The Room in the Hotel di kiara_star (/viewuser.php?uid=58219)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Tempo ***
Capitolo 2: *** Secondo Tempo ***
Capitolo 3: *** Terzo Tempo ***
Capitolo 1 *** Primo Tempo ***
Primo tempo
Questa storia nasce dal mio malato amore per
l’Hiddlesworth che quel sant’uomo di Tom Hiddlesexy
non fa
che alimentare ogni volta che apre la sua bella boccuccia.
Ma spieghiamoci meglio:
Durante un’intervista per gli Jameson Empire Awards 2013
di qualche settimana fa, Tom parla dei vari film candidati dicendo che
sono uno più interessante dell’altro, che gli
piacciono tutti (ruffiano) ecc ecc, MA, fra i vari film, mi
va a citare casualmente
un “The Cabin in the Woods” per poi impallarsi
subito dopo, perso in chissà quali pensieri SCONCI
tanto che il giornalista deve aiutarlo ad andare avanti.
No, non me lo sto inventando --> CLICCAMI&SHIPPA
Come tutti saprete, “The Cabin in the woods” [in
italiano
“Quella casa nel bosco”] è un horror
GENIALE uscito
esattamente un anno fa, che vanta fra i vari protagonisti il gorgeous man Chris
Hemsworth.
Chiaro, no?
Alla fine il film non c’entra una mazza con la storia,
però quell’intervista mi ha dato lo sprint per
scrivere
una semplice storia fluff e simpatica. Niente pretese eccessive, mi
andava di scrivere di questi due bei ragazzuoli che si vogliono
semplicemente molto molto mooolto bene *w*
Parola d’ordine: leggerezza!
Note:
●
Ambientata durante l’inizio delle riprese di Thor: The Dark World.
●
Molto bromance e leggermente pre-slash e tanto tanto fangirlamento.
● Ho
lasciato alcune parole in inglese. Non so perché, diciamo
che mi ispiravano di più, ecco u.u
●
Sullo squallore del titolo, vi prego, non infierite.
Ma basta parlare, vi auguro una buona lettura e se vi va,
lasciatemi una vostra opinione, anche solo per dirmi “Cara,
tu
sei completamente idiota!” o il gettonatissimo
“Fatti una
vita!”
kiss kiss Chiara
The Room in the Hotel
[PRIMO TEMPO]
Avevano iniziato a girare da
meno di una settimana e già aveva una bella serie di lividi
addosso.
Ma erano le riprese di un film discretamente d’azione,
giusto?
Lui era un supereroe che combatteva i cattivi e qualche botta poteva
prenderla anche lui, giusto? E poi gli allenamenti erano duri e gli
stuntmen severi, giusto?
Sì,
tutto corretto, se
non fosse che quei lividi, Chris Hemsworth se li era procurati in una
sicura quanto apparentemente innocua camera d’albergo, per la
precisione, a causa di un suo caro collega di nome Tom Hiddleston.
Ma andiamo
per ordine...
Chris era
appena atterrato a
Londra e, dopo dodici ore di volo e un jet lag che gli picchiava sulla
testa come neanche il suo martello di scena avrebbe potuto,
l’unica cosa che voleva era farsi una doccia, mangiare un
piatto
decente e magari pregare di riuscire a farsi un paio d’ore di
sonno. A Chris, onestamente, sarebbe bastato poter realizzare
anche solo uno dei suoi propositi.
Accese il
cellulare
infilandosi in un taxi. Non aveva neanche riagganciato dopo aver
avvisato Elsa del suo arrivo, ché il maledetto smartphone
aveva
iniziato a suonare fastidioso. Sullo schermo, un sorriso idiota dovuto
ad una foto scattata dopo qualche bicchiere di troppo ad uno dei vari
party post-premiere per The
Avengers. Quel sorriso idiota con tanto di occhiolino
ancora più idiota, apparteneva a Tom.
«Dammi
il tempo di
riprendermi, ti prego.» Aveva sospirato mentre il taxista si
fermava nel traffico della caotica metropoli inglese.
Dall’altra
parte Tom aveva ridacchiato facendo nascere un sorriso sul suo viso
stanco.
«Il
caffè non ti piaceva neanche stavolta?»
«Mi
è mai piaciuto il caffè freddo
dell’aereo?!»
«È
solo una scusa per buttarsi sullo champagne, e lo sai.»
«È
questo il lato
positivo della prima classe, Tom: poter bere champagne invece di un
caffè freddo o di acqua gassata calda.» Tom aveva
riso
ancora.
«Allora
non è il jet lag a farti venire l’emicrania,
Chris, ma i tuoi vizi da star.»
«Chi
ti dice che abbia l’emicrania?»
«Non
ce l’hai?»
Chris
sospirò chiudendo
gli occhi ed accasciandosi contro il sedile dell’auto.
«Mi
sta uccidendo.» Dall’altro capo un’altra
risata.
Quello lì aveva sempre ragione. Dannato lui!
«Non
dovevi bere litri di champagne.»
«Che?
Erano un paio di bicchieri!»
«Chris...»
L’australiano
sbuffò
colpevole riaprendo le palpebre e guardando fuori i palazzi che
sfrecciavano troppo lenti per i suoi gusti.
«Ok,
forse erano
più di un paio di bicchieri, ma ciò non toglie il
fatto
che sei un vero traditore, Tom.»
«Perché
dico la
verità?» Il traffico si era sfoltito e la marcia
era
ripresa più lesta. Chris ne fu grato.
«No,
perché
dovevi venire ad aspettarmi in aeroporto... Bell’amico che
sei!» Borbottò fintamente risentito, sapendo
quanto Tom
fosse facile ai sensi di colpa.
«Avevo
una riunione con
la crew. Sarei venuto volentieri, lo sai.»
Nell’abitacolo,
Chris si lasciò andare ad un sorriso divertito beandosi
della
voce accorata del collega.
Ah, Tom, sei adorabilmente
prevedibile!
«Non
mi pare che adesso
tu sia in riunione, Tom.» Rincarò la dose pronto a
sentire
le numerose spiegazioni che di certo l’amico aveva da
elencargli.
«Se
lo vuoi sapere, sono
due ore che siamo in riunione, ed io ho approfittato della prima pausa
per chiamarti. Sarei potuto anche andare in bagno ed invece mi sto
trattenendo per...» Ma Chris non riuscì
a
trattenere un risolino con la stessa tenacia con cui il collega
comandava la vescica e Tom, purtroppo per lui, se ne accorse.
«Che bastardo che sei!»
E a quel
punto
l’australiano non aveva più motivo per contenersi.
Scoppiò in una fragorosa risata mentre dal cellulare
uscivano
epiteti davvero poco gentili, finché un motherfucker gli
attraversò i timpani e per poco non si sentì male
dal ridere.
«Tom!
Ma che linguaggio
volgare!»
Quando l’aveva conosciuto, Chris aveva
pensato
che Tom fosse una persona un po’ costruita. Era gentile,
cortese,
simpatico, aveva sempre una parola buona per tutti e rideva ad ogni
battuta. Non poteva essere davvero così! Poi aveva capito
che in
realtà Tom Hiddleston era realmente come appariva,
perché
nessuno può mantenere una maschera così a lungo,
neanche
l’interprete del dio degli inganni. Era incredibilmente raro
incontrare qualcuno del genere nel loro ambiente, eppure dopo mesi di
quasi convivenza sul set ed anche fuori, Chris non poté che
appurare che non c’era nulla di costruito nella sua persona.
Ma
la cosa che più lo divertiva era, appunto, il linguaggio di
Tom. A
parte il suo accento così dannatamente english da farlo
sembrare
un professore di liceo, ciò che più era insolito
in lui,
era che non diceva mai una volgarità. Mai, al di fuori di
qualche shit
qui e lì,
e per uno come Chris cresciuto con due fratelli maschi ed una buona
dose di libertà sia verbale che fisica, quella parola era
quasi
un semplice intercalare.
In quelle
uniche volte in cui
Tom si lasciava andare e metteva da parte il completo da Mr. Perfect,
stranamente,
c’era sempre di mezzo lui. Come quando lo aveva
convinto a mangiare in quel nuovo ristorante messicano e Tom aveva
passato il resto della serata chiuso in bagno a maledirlo. O quella
volta che gli aveva organizzato un appuntamento con una modella ceca,
amica di Elsa che, sarà anche stata un angelo di Victoria's
Secret, ma era interessante come una mollica di pane.
“È
stato l’appuntamento peggiore della mia vita!” Si
era
sentito rifilare il giorno dopo mentre Tom non sapeva più
che
scuse inventare per non risponderle al cellulare. Aveva optato infine
per un classico: “Sono stato bene, ma non ho la testa per
impegnarmi.” A cui lei aveva risposto con: “E chi
ha
parlato di impegnarsi?” che aveva fatto stramazzare dalle
risate
Chris e dannare Tom che si era trovato al punto di partenza. Alla fine
si erano pure frequentati per qualche settimana, ammesso che vedersi in
una camera d’albergo a giorni alterni era da considerarsi
come
frequentazione.
«Devo
tornare alla riunione, ma quando ti metto le mani addosso, te la faccio
pagare!»
«Uh,
sto già
tremando tutto.» Ah, un’altra cosa che a Tom
Hiddleston
riusciva male -una delle poche- era quella di minacciare. Chris aveva
più volte avuto modo di riscontrare che era veramente un
disastro. Perché, andiamo, come si può credere a
qualcuno
che ti minaccia con un accento così?! Come se ti stesse
offrendo
una tazza di tè?! Se in Loki era credibile, era solo
perché era un buon attore. «Fuck you!»
L’australiano ghignò ancora mentre infilava il
cellulare nella tasca.
Tom era
riuscito ad
alleggerire un po’ il suo mal di testa che però
tornò prepotente non appena le macchine presero ad
accavallarsi
ed una sinfonia di clacson gli torturò i timpani.
Dannato
traffico!
Si
passò
una mano sugli occhi e si lasciò andare ad un lungo sospiro.
Un letto,
non voleva altro che quello.
Appena
entrato nella sua
stanza, Chris si sentì decisamente meglio. Chiuse la porta
alle
sue spalle e lanciò un vago sguardo alle valige accantonate
poco
più in là.
C’era
silenzio, finalmente. Appagante e tranquillizzante silenzio.
Si
buttò a peso morto
sul letto chiudendo gli occhi e gemendo sommessamente in segno di
gradimento nel sentirsi rinfrancare dal semplice contatto della sua
pelle con la stoffa fresca. Faceva un terribile caldo, ma era anche
colpa
di quella maledetta umidità inglese che si attaccava sulla
pelle.
Affondò entrambe le braccia sotto al cuscino sistemandosi
meglio. Non si curò neanche di togliersi le scarpe.
Restò
lì a crogiolarsi, con la sua t-shirt bianca ed i bermuda
militari che si era quasi pentito di aver indossato quando avevano
iniziato a guardarlo in malo modo non appena aveva messo piede in
quell’albergo elegante. Ma non importava, ora voleva solo e
solamente rilassarsi.
Si lasciò
andare ad un altro ansimo soddisfatto quando, durante i suoi movimenti,
la t-shirt si sollevò di poco facendogli sfiorare le
lenzuola
fresche con il suo ventre nudo.
Nella
stanza solo il
ticchettio dell’orologio, che però sembrava
cullarlo
ulteriormente. Poteva dormire e riprendersi. Lontano dal traffico di
Londra, dal jet lag del viaggio e anche dai fans che lo avevano
aspettato sotto l’albergo. Aveva dedicato ad ognuno di loro
il
suo tempo ed i suoi autografi, ma adesso non voleva più
nessuno
né davanti agli occhi né nelle sue orecchie.
«Mhh...»
Che beatitudine.
«Ti
diverti, fratello?»
«Santo
Dio!!» Si
voltò immediatamente trovandosi ai piedi del letto un Tom
ghignante con le braccia incrociate sul petto. «Tom? Che
diamine
ci fai qui?» borbottò aggrottando la fronte. Per
poco non
gli era venuto un infarto. Ed il mal di testa, ora, era decisamente al
suo picco massimo.
«Mi
godevo il tuo amplesso con il letto» alitò
l’altro.
«Perché
sei in
camera mia? Come sei entrato?» chiese ancora irato mentre si
metteva a sedere sulle coperte. Tom gli sorrise alzando le spalle.
«Ti
ho detto che te
l’avrei fatta pagare. Non si gioca con i sentimenti delle
persone» sospirò con soddisfazione mentre si
sedeva alla
fine del letto.
«E
neanche con le
coronarie della gente, brutto bastardo!» ringhiò
ancora
Chris assestandogli un pugno su un avambraccio.
«Ahi!»
lamentò l’inglese massaggiandosi la zona colpita
per poi
restituire il favore sulla coscia del compagno.
«Ehi?!»
Chris gli
afferrò il polso quando Tom stava per colpirlo ancora e lo
trascinò sul letto. «Non eri in
riunione?» gli
ringhiò schiacciandolo contro il materasso mentre
l’altro
tentava di sottrarsi alla sua morsa.
«La
riunione era in una
delle sala dell’albergo» biascicò Tom
come risposta
fra gli affanni, mentre con uno strattone riuscì a liberare
la
mano e a dargli un pugno deciso sul petto. Chris strinse i denti
cadendo con le spalle sul letto e portandosi una mano sul pettorale
colpito mentre Tom scattava in piedi con un ghigno divertito.
Non si vedano da mesi e gli era mancato, eppure ora aveva solo voglia
di riempirlo di pugni.
«È
così
che si salutano gli amici?» brontolò ancora
guardandolo
torvo, ma Tom continuò a sorridere.
«Avresti
preferito un bacio, darling?»
scherzò avvicinandosi alla testiera del letto e poggiandosi
con entrambe le mani.
Chris
sbuffò rimettendosi a sedere. «Sarebbe stato
sicuramente meglio di un pugno, darling!»
Poi si tirò in piedi continuando a tenersi una mano sul
petto. «Mi hai fatto un male cane!»
«Addirittura?!
Dove hai lasciato il tuo spirito da Dio del Tuono?»
«È
rimasto a Los
Angeles, insieme alle persone che mi vogliono
bene...»
borbottò fintamente offeso dirigendosi verso il
frigo bar.
Stavolta le sue minacce non erano state affatto vuote.
Tom si
voltò e si
sedette sul letto con le gambe che penzolavano al di fuori e
guardò sorridente Chris che tracannava senza troppa grazia
una
bottiglietta d’acqua.
«Smettila
di ridere come
un idiota.» Lo canzonò quest’ultimo
pulendosi le
labbra con il dorso della mano prima di lasciare la bottiglia sul frigo
e dirigersi nuovamente verso il letto. Ma di tutta
risposta, Tom rise più forte lasciandosi cadere con la
schiena sul
materasso. «Questa
è la mia
stanza e questo è il mio letto, perciò
sparisci!»
borbottò l’australiano sedendosi accanto a lui e
strattonandogli con poca gentilezza una spalla. Tom chiuse gli occhi
fingendosi indifferente alle sue richieste, almeno finché
non
cessarono e lui non si trovò qualcosa sulla faccia.
«Chris!»
urlò mettendosi a sedere quando capì che quella
che
stringeva fra le mani era la maglia sudaticcia che Chris aveva
indossato per le sue dodici ore di viaggio.
«Ecco,
bravo»
sospirò soddisfatto l’australiano trovando ancora
più gradevole le lenzuola fredde contro la sua schiena nuda
mentre si stendeva incurante dei richiami di Tom su quanto fosse poco
educato buttargli in piena faccia i suoi indumenti sporchi.
«Sei
un vero
troglodita!» Fu l’ultimo insulto prima che la
maglia
volasse di nuovo, stavolta in direzione del viso del suo
proprietario. Ma Chris la scostò senza troppi problemi
incrociando le braccia dietro alla testa e godendosi divertito Tom che
scuoteva la testa con le sue adorabili sopracciglia ballerine che
facevano a gara a chi si alzasse di più.
«Siamo
pari?» Le sopracciglia di Tom smisero di ballare.
«Ok,
siamo pari»
brontolò poco convinto l’inglese avvicinandosi al
letto e
stendendosi al fianco del collega. Si sistemò il cuscino ed
affondò con tutta la sua testa riccioluta.
«Questo
non voleva dire
che potevi restare qui.» L’azzardo gli
costò una
gomitata su una costola scoperta che incassò con un grugnito
doloroso. «Quanto sei diventato violento, Tom...»
«Sta’
zitto!»
Si
voltò con la testa
verso il collega scoprendolo ancora adirato. Non riuscì a
non
ridacchiare divertito. Tom sapeva essere davvero infantile alle volte,
forse più di lui. Si dovette beccare un’altra
gomitata ed
un pizzicotto pericolosamente vicino al suo capezzolo sinistro, che
riuscì ad evitare solo coprendosi la zona con una mano.
«Adesso
basta però! Arriverò sul set pieno di
lividi.»
«Allora
piantala di istigarmi!»
Chris si
tirò a sedere.
«Ma chi ti sta istigando? Sei tu che hai una vena sadomaso
che
non conoscevo!» Ridacchiò proteggendosi ancora le
zone
più delicate con le mani mentre l’inglese
continuava a
colpirlo con pugni e pizzicotti più o meno dolorosi. Nella
sua
strenua difesa, però, Chris non aveva considerato che Tom
avrebbe
afferrato la sua bella coda bionda e l’avrebbe tirata
così
forte da farlo urlare per il dolore. «Solo le donne si tirano
i
capelli nella lotta, codardo!» Si vendicò con le
parole, e
quando Tom si fermò ad osservarlo ed abbassò la
guardia,
lui ne approfittò per afferrargli una ciocca di capelli
castani
e tirarla con forza fino a farlo gemere contrariato. I capelli di Tom
erano corti, ma non abbastanza da impedirgli di affondarci le dita, e
lui li strinse senza intenzione di lasciarli.
«Dio,
che male!»
annaspò ancora l'inglese stringendo i denti.
«Avanti,
molla!» ordinò facendo pressione con le mani su
quella che
Chris si ostinava a tenere piantata sulla sua testa. «Chris,
mi
fai male!»
«Anche
tu mi hai fatto male.» Si giustificò lui dandogli
un’altra tirata.
«Ahi!»
Tom
tentò di assestargli un altro pugno che
però
Chris riuscì a bloccare con la mano libera. Tutto
ciò
però gli impedì di proteggere ancora il suo
prezioso
capezzolo che finì crudelmente stritolato fra
l’indice ed
il pollice di Tom.
«HOLY SHIT!»
ringhiò lasciando immediatamente i sui capelli e
contorcendosi
sul letto in preda ad un lancinante dolore. «Maledetto
bastardo
inglese!»
«Uhm,
i miei capelli...
» Dall’altra parte Tom si passava le dita sulla
testa con
un’espressione dolente sul viso.
«I
tuoi capelli? Tom, mi
hai staccato un capezzolo!» Chris continuò a
stringersi la
mano sulla zona dolorante mentre arrivava alla conclusione che era
meglio finirla lì con quel gioco pericoloso. Il suo
capezzolo
era decisamente d'accordo.
Era
riuscito a chiudere gli
occhi per appena mezzo minuto quando Tom brontolò:
«Devi
farti una doccia.» Chris gli lanciò
un’occhiataccia
spazientita allungandosi ancora sul suo letto in modo da lasciargli
solo un misero angolo. «Non puoi dormire in queste
condizioni,
Chris.» Rompiscatole!
L’australiano
allungò un braccio per rubargli altro spazio e Tom fu
costretto
a rimanere in bilico su una sponda del letto.
«Se
non vuoi sentire il mio odore di uomo, sei libero di
andartene» borbottò.
«Questo
non è
odore di uomo, questo è sudore e dodici ore di
viaggio.»
Sul viso di Tom si allungò un lieve sorriso che Chris si
sforzò di non ricambiare voltando la testa
dall’altra
parte ed affondando ancora di più sul cuscino. Aveva
dannatamente ragione, aveva bisogno di una doccia ed anche alla svelta,
ma non poteva dargliela vinta, il suo capezzolo ancora dolorante non
glielo avrebbe perdonato. E poi era stanco e alzarsi, andare in bagno,
aprire l’acqua, svestirsi... Sarebbe stato solo
più
stancante. No, Chris voleva dormire.
«Sono
libero di puzzare
se voglio. Ed ora vai a spargere consigli altrove, perché io
ed
il mio odore vogliamo riposare.» Una risata si
sollevò
nell’aria e Chris ghignò grato che
l’altro non
potesse vederlo.
«Mi
spiace, ma gli amici
non si abbandonano nel momento del bisogno.» Sentì
sospirare alle sue spalle e si violentò per non voltarsi e
vedere l’espressione sulla faccia di Tom. «Quando
sverrai a
causa del tuo “odore da uomo”, ti
servirà qualcuno
che ti rianimi.»
Era per
questo che lo adorava: sapeva essere tremendamente divertente.
«No,
grazie. So già che mi rianimeresti a pugni e calci. Non ci
tengo.» Lo
sentì ridere ancora e poi avvertì qualcosa
sfiorargli la schiena. «Smettila!»
ordinò riconoscendo le dita di Tom che salivano e scendevano
sulla sua pelle. «Piantala, Tom!» Diede uno
strattone con
le spalle per convincerlo a desistere, ma ebbe come unico risultato
solo
un’altra bassa risatina divertita.
«Dai,
non fare
l’arrabbiato. Lo sappiamo tutti e due che è una
farsa.» Ed era miseramente vero, e come aveva detto lo stesso
Tom, lo sapevano benissimo entrambi.
«Non
è una farsa!» mentì,
«Ed ora togli quella mano e
lasciami dormire.» Ma la suddetta
mano
non voleva smetterla di passeggiare dolcemente sulla sua pelle sudata
lasciando una scia di brividi dove si posava. Era così
piacevole, che Chris era più che sicuro che continuando
ancora
si sarebbe addormentato senza neanche rendersene conto.
«Chris...»
Piccoli cerchi all’altezza della spalla destra.
«Tom,
mi spiace, ma non
ho mai creduto nel sesso rappacificatore.» Una calda risata
si
levò nella stanza e stavolta Chris non poté
impedire alla
sua schiena di tradire il suo ridere sommesso.
«Non
pensavo di arrivare a tanto, ma grazie per
l’informazione.»
«Non
c’è di
che.»
Forse era giunto il momento di finire anche quel secondo gioco ma,
purtroppo per Chris, di dormire, sembrava non se ne parlasse.
>>>
NdA. Ci leggiamo nel
SECONDO TEMPO.
|
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Capitolo 2 *** Secondo Tempo ***
Secondo Tempo
The Room in the Hotel
[SECONDO TEMPO]
«Stasera
c’è una cena con tutta la crew. Mi hanno chiesto
di
avvisarti.» A quella notizia Chris storse il naso mentre si
buttava in bocca una manciata di patatine.
«Non
è che ne
abbia tutta questa voglia» sospirò. Al suo fianco,
Tom
alzò le spalle mentre mordeva una sola patatina come stesse
mangiando caviale.
Dopo aver
fatto una vera pace
al seguito della loro finta litigata, e come richiesto da Chris senza
alcun sesso rappacificatore, Tom lo aveva letteralmente sollevato dal
letto e gettato sotto la doccia. Poi però era stato
costretto ad
asciugargli i capelli, perché Chris, semplicemente, era
“so fucking
tired”.
“Viziato”
gli
aveva sospirato mentre l’aria calda spettinava le ciocche
bionde.
Lui gli aveva sorriso innocentemente attraverso il riflesso allo
specchio e Tom lo aveva quasi bruciato con il fohn.
“Bastardo!” È fu il turno
dell’inglese di
sorridere.
I due si
erano poi stravaccati
nuovamente sul letto guardando la tivù e mangiando
ciò
che erano riusciti a trovare nel frigobar di Chris: una busta di
patatine ed un’altra busta di patatine. WOW!
«Neanche
io ho molta voglia di andarci, ma non è carino dare buca.
Non credi?»
Chris gli
lanciò un’occhiata divertita.
«Neanche
staccare a
pizzicate i capezzoli della gente è carino, ma non mi pare
che
ti sia fatto molti problemi a riguardo.» No, non
gliel’aveva perdonata e sì, glielo avrebbe
rinfacciato
ancora.
«Per
quanto hai
intenzione di continuare?» sospirò Tom con aria
annoiata
schiaffeggiandogli con il dorso della mano l’addome scoperto.
Dopo la doccia, Chris si era categoricamente rifiutato di indossare
altro al di fuori dei pantaloncini di cotone blu elettrico
– inguardabili, secondo Tom. “Ho caldo!”
aveva quasi
sbattuto i piedi per terra e Tom non aveva più insistito.
«Finché non gli chiederai scusa»
affermò serio sgranocchiando ancora qualche patatina salata.
Tom rise. «Davvero?» ma lui annuì
convinto.
«Davvero?» richiese, ma stavolta senza
risate. Solo un’espressione corrucciata sulla sua bella
faccia.
Chris masticò rumorosamente un’altra patatina.
«Davvero» sentenziò sputacchiando appena
qualche
briciola.
La fronte di Tom era ancora corrucciata. Alla seconda patatina che
Chris distrusse fra i denti fissandolo in attesa che facesse qualcosa,
l’inglese espirò sconfitto. Quando voleva, Chris
sapeva
essere terribilmente cocciuto e questo, Tom, lo sapeva fin troppo bene.
E Chris sapeva che Tom sapeva.
Si avvicinò con il viso al famoso capezzolo offeso e
sospirò un sentito "I'm
sorry" che fece ghignare il
biondo.
«Va bene così?» gli chiese poi
sollevando gli occhi sul suo viso.
«Dagli un
bacino.»
Ma Tom lo guardò con un “Sei serio?”
stampato sulla
fronte a cui Chris rispose con un’altra risata.
«Dai,
scherzavo. Però se ti fa piacere...»
«È
una proposta allettante, ma per stavolta passo.»
«Non
sai che ti
perdi.» Si scambiarono un’occhiata
d’intesa e
tornarono a mangiare quel che restava del rumoroso cartoccio. In fondo,
anche quello era relax, pensò Chris. Prese a cambiare un
paio di
canali finché non si fermò su una replica di un
vecchio
film con Anthony Hopkins, per la precisione, Instinct.
«Uh, c’è papà!»
urlò indicando
lo schermo con il telecomando. Tom gli diede una leggera gomitata
ridacchiando e scosse la testa. Chris gli sorrise di rimando e poi
spense la tv.
Nella
stanza, solo il rumore della busta in carta d’alluminio.
«Sai,
anche tu dovresti chiedere scusa ai miei capelli.»
Non credeva
che gli stesse
servendo una tale prelibatezza su un piatto d’argento, e non
poteva fare altro che agguantare e ringraziare. «Guarda, se
c’è qualcuno che deve delle scuse ai tuoi capelli,
quello
sei tu.» Tom gli lanciò uno sguardo offeso. Bingo!
«Li hai violentati, praticamente.»
«Come
se fosse colpa mia! Sono per esigenze di copione.»
«No,
amico, quei
riccioli non sono esigenze di copione, è puro
sadismo.» La
busta gli sparì dalla mani, perché Tom
l’aveva
gettata al di là del letto facendo spargere le ultime
patatine
rotte sul pavimento. «Non ti ricordavo
così permaloso.» Ma in realtà
sì, se lo
ricordava così permaloso ed era per questo che era
divertente
punzecchiarlo. Sempre.
Restò
a guardarlo con la fronte aggrottata senza intenzione di recuperare il
cartoccio mezzo vuoto.
«Chiedimi
scusa.»
La sua espressione offesa era impagabile. Come aveva resistito tutti
quei mesi senza di lui?
Si
passò la lingua sulla labbra incrociando le braccia sul
petto nudo. «Perché mai?»
«Andiamo!
Io ho chiesto
scusa ad un capezzolo!» sospirò spazientito
l’altro,
e Chris ingoiò una grossa risata. Sì, era stato
un
momento da incorniciare, peccato avesse l’iPhone sul tavolo...
«E
allora io chiederò scusa al tuo capezzolo»
affermò semplicemente.
«Ma
che c’entra?
Chris, smettila di fare l’idiota!» Ma il suddetto
idiota
aveva già preso a sollevare la maglia di Tom, incurante
delle
mani dell’inglese che invece cercavano di impedirglielo.
«Smettila!» ridacchiò imbarazzato e
divertito
allo stesso tempo. Chris si disse che le dodici ore di volo non erano
state per nulla inutili.
«Avanti,
gli chiedo
scusa e siamo pari.» Sul suo viso, un’espressione
così sicura che alla fine Tom si lasciò
convincere. Tom,
alla fine, si lasciava sempre convincere.
«E
va bene –Dio,
che sto facendo?!...» si sollevò la maglia fino al
collo
ma Chris gli fece segno di togliersela e con un sospiro
l’inglese
obbedì anche a quell’ulteriore comando.
Restò anche
lui a petto nudo a guardare rassegnato il suo ghigno soddisfatto.
«Sicuro che tu sia un padre di famiglia?»
«Io
sono un padre molto divertente.» Gli regalò un
sorriso generoso che Tom gli restituì annuendo.
«Oh,
su questo non c’è dubbio...»
«Destro
o sinistro?» Chiese senza perdere il buon umore.
Lo vide
sospirare rassegnato e sorrise di più.
«È uguale, basta che ti sbrighi.»
Gli
lanciò
un’ultima occhiata prima di avvicinarsi sul suo capezzolo
destro
mentre sentiva lo sguardo di Tom sulla sua nuca. Damn! Stavolta
avrebbe davvero dovuto prendere il telefono!
«Scusa,
piccolo
capezzolo, se il tuo proprietario non ha rispetto per i suoi capell-
AH!» Dita attorno alla coda ed ennesimo strattone.
«E va
bene, la rifaccio» ridacchiò mentre Tom borbottava
qualcosa sul suo essere un caso disperato. Si avvicinò
ulteriormente, tanto che vide l’inglese farsi un
po’
indietro con le spalle. Sollevò gli occhi con un ghigno
preoccupante che purtroppo Tom non riuscì a decifrare
finché le labbra dell’australiano non schioccarono
furtive
sul suo petto.
«Chris?!»
urlò coprendosi la zona con la mano mentre
Chris cadeva
ridacchiando spalle al materasso. «Ma che ti passa per la
testa?» Ma le risate non volevano cessare. «Ti
ricordo che
hai una moglie!»
«E
che sarà mai?!
Era un bacio, mica abbiamo limonato?!» Tom aveva il colorito
di uno che si era addormentato al sole per ore senza alcuna
protezione.
«Guarda
che per arrivare
a tanto il passo è breve!» ribeccò
ancora
imbarazzato mentre cercava di infilarsi la maglia, ma
le mani di Chris arrivarono e gli bloccarono ogni gesto.
«Vuoi
dire che non limoneresti con me?» gli chiese con un sorriso
trattenuto ma con tono decisamente convinto.
«Certo
che no!»
«E
perché?»
«Ma
come perché?
Vuoi dire che tu limoneresti con me?» Chris si fece serio e
questo portò Tom a cambiare di conseguenza la sua
espressione.
Stavolta
gliel’avrebbe fatta alla grande...
«Io
sì.» La
maschera sul viso di Tom era di pura incredulità. Teneva gli
occhi sgranati e la mascella serrata. Chris pregò la sua
faccia
di restare seria ancora per qualche secondo. «Se fossimo su
un’isola deserta per giorni e giorni, e non ci fosse speranza
di
tornare alla civiltà, e mi fossi scolato un’intera
cassa di
rhum... Beh, altro che limonare, ti farei il servizio
completo!»
Gli arrivò una cuscinata sulla faccia e sì, se
l’era meritata.
«Sei
un idiota!»
Si gettò addosso a Tom ridendo e stringendolo in un
abbraccio.
«Sei un vero idiota, Hemsworth!» Lo
sentì
ridacchiare mentre lo colpiva con un debole pugno sul fianco.
«Oh,
dai, facciamo le
prove per l’isola deserta.» Gli sospirò
all’orecchio tastandolo grossolanamente sulla schiena.
Tom rise
più forte. «Smettila, dai, mi stai
soffocando!» E tentò di allontanarlo senza
convinzione.
«Lasciati
andare, tanto
è un’isola deserta, non ci vede
nessuno.» Gli
affondò il viso nell’incavo del collo
solleticandolo con
la leggera barba.
«No,
non è
un’isola deserta ed anche in quel caso preferirei la
castità!» Sbottò l’inglese al
limite delle
risate facendo istantaneamente arrestare la tortura. Chris sciolse le
braccia e si sollevò a guardarlo sconvolto. Ovviamente,
esageratamente sconvolto. Tom prese lunghi respiri grattandosi la
spalla su cui la barba del collega gli aveva irritato la pelle.
«Stai
forse dicendo che
non verresti a letto con me neanche in quel caso?» chiese
come
fosse qualcosa di assurdo. Se l’era studiata bene.
Tom
sollevò le sue
sopracciglia danzanti. «Esattamente»
scandì con un
sorriso convinto e Chris scosse la testa. «Non fare quella
faccia» ghignò ancora dandogli una spinta sulla
spalla.
«Questa
non me
l’aspettavo.» Chris continuava a scuotere la testa
mentre
si tirava indietro qualche ciocca bionda che era fuoriuscita alla sua
coda.
«Avanti,
sentiamo»
alitò ancora l’inglese mentre lui manteneva su la
maschera
dello sconcerto con invidiabile tenacia, nonostante avesse solo voglia
di scoppiare a ridere insieme a Tom per quel discorso così
insensato.
«Tom,
guardami: sono il
meglio che puoi trovare. Sono bello,» prese ad elencare con
le
dita. «Sono famoso, sono ricco, sono sexy -molto sexy- ed
inoltre
sono un amante davvero generoso.» E alla fin fine, non erano
forse tutte
verità?
Tom si
umettò le labbra cercando di trattenere
l’ilarità. «Ah sì?»
Chris
annuì malizioso
affilando lo sguardo e gli afferrò il mento fra le dita.
«Vuoi che te lo dimostri, bambino?» Ma stavolta non
riuscì a resistere e rotolò sul letto ridendosela
a
crepapelle mentre veniva colpito violentemente con un cuscino.
«Ma
quando crescerai?!» Altra cuscinata.
Alla fine
anche Tom crollò dalle risate e si ritrovarono testa contro
testa a fissare il soffitto della camera.
L’orologio
ticchettava
regolare. Dal vetro del balcone che dava sulla rumorosa strada, i raggi
venivano filtrati dalle pesanti tende color salmone. Sul pavimento,
ancora la busta e le patatine sbriciolate.
Su un letto
ormai disfatto,
Chris e Tom se ne stavano allungati con la testa sul fondo ed i piedi
sui cuscini. No, solo Chris aveva il cuscino sotto i talloni,
perché quello di Tom era volato via durante il suo attacco
ed ora giaceva malamente nei pressi dell’armadio.
«Eri
serio prima?»
Chris
continuò a guardare in alto. «Su cosa?»
Ne aveva sparate tante che non poteva ricordarsele tutte.
«Riguardo
all’isola deserta. Sul venire a letto con me.» Si
voltò e incrociò lo sguardo di Tom.
«Certo.
Anche senza rhum
a dire il vero.» Lo sentì ridere. «E tu
dicevi sul
serio riguardo alla castità?»
Tom si
passò una mano
fra i capelli e tornò a fissare il soffitto. Chris rimase a
scrutare il suo profilo. «No.» Un sorriso
vittorioso si
disegnò sul suo viso. «Solo che a me servirebbe il
rhum. E
tanto!» Tornarono a scambiarsi lo sguardo e a ridacchiare
divertiti.
«Non
sono proprio il tuo tipo, eh? Neanche se mi raso la barba?»
Tom sorrise
e si rotolò
su un fianco per averlo di fronte. «Non è
questo.»
Chris lo imitò e si ritrovarono con i piedi intrecciati fra
di
loro.
«E
allora
cos’è?» Anche se era partito tutto da un
gioco,
Chris percepì che quel discorso stava scivolando in qualcosa
di
un po’ più serio.
Tom lo
guardò ancora e
si umettò le labbra. «Se venissi a letto con te,
rischierei di rovinare la nostra amicizia.» Ed era abbastanza
chiaro che non stavano più parlando di ipotesi fantasiose.
«Niente
potrebbe rovinare la nostra amicizia, Tom.»
«Ne
sei sicuro?»
Chris gli
sorrise e gli
accarezzò una guancia con il dorso dell’indice.
Gli si
avvicinò piano fino a posare le labbra sulle sue. Quando si
ritrasse, Tom aveva ancora gli occhi aperti. «Sono
più che
sicuro.»
«Elsa
sa che te ne vai in giro a baciare la gente?» Ma la sua
domanda era sorretta da un leggero sorriso.
Chris
ispirò il profumo delle lenzuola pulite. «Tu non
sei la gente.»
«E
chi sono?» Gli
occhi di Tom erano sempre stati belli. Chris li aveva adorati
praticamente da subito, ma quando si velavano di dolcezza riuscivano ad
essere semplicemente meravigliosi.
«Sei
mio fratello.» Stavolta furono le dita di Tom a scivolare
sulla sua guancia.
«Non
si baciano i
fratelli, Chris. Dovresti saperlo bene» alitò
sornione facendo increspare le sue labbra.
«Ma
tu sei adottato[1]» E la carezza
divenne presto un pizzico.
Chris si
allacciò le
scarpe e si alzò dalla sedia. Aveva indossato un jeans
leggero
ed una camicia di cotone azzurra a cui aveva arrotolato le maniche fino
ai gomiti. Anche se era sera, Londra era ancora afosa, e al diavolo la
cena nel ristorante chic. Se avessero avuto da ridire, sarebbe stata
solo un’ottima occasione per tornarsene in camera a dormire,
visto che quel pomeriggio non aveva potuto farlo, e il livido che gli
si era formato sulla coscia - colpa di una ginocchiata ben poco carina
da parte di Tom - glielo rammentava fin troppo bene. E poi aveva
già mangiato. Aveva ordinato il servizio in camera non
appena
l’amico aveva “tolto il disturbo”. Quindi
non poteva neanche
appellarsi alla fame per sopportare quella serata.
Strinse
forte l’elastico
alla coda in modo che non ci fosse alcuna ciocca al di fuori, ed
afferrò il cellulare uscendo dalla stanza. Si
avviò verso
l’ascensore e, quando le porte si aprirono, si
ritrovò
davanti il gioviale sorriso di Tom.
«Sei
venuto a prendermi stavolta?» ridacchiò entrando
nella cabina.
L’inglese
pigiò il pulsante del piano terra. «Volevo farmi
perdonare.»
«Per
cosa, per l’aeroporto? Per il capezzolo? Per la ginocchiata?
O per il quasi attacco cardiaco?»
Tom rise.
«Un po’ tutto.»
Chris lo
scrutò con la
coda dell’occhio. Tom era decisamente più elegante
di lui.
Indossava perfino la giacca, blu, dello stesso colore dei pantaloni, in
contrasto con la camicia bianca. Unica nota positiva, non aveva alcuna
cravatta.
«Chi
si sposa?» ghignò e Tom si guardò
addosso scuotendo la testa.
«È
solo un completo.»
«Sei
un odioso damerino,
Hiddleston» sbuffò guardando in alto la luce dei
piani che
si intervallavano. «Vuoi farmi sempre sfigurare...»
brontolò ancora infilando le mani nelle tasche dei jeans.
Indossava numerosi bracciali e non gli fu possibile affondare di
più.
«E
dai, come se lo facessi apposta!»
«Non
è così?»
Tom si
avvicinò al suo
orecchio. «Piantala» sospirò, e Chris fu
felice che
lo avesse preferito ad un altro pugno.
L’ascensore
scendeva lento ed infine le porte si aprirono.
«Non
ho per niente
voglia di andare» alitò vago. Non avrebbe retto
una cena
piena di chiacchiere sul lavoro e un dopo cena pieno di altre
chiacchiere su quanto sarebbe stato duro il suddetto lavoro. Non dopo
un volo di dodici ore ed un pomeriggio passato a prenderle ancora non
aveva capito bene perché. E poi per i prossimi mesi ne
sarebbe
stato sommerso di cene di lavoro. Non poteva passare quella volta?
«Non
andiamo.»
Si
voltò verso Tom ed
arrestò la marcia nel bel mezzo della hall.
Aggrottò le
sopracciglia e lo studiò. «Sul serio?»
«Sì,
sul serio. Torniamo in camera tua o andiamo a berci qualcosa. Solo noi
due. Ti va?»
Chris si
grattò un
angolo delle labbra guardandosi in giro. L’idea non era per
nulla
male, anzi, era decisamente preferibile a quella tediosa serata che gli
si prospettava.
«E
che fine ha fatto il
“non è carino dare buca”?» Tom
si strinse
nelle spalle guardando in basso per poi tornare a immergere i suoi
occhi in quelli di Chris.
«Ci
stai o no?» chiese lapidario.
«Ovvio
che ci sto.»
E
bastò una telefonata
per sistemare il tutto. “Sono stanco, il jet lag, dodici ore
di
volo, orrido caffè sull’aereo.” Chris
aveva
l’imbarazzo della scelta. Tom, invece, dovette accontentarsi
di
uno scontato: “Emicrania fulminante. Non riesco neanche a
tenere
gli occhi aperti. Sì, domani starò
meglio.” Per
loro fortuna furono accettate entrambe senza problemi.
«Allora,
dove si va?» chiese l’inglese avviandosi verso la
porta dell’hotel.
«Camera
mia e, tranquillo, niente lotta né prove di sopravvivenza
per ipotetiche isole deserte.»
Tom sorrise
annuendo e
tornarono ad infilarsi nell’ascensore. «Potevamo
prendere
un film» sottolineò mentre salivano al piano di
Chris.
Al suo
fianco il biondo
alzò le spalle. «Non sono in vena di melodramma
esistenziali.» Che poi erano fra i generi più
gettonati da
Tom.
«Pensavo
a qualcosa di
più splatter.»
Questa era nuova. Si voltò a
fissarlo incuriosito finché non lo vide aprirsi in un
gigantesco
sorriso. «A casa ho una copia di “The Cabin in the
Woods”.»
Chris
alzò le sopracciglia, «Wow! Sai che
suspense?!» ironizzò.
Tom lo
spintonò.
«Ma dai, quante volte ci siamo rivisti
“Thor”? Per
non parlare di “The Avengers”!?»
«Che
c’entra, lì faccio bella figura.»
Un’altra spinta, un’altra risata.
Le porte si
riaprirono e Chris
si chiese perché Tom non lo avesse avvisato prima dei suoi
piani, avrebbe evitato di cambiarsi ed avrebbe continuato a poltrire
sul letto guardando in slip quella soap opera inglese anni
’80.
Ma forse
Tom aveva altri progetti e forse, se fosse stato fortunato, sarebbero
anche stati interessanti.
E adesso
che ci pensava, quella soap opera, non era neanche un granché.
>>>
[1] La
battuta di Chris è ovviamente un riferimento a quella di
Thor in The Avengers.
Ora, so che in giro ci sono state parecchie polemiche, però
ci
tenevo a ribadire che non vuole essere nulla di offensivo e non voglio
fare dell’ironia su questo argomento. È solo una
battuta(ccia), come nell’originale anche qui, e spero di non
aver
urtato la sensibilità di nessuno.
NdA.
Eh sì, Chris è un espertone di soap
opera u.u
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.
Tom ha sempre detto che Chris è dannatamente divertente e,
in
varie interviste, ho potuto notarlo anche io. Muoio dalle risate ogni
volta che fa l’idiota e capita spessissimo! Mi divertiva
l’idea che anche nel privato fosse un po’
imbecille,
soprattutto con quel povero santo (ma neanche troppo) di Tom XD
Tutta la storia viaggia su una comicità semplice, un
po’
maliziosa e con qualche doppio senso. Nulla di volgare, spero. Solo
risate fra due buon amici e qualche verità (se, magari)
travestita da battuta *-^
Appuntamento al terzo ed ultimo tempo ^^
Kiss Kiss Chiara
|
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Capitolo 3 *** Terzo Tempo ***
Terzo tempo
The Room in the Hotel
[TERZO TEMPO]
«La mia
proposta è: togliamoci i vestiti e dormiamo.»
«Oh, eccitante! Non c’è che
dire»
sospirò sarcastico l’inglese mentre Chris si
gettava sul
letto con la stessa enfasi del pomeriggio, ma stavolta si
ritrovò un altro corpo che gli ricadeva prepotente sulla
schiena.
«Ahia!» borbottò sentendo il peso,
neanche troppo
leggero del compagno, schiacciargli la gabbia toracica contro il
materasso. «Avevo detto niente lotta.»
«Questa non è lotta» asserì
Tom sedendosi a cavalcioni sul suo sedere.
«La mia colonna vertebrale non la pensa allo stesso
modo.»
Chris tentò a fatica di girarsi, e fu solo perché
Tom si
sollevò appena che ci riuscì. Quando fu spalle al
letto,
però, il leggiadro peso inglese tornò a colpirlo,
stavolta in parti più delicate.
«Neanche le prove di sopravvivenza erano incluse»
ribadì mentre Tom se la rideva comodamente accovacciato sul
suo
“Mjolnir”.
«Mi hai fatto dare buca ad una cena che poteva anche essere
interessante. Offrimi qualcosa di più divertente del
dormire.»
«Sei ancora in tempo a dire che l’emicrania ti
è
passata.» Pugno sullo stomaco. Chris gli bloccò il
polso.
«Questa è l’unica offerta che avrai da
me. Proponi
tu qualcosa che non sia riempirmi di lividi o evirarmi con il tuo
sedere ossuto!»
Tom rise lasciandosi cadere al suo fianco. Le risate gli si smorzarono
quando però fu Chris a sedersi su di lui, ed il suo peso era
decisamente più sostanzioso. «Come ti
sembra?»
ghignò il biondo accomodandosi meglio sul suo corpo magro.
Da
quella prospettiva era decisamente più divertente la
situazione,
soprattutto perché aveva modo di godersi il sorriso luminoso
sul
suo viso.
«Oh, io la trovo comoda.» Lo sfidò
l’altro e lui sorrise sinistro.
«Perfetto! Allora rimarremo così per
tutta la notte. Contento?»
«Non chiedevo di meglio. Io starò steso su questo
letto
comodo mentre tu starai lì a bearti di me che
dormo.»
Tom piegò un braccio dietro alla testa tenendogli degnamente
testa. Chris capì che era il momento di azzardare...
«”Dormo”?»
Assottigliò lo sguardo.
«Non avevi detto che non era nei tuoi piani?» Ed
iniziò a sollevare la camicia di Tom tirandola fuori dai
pantaloni.
«Non ci provare!» subito le sue mani lo fermarono.
Occhi negli occhi ed un sorriso sul viso di entrambi.
«Voglio solo farti stare ancora più
comodo...»
«Grazie, ma sono già bello comodo
così.»
«Oh, non dirmi che hai paura che qui sotto si smuova
qualcosa,
vero?» sghignazzò Chris alzando un sopracciglio
con fare
malizioso. Tom grugnì in disaccordo e gli intimò
di
spostarsi con il semplice uso di una mano, o meglio, di un pugno sul
basso ventre. «Il solito violento... altro che
“make
love”[1]...
» sospirò dolorante e si
sollevò per sedersi
al suo fianco. Finalmente anche Tom poté sedersi e
iniziò
a sistemarsi l’indumento mezzo sgualcito.
Forse poteva punzecchiarlo ancora po’, pensò.
«Ti serve aiuto?» gli sussurrò lascivo
ad un
orecchio poggiando una mano su quella che Tom teneva vicino alla
cintura. Quest’ultimo lo allontanò con un gomito e
lui
rise soddisfatto. Ma se continuava così, il giorno dopo
avrebbe
passato la mattinata a contarsi i lividi o i denti mancanti. Era meglio
darsi una regolata, si disse.
«Se non ti conoscessi – e non conoscessi tua
moglie –
direi che ci stai provando spudoratamente» affermò
Tom
alzandosi in piedi per infilarsi meglio la camicia nei pantaloni.
Chris si poggiò sui gomiti guardandolo tronfio.
«Non farti
illusioni, non siamo ancora su un’isola deserta. Fino ad
allora
le tue verginità sono salve.»
La camicia era nuovamente al suo posto e Tom gli lanciò uno
sguardo tagliente. «Mi chiedo se tu ne abbia ancora qualcuna
di
verginità... » alitò sfacciato e una
suola di
scarpa gli si piantò dritta sulla coscia del suo Armani.
«Come osi?! Io ne ho tante di verginità e le sto
tenendo
tutte per te. Ingrato!» Tom non era ancora riuscito a pulire
l’alone ché lui gliene aveva regalato un altro sul
sedere.
«Per me e l’isola deserta, certo» gli
sentì
sospirare mentre si schiaffeggiava la zona biancastra che
però
non voleva andare via. Chris ghignò e gli stampò
un'altra suola. «Piantala!»
«Ne hai diecimila di completi come quello.» Tom gli
lanciò un’occhiataccia dandosi un’ultima
inutile
pulita e alla fine rinunciò. Restò fermo con un
lungo
sospiro e una mano poggiata sul fianco, l'altra passava
spazientita le dita sulla fronte.
Lo aveva avvilito, fu la conclusione di Chris. Ma era tanto che non
aveva avuto modo di stare con lui e non si era curato di
essere
meno molesto. Non voleva però che Tom divenisse di cattivo
umore, era decisamente insopportabile quando accadeva e per sua fortuna
era cosa molto rara, ma meglio non correre il rischio.
«Avanti, vieni qui.» Lo invitò sbattendo
la mano sul
materasso con uno dei suoi migliori sorrisi. «Siediti con
papà.» Tom restò a fissarlo dubbioso ma
alla fine
lo accontentò.
Si sentì sollevato.
«Che hai oggi? Sei più tremendo del
solito.»
Chris gli scostò il braccio e gli strinse dolcemente le
braccia
attorno alla vita. Il suo viso sprofondò
nell’incavo del
suo collo. Tom profumava di buono, il suo dopobarba era più
leggero del suo eppure gli invase prepotente le narici.
«Dodici ore di volo, Tom. Dodici merdose ore di
volo.»
Sentì la mano di Tom posarsi sulla sua nuca e iniziare ad
accarezzargli i capelli fermandosi solo dove c’era la coda.
«E che altro?» Piccole e lente carezze.
«Lo champagne non era buono» sospirò
sommessamente.
Lo sentì ridere ed alzò la testa verso di lui.
Tom gli
sorrise comprensivo e lui poggiò la fronte sulla sua
chiudendo
gli occhi. «E poi mi sei mancato» ammise sincero.
«Oh, finalmente da quella bocca esce qualcosa di
carino.»
La sua risata si perse in quella del compagno. «La cosa
è
reciproca, comunque.»
«Non sembrava dopo le botte che mi hai rifilato
oggi.» Le dita di Tom gli accarezzavano i capelli mentre
Chris continuava a tenere gli occhi chiusi poggiato contro di lui. Nel
buio delle sue palpebre, sentiva il respiro di Tom asciugargli le
labbra. Lo strinse più forte e sorrise. Si sentì
poi tirare verso il letto e si lasciò cullare ancora dalle
sue lente carezze.
«Quando ti raggiungerà Elsa?»
«La prossima settimana. Devo anche trovare una casa in
affitto.» L’elastico scivolò via e le
dita del compagno poterono così scorrere libere fra le sue
bionde ciocche.
«Non sarà un problema, credo.»
«No, infatti.» Chris si sistemò meglio
accanto a lui sospirando appagato.
«"Togliamoci i vestiti e dormiamo",
giusto?» Assentì con un verso della gola.
«Non
è poi una cattiva idea, ma i vestiti li teniamo
magari.»
«Come ti pare.» La sua voce era poco più
di un sussurro contro il collo del compagno.
«Chris?»
«Mh...» rispose.
«Ho i tuoi bracciali conficcati nella schiena.» Gli
venne
da ridere e lo strinse un po’ di più
cosicché il
suo polso potesse scivolare sul suo fianco.
«Grazie.»
«Mh» rispose nuovamente continuando a sentire
quelle
lunghe dita che gli pettinavano i capelli. Ah, se le parrucchiere del
set fossero state delicate come Tom! Ed invece, ogni volta, per poco
non
gli staccavano lo scalpo.
«Ho sentito dire che ti riempiranno di treccine.»
Era come
se gli avesse letto nel pensiero, ma ormai ci aveva fatto
l’abitudine.
Sorrise contro il suo collo. «Solo se me le fai
tu.» E sentì la risata di Tom riempire la stanza.
«Possiamo proporlo, chi lo sa...»
«Ed io ti piastrerò la parrucca.»
Un’altra
dolce risata e Chris lo strinse ancora più forte tanto che
lo
sentì gemere soffocato.
«Ehi, Chris, non sono la tua coperta di Linus!»
«Sì che lo sei. Ed io sono la tua.»
«Sei più simile ad un piumone di
lana...»
Forse aveva ragione. Rise e sollevò la testa con aria stanca
per
guardarlo. «Vuoi che ti liberi?» Il suo tono doveva
essere
stato decisamente dolce – o disperato - perché Tom
gli
sorrise e lo tirò nuovamente a sé.
«Potrei avere freddo stanotte, meglio tenerti a portata di
mano.»
«Prometto di non russare.»
«Sei un tesoro, Chris, ma so già che invece
russerai come un treno... come al solito...»
«No, non lo farò.» Stretto contro il suo
Armani,
avvolto dal profumo del suo buon dopobarba, Chris si sentiva
semplicemente bene. Bene come si può stare solo con chi ti
conosce forse meglio di te stesso.
«Se mantieni la parola, ti concederò una delle mie
verginità.» Sgranò gli occhi e si
sollevò a
guardarlo incuriosito.
«E quale?»
Tom si umettò le labbra e trattenne un sorriso.
«Quella che preferisci.»
«Oh...» sospirò malizioso facendo
scendere la mano sul suo fianco magro. Tom gli
schiaffeggiò la nuca
ridacchiando.
«Non essere scontato.» E Chris rise a sua volta.
Tornò ad immergersi nel suo abbraccio e chiuse nuovamente
gli
occhi.
«Come faccio a sapere se ho russato?» chiese.
«Dovrai fidarti della mia parola.»
«Barerai.» Si sentì tirare una ciocca di
capelli.
«Non osare. Io non baro mai.» Tom sembrava offeso,
ma Chris
si limitò a sorridere. Era troppo stanco per riflettere.
«Allora mi fido» alitò regalandogli un
piccolo bacio sul collo. Tom lo ricambiò con uno sulla
fronte.
Poco dopo, Chris neanche si accorse che Tom gli aveva sfilato le scarpe
e lo aveva poggiato con delicatezza sul cuscino, tanto si era
addormentato profondamente.
Fu il profumo del caffè a svegliarlo prima ancora della luce
del
sole che filtrava dalla balconata. Aprì un solo occhio
proteggendosi la vista con una mano. Il posto accanto a lui era vuoto.
«Buongiorno.» Tom era seduto al tavolo a
sorseggiare una tazza fumante.
«Buongiorno» farfugliò con voce
impastata passandosi
le dita sulle palpebre e spostandosi i capelli che gli avevano invaso
il viso. Aveva decisamente dormito troppo. «Che ore
sono?»
«Hai vinto.» Non riuscì a connettere
bene e si
sollevò con la testa verso il compagno con aria
interrogativa.
«Non hai russato.» Ruotò per
qualche secondo con gli occhi nella
stanza in cerca di un senso per quella frase, poi
realizzò: “se mantieni la parola ti
concederò una
delle mie verginità.”
Ricadde sul cuscino sogghignando mentre sentiva il rumore dei passi di
Tom.
«Prendi.» Con ancora un ghigno sornione
afferrò la
tazza di caffè e ne bevve un sorso generoso. Era dolce e
macchiato, proprio come piaceva a lui. «E togliti dalla
faccia
quell’espressione vittoriosa. Sei pessimo.»
Ridacchiò più forte mentre Tom gli si stendeva
accanto.
Accavallò le gambe ancora coperte dai suoi pantaloni mezzi
sgualciti. I piedi nudi. Addosso, solo la sua camicia bianca. Accese la
tivù.
«Ho vinto.» Tom non rispose e continuò a
fare
zapping. Chris si umettò le labbra e finì di bere
il suo
caffè. Poggiò poi la tazza vuota sul comodino
guardando
verso la luce del balcone. «Mh, bella giornata oggi,
vero?»
Il telecomando gli picchiò sulla testa e poi
tornò a fare
il suo lavoro. Tom aveva ancora gli occhi fissi sul televisore e la
faccia di chi ha perso una mano a poker. Chris lo scrutò con
una
dolce sensazione appagata nello stomaco.
«Fai alla svelta» alitò poi
l’inglese senza spostare gli occhi dall’immagine
nello schermo.
«Oh, no, no. Devo pensare bene. Anzi, perché non
mi
elenchi tutte le tue verginità, anche quelle più
intime,
così posso sceglier-» Si ritrovò
schiacciato contro
il materasso con il telecomando che era diventato un mini Mjolnir e non
smetteva di colpirlo per tutto il corpo. «Ahia!» Ma
la sua
testa, chissà perché, era il suo bersaglio
preferito.
Alla fine Tom gli finì a cavalcioni addosso e smise di
colpirlo.
«Non essere squallido! Sei sposato e padre di una deliziosa
bambina. E poi ricordati che siamo amici, anzi, fratelli,
perciò
non fare richieste oscene.» Chris gli poggiò le
mani sui
fianchi e lo guardò sorridente.
«Ok, Tom, ma vorrei farti notare, che non sono io quello
seduto a gambe aperte addosso al fratello.»
«Chris!» Si dovette coprire il viso con entrambe le
braccia per evitare che il telecomando gli cavasse un occhio.
«E dai! Perché hai fatto quella proposta se poi
hai il
terrore di quello che potrebbe succedere?» chiese nel mentre
del
crudele flagellamento. Sentì i colpi arrestarsi e
allargò
la sua rete di protezione con cautela. Tom se ne stava a guardare il
suo addome mordendosi un angolo della bocca.
«Ero sicuro che avresti russato.» A
quell’adorabile
confessione sorrise cercando di non eccedere troppo perché
non
voleva trovarsi quel dannato telecomando infilato da qualche parte. Non
sarebbe stato piacevole.
«Potevi mentire.»
«Non offendermi ora.»
«Non lo farei mai.» Ed era palese quanto fosse
trasversale
quella frase. Gli occhi di Tom tornarono sui suoi così come
le
mani di Chris tornarono a poggiarsi sui suoi fianchi.
«È
solo uno stupido gioco, Tom. Nulla di più, e se non vuoi
più giocare, va bene -E non trattarmi come se fossi un
maniaco!»
Il viso di Tom si rilassò. «Sei tu che ti comporti
da maniaco.»
«Sì, ma solo in privato.» Stavolta
riuscì perfino a rubargli una risata.
Tom lo fissò in silenzio per qualche attimo mentre si
rigirava
fra le mani il telecomando. La tivù continuava a parlottare
di
qualcosa che aveva a che fare con il nuovo film di 007.
«Non voglio più giocare. Ok?» Chris
capì e questo bastò.
«Ok.» Rispose comprensivo e gli
schiaffeggiò
sorridente una coscia. «Ora, se volessi essere
così
gentile da lasciarmi alzare, avrei urgente bisogno del bagno, visto che
hai schiacciato selvaggiamente la mia vescica e tutto ciò
che
c’è più in basso.»
«Oddio, scusami!» Tom non sembrava aver afferrato
la sua
ironia e si alzò velocemente ricadendo sul suo fianco. Chris
gli
sorrise un’ultima volta ed andò in bagno.
Tirò l’acqua e si lavò le mani. Al suo
riflesso
allo specchio chiese se non fosse il caso di smetterla di giocare con
Tom. Forse lui si era stancato. Forse stava diventando davvero molesto.
Forse doveva iniziare sinceramente a comportarsi solo come un buon
padre, in fondo lo era. Si asciugò il viso e le mani quando
una
vocina nella sua testa gli sospirò qualcosa: magari, Tom non
aveva mai realmente giocato. Semplicemente la ignorò.
Quando tornò in camera, Tom se ne stava poggiato con la
schiena contro la testiera del letto e guardare con la fronte
corrucciata – segno di profonda concentrazione – la
rumorosa tv. Chris si avvicinò al tavolo imbandito della
più classica colazione all’inglese che si potesse
desiderare, ed attirò la sua attenzione indicandosi con
l’indice lo zigomo sinistro.
«Mi sono rimasti i segni dei bracciali»
borbottò mentre Tom gli regalava un sorriso divertito.
«Così la smetterai di vestirti come un
gipsy.»
«Ma sta’ zitto, Dolce&Gabbana!»
ribatté
tirandogli uno dei suoi bracciali intanto che se li sfilava e li
gettava sul tavolo. Tom lo afferrò al volo e lo
rigirò
fra le mani prima di poggiarlo sul comodino accanto.
Di tutto quel ben di dio, Chris agguantò una manciata di
biscotti e se li ficcò in bocca senza curarsi di non
spargere
briciole su tutto il pavimento.
«Kwe guaddi? [Che guardi?]» bofonchiò a
bocca piena.
Tom gli lanciò un’occhiata e poi tornò
a fissare lo
schermo della tv alzando di poco il volume.
«Skyfall. È uno speciale.»
Annuì bevendo un po’ di spremuta per mandare
giù i biscotti e poi si gettò stancamente sul
letto poggiando la testa sulle gambe dell’inglese.
«Daniel
sarà magnifico anche stavolta.» Si
lasciò scappare
un risolino mentre Tom gli posava sul petto
la mano con cui stringeva il
telecomando.
«Ti vedrei bene nel ruolo di Bond»
affermò sentendolo ridere.
«Sì, come no.»
«Dico sul serio!» Sollevò gli occhi sul
suo viso.
«Hai la classe giusta per interpretarlo.» Tom
scosse la
testa e tornò a guardare la tv. «Guarda che sono
sincero.»
«Grazie» alitò ma non aggiunse altro.
«Ed io stavolta potrei fare il cattivo.» Anche
Chris prese
a guardare lo speciale trovandolo di certo meno interessante del
compagno.
«Non sarebbe male. Saresti un ottimo boss malavitoso con
tutti
quei bracciali.» Risero all’unisono e Chris
poggiò
la mano su quella di Tom prendendogli il telecomando.
L’inglese
lo lasciò fare continuando a tenere le dita abbandonate
contro la
sua camicia azzurra.
«È il sogno della mia vita essere un boss! E so
fare anche
un credibilissimo accento colombiano.» Tom rise
più forte.
«Hola amigo.
¿Tienes dinero?» Chris si
ritrovò a sussultare sulle gambe dell’inglese
mentre
quest’ultimo se la rideva di gusto.
«Elsa sarà orgogliosa di te!»
sghignazzò.
«Puoi dirlo forte, hermano.»
Quando le risate sfumarono, Chris alzò un po’ il
volume
cercando di trovare qualcosa di realmente interessante in tutta quella
sfilza di opinioni noiose dei classici addetti ai lavori,
pronti
ad osannarti o a distruggerti con la loro bella lingua biforcuta.
Critici cinematografici. Lui li avrebbe etichettati con qualche
vocabolo
che, di certo, Tom non avrebbe approvato.
«Devo tornare a casa.» Ruotò la testa
fino ad incrociare il suo sguardo. «Devo farmi una
doccia.»
«Puoi farla qui.»
«E devo cambiarmi.»
«Posso prestarti io dei vestiti, ma sono leggermente gipsy e-
AHI!» Tom gli aveva tirato una sottile ciocca di capelli e lo
guardava con una strana espressione. Chris non riuscì a
darle
una definizione precisa. Dolce, triste. Qualunque fosse, a lui non
aveva fatto un bell’effetto. «Tutto ok?»
chiese
sollevandosi e mettendosi a sedere. Tom annui con un sorriso che era
semplicemente di circostanza. «Forza, parla» gli
intimò infilandosi i capelli dietro alle orecchie prima di
spegnere la tivù.
«Chris, è tutto ok. Devo solo tornare a
casa.»
Ancora quel fastidioso sorriso falso. Chris odiava vederglielo sulla
faccia perché voleva dire sempre
l’opposto. In quel
caso no, non era tutto ok.
«Non starai ancora pensando a quella cretinata di prima? Tom,
ti
chiedo scusa se ti ha infastidito. Volevo solo scherzare e a volte
posso essere veramente un idiota.» La sua mano gli si
posò
su un polso e stavolta il suo sorriso sembrava sincero.
«Chris, non è nulla, davvero. Ho solo bisogno di
tornare a
casa e darmi una sistemata. Dobbiamo incontrare Alan e gli altri, e
dopo la brillante idea di ieri di non andare a cena, saranno anche
preoccupati. Non credi?»
Sinceramente in quel momento di tutto poteva
importargli ché di
Alan e degli altri, tanto meno delle loro preoccupazioni.
«Non mi va di andare sul set...» sospirò
annoiato.
«Mi faranno le treccine. Non sono virili le treccine. Il Dio
del
Tuono non può portare le treccine»
brontolò
infantilmente solo per sentirlo ridere.
«Non avrei dovuto dirti nulla.» Tom sorrideva
divertito e
di conseguenza Chris si sentì più leggero. Ma
ancora non
riusciva a capire il perché di quell’ombra che gli
aveva
visto prima negli occhi. Forse era stata solo la sua immaginazione.
Forse aveva dormito veramente troppo. Forse. «Ci vediamo
lì, allora.»
Si era limitato ad annuire con un sospiro mentre Tom si alzava dal
letto. Si piegò su un fianco poggiando il viso nel palmo
della
mano e sostenendosi con il gomito. Rimase in silenzio a guardare Tom
che raccattava le sue scarpe e le infilava una per volta, prima la
destra poi la sinistra. Sulla sedia vicino al tavolo,
afferrò la
giacca blu e la indossò, prima la manica sinistra, poi la
destra. Si sistemò il collo della camicia, a quel punto
incrociò i suoi occhi.
«Voglio darti una cosa» sospirò con
un’idea ben precisa in testa. Poteva scherzare e fare
l’idiota quanto voleva, ma non avrebbe permesso che Tom
dubitasse di quanto ci tenesse a lui, come amico, come fratello, come
tutto ciò che rappresentava nel suo cuore. Non sapeva dire
bene come, ma era convinto di averlo infastidito - ferito? Poteva e
voleva solo rimediare.
«Cosa vuoi darmi?»
«Avvicinati e lo vedrai.»
Lo vide sollevare un sopracciglio ed avvicinarsi senza fare altre
domande. Chris si stese sul letto in modo da avere la vista della
figura di Tom capovolta. Allungò un braccio in alto e gli
fece un cenno con la mano. Tom capì. Tom era dannatamente
perspicace e a Chris quel suo lato piaceva immensamente - uno dei
tanti. Si flesse con il busto e, quando la mano di Chris gli
afferrò la nuca, si lasciò guidare
finché la sua bocca non incontrò quella del
compagno. Chiuse gli occhi e dischiuse le labbra. Non era nulla di
casto stavolta, ma sembrava che nessuno dei due volesse che lo fosse.
Chris sentì le sensazioni delle labbra di Tom scivolargli
fin dentro allo stomaco e si chiese se anche per lui fosse
così. Per qualche strano
motivo, lo sperò.
La sua mano abbandonò piano i capelli castani mentre quel
bacio sfumava dolce. Tom si sollevò accarezzandosi appena le
labbra con la lingua.
«Cos’era?» gli chiese con un sorriso
rovesciato.
«Una delle mie verginità.» Il sorriso di
Tom si raddrizzò quando gli si sedette accanto con un
leggero rossore sul viso. «Il mio primo bacio
capovolto. Ed è tuo.»
I suoi begli occhi si velarono di una nuova venatura che
però Chris non riuscì a definire correttamente.
Avvertì solo le sue dita posarsi delicate sul suo petto.
«Chris...» Non disse nulla e chiuse semplicemente
gli occhi trattenendo nelle palpebre la sua espressione dolce. Se
avesse detto qualcosa, magari sarebbe stata la cosa sbagliata o
inopportuna e lui non aveva voglia di rovinare nulla. Sentì
poi le sue labbra posarsi delicatamente sulla guancia.
«Grazie.» Gli rispose con un sorriso. Il letto
cigolò quando Tom si alzò e Chris lo
udì rumoreggiare con la porta ma non ancora uscire.
«Ehi, Chris?»
«Mh...» rispose restando immobile nella sua
posizione.
«Sapevo che saresti stato uno straordinario Spiderman[2]!» Sorrise
di nuovo e continuò a farlo anche quando Tom si chiuse la
porta alle spalle.
“Solo se tu
sei Mary Jane” pensò ghignando, ma
quella battuta era meglio tenersela per sé.
FINE
[1]
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[2] Durante la conferenza stampa russa per The Avengers, Tom
disse che
Chris sarebbe stato uno straordinario Spiderman. Chris gli
sospirò un
“Thanks, Tom” imbarazzato (ed io persi 2/3 delle
ovaie). Ovviamente la
battuta è riferita al famoso bacio capovolto dello Spiderman di Raimi.
NdA.
Finita!
Spero vi sia piaciuta e che soprattutto vi abbia fatto sorridere ^^
Non confidavo molto in questa storia, ma ha avuto un discreto successo
e perciò vi ringrazio! È sempre bello trattare
due
persone come Tom e Chris perché sono semplicemente adorabili
*w*
Sul finale ho dato una leggerissima pennellata di sadness ma
popo appena, perché, andiamo, non si può sempre
ridere u.u
Chissà se Chris un giorno lo capirà...
Grazie a chiunque abbia letto, seguito, recensito, preferito,
ricordato, odiato, insultato, maledetto... insomma, qualsiasi cosa
abbiate fatto con questa storia, per me va bene XD
Un abbraccio a tutte, e godetevi la scena post-crediti...
Kiss kiss Chiara
***
Quando
Chris si preparò per andare sul set, non riuscì a
trovare
uno dei suoi bracciali. Doveva essergli caduto nel sonno,
pensò,
forse l’avrebbe ritrovato quella sera sotto le coperte.
Ma così non fu.
Chris non lo
trovò né quella sera né le successive.
Né
sotto le coperte né nelle valige o da qualsiasi altra parte.
Alla fine decise di considerarlo semplicemente perso, non senza una
buona dose di dispiacere, visto che era il suo preferito.
Ciò che
Chris non sapeva, però, era che quel piccolo bracciale di
cuoio
se ne stava legato attorno al polso di qualcuno che badava bene a
toglierlo ogni volta che lui era nei dintorni.
E
forse, se avesse saputo che quel qualcuno era Tom, se la sarebbe presa
un po’ di meno.
***
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