, sarò chiara con lei: è ora di scegliere, se preferisce vivere nel tradimento di Hogwarts e dei maghi, o morire per proteggerla. Non si dimentichi che i Potter contano su di noi.”
 Il volto di Lumacorno sembrò illuminarsi per un singolo istante alla menzione dei Potter, ma avrebbero anche potuto essere le torce con il loro gioco di luce. 
“Ci vedremo in Sala Grande allora Minerva.” 
Già diretto verso la sala comune dei Serpeverde, alla MacGranitt parve di sentirlo dire, un po’ a malincuore: “Va bene, va bene, puoi contare su di me Minerva!”
“Bene, Paciock” Cominciò la MacGranitt dopo un profondo respiro, ignorando totalmente i due grotteschi Gargoyle che le stavanoalle spalle. Improvvisamente sembrò ripensarci e si voltò verso di loro. 
“Immagino che questi due pusillanimi non si daranno mai una mossa, ma fortuitamente abbiamo Gargoyle e statue degni di essere esibiti in pubblico, a differenza di questi qua. Piertotum Locomotor!” 
Neville stava ancora con il naso all’insù ad osservare il soffitto del sotterraneo tremare sotto i colpi di centinaia di stivali ed artigli di pietra, quando si accorse che la Professoressa lo aveva già lasciato indietro.
“Forza Paciock! Sveglierò a mia volta i Grifondoro mentre Filius getta gli incantesimi per proteggere il castello.”
Poi, la McGranitt sembrò partire per la tangente per qualche secondo. 
“Scommetto che anche lui non stava più nella pelle di tirare fuori i suoi assi nella manica, ha!”
Ma si ricompose subito.
“Nel frattempo, se non le dispiace, sarebbe di grande motivazione per me ed i miei colleghi se i Potter si unissero a noi in Sala Grande.”
Neville per poco non scattò sull’attenti come davanti al suo generale. Chiamò Gonril, che si era attardata divertendosi a fare le linguacce ai Carrow, e i due si smaterializzarono nelle cucine. 
Tutt’intorno a Neville coltelli venivano affilati e forchettoni lucidati, padelle e casseruole aggiustate per fungere da armature per gli elfi, che erano in gran subbuglio e si scambiavano ordini e consigli con le loro vocine acute. 
Questo sarebbe stato uno spettacolo assai degno di nota e curioso, ma per Neville appariva ordinario, in confronto della scena che gli si parava di fronte. 
Draco Malfoy era seduto contro una parete delle cucine, ormai spogliata dalle padelle in rame, ed alcuni elfi, con degli scolapasta in capo, si affannavano intorno a lui con degli stracci umidi. Seduta accanto a lui e di fronte ad un pentolone improvvisato come calderone alla bell’e meglio, la chioma color fenice di Marie spiccava al fianco di quella chiara di Malfoy, ed una ruga le corrugava il viso arrossato dal vapore perlaceo che si innalzava dalla pozione. 
Harry era seduto accanto alla gemella, intento a soppesare scaglie di drago di un verde acceso, mentre Hermione studiava dubbiosa il libro del Principe e Ron si rigirava fra le dita, sotto gli occhi attenti di Narcissa, quella che sembrava una tiara scolorita. 
Ma ciò che aveva colpito Neville al punto da lasciarlo senza parole era l’espressione di Malfoy. Non fosse stato per la caratteristica chioma biondo platino e gli occhi chiari e freddi, Neville non lo avrebbe riconosciuto. 
L’aura di superiorità, boria e insofferenza che era solito ammantarlo e modellare il suo viso in un’espressione sprezzante e spocchiosa era svanita. 
Come accade ad una pietra levigata da un torrente e sferzata dal vento, il viso di Malfoy era stanco, provato e con qualche contusione qua e là, scavato dalla preoccupazione, dal digiuno e dall’insonnia, con la barba sfatta e la chioma più lunga e disordinata, ma nonostante quella trascuratezza che Neville aveva imparato a riconoscere come propria dei perseguitati, risplendeva di una nuova, resoluta determinazione. 
Lo sguardo di Neville si spostò su Marie, che aveva appena aggiunto le scaglie di drago, e la sua espressione concentrata lo trattenne a stento dal correrle incontro gridando di gioia. 
Lei imbevve un panno nella pozione e lo porse a Malfoy, che fu subito affiancato dalla madre, e Neville stentò a credere che la voce roca e vellutata al tempo stesso che ringraziò Marie potesse essere quella di Draco, tanto era nuova alle sue orecchie. 
Marie intanto spiegava con voce bassa e suadente come applicare la pozione sulla ferita, nel tentativo di non innervosire Draco, mentre Harry ne trasferiva un piccolo quantitativo in una caraffa per il succo di zucca che Hermione aveva provveduto a rendere resistente al calore.
“Deve essere versata bollente direttamente sulla ferita, altrimenti non si rimarginerà mai pienamente, capisci?”  Draco annuì senza spiccicare parola, fissando le fiamme azzurrine e violacee ai piedi del pentolone e cercando di non immaginare come potessero presto mordere la sua carne viva. 
“Narcissa, si premuri di non far scorrere la pozione oltre la ferita, sarebbe dolore inutile.”
“Ehi Kreacher, non avete per caso una stecca di liquirizia in giro?” 
Harry si voltò verso Draco come se avesse appena annunciato di tifare per i Cannoni di Chudley, ma Neville credeva di sapere dove volesse arrivare Malfoy. 
Un elfo arrivò balzellando di corsa con un cesto pieno di bacchette di liquirizia, e Draco se ne infilò una tra i denti. Harry si affrettò a raccogliere la sua maglietta strappata e a passarla ad Hermione perché la rammendasse, di modo che non dovesse osservare la scena. 
Neville notò solo allora con orrore lo squarcio rosso cremisi che si apriva nella spalla di Draco, e lo strano bagliore argenteo che rifletteva il suo braccio sinistro. 
Inginocchiata accanto a lui, Marie era certa di scorgere la tibia, ed avvertiva il petto di Draco tremare vicino al suo braccio. Neville intuì gli occhi di Draco percorrere la sala in cerca di distrazioni, soffermarsi un istante su di lui, e poi tornare a cercare conforto in quelli di Marie, splendidamente rassicuranti e promettenti nella loro freschezza. 
“Durerà un attimo, vedrai, passerà subito.” 
Prima che potesse annuire, Marie rovesciò il liquido incandescente nello squarcio aperto dal pugnale, senza preavviso, e Draco morse la stecca tanto forte da tranciarla, rivolse il viso al soffitto e soffocò a malapena un altro urlo. Il liquido bollente prese forma a contatto con la pelle e ricoprì l’osso, saldò la carne e vi si distese in una pelle nuova, dura e forte come le scaglie di drago che la Morte Vivente aveva fatto sciogliere.
Il petto di Draco si alzava ed abbassava come se il veleno del pugnale tentasse di sfuggire alla pozione e nascondersi fra le sue costole, ma l’antidoto bruciava e corrodeva ogni sua goccia, senza tralasciarne una molecola. Le dita fredde di sua madre gli accarezzarono il viso, ed il dolore divenne sordo, come se di una fiamma ardessero in lui solamente le braci, ora. 
Una mano calda e sudata toccò la sua spalla, e sebbene volesse tentare di alzarsi, non mosse un muscolo, per lasciare che le dita arrossate di lei si soffermassero sulla sua pelle, e la percorressero, battezzandola con il loro timido ed esitante affetto, e si beò del loro tracciato imprevedibile, leggero e così dolcemente caldo.
“Draco, stai bene?” 
Marie era preoccupata dal suo silenzio e dall’immobilità degli altri arti; la nota del Principe diceva che uno dei rischi di aggiungere una pozione già finita ad una in preparazione era eccedere con la dose, e con la Morte Vivente non si poteva scherzare. 
“Mai stato meglio.” 
Draco stiracchiò un sorriso e la mano, con suo disappunto, si ritrasse non appena aprì gli occhi. Puntellandosi sulle tovaglie messe lì a mo’ di cuscini dagli elfi, si osservò la cicatrice perlacea e, sempre con lo stesso sorriso stiracchiato, si rivolse dritto ad Harry e Marie. 
“Beh, sfregiati, sembra che vi abbia appena soffiato il titolo, e clamorosamente.”
Ron, Harry e Neville scoppiarono a ridere, ognuno con una personale parsimonia, ma Narcissa, Hermione e persino Marie lo squadrarono con disapprovazione. 
“Era solo uno scherzo…” 
Marie prese ad imbottigliare la pozione, corrucciata. 
“Aspetta e spera di non rimetterci tutto il bacchetto, Malfoy, c’è una battaglia in arrivo.” 
In realtà Marie era alquanto contrariata da alcuni pensieri indiscreti che le scorrazzavano per la mente come ballerini inopportuni e sfacciati, da quando aveva tracciato la sagoma della cicatrice di Draco. Pregò ardentemente che il Pathos Cogitatio stesse zitto, almeno per quella volta, eppure Draco evitava il suo sguardo, ora, e l’esperienza le diceva che poteva essere un segno. Harry aveva sicuramente intuito qualcosa, perché si fece passare la maglietta rammendata e la gettò a Malfoy senza tante cerimonie.
Neville, nel frattempo, afferrò il galeone falso e diede il segnale prestabilito, mentre Draco e i quattro confabulavano a bassa voce. 
“Allora Piton si è dato al giardinaggio eh?” 
Fece Ron, guadagnandosi un debole sorriso da parte di Harry, che evaporò subito avvertendo lo sgomento e la tristezza improvvisa della sorella. 
“Ecco dov’era finito, lo avevo cercato a lungo! Non posso credere che ce l’abbia Piton!”
“Non fraintendermi, quel disegno mi ha salvato, ma non capisco perché ci tenesse così tanto…”
Draco guardò titubante Marie, ma la sua espressione scura e abbattuta non scacciò le sue domande. 
“Non ne ho idea.” 
“È colpa mia, devo averlo lasciato io tra le pagine come segnalibro, nella fretta di nasconderlo.”
“L’importante è che tu sia riuscito a cavartela e che il pipistrello abbia tolto il disturbo.” 
Marie fece segno a Ron di passarle il diadema, ed in quel momento Padma, Lavanda, Calì e Cho apparirono con un elfo alquanto stralunato dalle loro carezze, rimanendo a bocca aperta di fronte alla scena che si parava loro di fronte. Neville, da buon capitano, andò ad annunciarle di recarsi in Sala Grande, intuendo che presto l’ingresso delle cucine sarebbe stato stipato di folla. 
“Ora abbiamo due Horcrux da distruggere, sbrighiamoci!”
“Ma Unci Unci ci ha rubato la spada!”
“Dannazione! Ora come facciamo a distruggerli?” 
Terry Boot, Goldstein e MacMillan apparirono con uno spaventato gruppetto di ragazzini del primo e del secondo anno, ed anche loro furono diretti verso la Sala Grande da Neville.
Hermione ruppe il suo silenzio afferrando Harry per il braccio, gli occhi luccicanti.
“Harry, le zanne di basilisco nella Camera Segreta! Contengono ancora veleno!”
“Hermione, sei un genio! 
“Però dovremmo comunque recuperare la spada, potrebbe tornarci utile per uccidere il serpente. Non credo che basti ucciderlo come se fosse un rettile qualunque.”
Sussurrò Marie agli altri quattro. 
“Ma la spada è persa, Marie!” Ron avrebbe preferito concentrarsi sulle zanne.
“No che non lo è! La spada di Grifondoro torna sempre da un Grifondoro che se ne mostri meritevole! Così diceStoria di Hogwarts! Ma non so come si possa farla tornare…”
Draco stava per dire qualcosa, quando un ruggito riempì le cucine e ben due squadre di Quidditch apparirono nelle cucine assieme a Dobby, Aberforth e altri tre elfi. 
“E questi chi sono?” Domandò Marie, esterrefatta.
“Ma quello è Viktor! E quello, aspetta…ma è uno dei fratelli Dacey! Harry, non è lui che ha afferrato il boccino balzando dalla scopa a cento piedi d’altezza?”
“Ora che me lo dici, si! È proprio lui! Ci hanno portato loro ad Hogsmeade, non ho avuto tempo di dirtelo.”
“Cosa? Siete stati scortati dalla nazionale gallese e bulgara e io non c’ero?” 
La stanchezza scomparve dal suo viso lucido dai vapori perlescenti per lasciar spazio all’indignazione più sincera.
“Le posso assicurare, Marie Potter, che io e i miei compagni eravamo altrettanto delusi.”
Wynn Embrey aveva eluso le istruzioni di Neville, occupato con i membri dell’Ordine, e si inchinò con sfacciata galanteria alla giovane Potter, che lo osservò fra l’ammirato e il divertito, incredula.
“Wynn, togliti di mezzo, non è te che ha riconosciuto.”
Bleddyn e Alwyn diedero una spintarella al capitano e si tolsero il berretto. 
“Saremo lieti di fungere da truppe aeree, Harry e Marie Potter.”
Prima che Marie potesse rispondere, Ginny le saltò al collo e Fred e George distrassero i fratelli Dacey; Fred era particolarmente interessato nelle erbe all’interno della pipa di Bleddyn.
“Ehi gente, vedo che il Quidditch unisce anche all’alba della battaglia!”
“Baston!” Ruggì Harry, particolarmente affezionato al portiere che lo aveva introdotto all’arte del Quidditch.
Bill si avvicinò a Marie, mentre Neville si sbracciava e sgolava per indirizzare tutti nella Sala Grande. 
“Ehi Marie, ho sentito che la McGranitt vi sta aspettando in sala Grande, e sta per arrivare ancora più gente, io se fossi in voi me ne andrei…Soprattutto per Malfoy, non rimarrà inosservato ancora per molto.” 
Draco si era silenziosamente appoggiato al muro, dove si trovava prima, e sembrava pensieroso, ma ben attento ad evitare di attirare sguardi su di lui; ciò nonostante, un gruppo di Hogsmeadiani e studenti si stava formando attorno a lui e Narcissa, al suo fianco, e le occhiate malevole non erano difficili da notare.
“Hai ragione Bill, meglio chiarire subito le cose con la MacGranitt.”
Proprio mentre Fleur comparve leggiadra al fianco del marito, in un elegante uniforme da battaglia, la stanza svanì attorno a loro e Marie provò nuovamente quella viscida, umida sensazione di piombare nella mente di Voldemort. Cercò a tentoni la mano di Harry, e proprio quando la strinse, intravide boschi e valli sfrecciare sotto di lei e la furia cieca e bruciante di Voldemort, folle per la scoperta della distruzione di due suoi Horcrux. 
La voce di Bill tornò improvvisamente a raggiungerla.
“Marìe, Harrìe? State bene?” Fleur li osservava preoccupata.
I due boccheggiarono. 
“C’è anche Percy, sapete, ha dato un bel calcio nel sedere a quelli del ministero, era ora!
E credo che Charlie abbia in serbo una bella sorpresina per i Mangiamorte, ma papà non approva. Arriveranno presto.”
“Dobbiamo fare presto, Piton ha chiamato Voldemort, ormai è certo che siamo qui, Neville!”
“Sì Harry?” Il viso sbattuto di Neville spuntò fra la folla.
“Dobbiamo andare subito, non c’è un attimo da perdere!”
“È quello che sto ripetendo a tutti Harry, ma non fa che arrivare gente, tutta Hogsmeade e maghi da ogni parte del paese che ascoltano Radio Potter!”
“Abbiamo perso abbastanza tempo. Andiamo!” 
“Harry, Marie, voi andate. Io e Ron andremo nella Camera dei Segreti a recuperare le zanne.”
“Ma come, non sapete…”
“Ci sono già stato Harry, ce la posso fare. Voi recuperate la spada e preparate gli altri a combattere, voi servite sul campo.” 
Harry guardò i due amici, lungi dal volersi separare. Ron ed Hermione sostennero il suo sguardo, determinati. Annuì e passò la coppa a Ron. Marie balzò al fianco di Draco e i due si trascinarono lui e Narcissa con loro. 
“Che fai Potter? So camminare da solo.” 
“Di questo sono certa, sai anche duellare con una folla intera?”
“Potrebbe essere un buon riscaldamento.” 
Draco non si sentiva così in forze da settimane, ma l’occhiata assassina di Marie calmò la sua baldanza. Attorno a loro, maghi e streghe di tutte le età e con gli accenti più diversi si voltarono sconcertati a guardarli, e per una volta Harry e Marie intendevano davvero essere al centro dell’attenzione. 
Quale modo migliore di evitare che Draco e Narcissa fossero schiantati da uno dei loro se non avanzare fianco a fianco? Dopo pochi passi, la folla si unì a loro, spalleggiandoli. 
Harry e Marie furono presto affiancati da Remus, che si aggiunse alla sinistra di Draco, e con loro grande sorpresa, Tonks, dai capelli di un rosso acceso, che affiancò Narcissa. 
Dietro di loro, i gemelli udirono le voci profonde e tonanti dei giocatori parlare in gallese e bulgaro. Giunti alle porte della Sala, Harry e Marie si scambiarono un sorriso sghembo e sincronizzarono il passo. 
Gli studenti radunatisi nella Sala Grande smisero di parlottare e si voltarono verso l’ingresso, ed i membri dell’ES che erano in attesa del loro arrivo scattarono in piedi. 
Il cuore di Minerva fece un balzo nel vedere i suoi due studenti avanzare con grazia e sicurezza verso di lei, e l’orgoglio per i suoi due Grifondoro balzava dalla falda del suo cappello fin verso il cielo scuro sopra di loro. 
Draco, al fianco di Marie, e Narcissa, al fianco di Harry, guardavano dritti davanti a loro, mentre Tonks e Lupin sondavano la sala. 
Minerva osservò il giovane avanzare passo dopo passo fra i tavoli, perfettamente sincronizzato con i Potter, ed un singolo passo le sarebbe bastato per comprendere che il posto a fianco di Marie gli calzava a pennello. 
Draco avvertiva che quella marcia attraverso la Sala Grande ribadiva con ogni passo la sua scelta, ma ora, a differenza di quando aveva percorso gli scalini di Villa Malfoy, non era più solo. Diversi Serpeverde si alzarono e allungarono il collo, sbalorditi, increduli ed irati, ma impotenti di fronte alla scorta che li fiancheggiava. 
Harry e Marie salirono la breve rampa di scale e si posizionarono accanto alla McGranitt.
“Diceva, Miss Parkinson, di ritenere improbabile che i Potter fossero nel castello?” 
Pansy fissava a bocca spalancata e con il viso contorto dal disgusto i Potter e, Draco lo sapeva bene, lui in particolare. Si lasciò cadere sulla panchina accanto a Zabini, che stava tentando di memorizzare ogni dettaglio dell’aspetto di Draco.
“Affrettatevi, tutti gli studenti minorenni e i maggiorenni che desiderano andarsene seguano i prefetti e l’ordine d’evacuazione come prestabilito.” 
Ci fu un gran frastuono di suole sulla pietra, ma gli studenti non fecero in tempo a mobilitarsi che una voce acuta e metallica sferzò l’aria, attanagliando ognuno di loro con una strisciante cadenza di morte che sembrava scaturire dal castello stesso, rimbombando dentro di loro. Alcuni studenti terrorizzati urlarono e si strinsero l’un l’altro, coprendosi le orecchie, ma nulla poteva fermare quella voce dall’abbattersi su di loro con gelida calma calcolatrice.
“Barricarvi nel castello e combattere non servirà a nulla. Le vostre vite si spegneranno in uno sforzo futile e sangue di mago verrà versato invano. 
Consegnatemi i Potter, e nessuno sarà ucciso. 
Consegnatemi i Potter, e le vostre vite saranno risparmiate. 
Opponetevi, e sarò costretto ad uccidere maghi e streghe che rispetto.”
Calò il silenzio, ma nessuno osò muoversi, come avvertendo la mannaia pronta a calare sulle loro teste, e difatti, la voce li trapassò di nuovo.
“Consegnatemi Harry Potter e verrete ricompensati.[i]La scuola rimarrà intatta, e così le vostre vite e quelle dei vostri cari. Avete tempo fino a mezzanotte.”
Silenzio. E poi, ogni mago o strega presente nella Sala si voltò verso i gemelli, che avvertirono fra i tanti sguardi alcune occhiate ostili ed impaurite bruciare sulla loro pelle come acido.
“Prendete i Potter!” 
L’urlo proveniva dal tavolo dei Serpeverde, e Draco riconobbe la voce di Pansy.
“Abbasso i Traditori del Proprio Sangue! Acciuffateli!” 
I suoi due scagnozzi di lunga data e la Parkinson, forti dell’appoggio del loro tavolo, commisero l’errore di trascurare il piccolo dettaglio che poco prima li aveva fatti sbalordire. 
Ogni mago e strega presente nella Sala estrasse la bacchetta, Serpeverde compresi, ma fu il canto argentino, suadente e minaccioso di metallo affilato che veniva estratto dal fodero a far voltare tutti verso i Potter, immobili come statue. 
I fratelli Dacey, fulminei come delle fiere e con i berretti di sghimbescio a coprire un ghigno selvaggio, erano schierati di fronte ai gemelli, due lunghe sciabole luccicanti incrociate davanti ai loro petti. Con un solo movimento fluido tagliarono l’aria e le riposero nei foderi, ma l’aria continuò a vibrare nel tracciato delle loro lame. 
“Vi suggerisco di andarvene finché siete in tempo. Attacchi all’interno del castello non saranno tollerati. Ribadisco, Serpeverde per primi.” 
Le parole della McGranitt risuonarono nel silenzio della Sala, didascalia incisiva dell’illustrazione appena fornita dai fratelli Dacey. 
Questa volta l’evacuazione si mise sul serio in moto, e così fece Kingsley, organizzando i gruppi di combattenti. 
La McGranitt si voltò finalmente verso i gemelli, con un sospiro di soddisfazione.
“Harry, Marie, avete acquisito un gusto per le entrate trionfali, vedo, ma non posso che complimentarmi con voi per i compagni che vi siete scelti. Hogwarts vi aspettava da tempo, ma spero che non siate così folli da rischiare la vita per un sentimentalismo.”
“Professoressa, siamo ad Hogwarts per ordini di Silente. Abbiamo bisogno di trovare la spada di Grifondoro, dopodiché potremmo affrontare Voldemort.” 
Il viso della McGranitt si fece ancora più serio, ma a Marie parve di intravedere un’ombra di tristezza attraversare il suo volto. 
“Sapevo che questo giorno era vicino, ed ora è giunto. Hogwarts lotterà fino all’ultimo istante, ma temo che ogni secondo sarà pagato a caro prezzo da tutti noi. Se cercate la spada, dovete andare dal Cappello Parlante. Solo lui saprà dirvi dove si trova. Andate, pensiamo noi al resto!”
Harry e Marie si voltarono ed avevano già un piede sullo scalino, quando si voltarono in attesa. La McGranitt si rivolse a Draco. 
“Vedo che hai dimostrato di avere sale in zucca Malfoy, dopo tutto. Credo che qualcuno ti stia aspettando.” Draco si voltò, incredulo, per vedere Harry e Marie in attesa. 
“Dai muoviti, è meglio andare in tre, ed in oltre ci mancano Ron ed Hermione.”
“Narcissa, ha voglia di dare una spolverata alle sue abilità di duellante? Se non ricordo male, aveva molta inventiva. Avremmo bisogno di streghe abili sulla torre di Grifondoro.” 
Narcissa fissava Draco allontanarsi, e provava un impulso irrefrenabile di seguirlo. 
Tuttavia, intuì che la McGranitt la stava trattenendo di proposito, seppur senza secondi fini.
“Tu e Draco sareste un bersaglio vulnerabile per i Mangiamorte, Narcissa, lo sai.”
“Certo che lo so Minerva, ma questo non cambia le cose.”
Harry, Marie e Draco erano già oltre le porte della Sala Grande, attraversarono Nick quasi Senza Testa, che rimuginava su come svolgere al meglio il suo ruolo di avanscoperta, e cominciarono a correre su per le Scale, evitando la folla con scale secondarie ma capricciose quando possibile. 
Arrivati al terzo piano, il castello cominciò a tremare e calcinacci piovvero dal soffitto. I tre si guardarono dubbiosi, ma Fred e George spuntarono da un angolo e fecero loro un segno di incoraggiamento. 
“Non scoraggiatevi, la fase budino non durerà molto, stanno per arrivare, sbrigatevi!” 
“Ci servirete presto!”
Presero a fare gli scalini tre a tre, con il respiro sempre più pesante, ed Harry si maledisse per non aver chiesto un passaggio a Dobby che diversi piani più in giù, a guida di una squadra di elfi, stava già rinforzando le linee di difesa. 
Un’ombra dai passi felpati li seguiva una rampa di scale sotto di loro, ma il frastuono dell’edificio che tremava ed il loro respiro affannoso coprivano lo scricchiolio delle suole di Zabini, che aveva ingoiato la Polisucco e si era liberato della sua divisa. 
Al settimo piano, a Pansy non sfuggirono le sagome da Troll di Tiger e Goyle, un piano più sotto, che si dirigevano verso delle scale secondarie, e senza sapere bene perché, li seguì; nessuno la notò, fra la folla di studenti nel panico ed ansiosi di lasciare il castello.
In fondo la stanza era sempre lì, avrebbe potuto fuggire subito, se la cosa si fosse rivelata priva di interesse, e qualcosa le diceva che anche loro avevano un conto aperto con Malfoy. 
Zabini puntò la bacchetta verso la rampa di scale sopra Harry, Marie e Draco, giunti al quinto piano, e lo stesso fecero Tiger e Goyle nascosti dietro l’angolo della rampa. Questa rovinò con grande fragore proprio sopra di loro, e come aveva sperato, Draco si gettò verso l’alto, mentre Harry e Marie ripiegarono verso il basso, tossendo e con gli occhi lacrimanti dalla polvere che aveva invaso l’aria circostante.
“Maledizione, Fred aveva torto!”
“Stai bene?”
“Draco! Draco ci senti?”
Draco, con il viso imbrattato di calce ed irriconoscibile, si alzò a fatica e con il fiato mozzo.
“Ma come…Credevo fossi dall’altra parte!”
“Ci ho provato, ma sono rovinato giù con il resto delle pietre.” Tossicchiò Zabini.
Harry e Marie, vedendo che tutti e tre erano ancora in grado di camminare ed illesi, si precipitarono giù dalla rampa, prima che crollasse anche quella, e presero un’altra via verso la torre, attraverso un arazzo che gli studenti evitavano perché sapeva di muffa, con Zabini alle calcagna, che soppesava se aggredirli alle spalle o vedere dov’erano diretti ed aspettare il momento migliore. 
Dall’altra parte del cumulo di detriti, Tiger e Goyle erano balzati addosso a Draco quando ancora era lungo disteso sulle scale, e per fortuna di Draco furono troppo stupidi per trovare la sua bacchetta in una delle tasche camuffate da pieghe nel mantello.
Goyle gli sferrò un calcio nello stomaco che lo fece voltare, rantolante, verso Tiger.
“Zabini ha detto che di te possiamo fare quello che ci pare, e sai una cosa Malfoy, si sta proprio bene senza di te.”
“Sporchi Traditori del Proprio Sangue non servono a nulla, lo dice sempre Carrow.” 
Tiger sollevò Draco per la collottola, osservando divertito come cercasse di estrarre la bacchetta dal mantello, e gli puntò contro la propria.
“Cru…” SBAM! Un lampo di luce rossa e la mano di Tiger mollò la presa, Draco cadde in piedi, barcollante, e sferrò un pungo a Goyle, proprio mentre questi si girava per individuare il suo assalitore. Un altro lampo di luce rossa, e Goyle cadde, ancora roteante, faccia in giù sugli scalini.
“Sai Draco, spero davvero che tu non muoia, ora che mi devi un favore così grosso.” 
Pansy lo guardava dall’alto in basso, godendosi il suo trionfo. 
“O forse, quella sgualdrina di una Potter ti vorrà morto quando saprà che sei in debito con me.”
“Vieni al punto, Pansy!” Ringhiò Draco furioso, dolorante e preoccupato per i Potter, piegato in due. La sua nuova coscienza non gli permetteva di fronteggiare la Parkinson senza rimorsi.
“Oh, verrò al punto quando lo riterrò opportuno.” 
Il ghigno di scherno che si allargava sulle sue labbra sottili si avvicinò sempre più a Draco, che impugnava la bacchetta con una mano e si era aggrappato alla balaustra con l’altra. 
Anni prima, non ci avrebbe pensato due volte a schiantare un nemico di soppiatto, ma ora invece si ritrovò incapace di reagire, e la forza che aveva sentito in lui con i Potter e gli altri maghi al suo fianco lo abbandonò, risucchiata dalla figura di Pansy come se fosse stata un dissennatore. 
Come a conferma di ciò, Pansy si chinò su di lui come un’aquila sulla preda e gli strappò un bacio mordace e insistente, la sua lingua e i suoi denti erano come un artiglio che giocava con la pelliccia della vittima, lo punzecchiava e lasciava scappare quel tanto che bastava per poi affondare nuovamente fra le sue labbra serrate. 
Gli spinse indietro il capo e tracciò pigramente una linea sulla sua giugulare con il dito da bambina, per poi spingerlo indietro con una risata secca e ferrosa, girare sui tacchi e voltarsi ancora solamente diversi scalini più in su. 
“Non pensare che sia finita qui. Sei un idiota, Draco, ed avrò modo di provarlo, se sarai tanto fortunato…o forse sfortunato, da sopravvivere.”  
Draco non perse tempo a maledirla, si arrampicò su per il cumulo pericolante di macerie, si tuffò dall’altro lato per schivare una Maledizione vagante e con suo orrore, si ritrovò da solo. 
A rotta di collo fece altre rampe, attraversò un arazzo ammuffito, schiantò un inferius affacciatosi ad una delle finestre e dovette percorrere un corridoio piegato in due per evitare le maledizioni che colpivano i cornicioni e facevano saltare i vetri. La battaglia era cominciata.
Senza fiato e sconvolto arrivò all’entrata della scala a chiocciola per trovarla priva del suo Gargoyle. Fiondatosi su per le scale, non ebbe nemmeno l’accortezza di tentare un agguato, e si scaraventò nello studio dove, di botto, si arrestò, come pietrificato. 
Per un istante credette di essere impazzito, e fissare sé stesso inzaccherato nel futuro, accanto a Marie che aveva la mano tesa, in punta di piedi, verso il cappello parlante, poi, in una frazione di secondo, riconobbe la scintilla di vanesia e ambizione nei suoi – no, di Zabini – occhi, sfoderò la bacchetta e scagliò uno schiantesimo a Zabini, che lo schivò e mandò in frantumi la finestra dell’ufficio. 
Harry stava osservando la fiala di ricordi appoggiata sulla scrivania, e quando si voltò verso il vero Draco, Zabini gli aveva già scagliato contro una fattura asfissiante. 
Marie si era gettata a terra d’istinto, ed il cappello volò lontano, fra le mani di Zabini, che puntò la bacchetta contro Marie, lunga distesa sul pavimento. 
Draco, ad un metro da Zabini, abbandonò la magia e si gettò su di lui con tutta la forza che aveva, mirando al polso e tentando di strappargli la bacchetta di mano. I due rotolarono e la bacchetta di Zabini si ruppe con uno schianto ma la presa dell’incantesimo, fuori controllo, si fece ferrea sul collo di Harry, che annaspò in cerca della bacchetta, con la vista che si annebbiava. 
Zabini, privato della bacchetta, strinse le mani dalle lunghe dita attorno al collo di Draco. Marie, con gli occhi che lacrimavano e l’ufficio che cominciava a roteare attorno a lei, puntò la propria contro Harry e gracchiò Finitecon il poco fiato che le rimaneva, e i due gemelli tentarono di trascinarsi in aiuto di Draco. 
Paonazzo, Draco cercava di divincolarsi dalla presa di Zabini, ma sembrava impossibile, ed ogni secondo che passava avvertiva le forze venirgli meno. 
Tastò disperatamente attorno a sé in cerca di un’oggetto contundente, afferrò il cappello e fece per sollevarlo, ma era troppo pesante, o le sue forze erano già troppo deboli. Harry si sollevò a carponi ed afferrò la sua bacchetta, ma prima che potesse agire, uno scintillio di metallo ed il rosso dei rubini si fusero con il cremisi di sangue appena versato. Marie non riuscì a trattenere un urlo nel vedere il corpo di Zabini rotolare grondante di sangue e con uno squarcio nel fianco.  Harry si affrettò a pietrificare il Serpeverde e Marie versò alla bell’e meglio una delle boccette con la pozione cicatrizzante sul taglio, dopodiché, i tre si accasciarono sul tappeto dell’ufficio, senza fiato e con il cuore in gola. Nessuno parlò per alcuni secondi, ma le urla della battaglia che imperversava nel castello salirono fino alla torre, ed erano una campana d’allarme che suonava per ognuno di loro. 
Draco si rialzò e porse una mano a Marie, che preferì prendere quella di Harry, che era stato il primo a rialzarsi ed aveva già raccolto la bacchetta di Draco.
“Non, non era mia intenzione ucciderlo, se è questo che pensate.”
“La spada…” Marie prese un respiro profondo. “La spada ti ha risposto!”
“Credevo apparisse solo ai Grifondoro!” Harry si riavvicinò alla fiala sulla scrivania. 
“Hai attaccato a mani nude, per Godric questo deve essere coraggio, in un mago.”
Draco levò la spada rossa di sangue e fece per pulirla, prima di accorgersi che non aveva la bacchetta. Harry la ripulì con un semplice incantesimo che tuttavia di solito non gli riusciva mai, e fu stupefatto di come la bacchetta gli calzasse comoda e agile.
Guardandola meglio, si accorse che era quella di Draco, e non quella di prugnolo. 
Basito, sussurrò all’orecchio di Marie, mentre Draco contemplava meravigliato la spada. 
“La bacchetta di Narcissa, ce l’hai ancora? Passala a Draco.”
“Ma Harry, se ne accorgerà!”
“Non occorre fingere, gli diciamo solo che è importante.”
Marie estrasse la bacchetta che Narcissa non aveva mai reclamato dal mantello e la passò a Draco. 
“È quella di tua madre.” Draco la impugnò con la mano libera, e la avvertì famigliare, quasi più famigliare della sua nelle ultime settimane. 
“Mi è appena venuta in mente una cosa.” 
Marie cominciò a camminare su e giù, attirata dalla fiala sulla scrivania, che aveva riconosciuto come ricordi, ma poi si riavvicinò a Draco.
“Senza offesa, ma la tua bacchetta, Draco, mi sembra non ti abbia obbedito bene, di recente. Una prugna dirigibile è esplosa, non ben sigillata, il patronus ad Azkaban non era ben formato ed i tuoi schiantesimi non sono precisi…”
“Mentre io mi trovo benissimo con la tua, ed Olivander ci ha detto che una volta vinta, la bacchetta può cambiare fedeltà.” 
Harry e Marie osservavano un po’ sul chi vive Malfoy, sapendo che stavano tirando la corda non poco.
“Se mi lasciate l’onore della spada, non ho obiezioni, credo che quella di mia madre vada bene quasi quanto la mia, almeno per come sono messo ultimamente.”
Marie smise di sudare freddo e gli porse il diadema.
“La tiara deve andare distrutta, vero?”
“Sì. E dato che la spada ha scelto te, tocca a te distruggerlo.”
“Ma non so nemmeno cosa sia.” Harry e Marie si scambiarono un’occhiata fugace.
“Meglio non saperlo, credici sulla parola.”
Draco appoggiò la tiara sulle lastre di pietra dello studio, alzò la spada sopra la testa e la calò sulla gemma al centro del diadema, senza esitare. Un’ombra grigia e gelida si sprigionò dalla tiara con una violenza inaudita, facendo esplodere l’unica vetrata rimasta, accecandoli per un istante, ed Harry e Marie furono scossi da un violento tremito. 
Draco fissò le schegge del diadema, freddo e scolorito, reliquia rotta di un sacrilegio orrendo, e gli parve di vedere di nuovo quell’ombra agghiacciante alla finestra, giacché indietreggiò con un balzo e cacciò un urlo. 
Alla finestra, sospesa nel cielo notturno illuminato da lampi di luce, stava Niké, le narici dilatate ed i grandi occhi scuri fissi su di loro.
“Eilà gente, ho seguito il ronzino fin qui. Vi serve un passaggio?”
Bleddyn, con la capovolta del bradipo, fece far loro un altro salto e si guadagnò un bell’insulto.
“Ehi, andateci piano ragazzi. Qua fuori non è mica facile, ma se doveste farvi tutto il castello a piedi, rischiate che uno dei giganti vi spiattelli, parola mia. Marie, vuoi concedermi l’onore?”
La ragazza ripensò alle due lunghe sciabole che ciascun Dacey nascondeva nel mantello, e Niké le parve improvvisamente assai sicura. 
“Il ronzino per me va più che bene, vero Draco?”
“Ti tocca Potter, vedrai, io volo persino meglio di Llew, gliela faremo vedere a quei Mangiacorde.”
 
 
Angolo dell’autrice
 
Carissimi lettori, prima di tutto vi chiedo scusa per il ritardo di una settimana! 
La Battaglia di Hogwarts e le decisioni che comporta mi hanno preso un po’ di tempo…Spero che la lunghezza di quest capitolo possa compensare ;-)
La scena d’aperura è tutta dedicata all’adorata venerata splendida artista Thundelara, la quale si era aggiudicato il premio in Greyfriars Kirkyard. Spero ti piaccia tesoro!
Per tutti voi invece sempre Thundelara è stata così favolosa da creare delle meravigliose (a dir poco) ILLUSTRAZIONI, che troverete qui sotto. Fatemi sapere che ne pensate, se vi va, come sempre io sono curiosissima e le vostre parole sono aiuto e motivazione inestimabili!
 
Per quanto riguarda il capitolo: Abbiamo visto Lupin e Tonks salutare il loro piccolino e trovare la forza di andare insieme in battaglia, e non separati come nel libro. Harry e Marie si sono finalmente riuniti, Draco ha affrontato Piton, colto alla sorpresa da un ritratto di Lily, Marie ha potuto preparare la pozione cicatrizzante e finalmente Draco si è liberato delle sue mortifere ferite. Un esercito di volontari si è riunito, ma Zabini è quasi riuscito a mettere i bastoni fra le ruote ai gemelli, e Draco ha distrutto il diadema, senza prima incappare in Pansy Parkinson…
La Battaglia è appena cominciata, e molte cose devono ancora accadere. Spero stiate con me fino alla fine di questa turbolenta notte, che sarà solo l’inizio…
Per inciso, ho sempre pensato che Piton fosse abbastanza intelligente da comprendere che avendo ucciso Silente, Voldemort avrebbe reclamato la sua testa, da qui la sua consapevolezza di stare per morire.
 
Ma ora, bando alle ciance, rifatevi gli occhi ;-)
 
 
 
Marie e Draco in divisa al sesto anno, con il cardellino che volteggia sopra di loro.


 
 
Narcissa, Draco e Marie prima di versare la pozione sulla ferita.
(come viste da Neville nel capitolo)



 
 
 
[i]Parte dell’appello di Voldemort è tratto da « Harry Potter e i Doni della Morte », Salani, traduzione di a cura di Stefano Bartezzaghi.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 16
*** You Are My Angel - La Battaglia di Hogwarts ***




 You Are My Angel
 La Battaglia di Hogwarts



“Voi non interverrete nella battaglia, Severus e Bella, almeno non per ora.”

Aveva detto Voldemort ai due seguaci che riteneva più abili, prima di sguinzagliare le sue truppe sul castello.
“Codaliscia, puoi smetterla di tremare come una foglia, anche tu sei esentato, ma per ben altri motivi…potresti uccidere uno dei nostri per sbaglio, non è vero, Rowle?”
Una smorfia mefistofelica aveva scoperto i pochi denti aguzzi che ricordavano quelli di un mostro acquatico, e Codaliscia si era lasciato scappare un mugolio di sollievo.
“Tu, Lucius, ti accerterai che nessuno fugga nella foresta, almeno ti confronterai con codardi della tua taglia ed eviterai di dare imbarazzante spettacolo di te…”
Lucius si era fissato la punta delle scarpe ed aveva fatto un inchino.
“Come desiderate, Mio Signore.”
La risata sprezzante di Bellatrix gli aveva scottato la pelle dall’umiliazione, ma Lucius aveva mantenuto il sangue freddo.
Era indietreggiatato lentamente ed aveva voltato le spalle a Voldemort solamente dopo essersi inchinato un’ultima volta.

Ora, con il fragore e le urla della battaglia appena incominciata, Lucius cercava di tenere a bada le sue paure al limitare della foresta, osservando il terreno martoriato dalle bestie e dagli uomini lanciatisi alla carica, non molto diversi da esse.
Era ignaro delle parole con cui Voldemort aveva congedato Piton prima di recarsi nella Stamberga Strillante.
“Bella, desidero che tu faccia da guardia alla Stamberga, sei l’unica di cui mi fidi oltre a Severus.”
Bellatrix scoccò un’occhiata piena d’invidia a Piton.

“E no, non te lo ripeterò un'altra volta: sei troppo preziosa per essere sprecata in questa fase della battaglia.
Quanto a te, Severus, ti manderò a chiamare quando sarà necessario, prima, devo riflettere…”

Voldemort si rigirò la bacchetta di Sambuco fra le dita di un pallore cadaverico.
“Ciò nonossstante…” Nagini si agitò nella bolla in cui l’aveva racchiusa, frustrata da quella prigionia,
“Prima di lasciarti, come dire, in libera uscita,” Voldemort sembrò compiacersi di un’ironia nota solo al suo mostruoso essere,
“Ho un compito per te: devi uccidere Lucius.”

Bellatrix sollevò appena il capo, unico segno della sua sorpresa.
Piton sembrò sul punto di formulare una domanda, ma cambiò idea, e pronunciò solo l’usuale “Sarà fatto, Mio Signore.”
Fece un inchino e si diresse verso il limitare della foresta, dove era svanito Malfoy.
Sapeva che Voldemort si divertiva a metterlo alla prova, fino alla fine.

Avvertì che alle sue spalle Voldemort e Bellatrix erano svaniti, e continuò a camminare verso il limitare della foresta.
“Buonasera, Lucius.”
“Severus”
Le voci dei due uomini, l’una strascicata e l’altra secca, risultavano stranamente ordinarie sullo sfondo delle urla e degli schianti a qualche centinaio di metri da loro.
“Ho una scelta per te, Lucius.” Malfoy si voltò verso Piton, nessuna espressione leggibile sul suo volto.
“Puoi accettare il compito che sto per darti, oppure ti ucciderò.”
Malfoy continuò a fissarlo, più pallido che mai.
“Immagino che tu vada per la seconda; correggimi se sbaglio.” Pausa.
“Bene.”

“Prendi questa lettera, NON aprirla, e consegnala ad uno dei Potter, accertandotene di persona. Tuo figlio potrebbe tornarti utile.”
Lucius prese la lettera.
“Certo potresti obiettare che in fondo non ti sto offrendo una vera scelta.
Se fallirai, ci penserà l’Oscuro Signore ad ucciderti, e molto probabilmente anche se avrai successo, ma sono certo che tu veda una differenza.”
Lucius avrebbe voluto fare una sola domanda: era chiaro che lui fosse condannato a morte, ora, e diventare un traditore a tutti gli effetti non peggiorava di molto la sua situazione. Ma Piton, perché si stava condannando con le sue mani?
Tuttavia i suoi pensieri rimasero inespressi, e quella fu l’ultima volta che vide Severus Piton.


*


Harry salì per la seconda volta in sella con Wynn, mentre Draco appena un metro più in là accarezzava Niké, cercando di tranquillizzarla. Marie si affacciò alla finestra e balzò sulla schiena forte e scura di Niké, attutendo la sua caduta con un incantesimo. I tre si presero un istante per guardarsi intorno, e rimasero ugualmente senza fiato allo spettacolo innaturale che si presentava davanti a loro. La notte stessa sembrava bruciare, fiammeggiante di incantesimi e maledizioni scagliate a mezz’aria da Mangiamorte e giocatori, mentre la luce riflessa nel cielo illuminava un suolo brulicante di figure, sprazzi di luce rossa e verde ed esplosioni, e sagome enormi, sinistre ed indefinite facevano tremare la terra.
“Forza, andiamo, non ci metteranno molto a scoprirci!”
Bleddyn si lanciò in picchiata lungo il fianco del castello, dirigendoli non verso il centro della battaglia, che stava prendendo piede nel cortile d’entrata, dove i giganti avevano rotto le loro difese al viadotto senza aspettare oltre, ma verso la torre di divinazione. Bleddyn sperava di evitare il fuoco principale, ma i Mangiamorte imperversavano su tutti i lati del castello, tentando di trovare una falla nelle difese sui bastioni.
Una maledizione proveniente dalla torre di Grifondoro, dove due figure stavano duellando, mancò Bleddyn di un soffio.
Marie si aggrappò a Draco con tutta la forza che riuscì a trovare nelle braccia, e Niké si tuffò in picchiata appena avvertì la stretta di Draco farsi più decisa.
Harry ed Embrey sfrecciarono loro accanto in un turbinio indistinto; e si diressero a rotta di collo nello stretto passaggio sopra il ponte di pietra, oltre il quale potevano già scorgere le luci della battaglia vera e propria sul viadotto.
Harry e Wynn Embrey furono costretti a slanciarsi quasi in verticale verso le stelle e virare verso la torre centrale, un gruppo di Mangiamorte alle loro calcagna. Draco si voltò fulmineo per schiantarne uno prima che fosse fuori tiro, e così facendo, non avvertì l’urlo agghiacciante di Marie.

“Drago! Drago a dritta!”
Un enorme, furioso e letale Gallese Verde planò dal viadotto dritto su di loro, e stretti fra le mura del castello non vi era margine di manovra se non come avevano fatto Harry ed Embrey, verso l’alto, ma per quello era troppo tardi. Nike s’impennò a mezz’aria ed evitò di avvilupparsi nelle proprie ali per pochi centimetri, e per alcuni interminabili secondi si erse perpendicolare al suolo.
Draco avvertì le braccia di Marie scivolare inesorabilmente via dalla sua vita, ma con tutti i muscoli tesi per non cadere nel vuoto, non riuscì a muoversi di un millimetro.
Marie non trovò nemmeno fiato a sufficienza per urlare, quando avvertì il vuoto attirarla a sé e tutto il suo corpo improvvisamente libero acquisire velocità.
Per un istante infinitesimale pensò che fosse una bella morte, e poi, una scarica di adrenalina risvegliò ogni fibra del suo corpo: non poteva morire, altrimenti Harry sarebbe morto con lei.

Una botta lancinante la tranciò in due all’altezza del plesso solare, e le occorse un secondo per comprendere che non si era schiantata al suolo.
“Per un pelo! Poteva davvero finire male, Marie!”
La voce tonante di Alwyn le arrivò attutita alle orecchie mentre con un solo, fluido movimento del braccio forte e muscoloso la issò in sella davanti a sé, ed in risposta Marie riuscì solamente a rantolare. Continuarono a volare a velocità folle verso il cortile, e ampliando lo sguardo a Marie parve di vedere la sagoma imponente di altri draghi attaccare le ombre grottesche dei giganti.
Cosa fare ora, in quel pandemonio, e dov’era Harry?
E Draco, era ancora in cielo con Niké, ma chissà dove. Non potevano essersi separati di nuovo! Marie cercava invano di lottare contro il panico e strinse più forte il manico di scopa.
Doveva ritrovare Harry, per prima cosa, e Ron ed Hermione. E Draco?
Una paura famigliare ed allo stesso tempo sconosciuta l’attanagliò, non poteva fare nulla per lui ora. L’avevano guarito, ed era nel pieno delle forze, perciò aveva una possibilità di farcela, ma esattamente come tutti gli altri, avrebbe dovuto cavarsela da solo.
“Dobbiamo ritrovare Harry! Aiuterà gli altri nel castello!”
Il vento ed il fracasso della battaglia erano assordanti, ma era certa che Alwyn l’avesse sentita. Volarono raso sul cortile d’ingresso, come saette, e se non avesse avuto una fiducia quasi cieca nel cacciatore, sarebbero morti di certo.
Nella confusione riuscì appena a lanciare un sortilegio scudo fra Lavanda e Greyback, ma proprio quando l’ebbe lanciato, Alwyn fece un trecentosessanta che per poco non la sbalzò di nuovo, e puntò dritto verso Greyback, sfoderando la sciabola.
“Che diavolo fai!” Strillò Marie davanti a lui, e si sarebbe trovata proprio tra le fauci di Greyback, che si stavano avvicinando come nel suo peggior incubo.
“Salta! Ora!”
Con un colpo di reni balzò dalla scopa ed atterrò in piedi, afferrò Lavanda per un braccio e si misero a correre a perdifiato verso l’interno del castello, nascondendosi dietro ai detriti per evitare le maledizioni che volavano fra i Mangiamorte e i membri dell’Ordine.
Marie intravide Kreacher affondare un forchettone nel polpaccio di un Mangiamorte che stava duellando con Tonks, e quest’ultima che lo stendeva con una fattura.
Kreacher! Lui l’avrebbe portata dritta da Harry, con un po’ di fortuna.
Lavanda abbandonò il suo fianco e corse dietro ad una colonna, dov’era accasciata Calì Patil, con un braccio sanguinante. Marie si lanciò al fianco di Tonks, che aveva intrapreso un duello con un altro Mangiamorte ed un’acromantula allo stesso tempo, con l’aiuto del forchettone di Kreacher.
“Kreacher, lo schiantiamo insieme, Uno, Due, Tre: Stupeficium!”
Il Ragno fu sbalzato all’indietro e travolse diversi inferi, ma proprio da dietro quella massa pelosa, un dardo di metallo arrivò sfrecciando basso ed ululando sinistro.
Marie si gettò di lato per evitarlo e tentò di prendere Kreacher con sé, che non l’aveva visto arrivare, ma l’elfo rimase immobile un istante troppo a lungo. La scheggia si conficcò dritta nel collo dell’esserino con un rumore sordo, e Kreacher barcollò incredulo fra le braccia di Marie.
“Pa-padrona…” Squittì l’elfo, con lo sguardo perso e disorientato e cercando con le sottili dita nodose di estrarre la scheggia.
“Kreacher, tieni duro, non mollare, non mollare!” Marie si era dimenticata del pandemonio attorno a sé, non avvertiva il sortilegio scudo di Tonks che la circondava, e nemmeno il suolo tremare. Tutto il suo essere era concentrato nell’estrarre il frammento il più rapidamente possibile e versare al più presto la pozione sulla ferita.
Ma l’elfo era già cinereo e la pozione era fredda, molto meno efficace di quando aveva guarito Draco, e Marie avvertiva il suo corpicino divenire sempre più freddo sotto le sue dita. La mano di Kreacher si strinse all’improvviso attorno alla sua, e gli occhi dell’elfo cercarono i suoi.

“No, Kreacher, no…Abbiamo bisogno di te!”
La sua voce si ruppe in un singhiozzo.
“Krea-Kreacher è…”
Un fiotto di sangue lo interruppe, ma Kreacher era sempre stato testardo, e non mollò nemmeno nel suo ultimo istante di vita.
“Feli…ce.”
I suoi grandi occhi si allargarono ancor di più, e la presa attorno alla mano di Marie si sciolse.
Lei alzò il capo in cerca di aiuto, o di qualunque cosa le dicesse che ciò che stava accadendo non era reale, ma nulla le rispose; solamente il peso inerte del corpicino che stringeva tra le braccia le sembrava reale, quando era l’unica cosa che tentava di negare con tutta l’anima.
Come potevano salvarsi, come poteva anche un solo mago o strega avere una possibilità, quando una creatura pura ed innocente come Kreacher era appena stata distrutta in un istante, da una casualità?
Come poteva una lama comparsa dal nulla, smembrare ciò che le era tanto caro e mai avrebbe potuto ripetersi?
Fu la presa di Tonks a sollevarla in piedi e riscuoterla.
“Vai! Portalo via di qua!”
Si legò Kreacher al petto con delle funi d’argento e corse all’impazzata verso la Sala Grande. Un drago ed una bestia che ricordava una chimera si stavano scontrando proprio sopra di loro, e le code arpionate sferzavano la terra e le pietre facendo scintille.
Remus arrivò volando a capicollo e smontò barcollante e sanguinante al fianco di Tonks, e la coppia la raggiunse ad una decina di metri dalla protezione del castello. Con Kreacher le riusciva difficile correre, e la coda del drago si abbatté più volte davanti a loro.

*

Draco cercò di far voltare Niké e tuffarsi nel vuoto, ma la creatura voleva solamente mettere più distanza possibile fra sé ed il drago, che aveva virato dirigendosi verso il cortile.
“NO! Torna indietro, ascoltami!”
Ma ad ogni secondo che trascorreva sentiva le sue costole frantumarsi, non poteva essere morta! Era passato già troppo tempo, insinuò una voce crudele.
Il vento e la disperazione gli appannarono la vista, ma gli sembrò di distinguere due figure a cavallo di una scopa, qualche decina di metri sotto di lui, e obbligò Niké a piombare al loro seguito. Lampi di luce sfrecciavano incontrollati, ed uno studente con la scopa in fiamme quasi precipitò su di loro, prima di riuscire a spegnere l’incendio con un Aguamenti.
Draco continuò a seguire imperterrito le due figure, ma Niké dovette tuffarsi più di una volta per evitare del metallo scintillante e ululante.
Ad ogni esplosione gli sembrava di riconoscere più distintamente la chioma rossa di Marie, ma proprio quando credette di riuscire ad affiancarsi a loro, un sibilo agghiacciante di acciaio roteante lo fece acquattare sulla schiena di Niké, che dovette raccogliersi e proseguire in una spirale per evitare quel nugolo di schegge assassine.
Sembravano essere attratte da qualunque cosa si muovesse, salvo i Mangiamorte, e Draco le vide piombare verso i fianchi del castello, proprio dove Charlie Weasley stava duellando con Avery, e senza pensarci, si gettò all’inseguimento delle lame.
Questa volta si intendeva alla perfezione con Niké, che virava all’unisono con il suo pensiero.
Charlie era così intento a duellare che non alzò nemmeno lo sguardo all’avvicinarsi del nugolo affilato, ma il Mangiamorte che lo fronteggiava ghignò vittorioso, ed abbassò la guardia, convinto che il suo avversario sarebbe stato fatto a brandelli, e Charlie non sprecò l’occasione, piazzando uno Schiantesimo che avrebbe steso un drago.
“Incarceramus!”
Una rete sinuosa scaturì dalla bacchetta di Draco ed avvolse immediatamente l’intera meteora, come un grosso pesce inghiottirebbe, in un solo elegante movimento, un banco intero di plancton.
“Reducto!”
Il contenuto della rete si polverizzò con uno schianto, Charlie alzò lo sguardo ma intravide solamente quello che gli sembrò un uomo a cavallo del nulla, e la sensazione di aver sfiorato la morte. Non fece in tempo a ringraziarlo che era già sparito.
Arthur Weasley, dall’alto della torre, aveva osservato con orrore come le lame stessero per abbattersi sul figlio, e fu solo grazie a Kingsley e Bill che non venne abbattuto da un Mangiamorte alle sue spalle. Con occhi increduli aveva intravisto il ciuffo biondo platino di Draco volare nella notte, a cavallo del nulla, ed arrestare quella nube infernale proprio prima che si abbattesse su suo figlio.
Delle urla li raggiunsero dalle scale a chiocciola e quando Arthur si affacciò, Narcissa Malfoy quasi lo travolse. Aveva addosso Rowle e Mulciber e due Ghermidori stavano salendo dalle scale alle sue spalle; Arthur si concentrò su quelli. Non fu difficile stenderli, ma dovette subito dar man forte a Bill e Kingsley che nel frattempo tentavano di arginare con incantesimi incendiari e corrosivi un’orda di Inferi che si arrampicava, inesorabile, su per le mura del castello e tentava di riversarsi al suo interno.

*

Alwyn aveva smesso di riflettere, alla vista del lupo mannaro, e la sciabola compressa all’interno del suo mantello trovò facilmente posto nella sua mano. I Potter smisero di avere alcuna importanza, aveva solamente un obbiettivo: uccidere Greyback prima che lo facesse qualcun altro, o peggio ancora, qualcos’altro. Bleddyn sarebbe stato furioso con lui, ma non fece nemmeno in tempo a concludere il pensiero che intravide il fratello sfrecciare a sciabola sfoderata verso Greyback dall’altro angolo del cortile, ed un cenno del capo gli segnalò che l’aveva visto.
In trappola, il lupo fece per balzare di lato, ma i due fratelli virarono bruscamente, e Bleddyn si trovò di fronte a lui. Greyback riuscì a schivare il fendente di Bleddyn con un guizzo animalesco, e lo stesso Bleddyn avvertì la lama muoversi come di sua iniziativa e lanciare un fendente che non aveva previsto.

La sciabola di Alwyn sembrò trovare da sola la via verso il petto di Greyback, e Bleddyn lo trafisse nella schiena con un secondo colpo. Un ululato squarciò l’aria, e Alwyn, appena conscio di un calore inusuale sopra le costole, riuscì a fatica a pronunciare le parole che aveva pensato e rimuginato per anni.
“Questo è per Eileen,” “E quest’altro dai Dacey,” completò Bleddyn.
Le fauci di Greyback schioccarono per l’ultima volta, lasciando spazio ad un ringhio che ricordava delle parole, “Sangue avrà altro sangue.”
Il corpo del lupo si afflosciò sulla sciabola di Alwyn, e dopo aver estratto la lama, solo allora Alwyn si accorse di non riuscire a respirare. Abbassò lo sguardo e le ginocchia gli cedettero.
Un urlo straziante sfuggì dalle labbra di Bleddyn, che lasciò cadere la spada insanguinata e protese le braccia a reggere il fratello, cinereo.
“NO!”
“Eddie…” La bacchetta di Bleddyn stava arginando la perdita di sangue, ma lo squarcio era profondo ed esteso, ed aveva causato un’emorragia interna che non sapeva come curare.
“Aiuto! Vi prego, qualcuno mi aiuti!”
“Eddie…” Alwyn tossì sangue di un rosso scuro nel tentativo di dire qualcosa.
 “Ti giuro, è stata la sciabola…si è mossa!”
Bleddyn scuoteva la testa e cullava piano il fratello, le lacrime scorrevano copiose senza che emettesse alcun singhiozzo.
Alwyn si puntellò con le ultime forze che gli rimanevano ed avvolse una mano attorno al collo del gemello.
“Non è colpa tua Eddie. Eileen mi manca da troppo tempo ormai, mi hai fatto un dono.”
“No, ti prego Al, non te ne andare!”
La voce di Bleddyn si incrinò ed il panico lo avviluppò con la sua presa viscida ma ferrea.
Un sorriso pacifico si stese sulle labbra incolori di Alwyn e la mano attorno al collo di Bleddyn tentò di alzarsi per carezzare i suoi capelli. Bleddyn la strinse e la baciò come se fosse l’ultima ancora per il Paradiso, si portò il viso del fratello vicino al suo e gli baciò la fronte.
Gli occhi di Alwyn erano fissi nei suoi, e a Bleddyn sembrò che fosse già lontano, nelle colline verdeggianti che si erano lasciati alle spalle, e lo scintillio d’orato della chioma di Eileen fu l’ultima cosa che vi intravide prima che la luce li abbandonasse.
Bleddyn ebbe la strana sensazione di piombare nella notte che svettava su di lui, come se l’abisso da cui si sentiva inghiottire fosse un magnete che lo attirava verso l’alto, solamente per capovolgersi e lasciarlo cadere per un’altezza infinita.
Avvertì appena la roccia contro cui sbatté, e poi fu solo beata, maledetta oscurità.

*

Neville saltò giù dalla scopa pilotata da uno dei bulgari, terrorizzato dal volo più che dalla acromantule, e attaccò un ragno particolarmente disgustoso che stava sbavando dalle molteplici chele, alla vista di due corpi accasciati l’uno accanto all’altro.
Dean e Remus, dalle loro scope, gli vennero in aiuto e la bestia cadde sul suo orrendo dorso, permettendo a Neville di trascinare, con l’aiuto di Cho, i due Gallesi in un posto meno allo scoperto, almeno provvisoriamente.

“Guarda Neville, questo è solo svenuto, è vivo!”
Cho chinò la testa di lato su Bleddyn per accertarsi che respirasse, Neville avvertì un movimento ai margini del suo campo visivo, si voltò e d’istinto si gettò a terra per evitare la maledizione che falciò l’aria, ma Cho non la vide arrivare ed ebbe appena il tempo di sollevare lievemente il capo prima che l’Avadakedavra la colpisse in pieno.
Cadde senza vita sul petto di Bleddyn, con ancora sul viso l’espressione premurosa e sorpresa in cui Neville l’avrebbe sempre ricordata.

Un urlo selvaggio percorse il Grifondoro dalla testa ai piedi, agitò fulmineo la bacchetta prima che il Mangiamorte avesse tempo di pronunciare un’altra maledizione e lo immobilizzò con un incantesimo Petrificus non verbale.
Poi, con un passo lento e misurato, senza curarsi dei calcinacci che volavano ovunque, raggiunse l’uomo dagli occhi porcini dilatati dalla paura e dall’odio, lo trascinò per i capelli fino al parapetto, dandogli il tempo di capire verso dove era diretto, e senza esitare lo gettò di sotto. Non si fermò ad osservare la sua caduta, e nessuno vide quello che aveva fatto, ma se mai si sarebbe presentato del rimorso nel suo animo, l’espressione sul viso di Cho l’avrebbe subito messo a tacere.

Sopra di loro, Harry e Wynn stavano cercando di seminare quello che sembrava un bolide di lame affilatissime, ma la palla d’acciaio continuava a seguire la loro coda, indipendentemente da quante acrobazie Wynn eseguisse, e sia lui che Harry cominciavano ad essere a corto di idee.
“Harry, dobbiamo entrare nel castello da una delle finestre…”
Urlò Wynn a pieni polmoni, mentre il cielo ruotava sotto di loro,
“Evitare di schiantarci nel corridoio e intrappolarla lì. Non potrà attaccarci attraverso il muro!”
Wynn aveva individuato la finestra ideale nella torre della grande scalinata, ma per arrivarci dovettero passare dalla torre di Grifondoro e dalla torre di Divinazione.
Proprio mentre passarono sopra questa, una soffice chioma bionda risaltò nella notte, e quando Harry abbassò lo sguardo vide che Luna era costretta a combattere proprio sull’orlo del precipizio, assediata da due Mangiamorte. Due corpi senza vita giacevano sulla torre, ma non riuscì a distinguerli.
“Wynn…”  L’ululare delle lame era diventato troppo forte, non sarebbero riusciti a virare per soccorrere Luna. Harry tentò di guardarsi intorno nella confusione e con il vento fischiante nelle orecchie, in cerca di aiuto. Luna era sempre più in bilico, ed ogni maledizione rischiava di farla cadere.
D’un tratto, Viktor Krum arrivò sfrecciando dalla torre dell’orologio, ed allo stesso tempo, Luna perse l’equilibrio e precipitò. Krum accelerò più che poté con la sua Firebolt, mentre Harry e Wynn si avviavano verso la finestra a rotta di collo, le lame roteanti alle calcagna. I Mangiamorte sulla torre si sporsero per trionfare, e videro Krum in arrivo verso Luna, ed uno di loro prese la mira.

Harry non seppe se Krum lo vide o se era troppo concentrato nel prendere Luna al volo, ma in ogni caso volò dritto verso la sua morte, e salvò la vita a Luna.
Wynn lanciô un incantesimo imbottito contro il muro che si avvicinava a velocità folle, lui ed Harry ci rimbalzarono contro e si rialzarono in un turbinio dolorante di polvere.
All’unisono, all’arrivo del bolide maledetto, lo polverizzarono con due Reducto ben piazzati.
Harry si sporse immediatamente dal parapetto ed urlò, con tutto il fiato che aveva nei polmoni, a Luna di raggiungerli. La scopa tracciò un volo irregolare e nervoso fino a che il viso arrossato dallo sforzo di Luna non piombò attraverso la finestra. Ancora due secondi e non sarebbe più riuscita a sostenere Krum in sella.
Wynn si fiondò subito sul compagno e tentò di rianimarlo, ma Krum non rispondeva, con gli occhi fissi verso il cielo, verso quello che era stato il suo regno. L’ultima immagine che Harry registrò prima che tutto si fondesse e mutasse, fu il viso contorto dal dolore di Wynn rivolto verso quello stesso cielo, i muscoli del suo collo contratti in un grido di rabbia e vendetta contro chi aveva tarpato le ali al falco dei cieli.

Poi, la realtà circostante svanì ed Harry si ritrovò nella mente di Voldemort, nella Stamberga Strillante, Severus Piton di fronte a lui.
L’orrore di ciò che videro lui e Marie, che stringeva in quell’istante il corpicino di Kreacher al petto, nella Sala Grande, non avrebbero mai potuto dimenticarlo. Madido di sudore, quando riemerse i grandi occhi blu di Luna erano spalancati spora di lui, ed il corpo di Krum riposava fra le sue braccia.

“Harry? Harry mi senti?”
Si sentiva troppo scosso per rispondere, ma mosse a malapena la testa, bianco come un lenzuolo e con la sensazione di stare per vomitare.
“Wynn è tornato in sella, credo che stia attaccando i Mangiamorte che hanno ucciso Viktor.”
Harry si prese la testa fra le mani, ma notò comunque Luna alzarsi e sfoderare la bacchetta, all’improvviso, e così si costrinse a fare lo stesso. Quello che vide lo lasciò senza parole.

*

Draco si sentì improvvisamente inebriato dalla forza che sentiva scorrere nelle sue vene, la bacchetta di sua madre gli rispondeva come quella di Biancospino non faceva più da tempo, Niké era un tutt’uno con lui e si librava fulminea e sinuosa nel cielo.
Tornarono a tutta velocità verso la torre dell’orologio, e Draco si accertò con sollievo che Nevile, Seamus, Dean e Ginny erano riusciti nel loro intento di far saltare in aria il ponte.
Tagliarono per cortile interno e si diressero verso i prati di fronte al castello, e realizzò che con lei avrebbe potuto salvare più di una vita quella notte.
Lanciò su di sé un incantesimo di disillusione per proteggersi dagli attacchi dei Mangiamorte in volo, e sembrò funzionare, non fosse che per poco tre Bulgari alla caccia di altrettanti Mangiamorte non li travolsero per poco.
Una volta vicini ai prati le grida si fecero più forti, e Draco vide all’istante che quello era il posto in cui serviva di più, al momento.

Quella che sembrava un’orda di lupi mannari nel loro stadio semi-umano aveva accerchiato Remus e Dedalus Lux, e malgrado i due riuscissero a tenerli a distanza, si facevano sempre più vicini.
“Forza Niké, traccia un bel cerchio sopra di loro!”
Niké virò immediatamente, e Draco fece scaturire due getti di fiamme violacee dalla bacchetta, dividendo il branco e dando una tregua a Lupin e Lux, che colsero l’occasione per schiantarne il più possibile. Lupin fece appena in tempo ad asciugarsi il sudore dalla fronte che uno dei lupi balzò attraverso le fiamme e gli saltò addosso, mirando alla sua giugulare.
Draco fece per schiantarlo, ma il lupo fu sbalzato via, assieme a tutti gli altri, da un'altra ombra, nera e fumosa come la notte, che continuò il suo corso verso la foresta, lasciandoli tutti esterrefatti.

Draco era certo di sapere chi fosse, ma non aveva tempo di speculare sul perché Piton si fosse preso la briga di salvare Lupin. Il motivo a lui ignoto era strettamente legato a Draco stesso, o meglio, a suo padre: Piton aveva dovuto accertarsi che Malfoy fosse arrivato al castello con la lettera, altrimenti sarebbe stato necessario trovare un altro modo, e sapeva che i Potter non l’avrebbero mai accettata da lui in persona.
“Ritirata! Tornate al castello, ritirata!”
Urlò Remus, alla vista di uno dei giganti e due chimere che si dirigevano verso di loro.
Dall’alto Draco vide Seamus, Neville, Dean e Ginny unirsi a Lupin e qualche altro mago di cui non conosceva il nome, e li scortò dal cielo, gettando incantesimi protettivi contro le maledizioni ed i detriti che piombavano su di loro.
Bran Broderick e Lew Beaven gli sfrecciarono accanto e presero al volo Seamus e Ginny, mentre Neville, Dean e Lupin vennero presi in sella da tre dei giocatori bulgari, inzaccherati e sanguinanti da una caduta precedente.
All’improvviso, una palla di cristallo colpì Niké al garrese, e persero quota in modo all’armante, sempre più vicini al terreno.
“Ma che diavolo...?” Imprecò Draco, tentando di individuare da dove era arrivato il proiettile. Sibilla Cooman, dall’interno del castello, era passata ad uno dei bastioni, e stava offrendo copertura ai membri dell’ordine ed agli Hogsmeadiani in ritirata, ma non poteva vedere Draco, disilluso. Niké non riusciva più a sollevare l’ala destra, e sbatté l’altra freneticamente per impedire che si schiantassero al suolo.
Draco fece appena in tempo ad imprecare che un enorme palla di fuoco solcò il cielo e travolse tutto ciò che si trovò di fronte, fino a schiantarsi contro le mura del castello. Avvertì un pugno di ferro colpirlo allo stomaco: Broderick e Seamus erano proprio sulla traiettoria del proiettile infuocato, e per evitare che li carbonizzasse si erano schiantati contro le mura del castello, a venti metri d’altezza.
Mandò Niké al trotto e corse dove sapeva che si erano accasciati.
Il respiro gli si mozzò in gola alla vista del corpo del compagno abbandonato faccia in giù in una posa strana, con la schiena piegata in un angolo troppo marcato, impossibile da replicare, e Broderick accanto a lui, con metà del viso dagli zigomi forti completamente ricoperta di sangue e contusioni, e gli occhi spalancati che riflettevano le esplosioni del cielo, senza più vederle. Delle scosse violente presero a farlo sussultare in modo incontrollabile.
La sua cassa toracica sembrava incapace di trattenere lo shock ed un senso di disorientamento e dolore lo attraversò come una scossa, la sua mente fu sommersa da un’onda di disperazione che annegò la percezione di ciò che lo circondava.
Arrivata sotto il soffitto della Sala Grande, Marie quasi inciampò e rischiò di schiacciare Kreacher. Non vedeva più il soffitto della Sala, ed il pavimento le svanì sotto i piedi, mentre davanti agli occhi le calò, come una cortina di morte, la visione straziante del corpo di Seamus, scomposto e immobile sull’erba umida, ed il viso sfigurato di Broderick accanto a lui.
Draco si costrinse a sollevare con delicatezza il viso di Seamus dalla terra, sussultando per le scosse che lo scuotevano facendo uscire un suono indefinibile dalle sue labbra screpolate, ed issare lui e Broderick su Niké, che scoprì essere già guarita.
“Vai, portali…portali dagli altri che non ce l’hanno fatta, in un posto sicuro.”
Gli occhi scuri e lucidi di Niké si fecero grandi ed appiattì le orecchie.
“Me la caverò. Ma puoi sempre tornare indietro a cercarmi. Va!”
E le diede una pacca sulla spalla che era certo essere sana.


*

Narcissa, esausta dal duello, gettò un incantesimo che addensasse l’aria e si tuffò nella tromba delle scale, cogliendo di sorpresa i Mangiamorte, ma Rowle malauguratamente ebbe il coraggio di tuffarsi al suo seguito.
Sul fondo della torre, Narcissa si gettò nel corridoio e con una capriola tentò di colpire Rowle in caduta, ma lo mancò e si trovò Dolohv alle spalle. Dovette evocare un sortilegio scudo per respingere una Maledizione senza Perdono, ed il suo piede scivolò su uno scalino, mandandola a rotoloni per una rampa di scale intera.

Dolorante, tentò di rialzarsi, ma una scossa lancinante di dolore la bloccò a terra e credette che le facesse esplodere la testa. Rowle le si avvicinò, qualche scalino più in su, ghignante e soddisfatto di potersi prendere la rivincita dall’umiliate sconfitta che lei gli aveva inferto a Villa Malfoy. Narcissa annaspò per riprendere la sua bacchetta, ma nella caduta era rotolata qualche metro più in giù. Con la vista annebbiata dalle lacrime di dolore, intravide un altro Mangiamorte avvicinarsi alle spalle di Rowle e Dolohv.
Era finita, l’avrebbero uccisa, lo sapeva. Rowle e Dolohv alzarono la bacchetta all’unisono.
“Cru…”
“Avada Kedavra!” Un lampo di luce verde investì il corridoio, e Narcissa richiamò il viso di Draco alla memoria, prima di lasciarlo per sempre avrebbe voluto rivederlo ancora almeno una volta. Un tonfo fece tremare le scale, e Narcissa si sorprese di avvertire ancora tutte le sue membra doloranti.
Dovevano averla mancata, ma non avrebbero sbagliato una seconda volta, e con gli ultimi istanti che le rimanevano rivide tutti i momenti passati con Draco quando era ancora un bambino, le prime parole, i primi passi e quel giorno nel campo in cui le aveva portato il Narciso e Lucius era felice come non lo era più stato in seguito.

“Avada Kedavra!” Un altro tonfo, e ancora avvertiva le proprie mani coprirsi il viso e gli scalii pungerle le costole.
“Narcissa, sei viva!” La voce di Lucius, forte e decisa, le giunse distante alle orecchie, ma le sue braccia attorno alle spalle erano vicine, ed erano vere.
Ma non poteva essere, era morta e questo era un sogno. Il ricordo del campo e della sorpresa per il loro anniversario doveva essersi realizzato dopo la morte, e Lucius era di nuovo al suo fianco, forte come lo era da giovane.
“Narcissa, rispondimi, per Salazar! Mi senti?” La scosse debolmente e le sollevò il torso dalle scale, sostenendola.
“Lucius…mi hai salvato!”
I loro sguardi si incontrarono, e per la prima volta in diversi anni, si compresero.
“Forza, andiamo via di qua!”
Si avviarono giù per li scalini ingombri di calcinacci.
“Hai ucciso Dolohv e Mulciber, Lucius.” Narcissa guardò il marito, tentando di leggere nei suoi occhi freddi quali fossero le sue intenzioni, ma Malfoy evitava il suo sguardo, e Lucius non si curò di correggerla sul nome del Mangiamorte.
“Devono solo provare, ad ucciderti, quella feccia!”
“Non puoi più tornare indietro, ora!”
Accelerarono il passo per togliersi dalle finestre di vetro rimaste.
“Dobbiamo andarcene, fintanto che la battaglia è ancora in corso!”
“Sciocchezze, non vorrai lasciare Draco? Lui non verrà con te, Lucius.”
Malfoy si voltò e dopo averlo sfuggito per tutto quel tempo, incrociò lo sguardo di Narcissa, e l’inusuale scintillio le disse che lo aveva ferito.
“L’unico modo per salvarci è combattere, insieme.”
“Morire, insieme, vorrai dire.”
“Se la morte è ciò che dobbiamo affrontare per essere nuovamente una famiglia, allora la guarderò in faccia.”
“E non sarai sola.”
Narcissa si arrestò, dopodiché tutto accadde in un turbinio confuso. Lame di acciaio irruppero da una finestra rotta con un rombo basso e minaccioso, e Mulciber piombò su di loro da un corridoio laterale. Fred, George e Percy sbucarono dall’altra parte del corridoio, alle prese con due inferius e McNair.
Lucius scagliò un sortilegio scudo per proteggere sé e Narcissa dalla maledizione del Mangiamorte, ma nel fare così, lasciò scoperto il fianco che dava verso l’esterno, e la lama si conficcò fra le sue costole con un sordo e definitivo tonfo.

Narcissa urlò dall’orrore e dalla rabbia, sorresse Lucius con un braccio, e con l’altro scagliò un “Avadakedavra!” dritto al petto di Mulciber.
Un rantolo si udì a malapena fra il fracasso: un inferius stava strangolando Fred, e George riuscì a scagliare l’altro fuori dalla finestra, ma l’ascia di McNair lo mancò di un soffio. Percy abbandonò per un istante il duello con il Mangiamorte per tramutare l’inferius che stava per strangolare Fred in un fragile scheletro, ma lo sforzo che gli costò lo espose alle grinfie di McNair, che essendo un maldestro mago, preferiva l’ascia.
George gli puntò contro la bacchetta, ma Lucius fu più veloce: senza pronunciare una sillaba, un lampo verde scagliò McNair contro la parete, e da lì non si mosse più.
Fred, George e Percy si voltarono senza fiato verso i Malfoy, e si resero conto che Lucius stava sputando sangue. Poi, la voce di Lord Voldemort li congelò tutti come delle statue di ghiaccio per alcuni interminabili, preziosi secondi.

“Aiutatemi, non statevene lì imbambolati!” Sbottò Narcissa lottando contro il panico.
Cercò di arginare la ferita, ma la lama non voleva saperne si essere estratta, e tutti gli incantesimi che stava tentando non arginavano l’emorragia come avrebbero dovuto.
“Ho bisogno di Marie, e della sua pozione, presto!”
“In Sala Grande, li troveremo là!”
Percy intanto stava richiamando un banco vagabondo e cercava di ammansirlo.
“Fred, lo possiamo trasportare con questo!”
I gemelli lo adagiarono con cautela sulla tavola di legno, e Percy la diresse a tutta velocità verso la Sala Grande. Narcissa si mise a correre con le proprie gambe e così fecero loro, il cuore in gola per ciò che vi avrebbero potuto trovare.

*

Marie appoggiò Kreacher sotto ad uno dei camini della sala, dove era sicura che nulla sarebbe crollato, e fece per coprirsi il viso con le mani, orripilata e con il collo squarciato di Piton ancora nell’anima, quando qualcosa le strattonò la veste sgualcita e fece un balzo dallo spavento.
“Gonril!”
“Signorina Potter, Harry Potter la sta cercando!”
Un ruggito le fece voltare entrambe: una chimera era appena balzata oltre alle difese di Remus e Tonks, ma la McGranitt passò a tutta velocità davanti all’ingresso e senza nemmeno arrestarsi trasfigurò la bestia in un cassettone bulboso dalle zampe di leone, per poi tirare dritta verso il caos là fuori.
“Portami da lui, Gonril!”
Strinse la manina dell’elfa ed in una giravolta si ritrovò faccia in giù in uno dei corridoi del settimo piano, di nuovo vicino all’Ufficio di Silente.
Il braccio familiare di Harry la aiutò sulle gambe, ed alzando lo sguardo si meravigliò di trovare Ron, Hermione e Luna, e non era mai stata così felice di vederli interi.
“Marie, Santo Cielo, sei ferita!” Hermione inorridì alla vista della chiazza di sangue che inzuppava la sua veste.
“No, sono a posto, non è mio…” La voce le si spense.
Gli altri trattennero il respiro. Ron impallidì e gli angoli della bocca di Luna si abbassarono. Lei sembrava aver già compreso.
“Kreacher. Non ho potuto fare nulla.”
“Oh no, Marie! È terribile!”
“E chissa quanti altri!” Hermione si aggrappò a Ron e soppresse un singhiozzo, Harry fissò il vuoto e sembrò perdere contatto con la realtà.
“Allora, avete distrutto l’Horcrux?”
Loro non sapevano ancora di Seamus e Broderick, una voce dentro di lei urlava, ma quelle parole le morivano in gola.
“Hermione l’ha distrutto, è stata fantastica!”
"Senza Dobby a potarci fuori dalla Camera non ce l'avremo mai fatta." Si schermì Hermione, ma con uno sguardo colmo d'amore diretto unicamente per Ron.
L’ammirazione di Ron trapelò nonostante lo shock, tuttavia l’ultima parola alleggiò come un elefante nel corridoio. Ogni parola positiva sembrava cozzare intollerabilmente con ciò che stava accadendo e l’immagine straziante che le martellava la testa, di Seamus accasciato a terra.
Notò vagamente che Ron ed Hermione emanavano improvvisamente una forza neonata, un’aura di felicità li pervadeva da un punto imprecisato attorno, o meglio, dentro di loro, ed era impossibile volergliene male, ma altrettanto difficile le risultava trarne forza a sua volta.
Screpolò un sorriso sulle labbra,
“Era ora, sono felice per voi.”
E dal sorriso che le restituirono capì che sapevano che non si riferiva all’Horcrux.
“Non dovevi dirle qualcosa, Harry?”
La voce leggera di Luna fu come una secchiata d’acqua per Harry, e nel sentire Marie vicina trovò la forza di continuare.
Il corridoio era stranamente tranquillo, come se la battaglia non fosse ancora arrivata al settimo piano, ma sapeva che quell’aria di sicurezza era falsa.
“Io e Wynn siamo finiti qui per evitare una di quelle lame volanti, appena prima che...” Harry avrebbe voluto dire, appena prima che Krum si gettasse a salvare Luna, ma gli si seccò la gola.
“Hem, Bé, indovina contro chi abbiamo sbattuto?” Marie allargò gli occhi ma non rispose,
“Lucius Malfoy!”
“Non è così impossibile, no? Che ne avete fatto?”
“Aspetta, ti è sfuggito il punto. Gli siamo andati addosso e non ci ha attaccato!
Luna ha evocato un sortilegio scudo, ma Malfoy ha alzato la mano con la bacchetta in bella vista, e mi ha teso…” Harry si frugò nella tasca del mantello,
“Questa!”
Una lettera dal sigillo rotto apparve pallida fra le mani impolverate di Harry, e Marie, con dita tremanti, la prese ed estrasse un singolo foglio di pergamena, leggermente bruciacchiato in un angolo. Era il ritratto di Lily.
“Leggi dietro.” Hermione le suggerì. Leggere cosa, si domandò Marie incredula.
Voltò la pergamena e lì, sotto i suoi occhi, stava un messaggio.
Un ricordo è sempre connesso ad innumerevoli altri, e non potete arrivare alla Fine senza conoscere l’Origine.”
Marie ripeté le parole fra sé e sé, le suonavano stranamente familiari. Le occorse solamente un’istante per rammentare dove le avesse sentite. Durante le lezioni di Occlumanzia, in quel detestabile umido ufficio, Piton le aveva ripetuto quella frase fino alla nausea.
“Un ricordo è sempre connesso ad innumerevoli altri. Se concedi all’intruso di coglierne il filo, avrà la strada spianata per penetrare la tua mente fino nelle profondità che più ami, o più temi, ed allora sarai alla sua mercé.”
“Il Pensatoio. Dobbiamo usare il Pensatoio, ma per cosa?”
“Te l’avevo detto Harry.” Esclamò Hermione vittoriosa, seppur in tono sommesso.
“Ti ricordi la fiala d’orata?”
“Ma certo!” Come poteva esserle sfuggita dalla mente? Il cadavere di Seamus e Kreacher le alleggiò davanti agli occhi.
“Ma Harry, da quando Piton…ci sono così tante domande, e Malfoy…Potrebbe essere una trappola! E c’è ancora il serpente da uccidere!”
Luna interruppe la cascata di domande che stava per riversare sul gemello.
“Marie, non penso che il resto abbia importanza. Lucius è il padre di Draco, non credi?
E Piton è sempre rimasto ad Hogwarts. Il punto è, non vi siete domandati cosa intenda con «Fine»?”
Harry e Marie la guardarono, e Ron ed Hermione fissarono i gemelli.
“Dov’è Wynn?” Marie spezzò il silenzio ed ignorò la domanda di Luna, ma Hermione continuò a scrutarla.
“È balzato sulla scopa e tornato in battaglia.”
La battaglia. D’un colpo la consapevolezza di quello che stava accadendo intorno a loro piombò addosso ad ognuno con la forza di una valanga, e senza dirsi una parola si voltarono tutti verso Gonril, grazie alla quale il corridoio era rimasto indisturbato.
Quando fecero per stringerle la mano, l’elfa squittì di terrore e si coprì le orecchie come se temesse che il castello stesse per esplodere, e una frazione di secondo più tardi fu scosso per la seconda volta dalla voce acuta e mortifera di Voldemort, inquietantemente vicina e distinta, come se li stesse assediando attraverso l’aria stessa che li circondava, fino a strangolarli.


*

Niké si innalzò in volo con cautela ma una volta presa quota Draco la vide sfrecciare a tutta velocità verso l’entrata principale, e si sentì improvvisamente stanchissimo. Con le forze che gli rimanevano si mise a correre verso la Sala Grande, mischiandosi alla folla di maghi e streghe che cercava protezione nel castello.
Vide Ginny Weasley e Dean tornare indietro a cavallo di due scope, e dai loro sguardi disperati intuì che stavano cercando l’amico. Si sbracciò per farsi notare, ma Dean lo ignorò, mentre Ginny planò verso di lui dopo aver respinto una fattura e averla rimandata al mittente, che finì tra le chele di un’acromantula.
“Seamus, l’hai visto…”
Ma le parole le morirono in gola. Lesse nel suo sguardo l’orrore che aveva visto, ed i suoi occhi sembrarono riempirsi di lacrime, ma queste si seccarono in un turbinio di rabbia e desiderio di vendetta. Un acromantula si lanciò su di loro con tutto il fragore orripilante delle sue chele, e Draco balzò in sella senza farselo domandare.
Proprio mentre si innalzavano in volo, un’altra palla infuocata solcò il cielo e si schiantò contro la torre di Grifondoro.
“Dobbiamo fermarli!” Ginny urlò a squarciagola sopra il fracasso della battaglia.
“Arrivano…Arrivano dal lago, Weasley, guarda!”
La voce incredula e gracchiante di Draco fece virare Ginny verso il lago. Una zattera gigantesca era stata piazzata sul lago nero, ed una decina di ghermidori incendiava maldestramente delle enormi palle di ciarpame, per poi lanciarle con una catapulta magica che era fuori dal loro controllo e le scagliava dove capitava.
“Lumos Maxima!”
La bacchetta di Ginny prese a sondare le rive del lago, dove sapeva che la piovra si recava quando sentiva movimento, in cerca di compagnia o di cibo. La trovarono intenta ad osservare le luci della battaglia mentre giocherellava con il cadavere di una chimera.
“Reducto!”
L’incatesimo colpì la piovra, che alzò un tentacolo irata.
Ginny prese a volare verso la catapulta, sempre punzecchiando la piovra che li inseguiva.
Draco dal canto suo si teneva in sella ed osservava i movimenti della catapulta.
“Vira a destra, Ora!”
Un proiettile infuocato li mancò di un soffio, ed abbrustolì un tentacolo della piovra. Questa, legittimamente, si infuriò e diresse tutta la sua ira sulla zattera. Nel vedere l’acqua agitarsi e ribollire ed i tentacoli della piovra risucchiare la catapulta, i ghermidori presero a strillare ed agitarsi come galline con la volpe nel pollaio, ma non potevano sfuggire da nessuna parte.
La zattera si ruppe in due con un sonoro crack, e la piovra non dovette nemmeno sforzarsi per strangolare uno per uno i ghermidori che annaspavano terrorizzati.

In meno di due minuti, il lago era tranquillo, e la piovra, seccata, tornò nelle profondità dell’acqua.
Mentre volavano verso il castello, Ginny non avvertiva alcuna sensazione di trionfo, al suo posto, un vuoto senso di smarrimento ed una paura acuta e penetrante l’avevano presa, la rabbia ed il dolore erano ancora lì, pulsanti come una ferita scoperta ed infiammata, e l’unica cosa che desiderava era accertarsi che gli altri fossero ancora tutti vivi.
Lo stesso terrore che pervadeva Ginny avviluppava Draco, come se il velo scuro della notte li avviluppasse nella medesima, incurabile ansia. Fino ad allora, con i Potter gli era sempre sembrato che, per quanto incasinata, la loro situazione avesse un senso, uno scopo.
Quella notte invece si stava trasformando in un massacro, e non vi trovava nessuno scopo, era chiaro che stavano perdendo.

Avevano quasi sicuramente distrutto due degli oggetti misteriosi ma Voldemort, senza neppure farsi vedere, stava lasciando che le loro forze si dissanguassero prima di sferrare l’attacco finale. All’improvviso, Ginny si bloccò come cristallizzata e la scopa
 ¹“Lord Voldmort è misericordioso. Ordino alle mie forze di ritirarsi, immediatamente.
Avete un’ora. Disponete dei vostri morti con dignità. Curate i vostri feriti.”
“Ora, Harry e Marie Potter, mi rivolgo direttamente a voi. Avete consentito che i vostri amici morissero per voi piuttosto che affrontarmi di persona. Io vi aspetterò nella Foresta Proibita. Se entro un’ora non vi sarete consegnati a me, la battaglia riprenderà. E questa volta vi prenderò parte io stesso, Potter, e vi troverò e punirò fino all’ultimo uomo, donna o bambino che abbia cercato di nascondervi a me.”
La notte si era fatta incredibilmente calma mentre Ginny li dirigeva verso il castello. I Mangiamorte erano svaniti, e così i giganti e le acromantule, e sotto di loro Hogwartsiani, maghi e streghe di Hogsmeade e dell’ordine perlustravano i prati e le rovine del castello in cerca di morti e feriti che erano stati lasciati indietro.
Draco si sentì morire dentro a quella vista. Sapeva che Ginny era diretta, con la stessa sua ansia, verso la Sala Grande, ultimo bastione e luogo in cui si erano rifugiati tutti, e quindi, dove avrebbero trovato anche i caduti.
Sorvolarono il breve lembo di erba e terra brulla punteggiato di corpi, poi la corte esterna, dove il corpo elefantiaco e grottesco di un gigante costringeva le persone sotto di loro a compiere penosi passi in più.
Smontarono di sella all’ingresso per non causare scompiglio ed entrambi salirono gli scalini verso la grande scalinata con passo stranamente rigido. Si resero improvvisamente conto dell’odore di sangue, lacrime e polvere che opprimeva l’aria e li circondava inesorabilmente. Studenti e maghi più anziani li oltrepassavano, alcuni correndo disperatamente in cerca di aiuto, altri in una frenetica, convulsa ricerca di un amico o dei propri cari.
Il cuore di Draco fece un balzo nello scorgere la chioma rosso fenice di Marie, ed una fugace quanto intensa ondata di sollievo lo inondò come una cioccolata calda.
Ginny irruppe in una corsa verso la sua famiglia ed Harry, che stava accanto a Marie. Dietro di lei, e l’ondata di sollievo si ripresentò, individuò la chioma bionda di sua madre, che li dava le spalle.

*

Appena si materializzarono, Hermione cacciò un urlo alla vista di due corpi senza vita che fluttuavano tristemente verso di loro. Harry comprese solo a metà il suo orrore, poiché lui era in grado di vedere Niké.
In qualsiasi altra situazione la vista di una nuova creatura magica l’avrebbe interessato o spaventato, ma non ora che portava sul dorso uno dei compagni con cui aveva condiviso i suoi anni ad Hogwarts, e un giocatore con cui aveva condiviso la scopa, morti e sfigurati.
Udì la sua stessa voce gracchiare “Seamus”, e vide confusamente Ron che abbracciava Hermione, Bill e Charlie che adagiavano cautamente i corpi a terra, e poi, la stretta di Marie sul suo braccio si fece ferrea.

“Harry!” Si voltò verso la direzione in cui stava guardando. Un banco arrivò sfrecciando nella Sala, e con sgomento di tutti i presenti, la persona che vi era adagiata era Lucius Malfoy.
“Fermi, non attaccatelo!” Gridò Harry, mentre Marie correva verso di lui, ma la precauzione si rivelò non essere necessaria. Man mano che la sala si riempiva, le persone cercavano i propri cari o si trovavano confrontati con il lutto, e nessuno aveva la forza di preoccuparsi di altro, nella Tregua.
“Marie, aiutalo!” Anche l’urlo di Narcissa, senza fiato e con diversi lividi sul volto, fu inutile: Inutile perché Marie stava già facendo il possibile per estrarre la lama, e tentò con la pozione, come aveva fatto con Kreacher, ma lo sguardo che scambiò con Narcissa non le lasciò spazio per la speranza. Non potevano fare nulla, ora.
“Tiriamolo giù da qui.” Narcissa sollevò il marito con l’aiuto di Harry, e Lucius trovò ancora le forze necessarie per puntellarsi alla parete, ma la mano che strinse Narcissa era gelida come la neve e tremava in modo incontrollabile.
“Lucius, non ti ho mai ringraziato di una cosa, la cosa più importante della mia vita.”
Narcissa non era una persona sentimentale, e non lo sarebbe diventata nemmeno ora, ma improvvisamente le sorsero alle labbra quelle parole, e sapeva che aveva solo un’occasione per pronuniciarle. Lucius si voltò verso di lei e tentò di respirare, ma il dolore alle costole era troppo forte.
“Grazie per avermi dato Draco.” Narcissa fece per aggiungere qualcosa, ma Lucius la interruppe.
“Digli…” Annaspò, e poi trovò, con immane fatica, il fiato per pronunciare le sue ultime parole.
“Di a Draco che suo padre è orgoglioso di lui.”
Lucius non aveva mai detto queste chiare parole al figlio, e se non fosse stato per gli occhi di Narcissa fissi nei suoi, che gli fecero provare di nuovo amore, dopo lungo tempo, l’ultimo suo sentimento sarebbe stato il rimpianto, ma fortuitamente, non era solo.
Narcissa vide lo sguardo di Lucius brillare, e poi svuotarsi, ed in quel singolo istante di mutamento, impercettibile, si celavano interi anni della loro vita.
Erano questi anni che Narcissa continuò a scorgere anche quando chiuse, con gesto lento e controllato, gli occhi al marito, e continuò a vederli quando si accasciò contro la parete accanto a lui, ed avvertiva il corpo freddo ed immobile accanto al suo.
Il contrasto sarebbe stato sufficiente per farla impazzire, se non avesse avuto nemmeno abbastanza forza per muoversi, ed era certa che se l’avesse fatto, la bolla di passato si sarebbe infranta e sarebbe precipitata per sempre in un abisso di incomprensione.

Pochi secondi dopo, solo Draco sarebbe stato in grado di fermarla da quella caduta altrimenti inesorabile verso l’oscurità.
Draco vide sua madre voltarsi di profilo e lasciarsi andare lungo la parete, il viso tra le mani.
Accelerò il passo. Qualcosa non andava.
Per caso, acciuffò un brandello di conversazione fra Percy Weasley e Kingsley:
“Ci ha salvato la vita, ed ha ucciso ben tre Mangiamorte!” Intervenne Arthur.
“E suo figlio ha salvato Charlie da quelle maledette lame che hanno fatto così tante vittime!” Il cuore prese a battergli all’impazzata, come quello di un uccellino che ha visto il gatto acquattato tra l’erba e tenta di decidere la direzione in cui spiccare il volo.

Marie scorse Draco farsi largo a fatica tra la folla di feriti ed amici e parenti ognuno in preda ad una disperazione interamente propria, ma fatalmente comune a tutti i presenti. I loro sguardi si incrociarono e Marie avrebbe voluto non dover mai distogliere i propri occhi dai suoi, e sapeva che per Draco era lo stesso.
Non solo per evitare di vedere quali corpi giacessero a terra, ma perché  in un unico, lacerante istante comprese che quel momento avrebbe potuto non esser esistito, che quegli occhi grigi e cangianti come le stelle più enigmatiche avrebbero potuto essere  spalancati ed inespressivi come quelli di Kreacher, come quelli di Seamus, come quelli di Hannah Abbott ed Ernie McMillan, distesi l’uno affianco all’altro, pallidi ed immobili, a pochi metri da loro, le spille dell’ES ancora appuntate sul mantello, e fu un enorme sacrificio lasciar andare, ma non poteva impedirgli di vedere ciò che lo stava aspettando, così come non poté impedire di scoprire, uno ad uno, i corpi che venivano adagiati sotto il soffitto incantato.

Narcissa si lasciò sfuggire un solo singolo singhiozzo fra le braccia di suo figlio, ed insieme rimasero accanto a Lucius Malfoy senza muoversi e senza parlare, ma vicini, tutti e tre, dopo molto tempo.
Una sola consapevolezza permetteva a Draco di rimanere calmo, sostenere sua madre ed essere ancora consapevole dei mormori attorno a loro: erano tornati ad essere una famiglia. Nonostante la morte avesse portato via uno di loro, nonostante Voldemort li avesse allontanati l’uno dall’altro, ora erano insieme, ed avevano lottato valorosamente per la medesima causa.
Marie avvertì il braccio di Harry strattonarla, ma piano, come un bambino che ha paura del buio, e si diressero verso due corpi appena adagiati da un inconsolabile Professor Vitious, che non era mai sembrato tanto piccolo come allora, schiacciato dal lutto.
Arthur Weasley rivolse loro di sfuggita un mesto saluto, e ad Harry e Marie si spezzò il cuore nel vedere chi aveva aiutato a riportare indietro.
Oliver Baston, il giovane battitore Jimmy Peaks e Katie Bell giacevano nelle pose più composte che le loro cadute potevano permettere, ma lo spirito di squadra che li aveva animati fino all’ultimo istante di volo sembrava animarli ancora, nella complicità con cui giacevano, le mani ancora strette a pugno attorno a manici di scopa ormai andati in frantumi.
Il cielo doveva essere stato ancora più insidioso della terra, realizzarono i gemelli con sgomento, nel vedere, mentre attraversavano la Sala, quanti altri fossero caduti. La squadra bulgara e quella gallese si stava radunando, poco a poco, attorno ad un gruppetto di figure distese, ed Hermione passò loro accanto con occhi spalancati e un terribile presentimento.
Ron le corse dietro appena in tempo per sorreggerla, e si accasciarono in ginocchio l’uno aggrappato all’altro, attorniati dalla triste veglia dei visi sconsolati e scavati dal dolore dei giocatori bulgari e gallesi.
Marie si coprì il viso con le mani alla vista di Krum, il cui viso sembrava molto più giovane ora che non era corrucciato. Volkov, uno dei battitori, era sdraiato al suo fianco; pochi metri più in là, Broderick, e chi era l’altra figura distesa? Marie si lasciò sfuggire un gemito di scoramento e la presa di Harry si fece ferrea attorno alla sua mano.
Era uno dei gemelly, Alwyn.
Bleddyn, accanto al corpo straziato del gemello, era irriconoscibile, ed Harry e Marie furono in grado di contarlo tra i vivi solamente perché lo videro sbattere le palpebre gonfie.
Uno schianto li fece voltare di soprassalto, e lo spettacolo che si presentò davanti a loro era raccapricciante. Una barella, fatta lievitare da Fred e George, si era fracassata a terra ed i gemelli erano al capezzale di Lee Jordan, senza parole e senza lacrime, solo una voragine di dolore sul volto.
Di fianco a lui Dean e Neville stavano lavando il viso spaccato di Seamus, e per quanto piangessero e lo accarezzassero, l’amico non si sarebbe più mosso e non gli avrebbe più risposto. Minerva McGranitt fu l’ultima ad entrare in Sala, esausta e con il viso graffiato.
Alla vista della barella, sulla quale si trovava la direttrice della Casa di Tassorosso, avanzò qualche barcollante passo prima di aggrapparsi a Molly Weasley e scoppiare in un pianto sommesso.

Avevano percorso solamente una quindicina, forse una ventina di metri, ma la vista di tutti quei morti li aveva devastati come nemmeno una marcia forzata nel deserto avrebbe potuto fare. Alla fine, giunsero all’altro angolo della Sala, dove Vitius sedeva ancora, inconsolabile, accanto a due delle sue studentesse; una era viva, l’altra, era morta.
Cho lo guardava con la stessa espressione sorpresa e premurosa che le aveva visto più di una volta brillare sul suo viso candido durante il Ballo del Ceppo e gli altri appuntamenti che si erano dati, nel breve periodo in cui erano stati una coppia, ed Harry si aggrappò a Marie con tutte le sue forze, perché la certezza che lei fosse viva, accanto a lui e soprattutto che non avrebbe potuto abbandonarlo, nemmeno nella morte, era l’unica cose che potesse impedirgli di perdere le speranze e di cadere nel panico.
Prima Bleddyn, ed ora Padma; la vista di due gemelli privati dell’altro era un vero e proprio dolore fisico, sembrava attaccarli come un terribile monito, una maledizione, e sulla via del ritorno verso la famiglia Weasley, Narcissa e Draco, Harry lasciò una corona di gigli sulla fronte di Cho, e Marie tracciò un cerchio di fiamme calde e carezzevoli attorno ad Alwyn e Bleddyn.
Ron, le guance fuligginose rigate di lacrime, appoggiò una mano sulla spalla dell’amico, e Ginny si strinse forte attorno ad Harry. Accanto a Ron Hermione stringeva forte a sé Dobby e Gonril, tentando di placare i singulti dell’uno e carezzando la testa dell’altra, resa muta dalla tristezza. Erano tornati da poco dalla loro fervente ricerca di chiunque avesse ancora una possibilità, e avevano creduto fino all’ultimo momento che Kreacher fosse all’opera con loro.
Marie percorse i passi che la separavano da Draco, e senza riflettere, lo abbracciò. Lui la strinse fra le sue braccia e chiuse gli occhi, e consentì alla sala di svanire, per un breve momento.
“C'è ancora una cosa che dobbiamo fare, e dobbiamo farla da soli.”
“Marie, non andare da lui.”
“Non andiamo.”
Draco la guardò, e sapeva che non stava dicendo la verità, ma nemmeno mentendo.
“Torna, prima.”
Prima di andare, pensò, e non poté fare altro che osservarli bisbigliare a Ron e Hermione, voltarsi e lasciarlo.
“Marie!” Lei si voltò, e fu l’unica ad udirlo.
“…” A qualche passo da lui, Marie non si mosse, Harry aspettava, paziente.
“Tu sei il mio angelo. Se morirai, dovrai solo venirmi a prendere, e mi troverai ad aspettarti.”

*

Angolo dell’autrice

Cari Lettori, come chiedervi perdono per l’imperdonabile assenza estiva?
Spero vivamente (in un capitolo come questo, sempre forse humor nero, scusate…) che un capitolo lungo e colmo di eventi come questo vi confermi che la storia è di nuovo sui binari, e diretta verso…sì, quella Kings Cross.

Non vi nascondo che uno dei motivi per cui questo capitolo ha tardato ad arrivare è che, nonostante fosse da mesi nella mia mente, non trovavo il coraggio di metterlo su carta, di porre fine a così tanti personaggi straordinari. Noterete che diversi si sono salvati, rispetto alla versione originale, e spero che vi possa rallegrare, e che non siate nello stato in cui mi trovavo io finito il capitolo.

Passando alla storia: nell’ultima frase di Draco, finalmente, la frase che da il titolo alla storia:
“You Are My Angel”
La narrazione è lungi dall’essere conclusa, e la relazione fra Marie e Draco e appena agli inizi, quindi non temete, questa non è la fine, ma l’inizio.
Nei prossimi capitoli sarà più chiaro cosa Draco intenda, ma se vi potesse esser d’aiuto, fin dal primo capitolo questa era la forza che ha messo in moto l’intera vicenda, ergo, che ha permesso a Draco di fare una scelta e di lottare per la sua libertà e quella delle persone che ama, e da come si è visto in questo capitolo, ha salvato persino Lucius, così facendo.
Nel Prologo si manifesta con il ricordo della scintilla di speranza nello sguardo di Marie, impressosi nella memoria di Draco e in grado di far germogliare l’idea di potersi unire ai quattro.
Più in avanti, nel capitolo 14, si scopre che risale ancora più indietro, a quando i due si incontrarono (o meglio, scontrarono) al di fuori della Stanza delle Necessità, al sesto anno, dopo che Marie disse addio al Cardellino, prima che il suo corpicino una volta pulsante di gioia e vita potesse trasformarsi in un relitto dell'amore della gemella per Marie per Cedric.
In seguito, ovviamente, questa forza diventa sempre più forte ed adamantina, grazie al Pathos Cogitatio
ed ai momenti che Marie e Draco passano insieme, fra cui uno dei più importanti è anche uno dei pochi in intimità, ovvero la notte nel cimitero di Edimburgh. (Se vi servisse, vi ridirigo al capitolo 5 per ulteriori informazioni sul fenomeno che si instaura fra Draco e Marie )

Ok, prima di rendere questo capitolo lunghissimo interminabile ed illegale, mi fermo qui, ma se vi servissero altre delucidazioni, un riassunto o voleste discutere di ciò che è successo o non successo, benedirmi per aver salvato Remus e Tonks, maledirmi per aver ucciso semplicemente troppa gente, o semplicemente farmi sapere cosa ne pensate, vi prego, lasciate una recensione!
Anche una piccolina piccolina.

Ringrazio con tutto il mio cuore coloro che hanno generosamente commentato in precedenza, avete tutto il mio amore, carissime/carissimi!

P.S Forse dovrei chiarire che per motivi ovvi, ovvero non rendere questo capitolo infinito, diversi dettagli della battaglia mancano, ma sono sicura che li conosciate, e chi potrebbe esporli meglio di J.K? Allora, meglio non bestemmiare e ripetere male, ho pensato.
In ogni caso, il fatto che Harry e Marie non siano presenti alla morte di Piton è importante. Lucius acquisisce un ruolo di rilievo in quanto Piton si premunisce, sapendo che morirà in quanto Voldemmort lo crede padrone della Bacchetta, e non può consegnare i ricordi di persona per due motivi, ergo la fiala già pronta sulla scrivania e la lettera:
1. I Potter lo credono nemico
2. Assumendo il punto di vista del libro originale, ce la fece per un pelo: il serpente, anche ammesso che loro fossero lì, avrebbe potuto ucciderlo del tutto prima che loro arrivassero al suo capezzale.
Ditemi che ne pensate di questo, sarei lieta di condividere le vostre opinioni, e ci tengo tantissimo, onorevoli!


¹
L'ultimatum di Voldemort ed il suo intervento di tregua sono tratti da “Harry Potter e i Doni della Morte” J.K. Rowling, Salani Editore, traduzione di Stefano Bartezzaghi.


Un affezionato saluto a tutti voi e, ve lo prometto, non dovrete aspettare nemmeno un quinto del tempo per il prossimo capitolo.

Vostra Claire




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