My favorite pet

di SilviAngel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Trasformazione ***
Capitolo 2: *** Tentativi di seduzione ***
Capitolo 3: *** Strategie da cucciolo ***
Capitolo 4: *** Una mattinata insolita ***
Capitolo 5: *** A morte quella camicia ***
Capitolo 6: *** My first date ***
Capitolo 7: *** In fuga ***
Capitolo 8: *** Derek, ovvero un cucciolo dai gusti difficili ***
Capitolo 9: *** Il Re dei disastri ***
Capitolo 10: *** Derek, cucciolo ingegnoso ***
Capitolo 11: *** Derek, cucciolo senza alcun ritegno ***
Capitolo 12: *** Derek non porta le mutande ***
Capitolo 13: *** Colazione da Tiff... da Stiles ***
Capitolo 14: *** Scott e i suoi quindici minuti di gloria ***
Capitolo 15: *** A caccia di informazioni ***
Capitolo 16: *** Scoprirsi ***
Capitolo 17: *** Un lupone romantico ***
Capitolo 18: *** Parole di troppo ***
Capitolo 19: *** Luna ***
Capitolo 20: *** Galeotto fu il libro ***



Capitolo 1
*** Trasformazione ***


Salve! 

Anche questa idea non è tutta farina del mio sacco… il là mi è stato dato da una compagna di slashate su FB.
Spero vi piaccia.
 

Cap. 1
Trasformazione
 
Qualcosa di assurdo era successo.
Per quanto Stiles fosse oramai avvezzo a considerare l’assurdo la sua quotidianità, quello era troppo anche per lui.
Scott era nel suo soggiorno con, stretto tra le mani e penzolante nel vuoto, un cucciolo di lupo che scodinzolava forse ignaro di troppe cose.
 
Per capire la causa di questa spassosa scenetta, occorre però andare indietro e precisamente a 24 ore prima, quando quella stronza della madre di Allison aveva tentato per l’ennesima volta di fare fuori – a modo suo – uno dei licantropi e, per essere esatti, proprio l’Alfa.
Utilizzando un varietà di strozzalupo, che si riteneva fosse estinta da decenni, era riuscita a sorprendere Derek e a drogarlo.
Tale pianta avrebbe dovuto costringere il lupo alla trasformazione completa, non solo occhi rossi e zanne, ma la mutazione totale del corpo in quella di licantropo, cosicché fosse quasi impossibile per il soggetto intossicato mantenere l’istinto sotto controllo. Ridotto in quello stato, Derek molto probabilmente, avrebbe ferito o ucciso qualcuno e lei avrebbe avuto la possibilità di convincere il marito e l’intero gruppo di cacciatori a smettere di temporeggiare e a cacciare come si conveniva.
 
Purtroppo non era la giornata fortunata, né per la signora Argent né per Derek che, nonostante la sua superforza, si era preso una bella influenza e non faceva altro che starnutire e delirare per la febbre, divenendo ancora più scorbutico e scontroso.
La sua umanità si stava prendendo una sonora rivincita ed era uno spasso vederlo muoversi per il suo rudere con gli occhi gonfi e la scatola dei fazzolettini sotto il braccio, almeno fino a quando non si metteva a ringhiare, senza motivo, contro il primo che gli fosse passato troppo vicino
 
Quando Derek, rimasto solo, in uno sprazzo di lucidità decise di uscire di casa per respirare una boccata d’aria che non sapesse di chiuso e germi, venne travolto e buttato a terra da due uomini.
Mentre si trovava inerme, il suo campo visivo venne occupato dal viso tirato e per nulla amichevole della donna che, senza pronunciare neppure una parola, gli strinse la mascella con tutta la forza che aveva in corpo e, riuscendo ad avere la meglio sul lupo febbricitante, lo obbligò ad aprire la bocca e a trangugiare a forza un liquido azzurrognolo. Purtroppo il distillato di struzzalupo e la banale influenza che aveva colpito Derek si mescolarono in una sconosciuta alchimia che a forza alterò l’effetto del primo.
Derek cercò ancora di divincolarsi e dopo alcuni secondi, la costrizione sparì così, come le tre persone che erano lì con lui.
Terrorizzato dallo scoprire quali sarebbero state le conseguenze causate da ciò che aveva ingerito, si affrettò a rientrare in casa, accucciandosi in un angolo del vecchio divano.
 
Così lo vide Scott, che aveva il turno da crocerossina quel giorno, solo che non trovò un ragazzo seduto sul sofà, ma un piccolo e tenero cucciolo di lupacchiotto, tremante di paura. I sensi del ragazzo e soprattutto il suo fiuto, lo rassicurarono sull’identità dell’animale: quello era davvero Derek, senza alcuna ombra di dubbio.
Maledicendosi mentalmente per aver perso a morra cinese con Boyd – evento che lo aveva portato lì in quel momento – si avvicinò al piccolo cercando di non spaventarlo e vedendolo ringhiare in modo buffo, cercò di tranquillizzarlo “Derek, calmati, non ho intenzione di farti del male… ma non posso lasciarti qui in queste condizioni… forza è meglio che ti porti da me” e mettendoselo sotto il braccio uscì dirigendosi alla propria auto e poi dritto a casa.  
 
Derek rimase nell’abitazione di Scott all’incirca mezz’ora, il tempo necessario a che: Melissa lo vedesse giocherellare con le sue scarpe preferite, iniziasse a urlare come una pazza e costringesse il figlio a portare fuori quel sacco di pulci a quattro zampe.
Ecco perché ora il beta si trovava dall’amico con il succitato botolo tra le mani.
 
“Scott” cercò di prendere tempo Stiles “lo sai che io…”
“Oh non farti pregare amico! So che hai sempre desiderato un cucciolo, per favore… solo per qualche giorno. Allison ha verificato nei libri di famiglia e l’effetto normale che l’avvelenamento avrebbe dovuto avere è di circa tre giorni e metà di uno di questi è quasi del tutto trascorsa. Ti prego, non possiamo lasciarlo da solo, se i cacciatori lo trovassero in questo stato, cosa credi gli farebbero?”
A quelle parole, la mente del castano venne invasa da una moltitudine di immagini raccapriccianti dove una serie di scene con un dolce cucciolo morto si sovrapponevano ad altre dove il corpo riverso a terra in una pozza di sangue era quello umano di Derek e senza neppure accorgersene, sconvolto dal dolore avvertito, si ritrovò ad annuire.
In una manciata di secondi, si ritrovò con il lupetto in braccio e Scott che scappava fuori dalla porta.
Abbassando lo sguardo, dopo aver visto l’amico sfrecciare via in auto, si prese qualche minuto per osservare meglio il nuovo membro della famiglia.
Era poco più grande di un cucciolo di cane, il pelo di mille tonalità tra il grigio e il marrone, la piccola coda che allegra dondolava veloce a destra e a sinistra e la bocca aperta con la lingua che inutile spenzolava a lato. Gli occhi erano l’unica cosa che senza ombra di dubbio avrebbero convinto Stiles di avere davvero tra le mani l’alfa, non erano di certo rimasti del colore della sua forma umana, ma il ragazzo sentiva che bruciavano e gli scavavano dentro come solo lo sguardo di Derek era da sempre in grado di fare.
“E ora che faccio?” domandò a se stesso e a Derek che si limitò a un piccolo e divertito uggiolio “Almeno sai chi sono e chi sei?”
Arrivò in risposta un sonoro abbaio che Stiles prese per un sì e senza saperne il motivo si ritrovò a sorridere. Diavolo era vero, lui aveva sempre voluto un cucciolo, ma il padre aveva sempre detto di no, adducendo come scusa il fatto che non sarebbe riuscito ad occuparsi di entrambi, ma adesso suo figlio era grande e di certo quella motivazione non avrebbe più retto.
 
“Ok, puoi restare qui, ma ti devi comportare bene. Non puoi abbaiare tutto il giorno, mio padre è nervoso per via del lavoro, non puoi mordicchiare tutto ciò che trovi in giro, anzi è meglio che tu non ti metta a mordicchiare nulla e soprattutto guai a te se la fai in giro per casa. Siamo intesi?” dopo aver ricevuto un mesto guaito, seguito immediatamente da un piccolo ringhio, come a ricordargli che l’avrebbe pagata quando sarebbe tornato umano, Stiles si diresse verso la rimessa con Derek in braccio.
“Sai qualche anno fa, all’ennesimo tentativo di convincere mio padre a prendere un cane, avevo addirittura messo da parte la paghetta di mesi e mesi per comperare ciò che sarebbe servito, speravo di convincerlo, ma anche quella volta andò male” e mettendolo a terra iniziò a spostare scatoloni impolverati fino a trovare quello che faceva al caso loro e dopo averlo aperto tirò fuori una ciotola, una cesta imbottita in ottimo stato e un guinzaglio azzurro munito di imbracatura e pettorina ancora nella sua confezione.
Avvicinandosi al lupo, lo vide indietreggiare fino a costringerlo a toccare con le coda la parete di fondo. “Forza Derek, non posso stare due giorni chiuso in casa, mi servono o anzi ti servono alcune cose se vuoi mangiare. Lasciati mettere questo, non farà male, forse sarà un po’ fastidioso all’inizio…” e agguantandolo per la collottola se lo portò in grembo e con molta fatica riuscì ad incastrare il tutto e ad agganciare il moschettone del lungo guinzaglio.
 
Derek si dimenava e cercava con le zampe di togliersi quella tortura. “Calmati… “ e riuscendo a riprenderlo, per l’ennesima volta, se lo strinse al petto immobilizzandolo “Ti rendi conto di essere dannatamente piccolo e vulnerabile? Se io riesco ad avere la meglio su di te, cosa potrebbe farti un Argent? Eh? Ora ti calmi e andiamo a fare una passeggiata”
Il cucciolo pareva essersi tranquillizzato e dopo averlo messo a terra, Stiles chiuse il garage e si incamminò verso il centro del paese.
Nonostante l’apparente resa di poco prima, Derek continuava a essere poco collaborativo: all’iperattività tipica di un cucciolo si sommava il caratteraccio e l’aura di comando dell’alfa ed era un mix letale e insopportabile.
Se Stiles si fermava, lui tirava come una furia.
Se Stiles aumentava il passo, lui si metteva seduto e non muoveva un muscolo squadrandolo con sguardo di sfida e facendosi trascinare e obbligandolo di conseguenza a incarnare la figura del padrone senza cuore di un povero e dolce cucciolino.
Quel breve pezzo di strada divenne un calvario fino a quando non arrivarono nella zona negozi dove la loro andatura, per causa di forza maggiore, dovette rallentare ancora, tra le persone che rischiavano di pestarlo ad ogni passo e i rumori troppo forti che lo spaventavano. Stiles venne perfino fermato e agganciato non da una, ma addirittura da tre ragazze, più grandi di lui, che tentando di attaccar bottone cercavano di coccolare Derek o forse era l’esatto contrario, non lo seppe mai.
 
Le unghie laccate erano quanto di più spaventoso il lupetto ritenesse di aver visto dalla sua trasformazione e Stiles comprese il panico che lo aveva colto quando lo vide nascondersi dietro le sue caviglie e guaire forte.
Il ragazzo decise di fermare quel dolore e piegandosi lo prese in braccio. L’ultima oca canterina incrociata squittì felice di averlo finalmente impossibilitato a sottrarsi alle sue carezze e quasi alla sua altezza, ma Stiles indietreggiò all’improvviso così da allontanare le sue grinfie da Derek “Scusa, ma è molto timido ed è la prima volta che lo porto fuori… preferirei non lo toccassi”
La donna evidentemente amareggiata raddrizzò di scatto la schiena e con un cipiglio oltraggiato, si buttò una ciocca di capelli dietro le spalle e senza una parola proseguì per la sua strada.
Cercando di calmarlo, il castano parlò sottovoce per non farsi prendere per pazzo dai passanti “Derek… avresti potuto essere più gentile. Dopo tutto volevano solo accarezzarti e farti qualche coccola. So che sei scorbutico da umano, ma il tuo essere un cucciolo dovrebbe portarti ad apprezzare certe attenzioni”
Accorgendosi che non lo stava minimamente considerando, Stiles continuò a camminare fino a raggiungere il negozio di animali per fare scorta di cibo.
 
Il viaggio di ritorno fu più rilassato, anche perché poche persone affollavano ora la via. Il castano camminava con Derek affianco che trotterellava tranquillo guardandosi intorno con una ritrovata spavalderia, fino a che davanti al suo muso non apparvero due scarpe.
Anche Stiles si stupì quando, voltato l’angolo, si trovò ad andare quasi a sbattere contro Isaac che con le mani infilate nelle tasche dei jeans pareva essere lì ad aspettare loro.
“Ciao Stiles” e piegandosi sulle ginocchia “allora è vero! Scott mi aveva accennato della trasformazione, ma vederlo per davvero è parecchio strano” e nel terminare di parlare allungò una mano.
Come successo prima, Derek arretrò, con le orecchie basse, nascondendosi.
“Ma… che ha?” domando il licantropo.
“Che vuoi che abbia? È spaventato! È un cucciolo, per quanto credo di aver capito sappia chi è, tutti noi siamo enormi e poi è possibile che avverta la tua natura e percepisca che al momento sei più forte” tentò di spiegare il figlio dello sceriffo.
“Perché non ha paura di te?” domandò ancora.
“Forse perché anche così si rende conto di essere più pauroso e più pericoloso di me” fece spallucce Stiles ponendosi però lo stesso interrogativo e catalogandolo come l’ennesima stranezza della sua vita.
“Sarà…” commentò per nulla convinto Isaac, mentre tornava a guardare Stiles negli occhi avvicinandosi, forse un po’ troppo “Avrai notato che sembra essere un periodo tranquillo questo…”
“Non dirlo… ti prego! Lo sai che ora succederà di tutto solo perchè hai detto che ultimamente stava andando tutto bene?” strillò l’umano portandosi una mano tra i capelli.
“Non iperventilare Stiles! Dicevo che ultimamente siamo senza impegni, eccezion fatta per la scuola, e mi chiedevo se” riprese a parlare avvicinandosi e costringendo l’altro con le spalle al muro “ti andasse di vederci una sera di queste”
“I-io… cioè tu… v-vorresti…” balbettò in preda al panico.
“Io vorrei uscire con te” scandì Isaac parola per parila, mentre un rossore diffuso si spandeva sulle gote di Stiles “Allora ti va?”
Il ragazzino non sapeva cosa rispondere ma non ebbe molto tempo per pensarci, in quanto pochi attimi dopo che Isaac ebbe finito di parlare un sommesso e quasi ridicolo ringhio arrivò dal basso. Volgendo in tale direzione i loro visi, i due videro Derek che, coda e orecchie ritte, ringhiava mostrando i dentini con fare pseudo-feroce alla volta dei polpacci ci Isaac, essendo quello il limite a cui poteva giungere la sua minaccia.
“Ahahah” scoppiò a ridere il licantropo abbassandosi di nuovo sulle ginocchia e allungando ingenuamente una mano “Che c’è Derek? Geloso che ti possa portare via il padroncino?”
Il ringhio sottile del cucciolo non si fermò se non per l’attimo in cui scattò in avanti tentando di mordere le dita di Isaac.
Stordito dall’assurdità della situazione, Stiles con un piccolo colpo di tosse richiamò l’attenzione e dopo aver raccolto Derek da terra si rivolse al compagno di scuola “È meglio che io torni a casa, devo ancora avvisare mio padre che avremo un ospite per qualche giorno e”
Isaac tornò all’attacco avvicinandosi in modo rapido “Però prima mi merito una risposta, non credi?”
“Io… io devo andare. Ci vediamo Isaac” e ritornando sulla strada principale, a passo spedito se ne tornò a casa, mentre un chiaro “Stanne certo” giunse dalle sue spalle.  

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Capitolo 2
*** Tentativi di seduzione ***


Cap. 2
Tentativi di seduzione
 
Con Derek in braccio, sperando che il passo spedito impedisse ad altri sciagurati intoppi di rallentarli, Stiles tornò verso casa e volgendo attenzione al botolo stretto al petto – quando esattamente se lo fosse premuto così forte contro di sé rimase un mistero – iniziò ad istruirlo su come avrebbe dovuto comportarsi di lì a breve.
“Ascolta, non ho idea di come potrebbe reagire mio padre ok? Potrebbe ancora essere contrario ad avere un animale in giro per casa oppure no, non lo so. In entrambi i casi ti conviene fare il cucciolo perfetto: scodinzola, mostrati affettuoso, anche se tale immagine è mentalmente disturbante, ma soprattutto non stargli troppo tra i piedi. Se non vuoi ritrovarti con il didietro in mezzo a una strada, ti conviene darmi retta”
Un singolo uggiolio, che oramai Stiles aveva deciso di interpretare come un sì, venne pronunciato e un attimo dopo varcarono la soglia.
 
Evidentemente quella doveva essere stata un tranquilla giornata per Beacon Hills dato che lo sceriffo era già a casa e il figlio lo sentì armeggiare in cucina.
Con la speranza che il genitore stesse cercando di sgraffignare dalla dispensa qualcosa di vietato nella sua dieta, così da poter partire in una posizione psicologica di innegabile vantaggio, Stiles mise a terra Derek intimandogli di rimanere indietro fino a che non l’avesse chiamato e poi si diresse verso la stanza da cui provenivano i rumori.
“Ciao pa’” salutò prendendo di sorpresa lo sceriffo.
“Figliolo!” sorpreso l’uomo ritrasse entrambe le mani dal ripiano della cucina. “Già a casa?”
“Potrei chiedere lo stesso a te, che cerchi?”
“Oh niente di che…” tentò di tergiversare l’adulto.
“Senti, io dovrei dirti una cosa… ieri io e Scott siamo andati nel bosco e abbiamo trovato un cucciolo”
“Stiles…” intercalò il padre, ma il figlio riprese.
“Scott lo ha portato a casa propria, ma la madre ha dato di matto… per favore! Non possiamo lasciarlo da solo nel bosco dato che tra qualche giorno riaprirà la stagione della caccia. Ti prego guardalo almeno e poi adesso sono in grado di prendermi cura di lui, non ti darà fastidio” e vedendo che il padre sembrava non trovare un appiglio per contestare le sue parole, compiuti due passi verso il corridoio, fece cenno al lupo di avvicinarsi.
 
Derek avanzò trotterellando fino a portarsi davanti ai piedi del ragazzo ed essere così in piena luce e lì giunto si sedette composto senza emettere neppure un fiato.
Lo sceriffo strabuzzò gli occhi: davanti a lui non c’era un tenero cagnolino, ma un cucciolo di lupo. Certo non aveva mai visto un lupo in carne e ossa, ma a compensazione poteva affermare di aver guardato una montagna di documentari, quello era un lupo senza alcuna ombra di dubbio.
“Stiles, stai scherzando?”
“Papà… aspetta” cercò di spiegare.
“Quello è un lupo”
“È un cucciolo” ribatté.
“Un cucciolo, certo, ma di lupo, Stiles! Non pensare che io non ricordi le tue lagne di quando eri bambino!”
“Ma… papà” provò a spiegarsi.
“Ricordo come fosse ieri le tue suppliche di accompagnarti nel bosco a cercare un lupacchiotto tutto per te. Stiles, tu hai sempre voluto un lupo tutto tuo, rammento queste esatte parole. Dimmi solo che non hai commesso nulla di illegale”
“No, davvero io e Scott lo abbiamo trovato e non so neppure cosa ci facesse un lupo così a sud. Puoi chiamare la signora McCall, lei ti confermerà tutto”
Il padre non rispose e abbassò gli occhi sul cucciolo, che in quel momento sentendosi chiamato in causa decise di provare a fare qualcosa e mettendosi in piedi puntò in direzione dello sceriffo nel silenzio generale.
Derek arrivato a pochi centimetri dai pantaloni dell’uomo, alzò il muso e incrociando lo sguardo di questo, mise in un angolo il suo amor proprio e prese a strusciarsi contro le sue gambe.
Stiles e il padre rimasero senza parole ad osservare quanto stava accadendo e dopo un attimo di sconcerto il secondo se ne uscì ridendo “Stiles, ahahah, solo tu potevi trovare un cane che in realtà è un lupo e che si comporta come un gatto, ahahahah”
Sorridendo, pregustando la vittoria, il ragazzo tentò di giustificarlo anche se era davvero troppo esilarante la scenetta “Papà lascialo in pace… è solo un po’ indeciso”
 
Il padre interrompendo le risa, puntò un dito verso suo figlio “Può restare, ma alla prima grana che combina è fuori”
“Sì, capo” rispose Stiles.
“A proposito, come lo chiamerai?”
“Ora non ridere di nuovo… ma lo abbiamo trovato attorno alla tenuta Hale e considerando quanto ci sta antipatico quel tipo, Scott ha iniziato a chiamarlo Derek e assurdità, sembra che risponda a quel suono, quindi…”
“Ok, è strano, ma ok. Ora cambiando discorso, questa sera c’è la partita e voglio gustarmela, in tutti i sensi”
“Ecco perché sei già a casa, me lo ero scordato”
“Non interrompere, è un mese intero che non sgarro e mi tieni a stecchetto e dato che ti ho concesso il cucciolo questa sera voglio godermi una pizza e una birra davanti alla TV”
Il ragazzo valutò e alla fine fu ben felice di accettare quel compromesso e mentre il padre si accomodava in salotto, prenotò la cena.
 
Rimasto solo con Derek, si abbassò e aprendo le braccia iniziò “Mi spieghi cosa diavolo stavi facendo prima? Sei un licantropo dalla nascita e non hai idea di come si comporta un lupo? Un gatto… ti stavi strusciando come un maledetto gatto! Ringrazia che mio padre l’ha presa sul ridere e che è di buon umore. Comunque ora ti preparo la cena” agguantò una confezione di cibo per cani e un ringhio sordo iniziò a serpeggiare per la cucina. Abbassando lo sguardo Stiles cercò di capire che cosa lo contrariasse questa volta.
Il lupetto iniziò ad abbaiare, ma quasi immediatamente dalla stanza accanto arrivò monitoria la voce del padre.
Chinandosi fino a terra il ragazzo tentò di calmare il moro “Derek zitto! Mi dici che c’è?” e guardando con attenzione si accorse che stava ringhiando in direzione della scatoletta che teneva stretta in mano.
“Mi stai dicendo che non ti va il menù?”
Piccolo e singolo abbaio di risposta.
“Non potevi dirmelo prima che spendessi una fortuna al negozio di animali?”
Ringhio.
“E ora immagino che tu voglia una porzione di pizza tutta tua?”
Un sonoro “Woaf” sancì la decisione e sconsolato Stiles si rimise in piedi.
 
Arrivato finalmente il fattorino, Stiles si diresse con il cartone della pizza, due birre – il padre se le meritava – e alcune bottigliette d’acqua nel salotto, dove il padre e Derek erano già posizionati con la TV accesa.
La partita di baseball iniziò in perfetto orario e tra le urla concitate dello sceriffo e i commenti sarcastici di Stiles, con Derek che sbocconcellava la sua pizza sul pavimento, la cena finì.
Il ragazzo approfittò di una piccola pausa per raccogliere i rifiuti e portarli in cucina, dove si attardò più del previsto per riordinare il caos che vi regnava.
 
Intanto Derek aveva cercato, ma senza risultati apprezzabili, una posizione sul tappeto che gli permettesse di vedere bene la TV, amava il baseball e quella era la finale del campionato e ricordandosi che l’amico gli aveva detto di comportarsi come un dolce cucciolo indifeso, decise di tentare.
Puntando le zampe anteriori sul polpaccio dello sceriffo iniziò a guaire disperato, fin quando l’uomo si sporse per capire cosa diavolo volesse e, vedendolo allungarsi verso il divano, tese le braccia e lo portò a sedere accanto a sé.
Così li vide Stiles rientrando in salotto: seduti uno vicino all’altro, intenti a seguire con foga la partita e addirittura il cucciolo abbaiava concitato ad ogni azione.
In silenzio riprese il proprio posto e d’un tratto battendogli una mano sulla spalle, il padre confessò “Stiles, non offenderti, ma Derek – mi suona ancora strano chiamarlo così – credo che capisca il baseball meglio di te”
Spalancando la bocca con espressione offesa, il castano non seppe ribattere e osservando con stizza il lupo incrociò le braccia senza proferire verbo.
Dopo qualche minuto sentì un peso gravare sul lato della propria coscia e guardando in basso seguì i movimenti di Derek che dalla posizione seduta tenuta fino a quel momento, si stava coricando e poggiando contro di lui.
E la sua mano – quella stronza – si mosse senza interpellare il cervello e corse a carezzare la morbida testolina del cucciolo, dimentica del fatto che si trattasse di quello scorbutico e antipatico di Derek che però parve gradire, dato che non gli staccò un numero casuale di falangi non appena sentì il loro tocco su di sé.
Il muso del lupo si allungò sulla gamba e le carezze scorsero lente e naturali fintantoché un rumore sordo proveniente dal piano di sopra non distrasse tutti.
“Colpa mia pa’. Ho dimenticato la finestra aperta e fuori c’è un vento che pare un tornado. Vado a chiudere e a vedere cosa è caduto” e circondando con una mano il capo di Derek lo spostò, così da potersi alzare.
 
Facendo gli scalini a due a due, in un attimo giunse davanti alla propria camera ed entrato vide, nella penombra, che qualcuno si era comodamente coricato al centro del letto.
Cercando a tentoni – il terrore era grande dato che l’unico abituato ad entrare nella camera dalla finestra era comodamente stravaccato sul divano del piano inferiore – l’interruttore sul muro, una voce conosciuta bloccò i suoi movimenti, tranquillizzandolo e agitandolo allo stesso tempo.
“Ciao Stiles”
Un groppo un gola, che non voleva saperne di sciogliersi, gli fermò il respiro quando riconobbe la voce di Isaac e lo vide muoversi verso di lui. Arretrando si trovò in trappola, avendo chiuso la porta subito dopo averla varcata.
“I-Isaas, che… che ci fai qui?” riuscì a chiedere Stiles trovando finalmente il pulsante e inondando la camera di luce.
Alzando le spalle come se la domanda fosse del tutto superflua – a suo modesto parere – il licantropo asserì con tutta tranquillità e con quel tipico mezzo sorriso che spesso gli ornava le labbra “Volevo vederti”
Cercando di fare buon viso a quella situazione assurda Stiles ironizzò “Ci siamo visti poche ore fa!”
“Lo so” concordò, muovendo un passo verso di lui “e tu mi devi ancora una risposta, se non erro”
“Umm… io… ecco” il suo cuore stava accelerando in modo brusco, ricordando la proposta di Isaac che lo aveva colto totalmente alla sprovvista.
 
Tra tutti i lupi, era quello con cui lui e Scott avevano sempre mantenuto un rapporto tranquillo e normale ed era innegabile che dalla trasformazione avesse ottenuto – oltre a forza e velocità – una sicurezza che lo rendeva dannatamente attraente, ma tutte queste sensazioni destabilizzavano Stiles, facendolo sentire come uno sgabello con una gamba sola.
Fino a qualche giorno prima palpitava per Lydia professando un imperituro amore e ora aveva appena passato parte della serata a coccolare Derek e, come se non bastasse, adesso era in camera propria a crogiolarsi nelle lusinghe di quegli occhi che lo scrutavano con desiderio malcelato.
“Allora” la voce di Isaac lo richiamò a forza dal mondo delle sue elucubrazioni mentali “domani sera sei libero? Lascia il cucciolo a tuo padre e vieni a divertirti con me. Non te ne pentirai!” e a ogni parola era sempre più vicino, costringendo Stiles ad aderire completamente alla porta.
 
Intanto al piano di sotto, lo sceriffo si stava gustando le interviste post partita senza stranirsi dell’assenza eccessiva del figlio, al contrario di una palla di pelo lì vicino. Derek, dopo un paio di minuti, iniziò a chiedersi quanto tempo servisse a quell’idiota per chiudere una finestra, quando sentì, forte come un tuono, il battito del cuore di Stiles galoppare veloce: qualcosa non andava e il lupo si stava innervosendo.
Distratto dai movimenti sussultori del divano, il padrone di casa voltò lo sguardo e quando vide il cucciolo così nervoso e incapace di stare fermo, pensò volesse raggiungere il figlio o dovesse occuparsi dei suoi bisogni e lo mise a terra.
Derek corse alle scale e faticando non poco riuscì ad arrivare in cima e a dirigersi verso la camera di Stiles, quando si accorse che – dannazione – la porta era chiusa e che, passo dopo passo, le voci di due persone divenivano sempre più nitide.
Il lupacchiotto individuò con estrema facilità un borbottante Stiles seguito a ruota da un suadente e accattivante Isaac e giunto davanti all’uscio si alzò sulle zampe posteriori, latrando forte e lasciandosi andare in lunghi e imbestialiti ringhi.                          
Era furioso e aveva una dannata voglia di mordere e lacerare carni, possibilmente appartenenti a un beta che non sapeva stare al proprio posto e tentava di portargli via… e il suo abbaiare si quietò, quando la ragione cozzò con forza contro la consapevolezza di quel sentimento che fino a un attimo prima avrebbe definito impossibile e irreale.
Derek Hale era geloso – geloso marcio, a voler essere pignoli – di Stiles e non poteva sopportare che nessuno si avvicinasse a lui con l’intento di provarci.
 
Frattanto aldilà della porta, la manovra di avvicinamento di Isaac era continuata e questo si trovava ora ad un soffio dall’altro sempre più scosso dalle altalenanti sensazioni che attraversavano il suo corpo. Paura ed eccitazione si contendevano il suo cervello senza esclusione di colpi e solo l’ululare forsennato di Derek lo riscosse quanto necessario per posare le mani sul petto del compagno di scuola e spingerlo via.
“Derek deve aver sentito la mia presenza… vuoi che me ne vada Stiles?”
“S-sì, è meglio” deglutendo si passò una mano sul volto, cercando di calmarsi.
“Ok, ti passo a prendere domani alle otto e non accetto rifiuti” detto questo Isaac mosse un passo verso la finestra, prima di voltarsi e rimangiarsi tale distanza circondando con una mano la nuca di Stiles e tirandolo a forza verso di sé.
Un bacio breve e inconsistente, ma che sorprese del tutto il ragazzo che non oppose resistenza a quelle labbra dolci e leggere che si poggiarono per qualche istante sulle proprie prima di sparire.                
   
Derek percepì il cuore di Stiles accelerare ancora e riprese a ringhiare. Si interruppe solo quando la porta si aprì rivelando la solitaria presenza del ragazzo, anche se la stanza era pregna dell’odore dell’altro lupo e l’alfa digrignò con ferocia i denti.
Il liceale si abbassò sulle ginocchia e tentò di calmare il cucciolo “Ora basta, hai fatto un casino! Ringrazia che mio padre non sia salito a controllare! Era solo Isaac…”
Mentre parlava, il maggiore osservò in modo accurato il ragazzo e notò quanto fosse rosso in volto e con un ultimo sordo ringhio promise a se stesso che Isaac non l’avrebbe passata liscia.   

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Capitolo 3
*** Strategie da cucciolo ***


Scritto e pubblicato di getto, se è pieno di ORRORI ditemelo e domani lo rimetto a posto.
Buona lettura.

 
Cap. 3
“Strategie da cucciolo”
 
Osservando Derek che ancora ringhiava alla volta della finestra, via di uscita ovvia e naturale di Isaac, Stiles si avvicinò “Resta qui. Vado ad accordarmi per domani con mio padre e torno” e si fiondò di sotto.
 
“Ehi pa’” lo riscosse dall’ascolto della TV “tutto ok, era solo la finestra che sbatteva per il vento. Beh, io vado la letto. Domani… a che ora vai in ufficio? Io rientrerò dalla scuola prima perché due insegnati sono impegnati in corsi fuori sede, che ne facciamo di Derek?”
“Figliolo, io devo essere in centrale per le nove e devo darti ragione, quel cucciolo sembra addestrato, quindi penso che potremo lasciarlo libero nel giardino sul retro. Prima di andare gli lascio cibo e acqua” e tornando a seguire la trasmissione sportiva, augurò la buona notte al ragazzo.
 
Rientrato in camera socchiuse la porta e si lanciò sul letto.
“Domani mattina dovrai restare per un po’ con lo sceriffo, ti conviene comportarti bene. Ha detto che ti lascerà scorrazzare libero nel prato dietro casa, almeno non starai al chiuso, immagino che non ti piacerebbe”
Un woaf sancì l’accordo, appena prima di riprendere quegli uggiolii strappalacrime che Derek aveva scoperto funzionare alla perfezione con gli umani.  Beh almeno con gli umani che non sapevano chi lui fosse in realtà, ma valeva la pena tentare e puntando le zampe sulla trapunta che sporgeva dal letto iniziò la recita.
 
E Derek si appuntò che non era rilevante se l’umano fosse a conoscenza o meno del fatto che lui era un lupo grande, grosso e cattivo: gli occhi da cucciolo battevano qualunque consapevolezza e infatti dopo neppure una manciata di secondi, eccolo alzarsi in volo verso la superficie morbida e accogliente del materasso.
Stiles lo adagiò accanto a sé, portando poi le braccia in alto e usando le mani come appoggio per la nuca.
Il moro approfittò di questa posizione e si stese lungo il torso, piegando il collo e appoggiando il muso esattamente dove sentiva martellare il suo cuore e per destarlo da pensieri che sembravano averlo portato lontano – e la paura e il fastidio che questi lo stessero accompagnando verso un altro lupo erano in crescita costante – borbottò qualche verso casuale.
Il ragazzo volse il capo puntando il mento sul petto “Che c’è?”
Il maggiore non sapeva come fargli intendere che desiderava gli raccontasse cosa diavolo fosse successo in quella stanza. Tra la rabbia che montava con furia e il proprio abbaiare nelle orecchie, Derek non aveva captato le parole, ma solo il battito dei cuori e aveva poi visto il viso arrossato di Stiles, gli mancavano troppi tasselli e non voleva mettersi a immaginare.
Provò a rilasciare un piccolo ringhio, forse così il castano lo avrebbe ricollegato a quelli sentiti poco prima.
 
Derek stava iniziando a considerarsi un fottuto genio delle tecniche canine. Anche questa volta riuscì nel suo intento e Stiles partì a raccontare come un treno.
“Non so perché stessi abbaiando, ma penso avessi intuito che non fossi solo. Quando sono entrato e mi sono trovato Isaac davanti, non sapevo che pensare. Fino ad ora eri l’unico a comparirmi in camera ad orari inopportuni, è sempre stata una tua personale prerogativa” e avvertendo la testolina muoversi sul proprio torace, come prima sul divano, una mano abbandonò il precedente posto e riprese ad accarezzarlo lentamente.
“Derek” attirandone l’attenzione per poi continuare “so che non è facile comunicare… ma alla fine un giorno è già passato! Non è andata tanto male, vero? Cioè immagino sia stato un trauma, ma sei vivo e al sicuro. Poi domani è venerdì, ho la giornata breve al liceo e poco dopo pranzo sarò a casa”
 
Finendo di parlare, Stiles si spostò mettendosi su un fianco, continuando a coccolarlo “Nel pomeriggio se ti va possiamo… non lo so… decidi tu, ma anche decidessi non potresti farmelo sapere. Merda!” e tornando con la schiena al letto si coprì il viso con entrambe le mani.
Derek non seppe spiegarsi questo gesto e si mise in piedi.
“Cazzo! Sono nei casini!” spostò di poco le mani e vide Derek che lo fissava in attesa di capire di cosa stesse parlando e così Stiles decise di confidarsi “Isaac mi ha chiesto di… non è vero, in realtà non ha domandato si è limitato ad informarmi che domani mi passerà a prendere alle otto. Alle otto! Capisci? Detta così suona in modo stupido, certo non è l’ora il problema… il problema è che… è che…”
Il ragazzo si interruppe perché un ringhiare nato come un sussurro stava lentamente diventando un suono cupo e così stonato se rapportato al cucciolo che era lì con lui “Derek? Calmati, sono io quello che dovrebbe ringhiare dalla frustrazione! Ma ti rendi conto? Io, io uscire con quel… quel… Ok, non è niente male a seguito della cura di ormoni lupeschi che gli hai fornito. È simpatico e dolce, a modo suo! E poi è dannatamente sexy, non come t… OMG! Sentimi, sembro una checca mestruata!” i ringhi salirono ancora di tono e abbassando lo sguardo, Stiles vide luccicare nella penombra le zanne e gli occhi volgere lentamente al rosso.
Deglutendo preoccupato, il castano si mise seduto e allungò cauto e lento le mani verso i lati del muso circondandolo con tocco leggero e bisbigliò “Derek, calmo… shh… calmo” e fissandolo negli occhi, poco per volta riuscì a placarlo.
“Sai che faccio? Vado a farmi una doccia, non che mi serva una doccia fredda, sia ben chiaro, ma potrebbe essere utile per schiarirmi le idee. Resta qui, ok?” e alzandosi uscì dalla stanza.
 
Pochi minuti dopo, dallo spazio al di là della parete giunse il rumore dell’acqua che scorreva.
Dannazione, Derek si era lasciato prendere la mano da… da quel casino di pensieri che gli frullavano in testa da quando aveva visto Stiles messo alle strette dal beta in quel vicolo. Nessuno doveva neppure provare a pensare di fare una cosa del genere perché… quel ragazzino logorroico, petulante e ipocondriaco era affar suo. Solo e unicamente affar suo!
La cosa complicata, visto l’attuale sua situazione, stava nel farglielo capire o quanto meno nel rovinare la serata ad Isaac.
In quell’istante il suono dell’acqua in caduta si arrestò e poco dopo Stiles, con solo un asciugamano rosso fuoco legato in vita, apparve nella camera. Volse le spalle a Derek e si mise a cercare qualcosa nei suoi cassetti.
Dove diavolo teneva nascosto quelle spalle e quegli addominali? Si ritrovò a pensare Derek mentre si faceva violenza distogliendo lo sguardo, dato che, come un lampo, si era ricordato che i cuccioli non portavano i pantaloni e non poteva correre rischi!
 
“Non guardarlo! Non guardarlo!” si ripeteva nella testa il moro “Guarda altro, oh toh! La luna… bravo, guarda la luna fuori dalla finestra” e quando finalmente quel disco d’avorio aveva occupato i suoi occhi, ecco che la voce di Stiles lo chiamò e continuò a farlo fino a che non ne ottenne l’attenzione “Domani tocca anche a te! Ora non ho tempo, è tardi e voglio andare a dormire, ma domani non bel bagno non te lo leva nessuno!” e con in mano quello che con tutta probabilità era il suo pigiama, intimò al lupo di voltarsi “Forza girati! Devo cambiarmi”
 
Derek ringraziò l’ordine e si dedicò a studiare con attenzione ogni centimetro del muro e quando sentì dei rumori, pensando che avesse finito, si rigirò. Errore!
O meglio vi era uno Stiles in boxer che con tranquillità si muoveva da un capo all’altro della camera per rimettere insieme l’occorrente per la scuola e Derek non gli guardò il sedere, no!
Neppure un po’!
“Dio, doveva pure avere un culo da infarto!” gli suggerì quella mente distorta che il moro si ritrovava e per tentare di salvare il salvabile, si abbassò e infilò il muso sotto il bordo del cuscino, portando le zampe a coprirne i lati, così da fuggire ogni tentazione di sbirciare.
 
“Oh my God! Derek! Non dirmi che ti ho traumatizzato? Ahahah… sono solo in mutande! Aspetta… dove diavolo sono finiti i pantaloni? Ah eccoli!” dopo qualche secondo riprese “Ecco ora sono presentabile, puoi guardare”
E lui lo fece, secondo errore.
Stiles era ancora lì mezzo nudo! Ed era così attraente che Derek tornò a fissare il muro stendendosi su un fianco.
 
Maledicendosi mille e mille volte per quei pensieri che vorticavano impazziti, Derek avvertì il materasso muoversi a causa del corpo di Stiles che si stava stendendo e una mano dannatamente grande e calda si mosse sul suo dorso e sul fianco “Ehi, si può sapere che ti è preso? Forse è perché è tanto tempo che sei abituato a stare da solo. Ti sei dimenticato cosa significa dividere i tuoi spazi con altre persone. Ok, a volte è tremendo, ma spesso è piacevole, ti fa sentire parte di qualcosa”
Mentre le parole del ragazzo si infrangevano sul musetto del lupo, immagini di una vita precedente inondarono la mente di Derek: la sua bella casa, piena di voci e di risate, a volte di urla di suo padre quando lo faceva arrabbiare; il pavimento sempre sporco di impronte infangate, la madre che si lamentava dalla cucina e il profumino del pranzo appena preparato. Tutte cose che non erano più.
Derek si girò pancia sotto, stendendo le zampe anteriori e lasciandoci cadere sopra il capo.
“Domani sera farai il bravo qui a casa?” domandò con speranza il giovane.
Sovrappensiero, il moro scosse la testa a destra e a sinistra.
“Cosa diavolo fai?” quasi urlò guardandolo con occhi sgranati “Non azzardarti a farlo quando c’è mio padre! Ma sei scemo a rispondere così? Lasciamo perdere, se non vuoi restare qui, posso portarti per qualche ora da Scott?”
Derek fece di nuovo per negare, ma si trattenne e alzando gli occhi verso il viso di Stiles, sfoderò la sua arma migliore: lo sguardo da cucciolo infreddolito e abbandonato sul ciglio della strada.
“Non ci provare, non attacca!” e mettendosi supino si sottrasse allo sguardo struggente.
Con assoluta nonchalance, Derek iniziò a strisciare sempre più verso il fianco scoperto di Stiles finché non vi aderì.
“Ehi” si limitò a dire Stiles abbassando un braccio e infilando le dita nella sua pelliccia “Lo sai che sei diabolicamente morbido?”
A quelle parole, il lupacchiotto si strusciò sulla sua pelle nuda e avvertì con chiarezza il brivido che ne scaturì.
“Quando tornerai in te, avrò materiale per ricattarti per i prossimi quindici anni, lo sai vero? Ahahah… ma ora è meglio dormire, domani sarà una giornata lunga e difficile! Derek… ultima cosa poi ti lascio in pace”
E il cucciolo volse la testolina verso il ragazzo, che quasi imbarazzato cercò di guardare altrove “Ma se domani sera dovessi… diciamo difendermi da un approccio un po’ eccessivo, c’è qualcosa che potrei fare? Oltre a riempirmi le tasche di strozzalupo! Isaac è troppo forte per me!”
Le labbra del moro si tirarono mostrando i denti – chiaro sintomo che non fosse entusiasta di tale eventualità – e pensando a come far capire cosa aveva in mente, decise di osare.
Si alzò sulle zampe e dopo aver appurato di avere su di sé gli occhi castani, con la zampa posteriore sfiorò il cavallo dei pantaloni di Stiles.
“Mi stai consigliando un calcio nelle palle?” domandò ironico.
Scosse il muso.
“E allora cosa?” sempre più incuriosito.
Mosse allora l’arto anteriore e con questo diede due buffetti sull’addome del ragazzo.
“Non capisco Derek”
Il lupo ripeté il gesto lasciando più tempo tra i due tocchi affinché comprendesse che non erano in numero casuale.
“AH! Non uno, ma due calci nelle palle?”
Derek annuì.
 
 

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Capitolo 4
*** Una mattinata insolita ***


Cap. 4
“Una mattinata insolita”
 
La sveglia strappò Stiles dal mondo dei sogni e infastidì notevolmente Derek che stava dormendo talmente bene e profondamente che non si scompose, alla fine, più di tanto e pur muovendosi a occhi chiusi a causa della mancanza di calore dovuta al fatto che il ragazzo si fosse fiondato fuori dal letto, ben presto ritornò ad affondare il muso tra le lenzuola stropicciate.
Il liceale tornò una manciata di minuti dopo e come una furia recuperò lo zaino e la felpa, ma prima di uscire nuovamente dalla camera e scendere di sotto, si avvicinò al letto “Derek… ehi Derek… sorgi  e splendi!” tentò di convincerlo ad aprire gli occhi, gli dispiaceva svegliarlo, ma voleva informarlo che si sarebbero visti più tardi. Dopo alcune scalciate e un sonoro sbadiglio Derek parve tornare nel mondo dei vivi e Stiles sottovoce parlò “Buongiorno, io sto andando a scuola. Fai il bravo per favore. Ci vediamo dopo pranzo ok?”
L’unica cosa che ottenne fu un flebile uggiolio e decidendo di lasciarlo dormire ancora un po’, se lo caricò in braccio e lo portò di sotto per adagiarlo con cura sul divano.
Solo dopo aver salutato il padre intento a bere il suo tristissimo decaffeinato in piedi in cucina ed avergli ricordato di lasciare il cucciolo sul retro, finalmente lasciò la casa e corse a scuola.
 
Sentendo l’auto di Stiles sgommare e partire con velocità, Derek si svegliò di soprassalto. Scattando in piedi si ritrovò nella sala e sentendo rumori provenire dalla cucina, con un salto, lasciò il divano e si diresse alla ricerca dello sceriffo.
Vide l’uomo mettere nel lavandino la mug usata per la colazione e abbaiando docile ne attirò l’attenzione. Avvicinandosi al padrone di casa, questo si abbassò “Ciao piccolo, hai fame?” e dopo una grattatina tornò in piedi per preparare qualcosa per il cucciolo.
Davanti a latte tiepido e pane, Derek storse inizialmente il naso, per convenire poco dopo che avrebbe potuto andargli peggio e mentre il padre di Stiles gironzolava per la casa per prepararsi ad andare al lavoro, ripulì la ciotola.
Leccandosi i baffi trotterellò fino al corridoio, quando venne chiamato “Derek, qui bello!” vedendolo arrivare, l’uomo si incamminò verso una porta a vetri che dava sul retro e aprendola lo fece uscire.
Il giardino doveva aver visto giorni migliori e scendendo i pochi scalini che lo separavano dal prato, iniziò a esplorarlo.
Pochi minuti dopo lo sceriffo lo raggiunse con due ciotole, una piena d’acqua e l’altra con del cibo in scatola e il lupo sperò con tutto il cuore che Stiles tornasse a casa presto, mai avrebbe mangiato quella robaccia puzzolente.
“Allora Derek, qui dovrebbe esserci tutto… ma che ti parlo a fare” e guardando indietro un paio di volte per sincerarsi di non essere seguito, rientrò in casa.
Derek si guardò intorno e valutò il da farsi, certo la sua prospettiva non permetteva grandi progetti, ma qualcosa avrebbe pur dovuto fare.
Dopo un lasso di tempo che non seppe quantificare, ma che gli sembrava paragonabile all’eternità, convenne che sarebbe morto di noia e spostandosi lungo il perimetro, ringraziò l’incuria a cui la famiglia aveva abbandonato il giardino perché nella recinzione faceva bella mostra di sé un pertugio attraverso il quale – con un po’ di impegno – avrebbe potuto passare.
Infatti pochi attimi dopo Derek passeggiava in tutta tranquillità sul marciapiede a quell’ora per fortuna poco affollato e sfruttando la sua memoria più che ragguardevole, decise che avrebbe raggiunto la scuola fruttando alcune scorciatoie.
Purtroppo il tragitto si rivelò più lungo del previsto, soprattutto se messo in relazione alle sue zampette corte e dopo aver costeggiato un campanile e aver sentito i rintocchi del mezzodì, decise fosse opportuno mettersi a correre se non voleva rischiare di non farsi trovare all’uscita, con la conseguenza di doversi fare tutta la strada al ritorno, senza contare la paternale che avrebbe dovuto sorbirsi da Stiles se non lo avesse trovato a casa.
Arrivò nel parcheggio della scuola con un margine di tempo che gli permise di decidere se aspettare il ragazzino accanto all’auto o mettersi seduto composto poco distante dalla porta da cui erano soliti uscire, ma valutando la prima alternativa troppo pericolosa optò decisamente per la seconda.
La sua attesa non durò molto.
 
 
La mattinata era stata fortunatamente leggera, nessuna interrogazione o test a sorpresa e sarebbe andata liscia come l’olio se l’ultima ora non fosse stata cambiata per l’assenza dell’insegnante. Stiles e i suoi compagni di corso vennero così accompagnati nel laboratorio di chimica per un’ora supplementare con il professor Harris.
Avendo questi da correggere un numero impressionante di compiti e relazioni, costrinse i nuovi arrivati a sedersi e a impiegare il tempo in un ripasso generale con l’ordine perentorio di non fare il benché minimo rumore.
Il castano era entusiasta di avere a disposizione un’ora intera in cui fingere di studiare ed entrando nell’aula tra i primi si accaparrò il banco in fondo, quello più vicino alla porta per poter così scappare nel minor tempo possibile. Nell’attesa che Scott lo raggiungesse, iniziò a tamburellare sul tavolo guardandosi attorno e per questo non si accorse che il posto accanto a sé non era stato occupato dal suo amico, fintantoché non vide il suddetto amico accomodarsi due file più avanti guardandolo con faccia stranita e dispiaciuta.
Volgendo il capo lentamente alla sua destra, si scontrò con il sorriso sincero e luminoso di Isaac che con il viso placidamente poggiato su una mano lo osservava.
“C-ciao” balbettò.
“Ciao a te, Stiles” disse di rimando il lupo “Ho dimenticato di prendere il libro dal mio armadietto, posso usare il tuo?”
Consapevole quello fosse un infantile tentativo volto a impedirgli di rimanere all’estremo opposto del lungo banco che condividevano, Stiles accondiscese e spostò il testo verso il centro.
Vedendo che solamente il volume si era mosso verso di lui, Isaac riprese a parlare sottovoce “Mi chiedo come tu possa a leggere se rimani lì”
“Non ti preoccupare, ho già studiato, non mi…” la frase morì sulle sue labbra quando sentì lo sgabello muoversi e guardando in basso vide che le caviglie dell’altro avevano artigliato le sottili gambe di metallo e facendo leva, lo stavano tirando a sé.
Essendo Isaac seduto di lato rispetto al banco, alla fine di quel viaggio non voluto e non programmato, Stiles si trovò praticamente in mezzo alle sue gambe spalancate, tra le quali la seduta circolare del proprio sedile si incastrava comodamente e l’imbarazzo si trasformò in rossore.
“C-che stai facendo?” sibilò il ragazzo.
“Niente” ribatté sorridendo il ricciolo “Perché vorresti che ti facessi qualcosa? Qui davanti a tutta la classe? Non mi pare il caso, pazienta fino a questa sera” e parlando si era avvicinato ancora di più costringendo Stiles ad arretrare così tanto da perdere l’equilibrio, ma giunse provvidenziale il braccio del licantropo che avvolgendosi attorno alla vita, lo riportò alla posizione di partenza, evitandogli di sfracellarsi a terra facendo per di più un’enorme figuraccia.
Questi movimenti portarono i due ancora più vicini e fu, forse, involontario per Isaac inspirare il profumo del compagno di scuola per allontanarsi quasi di scatto con un piccolo ringhio.
“Che c’è?” chiese incuriosito Stiles.
“Il suo odore è su di te” dichiarò con faccia disgustata.
“Mi stai dicendo” riprese il primo, con espressione a dir poco offesa “che puzzo di cane?”
“No, puzzi di Derek. Come mai?” e Isaac riuscì dopo alcune rincorse a legare i loro occhi.
“Beh, lui è piccolo e… e poi non devo di certo giustificarmi con te!” terminò con tono sicuro incrociando le braccia.
“Hai dormito con lui?” e il ringhio anche se sordo e basso, fu tale da far voltare verso di loro Erika, Scott e Jackson “Potevi lasciarlo sul pavimento”
“Ma che dici? È un cucciolo e poi ha quel musetto…” obiettò con voce morbida.
“È Derek!” e sporgendosi in avanti cercò di cambiare argomento “Ma parliamo d’altro, idee per questa sera? Cosa ti andrebbe di fare?”
“Ecco… per questa sera… penso sarebbe opportuno rimanere a casa”
“Mi stai proponendo di rimanere tutta la sera a casa io e te soli soletti? Non ti facevo così intraprendente”
“No, no, no… che hai capito! Io intendevo ciascuno a casa propria… non reputo saggio lasciarlo solo con mio padre”
“Stiles… smettila di pensare o parlare di lui, non lo sopporto! Per quanto ora sia carino e coccoloso, tra poco tornerà alla forma abituale e quindi non avrà più bisogno di te”
Il figlio dello sceriffo dovette a malincuore dare ragione al ragazzo e a quelle parole: il grande e grosso alfa – per tralasciare il suo essere cupo e solitario – lo trattava come spazzatura che intralciava la sua strada e nulla più, lui non aveva, o pareva non avere, bisogno di niente e di nessuno, ma nonostante questi pensieri rispose “Non mi importa, io lo faccio per me”
 
A distogliere entrambi da quel discorso spinoso, giunse la voce irritata dell’insegnante “STILINSKI” e dopo aver ottenuto la loro attenzione continuò “qui ora! Forse messo in un angolo riuscirà a restare in silenzio”
Non sapendo se gioire per il richiamo o dispiacersene, recuperando il libro e lo zaino seguì le indicazione del prof. e si allontanò dall’ultima fila.
L’ora finì nel giubilo generale e Stiles assieme a Scott si fiondò in corridoio per lasciare nell’armadietto tutto quanto non sarebbe servito nel week end e correre poi verso la libertà. I due si diressero alla porta, seguiti a ruota da Erika, Boyd e dall’oramai onnipresente Isaac.
Alla prima boccata di aria fresca, Stiles si accorse che qualcosa di strano stava succedendo quando notò, pochi metri davanti a lui, un capannello di gente immobile e un vocio fastidioso. I ragazzi fecero per avvicinarsi, ma venne loro incontro Lydia – l’unica a non sapere del piccolo incidente dell’Alfa – e abbracciando il fidanzato sopraggiunto, li aggiornò “C'è un amore di cucciolo lì davanti. Dovreste vederlo, seduto impettito e guai a chi lo tocca! È così carino!”
Un gemito salì alle labbra di Stiles prima che si fiondasse in avanti e si facesse largo tra quelle persone. Quando vide Derek non riuscì a contenersi “Che diavolo di fai qui?”
“Woaf” abbaiò quello di rimando scodinzolando.
“Ora si va a casa!” ordinò senza sentire ragioni e raggiunto dagli amici si diresse al parcheggio con Derek che gli camminava accanto.
L’unica che tentò di parlare fu la rossa “Stiles è tuo? Posso accarezzarlo?”
“Non te lo consiglio, ha un caratteraccio, ma se vuoi rischiare…”
“Meglio di no allora, mi sono rifatta le unghie appena ieri”
Il gruppetto raggiunse la Jeep e salutando Stiles raccolse da terra Derek e lo aiutò a salire in auto, quando la voce di Isaac lo fece voltare “Ehi, volevo salutarti”
“Allora, ciao Isaac” rispose con tono scortese.
“Che ti prende?” chiese preoccupato e, raggiungendolo davanti alla portiera spalancata e prendendolo per un braccio, lo fece voltare.
“Che mi prende? Che il casino in cui mi avete infilato poteva diventare un disastro!” e dopo aver posato Derek sul sedile riprese “Ti rendi conto di cosa avrebbe potuto succedere se la madre di Allison lo avesse incontrato e avesse fatto due più due o se fosse finito sotto un’auto o”
“Shh… shh” sussurrò Isaac tra i suoi capelli dopo averlo stretto tra le braccia, intanto il cucciolo colpito dal senso di colpa generato da quelle parole, tentò di avvicinarsi al bordo della seduta e vedendoli abbracciati si bloccò.
“Calmati” cercò di tranquillizzarlo il licantropo “non è successo niente per fortuna e ora arrivati a casa gli parlerai e cercherai di fargli capire che deve rimanere nascosto”
“Grazie… ora puoi lasciarmi andare?” borbottò Stiles contro la maglia dell’altro cercando di liberarsi da quel calore che lo cullava e al tempo stesso lo soffocava.
“Devo davvero?” chiese con evidente l’ironia “Va bene, ti lascio, ma solo perché devi andare a casa a farti bello per me!”
E fu in quell’istante che Derek iniziò il suo personale assolo ringhiando e abbaiando come un forsennato e attirando l’attenzione dei pochi che ancora erano lì.
“Ma forse…” tentò di liberarsi Stiles.
“No. Ci vediamo alle otto” e prima di sciogliere del tutto l’abbraccio si chinò sulle sue labbra e come la sera prima gli rubò un piccolo e innocente bacio, poi corse via tra i ringhi ininterrotti dell’Alfa.
“Derek basta!” stranamente il lupo lo ascoltò, tornando sul sedile del passeggero e volgendo il muso verso il finestrino “A casa facciamo i conti” e dopo aver messo in moto uscì dal parcheggio.
     

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Capitolo 5
*** A morte quella camicia ***


Cap. 5
“A morte quella camicia”
 
Il viaggio fu fastidiosamente silenzioso e quando Stiles parcheggiò l’auto davanti al garage della propria casa, semplicemente si sporse verso il sedile accanto e agguantando il cucciolo come se fosse una baguette, se lo infilò sotto il braccio – fregandosene degli uggiolii che da lì provenivano – e si diresse verso la porta.
Se in auto vi era stata una sorta di guerra fredda, non appena l’uscio venne chiuso alle loro spalle, iniziarono le aperte ostilità, almeno da parte del ragazzo.
“Io… io spero che tu abbia capito la cazzata che hai fatto! Non starò qui ad urlare come un pazzo, sappi che non metterai il muso fuori da questa casa fino a che non camminerai di nuovo sulle tue gambe e se anche quando ciò succederà, la prima cosa che farai sarà darmele di santa ragione, non mi importa. Scordati anche di uscire anche solo in giardino!” e smettendo di parlare, si accasciò sul divano.
Derek si avvicinò con estrema cautela al sofà, sperando che la rabbia stesse sbollendo rapidamente e richiamando l’attenzione dell’umano con un leggero mugolio, tentò di mostrare la sua migliore espressione mortificata. Il cucciolo non stava giocando o fingendo, aveva capito di essere stato maledettamente superficiale nell’abbandonare la sicurezza di quella casa ed essersi messo, con estrema leggerezza, in pericolo.
 
Stiles parve capire esattamente cosa stesse provando Derek e tiratoselo in braccio, con voce sussurrata continuò “Se ti fosse accaduto qualcosa io…” ma non continuò la frase come se dar voce a quelle parole che si incastravano a metà tra il cuore e il cervello bruciasse più del fuoco e posandolo accanto a sé, si alzò dirigendo i propri passi al piano superiore “Ho una marea di compiti… tu fai cosa credi”
Derek venne lasciato indietro e la cosa non gli piacque per niente, ma l’orgoglio si sa, è una brutta bestia e convinto che Stiles sarebbe entro pochi minuti ridisceso da lui, si sdraio comodamente e aspettò.
Purtroppo le sue aspettative naufragarono miseramente e osservando l’orologio a muro, poté appurare che la sua attesa era già durata quasi un’ora e del ritorno del ragazzo non vi era nessuna traccia. Se aguzzava l’udito poteva sentire, attutiti, i rumori di una penna che scriveva con fretta e pagine che venivano voltate con foga: davvero stava facendo i compiti e non aveva nessuna intenzione di scendere di sotto.
Il lupo non era mai stato un patito di motti e modi di dire, ma in quel momento si sentiva tanto la montagna che senza esitare raggiungeva Maometto e saltando a terra, imboccò il corridoio e si apprestò a salire le scale. Arrivato al piano di sopra, avvicinandosi alla camera di Stiles si accorse che fortunatamente la porta era stata lasciata socchiusa e in silenzio si infilò nello stretto passaggio esistente.
 
Il ragazzo era chino sui libri, talmente concentrato che l’Alfa dovette raggiungere la base della sedia e abbaiare per palesare la sua presenza.
“Che c’è?” Stiles adocchiando il pavimento fermò il proprio sguardo sul muso volto all’insù “Devo ancora finire la relazione di letteratura e poi devo passare a trigonometria, non posso dedicarti tempo” la voce del castano era tagliente come Derek non aveva udito mai e dannazione era tutta colpa sua!
Allungandosi di quanto gli fu possibile, si alzò sulle zampe posteriori e poggio quelle anteriori sul lato della coscia e con un ulteriore verso strascicato carpì l’attenzione del liceale.
 
Stiles guardò di nuovo in basso e l’espressione del cucciolo non lasciava adito a dubbi, era triste, forse pentito di essersi messo volontariamente a rischio e di averlo portato sull’orlo di un infarto, per questa ragione protese le braccia e lo adagiò sulle sue gambe.
Non appena ebbe conquistato tale posizione, Derek scodinzolò felice, ma non appena se ne acorse, cercò di trattenersi – non era per niente virile agitare in quel modo la coda – e poggiando le zampe sul bordo della scrivania allungò il collo verso i libri.
“Anche se ti ho preso in braccio, non vuol dire che mi sia passata! Sono ancora molto arrabbiato”
Il musetto appuntito e gli occhioni indagatori si voltarono rapidi a osservarlo e non sapendo come riuscire a far comprendere nel profondo il proprio rammarico, si poggiò completamente al ragazzo e rimase lì fermo a sentire il torace di questo alzarsi e abbassarsi con il ritmo del respiro.
“Ok… ok… ti dispiace, l’ho capito! Ora non mi diventare zuccheroso” asserì ridendo e sporgendosi in avanti cercò di tornare ai suoi compiti.
Il lupacchiotto non era comodissimo, seduto sulle gambe che non stavano mai del tutto ferme e ingabbiato dal torso e dalle braccia di Stiles, ma decise che era mille volte meglio restare lì che in un qualunque altro punto della stanza, compreso il morbido letto.
Da quella posizione Derek si rese conto di poter osservare da vicino molte cose, come il desktop del pc, dove campeggiavano un discreto numero di icone che però non erano in grado di coprire lo sfondo e l’immagine del profilo stilizzato di un lupo, come si potevano trovare nelle antiche incisioni tardo medievali, era chiaramente visibile.
Girando poco il capo, scrutò con attenzione il profilo concentrato del ragazzo, il suo viso aveva tratti molto raffinati, nulla di paragonabile ai propri forti e marcati. Guardandolo così da vicino, sembrava talmente delicato. Non c’erano accenni di barba a scurire la pelle chiara e a renderla ruvida, il piccolo naso svettava all’insù e gli occhi, grandi e incorniciati da ciglia lunghe e chiare, correvano con velocità dal quaderno al libro e viceversa ed erano di un colore così caldo, da lasciarlo senza fiato.
Derek convenne che non vi erano dubbi o incertezze nel ritenere Stiles piacente o addirittura attraente, quindi era naturale che lui si sentisse così… così agitato quando gli stava così vicino, ma era meglio non pensarci.
 
Dopo qualche minuto, Derek si mise ad abbaiare in modo concitato “Ora che hai?” domandò Stiles piegando il capo e compiuta tale azione vide la zampa del cucciolo toccare il foglio su cui stava scrivendo. Rileggendo alcuni passaggi, si accorse di aver commesso un banale errore e riprese “Oh mio Dio, Derek! Non ti metterai a correggermi i compiti? Il fatto di essere più vecchio non ti trasforma automaticamente in un so tutto io” ma seguendo l’indicazione cancellò e riscrisse in modo corretto la formula.
 
Terminati i doveri scolastici, stiracchiandosi, Stiles mise a terra il cucciolo e alzandosi si mosse verso l’armadio a muro e spalancando le porte iniziò ad esaminarne il contenuto. Derek zampettando lo seguì e fermandosi accanto ai suoi piedi fissò anche lui lo spazio incassato nella parete.
“Allora, ora inizia la parte difficile” borbottò molto probabilmente tra sé e sé “cosa mi metto questa sera?”
Quelle parole fecero scattare una miriade di allarmi nella testa di Derek, nelle ore precedenti, non aveva minimamente pensato all’appuntamento del ragazzo con Isaac e esternò il suo disappunto con un accorato ringhio.
Sentendo tale suono, Stiles si inginocchiò e puntandogli minaccioso un dito contro elencò una serie di raccomandazioni “Questa sera: farai il bravo, non romperai le palle a mio padre, non combinerai dispetti vendicativi nei miei riguardi e soprattutto non cercherai di scappare. Hai capito Derek?”
Pur non essendo d’accordo su alcuni dei punti elencati, per quieto vivere, con un piccolo cenno del capo, il lupacchiotto annuì.
“Non mi deludere!” concluse e tornando in piedi ricominciò a valutare quali abiti avrebbe potuto indossare e dopo alcuni tentennamenti, cacciò le mani sul ripiano più in alto e, presi un paio di jeans neri e nuovi, li poggiò sul letto.
 
Stiles non aveva la benché minima idea di cosa avrebbe potuto indossare sopra quei pantaloni: una t-shirt gli pareva troppo ordinaria e sportiva, ma al contrario una camicia avrebbe potuto far credere a Isaac che si fosse volutamente messo in tiro; ci avrebbe pensato dopo, ora doveva occuparsi della cena per suo padre.
 
E così scesero di sotto, nell’istante in cui lo sceriffo rincasava.
“Ciao figliolo e ciao Derek” salutò appendendo il giubbotto al muro e raggiungendoli in cucina “Che stai preparando di buono?”
“Verdure al vapore e petto di pollo alla griglia” aprendosi in un sorriso aggressivo che indusse il padre a non commentare od osare obiettare.
Stiles, prima ancora che il padre chiedesse il perché della tavola apparecchiata per uno, lo informò che quella sera sarebbe uscito.
“Cinema con Scott?”
“No”
“Bowling con Scott?” ritentò James.
“No”
“Serata videogiochi con Scott?” guardandolo con la certezza di avere azzeccato questa volta.
“No” e dopo aver deglutito “esco con Isaac”
“Oh” e avvicinandosi l’uomo strinse la spalla del figlio “sono orgoglioso di te. Dopo quello che ha passato quel ragazzo fai bene ad essergli amico. Allora Derek” chinandosi “questa sera football?”
Ignorando l’invito dello sceriffo, il cucciolo caracollò per raggiungere Stiles che era già a metà delle scale. Appena entrati in camera, il ragazzo raccolse i jeans scelti precedentemente e la biancheria pulita “Vado a fare la doccia, so che l’ho già detto ieri, ma domani tu ti farai un bagno, ora non tempo” e in fretta e furia uscì.  
 
Derek era seduto sulle fantomatiche spine, esattamente davanti alla finestra e pensava: doveva fare qualcosa, solo non sapeva che cosa e sentendo dei rumori, volse istintivamente il capo. Stiles indossava solo quei jeans neri ed eccessivamente aderenti – davvero il padre gli permetteva di acquistare indumenti del genere? – e a piedi nudi iniziò a muoversi per la stanza come una pallina del flipper, fino a che come se avesse avuto un’illuminazione improvvisa, si mosse verso la cassettiera.
Mentre osservava quel favoloso sedere stretto da quella stoffa scura, il lupo iniziò a valutare le probabilità che avrebbero avuto i suoi dentini – affilati, ma purtroppo molto piccoli – di riuscire a stracciare quei maledetti jeans.
Oh Derek li avrebbe tirati via a morsi, ma venne distratto dal ragazzo.
“Trovata”
Da uno dei cassetti venne estratto un pezzo di stoffa, solo questo al momento poteva vedere Derek, di colore bordeaux e lucido, sembrava seta, anzi molto probabilmente lo era.
Il ragazzo si sedette ai piedi del letto e con cura armeggiò con l’indumento e i movimenti permisero al cucciolo di capire che si trattava di una camicia.
 
Alzandosi con un gesto fluido la fece volare aldilà delle proprie spalle per potervi infilare le braccia e quando ebbe terminato di allacciare i bottoni, si girò.
Derek quasi certamente si mise a sbavare – e non come fanno di solito i cuccioli – la camicia di quel rosso cupo e al tempo stesso luminoso e cangiante alla luce fasciava il petto e le braccia di Stiles rendendoli ancora più accattivanti e allettanti.
Come se non bastasse aveva, volutamente, lasciato aperto il primo e l’ultimo bottone e secondo il lupo vi era decisamente troppa pelle in vista, elemento che lo rendeva un bocconcino troppo sexy e succulento: dove diavolo erano finiti gli abiti sformati di Stiles?
Abiti alla Harry Potter per intenderci… e sorvoliamo sul fatto che Derek Hale conoscesse la saga, solo se messo alle strette avrebbe ammesso di aver visto tutti i film e l’ultimo neppure in 3D.
 
Derek conosceva quanto potessero essere forti e travolgenti gli istinti dei lupi ed era suo dovere preservare Stiles dallo scontrarsi con essi, doveva agire!
La fortuna lo assistette, infatti con poche parole, tutto volse a suo favore.
“I denti! Meglio che mi tolga la camicia, sono talmente agitato che potrei fare un macello” e in un batter d’occhio la sfilò rimanendo di nuovo mezzo nudo.
Poggiando la camicia sullo schienale della seggiola, Stiles uscì dalla camera.
Derek aveva solo pochi minuti, doveva pensare… poteva strapparla con le unghie e i denti, ma avrebbe voluto vederla ancora indosso al ragazzo, solo non per un appuntamento con un altro. Non gli restava che sporcarla e renderla inutilizzabile solo per quella sera.
Per prima cosa, usando solo le zampe e saltando il più in alto possibile, trascinò la camicia a terra, cercando poi ovunque qualcosa che potesse macchiarla, venne colto dal panico, nulla faceva al caso suo.
 
Ma a mali estremi, estremi rimedi.
 
Stiles avrebbe capito prima o poi e mettendosi in piedi, alzo una zampa, dando ordine alla propria vescica di sferrare l’attacco.
La chiazza si allargò rapidamente e ghignando felice, Derek se ne tornò tranquillo accanto alla finestra.
Pochi attimi dopo il castano tornò e vedendo la camicia a terra, prima ancora di chinarsi a vedere il presente lasciatogli dal piccolo, cominciò a fissarlo stizzito, tirando le labbra e assottigliando gli occhi.
Prese l’indumento con due dita e quando si avvide di quanto accaduto, una sola parola risuonò in tutta la casa “DEREK!”
L’urlo fu talmente forte da far accorrere addirittura lo sceriffo “Che succede?”
“Che succede? Guarda la camicia!” e mostrando il corpo del reato, continuò “Volevo metterla per uscire e lui l’ha fatta proprio qui”
Il padre con assoluta tranquillità rispose “Considerando l’intelligenza di Derek, è probabile che quel francobollo che ti ostini a definire camicia non ti stesse molto bene e doveva pur fartelo capire in qualche modo” detto questo, prese con la punta delle dita la stoffa maleodorante “Da qui, la metto nella roba da lavare, via a metterti qualcos’altro”
Dando retta al padre, Stiles tornò davanti all’armadio, agguantò una maglietta ancora decente e guardando il cucciolo “Questa me la paghi Derek, fosse anche l’ultima cosa che faccio” e infilandola scese di sotto.   

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Capitolo 6
*** My first date ***


Cap. 6
“My first date” 
 
Stiles caracollò giù dalle scale e appena toccato il pavimento dell’ingresso, il campanello di casa trillò “Vado io pa’! Deve essere Isaac”
In un paio di passi raggiunse e aprì la porta, ritrovandosi il licantropo riccio davanti che dondolava impacciato sui talloni e con uno smagliante sorriso.
“Ciao Isaac, solo un attimo, recupero la giacca, le scarpe e arrivo” buttò lì Stiles senza guardarlo troppo a lungo, dato che si sentiva già arrossire e, infilandosi nel piccolo guardaroba che si trovava dietro la porta, sparì.
 
Con un attimo di esitazione e ritardo, Derek si decise a seguire il ragazzo scontrandosi però con l’ostacolo delle scale: le aveva sempre percorse in salita, mai in discesa e la sensazione di vertigine divenne evidente. Cercò di non pensarci e sentendo il suono del campanello, si costrinse a muoversi anche se con attenzione e lentamente. Riuscì a raggiungere il piano inferiore, proprio nell’attimo in cui la porta si apriva rivelando quel… quell’odioso, insulso, approfittatore di un beta biondiccio e slavato.
Se non fosse stato sicuro che non gli avrebbe arrecato alcun danno gli avrebbe azzannato le caviglie… oh sì! Forse avrebbe potuto farlo comunque, almeno per soddisfazione personale, ma chi lo avrebbe sentito poi Stiles! Dovette abbandonare l’idea, niente morsi, ma forse qualche ringhio ben assestato e qualche occhiata da cucciolo opportunamente indirizzata al suo ragazzino…
Per questo motivo ignorò lo sceriffo che lo chiamava e anche Isaac che ghignava alla sua volta e si fiondò nello spazio stretto che si apriva dietro la porta.
Trovò Stiles e guaendo mostrò un musetto triste e strappalacrime, posizionandosi davanti a lui inginocchiato a terra intento a legarsi i lacci delle scarpe.
“Derek, esco solo per qualche ora, non fuggo in Antartide!” ma il cucciolo non voleva sentire ragioni e agguantando una delle stringhe iniziò a tirare.
“Derek! Ora basta”
Al suono di quelle parole, nel piccolo ripostiglio giunse anche l’altro lupo che si piegò e, davanti all’espressione stupitao di Stiles, circondò con entrambe le mani il torso di Derek e senza fatica lo sollevo riuscendo a fargli lasciare il cordino.
L’Alfa si dimenava come un ossesso, piegando il corpo per quanto possibile e cercando di mordere o scalciare forte sperando di sgraffiare l’altro, ma purtroppo era talmente piccolo e la forza del licantropo era eccessiva per lui.
Infatti quando il biondo strinse le mani, per vendicarsi della perdita di tempo e del tentativo di rovinargli la serata, il cucciolo mugolò dal dolore. Stiles sentì qualcosa di diverso in quel suono e rimessosi in piedi andò alla ricerca dei due.
Isaac stava raggiungendo lo sceriffo, quando si sentì afferrare la manica e si voltò per ritrovare il compagno di scuola, che senza attendere oltre gli strappò il lupacchiotto dalle mani.
“Isaac, lascialo, gli stai facendo male” e portandoselo al petto, si diresse verso la cucina per affidarlo al padre “Tutto ok? Stai bene?”
Il cucciolo cercò ancora di convincerlo a restare, guardandolo con i suoi occhioni languidi.
“Un paio d’ore, solo un paio d’ore” e passandolo al padre, salutò entrambi.
Derek si lasciò andare a un piccolo sospiro di sconforto, e guardandolo allontanarsi convenne almeno su un fattore positivo, la maglietta che indossava perlomeno gli copriva decentemente il culo.
 
Appena Stiles chiuse la porta alle sue spalle trasse anch’egli un profondo sospiro e stirando le labbra in un accenno di sorriso si voltò verso Isaac, oramai era in ballo tanto valeva provare a restare in piedi ballando.
“Allora, d-dove mi porti?”
“Sorpresa… ma ci servirebbe la tua auto, ti spiace?”
“No, certo che no” e infilando le mani nelle tasche, rovistò finché non riuscì a trovare le chiavi e saliti in macchina si fece indicare la via.
 
Si fermarono quando la strada sterrata improvvisamente terminò davanti ai loro occhi.
“Siamo quasi arrivati” sorrise Isaac scendendo e chiudendo la portiera, subito imitato dal proprietario.
“Dove siamo?” domandò con un sottile velo di preoccupazione il castano.
“È sempre il bosco di Beacon Hills, solo che ci troviamo sul lato più vicino all’interstatale. Voglio farti vedere una cosa” Isaac si avvicinò e imprigionò la mano di Stiles nella sua, tirandolo impercettibilmente e inducendolo così a seguirlo.
L’aria era tiepida nonostante il cielo stesse volgendo ai colori della sera e alcune stelle già facessero capolino.
Camminarono per circa dieci minuti tra cespugli e fitta boscaglia e di tanto in tanto Stiles sentiva un piccolo groppo in gola fargli saltare un battito quando si rendeva conto che non sarebbe mai riuscito a tornare alla sua auto da solo. Ogni volta che ciò accadeva, Isaac se ne accorgeva perché serrava per un attimo la sua mano come se volesse tranquillizzarlo.
Nel silenzio del bosco, la voce del lupo si alzò “Ci siamo” e scostando con un braccio un intreccio di rami di rovo, mostrò un panorama mozzafiato.
Davanti ai loro occhi vi era un piccolo lago con la superficie ricoperta per metà da bellissimi fiori acquatici e da un lato vi era una coperta stesa con cura sull’erba.
“Hai fame?”
“S-sì” balbettò Stiles lasciandosi trascinare verso il pic-nic allestito e notando mano a mano che si avvicinava moltissimi dettagli: la classica cesta in vimini da cui sbucava il collo non di una ma di ben due bottiglie, una coperta perfettamente piegata, probabilmente pronta nel caso in cui avesse sentito freddo e poi agli angoli del plaid quattro grandi candele al momento ancora spente.
“Abbiamo impiegato più tempo del previsto e non pensavo che avrebbe fatto buio così in fretta, ma almeno avremo una scusa per accenderle subito” e lasciandosi cadere a terra, trascinò con sé Stiles che ebbe a malapena i riflessi per buttare la mano libera ed evitare di rovinare direttamente tra le braccia del ragazzo.
“Potevi lasciarti cadere, non mi sarei di certo lamentato” lo informò Isaac iniziando a ridere subito dopo e allungandosi verso il cestino.
Stiles si sistemò sulla coperta, né di fronte né accanto all’amico, ma in una sorta di innocua via di mezzo “Allora che hai preparato di buono?”
In silenzio Isaac dispose in mezzo a loro un piatto di crostini di pane e subito dopo un recipiente suddiviso in scomparti dove varie salse e intingoli fecero venire l’acquolina in bocca all’umano.
Fu la volta poi di due bicchieri e della prima bottiglia, che Stiles scoprì essere vino rosso, ma il licantropo non si fermò ed estrasse ancora una boule trasparente con all’interno quella che pareva essere una succulenta insalata di pasta e per finire fecero la loro apparizione, due ciotoline piene fino all’orlo di mousse al cioccolato.
“Sperò ti piaccia ciò che ho cucinato” disse sottovoce Isaac mostrando un barlume del ragazzo timido che era stato.
“Apprezzerò tutto senza dubbio, anche perchè sembra che qualcuno abbia accuratamente preso nota di ciò che prendo di solito a mensa”
“Beccato! Su dai mangiamo”
 
Cenarono, parlando di mille cose: dalla scuola allo sport, dai gusti musicali ai vari hobby che occupavano il poco tempo libero che rimaneva loro.
E così come sparì la maggior parte del cibo, così terminò la prima bottiglia di vino.
Il figlio dello sceriffo non riteneva di essere ubriaco, ma certamente l’alcool aveva sciolto quella tensione che sentiva legargli le spalle e lo aiutava a parlare e ridere per ogni nonnulla in piena libertà.
Anche se si fosse ubriacato, avrebbe potuto di certo fare affidamento su Isaac per il viaggio di ritorno, perchè ricordando una precedente esperienza con Scott, oramai sapeva essere praticamente impossibile far sbronzare un licantropo.
 
L’ultima a perire sotto i colpi di cucchiaio di Stiles, mentre Isaac rideva ricordando alcune sue memorabili figuracce durante gli allenamenti di lacrosse, fu la crema al cioccolato.
Il ragazzino non era del tutto consapevole – perché altrimenti si sarebbe vergognato fino alla fine dei tempi e preoccupato delle possibili reazioni – dei mugolii estasiati che emetteva mentre la gustava.
“Questa cosa è una goduria. Dimmi come diavolo fai a…”
“Davvero vuoi passare il tempo a scambiarci segreti di cucina?” lo interruppe il biondo strisciando sulla coperta e portandosi a contatto con il suo fianco, ma seduto in senso contrario.
“No, volevo capire come mai fossi così bravo in cucina?”
“Per la stessa ragione per la quale suppongo lo sia anche tu”
Stiles si rese conto della cazzata che aveva appena detto. Non ci voleva di certo una laurea in psicologia per comprendere che anche lui, non avendo più la madre e soprassedendo sul padre, aveva dovuto imparare ad arrangiarsi molto presto.
“Scusa…io”
“Non fa niente” facendosi ancora più vicino con voce sussurrata e sventolandogli la propria ciotola piena ancora per metà, aggiunse “Ne vuoi ancora?”
“Naaaaa… poi divento grasso” rispose con una smorfia prima di scoppiare a ridere.
“Su, di certo non diventerai una balena per un paio di cucchiaiate in più. Aaahh… apri la bocca”
E Stiles docile obbedì solo che, a toccare la sua lingua e a far esplodere nella sua bocca il gusto del cioccolato, non fu un cucchiaino, ma l’indice di Isaac completamente ricoperto di mousse.
La sua mente registrò la cosa, ma la sua lingua era oramai una causa persa e ripulì con attenzione e dovizia il dito che continuò a rimanere tra le sue labbra anche dopo che il dolce era stato del tutto trangugiato.
Quando Stiles si accorse che stava giocando in modo alquanto equivoco con quelle falangi, spalanco le labbra e arretrando di qualche centimetro, le costrinse a uscire dalla sua bocca. I suoi occhi osservarono il dito lucido della propria saliva rimanere lì immobile a mezz’aria e subito dopo si spostarono sul viso del ragazzo.
Isaac era a un’esigua distanza dal lui e stava fissando intensamente le sue labbra.
Il tempo sembrava essere scomparso e neppure riusciva a sentire i mille suoni del bosco.
Quasi scattò dallo spavento, quando, senza che se ne accorgesse, le mani di Isaac salirono a circondargli il volto e la sua voce prese a carezzargli calda e umida la pelle “Stiles… devo baciarti, io devo….”
La frase venne lasciata a metà, perché non resistendo al proprio desiderio il licantropo poggiò le labbra su quelle del ragazzino seduto impettito di fronte a lui.
Anche se all’inizio la partecipazione del castano era pressoché nulla, Isaac cercò di coccolarlo e vezzeggiarlo, gli leccò e morse le labbra, gliele succhiò con foga e quando oramai stava per gettare la spugna, ecco che Stiles si rilassò e gli permise di entrare.
 
Le labbra di Isaac esigevano attenzioni, lo pretendevano ed era piacevole anche se all’inizio era rimasto sorpreso, ma ehi era il suo primo bacio, aveva tutto il diritto di essere imbarazzato, impedito e un poco insicuro. Neppure si accorse di essere finito con la schiena sulla coperta e con il ragazzo che incombeva su di lui, quando la propria lingua venne toccata e sfiorata da quella di Isaac.
Nel momento in cui, alla lingua che scopriva e lambiva ogni anfratto della sua bocca, si aggiunsero le mani che si intrufolarono sotto la maglietta solleticandogli lievi la pelle nuda, come un argine che si sbriciola sotto la potenza di un fiume, Stiles comprese che era tutto eccitante e sconvolgente, ma al tempo stesso profondamente sbagliato.
 
Era sbagliato lasciare che Isaac lo baciasse in un angolo di Paradiso.
Era sbagliato lasciare che le sue mani vagassero sul proprio petto.
Era sbagliato lasciare che pensasse che stesse andando tutto bene.
Era, forse, sbagliato lasciare che la mente si chiedesse cosa stesse facendo quel botolo irritante che aveva lasciato a casa?
 
Puntando le mani sulle spalle del licantropo, fece leva e sperò che questi non usasse la sua forza per costringerlo a restare a terra.
Fortunatamente, il compagno di scuola era ancora il bravo ragazzo che aveva sempre conosciuto e non appena si accorse che l’amico si stava agitando sotto si sé, si scostò.
“Che c’è Stiles?”
“Io… io non… mi spiace Isaac, sei molto gentile, simpatico e sexy, ma…”
“Ma non ti piaccio vero?” concluse per lui il biondo con un innocente ma triste sorriso ad ornargli le labbra gonfie e umide.
Stiles non riusciva a dare fiato alla propria voce e annuì abbassando il capo.
“Ehi, guardami” e quando l’altro lo ascoltò continuò “Speravo di piacerti almeno un po’, ma non posso di certo obbligarti. È doloroso, perché tu mi interessi e parecchio, ma è andata così”
Alzandosi, allungò la mano verso il basso per aiutarlo a rimettersi in piedi.
 
In silenzio raccolsero tutto ciò che Isaac aveva portato e dopo essere tornati all’auto, con un bel po’di fatica almeno da parte di Stiles visto e considerato il buio, raggiunsero la casa dello sceriffo.
Entrambi scesero imbarazzati dalla Jeep e come in uno stereotipo da telefilm iniziarono a parlare in contemporanea. Isaac sorridendo e rimanendo zitto, costrinse Stiles a parlare per primo.
“Grazie per la serata e spero che potremo…”
“Rimanere amici?” chiese ironico il licantropo “Credo di sì, ma dammi tempo ok, dammi solo un po’ di tempo”
Il castano non ebbe il tempo di voltarsi e infilare la chiave nella porta che si ritrovò Isaac ad un soffio “Ancora un bacio, uno piccolo. Ti prego” e senza aspettare unì le loro labbra.
Prima di lasciarle libere e di dire loro addio, strinse tra le proprie quello inferiore ancora per un attimo come se volesse rubarne il sapore e poi arretrando entrò nella zona d’ombra tra due lampioni e si allontanò.

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Capitolo 7
*** In fuga ***


Non odiatemi, tutto ha un perchè!
Buona lettura.

Cap. 7 

“In fuga”
 
Stiles rimase immobile per alcuni secondi e quando si riscosse, cercò di infilare la chiave nella serratura, con scarsi risultati. Vedeva le sue dita stringere il pezzo di metallo e tremare, senza comprenderne il motivo. Solo prendendo un lungo e profondo respiro, si accorse che lentamente si stavano fermando e avvicinando di nuovo la chiave al nottolino riuscì a infilarla ed entrare finalmente in casa.
Voltandosi per chiudere la porta e inserire il chiavistello, solo una parola rotolava in ogni angolo della sua mente “Perché?”
Si era ritrovato in compagnia di un ragazzo molto carino, premuroso e – almeno all’apparenza – disgustosamente romantico, che si era impegnato per scoprire e imparare i suoi gusti e le sue abitudini. Isaac sembrava tenerci parecchio a lui ed era stato dolce e accattivante in modi e dosi perfette: né troppo appiccicoso né troppo rude.
E allora perché si era scostato?
Perché Stiles immediatamente aveva capito che non avrebbe mai potuto innamorarsi di lui?
Perché voleva solo uscire dal bosco e tornarsene a casa?
La risposta era lì, accoccolata nel cantuccio più oscuro della sua instancabile testolina, e aspettava solamente che tutto quel trambusto di domande e ansia repressa si acquietasse per mostrarsi in tutta la sua sfolgorante trasparenza e semplicità.
 
Derek.
 
Aveva rovinato l’appuntamento – a voler essere precisi il suo primo vero appuntamento, perché aver accompagnato Lydia al ballo non valeva molto, dato che per lei era stato un magro ripiego se non una punizione – aveva spezzato il cuore a un ragazzo che non se lo meritava, e tutto perché non riusciva a togliersi dalla mente quel lupo da quattro soldi che lo trattava come uno stupido, inutile e fastidioso problema.
Senza dimenticare che da un paio di giorni gli aveva monopolizzato la vita, la casa e soprattutto il letto. Certo da cucciolo appariva più affabile e sembrava quasi che ricercasse la sua compagnia e addirittura il contatto con lui, ma come un monito, Stiles sentì echeggiare nelle sue orecchie le parole che Isaac aveva detto quella mattina “per quanto ora sia carino e coccoloso, tra poco tornerà alla forma abituale e quindi non avrà più bisogno di te…”
E scuotendo il capo si rese conto che, pur avendo sempre saputo che quella fosse la verità, ora la sentiva bruciare sottopelle come non mai.
Ancora un giorno e tutto sarebbe tornato alla normalità, con l’Alfa che avrebbe ricominciato a non prenderlo minimamente in considerazione, se non per ringhiargli contro o utilizzarlo come autista in casi estremi.
Si diede, quindi, amorevolmente del coglione e senza riuscire a controllarsi gli occhi si riempirono di lacrime, neanche si accorse del padre che, ancora sveglio, era appena rientrato dalla porta sul retro.
“Figliolo, sei tu?”
“S-sì” rispose Stiles strofinandosi la manica della felpa sugli occhi tentando di asciugarli e rendersi presentabile, oramai gli argini erano stati aperti e i primi lucciconi attraversarono caldi le guance, ma riprendendo voce continuò “Vado a letto” e facendo le scale a due a due, corse di sopra.
Rintanatosi nella propria camera, si lasciò cadere sul letto con l’unico risultato di svegliare Derek che, iniziando a uggiolare, si avvicinò al suo viso guardandolo serio.
 
Il cucciolo era felice che il ragazzo fosse tornato a casa così presto, sperando che ciò lasciasse intendere che lui e quell’altro, probabilmente, non si erano intrattenuti in attività che non voleva neppure immaginare.
Non potevano di certo essersi saltati addosso appena usciti di casa… o almeno lo sperava vivamente.
La serata era stata, per lui, eterna.
Forse che, da animale, il tempo si dilatasse?
Derek riteneva fosse una risposta più che plausibile, fatto stava comunque che non fosse riuscito a sopportare la partita e neppure la compagnia più che accettabile e premurosa dello sceriffo, rifugiandosi, non senza qualche difficoltà logistica, sul letto di Stiles e ripromettendosi di non addormentarsi.
Considerando il balzo compiuto nell’istante in cui aveva sentito il materasso muoversi, dovette convenire che, contrariamente a quanto auspicato, si era assopito, ma scorgendo anche al buio i numeri luminosi della sveglia, si accorse che era molto molto presto.
 
Avvicinandosi al viso di Stiles, Derek notò immediatamente le scie lucide delle lacrime, ne annusò istantaneamente l’odore e non appena ebbe registrato entrambi gli elementi, digrignò i denti.
Immagini del castano costretto a subire atteggiamenti che non desiderava iniziarono ad affollargli la mente. Cosa mai aveva potuto fare Isaac per portare Stiles alle lacrime? Alla ricerca di una risposta, accostò il muso alla sua guancia e socchiudendo le fauci istintivamente leccò via i resti di quella tristezza liquida e salata.
La piccola e lesta lingua di Derek lappò un paio di volte la pelle di Stiles prima che questo comprendesse lucidamente cosa stesse succedendo e, scostando rapido il capo, ne interrompesse i movimenti.
“Derek, smettila… fermati” e sedendosi, si mise fuori portata, ma il piccolo non demorse e salendogli sulle gambe, riuscì a riavvicinarsi al suo viso, ma giunto a pochi centimetri il suo olfatto venne colpito da un odore ben più forte di quello delle lacrime e che, stranamente, non aveva avvertito prima. L’odore di Isaac era sulla pelle di Stiles, per essere precisi sul volto del ragazzo e ciò lo fece infuriare talmente tanto da strappargli lunghi e crescenti ringhi frustrati.
Voleva follemente che Stiles iniziasse a raccontare, Derek doveva sapere cosa diavolo fosse successo, quali azioni avevano permesso al ragazzo di trattenere su di sé la traccia dell’altro lupo.
“Ti ho detto di smetterla” gli urlò contro Stiles, incapace di trattenersi e prendendolo in malo modo, lo posò sul pavimento, alzandosi poi dal letto per avvicinarsi alla finestra.
Derek non si capacitava di cosa potesse aver sconvolto così tanto il liceale e fece per muovere un passo nella sua direzione, quando l’altro si girò poggiando le terga al davanzale.
 
Coprendosi il viso con entrambe le mani, il castano cercò di regolarizzare il respiro, ma non vi riuscì perché la collera che montava in lui era troppo violenta e per una volta la lasciò libera “Ero in piacevole compagnia, stavo trascorrendo la serata con un ragazzo a cui sembrava importare qualcosa di me, di Stiles Stilinski l’umano inutile. E cosa faccio? Inizio a preoccuparmi: chissà se si è calmato, chissà se ha mangiato, chissà se mio padre non lo ha steso fuori con la biancheria spinto dalla disperazione…” un piccolo sorriso tirato e cinico interruppe quella valanga di parole.
Derek era immobile al centro della stanza nel buio che in essa regnava e aspettava che il ragazzo riprendesse a parlare, perché era certo non avesse ancora terminato.
“Mi aveva portato in un posto bellissimo, aveva preparato tutti i cibi che sapeva avrei apprezzato. Perché lui mi presta attenzione, Derek! Lui sa cosa mi piace e cosa detesto, ha dedicato del tempo per conoscermi, nessuno lo fa mai. Sembra che tutti si accontentino di quel poco che già sanno di me. E poi… poi mi ha baciato. Il mio primo bacio. E io me lo sono goduto? No! Cioè sì, un poco sì, ma non è questo il punto. Il punto è che ho realizzato che non volevo lui. Hai capito? Io non volevo che fosse lui…”
Vinto dalla tensione che attraversava il suo corpo, Stiles si accasciò a terra, lasciandosi cadere seguendo il profilo del muro.
 
Derek fece per muoversi, cercando di non farsi prendere dalla rabbia che la notizia che si fossero baciati aveva scatenato il lui, ma venne di nuovo fermato. Questa volta il tono sembrava più tranquillo, ma pericolosamente serio.
“Vai via Derek. Vattene via di qui”
Un guaito sconsolato tagliò l’aria, ma invece di indurre Stiles alla calma, sembrò gettare altra benzina sul fuoco e la voce divenne un grido “VATTENE VIA”
Derek spalancò i suoi occhioni liquidi e profondamente scosso, lo assecondò.
Fuori dalla camera e poi giù per le scale.
Arrivato in fondo, andò a sbattere contro i piedi dello sceriffo che accucciandosi e carezzandogli il muso domandò “Che succede di sopra? No l’ho mai sentito urlare così”
Derek non gli diede retta e notando che l’uomo era appena rientrato dal giardino sul retro, lasciando la porta socchiusa, si fiondò in quella direzione e uscendo all’aperto andò alla ricerca del buco nella recinsione e trovatolo fuggì.
 
Corse a perdifiato per un paio di isolati, fino a quando si rese conto di non avere la minima idea di dove stesse andando e trovando lungo la via un angolo abbastanza buio da non essere visibile dalla carreggiata, si fermò a riflettere.
La rabbia mista al dolore che aveva visto negli occhi di Stiles lo aveva costretto a seguire le sue parole. Guardandolo in volto, Derek aveva avuto la netta sensazione che fosse tutta colpa sua e così si era voltato e aveva esaudito il suo desiderio.
Ora però doveva valutare il da farsi, era notte ed era solo. Si ricordava che le case di Stiles e Scott non fossero – parlando di distanze coperte con la sua Camaro o correndo come un licantropo – molto lontane, ma con le sue attuali dimensioni tutto assumeva una connotazione nuova.
Non era sicuro di ricordarsi la via e neppure di avere la forza di percorrerla, ma era la sua unica possibilità per non rimanere all’addiaccio ed essere in un posto che Stiles, se avesse voluto, avrebbe trovato con facilità.
Sperò che il suo fiuto fosse in grado di essergli d’aiuto e così fu. Concentrandosi riuscì a sentire, anche se molto debole la scia del beta e si incamminò in quella direzione.
 
Intanto Stiles, ancora accoccolato sul pavimento della propria camera, venne raggiunto dal padre che, non essendo riuscito a impedire al cucciolo di uscire sul retro e non avendolo poi trovato nel giardino, si era fatto coraggio ed era salito di sopra per avvisare che Derek era scappato.      
Lo sceriffo, accesa la luce della camera, trovò il figlio seduto in un angolo e, inginocchiatosi di fronte, ne attirò l’attenzione chiamandolo per nome e stringendogli con forza una spalla.
“Stiles che fai sul pavimento e per di più al buio?” dimentico per un attimo del motivo che lo aveva portato di sopra.
Il ragazzo alzò il capo, incurante degli occhi pieni di pianto e tirando su con il naso interrogò il genitore “Papà cosa c’è che non va in me? Perché riesco solo a combinare casini?”
James non seppe che dire anche considerando il fatto di non sapere cosa lo avesse sconvolto a tal punto “Figliolo… perché dici questo? Che ti è successo?”
“Io ero uscito con… e mi stavo divertendo però…” la mente e il cuore di Stiles erano talmente in tumulto da trasformare i suoi pensieri in spezzoni di frasi incomprensibili “e lui era sempre nella mia testa… e così l’ho fermato”
“Stiles… Stiles!” l’uomo quasi urlò il nome del figlio pur di fermare qual fiume di parole impazzite “Chi era nella tua testa e chi hai dovuto fermare?” domandò preoccupato e incurante del fatto che il ragazzo stesse chiaramente parlando al maschile.
Elemento di cui invece si accorse prontamente proprio il liceale, che alzando gli occhi sul padre confessò “Papà, sono gay”
Lo sceriffo, sorridendo, riprese con tono comprensivo “Stiles, non credo che sia questo ciò che ti preoccupa maggiormente in questo momento. Allora mi vuoi parlare di cosa ti sta facendo piangere?”
“Papà! Ti ho appena detto che sono gay. Hai capito? G-A-Y”
“Ho capito figliuolo e questo non cambia nulla tra me e te, quindi ti ripeto: cosa è successo?” tentò per l’ennesima volta di farlo parlare, trascinandolo quasi di peso a sedere sul letto.
“Sai che questa sera sono u-uscito con… Isaac” tentennò il ragazzo.
Con un semplice cenno del capo, il padre lo invitò a proseguire e dopo aver preso un profondo respiro, Stiles ci provò.
“Solo che… solo che non”
“Non era quello giusto?” concluse per lui lo sceriffo.
Stiles annuì “E poi appena rientrato me la sono presa con… A proposito, papà, dov’è Derek?” chiese sperando che il cucciolo, sentendosi chiamare sbucasse come per magia dal corridoio.
“Ecco Stiles, ero salito di sopra proprio per dirti che… ma poi ti ho visto in questo stato e mi è passato di mente”
“Dirmi cosa?”
“Credo che sia scappato” ammise James “Ti ho sentito urlare dal giardino e sono rientrato, Derek mi è venuto addosso e poi è uscito di corsa. Penso che ci sia un buco nella recinzione perché gli sono andato dietro, ma non l’ho trovato”
“Dannazione! Certo che c’è un buco, dato che me lo sono trovato davanti a scuola oggi! Quello stupido di un lupo! Devo andare a cercarlo” e senza attendere oltre si fiondò di sotto e uscì di casa.    

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Capitolo 8
*** Derek, ovvero un cucciolo dai gusti difficili ***


Cap. 8
“Derek, ovvero un cucciolo dai gusti difficili”
 
Derek aveva camminato per parecchio tempo, riconoscendo di tanto in tanto piccoli elementi che gli offrivano la prova di essere sulla strada giusta e così quando imboccò la via nella quale abitava il beta, prese a correre, aveva voglia di stare al caldo e per di più doveva a tutti i costi mettere qualcosa nello stomaco.
Giunto sotto la finestra di Scott, che fortunatamente era illuminata, si mise seduto e prese ad ululare, sperando di non dover aspettare in eterno che il ragazzo si decidesse a guardare di sotto.
 
Destino volle che quella sera i pochi neuroni che abitavano l’assurdo cervello di Scott avessero deciso di collaborare tra loro e dopo un paio di uggiolii strazianti, la finestra si aprì e la testa del moro fece capolino.
“Derek, che diavolo ci fai qui?”
Come se avesse potuto rispondergli!
Il cucciolo, intelligentemente, optò per un altro ululato.
Scott si tirò indietro e correndo giù per le scale in un attimo fu accanto all’Alfa “È successo qualcosa a Stiles?” il lupo scosse la testa e subito dopo si mise in piedi e si incamminò verso la porta lasciata aperta, entrando tranquillamente in casa.
“Ehi… dove diavolo credi di andare? Lo sai che mia madre non ti vuole qui…” gli urlò dietro Scott rientrando e chiudendo la porta.
 
Derek era di nuovo seduto, questa volta al centro del corridoio e lo osservava tranquillo, aspettando le azioni o le parole che sarebbero venute.
“Perché non sei a casa di Stiles?”
Il cucciolo alzò gli occhi al cielo, quanto ci avrebbe messo a capire che poteva solo porre domande che richiedessero come risposta un’affermazione o una negazione?
“Ok… ok, scusa. Riprovo. Appurato che il mio amico sta bene, per caso hai litigato con lui? Chissà cosa avrai combinato!”
Un piccolo ringhio seguito da un convinto e sicuro movimento del capo a destra e sinistra aumentarono la curiosità di Scott.
“Almeno dimmi che Stiles sa che sei qui?”
Altra poderosa negazione.
“Per la miseria, Derek, sai come è fatto! Sarà già in giro a cercarti. Resta fermo lì, ora lo chiamo” e recuperato il cellulare dalla tasca dei jeans, non riuscì a selezionare nelle chiamate rapide il numero di Stiles, perchè sentì tirare con forza i pantaloni all’altezza della caviglia.
Il cucciolo cercava in tutti i modi di attirare l’attenzione del moro e quando vi riuscì riprese a fare segno di no con il capo.
“Non vuoi che lo chiami? Lo hai fatto arrabbiare così tanto?” domandò addolcendo impercettibilmente il tono di voce e abbassandosi sulle ginocchia fece per allungare una mano per accarezzare la testolina del lupacchiotto.
L’Alfa arretrò ringhiando forte, mostrando tutte le zanne avute in dotazione e piegando indietro le orecchie, era buffo, ma si capiva che non aveva la benché minima intenzione di lasciarsi toccare.
“Mamma mia quanto fai il difficile, volevo solo… lasciamo perdere. È tardi e io vorrei andare a dormire. Seguimi”
Scott si diresse verso le scale, ma si accorse che Derek aveva preso un’altra strada e precisamente quella che lo stava conducendo in cucina e fermatosi di fronte al frigorifero, lo stava aspettando.
Il padrone di casa giunse qualche attimo dopo e supponendo che il licantropo volesse mangiare aprì lo sportello sbirciando all’interno dell’elettrodomestico “Derek hai fame?”
Con un singolo guaito decretò il suo desiderio di cibo.
 
Dato che il ragazzo si muoveva sopra ai ripiani della cucina, Derek non poté vedere cosa stesse preparando, fino a quando non gli venne messa sotto il naso una scodella piena di latte.
Santo cielo! Non era mica un gatto!
Arricciando il nasino, Derek si tirò indietro dopo una sdegnata annusata al liquido bianco.
Scott riprese la ciotola e dopo aver armeggiato nuovamente nel frigorifero e per qualche minuto anche con il microonde, ritentò poggiando a terra lo stesso recipiente colmo di una brodaglia verdognola, forse passato di verdure.
Derek non tentò neppure di annusarla, dato che l’odore forte del cavolo arrivava prepotente alle narici e si ritrovò ad arretrare ancora di più.
“Derek, non sono un ristorante! Ci provo ancora una volta e poi ti arrangi: o mangi o resti con la pancia vuota” e aprendo di nuovo lo sportello prese a guardare con attenzione ogni ripiano. Osservò con tale accuratezza i cibi, da non accorgersi del cucciolo che senza fare rumore si era avvicinato, fino a infilarsi tra le sue gambe e sbirciare così cosa offriva il menù completo di casa McCall.
Alla fine gli occhietti vispi di Derek adocchiarono qualcosa che fece venire l’acquolina in bocca alla sua forma lupesca, sul ripiano più basso – per sua fortuna – vi era una piatto con all’interno dolcemente adagiati alcuni succulenti salsicciotti.
Quello si che era cibo!
Muovendosi lentamente si fece ancora più prossimo alla preda e constatando che la sua presenza era passata del tutto inosservata, con uno scatto improvviso e rapido, agguantò la carne e si fiondò di corsa dall’altro lato della stanza.
 
“DEREK! Torna subito qui! Quella è il pranzo di domani” e per un attimo gli occhi del beta si rivestirono di riflessi dorati.
Il piccolo lasciò la presa sul salsicciotto e posandolo a terra vi pose sopra una zampa, pronto a dar battaglia.
Il ragazzo decise di lasciar perdere, tanto oramai il cibo era stato nella bocca del lupo e a rotolare sul pavimento della cucina, tanto valeva dargliela vinta.
 
Scott attese con pazienza che l’Alfa completasse il suo pasto e dopo che averlo visto leccarsi con soddisfazione i baffi, riprese a parlare “Ora me ne vado davvero a letto e dato che mia madre è di turno, ma tornerà molto presto domani mattina, è meglio evitare che ti veda, quindi starai nella mia stanza”
Trotterellandogli a fianco, Derek arrivò al primo scalino e iniziò l’arrampicata.
La fatica era enorme per il corpo del cucciolo e Scott, mosso a compassione, si abbassò e fece per prenderlo in braccio.
Non appena le mani del ragazzo si chiusero attorno al torso di Derek, questo prese ad agitarsi e volgendo il capo all’indietro arrivò perfino a mordere la mano di Scott, penetrando nella carne con i suoi dentini aguzzi.
La stretta di quelle mani sparì in un lampo e i due ripresero in silenzio a salire.
 
La sua reazione era stata spropositata, Derek se ne rendeva pienamente conto, ma era stata istintiva. Quelle mani – che non appartenevano a Stiles – che premevano sulla sua pelliccia e avevano tentato di sollevarlo lo avevano spaventato e infastidito e la stessa sensazione aveva attraversato la sua mente quanto il beta aveva cercato di fargli una piccola carezza sul capo.
Non voleva che altre persone lo toccassero. Aveva tollerato i gesti dello sceriffo, non poteva essere troppo scontroso o aggressivo, dato che doveva per forza e necessità stare in quella casa, ma di sicuro non avrebbe permesso a nessun altro di stargli così vicino.
 
Entrati nella camera di Scott, il lupo si guardò attorno. Non solo gli mancava Stiles, ma avvertiva l’assenza soprattutto del suo odore. In casa Stilinski tutto sapeva di Stiles, tutte le stanza, tutti gli oggetti e anche lo sceriffo aveva addosso un poco dell’odore del figlio e forse era stato quello a rendergli sopportabile la sua vicinanza.
Voleva tornare da lui, o meglio sperava con tutto il cuore che Stiles venisse a cercarlo e portarlo via.
La voce di Scott che si stava preparando per andare a letto – Derek si accorse anche che la visione del beta in mutande non gli sortiva nessun effetto – lo riportò alla realtà e il lupetto, notando che il letto era più basso di quello si Stiles, prese una bella rincorsa e ci saltò sopra.
“Derek” borbottò il moro infilandosi una maglietta “senza offesa, ma scendi dal mio letto”
Il cucciolo, invece di obbedire, si coricò allungandosi per bene e occupando il maggior spazio possibile, incurante delle parole appena udite e guardando Scott come a voler dire Ti piacerebbe.
Stupidamente, il padrone di casa provò, allungando le mani, a spostarlo ma ciò che ottenne furono solo un’altra azzannata e una lunga e minacciosa sequela di ringhi.
“Derek Hale io ti odio! Sappilo!” sbottò il moro artigliando con furia il cuscino e la coperta piegata in fondo al letto e, stendendola a terra, mugugnando sottovoce si coricò.
 
La mente di Derek riprese il volo e si domandò nuovamente cosa potesse essere accaduto di talmente devastante da aver sconvolto Stiles così nel profondo. Non lo aveva mai visto arrabbiato e fuori di sé a quel modo.
Il licantropo era quasi convinto di non aver combinato nulla. Ok, era scappato dal giardino quella mattina, ma poi si era risolta, avevano fatto pace.
Alla fine era arrivato a pensare che il motivo non riguardasse neppure del tutto l’uscita con Isaac perché se fosse successo qualcosa di brutto, probabilmente, gliene avrebbe parlato in uno dei suoi tipici monologhi fiume.
 
Mentre Scott sperava di trovare una posizione comoda sul pavimento, venne distratto dalla vibrazione del proprio cellulare lasciato sulla scrivania. Si alzò sbuffando e quando vide il nome di chi lo stava chiamando aprì la conversazione e senza perdere tempo parlò “Vieni a prenderti questo sacco di pulci. Ora!”
Derek ancora sveglio, scattò a sedere sul letto: era Stiles.
“È da te? Oh grazie al cielo. Sono per strada, un paio di minuti e arrivo” giunse all’udito sensibile dell’Alfa la voce attutita dall’apparecchio telefonico.
Un uggiolio impaziente si levò nella penombra della stanza e Scott posando il cellulare si rivolse al lupo “Sta venendo a prenderti! Così finalmente potrò dormire”
Il moro non si prese neppure la briga di scendere di sotto, quando sentì arrivare la Jepp di Stiles sotto casa, sapendo che l’amico aveva una copia delle sue chiavi e seduto a terra accanto alla finestra attese che salisse di sopra.
 
I tonfi sordi del balzi che il figlio dello sceriffo stava compiendo per mangiare più scalini possibile con un solo passo lo portarono a spalancare in men che non si dica la porta della stanza di Scott e ad accendere la luce.
Con il fiatone puntò immediatamente il dito verso Derek “Tu, dimmi che problema hai? Ti diverti così tanto a metterti nei guai e farmi venire un infarto?”
Solo dopo aver terminato di parlare si accorse che il cucciolo era comodamente a letto e l’amico era invece accampato a terra e rivolgendosi a Scott chiese spiegazioni.
“Perché anche da cucciolo resta il solito Derek. Deve comandare lui. Come hai fatto a sopportarlo: non si lascia toccare, non si fa prendere in braccio, mi ha morso non una ma ben due volte… e poi mi ha cacciato dal mio letto. Prendilo e portatelo a casa e buonanotte a tutti e due”
“D-davvero?” si stupì il castano, che non aveva però alcuna voglia di descrivere i comportamenti, completamente diversi, che l’Alfa teneva con lui, forse perché aveva paura di analizzarne le differenze e soprattutto scoprirne i motivi.
In quell’attimo di silenzio, Scott si rimise in piedi ansioso di riconquistare il proprio giaciglio e spostando gli occhi su questo, vide che Derek si era portato sul bordo.
Le orecchie erano ritte, la coda oscillava a destra e sinistra, la bocca lasciata socchiusa e soprattutto Scott vide che il lupo non riusciva a stare fermo, le zampe fremevano e compivano piccoli movimenti, si capiva che non vedeva l’ora di essere preso in braccio.
Tutto il suo corpo si tendeva verso quello di Stiles e quando l’amico di avvicinò, Scott vide il cucciolo saltargli direttamente tra le braccia che veloci serrarono la presa.
 
“Grazie Scott, noi leviamo il disturbo” lo salutò Stiles uscendo dalla camera e stringendo a sé il lupo.

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Capitolo 9
*** Il Re dei disastri ***


Come già indicato nell’ultimo capitolo di Cucciolo d’uomo, mi scuso per il ritardo.
Ringrazio tutti coloro che leggono o hanno inserito la storia tra le seguite o le preferite.
Grazie grazie grazie.
Tanto per collocare il capitolo che va ad iniziare, vi informo che siamo alla seconda notte e stiamo andando quindi verso il terzo e ultimo giorno di Derek in forma canina.

 
Cap. 8
“Il Re dei disastri”
 
“Stupido di un lupo misantropo e… stupido! Ti diverti davvero così tanto a farmi preoccupare?” borbottò Stiles mentre sedeva il lupo accanto a lui sulla fedele Jeep.
Un guaito provenne in risposta dal cucciolo e nulla più.
“Senti, so di aver sbagliato a sbraitarti contro, non è colpa tua se ho questo casino in testa… cioè si è colpa tua, ma al tempo stesso non lo è. Vedi? Anche solo cercare di parlarne è un casino” chiosò voltandosi a guardarlo mentre attendeva il verde ad un semaforo, trovando l’Alfa che lo fissava visibilmente stordito dalle parole che stava sentendo.
“Facciamo così, ti chiedo ufficialmente scusa per avere urlato dicendoti di andare via, ma guai a te se lo rifai di nuovo! Dovevi decidere di darmi ascolto proprio in quel momento?” e continuando a parlare a raffica tra sé e sé e a volte rivolgendosi direttamente a Derek, arrivò di fronte a casa.
Appena messo piede nell’abitazione, lo sceriffo sbucò dalla cucina “Ehi hai trovato il nostro fuggitivo?” chiese prima di abbassare lo sguardo a terra, così da trovare da solo la propria risposta “Domani, dato che ho la giornata libera, io e te ci mettiamo in giardino a cercare quel dannato buco. Ora me ne vado a letto, buonanotte figliolo”
“Buonanotte papà. Muoviti Derek, andiamo di sopra e come promesso ieri, oggi ti tocca un bagno… inizi a puzzare” e dopo un sonoro ringhio, tutti e tre si accinsero a salire le scale.
Chiusasi alle spalle la porta della propria camera, Stiles iniziò a rovistare nell’armadio uscendone, sotto lo sguardo attento e curioso del lupo, con stretta in mano una pallottola di stoffa scura e appoggiandola sulla scrivania.
“Forza Derek, seguimi” e facendo strada, si ritrovarono entrambi nel bagno “Allora dato che non sei l’unico ad averne bisogno, dobbiamo accontentarci e convivere. Ok?” domandò senza chiarire bene di cosa stesse parlando e aprì il rubinetto miscelando con cura la temperatura dell’acqua che cominciò a riempire la vasca “Aspettami qui, torno subito”
Chiusa l’acqua, Stiles tornò nella propria camera e si spogliò per indossare subito dopo il costume da bagno opportunamente recuperato.
Con un sorriso idiota stampato sulle labbra, tornò in corridoio dove venne intercettato dal padre “Figliolo, ascolta… riguardo a quello di cui abbiamo parlato prima, per caso vuoi riconsiderare la motivazione che mi avevi dato riguardo il nome del cucciolo?” riuscì a chiedere lo sceriffo con non poco imbarazzo nella voce.
“PAPA’!” gridò il liceale, ricordandosi con un attimo di ritardo dell’udito sopraffino del licantropo e abbassando il tono, continuò “Ma che diavolo dici?”
“Beh, mi sono solo ricordato che il figlio degli Hale è un bel ragazzo, certo ha un bel po’ di anni in più di te, ma come dicono al cuor non si comanda”
“Non c’è niente tra me e Derek Hale, proprio niente!” obiettò arrossendo e sentendo un gran caldo nonostante fosse praticamente nudo.
“Dico solo che non ci sarebbe nulla di male. Tutte le accuse contro di lui si sono rivelate infondate e con le tragedie che lo hanno colpito, forse avrebbe bisogno di un amico o qualunque altra cosa…”
“Scusami papà, ti lascio alle tue assurde congetture circa la mia improbabile vita amorosa, ho un cucciolo che aspetta gli venga fatto il bagno, di nuovo buonanotte”
Non appena ebbe aperto la porta, un urlò proruppe in modo naturale dalla bocca del castano “DEREK” e richiamata così l’attenzione anche del genitore, varcò la soglia.
Davanti agli occhi dei padroni di casa si presentò una scena esilarante e agghiacciante al tempo stesso.
Acqua… acqua ovunque: sul pavimento, sulle piastrelle del muro e alcuni schizzi avevano addirittura raggiunto lo specchio sulla parete opposta.
Il cucciolo, sfruttando lo scalino offertogli da una scatola di scarpe e poi dal wc, era riuscito a saltare dentro la vasca, facendo fuoriuscire una certa archimedea quantità di liquido.
La parte divertente del quadretto era però osservare il piccolo lupo sguazzare felice da una parte all’altra della lunga vasca, girarsi e ripartire.
“Guarda che casino hai combinato!” commentò il ragazzo con la tristezza di chi sapeva bene chi avrebbe dovuto poi ripulire.
“Su Stiles, è solo un po’ d’acqua” cercò di alleggerire il dramma l’adulto presente, prima di andarsene definitivamente “puoi trovare gli stracci sotto il lavandino”
Muovendosi con attenzione per evitare di cadere, Stiles fece quanto suggerito dal padre e dopo aver tolto la maggior parte dell’acqua, decise di lasciare le minuzie alle pulizie del mattino successivo e appena si volse verso la vasca, l’Alfa si fermò, avvicinandosi al bordo della stessa.
Tentò di issarsi, ma la ceramica liscia e bagnata impediva alle sue zampe tozze di fare sufficiente presa, costringendolo, ad ogni tentativo, a scivolare e a finire completamente a fondo.
“Resta fermo un attimo, possibile che tu riesca a passare da un casino ad un altro? Pensavo fosse una mia prerogativa esclusiva” ed entrato nella vasca, Stiles si sedette, abbandonando la testa oltre la maiolica. Chiudendo per un attimo gli occhi, tutti gli eventi della serata presero a danzare frenetici nella sua mente.
 
Derek insofferente e dispettoso, l’appuntamento con Isaac, la sua arrabbiatura e la fuga di Derek, fino a giungere al momento clou: aveva confessato a suo padre di essere gay.
Con un sospiro, mise a fuoco per la prima volta, che lo sceriffo aveva presa molto bene tale notizia, tentando addirittura di trovargli un ragazzo.
Tra tutte le mille cose che si ingarbugliavano nella sua testa, d’un tratto sbucò l’immagine che si era a lui presentata entrando nella camera di Scott, con l’amico steso a terra e Derek comodamente spaparanzato sul letto e, aprendo gli occhi, incrociò lo sguardo in placida attesa del cucciolo che continuando a muovere le zampe si teneva a galla.
Stiles senza riflettere e agendo d’impulso, aprì le braccia a pelo dell’acqua “Vieni qui” e quando il lupacchiotto prese ad avvicinarsi continuò “E così hai fatto il difficile con Scott? Sei tremendo, vai da lui in cerca di ospitalità e fai il rompipalle?”
Derek aveva raggiunto il petto del castano, poggiando su esso le zampe e muovendo sicuro il muso su e giù, annuì.
“E lo ammetti pure?” rise circondando le orecchie gocciolanti con le mani e scuotendogli dolcemente il capo.
 
Dopo qualche attimo di silenzio, una delle mani si staccò dal lupo – generando un piccolo uggiolio di velata protesta – e muovendosi alla cieca recuperò un piccolo flacone di bagnoschiuma e dopo essersene versata una dose generosa sull’altra mano, iniziò a insaponare l’intero corpo del cucciolo.
 
Derek si stava godendo in santa pace tutto quel mondo coccoloso che mai avrebbe pensato di amare alla follia.
Quelle mani erano in grado di compiere miracoli e non era del tutto sicuro dipendesse dalla sua attuale forma, anzi era molto probabile che le avrebbe apprezzate sempre e comunque. Chissà – si chiese – se avrebbe potuto godere dei loro favori una volta tornato umano…
Decise di lasciar scorrere via i pensieri sul dopo pozione e si concentrò sulle carezze che stava ricevendo, mugolando appagato.
La voce stanca e preoccupata di Stiles attraversò l’aria umida e, tesa, interrogò “Perché fai così? Perché fingi di… di… non lo so neppure io! Fai il carino e il simpatico, ti innervosisci quando Isaac si avvicina… e non riesci a lasciarmi un attimo in pace… perché Derek? Perché mi stai torturando in questo modo? Tu mi odi. Tu non mi sopporti. Tu sei quello che mi reputa inutile e fastidioso”
Gli occhi di Derek scattarono legandosi a quelli dell’umano, avrebbe tanto voluto poter parlare così da rassicurarlo, ma non gli era possibile.
Il moro continuava a stupirsi della premura con cui ora guardava a quel ragazzo docile, gentile e caparbio, ma fragile quanto il cristallo. Stupore che in tempi sempre più rapidi svaniva, lasciando spazio alla consapevolezza che qualcosa fosse inesorabilmente mutato dentro lo scontroso e burbero Alfa e la colpa fosse da ricercare in quegli occhi color del miele nei quali sempre più spesso si perdeva.
 
“Derek” pareva che ogni parola costasse al ragazzo uno sforzo immane, lui che mai aveva lesinato nel dar fiato ai propri pensieri e, abbassando lo sguardo verso il basso, continuò “perché lo hai morso?”
Il moro nicchiò, evitando qualunque movimento avrebbe potuto palesare il disagio che sentiva, non poteva lasciar trasparire ciò che aveva dentro e anzi avrebbe dovuto cercare di recuperare la sua solita maschera di indifferenza.
“Non ti sei fatto toccare e ora sei qui a strusciarti, di nuovo, come un gatto. Dormi con me, praticamente addosso a me, e quando sei stato in casa sua lo hai cacciato dal letto. Derek… perché?”
Il cucciolo cercò di districarsi dalla presa assai rilassata delle dita e quando riuscì nell’intento si allontanò fino a ritrovarsi dalla parte opposta della vasca.
Il liceale protese in avanti le mani cercando di riportarlo a sé, guadagnandosi solo un ringhio a zanne snudate.
“Smettila, non mi freghi! So che non sei arrabbiato, vuoi solo evitare di rispondere alle mie domande. Cocciuto di un lupo! Non pensare che io getti la spugna, so che ora non puoi darmi la risposta articolata e corredata di motivazioni che voglio, quindi preparati, tornerò alla carica quando potrai farlo”
Terminato di parlare, senza attendere reazioni da parte del lupacchiotto, Stiles si alzò in piedi e uscì dall’acqua.
Derek aveva per ora rinviato il momento della verità e sperando di aver scampato ogni pericolo della serata, girò il muso a lato, rimanendo incantato da ciò che vide: Stiles, con addosso solo uno straccetto di stoffa aderente e tutto ricoperto di luccicanti goccioline dispettose che scivolavano veloci sulla sua pelle.
 
Derek era fottuto.
 
Fottuto senza alcuna ombra di dubbio, ma a suo vantaggio vi era il fatto che l’Alfa fosse l’unico ad essere al corrente del battito impazzito del proprio cuore e se si ritrovava con la lingua a penzoloni, era solo perché aveva forma canina e non perché reputasse lo spettacolo appetitoso e attraente!
O almeno così stava continuando a ripetere a se stesso.
 
A causa di un odioso ed enorme accappatoio, il panorama mutò “Derek un paio di minuti e torno. Vado a vestirmi”
No, no, no… avrebbe voluto urlare Derek, ammettendo di essere tornato ad uno stadio ormonale acuto tipico dell’adolescenza.
Non voleva ci fossero abiti tra la propria pelliccia e la pelle di Stiles, sarebbero stati inutili, fastidiosi e decisamente superflui.
Purtroppo i desideri dell’Alfa non vennero esauditi e poco tempo dopo, il ragazzo tornò in bagno con addosso un insopportabile indumento blu notte con, sulla casacca, un’antipatica sfilza di bottoncini azzurri.
Derek già odiava quel dannato pigiama e anche tutti i bottoncini, uno per uno.
 
Stiles  si arrotolò le maniche e dopo aver recuperato due asciugamani, e averne disteso una a terra, si inginocchiò accanto al bordo della vasca.
Prese Derek per il torso e lo adagiò al centro del telo steso “Ora vedi di stare fermo, ti asciugo e poi ce ne andiamo a dormire”
Solo la prospettiva di dividere il letto con il ragazzo, indusse l’Alfa a obbedire e a godersi le ennesime carezze della serata.
La maggior parte dell’acqua venne strofinata via e aiutandosi con il getto del phon al minimo, in pochi minuti la pelliccia del lupo fu perfettamente asciutta, pronta per un bel sonno.
Dopo aver, almeno in parte, riordinato il bagno, Stiles richiamò l’attenzione del licantropo, rimasto seduto in attesa “Forza andiamo” ma mosso un piede, venne ostacolato dalle zampe di Derek che puntellandosi alla sua gamba gli fecero capire che il cucciolo voleva essere preso in braccio.
“Viziato” borbottò mentre già si stava piegando per prenderlo e tirarselo al petto “però devo ammettere che questa sera ti sei fatto un bel po’ di strada per arrivare da Scott, devi essere stanco”
Il castano, giunto in camera, adagiò il cucciolo sul letto e dopo aver chiuso la finestra lo raggiunse, infilando entrambi sotto le coperte. Deciso a concedersi un numero imprecisato di ore di sonno, rimandò i problemi, i dubbi e gli interrogativi all’indomani bisbigliando un “Buonanotte Derek” e ricevendo in risposta un soddisfatto “Woaf”

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Capitolo 10
*** Derek, cucciolo ingegnoso ***


Eccomi di ritorno!
Chiedo scusa del ritardo, ma dalla fine della scorsa settimana sono caduta vittima del mal di denti e tra antidolorifici, antibiotici ed estrazione del dente maledetto, non ho avuto la capacità di mettermi a scrivere.
Buona lettura.

 
Cap. 10 Terzo giorno
“Derek, cucciolo ingegnoso”
 
Stiles si addormentò in pochi minuti e accertato ciò il lupacchiotto iniziò a spostarsi lentamente. Mantenendo il proprio corpo radente al lenzuolo, raggiunse il fianco del ragazzo e come aveva supposto il pigiama si rivelò essere davvero un intralcio.
 
Mettendosi seduto e scrutando ciò che, nonostante il buio, si presentata ai suoi occhi, convenne che doveva eliminare quella stoffa fastidiosa.
Allontanando lo sguardo dal petto che ritmico si sollevava e si abbassava per scrutare il viso di Stiles, Derek si scontrò con un’immagine di assoluto abbandono e languore.
Il moro non comprendeva – o forse si rifiutava inconsciamente di farlo – perché mai ora la compagnia e la vicinanza del liceale lo mettessero così in subbuglio, certo un subbuglio di natura soprattutto ormonale, ma non solo.
Si scopriva a desiderare sempre più spesso le sue mani addosso tanto quanto sperava di ricevere i suoi sorrisi o le sue occhiate divertite.
E poi il suo profumo!
Era qualcosa che gli era entrato dentro immediatamente, già da quel lontano loro incontro nel bosco, non era nulla di particolare o definibile, era semplicemente quel qualcosa di buono che avrebbe tanto sperato sentire ogni mattina ancora prima di aprire gli occhi.
 
Inspirando forte e in modo profondo, il cuore del piccolo lupo fece una gioiosa capriola: il bagno aveva lavato via l’odore di Isaac e anche quello delle lacrime. A maggior ragione, quindi, Derek aveva bisogno di sentire la sua pelle contro la propria, anche a costo di collezionare l’ennesima ramanzina.
Si decise ad agire e facendosi ancora più prossimo, puntò leggero le zampe anteriori su un lato dell’addome di Stiles e attese.
La reazione a questo suo gesto giunse in modo, per fortuna, molto ridotto: un piccolo sbuffo dal naso e un tenue movimento dei fianchi e così Derek poté riprendere e attuare il suo piano.
Allungando il collo e avvicinando il muso il più possibile al centro del torso, Derek arrivò a sfiorare con i suoi piccoli, e adorabilmente aguzzi, dentini uno di quegl’irritanti pezzetti di plastica che si ostinavano a tenere insieme la casacca.
 
Il lupacchiotto faticò non poco a rosicchiare il filo anche se molto sottile, il motivo era palese se avesse usato la sua forza e tirato via il bottone, Stiles si sarebbe di certo svegliato e addio piani di conquista. Per questo, Derek si armò di santa pazienza e con tranquillità e lentezza riuscì a staccare il primo di una troppo lunga sfilza di chiusure, lanciandolo il più lontano possibile.
Certo il tempo era innegabilmente dalla sua parte, dato che la notte era ancora lunga e, ricordando che il giorno successivo non vi erano impegni scolastici, il moro presupponeva che il ragazzino avrebbe poltrito, ma non voleva impiegarci troppo, perchè altrimenti il gioco non sarebbe valso la fantomatica candela e così pur mantenendo il tocco leggero tentò di accelerare.
 
Tanto fece e tanto si impegnò, che in men che non si dica, anche l’ultimo bottone aveva ceduto e i lembi del pigiama si poggiavano sulla pelle di Stiles, morbidi e a malapena scostati l’uno dall’altro.
Il suo obiettivo era sempre più vicino, solo che ora non sapeva che fare: non poteva di certo salirgli sul petto e distendersi, se ne sarebbe accorto immediatamente!
Derek era un cucciolo, ma aveva pur sempre il suo peso.
Sconsolato e anche decisamente arrabbiato per l’inutile fatica, il lupo si distese e oramai arresosi all’evidenza di dover dormire a contatto con la stoffa, si allungò nell’incavo tra il braccio – abbandonato verso l’esterno – e il fianco, muovendosi senza troppa attenzione per sistemarsi al meglio.
 
Il destino o una qualche buona stella decisero di premiare il moro in un modo del tutto inaspettato e non appena il cucciolo si distese lungo il torso del ragazzo questo si mosse nel sonno e, voltandosi su un lato, intrappolò Derek, premendoselo al petto e trasformando in realtà il suo sogno.
Certo che accoccolarsi contro il corpo caldo e morbido di Stiles era tutta un’altra cosa, pensò il moro, lasciandosi andare a un profondo sbadiglio prima di allungare il musetto in parte sulle proprie zampe e in parte sul braccio del castano e addormentarsi soddisfatto.
 
“Derek spero converrai che tutto ciò è quanto meno ambiguo e imbarazzante”
Una voce giunse a disturbare il sogno di corse a perdifiato nei prati, corse che terminavano tutte nello stesso modo con Stiles e Derek umano che rotolavano a terra in quelle stesse distese verdi e un attimo dopo si ritrovavano magicamente senza vestiti.
“Derek” si ripresentò quella voce per nulla fastidiosa, se non fosse stato per il suo tentativo di tirarlo a forza fuori da quel mondo perfetto “Sveglia!”
Stiracchiandosi per benino, ancora con gli occhi sonnacchiosi, il cucciolo uscì piano piano e con cautela dal mondo dei sogni e volgendo il capo verso il calore che sentiva irradiarsi alla sua sinistra, si premette sul torace di Stiles, avvertendo pelle nuda sotto il suo nasino umido.
E come una folgorazione, si ricordò della bravata compiuta solo poche ore prima, aveva mietuto tante vittime che ora erano sparse a terra ai piedi del letto.
 
Ora avrebbe dovuto pagarne le conseguenze: aveva davvero mordicchiato i bottoni uno ad uno per scoprire il petto del figlio dello sceriffo?
Sì, lo aveva fatto e al momento gli era sembrata una scelta obbligata e intelligente, ora decisamente meno.
 
Stiles, appoggiandosi sui gomiti e sollevando anche se di poco il busto, si allontanò dal materasso e dal corpicino del cucciolo, con enorme disappunto di questo “Allora Derek, vuoi dirmi che cosa è successo al mio pigiama?”
Il moro avrebbe tanto voluto rispondergli per le rime e dirgli che era tutta colpa sua e del pigiama stesso – quel coso e tutti i suoi spregevoli bottoncini – ma ciò che fece fu seppellire il muso sotto le zampe e sperare che il ragazzo smettesse di porre domande imbarazzanti.
 
“Era nuovo”
“E tu avevi solo da venire a letto nudo” controbatté deciso Derek nella propria testa.
“Adesso vorrei proprio sapere come farò a spiegarlo a mio padre”
“Chissenefrega! Il mio piano ha avuto successo! Conquisterò il mondo e anche il tuo didietr….” Non poteva averlo pensato per davvero!
 
Quel dannato ragazzino stava portando il licantropo alla pazzia.
Fortunatamente, il moro fatti i conti scoprì che quello appena iniziato era il terzo giorno dalla trasformazione e quindi, stando alle parole della cacciatrice, sarebbe stato l’ultimo.
Derek sperava con tutto il cuore che non appena fosse tornato in forma umana, avendo la possibilità di rimettere la giusta distanza tra sé e Stiles, tutto sarebbe rientrato nei ranghi e le sue sensazioni sarebbero tornate normali e avrebbe ripreso a sbattere Stiles contro i muri premendosi con forza contro il suo corpo.
Pensare a questo non aiutava molto però.
 
Era sabato mattina e Stiles avrebbe voluto passare ancora qualche ora al caldo tepore del suo letto, ma i rumori insistenti che provenivano dal piano di sotto lo avevano svegliato e appurato che nessuna spiegazione sul perché si fosse ritrovato mezzo nudo nel proprio letto sarebbe giunta da Derek, decise di scendere e concedersi una sostanziosa colazione.
“Vado di sotto. Quando ti sarai stufato di nasconderti pur di non guardarmi in faccia, raggiungimi”
E senza attendere oltre si mise in piedi, indossò la tuta di ordinanza per i giorni casalinghi e uscì dalla stanza.
 
Stiles e il padre passarono l’intera mattinata nel giardino sul retro per tentare di sistemare la recinzione, avendo deciso di scavare lungo il tratto usurato, tirare via la rete metallica e sostituirla con un segmento nuovo.
Derek alla fine aveva dovuto capitolare e scendere di sotto e quando giunse alla fine delle scale sentì le voci dei due Stilinski provenire dall’esterno e, raggiuntili, si sedette all’ombra di una piccola siepe godendosi il panorama.
Il moro non stava fissando il cielo o l’orizzonte, si stava concentrando su qualcosa di molto più profano e vicino, precisamente sul sedere di Stiles che inginocchiato e chinato in avanti lottava con un perno metallico che non voleva saperne – con gioia immensa di Derek – di venire via dalla terra.
Il tessuto morbido dei pantaloni era teso in modo talmente perfetto da disegnare alla perfezione quelle deliziose rotondità e il licantropo si arrese, non potendo arginare la corsa della propria immaginazione e si vide umano affondare con precisione, lentezza e passione in quella carne soda e vergine.
Neppure il borbottio costante di Stiles e le sporadiche repliche dello sceriffo riuscivano a riportarlo alla realtà e mantenendo lo sguardo fisso di fronte a sé, si limitò a latrare il suo disappunto quando lo scenario mutò in modo repentino.
La parte di rete bucata era stata gettata a lato e la nuova venne agevolmente collocata e congiunta con la restante recinzione.
I due operai improvvisati continuarono imperterriti perfezionando il loro lavoro, senza prestare attenzione a ciò che il cucciolo stesse facendo e così, lasciato solo con i suoi pensieri, Derek a un certo punto si accorse di quanto il liceale fosse sporco.
Macchie verdi e marroni ornavano in più punti i calzoni e la maglietta, senza considerare lo stato in cui erano ridotte le mani; tutto ciò lo portò a considerare che probabilmente a breve si sarebbe concesso un bagno e così Derek lo tallonò incalzante per non perdere l’opportunità di partecipare.
 
Dopo un veloce spuntino consumato seduti tutti e tre sotto un albero, i due umani si impegnarono per concludere l’opera nel minor tempo possibile e posizionando l’ultimo vaso a copertura del reticolato, Stiles si passò il braccio sulla fronte e volgendosi indietro si rivolse al cucciolo “Ora sei in trappola! Non mi farai più prendere un accidente con le tue assurde fughe”
Derek era profondamente indeciso, non sapeva se ringhiare o sentirsi in colpa e optò per evitare qualunque reazione, anche perché non avrebbe dotuto dare prova dell’aver compreso le parole a lui rivolte dato che lo sceriffo era ancora presente.
“Figliolo, sai che ti voglio tanto bene” esordì l’adulto entrando in casa e dirigendosi verso il piano superiore.
Stiles rimase in silenzio, aspettando la seconda parte della frase che non tardò.
“Ma ciò non toglie che” e improvvisamente si mosse con velocità verso la porta del bagno “la doccia è miaaaa” e senza dare a Stiles il tempo di reagire, la chiave era già stata girata nella toppa.
“Merda! Papà… sono un disastro e sai che devo uscire”
“C’è sempre la doccia di riserva nella lavanderia del garage” giunse ovattata la voce dello sceriffo da oltre la porta.
“Ma lo sai che è uno schifo! Non c’è la cabina e poi devo pulire da solo lo scempio del bagno allagato!
 
Nessuna risposta arrivò e scoraggiato, il ragazzo si diresse nella propria camera, recuperò il cambio di abiti e ridiscese di sotto, con un curioso cucciolo alle calcagna.
Derek non aveva ben compreso quale fosse il nocciolo della questione, decise così di indagare non perdendo d’occhio il ragazzo e anche nell’ipotesi in cui non avesse scoperto nulla, beh ci sarebbe sempre stato l’elemento doccia che implicava uno Stiles senza vestiti.

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Capitolo 11
*** Derek, cucciolo senza alcun ritegno ***


Eccomi tornata, dopo la fatica dei due capitoli extra di "Tutta colpa di Halloween", ad aggiornare le mie long.
Buona lettura.

Cap. 11 

Derek, cucciolo senza alcun ritegno
 
Stiles sbuffando si infilò in camera propria e borbottando ne uscì poco dopo con le braccia cariche di vestiti e un asciugamano buttato a casaccio sulla spalla.
Sceso al piano di sotto, Derek lo vide aprire la porta accanto a quella che dava sul giardino e non sapendo dove essa potesse condurre, lo seguì velocemente per non correre il rischio di perderlo.
Si ritrovarono ad attraversare il garage e si fermarono all’’improvviso davanti a quella che pareva essere una sottile porta a soffietto.
“Oh di bene in meglio. Non ci sono né maniglia né tanto meno serratura! Derek tu starai qui davanti a… a fare quello che ti pare, l’importante è che non ti infili nei guai e non combini altri casini”
                                                                                                                                   
“Tranquillo Stiles, l’idea è quella di infilarmi nel bagno e godermi lo spettacolo”pensò il cucciolo anche se, all’apparenza, obbedì immediatamente alle parole del ragazzo, sedendosi tranquillo.
Dovette risultare parecchio credibile, dato che il figlio dello sceriffo non proferì più sillaba, limitandosi a entrare nella piccola stanzetta e a richiudersi la fisarmonica di plastica alle spalle.
Non appena lo scroscio dell’acqua si fece sentire, Derek entrò in azione e avvicinandosi al punto in cui l’ultimo segmento si univa all’intelaiatura, iniziò a spingere con il musetto, aiutandosi con le zampe.
Come aveva previsto quel metodo di chiusura era completamente inutile e infatti dopo neppure un minuto, era già visibile un piccolo spiraglio che in men che non si dica si trasformò in un comodo passaggio attraverso il quale poter passare in tutta tranquillità.
Il cucciolo zampettò all’interno del bagno senza emettere il benché minimo rumore e si guardò intorno, trovando immediatamente a terra il mucchio di abiti sporchi, quelli puliti piegati sul ripiamo di una vecchia lavatrice e agganciato a un cerchio metallico conficcato nel muro, apparve il nemico: l’asciugamano.
Posizionatosi esattamente sotto il lembo di spugna penzolante, Derek iniziò a saltare con il chiaro intento di afferrarlo e trascinarlo giù per, se gli riusciva, nasconderlo in qualche angolo.
La sua missione ebbe successo e per un attimo tutto divenne buio dato che il telo lo ricoprì del tutto e fu in quel preciso momento che l’acqua venne chiusa.
Stiles con tutta probabilità aveva iniziato ad insaponarsi e quindi ora più che mai, il lupo doveva essere silenzioso. Per questo motivo rimase completamente immobile finché, con un cigolio il rubinetto venne di nuovo ruotato.
Derek uscì di corsa da quel morbido fagotto e si accorse di una cosa che prima non aveva notato o a cui non aveva dato il giusto peso.
Attorno alla doccia non vi era nessuna cabina di vetro, ma solo una tenda di plastica con disegnati pesciolini e stelle marine e un’altra sconcia idea prese forma nella sua mente: avrebbe anche potuto dare una sbirciatina infilando il muso sotto il bordo che a malapena sfiorava il piatto in ceramica, nessuno se ne sarebbe accorto.
 
Coprì la distanza che lo separava dalla tenda e allungando e abbassando il collo infilò il naso sotto la plastica e da lì ad avere quasi l’intera testolina all’interno della doccia, il passo fu molto breve.
Alzando gli occhi ebbe una visione.
Stiles completamente nudo stava lavando via la schiuma dal proprio corpo, facendo scorrere le mani sulle braccia e sul petto, giù fino a sfiorare l’ombelico, seguendo poi lento lo stretto sentiero di peli scuri che scendeva fino al pube.
Derek deglutì, indeciso se sperare che si fermasse o se, al contrario, scongiurare qualche divinità affinché continuasse a toccarsi.
Le sue ultime preghiere vennero ascoltate e in modo decisamente superiore a quanto preventivato, infatti non solo le dita continuarono a  muoversi, ma intrufolatesi tra la folta peluria, giunsero a stringere la base del pene ancora a riposo.
E solo allora il moro vi posò sopra lo sguardo.
Era rosa chiaro, a malapena più scuro sulla punta e anche se la mano a intervalli regolari lo nascondeva in parte alla vista, Derek poteva solo pensare una cosa.
Stiles aveva un pene bellissimo.
 
Che pensiero gay!
O meglio che pensiero fottutamente gay!
 
Stiles aveva occhi luminosi, un sorriso accattivante, un corpo niente male, un meraviglioso nasino alla francese!
E allora perché tutto ciò a cui ora Derek riusciva a pensare era che avrebbe dato anche la sua posizione di Alfa per sostituire le sue dita a quelle del castano – e magari la sua bocca – e iniziare a carezzarlo, prima lentamente, con tocco quasi impalpabile e poi in modo sempre più ruvido e vigoroso così da strappargli suppliche e gemiti indistinti?
 
Con gli occhi fissi in un unico punto, non si accorse immediatamente di tutti i piccoli cambiamenti che si erano accavallati tra loro.
Il respiro di Stiles era divenuto irregolare, il torso si era inclinato in avanti a causa della mano libera che era corsa alla ricerca di punto di appoggio e lo aveva trovato nel muro, sottili mugolii fuggivano dalla bocca semiaperta del ragazzo e la mano si era chiusa in modo più sicuro sul suo membro ora completamente eretto.
I muscoli delle cosce si tendevano ritmicamente simulando brevi spinte e seguendo i loro movimenti sottopelle, lo sguardo del lupo carezzò il perfetto e sodo sedere di Stiles che già tante soddisfazioni era stato in grado di dare a Derek da coperto, figuriamoci ora che si mostrava in tutta la sua magnificenza.
 
Stiles, con un gridò trattenuto che sfociò in un eccitante gemito, venne, macchiando le piastrelle e poggiando la fronte più in alto sulla stessa parete alla ricerca del refrigerio donato dalla ceramica.
Derek ingoiando un tenue guaito si ritrasse e guardando in basso si accorse che la stessa cosa era accaduta anche a lui, infatti a terra vi era una piccola chiazza di liquido che lo inchiodava come colpevole.
Arretrando ulteriormente il cucciolo venne preso dal panico – cosa a cui non era per nulla abituato – e senza accorgersene urtò un flacone che cadde con un tonfo.
 
La testa del liceale sbucò immediatamente dalla tenda e cercando la fonte del rumore, i suoi occhi incrociarono il lupo seduto in un angolo e a capo chino.
“Derek che ci fai qui?” chiese dopo aver chiuso definitivamente l’acqua “Scusa, so che non puoi dirmelo” continuò nascondendosi di nuovo alla vista e arricciando parte della plastica, il moro vide una mano muoversi sul muro alla ricerca dell’asciugamano.
Mentre tastava le piastrelle alla ricerca della spugna, Stiles si maledisse in tutti i modi che conosceva. Senza pensarci si era masturbato sotto la doccia come abitualmente faceva, senza considerare che Derek avrebbe potuto sentirlo, certo lui pensava che il licantropo fosse aldilà della porta, ma sapeva benissimo che alla fine poco importava. Derek sarebbe stato in grado di sentire i suoi gemiti, il suo battito e forse anche il mutamento del suo odore, anche se fosse rimasto nel garage.
Non poteva essersi davvero toccato con Derek nella stessa stanza!
 
Imbarazzato oltre l’immaginabile, il lupacchiotto corse a recuperare il telo e giuntò in prossimità della doccia abbaiò per attirare su sé l’attenzione.
“Oh, grazie! Deve essere caduto” si riscosse il ragazzo e piegandosi recuperò la spugna e quando uscì finalmente dalla doccia essa era saldamente legata attorno ai suoi fianchi “Derek, ora o ti giri o esci. Non sono un tipo esibizionista”
Se fosse stato possibile il licantropo avrebbe riso, ma era ancora così profonda la vergogna per quanto accaduto – non gli interessava che Stiles ne fosse completamente ignaro – che in silenziò obbedì e decide di andare ad aspettarlo di fuori.
 
Pochi minuti dopo, Stiles uscì richiudendo la porta e, dirigendosi verso la casa, prese a parlare tranquillamente con il cucciolo “Credo sia meglio telefonare a Scott per essere sicuri dei conti fatti da Allison. Se non sbaglio, l’effetto dell’intruglio che ti hanno fatto bere avrebbe dovuto durare circa 72 ore ed essendo accaduto di sera o più probabilmente di notte, credo che entro domani mattina avrai di nuovo forma umana” e guardandolo sorrise, a Derek parve che le labbra tese fossero lievemente forzate, ma non volle indugiare su tale possibilità e camminandogli accanto giunsero in cucina.
“Dovremo anche trovare una storiella sulla tua sparizione da propinare a mio padre. Penso che gli dispiacerà, si stava affezionando” convenne sconsolato iniziando a preparare la cena.
“Oggi zuppa d’orzo” urlò il castano guadagnandosi un grugnito dal padre che stava scendendo le scale e vedendo il cucciolo fare strane smorfie, si piegò sulle ginocchia e sussurrò “a te aggiungo anche delle polpettine, contento?”
Un allegro “Woaf” lo ricompensò per quella premura e Derek sentendo le voci di una telecronaca sportiva provenire dal salotto, raggiunse lo sceriffo per godersi un po’ di TV e forse qualche coccola extra.
Appena superata la soglia della stanza, l’uomo lo chiamò “Derek! Ehi bello… qui, forza” battendo la mano sul divano accanto a lui; il cucciolo coprì gli ultimi metri quasi di corsa, ma ciò non fu sufficiente, il saltò andò a vuoto e mortificato dovette ricorrere all’aiuto del padrone di casa per raggiungere la seduta.
 
Quando la zuppa fu pronta, Stiles non li chiamò dalla cucina, ma li raggiunse e fermandosi sotto l’arco di ingresso, in silenzio di appoggiò alla parete, godendosi quell’assurdo spettacolo.
Suo padre, concentrato sulle notizie sportive, si prodigava in continue carezze, lisciando la pelliccia del cucciolo e a volte andando a grattargli giocosamente il ventre e Derek non si opponeva, non si allontanava, ma anzi pareva gradire molto tutti quei gesti affettuosi.
“Allora voi due!” proruppe il ragazzo per attirare l’attenzione “Avete intenzione di cenare oppure no?”
Sia il lupacchiotto che lo sceriffo voltarono nello stesso istante il capo nella direzione da cui proveniva la voce e l’uomo ironicamente rispose al figlio “Se devo essere sincero figliolo… quella brodaglia che ci propinerai non è che sia molto allettante, vero Derek?”
Quel piccolo traditore gli diede corda abbaiando in appoggio e strusciandosi ancora una volta sulla sua mano.
“Oh bene, allora vi mando entrambi a letto senza cena”
“Figlio degenere! Davvero avresti il coraggio di fare questo a tuo padre?”
“Certo che sì, dato che voglio continuare ad averne uno! Forza in piedi e avanti marsch!”
 
Cenarono in allegria e mentre i due scansafatiche se ne tornavano alla chetichella in sala, Stiles si mise a riordinare e in quell’attimo di tranquillità e silenzio, si rese conto per la prima volta che tutto quel caos stava per finire.
Sospirando, asciugando i bicchieri, scoprì di non saper interpretare in modo esatto ciò che stava provando. Se una parte di lui sognava di continuare a prendersi cura del cucciolo di lupo, l’altra voleva a tutti i costi non avere più quel botolo per casa e forse dietro quest’ultimo pensiero si celava in realtà il desiderio di riavere indietro Derek, ringhio facile e muscoli da toccare compresi nel pacchetto.
Riponendo lo strofinaccio, Stiles si riscosse sentendo vibrare il telefonino che aveva in tasca.
“Ehi Scott, hai letto il mio messaggio? Che mi dici allora?”
L’amico confermò nel bene e nel male tutte le ipotesi fatte in precedenza: la pozione avrebbe esaurito in tempi molto brevi il suo effetto e al più tardi durante la notte oramai vicina, il lupetto avrebbe lasciato spazio all’uomo.
Fingendo entusiasmo Stiles salutò Scott e raggiunse il padre “Io sono di sopra, mi porto avanti con una ricerca e poi sto un po’ al pc, buonanotte papà”
“Buonanotte Stiles” e vedendo il cucciolo avvicinarsi al bordo per scendere dal divano, lo sceriffo lo agguantò e deponendolo a terra, cosicché potesse correre dietro al figlio e raggiungerlo sulle scale. 

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Capitolo 12
*** Derek non porta le mutande ***


Cap. 12      
“Derek non porta le mutande”
 
Stiles, conscio di essere braccato, entrò nella propria stanza e attese fino a quando un botolo non attraversò la porta semiaperta come una saetta per arrestarsi trafelato accanto alla scrivania.
“Allora, Scott ha confermato che questa sera o al massimo questa notte tornerai normale, immagino che tu non veda l’ora che accada. Pensando a tutti i film e telefilm che conosco, di solito da una trasformazione del genere se ne esce, come dire, nudi e crudi. Ecco perché ora dovrai farmi capire dove sono rimasti i tuoi vestiti. Forza, al lavoro” e sedendosi al centro del letto, afferrò il cucciolo e lo posizionò davanti a sé.
“Allora suppongo che siano a casa tua”
Derek mosse il muso su e giù.
“Ok. È plausibile che gli abiti che avevi addosso al momento dell’abracadabra siano esattamente nello stesso punto”
Nuovo cenno di assenso.
“Bene, ora la parte difficile: dove è avvenuto il fattaccio? Piano di sopra?” tentò il castano, ritenendo che fosse collocata lì la stanza del moro, ma Derek negò con il capo.
“Quindi piano di sotto. Dimmi che eri sul divano e io e te dovremmo presentare un numero simile al circo”
Il cucciolo fece segno di sì, abbaiando contento, mentre il figlio dello sceriffo alzava le braccia in segno di vittoria e subito dopo agguantava di nuovo il telefono, richiamando l’amico e obbligandolo a recarsi a casa Hale a recuperare quanto necessario.
Nel corso della conversazione, Stiles si distese sulla schiena e non appena avvertì che il lupo si era coricato accanto a lui, prese a far scorrere le proprie dita nella sua pelliccia, dimentico dei suoi stessi gesti, come se oramai fosse un gesto abituale.
 
Quando Scott, circa mezz’ora dopo, entrò dalla finestra nulla era mutato, Stiles e Derek erano coricati al centro del letto, accoccolati uno all’altro.
Il suo compagno di scuola stava leggendo un fumetto e l’Alfa, in quel preciso momento, lungo e disteso si stava godendo i grattini sulla pancia.
“Ehm” cercò di richiamare l’attenzione l’intruso e infatti gli occhi di entrambi gli occupanti della camera scattarono verso la finestra.
“Ciao, allora hai trovato quello che ti avevo chiesto?” e adocchiando la busta marrone che Scott aveva poggiato sul tavolo, prese a curiosarci all’interno.
“Ho preso tutto ciò che ho trovato, così eviterai spiacevoli situazioni domani mattina”
“Cosa?” domandò il castano “Ah, sì, situazioni spiacevoli”
“Comunque io non riesco a capire come tu abbia fatto a sopportarlo e vorrei proprio sapere perché con te è tutto scodinzolii e carinerie mentre con me non faceva altro che mordere e ringhiare”
“Non lo so Scott, domani glielo chiederemo ok?” ammise candidamente, scoccando un’occhiata per nulla rassicurante al cucciolo che spaventato da quella prospettiva, deglutì vistosamente.
“Ok, allora io vado. Buonanotte e spero che, tornato umano, non ti morda” e sparì nel buio.
 
“Allora vediamo se c’è tutto” esordì il liceale infilando le mani nella busta e iniziando a tirare fuori pezzo dopo pezzo quanto era stato trovato e sistemandolo sullo schienale della seggiola “pantaloni, maglietta, un calzino, ah no, ecco il secondo, poi le scarpe” chinandosi per posarle a terra “e…” scrutando con attenzione non trovò null’altro e voltandosi con gli occhi sgranati, affermò “Non ci sono le mutande”
Derek fece di tutto per evitare il suo sguardo osservando prima le proprie zampe e poi zone indistinte dei muri.
“Derek Hale tu non porti le mutande!” mera affermazione e non domanda.
Un guaito spontaneo, forse di imbarazzata ammissione, lo tradì.
“Oh mio Dio! Lo credo che poi sei sempre nervoso e irritabile” asserì convinto e in quel momento Derek posò gli occhi su di lui, non avendo compreso evidentemente il suo ultimo ragionamento e per questo Stiles riprese a disagio “Certo con tutto che ti si muove e va in giro dove vuole e la stoffa ruvida… ahh, smettila di farmi parlare di certe cose. Allora i tuoi vestiti sono qui per quando ti serviranno, ora recupero il sacco a pelo che di solito usavo in campeggio e poi ce ne andiamo a dormire”
Facendo seguire alle parole le azioni, dopo un paio di minuti, il ragazzo era impegnato a srotolare sul pavimento quando prima nominato.
“È meglio che tu questa notte dorma lì, così potremmo evitare quello che ha detto Scott, le situazioni spiacevoli”
 
Certo spiacevoli! Come se fosse spiacevole trovarsi addosso Derek di nuovo umano tutto tutto nudo! Ma a chi voleva darla a bere! La sua mente cavalcava libera nelle praterie, dal momento esatto in cui aveva concretamente pensato alla trasformazione e anche se al momento si sentiva le gote in fiamme, e non solo quelle, doveva stringere i denti e andare avanti.
 
Senza badare allo spettacolo che stava concedendo a Derek, Stiles si spogliò e sempre perso nel suo mondo si infilò pantaloni e maglietta prima di riavvicinarsi al letto e cercare di afferrare il lupetto.
Il cucciolo indietreggiò di quanto gli fu possibile, scuotendo il capo e uggiolando infelice.
“Smettila di tentare di impietosirmi, non attacca” borbottò, circondandogli il torso,  portandoselo al petto, con l’intenzione di abbassarsi per adagiarlo sul sacco a pelo.
Quel subdolo di un lupo, messo alle strette, agì d’impulso e allungando il musetto iniziò a leccare il collo e il viso di Stiles continuando a produrre gridolini strappalacrime.
“De-Derek… fermo! Smettila, ti prego, fermo!” cercò di arginarlo Stiles, ma il piccolo fece così tanto rumore da attirare lo sceriffo – salito per usare il bagno – nella camera.
“Che diavolo gli stai facendo figliolo?”
“Niente papà, sto cercando di convincerlo a dormire per terra, ma non ne vuole sapere”
“Allora? Ieri lo hai lavato per benino, fallo dormire con te. Che sarà mai! Domani andremo a comprare una cuccia tutta per lui. Vero bello?” e accarezzando la testolina del cucciolo, se ne tornò di sotto.
Regalando un’ultima leccata al naso di Stiles, Derek attese il verdetto.
“E va bene! Puoi restare ancora un po’ sul letto, ma prima di metterci a dormire fili a terra”
Ritenendo che al momento quella mezza vittoria fosse più che sufficiente, il moro scodinzolò contento di ritornare sulle morbide coperte – anzi addirittura sotto le coperte – del letto.
Alla fine tra un fumetto e una serie completa di carezze e sprimacciate al pelo folto del cucciolo, l’irreparabile accadde!
Stiles si addormentò, lasciando cadere l’albo sul petto e lasciando la luce accesa, Derek neppure si accorse di questa congiuntura altamente favorevole, dato che era stato il primo a crollare vittima del sonno.
 
Parte della notte passò e quando d’un tratto Derek si svegliò per lo stridore dei pneumatici di un’auto in corsa, si accorse di non essere più il dolce cucciolo attira coccole.
Era tornato alla sua forma umana e, come aveva predetto il ragazzino che gli dormiva accanto, era completamente nudo. Alzando lo sguardo dal proprio petto, ecco che la sua attenzione si cristallizzò sul volto disteso e rilassato di Stiles.
Come diavolo era possibile che lo trovasse così attraente e accattivante, divertente e intelligente? Già prima di essere costretto, dalle circostanze, a passare così tanto tempo con lui, si era accorto che la prima impressione – quella di un adolescente stupido e sfigato – era quanto di più lontano dalla realtà vi potesse essere.
Stiles era mille cose tutte insieme, certo continuava a parlare troppo, ad avere un talento naturale per infilarsi nei peggiori guai disponibili su piazza, ma al tempo stesso era il primo a buttarsi a capofitto in qualunque ricerca o missione di salvataggio, poco importava alla fine chi fosse in pericolo.
 
Allungandosi, cercando di muovere il materasso il meno possibile, Derek spense la piccola luce che l’altro aveva utilizzato per leggere e nella penombra che ora avvolgeva entrambi, riprese a dissetare la propria smania, osservando tutti i più piccoli dettagli del viso, dato che le sue capacità glielo permettevano.
Sfiorò lieve, con la sola punta di un dito, il profilo del naso che curvava all’insù e subito sotto, seguì il contorno della bocca, troppo morbida e carnosa per appartenere a un ragazzo, davvero irresistibile. Senza neppure accorgersene il proprio capo aveva iniziato a scendere e ad avvicinarsi a quei favolosi cuscinetti, ma all’ultimo si fermò, aveva una maledetta voglia di baciarlo – farlo per bene e possibilmente per tanto tempo – ma non voleva che il primo fosse un bacio rubato, doveva essere sveglio e cosciente.
Poggiato su un fianco, dimentico di ogni altra cosa, adagiò un braccio sul suo addome, attirandolo lentamente, ma in modo costante, verso di sé e solo quando fu soddisfatto della vicinanza tra i loro corpi, decise di concedersi qualche altra ora di sonno.
 
La domenica mattina giunse tranquilla e silenziosa dato che nessun vicino di casa decise di falciare il prato o compiere qualunque altra attività eccessivamente rumorosa.
Stiles abbandonò lentamente il torpore rassicurante del sonno a causa di un calore eccessivo che lo circondava e aprendo e chiudendo più volte gli occhi per mettere a fuoco il suo campo visivo, scoprì che questo era completamente occupato da altri due occhi, chiari e dalle mille sfumature, occhi che da qualche giorno non vedeva, ma che aveva riconosciuto subito.
“Derek, dannazione” cercò di liberarsi da quel contatto, ben consapevole che il calore che sentiva addosso provenisse dal corpo svestito dell’altro.
“Buongiorno Stiles” suadente rispose all’imprecazione del castano, facendo seguire alle parole un lento, ma molto tangibile, affondo del proprio bacino sul fianco del padrone di casa.
“Fermo, fermo” prese a ripetere Stiles rosso in viso e visibilmente agitato, portando le mani sul torace di Derek cercando di spingerlo indietro, ma senza ottenere nessun risultato apprezzabile “Non ti strusciavi sulle mie gambe quando eri un cane e lo fai adesso?”
“Mi pare logico, ora e molto più divertente e piacevole” concluse ripetendo il gesto più e più volte, dando vita a un ritmo seducente.
Prendendo a muovere anche le gambe per tentare di liberarsi da quell’attacco, Stiles vide uno sbuffo nascere dalle labbra di Derek e lo sentì morire sul proprio viso.
“Eri tu a volere delle risposte per i miei atteggiamenti. Eccola qui la tua risposta: è grande, calda e al momento bisognosa di attenzioni. Ah” e abbassandosi così da parlare direttamente nell’orecchio del piccolo “dimenticavo si trova in mezzo alle mie gambe”
“Porco” una sola parola lasciò la gola chiusa di Stiles mentre le mani, ancora poggiate sui pettorali dell’Alfa, scivolavano sulle spalle e poi oltre, creando un non voluto abbraccio.
Il sorriso che ornava la bocca di Derek era quanto di meno rassicurante il giovane avesse mai avuto la sventura di trovarsi davanti.
 
In un baleno tutto ciò passò in secondo piano e, per essere precisi, nell’istante esatto in cui lo sceriffo pensò bene di informare il figlio che era pronta la colazione.
La porta si spalancò.
“Stiles la colazione è p… Oh ciao, ti chiami Derek, giusto?”
“Sì signore”
“Oh, beh scusate il disturbo”
“No, papà” quasi si trovò a supplicare il castano.
La porta si richiuse.
“E chi mai si sarebbe aspettato che tuo padre avrebbe reagito così bene! Ottimo” mormorò l’ultimo della famiglia Hale.
Come pochi istanti prima la scena si ripeté e la figura di James fece di nuovo capolino dall’uscio “Ripensandoci, Derek, perché non ti fermi da noi per colazione? Ho preparato una montagna di pancake”
“Con piacere”
“Fate pure con comodo, li terrò in caldo” e detto questo l’uomo spari.
 
Stiles chiuse gli occhi premendoci sopra i palmi delle mani “Ho un padre degenere! Non accorre a salvare la virtù del figlio”
“Tranquillo la tua virtù è al sicuro per ora, meglio raggiungerlo” e senza farsi alcun problema, Derek scostò le scoperte e scese dal letto.

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Capitolo 13
*** Colazione da Tiff... da Stiles ***


Cap. 13
“Colazione da Tiff… da Stiles”
 
Stiles, una volta scostate le mani dagli occhi, volse il capo ritrovandosi ad ammirare, da sotto in su e da una distanza per nulla consona e del tutto inappropriata, il fondoschiena di Derek che ad una rapida occhiata pareva scolpito nel marmo.
“Vestiti dannazione” quasi gridò dopo essersi ripreso dalla visione e seppellendo la testa sotto il cuscino, finendo col tirarsi le coperte fin sopra le orecchie.
“Da quando in qua sei diventato così pudico? Sei o no un adolescente? Dovresti avere ormoni liquidi che ti scorrono nelle vene”
Vari borbottii inarticolati, che il lupo non si prese la briga di decodificare, raggiunsero il suo udito mentre con cura indossava gli abiti che la sera prima Scott gli aveva procurato.
“Forza scendi dormiglione” il moro cercò di scuotere Stiles, togliendo di mezzo le lenzuola e trovandolo sotto di esse raggomitolato come un gattino. Trattenne un sorriso e lo prese di peso, mettendolo in piedi, avendo premura di stringerlo a sé in modo che non cadesse a terra come un classico sacco di patate.
“Scendiamo di sotto, vuoi?” chiese con voce sussurrata direttamente nel suo orecchio.
“Lasciami stare lupo maniaco” squittì Stiles cercando di liberare le braccia tenute aderenti al corpo da quelle del moro.
“Non facevi tanto il difficile quando ero un cucciolo, avevo sempre le tue mani addosso” lo rimbeccò frustrato Derek.
“Cosa c’entra? Eri un batuffolo di pelo e”
“Oh, fidati ho ancora parecchio pelo pure adesso” lo interruppe l’Alfa con un piccolo ghigno a sollevare gli angoli della bocca “Ti va di sincerartene?” continuò stringendoselo di più contro e sfregando il proprio bacino su quello di Stiles.
“Non so e non voglio sapere nulla sul tuo pelo, anche se riconosco benissimo il vizio. Ora lasciami andare, meglio evitare che mio padre torni alla carica. Ora andiamo di sotto, tu fingi di esserti ricordato di un impegno, ti scusi, saluti e te ne vai”
“Mmh e se invece facessimo così: scendiamo, mi siedo a tavola, mangio pancake, chiacchiero con tuo padre e poi tutti e due torniamo di sopra a finire un certo discorsetto”
“AHH… parlare con te è inutile!” sbottò il castano che, districatosi dall’abbraccio di Derek, si diresse verso la porta e poi al piano inferiore, seguito a ruota dal maggiore.
 
Giunto all’ingresso della cucina e varcata la soglia, Stiles si bloccò pietrificato di fronte allo spettacolo che lo accolse.
Il padre aveva apparecchiato il piccolo tavolo dove erano soliti consumare i loro pasti con tre – il liceale ignorava completamente da dove diavolo fosse uscita la terza, dato che le aveva acquistate lui pochi mesi prima – tovagliette con salviette coordinate, caffettiera fumante e brocca di succo d’arancia.
Sentendo poi un vivace sfrigolio provenire dalla sua sinistra voltò il capo e incontrò un enorme piatto ricolmo di pancake poggiato accanto a una piccola padella dove l’ultimo dei dolcetti era oggetto di complicate manovre di ribaltamento.
Lo sceriffo sentendo la presenza di altre persone nella stanza, sbirciò da sopra la spalla senza perdere di vista il fuoco “Su ragazzi sedetevi che altrimenti si fredda tutto. Stiles prendi il piatto e mettilo in tavola”
“Papà a-ascolta, in realtà Derek dovrebbe dirti” iniziò prima di essere bruscamente interrotto dallo stridio della sedia sul pavimento e seguendo il rumore vide con suo sommo orrore che il succitato lupo si era comodamente seduto a tavola.
“Sì, suo figlio ha ragione. So che non è stato un modo molto ortodosso di scoprire che”
“Scoprire cosa eh?” si intromise il piccolo “Non c’è niente da scoprire. Capito papà? Niente assolutamente niente”
James non aveva battuto ciglio e superando un figlio, che concitato e farfugliante cercava di convincerlo si fosse sbagliato, occupò il proprio posto invitando Stiles ad imitarlo.
Con un piccolo gemito di disappunto e impotenza, obbedì, limitandosi a fissare il piatto con la speranza che le bocche piene avrebbero evitato altri imbarazzi.
Decisamente quella appena cominciata non era per il minore una giornata fortunata.
“Allora Derek” la voce dello sceriffo si stagliò gioiosa nella luce del mattino “come ti va?”
“Oh, abbastanza bene signore, potrebbe andare ancora meglio se suo figlio si decidesse a”
“NIENTE” urlò Stiles “Non c’è niente da… vedi papà, Derek era qui perché… perché dovevamo”
“Dovevamo discutere di alcune cose e lui è sempre così restio ad affrontare certi argomenti davanti ai suoi amici”
Stiles sperava con tutto il cuore che la fine del mondo avesse deciso di giungere in anticipo e di cominciare esattamente dalla sua cucina, aprendo una voragine esattamente al centro di essa, risucchiando tutti loro e impedendo a quella assurda situazione di proseguire, ma come già detto non era una giornata fortunata.
 
“Anche se, devo sottolineare, che non sembravate nel mezzo di una discussione” constatò ammiccante l’uomo, del tutto indifferente alla sofferenza del sangue del suo sangue.
“Ammetto che non devo aver dato di me una buona impressione, sceriffo” quasi si difese il licantropo “ma sono fatto così, prima agisco e poi rifletto. Le chiedo scusa se abbiamo mancato di rispetto a lei e a questa casa”
“Abbiamo? Ma parla per te!” si inviperì il castano resosi conto di essere l’elemento superfluo di quella amabile e picaresca chiacchierata.
“Spero” continuò il mannaro senza dare peso all’obiezione mossa da Stiles “che ciò non la spinga a impedirmi di frequentare suo figlio”
“Suvvia, Derek! Non ti preoccupare! Siete giovani è normale che vogliate, cioè che vi venga voglia di”
“PAPA’” Stiles era in piedi, con le mani appoggiate ai lati del piatto e fissava sconcertato il proprio genitore per poi spostare gli occhi sul moro e, puntatogli un dito contro, gli intimò “Tu.Seguimi.Adesso”
Cercando di scappare il più velocemente possibile, non vide il padre guardarsi attorno come se si fosse accorto in quel momento dell’assenza di qualcosa “Figliolo dov’è… oh vorrei proprio esserci quando gli spiegherai perché hai dato il suo nome al tuo cucciolo, comunque dicevo, dov’è quel piccolo botolo?”
Il liceale si irrigidì, non avendo avuto la tranquillità e il tempo di inventarsi una scusa “Beh, dovrebbe essere qui” iniziò a dire non sapendo che pesci pigliare e inspiegabilmente gli venne in soccorso Derek.
“Non vorrei fosse uscito dalla porta sul retro quando mi hai fatto entrare, mi pare di averlo visto accanto ai tuoi piedi quando ti ho distratto sbattendoti al”
“Oh, dannazione” il castano impedì di concludere la frase anche se il senso era più che chiaro.
“Allora sarà in giardino, vado a cercarlo” disse James alzandosi e superando i ragazzi “Così voi potete parlare. Derek, è stato un piacere”
“Anche per me signore”
 
Una volta sparito il padre lungo il corridoio, Stiles si avvicinò di gran carriera al lupo e tra i denti domandò “Ora tu mi spieghi perché devi essere così stronzo? Ti diverti così tanto a mettermi in imbarazzo?”
Preso in contropiede dalla vicinanza eccessiva del ragazzino, Derek non riuscì a trattenere la voglia che aveva di sentirlo di nuovo su di sé e cingendo rapido le braccia attorno alla vita, lo attirò contro il proprio corpo.
“Stronzo? Abbiamo passato insieme tre giorni e pensavo che il mio comportamento parlasse chiaro”
“Parlasse chiaro? Sembravi un pazzo. Hai ringhiato a Isaac, hai addirittura morso Scott, mi hai rovinato una camicia e un pigiama, poi di colpo diventavi coccoloso e scodinzolante”
“Semplice: non sopporto che altri ti stiano vicino e non sopporto che tu sia troppo vestito, preferisco che, sopra di te, ci sia io e non dell’inutile stoffa” soffiò a qualche centimetro dalle labbra del castano “e al contrario adoro sentirmi le tue mani addosso”
“Smettila di dire porcate” guaì Stiles cercando di tirare indietro il capo, ma con risultati assai scarsi e arrendendosi, lasciando cadere sconsolato la fronte contro il petto del moro, nel momento in cui vennero di nuovo sorpresi dal padre, questa volta abbracciati.
“Scusate, non vorrei… ma mi sa che Derek, quello piccolo e peloso per intenderci, è di nuovo scappato, nel giardino sul retro non c’è”
Fingendo un allarme e una preoccupazione del tutto inesistenti, Stiles si allontanò dal licantropo “Vado a vestirmi e corro a cercarlo pa’”
Il figlio dello sceriffo fece gli scalini a due a due e chiusasi la porta della camera alle spalle tiro il fantomatico sospiro di sollievo, che venne però interrotto da un leggero bussare.
“Fammi entrare” Derek lo aveva seguito.
“No”
“Stiles” il ragazzino odiava il tono monitorio con cui pronunciava a volte il suo nome, come a dire: Attento, se non obbedisci, sarà peggio per te.
“Devo cambiarmi, quindi resti fuori”
“Come se potesse esserci qualcosa che io non ho già visto e apprezzato in questi giorni. Ah, sappi che ieri ho sbirciato sotto la tenda della doccia”
 
Il castano era davvero troppo prevedibile nelle sue reazioni.
Come volevasi dimostrare, non appena le ultime parole furono pronunciate, la porta si spalancò di botto “Cosa?”
“Tu eri lì, io ero lì. Ho solo colto l’occasione” alzando non curante le spalle.
“Oh mio Dio. Io ieri… Oh mio Dio” ripeté il castano in una nenia infinita.
“Se te lo stai domandando: sì, ho assistito allo spettacolino che hai messo su solo per me. Molto eccitante”
Un lieve mugolio e poi Derek sentì la porta richiudersi e il corpo del ragazzino scivolare a terra. Se lo immaginava, seduto con la schiena appoggiata al legno e le braccia strette a circondare le ginocchia.
Forse aveva davvero esagerato. Il lupo voleva solamente giocare e farlo un po’ ammattire, ma di certo non desiderava vederlo crollare in quel modo. Rapido scese di sotto e salutato lo sceriffo, compì velocemente il giro della casa, arrampicandosi fino alla finestra e entrando nella camera.
Osservando il piccolo e imbattendosi esattamente nella posizione che aveva immaginato, si avvicinò, inginocchiandosi davanti a lui “Stiles”.
Quel sussurro che non avrebbe dovuto trovarsi nella stanza, fece trasalire il ragazzino, che, come punto sul vivo, alzò velocemente il capo, puntando i suoi occhi nocciola in quelli del moro.
“Mi sto davvero comportando da stronzo?”
La testa del giovane oscillò sicura un paio di volte su e giù.
“Non era mia intenzione, se vuoi ti posso aiutare a fingere di cercare il cucciolo e”
“Non ce n’è bisogno, posso arrangiarmi da solo. Vai a casa”
“Ok, ora me ne vado a casa, ma non mi arrendo. Tu sarai mio, anche a costo di…” tentennò l’Alfa.
“Di che cosa?” chiese con malcelata curiosità il figlio dello sceriffo.
“Di corteggiarti ufficialmente” e con queste parole che seminarono il terrore nel petto di Stiles, il licantropo se ne andò.
 
Il liceale deglutì e fattosi forza, poggiando una mano sulla porta, si mise in piedi. Non era del tutto sicuro di ciò che le sue orecchie avevano appena sentito, davvero Derek Hale – il gelido e impassibile Derek Hale – aveva dichiarato l’intenzione di corteggiarlo?
Dopo essersi vestito in fretta e furia, e sperando che questi rituali lupeschi non prevedessero sangue, cadaveri di vario genere e cose imbarazzanti, disse al padre che sarebbe andato a cercare il cucciolo.
Uscito di casa, guidò per circa un quarto d’ora senza meta e dopo essersi sincerato che Scott fosse già sveglio – era pur sempre domenica mattina – si recò dall’amico per passare il tempo e per tentare di non rimuginare ancora su quella folle mattinata. 

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Capitolo 14
*** Scott e i suoi quindici minuti di gloria ***


Cap. 14
“Scott e i suoi quindici minuti di gloria”
 
Stiles e Scott passarono un paio d’ore a zonzo per la città, fingendo di cercare il cucciolo di lupo.
Il mannaro presente aveva tentato numerose volte di indirizzare la discussione su cosa fosse accaduto dopo il ritorno di Derek alla sua forma umana, ma il castano abile con le parole come non mai era sempre riuscito in poco tempo a fargli dimenticare le domande appena poste, svicolando argomenti spinosi o complicati.
Come tutti sapevano, il licantropo non era noto per il suo acume, ma certamente la sua testardaggine era ampiamente riconosciuta, ecco perché, giunto davanti a casa, prima di permettere al compagno di scuola di risalire in auto, artigliò l’immancabile felpa di questo, imprigionandolo tra il proprio corpo e la portiera della Jeep.
“Ora tu mi dici cosa diavolo è successo ieri sera, o stanotte o stamattina non so bene quando la pozione abbia terminato gli effetti”
“Scott, amico”
“No, non cercare di ubriacarmi di parole come hai fatto fino a ora. Forza sputa il rospo”
Le spalle del ragazzino in trappola crollarono mestamente e, sospirando rassegnato, si preparò a parlare.
“Hai presente la posizione in cui ci hai trovato ieri sera?”
Il moro annuì.
“Ci siamo addormentati e”
“Hai dormito con Derek?” domandò interrompendolo sconvolto dalla circostanza appena resa nota.
“Non stavamo parlando di questo. Dicevo, ci siamo addormentati e poi questa mattina era tornato umano. Punto, fine della storia”
“Quindi, questa mattina te lo sei ritrovato nel letto ed era semplicemente tornato umano”
“Sì, sei soddisfatto ora?”
Scott con lo sguardo perso nel vuoto, allentò la presa delle dita sulla stoffa, permettendo all’amico di muoversi.
“Ma ieri sera io ti ho portato i suoi… Oh per la miseria! Ti sei svegliato con Derek nudo nel letto!” urlò a metà tra lo sconvolto e il felice di aver completato un ragionamento così sottile.
Le mani di Stiles volarono sulla bocca del beta “Sei impazzito? Finiscila di urlare!”
“Ok” tornando a un tono di voce normale “ma ci ho azzeccato vero?” gongolò Scott incrociando le braccia al petto e sorridendo sornione.
“S-sì”
“Da quando in qua ti fai pregare in questo modo? Devo tirarti fuori le parole una per una?
“Ok, ci hai preso in pieno, contento? Questa mattina mi sono svegliato e… e”
“Eee?” lo pungolò Scott muovendo le mani a mulinello come a dire continua.
“E lui era, beh era come hai detto tu, ma non è stato quello il momento peggiore”
“Ok, qui urgono bollicine e biscotti. Vieni dentro, tanto mia madre è di turno”
 
Stiles entrò in casa e conoscendola a menadito si andò a spaparanzare sul divano, mentre il licantropo armeggiava in cucina per recuperare quanto promesso.
Scott arrivò in sala pochi attimi dopo e posate due bottiglie di Coca Cola e un pacco di biscotti al cioccolato sul tavolino di fronte, si accomodò accanto al castano “Forza ora racconta tutto”
“Hai presente come si è comportato quel botolo quando è scappato ed è venuto qui da te?”
“Certo, è stato stronzo esattamente come mi sarei aspettato”
“E ricordi che invece con me”
“Era tutto coccole e moine? Sì me lo ricordo e ancora mi chiedo cosa… oh porca puttana!” e Scott per la seconda volta nello stesso giorno riuscì a compiere un ragionamento astratto e addirittura di dimensioni iperboliche.
“BINGO” se ne uscì Stiles, notando lo sguardo inorridito e la bocca spalancata dell’amico, e sconsolato cercò conforto e consolazione nelle gocce di cioccolato.
Il moro si lasciò andare contro lo schienale del sofà.
“Dì qualcosa Scott, così mi fai preoccupare” cercò di smorzare il silenzio il piccolo umano.
“Sto cercando di mettere tutto in chiaro e possibilmente in ordine. Punto uno: tu piaci a Derek o almeno più di quanto gli piaccia io. Punto due: te lo sei trovato nudo nel letto questa mattina. Punto tre” e scivolando in un tono che trasudava il bisogno profondo di essere contestato “per caso ci ha provato con te?”
 
Il capo di Stiles precipitò in avanti trovando porto sicuro nei palmi spalancati che coprirono il rossore senza però smorzarlo minimamente.
“Dimmi che ho preso una cantonata?” lo supplicò bisbigliando Scott ma vedendo la testa dell’amico oscillare a destra e a sinistra, un suono stridulo lasciò la sua gola.
“Ho bisogno di te” si decise ad ammettere il figlio dello sceriffo “Mio padre ci ha beccati a letto e ora pensa che io stia con Derek”
Gli occhi di Scott si sgranarono all’inverosimile, ma nessun suono uscì dalle sue labbra e Stiles continuò.
“Ho cercato di spiegargli che non era così, ma quello stronzo di un Alfa non ha aiutato, anzi si è seduto alla mia tavola, si è gustato la colazione e poi”
“Poi?”
“Poi quando per l’ennesima volta l’ho allontanato dal mio fragile corpicino, ha detto che… che mi avrebbe corteggiato ufficialmente, ora mi spieghi COSA CAZZO SIGNIFICA NELLA LINGUA LUPESCA?” urlò il castano alzandosi di scatto, lasciando correre le dita nei corti capelli e passeggiando nervoso tra il tavolino e la finestra.
“Derek ha intenzione di corteggiarti”
“Sì, hai riassunto il tutto alla perfezione, ma cosa può voler dire? Non penso di essere così fortunato che tutto si risolva con quattro fiori e una scatola di cioccolatini”
“Io non lo so, non faccio parte del suo branco e nessuno mi ha spiegato le abitudini dei licantropi”
“Sempre utile come al solito Scott” sibilò infastidito, pentendosi immediatamente “Scusa, amico, ma non sono molto lucido”
“Lascia stare. Posso però farti una domanda?”
“Spara”
“Ma tu sei gay? Perché se non lo sei, penso che Derek se ne farà una ragione e tutto finirà lì, se lo sei, beh… penso che lui non sia niente male, potresti”
“Pure tu! Sembra di sentire mio padre, anche lui mi ha detto che Derek è bello. Lo so che Derek è un gran figo – e sì Scott, sono gay – ma è un animale!” oramai il ragazzino era un fiume in piena “È tutto un ringhio qui e un ordine là, un ti sbatto al muro prima e ti strattono poi. Questa cosa dell’Alfa gli ha dato alla testa. Io non sono mai stato con nessuno e non ho di certo intenzione di uscire con un musone, solitario e per di più violento”
“Quindi se Derek limasse un poco il proprio carattere ti piacerebbe?”
“Piacermi? Scott, ho gli occhi, se succedesse il miracolo a cui hai accennato, lo legherei al letto e affanculo tutto il resto! Ma tanto non succederà mai, quindi volendo salvaguardare il mio cuore e il mio fondoschiena, devo fare in modo di tenerlo alla larga da entrambi”
“Non voglio dettagli per favore” puntualizzò Scott scuotendo le mani davanti a sé.
“Ora sarà meglio che torni a casa, fingendo rammarico per non aver ritrovato il cane”
“Ok, ci vediamo a scuola”
 
Stiles sovrappensiero lasciò la casa del compagno di scuola, ignaro che la conversazione appena conclusasi avesse avuto uno spettatore silenzioso che a pochi metri dalla casa, aveva sentito tutto, ringhiando frustrato tra sé e sé, prima di salire in auto e partire sgommando verso il bosco.
 
Ancora prima di mettere piede fuori dalla Jeep, Stiles fu raggiunto dal padre “Figliolo, hai avuto fortuna? Oh, immagino di no” convenne l’uomo sbirciando dentro l’abitacolo desolatamente vuoto.
“Mi spiace pa’, non l’ho trovato da nessuna parte e sono arrivato per scrupolo fino da Scott, ma niente. È tutta colpa mia” e sperando che il genitore non avrebbe indagato oltre, si diresse verso la porta, seguito a ruota da James.
“Peccato, mi ero affezionato a quel cucciolo, era intelligente e coccolone e gli piaceva la TV. Però Stiles dovevamo metterlo in conto, era un lupo, non un cane. Non è fatto per vivere in una casa o per avere legami con gli uomini”
“Hai ragione papà era pur sempre un lupo. Io ho già mangiato pranzo da Scott” mentì nuovamente “ quindi vado di sopra a farmi una doccia e poi passarò il pomeriggio sui libri, tu sei di turno?”
“Sì, attacco tra mezz’ora, infatti stavo uscendo. Ci vediamo questa sera”
“Ok, ciao” salutando, il figlio entrò in casa e si incamminò verso il piano di sopra, chiudendosi subito in bagno.
 
Un certo lupo scontroso e tendente agli scatti d’ira trattenne il fiato, pronto a scattare verso la finestra e sparire se ai rumori di piedi sugli scalini, si fosse unito il cigolio della maniglia della camera che veniva girata, ma non accadde nulla di ciò e così Derek poté continuare ad agire indisturbato.
Non aveva avuto molto tempo, ringraziando comunque le strane deviazioni che il liceale aveva compiuto nel tragitto tra la casa di Scott e la propria, ma era riuscito comunque a recuperare un paio di cose che sperava avrebbero portato Stiles ad aprire all’Alfa il suo cuore e non solo.
Dopo aver sistemato gli acquisti fatti, il moro si sfilò con cura gli abiti, piegandoli sulla sedia e si distese esattamente al centro del letto.
 
Stiles intanto aveva terminato la sua doccia e indossando i comodi vestiti che solitamente utilizzava quando bighellonava per casa, frizionandosi i capelli con un piccolo asciugamano, attraversò il corridoio e aprì, del tutto perso nei propri pensieri, la porta della camera.
Pur avendo il volto coperto in parte dal telo, avvertì immediatamente qualcosa di anomalo: un odore dolciastro e a tratti inebriante lo colpì e portando la spugna sulle spalle si guardò intorno, sbarrando gli occhi.
Derek era steso al centro del letto, con addosso solo degli aderenti boxer grigi – quindi aveva delle mutande a casa propria, convenne il ragazzino – le braccia piegate dietro la testa e circondato da petali multicolori che riempivano tutto lo spazio non occupato dal suo corpo.
“C-cosa?” balbettò Stiles, notando sul comodino un paio di enormi scatole di cioccolatini.
“Ti ho detto che ti avrei corteggiato e poi sei stato tu a parlare di fiori e dolcetti. Pensavo ti sarebbe piaciuta la sorpresa. Purtroppo ho avuto poco tempo, altrimenti mi avresti trovato legato al tuo letto”
“Dannato lupo spione! Ora ti metti anche a origliare le mie conversazioni private? Pussa via! Fuori da quel letto e da questa camera”
“Stiles” sibilò tra i denti l’Alfa cercando di trattenersi.
“Se avessi prestato un poco più di attenzione, avresti capito cosa davvero io… aaah vai via!”
Derek si alzò dal letto, come il giovane aveva chiesto, ma invece di raggiungere i propri vestiti, con un paio di rapidi passi, fu a un palmo dal viso del padrone di casa.
“Io voglio te e tu vuoi me. Mi dici qual è il problema?”
“Qual è il problema?” sorrise Stiles “Il problema è che tu vuoi farti un giro, ma io non sono una giostra”
“Non hai fatto, mi pare, tanto il prezioso con Isaac” lo contraddisse il moro con voce avvolta da ringhi sommessi.
“Non ti azzardare a” ma non gli venne concesso di terminare la frase, perché la bocca di Derek fu sulla sua, intransigente e arrogante, e un attimo dopo la sua lingua danzava sulle labbra del castano forzandone l’accesso.
Stiles cedette a quelle lusinghe per nulla dolci e gentili e d’un tratto neppure uno spiraglio era tra i loro corpi. Le gambe divennero improvvisamente incapaci di reggerlo e il piccolo ringraziò le braccia forti e calde che lo stringevano in vita e la porta contro la quale, alla fine, era andata a cozzare la schiena.
Quello sì che si poteva chiamare bacio, forte e rude, passionale e bagnato e per la miseria quanto era buono il sapore di Derek che prendeva possesso della sua bocca. Nulla a che vedere con il bacetto che Isaac gli aveva strappato in quella radura in mezzo al bosco, Stiles stava letteralmente andando a fuoco.
La testa era vuota e colma di mille cose al tempo stesso, il cuore batteva come impazzito nel bel mezzo della sua gola e il liceale stava con tutte le sue forze cercando di convincere il suo corpo che no, non aveva realmente bisogno di ossigeno, che quella volta avrebbe potuto anche farne a meno.
La necessità di respirare purtroppo fu più forte ed entrambi quasi contemporaneamente dovettero arrendersi a essa e allontanarsi l’uno dall’altro.
Dopo aver ripreso sufficiente fiato, il moro si avvicinò nuovamente al viso dell’adolescente “Allora vuoi continuare a mentire a te stesso? Stiles lasciati andare, lascia che ti faccia stare bene”
“No, non così. Ti prego, non così” sussurrò imbarazzato.
Un piccolo ghignò di vittoria ricamò le labbra umide di Derek “Ok, per questa volta farò come tu dici. Quando torna tuo padre?”
Spiazzato da questa domanda, il castano alzò il capo guardando il licantropo negli occhi chiari e liquidi “Dovrebbe essere a casa per cena, perché?”
“Ci vediamo dopo cena, allora” e lasciandolo al freddo, l’Alfa si allontanò, prese i suoi vestiti e oltrepassò la finestra.

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Capitolo 15
*** A caccia di informazioni ***


Buonasera, come molti noteranno questo capitolo è un poco più corto dei precedenti, purtroppo per esigenze di narrazione, ho dovuto troncare qui.
Buona lettura.

Cap. 15

“A caccia di informazioni”
 
Derek atterrò facilmente a pochi passi dalla propria auto e sistemandosi il giubbotto si mise lentamente alla guida prendendo a escogitare una sequela infinita di piani la cui unica finalità era quella di far capitolare Stiles. Purtroppo ogni sua idea si infrangeva miseramente davanti all’evidente mancanza di tutta una serie di informazioni di base.
Conosceva i sorrisi di Stiles e i mille ritmi differenti che il suo cuore era in grado di seguire, ma come aveva brillantemente sottolineato lo stesso ragazzino, molti aspetti forse banali quali i suoi gusti o le sue passioni rimanevano per lui ancora avvolti nell’ombra.
E non poteva accettare che  Isaac lo conoscesse così bene.
 
Dovette però a malincuore arrendersi e, invertendo la rotta della Camaro, percorse la strada che lo avrebbe portato dall’unica fonte di notizie a sua disposizione: Scott.
Certo pensare che tutte le sue possibilità di riuscita dipendessero dallo spirito di osservazione del beta, lo terrorizzava, ma d’altronde aveva dovuto convenire che il miglior amico del suo obiettivo fosse la scelta più logica.
L’Alfa parcheggiò l’auto esattamente sotto casa McCall e sentendo rumori provenire dalla camera del ragazzo, si apprestò ad approfittare della grondaia per entrare.
Scott nonostante la musica a volume sostenuto – segno inequivocabile dell’assenza di Melissa – sentì che qualcuno di stava avvicinando e scrutando la propria finestra attese. Quando vide stagliarsi nello spazio aperto il profilo massiccio di Derek, si rilassò.
“Fai pure come fossi a casa tua eh?”
Il maggiore non lo degnò neppure di uno sguardo e certamente non aveva alcuna intenzione di perdersi in scuse o parole svenevoli.
“Non ho tempo da perdere e neppure ho intenzione di prendere l’abitudine di visitare casa tua” disse a denti stretti, posizionandosi davanti al liceale a braccia incrociate.
“Allora cosa sei venuto a fare qui?”
“Sono qui perché devi dirmi delle cose riguardo”
“Frena, frena! DEVI? Non esiste proprio, forse potrei aiutarti se fossi un poco più educato e gentile” lo pungolò Scott.
“Posso sbatterti a terra prima ancora che tu ti accorga che mi sono mosso dall’attuale posizione e aprirti la gola e sventrarti senza che tu possa cacciare un ultimo e solitario grido. Ora saresti così gentile da aiutarmi fornendomi le informazioni di cui necessito?”
Gli occhi di Scott si erano spalancati e nonostante fosse consapevole della propria forza, il tono freddo e impassibile di Derek aveva generato un lungo brivido che serpeggiò lungo la propria schiena e per questo decise che avrebbe potuto soprassedere sull’etichetta.
“Cosa vuoi sapere?”
“Voglio sapere cosa piace a Stiles e cosa detesta, per che cosa perde letteralmente la testa e cosa, al contrario, lo fa innervosire”
“Mi stai chiedendo di parlarti del mio migliore amico? E perché mai?”
“Perché… non sono affari tuoi!” si affrettò a concludere Derek, stupendosi di essere stato ad un passo dal vuotare il sacco.
“Certo che sono fatti miei e non pensare di metterti di nuovo a cercare di spaventarmi. Stiamo parlando di Stiles e, come ben sai, ce n’è uno solo in circolazione, quindi pretendo di sapere il motivo per cui dovrei dirti certe cose”
 
In realtà Scott, stupendo in primis se stesso, pensava di conoscere già il perchè, grazie soprattutto alla chiacchierata che lui e il castano avevano fatto.
I comportamenti così assurdi del cucciolo e il cambiamento che aveva notato quando Stiles era venuto a prenderlo dopo la sua fuga la dicevano parecchio lunga e quindi ciò che Scott voleva in realtà era una confessione in piena regola e solo dopo avrebbe raccontato quando sapeva.
“Oh al diavolo! Mi piace Stiles e lo voglio”
“Voglio? Se continui così, mi sa che hai ben poche speranze” mormorò il padrone di casa, muovendo qualche passo e sedendosi comodamente al centro del letto, indicò al lupo la seggiola della scrivania.
“Non diventerò un patetico Alfa tutto coccole e moine” sancì come se fosse una verità rivelata e assoluta.
“Peccato. Perché a Stiles piacciono parecchio le coccole e le moine” gongolò il ragazzino “preparati, il viaggio nell’affascinante mondo di Stiles Stilinski sta per iniziare”
 
In pochi minuti Derek scoprì che la sua dolce metà odiava la matematica, aveva un sano terrore per il professor Harris, amava la letteratura ed era molto orgoglioso di essere finalmente entrato nella squadra di lacrosse.
Abbandonato l’argomento scuola, Scott entrò in quello legato agli hobby e al tempo libero.
“So che ama moltissimo leggere. Mi ha raccontato che da piccolo usavala lettura per concentrarsi e focalizzare l’attenzione così che non se ne volasse via, poi la passione è rimasta. In camera sua puoi trovare di tutto, dai fumetti, ai saggi, alle raccolte di poesie”
“Quindi potrei regalargli un libro? Ma non saprei cosa”
“E qui entra in gioco il fantastico migliore amico, che ha salvato la cronologia di parecchie sue ricerche sul proprio pc” e alzandosi per raggiungere il laptop che si trovava esattamente alle spalle del nato lupo, lo accese.
Pochi attimi dopo, quattro occhi stavano scorrendo una serie infinita di link, quando si imbatterono in due elementi interessanti.
“Dici che dovrei presentarmi a casa sua con un mattone del genere? Se me lo tira dietro, fa male!” cercò di obiettare Derek.
“Fidati, sono certo che ne ha già una copia, ma questa è una edizione extra lusso. Ha passato più di un’ora una volta a decantare la raffinatezza di certe incisioni, quindi fidati, non ti arriverà in testa. Non rischierebbe mai di danneggiarlo”
“E l’altro? Sembra così sdolcinato”
“Cosa abbiano detto riguardo al romanticismo? A lui piace, quindi fattelo piacere. Cosa devo dire per convincerti? Ah, ecco ha letto l’opera completa di Jane Austen!”
“Se non riuscirò a… ti verrò a cercare” minacciò l’Alfa ficcandosi in tasca il foglietto su cui si era appuntato tutto.
“Due cose: Stiles adora il cibo spazzatura e, per ultima, scordati pure di entrare nei suoi pantaloni al primo appuntamento”
Derek ghignò avvicinandosi alla finestra “Fidati ho le mie armi per convincerlo”
“Fidati di quello che dico, il mio amico è un inguaribile romantico. Comunque in bocca al… vabbè buona fortuna”
Derek scomparve e il padrone di casa, sorridendo e sperando di essere stato utile a entrambi, optò per concedersi un lungo e rilassante bagno.
 
Mentre Scott si godeva la morbida schiuma e le bolle di sapone, mentre Stiles camminava su e giù per la propria stanza terrorizzato da quanto il lupo potesse avere in mente, il suddetto licantropo stava cercando nella libreria più fornita di Beacon Hills quanto necessario per entrare nelle grazie del castano.
Dopo circa mezz’ora di andirivieni tra gli scaffali e stringendo con orgoglio tra le mani il proprio bottino – pur avendo dovuto ammettere la sconfitta e chiedere entrambe le volte aiuto alla commessa – Derek si diresse verso la cassa dove, non pago, si fece incartare i libri singolarmente, pregustando la luce di sorpresa e curiosità che avrebbe attraversato le iridi ambrate.
Poggiati i regali sul sedile posteriore – nella speranza che esattamente lì, li avrebbero scartati – si diresse verso la casa dello sceriffo.
Arrivato di fronte all’abitazione di Stiles, il mannaro notò l’auto del padre già parcheggiata nel vialetto e confidando di poter ancora ricorrere all’appoggiò dell’uomo, suonò il campanello.
“Vado io pa’” sentì urlare un attimo prima che la porta di aprisse, rivelando l’adolescente che tanto desiderava.
“Ciao” lo salutò il moro con la voce bassa e roca, appositamente modulata.
“Cosa ci fai qui?” bisbigliò di rimando l’altro facendo un passo avanti e cercando di socchiudere la porta alle proprie spalle.
“Vorrei parlare con tuo padre”
“Cosa? Sei completamente fuori di testa? Non pensare che io ti permetta di mettere piede in casa dopo quello che”
“Stiles” la voce dello sceriffo lo interruppe “si può sapere cosa stai facendo lì fuori?” e terminando di parlare, l’uscio si aprì di nuovo del tutto “Oh, ciao Derek. Che fate qui fuori? Su, su entrate”
“Papà no, lui stava andando via” tentò di arginare la catastrofe che sapeva sarebbe giunta, senza però ottenere nulla.
“Sceriffo” esordì con tono serio il lupo “so che questa mattina si sarà stupito di trovarmi nella camera di Stiles, per questo motivo, sono qui per chiederle ufficialmente di poter frequentare suo figlio”
James spalancò gli occhi non potendo credere di aver davvero sentito quelle parole che pensava appartenessero alla propria epoca e di certo non a quella della nuova generazione.
Stiles intanto era rimasto senza parole e con le labbra dischiuse nel tentativo di convincerle a dire qualcosa di sensato.
Schiarendosi la voce, dopo l’attimo di imbarazzante silenzio, lo sceriffo borbottando rispose "Devo ammettere che la tua richiesta e le tue buone intenzioni mi stupiscono e ti fanno onore, ma spetta a Stiles decidere cosa vuole e cosa sia meglio per lui”
Lo sguardo del moro divenne cupo e abbassando il capo si preparò ad incassare quella mezza sconfitta, quando la voce decisamente allegra dell’uomo tornò a farsi sentire “Detto questo” lasciò calare con forza una manata sulla spalla dell’Alfa “in bocca al lupo! Dritto alla metà e conquista la preda! Io sono con te” e ridendo si rivolse poi al figlio.
“Forza vatti a preparare, non penso sia capitato qui a quest’ora per puro caso. Ho ragione?”
“in effetti, vorrei portarlo a mangiare fuori” confessò Derek.
“Ma io” Stiles provò a infilarsi nella conversazione, ma gli fu impedito.
“Muoviti o preferisci che si fermi a cena qui, così che io possa raccontargli tutti gli esilaranti aneddoti della tua infanzia?”
“Volo” e un attimo dopo era già di sopra.

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Capitolo 16
*** Scoprirsi ***


Cap. 16
“Scoprirsi”
 
Stiles cercò di vestirsi nel modo – era assurdo già solo essersi imposti di pensarlo – meno provocante e appetitoso possibile: pantaloni larghi, maglietta e camicia aperta sopra e come un lampo tornò di sotto.
Dopo aver lanciato uno stentoreo “Ciao pa’” dal corridoio, il castano si apprestò ad andare incontro alla sorte che al momento gli stava sorridendo sorniona e beffarda avvolta da uno stretto giubbotto di pelle.
Senza una parola, salì dal lato passeggero, aspettando che Derek lo raggiungesse e mettesse in moto.
Dopo alcune centinaia di metri, il mannaro svoltò sulla strada principale, imboccando poi la via che conduceva fuori città.
“Perché sei arrivato così presto?” il silenzio lo stava uccidendo e così Stiles diede aria alla bocca ponendo la prima domanda che gli passò per la mente.
“Cambio di programma, ti offro la cena” rispose laconico il moro continuando a fissare la strada davanti a sé.
Uscendo dall’abitato, il figlio dello sceriffo iniziò a chiedersi dove mai lo stesse conducendo e sentendo crescere in sé un briciolo di ansia, il battito del proprio cuore lo fregò in modo meschino.
“Stai calmo. Non ti sto portando in mezzo al bosco per mangiarti. Conosco un posto appena fuori città, vedrai ti piacerà”
“Ok”
Per stemperare l’atmosfera tesa, Derek allungò una mano sfiorando il piccolo tasto dell’autoradio e la voce di uno speaker invase l’abitacolo.
Maledicendosi per non aver indagato sui gusti musicali della sua preda, sperò con tutto se stesso che quella stazione trasmettesse qualcosa di decente, ma non fu alla fine necessario perché pochi minuti dopo, apparve l’insegna lampeggiante di una tavola calda.
Stiles occhieggiò curioso la scritta colorata “Burger Paradise” e distratto poi dalla fluidità dei movimenti con cui Derek parcheggiò, non sentì subito la sua voce che gli domandava cosa volesse mangiare, dato che avrebbero utilizzato il servizio take away.
“Perché?” chiese il piccolo seguendo l’Alfa dentro il locale.
“Oh dannazione! Ma conosci il concetto di sorpresa?”
“Certo che lo conosco! Bastava che tu dicessi Stiles è una sorpresa invece di fare semplicemente il misterioso”
“Pensavo fosse parte integrante del mio fascino” mormorò allusivo avvicinandosi in un modo che Stiles reputò eccesivo, ma al contempo piacevolmente affascinante.
“Allora ragazzi, cosa vi porto?” li interruppe la voce della cameriera.
“Allora per me” iniziò il moro “doppio cheeseburger, patatine grandi e una birra”
“E per te dolcezza?” chiese, mentre si appuntava l’ordine del primo.
“Io prendo… cheeseburger, patatine normali, Coca Cola media e un milkshake al cioccolato”
“Santo cielo ragazzino! Dove diavolo metterai tutta questa roba? Spero che tu sia uno che brucia” e ridendo in modo chiassoso se ne andò verso la cucina.
Ancora davanti al bancone, con le dita che tamburellavano nervose sulla superficie lucida, il liceale sentì la presenza di Derek farsi più vicina, fino a che la propria schiena non venne sfiorata dal petto di lui e il fiato caldo gli solleticò il collo “Dimmi Stiles, sei uno che brucia?”
Il minore avvampò in un nanosecondo e voltandosi veloce, si ritrovò a boccheggiare con le gote in fiamme e la bocca che si apriva e chiudeva a scatti facendolo assomigliare a un buffo pesciolino rosso.
Puntuale come un uragano, la cameriera tornò con le loro ordinazioni e Derek spostandosi verso la cassa, pagò per entrambi e salutando attese, con la porta aperta, che Stiles passasse con le braccia cariche di sacchetti.
Sistemato il tutto, con estrema cura, dietro lo schienale dei sedili anteriori della Camaro, i due ripartirono per quella che continuava a essere, per il più piccolo, una meta sconosciuta.
“Certo che se il sapore è buono quanto il profumino che arriva da lì dietro” cercò di intavolare una conversazione innocua il castano.
“Sono i migliori hamburger della città o almeno lo erano. Quando mio padre stava via per alcuni giorni da casa, per lavoro o altri impegni, ogni volta che tornava, passava da lì e prendeva la cena per tutti e immancabilmente la serata si trasformava sempre in una festa. È capitato a volte che il giorno dopo io e Laura neppure andassimo a scuola” e, portato da quei ricordi, un sorriso amaro e triste si dipinse sulla bocca del licantropo.
“Se ti rattrista, perché mi hai portato lì? Potevamo andare da qualunque altra parte”
“No, volevo che conoscessi quel posto. Può sembrarti assurdo, ma per me è importante”
“Ok. Adesso” cercando di riportare tutto su toni più felici “mi dici dove stiamo andando? Non stiamo tornando in centro, questo è chiaro. Hai preso l’interstatale e stai costeggiando parte della riserva”
“Ti sto portando in un altro posto speciale”
“Un posto speciale?” ripeté stupito dall’apparente tranquillità e semplicità con cui Derek si stava poco alla volta rivelando a lui.
“Sì, ma ora non ti dirò più niente” e mentre il tardo pomeriggio cedeva spazio al crepuscolo, la Camaro rallentò per svoltare poi a sinistra su una stretta stradina che dopo qualche centinaio di metri smise di essere asfaltata, per continuare nello sterrato e per di più in salita.
 
L’auto si arrestò in una piccala radura circondata ai lati da alcuni alberi e arbusti e invece completamente libera di fronte, dove si trovava il pezzo forte. Infatti, poco più avanti, il prato si interrompeva bruscamente a causa di uno scosceso dirupo e solo molti metri più in basso, la vegetazione riprendeva allargandosi fino ad abbracciare l’intera riserva di Beacon Hills.
“Wow” e pur sentendo Derek avvicinarsi, Stiles non si mosse. Non reagì in modo brusco neppure quando le braccia del moro si avvolsero attorno alla sua vita, imprigionandolo in un abbraccio e premendoselo contro il petto.
“Allora ti piace?”
“Sì, ma dove siamo di preciso?”
“Siamo nel punto del bosco più lontano dalla città” una mano apparve di fronte ai suoi occhi e indicò a destra “Laggiù inizia la periferia e quasi davanti a noi, ad alcuni kilometri di distanza c’è casa Hale, o almeno quello che ne resta”
“Come hai scoperto questo posto?” il castano si voltò per capire il motivo per cui il calore di Derek si fosse allontanato e vedendolo armeggiare con il bagagliaio, pensò fosse arrivato il momento della cena.
“Venivo qui quando ero arrabbiato. Una volta sono stato lontano da casa per due giorni interi e quando sono tornato, mia madre me ne ha dette di tutti i colori, mentre non smetteva un secondo di abbracciarmi e baciarmi, mettendomi poi in punizione per un mese” mentre parlava, scoprendo un altro pezzo del suo cuore e porgendolo in punta di dita al ragazzo, il licantropo aveva disteso con cura davanti al paraurti della macchina, una coperta e con un altro paio di giri, aveva recuperato quanto comprato alla tavola calda e poggiato agli angoli del plaid due grosse torce.
Si sedettero poggiando la schiena alla Camaro e allungando le gambe sul telo.
Le luci vennero accese, illuminando lo spazio attorno a loro due, mentre il castano già armeggiava all’interno del proprio sacchetto.
 
Stiles ringraziò il panino che stringeva tra le mani anche se gli stava impiastricciando tutte le dita di formaggio fuso e ketchup perché gli offriva fortunatamente qualcosa su cui concentrarsi e che al tempo stesso gli impediva di parlare.
Dopo un paio di morsi, il figlio dello sceriffo focalizzò davvero l’attenzione su quanto stesse ingurgitando e si rese conto che quello fosse l’hamburger migliore che avesse mai mangiato e dovette per forza esternare tale suo pensiero.
“Oh mio Dio. Questa cosa è favolosa! Davvero, credo di non aver mai… Oh mio Dio! Il nome che si sono scelti è più che perfetto” e leccandosi le labbra, si fiondò nuovamente sul cibo.
Derek aveva – almeno per il momento – fatto centro e senza perdersi neppure il minimo movimento del liceale, si gustò la propria cena.
Quando anche le ultime briciole di quella bontà sublime furono terminate, l’umano si accorse di aver le dita completamente sporche e senza pensarci su due volte, se le portò alla bocca una a una e, facendole affondare ripetutamente tra le proprie labbra, le ripulì con dovizia.
Il lupo scalpitava irrequieto nel petto di Derek, vedere le falangi sparire e ricomparire lucide di saliva stava generando conseguenze esplosive e se quel dannato ragazzino non si fosse fermato, l’intero piano di avere una serata romantica sarebbe andato a quel paese perché se lo sarebbe rivoltato come un calzino.
Così, sapendo di privarsi di quella vista, ringhiò il suo nome, non riuscendo a trattenersi.
“Stiles, smettila”
Gli occhi grandi e caldi del liceale corsero a cercare quelli di Derek, trovandoli fissi sulla sua bocca e rendendosi conto di quanto aveva fatto – e stava ancora facendo – si fece prendere dall’ansia e ripetendo “Scusa” all’infinito affondò le mani nel tovagliolo che giaceva inutilizzato sulle sue ginocchia.
Tendando di distrarre entrambi, il figlio dello sceriffo tornò a sbirciare dentro il sacchetto di carta e, aspirando con forza dalla cannuccia del suo bicchiere, ne tirò fuori la scatola delle patatine.
 
“La donna della tavola calda aveva ragione” esordì Derek con tono canzonatorio e divertito “Come diavolo fai a non essere una balena, mangiando in questo modo è un mistero”
“Semplice, non mangio in questo modo molto spesso. Mia madre non sopportava i fast food e a volte, la domenica soprattutto, io e papà sgattaiolavamo via mentre lei faceva le faccende e ci regalavamo un hamburger. Poi dopo che lei… mio padre si è un po’ perso. Sai mangiava poco e male, beveva un po’ troppo e ho dovuto metterlo a stecchetto, quindi anche io ho iniziato a non frequentare più sovente questi locali e così è ancora ora, ma quando succede: pancia mia fatti capanna!”
 
Pochi minuti dopo anche le croccanti patatine erano sparite e di nuovo, dimentico di quanto accaduto poco prima, Stiles stava per portarsi l’indice alle labbra, quando la mano di Derek si serrò sicura ma delicata sul suo polso, bloccandone il movimento.
“Oh, merda, lo stavo per rifare” le parole del piccolo morirono in un sospiro quando sentì le labbra del lupo chiudersi morbide e calde attorno al suo dito, facendolo sprofondare nella bocca ben più del necessario.
“De-Derek” bisbigliò, insicuro che quel nome fosse davvero stato pronunciato e non solo sussurrato nella propria mente, ma vedendo gli occhi chiari – le cui iridi erano quasi del tutto sparite, vinte dalle pupille dilatate dal piacere – puntare dritti nei suoi, si perse.
Il moro, dopo un paio di suzioni e una lenta e snervante lappata dalla base alla punta, lasciò perdere il dito di Stiles e, continuando a tenerlo vicino, non avendo allentato la presa sul polso, si chinò sul suo viso, deviando poi all’ultimo, affondando il viso sul collo scoperto.
Baciò, leccò e fece scorrere di tanto in tanto il profilo dei denti sulla pelle liscia del ragazzo, affamato come non mai dei gemiti che il piccolo gli stava regalando mentre con la  mano libera stringeva la manica del giubbotto scuro.
Stiles era davvero tutto da baciare e coccolare, da venerare addirittura.
E quei gemiti! Derek avrebbe potuto tranquillamente passare l’intera sua vita con solo ed esclusivamente quel suono avvolgente e seducente nelle orecchie.
 
Il licantropo aveva appena trovato un punto che si adattava alla perfezione alla sua bocca e succhiando con forza, sorrise all’idea di donargli un bel succhiotto, così che tutti capissero che Stiles Stilinski era oramai proprietà privata.
E se non fosse bastato, lo avrebbe costretto ad andare in giro con un cartello appeso al collo con su scritto Attenti al lupo.
Quest’ultimo pensiero lo fece ridere di gusto, costringendolo ad allontanarsi dal compagno, che come risvegliatosi da un sugno, sbatté un paio di volte gli occhi e strisciando sulla coperta si scostò di quanto possibile.
“Dove stai andando?” ruvida e ipnotica era la voce dell’Alfa.
“Dove le tue manacce non possono arrivare” rispose rapido cercando di regolarizzare battito e respiro.
“Davvero pensi che non possano arrivare fino a lì?” indicando la breve distanza che vi era in mezzo a loro “Ma hai ragione, abbiamo altro da fare. Però non è colpa mia, sei tu chesei irresistibile e mi distrai” alzandosi Derek raggiunse l’interno dell’auto, reputando fosse giunto il momento perfetto per mostrargli i regali.

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Capitolo 17
*** Un lupone romantico ***


Cap. 17
“Un lupone romantico”
 
Le ultime parole di Derek avevano spinto Stiles a stringersi istintivamente nelle spalle, non era per nulla abituato a sentirsi dire certe cose.
Lui era Stiles. Il ragazzino senza la mamma che parlava troppo, per di più figlio dello sceriffo. Non era il più bello della scuola, né il più intelligente e neppure il più bravo della squadra di lacrosse. Il suo unico vero amico era Scott ed, escludendo suo padre, era anche l’unico che gli desse retta o che passasse volontariamente del tempo con lui.
 
Doveva ammettere che le prime avances di Derek erano parse al liceale null’altro che una cattiva e perfida presa in girò.
Come poteva quel dio greco, capitato per errore a Beacon Hills, trovare piacente o addirittura attraente proprio lui?
Da quando però aveva trovato il lupo in camera sua e questo gli aveva rubato un bacio profondo ed eccitante tanto da fargli arricciare le dita dei piedi, allo scetticismo iniziale si erano sostituiti il panico e l’imbarazzo.
Derek lo voleva e il castano non aveva idea di che pesci pigliare e soprassediamo sulle possibili battute volgari su questo suo ultimo pensiero.
Stiles non aveva mai avuto la possibilità di sfiorare e toccare un altro corpo e poco gli importava appartenesse a una formosa ragazza o a un compagno di scuola, aveva da tempo fatto i conti con la sua bisessualità.
Poco per volta poi tutti i tasselli erano andati al loro posto e, pur continuando a ripetersi di tenere i piedi ben piantati a terra, aveva dovuto convenire che Derek si era comportato in modo assurdo da subito dopo la trasformazione.
Affettuoso sì, ma solo con lui.
Geloso e possessivo e guai a chi gli si avvicinava, eccezion fatta per il padre.
Guardone e alla perenne ricerca del contatto fisico, che fosse un grattino o una carezza.
 
Questi mille e altri pensieri si erano accavallati nella sua testolina nel risicato tempo che Derek aveva impiegato a trafficare sul sedile posteriore della Camaro e tornare da lui, sedendosi così vicino da far aderire, per tutta la lunghezza, le loro cosce.
Senza dire neppure una parola, l’Alfa gli pose in grembo due pacchetti uno abbastanza grande e pesante e il secondo, molto più contenuto, in cima.
“Cosa sono?”
“Secondo te?” buttò lì il moro, aprendosi in un sorriso e togliendogli dalle mani il regalo più piccolo “Apri prima quello” concluse posando quello sottratto accanto a sé e indicandogli il pacco voluminoso rimasto sulle sue gambe.
“Ok” il figlio dello sceriffo muovendo lesto le mani cercò di slegare il nastro colorato che circondava a croce il pacchetto e che gli impediva di scoprirne il contenuto, ma pur tirando con tutta la sua forza, non riuscì a far altro che ferirsi le dita e così cedette, porgendolo a Derek e chiedendo sottovoce “Ti spiacerebbe?”
Il mannaro non disse nulla, limitandosi ad avvicinare un solo dito, sul quale l’unghia si era già innaturalmente allungata, e recidere con una lieve passata quel filo di plastica.
“Grazie” e riportando il tutto davanti a sé, prese a scartarlo senza delicatezza alcuna, stracciando la carta e lanciandola in giro in pezzi più o meno grandi.
Quando finalmente riuscì ad avere la meglio sullo scotch che ne chiudeva gli angoli e ad aprire un lembo sufficientemente grande da mostrargli chiaramente il contenuto celato dalla carta, i suoi occhi si spalancarono e a labbra socchiuse e mute, si voltò a ricercare il viso di Derek.
Stringeva tra le mani un cofanetto in cartone rigido, con raffigurate immagini raffinate e bellissime e dopo aver aperto e richiuso un paio di volte la bocca, all’ennesimo tentativo, un filo di voce si fece udire “Il Signore degli Anelli. La trilogia completa con le illustrazioni di Alan Lee. Tu… tu sei pazzo! Ma hai idea di quanto… sì ce l’hai dato che lo hai comprato. Ciò non toglie che ti sia tutto matto”
“Ti piace?” si sincerò Derek, anche se non ve ne era necessità alcuna, facendo scattare il proprio sguardo dagli occhi limpidi e felici di Stiles fino alle dita che carezzavano con timore le costole dei tre volumi che erano visibili da un lato del cofanetto.
“Se mi piace? Oh mio Dio. Tu non hai idea di quanto io abbia desiderato questa edizione” e, non resistendo più, sfilò il primo libro, sapendo benissimo cosa avrebbe trovato appena sollevata la copertina e, preso un rettangolo di carta poco più piccolo della grandezza del testo, lo aprì davanti ad un incredulo Derek “Questo è stato il mio mondo per così tanto tempo”
Il licantropo si sporse, avvicinandosi fino a mettere a fuoco una cartina medievaleggiante, tipico dello stile fantasy, dove boschi e montagne erano costeggiati da lunghi e tortuosi fiumi, nomi assurdi erano vergati in una calligrafia ingentilita e antica e nell’angolo in basso a destra era stata collocata una rosa dei venti circondata da volute e riccioli di finta pergamena.
Solo la voce di Stiles lo distrasse dalla consultazione di quella carta “Quando mi sentivo soffocare, o dopo aver trovato mio padre piangere per l’ennesima volta, aprivo uno di questi libri e semplicemente ci cadevo dentro anima e corpo. Tu lo hai mai letto?”
Derek si limitò a scuotere il capo.
“Allora dovremo recuperare. Non puoi perderti un’esperienza del genere” e richiudendo la cartina con cura, riposizionandola subito dopo la copertina, andò oltre fino a incontrare le prime illustrazioni.
Il gesto successivo del piccolo stupì in modo assoluto il moro: Stiles portò le mani all’esterno del libro e sollevandolo vi affondò dentro il viso, inspirando con forza.
“Che stai facendo?” chiese sbigottito il maggiore.
“L’odore di un libro è parte del suo fascino. Senti” e, portandolo a pochi centimetri dal viso del moro, attese.
Derek annusò poco convinto, arricciando il naso.
“Carta e colla”
“Blasfemia!” disse con tono oltraggiato Stiles, scoppiando poi subito a ridere “Questo è odore di avventura”
“Allora ti piace” ghignò Derek ammiccando con gli occhi.
“Puoi starne certo e” abbassando improvvisamente il tono di voce e gli occhi mormorò un imbarazzato “Grazie”
“Prego. Forza ora apri questo” e gli mise in mano il pacchetto più piccolo dopo aver tagliato il nastro colorato.
Stiles sollevo il regalo precedente, posandolo con attenzione sulla coperta accanto alle sue ginocchia e poi si dedicò curioso a ciò che Derek gli aveva appena passato.
Scartandolo come se stesse andando a fuoco, pochi attimi dopo si ritrovò a contemplare una raccolta di poesie di Rabindranath Tagore e qui, la sorpresa lasciò spazio al dubbio.
“Come diavolo hai fatto ad azzeccare i miei gusti?”
“Ho indagato” nicchiò Derek.
“Hai indagato? O forse hai minacciato qualcuno fino a quando ha gettato la spugna dicendoti tutto di me?”
“Tranquillo, Scott è ancora tutto intero” confessò infine “Volevo farti un regalo, ma avevi ragione, non so molto di te e dei tuoi gusti, così mi sono rivolto a lui. Deluso?”
“Assolutamente no. Anzi, sono lusingato dal fatto che tu abbia addirittura chiesto aiuto pur di farmi un regalo che sapevi avrei apprezzato”
“Bene, ora non me lo merito un bacio?” chiese malizioso e allusivo, sporgendosi in avanti fino a sfiorare la fronte del piccolo con i capelli.
Stiles si mosse veloce, scattando in avanti e schioccando un minuscolo bacetto sulle labbra del lupo e ritraendosi altrettanto rapidamente, tornando a fissare la copertina del libretto.
“E questo cosa avrebbe dovuto essere?” sibilò sull’orlo dell’irritazione Derek, cercando però di controllarsi e trattenersi.
“Un bacio?” tentò la sorte abbozzando un sorriso da cucciolo.
“Non ne sei convinto neppure tu, lascia che ti mostri cos’è un bacio” e sul finire della frase, le dita del moro già avevano circondato la nuca di Stiles massaggiando i corti capelli e la cute sottostante, ma avvicinandosi, Derek annegò negli occhi nocciola che lo guardavano sbarrati e quasi spaventati e ciò lo indusse a fermarsi.
“Vuoi che ti riaccompagni a casa?” amareggiato e deluso il licantropo tastò il terreno.
“No” rispose Stiles, scuotendo il capo rimarcando con foga il concetto “Se ti va possiamo restare ancora”
Derek tornò a poggiare al schiena al paraurti, piegò una gamba e, poggiandoci sopra il braccio, lasciò la mano a ciondoloni.
Il piccolo, terrorizzato dall’idea di aver rovinato la serata, cercò di intavolare una nuova chiacchierata “Allora, immagino tu abbia scoperto parecchie cose da Scott. Non è giusto, ora sei in vantaggio, io non so quasi nulla di te”
“Non c’è molto da sapere su di me” tergiversò il lupo guardando lo spettacolo della foresta illuminata da uno spicchio di luna.
“Non pensare di depistarmi così facilmente” e seguendo lo sguardo di Derek si perse nel contemplare quello spettacolo silenzioso “Bella vero? L’altra sera era ancora più buio e la luna” mordendosi la lingua, si zittì di colpo, sperando che Derek non avesse – come spesso succedeva – seguito nel dettaglio ogni sua singola parola.
“L’altra sera cosa?”
Dannazione, mai che vi fosse un calo di attenzione quando serviva disperatamente.
“Niente” si affrettò, forse eccessivamente, a dire il castano.
“Stiles?”
“No, davvero, sono cose senza importanza, fidati”
“Ah, stai parlando di quando sei uscito con Isaac” il maggiore era giunto, purtroppo, alla corretta deduzione “Mi stai dicendo che anche lui ti ha portato nel bosco? E avevi raccontato che aveva cucinato per te” la voce di Derek mutò gradualmente in un ringhio e stringendo i pugni, fino a conficcarsi le unghie nei palmi, Stiles lo vide alzarsi di scatto e muovere alcuni passi rabbiosi verso il buio alle loro spalle.
“Che ti prende?” domandò allarmato, imitandolo e mettendosi in piedi.
L’Alfa gli fu addosso in un attimo e, azzerando quasi del tutto lo spazio tra loro, urlò “Dove ti ha portato?”
“I-in una piccola radura nel bosco” rispose terrorizzato come sotto interrogatorio.
“E?” incalzò il moro.
“E cosa?”
“Voglio sapere tutto: come è stato, cosa ti ha detto e cosa ti ha fatto” sibilò mentre il fiato che conservava in sé un sentore della birra bevuta poco prima gli colpiva le narici.
“Ti prego Derek, torniamo a sederci. Stavamo bene fino a”
“Dimmelo”
“Non è importante quello che è successo”
“Dimmelo, ho detto”
E alla fine, spaventato, Stiles capitolò “Mi ha portato in un prato, dove aveva già portato una tovaglia e delle candele. C’era anche un cestino per il pic-nic con quello che aveva cucinato per me e”
“Una cena fatta in casa e le candele?” uno sbuffo di risata inquieta e subito riprese “Allora tutta questa serata per te non è che una brutta copia, chissà come starai ridendo di questo patetico uomo che ti offre cibo da tavola calda e torce elettriche”
“Calmati, ti prego. Io ora sono qui con te” e alzandosi in punta di piedi poggiò la propria fronte su quella del moro.
Lentamente il respiro di Derek rallentò fino a normalizzarsi e solo allora parlò “Ti ha baciato vero?”
“Sì” mormorò Stiles.
“Ti ha toccato?”
A questa domanda seguì il silenzio.
Il castano non aveva idea di quali reazioni avrebbe potuto scatenare, in realtà non era successo nulla, ma chissà cosa il ragazzo avrebbe potuto leggere tra le righe.
“Stiles? Ti ha fatto qualcosa che… Perché stavi piangendo quando sei tornato a casa?”
Il liceale prese a torturarsi le mani, scostandosi un poco “Ce l’avevo con me stesso. Isaac era stato carino e premuroso, gentile e anche simpatico, ma quando mi ha baciato io, beh, io ho capito che non era quello che volevo”
“E cosa potevi volere di più?” chiese quasi senza fiato il licantropo.
“Volevo un cheeseburger, due torce elettriche e un lupone romantico e geloso” e sorridendo mangiò i centimetri che li separavano catturando le labbra socchiuse di Derek tra le sue e circondandogli il collo con le braccia.

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Capitolo 18
*** Parole di troppo ***


Cap. 18
“Parole di troppo”
 
In punta di piedi, Stiles andò a prendersi quel bacio che poco prima aveva negato e docile Derek se ne stette immobile, godendosi la sensazione di quel corpo, non troppo sottile, ma che sentiva così fragile tra le sue mani che leggere andarono a posarsi sui suoi fianchi, senza stringere, ma solo beandosi della possibilità di restare lì.
Il castano prese coraggio e cercò di condurre il gioco, spingendo la punta della lingua contro le labbra dell’Alfa, invitandole ad aprirsi e poter così di nuovo assaggiare il suo sapore così forte, nonostante la birra e la cena, da stordirlo.
Quando a malincuore il ragazzino dovette allontanarsi, sentendo i polmoni bruciare dalla carenza di ossigeno, le mani che si erano posate sopra il bordo della maglietta, strinsero leggermente la presa affinché non pensasse di potersi allontanare “Dove pensi di andare?” lo sorprese la voce ruvida di Derek, mentre la fronte scendeva a incontrare la sua.
“Da nessuna parte, tranquillo, ma sai ho questa brutta abitudine che mi porta a respirare di tanto in tanto” ironizzò Stiles senza accennare minimamente a mettere distanza tra i loro corpi.
Il moro, spostò una delle mani, aprendola al centro della schiena e, lasciandosi cadere all’indietro, si appoggiò alla portiera dell’auto, costringendo Stiles a spalmarsi letteralmente su di lui. Se in un primo istante, il liceale si spaventò sentendo il proprio corpo venir trascinato in avanti, subito dopo quando scoprì di essere completamente unito a Derek sorrise, seppellendo il viso contro il petto e richiamando a sé le braccia che ancora gli cingevano il collo, rannicchiandosi in un abbraccio caldo e sicuro.
 
Dopo alcuni minuti passati nel silenzio più totale, di nuovo fu la voce di Derek a farsi sentire “Vuoi che ti accompagni a casa?”
Nessuna risposta arrivò, semplicemente Stiles strusciò a destra e poi a sinistra la testa prima di aprire le braccia e forzare il lupo a scostarsi dalla lamiera quel tanto che bastava per farle passare e stringerle attorno al suo torso.
Derek assecondò i suoi movimenti, lasciandosi cingere “Allora cosa vuoi fare?”
“Possiamo restare qui?” mormorò sollevando il capo e piantando il mento nel centro del suo petto lo guardò da sotto in su.
“Tutto quello che vuoi, possiamo fare tutto quello che vuoi” e circondandogli la guancia con una mano, lo tirò a sé, reclamando ancora un bacio, profondo e bagnato, che nuovamente li lasciò senza fiato.
“Ehi” esordì il piccolo sciogliendo l’abbraccio e puntando le mani sulle spalle del lupo, così da discostarsene, anche se di poco, “hai intenzioni di togliermi l’aria?”
“L’aria no, ma il respiro” soffiò sulle labbra bagnate e sorridenti prima di carpirle di nuovo tra le proprie e affondare la sua lingua nella bocca morbida e dolce.
 
Pochi dopo, Derek stava rifacendo propria la posizione che aveva occupato sulla coperta, mentre Stiles ancora in piedi, valutava il da farsi, fissando le torce che gettavano luce in parte verso di l’auto – e quindi su di loro – e in parte verso il nulla che stava di fronte. Così chinandosi strinse il manico di una di esse e la spostò vicino ai libri che aveva ricevuto in dono, facendo per sedersi accanto ad essi.
“Che stai facendo? Pensi davvero che ti lascerò stare lontano da me?” e agguantandolo per un lembo della camicia, fece in modo da sbilanciarlo per far sì che gli crollasse esattamente in grembo “Ecco così è molto meglio. Non trovi?”
Senza attendere risposta, o accontentandosi del rullare confuso del cuore del castano, Derek aprì le gambe, sistemandoselo meglio tra le cosce e facendolo arretrare in modo che la schiena aderisse al suo petto e solo una volta ottenuto quanto sperato si fermò, contento del risultato.
 
“È imbarazzante” piagnucolò Stiles cercando inutilmente di cambiare posizione.
“No, è solo molto comodo” lo corresse il licantropo, punzecchiando la curiosità dell’altro.
“Comodo per cosa? Non mi pare che” tentò di indagare, ma venne prontamente zittito dai gesti del moro.
Derek aveva serrato la presa, ma non eccessivamente così da non procurargli dolore, delle braccia attorno al corpo del liceale affondando poi il viso nel collo di questo riuscendo con il solo movimento del capo a scostare il colletto della camicia così da raggiungere la sua pelle.
Stiles trasalì quando sentì le labbra di Derek carezzare, ancora chiuse, l’incavo tra il collo e la spalla, muovendosi in un accattivante su e giù, provocandogli solletico all’inizio e smania di avere di più subito dopo.
E quel di più giunse presto, quando Derek cominciò a succhiare una piccola porzione di pelle, attirandola nella sua bocca e facendo nascere un pizzico di dolore che ridusse la voce di Stiles in un sottile gemito.
 
Il figlio dello sceriffo poteva gestire i baci – anche se la sua esperienza non era di certo ampia – ma tutta quell’adrenalina che attraversava alla velocità della luce le sue membra, insinuandosi nello stomaco e facendoglielo accartocciare, era troppo e le mani volarono a chiudersi sulle gambe di Derek, artigliando i pantaloni, consapevole che di certo non gli avrebbe fatto alcun male.
“Derek… Derek fermati. Io non… Oh mio Dio” l’incoerenza aveva travolto Stiles impedendogli di formulare una frase che avesse senso e di certo Derek non voleva interrompere la sua attività per cercarne uno e così continuò a divorare il liceale, stringendolo ancora di più a sé.
Mentre Stiles cercava di non perdere del tutto il senno, abbandonando la nuca sulla spalla di Derek, questo assestò il colpo di grazia, infilando entrambe le mani sotto la maglietta e carezzando ogni centimetro di pelle riuscisse a raggiungere. Risalirono poi fino a scontrarsi con i capezzoli oramai turgidi che trovarono finalmente, nei tocchi caotici delle calde dita che li vezzeggiavano, il sollievo sfuggendo così al ruvido tessuto contro il quale avevano sofferto fino a un attimo prima.
Un alto mugolio serpeggiò su per la gola del castano.
 
Il lupo lasciò l’angolo martoriato del collo di Stiles, esultando all’idea del segno che il liceale vi avrebbe trovato il mattino successivo e spostando di poco il fulcro del suo interesse, chiuse leggero le labbra appena sotto l’orecchio, andando poi ad avvolgere subito dopo il lobo, passandoci ripetutamente sopra i denti.
“Sme… smettila per favore. Io non ce la faccio, non” balbettò Stiles spostando a lato la testa, muovendosi però verso la bocca che lo stava torturando e Derek decise di dare retta al corpo del piccolo e non di certo alle sue parole, seguendo il profilo glabro della mandibola e alternando schiocchi di baci a giocosi morsi.
Tutto d’un tratto Stiles agguantò i polsi del moro, staccando le dita intraprendenti da sé – sfruttando l’elemento sorpresa – e sollevando il busto, lasciò una minima distanza tra loro e la propria pelle, cercando di riprendere fiato.
Spingendo lontano le mani del licantropo e liberando un divertente piccolo ruggito, il figlio dello sceriffo si voltò scavalcando le gambe del maggiore e sedendosi a cavalcioni di queste, avventandosi poi come una belva affamata sulle sue labbra.
 
Come mero riflesso, Derek piegò le gambe, imprigionando Stiles nello spazio tra il proprio petto e le cosce e aumentando così in modo naturale l’attrito tra i loro bacini.
Il liceale prese a muoversi in modo sempre più frenetico, strofinando le natiche sull’erezione – oramai congestionata e desiderosa di ben altre soddisfazioni – dell’Alfa che non contento, afferrò a piene mani i glutei sodi del castano spingendolo a scontrarsi con ancora maggior forza su di lui.
Stiles mugolava nel bacio, giocando con la lingua di Derek e strattonandogli i capelli in cui erano andate ad infilarsi le sue mani. Non era in grado di fermare il fiume di piacere che lo aveva travolto e lasciandosi trasportare dalla corrente, decise di assecondarla in tutto e per tutto.
Dita curiose intanto avevano aggirato il suo fianco avvicinandosi, senza farsi scoprire, alla chiusura dei jeans facendo saltare il bottone, rivelando così la propria presenza.
Lì si sarebbe deciso tutto.
O Cappuccetto Rosso avrebbe fermato il Lupo Cattivo o avrebbero continuato a divertirsi ancora per parecchio tempo.
Derek carezzò con il dorso della dita la pelle sotto l’ombelico e poi giù fino al bordo dei boxer non incontrando nessuna resistenza, ma anzi avvertendo l’addome ritirarsi, come a volergli concedere più spazio e l’Alfa se ne approfittò, facendo scivolare verso il basso la zip iniziando a solleticare da sopra la biancheria l’erezione più che evidente del ragazzino.
 
Stiles si sentiva in paradiso, era talmente bello avere addosso mani altrui che si preoccupavano di farlo stare bene che gemette di chiaro disappunto quando anche la seconda mano smise di palpargli il sedere per insinuarsi di nuovo sotto il tessuto dei suoi abiti e girovagare sulla sua schiena usando le unghie così da farlo rabbrividire.
Quel brivido, unito alle lusinghe sul proprio membro che divenivano di attimo in attimo sempre più urgenti e alimentato dal bisogno di prendere fiato obbligarono il piccolo a staccarsi dalle talentuose labbra del moro e sorridendo rimase immobile a un soffio da lui, le palpebre morbidamente calate sugli occhi. Non li aprì neppure quando, con tono saputo e canzonatorio, Derek si lasciò scappare “Alla fine avevo ragione io”
“Di cosa stai parlando?” si incuriosì Stiles appoggiando la guancia sulla spalla del maggiore, sfiorando in pigri cerchi la pelle del collo con la punta del naso.
“Scott diceva che non sarei riuscito a infilarmi nei tuoi pantaloni questa sera, ma si sbagliava” concluse chiudendo la mano attorno alla sua lunghezza.
Gli occhi di Stiles si spalancarono oltraggiati e cercando di sottrarsi ai tocchi delle mani del moro, si fece indietro, mettendosi in piedi a fatica.
“Che ti prende?” lo imitò il mannaro avvicinandosi, ma vedendo che questo arretrava per mantenere inalterata la distanza mentre si chiudeva e sistemava i jeans, si fermò.
“Allora la mia prima impressione era esatta! È questo quello che vuoi, solo questo? Vuoi solo farti una scopata? Mi spiace non sono interessato” urlò, incapace di controllarsi intanto che le dita rimettevano in ordine la maglietta e cercavano di abbottonare – con pessimi risultati – la camicia.
“Ora, dato che mi hai portato in questo posto dimenticato da Dio e dagli uomini, ti sarei grato che mi riportassi immediatamente a casa” e incamminandosi, aggirò il cofano della Camaro, portandosi davanti alla portiera.
“Aspetta” lo raggiunse Derek, serrando la propria mano su quella del piccolo che già aveva afferrato la maniglia “non fare la verginella pudica. Ti stavo divertendo anche tu”
Gli occhi castani cercarono i suoi e il lupo vide che promettevano tempesta e la voce stridente e sforzata giunse subito dopo “Certo che mi stavo divertendo, ma sai una cosa? Scoop! Io sono una verginella e non mi va che nella tua testa pensassi che mi sarei fatto facilmente scopare grazie ai tuoi occhioni verdi o al corpo da sballo che ti ritrovi. Derek, eri a tanto così” mostrando un’irrisoria distanza con l’indice e il polline “dal convincermi che forse tenessi davvero a me: le confidenze, la cena, i libri… Voglio andare a casa e gradirei che il viaggio si svolgesse in silenzio”
 
L’Alfa, avesse potuto, si sarebbe mangiato le mani e soprattutto avrebbe ingoiato la lingua per le parole che gli erano sfuggite pochi minuti prima.
Stava andando tutto così bene e lui come il solito coglione che era, aveva rovinato tutto.
Certo forse la reazione di Stiles poteva essere stata un poco eccessiva, ma ad essere del tutto sinceri, la speranza del moro era davvero quella di andare molto oltre quella sera stessa e soprattutto con questo fine aveva spremuto Scott come un limone per ottenere le informazioni che gli servivano.
Il liceale si sedette in auto, in attesa del proprietario che rapidamente raccolse tutto i resti della cena, i regali e quando preparato sull’erba. Raggiunto il posto di guida, il lupo sporse verso il ragazzo i libri, ma alzando gli occhi notò che            questo, aveva il capo completamente voltato dall’altra parte chiaramente intenzionato a non considerarlo minimamente.
Decise quindi di poggiarglieli sulle gambe e subito dopo mise in moto.
Come richiesto, il viaggio fu silenzioso e quando finalmente raggiunsero il vialetto di casa Stilinski, l’umano spalancò la portiera senza prodigarsi in sproloqui o saluti di qualunque genere e si limitò a prendere i libri, scendere e riposizionarli al centro del sedile “Non li voglio”
Quelle parole furono seguite dall’immediato rumore dello sportello che si chiudeva con forza.
 
Derek stava impazzendo.
Il dolore e la rabbia che sentiva salire dal suo cuore lo spinsero a passare il resto della serata – e gran parte della notte – in giro per il bosco che circondava la propria abitazione, prendendosela con alberi e rocce e ululando triste e ferito al cielo.
 
Ogni membro del branco rabbrividì nell’udire quei versi strazianti e riconoscendo in essi il loro Alfa, tutti iniziarono a tremare spaventati immaginando cosa sarebbe toccato loro all’allenamento del pomeriggio successivo.
 
Intanto buttato sul letto della sua cameretta, Stiles rimaneva immobile. Non piangeva, non urlava, non si faceva prendere dal panico buttando tutto all’aria, semplicemente se ne stava fermo sperando che quel freddo al centro del petto smettesse di fare così male e scomparisse come per magia.

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Capitolo 19
*** Luna ***


Ehilà! Buonasera, solo poche parole per spiegare che nel capitolo ci sarà un breve dialogo cartaceo tra Stiles e Scott, le battute del primo sono quelle in neretto.
Un abbraccio a chi legge e commenta.
Buona lettura.

Cap. 18

“Luna
 
La mattina arrivò troppo presto per alcuni versi – dato che era stanchissimo – e dopo un tempo infinito per altri, considerando che Stiles aveva passato la notte a girarsi e rigirarsi nel letto senza riuscire a chiudere occhio. Non si stupì quindi quando, passando davanti allo specchio, vide uno spaventoso riflesso.
Occhi segnati da profonde occhiaie e un colorito pallido tanto da poter fare a gara con un cadavere, ma con un sospiro non ci rimuginò troppo su, infilandosi nella doccia.
 
Lo sceriffo lo accolse con un tono allegro che si smorzò immediatamente nell’attimo in cui vide il viso del figlio.
“Stiles, non ti senti bene?” preoccupato che si fosse preso un malanno o qualcosa di simile.
“Tutto ok, pa’” sforzandosi di tirare le labbra nella brutta copia di sorriso, ma senza convincere neppure lontanamente il genitore.
“Non raccontare balle”
“Niente di speciale. Sono solo il solito sfigato” confessò mescolando senza appetito la sua ciotola di cereali.
“Derek?”
Il ragazzino annuì.
“Che ti ha fatto quel… quel” prese a inveire James sventolando un pugno davanti al proprio viso.
“Non mi ha fatto niente, semplicemente pensavo fosse interessato a me, invece voleva solo”
“Quel porco!” sbottò lo sceriffo, interrompendolo.
“PAPA’” si scandalizzò Stiles lasciandosi andare a una piccola risata sincera “Stai tranquillo, la mia virtù è ancora immacolata. Ora è meglio che mi dia una mossa se non voglio arrivare in ritardo a scuola”
Alzandosi, prese lo zaino e schizzò fuori.
 
Le lezioni parevano essere una tortura infinita.
La voce del professore di turno aveva effetto soporifero sulla maggior parte degli studenti, ma Stiles si limitava a scarabocchiare sul quaderno, con la guancia appoggiata su una mano.
Ad un certo punto, Scott seduto al suo fianco, vinto dalla noia e curioso di sapere se l’Alfa avesse messo in pratica i suoi consigli, diede all’amico un colpetto con il gomito, affinché gli prestasse attenzione, passandogli un biglietto.
 
Come è andata la serata?
No comment.
Ma come?
Vuoi il riassunto eccolo: è passato a prendermi, siamo andati in una favolosa tavola calda. Mi ha portato in un bel posto al confine del bosco. Mi ha fatto dei regali.
E allora dov’è il problema?
Il problema è che voleva solo scoparmi.
??? O.O
Ohhh non scandalizzarti!
=.=
Smettila con queste faccina assurde!
Ok, scusa. Quindi ti è saltato addosso?
Non proprio…
Scusa non capisco
Sai che novità Scott!
Stronzo
Dopo un paio di baci, mi ha detto che aveva ragione lui e tu torto.
???
Tu gli avevi detto che non sarebbe riuscito a infilarsi nei miei pantaloni al primo appuntamento e lui era tutto fiero del fatto che invece… ci stesse riuscendo. Quindi di me non gliene frega niente, voleva solo divertirsi una sera.
Amico, io non conosco molto bene Derek, ma non penso che abbia messo su tutta questa sceneggiata, compreso il chiedermi aiuto per conoscere i tuoi gusti, per una botta e via, forse è stato solo un malinteso. Devi ammettere che lui non è un mago delle interazioni umane.
E da quanto tu hai ottenuto un dottorato in psicologia mannara?
Non lo so, è stata una sensazione mentre era da me e vedevo quanto si sforzasse davvero ad imparare e memorizzare tutto.
 
La campanella impedì ai due di continuare la chiacchierata anche perché dovendo muoversi nei corridoi affollati e poi mettersi in fila per la mensa, non erano di certo al riparo da orecchie indiscrete.
Ma due occhi preoccupati non avevano perso di vista il castano neppure per un attimo.
Quando finalmente l’ultima ora di lezione terminò, Stiles avvicinandosi a testa bassa alla sua piccolina, si accorse che qualcuno lo stava aspettando appoggiato al cofano solo quando fu a pochi passi dalla Jeep e due scarpe da ginnastica entrarono nel suo campo visivo.
“Ciao Stiles”
“Isaac, ciao” rispose educatamente il figlio dello sceriffo, portandosi accanto alla portiera.
“Aspetta” il castano si irrigidì quando sentì la mano del compagno di scuola afferrargli il braccio “Sei triste”
Constatazione e non domanda.
“Ho solo dormito male” sorridendo l’umano cercò di divincolarsi e vedendo l’imbarazzo sul suo volto il beta mollò la presa.
“Stai mentendo”
“Per la miseria! Smettetela ok? È disturbante questa cosa. Voglio essere libero di raccontare balle quando voglio. Non è giusto che voi usiate le vostre capacità. È come barare” sbottò Stiles rendendosi conto di aver sbraitato nel bel mezzo del parcheggio della scuola, ma ringraziando il cielo nessuno lo stava considerando minimamente e serrando gli occhi, cercò di calmarsi.
Una mano morbida e calda circondò la guancia del piccolo e la voce sussurrata di Isaac gli solleticò il viso “Scusa, non volevo farti arrabbiare”
 
Proprio in quel momento un altro licantropo aveva appena individuato Scott, avvicinandosi quindi a passo svelto “Dov’è Stiles?” pretese di sapere Derek.
Il beta aprendo il lucchetto della bicicletta lo guardò da sotto in su e perfidamente suggerì “Mi pare di averlo visto chiacchierare con Isaac”
Un ringhio fu tutto ciò che ottenne prima che l’Alfa si spostasse per setacciare lo spazio attorno a sé.
C’erano troppe voci davanti alla scuola, il ché rendeva impossibile isolare quella del ragazzino, così l’unica cosa che gli rimaneva da fare fu usare la vista.
E dopo aver guardato a destra e a sinistra un paio di volte, vide finalmente la Jeep con accanto il proprietario e il beta.
Isaac lo stava toccando e Stiles stava sorridendo, scuotendo delicatamente la testa e Derek stava quasi schiumando dalla rabbia.
Dopo pochi passi mossi in quella direzione, riuscì, concentrandosi, a sentire cosa stessero dicendo.
“Non è colpa tua, anzi scusa se me la sono presa con te” si stava giustificando il figlio dello sceriffo.
“Puoi prendertela con me tutte le volte che vuoi” cercò di scherzare Isaac senza allontanare la mano dalla sua pelle, ma al contrario muovendola lentamente, carezzandogli la guancia.
Fu l’umano a tirarsi indietro, allontanandosi da quelle coccole e in quel momento vide, alle spalle del compagno di squadra, Derek avvicinarsi scuro in volto e preso dal panico, cercò di convincere il beta a darsela a gambe.
Il moro li raggiunse e rimanendo in silenzio si mise al loro fianco, aspettando che il ricciolino levasse le tende.
Con un sospiro rassegnato, Isaac si infilò le mani in tasca e salutando Stiles girò sui tacchi e se ne andò.
“Cosa voleva?” ringhiò Derek.
“Non sono affari tuoi” gli rispose per le rime il minore, dandogli le spalle e aprendo di poco lo sportello.
Con forza il licantropo calò la propria mano sulla lamiera richiudendola di scatto “Ti stava toccando. Non posso sopportare che qualcuno lo faccia”
“Mi spiace per te, ma non è un problema mio”
Derek fece un passo avanti e il liceale lo sentì talmente vicino da percepirne il calore e una parte della sua mente gli suggerì di voltarsi e stringerselo addosso.
“Stiles, ieri sera”
“Lasciami andare via” lo supplicò e, ritrovando una voce più salda continuò “è pieno di gente, non vuoi che mi metta a urlare, vero?”
Derek si scostò e il castano salì in auto fuggendo via senza più degnarlo di uno sguardo.
 
La frustrazione del moro era alle stelle, ma doveva calmarsi.
Doveva pensare e riflettere.
Doveva assolutamente trovare un modo per convincere Stiles a concedergli un’altra possibilità e incamminandosi se ne tornò alla Camaro.
Percorrendo l’interstatale, d’un tratto vide un cartello, che non aveva mai notato, sul margine della carreggiata e d’istinto decise di seguirlo.
Dopo qualche centinaio di metri, arrivò davanti a un piccolo edificio e sperando che quella fosse la scelta giusta, spense l’auto e suonò il campanello.
 
Stiles era coricato sul divano poggiato su un fianco e stava disperatamente cercando alla TV qualcosa che lo distraesse. Aveva tentato di occupare la mente con i compiti e lo studio, ma una volta finito ciò che doveva fare, i ricordi della sera precedente erano tornati a galla.
Lo sceriffo aveva riempito il suo tempo con i preparativi per la cena e i racconti di quanto accaduto in centrale, ma non appena gli aveva concesso una via di fuga, dicendo che ci avrebbe pensato lui alle stoviglie, il figlio era scappato in soggiorno.
Il trillo del campanello spaventò entrambi, ma Stiles decise che non gli importava scoprire chi fosse a rompere le scatole a quell’ora e lo ignorò.
Un secondo scampanellio obbligò quindi James ad asciugarsi rapido le mani e ad andare ad aprire la porta. Quando si trovò di fronte il giovane Hale, si maledisse per non aver imitato il figlio che, non appena sentì la voce del moro salutare il padre, scattò a sedere.
“Che ci fai qui?” domandò per nulla affabile il padrone di casa.
“Vorrei vedere Stiles”
“Non penso proprio” rispose lo sceriffo seccato e sulla difensiva.
Il mannaro strinse le dita sulla cesta di vimini che aveva tra le braccia, facendola cigolare, focalizzando così su di essa l’attenzione dell’uomo.
Il contenuto di quel cestino – coperto da un telo rosso – si era appena mosso e James capì al volo cosa contenesse e sorridendo suo malgrado, gli puntò contro un dito “Sarò in cucina, se provi solo a farlo arrabbiare”
“Sì signore” il licantropo lo seguì affacciandosi in soggiorno, dove Stiles, in piedi davanti al sofà, lo stava aspettando sfregandosi nervoso le mani sui jeans.
 
“A-accomodati” balbettò il castano sedendosi di nuovo e osservando curioso ciò che si muoveva tra le braccia dell’Alfa.
Derek mise la cesta in mezzo a loro due “Questo è per te. Ci sono passato quasi davanti e ho capito che era giusto che tu ne avessi uno. Non è per tentare di rimediare al casino di ieri sera, anche se vorrei ti ricordassi che io con le parole sono una frana, al contrario di te”
Pur avendo ascoltato con attenzione, Stiles era letteralmente rapito dai movimenti e rumori che arrivavano dal cestino e spinto da Derek, sollevò la stoffa.
Al centro di un cuscino celeste era accoccolato un cucciolo di cane che non appena rivide la luce, lanciò un uggiolio di riconoscenza.
“Ma” provò a parlare il minore, senza riuscire ad articolare una frase.
“È una cagnolina. Al canile mi hanno detto che è già vaccinata e troverai tutte le informazioni in queste carte” e intanto un piccolo plico di fogli aveva lasciato la tasca del moro per finire sul tavolino.
Il figlio dello sceriffo non si interessò alle scartoffie, preferendo allungare una mano per accarezzarla. Era morbida come una nuvola, tutta bianca e con il pelo folto e lungo. Era bellissima e Stiles si ritrovò a ridere felice.
“Sei andato al canile? Deve essere stato un bel casino, ricordo le prime volte in cui sei entrato da Deaton”
“Oh, sì” e l’Alfa rise, ricordando ciò che era successo “Lei è stata l’unica coraggiosa che invece di ringhiarmi contro si è avvicinata scodinzolando e dato che avrei piacere di frequentare questa casa, ho pensato fosse utile avere un’alleata”
Non resistendo più, il liceale la prese in braccio e stringendosela al petto si diresse in cucina.
“Papà” chiamò il genitore intento a leggere una rivista “Ti presento Luna”

Ecco la piccola Luna (immagine trovata su Google di cui mi sono innamorata)


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Capitolo 20
*** Galeotto fu il libro ***


Ultimo capitolo.
Ringrazio chi ha letto, commentato e infilato la ff in una qualunque delle categorie di EFP.
Buona lettura e a presto.

 
Cap. 19
“Galeotto fu il libro”
 
Lo sceriffo si limitò a sorridere, alzandosi e raggiungendo il figlio per osservare meglio il cucciolo.
“Certo che è parecchio diverso dall’altro. Sembra un batuffolo di ovatta” carezzandolo leggero tra le orecchie e ricevendo in cambio un verso uggiolante accompagnato da uno scodinzolio incontrollato.
Luna in un paio di secondi aveva già conquistato l’uomo.
Stiles felice che il padre non avesse mosso obiezione alcuna, stringendo la sua cagnolina tra le braccia, se ne tornò in soggiorno, ma a metà strada incontrò il moro che si stava chiaramente preparando a lasciare la casa.
“Derek, dove stai andando?”
“Penso sia meglio che io me ne torni a casa” e serrando le labbra in una linea sottile, dato che quello in realtà era davvero l’ultimo dei suoi desideri, si diresse alla porta.
Luna iniziò ad abbaiare spaventata e ad agitarsi tra le braccia del liceale “Che ti prende piccola?” chiese il suo padroncino, consapevole dell’inutilità della domanda e non riuscendo a mantenere salda la presa, piegò le ginocchia così da poggiarla a terra. Non appena sul pavimento, il cucciolo corse verso i piedi dell’Alfa e sollevando una zampa, la strusciò più volte su ciò che riusciva a raggiungere: scarpe o jeans.
“Penso non voglia che tu vada via” il castano tentò di interpretare il comportamento del cane e con un gesto del capo, indicò il divano “Ti va di restare ancora un poco?”
Derek acconsentì e sfilandosi il giubbotto, lo gettò sul bracciolo del sofà, rifacendo suo il posto precedentemente occupato, mentre il cucciolo gli zampettava dietro e Stiles si fermava ancora nell’ingresso, osservando il padre recuperare la fondina e la giacca di ordinanza.
“Pa’ dove vai a quest’ora?”
“Ti ho avvisato prima, ma come pare evidente non mi stavi ascoltando. Questa notte siamo quasi tutti in servizio e di ronda a causa delle numerose effrazioni e aggressioni degli ultimi giorni” il figlio annuì, rendendosi conto che davvero non aveva prestato la benché minima attenzione a tutto ciò che il genitore aveva detto durante la cena.
Lo sceriffo mosse un paio di passi verso l’uscio, ma d’improvviso tornò indietro, entrando nel soggiorno e rivolgendosi all’ospite – che era intento a evitare a suon di occhiatacce che la piccola Luna continuasse a guaire disperata per farsi prendere in braccio – domandò “So che non dovrei chiederti una cosa simile anche perché tu… ma lasciamo perdere. Dovrò stare tutta la notte fuori casa e non mi sento tranquillo a lasciare Stiles da solo. Potresti rimanere qui?”
Gli occhi verdi di Derek si spalancarono, anche se si sforzava per evitare che le emozioni si dipingessero a colori fluo sul proprio viso e, riacquistando una sottile parvenza di freddezza, rispose “Certo signore”
“Guai a te se… ci siamo capiti vero Hale? Non farmi pentire della fiducia che ti sto dando di nuovo” e senza attendere oltre lasciò la casa, raccomandando al figlio di sprangare con cura le porte e le finestre.
Dopo aver chiuso l’ingresso a doppia mandata, con ansia crescente, raggiunse il divano, sedendosi rigido e impacciato, nonostante la presenza di Luna che, abbandonata la speranza di muovere a compassione il moro, si era lanciata nella missione di impietosire il minore.
Quando il padrone di casa, nell’assoluto silenzio che riempiva la stanza si avvide dei guaiti disperati, si abbassò per tirarla a sé e adagiarla poi tra sé e il licantropo.
“Se vuoi me ne vado” esordì il moro, sperando in cuor suo che il ragazzino non glielo chiedesse per davvero, ma che al contrario gli concedesse la possibilità di stargli accanto, per di più con il benestare dello sceriffo.
“No, resta. Anche perché altrimenti chi sentirà mio padre se domani mattina non ti trova in casa” e cercando in modo impacciato qualcosa da fare, allungò una mano fino ad afferrare i documenti che Derek aveva lasciato sul basso tavolino.
Scorrendo quanto in essi scritto, scoprì di doversi appuntare una serie di scadenze sul calendario, affinché nessuna di esse gli sfuggisse. Riguardavano tutte le visite e i vaccini che la cagnolina avrebbe dovuto fare nel mesi a venire.
Arrivato all’ultimo foglio, si accorse subito che questo non apparteneva al gruppo dei precedenti. Era più piccolo ed era stato strappato malamente da un quaderno o taccuino. Un banale foglio a quadretti, dove erano state vergate a mano una serie di versi.
La calligrafia era tagliente e spigolosa e avvicinando la carta al proprio viso per decifrarne il significato, la voce di Derek lo distrasse per un attimo, facendogli voltare il capo nella sua direzione “Me la sono appuntata l’altro giorno prima che la commessa impacchettasse il libro. Mi piace”
Stiles tornò a posare gli occhi su quanto stringeva tra le mani e lesse a mezza voce ogni singola parola presente.
 
Tu mi sorridesti
e mi parlasti di niente
e io mi accorsi
che era questo
che aspettavo da tempo.*
 
Le labbra del piccolo si tirarono in un delicato sorriso che venne prontamente donato al maggiore “Piace molto anche a me. Sai, non ti facevo un tipo da poesia”
“E non lo sono infatti” confermò Derek, cercando di sedersi più comodamente “ma mentre sfogliavo il libretto, la mia attenzione è caduta su quelle poche righe e le ho sentite così vere. Ci sei tu lì dentro”
“Io?” ripeté senza aver compreso cosa l’altro intendesse dire.
“Sì. Tu sorridi in mille modi diversi e mi sono ritrovato a sperare che ci fosse anche un sorriso mio, un sorriso che fai solo per me. Poi mi pare non ci sia nulla da spiegare riguardo il secondo verso e la tua capacità di mettere insieme mille parole senza dire assolutamente nulla”
Il liceale arrossì senza neppure rendersene conto, fino a quando non sentì le gote in fiamme e la salivazione ridotta a zero “Se io sono nelle prime righe, tu… tu dove sei?” e spalancando quei suoi occhi grandi e sinceri, che chiedevano solo piena considerazione e affetto, lo guardò in attesa.
“Io sono in tutto quello che resta” sussurrò Derek sporgendosi in avanti, sfiorando con la punta delle dita la guancia di Stiles “Mi sei entrato dentro come una spina fastidiosa, ti sei  conficcato così in profondità che ora è impossibile per me sperare di levarti di mezzo e ricominciare a pensarmi senza di te. Sono stato uno stronzo l’altra sera, lo so, ma ehi, io sono così. Mi conosci”
Riprendendo a respirare e godendo dei tocchi freschi della mano dell’Alfa, il padrone di casa, si azzardò a interromperlo “È vero, so come sei fatto, ma non sono abituato ad avere persone che desiderano realmente la mia compagnia e quindi è stato più semplice pensare che tu volessi solo”
“Divertirmi con te una sera?”
La testa del castano si mosse su e giù.
“Non è così o per lo meno non del tutto” e di fronte all’espressione curiosa di Stiles, il mannaro continuò “Voglio divertirmi con te, e parecchio anche, ma per ben più di una sera. Anzi per molto molto tempo, se me lo concederai” e avvicinandosi ancora lo baciò lentamente e con tocco così leggero da sembrare un mero sogno.
La mano di Stiles si serrò attorno al polso di Derek, la paura che si allontanasse divenuta tangibile nel suo cuore e spingendo in avanti il proprio corpo, un mugolio si fece sentire.
I due ragazzi si staccarono anche se a malincuore e abbassando gli occhi videro che la cagnolina si era distesa nello spazio, fattosi sempre più ridotto, tra le loro cosce e stava cercando di addormentarsi, o quella almeno era stata la sua intenzione fino a quando non si era sentita stringere da entrambi i lati.
“Penso sia l’ora di metterla a dormire” decise Stiles alzandosi dal divano e, prendendo il cucciolo tra le braccia, si incamminò verso le scale.
Luna quasi completamente sveglia venne interpellata dal suo padroncino, che fermo davanti al primo scalino, domandò – sicuro che il lupo lo avrebbe sentito – “Che ne dici piccola, lo facciamo venire con noi?” la chiamata in causa abbaiò e così Stiles riprese rivolgendosi al moro “Allora, ti muovi o dobbiamo ancora aspettarti a lungo?”
Derek in un attimo fu al loro fianco e spegnendo le luci al loro passaggio, i tre salirono al piano superiore.
 
Raggiunta la camera dell’adolescente e vedendo che questo con il cane tra le braccia si stava avvicinando al letto, l’ospite con malcelata irritazione borbottò “Non vorrai mica farla dormire con te?”
“Certo, pensavi fosse un privilegio riservato solo a un determinato cucciolo rompipalle e incurante dell’altrui spazio personale?”
Gli occhi di Derek si ridussero in sottili fessure e, tirando le labbra, abbandonò la discussione recuperando dall’armadio il vecchio sacco a pelo dove Stiles aveva cercato di farlo dormire l’ultima sua notte da lupacchiotto e lo stese sul pavimento, scalciando in un angolo le scarpe.
“Che fai?” si incuriosì il castano, posando il cane sul copriletto e raggiungendo la cassettiera.
“Mi sto preparando per andare a letto” ringhiò il lupo, spaventando Luna che si fece piccola piccola il più lontano possibile dal moro.
“Smettila, le fai paura. E dato che ci sei smettila anche di fare il coglione geloso” e chiudendo di scatto un cassetto si volse a Derek, stringendo tra le mani un groviglio di stoffa.
A quelle parole, il licantropo aveva reagito con velocità sorprendente, mangiando la distanza che lo separava dall’adolescente e senza staccare gli occhi dai suoi sibilò uno “Stiles” che valeva come un monito.
“È presto e pensavo di provare una cosa, potrebbe diventare una piacevole abitudine e poi ti avevo già avvisato che mi sarei preso cura di una tua imperdonabile lacuna”
“Ciò di cui stai parlando, e che non comprendo, vorrei sottolineare, cosa centra con quello che stavo dicendo io?”
“Centra invece, mentre noi saremo intenti in questa attività, lei può restare sul letto con” e prendendo un respiro continuò “con noi, poi la sposterò a terra sul sacco a pelo. Contento?”
Derek compì un solo gesto del capo e vedendo il minore incamminarsi verso la porta, lo bloccò “Dove vai?”
“Vado a prepararmi per dormire”
“Se torni qui con un altro odioso pigiama, sai già che fine farà, vero? Uomo avvisato”
“Ma” cercò di obiettare il ragazzino.
“Niente ma” e il moro incrociò risoluto le braccia al petto.
“Dispotico, possessivo e ingestibile sourwolf”
“È per questo che mi adori, lo so”
“AH! Non crogiolarti troppo nella tua sicurezza” lo stuzzicò Stiles “mi basta schioccare le dita e posso trovare qualcun altro da”
“Non dirlo neppure per scherzo” lo aveva raggiuntò Derek circondando con una sola mano il mento del castano e costringendolo a guardarlo in viso “Non hai idea di cosa sia stato vedere Isaac baciarti fuori da scuola e osservarti mentre ti preparavi per uscire con lui”
Il moro lasciò cadere la propria fronte su quella, situata poco più in basso, del liceale e riprese “Ed è ancora adesso una tortura pensare che ti abbia toccato e”
“Voglio te” due piccole parole, solo due minuscole parole e il mondo del licantropo si colorò. Senza neppure aprire gli occhi il moro baciò il sorriso del ragazzino, sorriso che era sicuro stesse ornando le sue labbra.
Dopo un piccolo bacio a stampo, Stiles si tirò indietro “Allora, mi permetti di andare di là e mettermi qualcosa di più pratico?”
“Niente bottoni però” si sincerò Derek.
“Niente bottoni promesso”
 
Il mannaro si era seduto comodamente al centro del letto e aveva ceduto alle richieste di coccole di Luna, carezzandole il fianco e la pancia e si stupì di non aver sentito il padrone di casa arrivare “E così già mi tradisci?” lo colpì la voce acuta del castano.
“Scemo”   
“Allora vado bene così?” domandò il figlio dello sceriffo spalancando le braccia. Indossava un’anonima maglietta e morbidi e larghi pantaloni.
“Mmh” mugugnò “se non si può avere di meglio” distendendosi su un lato del letto.
Stiles rise muovendosi per la stanza fino a raggiungere la scrivania dove raccolse un enorme libro di cui Derek intuì il titolo.
Accendendo la piccola luce sul comodino, scavalcò il corpo del moro e sedendosi, con la schiena quasi del tutto poggiata alla testiera, cominciò a leggere con voce solenne
“Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
Sette ai Principi dei Nani nelle lor rocche di pietra,
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno per l’Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra,
Nella Terra di Mordor dove l’Ombra nera scende.
Un Anello per domarli, Un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buoi incatenarli,
Nella Terra di Mordor, dove l’Ombra cupa scende”**
 
“Che cosa allegra” tentò di intromettersi Derek, che facendo finta di nulla, imitato dalla piccola Luna, era strisciato sempre più vicino all’umano, arrivando, sul finire della lettura, a posare il capo su un lato del torso del figlio dello sceriffo, molto vicino al cuore.
“Zitto e ascolta” lo riprese Stiles che, dopo avergli circondato le spalle, tranquillamente aveva iniziato a lasciar scorrere tra i capelli neri e folti del mannaro le sue dita, perdendosi in mille carezze.
Una manciata di secondi e Stiles riprese a leggere “Si comincia: A proposito degli Hobbit. Questo Libro riguarda principalmente gli Hobbit”
“Hobbit?” ripeté il lupo.
“Sì, lasciami continuare, altrimenti lo finiremo quando saremo vecchi”
“Ok. Questo vuol dire che potrò tornare anche domani sera? Così riavrai i libri che ti ho regalato” chiese titubante il licantropo alzando il capo.
“Certo che puoi tornare e potrai farlo anche quella dopo e quella dopo ancora” concluse allungando il collo per strapargli un piccolo bacio.
 
La testa di Derek tornò alla sua confortevole posizione, Luna – che nulla aveva compreso di tutte quelle parole – sbadigliò tranquilla, con il musetto adagiato sulle zampe e il corpo lungo e disteso tra i polpacci del suo padroncino, mentre Stiles, con voce felice e morbida riprendeva a narrare le strabilianti avventure dei mezz’uomini.
 
 
 
* versi di Rabindranath Tagore
** Incipit de La Compagnia dell’Anello

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