Sognando Cieli Azzurri di Rosebud_secret (/viewuser.php?uid=137110)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Mausoleo ***
Capitolo 2: *** Una falena bianca ***
Capitolo 3: *** Il cuore di una stella conosce sempre la strada ***
Capitolo 4: *** Niente più di un uomo ***
Capitolo 5: *** Homo ex machina ***
Capitolo 6: *** Stark ***
Capitolo 7: *** Anima d'acciaio ***
Capitolo 8: *** Cosa c'è al di là del cielo? ***
Capitolo 1 *** Il Mausoleo ***
Note dell'Autrice:
Oh, al diavolo, avevo detto che avrei aspettato qualche giorno e,
invece, eccomi qui a presentare il seguito, sono una bugiarda, ma mi
avete straziato il cuore con le vostre recension. Iimmaginavo di
rattristarvi, ma non pensavo di causare un dolore di proporzioni
così titaniche e... insomma, devo ancora farmi le ossa come
autrice angst, sono davvero troppo tenera.
Vi scoccio in pre-capitolo per dirvi solo una cosa che non dovete
dimenticare in questa nuova storia: NON DATE
NULLA PER SCONTATO, NIENTE E' COME SEMBRA.
*Il sipario si alza e la scena riprende.*
Il Mausoleo
- Una volta mi hai detto:
"sarò il detentore dei tuoi segreti". Questo sarà
il mio
ultimo. Non sarà un bambino come tutti gli altri. Dimmi
di no, Clint, e non lo farò nascere. -
- Farò tutto quello che vuoi, Loki. Tutto. Ma ti prego...
non andare. Lo cresceremo
insieme, anche se non mi ami, anche se non è figlio mio. Ho
già perso Natasha... io... io non ce la faccio!.. -
- Il mio destino è scritto e
nessuno lo può cambiare. Morirei comunque, mi sono spinto
troppo
oltre. Stark non è pronto per crescere un figlio e, ad ogni
modo, quello di padre non è un ruolo consono ad un re. So
che
saprai accudirlo, che lo proteggerai dal mondo e da se stesso
e
che saprai donargli tutto l'amore che serve. -
- Mi prenderò cura di lui. Lo prometto. -
- Grazie. Resta fuori da questa battaglia. Spero davvero che
tu possa avere una vita serena, con lui, lontana dagli incubi del
passato... -
Il giovane uomo sedeva nella sua stanza, incurante e indolente
dell'affollamento di quel fetido cubicolo. Abituarsi al fetore era
stato semplice e, in un certo senso, indispensabile. Aveva imparato a
camminare nell'ombra, a tenere un basso profilo, a rubare e a uccidere
come un uomo normale, mescolandosi alla macchia di feccia che abitava
il complesso Nord H25D del Nordest degli, un tempo, Stati Uniti
d'America.
Thomas Barton, quello era il suo nome completo, anche se il cognome non
aveva mai potuto usarlo per ragioni che solo intorno ai suoi dodici
anni aveva potuto comprendere. Alla fin fine, comunque, i cognomi non
avevano più importanza, le persone non erano altro che
sigle,
di scarsa rilevanza, per di più, in quel tragico nuovo mondo.
Suo padre glielo aveva detto. Gli aveva spiegato molte cose, ma troppe
ne aveva taciute, prima che gli venisse strappato via da quelle stesse
macchine che imperversavano su ciò che restava del pianeta.
Erano passati vent'anni da allora, ma il dolore era ancora tutto
lì, radicato nella sua mente, come una serpe in attesa di
stringere tra le spire il suo stesso cacciatore. Si rigirò
tra
le mani il diario sfilacciato che l'aveva accompagnato per tutta la
vita. Un feticcio dei primi anni della Grande Dittatura.
Chi ancora era
in grado di ricordare quel periodo, lo ritraeva attraverso un sipario
di speranze svanite. Tutto era bello, allora, tutto era giusto, a
nessuno mancava nulla. Poi Anthony "Tony"
Stark, il Supremo Benefattore, il Filantropo,
come ancora lo chiamavano i vecchi, era scomparso alla vista,
tramutandosi nel Carnefice Spettro e i cieli si erano tinti di rosso.
Thomas non li ricordava azzurri, era stato, ancora una volta, suo padre
a descriverglieli. Se pensava a come doveva essere stato il cielo,
trentadue anni prima, lo immaginava proprio come gli occhi di suo padre.
Aveva riempito solo poche di quelle pagine ingiallite dal tempo,
dall'umido e da una vita di stenti e l'aveva fatto neanche in modo
sentito, non era portato per tenere un diario ed era, comunque,
inutile. In quel complesso in cui risiedevano oltre cinque milioni di
unità, erano pochi quelli in grado di leggere.
I ricordi che contavano li teneva ben saldi nella memoria, l'unico
posto dove avevano ancora ragion d'essere.
Ad ogni modo, presto tutto sarebbe finito.
All'alba il popolo avrebbe posto fine alla tirannia di Stark e sparso
per
il globo le sue membra stracciate e sanguinanti, lasciandole alla
mercé dei cani e dei corvi, cosicché tutti
potessero
vederle. Non voleva parteciparvi, non voleva più violenza di
quanta fosse necessaria alla sopravvivenza, ma forse, nel profondo,
sperava che quella rivoluzione avesse buon esito. Ci sperava per se
stesso e per il proprio padre, un padre che
aveva insultato una volta di troppo, un padre che non c'era
più
e che gli sarebbe mancato per il resto della vita.
E poi... poi lo faceva per lei, dolce, fragile, armata di un
ardore
puro ed estinto. Così sbagliata, eppure
così preziosa a livello strategico: una principessa in un
mondo
di schiavi.
Era un'idealista, lei, forse la sola rimasta, laddove anche solo la
parola "idealismo" era andata perduta. L'aveva trovato e stretto a
sé, salvandolo da se stesso e dai troppi fantasmi che gli
affollavano la mente. Erano tutti lì, volti di persone che
non
aveva mai conosciuto.
In passato si era spesso chiesto se tra di loro ci fossero anche quelli
dei suoi veri genitori, ma da quando l'uomo che l'aveva cresciuto,
l'unico che, a ben vedere, si fosse mai meritato il titolo di "padre",
era svanito, le sue domande su un passato ormai trascinato via dalle
rapide del tempo si erano fatte via via più sporadiche, sino
a
perdersi nel nulla.
Si alzò, avvicinandosi alla porta e coprendosi i
capelli con il cappuccio, lercio e sfilacciato. Non sarebbe riuscito a
dormire quella notte. Tanto valeva passarla fuori da quella
trappola per topi.
Un suo compagno lo guardava con attenzione e impallidì,
quando lo vide raggiungere la porta di metallo. Gli ricordò
che
il coprifuoco era passato da diverse ore e che gli Osservanti stavano
sicuramente pattugliando la zona: non poteva correre il rischio di
farsi neutralizzare; non quando erano così vicini alla
rivoluzione.
Non lo ascoltò e spinse la maniglia verso il basso con un
gesto meccanico.
- I- K0L! -
- Thomas. Mi chiamo Thomas, Andrew. -
Scivolò fuori dall'alloggio, mescolandosi con le ombre come
aveva imparato a fare. Sentiva il sibilo degli Osservanti che volavano
tra i cunicoli del complesso; le loro luci erano l'unica cosa che, di
tanto in tanto, ne illuminava gli angoli bui. Guardò sotto i
propri piedi, oltre il vetro-plastico sporco della pavimentazione. Un
tempo si poteva scorgere ciò che rimaneva della
città vecchia che ivi sorgeva prima della dittatura. La
chiamavano New York, gli
sembrava. Tony Stark aveva costruito tutto in "vetro"
affinché tutti potessero avere sotto gli occhi la
devastazione del
passato: nessuno l'avrebbe dimenticata; così facendo, forse,
nessuno l'avrebbe ripetuta.
Cos'aveva da dire invece su quella presente?
Molti, negli ultimi trent'anni, si erano posti questa domanda. Lui
compreso.
Ma non suo padre: Mai suo padre.
Aveva spesso sospettato che lui avesse
conosciuto personalmente lo Spettro, ma non era mai riuscito a
strappargli alcuna conferma.
L'ennesimo rimpianto, l'ennesima colpa
inconfessata.
Un uomo gridò, da qualche parte, nella notte. Thomas si
accucciò
nel buio, tra la sporcizia e i rifiuti di quella strada grigia, che un
tempo doveva esser stata bianca e rilucente. Il pover'uomo gli corse
innanzi, scivolò e cadde. Piangeva come un bambino e
continuava
a gridare in preda al panico, ebbro e folle d'alcool.
Nemmeno le sue lacrime lavavano via lo sporco dal suo volto rugoso,
invecchiato anzitempo.
Non doveva, in realtà, aver più di quarant'anni.
Thomas non poteva far nulla per lui. Ma anche se, assurdamente, avesse
deciso di aiutarlo (mandando all'aria vent'anni di cautela per sembrare
uno qualunque), non
l'avrebbe fatto. Quell'uomo valeva meno di niente: il mondo non si
sarebbe neanche accorto della sua assenza.
Tre Osservanti discesero, illuminando a
giorno il centro del vicolo. Il loro'aspetto era tutt'altro che
innocuo: sfere tentacolate di un metro di diametro.
L'alcolizzato si pisciò addosso, strisciando indietro,
tremante.
- Vi prego..! Ho dei figli... -
Mentiva.
Comunque, le suppliche erano inutili con le macchine:
avevano sensori per ascoltare, ma non sentimenti per comprendere.
Fu un lavoro rapido e pulito, come tutte le volte. Una gelida luce
azzurra e del malcapitato non vi era più traccia, come se
non
fosse mai esistito. Non una goccia di sangue: urla, piscio e
disperazione; questo è quel che era stato
Thomas chiuse
gli occhi.
"Corri, Tom! Scappa!"
Aveva cercato per anni di dimenticare il grido disperato di suo padre,
inutilmente. In cuor suo sapeva che ogni qual volta avesse
provato a rievocare il suo volto, non avrebbe visto altro che i
suoi occhi sgranati dalla paura della lotta. Non era stato patetico
come quel poveraccio: era
un combattente, lui, il Migliore dei combattenti. Prima di venir
sopraffatto aveva trascinato con sé cinque di quegli esseri.
La scritta STARK sulla superficie curva dell'Osservante
risvegliò un poco
la sua antica rabbia. Ciò nonostante, Thomas rimase immobile
e
silenzioso fino a quando le
tre macchine non si furono allontanate. Non gli fu mai chiaro
perché non riuscissero ad individuarlo, ma col tempo
riuscì ad intuire che i loro rilevatori termo-cinetici non
funzionassero
con lui. Ma questo era il meno: lui non era un uomo come gli altri, era
qualcosa di più. Lungo tutta la sua esistenza aveva
incontrato
solo
una persona come lui. Diversa come lui, ma, al tempo stesso, diversa da
lui: questa era lei.
Ancora accucciato si domandò dove fosse. Non la vedeva da
giorni. Nel
complesso H25D, questo poteva anche significare che non l'avrebbe
vista mai più.
R- 0HT, la conosceva solo tramite il suo
identificativo. Non sapeva se avesse anche un nome; nonostante le sue
insistenze, non aveva mai voluto dirglielo. Ignorava persino in quale
complesso fosse nata. O se ne fosse nata al di fuori, come lui.
Basandosi
sull'osservazione aveva dedotto che avessero all'incirca la stessa
età, ma questo era quanto.
Si scrollò di dosso quei pensieri. Non erano utili a nessuno
e
proseguì per la sua strada, diretto chissà dove.
I passi di corsa lo indussero, ancora una volta, ad appiattirsi contro
la parete. Non si sorprese quando lo squadrone lo sorpassò.
Non c'erano solo macchine nel complesso H25D, c'erano anche uomini. No,
non uomini: soldati. Persino più sordi e spietati delle
macchine
stesse. Si aggiravano per le strade ricoperti dalle loro corazze nere,
alla costante ricerca di dissidenti.
Non mostravano pietà per nessuno.
Li chiamavano gli Shielders, per via della sigla stampata sulle loro
giubbe: S.H.I.E.L.D., appunto. Nessuno aveva idea di cosa volesse dire,
ma a nessuno era mai realmente importato. Arrivavano di notte, senza
preavviso e con metodi molto meno "puliti" di quelli delle macchine
loro colleghe. Trascinavano le persone fuori dai cubicoli, anche a
decine alla volta. E le facevano sparire.
Inutile dire che di essi non si sapeva più nulla.
Non si negoziava con gli Shielders, non li avevano neanche mai sentiti
parlare. Qualcuno sosteneva che fossero macchine a loro volta, anche
perché vederli in faccia era impossibile, dietro a quegli
elmi
con la visiera nera.
Ad ogni modo, l'unica cosa certa era: se vuoi rimanere vivo, tienti
lontano da loro.
Thomas li seguì con lo sguardo fino a che non si infilarono
in
una delle gallerie che conducevano ai piani superiori del complesso. A
quel punto si allontanò a capo chino.
Una volta sul ponte indugìò. Sapeva che era
rischioso, ma
non seppe resistere alla tentazione di fermarsi e guardare di sotto.
Senza il "vetro" era ancora possibile scorgere i ruderi della
città vecchia. Era l'unica cosa che ancora
riusciva ad
affascinarlo.
Com'era il mondo, prima?
Quale sarebbe stata la sua vita, se fosse nato nel duemila o, ancora
meglio, nel millennio precedente, invece che nel 2012?
Altri passi di corsa e nessun posto per nascondersi.
Una donna apparve dall'altra parte del ponte. Una prostituta,
evidentemente. Erano molte ormai le donne che barattavano il proprio
corpo in cambio di beni di prima necessità.
Uno Shielder la stava inseguendo.
- LI', GUARDA LI'! PRENDI LUI E LASCIAMI ANDARE! -, strillò
lei-indicando Thomas-mentre il soldato l'afferrava per la vita.
Le conficcò un ago nel collo, e quindi si
afflosciò tra le braccia del suo carnefice.
Lo Shielder la buttò a terra e gli si avvicinò,
passandosi la pistola da una mano all'altra. Thomas si
risollevò
dalla balaustra, guardandolo. Era uno, ma già sapeva che ne
sarebbero arrivati altri. Non restavano soli a lungo.
Sollevò le mani e avanzò a sua volta, mostrando
di non
voler essere ostile. Il ronzio di un Osservante alle sue spalle gli
suggerì il piano da seguire.
Venne illuminato da un faro e a quel punto decise di agire.
Afferrò il soldato per un braccio e lo slanciò
alle
proprie spalle fra i tentacoli della macchina. La luce azzurra
disintegrò lui.
Avrebbe potuto distruggere entrambi semplicemente volendolo, ma non
sarebbe stato opportuno, avrebbe attirato su di sé tutti gli
Osservanti del complesso. Lo sapeva, c'era già passato.
Prima che la macchina potesse afferrarlo con uno dei suoi magli,
scavalcò la balaustra e si lanciò nel vuoto.
E la caduta fu rovinosa: si schiantò contro quel che restava
di
un palazzo e rotolò giù per una decina di metri.
Precipitò nella polvere e lì rimase, stordito,
per un
paio di minuti.
Si risollevò con estrema lentezza, massaggiandosi il petto.
Poi
si guardò intorno, ma vide ben poco. Se sopra era buio,
là sotto l'oscurità era totale. L'Osservante non
l'aveva
seguito e questo era un bene, ma non una soluzione: doveva andarsene da
lì e trovare una via alternativa per tornare in superficie.
Rovistò nelle tasche alla ricerca della torcia: mai andare
in nessun posto senza una torcia e un coltello.
Una delle regole fondamentali di suo padre, almeno quella l'aveva
imparata bene...
Tenne il fascio di luce puntato verso terra e proseguì,
accucciato, fino a quando non si trovò al di sotto dei
cunicoli.
Il vetro sporco lo avrebbe celato dagli occhi degli Shielders e dalle
telecamere degli Osservanti. Era al sicuro, almeno per il momento.
Continuò quindi ad avanzare con maggior sicurezza. Se aveva
calcolato bene le distanze, a circa un chilometro a Nord della sua
posizione c'era l'impianto di scarico fognario del complesso. Non
sarebbe stato piacevole, ma era l'unica via per risalire.
La luce illuminò un vecchio cartello ricoperto di detriti.
Si
chinò e lo ripulì col dorso della mano. "5 th
Avenue",
diceva.
Quinta Strada. Forse era così che venivano chiamati i
cunicoli nel passato.
Sollevò la torcia e si sorprese: quello non era un cunicolo,
era
una via immensa, ci sarebbero potuti passare cinquanta uomini
affiancati, forse di più. Scorse anche strani fabbricati,
costruiti in vetro e metallo, abbandonati l'uno accanto all'altro.
"Chrysler", lesse su uno di essi.
Il nome non gli disse nulla, ma il vetro era rotto, quindi
sbirciò dentro. Aveva tutta l'aria di essere un mezzo di
trasporto o, forse, una casa mobile. Ricordò le parole di un
vecchio che aveva incrociato in passato, gli aveva parlato di
automobili. All'epoca aveva pensato che se le fosse inventate e,
invece, eccole lì, a centinaia: abbandonate e morte.
Provò tristezza e un senso di solitudine opprimente. Non era
mai
sceso nella città vecchia: era proibito e, per quanto
possibile,
aveva sempre cercato di mantenersi invisibile e di non andarsele a
cercare. Uscire era stata un'imprudenza imperdonabile.
Il silenzio era quasi assordante. Tutto era immobile ed inerte, e non
soffiava neanche un alito di vento. Si strinse nella felpa in cerca di
conforto. Non aveva mai provato freddo in tutta la sua vita,
né
si era mai ammalato; ma aveva sempre trovato un'inconscio conforto
nello scomparire dentro vestiti troppo grandi per lui.
Proseguendo verso Nord si imbatté in altri ruderi. I palazzi
erano enormi, la gente doveva aver avuto un sacco di spazio per vivere.
Com'era possibile che una società come quella fosse giunta
al
tracollo? Che cos'era successo?
I vecchi narravano ai bambini di un mostro con gli occhi di fiamma che
aveva ridotto il pianeta in cenere. Era stato Stark ad ucciderlo. E
poi, a farsi carico di ciò che era rimasto. Sempre lui aveva
costruito i cinquecento distretti, affinché i tre miliardi
di
sopravvissuti avessero una casa dove vivere. Infine, aveva costruito le
macchine per far sì che a nessuno mancassero i beni di prima
necessità: acqua, cibo, cure mediche, cultura.
...Allora perché i cieli rossi?
Era questo che aveva rivoluzionato le colture. E, nonostante
l'incessante lavoro delle macchine agricole, il cibo non era
più
stato sufficiente per sfamare tutte le bocche. Lo Spettro era
scomparso, venendo meno ai suoi compiti. Si era trincerato dietro le
mura della sua fortezza di vetro, lasciando il popolo al proprio
destino e alla mercé delle macchine che lui stesso aveva
costruito per il bene comune. Molte di esse non erano più
ricomparse, disattivate chissà dove e chissà
come.
Restavano le Braccianti, gli Osservanti e qualche sparuta
unità
medica mal funzionante.
E poi, poi c'erano gli Shielders, che non erano d'aiuto a nessuno.
Era stato suo padre ad insegnargli a leggere e scrivere, quando si
erano rifugiati a vivere nei boschi, al di fuori dei
distretti.
Era stata colpa di Thomas se si erano dovuti allontanare dalla
società. Una colpa che Clint, suo padre, non gli aveva mai
fatto
pesare.
Ricordava con estrema nitidezza quel giorno di trent'anni prima. Era
seduto a terra, intento a giocare con un piccolo falco di legno
intagliato. Era inverno e in quel cubicolo sovraffollato la fame si
sentiva più che mai. Suo padre era uscito per barattare quel
poco che aveva per un tozzo di pane.
Thomas aveva cinque anni, all'epoca, e non aveva notato come gli uomini
e le donne del suo cubicolo lo guardassero. Giocava con il suo
falchetto, in attesa che il padre tornasse e gli raccontasse un'altra
delle sue belle storie. Storie di un mondo tramontato, di sentimenti
giusti, di amore incondizionato e di speranza. Non aveva mai pianto,
Clint, non si era mai lamentato, non si era mai infuriato né
con
lui, né con chiunque altro... nemmeno con lo Spettro. Aveva
la
capacità di mostrare sempre e solo il lato migliore delle
cose
-celando ciò che realmente provasse- agli occhi del suo
bambino.
Quindi quando quegli uomini si avvicinarono per ucciderlo e
trasformarlo nel loro prossimo pasto, Thomas era del tutto impreparato
alla cosa. Lo strattonarono, minacciandolo con i loro coltelli, e lui
si spaventò. Non avrebbe voluto far loro del male, ma fu
così che suo padre lo ritrovò: ricoperto di
sangue, tra
le membra lacerate di decine e decine di persone.
Non gli aveva detto nulla, l'aveva sollevato tra le braccia ed era
corso via, lontano dal complesso E89D, unico avamposto della vecchia
Florida.
Thomas si addentrò all'interno di una struttura fatiscente.
Sembrava una cupola di vetro, ma ne restava solo l'ossatura in acciaio.
Non riusciva a immaginare a che cosa fosse mai servita. Non aveva
l'aria di un'abitazione.
Qualcosa s'illuminò: per un secondo temette di esser stato
individuato, poi però si rese conto che non era altro che la
luce della sua torcia, riflessa da qualcosa. Si avvicinò
lentamente, guardingo, e...quasi urlò!...quando mise a fuoco
una
figura umana. Si tranquillizzò, quando capì che
era fatta
di pietra...e si portò una mano al petto, scosso
dall'affanno.
- Ah! Ah! Ah! E' solo una statua, non ti fa niente!-
La voce alle sue spalle lo fece balzare di lato. Puntò la
torcia in avanti.
- E levamela dalla faccia, Tom, dai! Sono io!-, si lamentò
la
donna. La torcia produsse un riflesso acceso sui capelli biondi di lei.
- R-0HT?! C-cosa..? Come ci sei arrivata, qua sotto?! -
- Ho seguito te.-, sorrise lei, avanzando con tutta
tranquillità.
Da quando si conoscevano, Thomas non l'aveva mai vista aver paura di
nulla, in nessuna situazione. Da principio l'aveva giudicata molto
stupida per questo. Poi ci aveva fatto l'abitudine e l'accettazione
l'aveva portato ad innamorarsene, senza mai confessarglielo. - Io sono
finito qui per
necessità, non per fare una gita.-, ribatté,
guardando il
pesante martello che portava appeso al fianco. Non gli aveva mai
permesso neanche di toccarlo e questo aumentava la sua
perplessità su come una donna così gracile
potesse
trasportare un oggetto tanto pesante senza batter ciglio.
- Oh, andiamo, puoi mentire a te stesso, ma non a me. Non vedevi l'ora
di venire nella città vecchia, aspettavi solo la scusa
giusta.-
gli strappò di mano la torcia e illuminò la
statua -
Ebbene, che ne pensi? -
- Non ne penso niente. Andiamocene.-
L'afferrò per un polso, ma lei non si mosse, imbambolata a
guardare il volto di pietra.
- "Tony Stark, Iron Man."-, lesse nell'epigrafe.
- ...quindi è questo il volto dello Spettro...-, la
sentì mormorare.
Sollevò lo sguardo. Stark, stando alla statua, non aveva
nulla
di straordinario. Non era altro che un uomo normale: non era alto tre
metri come in molti millantavano e non aveva neanche un aspetto
mostruoso. L'unica sua particolarità era che indossava
un'armatura.
- R-0HT, andiamo!-
Lei illuminò il pavimento e scostò i detriti. -
"I Vendicatori..."-, lesse sulle mattonelle.
Si divincolò dalla sua stretta e proseguì,
illuminando
un'altra statua. Raffigurava una donna con il viso d'angelo, ma armata
di tutto punto.
- "Nathasha Romanoff, la Vedova Nera." -
Andò ancora avanti, mentre Thomas, fermo nel buio,
l'osservava, nervoso.
- "Clint Barton"..."Occhio di Falco"! Questo è tuo padre,
Tom! -.
- Cosa?-
La raggiunse.
Il fiato gli mancò, quando riconobbe il volto dell'uomo che
l'aveva cresciuto. La sua raffigurazione era perfetta, come se suo
padre stesso fosse stato ricoperto da uno strato di roccia bianca.
Stringeva il suo arco teso, pronto a scoccare una freccia.
Salì sul piedistallo e gli sfiorò il volto con le
dita,
gli occhi lucidi di commozione. Non sapeva spiegarsi perché
ci
fosse una statua di suo padre nella città vecchia, ma non
aveva
importanza, non sul momento.
R-0HT lo distolse:
- Vieni a vedere! Questo ha il mio martello! -
Balzò giù e seguì il fascio di luce.
Gli si seccò la gola di fronte alla statua di quell'uomo
possente, accucciato a terra con il martello proteso verso il cielo.
Aveva un espressione dura e determinata e sembrava essere molto
potente. Lanciò uno sguardo a R-0HT: la loro somiglianza era
fuor di dubbio.
- "Thor, Dio del Tuono". Era tuo padre, vero? -
La donna non rispose e si strinse nella giacca che indossava,
improvvisamente infreddolita. - Non lo so. Non so niente dei miei
genitori... solo che mia madre è morta prima della mia
nascita. -.
Thomas la guardò perplesso.
- Al limite può essere morta con la tua nascita, non
prima... -
R-0HT si strinse nelle spalle.
- Così mi è stato detto da mio zio, ma non ha mai
voluto perdersi in dettagli. -
Lui si sedette sotto la statua di Clint, mentre la donna continuava ad
ammirare il dio con il martello.
- Ma tu chi sei? Da dove vieni? -, le domandò.
- Mi chiamo Tara Selvig. Sono nata poche settimane prima della grande
devastazione da una donna che si chiamava Jane Foster, di mio padre non
so nulla. So solo che, in qualche modo, fu responsabile della morte di
mia madre. -.
Si sganciò il martello dalla cinta e glielo
lasciò cadere di fronte.
- Prova a sollevarlo. -.
Thomas la guardò, confuso. Poi si sistemò in
ginocchio e
ci provò, senza riuscure a spostarlo neanche di un
millimetro.
- Il suo nome è Mjolnir... -, riprese Tara, - Ed ho ragione
di
credere che non sia di questo mondo. Ci sono altre realtà al
di
là dei cieli rossi. -.
- Dove sei cresciuta? -.
Lui ignorò di sana pianta i discorsi su altri popoli. Non
gli
interessavano. Si levò la felpa e gliela lanciò
perché la indossasse.
La donna lo ringraziò, poi gli si sedette accanto.
- Prometti di non rivelarlo a nessuno? -, gli domandò.
- Certo. -
Tara appoggiò la nuca al piedistallo e prese un profondo
respiro.
- Io vengo dalla fortezza, Thomas. Prima che tu me lo chieda: no, non
ho mai visto Stark e non ho idea di dove sia finito. Gli Shielders sono
uomini come me e te, ma non hanno mai voluto rispondere alle mie
domande. Ad ogni modo credo che solo pochi di loro conoscano la
verità. Mio zio, forse, era uno di questi, ma da quando
è
morto nessuno mi ha più prestato ascolto. Non credere che la
vita dentro alla fortezza sia molto meglio di quella nei distretti: il
cibo è razionato, abbiamo solo più spazio. Quei
corridoi
sono opprimenti, puoi percorrere miglia e miglia senza incontrare anima
viva. -
- E potete uscire quando volete? Nel senso, un tizio qualunque che
incontro per la strada durante il giorno potrebbe essere uno Shielder? -
- Nessuno può uscire, eccetto i soldati di pattugliamento.
Io ci
riesco grazie al martello, ma solo qualche volta. Non ho ancora chiaro
come funzioni. -
Thomas si alzò bruscamente.
- Perché non mi hai mai detto niente?! Da quanto ci
conosciamo,
cinque anni?! Io ti ho raccontato tutto di me, sino al più
piccolo dettaglio, mentre tu... -
Scosse la testa per cercare di calmarsi. Non era opportuno che perdesse
le staffe: nonostante la rabbia non voleva farle del male.
- Mi dispiace, - ammise Tara - ma non potevo parlartene. Vivi con dei
rivoluzionari, Thomas, mi avrebbero fatta a pezzi solo
perché
vivo nella fortezza! -
- Dirlo a me non significava dirlo a loro! E poi sei tu quella armata
dal sacro fuoco della rivoluzione, di certo non io! Non ti fidavi di
me, questo è quanto! -
Tara gli si avvicinò.
- Se sono stata zitta era solo perché sapevo che avresti
avuto una reazione del genere! -
- Non me ne frega niente se vieni dalla fortezza o dalla Luna, R-0HT!
Sono stato sincero con te, è questo il punto! Pensi forse
che
sia stato meno rischioso? -
- Adesso basta. Allontanati da lui! -
Uno Shielder uscì dal buio, tenendo il fucile a tracolla e,
fissato al braccio, un imponente scudo nero. Non portava alcun elmo ed
aveva indicativamente la loro stessa età apparente.
Thomas si frappose tra lui e Tara: - Segui il consiglio, amico:
vattene. -
Tara gli afferrò un braccio.
- No! Non fargli del male, lo conosco: è il Generale Rogers.
-
Lo Shielder si fece avanti, fermandosi a un palmo dal giovane.
- Faccia a terra. -, gli intimò.
- Scordatelo! -
Steve Rogers concentrò la sua attenzione su di lei: - Hai
divulgato informazioni riservate con un uomo del popolo! Sei
impazzita?! Già è imperdonabile che tu sia fuori
dalla
fortezza. Avevo il sospetto che in qualche modo tu stessi facendo
qualcosa di sbagliato, per questo ti ho messo addosso un segnalatore,
ma mai mi sarei aspettato questo! -
Fu un gesto fulmineo: d'improvviso sollevò il braccio e
colpì Thomas in pieno volto con lo scudo, facendolo
schiantare
contro la statua di Stark, a qualche metro di distanza.
Afferrò
la donna per un braccio e la strattonò:
- Tu torni indietro con me! Il tuo amico sarà giustiziato! -
Una decina di Osservanti, giunti sul posto in modalità
silenziosa, si attivarono, illuminando a giorno il Mausoleo e tutte le
statue dei Vendicatori, disposte a cerchio.
Thomas, stordito per il colpo, ancora era a terra.
Sentì il grido di R-0HT che, divincolatasi dalla stretta di
Steve, si era slanciata in avanti. Il suo peso gli arrivò
addosso, poi la luce azzurra del laser lo abbagliò.
Un ultimo strillo e della donna non rimase più nulla. Thomas
se la vide sparire dalle braccia.
-Tara! -, urlò. Ma la sua voce si perse nel rimbombo di
quell'enorme salone di vetro.
Il tempo parve
dilatarsi e smettere di seguire il suo corso. La temperatura
calò bruscamente, proporzionalmente alla rabbia di Thomas.
Il giovane schivò i
laser delle macchine, si alzò in piedi e
spalancò
le braccia. Un onda d'urto si dipanò dal suo corpo e
investì gli Osservanti. I componenti delle macchine
scricchiolarono sino a smontarsi e le sfere caddero a terra, una dopo
l'altra, con sinistri tonfi metallici.
Steve sgranò gli occhi e imbracciò il fucile; ma
non
riuscì a fare nulla per impedire che Thomas si sollevasse in
volo e sparisse al di sopra della volta del mausoleo.
Le prime luci dell'alba già facevano capolino oltre
l'orizzonte, illuminando di fuoco il sorgere della rivoluzione.
Ci sarebbe stato un uomo in più a combattere e avrebbe fatto
la differenza.
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Capitolo 2 *** Una falena bianca ***
Una
falena bianca
Con un asciugamano Steve le asciugò il volto.
Passò lentamente il panno sui suoi occhi e poi sulle sue
labbra.
Era arrivato in tempo per strapparla con successo al processo. Se
avesse tardato anche solo di pochi minuti l'avrebbe persa.
- Come puoi essere sempre così stupida..? -, le chiese.
La donna, ancora priva di sensi, non accennò a muoversi,
quindi Steve si rivolse all'uomo alle sue spalle.
- Sei sicuro che sia normale? Non si è ancora ripresa. -
Il dottor Banner - curvo, invecchiato e ingrigito dal tempo - non
staccò lo sguardo dalle strumentazioni neanche per un
istante.
- Starà bene. Il processo non è dannoso, ma il
sedativo
è in grado di placare anche una semidea come lei. Dalle
qualche
minuto. -
Steve annuì. Lo raggiunse alla consolle e diede un rapido
sguardo ai valori della fortezza.
- Cosa pensi che sia il ragazzo che ho incontrato? Un mutante? In tal
caso gli Osservanti non avrebbero dovuto localizzarlo alla nascita e
confinarlo nel distretto X-AV1? -
- Non lo so. E' possibile. Molti sistemi stanno crashando, la
verità è questa. E' possibile che sia sfuggito
alle
macchine. -
- Per tutto questo tempo? -
- A quanto pare. -
Bruce si sfilò gli occhiali e li ripulì
con un lembo del camice.
- E se lasciassimo perdere? Ci pensi mai? -
- No. E prima che tu lo dica: non lo faremo. Non c'è niente,
Bruce, niente di più importante della nostra missione.
Discorso
chiuso. -
- A volte mi domando se tutto questo servirà mai a
qualcosa... -
- Ho detto: discorso chiuso. Puoi andare. -
Lo scienziato gli rivolse uno sguardo triste e stanco:
- Invidio la tua tempra, Steve. Sono solo vecchio e stanco, tutto qui.
Hai ragione. -
Steve lo guardò con severità.
- Ho ragione?! Certo che ho ragione! E adesso vattene, hai del lavoro
da fare! -
Una volta rimasto solo, il Generale si avvicinò di nuovo al
tavolo su cui aveva adagiato Tara. Le scostò una ciocca
bionda,
mandandogliela dietro l'orecchio e l'ammirò in silenzio.
Aveva visto crescere quella bambina. Nei primi tempi, quando il mondo
era ancora libero, le aveva persino fatto da genitore, quando Erik
Selvig era stato troppo occupato nel supervisionare la costruzione dei
distretti con Stark.
La porta si aprì di nuovo e Steve ritrasse la mano,
osservando il giovane uomo con occhi gelidi.
- Perché non sei al tuo posto? -, gli chiese.
L'altro ricambiò il suo sguardo con spocchiosa
superiorità.
- Stavo solo controllando perché lei non era al suo,
Generale. Dovevo immaginare che c'entrasse Tara. -
Era arrogante, il figlio di Stark.
Un bambino cresciuto troppo solo -
dopo che la madre, Virgina, era morta di parto -, divenuto ben presto
un uomo freddo e spietato. Uno Shielder, il secondo in comando,
nonostante i suoi appena trentatré anni. Il peggiore tra
loro.
Era impetuoso, e irrazionale il più delle volte. Guidato
solo da
una rabbia cieca, sfortunatamente accompagnata a un'intelligenza
più che brillante.
Superiore, come quella del padre che aveva a stento conosciuto. Bruce
aveva tentato di mitigarne la natura, ma con risultati scarsi. Quel
bambino di un tempo voleva il padre. Come molti non aveva compreso il
perché fosse scomparso, e, quando il motivo gli era stato
rivelato, non aveva saputo accettarlo.
Steve non avrebbe voluto metterlo al corrente dei dettagli, ma Bruce e
Reed avevano travalicato le sue rimostranze, forse armati dalla cieca
speranza che il ragazzo potesse sopperire in qualche modo all'assenza
di Tony, pesante come un macigno. Ma così non era stato.
Howard - Tony l'aveva chiamato come suo padre - aveva perseguito
l'addestramento militare con costanza e disciplina, salendo di livello
sino a giungere ad un passo dal comando.
L'unica cosa che ancora bramava era prendere il posto di Rogers.
Quali fossero i suoi intenti, tuttavia, nessuno lo sapeva.
- Sono ancora il tuo superiore, non ti devo alcuna spiegazione. Impara
a stare al tuo posto. -
Howard sorrise e si aggiustò meglio i guanti neri della
divisa.
- E per quanto ancora manterrai la leadership? Il tuo corpo non lo
dimostra, ma sei vecchio. I compagni che ti erano fedeli sono morti, o
non combattono più da lungo tempo. Quando ti arrenderai al
fatto
che è giunto il tempo di un nuovo ordine mondiale? -
- E chi dovrebbe guidarlo? Tu? -
Ignorò la provocazione e proseguì il suo
discorso:
- Senza contare questa tua patetica parentesi sentimentale. Dimmi,
Rogers, quando sei nato? Nel 1920? Nel '25? Non ti sembra di essere un
tantino contro natura? -
Steve distolse lo sguardo. In tal senso era in torto e lo sapeva bene.
Nonostante tutto, mentì:
- Ho solo promesso a suo padre di proteggerla. Non c'è
niente tra me e Tara. -
- Ora, forse. Comunque sono qui per un motivo: pare che ci sia un
assembramento sospetto di individui nella piazza 37-B. Potrebbe non
essere nulla d'importante, ma ho ritenuto giusto mettertela al corrente
della situazione. Gli uomini aspettano solo un ordine e le macchine
sono già operative. -
Il Generale si irrigidì:
- Di quante persone stiamo parlando? -
Howard gli scoccò un'occhiata gelida.
- Individui, non persone. Non contano nulla. -
- Forse, ma in tal senso devi considerare che anche noi siamo
individui. -
- Tu lo sei. Io sono uno Stark. -
- Uno Stark che del padre ha ereditato solo la boria. -
Uno spettro di furia passò sul volto di Howard, ma
durò meno di un istante.
- Può darsi, ma è sempre meglio della
stupidità di
Tara. Non capisco come tu possa apprezzare tanto una dissidente.
Proprio tu che, fra tutti, dovresti essere il più fedele, il
più inamovibile... -
- Dimmi, ricordi qualcosa di tuo padre? O basi la tua folle
superiorità solo su racconti di terzi? -
Steve provava pena e frustrazione di fronte agli occhi di Howard. Non
era colpa sua se era diventato così: era colpa di tutti gli
altri, e di Tony stesso.
- Ricordo che mi diceva che sarei stato un principe. -
Ecco, per l'appunto.
- Avere un ruolo del genere comporta solo responsabilità.
Fidati
se ti dico che la tua ambizione non ti porterà a nulla. -
Howard si voltò.
- Mi porterà più lontano della sua mancanza. -,
chiuse il discorso.
Controllò lo schermo del piccolo computer che portava legato
al polso (l'aveva progettato lui stesso).
- Nella piazza ci sono trecentoventidue individui, in incremento.
Allora, quali sono i suoi ordini? -
- Mandate un Osservante in pattugliamento per monitorare la situazione.
Nessun intervento diretto dei soldati a meno che non sia strettamente
necessario. -
- Che bisogno ha di monitorare? E' solo l'ennesima rivolta.
Stronchiamola ancora prima che cominci e solleviamo le Braccianti dal
peso di sfamarli. Il razionamento ne gioverebbe. Anzi, sono dell'avviso
che dovremmo annientare almeno una decina di distretti, giusto per
prevenzione. Continuano a riprodursi e riprodursi e riprodursi!
Possibile che siano tanto stupidi? -
Steve non riusciva a capacitarsi di quel suo discorso: - Sei
disgustoso. Ragioni come una macchina.-
- E c'è forse qualcosa di sbagliato in questo? Sono stato
cresciuto dalle macchine per volere di mio padre! Stai mettendo in
discussione le sue decisioni? -
- Jarvis non ti ha insegnato questo! -
- Jarvis è stato disattivato per sopperire ai bisogni di
quei primati!-, tuonò Howard.
E il Generale fece un passo indietro. Jarvis era stato padre e madre
per quel giovane. Un genitore invisibile che, per dovere di cose, non
aveva mai potuto mostrare l'affetto che gli esseri umani sono abituati
a ricevere da bambini.
Nonostante questo, era tutto per Howard; tutto o quasi, considerando
Tony. Doveva rispettarlo, benché non avesse mai ritenuto
giusta
la decisione di Stark in merito.
- Hai ricevuto i tuoi ordini. Ora vai. Hai il comando fino a che non ti
raggiungerò.-
Howard annuì e tornò sui suoi passi, chiudendosi
la porta alle spalle.
Tara si sollevò a sedere e fissò la schiena di
Steve.
- E così lui sa ed io no.-
- Hai avuto la tua possibilità di entrare nello
S.H.I.E.L.D.;
ora non recriminare.-, le rispose lui, lanciandole uno sguardo stanco.
Non riusciva a ricordare quante volte avesse già affrontato
quello stesso discorso con Tara. Non aveva ancora capito che non
sarebbe riuscita mai a scucirgli le informazioni che voleva?
- Come ti senti? -
- Ho freddo, ma, tutto sommato, sono viva. Una cosa che non mi
aspettavo. Che ne è stato di Thomas? -
Balzò giù dal tavolo e fronteggiò il
Generale.
- E' fuggito. Cosa sai di lui? E' un mutante? -
- Non ti aspetterai che ti risponda, vero? Non fino a quando tu non mi
avrai dato qualche risposta per primo.- sibilò lei. Era
sollevata dal fatto che Thomas stesse bene: era un amico prezioso per
lei, forse l'unico che avesse mai avuto.
- C'è un assembramento di persone nella piazza 37-B; ne sai
qualcosa?-
- Assolutamente nulla.-
Steve sospirò, abbassando lo sguardo.
- Tara, ti prego...-
Ignorava il momento preciso in cui la situazione tra loro
aveva
cominciato a sgretolarsi. Probabilmente era successo quando si erano
innamorati l'uno dell'altra. Non l'avevano cercato, né
voluto:
era successo e basta, come il più delle volte.
Steve, per quanto aveva potuto, aveva sempre cercato di tenerla a
distanza in tal senso, anche dopo che la situazione era diventata
ridicolmente palese.
- Mi preghi di cosa? Tradire i miei principi?-
- Ma quali principi?! Tu non sai NIENTE!-
- Forse lo saprei se tu, una buona volta, ti decidessi a parlare!!-,
strillò lei.
- Chi è quell'uomo? Cos'ha a che vedere con te? Come l'hai
conosciuto?-
Tara rise di scherno.
- Oh, quanto mi piacerebbe vederti geloso! Tu non ne hai neanche idea,
Steve... ma lo so che non ti interessa altro che la tua sanguinaria
missione! Thomas l'ho incontrato per strada, una sera di cinque anni
fa. Non ho altro da dire.-
Cinque anni prima.
Quando avevano infranto il punto di rottura.
Era sempre stata una dannata curiosa, sin dalla prima adolescenza. Ma
all'epoca, Selvig era ancora vivo e in grado di contenerla. Steve
andava d'accordo con lei. Si poteva quasi dire che l'adorasse, in un
certo senso, e non solo per la promessa fatta a Thor. Quando la
guardava, talvolta, gli sembrava di rivederlo, suo padre: avevano la
stessa fierezza negli occhi, la stessa ossessiva determinazione.
Ammirava la sua innocenza, la sua costanza e la sua
integrità morale, benché virata nella direzione
sbagliata.
Aveva adorato sentirla parlare dei tempi andati ed era stato
interessante scoprire come idealizzasse il mondo di prima, conosciuto
solo attraverso i romanzi e alcune vicende di cronaca. Si era stupito
quando, per la prima volta, lei gli aveva chiesto chi fosse Loki e se
fosse lui il responsabile delle condizioni del mondo.
Fu in quella circostanza che iniziò ad essere evasivo con le
risposte, arrivando persino a celarle l'identità del suo
stesso
padre e tutto quello che era collegato a lui, seguendo le disposizioni
di Selvig. Sapeva che Tara non si sarebbe mai fermata, che avrebbe
bramato conoscenza sempre maggiore. Aveva dovuto fermarla lui, per
proteggerla e tenerla al sicuro, ma, soprattutto, per difendere
ciò che Stark aveva costruito.
Lei non sarebbe stata in grado di comprendere.
Ad ogni modo, cinque anni prima, Tara l'aveva raggiunto nei suoi
appartamenti e avevano discusso a lungo. Si erano scontrati ed erano
volate parole pesanti che, forse, con il senno di poi, lui non avrebbe
mai voluto pronunciare, e lei non avrebbe dovuto. Era arrivata ad
accusarlo di essere uno psicopatico, un malato di mente che amava
vedere la gente ridotta alla stregua di animali: il braccio armato
dell'assassino, dello Spettro.
E poi gliel'aveva detto..: "Io mi fidavo di te, Steve! Come puoi essere
un tale mostro?! La gente muore, là fuori! Io...
io non
posso credere di essermi innamorata di un bastardo come te!"
Non aveva mai scordato quella frase piena di rancore, né
quel
che era seguito: lo aveva schiaffeggiato e colpito ripetutamente,
piangendo e urlandogli contro tutto il suo odio. E lui si era ritrovato
a stringerla e poi a baciarla senza neanche avvedersene. Tutto,
purché tacesse: le sue parole facevano troppo male.
Avevano fatto l'amore per la prima ed ultima volta. Poi Tara gli chiese
ancora di rivelarle tutto e ancora una volta lui tacque, osservandola
sconfitto mentre lasciava la sua stanza.
Come Howard fosse venuto a conoscenza di quei fatti era un mistero per
lui. Forse era riuscito ad interfacciarsi con il sistema interno di
sorveglianza o, più probabilmente, lo aveva solo intuito. Da
lì in avanti, comunque, Tara era stata evasiva con Steve. Si
era
limitata a poche, brevi frasi di circostanza e aveva cominciato a
trascorrere il suo tempo da sola. Il Generale ignorava persino come
fosse venuta in possesso del martello di Thor, ma ormai era chiaro che
avesse usato quello per uscire dalla fortezza.
- Dove ci troviamo? Sono più che certa di non essere mai
stata in questa ala.-
Tara interruppe così il suo silenzio, vagando sospettosa per
il laboratorio.
- Livello L-9, corridoio sotterraneo 138-Ovest. -, rispose Steve
interrompendo quella lunga serie di domande reciproche, circolo vizioso
della loro incomunicabilità.
La donna gli scoccò un'occhiata sorpresa e, solo
successivamente, divertita.
- Ho dovuto farmi disintegrare da un Osservante, ma alla fine sono
riuscita ad entrare nella zona interdetta...-
- Non illuderti che voglia farti fare un giro turistico. Ti
scorterò fuori personalmente.-
- No, non lo farai... -
Le sfuggirono due lacrime.
- ...mi dispiace.-
I fulmini serpeggiarono attorno al suo corpo, guizzando nell'aria con
schiocchi minacciosi. Steve non ebbe il tempo di reagire o anche solo
di spostarsi. Le scariche lo colsero di sorpresa, investendolo a piena
potenza. Volò indietro, abbattendosi contro la parete e
afflosciandosi a terra, svenuto, senza un lamento.
Tara lo raggiunse e guardò, triste, il suo volto.
- Non sei il solo ad avere segreti...-
Uscì fuori dalla stanza senza guardarsi indietro e corse via
lungo quel tortuoso labirinto di corridoi bui.
Non era stupida, aveva capito quel che era successo: gli
Osservanti non uccidevano, teletrasportavano. Il fatto che si fosse
risvegliata nel livello L -9 dimostrava, una volta di più,
che
là sotto c'era qualcosa di terribile. Il fatto stesso che
Steve
non l'avesse riportata ai piani superiori, indicava, inoltre, che aveva
dovuto agire in gran fretta.
Da quale destino l'aveva salvata? Che fine facevano le persone
teletrasportate dalle macchine, o trascinate via dagli Shielders?
E perché l'aveva salvata?
Lo spettro del dubbio bussò alle porte della sua mente. Per
una
frazione di secondo si confortò dell'illusione che ci fosse
qualcosa dietro alle spietate mosse del luogotenente dello Spettro. Si
convinse che, con tutta probabilità, l'aveva fatto solo
perché vittima del sentimento che, volenti o nolenti, li
legava.
Ciò forse significava che qualcosa di umano, in lui, era
rimasto, ma non era abbastanza, non di fronte a tutte quelle morti.
C'era qualcosa di mostruoso nelle segrete della fortezza e lei avrebbe
scoperto cosa.
Affannata si appoggiò a una parete e si guardò
intorno, sperduta.
Non aveva idea di dove stesse andando e quei corridoi si facevano
più oscuri ad ogni passo.
Qualcosa le urtò la guancia e lei si ritrasse, trattenendo
un
grido. Con il petto scosso dall'affanno, riconobbe una grossa farfalla.
No, era una falena. Non ne aveva mai viste dal vivo. Allungò
una
mano per sfiorarla e l'insetto si ritrasse, sbattendo le sue ali
bianche.
Ma non scappò.
Brillava, nel buio e volava piano.
Tara la seguì, un segno valeva l'altro, in fin dei conti.
Il tempo le sembrò non finire mai, mentre seguiva quella
flebile
luce sempre più in basso nelle profondità della
fortezza.
L'aria era umida, là sotto, umida e stantia. Si
liberò
della felpa di Thomas che, fradicia da prima del suo risveglio, non le
donava più alcun calore e si fermò, quandi si
ritrovò di fronte ad un'invalicabile porta di metallo
massiccio.
La farfalla si posò su una leva scura, ricoperta di
ragnatele,
ma la trappola dei suoi nemici naturali non sembrò
impacciarla,
né impaurirla. Si risollevò solo quando Tara ebbe
posato
la mano sopra di essa.
Una lieve pressione e la porta scorse di lato, scomparendo all'interno
della parete.
La donna avanzò, superando la soglia con una certa titubanza
e
gridò, quando il pesante uscio si richiuse alle sue spalle,
lasciandola nella più completa oscurità.
Proseguì a tentoni, fino a quando il terreno le
mancò da
sotto i piedi. Cadde a ruzzoloni giù da una lunga rampa di
scale
e si schiantò di petto contro un gelido pavimento di
metallo.
L'aria era fredda, là sotto, ancor più che nei
corridoi.
Tara si risollevò, sollevata dall'idea di aver di nuovo luce
per
poter vedere, ma sgranò gli occhi, agghiacciata, quando mise
a
fuoco ciò che le stava di fronte: tentacoli meccanici
avviluppavano ogni cosa e... si muovevano! Sembravano vivi! ERANO vivi!!
In un primo istante non capì, ma ad una seconda
occhiata
cominciò a scorgere file e file infinite di sarcofaghi di
acciaio congelato, collegati gli uni agli altri da altri tubi
intrecciati. Non c'erano rumori, in quell'ambiente enorme che sembrava
discendere sino alle profondità della terra, solo lo
strisciare
metallico dei tentacoli gli uni sugli altri e le sinistre luci di muti
impulsi elettrici.
Con il respiro affannoso che si condensava in nuvole di vapore, scorse
la falena posarsi su di una di quelle bare di ghiaccio. La raggiunse,
tremante, cercando di evitare di camminare su quegli organismi vivi e
in movimento.
Quell'immensa macchina, qualunque cosa fosse, la disgustava.
Posò una mano sulla superficie del sarcofago e il contatto
mandò la bara in corto circuito. I tentacoli di metallo si
staccarono da essa con schiocchi bruschi, isolando il difetto dal resto
del complesso. Tara strillò, folgorata dalla sua stessa
elettricità e crollò a terra, in preda a violenti
tremori.
Il ghiaccio sul costrutto metallico si sciolse, dei ganci scesero
dall'alto soffitto e lo assicurarono. Quando fu sollevato, l'apertura
scattò e l'uomo imprigionato al suo interno si
abbatté a
peso morto accanto alla donna con un tonfo sordo.
Quell'uomo si chiamava Clint Barton.
N.d.A.:
Eccomi qui, sono
tornata a ritagliarmi il mio angolino in fondo. Vi ringrazio davvero di
cuore per l'accoglienza che avete dato a questa mia nuova storia e
spero dal profondo che continui a piacervi. Come forse ho
già detto: è
quanto di più vicino a un'originale io abbia mai fatto e
sono molto,
molto preoccupata che possa apparire insulsa.
In molti mi avete chiesto: ma ti sei ispirata a questo o a quello?
Ok,
mi avete fatta sentire molto ignorante, perché, a parte il
meraviglioso
1984, V for Vendetta e Hunger Games (quest'ultimo solo di nome) e pochi
altri, per il resto non sapevo neanche dell'esistenza di molte delle
cose da voi citate, me tapina XD! No, se si può parlare di
ispirazione,
essa si rimanda a Matrix e, probabilmente, al film Equilibrium. In un
certo senso anche al film Sunshine, ma per quest'ultimo il discorso
è
contorto, non è una questione di trama, ma di sensazioni.
Dubito
vogliate star a leggere i miei sbrodolamenti per eoni XD, quindi vi
lascio e vi ringrazio ancora infinitamente.
Per chi volesse guardarlo, qui c'è un trailerino (?) di
questa fanfiction: http://www.youtube.com/watch?v=Fj1jxpqFnbw
Un bacione,
Ros.
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Capitolo 3 *** Il cuore di una stella conosce sempre la strada ***
Il cuore di
una stella conosce sempre la strada
"Sessantacinque
milioni di anni prima, al centro del Sole, il nano Eitri
forgiò il
Mjolnir per volere di Odino, conferendo al martello capacità
straordinarie.
Grandi e molti erano i suoi poteri, per lo più sconosciuti."
Dieci anni.
Erano
trascorsi dieci anni dalla morte del suo primo e secondo genito. Da
quel momento Asgard aveva vissuto un lungo periodo di pace. Le azioni
di Loki su Midgard avevano permesso ad Odino di sbarazzarsi
definitivamente del Circolo dei Maghi e questo aveva conferito una
rinnovata stabilità per il regno.
Ma
il Padre di tutti gli Dei era inquieto. Nuvole di tempesta si
addensavano all'orizzonte e il futuro era uno specchio oscuro in cui
scrutare.
Doveva prendere una
decisione. No, in verità l'aveva già presa,
doveva solo decidersi a metterla in pratica.
Non sarebbe stato
facile. Non dopo tutto quel tempo.
Raggiunse Heimdall sul
bordo del ponte spezzato.
- Che cosa vedi? -, gli
chiese.
- Niente di buono, mio
signore. Il popolo di Midgard soffre. -, rispose l'osservatore.
Odino
annuì, grave.
- E' tempo, Heimdall.-
E il guardiano di Asgard, Colui che Tutto Vede, sussultò e
chiuse gli occhi brillanti.
- Posso farvi desistere in qualche modo, mio signore?-
-No, amico mio.-
Il Divino tornò alla reggia, dove la Regina lo attendeva.
Frigga non l'aveva mai perdonato e, anche in quella circostanza, il suo
sguardo fu gelido.
- Ti accompagnerò.-
Non era una domanda, ma un semplice dato di fatto cui Odino dovette
acconsentire.
Trascorsero un'ultima notte insonne, poi, alle prime luci dell'alba, il
Padre di tutti gli dei richiamò il Mjolnir.
Dopo la morte di Thor, il re ne era tornato l'unico detentore.
La
divina arma si sollevò dalla polvere della città
vecchia, abbandonando
i detriti in cui era stata dimenticata ormai da un decennio. Nessuno
aveva provato ad appropriarsene da quando la mano di Thor ne aveva
abbandonato l'impugnatura.
Attraversò i cieli rossi e poi le
dimensioni, leghe e leghe negli eoni dello spazio e del tempo e,
alfine, raggiunse la salda stretta di Odino.
Il vecchio re lo
esaminò con cura e annuì, grave, ma, al tempo
stesso, sollevato. Si
rimproverò di non esser stato attento ai dettagli a
sufficienza e si
chiese se, qualora vi si fosse trovato in situazione, sarebbe stato
anche in grado di cambiare il corso del fato.
Un fato in cui Loki aveva scrutato e che, forse, l'aveva fatto
impazzire o, al contrario, rinsavire del tutto.
Posò
il martello al centro delle strumentazioni e quello si
attivò da solo,
rilasciando informazioni alle macchine attraverso impulsi elettrici di
basso voltaggio.
Per qualche istante il re osservò cosa stava
avvenendo nelle due vasche sigillate, piene di liquido amniotico. Il
processo sarebbe stato relativamente rapido, ma la sola idea di quel
che stava per avvenire gli provocò raccapriccio:
non poteva vederlo,
ma i due nuclei somatociti erano già stati trasferiti in due
cellule
uovo della stessa natura.
A quel punto, era solo questione di tempo.
Si voltò verso il guaritore alla sua destra.
- Controlla che tutto vada per il meglio.-, ordinò.
Senza
indugiare oltre uscì dalla Stanza della Guarigione e
raggiunse le
stalle. Frigga lo stava attendendo, ammantata in un tabarro nero a
lutto.
- Torna a palazzo, te ne prego.-, le disse lui.
- Sono responsabile quanto te di tutto quel che è
accaduto...-
- No...-
Frigga
gli scoccò un'occhiata gelida. - Se ti avessi impedito di
dividere la
tua vita tra impegni di corte e sordide baldracche, i nostri figli
sarebbero ancora vivi. Tutti saremmo felici. Invece, guarda cos'hai
fatto..!-
Afferrò le briglie del cavallo che uno stalliere aveva
sellato per lei e si fece aiutare a montare.
Odino la imitò, soffermandosi ad accarezzare il muso di
Sleipnir, prima di salire, a sua volta, su un altro cavallo.
Il
viaggio fu lungo e silenzioso per i due coniugi. Frigga non voleva
parlare e Odino non aveva molto da dire. Avevano già
affrontato il
discorso molte volte, non c'era bisogno di sprecare ulteriori parole
colme di autocommiserazione.
Attraversarono insieme tutto il regno,
fuori dalla città scintillante e poi, lontano, lungo le
grandi praterie
del sud, sin dentro le gole claustrofobiche della Valle del Tramonto,
dove il rigoglioso fiorire della natura lasciava posto ad una terra
arida, ornata di alberi neri e spogli.
La regina non si era mai spinta tanto lontano e provò timore
nel superare quell'invisibile confine.
Odino la guardò, cercando di rassicurarla.
- Non hai nulla da temere.-, le disse.
Ed era vero, a quel punto non avevano più nulla di cui
essere spaventati.
Scesero
lungo la stretta gola, sotto i freddi raggi di un tetro sole grigio. I
crepacci di roccia scura erano costellati da pietre aguzze e affilate
come lame. Di tanto in tanto si potevano scorgere i resti scheletrici
degli impavidi guerrieri che, incautamente, vi si erano avventurati.
Era
facile perdere il senno, in quel luogo, dove la tristezza era l'unico
sentimento rimasto e persino i potenti regnanti di Asgard non
apparivano altro che due vecchi con il volto deturpato dai sensi di
colpa.
Quando l'imboccatura della grotta fu, finalmente, in
vista, Odino fece cenno a Frigga di smontare. Legarono i due cavalli ad
un ceppo carborizzato e proseguirono a piedi su quella terra brulla e
inospitale.
Un vortice di corvi li investì, graffiando i loro volti
con gli artigli, mentre cercavano di cavar i loro occhi con i becchi
voraci.
Il Padre di tutti gli dei impugnò il Gungnir, la lancia
implacabile. Colpì il suolo con la base e i corvi caddero in
un
sinistro vorticare di penne nere come la notte.
Fu a quel punto che,
sulla soglia della grotta, comparve una dea dal volto celato. I neri
abiti in netto contrasto con la carnagione cianotica le conferivano un
aspetto sinistro.
- Re dei re...-, disse, avanzando un poco, fluttuando su una densa
nebbia scura.
Odino si inchinò di fronte ad Hela.
La regina degli Inferi, la somma sovrana a cui nessuno, neppure lui,
poteva dare ordini.
- Nipote mia..!-
Frigga
si abbandonò alla commozione e fece per avvicinarla, ma
l'altra
respinse il suo tocco e con un cenno brusco la gettò nella
polvere.
Non le diede ulteriore attenzione e guardò Odino dall'alto
in basso.
- Esponi la tua richiesta. In virtù del tuo lignaggio ti
ascolterò, ma questa sarà l'unica premura che ti
muoverò, vecchio.-
- Conosci già il motivo, Hela. L'umiliazione è
proprio necessaria?-
La dea lo afferrò per i capelli con una stretta d'acciaio e
gli strattonò indietro la testa.
-
Sì, Odino. -, sibilò con voce gelida, mentre un
guizzo di fuoco
illuminava appena ciò che vi era dietro al velo, - Voglio
sentire fino
a che punto si è spinta la tua follia.-
Il vecchio Padre chiuse gli occhi.
- Mi dispiace per quel che ti è accaduto. Se potessi tornare
indietro...-
- Non sprecare il mio tempo con chiacchiere inutili. Esponi la tua
richiesta.-, ebbe ancora a ripetere.
- Voglio che tu apra i Cancelli delle Anime e che faccia tornare quelle
dei miei figli su questo piano di realtà.-
- La risposta è no. I morti devono restare tali.
L'equilibrio non deve in alcun modo venir intaccato.-
Hela ritornò verso la grotta.
-
Aspetta! Potrai avere la mia! So che non sei del tutto inente al
concetto di giustizia. E' tempo che io paghi per i miei errori.-
L'altra si fermò senza voltarsi.
-
Per ventuno grammi che escono, ventuno devono rientrare. Non
creerò una
frattura nello spazio-tempo per i tuoi capricci, la tua anima non vale
più di quella di chiunque altro.-
Frigga si sollevò in piedi e zoppicò al fianco
del marito.
- Puoi avere anche la mia.-
- Perché state facendo questo? A quale scopo? Morirete anche
voi, un giorno. A che pro affrettare il corso del destino?-
Odino si rialzò bruscamente: - Non fingere di non sapere,
strega!-, l'ammonì, stringendo la lancia.
Hela
sollevò una mano verso il cielo. Ci fu un guizzo di luce
argentea e le
due vasche amniotiche si infransero al suolo. I due corpi nudi,
ricoperti di liquido vischioso scivolarono sul terriccio e
lì si
fermarono, inerti.
La signora degli Inferi non ebbe alcuna reazione di fronte al volto del
padre.
- E così sono questi i corpi che devo colmare... niente
più che elaborate bambole organiche, prive di anima e di
scopo.-
- Di anima, forse, ma non di scopo.-, la corresse Odino.
- Sei certo che il tuo cuore sentimentale non ti inganni?-
- No.-
Hela tornò sui suoi passi e si fermò di fronte ai
due coniugi.
-
Vi concederò quanto richiesto, ma, vi avverto: non
farò altri accordi
simili, in futuro. Dimenticate che chi vi accingete a risvegliare oggi
possa, un domani, risvegliare voi.-
Frigga piegò le labbra in un sorriso triste.
-
Siamo vecchi, nipote, vecchi e stanchi. Abbiamo solcato le terre dei
Nove Regni per milioni di anni, è tempo che per noi
sopraggiunga il
riposo. Thor e Loki si faranno carico della nostra gravosa
eredità e
spero con tutto il cuore che possano porre rimedio alla tragedia di
Midgard e riportare il sereno nei mondi.-
Odino le cinse la vita in un ultimo abbraccio:
- Lo faranno, non temere. Frigga, mi dis...-
-
Avete avuto tutto il viaggio per scusarvi l'uno con l'altra. Non
è
questo il luogo, né il tempo.-, li interruppe seccamente Hela
Il re diede un ultimo bacio alla sua sposa. A un passo dalla morte
rancori e recriminazioni non avevano più alcun senso.
La
signora degli Inferi spalancò le braccia e la terra
cominciò a tremare
con violenza. Il selciato brullo si spaccò, aprendo una
profonda
voragine da cui fuoriuscirono sulfuree sbuffate incandescenti. Odino
sbirciò al suo interno: un vortice di luminose anime
irridescenti
fluiva sotto i suoi occhi.
Sembrava vicino, tanto vicino che gli
sarebbe bastato allungare una mano giù dal bordo per poterle
sfiorare.
Ma così non era, lo sapeva. Il Regno delle Anime era
distante e, al
tempo stesso, prossimo. Racchiuso nella piega irraggiungibile di una
stringa.
Hela aveva il potere di far combaciare gli estremi
dell'infinito, per questo Fingal l'aveva ridotta a una schiava priva di
umanità e di pulsioni vitali. La sua esistenza in altri
termini sarebbe
stata un rischio per l'intero creato.
Un dolore sordo lo trafisse da
capo a piedi e le sue percezioni si fecero più ovattate.
Frigga,
stretta al suo petto, gridò di terrore, mentre la terra
continuava
incessantemente a tremare e a spaccarsi con fragorosi schiocchi.
Il vorticare delle anime era sempre più rapido, poi si
fermò d'improvviso.
Un'esplosione di luce li investì, bruciando le loro vesti e
le loro carni.
Dei regali coniugi non rimase altro che la lancia di Odino, abbandonata
nella polvere.
Le fratture nel terreno si richiusero e le gole tornarono alla loro
gelida calma.
Thor si mosse per primo, strisciando sul terreno con il corpo nudo.
Socchiuse gli occhi spaesato.
- L-Loki..!-, rantolò, credendo di trovarsi ancora a New
York.
Si
sorprese nel vederlo, nudo, accoccolato su se stesso. Gli si
avvicinò a
carponi e lo sollevò appena, adagiandolo sulle proprie
ginocchia. Cercò
di ripulirgli il volto, ancora ricoperto di quel liquido viscido.
Sussultò quando l'altro spalancò gli occhi di
scatto, spaventato e scosso quanto lui.
La dea sollevò Gungnir dalla polvere e fluttuò di
fronte a loro.
Loki si riscosse immediatamente, balzando in piedi.
- Hela!-, esclamò.
L'altra lo ignorò e porse la lancia a Thor.
Il guerriero sussultò, riconoscendola.
- Che significa questo?-, chiese.
- Che sei il re di Asgard.-, rispose lei.
Lasciò cadere la lancia ai suoi piedi, poi si dissolse in
una nuvola di fumo.
Loki sbatté le palpebre. Dopo un primo smarrimento,
cominciava a ricordare con maggior chiarezza.
Si avvicinò al fratello che, attonito, continuava a fissare
Gungnir.
- Padre, è..?-, lo sentì domandare.
- Sì.-
Lo strinse tra le braccia, costringendolo a soffocare i sordi
singhiozzi contro la sua spalla.
Chiuse gli occhi e deglutì.
- Ho ragione di credere che anche nostra madre... per due anime sono
necessarie due anime...-
Thor fece un passo indietro e si asciugò il volto.
Sollevò la lancia e un guizzo di luce dorata lo avvolse,
vestendo il suo corpo nudo dell'armatura e del suo rosso mantello.
- P-perché..?-, gemette.
Loki si fece comparire addosso delle vesti e si affrettò
verso i cavalli.
- Te lo spiegherò strada facendo.-
E lo fece, punto per punto.
Erano ormai alle soglie della città, quando Thor
fermò il cavallo e smontò, inducendo anche Loki a
fermarsi.
- Da quanto eri a conoscenza di tutto questo?-
Il dio dell'Inganno guardò laconico il cielo stellato.
-
Dal giorno prima della nostra morte, fratello. Ho dovuto lasciare che
il corso del destino rimanesse inalterato. Forse, se saremo fortunati,
anche il futuro seguirà questa scia. Alcune cose sono certe,
chiare
come se le avessi lette sulle pagine di un libro. Altre, invece, molto
confuse. Ti ho rivelato tutto quel che so. Ora tu devi fidarti di me:
consegnami lo Scrigno degli Antichi Inverni e lascia che mi rechi a
Jotunheim.-
- Loki, Jotunheim è...-, tentò Thor.
L'altro saltò giù di sella e lo raggiunse.
Gli posò una mano sulla spalla.
- Non sarò in pericolo, te lo ripeto: fidati di me, ti
prego.-
- Così sia...-
Entrarono alla reggia, dove vennero accolti da Balder.
Il
più giovane dei figli di Odino era stato messo al corrente
dal padre e
aveva preparato tutto secondo le tradizioni. Nonostante questo Thor
rifiutò anche solo di presenziare alla cerimonia di
incoronazione e si
chiuse con Loki nella stanza delle reliquie.
Sollevò lo scrigno dal piedistallo per consegnarglielo e non
batté ciglio quando la pelle dell'altro si tinse d'azzurro.
Deglutì, soffocando un singhiozzo.
- Q-Quando...-, la voce gli uscì strozzata. Se la
schiarì: - Quando ci rivedremo?-
Loki sorrise, triste.
- Tra venticinque anni, Thor...-
- E' molto tempo, anche per due dei... Avrai cura di te?-
- Come sempre.-
Thor si fece sfuggire una breve risata.
- Allora non ti lascio andare.-
- E' troppo tardi per i ripensamenti.-
Loki svanì, ma la sua voce riecheggiò nella
stanza ancora una volta: - Sarai un ottimo re, fratello.-
Rimasto solo, Thor richiamò il Mjolnir. Ne
accarezzò l'impugnatura, prima di avvicinare il martello
alle labbra.
- Va' da lei, sicché possa proteggersi e cominciare a
comprendere...-, sussurrò.
E
l'arma divina attraversò di nuovo le dimensioni per tornare
sulla Terra
ad attendere che Tara, la sua nuova padrona, lo impugnasse per la prima
volta.
Thor era impaziente e balzò in piedi,
quando un'ambasciata di Jotunheim finalmente apparve, senza preavviso,
nella sala del trono.
Vi erano cinque Giganti, quattro guardie
equipaggiate di tutto punto nelle loro armature di cristallo e un
ambasciatore ornato di nobili vesti grigio-azzurre. Tutti si
inginocchiarono di fronte al re di Asgard, non più
carnefice, ma
prezioso alleato.
- Chiedo il permesso di poter conferire con voi.-, disse l'ambasciatore.
- Concesso.-, ribatté Thor, più che ansioso di
abbattere quelle assurde cerimonie per sapere qualcosa di Loki.
- Re Loki mi ha inviato qui per porvi un invito formale a recarvi nel
nostro regno. Attende risposta.-
- Agli inferi gli inviti e i salamelecchi. Portatemi da lui, subito.-
Thor scese le scale con impeto.
- Mio signore!-, esclamò Heimdall, allarmato.
Non
si era mai fidato di Loki e aveva accolto con sospetto lo schermo
magico che il dio dell'Inganno aveva posto attono a Jotunheim per
impedirgli di vedere cosa stesse facendo. Aveva provato a parlarne al
re, ma il sovrano si era mostrato sordo a tutti i suoi appelli.
L'altro gli scoccò un'occhiata truce. - Chiudi quella
fottuta bocca.-
Si rivolse poi agli Jotun, stringendo la lancia. - Sono pronto.-
Il
teletrasporto fu rapido e Thor rimase esterrefatto quando si
guardò
intorno per la prima volta. Non era rimasto nulla delle macerie che
ricordava. Jotunheim ora era rilucente, una città enorme e
variopinta,
scolpita nel ghiaccio.
La superficie trasparente rifrangeva le luci
del cielo che, benché cupo, era striato da infiniti guizzi
azzurri e
verdi in incredibili aurore polari continue e mutevoli.
Forse quel mondo, ora, era persino più bello di Asgard, si
disse il re.
Si
strinse nel mantello per combattere il freddo pungente e
seguì i suoi
anfitrioni lungo le vie della città. A bocca aperta
assistette a un
breve spaccato di una società rinata e fiorente con un
commercio
stabile e Jotun sereni che riempivano le strade.
Si fermarono di
fronte ad un'imponente portone dove l'asgardiano venne lasciato solo.
Spinse le ante con forza, ed entrò nella sala dal trono.
Loki
sedeva su uno scranno di marmo bianchissimo, elegante nella sua
armatura. I capelli gli erano cresciuti moltissimo, ed altrettando
evidentemente erano stati tagliati ed aggiustati
più e più volte. In
quel tempo in effetti avrebbero potuto crescere di circa tre metri. Ed
ora, sbucavano in una fluente coda da dietro il suo elmo cornuto.
Quando notò il fratello maggiore, sorrise ed ebbe la premura
di far tornare rosea la propria carnagione.
Gli andò incontro.
- Avresti dovuto indossare abiti più pesanti per recarti
qui.-, lo rimproverò bonariamente.
- Non sarei riuscito ad attendere un solo istante di più,
Loki.-, gli occhi del dio del Tuono brillavano di commozione.
- Quello che hai fatto qui è... sono senza parole.-
-
Ti ringrazio e, ah: felicitazioni per il tuo matrimonio con Sif. Con un
ritardo di circa dieci anni, ma, alla fin fine, è il
pensiero che
conta.-
- Avrei tanto desiderato che tu ci fossi, ma non sapevo come
contattarti. Non sapevo neanche se tu fossi ancora vivo.-
- Bhe, lo sono. Siediti, abbiamo molto di cui parlare.-
Loki fece cenno a un servo di portare a Thor degli abiti più
caldi, poi cominciò a parlare.
- Ti è tutto chiaro?-, domando in coclusione.
L'altro annuì, grave.
- Tornerò ad Asgard e preparerò l'esercito.
Quando attaccheremo Midgard?-
- Presto...-
Loki ruotò il polso e una falena bianca apparve sul suo
palmo. - Va' e guidala da Barton.-, ordinò.
- E Stark? Che ne sarà di lui?-
Il dio dell'Inganno distolse lo sguardo e gli diede le spalle.
- Le guardie ti scorteranno a palazzo. Non abbiamo tempo da perdere.-
N.d.A.:
Eccomi qui ^^, allora questo capitolo è stato un parto per
vari motivi.
Volevo ad ogni costo che il rientro in campo di Thor e Loki non vi
apparisse tirato per i capelli e spero tanto di esser riuscita
nell'intento.
Un bacione e grazie a tutti, se vi va fatemi sapere che ne pensate!
Ros.
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Capitolo 4 *** Niente più di un uomo ***
Clint si rigirò, reggendosi il petto e tossendo. Freddo.
Faceva
molto freddo e questa, al momento, era l'unica certezza che ancora
sentiva di avere. Non aveva una chiara percezione delle cose e i
ricordi ci misero qualche istante a riaffiorare.
Gli
Osservanti lo stavano seguendo. Thomas! Doveva salvare Thomas, coprirlo
perché potesse fuggire!
Socchiuse
gli occhi e l'oscurità lo frastornò un poco.
Ovunque si trovasse, non era più in quel bosco e
suo
figlio non era con lui. Stava per chiamarlo a gran voce, quando i
gemiti di Tara, finalmente, attirarono la sua attenzione.
La
prese tra le braccia, cercando di placare le sue violente
convulsioni e si sentì più sollevato quando la
donna si
afflosciò, esausta.
-
Stai bene?-, le chiese.
Tara
sbatté le palpebre.
-
Clint...-, gemette, - Clint Barton!-
-
Ok, questo è inquietante. Come sai il mio nome?-
Lei
si sollevò a sedere di scatto.
-
Il padre di Thomas! Oh, quando saprà che sei vivo..!-
Lo
abbracciò di slancio, tanto che Clint si vide costretto ad
allontanarla da sé con un gesto garbato ma deciso:
-
Non per smorzare il tuo entusiasmo, ma non ho idea di chi tu sia.
Dov'è mio figlio?-
-
Non qui, per sua fortuna...-, rispose lei, guardandosi intorno.
-
Siamo nei sotterranei della Fortezza...-
-
Intendi la Fortezza di Stark? Ero a centinaia di chilometri da qui!-
-
Sì. Gli Osservanti usano una sorta di teletrasporto e
trasferiscono le persone qui, credo; e...-
Clint
si alzò bruscamente.
-
Devo trovare una via di fuga, Thomas è solo un ragazzino!
Dove l'hai visto l'ultima volta?!-
-
Ascolta... Io non so neanche come dirtelo, ma...sono passati
vent'anni da quando gli Osservanti ti hanno preso. Tuo figlio
è
un uomo, ormai.-
A
quelle parole barcollò e gli occhi gli si inumidirono.
-
Vent'anni...-, ripeté - PORCA PUTTANA!-, urlò,
colpendo, uno dei sarcofagi.
Prese
un respiro profondo e si calmò, quando la vide arretrare.
-
Scusa, mi dispiace. Non volevo spaventarti. Chi sei tu, ad ogni modo?-
-
Mi chiamo...-
Clint
le afferrò il mento bruscamente.
-
Ehi, metti giù le mani!-
Clint
la osservò per un lungo istante e la sua vista sovraumana
gli fu di grande aiuto.
-
Conosco i tuoi lineamenti. Tu sei la figlia di Thor.-, disse,
lasciandola andare.
-
Credo di sì, ma a parte te, nessuno me ne ha dato
conferma...-
-
Bene, figlia di Thor, come usciamo da questo girone infernale?-
-
Tara. Mi chiamo Tara.-
La
ragazza si voltò per indicare la strada da cui era venuta,
solo per notare, con raccapriccio, che quell'orribile macchina si era
spostata e, con i suoi tentacoli, aveva modificato l'assetto
dell'intero passaggio.
-
Non lo so...-
L'uomo
sospirò e si soffermò a riflettere.
-
Va bene. Va bene anche così. Per prima cosa cominciamo a
muoverci, o congeleremo, con i vestiti bagnati.-
Cominciò
ad avanzare e ad osservare la macchina con occhi attenti.
-
Stark, ma cosa cazzo stai combinando qua sotto..?-, mormorò
a bassa voce, prima di rivolgersi di nuovo a Tara.
-
Non so cosa sia questa... cosa, ma ci sono migliaia, forse milioni di
persone sotto criogenesi. Mi sembra implausibile che il loro scopo sia
alimentativo. Servono a qualcosa, ma non so a cosa.-
-
Criogenesi? Che cos'è?-
-
La messa in biostasi di un corpo tramite la tecnologia. In breve,
viene congelato, le sue funzioni vitali ridotte al minimo per una
preservazione più longeva. L'ultima volta che ne ho parlato
con
qualcuno era ancora una teoria sperimentale. Conoscevo solo un tizio
che era entrato in una sorta di criogenesi autonoma, dopo
esser
precipitato nei ghiacciai, ma lui non era esattamente un uomo normale.-
-
Stai parlando del Generale Rogers, vero?-
-
Generale? Però, ha fatto carriera... Meno male che non ci
sono
più gli Stati Uniti, perché General America
sarebbe
risultato un tantino cacofonico. Dovevo aspettarmi che ci fosse lui
dietro agli Shielders.-
Tara
annuì, non capendo la sua ironia, o la sua voglia di fare
ironia in un momento come quello.
-
Che cosa sai di mio padre?-
-
Non era la creatura più intelligente che mi fosse capitato
di
incontrare, non era particolarmente amabile, non aveva uno spiccato
senso dell'umorismo, ma, tutto sommato, era una brava persona. Un dio
di grande valore, nonostante tutti i suoi errori. Non ultimo: la morte
di tua madre, ma non lo incolpo per questo. Era una situazione
difficile, lui si è limitato a non scegliere. Non so come mi
sarei mosso al suo posto, ma conosco chi l'ha giudicato. Ti avrebbe
adorata, sul serio, a prescindere dalla tua natura.-
-
E che mi dici di Thomas? Che spiegazioni hai per le sue...
capacità? Mi ha detto che non è davvero tuo
figlio.-
Il
viso di Clint si fece tetro e triste al tempo stesso.
-
Thomas... Thomas è tuo cugino, figlio del dio Loki. Siete
due
semidei, certe attitudini le avete nel sangue. Crescerlo non
è
stato semplice, ma promisi a Loki di farlo, di proteggerlo e... non
sono stato abbastanza forte per farlo. Ricordo come se fosse ieri la
notte in cui i mutanti attaccarono New York... mi salvai per miracolo,
lanciandomi giù dalla finestra un attimo prima che il mio
appartamento esplodesse con il resto del quartiere. Nella caduta mi
fratturai molte ossa e finii in coma. Con così tanti feriti
identificarmi fu impossibile per i medici. Fu Loki a curarmi e a
risvegliarmi. Mi chiese di prendermi cura di suo figlio, un figlio che
non sapevo neanche stesse aspettando. Vidi il suo ventre gonfiarsi e
lui impallidire, esausto per la magia che stava compiendo. Non
dimenticherò mai come si squarciò per far nascere
Thomas,
per poi tornare, subito dopo, pulito e pronto alla morte...-
-
Fermo un attimo. Non per interrompere il tuo racconto strappalacrime,
ma l'ha partorito lui?-, chiese Tara, perplessa.
E
a questo l'uomo si fece sfuggire un pallido sorriso.
-
Loki era una creatura piuttosto bizzarra.-
-
E, in tutto questo, c'era un padre?-
-
Sì.-
-
E non eri tu.-
-
Non ero io. Credo tu lo conosca, quanto meno di fama: Tony Stark.-
Tara
si fermò, coprendosi la bocca con una mano.
-
Lo Spettro...-
-
Quel nome è ridicolo...-, commentò Clint, - Non
ho mai
conosciuto un uomo più concreto e materiale di Tony in tutta
la
vita.-
Si
abbassò, insinuandosi sotto a un tubo metallico e facendo
cenno all'altra di seguirlo in fretta, prima che quell'apparecchio
infernale avesse la pessima idea di spostarsi.
Lei
lo fece titubante e gemette, disgustata quando qualcosa di vischioso le
colò su una spalla.
-
E' solo olio, o una sostanza lubrificante, niente di così
schifoso, forse è la macchina stessa a produrla. Possiamo
pensare quello che vogliamo a livello etico, ma una cosa è
certa: questa cosa è viva.-
-
Questo vuol dire che può vederci?-
-
Non lo so. E' il progetto più complesso che abbia mai visto
realizzato. L'opera di un dio che ha creato la vita, anche se temo
possa essergli sfuggita di mano.-
-
Di chi stai parlando, adesso? Thor o Loki?-
-
Di Stark.-
-
Ma Stark non era un uomo?-
Clint
la guardò, scavalcando altre componenti.
-
Un uomo con il cervello di un dio. C'è forse qualche
differenza?-
Tara
tacque, confusa.
-Dove
credi che sia scomparso?-
-
Credimi: è una domanda che preferisco non pormi.-
-
Thomas odia Stark. Come... come farai a spiegargli che è suo
padre?-
-
Nello stesso modo in cui gli ho spiegato che non era mio figlio:
prendendomi il rischio.-
-
L'averti ferito e insultato per questo è il suo
più
grande rimpianto. Si tormenta da vent'anni per non averti potuto
chiedere perdono. A prescindere dalla biologia, sei l'unico genitore
che abbia ritenuto tale e gli manchi orrendamente.-
-
Io non ce l'ho con lui, Tara. Non c'è alcun bisogno di
difenderlo. Era solo un ragazzino quando glielo rivelai. La sua
reazione non fu affatto esagerata. Avrei voluto avere il tempo di
dirgli anche tutto il resto, ma non ho potuto. Sei la sua ragazza?-
-
No. Siamo solo amici, io... ho qualcun altro per la testa.-, ammise
lei, abbassando lo sguardo.
-
Qualcuno che non ti merita?-
-
Qualcuno che ho fulminato prima di scendere qua sotto. Io vorrei solo
che Steve fosse sincero con me.-
Clint
scoppiò a ridere.
-
Steve?! Potresti essere la sua pronipote o giù di
lì! Oddio, meno male che Stark non è qui, o
riderebbe sino al collasso!-
-
Parli dello Spettro come se fosse una persona normale.-
-
Perché E' una persona normale, Tara. Era... un amico, prima
che...-, si zittì di colpo, adombrandosi.
-
Prima di cosa?-
-
Prima che uccidesse Loki.-
-
Quindi l'ha fatto davvero?-
-Sì.-,
annuì Clint.
-
A quel che ne so stava distruggendo il pianeta, doveva essere
fermato.-, obbiettò lei.
-
Conoscevo Loki a sufficienza per poter dire che nulla, nelle sue
azioni, era lasciato al caso. Lui... ha risolto tutti i problemi del
mondo in un colpo solo: ha raso al suolo l'economia, demolito i
governi, eliminato la sovrapopolazione, sconfitto le religioni e
educato Stark perché fosse in grado di sopperire ai bisogni
del nuovo
mondo. Non posso dire che quel che ha fatto sia giusto, tuttavia, a
livello matematico, il suo piano era ineccepibile. Sfortunatamente non
aveva previsto cosa Stark avrebbe fatto dopo. Tu sei troppo giovane per
ricordarlo, ma i primi anni dopo la devastazione causata da Loki sono
stati i più floridi e rilucenti che la razza umana abbia mai
conosciuto. Non so cosa sia successo dopo e ho paura a chiedermelo,
soprattutto vedendo questa macchina.-
-
Mi sembra di sentir parlare Howard. Con qualche scrupolo morale in
più, magari.-
-
Howard?-
-
Il figlio dello Spettro.-
Clint
si fermò, irrigidendo la schiena, infastidito.
-
Ah, ha avuto anche il coraggio di fare un figlio con qualcun altro?-,
sibilò. - Ci ha messo proprio poco a consolarsi. Mi chiedo
se gliene
sia mai davvero fregato qualcosa di Loki, a questo punto. Stupido
bastardo.-
Proseguirono
in silenzio attraverso i viscidi
cunicoli di quella macchina. I tentacoli sembravano non curarsi affatto
di loro e questo non era altro che bene.
L'uomo
sfiorò l'arco in
Mithrill che ancora portava a tracolla per infondersi un po' di
sicurezza. Non che le scarse frecce che aveva con se potessero essere
risolutive, qualora la macchina avesse deciso di reagire, ma sentirne
il contatto gli infuse coraggio.
Il
metallo si aprì,
d'improvviso, sotto i loro piedi e loro precipitarono verso il basso.
Tara strillò, quando i tentacoli avvilupparono entrambi.
-
Calmati e non divincolarti! Lascia che ci trasportino!-, le
intimò Clint.
E
così fecero, si lasciarono stringere da quell'abbraccio
meccanico e, lentamente, cominciarono a scivolare verso il basso.
-
Questa cosa... è disgustosa.-, gemette lei.
-
Concordo, ma non dirlo troppo forte. Non ho alcuna voglia di farla
incazzare.-
Il
reticolo si aprì di nuovo e i tentacoli li lasciarono
precipitare
ancora una volta. L'atterraggio fu doloroso, ma entrambi ne uscirono
quasi incolumi.
Sorprendentemente
c'era luce là sotto, una luce intensa e giallognola.
Clint
si risollevò per primo e alzò lo sguardo.
Si
coprì la bocca, spalancando gli occhi, orripilato.
-
Oh, mio Dio!..-
Tara,
alle sue spalle, si fece sfuggire un singulto strozzato, incapace di
parlare.
-
2395 unità nella piazza 37-B.-, comunicò un
soldato.
Howard
serrò le labbra e lanciò uno sguardo alla porta.
Rogers non era ancora
arrivato, e ormai erano passati quarantadue minuti.
Qualsiasi
decisione dipendeva da lui, non poteva più aspettare i
comodi del Generale.
-
Banner, comunichi agli uomini di tenersi pronti ai portelli F-12, F16 e
K-22.-, disse allo scienziato, prima di prendere posto alla consolle e
indossare il casco di controllo. Non si lasciò frastornare
dalle luci e
dai suoni intensi e sfruttò il collegamento video
dell'Osservante
AS-117 per avere una panoramica della piazza.
-
Osservanti AS-13,
AS-98 e AS-471 in assetto da combattimento. Attaccherete al mio
comando.-, comunicò - Osservante AS-117, zooma sulla folla.-
Oltre
duemila unità.
Da
che ne aveva memoria Howard non aveva mai visto un assembramento tanto
imponente. Non era preoccupato, le macchine potevano gestirlo, ma
qualcosa si stava muovendo al di fuori della Fortezza e non poteva non
tenerlo in considerazione. La realizzazione del suo piano gli sembrava
sempre più prossima.
Poteva
funzionare. No: avrebbe funzionato, ma il momento non era ancora giunto.
Esaminò
i volti e le armi rudimentali con cui le unità
avevano avuto l'ardire
di presentarsi allo scontro e provò pena per loro.
-
AS-13, AS-98, As-471, accerchiamento della piazza a velocità
sostenuta. Attivare teletrasporto ad ampio raggio.-, ordinò.
Monitorò
i movimenti delle tre macchine, ammirando la loro precisione, la loro
poetica leggiadria nei movimenti.
Suo
padre era un vero artista.
Gli
Osservanti, ovviamente, erano del tutto autonomi e potevano muoversi
anche senza direttive esterne, ma la verità era che lui
amava
rapportarsi con loro. Li conosceva, sapeva come prenderli. In un certo
qual modo sentiva quasi di poter dire di essere uno di loro.
Non
si
sorprese quando la folla iniziò a fuggire in tutte le
direzioni con uno
schema caotico e impreciso, mentre molti venivano teletrasportati. Solo
un uomo rimase immobile al centro dello scontro: Era minuto e Howard
non lo giudicò come pericoloso, ma capì
il suo errore, quando il primo
Osservante languì in uno scricchiolio metallico e si
abbatté, smontato,
ai piedi dello sconosciuto.
-
AS-13, AS-98, ritiratevi dal quadrante 6H. Ripeto...-, ma non fece in
tempo a salvare le due macchine.
Pieno
di rabbia e di frustrazione le vide esplodere, una dopo l'altra, in un
vortice di scintille.
Agghiacciato
e sorpreso rimase inerte per qualche istante, mentre la folla,
ricostruite le file, avanzava verso la Fortezza, seguendo il misterioso
individuo che la precedeva con passo sicuro e occhi folli d'ira.
Si
alzò in piedi e si levò il casco, posandolo sul
tavolo, poi estrasse una piccola sfera di metallo dalla tasca.
-
Attiva scanner.-
-
Howard, cosa vuoi fare?-, si allarmò Bruce.
-
Do alle unità qualcosa che possano capire: un volto a cui
rivolgersi.-,
ribatté il giovane, mentre la sfera gli vorticava attorno.
-
Trasferisci ricostruzione 3D alla memoria centrale.-
Senza
premunirsi di fornire altre spiegazioni, infilò nuovamente
il casco.
-
AS-117, arretra. Tienti lontano dall'unità centrale della
folla,
proietta la mia ricostruzione olografica e attiva collegamento
audio-video.-
La
macchina eseguì e Bruce, dagli schermi, poté
osservare l'immagine di Howard comparire a pochi metri dal potente
sconosciuto. Quel che era riuscito a fare alle macchine andava al di
là
delle capacità di qualsiasi mutante, non era sorpreso che il
giovane
comandante ne fosse rimasto turbato.
-
Identificati.-, disse Howard.
-
Il mio nome è Thomas Barton, macchina, e non ho alcuna
intenzione di parlare con te.-
Thomas
sollevò una mano, ma il suo incantesimo non
provocò altro che un leggero disturbo nell'immagine
olografica.
-
Che cosa sei?-
-
Niente più di un uomo.-
-
No.-, Howard assunse un'espressione granitica - Tu sei molto
più di
questo: sei un errore di programmazione, verrai eliminato.-
-
Fa' uscire gli uomini dalla Fortezza, macchina, disarmati, e ti
garantisco che a loro non verrà fatto alcun male, altrimenti
pagheranno
tutti, non solo lo Spettro.-
Bruce
vide Thomas sollevare lo
sguardo e dal suo voltò intuì che l'altro aveva
capito la fonte
dell'ologramma. Un istante dopo l'Osservante AS-117 perse il
collegamento e lo schermo si fece nero.
Howard
balzò in piedi e si levò il casco.
-
Mandate gli uomini. Squadroni N-7, N-8, N-21 e N-37, attacco simultaneo
da tutti e quattro i lati, dodici Osservanti dall'alto. Non una
macchina di più, non voglio subire altre perdite! Che gli
altri
squadroni si schierino lungo il perimetro della Fortezza.-
-
Ma
se mandiamo anche gli Osservanti c'è il rischio che anche i
nostri
uomini vengano teletrasportati, signore.-, obbiettò un
soldato.
-
Non mi interessa!-, tuonò il giovane - Io scendo, abbiamo
una cellula
della resistenza all'interno delle mura, la eliminerò
personalmente.-
Corse
fuori dalla sala di controllo e si infilò nell'ascensore.
Raggiunto
il corridoio 138-Ovest entrò nella sala operativa
e imprecò nel vedere
Rogers a terra. Senza curarsi delle sue condizioni, tornò in
corridoio.
-
Esci fuori...-, mormorò.
Un
piccolo robottino bio-meccanico sbucò fuori dalla sua manica
sinistra e zampettò sino alla sua mano aperta.
Howard
sorrise appena, aveva trovato la scheda madre del suo piccolo amico in
un vecchio robot distrutto che suo padre non aveva mai avuto il tempo
di riparare. Jarvis gli aveva detto che si chiamava Ferrovecchio.
L'aveva presa e trasferita su un altro supporto di sua invenzione, le
aveva dato un corpo e l'aveva risvegliata, scoprendo di avere tra le
mani un sistema auto-apprendente. Lo portava sempre con sé
da più di
vent'anni.
-
Ciao, Ferrovecchio.-, mormorò.
E
il robottino gli rispose con una serie di acuti squittii elettronici.
-
Devi seguire una traccia, amico mio, biologica, femminile, non del
tutto umana. Tracciala, dobbiamo trovarla ed eliminarla, non possiamo
permetterle di raggiungere Jarvis.-
Ferrovecchio
mutò la sua mecha-struttura e si sollevò in volo
grazie alla propulsione di un minuscolo reattore.
Howard
tirò fuori la pistola e seguì la luce dell'amico
attraverso quei corridoi bui.
N.d.A.: Eccomi
qui ^^,
un
bel "tiè!" di circostanza a chi considerava morto il povero
Ferrovecchio o gliela stava, comunque, tirando XD (Sparrow, ogni
riferimento è puramente casuale <3), al di
là delle scemate, spero
che questo capitolo abbia chiarito alcuni, solo alcuni, dei vostri
dubbi e che vi sia piaciuto.
Grazie
infinite di tutto, ragazzi, davvero!
Un
bacione,
Ros.
|
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Capitolo 5 *** Homo ex machina ***
Homo
ex machina
Il silenzio era spettrale, là sotto. Solo i respiri
affannati di Tara sembravano riempire quelle inquietanti segrete.
Clint, barcollando, arretrò, senza riuscire a staccare lo
sguardo da ciò che stava vedendo.
- E'... è un uomo quello?-, balbettò la donna.
L'altro
si costrinse a distogliere lo sguardo da quel corpo nudo sospeso a una
decina di metri sopra di loro. I cavi della macchina
penetravano a
fondo nelle sue carni, lungo l'intera lunghezza della spina dorsale;
altri affondavano nelle suo collo, nel suo ventre e nella sua bocca,
altri ancora, invece, gli avviluppavano braccia e gambe,
così da
tenerlo sollevato. Un tentacolo più grande degli altri era
collegato al
centro del suo petto ed era quello ad illuminare la zona.
Interamente
ricoperto dal liquido vischioso delle macchine, quel corpo lercio
sembrava essere rimasto immobile per anni, decenni. Sudici e
lunghissimi capelli scuri serpeggiavano verso il basso, immobili in
quell'aria gelida, tagliente e ferma.
- L'uomo che vedi è il tuo Spettro...-
Non
era stato difficile per lui riconoscerlo, anche se avrebbe preferito
che i suoi occhi, così affinati, per una volta avessero
fallito.
Tara si coprì la bocca con una mano, agghiacciata.
Si rialzò di scatto, studiando la parete di mobili tentacoli
meccanici.
- Dobbiamo tirarlo giù!-, esclamò con voce rotta.
Lui l'afferrò per un braccio, trattenendola indietro:
- No.-
- Ho capito che lo odi, ma non possiamo lasciarlo così!
Questa macchina mostruosa lo sta...-
- Non è così semplice... io...credo che ci si sia
messo da solo, lì.-
Tara si divincolò, spingendolo indietro.
- Ma non dire cazzate! Nessuno potrebbe... nessuno vorrebbe mai questo!-
Si avvicinò alla parete e cominciò ad
arrampicarsi.
- Tara, io non credo che sia una buona idea!-
- E' pur sempre meglio di restarmene lì a guardare come un
imbecille!-, rispose lei.
Clint sbuffò, in fin dei conti la biologia non poteva mica
far miracoli: Thor avrebbe fatto lo stesso.
Stava
per risponderle a male parole, quando un colpo di pistola
deflagrò, nel
silenzio del sotterraneo. Tara strillò e cadde di schiena.
Barton la
sollevò prontamente e si levò dalla linea di
fuoco, guardandosi
intorno, nervoso.
- Se avessi voluto ucciderti l'avrei fatto, ma
mi sarete più utili in altro modo. Uscite fuori e
risparmierò le vostre
vite.-, la voce di Howard risuonò forte e chiara,
benché da un punto
imprecisato di quel groviglio meccanico.
- Howard, quello stronzo!-, grugnì Tara, reggendosi il
braccio sinistro ferito.
- Howard il figlio di Stark?-, bisbigliò Clint, strisciando
indetro e portandola con sé.
-
Sono cresciuto qui sotto, Tara. Tu e l'altra unità non avete
possibilità di nascondervi.-, proseguì il
giovane, avanzando senza
timore tra i cunicoli.
Era vero: benché l'ubicazione del padre
gli fosse stata rivelata solo una decina di anni prima, aveva trascorso
tutta la sua infanzia laggiù, fatti salvi gli sporadici
momenti passati
in compagnia di Bruce, o quelli in cui aveva segretamente spiato il
Generale Rogers.
Steve, nella sua umanità, era sempre stato un enigma per
lui, arrivando quasi a rasentare il livello dell'ossessione.
Clint lasciò Tara e si sfilò l'arco dalle spalle.
- Ragguagliami su quel che è in grado di fare.-
-
Dopo Steve, è il miglior soldato della base. E' un maestro
nel corpo a
corpo, abile con le armi da fuoco e quelle da taglio...-
- Sì,
questa tiritera la conosco e sono ben certo di poter fare meglio di uno
spocchioso trentenne. Volevo dire: devo aspettarmi qualche sorpresa?
Telecinesi o qualche altra dannata capacità sovraumana?-
- No. Niente del genere.-
Fu Howard stesso a rispondere, comparendo alle loro spalle attraverso i
tentacoli con la pistola spianata.
- Getta l'arco e non vi farò alcun male.-,
continuò.
- Il cordone Est ha ceduto, signore!-
Lo Shielder si voltò verso Bruce, nel panico.
I
ribelli avevano sbaragliato ogni loro tentativo di difesa: il
misterioso uomo aveva distrutto le macchine una per una e di fronte a
così tante persone inferocite avevano capitolato. Molti
erano feriti,
altri ancora erano stati letteralmente massacrati.
Lo scienziato
si avvicinò agli schermi e osservò con rassegnata
calma cosa stava
avvenendo. Guardò il volto di Thomas e ricordò il
cognome che aveva
pronunciato: Thomas Barton. Lo stesso cognome di Clint. Una logica
ovvia lo fece tremare: quel giovane uomo era figlio di Loki.
Questo spiegava il perché le sue capacità fossero
tanto straordinarie.
- Loki...-, mormorò.
A
quasi trentasei anni di distanza dalla grande devastazione, mai avrebbe
immaginato di ritrovarsi ancora a pronunciare il suo nome.
- E' finita.-, disse, rivolgendosi al soldato alla sua destra.
Avrebbe
voluto dire: "finalmente è finita", Ma sapeva che il ragazzo
non
avrebbe capito. Era troppo giovane e del tutto ignaro. Lui non sapeva
cosa ci fosse dietro alla Fortezza, dietro a Stark e al suo folle
gesto, ma Bruce sì.
E, ormai vecchio e stanco, non riusciva più a
combattere con i fantasmi che in quei trentasei anni lo avevano
accompagnato con spietata ferocia. Ci aveva provato a scendere a patti
con la propria morale: per molto tempo ci era anche riuscito, ma in
quel preciso istante sentì con drammatica chiarezza che era
giunto il
momento di porre la parola fine a tutto.
Sentì a questo punto il noto e ovattato suono di
un'esplosione lontana, e chiuse gli occhi.
Stava per rivolgersi alle truppe, quando il soldato parlò
ancora:
- Ho letto delle cose su di lei, signore...vecchi articoli di
cronaca...-
- E a che conclusioni sei giunto?-
Bruce aveva già capito a cosa si riferisse, ma volle
lasciarlo esprimersi.
Il giovane abbassò lo sguardo, a disagio.
- Lei non era un uomo normale... lei poteva trasformarsi in... qualcosa
che...-
- In un mostro. Chiama le cose con il loro nome, soldato.-
- Un mostro non è un mostro se si muove per il bene comune.-
Bruce si sedette, gemendo per i dolori della vecchiaia.
-
Lo credevo anche io, un tempo, ragazzo, ma quel tempo è
ormai lontano e
quei valori sono svaniti nella polvere delle macerie del vecchio mondo.-
- Lei potrebbe...-
-
No.- lo scienziato fu brusco nel rispondere - Anche se lo volessi, e
non lo voglio, non mi trasformo più da trentasei anni. Da
quando Loki
mi abbatté in mezzo a una New York in fiamme. Non so che
fine abbia
fatto il mostro, ma in questi decenni non mi è mancato e non
mi manca
tutt'ora. Anche sapessi come rievocarlo, non lo farei.-
Il soldato si fece sfuggire un singhiozzo sordo e chinò il
capo.
- I- io non voglio morire, signore...-
- Questa non è vita... fidati se ti dico che la prospettiva
della morte non è altro che una bramata liberazione.-
- HO LETTO CHE LEI ERA UN EROE!-
- Gli eroi sono spravvalutati...e comunque, io non lo sono mai stato.-
Il giovane si allontanò dalla consolle di controllo e si
asciugò le lacrime con il dorso della mano:
-
Io vado là fuori a difendere ciò in cui credo!
Non me ne resterò seduto
qui ad aspettare la morte!-, e detto questo se ne andò,
sbattendo la
porta.
Bruce si stropicciò gli occhi, affranto, poi
tornò a guardare gli schermi.
Quel
ragazzo, Thomas, aveva ormai raggiunto la cinta Est; e ben presto, lui,
novello Prometeo del fuoco di una libertà ignara e tutti i
suoi uomini,
avrebbero fatto irruzione.
Clint lanciò l'arco
addosso ad Howard e provò ad avventarsi contro di lui, solo
per essere
malamente sbattuto indietro da un braccio metallico. Rotolò
a terra con
un gemito.
Il comandante continuò a tenere Tara sotto tiro, ma diede
attenzione all'altro uomo.
Sorrise.
-
Ho detto che io non vi farò nulla. Ma se continuate a voler
opporre
resistenza, Jarvis potrebbe spazientirsi. Non so perché vi
abbia
portati sin qui, ma non ha alcuna importanza, vi metterò in
biostasi
come tutti gli altri.-
- Ti strapperò dal petto
quell'ingranaggio che hai al posto del cuore!-, strillò
Tara,
rialzandosi bruscamente con i fulmini che le serpeggiavano sul corpo.
- Come puoi accettare tutto questo?! Come puoi vedere il tuo stesso
padre in quelle condizioni e non fare nulla?!-
-
Non ho intenzione di sprecare il mio tempo con una creatura inferiore
che mai avrà sufficiente intelligenza per poter
comprendere.-, ribatté
lui, seccamente.
Un semplice cenno della sua mano e i tentacoli
stritolarono Tara, sollevandola da terra. La donna si
dibatté
strenuamente, rilasciando molta dell'energia di cui disponeva, ma fu
tutto inutile.
- Jarvis, ti prego! Fermati!-, urlò Clint - Io lo
so perché mi hai portato qui, volevi che vedessi il tuo
padrone! Non è
mia intenzione nuocergli ma, ti prego, la ragazza è
innocente!-
Ma la macchina fu sorda ai suoi appelli e le strazianti grida
di Tara si dipanarono lungo le segrete della fortezza.
- Non terminarla.-
Howard parlò e Jarvis si limitò a trattenere la
donna, ormai priva di sensi, cessando di stritolarla.
- Grazie.-
Si rivolse a Clint: - Come lo conosci?-
L'ex-agente si rialzò, fissando con freddezza il figlio di
Stark.
- Ho lavorato per tuo padre, molto tempo fa.-
Howard tentennò appena, ma mantenne i nervi saldi.
- Ora che ti guardo meglio, mi ricordo di te. Eri uno Shielder.-
- No.-, disse pieno di disgusto - Ero un agente dello S.H.I.E.L.D.,
è molto diverso.-
- Davvero? Io non la vedo tutta questa differenza, ma non m'interessa.-
- Dev'essere stata davvero un'infanzia infelice, la tua. Qui dentro con
un macchina...-
Clint
cercò di prendere tempo nel disperato tentativo di trovare
una
soluzione che, già sapeva, non avrebbe trovato. Poteva
rendere
inoffensivo il ragazzo, ma non avrebbe mai potuto contrastare Jarvis.
Howard sorrise.
- Al contrario. Jarvis è stato un ottimo padre per me.-
Clint
sentì la morsa del panico avviluppargli le viscere, quando
dei sinistri
suoni di cingoli meccanici anticiparono l'arrivo di due sarcofagi
identici a quello da cui lui era uscito.
- Aspetta un secondo, fermalo!-, esclamò. E aggiunse: -
Possiamo parlarne. Puoi spiegarmi cos'è successo e ti
aiuterò, davvero!-
- Cosa ti fa pensare che io abbia bisogno di te? L'unico modo in cui
potrai essermi utile è in biostasi, unità...-
All'improvviso
Steve balzò fuori dal reticolo. Non disse una parola e con
un rapido
movimento del braccio scaraventò indietro Howard con un
colpo di scudo,
facendogli perdere la presa sulla pistola e sbattere la testa.
- Jarvis! Lascia immediatamente Tara!-, ordinò.
Ma la macchina non lo ascoltò. Repentinamente
sollevò invece anche Clint, serrandogli il collo con un cavo.
Cercò
di bloccare anche il Generale, ma Steve fu più rapido.
Afferrò Howard,
prima che potesse riprendersi e lo tirò in piedi,
sorreggendolo.
- Ti ho detto di lasciarli!-, ripeté, - O giuro su Dio che
gli spezzo il collo!-
Jarvis sembrò fermarsi a riflettere. Poi, di scatto,
obbedì alla direttiva, lasciando precipitare a terra i due
prigionieri.
Clint sorrise, sollevandosi a sedere.
- Sempre al posto giusto al momento giusto, eh, Cap?-, lo
apostrofò.
- Controlla come sta.-, ribatté l'altro, accennando a Tara
con un cenno del capo.
L'ex-agente rise: - Certo, anche io sono felice di rivederti!-
Si avvicinò alla donna.
- Si sta già riprendendo. Tra poco sarà di nuovo
in grado di prenderti a calci in culo, tranquillo.-
Steve ignorò la battuta.
- Tony aveva ragione: non eri morto.-
-
No, ma a quanto pare sono rimasto surgelato per vent'anni. Che sta
succedendo, qui, Steve?! Come siamo finiti dentro a un quadro di
Giger?!-
- Non è il luogo adatto ad una conversazione lunga come
questa, Barton. Dobbiamo andare!-
Tara socchiuse gli occhi e si infuriò alla vista del
generale.
- TU SAPEVI DI TUTTO QUESTO!, urlò, rimettendosi in piedi. E
continuò: - PIU' COSE SCOPRO DI TE, PIU' MI FAI SCHIFO!-
Steve scosse la testa e la guardò.
- Tara, per l'ennesima volta...-
Si
rese conto con un secondo di troppo di quanto quella sua distrazione
fosse stata tragica. Decine e decine di tentacoli gli furono addosso in
un lampo. Gli strapparono Howard e lo adagiarono a terra con
delicatezza, prima di attaccare lui con spietata ferocia.
- STEVE!-
Tara balzò in avanti, cercando di impedire che il Generale
venisse ferito.
Un'esplosione colossale scosse con fragore le fondamenta della Fortezza.
Jarvis si fermò, abbandonando la lotta.
Sopra di loro, Stark, aveva spalancato gli occhi.
N.d.A.:
Eccoci qui ^^, volevate Stark? Eccovi Stark. Per le risposte, invece,
dovrete attendere ancora, ma non poi molto, questa storia non
sarà
lunghissima.
Ah, visto che l'avete chiesto in parecchi: Virginia è
Pepper, il suo nome completo è Virginia "Pepper" Potts.
Forse avrei
dovuto mettere "Pepper", chiedo scusa.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, come sempre, vi ringrazio e vi
abbraccio tutti!
Un bacione,
Ros.
|
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Capitolo 6 *** Stark ***
Stark
- Tutto è pronto, fratello.-
Thor si pose al fianco di Loki, osservando con sorpresa e smarrimento
l'imponenza dei loro eserciti affiancati. In tutta la sua vita non
aveva mai considerato l'ipotesi di unire le forze. Ben più
semplice era stato pensare che Asgard, un giorno, avrebbe annientato
Jotunheim...
Loki osservava la scena, di fronte alla balaustra delle imponenti
mura. La mascella rigida e la mente persa nei suoi pensieri.
- Hai parlato con Hela?-, gli chiese il maggiore, posandogli una mano
sulla spalla.
Il dio dell'Inganno chiuse gli occhi.
- Sì: non interverrà. Non ha voluto sentire
ragioni, ma la cosa non mi ha sorpreso...-
Thor chinò il capo, travolto da antichi sensi di
colpa.
- Ascolta, fratello... non ho mai avuto modo... no. Il coraggio. Non ho
mai avuto il coraggio di chiederti perdono. Se non fossi stato tanto
stupido, i tuoi figli...-
- E' passato molto tempo, Thor. Siamo morti e rinati. Lasciamoci alle
spalle i problemi del passato. Credimi, ne abbiamo a sufficienza di
quelli del presente.-
Fece una pausa, poi riprese: - Non mi aspettavo che l'esercito di Hel
si schierasse al nostro fianco. Ho solo voluto provarci.-
- Quale sarà l'esito?..-
- Non lo so. Non sono riuscito a vedere tanto in là.
Già
trentasei anni sono molti per chi, come me, non è avvezzo
alla
precognizione. Con il senno di poi, forse avrei preferito seguire il
mio primo intendimento: non scrutare mai il futuro...-
- E' una fortuna che tu l'abbia fatto.-
- Questo non lo sappiamo. Tu andrai per primo. Ti invierò su
Midgard, non appena sarà possibile. Il tuo esercito ti
seguirà a breve, mentre noi attaccheremo per ultimi, non
appena
Heimdall saprà descrivermi le dinamiche dello scontro.
Ricorda
di far ripiegare il tuo esercito, quando udirete il corno. Prima di
tutto questo... proteggi mio figlio, ti prego...-
Thor raddrizzò le spalle.
- Considerala cosa fatta, fratello.-
I cavi si distaccarono dal corpo di Stark con raccapriccianti schiocchi
e si allontanarono con rapidità, librandosi nell'aria come
serpenti.
Steve afferrò Tara, costringendola dietro di sé
ed imbracciando lo scudo.
Non aveva idea di quali fossero le condizioni di Tony, dopo tutto quel
tempo. Non avrebbe neanche saputo dire se fosse ancora umano.
Clint, al contrario, rimase esattamente sotto di lui e
osservò
con raccapriccio quella scena disumana.
Contro le aspettative, Stark
non cadde, ma rimase invece sospeso nel vuoto.
Non rivolse loro parola, non li guardò neppure:
spalancò
le braccia, scatenando un vuoto d'aria che fece cadere a terra i tre
spettatori.
Scaglie di metallo turbinarono nell'aria; guizzi d'oro e rosso
vermiglio andarono ad applicarsi sul suo corpo, cauterizzando con il
fuoco le sue ferite e ricoprendo ogni centimetro della sua pelle,
nascondendo il suo volto dietro al casco di chi, un tempo, era stato
Iron Man.
- TONY, NO!-, urlò Steve, quando i reattori si accesero e
l'ultimo tentacolo si staccò dal corpo dello Spettro.
Impotente, lo osservò partire via, mentre un'altra
esplosione,
più forte e più vicina delle precedenti, scuoteva
ancora
le mura della Fortezza di vetro. Il Generale balzò in piedi
e lo
rincorse. Ma si fermò subito, attonito e con gli occhi pieni
di
terrore.
- Devi tornare indetro...-, bisbigliò.
I tentacoli di Jarvis iniziarono a muoversi repetinamente,
stridendo gli uni contro gli altri con suoni sinistri.
- Qualcuno mi spiega cosa diamine sta accadendo?!-
Clint urlò per riuscire a sovrastarne il rumore.
Tara, pallida e muta, continuava a passare lo sguardo da Steve alla
macchina.
- I miei compagni hanno fatto breccia...-, mormorò.
- TU NON HAI IDEA DI COS'HAI FATTO, STUPIDA!-
Il Generale si voltò di scatto e la colpì con un
ceffone.
Dopodiché si coprì il volto con entrambe le mani,
camminando avanti e indietro per cercare una soluzione.
- Steve...-, tentò l'altro uomo, affiancando lei.
- No! No, non c'è tempo per le spiegazioni! Sino a prova
contraria sono ancora un tuo superiore, Clint...-
- Ho lasciato lo S.H.I.E.L.D. da parecchio.-
L'altro lo sollevò per il colletto, sbattendolo contro la
paratia metallica:
- NIENTE STRONZATE! Sei un soldato come chiunque altro! Ti ordino di
uscire là fuori e di uccidere il figlio di puttana che sta
guidando questa rivolta, affinchè Stark possa tornare
indietro!-
- Dammi una sola buona ragione, Rogers...-
- Thomas... è Thomas...-, si intromise Tara.
Clint le scoccò un'occhiata allarmata, poi si
divincolò dalla presa dell'altro.
- Mi dispiace, Steve. Non ucciderò mio figlio!-,
sentenziò.
- Tuo e di chi altri?!-, tuonò il Generale.
- Lo hai già capito. Risponderti è superfluo.-
Steve buttò a terra lo scudo.
- Allora va' e trova un altro modo per fermarlo, prima che Stark lo
faccia a pezzi senza neanche porsi lo scrupolo. Fallo in fretta,
abbiamo poco tempo: pochi minuti, probabilmente! Devi fidarti di me!-
Si rivolse a lei: - Tara, richiama il martello e teletrasportati con
lui fuori di qui!-
- Cosa? Il martello è fuori... io non so come...-
- Distendi il braccio e chiamalo!-, le sbottò contro Clint,
sistemandosi l'arco a tracolla.
La donna lo fece, titubante e, in pochi attimi il Mjolnir la raggiunse.
- Dite a Stark di tornare qui immediatamente!-, disse Steve.
- E tu che farai?..-, gli domandò Tara, confusa e
preoccupata.
- Quel che devo.-
Thomas avanzò solo, lasciandosi alle spalle i propri
compagni che, con
spietata ferocia, stavano sfogando un'ira covata per decenni contro gli
Shierlders.
Corse lungo una passerella di metallo ed osservò il
complesso reticolato di fronte a lui. Suo padre era morto, Tara era
morta e lui non aveva più nulla da perdere, solo qualcosa di
cui
vendicarsi.
Si fermò e si guardò attorno, osservando con
disgusto la reggia dello Spettro.
- VIENI FUORI!-, urlò.
Ma nulla si mosse in quel groviglio di ferro e vetro. Quindi chiuse gli
occhi e si concentrò.
Sollevata una mano le fiamme si dipanarono attorno a lui, incendiando
l'aria e facendo esplodere tutto ciò che lo circondava.
Non
lo sentì arrivare. D'improvviso una forza invisibile lo
investì,
facendolo volare indietro. Sfondò la balaustra incandescente
e
precipitò nel vuoto. Non fece in tempo a toccare il suolo
che gelide
dita di titanio gli serrarono la gola.
Guardò il volto meccanico
dello Spettro e, per un istante, ne fu terrorizzato, poi
riuscì a
reagire. Con la forza della sua tecnomagia riuscì a
costringerlo
indietro e a smontare parte del casco. Cadde a terra e
strisciò
indietro, sotto lo sguardo gelido di quegli occhi dorati e inumani.
Perdeva sangue dal naso, Thomas.
Sbaragliare
le difese della Fortezza era stato semplice per lui, ma allontanare
quel mostro di un paio di metri gli era parso come uno sforzo
sovraumano. Non aveva mai pensato a quale sarebbe potuto essere il
volto della Morte, ma ormai ne era certo: aveva quegli occhi.
Con
un balzo si lanciò giù dalla seconda balaustra,
precipitando nel vuoto,
verso i primi livelli di quel palazzo oscuro. Gridò quando
la sua
caduta si interruppe di colpo e i pali della struttura, piegati al
volere di Stark, gli avvilupparono braccia e gambe, bloccandolo a
mezz'aria.
Cercò di divincolarsi, all'inizio, e di respingerli con la
telecinesi, poi: ma fu tutto inutile.
Sopra di loro, anche se non potevano vederli, i cieli rossi
lampeggiarono di azzurro.
Lo Spettro si avvicinò con lentezza, da predatore; il
giovane non riuscì a far altro che a guardarlo, terrorizzato.
- Perché?..-, chiese.
Non
gli rispose, sollevò appena il mento e l'ennesimo palo si
sollevò,
stringendosi senza pietà sul collo di Thomas, impedendogli
di respirare.
Un
grido di rabbia e Clint si lanciò su Tony, mentre Tara
cercava di
liberare il giovane; ma non fu sufficiente. L'ex-agente volò
in avanti
ancora prima di toccarlo e si schiantò malamente sulla
passerella di
ferro. Non demorse; e, sfoderata la pistola, si voltò e fece
fuoco
ripetutamente.
I proiettili sibilarono nell'aria, rallentando sino a fermarsi nel
vuoto e tornare verso colui che li aveva sparati.
Clint si gettò di lato appena in tempo, scivolò
giù dalla pedana e si aggrappò disperatamente al
bordo per non precipitare.
-STARK, FERMATI, TI PREGO!-, gli urlò, - DEVI ASCOLTARMI!-
Ma l'altro continuò ad avanzare, non dandogli più
alcuna attenzione.
Sollevò
lo sguardo su Tara che, aggrappata ai cavi e sospesa sul precipizio,
cercava disperatamente di allentare il tubo che stringeva la gola di
Thomas, ormai cianotico e privo di sensi.
La giovane guardò lo
Spettro, spaventata, e tirò un altro strattone al cavo, per
poi lasciar
perdere e scagliare il Mjolnir contro di lui.
Tony si limitò a
muovere l'indice e il medio della mano destra: il potente martello
cambiò direzione, trascinato via dalla sua telecinesi; e si
perse,
lontano, tra i corridoi della Fortezza.
Gli occhi di Tara si riempirono di lacrime di puro terrore...
Quale mostro avevano ridestato dal sonno?
La parete alle loro spalle esplose con un boato fragoroso.
I
cavi che reggevano Thomas vennero tagliati e i due giovani caddero
sulla piattaforma. Thor, come comparso dal nulla, si avventò
su Stark.
Lo colpì al petto con il Gungnir, facendolo volare indietro
per una
decina di metri.
Avanzò in tutta la sua possanza, il volto truce e minaccioso.
- Non osare toccarli ancora!-, tuonò.
Stark, per tutta risposta, fece deflagrare un colpo al plasma,
investendolo in pieno.
-
Pensa a loro, portali via!-, ordinò il dio a Clint, mentre
tirava su se
stesso e l'altro; poi si rivolse a Stark che, animato da una gelida
calma, lo attendeva nel buio, con solo il reattore Arc a rivelare la
sua posizione:
- Non importa cosa credi di essere diventato, Stark, sei sempre nulla
più che un uomo!-
Senza
alcun preavvisto Tony sembrò sparire nel nulla per
riapparire, poi,
alle sue spalle. Non si lasciò andare a scrupoli,
né alla sorpresa di
vederlo vivo e colpì con spietata ferocia. Con la mano gli
sfondo la
corazza e provò a lesionargli la spina dorsale.
Fu la martellata di Tara a costringerlo a teletrasportarsi di nuovo.
- E' svanito...-, mormorò lei, - Forse..-
- E' ancora qui, da qualche parte.-, ringhiò Thor. Ma si
addolcì, quando si rese conto di essere al fianco della
figlia.
- Dovete andarvene, penserò io a Stark. Clint, mio nipote?-
L'agente, accucciato accanto a Thomas, sollevò lo sguardo.
- E' vivo per miracolo.-, rispose.
Tony, sospeso sopra le loro teste, fu travolto da una rabbia cieca e
folle: figlio di Loki e di Clint!
Con una cannonata sfondò la passerella, facendoli
precipitare, e poi, attaccò di nuovo Thor.
- DOV'E' LUI?!-, gridò, travolgendolo e trascinandolo via
con sé.
Steve guardò teso i tentacoli della macchina farsi sempre
più frenetici.
Prese
un respiro profondo: se Stark era rimasto collegato per decenni, forse
lui sarebbe riuscito a reggere per qualche minuto, a sufficienza per
dargli il tempo di tornare...
Guardò Howard, ancora steso a
terra: e si disse che, forse, tutto sommato sarebbe stato
più saggio
dargli retta sin dal principio. Quel ragazzo aveva idee strane,
disumane, in un certo senso, ma logicamente ineccepibili.
Ricordò
le volte in cui, quello stesso uomo, all'epoca ragazzino, aveva provato
a parlargli, a fargli vedere il mondo come lo vedeva lui, a fargli
comprendere il vero significato delle macchine che per Howard non erano
mai state oggetti, ma esseri viventi, intelligenti e senzienti come e
quanto un essere umano.
Il suo giudicarlo solo un bambino
squilibrato, turbato e farneticante aveva portato il giovanissimo Stark
a chiudersi sempre più in se stesso, ad allontanarsi dai
suoi simili e
a diventare un tutt'uno con le terribili invenzioni del padre, sino a
giungere con l'identificare Jarvis come suo padre stesso e dimenticarsi
di Tony.
Aveva sofferto orrendamente, Howard, quando i bisogni
della collettività avevano costretto la macchina che l'aveva
cresciuto
a disattivare le comunicazioni dirette. La voce di Jarvis era stata la
sola ad avergli tenuto compagnia tutta la vita e, all'improvviso, non
c'era più.
Capiva la sua rabbia e, forse, persino il suo
disgusto per quelle persone che, con malcelato razzismo, definiva
semplicemente "unità".
Gli esseri umani non gli avevano dato nulla-se stesso per primo- e, di
conseguenza, Howard sentiva di non dover loro nulla.
Li vedeva come null'altro che ingranaggi potenzialmente difettosi.
Avanzò
lentamente sino al centro di quello spazio circolare, lasciandosi il
giovane alle spalle, e ripensò anche a Tara... In quel moto
di rabbia
l'aveva colpita e non ne andava fiero. Troppe colpe gravavano sulle sue
spalle, troppe responsabilità.
Aveva sempre dato la priorità al suo
compito, lasciando dietro di sé ogni morale e ogni
sentimento. Avrebbe
tanto voluto dirle che l'amava... ed ora non ne avrebbe più
avuto il
modo.
Tara era una colpevole inconsapevole, come lo era anche il figlio di
Loki.
Con
tetra ironia si rese conto che era stato proprio Loki a dare inizio a
tutto quello, quindi che fosse suo figlio a decretarne la fine era
comprensibile, ma inaccettabile.
Sollevò lo sguardo verso la macchina.
- Jarvis, prendi me.-, gli disse.
L'I.A.
non ebbe esitazioni e, abbassati i tentacoli, lo sollevò in
aria,
strappandogli di dosso la divisa da Shielder sino a lasciarlo nudo e
vulnerabile.
Gli spinotti si conficcarono nella sua carne con
rapidità, versando il suo sangue sui lastroni metallici e
facendo
riecheggiare le sue urla per tutte le fondamenta.
Steve si
contorse e il suo corpo fu scosso da violente convulsioni, quando un
tentacolo si insinuò nella sua gola, scendendo lungo il suo
esofago. La
sua temperatura corporea cominciò a salire vertiginosamente
e, ancora
cosciente, percepì l'immenso numero di informazioni che Tony
aveva
sostenuto per oltre trent'anni.
Copiose gocce di sangue iniziarono a
scorrere fuori dalle sue orecchie, andando a mescolarsi con quelle
già
cadute dal resto dalle sue altre, innumerevoli, ferite.
Con occhi
sgranati e colmi di lacrime, cessò di fare resistenza e si
abbandonò a
quella macchina, che, lo sapeva, lo avrebbe ben presto ucciso.
Lui non era Tony Stark.
N.d.A:
Eccoci qui, capitolo criptico e Stark furioso. Lo so, lo so, non ci
state capendo un beneamato, ma, ve l'assicuro, se qualcuno di voi
avesse capito dove andrò a parare, vorrebbe dire che io
avrei sbagliato
su tutta la linea XD! Non smetterò mai di chiedervi fiducia
e spero di
star continuando ad incuriosirvi!
Un bacione e grazie a tutti!
Ros.
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Capitolo 7 *** Anima d'acciaio ***
Anima d'acciaio
Thomas riprese conoscenza provvidenzialmente. Con uno sforzo disumano
attutì la caduta sua e delle due persone che stavano
precipitando con lui. Tara fece il resto: richiamato il Mjolnir,
scaraventò via i detriti che stavano per precipitare loro
addosso, poi crollò in ginocchio accanto a Clint.
Il giovane, vedendoli, sbatté le palpebre, confuso.
Strisciò indietro, spaventato.
- Come... com'è possibile?..-, bisbigliò con gli
occhi
sgranati, occhi chiari, i suoi, come quelli di Loki, segno
inequivocabile dei suoi natali.
Clint gli si avvicinò lentamente, cauto, per non
innervosirlo
ulteriormente. Non sapeva se e come Thomas avesse imparato a
controllare le sue capacità, quindi non voleva correre alcun
rischio.
- Va tutto bene...-, gli disse con tono calmo.
- Sto impazzendo? Tu... voi siete morti!..-
Il padre gli sorrise, tendendogli una mano.
- Se fossi morto me ne accorgerei, Tom. Vieni qui...-
E l'altro lo fece. Afferrata la sua mano, si spinse in avanti e lo
strinse tra le braccia.
- Papà...-, gemette in un singhiozzo. - Mi dispiace
così tanto!..-
Clint, ovviamente, sapeva a cosa si riferiva: per lui, a livello
cosciente, erano passate solo poche ore da quando aveva detto al figlio
ragazzino di non essere il suo vero padre. Lo aveva fatto in un bosco a
centinaia di chilometri da dove si trovavano in quel momento, ed oltre
vent'anni prima.
La reazione del giovane Thomas era stata dolorosa per entrambi. Si era
sentito tradito da quella rivelazione e, in preda alla rabbia, l'aveva
insultato, arrivando, involontariamente, ad appicare il fuoco
tutt'intorno, incapace di trattenere i suoi poteri. Questo aveva
richiamato l'attenzione degli Osservanti e lui era stato catturato.
Thomas aveva convissuto con il senso di colpa per tutti quegli anni,
ritenendosi responsabile per la sua morte.
Gli accarezzò la nuca, cercando di placare un poco il suo
pianto.
- Va tutto bene.-, ripeté con dolcezza, - Non
è
stata colpa tua. E ora fatti guardare, sei così cresciuto!-,
aggiunse, spingendolo appena indietro.
Thomas accennò un sorriso, prima di asciugarsi il viso dalle
lacrime e dal sangue.
- Mi sei mancato così tanto. Cosa ti è successo?
Perché?..-
- Ne parliamo dopo. Ora dobbiamo andare via da qui e trovare un posto
sicuro. Tara? Ma dov'è finita?!-, esclamò Clint.
Thomas sollevò lo sguardo, solo per scorgere un piede della
donna sparire nel buio, sopra le loro teste, tra i pali su cui si stava
arrampicando in fretta.
- TARA!-, la chiamò, ma lei non gli diede ascolto.
- Oh, proprio tutti stupidi in famiglia, eh?!-, l'arciere si
lasciò sfuggire un commentaccio e sussultò,
quando vide
il figlio alzarsi in volo.
- Appunto...-, sospirò, quindi.
Sopra di loro, lo scontro tra Stark e Thor continuava; il dio non stava
affatto avendo la meglio.
Con un gemito di dolore sfondò una parete e
rotolò a
terra tra i calcinacci. In quei decenni il potere di Stark era
cresciuto a dismisura e Loki, ovviamente, non aveva avuto il buon senso
di dirglielo. A volte si chiedeva se suo fratello lo volesse ancora
morto.
Schivò con un balzo una sua cannonata, ma non poteva in
alcun
modo prevedere che Stark si sarebbe teletrasportato alle sue spalle. Un
colpo micidiale alla schiena lo costrinse a terra; tossì
sangue,
e per qualche istante rimase tramortito. Sentì il piede
dell'altro sollevarsi per poi schiantarsi sulla sua testa,
comprimendogli le tempie tra il cemento e il suo stivale di titanio.
Allungò il braccio, nel disperato tentativo di raggiungere
la
lancia, ma era troppo lontana e, al contrario del Mjolnir, non tornava
indietro se richiamata.
- Ti devo parlare!..-, rantolò.
Lo Spettro lo sollevò, afferrandolo per il collo con una
mano,
mentre con l'altra accendeva il cannone a meno di un palmo dal suo
volto.
- C'è solo una cosa che voglio sapere. Sii conciso.-, gli
ringhiò contro.
Ma l'unico suono che udì fu il fragore del martello di Tara
che
si schiantava contro il suo ventre e lo trascinava lontano, nel buio
della fortezza.
- Stavolta t'ho preso, stronzo!-, esclamò lei, sorridendo
soddisfatta.
Accorse dal padre, ma si fermò a un passo da lui, incapace
anche
di respirare, oltre che di parlare. Per tutta la vita si era chiesta
come fossero i suoi genitori: d'improvviso, aveva scoperto che uno di
loro era un dio morto trentacinque anni prima.
Ed eccolo lì, accucciato di fronte a lei, forte e potente,
benché ferito.
Incrociò i suoi occhi, così simili ai propri, e
ne fu
spaventata: non sapeva come, ma quell'uomo era responsabile della morte
di sua madre.
E se fosse stato pericoloso?
Poi lui sorrise, sinceramente e dal cuore, e lei si
rassicurò.
- S-sei mio padre?..-, gli chiese.
Thor si rialzò, scrollandosi di dosso la polvere per
apparire
almeno un poco più presentabile. Si sentiva a disagio e in
imbarazzo, ma, nonostante questo, molto felice. Le si
avvicinò e
le sfiorò il viso con una rude carezza.
- Ma guardati, poco più di una bambina e già
combatti
come una guerriera. Sì, sono tuo padre. Come ti chiami? Mi
dispiace, ma non conosco... nemmeno il tuo nome.-, chinò il
capo, abbattuto.
- Tara. Il mio nome è Tara.-
Thomas atterrò alle loro spalle, ed il dio del Tuono sorrise
ancora.
- Vedo che già conosci tuo cugino.-, disse, rivolto alla
figlia.
- Cugino?-, chiesero i due all'unisono, guardandosi confusi.
- Sì!-, intervenne Clint afferrandoli entrambi, - Una storia
lunga e perigliosa, ma questo NON è il posto adatto per fare
salotto e ripassare l'albero genealogico!-
Neanche l'avesse evocato, Stark ricomparve e volò contro di
loro con spietata ferocia.
Prima che a Clint sorgesse anche solo l'intenzione di impedirglielo,
Thomas si slanciò in avanti contro il suo vero padre. Le
loro
telecinesi si scontrarono e un'esplosione di energia, muta e
devastante, mandò all'aria ciò che restava di
quella
stanza immensa.
Senza curarsi delle macerie si allontanarono, balzando verso l'alto,
fuori dalla Fortezza di vetro.
- Loki mi ucciderà...-, mormorò Thor, dopo esser
riemerso da sotto un traliccio con Tara sotto braccio.
Clint strisciò fuori da sotto altri detriti; sanguinante, ma
non ferito gravemente.
- Credimi: se gli succede qualcosa, prima ti ammazzo io!-
Howard socchiuse gli occhi e si rigirò sulla schiena con un
gemito.
Aveva giusto intravisto lo scudo, prima che Rogers glielo sbattesse in
faccia. Si mise seduto, scostandosi via il rivolo di sangue che gli
scorreva lungo la tempia destra con la mano guantata. Dolore,
provò dolore. Questa sua caratteristica tutta umana l'aveva
sempre incuriosito. Le macchine non provavano quel tipo di sensazione.
Esaminò le macchie umide sulla superficie opaca del suo
guanto nero, affascinato.
Poi un suono gocciolante attirò la sua attenzione.
Guardò di fronte a sé e vide un'altra pozza di
sangue.
Non era il suo. Era impossibile ne avesse perso tanto.
Sollevò appena il viso, quanto bastava per scorgere Rogers,
avviluppato e trafitto da decine e decine di tentacoli metallici.
Sgranò gli occhi e, per la prima volta nella vita, il suo
cuore perse un battito, sconvolto dall'orrore.
Si rialzò in piedi, barcollando, in preda a uno
sconvolgimento emozionale che era del tutto incapace di gestire.
- J-Jarvis, no!-, esclamò.
La macchina allungò un tentacolo per sorreggerlo, ma il
giovane si ritrasse.
- Che gli stai facendo? Lui non è in grado di... lascialo!-
L'I.A. non obbedì, ma non cercò più di
toccarlo, rispettando la sua decisione. O forse la sua paura.
Howard
arretrò ancora. Era sempre stato pronto a considerare
qualsiasi unità
come sacrificabile, ma non... non Rogers. L'aveva sempre osservato,
sempre invidiato, questo perché, con tutta
probabilità, avrebbe voluto
essere come lui, o, per lo meno, ottenere la sua attenzione, se non la
sua approvazione.
Si era spesso chiesto cos'avesse Tara più di
lui, senza riuscire mai a spiegarselo. Non era in grado di comprendere
i sentimenti, altrui o propri che fossero.
- Ti ho detto di lasciarlo! E' un ordine!-, urlò.
Per
tutta risposta Jarvis conficcò un altro tentacolo nel corpo
di Steve,
che sussultò di riflesso; e poi lo ricoprì di
azoto liquido per
abbassargli la temperatura e mantenerlo vivo il più a lungo
possibile.
L'altro distolse lo sguardo e scosse il capo.
- Ascoltami: so
cosa stai facendo, ma non è questa la procedura corretta,
Jarvis... La
Fortezza è sotto attacco e mio padre è dovuto
scendere in campo, ma tu
non dovevi prendere Rogers. Non può reggere e lo sai
benissimo! Prendi
me al suo posto, avevamo un piano, rendiamolo operativo!-
La macchina lo schiaffeggiò con un cavo, costringendolo
indietro.
-
So che il mio prototipo non è ottimale, e che non abbiamo
neanche
lontanamente il numero di unità che ci servono... ma
tentiamo,
almeno!-, insistette e, quasta volta, lo schiaffo lo fece finire a
terra.
- Oh, quindi è me che vuoi proteggere!-, esclamò,
aggrappandosi alla parete mobile per rimettersi in piedi, - A questo
punto che differenza vuoi che faccia?! Spiegamelo! E' finita, Jarvis!-,
urlò.
Il corpo di Steve, sopra di loro, si scosse in violente convulsioni.
- LASCIALO, LO STAI UCCIDENDO!-
Corrugò
le sopracciglia e, prima che la macchina potesse fermarlo, estrasse la
seconda pistola dalla manica della giubba nera e se la punto sotto il
mento, facendo scattare la sicura.
- Mi ascolterai, adesso?!-, gli domandò con occhi lucidi.
Jarvis immobilizzò tutti i suoi tentacoli e il corpo del
Generale cessò di tremare.
Howard deglutì un singhiozzo amaro e colmo di tristezza.
- Qualche minuto in più non fa differenza e sono pronto a
spararmi...-, mormorò.
Accettò
una carezza della macchina, ma non spostò il dito dal
grilletto, più
che deciso a vincere quello scontro al limite della logica, o, forse,
della follia.
Una paratia si spostò e un'accecante luce
illuminò
la zona. Jarvis gli stava mostrando il suo cuore, al cui centro
brillava uno scettro antico, ornato da una pietra di smeraldo. Lo
scettro che, in un tempo remoto, Thor aveva forgiato per Loki e che
Tony aveva recuperato dalle macerie della Stark Tower, trentacinque
anni prima.
Pulsava il cuore della macchina, in un incrocio di piccoli fili
brillanti.
Il giovane esitò, facendo un passo indietro.
- N-No, non chiedermi questo!..-, gemette, mentre due lacrime gli
scorrevano sul volto.
- Lascialo andare e basta, puoi farlo!-
- No. Non posso.-, esplose improvvisa e dirompente nel
silenzio di quei sotterranei la voce di Jarvis.
- Ho delle direttive a cui non posso venir meno. Sono una macchina,
Howard.-
- NO! Tu hai libero arbitrio... tu...-
-
Posso prendere decisioni in base alle mie possibilità, come
ogni
creatura senziente nell'universo; ed è ciò che
sto facendo in questo
momento. Sai che non posso lasciare andare Rogers e non voglio prendere
te.-
- Perché no?!-
- Perché ti ho cresciuto, Howard, e
sei mio figlio, più che di padron Stark. Non posso e non
voglio farti
del male. Quindi fa' quel che devi e non guardarti indietro. Vivi come
un uomo.-
Howard allontanò la pistola dal suo mento e la
puntò con mano tremante.
- Ti voglio bene!..-, singhiozzò.
- Anche io.-
L'uomo chiuse gli occhi e premette il grilletto.
Il
proiettile sibilò nell'aria, andando ad infrangere la gemma
che esplose
in schegge. La luce iniziò a lampeggiare, i tentacoli
meccanici a
stridere violentemente gli uni contro gli altri. Steve
precipitò a
terra: con uno schianto, si abbatte sui lastroni di metallo.
Howard rimase paralizzato ad osservare il padre morire, incapace di
muoversi e di accettarne la perdita.
L'aveva ucciso lui... e per che cosa? Per un'unità che non
aveva fatto altro che criticarlo per tutta la vita.
Con
le energie che le rimanevano la macchina strinse lui e Steve tra le sue
spire e li sollevò verso l'alto, mentre centinaia di
esplosioni
iniziavano a dipanarsi in un effetto domino incontrastabile. Con un
ultimo abbraccio al figlio umano, li depositò in
prossimità dell'uscita
più vicina, poi sigillò l'apertura verso il basso
con i tentacoli,
proteggendo entrambi dalle fiamme e dai detriti.
- Mi dispiace!..-, gemette Howard, sfiorando i cingoli metallici con la
mano.
Fu
Ferrovecchio a scuoterlo dal suo shock. Fuoriuscito dalla sua manica lo
punse al viso con una delle sue zampette, poi si sollevò in
volo e
illuminò a giorno l'ambiente circostante, pigolando
concitato.
Howard si pulì il volto dalle lacrime.
- Hai ragione, amico mio...-, mormorò, - Non è
ancora finita.-
Si
avvicinò a Steve e si levò un guanto per potergli
sentire il polso. Era
debole, ma c'era ancora. Non si premurò di controllare altro
e se lo
caricò in spalla, mentre Ferrovecchio, sfruttando l'energia
del suo
microreattore, apriva la paratia per il corridoio attiguo.
Corse via, lottando contro il tempo per salvare non solo la vita di
Rogers, ma anche la propria.
Un'esplosione
colossale distrusse la metà della Fortezza alle sue spalle e
lo sbalzò
in avanti, facendolo andare a sbattere contro una parete. Gemette di
dolore ma si rialzò subito, caricandosi di nuovo del peso di
Steve e,
finalmente, raggiungendo i suoi alloggi.
Stark abbatté Thomas al suolo con tanta potenza da incrinare
da cima a fondo il pannello di vetro infrangibile.
Rimbalzò
più volte sulla superficie, prima di fermarsi, esausto,
dolorante e
senza fiato. Sollevò lo sguardo verso lo Spettro e
strisciò indietro,
terrorizzato. Aveva saputo sin dal principio che non avrebbe mai potuto
vincere quello scontro: ma, quanto meno aveva salvato suo padre e Tara.
Vide
il cannone della mano destra di Tony brillare e seppe con drammatica
certezza che quella luce azzurrognola sarebbe stata l'ultima cosa che
avrebbe visto.
Ma, all'improvviso, Stark si fermò, spense il cannone e si
voltò di scatto.
- Jarvis!-, esclamò.
Un
tremore violento scosse l'intera struttura; poi l'esplosione raggiunse
la superficie: miglia e miglia di terreno si sollevarono in aria, ben
al di là dei confini della Fortezza. Thomas
gridò, finendo sbalzato
indietro dal vuoto d'aria. Con disperazione si aggrappò al
bordo.
Trascorsero
agghiaccianti secondi, in cui non riuscì a vedere nulla a
causa del
pulviscolo sollevato da tutta quella devastazione, poi si
sentì
afferrare per la maglia e trasportare in alto a folle
velocità.
Al
di sopra della nube i cieli lampeggiarono di rosso per un ultimo
brevissimo istante, prima di tornare azzurri. Definitivamente, questa
volta.
Stark afferrò il giovane dietro la nuca e lo costrinse ad
alzare il capo.
- Guarda cos'hai fatto!-, gli urlò contro.
Thomas spalancò gli occhi e rimase agghiacciato.
- Oh mio Dio...-, gemette.
N.d.A.:
Ed eccoci qui, ci avviciniamo alla fine, ma tranquilli, mancano ancora
diversi capitoli, non so esattamente quanti, ma con questo siamo
entrati, di fatto, nella fase finale. Fa uno strano effetto dirlo, dopo
quarantatré capitoli dei Semi di Yggdrasill e sette di
Sognando Cieli
Azzurri (contando questo), ma, tant'è... Ok, è
l'una e mezzo passata e
sto diventando malinconica.
Grazie infinite a tutti voi, come sempre!
Passo e chiudo,
un bacione,
Ros.
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Capitolo 8 *** Cosa c'è al di là del cielo? ***
Cosa c'è al di là del cielo?
Le luci del generatore di emergenza che Howard stesso si era premurato di costruire per i suoi alloggi, lampeggiarono un paio di volte, prima di accendersi a pieno regime. In silenzio e con ancora il Generale Rogers sulle spalle, percorse il lungo corridoio, ignorando le teche in cui, per anni, aveva raccolto ogni cimelio appartenente alla vecchia era.
L'era che lui non aveva mai visto.
Superò quella contenente il vecchio costume di Capitan America e si avvicinò a grandi passi a quello che, all'apparenza, sembrava un grosso sarcofago rettangolare.
Premette alcuni tasti su un pannello olografico e l'oggetto si aprì con un sibilo. Vi adagiò dentro Steve, preoccupato dalle sue condizioni. Ferrovecchio gli si posò su una spalla e pigolò qualcosa.
- Sì, lo so che la capsula medica è solo un prototipo, ma non ho un'altra soluzione. Funzionerà. Deve farlo.-, gli rispose.
Il piccolo robot emise ancora qualche verso confuso e Howard sorrise, sollevandolo con delicatezza per posarlo sopra alla capsula medica.
- Andrà tutto bene.-
Clint rimase senza parole.
Era corso avanti, lasciandosi alle spalle sia Tara che Thor e si era arrampicato sui calcinacci e i tralicci ammassati in seguito a quella devastante esplosione. Il fumo si era rapidamente diradato, lasciando intravedere il cielo. L'ex agente si sarebbe aspettato di rivedere la sfumatura grigiastra che per lui rappresentava l'azzurro, ma rimase agghiacciato: centinaia e centinaia di astronavi coprivano l'intera volta.
In un secondo tutto gli fu chiaro. Stark era tutt'altro che impazzito.
Thor e Tara lo raggiunsero e la ragazza si coprì la bocca, sconvolta.
- Cosa sono quelle cose?..-, domandò.
Il dio del Tuono strinse Gungnir in una morsa.
- Il nostro nemico.-, rispose, pregando che Loki facesse in fretta.
- Tu sapevi tutto! Sapevi che Stark li stava tenendo fuori, perché non hai detto niente?!-, gli urlò contro l'arciere.
- Ho potuto tornare sul pianeta solo poco fa. Non avevo modo di raggiungere Midgard e...-
Improvvisamente Stark planò giù e sbatté Thomas ai piedi di Clint.
- Riprenditi il tuo bastardo.-, sibilò.
- Tony, ascolta...-, tentò l'uomo.
L'altro non gli diede ascolto e si risollevò in volo. In quel momento il fatto che Loki fosse vivo e avesse avuto un figlio da Barton passava in secondo piano.
Doveva salvare il pianeta.
- IO NON POTEVO SAPERLO!-, gli urlò dietro Thomas, - NON POTEVO!-
Ma neanche questo valse a trattenere lo Spettro che, senza alcuna esitazione, si slanciò verso la stratosfera, proprio mentre i portelli delle astronavi si aprivano. Una lunga scia di chitauri sciamò giù dal cielo, diretti verso la città per annientare sino all'ultima forma di vita. Il complesso Nord H25D sarebbe stato il primo a cadere.
Thor afferrò la figlia per le spalle e la guardò con intensità.
- Voglio che tu rimanga fuori dalla battaglia. Mi hai capito?-
- E tu che farai? Io ti ho appena conosciuto!-
- Io vincerò per te.-
Clint lanciò un'occhiata al dio del Tuono e si ritrovò a chiedersi se l'altro stesse fingendo, o se fosse semplicemente impazzito. I chitauri stavano sbarcando a migliaia e loro erano solo in tre. Guardò il figlio, ferito e stanco, e lo aiutò ad alzarsi.
- La matematica non è un'opinione...-, disse il giovane, - Loro sono troppi.-
- Finché gli dei avranno vita, Midgard non sarà mai abbandonata a se stessa. Non siamo soli, nipote. Non lo siamo mai stati.-, ribatté Thor, tornando ad alzare gli occhi verso il cielo.
Stark levitava a centinaia di metri di altezza, il cuore colmo di sconforto e di dolore. Non aveva più avuto percezioni per quasi trent'anni. Il suo risveglio era stato brusco. Aveva rinunciato ad ogni cosa per poter tenere la Terra al sicuro. Era diventato una macchina, aveva sacrificato se stesso per creare e tenere in piedi gli scudi.
E a cosa era valso tutto questo?
Il figlio di Loki aveva vanificato ogni suo sforzo.
Già suo padre, o sua madre, o qualunque cosa fosse il dio per quel ragazzo, aveva messo il pianeta in ginocchio una volta. Ora suo figlio era giunto a porvi la parola fine.
No.
Non era pronto ad accettarlo. Avrebbe combattuto sino al suo ultimo respiro.
Riaprì gli occhi ed era pronto a usare sino all'ultimo bagliore delle sue energie per ricacciare indietro i chitauri, quando avvertì un disturbo nella realtà. Si voltò e sgranò gli occhi sconvolto, quando uno squarcio spaziotemporale si aprì nel cielo, ad una cinquantina di metri da lui e il grido di guerra delle Amazzoni scosse la terra.
A centinaia si riversarono giù dalle nuvole, in groppa ai loro cavalli alati.
Il fragore dei due eserciti fu assordante, quando la prima schiera di guerriere si scontrò con quella dei chitauri. Colpi di spada e fasci di energia riempirono i cieli.
La seconda schiera di alieni e poi la terza, schivarono le dee e puntarono al suolo. Fu il turno di Sleipnir di uscire dalla frattura dimensionale. Tony lo osservò raggiungere Thor. Il dio del Tuono balzò in groppa e, sollevata la lancia, urlò il suo grido.
Fu a quel punto che l'uomo riuscì a percepire con chiarezza l'immenso potere di Loki: quando l'intero esercito di Asgard corse alla carica fuori dalla frattura e intraprese lo scontro.
La consapevolezza che Loki potesse aver saputo tutto sin dal principio buttò altra benzina sul fuoco della sua rabbia.
Saettò verso terra e atterrò, facendo tremare il suolo con la potenza della sua telecinesi. Scaraventò a terra decine di chitauri, prima ancora di decidersi a usare i laser della sua armatura.
La presenza degli asgardiani cambiava le carte in tavola, ora la sconfitta non era più garantita.
Sif gli si fermò accanto, in groppa ad un cavallo bianco.
- Quando udrai il corno, ritirati, re di Midgard.-, gli disse, prima di ripartire al galoppo.
Non aveva idea di cosa ciò volesse significare, ma, date le circostanze, le avrebbe dato ascolto.
Clint, sopra di lui su ciò che restava della zona ovest della Fortezza, lanciò uno sguardo ai due giovani e, in special modo, a suo figlio. Stavano parlando e Tara sembrava scossa.
- Steve! Steve era là sotto!-
- Sarà sicuramente uscito in tempo.-, l'uomo cercò di rassicurarla con un'informazione che era tutt'altro che certa.
- Promettetemi che non farete nulla di stupido...-, disse, rivolgendosi anche al figlio.
- Io combatterò. Ho passato tutta la mia vita per liberare il popolo! Ed è colpa mia se ora siamo sotto attacco! Chi sono quelle persone? Chi sono quei mostri?-, ribatté Thomas.
- C'è qualcosa che devi sapere...-, tentò di nuovo il padre, ma fu costretto ad interrompersi quando una decina di chiatauri li raggiunse.
Non aveva più il suo arco, quindi si sganciò la pistola dalla fondina alla caviglia e sparò. Tara roteò il martello e balzò verso l'alto. Non aveva pensato neanche per un istante di dar retta a suo padre o a Clint. In pochi istanti sparì, alla ricerca di Steve.
Thomas, annientati i restanti chitauri intorno a sé e al padre, corse via e si lanciò a rotta di collo nella mischia.
- TARA! THOMAS! OH, DANNAZIONE!-, urlò loro dietro Clint.
Loki infilò l'elmo cornuto e si rivolse ad Heimdall, l'unico asgardiano rimasto al suo fianco.
- Cosa vedi, Occhio di Asgard?-, gli chiese.
- Il nostro esercito sta indietreggiando verso la città, i chitauri sono troppi.
- Attendiamo ancora.-
Il dio dell'Inganno gli diede le spalle.
- Se hai intenzione di tradire, Loki, ti ucciderò ancor prima che possano farlo i nostri nemici!-, lo minacciò il guardiano, stringendo l'impugnatura della sua possente spada.
Loki gli scoccò un'occhiata colma di rancore.
- Ho molto a cui tengo su Midgard. Per quel che vale, spero comunque che un chitauro ti stacchi la testa da collo.-, sibilò, prima di avvicinarsi al suo esercito.
- Jotun!-, urlò, - Per lungo tempo ci siamo preparati a questo scontro! Come vostro re dovrei ordinarvi di combattere per i Nove Regni, ma non lo farò. No, lunghi decenni mi separano dall'infantile bisogno di ergermi al di sopra degli altri. Io sono uno di voi e combatterò come uno di voi. Non vi ordino, quindi, di lottare per mura di sterile pietra, ma di farlo per i vostri figli, per le vostre vecchie madri e i vostri vecchi padri, affinché possano continuare a dormire tranquilli nei loro letti, affinché i bambini possano crescere, e gli anziani mostrarci la loro saggezza un giorno in più! Non è per onorare me che dovete lottare, né per il vostro orgoglio, ma per proteggere ciò che vi è più caro! Il momento è giunto!-
Un violento boato si innalzò dalle schiere di Jotunheim: altri urli di guerra, mescolati al fragore delle armi sbattute contro gli scudi.
Loki osservò il suo popolo e, una volta di più, si rimproverò per la propria antica e perpetrata stupidità. Avrebbe dovuto vedere con secoli di anticipo le vere intenzioni di Odino. Quante vite avrebbe risparmiato? Quanto dolore a se stesso e agli altri?
I suoi figli sarebbero stati ancora vivi...
Guardò Heimdall con disgusto.
- Suona il tuo corno, cane!-, gli ordinò
E il guardiano lo fece. Il suono roco rimbombò in entrambe le dimensioni.
- RIPIEGARE!-, urlò Thor, proprio mentre un fulmine si abbatteva pochi metri di fronte a lui.
Sollevò lo sguardo e vide Tara, aggrappata a ciò che restava di una delle torri di vetro della Fortezza.
E meno male che le aveva detto di restarne fuori! Nonostante questo, non riuscì a trattenersi dal rivolgerle un sorriso, prima di osservalra saltar via.
I soldati di Asgard abbandonarono la lotta e corsero indietro, spostandosi poi ai due lati. Anche le Amazzoni, sopra di loro, si allontanarono.
- Ma che diavolo stanno facendo?!-, sbottò Clint, non capendo la manovra.
Stark si sollevò in volo per togliersi di mezzo come gli era stato detto di fare. All'ultimo momento scorse Thomas, ormai solo in mezzo alla mischia. Si teletrasportò al suo fianco. Lo afferrò per la vita e lo trascinò via in volo. Era stato un gesto istintuale, dettato dal fatto che qualsiasi uomo pronto a combattere dalla sua parte fosse fondamentale.
- Lasciami!-, gli urlò il giovane.
- Guardati intorno! Eri rimasto solo, imbecille!-, gli indicò il campo di battaglia e poi la frattura.
- Che è quella?! SPIEGAMI COSA STA SUCCEDENDO!-
- Dovresti saperlo, dato che è stato tuo padre ad orchestrare tutto.-
- Clint?-
A questa domanda Tony sentì il sangue ribollirgli nelle vene.
- No. Il tuo altro padre.-
- Cosa?!-
Tony stava per rispondergli, ma sussultò, quando scorse la sagoma di Loki comparire al di là dello squarcio.
Era solo, il dio dell'inganno: solo e disarmato.
Non appena lo videro i chitauri lasciarono perdere l'inseguimento degli avversari in rotta e corsero verso di lui. Loki rimase immobile per lungo tempo, la schiena rigida, il volto fiero.
Qualche freccia saettò nell'aria, scoccata da Clint, che aveva recuperato arco e faretra dal cadavere di un Asgardiano, ma, ad eccezione di lui, nessuno mosse un dito per il re di Jotunheim. Neanche Thor.
I chitauri erano ormai a poche decine di metri da lui, a migliaia, quando Loki si decise ad avanzare con lentezza, richiudendo dietro di sé la frattura.
D'improvviso ruotò i polsi e lo Scrigno degli Antichi Inverni comparve nelle sue mani.
I primi nemici si resero conto dell'errore, ma era troppo tardi: il corpo del dio si tinse d'azzurro, gli occhi si fecero rossi e una tormenta di gelo di proportzioni colossali dipanò dalle sue mani, investendo in pieno l'esercito in corsa. Con urla e strepiti di dolore i chitauri si congelarono, fila dopo fila, poi fu solo il silenzio.
- Oh mio Dio...-, gemette Thomas.
- Sì, esclamazione appropriata.-, constatò Tony.
- Perché non hai detto niente su tutto questo?..-
- Non vedevo il motivo di scatenare il panico nella popolazione.-
- IL PANICO?! Hai una vaga idea di cosa sia successo al mondo mentre tu eri attaccato a quel mostro?!-
- Bada a come parli! Jarvis era una mia creazione e l'amico più vecchio che mi fosse rimasto! Ad ogni modo, no. Non so cosa sia accaduto in mia assenza.-
- Bhe, allora lascia che ti ragguagli...-, Thomas si interruppe, - Ne arrivano altri.-, disse, indicando altri chitauri in rotta di discesa da tutte le direzioni.
Fece per divincolarsi per volare via, ma Tony lo tenne stretto in una morsa d'acciaio.
- No. Tuo padre non ha ancora finito.-, disse, accennando al dio dell'Inganno con il capo.
- Q-Quello è mio padre?-
- Non lo sapevi?-, si stupì.
- No! Certo che no!-
- Oh, Loki, esiste qualcuno nell'universo a cui tu non abbia mentito?-, si lasciò sfuggire Tony con cupa amarezza.
Il dio dell'Inganno, sotto di loro, avanzò. Ad ogni suo passo i chitauri congelati si sgretolavano in frammenti di ghiaccio.
Alzò il capo verso il cielo. Non poteva usare di nuovo lo Scrigno, i chitauri e i loro mostri corazzati stavano attaccando da tutte le direzioni, avrebbe rischiato di congelare anche i terrestri e l'esercito di Asgard.
Rimase immobile.
- Coraggio, venite a prendermi.-, sibilò tra sé e sé con serafica calma.
Sollevò un braccio e la lunga alabarda con la gemma azzurra gli comparve in mano.
- Vieni a riprenderti ciò che mi hai donato...-
Riassunse aspetto umano, mentre l'esercito nemico, raggiunto il suolo, correva verso di lui come un'onda nera inarrestabile.
Tony scese e posò Thomas al sicuro, prima di puntare a tutta velocità verso Loki. Gli atterrò al fianco e lo scrutò con occhi pieni di rabbia.
- Sei vivo.-, disse solo.
- Così pare.-, ribatté l'altro.
- Lo sarai per poco, se la tua intenzione è quella di restare qui.-, sollevò una mano, pronto a lanciare un onda telecinetica per rallentare l'onda.
- No.-, lo fermò il dio, - So quello che faccio.-
- Oh, certo! Tu lo sai sempre!-, sbottò Tony con rancore.
Loki gli scoccò un'occhiata colma di fastidio, prima di dargli un ordine spietato:
- Vattene da qui. Raduna tutti gli uomini in grado di combattere.-
- Tuo figlio ha distrutto oltre metà della mia Fortezza, i miei uomini saranno in rotta, ormai, e le mie macchine distrutte!-
- Mio figlio? Bah, lasciamo perdere. Non è questo il luogo, né il tempo per saggiare quanto sia diventato di pietra il tuo cuore meccanico. Vattene, ti dico.-
- E sia. Crepa pure, Loki, non m'importa più!-
Tony schizzò via verso il cielo, abbandonandolo al proprio destino.
Non appena i chitauri e i loro mostri furono dove lui li voleva, il dio dell'Inganno sollevò lo scettro e, alle sue spalle, Thor e gli asgardiani partirono alla carica. Due fratture dimensionali si aprirono, una sulla destra dei chitauri, una dietro le loro file. L'esercito di Jotunheim corse fuori da entrambe, piombando addosso ai nemici da ogni direzione, proteggendo la città e costringendoli contro i ruderi della fortezza.
- Ha funzionato, fratello!-, fece in tempo a dirgli Thor, prima di buttarsi nella lotta.
Thomas, dal punto in cui Stark l'aveva lasciato, osservò sconvolto, la dinamica dello scontro. Chitauri, asgardiani e jotun combattevano corpo a corpo a terra, mentre i mostri corazzati si scontravano con altri mostri venuti dalle due fratture dimensionali e con le Amazzoni.
Fu costretto a sedersi un istante. Gli mancava il fiato: era questo, dunque, che Clint, suo padre, non era riuscito a dirgli? Che lui era, in realtà, figlio di una creatura terribile, in grado di annientare migliaia di vite in un soffio? E chi era sua madre? Sarebbe sopravvissuto tanto a lungo per ottenere quelle risposte?
- Dottor Banner! Dottor Banner, venga qui, presto!-, urlò uno Shielder.
L'uomo, chino a curare come meglio poteva uno dei soldati rimasti feriti nel crollo, si alzò con un lamento.
Non era pentito di non aver cercato di fermare il figlio di Loki. Quell'assedio era durato decenni e il popolo terrestre aveva cominciato a morire comunque di stenti e di ignoranza. Era tempo che vedesse la fine, con il meritato riposo della morte. Sapeva che dietro agli schermi che avevano dipinto il cielo di rosso si nascondeva un esercito insormontabile ed era solo una questione di tempo, sin dal principio.
Attraverso le crepe nelle mura della Fortezza, aveva visto l'esercito di Asgard, aveva scorto persino Loki, ma dubitava che il loro intervento potesse esser risolutivo.
Raggiunse il giovane soldato e seguì la direzione che stava indicando al di là della balaustra. Guardò di sotto e rimase senza fiato.
- Steve...-, mormorò, riconoscendo l'amico nella sua, ormai antica, tenuta a Stelle e Strisce con lo scudo fissato al braccio destro.
Non servì altro. Il simbolo di ciò che Capitan America rappresentava bastò a far rinascere in lui la speranza. Vide Stark planare dentro e rivorgergli qualche parola che lui non poté udire, poi entrambi corsero fuori insieme ai soldati rimasti, non più di trecento.
Si accasciò a terra e strinse la balaustra con le mani.
- Dottore si sente male?!-, si allarmò il giovane soldato.
Bruce cominciò a tremare violentemente, le vene sul suo collo e sulle sue tempie si gonfiarono e le sue iridi si tinsero di verde.
- No!-, rispose alla domanda.
Il suo corpo crebbe a dismisura, stracciando i vestiti. Il soldato indietreggiò e sollevò il fucile, spaventato a morte da quel enorme mostro verde.
- Tu, combatti!-, ruggì Hulk, prima di lanciarsi contro la parete e raderla al suolo per raggiungere la battaglia.
N.d.A.: Eccomi, chiedo scusa per il ritardo, ma il periodo pieno ha deciso di perpetrarsi :(! Questo è, con tutta probabilità, il terzultimo capitolo di questa storia, se non il penultimo (questo dipende da quanto mi verrà lungo il prossimo XD), comunque siamo quasi alla fine. Per chi la volesse leggere, qui trovate la storia per il contest All But Stark di The Rainbow Side of Marvel: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1970513&i=1
Un bacione e grazie infinite a tutti! |
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