Pokémon Sky Blue - Feralis's Journey in Johto

di Chirubi
(/viewuser.php?uid=229967)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter X ***
Capitolo 2: *** Chapter 1 - New Bark Town ***
Capitolo 3: *** Chapter 2 - Cherrygrove City ***
Capitolo 4: *** Chapter 3 - Dark Cave ***
Capitolo 5: *** Chapter 4 - Violet City ***
Capitolo 6: *** Chapter 5 - Union Cave ***
Capitolo 7: *** Chapter 6 - Slowpoke Well ***
Capitolo 8: *** Chapter 7 - Azalea Town ***
Capitolo 9: *** Chapter 8 - Ilex Forest ***
Capitolo 10: *** Chapter 9 - Goldenrod City ***
Capitolo 11: *** Chapter 10 - Pokéathlon Dome ***
Capitolo 12: *** Chapter 11 - Burned Tower ***
Capitolo 13: *** Chapter 12 - Ecruteak City ***
Capitolo 14: *** Chapter 13 - Olivine Lighthouse ***
Capitolo 15: *** Chapter 14 - Cianwood City ***
Capitolo 16: *** Chapter 15 - Olivine City ***
Capitolo 17: *** Chapter 16 - Team Rocket HQ ***
Capitolo 18: *** Chapter 17 - Lake of Rage ***
Capitolo 19: *** Chapter 18 - Mahogany Town ***
Capitolo 20: *** Chapter 19 - Ice Path ***
Capitolo 21: *** Chapter 20 - Ice Path and Goldenrod Radio Tower ***
Capitolo 22: *** Chapter 21 - Goldenrod Radio Tower ***



Capitolo 1
*** Chapter X ***


  • Chapter X

 

 

Meander of the Endless Forest - “Far away from everywhere”

 

//

 

I frinii dei Kricketune e gli ululati remoti dei Mightyena vengono inghiottiti dal gelido buio, che non si lascia illuminare nemmeno minimamente dal modesto braciere che mi brilla fioco davanti.

Mi stringo forte a Zoroark, sistemandomi una lunga coperta di lana sulle spalle.

  • Allora, Fer…

La voce calda e pacata del ragazzo affianco a me fuoriesce delicata dalle sue labbra bordate di rosso, come di sangue, mentre i suoi occhi celesti e opachi mi scrutano nell'ombra.

  • in quasi un anno che combatto al tuo fianco non mi hai ancora raccontato per bene l'esordio della tua avventura.

Prende ad accarezzarmi lentamente i lunghi capelli castani mentre guarda assorto il fuoco tremolante dinanzi a noi.

Emetto una via di mezzo tra un sospiro e uno sbuffo, poggiando la testa sul suo petto caldo e irreale, che al contatto con la mia guancia rovente trema come se fosse fatto d'acqua.

  • Zoroark, quanto ci tieni a tornare nella Poké Ball?

Sbadiglio, inquieta, sia perché è una storia tremendamente lunga, sia perché a tratti ha lasciato cicatrici non poco profonde nella mia anima. E Zoroark lo sa bene.

  • Sai che non ne voglio parlare.

  • Tanto prima o poi me la dovrai raccontare, sai? Altrimenti farò ricorso a Lucario per leggerti la mente.

Bofonchia, poggiandomi un bacio sulla fronte.

Istintivamente, mi sfugge una risata quanto più soffocata possibile e alzo lo sguardo verso il mio fidato amico, pigra.

  • Devo ricordarti che Lucario ti odia e che non sa leggere nella mente?

Stavolta è lui a sospirare, lamentandosi anche.

  • Okay, Fer, okay. Ora però mi racconti la storia?

Mi ricompongo subito, accorgendomi della situazione imbarazzante che potrebbe lasciar fraintendere.

  • Se proprio insisti… Ma se ti addormenti, rientri nella ball.

Le mie condizioni vengono accettate con un cenno del capo, mentre Zoroark accoglie delicatamente le mie mani tra le sue. Strano come abbiano la stessa consistenza degli arti umani nonostante si tratti di un'illusione.

  • Bene.

Mi schiarisco la voce, mentre una strana sensazione inizia a prendere possesso del mio stomaco. È una sensazione assurda, indefinibile, che non può essere collegata a nessun tipo di sentimento, decisamente.

Non si tratta di nostalgia, di sicuro. Ne ho passate davvero di brutte, durante i miei precedenti viaggi, nonostante tutta l'esperienza acquisita.

  • Iniziò tutto quasi tre anni fa…

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Chapter 1 - New Bark Town ***


Chapter 1


 

New Bark Town – “Winds of a New Beginning”


 

///


 

« Love you, cutie. »

- Feralis


 

Una lieve brezza aleggiava tenue nell'aria invernale di Borgo Foglianova, mentre il fruscio delle fronde settentrionali e meridionali e le onde ad est annunciavano il mattino. I primi Ledyba svolazzavano qua e là ronzando, provvedendo a svegliare dolcemente noi abitanti.

Io ero già sveglia e vigile, e assieme a Toto, il mio fedele Totodile, mi ero rintanata tra i fiori delicati e morbidi che separavano casa mia dal laboratorio del Professor Elm, aspettando l'incarico giornaliero. Perché era così che tiravamo avanti da quando mia madre si era trasferita non lontano da Levantopoli nella regione di Unima con la sua Dunsparce per continuare il suo lavoro di maestrina.

E così, attendevo con ansia ogni fine settimana per rivederla, per chiederle come fosse il mondo al di là del piccolo Borgo Foglianova.

Già, come fosse il mondo al di là della mia paradisiaca e tranquilla città.

Toto sembrò accorgersi del mio appena accennato malumore dovuto al mio isolamento dal mondo. Mi tirò piano la mano con aria interrogativa, ma mi limitai a sorridergli e fargli cenno che era tutto a posto, cosa parzialmente vera.

Tanto ormai ci avevo fatto l'abitudine.

Il tempo sembrò volare mentre mi perdevo nei miei più reconditi pensieri, stesa sui fiori quasi assopita, tanto che mi parve passato un attimo quando udii il vicino cigolio di una vecchia porta.

E bene, avrei riconosciuto quel rumore ovunque.

Mi alzai di scatto, e senza nemmeno degnarmi di spolverare la leggerissima canotta bianca, la giacca blu o i pantaloncini in tinta, corsi dall'unica persona di cui mi fidassi veramente.

Ed eccolo lì, carnagione chiarissima, capelli castani e occhi della stessa tonalità dei capelli – caratteristiche fisiche tipiche di noi abitanti di Johto, ma anche di quelli di Kanto - , coperti da due sottili lenti.

  • Buongiorno, professore! Qual è la commissione del giorno?

Cinguettai sorridente in attesa dell'incarico, con gli occhi che mi brillavano.

  • Feralis, cara! Buongiorno anche a te. Oggi pensavo di mandare te e Toto ad acquistare una decina di pozioni a Fiorpescopoli, e magari prelevare anche la ghicocca verde del percorso 29, a quest'ora dovrebbe già essere matura.

Disse il tutto frugando insistentemente in una delle larghe tasche del camice bianco, estraendone alla fine una banconota da 3000 dollari Pokémon e porgendomela.

Nulla di tanto complicato nemmeno quel giorno, e a me la cosa stava anche bene.

Se non per il fatto che a quattordici anni non sarei dovuta rimanere a fare un viavai continuo tra Borgo Foglianova, il percorso 29 e Fiorpescopoli, allora la mia massima ambizione.

Perché la verità è che non mi ero mai spinta oltre la città vicina, nella quale trascorrevo anche le vacanze estive con i ventidue abitanti che ormai consideravo come una sorta di famiglia, dopo giornate intere in spiaggia ad intrecciare i fiori variopinti della città, a pescare e rinfrescarsi.

Però era anche vero che mi faceva rabbia pensare che ragazzini di quattro anni più piccoli di me erano liberi di esplorare la regione con i loro Pokémon mentre io ero ancora come chiusa in gabbia, ad aspettare quel sapore della libertà che non faceva altro che lasciarmi l'amaro in bocca.

Non che mi mancasse qualcosa, ma erano tre anni e dieci mesi che il tratto Borgo Foglianova-Percorso 29-Fiorpescopoli non mi emozionava più.

E sapevo che oltre quel percorso e quelle due città c'era ben altro.

Sapevo delle otto palestre, sapevo della Lega Pokémon al confine con la regione di Kanto, sapevo del pericoloso Monte Argento, sapevo dell'enorme centro commerciale della splendida ed enorme Fiordoropoli…

Ma anche qui pensarvi era inutile, non mi avrebbe aiutata a diventare una vera allenatrice.

Chissà, forse il mio destino era quello di diventare l'assistente alle compere del professor Elm, a Borgo Foglianova per sempre.

Una vita intera a marcire tra il Pokémon Market di Fiorpescopoli, il laboratorio del professore, e un mucchio di carte e appunti.

E magari Toto, per come sono deboli i Pokémon del percorso 29, sarebbe diventato un Feraligatr quando io sarei già stata sepolta.

E magari sarei stata promessa in sposa a quel nanerottolo del figlio del professore, quel ragazzino basso con i pantaloncini, le scarpe e il berretto blu e la maglia gialla.

Mi si accapponò la pelle.

Oh mio Lugia, no.

Almeno l'ultimo punto l'avrei impedito con tutta me stessa, poco ma sicuro.

  • Certo professore, provvedo subito.

Sospirai, con l'entusiasmo mozzato.

Ormai tutta la voglia di lavorare mi era passata, ma non volevo deludere Elm per nessun motivo al mondo.

Ero sul punto di incamminarmi, quando mi sentii poggiare una mano sulla spalla destra.

  • Feralis…

Il professore esitò, la paura lo stava tradendo nonostante stesse cercando di apparire quanto più calmo possibile, mentre io ero così assente da non essermi accorta delle acque tormentate nella sua voce.

  • Il Team Rocket è rinato per la seconda volta, si dice che stia assaltando tutte le città di Johto a partire da quelle senza la protezione di un Capopalestra.

    Se ti dovesse succedere qualcosa in giornata, hai in tasca il Pokégear per contattarmi?

Annuii subito, seria.

Vedere il professore preoccuparsi non era cosa da nulla.

  • Bene, allora ci vediamo stasera! Divertiti, mi raccomando!

Finse di essersi risollevato e si riprecipitò misteriosamente nel laboratorio, ma lo conoscevo abbastanza bene da sapere che stava mentendo spudoratamente più a se stesso che a me.

Ma va be', chi ero io per giudicare?

  • E va bene, andiamo, Toto.

In poco e niente, con il sole già ben alto in cielo, ero già tra l'erba alta del percorso 29 con il mio fedele amico che scrutava con cautela gli alberi che ci circondavano, alla ricerca di Pokémon selvatici da cui difendersi, ma non trovammo nulla di diverso dai soliti Pidgey svolazzanti e i Sentret ritti attenti sulla coda.

Una volta giunta all'albero delle ghicocche verdi ne prelevai una da donare a Toto, che la gustò subito soddisfatto.

Mi sfuggì un sorriso nel vederlo chiedere altre ghicocche, tutto contento e saltellante.

Ricordavo come se fosse stato il giorno prima l'ottenimento del mio primo ed unico Pokémon: me lo regalarono i miei genitori il giorno del mio decimo compleanno, e scelsero un Totodile perché un giorno sarebbe diventato un Feraligatr. E il mio nome, Feralis, deriva da un omaggio ad un Feraligatr che salvò la vita di mio padre da parte sua. Di conseguenza, i due fatti sono collegati.

Dopo aver esaudito nuovamente il suo insaziabile desiderio di ghicocche, strinsi forte Toto in un abbraccio nonostante pesasse abbastanza e avesse una pelle dura come cemento.

  • Ti voglio bene, piccolo.

Mormorai, stampandogli un bacio sul capo.

  • Adesso però dobbiamo andare, altrimenti ci possiamo fermare per poco tempo a Fiorpescopoli, su! In marcia!

Me lo caricai sulle spalle, ridendo, e corsi quegli ultimi passi che mi separavano da Fiorpescopoli.

Ma da quel momento, non ebbi più niente di cui ridere.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Chapter 2 - Cherrygrove City ***


- Chapter 2

 

 

Cherrygrove City - “The City of Fragant Flowers”

 

Totodile vs Golbat vs Rhydon

 

« I owe you my life. »

- Feralis

 

 

 

Appena la vidi, mi convinsi che quella poteva essere tutto tranne Fiorpescopoli.

I fiori, viola, rosa e gialli erano di un rosso vivo, fiammeggiante.

Nel vero senso della parola.

Lo stesso discorso valeva per i recinti bianchi e per tutti gli alberi che stavano bruciando, mentre la fiamma si espandeva tra la flora del luogo a macchia d'olio.

Fuori la casa dell'anziano che offriva di sua spontanea volontà un tour della città ai turisti, vi era un uomo sulla tarda trentina mentre minacciava evidentemente tutti gli abitanti della città con un Golbat dall'aria tutt'altro che innocua.

Il criminale era vestito completamente di nero, fatta eccezione per una grande R rossa che spiccava dall'uniforme: una recluta del Team Rocket, proprio una di quelle persone da cui mi sarei dovuta guardare.

  • Ditemi dov'è il leggendario Lugia. Voi lo sapete, non è così?

Sbraitava, con una grande crudeltà che brillava nei suoi occhi scuri come la pece. E, alla sua sinistra, un Golbat dalla vasta apertura alare svolazzava altrettanto minaccioso intorno ai cittadini.

Avrei anche seguito l'avvertimento del professor Elm, ma l'uomo stava pur sempre minacciando delle vite innocenti, cosa che mi fece saltare i nervi.

Non mi sarei mai perdonata di vedere scomparire il sorriso dai volti dei nostri vicini. Mi venne la pelle d'oca, e senza nemmeno pensarci due volte – grandissimo errore – iniziai una battaglia fin troppo rischiosa.

  • Toto, usa Pistolacqua contro Golbat!

E prima che chiunque se ne potesse accorgere, Toto balzò giù dalla mia schiena e dall'enorme bocca di coccodrillo fuoriuscì un forte getto d'acqua. In poco e niente Golbat, colpito di schiena, era zuppo.

Nel momento di distrazione dell'uomo riuscirono tutti a fuggire.

Qualcuno di più coraggioso provò a raggiungermi, ma gli feci cenno di correre via.

Soprattutto perché il pipistrello blu si riprese dopo cinque secondi scarsi.

  • Levati dai piedi se non vuoi fare una brutta fine, mocciosa!

Tuonò il criminale, ordinandogli subito dopo di attaccarmi con Attacco d'Ala.

Sì, avete capito bene, attaccare me.

Una ragazza, che con anche solo il più misero degli attacchi sarebbe potuta crollare a terra esanime e non svegliarsi più.

In teoria mi sarei dovuta paralizzare nel vedere un Golbat scagliarmisi contro a tutta velocità mentre mi stava per spezzare in due con un'ala, ma presi a correre con una rapidità e prontezza che mai mi sarei aspettata.

Dovevo evitare l'inevitabile, anche se la paura mi muoveva le gambe fin troppo freneticamente sulla spiaggetta di Fiorpescopoli.

Il cuore probabilmente mi stava per scoppiare, iniziai a sentire brividi freddi lungo la schiena, lo stomaco mi si stava distruggendo dall'ansia e lo sguardo era appannato per le lacrime.

Finché le mie orecchie non percepirono un grido sordo provenire dalla recluta e Golbat mi iniziò a colpire con una dozzina di Attacchi d'Ala.

Era la fine.

Toto era troppo debole e poco allenato per poter competere con una delle macchine da combattimento del Team Rocket, e presto sarebbe stato fatto fuori anche lui, forse prima di me.

No, non mi sarei mai perdonata di vedere il mio migliore amico morire a causa di un mio errore.

Rettifico, non mi sarei mai perdonata di vedere il mio migliore amico morire e basta.

Era destinato a rimanere per sempre con me, lo sapevo per certo.

Perderlo sarebbe stato come sacrificare metà della mia anima, molto peggio di tagli e ferite che mi ero già procurata in un minuto scarso.

Allungai lo sguardo offuscato sulle mie gambe, ma sarebbe stato meglio evitare lo scenario che mi si presentò davanti: le ginocchia erano di un rosso vivo e fiammeggiante, mentre un fluido di un rosso sporco e contaminato dalla sabbia mi scorreva sugli stinchi doloranti.

Provai a rialzarmi con ogni briciola di energia sparsa per il corpo, ma crollai a terra con una fitta di dolore all'altezza delle gambe ormai martoriate ancora più forte.

Uno strappo muscolare al momento meno adatto, in pratica.

Avevo le lacrime agli occhi e non c'era nessuno a potermi aiutare.

Che orrida fine, tutta colpa di un maledetto Golbat. E mia, ovvio.

Forse non avrei fatto così male a lasciare che qualche abitante di Fiorpescopoli venisse in mio soccorso, ma ormai era troppo tardi anche per questo.

Il sole stava già calando, tutti quelli delle altre città vicine si stavano ritirando a casa e…

Il professor Elm!

Se il Pokégear fosse stato ancora funzionante avrei potuto chiamare lui.

Ma non avevo modo per distrarre l'uomo in nero, di conseguenza l'idea era da scartare, assolutamente.

Golbat era di nuovo sul punto di farmi fuori con l'ennesimo Attacco d'Ala, quando Toto mi si parò davanti, deciso.

  • Pensi ancora di avere qualche speranza, moscerino azzurro?

    Perché se è così ti conviene perire con la tua misera allenatrice!

Bastò un cenno con la mano, che Golbat espulse dalla bocca una tremolante sfera luminosa di medie dimensioni, Stordiraggio.

Pensavo che Toto fosse spacciato quanto me, e invece fece una cosa che non mi aspettavo minimamente: deviò la sfera con la coda, restituendola al mittente, che però la deviò altrettanto abilmente, facendola schiantare contro il fianco del Pokémarket.

A Golbat venne ordinato un altro Attacco d'Ala, il millesimo.

Mi iniziai seriamente a chiedere se quel Pokémon conoscesse solo due mosse.

E poi successe tutto in una frazione di secondo.

Toto era pronto a proteggersi e a contrattaccare, io piangevo con le guance sporche di una mistura tra terra, lacrime e sangue e la recluta sghignazzava.

E un enorme Rhydon spuntò fuori praticamente dal nulla, facendo tremare la terra ad ogni passo.

A confronto, Golbat sembrava un fiore.

  • Ecco, l'ennesima pedina di quella banda di idioti.

    Ma non ti fai schifo, a minacciare di morte un'allenatrice e il suo Pokémon?

Partiamo dal presupposto che i Rhydon non possono parlare, che il mio Totodile non avesse mai detto una parola e che né Golbat e né la recluta potevano darsi degli idioti da soli, sarebbe stato insensato.

E non dimentichiamo che nessuno ha mai sentito parlare di un Rhydon che scorrazza senza freni in giro per Johto.

Poteva significare solo una cosa, la più ovvia di questo mondo: avevamo uno spettatore.

Non sapevo ovviamente da quanto tempo stesse lì e da quanto mi stesse vedendo piangere e mugolare morente a terra, con i capelli castano scuri e lunghi a coprirmi la faccia.

Certo che dovevo essere proprio attraente, perché era venuto finalmente un soccorritore.

No, ma chi vogliamo prendere in giro, sappiamo tutti che era solamente mosso dalla pietà e compassione nei confronti di una tredicenne imbranata e inibita che non riesce nemmeno a correre senza acciaccarsi, figurarsi allenare un Totodile.

  • Rhydon, usa Pietrataglio!

Ordinò, mentre il Pokémon sollevava enormi pietre da terra che schizzarono verso l'altro e mentre l'allenatore correva nel frattempo verso la mia direzione e mi strattonò verso l'alto tanto da rimettermi in piedi, nonostante avessi tutte le membra doloranti.

Mi sarei voluta lamentare per la finezza con la quale ero stata tirata su, ma non ci riuscii per due motivi: primo, il professor Elm mi aveva insegnato che “a Ponyta donato non si guarda la criniera”, secondo, il mio soccorritore era una delle più grandi autorità della regione di Kanto.

Capelli castano chiaro sparati verso l'alto, occhi dallo sguardo intenso quanto gelido dello stesso colore, carnagione chiara quanto la mia e quella del professore, giacca nera con colletto bianco, collana ovale madreperlacea, pantaloni lunghi marroni e scarpe in tinta con la giacca.

Il professore mi aveva parlato tantissimo di lui, sul fatto che fosse il nipote di un suo amico di Kanto, che fosse l'unico capopalestra a non essere specializzato in nessun tipo, che si lasciasse desiderare tanto, ma che quando si trattava di ridicolizzare i suoi avversari era il primo a voler lottare e che dopo aver perso il titolo di Campione della Lega Pokémon di Kanto ha preferito prendere il posto di Giovanni, ex-capo del Team Rocket, a Smeraldopoli: Blue Oak.

Quando riuscii a metterlo a fuoco, Rhydon aveva già mandato K.O Golbat e fatto fuggire a gambe levate il suo allenatore e Toto stava usando Pistolacqua per sedare gli ultimi residui dell'incendio.

  • Tu, stai bene?

Mi chiese forse un po' troppo rozzo, scrutandomi intensamente con gli occhi castani nel buio.

  • No, o almeno non credo. Insomma, credo di essermi procurata un brutto strappo qui…

Mormorai, tastandomi ripetutamente le gambe doloranti e sporche di terra, come anche tutto il resto.

Niente da fare, facevano ancora irrimediabilmente male.

  • Comunque, se non fosse stato per te ora non ti starei parlando…

    Grazie di cuore, lo apprezzo tantissimo. E ti devo la vita.

Ammisi, riconoscendogli il merito in tutta sincerità e guardandolo con gli occhi colmi di ammirazione, con le labbra spaccate incurvate in un sorriso appena accennato.

Ma lui, visibilmente apatico, non si scompose minimamente nemmeno dopo il mio ringraziamento.

Si limitò a continuare a scrutarmi nell'ombra, come se ci fosse il bisogno di fissare il mio viso sporco di terra ogni benedettissimo secondo. E la cosa, a dire il vero, mi metteva molto a disagio.

  • Non potevo lasciare che quel deficiente la facesse franca, anche se di fatto non spetta a me tutelare la vostra regione. Ma non hai nulla di cui ringraziarmi, quel Golbat era pateticamente debole. Mi stupisce che tu non sia nemmeno riuscita a batterlo o a scalfirlo.

Commentò, deviando i miei ringraziamenti come un qualsiasi rifiuto, cosa che mi offese un po', ed evidenziando la debolezza, purtroppo, del mio fidato compagno.

Ma non avevo le forze necessarie per ribattere, per cui mi limitai a sibilare con gli occhi su Toto “Se lo dici tu…”, senza nemmeno avere la certezza che mi avesse sentita.

Blue si allontanò bofonchiando qualcosa su medicine ed erbe, lasciandomi crollare a sedere instabile quando Toto, dopo aver visto lo sconosciuto, mi si avvicinò e mi sciacquò il viso con un debole getto d'acqua.

In altre circostanze avrei dato di matto, ma viste le mie condizioni il mio Pokémon mi fece solo un grandissimo favore.

Feci quanto possibile per pulirmi alla meno peggio la faccia e un po' le braccia, mormorando un semplice ringraziamento.

  • Ti devo un favore, piccino.

Toto rispose scuotendo appena la testa, per poi tornare al suo lavoro giusto prima che tornasse Blue con le mani colme di quelle che dovevano essere erbe e fasciature.

  • Prendi, e vedi di darti una sistemata in fretta, non ho tempo da perdere con una dilettante.

Brontolò, lasciando cadere il mucchio al mio fianco.

Istintivamente, presi un paio di bende per pulire quanto meglio le ginocchia sbucciate, e colsi l'occasione per osservare con un po' più di attenzione Blue.

Cavoli, lui era una leggenda vivente.

Ex-campione della Lega, capopalestra e nonché di conseguenza un grande allenatore, con Pokémon tanto forti da sconfiggere tutti gli allenatori di Kanto in un solo battito di ciglia.

Wow.

Ma presto il mio pensiero si spostò altrove, ovvero sul Pokégear che squillava insistentemente.

Ah, giusto.

Era sera, e mi ero dimenticata di tornare a casa.

Ma soprattutto di svolgere il mio compito giornaliero, e mi sentii come se una secolare e rigidissima catena fosse stata spezzata.

Mai, mai mi era successo qualcosa del genere, però in quella giornata mi erano capitati due bei fallimenti da digerire: quello summenzionato e la sconfitta del mio amato Toto, accompagnato da un capopalestra spavaldo che fa il possibile per ricordarmi quanto il suo Rhydon sia stato superiore al mio amico.

Riportata bruscamente con i piedi per terra, cercai a tentoni vicino a me il Pokégear, raccogliendolo subito.

  • P-Pronto?

Deglutii, sicura su chi ci fosse dall'altro capo del “telefono”: ovviamente il Professore.

  • Dio mio, Feralis, è tutto ok? Stai tornando a casa, vero?

Si precipitò subito il mio interlocutore, parlando di tutta fretta.

  • Tutto ok, professore. Mi sono imbattuta in una recluta del Team Rocket che stava minacciando gli abitanti di Fiorpescopoli e me la sono vista brutta, ma poi è venuto Blue Oak a soccorrermi.

Risposi tutto d'un fiato, forse fin troppo logorroica, finché al professore non si spezzò il fiato.

  • Blue Oak, dici? Il nipote di Samuel? Potresti passarmelo, Feralis?

Senza nemmeno replicare, passai il mio Pokégear blu al “nipote di Samuel”, come l'aveva apostrofato prima il Professore.

Lui lo accettò senza problemi, salutando il mio insegnante con una freddezza che alla nostra età non si dovrebbe nemmeno sognare.

  • Professore, buonasera. È andato tutto bene, per fortuna, questa qui se l'è cavata.

Io.

Questa qui.

Probabilmente lanciargli un'occhiataccia a braccia conserte sarebbe stata la cosa migliore da fare, ma mi astenni.

Anche perché per la frase successiva da lui pronunciata, il mio debito nei suoi confronti sarebbe solo aumentato.

  • Con un po' di allenamento serio, persino questa qui potrebbe farle dormire sogni tranquilli, con un solo Pokémon e per giunta scarso non andrà mai lontano. Io alla sua età sono già capopalestra.

Il professore, meditabondo, si zittì nuovamente.

Tacque per una decina di secondi, e proprio quando fui sul punto di interrogare Blue, decise, a quanto pare, di sconvolgermi l'esistenza.

  • Blue, se ti chiedessi di prendere sotto la tua ala protettiva Feralis, farla viaggiare con te e allenarla, accetteresti?

Egemonico silenzio, per la terza volta.

Blue si voltò verso di me, riprendendo a scrutarmi come non molto prima.

Ah, finalmente aveva capito quale fosse il mio vero nome e non “questa qui”.

  • Accetto volentieri l'incarico, renderò Ferik un'allenatrice degna di questo nome. Sempre se a lei sta bene.

Perfetto, adesso toccava a me decidere. Ed era inutile dire il motivo per cui Blue avesse accettato, per umiliarmi il più possibile.

Tuttavia acconsentii, e in un attimo, il destino di “Ferik” si tinse di Blue.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Chapter 3 - Dark Cave ***


- Chapter 3

 

Dark Cave

 

Totodile vs Geodude

 

 

« Rule number 1: never trust people. »

  •  - Blue

 

  • Fantastico! Feralis…

Si interruppe un secondo, lasciando intuire facilmente il completamento della frase.

  • Vorrei che prendessi i dollari Pokémon di stamattina come budget iniziale per il tuo viaggio con Blue. Ripongo grande fiducia in voi due, so che non mi deluderete! E piccina, tranquilla, parlerò io con i tuoi genitori.

Ecco, come previsto. Il professore era sempre stato un'anima buona e gentile, c'era da aspettarselo.

  • Professore, la ringrazio infinitamente. Non dimenticherò mai tutto quello che ha fatto per me in questi anni.

Forse perché ero commossa, o forse perché l'idea di abbandonare una persona tanto cara mi deprimeva, iniziai a lacrimare appena dagli occhi, cosa che non apparve inosservata.

  • Bene, professore, dato che Ferels sta piangendo, credo sia ora di salutarci…

Blue disse il tutto guardandomi disgustato, come se commuoversi e piangere fossero cose anormali.

Grandioso, solo due minuti che ero stata affidata a lui e già mi stava iniziando a dare i nervi.

Il tempo di accorgermene, e avevo già il Pokégear in mano, che guardai speranzoso alla ricerca di conforto. Ormai era quello l'unico modo per mettermi in contatto con il professore.

  • Ferels, direi di iniziare stesso ora l'allenamento e il viaggio, non ho tempo da perdere in pianti inutili.

Diretto, rapido, semplice. Diciamo che Blue non era tipo da giri di parole, anzi, era di una schiettezza tale da far gelare il sangue nelle vene, e non lo dico perché il calore del sole si era vanificato con l'avvento della notte.

  • Apprezzerei molto se mi chiamassi Fer, invece di confondere buona parte del mio nome…

Sospirai debolmente e priva di forze, rimirando l'orizzonte e riponendo nella tasca del pantaloncino il Pokégear.

  • Allora, Fer, sai di cosa ha bisogno un allenatore per mettersi in viaggio?

Marcò con molta evidenza il mio soprannome, per far intendere in modo alquanto fastidioso di aver compreso. È già un passo, no?

Provai a rigirarmi tra le labbra la domanda di Blue, ma le idee, con le mie energie, sembravano scarseggiare, e decisamente.

  • Non so… Pokémon forti?

Dissi la prima cosa che mi venne in mente, lanciando appena un'occhiata a Rhydon che percorreva il perimetro della città a grandi passi dotati di una leggiadria pari a quella di un Miltank, mentre Toto incrociò il mio sguardo castano con il suo color baccaliegia per poi aggrapparsi alle mie caviglie.

  • È scontata, come cosa. Ma c'è qualcos'altro di importante, mi auguro che ci arriverai prima che faccia di nuovo giorno.

Blue incrociò le braccia al petto, riprendendo a fissarmi come se potesse estrapolarmi la risposta che in realtà non avevo.

  • Mi arrendo, dimmelo tu. Sono io quella che deve imparare.

Misi subito le mani avanti, decisa, e mi chinai per prendere in braccio Toto, mezzo assopito e Blue, come c'era da aspettarsi, era visibilmente seccato dalla mia ignoranza di novellina.

  • Una motivazione tanto forte da spingerti a voler intraprendere un viaggio. È una cosa seria, non è da prendere sottogamba. Ci vuole pazienza, spirito di avventura, ma soprattutto voglia di vincere qualsiasi sfida ti si presenti davanti, se vuoi arrivare lontano come me.

  • Certo che voglio, è quello che desidero da anni.

Affermai a denti stretti, irritata dal fatto che Blue sottovalutasse il mio amore per l'avventura. Non che ci fosse da aspettarsi tanto con un ragazzo che mi conosceva appena, da mettere in chiaro.

L'allenatore percepì subito il mio velo di irritazione, lanciandomi un'occhiata ben eloquente, tanto da farmi comprendere appena le sue parole seguenti, che scambiai per un “Datti un contegno, ragazza”.

  • Bene, allora possiamo passare al mio regolamento per novellini.

    Regola numero 1: mai fidarsi delle persone. Molte di loro sono subdole, pronte a fregarti soldi, pozioni, medaglie o anche Pokémon e tutto quello che si può rubare, quindi presta sempre molta attenzione a chi ti circonda.

Alzai la mano per porre una domanda come se fossi tra i banchi di scuola, mentre con l'altra sorreggevo Toto, ormai addormentato.

  • In pratica mi aspetta una vita da reietta con i miei compagni?

Inarcai le sopracciglia, sperando decisamente in una risposta negativa.

Del resto, uno dei motivi per cui desideravo fuggire da Borgo Foglianova era anche il mio isolamento nell'angolo più remoto nel sudest di Johto.

Il ragazzo di Biancavilla annuì impercettibilmente col capo, mantenendo perfettamente la sua solita espressione gelida.

  • Più o meno. Se sarai in grado di trovarti compagni di viaggio in grado di non approfittare di te, ben venga, anche se sono del parere che chi faccia da sé faccia per tre. Ma è soggettiva, la cosa.

  • Mi stai dicendo che hai viaggiato da solo per quattro anni, interagendo solo con gli addetti dei centri Pokémon e dei negozi?

  • E con altra poca gente.

Mi mise alle strette, impaziente e chiaramente turbato dall'argomento, con le palpebre ora serrate.

Va bene, il mio attacco di impertinenza poteva anche concludersi qui, nonostante avessi sforato la pazienza di Blue con una sola domanda.

  • Allora…

Tossicchiai, per catturare la sua attenzione nonostante la voce ridotta ad un filino sottile.

  • adesso…che dobbiamo fare?

Strinsi Toto al petto, nonostante pesasse già abbastanza, per coprirmi dal freddo che sentivo provenire dal mio tutore, gelido quanto il leggendario Articuno.

Aprì gli occhi, sospirando.

  • Hai un Pokégear con sopra una mappa, consultalo.

Così mi vidi nuovamente costretta a passare il peso del mio coccodrillo su un solo braccio, mentre con l'altra mano mi tastavo alla cieca i pantaloncini blu alla ricerca del Pokégear, che non solo era in tinta con tutti i capi d'abbigliamento, ma inoltre si confondeva con il buio.

Dopo qualche tentativo, però, riuscii a recuperare l'apparecchio, rischiando anche di farmelo cadere di mano più volte, e dopo qualche secondo riuscii a farmi apparire davanti la mappa di tutta la regione.

  • Bene… noi siamo qui, a Fiorpescopoli.

Meditai, puntando il pollice destro sulla zona sudest della mappa sullo schermo per poi spostarlo verso la zona centrale.

  • E di conseguenza, la città più vicina è Violapoli, cuore geografico della regione e sede della palestra di tipo volante di Falkner. Ma per arrivarci dobbiamo prima percorrere qualche stradina più uno dei tre accessi alla Grotta Scura.

Alzai lo sguardo dalla mappa al percorso che si stendeva davanti i miei occhi, mostrando lunghe file di alberi che si stagliavano imponenti nel buio.

  • Esattamente.

Riposi il Pokégear in tasca.

  • Non ci resta che stabilire il momento della partenza.

Affermai, mentre mi stiracchiavo assonnata come se un Drowzee mi avesse ipnotizzata, mentre Rhydon si trasformava in un flusso rosso che guizzava verso la PokéBall nella mano ferma di Blue.

  • Ora.

Smisi istantaneamente di stiracchiare braccia e gambe, rimanendo come paralizzata.

Eh, no.

Era buio, avevo un braccio più distrutto dell'altro e le gambe bendate mi reggevano a malapena in piedi, una partenza seduta stante sarebbe stata la baccaliegia sulla torta.

  • Non esiste, penso che dovremmo pernottare a Borgo Foglianova e poi partire domattina.

Ribattei, con le sopracciglia inarcate per il disappunto, e incrociai le braccia al petto, accompagnata da un Totodile che si era appena risvegliato intento ad annuire.

  • E noi dovremmo perdere due ore stasera e due domani mattina per poi ritrovarci comunque qui? Non sono d'accordo, dobbiamo trovare un accampamento più vicino alla nostra meta.

E in silenzio si iniziò ad avviare, convinto che l'avrei seguito, cosa non del tutto errata.

In pratica, lo seguii con disappunto ancora maggiore e grande affanno.

Senza dimenticare il dolore nei quattro arti, appena alleviato dalle bende, che nel frattempo mi facevano apparire come una mummia.

Nemmeno il tempo di prendere fiato per parlare, nemmeno quell'attimo, che Blue mi parò una mano dinanzi il viso, per poi voltarsi nella mia direzione.

  • Regola numero 2: dall'istante in cui l'allenatore inizia il suo viaggio, non avrà più un posto da chiamare “casa”. Quindi dimentica Borgo Foglianova finché non avrai acquisito un certo livello di autonomia.

  • È una follia, non mi puoi separare dalla mia città natale.

Commentai, alzando forse fin troppo il tono.

  • Se ci tieni tanto al tuo paesino perché non ci ritorni e la smetti di rompere? Ho accettato questo incarico per non farti marcire, non per subirmi le tue stupide lamentele. Quindi o accetti le mie condizioni e diventi un'allenatrice a trecentosessanta gradi, oppure torni a Borgo Foglianova a fare l'assistente di Elm per il resto dei tuoi giorni. Affido completamente a te la scelta, tanto io non ci guadagno e perdo niente.

Quando lo vidi, fui subito certa della natura del bagliore negli occhi di Blue: era fastidio. Indubbio fastidio.

  • Vengo e mi sto zitta.

Cinque parole, solo cinque parole di risposta all'impeccabile ramanzina del ragazzo di Biancavilla.

  • Bene. Ci fermeremo non appena lo riterrò opportuno io.

Ovviamente, perché se fosse stato per me ci sarebbe stato da fermarsi al primo passo, ma naturalmente tacqui, come promesso.

Il percorso a nord di Fiorpescopoli offriva gradini, modesti specchi d'acqua, gradini ed erba alta. Molta erba alta, forse troppa. Il rischio di imbattersi in Pokémon selvatici era incombente in ogni singolo istante.

Appena sorpassato un laghetto, affiancato da più e più ciuffi d'erba, udii un lieve fruscio tra l'erba.

Il vento, probabilmente, nonostante fosse assurdo il fatto che ne fosse colpito solo un ciuffetto di ridotte dimensioni tra tutto quel verde.

E in un secondo, tutto divenne chiaro, metaforicamente parlando, ovviamente: un tondeggiante Hoothoot saltellava solitario sulla zampetta, emettendo un verso lamentoso. Toto lo notò subito, parlando in quella lingua misteriosa fatta di versi che io riuscivo appena a decifrare.

Intenerita dal nuovo arrivato, mi accovacciai subito, prendendo a solleticargli la pancia rosea.

  • Ma cosa ci fa un piccolo Hoothoot tutto solo?

Il tono del verso del gufetto cambiò decisamente e il Pokémon strizzò gli occhioni rossi, evidentemente felice.

Sorrisi, senza badare più di tanto a certe occhiatacce di disappunto da parte di Blue, che poco dopo si accovacciò accanto a me, osservando meticolosamente il volatile.

  • Blue, posso tenerlo, vero? È così carino…

Chiesi, ancora intenta a coccolare il piccolo.

La risposta fu preceduta da un sospiro, sintomo di stanchezza anche per il mio compagno di viaggio, che si passò rapidamente una mano tra i capelli castani.

  • Non puoi portare troppi Pokémon con te, e il viaggio è ancora lungo. Sei proprio sicura di voler già aggiungerne uno alla squadra?

  • Be'…

Arruffai leggermente il pelo di Hoothoot, che si lasciava coccolare, e mi poggiai il pennuto sulla testa.

  • sì. È piccolo, solo e indifeso, ha bisogno di una famiglia.

  • Come vuoi tu, ma se poi non ti rimangono posti in squadra rimani fregata. E non pensare che tutti i Pokémon si catturino così facilmente.

Il ragazzo di Biancavilla si alzò e iniziò ad incamminarsi senza fiatare, giustamente convinto del fatto che l'avrei seguito dopo pochi attimi.

E chiaramente così fu.

Non per altro, ma perdersi a qualche oretta di cammino da casa nel buio della notte non è mai stato l'ideale per me.

Silenziosamente, mi riaccostai al castano dopo essermi rialzata di scatto, ancora con Toto che camminava a pari passo con me e il morbido batuffolino piumato in testa, quasi assopito.

Be', fortunato lui che poteva dormire.

Invece io ero ancora in piedi, a cercare con lo sguardo l'entrata della Grotta Oscura che mano a mano si faceva sempre più vicina, ergendosi maestosa davanti a noi.

  • Cavoli…

Mormorai tra me e me, mentre una certa cosa chiamata “emozione” mi devastava lo stomaco come se fosse pieno di Aerodactyl.

Tanti, tantissimi Aerodactyl.

Proprio non riuscivo a rendermi conto che quella grotta era l'ultimo ostacolo che mi separava da una nuova città, nonché sede della prima palestra di Johto.

Sì, cavoli.

  • Passeremo la notte qui?

Chiesi, in preda alla curiosità. Ma, molto prevedibilmente, ne ricavai solo un'altra occhiataccia castana.

  • Ti ricordo che la grotta è abitata da moltissimi Pokémon, specialmente Geodude e Zubat. Rimanere qui è come chiedere in ginocchio di farsi ammazzare.

  • Non vorrai mica dire che prima di riposare dobbiamo percorrere tutta la grotta!

Non ero mai stata tanto scandalizzata in un solo giorno, ma nel frattempo, quasi prevedendo la risposta, stavolta fui io la prima ad incamminarsi.

  • Regola numero 3: gli orari sono optional, finché si ha la possibilità di riposare.

Il mio migliore sguardo confuso prese piede, tradendo tutte le altre emozioni mentre Blue rimase impassibile davanti le sue stesse, assurde parole, come se per lui percorrere una grotta nel bel mezzo della notte fosse di routine.

  • Significa che avrai voglia di riposare, domani a Violapoli.

Avrei voluto ribattere, ma le poche forze che mi erano rimaste servivano per trascinarmi fino alla prossima città, ma ero così stanca che caddi in una sorta di trance mentre le mie gambe, doloranti, continuavano a muoversi imperterrite.

Finché qualcosa, un verso, non mi fece balzare.

Già, certo, portavo il nome di Feraligatr, un Pokémon forte e che non ha nulla da temere, e invece al primo rumore mi veniva un colpo. Mi sarei dovuta chiamare come un Wurmple, piuttosto.

Comunque avevamo compagnia, che poi non era altro che un ammasso grumoso di roccia con tanto di braccia altrettanto grumose. In un solo nome, Geodude, precisamente il meno amichevole – nonché unico – che avessi mai incontrato, dal momento in cui non esitò a fiondarsi contro Totodile, che, in preda al panico, iniziò a tremare. Mi guardava atterrito, in attesa di comandi.

Altrettanto atterrita con la mente appena lucida, gli ordinai di utilizzare Pistolacqua.

Toto, come per prendere fiato, si riempì la bocca di acqua per poi sputarla addosso al tipo roccia con non poca violenza, che lo fece schiantare contro una parete della grotta.

Ancora più infuriato di prima, il Geodude si scrollò l'acqua di dosso, pronto a schiantarsi contro Toto con Azione.

Pochi momenti per pensare a cosa fare, se respingere l'attacco con Pistolacqua, se schivare la mossa, se… se tante cose.

  • Toto, schivalo e reagisci di nuovo con Pistolacqua!

Nonostante la goffaggine dei suoi sgraziati movimenti da coccodrillo, riuscì a contrattaccare, lasciando Geodude esausto a terra.

  • Piccolo, è tutto ok?

Raggiungo subito Totodile e lo stringo forte a me, chiudendo gli occhi per la stanchezza.

  • Così tante storie per un Geodude, Fer? I miei Pokémon sono abituati a molto peggio, eppure io non fiato.

  • Forse perché io, a differenza tua, ci tengo davvero alla mia squadra, anche se i miei Pokémon sono molto più deboli dei tuoi.

Uno a zero per me, direi. Per una volta, potei dire di essere fiera della mia risposta.

  • Hai fegato, dilettante. Mostralo anche contro Falkner alla prima palestra e arriverai lontano.

Non riuscii ben a capire se mi stesse prendendo in giro o meno, un capogiro non mi permise di riflettere più di tanto.

E, a proposito di Violapoli, la città mi comparve davanti, splendida, come se fosse uno dei miei tanti sogni, tanto che non riuscii a capire se fossi ancora sveglia.

Riuscii appena a notare la mano di Blue che si andò a piantare sulla giacca grigio-nera, sul fianco, mostrandomi con un ampio gesto dell'altra mano la mia prima meta.

  • Qui inizia ufficialmente il tuo viaggio, dilettante.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Chapter 4 - Violet City ***


 – Chapter 4

 

 

Violet City - “The City of Nostalgic Scents”

 

Totodile vs Pidgey&Pidgeotto

 

« Always remember I'm proud of you. »

Feralis

 

  • Grandioso…

Sussurrai, con un sorriso palesemente stanco, cosa che mi intristiva e non poco.

Un vero peccato non riuscire ad esprimere la propria felicità perché un mucchio di muscoli e ossa ti sta implorando pietà.

  • E questo non è niente.

Bisbigliò a sua volta Blue, mentre, più che il bel panorama che si poteva scorgere dal percorso 31, controllava attentamente i ciuffi d'erba, che lasciavano giusto intravedere qualche Spinarak solitario.

  • Bene, ci possiamo riposare tra gli alberi qui fino alle sei di mattina.

    Dopodiché, che tu lo voglia o meno, ci fionderemo in città a prenderti una borsa e un rifornimento di strumenti. Sono cose molto più utili di quanto tu possa mai immaginare, Ferels.

In un primo momento annuii con tanto di verso incomprensibile senza nemmeno far caso alla pessima pronuncia del nome, prima di controllare l'orario sul Pokégear, “svegliarmi” improvvisamente, puntare l'aggeggio elettronico praticamente sulla faccia di Blue e sbiancare. Sbiancare terribilmente.

  • Il Pokégear segna quasi le tre del mattino, mi spieghi come in tre ore possa recuperare tutte le energie? Non credo che andiamo così di fretta, poi…

Protestai, mentre dopo pochi attimi mi accorsi di avere il pieno sostegno da parte di Toto, anche lui alquanto accigliato.

  • Noi non ci stiamo, Blue.

Incrociai le braccia al petto, ancora con il Pokégear in mano, la quale batteria leggermente accaldata provvedeva a riscaldarmi di poco la mano, quando in realtà avevo bisogno di un riscaldamento completo.

Sì, i pantaloncini e le canotte non sono l'ideale per affrontare un viaggio in pieno autunno.

Invece il nipote del Professor Oak era stato ben più previdente, contato che, a parte ovviamente il viso e le mani, lasciava intravedere solo una riga di pelle chiara tra i pantaloni marrone arancio opaco e la giacca nera.

Le sue mani, pallide come anche il viso, si piantarono nelle tasche del pantalone senza alcuna esitazione.

  • Fer, ti ho già detto che se vuoi sei totalmente libera di tornare al Borgo?

Volevo protestare. Volevo protestare con tutto il cuore, per fargli capire che quella non era una questione di “casa-non casa”, bensì una questione di diritti umani.

Ma invece, dal mio cuore, in quel momento bollente dall'ira, uscì un fioco e debole lamento, l'opposto di quello che avrei voluto.

  • Non voglio tornare a Borgo Foglianova, voglio farti capire che è inconcepibile che un allenatore sia costretto a fare le ore piccole per i tuoi capricci.

    Se hai fretta di farmi crescere, torna piuttosto tu a casa, che il viaggio lo continuo con Totodile e Hoothoot. Non sei indispensabile come credi di essere, so cavarmela anche da sola.

    Il tuo compito è solo quello di tirarmi fuori dai guai, per il resto sono più autonoma di quanto tu possa pensare.

    E, infine, decido io a che ora riprendere il cammino, e penso proprio che prima dell'una nessuno si dovrebbe muovere di qui, dopo dieci belle ore piene di sonno.

    Se vuoi dormire per tre ore o tornare a fare i comodi tuoi, non mi riguarda.

Due a zero per me, nonostante non mi piaccia ottenere qualcosa con un lamento e litigare, per giunta, con il mio unico compagno di viaggio umano.

Alla fine, andò tutto come previsto: Blue rimase in silenzio, senza far storie.

Di sicuro stava tramando una vendetta per la mia azzardata sfacciataggine, me lo sentivo.

Ma, per essermi svegliata ancora viva la giornata seguente, significa che i piani del capopalestra non comprendevano un omicidio, inutile specificare chi sarebbe potuta essere stata l'ipotetica vittima.

E poi, Totodile e Hoothoot erano già svegli e il sole splendeva alto e i suoi raggi mi coccolavano caldi e piacevoli assieme ad un accennato venticello, come se avessi una fresca coperta di lino addosso.

L'ideale per la mia prima lotta in palestra.

Mi voltai verso Blue, ma lo vidi ancora steso ai piedi dell'albero accanto al mio, a dormire beatamente come un angioletto.

Certo che era davvero bello, quando dormiva. Da sveglio invece era il mio peggior incubo.

Lanciai uno sguardo d'intesa a Toto, che capì subito e se la rise sotto i baffi.

  • Alla faccia delle tre ore di sonno, eh?

Approfittai del sonno profondo del mio compagno di viaggio per sbeffeggiarlo, almeno così ero sicura di non ricevere occhiatacce o risposte sgarbate.

Peccato che la cosa non durò a molto.

  • Chiudi il becco, gallinella.

Come non detto.

Il tutore si tirò su, un po' a fatica, e continuò a girarsi intorno come la sera precedente, finché non individuò un laghetto e le sue iridi castane vi si bloccarono.

Fece schioccare la lingua soddisfatto, per poi fare un cenno col capo allo specchio d'acqua.

  • Ci daremo una sciacquata e ti cambierai le bende lì, prima di arrivare in città e allenare Totodile nella grande torre laggiù.

Indicò la celeberrima Torre Sprout, ghignante, dopodiché mi diede una pacca sulla spalla.

  • Ti voglio mettere alla prova come tua prima volta in una palestra, quindi buona fortuna con l'allenamento, Fer. Ci si vede direttamente tra tre giorni, alle cinque del pomeriggio nella palestra di Violapoli. Mi raccomando, vedi di sopravvivere fino al nostro prossimo incontro.

    Ci si becca, perdente!

Rimasi lì, immobile ed esterrefatta, a guardare Blue scomparire all'orizzonte.

Cinque a due per Blue, Feralis, e per di più da appena sveglio.

E questo fu il pegno per essere stata tanto sfacciata in precedenza.

  • Giuro che ti farò vedere di che pasta siamo fatti!

Urlai.

Urlai la mia promessa di vittoria, sia al mio tutore che all'intera Johto.

 

 

Ero pronta come non mai e nel mio corpo – ancora mezzo distrutto – scorreva pura sicurezza, dopo tre giorni di intenso allenamento alla Torre Sprout.

E in seguito a scontri contro tipi erba talvolta dal triste esito, non ammettevo più esitazione.

Avevo giurato a Blue che avrei spaccato il sedere a Falkner, a qualsiasi costo.

Sarei entrata nella palestra, gli avrei chiesto molto gentilmente una sfida e gli avrei piazzato Toto davanti dicendo “Tie', ora se vuoi risparmiare una figura da niente dacci la medaglia!”.

E dopo, sarei andata a sventolare la graziosa Medaglia Zefiro in faccia a Blue, che invece di assistermi durante l'allenamento era andato in giro per Violapoli bellamente.

Sì, avrei dimostrato prima di tutto a Blue i miei progressi, così avrebbe imparato a lasciarmi sola a gestire una situazione improbabile.

Peccato solo che Toto non fosse per niente d'accordo.

Lui, al contrario mio, era ancora evidentemente insicuro e titubante.

Alzai lo sguardo per ammirare la palestra in tutta la sua altezza, niente in confronto alla Torre Sprout precedentemente affrontata.

Dopodiché, riabbassai lo sguardo su Totodile per prenderlo in braccio.

I suoi occhioni rossi erano lucidi, come se il mio amico volesse piangere.

In quel momento, mi si strinse il cuore come non mai.

  • Ehi, cucciolo, se non te la senti possiamo chiedere qualche altro giorno a Blue.

    Non sei obbligato a combattere contro Falkner, magari, se vuoi possiamo anche continuare senza medaglie.

Gli poggiai un bacio delicato sul muso, sorridendo.

Non volevo che Toto si sentisse una macchina da combattimento, volevo che si sentisse come il mio migliore amico, speciale come il fratello che non ho mai avuto.

Ma il coccodrillo scosse la testa e si batté una zampa sul petto, segno che non voleva demordere. Tipico orgoglio Raines, non c'è che dire.

Sospirai, consapevole del fatto che fosse mia la colpa del tanto orgoglio del mio Pokémon.

  • E va bene, ma fai attenzione a non farti del male. Credo molto in te, piccolo.

Evitai di dirgli che per la prossima palestra avrei preferito far esordire in battaglia anche il piccolo Hoothoot, che risposava tranquillo nella sua Ball, per com'era fatto avrebbe iniziato una protesta di sana pianta.

Lo portai a terra e mi poggiai i pugni sui fianchi.

  • Pronto?

Il mio compagno annuì convinto, dopodiché entrammo insieme nella palestra, ignari di quello che ci avrebbe aspettato.

Varcata l'entrata della palestra, non trovai nessuno.

Ci trovavamo in una stanzetta di pietra con una modesta gradinata al centro, uno strano… coso in legno sul finire dello spazio e delle transenne di legno poco avanti il coso.

  • Ma allora non c'è nessuno. Scommetto che è un altro brutto tiro di Blue!

Roteai gli occhi, sbuffando e girando per la stanza.

Chissà, magari erano andati a fare un giro, lui e Falkner, mentre aspettavano di vedere la “perdente” in ginocchio a chiedere pietà al capopalestra di tipo volante.

Ah-ah, ma nemmeno per idea, no, si erano decisamente sbagliati.

Sovrappensiero, calpestai, con Toto al seguito, il coso di legno, che si rivelò invece un ascensore.

Presi ad urlare, strepitare e piangere, dato che ho sempre sofferto in particolar modo le vertigini.

Per giunta, poi, non sapevo nemmeno dove l'elevatore portasse.

Lo scoprii presto, e, a quanto pareva, quella che si era sbagliata ero proprio io.

Davanti mi apparì un tragitto di legno a forma di S costruito praticamente sul vuoto, mentre dall'altra parte della stanza, Blue si passava una mano in faccia, non capii bene se dalla disperazione o per soffocare le risate.

Perché a quel punto, immaginai che il mio strepitare come uno Spearow in pericolo si fosse udito fino in cima della palestra.

La parte comica consistette nel fatto che Totodile fosse stato decisamente più inflessibile di me.

Bella figura, alla mia prima lotta.

Arrestai frettolosamente le emozioni sprigionate fin poco prima, mentre provavo a celarmi il viso, ormai visibilmente arrossato, e studiavo la figura di Falkner.

Era un coetaneo mio e di Blue e sorrideva tranquillo, come se nulla fosse accaduto.

Aveva gli occhi di un blu che ricordava vagamente l'indaco, di cui uno coperto da un lungo ciuffo dello stesso colore.

Indossava un abito dall'aria molto elaborata di colori freddi e di bianco, forse era un tipo di abbigliamento tradizionale cittadino.

  • Benvenuta, Fer. Come vedi, qui c'è anche il tuo tutore Blue che mi ha già raccontato la situazione…

Già, e chissà quanti insulti aveva inserito nel suo discorso mentre gli parlava di me, commentai in silenzio.

  • E in più, ci farà da arbitro.

    Ma bando alle ciance, mi presento. Sono il capopalestra di Violapoli, mi chiamo Falkner! So che qualcuno fa il prepotente con i Pokémon uccello perché sono sensibili alle scosse elettriche… Non permetterò che qualcuno faccia un tale affronto ai miei Pokémon! Ti mostrerò la forza dei magnifici Pokémon che solcano i cieli.

Dopo l'affascinante discorso di Falkner la parola passò a Blue, rozzo e grossolano come al solito, che ci presentò con fare annoiato, indugiando un po' sul da dirsi.

  • Eh… Sta per iniziare lo scontro tra Falkner, capopalestra, e Ferels Rinos di Borgo Foglianova, sfidante.

Figurarsi se diceva bene il mio nome.

Inspirai molto profondamente prima di gridargli contro: – Si dice “Feralis Raines”. È così complicato per te, zucca vuota?

Falkner, che nel frattempo aveva assistito all'imbarazzante scena, estrasse una Pokéball da una probabile tasca del delicato pantalone turchese e cliccò sul pulsante centrale, facendone guizzare un lampo di luce rossa dal quale si materializzò un piccolo Pidgey.

Uno sguardo d'intesa a Totodile ed annuimmo entrambi simultaneamente.

Ovviamente sarebbe toccato a lui combattere.

Toto, rispetto Pidgey, era alto il doppio e pesante almeno cinque volte di più, non ci sarebbe stata storia.

Ma stava di fatto che era ancora troppo presto per cantare vittoria.

  • A te la prima mossa, sfidante.

Mi permise la prima mossa, galantemente. Il completo opposto di quello screanzato di Blue.

  • Perfetto! Allora apri le danze con Pistolacqua, Toto!

Il piccolo coccodrillo, evidentemente emozionato, fece fuoriuscire dalla sua grande bocca un forte getto d'acqua, preciso, che colpì solo un'ala di Pidgey.

  • Avanti, Pidgey, contrattacca con Azione!

L'uccellino si caricò, rapido, colpendo Toto in pieno petto.

Il mio Pokémon mi guardò, triste, con gli occhi rossi che straboccavano di paura.

  • Tranquillo, piccolo. Dai il meglio di te.

Gli sorrisi amorevolmente, prima di ordinargli un Fulmisguardo, subito seguito da Graffio.

  • Schivalo, presto!

E il volatile sfuggì alla combinazione di Toto, contrattaccando con Turbosabbia, che l'acquatico scansò altrettanto abilmente.

Era il momento di chiudere il primo round, dato che Falkner, a differenza mia, aveva due Pokémon allenati, di cui il secondo era ovviamente il suo asso nella manica.

  • Presto, Toto, usa Graffio!

  • Pidgey, svelto, contrastalo con Azione!

Quando i due Pokémon collisero si alzò una folta nuvola di polvere, che impediva di accedere al risultato finale.

Il mio cuore iniziò a battere a mille e sentii una forte vampata di calore invadermi in viso.

Nessuno poteva ancora sapere chi dei due avesse avuto la meglio, e la visione di Toto a terra, esausto, mi avrebbe fatto star male.

Tenni le dita incrociate, finché il polverone non si dissolse e vidi Toto tutto allegro e saltellante che esultava per la vittoria contro Pidgey, che invece era a terra, stanco.

Blue, che aveva osservato per tutto il tempo il primo round senza lasciar trasparire la minima emozione, sospirò.

  • Pidgey è esausto. Vince il primo round Ferels.

Corsi ad abbracciare il mio Pokémon, inginocchiandomi a terra nonostante le gambe fasciate.

  • Sì! Sei stato grande, Toto!

Ammetto che mi commossi, mentre il mio piccolo mi comunicava tutta la sua allegria in versi che non avevo mai pienamente compreso.

  • Ti ricordo che non hai ancora vinto, Fer, quindi molla il Totodile e fallo ritornare sul campo di battaglia.

Ecco, il solito guastafeste che doveva rovinare anche il momento più felice mai vissuto finora.

  • E va bene, piccolo, mi raccomando, dacci dentro anche ora, che siamo quasi alla fine, okay?

Annuì, e io mi asciugai le lacrime sulle bende delle braccia.

  • Anche se ora dovessi perdere, sappi sempre che io sono fiera di te.

Tirai su col naso, stringendo un ultimo secondo il mio fidato compagno, che poi tornò sul campo.

  • Complimenti per il primo round, Fer! Il tuo Totodile combatte molto meglio di quanto mi abbia detto Blue.

  • Ti ringrazio, Falkner, Pidgey non è stato da meno.

Lanciai un'occhiataccia, di quelle della peggior specie, a Blue, il quale se la rideva.

Oh, se me l'avrebbe pagata cara, quel gran pezzo di idiota, per aver parlato male del mio amico.

Anche Toto, a quanto pare, comprese quanto era stato detto dal capopalestra, per cui l'occhiataccia rubino non gliela risparmiò nemmeno il coccodrillo azzurro.

L'azzurro passò lo sguardo da Toto e me a Blue più volte, inconsapevole del sangue marcio che scorreva tra noi.

  • Pidgey, amico, rientra.

Sospirò, mentre il volatile venne nuovamente tramutato in guizzo rosso che tornò nella Pokéball.

  • Vai, Pidgeotto, è ora di spiccare il volo!

Elegante e maestoso come un qualsiasi Pokémon di tipo volante che si rispetti, Pidgeotto si librò agile nell'aria circostante.

  • Cavoli.

Mi limitai a mormorare.

Adesso era Totodile ad essere il doppio più basso e meno pesante del proprio avversario e questo, a livello fisico, sarebbe potuto essere stato un problema non indifferente. E questo il mio piccolo compagno di viaggio l'aveva già capito, glielo si leggeva nelle iridi rosse e spalancate.

  • Non temere, Toto, usa Visotruce!

O come piaceva chiamarlo a me, “Sguardo indemoniato”, dal momento in cui le occhiatacce di Toto non sono mai state spaventose.

L'effetto sperato fu quello ottenuto: Pidgeotto sembrò rallentare un po' mentre sferrava un attacco Raffica contro il Mascellone, che comunque riuscì di poco a colpirlo.

Ma ad un certo punto, successe qualcosa di strano ed inaspettato: Toto iniziò a sprigionare un forte bagliore, cosa che mi fece preoccupare e non poco.

  • Toto, cosa…?

Con gli occhi spalancati, e il cuore fermo, stavo correndo dal mio Pokémon, quando sentii strattonarmi all'indietro.

  • Fermati! Totodile si sta evolvendo!

Blue mi teneva il polso stretto in una mano, mentre io, confusa, non riuscivo a distogliere lo sguardo dal mio amico di una vita.

Diamine, si stava evolvendo.

Non sarebbe stato più il tenero coccodrillo, ma un qualcosa di diverso, più… mostruoso.

Ma mi lasciai rasserenare dal fatto che i suoi sentimenti verso la sua allenatrice non sarebbero cambiati, di sicuro.

Quando terminò il bagliore, lo vidi. Del vecchio Toto erano rimasti solo i colori, per il resto aveva un'aria molto più diversa: il suo corpo aveva la forma di un uovo gigante, ovvero si era quindi fatto un po' più tondo, la V gialla in petto che separava le due zampette azzurre era diventata una macchia più estesa, che lasciava giusto qualche forma azzurra circolare all'interno; anche il muso, come il corpo, si era fatto più tondo, e le squame rosse erano diventate più grandi.

Blue schioccò la lingua, interessato.

  • Croconaw, il Pokémon Mascellone. E credo proprio che Toto non gli stia più bene come nome, sai?

  • Ma come siamo simpatici, Blue.

Commentai, guardando da lontano il mio amico appena evoluto.

  • Ehi, Toto!

Lo chiamai a gran voce, stentando un sorriso.

  • Da oggi ti chiamerai Crow, Toto non ti sta più bene, okay?

Crow, un po' giù di morale per la notizia, annuì.

Non era abituato ai cambiamenti, ed era evidente che si fosse affezionato al suo primo nome.

  • Colpo di scena per te, Fer! Adesso non vedo l'ora di testare la nuova forza del tuo Pokémon!

    Quindi Pidgeotto, usa Tornado!

Il Pokémon, con un ripetuto sbatter d'ali, generò un vero e proprio tornado di polvere, che si muoveva rapido verso Croconaw.

  • Crow, schivalo e coglilo di spalle con Pistolacqua!

Il coccodrillo asserì, prima di fare come ordinato, e, pochi secondi dopo, il tornado si schiantò contro una parete della palestra, che non ne risentì più di tanto, mentre Crow emise un Pistolacqua dal basso come non ne aveva mai eseguiti prima d'ora, facendo crollare Pidgeotto e farlo schiantare al suolo.

Blue sospirò evidentemente di sollievo, felice di non aver fatto una figura da niente a causa della sua “perdente”.

  • No! Gli amati Pokémon di mio padre…

Falkner, sconvolto, raggiunse il suo Pidgeotto, agonizzante a terra.

Lo strinse forte a sé, dicendogli che nonostante tutto era stato comunque forte.

Sospirò, lo fece tornare nella Pokéball, e ci rivolse un sorriso triste.

  • E va bene. Bisogna saper accettare la sconfitta. Devo darti qualcosa! Ecco la Medaglia della Lega Pokémon, come prova che hai fatto furore in questa palestra!

Da una sorta di cassaforte d'acciaio che non avevo notato né prima e né durante lo scontro, Falkner prelevò un cofanetto scuro e rettangolare, mi si avvicinò e ne rivelò il contenuto: una medaglia d'argento di piccole dimensioni dalla forma di un paio d'ali.

  • Prendila, Fer, è ufficialmente tua.

Un'insolito bagliore mi si accese negli occhi quando raccolsi tra le mie mani la medaglia Zefiro, prova della mia prima vittoria in una palestra.

Andai in fibrillazione, felice, tanto da abbracciare sia Falkner che Blue.

Quest'ultimo, una volta usciti dalla palestra, si fermò, mentre io, imperterrita, ero sul punto di incamminarmi verso il prossimo obiettivo.

  • Aspetta, Fer. Ti devo dare una cosa.

Il profilo di Blue si stagliava scuro nella notte, mentre mi si avvicinava sempre di più.

  • Senti…

Esordì, mentre si rifiutava evidentemente di guardarmi negli occhi.

  • non pensavo te l'avrei mai dovuto effettivamente dare, ma dato che hai vinto, questo è il tuo portamedaglie.

Estrassi subito la mia prima e unica medaglia dalla tasca del pantaloncino, accettai il dono e vi riposi l'oggettino prezioso.

  • Grazie mille, Blue, ne avevo bisogno.

Sorrisi sinceramente, sorpresa dal fatto che il mio tutore fosse addirittura in grado di farmi dei doni.

Wow, che ragazzo pieno di risorse.

Ma va be', sarcasmo a parte.

Anche perché subito dopo incatenò i suoi occhi castani, più chiari, ai miei, guardandomi minaccioso.

  • È stata solo la tua prima battaglia, Ferels. Per le altre dovrai impegnarti almeno il triplo.

In un attimo, Blue mi fece passare tutta la voglia di vivere.

Ma poco importava, io guardavo già oltre Violapoli, in attesa di nuove scoperte.

 

 

 

P.S.: Le parole di Falkner, prima, durante e dopo la lotta sono riportati dal videogioco Pokémon Heart Gold e Pokémon Soul Silver.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Chapter 5 - Union Cave ***


Chapter 5

 

 

Union Cave

 

Croconaw vs Onix

« I hate you. »

« I hate you too. »

Blue&Feralis

 

  • Feralis, che bello avere tue notizie! Come procede il tuo cammino verso la celebrità?

Erano passate due settimane dall'inizio della mia avventura con Blue, ma sentivo l'uomo che mi aveva cresciuta lontano un secolo da me, ragion per cui accolsi la saggia decisione di fargli un colpo di Pokégear.

  • Su, Professore, non esageriamo! Almeno per il momento, parlare di celebrità è un po' azzardato…

    Ma indovinate un po'? Toto si è evoluto in un Croconaw, ed è grazie a lui se ho vinto la Medaglia Zefiro di Violapoli!

Accanto a me, Crow emise un verso di soddisfazione, mentre incrociava le zampe azzurre sul petto giallo-azzurro.

  • Allora ho fatto bene a proporre a Blue di farti girare la regione con lui, eh?

    Adesso siete già in marcia per la seconda medaglia?

  • Certamente!

Un barlume di entusiasmo si accese sia nei miei occhi che nella voce, mentre Blue, al mio fianco, sospirava, e commentava sottovoce “Troppo entusiasmo per nulla”.

  • Adesso siamo sul percorso 32, contiamo di arrivare nei pressi del Centro Pokémon vicino all'entrata della Grotta di Mezzo per oggi pomeriggio, anche se sarà una bella faticaccia!

Commentai, tutta sorridente e felice.

  • Ah, quindi vi state dirigendo ad Azalina? Lì ci dovrebbero essere molte cose interessanti come il Pozzo Slowpoke, la palestra di tipo coleottero di Bugsy e la casa di Kurt, che trasforma le ghicocche in Pokéball molto particolari. Ti consiglio di farci un salto.

Stavo giusto per rispondere al Professore, quando Blue mi strappò prepotentemente di mano il Pokégear.

  • Salve, Professore.

    Ho sentito che stavate parlando di Azalina, infatti è lì che voglio portare Ferels.

Il professore provò, invano, a difendere la pronuncia corretta del mio nome, ma fu interrotto dal capopalestra, che continuò imperterrito a parlare.

  • È una città che nonostante le dimensioni ha molto da offrire, e credo che sia l'ideale per allenarsi…

Ormai non nutrivo più nessuna speranza nel riavere il Pokégear prima del pomeriggio, mentre salivamo su un ponticello di legno costruito a pelo d'acqua sul quale tre pescatori non staccavano gli occhi nemmeno un secondo dai loro ami, pronti a tirare su la lenza non appena l'avrebbero ritenuto necessario.

Uno di loro fu particolarmente fortunato, perché riuscì a pescare un esemplare di Qwilfish, mentre agli altri due capitarono un Tentacool e un Magikarp ciascuno.

Vedere quei tre mi riportò alla mente la spiaggetta di Fiorpescopoli in tutto il suo vecchio e piccolo splendore, devastata dalle fiamme.

Chissà se gli abitanti avevano già fatto ritorno nella loro città.

A proposito di città, mi voltai dietro per ammirare la bellezza tipica di Violapoli un'ultima volta: la sua pavimentazione di pietra non era più visibile, ma dal percorso 32 si potevano ancora scorgere la maestosa Torre Sprout, luogo di ricordi non molto piacevoli per Crow, la palestra di Falkner e la scuola per allenatori, a cui non ho dovuto fare ricorso grazie ai precedenti insegnamenti del Professor Elm sulle alterazioni di stato e il rapporto tra i tipi.

E, a proposito del Professore, era arrivato il momento di riprendermi il Pokégear.

Che poi, a quanto capii, era solo l'uomo a spiccicare qualche parola dall'altra parte dell'aggeggio, perché Blue non era tipo dalla parola facile, decisamente.

  • Dammi qua, Blue.

Stavolta fu il mio turno, quello di strappargli di mano il Pokégear.

  • Professore, scusate per i silenzi imbarazzanti di quello lì…

Una strizzatina di occhio al ragazzo di Kanto non avrebbe guastato per provocarlo giusto un po', vendicandomi per tutti i modi in cui mi aveva apostrofato in precedenza.

Era arrivato il momento della mia rivincita, a costo di un'altra dura sessione di allenamento da sola. Tanto oramai Crow era diventato abbastanza forte da non aver bisogno di così tanto allenamento, gli avrei fatto fare giusto quel poco necessario per fargli apprendere una nuova mossa.

  • Comunque, ve l'ho già detto che ho catturato un Hoothoot? Vorrei allenarlo un po' per portarlo alla pari con i Pokémon della prossima palestra, voi che dite?

  • Un Hoothoot, dici? Potrebbe tornarti molto utile per quando riuscirai ad insegnarli Volo, così magari torni a Borgo Foglianova per i fine settimana.

La frase dell'allegro uomo mi fu molto d'ispirazione, perché la replicai.

  • Insegnare Volo a Hoothoot per tornare a casa? Sarebbe grandioso!

Marcai visibilmente le parole “casa” e “grandioso”, giusto per mandare a quel servizio la “regola numero 2” di Blue secondo la quale non avrei avuto più un posto in cui rifugiarmi.

Il mio tutore, come c'era da aspettarsi, alzò il dito medio, mormorando parole che non sto a riportare, ma senza scomporsi minimamente.

Cinque a tre per Blue, ma pian piano stavo rimontando i punti della punizione.

  • E va be', non voglio sottrarvi altro tempo, ragazzi, tornate pure alla vostra scampagnata. Ricordati di farti sentire, Feralis!

Il Professore stava per attaccare, quando lo interruppi una frazione di secondo prima.

Il fiato mi si fece corto, stavo per chiedergli una cosa a mio parere un po'… scomoda.

A Fiorpescopoli si era preso l'incarico di dire ai miei genitori della mia partenza, ed era arrivato il momento di venire a conoscenza della loro reazione.

  • Professore, mia madre e mio padre… hanno detto qualcosa?

Dall'altra parte del Pokégear non si udì un'anima viva, finché il professore non sospirò.

  • Be', sia Kimya che Jules non l'hanno presa molto bene, ma sono sicuro che se ne faranno una ragione, tranquilla. È stata la cosa migliore da fare, giusto?

Asserii, provando a risultare quanto più credibile.

Non provavo rimorso di sicuro, ma trovavo abbastanza spiazzante il fatto che i miei genitori ci fossero rimasti male nonostante i primi ad andarsene fossero stati proprio loro.

  • Va bene, Professore, grazie per tutto quello che sta facendo per me, le prometto che mi farò sentire.

Un sorriso stentato e attaccai, sospirando.

  • Qualche problema?

Blue frugò nella nostra “borsa comune” che avevamo comprato al Market di Violapoli per poi estrarne una Baccarancia, rigirarsela tra le mani e gustarla.

  • I miei sono contrari alla mia partenza e la cosa mi dispiace, tutto qui.

Il ragazzo di Biancavilla si arrestò, prima di voltarsi rapido verso di me.

  • Senti, prima che ti vengano strane idee in testa…

Mi afferrò per le spalle con una presa di acciaio, ma comunque ero tanto sorpresa che non mi sarei mossa a prescindere.

  • se dovrai mai tornare definitivamente a Borgo Foglianova, sarà con tutte le otto medaglie di Johto, nel peggiore, e sottolineo nel peggiore, dei casi.

    Nulla ti può o ti deve fermare, Fer. Sarebbe una sconfitta per entrambi, e noi non vogliamo essere sconfitti.

    Tu sei qui perché diventerai la campionessa di Johto, io sono qui per dimostrare che anche la più grande schiappa del mondo può diventare qualcuno.

I suoi occhi, magnetici, non diedero tregua ai miei nemmeno un secondo.

Blue mi guardava dritto nelle iridi scure, come se avesse voluto perforarmele, cosa molto probabilmente vera.

  • Io non ho mai voluto mollare, Blue.

Mi si spezzò la voce come se l'ossigeno fosse finito, ma a questa cosa il mio rigido tutore non diede peso più di tanto, mentre le nostre fronti si sfioravano e il contatto visivo si fece insostenibile.

  • Meglio per te, perché in questo mondo o sei forte o rimani una nullità. E io non voglio avere a che fare con delle nullità, quindi dimostra di non esserlo.

Mi sentii fragile come non mai, tra le sue mani che stringevano forte le mie spalle.

Lui era così potente, io così debole.

Lui era un capopalestra, io ne avevo a malapena battuto uno.

Lui era un Raikou, io un Magikarp.

Lui era Blue Oak. Io ero Feralis Raines.

Eppure avevamo una cosa in comune: la sete di vittoria.

Solo che a lui era spaventosamente evidente, a me di meno, decisamente.

Darmi della Campionessa dopo appena una battaglia in palestra sarebbe stato abbastanza ridicolo e penoso.

Deglutii a fatica e annuii, in tutta risposta.

  • Bene.

Non appena mollò la presa il mio cuore riprese a battere normalmente, per fortuna.

Quel discorsetto non l'avrei mai dimenticato.

Ed ero sicura che l'intento di Blue fosse precisamente quello.

Ma almeno per il momento avrei preferito pensare ad altro, ragion per cui decisi di concentrarmi sull'ormai vicinissimo Centro Pokémon del percorso 32.

  • Ne avete bisogno?

Il ragazzo indicò con un cenno del capo l'edificio bianco-rosso.

Crow scosse il capo e mi tirò la mano, come per porre a me la stessa domanda.

  • Non credo, ma penso che dovremmo dare un'occhiata alle provviste.

Feci spallucce e guardai Blue, già intento a contare rapidamente.

  • Abbiamo abbastanza panini, bacche e acqua, possiamo andare.

Nel frattempo eravamo già arrivati all'entrata della Grotta di Mezzo: era asimmetrica, decisamente più alta e aveva un tipo di roccia più spesso della grotta precedente.

Dalla nostra posizione, si poteva intravedere un corno di pietra spuntare da dietro un masso e udire un brontolio: un Onix.

Nemmeno il tempo di dare il comando a Crow di attaccare, che Blue previde la mia mossa.

  • Sta' ferma e zitta, non metterti nei guai. Tanto tra poco se ne va, se vede che non vogliamo fargli niente.

Bisbigliò appena, muovendo le labbra quanto meno possibile.

  • Io intendo catturarlo, a dire il vero. Vorrei avere lo sfizio di lanciare la Ball ad un Pokémon con le mie mani, sarebbe fantastico.

Non so, francamente, come mi uscì dalle labbra una frase del genere, ma Blue, forse per la prima volta, sorrise.

  • Ah, se la mettiamo così è diverso.

    Hai campo libero, ragazza. Mostrami cosa hai imparato in due settimane.

Non appena sentì “campo libero”, Crow si mise in moto verso il serpente roccioso, che si mostrò in tutta la sua imponenza.

  • Bene, Crow, non vedi l'ora di avere un nuovo amico, non è così?

Il Mascellone emise un verso come al solito indecifrabile, ma mi bastò quello per capire che fosse una risposta affermativa.

  • Allora vai, usa Pistolacqua!

Un rapidissimo getto d'acqua fuoriuscì dalla bocca di Crow, che però mancò il bersaglio.

Onix si lanciò al contrattacco con Azione, prendendo in pieno muso Croconaw.

  • Crow, fai un altro tentativo con Pistolacqua!

Crow obbedì agli ordini, mirando stavolta alla testa di Onix, che provò a difendersi con Rafforzatore.

  • Non male per un Pokémon selvatico, decisamente.

Feci schioccare la lingua sul palato, mentre con una mano facevo cenno a Blue di passarmi una Pokéball, ne avevamo fatto una bella scorta, a Violapoli.

Ma invece di lanciarla a me, preferì lanciarla direttamente lui al Pokémon.

Un tocco leggero di testa, che Onix si tramutò in guizzo rosso diretto verso la Pokéball, che poi cadde a terra.

Un tocco.

Due tocchi.

Tre tocchi.

Il silenzio più totale mentre tenevamo tutti lo sguardo fisso verso la Ball.

Catturato.

Di nuovo silenzio.

Guardai il mio tutore, che mi sorrise e ammiccò.

Percorse quei pochi metri che lo separavano dalla sfera, la raccolse e la spolverò alla meno peggio.

Dopodiché mi si avvicinò, mi aprì gentilmente la mano e vi poggiò l'oggetto tondeggiante, sorridendo mellifluo.

  • È tua, Fer.

Lì persi le staffe.

Blue sapeva bene quanto ci tenessi a catturare il mio primo Pokémon in maniera “normale”, perché in un modo o nell'altro non ho mai davvero catturato né Totodile e né Hoothoot, il primo perché mi è stato regalato, il secondo perché l'ho coccolato senza danneggiarlo.

  • Ti odio.

Mormorai, stringendo forte nella mano destra la Pokéball dal nervosismo.

  • Anche io ti odio.

    E forse non hai ancora capito che io sarò il tuo inferno, con al posto di insulse fiammate rosse, onde blu.

    Perché le onde, anche quando silenziose, precedono sempre la tempesta che ti spazza via, Feraligatr Raines.

Il mio nome pronunciato bene, per di più completo, mi spiazzò.

Sia perché non gli avevo mai sentito pronunciare il mio cognome correttamente, sia perché nessuno, nemmeno i miei genitori o il Professor Elm, mi aveva chiamata mai con il mio effettivo nome completo: Feraligatr, nonostante tutti pensino tutt'ora che sia Feralis, giusto perché io l'avrei preferito così.

Non avevo mai sentito il mio cognome e il nome di un Pokémon così possente e spaventoso insieme, non volevo.

Mi sono sempre rifiutata di credere che Feralis, un nome già più grazioso e femminile, non nascondesse altro che Feraligatr.

Quello fu il primo momento in tutta la mia vita in cui qualcuno osò chiamarmi con il mio vero nome: un affronto bello e buono, per giunta proveniente da un ragazzino con la testa montata.

Nel frattempo si riavvicinò pericolosamente a me, sussurrando parole cariche di disprezzo, parole che non mi erano mai state rivolte prima d'ora.

A Borgo Foglianova, in quanto unica minorenne di sesso femminile, quella “piccola e dolce” ero io, senza contare il fatto che fossimo così pochi da formare un'unica famiglia. Quindi figurarsi se potesse nascere un conflitto.

Mi avvicinai altrettanto, mentre ci riportavamo nella situazione precedente, ovvero fronte a fronte.

  • Non ti temo, inferno d'acqua, sono pur sempre un Feraligatr.

Per cui, avidi di parole, non ne regalammo nemmeno una alla bella Grotta di Mezzo, decisamente più luminosa della precedente.

Muti, come se fossimo parte delle pareti rocciose o delle acque azzurrine increspate degli specchi d'acqua lì intorno.

Così muti che nemmeno Croconaw fiatò e che nessun Pokémon ci avvicinò, nonostante vidi un mucchio di Rattata squittire in giro, molti Zubat svolazzare quasi schiacciati contro le pareti e una famigliola di Sandshrew che rotolava tranquilla, forse senza nemmeno notarci.

Persino i Pokémon selvatici percepivano l'alta tensione tra Blue e me.

E per giunta, non eravamo i soli esseri umani presenti nella grotta, tant'è vero che due o tre avventurieri ci guardavano come se fossimo due leggendari in preda all'ira e sul punto di scannarsi, cosa parzialmente vera.

Stavamo chiaramente meditando un irrealizzabile crimine perfetto per eliminarci a vicenda, riuscivo a capirlo anche senza guardarlo negli occhi.

Perché? Perché eravamo identici.

Solo che io avevo ancora l'umiltà di un'allenatrice alle prime armi, tutto qui.

L'umiltà della stessa allenatrice che scorse sul finire della grotta il rinomato Pozzo Slowpoke e un uomo urlante.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Chapter 6 - Slowpoke Well ***


  • Chapter 6

 

 

Slowpoke Well

 

Croconaw&Hoothoot vs Zubat&Koffing

Machamp vs Rattata&Zubat&Ekans

 

« Fighting Team Rocket is a waste of time.

Saving my stupid and useless student isn't. »

Blue

 

  • Lasciate stare gli Slowpoke, razza di manigoldi!

Sbraitava l'uomo, in collera.

Era anziano e non molto alto, aveva delle folte sopracciglia scurissime così come gli occhi, fiammeggianti. I capelli erano come tanti spessi fili d'argento portati indietro, nascosti da un volto rugoso e contratto dall'ira.

Era vestito in modo semplice, seppur diverso dagli altri: portava un kimono di tela molto doppia dello stesso colore degli occhi e dei capelli di Falkner, stretto da una cintura bianca in vita.

  • Ma che cosa…?

Blue, per la prima volta dopo due ore e mezza, proferì parola, animandosi.

L'uomo si voltò verso di noi con aria interrogativa, mentre con una breve corsetta lo raggiungemmo.

Non appena riuscì a metterci a fuoco sospirò di sollievo, tranquillizzandosi.

  • Ragazzi, scusate se vi interrompo, ma ho bisogno di aiuto.

  • Dica pure.

Sorrisi, disponibile ma al contempo preoccupata.

  • Un gruppo di teppisti vestiti di nero ha invaso il pozzo dicendo di voler tagliare le code ai nostri Slowpoke, ma io sono troppo vecchio per fargliela pagare cara. Ve ne potreste occupare voi?

Un bagliore di speranza si accese tenue negli acquosi occhi scuri dell'uomo, spezzato però dalla solita strafottenza di Blue.

  • Non abbiamo tempo da perdere con degli altri idioti del Team Rocket e de…

Non diedi nemmeno il tempo al mio tutore di terminare la frase che mi proposi io per il compito.

  • Parla per te, Oak.

Dissi con un'espressione truce senza nemmeno degnarmi di guardarlo, per poi rivolgere un visino dolce all'anziano.

  • Stia tranquillo, ce ne occupiamo io e Crow, vero, amico?

E dalla gola del mio compagno partì un verso di assenso.

  • Perfetto. Allora a dopo, gente!

Mi congedai così, prendendo la rincorsa e saltando dentro il pozzo, aggrappandomi però alle scale a piolo non appena vidi l'effettiva profondità del posto, che rallentò drasticamente la mia discesa.

Arrivata giù dopo aver avuto a che fare con la scaletta, realizzai che sarebbe stato decisamente meglio schiantarmi al suolo.

Avrei risparmiato tempo e le gambe e le braccia ne avrebbero comunque risentito allo stesso modo.

Tanto comunque poi Croconaw mi sarebbe saltato addosso, facendomi perdere completamente l'equilibrio e cozzare la schiena a terra.

Gemetti dal dolore e strizzai gli occhi più volte.

  • Diamine, Crow! Non sei più leggero come una volta.

Mormorai a denti stretti e con il fiato corto, prima che il coccodrillo si rendesse conto di avermi spiaccicata al suolo.

Una volta riuscita a convincerlo ad alzarsi dal mio ventre, mi rialzai, dando una spolveratina agli abiti, messi molto peggio rispetto i primi giorni del viaggio.

Pazienza, avrei cercato qualcosa al Centro Commerciale, una volta giunti all'ancora lontana Fiordoropoli.

Ma non mi ero schiantata al suolo per commentare lo stato dei miei abiti, quindi pensai bene di adempire al compito che mi ero auto-assegnata, un po' per vendetta nei confronti del Team Rocket, un po' per l'anziano e gli Slowpoke e un po' per mostrare a Blue quanto fossi migliorata dal nostro primo incontro.

  • Mettiamoci in marcia e troviamo in fretta quei farabutti, altrimenti quell'uomo e Blue ci daranno per morti.

Gran bel modo di esortare Croconaw, decisamente.

Il mio amico e io percorremmo un breve tratto di una decina di metri, prima di scorgere l'entrata della parte più profonda del pozzo, dove uomini e donne vestiti come il criminale di Fiorpescopoli pattugliavano il posto e tenevano in ostaggio gli Slowpoke.

Li contai: erano una donna e tre uomini, di cui uno era vestito in modo leggermente diverso dagli altri: l'uniforme era comunque scura, ma in vita portava una cintura fatta di cubi di acciaio e il cappello lasciava intravedere i capelli di un verde acqua scuro che incorniciavano un volto maligno.

Dopo aver fatto una serie di calcoli, decisi che l'assalto a quattro di loro non sarebbe stato nulla di così complicato come il previsto, per cui mi lanciai a capofitto in una situazione apparentemente non rischiosa.

  • Fermi, villani! Non vi permetterò di far del male agli Slowpoke!

E, come previsto, estrassero le loro Pokéball.

Cosa che non avevo previsto, però, era un assalto che comprendeva tre reclute, mentre quello con i capelli verde acqua se ne stava lì, fermo a godersi la battaglia imminente.

Dalle loro sfere uscirono la bellezza di tre Rattata, quattro Zubat e un Ekans: un totale di otto contro uno.

Digrignai i denti dalla rabbia.

Come mi sarebbe mai potuto venire in mente di schierare un solo Pokémon contro altri otto?

Frugai nella tasca, estraendone altre due Pokéball: Hoothoot e Onix.

Hoothoot, nonostante conoscesse un solo attacco efficace, mi sarebbe potuto tornare utile contro i tre Rattata; ad Onix, invece, avrei affidato indubbiamente il gruppetto di Zubat.

Quanto a Crow, non rimaneva che Ekans, l'avversario più tosto.

Avevo già elaborato un piano soddisfacente, per essere stato elaborato in pochi secondi, quando sentì una voce disgustosamente familiare riecheggiare nel pozzo, e dall'entrata che avevo varcato da poco non comparì anche Blue, seguito nientepopodimeno da un Machamp.

Il Pokémon era evidentemente accigliato, chiaro sintomo di un certo malumore quasi sicuramente causato dalla situazione. Ma nonostante questo, io preferii pensare che fosse dovuto dal caratterino del suo allenatore.

  • Fai ritornare Crow dentro e aggrappati alla stalattite, presto!

Mi voltai verso sinistra, notando una lunga e aguzza pendenza dal soffitto che sfiorava quasi il suolo.

  • E se crolla?

Spalancai gli occhi, terrorizzata. L'idea di una stalattite che si stacca dal soffitto con me aggrappata non era per nulla allettante. E per giunta non sapevo nemmeno quanto potesse essere sicuro aggrapparsi ad una cosa del genere.

  • Ti butti in acqua. Sei un Feraligatr, no?

Non chiesi perché, ma feci direttamente quanto mi era stato detto, anche se ritenevo umiliante il fatto che nonostante tutto mi fidassi ancora di lui.

Ma in quell'occasione feci la cosa giusta, perché subito dopo Blue ordinò a Machamp un attacco Terremoto, dal quale io e i miei Pokémon ci salvammo grazie alla stalattite.

  • Fer, questi qui li finisco io, tu vai da quell'altro.

Ancora aggrappata alla stalattite, mi diedi uno slancio tale da risparmiarmi metà tragitto verso il ragazzo dai capelli strani, che estrasse subito due Pokéball, rivelandone subito il contenuto: uno Zubat e un Koffing.

  • Non te la farò far franca, ragazzina!

Istintivamente, chiamai in causa Crow e Hoothoot.

  • Su, Crow, usa Pistolacqua contro Koffing, e tu, Hoothoot, usa Azione contro Zubat!

Entrambi gli attacchi andarono a segno, ma il tizio fu altrettanto rapido: Koffing utilizzò Velenogas contro Crow, per cui una nube violacea che fuoriuscì dal corpo del Pokémon lo avvelenò, mentre Zubat utilizzò Supersuono contro Hoothoot, confondendolo con il suo verso stridulo.

  • Arrenditi ora, bamboccia, tanto sappiamo come andrà a finire.

Strinsi forte i pugni e digrignai i denti, non sapendo come reagire, finché Croconaw non spalancò la bocca.

Dapprima non ne capii il senso, ma poi le sue fauci si cristallizzarono, gelando l'aria intorno, dopodiché azzannò Zubat, facendolo crollare a terra, esausto.

  • Ehi, ma quello è Gelodenti!

Esclamai sorpresa, al settimo cielo, mentre il ragazzo del Team Rocket arretrava leggermente.

  • C-Come…? Non è possibile!

Balbettò, mentre il panico lo avvolse definitivamente come un bozzolo avvolge un Caterpie.

  • Invece sì, e per te è arrivata la fine. Vai, Crow, usa Gelodenti, e tu, Hoothoot, usa Azione!

Sia il nuovo attacco di Crow che quello di Hoothoot andarono a segno, lasciando il ragazzo spiazzato.

Dall'altra parte della stanza di roccia, una delle reclute si animò, fuggendo.

  • Proton, qui è meglio andarsene!

E così, Proton, il ragazzo con i capelli strani, rimase da solo, mormorando imprecazioni sottovoce.

  • Quei maledetti… me la pagheranno cara.

E, detto questo, scomparve anche lui.

  • Bene, direi che il nostro lavoro qui è finito.

La voce di Blue rimbombò nella grotta, accompagnata dal rumore di Machamp che ritornava nella Pokéball, trasformato in un bagliore rosso.

  • Cosa ci fai qui? Combattere il Team Rocket non era una “perdita di tempo”?

Smaterializzai anche io Hoothoot, bisbigliando al gufetto complimenti sulla lotta appena terminata, mentre Croconaw, come solo in rari casi succede, rientrò nella Pokéball, stanco per l'avvelenamento.

  • Combattere il Team Rocket è una perdita di tempo. Salvare la mia stupida ed incapace allieva no.

Senza contare gli insulti, il suo apparve quasi come un pensiero normale, di una qualsiasi persona dotata di cuore.

  • È per questo, quindi, che mi hai fatto aggrappare ad una stalattite? Per salvarmi?

E dopo un intero pomeriggio gli sorrisi per la prima volta, mentre lo raggiungevo verso l'accesso del pozzo.

  • No, l'ho fatto perché speravo che la stalattite ti uccidesse o che tu, gettandoti in acqua, annegassi.

Come non detto, mai farsi false speranze su Blue Oak.

  • Se per questo anche io ho sperato che morissi, per via del Terremoto di Machamp.

Mentii, incrociando le braccia al petto con aria di sfida.

  • Ma invece, purtroppo, siamo ancora vivi entrambi.

    Pazienza, mi toccherà sopportarti fino al prossimo guaio in cui ti ficcherai.

Si voltò e si diresse verso l'uscita, salutandomi.

  • Buona fortuna con le scale del pozzo, Ferry, ne avrai bisogno.

Mi lasciò così, prima di risalire le scale a grande velocità.

  • Che idiota che è.

Commentai tra me e me, sorridendo, mordicchiandomi appena il labbro inferiore e dirigendomi verso la maledizione dei miei quattro arti.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Chapter 7 - Azalea Town ***


  • Chapter 7

 

 

Azalea Town -“Living Happily with Pokémon”


Hoothoot&Croconaw vs Metapod&Weedle&Scyther

 

 

« Listen, the fact is serious and I need you. »

– Feralis

 

  • Grazie mille, grazie!

L'anziano corse a stringermi la mano non appena mi scorse appena dalla bocca del pozzo, facendomi rischiare seriamente di ricadere nel buio e freddo vuoto.

  • Ti sono infinitamente grato per aver salvato i nostri Slowpoke.

E con le due mani forzute e rugose continuò a stringere forte la mia, visibilmente più piccola della sua.

  • Ma si figuri, è stato un piacere!

Arrossii, imbarazzata. Finalmente il mio primo atto eroico era stato riconosciuto.

Non solo mio, per quanto mi rammaricò dirlo.

  • A dire il vero, dovrebbe ringraziare anche Blue, il ragazzo lì in fondo.

Il castano, che se ne stava a capo chino appoggiato contro un albero, alzò lo sguardo verso noi due, con la solita ed immotivata occhiata truce.

  • Non importa.

L'uomo vestito di blu aggrottò la fronte, guardandolo per pochi secondi.

  • Strano, il giovane. Be', contento lui…

Alzò le spalle, prima di accendersi improvvisamente, come se gli fosse scattato un interruttore dentro.

  • A proposito di giovani, devo ritornare da Maisy!

Replicai il nome poco familiare, rigirandomelo a fior di labbra.

  • Maisy, la mia nipotina! Vi dispiacerebbe riaccompagnarmi un attimo a casa?

Con la solita sgarbatezza, Blue interruppe l'uomo.

  • Aspettate un attimo, voi due. Lei è Kurt, quello che fa le Pokéball?

Il castano decise di staccare la schiena dall'albero con le mani nelle tasche, raggiungendoci.

L'anziano non fu molto sorpreso del fatto che Blue sapesse chi fosse, del resto era un artigiano molto rinomato.

  • Che sbadato, giusto! Non mi sono presentato!

    Come ha appena detto il ragazzo, sono Kurt, l'artigiano di Pokéball molto particolari che produco solo io in tutto il mondo, lieto di conoscerti!

Se già le Pokéball erano affascinanti di per sé, figurarsi dei modelli unici fabbricati da un vecchietto arzillo.

Mi si accesero gli occhi come fossero luminarie di fine anno, in preda all'emozione.

  • Caspita, allora è lei! Il Professor Elm ci ha parlato bene delle sue meraviglie con le ghicocche.

Annuii, mentre l'uomo ci esortava a seguirlo all'interno della città di Azalina raccontandoci miti e leggende ispirate al paesino, di quanta gente venisse a trovarlo per vederlo all'opera e delle conoscenze sui tipi coleottero di Bugsy, il capopalestra cittadino.

O meglio, erano cose che di fatto stava raccontando a me, dal momento in cui Blue, cafone come al solito, non ascoltò una singola parola degli affascinanti racconti di Kurt.

Arrivati fuori casa sua ci fermammo, e intravidi dalle piccole finestre quadrate un grande banco da lavoro.

  • Eccoci. Mi farebbe davvero piacere se vi intratteneste qui, ragazzi, dato che inizia a far freddo.

E prima che potessimo rispondere ci aprì la porta di casa sua, mentre una bambina di non più di otto anni correva ad abbracciarlo.

  • Nonno, nonno! Come sono andate le cose con quei cattivoni? Se ne sono andati?

Maisy, la nipote di Kurt, aveva i capelli scuri quanto i miei, raccolti in una coda alta e svolazzante legata da un fermaglio giallo; portava una vecchia felpa rosa con cappuccio, dei pantaloni corti celesti e delle scarpine gialle semplici.

  • Tutto bene, Maisy, ma devi ringraziare questi ragazzi.

La bambina si voltò verso di noi, studiando ogni particolare del nostro aspetto con i suoi occhioni, anche questi della stessa tonalità dei miei.

  • Allora grazie!

Cinguettò, per poi rivolgersi nuovamente al nonno.

  • Questi signori staranno da noi?

Signori”. Fu davvero strano sentirmi dare della “signora” a soli tredici anni, ma sorvolai.

  • Certamente, Maisy. Questi sono amici del Professor Elm, te lo ricordi?

La bambina annuì e ci invitò anche lei ad accomodarci.

La casa di Kurt era arredata in modo particolarmente diverso rispetto le precedenti visitate: in fondo a sinistra c'era un lungo tavolo di legno a forma di L con sopra qualsiasi strumento immaginabile, la cosa che mi colpì di più, tra l'altro, vari letti – probabilmente per degli ospiti – e un grande tavolo con dei cuscini.

Senza contare numerosi pezzi d'arredamento molto particolari.

E uno Slowpoke, rannicchiato a terra.

  • Cavoli.

Riuscii a sussurrare, senza parole.

  • Questa  che è una casa.

Mormorai a Blue, apatico come sempre.

  • Tu sì che hai gusti strani.

Mi sussurrò a sua volta, quasi disgustato.

Sei a tre per Blue, Feralis.

Sei a tre.

 

 

 

 

  • Non dimenticatevi un po' di Loveball, possono tornarvi utili!

    E magari anche delle Pesoball.

Quella mattina, Kurt ci riempì letteralmente la borsa di Pokéball fatte da lui, che accettammo senza indugi nonostante non ci servissero, giusto perché non sarebbe stato carino rifiutare qualcosa fatto con tanta dedizione e amore.

Lo salutammo, ringraziai – solamente io – e, con il sole tiepido che stava a mano a mano sorgendo, ci incamminammo verso la vicinissima palestra.

Ma avevo paura.

Non avevo nulla che mi motivasse come la lite con Blue a Violapoli, a parte il mio proprio desiderio di vittoria.

  • Agitata?

Il mio tutore non si degnò nemmeno di guardarmi, ma ormai ci avevo fatto l'abitudine.

  • Forse.

Risposi, mentre iniziavo a giocherellare con il mio semplicissimo elastico blu per capelli, per poi raccoglierli in una coda morbida.

  • Chi hai intenzione di utilizzare?

Caddi nella distrazione più totale, mentre ci riflettevo su.

Ci avrei dovuto pensare prima, indubbiamente.

  • Hoothoot.

Sparai, anche se insicura.

  • Vincerai di sicuro se seguirai i miei consigli. E il giorno in cui dovrai chiedere una rivincita ad un capopalestra si allontanerà sempre di più se farai scendere in campo Crow. È il più allenato. Dai retta a me, che sono cose che capisco.

Davvero adorabile il modo in cui sapesse rassicurarmi e farsi i complimenti da solo nello stesso momento. Decisamente.

  • Se lo dici tu…

Alzai lo sguardo verso l'edificio, per poi addentrarmi con Blue al seguito.

A primo acchito pensai di aver sbagliato completamente luogo, dato che mi ritrovai in una foresta, finché non intravidi un ragazzino che mi diede l'impressione di essere un boy scout.

Un'occhiata al mio tutore, che annuì.

Il boy scout era Bugsy.

Avanzai tra un misto di arbusti e piante, alcune delle quali dall'aria innaturale e fittizia.

Eppure non era così.

Il pavimento era tappezzato di foglie secche di stagione, che si sbriciolavano al mio passaggio, mentre salivo su una strana piattaforma con le sembianze di un ragno che si muoveva su un filo e sotto al quale regnava il buio, fatta eccezione per una ragnatela enorme.

Arrivai a destinazione, pronta a combattere.

Il ragazzino aveva dei folti capelli color lavanda, stesso colore anche degli occhi.

Portava una sorta di divisa di varie tonalità di verde con un cravattino giallo che spiccava più di tutti gli altri elementi che componevano la sua figura, escludendo un retino per farfalle alto quanto lui se non anche poco più.

Tuttavia, dava l'impressione di essere una persona gentile.

  • Buongiorno. Molto piacere, mi chiamo Feralis.

    Tu devi essere il capopalestra, giusto?

Il ragazzo asserii, lasciandosi sfuggire una risata.

  • E tu vuoi una lotta, vero?

Chiese, imitando la mia tonalità di voce mentre raccolse uno Spinarak da un albero e gli sussurrava “Buono, su”.

Bah. Chissà se tutti i capipalestra di tipo coleottero erano così.

  • Be'… sì, sarei qui per questo motivo.

Inarcai le sopracciglia, perplessa circa il suo comportamento.

  • Perfetto, allora.

Detto questo, ripose Spinarak sul suo albero, cercando le Pokéball all'interno di un marsupio in pelle marrone che portava stretto poco sopra la vita.

  • Piacere, sfidante, sono Bugsy! Con i Pokémon Coleottero non ho proprio rivali. Sto studiando per diventare un'autorità nel loro campo! Ora ti mostro ciò che ho imparato!

    Vai, Metapod!

Il Pokémon Bozzolo, verde e dalla forma di una falce di luna abbastanza spessa e spigolosa, si materializzò dalla Pokéball.

  • Dato che giochi fuori casa, è giusto dare a te la precedenza.

Mi sfuggì un sorrisetto dalla natura ovvia nel vedere la scelta del capopalestra: avevo sempre saputo che i Metapod conoscessero poche mosse e per giunta deboli.

Non poteva capitarmi nulla di più semplice.

Estrassi la Pokéball di Hoothoot, fiduciosa, prima di scagliarla in aria.

  • Vai, Hoothoot, è il tuo momento!

Il gufetto si librò in aria per qualche secondo, prima di scendere giù in picchiata e atterrare sbattendo le piccole ali scure, e nel frattempo io mi voltai verso il castano dall'altra parte della palestra per assicurarmi che guardasse il mio secondo trionfo, secondo la sua previsione.

E lui se ne stava lì, appoggiato contro un albero a sbadigliare.

Da lì, decisi che gli avrei dato uno spettacolo tale che non avrebbe sentito più i sintomi della stanchezza.

  • Hoothoot, usa Beccata!

Il Pokémon irrigidì il becco, per poi attaccare Metapod, che contrattaccò con Azione.

  • Avanti, usa di nuovo Beccata!

  • Schivalo, Metapod!

Hoothoot, che si librò di poche decine di centimetri in aria, si ritrovò costretto a frenare non appena vide che Metapod schivò abilmente il colpo.

  • E adesso usa ancora Azione, vai!

Roba da non credere.

Con l'estremità superiore del suo corpo, il Bozzolo riuscì a colpire nuovamente Hoothoot nonostante conoscesse solo una mossa.

Alla faccia del secondo trionfo.

Mi sentivo persa. Se il primo Pokémon mi metteva in difficoltà, figurarsi i restanti.

Lo stomaco mi doleva dalla vergogna, mi sentivo come se una persona non ricordasse più la strada verso casa nonostante la sapesse meglio di chiunque altro.

Udii un verso quasi animalesco provenire dal fondo della palestra: Blue che sbadigliava.

  • Diamine, Ferry, certo che fai proprio pena! È un Metapod, un semplicissimo Metapod che conosce una sola mossa e tu ti fai scoraggiare così?

    Dovresti vergognarti.

    Parti con l'intento di diventare un'allenatrice e ti fermi ad un insulso coso verde?

    Non vali niente.

Non vali niente”.

Non vali”.

Niente”.

Esatto: niente.

Come uno zero, come un qualcosa di inutile, frivolo, come un soprammobile.

Come qualcosa di cui non importa a nessuno, che anche se si rompe non muta nemmeno una virgola.

Non mi voltai nemmeno, non volevo vedere il ghigno beffardo di Blue che se la spassava alle mie spalle.

Io non ero inutile, frivola o un soprammobile.

Ero Feralis Raines, quella che prima o poi sarebbe riuscita a spaccare il sedere a tutti.

Quella che prima o poi l'avrebbe fatta pagare molto, troppo cara a Blue Oak.

  • Presto, Hoothoot, usa Ipnosi!

Il Pokémon, come se si fosse ricaricato, come se la sua energia si fosse rinnovata, fece addormentare Metapod, mentre, conoscendo quale sarebbe stata la mia prossima mossa, prese ad attaccarlo con Beccata quanto più velocemente e potentemente possibile.

E alla fine ci riuscì.

Il primo round era mio.

  • Sei grande, Hoothoot!

Corsi ad abbracciare il gufetto, felice.

  • Te la senti di fronteggiare anche il prossimo nemico?

Il volatile annuì, emettendo il suo verso caratteristico.

  • Bene, allora buona fortuna!

Accarezzai il capo al Pokémon, che tornò saltellante sul campo di battaglia.

  • E così lasci Hoothoot combattere anche il secondo turno?

Bugsy aveva appena fatto tornare Metapod, esausto, nella ball, mentre ne pescò subito un'altra dal marsupio.

  • Adesso è il tuo turno, Weedle!

Il minuscolo millepiedi rosa si fece avanti, tenendosi pronto a puntare la sua coda velenosa contro Hoothoot.

Ipnosi, pochi attacchi Beccata a segno, e avrei sconfitto anche il secondo Pokémon di Bugsy, nonostante avessi paura di scoprire chi fosse il suo asso nella manica.

  • Vai, Hoothoot, usa Ipnosi!

Il gufo spalancò quanto più possibile i suoi enormi occhi rossi, incatenando il suo sguardo di fuoco a quello di pece di Weedle, che riuscì ad opporre resistenza.

  • Dai, Weedle, mostra loro il tuo Velenospina!

Ma Hoothoot si librò, in aria, deviando il colpo e lasciando il millepiedi interdetto.

  • Presto, Hoothoot, usa Beccata!

L'attacco andò a segno, facendo anche barcollare il Pokémon avversario, che si riprese quasi subito.

Il tipo volante balzò all'indietro e tornò sul campo, aspettando la mossa dell'avversario molto attentamente.

Peccato solo che l'avversario, pochi istanti dopo, crollò.

  • Tipica debolezza fisica dei tipi coleottero, nonostante crescano rapidamente sono molto scarsi sotto una miriade di punti di vista.

    Però alcuni sono veloci come saette.

Sentii la voce di Blue troppo chiaramente, quando invece stava bisbigliando.

E per sentire un bisbiglio da una distanza considerevole, poteva significare solo una cosa: il ragazzo di Kanto aveva avuto la bella idea di “materializzarsi” praticamente di fianco a me.

Un sussulto, un tremolio, un grido soffocato.

Era peggio di un ninja, quel ragazzo.

  • Quando la smetterai di fare il cretino?

Mormorai, mentre Bugsy, affranto, faceva tornare nella ball anche il suo secondo Pokémon: era il momento del gran finale.

Eppure mi stavo tenendo molto più concentrata sulle parole di Blue, che magari potevano rivelarsi dei buoni consigli.

  • Quando vincerai…

Mi sfuggì una risata, seppur contenuta.

  • Quando vincerò? È tra pochi minuti, lo sai?

Il castano ghignò.

  • Quando vincerai tutte le medaglie della regione e batterai la Lega.

Il mio sorriso si smorzò improvvisamente.

  • E se prima non batti Bugsy al resto non ci arrivi, quindi dammi retta…

Sussurrò, prendendomi la mano destra e facendola scivolare sempre più giù fino alla tasca dei pantaloncini blu, facendomi sfiorare appena con le dita la ball di Crow. Il tutto ovviamente come se fossi una bambina che stava imparando a conoscere la posizione delle tasche dei pantaloni grazie ad un genitore, cosa anomala e alquanto assurda a mio parere.

  • … Almeno per l'ultimo round dovresti scegliere Croconaw.

Sbuffai, liberandomi della sua mano.

  • Quando mai hai fatto queste cretinate? E quando mai ti è stato a cuore Crow, che vuoi farlo scendere a tutti i costi?

Blue roteò gli occhi e mi guardò truce.

  • Non mi sta a cuore Croconaw, ma la tua vittoria sì.

  • Non ti sta a cuore la mia vittoria, ma solo il tuo onore.

Sei a quattro per Blue, ma stavo comunque rimontando.

  • È vero, ma facendo così mi deve per forza stare a cuore anche la tua vittoria.

    E questa sarebbe un'ottima occasione per raffinare Gelodenti.

Sette a quattro per il mio tutore, come non detto.

Rimuginai un po', ponendomi almeno un miliardo di domande in realtà inutili in poche frazioni di secondo.

  • Va bene, vada per Crow.

Mi decisi a prelevare la Pokéball dalla tasca e a lasciare che si aprisse e facesse fuoriuscire Crow, il mio fedele amico, nonostante fossi ancora titubante a riguardo.

  • Se l'esperimento va male è colpa tua. E ricordati che per quello che mi hai detto prima, presto la pagherai cara.

Mi voltai con uno sguardo assassino verso il mio compagno di viaggio dai capelli sparati in alto, che aveva già provveduto a poggiarsi con la schiena sul tronco di un albero.

Che poi, non sarei mai riuscita a capire quel suo atteggiamento che lo faceva sembrare un anziano che necessita sempre di un posto sul quale appoggiarsi.

  • Ehilà, Crow!

Mi accovacciai a terra per arrivare più o meno all'altezza del mio amico, sorridendogli.

Tipico mio modo di fare quando spuntava un imprevisto.

Il coccodrillo si voltò verso di me, guardandomi visibilmente confuso.

  • Piccolo, è ovvio che tu non sappia dove ti trovi.

    Vedi, c'è stato un…

Guardai sottecchi Blue, che studiava la mia conversazione con il Pokémon con le mani nelle tasche gialle-arancioni.

  • … piccolo cambio di programma, per il gran finale combatterai tu.

    Ti va?

Guardai speranzosa negli occhi rubino di Crow, alla disperata ricerca di una risposta affermativa.

Io guardavo il Pokémon.

Il Pokémon guardava me.

E il contatto visivo si interruppe solo quando l'acquatico annuì, carico di vitalità.

  • Perfetto!

Balzai in piedi e iniziai a sbracciarmi per attirare l'attenzione di Bugsy, che nel frattempo stava dando un'occhiata al retino.

  • Ehi, qui noi siamo pronti!

Il capopalestra ripose delicatamente l'attrezzo a terra, per poi tirare fuori l'ultima Pokéball rimasta e rivelarne il Pokémon che vi dimorava: uno Scyther.

La mantide spiegò le grandi ali color crema, prima di mettere in mostra gli occhi neri come il vuoto.

Era abbastanza evidente la differenza caratteriale rispetto il capopalestra anche con un solo sguardo.

Scyther era chiaramente più bellicoso e guardingo, mentre Bugsy era più tranquillo e pacifico.

  • Presto, Scyther, usa Attacco Rapido!

Scyther divenne d'un tratto invisibile, ma una frazione di secondo colpì alle spalle Crow, senza danneggiarlo più di tanto.

  • Avanti, Crow, usa Gelodenti!

Il Pokémon preparò le fauci per congelare il suo avversario, che schivò il colpo e lo attaccò con Retromarcia, colpendo Croconaw e poi balzando indietro.

  • In fretta, Crow, sorprendi Scyther con Gelodenti!

Stavoltà l'attacco del coccodrillo andò a segno, sbalordendo tutti.

E per “tutti” intendo Bugsy e me.

  • Su, Scyther, usa Fulmisguardo!

La mantide verde lanciò un'occhiataccia che fece rabbrividire Croconaw, mentre il coleottero ne approfittava per un'altra mossa.

  • Dai, usa Retromarcia!

Anche questo attacco andò a segno.

  • E adesso, Attacco Rapido!

Il mio Pokémon incassò colpo dopo colpo, incapace di agire a causa dell'estrema velocità di Scyther.

Fu allora che non ci vide più.

I suoi occhi rossi iniziarono a bollire di rabbia, finché non si lanciò alla carica con Gelodenti, facendo cadere gelato a terra Scyther.

  • Un brutto colpo più attacchi d'ira da parte di Croconaw, Ferels. Complimenti per il gran finale.

Mi diede una pacca sulla spalla, prima di trascinarmi dall'altra parte del campo senza nemmeno permettermi di far tornare Crow nella Pokéball.

Dal primo momento in cui ebbi il coraggio di guardare negli occhi Bugsy dopo l'inquietante gesto avventato del mio Pokémon, sapevo che Croconaw aveva terribilmente esagerato.

Il capopalestra guardò Scyther visibilmente afflitto, prima di farlo rientrare nella Pokéball con un sospiro.

  • Sono mortificata, Bugsy. Spero che tu possa perdonare Crow per ciò che ha fatto.

Il ragazzo con i capelli lavanda asserì.

  • Si riprenderà, tranquilla.

Sorrise, incredibilmente più sereno di poco prima, come se avesse cambiato modo di pensare dopo un secondo.

  • Comunque, sei stata strabiliante! Conosci proprio bene i Pokémon! La mia ricerca va approfondita. E quindi ok, hai vinto tu, ecco la Medaglia!

Da una delle moltitudini di tasche fece fuoriuscire un piccolo oggettino luccicante dalla forma del dorso di una coccinella.

  • Eccoti la Medaglia Alveare, Feralis!

 

 

 

 

  • Complimenti, Ferels. Sia per la medaglia, sia per gli scatti d'ira del tuo amichetto, davvero complimenti vivissimi!

Blue, come al solito, si divertì a prendersi gioco di me e di ciò che mi aveva sconvolta prima di tutti.

Guardai la Pokéball nella mia mano destra, triste.

Quello di Croconaw era un problema bell'e buono.

Era come se stesse iniziando a nascere un doppio in Crow, nonostante sperassi vivamente di sbagliarmi.

Lui era pur sempre Toto, il mio dolcissimo e amorevole Toto, anche se con una forma e un nome diverso.

  • Perché invece di sbeffeggiarmi non mi dai una mano, Signor “Sono perfetto”?

Il castano mi sorrise come se non avesse aspettato altra frase in tutta la sua vita.

  • Servi solo a tirarmi fuori dai guai, non ho bisogno di te!”

Mi imitò, facendomi il verso con una voce ridicolmente stridula.

  • Non sono di certo stato io a dirlo, sai?

    Dato che devo tirarti solo fuori dai guai, non è di mia competenza il carattere di Crow.

Otto a quattro per Blue.

Stavo incassando così tanti colpi anche io, che temevo di reagire come Crow, ovviamente senza mandare in fin di vita il mio tutore.

Perché, per quanto mi costasse ammetterlo, era indispensabile.

  • Senti, la cosa è seria e ho bisogno di te.

    Sono anche disposta a dimenticare gli insulti in palestra, ma ti prego, aiutami.

Non appena lo dissi, capii quanto il problema di Croconaw fosse grave.

 

 

 

P.S. Questo capitolo è dedicato in primo luogo a Euphemia e Sakura_4LiFe, mie care recensitrici (non so se esiste il femminile di “recensore”, sorry) croniche, ma anche a tutti gli altri che l'hanno anche solo letta. Vi lovvo, crocodilez! (?)

P.P.S. Temo che questo capitolo sia pieno zeppo di errori perché più lungo degli altri, quindi mi scuso a partire da adesso… D:

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Chapter 8 - Ilex Forest ***


  • Chapter 8

 

 

Ilex Forest

///

 

« And talk to him, please. So it will avoid to torn to pieces someone else. »

Blue

 

Non avevo mai visto posto più bello del Bosco di Lecci al calar del sole in tutto il mio viaggio.

Gli alberi della foresta erano fittissimi, ma non per questo il cielo non era visibile, anzi.

Le chiome dei primi e i ciuffi d'erba erano tinti come d'oro, mentre le parti del fogliame non colpite dal sole parevano d'argento; il cielo si apriva in un trionfo di colori, dal rosa-arancio fino ad una tonalità di azzurro quasi identica a quella del cielo diurno.

Il tutto sembrava dominato da un tempietto di legno bianco con un tetto rosso semplice, senza troppe pretese, mentre alcune foglie auree gli danzavano davanti come spiriti riconoscenti al protettore della foresta.

Uno spettacolo tanto incredibile che nemmeno la più bella delle fotografie sarebbe riuscita a coglierne la bellezza, perché questa risiedeva in ogni minimo particolare del bosco: dalla goccia di rugiada stanziata sulla foglia, al cielo immenso dai mille astri e sfumature.

Compii un giro completo per cogliere tutta la magnificenza del bosco all'imbrunire.

  • Blue, mi ricordi perché siamo qui?

In preda alla meraviglia, avevo dimenticato il motivo per cui fossimo in visita in quel meraviglioso verde.

Il capopalestra di Smeraldopoli non si lasciò suggestionare dal paesaggio, rimanendo freddo e calcolatore come al solito.

  • Semplice, dilettante. Per prima cosa, per arrivare a Fiordoropoli è strettamente necessario attraversare il bosco. Seconda cosa, un po' di natura potrebbe tranquillizzare il tuo amichetto “sbranatore”.

Accentuò l'ultima parola, sorridendo di sfuggita mentre si sistemava la borsa color ocra sulle spalle.

Ecco, il solito ipocrita: prima diceva che mi avrebbe aiutato, poi continuava a prendermi in giro.

  • E parlagli, mi raccomando. Così evita di sbranare qualcun altro.

Ma, se volevo ottenere quel piccolo barlume di speranza circa il mio Pokémon, non avevo altra scelta se non dargli retta.

  • Okay, va bene…

Sospirai, estraendo la Pokéball dalla tasca, soppesandola pensierosa sulla mano prima di far uscire fuori Crow.

Il coccodrillo apparve molto confuso, non trovandosi nessun avversario davanti, per cui si voltò verso di me con aria interrogativa.

Mi accovacciai a terra, esattamente come avevo già fatto quella stessa mattina in palestra.

  • Crow, vedi…

Mi si spezzò la voce, come se un nodo mi bloccasse la gola. Non sapevo nemmeno se ce l'avrei fatta a dirglielo.

  • quello che hai fatto a Scyther è stato davvero brutto.

    Perché ti sei innervosito così?

    Sei sempre stato così…

Negli occhi iniziò un fastidioso pizzicore, finché la vista non apparve più sfocata.

Ero sul punto di piangere.

Era davvero troppo dura ammettere che, dopo il cambiamento nella palestra di Violapoli, fosse accaduto qualcosa a Crow.

  • dolce e pacifico. C'è qualcosa che non va o che ti turba?

Con il braccio, ormai abbondantemente libero dalle bende, mi asciugai quelle poche lacrime che erano riuscite a rigarmi con una piccola scia bagnata il viso.

Croconaw se ne accorse, poggiandomi una mano sul braccio per spostarmelo.

E quando lo rividi, i suoi occhi rubino erano nella stessa condizione dei miei: lucidi, cristallini.

Con l'unica differenza che nelle sue lacrime vedevo casa, vedevo Borgo Foglianova, i pomeriggi passati per il percorso 29, i Sentret che giocavano con lui prima del viaggio.

Vedevo la mia vita com'era fino a tre settimane prima.

  • Ti manca casa. E pensi che attaccando brutalmente diventerai ancora più forte e torneremo prima al Borgo.

    Ma vedi, Crow…

Sentivo lo sguardo pungente di Blue su di me senza nemmeno aver staccato gli occhi dal coccodrillo.

  • è un'occasione per imparare nuove cose, per conoscere nuove persone e Pokémon.

    È un'opportunità perfetta per vivere come abbiamo sempre voluto, ma non per questo non torneremo più a casa, anzi.

    Ti chiedo solo di… aspettare. E goderti questi attimi, va bene?

Croconaw asserì, abbracciandomi goffamente e scoppiando a piangere.

  • Su, piccolo, è tutto ok, non piangere.

Chiusi gli occhi, per assaporare con le narici il profumo di una nuova serenità mista all'aroma particolare del bosco.

Mi rialzai, sciogliendo l'abbraccio e lasciando che la mia caviglia diventasse il mezzo di trasporto di Crow, ancora un po' singhiozzante.

  • Quindi bastava parlargli in un ambiente che infondesse pace e tranquillità.

Trassi la mia conclusione, un po' delusa.

Perché se non avessi già promesso a Blue che gli avrei perdonato gli insulti precedenti gliene avrei dette delle belle, di sicuro.

E io che chissà quale terapia speciale mi aspettavo…

Va be', l'importante era aver capito cosa avesse causato il malessere di Crow.

Eravamo già a metà strada quando notai uno specchio d'acqua sotto l'effetto degli ultimi giochi di luce del giorno, e sull'altra sponda si poteva notare l'interruzione della boscaglia che sfociava nel percorso 34.

  • Ci siamo quasi.

Affermò Blue, guardando dritto verso la fine della foresta.

  • Basterà proseguire dritto, svoltare a sinistra, proseguire ancora dritto e saremo alle porte di Fiordoropoli.

Alzò lo sguardo verso il cielo ormai stellato e scurissimo, mormorando tra sé parole che non riuscii a sentire.

  • Entro una settimana sarai abbastanza forte da sconfiggere la capopalestra se ti alleni come dico io, Rinos.

    Ed entro domani saremo lì.

Sbuffai, senza nascondere il mio disappunto.

  • E secondo te io dovrei camminare fino all'alba per poi crollare in un Centro Pokémon? Scordatelo!

Esclamai, sbracciandomi istericamente.

Eh, no. Io tutta la notte non avrei camminato.

  • Se mi lasciassi finire di parlare, forse capiresti il mio ragionamento, stupida.

Sbottò lui, alzando il tono come al solito.

E Crow e un Oddish passeggero ci guardavano perplessi, come se non fosse normale vedere me e Blue battibeccare sul da farsi.

Peggio di una coppia sposata, eravamo, molto peggio.

Nel frattempo svoltavamo a sinistra, quasi alla fine del percorso.

  • Qui vicino c'è una pensione, ci passai per andare a Fiordoropoli tempo fa.

    Alloggeremo lì, i due vecchi mi conoscono.

Chi non ti conosce?, pensai ovviamente.

  • Come vuoi, l'importante è che io riposi. E anche tanto.

Il ragazzo emise dei versi animaleschi – proprio come lui, del resto – senza materialmente sentire quanto avessi detto.

Ma finché asseriva a me stava bene, anche perché il bosco si era aperto, rivelando un lungo e bellissimo sentiero costiero, seguito pari passo da una fila di rocce sulle quali si infrangevano le calme onde del mare.

E, davanti a me, appariva Fiordoropoli, il sogno di una vita.

Era la città dove qualsiasi desiderio poteva divenire realtà, era moderna e aveva tutto ciò che mancava alle altre città, incomparabili ad essa.

Lì c'era una linea ferroviaria, anche se ancora in cantiere, il rinomato Giudice Onomastico – non che io ne avessi bisogno – , il negozio di biciclette, una modernissima sala giochi con l'ultimo arrivo nel campo videoludico, uno strano gioco di fortuna con dei Voltorb; ma soprattutto la Torre Radio, il Centro Commerciale e la palestra di tipo normale, le più grandi attrazioni.

Il percorso era dominato da una moltitudine di ciuffi d'erba, interrotti solo da pozzanghere dovute ad un'eventuale recente pioggia, mentre un fioco bagliore illuminava una casetta nei pressi della grande metropoli di Johto.

  • È quella?

Domandai, sicura che Blue avrebbe capito a cosa mi riferissi.

  • È quella.

Affermò, posando il peso della borsa sull'altra spalla, giusto per mostrare di essere un “vero uomo” portando una manciata di cibo e Pokéball, troppe Pokéball.

Patetico. E montato, soprattutto.

Ma queste erano solo mie supposizioni, non avrei mai voluto fare un giro nella mente di Blue, non avrei trovato altro se non un'insieme di “io, io e io”.

Anche queste supposizioni, ma di sicuro più certe delle prime.

 

 

 

 

  • Vecchi, aprite!

Il castano sbraitò contro la porta della pensione, bussando violentemente.

  • Cretino, fermati!

Strillai, strattonandolo via.

Possibile che fosse tanto immaturo e idiota da continuare a bussare quando invece era chiaro che la vecchia coppia della pensione stesse già riposando?

  • Facciamo prima ad arrivare direttamente a Fiordoropoli, poi vediamo.

Blue si fermò un istante, valutando apparentemente la mia proposta.

E sottolineo apparentemente.

Sì, perché ricominciò imperterrito a bussare, sbraitando ancora più forte.

  • Aprite, non lasciatemi da solo con questa idiota!

Come non detto.

  • Blue…

Sospirai, come se fossi una madre che prova invano a fermare il figlioletto iperattivo.

  • andiamo al Centro a riposare, anche a costo di camminare un po' di più, a me non importa.

Lui mi guardò, con la sua solita maschera apatica.

  • A me importa, invece. Mi rompo di arrivare fino al Centro, è abbastanza distante.

Perfetto, ci mancava solo questo: i ruoli si erano invertiti.

Adesso ero io l'apatica che non rendeva un fardello qualche passo in più, mentre il ragazzo di Biancavilla era diventato quello che “si scocciava”.

Non sapevo cos'altro aspettarmi da uno come lui.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Chapter 9 - Goldenrod City ***


  • Chapter 9

 

 

Goldenrod City - “A Happening Big City”

 

Croconaw vs Pikachu

Onix&Croconaw vs Clefairy&Miltank

 

« Good luck, Ferry. You'll need it. »

Blue

 

Alla fine – incredibile ma vero – Blue mi diede retta: pernottammo al Centro Pokémon.

Un evento da segnare sul calendario.

Otto a cinque per Blue, Feralis.

Solo tre risposte azzeccate alle sue provocazioni, e ci sarebbe stato un testa a testa all'ultimo sangue su chi di noi due avesse il diritto di proclamarsi “Re o Regina dei Dibattiti”.

Tutto nella mia testa, ovviamente.

Non potevo mica sapere cosa frullasse nella mente di quel matto, io, a maggior ragione se avesse inscenato una tacita battaglia simile tra noi due.

Tutto il filo del ragionamento si dissolse con uno sbuffo, mentre, ormai sveglia, schiusi gli occhi.

In un primo momento mi spaventai, trovandomi davanti un soffitto sconosciuto e delle lenzuola da un profumo diverso dalle mie.

Poi ricordai, strofinando le lenzuola candide contro il viso.

Giusto, giusto.

Ero da tre settimane in viaggio con uno psicopatico egocentrico che solo perché era un capopalestra si credeva un dio.

E Toto, ovviamente.

Ma cosa pensavo, no. Si era evoluto la settimana precedente, adesso si chiamava Crow.

Ed ebbe uno scatto d'ira verso lo Scyther di Bugsy, ma la cosa alla fine si risolse con una chiacchierata nel Bosco di Lecci, che attraversammo il giorno prima.

Perfetto, ero ancora mentalmente stabile nonostante la compagnia di Blue, che dormiva silenzioso nel letto accanto al mio.

Non riuscivo a scorgere il suo viso, dato un comò che separava i due letti, però vedevo il corpo coperto da lenzuola identiche alle mie che lo avvolgevano come una crisalide, con l'unica differenza che Blue sarebbe sempre rimasto un viscido e rivoltante bruco.

Sarei anche rimasta a fissarlo immobile, senza dovermi subire le sue offese irritanti o critiche insensate, ma mi accorsi di quanto fosse tristemente indispensabile al mio allenamento.

Alzai lo sguardo sulle Pokéball, che giacevano di fianco al mio letto e sorrisi.

O forse Blue non era così fondamentale.

Mi liberai delle coperte, mi sistemai il risvolto bianco dei pantaloncini scuri, indossai la giacca blu e misi gli orecchini blu a forma di stella giacenti sul comodino, prima di mettere le scarpe e legarmi un ciuffetto sbarazzino di capelli con un elastico.

Arraffai due Pokéball dalla scrivania di fronte i letti, sicura dei Pokémon che contenessero, per poi trotterellare giù dalle scale.

  • Buongiorno, signorina.

L'infermiera mi salutò, inchinandosi cortesemente.

Mi sembrò quasi volgare correre via, facendole un cenno con la mano e gridando all'aria un saluto.

  • Ah, infermiera, se il ragazzo che mi porto dietro chiede di me, gli dica che sono scesa ad allenarmi con gli altri tizi del Centro!

Aggiunsi, scendendo a gran fretta per le scale mobili nel piano inferiore del Centro Pokémon.

Come previsto, una miriade di ragazzi e Pokémon davano il meglio di sé per allenarsi per un'imminente lotta in palestra, presunsi.

Gonfiai i polmoni d'aria, prima di gridare: – Ehi! C'è nessuno che vuole sfidarmi? Guardate che sono forte, eh!

La mia voce riuscì a far voltare l'intero campo d'allenamento, mosso solo da un paio di braccia che si faceva largo tra la folla.

  • Ti voglio sfidare io!

Una voce alta emerse dal groviglio di sussurri, mostrandosi sotto forma di un adolescente più o meno della mia stessa età.

Il ragazzo portava un paio di pantaloni semplici di una tonalità di cobalto chiaro, una maglietta nera sotto una giacca blu e bianca bordata di giallo e con dei guanti a metà dito verdi.

Si aggiustò il berretto bianco e rosso con un segno verde sopra, mostrando il suo volto.

Aveva la pelle un po' più scura della mia, i capelli corvini e gli occhi color ebano.

Ah, giusto, e aveva un Pikachu appollaiato sulla spalla sinistra.

  • Mi chiamo Ash Ketchum e vengo da Biancavilla!

Gli andai, incontro, sorridendo.

  • E io mi chiamo Feralis Raines e vengo da Borgo Foglianova.

    Tu non sei di Johto, quindi?

Inclinai appena il capo lateralmente, curiosa.

  • Esatto! Sono della regione di Kanto.

Ovvero dalla stessa regione e città di Blue, nonostante i due sembrassero radicalmente differenti.

  • Perfetto! So che quelli della tua regione sono dei grandi rompiscatole montati, se permetti, quindi dimostrami il contrario in un uno contro uno, il tuo Pikachu contro il mio Croconaw, ha proprio bisogno di un po' di allenamento prima della palestra!

Il mio intento iniziale, a dirla tutta, era quella di allenare Onix, ma un po' di suspance che nemmeno a Crow dispiaceva non era male per intrattenere il pubblico.

Scagliai la ball in aria, facendo fuoriuscire il Pokémon, mentre il Pikachu del ragazzo balzò giù dalla spalla dell'allenatore.

Non ero molto sicura dell'esito della battaglia, ma ero certa del fatto che avremmo incantato gli spettatori.

  • Dato che sono in netto svantaggio di tipo dovrei iniziare io, non credi?

Ash non ne fece un problema e asserì, alzando le spalle.

  • Come preferisci tu, Feralis.

Okay, la prima mossa era mia.

  • Bene, allora usa Morso, Crow!

Il Pokémon iniziò a correre verso Pikachu, che deviò il colpo con la coda.

  • Pikachu, usa Agilità, presto!

Il topino elettrico prese a correre per tutto il campo con velocità crescente, lasciando Crow interdetto.

  • E adesso usa Attacco Rapido!

Pikachu triplicò la sua rapidità, colpendo Crow come una saetta.

  • Crow, ribatti con Gelodenti!

Il coccodrillo si avventò contro il topo che, preso alla sprovvista, si congelò per il colpo.

Ash, come congelato anche lui, sbiancò, in preda al panico.

  • N-Non ci resta che aspettare che si scongeli, immagino…

Sentii balbettare un ragazzino della folla, che ammirava sconvolto la statua di ghiaccio.

  • Perfetto, adesso colpiscilo con Graffio finché puoi!

Gli artigli di Croconaw iniziarono a cozzare contro il ghiaccio, che mano a mano si scioglieva con l'aumentare dei danni inflitti a Pikachu, quasi esausto al momento dello scongelamento.

Il tempo di riprendere conoscenza, che arrivò l'ennesimo graffio.

  • E ora, il gran finale!

    Presto, Crow, usa Morso!

E dall'altra parte si udì il contrattacco.

  • Vai, Pikachu, usa Fulmine!

Croconaw aveva spalancato la grande bocca giallo-azzurra, ad un soffio dalla vittoria con le zanne ad un millimetro dal corpo di Pikachu.

Finché non si accende un lampo di luce che colpisce in pieno il Mascellone, facendolo crollare a terra.

Tutti esplodono in un fragoroso applauso per entrambi i contendenti.

La mia più o meno prima sconfitta. Per un soffio, per giunta.

Rimasi come paralizzata, mentre Croconaw, esanime, giaceva a terra per poi essere riportato nella Pokéball.

  • Sei stato geniale, piccolo. È solo colpa mia.

Accennai un sorriso debole, triste.

Ovvio che la sconfitta bruciasse.

Pikachu tornò sulla spalla di Ash, che si avvicinò e mi tese la mano.

  • Complimenti, davvero niente male per un tipo svantaggiato!

    Per caso hai anche altri Pokémon?

Mi chiese guardandomi incuriosito, mentre gli stringevo la mano.

  • Be', ho un Hoothoot e poi un Onix. All'inizio pensavo di farlo scendere in campo, ma poi pensavo che l'esito della battaglia sarebbe stato un po' ovvio.

    E poi, Crow è il Pokémon di cui vado più fiera.

Riposi la sfera al suo solito posto, sospirando.

  • E tu?

Ricambiai la domanda, accarezzando la piccola dimora del mio amico nella mia tasca dei pantaloncini blu.

  • Io? Ho solo Pikachu, ma un giorno conto di catturare tantissimi Pokémon!

    E a proposito, ora avrei una certa fretta di tornare a casa, il treno per Kanto parte tra poco. Comunque è stato bello combattere e scambiare quattro chiacchiere con te, davvero!

Iniziò ad allontanarsi, di corsa, mentre non molto lontananza si poteva udire l'eco di un mezzo ad alta velocità nelle vicinanze.

  • Ci si becca più in là per un'altra sfida, Feralis!

Detto questo scomparve, e alla sua voce squillante si sostituirono dei lenti applausi, il cui significato chiaramente si discostava da quello del gesto in sé.

Il mio tutore castano se ne stava appoggiato in un angolo, applaudendo piano e spegnendo i sibili degli altri allenatori.

  • Complimenti per la tua sconfitta, Fer, complimenti.

Il suo sorriso sornione scomparve, lasciando la grandissima stanza in pieno silenzio.

  • Ora però piantala di giocare e seguimi fuori di qui.

 

 

 

 

  • Avresti potuto evitare di fare quel bel teatrino davanti mezza Fiordoropoli, sai?

Sbuffai, inquieta. Possibile che qualsiasi cosa facessi mi dovesse sempre canzonare? Non lo sopportavo proprio più.

  • Davvero? Ma non eri tu quella che aveva fretta di venire qui per godersi la città e il Centro Commerciale? Se volevi chiuderti in un Club Lotta potevi anche dirmelo prima.

Aveva ragione, è vero.

Nove a cinque per Blue, Feralis.

  • Ti volevo aspettare, imbecille.

Non lo degnai di uno sguardo, più per la vergogna che per altro, concentrandomi invece sulla pavimentazione dorata della città, che sembrava reduce .

  • Disse la ragazza che voleva sentirsi indipendente”.

    Conta fino a dieci prima di parlare, che rischi di fare brutte figure.

E, a proposito di dieci, avevo preso un altro colpo in meno di cinque secondi, il che portava Blue a dieci punti.

L'ultima frase me la sussurrò, come se fosse un piccolo segreto nostro il fatto che parlassi effettivamente a sproposito.

Ma comunque non gli risposi, non avrei saputo cosa dirgli.

Il mio sguardo, troppo scoraggiato per incontrare il suo, vagava come una calamita, si agganciava a tutto ciò che poteva interessargli.

Ovvero praticamente ogni cosa, specialmente il Centro Commerciale che mi trovai davanti.

 

 

 

Mi soffermai sul piano dedicato all'abbigliamento per almeno un'ora.

Per cui, per logica matematica, Blue desiderò non essere mai nato per un'ora.

Chissà come doveva essere portare a spasso una ragazza che non era mai stata al centro commerciale prima, incontrando persone che si chiedevano se quella psicopatica fosse la tua fidanzata, che con un desiderio maniacale e malato aveva portato tre mise diverse nel camerino con sé, rimirandosi allo specchio per una decina di minuti per ogni capo d'abbigliamento.

  • Questo no.

Con la mia voce squillante mi buttavo alle spalle un lungo pantalone sportivo bordeaux, una giacchetta rosa e un sacco di altre cose che avevo rivalutato nel camerino.

Alla fine dell'immenso calvario di Blue, uscii dai camerini con degli abiti tanto identici ai miei che sembravano prelevati dai primi di settembre, quando i miei storici vestiti erano ancora integri.

  • Che ne pensi?

Domandai, compiendo un giro completo su me stessa.

  • Che sei identica a due ore fa.

A braccia conserte, il castano mi guardava indifferente dall'alto in basso.

  • Che c'è? Forse dovrei provare qualcos'altro?

Brutto vizio che dovevo perdere: istigare Blue a commettere un omicidio con me come vittima.

  • In questo caso, ti aspetto alla palestra.

    Fai in fretta, non voglio perdere altre tempo per simili futilità.

Undici a cinque, Feralis.

Mi sarei dovuta presentare in palestra molto prima di quanto pensassi come pegno per il mio essere irritante. E fastidiosa.

 

 

 

 

La palestra di Fiordoropoli aveva una forma strana, decisamente.

Il pavimento aveva una strana fantasia a cerchi bianco-rosei e tre rampe di scale che portavano ad una sopraelevazione dall'aria poco rassicurante seppur stabile.

Senza contare piantine, tendine e tante cosucce degne di una casa per bambole.

Salimmo la rampa a noi più vicina, per poi salire sulla sopraelevazione con una fantasia a scacchi dai colori freddi.

Dopo essere saliti e scesi più e più volte dalle scale, in seguito ad imprecazioni e sospiri, giungemmo dalla capopalestra.

Lei, a differenza dei precedenti, non sembrava essere una nostra coetanea, avrà avuto circa sedici anni. I capelli e la frangia rosa le incorniciavano il volto chiarissimo, acceso da due occhi altrettanto rosa.

Portava una giacca bianca bordata abbondantemente di rosso, con un polsino sulla destra della stessa tonalità di rosso, dei pantaloncini ancora più semplici dei miei, di un blu dal colore più scuro.

  • Salve, ragazzi!

    Sono Whitney!... Tutti sono nel mondo dei Pokémon, così ci sono entrata anch'io. I Pokémon sono carinissimi! Vuoi lottare? Sono forte, t'avverto!

Non ebbi il tempo di fiatare minimamente, che Whitney estrasse a tempo record due Pokéball, scagliandone subito una e facendone fuoriuscire un graziosissimo Clefairy.

  • Adorabile, vero?

    Adesso fammi vedere il tuo!

Blue inarcò un sopracciglio, con le braccia incrociate al petto.

  • Ma perché non si sta un po' zitta? Venti secondi e già la odio quasi quanto te.

Soffiò appena, già avvilito.

Be', se ammise la cosa significava che era davvero grave.

  • Va bene, va bene…

Finsi di non sentire il mio tutore, mentre sbottavo qualcosa ad Onix, decisamente meno “carina” di Clefairy, e la cosa non passò inosservata alla rosa, che storse le labbra in una smorfia di disappunto.

  • Su, Onix, usa Sassata!

Una pioggia di sassi si abbatté sul Pokémon, che, seppur mi facesse una certa pena, venne travolto.

Ma il Pokémon Fata non si scoraggiò più di tanto, uscendone fuori agitando una zampa.

In un primo momento non ne capii il motivo, ma realizzai cosa stesse succedendo quando un lieve braciere lenì appena Onix, che la fece rimanere indifferente.

  • Vai, Onix, usa Rocciotomba!

E via, un'altra frana crollò sul Pokémon, che stavolta non ne uscì più.

Primo round mio, in pratica.

Whitney chiamò a sé la fatina, disperata.

  • Co-Cosa? Me ne resta solo uno? Ma ti darò comunque del filo da torcere!

Balbettò, tirando su col naso, per poi estrarre un'altra Pokéball, che in futuro soprannominai “l'inferno di latte”.

Un simpatico – si fa per dire – Miltank con un lampo rosso uscì dalla sfera, materializzandosi.

Dapprima pensai male di scoppiare in una fragorosa risata, ma, sia per buon gusto che per un altro motivo decisi saggiamente di non farlo.

Comunque sia, decisi come al solito di dare a Crow la soddisfazione della vittoria.

E bene, sbagliai.

  • D-Dato che sono in svantaggio, inizio io, ok?

    Su, Miltank, usa Pestone.

La grossa mucca, minacciosa, rincorse Crow fino a che non riuscì a calpestarlo, lasciandomi basita.

  • Ma che…?

Sgranai gli occhi, perplessa.

  • Dai, Crow, mordila con Gelodenti!

Crow, che si dimenava sotto il peso di Miltank, obbedì comunque all'ordine, mordendo disperatamente una zampa della mucca, che gemette dal dolore.

E la situazione si ribaltò, ma non potetti cantar vittoria.

Infatti, si dia il caso che Miltank fosse in grado di produrre bottiglie di latte MuMu solo volendolo, saltando un turno per ristabilire la propria salute.

Se poco prima il calvario fu quello di Blue, in quel momento toccò a me soffrire: gli sforzi si erano rivelati inutili in quanto il Pokémon avversario era riuscito a ristabilirsi.

Il mio tutore si lasciò sfuggire una minuscola risata beffarda, quasi sospirata.

  • Buona fortuna, Ferry. Ne avrai bisogno in abbondanza, per le prossime sei ore.

E, per quanto mi costasse ammetterlo, aveva ragione lui.

  • Presto, Crow, usa Graffio!

  • Dai, Miltank, usa Rotolamento!

Crow non riuscì ad attaccare, dato l'irritante contrattacco dell'avversaria, che invece riuscì nel suo intento.

  • È impossibile…

Mi misi le mani nei capelli per la prima volta in tutto il mio viaggio.

Nulla, nulla era mai riuscito a scoraggiarmi tanto, forse Blue escludendo.

  • Crow, usa Morso!

La situazione si ribaltò nuovamente, mettendo in fuga in giro per il campo di battaglia Miltank, che poi ovviamente recuperò tutto con il suo solito latte.

  • Non ne posso più di 'sto latte.

Sbottai, digrignando i denti.

  • Crow, vedi di farla finita con Graffio!

Ma niente da fare, la mucca era più agile del previsto, senza contare che anche colpendola si sarebbe ristabilita.

E così via, attacchi alternati a recuperi di forze esasperanti.

Potrei continuare all'infinito, perché non riuscii ad andarmene prima di mezz'ora, e posso assicurare il fatto che fosse stato un inferno apparentemente infinito.

Ma meglio di quanto avesse stimato Blue, alla fin fine.

  • Usa… Visotruce.

Sospirai, distrutta. Almeno sarebbe servito a rallentare la mucca.

  • E… usa… Gelodenti, per l'ennesima volta.

Quella lotta mi fece lo stesso effetto di una settimana passata senza sonno.

Croconaw, distrutto almeno quanto me, mordicchiò appena Miltank, che dopo aver finito le sue apparentemente inesauribili risorse di latte alzò bandiera bianca.

Il silenzio calò come una coperta di lana su tutti quanti, a partire da Blue, rintanato in un angolo della palestra a sonnecchiare.

Il tempo di lanciargli un'occhiata interrogativa, che Whitney, dall'altra parte del campo, scoppiò nel più assordante dei pianti, correndo dalla sua esausta Miltank.

Solo allora il capopalestra si accorse di quanto stesse accadendo, alzando appena il capo.

  • Finalmente hai finito, Fer! Mi stavo per addormentare, per colpa tua.

Già, ovviamente era tutto a causa mia.

  • Whitney, sgancia la medaglia e faccene andare da qui.

Brontolò Blue, visibilmente stanco anche lui.

Mettendomi nei panni della capopalestra riuscivo a percepire chiaramente l'umiliazione di una ferita ancora aperta qual'era la sconfitta.

  • Una medaglia?

Ci guardò con fare interrogativo, come se la cosa non fosse di sua competenza.

  • Ah, dimenticavo. Eccoti la Medaglia Piana. È questa quella che vuoi, vero?

S'illuminò d'un tratto, estraendo da una tasca del pantaloncino una medaglia quadrata gialla bordata di bianco.

 

 

 

 

  • Adesso?

Mi stiracchiai, voltandomi verso il mio compagno di viaggio.

  • Adesso andiamo a riposare nel Centro Pokémon, partiremo stasera.

    C'è un posto che devo farti vedere, prima di arrivare in città.

Anche se chiaramente distrutto e stanco, il ragazzo riuscì bene a non tradire nessuna emozione.

Apatia ai massimi livelli, in pratica.
Ma non mi ci soffermai più di tanto: ero ancora troppo impegnata a ripetere a fior di labbra le parole di Blue.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Chapter 10 - Pokéathlon Dome ***


  • Chapter 10

 

 

Pokéathlon Dome ~

 

« I've decided, I want to participate. »

Feralis

 

  • Dove stiamo andando?

Mi poggiai la giacca blu sulle spalle, infreddolita.

  • Aspetta e vedrai, ci siamo quasi. Quindi stai zitta e non rompere.

Rigido e impassibile come al solito, Blue si limitò a fulminarmi con lo sguardo.

Sbuffai sonoramente, percorrendo con gli occhi tutta la strada buia e deserta del percorso 35.

Ci siamo quasi, Feralis, mi dissi, guardandomi intorno, palesemente preoccupata.

Avevo sempre avuto una paura terribile del buio, per quanto mi costasse ammetterlo, ma la fobia non si era ancora manifestata dall'inizio del viaggio.

C'era troppo silenzio, troppo buio.

Vedevo le stelle come un futile elemento decorativo nel cielo, dato che la loro luce non provvedeva a schiarirci il cammino.

Magari ero io ad essere troppo pretenziosa, nel desiderare un'illuminazione completa ventiquattro ore al giorno, ma avevo paura, nonostante fosse qualcosa di innaturale alla mia età.

Continuammo a camminare, finché a terra non comparve un lunghissimo corridoio segnato da un rettilineo arancione che sfociava in un edificio grande almeno cinque volte il Centro Commerciale.

I battenti della grande porta principale erano di vetro o cristallo e sopra di essi svettava un grande simbolo dorato con un pugno fuoriuscente da una Pokéball.

Il resto era, bene o male, di colori che spaziavano dal blu della struttura al bianco della cupola parzialmente vetrata.

E nel frattempo una voce e urla entusiaste riecheggiavano.

  • E questa sarebbe…

Ammiravo meravigliata la struttura, così particolare e unica nel suo genere; ma, nel frattempo, ero anche confusa perché non riuscivo a capire il perché di quella visita ma soprattutto di dove fossimo.

  • L'Arena Pokéathlon, il più grande impianto sportivo della regione.

Cantilenò Blue, sbuffando e incrociando le braccia al petto.

  • Possibile che io conosca la tua regione meglio di te, Ferels?

    È vero che vieni dalle campagne sperdute, ma ciò non significa che tu sia giustificata nel non conoscere una cosa del genere.

Ah, campagne sperdute, certo. Com'è che si diceva? “Il Magikarp disse al Ponyta che era inutile”.

Alla faccia delle campagne, come se Biancavilla fosse stata Zafferanopoli.

  • Blue, non vieni anche tu dalle campagne sperdute di Kanto?

Undici a sei per Blue, Feralis.

  • Sì, ma almeno io ho sempre avuto una profonda conoscenza della mia regione, a differenza tua.

Dodici a sei per Blue, Feralis.

Il tutto con un'indifferenza a cui ormai avevo fatto chiaramente abitudine.

  • Be'… piuttosto…

Cambiai argomento come una saetta, prendendo a grattarmi nervosamente la spalla destra da sotto la giacchetta blu.

  • che ci facciamo qui?

Non distolsi lo sguardo dalla struttura, curiosa di sapere perché Blu mi avesse portata lì.

  • Semplice. C'è un edificio, entriamoci.

E, come di routine, ovviamente fu lui il primo a muoversi verso l'infinita struttura che chissà cosa celasse, cosa che scoprii non appena varcai i battenti cristallini del posto.

Il freddo pungente del percorso 35 venne soppiantato dal profumo di vittoria, ammirazione e coraggio dell'arena.

Ci si apriva davanti un tragitto illuminato, mentre sia sul lato destro che sul lato sinistro dei strani tubi si scambiavano luci di colori differenti.

Ad attirare la mia attenzione, oltre questo, vi furono degli schermi che sovrastavano due banconi – uno, sulla destra, era un negozio, mentre quello sulla sinistra era il banco iscrizioni – dove venivano proiettate in diretta le gare che si stavano svolgendo.

In quel momento un Rattata, un Psyduck e un Sandshrew stavano affrontando un percorso a ostacoli e Psyduck arrivò per primo.

  • Ho deciso, voglio partecipare. Tanto le gare si fanno ventiquattro ore su ventiquattro, giusto?

Non staccai nemmeno per un attimo lo sguardo dal grande schermo, sognante.

  • E pensi di riuscire a vincere una competizione di questo calibro? Tu?

Mi canzonò il castano, sbeffeggiandomi chiaramente.

  • Tuttavia…

Continuò, passandosi una mano tra i capelli.

  • se vuoi metterti in ridicolo davanti a tutti, non voglio importi il contrario, quindi… fa' pure.

Il suo sguardo scivolò prima su di me e poi sul bancone delle iscrizioni, dopodiché, con un gesto accennato, me lo indicò.

  • Prego, sentiti libera di iscriverti.

Perfetto, non aspettavo altro.

Mi ci fiondai letteralmente, al banco, tutta sorridente e carica di energie nonostante la tarda ora.

  • Buonasera! Mi potreste spiegare come funzionano le cose qui? Sapete, sono nuova…

La donna, con i capelli rosa e ricci e una divisa azzurrina mi salutò con un piccolo inchino, sorridendo di rimando.

  • Certamente, signorina.

    Nel Pokéathlon ci si può cimentare in una miriade di diversi sport, ciascuno appartenente ad una o più categorie tra le cinque disponibili. Esse sono Agilità, Forza, Resistenza, Velocità, Abilità.

    Ogni gara contiene tre sport diversi che variano a seconda della categoria scelta.

    Di conseguenza…

Non diedi il tempo alla donna di finire di parlare, che mi sporsi sul bancone per prendere un modulo di iscrizione e una penna, molto probabilmente paralizzando la rosa.

Nel modulo mi venivano chiesti semplicemente il nome, la categoria e i tre Pokémon che intendevo far partecipare.

Semplice, io tre Pokémon avevo e quelli sarebbero scesi in gara.

Compilai il tutto con una grafia quanto più decente possibile, soddisfatta, per poi ammirare il risultato osservando il foglio controluce.

Nello spazio del nome ovviamente non misi il mio nome completo, mi limitai ad un semplice e quasi anonimo “Feralis”. Dico “quasi” perché dubitavo fortemente che esistesse qualcun altro con questo nome assurdo.

Sullo spazio riservato alla categoria mi soffermai un po' di più, finché, non essendo pratica, scelsi la categoria con il nome che mi ispirava di più: Resistenza.

Infine, nello spazio dei Pokémon inserii i miei unici tre, ovviamente.

  • Eccovelo, perfettamente compilato in ogni suo punto! Quand'è che inizia la gara?

Una scintilla, un bagliore di pura follia e assurdità, brillava nei miei occhi castani, che inquietarono parecchio la donna.

  • P-Pochi minuti e inizierà la… la competizione, pre-prego, si accomodi.

Balbettò, con gli occhi spalancati, mentre mi conduceva verso uno stanzino.

 

 

 

 

  • Buonasera, signore e signori, e benvenuti ad una nuova emozionante sfida a colpi di sport nell'Arena Pokéathlon!

La folla esplose in un assordante boato, mentre i riflettori si accesero sul presentatore, un uomo sulla mezza trentina con una canotta bianca e i capelli corti e nerissimi.

  • Io sono Maximo, il vostro solito presentatore, e adesso è il momento di presentare i nostri pokéatleti!

Un'altra pausa per permettere al pubblico di sfogare la loro emozione.

  • La prima concorrente è nuova di qui, quindi trattiamola bene: è Feralis, con Croconaw, Hoothoot e Onix!

Nonostante l'audience non mi conoscesse, applaudirono anche alla mia squadra, mentre facevo il mio ingresso nell'arena salutando e mandando baci a tutti, chiedendomi se Blue mi stesse guardando.

Raggiunsi la mia postazione, un piedistallo rosso, e attesi che venissero presentati anche gli altri concorrenti: Susie, una ragazza con una tutina azzurra e due code bionde con un Vulpix, un Pikachu e un Teddiursa, Chase, un ragazzo con i capelli castano scurissimi e una tuta cobalto con un Sandshrew, un Sentret e un Rattata e Victor, un eccentrico chitarrista dai lunghi capelli biondi con un Growlithe, un Ponyta e un Doduo.

Guardai con superficialità i miei avversari, sicura della mia vittoria nonostante fosse solo la mia prima volta nell'Arena.

La folla mi dava carica, e avrei scommesso qualsiasi cosa che stesse rifornendo di energia anche i miei Pokémon.

La prima sfida era “Fuori dal Ring”.

A buon intenditor poche parole, il nome già lasciava intendere tutto: un ring e quattro Pokémon – nel mio caso Croconaw, Vulpix, Sandshrew e Growlithe.

Inutile dire che, grazie alle sue capacità fisiche decisamente più elevate di quelle altrui, Crow fece furore, ma anche Onix non fu da molto meno.

Circa Hoothoot, se la cavò meglio del previsto, nonostante la sua minutezza, ma comunque tutti e tre riuscirono a far cadere dal ring numerosi avversari.

Dopo un minuto, uscirono i risultati: il quarto posto toccò a Chase, che aveva totalizzato 31 punti; il terzo posto lo raggiunse Victor, con 57 punti; il secondo se lo aggiudicò…

Il tabellone, sadico, non sembrava voler togliermi da dosso una fastidiosa ansia.

Io e Susie ci lanciavamo sguardi assassini, nell'attendere i risultati.

  • Con 82 punti il secondo posto se lo aggiudica il team di Susie, mentre al primo posto, con 121 punti, la new entry Feralis sbaraglia la concorrenza!

    Che sia fortuna del principiante? Lo vedremo tra poco con la prossima sfida!

Maximo concesse alla folla pochi attimi di applausi e grida, prima di procedere con l'annuncio della prossima sfida.

  • Andiamo avanti con la Staffetta!

Al presentatore era giunto il nome della prossima sfida, e anche qui, come per la precedente, non c'era molto da capire.

Crow correva come una saetta, sorpassato solo dal Rattata di Chase, che stava dando l'anima per recuperare il quarto posto.

Il tabellone del secondo evento, riportò Susie ultima – per la mia felicità –, terzo Victor, io seconda e Chase incredibilmente primo.

Ultimo round: Spaccalastra.

Ormai diedi per scontato che i nomi degli eventi facessero ben capire in cosa sarebbe consistito il round.

Tante, troppe lastre di pietra vennero sottoposte ad ogni team, il cui compito era quello di alternarsi nel spaccarle.

E dato che i Pokémon altrui davano l'impressione di essere debolucci, forse ad eccezione del Pikachu di Susie, anche questo sarebbe stato un round semplice.

Un brevissimo conto alla rovescia, che Crow iniziò ad avventarsi sulle lastre, e dopo una trentina passò il testimone ad Hoothoot, che però non resistette molto, per circa dieci.

Infine Onix ne ruppe una ventina, per poi ripassare di nuovo a Crow e così via per un totale di centoquattro lastre.

Schioccai la lingua sul palato, soddisfatta, per poi aspettare la vittoria a braccia conserte.

E, per mia fortuna, così fu: Chase comunque se la vide male al quarto posto, Victor arrivò terzo, Susie seconda e io prima.

  • E la pokéatleta di stasera è lei, la nuova arrivata Feralis! Ecco a te e ai tuoi Pokémon la Medaglia Resistenza, testimonianza della vostra vittoria!

Altro applauso da parte della folla ululante.

Soddisfatta, abbracciai tutti i miei Pokémon.

Avevo un motivo in più per vantarmi con Blue.

Dodici a sette per il mio tutore, Feralis.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Chapter 11 - Burned Tower ***


  • Chapter 11

 

 

Burned Tower

 

Onix vs Sudowoodo

Croconaw vs Koffing

 

« It's a blond-haired fox one metre high

with nine tails and red eyes and

I hope it will torn you to pieces, if we would have the

luck to meet one. »

Blue

 

Sospirai, raggiunta la quota tre settimane nel Centro Pokémon di Fiordoropoli.

Avevo scongiurato Blue pur di rimanere nella metropoli per altro tempo, per respirare aria di modernità.

Anche perché, a quanto mi era stato detto, la prossima città, Amarantopoli, era alquanto cupa e si diceva che il capopalestra fosse un ragazzo inquietante.

Un ultimo giro alla bella Torre Radio, dove mi ero auto-invitata a più e più show radiofonici una mezza dozzina di volte, diventando praticamente di casa, un ultimo giro al Centro Commerciale per acquistare prodotti inutili come gomme da masticare alla baccafrago e baccarancia e un annaffiatoio con le sembianze di uno Squirtle.

  • Non dimentichi niente?

Mentre Blue sistemava la borsa alla meno peggio, io me ne stavo seduta vicino la finestra, con il gomito appoggiato sul davanzale e una guancia premuta contro il dorso della mano.

Un verso d'assenso, mentre osservavo le persone passare, quelle persone che sarebbero rimaste lì per sempre, nella loro bellissima metropoli.

  • Ho preso tutto, possiamo andare.

Un altro sospiro, prima di sottrarmi al panorama che si poteva ammirare da una finestra del Centro Pokémon per l'ultima volta.

Erano gli albori del terzo mese di viaggio, eppure tutto sembrava essere rimasto statico, a parte il travagliato rapporto con il mio tutore in seguito all'ennesima lite.

Secondo me stava semplicemente rosicando perché avevo vinto al Pokéathlon, cosa che gli avevo abbondantemente rinfacciato.

Ricordo e ricordavo ancora come se fosse ieri il suo viso con un'espressione poco percettibilmente sconvolta, mentre io, con la solita grazia, gli spiattellai in faccia la medaglietta dorata che portavo attorno al collo, sorridendo maliziosamente.

Iniziai a fargli il verso con ciò che mi aveva detto poco prima che mi avventassi al bancone: “… se vuoi metterti in ridicolo davanti a tutti, non voglio importi il contrario”, prima di avvicinarmi per sussurrargli “Adesso chi è il perdente? Perdi colpi, Oak”.

Per cui mi aveva sbraitato contro, mi aveva ripetuto per l'ennesima volta quanto mi odiasse e niente, poi giusto le solite schermaglie.

Comunque, Crow e Hoothoot erano oramai prossimi all'evoluzione.

Perché era quello il patto stipulato con Blue: saremmo potuti rimanere a Fiordoropoli solo se avessi allenato i miei Pokémon per la prossima battaglia in palestra.

Scendemmo giù, dove era ubicata anche l'infermeria, e salutammo l'infermiera, gettandoci tra le strade dorate della città finché non si fece lontana, all'orizzonte.

Ripercorremmo lo stesso percorso 35 di tre settimane prima, anche questo invariato completamente, mentre continuammo dritto per la strada finché non giungemmo al Parco Nazionale, che nonostante la stagione invernale alle porte si manteneva alquanto florido e rigoglioso, con un cielo dipinto di un azzurro ancora chiarissimo.

Un Pidgey se ne stava tranquillamente appollaiato su un lampione, mentre d'intorno numerosi Weedle e Kakuna scorrazzavano nel verde, nascondendosi tra i cespugli verdi e floridi, ad eccezione di qualche fogliolina secca, mentre una mezza dozzina di persone cercava insetti nella caccia dei giorni pari che si svolgeva abitualmente di martedì, giovedì e sabato.

Seduti sulle panchine, invece, vi erano sia anziani che chiacchieravano del più e del meno sia bambini affannati dopo lunghe corse lungo il parco.

Fortunati loro, pensai tra me e me, accennando un sorriso.

  • Allora, Blue, sai qualcosa sulla prossima città?

Il parco riuscì a mettermi così di buonumore che sorrisi addirittura all'ex-campione della Lega, che annuì continuando a guardare avanti, indifferente come sempre.

  • A metà del percorso 36 dobbiamo svoltare a sinistra, percorriamo un breve passo alberato e proseguiamo dritto verso Amarantopoli.

Annuii anche io, per far intendere di aver capito e continuando a guardare avanti di rimando.

  • E il percorso 36 dov'è?

Domandai, sforzandomi di non guardarlo e sorridergli di nuovo.
Se lui era freddo e distaccato, dovevo esserlo anche io.

  • È questo.

Senza nemmeno che me ne accorgessi, il parco si era interrotto, e al posto delle panchine e dei recinti che ne delimitavano i confini, era apparso uno pseudo-bosco, un percorso pieno zeppo di alberi e zone di erba alta ovunque, dalle quali sbucavano dei Pokémon intenti a giocare.

  • E quelli? Che Pokémon sono?

Indicai delle volpi rossicce con una mezza dozzina di code che non dovevano essere più alte di mezzo metro.

  • Vulpix.

Non ero nemmeno sicura che li avesse guardati, ma dato che il nome richiamava in effetti delle volpi, ci credetti.

  • Si trovano anche da voi a Kanto?

Curiosa di sapere di più sulla fantomatica e rinomata regione di Kanto, glielo chiesi, nonostante mi aspettassi una risposta in stile Blue: semplice ed essenziale, per non dire striminzita.

  • Sì.

  • E dove?

Che seccatura fu, dover porgli un miliardo di domande per sapere delle piccole cose.

  • Percorso 7 e 8.

Esitai, prima di porgli anche una domanda sull'eventuale evoluzione del Pokémon.

Non volevo mica disturbarlo con delle domandine, per carità.

Ma, alla fine, la curiosità mi spinse a chiedergli anche questo.

  • Si evolve?

  • Sì.

  • In cosa?

  • Ninetales.

  • Che Pokémon è?

Blue sbuffò, ufficialmente innervosito.

  • È una volpe dal pelo biondo alta un metro con nove code e gli occhi rossi e spero che ti sbrani, se avremmo mai la fortuna di incontrarne uno.

Mi ammutolii, offesa.

Possibile che se la prendesse per così poco?

Era davvero irritante e facilmente irritabile.

Fortuna che poco dopo arrivammo a metà tragitto, trovando però una spiacevole sorpresa.

Uno strano, stranissimo albero ostruiva il passaggio.

E dico “stranissimo” perché le uniche foglie che aveva erano sferiche e ce n'erano solo sei.

Sulla testa aveva un altrettanto strano ciuffo marrone biforcuto, anche questo di… legno? Non avevo la minima idea di che cosa potesse essere, quel coso strano.

  • Questo qui è un albero particolare.

Constatò il mio compagno di viaggio, appoggiando il gomito destro sul braccio sinistro, portato sul ventre.

  • Grazie tante, Capitan Ovvio, non c'ero proprio arrivata.

Ironica, sbuffai, provando a capire cosa fosse quell'albero.

  • Non è colpa mia se sei stupida e tante cose non le capisci. Pensavo fossi tanto ignorante da non sapere nemmeno che questo arbusto sia anomalo.

Tredici a sette per Blue, Feralis, con tanto di occhiataccia maligna.

  • Comunque, perdente, per liberarci di questo coso ci vuole l'acqua.

Lo guardai molto, molto perplessa.

Sarebbe davvero bastata un po' d'acqua per liberarci di quell'albero?

Ero sul punto di esprimere il mio disappunto, quando mi interruppe.

  • Fallo e basta.

Sospirai.

  • Se non succede niente l'acqua la indirizzo a te, ti avverto.

Un'occhiata fulminante, una ball per aria, e subito dopo Crow.

  • Su, Crow, usa Pistolacqua contro l'albero!

Il coccodrillo si voltò verso di me, inclinando la testa lateralmente, confuso.

  • Be', vedi quel coso lì?

Indicai l'arbusto incriminato, imbarazzata.

Diciamo che non era molto normale, indicare un albero per farlo colpire.

  • Ecco, contro quello.

Crow stavolta ubbidì, sputando un getto d'acqua potente contro la pianta, che si animò, lasciandomi sconvolta.

  • M-Ma cosa!?

Balzai all'indietro, con gli occhi fuori dalle orbite.

Blue, con le braccia al petto abbassò lo sguardo, scuotendo la testa.

  • Un Sudowoodo maschio, come non detto.

Il Pokémon iniziò a sbracciarsi con i suoi rami rocciosi, brandendoli quanto più gli fosse concesso dalla sua fisionomia.

  • Cavoli…

Istintivamente, riportai Crow nella Pokéball, facendolo sostituire da Onix.

Sudowoodo era maschio.

Onix era femmina.

Avevamo un mucchio di Loveball nella borsa.

Quella volta fui molto più cauta, per cui preferii prendere un po' di Loveball senza affidarmi a Blue, che mi ammiccò capendo il motivo del mio gesto.

  • Su, Onix, usa Rocciotomba!

Rapida, il serpente di pietra fece crollare un mucchio di massi sul Sudowoodo, che ne uscì però quasi indenne.

Il Pokémon, di tutta risposta, raccolse interi tronchi di legno, scagliandoli contro sia me che Onix.

Io rotolai verso Blue, mentre Onix balzò dall'altro lato.

  • Presto, Onix, usa Sassata!

Il tronco strano si lasciò colpire, come per sbeffeggiarci.

Ma la cosa non sarebbe durata ancora per molto.

  • Adesso voglio proprio vedere come te la ridi!

Lanciai una ball, speranzosa, che colpì subito Sudowoodo.

Rimbalzò a terra.

Un tocco.

Due tocchi.

Un bagliore bianco, e la Loveball si spezzò, rilasciando Sudowoodo, che utilizzò subito Sassata di rimando, provando a colpirmi.

Istintivamente mi andai a nascondere dietro il mio tutore, al quale arrivò un sasso sullo stomaco.

E di lì tutta una serie di insulti e imprecazioni che preferisco non riportare.

  • Senti, o lo catturi ora o faccio uscire fuori Machamp e gli faccio dare una bella lezione.

Abbastanza terrorizzata dagli occhi in fiamme del ragazzo, annuii.

Lanciai subito un'altra Loveball, tremante.

Un rimbalzo, seguito da un tocco.

Due tocchi.

Tre tocchi.

Piccole scintille vengono rilasciate dal centro della sfera rosa.

  • Finalmente hai fatto togliere dai piedi quella mezza cartuccia, stava iniziando a darmi i nervi!

Blue si massaggiò il ventre, ancora più irritato di prima, ma non ci badai più di tanto perché corsi ad abbracciare Onix.

  • Sei stata bravissima, è grazie a te se è andato tutto per il verso giusto.

Strinsi a me il suo corpo di pietra, nonostante fosse alquanto doloroso per ovvi motivi.

Le accarezzai il muso di roccia, sorridendole e facendola tornare nella Pokéball.

  • Direi che possiamo procedere senza problemi!

Allegra come al parco, afferrai Blue per un polso, trascinandolo con me alla volta di Amarantopoli.

Ma non appena misi piede nella città, me ne pentii amaramente.

Un vuoto e una desolazione completa regnavano la città, silenziosa come nessun'altra al mondo.

L'unico rumore era quello di una piccola fonte in uno specchio d'acqua sul lato nordest della città.

  • E questa sarebbe…?

  • Amarantopoli.

Blue annuì, seppur con le sopracciglia inarcate.

  • Ma non c'è nessuno.

Lasciai il polso del castano, accorgendomi di tenerlo ancora stretto nella mia mano.

  • Proviamo a vedere nell'edificio dietro il Centro Pokémon?

Indicai una struttura molto particolare, con un vistoso tetto blu e due finestre circolari, il tutto dall'aria di un edificio particolare e tradizionale.

Un cenno di assenso, e iniziammo a percorrere a passo felpato qualche decina di metri prima di accomodarci nel posto.

Il pavimento verde chiaro era tappezzato di cuscini viola, mentre su un palcoscenico di legno immerso nelle luci, cinque donne vestiti con abiti tradizionali stavano discutendo con una recluta del Team Rocket.

  • Datemi immediatamente tutte le informazioni che avete su Lugia e Ho-Oh!

Sbraitava furioso l'uomo, con un Koffing al seguito.

  • Se lo può scordare, sono informazioni esclusive delle Kimono Girls.

Una delle cinque donne, con le mani congiunte in grembo, fulminò con gli occhi scurissimi il membro del Team Rocket, che imprecò a bassa voce prima di ordinare al suo Pokémon un attacco.

  • Forza, Koffing, usa Velenogas!

Prima che Koffing rilasciasse i gas, le donne nascosero il viso tra gli abiti per salvarsi da un avvelenamento sicuro.

Ma si poteva sapere perché diamine quelle zecche del Team Rocket fossero ovunque?

Nessuno si era ancora accorto di noi, per cui mi venne la bella idea di far uscir fuori Croconaw.

  • Piccolo, Pistolacqua contro Koffing.

Mi abbassai quel poco che bastava per sussurrarglielo, poco prima che il silenzio venisse improvvisamente spezzato da un getto d'acqua dritto contro il Pokémon.

  • Santo cielo, ancora tu, piccola pulce?

    Vai, Koffing, usa Smog!

Prima che potesse attaccare, Croconaw procedette nuovamente con Pistolacqua, mandando a terra Koffing.

  • Vai via, zecca. Adesso, se non vuoi anche tu Pistolacqua in faccia o Sgranocchio.

Gli intimai, riducendo gli occhi in due fessure color seppia.

Inutile dire che non bastò molto per far fuggire via l'uomo.

Le cinque donne, corsero subito giù dal palco, sorridendomi calorosamente.

La centrale si inchinò appena e prelevò da una tasca del bellissimo kimono rosso-verde un campanellino blu.

  • Come ringraziamento per averci salvate da quel villano, vi offro in dono la Campana Onda.

    Un cuore puro e generoso come il vostro saprà quando farne uso.

Mi si bloccò momentaneamente la circolazione del sangue, nell'ammirare esterrefatta un oggetto tanto bello.

Lo accettai tra le mie mani, con gli occhi sgranati, mentre l'eco sonoro del campanellino risuonava nell'aria.

  • Cavoli…

Alzai lo sguardo verso la Kimono Girl, sorridendole.

  • Grazie di cuore, è bellissimo.

Mormorai, con un lampo di gioia che mi attraversò gli occhi.

La donna sorrise di rimando, richiudendomi la mano con dentro il campanello.

  • Abbiatene cura, è un oggetto di vitale importanza per tutta Johto. Ed era anche quello che stava cercando il Team Rocket.

    Ma dai vostri occhi leggo che siete una persona affidabile, quindi noi Kimono Girls ci affidiamo a voi, signorina.

Wow. La prima volta in tutto il mio viaggio in cui qualcuno fece affidamento su di me.

Ringraziai ancora, prima di congedarmi e uscire dal teatro con Blue al seguito.

  • Come fanno quelle lì a dare qualcosa di tanto importante ad una come te?

Si passò una mano sul volto, sospirando.

  • Non le hai sentite? Ho un cuore puro, io.

Mi vantai, stringendo ancora nella mano l'oggettino ceruleo.

  • Pistaaa!!

Una voce estranea mi rimbombò nelle orecchie, travolgendomi.

Letteralmente.

  • M-Ma che diamine…? Ehi, sono questi i modi per farsi spazio?

Borbottai, rialzandomi.

Mi si erse davanti la figura più paradisiaca che mi si potesse mai mostrare: i capelli biondo scuro erano tirati indietro, lasciando solo un ciuffo sbarazzino fuori, gli occhi azzurri e cristallini erano penetranti.

Unica pecca: l'abbigliamento. Indossava un completo viola con svariati rombi più chiari sul davanti e una mantella bianca tenuta ferma da un papillon rosso.

  • Scusa, bella, ma vado di fretta.

Ci rimasi di sasso, decisamente.

Prima mi aveva fatto cadere e poi non si prendeva nemmeno la briga di accertarsi che fosse tutto a posto?

Ragion per cui misi la Campana Onda al sicuro in tasca e inseguii il ragazzo, forse anche un po' perché era davvero carino, per quel poco che ero riuscita a vederlo di sfuggita.

Entrò in una torre dall'aria malconcia, ed esitai un po' prima di seguirlo, con Blue alle spalle che correva verso di me e imprecava con qualsiasi parola esistesse.

Entrata nella torre, non sentii più il rumore di passi alle spalle, probabilmente il castano si era arreso; lo sconosciuto, invece, si affacciava su un'immensa voragine sul pavimento della torre, incantato.

  • Ehi, tu!

L'eco delle mie parole rimbombò in tutta la torre, per cui il biondino, scattante, corse verso di me per tapparmi la bocca e scortarmi fino allo squarcio del pavimento, dove si stava affacciando fino a pochi istanti prima.

Prima che potessi chiedere spiegazioni, rimasi sconvolta.

Mi voltai verso il ragazzo, che si poggiò l'indice sulla bocca.

  • Raikou, Entei e Suicune…

Marcò quest'ultimo, fremente dall'emozione.

  • le tre bestie leggendarie. Fa' silenzio.

Mi sporsi un po' dalla mia postazione, ammirando i tre esseri: uno aveva il pelo lungo e marroncino, con una criniera bianca e dall'aspetto alquanto soffice; sul volto aveva come una maschera un po' bianca, un po' gialla e un po' rossa e alle quattro zampe portava quattro anelli di ferro. Entei, di tipo fuoco.

Parallelo ad Entei, vi era un altro quadrupede, giallo con dei segni neri, una coda azzurrina a forma di saetta e una lunga e morbida criniera viola. Raikou, di tipo elettro.

E infine, al centro, vi era il motivo per cui il ragazzo si trovasse lì, se avevo ben capito: corpo bianco-azzurro, criniera viola. Suicune, di tipo acqua.

  • Si stanno risvegliando.

Constatò il biondo, guardandoli intensamente.

Finché i tre non aprirono gli occhi, saltando con abilità sorprendente fino al piano terra – dov'eravamo noi –, degnandoci di un mero sguardo e correndo alla ricerca della libertà.

Rimasi come paralizzata dall'unicità dello spettacolo a cui avevo assistito.

  • Suicune è scappato, mi toccherà cercarlo ancora…

Sbuffò il ragazzo accanto a me, demoralizzato.

  • Ehi!

D'un tratto mi ripresi, scuotendo rapidamente il capo.

  • Ero venuta qui per dirti che…

Non mi diede nemmeno il tempo di parlare, che prese carta e penna e iniziò a scrivere freneticamente qualcosa.

  • Sì, sì, che sono un figo da paura.

    Questo è il mio numero, dolcezza, chiamami dopo, che mi va di scambiare quattro chiacchiere.

E si volatilizzò, proprio come il Pokémon a cui dava la caccia.

Abbassai lo sguardo sulle dita della mano sinistra, che stringevano un pezzetto di carta candida.

C'era scritto “Eusine” e sotto un insieme di cifre: il suo numero di Pokégear.

Probabilmente fu la mia giornata migliore fino a quel momento.

Quando uscii dalla torre avevo un'espressione beata sul volto e sospiravo, tutta sorridente ed emozionata.

E per la prima volta, vidi un'emozione trasparire dall'espressione di Blue: perplessità.

  • Ferels, quel tipo ti ha fatto fumare qualcosa di pesante?

In via del tutto eccezionale non gli lanciai la solita occhiataccia, ero troppo felicemente stordita per reagire.

  • Zitto e dammi un panino, ho fame ed è ora di pranzo.

Fu tutto quello che riuscii a dire, escludendo l'emettere squittii e versi innaturali tipici di un'adolescente alle prese con la sua prima cotta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

P.S.: Del personaggio di Eusine non si sa tanto come per gli altri, per cui l'ho interpretato a modo mio, sperando che la cosa non guasti!

Anche perché poi il videogioco lo ritrae come una persona buona e riconoscente, mentre l'anime come un ragazzo arrogante, quindi vedrò di interpretarlo come una via di mezzo.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Chapter 12 - Ecruteak City ***


  • Chapter 12

 

 

 

Ecruteak City - “A Historical City”

 

Croconaw vs Gastly&Haunter&Haunter&Gengar

 

« The Render strikes back, Ferels. »

Blue

 

Decidemmo di pranzare in un angolo a nordest della città, tra lo specchio di acqua limpida con al suo interno la fonte e numerosissimi alberi ombrosi, seduti a terra.

La mezz'oretta che ci concedemmo per il pranzo passò in un attimo, tra sospiri, Butterfree nello stomaco dall'emozione e roba così.

Sognavo lui, Eusine, quel ragazzo così bello con il quale ero riuscita ad assistere ad un evento più unico che raro quale era il risveglio delle tre bestie leggendarie.

Abbassai lo sguardo sul bigliettino sul quale era segnato il suo numero.

Questo è il mio numero, dolcezza, chiamami dopo.”

I Butterfree nello stomaco aumentarono vertiginosamente, tanto che riuscii al massimo a sbocconcellare un panino, mentre tutti i Pokémon, specialmente Crow, facevano incetta di bacche e leccornie varie.

Era tutto così… perfetto, nonostante la città in cui ci trovassimo fosse inquietante, per le strade trafficassero poche persone e tutto puzzasse di bruciato. Quest'ultimo punto era colpa della torre, per l'appunto la Torre Bruciata.

E a proposito di Torre Bruciata e quindi di Amarantopoli, dovevo ancora vedermela con il capopalestra.

Avevo sentito dire che i suoi Pokémon fossero spaventosamente forti, nel vero senso della parola.

Ma va be', mi sarei adeguata.

L'ennesimo sospiro, prima di riprendere a sognare.

Peccato solo che poco dopo sentii di colpo un pianto.

Una famigliola che stava passeggiando nei pressi del Pokémon Market si fermò, asciugando le lacrime del bambino che stringeva nel pugno una Pokéball.

Mi alzai di scatto e corsi in suo soccorso, non interrotta da Blue solo perché si era assopito sotto l'ombra di un albero.

  • Scusatemi, c'è qualcosa che non va?

Chiesi, spostando lo sguardo dalla madre al padre dell'infante.

La donna, che doveva essere sulla trentina, sospirò, incrociando le braccia al petto.

  • Non preoccuparti, cara, non è nulla di particolarmente grave.

    Nostro figlio, Josh, ha perso il suo Onix. Stavano passeggiando, finché il Pokémon non si è allontanato e non ha fatto più ritorno.

Abbassai lo sguardo sul bambino, che piangeva ininterrottamente, stringendo con rabbia la sfera rosso-bianca.

  • Quindi quella è la ball di Onix?

Indicai l'oggetto, intenta a capire la situazione, ma l'uomo fece cenno di no con il capo, ad occhi chiusi.

  • Lì dentro c'è un Larvitar, gliel'abbiamo regalato perché condivide gli stessi tipi con Onix, sono entrambi di tipo terra e roccia.

    Ma Josh non ne vuole proprio sapere, vuole iniziare il suo viaggio con un Onix anche se qui non se ne trovano. Ogni volta che però ne vede uno gli brillano gli occhi.

Incrociai lo sguardo con quello pece di Josh, un bambino che doveva avere più o meno dieci anni.

  • Ti piacciono gli Onix, quindi?

Ero consapevole del gesto che stavo per compiere, nonostante fosse doloroso.

Prelevai la Pokéball della mia Onix dalla tasca, facendola fuoriuscire di fianco alla famiglia del bambino e me.

Subito il ragazzino sorrise, e di rimando fece Onix.

  • Allora facciamo uno scambio, Josh.

Mi chinai su di lui, scombinandogli i capelli.

  • Io ti do Onix e tu mi dai Larvitar, ti va?

Josh subito asserì, abbracciandomi.

  • Grazie, signorina! Ti prometto che lo tratterò benissimissimo!

Sorrise, guardando i genitori.

  • Allora? Posso?

I genitori annuirono, guardandomi con gli occhi scuri colmi di riconoscenza,

  • Ne sei proprio sicura, cara?

La donna, speranzosa, si avvicinò gentilmente.

  • Be', ormai mi sono affezionata ad Onix, è un'ottima amica e combattente, ma…

Mi interruppi per accarezzare il muso del serpente di pietra, sorridendo tristemente.

  • se c'è qualcuno che può darle più attenzioni e renderla felice più di quanto faccia io, ben venga.

Feci spallucce, sorridendo e abbracciando un'ultima volta le rocce gelide e pungenti di Onix.

  • Ti voglio bene, amica mia.

    Ma proprio per questo ci dobbiamo salutare, anche se non è un addio, te lo prometto.

Mi asciugai una lacrima solitaria, sorridendo.

La richiusi nella Pokéball con un sospiro e la porsi a Josh, che mi cedette la ball di Larvitar.

  • Josh, promettimi che quando sarai abbastanza forte verrai a trovarmi in giro per il mondo, così potrò vedere come andranno le cose con Onix.

    Promesso?

Un occhiolino di intesa e il bambino subito annuì, sorridendo.

  • Certo che te lo prometto! Ti farò vedere che grande coppia saremo, Onix e io!

Mi poggiai i pugni sui fianchi, sorridendo.

  • Bene, allora aspetto tue notizie.

Josh asserì nuovamente, abbracciandomi.

  • Grazie mille per l'opportunità, signorina, ti sono riconoscente.

Sorrisi, accarezzandogli l'ultima lacrima solitaria sulla guancia per estinguerla.

  • Quando verrai a cercarmi, chiedi della Campionessa di Johto, mi raccomando.

 

 

 

 

Liberai subito il nuovo Pokémon dalla sua piccola dimora per farci conoscenza: era di un colore quasi indefinibile, dal verde al marrone, con un corno sopra la testa, le iridi rosse e un rombo dello stesso colore sulla pancia.

  • Ciao, piccoletto.

Lo salutai con un cenno della mano e mi chinai su di lui per prenderlo in braccio.

Be', non ci riuscii.

  • Benedettissimo Lugia, ma quanto diamine pesi!?

Provai altre due o tre volte con il massimo delle forze, invano.

  • Settantadue chilogrammi, Ferels. Più o meno tu quando cadrai in depressione e ti accorgerai di essere una fallita.

Il castano si era risvegliato.

Oh mio Lugia, mi sarebbe toccato sopportarlo ancora.

  • E questo da dove esce?

Mi scaraventò di lato, osservando il Larvitar.

Come spiegargli che il Pokémon che mi aveva catturato con “tanto amore” era stato scambiato?

Dicendoglielo, semplice.

Ci sarebbe rimasto sicuramente di schifo.

  • Sai com'è, un ragazzino che ha un Larvitar ama gli Onix piange… ti ritrovi casualmente ad avere un'Onix… e… lo scambi.

Ammiccai, mascherando l'effettivo dispiacere che avevo provato nel dar via Onix.

Si sarebbe infuriato.

Avrebbe dato di matto.

Si sarebbe disperato.

Ma non successe nulla di tutto questo.

Rise.

Rise di gusto per qualche secondo.

  • Ben fatto, Ferels! Non pensavo che frullasse qualcosa nella tua stupida testa bacata!

No. No. No.

Come era possibile?

Avevo scambiato il mio Onix per un Larvitar senza sapere quanto fosse forte e lui rideva?

  • Ma cosa…?

Mi interruppe per la millesima volta.

  • Hai idea di quanto sia rara e potente la famiglia evolutiva di Larvitar, zucca vuota?

Non avevo ottenuto l'effetto sperato.

Mi avrebbe dato almeno un minimo di soddisfazione vedere Blue alterarsi dopo la notizia, ma ottenni l'effetto contrario.

Quattordici a sette per Blue, Feralis.

Quattordici a sette per Blue.

 

 

 

 

Se la vita ti dà le baccacedro, tu fa' una cedrata”.

Di conseguenza, se la vita di dà un Larvitar, tu allenalo.

Ma, ad essere sincera, allenare il nuovo arrivo pochi secondi prima di entrare in palestra mi seccava, per cui ci dirigemmo direttamente lì: un edificio non molto alto, ma in compenso molto, troppo cupo.

Non appena entrammo, mi pentii amaramente di aver abbandonato la luce per un luogo a malapena illuminato da quattro candele: due all'entrata, dove ci trovavamo noi, due più in fondo, il cui bagliore ci raggiungeva fioco dall'altra parte della palestra.

  • Mettiamoci in marcia!

Ripescai da non so dove il mio precedente buonumore, probabilmente pensando ad un'altra eventuale vittoria.

Procedemmo dritto, finché non percepimmo una lieve brezza provenire da nord.

  • Mi sa proprio che da questo punto in poi dobbiamo fare attenzione a dove mettiamo i piedi, c'è un gran rischio di cadere.

    Per cui, signorina “sono scema e molto felice”, va' avanti tu.

Mi sentii parecchio offesa nell'udire le sue parole.

Era fortunato a trovarsi nel buio, che altrimenti uno schiaffo glielo avrei mollato volentieri.

  • Punto primo: qui l'allenatore che ambisce alla medaglia sono io, per cui non posso giocare il ruolo della vittima sacrificale.

    Punto secondo: il ragazzo di ieri mi ha dato il suo numero di Pokégear, ecco perché sono così felice!

Gli sventolai in faccia il bigliettino, per poi riporlo al sicuro nelle mie tasche poco dopo.

Una risata beffarda me la sarei aspettata stavolta, ma a quanto pare sbagliai nuovamente previsione.

Nel buio riuscii a percepire un certo irrigidimento da parte di Blue, ma era solo un'impressione.

  • Sa di aver dato il suo numero ad un'irritante e stupida perdente?

Ecco, le solite provocazioni che ormai non mi scalfivano più.

  • Almeno a me lo danno, il numero di Pokégear.

Schiocco di lingua strettamente necessario per la risposta adeguata.

  • Se non fossi partita in viaggio con te, stupida perdente, adesso starei già uscendo con una capopalestra.

  • Scusami, caro, ma non sono io la prima ad aver accettato di partire insieme.

Il più soddisfacente dei quattordici a nove, Feralis.

Proseguimmo in silenzio, come abbiamo sempre fatto in occasione del minimo litigio, indifferentemente da quale dei due avesse ragione.

Lieta di comunicare che, ovviamente, la vincitrice della contesa giornaliera fui io, quindi nessun'altra vittoria in palestra sarebbe stata al pari di quella appena ottenuta.

Continuai a camminare tranquilla, senza perdermi nei miei più reconditi pensieri per evitare di cadere nel vuoto.

Peccato che la stessa tranquillità che avevo nel percorso stretto affacciante sul buio svanì non appena incontrai il capopalestra.

Avrà avuto sì e no due anni in più di Eusine, ovvero tra i diciassette e i diciotto.

Era biondo, alto e aveva due occhi ametista vuoti, come se fossero privi di emozioni.

La carnagione era madreperlacea, o, in quel caso, cadaverica.

Sulle maniche del maglione nero, su cui si appoggiava una sciarpa viola e in minor parte rossa, vi era un grosso risvolto viola.

Sotto portava un pantalone semplice bianco i cui orli si poggiavano morbidi su delle scarpe nere e viola dalla suola rossa.

  • Ehm… salve.

Bel modo di presentarsi ad uno specialista di tipo spettro, tremare.

  • Ehi, ciao.

Il ragazzo mi salutò con la mano, sorridendo e facendo volteggiare intorno a sé un Gastly.

  • Sei una sfidante?

Mi domandò, sistemandosi sulle spalle del maglione nero la sciarpa viola e un po' rossa, con una graziosa spilla dorata appuntata.

  • Be'… sì. Mi chiamo Feralis, molto piacere.

Ricambiai il sorriso, porgendogli la mano, mentre riuscivo a percepire chiaramente ciò che pensava Blue, seduto a terra con la schiena contro due candele che rendevano più chiare la visuale della palestra buia. Di sicuro quel capopalestra di Kanto da strapazzo stava pensando che fossi patetica nel mostrare la mia timidezza.

Il capopalestra di tipo spettro, dinanzi a me, mi strinse la mano con delicatezza, cortese, guardandomi con i suoi occhi ametista come se avesse voluto frugare nella mia mente solo attraverso lo sguardo, e qualcosa per un attimo mi convinse che ne fosse davvero in grado.

Da far venire i brividi.

  • E io sono Morty, altrettanto piacere.

    Ho sentito che hai fatto un ottimo lavoro per giungere qui, Feralis.

    Tre medaglie non sono così male, sai?

Un ciuffo sbarazzino gli scivolò sulla fascia viola che teneva a bada i capelli del ragazzo, che se lo risistemò abbastanza frettolosamente.

Alzai lo sguardo, con il sorriso persistente.

  • Ti ringrazio, ma è tutto merito dei miei Pokémon.

Alzai le spalle, prendendo a dondolarmi nervosamente sui talloni.

La sua parlata così tranquilla. I suoi occhi brillanti color ametista. L'abbagliante spilla che mi ricorda la concretizzazione dorata di un'anima. I suoi capelli biondi come spighe di grano mosse al vento.

A prima vista poteva sembrare un ragazzo normale, ma conversandoci chiunque poteva capire quanto in realtà fosse anomalo.

Percepivo come una fioca aura intorno a lui, qualcosa di diverso.

  • Sei modesta in perfetto stile Amarantopoli.

    Qui i Pokémon sono sempre stati riveriti e si dice che un Pokémon con i colori dell'arcobaleno apparirà per sfidare un allenatore forte e puro. È per questo che mi sono allenato qui, in segreto, tutta la mia vita.

Morty iniziò ad andare lentamente avanti e indietro per la sua postazione a capo chino, intervallando le frasi con dei sospiri appena accennati.

Le sue parole erano ipnotiche, ed io pendevo dalle sue labbra senza accorgermene.

Iniziai a sentire il mio stesso sguardo come vuoto, come se il mio corpo non fosse stato altro se non il guscio della mia anima.

  • Ora posso vedere ciò che gli altri non vedono, l'ombra di colui che sarà in grado di evocare il Pokémon leggendario…

Rialzò lo sguardo, sorridendo tanto macabramente che mi si gelò il sangue nelle vene.

  • E sono convinto di essere io tale persona! E tu sarai parte del mio addestramento!

Mi indicò, con gli occhi che brillavano di un desiderio di vittoria radicalmente diverso da come lo ricordavo negli occhi degli altri capipalestra.

  • Gastly, è il tuo turno!

Il Gastly di prima, che ad un certo punto avevo perso di vista, ricomparve, piazzandosi bellamente sul campo.

Scelsi Crow, scelta abbastanza ovvia.

Era il Pokémon più prossimo all'evoluzione, ritenni giusto completare l'opera.

  • Su, Crow, mostragli di che pasta sei fatto!

Crow ruggì, fiero. Aspettava anche lui trepidante il momento dell'evoluzione.

  • Dai, Crow, usa Pistolacqua!

Croconaw sputò acqua in direzione del tipo spettro come avrebbe fatto un idrante rotto.

  • Gastly, schivalo!

La sfera nera con del gas viola intorno si scansò quel poco che bastava per schivare il colpo di Crow, prendendosi gioco di lui.

Digrignai i denti dalla rabbia.

Quel Gastly già era sulla mia lista nera.

  • Crow, usa Gelodenti!

Crow mostrò le zanne affilate, per poi bloccare Gastly e congelarlo con un morso.

In quanto vicino all'evoluzione, dopo uno stressante allenamento di quasi un mese, Crow non ci mise molto a vincere.

  • Qualcuno qui sembra essersi dato da fare, vero?

La prese sullo scherzo, Morty, che nel frattempo si affrettava a procurarsi la seguente Pokéball, soppesandola, prima di scagliarla e farne fuoriuscire l'evoluzione del Pokémon precedente: Haunter, uno spirito meno amorfo di Gastly ma che comunque lascia i suoi dubbi.

  • Lasci giocare Croconaw?

Una domanda da parte del biondo che si trasformò in un'affermazione, data l'ovvietà.

  • Bene. Vai, Haunter, usa Ipnosi!

Stavolta la ruota della fortuna si fermò su Crow, perché riuscì a schivare il colpo di Haunter.

  • Su, Crow, usa Pistolacqua!

Crow passò sotto Haunter, balzando e prendendo acqua, per poi rilasciarla addosso all'avversario con un getto sovrumano.

Haunter cozzò contro le mura della palestra, riprendendosi barcollando.

  • Niente male, per essere una a metà viaggio, sai?

    Ma è arrivato il momento di giocare seriamente!

    Forza, Haunter, usa Maledizione!

Maledizione era una mossa che non avevo avuto mai il piacere di vedere.

O meglio, il dispiacere.

Un chiodo di ferro comparve dal nulla, piantandosi in cima al capo – nonché anche corpo – di Haunter, che crollò sul suolo esanime.

Contemporaneamente, Crow si contorse dal dolore.

Insomma, nemmeno il tempo di chiedere spiegazioni a Morty che l'effetto della mossa si era ormai capito.

Ma pochi secondi dopo, accadde ciò che in quel momento era impensabile: Crow venne avvolto da un potentissimo bagliore che mi accecò, provocandomi un forte dolore agli occhi.

Decisi di non farne un problema, perché sapevo quello che stava accadendo.

La mia preoccupazione, in quel momento, era solo quella di decidere quale soprannome nuovo dare a Crow, che splendeva di una luce che si sovrapponeva al buio della palestra.

Ma tenemmo tutti quanti gli occhi chiusi, finché, quando li riaprii non vidi più un coccodrillo dalla forma di un uovo, ma un alligatore.

Era sempre prevalentemente azzurro con tonalità gialle e rosse, ma sia le zanne che gli artigli avevano un'aria molto più feroce e le iridi color baccaliegia erano diventate nocciola.

Senza escludere il metro e mezzo che aveva acquisito durante l'evoluzione.

Ciò non toglie che, però, avesse ancora la maledizione scagliata da Haunter, un problema non indifferente.

Morty tirò fuori un altro Haunter.

Eravamo già al terzo Pokémon, e sotto un certo punto di vista potevo già dormire sogni tranquilli, dato che metà della sua squadra fosse fuori.

Già, la parte meno potente, però.

  • Haunter, usa Sbigoattacco!

Lo spettro colse di sorpresa Feraligatr – sia il Pokémon che me – e lo attaccò con una scia viola, rapido.

  • Crow, svelto, usa Gelodenti!

Ma prima che l'acquatico potesse colpirlo, Haunter schivò abilmente la mossa, indietreggiando rapido come una saetta e sghignazzando.

Quasi irritante come il castano, immobile, che guardava la scena come se fosse un film noioso di bassa lega.

Prese una baccarancia e me la gettò addosso, colpendo il braccio sinistro.

  • Credo che tra poco mi addormento come a Fiordoropoli, Ferels.

    Perché il tuo Pokémon si è evoluto non significa che sia diventato magicamente forte.

Appunto. Irritante come una pioggia di ortiche.

  • Haunter, usa Malosguardo!

Una miriade di occhi si spalancò attorno a Feraligatr, spiazzandolo, mentre la maledizione continuava il suo effetto.

Era allo stremo, si capiva.

Non sapendo cosa fare, mi chinai per raccogliere la baccarancia e la consegnai al Pokémon, guardandolo intenerita.

  • Scusa se sono una pessima allenatrice, piccolo.

    Sarei dovuta essere stata più previdente.

Sospirai, prima di vedere Crow già messo meglio.

  • Usa Pistolacqua, su.

Un comando senza carica si contrappose ad un getto d'acqua da squarciare i muri come un foglio di carta, prendendo in pieno Haunter.

  • Ritira quello che hai detto, Oak.

Mormorai, mentre i passi di Feraligatr che si avviava verso Haunter alzavano la polvere sui miei abiti.

Lo spettro viola era a terra, non esausto ma con chiari segni di cedimento.

Feraligatr subì nuovamente l'eco della maledizione a denti stretti, prima di servirsi del nemico come se fosse stato un pasto con Gelodenti.

  • Crow, fermo!

Urlammo quasi simultaneamente sia Morty che io.

Mi venne la pelle d'oca quando realizzai che Feraligatr sarebbe stato in grado di cibarsi del fantasma, mentre gli occhi vuoti del capopalestra si animarono per un attimo.

  • Lo Sbranatore colpisce ancora, Ferels.

Ghignò Blue, soppesando una baccacedro e lanciandomela di nuovo sul braccio.

  • Dagli questa, forse così gli si placa la fame.

Ecco, ci mancava solo il nutrizionista saputello che aspirava a vedermi con un braccio ingessato.

Ma gliele avrei cantate dopo, non era ancora il momento.

Raccolsi nuovamente la bacca e la donai nuovamente a Feraligatr, che se la lanciò dritta in bocca, senza nemmeno masticarla.

Spaventoso, decisamente.

Ultimo Pokémon di Morty.

Avevo aspettato con trepidazione fin dall'inizio della lotta quel momento.

  • Avanti, Gengar, difendi il tuo onore!

Dall'ultima Pokéball dello specialista uscì una cosa dall'aria tutt'altro che zoomorfa: non ricordava nessun animale.

Era un ammasso viola con gambe e braccia annesse al corpo, seppur piccole. Dalla testa/corpo tondeggiante spuntavano due orecchie dalle sembianze di due corni.

Il volto era composto da un ghigno perfettamente bianco e sinistro, mentre gli occhi dalla forma semi-circolare erano rossi.

Non le iridi – assenti nel Pokémon – ad essere rosse, ma proprio la sclera, cosa che mi lasciò perplessa.

  • Forza, Gengar, usa Palla Ombra!

Tra le mani del Pokémon si creò una vorticante sfera scura, facendomi cadere nel panico più totale.

Una mossa per contrastare una mossa speciale…

Pistolacqua.

Forse era un po' azzardata come mossa, perché di fatto Palla Ombra è doppiamente più forte di Pistolacqua, ma non avevo altra scelta per far deviare il colpo.

E poi Gengar non si sarebbe dovuto distinguere così tanto rispetto agli altri in fatto di potenziale, quindi tentar non avrebbe nuociuto.

La sfera buia incontrò a metà strada il potente getto d'acqua, che riuscì a neutralizzare l'attacco.

Perfetto, avevo trovato la tecnica per dormire sogni tranquilli.

Morty digrignò i denti, il motivo era facilmente intuibile.

  • Gengar, usa Sbigoattacco!

Proprio come Haunter, anche Gengar colpì di sorpresa Feraligatr, che respinse l'avversario con Pistolacqua, facendolo ritornare a posto.

  • Ipnosi, presto!

Due cerchi giallognoli fuoriuscirono dalle orbite semi-circolari di Gengar con l'intento di colpire Crow, che con un salto riuscì a deviarle e scagliarsi a zanne gelate contro Gengar.

Quest'ultimo, nel mentre, ne approfittò per un altro Sbigoattacco, ferendo il Mascellone prima di ipnotizzarlo con Ipnosi.

  • Faticoso, vero, Feralis?

Morty sorrise, poggiando i pugni sui fianchi neri e polverosi del maglione.

  • Non te la darò mai vinta, Morty.

Sorrisi di rimando con malizia, mentre dentro speravo che nonostante le numerose Palle Ombra il mio amico si sarebbe rialzato, più per un fatto umano che di lotta.

Aspettai con il fiato sospeso il risveglio di Feraligatr che non si fece attendere più di tanto.

Un ruggito bestiale da distruggere i condotti uditivi, prima di afferrare Gengar, che si dimenava, e utilizzare sgranocchio, scagliando poi lo spettro a terra, anche lui esanime come i precedenti avversari.

  • Te l'ho detto, Morty.

La soddisfazione nella mia voce era palpabile, ma comunque lo spettacolo non interessò Blue, ancora intento a soppesare bacche e sbadigliare.

  • Eppure la mia potenza combattiva non è certo da meno della tua! Ma tu hai qualcosa in più…

Pensieroso, Morty richiamò a sé anche l'ultimo Pokémon, scuotendo il capo.

Dal nulla fece apparire una cassetta d'acciaio con al suo interno una medaglietta dalla forma di un triste fantasma blu.

Cavoli, che allegria.

  • Va bene, la Medaglia è tua.

 

 

 

 

  • Come hai intenzione di chiamare adesso il tuo amico?

    Io suggerirei “Sbranatore”.

Era serio, Blue, quando propose quest'assurdità come nuovo soprannome di Feraligatr.

Tenevo ancora la Pokéball del mio amico in mano, pensierosa.

Ci avevo pensato a lungo, in palestra, senza trarne però soluzioni concrete.

Lasciai che le porte dell'inverno mi accarezzassero i capelli con il vento, con un sospiro.

Be', forse una soluzione c'era.

Mi chiamavo effettivamente Feraligatr, ma il mio nome era Feralis.

E bene, Feraligatr aveva bisogno di un altro nome, quindi perché non il mio?

  • Credo che lo chiamerò Feralis. Come me.

Sorrisi soddisfatta, imprimendomi nella mente l'ultimo saluto ad Amarantopoli prima di varcare la soglia del percorso 38.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Chapter 13 - Olivine Lighthouse ***


  • Chapter 13

 

 

 

Olivine Lighthouse

 

« Because you know I hate you,

so you know

you can expect the worst from me. »
- Blue

 

  • Come vuoi, ma per me sarà sempre lo “Sbranatore”.

Non lo degnai di alcuna risposta, non la meritava, anche se tutti i torti non aveva.

Era indubbio che Feraligatr dovesse imparare a gestire meglio la sua forza, senza provare a rendere un pasto qualsiasi avversario incontrasse.

Ma finché era rinchiuso al sicuro nella sua Pokéball, avevo ben poco da temere.

Riposi la Pokéball in tasca, tornando a guardare davanti a me: il percorso 38 era placido e tranquillo, al tramonto.

Gli ultimi raggi di sole bagnavano di luce dorata gli alberi, impreziosendoli.

Il cielo era di un arancione tenue, adornato da grandi nuvole rosa, come se fossero fatte di zucchero filato.

Un piccolo gruppo di Farfetch'd si alzava in volo verso altre mete, senza staccarsi dai loro gambi.

Dagli alberi si scorgevano gruppi di Exeggcute, mentre vari Hoothoot e Ledyba andavano a procurarsi da mangiare tra l'erba, dove invece riposavano dei Rattata e dei Meowth, ai quali con l'avvento del buio si unirono altri della stessa razza.

Ci avvicinammo sempre di più ad una casa dal tetto rosso, la Fattoria Mumu, dove sapevo provenire tutte le riserve del prelibato latte Mumu nell'intero mondo.

Le quattro Miltank dei proprietari muggivano facendo ritorno al loro riparo, riempendo in un modo o nell'altro l'aria.

Ormai non rimaneva più molta strada da percorrere fino ad arrivare alla prossima città.

  • Il prossimo capopalestra chi è?

Sbadigliai sonoramente, stiracchiandomi dal sonno.

  • Chuck.

No, per favore.

Non volevo subire altri “simpatici” botta e risposta da parte del mio altrettanto “simpatico” compagno di viaggio.

Ma mi vidi costretta comunque a porgli altre domande, mentre ficcai una mano nelle tasche dei pantaloncini alla ricerca del Pokégear.

  • E che Pokémon usa?

  • Lotta.

Estrassi finalmente l'aggeggio elettronico maneggiandolo senza un effettivo motivo, finché non mi convinsi di dare un'occhiata alla mappa.

  • E come si chiama la città in cui opera?

  • Fiorlisopoli.

C'era qualcosa che non andava, decisamente.

E a livello geografico era impossibile che sbagliassero, sia il Pokégear che Blue.

  • Ma qui dice che tra pochi passi saremo ad Olivinopoli, guarda!

Gli piantai la mappa luminosa dell'aggeggio in faccia, facendolo sussultare.

  • Toglimi questo coso dalla faccia, ho capito!

Si dimenò, spostandomi bruscamente il braccio.

  • Dobbiamo semplicemente passare per di qui, non farne un problema.

Accedemmo ad Olivinopoli, città già più allegra della precedente.

Non appena lasciammo la discesa collinare quale era il percorso 39, ci comparve sulla testa una sorta di festone variopinto, che apriva le porte della città dalla pavimentazione di pietra.

Già dalla nostra postazione si poteva vedere il faro bianco e blu, un vero polo d'attrazione per i turisti in visita, mentre sul molo varie coppiette di giovani ammiravano le stelle mano nella mano dalle panchine candide e risate fragorose riecheggiavano nell'aria.

Prima che potessi fiatare, Blue mi diede la risposta che cercavo.

  • Olivin Bar, Ferels. Ti ci accompagno?

Perché doveva parlare come mio padre, come l'uomo che prima fa tanto il carino e il buono con la figlia e che alla prima opportunità di lavoro se la svigna, senza prendersi nemmeno la briga di tornare di tanto in tanto come invece faceva la mamma?

Pensavano entrambi che fossi già grande, che non avessi bisogno di loro.

  • Non ti chiami Jules Raines, evita di trattarmi come una bambina.

    Sono anche in grado di arrivarci da sola, grazie.

Probabilmente, per una volta in tutta la sua esistenza, non era intenzione di Blue trattarmi come una marmocchia, ma il rancore verso mio padre mi portò ad essere fredda con l'unica persona che avessi accanto.

Il castano mi lasciò stare per un po', sia perché chiedere spiegazioni sulle mie lune storte non era di suo interesse, sia perché sapeva che mi sarebbe passato.

Tanto ci capivamo al volo come gemelli, ormai.

O meglio, lui capiva me, perché io a capire lui non ci sarei mai riuscita.

Alla fine mi diressi comunque verso l'Olivin Bar.

Spalancai la porta di legno del locale, impassibile.

  • Un tavolo per uno, grazie.

Un marinaio in divisa, un po' sbronzo, mi fece accomodare ad un tavolino di legno e su uno sgabello azzurrino.

Ordinai un menù semplice, il mio intento non era quello di mangiare.

A dire il vero, nemmeno sapevo in realtà quale fosse il mio intento.

So solo che dopo poco in tavola mi arrivò un saltimbocca farcito con qualsiasi cosa e una bottiglia da almeno tre litri di lemonsucco.

A quanto pare il marinaio che mi aveva fatto accomodare non era l'unico ad essere brillo, in quella baracca.

Sbocconcellai un po' il panino, assorta mentre guardavo con occhi vitrei i marinai ubriacarsi e dare di matto.

Be', contenti loro.

Ero sul punto di addormentarmi sul tavolo, una persona che non riuscii a mettere a fuoco prese uno sgabello e si sedette di fronte a me.

Ero stanca, terribilmente, per cui chiusi gli occhi.

  • Mi auguro tu non sia sbronza come loro, Ferels.

Istintivamente mugolai qualcosa di insensato, prima di decidere inconsciamente di farmi capire.

  • Zitto, Oak, non vedi che sto dormendo?

Un attimo.

C'era una sola persona in grado di chiamarmi in quel modo così ridicolo e stupido: la stessa persona che avevo menzionato nel sonno.

Alzai la testa dal tavolo di scatto.

  • Io non sto dormendo!

Affermai con gli occhi quasi fuori dalle orbite, mentre un coro di marinai mi rispose con qualcosa di indecifrabile innalzando i calici di birra.

  • Sei proprio un'idiota, Rinos.

Mi afferrò per i polsi, sorridendo forse per l'estrema demenzialità della scena e lasciando una banconota da 200 Dollari Pokémon sul bancone, prima di portarmi via.

  • Comunque il mio cognome è Raines, non Rinos.

Che senso aveva dirgli qualcosa che fingeva di non capire?

Chissà. Sta di fatto che il sonno giocasse brutti scherzi.

  • Dove mi porti?

Biascicai, mentre sentivo un forte vento umido invadermi completamente che venne rimpiazzato da un calore accogliente.

  • Centro Pokémon di Olivinopoli.

    Se proprio ti devi fare una dormita, tanto vale in un posto di sobri.

 

 

 

 

Al mio risveglio era ancora notte e mi guardai intorno, non potendomi alzare perché un forte mal di testa mi bloccava.

Dov'ero finita?

Ero in una stanza fin troppo simile a quella del Centro Pokémon di Fiordoropoli, che stessi ancora lì?

C'erano tre modi per scoprirlo, e uno di questi consisteva nel frugare nelle tasche dei miei pantaloncini per vedere se quella cosa lì ci fosse ancora.

E se fosse stato solo un sogno?

No, non poteva essere solo frutto della mia immaginazione.

Il cuore iniziò a battermi a mille mentre scavavo frettolosamente in tutte le tasche che avessi, finché non toccai il diretto interessato.

Emessi un sospiro di sollievo nello sfiorare delicatamente il pezzetto di carta.

Guardai alla mia destra, furtiva.

Blue dormiva in perfetto silenzio, tranquillo come non mai nel letto di fianco al mio.

Mi alzai, facendo attenzione a non far rumore, arraffai il Pokégear ed estrassi il famigerato foglietto.

Composi il numero, trepidante, e aspettai qualche secondo.

Mi avrebbe risposto? Mi avrebbe ignorata?

Silenzio.

Scostai appena le tende candide, uscendo fuori al balcone della stanza, che dava sul faro, inspiegabilmente spento.

Se era un faro doveva essere illuminato, no?

Va be', non era quello il momento di pormi domande sull'argomento.

  • Qui Eusine, il più grande ricercatore di bestie leggendarie del mondo.

Una voce familiare squillò dall'altro capo del Pokégear.

Soffocai un sospiro di sollievo.

Eh, sì, era proprio lui.

  • Ehi, ciao.

    Sono quella di stamattina, ad Amarantopoli.

Wow, che grande presentazione.

Mi giustificai pensando al fatto di essere poco lucida dato l'orario, dato che erano circa le quattro del mattino.

  • N-Non ti ho svegliato, vero?

Balbettai, arrotolandomi una ciocca di capelli mori sull'indice della mano libera.

  • Ah, sei tu, zuccherino! Be', mi hai svegliato, ma poco importa.

    Ovviamente tu sai già il mio nome, piccola, ma non mi hai ancora detto il tuo.

Ero in preda al panico, decisamente.

Non mi era mai capitato di parlare a telefono con un ragazzo, a maggior ragione se era carino.

E stravagante, alquanto.

  • Mi chiamo Feralis, ma puoi chiamarmi anche Fer o come ti pare, davvero, anche “giovane Rattata”.

La cosa stava sfociando nell'assurdo ed io ero chiaramente allarmata.

Ecco, dopo questo mi avrebbe presa per pazza.

  • Piccola, so di essere bellissimo e il più grande cercatore di tutti i tempi, ma non per questo ti devi agitare.

Eusine soffocò a stento una risata, facendomi sprofondare nella vergogna più assoluta.

Ma almeno era riuscito a risollevarmi un po' con le sue parole.

  • Allora, Fer, dove sei diretta?

Mi chiese, con la voce che trasudava orgoglio.

  • Fiorlisopoli, ma adesso sono ad Olivinopoli.

Sorrisi, ammirando le stelle come facevano le coppiette al molo.

In un certo senso, era come se Eusine mi tenesse compagnia.

  • Fiorlisopoli anche tu, dolcezza?

    Allora ti aspetto, conto di vederti quanto prima.

Sussultai dalla gioia, accarezzandomi le braccia per coprirle dalla brezza invernale.

  • Ma ora devo dormire perché ho sonno, non vorrei che mi sfuggisse Suicune.

    A presto, bella!

E attaccò il telefono, lasciandomi di nuovo alla monotonia del mio più grande nemico: il buio.

Ma quella notte non ebbi paura, il profumo dell'amore – o meglio, di frittura dell'Olivin Bar nei pressi del Centro – mi riscaldava.

E, per una volta, le stelle mi parvero illuminare il mondo per davvero.

 

 

 

 

  • Su, svegliati dormiglione, abbiamo un mucchio di strada da fare per arrivare a Fiorlisopoli!

Fui io a svegliare Blue, quella mattina, tutta allegra e pimpante.

Avevo pur sempre una certa fretta di sbarcare nella città ad ovest, ormai più per altro che per la palestra.

  • Scordatelo. Prima si dà un'occhiata al faro.

Il ragazzo strofinò il viso sul cuscino schiudendo a malapena un occhio, ancora mezzo assopito.

L'arte di Blue sul rovinarmi i piani in pochi secondi si rivelò infallibile.

  • Perché? Io voglio andare a Fiorlisopoli!

Mi ribellai, sbattendo i piedi a terra come facevano i bambini.

  • Perché è quello che ho deciso io. E non se ne cade la tua amata Fiorlisopoli, se tardi di qualche ora.

Ecco, l'unica persona in grado di danneggiarmi in una maniera assurda inconsciamente.

  • Ma mi sono data appuntamento con Eusine!

La cosa mi sfuggì, lasciando Blue perplesso, che incrociò le braccia al petto, severo.

  • Qual è la regola numero 1 dell'allenatore stupido e novello?

Istintivamente risposi con le stesse parole che mi aveva rivolto all'alba del viaggio.

  • Non fidarsi mai delle persone”.

Abbassai il capo, mogia.

  • Ma Eusine non è come gli altri.

Ribattei, rialzando lo sguardo e guardando Blue con aria di sfida.

  • Allora anche io posso stare un po' con una ragazza senza saperne quasi niente e dire che “non è come le altre”.

    Della gente non ti puoi fidare, mettitelo in testa.

  • Allora perché mi dovrei fidare di te?

Insistei, sapendo quanto in realtà fosse inutile.

  • Perché sai che ti odio, per cui sai di poterti aspettare anche il peggio da me.

Blue, con uno sguardo di ghiaccio – nonostante fosse castano –, andò in bagno, chiudendosi con forza la porta alle spalle per rendersi presentabile.

E be', tutti i torti non li aveva.

Fidarsi della prima persona carina che si incontrava per strada non era tanto sicuro, ma sapevo che nella vanità di Eusine si nascondeva un'anima buona.
E l'avrei dimostrato anche a Blue.

 

 

 

 

  • Questo posto è una rottura di scatole, andiamocene.

Sbuffai, sospirai ed emessi qualsiasi tipo di segnale che potesse far capire al mio tutore quanto fosse noioso esplorare un faro, soprattutto la parte più spoglia e brutta del luogo.

Si desse il caso, infatti, che una volta giunti alle parti alte del faro, il grazioso pianerottolo quadrangolare provvisto di piante decorative e con il pavimento bianco tappezzato di blu si tramutasse in un orrido scantinato grigiastro circolare, privo della minima decorazione.

  • Stanotte, quando ti sei addormentata, sono andato a lamentarmi del fatto che le luci non si accendessero in camera, e mi hanno detto che la città ha subito un black out per la mancanza di elettricità.

    E l'elettricità, qui, la produce l'Ampharos della capopalestra di Olivinopoli.

I conti tornavano, più o meno.

Mi era rimasto solo un piccolo dubbio a riguardo.

  • Ma che te ne frega dell'elettricità qui?

Eccolo, l'ultimo piccolo dettaglio che mi sfuggiva.

  • Se la capopalestra rimane azzeccata al suo Ampharos mi spieghi come ottieni la medaglia?

Previdente, il ragazzo, nonostante dovessi guadagnare un'ultima medaglia prima di poter accedere alla palestra di Olivinopoli.

Blue guardava avanti, noncurante, e in più sembrava che la moltitudine di scale non lo stesse minimamente stancando.

Quel ragazzo era un automa.

Un automa fastidioso, irritante, apatico e rude.

Per il resto, sapeva sorridere solo per prendersi gioco delle persone.

Viveva senza affetti, a parte il nonno e la sorella, per quanto sapessi, ma comunque non degnava di troppe attenzioni nessuno dei due.

La sua unica ragione di vita era se stesso.

La sua unica ambizione era la vittoria più assoluta.

Viveva per il suo benessere e basta.

Se donava era per ricavarne interessi fruttuosi.

Era freddo, nonostante i suoi occhi ardessero continuamente, assetati di fama e vittoria.

Mi spostai un ciuffo di capelli ribelle dal viso, sbuffando.

Almeno sapevo che quella davanti a me sarebbe stata l'ultima rampa di scale.

Sì, l'ultima.

Una delle notizie più piacevoli della giornata, sapere che non mi ci sarebbe voluto molto prima di sospirare di sollievo.

La cima era radicalmente diversa dal resto della struttura: aveva un'aria moderna, e se avessi potuto sarei andata a premere il viso contro il vetro freddo del faro.

Peccato che sbucammo in uno spazio ristretto circolare delimitato da un muretto di vetro e una porta magnetica.

Nel nostro stesso spazio c'era una ragazza alta, con occhi castano chiaro e lunghi capelli dello stesso colore, dai quali sbucavano due ciuffi tenuti a bada da dei fermagli arancio sferici.

Nonostante fosse quasi inverno, indossava un abito di un azzurro chiarissimo con dei pizzi bianchi e un giacchettino dello stesso colore dei pizzi chiuso con un grande fiocco arancio sul petto.

Assieme a lei c'era un Pokémon giallo, alto e dal collo lungo, accasciato a terra, sofferente.

Aveva una sfera rossa sulla testa e una uguale sulla punta della coda che di tanto in tanto emettevano delle piccole scintille.

La ragazza era china sul Pokémon e lo rassicurava con parole dolci.

  • Scusa, sei tu l'allenatrice di questo Ampharos?

Chiesi, avvicinandoli.

La ragazza annuì, guardandomi appena.

  • Non sembra star bene…

Mi inginocchiai accanto a lei, accarezzando piano il viso del Pokémon.

  • Infatti è così, ma l'unico rimedio si trova a Fiorlisopoli.

La capopalestra di Olivinopoli aprì bocca per la prima volta dal nostro arrivo, seppur con un filino di voce.

  • Ti possiamo aiutare noi, Fiorlisopoli è la nostra prossima meta.

Mi rialzai di scatto, sorridendole per tranquillizzarla, e lei mi sorrise di rimando.

  • Davvero fareste questo per me?

Blue era sul punto di contestare, quando esclamai:

  • Certo!

    Ci troviamo ad andare lì, ovvio che te la portiamo!

  • Non parlare alla prima persona plurale, Ferels.

Soffiò Blue, a braccia conserte.

Impulsivamente, gli rifilai una gomitata nello stomaco.

Non avrei lasciato che quell'idiota rovinasse il momento più felice della mia vita.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Chapter 14 - Cianwood City ***


  • Chapter 14

 

 

 

Cianwood City - “A Port of Crashing Waves”

 

Hoothoot&Sudowoodo vs Primeape&Poliwrath

 

« Wait for the sixteenth gym, Feraligatr.

Wait for the sixteenth gym. »

Blue

 

Le scarpe nere di Blue e le mie bianche e blu affondavano nella sabbia del percorso 40, complicandoci decisamente l'esistenza.

Alle nostre spalle sorgeva una dogana marrone e in minima parte verde, dove si erano radunate varie persone che discutevano di un certo Parco Lotta.

Interessante, come notizia, ma a quanto pareva era ancora un progetto in cantiere, per cui non mi ci soffermai più di tanto.

Davanti a noi, il mare sconfinato, dal quale proveniva una brezza invernale.

Blue si voltò verso di me.

  • Senti, se la cosa fosse stata fattibile ti avrei proposto di attraversare il mare sul dorso dei nostri Pokémon d'acqua, ma corriamo il rischio di bagnarci.

    E bagnarsi di inverno significa beccare la febbre, e non voglio che i tempi si rallentino per una scemenza del genere.

    Senza contare i Tentacool che popolano tutto il tragitto.

    Di conseguenza…

Sospirò, seccato, guardandomi molto storto.

Sapevo già cosa avrebbe detto, e io mi rifiutavo categoricamente di accettarlo.

  • ci toccherà volare…

Ecco, come non detto.

Già sarebbe dovuto sembrare evidente dalla palestra di Amarantopoli, la mia paura di cadere da altezze spropositate.

  • e dato che il tuo Hoothoot è ancora inutile, ti toccherà venire con me.

Da quando in qua Blue aveva in squadra un tipo volante?

Facendo un salto indietro nel tempo, Blue mi aveva già mostrato il suo Rhydon a Fiorpescopoli, Machamp nel Pozzo Slowpoke e aveva appena detto di avere un Pokémon di tipo acqua.

Il castano prelevò dalla tasca del solito pantalone marrone-arancio una Pokéball, scagliandola in aria.

Un lampo rosso ne fuoriuscì assieme ad una pioggia di scintille, fin quando il quarto Pokémon del ragazzo di Kanto fu svelato.

Era un volatile dall'apertura alare più vasta che avessi mai visto.

La parte anteriore del corpo era color panna, mentre quella posteriore ricordava la raffinatezza del mogano; il becco e le zampe erano di un insolito rosa violetto; le piume della coda e metà della lunga cresta che accarezzava il suo corpo erano rosse, mentre la parte restante della cresta brillava come l'oro; infine, gli occhi piccoli erano neri come la pece.

Non avevo mai visto niente di così spettacolare.

  • Fer, ti presento Pidgeot, il Pokémon più forte della Confederazione delle Medaglie Kanto-Johto.

Blue guardava fiero e soddisfatto il volatile, che scese in picchiata sulla sabbia arruffandoci così i capelli, ma era indubbio che la vista di quel Pokémon valesse più di un quarto d'ora con la spazzola in mano.

  • Tu un Pokémon così potresti solo sognarlo, Ferels.

Come al solito il paragone non poteva mancare, nonostante mi toccò ammettere che il mio compagno di viaggio avesse completamente ragione.

Solo mi chiedevo come un Pokémon dall'aria tanto elegante potesse appartenere ad un simile screanzato. Eppure l'immagine di loro due insieme non era affatto male.

Forse perché vedevo le grandi ali di Pidgeot come un segno di libertà e Blue come segno di ribellione.

Sì, ribellione all'intelligenza e finezza.

Il volatile atterrò sulla sabbia morbida e bianca, ripiegando le ali ed emettendo il suo verso caratteristico.

Abbastanza imbarazzante il fatto che fosse alto quasi quanto me.

  • Sali su, fai poche storie e non rompere, altrimenti ti butto giù.

Scherzò – o forse no? – mentre saliva sul dorso piumato di Pidgeot, tenendosi forte.

Esitai qualche istante, prima di ricevere un'occhiata assassina da parte del ragazzo di Biancavilla, e di decidere finalmente di raggiungerlo in groppa all'uccello e tenendomi nervosamente stretta a Blue, ad occhi chiusi e tutta irrigidita.

Sono quasi convinta che prima di far decollare il tipo normale e volante abbia soffocato una risata nel vedermi in quello stato.

  • Tieniti forte, scema, che altrimenti cadi.

    Anche se la cosa non mi dispiacerebbe.

Che amori, Blue e la sua apatica schiettezza.

  • Come vuoi, tanto se cado io cadi anche tu.

Borbottai corrucciata, mentre ammiravo decisamente impaurita il mare sottostante e Fiorlisopoli all'orizzonte e mi lasciavo schiaffeggiare dall'aria che Pidgeot fendeva a tutta velocità.

Blue era inerte come al solito, come se volare su un Pidgeot sopra il mare sconfinato fosse normale.

Ma sì, dai, chi se ne frega se il vento ci spazza via e ci schiantiamo in acqua? Viviamo finché siamo giovani, proviamo il brivido di farci venire una broncopolmonite volando su un Pidgeot!”.

Al solo pensieri, mi pentii amaramente di non aver insistito circa il navigare, ma almeno in poco e niente eravamo già quasi sulla città occidentale.

Deglutii a fatica, con gli occhi ridotti a due fessure per il vento.

Il mal di testa con cui mi ero svegliata quella notte era tornato ancora più insistente, distruggendomi.

Avevo paura di svenire, mollare la presa sulla giacca nera di Blue e affondare, facendo scomparire ogni mia traccia dalla Terra.

Mi strinsi ancora più forte all'indumento del mio tutore, quasi con le lacrime agli occhi di nuovo chiusi.

Insomma, ma quando sarebbe finito quel calvario interminabile?

Presto, per mia fortuna.

Atterrammo morbidi sulla sabbia di Fiorlisopoli, ma giusto un attimo per accorgermene, che crollai a terra esanime.

 

 

 

 

Schiusi gli occhi a grande fatica, trovandomi davanti un'immagine confusa e nelle orecchie suoni che non riuscivo a comprendere.

Vedevo doppio, se non triplo, ma una cosa era certa: chinato su di me, c'era Eusine.

Sorrisi, o almeno ci provai.

  • Ehilà.

Pronunciai a fior di labbra, sorridendo.

  • ti sei ripresa, Fer!

Non riuscii a comprendere la prima parola della frase, ma dal sorriso del ragazzo supposi che fosse qualcosa di positivo.

Annuii appena, e proprio quando ero sul punto di riaprir bocca per chiedergli molte cose circa quanto stesse avvenendo, tossii; e lì mi si aprii tutto un mondo davanti.

L'avevo pensato, io, che mi sarebbe venuto qualcosa a quella velocità su di un Pidgeot.

La testa continuava ossessivamente a pulsarmi, per cui richiusi per qualche secondo gli occhi e finii col riaddormentarmi.

Quando riaprii gli occhi, riuscii quasi subito a mettere a fuoco tutto, sospirando mentalmente di sollievo.

Qualcosa mi disse che ero nel Centro Pokémon di Fiorlisopoli, ormai si era capito che fossero tutti identici. Ma quella stanza era diversa, era più… verde-acqua: le mattonelle sul muro, l'orologio… così come tutto il restante della stanza.

Conclusione: non ero in una camera qualsiasi.

Probabilmente dall'altra parte della stanza c'era qualcos'altro, ma non riuscii a vederlo perché Eusine e Blue stavano discutendo animatamente.

  • È colpa tua se si è beccata la febbre! Si vede che non hai classe e che sei un cafone, perché non prendi spunto da me, così ti civilizzi?

Il cercatore stava puntando l'indice contro Blue, ghiacciandolo con i suoi occhi cristallini.

Il castano non si scompose minimamente, a braccia conserte.

  • Finché non mi mandano in tribunale per omicidio preterintenzionale a me Ferels sta bene così: non parla, non si muove e non fa niente.

Gemo sonoramente, per attirare l'attenzione dei due.

  • Finitela, su. È solo un po' di febbre, mi passerà.

Mi rivolsi dolcemente a Eusine, così carino da difendermi nonostante ci avesse inserito quell'adorabile pizzico di egocentrismo che non mi dispiaceva.

  • Quanto a te, bastardo, me la pagherai cara.

Ruggii contro il capopalestra, accigliandomi, minaccia poco credibile perché seguì subito un colpo di tosse.

Eccome, se me l'avrebbe pagata cara.

Stavo già iniziando a premeditare una vendetta succulenta che non gli avrebbe lasciato scampo.

Ma nel frattempo, una cosa era certa: non avrei viaggiato mai più con Blue per aria, poco ma sicuro.

  • Oh, guarda, la stronzetta si è risvegliata. Un vero peccato che tu non ci abbia lasciati, speravo vivamente di doverti abbandonare qui.

Ghignò il ragazzo, sbeffeggiandomi come sempre.

Istintivamente, feci saettare una mano nelle tasche dei pantaloncini, prendendo la prima Pokéball che mi capitò nonostante ne sapessi perfettamente il contenuto.

  • Feralis, usa Pistolacqua!

Come previsto, il guizzo rosso della ball divenne un minaccioso ed enorme alligatore, che ubbidì ciecamente agli ordini, inondando violentemente Blue d'acqua.

Quattordici a dieci per Blue, Feralis, ma sapevo che presto avrei rimontato i punti che mi mancavano per schiacciarlo come un insetto.

Dopo imprecazioni poco carine nei miei confronti, se ne andò, agitato e con i capelli flosci.

Eusine represse una risata, prendendomi una mano e facendola battere contro la sua.

  • Io avrei saputo fare di meglio con il mio Electrode, ma non sei stata male.

Mi strizzò l'occhio e si sedette sul letto, di fianco a me.

Automaticamente arrossii, stringendo la mano di Eusine nelle mie.

Era calda e appena screpolata, evidentemente per il freddo.

  • Grazie per avermi difesa, prima.

Mormorai, guardandolo languidamente negli occhi mentre sentivo le guance sempre più accaldate, chissà se per l'influenza o altro.

Il biondo mi sorrise, ammiccando.

  • Be', dolcezza, modestamente solo un cuore puro come il mio poteva fare una cosa del genere, ecco perché sono l'unico degno di catturare Suicune.

Sorrisi, senza staccarmi dalla mano rassicurante del cercatore.

  • A proposito, come va con le ricerche?

Nella mente mi rifiorì il ricordo delle tre bestie leggendarie e della loro improvvisa fuga dalla Torre Bruciata, un momento indimenticabile.

  • Io sono venuto qui a Fiorlisopoli proprio perché sapevo che sarebbe stata una sua meta, peccato solo che tu non l'abbia visto.

Aveva un sorriso bellissimo. Così bianco, così perfetto.

Di lui mi piaceva tutto, dalla sua calma nei momenti necessari alla sua euforia per il restante, i suoi occhi, la sua sicurezza. Persino i suoi bizzarri vestiti, gli stessi del nostro precedente incontro.

E quando mi salutò con un cenno della mano, promettendomi che sarebbe tornato, capii di essermi innamorata per la prima volta.

 

 

 

 

  • Mi raccomando, piccola, ricordati di chiamarmi.

    E dimmelo, se il cafone…

Seguì un'occhiata poco amichevole da parte di Blue, appoggiato contro una parete rocciosa mentre aspettava di potermi portare in palestra per andarsene di lì.

  • ti importuna, ci penso io a schiacciarlo come una noce.

Mi fece l'occhiolino, prima di saltare nella sua zattera improvvisata.

  • Ti prometto che la prossima volta che ci vedremo avrò già rivisto Suicune!

Brandì la mano in aria un'ultima volta, prima di scomparire all'orizzonte sul mare cristallino.

Sospirai, salutando ancora nonostante Eusine non mi potesse più vedere, sorridendo come una perfetta idiota.

Ma era questo l'effetto che mi provocava il bel biondino.

Blue, idiota come al solito, mi rise alle spalle con il solito ghigno.

  • Bell'amichetto che ti sei trovata, Rinos.

    Sareste davvero una bella coppia, l'idiota montato e la fallita scema.

Quindici a dieci per Blue, Feralis.

Ma il ragazzo di Biancavilla mi aveva seriamente scocciata, oltrepassando ogni limite.

Gli avrei voluto urlare contro tutto quello che non ero riuscita a dirgli in tre mesi, ma mi limitai ad avvicinarlo.

Ci guardammo intensamente negli occhi per tre secondi, faccia a faccia, impassibili.

Finché il dolce suono delle leggere onde non venne accompagnato da due colpi secchi, netti. E sulle guance di Blue si formarono due grandi aloni rossi, perfettamente coincidenti con la forma delle mie mani.

Continuò a ghignare ancora più rumorosamente di prima, avvicinandosi di rimando.

  • Regola numero 4, Raines: non giocare con il fuoco. Ma tu che sei un tipo acqua queste cose non le capisci, vero?

    Aspetta la palestra numero sedici, Feraligatr.

    Aspetta la palestra numero sedici.

Il mio nome e il mio cognome. Insieme.

Non reagii, non potevo. Un altro schiaffo avrebbe solo peggiorato le cose.

Sedici a dieci per Blue, Feralis.

Sedici come la palestra del mio inferno.

Mi iniziai ad incamminare verso la palestra di tipo lotta, tenendomi a debita distanza da Blue.

Non volevo vederlo, non volevo sentire la sua voce, non volevo che mi afferrasse il polso dicendomi che dovevo smetterla di comportarmi come una bambina, cosa che invece fece eccome.

Mi liberai dalla sua stretta, entrando come una furia nella palestra di Fiorlisopoli, inzuppandomi con la vasca enorme sulla quale scorreva una cascata e sotto la quale a sua volta il capopalestra Chuck si stava allenando.

Non so come, stando fermo sotto l'acqua corrente di una cascata, ma ero certa che si stesse allenando.

  • Io. Tu. Lotta. Adesso.

Puntai l'indice contro il capopalestra, che dopo pochi attimi di silenzio scoppiò in una fragorosa risata.

  • Be', buongiorno anche a te, sfidante. Se vuoi una lotta, ti accontento immediatamente!

    Ma ti avviso, sono fortissimo! Ogni giorno la cascata mi rinvigorisce!

Chuck era un uomo alto, decisamente sovrappeso e semi-svestito, cosa che mi mise un po' a disagio, facendomi perdere completamente la rabbia.

Indossava dei pantaloni rossi tutti stracciati, tenuti su da una cintura nera, dello stesso colore dei suoi occhi.

Mentre sul viso gli spuntavano dei baffoni castani che di certo non passavano inosservati, così come i capelli.

  • E la cascata cosa avrebbe a che fare di preciso con i Pokémon?

Gli chiesi francamente, inarcando le sopracciglia perplessamente.

Farfugliò poche cose incomprensibili, prima di prendere due Pokéball e osservarle attentamente, finché non venne illuminato da un lampo di genio.

  • Forza, Primeape!

Una palla di pelo biondo con braccia e gambe marroni uscì fuori, decisamente non di buonumore.

Invece la mia scelta, ovviamente, ricadde su Hoothoot, il Pokémon più prossimo all'evoluzione.

  • Su, Hoothoot!

Il gufetto saltellò sulla zampa, felice, sbattendo le alucce marroncine.

  • Dai, amico, iniziamo con Beccata!

Il Pokémon si lanciò alla carica, colpendo il grosso primate in pieno.

  • Avanti, Primeape, usa Centripugno!

Il tipo lotta si caricò, per poi rifilare un potente pugno al tipo normale e volante.

  • Reagisci con Beccata, presto!

Hoothoot si alzò in volo, colpendo nuovamente Primeape con il becco.

  • Primape, usa Frana!

  • Hoothoot, schivalo, presto!

Qualcosa mi diceva che se l'attacco fosse andato a segno non ci sarebbero state più possibilità per il gufo, e per fortuna ce la cavammo bene.

  • Di nuovo Beccata, ora!

Hoothoot schivò abilmente la frana di Primeape, andando a colpirlo con il becco dritto in testa.

Superefficace, come previsto, non a caso avevo deciso di fare affidamento esclusivamente su quella mossa.

Il primate diede chiari segni di cedimento; un ultimo attacco Beccata e il primo round sarebbe stato mio.

  • Primeape, usa Centripugno!

Ecco una mossa che poteva rivelarsi un problema.

  • Presto, Hoothoot, difenditi con Ipnosi!

Due raggi gialli fuoriuscirono dalle orbite di Hoothoot, ma senza scalfire minimamente il Pokémon avversario.

  • Che cosa…?

Spalancai gli occhi, incredula.

Com'era possibile che una mossa che aveva sempre funzionato stava dando problemi?

Chuck se la rise, con il suo vocione.

  • Spiacente di comunicarti che l'Abilità di Primeape è Spiritovivo, che non gli consente di addormentarsi.

Avevo fatto la mia prima grande figuraccia in una palestra.

Wow.

Ciò non toglie che il gufo riuscì a sopravvivere all'attacco avversario, lasciandosi avvolgere da un'abbagliante luce bianca.

Ecco, un'altra evoluzione sotto gli occhi di Chuck, miei e di Blue, che nel frattempo ci aveva raggiunti in silenzio.

Una nuova figura più alta si sovrapponeva a quella del piccolo e tondeggiante Hoothoot, rivelando alla fine un maestoso gufo.

Era di un marroncino tendente più al rosa, mentre le ali erano scure come le precedenti. Le iridi rosse, magnetiche e inquietanti, erano cerchiate di beige, mentre sul petto spiccavano tanti piccoli triangoli rovesciati dello stesso colore delle ali.

Davvero spaventoso.

Al prossimo turno avrei cambiato Pokémon, costi quel che costi.

Giusto il tempo di far dare al nuovo arrivato l'ultima beccata, con il becco di un rosa velato.

E Primeape si lasciò cadere a terra, esausto.

Non esitai nemmeno un attimo nel cambiare Pokémon, e al suo posto chiamai per l'ultimo round Sudowoodo, che iniziò a scuotere le braccia a mo' di maracas.

Ma non appena Chuck chiamò in causa il suo asso nella manica, capii quanto chiamare il Pokémon Imitazione fosse stata una benedizione e maledizione allo stesso tempo.

La scelta avversaria ricadette su Poliwrath, un girino blu dalla pancia bianca un po' cresciutello dotato di braccia e gambe in grado di spaccarti i denti toccandoteli.

Sudowoodo conosceva la mossa Mazzuolegno, superefficace contro Poliwrath, la scelta del mio avversario.

Ma Poliwrath era un tipo lotta e acqua, superefficace il doppio contro i tipi roccia.

Gran bel guaio, mi sarebbe convenuto focalizzare la mia attenzione su una sola mossa anche qui, ammesso che Sudowoodo avesse resistito abbastanza.

  • Sudowoodo, usa Mazzuolegno, presto!

Una miriade di tronchi d'albero andò dritta a scagliarsi contro Poliwrath, che si difese abilmente con i pugni guantati di bianco.

  • Dai, Poliwrath, usa Surf!

L'acqua sotto di noi si innalza di botto, sommergendo Sudowoodo che cade a terra in un attimo.

Seconda grande figuraccia in una palestra.

Mi vidi costretta a richiamare Sudowoodo con un sospiro, riponendo la ball in tasca.

Che Pokémon avevo?
Larvitar, il nuovo acquisto, ma essendo un tipo roccia e terra non mi avrebbe potuto aiutare minimamente.

Sudowoodo, esausto.

Feralis, ma non aveva nessuna mossa che potesse ravvivare lo spettacolo senza farlo durare tre anni come con Whitney e il suo Miltank a Fiordoropoli.

Ed infine lui, Noctowl con gli occhi inquietanti.

Avrei volentieri fatto a meno di richiamarlo, date le sue condizioni, ma le alternative rappresentavano un bel problema.

Come non detto, il gufo tornò a svolazzare per la palestra di Fiorlisopoli, pronto per un altro round nonostante temessi per la sua salute.

Ovviamente, Chuck ritentò per la seconda volta Surf, che però Noctowl riuscì ad evitare grazie alle ali.

Ma non sapevo quanti colpi sarebbe ancora riuscito a schivare, avevo bisogno di una tattica offensiva.

  • Noctowl, conosci la mossa Confusione?

Svelai il mio piano al vento, ma poco importava finché potevo metterlo in pratica.

Il gufo, ancora alto in tutta la sua maestria nel volo fece cenno di sì.

Perfetto, in un secondo avevo capito su quale mossa focalizzare adesso la mia attenzione.

  • Poliwrath, usa Corposcontro!

Il Pokémon preparò la pancia bianca con la spirale nera all'impatto, finendo invece per aria grazie alle doti psichiche di Noctowl, che attraverso i suoi occhi inquietanti era riuscito a mettere in pratica.

Poliwrath venne poi schiantato a terra a tutta potenza, mentre utilizzava una roccia della palestra a mo' di trespolo.

Wow, che classe.

Era diventato tutto più semplice, ora che avevamo scoperto il punto debole di Poliwrath, che utlizzò invano Surf.

Ormai Noctowl si era ambientato bene, sulle immense gradinate di roccia di cui era composta maggiormente la palestra.

  • Presto, Poliwrath, Centripugno!

Noctowl prese un brutto colpo che lo mandò a terra.

Non si muoveva e gemeva.

Stavamo per dare per concluso anche il secondo round, ma il gufo si rialzò subito, innalzandosi in volo per poi colpire con una potente beccata Poliwrath, che venne definitivamente mandato a terra.

Il capopalestra, sereno, si lisciò i lunghi baffi castani, ridendo e facendo tornare Poliwrath nella piccola dimora.

  • È stata una bella lotta! Ma devo ammettere la mia sconfitta. D'ora in poi mi allenerò 24 ore al giorno!

Promise a se stesso, con gli occhi neri, infiammati da un rinnovato desiderio di allenarsi.

  • Comunque, devo darti la medaglia di questa palestra…

Ritornò a grandi passi sotto la cascata, per poi estrarne incredibilmente una grande cassaforte arrugginita.

Dopo qualche pugno si aprì automaticamente, rivelando tantissimi cofanetti che io ormai conoscevo bene: i contenitori delle medaglie.

  • Ti conferisco la Medaglia Tempesta, ragazza.

    Hai fegato, e scommetto che farai furore anche alla prossima palestra.

Aprii il cofanetto, curiosa di vedere come fosse fatta la medaglia della palestra di Fiorlisopoli: era un pugno chiuso, colorato di marrone come se fosse ricoperto da un guanto da boxe.

 

 

 

 

  • Buonasera.

Mi accomodai nella celebre farmacia di Fiorlisopoli, che si presumeva avesse le medicine per l'Ampharos della capopalestra Jasmine.

Mi ci ero recata da sola giusto perché avevo mandato via Blue ad Olivinopoli, lasciando a lui il viaggio sul suo benamato Pidgeot.

Al bancone c'era un uomo sovrappeso che doveva essere poco più magro di Chuck.

Stava gettando alcune cose nel cestino verde in fondo alla stanza, e mi sorrise non appena vide in me una potenziale cliente.

  • Buonasera, signorina! Posso esserle utile?

Allargò le braccia, mostrandomi la vasta gamma di prodotti sugli scaffali retrostanti di legno.

  • Be', a dire il vero starei cercando una pozione in grado di curare un Pokémon malato.

Il venditore prese subito ad aprire e chiudere cassetti freneticamente, mentre gli descrivevo il prodotto che cercavo.

  • Credo che la pozione segreta sia perfetta, allora!

Poggiò sul tavolo un sacchettino giallo contenente due o tre pillole marroni, che studiai attentamente.

  • Hanno l'aria di cose che funzionano…

Commentai tra me e me, sorridendo.

  • Le prendo.

Cinguettai, lasciando una banconota da mille Dollari Pokémon sul bancone e andandomene, automaticamente tormentata dal viaggio di ritorno per Olivinopoli.

 

 

 

 

 

Ehilà!

Ho un piccolo avviso per i lettori!

Da domani fino a lunedì non posterò capitoli, per la vostra gioia, causa vacanze del ponte.

Ci si becca, belli, mi mancherete tutti tantissimo! <3

 

P.S.: Ammetto di aver shippato Eusine e Feralis, in questo capitolo. <3

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Chapter 15 - Olivine City ***


- Chapter 15

 

 

Olivine City - “The Port with Sea Breezes”

 

Larvitar&Feraligatr vs Magnemite&Magnemite&Steelix

 

« You see, dear, we should go back

to Olivine City. And the only way is you. »

Feralis

 

Il mare mi si estendeva davanti come un mare di zaffiri luccicanti, impreziosito dal riflesso argenteo della luna.

Sarei rimasta lì ad ammirare la distesa d'acqua che leniva la sabbia di Fiorlisopoli per tutta la vita, ma avevo una pozione da consegnare ad un Ampharos malato.

Il vento che soffiava da est mi scompigliava i capelli, lieve, mentre cercavo nella mente la risposta al mio problema: era notte, Blue era scomparso, per di più con la borsa di entrambi, e mi trovavo di fronte il mare, senza altra via di scampo.

Di conseguenza, l'unico mezzo per tornare sull'altra parte della regione era una barca o qualsiasi cosa potesse viaggiare in acqua.

Ovviamente non avevo intenzione di costruire un'imbarcazione, non ne ero capace.

L'unica opzione rimasta era trovare qualcosa in grado di navigare, ma solo dopo pochi minuti mi accorsi di avere la risposta nelle tasche dei pantaloni: Feralis.

Non ne sarebbe stato contento, ma non c'era altra via di fuga, non potevo prendermi qualcos'altro rischiando anche su Noctowl.

Mi si materializzò davanti un grosso alligatore ruggente di due metri.

  • Vedi, amico…

Esordii stentando, in cerca delle parole adatte per comunicargli il fatto, ma avrei scommesso qualsiasi cosa che non gli sarebbe andato a genio scomodarsi di notte per la mia intolleranza nei confronti di Blue.

  • dovremmo tornare ad Olivinopoli.

Il Pokémon annuì, indifferente, mentre si lasciava accarezzare il muso giallo-azzurro da me.

  • e l'unico mezzo disponibile saresti tu.

Feraligatr ruggì per ribellarsi, spaventandomi un bel po' e facendomi ritirare istintivamente la mano.

Andare contro le sue idee era alquanto rischioso, a quanto pareva.

  • Dai, Fer! Solo per stanotte, promesso.

Lo implorai, poggiandomi la mano sinistra sul cuore con occhi da cucciolo di Stantler indifeso, tecnica infallibile.

Dopo qualche attimo di riflessione da parte dell'acquatico, arrivò la risposta con un cenno del muso: sì.

Soffocai un sospiro di sollievo, correndo a braccia aperte verso di lui e stringendolo forte.

  • Grazie, amico, so quanto sia un peso per te.

    Spero che la prossima lotta in palestra possa ripagarti adeguatamente.

Mormorai, sorridendo a fatica e senza ricevere risposte da parte di Feralis, che silenzioso si buttò in acqua.

Mi lanciò un'occhiata e capii che era arrivato il momento di imbarcarmi sul mio mezzo improvvisato.

Non sarebbe stata una nottata facile, si capiva perché il mare era infestato da Tentacool e Tentacruel, e si dette il caso che fossero tra le mie più grandi fobie.

Deglutii nervosamente, prima di raggiungere esitante nell'acqua bassa Feraligatr, montare in sella e tenermi forte ai suoi spunzoni rossi.

Non appena Feralis sentì che ero pronta, guizzò a tutta velocità tra gli scogli rischiarati appena dalla luna e le discusse Isole Vorticose, circondate per l'appunto da mulinelli costanti.

Filò tutto liscio finché un Tentacool, all'improvviso, non provò a colpirci con Velenospina con l'aiuto di un tentacolo marroncino, attirando l'attenzione di un intero branco di meduse azzurrine.

Lì crollai nel panico.

Avevo paura delle loro punture, la loro strana consistenza molle mi terrorizzava quanto i due strani bulbi rossi e trasparenti che spiccavano sulla loro testa-corpo gelatinosa.

Chissà, forse se ci fosse stato Blue queste cose non sarebbero successe, forse avrebbe provato a farmi arrivare viva fino alla sabbia.

Del resto, non voleva che niente e nessuno mi facesse fuori prima della sedicesima palestra, per cui la mia vita aveva iniziato a stargli “a cuore”, almeno per il momento.

  • Presto, Feralis, seminali.

Soffiai a denti stretti, tenendomi sempre più saldamente al mio fidato amico, abbassandomi leggermente su uno spunzone rosso per evitare che il vento mi giocasse ancora brutti scherzi, ormai la lezione l'avevo imparata.

Per lo sprint finale, Feralis triplicò la velocità, trascinandomi quasi con le gambe al vento mentre mi trattenevo con il semplice ausilio delle mani, e nel tornare sulla sabbia del percorso 40, venni scaraventata con forza a terra, mentre Feralis, ancora inesperto, inciampò accanto a me.

Il mio amico e io gememmo all'unisono, distrutti.

Ma, volendo cogliere il lato positivo, in un quarto d'ora eravamo già ad Olivinopoli.

Non esitai nemmeno un secondo prima di ritirare il Mascellone nella Pokéball e correndo rapida come un fulmine verso il faro della città, sotto gli occhi basiti dei giovani del posto, ancora intenti a guardare le stelle.

Be', contenti loro.

Mi fiondai nell'ascensore del faro, aspettando con impazienza di giungere a destinazione.

Dovevo vincere quella medaglia, non importavano le mie gambe e braccia trasudanti sabbia.

Avrei dimostrato al mio tutore che ce la potevo fare e che non avevo bisogno di lui, nonostante la mente mi dicesse tutt'altro.

Nulla avrebbe dovuto fermare la mia corsa.

Raggiunsi vittoriosa la cima del faro, sotto lo sguardo leggermente stranito di Jasmine, dall'aria decisamente stanca.

  • Sei la ragazza dell'altra volta, per caso?

    Ma non c'era anche un ragazzo con te?

Mi chiese, domandando il capo di lato e solleticandosi appena una tempia con l'indice, sorpresa.

  • Esatto, sono io.

    E di quell'idiota non me ne frega niente.

Mentii, e nel frattempo iniziai a cercare come un'ossessa nelle tasche con la paura di aver lasciato cadere le pillole color ebano nel mare, ma così non fu, per fortuna.

E già che c'ero, decisi bene di controllare anche lo speciale campanellino di Amarantopoli, anche quello ancora presente.

  • Ecco, tieni.

Le porsi il sacchetto giallo, che accettò chinando il capo, porgendone poi il contenuto al Pokémon moribondo.

Subito dopo, Ampharos apparve come rinato: fece scaturire dalla coda numerose scintille che riaccesero finalmente il faro, illuminando il mare circostante.

E assieme al tipo elettro, anche Jasmine apparve come rinata, con le iridi nocciola che presero a brillarle.

  • Ti ringrazio di cuore, ma credo che non sia sufficiente!

    Cosa vorresti come ricompensa per aver fatto tanto?

Sorrisi furbamente, scrollando una mano dalla sabbia per poggiargliela sulla spalla.

  • Semplicemente una lotta in palestra, non vedo l'ora di avere tra le mani la sesta medaglia!

Si accesero anche i miei occhi, desiderosi di vittoria.

Jasmine sorrise, facendosi sfuggire qualche risolino.

  • Adesso? Ma è molto tardi.

La capopalestra scosse appena il capo, ancora sorridente.

Mi poggiai entrambi i pugni sui fianchi, sorridendo di rimando.

  • Be', hai detto di dovermi qualcosa, e io ti ho chiesto di adempire ai tuoi doveri, quindi ci conviene filare dritte dritte verso la palestra.

Ammetto di non essere mai stata di una grande finezza o delicatezza, ma una lotta in palestra era pur sempre una lotta in palestra.

Un'immancabile, succulenta e soddisfacente lotta in un'altrettanto spettacolare palestra.

Quella di Olivinopoli, però era semplice: un normalissimo corridoio con pareti rosee e appena bianche e due arcate d'acciaio, una dalla quale spiccavano piccole luci verde-acqua, mentre le altre erano gialle.

  • Forte…

Sussurrai stupita, esplorando con gli occhi ogni millimetro di quel posto.

  • Bene!

Esclamò Jasmine, una volta arrivate al campo.

  • È arrivato il momento di mettere alla prova la tua forza.

    Ti ringrazio per il tuo aiuto al Faro, ma ora mi vedrai in un'altra veste.

    Lascia che mi presenti come si deve.

    Sono Jasmine, capopalestra del tipo acciaio, un tipo duro, freddo e anche affilato.

    È forte, sai?

Con un gesto teatrale estrasse elegantemente con due dita una Pokéball, che lanciò in aria.

Essa rotolò un po', lenta, per poi toccare terra e liberare il suo amico: un Magnemite.

Il magnete color argento volteggiò su se stesso, caricando le due calamite grigio scuro ai lati.

Prelevai tre Pokéball dalla tasca, storcendo le labbra in una smorfia: Feraligatr, Sudowoodo, Larvitar.

Avevo promesso a Feralis che avrei lasciato combattere lui, ma non potevo mandarlo in campo contro un tipo elettro e acciaio.

Gli mormorai delle scuse, sospirando.

Sarebbe stato meglio utilizzare Larvitar, almeno per il momento.

  • Su, Larvitar!

Il Peldisasso, a zampe conserte, fuoriuscì dalla ball, salutandomi con un cenno del capo.

Sapevo già con che mossa esordire.

Sapevo già che a breve non sarei più riuscita a mantenermi in equilibrio.

  • Vai, amico, usa Terremoto!

La terra iniziò a tremare sotto di Larvitar, concentratissimo e impassibile, peccato che la stessa cosa non valse né per Jasmine e né per me, che per la scossa crollammo a terra in ginocchio.

Riuscii a sentire i granelli di sabbia attaccati alle mie gambe schiacciarsi contro la mia pelle, per cui mi sfuggì un'istantanea smorfia di dolore.

Santissimo Lugia, che male.

Stessa cosa valse anche per le mani, poggiate a terra per sostenermi.

Piccolo promemoria: mai, mai più utilizzare Terremoto senza essermi accertata di non avere nessun potenziale micro-assassino sul corpo.

L'unico lato positivo consistette in una vittoria fin troppo semplice da parte di Larvitar, che sinceramente mi stupì parecchio.

Alzò molta polvere, per cui non potei ammirare il viso sconvolto di Jasmine, che nel frattempo si era tirata su tossicchiando e spolverandosi il vestito azzurrino.

Io invece non mi alzai, preferii di gran lunga rimanere a terra aspettando il prossimo Pokémon contro il quale utilizzare nuovamente Terremoto, ormai avevo deciso che avrei tirato avanti così finché avrei potuto, ad eccezione del gran finale che sarebbe toccato a Feralis.

Una promessa è una promessa, e non volevo deludere il mio piccolo grande campione. Più grande che piccolo, ma va be'.

Il secondo Pokémon era identico a quello precedente: un altro Magnemite.

Non volevo sapere quale fosse il suo set di mosse, non gli avrei dato il tempo di sperimentarlo su Larvitar, pronto a far fuori un altro avversario.

Avevamo il secondo round in pugno.

Stessa storia: stessa mossa, stessa esemplare caduta a terra da parte di una poco previdente Jasmine, stesso Magnemite tramortito per terra, con l'unico occhio roteante per la stanchezza.

Ma sapevo che l'ultimo Pokémon non sarebbe stato un Magnemite, ma molto di più.

Per cui ritrassi Larvitar, elogiandolo abbondamente.

Non mi tirai ancora su, non volevo, nonostante mi facesse sentire a disagio l'essere l'unica seduta a terra.

Ma va be', erano gli altri a doversi adeguare a me, non viceversa. O almeno credevo.

Terza Pokéball lanciata in aria, Steelix in campo, sguardo rosso e minaccioso.

Non ci si poteva aspettare di peggio da un tipo acciaio.

Ma un lato positivo c'era: il Ferroserpe era anche di tipo terra, grande vantaggio per me che mi ritrovai a chiamare in campo il grande alligatore azzurro.

  • Forza, Feralis, usa Pistolacqua!

Partii con un qualcosa di leggero, invece di rendermi monotona con la nuova mossa che avrei voluto insegnargli: Terremoto.

Ma la cannonata d'acqua non portò i grandi frutti sperati: Steelix era ancora in piedi, o meglio, sull'acciaio che componeva il suo corpo spinoso.

  • Steelix, usa Stridio!

Un rumore irritante si iniziò a propagare per la stanza, danneggiando visibilmente Feralis, che dava l'impressione di essere più fiacco, e distruggendomi i timpani.

  • Feralis, contrattacca di nuovo con Pistolacqua!

Il Mascellone riempì la bocca d'acqua, per poi sputarla contro Steelix che la deviò scansandosi abilmente.

Alla faccia del serpentone di ferro di quattrocento chili.

Che poi, in altezza era il quadruplo di Feralis; preoccupante, come cosa.

Utilizzò Sassata cogliendo di sorpresa l'alligatore, che venne sepolto da una marea di pietre.

  • Feralis! È tutto a posto?

Il silenzio calò su tutto il campo, assordante nel suo vuoto.

Sentivo il cuore pulsarmi nelle orecchie, i brividi e il sudore freddo lungo la schiena.

No, nulla poteva buttare giù Feraligatr, non si sarebbe lasciato abbattere così.

Pregai affinché ne uscisse fuori quanto prima, nonostante fossero passati solo pochi attimi stavo già avendo paura.

Un rumore interruppe istantaneamente il silenzio, con un boato pazzesco.

Piccoli massi, pietre e quant'altro iniziarono a volare da tutte le parti, mentre una maestosa figura azzurra accendeva i suoi occhi dorati.

Feralis si voltò verso di me, annuendo, prima di scagliarsi contro la bestia avversaria con una cannonata d'acqua che lo centrò in pieno.

Steelix si scrollò di dosso l'acqua, con le piccolissime iridi scure che fissavano minacciose il grande coccodrillo.

Solo l'ultimissimo Pistolacqua e tutto sarebbe filato liscio come l'olio, rendendomi la nuova medaglia; ma sapevo che Jasmine avrebbe provato a difendersi fino all'ultimo.

  • Su, Steelix, usa Terrempesta!

La capopalestra iniziò a puntare sulla difensiva, scatenando una fastidiosa tempesta di sabbia dal nulla che i miei occhi avrebbero maledetto per sempre.

Non mi mossi da terra e mi parai il viso con le braccia, altrettanto insabbiate.

E non fui l'unica a risentirne, ma anche Feralis.

  • Presto, usa Pistolacqua!

In quella mossa risiedevano tutte le mie speranze, ma il getto d'acqua venne deviato dalla tempesta, più impetuosa di poco prima.

Sia io che il mio Pokémon dovevamo adeguarci alla situazione, nonostante la terra non fosse il nostro forte.

Dovevo agire e in fretta, anche perché Feralis stava iniziando a risentirne, mentre Steelix non venne nemmeno minimamente scalfito dalla sua bufera di sabbia.

Pistolacqua doveva funzionare, era la nostra unica via di fuga da quella palestra infernale.

Ma non ci potevamo fermare, avevo altre dieci palestre da fronteggiare per dimostrare a Blue che si sbagliava sul mio conto.

Già, Blue.

Lo stesso che avevo mandato via, commettendo un errore fatale, perché per quanto potesse essere irritante era pur sempre l'unico a darmi davvero qualcosa in cui credere.

Avrei vinto, avrei vinto pensando a Blue e alla nostra futura battaglia nella sua palestra.

Feralis sembrò percepire i miei pensieri, perché si voltò verso di me, con gli occhi aurei semichiusi per la tormenta.

Dopodiché, agì da solo, ormai sapeva già qual'era l'unica mossa che poteva davvero aiutarci.

Avanzò lento nella tormenta, non temendo il suo terribile avversario.

Non volevo che lo fronteggiasse, ma era lì per quel motivo.

E io, in fondo, gli avevo fatto una promessa: mi avrebbe fatto ottenere la sesta medaglia della regione di Johto.

  • Avanti, Steelix, usa Codacciaio!

Disse ad alta voce Jasmine, notando un'imponente figura avanzare verso di loro, ma il duro acciaio della coda di Steelix non sembrò scalfire quasi minimamente il Mascellone, che proseguiva imperterrito e a grandi e lenti passi, finché non si trovò faccia a faccia con il Ferroserpe, che teneva già di nuovo pronta la coda per difendersi.

Si fissarono per due intensi istanti, prima che Feralis si riempisse la bocca d'acqua e la sputasse dritta addosso a Steelix, che non fece in tempo a deviarla.

In un primo momento non capii di aver vinto, la tempesta mi impediva la visuale.

Mi alzai di scatto in piedi, trepidante, finché l'effetto di Terrempesta cessò e capii: avevo appena ottenuto la Medaglia Minerale.

Poco dopo Jasmine, sconvolta, mi rivolse uno sguardo triste e vuoto contemporaneamente.

  • Tu mi superi sia per capacità che come gentilezza. Secondo le regole della Lega…

Frugò in uno sportello che prima non avevo notato in una delle due arcate, prima di estrarne un ottagono d'acciaio.

  • ti conferisco questa medaglia.

La ragazza si illuminò leggermente, sorridendomi appena mentre mi consegnava l'oggettino.

Lo riposi immediatamente nel portamedaglie, ringraziai e me ne andai, con Feralis al seguito che faceva rimbombare i suoi passi sul suolo.

 

 

 

 

Studiai la mappa del Pokégear per cinque buoni secondi prima di trarre la mia conclusione: la prossima palestra era a Mogania, per cui dovevamo passare nuovamente per Amarantopoli, la città del mio primo incontro con il ragazzo dei miei sogni.

Feralis si sporse appena dalla mia spalla per curiosare con me con l'aggeggio elettronico, nonostante dubitavo che capisse qualcosa di mappe.

Figurarsi, a malapena ne capivo io.

  • Per la prossima palestra dobbiamo fare un bel po' di strada a ritroso, amico.

Mormorai, accennando uno sbuffo.

Un verso di assenso da parte del coccodrillo, poi niente.

Nessuna battuta acida, nessuno storpiamento del mio nome.

Stavo seriamente iniziando a sentire la mancanza del mio odioso tutore.

Chissà se era già tornato nella regione di Kanto per fatti suoi, se mi aveva dimenticata… Non che potessi pretendere molto, dato che ad averlo lasciato fui proprio io.

E ribadisco che fu un errore madornale liberarmi dell'unico essere umano che avessi accanto.

Istintivamente, cercai sul Pokégear il numero del Professor Elm, che non sentivo da un bel po'.

Avevo bisogno di consolazione, ma mi rifiutai di dirglielo chiaramente.

Avrei detto che volevo solo scambiare quattro chiacchiere, come se nulla fosse.

  • Feralis, tesoro! Qual buon vento ti porta a chiamarmi, ragazza?

La voce del professore mi tranquillizzò istantaneamente, facendomi sospirare di sollievo.

  • Tutto a posto, volevo dirle che Crow si è evoluto in un Feraligatr e l'ho chiamato come me.

L'uomo era sul punto di aprir bocca, ma lo interruppi per aggiungere un dettaglio importantissimo.

  • E ho vinto la mia sesta lotta in palestra, adesso puntiamo verso Mogania.

Il Professor Elm balbettò, prima di riuscire a proferir parola.

  • Ma è assolutamente fantastico! Scommetto che il nipote di Samuel è fiero di te!

Perché, perché!? Era andato tutto così bene fino a quel momento della telefonata, finché non lo menzionò.

  • Sì, certo. È fiero di me.

Mormorai, con voce incrinata.

 

 

 

 

 

 

 

E dopo quasi una settimana, ritorno con un nuovissimo capitolo!

Be', sempre sperando che riesca a scriverne uno anche domani, dato che l'anno scolastico giunge al termine… Eventualmente mi scuso a partire da ora, belli. <3 D: Anzi, vi avviso già da ora che il capitolo di domani sarà disponibile il giorno 30 per impegni dell'autrice.

Comunque voglio concludere il capitolo con qualcosa di felice, quindi… ringrazio di cuore tutti quelli che hanno impiegato del tempo per leggere o recensire questa ff, non sapete quanto vi amo. <3

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Chapter 16 - Team Rocket HQ ***


  • Chapter 16

 

 

 

Team Rocket HQ

 

Arcanine&Exeggutor vs Murkrow&Raticate&Grimer

 

« Haven't you noticed we aren't alone? »

 

Era così imbarazzante dover ammettere a me stessa che avevo bisogno di quell'idiota per darmi la carica, ma purtroppo era la realtà dei fatti.

Quel suo modo di fare mi spingeva a dare il meglio di me per dimostrargli quanto fossi superiore alle sue aspettative.

Mi voltai verso Feraligatr, il mio migliore amico nonché enorme coccodrillo azzurro.

Ricacciai indietro le lacrime, non volevo che notasse la mia vulnerabilità.

Gli avrei voluto chiedere se fosse rimasto sempre con me, ma la risposta era ovvia.

Mi trascinai a fatica verso la fine di Amarantopoli, ormai distrutta sia moralmente che fisicamente, con la testa pulsante e dolori muscolari alle gambe.

L'unico lato positivo era che davanti mi si apriva, nel cuore della notte, il curioso percorso 42, caratterizzato da tre entrate del Monte Scodella – o almeno credevo – intervallate da due grandi specchi d'acqua.

Dal primo intravidi un Goldeen sbucare fuori dall'acqua, muovendo freneticamente la sua coda bianco-rossa.

Non era di mia intenzione dover ricorrere a Feralis per attraversare l'acqua, e se per questo non lo era nemmeno addentrarmi nel Monte Scodella.

L'unica via di fuga era una: volare.

Ma sì, ero così stanca che un altro malanno non mi avrebbe devastata più di così, e poi non sarei mai riuscita a sopportare un solo passo in più.

In meno di dieci secondi, gli occhi di Noctowl mi stavano già scrutando nel buio attentamente.

  • Bene, amico, credo proprio che sia arrivato il momento di testare le tue capacità come mezzo di trasporto.

Borbottai, facendo spallucce.

Il percorso da oltrepassare, seppur lungo, era solo uno, di conseguenza non c'era di che preoccuparsi più di tanto.

O forse mi sbagliavo.

Ma poco importa, il gufo marroncino sembrava già ben felice di portarmi a spasso, o almeno provarci.

Gli salii in groppa, esitante, prima di accarezzargli un'ala scura.

  • Mogania, Noctowl.

Un leggero mormorio, e il Pokémon si alzò in volo, superando rapidamente in un minuto scarso il primo laghetto che divideva un'immensa distesa boschiva sulla mia destra dagli aspri monti sulla mia sinistra.

Noctowl volava molto più lento di Pidgeot, cosa che si rivelò un bene date le circostanze, per cui riuscii a godermi di più la passeggiata, mentre da sotto numerosi Zubat svolazzanti facevano capolino per capire cosa stesse succedendo sopra le loro ali.

Tutto taceva, grazie al cielo, perché la testa non smise nemmeno un attimo di ricordarmi quanto mi facesse male.

Eravamo sul secondo specchio d'acqua quando il gufo canticchiò sereno, iniziando l'atterraggio.

Mi aspettavo di vedere una città moderna, ricca di attrazioni naturali, di fiori, bacche e abitanti gentili e ospitali.

E bene, Mogania era il perfetto opposto: era una città dall'aria antica e completamente spoglia, senza contare alcune donne di età avanzata che sbatterono le porte di legno verde delle loro abitazioni al mio arrivo come se fossi una criminale.

Noctowl tornò nella ball, mentre le mie scarpe pestavano l'edera fresca della città, deserta.

Mi guardai intorno, una volta arrivata nel centro.

L'unica luce – per giunta fioca – proveniva dal Centro Pokémon cittadino, parallelo alla settima palestra della regione.

Caspita, che bel posto.

L'unica porta che trovai aperta fu quella di un piccolo locale perfettamente uguale alle altre case, anche se all'interno era decisamente più carino degli altri negozi che avevo visitato.

Vi diedi un'occhiata, sospettosa, scorgendo un bancone e più scaffali colmi di roba.

Mi addentrai, tenendomi strette le Pokéball.

Non c'era proprio nessuno.

Eppure qualcosa non quadrava: come mai la porta era spalancata?

Continuai a girarmi intorno, cercando risposte alla mia domanda, finché i miei occhi non si posarono su una scalinata in fondo al negozio, quasi nell'angolo in fondo a destra.

  • Ma guarda un po'.

Mi accovacciai accanto alla scalinata, chinando il capo per provare a scorgere qualcosa, ma non c'era altro se non un lungo corridoio pavimentato di beige.

Quatta, scesi con passo felpato le scale, con un brivido che andava propagandosi per tutta la schiena.

Non udii nemmeno il rumore dei miei passi, silenzio più totale.

Finché non sentii delle imprecazioni praticamente urlate.

Mi si ghiacciò il sangue nelle vene, mi si spalancarono gli occhi e la bocca mi si inaridì di colpo.

Quella voce.

Quella voce così irritante da farti venir voglia di prendere a schiaffi il possessore.

Quella voce che storpiava il mio nome.

Quella voce che mi era mancata per ore, che sembrava invece un'eternità.

Corsi a perdifiato, scontrandomi con dei Koffing e Voltorb delle evidenti trappole.

Dovevo trovarlo, a costo di frantumarmi per il dolore alle gambe.

L'unica mia salvezza era in uno dei tre piani sotterranei di quel posto tanto squallido.

 

 

 

 

Il secondo piano era un labirinto, ma grazie al mio istinto non mi ci volle molto a trovarlo, correndo come se fosse una questione vitale, cosa che in effetti era.

Ero inarrestabile, i corridoi spogli mi correvano di fianco.

Quando mi fermai, il fiato già corto venne smorzato.

Mi portai una mano sulla bocca, gli occhi fuori dalle orbite.

Da un lato, vi erano una recluta del Team Rocket e una donna un po' corpulenta, il cui profilo era disegnato da un abito bianco con una cintura nera, i capelli rosso fuoco così come le iridi e dei lunghi pendenti triangolari d'oro.

Dall'altro lato, la familiare giacchetta nera, i pantaloni marroncini e i capelli castani scompigliati come al solito.

Un totale di quattro Pokémon in campo, distribuiti equamente: dal lato del Team Rocket, un corvo dai grandi occhi color rubino, un Murkrow, e una melma viola informe, un Grimer; dal lato del ragazzo, un fascio di palme da cocco con più volti, un Exeggutor, e un cane dal pelo del capo e della coda color crema, mentre il restante era rosso con strisce nere, un Arcanine.

  • Murkrow, usa Attacco d'Ala!

La rossa esclamò, puntando l'indice contro il ragazzo.

  • Grimer, Fangosberla!

A sua volta disse la recluta, imitando il gesto della donna.

  • Arcanine, Extrarapido. Exeggutor, Psichico.

Il quadrupede scattò in avanti, per poi colpire ripetutamente Murkrow, che non fece in tempo a librarsi in volo per deviare l'attacco e si lasciò cadere a terra, esausto, mentre una delle facce di Exeggutor chiuse gli occhi per concentrarsi, sollevare con il pensiero tutta la massa violacea dalla strana consistenza e farla schiantare a terra, danneggiandola tanto da non farla più rialzare.

  • Signora Ariana…

La recluta dai capelli rosei si voltò tramortito verso la donna, evidentemente non sapendo cosa fare.

Ma, in tutta risposta, la rossa digrignò i denti, stringendo un pugno e richiamando a sé Murkrow.

  • Ragazzino, non è finita qui.

Lui la ignorò, pensando piuttosto a far tornare i suoi due Pokémon nelle rispettive ball, guardandola appena in faccia con disprezzo.

  • Fai come vuoi, tanto continuerò a sconfiggerti ogniqualvolta avrai la faccia tosta di ripresentarti.

La Generale del Team Rocket in un attimo scomparve, ringhiando con il suo tirapiedi.

Non ci pensai due volte, prima di correre verso il castano per stringerlo forte.

  • Mi sei mancato tantissimo, Blue.

Non pensavo l'avrei mai detto, ma mi vidi costretta a dirgli le cose come stavano.

Blue non esitò un attimo a staccarsi appena, per guardarmi dritto negli occhi.

  • Sei stata proprio tu ad avermi mandato via, lo sai?

Inarcò le sopracciglia, dubbioso.

In effetti, la mia affermazione precedente mancava completamente di coerenza e me ne resi conto solo pochi istanti dopo.

Mi si bloccò il cuore in gola, odiavo aver torto.

Diciassette a dieci per Blue, Feralis.

Lo ignorai, non volevo altre liti.

Sorrisi come una perfetta ebete, stringendo con delicatezza le sue braccia, che si irrigidirono di colpo.

  • Non me ne frega niente, andiamo ad affrontare la settima palestra.

Era come se mi fossi dimenticata di tutte le cattiverie che mi aveva fatto, ma era solo un'apparenza.

La felicità nel rivederlo era pur sempre mista all'odio che provavamo reciprocamente, e me ne ricordai solo in quel momento.

Ma giusto il tempo per convincerlo a ritornare che avremmo ricominciato ad odiarci a morte.

Le labbra serrate di Blue fecero appena per schiudersi, per proferire parola.

  • Non ti sei accorta che abbiamo compagnia?

Sette parole mi congelarono.

Non eravamo soli, c'era qualcun altro.

Da un angolo si sentì un riso forte quanto folle, disumano.

Un uomo gobbo uscì allo scoperto.

Un soprabito marroncino copriva l'uniforme nera del Team Rocket, nella quale aveva provato a nascondere i luccicanti e piccolissimi occhi neri, mentre un cappello della stessa tonalità di marrone copriva alla meno peggio i capelli lilla che sovrastavano una testa dalla forma alquanto anomala.

  • Raticate, Iperzanna contro la ragazza.

Un enorme topo marroncino mise in mostra i denti, correndo rapidissimo verso di me.

  • Arcanine, Fuococarica.

Il tipo fuoco in un baleno era già a pochi centimetri da me, ruggente, con gli occhi neri e bui, furenti e fissi sulla preda scattante.

La bloccò con uno scudo di fiamme che divamparono dal nulla ad una distanza fin troppo ravvicinata, facendola subito fuori.

Mentre l'uomo compiangeva il suo Raticate, sentii strattonarmi per un polso, mentre Arcanine seguiva Blue e me, che mi lasciavo trascinare incredula.

Era durato tutto un secondo, un misero secondo che mi sarebbe rimasto impresso per sempre.

 

 

 

 

 

 

 

Rieccomi con un nuovo – e alquanto fondamentale – filler! Capitemi, non voglio fare troppe palestre di fila, si perde il gusto! <3

 

Comunque, se ben notate, siamo quasi alla fine della storia (eeeh, non esageriamo!), anche se mancano ancora due palestre e la Lega.

Cavoli, non pensavo che sarei stata tanto rapida! D:

E per giunta non immaginavo che sarei arrivata tanto avanti con la storia, davvero, sono alquanto stupita, ma ovviamente è tutto grazie a voi lettori e recensori che mi sostenete sempre, vrai?~

 

E a grande richiesta, ritorna Blue! -Anche se era già previsto il suo ritorno.-

Okay, avrei potuto lasciare Feralis da sola ancora un po', ma credo che questo momento della trama fosse il più adatto per farlo riapparire. XD

Poi, è tornata la gara di “Risposte Migliori: Blue vs Feralis”, che oggi va sul 17 – 10. :'3

 

Tanti baci e alla prossima! <3 -Si spera sia domani.-

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Chapter 17 - Lake of Rage ***


  • Chapter 17

 

 

 

Lake of Rage

 

Feraligatr vs Gyarados

 

«We are arch enemies, he cares for me because

at the end of our journey I must return home alive.

He made a promise to a person dear to me.»

Feralis

 

 

Uscimmo da quella che capii essere la base segreta del Team Rocket, correndo con una velocità fin troppo eccessiva.

Non capivo, mi lasciavo solo trascinare dai miei piedi e dalla mano di Blue, stretta sul mio polso.

Perché stavamo scappando?

Chi era quell'uomo? Blue lo conosceva?

Ma soprattutto, dove diamine ci stavamo dirigendo?

Avevo ancora un'espressione allibita sul volto, in trance.

Davanti a me riconobbi un percorso erboso, prima che diventasse una macchia verde informe.

I suoni mi giungevano ovattati e riuscivo a malapena a distinguere i Flaaffy dal resto della vegetazione, e già il fatto che fossero le tre del mattino non mi aiutò affatto.

Correvo, rischiavo di inciampare, rimanevo in piedi per semplice istinto di sopravvivenza.

Percepivo qualcosa di trasparente picchiettarmi su tutto il corpo, rapido.

Non riuscivo più a sentire la voce di Blue, che nel frattempo aprì una porta e mi ci scaraventò dentro, portandomi in una casetta nei pressi di un'enorme distesa d'acqua con dentro qualcosa di rosso e strano.

E poi mi addormentai su qualcosa di morbido e soffice, tranquilla, mentre fuori divampava una tempesta furiosa.

La mattina seguente la testa mi pulsava ancora, insistente, tanto da farmi desiderare di scomparire.

Mi risvegliai su un letto che certamente non era né il mio né quello di un Centro Pokémon, coprendomi gli occhi per il troppo sole mattutino.

Ero in una casa interamente di legno, con una terribile puzza che attentava alle mie narici.

Provai a guardarmi intorno, per quanto mi fosse concesso dal mio stato di salute e da un fascio accecante di luce che spezzava in due la stanza, e l'unica persona che trovai fu un uomo vestito quasi interamente di rosso che fischiettava, operando in un piccolo lavandino d'acciaio con tonnellate di Magikarp gementi al suo fianco.

Da far ribrezzo.

  • Buongiorno, ragazzina, finalmente dai segni di vita.

Il pescatore non smise di lavorare e fischiettare.

E Blue? Perché non era lì?

Per un attimo temetti di essere stata abbandonata per l'ennesima volta, e per la rabbia avrei voluto urlare le peggiori imprecazioni possibili ed immaginabili.

Ma non ne ero in grado, con la gola bruciante, per cui mi limitai a piangere per la disperazione.

Ero sola, esausta, e probabilmente in fin di vita per l'ennesima volta.

  • Il ragazzo che era con me…?

Singhiozzai a voce bassa e orribilmente roca.

  • Intendi il simpaticone che ti ha buttata sul mio letto stanotte?

L'uomo si decise a voltarsi verso di me per la prima volta, sospirando ma accennando un sorriso.

  • È al Lago d'Ira qui, voleva dare un'occhiata al Gyarados rosso che ultimamente sta inondando le rive del lago.

Un sospiro di sollievo mi si levò dal fondo dell'anima.

Almeno non mi aveva lasciata marcire sul letto di un pescatore in una bettola puzzolente.

Come se mi avesse letto nel pensiero, il giovane rise appena, sistemandosi il cappello rosso sulla testa.

  • È tuo fratello, tuo cugino, il tuo migliore amico o il tuo ragazzo?

No. No. No.

Acquisii un po' di lucidità, scuotendo con forza la testa.

Non era mio fratello, nonostante fossimo fisicamente abbastanza simili.

Nemmeno mio cugino, a parte che non ne avevo.

Non sarebbe mai stato il mio migliore amico, poco ma sicuro. Quello sarebbe stato il posto di Feralis per sempre.

E poi, “il mio ragazzo”.

Litigavamo come una coppia di fidanzati, stavamo – quasi – sempre insieme come una coppia di fidanzati, ci preoccupavamo l'un per l'altro a vicenda – per motivi diversi – come fidanzati, ma eravamo tutto tranne che fidanzati. O innamorati. O qualsiasi sinonimo.

No, decisamente. Ci comportavamo così solo perché dovevamo arrivare entrambi integri all'ultima palestra di Kanto per far esplodere definitivamente il nostro odio reciproco.

E poi io avevo una cotta per Eusine, il perfetto opposto di Blue, vanità escludendo.

Scossi nuovamente la testa, sorridendo.

  • Nessuno dei quattro. Siamo acerrimi nemici, lui si preoccupa per me solo perché alla fine del nostro viaggio dovrò tornare viva a casa.

    Ha fatto una promessa ad una persona a me cara.

Un colpo di tosse secca che regalò altre lacrime lungo le mie guance.

Diamine, che male.

Il pescatore si alzò di botto dalla cassa su cui era seduto – che probabilmente conteneva altri Magikarp –, si sciacquò per bene le mani, e iniziò a frugare in un borsone per poi estrarne una confezione di pillole, o almeno credevo.

  • Ecco, prendi una di queste, così almeno ti sentirai meglio.

Mi lanciò in grembo la confezione di medicinali grigiastri, ricambiando il sorriso.

Lo guardai un po' torva e sospettosa, del resto non sapevo nulla di quel tizio.

  • Fidati, non è nel mio interesse uccidere una ragazzina indifesa.

Alzò le mani, scuotendo il capo.

  • E poi, non vorrei avere a che fare con quello psicopatico del tuo amico.

Impulsivamente, scartai una pillola e me la ficcai subito in bocca, giusto per riavere la voce per dirgli che non eravamo amici.

La gola iniziò a bruciarmi come non mai, come se avessi mangiato chili su chili di peperoncini.

Finché non urlai per il dolore quello che gli avrei voluto dire.

  • Ma noi siamo rivali!

La mia voce squillante era tornata, e produsse un eco tanto potente da irritare persino me e da inondare violentemente la riva del lago.

Il portone della casa si aprii di colpo, Blue era furente. E zuppo d'acqua.

  • Ma porco Growlithe, che cazzo urli! Ti ha sentita mezza Johto, imbecille.

Guardai il mio compagno di viaggio, sconvolta, e poi il pescatore.

  • Gyarados rosso ti ha fatto una sorpresina, vero?

A braccia conserte, l'uomo studiò il capopalestra.

  • Sì, e magari quel coso avrebbe continuato a riposare, se questa qui non si fosse messa a gracchiare come un Murkrow accalorato.

La solita finezza di Blue Oak, insomma, solo più accentuata.

  • Io mi rifiuto di far ritornare le rotelle a posto a quel coso, è colpa di Ferels se ha iniziato a rompere.

Era tanto furioso che adesso la voce troppo alta era la sua.

  • Allora…

Mi volevo proporre io per sistemare le cose con il fantomatico e celebre Gyarados, ma come al solito il mio tutore mi bloccò con uno sguardo di fuoco.

  • Tu sta' zitta, cretina, è meglio se non fiati proprio.

    Adesso ci vai tu a zittire il Gyarados.

Ma sì, poco importava il modo in cui avevo ottenuto ciò che volevo, l'importante è che sarei andata io a fare conoscenza con un Pokémon tanto raro.

 

 

 

 

Di certo non mi aspettavo un viaggio in una gondola veneziana, poco ma sicuro.

Ma se per questo non mi aspettavo nemmeno di riscontrare una simile burrasca, cosa abbastanza assurda data l'entità dello specchio d'acqua, che rifletteva perfettamente il proprio nome.

Ciuffi su ciuffi di flora marina sbucavano a fior d'acqua come per formare un labirinto, mentre le onde si abbattevano con ferocia dappertutto, alimentate dall'incessante pioggia.

Ero già bagnata zuppa quando, a braccia conserte e con Feralis al fianco e il suo fiato sul collo, stavo vedendo il da farsi.

Inutile dire che il Mascellone sarebbe stato l'unico a potermi dare una mano, con le sue capacità natatorie. L'unico problema risiedeva solo nel trovare un punto strategico nel quale addentrarsi nelle acque tempestose del Lago d'Ira.

  • Tu che ne dici, amico?

In tutta risposta grugnì, iniziando a fissare un punto dove l'acqua pareva più agibile.

Non ero molto fiduciosa nella scelta di Feralis, ma non ebbi via di scampo. Non toccava mica a me sguazzare direttamente nel lago.

Ridussi gli occhi in due fessure scure, esitando.

  • Va be', se lo dici tu mi fido.

Alzai le spalle in segno di rassegnazione e permisi all'alligatore azzurro di gettarsi in acqua.

Io, subito dopo, presi la rincorsa e gli saltai atleticamente in groppa, sul punto però di disintegrarmi l'interno coscia.

  • Hai campo libero, puntiamo a quel Pokémon laggiù.

Gli feci cenno verso un lungo nastro rosso da lontano.

E ribadisco da lontano, perché da vicino mi avrebbe potuta sbranare in un batter d'occhio.

Da dietro sentivo lo sguardo di Blue pungermi la pelle, nonostante fossimo a metri e metri di distanza.

Voleva vedermi fallire, ma non ci sarebbe riuscito.

Feralis saettò tra i cespuglietti di flora marina, deviandoli abilmente mentre pensavo che la mia fine fosse vicina.

Respirai profondamente, dovevo calmarmi.

Mi concentrai sulle mie gambe che fendevano l'acqua, in sella a Feraligatr.

Perché arrenderci? Non avevamo perso quasi nessuna sfida.

Già, quasi.

L'unico ad avermi messo con i bastoni tra le ruote era il ragazzo di Biancavilla, Ash, quello che incontrai a Fiordoropoli.

Chissà quando ci saremmo incontrati di nuovo, chissà a livello di medaglie come se la stava cavando… Ero così presa da Eusine che mi ero dimenticata di quel ragazzino con quel Pikachu.

Ma soprattutto che, se anche lui si trovava ad affrontare la settima palestra della sua regione, a breve si sarebbe dovuto scontrare con Blue, che non si sarebbe certo lasciato sconfiggere tanto facilmente.

Ah, a proposito di sconfitte, ecco il simpatico Gyarados rosso, che non si fece tanti problemi a ruggirmi in faccia.

Perfetto, adesso dovevo anche lavarmi per l'ennesima volta in pochi giorni i capelli.

Il fantomatico Pokémon non era nulla di diverso da quanto già riferisse il nome: sei metri e mezzo di serpentone dal ventre giallo chiaro e l'aria minacciosa che al posto di essere blu era rosso.

E l'unico motivo per calmarlo, ovviamente, era una lotta.

  • Vai, Feralis, usa…

Non ebbi il tempo di ordinare una mossa, che il coccodrillo si fiondò su Gyarados, ruggente.

Un pensiero rapido come una saetta mi balenò in mente: Ritorno.

Sì, dai, un Pokémon che impara mosse a suo piacere come se nulla fosse, ma fui ben felice nel constatare che la mossa fu ben più potente del solito Azione.

Va be', tanto di guadagnato.

Il Gyarados sussultò, reagendo con Morso grazie alle zanne affilate come rasoi, ma Feralis schivò il colpo inabissandosi nel lago. Portandosi dietro anche me.

Mi sentii come se fossi stata sul punto di affogare, per cui iniziai a dimenarmi disperatamente, ma in poco e nulla il tipo acqua riemerse.

C'era mancato poco, sì, ma la parte peggiore fu capire che non avevo altra scelta se non rimanere sul dorso di Feralis.

Okay, ero ufficialmente spacciata, dato che per schivare i colpi di Gyarados era un bene potersi inabissare.

  • Fer, Morso!

Sputai acqua da ogni singolo poro, tossicchiando, mentre mi ritrovai ad una distanza troppo ravvicinata con l'avversario mentre il Mascellone provvedeva a morderlo.

Possibile che ogni mossa da parte di entrambi mi facesse seriamente rischiare di morire?

Non mi fu nemmeno possibile vedere quanto stesse accadendo, dato che ero spaventata, premuta quanto più comodamente mi era concesso sul dorso del mio amico.

Almeno lo spettacolo dell'ennesima vittoria di Feralis me lo sarei potuto godere, no?

A quanto parve no.

Iniziò una lotta furiosa tra i due, lo percepivo dagli schizzi d'acqua che mi avrebbero portata dritta dritta tra le braccia di un altro malanno alla pari di quello a Fiorlisopoli.

D'un tratto non riuscii più nemmeno a dare i comandi all'alligatore, tant'è vero che decise di fare di testa sua, cosa che parzialmente non si rivelò uno sbaglio, perché lanciò una cannonata anomala d'acqua che poteva essere qualsiasi mossa tranne che la secolare Pistolacqua.

Quella mossa era di più, del resto un Gyarados non lo porti al lastrico con uno sputacchio d'acqua: era un Idropompa, o almeno la mia testa bacata così mi suggeriva.

Mi sorprese il fatto che Feraligatr avesse imparato ben due nuove mosse dall'ultima volta, ma non era il momento di cantare vittoria.

Il serpentone, più furioso che mai, esibì il suo disappunto scatenando un Tornado sull'acqua, che portò me e il mio amico ad immergerci nuovamente.

Stavolta fui più previdente, per cui feci molta attenzione nel rendere il mio corpo un valido serbatoio d'acqua, nonostante essa tendeva a portarmi su, facendomi staccare dal mio compagno di viaggio.

Ma così non fu, perché mi tenni stretta a lui, felice.

Avevamo la vittoria in pugno, forse.

E dico forse perché in un nonnulla Gyarados ci raggiunse sott'acqua, facendomi crollare nel panico più totale, ma rimasi abbastanza calma da conservare una piccola riserva d'aria nel corpo.

Dovevo tranquillizzarmi, se volevo sopravvivere a quell'esauriente apnea.

Alla fine ci colpì nuovamente con Morso, e per un caso totalmente fortuito non prese me.

Ritornammo su in un lasso di tempo che mi parve un'eternità, mentre la pioggia continuava a picchiettare incessantemente sulla mia testa.

Feralis si voltò un secondo verso di me e io istintivamente gli sorrisi.

  • Questo è l'ultimo round, piccolo. Dai il meglio di te.

Sussurrai, e l'alligatore annuì.

Di scatto mi strinsi ancora di più al mio amico, aspettando con ansia la mossa finale.

Gyarados ci scagliò contro delle fiamme dorate con un bordo indaco, Ira di Drago, mentre Feraligatr reagì con Idropompa, disintegrando l'attacco nemico e portando Gyarados a fare dei “dolci sogni”.

Subito mi voltai verso la casa del pescatore dove Blue aveva assistito alla scena, e ricambiai la sua finezza precedente con un gesto altrettanto fine.

Avevamo vinto.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Chapter 18 - Mahogany Town ***


  • Chapter 18

 

 

 

Mahogany Town - “Home of the Ninja”

 

Sudowoodo&Feraligatr vs Seel&Dewgong&Piloswine

 

« I didn't want to be funny. »

Blue

 

 

Era il 14 febbraio, ma a Mogania girava un'aria tutt'altro che festiva e romantica.

Anche dopo che i piani del Team Rocket nel piccolo villaggio erano stati sventati, i cittadini continuavano a mostrare astio nei confronti miei e di Blue.

Mi sporsi appena verso di lui, furtiva.

  • Perché ci odiano?

Mormorai, guardando di sfuggita delle donne anziane che si spifferavano a vicenda qualcosa notandoci.

  • Perché qui sono tutti idioti. Prima prendi la Medaglia Gelo e prima ce ne andiamo.

Si sporse leggermente anche lui verso di me, parlando fra i denti mentre ci dirigevamo verso la palestra, un edificio essenziale come anche tutti i precedenti.

  • Concordo.

Annuii, iniziando a cercare una strategia per l'ormai prossima sfida.

  • A proposito, tipo della palestra?

Io non staccai gli occhi dalla struttura così come Blue fece lo stesso, mentre ci lasciavamo accarezzare i capelli da un venticello che smuoveva anche i rami degli alberi.

  • Ghiaccio.

Feci schioccare la lingua sul palato, soddisfatta, lasciando che un sorriso radioso mi illuminasse il volto pallido per il freddo.

  • Perfetto.

Il capopalestra mi guardò sottecchi, senza rinunciare alla sua impassibilità.

  • Sai già che squadra utilizzare?

  • Penso che Feralis e Sudowoodo possano andar bene.

Ribattei rapida, già sicura delle mie mosse.

Sarebbe stato semplice: qualche Mazzuolegno e qualche Colpo Basso e mi sarebbe mancata solo una medaglia per poter accedere alla Lega.

Automaticamente prelevai il portamedaglie dalla borsa che il castano, come al solito, portava su una spalla e vi diedi un'occhiata.

Sei medaglie, tutte diversissime.

Il paio d'ali in alto a sinistra, seguito a ruota dalla coccinella, il semplice quadrato giallo e infine il fantasmino triste, mentre nella seconda riga vi erano un pugno marrone e un ottagono d'acciaio.

Ognuna di quelle medaglie era intrisa di splendidi ricordi, di paure, di evoluzioni, di tattiche, di brutte figure… Ormai quei sei oggettini erano i simboli della mia storia, nonostante fossero passati solo cinque mesi dall'inizio di tutto.

Richiusi con un sospiro il cofanetto blu metallico, riponendolo al suo posto.

Blue si limitò ad un verso insignificante, nel sentire quale sarebbe stata la mia scelta.

Poteva essere un verso d'assenso così come non poteva esserlo, ma a me non importava, riponevo una grande fiducia nei miei amici.

Mi scosse un brivido di freddo, mentre il vento iniziava a tirare con crescente forza.

  • Meglio entrare, qui si gela.

Borbottò lui sicuro, mentre spalancava le porte della palestra.

E bene, “al peggio non c'è mai fine”.

Basti pensare che la palestra fosse un labirinto di ghiaccio.

  • Ci saranno come minimo zero gradi.

Mormorai, esplorando il posto con qualche passo in avanti.

Passo in avanti di troppo, aggiungerei.

Il tempo di poggiare piede su una lastra di ghiaccio, che venni inglobata completamente dalla paura mentre una colonna di ghiaccio si faceva troppo, troppo vicina.

Come si poteva chiaramente prevedere, mi ci spiattellai.

  • I miei più sinceri complimenti per l'intelligenza, Ferels.

    Davvero non sapevi che non puoi fermarti a comando, sul ghiaccio?

Il ragazzo di Biancavilla, seccato, mi rinfacciava l'ennesima prova del mio essere estremamente imbranata.

Il tempo di uno sbuffo e di voltarmi con la schiena sulla colonna, che Blue mi finii a pochi centimetri di distanza grazie alle sue mani e braccia dritte e perfettamente perpendicolari sul pilastro gelato e poco sopra le mie spalle, altrimenti sarei definitivamente deceduta.

Almeno lui nel raggiungere la colonna era stato più accorto.

Sentivo il suo respiro chiaro e tondo, e non perché dalle labbra emetteva condensa.

Eravamo esageratamente vicini, e forse era la prima volta che potevo ammirare ogni singolo dettaglio del suo volto marmoreo, studiandolo in ogni minimo particolare.

I suoi capelli sbarazzini mi solleticavano la fronte, mentre contemplavo i suoi occhi castani giusto di qualche tonalità più chiari dei miei e le labbra di un rosa chiarissimo, abbozzatamente screpolate.

Era perfetto.

E quando sentii un pizzicore sulle guance, sapevo che non era per il freddo.

 

 

 

 

Quando arrivai al cospetto di Pryce, il capopalestra cittadino, ero tutt'altro che concentrata.

Mi guardavo nervosamente intorno, le mani congelate si graffiavano a vicenda con le unghie per l'irrequietezza.

Dovevo fuggire da quella palestra, mi stava profondamente segnando nel profondo della mia anima.

Non era possibile, non me ne capacitavo.

Rivolsi uno sguardo celato a Blue, che se ne stava indifferente con le mani nelle tasche dei pantaloni come al solito, e il mio cuore perse uno o due battiti.

No, non mi sarei mai perdonata una cotta per quello lì.

L'anziano di fronte a me inarcò un sopracciglio latteo con fare perplesso; evidentemente ero stralunata.

  • Buongiorno, ragazzini. Siete qui per una lotta, vero?

Rimasi sconvolta ancora qualche secondo, prima di sbloccarmi.

  • Sa-Salve, signore.

Sussultai istintivamente, balbettando.

  • Sì, sarei qui per una sfida.

Mormorai, abbassando lo sguardo tanto da permettermi di vedere a malapena la conformazione fisica di Pryce.

Era un amabile e tenero vecchietto – si sarà portato sulle spalle almeno settant'anni di vita – con il capo calvo per metà: nella parte anteriore della testa non c'era ombra nemmeno di mezzo capello, mentre nella metà posteriore aveva un gruppetto di ciuffi candidi.

Gli occhi erano del mio stesso colore, solo più acquosi e nostalgici.

Portava un lungo cappotto blu che copriva dei pantaloni beige e un maglioncino marrone con una camicia bianca, guardandolo meglio.

Le scarpe erano marroni così come l'estremità superiore del suo bastone che sembrava fatto di ghiaccio.

  • Bene.

Tossicchiò, portandosi un pugno madreperlaceo nei pressi della bocca per educazione.

  • I Pokémon fanno esperienze diverse nella vita, proprio come noi. Anch'io nella mia esistenza ho visto e sofferto molto. E visto che sono più anziano, ti mostro cosa intendo.

Iniziò ad estrarre una Pokéball da una tasca dell'immenso cappotto ceruleo, e dentro di me fremevo dalla voglia di sapere quale sarebbe stata la sua prima scelta.

  • Vivo con i Pokémon da quando tu non eri neppure al mondo, per cui non perdo tanto facilmente.

    Io, Pryce, allenatore dell'inverno, ti mostrerò la mia potenza.

Ad occhi chiusi Pryce evocò il suo primo compagno, un'otaria bianca con la lingua da fuori, tra le zanne.

Mi reca imbarazzo tutt'oggi ammetterlo, ma andai in delirio.

Diamine, non poteva esistere Pokémon più tenero.

La coda bianca e morbida ricordava una fontana e il musetto del cucciolo era beige, dal quale spuntavano dei piccoli denti: un Seel.

Il mio cuore iniziò a battere all'impazzata e i miei occhi si illuminarono, per poco non saltavo addosso al tipo acqua per spupazzarlo.

Ne volevo uno, assolutamente.

Ma, escludendo i miei deliri, non ero lì per ammirare il cucciolo d'otaria, per quanto potesse essere meraviglioso.

Chiamai Sudowoodo, arraffando casualmente la sua Pokéball dalla tasca.

L'alberello prese a scuotere i suoi rami in una danza stramba, a cui non diedi troppa importanza.

  • Presto, Sudowoodo, Mazzuolegno!

Dal nulla il tipo roccia si procurò dei tronchi d'albero, che andarono a colpire la testa di Seel, che chiuse gli occhietti verdi mentre subiva il colpo.

La cosa mi dispiacque tanto da volermi far piangere, di conseguenza la mia serietà si era andata a farsi benedire.

Preferii, piuttosto, struggermi a mani giunte e in ginocchio per l'avversario.

Di certo non avevo il coraggio di guardare con la coda dell'occhio Blue, sicuramente esterrefatto, e non solo per questo motivo.

  • Seel, usa Ventogelato!

Il capopalestra non fece caso al mio comportamento infantile, o almeno finse di ignorarlo, quando dal musetto Seel espulse una raffica gelata che non danneggiò molto evidentemente Sudowoodo.

  • Di nuovo Mazzuolegno!

Ordinai al Pokémon Imitazione di nuovo la mossa, che riuscì nel suo intento di esaurire le energie di Seel.

Per quanto potesse essere tenero attentava alla mia settima vittoria, per cui andava eliminato.

Pryce si limitò a sospirare, tirando fuori la seconda Pokéball.

  • Vai, Dewgong!

La situazione non fu molto diversa dalla precedente, trattandosi dell'evoluzione di Seel: un'altra otaria, solo che più grande, più bianca, e con le pinne più evidenti, mentre la coda sembrava quella di una sirena e gli occhi erano marroni.

Nulla da fare: volevo anche quel Pokémon.

Proprio quando stavo per cadere di nuovo nel trabocchetto della tenerezza degli avversari, sentii poggiarmi una mano sulla spalla sinistra.

  • Ferels, evita questi atteggiamenti e non perdere la concentrazione.

Sapevo chi fosse il mio interlocutore, per cui mi rifiutai di guardarlo.

D'un tratto cambiai umore, ora che Blue mi aveva rivolto la parola.
Ero tornata ad essere l'insicura prima della battaglia, non più la fanatica dei Pokémon Otaria.

Deglutii nervosamente, seria.

  • Va bene.

Mormorai, sentendo il contatto con il ragazzo svanire.

Pryce continuò a tenere entrambe le mani sul bastone, senza nascondere un po' di curiosità nei nostri confronti, ma prima che potesse anche solo elaborare un qualsiasi pensiero, lo tranquillizzai.

  • È tutto a posto, possiamo riprendere.

Bene, sì.

Ma avevo parlato a sproposito, ero così tesa che avevo anche dimenticato quali fossero le mosse di Sudowoodo.

Mazzuolegno, Mimica, Frana e… l'ultima qual'era?

Panico.

  • Frana!

Biascicai ad alta voce, confusa.

Sapevo di aver utilizzato una mossa intelligente – del resto qualsiasi mossa sarebbe andata egregiamente –, ma non mi sentivo bene.

Nel senso che non era normale pensare quale fosse la mossa mancante e uscirsene fuori con un altro attacco.

Non aveva nessun filo logico.

Fatto sta che Dewgong per un soffio non si salvò dalla frana causata da Sudowoodo, controbattendo però con una sfera coloratissima proveniente dalla sua bocca, un Raggiaurora che colpì in pieno il mio amico, quasi allo stremo.

Ma no, non volevo rovinare il momento di gloria del mio alleato.

Poco importava se Dewgong era bellissimo e se mi stavo innamorando di Blue – non avrei mai creduto davvero di averlo pensato –, Sudowoodo aveva la precedenza.

  • Vai, amico, usa Colpo Basso!

Il tassello mancante del puzzle tornò al suo posto, dandomi la possibilità di una scelta in più per sconfiggere il mio avversario.

Sudowoodo scivolò sul terreno ghiacciato a tutta velocità per stampare le zampe sulle quali si reggeva in piedi sul corpo morbido e immacolato dell'otaria, la quale era troppo lenta per difendersi.

Due a zero per me, ciò significava che era arrivato il momento del gran finale.

E, come tradizione voleva, sarebbe stato il turno di Feraligatr, il mio immancabile migliore amico.

Sudowoodo tornò nella Pokéball e lo elogiai abbondantemente, lo meritava senza alcuna ombra di dubbio.

Estrassi la sfera di Feralis, l'avrei riconosciuta tra mille al solo tatto.

Forse leggermente sporca e con una piccola ammaccatura sulla parte alta, ma al mio piccolo grande campione non dava fastidio.

  • È il momento del grande show, vai, Feralis!

Lanciai teatralmente in alto la Pokéball, facendola roteare a tutta velocità, e con un salto da far tremare la terra, Feraligatr ne uscì fuori con un amichevole ruggito.

Va be', forse non proprio amichevole, trattandosi di uno come lui.

Corsi subito ad abbracciarlo, felice.

Era indubbio che avessi una… “leggera” preferenza per l'alligatore, cosa che spesso mi ridestava sensi di colpa non indifferenti.

  • Dai, amico, è il round finale.

Lo incoraggiai con un occhiolino, sorridendo.

Il Pokémon annuì, senza farsi problemi, e ritornò sul campo di battaglia.

Pryce apparve sbalordito nel vedere un Feraligatr dall'altra parte del campo, cosa che accolsi fieramente come un complimento.

Certo, significava che era un Pokémon davvero raro da quelle parti.

Lui tirò fuori anche l'ultima Pokéball, chiudendo gli occhi con un sospiro.

Ormai la partita era giunta al termine, si sapeva.

  • Avanti, Piloswine, difendi la Medaglia Gelo.

Quella del vecchio capopalestra sembrò quasi l'invocazione per un aiuto.

Sì, un aiuto spaventosamente più antiestetico delle graziosissime e bellissime otarie: il Pokémon Suino, Piloswine.

Era un cinghiale spaventosamente grande e gobbo, con un naso spaventosamente rosa e ovale, le orecchie spaventosamente lunghe, ma soprattutto, era spaventosamente ricoperto di ciuffi di pelo marrone lunghi quanto i miei capelli e aveva delle zanne spaventosamente curve come tenaglie; ma la parte migliore era che, più che essere spaventoso, era alquanto comico.

Feralis si voltò istintivamente verso di me con aria interrogativa, ma mi limitai a fargli un cenno della mano.

  • Mettiamo alla prova Idropompa, presto!

In men che non si dica, Feraligatr espulse dalla grande bocca un gettò d'acqua da poter distruggere la palestra, cosa che per fortuna non fece.

Piloswine parò il colpo ribattendo con Bora, che, come suggerisce il nome, mi avvicinò alla mia morte per ipotermia.

Inutile dire che da parte del capopalestra di Kanto non giunse nemmeno il minimo lamento.

Be', contento lui.

Mi ero voltata nella sua direzione, ma me ne accorsi solo quando Feralis cambiò umore.

Mi lanciò un'occhiata aurea torva come non mai, puntandomi addosso un Idropompa.

  • No, no, no!

Urlai, agitandomi.

No, Feraligatr non poteva essere diventato geloso all'improvviso, anche se era pur vero che bastava guardarci nelle iridi per capirci al volo.

  • Sfogati contro Piloswine!

Ma l'alligatore non sembrò darmi retta.

Potevo già intravedere l'acqua sgorgare dalla sua bocca, quando si voltò di scatto, colpendo il Suino.

Era un attacco a sorpresa o Feralis aveva cambiato idea all'ultimo secondo?
Non l'avrei mai saputo.

Lasciai l'anziano capopalestra di stucco, che richiamò l'amico con un sospiro.

  • Be', che dire…

La voce di Pryce giunse fino a me, ancora con il viso contratto in una smorfia tipica di qualcuno che aspetta il colpo di grazia, con le braccia a parare il volto.

Mi ricomposi subito, alquanto imbarazzata.

  • È stata una lotta un po' insolita, ma ciò non toglie che tu abbia tutte le carte in regola per affrontare anche l'ultima palestra.

Il capopalestra spalancò le braccia, chiudendo gli occhi e sorridendo.

  • Quando il ghiaccio e la neve si sciolgono è primavera. Tu e i tuoi Pokémon sarete insieme ancora per molti anni. Goditi il tuo tempo con loro!

Allungò la mano su una tasca del cappotto, estraendone una piccola figura: la Medaglia Gelo, un fiocco di neve con la forma esagonale.

 

 

 

 

  • Adesso “lo Sbranatore” ha messo gli occhi anche su di te, Rinos, stai attenta.

Mi stuzzicò Blue con l'immancabile ghigno stampato sul volto, mentre si ficcava in un sacco a pelo del colore degno del suo nome.

Quella notte avevamo deciso di accamparci poco fuori la Via Gelata, penultimo ostacolo che mi separava dalla regione di Kanto.

  • Ah-ah, davvero molto divertente.

Risposi, piatta, mentre nella mente guizzavano ancora tutte le immagini della palestra di Mogania, e con la scusa di apparire indignata rivolsi lo sguardo verso gli alberi che delimitavano il percorso 44.

  • Ma io non volevo essere divertente.

    Comunque 'notte, io mi addormento.

Bel modo di liquidare il discorso, sì. Qualcosa mi suggeriva che avevo ancora molto da imparare da Blue Oak.

Sospirai mentre lui, con il sacco a pelo attaccato all'esterno della via, si era già assopito.

Dormire è un optional”, mi disse tempo addietro.

Be', alla faccia dell'optional.

Scossi la testa sospirando nuovamente, come se avessi avuto a che fare con un bambino.

Un bambino di cui, a mia più o meno insaputa, mi stavo innamorando.

Sentii l'impulso istantaneo di prendere il Pokégear, sedermi sulla riva di uno specchio d'acqua, e selezionare il nome di Eusine dalla rubrica.

Parlando con lui mi sarebbe passato tutto, lo sapevo.

  • Che bella sorpresa, Fer!

    Mi fa molto piacere sentirti, davvero, ma sono a pochi metri da Suicune.

    Ti richiamo io dopo, ok?

Dopo avermi liquidata senza nemmeno poterlo salutare, riposi l'apparecchio in tasca, furiosa e con le lacrime agli occhi.

Suicune di qua, Suicune di là.

Ma un po' di tempo per me non ce l'aveva quasi mai.

Singhiozzante, mi asciugai le lacrime rapidamente con le maniche della giacchetta blu e corsi ad infilarmi nel sacco al pelo.

Al diavolo tutto.

Per fortuna non mi ci vollero più di quindici secondi per riprendermi, ero così disperata che non mi sarei mai voluta far vedere da Blue in queste condizioni.

Tuttavia, un terribile nodo allo stomaco mi stava torturando, anche se i miei occhi non erano più lucidi di pianto.

Mi voltai verso il ragazzo di Kanto per assicurarmi che stesse dormendo, ed era perfetto anche quando le sue iridi splendenti erano coperte dalle palpebre.

Forse per riprendermi completamente avevo solo bisogno di stargli vicino come quando quella stessa mattina eravamo entrati nella palestra.

Accostai il mio sacco a pelo al suo, mentre il mio cuore sembrava sul punto di scoppiare da un momento all'altro.

Eravamo di nuovo vicini, potevo sentire anche il suo respiro mentre dormiva.

Ma dovevo fare qualcosa che non mi sarei mai sognata di fare nell'edificio gelato.

Mi avvicinai sempre di più al suo viso, esitante.

I nostri respiri si intrecciarono e io, lentamente, poggiai le mie labbra sulle sue.

Ancora gli Aerodactyl nello stomaco, più forti che mai.

Mi ritrassi subito, di scatto, mi sentivo come una bomba ad orologeria sul punto di esplodere.

Tuttavia sorrisi, mentre le mie guance assunsero il colore di una baccamodoro.

Ci riprovai nuovamente, schioccandogli silenziosamente un bacio sulle labbra che avevano fatto fuoriuscire insulti su insulti nei miei confronti, ma non mi importava.

Al diavolo Suicune, al diavolo Amarantopoli, al diavolo Eusine.

Io, Feraligatr Raines, mi ero innamorata di Blue Oak.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve, gente!~

 

Non so proprio cosa scrivere oggi nell'angolo autrice, il capitolo parla da sé~

Be', a parte che la “geniale” idea della parte finale del capitolo mi è venuta stanotte. (?)

 

Come al solito spero che vi sia piaciuto, e ci tengo a ringraziare le mie carissime amiche che loVVo con tutto il cuore, Sakura_4LiFe e Euphemia, ma anche tutte le mie carissime recensitrici a cui voglio un bene dell'anima, Camy27, naru_22 e Lady_Kitsune.

E poi, un “grazie” sentito a tutti coloro che sono arrivati fino a qui con le (dis)avventure di Feralis e Blue!
Vi anticipo, inoltre, che per la lotta con Clair dedicherò molto più spazio per quanto ho fatto con le altre, quindi rimanete sintonizzati! (?)

 

Baci,

Feralis~

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Chapter 19 - Ice Path ***


  • Chapter 19

 

 

 

 

Ice Path

Part 1

 

Feraligatr vs Arcanine

 

« Making laugh of you is always fun, Raines. »

Blue

 

  • Feralis, Geloraggio!

Sbuffai, appoggiata a braccia conserte contro una parete di ghiaccio.

All'inizio era allettante, l'idea di insegnare una nuova mossa al Mascellone con l'aiuto di Mazzuolegno di Sudowoodo come bersaglio, ma col passare dei minuti avevo capito che sarebbe stato più faticoso del previsto.

Quarantasette, quarantotto, quarantanove… tenevo a mente il conto di tutte le prove fallite, tra le quali cinque o sei attentati a Blue.

Ma era davvero così difficile mirare ad un tronco d'albero?

Un sospiro da parte del capopalestra di Kanto, anche lui appoggiato ad un muro freddo, stando attento a non farsi infilzare come uno spiedino dai graziosi spunzoni di gelo della Via Gelata.

Nome azzeccato, alquanto.

  • Ancora una volta Geloraggio, Fer.

Biascicai, sbadigliando e chiudendo gli occhi.

Benedettissimo Lugia, che calvario.

L'ennesimo Geloraggio mancato andò a formare nei pressi del bersaglio dei muretti di ghiaccio a circondarlo.

  • Santo cielo, Sbranatore, è mezz'ora che miri quel coso senza prenderlo!

Esclamò Blue brusco, sgranchendosi.

La protesta del ragazzo non venne accolta molto bene dall'alligatore azzurro, che si voltò di scatto con gli occhi dorati demoniaci prima di spostare su di lui l'obbiettivo della sua mossa.

Prontamente, il ragazzo smise di stirarsi e agguantò una Pokéball dalla tasca dei pantaloni, ghignando.

  • Non ti conviene sfidarmi, amico, te ne pentiresti amaramente.

Guardai pietrificata Feralis mettere in mostra le proprie zanne, gli occhi che trasudavano odio.

Istintivamente presi la sua Pokéball, lanciandogliela contro.

Tirai un sospiro di sollievo, cantando vittoria, ma fu troppo presto per i festeggiamenti: nemmeno il tempo di far toccare terra alla sfera, che Feralis tornò ringhiante e ingombrante nello stretto corridoio della Via Gelata.

  • Feralis, torna dentro immediatamente!

Tuonai, ma senza ottenere risultati.

Ormai per l'alligatore esisteva solo la sua vittima.

Con la lunga lingua da rettile si leccò la mascella, con un tetro ghigno sul muso.

  • Torna nella ball, forza!

Urlai, stringendo i pugni dalla rabbia e bucandomi la pelle con le unghie.

Non volevo che uno dei due si facesse seriamente del male, ma Blue diede corda all'acquatico.

  • Se lo Sbranatore vuole giocare…

Nell'udire il nomignolo di pessimo gusto, la mascella color sabbia del Pokémon si irrigidì.

  • lascialo giocare.

Dall'altra parte del corridoio, riuscii a scorgere il sorriso sghembo e sornione del castano, che soppesava già le Pokéball.

Ne scelse una, che scagliò in aria, facendone guizzare fuori un enorme cane dalla criniera color crema: Arcanine.

  • Non penserai mica davvero di…

Mi pietrificai, le parole mi morirono in gola.

No, no e ancora no, avrei evitato con tutta me stessa uno scontro diretto tra Feralis e uno dei campioni di Blue, l'esito era certo.

Lanciai ancora la ball verso il Pokémon più volte, sconvolta.

  • Ferels, Ferels, Ferels, per favore.

In un attimo sentii la mano del ragazzo stringermi il polso quel tanto che poteva farmi cadere la sfera bianco-rossa da mano e gemere.

  • Lasciamo che le danze inizino.

Bastò un teatrale schiocco di dita, che Arcanine si avventò con Extrarapido su Feralis, assestandogli il primo colpo.

Questo si preparò per ribattere con Idropompa, ma fallì, mentre Arcanine, rapido come la luce, lo colpì di nuovo con Dragopulsar, un raggio indaco leggermente tremulo proveniente dalla sua bocca.

Feralis riuscì giusto a sputargli un po' di acqua addosso, perché il quadrupede era fin troppo agile.

Mi portai la mano libera alla bocca, esterrefatta.

In soli due colpi, Feralis era quasi allo stremo.

Con gli occhi fuori dalle orbite lanciai e rilanciai la ball dell'alligatore verso di lui, per farlo ritornare.

Era il mio migliore amico, l'unico ad essermi stata sempre vicino, non volevo che soffrisse, nonostante la sconfitta fosse una cosa da accettare.

Ma niente, era come provare a fare un buco nell'acqua.

Il tempo di un lampo rosso, che Feralis era già di nuovo fuori, furente e pronto a combattere contro Arcanine, seppur sempre più consumato dai danni.

Mi ritrovai presto le mani appena inumidite, a furia di asciugarmi le lacrime e continuare imperterrita a tentare di trovare una via di fuga.

  • Quanta agitazione, Ferels.

Sentii borbottare Blue, che con un'estrema semplicità si rigirò la Pokéball tra le dita e la rilanciò ad Arcanine, il quale tornò dentro come se nulla fosse stato.

Solo a quel punto il coccodrillo, stremato, si convinse a tornare, formando con la mascella una smorfia di dolore.

D'istinto lasciai che la Pokéball si chiudesse prima di continuare a singhiozzare, stringendo in un abbraccio Blue.

Sprofondai tra le sue braccia, piangendogli sulla giacca nera impermeabile.

Impermeabile proprio come lui, che non mosse un muscolo.

Diciannove a dieci per Blue, Feralis: un punto perché l'avrei dovuto prendere a schiaffi, un punto perché stavo piangendo di fronte a lui.

  • Forza, continuiamo.

Si limitò a dire, staccandomi freddamente da lui.

Non ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi, per cui annuii semplicemente.

  • Essere così morbosamente attaccati ai propri Pokémon non è un bene.

    Perché non ti trovi qualcuno, magari quel tizio idiota e strambo che piace a te?

Ah, il danno e la beffa. Non solo mi ero innamorata di Blue, ma poi lui mi propose di approfondire il rapporto con Eusine proprio al momento sbagliato.

  • Non ne ho bisogno, Feralis è tutto per me: amico, fratello, padre, cugino…

Finii di asciugarmi le lacrime, leggermente ripresa da poco prima.

Mi mordicchiai appena il labbro inferiore, arrossendo. In effetti, non avevo parlato mai a nessuno così del mio fidato compagno di viaggio.

  • amante, marito, fidanzato…

Mi sbeffeggiò facendomi il verso, “simpatico” come sempre.

  • Perché, tu una ragazza ce l'hai?

Iniziai a guardare intensamente Blue, sperando in una risposta negativa.

Non poteva avere una fidanzata, no. Non glielo avrei potuto perdonare.

La parte migliore era che sapevo che la risposta sarebbe stata quella sperata, ma mai dire mai.

Lui soffocò una risata stentata, assumendo la sua tipica aria da sfrontato.

  • Certo che no. Non ho ancora incontrato nessuna ragazza che possa reggere il confronto con me tanto da farmi perdere la testa.

Un sospiro di sollievo interiore – non dimentichiamoci che non l'avrei mai potuto esternare.

Automaticamente mi lasciai sfuggire un sorriso, sfiorando le sue dita con le mie.

 

 

 

 

 

 

Era già ora di pranzo e noi eravamo ancora nella Via Gelata.

Grandi tempistiche, che avevamo, ma finché me ne stavo faccia a faccia con una montagna di succulente bacche e fiotti di Lemonsucco, a me stava bene.

Blue non mi fu molto d'aiuto in quel momento, dato che si era addormentato già da un pezzo nel sacco a pelo, rivolgendomi le spalle.

Mi chiesi seriamente perché non fossi come lui, menefreghista e sicura di me.

Per quanto fossero esagerate però in lui queste due caratteristiche, lo ammiravo per la sua lucidità e freddezza.

Non aveva mai fatto nulla di carino nei miei confronti, non mi lasciava morire solo perché all'ultima palestra di Kanto mi avrebbe voluta vedere in ginocchio ad implorarlo di risparmiarmi; ma la cosa che mi lasciava perplessa era come avessi fatto ad innamorarmene.

Mi giustificai pensando alla celebre frase “L'amore è cieco”, non trovando più nessuna teoria a mio favore.

Aprii l'ennesima lattina della deliziosa e dolce limonata, pregustandone già il sapore.

Appoggiai appena le labbra al piccolo contenitore metallico, quando sentii qualcosa di morbido picchiettare sulle gambe.

Esplorai con lo sguardo tutte le direzioni, non vedendo niente, escludendo la “celestiale” vista di Blue assopito. Già, proprio paradisiaco, vedere il ragazzo che ti piace dormire in tua presenza.

Mi strinsi nelle spalle sorseggiando il succo, ma venni nuovamente interrotta.

Solo allora mi decisi a sbirciare nei pressi dei pantaloncini, sul punto di lanciare le peggiori imprecazioni per così poco, ma bastò la vista di uno Swinub accucciato accanto alle mie gambe per intenerirmi.

Istintivamente presi in braccio l'ammasso di pelo marrone, accarezzandolo e portandomi l'indice libero sulle labbra.

Non volevo che il Capopalestra di Kanto si svegliasse, si stava così bene senza di lui, i suoi insulti crudeli e la sua spietatezza nei confronti di Feralis, nonostante l'alligatore ci avesse messo anche di suo.

E, a proposito del Mascellone, mi chiesi come stesse, ma preferii non pensare all'eventuale risposta.

Piuttosto, per farmi un po' di compagnia oltre al tenero porcellino, richiamai Larvitar, con il solito sguardo rosso cremisi fiero.

  • Su, Tyra, vieni qui.

La esortai ad avvicinarsi, sperimentando un nuovo probabile soprannome con un successo pari al tre percento, perché si dette il caso che si allontanò, accoccolandosi accanto ad un masso lontano da me.

Sbuffai, iniziando seriamente a pensare di non essere portata per fare l'Allenatrice, data la scarsa considerazione che i miei Pokémon avevano di me: Feralis era diventato intrattabile, Tyra come al solito se ne stava sulle sue… Le mie uniche speranze erano Sudowoodo e Noctowl, di certo più ragionevoli dei precedenti.

Mi passai una mano sul volto, esasperata.

A cosa servivano le sette medaglie ottenute se il rapporto con metà della mia squadra – specialmente con la mia punta di diamante – era pessimo?

Non ebbi nemmeno il tempo di sbuffare nuovamente che si avvertì improvvisamente un rumore che riempì l'aria: un battito di mani.

La cosa si ripeté più volte, con un intervallo di tempo regolare di circa due secondi.

Non mi voltai nemmeno, ormai avevo imparato a prevedere Blue.

  • Pensi che prenderti gioco di me anche su questo sia divertente, Oak?

Stizzita, decisi di risparmiare a Larvitar l'ennesima lite tra il castano e me, facendola ritornare nella Poké Ball attraverso un guizzo rosso.

Mi dispiacque solo per Swinub, che non poteva essere messo “al riparo” dalla brutta scena a cui avrebbe assistito.

  • Ovviamente no, Raines.

Si avvicinò, poggiandomi come di consuetudine una mano sulla spalla, gesto che precedeva sempre e comunque un sussurro, un maledettissimo sussurro che mi avrebbe fatto saltare i nervi.

  • Prendersi gioco di te è divertente sempre e comunque.

 

 

 

 

 

 

Salve, gente!~

 

Come si può ben vedere dal titolo questa parte della storia sarà divisa in più capitoli, per cui ci metterò almeno un miliardo di anni per aggiornare, senza contare un'altra cosa che sto scrivendo sempre attinente al fandom.

Comunque sia, mi dispiace annunciare che non posso più portare avanti il peso di un capitolo al giorno, ho la terribile paura che il livello della narrazione stia calando a causa della fretta.


Quindi… boh, non so più che scrivere, a parte il fatto che voglio prendermi un periodo più o meno lungo per arricchire i capitoli di dettagli o correggere qualcosa.


Detto questo, ringrazio come di consueto tutti quelli che hanno anche solo letto la ff~

 

Kisses,

Feralis

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Chapter 20 - Ice Path and Goldenrod Radio Tower ***


  • Chapter 20

 

 

 

Ice Path & Goldenrod Radio Tower

 

///

 

« What has your friend just said?

Does he want to meet ya to seclude

and show ya the results of his “great”

Suicune's researches? »

Blue

 

 

Quando mi decisi a voltarmi con uno sguardo glaciale verso Blue, lui aveva il solito ghigno schernitore stampato sul volto, come se l'avesse tenuto in tasca tutto quel tempo aspettando il momento propizio per sfoggiarlo.

Era odioso, snervante.

Stavolta la parte dell'apatica toccò a me, e lo guardai dritto negli occhi come per trafiggerli. Nel mentre, cercavo con cautela tutte le parole più adatte per esternargli il mio odio, che avvolgeva come una coperta soffocante l'amore emergente.

Ma forse proprio per questo era un bene che continuassimo a litigare, una relazione tra noi due sarebbe stata logicamente impossibile.

Ricambiò lo sguardo serpentino, senza però fiatare.

Ormai non c'era più nulla di nuovo che mi dovesse dire, nell'arco di quasi una mezza dozzina di mesi aveva già palesato tutto quello che nella sua mente portasse l'etichetta di “Feralis Raines”, o magari “Ferels Rinos”.

Io, invece, al contrario, gli avevo rivelato una mera metà di quanto vagasse nella mia mente etichettato con il suo nome.

Non avevamo nulla da dirci, per cui ci limitammo ad osservarci meticolosamente e immobili, tanto che si potevano udire anche i passi felpati di uno Swinub, probabilmente un familiare di quello che stringevo tra le braccia.

Dopodiché si udì un trillo incessante proveniente dalla tasca del mio pantaloncino che fece sussultare Blue, me e gli Swinub.

Portai il peso del Pokémon su un solo braccio, estraendo con cura l'aggeggio elettronico e inarcando un sopracciglio nel leggere sullo schermo “Numero non registrato”.

  • Chi è?

Spiccio come d'habitué, il Capopalestra incrociò le braccia al petto, accennando sghembo il Pokégear.

In tutta risposta mi strinsi nelle spalle, dubbiosa.

Chi avrebbe mai potuto avere il mio numero a mia insaputa?

  • Non lo so, fammi vedere…

Decisa a capire qualcosa di quanto stesse accadendo, accettai la chiamata sotto lo sguardo privo d'interesse del castano.

  • Pronto?

Con la fronte corrucciata, pronunciai l'unica fatidica parola che mi divideva dallo scoprire l'identità del mio interlocutore.

  • Scusa, signorinella, è il numero di Feralis Raines?

Lo sconosciuto, che per giunta aveva una voce tutt'altro che familiare, sapeva il mio nome.

Esitai, prima di rispondere affermativamente.

  • Sì, chi mi cerca?

Dall'altra parte dell'apparecchio si captò un sospiro di sollievo, cosa che mi portò ad infittire i sospetti.

  • Samuel Oak, Feralis, molto piacere!

Schioccai rumorosamente la lingua sul palato, piacevolmente sorpresa.

Avevo capito bene? Samuel Oak? Quel Samuel Oak?

Che poi, il cognome già lasciava ampiamente intendere.

Una rapida occhiata eloquente al mio tutore bastò per fargli capire il quadretto, al che intrecciò le mani dietro la testa poggiandosi su una parete di ghiaccio, evidentemente scocciato.

  • Il piacere è tutto mio, professor Oak.

Mi affrettai a replicare sorridendo, felice nel constatare che Blue non avesse preso nulla dal nonno.

  • È un vero onore interloquire con lei. Ma mi dica, cosa la porta da me?

Sfoggiai le parole più colte che conoscessi, non avrei fatto per nulla al mondo una figura da niente con uno dei ricercatori più famosi del mondo, il quale sospirò dopo aver udito la mia domanda.

  • Chiedo venia, Feralis, ma avrei la necessità che tu e mio nipote vi recaste alla Torre Radio di Fiordoropoli.

Annunciò, e io potei quasi vederlo mentre chiudeva gli occhi e scuoteva il capo lentamente.

Certo, come richiesta era francamente un po' una scocciatura, ma non potevo rifiutare la richiesta di aiuto dell'avo di Blue.

  • Va benissimo, cos'è che dovremmo fare?

Abilmente eliminai dalla domanda tutte le tracce di esitazione che sarebbero potute trasparire, baloccandomi con le dita della mano libera tra i capelli sciolti, che mi servivano da “coperta”.

Stavolta fu l'anziano ad esitare, e a differenza mia fu chiaramente percettibile.

  • È un fattaccio davvero scomodo, ragazza. La torre è stata presa dal Team Rocket, ti avrebbe voluto chiamare Elm ma ha riscontrato delle interferenze con il Pokégear.

La voce dell'uomo, dapprima possente ma amichevole, calò drasticamente, assumendo una connotazione costernata.

Io rimasi senza parole, emettendo giusto qualche suono balbettato e insensato, al che il Capopalestra di Smeraldopoli alzò un sopracciglio, corrugando la fronte.

  • Lo Sbranatore ti ha mangiato la lingua, Raines?

Simpatico come un calcio nel didietro, ma almeno stava prendendo l'abitudine di chiamarmi con il cognome corretto.

Mi agitai una mano davanti con aria scocciata, facendogli cenno di ammutolirsi seduta stante. Non era proprio il momento di scherzare o fare battutine idiote.

  • Capisco, ci dirigeremo subito lì.

Firmai la mia condanna, ma era per una buona causa, senza contare il fatto che sarebbe arrivato il momento del Team Rocket di levarsi dalle scatole.

  • Ringrazio di cuore te e mio nipote per il grande sacrificio che andrete a fare.

Disse grave il professore, con un sospiro.

  • È un bel Persian da pelare, ne sono consapevole.

    Ma avrei un altro favore da chiedervi, se permettete.

Un altro favore? Voleva che scalassimo il Monte Argento? Probabilmente era quello che pensava Blue mentre udiva l'eco delle mie chiacchiere con il nonno.

  • Mi dica pure.

Un piccolo barlume di speranza mi si accese negli occhi, con la speranza che la richiesta prevedesse qualcosa di fattibile.

  • Ecco, ho saputo che siete nella Via Gelata, nei pressi di Ebanopoli.

    Lì vive il fidanzato di mia nipote Daisy, Fred, potreste portarlo con voi finché non raggiungete Biancavilla?

Chiese quasi con tono implorante, come se fosse qualcosa di una difficoltà pari all'altro servizio che avremmo dovuto fare.

  • Certamente, perché no!

Ammisi di essere diventata stranamente emozionata quando seppi che avremmo avuto un nuovo compagno di viaggio, seppur per poco tempo.

  • Perfetto, e ti ringrazio ancora vivamente. Lo riconoscerete perché è un Fantallenatore particolarmente allegro e poco sveglio.

    Grazie ancora, a presto!

La chiamata si concluse così, lasciandomi sia entusiasmata che terribilmente ansiosa.

Strinsi forte il Pokégear bianco-blu tra le mani, mordicchiandomi il labbro inferiore distrattamente.

Vagavo nei miei pensieri, provando ad architettare il modo per fare irruzione nella Torre Radio ben prima di arrivarci, finché la voce familiare di Blue non mi fece trasalire, riportandomi alla realtà.

  • Quindi?

Aveva gli occhi come cioccolato fuso chiusi, ma nonostante questo sentivo il suo sguardo addosso come una coperta ancora più pesante dei miei lunghissimi capelli.

  • Quindi dobbiamo andare alla Torre Radio di Fiordoropoli e poi andare a prendere Fred, il fidanzato di tua sorella che vive ad Ebanopoli.

Ebbe una reazione completamente diversa dalla mia: non si lasciò scombussolare dalla missione per salvare la regione, bensì dalla faccenda più semplice.

Spalancò le bellissime iridi, stravolto e balzando in avanti.

  • No. Non è vero. Non dobbiamo andare a prendere quell'idiota, no.

Mormorò tra sé e sé, come se fosse completamente ammattito.

Sollevai un sopracciglio castano, senza comprendere il motivo di tanto scalpore.

  • Che c'è di sbagliato?

Domandai, stringendomi nelle spalle ingenuamente.

Non potei commettere errore più fatale.

  • Mi prendi in giro!? Tu non conosci Fred, non sai che è un completo idiota che non fa altro che lamentarsi e dare consigli idioti quasi quanto lui stesso!

Sbraitò, mordicchiandosi il labbro inferiore, inconsapevolmente con lo sguardo perso e un fare avvenente.

Santo cielo, com'era bello. Eppure dovevo smetterla di vederlo come più del mio semplice ed irritante tutore.

Mi portai le braccia al petto, incrociandole.

  • Va bene, va bene. Ma ce ne vuole ancora prima di andare a prendere Fred, adesso abbiamo qualcosa di più importante a cui pensare.

Imitai inconsciamente il suo gesto di mordermi il labbro inferiore, gonfiando le guance per poi sgonfiarle con un sonoro sbuffo.

Blue annuì appena ed emise un verso neutrale di apparente assenso, facendoci crollare nel silenzio più totale, accompagnato dal flebile eco del passaggio freddo.

  • Allora?

Chiesi con un'espressione di fiacchezza stampata sul volto, senza nemmeno sforzarmi di immaginare un'eventuale modo per giungere alla grande metropoli.

Diciamo che il grande entusiasmo del Capopalestra mi aveva contagiata, assolutamente.

  • Andiamo ad Ebanopoli, dato che ci siamo vicini, e voliamo fino a Fiordoropoli.

Voliamo”. Aveva proprio detto quella parola infernale, quella che mi rievocò un'infinità di ricordi poco piacevoli.

Automaticamente esalai un gemito prolungato e sommesso, facendo sbattere la fronte contro una parete di ghiaccio per la disperazione – grande errore, aggiungerei.

  • Dobbiamo proprio volare?

Sbuffai, massaggiandomi la fronte congelata con l'ennesimo sbuffo.

Il castano finse di riflettere un secondo, prima di sbottare un “Sì” irritato – e irritante.

  • Non vorrai mica andarci a piedi?

Purtroppo aveva ragione, non c'era altro mezzo se non il volo, escludendo l'improbabile ipotesi del camminare per almeno un mese.

Mi passai una mano sul volto, avvilita.

  • Non abbiamo altra scelta, quindi è meglio uscire da qui, prima che ti venga qualcosa.

Mi squadrò da capo a piedi, soffermandosi con smorfie indignate sulle gambe in buona parte scoperte e pallide di freddo.

Un motivo in più per andare a Fiordoropoli sarebbe stata la mia urgenza di comprare abiti più coprenti; mi sentii protetta solo dal fatto che all'inizio del mio viaggio fosse appena autunno.

Iniziai a guardare già lontano, con i due piccoli Swinub che mi solleticavano le caviglie, e ad incamminarmi con Blue verso la fine della Via Gelata.

Non ci volle molto, giusto qualche minuto di cammino ci separava dalla misteriosa città.

Sinceramente mi aspettavo una città più allegra e vispa, pomposa e ricca di bellezze, invece di un corridoio di roccia all'aria aperta e poche capannelle col tetto di paglia con una palestra.

L'aria pungente di Ebanopoli mi penetrò i polmoni come aghi di ghiaccio pungente, mentre una folata di vento mi scompigliò ancora di più i capelli già messi alquanto maluccio.

  • E questa sarebbe l'ultima città.

Constatai l'ovvio, rimanendo alquanto di sasso.

  • Ma la nostra meta non è questa.

Pragmatico come di consueto, il ragazzo di Biancavilla si poggiò un pugno sul fianco, frugando nelle proprie tasche alla ricerca della Poké Ball di Pidgeot, era chiaro come il sole.

E, come volevasi dimostrare, il più fiero dei volatili ci si presentò davanti con la vasta apertura alare per metà bruna e per metà bionda, ma nonostante questo Noctowl non fu da meno.

  • Ehi, Nox. Si va a Fiordoropoli!

Le piume di Noctowl si arruffarono, non seppi mai se per il nomignolo in fase di approvazione o per la destinazione del viaggio dall'altra parte della regione.

Proprio come il gufo, anche Blue diede segno di non apprezzare il soprannome.

Insomma, l'unico in grado di accontentarsi era Feralis.

E a proposito di lui, mi ricordai che non avrei potuto lasciare Ebanopoli senza farlo riprendere completamente, non tanto perché era il Pokémon nel quale riponessi più fiducia, ma anche perché lo adoravo con tutto il cuore a livello affettivo.

  • Blue, prima che me ne dimentichi…

Con tono supplicante mi voltai verso di lui, pietosa.

Era già in procinto di montare in sella a Pidgeot, ma si bloccò.

  • dovrei portare Feralis al Centro Pokémon.

Mi aspettavo già battutine stupide, sfuriate su quanto “lo Sbranatore” fosse inutile e su quanto i suoi Pokémon fossero fenomenali, ma si limitò ad un cenno di assenso.

  • Lecito. È il minimo che tu possa fare, e non per allarmarti, ma se subiscono ferite particolarmente gravi i Pokémon possono anche morire. Non è questo il caso, ma voglio dirti che sono flessibile su questo genere di cose. Va' pure.

Seppur smaccatamente rigido, nella voce di Blue riuscii a cogliere qualche nota dalla parvenza quasi umana.

  • Mi aspetti qui?

Esalai flebilmente, iniziandomi a dirigere verso il Centro.

  • No, ti seguo. Non ho intenzione di aspettarti qui per mezz'ora.

Lanciò un'occhiata sprezzante al luogo, con le mani nelle tasche e la consueta borsa giallognola sulla spalla destra, dalla quale estrassi la mia spazzola azzurrina.

Era vero che avremmo passato almeno due ore buone a viaggiare per via aerea, ma presentarmi in un Centro Pokémon con i capelli tutti arruffati davanti una di quelle infermiere Joy tanto belline e acconciate era inconcepibile.

Arrivati dall'infermiera di Ebanopoli, ella ci accolse con la tipica gentilezza stereotipata, con i tipici capelli rosa raccolti in quell'acconciatura improbabile e la tipica uniforme rosa e bianca che non la distingueva da nessun'altra delle sue sorelle gemelle, altrimenti non sarebbero state tali, giustamente.

Le consegnai le Pokéball, andandomi ad accomodare stanca ad un tavolino su delle panchette di legno con il castano al seguito, che, scettico, si guardava intorno.

  • Solitamente i Centri sono pieni di gente.

Un asociale come lui però proprio non avrebbe dovuto osare parlare di gente, nonostante lo disse quasi come una lamentela.

  • Perché, avresti voluto che ci fosse gente? Magari il tuo amico Fred?

Lo provocai lasciandomi cadere spossata sulla panchetta e liberandomi della giacchetta blu, rimanendo con la canottiera bianca.

Lui invece lanciò la borsa sulla panca di fronte, sedendosi accanto a me.

  • Zitta, megera, non nominare quell'idiota.

Dopo probabilmente ore mi lanciò un'occhiataccia castana, di quelle in grado di farmi sciogliere nonostante mi fossi promessa di non guardarlo più con gli occhi da innamorata.

  • Zitto ci stai tu.

Borbottai, poggiando istintivamente la testa sulla sua spalla.

Sarà stata approssimativamente l'una del pomeriggio, ma ciononostante ero già stanca.

Stanca per la brutta esperienza di Feralis, stanca per la sera prima.

Già, la sera prima, quella che mi aveva fatto passare la notte in bianco per un semplice bacetto schioccato sulle labbra di Blue.

Simultaneamente a quel pensiero mi venne la folle idea di dargli un bacio sulla guancia, ma provai a reprimerla.

Insomma, quel viso e quegli zigomi così perfetti…

Capii solo una ventina di minuti di essere avvampata, quando me lo fece notare stesso il Capopalestra.

Si voltò verso di me con aria decisamente interrogativa.

  • Ho caldo, baccamodoro, togliti di dosso.

Caspita, che amore di ragazzo, con la sua eccessiva schiettezza.

Sarebbe stato meglio non pensare a null'altro, data la mia sbandata effettivamente immotivata per lui.

Per fortuna arrivò la distrazione adatta, della serie “Parli del Tauros e spuntano le corna”, perché il Pokégear prese a trillare.

Risposi senza degnarmi nemmeno di leggere il nome del destinatario, tanto sarebbero stati o il Professor Elm o il Professor Oak per qualche altro avvertimento.

E invece no.

Eusine mi colse alla sprovvista, con la sua voce cinguettante.

  • Da quanto tempo, Feralis! Come butta, bella?

Non avrebbe potuto scegliere momento meno adatto, e pensare che la mattina precedente, prima di giungere alla Palestra, fremevo dalla voglia di sentirlo…

Mi alzai di scatto, allontanandomi immediatamente dalla panca.

  • Ciao, Eusine! Tutto bene, tu?

No, non che non andava tutto bene. Mi stavo iniziando a sentire in colpa per tutto quello che avevo pensato ieri, come se fossimo stati fidanzati e io l'avessi tradito con Blue, con il ragazzo più “bonjour finesse” del mondo, per giunta anche ad insaputa di quest'ultimo.

Certo che ero davvero un genio.

  • Ovviamente tutto a posto. Piuttosto, com'è andata ieri? Volevi sentire il ragazzo più bello che conosci, vero?

Mi stuzzicò con voce ammaliante, e d'impulso mi voltai verso Blue.

  • Certo che volevo sentirti, caro. Ieri è andato tutto bene e ho vinto la settima medaglia, ma Blue e io dobbiamo dirigerci alla Torre Radio a Fiordoropoli per via del Team Rocket… Adesso siamo in un Centro Pokémon.

    Tu invece che fai?

Stentai un sorriso, esitante, nonostante sapessi chiaramente che il bel biondino dall'altro capo dell'aggeggio non potesse vedermi, ma ormai era una cosa che facevo per pura abitudine dipingermi sul volto le espressioni facciali, nonostante i miei interlocutori non potessero saperlo.

Il tutto ovviamente mentre il ragazzo di Biancavilla mi scrutava con una punta di curiosità dall'altra parte del Centro Pokémon, e per quanto volessi provare a nascondere la telefonata mi risultò impossibile perché nell'edificio eravamo in tre: l'infermiera, Blue ed io.

  • Cavoli… brutta situazione.

Commentò con un sospiro Eusine, più serio di quanto l'avessi mai sentito.

  • Bene, credo che a questo punto raggiungerò te e il tuo amico stupido alla torre, dubito che abbiate qualche chance senza di me.

Ripescò la sua ilarità da un buco nero, da una situazione dove sembrava impossibile che sfuggisse anche il minimo sorriso.

  • Assolutamente. Allora noi iniziamo ad avviarci, ok? Un bacio, ciao.

Sussurrai, assecondandolo. Se era felice così, perché non accontentarlo?

Sospirai, riponendo il Pokégear al suo solito posto e tornando a sedermi accanto a Blue poco prima che arrivasse l'infermiera Joy con le Poké Ball.

  • Che ha detto il tuo amico? Vuole incontrarti per appartarsi e alla fine mostrarti i risultati delle sue ricerche su Suicune?

Giuro che se non avessi avuto una cotta per lui l'avrei strangolato, lasciato a terra agonizzante e lapidato, ma per il motivo sopracitato non potevo.

  • Non si tratta di questo.

Scossi il capo, prendendomi la briga di lanciargli una soddisfacente occhiata torva.

  • Verrà con noi alla Torre Radio.

 

 

 

 

 

 

Dite la verità, belli, quanto vi è mancato vedermi tra le prime pagine del fandom?~ -grilli e balle di fieno.-

Va be', va be', comunque sono tornata con un nuovissimo capitolo nonché il secondo e penultimo del tragitto Via Gelata – Torre Radio, e dopo aver finito questa parte mi dedicherò alle battute finali della fanfiction, l'ottava medaglia (che ci riserva delle sorprese~) e il tanto atteso Altopiano Blu.

 

Voglio dedicare questo capitolo ad Orsacchiotta Potta Potta, la mia Pottina bella che con tanta pazienza si sta leggendo tutti i capitoli della fanfiction.

Grazie di cuore, cucciola della CoccodrillA BirillA~

Ovviamente ringrazio anche gli altri come di consueto, e sappiate che vi loVVo tutti quanti, dal primo all'ultimo~ -dispensatrice di amore universale.-

 

Vi aspetto al prossimo capitolo (sperando di non impiegarci tre anni), ciaaaao!~

 

Baci,

Feralis~

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Chapter 21 - Goldenrod Radio Tower ***


  • Chapter 21

 

 

 

Goldenrod Radio Tower

 

Feralis&Blue&Eusine&??? vs Team Rocket

 

« What's up, dear, did you miss glory's taste? »

Feralis

 

 

Blue non si sforzò minimamente di nascondere la seccatura nata dopo le fluide parole che mi erano scivolate di bocca come se niente fosse, con la stessa ed estrema semplicità con cui si affermerebbe “Ieri ho mangiato del cremoso di riso con baccauva, faceva davvero schifo”. Sconcertante, alquanto.

  • Perché deve mettersi in mezzo sempre e comunque, quel montato?

Sbuffò, scuotendo il capo con evidente disappunto e serrando con irritazione le palpebre sugli occhi bruni.

Ero tanto distrutta che volentieri mi sarei gettata a terra a piangere, adesso ci mancava solo Blue che non contribuiva all'alleggerimento dell'aria, pressante come una coltre grigia di nubi e pronta a scaricarmi elettricità addosso.

  • Forse perché è generoso e ci vuole dare una mano?

Mi sporsi verso l'infermiera dai capelli rosati per prelevare le Poké Ball, ringraziandola chinando silenziosamente e appena percettibilmente il capo.

Come di consueto quando non eravamo della stessa opinione – ovvero sempre – riaprì gli occhi, giusto per inarcare un sopracciglio scuro ed incrociare le braccia all'altezza del petto con le iridi tanto pungenti che davano l'impressione di volermi avvelenare come un Ariados che brama la sua preda.

Metteva i brividi, e il suo sguardo addosso era insostenibile tanto che mi vidi costretta ad abbassare il mio, chiedendomi come facesse a dominarmi sempre nelle nostre sfide silenziose che prevedevano solo la vista.

Sfide che puntualmente perdevo.

  • Secondo me è solo un parassita montato che si vanta delle sue doti combattive quando in realtà è insulso. Sono stato il Campione di Kanto, potrei anche cavarmela da solo.

Più che un Ariados in quel momento mi parve un Seviper, con la lingua biforcuta e velenosa, pronto ad urtare la mia quiete.

Peccato che quest'ultima ormai per me era come una porta sfondata.

Riposi distrattamente tutti gli oggettini sferici e bicolore in tasca fatta eccezione per quello di Feralis, al quale dedicai carezze leggere con le dita.

  • Perché non vai tu a Fiordoropoli mentre io rimango qui? Per me si potrebbe fare, Campione.

Mormorai, lasciando che un brivido di freddo mi facesse venire la pelle d'oca.

Sarei davvero stata capace di lasciarlo andare via ancora una volta, rimanendo da sola?

Ed escludendo questo pensiero egoistico, l'avrei mai potuto lasciare andare dritto nel covo dei nostri acerrimi nemici, nonostante sapessi quanto lui fosse nettamente superiore?

Certo che no, ma preferii di gran lunga tacere, non gli avrei dato la soddisfazione di sentirgli dire che in effetti avrei sentito la sua mancanza. Non che poi la cosa potesse interessargli, sia ben chiaro.

Blue venne colto in flagrante da un certo irrigidimento, non appena udì la mia ultima parola, sfuggitami involontariamente.

Campione.

Non volevo fargli male, per cui mi sentii terribilmente in colpa nonostante lui non avesse fatto altro che insultarmi negli ultimi mesi.

Del resto non c'è nulla di peggio nel sentire un dito piantarsi nella propria piaga, ed ero certa che quella del Capopalestra fosse una ferita ancora aperta.

Mi fulminò con gli occhi carichi di odio e disprezzo, assottigliandoli di scatto.

Sapevo che per un misero soffio non mi avrebbe strozzata.

  • Come, prego?

Domandò con voce apparentemente pacata.

Non valutò la mia proposta nemmeno un istante, la sua attenzione era concentrata su quella parola che aveva cambiato radicalmente la sua prospettiva, che rappresentava l'amarezza di una sconfitta e dell'umiliazione.

Mi si avvicinò ancora di più, finché nell'arco di un attimo non mi trovai a respirare la sua stessa e precisa aria in quel piccolo angolo circoscritto di mondo, come quando ero sul punto di cedere all'amore che provavo per lui poco prima di inoltrarci nella Via Gelata.

Sentivo il suo respiro irregolare sfiorarmi appena le guance, imporporate per la vicinanza.

Sentivo i suoi occhi su di me, la sua voglia di disintegrarmi, il suo odio nei miei confronti come non mai.

Non disse nulla, rimanemmo semplicemente così, a guardarci negli occhi senza avere altra scelta, mentre il ricordo delle sue labbra faceva capolino da un angolo remoto della mia testa nel momento meno opportuno.

Come se fosse riuscito a leggermi nella mente si allontanò repentinamente, lasciandomi con il fiato sospeso quei pochi istanti prima che potessi accorgermi della sua lontananza.

  • Dimmi cos'è successo quel giorno, su.

Lo esortai, cercando di nascondere la curiosità traboccante che aveva preso a scuotermi invadente, invadente quanto ciò che avevo chiesto a Blue sperando che la confidenza di cinque mesi lo facesse aprire di più con me.

Ero convinta che mi avrebbe rivolto il solito cipiglio iracondo, ma si limitò ad un sorriso amaro.

  • Cosa vuoi che ti dica? Fin dal nostro primo scontro era chiaro chi dei due fosse più fortunato dell'altro, ma comunque riuscii a diventare Campione…

Emise un sospiro vagamente percettibile mentre ripercorreva mentalmente con lo sguardo assottigliato e fulminante i tempi antecedenti al nostro incontro.

  • finché Red non mi spodestò, portandomi via il titolo.

    E da quel momento giuro vendetta, alla ricerca di una qualsiasi tecnica di allenamento che mi permetta di prenderlo a calci in culo.

    Tanto prima o poi quella carica ritornerà mia.

Riuscii a cogliere nella sua voce speranza intrisa d'ira e rancore e le fiamme negli occhi bruni, appena accesi da un fioco barlume. Probabilmente non avevo mai visto Blue ardere tanto per qualcosa, nonostante si trattasse ovviamente della sua grande ambizione, quella di superare il suo storico rivale Red.

Avevo sentito parlare di quel ragazzo solitario e muto che viveva per fatti suoi sul Monte Argento, il rilievo più maestoso di Johto e Kanto, tra Pokémon selvatici non poco temibili e il freddo perenne che si abbatteva sulla sua cima.

In un primo momento le voci mi avevano portata a pensare al fatto che questo fantomatico Campione potesse essere un montato come Blue il cui obbiettivo era quello di suscitare clamore in tutti gli abitanti delle due regioni con la sua teatrale e misteriosa scomparsa di cui nessuno aveva saputo nulla, ma da come mi aveva raccontato il Capopalestra altro non era se non un ragazzo affetto da mutismo – o che almeno non aveva mai ritenuto necessario fiatare, forse per pura presunzione – che non era mai stato attratto in maniera così eclatante dai riflettori, le conferenze stampa e i microfoni.

  • Quindi è per questo che sei voluto venire in viaggio con me, oltre che per avere una compagna di viaggio da insultare gratuitamente e sulla quale riversare le tue frustrazioni.

Notai con un certo sarcasmo, ironizzando sulla mia triste condizione.

Tuttavia fu massacrante sentirgli dire “Allora non sei così scema come pensavo, le cose le capisci.”

E con questo un sonoro venti a dieci mi lampeggiò nel cervello, quella cosa che Blue pensava seriamente non avessi.

 

 

 

 

  • No, no e poi no, mi rifiuto di volare. E poi non vedi che ho un occhio rosso?

La mia protesta riecheggiò per tutta Ebanopoli, spogliata da un inverno pungente e molesto che non ci aveva ancora concesso il privilegio di ammirare la città nel pieno della sua vita, sempre ammesso che ce l'avesse.

Perché sembrava un centro abitato senza tempo, perduto e dimenticato dal mondo, dove l'unica variazione consisteva nell'invecchiamento degli abitanti, o almeno mi presi la briga di presumerlo.

D'un tratto mi ricordai di Fred, il probabile futuro cognato di Blue che in quel momento se ne stava certamente beato sotto strati su strati di coperte, magari con il caminetto accesso ed una cioccolata calda mentre noi davamo l'anima per un minimo di calore per non morire d'ipotermia.

Il ragazzo digrignò i denti, non so se per il freddo o per l'irritazione.

  • Cosa c'entra il fatto che ti sia andato il sapone nell'occhio con il volo? E comunque non abbiamo altra scelta, invece di fare l'idiota mettiti in gioco e combatti, abbiamo una torre dove fare piazza pulita di feccia umana.

Con il naso rosso per il freddo e gli occhi quasi liquidi come caramello frugava distrattamente nello zaino perennemente gettato sulle sue spalle alla ricerca della sua tanto amata e fiera squadra, capitanata dall'ancor più dignitoso Pidgeot, meta delle ricerche del Capopalestra di Smeraldopoli.

Ammetto mio malgrado che avesse ragione, c'era in gioco la salvezza della regione commissionata poi dal celeberrimo nonno, una personalità tanto di spicco nel mondo.

Tanto che qualcosa mi portò addirittura a pensare che fosse quello l'unico motivo per cui avesse tanta fretta, per mostrare il suo valore all'avo.

Di sicuro sconfiggere il Team Rocket gli avrebbe fatto guadagnare parte dei punti persi nella clamorosa ed epica sconfitta contro Red.

  • Lo fai per tuo nonno, non è così?

Borbottai, incrociando le braccia e trattenendo a stento uno starnuto che preannunciava un raffreddore alquanto ingombrante.

Sarebbe stato troppo bello per essere vero, vedere Blue sotto una luce diversa che avrebbe potuto rivelare un suo ipotetico lato umano, ma mi ero solo nutrita di false speranze. Eppure una parte di me continuava a sperare in un cambiamento da parte del celebre Allenatore, forse per renderlo più gradevole ai miei occhi da innamorata senza speranze. E senza materia grigia.

  • Quanta sagacia in una sola Raines, mi stupisci.

Si lasciò andare ad una breve risata davvero macabra, mentre con un lampo di luce rossa si materializzava la grande e maestosa figura alata di Pidgeot.

  • Piuttosto, abbiamo già perso abbastanza tempo. Chiama Nox e arriviamo a Fiordoropoli prima di domattina.

Liquidò rapido l'argomento, ben più pesante di quanto credesse Blue.

Tuttavia preferii rimanere in silenzio, richiamando il grande gufo marroncino e volando via, lasciandomi alle spalle Ebanopoli e l'aria tesa tra me e l'ex-Campione.

 

 

 

 

Nonostante fosse la città più grande dell'intera regione di Johto, Fiordoropoli era regnata dal più lugubre dei silenzi, tant'è vero che anche l'allegro e celebre Centro Commerciale aveva chiuso i battenti.

Figurarsi poi le moderne abitazioni, implose nell'oscurità e nell'assenza del minimo suono, e la pavimentazione dorata che rendeva onore al nome della città, la cui colorazione splendente pareva più opaca che mai.

Di vivo alla giuliva città non era rimasto altro se non il vento, certamente più placido di quello di Ebanopoli, ma pur sempre l'unico soffio di speranza che ci era rimasto.

Mi strinsi nelle spalle, abbracciandomi alla ricerca di un po' di calore dopo che un tremito mi colse repentinamente, alla vista dello scuro edificio funereo che mi si stagliava davanti.

  • Inquietante.

Fu tutto quello che riuscii a mormorare, notando come le uniche luci accese fossero proprio quelle della Torre Radio.

Ed ero più che certa del fatto che i membri del Team Rocket non si stessero godendo uno spuntino di mezzanotte con i loro superiori.

  • Ed è solo l'inizio, Raines.

    Comunque rintraccia il tuo amico stupido. È più in ritardo del previsto.

Sbuffò Blue, riponendo nella sua piccola e sferica dimora il suo amico pennuto e addentrandosi nel posto.

  • Se ci tieni ad aspettarlo ancora, fa' come vuoi. Io ho una reputazione da difendere, a differenza vostra.

E sparì con queste parole, lasciando che le tenebre mi avvolgessero come un'umida e trasparente coperta.

Almeno per pochi secondi.

  • Feralis! Eccoti qua, finalmente!

Parli di Pinsir e spuntano le corna”, mi diceva il Professor Elm.

Proverbio alquanto azzeccato dal momento in cui in pochi secondi mi trovai davanti il più bel paio di occhi che avessi mai visto, quegli inconfondibili occhi cristallini, dal colore così limpido e puro: Eusine era arrivato.

Aveva il fiatone e i palmi delle mani piantati sulle ginocchia, coperte dal consueto pantalone dalla bizzarra tinta violetta.

  • Sono venuto… a cercarti… ma tu… non c'eri…

Il tempo di udire la frase inframezzata da ansiti e di vedere il bel biondino sorridere che capii che si stava spudoratamente arrampicando sugli specchi; tuttavia lo perdonai tacitamente, nemmeno io avevo ancora avuto il coraggio di inoltrarmi nel territorio invaso dai nemici.

  • Eusine, che bello vederti qui!

Esclamai, abbozzando un sorriso e stringendo forte la mia vecchia cotta non appena si rialzò, giusto per la necessità di una certezza in un frangente dove tutto era in bilico.

Eusine sussultò non appena venne accolto dalle mie braccia, tremule e trasudanti pavidità.

  • Ovvio che tu sia lieta di vedermi, cara. Comunque ammetto di essere anche io felice di rivederti.

Curvò le labbra in un dolcissimo sorriso, staccandosi da me giusto quel poco che gli consentì di paralizzarmi con le meravigliose iridi dal colore tanto puro e chiaro.

  • Però credo proprio che non ci sia più tempo per i saluti. Abbiamo un intero edificio da ribaltare, no?

Ero così felice di rivedere il mio caro amico da dimenticare addirittura il vero motivo della mia presenza a Fiordoropoli, al che i miei occhi si sgranarono. Solo allora realizzai che il volo di poche ore prima era l'ultimo dei miei problemi.

Avevo paura, a mantenermi in vita era solo la mia preoccupazione per Blue.

- Non voglio, Eusine. Mi sto accorgendo solo ora quanto sia grave la cosa.

Come risposta mi poggiò un bacio sulla fronte con fare fraterno, accarezzandomi piano un braccio per confortarmi.

  • È tutto a posto, vedrai. Andrà tutto bene. Ci sono io qui, ok?

Acconsentii, abbozzando a mia volta un lieve sorriso.

  • Hai ragione. Grazie, sei il migliore.

Lasciai che un luccicone mi lenisse appena una guancia per la commozione, facendo espandere in tutto il mio corpo una piacevole sensazione di sicurezza e serenità finché non avvertii un insolito moto di agitazione in una Poké Ball nella mia tasca.

Istintivamente prelevai la sfera inquieta, ma non ebbi nemmeno il tempo di provare ad indovinare a quale Pokémon appartenesse che mi esplose in faccia, facendomi atterrare da una figura enorme ed azzurra.

  • Sei il migliore umano, intendo dire.

Pigolai annidata a terra con gli occhi sbarrati, con Feralis che mi squadrava truce e che mi precludeva la vista di Eusine, immobilizzato dall'altra parte del colosso acquatico.

Il titolo di “migliore” e “migliore amico” era sempre appartenuto a lui, ragion per cui dovevo ben ponderare le mie parole per evitare di farmi uccidere da un alligatore di due metri e passa.

 

 

 

 

  • Feralis, Terremoto!

E con quest'ultimo comando terminai l'ennesima battaglia contro l'ennesimo membro del Team Rocket, scatenando una scossa che smosse l'intero edificio e fece crollare sul suolo un Raticate.

L'uomo dalla divisa nera sussultò, richiamando a sé il grosso Pokémon, digrignando i denti e fuggendo imprecando con qualsiasi parola offensiva.

  • Avanti, Eusine, andiamo al prossimo piano.

Mormorai, facendo cenno anche al Mascellone di seguirci con i suoi tonfi sonori sul pavimento della torre.

Poche scale bastarono a mostrarmi l'ordine seguente, che raggiunsi alquanto seccata.

Oramai la missione assegnatami non mi terrorizzava nemmeno più, dal momento in cui fino a quel momento mi ero imbattuta solo in reclute caratterizzate dal possedimento dei medesimi Pokémon.

Fino a quel momento.

Il piano era alquanto stretto e pavimentato con una fantasia a rombi dai colori freddi e le pareti erano tappezzate con una carta da parati bianca, spezzata da due finestre alquanto grandi che mostravano il lato nord e al momento silente della grande città.

Ma sopratutto, cosa più importante, la portata principale del primo piano era un'accesa lotta tra un certo brunetto che non vedevo da un paio d'ore ed un volto familiare risalente al Pozzo Slowpoke: Blue stava sfidando Proton, fiero nella sua divisa da criminale in un acceso Exeggutor contro Golbat.

  • Stai intralciando i piani del Team Rocket, vattene finché sei in tempo, marmocchio.

Sbottò il ragazzo dai capelli colorati d'acquamarina, ringhiando contro Blue.

  • E tu stai intralciando i piani di mezza regione, quindi dovrei dirti la stessa co…

Il Capopalestra venne interrotto dalla visione mia e di Eusine, appostati accanto ai due finestroni.

Avrebbe voluto ribattere e distruggerci i timpani con una ramanzina su quanto fossimo stati lenti, ma nessuno ebbe il tempo di fiatare. Perché un Dragonite si stava evidentemente dirigendo verso la torre, e qualcosa mi disse che per la ventesima volta avrei rischiato la vita in quella giornata.

 

L'impatto non fu dei migliori, dal momento in cui il grande drago arancio sfondò l'intera parete a mo' di ariete volante, facendo violentemente irruzione nella Torre Radio sotto tre paia d'occhi fuori dalle orbite: quelli di Eusine, Proton e i miei.
Ovviamente c'era anche Blue nella stanza, è vero, ma era l'unico rimasto indifferente e soprattutto in piedi, a braccia conserte e con appena un sopracciglio inarcato, con un polverone che provocò svariati colpi di tosse a tutti i presenti, compreso il proprietario del Dragonite.

Questi era un Fantallenatore dai capelli blu notte – stesso colore dei pantaloni – e alzati, probabilmente con venti chili di gelatina, quasi ai livelli di Blue; le scarpe, così come la giacca bordata di bianco, erano cremisi.

Ma non erano né l'abbigliamento bizzarro e né i capelli altrettanto bizzarri ad avermi lasciata di stucco non appena il ragazzo si mostrò, bensì un sorriso tenero e dolce ed una mano a grattargli la giacca all'altezza della spalla, il mio tipico modo di chiedere scusa con un sorriso.

  • Mh… Salve! C'è Blue Oak oppure sono io che ho sbagliato il muro da sfondare?

Il ragazzo si guardava intorno, un po' perso, e si lasciava aiutare da Dragonite, il quale ci scrutava attentamente nonostante la coltre di polvere che non ne voleva sapere proprio di lasciarci in pace.

Il Fantallenatore strano era una conoscenza di Blue, c'era d'aspettarselo.

Mi rialzai a fatica in piedi, con la testa pulsante e pronta ad urlare in faccia al nuovo arrivato. Non so cosa, ma uno strillo sarebbe stato perfetto per accoglierlo, seguito magari da una sfilza di insulti rivolti invece al motivo della visita: l'ex-Campione.

Ma le parole mi morivano in gola, non riuscii a fare altro se non emettere un verso roco con gli occhi persi nel nulla.

Ad un certo punto sentii Blue spostarmi bruscamente di lato per farsi spazio verso la parete sfondata e i nuovi arrivati.

  • Non è la prima volta che ti dico che sfondare le pareti di un edificio pubblico è illegale, Fred.

Con tutta la tranquillità del mondo, il Capopalestra si ficcò le mani nelle tasche dei pantaloni, alzando lo sguardo sul ragazzo ben più alto di lui e venendo imitato da Exeggutor.

Avrà avuto qualcosa come ventitré anni, su per giù, ma la cosa che mi sconvolse fu il nome. Fred. Quel Fred. Per forza, non credo che esistano tutti questi Fred a Johto.

  • Lo so, lo so, e mi dispiace, ma quando mi hai detto di venire ero così emozionato che volevo arrivare presto. E poi francamente non mi andava di far fuori le reclute del Team Rocket, Dragie li avrebbe potuti spaventare a morte.

Esibì un sorriso alquanto imbarazzato, mentre nel frattempo lasciò intendere, accarezzandole un braccio tondeggiante e arancione, chi fosse Dragie.

Mi intromisi nella conversazione, giusto per evitare che il mio compagno di viaggio insultasse il nostro ospite e per far luce su quanto stesse accadendo.

  • Quindi Fred è… lui?

Esitai un po' sull'ultima parola, facendo cenno col capo all'allegro sconosciuto.

Il tempo di Blue per annuire, che Proton si avventò contro Fred tenendo tra le braccia il suo pipistrello blu mezzo stordito, venendo repentinamente però trattenuto a fatica da Eusine.

  • Tu, come osi distruggere parte della nuova base del Team Rocket! Te la farò pagare cara per questo affronto!

Nel giro di pochi secondi, senza nemmeno che potessi capire qualcosa su quanto stesse accadendo, il generale dai capelli insoliti e con l'uniforme nera tutta sgualcita liberò un enorme Weezing fluttuante e puzzolente che si scagliò senza la minima titubanza contro Dragonite mentre Eusine correva verso di me per poi trascinarmi al piano seguente con Blue.

Peccato solo che lì la situazione non fosse migliore.

Nella stanza dominava una nebbia giallastra che ammorbava l'aria, mentre una voce familiare sbraitava ad un altro individuo “di finirla”.

Sperai vivamente che si riferisse al tanfo dei Koffing, che gioiosi delle condizioni della stanza emettevano versi facilmente riconoscibili.

  • Santissimo Lugia, mi stanno iniziando a bruciare gli occhi.

Tossicchiai lacrimante, coprendomi il naso e la bocca a mo' di mascherina per l'ossigeno.

  • Suicune di sicuro non si presenterà con questa puzza di immondizia, meglio far fuori questo schifo.

Si lamentò Eusine, estraendo di scatto una Poké Ball, facendola roteare su un dito e liberandone infine un grosso, nasuto, tozzo, giallo Hypno alto quanto me, ma non riuscì nemmeno a scagliare una mossa dal momento in cui Blue si intromise, afferrando il ragazzo per un polso.

  • Idiota, sono in due. Meglio che ci pensi anche io.

Facendo uno più uno affiancare Eusine sarebbe stata la cosa migliore da fare per Blue, ma nel frattempo io ero rimasta sola e non avevo di certo un drago che sfonda muri.

Non appena iniziò l'assalto ai Koffing, che poi si rivelarono di un ometto mingherlino, curvo e con i capelli lilla, si mostrò anche Ariana, la donna dai capelli rossi che Blue aveva già fronteggiato a Mogania.

Comunque non mi persi nei dettagli all'inizio dello scontro, perché ero rimasta ipnotizzata dall'ultima rampa di scale dell'edificio. E sono convinta che non avrebbero lasciato una postazione di controllo così succulenta incustodita.

  • Corri all'ultimo piano, disattiva qualcosa se c'è da disattivarlo e togliti immediatamente di mezzo.

Gli occhi nocciola di uno dei titani di Kanto perforavano i miei, completamente assenti.

  • Ho paura, Blue. E se ci stesse qualcuno?

Mormorai, spaventata. Sapevo che non ero nelle condizioni di affrontare un avversario degno del nome di generale del Team Rocket, lo sapevo.

  • Non farmi ridere. Hai sette medaglie, Raines, e significa che non penso che dovresti ritirarti dal mondo della lotta.

Mi limitai a sorridere e ad annuire, allargando le braccia come richiesta di un abbraccio.

  • Ma penso comunque che tu faccia schifo, come Allenatrice. Cogli il lato positivo, anche se sei strana non sei poi così tanto male.

    Comunque, se hai bisogno d'aiuto chiamami e sarò lì.

Ci rimasi abbastanza male quando mi abbassò le braccia inarcando le sopracciglia evidentemente perplesso, ma si trattava pur sempre di Blue e me lo sarei dovuto aspettare.

Però aveva detto che non ero tanto male.

Certo, mi incentrai su quello anche quando mi fece cenno di proseguire per andare ad aiutare Eusine.

Era stato così rassicurante, poco importava se per metà di entrambe le frasi si era ben guardato dal complimentarsi con me, tutt'altro.

Impavida, corsi verso l'ultima gradinata per giungere a destinazione.

Blue, in un certo senso, aveva detto che si fidava di me e che confidava nelle mie capacità. Più o meno.

Comunque l'avrei reso fiero di me e del lavoro che avevamo svolto in quei mesi. Avremmo salvato tutti e quattro la regione come una vera squadra.

Peccato solo che tutti i miei pensieri si azzerarono non appena raggiunsi una sala circolare e circondata da pareti di vetro, la parte più alta della Torre Radio.

Vi era un pilastro attorniato da sediolini arancioni con un ascensore al centro della stanza, per cui pensai di essere completamente sola.

Tuttavia tenni in considerazione la parte che mi era inizialmente visivamente preclusa, per cui preferii di gran lunga camminare con passo felpato sui quadratini marmorei che pavimentavano la sala.

Mi diressi verso sinistra, dove il vetro lasciava la visuale sul Centro Globale che si ergeva alto dietro due fontane che riflettevano la luce lunare come se l'acqua al loro interno fosse argento liquido così come il mare, che riproduceva lo stesso effetto solo su scala più ampia.

Persino l'edificio vitreo scintillava, quel grande punto di incontro tra tutte le persone del mondo.

Era bellissimo e mi stupii di come, presa dalla sete di vittoria, avessi dimenticato sia di darvi un'occhiata la prima volta che visitai Fiordoropoli e sia il senso del mio percorso: viaggiare per il mondo e crescere con i miei Pokémon.

Mi accorsi solo allora di quanto fossi cambiata.

Stavo mutando troppo in fretta, mi stavo perdendo il gusto della vita che non risiedeva in semplici placche di metallo.

Ero diventata una macchina da guerra cieca, che non vede niente e percepisce solo i suoi obbiettivi.

Ormai vivevo chiusa nel mio mondo, da sola, vivevo con il pensiero di dover vincere. Invece quando ero ancora a Borgo Foglianova non contava niente se non l'amicizia del mio Totodile, l'unico che mi sia stato vicino dal principio, il mio unico legame rimasto con la mia famiglia, che sentivo distante anche quando mi era fisicamente vicina.

Stavo cambiando.

A quell'ora sarei stata a Borgo Foglianova a godermi la cena con un coccodrillino che freme dalla voglia di crescere mentre io dipingevo il nostro futuro tra sogni e speranze.

Io quel sogno lo stavo vivendo, ma non era come lo immaginavo.

Pensavo che fosse tutto rose e fiori, che la violenza non esistesse e che tutti quanti trattassero i Pokémon come amici.

Eppure quello era solo l'inizio del mio viaggio.

Sospirai impercettibilmente, scuotendo il capo triste.

Presi la Poké Ball di Feralis e gli chiesi di perdonarmi sottovoce.

Errore fatale.

L'orecchio attento dell'uomo che si voltò brusco nella mia direzione mi colse all'improvviso.

Era molto alto, il viso era caratterizzato da lineamenti ben definiti, penetranti occhi verde acqua, capelli cortissimi della stessa tinta, pelle candida quanto l'uniforme indossata e sottili labbra, curvate in un sorriso tutt'altro che bonario.

  • Guarda guarda, abbiamo un'ospite indesiderata. Quindi tu sei l'ultima dei ragazzini di cui hanno blaterato Proton, Petrel e Ariana, vero?

    Sappi che non ti permetterò di interferire nel mio piano per portare indietro Giovanni e la vecchia gloria del Team Rocket.

Estrasse rapido una Poké Ball dall'uniforme madreperlacea in segno di sfida e ridusse a due fessure gli occhi.

Lo imitai goffamente, senza nemmeno degnarmi di rispondere ad un simile idiota con idee tanto malate e stupide.

La mia prima scelta ricadde su Tyra, la mia Larvitar primadonna, e quando il generale sfoggiò il suo primo alleato capii di aver fatto centro.

Era un Houndour, un Pokémon nero e in minor parte rosso e grigio dalle parvenze canine. Ma soprattutto era di tipo fuoco, escludendo il buio.

  • Perfetto.

Bisbigliai tra me e me, venendo interrotta bruscamente dall'attacco di Houndour.

Ultimamente interrompermi andava di moda, notai bene. Unica pecca: la cosa mi stava seriamente iniziando a dare i nervi, volontaria o no che fosse.

Il Pokémon Buio si avventò contro Tyra con Sgranocchio, azzannandola poco sotto il muso.

Tyra, evidentemente adirata per l'affronto, reagì senza aspettar comandi spedendo contro l'avversario dei massi concretizzatisi dal nulla, colpendogli in pieno le zampe facendolo tentennare per la seconda battuta di attacchi.

  • Tyra, usa di nuovo Frana!

Stavolta fu il soffitto a franare addosso al cagnolino, che perse coscienza sotto le macerie della torre adesso esposta al chiarore della luna.

Uno a zero per me, ma non era il momento di iniziare un'altra guerra a punti dato che quella con Blue era ancora aperta e nel suo pieno svolgimento.

Il ragazzo ritirò nella sfera il Pokémon esanime, lanciando poi un volgarissimo sputo sui resti di quel pezzo di soffitto crollato.

Alla vista di quel gesto a cui non ero certamente abituata arricciai il naso e compresi che Blue non era davvero il peggio in fatto di educazione.

La Ball seguente conteneva un Koffing, ed utilizzare Terremoto era fuori luogo a causa dell'eterno fluttuare del Pokémon Velenuvola.

Già, di quella strana sfera viola con strane sporgenze ed un'espressione inquietante e beata.

Ero molto presa dal fissare con una certa intensità il bizzarro mostriciattolo, per cui non mi accorsi di un bagliore accecante che regalò un po' di luce alla sala che appariva del tutto esangue: Tyra si stava evolvendo, e me ne accorsi solo quando al posto di una vanitosa Peldisasso dalla pelle color oliva mi ero trovata di lato una vanitosa Guscioduro dagli spunzoni di un colore tra l'argento e l'azzurro metallico.

Ma se c'era un elemento invariato, si trattava di sicuro dello stesso guizzo di vivacità nelle piccole iridi color rubino.

  • Ah, caspita!

Sussultai, sgranando gli occhi e grattandomi perplessa una guancia con l'indice.

Un'altra evoluzione nel bel mezzo di una battaglia, bene.

Alzai lo sguardo da terra, approfittandone per puntarlo con aria di sfida sul tizio che “voleva riportare in vita la gloria del Team Rocket”. Come previsto spalancò gli occhi verde acqua, senza tradire altre emozioni.

Non era il momento di perdersi in cose del genere, anche se avrei voluto che il piacevole stupore dell'evoluzione durasse per sempre.

Del resto, prima mi sarei liberata dell'ultimo generale e prima sarei riuscita a dormire di nuovo sogni tranquilli, nonostante l'idea di affrontare l'ultima temibile palestra della regione non mi allettava affatto.

Nonostante al momento fossi in vantaggio su quel tizio di fronte a me sapevo di non essere pronta per l'ultima palestra e avevo paura, avevo paura anche di fallire miseramente. Prima o poi questa grande botta di fortuna sarebbe dovuta terminare.

  • Tyra, Neropulsar.

Solo due parole che mi lasciai sfuggire dalle labbra, persa nei miei più remoti pensieri. Ovvero una brutta abitudine che avrei dovuto perdere quanto prima.

Tyra, nel frattempo, dimostrò di essere ben più energica di me facendo fuoriuscire da una sorta di bocca che segnava il distacco tra la maschera che costituiva il muso e il resto del corpo un raggio nero che sfumava in un viola scuro.

Koffing lo schivò per un pelo, lasciando che una delle sue nuvolette tossiche venisse disintegrata dal raggio oscuro e rispose scagliando del fango contro Tyra, che si lasciò a malapena scalfire.

Il generale avversario sibilò una parola che per decenza non riporto e che ripeté quando Pupitar corse verso la nuvoletta che non abbandonava per nulla al mondo la sua strana espressione, balzando agilmente e sputando a pochi centimetri di distanza un altro raggio scuro.

Due a zero, perfetto.

Sorrisi compiaciuta, ma pochi secondi dopo sentii una Poké Ball fremere: la stessa che fremeva poche ore prima.

  • Sei incorreggibile, Feralis.

Mi abbandonai ad un risolino per poi complimentarmi con Tyra e ritirandola dalla battaglia, con suo grande disappunto.

Scagliai in aria la Poké Ball del mio migliore amico, lasciandola brillare al dolce velo di luce lunare, e in poco e niente un alligatore di due metri rimpiazzò la roccia aguzza alta la metà.

  • Che c'è, caro, ti mancava il sapore della vittoria?

Corsi ad abbracciarlo, felice di rivederlo nel pieno della sua forma.

Non dimentichiamo che l'ultima volta che aveva affrontato un Pokémon la cosa è finita male, ma solo perché si trattava di una delle macchine da guerra di Blue.

  • Amico, la battaglia è già nostra. Dà solo il tuo contributo a questo spettacolare trionfo, ok?

Feralis asserì con uno dei suoi amorevoli ruggiti scuotendo su e giù il capo squamoso.

Con la coda dell'occhio notai che il prossimo Pokémon del ragazzo con i capelli strani era un Houndoom, un Houndour più grande, più cornuto e con una coda nera che terminava con un triangolino tutt'altro che innocuo. Sempre di tipo fuoco, ovviamente.

  • Povero, sei costretto a terminare proprio in bellezza.

Esultai, curvando le labbra in un sorriso festoso e sporgendomi verso il mio avversario con fare poco professionale.

Come se avesse udito un comando, Feralis mi lesse nel pensiero prendendo fiato e sputando acqua con la potenza di almeno tre idranti rotti.

Prima che il compagno volasse giù dalla Torre Radio, il generale ritirò Houndoom.

  • Santo cielo, Feralis. Sei stato poco delicato, sai?

Sospirai, piantandomi una mano sul volto esasperata, ritirando a mia volta il mio alleato ed andandomene alla ricerca di Blue nel piano sottostante.

 

 

 

 

 

Salve salve salve, gente, da quanto tempo! *-* Ultimamente sto sperimentando nuovi font per l'angolo autore che dovrei curare moooolto di più, ma lasciamo stare. XD

 

Ho davvero tantissime cose da dirvi, a parte che mi siete mancati tutti davvero tantissimo!

Inizio col preannunciarvi ufficialmente la seconda serie della fanfiction, ambientata a Kanto.

E va be' che quasi dall'inizio dell'arco di Johto si era capito che ci sarebbe stata una seconda serie, ma lasciamo perdere. :'3

Poi volevo dirvi che ho trovato un'opening per la serie di Johto, A Secret Calling di I-Exist. Non chiedetemi perché, ma ho anche pensato alle opening in questo mese di deprimente assenza.

Volevo ringraziare in particolar modo Orsacchiotta Potta Potta, Euphemia, A q u i l e g i a, Camy27 e naru_22 per aver seguito ogni singolo capitolo fino a questo punto e per il sostegno, grazie di cuore. *___*

 

Ovviamente premetto che il prossimo capitolo arriverà molto più in fretta di questo, coccodrillini adorati, e perdonate il mio immenso blocco dello scrittore svanito solo da pochi giorni. çwç”

 

Baci,

Feralis

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1755046