Hunger Games, e possa la fortuna essere sempre a vostro favore.

di Thumbelina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** H.G. ***
Capitolo 2: *** I Tributi. ***
Capitolo 3: *** Due diversi tipi di saluto, o di addio. ***
Capitolo 4: *** Quattro, innocue, scommesse. ***
Capitolo 5: *** Il Totem, Rabastan Lestrange, gli Stilisti, ed un po' di sano gossip! ***
Capitolo 6: *** Melena Halliwell, una pessima reputazione. ***
Capitolo 7: *** Project Runaway, Melena mani di forbice. ***



Capitolo 1
*** H.G. ***


H.G.




 Le cose sono parecchio cambiate da qui a tre mesi fa. Dopo lo scontro finale, e la morte di Harry per mano del signore Oscuro non ci sono state altre vittime. Tutti coloro che avevano lottato nello scontro finale, tutti coloro che non erano passati seduta stante dalla parte dei mangiamorte, sono stati catturati, la nostra resistenza è durata ben poco. Per quanto io, Ron e i combattenti dell’Ordine provassimo a rianimare gli animi, a combattere, a reagire, per quanto duramente ci impegnassimo, senza la presenza di Harry Potter, del bambino che era sopravvissuto, il prescelto, il destinato, eravamo già condannati a fallire. Le schiere dei nostri combattenti, già decimate da diversi decessi, furono sfoltite ulteriormente dalla paura, tante furono le bacchette gettate a terra, mentre le mani che prima le stringevano si levavano adesso verso l’alto, in segno di resa. Sopraffatti, fummo catturati e resi prigionieri, dovemmo passare un mese intero ad Azkaban, e, quando le porte del carcere si riaprirono per restituirci alla luce del sole, eravamo già stati marchiati.

Non è un privilegio destinato solo a noi, quello del marchio. Da quando Voldemort è salito al potere, tutti i maghi e le streghe hanno avuto il piacere di vedersi incisa, sulla propria carne, una cicatrice a forma di saetta. Tutti, nessuno escluso, dai mangiamorte agli studenti, dai bambini ai prigionieri, tutti siamo stati marchiati, tutti portiamo indosso quella strana cicatrice a forma di saetta. Insistono a dire che sia una metafora di predominio, quel segno serve a ricordarci che per quanto possiamo essere forti, per quanto possiamo combattere, nessuno riuscirà mai a batterlo, che se proviamo siamo morti, proprio come Harry Potter. Anche il punto della marchiatura, poi, è strategico. Sul braccio sinistro, appena sotto la spalla, nel punto in cui in genere sta la cicatrice del vaccino contro il vaiolo, come a simboleggiare, appunto, l’estirpazione d’una malattia dal genere magico, un morbo chiamato speranza, un vaiolo di nome Harry Potter. Parlando in termini pratici, il marchio è un localizzatore, il governo, nella persona di Lord Voldemort, se ne serve per sapere dove siamo, con chi siamo, in qualunque momento di qualunque giorno. Quindi, in sostanza, non possiamo scappare, o radunarci, o ribellarci, l’effetto sorpresa ci è stato inevitabilmente negato, la privacy soppressa.

Non è passato neppure un anno.

Oggi è il primo settembre. Letteralmente. Il primo da quando Harry Potter è stato sconfitto. È anche il primo giorno del mese, comunque, e per l’occasione a tutti gli studenti non ancora diplomati è stato mandato un invito da parte del governo, a ritornare a scuola. Più che un invito, si può dire che fosse una specie di minaccia, ed anche ad una persona con un cervello meno sviluppato del mio non può essere sfuggita l’elegantissima formula: “Questo invito è formulato al fine di garantire la massima istruzione e sicurezza di coloro che saranno il futuro del mondo magico. Come è ben noto, Hogwarts è da sempre un luogo di massima sicurezza, e non vorremmo che a qualcuno di loro accadesse qualcosa di male in qualche altro posto, in caso volessero scegliere di non accettare il nostro invito.” I miei più sentiti complimenti, comunque: questa è senza dubbio la minaccia di morte più forbita che mi sia mai stata rivolta.

Quindi, siamo tornati tutti ad Hogwarts sotto invito, non mancava nessuno all’appello, o meglio mancavano due nomi o tre, ma erano già stati giustificati. Nell’appello, accanto al loro nome, spiccava la formula “Deceduto”. Anche le famiglie degli studenti sono state gentilmente invitate a recarsi ad Hogwarts per l’occasione, e, vista la formula “Non vorremmo mai che voi giovani veniste puniti a causa dei vostri genitori indisponenti”, non c’è un padre o una madre che stamani manchi all’appello. I Weasley, ad esempio, ci sono tutti. Siamo venuti insieme, noi nove. Fin da quando sono uscita insieme a loro dal carcere, la Tana è divenuta la mia casa. Nei primi tempi pensavo che sarei andata a cercare i miei genitori, che avrei spezzato l’incantesimo che danneggiava loro la memoria, e che avremmo affrontato insieme qualsiasi minaccia cosa il destino c’avesse riservato. Poi ho cambiato idea. Che senso avrebbe avuto, del resto, riportare a loro una figlia debole e sconfitta, trascinarli indietro in un mondo ormai soppresso, per far pagare anche a loro le pene che il governo assassino avesse deciso di infliggerle?

No, non li ho più cercati. Per quanto straziante fosse per me la loro mancanza, per quanto grande il desiderio di rivederli, mi sono rassegnata a vivere senza di loro. Forse un giorno, semmai il governo di Lord Voldemort sarà sconfitto, semmai diventerà buono di botto, noi tre potremmo finalmente ricongiungerci, per ora li lascio felici, da soli, al sicuro perché lontani da me.

Così, come ho già detto, appena uscita dal carcere sono stata ospitata in casa Weasley. Vista la mia relazione con Ron, nonché il mio ottimo rapporto con tutta la famiglia, era una cosa alquanto scontata che andassi a stare da loro, così il governo non ha avuto un bel niente da ridire. Inoltre, dopo la morte di Fred, è come se Molly ed Arthur avessero fatto di me il settimo dei loro figli. Sono più che sicura che, se Harry fosse rimasto in vita, quel privilegio sarebbe stato riservato a lui.

Siamo arrivati tutti e nove insieme, comunque, anche per discutere con la presidenza alcune controversie riguardanti la persona di George, il quale tecnicamente parlando, non si è ancora diplomato, ma non risulta comunque essersi ritirato. Quando lui e Fred hanno abbandonato la scuola, al quinto anno, non era certo occasione di compilare moduli, e poi, quando Silente è tornato a scuola, si è deliberatamente rifiutato di firmare il loro licenziamento da Hogwarts, congelandolo per un paio d’anni nella speranza che cambiassero idea, e Piton, l’anno dopo, quelle carte non le ha toccate. Quindi, formalmente, al momento George è probabilmente ancora uno studente di Hogwarts, pluribocciato.

È per questo che ci siamo divisi, appena arrivati. Arthur e George si sono messi in fila per la segreteria insieme ad un sacco di altre persone, per trattare il problema di cui ho appena parlato, e Percy è andato con loro, per aiutarli, dato che se la cavicchia per quanto riguarda questioni legali. Mentre Charlie, Bill e Mollie sono rimasti nell’atrio insieme agli altri genitori, poi, io, Ron e Ginny ci siamo recati in Sala Grande. Mentre la rossa di casa Weasley correva ad abbracciare la sua amica Luna e Ron sedeva al tavolo Grifondoro cominciando a conservare con Dean, Neville e Seamus, io mi sono diretta dalla professoressa McGranit.

Dopo la pubblica esecuzione di Severus Piton come pena per il suo tradimento, nessun membro del corpo insegnanti è stato toccato. Anche se la scuola è tornata nelle mani di Dolores Umbridge, restaurata preside, lo staff era rimasto pressoché invariato. I professori Vitius, Sprite, McGranit, Lumacorno, Marchbanks, Babbling, Ruf, Bumb, Vector, Sinistra e persino Hagrid e Coma, hanno mantenuto le proprie cattedre, e stessa sorte è toccata anche agli impiegati del castello, come Gazza, la Pince e la Chips. Ah, giusto, dimenticavo i “Pacificatori”, vale a dire una sorta di guardie incaricate di controllarci e di incuterci timore, credo. Babbanologia e Difesa Contro le Arti Oscure non rientrano più fra le materie contemplate. Il nuovo governo infatti, ha decretato, a partire dall’anno corrente, che nessun “nuovo” nato babbano sarà mai più accettato nella comunità magica, riducendo semplicemente al sequestro della bacchetta e alla confisca dei beni tutti i nati babbani che già ne facessero parte. Visto inoltre, che ogni interazione fra i mondi magico e non magico è stata vietata, la materia diventa, in sostanza, totalmente inutile, se non offensiva. Una nuova materia verrà integrata fra circa sei anni, ossia quando la scuola avrà finalmente chiuso i battenti a tutti noi sangue sporco, non so ancora che nome avrà, ma si tratterà di istruire maghi e streghe sull’inferiorità del popolo babbano. Si spera che io sia fuori di qui prima di poter vedere una cosa simile. Per quanto riguarda la Difesa Contro Le Arti Oscure, invece, diciamo solo che la materia è stata catalogata come superflua, non essendoci ormai alcun nemico da affrontare, poiché era più facile dichiararla inutile piuttosto che pericolosa. Eh sì, perché istruire degli studenti sottomessi alle arti del combattimento può essere controproducente per un governo basato sulla dittatura. Come stavo dicendo, comunque entrambe le materie sono state cancellate, e fine della storia.

Tornando alla professoressa McGranit, comunque, appena ha visto che mi stavo dirigendo verso di lei, è mi è corsa incontro a sua volta. L’ultima volta che l’ho vista è stato ad Azkaban, era stata rinchiusa con me, e appena liberate lei è stata richiamata ad Hogwarts, e così non ci siamo più viste. Sembra più magra rispetto all’ultima volta che l’ho vista, e sicuramente più sconvolta. Appena le mie braccia raggiungono le sue, mi accorgo che ci stiamo stringendo l’un l’altra, e che abbiamo qualcosa di importante da dirci.

- Le cose non vanno affatto bene, qui, signorina Granger, – dice ancor prima di salutarmi. – affatto bene.
- Avevo i miei sospetti. – dico senza lasciare le sue braccia magre – Le misure attuate dal governo nei nostri confronti erano state fin troppo pacate. Ma cos’è questa storia della scuola? Perché il signore Oscuro ci vuole qui? Che cosa ha in mente?
- Non lo so di preciso. – risponde la McGranit – Lumacorno è stato convocato in presidenza questa mattina, mi ha riportato tutto quello che gli è stato detto, ma neppure a lui è stata servita la spiegazione completa, per paura che spargesse la notizia fra noi altri insegnanti, suppongo. Gli hanno detto che il tributo verrà pagato, che la sua casata può ritenersi al sicuro, non correrà il minimo rischio, quanto agli altri… Guardati intorno, Hermione, - mi dice puntando al tavolo Serpeverde, mentre io mi giro a mia volta a guardarli – Horace non ne sa ancora nulla, a parte il fatto che può stare tranquillo, ma i suoi ragazzi sono particolarmente contenti stamane, non ti pare? La maggior parte di loro si è presentata in anticipo, come non volessero perdersi i posti miglior a uno spettacolo, ho visto la signorina Parkinson leccarsi deliziata le labbra nel momento in cui i primi studenti hanno cominciato a prendere posto in Sala Grande. Vitius ha sequestrato un’ora fa un sacchetto di galeoni con i quali un gruppo di loro stava scommettendo.
- Scommettendo? – chiedo – Scommettendo su cosa?
- Non ne abbiamo la minima idea. – mi risponde la McGranit – Vitius ha tolto 10 punti a testa, minacciando di toglierne altri 50 in caso non gli avessero detto subito di cosa si trattasse. Si sono limitati a rispondergli che poteva anche togliergliene 100 a testa, di punti, se lo aggradava, con aria alquanto strafottente. Le cose sono cambiate qui, signorina Granger, per quanto noi insegnanti ci impegniamo a sostenerci l’un altro non abbiamo più alcun potere su di loro. Anche Horace è diventato una caricatura d’insegnante, i suoi studenti fanno quello che più gli pare senza che lui riesca minimamente a controllarli, era così già dallo scorso anno, ed i Carrow non facevano che incoraggiare i loro comportamenti assurdi, ma quest’anno le cose hanno tutta l’aria di peggiorare. Nemmeno il Servizio d’Ordine sembra avere intenzione di muovere un dito contro di loro, pare che la loro arroganza li diverta. Non credevo che l’avrei mai detto, soprattutto visti i risvolti dei due anni passati, ma sento davvero la mancanza di Severus Piton. Spia o non spia, Mangiamorte o membro dell’Ordine che fosse, quell’uomo sarebbe stato in grado di trattare quei ragazzi con la frusta, e Vitius non sarebbe stato umiliato in quel modo da dei semplici studenti, e quel banco di scommesse non sarebbe mai nato. A lui avrebbero sicuramente portato molto più rispetto. La sua morte è stata…

Qui rabbrividisce, e finisco io di parlare al posto suo.

- Atroce. – dico terminando la sua frase – Ucciso dinnanzi all’intera popolazione magica perché la sua morte fosse di lezione, è stato terribile, dico davvero.
- Era un combattente, – aggiunge la mia insegnante – è riuscito ad umiliare il governo un’ultima volta, prima di morire, è stato incredibile. Quando si è trovato in quell’arena, circondato da chiunque volesse provare ad ucciderlo, ed è riuscito a battere comunque tutti i suoi avversari, ad ucciderli tutti, o a ridurli alla fuga, lui, solo, contro tutti quei mostri di uomini. Quello sì che era un risvolto che Lui non si sarebbe mai aspettato.
- Non mi pare che la cosa L’abbia messo troppo in difficoltà comunque. – commento amaramente.
- Già, - conviene la McGranit – condannato a morta per lo sterminio di quelle persone, senza contare il fatto che quelle stesse avevano appena tentato di ucciderlo, e che avesse fatto null’altro di ciò che gli era stato ordinato di fare. Arso vivo… Merlino, avrei quasi voluto sentirlo urlare, sarebbe stato più umano, capisci? Indecifrabile, impassibile, come in vita così in morte.
- Per un momento ho sperato che stesse fingendo, - confesso – che avesse fatto un incantesimo alle fiamme, come le streghe inquisite nel Medioevo, ma immagino che la cenere non menta, ed io l’ho visto bruciare dinnanzi ai miei occhi. Per qualche tempo è girata la voce che potesse essere un Animagus anche lui…
- Oh, sì, - fa la McGranit – una fenice, arso dalle proprie fiamme, probabilmente era già risorto dalle sue ceneri, ed ora aspettava solo il momento più opportuno per saltar fuori e guidare nuovamente la resistenza contro il governo del Signore Oscuro.
- Mi sarebbe davvero piaciuto riuscire a crederci. – commento.
- Già, - conviene la mia insegnante – credo che queste siano le ultime speranze a cui un popolo sconfitto riesce ad aggrapparsi quando non vede più via d’uscita dal presente… Ma adesso basta con questi discorsi tristi, – dice interrompendosi – non ricordo neppure più come mai avevamo incominciato a parlare di lui.
- Stavamo parlando dei Serpeverde, – rispondo – del fatto che sembrano entusiasti per qualcosa che voi neppure sapete.
- Ah, già, i Serpeverde, – continua lei – temo ci sia di mezzo qualcosa, signorina Granger, qualcosa di grosso, e noi non possiamo far nulla per impedirlo. Insieme al sacchetto di galeoni Vitius ha sequestrato anche il foglio su cui erano segnate le scommesse.
- Cosa diceva? – domando.
- Era un elenco, un semplice elenco, nomi e cognomi di tutti gli studenti Grifondoro, Corvonero e Tassorosso, divisi per casa in tre colonne. C’erano delle quotazioni accanto a molti dei candidati, era su di voi che stavano scommettendo.
- Su di noi? – chiedo sconcertata - Perché? Cosa avrebbero da scommettere? Chi subirà più pene corporali? Chi sarà espulso? Chi…?
- Non credo sia questa la cosa di cui dovrebbe preoccuparsi lei, signorina Granger: c’è qualcosa di più grave per quanto la riguarda. In cima all’elenco delle scommesse, sopra ancora della divisione fra le tre case, figurava una sigla.
- Una sigla?
- Due iniziali, puntate.
- Perché due iniziali dovrebbero preoccuparmi, professoressa McGranit?
- Perché sono le tue. H.G. Hermione Granger.
- Come è possibile? – boccheggio io – Cosa c’entro io con tutto questo?
- Non ne abbiamo la minima idea – confessa la McGranit – e magari ci stiamo sbagliando, magari non era un riferimento a te, ma è l’unica cosa che ci sia venuta in mente. Hermione, - aggiunge dandomi una carezza con aria materna, cosa che fra l’altro mi fa capire quanto posso sembrare sconvolta – qualunque cosa accada, di qualunque cosa si tratti, voglio che tu stia attenta, capito?

Ci metto un po’ a rispondere alla sua domanda, probabilmente perché non capisco neppure a che cosa si riferisca, ma temo che questo non lo sappia neppure lei. Quando sento di essere pronta per rispondere, mi accorgo di aver cominciato ad annuire già da un po’, e quindi mi limito ad abbracciare la mia insegnante, per poi recarmi al mio tavolo, e sedermi accanto al mio ragazzo.

Credo che mi stia dicendo qualcosa. Ron, probabilmente, ma anche gli altri, ed io non riesco a sentirli. Le parole della McGranit rimbombano senza sosta nella mia testa, mentre i miei occhi non la smettono di fissare il tavolo Serpeverde. H.G. Hermione Granger. La professoressa aveva ragione, sono particolarmente allegri, particolarmente irrequieti. Credo che abbiano messo a punto una nuova lista, dato che ho notato un certo giro di galeoni nei dintorni di Theodor Nott. Chissà se le mie iniziali sono state riportate anche lì. Draco Malfoy è forse quello fra di loro ad avere l’atteggiamento più strano, e più in contrasto con quello dei suoi compagni. Sembra quasi che non gli vada di stare qui, che si trovi in disappunto con l’euforia dei suoi compagni, in contrasto con loro. Il giro di galeoni si è svolto più di una volta nei pressi del suo posto, e lui si è limitato a guardare disgustato la scena, alzandosi per andare a sedersi da qualche altra parte.

I nostri rapporti sono un po’ cambiati dai tempi di Hogwarts. Tanto per cominciare, ho apprezzato il fatto di non aver dovuto combattere contro di lui, nello scontro finale, dato che ha scelto semplicemente di andare via. La sua non era una delle bacchette puntate contro di noi, quando fummo catturati, può sembrare una stronzata, ma non lo è. In quel momento eravamo lo spasso di tutti, persone insignificanti come Asteria Greengrass o Kain Montague si sono permessi di minacciarci, e quindi il fatto che Malfoy non fosse lì in quell’occasione gli regala sicuramente qualche punto. C’è stata un’altra cosa, poi, un’altra cosa a farmi rivalutare quel ragazzo.

È stato durante uno dei miei giorni di prigionia. Ero ad Azkaban da circa tre settimane, quando lui capitò in visita con suo padre. Lucius doveva tipo parlare con Walden Macnair, il boia, un suo amico mangiamorte, e per raggiungerlo lui e il figlio sono dovuti passare in dinnanzi a diverse celle, fra cui la mia. La mia poi è un parolone, dato che dovevo condividerla con Angelina Johnson, Fleur Delacour e, per l’appunto, Minerva McGranit. Quando è passato dinnanzi alla nostra cella, comunque, Draco ha indugiato un momento a guardarci. Non è che la cosa mi abbia sorpresa più di tanto, infondo ci conoscevamo da un sacco di tempo, era prevedibile che fosse quantomeno strano per lui vederci dietro quelle sbarre. Non ha riso però, né gioito, né ghignato come avevo visto fare a dei suoi compagni Serpeverde. Tutto ciò che si è limitato a fare è stato guardarci intensamente, con un’espressione stampata sul volto che non sono riuscita a decifrare. Prima di andar via, senza che nessuno lo vedesse, ha fatto scivolare fra le sbarre una barretta di cioccolato. Ora, se stai da tre settimane rinchiusa in una cella circondata da dissennatori mangiando nient’altro che pane stantio e purea di patate, del cioccolato è probabilmente il regalo più fantastico che qualcuno possa mai farti. Abbiamo diviso la barretta in quattro e ce la siamo praticamente divorata, al diavolo la parsimonia, ed abbiamo chiacchierato tanto su quel gesto. L’ipotesi che la barretta potesse essergli semplicemente caduta fra le sbarre l’abbiamo totalmente esclusa. Il modo in cui ci aveva guardato, con cui aveva incatenato il suo sguardo al mio per poi abbassarlo sul suo regalo affinché io lo imitassi, queste non potevano essere coincidenze. Probabile che abbia semplicemente provato un po’ di compassione per noi, anche se Fleur, da brava francese, ci ha già montato su un fotoromanzo, ma comunque non abbiamo potuto fare altro che lodare quel gesto, anche perché è una cosa proibita, e lui, una delle persone più codarde che io avessi mai conosciuto, s’era appena messo in pericolo per farmi avere un po’ di cioccolata. Era senza dubbio un fatto notevole.

È proprio quel giorno che mi ritorna in mente, quando i suoi occhi incontrano i miei ed abbassa immediatamente lo sguardo con aria colpevole. In qualche misura so di dovergli essere in parte riconoscente, ma allo stesso tempo mi sento come braccata, minacciata, quelle sole due lettere rimbombano nella mia mente come il conto alla rovescia per una promessa di morte. H.G. H.G. Hermione Granger. Hermione Granger.

Immagino sia per questo che mi alzo stizzita dal tavolo, ignorando Ron che sta cercando di dirmi qualcosa, ed in pochi passi raggiungo tavolo Serpeverde.

Draco si è appena spostato di nuovo, sta andando a sedersi accanto a un gruppo di primini per sfuggire all’euforia degli alunni del suo anno, suppongo, quando io lo intercetto.

- Possiamo parlare? – chiedo prima che abbia il tempo di sedersi.

La sua espressione è confusa, quasi impaurita, mi chiedo dove sia finito il vecchio Draco, quello presuntuoso, prepotente, e mi rispondo che forse quella parte di lui è morta insieme a Tyger, nella stanza delle Necessità, o forse anche prima, insieme alla professoressa Charity Burbage, o ad Albus Silente. Annuisce, comunque, e resta in piedi a guardarmi, mentre io mi volto imbarazzata verso i suoi compagni del nostro anno, esponendo la situazione.

- Su cos’è che scommettete? – gli domando – Perché c’è il mio nome su quel foglio?
- Ci sono tutti i nomi su quel foglio. – si limita a rispondere lui, senza distogliere lo sguardo dal mio.
- Non hai risposto alla prima domanda. Su cosa sono le scommesse?
- Questo lo scoprirai presto. Temo che la Umbridge abbia la facoltà di spiegarlo molto meglio di quanto io sarei mai in grado di fare. Probabilmente anche Goyle o Pansy, o Millicent si divertirebbero parecchio a fornirti una dettagliata illustrazione a riguardo, la cosa li entusiasma così tanto… Ma io mi sono tagliato fuori. Non c’entro nulla in questa storia.
- Di che storia stai parlando? Malfoy, per favore…
- Vuoi che ti faccia un favore? – mi interrompe lui avvicinandosi ulteriormente a me, riducendo la sua voce a un sussurro – Allora ascolta le mie parole, Granger, trova una scusa qualunque e va via, scappa, Hogwarts non è più posto per te.
- Mi stai minacciando?
- Sto tentando di aiutarti. Ti conviene andare via, alla svelta, perché non credo proprio ti piacerà quello che sta per accadere qui.
- Di che cosa si tratta? E perché sei qui se pensi che Hogwarts sia diventata un luogo così pericoloso?
- Oh, noi Serpeverde siamo a posto, siete voi altri che dovreste preoccuparvi…

Le rassicurazioni della Umbridge a Lumacorno, giusto!

- Preoccuparci di che cosa, Malfoy?
- Invece di perdere tempo a discutere ti converrebbe cercare una via di fuga.
- Abbiamo il marchio rilevatore, mi troverebbero ovunque a meno di non tagliarmi il braccio!
- Allora fossi in te considererei l’amputazione, Hermione.

Il fatto che utilizzi il mio nome mi spiazza totalmente. Se questo è uno scherzo, senza dubbio è di cattivo gusto, ma non si può dire che non gli stia riuscendo terribilmente bene. Dal tono della sua voce, dal suo sguardo, riesco quasi a captare la sua preoccupazione, una preoccupazione che mi sta trasmettendo parola per parola. Che cosa sta succedendo? Perché dovrei scappare? Cos’hanno intenzione di farci? Perché Malfoy è così allarmato? Sembra quasi sia più terrorizzato di me per quello che sta per succedermi.

- Draco, - chiamarlo per nome è una delle cose più strane ed imbarazzanti che io abbia mai fatto, suppongo, eppure lo conosco da più di sette anni – prometto di tentare la fuga non appena mi dirai che cosa sta succedendo.

Per un istante sembra calmarsi, ma poi nei suoi occhi si dipinge un’espressione di estrema angoscia, tristezza, quasi. Non guarda me, i suoi occhi si stanno concentrando su qualcosa alle mie spalle.

- Temo che ormai sia troppo tardi. – commenta.

Sì, ne sono sicura, è sofferenza quella dentro ai suoi occhi. Non me ne ero neppure accorta, mentre noi parliamo, la Umbridge deve aver imposto a tutti gli studenti di ritornare ai rispettivi tavoli, facendo entrare i genitori in Sala Grande, e credo che sia per questo che la professoressa McGranit ed il professor Lumacorno stanno venendo verso di noi, al momento, per farmi tornare dai Grifondoro e far sedere anche lui.

L’ultima cosa che Draco Malfoy riesce a sussurrarmi, prima che la professoressa McGranit mi raggiunga, è un flebile “Mi dispiace”.

- Dobbiamo prendere posto, signorina Granger. – dice la McGranit raggiungendomi.

Probabilmente dovrei dire qualcosa, a Draco o a lei, ma qualcosa, ma mi limito a rimanere zitta, e immobile, mentre la professoressa mi spinge via, e Lumacorno invita il suo studente a sedersi.

“Mi dispiace”. Quelle parole, quel sussurro, quell’espressione. O quel ragazzo è il migliore attore del mondo oppure era spiacente davvero, spiacente per me, ma spiacente per cosa? Preoccupato per cosa? Dice che dovrei scappare, ma scappare da chi? Da che cosa?

È quando la professoressa McGranit mette le sue mani sulle mie braccia per esortarmi ad andare più veloce che mi risveglio da quel caos in cui Draco Malfoy mi ha gettata, realizzo in quel momento il motivo per cui m’ero recata al tavolo Serpeverde, il suono delle mie iniziali mi rimbomba nella testa, e così mi libero in un momento dalla stretta della McGranit e torno di corsa da Draco Malfoy.

Il ragazzo mi guarda imbarazzato, sono quasi certa che la Umbridge mi stia rimproverando in questo momento, ma io devo sapere, ho una cosa troppo importante da chiedere.

- Perché c’era il mio nome, Draco? – impressionante come il suono del suo nome con la mia voce la smetta di sembrarmi strano in questo preciso istante – Perché c’era il mio nome in cima al foglio?
- Era un elenco, - risponde lui guardandomi come se fossi un’idiota – c’erano i nomi di tutt…
- Intendevo in cima all’elenco – rettifico io, perché diamine non si sbriga a rispondere? Lumacorno e la McGranit si stanno avvicinando di nuovo… - Perché ci sono le mie iniziali in cima all’elenco?
- Le tue iniziali? – chiede confuso – Non ho idea di cosa tu stia…

Le braccia di un uomo del Servizio d'Ordine mi stringono le spalle, mentre un secondo spinge Draco a sedersi, noi due non la smettiamo di guardarci finché io non vengo trascinata via, e lui costretto a voltarsi dall’altra parte.

Come punizione mi vengono tolti ben 20 punti. Ottimo inizio anno, Hermione Granger!

- Ctm ctm – fa la preside Umbridge dall’alto della postazione insegnanti per richiamare la nostra attenzione.

La professoressa McGranit e il professor Lumacorno, che l’avevano abbandonata per dividere me e Draco, ora si sbrigano a tornare al loro posto, mentre io mi siedo di nuovo al mio tavolo, ed evito di rispondere alle domande di Ron.

- Benvenuti, studenti, benvenuti. – comincia la Umbridge appena tutti fanno silenzio.

È la prima volta che la noto, quest’oggi.

Indossa un tailleur in raso color rosa antico, coordinato con delle ballerine tacco due color rosa confetto, stesso colore di quella specie di orrido fermacapelli a forma di rosa che sta porta in cima a quella sorta di porta segatura che lei chiama testa.

È in piedi dietro al leggio che di solito usava Silente per fare i suoi discorsi, ma credo che sia stato abbassato un po’ per permetterle di non sfigurare.

- Sono davvero lieta che nessuno di voi abbia scelto di non presentarsi quest’anno, – continua la stronza, detto in questo modo sembra quasi che avessimo scelta… - anche perché si dà il caso che quest’oggi verrà lanciata un’iniziativa davvero molto, molto importante.

Fa una piccola pausa, ci guarda con quella faccia da cazzo che si ritrova con un’espressione che sembra quella che una maestra d’asilo rivolgerebbe ai suoi bambini. Credo di odiarla.

- Dato che questa brillante iniziativa è stata lanciata dal governo, - dice – credo che per noi sia un onore, avere qui il primo ministro, pronto a parlarcene.

Qualche urletto da parte degli studenti del primo anno sancisce l’arrivo del Signore Oscuro. La professoressa McGranit impallidisce, Lumacorno lascia cadere in terra il bicchiere che stava portando alla bocca, Vitius si fa piccolo piccolo fino a sparire quasi dietro al tavolo, mentre Lord Voldemort raggiunge con passo calmo la postazione insegnanti. Dopo aver fatto un piccolo inchino, con un sorriso a trentadue denti la donna cede al ministro la sua postazione, andando a sedersi al suo posto.

Rettifico: ormai è ufficiale: la odio.

- Salve, mie cari preziosi studenti. – ci saluta Lui.

Chissà se detesto più lui o la Umbridge…

- Come tutti voi ben sapete, questo è il primo anno che noi tutti passiamo insieme sotto il mio illuminato potere, e quindi credo sia il caso di festeggiare questa lieta circostanza.

Fa tanto Severus Piton, ma potrei vomitare

- Tutti noi, abbiamo commesso degli errori. Il vostro, è stato ribellarvi stupidamente a me, pensare di potermi annientare, non sottomettervi immediatamente alla mia indiscussa autorità. Il mio, il mio è stato non punirvi abbastanza adeguatamente per i vostri errori.

Posso leggere facilmente il terrore colorare pian piano i volti di tutti i miei compagni. Probabilmente avremmo dovuto aspettarcelo.

- Ma non temete, non temete, non c’è nulla di cui preoccuparsi, avete dimenticato forse di quanto io sia un sovrano caritatevole?

Ci ucciderà, poco ma sicuro, in modo lento e doloroso.

- Proprio per la mia eccessiva clemenza ho deciso di dar vita a questa iniziativa, perché il mio perdono sarà simboleggiato dagli enormi doni, ricchezza e gloria infinita che, spetteranno ad uno fra voi studenti, selezionato ogni anno.

I miei compagni ora si stanno calmando, qualcuno sorride, tranquillizzato. Come fanno a credere davvero alle sue parole? Ricchezza, gloria, sta alludendo ad Harry Potter…

- Tale studente, il vincitore, sarà quello che uscirà vivo da un’arena nella quale l’avremo spedito a combattere insieme a ventitré suoi compagni, dopo aver combattuto fino alla morte di tutti gli altri contendenti.

È impressionante il modo in cui ogni barlume di speranza e d’allegria abbandona all’istante i volti di ogni studente.

Un’arena. Fino alla morte. Come Severus Piton. Peggio di Severus Piton.

Sì, peggio ancora di lui, perché un conto è dover combattere contro dei mangiamorte, contro degli assassini, un conto è dover puntare le armi contro i tuoi compagni, i tuoi amici. Per quanto io sia consapevole di avere molte più probabilità di sopravvivenza rispetto ai secondi che ai primi, non ho alcun dubbio su quale dei due vorrei trovarmi dinnanzi in un’arena. Preferirei morire per mano di Amycus Carrow che dover uccidere Dennis Canon.

- Per ogni casa, saranno selezionati otto ragazzi, divisi equamente fra maschi e femmine, otto campioni che daranno prova del loro valore, e del loro coraggio. Ovviamente, la casata dei Serpeverde sarà per sua sfortuna esentata da una prova di tale prestigio, poiché non c’è perdono che io mi senta in dovere di mostrare ai suoi studenti.

Tali sfortunati studenti, come li ha chiamati lui in questo momento se la ridono alla grande. Sono fuori dei giochi, nessuno di loro dovrà uccidere il suo compagno di banco per sopravvivere. Penso lo trovino divertente, il modo in cui saremo costretti a massacrarci l’un l’altro. Credo di odiarli.

- I professori Vitius, Sprite e McGranit, in qualità di direttori delle rispettive case, si occuperanno di preparare i loro studenti al combattimento, di addestrarli, di incoraggiarli…

Sperando di riuscire a tenerne almeno uno in vita… Bastardo.

- Gli studenti selezionati verranno trasportati oggi stesso al centro di Londra, dove verranno messi fra le mani di alcuni estetisti e stilisti che li preparino al meglio per la grande parata di dopodomani, che servirà loro da presentazione. Successivamente avranno un’intera settimana per allenarsi, offriremo loro i migliori esperti in campo di tecniche di sopravvivenza e di combattimento. Poi saranno portati nell’arena, pronti a combattere l’uno contro l’altro fino che non ci sarà un solo vincitore. Ogni mago e strega d’Inghilterra potrà assistere minuto per minuto alle loro imprese, anche qui ad Hogwarts, soprattutto ad Hogwarts.

Ovvio. Generoso da parte loro, farci assistere all’uccisione dei nostri compagni, per mano di altri nostri compagni.

- Al vincitore, - continua - sarà concesso il nostro più completo perdono, sarà ricoperto di ricchezze in misura quasi inimmaginabile, esentato dalle mietiture avvenire, e la sua fama diverrà leggendaria.

Credo di parlare a nome di tutti quando dico che a nessuno di noi può fregare nulla della fama leggendaria, vorremo essere solo lasciati in pace, vivere e basta.

- Ora, trovandomi al cospetto di così tanti combattenti – continua il mostro, posso leggere una sottile fastidiosa nota di ironia nelle sue parole – non posso fare a meno di chiedere se ci sono volontari.

Stronzo.

- No? Davvero? Nessuno? – domanda guardandosi intorno, mentre noi rimaniamo fermi immobili, impietriti – Davvero deludente, da parte vostra, sembravate così temerari, così combattivi, solo tre mesi fa…

Bastardo. Bastardo. Se solo la proposta fosse stata di combattere in arena contro alcuni mangiamorte, probabilmente la mia mano si sarebbe già alzata, e non solo la mia. Ma non è questo che ci stanno chiedendo, non è questa la guerra che ci offrono, ciò che ci stanno servendo è uno scontro crudele ed inutile contro i nostri compagni di banco, contro i nostri amici, contro altri innocenti. Non mi stupisce che nessuno si offra volontario per attentare alle vite dei propri compagni.

- Bene, liberi di cambiare idea in qualsiasi momento. – sancisce Lord Voldemort – Le cedo volentieri il mio posto, preside Umbridge, cominciamo subito le estrazioni.

Lord Voldemort si sposta, mentre la Umbridge si alza, e va a sedersi al posto di lei, aggrappandosi a quel trono che per anni ed anni era stato di Albus Silente.

Una volta tornata al leggio, la Umbridge ripete con diverse parole quello che il suo Presidente ha appena finito di dirci, blatera su quanto onore ci porterà una simile occasione, riassume in breve le regole, e prima di far comparire un calice con dentro i nostri nomi per l’estrazione, si lascia sfuggire il nome che hanno scelto di dare a questo insano gioco.

È in quel momento che mi rendo veramente conto di cosa stia realmente accadendo. Perché H e G non stanno per Hermione Granger, oh, no, stanno per Hunger Games.

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*Angolo autrice*

E pensare che questo doveva essere solo il prologo... Già, una piccola introduzione, non mi aspettavo davvero tredici pagine di Word, peto venia. Non so, ero partita con come base una semplicissima idea, che si è evoluta in questo modo sulla tastiera. Come avete visto la narrazione seguirà la prima persona presente, ed avrà la voce di Hermione, come omaggio allo stile della Collins, ma di questo l'introduzione vi aveva già avvisati. Poi poi poi... ah, già, Severus Piton. Tutti i riferimenti a lui non avrebbero neppure ragione di esistere, ma io lo adoro, e così mi sono sfuggiti, chiedo scusa anche per questo. Altra cosa importante, come ho già scritto nell'introduzione, sparse nella storia ci saranno varie chicche, piccoli omaggi al romanzo della Collins, come un volontario, o una specie di Rue, o altro ancora, ma questi li lascio indovinare a voi. Ok, come ho già detto, spero solo che questa storia non piaccia solo a me.
Lasciatemi una recensione, quindi, fatemi sapere cosa ne pensiate. Baci. Giulia.

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Capitolo 2
*** I Tributi. ***


I Tributi.


Nel momento in cui appare la grossa urna al centro del tavolo insegnanti, mi senti pressoché morire.

È trasparente, contiene dei bussolotti al cui interno dovrebbero esserci dei foglietti con i nostri nomi. Forse dovrebbe ricordarmi il Calice di Fuoco, non lo so, so solo che qui non ci sono né volontari né limiti d’età, e che un ragazzino di dodici anni al momento se la rischia quanto me.

- Si comincia con Corvonero! – annuncia la Umbridge – Prima le signore!

Dopo aver dato un piccolo colpo di bacchetta all’urna, noto che tutti i bussolotti divengono azzurri, assumendo la forma di una piccola sfera.

Mi chiedo se i nomi ci siano tutti davvero, o se l’estrazione sia stata manipolata, ma non faccio neppure in tempo a formulare neppure un'ipotesi, neppure un pensiero completo, che con voce squillante la preside pronuncia il nome del primo tributo.

- Cho Chang!

Cho trema dalla testa ai piedi, riesco a vederlo. Non dovrebbe neppure essere qui.

Quello che fu il mio sesto anno avrebbe dovuto essere l’ultimo per lei, ma dopo l’assassinio di Albus Silente e l’attacco dei Mangiamorte è scappata, prima di diplomarsi, insieme a molti altri.

Si alza a testa alta dal tavolo Corvonero, mentre la sua migliore amica, al suo fianco, si perde in singhiozzi, rifiutandosi di lasciarle la mano.

Cho si scrolla da quella stretta, e con passi che sembrano quasi veloci raggiunge la pedana insegnanti. Sembra così impavida, così fiera, eppure sono più che sicura che basterebbe un soffio per farla cadere, come un castello di carta, che se la Umbridge dicesse, anche solo per scherzo, che c’è stato un errore, che non era suo il nome estratto dall’urna, scoppierebbe a piangere di gioia calandosi a terra.

Mi fa quasi tenerezza, non siamo mai state tanto amiche noi due, eppure vorrei aiutarmi, alzarmi per accompagnarla fino alla pedana, farle sentire che non è da sola, che non è perduta, eppure i miei piedi sono incollati al pavimento, le mie membra alla sedia.

- Su su, carina, veloce! – la esorta la Umbridge – Ecco! – dice nel momento in cui Cho raggiunge il tavolo degli insegnanti – Ecco la nostra prima, valorosa, studentessa che avrà l’onore di entrare nell’arena.

Mentre lei continua a blaterare circa il prestigio e la gloria di questa occasione, noto che professor Vitious ha lasciato la postazione insegnanti per raggiungere la sua studentessa. Le mette le braccia sulle sue braccia, ed avverto il dolore di Cho, chiedendomi quanto grande possa essere per lei lo sforzo per accettare il suo abbraccio o scoppiare in lacrime. Rimane ferma immobile, impassibile, con gli occhi lucidi, ma asciutti. Forse l’ho sempre sottovalutata, quella ragazza.

Forse mi sono distratta un po’ più del dovuto, ho perso un po’ troppo tempo per concentrarmi sulla tremante e fiera figura di Cho Chang, perché nel momento in cui torno al presente, la preside Umbridge sta già annunciando il secondo nome. Che è quello di Luna Lovegood.

No!

Avrei voglia di urlare, di scattare in piedi, ma è Luna ad alzarsi al mio posto, con aria stordita, ma tranquilla, e, ricacciando in dentro le lacrime raggiunge Cho.

- Terza Corvonero, per le ragazze – continua la Umbridge – è Padma Patil!

Quando l’urlo si alza dal mio tavolo, mi accorgo che è stata Calì a gridare. Le è bastato un secondo e nemmeno per mettere a fuoco la situazione, per metabolizzare quel suono, ed ora sta piangendo a squarcia gola, mentre Lavanda, la sua migliore amica, la stringe a sé tentando in qualche modo di calmarla.

Io sono stata in guerra, eppure questa è una delle scene più atroci che io abbia mai visto, con Padma che si muove compostamente verso la postazione insegnanti senza avere neppure l’opportunità di salutare sua sorella, con le lacrime che ha provato a trattenere che ora le rigano il viso. Non so se pianga per se stessa o per Calì, so solo che quelle gocce salate sulla sua pelle hanno tutta l’impressione di bruciare, e che le tira tutte via dal viso passandovi sopra la manica nel momento in cui va a posizionarsi accanto a Luna, e la Umbridge pronuncia il quarto nome.

- Marietta Edgecombe!

Al suono di queste parole, Cho fa quello che avrebbe dovuto fare parecchi minuti fa, ossia scoppia a piangere accettando l’abbraccio del suo insegnante, mentre la sua migliore amica si alza tremante.
Non ce la fa a muoversi, noto l’immenso sforzo che concentra in ogni passo, fino a che uno dei Pacificatori non la raggiunge spingendola lui stesso verso la pedana.

No, non sono un’amica di Marietta, anzi, dopo tutta la faccenda dell’E.S. credo di averla persino odiata, ma come si fa a portare rancore ad una ragazza che cammina a passi tremanti verso morte certa?
Ecco, questa è una novità per me. Non avevo ancora dato per spacciata nessuna delle tre ragazze che è salita prima di lei sulla pedana, ho dato a tutte loro una change di sopravvivenza, ma non a lei, perché sento, guardandola, che Marietta non ce la farà. No, non sarà lei a vincere.

Dopo aver speso un altro quintale di stupide parole per elogiare le 4 vittime/campionesse di Corvonero, la professoressa Umbridge dà un secondo colpo di bacchetta all’urna, e, senza cambiare di colore, i bussolotti al suo interno assumono forma cubica. È il turno dei ragazzi.

Non conosco molti di loro, i ragazzi Corvonero intendo, cioè non siamo proprio amici noi, diciamo più che altro dei conoscenti, ad esempio so che Micheal Corner è stato l’ex di Ginny Weasley al quinto anno, non vorrei sbagliare, e che Marcus Belby ha frequentato, all’inizio del sesto anno, il Lumaclub con me, prima di essere scartato da Lumacorno. Che Terry Steeval, Micheal e Anthony Goldstein hanno partecipato all’E.S., che Roger Davies ha ballato con Fleur al Ballo del Ceppo.

Niente di più, è terribile rendersi conto di non aver avuto tempo di conoscere delle persone che adesso stanno andando a morire, di non essersi mai presa la briga di parlare un po’ di più con loro, e rendersi conto del proprio sbaglio proprio ora che non c’è più tempo per rimediare all’errore commesso.

Quando il primo nome chiamato è quello di Stewart Ackerley, un ragazzo incredibilmente nervoso che risponde a quella convocazione torturandosi le mani l’un l’altra, e sudando a freddo come non ho visto fare a nessuno prima, tutto quello che riesco a chiedermi non è se riuscirà o no a sopravvivere, ma quale sia il suo colore preferito, che forma prenderebbe il suo patronus, cosa voglia fare da grande, a che età abbia dato il suo primo bacio, che voto avesse in Storia della Magia. Sono piccole cose, cose senza importanza, eppure mi sembrano così importanti ora che mi rendo conto che probabilmente non riuscirò a saperle mai.

Se avessi solo un giorno in più, se il mondo si fermasse per sole ventiquattro ore, sono convinta che le passerei con lui. Sì, con lui che non conosco e che non conoscerò mai, con lui e con tutte quelle persone con cui non mi sono mai confrontata, perché preferirei odiarle che guardarle incamminarsi così e chiedermi chi siano.

Forse è solo un ragionamento molto stupido.

- Il secondo nome, per Corvonero, - ci informa la Umbridge aprendo il secondo bussolotto cubico – è Roger Davies!

Lui ha tutto un altro modo di fare. Per carità, si capisce che è spaventato, ma riesce a mascherare perfettamente la sua insicurezza, rivolge quasi un mezzo sorriso ai suoi compagni di casa, come a volerli rassicurare.

Come mai prima di ora mi appare terribilmente bello. Non solo per il fisico palestrato da giocatore di Quidditch, né per quegli occhi d’un azzurro così intenso, ma per quell’aria sicura, perché il primo che non trema, che non da al governo quest’ulteriore soddisfazione, perché è tranquillo mentre si muove verso quella che potrebbe essere la sua morte, calmo come se si trattasse dell’ennesima partita. Sembra quasi Cedric Diggory, in questo momento…

No, non probabilmente non è mai stato così bello.

- Anthony Goldstein! – squittisce la preside Umbridge.

Anthony anche appare abbastanza sicuro di se mentre si alza. Sorride a sua volta, non trema, credo che abbia addirittura detto qualcosa di divertente alla ragazza che gli sedeva accanto, eppure perché non riesce ad apparire come neppure la metà di ciò che è stato Roger?

Forse perché i suoi modi sono costruiti, perché guardandolo non diresti che è calmo, ma che sta facendo di tutto per sembrarlo, perché si sta sforzando di fingersi sicuro di sé, e ad una tale recita forse avrei preferito delle lacrime più sincere.

Con Roger si stringono la mano, appena lo raggiunge sulla pedana, non piangono, non singhiozzano, non tremano, analizzano tutta la faccenda dall’alto. Quasi non fossero loro i tributi, come se non fossero entrambi destinati a morire.

Manca un solo nome, un ultimo nome e l’intera tavolata potrà decretarsi salva, almeno per un anno. Probabilmente le ragazze hanno già tirato un sospiro di sollievo, fra un singhiozzo e l’altro, mentre i maschi aspettano che un ultimo fra loro venga mandato a morire.

- Randolph Burrow! – chiama la professoressa Umbridge.

Ecco, ecco un’altra persona che non conosco.

È un ragazzino non troppo alto, con i capelli lunghi, castani ed unticci, quello che si alza dalle fila Corvonero, il loro ultimo tributo. Non ha il portamento né la fierezza dei due che l’hanno preceduto, trema, e quando arriva in pedana sono già molte le lacrime che gli rigano il volto.

La preside ora fa fare un inchino agli otto campioni, si complimenta ancora con loro, sorride, ma quando ci chiede un applauso restiamo tutti fermi, immobili. No, non faremo anche questo, non possono costringerci, ci rifiutiamo. Possono costringerci ad assistere a questo sterminio, ma non ad appoggiarlo, e solo un paio di mani di alzano dal tavolo Serpeverde, mentre noi tutti rimaniamo fermi, immobili, contrari.

I miei occhi slittano un momento a incontrare quelli di Draco Malfoy. La capisco adesso la sua espressione, lo capisco adesso il suono delle sue parole, lo capisco adesso il senso del suo “mi dispiace”. Aveva ragione, probabilmente avrei dovuto considerare l’idea di mozzarmi via un braccio, non so davvero che farei se uno fra i nomi chiamati per Grifondoro fosse il mio.

La Umbridge muove ancora la bacchetta sull’urna, e i bussolotti ritornano ad essere di forma sferica, colorandosi di un’intensa tonalità di giallo. A quanto pare, toccherà alle Tassorosso.

Un’ondata di paura si impossessa in un’istante di tutto il loro tavolo. Dopo quello che è successo ai Corvonero, è chiaro come ora  la minaccia appaia più reale, così che le ragazze tremano ancor prima di venir chiamate.

La Umbridge sembra completamente impermeabile a tutto quell’orrore. Non so come faccia a non toccarla il fatto che sta mandando 23 persone innocenti a morire, mi chiedo se sia davvero convinta che gli Hunger Games siano una cosa positiva, se crede davvero a tutte quelle chiacchiere su ricchezza e gloria, o se sia solo profumatamente pagata per portare avanti questa farsa.

Intanto, anche la prima delle ragazze Tassorosso è già stata chiamata.

È Hannah Abbott, una ragazza del mio anno, faceva parte dell’Esercito di Silente, era nella mia classe di Erbologia, è la migliore amica di Ernie Macmillan, andava d’accordo con Cedric Diggory, ha preso A ai Gufo per Incantesimi…

Come se questa fosse l’ultima volta che vedo quella ragazza, cosa molto probabile comunque, cerco di fissare alla mente tutte le cose che so su di lei.
Mi pare che avesse un gufo…

La prima cosa che fa Hanna è stringere forte la mano al suo amico Ernie, come per darsi forza, poi la lascia di scatto e si dirige sicura verso la postazione su cui la professoressa Sprite è già pronta ad attenderla.

Come Cho prima di lei, anche Hannah rinuncia all’abbraccio. Guarda fieramente dinnanzi a sé, aspettando che i suoi compagni la raggiungano. I suoi occhi non si staccano un’istante da quelli di Ernie, è come se la sua vista fosse l’unica cosa che la mantiene in piedi, che trattiene le sue lacrime.

Spero solo che lui non venga chiamato con lei…

- Susan Bones! – chiama la Umbridge, mentre la rossa si alza dal tavolo, e raggiunge tremante la postazione, andandosi a sistemare piagnucolante fra le braccia della professoressa Sprite, che l’accoglie volentieri.

È di tutta altra tempra, rispetto a sua zia: Amelia non si sarebbe mai lasciata sfuggire una lacrima.

Poi è il turno di Eloise Midgen, immagino che la Umbridge abbia cominciato ad andare più veloce perché i nostri pianti la disturbano un po’. Ridicolo.

Eloise non è il massimo della popolarità. È il tipico esempio di ragazza che viene di solito presa in giro da tutti. Mi chiedo chi avrebbe il coraggio di deriderla adesso, mentre cammina impaurita verso la morte. Penso che ucciderei chiunque provasse a dire una parola, ma persino i Serpeverde stanno in silenzio, mentre guardiamo uno zimbello di tutti incamminarsi verso la fine dei suoi giorni.

- Eleanor Branstone! – tuona la preside.

E l’ultima delle Tassorosso, una ragazza bionda con il viso pallido ed una bassa coda di cavallo si alza dal tavolo, e va a sistemarsi accanto alle altre, non prima di aver pianto un po’.

Mi chiedo cosa provino, cosa provino a sentire il suono sei propri nomi, a subire lo sguardo impietosito dei loro compagni, a dover camminare tremante sotto gli occhi di tutti, a dover abbracciare la consapevolezza di un’eventuale morte. No, non riesco a farmene un’idea.

Dopo l’ennesimo colpo di bacchetta, i bussolotti tornano ad essere dei cubi. Sfere per le ragazze, cubi per i ragazzi, colorati in base alla loro casata, ormai il meccanismo è chiaro.

- Owen Caldwell! – chiama la preside Umbridge.

Ecco l’ennesimo ragazzo che non conosco.

Stavolta la cosa passa a livello estremi, cioè, non so neppure di che anno sia, e non avrei neppure saputo di che casata fosse se solo non fosse stato chiamato fra i Tassorosso.

È paffuto, leggermente, e ha la pelle bruna, sto cercando di ricordare qualcosa di lui, se l’ho mai visto in giro per i corridoi, o qualcosa di simile, ma nulla, nulla davvero, mentre sento Ginny dire al mio fianco:

- Sì, lui, era nella mia classe di Pozioni!

Mentre Owen si alza tremante e raggiunge la postazione, la Umbridge immerge nuovamente la mano destra nell’urna di vetro, e ne estrae l’ennesimo nome.

- Malcolm Preece!

Ecco, si può dire che Malcolm lo conosco. E’ amico di Seamus, sono entrambi di origini Irlandesi, e li ho sentiti commentare più volte insieme le partite della squadra di Quidditch irlandese. Ok, non credo che questo corrisponda al più esatto significato della parola conoscere, ma almeno ho una vaga idea di chi sia. È già qualcosa.

- Zacharias Smith! – tuona la preside Umbridge.

Zach ha la mia età, è stato prefetto insieme a me, e membro dell’Ordine. Non siamo mai andati del tutto d’accordo noi due, eppure rientra nell’enorme lista delle persone che non avrei mai voluto vedere raggiungere quella pedana. Penso che quella lista comprenda più o meno qualsiasi studente.

Quando Zach si alza vedo risorgere la tempra di Roger Davies, di Anthony Goldstein, finge sicurezza, tranquillità, raggiunge tranquillamente il palco, ma posso vedere come stia contando i propri passi.

Hannah, dall’alto, gli rivolge un mezzo sorriso, come a voler dire “va tutto bene, ormai ci siamo dentro”, e lui si sistema vicino a lei, dopo averla accarezzata sulla schiena come a volerla sostenere a sua volta.

Poi succede una cosa che non sarebbe mai dovuta accadere. Qualcosa che rompe quel fragile equilibrio che si era andato a creare, qualcosa che affossa la diga delle lacrime, che rompe il muro dei singhiozzi, e quel qualcosa è l’ultimo bussolotto estratto, che porta il nome di Ernie Macmillan.

Hannah Abbott, la stessa Hannah che non aveva pianto alla propria convocazione, la stessa Hanna che aveva sostenuto Zach, la stessa Hannah che aveva rifiutato le braccia della professoressa Pomona Sprite, ora si scioglie in lacrime e in singhiozzi, sorretta da Zacharias, mentre Ernie accelera il passo, e sale in fretta dalla pedana per andare ad abbracciarla.

Le prende il viso fra le mani, la accarezza, le asciuga le lacrime, sta dicendo qualcosa, qualcosa che non riesco a sentire, ma suona terribilmente come un “va tutto bene, va tutto bene”, ma nulla riesce a calmarla. Scuote la testa, singhiozza, e mentre la Umbridge ritrasforma i cubi in sfere dorate, la Sprite la ospita fra le sue grandi braccia, mentre Ernie e Zach continuano a tentare, invano, di calmarla.

Ciò che è successo è atroce, essere costretta ad essere uccidere il proprio migliore amico è atroce, non riesco neppure a pensare a che cosa avrei fatto se qualcuno mi avesse chiesto di uccidere Harry, se volevo aver salva la vita.

Ma c’è qualcosa di ancora più atroce a cui devo prepararmi al momento, e quel qualcosa è il primo bussolotto sferico dorato, quello che la Umbridge ha già fra le mani, quello al cui interno potrebbe essere il mio nome.

Trattengo il respiro.

I secondi sembrano diventare minuti, ho quasi il tempo di contare cinque respiri, mi chiedo se la preside abbia deciso di aumentare un po’ la suspance o se sia la mia agitazione a rallentare il tutto.

È come una sorta di macabra roulette russa, solo che non ci sono colpi a salve, ogni tocco al grilletto è un colpo all’anima, ogni nome corrisponde a un condannato a morte. Diciamo pure che il sottofondo delle urla strazianti di Hannah non aiuta.

- Katie Bell!

Non sono io, non sono io. Mancando solo tre proiettili. Quante siamo noi Grifondoro? Quante sono le probabilità che il mio nome venga estratto dall’urna?

Più o meno quante ce n’erano che venisse estratta Katie, mi rispondo.

Eccola là. È molto più piccola quando non è in sella a una scopa. Raggiunge a piccoli passi la sua postazione insegnanti, dove la professoressa McGranit è già in piedi ad attenderla.

Le circonda le spalle con le braccia, e la stringe un momento, ed aspetta così che il secondo nome venga estratto.

- Calì Patil! – tuona la professoressa Umbridge. – Lei è la seconda Patil che viene chiamata o sbaglio?

E come potrebbe sbagliare? L’urlo di dolore cacciato da sua sorella nel momento della sua convocazione non è stata forse una risposta più che sufficiente? Padma non aveva pianto al momento della sua convocazione, ma la vedo in lacrime adesso, ed è davvero una cosa tremenda. Vorrei solo che a Calì fosse concesso di correre fra le braccia di sua sorella, anche se provengono da due casate diverse, di consolarsi a vicenda, ed invece Vitious tiene stretta a sé la sua studentessa, mentre Calì viene spedita fra le braccia della McGranit, e questo perché Lord Voldemort si è alzato in piedi, e li sta guardando male.

Mi chiedo cosa possa esserci di più disumano di questo, di due sorelle costrette ad uccidersi l’un l’altra, mi chiedo, seppure a vincere fosse una delle due, come farebbe a sopravvivere ad una tale perdita.
Non lo dico per esperienza personale, non ho fratelli o sorelle io, ma essendo cresciuta con la famiglia Weasley ho ben chiaro cosa sia un legame fraterno. Ripenso a Percy, e a Bill, e a Ron e a Ginny, ma soprattutto al povero George, il giorno della morte di Fred. Il solo ricordo è in grado ancora di darmi i brividi. Del resto, anche le Patil erano due gemelle. Perché ho usato l’espressione “erano”…?

Più lontano da noi, fra le fila Serpeverde, noto qualcosa che mi colpisce profondamente: Daphne Greengrass, con un’espressione totalmente sconvolta sul viso, stringe forte  la mano di sua sorella minore Asteria, e non c’è perfidia sul suo volto in questo momento, né derisione, solo una sorte di strano senso di coinvolgimento, di compassione, almeno a quanto sembra.

Forse, forse sta pensando al fatto che sarebbe potuto capitare a loro, in altre circostanze, se solo non fossero state Serpeverde, o se solo Serpeverde fosse stata ammessa ai giochi. Forse si sta chiedendo che cosa farebbe lei se solo dovesse trovarsi in un’arena con la sua amata sorella, se sceglierebbe di morire al suo posto o di sopravviverle, forse…

- Hermione Granger!

Tutto accade in un momento, basta il suono di quelle due parole a riportarmi istantaneamente alla realtà.

Ora so cosa si prova. Ora so come ci si sente ad essere chiamati.

Il proprio nome non viene recepito all’istante, non è quel suono a darci la certezza della nostra convocazione, della nostra condanna a morte.

A fornirci questa certezza sono gli sguardi di tutti i nostri compagni, che in quel momento si volgono verso di noi guardandoci come se fossimo già cadaveri.

È questo che ci porta ad alzarci. Ci si sente degli estranei, dei diversi, in mezzo a tutti quegli sguardi. Si capisce che quello non è più il nostro posto, e che l’unico luogo in cui possiamo sentirci accettati, non miserevoli, non degni di compassione, quello è proprio il luogo verso cui ci stanno chiamando, in compagnia di altri sventurati come noi.

È questo che sento quando mi alzo in piedi, dopo aver intercettato lo sguardo dagli occhi sbarrati di Ron, e quello di Ginny.

È difficile metabolizzare, accettare a pieno la propria condizione di condannata a morte, l’unica cosa che penso è che debba esserci un errore, e non nell’estrazione del mio nome, ma nell’istituzione di quello strano gioco che sta per uccidermi.

È come trovarsi in un sogno, in un incubo, questo perché non metto ben a fuoco le immagini intorno a me, e nemmeno i miei pensieri. È come se le mie gambe si muovessero da sole, come se non avessi il controllo delle mie azioni, come se tutto fosse già scritto, già programmato, come se i miei piedi seguissero un copione prestabilito, senza chiedere il mio permesso. Come in un sogno.

Tutto ciò che riesco a pensare, è che vorrei tanto svegliarmi.

Trattengo le lacrime strette alla rete delle ciglia, le costringo a non lasciare i miei occhi neppure per un momento, perché se c’è una cosa che posso ancora fare questa è mantenere integra la mia dignità, non dare a Lord Voldemort persino la soddisfazione di vedermi piangere.

E’ splendente, il suo volto, un sorriso atroce gli occupa l’intera faccia, così contento di vedere che sto per raggiungerlo. Che sto per morire.

Chissà cosa ne pensano gli altri. Dopo Albus Silente, Harry Potter, dopo Severus Piton, ecco un altro simbolo della resistenza che muove passi verso la propria tomba.

Vorrei voltarmi verso di loro, scorgere un volto, decifrare l’espressione incisa sulle loro facce, ma non ci riesco. Non voglio vedere pena degli occhi di nessuno, né pietà, né compassione, e né tristezza sincera, perché in entrambi i casi mi verrebbe da piangere, o da gridare.

Sento un brusio provenire dal tavolo dei Serpeverde. Forse sono contenti, una rompipalle come me che va dritta contro il suo atroce destino, devono trovarlo così divertente!

Eppure, non so per quale insana ragione, non riesco neppure un momento a sentirmi arrabbiata con loro. Non è colpa loro, se sono qui, dopo tutto. Per quanto possano ridere o piangere per me, nessuna delle loro lacrime né dei loro sorrisi potrà ormai cambiare qualcosa, nulla può cambiare la situazione.

Sto arrivando alla postazione.

Chissà quanto ci ho messo…

Se sono andata piano, o velocemente, chissà quanto tempo ho impiegato a raggiungere i gradini, la nozione di tempo mi si è ormai completamente cancellata dal cervello.

Solo quando le mani della McGranit toccano le mie braccia capisco che sono finalmente arrivata, e dopo aver lanciato a Lord Voldemort uno sguardo d’odio, prendo posto vicino a Calì.

Forse c’è una scappatoia. Forse, forse Ron può fare un casino, può distrarre tutti, da Voldemort alla preside Umbridge, può distrarli per abbastanza tempo affinché io possa tagliarmi un braccio e scappare via. Non sarei mica egoista, porterei tutti gli altri con me, dopo essersi tagliati il braccio anche loro però, sennò ci beccano, e poi…

E poi forse devo solo accettare la possibilità della mia morte, o comunque rinunciare una volta per tutte alla vita, perché pure se uscissi da quell’arena, di sicuro non sarebbe più vita la mia.

Vedo solo nebbia davanti a me, immagini sfocate, e sono ancora troppo confusa per formulare un pensiero compiuto, e non faccio neppure in tempo a sperare che la prossima non sia Ginny, che il nome di Natalie McDonald viene estratto dall’urna, ed una ragazzina si alza dal nostro tavolo.

Quanti anni avrà lei, quella bambina? Dodici al massimo, e neppure li dimostra.

La vedo incamminarsi tremante verso di noi, con le sue scarpette laccate di rosso. Ha i capelli lunghi, di un biondo sporco, due brillanti occhi castani, ed un tenero nasino all’insù, alla francese.

Mi chiedo perché nessuno faccia nulla per fermarla, per impedirle di raggiungerci, mi chiedo perché nessuno si offra al suo posto, pur di salvarla.

Solo dopo realizzo che è troppo facile parlare da qui, che è troppo facile parlare per me, che ormai sono già condannata a morte, chissà cosa avrei fatto io al loro posto, io, se solo non fossi stata chiamata, chissà se mi sarei offerta volontaria per salvare lei. Chissà.

L’unica cosa che so con certezza è quello che scelgo di fare adesso, ossia abbandonare la mia comoda postazione fra le braccia della McGranit, scendere con un salto i gradini, sbrigarmi a raggiungere quella bambina impaurita che si muove piangendo verso di me.

Con la coda dell’occhio mi par quasi di aver visto Lord Voldemort scattare in piedi nel momento in cui mi sono allontanata dal gruppo, ma la McGranit deve averlo fermato, perché lui non ha fatto un bel niente per fermare me.

Raggiungo Natalie quando entrambe siamo ormai a metà sala, e l’accolgo fra le mie braccia. Le prendo la mano - è impressionante quanto sia piccola la sua mano nella mia, che pure non è poi così grande – mentre con l’altro braccio le cingo la vita, e così ci avviamo insieme verso il nostro posto di condannate, con la McGranit che quasi si commuove a vederci arrivare.

Superati gli scalini, do a Natalie una piccola spinta che la porta ad accelerare, ed a tuffarsi fra le braccia della nostra professoressa, che la stringe in un abbraccio materno.

È solo allora che riprendo il mio posto, è solo allora che Voldemort riprende il suo, tranquillo, finalmente, ora che sono tornata fra le fauci della morte.

Ed ecco, con un semplice tocco di bacchetta i bussolotti ora tornano ad essere di forma cubica, perché ora tocca ai nostri ragazzi.

Beh, se dopo la mia estrazione ero ancora troppo scossa per sperare che il nome seguente non fosse quello di Ginny, ora niente e nessuno può impedirmi di pregare che il prossimo non sia Ron.

No, ti prego, non lui. Non anche lui.

Non ce la farei davvero, a sapere di dover uccidere il mio ragazzo per salvarmi.

Ron è il mio migliore amico probabilmente da sempre, lui ed Harry sono sempre stati l’unica ancora su cui ho sempre potuto contare qui ad Hogwarts, e, dopo la morte di Harry… beh, lui è stato l’ultima delle certezze su cui ancora potevo contare.

Non so cosa farei se dovessi sopravvivergli, non so quale sarebbe il mio ultimo pensiero se fosse lui ad uccidermi. Mi chiedo se questi siano anche i suoi pensieri. Ormai ci apparteniamo a vicenda, ci meritiamo a vicenda, abbiamo lottato per stare insieme, contro gli altri, ma soprattutto contro noi stessi, il nostro è uno di quel legami che dovrebbe essere illegale spezzare.

Ecco, se devo partecipare ad un massacro, voglio almeno che l’uomo della mia vita non sia lì a schivare i miei colpi.

Ti prego, fa che non sia lui…

- Neville Paciock!

Conosco Neville fin dal primo anno. Si può dire che siamo amici fin dal primo anno. Fin dalla storia di Oscar. Gli ho sempre voluto bene, fin da quando riesco a ricordare, e negli ultimi anni ho addirittura imparato ad ammirarlo, ma allora perché, quando il suo nome viene estratto, non posso fare a meno di tirare un sospiro di sollievo?

So che è terribile, ma almeno lui non è Ron…

Vedo Neville alzarsi da quel tavolo senza provare dolore, né disperazione.

Sono convinta che, fra di noi, lui sia quello che è più cambiato nel corso degli anni. Non è più il timido, paffuto, debole ragazzino del primo anno, quello che si stupiva di essere stato smistato in Grifondoro, è un combattente ormai, un piccolo soldato, e non vedo paura sul suo volto nel momento che si muove a raggiungermi, solo tanta, tanta tristezza.

Ci guardiamo, nel momento in cui sale sulla postazione, ci guardiamo come due condannati a morte sull’orlo del cappio. Non c’è disperazione nei nostri occhi, né nei miei, né nei suoi, solo un senso di estrema vicinanza l’un con l’altra, niente di più.

Non lo vedo come un mio avversario, come un mio aguzzino, non riesco, così come non riesco a vedere in questo modo nessuno degli altri. Li vedo solo come compagni. Compagni condannati.

- Seamus Finnigan!

Beh, non è una gran giornata questa per l’Irlanda, suppongo.

Voglio bene Seamus, era uno dei compagni di stanza di Ron, lo conosco fin dall’inizio, come Neville, fa così male vederlo, ora che sta per raggiungermi.

Leggo l’espressione di tristezza negli occhi di Neville. Erano compagni di stanza loro due, compagni nell’E.S., hanno portato avanti insieme la resistenza qui ad Hogwarts l’anno scorso, ed ora, per la prima volta, dovranno prendere le armi l’uno contro l’altro. Beh, almeno loro non sono due gemelle…

No, non ci riesco proprio a togliermi la storia delle Patil dalla testa.

- Ritchie Coote! – chiama la preside Umbridge.

Quando Ritchie si alza riconosco in lui uno dei due battitori della nostra squadra. È abbastanza piccolo di statura, per ricoprire quel ruolo, ma ricordo che era tremendamente veloce, ed ha due brillanti occhi azzurri. È il primo, fra i ragazzi Grifondoro, a piangere.

Che anno farà? Il quarto? Il quinto? Quattrodici, quindici anni sono troppo pochi per morire. A dirla tutta, lo sarebbero anche i miei diciotto…

- E l’ultimo nome… - declama la preside Umbridge brandendo fra le mani l’ennesimo bussolotto.

Non Ron, non Ron, non Ron, non Ron.

- L’ultimo dei fortunati che avranno l’onore di partecipare a questa competizione d’estremo prestigio…

Non Ron, non Ron, non Ron, non Ron, non Ron.

- L’ultimo degli eletti, dei coraggiosi ventiquattro che avranno l’opportunità di sfidarsi nell’arena…

Non Ron, non Ron, non Ron, non Ron, non Ron, non Ron.

- E’…
Non Ron, non Ron, non Ron, non Ron, non Ron, non Ron, non Ron.

- Ronald Weasley!

NO!

Il tutto il mio mondo va in frantumi in quel momento. Noto che tutti i tributi, che tutti gli studenti non si volgono a guardare lui, ma me. Io che sono pietrificata, io che non ho neppure la forza di urlare, mentre le lacrime cominciano a rigarmi il viso come mai prima d’ora.

Mi rifiuto totalmente di uccidere Ron. Mi rifiuto totalmente di sopravvivere alla sua morte. E questo significa suicidio.

Devo aver smesso di respirare. Mi gira la testa. Non sento alcun rumore intorno a me, eccetto per il battito irregolare del mio cuore, che sembra quasi sul punto di squarciarmi le membra, da sortire fuori dal mio fragile corpo.

Meglio che lo faccia. Che mi uccida adesso. Meglio qui che in arena.

- Mi offro volontario!

Sono solo tre parole, ma tali da riaccendere in me la speranza. Individuo subito l’autore di quell’insana frase, seduto a mollemente a cavalcioni di una panca.

Non vedo dolore sul suo viso, né paura, ma neppure gioia, o coraggio. Sembra quasi strafottente.

- Ho detto, - ripete alzandosi in piedi – che mi offro volontario.

Se la sua pelle non fosse già opalescente, probabilmente Lord Voldemort al momento sbiancherebbe. Quella della Umbridge ha già perso colore, e si è voltata verso il suo signore, in crisi, con gli occhi fuori dalle orbite. Ma il suo signore non è più sconvolto di lei. La sua proposta d’altronde era una che una sorta di provocazione, di insulto, di presa in giro, non si sarebbero mai aspettati che qualcuno si proponesse davvero.

Temo che questo mandi a monte i suoi piani.

- Volontario? – gli domanda alzandosi in piedi, sembra sul punto di esplodere.

- Sì, sì esatto! – esclama lui.

- No! – l’interrompe Ron alzandosi in piedi a sua volta – Non te lo permetto.

- Zitto tu! – gli dice il ragazzo, dandogli uno spintone da farlo ricadere a sedere. – Devo ripeterlo un’altra volta, Vostra Altezza, che mi offro volontario?

Non so come descriverlo questo momento, sto solo sperando che il volontario venga accettato, perché chiunque, chiunque in quell’arena è preferibile a Ron.

Eppure, stento ancora a comprendere la situazione.

Voldemort è adirato, sconvolto, ci aveva accusato di essere codardi, ed eccolo invece, in piedi, spavaldo, eccolo il suo volontario, lì in piedi, tranquillo, sorridente, sprezzante dinnanzi al pericolo, la falla nel suo grande piano.

- Ne-ne sei sicuro? – balbetta l’Oscuro Signore – Sai, credo dovresti pensarci accuratamente, insomma, tu…

- Tutta quella ricchezza, - afferma il ragazzo avvicinandosi – tutta quella fama, solo uno stupido se li lascerebbe scappare! Ero troppo giovane quando c’è stato il Torneo Tre Maghi, ecco la mia seconda occasione! E devo dire inoltre che questo sistema degli Hunger Games è molto più congeniale di quello per il Torneo, insomma, senza limiti d’età, con una ragazzina di dodici anni mandata a scontrarsi contro un diciottenne, molto, molto più equo.

Avanza ancora, lentamente, sorridente. Sta facendo il suo spettacolo.

- E poi niente volontari, chiunque può essere estratto, che quelle fama gli interessi oppure no! E pensare che Silente ci aveva fatto tutta quella filippica sul pensarci bene prima di mettere i nomi nel Calice, tutte fandonie! Molto meglio così, grandi e piccoli, maschi e femmine, tutti, nessuno escluso, tutti possono partecipare! Tutti devono partecipare. No, Signore, - conclude accennando un piccolo inchino – non rinuncerei mai a un’occasione del genere.

- Io... – balbetta la preside Umbridge – io non credo proprio sia possibile…

- E perché no? – domanda – L’avete chiesto voi un volontario, non erano balle, giusto? Non volevate soltanto deriderci, giusto? Lo avete cercato, lo avete chiamato, eccolo il vostro volontario, sono io, sono qui, sono sempre uno studente di Hogwarts e voglio partecipare, a meno che…

È appena arrivato dinnanzi ai gradini, e qui si ferma, guardando il Primo Ministro con aria di sfida.

- A meno che il mio intervento non mandi in fumo qualche vostro piano…

Il silenzio cala in solo momento.

Tutto il brusio che quella mattata aveva provocato, tutte le voci si fermano in un solo istante, perché non si può che rimanere spiazzati dinnanzi a un’affermazione del genere.

Sta denunciando l’Autorità, sta denunciando il governo, per ferirlo usa il cappello da clown che quelli gli avevano posto sulla testa, ma colpisce duramente.

No, quello non è un volontario, quello è un suicida.

- Che strano, avevo pensato, – continua il ragazzo – che strano che sia Hermione Granger che Luna Lovegood, che Neville Paciock fossero stati chiamati. E poi anche Ronald Weasley, beh… Una strana, stranissima coincidenza, non lo pensiamo forse tutti??? Un caso fortuito, per carità, chi dice niente? Il Vostro illuminato governo non si abbasserebbe mai a fare una cosa simile, giusto? Eppure… Eppure verrebbe quasi voglia di leggerli quei bigliettini, non sono stati buttati, giusto? Si potrebbe chiederne la rilettura, o no?

- Non è possibile! – esclama stizzita la Umbridge – Non erano questi gli accordi!

- Gli accordi comprendevano un volontario! – risponde a tono il ragazzo – Eccolo! Ce l’avete! E se gli accordi saltano dalla vostra parte, io li faccio saltare anche da questa. E poi che motivo ci sarebbe per non accettare un volontario, se non c’è nulla, sotto, da nascondere.

La faccia di Lord Voldemort al momento è qualcosa di indescrivibile. È livido, arrabbiato, un semplice studente l’ha appena umiliato, e rischia di far saltare in un momento tutto ciò fino a cui ha fin ora lavorato. Credo che, in questo momento, lo odi ancor di più di quanto odi me.

Prende un bel respiro, cerca di tranquillizzarsi, prima di tornare a sedere, rispondendo, con aria calma.

- Nessunissimo problema, come già detto, ad accettare volontari. Se questo è quello che vuole, lei sarà il nostro ultimo tributo, signor George Weasley.

 

Con un sorriso soddisfatto stampato sul volto, dopo aver fatto un secondo piccolo inchino, George passa i gradini in un balzo, e viene a prendere posto vicino a me.

- Perché l’hai fatto? – gli sussurro non appena mi si avvicina.

- La ricchezza, - mi risponde – la gloria, l’ho già detto.

- Perché l’hai fatto? – domando di nuovo – La verità, stavolta, per favore.

- Ho già visto morire uno dei miei fratelli, Hermione, non lascerò che succeda di nuovo.

Le Patil. Le Greengrass. Le loro immagini mi ritornano veloci alla mente.

- Credi di vincere? – gli domando per cambiare discorso.

- Credo di non avere alcuna possibilità. – risponde.

Taccio. Sento il sangue gelarsi nelle mie vene. Non riesco più a parlare.

- Sai, ho un piano. – continua lui.

- Davvero? – domando io – E quale sarebbe?

- Quando affonderò, Hermione, ed io affonderò, - risponde lui con aria tranquilla – intendo trascinare tutto questo schifoso gioco all’inferno con me.

La bambina che è stata chiamata dopo di me, che sta ancora stretta fra le braccia della McGranit, alza in quel momento spaventata gli occhi su di lui, mentre io li abbasso sui suoi, sorridendo appena, come a tranquillizzarla.

Tranquillizzarla è stupido. È ipocrita poi da parte mia, io che ho tremato al suono di quelle parole. Forse, forse la verità è che sono solo terrorizzata dal fatto che lui ha già un’idea, un piano, mentre io non ho ancora la più pallida idea di cosa dovrei fare.

Quando il sipario dell’attenzione si chiude sui nostri volti di pietra, mi volto a guardare i miei compagni. È una cosa, noto, che stiamo facendo pressoché tutti.

Mi chiedo perché lo stiano facendo, mi chiedo se sentano quello che sento io, in questo momento, se tutti i nostri animi siano volti in questo momento verso un’unica, medesima direzione.

Eccoli qui, tutti qui, al mio fianco, eccoli qui i ventitré ragazzi che dovrò uccidere se voglio rimanere in vita.

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*Angolo autrice*
Ciao bella gente! Allora, in primo luogo mi sento in dovere di ringraziarvi per tutti questi commenti, insomma, credevo che questa storia non se la sarebbe cagata nessuno, che sarei dovuta andare ad elemosinare recensioni in qua ed in là, ed invece eccoti ben 7 recensioni in un solo giorno, non posso dirvi quanto mi abbiate resa felice! Mi avete dato la spinta necessaria per rimettermi subito a scrivere, e così eccovi il vostro nuovo capitolo, sperando che questo non vi abbia deluso.
E poi quei complimenti sullo stile! Allora, dovete sapere che ho appena cambiato computer, ed ho perso il mio vecchio programma HTML, così questo è il primo capitolo che trascrivo utilizzando l'editor di Efp, non sapevo davvero dove mettermi le mani! Meno male che l'esperimento è riuscito bene!
Vorrei farvi qualche domandina a riguardo...
Chi vi aspettavate come tributo? Insomma, v'aspettavate qualcuno fra quelli che ho scelto di far gareggiare o no? Se sì, quali? Se no, a chi altri avevate pensato? E poi il volontario... ho voluto mantenere un po' di suspance, vi eravate accorti che fosse George Weasley??
Fatemi sapere che son curiosa!
Infine, vorrei sottolineare un momento una componente dello scorso capitolo che avete notato in tanti, ossia i Serpeverde. Allora, mi avete tutti detto di quanto io li abbia resi troppo cattivi, devo dire che neppure io li vedo così, ma mi sono rifatta alla Rowling, quando nel settimo libro, nell'ora della battaglia finale, ha scelto di non far schierare nessuna delle serpi dalla parte dei buoni. Comunque, non so se si è notato, ho scelto di renderli un po' più umani con questo capitolo.
Ok, fine della storia, non abituatevi a questi aggiornarmenti lampo, perchè non prometto nulla! 
Ditemi che ne pensate, per favore, non abbandonatemi!
Sperando di ritrovarvi tutti nel prossimo capitolo. Baci. Giulia.
P.S. Avrei preparato delle immaginette come copertina dei vari capitoli, ma non riesco ad inserirle, se a qualcuno di voi andasse di insegnarmi credo che potrebbero essere un'aggiunta carina ;-)
Ancora baci. Giulia.

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Capitolo 3
*** Due diversi tipi di saluto, o di addio. ***


Due diversi tipi di saluto, o di addio.

Lo scrivo qui perchè mi auguro davvero che tutti lo vedano! Allora, starei lanciando un'iniziativa interattiva che spero possiate trovare interessante in relazione a questa fan fiction. Leggere la parte Azzurra dell'*Angolo Autrice* per saperne di più!

La stretta dei Pacificatori è forte sulle mie braccia, probabilmente mi lascerà un gran bel livido, mentre percorriamo il corridoio che dovrebbe portarmi nella mia stanza d’attesa.


Appena finito l’appello dei ventiquattro sfortunati, appena calato il sipario sulle nostre tristi figure, quarantotto Pacificatori ci hanno prelevati, due per ciascuno di noi, ci è stato detto che avremmo aspettato in queste stanze fino alla partenza. Un’altra cosa che ci è stata detta, nel momento esatto in cui le braccia dei Pacificatori arrivavano a stringerci le braccia, è che potremo ricevere delle visite autorizzate, durante l’attesa, dieci minuti ciascuna.

È lì che ci stanno scortando, nelle nostre stanzette, in attesa della preparazione del treno, i nostri bagagli, che non avevamo fatto ancora in tempo a disfare, sono già stati issati a bordo.

La stanza di attesa che mi è stata assegnata è la mia vecchia aula di Babbanologia, credo che questa non sia stata una combinazione casuale, ma più che altro una volgare frecciatina, più spietata se si pensa che mi aspetta poco più di una settimana di vivere.

Quanto alle altre assegnazioni, so che Roger Davies è stato spedito nell’aula di Aritmanzia, Eleanor Branstone in quella di Incantesimi e Neville Paciock in quella di Erbologia, per gentile concezione della professoressa Pomona Sprite.

Non ho idea di dove sia stato mandato George, né la piccola Natalie, né le Patil, e non posso fare a meno di chiedermi se abbiano scelto di dividerle, le gemelle, o quantomeno di piazzarle nella stessa stanza.

Appena arriviamo dinnanzi all’aula, io vengo gettata dentro con una spinta, e la porta sigillata, mentre mi rialzo a fatica.

Probabilmente, se volessi piangere, questo sarebbe davvero il momento adatto.

Sola, sola in quella stanza dove sola dovrò restare.

Mi alzo in piedi. Sto tremando, ma non so se sia per la paura o per l’agitazione, fatto sta che continuo a tremare.

Mi guardo intorno. L’intera aula è stata svuotata, la vecchia scrivania è stata addossata al muro, appare un po’ più grande rispetto all’ultima volta che l’ho vista, ma resta minuscola comunque, ed è come se le pareti si avvicinino sempre di più, che mi finiranno per schiacciarmi se resto qui.

Al centro dell’aula sono stati disposti un lungo divano rosa con delle poltrone intorno, ed un tavolinetto con del tè caldo e dell’acqua da bere.

Appese al muro, a sorvegliarmi, ci sono dei piatti di porcellana decorati, dai quali dei gatti con gli occhi brillanti controllano ogni mia mossa.

La prima cosa che faccio, prima di scoppiare a piangere, prima di bere o di sedermi, avanzo adirata verso il muro, tirando giù tutti i piatti dalla parete, facendoli schiantare a terra con un solo schiaffo.

Quando il suono del cocci frantumati contro il pavimento freddo mi giunge alle orecchie, mi piego sul pavimento per raggiungerli, perché è come loro che mi sento. A pezzi.

Sono in bilico sulle punte, e mi abbraccio le ginocchia, tento di svuotare i miei occhi di tutte le lacrime che ho fin ora trattenuto, di sfogarmi, di urlare, ma non ci riesco.

La voce non vuole saperne di uscire dalle mai labbra, le lacrime si rifiutano di abbandonare i miei occhi, proprio ora che avrei acconsentito a lasciarle in libertà, non riesco neppure a singhiozzare.

Mi rimetto in piedi, incrocio le braccia in una specie di abbraccio con me stessa.

Ora come non mai mi sono sentita così sola.

Se c’è un plauso che devo fare all’organizzazione di questo insano gioco. L’idea di convocare le famiglie, anche se mi distrugge ammetterlo, non è male, anzi.

La cosa che più vorrei infatti, in questo momento, è un forte abbraccio della mia mamma, o del mio papà. Invidio terribilmente tutti gli altri concorrenti, tutti i miei compagni condannati a morte, tutti coloro che al momento possono stringere qualcuno, abbracciare qualcuno, sfogarsi con qualcuno.

I genitori delle Patil al momento staranno piangendo con loro, e probabilmente Roger Davies starà consolando i suoi, persino Neville potrà godere di una visita da parte di mia nonna, ma chi rimane per me?

So che per i famigliari è pressoché una tappa obbligata, ma non so se consentano le visite anche agli amici, né tantomeno ai ragazzi.

Non so se riuscirò a rivedere Ron prima morire.

Pure se ci fosse concesso poi, se anche concedessero al mio ragazzo il permesso di venire a trovarmi, ci sarebbe sempre il fattore George a negarmi quella possibilità.

È suo fratello. Merlino, è suo fratello! Dovrò combattere fino alla morte contro suo fratello, il fratello che s’è proposto volontario per salvargli la vita.

Mi sento davvero uno schifo.

A quest’ora tutta la famiglia Weasley sarà radunata attorno al capezzale di George, a rimproverarlo, a ringraziarlo, a piangere per lui, con lui. E chi ci sta con me?

Chi c’è con me in questa stanza triste, spoglia, chi c’è?

Non so se è egoismo il mio, o tutta invidia, è probabile, possibile che lo sia, eppure non mi sembra così disumano, da parte mia, pretendere un abbraccio, ora che sono sull’orlo della morte.

Mi nuovo avanti e indietro per la stanza, misurandola con i miei passi agitati, faticando a respirare, ma ancora di più a piangere.
Quando la porta viene aperta dall’esterno, per fare entrare un visitatore, e richiusa all’istante, mi ritrovo in un istante a correre incontro al nuovo arrivato, affondando fra le sue braccia.

Stretta fra le sue braccia, riesco finalmente a dar sfogo a tutta la mia paura, a tutta la mia ansia, a piangere, finalmente, a piangere più forte che posso.

Sento le mani del mio visitatore carezzarmi la schiena, quasi a volermi consolare, mi lascio completamente sprofondare nel suo petto, la camicia di lui diviene fazzoletto per le mie lacrime. Mi sussurra che va tutto bene, cercando di farmi smettere di piangere, sento i suoi sussurri soffiare sulla mia testa.

La parte divertente, è che non ho neppure idea di chi sia.

Qualcuno stava entrando da quella porta, qualcuno significante dunque l’abbandono della mia solitudine, gli corsa incontro senza pensare, senza guardare, stringendomi a lui con tutte le mie forze, tutto il mio dolore.

Parlo di un lui per il semplice fatto che so riconoscere un corpo maschile quando il mio ci si preme contro, ed anche il tocco delle sue mani è palesemente maschile.

Comunque, sesso a parte, non è la più pallida idea di chi lui sia.

Potrebbe anche essere Lord Voldemort, per quanto ne so. Sarebbe quantomeno una scena divertente…

Senza staccarmi dal mio visitatore misterioso, abbasso gli occhi sulle gambe, sulle sue scarpe.

Pantaloni chiari, di lino, probabilmente, sul color avorio, sembrano ruvidi. Ron quest’oggi indossava dei jeans. Quindi non può essere Ron.

Le sue scarpe sembrano di ottima fattura. Chiare, spigolose, lucide, potrei quasi azzardare sia coccodrillo. No, non è Ron.

Pian piano, stacco il volto dalla sua camicia, e mi scosto un poco da lui quel tanto che basta per farmi un’idea di chi sia.

- Sei tu. – esclamo imbarazzata, staccandomi immediatamente da lui, mentre lui ritrae le sue mani da me. – Scusami, non volevo, non sapevo che fossi tu, altrimenti non ti avrei…

- Abbracciato, - conclude Draco – sì, lo so.

Sono imbarazzata.

Non so perché lui sia qui, non riesco neppure lontanamente a farmene un’idea, ed inoltre l’averlo riconosciuto distrugge totalmente la mia iniziale impressione di trovarmi in compagnia di una persona amica. Mi viene da piangere.

Tutto quello che vorrei fare al momento sarebbe tuffarmi fra le sue braccia di nuovo, e dar sfogo anche a quell’ennesima ondata di tristezza, ed indietreggio, prendo tempo, evito il suo sguardo, fino a che non mi decido a chiedergli:

- Che ci fai qui?

- Mi dispiace tanto. – risponde lui, pare sincero, - Non volevo fossi tu, non avrei mai voluto  fossi tu, io… Mi dispiace davvero, davvero tanto.

Sta sull’orlo delle lacrime anche lui, è una scena un tantinello surreale.

- Dispiace tanto anche a me. – mi ascolto dire, - Sai, per il fatto di dover morire, intendo.

Ha gli occhi lucidi, mi guarda fissa negli occhi, ed è difficile trattenersi dal piangere quando chi dovrebbe sostenerti sembra aver tanto voglia di scoppiare in lacrime con te.

- Forse posso impedirlo. – dice.

Alzo gli occhi su di lui.

- La cosa di morire, - spiega – forse posso impedirlo.

Mi basta il suono di quelle parole a costringermi a scoppiare a piangere di nuovo, mentre lui mi raggiunge e mi abbraccia facendomi sedere sul divano.

Dalla tasca dei pantaloni color avorio tira fuori un fazzoletto di seta bianca con le sue iniziali ricamate sopra e me lo porge.

Mi siede accanto.

- Quando quest’idea dei giochi è stata lanciata, - mi spiega – i mangiamorte ne sono stati subito messi al corrente, così la notizia è passata in fretta di bocca in bocca fra le famiglie purosangue. La cosa ha riscosso un enorme successo, sono tutti eccitati all’idea, ed è stata offerta una parte anche a noi studenti Serpeverde.

- Una parte? – domando io.

- Già, - risponde – credo che il punto sia incattivirci, renderci più spietati di quanto già non siamo, immetterci sulla strada per diventare mangiamorte, e così il capo stratega, Rabastan Lestrange, ha accettato che fossero dei ragazzini come me ad affiancarlo, con piccoli compiti.

- Cos’è uno stratega?

- La mente ideatrice dei giochi, colui che progetterà l’arena, sceglierà le trappole e gli ostacoli da metterci, negli Hunger Games è secondo solo a Lord Voldemort per autorità. Quelli di noi che decidono di affiancarlo, avranno piccoli compiti come aiutarlo nel votare il punteggio dei singoli tributi, o decidere quale arma mettere nella cornucopia, o quando far scoppiare un incendio, roba simile. Manipolare uno sterminio di massa, insomma.

- Mi viene da vomitare.

- Serve a renderci spietati, a far di noi dei futuri mangiamorte, ed essendo io già bello che marchiato è naturale che questa parte sia stata offerta anche a me.

- Complimenti davvero, spero almeno che mi riserverai una morte indolore.

- Ho rifiutato.

I miei occhi si incontrano con i suoi in questo momento. Un punto per lui.

Senza parlare, aspetto che vada avanti.

- Non potevo farlo, capisci? Sarebbe stato come… siete i miei compagni di scuola, e per quanto patetiche possano essere Lunatica Lovegood o la Midgen non riuscirei a vivere se sapessi di aver contribuito anche solo in minima parte alla loro uccisione. È per questo che ho lasciato Hogwarts appena Potter è morto. Non credo di essere bravo come assassino, ed anche se lo fossi non voglio scoprirlo. Non volevo uccidere ventitré miei compagni di scuola, capisci, ragazzi della mia età, oppure più piccoli, non potevo avere ventitré cadaveri sulla mia coscienza, il sangue di ventitré persone sulla camicia. Ventitré persone muoiono, e noi avremmo dovuto fare in modo che questo accadesse, alcuni come Nott, o Goyle, o la Parkinson, o la Bulstrode ci si sono fiondati subito, sono così fieri del loro nuovo incarico… Ventitré persone che muoiono, e noi avremmo dovuto fare in modo che accadesse, forse sono solo un debole, ma questo era sicuramente troppo per me.

- Questo non mi sembra un discorso da deboli. – commento io – Francamente non mi sei mai sembrato più coraggioso di così. Stai acquistando un sacco di punti.

- Punti? – domanda.

- Ammirazione, – spiego – lascia perdere, è una cosa stupida.

- Mi fa piacere. – dice lui – Sai, se non mi trovi un vigliacco.

- Al momento, - dico – sei ciò che c’è di più distante dalla mia definizione di vigliacco. Hai un sacco di punti.

Sorride. Sorrido anch’io. Non è come trovarsi in compagnia di Draco Malfoy, è come trovarsi in compagnia di uno dei miei migliori amici. Come se tanti anni di odio e disprezzo non fossero mai esistiti, come se fosse una vita che parliamo e ridiamo così.

- Mi ero subito tagliato fuori da questa storia, anche i miei si erano rifiutati di partecipare all’iniziativa nel ruolo di strateghi, ma poi…

Abbassa gli occhi.

- Subito dopo che vi hanno portati via, sono tornato da Lord Voldemort, gli ho detto di aver cambiato idea, di voler partecipare ai giochi in qualità di aiuto stratega. Ha accettato la mia candidatura.

C’è un sorriso d’orgoglio a colorargli le labbra, quando rialza gli occhi su di me.

Non riesco a rispondere a quell’espressione, non so cosa ci sia da sorridere, non capisco perché voglia condividere questa notizia con me, non capisco se dovrei esserne contenta, né perché dovrei.

- Hum, ora li stai perdendo i punti. – commento.

- No, Hermione, ne sto guadagnando un sacco, - risponde – possiamo guadagnarne un sacco entrambi.

- Non capisco cosa tu voglia dire.

- Per quanto tutto questo sia completamente contrario a tutti i miei principi, ho mandato tutto a quel paese quando dall’urna è stato estratto il tuo nome.

- Perché?

- L’ho già detto, Hermione. Ventitré persone muoiono: questo vuol dire che una sopravvive. Ora che io sono dentro, possiamo fare in modo che quell’una sia tu.

Non so che cosa dire quando rialzo gli occhi su di lui, né cosa pensare.

- Ti prego, dì qualcosa. – fa lui.

- Non capisco…

- Posso aiutarti. Evitare che scoppi un incendio accanto all’albero sul quale stai di guardia, o far smettere di piovere se sei fradicia. Stiamo decidendo insieme l’ambientazione dell’arena, posso fare in modo che sia un terreno a te favorevole, hai vissuto per quasi metà dell’anno scorso nei boschi, dovresti poter sopravvivere per un po’ in un luogo simile, giusto?

- Io credo… credo di sì, ma…

- E poi posso farti da sponsor! Mio padre ha già scommesso su di te, quindi non sembrerà affatto strano, e poi…

- Che cos’è uno sponsor?

- Quando sei nell’arena, e sei in difficoltà perché ti serve del cibo, o una medicina, o un’arma, qualche tuo fan, qualcuno che ha scommesso su di te, può spendere i propri soldi per farti arrivare qualcosa. Spedire una cosa in arena costa un sacco di soldi, ed i prezzi aumentano più si va avanti, ma io sono ricco abbastanza per finanziarti dall’inizio alla fine, anche se non sarebbe affatto male se tu guadagnassi l’ammirazione anche di qualcun altro. Più piaci al pubblico più ottieni sponsor, più dai idea di poter vincere più ottieni sponsor, quindi ti conviene far una gran bella entrata alla parata dei tributi, e una buona impressione all’intervista, ed ottenere un ottimo punteggio nelle sezioni individuali.

- Cosa sono le sezioni individuali?

- Dopo la settimana di allenamento ogni tributo deve fare una prova individuale davanti agli strateghi, a porte chiuse, segreta, sarà tipo l’unico momento della vostra vita a non venir ripreso, dovrete cercare di guadagnarvi il favore degli strateghi facendo ciò che vi riesce meglio, i punteggi poi vengono resi pubblici, molti sponsor scelgono di conseguenza chi aiutare. E’ come un reality show.

- Non voglio che la mia morte sia un reality show.

- Tu non morirai.

- Non ho neppure una bacchetta!

- Dubito che la faranno tenere a qualcuno, la bacchetta. Vogliono morti strazianti, coinvolgenti, l’Avadakedravra riduce di molto l’effetto splatter.

- Non posso neppure sperare in una morte svelta ed indolore quindi, perfetto!

- Te lo ripeto, non morirai, ti aiuterò io, te l’ho già detto.

- E come pensi di fare!?

- Aiutando te. Ostacolando gli altri. Posso uccidere ventitré persone, Hermione, se sei tu la ventiquattresima.

- Tu forse puoi farlo, ma non io, non sono una persona violenta, Draco, e non sono un’assassina.

- Mi hai dato un pugno al terzo anno.

- Non è la stessa cosa.

- E so che hai ucciso due mangiamorte nella battaglia finale.

- Questo non c’entra un bel niente.

- E’ lo stesso discorso invece!

- No, non lo è. Erano mangiamorte sono stata costretta ad ucciderli.

- Perché? Avresti ammazzato Avery o Mucilber se li avessi incontrati di sfuggita per strada, o li avessi intravisti in un ristorante?

- Certo che no.

- Ed allora perché li hai uccisi in battaglia?

- Perché…

Taccio. Perché anche loro stavano cercando di uccidermi.

Non serve che io pronunci questa frase, Draco sa già che ci sono arrivata, è stato lui a condurmi su questa strada.
Orgoglioso del risultato ottenuto, il ragazzo va avanti.

- Sarà lo stesso in arena. – spiega lentamente – Tutti contro tutti. Non ucciderai i tuoi amici, Hermione, ucciderai i tuoi aguzzini. Io farò il possibile per aiutarti ma non posso entrare nell’arena al tuo posto, il difficile spetterà a te.

- Non voglio farlo. Non voglio ammazzare.

- Non hai alternativa, non uscirai viva da quell’arena se non uccidi a tua volta!

- Conosco quelle persone! Siamo compagni di scuola!

- E pensi che questo significherà qualcosa quando avrete le armi in mano? Nessuno si curerà del fatto che gli hai prestato i tuoi appunti di Antiche Rune là dentro, penseranno a farti fuori, e tu dovrai fare lo stesso.

- E’ sbagliato…

- E’ l’unico modo per salvarti, sbagliato sarebbe non provarci nemmeno.

- Io e te abbiamo sempre avuto pareri diversi su un sacco di cose. Io non sono un mangiamorte, Draco, per me sbagliato è uccidere una ragazzina di dodici anni costretta a muovermi le armi contro solo perché i nostri nomi sono stati tirati fuori da una stupida urna. Non intendo uccidere nessuna di quelle persone.

- Sei una sciocca!

- Ma non un’assassina!

- Beh, in questo caso, - dice alzandosi arrabbiato dal divano – credo che noi due non abbiamo più nulla da dirci.

Raggiunge la porta con passi veloci, lasciandomi sola, mette la mano sul pomello dorato.

- Draco. – lo chiamo io, con un filo di voce.

- Che altro c’è? – domanda scocciato.

- Io non voglio morire.

Queste sole quattro parole bastano a sciogliere totalmente la sua espressione di disgusto, a trasformarla in compassione, e così torna veloce da me, mi si risiede accanto e mi accoglie fra le sue braccia, perché sono riscoppiata a piangere.

- E’ già un inizio, è già un inizio. – commenta – Posso salvarti se collaboriamo.

- Il fatto che non sono pronta per morire non vuol dire che lo sia per uccidere. – lo informo – Non riesco neppure a pensare di dover…

- Le persone cambiano, Hermione. Non mi riferisco a te, mi riferisco ai tuoi compagni. Vedrai dei grandi cambiamenti in questa settimana, le persone si incattiviscono quando sanno di dover morire, combatteranno fino all’ultimo respiro, e voglio che tu faccia lo stesso.

- Non attaccherò per prima.

- Questo è un errore. Ma ci possiamo lavorare.

- Dovresti venirmi incontro.

- Mi sono fatto arruolare fra gli aiuto strateghi per poterti aiutare, ho intenzione di farti avere tutto ciò che desideri in qualità di sponsor, posso darti dei consigli. Non so se te ne sei accorta, Hermione, ma sei già fra le mie braccia, credo che per venirti più incontro dovrei entrarti dentro.

Questa frase mi imbarazza.

Lo so che è solo una metafora, è anche abbastanza ben riuscita, ma mi infastidisce lo stesso, e così mi scosto dal suo petto, asciugandomi le lacrime.

Lui sembra tranquillo.

- Che cosa devo fare? – domando.

- Vivere, suppongo. – si limita a rispondermi – Ed uccidere, quando verrà il momento. Pensi di poterlo fare, - dice prendendo il mio viso fra le mani – Hermione?

Stacco gli occhi dai suoi, li abbasso.

- Sì, credo di sì.

- Allora va bene, - afferma felice – allora siamo una squadra io e te, un’ottima squadra.

Gli sorrido a mia volta, non per contentezza, non so perché lo faccio, è come se lui fosse l’unico salvagente a mia disposizione nell’oceano di lacrime in cui sto annegando.

- Un’altra visita! – ci comunica la voce di uno dei due Pacificatori al di fuori della porta sigillata.

- Ora devo andare, - dice Draco alzandosi in piedi, mentre io mi alzo con lui – Credo che sia Weasley, stava facendo un bel po’ di casino quando sono arrivato, oltre a suo fratello voleva vedere anche te, forse è riuscito a convincerli. Ci terremo in contatto; tutti sanno che ci detestiamo, penseranno che io voglia prendermi gioco di te, stuzzicarti un po’, mi è concesso.

- Cercherò di seguire i tuoi consigli. – dico mentre lui si incammina verso la porta.

- Non dubito che lo farai. – risponde sorridente.

Mette di nuovo la mano sul pomello della porta, ma io lo chiamo di nuovo.

- Draco! – esclamo.

- Sì? – risponde girandosi nuovamente verso di me.

- Perché io? – domando – Perché andarti a cacciare in un casino simile solo per salvare me?

Non mi risponde. Stacca la mano dal pomello, mi si avvicina con passi veloci e poi…

È già successo, senza che io potessi fermarlo, o prevederlo, le sue labbra si stanno appena staccando dalle mie.

Si è portato dinnanzi a me con passi veloci, non mi sono neppure resa conto che era già arrivato a raggiungermi. Ha preso il mio viso fra le mani e mi ha baciata. Baciata. Baciata. Prima che io potessi opporre resistenza, prima che mi rendessi conto di cosa stesse accadendo, baciata.

Sono sconvolta, mi chiedo se questo trapeli dal mio viso, mi chiedo che aspetto io possa avere adesso.

- Tu uscirai viva da quell’arena, Hermione Granger, – dice appena il bacio finisce, senza staccare le mani dal mio viso – ed allora staremo insieme. È una promessa.

Si stacca nuovamente da me e ritorna alla porta.

Sono di gran lunga troppo sconvolta per riuscire a dire qualcosa, o per fare qualcosa, riesco solo a guardarlo andar via, immobile.

Nel momento in cui la porta si apre, vedo il mio ragazzo in attesa di entrare.

È una cosa davvero molto, molto imbarazzante. E strana.

Lo sguardo di Draco si muove velocemente da Ron a me, mentre io resto immobile sperando che non faccia qualcosa di stupido, senza sapere che cosa aspettarmi.

- Vedrò di farvi avere qualche minuto in più. – dice poi il Serpeverde, prima di varcare la soglia – Con permesso.

Vedo la sua figura scomparire pian piano, mi chiedo, mentre Ron mi guarda con aria interrogativa.

- Che ci faceva qui Malfoy? – domanda non appena entrato, chiudendosi dietro la porta.

- Era venuto a darmi qualche informazione sul gioco, - mento io – penso sia la procedura.

- Capisco.

Senza aspettare che lui muova un altro passo verso di me mi fiondo fra le sue braccia.

Nel momento in cui le sue mani vanno a stringermi cerco un suo bacio, porto le mie labbra sulle sue, baciandolo più intensamente che posso, perché se i Pacificatori dovessero cambiare idea, se il nostro tempo a disposizione prima del previsto, vorrei comunque che questo fosse il mio ultimo bacio, non quello con Draco Malfoy.

- Hermione… - fa lui non appena le nostre labbra si staccano.

- Ti amo, ti amo tantissimo, - rispondo io, di nuovo in lacrime – volevo morire quando è stato estratto il tuo nome, ho avuto paura che… E poi ho pensato che non ti avrebbero permesso di venire, o che non ci sarebbe stato abbastanza tempo, che non ci saremmo mai più rivisti, e poi avevo paura che…

- Va tutto bene, amore, ora sono qui. – dice accogliendomi fra le sue braccia – Ora sono qui.

Mi asciugo le lacrime sulla sua t-shirt ed alzo di nuovo lo sguardo su di lui.

Sorrido.

- Ti va di sederti? – chiedo cercando di non piangere.

- Ok, d’accordo. – risponde lui.

Dopo aver preso la mano, lo conduco verso le poltrone.

Il divanetto è totalmente fuori discussione, al momento non voglio nulla che possa ricordarmi la precedente visita di Malfoy.

Aspetto che lui scelga su quale poltrona sedersi e poi mi sistemo a cavalcioni sulle sue gambe.

Non ho la minima intenzione di staccare il mio corpo dal suo.

- Vuoi da bere? – domando alludendo alla brocca d’acqua o alla teiera.

- Sono a posto. – risponde.

- Io ne ho bisogno. – commento.

Mi verso dell’acqua calda in una tazzina dai colori pastello e lascio che del tè allo zenzero gli si sciolga dentro.
Il liquido è bollente, e mi pizzica la lingua, ma lo mando giù in fretta.

Offro un sorso a Ron, che lo accetta volentieri, poi sfila la tazza dalle mie mani, per riposarla sul piccolo tavolo.

- Come ti senti? – mi chiede.

- Meglio, ora che ci sei, – rispondo – ma a pezzi.

- Oh, beh, questo mi sembra più naturale di quello che fa George, - risponde Ron – lui è tutto contento, tutto tranquillo…

Perfetto, George era proprio uno di quegli argomenti che avrei evitato volentieri. Lascio a voi indovinare il secondo.

- Mi ha detto di avere un’idea, un piano. – rispondo – Non ho idea di quel che volesse dire.

- Non parliamo di lui, - propone Ron – vista la situazione sarebbe…

- Fuori luogo. – concludo io, - E’ esattamente quello che stavo pensando.

Rimaniamo un attimo in silenzio tutti e due, a guardarci. Mi stringo più forte fra le sue braccia.

- Sai, - dice – credo che tu possa farcela.

- A quanto pare è un’opinione condivisa… – commento – Io non ne sono così sicura.

- Sai fare un sacco di cose tu, sei intelligente, dovresti riuscire a sopravvivere a lungo, sempre che qualcuno non provi ad ucciderti, è chiaro.

- Ventitré persone proveranno ad uccidermi, Ron, - rispondo io – il gioco si basa su questo.

- Giusto. – fa in tono imbarazzato – Scusa.

Silenzio, di nuovo.

- Tu cosa pensi di fare? – mi chiede poi lui.

- Non lo so, - rispondo – restare in vita, probabilmente, ma sull’uccidere ho ancora le mie riserve.

- Non ti ci vedo come assassina. – commenta.

- Spero davvero che tu non debba vedermici mai.

Silenzio. Ancora.

- Non capisco davvero perché io non riesca a parlare. – commento – Avrei così tante cose da dirti, questo potrebbe essere l’ultimo giorno che ti stringo fra le mie braccia.

- Non lo sarà. – mi promette – Tu puoi vincere.

- No, non posso, nemmeno con tutto l’aiuto del mondo, non posso uccidere viva da lì, non sono abbastanza forte.

- Hermione, - dice lui prendendomi il viso fra le mani – tu sei la persona più forte che io abbia mai conosciuto.

Lo guardo negli occhi. Io amo il mio ragazzo da morire, e lo amo perché è una persona stupenda. Le sue parole non fanno altro che ricordarmelo.

- In questi sette anni, – continua Ron – ne abbiamo passate davvero di tutti i colori noi, con Harry, intendo. Se non ci fossi stata tu, Hermione, non ce l’avremmo mai fatta. Non avremmo mai saputo chi fosse Nicolas Flamen, o notato la botola, o risolto la sciarada di Piton. Non avremmo mai saputo di trovarci dinnanzi ad un basilisco, né tutte le informazioni che siamo riusciti a racimolare da Draco Malfoy sull’erede Serpeverde. Non saremmo mai riusciti a salvare Sirius, né Fierobecco. Non avremmo mai saputo che la Skeeter era una cimice. Probabilmente l’E.S. non sarebbe mai nato e non saremmo mai riusciti a scappare dall’ufficio della Umbridge. Non avremmo mai…

- Penso di aver afferrato il punto. – commento.

- Hai già affrontato situazioni peggiori, Hermione, cose che la metà dei tributi neppure immagina: sei dieci passi avanti a tutti.

- Se ci fosse un burrone, ed io fossi dieci passi avanti a tutti, probabilmente sarei la prima a cadere. – commento.

- E questo che vuol dire? – mi chiede.

- Non ne ho la minima idea, - rispondo – non è importante.

Silenzio. Per l’ennesima volta.

- Ron? – chiamo io.

- Sì? – risponde.

- Credo di voler fare l’amore con te.

L’ho detto. L’ho detto.

Non pensavo che ce l’avrei fatta, non in questa situazione, eppure l’ho detto.

Sono fiera di me.

- Cosa?! – domanda lui stupito.

- Voglio fare l’amore con te.

- Adesso? – chiede.

- Potremmo non avere più altre occasioni.

Non credo di poterlo spiegare meglio di così. Questa potrebbe con molte probabilità essere l’ultima volta che vedo il mio ragazzo. E voglio fare l’amore con lui.

Non l’ho mai desiderato come in questo momento.

Le mie labbra scendono a baciarlo sulla bocca, mentre le sue mani si stringono sulla mia schiena.

Sappiamo entrambi di avere poco tempo.

Senza perdere tempo faccio scendere la zip dei suoi jeans, mentre lui porta una delle mani sotto la mia gonna.
Il fatto che io sia già sulle sue gambe aiuta.

Mi fa scivolare via lo slip, mentre io estraggo il suo membro.

Lascio scivolare il suo corpo dentro il mio, gemendo di piacere, mentre entrambi cominciamo a muoverci a ritmo regolare l’uno contro l’altra.

Il suo respiro affannoso si unisce al mio, sembra quasi che a gemere sia una sola persona.

Vorrei avere il tempo di togliere la camicetta, di lasciare che il mio ragazzo mi accarezzi i seni, vorrei poterlo spogliare, portare le mani sul suo petto muscoloso. Suppongo che lui vorrebbe fare la stessa cosa, lo capisco da come affonda la testa nel mio seno.

Quel che facciamo, invece, è continuare ad assecondare l’una i movimenti dell’altro, provocandoci a vicenda piccole grandi ondate di piacere, piccoli grandi gemiti.

Veniamo l’uno nell’altra, quasi contemporaneamente, ma io non lo lascio andare, e lui non sembra avere nessunissima voglia di staccarsi da me.

Rimaniamo l’uno nell’altra, sudati e ansimanti fino a che ci è concesso, senza parlare, senza separarci.
Voglio godere ogni istante che mi rimane con lui.

La voce fredda e spietata di uno dei Pacificatori all’esterno della stanza ci comunica che il tempo a nostra disposizione sta per scadere.

- Ti amo. – dico staccandomi da lui – Io ti amo.

- Non morire, ti prego. - risponde con le lacrime agli occhi.

I Pacificatori hanno già aperto la porta, ci stanno separando l’uno dall’altra, lo stanno trascinando fuori. Stiamo entrambi piangendo.

- Io ti amo! – grido prima che lo facciano uscire dalla mia stanza – E nulla potrà mai cambiare questo! Nulla!

Leggo sulle sue labbra un “Ti amo” di rimando, mentre la porta viene chiusa sulle nostre lacrime.

Sola. Di nuovo. E fra un momento verranno a prendermi.

Mi lascio scivolare sul pavimento, appoggio la schiena contro la porta.

Amo il mio ragazzo.

Il mio ragazzo mi ama.

Amo il mio ragazzo.

Come sembra lontana adesso, quasi inverosimile, quasi immaginaria quell’assurda visiti di Draco Malfoy. Forse è stata solo un’allucinazione, solo un sogno. Sì, dovevo essermi addormentata.

Mi alzo da terra, percorro la stanza, prendo un bicchier d’acqua.

Se è stato solo un sogno, mi domando, come fa ad esserci un fazzoletto con le iniziali D ed M abbandonato sopra il divano?

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*Angolo Autrice*

Ciao!! 17 recensioni in tipo quattro giorni, voi vi state superando!
Mi date un sacco di soddisfazioni, ed è per questo che aggiorno così in fretta.,
Come dicevo, sono convinta che questo capitolo abbia fatto saltare i nervi a un sacco di persone, ma è la mia storia, quindi niente polemiche, ed Hermione non è una traditrice!
Comunque, per chi voleva il ritorno del personaggio di Draco, ecco fatto, per chi voleva un momento Romione, ecco fatto, alla faccia della par condicio.
Per rispondere ad alcuni punti che mi sono stati fatti più volte notare in varie recensioni, la volgarità di Hermione è portata dal fatto che quello che scrivo sono i suoi pensieri, non le sue parole.
Si può essere perfettamente educati anche se si pensa di mandare il mondo affanculo.
Per quanto riguarda il simpatico gioco a premi "indovina il volontario" sì, l'ambiguità con Draco era voluta. Come ha detto una ragazza, però, tutta quella storia sul fatto che George era ancora uno studente di Hogwarts non avrebbe avuto senso che in funzione di questo.
Poi c'è chi si compiace dell'introspezione e chi la trova noiosa. Io posso solo dire che sarebbe stato tremendo buttare lì i nomi dei partecipanti senza spendere qualche parola su di loro, perchè credo che a nessuno di loro Hermione sarebbe rimasta indifferente. Mi spiace se la cosa vi ha annoiati.
Quanto al povero George, ha un piano, lasciatelo fare!
Quanto alla presenza di Ginny o alla possibilità che Hermione si proponesse volontaria al suo posto la risposta è ASSOLUTAMENTE NO, non voglio una seconda Katniss Everdeen, sarebbe ben poco originale e molto deludente a mio parere,
Manca qualcosa???
Boh, in caso vedrò di rimediare nel prossimo capitolo.
Ed ora lasciamo spazio alla mia fantastica
INIZIATIVA INTERATTIVA!
Allora, l'idea è questa:

Fra un po' di capitoli ci sarà la sfilata dei tributi. Verranno presentati tre stilisti: Savannah, Rupert e Melena, rispettivamente Tassorosso, Corvonero e Grifondoro. Questo perchè nelle fan fiction di HG che ho letto fin ora era molto difficile trovare una stilista donna e volevo variare un po'. Ho perfettamente idea del vestito di Hermione (anche se temo farà discutere abbastanza), ma ho pensato che sarebbe stata un'ottima idea mettere in palio gli altri.Chiunque avesse voglia di recensire la storia può infatti scegliere un personaggio fra i miei tributi (esclusa Hermione e tutti i Tassorosso), ed ideare il suo costume. Ci sono solo 9 semplici regole da rispettare (volevo che fossero 24 come i tributi ma non ce l'ho fatta xD)

  1. Per prenotare qualsiasi personaggio basta comunicarmelo nella recensione, ci accorderemo in seguito via e-mail sui dettagli del vestito.
  2. Per favore, prima di prendervi un personaggio controllate fra le recensioni già ricevute per accertarvi che non sia già stato scelto da qualcun altro (chi tardi arriva male alloggia).
  3. Ciò che accomuna i costumi dei tributi della stessa casata sono i colori, quindi Corvonero può variare su tutte le sfumature di nero e blu (no, non è un romanzo erotico -.-'), e Grifondoro su quelli di rosso ed oro.
  4. Ogni tipo di nudo è assolutamente vietato. Non sono una bacchettona, ma non voglio neppure un petto maschile scoperto, ok? E niente body painting.
  5. I tassorosso non sono in palio, non voglio più riparlarne, ok?
  6. Avrei voluto non anticiparvelo ma sono costretta, le Patil saranno vestite uguali con colori diversi, quindi chi sceglie una prende anche l'altra.
  7. Tutti gli abiti che ideerete verranno inseriti nel capitolo della sfilata. Potrò descrivere io l'entrata in scena dei vostri beniamini o potrete farlo voi, a voi la scelta (ogni persona sceglie per sè).
  8. Appena avrete scelto un personaggio verrà fornita dalla sottoscritta un'idea dell'attore che a mio parere dovrebbe interpretarlo, così potrete regolarvi di conseguenza.
  9. Vorrei essere comunque consultata per quanto riguarda la progettazione dell'abito, essere messa al corrente di come procede il lavoro, delle vostre scelte eccetera, dato anche che per alcuni dei personaggi lascerò una traccia qui sotto (sono comunque delle TRACCE, quindi, fatta eccezione con le persone con la scritta SPOILER, potete comunque scegliere di mandarmi a quel paese e fare di testa vostra.
  • Cho Chang: è la bella di turno, quindi vorrei si puntasse su questo, magari con un bel vestito alla principessa, nulla di asiatico.
  • Roger Davies: per chi non lo avesse capito è il mio omaggio a Finnick Odair, comportatevi di conseguenza.
  • George Weasley: SPOILER, contattarmi privatamente.
  • Neville Paciock: SPOILER, contattarmi privatamente.
  • Calì e Padma Patil: indian style ben accetto, non chè desiderato.
  • Luna Lovegood: non mi sembra il caso di metterle indosso la testa di leone in cartapesta, ma per il resto sbizzarritevi!
  • Natalie McDonald: è la più giovane fra i tributi, praticamente una bambina, vi ricorda qualcuno?
  • Katie Bell, è un personaggio sfortunato a detta della Rowling, se può succedere qualcosa di male accadrà a lei (per questo l'ho estratta per prima), non disdegnerei un intoppo nel suo abito.
  • Anthony Goldstein: è il corvonero perfetto, ma a mio parere i suoi modi sono un po' costruiti, dateci dentro!
  • Seamus Finnigan: è irlandese!

Mi auguro una affluente partecipazione, non deludetemi, vi prego. Baci. Giulia.
 

 

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Capitolo 4
*** Quattro, innocue, scommesse. ***


Quattro, innocue, scommesse.




Non mi sono mai dispiaciuti i treni.

Già, quel lento andare, i sobbalzi leggeri, il paesaggio che svanisce e riappare dal finestrino… Persino i sedili scomodi mi hanno sempre divertito.

Forse perché il primo treno della mia vita l’ho preso ad undici anni, dopo essere corsa contro un binario, e nel treno c’era una vecchia signora con un zuccheroso carrello di dolciumi, ed un ragazzino imbranato che perse una rana. No, no, era un rospo.

Sì, l’Espresso per Hogwarts fu il primo treno della mia vita, e fu un’ottima prima volta.

Questo treno invece, proprio non riesco a farmelo piacere.

È alquanto corto, con sole quattro carrozze. Nella prima ci sono dieci studenti Serpeverde selezionati come aiuto strateghi, vale a dire Tracey Davis, Gregory Goyle, Pansy Parkinson, Graham Pritchard, Theodore Nott, Millicent Bulstrode, Blaise Zabini, Edmund Harper, Draco Malfoy e Marcus Flint. Quest’ultimo in realtà sarebbe già bello che diplomato, anche se ha ripetuto un anno, ma ha chiesto così insistentemente a Vossignoria di essere ammesso che alla fine Voldemort gli ha concesso questo immenso privilegio, così è stato aggiunto insieme a Draco all’ultimo momento, per tappare due buchi lasciati vuoti da altrettante improvvise dimissioni. Al loro posto infatti, secondo gli accordi, avrebbero dovuto esserci le sorelle Greengrass, ma le suddette hanno comunicato la loro intenzione di ritirarsi subito dopo la mietitura, così sono state prontamente sostituite. Appresa la notizia delle loro dimissioni, non ho potuto fare a meno di ricordare al volto di Daphne alla chiamata della seconda delle Patil…

Tornando alle carrozze del treno, comunque, nella seconda stanno gli otto Corvonero accompagnati dal professor Vitious, nella terza i Tassorosso con Pomona Sprite, e nell’ultima noi Grifondoro, con la professoressa McGranit.

Il treno è molto più lussuoso dell’Espresso per Hogwarts, o almeno la nostra carrozza lo è.

Ci sono nove confortevoli cuccette, due bagni belli grandi, uno per le signore ed uno per i signori, una piccola area ristorante e degli elfi domestici passano di continuo per chiederci se abbiamo bisogno di qualcosa.

Il C.R.E.P.A. è morto da un pezzo.

Diciamo che fra la galera e tutto non ho più avuto tempo materiale per occuparmene, oltre ad aver rivoluzionato la mia opinione su di loro.

Non sono mai stata una serva, eppure questa estate ho sperimentato un sacco di esperienze nuove, come la prigionia, e la dittatura.

La mia libertà è stata praticamente impiccata, ho dovuto lottare giorno per giorno per preservare quel piccolo brandello che ne rimaneva, con tutte le mie forze, fino a che, quest’oggi, non mi è stato portato via del tutto.

Mi sono resa conto così che chi sceglie di non lottare per la propria libertà, probabilmente non la merita. Non sono più disposta a farmi in quattro per chi non vuole il mio aiuto, quindi fine della storia.

Al centro del vagone c’è un’area relax, con dei divanetti morbidi ed un tavolo.

Ci sono alcune copie della Gazzetta del Profeta dalle quali Rita Skeeter ammicca estasiata per la sua ultima promozione a presentatrice ufficiale degli Hunger Games.

È straordinario come questi giochi abbiano la virtù di farmi odiare ancora di più persone che già prima non riuscivo a sopportare.

Sono nella mia cuccetta, siamo ognuno nella propria a dire il vero.

Appena entrata mi sono spogliata dalla mia camicetta verde e la mia gonna per indossare degli abiti puliti.

Ho provato  a leggere qualcosa, per distrarmi, ma le parole mi si intrecciavano nella mente per poi svanire nel giro di pochi secondi, e così ho smesso.

Al momento sono distesa sul letto, con le braccia conserte, e non riesco a chiudere occhio.

Forse è per l’ansia, forse per le urla della discussione fra i nostri insegnanti ed i Pacificatori che giungono fino a noi.

Appena saliti sul treno, la professoressa McGranit, Vitious e la Sprite si sono consultati, e poi ci hanno informati che sarebbero andati dai Pacificatori a richiedere, o meglio ad esigere, che agli studenti di diverse case fosse permesso di poter stare insieme, se solo lo avessero desiderato. Ci hanno detto di pazientare un momento, che tutto si sarebbe sistemato per il meglio.

Sono più di due ore che il treno è partito ora mai, e non hanno fatto ancora fatto ritorno.

Li si sente discutere animatamente anche dalle nostre cuccette, non fra di loro, ovviamente, ma contro i Pacificatori, che a quanto pare non hanno proprio intenzione di vederci riuniti.

Mi metto un cuscino sulla testa per tentar di ovattare il suono delle loro urla, ma nulla.

Non so neppure che cosa sperare.

Sì, probabilmente vorrei rivedere i miei compagni, insomma, riabbracciare Luna, ad esempio, e penso che la cosa andrebbe anche a beneficio dei miei compagni, prime fra tutte le Patil.

D’altra parte, però, probabilmente riavvicinarmi a loro mi farebbe solo più male.

So che è assurdo, ma visto che fra poco più di una settimana sarò costretta a lottare contro di loro, francamente sento che vorrei rivederli il meno possibile.

Forse sarebbe meglio se restassi rinchiusa in questa cuccetta in eterno, da sola, senza incontrare nessuno dei miei compagni, concentrarmi su quanto odio ciascuno di loro, per aver la forza sufficiente per ucciderli una volta in arena.

Mi fa male la testa.

Mi chiedo che cosa gli altri stiano pensando, se abbiano voglia di rivedermi o no, che cosa ne pensino su tutta la faccenda di uccidermi ed ucciderci, mi chiedo se sono la sola a non riuscire a darsi pace.

Mentre io mi perdo in questi ed in altri tremendi pensieri, sento dei secondi rumori giungere dal corridoio adiacente la mia cuccetta.

Passi, bisbigli, altro ancora, mi vien quasi da chiedermi se i miei compagni non abbiano trovato una scappatoia, una sorta di via di fuga, così indosso in un momento le scarpe ed esco dal mio scomparto.
Noto che anche altri miei compagni sono usciti per il tanto trambusto, mentre Ritchie, George e Seamus sono già seduti nell’area relax, ed al momento ci guardano con aria interrogativa.
Credo che siano stati loro tre la causa di tanto rumore.

- Salve! – fa George muovendo la mano in nostra direzione – Il vostro arrivo non era previsto, volete unirvi a noi?

- Che cosa state facendo? – chiede Neville verso di loro.

Io, Katie, Calì e Natalie lo seguiamo, incuriosite. Ci sediamo anche su divanetti e poltrone, mentre Seamus ci sventola davanti un foglio di carta.

- Scommettiamo, - risponde – volete unirvi anche voi?

- Scommettete? – domando accigliata – E su cosa?

- Su cosa quel simpaticone di Lestrange avrà la brillante idea di sguinzagliarci contro in arena. – spiega noi George – Ad esempio, Seamus pensa che ci saranno sicuramente dei troll, ma per me è assurdo, e le sirene sono le più quotate, in caso ci sia un fiume, un lago o qualcosa di simile. Quanto a i draghi, beh non credo che ci sia da preoccuparsi dato che Charlie mi ha assicurato che nessun prelievo è stato fatto dalle loro mandrie in Romania, ed i loro giacimenti sono di gran lunga i più capienti ed i più vicini. Che ne pensate dei mollicci? Potrebbero fare la muffa sotto un sasso, o in un antro scuro, no?

- Non è divertente. – rispondo seccata – E dovreste moderare le vostre parole: state terrorizzando la bambina.

Natalie per l’appunto, ha sul volto dipinta un’espressione di palese terrore fin da quando questi tre idioti hanno cominciato a parlare di mostruose creature.

- La bambina ha dodici anni, Hermione. – commenta seccato George – Tu alla sua età avevi già affrontato un troll di montagna ed un cane a tre teste, quindi piantala. Allora, volete scommettere o no? – domanda facendo tintinnare una sacchetta rossa contenente probabilmente il loro denaro.

- Galeoni sonanti, - spiega Ritchie – ed i prezzi sono onesti.

- E’ ridicolo. – commento.

- Perché? – domanda Seamus – Se le serpi scommettono non capisco proprio perché mai non dovremmo farlo anche noi!

- Forse perché loro non stanno per essere mandati a morire! – commento io.

La situazione ha un ché fra il patetico e l’irritabile, so solo che al momento vorrei prenderli a schiaffi tutti e tre, e ritornare nella mia cabina.

- Calma, Hermione. – fa George – Nessuno ti sta imponendo di scommettere, e poi questi soldi servono per la gara.

- Davvero? – domando sarcastica io – E come farete ad incassare le vostre vincite seppur ci saranno, quando saremo tutti morti?

- Ora la stai spaventando tu la bambina, Hermione, - continua il rosso – e comunque non porteremo quei soldi con noi nell’arena. Li affideremo ad un garante, uno sponsor, e lui farà in modo di farli arrivare sotto forma di dono a colui che avrà vinto le nostre scommesse. A mio parere, - conclude infine – dovreste puntare.

- A mio parere dovreste farvi curare. – gli faccio eco io alzandomi in piedi – Fammi capire, - continuo – questa pagliacciata farebbe parte del piano?

- Non è una pagliacciata! – ribatte Ritchie. – Abbiamo già raccolto trentacinque galeoni!

- Non credo che sia sufficiente come cifra. – commenta Calì, - I miei dicono che solo i maghi più ricchi potranno permettersi di fare da sponsor, loro infatti…

- E’ per questo che vi stiamo chiedendo di partecipare, - fa Seamus – più siamo, più soldi accumuliamo.

- Tanto che avete da perdere? – domanda George – Anche se ci dice male fra una settimana saremo tutti morti!

Penso di essere lì lì per picchiarlo, quando la porta della nostra carrozza si apre ed appare la McGranit. Sembra esausta, esaurita.

- Noi insegnanti abbiamo ottenuto che a voi studenti di differenti case fosse concesso di stare insieme durante tutto il tragitto. – ci comunica fieramente – A tutti voi sarà concesso di muovervi liberamente in tutto il treno. Fatta eccezione per la prima carrozza. Mi auguro che vorrete approfittare di questa occasione.

Questo basta a farmi tornare il buon umore.

Se c’è stato un momento in cui ho dubitato della bontà di questa iniziativa ora neppure lo ricordo, e mi accalco così come i miei compagni, verso la via di uscita dalla nostra carrozza.

Ci accalchiamo tutti e sedici nella carrozza Tassorosso, che è quella centrale, mentre gli insegnanti si dirigono nella nostra, per stare un poco in pace.

Vedo le Patil correre ad abbracciarsi, Seamus sta scambiando qualche parola con il suo amico irlandese, credo che George stia proponendo le sue scommesse a qualcuno.

- Hermione! – dice Luna venendomi incontro.

- Luna! – faccio accogliendola fra le mie braccia.

Dopo Draco, e Ron, questo è il primo abbraccio da quando sono stata dichiarata tributo.

Visti i precedenti, non mi stupirei se ci scappasse un bacio anche con lei alla fine, e non escluderei dell’ottimo sesso. Può sembrare strano, ma al momento l’idea di sesso acrobatico con Luna Lovegood mi suona davvero molto meno strana del bacio con Malfoy.

Ok, non è carino fare pensieri saffici su una persona che al momento sta cercando di dirmi qualcosa, torniamo al presente.

- Non volevo che fossi tu. – sta dicendo Luna – O Ron, o Neville, appena sono stata chiamata ho incrociato le dita che i prossimi non foste voi. Sono contenta che Ginny non sia stata chiamata, e poi George è stato molto, molto coraggioso a proporsi per suo fratello; non voglio neppure immaginare che tortura abnorme sarebbe stato per te e lui dovervi affrontare.

- Non mi fa più piacere dover affrontare te, Luna. – rispondo io – Questo meccanismo, questi giochi, sono quanto di più disgustoso, quanto di più orribile possa mai esser scaturito da una menta malata, sono…

- Perfetti. – conclude Luna, lasciandomi spiazzata – Questi giochi, sono perfetti.

Io sono saccente. E logorroica. Di solito è alquanto difficile farmi star zitta, eppure Luna Lovegood, in questo momento, mi ha totalmente lasciata senza parole.

Perfetti? Perfetti? Ventiquattro ragazzi di diciannove anni massimo costretti ad uccidersi a vicenda solo perché uno soltanto possa sopravvivere.

Io sono saccente. E logorroica. E, adesso, spiazzata.

- Non capisci, Hermione, - continua la bionda – la bellezza e la genialità di questi giochi? Davvero? Tu pensa, Hermione, immagina: non sarebbe stato più facile, forse, prelevare semplicemente ventiquattro di noi ed ucciderli dinnanzi all’intera popolazione? Hanno il potere per farlo, la forza per farlo, la crudeltà per farlo, ed allora perché spendere tempo, e risorse, ed energie e denaro nel costruire una cosa come questa? Perché lasciare uno di noi in vita? Perché perdonarlo?

- Perché Voldemort è malato, ecco perché. – rispondo – E’ uno psicopatico, un pazzo criminale che si diverte a veder friggere la gente nel suo stesso dolore, perché lui è…

- Un genio. – conclude Luna – Crudele, sì, ma un genio. Pensaci, Hermione, per quanto siano diventati potenti, per quanto forti credano di essere, noi siamo di più. Deboli, sconfitti, ma tanti, Hermione, tanti, questo è il motivo perché al concludersi della battaglia non ci uccisero tutti. Tanti, troppi, ucciderci tutti sarebbe significato mandare il mondo magico in una crisi demografica senza precedenti, dovevano mantenerci in vita per forza, per preservare la stirpe, perché se i maghi non avessero avuto altri maghi con cui unirsi allora la razza prediletta al potere non avrebbe altra possibilità che mescolarsi con quella babbana, e loro non potevano permetterlo. Ecco perché tu sei in vita, Hermione Granger, ecco perché tutti siamo ancora in vita.

- Questo non c’entra con gli Hunger Games. – obbietto io.

- Oh sì, invece, - risponde lei – è questo il senso dei giochi. Te l’ho detto, Hermione, siamo tanti. È il motivo per cui non ci hanno uccisi, ma è anche lo stesso per cui non possono tenerci in vita. Siamo troppi. Pensa anche solo ad Hogwarts, pensa alle case, Serpeverde è l’unica che riescono almeno in parte a controllare, ed anche lì ci sono segni di cedimento, come le Greengrass…

Come Malfoy, penso io.

- Tutte le altre case, - continua Luna – voi, e noi, e i Tassorosso, se guardi i numeri vedrai che quasi tutti eravamo la resistenza, se solo Severus Piton rispuntasse adesso, con una spada in mano, avrebbe al suo seguito il più grande esercito che l’Oscuro Signore potrebbe mai immaginare: noi, gli sconfitti. Siamo più di loro, siamo troppi. E, se non possono ucciderci, quale modo migliore di questo per impedirci di unirci. Da soli non si fa la rivoluzione, Hermione Granger, da soli non si è resistenza. Ma se tu colpisci il popolo nei suoi figli, in ciò che c’è di più delicato, di più importante, spezzi queste unioni sul nascere, le tronchi sul netto, le uccidi. Non puoi fraternizzare con un Corvonero o un Tassorosso, Hermione, perché sai che prima o poi potrebbero ucciderti, non puoi neppure contare su quelli della tua stessa casa. Colpiscono noi giovani perché i nostri i genitori siano infervorati dalla nostra lotta, colpiscono noi giovani perché dovremmo essere noi l’anima della nuova ribellione. Se colpissero i grandi, se li mandassero ad ammazzarsi a vicenda, noi avremmo la forza di reinventarci, di sollevarci, di combattere, ma i nostri genitori non possono fare nulla se in campo ci siamo noi. Ci colpiscono fin da bambini, deformando i nostri pensieri, ricordi quando Harry ci disse che l’amicizia sarebbe stata la nostra più grande arma contro Lord Voldemort? Ecco, con questi giochi lui ci ha tolto i proiettili, quel valore scomparirà nel giro di uno, due, tre anni, perché tutti sapranno che può essere il tuo compagno di stanza, o il ragazzo che un giorno ti ha offerto la merenda, o quelli che trovi simpatico, ad ucciderti. L’amicizia morirà così, immagino. Lui è geniale, Hermione. Non può ucciderci, ma ci divide, ci impedisce di combatterlo. Mi chiedo davvero che cosa avremmo fatto noi se solo avessimo vinto…

- Di che cosa stai parlando? – chiedo – Noi non avremmo mai… Harry non avrebbe mai permesso… Noi non…

- Ah no, Hermione? – fa lei, noto una leggera punta di sarcasmo nella sua voce – Ne sei sicura? Perché, pensaci, è un ottimo modo. Uccidi solo lo stretto indispensabile, la creme de la creme, non ti sporchi neppure le mani, lasci che i tuoi nemici si annientino a vicenda, uccidendo la speranza quando sono ancora giovani, non hai più opposizioni. Hai vinto. Credi che Harry non lo avrebbe fatto? Credi che tu non lo avresti fatto? Ne sei sicura?

- Mai, Luna. – scandisco io – Mai.

- Ed allora avreste perso una grande occasione, – commenta Luna – avreste mandato in fumo un piano geniale. È per questo che uno resta in vita, Hermione Granger, perché se prendessero ventiquattro giovani a caso mandandoli ad ammazzare il popolo si solleverebbe, loro stessi insorgerebbero, ma così… Nessuno può far niente contro questi giochi, Hermione, capisci? Nessuno di noi andrà contro di loro perché una sporca insana speranza ci porta a pensare di poter essere noi il sopravvissuto, perché qualunque mago o strega avrà un famigliare o un amico là dentro e spererà fino alla fine che a vincere sia lui. Hanno vinto, perché noi ci illudiamo ancora di poter vincere, di poter restare in vita. Se solo ci rendessimo conto che siamo solo pedine del loro gioco, solo pezzi di carne per gli avvoltoi, dal vincitore al primo fra i morti, allora, forse, potremmo fare qualcosa. Hai intenzione di uccidere?

- Non lo so, ho avuto pareri contrastanti al riguardo. – commento io – Immagino che, quando verrà il momento…

- Vedi? Non sei diversa da loro. Scegli tu quando è il momento, Hermione Granger, - mi risponde Luna – non illuderti che sarà la situazione a fare il tuo gioco, non sarà l’arena, sarai tu e basta, ucciderai perché vorrai farlo, non perché qualcuno avrà deciso per te. Il fatto che ti mettano una pistola in mano, e la puntino alla mia testa non vuol dire premere il grilletto. Quello dovrai premerlo tu. Quindi ripeto, Hermione Granger, tu ucciderai? Perché io non lo farò.

- Morirai se neppure provi a combattere!

- Possibile, - risponde lei – ma cosa ti porta a credere, Hermione, che la mia vita, o la tua, magari, possano essere il succo del discorso? C’è qualcosa di molto più grande in gioco, Hermione Granger, molto, molto più grande. Questo, - aggiunge volgendo il capo in direzione di George Weasley – non sono la sola ad averlo capito.

Il rosso sta, al momento, nel centro di un circolo di scommesse a cui ha coinvolto a partecipare quasi l’intero treno, e sta facendo una battuta oscena sul “culo moscio” della Umbridge.

- George?!?! – domando io – Oh, sì, bella roba, dice che ha un piano e poi organizza delle scommesse su cosa ci ucciderà lì dentro.

- Credo che ce l’abbia davvero, un piano. – risponde Luna – E penso proprio possa essere buono.

- Sta solo facendo il cretino. – commento.

Luna ride, e mi guarda con aria di sfida.

- Vuoi scommettere?

Non ho ancora finito di metabolizzare la frase che una Hannah Abbott raggiante ci raggiunge insieme al suo amico Ernie.

I due tengono testa a un bel coro di gente, a quanto pare la seduta scommesse è stata tolta, ed ora sono tutti qui. C’è anche George, e credo proprio che non avanti lui a causa della precedente reazione della sottoscritta.

- Ok, - faccio – che succede?

- Succede, - risponde la Abbott sorridendo – che abbiamo pensato che magari anche i nostri cari amichetti Serpeverde sarebbero contenti di stare insieme a noi. La loro carrozza è solo ad un vagone di distanza da qui, e noi possiamo muoverci liberamente.

- Non ci faranno mai entrare. – dico.

- Vero, - commenta lei, sorridendo – ma questo non significa che non possiamo dar loro una bella sbatacchiata! Scommettiamo che si cagano sotto dalla paura?

Già, penso, non è che io sia troppo in vena di scommesse quest’oggi…

Ma un attacco alla carrozza dei Serpeverde è qualcosa di troppo succulento perché una come me possa tirarsi indietro.

No, questa non me la voglio davvero, davvero perdere.

Luna sta ridendo, al mio fianco, immagino che anche da parte di lei sia un sì.

Ci dirigiamo tutti insieme, tutti e ventiquattro verso il primo vagone, i nostri insegnanti sono troppo stanchi per starci a controllare, e George manda a quel paese con facilità fin troppo facilità gli elfi domestici, e così arriviamo lì senza problemi.

Le porte vengono blindate non appena cominciamo a battere sui vetri ma più si chiudono dentro più noi diventiamo forti, ed accaniti, i nostri pugni si moltiplicano su quella vetrata, per quanto i Pacificatori ci minaccino, perché tanto ormai non possono più farci nulla, tanto ormai siamo morti.

Più forte, più forte, deve spaccarsi quel maledetto vetro!

Non abbiamo intenzione di far del male a nessuno, non io almeno, vogliamo solo mettergli paura, voglio solo sentire che Luna ha ragione, che noi siamo di più, che noi potremmo batterli.

Ed è così, li vediamo sbiancare sotto i nostri occhi, la Parkinson sta urlando come una cagna, e non ho mai visto Flint così terrorizzato.

Chiamano i Pacificatori, dicono loro di fare qualcosa, piagnucolano, scappano, e noi ce la ridiamo un po’.

Quando i Pacificatori prendono in mano la situazione i nostri insegnanti sono già arrivati, e stanno fingendo di non riuscire a fermarci mentre ci spronano a fare di più, più forte.

In un momento, però, le nostre mani si fermano, le bocche tacciono.

Siamo pietra. In questo momento, siamo pietra.

Davvero carino, fine, di classe, puntare la bacchetta contro chi non ne ha una per difendersi.

Penso debbano averla tolta anche ai miei compagni, visto che qualcuno l’avrebbe usata per difendersi, o per spaccare la porta, a me l’hanno già tolta da un pezzo. No, non voglio parlarne…

Inerme, pietrificata, il mio sguardo intercetta qualcosa che forse sarebbe stato meglio evitare, al di là del vetro.

Draco Malfoy, in piedi, lì dentro, che mi guarda con aria truce.

Scommettiamo che mi sono cacciata nei guai?

 

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*Angolo Autrice*

Ciao Ragazzi!!
Scommetto che questo capitolo non è piaciuto a nessuno!
No, davvero, fa schifo anche a me, tralasciamo. Vi stupirà, ma sarebbe dovuto essere ancora peggio, dato che la parte di Luna nonchè l'assalto al vagone Serpeverde sono state delle aggiunte dell'ultimo minuto. Non piacendomi particolarmente il personaggio di Luna, non avevo pensato di darle poi tanto spazio all'interno della fan fiction, fino a che una ragazza (scusate se non mi ricordo chi), mi ha detto che probabilmente Luna sarebbe stata la prima a comprendere l'intera situazione, così ho messo questo monologo (che sarebbe una ripresa delle parole del presidente Snow a Seneca Crane), vera colonna portante della mia storia, fra le sue labbra. Spero davvero abbiate gradito.
Non smetterò mai di ripeterlo, George ha un piano, non sottovalutatelo.
Quanto ai Serpeverde, diciamo che i "buoni" della loro casata sono rappresentati in questa fan fiction da personaggi tipo le Greengrass (che comunque credo che, salvo citazioni, non compariranno più in questa storia) e, ovviamente, Draco Malfoy. I cattivi, sempre fra gli studenti, intendo, sono rappresentati dai restanti 9 aiuto strateghi, ovviamente con varie sfumature ("cattivo soft" Blaise Zabini, cattivissimo Gregory Goyle, ad esempio).
Per il C.R.E.P.A., beh, penso di essermi espressa abbondantemente, liberi tutti di criticare.
Se volete invece sapere della bacchetta di Hermione dovrete aspettare un po', ma la questione verrà spiegata approfonditamente.
Quanto alle scommesse, a tutte e quattro, intendo, beh, sono spuntate come funghi, una dopo l'altra, e così ho voluto usarle come anelli di congiunzione di un capitolo alquanto vario (la scena delle scommesse vere e proprie, il monologo di Luna, l'assalto al vagone Serpeverde), spero solo che ne sia uscito fuori un qualcosa di gradito.
Che altro dire?
Ah, già, lo scorso capitolo deve aver fatto tipo mezzo schifo a tutti, dato che ho perso un sacco di recensitori. Sono contenta però di averne trovati di nuovi, sperando che non spariscano anche loro col tempo! Allora, come ho già detto in alcune risposte alle recensioni, questa non è propriamente una Romione, nè una Dramione, nè una Geormione, nè una Lunione (e potrei continuare), nè niente di niente. Cioè, è una Romione per il momento, il fatto che Draco provi qualcosa per Hermione non vuol dire che lei debba provare qualcosa per lui, lei è innamoratissima del suo ragazzo. Ovviamente le cose si evolveranno un tantino, leggere per sapere.
Per quanto riguarda l'iniziativa interrattiva, quattro personaggi sono già stati presi, vale a dire Cho Chang, Roger Davies, Neville Paciock e Luna Lovegood, ma ne rimangono ancora un sacco liberi, quindi, per favore, qualcuno li prenda!
Non mi viene in mente altro, quindi per oggi è tutto. Baci. Giulia.


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Capitolo 5
*** Il Totem, Rabastan Lestrange, gli Stilisti, ed un po' di sano gossip! ***


Il Totem, Rabastan Lestrange, gli Stilisti,
ed un po' di sano gossip!

 



Quel che è successo, non appena i Pacificatori ci hanno pietrificati, non è lungo da raccontare.

Ognuno è stato portato nella sua cabina, ed ivi rinchiuso, blindato dall’esterno fino alla fine del viaggio.

Certo, i professori hanno provato e riprovato a protestare, ma, visti i precedenti, non sono riusciti comunque a convincere i Pacificatori a lasciarci stare.

La nostra reclusione non è durata poi molto, comunque, in meno di un’ora eravamo arrivati a destinazione, pronti per affrontare la nostra ultima settimana di vita.

Vista la loro innata cortesia, alcuni i Pacificatori ci hanno portato giù i bagagli, mentre altri di loro ci facevano scendere dal treno, ponendo una barriera invisibile fra di noi e la folla urlante che ci aspettava all’arrivo in stazione.

Non avevo mai visto così tanta gente acclamante in vita mia, neppure ad una partita di Quidditch.

Non capisco perché si protendano verso di noi, perché si accalchino in questo modo scomodo per vederci, non capisco perché cerchino di ottenere un nostro saluto, né perché gridino di gioia nel momento in cui Roger Davies agita ammiccante una mano nella loro direzione.

Probabilmente dovrei farlo anche io. Salutare, intendo. Forse dovrei voltarmi verso di loro e strizzare l’occhio come ha fatto Roger, o come adesso fa Neville, o Anthony, o Zach. Hanno preso quasi tutti a salutare, vedo le mani intrecciate di Ernie ed Hannah che si stagliano verso il cielo, e poi quelle di Seamus, e di Ritchie, e di Malcolm, e poi di Cho e Marietta, e poi di Katie, e Zach. Sono quasi sicura che anche le Patil abbiano cominciato a salutare, così come Susan, e la ragazzina di dodici anni della mia casata.

George tiene le mani in tasca, fischiettando un poco, e sorride di un riso sarcastico in mia direzione. Penso che trovi la scena alquanto divertente, oltre che macabra, è ovvio.

Neppure Luna sorride o saluta.

Cammina un po’ avanti a me, ma si volta spesso in mia direzione, guardandomi con un’espressione intensamente triste.

Nemmeno io riesco a muovermi.

Non che ritenga sbagliato salutare, riconosco che probabilmente sarebbe una buona mossa, e non rimango ferma per protesta, o per una qualche sorta di pseudo ideale, ma semplicemente perché non riesco a muovermi.

È come se tutti intorno a me fosse sfocato, cristallizzato, come se non riuscissi a mettere a fuoco la situazione. È tutto così irreale…

C’è una cosa che mi capita spesso, quando sogno.

Il mio subconscio conduce il gioco, ovviamente, come per tutti, ma, ad un certo punto, mi rendo conto di qualcosa di particolarmente assurdo presente nel sogno, lo riconosco come impossibile, e capisco di essere addormentata. Da lì in poi mi rimane ben poco tempo prima di svegliarmi, è come se al mio subconscio la mia consapevolezza stesse sul cazzo, però in quei pochi momenti riesco a prendere il controllo, il controllo non solo della me stessa dentro al sogno, ma anche di tutto l’ambiente circostante, di modificarlo a mio piacimento, così che ogni mia notturna avventura termina in qualche mondo con un happy ending.

Mia zia Lauren, che ha studiato psicanalisi, dice che è per colpa del mio troppo desiderio di autocontrollo. Chissenefrega, comunque.

Il punto è che, in questo momento, mi sembra come di rivivere uno di quei momenti, mi sembra come di essere giunta nella parte più assurda del sogno, quella in cui realizzo che nulla sta realmente accadendo, quella in cui riprendo il controllo, per poi svegliarmi di lì a poco.

È come se mi stessi rendendo conto che tutto ciò che vedo non può essere vero, che tutto ciò che ho vissuto non c’è mai stato, è come se…

Ma sono sveglia, almeno credo, e sto avanzando.

Nella mia mente, ancora annebbiata cerco di cogliere qualche falla nel sogno, qualcosa che lo smascheri dinnanzi ai miei occhi, svelandolo come tale.

Il punto è che l’esercizio è fin troppo facile. Gli Hunger Games sono la falla, l’assurdo. Io come tributo sono la falla, l’assurdo. Il bacio con Draco Malfoy è la falla, l’assurdo.

L’intera situazione, dall’alfa all’omega si configura nella mia mente come l’impensabile del sogno, il sogno stesso diventa un mostro incomprensibile, ed io mi chiedo perché non riesca ancora a svegliarmi.

Il posto verso il quale ci stanno conducendo, comunque, è la palazzina che per noi è stata ideata.

Riesco a vederla già da qui, è una struttura imbarazzante.

Essa consiste in una specie di totem indiano di sovraumane dimensioni.

Alla base c’è una specie di enorme tocco di marmo scuro al cui interno dovrebbe essere ospitata la hall, o il piano terra, mentre su di esso sta appollaiata la giunonica figura di un corvo ad ali spiegate. È il primo piano, l’appartamento Corvonero. C’è un tasso poi, che si accoccola sulle ali spiegate del corvo, con la coda tendente al cielo, e le zampine arpionate alle piume del corvo. Ovviamente, è l’appartamento Tassorosso, al secondo piano. Dal terzo piano, dalle nostre stanze, ruggisce un grifone Grifondoro, innalzato sulle zampe posteriori, mentre leva quelle anteriori come a saltare all’agguato di un imminente avversario.

È pacchiano. E brutto. E totalmente fuori luogo. E credo che le proporzioni siano sbagliate.

Sì, insomma, in natura un corvo non è grande quanto un tasso né tantomeno quanto un grifone, tanto per essere chiari.

A parte il fatto che voglio capire davvero come siano distribuite le stanze in delle forme assurde come quelle. Che camere potrebbero ospitare quelle ali spiegate? Dei soffitti che si fanno via via sempre più bassi forse? E nel becco? Una cucina affusolata? Idiozie, e pensare che probabilmente saranno stati i soldi delle nostre tasse a finanziare questa stronzata…

Mano a mano che ci avviciniamo, però, intravedo una quarta figura a far da cornice alle altre.

Pacchiano per pacchiano, il quarto elemento del totem rappresenta una marmorea serpe che percorre l’edificio per tutta la sua lunghezza, inerpicandosi come una vite attorno all’abominevole struttura.

È come se la sua figura in qualche modo limitasse il movimento delle altre, come se fosse questa a garantirne l’immobilità, viene quasi da pensare che il corvo volerebbe via, ed il grifone scenderebbe giù con un balzo, se solo non ci fosse quella serpe a imprigionarli, a trattenerli.

No, non mi sento offesa o limitata nelle mie libertà per colpa di uno stupido totem, francamente non mi fa nessunissimo effetto, il fatto di dover morire per mano dei miei compagni mi tocca un tantinello di più rispetto alla fiera del cattivo gusto, è solo che non riesco a smettere di guardarlo, e non posso fare a meno di domandarmi chi diamine possa aver progettato uno schifo simile.

Se esco viva di qui, lo giuro, voglio il nome dell’architetto. Non fosse altro che per chiedergli di ristrutturarmi il bagno, ecco.

Per quanto tragico sia il tutto, mi fa piacere il fatto che uno schifo simile riesca ancora a strapparmi un mezzo sorriso, che scoprire di non aver perso totalmente il mio sarcasmo.

Vedo George divertito quanto me. Si volta in mia direzione ed imita con braccia e bocca il verso del grifone in procinto di attaccare, mentre io scoppio a ridere.

Come risultato, tutti e due riceviamo uno strattone da parte dei Pacificatori che ci stanno stringendo, ed così stacchiamo gli occhi l’una dall’altro, e continuiamo ad avanzare.

Non rompessero troppo, comunque, sto andando a morire, mi concedano almeno una santa risata!

 

Quando finalmente entriamo nella Hall del totem, noto capisco finalmente la funzione del serpente. A parte quella secondaria di farmi ridere, ovviamente. Si tratta, in realtà, di un enorme ascensore, o meglio di un tubo di marmo, un pozzo in cui l’ascensore si muove. Se il tutto non fosse così ridicolo, forse la troverei addirittura una struttura congeniale.

I Pacificatori ci chiudono in ascensore, rendendo noto ai Corvonero, come se non fosse abbastanza chiaro, che i loro appartamenti sono situati al primo piano, mentre i nostri e quelli dei Tassorosso rispettivamente al terzo e al secondo. Apperò! Chi lo avrebbe mai detto…

Ovviamente, col cavolo che seguiamo le loro indicazioni. Noi studenti scendiamo tutti dall’ascensore non appena questo giunge al primo piano, ed andiamo tutti assieme ad esplorare la dimora Corvonero. Immagino che i professori andranno a rilassarsi tutti insieme nei nostri alloggi, o in quelli Tassorosso.

- Cosa farete quando migrerà? - domanda George quando accediamo nel soggiorno.

- Eh? - domandano in coro alcuni di noi, voltandosi a guardarlo.

- L’uccello, intendo. – dice il rosso facendo un salto sul pavimento, come ad evidenziare il riferimento alla struttura - Fra un po’ farà freddo: non vorrei che levasse baracca e burattini e voi vi trovaste in men che non si dica in una calda isola tropicale mentre noi siamo qui a farci il culo, ecco tutto.

- I corvi non migrano in autunno, Weasley. - risponde lui Padma Patil storcendo il naso, mentre qualcuno di noi ride.

- Ed allora che succede se fa le uova? – continua George (e chi lo ferma più, ormai!) – Insomma, a vostra insaputa il corvo caro potrebbe covare tante piccole stanzucce, sarebbe una cosa davvero dolcissima, non trovate?

Vedo Cho scoppiare a ridere accanto a me, mentre George le strizza l’occhio, e poi cominciamo a cercare qualcosa da sgranocchiare nella cucina.

Ora, dato che stiamo ridendo come matti correndo da una stanza all’altra per cercare di capire in quale punto del corvo ci troviamo, suppongo sia il caso di descrivervi un tantino la struttura.

Diciamo che è articolata in modo più arguto di quanto avevo immaginato.

Come avevo previsto, nel becco è situata la cucina. Capite? Nel becco. Nel becco. Come dire nella bocca. E la bocca dell’uccello e la parte dove si mangia. Ha un senso.

Ora, avete mai sentito parlare di ala destra o ala sinistra? Ecco, qui le stanze sono disposte realizzando letteralmente il termine. Le ragazze nell’ala destra, l’ala destra del corvo, a sinistra i ragazzi.

Se ora vi state chiedendo dove siano situati i bagni, e la domanda è più che lecita, sappiate che si trovano nella coda del corvo, a voi le conclusioni.

Questo, però, non mi fa in alcun modo rivalutare il mio parere sulla struttura, anzi, lo peggiora quasi.

Perché non è un cretino che ha sparato un’idea a cavolo che per non so quale assurda combinazione di stelle è stata approvata, quel malato dell’architetto deve averla addirittura ragionata questa cosa!

È grave.

E assurdo.

Comunque. Quel che dovremmo fare, in teoria, sarebbe accendere l’enorme televisore situato in salotto (il salotto è immenso, copre tutto il “torace” dell’uccello), accomodarci su uno dei divanetti azzurri per metterci a guardare l’intervista in diretta a quel simpaticone di Lestrange, condotta da quel pezzo di pane di Rita Skeeter. Come se morire non fosse già una tortura sufficiente… Per la serie, oltre al danno anche la beffa.

Ovviamente, ci rifiutiamo di guardarlo.

Ci stravacchiamo sul divano, e, pur accendendo la tv, cerchiamo di sintonizzarla su qualcosa di diverso.

Impossibile. Tutti i programmi, tutte le reti, trasmettono solo e soltanto la cupa figura di Rabastan Lestrange, in abito nero.

È un po’ diverso da come lo ricordavo, almeno da quel che vedo dai fotogrammi, dato che George continua comunque a cambiare in continuazione canale, senza darsi per vinto.

La prima volta che l’ho visto avevo solo quindici anni, è stato durante la battaglia al Ministero, lui era uno fra i Mangiamorte presenti quel giorno, insieme a Bellatrix Lestrange, insieme a Lucius Malfoy. Era uscito di recente da Azkaban allora, e quell’esperienza la portava tatuata sul volto, su tutto il corpo, nella barba lunga, ed i capelli sporchi, e gli occhi vuoti, e il viso scarno.

Anche così, per scheletrico e sudicio che fosse, immagino che, se non mi avesse puntato una bacchetta sul collo, probabilmente l’avrei trovato attraente.

Diciamo anche che con l’acquisita libertà si è parecchio sistemato.

Quando l’ho rivisto durante la battaglia finale ad Hogwarts lo scorso anno, aveva tagliato i capelli, rasato via la barba eccezion fatta per due curatissime basette ed un pizzetto, aveva ripreso quel tanto di peso congeniale a rendere tonico e vigoroso il suo fisico, i suoi occhi s’erano riaccesi di grigio ed aveva anche ripreso colore. Ed era pulito, ovviamente.

Se un incantesimo da lui lanciato non fosse stato lì per lì per uccidere Ginny, probabilmente stavolta l’avrei trovato ancora più affascinante.

Nulla a che vedere, comunque, con l’immagine di lui che i fotogrammi mi presentano adesso dinnanzi. Riesco a pensare soltanto wow.

- Non l’avete letto sulla Gazzetta? – chiede Ernie lanciandosi a sedere sul divano centrale – Tutte le reti tv sono state bloccate: da qui alla fine dei giochi tutto il Mondo Magico vedrà solo e soltanto quello che il Ministero vuole che veda…

- Vale a dire gli Hunger Games, - conclude Hannah andandosi a sedere accanto a lui – sai che palle…

- C’è un lato positivo in tutto questo. – commenta George.

- Sarebbe? – chiede Cho.

- Oh, beh, un sacco di persone sperano di finire in tv al giorno d’oggi, - le risponde il rosso mollando il telecomando. – e i nostri faccioni staranno in prima assoluta su tutti gli schermi del Mondo Magico fino alla fine dei nostri giorni, nel senso letterale del termine…

- Quindi mia madre non potrà neppure cambiare canale nel momento in cui qualcuno mi ucciderà, – commenta Seamus – dovrà godersi la scena della mia morte seduta sul divano con dei pop corn, carino…

- La morte mi sembrava già una pena sufficiente senza tutto quest’altro schifo di contorno… - commenta Padma Patil sedendosi a sua volta sul divano.

- Che altro potevamo aspettarci? – domando accomodandomi su uno dei braccioli – Severus Piton del resto è stato ucciso in pubblica piazza, non potevano fare diversamente con noi.

- Che senso avrebbe del resto ucciderci, - aggiunge Luna – se questo non terrorizzasse e devastasse tutti i nostri compagni?

- Che cos’ha Lestrange da ridere tanto? – domanda Neville guardandosi schifato lo schermo.

Mi volto in quella direzione anch’io.

Rabastan Lestrange è seduto con le gambe incrociate su una grossa poltrona nera, porta in dosso un completo dello stesso colore con una camicia color verde cacciatore. Ha tagliato i ancora più corti i suoi capelli color nero intenso, e modificato la rasatura. Ora infatti, invece di pizzetto e basette v’è soltanto un’insolita barba a graffiargli il viso, corta al punto da sembrar tatuata, a formare un ricamo che sembrano quasi le onde della burrasca di dolore che i suoi giochi stanno per provocare. Ride, al momento, applaudito dal pubblico che lo acclama, è l’unica cosa a dare luminosità a quella figura così scura suono i suoi denti bianchi come perle.

- Ora, basta, basta parlare di me! Non sono venuto mica qui per fare del gossip! – fa i mangiamorte dallo schermo terminando le risate con un colpetto di tosse – Parliamo piuttosto dei giochi: sono loro il vero protagonista qui.

- Sembra proprio si sia rimesso a lucido… - commenta George – Peccato che io non abbia il tempo per farmi crescere la barba, me la farei come lui!

Rido, e George ammicca in mia direzione, prima che torniamo entrambi a guardare lo schermo.

- Sono assolutamente d’accordo. –  risponde lui Rita Skeeter, sorridendo in camera.

Al momento indossa un completino color acqua marina, e un nastro dorato ferma i suoi capelli color biondo banana in un’eccentrica acconciatura.

- Ma, del resto, - continua la bionda – parlare dei giochi è sempre parlare di te. Dicci, Rabastan, cosa hai provato quando ti è stato detto che saresti stato proprio tu il Primo Stratega degli Hunger Games?

- Oh, beh, - risponde lui – mi è davvero difficile esprimere quanto forte sia stato il mio orgoglio, la mia gioia in quel momento. Come è superfluo dire, questa è una posizione di immenso prestigio, e francamente sono sempre stato un grande fautore di questi giochi, un feticista quasi! Ho sempre creduto in questo progetto appoggiandolo al massimo, e sono davvero fiero di farne parte.

- Ok, - fa George a Calì, che nel frattempo aveva preso il telecomando – ti prego, spegni questo fottuto affare prima che io colpisca il muso tirato di Lestrange con una scarpa!

- Ha detto che stanno per parlare degli Hunger Games: - esordisce Neville – probabilmente spiegheranno un po’ come funzionano le cose, e dato che questa grande macchina sta per ucciderci magari vorrei un tantino capire come ne funzionano gli ingranaggi, se a voi non dispiace.

- Neville ha ragione, - lo appoggia Roger – ogni informazione su come funziona questo macabro gioco dell’oca potrebbe essere una change di salvezza: credo di voler sentire anch’io.

- Quanti per togliere ascolti a quel fesso di Lestrange? – fa George alzando la mano. Luna la alza con lui. – Quanti per guardare il suo stupido show? – le mani di tutti noi restanti si alzano stavolta. – Ventidue a due, avete vinto, - commenta George alzandosi in piedi, non prima di avermi lanciato una gran brutta occhiata – ma non prometto nulla: una delle mie scarpe potrebbe ancora spaccare il televisore.

- Oh sì, - concorda ammiccante la Skeeter dalla tv – posso capire quale grande onore sia stato per te. Ed inoltre so che non eri l’unico in lizza per il posto! Da giornalista, posso dire di avere avuto alcune piccole soffiate: so che la contesa è stata aspra fino alla fine! E fra i tuoi contendenti c’erano grandi nomi, personaggi importanti, come Walder Macnair, Antonin Dolohov, Dalton Yatxley, e persino tua cognata, la signora Bellatrix Lestrange. Cosa pensi che abbia portato il Primo Ministro, - eh già, penso io, perché ormai l’appellativo “Oscuro Signore” è caduto in disuso, Primo Ministro fa molto più legalità – a scegliere proprio te infine? E come credi che l’abbiano presa i tuoi avversari?

- Non così male, direi, – risponde Rabastan – ieri, dopo che la decisione ci è stata comunicata siamo andati tutti a bere una cosa insieme, ovviamente ho offerto io. Non credo ci siano rancori fra di noi perché, vedi, per quanto bruciante sia la sconfitta, credo che nessuno di noi oserebbe mai contestare una disposizione dell’Autorità, insomma, se quello scelto non fossi stato io probabilmente la delusione sarebbe stata parecchia, ma alla Sua volontà mi sarei tranquillamente sottomesso. Io ritengo, noi tutti riteniamo, che le Sue decisioni siano sempre le più incontestabili e giuste, che il volere del Suo governo illuminato meriti essere accolto e mai discusso, qualunque fosse stata la Sua scelta essa sarebbe stata la migliore, e come tale tutti noi l’avremmo accettata. Mi dispiace per i miei compagni, ma mi rallegro per me che il Suo illuminato potere abbia scelto proprio il sottoscritto come capo di questa grandiosa istituzione. Nessun rancore comunque fra di noi, vero, Bellatrix? –  conclude sorridendo in camera.

- Perfetto, - commenta George – incrociate le dita, ragazzi, se ci dice bene sua cognata lo ammazza prima che i giochi abbiano inizio!

- Era una frecciatina quella? – domando io riferendomi allo strano discorso appena sentito dal signor Lestrange.

- Sarebbe più strano se non lo fosse, – mi risponde Anthony – che fra lui e sua cognata Bellatrix non scorra buon sangue è più che risaputo.

- Pensate come ci sarà rimasta la cocca di Lord Voldemort nel sapere che un “tale onore” non era destinato a lei! – commenta sorridendo Seamus.

- Molto, molto politicamente corretto. – commenta Rita Skeeter – Ma continua, ti prego, parlaci dei giochi.

- Oh, sì, assolutamente. – risponde lei Rabastan – Che fantastica domanda! Dovete sapere che io adoro questi giochi, dico davvero, li amo con tutto me stesso. Non credo dovrebbero esser visti come una punizione per coloro che un tempo si sono ribellati contro l’Autorità, ma semmai come una prova della sua immancabile clemenza ed indulgenza. A questi ragazzi è stata data un’opportunità così grandiosa… Non mi stupisce affatto che ci sia stato un volontario, strano anzi che non ce ne siano stati di più. Dio, una così grande occasione, se fossi stato uno studente avrei fatto i salti mortali pur di essere scelto.

- Se ci tiene così tanto gli lascio il mio posto. – commenta George.

- Puoi darci qualche piccola chicca, Rabastan? Ti prego, dimmi che puoi! – continua la Skeeter.

- Qualche anticipazione su cosa vedrete nei giochi, intendi? – fa Lestrange – Beh, non potrei, ma credo che per voi potrei fare una piccola eccezione.

Sorride ancora in camera, il pubblico scoppia in un enorme boato d’applausi.

- Allora, - continua l’ex mangiamorte – da dove potrei cominciare… Sapete già della sfilata immagino, ci sarà dopo domani, sarà il nostro modo di presentarvi i tributi.

- Sì, sì lo sappiamo bene, - sorride Rita – e subito dopo la tua intervista presenteremo al mondo i tre grandiosi stilisti che avranno il compito di vestire i nostri tributi.

- La loro presenza sarà di fondamentale importanza per tutta la durata dei giochi, - spiega Lestrange – non solo si occuperanno di vestire i tributi rendendoli più appetibili ai futuri sponsor, ma, in queste prime edizioni, affiancheranno i Mentori aiutandoli. So già che faranno un ottimo lavoro.

- E’ quello che ci auguriamo tutti, - commenta la Skeeter sorridendo – ma perché non parliamo dei tuoi aiutanti, Rabastan?

- I miei ragazzi, intendi? – domanda piacevolmente lui – Oh, beh, che dire, loro sono davvero, davvero fantastici. Dovreste vederli: così coinvolti, ed entusiasti, e volenterosi! È una gioia vedere che questo è il futuro del mondo magico, dico davvero. Poverini, ovviamente sono rimasti davvero molto delusi per la loro esclusione dai giochi, e sono lieto di poter offrire anche a loro una piccola opportunità di prender parte a questa brillante iniziativa.

- Oh, sì, erano davvero devastati, poveri cari… – fa sarcastica Katie.

- Come gli dispiaceva non doversi venire ad ammazzare! – fa Ritchie.

- Sì, erano tutti così affranti!

I commenti vanno avanti per un bel po’. Io taccio.

Io so di uno di loro che era davvero dispiaciuto. Dispiaciuto per me.

- Ed inoltre i ragazzi non verranno buttati nell’Arena senza preparazione alcuna, vero Rabastan? – continua la Skeeter.

- Oh no, certo che no, - risponde Lestrange – hai ragazzi verrà fornita un’intera settimana di preparazione, durante la quale verranno addestrati nelle varie arti di combattimento e sopravvivenza. Questi allenamenti serviranno anche loro a mostrarsi al meglio alla sessione di esami, durante la quale daranno prova, dinnanzi a noi Strateghi, di tutta la loro abilità. Ovviamente ad ogni ragazzo sarà attribuito un voto da 1 a 12, dove il 12 è il massimo e il minimo è 1. Dovrebbe anche esserci lo 0, teoricamente, ma spero davvero che non ci dovremo trovare in situazioni così disperate da metterlo! Ovviamente, queste votazioni sono molto importanti, dato che influiranno davvero molto sulla scelta degli sponsor.

- Oh sì, gli sponsor, questo è senza dubbio un altro argomento da trattare. E cosa puoi dirci riguardo a loro? – continua Rita – Quale è esattamente la loro funzione?

- Questa è davvero un’ottima, ottima domanda, - risponde lei Rabastan – grazie davvero per averla posta. Allora, io direi che il loro sia un ruolo fondamentale. Dovete sapere che subito dopo la parata dei tributi le scommesse ufficiali verranno aperte, sono approvate dal governo, un team di esperti capitanati da Alecto Carrow si occuperà della loro gestione fin nei minimi dettagli. Si può scommettere su qualsiasi candidato, qualsiasi cifra, e si può scegliere di aiutare i propri favoriti pagando per fare arrivare dei doni. Pane, fiammiferi, una boccetta d’acqua, una medicina, delle armi, addirittura, tutto può essere inviato ai partecipanti per una modica cifra.

- Una boccetta d’acqua di piccole dimensioni viene inviata all'inizio dei giochi per cinquecento galeoni: – spiega Seamus brandendo in mano una copia della Gazzetta del Profeta – credo davvero che Lestrange dovrebbe rivedere il suo concetto di “modica”.

- La spedizione dei doni verrà concertata insieme con i Mentori, che potranno in questo usufruire del prezioso aiuto degli Stilisti. Ovviamente i prezzi variano di dono in dono, e saliranno con l’andare avanti della gara. L’oggetto più costoso che si possa inviare… oh, sì, qualcosa di magico, ovviamente, dato che nell’Arena non verranno consentite né bacchette né nulla di simile, sì, senza dubbio, è ciò che di più costoso si possa inviare.

- Interessante, - commenta Rita – suppongo che faremo tutti le nostre scommesse! Ed ora parlaci dell’Arena, cosa puoi dirci a riguardo?

- Questa è una sorpresa, - risponde lui – non posso rilasciare dichiarazioni a riguardo, diciamo solo che potrebbe essere qualsiasi luogo, qualsiasi luogo davvero. Per questa prima volta ci siamo tenuti sul semplice, ma vi assicuro che le sorprese non mancheranno: vi faremo saltare sulle poltrone!

- O in aria. – commenta George – A noi probabilmente ci farà saltare in aria.

- Oh, beh, Rabastan, non so davvero come ringraziarti per tutte le preziosi chicche che ci hai rilasciato, - fa Rita alzandosi in piedi per stringere la mano a Lestrange – e credo che il pubblico la pensi come me, giusto?

Tutti gli spettatori ruggiscono in un boato di urla e applausi.

- Il piacere è stato mio. – risponde Lestrange alzandosi a sua volta per stringere la mano alla sua intervistatrice.

Rimane in piedi, a sorridere al pubblico adorante per un bel po’.

Ha un gran bell’aspetto, inspira davvero ammirazione così, in piedi sorridente, con la testa un poco piegata come a fare un impercettibile inchino di ringraziamento.

Non trovo affatto strano che la folla lo adori, ha un carisma innato.

- Accomodati, accomodati pure, Rabastan! – fa la Skeeter al suo prestigioso ospite indicando lui una poltrona nera all’estremità del palco, nella parte più lontana dal pubblico – Spero ti farà piacere assistere alla presentazione degli stilisti!

Noto solo allora che, accanto alla poltrona destinata a Lestrange ve ne sono altre tre, con i colori delle nostre case. Immagino che è lì che i nostri stilisti si andranno a sedere.

Mentre Lestrange si accomoda al suo posto, è comparso sul palco un piccolo tavolinetto grigio con drappelli colorati sopra.

La Skeeter ha già raggiunto quella postazione.

Il pubblico tace incuriosito, ed anche noi la smettiamo di prendere per il culo Lestrange o la Skeeter, perché questo interessa pure noi.

- Partiamo con lo Stilista per Corvonero. – comincia afferrando un lembo del drappo azzurro – Allora, la sua prima sfilata risale a quando aveva solo sedici anni, è da sempre un campione di eleganza e raffinatezza, vi prego fate un enorme applauso a Rupert Turner!

La giornalista solleva in un attimo il drappo azzurro, e in un momento appare dal nulla un uomo alto, magro, con i capelli corvini ed un pizzetto a forma di triangolo. Indossa un completo nero giacca e cravatta di estrema eleganza, ed indirizza un mezzo sorriso al pubblico.

Grandioso è l’applauso che ne segue.

Anche qui le reazioni sono di euforia.

Io non ne capisco nulla di queste cose, cioè seguo già poco e niente la moda nel nostro mondo pensate nel mondo Magico.

- Merlino, io adoro Turner! – esclama Cho Chang.

- Vuoi scherzare? – fa Hannah Abbott – Quell’uomo è un dio! Non sai quanto vi invidio! Non si sa quanto ho scongiurato i miei perché mi comprassero uno dei suoi vestiti per il Ballo del Ceppo!

- Molto, molto bene. - commenta Roger Davies.

- Sì, lui è davvero un genio. – lo appoggia Anthony Goldstein.

- Beh, - fa Zacharias Smith – ora incrociamo le dita per noi: ha già in mano il drappo Tassorosso.

- Allora, - comincia la Skeeter sorridendo in camera e al pubblico contemporaneamente, - adesso è il turno di una donna, la stilista in questione ha indetto la prima sfilata del Mondo Magico per taglie oversize, e la sua collezione con materiali riciclati affatto incassare alla sua fondazione di beneficienza circa 1.300.000  galeoni. Signori un grosso, grossissimo applauso a Savannah Woodhouse!

Strappa via il drappello di stoffa e dal nulla appare una formosa donna con lunghi capelli rossi sistemati in una treccia di lato.

Indossa un lungo abito di stoffa color avorio cosparso da pois neri della dimensione di una mano aperta.

Fa un sorriso sincero al pubblico ed accetta i suoi numerosi applausi; saluta con la mano.

- Non male, non male, - commenta Hannah – la Woodhouse ci piace!

- La sua collezione dedicata al riciclaggio è stata davvero fantastica, mi sono ispirata a quella per molti dei miei lavori. – fa Luna – Ed inoltre ha inaugurato una fondazione che si occupa dalla beneficienza per la tutela di creature magiche in via d’estinzione, è davvero una brava persona.

- Vero, - commenta Ernie – ma dovrà cucirci i vestiti, quindi francamente mi auguro solo che sia una brava sarta!

- Shhh! – fa Calì zittendo i nostri compagni – Silenzio per favore: ora tocca a noi.

Ha ragione, in effetti, perché la Skeeter ha già afferrato il terzo ed ultimo dei drappi, e sta a sua volta zittendo il pubblico per poter introdurre il terzo stilista.

- Allora, allora, allora, – comincia la giornalista – parliamo ancora di una donna, la più giovane fra gli Stilisti in gara.

- Strano, - commenta Seamus – pensavo che ci avrebbero affibbiato Conan Marlow.

- Potrebbe essere Deliverance Fairfax. – ipotizza Cho – No, no, credo che sia un po’ più grande della Woodhouse.

- Di lei possiamo dire – continua la Skeeter - che ha viaggiato in tutto il mondo, dalla Cina al Portogallo, dove i suoi lavori sono conosciuti e richiesti, e che è stata la prima stilista donna a vincere il premio Cappello a Cilindro.

- Vi viene in mente qualcuno? – domanda Katie.

- No, nessuno, nessuno davvero. – risponde qualcuno dei miei compagni.

- Forse qualcuno di voi avrà già capito di chi stiamo parlando – continua la Skeeter – ma per tutti gli altri potrei aggiungere che è anche una grandissima pittrice d’avanguardia, e che la sua mostra sul nudo ha ricevuto un record d’incassi.

- Aspettate, - fa Hannah voltandosi allibita verso di noi – non può essere…

- No, - la interrompe George guardando pietrificato lo schermo – non può assolutamente essere lei.

Nei suoi occhi leggo un misto di rabbia e preoccupazione, mentre Hannah si volta di nuovo verso lo schermo, e capisco che anche gli altri al momento temono di aver capito di chi si tratti, mentre tutto questo rimane elfico per me.

- In caso voi non aveste ancora capito, - fa la Skeeter – aggiungerò infine, che la Gazzetta del Profeta l’ha inserita al quarto posto fra le donne più belle dell’anno.

- Cazzo! – esclama George alzandosi in piedi e dando sfogo ad un impeto di rabbia.

- Non può essere! – fa Seamus – Tutto ma non lei!

- E’ con immenso piacere – conclude la Skeeter ammiccando al pubblico che applaude già – che vado a presentarvi la signorina Melena Halliwell!

Quando il drappo svanisce la candida figura di una donna bionda va a materializzarsi piroettando.

Probabilmente, penso guardandola dal cristallo spesso del televisore, è la cosa più vicina al concetto di bellezza che io riesca ad immaginare.

La sua pelle è color pesco, i lunghi capelli biondi cadono lisci sulla sua schiena, il naso è all’insù, i denti bianchi come perle, gli occhi azzurri brillano come fari. Indossa un lungo, stretto, semplice abito bianco, cabinato da un mantello dello stesso colore.

Non riesco a staccare gli occhi da lei, ne sono come ipnotizzata.

Il pubblico nel frattempo è esploso in un’ovazione, ma i miei compagni non sembrano essere assolutamente d’accordo.

- No, assolutamente, no. – fa George senza riuscire a staccare gli occhi dallo schermo.

- Io non ho nessunissima intenzione di farmi vestire da lei. – commenta Neville continuando a guardarla allibito.

- Io vado dalla McGranit, - ci comunica George scattando verso la porta – magari lei può fare qualcosa per evitare questa stronzata.

- Ti accompagno. – fa Neville.

- Ma sì, andiamo tutti. – li appoggia Katie.

- Scusate, - faccio io dal mio piccolo posto, mentre i miei compagni si voltano verso di me – potrei sapere che cosa c’è di così terribile in lei?

- L’hai mai letta una rivista, Granger? – mi risponde acida Padma Patil.

- No, direi che non è il mio genere, piuttosto non credevo fosse neanche il tuo – replico altrettanto acidamente io.

- Figlia di una grande famiglia Purosangue, Serpeverde da generazioni, lei viene smistata in Grifondoro. – mi spiega Hannah Abbott – Ricca, bella, nobile e spregiudicata, la sua vita è sempre stata uno scandalo.

- All’inizio lavorava per la Woodhouse, - continua Cho, - ma dopo tutto il casino dell’81*, decide di lasciare il paese, e così viaggia in vari stati, ed è lì che diventa una stilista indipendente, amata e apprezzata ovunque andasse.

- Ritorna a Londra solo nel 94, è stato un ottimo periodo per lei, fino alla crisi del 96, in cui è entrata in una specie di vortice autodistruttivo all’insegna dell’alcol. – continua Marietta. – E’ riuscita a riprendersi egregiamente, comunque.

- Ok, ha avuto degli alti e bassi – commento io – ma non mi pare sia così male…

- Già, - commenta Calì – se non fosse per il fatto che qui a Londra ha stretto intimi rapporti con le personalità più influenti del mondo magico, bella com’è non le è certo stato difficile, e circa tre mesi fa ha annunciato il suo fidanzamento ufficiale.

- Il gossip non mi interessa davvero, – faccio io – quindi a meno che non abbia deciso di sposare Lord Voldemort…

- Per Merlino no! – mi interrompe Ernie – Mi sarei tagliato il pene se avesse fatto una cosa del genere! Cioè, un conto è ammazzare tutti noi uomini del mondo che avremo pagato oro per una sveltina con lei annunciando un futuro matrimonio, ma con Lord Voldemort sarebbe stata davvero una tortura al limite dell’umana sopportazione.

- No, no, assolutamente no, - commenta Hannah ridendo mentre dà uno scherzoso schiaffetto al suo amico – si è presa uno degli scapoli d’oro del mondo magico la signorina.

- Buon per lei, tanti auguri! – faccio io – Insomma, qual è il punto?

- Il punto, - mi risponde secco George Weasley – è che lo scapolo in questione non è altri che Rabastan Lestrange.


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*tanto per rinfrescarvi la memoria, l'81 è l'anno della caduta di Voldemort e dell'uccisione dei Potter.

*Angolo Autrice*

Ciao bella gente! Allora, sono davvero contenta di essere finalmente riuscita ad ultimare questo capitolo. Diciamo che c'erano particolari un po' noiosi ma funzionali alla storia che mi hanno frenata un po' nello scrivere, e poi c'è stata la scuola e poi l'iscrizione in palestra, quindi non fucilatemi, please!

Allora, ci tengo davvero a dirvi che ho cercato di rendere il mio Rabastan Lestrange il più simile possibile a Seneca Crane (barba inclusa) e che ho scelto questo personaggio semisconosciuto fra i vari mangiamorte perchè una ragazza in una sua fanfiction mi ha fatto innamorare di lui. A chi interessa passerò il titolo.

Poi, ah, sì, l'edificio in tutta la sua stranezza è stato una pura improvvisata, non ho davvero idea di perchè mi sia venuta in mente una robba del genere.

La storia dei sogni di Hermione a cui sono dedicate una mezza dozzina di righe è un piccolo particolare autobiografico, ossia una cosa che succede spesso a me quando sogno. Il mio insegnante di italiano, che è studia anche psicanalisi, mi ha detto che è perchè ho troppa mania di controllo. Sì, lo so, sono strana. Andiamo avanti.

Allora, per chi non lo avesse notato, due cognomi presenti nel capitolo, ossia Woodhouse e Fairfax sono due piccolissimi omaggi al bellissimo romanzo Emma, di Jane Austen, (che io adoro).

Il nome Melena Halliwell è formato invece da due piccoli omaggi a due diversi tipi di "strega" che mi piacciono. Il primo, "Melena", è tratto dal romanzo e musical "Wicked!" (LOVE) ed è il nome della madre della protagonista. E' un personaggio spregiudicato e malizioso, che calzava benissimo per la mia stilista. Comunque guardate il musical, per favore, perchè è davvero una cosa stupenda. Il secondo, "Halliwell", credo che abbia fatto sorridere un po' tutti voi, dato che, come i più avranno capito, è un palese riferimento alla serie "Streghe" ("Charmed") un telefilm che ho adorato e che rimane comunque una colonna portante della mia malata concezione della magia. Cole Turner, mi manchi più di quanto tu non immagini...

Scleri a parte. Per gli stilisti ho immaginato Kate Winslet, mentre per Melena, che è più importante, Gwyneth Paltrow.
Dovete sapere, comunque, che lei sarà l'AntiCinna per eccellenza, anche se gli rubeerà una frase, a dire il vero. E' comunque un personaggio dalle mille sorprese, e avrà modo in un capitolo di spiegarci meglio come è andata la storia della sua vita. Diciamo che con le date vi ho dato un grossissimo indizio, i più intuitivi forse avranno già indovinato qualcosa... Qualcuno aveva già ipotizzato che fosse il matrimonio con Lestrange il suo piccolo "neo"? Qualcuno ha qualche teoria su quali potrebbero essere i momenti segreeti della sua vita? Fatemi sentire ipotesi e teorie che mi diverto!

Come penso avrete capito, ho usato il corsivo per descrivere le parti "al dì là" dello schermo.

Che altro dire? Ah, già, per il fatto di tutte le reti sintonizzate sullo stesso programma mi sono ispirata al caso delle Torri Gemelle. Ricordo ancora quel momento. Io avevo otto anni e stavo guardando la Melevisione, quando il programma è stato interrotto per trasmettere le immagini della distruzione dei due edifici. A me non me ne fregava nulla di tutto quello,m quindi ho provato a cambiare per vedere qualcosa di più interessante, ma tutte le reti trasmettevano gli stessi fotogrammi. Mi vergogno ancora della piccola me quando penso che in quella circostanza ciò che trovai in assoluto di più devastante fu il fatto che la Melevisione non riprese dopo quella brusca, lunga, seccante interruzione. *Face-Palm*.

Che altro dire... che altro dire... no, non mi viene niente, quindi per il momento vi lascio.

Un grazie speciale ha chi scelto di leggere, ricordare, seguire, preferire e soprattutto recensire le mie storie (non potete immaginare che gioia dia nel cuore di uno scrittore una recensione di anche sole dieci parole!).

Ci vediamo al prossimo capitolo, dove i ragazzi avranno occasione di torturare Melena un bel po'. A pro posito. Qualcuno di voi ha per caso letto "L'amante di Lady Chatterley" di Lawrence, per caso? LEGGETELO! Innanzi tutto perchè è un bel libro, altro che Cinquanta Sfumature di Stocazzo, e poi perchè vi saranno nella fanfiction diversi riferimenti al romanzo, tutti ad opera di Melena, è il suo libro preferito!

Per ora è tutto. Ci vediamo alla prossima. Baci. Giulia.

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Capitolo 6
*** Melena Halliwell, una pessima reputazione. ***


Melena Halliwell, una pessima reputazione.
 




Così istantaneamente come l’avevo ammirata, appena saputa la storia della Halliwell ho cominciato ad odiarla.

I miei compagni hanno ragione, i miei compagni hanno ragione su tutto, ed io non voglio davvero essere toccata da lei.

Tanto per rubare una frase a George Weasley “non voglio che quel puttanone della Halliwell posi su di me quelle mani con cui probabilmente poco prima ha fatto una sega a quello stronzo Lestrange”.

Detta in maniera un attimino meno volgare, non voglio che a vestirmi sia chi si sveste dinnanzi a Lestrange. Wow, i parallelismi mi riescono davvero bene, ma andiamo avanti.

Noi Grifondoro siamo andati subito a lamentarci dalla McGranit, seguiti dai nostri compagni Tassorosso e Corvonero per solidarietà.

Dovevate vederci come camminavamo per i corridoi, tutti insieme, tutti affiatati, tutti uniti. Mi chiedo davvero quando entreremo finalmente nell’ottica del gioco, quando capiremo di doverci uccidere.

Siamo stati a discutere con Minerva per ore, ma a nulla è servito, perché questa volta la mia insegnante preferita non si è schierata dalla nostra parte, e nemmeno gli altri due.

A quanto pare Melena è stata, ai suoi tempi, una loro allieva, e tutti loro sembrano ben convinti del fatto che non ci sia nulla di cattivo in lei, a parte il suo gusto in fatto di uomini. Pensano che dovremo dar lei una possibilità, ed ci hanno perfettamente fatto capire che per loro il fatto che quella tizia se la faccia con Lestrange non è un motivo sufficiente per disegnare occhiali e baffi a la sua foto su un manifesto, mentre a noi basta per desiderarne una morte dolorosa.

Oggi tutti noi tributi, divisi per case, avremo il primo incontro con i propri stilisti. Come ci è stato ampiamente spiegato dai Pacificatori, l’appartamento del nostro Stilista sarà uno dei pochi posti in cui ci verrà concesso di recarci durante tutta la settimana che rimarremo in capitale.

Comunque, oggi c’è il primo incontro generale, domani mattina gli Stilisti ci parleranno uno ad uno per concertare i nostri abiti, e domani sera ci sarà la parata.

Questo vuol dire che abbiamo davvero poco tempo per rendere alla Halliwell la vita talmente difficile da farle abbandonare l’incarico.

Il piano è stato abilmente articolato dal caro vecchio George, e consiste nel darci man forte a vicenda, in modo da trovarci otto contro una, trattarla così male da farle dare le dimissioni.

Ovviamente, la cosa funziona solo se noi otto restiamo tutti uniti, se nessuno accetta di farsi progettare un vestito da lei è chiaro che dovrà dimettersi, ma ci basta che solo uno di noi barcolli sulla sua decisione per essere fregati tutti.

È per questo che è da circa un’ora buona che andiamo avanti a sparare parolacce su quella gattamorta della Halliwell, cercando di gasare il massimo anche i meno convinti in modo da poter, tanto per citare nuovamente George, “spaccarle quel culo che tanto piace a Lestrange”.

Tanto per informazione, questo è il commento più raffinato che è uscito durante quest’ora circa il didietro della Halliwell, lascio a voi immaginare gli altri.

Ora l’unica cosa che mi dispiace un po’ è il fatto che probabilmente la McGranit non la prenderà troppo bene quando tratteremo la sua ex studentessa a pesci in faccia, ma francamente la situazione non  ci lascia scelta, e, sapete come si dice, a mali estremi…

Sono stati come al solito i Pacificatori ad accompagnarci fino all’appartamento di Melena. Per il tragitto abbiamo potuto usufruire di una limousine volante color verde petrolio, e, dopo averci lasciato sul pianerottolo della (ancora per poco) signorina Melena Halliwell, i Pacificatori se ne sono andati, lasciandoci soli lì.

È stata la professoressa McGranit a suonare il campanello, e ad aprire è stata una donna più bella ancora di quella che la tv mi aveva mostrato.

I suoi liscissimi capelli biondi le ricadono sulle spalle, gli occhi azzurri brillano come flebili stelle, non indossa neppure un filo di trucco, è scalza, ed al posto del raffinato abito con cui l’ho vista in televisione stavolta pare aver semplicemente allacciato una piccolissima vestaglia color ciclamino sopra degli strettissimi jeans. Tiene in mano una mela morsa.

- Per Morgana da quanto tempo! – esclama prima di subito lanciandosi fra le braccia della McGranit.

Nel momento in cui la mia professoressa corrisponde a quell’abbraccio con fare emozionato e materno sento un profondo sentimento d’odio risalire fino alla mia gola per trasformarsi in un conato di vomito.

La McGranit è la mia professoressa. Mia e basta. Lei mi vuole bene. Vuole bene solo a me. Può abbracciare solo me. Quella Melena non ha alcun diritto di condividere un momento simile con lei.


Perfetto, mi sto trasformando in una capricciosa bambinetta di cinque anni invidiosa delle attenzioni che la sua mamma riserva alla sorella maggiore. Non è colpa mia però, se la mia “sorella maggiore” è una troia simile.

Comunque, mentre la Halliwell si stringe forte alla mia professoressa, a venirci incontro passando per la porta aperta è un grosso cane nero a pelo lungo, che si fionda fra le gambe di George provocando un sussulto da parte della Patil e un risolino divertito da parte della piccola Natalie.

Io faccio un passo indietro guardando il grosso animale, e la prima cosa che mi verrebbe da pensare è… è così ridicola che non voglio spenderci neppure una parola.

- Oh, no, Sir John Thomas, no! – fa Melena Halliwell staccandosi dalla McGranit, cosa che mi risveglia dal mio assurdo pensiero – Vieni qui, tesoro, dai, che mi spaventi i ragazzi!

Scodinzolando, il cagnolone nero torna di corsa verso le braccia di lei, che nel frattempo si è piegata a terra per accoglierlo.

- Bravo, piccolino, bravissimo! – fa accarezzandolo.

- John Thomas? – domanda accigliato Seamus – Che nome è per un cane?

- Oh no, - lo corregge Melena, alzando per la prima volta gli occhi su di noi – è Sir John Thomas. - fa ammiccando complice verso noi studenti più grandi.

- Hum, Melena, - fa la McGranit guardandola in modo materno – non credo che abbiano afferrato il tuo acuto riferimento.

- Ma come? – fa lei voltandosi incredula contro di noi – L’amante di Lady Chatterley!* – fa come guardandoci come se fosse impossibile per lei credere che noi possiamo non conoscere ciò di cui sta parlando - Lawrence! – aggiunge senza provocare ancora nessun tipo di reazione da parte nostra – No? Davvero? Per Merlino, - fa voltandosi sconvolta verso la McGranit – che cosa diamine fate leggere ai ragazzi al giorno d’oggi?

La mia professoressa ride, dandole una pacca sulle spalle.

- Non credo che te l’avessimo consigliata noi insegnanti quella lettura! - fa guardandola con un’aria che è un misto fra un sorriso e un rimprovero.

- E’ comunque una colonna portante della letteratura britannica, - replica la Halliwell gesticolando – e trovo assolutamente inaccettabile che questi ragazzi non l’abbiano letto! Insomma, posso prestarvelo io, dico davvero, questo è il genere di lettura che uno deve per forza fare prima di…

- Morire? – la interrompe George Weasley, guardandola spavaldo – davvero molto delicato, signora Lestrange, da parte sua.

- E’ Halliwell, - lo corregge Melena, il brillante sorriso iniziale si è eclissato sul suo bellissimo volto, ed un altro, molto più piccolo, quasi insignificante e palesemente finto è andato a sostituirlo – e sono ancora signorina. Ma noi non ci siamo ancora salutati, davvero maleducato da parte mia, peto venia.

Ciò dicendo la bionda muove alcuni passi verso di noi, in primis verso George, facendo per salutarlo con un abbraccio.

Lui indietreggia di due passi, disgustato.

- Avete appena finito? – domanda in tono schifato – Beh, potevi almeno farti una doccia, o indossare un reggiseno… Rabastan è ancora là dentro?

Vedo Melena farsi accigliata al suono di quelle parole, poi la donna dà un morso alla mela rossa che ha in mano e torna a sfoggiare un sorriso.

- Rabastan non c’è, sono sola. – risponde semplicemente. – A dire il vero stavo dipingendo, e sono solita farlo a petto nudo, favorisce l’ispirazione.

Ciò detto strizza l’occhio al rosso, e passa a salutare uno ad uno anche noi altri.

Dopo la trovata geniale di George, tutti noi stiamo cercando qualcosa di altrettanto buono per insultarla velatamente.

Noto che la McGranit è già abbastanza arrabbiata, scommetto che non ci ha messo nulla a capire che la frecciatina di George era pienamente voluta, e che non ci fermeremo certo qui.

Intanto, in conformità con il nostro movimento di protesta, Seamus ha starnutito nel momento in cui Melena si è avvicinata per salutarlo, dicendo che probabilmente doveva essere allergico all’odore del dopobarba di Lestrange, mentre Calì si è inventata un’usanza indiana secondo cui una persona che sia ufficialmente fidanzata la si può salutare solo a un metro e mezzo di distanza.

- Mi dispiace davvero, signora, – sta rispondendo proprio adesso Natalie, indietreggiando di tre passi dinnanzi a Melena che le viene incontro, - ma mia mamma mi dice sempre di non dare confidenza agli sconosciuti.

Scoppio a ridere, mentre vedo il sorriso sulla faccia di Melena eclissarsi di saluto in saluto, morso dopo morso alla sua mela rossa.

Eccola, è appena arrivata dinnanzi a me.

Perfetto, non ho neppure pensato a qualcosa di sarcastico ed acuto da dire.

- Hermione Granger, - fa quando mi è davanti, mentre il suo sorriso torna ad essere luminoso, diventando quasi materno, sincero. – ho sentito così tanto parlare di te.

- Tuo marito? – domando io – Perché non devo stargli molto simpatica, abbiamo incrociato le bacchette un paio di volte, prima che la mia venisse requisita, ovviamente.

- No, - mi risponde stranita la Halliwell – no, non è stato Rabastan, è stato…

- Un altro dei suoi amichetti mangiamorte? – domando io – Beh, sì, immagino che siano quelli i tuoi ambienti, probabilmente le persone che hanno cercato di uccidermi un giorno sono quelle con cui ti piace prendere un tè. Lo trovo così frustrante…

- Non è stato alcun mangiamorte, ok? – fa ancora Melena.

- Allora è stata la professoressa McGranit? – chiedo ancora – Che cosa può averti detto su di me? Che sono la studentessa più brillante della sua generazione, strano, per una con il sangue sporco come il mio, giusto? Per una purosangue come te deve suonare quasi come un insulto…

- Il sangue non mi ha mai creato problemi, davvero. – fa ancora lei, dando l’ennesimo morso alla sua mela – E le storie che so sul tuo conto non me le ha raccontate Rabastan, né un qualche mangiamorte, né la professoressa McGranit. È stata una… fonte non ufficiale, diciamo così…

Forte non ufficiale, sento che sto sudando a freddo. Draco?

- Chi? – interviene George – Uno dei tanti che ti sei portata a letto, magari?

- GEORGE! – fa la McGranit, esplodendo per la prima volta, fin ora la sua disapprovazione ce l’aveva mostrata solo attraverso truci occhiate.

- Quel silenzio sta per un sì, Melena? – continua George.

- Ok, si può sapere qual è il vostro problema? – sbotta la Halliwell.

- Sei tu il nostro problema, cara, - rispondo io – credevo ci fossi arrivata.

- Credo che tu l’abbia sopravalutata, - commenta Ritchie – del resto Lestrange l’ha scelta per il culo, non per il cervello.

- Quindi sarebbe Rabastan il problema? – fa Melena. – Perché francamente credo che la mia vita privata non vi riguardi affatto.

- Certo che ci riguarda, dolcezza, - risponde George – visto che te la fai con il tizio che sta per ucciderci!

- Rabastan non sta per uccidervi. – replica la Halliwell – lui è solo il…

- Boia? – suggerisce George.

 - Primo Stratega, - scandisce la bionda – ed io non mi prenderò responsabilità o insulti perché non gradite il lavoro di Rab, no davvero. – protesta Melena – Io sono una grande stilista, una delle migliori in circolazione, la punta di diamante dell’industria della moda, per Morgana, e non vi permetto di trattarmi in questo modo!

- Credi di essere qui perché sei brava? – le domanda George – Tu sei qui perché a Lestrange piace vederti girare per casa senza reggiseno.

- Io sono qui perché ho talento da vendere, ragazzino. – risponde la Halliwell – E pretendo delle scuse. Adesso.

Dà l’ennesimo morso alla sua mela e riprende fiato. Sia lei che George sono fermi immobili, lividi in volto, muti.

- Quando l’inferno gelerà. – risponde una terza voce.

Ci giriamo.

A parlare è stato Neville, queste sono le prime parole che pronuncia.

- Non è… - balbetta stupefatta la Halliwell – non è possibile…

Vedo i suoi occhi sgranarsi, il suo sorriso risorgere di nuova bellezza, mentre tutta la rabbia accumulata fin ora pare dissolversi nel nulla, e la mela le cade di mano per la meraviglia.

- Tu devi essere… - commenta muovendo qualche passo verso di lui – tu non puoi essere altri che Paciock.

Per quanto tenti di mostrarsi duro, inflessibile, vedo che Neville è in profondo imbarazzo.

Il comportamento di Melena, il modo in cui quella donna è completamente mutata quando lo ha vista non riesce incomprensibile solo a noi, ma credo che anche lui se ne stia chiedendo il perché.

Melena si volta raggiante verso la McGranit.

- E’ uguale, – dice sorridendo – è impressionante, è uguale davvero!

- A cosa sono uguale? – chiede lei Neville – Uguale a cosa?

- A Frank. – si limita a rispondere Melena – Sei tale e quale a Frank.

Nel momento in cui la donna scandisce queste parole, sento che il nostro piano, nella persona di Neville, comincia a vacillare.

Cosa c’entra la Halliwell con Frank Paciock? Che tattica sta utilizzando? Neville non sarà così stupido da credere a quella troia, vero?

- Avanti, - fa lei posandogli una mano sul viso – non dirmi che non te l’ha mai detto nessuno. Non ci crederei. Credo di essermi espressa male, - continua, lui è fermo immobile, come ipnotizzato – deve essere stato lo stupore a farmi parlare, non è che siate proprio due gocce d’acqua voi due, è solo che uno, guardandoti, non potrebbe assolutamente fare a meno di pensare a lui. Tu sei più bello però. – fa ridendo – E questa parte qui, - fa arrivando ad accarezzare i suoi occhi – questa è di Alice.

- Conoscevi mio padre? – le chiede Neville. – I miei genitori?

- Io e Alice eravamo dello stesso anno, - risponde lei – per un periodo siamo anche state amiche ma poi… beh, non sono mai stata brava a tenermi un’amica. Con tuo padre ci conoscevamo appena. Era solo un ragazzo di un anno più grande a cui riusciva perfettamente l’imitazione del professor Ruf. Ti prego, dimmi che la sai fare anche tu!

- Non… - balbetta Neville – non ci ho neppure mai provato…

- Oh beh, dovresti, - commenta la Halliwell – credo che certe cose siano ereditarie. Merlino, era così divertente quando ci riunivamo tutti nel dormitorio, davanti al camino, per fare i versi ai professori, noi…

- Ctm, ctm… - due forzati colpetti di tosse da parte di una divertita Minerva McGranit inducono Melena a fermarsi – E chi faceva il mio, di verso, Mel?

- Credo che lei lo sappia bene, professoressa, - risponde la bionda voltandosi un momento divertita verso di lei – se non sbaglio al sesto anno mi tolse tipo venti punti dopo avermi beccata a imitarla nei corridoi, ricorda?

- Come fosse ieri. – risponde la mia insegnante – Non credo di aver mai avuto un’imitazione così perfetta, fu davvero molto difficile fingere d’arrabbiarmi, tanto mi veniva da ridere!

- E mia madre? – le interrompe Neville. – Che faceva mia madre?

- Alice? – fa Melena – Alice era un tipo tranquillo. Durante il suo terzo anno portava sempre i capelli acconciati in una treccia, che teneva di lato, e per un poco portò l’apparecchio. Aveva un po’ di lentiggini attorno al naso, e le odiava, così per nasconderle le prestavo il mio fard. Aveva una pianta di fiordalisi, bellissimi, azzurri, credo se ne fosse innamorata durante una gita da Hogsmeade e l’avesse comprata, ed era sempre in fiore, lei se ne prendeva assiduamente cura, ed una volta Potter ne staccò un solo fiore per regalarlo alla Evans ed Alice se ne accorse subito e gli lanciò una fattura orcovolante! Fu una cosa così divertente…

- Potter? – domando io – James Potter? James Potter e Lily Evans, dici? Li conoscevi?

- Un anno più grandi di me, - mi risponde – conobbi la Evans tramite Potter, mentre lui… sai come si dice, amici di amici.

- Ti prego, Hermione, - fa George in modo seccato – non farti abbindolare anche tu, non vedi che son tutte balle?

- Non sto mentendo, conoscevo quelle persone, - gli risponde la Halliwell – andavamo a scuola insieme, erano miei amici!

- Sì, disse la moglie di Lestrange, - commenta George – non sei neanche lontanamente credibile!

- Rabastan non è tutta la mia vita, non sputare sentenze come se mi conoscessi, per favore, perché non è affatto così. – fa Melena.

- Stai cercando di abbindolare un ragazzo che sta andando a morire tirando in ballo i suoi genitori impazziti, - ribatte George – causa della cui malattia non è altri che la cognata dell’uomo che stai per sposare, ma non ti fai schifo neppure un po’? E devo dire che la cosa ti riesce davvero bene, quanto, quanto c’è in te, un quarto, un terzo di Veela? O magari sei solo una grandissima stronza?

- George, hai oltrepassato il limite, dovresti davvero… - comincia arrabbiata la McGranit.

- No, Minerva, no davvero, non intrometterti. – la interrompe Melena – Ora se non ti dispiace tu aspetterai fuori, – continua rivolgendosi alla mia insegnante, prima di voltarsi nuovamente verso di noi – mentre i ragazzi verranno nel mio appartamento con me.

- Io non vado proprio da nessuna parte. – fa Calì.

- Neppure io. – la appoggio.

- Indovina chi non eseguirà i tuoi ordini… - fa George alla Halliwell.

- Indovina chi ha una bacchetta, il permesso di usarla e non è perseguibile per legge! – risponde lui Melena. – Attento, ragazzino, posso farla davvero la stronza, quindi muovetevi ed entrate, prima che io vi sbatta dentro a suon di incantesimi. Adesso.
Sì, direi che la Halliwell sa essere davvero persuasiva.

Rimango ferma immobile, ma vedo anche qualcuno intorno a me abbia cominciato a incamminarsi verso il suo appartamento, la Patil, mi sembra, e poi Natalie, e Katie, e Ritchie. Neville e Seamus si stanno guardando l’un l’altro come a chiedersi a vicenda cosa fare, mentre George continua a sostenere lo sguardo della Halliwell.

Mi ricorda tanto i pomeriggi passati a giocare con mio cugino a chi ride per ultimo. Cavolo, ero davvero bravissima in quel gioco.

Ora siamo tutti voltati verso George e Melena, e per tutti intendo io, Neville e Seamus, visto che gli altri ormai sono entrati.

È come se George fosse la nostra colonna portante, probabilmente lo è stato per tutta la giornata, è come se la Halliwell non avesse ancora vinto finché non riesce a far muovere lui.

Ora, non so se lui l’abbia notato, ma vedo la mano destra di Melena abbassarsi sulla tasca dei suoi jeans come ad afferrare qualcosa.

Devo ammettere di non aver preso in seria considerazione la minaccia della Halliwell, ma da una donna che sta per sposare un mangiamorte non dovrei forse aspettarmi di tutto?

Se c’è qualcosa che non voglio è che faccia del male a George, quindi scatto verso di lui, prendendo la sua mano.

- Non ne vale la pena. – gli dico – Andiamo.

Ciò detto muovo qualche passo in avanti, con George attaccato a me, e Neville e Seamus ci seguono.

- Brava ragazza. – commenta la Halliwell con un sorriso maligno sfilando dalla tasca l’oggetto che era andata ad afferrare.

Non è una bacchetta. Non è assolutamente una bacchetta. È solo un pennello sporco di vernice verde.

Troia.

 
Appena siamo entrati nel suo appartamento Melena Halliwell sigilla con un incantesimo la porta dietro di noi.

- Anni e anni di lavoro, di esperienza, per essere umiliata così da dei bambini, è davvero assurdo… - borbotta sorpassandoci per prendere dalla fruttiera sul tavolo bianco un’altra mela ed addentarla.

L’appartamento si apre direttamente sul suo soggiorno, fornito di un angolo cottura sulla sinistra. Sulla destra invece si apre l’ampio salotto, appunto, con un enorme divano a cuscini verdi, e per tutta la stanza, dalle finestre spalancate, sono appese strane tele colorate, mentre una, ancora sul cavalletto, è fissa al centro della stanza. Deve essere quella a cui stava lavorando prima che noi arrivassimo.

- Tu quanti anni hai? – fa Melena a Natalie, subito dopo aver dato il primo morso.

- Ne ho dodici. – risponde quella.

- Bene, - commenta la Halliwell – allora giù gli occhi dai quadri, ok?

Mentre il suono delle sue parole acquista un senso nella mia mente anche i miei occhi mettono meglio a fuoco le immagini.

Quelle non sono delle macchie di colori.

Quelli sono dei nudi. Nudi astratti.

- Quanti di quelli ritraggono Lestrange? – domanda George.

- Meno di quanti pensi, dico davvero. – risponde Melena. – Ed ora cominciamo. Allora, ci sarà la parata domani, ognuno di voi sfilerà su un carro, partiranno i vostri compagni Corvonero, seguiranno i Tassorosso, chiuderete voi, chiaro?

- Non mi sembra che abbiamo accettato di averti come stilista – commenta Seamus.

- Non mi sembra che qualcuno abbia chiesto il vostro parere a riguardo, - risponde lui la Halliwell – io sono la vostra stilista, fine della storia. Come prima cosa dobbiamo decidere l’ordine della sfilata. Con i miei colleghi abbiamo concordato che sia un ragazzo a partire, per poi alternare maschi e femmine. Quindi mi serve uno di voi ragazzi che vada per primo… Neville, che ne dici?

- Dice di no, - rispondo io al suo posto – perché non vogliamo essere preparati da te, e tu non hai nessun diritto di chiamarlo Neville.

- Credimi, dolcezza, - mi risponde Melena – al momento ho molti più diritti di te, e non ti immischiare. Poi, poi, poi, ci servirà una ragazza. Tu, - dice guardando in direzione di Katie – Bells, giusto?

- E’ Bell, - risponde lei.

- Bell, perfetto, - si corregge la Halliwell – tu andrai per seconda. Per il terzo invece… tu, tu andrai bene. – fa alludendo a Seamus, che starebbe per ribattere qualcosa, ma lei va avanti senza dargli possibilità di obiettare – E tu devi assolutamente andare per quarta, tesoro, - dice a Natalie – sei la più piccola in gara, e tenerti al centro del gruppo darà un senso di protezione. Mi piace. Mentre per quinto… no, tu no, ti vorrei tenere per ultimo – fa guardando George – quindi per esclusione andrai tu, hum, non ricordo il tuo nome, in realtà faccio davvero schifo con i nomi, saresti…?

- Ritchie – risponde il quattordicenne.

- Sì appunto, Ritchie. – riprende la ragazza di Lestrange – tu andrai per terzo, il terzo dei ragazzi, così la gemellina, sì, tu, tesoro, - fa rivolta a Calì – Padma, giusto?

- Padma è mia sorella, io sono Calì – risponde lui.

- Sapevo che mi sarai sbagliata, tipico, – commenta la Halliwell – comunque mi sono già messa d’accordo con Rupert affinché sia tu che tua sorella andiate per terze, vogliamo evidenziare il più possibile, potrebbe essere una carta a vostro favore, o almeno a favore – si blocca – di una delle due…

Strano come una frase simile suoni tragica addirittura fra le sue labbra, fra le labbra della donna di Lestrange. Mi chiedo come sarebbe se a dirlo fosse lui.

- Infine, - conclude Melena – tu e tu, - fa indicando prima George e poi me – voi due chiudete la sfilata.

- Noi due non faremo un bel niente – rispondo io.

- Oh sì, invece. – fa lei.

- Scommettiamo?

- Davvero conoscevi mia madre?

Con quattro parole Neville Paciock interrompe il nostro battibecco.

Ok, era una cosa prevedibile, un ragazzo che non ha mai visto i suoi genitori in uno stato mentale accettabile che pende dalle labbra di una tizia mozzafiato che racconta di conoscerli, vorrei solo che non credesse a tutte le boiate che lei va dicendo.

- Sì, certo che la conoscevo. – risponde Melena voltandosi dolcemente verso di lui – Siamo state amiche per la pelle per tipo un anno e mezzo, dal quarto fino a metà del quinto, , eravamo un gruppetto di sei ragazzine allora. Eravamo compagne di dormitorio, per i primi tre anni non me le ero filate granché, ma poi abbiamo fatto amicizia. È cominciata così.

- Balle. – commenta George. – Non dirmi, - fa rivolgendosi a Neville – non dirmi che credi davvero a quello che dice? Sveglia! Vuole solo fregarti, portarti dalla sua parte!

- Questo non è vero. – risponde Melena. – E posso dimostrarlo.

Posata la mela ormai ridotta a un torsolo sul tavolo si avvia verso la parete che ospita tre scaffali di libri. Noto solo ora che sono tutti libri babbani.

Tira fuori un volume di Piccole Donne e vi estrae una foto.

Girando i tacchi torna da noi, sbandierandola soddisfatta davanti a Neville e George.

- Da destra Elizabeth Roth, - fa spiegando la foto, che ritrae sei ragazzine di quattordici o quindici anni intente a sorridersi l’un'altra e a quanto pare incapaci di star ferme in posa – e poi Alyssa Laury, Conni, cioè Constance Raddcliffe, se non sbaglio, e infine Alice, ed io.

Neville afferra la foto dalla sue mani.

Ne ha già viste tante, di foto di sua madre, ed è in grado di riconoscerla, e quella lì è proprio lei.

Ha i capelli lunghi, mossi, di un castano chiaro che sfuma sul biondo, e due grandi occhi scuri ma luminosi. Ha davvero le lentigini come diceva la Halliwell, le cospargono le guance nei pressi del naso, ed indossa un cerchietto color arancio, ed indossa la camicia dell’uniforme lasciando slacciato un solo bottone. Ride di un sorriso gioioso, sincero, il sorriso con cui ogni ragazza dovrebbe ridere a quattordici, quindici anni, il sorriso che un tempo era il mio, quello con cui sono ritratta in tutte le mie vecchie foto con Ron, e con Harry, e con tutti gli altri, quel sorriso con cui credo che non riuscirò a ridere mai più.

- La foto l’ha scattata il mio ragazzo dell’epoca. – continua Melena, anche se lui ormai non le presta più attenzione – Mi pare che fosse Corvonero, si chiamava Marcus, o Mark, o…

- Perché avete rotto? – la interrompe Neville.

- Con Mark, dici? – fa Melena – E’ passato così tanto tempo, non ricordo, forse…

- Intendevo con mia madre. - la ferma Neville – Perché avete smesso di essere amiche?

- Oh, hum, ok, d’accordo. – risponde Melena – Come ho già detto non sono mai stata brava a tenermi un’amica. Ero solo una stronzetta di quindici anni consapevole del suo corpo mozzafiato che ha rovinato l’ennesima delle sue amicizie nel solito modo. Io e tua madre eravamo davvero molto amiche, di quell’amicizia strana di cui si può essere amiche solo a quindici anni, e si avvicinava il ballo di Natale, e lei era finalmente riuscita a farsi invitare da un ragazzo più grande per cui aveva una cotta da sempre. Il vestito che le aveva mandato sua madre era un tale disastro! Io le promisi di risistemarlo per lei… E poi, due settimane prima del ballo… L’ho già detto, ero una presuntuosa quindicenne davvero molto stupida, ed il tempismo di tua madre fu davvero molto discutibile, e insomma mi trovò imboscata nell’aula di Astronomia mentre m baciavo con il suo cavaliere. Non mi rivolse mai più la parola.

- Tu hai baciato mio padre!! – fa Neville sconcertato.

- No, no, certo che no! – risponde lui la Halliwell – Per Merlino, non era Frank il ragazzo per cui Alice aveva una cotta da sempre, no, Frank fu quello che la invitò quando la trovò in cima alle scale a piangere dalla rabbia e che non ebbe il cuore di non offrirle un fazzoletto, per poi invitarla al ballo a sua volta. È cominciata così, fra di loro: lui l’aveva invitata per compassione, e si innamorò di lei quella sera, mentre lei s’era già innamorata del suo fazzoletto. – conclude – Sai, - aggiunge dopo una brevissima pausa – si potrebbe anche dire che se io non avessi limonato con il ragazzo che le piaceva lei e Frank probabilmente non si sarebbero mai messi insieme, che ho contribuito a creare la loro felicità ventura, ma non mi hanno inviato una bomboniera per questo, né l’invito al matrimonio, o un biglietto con su scritto “ti abbiamo perdonata”, o qualcos’altro… Probabilmente non lo meritavo… - commenta amareggiata. – La foto puoi tenerla tu, dico davvero.

- Ma è tua. – tentenna Neville.

- Credimi, Alice vorrebbe che l’avessi tu. – risponde lei strizzandogli l’occhio. – E poi io ce li ho già quei momenti, li conservo tutti nella mia memoria, nel mio cuore, e mi fa piacere condividerli con te, dico davvero.

- Beh, allora grazie. – fa Neville sorridendo, mentre infila la foto nella tasca dei pantaloni.

- Sai, - fa Melena sorridendo – glielo avevo promesso. Quel vestito era orribile, ed io dovevo risistemarlo, glielo avevo promesso, ed avevo cominciato a lavorarci, ma poi… - si interrompe, non serve finire la frase, è chiaro che dopo la loro rottura del vestito non si sia più fatto nulla. – Ti prego, Neville, permettimi di mantenere la sua promessa. Permettimi di fare per te quello che non ho mai potuto fare per Alice, permettimi di chiederle scusa più di quanto non ho fatto allora. Non ho potuto ultimare il suo vestito. Neville, ti prego, permettimi di fare il tuo.

Cazzo.

- No, Neville, - interviene George infrapponendosi fra lui e la Halliwell – ti sta manipolando, non cascarci.

- Quale altro modo per farmi perdonare da lei, se non dare a suo figlio la sua migliore opportunità per sopravvivere? – insiste Melena.

Neville sta tentennando, è evidente.

- Neville, no, pensa al piano. – faccio io.

- Si fotta il piano, Hermione, - mi risponde lui – non capite quanto sia assurda questa storia? Vogliamo davvero presentarci in jeans e camicia alla parata? Perché i nostri compagni Tassorosso e Corvonero avranno degli abiti stupendi, ed io vorrei almeno provare a sopravvivere, quindi fate come vi pare, ma io ho intenzione di collaborare con lei. Melena, - fa poi tornando a rivolgersi a lei – se io avessi un’idea, un piccolo progetto per l’abito, mi aiuteresti a realizzarla?

- Sarebbe un’immensa gioia. – risponde Melena, mentre sul suo volto si accende un sorriso enorme.

- E se qualcuno non avesse la minima idea di quello che vuole? – chiede timidamente Natalie. – Ti inventeresti da sola qualcosa di buono?

E così il numero dei disertori sale a due.

- Per te ho già buttato giù sette bozzetti, tesoro, ne rimarrai sbalordita. – le risponde la Halliwell.

- Io avevo pensato a qualcosa di indiano, per rimanere fedele alle mie origini.

- L’oro e l’Irlanda si abbinano alla perfezione, giusto?

Calì, Seamus, ora siamo a quattro, e possono solo aumentare.

Eccolo il nostro brillante piano, il nostro ammutinamento che va in fumo.

- Perfetto, - si intromette George – allora e ti dico anch’io cosa ho intenzione di indossare: il maglione che mia madre mi ha fatto l’altr’anno per Natale.

- Smettila di fare lo stupido, così ti comprometti da solo, ti converrebbe fare come i tuoi compagni, collaborare. – risponde la Halliwell.

- Oh, no, starà benone. – lo appoggio io – Insomma, la signora Weasley è un genio coi ferri, e un bel maglione di laniccio è un ever green, sai come si dice, il grigio topo è il nuovo rosa… E poi la grande “G” rosso carminio al centro, un tocco di classe!

- Sarebbe una “F”, in verità. – mi corregge George.

Il chiacchiericcio dei miei compagni, che stavano amabilmente parlottando fra di loro su piccole idee in relazione agli abiti da indossare, tace all’istante.

Siamo come pietrificati.

- Sai, - fa rivolgendosi a Melena, ma poi abbassa gli occhi sul pavimento per continuare a parlare, come se non riuscisse a guardarla in faccia, o a guardare nessuno di noi – doveva essere quello con la “G” il mio, mia madre ce li faceva per distinguerci, lo ha sempre fatto, ma noi ce li siamo scambiati, io e mio fratello Fred, perché era più divertente così.

La sua voce è rotta dal pianto, ed è probabilmente una delle cose più strazianti che io abbia mai visto da quando tutta questa situazione è cominciata.

Sento le lacrime colarmi giù dagli occhi, e noto che intorno a me nessuno sta rimanendo indifferente a quella confessione, che le altre ragazze piangono come me, e che anche qualcuno dei ragazzi trattiene le lacrime.

Mi pulisco il viso con una manica della giacca e raggiungo George per stringerlo in un abbraccio.

- Lui è morto, - continua George in un ringhio che è un misto di dolore e rabbia – e ciò che mi fa più incazzare è che tutto ciò che mi rimane di lui è un maglione di un colore orrendo e la sua immagine che piange con me dal riflesso dello specchio. E questo, dolcezza, è il motivo per cui non permetterò mai, mai e mai che una donna come te, una donna che si fa sbattere da uno degli uomini che hanno contribuito alla sua morte, mi metta le mani addosso. I tuoi possono essere anche i migliori ideali del mondo, tesoro, ma non voglio accettare alcun aiuto da te, da persone come te, perché le vostre mani sono sporche del suo sangue e lo saranno per sempre, e non voglio esserne sporcato anch’io.

C’è silenzio. George si scioglie in lacrime fra le mie braccia e tutti quanti ci fanno il favore di tacere. Ogni singola parola sarebbe inadeguata, sarebbe fastidiosa, nauseante e fuori luogo.

Anche Melena Halliwell tace, lasciando spazio alle sue lacrime.

- E credi, - fa la donna quando lo vede rialzare il viso verso di lei – credi davvero che morire risolva la situazione? Che non provarci neppure sia il modo migliore per onorare la sua morte.

- Non permetterti di parlare di lui, né di me – risponde George – tu non hai la più pallida idea di quello che ho intenzione di fare.

- No, non ce l’ho, - afferma la Halliwell – eppure sento comunque di poterti aiutare.

- Non voglio il tuo aiuto.

- Lo vorrai.

Dopo aver sorriso enigmatica la Halliwell allunga una mano sulla fruttiera e prende divertita una mela rossa, piantandola fra le sue mani.

- Avanti, mordila. – dice.

- Chi mi assicura che non sia avvelenata? – domanda sarcastico George rigirandosela fra le mani.

- Se lo è ti risveglio con un bacio. – gli risponde lei strizzando l’occhio.

- Andata. – commenta George ponendo la bocca sulla mela.

Fin da quando stacca il primo morso, vedo la sua espressione dubbiosa e divertita mutarsi in una di estremo stupore e piacere.

- Ma questa è… - fa masticando.

- Mia! –fa Melena togliendogli il resto del frutto dalle mani. – Ma se accetti di tornare domani per preparare il tuo vestito giuro che ne avrai una tutta tua, e che ti insegno il trucco. Come puoi immaginare, potrebbe essere una mossa molto astuta, in Arena…

- Signorina Halliwell, - fa lui divertito – ma non è illegale? Potrei denunciarti.

- La mia parola contro la tua, bello, a chi crederebbero? Posso farle sparire in un attimo, e tu ti sei fatto già una pessima reputazione davanti alla McGranit, non stenterebbe a credere che tu stai semplicemente provando a diffamarmi. – domanda lei. – Lo abbiamo scoperto per caso, ai tempi della scuola, mi sorprende davvero che sia svanita come tradizione. Dico davvero, ragazzo, ti insegno il trucco. Allora, affare fatto? – domanda tendendo la destra verso di lui.

- Un altro morso. – fa George.

- Neanche per sogno, sono mie le condizioni. – risponde Melena – Domani potrai averne quante ne vuoi, affare fatto?

Il mio sguardo saetta da lei a George, da George a lei.

Cosa sta succedendo? In che modo può quella donna, in che modo può una mela, trascinare dalla sua parta anche la colonna portante della nostra resistenza?

Ed, ecco, sotto i miei occhi stupefatti, la destra di George che va a chiudersi intorno a quella della ragazza di Lestrange.

- Affare fatto.



* Per chi non avesse letto quel libro, e spero davvero che qualcuno ABBIA letto quel libro, Sir John Thomas era il nome che l'amante, appunto, della protagonista, dava al suo pene. Trattandosi del cane di Melena, non avrei mai potuto trovare nome più adatto.







*Angolo Autrice*

Ciao! Sapete, ho scoperto di essere alquanto lenta ad aggiornare, potrete mai perdonarmi?? Spero di sì!
Questo capitolo mi ha preso più pagine del dovuto (bel 16!), perchè era pieno di dialoghi, ed io ho un complicato rapporto con dialoghi, dato che DEVONO essere ultrarealistici, e questo vuol dire che ci impiego le ore per immaginarli alla perfezione, e poi per renderli, alla perfezione, e comunque poi non vengono mai come volevo io. E' frustrante.
Parliamo del capitolo adesso.
Punto primo, se Harry fosse stato in vita probabilmente la scena di Melena sul sei uguale a tuo padre sarebbe stata rivolta a lui, mi serviva più che altro per inquadrare il periodo scolastico di Melena, ma ho dovuto ripiegare su Neville, e così avete anche un bello scorcio dedicato a lui :-) Ho cercato in tantissimi siti l'anno di nascita di Alice e Frank Paciock, ma non li ho trovati da nessuna parte, e quindi ho inventato. Penso che la maggior parte delle persone se li immagini appartententi allo stesso anno, quello dei Malandrini e di Lily, io ho voluto rendere lei un anno più piccola perchè stesse nello stesso anno di Melena.
In questo capitolo vi ho dato un ENORME indizio sull'ex di Melena di cui vi avevo parlato, qualcuno di voi c'è arrivato? No? Sicuri? Fatemi sapere.
DITEMI CHE QUALCUNO HA LETTO QUEL LIBRO, vi prego! Lady Chatterly è da urlo, ed è un libro importante, LEGGETELO!!!
Poi poi poi... Ah, sì, l'ordine delle sfilata è congeniale, e vorrei davvero che chi ha scelto di partecipare all'iniziativa interattiva mi inviasse tutta la descrizione del vestito o la parte del capitolo, se ha deciso di scriverla lui, con la pubblicazione del prossimo capitolo. Avete ancora un po' di tempo, quindi, ma sbrigatevi! ;-)
Forse quando i ragazzi entreranno in Arena lancerò una seconda iniziativa, ma sarà un pò più complicata della prima, Boh...
Poi ci sono due cose che mi riprometto sempre di scrivere e che dimentico ogni volta, Allora, visto che la storia è scritta in prima persona, ovviamente quando saremo nell'Arena potrò seguire solo corso e percorso di Hermione. Quindi, dato che la ragazza si caccia in un sacco di guai ma non è comunque onnipresente, per mettervi al corrente degli avvenimenti più importanti che accadono agli altri concorrenti userò lo strataggemma usato nel film, ossia quello di presentarvelo tramite il commento di due telecronisti che descrivono o parlano di quello che è successo. Le loro parti saranno scritte in corsivo, per non confondermi. E così arriviamo al secondo problema, ossia i DUE telecronisti. Ovviamente il primo sarà Rita Skeeter, ma per il secondo non so davvero cosa fare, non voglio inventare un personaggio, ma di quelli della Rowling so che uno soltanto sarebbe adatto all'incarico ma... se usassi GILDEROY ALLOCK, la cosa darebbe problemi a qualcuno? No, sapete, perchè lui sarebbe PERFETTO per quella parte! Non so ancora cosa inventarmi per giustificare la sua presenza, ditemi semplicemnte che ne pensate dell'idea.
Poi, che altro dire... Ah, sì, scoprirete il segreto delle mele di Melena nel prossimo capitolo, ma penso che fosse comunque facilmente intuibile. 
Non mi viene davvero in mente altro, ma probabilmente ho comunque dimenticato qualcosa. Fa nulla!
Ci si vede nel prossimo capitolo! Baci, cari, e grazie per l'attenzione!

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Capitolo 7
*** Project Runaway, Melena mani di forbice. ***


Project Runaway, Melena mani di forbice


È stato come cadere nella tana del Bianconiglio, come esser risucchiata da un vortice, sbattuta qua e là da un tornado, nel momento in cui i miei amici hanno accettato di indossare i lavori di quella donna ho sentito tutto il mio mondo cadere a terra.

A dire il vero, ho sperato sperato sperato fino alla fine che si trattasse di una sorta di piano B, una seconda idea geniale architettata alla svelta da George per salvare il salvabile, tipo far credere alla Halliwell di accettare il suo aiuto e sabotare poi i suoi abiti, ma niente, niente davvero, sembra che si siano, di botto, innamorati tutti e perdutamente di lei.

Hanno passato tutto il santo tempo a parlare di quanto lei fosse fantastica, di quanto fosse brillante la sua collezione del 97, di come fosse perfetto l’abito che aveva confezionato per le nozze della figlia del Primo Ministro del Portogallo, di come fosse brava con la pittura e di quanto fosse sodo il suo posteriore.

Così ora mi trovo seduta fuori all’appartamento di Melena, in compagnia di due Pacificatori che mi squadrano con aria torva, mentre attendo che George esca da quella porta per potere entrare io.

Quest’oggi, in modo da concertare con lei le idee per gli abiti da parata, ognuno di noi dovrebbe incontrarsi da solo con Melena, e lei ha deciso che lo facessimo nell’ordine di apparizione.

Io sono l’ultima, pensavo che sarebbe stata una grande idea disertare, ho finto un malessere, ma i due sopracitati Pacificatori mi hanno presa con la forza e trasportata qui, mentre tutti i miei compagni si sono presentati felicemente e puntualmente all’appuntamento con lei.

Dovevate vederli, tutti quei fieri grifoni, son diventati i suoi cagnolini, i fedeli di compagni del suo Sir Thom come si chiama!

Li odio così tanto!

Non quanto odio Melena comunque, questo è ovvio.

E nemmeno quanto odio la Umbridge, assolutamente.

O quanto odio Lord Voldemort…

Ok, si può dire che li odio mediamente, li ucciderei tutti!

Non posso credere di essere riuscita a pensare una cosa simile.

Non è vero, non è quello che farei, è solo un modo di dire, mi è uscito così non so davvero cosa… Io non voglio uccidere proprio nessuno, né ora né mai, quel che intendevo dire è che…

Il rumore della porta che si apre e si richiude in pochi istanti, accompagnata dall’uscita di un raggiante George Weasley, mi comunica che è il mio turno di entrare.

Quel che intendevo dire, ed è un concetto che devo assolutamente chiarire perché l’aver pensato anche solo un momento di poter uccidere qualcuno in una situazione simile sta uccidendo me a dire il vero, quel che intendevo dire è che mi hanno profondamente deluso, che mi sembra quasi d’esser stata tradita, tradita nel profondo, che vorrei tener loro il muso, arrabbiarmi, ma visto che so che moriremo tutti non riesco neppure ad avercela con loro.

È davvero frustrante.


 

Mi alzo in piedi e raggiungo George, che mi attende alla porta, ed i Pacificatori che mi avevano accompagnata mi mollano per afferrare lui, lo riaccompagneranno negli alloggi, con gli altri, e poi torneranno a prendere me.

- Via quel muso, Hermione. – fa lui sorridendomi, - Melena è fantastica, dovresti darle un’occasione.

Ecco, appunto.

Da che pulpito poi!

Dopo avermi strizzato un occhio, il rosso mi passa dinnanzi e fa per andar via.

- Ah, quasi dimenticavo – fa girandosi nuovamente verso di me - Prova le mele, tesoro, sono ottime!

Ciò detto accetta la stretta dei Pacificatori, e i tre si smaterializzano, lasciandomi sola su quel pianerottolo.

Che palle…

Mentre medito sulla possibilità di scappare in qualche modo, la porta si apre dinnanzi a me, mostrandomi una raggiante Melena Halliwell, tutina beige e calzettoni.

Ed è bella anche così, stratosferica anche così, e questa mi sembra l’ennesima buona ragione per odiarla.

- Ciao, cara. – fa la Halliwell accogliendomi – Vieni, entra pure.

Senza rispondere, accennando uno forzato mezzo sorriso, entro in casa sua, e la donna chiude la porta dietro di me.

Il suo cane, così come l’altra volta, è a quanto pare libero di muoversi per l’appartamento, visto che corre a saltellare fra le sue gambe non appena la porta si chiude, scodinzolando quando lei gli accarezza muso per poi offrirgli un croccantino.

- Quel ragazzo è davvero simpatico, uno spasso, ma potrò dirmi fortunata se riuscirò a farlo arrivare vivo almeno all’Arena, visto il suo temperamento… - fa Melena parlando più a se stessa che a me, credo - Accomodati pure, cara, - dice ancora- vuoi qualcosa da bere? Da mangiare?

- “Cara” mi ci chiamano i miei amici, – rispondo fredda io, sedendomi su una delle sedie intorno al tavolo – e lei sarebbe pregata di non farlo mai più, signorina Halliwell.

- Puoi chiamarmi Melena, - fa lei sedendosi dinnanzi a me, mentre mi porge un bicchiere di succo di pompelmo e cannella. – e darmi del tu.

- Ma non voglio. - mi limito a rispondere io – Io voglio continuare a chiamarla “signorina Halliwell”, continuare a darle del lei, o del voi, se preferisce, finire il lavoro il primo possibile in modo da potermene andare via di qui il prima possibile.

- Wow! – fa lei ridendo delle mie parole – Non mi aveva detto che eri così.

- Di chi parli? – le chiedo.

- Ah, mi dai del tu adesso! – commenta divertita – Beh – risponde – sempre della mia fonte anonima naturalmente!

- E potrei sapere chi sia questa tua fonte? – faccio scocciata.

- No, non puoi, - fa facendomi una linguaccia divertita – potresti cacciarmi nei casini, e quindi chiudo la bocca, ma sappi che mi sono state dette cose straordinarie sul tuo conto, dico davvero.

- E’ un uomo? – domando - Un ragazzo?

- Non mi trovo troppo bene con le donne, anzi, a dire il vero sono le donne a non trovarsi troppo bene con me, quindi immagino che la risposta sia sì. – mi risponde la Halliwell – Ma detto questo non ho intenzione di mettermi a giocare ad acqua e fuoco con te, dico davvero, e anzi mettiamoci a lavorare subito al suo abito, perché ho davvero avuto un sacco di idee per te.

- Fantastico. – commento con fare sarcastico.

Spero solo sia rapido e indolore.

Spero solo finisca presto.

La sfilata è stasera, e se le cose vanno per il meglio io non dovrò mai più vederla.

Intanto, sotto i miei occhi, Sir John Thomas va ad accoccolarsi sotto il tavolo, continuando a scrutare entrambe con i suoi grandi occhioni neri.

- Allora, - comincia la bionda prendendo in mano un pennino azzurro e un taccuino da disegno – hai qualche preferenza? Magari credi che staresti meglio con un abito più sui toni del rosso anziché dell’oro, o preferisci gli abiti senza spalline, o forse…?

- Vorrei che la mia schiena fosse coperta. – rispondo io – Tutto qui, per il resto fa quello che ti pare.

- Ok, schiena coperta, - fa Melena – posso farlo, e potrei sapere il perché?

- No, non ti riguarda. – rispondo – Tu sei una purosangue, hai ancora la tua bacchetta, non sono problemi tuoi.

Melena tace. Si limita a guardarmi, abbassando gli occhi sul taccuino.

Fingendo indifferenza mi sporgo un po’ dalla sua parte per sbirciare la forma che sta dando al mio abito.
Sì, mi ha coperto la schiena.

- Ok, è coperta, giuro, – fa la donna riemergendo dal suo taccuino – ora possiamo andare avanti, no? Pensavo a delle scarpette brillanti, rosse magari, sai, nessun posto è come casa! È…

- Il Meraviglioso Mago di Oz, sì, lo so. – rispondo io.

- Beh, mi sorprendi, - commenta lei sorridendo – visti gli scarsi risultati che ho ottenuto con Lawrence temevo che citando Baum avrei fatto per la seconda volta un buco nell’acqua, pardon!

- E le scarpe erano rosse solo nella versione cinematografica – continuo – nella versione di Baum erano d’argento, la favola era una metafora…

- Del Gold standard, - fa Melena concludendo la mia frase – lo so. Che sia dirmi di Barrie? E della Alcott? E di Dodgson?

- Ho letto Piccole Donne quando avevo otto anni e ce l’ho ancora a morte con Jo per aver rifiutato Lauren, ho fatto la parte di Wendy quando alle elementari abbiamo rappresentato il Peter Pan e penso che tu abbia cercato di trarmi in inganno nominando il terzo autore come Dodgson, cioè il suo vero cognome, e non con lo pseudonimo di Carroll, con il quale è conosciuto soprattutto per la sua novella Le Avventure Di Alice Nel Paese Delle Meraviglie, con la quale sono praticamente cresciuta. Soddisfatta?

- Brava ragazza, test superato con Eccellenti risultati. – fa strizzandomi l’occhio – Ora che abbiamo rotto il ghiaccio, ti va di parlarmi un po’ di te?

- No, - rispondo – no davvero.

- Sai, Hermione, - tenta di spiegarmi lei – io ci tengo davvero a che il vestito calzi bene non solo sul corpo della persona, ma soprattutto sulla sua personalità, tutto quello che conosco su di te mi è stato raccontato da altri, quindi sarebbe davvero importante per me se tu…

- Lungo, senza spalline, il tulle mi dà fastidio, rosso va bene. – la interrompo alzandomi – Non puoi fare un bel vestito e basta? Così, come ti pare, senza far tante storie?

- Oh, tesoro, - mi risponde lei - volevo dire Hermione, - si corregge vedendomi sbuffare – non offenderti se te lo dico ma non sei così bella!

- In che senso? – chiedo.

- Nel senso che non sei quel tipo di ragazza  a cui basta un bel vestito per sfondare. La Chong, quella ragazza asiatica, la Corvonero, lei è quel tipo di ragazza. Mettile un abito lungo blu o argento che sia e stregherà la folla, questo è sicuro. Anche con la bionda dei Tassorosso avrei voluto lavorare, quella che si è quasi sentita male quando hanno estratto il nome del suo ragazzo, Hanna, mi pare…

- E’ Hannah, - la correggo io – ed Ernie non è il suo ragazzo, è il suo migliore amico.

- Sì, lei, - riprende Melena – è davvero bella, affasciante, e, lasciatelo dire, penso che Savannah abbia fatto una pessima scelta…

- Di che parli?

- Per evidenziare il fatto che sono tutti ragazzi, tutti innocenti, tutti uguali, i suoi tributi indosseranno dei vestiti identici, - mi risponde Melena – permettimi di dirlo, mi sembra davvero una pessima trovata, li penalizzerà e basta, te lo dico io. Ed è un tale spreco! Insomma, io avrei fatto meraviglie con quella ragazza…

- Beh, mi dispiace davvero tanto che tu non abbia splendori come Cho Chang o Hannah Abbott con cui lavorare, e che debba accontentarti di me, – la interrompo scocciata – ma non preoccuparti a nascondere il tuo rammarico, tanto la cosa è reciproca…

- Non ho detto questo, - mi risponde Melena – non sono affatto seccata di dover lavorare con te, anzi! Penso che tu sia un soggetto interessante, intrigante, ma non per far da gruccia a un bel vestito. Tu hai una storia importante alle spalle, avvincente, potrei…

- Lascia stare  la mia storia, ok? – la interrompo nuovamente – Tu non hai neanche idea di quello che ho passato, ed il mio passato, la mia storia, non è un ghirigoro con cui ornare un diamine di vestito! Fai un abito normale, ok? L’abito che faresti per Cho, fai l’abito che faresti per chiunque, fa quello che ti pare ma non usare la mia storia per l’abito come se fosse un fascio di paillettes o un nastrino colorato, perché non te lo permetto, e non me lo merito!

- Allora va via, avanti! – fa Melena scattando in piedi, rossa in volto – Quella è la porta! Ti farò abito con la schiena coperta, rosso, con le spalline, e qualche scaglietta di rubino e la gente guardandoti dirà “wow, gran bel vestito, lo vorrei, e… no, aspetta chi è che lo indossava?”

- Non crederti indispensabile, Melena, sono sopravvissuta fino a qui senza il tuo aiuto e posso continuare a farcela senza di te. – le rispondo.

- Quella è la porta, tesoro. – ripete lei afferrando una mela da tavolo e ficcandosela in bocca – CI vediamo alla sfilata.

Dopo aver accennato a un mezzo sorriso antipatico, giro i tacchi dinnanzi alla mia ex bellissima quanto seccante stilista e faccio per lasciare la stanza.

Prima di raggiungere la porta, mi volto di nuovo vero di lei.

- Cosa c’è nelle mele? – domando.

- Come, scusa? – fa lei riemergendo dall’ennesimo morso.

- Le mele, - ripeto – George ha cambiato idea grazie alle tue mele, e mi ha detto di assaggiarle quando è ci siamo incontrati mentre usciva di qui ed io dovevo entrare, e tu non sai stare senza ficcartene una in bocca per più di venti secondi, insomma cos’hanno di speciale?

- Alcol. – si limita a rispondere – Disintossicata un cavolo!

- In che senso? – chiedo camminando di nuovo vero di lei.

- Scoprimmo questo trucchetto quando eravamo al quinto, sesto anno. – fa lei porgendomi una mela, che io non accetto comunque. – È successo durante una lezione di Trasfigurazione, la McGranit ci stava insegnando come trasformare un calice in una mela, e quindi ci aveva detto di portare una coppa ben pulita, ma un mio compagno Tassorosso, Owen Nohalan, se non sbaglio, aveva sporcato la sua con l’inchiostro, ma non disse nulla alla professoressa, per paura che si arrabbiasse, e così quando fece l’incantesimo il risultato fu una bella mela nera al gusto di inchiostro. L’idea dell’alcol venne a Sirius, io glielo avevo raccontato giusto per ridere, ma lui e James ebbero l’illuminazione…

- Sirius? – la interrompo io – Sirius Black, intendi? Le conoscevi davvero, quelle persone?

- Andiamo, tutti conoscevano quei quattro! – mi risponde lei. – Comunque, dopo quell’episodio avevamo preso l’abitudine di comprare dell’alcol prima di arrivare a scuola, riempirne dei calici e poi trasmutarli in mele, così da fargli passare la sorveglianza. La vodka è schifosamente buona anche così. Mi chiedo davvero perché l’usanza non sia continuata, forse avremmo dovuto tramandare il trucco a qualcuno. – si interrompe un momento per dare l’ennesimo morso soddisfatto – Come ho già detto, - ripete – disintossicata un cavolo! È chiaro che al tuo amico sia piaciuta la mia idea, - continua poi – innanzi tutto perché un goccio ci vuole se sai che dovrai morire, e so che a voi non è permesso, e poi perché puoi sempre far riempire ai tuoi un calice di una bibita proteica e farla trasformare in una mela da spedirti in Arena, è conveniente, molto conveniente.

Mi strizza l’occhio, e getta in torsolo della sua mela, ossia l’unica parte che ne è rimasta dritta verso il cestino.

Tanto per essere precisi, l’ha mancato di mezzo metro.

- Lo raccoglierò dopo. – fa sbuffando ed afferrando una seconda mela, mentre ne porge una terza a me. – Allora? – domanda guardandomi - Non dovevi andartene?

- Perché bevi? – domando sedendomi dinnanzi a lei – Hai una vita perfetta, sei bella, sei ricca, fai il lavoro dei tuoi sogni, stai per sposare lo scapolo d’oro del mondo magico, sei…

- Sì, Rabastan, - commenta lei sorridendo – lui è stato davvero una mano santa, stavo impazzendo prima di incontrarlo.

- Ho sentito la tua storia, - riprendo io – i miei compagni me l’hanno raccontata. Sei sempre stata perfetta, hai sempre avuto la vita che qualunque ragazza sogna di avere, perché hai cominciato a bere? Perché non hai mai smesso? George può voler dimenticare il fatto che stiamo andando tutti in contro a morte certa, ma cos’hai da dimenticare tu?

- Un cuore sanguinante, - dice lei tirando su il viso dalla mela – tanto dolore. – fissa su di me uno sguardo triste e sorride dolcemente – Non sei l’unica ad aver un passato, ed avere una storia, Hermione Granger. Vuoi ancora andare?

- No, - rispondo guardandola – no, non credo.

Lei sorride di nuovo.

Mi chiedo se mi stia ipnotizzando, mi chiedo se abbia fatto così con tutti, eppure non riesco più a provare disprezzo, o repulsione, per lei, è come se una Barbie di cristallo si fosse appena tolta la sua maschera mostrandosi per la creatura fragile che è, ed io provo pena per lei,per la sua sofferenza, riesco solo a guardarla, a non distogliere gli occhi da lei.

- Che dicevi del vestito che dovrebbe rappresentare la mia storia? – chiedo rigirandomi una mela fra le mani – Che avevi in mente?

- Oh, beh, mi serve una storia per cucirci un vestito sopra, - mi risponde lei – perché non me la racconti?

- No, fuori discussione, - rispondo.

- Perché no? – domanda lei – Di cos’è che ti vergogni? Perché non riesci ad essere fiera di essere te?

- Perché ho perso, Melena! – le grido contro – Perché io ho perso!

Nel momento in cui le lacrime lasciano i miei occhi mi alzo in piedi e cerco di allontanarmi dal tavolo voltandomi dall’altra parte, come per nasconderle.

- Ho perso, - riesco a singhiozzare ancora – ho le cicatrici che lo dimostrano.

- Cicatrici? – domanda Melena, alzandosi per raggiungermi – Sulla schiena forse??

Non rispondo.

Lo ricordo ancora quel giorno, ci sono larghe probabilità che lo ricorderò per sempre.

- Fammi vedere. – dice Melena mettendo una mano sul mio golfino ceruleo.

- No, - protesto io scostandomi.

- Avanti. – insiste.

Probabilmente dovrei scostarmi di nuovo, allontanarmi, o accettare il vecchio invito ad andarmene via. Ed invece rimango ferma, immobile, mentre Melena mi solleva il maglione fin sopra le spalle.
Sento fiumi di lacrime calde rigarmi le guance come le cicatrici mi rigano la schiena, e chiudo gli occhi piangendo in silenzio, mentre le dita sottili di Melena percorrono i solchi.

- Oh Morgana, - la sento bisbigliare mentre slaccia il mio reggiseno, che segava a metà uno degli sfregi, - chi ti fa fatto questo? Chi?

- E’ stata colpa mia. – rispondo asciugandomi le lacrime con la manica del maglione – Dicono che me la sono cercata.

- Che cosa avevi fatto, per meritarti questo? – domanda.

- Non sono affari tuoi.

- Lo voglio sapere lo stesso.

- Non è una storia interessante.

- Questo lascialo giudicare a me.

Mentre Melena mi guarda con uno strano sorriso materno sulle labbra, io mi abbasso la maglia e mi volto verso di lei.

- Con l’insediamento del Nuovo Governo a tutti i Nati Babbani, a tutti quelli come me, è stata tolta la bacchetta, probabilmente lo avrai sentito. – comincio – Ma ci sono comunque dei commercianti, che ce ne vendono di scadenti ad alto prezzo. Non sono le nostre, e non sono affatto buone, il loro effetto si esaurisce in poco tempo, ma è meglio che non aver nulla da stringere. Così, quando sono  uscita di prigione, il mio ragazzo, Ron, - al solo ripensare a lui mi spunta un sorriso ebete sulle labbra – è venuto a prendermi portandomi una di quelle in regalo. Tu non sai cosa si prova a poter stringere di nuovo una bacchetta fra le mani, non ne hai idea. L’effetto si è esaurito entro poche settimane, e così sono andata a ricomprarla, sempre di contrabbando, è ovvio. Non mi hanno beccata quella volta, ma la successiva. Era diventato un vizio ormai, Ron mi aveva detto che sarebbe stato meglio non comprarne più, non rischiare, ma io non potevo smettere, non potevo rinunciare alla magia ne ero come drogata e così mi sono recata a comprarne una terza, ma era il giorno sbagliato, il posto sbagliato. Degli uomini del governo fermarono me, il fabbricante ed altri compratori, probabilmente qualcuno aveva fatto la spia. Credo che il commerciante, il fabbricante, sia stato ucciso, non so dirlo con certezza. Quanto a noi, eccocela incisa sulla schiena la nostra punizione. Frustrati, a sangue, pena babbana per dei babbani, e poi la maledizione Cruciatus, per ci fingevamo maghi ed anche come maghi dovevamo venir puniti. C’era anche una donna incinta fra noi. Ha perso il bambino. Te l’ho detto, Melena, - dico alzando gli occhi su di lei – è per questo che non voglio che la mia storia venga raccontata, per questo che mi vergogno. Perché io ho perso.

Lei mi accarezza il viso asciugandolo dalle lacrime, e mi sospinge verso una sedia.

- Tu hai perso, Hermione Granger, è vero, - mi risponde – ma è proprio questo il bello, perché questo sottende che hai combattuto. Hai combattuto sempre, e non ti sei mai arresa, e ti hanno dovuto accerchiare in sette per riuscire a batterti e hanno dovuto toglierti la bacchetta perché non v’era incantesimo che tu non potessi pronunciare.

- Ma mi hanno sconfitta, Melena, battuta, - rispondo, - per quanto io abbia lottato, per quanto abbia rifiutato di arrendermi questo non cambia il fatto che alla fine io abbia perduto, che la guerra per cui tutti avevamo lottato si sia conclusa con la mia sconfitta, ho ancora quell’amarezza, quella rabbia incisa nel cuore, nella testa, sulla pelle, ed ora vorrei davvero che non venisse anche cucina sul mio vestito.

- Sai, Hermione, - mi fa la Halliwell – mi sono sempre chiesta perché il Cappello Parlante avesse scelto per me la casata dei Grifondoro, perché conosco ben poche persone meno coraggiose della sottoscritta. Quelli della mia gioventù per il mondo magico sono stati anni difficili, ed io ho visto molti dei miei compagni, molti dei miei migliori amici, fare una scelta. Lord Voldemort, con o contro di lui? Li ho visti cambiare, li ho visti scegliere da che parte volessero stare senza prendere a mia volta una decisione, restando ferma, immobile, a guardare. Questa guerra ti ha tolto molto, Hermione, lo so, lo immagino, ma anche io ho perso qualcosa, qualcosa di importante. Ma tu hai combattuto, Hermione, tu hai combattuto perché questo non accadesse, io sono stata ferma a guardare, anzi peggio, io sono scappata, io ho chiuso gli occhi. È questo che dovresti mostrare, Hermione Granger, è di questo che dovresti essere fiera. Tu eri lì, tu ci sei sempre stata, dall’inizio alla fine, per tua libera scelta, ed hai appena diciotto anni!

- E qual è l’idea? – domando io – Come lo cuci in questo modo un vestito?

- Hermione, io posso fare di te qualunque cosa. Io posso fare di te il simbolo della mia finita resistenza, io posso fare di te la resurrezione della speranza, io posso fare di te l’ultimo prezioso vessillo. Ti adoreranno.

- Tu vuoi fare di me Severus Piton… - esclamo io.

- Oh Morgana, no, per l’amore del cielo! – fa lei – Conoscevo quel ragazzo, era uno sfigato ai tempi della scuola e non mi sembra che le cose siano di gran lunga migliorate con gli anni.

- Ma alla fine tutti hanno capito che si sbagliavano, - controbatto io – tutti hanno capito che era un eroe.

- Ma quanti anni hai, Hermione? – mi chiede lei – Smettila di illuderti, tesoro, di credere nelle favole, in idiozie simili. La gente non ha mai amato Severus Piton, hanno semplicemente visto in lui l’unica speranza che avevano di sopravvivere, sembrava in quel momento l’unico in grado di portare avanti la resistenza, per questo si sono aggrappati a lui. È questo che noi dobbiamo dargli, Hermione, un’ultima speranza, un’ultima spiaggia, un’ultima ancora a cui aggrapparsi, è questo che la gente vuole, è questo che tu potresti dargli.

- Vuoi fare di me Albus Silente, Harry Potter? – domando ancora.

- Sì, certo, - risponde lei – così ci ammazzano entrambe prima ancora che ti salga sul carro! No, tesoro, - fa tornando seria – credo di poter fare di meglio. Io posso fare di te… Hermione Granger.

Prenuncia queste ultima parole con tono così convinto e soddisfatto che non ce la faccio a scoppiarle a ridere in faccia.

Comunque, quello che ha detto continua a non avere alcun senso.

- Quindi, - faccio cercando di farmi spiegare che cosa abbia in mente – quello che intendi fare di me è me?

- Sì, esatto! – fa lei entusiasta.

- Ma io sono già me!

- Sì, esatto, ed ora noi dobbiamo mostrarlo al mondo. È quello che sei, Hermione, quello che sei sempre stata, quello che puoi e devi rimanere, sei l’ultima scintilla di quel fuoco che è divampato. Ricordi quando Severus Piton è stato arso vivo e si è sparsa la voce che lui fosse una fenice, che sarebbe risorto dalle proprie ceneri?

- Sì, certo. – rispondo.

- A nessuno fregava nulla di lui in realtà! Vivo o morto per tutti era lo stesso! Il punto era che avevano bisogno della sua rinascita, avevano bisogno di qualcuno che lottasse per loro, di convincersi che non avevano perduto, che non era finita, che si poteva continuare a combattere, che la resistenza non era finita. Sii tu quella fenice, Hermione, risorgi dalle sue ceneri, tu puoi farlo, sei l’unica che può! Noi possiamo ridare al popolo sconfitto la sua ultima speranza, noi dobbiamo farlo! Fa che questa condanna a morte diventi un’ispirazione, Hermione, manda un ultimo messaggio, invita il tuo pubblico a non abbassare la testa, a impugnare di nuovo la bacchetta, a lottare ancora. Siamo un popolo che si è arreso, Hermione, io per prima, mostraci quanto ci siamo sbagliati a non lottare fino alla fine, facci saltare di nuovo sul campo di battaglia.

-  E come? - chiedo – Come faccio?

- Mostrandogli chi sei veramente, Hermione, - mi risponde Melena – senza vergogna, senza barriere, senza vergognarti di un passato di cui dovresti andare fiera. Falli sbiancare dinnanzi alla tua storia, sfoggia con grazia quelle cicatrici, perché sono il ritratto di una donna che non si è mai arresa, che mai si arrenderà. Sei tu quella fenice, Hermione, lo sei sempre stata. Permettimi di mostrarlo al mondo.

Sono la fenice. Io, la fenice, la scintilla, resistenza. Non Severus Piton, non Silente né Harry, io.

- Sì, - dico alzando gli occhi su di lei – sì fallo. Hermione Granger, senza vergogna, senza barriere, rendimi me stessa, mostriamolo al mondo, fallo!

Si alza in piedi in un momento e dopo aver preso con un gesto fin troppo repentino un qualcosa che non riesco subito a mettere a fuoco si porta in due sole falcate dietro di me.

Afferra i miei capelli in un momento, come a fermarli in una coda alta della quale la sua mano funge da laccio, ed in un momento il suo pungo si apre, e vedo la mia chioma fluente spargersi a terra.

Erano forbici quelle che aveva in mano. Quelle che brandisce ancora, fumanti, mentre io la guardo con occhi sbarrati.

Sorride, leccandosi le labbra, mentre strizzandomi l’occhio dice:

- Sei ancora in tempo per cambiare idea.





*Angolo Autrice*

Non ci ho messo così tanto stavolta, vero?

Come avevo promesso vi ho fatto conoscere un po' meglio il personaggio di Melena e quindi, vi prego, DITEMI CHE AVETE CAPITO CHI E' STATO IL GRANDE AMORE DELLA VITA DI MELENA! E' facile, dico davvero, ormai vi ho dato indizzi a sufficienza, tutti i pezzi del puzzle combaciano, dal primo all'ultimo, ditemi che avete capito chi è! In caso non fosse così, comunque, dedicherò un capitolo alla storia della Halliwell, diciamo che lei ed Hermione baratteranno un segreto per un segreto, e quindi tutti i nodi verranno al pettine.

Altro dettaglio aggiunto all'ultimo minuto è la speculazione sugli scrittori da Carroll a Baum, ma non ho potuto farne a meno, scusate davvero se l'avete trovato noioso.

Poi poi poi, ho un sacco di novità da comunicarvi!

Allora, la prima è che, visto il fatto che mi dimenticavo sempre di dirvi qualcosa in questo mio angolino privato, e così ho deciso di buttare giù tuttto quello che mi viene in mente, ed ecco quindi un po' di informazioni che mi ero sempre scordata di dirvi:

1) Non so davvero perchè, ma mi viene SEMPRE SEMPRE SEMPRE istintivo scrivere Fred invece di George, e quindi mi sembra giusto avvertirvi che potrei fare degli errori a riguardo, e chiedo scusa in anticipo!
2) Probabilmente avrei dovuto inserire più tributi, dato che ce ne sono troppi in relazioni alle uccisioni che vorrei.
3) Quella di Rita Skeeter ed Allock ve l'ho già detta, per grazia divina mi sono ricordata, ed ormai vi dico che con quasi certezza userò proprio lui, proprio perchè non mi viene proprio in mente nessuno altro.

Altro! Ecco un piccolo spoiler dedicato soprattutto ai fan di PRETTY LITTLE LIARS, per tenervi compagnia ora che il telefilm è finito (vogliamo parlato della terribile 3x24? -.-""): Hermione, in arena, riceverà un dono da uno sponsor che si firma A!!

Avrei anche un altro piccolo spoiler a mio parere molto carino da comunicarvi, una sorta di omaggio alla Collins, ma credo che ve lo darò la prossima volta, e così vi introduco una nuova cosetta:
Al contrario della maggior parte degli autori intellligenti di fan fiction, io adoro dare piccoli spoiler ai miei lettori, più do suggerimenti e più sono contenta. Allora ho pensato che, dato che voi siete contenti con gli spoiler ed io sono contenta con le recensioni, darò 4 spoiler per 4 recensioni, 7 spoiler per 7 recensioni e così via, vediamo se il gioco vi piace! Se avete curiosità su un personaggio in particolare basta chiedere!

Altra cosa importantissima: MA VOI LE AVETE VISTE LE IMMAGINI? Grazie a quell'angelo di Emma Diggory che le ha postate per me ho finalmente potuto correlare i primi capitoli con le immaginette che avevo fatto, e prevedo che ne aggiungerò una per ogni capitolo, fatemi sapere se vi piacciono.

Il nostro capitolo ha tra l'altro appena cambiato titolo, dato che quello che avevo pensato all'inizio era "Project Runaway (che fra l'altro sì, è dedicato al programma, che seguo) - fra le mani di Melena Halliwell" poi boom, lampo di genio mentre scrivevo il titolo per postare il capitolo, e questo nuovo mi piace un casino. E' un piccolo omaggio a Tim Burton che una mia amica (sua accanita ammiratrice) apprezzerà :-)

Infine, se ricordate la nostra iniziativa interatttiva, i partecipanti sono invitati a consegnarmi i loro lavori entro una-due settimane. Per il momento chiedo loro semplicemente di farsi vivi, mi basta una recensione, o un messaggio (ma le recensioni fanno più piacere), li contatterò io privatamente per spiegare tutto.

All'apertura dell'Arena, fra l'altro, darò il via a una seconda iniziativa interattiva, stavolta molto più coinvolgente e complicata dall'altra. ma che mi piace proprio un sacco e spero parteciperete ancora più numerosi.

Credo che per ora sia tuttto, chissà! Alla prossima. Baci. Giulia.









AngoloAAn 

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