Soltanto una questione di prospettive

di AsfodeloSpirito17662
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitoli 7 ed 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

 

"Che cosa ne facciamo di lui?"

 
Al di là del vetro, Mathias siede in maniera composta, le manine incrociate sul tavolo quadrato, illuminato solo dalla luce asettica ed impersonale che pende dal soffitto. La camicia bianca con righine arancioni, sottili e pallide, è abbottonata fin sotto il mento. Il movimento regolare del petto, dovuto al respiro, è vagamente mascherato dal golfino color panna che la sua minuta figura indossa, sopra un paio di pantaloncini marroni. Il fascio che la lampada emana, sembra voler inglobare al suo interno semplicemente la figura del bambino, mantenendo in una vaga ombra le gambe ciondolanti sotto il tavolo, coperte sin sotto il ginocchio da un paio di calzini bianchi con abbinati dei mocassini neri e lucidi. E' l'immagine della purezza e della compostezza, in quella stanza spoglia, scialba, che Blaise può osservare attraverso il vetro trasparente -senza però poter essere osservato a sua volta. Infatti, Blaise pensa che, in qualche modo, sia ingiusto. Una sola prospettiva, un solo giudizio, una sola chance, una sola volta, un solo tempo, un solo battito, un solo cervello. Uno, uno, uno. Tutto unico nel suo genere, tutto irripetibile. Non che lui sia una persona a cui importi cosa è giusto e cosa non lo è ma, davvero, in quel momento l'idea nasce spontanea, non può fare a meno di pensare...  Perché non è mai permesso avere due prospettive?










NOTE DELL'AUTORE:
Lo so, è un prologo decisamente lungo. Potevo farlo più corto visto che c'ero! (Ironia portami via). Ringrazio Arianna perché sta betando questa enorme epopea con tanta pazienza. La storia è già terminata, pubblicherò un capitolo ogni sabato. E' da più di un anno che la sto scrivendo e non credevo l'avrei mai terminata, perché mi conosco e non mi fido della mia (in)costanza. Ma dato che il miracolo è accaduto, ho il sacrosanto dovere di rendere il mondo partecipe della mia gioia. Ci vediamo al primo capitolo :)

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


PRIMO CAPITOLO
 
Don't want to hear about it
Every single one's got a story to tell
Everyone knows about it
From the Queen of England to the hounds of hell

(The White Stripes, Seven Nation Army)

 
Blaise non sapeva sinceramente che pesci pigliare, dico davvero. E se glielo avessero chiesto, non avrebbe saputo nemmeno spiegare e descrivere la sequenza causale -no, ricercata no- che lo aveva messo inevitabilmente, con fare irrisorio, in quella situazione. Una settimana fa, se glielo avessero detto, probabilmente si sarebbe fatto una grassa risata. E ridere non gli capitava molto spesso, il che, già di per sé, sarebbe stato un evento. Ma quello. Oh, quello andava Oltre Ogni Previsione. La propria, per la precisione. Odiava sentirsi inadatto e a disagio per qualcosa. Disagio causato da una situazione che -ne era certo- non sapeva affrontare, nel modo più assoluto. Era sempre stato in grado di fare tutto, sia a scuola che fuori. Se l'era sempre cavata da solo per qualsiasi cosa e 'professionalità' era il suo secondo nome. Chiedergli di cucinare qualcosa? Bene, ce la poteva fare. Fare qualche incantesimo mirabolante? Nessun problema, era sempre stato abbastanza bravo. Tenere una conferenza sul perché è importante promuovere, per i giovani, l'arruolamento negli Auror? Spiacevole, ma lo poteva fare, se proprio doveva, dato che era anche il suo lavoro. Ruolo non desiderato ma, capiamoci... tra l'accusa di aver preso parte alla Guerra Magica in veste di Mangiamorte, con il rischio di finire ad Azkaban per il resto della sua vita ed il prestare servizi sociali alla comunità magica, rientrando come corpo di supporto speciale tra le file dei Soldatini Bianchi... aveva scelto di certo la seconda, senza batter ciglio. Il suo ruolo era abbastanza marginale, niente spargimenti di sangue sul campo, niente maledizioni, niente scontri corpo a corpo, niente di niente... per fortuna. Principalmente, la sua occupazione consisteva nel rifornire i magazzini del dipartimento Auror con pozioni utili, dato che il suo titolo di studio glielo permetteva, e di risolvere le noiose questioni burocratiche che i SignorSonoMachoCombattoICattivi Capi Auror, non potevano assolutamente perdere tempo a fare. Ma si sapeva che ogni secondo valeva una vita. Anche quella di un fottuto procione che attraversava la strada. Se non si è capito, si vuole ironizzare. Tuttavia... c'erano altresì dei lati negativi. Come quello accanto a lui, ad esempio. Il suo lato negativo si chiamava Mathias, di anni 8, statura nella media, un po' mingherlino. Vestito di tutto punto, quell'abbigliamento di certo non si adattava ad un bambino della sua età. Probabilmente trent'anni prima la cosa sarebbe passata più inosservata, soprattutto a causa di quegli antiquati mocassini da cui sbucavano i candidi calzini. Anglo - spagnolo da parte di madre, aveva l'incarnato chiaro tipico dei britannici ed un paio di grandi occhi neri che riprendevano direttamente il colore dei capelli un po' lunghi e disordinati. Blaise ebbe una spiacevole impressione di non avrebbe saputo dire esattamente cosa. Cosa ci faceva con luiun bambino così ben vestito, con i capelli spettinati? Probabilmente la cosa era del tutto irrilevante e sicuramente, non era quello il momento di porsi certi quesiti, ma non aveva potuto fare a meno di notare quel contrasto e la domanda era sorta da sola, nella sua testa. Quelli del Dipartimento erano stati proprio bravi, comunque. Scaricare i propri impicci sul primo disgraziato era una cosa che adoravano fare, soprattutto se il disgraziato in questione aveva magistralmente evitato la galera con un ripiego non gradito. Come già detto, non gli era stato chiaro il modo in cui erano riusciti ad affibbiargli la custodia temporanea di Mathias, sempre di anni 8. Oltretutto, la cosa era avvenuta a causa di unaloro negligenza. Bisognava studiare all'incirca sei anni per diventare Auror, ma se poi non si era neanche in grado di arrivare in tempo ad un attacco scatenato dai pochi restanti Mangiamorte, per salvare una famiglia ed evitare che l'ennesimo bambino potesse rimanere orfano... Blaise si morse la lingua, per evitaredi pensare qualcosa di estremamente volgare. Il Destino aveva voluto che quel fato infame, toccasse proprio a Mathias; sempre lui, il Destino, aveva deciso sadicamente di attirare in quella storia, nelle sue grinfie, anche Blaise, che di bambini non c'aveva mai capito niente e mai avrebbe voluto capire.
Figlio unico, figura paterna praticamente inesistente, cugini – nipoti - altro di età inferiore a lui zero totale, contatti con individui di età sempre inferiore a lui pari a 1,03 % calcolato su un ciclo vitale di circa 25 anni e qualche mese. Precisamente, la sua età attuale. Poteva quindi affermare, con la massima sicurezza e in pieno possesso di tutte le proprie facoltà razionali, che aveva un problema non indifferente, peggiorato dal piccolo particolare che Blaise non era stato ancora messo al corrente di quanto sarebbe durato questo impiccio.
Ad un certo punto,il suddetto problema, schiarì la voce.
 
"Ho sete"
 
Il Problema aveva sete. Certo, come aveva fatto a non pensarci prima? Il Problema era a suo carico, da quel momento. Ciò significava che avrebbe dovuto nutrirlo, abbeverarlo, fornirgli un alloggio, del vestiario e magari anche qualche giocattolo pericoloso con cui rimanere accidentalmente... no, non era la strada giusta. Così facendo quelli del Ministero avrebbero avuto, con somma soddisfazione, altra robaccia da aggiungere ai suoi capi d'accusa. Non era una buona idea, serviva un'altra strategia. Forse avrebbe potuto, sempre accidentalmente, perderlo in mezzo alla folla...? Lo poteva portare a Diagon Alley di sabato -e si sapeva che Diagon Alley di sabato veniva frequentata solo da chi amava gli atti profondamente masochistici- e poi...
 
"Ho detto che ho sete"
 
Blaise sentì nella propria testa come un fastidioso rumore di nastro interrotto senza preavviso. Abbassò gli occhi sul bambino dall'alto del suo metro e novantatre, prendendo solo in quel momento la coscienza effettiva che sì, Mathias era lì, gli stava chiedendo da bere e probabilmente aveva/avrebbe avuto anche altre esigenze che era compito suo soddisfare. Il Problema lo stava guardando con una faccia un po' troppo inespressiva e rilassata, per uno a cui erano appena morti i genitori. Se i Capi Auror o il ragazzino si aspettavano da lui un po' di compassione o checazzonesapevalui, avevano sbagliato persona. Detto molto francamente, l'interesse che nutriva per i sentimenti contrastanti e tetri che quel bamboccio poteva star provando in quel momento, era all'incirca pari all'interesse che aveva nel fare bene il proprio lavoro di 'volontariato', se così si poteva definire, dato che non era stata proprio per sua volontà. Senza contare che era proprio lui la fonte della sua attuale preoccupazione, che diamine! Le voci dei dipendenti del Ministero cominciarono ad emergere lentamente, come se giungessero da un posto lontano, sino a farsi via via più alte. Blaise si era chiuso nei suoi pensieri, perdendo la concezione del tempo e dello spazio, ed ora si stava lentamente risvegliando nell'atrio del Ministero, con la fontana al centro, le statue, i camini sempre al lavoro con le loro fiammate verdi... e Mathias che lo tirava per una manica del maglione.
 
"Tu hai problemi di udito" affermò, senza nessuna incertezza nel tono di voce impersonale e senza l'ombra di accento spagnolo. Ora che lo guardava bene, notava una spolverata leggera di lentiggini sul naso a patata e sulle guance chiare.
 
"No, ho sentito benissimo. Sto pensando a dove posso portarti per farti bere" replicò Blaise, accigliandosi. Ecco, visto? Già non gli piaceva. Cos'erano tutta quella confidenza e quella strafottenza? Perché era stato chiaramente strafottente, l'avevano visto tutti e l'aveva visto lui. Palesemente strafottente. Mathias, per tutta risposta, lo osservò di rimando tenendo il naso puntato all'insù, in direzione di quell'omone dalla carnagione scura.
 
"Ci sono i bagni. Hai la bacchetta per fare qualche magia. Usciti di qui, ci sono dei bar. Non credo che non ci sia nessuno, in qualche ufficio, in possesso di una bottiglia d'acqua. E, dato che dovrò vivere con te e dovrò quindi venire a casa tua, potresti anche portarmi lì e darmi l'acqua. Non mi sembra complicato ma, visto l'andazzo, mi sa che devo cominciare a prendere in considerazione la fontana"
 
Blaise pensò seriamente che Il Problema fosse in realtà Il Mostro. Lo osservò con un misto di inquietudine e di incredulità, aprendo leggermente la bocca senza tuttavia dire nulla, anche se avrebbe voluto. L'aveva detto sin da subito, che c'era qualcosa in quel bambino che non lo convinceva ed ora cominciava a riceverne le prime conferme. Non volle pensare di essere stato appena messo in ridicolo da un bambino di ancora anni 8, ma preferì attribuire la colpa dell'accaduto ai postumi del trauma che il Dipartimento gli aveva causato, affibbiandogli Mathias. Non era stato preparato, era distratto e sovrappensiero, l'aveva preso in contropiede, con un colpo basso, non valeva, non...
 
"Stammi a sentire, Mostriciattolo" piegò la schiena in avanti, così da poter osservare bene il bambino negli occhi scuri, quasi quanto i suoi "per una pacifica convivenza tengo a sottolineare la questione che la mia persona non gradirà inerzie di alcun genere, non avrà le facoltà di tollerare querimonie differenziate, non ti permetterà di fare ammenda per sproloqui e vaniloqui eccessivi e il nutrimento ed il mantenimento della propria igiene personale avverranno in maniera autonoma. E' tutto chiaro?" aveva usato un linguaggio forbito (o almeno ne avrebbe dovuto avere la parvenza) di proposito, tanto per sottolineare la differenza tra sé e lui, tra l'adulto ed il bambino, tra l'ospitante e l'ospitato, tra Il Martire ed Il Mostro. Mathias non sembrava essere particolarmente impressionato dalla premessa appena fattagli da Blaise ed anzi, l'aveva fissato negli occhi per tutto il tempo come se non stesse dicendo nulla di importante. Trascorsero dei secondi di silenzio, nei quali i due futuri conviventi rimasero a fissarsi come in uno studio applicato dell'avversario. Blaise non poteva credere di star facendo tutto quello con un bambino. Possibile che la responsabilità di lui lo stesse stranendo a tal punto?
 
"Arriva o no quest'acqua?"
 
Sì, era decisamente possibile, dannazione.





NOTE DELL'AUTORE:
Eccoci qui con il primo capitolo! Vi anticipo già da ora che non avranno lunghezze specifiche, alcuni saranno più corposi di questo, altri meno, dipende dalle esigenze della trama (vale a dire la suspance, lol). Grazie per le recensioni e come sempre grazie ad Arianna che beta la storia! Non preoccupatevi, la trama parte un po' lenta ma poi ci saranno tutti gli sviluppi del caso ;) Nel frattempo vi metto al corrente della mia enorme depressione. La penna USB dove tenevo la storia ha deciso di attentare alla mia vita, si è rotta ed ho perso 7 capitoli della fanfiction. Ovviamente, con il cuore sanguinante li riscriverò, sperando di riuscire a farli bene come i loro predecessori. Ma sono tanto, tanto depressa. ç_ç A sabato!

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


SECONDO CAPITOLO
 
Life’s oo short to even care at all, oh
I’m coming up now, coming up now
Out of the blue, oh
These zombies in the park,
They’re looking for my heart, oh oh
A dark world aches for a splash of the sun, oh oh

(Young The Giant, Cough Syrup)

 
 
"Così tu vivi qui" esclamò Mathias, uscendo dall'ascensore e lasciando cadere la borsa e lo zaino nel grande atrio dell'appartamento di Blaise che no, non era decisamente il Maniero Zabini. Il Ministero, come aveva fatto anche con Draco, l'aveva confiscato per perlustrazione approfondita e comprovata. La stessa, durava all'incirca da... ah, sì. Dalla fine del suo settimo anno ad Hogwarts. Fortunatamente sua madre in quel periodo era già riuscita a trascinare tra le sue grinfie l'ennesimo riccone, che aveva conseguentemente sposato ed ovviamente ucciso, come da copione. Ora viveva in un bel villone nella Scozia del Nord che a bellezza e grandezza, eguagliava il vecchio e caro Maniero. Tuttavia, non si poteva certo dire che l'appartamento attuale dell'Ex Serpeverde fosse una catapecchia. Era riuscito ad accaparrarsi nella Londra centrale un bell'attico all'ultimo piano di un moderno palazzo, con delle grandi porte finestre che affacciavano direttamente sulla strada principale. Con il bambino dentro casa, il Dipartimento lo aveva già costretto a prendere le dovute precauzioni e così, aveva dovuto rendere magicamente il vetro infrangibile. Lo stile di Blaise era molto moderno e minimalista, squadrato per lo più. Non c'erano molti oggetti sui mobili dai colori scuri e dalle forme spigolose, nette. I numerosi quadri attaccati alle pareti emanavano tinte forti, che servivano a smorzare i colori scuri della mobilia. Non appena Mathias mise piede dentro casa, i personaggi dei ritratti si accalcarono tutti nel quadro della Strega Morgana, appeso accanto all'ascensore che fungeva da entrata per l'appartamento. Si sollevò dalla tela un mormorio concitato, che non riusciva a coprire del tutto gli aggraziati insulti di una Morgana indignata, ritrovatasi senza alcun preavviso schiacciata contro la propria cornice. Blaise trasse un profondo sospiro silenzioso ed uscì dall'ascensore, lasciando che le porte dell'aggeggio babbano si richiudessero tacitamente alle sue spalle. Con movimenti veloci delle dita, pigiò alcuni numeri di una tastiera montata sul muro, che serviva a bloccare l'accesso al proprio appartamento da parte degli altri condomini. Quello era il rimedio per i babbani. Per quanto riguardava i maghi, il Ministero aveva avuto la brillante idea, per sua fortuna, di ispezionare l'appartamento solo al momento del suo acquisto. Blaise aveva dunque potuto sperimentare con gioia e solerzia alcuni incantesimi di natura non proprio definita e legale, grazie all'aiuto di sua madre, che l'aveva appoggiato sin da subito nel suo progetto di andare a vivere finalmente da solo. Non che lui non fosse affezionato alla donna, ma certe volte era mostruosamente morbosa nei suoi confronti e Blaise aveva avuto il timore che un giorno o l'altro, una delle proprie frequentazioni, sarebbe sparita all'improvviso in circostanze misteriose. Per la sua incolumità mentale e per quella fisica delle persone con cui usciva, aveva preso la sofferta -non così tanto- decisione di staccarsi dalla genitrice, che in fondo, aveva degnamente colmato il vuoto della figura paterna nella propria vita. Sua madre, quando ce ne era bisogno, sapeva aggraziatamente tirar fuori le palle, ammise, anche se il pensiero un po' lo straniva -e non c'è bisogno di chiedersi il perché. Il ronzio fastidioso dei personaggi del ritratto lo distrasse.
 
"Blaise, fa qualcosa! Non puoi lasciare che questi balordi mi trattino in questa man-"
 
"Oh, sta zitta Morgana e sposta un po' quel sederone, che qui ci annoiamo tutti"
 
"Già, il Menestrello ha ragione. Dicci caro" la dea della beltà osservò il padrone di casa, "chi è questo giovine?"
 
L'ex Serpeverde li osservò tutti, non solo loro tre, ma anche gli altri che lo guardavano senza nemmeno avere la decenza di nascondere la propria avidità di sapere. Pendevano dalle sue labbra, letteralmente e Blaise per qualche attimo lo trovò perfino divertente. Cercò di ricordare perché aveva deciso di portare con sé quei quadri, azione che ripeteva ogniqualvolta questi si rendevano insopportabilmente chiassosi. Poi, una risposta (come accadeva sempre) cominciò ad affiorare lentamente nella sua testa, contrastata dall'istinto primario di prendere tutti quei maledetti quadri e gettarli nel camino, magari con un sorriso sadico a fare da contorno. Di solito quel genere di pensieri riuscivano a calmarlo e a metterlo di buon umore; in effetti, la tattica funzionò anche quella volta e Blaise poté più chiaramente ricordare il motivo per cui se li era portati tutti appresso. Quei quadri erano l'unico collegamento sicuro che aveva con il luogo dove abitava ora sua madre. Non potevano essere controllati né spiati dal Ministero e sapeva di potersi fidare ciecamente di loro, nonostante la natura un po' pettegola che li caratterizzava. Erano molto più sicuri del camino e per usare una passaporta, aveva bisogno dell'autorizzazione del Ministero, cosa che non avrebbe mai ottenuto, viste le accuse ancora valide che lo tenevano metaforicamente per le palle. Avrebbe potuto smaterializzarsi ma sia casa sua che quella della madre, erano protette da incantesimi anti smaterializzazione. Sì, decisamente quei ritratti erano ciò che più di sicuro aveva per comunicare liberamente con sua madre, che di certo sarebbe venuta a sapere a breve della presenza di Mathias in casa sua. Già non riusciva più a scorgere il Principe di Galles, tra quelli accalcati nella tela di Morgana. Probabilmente era già corso da lei a darle la notizia. Era proprio quello, infatti, il lato negativo: qualsiasi cosa o persona portasse dentro casa, non sarebbe mai potuta restare una sua cosa privata, personale. Ora, ricordava anche perché si era sempre detto che prima o poi -più prima che poi, sperava- avrebbe dovuto trovare una soluzione alternativa e drastica per mettersi in contatto con sua madre in un modo altrettanto sicuro. Un crash lo costrinse a guardare con malcelata preoccupazione verso l'angolo cottura disposto all'altro capo della stanza. Mathias stringeva in una mano una bottiglia d'acqua aperta e l'altra era chiusa quasi a pugno, come stesse reggendo qualcosa che, in realtà, non aveva. O meglio, che aveva. Infatti, sparsi sul pavimento c'erano i resti di quello che era stato un bicchiere degno di essere chiamato tale e che, probabilmente, era stato anche orgoglioso di essere un bicchiere. Mathias lo guardava con occhi sgranati  - Blaise si stupì di come riuscissero a diventare ancora più grandi - e con l'aria di un cerbiatto che è appena stato colto dai fari di un'auto di passaggio.
 
"Tu non ti smuovevi, sembravi essere caduto di nuovo in trance..." si giustificò il bambino, senza cambiare di una virgola la propria espressione, con la mano ancora impegnata a stringere qualcosa di invisibile. Con quell'abbigliamento di tutto punto ma i capelli scarmigliati, sembrava proprio un delinquente. Cosa avrebbe dovuto fare a quel punto Blaise? Prenderlo per i capelli? Appenderlo per gli alluci al soffitto? Oppure dirgli di non preoccuparsi, che prima aveva avuto in credenza dieci bicchieri e che quindi, ne rimanevano altri nove da distruggere? Ma poi, sinceramente... che ci doveva fare lui, con dieci stramaledetti bicchieri?
 
"Reparo" dalla punta della bacchetta di Blaise uscì un guizzo a mala pena percettibile ed i cocci sul pavimento, similmente ad un rewind, tornarono ad unirsi come se non fosse mai successo niente e Mathias nel giro di qualche secondo, si ritrovò a stringere qualcosa di solido nella mano vuota. Il bambino sbatacchiò i suoi occhioni un paio di volte e mise a fuoco l'oggetto, magicamente tornato sano. Senza nemmeno fiatare, riempì il bicchiere d'acqua con la bottiglia che aveva già aperto e ne prese silenziosamente un bel sorso, neanche provenisse dal deserto. Blaise senza apparente motivazione, si sentì vagamente irritato. Non solo quel Mostriciattolo aveva messo le mani -senza permesso- su qualcosa di sua proprietà, ma l'aveva anche distrutto. Senza chiedere scusa. Lui, buon'anima qual era ovviamente, l'aveva aggiustato sfruttando tutte le sue doti migliori   -perché ci vuole un genio, per fare un perfetto incantesimo di riparazione - . Ma il Mostro, non l'aveva neanche ringraziato. Il moro avvertì chiaramente un brivido di orrore percorrergli la spina dorsale, lento e serpentino come qualcosa di malvagio che intende insinuare idee malsane in qualcuno. Gli balenò in mente la folle idea che, forse -e dico forse- in qualità di suo temporaneo tutore, avrebbe anche dovuto insegnarli un po' di educazione. Lui, sì. Proprio Blaise Zabini.

"Merda, questo è un incubo"
 
Mathias gli lanciò un'occhiataccia, dando a vedere che aveva compreso con estrema perfezione, ciò che Blaise aveva appena detto. No, decisamente l'Ex Serpeverde stava iniziando in maniera alquanto errata, il suo programma educativo. Al più presto, avrebbe dovuto escogitare una buona strategia o, senza neanche accorgersene, la sua autorità sarebbe stata sabotata da quel bamboccio ambulante. Il suddetto bimbo, dopo aver appoggiato il bicchiere sul ripiano della cucina asettica insieme alla bottiglia, si girò verso di lui guardandolo con quella che sembrava proprio essere un'aria di rimprovero e disapprovazione. Blaise si sentiva un po' stordito da quella situazione, se proprio vogliamo essere sinceri. Chi diamine era il tutore, lui o il ragazzino?! La cosa che più di tutte non gradì neanche alla lontana, fu lo sghignazzare -neanche tanto discreto- del Menestrello di corte, ancora accovacciato nel quadro di quella poveretta di Morgana. Il moro si chiese cosa ci fosse di tanto divertente nell' essere per poco surclassato, senza quasi accorgersene, da un individuo di 8 dannatissimi anni. Ovviamente, si rifiutava categoricamente di vedere la situazione dal punto di vista di un... quadro! Gli bastò semplicemente lanciare uno sguardo ombroso al Menestrello e limitarsi a sventolargli la bacchetta sotto il naso dipinto, per farlo smettere seduta stante. Nel frattempo, uno scalpiccio proveniente da due cornici più a destra si fece sempre più insistente, sino a quando il Principe di Galles non arrestò la propria corsa, dando una poderosa testata contro la cornice dorata. Blaise chiuse lentamente gli occhi, mostrando così tutta l'insofferenza che provava in quel preciso momento; alzò la mano sinistra, appoggiando il pollice e l'indice lungo le tempie, il capo chinato in avanti. Sapeva già, cosa stava per accadere.
 
"Per tutti i fulmini! Chi ha messo qui questa cornice?!" la voce del Principe si alzò espandendosi in un lamento appena accennato per tutta la stanza. Gli occhi di Mathias erano puntati sul quadro, ma non sembrava neanche vagamente divertito da quello che era successo, anzi; la faccia era praticamente inespressiva, come se la figura ridicola del Principe, gli fosse scivolata addosso senza tangerlo minimamente. Fortunatamente Blaise non notò quel particolare, altrimenti avrebbe avuto l'ennesimo pretesto in più per rafforzare le sue credenze: quel bambino era un cyborg  - e no, a tutt'oggi non abbiamo ancora fonti attendibili su cui basarci per scoprire come Blaise potesse esattamente sapere cosa fosse un cyborg. Dopo aver ritenuto di essersi lamentato abbastanza, il nuovo giunto schiarì la propria voce con fare pomposo e cavalleresco, assumendo in seguito una posizione impettita e degna d'importanza. Mise un braccio dietro la schiena e poggiò una mano sul petto, sopra le vesti da mago raffinate che andavano di moda ai suoi tempi.
 
"La Signora sta per arrivare, Blaise. Non vede l'ora di conoscere il ragazzo"
 
Fantastico. Veramente fantastico. Avrebbe dato fuoco, con estrema gioia, a tutti quei stramaledettissimi quadri. Ci mancava solo sua madre! Non aveva neanche avuto il tempo di fare mente locale e di organizzare in maniera abbastanza decente la situazione, che lei stava già venendo a salvare la sua anima da martire. La veridicità delle parole del Principe in effetti, non si fece attendere neanche tanto. Il crepitio sempre più insistente del camino avvisò tutti i presenti che un ospite ben conosciuto stava per giungere. I personaggi accalcati nel quadro di Morgana si fecero improvvisamente silenziosi, interrompendo in simbiosi qualsiasi borbottio o pettegolezzo, perfettamente coscienti del fatto che presto avrebbero ricevuto una risposta alle loro domande direttamente dalla Padrona. Questione di pochi secondi ed un'intensa fiammata verde illuminò il soggiorno, lasciando in breve il posto alla figura longilinea della madre di Blaise. Constance era una donna dalla bellezza veramente incredibile e possedeva uno charme che solo poche donne potevano vantare di avere. Neanche la madre di Draco, Narcissa, emanava tutto il fascino che invece la donna dalla carnagione scura riusciva a sprizzare. Quella della signora Malfoy era una bellezza algida. Constance era calda ed avvolgente. La donna appena giunta uscì dal camino con eleganza, non un briciolo di cenere le aveva intaccato i bei capelli morbidi, raccolti in una crocchia elaborata ma discreta o le vesti dalle tonalità scure ma dal taglio giovanile. Ad occhio e croce, non sembrava possibile potesse essere la madre di Blaise, dato il suo aspetto ingannatore: sembrava avere giusto una decina di anni in più del proprio pargolo. Constance individuò immediatamente la figura del figlio, fermo ancora praticamente davanti l'ascensore; l'unica differenza ora era che lui aveva scostato la mano dalla fronte e la stava guardando come fosse quasi in aspettativa.
 
"Blaise" esalò morbidamente la donna, mentre un sorriso affettuoso si faceva strada sulle labbra morbide e macchiate da un rossetto scuro, rosso. Senza degnare la casa di uno sguardo, diresse i propri passi verso il ragazzo, già allargando le braccia per accoglierlo. L'Ex Serpeverde non si sottrasse a quel contatto ricercato, dovendo piegare un po' la schiena in avanti, data l'enorme differenza di statura tra lui e la madre. Tra loro non c'era quel contenuto rispetto che invece era d'obbligo tra i componenti della famiglia Malfoy. No. Loro due erano l'uno la famiglia dell'altra e certi convenevoli, non venivano neanche presi in considerazione. Blaise non riuscì a reprimere un piccolo sorriso sulle labbra carnose, infondo era contento di vedere la madre. Lo era sempre a dire il vero ed il profumo familiare che avvolgeva la donna, riusciva a trasmettergli una calma quasi assoluta; per questo inspirò profondamente, preparandosi ad affrontare una situazione per lui del tutto scomoda ed inopportuna.
Quando si separarono, Constance aguzzò la vista con aria critica, sottoponendo il figlio ad un esame silenzioso che l'altro ormai conosceva bene; infatti, si limitò semplicemente a roteare gli occhi verso il soffitto, attendendo la sentenza che presto avrebbe decretato la donna.
 
"Stai mangiando? Sei dimagrito troppo, caro"
 
"Ciao anche a te mamma, sono contento di vederti"
 
L'espressione della donna non si rabbonì neanche un poco, troppo furba per essere distratta da un nuovo argomento, ma questo Blaise lo sapeva bene. Infatti, il suo obiettivo non era stato quello di farle cambiare discorso, ma solo di allontanare il più possibile il momento in cui avrebbero cominciato a parlare del motivo della sua visita. Mathias. Già, il Mostro. Blaise si era quasi dimenticato della sua presenza, talmente era silenzioso e tranquillo. Quello, lo indusse infatti a ricercare immediatamente con lo sguardo la sua piccola figura, ferma nello stesso punto esatto di prima. Mathias, braccia a penzoloni lungo i fianchi, aveva gli occhioni puntanti su sua madre, osservandola in una maniera praticamente amorfa.Sembrava quasi che avesse assunto un atteggiamento da spettatore incurante degli avvenimenti che lo circondavano. Era... inquietante nella sua immobilità e pacatezza. Constance, seguì con gli occhi la direzione dello sguardo di Blaise, posandoli per la prima volta su Mathias; osservò il bambino con espressione indecifrabile, praticamente impenetrabile persino da parte di Blaise che la conosceva da quando era nato. Il moro poteva quasi sentire il rumore dei pensieri che affollavano la testa di sua madre, mentre lei assottigliava le palpebre in maniera un po' felina, come di solito accadeva quando un pensiero particolarmente impegnativo prendeva forma nella sua mente. Come volesse riprendere il discorso precedente, Constance schioccò sagace la lingua contro il palato, tornando a sorridere in maniera gentile perché, quando voleva, sapeva essere la donna più garbata del mondo.
 
"E così è lui il tuo ospite, Blaise" commentò lei, attraversando la stanza per raggiungere il bambino. Si fermò a pochi passi da lui, praticamente di fronte e la donna congiunse le mani in grembo con movenze delicate; gli occhi non avevano smesso neanche un attimo di osservare Mathias, ma in maniera abbastanza discreta, così da non creare soggezione o nervosismo. Non che il bambino sembrasse intimorito dalla situazione, anzi, alzò il visetto pallido verso l'alto, sostenendo lo sguardo profondo della donna. Constance sembrò apprezzare quel particolare, dato che avere a che fare con una persona dal carattere forte è sempre più piacevole del contrario; tralasciò il fatto che l'anglo spagnolo era ancora solo un bambino. Certi tratti dovevano iniziare a manifestarsi presto, in giovane età.
 
"Non volevo essere sgarbata, ma è da molto che non vedo mio figlio" iniziò la signora Zabini, riferendosi chiaramente al fatto di aver notato la sua presenza solo in quel momento. Alzò appena le sopracciglia fini, che rendevano il suo sguardo ancora più fine ed elegante, la forma dell'occhio leggermente allungata.
 
"Mi chiamo Constance e tu?"
 
Blaise aprì la bocca per rispondere come fosse lui il diretto interessato ma sua madre, che ormai lo conosceva bene, alzò una mano per invitarlo al silenzio, senza nemmeno averlo guardato; l'Ex Serpeverde richiuse la bocca, stringendo appena le labbra tra loro ma sfoggiando un'espressione neutra. Osservò Mathias restare in silenzio e gli parve quasi un miracolo, dato che per i suoi gusti aveva detto anche troppo fino a quel momento.
 
"Mi chiamo Mathias Ramos" rispose dopo un po' il bambino, allungando con un gesto deciso la mano aperta in direzione di Constance. La donna sorrise più morbidamente, mentre si accingeva a stringere quella piccola mano tesa verso di lei, completamente diafana messa in contrasto con la propria carnagione. Mathias aveva una stretta determinata, doveva riconoscerlo e sembrava non essere lontanamente turbato dalla disgrazia che si era da poco abbattuta sulle sue gracili spalle. Il pensiero che forse Blaise avrebbe avuto pane per i suoi denti con quel bambino, le balenò velocemente nella testa e quel che è peggio, lo trovò estremamente divertente. Per questo una ferina smorfia di soddisfazione deturpò un poco quello sfoggio di gentilezza che stava attualmente propinando. L'Ex Serpeverde si perse la scena, dato che la madre gli dava le spalle, ma se avesse visto il modo in cui ora Constance osservava Mathias, probabilmente si sarebbe già dato alla macchia. La donna, dopotutto, aveva avuto una visione positiva della situazione e non ne sembrava minimamente preoccupata. Si voltò nuovamente verso Blaise, congiungendo le mani con aria completamente deliziata.
 
"Non trovi che sia un bambino adorabile?" cinguettò, sfarfallando le ciglia lunghe e scure, perfettamente modellate. Sapeva benissimo che quel modo di fare, così in contrasto con il carattere del figlio, irritava quest'ultimo profondamente... altrimenti, che gusto ci sarebbe stato? Blaise strinse i denti e la linea marcata della mascella si irrigidì di conseguenza. Constance altalenò per pochi attimi lo sguardo dall'adulto al bambino, cercando di avere una visione dei due nell'insieme ed ebbe la netta sensazione che in futuro, si sarebbero praticamente adorati. Il suo sesto senso femminile raramente sbagliava, ma sapeva benissimo che ci sarebbero state delle complicazioni non indifferenti. Si trattava pur sempre di Blaise del resto e lui non aveva mai avuto a che fare con i bambini. Quando il moro, poco dopo, aprì la bocca per dire qualcosa, Constance irruppe in una risata cristallina e piacevole, ma per niente frivola.
 
"Non credo proprio, caro" sentenziò lei, senza nemmeno dar tempo al figlio di parlare. Lasciandosi ora Mathias alle spalle, si avvicinò nuovamente al figlio, fermandosi di fronte a lui; per osservarlo negli occhi, fu costretta ad alzare il mento ma la cosa sembrò non disturbarla minimamente. Ebbe l'accortezza di abbassare il tono di voce nel pronunciare il suo intoccabile ruolo in tutta quella faccenda.
 
"Anche volendo, non potrei aiutarti in alcun modo. Ho una villa da mandare avanti, insieme agli affari del mio povero defunto marito, nonché tuo ultimo patrigno" utilizzò un tono di voce melodrammatico, sventolando con grazia la mano in aria per aumentare la drammaticità di quell'affermazione, nonostante non fosse neanche lontanamente affranta.
 
"Di elfi domestici non se ne parla nemmeno, ricorderai meglio di me la vertenza del Wizengamot, non è vero? Tenerne anche uno solo in un centro così abitato da babbani, può essere controproducente".
 
Blaise, prima di quel momento, non aveva mai saputo di poter bestemmiare anche in aramaico. Ma incredibilmente, nella propria testa, ci stava riuscendo alla perfezione.Constance alzò una mano, accarezzando in maniera affabile la guancia del figlio, un sorriso sinceramente dispiaciuto a piegarle le belle labbra. Lei non era preoccupata per quella situazione così assurda, glielo si leggeva in quegli occhi scuri creati appositamente per ammaliarti e poi ucciderti dolcemente, senza neanche lasciarti il tempo di rendertene conto. Constance era proprio così, un uragano che improvvisamente entrava nella tua vita e ti portava via tutto con incontrastabile forza. Non ti lasciava neanche l'anima. Tuttavia, poteva benissimo intuire il disagio del proprio figlio e di certo, quello era un lato della faccenda che non poteva apprezzare, essendo sua madre. Ma Blaise era un ragazzo intelligente, determinato, razionale... per quale motivo non avrebbe dovuto saper affrontare la situazione? Dopo le difficoltà iniziali, sarebbe stato in grado di capire come far andare le cose nel verso giusto. Lei era diventata madre, ma nessuno le aveva insegnato ad esserlo, eppure... aveva tirato su un figlio meraviglioso -ed è in questi casi che l'obiettività e l'oggettività di una madre vanno a farsi fottere, sì-.
 
"Caro, ascoltami, ragiona con me. Se ti prenderai cura di questo bambino come il Ministero si aspetta che tu faccia, non credi che la situazione per te... potrebbe migliorare? Voglio dire, sappiamo entrambi che il suo affidamento non è stato causale, l'hanno fatto di proposito perché pensano che non sarai in grado di fronteggiare adeguatamente la situazione. Se dovessero avere ragione, tu daresti loro il pretesto di farti affondare sempre di più, perché odiano il fatto di non essere riusciti a sbatterti in prigione…" corrugò leggermente la fronte, ma questo non fece altro che donarle, se possibile, un'aria ancora più affascinante "e lo sai meglio di me. Ti hanno costretto a fare una determinata scelta ma non ti hanno mai detto se le cose cambieranno, in futuro. Questo bambino potrebbe essere la tua occasione per riscattarti, guadagnarti la fiducia di qualcuno e riappropriarti del trattamento adeguato che ti spetta di diritto. Non guardarlo come un peso, Blaise. Guardalo come un mezzo. Guardaquesta faccenda da una diversa prospettiva"
 
Blaise fissò il suo sguardo scuro e profondo, dall'aria assorta, sul volto di Mathias che in religioso silenzio, fissava la famiglia Zabini come se in realtà lui fosse solo un fantasma; l'Ex Serpeverde aveva ben compreso che non aveva a che fare con un bambino come tutti gli altri, sapeva che sarebbe stato difficile. E lo sapeva anche il Ministero, sua madre aveva ragione. Avevano previsto un fallimento in lui, ci avevano scommessosopra e chissà... probabilmente s'erano già azzardati a brindare alla loro vittoria. Blaise si immaginò qualcuno preparare la sua cella con l'accortezza dovuta al caso, lì ad Azkaban. Le guardie in giubilo alla voce di corridoio che presto lui avrebbe fatto loro una visita di lunga durata. Si immaginò l'eccitazione fremente dei Dissennatori all'idea di avere un nuovo prigioniero da spolpare vivo. Storse appena le labbra carnose da un lato, mentre l'orgoglio intrinseco nel suo carattere, dentro di lui ruggiva dall'indignazione. Avevano macchiato il nome della sua famiglia, avevano limitato la sua libertà e la sua privacy, gli avevano tolto la casa e tutto per un reato che non aveva commesso. Non sarebbero riusciti ad umiliarlo ulteriormente, né a piegarlo. Si aspettavano di vincere così facilmente, contro di lui? Bé si sarebbero presto pentiti della scelta che avevano fatto. Lui si sarebbe preso cura di quel fottuto bambino come fosse stato il suo maledetto figlio e, per Dio, fosse stata l'ultima cosa che faceva... avrebbe cambiato le carte in tavola. Per lui e per sua madre, che volente o meno, era finita in mezzo a quella faccenda per forza di cose.
Spostò l'attenzione sul volto di Constance facendo un respiro profondo ma silenzioso ed a quel punto la donna seppe di aver raggiunto il suo obiettivo. Conosceva meglio di chiunque altro suo figlio e sapeva premere i punti giusti, quando intendeva guidarlo verso una determinata strada. La signora Zabini noncredeva fermamente in quello che aveva detto, maaveva semplicemente avuto la necessità di dirlo, al fine di convincere il figlio a fare del suo meglio con quel bambino. Ne avrebbe fatto anche a meno, se avesse potuto. La donna si scostò da Blaise, stendendo le belle labbra in un sorriso rilassato ed al contempo comprensivo.
 
"Bene, credo che a questo punto la mia presenza sia diventata di troppo. Vi lascio soli, così avrete tutto il tempo necessario per conoscervi" voltò la testa verso Mathias, indicando con un movimento aggraziato della mano la borsa e lo zaino abbandonati senza alcun riguardo sul pavimento, vicino l'ascensore "sono tuoi quelli, Mathias?" chiese con estremo garbo ed affabilità, avvicinandosi al bambino di un paio di passi. Il Mostro, come lo chiamava Blaise, annuì silenziosamente un paio di volte, osservando la donna dalla pelle scura unire le mani tra loro con aria deliziata, come avesse ricevuto una meravigliosa notizia.
 
"Oh, ma perché allora non andate a fare delle compere insieme a Diagon Alley? Blaise, credo tu sappia che fin quando il bambino non sarà maggiorenne, non potrà usufruire del patrimonio dei suoi genitori. Te ne dovrai occupare tu, come per tutto il resto ovviamente" ampliò impercettibilmente il sorriso, parlando abbastanza lentamente. Doveva lasciare il tempo al figlio di metabolizzare la situazione, perché con le relazioni sociali, Blaise era stato sempre decisamente pessimo. Il fatto di dover vivere ed occuparsi di un bambino, sicuramente aveva già creato effetti devastanti sulla sua persona che ancora dovevano semplicemente uscire fuori, perché l'Ex Serpeverde reagiva in maniera abbastanza lenta alle novità. E proprio per questo, anche con fare più violento, Blaise si passò una mano sulla faccia ed annuì inerme. Cos'altro poteva fare, del resto? Si era appena ripromesso che si sarebbe comportato come un bravo tutore, alla faccia di quegli avvoltoi del Ministero che non vedevano l'ora di fregarlo. Constance annuì soddisfatta dall'atteggiamento positivo -in realtà passivamente negativo- del proprio pargolo e si rivolse per ultimo a Mathias.
 
"E' stato un piacere fare la tua conoscenza Mathias Ramos e se dovessi aver bisogno di qualcosa che Blaise non è in grado di darti, ma ne dubito enormemente, parla pure con quel valoroso cavaliere che vedi lì dentro" il Principe di Galles gonfiò il petto con estremo orgoglio, nel momento in cui il dito della signora Zabini indicò proprio lui "così verrà a cercarmi subito ed in men che non si dica, sarò qui per entrambi. Buon pomeriggio, miei cari!"
 
Quando sua madre sparì nel camino, Blaise comprese che spettava a lui prendere in mano la situazione a quel punto. O meglio, l'aveva sempre saputo ma la consapevolezza di doverlo effettivamente fare lo schiaffeggiò barbaramente. Schiarì la gola, sentendo gli sguardi dei personaggi accalcati nel quadro di Morgana che tentavano di perforargli il cranio per leggere i suoi pensieri. Avrebbe giurato che sua madre si sarebbe raccomandata con loro di farle sapere tutto quello che sarebbe successo in casa sua da lì fino a quando non si sarebbe liberato del Mostro. Avrebbe fatto in modo di farla raggiungere esclusivamente da notizie positive, perché lui ce la poteva fare. Era una persona adulta, razionale e indipendente mentre l'altro era solo un moccioso di 8 anni ancora confuso sulla sua identità sessuale  - come se un bambino potesse sapere cosa fosse un'identità sessuale a quell'età - .
 
"Bene, mettiti il giacchetto, usciamo"





NOTE DELL'AUTORE:
Oh, eccoci qui con il secondo capitolo. Come sempre il mio doveroso ringraziamento ad Arianna che beta la storia, in secondo luogo a voi che avete il coraggio di recensire :D
Per chi fosse curioso di vedere che volto immagino per Mathias: http://img.poptower.com/pic-60650/mason-cook.jpg?d=600 (Mason Cook)
Lo so che vi state chiedendo dove diavolo è Neville... abbiate pazienza fino al terzo capitolo ;)

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


TERZO CAPITOLO
 
Your time will come if you wait for it, if you wait for it
It’s hard, believe me… I’ve tried
But I won’t wait much longer ‘cause these walls they’re crashing down
And I won’t wait much longer ‘cause these walls they’re crashing down
And I keep coming up short
(Imagine Dragons, Amsterdam)
 
Cosa, in nome di Merlino, cosa esattamente gli aveva fatto credere anche per un solo istante che l'idea di sua madre fosse una buona idea? Blaise quasi ringhiò, nel camminare circa un metro avanti a quel moccioso. Dentro di sé pregò che qualcuno lo rapisse e lo portasse via proprio mentre lui non stava guardando. Sarebbe stato un incidente, un accadimento non previsto ed avrebbe pianto copiosamente dal dolore davanti a quelli del Ministero, per il suo piccolo ed adorabile Mathias scomparso, rapito da qualche malvivente da quattro soldi. 
Erano ormai due ore che camminavano senza sosta per tutta Diagon Alley, entrando ed uscendo da negozi d'abbigliamento senza stringere neanche uno straccio di busta. E vi piacerebbe sapere perché? Potreste ben immaginarlo, io credo, se solo vi impegnaste un po'. Mathias sembrava essersi messo in testa di rendere la vita di Blaise un vero e proprio inferno e lo stava facendo con quella tipica sfacciataggine che solo i bambini sono in grado di sfoggiare. Entravano in un negozio, quel ragazzino accettava di provare il mondo sotto consiglio della commessa e poi alla fine... diceva che nulla era di suo gradimento. Nulla. Ma non era tanto il fatto di non riuscire a trovare niente che andasse bene al Mostro, la cosa ad irritare Blaise... era il modo in cui lo diceva. Con aria di sufficienza, come se quel moccioso stesse facendo un favore a lui, come se lo stesse graziando anche solo della sua presenza. Questo l'ex Serpeverde non poteva assolutamente tollerarlo. D'accordo che Mathias gli era stato affidato, d'accordo che si era proposto di essere un tutor eccellente ma l'altro sembrava remargli contro con un tale divertimento da rendere quella situazione ancora più avvilente e scomoda di quanto già non fosse. Non gli piaceva avere il moccioso tra i piedi ma immaginava che anche a Mathias non piacesse essere lì con lui; allora perché non venirsi incontro e facilitarsi le cose? Purtroppo il bambino, invece, sembrava aver trovato un lato piuttosto piacevole in tutta quella situazione: provocarlo. E per quanto Blaise odiasse ammetterlo, ci stava anche riuscendo bene, perché sapeva che lui non poteva reagire, o almeno non poteva sbilanciarsi troppo in recriminazioni varie. Ma in qualità di tutor, aveva il sacrosanto diritto e dovere di farsi valere e, per la miseria, l'avrebbe costretto a comperare un maledetto abito entro la fine della giornata o non si sarebbe più chiamato Blaise Zabini. Arrestò bruscamente il passo ed attese che il bambino, con inerzia, lo raggiungesse. Mathias invece di fermarsi accanto a lui, come niente fosse lo superò e tirò dritto per la sua strada, impunemente, in un ennesimo tentativo di provocazione. L'ex Serpeverde strinse i denti irrigidendo la mascella ed allungò un braccio in avanti, afferrando senza tante cerimonie una manina del Mostro; voleva giocare alle prese di potere? Bene, l'avrebbe accontentato molto volentieri, perché non aveva tempo né voglia di stare dietro alle turbe di un ragazzino di cui non gli importava assolutamente niente. Il bambino allargò gli occhioni nocciola per la sorpresa e si voltò verso Blaise strattonando il braccio con l'intento di liberarsi dalla sua presa, senza però riuscirvi. Infatti, Zabini aveva intrappolato la mano di Mathias in una morsa autoritaria e nonostante i tentativi del bambino di ostacolare la sua avanzata, il ragazzo ricominciò a camminare con determinazione, diretto ad una bottega proprio lì vicino, specializzata in abbigliamento maschile per bambini.
 
"Lasciami!"
"No"
"Lasciami ho detto!"
"E io ho detto di no"
"Mi stai facendo male!"
"Non è vero"
"Mi metterò ad urlare!"
"Fa pure, ti zittirò tanto velocemente con una fattura che neanche avrai il tempo di rendertene conto"
 
Mathias gli lanciò uno sguardo infuocato, in grado di incenerire, ma non pronunciò più neanche mezza parola. Blaise si sentì talmente soddisfatto ed inorgoglito da quel risultato che si promise di minacciarlo più spesso in futuro. Spinse la porta della bottega ed il loro ingresso fu accompagnato da uno scampanellio allegro. L'interno del negozio era caldo ed accogliente, molte persone occupavano i corridoi occupate a visionare la merce sugli scaffali e a stare dietro ai bambini presenti.
L'ambiente era illuminato con delle candele fluttuanti che emanavano una luce calda e morbida, aiutando a mettere a proprio agio i clienti; l'odore del legno che componeva i pavimenti e le pareti, dava un tocco inspiegabilmente famigliare a quella bottega. Forse era proprio questo che attirava le persone con prole al seguito: il senso di famiglia che riusciva a suscitarti. Purtroppo tutto questo ebbe giusto il minimo effetto su Blaise che, richiusosi la porta alle spalle, abbassò lo sguardo su Mathias senza lasciargli però la mano. Temeva che se la sarebbe data a gambe levate e lui non aveva la minima intenzione di rincorrerlo in giro per Diagon Alley.
 
"Adesso sceglierai qualcosa, te la proverai e la indosserai, è chiaro?"
"Io non metterò mai niente!"
"Oh, sì che lo farai ed anche alla svelta"
"Ti ho detto di no, scimmione peloso!"
"Ma che cazz-... scimmione peloso?! Stai molto attento a come mi ti rivolgi mucchietto d'ossa, perché se non farai quello che ti dir- ah! Infido mostriciattolo rivoltante, torna qui!"
 
Dopo l'offesa di Mathias, Blaise aveva sgranato gli occhi praticamente indignato e si era lasciato sfuggire mezza parolaccia. Inutile dire che il suo grado di irritazione era vertiginosamente salito, perché il bamboccio lo costringeva ad essere un cattivo tutore. E mentre Blaise aveva ripreso a minacciarlo, dato che ci stava trovando gusto, Mathias aveva ben pensato di assestargli un poderoso calcio sullo stinco, dileguandosi subito dopo come un razzo tra gli scaffali del negozio. Zabini aveva piegato la schiena in avanti, massaggiando con una mano grande il punto offeso e si era morso il labbro inferiore per evitare di divenire estremamente volgare in un luogo pubblico pieno di altri piccoli mostri uguali a quello che l'aveva appena barbaramente aggredito. Alzò lentamente lo sguardo iniettato di sangue e sete di vendetta dal pavimento ed iniziò a perlustrare l'ambiente con minuziosità, la bacchetta già nascosta nella manica del cappotto nero, dal taglio inglese, che indossava. L'avrebbe preso, ovviamente. E una volta preso, l'avrebbe torturato lentamente ed una volta riportato a casa, sarebbe accaduto quello che in realtà avrebbe dovuto fare sin dall'inizio: appenderlo per gli alluci al soffitto. Non gli importava più se a sua madre fossero giunte notizie negative; quelli da convincere erano i membri del Ministero e basta, no? Che i suoi quadri facessero pure i pettegoli, ma lui avrebbe strozzato quel Mostro! Come un ambasciatore di sciagure, iniziò ad aggirarsi tra i vari scaffali silenziosamente e data la sua vertiginosa altezza, non gli fu difficile farsi un quadro generale della situazione. Mathias non era sciocco, non si sarebbe mai nascosto dietro un mobile o in un camerino, no; almeno questo di lui, Blaise era riuscito ad intuirlo. Il Mostro avrebbe fatto qualcosa di infantile ma astuto, se messo in atto da un ragazzino. Continuò a camminare tra gli scaffali mostrando una certa tranquillità, come fosse stato un semplice cliente impegnato ad osservare la merce; ovviamente non perse mai di vista la porta, per evitare che sfruttando una sua distrazione, quel ragazzino gli scappasse da lì proprio sotto il suo naso.
 
"Salve, posso aiutarla?" una commessa dall'aria cortese gli si accostò con discrezione. Blaise prese tra le mani una magliettina senza neanche guardarla, preferendo piuttosto continuare a far vagare lo sguardo falsamente disinteressato ed annoiato per il resto del negozio.
 
"Stavo solo guardando, grazie lo stesso" la liquidò freddamente, senza neanche lasciarle il tempo di replicare. Sbagliava o quel cappotto lì infondo aveva dei capelli che sbucavano fuori dall'apertura del collo? Assottigliò in maniera felina le palpebre sugli occhi scuri e dalla forma allungata, mentre con circospezione iniziò ad avvicinarsi verso l'indumento appeso ad una stampella. Ora che la distanza era ridotta, poté affermare con sicurezza che non aveva avuto un'allucinazione. Si trattava proprio di ciuffi di capelli castani e scompigliati, esattamente come quelli di Mathias. Blaise fletté le ginocchia e si accovacciò davanti al cappottino rosso. Allungando una mano, afferrò la linguetta della lampo e lentamente, iniziò a tirarla verso il basso. Mano a mano che la lampo si abbassava, il volto di Mathias iniziò a farsi sempre più visibile, sfoggiando un'espressione contratta, con gli occhietti chiusi strizzati al massimo, come si stesse sforzando di diventare invisibile. Se non fosse stato così profondamente incazzato probabilmente a Blaise sarebbe venuto anche da ridere. Aprì completamente il giacchetto e rimase inginocchiato davanti a lui, ad osservarlo con un'espressione mortalmente seria in volto. Non gli sarebbe sfuggito e non l'avrebbe lasciato uscire di lì senza prima aver comperato qualcosa, che l'idea gli piacesse o meno. Era divenuta una questione di principio. Mathias si azzardò ad aprire un occhietto, ritrovandosi a fissare il volto nero - in senso di umore ma sì, anche di carnagione - di Blaise. Rimase immobile ed in silenzio, con le braccia ancora infilate nelle maniche del cappotto e le gambe tirate su, vicino al petto, per non farle uscire dall'estremità inferiore dell'indumento oramai aperto. Le abbassò lentamente e solo dopo circa un minuto, si permise di sbuffare infastidito.
 
"Non farò mai quello che vuoi tu"
"Possiamo restare qui anche tutta la notte e se dovesse essere necessario saremo qui anche domani e dopodomani, il giorno dopo ed il giorno dopo ancora..."
"Tu non mi piaci!"
"Neanche tu mi sei mai piaciuto e dopo quello che hai fatto oggi le tue possibilità di far salire la percentuale della scala di gradimento che avrei potuto provare nei tuoi confronti è pari allo 0,0%. Ma farai ugualmente quello che ti dico io"
"Costringimi!"
 
Mathias alzò fieramente il mento verso l'alto, osservandolo con aria di sfida. Quel bambino non sapeva contro chi si stava mettendo ed un atteggiamento così sfrontato avrebbe potuto procurargli non poche grane in futuro, perché non tutti potevano essere dei santi martiri come il nostro povero Blaise Zabini, che tra l'altro dovette farsi una violenza immane per impedirsi di strappargli tutti i capelli a mani nude. Ma lo sguardo omicida che stava sfoggiando nei riguardi del marmocchio, lasciava intendere benissimo tutte le sue reali intenzioni e quello che  avrebbe voluto volentieri farne di quel mucchietto d'ossa. Fu per questo che lui gli si rivolse.
 
"Zabini tutto bene?"
 
Contemporaneamente, Blaise e Mathias smisero di lanciarsi occhiate fulminanti per spostare l'attenzione sul ragazzo che si era appena fermato accanto a loro, intento ad osservarli entrambi dall'alto con espressione discretamente perplessa. 
Neville Paciock era cambiato dai tempi della scuola ma, nello stesso tempo, era riuscito a mantenere un qualcosa di tipicamente suo che Zabini non avrebbe saputo ben definire. I capelli castani, lasciati crescere in maniera incontrollata, gli coprivano il collo e lo sguardo, disordinati; i lineamenti del volto si erano fatti più marcati, privandolo di quell'aria da eterno bambino di cui tutti credevano non si sarebbe mai liberato. Le guance rimaste abbastanza floride ed il mento erano vagamente ombrati da un accenno di barba e gli occhi avevano acquisito una notevole profondità, come il tono di voce. Non sarebbe mai stato alto quanto Blaise, ma nessuno avrebbe potuto considerarlo obiettivamente basso. Spalle larghe, corporatura nella norma, Neville aveva l'aria di un ragazzo florido e perfettamente in salute. Nonostante l'aspetto oramai totalmente adulto, quella spolverata di lentiggini sul naso riuscivano a fargli mantenere un'aria un po' impacciata e tenera. Blaise sospirò silenziosamente ed in maniera discreta, riportando l'attenzione su Mathias che, dal canto suo, era ancora intento a studiare quel ragazzo dall'aria gentile che si era avvicinato.
 
"Sì Paciock, grazie per l'interessamento. Va tutto splendidamente"
"Portami via"
 
La voce del ragazzino risultò chiara e decisa, nel pronunciare quella richiesta perentoria nei riguardi di Neville. L'ex Grifondoro allargò leggermente gli occhi, preso in contro piede dalle parole del bambino. Aveva capito male o gli aveva appena chiesto di portarlo via? Abbassò lo sguardo su Zabini, notando la maniera in cui il ragazzo sfoggiava un po' forzatamente un atteggiamento pacato; ciò che lo tradiva, era l'espressione del volto irrigidita in modo piuttosto innaturale. Neville con aria un po' confusa, alzò una mano grattando con indecisione la testa e fece altalenare per qualche secondo lo sguardo da uno all'altro. Mentre Mathias sembrava essere completamente sicuro di sé, nel mantenere i suoi occhietti scuri puntati in alto verso di lui, Zabini sembrava star contemplando molteplici possibilità sui mille ed uno modi per mantenere la calma con un certo raziocinio senza dover scadere necessariamente in atteggiamenti degni di un barbaro incivile. O almeno, questa fu l'impressione che ne trasse Neville dato che non poteva certo dire di conoscere il suo vecchio compagno di scuola come fosse un suo amico, tutt'altro. Non sapeva neanche perché si era intromesso in quella faccenda, ad essere totalmente onesti; stava andando alla ricerca di un regalo tra gli scaffali, quando aveva visto da poco lontano il volto del ragazzo contrito in un'espressione di tale disapprovazione da averlo leggermente inquietato. Sicuramente Neville non condivideva con Blaise una tale confidenza da permettersi di impicciarsi dei suoi affari, ma non credeva neanche di aver commesso chissà quale errore. Aveva posto una semplice domanda, garbata e discreta, non intendeva insistere se l'ex Serpeverde dimostrava palesemente di non avere intenzione di approfondire la questione. D'altro canto Mathias, sembrava volerlo tirare in ballo eccome, a dispetto dei desideri di Blaise che avrebbe fatto volentieri a meno di mettere al corrente chicchessia della situazione in cui si trovava. Non amava dare spettacolo e non amava che le persone venissero a conoscenza della sua vita, privata e non. L'unico con cui aveva un rapporto di amicizia abbastanza solido era Draco ma al di fuori di lui, nessuno sapeva qualcosa che lo potesse riguardare, neanche stronzate come il suo colore preferito o la sua data di nascita. 
Neville e Blaise si incontravano un paio di volte durante la settimana al Ministero ed il loro rapporto consisteva unicamente nel rifornire le dispense pozionistiche di erbe che potessero tornare utili al francese (perché sì, Zabini non era certamente un cognome inglese e questa era sempre stata una cosa talmente elementare da dedurre che nessuno vi si era mai soffermato sopra). Neville stava portando a termine gli studi per acquisire un dottorato in erbologia ed aveva quindi instaurato una sorta di collaborazione con il Ministero, prima di divenire a tutti gli effetti un ricercatore ufficiale. Quindi, tralasciando convenevoli come 'ciao' oppure 'tutto bene?' e classiche domande di pura circostanza e cortesia sociale, erano praticamente due sconosciuti.
 
"Piantala"
"Io faccio quello che mi pare!"
"Non finché vivrai sotto il mio tetto!"
"Io non ci voglio stare sotto il tuo tetto!"
"La decisione non spetta né a te né a me, adattati!"
"Riportami indietro, voglio cambiare tutore!"
"Taci!"
 
Blaise quasi ringhiò, nel sibilare l'ultima parola. Paciock era proprio di fianco a loro, non gli andava che sentisse quelle cose e traesse chissà quali conclusioni. Gli lanciò un'occhiata, notando che la sua espressione se possibile, era anche più confusa di prima. Il francese premette due dita sugli occhi, massaggiandoli lentamente in completo silenzio. L'avrebbe riportato indietro molto volentieri a dire il vero, ma lui gli serviva per cercare di riconquistare un po' di quei diritti che il Ministero gli aveva simpaticamente negato. Non era passato neanche un giorno e già sentiva di star perdendo il controllo sulla situazione. Lui odiava non avere controllo su qualcosa e pretendeva che il corso degli eventi fluisse perennemente come lui aveva pianificato. Era un calcolatore ed i calcolatori non apprezzavano gli imprevisti né chi si impegnava in maniera tanto accanita a distruggere l'equilibrio della loro organizzazione. Neanche a dire che poteva fare qualcosa, perché più di minacciarlo in serie non avrebbe potuto sbilanciarsi o il Ministero ne avrebbe approfittato alla grande. Aveva come la sensazione di trovarsi in un vicolo cieco o di essere un cane che cercava scioccamente di modersi la coda. Con ancora le dita sugli occhi chiusi, sentì Paciock schiarirsi con titubanza la gola; il fruscio dei vestiti del Grifondoro gli fece capire che l'altro si era accucciato vicino a loro, nella stessa posizione assunta da Blaise. 
 
"Zabini, non so se... se lo sai. Cioè, avresti dovuto immaginarlo ma... ma al Ministero quasi tutti sanno di questa cosa. Qualcuno ha sparso la voce e bè... le voci lì dentro corrono in fretta, lo sai no?"
 
Le dita di Blaise smisero di ruotare lentamente sugli occhi ed anzi, vennero scostate lentamente per permettere agli stessi di schiudersi e di fissarsi mortalmente burrascosi sul volto del Grifondoro. Avrebbe dovuto immaginarlo? Immaginare che cosa? Che tutti lì dentro avevano il diritto ed il permesso di sapere anche quando andava in un maledetto bagno mentre lui non aveva potere su nulla? Inumidì le belle labbra con la punta della lingua, velocemente, ed una brevissima risata ironica gli scappò dalla gola. Certo, tutti sapevano. 
 
"Benvenuti nella vita di dominio pubblico di Blaise Zabini" sussurrò con una certa inflessione che denotava fastidio, nel tono di voce profondo, particolarmente caldo ed avvolgente. Zabini aveva una bella voce, anche se piuttosto roca. Era un peccato che generalmente parlasse poco a causa della sua natura così riservata. Neville corrugò appena la fronte, osservandolo con un lieve accenno di preoccupazione; forse non avrebbe dovuto informarlo di quel particolare ma comunque sarebbe venuto a saperlo lo stesso, lavorando al Ministero. Aveva semplicemente anticipato le cose. La voce del Grifondoro invece, era molto più limpida e giovanile anche se al momento risultava nello stesso tempo cauta, nel parlare. Infondo Zabini avrebbe potuto benissimo mandarlo a farsi benedire, per essere ancora lì presente ad impicciarsi degli affari suoi. 
 
"Mi dispiace, attualmente sembra essere proprio così. Credo che quelli del Ministero l'abbiano fatto di proposito, sai. Intendo la storia dell'affidamento..."
"Oh Paciock, 20 punti a Grifondoro per l'ottimo spirito di osservazione, davvero"
"Ehi! Sono l'unico che non ha trovato niente per riderci sopra!"
"E immagino che per questo dovrò porgerti i miei più sentiti ringraziamenti. Dimmi, come potrò mai ripagare la tua infinita benevolenza?"
"Questo atteggiamento così ostile non ti porterà da nessuna parte. Posso immaginare che tu sia nervoso, ma-"
"Quando vorrò il tuo parere al riguardo, Paciock, sarai informato da me personalmente"
"Voglio andare via!"
"Sta zitto, Mostro"
"Non chiamarlo Mostro, così non fai altro che farlo indispettire di più!"
"Ah, adesso è lui quello indispettito!"
"Signor Paciock, mi aiuti, quest'uomo mi ha maltrattato!"
"Piccola carogna che non sei altro, che razza di bugie vai raccontando in giro?! Non ti azzardare mai più a dire una cosa del genere, potrebbero sentirti!"
"Minacciandolo lo istighi, Zabini..."
"Che mi sentano allora! QUEST'UOMO MI HA MALTRAT-"
 
Blaise si affrettò a tappare con entrambe le mani la bocca di quel piccolo demonio, voltando velocemente la testa prima a destra e poi a sinistra. Nessuno sembrava essersi accorto di quello che stava accadendo tra quegli scaffali e la gente continuò a compiere i propri acquisti come non avesse sentito nulla. Il francese si permise di trarre un profondo respiro misto a sollievo ed irritazione; non poteva permettersi di perdere la calma altrimenti avrebbe dato la soddisfazione più grande che il Ministero potesse avere a quei quattro balordi che lo avevano incriminato solo perché aveva un rapporto di amicizia evidente con Draco Malfoy. Abbassando leggermente le palpebre sugli occhi, Blaise assunse uno sguardo dall'aria tipicamente minatoria e sbilanciandosi sulle punte dei piedi, inclinò la schiena in avanti per avvicinare il viso a quello del bambino ancora incastrato dentro quel maledetto cappottino rosso. Lo osservò da una distanza decisamente ridotta ed iniziò a parlare lentamente, affinché ogni parola si imprimesse bene nella testa del Mostro, in modo tale da evitare di doversi ripetere in futuro. Zabini gradiva dire le cose una volta sola.
 
"Chi comanda qui sono io, Mathias. Finché il Ministero non ti troverà una famiglia disposta ad adottarti e spero che lo faccia in fretta, dovrai vivere con me. Il che significa che dovrò nutrirti, fornirti un alloggio e del vestiario. La cosa non piace a te e non piace a me, eppure è così. Oggi siamo qui per comprare e, ti giuro, compreremo. Altrimenti non ci muoveremo dal negozio. Sono stato chiaro?"
 
Iniziò a togliere lentamente le mani dal volto del bambino, temendo ricominciasse ad urlare da un momento all'altro; l'unica cosa che voleva, era andarsene via da lì e liquidare la questione, oltre che Paciock stesso. Per i gusti di Blaise, il Grifondoro aveva sentito anche troppo e la cosa non aveva fatto altro che innervosirlo più del necessario. Sperava francamente che Mathias si decidesse a collaborare, perché la quantità della sua pazienza era veramente irrisoria. Il piccolo anglo-spagnolo si limitò a fissare Blaise in silenzio, gli occhietti ridotti a due fessure e le labbra strette tra loro per la rabbia. Con movimenti intrisi di forza, liberò freneticamente le braccia dal cappottino e rimase in piedi, immobile, davanti quello che sarebbe dovuto essere il suo tutore da lì a non sapeva neanche quanto. Un silenzio pesante cadde sul quel trio strampalato e fu solo quando dopo circa una trentina di secondi Mathias iniziò a scuotere forte la testa, che Neville decise nuovamente di intervenire, in barba al proprio buon senso che gli gridava di lasciar perdere e tenersi fuori da ciò che riguardava solo ed unicamente Zabini.
 
"Il problema è questo? Non riesci a trovare niente che ti piace?"
 
Mathias osservò il ragazzo in silenzio, senza spiccicare parola e sembrava anche non avere nessuna intenzione di cominciare a farlo. Per tutta risposta, il Grifondoro allungò una mano verso di lui, sorridendogli gentilmente ed in maniera amichevole. 
 
"Io mi chiamo Neville e, da quanto ho capito, tu dovresti essere Mathias, non è così?"
 
Blaise osservò il coetaneo con la fronte leggermente corrugata ed uno sguardo diffidente. Cosa diamine si era messo in testa Paciock? Qual era il motivo di quell'atteggiamento tanto aperto e disponibile? Cosa poteva importargliene a lui, se non riusciva a farsi rispettare neanche da un moccioso, nella maniera più elementare possibile? Voleva forse prendersi gioco di lui? Dimostrargli quanto fosse più bravo a farsi obbedire da quel piccolo Mostro? Blaise non credeva, nella maniera più assoluta, nel semplice spirito immolatore altrui. Non credeva nella bontà gratuita o nel volontariato... volontario. Paciock doveva avere in mente qualcosa ma se pensava davvero di riuscire a combinare impicci ed imbrogli proprio sotto il suo naso, aveva fatto un grosso errore di valutazione perché il Serpeverde non si sarebbe lasciato battere od umiliare da nessuno. Per l'amore di Merlino, il Ministero avrebbe potuto togliergli anche le mutande ma non c'era essere umano sulla faccia della terra in grado di sottrargli il suo orgoglio. E credeva anche non ci fosse nessuno in grado di trattare civilmente con quel bambino.
 
"Paciock, lascia stare. Me ne occupo io qui, continua pure a fare quello che stavi facendo"
"Zabini, non mi permetterei mai di sottrarti questa magnifica responsabilità ma tu non mi sembri essere esattamente il tipico fan dei bambini. Visto che sono qui, cerco solo di dare una mano ad entrambi, dato che sembra proprio non riusciate a venirvi incontro"
"Sì, sono Mathias"
 
Il bambino strinse la mano di Neville solo a quel punto. Blaise avrebbe giurato che lo fece solo per cercare di irritarlo ancora di più. Ed era davvero malcelata ironia quella che aveva udito, mascherata tra le parole del fu compagno di scuola? C'era qualcosa che non andava, in tutto quello. Il mondo aveva iniziato a girare al contrario e lui se l'era perso? Non solo faticava a farsi rispettare da un bambino di ancora anni 8 ma Paciock – Paciock - si prendeva anche il lusso di parlargli con fare ironico. Il Serpeverde lì in mezzo era lui. Solo lui possedeva l'esclusiva autorità di fare uso illimitato e gratuito di ironia, nessun altro! Sembrava che il mondo avesse cambiato la sua prospettiva senza prendersi la decenza di avvisarlo.
 
"D'accordo Mathias, ti va se ti aiuto a scegliere qualcosa di bello? Sicuramente l'idea di passare qui il resto della tua vita non ti piacerà, no?" sorrise, l'ex Grifondoro, in un modo così fiducioso che avrebbe potuto invogliarti a fare ciò che diceva sul serio. Dopo qualche istante di esitazione, il bambino annuì e si avviò tra gli scaffali del negozio, senza aspettare il suo nuovo amico. Paciock, sorridendo con un'ombra di tenerezza sulle labbra nell'osservare Mathias, voltò poco dopo la testa verso Blaise, che lo stava guardando con uno sguardo indecifrabile. Neville sfarfallò un paio di volte le ciglia con perplessità, aveva fatto qualcosa di sbagliato?
 
"Cosa c'è?" domandò infatti, sentendosi un po' a disagio sotto quegli occhi scuri, così profondi ed allo stesso tempo così calcolatori, intrisi di razionalità.
 
"Niente" rispose l'ex compagno di scuola, scuotendo brevemente la testa. In verità qualcosa c'era eccome. Gli bruciava. Oh, come gli bruciava l'essere stato aiutato da Neville Paciock! Perché quell'imbranato era riuscito a farsi ascoltare e lui no? In cosa stava sbagliando? Blaise si alzò in piedi, con espressione granitica; se si fosse lasciato andare sicuramente non sarebbe riuscito a reprimere una smorfia. Neville si alzò qualche frazione di secondo dopo di lui, ma non disse nulla, limitandosi a lanciargli uno sguardo un po' frastornato. Zabini osservò il ragazzo dargli le spalle ed inoltrarsi tra gli scaffali, per andare ad aiutare quel piccolo Mostro cadutogli tra capo e collo. Circa mezz'ora dopo, si erano ritrovati tutti e tre alla cassa, in fila per pagare il conto. Anche Neville sembrava aver trovato il regalo che stava cercando, mentre Mathias aveva spontaneamente scelto un giubbotto invernale dall'aria molto calda, una camicia celestina e dei pantaloni di velluto marrone. Blaise aggrottò la fronte, nel poggiare quegli indumenti sul bancone, trovando decisamente antiquato il modo in cui il bambino era solito vestirsi. Anche la prima volta che l'aveva visto al Ministero, oltre quel vetro, aveva pensato che avesse un'aria strana, sin troppo composta, racchiuso in quegli abiti dallo stile passato. Con disinteresse adocchiò il pigiamino celeste che l'ex Grifondoro stringeva tra le mani.
 
"E' per tuo figlio?" domandò atono, tanto per fare conversazione. Prima di andare via avrebbe dovuto anche ringraziarlo, il minimo che poteva fare era rendere la cosa più facile possibile.
 
"Cosa?" Neville sbatacchiò le palpebre con aria confusa e il francese non poté fare a meno di pensare che quel ragazzo sembrava vivere perennemente su un altro pianeta.
 
"Quello" biascicò, indicando con un breve cenno del mento la magliettina con sopra stampata una tigre in versione peluche. Neville abbassò lo sguardo osservandola per qualche secondo e poi sembrò finalmente capire.
 
"Oh, no, no! E' per il figlio di un mio amico. Harry Potter, te ne ricorderai no?" sorrise con gentilezza. Certo che se lo ricordava Potter, chi mai avrebbe potuto scordarlo? Sapeva che si era sposato con una Weasley grazie alle notizie sui giornali, ma che i due avessero fatto prole gli era sfuggito. Grazie a Dio non poté fare a meno di pensare. Se c'era un motivo per il quale prediligeva il sesso maschile a quello femminile, era che almeno non avrebbe rischiato di avere prole di alcun genere in mezzo ai piedi. Con disappunto di sua madre, la dinastia Zabini sarebbe terminata con lui, proprio così.
 
"Sì, certo" rispose distrattamente, porgendo una carta magica alla cassiera affinché potesse saldare il conto. Mathias era rimasto in silenzio accanto a Paciock con lo sguardo puntato verso il pavimento. Incredibile come in certi momenti riuscisse a diventare praticamente invisibile. Blaise afferrò la busta contenente gli indumenti del bambino e si scostò per fare spazio all'ex Grifondoro.
 
"Bene, adesso dobbiamo andare" iniziò, temporeggiando per qualche secondo. Ma quante lentiggini aveva quel Paciock sul naso?! "Bé... ci vediamo al Ministero. E grazie" concluse con distacco, stirando le labbra in maniera un po' forzata, in quello che sarebbe dovuto essere un sorriso cortese. Neville sembrò non fare caso al fatto che Zabini ce la stesse mettendo tutta per ringraziarlo e  gli sorrise splendidamente. Quando sorrideva, sulle guance apparivano due fossette che ti facevano venire voglia di prenderle a morsi. Zabini corrugò appena la fronte. Non l'aveva pensato davvero. 
 
"Figurati non c'è problema. Ci vediamo presto eh, Mathias? Mi raccomando, fai il bravo!" esclamò allegramente, scompigliandogli i capelli più di quanto già non fossero. Il bambino gli lanciò uno sguardo un po' incupito ma non disse nulla. Docilmente, seguì fuori dal negozio Blaise, senza spiccicare parola. D'accordo, era stata una giornata strana, stressante e decisamente troppo lunga per i gusti del francese. Qualunque minaccia Paciock avesse usato per riuscire a rendere così mansueto quel piccolo Mostro, lui ne era incredibilmente grato.



NOTE DELL'AUTORE:
Non posso. Semplicemente, non posso davvero aspettare lo scoccare della mezzanotte quando ho appena scoperto che, grazie ad un mio amico (al quale ho promesso la mia mano), ho recuperato tutti i dannati capitoli persi. TUTTI. Cioè. Non posso descrivere la mia gioia, NON POSSO. E quindi ho detto 'fanculo, lo pubblico adesso il capitolo, sono troppo euforica!!' E quindi... eccolo qui! Grazie ad Arianna che mi beta e mi sopporta. E grazie al Signore Dio Celeste di tutti i cieli per avermi dato una seconda possibilità. Ho capito la lezione, lo giuro! Parlando di cose serie... finalmente è apparso il benedetto Neville! Ve l'avevo detto che sarebbe bastato pazientare! ;) Buona Immacolata in anticipo!

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


QUARTO CAPITOLO
 
I’m waking up to ash and dust
I wipe my brow and I sweat my rust
I’m breathing in the chemicals
I’m breaking in, shaping up, checking out on the prison bus
This is it, the apocalypse

(Imagine Dragons, Radioactive)


Blaise fece la sua comparsa tra un guizzo di fiamme verdi, trascinandosi dietro quello che aveva tutta l’aria di essere un bambino non molto diligente. Il francese non teneva la sua mano, ma gli stringeva il polso, cosa che aveva dovuto necessariamente fare per non perderselo in uno dei vari camini attraverso i quali erano passati. Quando le scarpe toccarono il duro marmo nero del Ministero, Blaise lo mollò immediatamente con fare piuttosto incurante, pensando invece a togliere dal mantello quella poca fuliggine che lo aveva imbrattato. Mathias, anni 8 di origine anglo-spagnola, restò immobile poco dietro di lui, con le braccia mollemente abbandonate lungo i fianchi magri. Erano passati un paio di giorni dal divergente incontro con Paciock all’interno della bottega di Diagon Alley. Precisamente, due giorni di inferno. Sicuramente, starete immaginando morte e pestilenza a casa Zabini; vi starete figurando un Mathias cadere preda di tutta la sua subdola malvagità infantile, intento ad attuare piani di sabotaggio nei confronti della già – di – per – sé – merdosa vita del fu Serpeverde. Ma niente di tutto questo era mai accaduto. Cancellate pure le previsioni apocalittiche dalla vostra mente, gente, perché quelli erano stati i due giorni più silenziosi di tutta la sua vita. Addirittura in determinate occasioni era stato costretto a controllare cosa Mathias stesse facendo, per assicurarsi che fosse ancora vivo e non si fosse ucciso (non che l’evento l’avrebbe toccato particolarmente, ma vallo a spiegare a quei balordi del Ministero, poi, che non meriti di finire ad Azkaban solo perché un Mostro ha deciso di uccidersi senza neanche avere la decenza di consultarti). Aveva parlottato con i quadri la sera in cui erano tornati a casa dalle compere, attendendo che Mathias fosse andato a dormire. Aveva spiegato loro la situazione, in maniera che capissero abbastanza la gravità della cosa (tralasciando tuttavia dettagli che intendeva riserbare per sé) e aveva chiesto loro di tenere d’occhio il ragazzino ventiquattro ore su ventiquattro; era una merce preziosa, non poteva rischiare che facesse cose stupide, altrimenti altri capi d’accusa si sarebbero aggiunti alla sua lista. Tuttavia... non poteva dire di ritenersi tranquillo. Che fine aveva fatto il bambino rissoso che si era opposto con tutte le sue forze a Diagon Alley, due giorni prima? In quella faccenda c’era qualcosa che non gli quadrava e Blaise sentiva di non fidarsi, di quel ragazzino. Messa così, la cosa suonava più che ridicola. Non avere fiducia in un bambino... neanche si stesse parlando di un pazzo psicopatico; d’altro canto Blaise aveva le sue ragioni. Non di rado l’aveva colto intento a fissarlo con uno sguardo così intenso e nello stesso momento vuoto, privo di sentimenti, che non aveva potuto fare a meno di sentirsi irrequieto. Rare volte in vita sua c’era stato qualcuno che aveva avuto il potere di scombussolarlo particolarmente ma quel ragazzino in determinati frangenti era in grado di fargli accapponare la pelle. Non solo era avvolto perennemente nel suo silenzio, ma sembrava nello stesso tempo non provare niente. Il Serpeverde non era un esperto di emozioni e sentimenti, quindi poco avrebbe potuto comprendere di quella situazione, ma di certo non era stupido. Mathias era un bambino a cui era stata appena sterminata tutta la sua famiglia davanti gli occhi e... non c’era stata praticamente nessuna reazione sconclusionata, da parte sua. Si limitava a rimanere in silenzio, qualche volta lanciare delle frecciatine decisamente troppo argute per uscire dalla bocca di un bambino di otto anni e poi... lo fissava. Anzi, no, Blaise si sentiva studiato. E la cosa non gli piaceva affatto.
 
“Stammi vicino, non gironzolare, non parlare con nessuno, non toccare niente” esclamò in tono annoiato Blaise, cominciando a dirigersi verso gli ascensori. A distanza di due giorni, ancora si aspettò un’obiezione da parte sua eppure... il Mostro fece come gli era stato detto. Iniziò a seguirlo, tenendo la testa china ma gli occhi sollevati, osservando i volti della gente che frenetica si dirigeva da tutte le parti in maniera ordinata. Il francese corrugò appena la fronte, senza tuttavia fermarsi per controllare se lo stesse effettivamente seguendo; una parte di sé ancora sperava che quel bambino potesse sparire nel nulla, fuori dalla sua vita. Entrarono all’interno dell’ascensore, mentre una voce meccanica, femminile, iniziò ad elencare le destinazioni. Piano dopo piano, Blaise dovette affrontare gli sguardi indiscreti dei dipendenti del Ministero. Ogni volta che qualcuno saliva sull’ascensore, un’occhiata generale diretta a lui ed al bambino sembrava essere d’obbligo, come fosse divenuta una prassi. Fortunatamente il francese era dotato di un autocontrollo a dir poco inquietante e per tutta risposta, ogni volta il suo sguardo si limitava a mirare dritto di fronte a sé , senza degnare alcuno anche di un solo cenno di riconoscimento. Come Paciock gli aveva simpaticamente anticipato, oramai tutto il Ministero conosceva la sua storia ed ovviamente ciò che dietro vi si celava in realtà; grazie a questo piccolo dettaglio, aveva avuto il tempo di prepararsi psicologicamente a quell’impatto e decidere la tattica più adatta da attuare. Sapeva che speravano di vederlo preda di una crisi di nervi e probabilmente si stavano chiedendo se stesse riportando indietro il bambino, se si fosse arreso a qualcosa che non era in grado di affrontare. Bé se era questo che volevano, Blaise avrebbe dato loro tutto il contrario. Mantenne il controllo, sì, perché così facendo avrebbe fatto trasparire una certa sicurezza e la sicurezza voleva dire avere in mano la situazione. Purtroppo, il Serpeverde ancora non sapeva che di lì a poco non avrebbe avuto in mano proprio niente. Arrivarono finalmente al Livello 2, adibito all’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia e comprendente il reparto Auror, per i quali (mestamente) lavorava. Data la presenza del Mostro, non sarebbe più potuto andare a lavorare al Ministero, altrimenti avrebbe dovuto portarselo dietro e quello (ovviamente col solo fine di complicargli la vita) non era permesso. Sarebbe dovuto restare a casa con lui e preparare le pozioni necessarie da lì. L’idea non lo entusiasmava molto, prima di tutto perché casa sua non era un luogo adatto dove preparare pozioni, secondo perché così avrebbe reso i mobili pregni dell’odore delle misture e terzo... perché sperava di riuscire a liberarsi almeno per qualche ora al giorno di quell’abominio. Purtroppo il Ministero, branco di imbecilli, aveva preventivato anche quell’evenienza. Sospirò silenziosamente, percorrendo un lungo corridoio. Le pareti erano tempestate di volantini mostranti i volti dei ricercati, poster di squadre di Quidditch e foto di gruppo delle divisioni minori e superiori di Auror. Una grande bella famiglia, davvero commovente. Giunto in fondo al corridoio, dopo aver superato svariate porte che davano sugli uffici dei piccoli soldatini bianchi, aprì una porta alla sua destra. Oh, meraviglioso, era già lì.
 
“Paciock. Hai dormito qui stanotte?”
 
La voce ironica del Serpeverde attirò l’attenzione del Grifondoro, che smise di impacchettare alcune erbe in scatole chiuse con scotch magico. Sbatacchiò le palpebre un paio di volte, cercando di capire la battuta che l’altro aveva appena fatto. Perché era una battuta, non è vero?
 
“No, veramente... sono venuto prima perché volevo salutare Harry e dargli il regalo... non abbiamo mai occasione di vederci, tra i suoi impegni ed i miei...” biascicò, alzando una mano per grattare con aria dubbiosa la testa. Quella frangia sbarazzina che gli cadeva sugli occhi irritava Blaise. Sentì le mani prudere, avrebbe voluto tagliarla per guardarlo negli occhi. Mathias in quel momento, pur rimanendo silenzioso, fece un passo avanti e finalmente Neville notò anche la sua presenza. Non appena il ragazzo dall’aria gioviale poggiò i suoi occhi nocciola sul bambino, le sue labbra si stesero in un sorriso allegro e sereno, con tanto di fossette annesse. Aggirò il tavolo da lavoro e con un paio di falcate, raggiunse il piccoletto per salutarlo da vicino.
 
“Ehi, Mathias! Come andiamo?” chiese, poggiandogli con delicatezza una mano sulla testa. Aveva un’aria un po’ cupa, per cui suppose che i rapporti tra lui ed il francese non dovessero essere migliorati di molto in quei due giorni. Mathias alzò il visetto pallido verso di lui e lo osservò con uno strano luccichio in fondo agli occhi scuri, quasi quanto quelli di Blaise. Neville arcuò appena le sopracciglia, aveva come la sensazione che il bambino volesse dirgli qualcosa ma che si astenesse dal farlo.
 
“Ciao” rispose semplicemente Mathias, continuando ad osservarlo con occhi apparentemente tranquilli. Non aggiunse nient’altro, limitandosi a restare sotto la mano di Neville in maniera incredibilmente docile, cosa che avrebbe innervosito incommensurabilmente Blaise, se solo il bambino non si fosse mostrato docile anche nei suoi riguardi, negli ultimi due giorni. Per certi istanti, aveva pensato per davvero che quel giorno a Diagon Alley, Paciock avesse lanciato qualche strano incantesimo sul bambino mentre lui era distratto. Poi però, internamente, aveva riso di sé stesso perché, diamine... il ragazzo era un Grifondoro, non so se mi spiego. Probabilmente, se avesse anche solo pensato di poter fare un simile riprovevole atto, si sarebbe suicidato ed avrebbe preteso di essere inserito nella lista di quelli a cui spettava l’eterna dannazione delle fiamme infernali. Oh bé, sì, in certi momenti sapevaessere proprio poetico, soprattutto quando intratteneva interessanti monologhi con la sua mente eccelsa, l’unica in grado di ascoltarlo e di replicare in maniera colta ed attenta. Non poté impedirsi di pensare a Draco ed alle sue risposte traboccanti di sarcasmo allo stato puro, condito con una buona dose di humour nero; il biondo con il suo modo di fare sapeva alleggerire l’anima e la coscienza di Blase, ma non era mai stato un ottimo consigliere, neanche nei riguardi di sé stesso, visti i suoi precedenti. E probabilmente se non ci fosse stato Blaise a mettergli un po’ di sale in zucca durante gli anni della guerra, evitandogli di compiere certe cazzate da Guinness dei Primati, probabilmente il bel culo etero di Malfoy in quel momento, starebbe spalmato su uno dei letti della prigione di Azkaban. Blaise non era modesto e non gradiva neanche fingere di esserlo; perciò, quando giungeva il momento di prendersi qualche fottuto merito, lo faceva e basta.
 
“Cerchiamo di farla breve per piacere, Paciock. E’ tutto lì quello che mi occorre?” con un cenno del mento, l’ex Serpeverde indicò le scatole presenti sulla propria scrivania, che con sommo dispiacere, non avrebbe visto più per chissà quanto tempo. Dato che avrebbe dovuto condurre tutti gli incarichi ministeriali dal proprio appartamento, Neville era stato incaricato di rifornire le dispense con i prodotti mancanti ed anche di imballarli adeguatamente, affinché non si rovinassero e non perdessero le loro proprietà magiche. Essendo un pozionista, Zabini avrebbe potuto benissimo svolgere quel lavoro da solo ma era grato per il fatto che, una volta tanto, il Ministero avesse deciso di delegare ad altri il lavoro sporco che invece era solito fare lui. Ecco, gli mancava di dare una lucidata a corridoi e cessi, per poter dire di essersi occupato veramente di tutto. Storse appena le labbra in una breve smorfia insofferente, mantenendo comunque una compostezza invidiabile. Paciock tolse la mano dalla testa di Mathias ed alzò gli occhi su di lui, osservandolo inizialmente con aria perplessa. Di nuovo. Blaise fu seriamente tentato di chiedergli se quell’espressione da tontolone la sfoggiasse di proposito oppure no. Ma del resto, a che sarebbe servito scoprirlo? Di certo non l’avrebbe irritato di meno. Attese che Neville realizzasse da solo, a cosa il francese si stesse riferendo (perché tanto sarebbe accaduto, bisognava soltanto lasciargli i suoi tempi). Infatti, qualche attimo dopo lo sguardo dell’ex Grifondoro seguì la direzione indicatagli dal mento di Blaise ed i suoi occhi sembrano tramutarsi in un paio di lampadine. Eureka! Gridò una voce atona e priva di gioia, nella testa del francese.
 
“No, ho iniziato da poco in realtà. Devo chiudere una decina di scatoloni ancora. Ma se mi aiuti probabilmente faremo prima...” si azzardò, oltre che ad avanzare una proposta così oltraggiosa e neanche tanto velata, pure a lanciare un mezzo sguardo che probabilmente stava cercando di far passare per convincente. La linea della mascella di Zabini si irrigidì ma il ragazzo non disse nulla. Trascorsero alcuni minuti di silenzio, durante i quali Mathias decise di attuare una specie di dipartita, addentrandosi con sguardo curioso all’interno dello studio, lasciando che quei due si scambiassero sguardi poco interpretabili.
 
“Fatti da parte” biascicò infine Blaise, senza curarsi di nascondere tutta la contrarietà che provava. Neville gli lanciò uno sguardo mezzo stralunato, come se si fosse aspettato tutt’altra cosa da parte sua. Si posizionò all’estremità sinistra della scrivania, affinché anche il francese potesse trovare spazio per maneggiare scatoloni ed usufruire a iosa di scotch appiccicoso, che essendo magico, se ti si attaccava alle dita poteva avere lo stesso effetto che produceva la colla babbana a presa rapida.
 
“Davvero?”
“Devo ripensarci?”
“No no, per carità... ah! Tieni, per quello ho portato una scatola apposita, le ho fatto un incantesimo per mantenere l’interno caldo!”
“Ma non dirmi, Paciock, hai avuto un’idea geniale
“Non mi sembri molto sincero...”
Davvero? Me ne dispiaccio sentit- maledizione! Stai più attento con quello scotch!”
“Oddio, scusami! Non l’ho fatto di proposito è che, sai, certe volte le cose mi scivolano dalle mani... eh eh...”
“Non l’avrei mai detto che, in effetti, certe cose non cambiano mai...”
“Penso che tu abbia rag- ehi! Aspetta un momento, che vuoi dire?!”
“Quello che ho detto. Odio ripetermi”
“Perché devi parlare sempre in maniera così enigmatica? E’ una cosa che non ho mai capito della tua personalità!”
“Oh-oh, adesso passiamo alle confessioni intime? Cos’è, imballare scatoloni ti apre il cuore, Paciock?”
“Ma cosa diamine vai blaterando, non mi sembra proprio di averti fatto una confessione!”
“Oh mio Dio, stai davvero arrossendo? Cioè, sul serio?”
“Smettila di dire cose che mi mettono in imbarazzo!”
“Ti ho detto di tenere quel maledetto scotch lontano dalla mia persona e non farmelo ripetere!”
“Ti dico che non lo faccio a posta, santo cielo! Cos’è, hai paura che te lo appiccichi da qualche parte?”
“Prima di tutto, definisci ‘qualche parte’. In secondo luogo, sì Paciock, ho paura di te perché sei l’essere più imbranato che io abbia mai avuto la sfortuna di conoscere”
“Ah, bene, quindi è questo che pensi di me! Pensi che io sia un... un... un imbranato!
“Sì è quello che penso e non capisco perché questo intermezzo colloquiale stia sopravvivendo così a lungo dato che in tutto il tempo in cui abbiamo collaborato, ci siamo fatti bastare un ‘ciao’ ed un ‘alla prossima’!”
“Perché hai così tanti problemi a scambiare due chiacchiere in tranquillità? E poi se non avessimo iniziato non avrei mai scoperto cosa pensi veramente di me!”
“Oh e adesso che lo sai immagino che tu ti senta un uomo perfettamente realiz- Paciock, seriamente, dovresti guardare quello che fai invece di atteggiarti ad offeso dell’anno...”
“Io sono perfettamente cosciente di quello che faccio!”
“Ah sì? Mi fa piacere, considerando che tra noi due chi si è appena incollato tre dita sei tu...”
“Ma che diavolo...? Oh. Oh merda
“Ma bene, è in questi casi che si ha il piacere di scoprire la reale personalità di un individuo. Mi complimento con la tua conoscenza di vocaboli, hai appena guadagnato zero virgola cinque punti sulla scala della mia stima...”
“Zabini, francamente, ti sembra normale avere una scala della stima per la gente? Piuttosto, aiutami! Adesso come faccio?!”
“Non è normale intrattenere discussioni con te, in realtà. E poi vorrei chiedermi per quale motivo mi poni certe domande come se le risposte dipendessero da me, ma, sai che c’è? Non me lo domanderò perché se lo facessi ammetterei che la risposta mi interessa. Ma non è così”
“Che... che...”
“Ce la puoi fare, Paciock...”
“Che egoista!”
 
Zabini chiuse l’ultimo scatolone con un’espressione che definire soddisfatta sarebbe un mero eufemismo. Lisciò con i palmi delle mani lo scotch affinché aderisse bene e voltò la testa verso Neville, osservando la faccia oltraggiata del Grifondoro. Il ragazzo teneva ancora la mano sospesa a mezz’aria, come se stesse aspettando che Blaise facesse qualcosa. Il francese abbassò lo sguardo sulle tre dita incollate di quell’imbranato senza far sparire quel sorriso affascinante ed irritante dalla faccia e parlò in maniera del tutto tranquilla.
 
“Non so proprio come aiutarti Paciock, davvero, sono mortificato. Prova ad andare al San Mungo, ma credo che dovranno amputarti le dita...”
“Che diavolo stai dicendo?” Neville sbiancò, letteralmente, allargando un po’ gli occhi da cerbiatto.
“Oh, lascia stare. Conosco certe storie che ti farebbero accapponare la pelle. Lo scotch magico una volta che si attacca è praticamente impossibile toglierselo di dosso. Ti ricordi Theodore Nott, della mia casa? Non so se l’hai visto ultimamente, ma va girando con un pezzo di scotch attaccato alla guancia, perché di certo non possono asportargli la faccia. Ovviamente comprenderai cosa voglio dire...”
“Oh Merlino... oh Mio Dio...” Neville indietreggiò, andando a sbattere con la schiena contro l’armadio oramai vuoto di Blaise; abbassò gli occhi sulle dita incollate, osservandole in uno stato di trance profonda, gli occhi vacui e l’espressione così desolata che Blaise fu quasi tentato di dire che stava semplicemente scherzando. La tentazione non fu abbastanza forte tuttavia e rimpicciolendo gli scatoloni, decise di infilarli nella tasca interna del mantello nero che indossava, senza spiccicare parola, lasciando Paciock in quello stato comatoso. Si voltò, ricordandosi che con lui era andato al Ministero anche il Mostro; lo cercò con lo sguardo, mentre una ruga di preoccupazione gli deturpava la fronte scura. Non l’aveva più visto né sentito da quando era entrato! Qualche secondo dopo, lo trovò che sistemava la borsa di Neville sulla cassapanca vicino la finestra. Irrigidì la mascella e si avvicinò al bambino con ampi passi.
 
“Cosa stai facendo?” domandò con tono perentorio ed indagatore. L’aveva visto muoversi in maniera furtiva e la cosa non gli era piaciuta neanche un po’. Mathias, senza perdere la sua compostezza distaccata, alzò il nasino all’insù per guardarlo negli occhi e scrollò appena le spalle gracili.
 
“Era scivolata a terra, l’ho rimessa al suo posto” commentò semplicemente, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni di velluto con estrema noncuranza. Ovviamente il francese non credeva ad una sola parola di quello che gli aveva detto il ragazzino, ma non gli sembrava né il momento né il luogo adatto per mettersi a sindacare, quindi si limitò a poggiare una mano sulle scapole del Mostro per sospingerlo senza tante cerimonie verso la porta. A casa avrebbe indagato più a fondo sulla faccenda, pensò, mentre lanciava un ultimo sguardo sospettoso alla borsa dell’ex Grifondoro. E a proposito di Paciock, questi si trovava ancora in uno stato confusionale, quando Blaise si apprestò a salutarlo.
 
“Bé Paciock, è stato un vero piacere. Condoglianze per le tue dita, ci risentiremo quando avrò bisogno di altri ingredienti, tanto il tuo biglietto da visita ce l’ho!”
“Le mie dita... no, non può essere... le mie dita!”
“Ciao...” la voce di Mathias passò praticamente inosservata.
“Oh mio Dio, oh no!”

Il francese senza fare una piega, inforcò la porta abbandonando con il cuore pesante il proprio ufficio. Chissà quando l’avrebbe rivisto... e chissà per quanto ancora avrebbe dovuto vegliare su quella specie di mutante, ponderò, abbassando con fastidio gli occhi su Mathias, poco avanti a lui. Si chiese per quanto sarebbe potuta durare ancora quella sorta di mutismo nella quale il bambino si era chiuso. Se da una parte Blaise era felice del fatto che il Mostro evitasse di disturbarlo più del dovuto, dall’altro non era per niente tranquillo. E, cielo, com’era imbarazzante ammettere una cosa del genere, per colpa di un individuo di anni otto! Tuttavia, a differenza di Draco, quando c’era da smascherare una verità, lui lo faceva senza troppi rigiri di parole o pensieri. Mentre Malfoy aveva il brutto vizio di negare la realtà quando gli era scomoda, costruendo interessanti e ridicoli castelli per aria, lui filava dritto al punto per comodità. Prima si individuava il problema, prima poteva risolverlo. E lui odiava i problemi. Mathias era un problema. Mathias era un problema che non poteva risolvere senza dover ricorrere all’omicidio e all’occultamento del cadavere. Mathias era un problema che per essere risolto, avrebbe richiesto l’infrangere numerose leggi che avrebbero aggravato la sua situazione. Ma Mathias, da un’altra prospettiva, era anche il problema che poteva risolvere il suo problema! Blaise sospirò pesantemente, chiuso nell’ascensore insieme al bambino.  Poteva solo sperare che presto sarebbe capitato qualcuno desideroso di adottare un ragazzino caratterialmente instabile. Ma chi avrebbe mai voluto un bambino inumano come Mathias? Rabbrividì al pensiero che forse sarebbe finito con il tenerlo a vita. Irrigidì la mascella e le spalle, improvvisamente colmo di un’ira non pronunciabile. No, non l’avrebbe permesso.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


QUINTO CAPITOLO

Out here in the fields
I fight for my meals
I get my back into my living
I don’t need to fight
To prove I’m right
I don’t need to be forgiven

(The Who, Baba O’Riley)


La risposta alle riflessioni di Blaise non si fece attendere molto. Un paio di giorni dopo la visita al Ministero, le cose dentro casa divennero insostenibili. Se prima Mathias aveva deciso di emulare un'ombra, divenendo una presenza quasi impalpabile, improvvisamente era anche arrivato alla conclusione che quel gioco l'aveva annoiato e che era ora di cambiare. Erano oramai due settimane che il francese stava lottando tra la vita e la morte, cercando di evitare che gli scoppiasse un embolo da qualche parte. Lui odiava i bambini. Li odiava, li odiava, li odiava. Non aveva mai chiesto a nessuno di ricordargli perché, ma Mathias l'aveva fatto a prescindere dai suoi desideri. Le risposte a tono erano aumentate in maniera esponenziale, gli atteggiamenti irriverenti erano all'ordine del giorno ed ogni fottuta azione era diventata una lotta all'ultimo sangue. A partire dalla mattina quando Blaise doveva praticamente costringerlo a mangiare per non farlo morire di fame o a bere, per non farlo morire disidratato. Perché, sì, il Mostro aveva deciso di fare lo sciopero della fame. Così, senza motivo. Non avendo un cazzo da fare, aveva ben pensato 'ma sì, complichiamo la vita già merdosa del mio tutore!' Poi aveva anche deciso di fare lo sciopero dell'igiene e se non era Blaise a trascinarlo sotto la doccia, tra le urla isteriche del moccioso comprensive di graffi sul pavimento in moquette nel tentativo di cercare un appiglio e di lottare e non dargliela vinta, lui non si sarebbe più lavato. Tanto perché scioperare era una cosa banale, troppo semplice, aveva ben pensato di aggiungerci qualcosa che abbellisse il tutto e lo potesse rendere più interessante! Se prendeva bicchieri in mano, li lasciava cadere. Se prendeva piatti, ne rovesciava il contenuto. Quando Blaise lo placcava e con le dita gli spingeva le guance per fargli aprire la bocca, a volte il bambino riusciva a morderlo a sangue. Inoltre Mathias sembrava essersi votato al culto del nudismo (o forse esisteva un tipo di sciopero anche per quello?) e ogni volta che toccava vestirlo, la situazione diventava una tragedia greca. Si nascondeva, spariva, lottava, graffiava, mordeva, urlava. Un indemoniato, un posseduto! Blaise portava sempre più ferite di guerra e sempre meno con sopportazione. Con le penne gli imbrattava il muro di disegni assurdi e la notte, pur di far perdere sonno a Blaise ed innervosirlo, lo costringeva a stare alzato per impedirgli di distruggere qualcosa. Ma il peggio non era ancora arrivato! Giunto il giorno in cui la pazienza del francese andò a farsi benedire, i due ebbero una discussione pesante che sfociò in qualcosa di inaspettato.

"La devi piantare! Si può sapere che cosa c'è che non va in te? Dimmelo! Sono giorni che fai il diavolo a quattro, ma a che pro?!"
"Io faccio quello che mi pare, quando mi pare e come mi pare!"
"Non credo proprio e smettila di rispondermi così una buona volta, ragazzino, perché la mia pazienza nei tuoi riguardi è davvero terminata e la smetterò di essere così gentile!"
"Dovrebbe importarmi? Non è un mio problema se mi hanno affidato a te. Voglio proprio vedere, che cosa farai, mister gentilezza"
"Non provocarmi Mostro, non ci provare neanche o giuro ch-"
"Giuri che? Eh? Che cosa? Ma piantala! Ed anzi, ti dirò di più: da questo momento in avanti ti converrà fare come dico io altrimenti la pagherai!"
"Piccolo viscido superbo, con che coraggio ti azzardi a parlare così?"

Mathias sorrise. Anzi, no, sogghignò in maniera così meschina e melliflua che Blaise capì di essere stato messo con le spalle al muro ancora prima di ascoltare la risposta del bambino. Eccolo, il momento che tanto aveva temuto. Eccolo, il momento che tanto aveva atteso. Per settimane aveva avuto l'impressione che quel bambino non fosse come tutti gli altri, che avesse qualcosa di strano. Lo inquietava, spesso l'aveva colto a studiarlo silenziosamente, ad osservare le proprie mosse. Blaise assottigliò le palpebre, guardandolo in maniera algida ed irrigidendo la mascella. Se ancora non gli aveva messo le mani addosso era solo per grazia divina ed ad un certo punto qualsiasi persona al suo posto, se ne sarebbe fregata di ciò che avrebbe potuto pensare il Ministero, preferendo abbassare la cresta di quell'essere sgradevole ed impertinente. Erano notti che non dormiva decentemente ed aveva anche paura di farlo, quando il Mostro crollava dal sonno per la stanchezza, nel timore che il bambino potesse svegliarsi prima di lui e combinare qualche danno. Aveva ringraziato una miriade di volte l'esistenza dei quadri, che lo aiutavano a vegliare su di lui. Ma Blaise non ne poteva più. Aveva perennemente i nervi a fior di pelle, le occhiaie arrivavano fino ai piedi, si scordava addirittura di mangiare per stare dietro e quella piaga umana e non si faceva la barba da giorni. Non si era mai trascurato così tanto in vita sua e si sentiva stanco, come se un Dissennatore non l'avesse privato dei suoi ricordi felici, ma delle sue energie. Gli occhi gonfi e rossi, erano solo uno dei segnali che potevano dare qualche avvisaglia del crollo fisico e nervoso che stava subendo il francese. La responsabilità di quel bambino non suo era davvero grande.

"Cosa credi, che sia stupido?" iniziò Mathias, calibrando attentamente il tono di voce, in maniera insinuante "o forse credi che sia sordo. Ho sentito benissimo cos'hai detto ai tuoi stupidi quadri, la sera che sono arrivato in casa tua. Stavo solo fingendo di dormire"

Il cuore di Blaise perse qualche battito ed il mondo attorno a lui si congelò.

"E quindi io sarei la soluzione al tuo insignificante problema, non è vero? Ma se le tue soluzioni le tratti tutte così, dovrò riconsiderare le mie osservazioni sulla tua intelligenza, Blaise. Mi tieni qui per raggiungere il tuo scopo..." si zittì per un attimo, inarcando appena le sopracciglia con espressione indifferente "...e tra poco si terrà la visita mensile al Ministero, quella dove mi chiederanno se va tutto bene e cose del genere. Te ne ricordi, vero?"

Blaise inghiottì con una certa difficoltà, senza distogliere lo sguardo da quello scuro e profondo di Mathias, decisamente troppo, troppo arguto per appartenere a quello di un bambino. Se ne era dimenticato. Come aveva potuto dimenticarsene? In un lampo, realizzò che forse il trambusto che il bambino aveva creato in quei giorni, era mirato proprio a quello: concentrando tutte le attenzioni del francese su di lui, probabilmente Mathias aveva sperato di distrarlo da i suoi impegni futuri. Blaise allargò un poco gli occhi, con un'ombra di incredulità infondo allo sguardo. Non poteva crederci. Draco avrebbe riso di lui a vita, se l'avesse saputo. Burlato da un ragazzino. Non era possibile. Mathias tornò a sorridere, quando vide la comprensione negli occhi di Blaise. Non era possibile. Mathias non poteva avere otto anni. Ci doveva essere qualche spiegazione logica e razionale, a tutto quello.

"Chi tace non sempre acconsente e dalla tua faccia deduco che è il tuo caso. Dunque, mi chiedevo... cosa accadrebbe se mi lamentassi di te, Blaise? Intendo lamentarmi più del necessario. Non penso che sarebbe una buona cosa per te. Ed anche se tu provassi a dire che sto mentendo, non credo mi sottoporrebbero ad un esame della Veritaserum. Infondo, è la mia parola, orfano indifeso, contro la tua, individuo con la fedina sporca. Non solo! Credere a me inoltre farebbe comodo anche a loro, data la voglia incontenibile che hanno di sbatterti in prigione. No, non credo proprio che si prenderebbero la briga di verificare la veridicità delle mie parole..."

Blaise strinse i pugni talmente forte che le nocche divennero bianche e le unghie si conficcarono nel palmo della mano. Calma, si disse, mantieni la calma. Inspira. Espira. Un leggero tremito gli percorse le spalle, ma non era di certo dovuto alla paura. Piuttosto era causato dalla rabbia. Rabbia cieca nei confronti della propria stupidità! Come aveva potuto scavarsi in quel modo la fossa da solo? Non aveva mai fatto una cosa più... più irresponsabile di quella in tutta la sua vita! Il modo in cui si era macchiato la fedina era addirittura più giustificabile! Ed ora avrebbe dovuto prendere ordini da un ragazzino di otto anni? Chiuse gli occhi lentamente e poggiò due dita sulle palpebre, restando in silenzio a ragionare. Tuttavia, più ci pensava più giungeva alla conclusione che non c'erano vie d'uscita per lui: o faceva come gli stava dicendo Mathias o il bambino l'avrebbe incastrato. Sottoporlo a qualche incantesimo strano non se ne parlava, il Ministero teneva d'occhio la sua bacchetta. Pozioni? No, perché al rapporto mensile il bambino veniva sottoposto ad una visita medica totale e ne avrebbero trovato le tracce. Aveva le mani legate ed il carceriere era un ragazzino. Se solo Blaise avesse saputo che la sua vita avrebbe preso quella piega, sarebbe diventato Mangiamorte anche lui e si sarebbe lasciato uccidere durante la guerra. Pensò a Draco, che viveva in libertà vigilata ma non si sentì meglio, neanche un po'. Ebbe l'istinto di storcere le labbra ma si trattenne con fervore, restando inespressivo; non gli avrebbe dato anche la soddisfazione di vederlo piegarsi emotivamente. Abbassò la mano dalla faccia e riaprì lentamente gli occhi, puntandoli sul viso di Mathias, che era ancora intento ad osservarlo con una faccia sorniona. Dio, l'avrebbe cruciato. Blaise non aveva mai usato una maledizione senza perdono su qualcuno, perché solitamente riusciva ad essere abbastanza inquietante anche solo con lo sguardo. Ma, ve lo giuro, in quel momento ne avrebbe fatto un uso riprovevole, recuperando tutti gli anni che aveva perso.

"Fai sul serio?"
"Mai stato così serio in vita mia"

"Davvero ti aspetti che adesso io mi abbassi a darti retta?!"

Mathias lo osservò in silenzio e per una misera frazione di secondo a Blaise parve di vederlo vacillare. Fu un momento tuttavia troppo breve per dargliene certezza ed il bambino si limitò a stringersi nelle spalle con una notevole non chalance
. Il francese smise quasi di respirare, mentre un tremito appena percettibile prese possesso delle sue mani. Voleva fare del male. Non gliene fregava un cazzo se davanti aveva un individuo di otto schifosi anni. Voleva fargli male, gliene voleva fare talmente tanto che non si sarebbe fermato fin quando non avesse visto uscirgli sangue addirittura dagli occhi. Erano anni che stava lavorando sulla sistemazione della sua reputazione. Anni. Anni di sudore, fatiche, sacrifici, umiliazioni. Aveva perso molte cose e con estrema fatica, stava ancora cercando di riguadagnarsele. E che cosa credeva di fare quella bestiaccia? Credeva davvero di poter apparire così dal nulla nella sua vita, capitargli tra capo e collo, creare l'inferno e di distruggere in un battito di ciglia tutto ciò che con difficoltà era riuscito a ricostruire in quegli anni? Blaise per un attimo vide completamente tutto nero. Udì un fischio sordo riempirgli le orecchie ed avendo paura di sé stesso, si voltò velocemente e ad ampie falcate, raggiunse il tavolo del soggiorno. Afferrò i bordi con entrambe le mani e piegò la schiena in avanti, restando in silenzio. Inspirò profondamente un paio di volte, cercando di calmare i battiti furiosi del suo cuore, con il desiderio di violenza che ancora gli scorreva nelle vene. Mentre Draco amava creare draghi con le parole, lui era sempre stato una persona piuttosto istintiva; più fatti e meno chiacchiere. Trattenersi in un momento del genere gli richiedeva uno sforzo inimmaginabile. Cercò di pensare lucidamente e come se qualcuno avesse deciso di inviargli un aiuto miracoloso, la voce di sua madre gli riempì la testa. Se la immaginò essere lì, ad assistere a quel momento e cercò di pensare a cosa avrebbe detto, a cosa avrebbe fatto. Ma sicuramente lei non si sarebbe mai lasciata incastrare in maniera talmente infantile e Blaise doveva pagare per il suo funesto errore. Nella sua testa, Constance usò un tono freddo ed autoritario, quello che solitamente usava quando necessitava di far tornare il figlio in sé. L'ex Serpeverde si innervosiva abbastanza facilmente e la madre aveva avuto spesso a che fare con lui in quegli attimi così destabilizzanti; era quindi nato il bisogno di adottare una tattica che potesse essere più o meno efficace, che lo aiutasse a non dare completamente di matto. E quando Blaise dava di matto, non c'era ragazzino che poteva impietosirlo o fermarlo. Sua madre gli disse di calmarsi e riflettere. Gli disse che era inutile piangere sul latte versato e che oramai quel che era successo, era successo. Gli ordinò di concentrarsi sulla situazione attuale e di continuare a fare i suoi interessi. Se questo avrebbe voluto dire dover accontentare i capricci di un ragazzino, bé, allora l'avrebbe fatto senza tante storie! C'era ancora una possibilità di ripulire la sua fedina e non poteva azzardarsi di mandarla in fumo. Non tutto era perduto ed in una situazione critica come quella, bisognava andare a cercare il risvolto positivo per non affondare. Il bambino avrebbe potuto continuare a rappresentare un motivo di riscatto, solo che da quel momento lo scambio di favori sarebbe divenuto reciproco. Non era una tragedia. Constance lo osservò con occhi decisi e severi, emanando un'aura di determinazione che sconvolse Blaise. Diamine, la stava solo immaginando eppure era come se fosse lì con lui a riprenderlo per i capelli prima di permettergli di fare qualcosa di stupido. La donna gli disse cosa fare: avrebbe mollato il tavolo, prima di sbriciolarselo tra le sue mani (e sarebbe stato un peccato rovinare delle mani così graziose! aggiunse civettuola) e avrebbe drizzato la schiena, dignitosamente. Si sarebbe voltato, avrebbe guardato il bambino ed avrebbe stretto un patto con lui -facendogli credere di avere il coltello dalla parte del manico, aggiunge egli stesso, accodandosi alla voce di sua madre. Ma Constance non si lasciò scavalcare. Blaise, piantala, in questi frangenti il tuo orgoglio cessa di esistere per lasciare spazio al tuo futuro. Vuoi o non vuoi tornare ad essere una persona rispettabile? Fallo per la gioia della tua mamma! Dicevo, stringerai un patto con lui e vi verrete incontro. Ricordati che ha otto anni, cosa pensi che possa pretendere un bambino di quest'età? Cerca di essere ragionevole, sei sempre stato un ragazzo intelligente, hai preso da me! Pretendo di non essere smentita! E dato che sua madre proprio non ne voleva sapere di essere smentita, il francese fece come gli era stato consigliato. Lasciò la presa sul tavolo con cautela e cercò di rilassare le spalle, prima di drizzarsi. Inspirò un ultima volta, rischiarando la mente nel tentativo di riprendere il controllo sul suo umore. Gli bastò qualche secondo per prepararsi psicologicamente, prima di voltarsi verso Mathias, che era rimasto immobile alle sue spalle. Lo sguardo del bambino fu subito sul suo volto, algido e distaccato, la traccia di vittoriosa soddisfazione già sparita da quei lineamenti infantili. Sapeva che le cose sarebbero andate come voleva lui e non aveva bisogno di festeggiare ad oltranza, Blaise l'aveva capito.

"D'accordo, tu fai un favore a me ed io ne faccio qualcuno a te"

Mathias rimase in silenzio, come stesse soppesando attentamente le parole dell'ex Serpeverde. Assottigliò le palpebre sugli occhi, arricciando appena la punta del nasino.

"Non mi sembra tu sia nelle condizioni adatte per contrattare..."
"No, infatti. Ma se dirai qualcosa contro di me e mi sbatteranno in prigione, magari ti affideranno a qualcun altro. E chi ti dirà se questo qualcun altro non possa essere addirittura peggiore del sottoscritto? Inoltre, non credo proprio che ne esistano tante di persone in giro, da poter ricattare come stai facendo tu con me. Magari al prossimo a cui verresti assegnato, non andrebbe così a genio l'idea di prendere ordini da un ragazzino..."

Mathias storse le labbra da un lato, ammettendo dopo qualche secondo che Blaise non aveva tutti i torti. Qualcun altro al posto suo non avrebbe avuto nessun motivo per assecondare il suo volere ed invece con lui, poteva cercare di fare i suoi porci comodi premendo sulla scusa del ricatto. Rimase un paio di minuti in silenzio, mentre i quadri nella stanza avevano il naso praticamente appiccicato alla cornice pur di non lasciarsi sfuggire una singola parola. Il Principe di Galles aveva già indossato il suo mantello azzurro, pronto a cavalcare sino a casa della Signora Zabini, con l'intento di raccontarle tutto per filo e per segno, ma Blaise non ci fece caso, troppo impegnato ad osservare il volto del bambino, a coglierne ogni minima sfumatura per intuirne i pensieri. Che cosa avrebbe dato per osservare quale processo compiva il suo arguto cervellino! Alla fine Mathias interruppe il silenzio, sospirando brevemente.

"Affare fatto. Ma ti avverto... indispettiscimi una sola volta ed il nostro accordo salta!"
"Lo stesso vale per te. Se dopo aver accontentato i tuoi desideri, racconterai comunque cose malevole nei miei riguardi al Ministero, l'accordo salta" e lì più nessuno mi fermerà dal metterti le mani addosso concluse con un pensiero cupo, il francese.

Mathias annuì distrattamente, come se la cosa non gli interessasse davvero.

"Adesso fammi da mangiare. Ho fame"





NOTE DELL'AUTORE: Eccoci qui! Posso ufficialmente dire che i capitoli saranno VENTIDUE più l'epilogo! La storia più lunga (e più completa XD) di tutta la mia misera carriera da fanwriter. Considerando che SUQDP è già bella che finita, ho già impegnato la mia mente in progetti secondari. Sono indecisa che concentrarmi ancora sul fandom di HP con una Pansy/Draco oppure cambiare proprio categoria (Merlin, per la precisione). Mah, vedremo! Grazie ad Arianna per la sacrosanta pazienza e anche a chi legge in silenzio :D un saluto, vi auguro buona viglia e buon Natale! Chissà che Babbo Natale non vi porti un capitolo in anticipo!

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


SESTO CAPITOLO


When she was just a girl,

She expected the world,

But it flew away from her reach,

So she ran away in her sleep.

And dreamed of paradise,

Paradise,

Paradise,

Every time she closed her eyes.

(Coldplay, Paradise)


Blaise lasciò che le gocce di acqua pulita scivolassero lungo il volto, percorrendo dolcemente la mascella marcata sino a gettarsi nel vuoto dal mento spigoloso. Il rumore dell'acqua aperta riempiva il vuoto d'aria che galleggiava nel suo cervello martoriato. Era giunto ad una conclusione, in quelle tre settimane durante le quali aveva potuto assaggiare amaramente le conseguenze dell'accordo stipulato con Mathias. Era sceso a patti con sé stesso, sin da quando aveva lasciato la scuola. Non che la cosa gli fosse mai piaciuta, ma certe circostanze non ti lasciano nessun'altra prospettiva. O scegli il peggio o ti becchi il peggio del peggio. Blaise era sempre stata una persona attenta, capace di ragionare e di prendere decisioni giuste per la sua vita, la sua carriera... probabilmente la situazione in cui era precipitato poteva indurre a pensare il contrario ma, sì, ammetteva che Draco Malfoy era stato l'unico errore di tutta la sua vita. Donargli la sua lealtà e la sua amicizia, aveva decisamente sventrato tutto ciò che la sua persona mostrava e ricopriva nella società magica. Come poteva per cui un singolo errore pregiudicare completamente il suo destino? Destino... le labbra piene del ragazzo si tirarono in un sorriso che non arrivava agli occhi, pensieroso. Lui non aveva mai creduto nel destino ed ancora, in quel momento, non ci credeva; perché nonostante Draco l'avesse trascinato con sé negli abissi della disgrazia, Blaise non sarebbe mai stato capace di voltargli le spalle. Se qualcuno gli avesse chiesto com'era stata possibile la nascita di un rapporto così stretto tra una persona riservata come lui ed un narcisista, egocentrico, egoista, viziato come Draco Malfoy... non avrebbe potuto rispondere. Lui stesso si era posto svariate volte la stessa domanda, ma... la curiosità non era mai stato in grado di togliersela. Perché era amico di Draco? Cosa aveva spinto entrambi a legarsi così l'uno all'altro? Blaise era irrimediabilmente omosessuale e Malfoy era praticamente il fratello che non aveva mai avuto. Con sua madre spesso impegnata in matrimoni e funerali di vario genere, stranamente l'unica persona che si era sempre ritrovato al fianco, a scuola, durante le feste, durante le estati... era stata Draco. Non avevano mai progettato niente, il tutto era avvenuto come fosse stata una cosa ovvia passare del tempo insieme. Era un'amicizia nata da sola e probabilmente era stata anche la situazione famigliare di Draco, a farli silenziosamente avvicinare. Avevano un rapporto singolare, fatto di insulti e frecciatine poco comuni. Ma del resto, erano due persone poco comuni. Ci si poteva aspettare altro, da loro? Non fraintendete, non è che Blaise nel fondo del suo cuore fosse una persona tenera, romantica o dolce. Qui si sta parlando di pragmatismo. Vedere le cose come effettivamente sono e dare loro il nome che gli spetta. Mentre Draco tendeva a negare la realtà per fare il duro della situazione o vagheggiare sette volte su otto, Blaise semplicemente, per pura questione di pragmatismo, schiettezza e semplicità, andava dritto al punto. C'era amicizia tra loro? Sì. Gli voleva bene? Sì. Lo odiava? Molto spesso. Niente fronzoli, niente esagerazioni di vario genere o osservazioni profonde. Le risposte a monosillabi erano le sue preferite. Sì, no, boh, forse. Ma non era quello il punto. Il punto era Mathias. Mathias che da tre settimane tentava senza sosta di umiliarlo. Come se di umiliazioni, da quando il Ministero aveva deciso di rendere la sua vita un inferno, non ne avesse ricevute già abbastanza. Non aveva mai visto un bambino così... intelligente, cazzo. Perché doveva ammetterlo, Mathias era un bambino dannatamente sveglio, furbo. Ed era solerte appellarsi al loro accordo solamente in pubblico. Quand'erano a casa, soli, andava tutto abbastanza bene. Le solite litigate, gli sguardi astiosi, i silenzi pesanti. Ma se uscivano, la sua vocetta irritante, saccente, non tardava mai troppo a dirigerlo come una marionetta. Fai questo, fai quello, dì questa cosa, nega quell'altra, fai la verticale e cammina sulle mani in mezzo a Diagon Alley, vai a giocare a mosca cieca in mezzo ad una partita di Quidditch, corri nudo per Hogsmeade... d'accordo, forse si stava un po' allargando, ma il concetto era quello. Anche perché Mathias, per come era fatto, non gli avrebbe mai chiesto di fare un qualcosa di così... plateale. Lui lo umiliava sottilmente, con i sotterfugi. E non gli importava se lo spettatore di turno non era in grado di cogliere l'opera che stava mettendo in atto. Per lui l'importante era che fosse Blaise, a capire l'intento delle sue parole e delle sue richieste e lui ovviamente capiva, oh se capiva. La dentatura perfettamente bianca, incise il labbro inferiore. Con le mani appoggiate sul lavabo, mentre l'acqua scorreva, appariva semplicemente come un ragazzo, con l'espressione un po' pensierosa, ma tutto sommato tranquillo, rilassato. Però aveva deciso. Anche perché, quella mattina, aveva mandato allegramente a puttane il suo accordo.


"Lui ha detto che le piaci"

La ragazza sbatté le palpebre, osservando il visetto del bambino con espressione un po' confusa. Solo quando adocchiò Blaise, le guance assunsero una delicata tonalità rosea.

"Blaise guarda, è diventata rossa! Mi scusi signorina, ma è la verità! Non è vero?"

No che non era vero. Lui era omosessuale, per la miseria ed anche molto felice della sua condizione. Lei aveva i capelli i biondi come il miele e quando allungò un braccio per dare il gelato tutti i gusti più uno al bambino dall'espressione furbetta, Blaise notò che la pelle pallida era ricoperta di lentiggini. Lui odiava le lentiggini, le trovava disgustose. Anche Paciock aveva le lentiggini sul naso. Strinse le labbra in una linea sottile, per impedirsi di fare una smorfia poco cortese.

"Blaise, diglielo che è vero, se no poi pensa che sono un bambino bugiardo"

Il ragazzo si preparò, per l'ennesima volta, a stare al suo gioco.

"Ho fatto una semplice constatazione dei fatti, dicendo che la trovo una ragazza graziosa"

La biondina sembrò in difficoltà, mostrandosi un po' impacciata nel rivolgere un sorriso delicato all'indirizzo dell'Ex Serpeverde. Dal suo canto, lui sapeva bene che non sarebbe finita lì. Mathias si avvicinò al bancone e con la manina fece cenno alla ragazza di avvicinarsi. Quella, chinatasi in avanti, tese le orecchie ed il bambino le parlò come stesse svelando un segreto, premurandosi però di utilizzare un tono di voce poco discreto.

"Lui si vergogna perché è timido, ma prima mi ha chiesto di chiederti se ce l'hai il fidanzato..." leccò il gelato con gusto, sfoggiando un'espressione così ingenua da sembrare vera.

D'accordo, intendiamoci. Non è che sciocchezze del genere sarebbero state in grado di metterlo in imbarazzo. Lui adorava... giocare, davvero. E non gli avrebbe dato molto fastidio flirtare, anche per gioco, con una donna. Era il fatto che a manovrarlo così fosse un bambino, ad innervosirlo. Se la situazione fosse stata diversa, probabilmente avrebbe potuto anche soprassedere sulle orribili lentiggini di quella femmina, per farsi due risate. Lei spostò con un imbarazzo che andava crescendo lo sguardo su Blaise, ma la risposta alla pseudo domanda di Mathias fu pronunciata da qualcun altro.

"Ci sono problemi, Maggie?"

Maggie, che nome scialbo e privo di personalità. Non avrebbe mai potuto davvero flirtare con una persona di nome Maggie. Un ragazzo, apparentemente suo collega, dall'altro lato del bancone in silenzio si era avvicinato, sino a cogliere la natura della loro conversazione. Blaise espirò silenziosamente, perché dal modo in cui il tipo aveva posto la domanda, aveva compreso che molto probabilmente si trattava della dolce metà di... Maggie.

"No Ben, non è niente..."

"Sei tu il fidanzato di Maggie?"

Blaise rimase in silenzio, contemplando la meravigliosa possibilità di soffocare il Mostro con la sua stessa lingua lunga. Il suddetto Ben, nel replicare alla schietta domanda del bambino, spostò con occhi cupi lo sguardo direttamente su Blaise. Il 'nemico'. Si prese due secondi per soppesarlo in maniera grossolana e l'altro ipotizzò che probabilmente, il ragazzo, stava cercando di valutare se fosse un avversario poco pericoloso. Quanti anni poteva avere, diciotto? Diciannove, forse? Aveva l'aria di chi era fresco di diploma. Dallo sguardo che il gelataio ricevette in risposta al suo esame silenzioso e dalla cessazione di quel ridicolo studiarsi, neanche fossero due animali, Blaise dedusse che aveva capito di non doverlo provocare scioccamente. Infondo non era malaccio, con quei capelli lunghetti un po' arruffati e gli occhi nocciola. Gli sarebbe dispiaciuto un po' dover usare le maniere forti.

"Sì, sono io"

"Oh no, che peccato! Blaise le aveva anche comprato dei fiori, sai..."

Maggie non sapeva cosa rispondere ed era in evidente difficoltà. C'è da dire che lo sguardo del bambino, così... strano, era in parte la causa di quella difficoltà. Ben corrugò la fronte e sfoggiò un'espressione che al Serpeverde non piacque affatto. Ah, l'amore... nonostante il gelataio aveva ben compreso di trovarsi davanti una persona poco incline alle scempiaggini, il suo legame con la cara, dolce, maledettamente lentigginosa Maggie, lo forgiava del coraggio di sfidarlo nonostante i suoi timori. Che processo affascinante. Blaise si strinse appena nelle spalle, mostrando una faccia da schiaffi tale che sarebbe stata in grado di innervosire anche Ruf. Non intendeva prendere quella situazione sul serio e magari, mantenendo un profilo basso, la questione si sarebbe conclusa in fretta e senza nessun morto.

"Suppongo che staranno bene anche sul tavolo del mio soggiorno"

"Però ti sarebbero piaciuti di più nella camera di Maggie, avevi scelto il colore in modo tale che il mazzo fosse anche in tinta con le pareti della sua stanza..."

Blaise indurì la linea della mascella. Mathias stava esagerando perché le sue parole avrebbero davvero potuto causare dei seri problemi. Gli lanciò un'occhiata di avvertimento ed il bambino, per tutta risposta, leccò il gelato con l'espressione leziosa di un gatto sdraiato sotto l'ombra di un albero in piena estate. Lo stava maledettamente provocando a contraddire ciò che aveva detto. Era davvero disposto a fare il suo gioco solo per impedirgli di raccontare maldicenze sul suo conto a quegli imbecilli del Ministero? Cosa gli assicurava che dopo averlo umiliato così non avrebbe comunque infranto il loro accordo? Non c'era nulla di firmato.

"Hai seguito Maggie sin sotto casa sua?"

Ben era diventato rigido ed in fondo allo sguardo, fu facile notare l'irritazione destata dal dubbio piantato dalle parole di Mathias. Aprì e chiuse le mani lentamente, più volte, rimanendo immobile come fosse stato colpito da un Pietrificus. Maggie, divenuta ormai cinerea sul volto dai lineamenti morbidi e gentili, altalenava gli occhi azzurri dal proprio ragazzo a Blaise. Si azzardò ad allungare una mano verso Ben, nel chiaro tentativo di indurlo a lasciar perdere, ma lui con un gesto del braccio la scostò bruscamente. Ah, il giovane aveva un carattere irrequieto allora. Blaise sostenne lo sguardo perforante del gelataio, ma non rispose alla sua domanda. Sapeva che qualsiasi cosa avesse detto, l'avrebbe semplicemente fatto infuriare ancora di più. Inoltre, adesso che ci pensava, lui non poteva neanche permettersi di-

"Impedimenta!"

"Protego!"

"Everte statim!"

"Protego, Expelliarmus!"

"Rictusempra!"

"Protego!"

"Vigliacco! Reducto!"

"Stupeficium!"

Il corpo di Ben fece un volo tremendo ed andò a sbattere contro la parete alle sue spalle, scivolando poi a terra, inerme. Maggie strozzò il principio di un urlo nella propria gola e con gli occhi azzurri sgranati, corse fino al giovane, chinandosi accanto a lui. Blaise, il respiro accelerato, non disse una parola. Strinse maggiormente la propria bacchetta nel pugno, ma il suo cervello si rifiutò di fermarsi un attimo. Era nei guai, nei guai più neri ed assoluti. Mathias accanto a lui, aveva smesso di leccare il gelato e si era fatto improvvisamente serio e silenzioso. Blaise inumidì le labbra con la punta della lingua ed osservò Maggie cercare di far rinvenire il suo ragazzo. Merda. Inizialmente aveva provato soltanto a difendersi, senza usare altri incantesimi ma poi, al sentirsi dare del vigliacco non ci aveva visto più e la prima parola che era riuscito a vomitare, era anche quella che l'aveva appena fregato. Puntuale come un orologio svizzero, udì provenire da una delle finestre chiuse un picchiettio sordo ed irritante, simile ad un chiodo che ti viene inserito nel cervello. Prima ancora di voltarsi e lasciare la via libera al barbagianni appena arrivato, aveva già compreso di cosa si trattava. Con un incantesimo silenzioso fece aprire le ante della finestra e l'animale, svolazzando rumorosamente, lasciò cadere tra le mani del francese una busta sigillata con il timbro del Ministero. Senza aspettare ricompense o risposte, il barbagianni abbandonò il negozio e subito dopo, fu come non fosse mai stato lì. Blaise inspirò lentamente, in silenzio, stringendo la busta in un pugno e la bacchetta nell'altro. Non ci fu bisogno di ordinare a Mathias di seguirlo, quando abbandonò il negozio in religioso silenzio, perché il bambino non gli staccò per un attimo gli occhi di dosso. Buttò il gelato in un secchio sulla via di Diagon Alley e tornò a casa con il suo tutore.


"Blaise?"

Morgana, con atteggiamento discreto, si inserì nella cornice della ninfa, appesa sulla parete opposta a quella dello specchio. Fu proprio attraverso il riflesso del vetro, che il ragazzo osservò la Strega con un'espressione cupa e greve. Lui stesso, sembrava emanare una certa aurea di pericolosità che indusse Morgana ad accostarsi alla ninfa, come se la sua sola vicinanza le infondesse un certo coraggio. Non parlò, ma con lo sguardo la invitò a continuare. Non sembrava avere molta voglia di essere disturbato.

"Tua madre è arrivata, ti aspetta in salotto..."

Schiarendosi appena la gola, restò immobile qualche secondo, socchiudendo le labbra come dovesse aggiungere qualcos'altro; ci mise solo pochi secondi a ripensarci ed abbassando lo sguardo, con un tocco gentile sulla spalla della ninfa abbandonò il quadro, probabilmente diretta alla sua postazione. A Morgana toccava sempre il lavoro sporco. Ogni volta che Blaise non era di buon umore e c'era qualche cosa di importante da comunicargli, gli altri personaggi inviavano sempre lei in avan scoperta. Ma era la prima ad essere schiacciata malamente contro qualche cornice se c'era bisogno di spiare od origliare. Il Serpeverde adocchiò la ninfa, che provò ad abbozzare un sorriso non molto convinto; spostò in seguito gli occhi nero petrolio sullo specchio ed osservò il proprio volto. Nonostante la pelle scura, due occhiaie macchiavano il colore perfetto dell'epidermide. Gli occhi dal taglio allungato erano un po' gonfi a causa delle borse e rossi per la stanchezza. Da molte notti non riusciva a dormire, colpa di pensieri troppo rumorosi. Passò una mano sulla faccia, stropicciando le palpebre e si staccò dal lavabo, richiudendo l'acqua.


"Tesoro, perdonami se non sono potuta venire prima, ma ho avuto delle cose che- Blaise?"

Non aveva fatto in tempo a mettere piede in salotto che con voce chiocciante, sua madre aveva immediatamente preso parola. Ma qualcosa, sul volto del figlio, doveva averla distolta velocemente dalle giustificazioni che si era preparata. Il Principe di Galles qualche settimana prima le aveva riferito per filo e per segno la discussione che c'era stata tra Blaise e Mathias, quella riguardo il loro pseudo accordo. Il ragazzo si chiese distrattamente come mai non si era domandato il perché della mancanza di una visita immediata da parte di sua madre. Decise che aveva troppe cose a cui pensare, troppi problemi da risolvere ed impicci da sbrogliare, per porsi anche un quesito del genere.

"Mamma. Come stai?"

Splendidamente, visto il suo aspetto impeccabile, come sempre. Bella, come sempre. Un tailleur blu notte le fasciava le forme sinuose del corpo scuro. La camicetta di seta bianca dava quel tocco di classe ed eleganza mai eccessiva. La natura aggressiva della donna, era sottolineata però dalle decolleté zebrate. Le strisce scure, invece che nere, erano blu come il tailleur. Constance corrugò lievemente la fronte e si avvicinò di qualche passo a suo figlio, permettendo alla propria mano di sfiorarne la guancia; il rumore dei tacchi delle scarpe erano attutiti dalla soffice moquette color panna.

"Cos'è accaduto?"

Dritta al punto come sempre. Del resto, Blaise doveva pur aver preso da qualcuno. Era contento di essere uguale più a sua madre che a suo padre. Non sapeva neanche dov'era. Da quando aveva tradito la madre per un'altra, il francese non l'aveva più visto né sentito ed anzi, aveva volontariamente acquisito il cognome di Constance in segno di rifiuto totale della figura paterna. Blaise socchiuse le palpebre senza battere ciglio ed osservò il volto della madre con fare taciturno. Constance temeva le sfuriate del figlio, ma temeva ancora di più quando invece non le faceva. Con espressione apprensiva, la donna lasciò cadere la mano dalla guancia di Blaise e permise alle braccia di accarezzarle i fianchi, semplicemente attendendo che il figlio capisse da solo da che punto iniziare. Insistere o mettergli fretta era una pessima idea. Di certo però, quell'atteggiamento stranamente quieto ed allo stesso tempo inquieto, le lasciava intendere che qualcosa di grave era accaduto. Possibile che dipendesse solo dalla discussione che lui e Mathias avevano sostenuto? Mathias...

"Dov'è il bambino?"

Gli occhi di Blaise sfuggirono allo sguardo penetrante della donna per dirigersi verso un punto indefinito alla sua destra.

"Non lo so"

"Prego?"

"Non lo so, mamma! Dannazione, non lo so!"

Constance sfarfallò le ciglia, decisamente interdetta. Blaise aveva iniziato con un tono basso, sino a pronunciare le ultime parole con voce alta e decisamente frustrata. Nervosamente, il ragazzo si passò una mano in mezzo ai capelli e, alla stregua di un leone selvaggio rinchiuso in una gabbia, iniziò a marciare avanti ed indietro per il soggiorno, con gli occhi puntati a terra e le mani piantate sui fianchi. Era un completo fascio di nervi e le rughe sulla fronte denotavano il suo stato d'animo. Constance si mosse con cautela sino a raggiungere il tavolo di cristallo. Abbandonò con gli occhi la figura del figlio solo per adocchiare la lettera spiegazzata ed aperta, appoggiata sulla superficie immacolata e trasparente del tavolo.


Gentile Sig. Zabini,


abbiamo avuto notizia che a Diagon Alley, questa mattina, alle dieci e trentasette minuti, è stato da Lei praticato, o da chi faceva le veci della Sua bacchetta, un incantesimo di offesa. Come Lei sa, a seguito delle restrizioni che Le sono state imposte dal Tribunale del Wizengamot durante l'udienza datata 14 giugno 1999, non Le è permesso compiere determinati incantesimi, in appello al Decreto per la Ragionevole Restrizione delle Arti Magiche per i Pregiudicati, 1665, Comma D. La informiamo inoltre che è invitato a presentarsi negli uffici del Ministero in occasione della visita mensile ufficiale in merito alla custodia affidatale di Ramos Mathias Alan, nella giornata di domani pomeriggio. Coglieremo l'occasione per valutare il suo recente utilizzo della magia.

Buona giornata!


Cordialmente,

Mafalda Hopkins

Ufficio per l'uso improprio delle Arti Magiche

Ministero della Magia


"Blaise, smettila di scavare nel pavimento e dimmi cos'è accaduto"

"Se ne è andato"

"Che vuol dire se n'è andato?!"

"Ha preso l'ascensore e se ne è andato mamma, ecco che vuol dire!"

"E tu l'hai lasciato fare?"

"Certo che l'ho lasciato fare, di chi credi sia il merito di quella convocazione?"

"Stai dicendo che ti ha costretto ad utilizzare la magia?"

"Mi ha messo nella condizione di doverlo fare!"

"Blaise, maledizione, stiamo parlando di un bambino di otto anni"
"Quello non è un ragazzino, è un Mostro! Tu non l'hai sentito parlare, non hai visto che cosa è capace di macchinare!"

"Sei fuori di te, cerca di controllarti, stai vaneggiando"

"No mamma non sto vaneggiando affatto e francamente ne ho piene le tasche di dover stare attento a quello che dico, a quello che faccio, a chi frequento e anche ai ragazzini!"

"Non è un bambino qualunque, rappresenta la chiave per riottenere la tua credibilità!"

"Al diavolo la credibilità, non ho intenzione di passare un minuto di più a farmi umiliare da un ragazzino di otto anni! Il Ministero ha già abbastanza controllo di per sé sulla mia vita, ma chi ho ucciso per meritarmi di cadere così in basso? A questo punto tanto vale meritarmela sul serio una pena per Azkaban"

"Non parli sul serio!"

"Mi ci avvicino molto in realtà. Sono giorni che non dormo, perché a causa di quel maledetto accordo -mio Dio, sto parlando di un accordo con un bambino, lo vedi come sono caduto in basso?- sono costretto ad assecondare i capricci e le sevizie di un ragazzino che come sport principale ha scelto quello di cercare di dimostrarmi la superiorità della sua posizione! Il Ministero mi pressa perché non posso fare incantesimi, il Ministero mi pressa perché da quando quel Mostro vive con me non ho avuto più molto tempo per portarmi avanti con le pozioni, il Ministero mi pressa per assicurarsi che il bambino venga trattato nel migliore dei modi, il Ministero mi pressa perché vuole che io fallisca!"

"Ed a quanto vedo tu gli stai rendendo le cose molto semplici"

"Dannazione, no! Ci ho provato, ci ho provato per davvero, altrimenti non avrei mai accettato di scendere a compromessi con lui, per la miseria! Non avrebbe potuto semplicemente, che so, morire in quel maledetto agguato, proprio come i genitori? No, troppo semplice, certo!"

"E' questo quello che gli hai detto per indurlo ad andarsene via così?"

"Ho detto quello che penso e non mi importa di che fine abbia fatto, troverò altri modi per riacquistare uno straccio di credibilità"

"Blaise"

"Da quando se n'è andato ho pensato a cosa poter raccontare al Ministero. Non credo che ne uscirò completamente pulito, ma tant'è, schifo per lo schifo, sarà una macchia in più da cancellare"

"Blaise"

"Domani pomeriggio mi presenterò senza il bambino. Dirò chiaro e tondo che non ne voglio più sapere niente"

"BLAISE!"

Il ragazzo si immobilizzò in mezzo al salotto, puntando gli occhi neri, vacui e nervosi, sul volto della madre.

"Domani tu ti presenterai al Ministero con il bambino. Vallo a cercare"

Zabini restò fermo al suo posto, in silenzio, senza muovere il minimo muscolo, come fosse caduto in una specie di trance.

"Blaise. Vallo a cercare adesso"










NOTE DELL'AUTORE: ah! Ve l'avevo detto che Babbo Natale vi avrebbe portato un capitolo in più, questa settimana! Non siate miscredenti :D buon Natale e buon Santo Stefano! Grazie ad Arianna che mi beta questo mondo e pure l'altro, grazie a chi legge, chi aggiunge la storia alle seguite/preferite/ricordate e chi recensisce/ha recensito/recensirà! Sono piena di gioia e amore, sarà il Natale? Comunque, per chi nei precedenti capitoli si fosse perso l'immagine che ho io di Mathias, la ripropongo: http://img.poptower.com/pic-60650/mason-cook.jpg?d=600 (Mason Cook). Direi che ha una faccia abbastanza da stronzetto, no? Tornando tuttavia a spendere un attimo due paroline su Mathias... mi rendo conto, che un bambino di otto anni, semplicemente, NON PUO' essere così. Non esiste, né in cielo né in terra. Ma dovete anche cercare di capire che è in una situazione piuttosto delicata... più avanti nella storia, spiegherò perché ho voluto caratterizzarlo in maniera così marcata. Se lo dicessi adesso potrebbe apparire incomprensibile. A venerdì!

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Capitolo 8
*** Capitoli 7 ed 8 ***


SETTIMO CAPITOLO

 

No one knows what it’s like

To be the bad man

To be the sad man

Behind blue eyes

No one knows what it’s like

To be hates

To be fated

To telling only lies

(The Who, Behind Blue Eyes)

 

 “Brutta storia, amico mio”

Draco versò dell’altro vino rosso nel calice di Blaise, in quello che era il fantasma di un maniero un tempo davvero molto prezioso. Osservò i vestiti umidi dell’altro ragazzo, semi sdraiato su una poltrona accanto al camino acceso. Cercò di incontrarne lo sguardo, ma Blaise fissava il soffitto come fosse stato una marionetta senza volontà né anima.

So che probabilmente a voi gay questi commenti creano dei traumi irreversibili, ma te lo devo dire. Hai una faccia di merda”

In quel momento, gli occhi neri del francese incontrarono quelli grigi dell’inglese; il riverbero delle fiamme in quei mari scuri, donava allo sguardo una luce un po’ folle. Con un respiro molto profondo, di chi cerca un controllo che riesca a far mantenere un minimo di sanità mentale, Blaise ingollò il vino come fosse stato la sua ultima ancora di salvezza; o come l’ultimo desiderio di un condannato. Draco si sedette sul divano posto vicino alla poltrona, puntando gli occhi verso le fiamme del camino, con espressione assorta. Aveva i capelli molto corti, di un biondo praticamente assurdo. E, come sul volto di Blaise, qualche ruga di troppo deturpava quella bellezza un po’ malata. Quei segni erano la memoria perenne di ciò che avevano passato e di ciò che avevano deciso di passare. Blaise si era catapultato a casa sua alle quattro e mezza del mattino, bagnato fradicio a causa della pioggia e con un aspetto così spettrale da essere riuscito a far spuntare un’altra ruga sul volto del giovane Malfoy. Tra un bicchiere di vino e l’altro, gli aveva raccontato quello che era successo, di come il Ministero aveva cercato di metterlo alle strette e di come quel bambino, a sua volta, era riuscito a farlo. Draco aveva ovviamente stentato a credere alle sue orecchie perché se c’era qualcosa che poteva dire di sapere con certezza su Blaise – e lui, per la miseria, lo conosceva veramente bene – era l’impossibilità di sconvolgere o sorprendere quel finocchio europeo.

Non pensavo che l’avrei mai detto Blaise, ma... questo giro credo che abbia ragione tua madre” tentò, con un tono di voce un po’ zoppicante.

Proprio come aveva previsto, l’amico gli riserbò uno sguardo che sarebbe stato in grado di uccidere anche una cosa inanimata.

Senti, usa la tua cazzo di ragionevolezza. Lo fai sempre, non puoi evitarmela quando davvero serve! Voglio dire, guardati intorno!” esclamò ed allargò appena le braccia, inglobando nella sua frase l’aspetto fatiscente del salone; una fatiscenza che si riverberava in tutte le stanze della casa.

Blaise, in qualità di merda quale sono, ho lasciato Pansy per mettermi con Astoria. Sposandola in futuro, potrò permettermi di tornare a fare una vita da signore. Io amavo Pansy, ma amavo ancora di più la bambagia in cui sono sempre vissuto. Andiamo, amico. Noi non siamo nati per questo, non lo siamo affatto. Io ho scelto un matrimonio di convenienza, ho ferito la donna che amo ancora ed ho scelto una vita di costrizione. Perché sono un viziato del cazzo e mi metto sempre al primo posto. Mi sono comportato come un figlio di puttana. Tu, maledizione... tu che hai la possibilità di non fare la fine che ho fatto io, di non fare le scelte che ho fatto io, di cavartela con qualcosa di più pulito e dignitoso... dico, davvero ci stai rinunciando?” concluse, la fronte corrugata, la vestaglia di seconda mano aperta, sotto la quale Blaise poté intravede un pigiama grigio, anche quello di seconda mano. Da quanto tempo Draco indossava cose del genere? Malfoy si era sempre sentito e comportato da Lord. Mai, in tutta la sua vita, c’era stato un attimo in cui aveva pensato che gli esseri umani fossero tutti uguali. La sua scala gerarchica era molto chiara, al riguardo. Prima venivano le famiglie ricche e purosangue. Poi venivano le famiglie purosangue. Poi... no, la scala gerarchica si fermava lì. Per il resto del mondo sarebbe potuta sembrare una sciocchezza, ma Blaise era perfettamente conscio del fatto che a Draco, condurre una vita del genere, doveva gravare in maniera spaventosa. Abbassò gli occhi sul proprio bicchiere vuoto, rigirandoselo pensierosamente tra le mani. Percepiva lo sguardo del biondo sul suo volto ed all’improvviso, gli venne da ridere. Anni dopo si sarebbe reso conto del perché, ma in quel momento non avrebbe saputo dirlo. Semplicemente, rise; le labbra tese, la voce calda e le spalle scosse ad intervalli. Draco lo osservò, inarcando le sopracciglia, ma anche le sue labbra erano arricciate in un principio di risata. E che altro c’era da fare, se non quello?

E’ da mezzanotte che lo cerco, non so più dove guardare” confessò Blaise, una volta calmato quel disperato momento di ilarità. Sentiva che poteva ancora riprendere in mano le redini della sua vita, perché forse Draco stava messo anche peggio di lui.

Proprio in quel momento, un picchiettare contro le vetrate alte del salone, attirò l’attenzione di entrambi. Draco corrugò la fronte, osservando il folto barbagianni con aria interrogativa.

Non lo conosco” commentò, alzandosi e dirigendosi verso la finestra per permettere al volatile di entrare. Era diventato raro ricevere posta da quelle parti e quando succedeva, proveniva sempre da quelle tre o quattro persone abituali.

Sarà il Ministero che vorrà mettermi sotto inchiesta perché mi sono permesso di ridere nonostante tutti i loro sforzi di indurmi al suicidio spontaneo”

Lo humour di Blaise certe volte rasentava davvero il cinismo più osceno e scioccante, ma Draco, che ne era un buon stimatore, si ritrovò a ridacchiare sinceramente divertito dalle sue parole. Il barbagianni una volta entrato, invece che lasciar cadere la lettera ai piedi del padrone di casa, planò elegantemente verso Blaise. Si appollaiò sul bracciolo della poltrona e tese la zampetta, in attesa che il francese prendesse la lettera. I due Serpeverde si scambiarono uno sguardo interrogativo. Anche Blaise non era in cima alla lista delle persone cui qualcuno avrebbe mai voluto scrivere. Poi, un’idea gli balenò per la testa.

Forse è lui!” esclamò, sciogliendo quindi la pergamena dalla zampa del volatile con dita nervose. Allisciò il pezzo di carta e gli occhi scorsero velocemente quelle poche parole vergate con inchiostro bordeaux. Corrugando la fronte, alzò lo sguardo, puntandolo verso Draco che nel frattempo gli si era avvicinato. Dalla finestra ancora aperta entrava un’aria gelida che neanche il grande camino, era in grado di contrastare. Il barbagianni, senza neanche aspettare un cenno, si alzò in volo dal bracciolo della poltrona, sparendo dalla finestra in un fruscio di ali e piume. Blaise allungò la pergamena verso Draco, affinché la potesse leggere, cosa che il biondo non si fece ripetere due volte.

 

Ciao Zabini,

sono Neville! Cioè, Neville Paciock! Non so quanti Neville conosci ma ho preferito specificare.

Bè comunque, volevo solo dirti che Mathias è qui. Da me. A casa mia.

Quindi bè, ecco, ho pensato che forse ti avrebbe fatto piacere saperlo.

Così magari lo vieni a recuperare.

Visto che domani, cioè oggi, avete la visita al Ministero.

Ma non è che lo so perché mi sono impicciato.

Cioè, tutti lo sanno al Ministero.

Ecco, è tutto.

 

Ah, no!

Se giri il foglio c’è l’indirizzo di casa mia.

 

A presto (?)

Neville. Neville Paciock.

 

Perché pare ritardato anche quando scrive?”

Blaise rise di nuovo e strappando la pergamena dalle mani di Draco, si alzò in piedi. Ora sapeva dove andare.

 

OTTAVO CAPITOLO

 

Where do we go from here?

Where do we go from here?

I threw some rocks up at your window

I broke some rocks right through your window

(Imagine Dragons, Rocks)

 

La casa di Neville Paciock era un edificio discreto, situato nella periferia di Londra, zona 4 circa. In termini babbani voleva dire un'ora e anche più dal centro, in macchina. Ma in termini magici corrispondeva allo schiocco di una materializzazione. Quello ancora poteva farlo, stranamente. Osservò come tutte le case in quel quartiere si assomigliassero molto. Erano piccole villette che si dislocavano su due piani e dati i comignoli, parevano proprio essere comprensive di camino. Il comignolo di Neville emanava fumo, segno che in casa il camino era acceso; e se il camino era acceso, qualcuno era sveglio. A meno che non si fosse trattato di persone irresponsabili o soggette a qualche deficit mentale... nel caso di Paciock, tutte le possibili soluzioni erano potenzialmente reali. Rimase fermo davanti il numero 23, osservando il vialetto di cemento che l'avrebbe condotto fino alla porta. Il giardino era ben curato e qualche strana pianta decorava le fiancate della casa, sicuramente roba tutt'altro che babbana ma passabile per tale. Il cielo si era fatto di una tonalità più chiara, oramai alle cinque e un quarto del mattino circa, l'alba era più che vicina. I passi di Blaise vennero accompagnati dal quiete silenzio di un quartiere che dorme, quando lo condussero dritto di fronte la casa di Neville. Preferì bussare, perché il suono del campanello avrebbe stonato in mezzo a tutta quella tranquillità (o apparente tale che fosse). Nel giro di qualche secondo, dei passi un po' impacciati precedettero l'arrivo di Neville dall'altro lato della porta; armeggiò con il chiavistello, prima di liberare l'uscio e far spuntare fuori il suo naso lentigginoso. Gli occhi castani del Grifondoro, incontrarono subito il volto di Blaise. Sfarfallò le ciglia un paio di volte, sembrando vagamente sorpreso dal ritrovarselo lì, sulla soglia di casa.

"Sei venuto" commentò e dal tono di voce, Blaise ebbe l'impressione che fosse sveglio da molto tempo; si chiese per la prima volta da quanto tempo Mathias fosse lì.

"Ovviamente. Mi fai entrare o dobbiamo discuterne immersi in una temperatura di 2 gradi circa?" domandò con aria sarcastica, alzando un sopracciglio in segno di ulteriore ironia.

Come colto in pieno errore, imbarazzato Neville si fece da parte, invitando silenziosamente il Serpeverde ad entrare. Subito, il calore della casa investì Blaise come una carezza morbida, dandogli un senso di benessere che migliorò il suo umore di mezza tacca. L'aspetto di uno straccio, quello sì che avrebbe richiesto un po’ più di tempo prima di potersene liberare. I pavimenti erano in legno chiaro e la mobilia era un'accozzaglia di stili tra vecchio e moderno che fece quasi sanguinare gli occhi di Blaise. Da qualsiasi fessura, cassetto o mensola sbucavano cianfrusaglie di ogni genere, fogli di carta, libri, appunti, scatole di varie dimensioni e colori, piante... sembrava essere in un laboratorio dove era appena esplosa una bomba. Almeno il pavimento era sgombro, ma sulle pareti non c'era spazio per appendere anche un quadro. Blaise rimpianse internamente la comodità e l'ambiente spartano della propria abitazione, priva di qualsiasi gingillo. L'aria era satura dell'odore di torta di mele e di prodotti per la cura delle piante, una sorta di medicinale biologico. Arricciò la punta del naso, mentre Neville chiuse la porta in faccia al gelo del mattino. Percorso il breve corridoio, Blaise si ritrovò di fronte ad una scalinata.; alla sua destra c'era l'entrata verso il salotto, alla sua sinistra quella verso la cucina, dove la luce era accesa. Ma il bagliore del fuoco proveniva dal salone.

"Vieni, stiamo di qua" anticipò Neville, conducendolo verso la cucina. Le stoviglie utilizzate per la cena erano appoggiate sul ripiano della cucina, in attesa di essere solo asciugate; Blaise notò che erano ancora bagnate, quindi dovevano essere state lavate poco prima del suo arrivo. Le esaminò velocemente ed il cervello registrò due piatti e due forchette. Mentre slacciava il cappotto pesante, impedì ad una vena sulla tempia di scoppiargli fragorosamente. Lui stava andando in giro come un matto da mezzanotte... e quel piccolo figlio di... No Blaise, la violenza porta solo altra violenza. Stava di fatto però che Mathias era lì addirittura dall'ora di cena. Oh, quanto avrebbe voluto, quella piccola e simpatica vena, saltare per aria ed imbrattare quella bella cucina. Neville dovette percepire una certa tensione provenire dal Serpeverde, tant'è che si diresse verso la credenza e tirò fuori il bollitore.

"Faccio un po' di tè" commentò, con tono di voce vagamente titubante.

Se il Grifondoro stava cercando di temporeggiare, Blaise glielo avrebbe permesso. Perché, francamente, anche lui aveva bisogno di tempo. Tempo per cercare di ideare una nuova strategia su come approcciarsi nei confronti del bambino, su come risolvere quella situazione, su come porsi durante la visita di controllo al Ministero e su quale diavolo di scusa raccontare per aver utilizzato un incantesimo di offesa contro un cazzo di gelataio un po' troppo allegro.

Appoggiò il cappotto sulla spalliera della sedia e senza neanche chiedere il permesso, prese posto al tavolo, togliendosi anche i guanti, ma lasciando la sciarpa. Non voleva dare l'idea di volersi trattenere lì più di quanto non fosse necessario ed anzi, la prospettiva della dura giornata che lo attendeva non faceva altro che acuire la sua voglia di risolvere in fretta quella faccenda. Con un incantesimo Neville accese il fuoco della macchina del gas, lasciando scaldare l'acqua in maniera del tutto naturale. Si voltò verso Blaise, notando che questi stava fissando il suo pigiama bordeaux con righine gialle. Nuovamente, cadde in uno stato di imbarazzo abbastanza soddisfacente per il francese, ma a dispetto del periodo scolastico, seppe mantenere un controllo ineccepibile. Aveva imparato a fare finta di niente e la cosa gli riusciva anche piuttosto bene. Si sedette davanti al Serpeverde e, dopo aver stabilito un contatto visivo con lui, la questione venne aperta senza mezzi termini.

"Dov'è lui?"

"E' sul divano, si è addormentato circa dieci minuti fa"

"Come fa ad essere qui?"

"Aveva un mio biglietto da visita, deve averlo preso quella volta al Ministero"

"L'avevo visto rovistare tra le tue cose"

"Infatti. Sopra il biglietto c'è ovviamente il mio indirizzo, dato che è qui dove lavoro. Essendo ancora studente non posso avere un laboratorio mio"

"Come avrebbe fatto ad arrivare sino a qui?"

"A quanto dice, con i mezzi pubblici. Non so dove abbia potuto prendere i soldi"

"La tua arguzia cosa ti suggerisce?"

Neville rimase brevemente in silenzio, rendendosi conto della banalità di quell'osservazione.

"Mi ha detto che non andate molto d'accordo"

"In effetti ne dice tante, di cose. La maggior parte sono fesserie"

"Mi sembra un bambino piuttosto intelligente, non credo che-"

"Oh, è piuttosto intelligente, te lo posso assicurare. Proprio per questo può raccontare bugie maledettamente credibili"

"Quindi non è vero che gli hai detto che sarebbe dovuto morire anche lui durante l'attacco di un mese fa?"

"Questa non è una cosa che ti riguarda"

"Ha iniziato a riguardare anche me dal momento in cui ho aperto la porta e me lo sono ritrovato davanti bagnato fradicio e con un pacchetto di M&M's nello zaino come cena"

"Mi sembra tu la stia rendendo più tragica di quel che è"

"Dimmelo tu quanto è tragica allora"

"Se ho dei doveri nei riguardi di qualcuno, grazie a Dio non sei tu Paciock"

"Zabini guardami in faccia, non sono il ministero, voglio solo cercare di aiutarti"

"Non ho mai guardato da nessun'altra parte e ti assicuro che non vedo ragioni per le quali dovrei coinvolgerti"

"Perché la situazione ti è chiaramente sfuggita di mano. Anzi ti dirò di più: non l'hai mai avuta sotto controllo"

Blaise indurì la mascella e perforò il volto di Neville con uno sguardo che avrebbe potuto uccidere. La consapevolezza personale era un conto, ma sentirselo sbattere così in faccia... era un altro. Già da tempo era sceso a patti con se stesso e, sì, aveva dovuto ammettere che gli errori c'erano stati. Fin dall'inizio. Se si trovava in quella situazione, probabilmente era anche colpa sua. Ma nessuno, nessuno doveva prendersi la libertà di dire cosa stesse facendo bene e cosa male. Neanche Constance. Neville non fu in grado di sostenere quello sguardo perforante a lungo e, qualche secondo dopo, abbassò il suo sulla superficie del tavolo, incrociando le dita delle mani. Sapeva di aver affermato qualcosa di molto forte, trattandosi poi di un tipo come Zabini. Ma dato che continuava insistentemente a rifiutare la mano che gli veniva tesa, il Grifondoro aveva deciso di adottare una tattica più brusca. Aveva già pensato all'eventualità di essere lentamente tagliuzzato e poi dato in pasto ai coccodrilli che sicuramente Zabini allevava come animali domestici, ma per Mathias aveva deciso di rischiare. La situazione di quel bambino lo toccava da vicino. Anche lui era cresciuto senza genitori, non li aveva praticamente mai avuti. Però c'era stata sua nonna, la sua fantastica, determinata nonna, senza la quale probabilmente sarebbe stato perso. O forse già morto. Quindi era conscio anche dell'importanza di avere accanto a sé qualcuno che fosse pronto a sostenerti, a proteggerti e spronarti, anche se sua nonna lo faceva un po' a modo suo. E se il destino aveva deciso che Blaise doveva essere quella persona per Mathias, Neville avrebbe cercato di fare tutto quello che era in suo potere, per rendere la cosa più facile. Lo faceva per Mathias, perché nessun bambino dovrebbe restare solo. Sempre.

"Posso darti una mano con Mathias"

"E come intenderesti fare?"

"Fai pure l'ironico, ma ci so fare più di te con i bambini"

"Non ne dubito, la mentalità è simile"

"Perché devi sempre offendermi?"

"Chiamasi obiettività, Paciock"

"No, chiamasi superiorità"

"Vuoi dire che saresti più maturo di me? Vorresti seriamente insinuarlo?"

"Non lo sto insinuando, lo sto dicendo"

"Sei diventato arrogante, Paciock. E' l'influenza di Potter?"

"Chi è ora il bambino?"

"Non ho ben capito come vorresti graziarmi del tuo misericordioso intervento"

"Faremo una sorta di terapia"

"Pardonnez-moi?"

"Vi aiuterò a trascorrere le giornate nella maniera più giusta possibile"

"Stai scherzando"

"Davvero?"

"Vorresti fare il parassita...?"

"No, ci vedremo a pranzo, a cena e forse qualche pomeriggio, dipende dai miei impegni"

"Impegni. Numerosi, noto"

"Lavorando da casa posso gestire il mio tempo come voglio"

"Cos'era quell'inflessione vagamente pavoneggiante insita nelle tue parole?"

"Chiamasi obiettività, Zabini"

"Questo l'avevo detto io"

"Davvero? Non ricordo"

Neville sfoggiò un piccolo sorrisetto da anima pura ed innocente. Blaise si accorse in quel momento che il Paciock dei tempi della scuola era bello che andato. Si trovava davanti un giovane uomo, forse un po' imbranato, ma dalla mente abbastanza brillante da averlo portato ad essere uno degli Erbologi di maggior successo nel loro paese quando ancora doveva terminare i suoi studi. Era rimasta quella sorta di spontaneità mista ad ingenuità, ma il coraggio e la determinazione avevano forgiato quelle due caratteristiche rendendole una piacevole sfaccettatura della sua persona. Blaise si ritrovò ad osservare le lentiggini che punteggiavano il naso del Grifondoro, senza provare il consueto disgusto. Lui aveva sempre odiato le lentiggini. Rimasero qualche secondo in silenzio, interrotto solamente dal fischio del bollitore. Neville si alzò dalla sedia e spense il gas. Aprì la credenza e tirò fuori due tazze, riempiendole di acqua calda. Mise le bustine del tè all'interno delle tazze ed a tavola portò una zuccheriera, due cucchiaini e il cartone del latte. Poggiò una tazza davanti a Blaise ed una la tenne per sé. Non era il servizio migliore che avesse mai ricevuto, ma Blaise convenne che per una volta, si poteva anche fare. Del resto, lui non era come Draco. All'idea dell'amico, posto nella sua situazione, non riuscì a trattenere uno sbuffo di risata sarcastica. Neville lo osservò, mentre girava lo zucchero nel tè e corrugò la fronte con una punta di incertezza. All'interno della cucina, mano a mano che il giorno si faceva spazio nella notte, la luminosità era percettibilmente aumentata.

"La cosa non mi convince, Paciock" commentò il francese, versando un po' di latte nel tè bollente. Iniziò a girare con il cucchiaino, senza aver preso zucchero.

"Io voglio fare così"

Una voce roca, mezza insonnolita, catturò l'attenzione di entrambi. Voltandosi verso l'entrata della cucina, Blaise vide Mathias, con un pigiama decisamente troppo grande per lui, capelli asciutti e puliti, volto stanco e profonde occhiaie sotto gli occhi. I capelli arruffati gli avrebbero dato un'aria probabilmente tenera, se solo Blaise non avesse saputo che razza di mostriciattolo fosse in realtà. Corrugò leggermente la fronte ed inaspettatamente la sua testa venne invasa dalla voce di Neville. Tanto per cominciare, evitiamo di chiamarlo mostro, mostriciattolo o altri epiteti poco gradevoli, vuoi? Il Serpeverde spostò lo sguardo sull'ex compagno di scuola per coglierlo sul fatto, ma l'altro aveva tutta l'attenzione per Mathias. Gli sorrideva gentile, con quelle fossette sulle guance così boh, e lo invitava ad avvicinarsi. Blaise restò congelato sul posto. Non aveva appena pensato con la voce di Paciock. No. No, assolutamente improbabile, scientificamente impossibile, matematicamente incalcolabile. Si costrinse a guardare di nuovo il bambino, concentrandosi su di lui. Era la priorità assoluta. Mathias si era seduto accanto a Neville e guardava Blaise con espressione apertamente ostile. Non sfoggiava più quell'aria di superiorità che gli aveva sempre propinato da quando l'aveva prelevato al Ministero. Quella che aveva sul volto era l'espressione ostile di qualcuno che era stato ferito e che non aveva intenzione di dimenticare. E che avrebbe ottenuto vendetta, in un modo o nell'altro. Probabilmente la sua vendetta sarebbe stata quella di costringerlo ad una vicinanza forzata con quell'imbranato di Paciock. Pensandoci a mente fredda, in effetti, era una vendetta abbastanza crudele. Blaise lo osservò a lungo, soppesando attentamente la situazione ed i vari risvolti che questa avrebbe potuto assumere. Non aveva idea di come avrebbe affrontato la giornata e l'idea che Paciock cercasse di fare da terapista improvvisato francamente pareva ridicola.

"Bel modo di porsi" commentò Blaise, comunque pizzicato dal tono di pretesa che aveva usato il bambino.

"Non ti meriti altro" sputò l'altro, con tono di voce graffiante ed arrabbiato.

Neville poggiò una mano sulla spalla di Mathias, prendendo un sospiro leggero.

"Mathias, proviamo a chiederlo insieme. E aggiungiamoci il 'per favore', vuoi?"

Il tono gentile e calmo del Grifondoro parve avere l'effetto di un balsamo lenitivo sui nervi del bambino. Mathias gli lanciò un'occhiatina, apparentemente quasi dispiaciuta, come avesse fatto qualcosa di sbagliato. Passarono lunghi attimi di silenzio, durante i quali Mathias studiò attentamente il volto di Blaise da sotto la sua folta frangia, usandola come una sorta di difesa.

"Facciamo come dice Neville... per favore"

Blaise non poté credere alle sue orecchie. Allargò impercettibilmente gli occhi, spostando lo sguardo sul Grifondoro che lo osservava con un sorriso incoraggiante, impegnato a donare una carezza sulla testa del bambino. Cioè. No dai, parliamone. Erano giorni che si dannava per cercare di ottenere un po' di rispetto da quel coso, e Paciock arrivava tutto lindo e pinto e ci riusciva nel giro di qualche ora.

Cioè.

L'idea che forse il Grifondoro sarebbe potuto essere un buon terapista invece che un fallimento totale, si fece strada nella sua coscienza. Sì, anche Zabini aveva una coscienza, piccola piccola, ma ce l'aveva. Guardò Mathias, ma il bambino aveva lo sguardo fisso sul tavolo. Era evidente che aveva fatto quel gesto di cortesia soltanto per far piacere a Paciock. Ma l'aveva fatto e a Blaise non interessava se la natura fosse di origini sincere o meno.

"Blaise?"

La voce del padrone di casa lo riscosse dalle sue osservazioni ed il ragazzo osservò entrambi. Doveva rispondere.

"... d'accordo" sputò fuori, senza troppo entusiasmo. Del resto la situazione restava ancora critica.

L'espressione serena di Neville tuttavia, sembrava esprimere tutt'altro parere.

"Adesso che siamo tutti e tre d'accordo, cerchiamo di capire come affrontare questa giornata"

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE DELL’AUTORE:il capitolo DOVEVA essere relativamente corto, perché di semplice transizione. Però questa settimana è speciale, perché tra Natale e Capodanno anche io sono un poco più buona! Come già specificato nella risposta ad alcune recensioni, ho GIURATO e SPERGIURATO che dal prossimo capitolo Neville sarebbe stato talmente tanto presente che avreste iniziato ad odiarlo. D’accordo? D’accordo. E inveeece. Inizierete ad odiarlo precisamente a partire da questo capitolo. Poi non dite che non vi penso, eh! Le sorprese, con questa, sono finite per davvero. I prossimi aggiornamenti avverrano con una puntualità e rigidità mostruosa, vi avviso! Approfitto per augurarvi in anticipo buon anno nuovo e per ringraziare come sempre Arianna per il lavoro di betaggio! :D
p.s. sto cercando una beta volenterosa che si immoli per la mia piccola Merthur (Merlin). Chi volesse aiutare questa povera anima pia (che sarei io), clicchi con il ditino sulla messaggistica privata! <3


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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


NONO CAPITOLO


Who knows what's right?
The lines keep getting thinner
My age has never made me wise
But I keep pushing on and on and on and on

(Imagine Dragons, Nothing Left To Say)

Hesperia Sludge sorrise con affabilità, mentre Blaise e Mathias prendevano diligentemente posto nel suo ufficio, seduti l’uno accanto all’altro come due bravi cittadini della comunità magica. Entrambi immersi in un completo sobrio ma elegante, entrambi mantenutisi su tonalità scure, osservavano la donna con espressione indecifrabile. Indecifrabile non per stranezza, ma per mancanza di comunicatività. Erano giunti in perfetto orario, nonostante gli imprevisti incontrati lungo il percorso, il che aveva messo Blaise di ottimo umore perché lui odiava arrivare in ritardo. Sicuramente Neville, che stava pazientemente attendendo l’esito di quel colloquio nella sala principale del Ministero, seduto sul bordo della fontana, avrebbe avuto da ridire sulla definizione di ‘ottimo umore’ se collegata ad una persona come il lui. Non ci voleva la scienza per notare che l’umore del Serpeverde era tutt’altro che ottimo, soprattutto dopo aver assimilato la consapevolezza di doversi far aiutare da qualcuno. Con estrema urgenza, tra l’altro. Nonostante fosse imbevuto e forgiato d’orgoglio, al contrario di Draco, Blaise sapeva bene quando giungeva il momento di smetterla di rendersi ridicoli, pretendendo di continuare su una linea non più praticabile solo per mere questioni di orgoglio. Difatti, aveva orgogliosamente accettato la sconfitta. La sconfitta di una battaglia, certo, ma per lui la guerra era tutt’altro che chiusa miei cari. E mentre stava seduto lì in silenzio ad analizzare il sorriso sornione di Hesperia Sludge, la sua mente si districò tra vari pensieri, nei quali era compreso lo svelare la misteriosa natura di Neville Paciock. Sicuramente Paciock e lui avevano caratteri decisamente contrastanti, come il giorno e la notte, ma cos’è che rendeva una persona più in grado di fare qualcosa rispetto ad un’altra? In ambito scolastico, è plausibile che qualcuno possa essere portato più per una materia che per un'altra. Ma Mathias non era una materia scolastica. Quindi perché Neville sembrava riuscire così bene (tra l’altro con estrema facilità), dove lui invece falliva? D’accordo, forse aveva mancato un po’ di impegno, ma il dettaglio non poteva bastare come giustificazione. Non per lui. Che Neville riuscisse a guardare la situazione con una prospettiva diversa dalla sua?


Allora miei cari, noto con piacere la vostra puntualità” snocciolò Hesperia, stendendo le labbra fini sporcate con un rossetto arancione acceso che non si abbinava per niente con i capelli castani e crespi e gli occhietti piccoli, di un celeste acquoso. Era la classica donna che, nonostante una certa età, adorava abbigliarsi ed acconciarsi come una ragazzina, divenendo talmente appariscente da risultare volgare e potenziale oggetto di derisioni velate. Blaise tuttavia la conosceva per tutt’altra cosa: se poteva esistere su quella terra una degna rivale di Rita Skeeter, quella era sicuramente la Signora (Signorina, prego!) Sludge. Difatti si vociferava fossero migliori amiche. E dietro quel sorriso così zuccheroso che lei era solita propinare con tanta facilità a chiunque osasse rivolgerle parola o sguardo, si celava solo un’estrema, profonda ed insana voglia di sputtanarti. Gli occhietti acquosi sembravano in grado di scavare la faccia della gente, per arrivare al cervello e carpirne informazioni potenzialmente compromettenti da spargere per i corridoi del Ministero. Blaise non aveva dubbi riguardo il fatto che se tutto il Ministero davvero era a conoscenza della situazione in cui si trovava, doveva sicuramente ringraziare Hesperia. C’era anche da dire che, tra loro due, non era mai corso buon sangue perché lui non aveva mai sopportato la sua tendenza a cercare di farsi gli affari suoi. Da quando Hesperia si era resa conto che Zabini la teneva di proposito a distanza, tra loro era cominciata una specie di guerra fredda.

Ci tenevo particolarmente a deludere le sue aspettative, Miss* Sludge”

E’ Ms, prego”

Oh, escludendo me, sono certo che tutto il Ministero ne sia a conoscenza”

Hesperia strinse le labbra tra loro per qualche secondo, mantenendo un invidiabile controllo. Ovviamente Blaise, con quella simpatica parlantina di cui Madre Natura (o Madre Constance) l’aveva dotato, era in grado di indispettirla ogni sacrosanta volta nel giro di qualche secondo. Inutile dire che per lui, quello sport, era quasi orgasmico. Il ragazzo incrociò le dita delle mani poggiate sul grembo e distese le labbra carnose in un sorriso molto diplomatico. Mathias, invece, si limitava a fissare il volto della donna con sguardo profondo ed intelligente: impossibile non sentirsi a disagio. Hesperia si mosse irrequieta sulla sedia, cercando una posizione più comoda, mentre gli occhi si altalenavano da una figura all’altra, prima di sostare sul bambino. Blaise sapeva esattamente cosa avrebbe cercato di fare la donna. Lanciò di sottecchi uno sguardo all’imperturbabile volto di Mathias, che non aveva ancora aperto bocca, chiedendosi se si sarebbe attenuto a ciò che avevano concordato. Inumidendo le labbra secche con la lingua, Hesperia la fece schioccare contro il palato.

Allora Mathias, oramai è passato un mese, non è così?”

“…”

Oh” civettò Hesperia, quando si rese conto che il bambino non avrebbe pronunciato una parola “cos’è quel faccino scuro? Non sei felice?”

L’avevano sentita la nota sadica di pseudo trionfo nella voce della Sludge, i colleghi dell’ufficio accanto? Dovevano per forza averla sentita. Chissà se anche Paciock giù nella Hall l’aveva sentita. Sicuramente sì, diamine. Mathias voltò la testa verso Blaise, piantando i suoi occhietti scuri in quelli altrettanto neri del francese. Restò a guardarlo per qualche interminabile secondo, ricambiato con una ben celata apprensione. A casa del Grifondoro i patti erano stati stipulati chiaramente ma quel bambino risultava talmente imprevedibile che Blaise, sinceramente, un volta faccia se lo aspettava più del suo giuramento a fare come gli era stato detto.

Se i suoi genitori fossero stati uccisi un mese fa e fosse stata catapultata in un luogo che non conosce, costretta a vivere con una persona che non conosce, lei sarebbe in grado di definirsi una persona felice?”

Hesperia Sludge aprì la bocca, sì, ma non ne uscì una parola. Le guance assunsero una tonalità rosata, mentre le labbra venivano richiuse. La situazione cadde preda di un silenzio imbarazzante, durante il quale la donna si accorse di non potersi appellare all’ingenuità di un bambino qualsiasi. Anzi, mentre spostava gli occhi piccoli ed acquosi verso Blaise, il pensiero che quei due fossero simili in maniera quasi sconcertante le balenò nella testa. Appoggiò le spalle allo schienale della poltrona e schiarì la gola, prendendo tempo. Tempo per escogitare una nuova strategia ed anche per recuperare un po’ la faccia. La domanda da lei posta, diciamocelo, non era stata esattamente brillante come lei aveva pensato. Peccato rendersene conto solo dopo.

Dunque” esordì, scandendo lentamente le parole per incrociare le mani sulla scrivania “descrivetemi questo mese di convivenza tanto per cominciare”

Intenso” “Estasiante”

La Sludge li osservò con occhi scettici. Parlare all’unisono e per giunta con un tono di voce che dire robotico sarebbe riduttivo, non era molto incoraggiante. Blaise se ne accorse e si sforzò di sorridere. Più che altro, sfoggiò un paio di labbra tese e basta. Mathias se ne sbatté altamente delle apparenze.

Mathias come definiresti il trattamento del signor Zabini nei tuoi riguardi, caro?”

Accettabile”

Definisci accettabile”

Mangio, bevo, vado al bagno, dormo ed ho la paghetta. Le serve sapere quante volte mangio, quante volte bevo, quante volte vado al bagno, quante ore dormo ed a quanto equivale la somma della mia paghetta?”

Arr- non credo sia necessario, caro. Uhm, dunque… ritieni che il signor Zabini possa aver avuto o abbia tuttora delle mancanze nei tuoi riguardi?”

Sì”

Anche se se lo aspettava, Zabini avvertì il sangue congelarsi nelle vene. Rimase immobile come una statua di granito, gli occhi neri fissi sul volto rugoso di Hesperia. Sapeva bene che, se avesse voltato la testa verso Mathias, non avrebbe risposto più delle sue azioni. Al diavolo la diplomazia di Paciock, avrebbe ucciso quel Mostro! D’altro canto però, riuscì a non perdersi l’ombra di un sorriso felino farsi spazio sul volto della donna, che lei simulò abilmente con un breve colpo di tosse, ansiosa di sentire il resto.

Non temere caro, parlane tranquillamente. Il Ministero intende tutelarti e se sarà necessario, verrai affidato ad un’altra persona”

Non mi permette di bere alcool. Questa cosa mi disturba enormemente”

Stavolta fu il turno di Blaise dover simulare un colpo di tosse. Il sangue ricominciò a scorrere. Hesperia sfarfallò le ciglia con espressione inebetita. Avvertiva la chiara sensazione di essere appena stata sbeffeggiata da un bambino di 8 anni senza poterlo evitare. Restò con le labbra dischiuse per qualche secondo, cominciando a mostrare lievi cenni di disagio. Quell’incontro non stava andando come lei aveva immaginato.

D’accordo, passiamo avanti. Mathias dietro la porta alle mie spalle c’è un ambulatorio dove verrai sottoposto ad una visita di controllo. Un medimago ti sta già attendendo, per favore, raggiungilo”

Il bambino, diligentemente, scivolò giù dalla sedia e senza dire una parola si diresse verso l’ambulatorio. Una volta rimasti soli, Hesperia e Blaise si guardarono con fredda cortesia.

Cos’è successo a Diagon Alley, signor Zabini?”

Come mai lo chiede a me e non al bambino?”

E’ lei che ha lanciato l’incantesimo. O vorrebbe farmi credere che è stata opera del bambino?”

Come al solito lei sottovaluta la mia intelligenza”

Oh, allora non me lo dica, sbadatamente le è stata sottratta la bacchetta ed è stato qualcun altro ad utilizzarla al posto suo, non è così?”

Io faccio bene a sottovalutare la sua, di intelligenza”

Signor Zabini non è nella posizione adatta per permettersi certe spiritosaggini. In qualità di funzionario del Ministero le sto chiedendo di espormi i fatti accaduti a Diagon Alley nella giornata di ieri. Avrà sicuramente ricevuto il gufo di Mafalda”

La Signora Hopkins, immancabile come sempre”

E dunque?!”

Mathias si trovava in difficoltà con un gelataio”

Un gelataio. Lei ha aggredito un gelataio”

No, è il gelataio che ha aggredito noi”

Il gelataio vi ha aggrediti. Cos’è, ha iniziato a scagliarvi contro coni e coppette?”

No, però ha provato a schiantarci”

Lei parla al plurale”

Non le sfugge niente”

Non mi faccia perdere la pazienza. Il gelataio ha provato a schiantare entrambi?”

Se non fossi intervenuto sì, ci avrebbe schiantati entrambi”

Sa signor Zabini, lei ha la fama d’essere un bravo mentitore”

Sa Miss Sludge, rifiutando di dare credito alle mie parole automaticamente contribuisce anche a rendere questo colloquio ancora più inutile di quanto già non sia. Ha ben due alternative. Attendere che il bambino esca dall’ambulatorio e parlare con lui, oppure convocare il gelataio e chiedergli chi è che ha attaccato briga per primo. Mi sono limitato a svolgere il mio compito di tutore, salvaguardando l’incolumità del bambino”

Oh, immagino quanto le stia a cuore la sua incolumità. Sarà sicuramente in cima alla lista delle sue priorità”

Vede? Non le sfugge niente”

Oppure potrei usare la Veritaserum”

Fortunatamente il pozionista tra noi due sono io, quindi lei probabilmente non sa che sarebbe contro la legge usufruire di tale pozione al di fuori di un serio processo presieduto dalla corte del Wizengamot”

Sono sicura che per lei il Ministero farebbe volentieri un’eccezione”

Oh, non ne dubito, ho sempre ricevuto un trattamento speciale dal Ministero”


Si sorrisero cordialmente, rimanendo seduti composti ai loro posti. In quel momento la porta dell’ambulatorio si aprì e ne uscì Mathias, seguito da un medimago di mezza età. Hesperia attese che entrambi facessero il giro della scrivania, per poter osservare i loro volti senza doversi girare. Non parlò, mantenendo le mani incrociate sulla scrivania si limitò ad osservare l’uomo in camice color sabbia. Le nuove divise del San Mungo, imperdibili. Il tipo stringeva tra le mani una cartellina, ma non ebbe neanche bisogno di guardarla quando iniziò a parlare prestando attenzione solo alla Sludge.

Il ragazzo è sano come un pesce, Hesp. Tutti i valori sono esatti e non è stato soggetto all’assunzione di nessun tipo di pozione né vittima di incantesimi recenti”

Hesperia parve non apprezzare molto quella notizia. La giornata stava decisamente peggiorando e se è vero che il buon giorno si vede dal mattino, si sarebbe conclusa in maniera davvero pessima. Sospirò pesantemente, osservando il bambino con sguardo vitreo, mentre la luce della vittoria lentamente si assopiva nei suoi occhietti azzurrognoli.

Mathias, cos’è successo a Diagon Alley?”

Un gelataio matto ci ha aggrediti. Se non ci fosse stato Blaise probabilmente mi sarei ritrovato schiantato. E’ stata colpa mia, ho iniziato io a litigarci”

Perché l’avresti fatto?”

Perché mi annoiavo”

Perché ti annoiavi…”

La donna appoggiò una mano alla fronte, massaggiandosi le tempie con due dita. Con un cenno del mento attirò l’attenzione del medimago.

Falli uscire da qui” sentenziò, con un tono che lasciava trapelare una vaga esasperazione. Quei due sembravano essersi messi d’accordo per farla ammattire. E Mathias, poteva anche star mentendo ma lei non poteva dimostrarlo. Non era stato sottoposto ad incantesimi costrittivi, non aveva ingerito nessun tipo di pozione e se avesse provato ad usare il Veritaserum con lui, di certo sarebbe finita con il farsi arrestare. Blaise ed il bambino si alzarono e senza dire una parola, raggiunsero l’uscio dove il medimago li attendeva con la porta già aperta. Nel momento in cui varcarono la soglia, Blaise si sentì di una leggerezza sconvolgente, leggero come non si sentiva da quando Mathias era piombato nella sua vita. Udì un click alle sue spalle e si voltò, incontrando il legno scuro della porta chiusa. Decisamente più in basso, Mathias sfoderò un sogghigno degno di Draco Malfoy.

Così impari a dirmi certe cose” sentenziò semplicemente, già avviandosi verso gli ascensori che li avrebbero riportati alla hall. Blaise non commentò e, dovette ammettere con se stesso, se l’era anche un po’ cercato quel breve momento in cui il bambino l’aveva mandato nel panico. Sì, lo ammise davvero; aveva detto delle cose incivili. Quando Neville riuscì a scorgere i loro volti tra la folla, l’espressione decisamente più distesa del francese gli fece nascere un bel sorriso sulle labbra. Blaise notò di nuovo le fossette sulle sue guance e le trovò graziose. Fortunatamente, fu il suo inconscio a pensarlo.


*Miss viene usato quando c'è una certa confidenza, mentre Ms è più formale. Blaise lo fa di proposito per provocarla.








NOTE DELL'AUTORE: Oh, finalmente è venerdì, evviva! Anche se oggi mi aspetterà il tour de force a lavoro, non potevo non aggiornare prima di avviarmi! Dunque, le cose iniziano lentamente ad assumere forma e a mettersi in un certo ordine. Credo che la parte divertente di questa storia inizierà proprio da qui. Come già detto, ci ho messo più di un anno a scrivere SUQDP a causa della mia incostanza. E mi sembra che è proprio intorno a questi capitoli, il momento in cui ho preso una pausa di qualche mese prima di ricontinuare a scriverla, quindi potreste notare una leggera variazione di stile nel metodo di scrittura. No, è inutile che ci speriate, non sarà meno introspettiva e non sarò meno logorroica nel descrivere i sentimenti dei personaggi xD ringrazio Arianna che ha betato questo capitolo, sperò farà in tempo a dare uno sguardo anche al prossimo altrimenti dovrò pubblicarlo senza averlo fatto controllare :/ ringrazio i vecchi ed i nuovi che hanno aggiunto la storia tra le seguite/ricordate/preferite e ringrazio tutti quelli che hanno recensito :D senza voi che mi date soddisfazioni, sarebbe una vita vuota e grigia y_y al prossimo venerdì! <3

p.s. sto male e ho l'influenza, qualche recensione in più potrebbe accelerare il processo della mia guarigione.

Faccio tanto per dire, eh.

Ciao.

ù_ù

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


DECIMO CAPITOLO


Can nobody hear me?

I’ve got a lot that’s on my mind

I cannot breathe

Can you hear it, too?

Can nobody hear me?

I’ve got a lot that’s on my mind

I cannot breathe

Can you hear it, too?

(Imagine Dragons, Hear me)


Smettila di spingere!”

Ssshhh abbassa la voce, Giovanna!”sibilò.

Se c’è qualcuno che civetta troppo quella è Morgana!” una protesta sommessa.

Come osi?! Non fate altro che invadermi quando meglio credete voi!”

Lady Morgana, non temete, finché sarò qui nessuno sfiorerà le vostre sfumature!”

Don Chisciotte, questa era romantica dieci anni fa, cambiate registro per l’amor di Camelot” un mormorio di assenso generale, intermezzato da alcune risate soffocate.

Invece voi dovreste prendere esempio da lui, Sir Lancillotto”

Da quando dividiamo la stessa tela, Ginevra, ho smesso di provare attrazione per voi” un altro giro di ilarità non troppo ben celata, le guance della Regina che si imporporavano di indignazione.

State zitti! Non sento!”

Ma non c’è niente da sentire!”

Ma dov’è andato il Principe di Galles?”


Una vena sulla tempia di Blaise iniziò a pulsare. Non era mai stanco di chiedersi perché diavolo dovesse tenere quei quadri dentro casa. Non poteva comperare, ad esempio, una di quelle diavolerie babbane che si usavano per comunicare a distanza? Perché lui e sua madre dovevano per forza usare i maledetti quadri? Lui era intelligente, non ci avrebbe messo molto a capire come far funzionare un telefono! In quei pochi istanti durante i quali non volava una mosca, il ticchettio dell’orologio appeso sul muro era l’unica cosa a riempire il silenzio. A tavola, Mathias seduto davanti a lui, giocava con la forchetta pulita fingendo di infilzare la tovaglia. Il francese, invece, se ne stava seduto composto con le mani appoggiate sul grembo. Anche le sue posate erano pulite. Pure quelle dell’ospite, lo erano. Ma certo che lo erano, considerando che l’ospite non era presente. Blaise lanciò un’occhiata bieca all’orologio. Le sette. Eppure era stato molto chiaro, quella mattina. A casa sua si cenava alle sei e mezza, non un minuto di più, non un minuto di meno. La collaborazione con quell’imbecille di Paciock, iniziava già con il piede sbagliato. Blaise era un fervente adoratore della puntualità, essere in ritardo gli causava delle irritazioni cutanee non indifferenti, per il nervoso. Quando invece erano gli altri ad essere in ritardo, senza poter fare nulla per bloccarli, incantesimi oscuri di ogni genere iniziavano a corteggiare sadicamente la sua immaginazione, facendogli desiderare di poterli testare sul diretto interessato od interessata che fosse. Aveva già valutato l’ipotesi che il Grifondoro potesse essersi perso, conoscendo per fama il suo spirito di iniziativa ed adattamento, ma si rifiutava categoricamente di uscire per andarlo a cercare. Un conto era accettare una sorta di collaborazione, che aveva intenzione di concludere il più in fretta possibile, un conto era essere costretti a preoccuparsi per l’incolumità altrui. Che poi, preoccuparsi era una parola decisamente grossa. Provvedere sarebbe stato molto più appropriato. Gli occhi del francese scivolarono sulle pietanze che aveva preparato –perché, sì, è vero: la necessità fa virtù e, modestia a parte, in cucina era un maledetto genio- ed avvertì l’insana necessità di lanciarle contro la parete; quella dove erano appesi i quadri, per la precisione. Mentre era intento ad allungare un braccio per mettere in atto ciò che aveva brillantemente escogitato, l’ascensore emise un soffice suono, segnalando l’arrivo di qualcuno. Aveva avvertito il portiere dell’arrivo di Paciock ed aveva rivelato al ragazzo stesso il codice da inserire nell’ascensore per accedere al suo appartamento. Poco dopo averlo fatto, un brivido di orrore era serpeggiato lungo la sua spina dorsale; non perché aveva messo il Grifondoro in condizioni di entrare in casa sua quando voleva (tanto, essendo un mago, anche senza codice in un modo o nell’altro se davvero l’avesse voluto, ci sarebbe riuscito comunque) ma perché in mente gli tornarono le voci di corridoio che erano circolate durante il suo terzo anno scolastico. Si era raccontato che Paciock era stato in grado di perdere tutte le parole d’ordine del suo dormitorio. Blaise puntò gli occhi neri verso le porte dell’ascensore che si aprivano, augurandosi ardentemente che il ragazzo fosse diventato più attento. Un Neville accaldato, con i capelli sparati da tutte le parti e le guance arrossate dal freddo, ne inciampò fuori un po’ goffamente. Aveva il respiro un po’ accelerato di chi aveva probabilmente fatto le cose di corsa. Gli occhi castani del ragazzo adocchiarono Blaise e Mathias seduti al tavolo e sul suo volto comparve un’espressione irrimediabilmente colpevole. Mathias lo osservò, con le sopracciglia leggermente alzate dalla curiosità.

Scusatemi sono in ritardo!” esalò, con voce un po' affannata.

Non ce ne eravamo accorti...”

Lo so, lo so, ma un cliente ha voluto delle cose all’ultimo momento e non ho potuto dirgli di no!”

Eri sotto Imperio?” Blaise gli scoccò un'occhiata raggelante.

Cos- no!”

Allora avresti anche potuto dire che avevi un impegno”

Non sai come diventa insistente quando gli si nega qualcosa!” replicò Neville, piccato.

L’hai voluta tu questa cosa, Paciock, quindi vedi di farla come si deve”

Sospirando, Neville si tolse la sciarpa iniziando a slacciare il cappotto.

Hai ragione, scusa”

Ancora oggi Blaise si rifiuta di ammettere che quello ‘scusa’ pronunciato con un tono di voce così arrendevole e soffice fu in grado di farlo sentire in colpa per essere stato così antipatico. Quando Neville finalmente si sedette a tavola, ognuno iniziò a servirsi da solo dai vassoi. Il francese aveva preparato uno stufato di agnello con le patate ed un po’ di spinaci. Una cena sobria ma soddisfacente, non intendeva far venire a Paciock strane idee e si era mantenuto su un profilo basso. Ma sapeva fare di meglio. Molto meglio. Dai quadri non volava più nemmeno una mosca, tutti troppo impegnati ad osservare la scena con tanto d’occhi. Morgana lanciò uno sguardo a Giovanna (sì, D’Arco, proprio lei) ed ella sbalordita asserì con un cenno del mento. Quella sera ci sarebbe stato molto di cui discutere. Mentre le posate tintinnavano nei piatti, il ticchettio dell’orologio accompagnava pigramente il silenzio in cui era immersa la tavolata. Mathias e Blaise mantenevano gli occhi piantati nel piatto mentre Neville, con la forchetta sollevata a mezz’aria, altalenava lo sguardo tra i due. Il Grifondoro non era abituato a tutta quella compostezza, a casa di sua nonna era cresciuto nel caos totale, caos che si era riflesso nella sua abitazione attuale. Ovunque andava, non c’era mai tutto quel silenzio. Corrugò leggermente la fronte, mordicchiando il labbro inferiore con una certa indecisione. Probabilmente sarebbe stata un’impresa più titanica di quanto avesse immaginato ma, come aveva detto poco prima Blaise, era lui ad essersi immischiato per primo ed era quindi suo dovere rimboccarsi le maniche. Anche perché, un atteggiamento collaborativo da parte del Serpeverde non se lo sarebbe aspettato neanche a pagarlo. Aveva più fiducia in Mathias, il che era tutto dire. Provò a schiarire la gola, mentre il cervello elaborò velocemente qualcosa da dire.

E’ buono!” esclamò, con convinzione. Del resto non stava mica dicendo una bugia!

Lo so”

L’hai fatto tu?”

Secondo te?” l'ironia nella voce di Blaise lo indispettì.

Non puoi semplicemente rispondere alla domanda?”

Uno sbuffo.

Andiamo! Non è divertente mangiare in silenzio”

Da quando mangiare deve essere anche divertente?”

Ma l’hai fatto tu sì o no?” insistè Neville, che oramai aveva preso la questione sul personale.

Sì Paciock, l’ho fatto io”

Ah, lo sospettavo!” sorrise, come avesse ottenuto una sorta di vittoria.

E che lo chiedi a fare?”

Del resto se te la cavi con quegli intrugli di pozioni, per forza devi cavartela anche con la cucina!”

Non sono esattamente la stessa cosa” puntualizzò Blaise, inforchettando una patata con aria svogliata.

Qual è il tuo piatto preferito?”

A Morgana scappò un gridolino.

Che razza di domanda è, Paciock?” lo freddò, assottigliando le palpebre sugli occhi.

E’ una domanda. E il tuo Mathias, qual è?”

La pizza” rispose candidamente il bambino, disegnando con gli spinaci una faccina triste nel suo piatto.

Ah, piace un sacco anche a me la pizza. Allora un giorno di questi la facciamo, eh!”

Paciock, io non credo che-”

A che gusto la vorresti, Math?” Neville ignorò impunemente la pseudo protesta di Blaise, parlando direttamente con il più piccolo della tavola.

Con il bacon, il mais ed il formaggio!”

Ah, mi manca il mais a casa. Ma possiamo sempre comprarlo! Domani andiamo a fare la spesa”

No, domani noi dob-” Blaise ci riprovò, ma anche questa volta non ebbe molto successo.

Io voglio anche il dolce” Mathias infatti lo interruppe. Sembrava davvero apprezzare l'iniziativa di Neville.

Il dolce?”

Sì il dolce”

Non mi stanno ascoltando. Non mi stanno ascoltando” il Serpeverde borbottò con stizza mentre la patata infilzata veniva ora schiacciata e tramutata in una specie di purea.

Ma certo, faremo anche il dolce. Ti piace la torta di mele?”

Sì, mia madre la faceva spesso” commentò il bambino, con aria un po' pensierosa.

Ah, davvero? Dubito che la mia possa essere buona come quella di tua madre ma ci possiamo sempre provare, che ne dici?” Neville cercò di non farlo cadere nel pericoloso vortice dei pensieri tristi e sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi incoraggianti.

Sì, ma le mele le taglio io perché mi piacciono fini”

D’accordo, non oserei mai! E invece cosa facciamo fare a Blaise?”

Il francese si trovò due paia di occhi puntati contro e si sentì messo vagamente alle strette.

Tu cosa vuoi fare?” gli chiese Neville con le sopracciglia leggermente alzate.

Inghiottì con una certa difficoltà, appoggiando le posate nel piatto. Restò in silenzio per lunghi secondi; Paciock lo guardava con un sorriso serafico, Mathias lo fissava senza vederlo realmente e Morgana nel quadro era preda di una crisi respiratoria.

Non lo so”

Non c’è problema, qualcosa troveremo sicuramente, ad esempio potresti impastare la pasta per la pizza!” concluse il Grifondoro, sventolando una mano per aria con leggerezza.

Sta arricciando la punta del naso” esordì il bambino, che non aveva smesso di guardare Blaise con occhio valutativo.

Tu sai cosa vuol dire quando fa così, Math?”

Vuol dire che non gli piace”

Blaise restò di stucco, accorgendosi che aveva davvero arricciato la punta del naso inconsciamente. Gli occhi scuri del ragazzo scivolarono sul volto del bambino, osservandolo con un’espressione indecifrabile. Non sapeva come dover interpretare quell’attenzione da parte di Mathias nei suoi riguardi. Era un ottimo osservatore, questo l’aveva capito sin da subito ma non si era reso conto di poter essere un libro aperto addirittura per un bambino. La cosa non gli piacque. Diavolo, aveva di nuovo arricciato la punta del naso. Mathias e Blaise si osservarono in silenzio per lunghi secondi, come due animali che si studiano cercando di capire l’uno le intenzioni dell’altro. Di quante altre cose si era accorto quel bambino? E quante non ne aveva notate invece, lui? Senza sapere perché, si sentì in svantaggio.

Sei sicuro Math? Mi sembra lo stia facendo un po’ troppo spesso, questa è già la terza volta!”

Il bambino stese le labbra in un sorrisino un po’ saputo, inarcando entrambe le sopracciglia scure.

Sicurissimo”

*Merde. Il francese rese le palpebre come due fessure, senza commentare per non aggravare la sua posizione. Tentò di mantenere un’espressione distesa e di svuotare la mente.; a quanto pareva, era soggetto a mostrare quella debolezza anche quando si limitava solo a pensare qualcosa che non gradiva. Spostò lo sguardo sul suo piatto, ricominciando a mangiare con le orecchie piene delle chiacchiere di Paciock e di Mathias, che non era mai stato così loquace da quando l’aveva preso con sé dentro casa. Sarebbe stato curioso di scoprire come si sarebbe comportato il Grifondoro al posto suo, immerso nella situazione in cui lui si trovava da tempo. Sicuramente avrebbe fatto un pasticcio e tutta la calma e la serenità che ostentava lì a tavola se la sarebbe potuta solo sognare. Quando la cena giunse al termine, Neville non si trattenne molto a lungo, informandoli che aveva lasciato in sospeso un po’ di lavoro pur di non perdere la cena in loro compagnia. Si scusò molto con il francese, perché sarebbe voluto restare ad aiutarlo per mettere un po’ di ordine. Se c’era una cosa che non si poteva dire sul conto di Paciock, era che fosse un bugiardo; lui non era in grado di dire bugie, la sincerità gliela si leggeva in faccia e Blaise, semplicemente, lo seppe. Seppe che era veramente dispiaciuto. Mathias lo salutò con un abbraccio, che il Grifondoro ricambiò affettuosamente e Blaise, indeciso sul da farsi (e lui odiava sentirsi indeciso), optò per un amichevole e cordiale cenno del mento. Neville gli sorrise con serenità e sventolò giocosamente la mano prima di augurare la buona notte e sparire nell’ascensore. Mentre Blaise si apprestava a sgomberare la tavola dai resti di una buonissima cena e Mathias occupava il bagno per lavarsi prima di andare a letto, il padrone di casa avvertì un certo disagio. Mise un piatto sopra l’altro e, appoggiando le mani sulla tovaglia, restò immobile, in ascolto. Il bagno era troppo lontano, non poteva udire l’acqua del lavandino scorrere. Le finestre erano a doppio vetro, non poteva udire il rumore della vita e del traffico giù in strada. I quadri nelle cornici sembravano aver perso improvvisamente la lingua. L’orologio… l’orologio ticchettava, non si era mai fermato, ma non ricordava davvero fosse così rumoroso. Si avvicinò alla parete ed allungò le braccia per staccarlo. Premendo un pulsante, fermò le lancette e restò fermo davanti la porta, stringendolo tra le mani. Non sentiva più niente. Come un animale in gabbia, il disagio dentro di lui crebbe, salì come una marea. Arricciando la punta del naso, mise di nuovo l’orologio al suo posto, dopo averlo fatto tornare in funzione. Si avvicinò al mobile dell’ingresso e senza pensarci due volte, accese la radio magica. Le chiacchiere dei conduttori di un programma sulle mille proprietà magiche della quercia secolare iniziarono a riempire l’appartamento ed a quel punto, Blaise fu pronto per ricominciare a sparecchiare.


Nel silenzio della notte, mentre adulto e bambino dormivano profondamente, in salotto accadeva qualcosa. Dei bisbigli sommessi.

Non ci potevo credere!”

Neanche io, hai visto che faccia ha fatto quando-” venne interrotta quasi subito.

Sì, sì! Quando gli ha chiesto del suo piatto preferito! Giovanna, francamente io-”

No, scusa Morgana, è da dirlo. Quando mai aveva portato qualcuno a casa? Dai, dimmelo” parlava veloce, come volesse dire tanto ma avesse poco tempo per farlo.

Mai, che io ricordi. Ma forse questa volta-”

Questa volta cosa? Morgana, mai. Non l’aveva mai fatto!”

Non lo so, eppure questo ragazzo…” si toccò una guancia con aria pensierosa, lo sguardo perso nel vuoto.

E la radio? Non sapevo avessimo una radio in casa!” incalzò nuovamente Giovanna, più interdetta che indignata.

Oh, sì! Questo sciagurato potrebbe anche accenderla quando ci lascia soli!”

L’ho pensato anche io, santo cielo! Così non ci annoieremmo tutto il giorno!” Giovanna sbuffò, osservando con interesse il mobile dell'ingresso che da lì poteva solo intravedere.

Abbassa la voce! Se ci sentisse strapperebbe le tele!” la sgridò Morgana, innervosita.

D’accordo, finiamola qua. Ma domani glielo dico, sai. Voglio la radio accesa. La pretendo!”


*In francese nel testo. Blaise sa parlare sia inglese che francese.








NOTE DELL'AUTORE: oh, eccoci qui con il decimo capitolo! Oggi rischiavo di non aggiornare, perché proprio oggi infatti mia madre ha subito un'operazione (che fortunatamente ha avuto esito positivo) e non sapevo se avrei trovato il tempo. Ma l'ho trovato ;) come sempre, grazie a chi recensisce, segue, preferisce e ricorda questa storia: per me vuol dire molto, dopo tutto il tempo che ci ho messo per farla nascere. Mi state dimostrando che i miei sforzi sono valsi a qualcosa e vi adoro per questo, sul serio. Siete meravigliosi, tutti quanti :D Arianna non ha fatto in tempo a betare, quindi l'ho fatto io: spero di non aver tralasciato nulla! Un abbraccio!

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


UNDICESIMO CAPITOLO



Jingle bell, jingle bell, jingle bell rock
Jingle bells swing and jingle bells ring
Snowing and blowing up bushels of fun
Now the jingle hop has begun!!!!

(Bobby Helms, Jingle Bell Rock)



Mio Dio, Paciock, cambia frequenza, te ne prego!” biascicò Blaise, con un principio di emicrania

Non esiste! Da quando mondo è mondo, l’albero di Natale si fa ascoltando canzoni di Natale!” Neville attaccò una pallina a forma di cioccorana che, di tanto in tanto, gracidava magicamente.

Io l’ho sempre fatto fare agli elfi”

Ecco perché sei una persona triste”

Prego?” Blaise gli lanciò un'occhiataccia, volendogli dare la possibilità di riformulare quello che aveva appena detto. Occasione che Neville ovviamente non colse.

Non fare l’albero di Natale è come non mangiare la cioccolata d’inverno” puntualizzò il Grifondoro, preso nel tentativo di decidere dove appendere una nuova decorazione.

Non mi sembra un paragone appropriato”

Sì che lo è, devi usare solo un po’ di inventiva. Math, io la metterei più a destra quella, c’è troppo rosso lì!”

Il bambino corrugò la fronte ma non protestò, eseguendo diligentemente.

E tra l’altro non capisco perché dobbiamo farlo proprio a casa mia” tornò all'attacco Blaise, che non stava collaborando nemmeno un po'. Preferiva limitarsi ad assistere a quello scenario raccapricciante.

Perché Mathias vive qui ed è giusto che viva in un ambiente allegro!”

“… ”

Altre domande?” Neville si augurò che il ragazzo la smettesse di emanare ondate di energia negativa in quella quantità spropositata. Trattandosi di Blaise, però, avrebbe dovuto immaginare che le sue speranze sarebbero state distrutte.

Sì. Anzi, un ultimatum. Se non la piantate, tutti e due, di riempirmi l’albero di palline bordeaux e d’oro lo brucio”

Non lo faresti!” il Grifondoro spalancò la bocca, oltraggiato da quella minaccia.

Oh sì, lo farò”

Nev, sì, è vero. Lo farebbe” intervenne Mathias, spostando una stellina dorata da un ramo ad un altro, con l'aria di chi sapeva esattamente ciò che stava facendo. Non li guardò nemmeno.

Ma questi sono i colori del Natale!”

No, quelli sono i colori del tuo Natale. Voglio l’argento, il blu ed anche il maledetto fucsia se necessario!” Blaise estrasse la bacchetta, agitandola minacciosamente verso l'albero. O forse verso Neville?

No, il fucsia no!” gemette il suddetto, stringendo una pallina rossa come fosse un'ancora di salvezza.

Allora ti consiglio di rimediare alla velocità della luce”

Non hai senso del gusto, cosa c’entra l’oro con il fucsia?”

Ti do esattamente tre secondi” il padrone di casa non voleva sentire ragioni. Adesso era palese dove stava puntando la bacchetta. Neville si frappose fra lei e la sua creazione artistica.

E poi se c’è l’oro non può esserci anche l’argento, diventa troppo pacchiano!” continuò imperterrito il ragazzo, nel tentativo di persuadere la coscienza (inesistente, lo sapeva!) di Blaise.

Tre”

Il blu con il bordeaux. Ma si è mai visto il blu con il bordeaux?!”

Due”

Mathias, digli qualcosa!”

Qualcosa fu la risposta atona del ragazzino, che non aveva neanche smesso di attaccare palline a destra e sinistra.

Uno...”

Oh, aspetta, abbassa quella cosa. Abbassala! Ho capito!”

Ottimo Paciock”


Sospirando, Neville sfoderò la bacchetta, adocchiando quella di Blaise che veniva riposta con attenzione nella tasca. A colpi di incantesimo, iniziò a cambiare colore ad alcune palline dell’albero, sopra le note di Bianco Natal.

Quella mattina erano andati a comprare un abete, dato che il Serpeverde a casa non ne aveva (da quando non c’erano più gli elfi, figurarsi!) ed avevano acquistato anche alcune decorazioni, scelte accuratamente da Mathias.

Blaise si era rifiutato categoricamente di essere parte attiva di quella pagliacciata e già il fatto che avesse messo a disposizione casa sua per ospitare quell’orribile parata di colori era da considerarsi merito dell’intervento divino. In realtà le cose erano andate diversamente.

Non è che Blaise avesse messo casa sua a disposizione, ma Paciock gli si era presentato sulla porta alle otto del mattino, munito di muffin caldi al cioccolato ed aveva annunciato che, in quanto otto dicembre, quel giorno avrebbero fatto insieme l’albero di Natale. Che gioia.

Il francese non aveva rifiutato solo perché il Grifondoro aveva portato i muffin. Era un malato di dolci e da quel punto di vista era facilmente corruttibile.

Mentre affondava i denti nel suo dolcetto al cioccolato aveva sperato che nessuno si fosse accorto di quella debolezza. E chi glielo diceva che Paciock non gli si era presentato a casa con quelli proprio perché l’aveva già capito? No, troppo arguto da parte sua. Forse glielo aveva spifferato Mathias durante qualche pranzo o cena. Dalla prima volta che avevano mangiato tutti insieme, c’erano stati un paio di pranzi e qualche cena, rigorosamente a casa di Blaise. Non era stata una cosa stabilita a voce, semplicemente come di tacito e comune accordo, ogni volta ci si organizzava per mangiare lì.

Il Serpeverde non si era mai chiesto come mai Neville non li ospitasse a casa sua ogni tanto; probabilmente era dovuto al disordine che vi regnava e forse il Grifondoro un po’ se ne vergognava.

Quella mattina in cui Blaise aveva suonato al suo campanello, si era trovato lì per questioni di mera necessità, non per una visita di piacere, quindi Neville non aveva potuto rimediare al caos che inevitabilmente lui aveva notato.

Appoggiato al tavolino del soggiorno, con le braccia incrociate, osservava il Grifondoro e Mathias continuare ad addobbare l’albero enorme. Durante le volte che tutti e tre avevano passato del tempo insieme, Mathias aveva sciolto la lingua, parlava di più anche quando si trovava da solo con Blaise ed il ragazzo, dal canto suo, sopportava meno il silenzio. Si era accorto che a volte poteva essere più rumoroso di una risata.

La sera della prima cena avevano concordato di preparare la pizza e l’avevano anche fatta, in effetti, ma sempre a casa del Serpeverde. Per fortuna che c'era stato lui o quel pazzo di Paciock avrebbe fatto saltare qualcosa per aria; nonostante fosse cresciuto, la sbadataggine cronica gli era rimasta incollata al culo.

Il giorno prima Constance era andata a far visita al figlio, tutta gioiosa e pimpante per aver trovato Mathias in casa. Sano e salvo. E così anche la pellaccia di Blaise era sopravvissuta all’ira di sua madre; come al solito, i quadri le erano stati molto fedeli, spifferandole il possibile ed anche in quel momento, se ne stavano tutti zitti zitti incollati alle loro cornici con gli occhi sbarrati.

Mathias in quel momento stava cospargendo della neve finta sulle punte dell’albero, mentre Neville si stava occupando delle luci. Il salotto sembrava più piccolo con quell’ingombro ma Blaise ebbe la sensazione di trovarsi in una stanza più accogliente, anche se non l’avrebbe mai ammesso. Fuori stava nevicando, aveva da poco iniziato ed il cielo era di un bianco quasi accecante; probabilmente ne avrebbe avuto per gran parte del giorno. L’atmosfera in casa Zabini era abbastanza distesa, anche se il proprietario e l’affidato non si potevano dire dei tipi molto eloquenti. Ma a questo rimediava Paciock con la sua parlantina sciolta.


Oh, adesso manca la cioccolata calda!” esclamò Neville, con l'aria di qualcuno molto soddisfatto di sé.

Non vorrai appendere anche quella all’albero?” la voce sarcastica del Serpeverde si era accodata subito a quell'esclamazione.

Zabini, cosa ti succede? Hai appena fatto una battuta!”

La vuoi ancora la cioccolata?”

Ah, sei tornato normale”

Nev, la panna. Io voglio anche la panna” li interruppe Mathias, cieco e sordo come al solito ai loro continui battibecchi. O forse fingeva di non notarli?

Zabini, ce l’hai la panna?” chiese quindi Neville.

Credo di sì”


Si trasferirono tutti in cucina e mentre il francese tirava fuori il necessario per preparare la calda bevanda, Neville si mise all’opera. Mathias se ne stette un po’ sulle sue, spostando il peso da un piede all’altro sulla soglia della cucina e poi fece dietro front. Tornando verso il salotto, adiacente alla cucina, sprofondò nel divano ed aprì un libro di favole portatogli quella mattina da Neville; lo poggiò sulle ginocchia e ne lesse silenzioso il titolo. Tra le mani stringeva Beda il Bardo. Il bambino sorrise di un sorriso che sapeva di nostalgia.

Blaise lo seguì con lo sguardo finché poté, poi si voltò verso il Grifondoro restando in silenzio.

Con aria assorta e braccia conserte, poggiato contro il mobile della cucina, seguiva ciò che le mani di Neville facevano. La presenza del ragazzo era diventata quasi normale e tutta la diffidenza che c’era sempre stata nei loro saluti relativamente cortesi si era un po’ sfaldata.

Blaise non poteva continuare a trattare come un’estranea la persona che lo stava aiutando così tanto. Perché, sì, da quando Neville si faceva vedere in giro le cose erano migliorate. Non che lui e Mathias si adorassero, ma per lo meno erano arrivati al punto di non cercare di ammazzarsi a vicenda. Il che, per Blaise, andava più che bene ed avrebbe anche potuto troncare quell’invadenza lì, se solo non ci fosse stata la minaccia di un ritorno alle origini da parte di Mathias.

Comunque andavano le cose, il bambino lo teneva alle strette con i suoi capricci. Perché Paciock era un capriccio, nient’altro.

Si riscosse, quando si accorse di essere osservato a sua volta dall’altro ragazzo. Colto in flagrante continuò a non dire nulla, limitandosi a maledirsi mentalmente.

Neville inarcò le sopracciglia con aria interrogativa, accendendo il fornello per far scaldare il latte con la polvere di cioccolata.


Come sta andando al ministero?” la buttò lì così, il Grifondoro, cercando di intavolare una conversazione.

Non lo so, Paciock. E’ un mese che lavoro da casa e l’ultima volta che ci ho messo piede c’eri anche tu” rispose blandamente Blaise, spostando lo sguardo sul pentolino dal quale già si sollevava un invitante odore dolciastro.

Bè allora vai alla grande. Considerando che lì dentro nessuno pare andarti a genio...” la voce di Neville tentennò, ma Blaise non seppe dire se per ironia o per paura di aver azzardato troppo con le parole.

Stai scherzando?” disse lui infatti, già sulla difensiva.

Perché?”

Niente ti suggerisce che forse possa essere io a non andare a genio agli altri?” continuò Blaise, che la sua ironia, la lasciò percepire molto chiaramente.

No” rispose candidamente Neville, tenendo d'occhio la cioccolata in preparazione.

Ma che diav- Paciock fai sul serio?”

Certo che sono serio, perché non dovrei?”


Blaise allargò gli occhi, sbatacchiando le palpebre un paio di volte con espressione perplessa. Si chiese se il Grifondoro non avesse sbattuto la testa da qualche parte.


Non fare quella faccia, ho capito benissimo che ti riferisci alla reputazione che hai. Ma nonostante io sia a conoscenza di tutte le voci possibili ed immaginabili, non mi sembra di star trattandoti come tu fossi un delinquente” spiegò il Grifondoro, con tono di voce spiccio.

E’ diverso”

Blaise si sentiva infastidito. Infastidito da cosa, poi?

Perché è diverso?”

Perché... perché sì!”


Neville fece un piccolo sospiro paziente, girando con un cucchiaino la cioccolata nel pentolino per non farla attaccare ai bordi e mantenerla liquida.


“Io credo che forse dovresti guardare le cose da un’altra
prospettiva. Tu parti da casa già con l’idea che gli altri ti tratteranno in un determinato modo a causa di quello che hai passato. Ti si legge in faccia la certezza che hai su quello che ti aspetti dagli altri. Non te ne rendi conto ma assumi un atteggiamento difensivo come se tu, davvero, dovessi pentirti di qualcosa e difenderti da questo. La gente non è idiota Blaise, le nota queste cose. Quindi si comporta di conseguenza, non credi?”


Il diretto interessato non disse una parola, si limitò ad osservare il Grifondoro con un’espressione indecifrabile, tant’è che Neville si morse l’interno della guancia con aria quasi pentita.

Dal canto suo Blaise non sapeva se ritenersi offeso dall’analisi critica appena fattagli oppure se doversi mettere a riflettere su ciò che gli era stato detto.

A primo impatto, l’ondata di rabbia che lo assalì per quella franchezza spietata che l’altro aveva usato nei suoi confronti, suggeriva l’uso di insulti e di inviti a farsi ognuno gli affari suoi. Gli unici che si prendevano la briga di sbattergli in faccia le cose come stavano erano Draco e sua madre, ed il primo lo faceva anche piuttosto malamente ma, tant’è, a caval donato non si guarda in bocca e Malfoy era stato sempre l’amico più sincero che avesse mai avuto. Piuttosto che perderlo preferiva tenerselo così poco delicato come era.

Blaise indurì il profilo della mascella, respirando silenziosamente perché, al contrario di Draco, prima di parlare preferiva ragionare; certo, quella volta che aveva ‘insultato’ Mathias non aveva ragionato così a fondo prima di parlare ma era pur sempre un essere umano, i momenti di sclero li aveva anche lui ogni tanto.

Quando l’onda della rabbia iniziò di poco a calmarsi, con suo stesso sommo stupore Blaise sentì entrare in scena una sorta di imbarazzo.

Le parole di Neville iniziarono a farlo sentire quasi in torto, come se quello esplicato dal Grifondoro fosse il ragionamento più logico del mondo a cui lui non era mai arrivato. Sentì di essere come un bambino capriccioso, per il quale il mondo ce l’ha sempre con lui.

Ringraziò di avere la pelle scura, perché ebbe la sensazione di essere vagamente arrossito.

Dopo quel fugace momento di umanità, tornò di nuovo l’irritazione.

Ma chi diavolo credeva di essere Paciock, per arrivare addirittura a suggerirgli cosa pensava e cosa si aspettava dagli altri? Neanche si conoscessero da una vita! Aveva parlato con una tale sicurezza che non gli era poi molto piaciuta.

Strinse le labbra carnose in una linea sottile, abbassando gli occhi scuri verso il pentolino dal quale saliva un filo di vapore, a suggerire quanto già scottasse la bevanda. Adesso il latte, amalgamato con la polvere di cioccolata, era diventato denso e cremoso grazie al calore.


Senti, non intendevo farti la paternale. Scusami se ti ho offeso, lo so di parlare troppo certe volte, ma non me ne rendo conto” biascicò il Grifondoro, non sapendo bene che cosa dire.

Blaise lo osservò brevemente.

Già...”


La cosa che gli dava più fastidio era che Neville aveva espresso un concetto intelligente. Blaise poteva essere irritato quanto voleva e non era questione di conoscere a fondo una persona o meno. Per fare un’osservazione del genere, non c’era bisogno di chissà quale conoscenza dell’altro. Certe cose si percepivano e basta, lui lo sapeva, perché gli era capitato con altri.

La cosa che gli dava più fastidio, oltre quella di Neville che aveva detto una cosa intelligente, era che lui non ci aveva mai fatto caso; non ci aveva mai pensato! Aveva sempre dato per scontata la sua posizione e quella che avrebbero assunto gli altri nei suoi confronti.

Per carità, c’era chi veramente lo trattava con falsa cortesia perché per davvero s’era fatto un’idea nei suoi riguardi tutta sbagliata; ma poteva esserci anche chi, condizionato dal suo stesso umore ed atteggiamento, lo trattava con falsa cortesia anche non intendendo farlo. Forse in certi casi poteva essere lui stesso l’artefice di ciò che riceveva; forse aveva davvero il potere, a seconda di come si poneva, di influenzare il comportamento degli altri nei suoi confronti.

Blaise corrugò la fronte e tornò ad osservare il volto di Neville che ora sfoggiava un’espressione un po’ mesta. Evidentemente si sentiva in colpa.

La cosa non sorprese più di tanto il Serpeverde; ce lo vedeva un tipo come il Grifondoro a sentirsi in colpa per ogni minima cosa. Quello che lo avrebbe sorpreso, se solo ci avesse fatto caso, fu il desiderio di rassicurarlo.

Blaise gli passò tre tazze mentre spegneva il fornello. La cioccolata era pronta.


Forse hai ragione” disse improvvisamente il padrone di casa, con tono diplomatico.


Neville alzò gli occhi castani verso di lui, le guance punteggiate di lentiggini.


Davvero?”chiese, senza celare la sua sorpresa.

Sì. Voglio dire, non lo so. Di certo c’è una buona dose di Ministero che, sul serio, non mi può soffrire. Ma devo ammettere che anche io non facilito le cose. Non mi sforzo poi molto di sembrare... non lo so, amichevole?”


Il Grifondoro annuì, ma non si azzardò a parlare. Aveva paura di poter interrompere quel momento più unico che raro, durante il quale il Serpeverde non gli si rivolgeva con parole ironiche o poco pazienti (come di solito, invece, faceva).

Blaise si strinse appena nelle spalle e tolse il pentolino dalle mani dell’altro, per versare lui stesso la cioccolata nelle tazze.


Diciamo che io non sono invogliato ad usare più cortesia dello stretto necessario. E da questo, forse loro sono invogliati a fare altrettanto. Non ci invogliamo a vicenda” sorrise, spontaneamente, trovando divertente quel gioco di parole, stando attento a non far fuoriuscire la cioccolata dal bordo.

Neville lo osservava con uno sguardo intenso e riflessivo, mentre un piccolo sorriso faceva capolino anche sulle sue labbra.

Le sue guance ne approfittarono per arrossire fugacemente, libere dallo sguardo del francese.

Blaise era bello quando sorrideva.


Wow”

Cosa?” Blaise non distolse gli occhi dalle tazze, ma gli lanciò un'occhiatina fugace.

Allora sai essere amichevole anche tu!” esclamò Neville, smorzando i toni.

Vai a farti maledire, Paciock”

No, dai, stavi andando bene!” rise, agitando la panna su e giù, ancora con il tappo.

Passami la panna”

Ecco, adesso fai finta di niente” sbuffò, assecondando la sua richiesta.

La vuoi anche tu?”

Sì la voglio, ma rispondimi quando ti faccio notare qualcosa”

Questa è tua. Porta quest’altra al martire nell’altra stanza” disse Blaise e spruzzò un'altra generosa dose di panna sulla cioccolata destinata a Mathias, comportandosi come se Neville non gli stesse neanche parlando.

Sto aspettando” gli fece notare quello, con le sopracciglia alzate.

Si sta già raffreddando Paciock, ti consiglio di sbrigarti”

Oh, ma lo vedi! Non c’è niente di male nell’essere persone normali sai!”

Ah, è vero, i cucchiaini”

Blaise aprì un cassetto, frugando rumorosamente tra le varie posate.

E’ proprio questo che intendevo prima!” continuò Neville, senza demordere. La sua tenacia era da ammirare, senza dubbio.

E i tovaglioli, se quel mostro mi imbratta il divano lo uccido” il Serpeverde controllò un altro cassetto, prendendo tutto il necessario.

Avevamo detto niente epiteti offen- oh, aspettami, ti sto parlando!”


Da che Blaise ne ha memoria, quella fu una cioccolata calda davvero molto buona. E quello fu il loro primo albero di Natale.














NOTE DELL'AUTORE: Wow, eccoci qui con l'undicesimo capitolo! Non posso crederci, siamo già ad 11! Che gioia! Ragazze, questa settimana siete state davvero meravigliose, le vostre recensioni mi rendono sempre più felice, siete la mia gioia <3 Come al solito, un pensiero sentito va anche a chi si limita a leggere silenziosamente, perché anche questo vuole dire tanto! Grazie ad Arianna che è riuscita a betare il capitolo e che ogni tanto mi salva da figuracce davvero imbarazzanti! Mi ha fatto molto piacere sopratutto il fatto che abbiate trovato Neville molto IC! Diciamo che ci tenevo particolarmente, sia a questo, che ai vostri pareri sui quadri! Sono uno dei primi elementi che ho subito voluto inserire nella storia! Che dire? Spero che anche questo capitolo possa essere all'altezza dei precedenti! Un abbraccio!


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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


DODICESIMO CAPITOLO


When I was a young boy

I was living for the moment

The world was wide open

I had every choice

But with so many choices

I just didn’t know what to do now

All I say is just forget it

(James Morrison, One Life)


Blaise si mosse furtivo tra le scaffalature. Non poteva crederci, era inaccettabile. Non poteva credere di star facendo sul serio una cosa del genere.

Scorse con gli occhi i titoli di alcuni libri, alternando momenti di confusa follia a momenti di crudele lucidità mentale. Lui doveva liberarsi di quei quadri. Era una vita che se lo prometteva, ma non era mai passato ai fatti per chissà quale oscura ragione. Al diavolo il comunicare con sua madre tramite vie sicure, avrebbero trovato un altro maledetto modo. Ma era arrivato ad un punto di non ritorno, sul serio.

Cercò di capire come diavolo avessero fatto ad influenzarlo così, Ginevra e la sirena; c'erano Morgana e Giovanna che prima l'avevano rincoglionito di chiacchiere per... non riusciva a ricordare neanche per quanto tempo. Poi, improvvisamente, erano subentrate Gwen e la donna pesce e si erano ritrovati a parlare tutti di regali. Regali, una parola che avrebbe allarmato Blaise sin dalle prime sillabe se solo quelle quattro comari non l'avessero rimbambito a forza di parlare senza prendere fiato.

Ricordava che in mezzo ai loro discorsi, per dei momenti era subentrata la parola radio collegata alla parola noia, collegate a loro volta entrambe alla parola regali. Che era collegata alla parola Natale. Da lì, era come essere stato smaterializzato al Ghirigoro (smaterializzato dai quadri stessi, contro la sua volontà!) Si grattò la testa con aria incerta, condizione che gli si addiceva davvero poco. Non era abituato a non sapere che cosa fare e considerando che quello che stava per fare (no, che era stato indotto con l'inganno a fare!) toccava o avrebbe potuto toccare una certa sfera emotiva, gli creava un leggero disturbo.

Morgana aveva parlato di un gelido cuore e solo dopo qualche istante Blaise aveva capito che si stava riferendo a lui. Al gelido cuore aveva accostato l'infelicità di un bambino orfano costretto a passare il Natale senza i genitori per la sua prima volta ed aveva descritto l'ipotetica gioia che un piccolo pensiero nei suoi riguardi, avrebbe potuto procurargli. Giovanna aveva parlato di ingratitudine ed ovviamente, anche lei stava indirettamente descrivendo la sua visione del Serpeverde. All'ingratitudine aveva accostato il disprezzo di una cara e brava persona come Neville Paciock, che si stava facendo in quattro per aiutarlo! (testuali parole) e che, come minimo, una piccola sciocchezzuola per Natale la meritava di diritto. Per continuare questa sviolinata, Gwen e la donna pesce avevano architettato un slogan: un quadro felice oggi, è un quadro felice domani! Regalaci una radio nuova, del resto noi ti siamo fedeli quanto lo siamo a tua madre e la fedeltà va ripagata! Lo slogan era una mezza scusa, in realtà, per ripiegare ancora una volta sulla scia dell'ingratitudine; avrebbero dovuto tutti dar ragione al parere di Giovanna? Blaise avrebbe dovuto rischiare di guadagnarsi l'appellativo di ingrato solo per l'indecisione di regalare o meno una radio? E guardaci negli occhi quando ti parliamo, Blaise! Ma loro erano in quattro e lui era da solo e la sua confusione andava via via aumentando. Come si faceva a guardare contemporaneamente quattro astute lavatrici di cervello negli occhi?

Il francese, per istinto primordiale, seppe che sarebbe stata una cosa pericolosa da provare, quindi non ci si era impegnato poi molto. Ma oramai era troppo tardi e l'incanto malvagio aveva fatto effetto sul nostro povero sfortunato che, assicuratosi il profondo sonno pomeridiano di Mathias, era uscito per assolvere il suo oscuro compito.

Non era mai stato più nel panico di così.

Le uniche persone cui Blaise avesse mai regalato qualcosa si potevano contare sulle dita di una mano: sua madre, Draco e se stesso. Per ovvie ragioni conosceva Constance come le sue tasche, dunque non era mai stato particolarmente arduo trovare un dono che fosse adatto per la donna; Draco era un principino viziato, che amava le comodità e tutto ciò che avesse un valore superiore ai mille galeoni (che fosse anche un secchio per la spazzatura od un gratta schiena, l'importante era il prezzo) e di conseguenza anche in quel frangente il suo compito s'era reso quasi irrisorio.

Per quanto riguardava se stesso... bé, non c'erano parole; lui sapeva sempre ciò che voleva ed era abituato ad ottenerlo, come Draco del resto. Sotto quel lato erano molto simili.

Con la mente galleggiante nel nulla più vario, un'illuminazione l'aveva colpito metaforicamente parlando in piena fronte: l'otto dicembre aveva visto Mathias leggere un libro sul divano, un libro di fiabe. In realtà aveva involontariamente notato che al bambino, in generale, piaceva leggere.

Girando per gli scaffali del Ghirigoro, corrugò la fronte, sforzandosi di ricordare quali fossero le sue principali letture. Purtroppo, a causa della scarsa attenzione che esercitava nei riguardi di Mathias, tutto ciò che gli si presentò alla memoria fu un immenso buco nero, di dimensioni bibliche. Lo stomaco gli si annodò, ma scacciò velocemente la sgradevole sensazione di vergogna; non aveva motivo di vergognarsi. Così, immerso fino al collo nel reparto narrativa per ragazzi, prossimo a proclamarsi disertore del Natale, accadde che un libro decise di emanare un lieve scampanellio, uguale a quello di uno scaccia pensieri.

Blaise, con espressione sia interrogativa che guardinga, voltò la testa verso destra, cercando con gli occhi la fonte di quel suono. In mezzo alle altre copertine spiccava più di tutte quella bianca di un libro senza il titolo. Avvicinandosi, con curiosità lo prese tra le mani ed incredibilmente, sotto i suoi stessi occhi, la copertina iniziò a cambiare colore ed a prendere forma; all'interno, le pagine bianche venivano magicamente macchiate da fiumi di parole ed il volume del libro, mano a mano che i capitoli apparivano dal nulla, aumentava sempre più.

Alla fine della storia Blaise si ritrovò a stringere tra le mani un libro di favole francesi, che sua madre era solita leggergli quando era bambino. Con aria stupita lo osservò, rigirandoselo tra le mani, non credendo ai suoi occhi; era una vita che non vedeva quel libro, quasi se l’era scordato! E come potevano venderlo proprio lì, al Ghirigoro? Tra l’altro in lingua francese! Fermò un ragazzo che lavorava lì, volendo soddisfare la sua curiosità.


Mi scusi”

Mi dica!” rispose il librario, con un sorriso mite.

Dove siete riusciti a procurarvi questo libro?” chiese Blaise mostrandogliene la copertina.

Ah, ha trovato il Libro Mutaforma!” esclamò quello, con un'occhiata soddisfatta sul viso giovane.

Prego?”

Sì, il Libro Mutaforma! Assume diverse sembianze a seconda di chi lo afferra! Lei sicuramente starà stringendo un libro che desidera fortemente leggere oppure che ha un valore affettivo. Ma io, vedo solo una copertina bianca, sa? In realtà, se lo prendessi io anche lei vedrebbe solo una copertina bianca, mentre io vedrei A spasso con i Vampiri, di Allock. Lo conoscerà sicuramente, era un abile scrittore prima di finire ricoverato, poveretto” il libraio, dal tono chiaramente vivace con cui aveva iniziato a spiegare le particolarità di quell'oggetto, aveva via via fatto scemare la sua gaiezza nel nominare Gilderoy. Sicuramente il sapere rinchiuso in un ospedale per infermi mentali il suo scrittore preferito, non doveva essere gradevole.

Sì, l’ho sentito nominare... grazie per la spiegazione” biascicò Blaise, senza neanche notare il repentino cambio di umore dell'altro.

Prego, resto a disposizione!”


In effetti il tipo aveva ragione. Non appena il francese aveva riconosciuto il libro, una morsa nostalgica aveva preso possesso del suo stomaco. Con espressione assorta accarezzò la vecchia copertina con i polpastrelli e l’ombra di un sorriso apparve sulle labbra carnose.

Non era un sentimentale ma aveva profondamente amato sentire la voce di sua madre leggere quelle storie per lui, senza delegare il compito agli elfi domestici. Constance era sempre stata una madre diversa dalle altre purosangue.

Con un sospiro, decise che quello sarebbe stato ciò che avrebbe regalato a Mathias: il libro avrebbe sicuramente preso le sembianze di qualcosa che al bambino sarebbe piaciuto, quindi non doveva aver timore di poter non indovinare le sue preferenze. Soddisfatto di ciò che aveva trovato, si diresse verso la cassa portando a termine il suo acquisto.

Tuttavia, durante il corso della giornata, l’umore di Blaise colò decisamente a picco.

Si era spremuto le meningi sin quasi a sanguinare e fu con un’emicrania da record che rimise piede dentro casa, senza essere riuscito a trovare qualcosa da regalare a Paciock. Si accorse di conoscere veramente molto poco l’altro ragazzo, di certo non abbastanza da poter scegliere cosa regalargli.

Mathias era sveglio e stava leggendo, di nuovo, le Fiabe di Beda il Bardo.


*


Neville osservò il pacchetto con espressione assorta. Spostò il peso dalla gamba destra alla sinistra e lanciò uno sguardo alla cucina silenziosa. Avrebbe potuto nasconderlo lì, almeno Alberic non ci avrebbe messo le mani; lui entrava in cucina solo per mangiare, mai per cucinare. A stento sapeva dove si trovavano i piatti! La sola idea che il ragazzo avrebbe potuto scoprire che cosa stava nascondendo lo fece rabbrividire.

Non appena sentì la porta dell’ingresso aprirsi, si affrettò ad infilare il pacchetto in un cassetto, che richiuse appena in tempo. Infatti quando si voltò, si ritrovò ad osservare gli occhi azzurri di Alberic.


Che cosa stai facendo?” chiese il suddetto, assottigliando le palpebre con sguardo indagatore.

N-niente! Controllavo solo cosa manca... per la spesa, sai...” rispose Neville, incespicando un po' nelle parole. Come non sapeva raccontare le bugie lui, non lo sapeva fare nessuno. Difatti...

Nev... guardi ovunque tranne che me quando racconti balle” commentò Alberic, il principio di una risata divertita sulle labbra sottili.

Ma che dici...” si grattò la testa, continuando a guardare per l'appunto ovunque tranne che verso il biondo di fronte a lui.


Con un sorriso sornione Alberic si avvicinò suadente al Grifondoro, portando il suo volto ad una spanna da quello dell’altro ragazzo; puntò gli occhi azzurri in quelli nocciola di Neville, sondandoli con attenzione.


Mi stai facendo una sorpresa?” sussurrò, con un che di tenero a colorare il tono della sua voce.

Al, che palle, ti voglio fare un dolce, va bene? Però non credevo saresti rientrato così presto!” sbottò l'altro, cercando di scivolare via con non chalance da quello sguardo perforante. Quando ci si metteva Alberic sapeva essere davvero un maledetto segugio. Peggio di una suocera impicciona.

Un dolce! Che bello!”


Alberic scoccò un bacio a stampo sulle labbra del Grifondoro, che arrossì fino alla punta dei capelli. La cosa causò un momento di ilarità nel ragazzo biondo dagli occhi azzurri, che si ritirò dando un buffetto affettuoso sulla guancia di Neville.


Che carino che sei quando diventi tutto rosso!” esclamò, mordendosi il labbro inferiore con una certa malizia malcelata.

Piantala di imbarazzarmi ogni volta!”

Un orsacchiotto da sbaciucchiare non sarebbe più tenero!”

Al, ti do tre secondi!” Neville gli lanciò un'occhiataccia, anche se le guance non smisero di andargli a fuoco.

Posso chiamarti ciccino?” continuò imperterrito quello, sfarfallando le ciglia.

Tre”

E zuccottino?”

Due”

Roaaar, quanto sei arrapante quando minacci il prossimo!”


Neville non aspettò di pronunciare ‘uno’. Prese la prima cosa che gli capitò sotto mano e la tirò appresso ad Alberic che con una risata cristallina, fuggì dalla cucina correndo su per le scale. Neville si appoggiò al mobile della cucina, sospirando pesantemente, mentre cercava di acquisire il controllo sulla propria faccia che stava praticamente ribollendo.

Alberic faceva sempre così, certe volte avrebbe voluto veramente strozzarlo! Quando sentì i passi del biondo sopra la propria testa, si voltò verso il cassetto chiuso nel quale aveva nascosto il pacchetto ed un’espressione incerta fece capolino sul suo volto. Chissà se stava facendo la cosa giusta. Chissà se a Blaise sarebbe piaciuto...

Con una punta di vergogna, si asciugò i palmi sudati sui pantaloni, proprio come faceva quando andava ancora a scuola. Invece di progredire, tornava indietro.

Che sciocco.












NOTE DELL'AUTORE: Ooooh, eccoci qui con una new entry in questa storia! Io adoro Alberic, sul serio, LO AMO. E' davvero adorabile, ve lo assicuro! So che questo capitolo è un po' corto ma è di transizione e mi serviva fosse proprio così. Grazie mille a chi ha recensito il capitolo scorso, a chi ha aggiunto la storia tra preferiti/ricordati/seguiti ed Arianna che ha una santa pazienza che neanche vi immaginate. La faccia di Alberic me la immagino come quella di Justin di Queer as Folk. Questa settimana sono stata indaffaratissima ma non potevo non aggiornare <3 siete sempre tra i miei pensieri adorabili zuccottini e vi amo tutti <3


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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


TREDICESIMO CAPITOLO


Let him know that you know best
Cause after all you do know best
Try to slip past his defense
Without granting innocence
Lay down a list of what is wrong
The things you've told him all along
And pray to God he hears you

(The Fray, How to Save a Life)


Blaise aprì improvvisamente gli occhi, trovandosi a fissare il soffitto sopra la sua testa. Lo sguardo era perso, confuso ed assonnato.

Guardò l’orologio posizionato sul suo comodino: le cinque del mattino.

Con un sospiro, si passò una mano sulla faccia, la fronte imperlata di un leggero strato di sudore. Scostò con dei calci le coperte, ma rimase sdraiato sul letto con le gambe e le braccia a quattro di spade. Il battito del suo cuore era più veloce del normale e nel silenzio di quella mattina fredda e nuvolosa, a quanto poteva scorgere da dietro le tende della finestra, lo sentiva pompare sangue attraverso le vene.

C’erano momenti in cui era talmente assorto che smetteva addirittura di respirare e ricominciava a farlo solo quando il corpo necessitava davvero di ossigeno.

Senza attendere un minuto di più, come una furia si alzò dal letto, liberandosi del pigiama lungo la strada verso il bagno; si gettò sotto la doccia, aprendo l’acqua fredda. L’impatto improvviso con quella temperatura gli fece passare di colpo tutto il suo languore e gli causò la pelle d’oca. Mise la testa sotto il getto, lasciando che le gocce gli accarezzassero il volto accaldato di sudore; le sentiva scorrere lungo il corpo, ed agivano da calmante per i battiti del suo cuore ed il suo respiro frettoloso. Chiuse gli occhi, poggiando le mani sulle piastrelle del muro e mantenne la testa bassa sotto il getto.

Decise che girare intorno al problema sarebbe stato deleterio. Forza Blaise, in una botta sola, pensalo!

Aveva sognato Paciock.

Cristo, aveva sognato Paciock! Il problema era il modo in cui l’aveva sognato.

No, non mentre sbagliava un incantesimo a scuola o come spesso gli era capitato, di inciampare mentre camminava per i corridoi.

Non mentre preparava gli ingredienti che servivano alle sue pozioni, o mentre cenavano tutti insieme con Mathias.

Non mentre giocavano al fottuto ping pong o che diavolo ne sapeva lui. No.

Aveva sognato di baciarlo.

Ah, Blaise, ma hai appena promesso di essere sincero con te stesso. Mantieni la tua parola, per piacere.

D’accordo.

Aveva sognato di sbatterlo letteralmente al muro e di infilargli la lingua in bocca, cazzo.

Ed era stato fantastico, cazzo.

Una cazzo di limonata come poche volte ne aveva fatte in vita sua.

Cazzo.

Scosse la testa sotto l’acqua, avvertendo di nuovo i bollori cercare di ritornare a galla. Si morse il labbro inferiore, socchiudendo le palpebre. Lì sotto le cose sembravano sbattersene altamente dell’acqua fredda che scorreva sulla pelle, cercando di cancellare l’eccitazione causata da quel sogno.

Aprì le ante della doccia e con movenze frettolose, gettò sulla cornice del quadro appeso in bagno un asciugamano (aveva lasciato la bacchetta in camera da letto). Con urgenza richiuse quindi le porte e con un gemito arrendevole, portò una mano verso il basso assecondando le esigenze della sua eccitazione. Appoggiò la fronte contro il muro ed iniziò lentamente a muovere il polso. Nella sua mente apparvero di nuovo quelle scene.

Neville costretto tra le sue braccia, schiena contro il muro. Le guance spolverate di lentiggini colorate di rosso per l’eccitazione, le labbra umide di baci ed i capelli spettinati. La pelle morbida del viso, le fossette da mordere e la curva del collo bianco.

Blaise fu attraversato da una scarica elettrica, che contribuì solo a peggiorare lo stato della sua eccitazione. Il polso iniziò a muoversi più in fretta.

La lingua di Neville, quello che sarebbe dovuto essere il suo sapore secondo l’immaginazione di Blaise, il suo odore, la pelle liscia e soffice sotto la maglietta, la sua voce roca, gli occhi lucidi ed i suoi sospiri.

Il francese morse il pugno della mano libera con i denti bianchi, soffocando un gemito roco e profondo, prossimo all’orgasmo.

Il modo in cui Neville inarcava la schiena, come il sudore gli imperlava la fronte e la pelle del corpo, il contrasto che la sua pelle creava con la propria, le cosce morbide coperte da un velo di peluria chiara, la sua eccitazione ed il modo in cui si era lasciato prendere.

Tutto quello provocò a Blaise un orgasmo debilitante. I muscoli si irrigidirono una frazione di secondo prima di venire e tutta la tensione sembrò defluire insieme al suo umore. Con un sospiro gutturale si rilassò, lasciandosi scivolare a terra, con l’acqua fredda che cancellava le prove del delitto dal suo corpo. Appoggiò la schiena nuda contro le piastrelle del muro e chiuse gli occhi, avvertendo un senso di smarrimento.

Cosa diavolo gli stava prendendo? Non poteva essersi appena masturbato pensando a Paciock, non era possibile. Ma il membro ora rilassato tra le gambe, confermava le sue paure.

Imprecò a mezza voce, chiudendo l’acqua congelata; ora che l’eccitazione si era scaricata, iniziava ad avvertire davvero freddo. Si alzò in piedi, uscì dalla doccia e si infilò in un accappatoio. Osservò quindi la sua immagine riflessa nello specchio, cercando di scorgere qualcosa in fondo ai suoi stessi occhi.

A che cosa stavi pensando, Blaise? Ti sei preso una cotta per quel Grifondoro? Le labbra si stesero in un mezzo sorriso ironico e si disse che quell’assurdo sogno era probabilmente dovuto al totale azzeramento della sua vita sessuale da quando Mathias era piombato nella sua vita. Del resto, a parte il bambino, quello con cui aveva più contatti era proprio Paciock. Era normale che il suo cervello elaborasse un desiderio inconscio del suo fisico mettendo come protagonista la persona con la quale parlava di più. Scosse lentamente la testa, sorridendo di se stesso.

Si era lasciato prendere dal panico per nulla.



Più tardi, quello stesso giorno, Neville andò da loro a fargli visita. Erano le tre del pomeriggio quando Blaise aveva udito l’ascensore fermarsi al suo pianerottolo.

Il Grifondoro era entrato in casa spiegando che aveva deciso di mostrare a Mathias in cosa consisteva il suo lavoro. Con sé portava una piccola borsa a tracolla marrone scuro, dalla quale tirò fuori questo mondo e pure quell’altro non appena riuscì a guadagnare l’intera superficie del tavolo del soggiorno.

Mathias, interessato a quella novità, aveva preso posto su una delle sedie intorno al tavolo, deciso a non perdersi neanche una virgola di ciò che gli avrebbe insegnato Neville. Gli occhietti attenti scrutavano già tutti i tipi di erbe che il Grifondoro aveva estratto (come un vero mago faceva dalla sua borsa magica), ponendosi varie domande. Blaise non gli permetteva mai di sbirciare come preparare una pozione e per una persona dall’indole estremamente curiosa, quale era Mathias, fu esaltante la prospettiva proposta da Neville. Ma se il francese impediva al bambino di assistere alla preparazione delle pozioni, c’era un motivo.

Mathias era intelligente, dannatamente intelligente. E, semplicemente, Blaise non voleva metterlo nelle condizioni d’essere in grado di preparare un veleno che avrebbe potuto aiutare il bambino ad ucciderlo durante il sonno. Ci teneva alla pelle ed era già abbastanza raccapricciante percepire gli occhi di quel mini demonio studiarlo come una cavia da laboratorio per la maggior parte del giorno, grazie tante.

Lo stomaco del Serpeverde si era contratto, all’arrivo di Neville. Il ricordo del sogno che aveva fatto quella notte era riaffiorato nella sua memoria non appena aveva posato lo sguardo sulle guance lentigginose dell’erbologo, ma si era sforzato di propinargli un sorriso cordiale, come se andasse tutto bene. Restando in disparte, appoggiato con le spalle contro la parete del salotto, aveva osservato come Mathias si era lasciato rapire dalle nozioni di Neville, sciorinate con facilità e passione. Il ragazzo era sempre stato più bravo degli altri in erbologia, addirittura in competizione con la Granger (il che era tutto dire) e quell’interesse era solo cresciuto con il passare degli anni e l’avevano portato a diventare uno dei più giovani ricercatori inglesi del mondo magico, nonostante dovesse finire ancora gli studi al Collegio degli Speziali.

Sottoponendolo ad uno sguardo assorto, Blaise pensò che nonostante la sua goffaggine, sotto quella zazzera di capelli scompigliati il Grifondoro celasse un cervello accademico niente male, o che per lo meno lo rendeva di certo brillante nell’ambito che più gli si confaceva. Non solo Neville collaborava con il Ministero per mantenere sempre le scorte a livelli sicuri, ma aveva contatti anche con il San Mungo e diverse cliniche private. La sua profonda conoscenza delle erbe e la collaborazione con erbologi più anziani ed esperti di lui, gli avevano permesso di imparare nozioni base in diversi ambiti delle scienze magiche, compreso quello della medimagia. Non era certo un medimago, ma era in grado di intervenire perfettamente in caso di primo soccorso. Come per le medicine esistevano determinati princìpi attivi adatti a determinate patologie, per le erbe e piante esistevano determinati princìpi magici, adatti a determinate sintomatologie.

Si poteva dire che Neville era tante cose, oltre ad essere un aspirante ricercatore.

Blaise provò un certo rispetto per lui e per la sicurezza che utilizzava nello spiegare questo o quel dettaglio riguardo la belladonna che Mathias si rigirava tra le mani coperte da un paio di guanti di gomma.


Giusto Zabini?”

Eh?”


Il ragazzo agitò le palpebre, mettendo a fuoco la situazione. Accantonò i suoi ragionamenti, ponendoli da parte e si concentrò sul volto interrogativo di Paciock che lo stava osservando. Senza parlare, provò ad intuire a cosa si stesse riferendo il Grifondoro ma non avendo prestato molta attenzione ai loro discorsi, troppo intento ad effettuare un’auto analisi sulla scoperta di certi (pericolosi) sentimenti, dovette ritenersi sconfitto.


Non stavo ascoltando” ammise, “qual era la domanda?”

L’opposto della belladonna è la camomilla, la quale può mitigare gli effetti velenosi della sua controparte con una pozione dalla preparazione abbastanza complessa, se non ricordo male” spiegò Neville, con un sorriso mite sulle labbra, accompagnato però da uno sguardo confuso.

Era una rarità cogliere Blaise impreparato.

Sì, è vero” rispose questi con tono pacato ed annuì lentamente; osservò Neville togliere dalle mani di Mathias la belladonna per pestarla, così da ricavarne il succo.


Chi sa dirmi che effetti può avere la belladonna?” domandò nuovamente il Grifondoro, atteggiandosi un po' a professorino di turno.


La stanza calò nel silenzio, mentre più di chiunque altro Mathias era intento a rimuginare. Blaise lo osservò con un’espressione beffarda, perché lui conosceva la risposta a quella domanda. Il fatto di sentirsi superiore ad un bambino di otto anni, non fu sufficiente a scalfire il suo orgoglio, né amor proprio.

Perché nonostante tutto, dopo tutto quel tempo, il ragazzo ne era ancora fermamente convinto: Mathias non era un bambino. Non era nemmeno umano.


Dipende dalle dosi. Può ridurre la sensibilità al dolore sino ad arrivare a causare una paralisi. Si dice aiuti a combattere l’ansia, ma non ne sono molto convinto...” alla fine fu proprio Blaise a rispondere, senza però entrare nel dettaglio: era il suo campo, ma fino ad un certo punto. A lui interessavano solo alcune delle proprietà della belladonna; quelle che non tornavano utili nella preparazione di pozioni, potevano anche restare ignote per quanto lo riguardava.


Mia madre la usava per questo” commentò lentamente il bambino, con uno sguardo assorto.


Mathias si sentì osservato da un paio di occhi silenziosi ed attenti. Lui piuttosto, si tenne occupato ad osservare il succo che Neville aveva fatto uscire dalle bacche della pianta.


Diceva che la belladonna l’aiutava a dormire” aggiunse, quietamente, con un tono di voce che era un soffio di aria.


Neville sorrise, facendo in modo tale da far scivolare il succo all’interno di un’ampolla, con sguardo attento e con una certa delicatezza.


Bravo Mathias. In quel caso è sempre meglio mischiarla con un po’ di valeriana, che mitiga l’effetto tossico della pianta in sé. Al contrario, se ci si aggiunge del crine di unicorno, la belladonna può diventare un potente afrodisiaco. Tuttavia necessita sempre di una certa preparazione ma qui il pozionista non sono io” concluse, con una nota di divertimento tra le parole.


Chiuse l’ampolla con un tappo di sughero e la agitò per qualche secondo, fino a farla diventare di un colore celestino. Poi la porse a Blaise, con uno sguardo eloquente.


Belladonna e valeriana. E non guardarmi così, mi è stato richiesto di preparartene un po’!”


Con uno sguardo confuso, Blaise afferrò l’ampolla per riflesso incondizionato.

Neville schiarì la gola con una certa non chalance ed indirizzò velocemente lo sguardo ai quadri appesi sulle pareti del salone.

Il francese chiuse lentamente gli occhi, respirando silenziosamente; intanto, fece scattare il conto alla rovescia: se da dieci fosse arrivato a zero riuscendo a mantenere la calma, i quadri sarebbero rimasti appesi ed illesi. Se allo scattare dello zero avesse ancora avvertito quel fastidioso prurito alle dita delle mani, se la sarebbe presa con qualcuno. O, per essere precisi, qualcosa.

Aveva coperto il quadro della maledetta donna pesce nel bagno, era sicuro di averlo fatto. E si era ficcato un pugno in bocca, per essere il più silenzioso possibile. Doveva essere bastato, diavolo!

Si girò lentamente verso le cornici, riscoprendole deserte. Se l’erano data tutti a gambe, quei vigliacchi, traditori, infingardi, impiccioni, viscidi che non erano altro. La radio, per Natale, gliela avrebbe spaccata sulla tela, maledizione.

Avvertì quattro paia di occhi perforargli la base del collo, alle sue spalle. Quando si voltò, dovette affrontare la faccia interdetta di Paciock e lo sguardo penetrante di Mathias.

Non disse una parola.

Fu dunque Neville, dopo essersi schiarito la gola con una certa difficoltà, a tirarlo fuori dall’impiccio.


Bene, devo andare. Ho un appuntamento al San Mungo e poi devo passare da un’altra clinica” commentò, raccattando le proprie cose dal tavolo, che finì di pulire con uno svelto gratta e netta.


Ci vediamo prima della vigilia, d’accordo?” e con un sorriso, svanì dall’appartamento insieme all’ascensore.


Blaise si rigirò l’ampolla tra le dita fredde delle mani, con uno sguardo assorto. La sentiva ancora calda sulla pelle, calda dalla presa del Grifondoro. Schiuse le labbra, la mente attraversata dal ricordo di un calore simile che non aveva in realtà mai conosciuto.


Cosa avete mangiato?” domandò all'improvviso, senza alzare gli occhi dal rimedio di belladonna e valeriana.


Mathias, ancora seduto sulla sedia, intensificò la profondità del suo giovane sguardo; stava osservando Blaise da quando Neville se ne era andato ed aveva percepito che nella mente del francese c'era qualcosa.

I bambini a volte hanno un intuito spaventoso perché la loro innocenza gli permette di essere ancora schietti e privi di peli sulla lingua. Quando si diventa grandi, invece, si rifuggono certe domande, certe verità. Forse per la loro scomodità o probabilmente perché approfondire la conoscenza di se stessi è un processo doloroso. L’intelligenza di Mathias era dovuta sopratutto a quello: alla sua capacità di essere franco con chiunque gli capitasse a tiro, non pensando all’effetto che queste o quelle parole avrebbero potuto causare. E non lo pensò anche quella volta.


Che intendi dire?” rispose lui, guardingo.

Quella mattina, quando sono venuto a prenderti a casa di Neville. Cosa avete mangiato per cena?” finalmente Blaise lo guardò, avvolto in un alone di calma apparentemente impenetrabile.


Ma c’erano cose che, onestamente, Mathias non era in grado di capire. Non ancora. La natura di quella domanda gli sarebbe rimasta sconosciuta per anni.

Il bambino corrugò la fronte con un’espressione confusa, mille domande a premergli sulle labbra. Cosa c’entrava? Che razza di domanda era? E chi aveva mai detto che avessero mangiato qualcosa?


Niente... non abbiamo mangiato niente. Ho comprato un sandwich mentre andavo a casa sua...”


Il suo tono di voce fu incerto, mentre vide le dita di Blaise stringersi intorno all’ampolla. Allora capì che quel dettaglio per lui, era importante. Ma non avrebbe saputo dire se la riposta che aveva dato, fosse giusta o sbagliata. Non sapeva cosa Blaise s’era aspettato di sentirgli dire.

Il profilo scuro della mascella si irrigidì, gli occhi parvero divenire qualche secondo più duri ed assenti.

Voltando le spalle al bambino, Blaise si diresse verso la cucina, con passo soffice sulla moquette.


Vado a preparare la cena”













NOTE DELL'AUTORE: Ragazze ma qui le settimane volano °_° mi sembra ieri che ho aggiornato! (O forse mi sto confondendo con la Merthur, non lo so xD Alla fine ho optato per quella anziché per la Draco/Pansy! Ma è solo rimandata ;) ) Che dire? Le cose iniziano finalmente ad assumere un certo spessore e a diventare (spero) più interessanti. Sappiate che sono quel genere di scrittrice che non ama scrivere scene di sesso esplicite, quindi se vi aspettate capitoli pieni di ginnastica da camera, credo resterete amaramente deluse. I miei riferimenti sono piuttosto vaghi, anche se non lascio dubbi a come le cose vanno, tra due personaggi. Diciamo che preferisco far lavorare l'immaginazione del lettore in certi casi. Primo perché ho paura di diventare ripetitiva e secondo perché, per l'appunto, ciò che può immaginare il lettore io non riuscirei mai a raggiungerlo. Mi piace di più concentrarmi sui sentimenti e sugli sviluppi dei rapporti tra i personaggi, oltre che seguire passo passo la loro crescita interiore ;) sarò troppo profonda? Ahahaha! Un ringraziamento immenso a chi ogni benedetta volta mi recensisce e a chi, puntualmente ad ogni aggiornamento, aggiunge la storia tra preferiti/seguiti/ricordati. Questo capitolo è dedicato a voi.


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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


QUATTORDICESIMO CAPITOLO


Waking up to you never felt so real

I don't wanna sleep

I don't wanna dream

'cause my dreams don't comfort me

The way you make me feel

Waking up to you never felt so real

(Skillet, Comatose)


Stravaccato sulla poltrona di pelle nera, illuminato dalle fiamme del camino acceso, fece roteare dolcemente il vino rosso lungo i bordi del calice che stringeva tra le dita affusolate. Gli occhi grigi erano assorti ed i capelli biondissimi catturavano il riverbero delle fiamme trasformandolo in riflessi che avrebbero richiesto attenzione per ore, in quanto indiscutibilmente belli. Accanto a lui c’era l’anima in pena, il povero disgraziato in cerca di asilo, che già se ne era scolati cinque di calici di vino.

Sulle labbra di Draco affiorò un sorrisetto sardonico, mentre con distrazione fece ciondolare una gamba aldilà del bracciolo della poltrona. Sospirò silenziosamente, lo sguardo che vagava ora lungo le pareti dell’immenso e freddo salone, lasciando che quel silenzio perdurasse ancora un po’.

Blaise si era catapultato a casa sua verso le undici di sera e, come faceva di solito, aveva iniziato a parlare.

A raffica.

Il mondo era convinto che il ragazzo fosse un tipo riservato ed introverso ma Draco lo riconosceva per quello che era in realtà: una logorroica checca del cazzo. Eppure, nonostante l’appellativo dispregiativo che Malfoy aveva affibbiato all’altro nella sua mente, non l’aveva interrotto mai, neanche una volta. Non aveva mostrato segni di noia, né di insofferenza, né di derisione. Si era seduto, gli aveva versato del vino (più di una volta a dire la verità) e l’aveva ascoltato, con attenzione, tacendo anche laddove avrebbe dovuto zittirlo e prenderlo a schiaffi.

In sintesi, Paciock lo stava facendo ammattire.

Draco non capiva come un sogno avesse potuto scombussolare tanto l’animo dell’algido ex compagno di scuola (ma per sempre leale amico). In realtà aveva intuito che l’avvenimento aveva rivestito solo un ruolo di pretesto; aveva infatti rivangato dettagli che all’insaputa del francese stesso, si erano impressi nella sua memoria.

In quel salone, davanti quelle fiamme, Blaise si era ritrovato a descrivere particolari del Grifondoro che solo un attento osservatore avrebbe potuto ripetere con altrettanta sicurezza. Blaise stesso era rimasto stupito da quella incosciente conoscenza, scoperta solamente dopo il breve discorso avuto con Mathias. Tra le mura della cucina, tutto era venuto a galla, il subconscio aveva cominciato a ritrattare di sua spontanea volontà avvenimenti e cose e parole e non sapeva più neanche lui cos’altro, diavolo! Un insieme di particolari che avevano anche dato luce alla domanda fatta a Mathias, quando Neville se ne era andato. Zabini non aveva idea della motivazione che l’aveva spinto a porla, ma in cucina l’aveva capito. E la situazione l’aveva semplicemente sopraffatto.

Dopo aver mangiato ed aver aspettato con impazienza che Mathias fosse andato a letto, si era catapultato da Draco, perché era l’unico con il quale poteva scoprirsi.

In quel momento, dunque, Malfoy aveva l’arduo compito di aiutarlo. Perché se quel gran viziatello di un platinato era convinto di qualcosa, era di conoscere Blaise forse anche più di Constance. Anzi, sicuramente pure più di lei, dato che i figli alle madri nascondono sempre qualcosa. Insomma, se davvero lo conosceva come era convinto, Blaise si sarebbe sottoposto autonomamente ad una tortura psicologica che l’avrebbe condotto per la via più breve al reparto per malattie mentali del San Mungo. Perché lui era fatto così, doveva sempre psicanalizzare qualsiasi cosa, dargli un significato, un attenuante, attribuirla a fatti o parole, capirla ed assimilarla. Non era una persona semplice e Draco sapeva di avere la profondità di una pozzanghera rispetto a Blaise, però era suo dannato compito aiutarlo e che Salazar l’avesse impalato, se non l’avrebbe fatto.

Con un sospiro leggero, Malfoy osservò le fiamme, parlando con un tono di voce basso e conciliante.


Che ne sai, magari un piatto era per il primo ed un piatto era per il secondo” la buttò lì, allargando un po' le braccia per minimizzare quella questione che gli faceva soltanto venire voglia di ridere a crepapelle.

C’erano due forchette nel lavandino” rispose prontamente Blaise, ingollando altro vino, cosa che non intaccò minimamente la sua sicurezza.

Magari è un tipo schizzinoso”

Draco...”

Facevo per dire, sto solo ipotizzando per evitare di far soffriggere il tuo cervello. Lo sento crepitare da qui” il sogghigno che gli rivolse sferzò l'aria, fu quasi palpabile.


Blaise accennò un lieve sorriso, la testa leggera grazie all’alcool che gli circolava nelle vene. Si lasciò andare contro lo schienale del divano e socchiudendo le palpebre, puntò lo sguardo vitreo sul soffitto.


Perché proprio adesso?” la voce di Draco gli accarezzò le orecchie con garbo. Era una bella domanda, dovette ammettere Blaise. Perché gli erano tornati in mente quei due piatti con quelle due forchette che aveva intravisto nel lavello, non appena aveva messo piede nella cucina di Paciock? Peccato fosse un quesito già vecchio, quello: lui stesso, da un po', si stava chiedendo la stessa cosa. Passarono lunghi attimi di silenzio, durante i quali il crepitio delle fiamme cullò l'animo agitato del moro, con la discrezione necessaria dovuta a qualcuno che si sentiva in bilico.


Non lo so. Quando se ne è andato, oggi pomeriggio, mi è venuto in mente di getto. Come quelle cose che ricordi all’improvviso, quando meno te lo aspetti e senza una motivazione apparente. È stato un flash...” la sua voce si spense lentamente sulle ultime sillabe, gli occhi scuri persi in un vuoto che solo lui poteva vedere.

Oh Merlino, Paciock...” Draco lagnò una nota di sofferenza, affondando le dita delle mani nei capelli con la disperazione di un attore vissuto e consumato.

Ho toccato il fondo Draco, sono alla deriva” alla sofferenza del padrone di casa si aggiunse la disperata consapevolezza del suo ospite. Sembravano due condannati.

Eh, me ne sono accorto” disse il primo, la voce soffocata dai palmi caldi.

Vaffanculo” seguitò il secondo, secco e conciso, gli occhi ancora persi nel vuoto cosmico.

Senti, di certo tutto mi aspettavo tranne che Paciock. Ovvio, sempre meglio di Sfregiato. Credo che in quel caso ti avrei sbattuto fuori di qui a calci nel culo”


Blaise rise, una risata calda ed un po’ brilla. Tanto per restare in quello status di confusione che attenuava lo scorrere dei suoi pensieri, si scolò un altro calice di vino come fosse acqua. Era destabilizzante non sapere cosa fare o come comportarsi, lo era davvero.


Pensi che sia una cosa passeggera?” Draco tornò all'attacco con una di quelle domande che minacciavano prepotentemente l'effetto di leggerezza che il vino aveva sulla sua capacità mostruosa di ragionare in continuazione ed in ogni circostanza. Blaise piegò le labbra da un lato, desiderando solo di affogare nel Merlot.

Non lo so. Considerando che mi sono tornati alla mente anche dettagli assurdi risalenti al periodo scolastico, direi che era entrato nella mia sfera degli interessi già da un bel pezzo e neanche me ne sono reso mai conto. Come lo spieghi?”


Draco sospirò, appoggiando il suo calice sul tavolino. Una piccola ruga tra le sopracciglia deturpava l’aura serafica di quel volto. Era sempre stato affascinante, Draco, e per un certo periodo Blaise si era sentito anche attratto da lui. Quando aveva capito, però, che la sua amicizia era più importante di qualsiasi altra cosa, se l’era fatta passare. Non era stato particolarmente difficile, si era trattato di semplice attrazione fisica.

Il biondo si accarezzò il mento e le labbra con una mano, in procinto di dire qualcosa di personale. Nonostante la loro amicizia, erano rari i momenti in cui il francese riusciva a spillare a Draco qualcosa di veramente suo.

Blaise si fece attento, gli occhi scuri che scrutavano il volto dell’altro con una certa curiosità.


Sai, prima di mettermi con Pansy, neanche calcolavo la sua esistenza. Ero abituato ad essere seguito da lei praticamente ovunque ed il fatto che fosse così appiccicosa mi infastidiva. La consideravo stupida, oca e frivola. Era la mia ombra...” sorrise, scuotendo con lentezza la testa “...ed io cercavo di liberarmi di lei in tutti i modi possibili. Frequentavo altre ragazze, non rispondevo alle sue domande, guardavo altrove quando era in mia presenza. Era come se non esistesse, come se non fosse presente” inumidì velocemente le labbra con la punta della lingua ed a Blaise parve di vederle tremare per qualche secondo (tuttavia non ne ebbe mai la certezza).

In quei pochi secondi di silenzio, Draco raccolse il coraggio e le parole necessarie per continuare a parlare, perché nominarla e ricordarla faceva ancora male (nonostante fosse lui lo stronzo, il coglione, la testa di cazzo). Inspirò profondamente e si mise seduto meglio. Piegò dunque la schiena in avanti, appoggiò i gomiti sulle ginocchia ed incrociò le dita tra loro, con gli occhi fissi sul tappeto.

La questione, come ben sai, andò avanti per anni. Precisamente fino al quarto anno. E lei, durante tutto quel tempo, non si era mai arresa, neanche un attimo. Probabilmente già lo sapeva, è sempre stata più acuta di me per certi versi. Lo sapeva per entrambi, sia per me che per lei. Doveva solo prendermi a schiaffi e farmi connettere il cervello” un lieve sorriso tornò a piegargli le labbra fini, un sorriso che si tramutò in una breve risata di divertimento, forse mista ad imbarazzo.

Venne da me ed anche se, come al solito, pretesi di non stare ad ascoltarla, mi disse che sarebbe andata al ballo con Nott. Girò sui tacchi e se ne andò come niente fosse”.


Blaise allargò gli occhi, mentre uno strano presentimento si faceva spazio nella propria mente, presentimento che si tramutò senza ombra di dubbio in consapevolezza. Osservò attentamente il volto di Draco, andando alla ricerca di una conferma della quale non aveva certamente bisogno.


E’ per questo che avete fatto a botte nello spogliatoio, dopo gli allenamenti?”


Lo chiese ad alta voce, perché percepiva che Draco aveva bisogno di ammetterlo. Di farlo a parole, non solo nella sua testa. Il biondo annuì, continuando a ridacchiare sommessamente.


E lo sai qual è l’assurdo di tutto quello che è successo?”


Blaise continuò ad osservarlo, in attesa che l’altro proseguisse senza necessitare di motivazioni per farlo. Scoprì che gli faceva piacere ascoltare Draco parlare, aprirsi nel tentativo di consigliarlo. Era bravo ad acquietare le maree della sua anima.


Non era vero. Nott non aveva mai chiesto a Pansy di andare al ballo, così come lei non l’aveva chiesto a lui. Era stato un pretesto, Blaise. Solo un pretesto per farmi aprire gli occhi, per dimostrare che lei lo sapeva ed aveva avuto sempre ragione. Certo, forse avrebbe potuto usare un metodo più ortodosso per farmelo capire ma sappiamo entrambi che il soggetto con il quale aveva a che fare a volte può essere davvero un idiota. Era riuscita a farmi andare il sangue al cervello così bene che non ci vidi più. Dopo gli allenamenti, quando me lo ritrovai di fronte, non resistetti. Dubito ancora oggi che Theo abbia compreso la motivazione di quella lotta. Lo presi a pugni come meglio potevo e ne presi altrettanti. Una settimana dopo mi disse semplicemente che mi perdonava per aver dato di matto, perché in fondo lo aveva sempre saputo che un po’ lo ero. Matto, intendo. Quando ci separarono, non andai neanche in infermeria. Ero arrabbiato, furioso per come Pansy era riuscita a manipolarmi, a raggirarmi, neanche fossi stato un povero deficiente. Oh, Blaise, ma io ero un povero deficiente. Lo ero per davvero. E quando entrai in sala comune con la sola voglia selvaggia di fargliela pagare, l’unica cosa che fui in grado di fare, guardandola in faccia, fu di chiederle scusa. Le chiesi scusa per tutto quello che le avevo fatto passare negli anni addietro. Perché se fossi stato meno cieco, le avrei risparmiato un sacco di sofferenze”.


Con l’amaro in bocca, Draco prese direttamente la bottiglia del vino, attaccandovisi come un assettato nel deserto si attaccherebbe alla pioggia. Gli occhi lucidi erano attribuibili al calore del fuoco troppo vicino, non ad un destino che aveva scelto di imboccare solo per compiacere, ancora una volta, i desideri di suo padre. Quelli che non includevano Pansy nella sua vita, ma Astoria.

Blaise non disse niente, perché Draco non era una persona che aveva bisogno di sentirsi propinare delle consolazioni. Gli bastava condividere il suo dolore con qualcuno che tenesse a lui. E Blaise, in quel momento, condivise il suo dolore come solo un amico avrebbe potuto fare.

Quando Malfoy riprese a parlare, lo fece con una certa nota di rassegnazione e risentimento che aiutarono il francese a riflettere in una maniera, se possibile, ancora più profonda.


Quello che voglio dirti Blaise è che alcuni di noi, i più stupidi, i più spavaldi, boriosi e superbi, non si accorgono di quello che hanno sotto il naso finché non rischiano di lasciarselo soffiare da persone più sveglie ed intelligenti. Io amavo Pansy da non so neanche quanto e non me ne ero mai accorto. Ha dovuto sbattermelo in faccia. E nonostante il mio amore guarda com’è finita. L’ho ferita, ancora una volta. Mi sembra che in tutta la mia cazzo di esistenza non abbia saputo fare altro che causarle questo” si alzò con impeto dalla poltrona, passandosi le mani tra i capelli in un gesto nervoso. Voltando le spalle al camino, si diresse con ampie falcate verso il finestrone che dava sulla terrazza, osservando il cielo scuro carico di nuvole di pioggia, come a rispecchiare la furia nella quale il suo giovane animo ribolliva.

Blaise restò seduto a contemplare il fuoco, colpito dalla consapevolezza che quando la vita decide di cucirti addosso un destino di merda, lo fa per tutta la durata dei tuoi sacrosanti giorni.

C'erano persone destinate a vivere felici, altre a conoscere la sofferenza prima della gioia (o viceversa). Altre, semplicemente, erano destinate a conoscere solo il dolore. A Blaise era andata bene, non era mai stato infangato come Draco nella questione Mangiamorte. Nonostante l’assenza di un padre, aveva avuto una madre al suo fianco, una madre che aveva sempre dimostrato la sua presenza ed il suo affetto in un modo o nell’altro. Draco aveva avuto Narcissa, ma la presenza costante di Lucius aveva impedito la nascita di un qualsivoglia rapporto che andasse aldilà delle apparenze. Ancora ricordava la frustrazione e l’umiliazione che l’amico aveva provato nello scoprire che non era in grado di effettuare Patronus di alcun genere.

Perché non aveva abbastanza ricordi felici.

Poi era arrivata Pansy, la ventata di aria fresca che al sesto anno di scuola aveva permesso a Draco di realizzarsi laddove aveva precedentemente fallito. Anche quella gioia, gli era stata portata via da suo padre.

All’inizio Blaise era stato convinto che l'amico poteva incolpare solo se stesso, se non aveva avuto il coraggio di contraddire le volontà di Lucius, oramai chiuso ad Azkaban. Ma se c’era una cosa che a Draco era mancata più di tutte, nella sua vita, era una famiglia. E nonostante la visione malsana di rapporto padre-figlio che aveva, il biondo non avrebbe mai avuto il cuore né il coraggio di contraddire l’unica persona dalla quale, dopo venticinque anni di vita, ancora anelava di udire una parola di apprezzamento. C’erano stati momenti in cui Blaise aveva avuto voglia di sbattere quell’uomo borioso al muro e costringerlo, se fosse stato necessario anche sotto Imperio, a pronunciare una sola, singola frase. Bravo, Draco. Solo quello. Ma ovviamente non sarebbe mai potuta andare così.

Perché altre persone, semplicemente, sono destinate a conoscere solo il dolore.

Blaise quella volta non si chiese perché non fosse mai concesso avere due prospettive. Piuttosto, si domandò perché fosse permesso solo ad alcuni.


Draco, hai scelto tra il giusto ed il facile. Eri consapevole che poi te ne saresti pentito per tutta la vita”

Sì, lo ero. Sono un masochista del cazzo, che vuoi farci”


Uno sbuffo di risata, che durò troppo poco perché fosse reale. Incrociò le braccia al petto e si voltò verso il divano. Ora Blaise era in piedi e lo osservava con un’espressione comprensiva. Stava ancora condividendo il suo dolore, non aveva mai smesso di farlo.


Te ne sei innamorato?” domandò a bruciapelo Malfoy, con occhi attenti.

Credo che sia un termine azzardato”

Ti consiglio di capirlo più in fretta che puoi Blaise, perché anche se lo pensiamo, non abbiamo tutto il tempo del mondo a nostra disposizione. Non chiederti perché proprio adesso. Sii grato che sia successo abbastanza presto”




















NOTE DELL'AUTORE: Ho tante cose da dire riguardo questo capitolo. La prima: è in assoluto il mio preferito, ho adorato scriverlo come nessun altro, in questa fanfiction. Draco è un personaggio che mi piace da morire e ho voluto regalare un pezzo di lui anche a questa storia. Mi dispiace se Neville non appare in nessuna scena, vi avevo promesso che sarebbe stato praticamente sempre presente, ma era necessario, per sbrogliare un po' la matassa che martoria il cervello di Blaise e direi che gli esempi che Draco ha fatto, sono stati di grande aiuto. Inoltre, Neville è il motivo della visita che Blaise fa a Malfoy, quindi è come se ci fosse, dai. Poi: Blaise non si chiese perché non è mai concesso avere due prospettive: stavolta non se lo chiede, ma la prima volta che l'ha fatto, ci trovavamo nel prologo. Cioè un bel po' di roba fa ;) questa cosa mi emoziona. Terzo: abbiamo finalmente scoperto perché Blaise ha fatto a Mathias, nel capitolo precedente, quella strana domanda. Quando è arrivato a casa di Neville (se andate a dare un'occhiata), noterete che Blaise fa caso a due piatti e due forchette che sono nel lavello della cucina del Grifondoro. Queste frivolezze rientrano in dettagli che tutti possiamo notare quando mettiamo piede in casa di qualcuno, come una tazza appoggiata sul tavolino, un vassoio di frutta stagionale, delle calamite attaccate sul frigo... diciamo che certe volte, sono i dettagli meno importanti a scatenare (a nostra insaputa) dei meccanismi nel nostro cervello e subconscio. E per Blaise non c'è nessuna Pansy abbastanza arguta da sbattergli la realtà dei fatti in faccia, quindi ho dovuto trovare una soluzione: ho voluto sfruttare le due forchette per far arrivare Blaise a porsi la domanda: Neville ha cucinato per Mathias o vive con qualcuno? E' stato un processo lento ma alla fine tutti i nodi vengono al pettine e dopo il sogno che Blaise ha fatto, è scattato una sorta di effetto domino in lui, durante il quale non solo ha ricordato ciò che ha visto in cucina, ma senza volerlo realmente gli sono tornati alla mente anche eventi di lui risalenti al periodo scolastico. Insomma, ha iniziato a ricordare tante cose come avesse rotto una diga, cose che non sapeva neanche di sapere. Non so se sono riuscita a spiegarmi, ma spero di sì, perché per me tutto questo processo ha un senso logico, non l'ho creato tanto per, chessò, provare a spiegare una situazione inverosimile. Il corso delle cose è stato così voluto sin dal prologo. Nei prossimi capitoli, come vi ho già promesso, spenderò qualche parola in più anche per Mathias. Concludo questo papiro per ringraziare tutti voi che mi sostenere con commenti, letture, preferiti e ricordati e seguiti. Ho messo più di un anno per scrivere questa storia e non avete idea di quanto mi stiate rendendo felice tutti quanti con la vostra presenza tra queste pagine. Un abbraccio!

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


QUINDICESIMO CAPITOLO


Where do we go from here?

Where do we go from here?

I threw some rocks up at your window

I broke some rocks right through your window

(Rocks, Imagine Dragons)


La vigilia di Natale era finalmente giunta. Appena una settimana prima, Blaise si era catapultato a casa di Draco con il casino nel cervello. La matassa non era ancora stata sciolta ma durante i giorni successivi, Blaise aveva riflettuto molto ed aveva visto la presenza di Neville da un altro punto di vista.

Da quando il dettaglio dei due piatti nel lavello aveva fatto scattare nel suo animo Merlino solo sapeva cosa, faceva consapevolmente caso a molte più cose ed ogni volta si stupiva di come, invece, non le avesse notate prima.

Sì, aveva sempre avuto la consapevolezza di accorgersi, ad esempio, come le lentiggini sul volto del Grifondoro aumentassero non appena venivano accarezzate anche solo da un’ora di sole. Ma non aveva mai fatto caso a quante diavolo di volte si soffermasse a pensarlo.

Adesso lo faceva.

E la cosa lo atterriva: erano dannatamente troppe.

Si sentiva una donnicciola in preda ad una crisi ormonale e questo lo rendeva irrimediabilmente nervoso.

Neville ogni tanto gli lanciava delle occhiate sospettose, apprensive, perché a lungo andare aveva percepito che qualcosa non andava, nel Serpeverde; di fatti Blaise non era l’unico a prestare attenzione a certe cose e se questi, solo, avesse saputo... se solo avesse saputo cosa si era celato nella mente del Grifondoro, sin dall’inizio, probabilmente avrebbe negato la fattibilità della cosa anche davanti l’evidenza. Ma non è il caso di divagare, c’è ancora tanto da raccontare.

Blaise sognava Neville più spesso, non necessariamente in scenari altamente compromettenti. Certe volte lo sognava così, in maniera semplice... lo vedeva concentrato, nel suo camice bianco, le mani coperte dai guanti, a studiare le sue piante... mentre lui lo guardava dal divano, fingendo di leggere un libro, ma più rapito dall’espressione del suo volto che dalle parole sulle pagine ruvide.

Sognava di raggiungerlo fisicamente e mentalmente.

Era chiaro cosa il suo subconscio stesse tentando di suggerirgli: Neville, in un modo che a lui era ancora sconosciuto, lo attirava tutto. Il modo in cui si mostrava accondiscendente con qualsiasi persona esistente sul pianeta, il sorriso e le fossette delle guance, lo sguardo esuberante ma attento, i capelli scompigliati e dall’aria soffice, la sua tendenza a risolvere i problemi degli altri con spirito di immedesimazione, come schiudeva le labbra e corrugava la fronte quando era concentrato... non c’era una cosa, in lui, che non fosse fonte di attrazione.

Blaise soffriva molto per queste novità. Non aveva mai provato seriamente dell’interesse per qualcuno e gli sembrava d’essere regredito, di essere tornato un ragazzino alle prime armi, in grado di affrontare solamente situazioni la cui complice era una libidine adducibile esclusivamente ad una considerevole dose di alcool. A venticinque anni si rifiutava di darsi all’alcool per fronteggiare una cosa simile; non ne aveva più quindici, anche se la cosa gli avrebbe fatto comodo in quei momenti.

Quando incrociava lo sguardo indagatore del Grifondoro, lo sosteneva. Distogliere l’attenzione da lui sarebbe passata come una tacita ammissione che qualcosa, in effetti, stava vorticando in quel frullatore che era il suo cervello. Ma volendo dar a vedere che non aveva niente da nascondere, Blaise sosteneva il suo sguardo sino a quando l’altro non lo abbassava, forse colto da un velo di imbarazzo a giudicare dalle chiazze rosate che puntualmente facevano comparsa sulle sue guance.

Non avevano mai affrontato realmente l’argomento ed il francese non aveva davvero intenzione di farlo, almeno sino a quando non fosse riuscito ad ottenere la sicurezza di poter avere il controllo su quella... cosa.

Non c’era neanche lontanamente vicino, però.

Ne sarebbe dovuta passare di acqua sotto i ponti, per controllare l’emozione più forte che una persona possa mai avere la (s)fortuna di provare.

Ma Blaise non lo sapeva. Non ancora.

I giorni precedenti la vigilia erano passati in una calma che sapeva di ozio. La tranquillità di quello strambo trio non era stata disturbata da nessuno ed a tratti era sembrato di vivere in un mondo parallelo, quando erano loro tre da soli. Il destino a volte poteva essere beffardo, nel decidere di voler connettere tra loro persone in maniera del tutto inaspettata. Aveva ripensato più volte alle parole che Draco gli aveva detto ed in certi momenti gli si stringeva il cuore, perché l’amico aveva deciso di condannarsi da solo ad una vita che non poteva essere tale e lui non poteva fare niente per fermarlo, solo stargli vicino e cercare di attenuare il suo dolore (almeno un po’).

Per quel particolare giorno, gli adulti avevano deciso (o meglio, Neville aveva imposto) che sarebbero andati tutti alle giostre. Il primo Natale senza i suoi genitori si avvicinava per Mathias e Blaise comprendeva perfettamente il desiderio dell’altro di voler distrarre, anche solo per cinque minuti, l’animo del bambino da quel pensiero. Tuttavia al francese non sembrava che Mathias fosse molto turbato da quell’avvento. In realtà non l’aveva visto sconvolto neanche una volta, durante quelle settimane, per non parlare delle lacrime. Forse piangeva quando non poteva essere visto, da solo, chiuso nella sua stanza? Il pensiero lo infastidì, causandogli una strana fitta contro il costato.

Avvertì l’incessante bisogno di focalizzare la sua attenzione su qualcos’altro, prima che il senso di colpa si rivelasse come tale alla sua comprensione ed iniziasse a divorarlo senza sosta dall’interno. Perché diavolo avrebbe dovuto sentirsi in colpa, li aveva uccisi per caso lui, i suoi genitori? Ne aveva tante di grane a cui pensare, quelle bastavano da sole a tenerlo occupato per mesi e grazie tante.

Mentre si avvicinavano all’ingresso del parco divertimenti, Blaise osservò il nanetto di sottecchi. Teneva per mano Neville, camminava di fianco a lui docilmente, gli occhietti scuri ed il volto inespressivo puntati verso la gigantesca ruota panoramica visibile addirittura dall’esterno delle mura di cinta.

I capelli bruni, lisci come spaghetti ma un po’ spettinati, incorniciavano un visetto pallido dai lineamenti dolci. Le piccole labbra rosse, erano chiuse e piegate un po’ verso il basso e sotto gli occhi capeggiavano leggere un paio di occhiaie che, da come poteva ricordare Blaise, c’erano sempre state. Erano forse quelle il segno di ciò che la sua coscienza gli aveva fatto poc'anzi sospettare? Strinse le mani in un pugno, all’interno delle tasche del giaccone nero, rifiutando di ritornare su quell’argomento. Mathias si comportava sempre come se non fosse realmente presente. Come stesse semplicemente osservando il mondo, senza farne davvero parte. Era il suo modo di mostrare sofferenza? Blaise abbassò un po’ le palpebre sugli occhi, lo sguardo divenne inevitabilmente più assorto insieme all’espressione. Se ne stava lì con il suo cappottino verde, i pantaloni marroni di quel tessuto simile al velluto ed un paio di scarpe un po’ antiquate. Mathias voleva scegliere da solo i suoi vestiti. E puntualmente, somigliavano tutti a quelli che aveva il giorno in cui l’aveva prelevato dal ministero.

Blaise non aveva mai commentato, per svariate ragioni. La prima era che non voleva discutere con lui se non era necessario; la seconda era che non credeva di avere il diritto di mettere bocca laddove il desiderio di Mathias celava motivazioni ben più profonde di quanto lui potesse comprendere. Come terzo punto avrebbe voluto sottolineare che non gliene importava niente, ma sarebbe stato un bugiardo.

L’aveva notato e, semplicemente, aveva preteso di non averlo fatto.

Cercò di immaginare cosa gli passasse per la mente, in quei momenti. E cosa c’era passato durante tutto il periodo che avevano trascorso insieme, ma non riuscì a venire a capo di niente. Era troppo strano, troppo indecifrabile, troppo non-bambino. Ma Paciock... Paciock, ancora una volta, sembrava saperci fare.


Sai ho sempre avuto un po’ paura delle altezze, Mathias” commentò il Grifondoro, notando che lo sguardo del bambino era diretto verso la ruota panoramica. Il piccoletto distolse gli occhi dalla giostra per studiare il volto di Neville con una muta domanda dipinta negli occhi scuri. L’erbologo rise, con una mano stuzzicò imbarazzato la base del collo, sotto l’attaccatura dei capelli.


Durante il mio primo anno ad Hogwarts fui vittima di uno scherzo veramente tremendo nella mia prima lezione di volo. Non sto ad entrare nei dettagli, ma ho perso il controllo della scopa e sono rimasto impigliato in una specie di grata. Era talmente alto che, quando il tessuto del mantello ha ceduto e sono caduto giù, mi sono rotto il polso”


Neville alzò la mano che stringeva quella di Mathias, mostrandola agli occhi del bambino con un sorriso gentile sulle labbra.


L’infermiera è stata talmente brava che non m’è rimasto neanche un segno sulla pelle. Quello che non è riuscita a curare è stata la paura che iniziai a provare per i posti alti. Anche affacciarmi dalla finestra della Torre di Grifondoro mi costava una certa dose di coraggio che spesso non avevo”


Rise con un tono di voce che Blaise definì soffice. Ricordava perfettamente come erano andate le cose quel giorno e ricordava anche come poi, Potter, s’era rivalso su Draco. Provò una certa nostalgia per quelle giornate, quando ancora erano bambini con la coscienza pulita.


Tu di cosa hai paura, Math? Sai, è normale averne. Tutti ne hanno almeno una e non deve essere necessariamente qualcosa di materiale, come avrai capito”


Nel frattempo, si misero in coda per fare il biglietto; avevano davanti soltanto un paio di famiglie. Blaise avvertì del calore sul proprio volto e per l’ennesima volta, benedì Merlino per averlo fatto nascere con la pelle scura.

Erano andati in un posto per famiglie.

Ci erano andati sul serio.

Salazar eremita.

Spostò l’attenzione su Mathias, in un certo qual modo incuriosito dalla risposta che avrebbe potuto dare. Il bambino fissava con assenza le persone davanti a loro. Il papà teneva tra le braccia una bimba di circa tre anni, tutta infagottata con le guance rosse per il freddo ma gli occhietti lucidi di gioia per essere stata portata alle giostre. La mamma invece teneva le mani poggiate sulle spalle del figlio più grande, all’incirca dell’età di Mathias, anno più, anno meno. Parlavano tra di loro, sorridevano e progettavano il percorso che avrebbero fatto tutti insieme una volta entrati nel parco.


Non lo so” rispose, dopo un po’, quando ebbero tra le mani i biglietti per l’ingresso al parco. “Non ho mai provato la paura”


*


Mathias era assente, Neville se ne accorse. L’avevano portato su parecchie giostre, ma il suo sguardo intelligente era puntato sempre altrove. Gli costava ammetterlo, ma l’erbologo aveva paura per lui. Se avesse continuato a restare bloccato in quell’incapacità di parlare, a lungo andare avrebbe causato dei danni. Anche se adesso Mathias non se ne rendeva conto, si stava distruggendo. Lo stava facendo e sembrava non avere intenzione di smettere.

Neville le aveva provate davvero tutte durante le settimane che aveva trascorso con lui e con Blaise, si era scervellato nella maniera più assoluta per cercare di incrinare quella corazza di intangibilità nella quale il bambino si era chiuso. Ma tutti i suoi sforzi, tutti i suoi tentativi sembravano essere valsi a nulla.

All’inizio aveva pensato di potercela fare, perché Mathias sembrava accettare di buon grado la sua presenza, più di quella di Blaise. Non che ci sarebbe voluta una scienza a capirne il perché, il francese per la maggior parte del tempo era intrattabile; era pur vero che Merlino aveva fornito Neville di una buona dose di sacrosanta pazienza e non avrebbe permesso, proprio al Serpeverde, di fargliela esaurire tutta, di mandarla alle ortiche. La sua pazienza era leggendaria e anche dopo la sua maledetta morte, la gente avrebbe dovuto ricordarlo come quello che aveva la sacrosanta pazienza.

Ma il problema non era Blaise; almeno, non quello principale.

Il problema era Mathias.

Con un cipiglio che la diceva lunga su cosa stava pensando, Neville aveva cercato di comprendere cos’era esattamente che il bambino fissasse con tanta insistenza. Ma non aveva visto niente. Ed aveva visto tutto.

Mathias osservava gli altri. Osservava le famiglie, i bambini con i loro genitori e Neville si sentì davvero una merda insulsa.

Nel disperato tentativo di aiutarlo, di farlo reagire o di allietarlo almeno un po’, l’aveva buttato nella fossa dei leoni con una grazia ed un savoir faire che avrebbe attributo solo ad uno stronzo come Draco Malfoy (Blaise pretendeva di essere stronzo come stronzo lo era Draco Malfoy, ma Blaise era meno stronzo di Draco Malfoy, anche se più machiavellico).

Restò in silenzio, camminando accanto a loro con aria meditabonda, diretti verso la ruota panoramica, quella che sarebbe dovuta essere la loro ultima tappa. Le braccia incrociate contro il petto, lo sguardo che vagava in giro senza reale interesse, la coscienza che gli stava calpestando amabilmente le budella ballando la hola al ritmo di musica hawaiana. Non era quasi mai stato peggio di così.


Devo andare in bagno”


Si voltò, notando che Mathias si era fermato pochi passi dietro di lui, insieme a Blaise. Il francese si guardò attorno, vedendo la struttura della toilette poco distante.


D’accordo, vuoi essere accompagnato?” chiese il ragazzo, abbassando lo sguardo su di lui.

Penso di sapere da un po’ come si va al bagno” replicò il bambino, sagace come al solito.

Allora vacci da solo” il suo tono sferzò l'aria seccamente.


Neville si schiaffò una mano sulla fronte, domandandosi perché, perché Blaise doveva essere sempre, ogni dannata volta, così Blaise? Osservò Mathias allontanarsi verso il bagno e quando fu abbastanza lontano, scavò la faccia del francese con gli occhi. Intendeva far comprendere all’altro cos’era appena successo solo con la forza del suo sguardo e, diamine, ci sarebbe riuscito! Blaise lo osservò di rimando come accadeva da un po’ di tempo a quella parte, in un modo che come al solito gli causava un familiare senso di nausea bloccato nella gola. Ma non avrebbe distolto lo sguardo, non quella volta, perché c’era una cosa che doveva far comprendere al Serpeverde una volta per tutte ed intendeva mettere il punto alla faccenda quel giorno stesso.


Pensavo avessimo superato da un po’ la fase delle risposte acide” esclamò, allargando le braccia con un'eloquenza che enfatizzò le sue parole.

Perché, la sua com’è stata?” sibilò Blaise, irrigidendosi visibilmente.

Dimentichi che c’è una differenza”

Sono certo che stai per rimediare a questa mia mancanza” stese le labbra in un sorrisetto sarcastico che tuttavia non arrivò fino agli occhi. Non era molto in vena di ironizzare troppo.

Lui ha otto anni, tu ne hai venticinque. Non credi che debba significare qualcosa?” Neville corrugò la fronte, fingendosi confuso.

Questo gli dà il diritto di comportarsi da maleducato?”

No, ma ha delle buone motivazioni se ogni tanto dimentica di essere carino e coccoloso con chiunque gli capiti a tiro!” il tono della sua voce risultò un po' infastidito, forse dall'indifferenza che Blaise stava mostrando per i sentimenti di Mathias.

Disse quello che era stato sempre trattato con carineria e coccolosità. E’ inutile che fai quella faccia scandalizzata, prova a negarlo!”

Non ti è mai passato per l’anticamera del cervello che forse Mathias con me è più gentile perché non lo tratto come fosse un peso od un capro espiatorio?” non ci fu sarcasmo in quelle parole. Neville lo chiese per davvero, perché voleva capire quali strani meccanismi muovessero la mente del Serpeverde.

Non sono solito comprare vestiti, cibo e quant’altro ai miei capri espiatori” ribatté quello, asciutto, schioccando la lingua contro il palato.

Allora cos’è Mathias per te? Cosa è diventato?”


Blaise tacque, indurendo il profilo della mascella. Scrutò il volto di Neville con un’intensità che fece temere al Grifondoro di aver appena detto qualcosa di sbagliato. Se ne stava immobile, davanti a lui ed onestamente Neville pensò che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, perché era talmente indecifrabile la sua espressione che l’erbologo non avrebbe potuto prevedere nulla. Blaise inspirò profondamente, prima di parlare, il tono di voce più calmo ma non per questo meno tagliente. Non tagliente in senso di cattivo, tagliente per la capacità di spiazzarti ogni volta che decideva di aprire bocca.


Forse non sono l’unico qui che dovrebbe assumersi delle responsabilità” fece rotolare con lentezza le parole sulla lingua.

Cosa vuoi dire?”

Credi forse che io sia stupido, Paciock? Ho notato anche io quello che hai notato tu. Non credo sia stata una brillante idea portare Mathias in un posto per famiglie. Lui non ce l’ha più e di certo noi non siamo la sua”


Neville allargò gli occhi per la sorpresa, trattenendo per qualche attimo il respiro. Quello era un colpo basso.

Non se lo aspettava, non da Blaise. O forse, invece, sapeva che sarebbe successo ma semplicemente non aveva voluto ammetterlo?

Quelle parole gli fecero male, perché in un modo o nell’altro si era affezionato all’idea del loro strambo trio. Ma sua nonna gliel'aveva sempre detto: affezionarsi con facilità alle persone era sempre stato uno dei suoi più grandi difetti. Strinse le labbra tra loro, distogliendo lo sguardo dal volto di Blaise.

Zabini se ne accorse. Se ne accorse di averlo ferito per quell’ombra che era calata sui suoi occhi, ma semplicemente non era stato in grado di tenere a freno la lingua. Si era sentito attaccato, si era sentito in colpa e le sue difese come al solito erano scattate in automatico.


Da quando abbiamo iniziato a vederci ho sempre e solo cercato di aiutarlo, di alleviare il suo dolore, perché so che cosa vuol dire avere dei genitori che ti sono stati portati via da un branco di maledetti fanatici imbecilli, ma queste non sono cose che devo stare a spiegare a te” sibilò Neville, facendo dei respiri profondi, per non perdere la sua stoica calma. Non gli avrebbe dato anche quella soddisfazione. Blaise incassò il colpo senza fiatare, mentre alla mente riaffiorava anche quel dettaglio. Da che aveva sentito dire da Draco, i genitori di Neville erano rinchiusi al San Mungo da minimo vent’anni.


Persone come me e Mathias non hanno bisogno dell’appoggio e della compassione di nessuno, hanno solo bisogno di riuscire ad andare avanti. C’è sempre stata mia nonna accanto a me, pronta ad insegnarmi come fare, ma lui non ha nessuno Blaise. E di certo tu non gli sei stato di aiuto, non ci hai neanche provato a capirlo! Speravi solo che le cose filassero lisce, attendendo il momento che questo peso ti fosse tolto dai piedi! Hai mai pensato a come possa essersi sentito, per un attimo? Non è stupido, l’hai visto anche tu, credi che non abbia capito di essere di impiccio per te? Del resto non ci sarebbe voluto di certo un genio, glielo hai fatto chiaramente capire quel giorno che me lo sono ritrovato davanti la porta di casa mia. L’hai ferito talmente tanto da spingerlo a rivolgersi ad un altro sconosciuto. Anche se ci tratta in maniere differenti, io sono uno sconosciuto per lui tanto quanto lo sei tu, lo vuoi capire una buona volta? E’ un bambino come gli altri Blaise, è spaventato ed ha solo bisogno di non sentirsi solo!”


Interrompendo all’improvviso il fiume di parole che aveva sempre voluto dirgli, il Grifondoro voltò le spalle all'altro, passando entrambe le mani sulla faccia, nel tentativo di scacciare il magone che gli stava stringendo la gola ed i ricordi dei suoi genitori che gli avevano offuscato la ragione. Continuò a respirare ad intervalli irregolari, strofinò gli occhi lucidi e cercò di riprendere il controllo su se stesso; i volti di Alicia e Frank Paciock iniziarono lentamente a sfumare via dalla sua testa.

Pazienza Neville, te la ricordi? Quella sacrosanta.

C’erano tante altre cose che avrebbe voluto dire a quello zuccone ma non era sicuro di esserne in grado. Non si sentiva tranquillo e l’ultima cosa di cui aveva bisogno era che Blaise si accorgesse di quanto fosse facilmente provocabile. Era un sentimentale, prendeva quasi tutto a cuore, e allora? Se il Serpeverde aveva intenzione di ridere di lui poteva anche accomodarsi.

Acquisita la certezza che per lo meno non sarebbe scoppiato a piangere come una donnicciola per colpa del nervoso, si voltò di nuovo, con lentezza. E sobbalzò.

Neville non si aspettava certo di ritrovarsi a fissare, da una distanza irrisoria, i bottoni del cappotto di Blaise. Un profumo pungente lo mandò in confusione.

Alzò gli occhi in alto, quel tanto che bastò ad incontrare quelli di Blaise che lo scrutavano. Anche se le labbra del francese erano chiuse, Neville aveva come la sensazione che il Serpeverde gli stesse dicendo un sacco di cose. Quella vicinanza, l’odore così tipicamente suo… lo stomaco del Grifondoro ebbe un’altra dolorosa contrazione. Non si allontanò quando le mani agili e forti di Blaise lo afferrarono gentilmente per la stoffa delle maniche, non credeva comunque che l’avrebbe fatto, anche se ne avesse avuto la forza.

Blaise inclinò con lentezza la testa in avanti, fino ad arrivare a sfiorare con la punta del naso, quello di Neville.

L'erbologo lasciò che gli occhi del pozionista studiassero i dettagli del proprio volto... le pieghe, le sfumature, i difetti ed i pregi. Gli permise di indagare, di guardarlo come poche volte era stato veramente guardato e non poté impedirsi di provare imbarazzo per quello. Blaise fu in grado quindi di osservare, anche, come le guance di Neville potevano prendere facilmente colore quando si trovava a disagio. Non si lasciò sfuggire nulla.


Ti sentivi solo?”


La voce calda del moro accarezzò soffice la pelle del suo volto. Neville smise di respirare, ma non se ne accorse. Sentiva le ginocchia stranamente molli e le mani che sudavano, come quando andava a scuola ed era costretto ad asciugarle sulla stoffa dei pantaloni. Si stava scoprendo, la sua risposta avrebbe potuto mettere a nudo una parte di sé che aveva sempre celato, a volte anche a se stesso.

Ma era Blaise, quello che lo stava stringendo sulle braccia.

Era Blaise e, dannazione, era una vita che desiderava di essere vicino a lui così, in quel modo.


Sì”


Ecco, l’aveva detto. E, Merlino, com’era stato liberatorio farlo. Sì, dannazione, sì, si era sentito maledettamente, irrimediabilmente solo, abbandonato dai suoi stessi genitori che avevano deciso di fare gli eroi invece di pensare ad occuparsi di lui!


Ed ora?”


Questa non se l’aspettava, non se l’aspettava proprio. Ed il respiro di Blaise che gli solleticava le labbra lo stava mandando al manicomio. Da quella distanza poteva vedere quanto scuri effettivamente fossero i suoi occhi, tanto che la pupilla era a malapena distinguibile. Il contorno delle labbra piene e morbide, la punta un po’ fredda del naso che toccava quella del suo in maniera così intima e confidenziale. Oh Godric, gli stava per venire un infarto, lo sentiva, ne era certo.

Anche se addosso aveva freddo, avvertiva il volto bollente.


I-io…”


Fu un attimo.

Neville si ritrovò a sfarfallare le ciglia con confusione, il volto di Blaise più distante di quanto in realtà avesse voluto in quel momento. Il francese, con la fronte corrugata, osservava l’entrata del bagno, l’espressione assorta.


Dove diavolo è finito Mathias?”


*


Misero piede nella toilette con una certa apprensione. Controllarono ogni cubicolo, ogni anfratto; con sfacciataggine, entrarono anche nel bagno delle donne, ma di Mathias nemmeno l’ombra.

Nell’improvvisa tachicardia dovuta all’ansia, Neville si insultò pesantemente. Lo fece sul serio, perché era innervosito dal fatto che Blaise si fosse allontanato, impensierito dal ritardo del bambino. Fino a quel giorno sembrava non gliene fosse mai importato nulla e nel momento più catartico che avevano avuto da sempre, si era distratto.

Il pensiero di Mathias che ancora non tornava dal bagno l’aveva distratto.

Neville, invece di congratularsi con se stesso per quel successo fatto raggiungere al Serpeverde (perché, diavolo, di certo era anche suo maledettissimo merito se era riuscito a far infiltrare Mathias tra i primi pensieri del ragazzo), si ritrovò ad imprecare contro i contrattempi del destino. Era ovviamente preoccupato per Mathias, una preoccupazione che lo stava facendo velocemente agitare, ma non mancò di chiedersi perché proprio oggi.

Scambiò uno sguardo breve con Blaise, il quale alzò con accortezza le mani in aria come a volerlo bloccare.


Datti una calmata. Se mi inizi ad iperventilare adesso, non mi sarai di nessun aiuto”


Neville annuì meccanicamente, passando i palmi delle mani sul cappotto.

Blaise lo vide osservare il parco giochi senza sapere da che parte iniziare e sospirò, volendo ottenere una calma che, dannazione, non aveva anche lui.

Mathias era sparito.

Da sotto il suo naso.

L’aveva mandato al bagno ed ora non era più al bagno.

Che si fosse solo allontanato senza dire niente? L’avevano rapito? Era scappato? Il francese cercò di analizzare la situazione con mente fredda, la pelle del volto che già aveva dimenticato il calore rubato alla vicinanza del Grifondoro. Non aveva tempo per quello, ora. Doveva trovare Mathias e… e niente.

Doveva trovarlo e basta.


Non credo si sia allontanato per andare su qualche altra giostra. Non aveva motivo di farlo, lo sa che siamo qui e che l’avremmo visto” cercò di ragionare, massaggiando le tempie con due dita, come riuscisse così a concentrarsi meglio sulla situazione.

E’ stato rapito!” disse immediatamente Neville, pensando subito al peggio, l'ansia che arrivava alle stelle.

Non credo neanche questo, in bagno c’è sempre qualche genitore con prole al seguito, inoltre Mathias non si lascerebbe rapire con tanta facilità…”

Allora è scappato!” il Grifondoro si schiaffò le mani sulla faccia, già gli sembrava di vedere Mathias tutto solo camminare per i pericolosi quartieri di Londra. Inghiottì a vuoto.

E’ l’ipotesi più accreditata” si trovò concorde Blaise, lasciando scivolare le dita dalle tempie sino al mento, in un gesto lento ma non calcolato.

Perché avrebbe dovuto farlo?” l'erbologo guadagnò uno sguardo assorto da parte del Serpeverde con quella domanda, che sembrava trapassarlo da parte a parte.

L’hai detto tu, Neville. Forse si sente solo ed è spaventato”


I due ragazzi si guardarono in silenzio, nelle orecchie del Grifondoro la voce di Blaise che per la prima volta lo chiamava per nome. Schiuse le labbra come per dire qualcosa, poi sembrò ripensarci qualche secondo. Ci riprovò solo quando l’indecisione decise di provare a soffocarlo.


Credo di sapere dove potremmo trovarlo…”

Dove?”


Blaise lo scrutò con aria guardinga e Neville gli rivolse un sorriso mesto.


*


Nubi pesanti coprirono il cielo di Londra, donandogli una tonalità violetta che non prometteva nulla di buono. L’aria fredda sferzava la pelle scoperta in folate di vento che erano aumentate d’intensità, ma faceva troppo freddo per nevicare, la temperatura era sotto lo zero, probabilmente di un bel po’.

Correvano fianco a fianco, il respiro pesante che si condensava in piccole nuvolette. Stavano costeggiando il cancello da un po’, ma bisognava fare un bel giro per accedere alla parte magica del cimitero. Non avevano potuto smaterializzarsi perché nessuno dei due ricordava l’ubicazione perfetta del posto ed avevano deciso di non rischiare l’amputazione di qualche parte del corpo, nella troppa fretta di arrivare a destinazione.

La zona era illuminata regolarmente da lampioni che lanciavano chiazze di luce sull’asfalto, circondate da un buio pesante, quello tipico dell’inverno. Le fronde degli alberi scuri a volte invadevano quelle pozze lucenti, ma irregolarmente, a causa del vento che le scuoteva.

Blaise fu il primo a raggiungere l’ingresso, seguito da un Neville ansante e con la faccia rossa più dal freddo che dalla fatica. Senza aspettare che nessuno dei due avesse il tempo di riprendersi dall’ansia e dallo sforzo, il francese a passo di marcia entrò nel cimitero, puntando con determinazione i suoi passi verso un vecchio mausoleo, tramite il quale si poteva accedere alla parte magica di quel luogo consacrato.


Guarda, la porta è socchiusa!”


Neville annuì velocemente, seguendolo senza fare il minimo fiato.

Per raggiungere il cimitero avevano preso il Nottetempo e grazie alla guida incosciente del vecchio autista, si erano risparmiati un sacco di traffico. Neville benedì quell’autobus con tutte le sue forze, ma sapeva anche che era l'unico mezzo di spostamento tramite il quale Mathias aveva potuto raggiungere quel posto. Come l'aveva intuito? Il fatto che la sua bacchetta fosse misteriosamente scomparsa dalla tasca del suo cappotto gli aveva dato un vago suggerimento (ma, per degli attimi, aveva seriamente pensato di averla persa, ipotesi più che probabile conoscendo fin troppo bene la propria sbadataggine). Fortuna che c'era stata quella di Blaise! Quando erano saliti sul Nottetempo, avevano domandato ad un certo Stan se per caso gli era capitato di dare un passaggio ad un qualche bambino. La risposta affermativa del bigliettaio aveva cancellato ogni loro dubbio.

Quando entrarono nel mausoleo, magicamente di fronte a loro si rivelò la vista di un prato immenso; c'erano lapidi piantate lungo il terreno in maniera abbastanza disordinata, ma permeate di un fascino che solo un luogo magico avrebbe potuto donare ad uno di morte. Alcune lanterne svolazzanti, galleggiavano attraverso le file, illuminando saltuariamente questa o quella effige.

Blaise scese i gradini, affondando le scarpe nella terra umida. Strizzò le palpebre colto alla sprovvista, quando una goccia di pioggia gli precipitò sul naso.

Avrebbe voluto urlare il suo nome, trovarlo immediatamente e portarlo via di lì prima che iniziasse seriamente a venire giù il diluvio, ma qualcosa gli suggerì che sarebbe stato meglio comportarsi con tranquillità. Urlare probabilmente sarebbe stato poco rispettoso verso i sentimenti che avevano condotto Mathias in quel luogo. Ù

Si voltò, cercando Neville con gli occhi. Era lì, ad un paio di passi da lui e lo guardava con una luce di consapevolezza. Annuì un paio di volte e si diresse silenziosamente verso il lato ovest, mentre qualche secondo dopo Blaise iniziò a perlustrare quello est. Si trovavano in uno dei maggiori cimiteri magici di Londra. Di anime, lì, ne avevano sepolte davvero tante.

Estrasse la bacchetta dalla tasca e la puntò davanti a sé.


Lumos


Un lieve fascio di luce iniziò ad illuminare i suoi passi. Le lanterne vaganti non erano abbastanza e lui non voleva rischiare di lasciarsi sfuggire qualche ombra che poteva essere Mathias. Non era andato al funerale dei genitori, il Ministero aveva accompagnato il bambino, quindi non aveva idea di dove potessero trovarsi le lapidi; ma lo avrebbero trovato.

Nel momento in cui aveva messo piede lì, era stato certo che vi avrebbe trovato Mathias.

Mentre camminava tra le effigi e ne leggeva i nomi distrattamente, realizzò che non era molto pratico di cimiteri a dire la verità; non c’era mai andato, non aveva avuto l’occasione e sperò che si presentasse il più tardi possibile.

Il silenzio che permeava quel posto lo metteva in un certo qual modo a disagio, perché sapeva bene che anche se una persona moriva, non lasciava mai definitivamente la terra. I fantasmi erano solo un blando esempio di tutte le cose che un’anima poteva diventare.

Anche se era solo, si sentì osservato, scrutato da occhi invisibili, dai quali non poteva ripararsi. Il freddo sembrò farsi più pungente e si strinse nel cappotto, sperando di trovare presto Mathias. Gettò un’occhiata alle proprie spalle, individuando un puntino luminoso in movimento alla parte opposta dalla quale si trovava lui; Neville doveva aver acchiappato una delle lanterne svolazzanti in mancanza della bacchetta.

Con un sospiro lento, venne improvvisamente colpito da qualcosa. Anzi, più di una.


Merde*”


Dal cielo iniziarono a cadere giù pesanti gocce di pioggia, con una frequenza che andava via via crescendo. Voltandosi nuovamente per guardare avanti, cercò di velocizzare la sua ricerca, mettendosi a camminare celermente tra le effigi.


MATHIAS!”


Adesso trovarlo era diventata una vera necessità e anche se forse non avrebbe dovuto farlo, iniziò a chiamarlo a voce alta.


MATHIAS!”


Gli pareva di girare a vuoto; anche se i nomi erano diversi, le lapidi sembravano tutte uguali e nella fretta di cercare il bambino, Blaise aveva smesso di seguire uno schema, con il risultato che gli sembrava di passare sempre davanti gli stessi pezzi di pietra. Imprecò infastidito, oramai la pioggia veniva giù che una bellezza.

Passarono dei minuti, durante i quali alcune gocce si infiltrarono nello scollo del giacchetto, scendendo lungo la sua schiena. Rabbrividì infreddolito ed in preda al nervosismo, fece per dare un calcio ad un albero spoglio e rinsecchito, quando lo vide.

Era inginocchiato davanti a due lapidi, la fronte poggiata contro una di queste, le mani affondate nella terra ch’era diventata fanghiglia. Se ne stava lì, a farsi sommergere dalla pioggia, immobile come fosse incosciente.

Il cuore di Blaise perse un battito. Si era fatto male?


Mathias!” chiamò di nuovo, stavolta con convinzione, letteralmente correndo verso di lui “Mathias stai bene?”


Si lasciò cadere in ginocchio accanto al bambino, fregandosene altamente di star inzaccherandosi di terra. Era già fradicio fino alle mutande, non poteva davvero preoccuparsi anche per quello a quel punto.

Dato che non rispondeva, Blaise allungò le mani verso di lui ma non appena toccò la sua spalla, Mathias scattò come fosse stato scottato e allontanò malamente il braccio del francese, inchiodandolo con uno sguardo pieno di ira, di rancore e rassegnazione.


VATTENE!” gridò, con tutto il fiato che aveva. Nonostante fosse fradicio anche lui, gli occhi rossi denotavano quanto avesse pianto. Il tono di voce ringhiante, denotava quanto ancora lo stesse facendo. La pioggia poteva nascondere solo alcune tracce, tra cui non erano presenti le spalle che a singhiozzi gli tremavano.

Blaise rimase accanto a lui, osservandolo con un’espressione indecifrabile. Indurì il profilo della mascella e restò a guardarlo, in attesa che il resto uscisse fuori. Oh, perché c’era dell’altro, lo vedeva chiaramente.


VATTENE HO DETTO! PERCHÉ SEI VENUTO? LO SO CHE NON TI IMPORTA!”


Avvertì dei passi veloci alle sue spalle, rallentare gradualmente. Forse le grida di Mathias avevano attirato l’attenzione di Neville. Anzi, era certo fosse andata così. Ma ora il Grifondoro se ne stava in disparte, osservando entrambi con uno sguardo così cupo ed addolorato che spiegava da solo quanto comprendesse i sentimenti di Mathias.

Quanto fosse stato come lui.

Zuppo come uno straccio, lasciò ciondolare le braccia lungo i fianchi, senza intervenire.

Blaise apprezzò la sua discrezione, perché voleva che Mathias, una volta per tutte, gli dicesse tutto quello che gli passava per la testa. Solo così avrebbe capito cosa fare.


Non importa a nessuno che loro non ci sono più! Tutti continuano a fare quel che diavolo vogliono, si svegliano ogni mattina come hanno sempre fatto, come se non fosse successo niente! Sono morti, i miei genitori sono morti e tutto quello che hanno ottenuto è stato uno stupido funerale dove erano presenti persone che neanche li conoscevano!”


Prese un respiro profondo, perché urlare gli costava fatica. Il volto si era fatto rosso per lo sforzo, oltre che per il freddo ed una volta dato il via alle parole, anche i singhiozzi erano aumentati. Affondò ancora di più le mani nel fango, battendo i pugni sul terreno con rabbia.


Mi hanno lasciato da solo! A che serve essere salvati se poi devi vivere da solo?! Ho solo otto anni, se avevano pensato che me la sarei cavata, sbagliavano di grosso! Dovrei anche ringraziarli?” si voltò verso le lapidi, urlando a pieni polmoni la sua sofferenza “Grazie mamma per essertene fregata di cosa sarebbe stato di me! Grazie papà per non aver pensato a cosa sarebbe potuto succedermi dopo!” si voltò nuovamente verso Blaise, la rabbia che invece di diminuire, aumentava ad ogni sillaba “Sai cosa ti dico? Avevi ragione! Avrei voluto anche io fosse andata come volevi tu! Vorrei essere morto quel giorno, avrei risparmiato un sacco di problemi a me, a te ed a quelli del Ministero che ogni volta mi sorridono come gli facessi pena o come se fossi un povero stupido che non può di capire! Non si tratta di te che vuoi una rivincita o di loro che vogliono arrestarti ad ogni costo, qui si tratta di me! Di me! Non sono qualcosa da usare, sono una persona ed i miei genitori sono morti! Non ci sono più, ed io sono solo e non so che cosa fare…”


Mathias emise un lamento profondo, prima di piegare la schiena in avanti, raggomitolato su se stesso; piangere tanto da respirare male gli sembrava l’unica cosa logica da fare.

A gran voce e con un’intensità dolorosa, piangeva per essere udito. Per essere aiutato.

Neville distolse lo sguardo, chiudendo gli occhi. Ringraziò la pioggia, perché non aveva saputo trattenersi ed aveva iniziato a piangere a sua volta. Condivideva la sofferenza di Mathias, la condivideva come fosse sua.

Perché lo era stata.

E lo era ancora, con la differenza che aveva imparato a controllarla.


Non so che cosa fare… loro non ci sono più… non ci sono più…” aveva iniziato a ripeterlo come una litania, perché non riusciva a dire altro.

Blaise inghiottì, con una certa difficoltà. Era stato un idiota. Sin dal principio.

Uno stupido, borioso, idiota.

Ma se c’era una cosa che sapeva, era che si poteva smettere di essere idioti quando si ammettevano certe colpe.

Si poteva rimediare; avrebbe quindi cercato di farlo.

Si sporse in avanti e senza incontrare resistenze, stavolta riuscì ad attirarlo contro di sé. Circondò la schiena del bambino con un braccio, lasciò affondare l’altra mano nei suoi capelli bagnati e se lo premette addosso, poggiando una guancia sulla sua testa.

Un inerme Mathias continuò a disperarsi tanto da far male al cuore, ma Blaise lo tenne stretto. Lo abbracciò per quelle che sembrarono ore e forse lo furono per davvero. Vaffanculo la pioggia, vaffanculo tutto. Non si sarebbe mosso di lì.

In una maniera che gli sembrò ironica, ebbe la sensazione di star abbracciando una versione passata di Neville. La similitudine tra i due, per quanto riguardava gli eventi cui avevano dovuto far fronte, glielo ricordava.

Cercò il Grifondoro con lo sguardo, che trovò quasi subito.

Neville aveva un’aria mesta, era completamente zuppo, la punta del naso rossa come le guance e gli occhi lucidi. Era tenero.

Mentre stringeva Mathias con tutta la convinzione che poteva dargli, pensò di star consolando anche Neville. Sentiva il bisogno di farlo. Lo guardava e cercava di farglielo capire. Ti sto abbracciando, non sei da solo.


"Non avere paura Mathias, non avere paura"


Poco dopo, smise di piovere.







* In francese nel testo








NOTE DELL'AUTORE: Eccoci qui con il quindicesimo capitolo, sudato, partorito, revisionato e di nuovo partorito. Questo capitolo è pieno di ANGST. Dopo averlo letto dovrete guardare qualcosa di divertente per riprendervi adeguatamente, credo XD ed ecco che Mathias diventa umano! COLPO DI SCENA :P Il suo atteggiarsi a ragazzino robotico, sempre sul chi va là, era una difesa per cercare di non provare più emozioni (perché ogni volta che lo faceva, si sentiva sopraffatto dalla sofferenza). La sua mania di osservare gli altri con attenzione quasi scientifica, era una sorta di difesa naturale contro il mondo che non conosce: un bambino non sa come funzionano le cose, non sa come funziona la vita. I genitori ci guidano in questo passaggio, ma lui non li ha più. Quindi diciamo che il suo istinto ha prevalso in una sorta di autoconservazione ed il mondo circostante per lui è diventato di vitale importanza perché analizzare ogni minimo dettaglio gli dava la parvenza di riuscire a proteggersi da tutto e da tutti. È da dire che sin da piccolo ha sempre avuto una spiccata intelligenza ma la paura folle che prova in questo periodo della sua vita acutizza tutte le sue capacità, sia quelle negative che positive. Più che l'istinto di sopravvivenza fisica, in lui è scattato quello della sopravvivenza mentale. Originariamente questo capitolo doveva essere diviso in due, ma... non ce l'ho fatta a farvi questa cattiveria. Non ce l'ho fatta proprio, ma solo perché siete tutti troppo fantastici ed io vi adoro. Mancano esattamente 8 capitoli alla fine, siamo a più di metà dell'opera. È davvero emozionante per me! Un abbraccio grandissimo a tutto voi! <3

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


SEDICESIMO CAPITOLO


Well, the time it takes to know someone

It all can change before you know it's gone, for it's gone

So close your eyes and feel the way

I'm with you now believe there's nothing wrong, nothing wrong

You think that I wanna run and hide

I'll keep it all locked up inside but I just want you to find me

I'm not lost, I'm not lost, just undiscovered

(James Morrison, Undiscovered)


Blaise sedette sul divano, accanto a Neville. Il calore che proveniva dalle fiamme del camino lo fece sentire meglio ancora una volta. Erano rincasati circa mezz'ora prima e guardando l'orologio appeso al muro, il ragazzo constatò che erano le tre e mezza del mattino.

Erano rimasti al cimitero esattamente tre ore, ma gli era parso molto, molto di più. Aveva i muscoli del corpo intorpiditi dal freddo e dall'acqua che si era preso, sopratutto quelli delle braccia (che fino a quando non era crollato, avevano stretto Mathias senza sosta).

Aveva dato a Neville degli asciugamani ed una coperta; stava per domandargli anche se avesse voluto farsi una doccia ma non l'aveva fatto. Sarebbe stato troppo strano.

I capelli umidi del Grifondoro erano stati frizionati dal panno asciutto, che ora pendeva intorno al suo collo. Si stringeva nella coperta che gli era stata data, mantenendosi vicino il fuoco affinché le ossa si riscaldassero come la pelle. Aveva asciugato i vestiti con un incantesimo, ma non ce n'era uno per scacciare anche il freddo. Si erano beccati un bell'acquazzone, entrambi.

Il riverbero delle fiamme illuminava il volto dei due giovani maghi che, poco a poco, iniziarono a scrutarsi a vicenda, ma in silenzio. Nessuno dei due avrebbe mai dimenticato quella vigilia, per svariate ragioni.


"Sta dormendo" soffiò piano, Blaise, la voce cullata dal crepitio delle fiamme.


Neville annuì piano, socchiudendo gli occhi.


"Credo gli stia salendo la febbre. Non ne sono molto sicuro, non... non ho mai avuto a che fare con queste cose ma... credo che avrei dovuto... non lo so, prevederlo. Voglio dire, dopo tutta quell'acqua, la febbre mi sembra il minimo"

"Non avresti dovuto fare niente di più di quello che hai fatto, Blaise" abbozzò un sorriso stanco, i capelli arruffati intorno al volto dalle linee morbide.

"Davvero?" fu sarcastico, ma solo contro se stesso.

"Davvero. Anche se tu non lo pensi, l'hai aiutato. Mathias non dimenticherà questa serata, ti puoi fidare"


Blaise affondò il volto nelle mani, sospirando profondamente. Adesso che si era seduto, cominciava ad accusare anche lui una notevole stanchezza.


"Cosa faccio se si ammala sul serio?" le parole vennero in parte soffocate dai palmi che premevano sulla bocca.

"Abbiamo tutti avuto la febbre, Blaise"

"Io solo quando ero bambino e non ricordo come venivo curato. Facevano tutto gli elfi"

"Potresti preparare una pozione" Neville parlava in modo placido ed un po' roco, le palpebre socchiuse sugli occhi, la pelle del volto illuminata di una morbida luce arancione, quella delle fiamme.

"Non ho mai fatto pozioni di questo genere e non conosco gli ingredienti, anche se posso avere un'idea di cosa utilizzare..."

"Li conosco io. Ma devo andare a casa a recuperarli, al massimo te li faccio recapitare dal mio gufo"


Blaise tolse le mani dal viso ed inchiodò Neville con uno sguardo oscuro. Il Grifondoro vide delle ombre passare sul volto dell'altro e corrugò la fronte, avvertendo improvvisamente un certo disagio.


"Resta"


Sfarfallò le ciglia, credendo di aver capito male. Non che il Serpeverde avesse tentennato nel fare quella richiesta, anzi... del resto, non sarebbe stato nella sua natura; tuttavia Neville aveva percepito una sorta di insicurezza nella voce. Ma forse era stata solo una sua impressione.

In realtà, nemmeno Blaise sapeva cosa diavolo stava facendo o cosa gli fosse passato per la testa. Ma se avesse detto che la bocca s'era mossa prima del cervello, avrebbe mentito. Era arrivato il momento della resa dei conti e pure le pietre sapevano che quando lui prendeva una decisione, non c'era verso di farlo tornare indietro.


"Cosa?!" esclamò il Grifondoro, con aria quasi tramortita.

"Perché devi mandare il tuo gufo per farmi avere degli ingredienti?" Blaise era rimasto immobile, con le mani sospese a pochi centimetri dal volto, la schiena ancora piegata in avanti ed i gomiti poggiati sulle ginocchia.

"No, non deve essere per forza così, l'ho detto solo perché pensavo di-"

"Pensavi che tornare qui non sarebbe stato così facile, no?" il suo tono fu un po' sprezzante.

"Ma che diavolo dici?!"

"E' così quando devi rendere conto a qualcuno oltre te stesso, lo capisco"

"Blaise, se non avessi passato tutto il tempo con te potrei pensare che hai bevuto" Neville allentò la presa sulla coperta e sgranò gli occhi, completamente nel pallone. Non aveva idea di cosa stesse passando per la mente del Serpeverde. Neanche la più vaga.

"Lo so che c'è" insisté l'altro, perso in una consapevolezza tutta sua che il Grifondoro non riusciva ad afferrare.

"C'è cosa? Non guardarmi così, non riesco a capire cosa ti sta facendo arrabbiare!"

"Non sono arrabbiato!"

"No certo, ed io ho rinunciato alla carriera di cercatore per fare l'erbologo!" Neville schioccò seccamente la lingua contro il palato, ben lungi dall'essere ancora quel ragazzino che invece di rispondere a tono si impappinava nelle sue stesse parole.

"Non. Sono. Arrabbiato" scandì Blaise, guardandolo con estrema convinzione (la sua). Ma l'altro non mollò la presa.

"Non provare a troncare il discorso proprio adesso, sei tu ad essertene uscito blaterando delle assurdità e non ti lascerò fare come tuo solito!"

"Come mio solito cosa?!"

"Cambi discorso come meglio credi o glissi finché quello con cui parli non si stufa di insistere e va oltre per disperazione!"

Blaise arcuò le sopracciglia con aria fintamente lusingata.

"Non credevo di saper indurre alla disperazione così facilmente"

"Lo stai facendo anche ora!"
"Che cosa?"

"Stai glissando!" Neville allargò le braccia con esasperazione, ma il gesto fu nascosto dalla coperta pesante che lo avvolgeva. Le guance avevano assunto una deliziosa tonalità accesa, ma la causa poteva anche essere il camino così vicino.

"Non è vero" dichiarò Blaise, con un tono che lasciava intendere la fine del discorso. Distolse lo sguardo e lo piantò sulle fiamme, incrociando le braccia contro il petto. Neville non poteva credere ai suoi occhi... stava davvero facendo l'infantile con lui?! L'aveva già visto assumere atteggiamenti che poco si sposavano con la sua indole così maledettamente razionale, ma mai con lui! Strinse brevemente le labbra e si intestardì ancora di più.

"Dimmelo!"

"Niente!"

"Blaise, dimmelo!"

"Non me lo ricordo!"

"Bugiardo, dimmelo adesso!"


Neville allungò una mano ed afferrò il polso del Serpeverde in un gesto del tutto istintivo, senza abbassare lo sguardo per un attimo, perché sapeva che perderlo di vista avrebbe dato a Blaise la possibilità di ideare un piano di fuga. Tuttavia, non si rivelò una mossa molto brillante.

Il Serpeverde tirò indietro il polso imprigionato dall'altro, sbilanciò Neville in avanti e quando gli fu praticamente addosso, con la mano libera racchiuse la parte bassa del suo volto, parlandogli praticamente sulle labbra con una stizza così gelida che il Grifondoro non si sarebbe mai aspettato.


"Perché due forchette?"


Forchette. Oh Dio, l'odore del bagnoschiuma di Blaise. Sapeva di pulito e gli faceva venire voglia di affondare la faccia nell'incavo del suo collo! Forchette. La pelle scura come il cioccolato, sembrava così morbida e liscia, così da morso! E se l'avesse morso? La faccenda era seria, perché voleva farlo. Voleva morderlo. Forchette. Sentiva il contatto delle dita che lo stringevano sulle mascelle, lasciare impronte ardenti; ognuna gli bruciava la pelle dove la falange affondava senza troppa irruenza, ma con decisione. Si era sempre chiesto come sarebbe stato stringere le mani di Blaise... ma se erano loro a stringere lui, andava bene comunque. Due forchette? E, dannazione, doveva smetterla di fissarlo così! D'accordo, forse era un ragazzo un po' timido ma non è che fosse immune a certe provocazioni, perché quella lo era! Lo era eccome! Perché Blaise doveva essere sempre così Blaise? Se l'era già chiesto un'altra volta, ma non aveva ancora trovato una risposta. Come sarebbe a dire due forchette? E comunque poteva anche smetterla di respirargli così vicino, con tutto il diavolo di caldo che faceva lì dentro, gli sembrava il caso di starsene così appiccicato? Coperta? E chi diamine aveva bisogno di una coperta? La allontanò malamente, con distrazione. Che c'entravano le forchette? Sì ma non andava per niente meglio. Era troppo vicino e gli sembrava di sentire caldo anche nelle orecchie. E non poteva strapparsi le orecchie, no? Anche perché non aveva le mani. Cioè, sì, le mani ce le aveva, ma stavano facendo altro. Tipo testare la muscolosità imbarazzante delle spalle di Blaise. Merlino benedetto, era stato uno scempio coprirle con la maglia del pigiama. Che diavolo gli era passato per la testa? Chi gli aveva detto che poteva vestirsi in casa sua? Erano solide però. E calde. E solide. E non avrebbe mai più usato delle forchette. Se le forchette lo facevano arrabbiare, fanculo le forchette! Le avrebbe bruciate tutte una volta tornato a casa, ed avrebbe riso nel mentre. Una risata malvagia. Cattiva. Oddio, perché indossava ancora la stupida maglietta dello stupido pigiama?


"Preferisci le bacchette cinesi?"


Blaise si avventò sulle labbra di Neville come avesse aspettato fino ad allora un semplice pretesto. Non fu gentile, fu piuttosto irruente, si impose su di lui come si imponeva sulla vita, gli morse il labbro inferiore soltanto con il fine di fargli schiudere la bocca e quando questo accadde, si infiltrò in quel calore pulsante con una lingua pretenziosa.

Neville registrò distrattamente le mani di Blaise che gli afferravano interamente il volto con decisione, perché il resto del suo cervello era intento ad imprimere la sensazione che si poteva avere nell'affondare le mani nei suoi capelli scuri.

Non c'era dolcezza, c'era la frenesia che entrambi avevano covato per giorni e che finalmente era stata liberata; non potranno quindi esserci parole romantiche per raccontare come fu esattamente quel bacio. Va descritto con schiettezza, perché anche quella ne faceva parte.

Le labbra di Blaise erano morbide e sembravano volerlo mangiare, dall'intensità e la mancanza di pudore con le quali divoravano la sua bocca.

Come non sarebbe dovuto esserci un maledetto domani.

Lo suggeva con impeto, lo esplorava, lo conosceva, lo voleva.

Neville mugugnò qualcosa di così poco importante che non vale neanche la pena riportare.

Come volesse rendere quel contatto ancora più intimo e sfrontato e profondo, Blaise si tese verso di lui, costringendolo ad indietreggiare finché non si ritrovò con le spalle costrette contro il divano.

Neville si accorse di averlo sopra di lui solamente quando avvertì le dita fredde del Serpeverde esplorare ciò che c'era oltre il bordo della maglietta; mugolò per la sorpresa, ma i suoi vaneggiamenti furono soffocati ancora una volta dalla bocca di Blaise che gli leccava le labbra, gli lasciava una scia di baci umidi sulla mascella e si avventava sul collo, potendo scoprire finalmente cosa si provava nell'affondare i denti in quella pelle così maledettamente candida che per notti l'aveva destato in un bagno di sudore, con un'allegria in corpo davvero inopportuna per essere solo le tre (o cinque) del mattino.

Neville arcuò la schiena quando un brivido incontrollabile lo attraversò lungo la spina dorsale fino a raggiungere l'inguine.

Blaise aveva perso il controllo e lo stava facendo perdere velocemente anche a lui.

In quello stesso istante, il Serpeverde ne approfittò per far scivolare entrambe le mani sotto la maglietta del Grifondoro, guidandole lungo la spina dorsale a saggiarne le vertebre con i polpastrelli. Oddio, Neville era così morbido e la sua bocca sapeva di qualcosa di dolce ed era così caldo e le guance rosse e lentigginose ed i capelli sulla fronte e l'incavo del suo collo e porco di quel Salazar eremita del cazzo.

Lo voleva lì, sul divano, in quell'istante.

Non ci stava capendo più un accidente! Il suo sapore, il suo odore, l'avevano mandato letteralmente al manicomio.

Non aveva mai perso il controllo così. Mai. Solo che in quel momento gliene sbattevano altamente le palle del maledetto controllo. Gli avrebbe strappato i vestiti di dosso e l'avrebbe preso come diavolo voleva lui.

Neville fece scorrere le mani sulle sue braccia, odiando a tal punto le maniche della maglia del pigiama che ringhiò frustrato.

La lingua di Blaise risalì lungo il suo collo, seguendo la scia di una vena sottile e raggiunse l'angolo che c'è tra la mascella e l'orecchio, mordendolo con leziosità.


"Adesso resti?"


La sua voce calda ed arrochita d'eccitazione gli accarezzò l'orecchio, provocando un intenso tremito che gli causò la pelle d'oca. Socchiuse gli occhi verso il soffitto bianco, le mani impegnate nell'intento di far sparire una volta per tutte quell'odiosissimo pigiama; schiuse le labbra ma la sensazione delle dita bollenti di Blaise che lo tenevano saldo per i fianchi, gli impediva di recuperare lucidità.


"Non volevo andarmene" mormorò, voltando la testa verso di lui, ritrovandosi a parlare contro la sua guancia liscia.

Il Serpeverde abbassò le palpebre, sentiva letteralmente il sospiro caldo di Neville rotolare sulla sua pelle. Le sue dita affondarono maggiormente nel mare soffice dei suoi fianchi; dovette inspirare profondamente, per evitare di voltarsi e ricominciare a brutalizzare quella bocca come aveva fatto fino a quel momento. C'era una cosa che doveva sapere, prima. Poi avrebbe continuato a molestarlo.


"Non ti importa di quello che lei potrebbe dire?" replicò, senza guardarlo. Una morsa d'acciaio lo afferrò per lo stomaco, ma non disse altro.

"Lei chi?"


Neville intrufolò una mano tra i loro corpi e cercò il contatto con il volto di Blaise. Gli sfiorò una guancia, ma lui non lo guardava, sentiva ancora il suo respiro vicino l'orecchio. Il suo tocco si fece più deciso, voleva vederlo, voleva capire una volta per tutte cosa diavolo gli passasse per la testa perché il germe di un dubbio si era insinuato nella comprensione di Neville e se veramente quel germe aveva ragione, doveva troncare quell'ipotesi sbagliata sul nascere. Doveva farlo subito.

Con gentile fermezza, costrinse Blaise a voltare la testa verso di lui e quello che vide nei suoi occhi fu incertezza.

Di nuovo, Neville non si sarebbe mai aspettato di vedere un sentimento del genere provenire proprio da un tipo come Blaise. Lui, il maniaco del controllo, il sempre composto mai casuale Zabini, quello machiavellico che otteneva solitamente con facilità ciò che voleva, quello dalla risposta sempre pronta che anelava ad avere l'ultima parola su tutto. Quel genere di persona che non poteva davvero essere insicura di qualcosa! E, francamente, non ci credeva neanche un po'. Non credeva che proprio lui, Paciock l'imbranato, potesse essere la causa di un simile fenomeno astrologico, astrofisico, fantascientificamente catastrofico. La fine del mondo era vicina e lui non ne aveva saputo niente?


"Blaise, ma fai sul serio?"


Il Serpeverde corrugò la fronte. Non si aspettava una risposta del genere. Sopratutto non se il tono che il Grifondoro aveva usato era da ma guarda te 'sto deficiente.


"No... no va bé!"


Iniziò a ridere come un ebete, cercando di soffocarsi da solo per non svegliare Mathias. Il fatto che Blaise lo stesse praticamente uccidendo con gli occhi non fece altro che aumentare il suo divertimento.

No, sul serio! Blaise non stava scherzando! Si schiaffò le mani sulla bocca, cercando di darsi una calmata, un contegno, perché era sicuro che Blaise gli avrebbe stretto le mani attorno alla gola per ucciderlo se avesse continuato a ridere così. Ma era più forte di lui, non ce la faceva proprio! Strinse gli occhi, la pancia che gli doleva per lo sforzo di essere il più silenzioso possibile.

Oh per Merlino, era geloso! Blaise era geloso di lui! Questa consapevolezza lo gasò tantissimo. Si sentì potente, invincibile ed anche fico, se propri vogliamo dirla tutta. Godric sacrosantissimo, aveva nutrito qualche speranza quando aveva ingegnato quel piccolo piano malvagio quasi due mesi prima, ma davvero, neanche nelle sue più rosee aspettative avrebbe sperato che finisse così! Blaise era geloso e lui se la stava godendo alla grande, stava gongolando come un porco e sapeva che avrebbe dovuto darci un taglio ma ogni tanto voleva pure gioire delle sue scarse vittorie! E quella era stata clamorosa! Merlino quanto si sentiva potente.

Dal canto suo il Serpeverde, innervosito da quella che aveva interpretato come un'umiliazione bella e buona, liberò il corpo del Grifondoro dal suo peso e si mise seduto sul divano il più distante possibile, assalito da un improvviso freddo. Di scatto, con movimenti stizziti che celavano una sorta di incazzatura profonda, sfilò la coperta da sotto il corpo di Neville e se la gettò addosso, senza lasciarne un pezzettino disponibile. L'avrebbe fatto morire di freddo quel maledetto fedifrago e poi l'avrebbe sepolto in giardino a ci avrebbe fatto crescere sopra un albero di banane. Iniziò a vagliare tutte le maledizioni di cui era a conoscenza, indeciso su quale fosse più dolorosa. Certo, probabilmente dopo sarebbe stato definitivamente sbattuto ad Azkaban, ma ne sarebbe valsa la maledetta pena. Non avrebbe mai negato che, sì! Lui aveva ucciso Neville Paciock ed aveva provato gioia nel farlo! Tutto il mondo doveva sapere che era merito suo, che lui aveva posto fine alla sua inutile vita!


"Blaise..." Neville si era messo seduto e lo guardava con un'espressione che era un misto tra colpevolezza e divertimento, le labbra che ancora tremavano per colpa di risate che volevano uscire. Quindi si sentiva in colpa ma ne era comunque divertito! Vaffanculo l'albero di banane, ci avrebbe costruito sopra una maledetta piscina.


"Blaise!"

"Che vuoi?" soffiò, come un gatto incattivito.

"Non fare il bambino!"

"Prego?" lo fulminò con un'occhiata da maledizione senza perdono.

"Okayokayokay, niente! Comunque, credo tu ti sia fatto un'idea sbagliata..."

"Ah davvero? Ma non dirmelo" si ostinò a stringere la coperta, senza guardarlo. Ma la coperta aveva l'odore di Neville e Blaise non avrebbe potuto sopportarlo a lungo.

"Non conosco nessuna lei che potrebbe farmi la ramanzina se rientro tardi a casa..."

"Mh"

"E non c'è nessun lui in grado di dirmi cosa posso o non posso fare..."

"..."

"Ma se tu mi spiegassi cosa c'entrano le forchette in tutto questo delirio, forse potrei aiutarti a vedere la situazione da un'altra prospettiva"


Blaise gli lanciò un'occhiata bieca, soffermandosi particolarmente sulla bocca rossa e gonfia di baci. Era merito suo! Un sorriso felino gli piegò le labbra quando vide Neville arrossire. Ben gli stava!


"Quando sono venuto a prendere Mathias a casa tua, nel lavello c'erano dei piatti sporchi. Due. E c'erano anche delle forchette. Due" calcò bene la parola due, cosicché fosse palese la conclusione dei fatti.

"E quindi?" il Grifondoro sbatacchiò le palpebre con aria interdetta. La sua mente non era diabolica come quella di Blaise.

"Quindi, Paciock? Con chi vivi?"

"Ti sei incastrato il cervello su delle forchette?" le labbra tremarono di nuovo, ma Neville si fece violenza pur di non darlo a vedere: avrebbe altrimenti firmato la sua definitiva condanna a morte.

"Stai evitando la domanda"

"Non sto evitando la domanda, sto solo cercando di accettare il fatto che, per Godric, ti sei incastrato il cervello su delle forchette!"

Blaise sbuffò infastidito.

"Perché non rispondi e basta invece di incastrarti sul fatto che mi sono incastrato su delle forchette?"

"Perché non puoi aver sollevato tutta questa problematica per delle forchette! E se ne avessi usate due perché sono schizzinoso?"


Blaise allargò gli occhi, incredulo. Ma che diavolo... aveva parlato con Draco?!


"Stai offendendo la mia intelligenza" replicò, gelidamente.

"Disse quello che si era incastrato su delle forchette!" rispose l'altro, arcuando con eloquenza le sopracciglia.


Il Serpeverde si alzò dal divano, lasciando ricadere la coperta a terra. Era infastidito, si sentiva preso in giro e si sentiva anche stupido, perché Paciock aveva ragione. Non poteva davvero essere andato in crisi per delle stupide posate. Ma cosa gli aveva detto il cervello? Merlino com'era imbarazzante tutto quello, non lo sopportava! Gli lanciò un'occhiata, prima di aggirare il divano.


"Vado a dormire. Tu fa come ti pare" disse, con tono di voce incolore. Aveva già lasciato trapelare abbastanza, quel giorno.

No dai, scusami!” sentì dire dal divano, ma non si voltò, continuando a camminare verso la sua camera, aggiungendo un diplomatico “Buona notte”.


Neville dovette alzarsi velocemente, per impedire che Blaise lo mollasse lì per davvero come un babbeo. Con movenze un po’ goffe, perché lui alla fin fine era quel che era, gli si piazzò davanti con espressione dispiaciuta. Blaise lo trafisse con uno sguardo di acciaio, sembrando per nulla incline a lasciarsi fermare da lui. Il Grifondoro pensò che l’avrebbe calpestato, pur di passare; sapeva perfettamente che Blaise era un tipo abbastanza permaloso, quindi se l’era cercata. E dato che se l’era cercata, stava a lui mediare alla situazione. Quando aprì bocca per parlare, utilizzò il tono più sincero e serio che avesse. Perché rivivere quella discussione una seconda volta l’avrebbe gettato nel baratro dell’imbarazzo più profondo.


Vivo con qualcuno, Blaise”

Questo l’avevo capito”


Il francese sibilò infastidito. Lo sapeva, eppure sentirselo dire così era un’altra cosa. Veder confermare le sue supposizioni con tanta tranquillità, gli aveva fatto sentire il sapore della bile in bocca. Per fortuna, era una persona calma, che non cedeva alle manie di gelosia. Non aveva nessun diritto su Neville e non lo aveva anche per porgli domande del genere. Però, quando l’aveva baciato, era stato ricambiato (anche abbastanza allegramente, avrebbe azzardato a dire). Neville aveva partecipato eccome a quello scambio di... opinioni. E quindi? Qualcosa doveva pur significare, no? Oppure Blaise si stava comportando come la classica ragazzina di turno che costruiva castelli per aria, inventandosi di sana pianta storie infinite nella sua testa? La sola possibilità che potesse far parte di quella categoria di persone, lo fece rabbrividire disgustato. Mai si sarebbe abbassato a sospirare con aria sognante e a scrivere il nome di Neville ovunque, contornato da cuoricini. Mai. Corrugò la fronte... come diavolo era arrivato a pensare ai cuoricini?


Quel qualcuno si chiama Alberic. È una persona che mi sta molto a cuore e gli voglio un bene dell’anima...” la voce pacata di Neville lo riportò alla realtà. Sbatté le palpebre, concentrandosi su di lui.

Commovente” commentò, muovendo la lingua contro voglia sul palato.

... ed è mio cugino. Si trova qui a Londra per studio, mi sono offerto di ospitarlo perché non può permettersi di pagare un alloggio, oltre la scuola”


Colpito-affondato.

Suo cugino.

Neville viveva con suo cugino.

Perché l’ipotesi che il ragazzo potesse aver ospitato qualche amico, quella sera, o che potesse vivere con un maledetto parente non gli aveva mai neanche sfiorato la mente? Aveva pensato subito alla possibilità più catastrofica. E perché non ci aveva pensato nemmeno Draco? Era anche colpa sua, si disse; si sarebbe vendicato su di lui, considerando che con qualcuno doveva pur prendersela! Doveva giustificare la totale stupidità con la quale aveva fatto fronte alla situazione; aveva covato i suoi dubbi segretamente, alimentandoli sempre più con pensieri che non avevano fatto altro che allevarli nella luce sbagliata della prospettiva di cui Neville ora parlava. Restò immobile davanti a lui, respirando piano.


E’ tuo cugino” ripeté, cercando di salvare quella poca faccia che gli era rimasta.

Sì Blaise, è mio cugino”

Non è qualcun altro”

Non è nessuno con il quale sia solito fare...” Neville gesticolò con aria imbarazzata verso il divano e passò la mano dietro il collo con le guance accaldate. A Blaise quelle guance facevano venire voglia di smetterla di fare l'offeso.

Fare?” insinuò, senza pietà, perché offeso lo era ancora e Neville avrebbe dovuto pagare per le risate che si era fatto a spese della sua dignità.

Merlino, non bacio mio cugino così!” sbottò, avvampando fino alla radice dei capelli arruffati.

Vuol dire però che lo baci?”

Come si baciano i cugini!”

E come si baciano i non cugini?” socchiuse le palpebre e lo sguardo divenne provocatorio come il sorriso obliquo che lo accompagnava.

Mi stai mettendo in imbarazzo!”

Lo so, credo che la tua faccia scomparirà per autocombustione tra quattro, tre, due...”

Stronzo, lo stai facendo a posta!” gli mollò una manata sul braccio, ma avrebbe volentieri scavato una fossa nel terreno finché non fosse arrivato in Cina; doveva scegliere tra quello o morire presto per la vergogna.

Non posso proprio nasconderti niente” lo sbeffeggiò il Serpeverde, “Sei una volpe”


Ecco Blaise, hai avuto le tue risposte e adesso? Come esci da questa situazione, possibilmente salvando anche la faccia? Piegò con capriccio le labbra, inclinando di poco la testa da un lato, con aria assorta. La risposta sembrava essere una sola.


Considerando i fatti in nuova luce, possiamo anche riprendere da dove abbiamo lasciato”

Cos-”


Neville non poté mai finire di pronunciare la frase, perché le labbra di Blaise incollate alle sue gli tolsero tutto il fiato di cui disponeva.

















NOTE DELL'AUTORE: TA-TA-TA-TAAAN! L'ho betato da cima a fondo e se pubblico così tardi è perché ho modificato un bel po' di cose. Diciamo che rileggere i capitoli dopo parecchi mesi che li hai scritti te li fa guardare sotto una nuova luce (o prospettiva, tanto per restare in tema con il titolo, ahahah! :D) Finalmente Blaise e Neville si fanno una sana limonata, lo so che la stavate aspettando trepidanti da ben QUINDICI e dico QUINDICI capitoli. Alla faccia del 'abbiate un po' di pazienza' eh? Ahaha spero di non essere risultata stucchevole o troppo poco naturale, diciamo che questo genere di scene non sono il mio fiore all'occhiello ;) Vi lascio immaginare sino a che punto arriveranno dopo aver ripreso da 'dove si erano interrotti' :p Siamo al sedicesimo capitolo, sono passati praticamente due mesi, qualcosa doveva pur succedere prima o poi! Ma il bello deve ancora venire :) Ringrazio immensamente chi ogni volta commenta questa storia con tanta pazienza, chi la legge in silenzio, chi la segue, la preferisce e la ricorda: siete tutti così fantastici che non posso descrivervi. Ci terrei però a fare un ringraziamento molto particolare a BogartBacall aka Alice, che mi ha gettata nel baratro dell'imbarazzo più totale segnalando addirittura questa storia da inserire tra le scelte. Cioè, io davanti a queste cose mi metto a frignare in modo indecente, come faccio a salvare la mia immagina nonché reputazione di Serpeverde?! Accipicchia donna, come mi hai ridotta: ad una gelatina insulsa senza volontà. Grazie mille davvero...

Un abbraccio forte a tuuutti tutti!

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Capitolo 17
*** Capitolo 18 ***


DICIOTTESIMO CAPITOLO


If this is all there is

Then this is all there can be

Cause I don't see no road

That leads to you, and me.


Paved the way on empty roads

Into a gray of old headstones

And the path you take might be your own

(Streets of Gold, 30H!3)



Non ci penso nemmeno!” indietreggiò con titubanza, altalenando gli occhioni increduli dall'uno all'altro.

Non l'avrebbe fatto, nossignore! Perché era sempre lui quello che finiva per fare il lavoro sporco?!

Non puoi tirarti indietro” lo vezzeggiò la sua voce, carezzevole come il sibilo di un serpente non proprio innocuo.

Perché non lo fai tu?!” rispose per le rime, sentendosi praticamente braccato. Come ci era finito in quella situazione?

Perché voglio farmi due risate, coff

Blaise si strinse con leggerezza nelle spalle, sulle labbra un sorriso maledettamente serafico.

Scusa, che hai detto?!”

Ho detto: dove diavolo è finito il leggendario coraggio di cui voi Grifondoro andate tanto fieri?”

Neville si indispettì, se possibile, ancora di più. Sempre con quest'orgoglio Grifondoro di qua ed orgoglio Grifondoro di là! Era un vizio!

L’ho esaurito tutto quando ho ammazzato la lucertola di Voldemort!” rispose lapidario, incrociando le braccia contro il petto, fermo sulla sua posizione. Quando diceva no, era no.

Ah, quello è stato un colpo da maestro, te lo devo dire Paciock” Blaise lo graziò di quel riconoscimento con parole garbate e cristalline. Era una constatazione, quella. Ma Neville non si lasciò raggirare, cominciava a capire bene come funzionavano gli ingranaggi che muovevano la mente del Serpeverde.

Oh, grazie Blaise, avrai saputo anche della spada che ho usato! La possono impugnare solo i veri Grifondoro, quindi è inutile che tenti di premere su questo tasto perché qualsiasi cosa dirai, quella spada è la conferma di ciò che sono davvero!”

Blaise sfoggiò un'espressione ammirata, annuendo lentamente in segno di comprensione. Ma Neville sapeva che c'era dell'altro. C'era sempre, con lui!

Mh-mh. Mi chiedo se saresti in grado di impugnarla anche adesso...” commentò infatti, facendo scivolare con studiata casualità le parole sulla lingua. Il Grifondoro corrugò la fronte.

Che vorresti dire?!”

Guardalo!”


Mathias avanzò al momento giusto e sfarfallò le ciglia, sporgendo il labbro inferiore con una malvagità di cui Neville non riusciva a capacitarsi. Non era giusto, semplicemente non era giusto il modo in cui riusciva a farlo sentire in colpa!


Con quale coraggio infrangi i sogni di un povero bambino innocente?” ci mise il carico sopra, Blaise, senza nessuna pietà.

Con lo stesso coraggio che il tuo simpaticissimo ed adorabilissimo amichetto Malfoy mi ha gentilmente sottratto durante la nostra prima lezione di volo!”

Il Grifondoro distolse lo sguardo da loro e si incaponì ad osservare una nuvola. Erano belle, le nuvole. Avevano un sacco di forme strane, a volte buffe, così soffici...

Non ti facevo tipo da restare così attaccato al passato. Butta l’ascia di guerra ed insegna a Mathias come si cavalca un scopa!”


Così leggiadre, sospinte dal ven-... Neville allargò il occhi, spalancando la bocca. Non poteva crederci! Arrossì fino alla punta delle orecchie, osservando il modo provocatorio e saputo con il quale le labbra di Blaise si erano tese. Era stato indecente, indecente! Il tono di voce che aveva usato per ‘come si cavalca una scopa’ era stato indecente! Erano in presenza di un bambino, dannazione, come aveva potuto?!


Sei proprio senza vergogna!” sputò indignato, accompagnando le parole con un'occhiata di commiserazione. Purtroppo per lui, Blaise, aveva una faccia di bronzo così scolpita che di commiserazione gliene sarebbe servita a vagonate, prima di riuscire ad offenderlo almeno un po'.

Non so di cosa tu stia parlando”

Invece lo sai benissimo!”

Il Serpeverde osservò le unghie perfette, controllando che fossero rimaste tali.

Vaneggi” sentenziò, con leggerezza.

Ti piacerebbe!”


Con una faccia da gnorri totale, Blaise spinse delicatamente la schiena di Mathias, facendogli compiere un passo in avanti; in tutto ciò, il bambino non aveva smesso un attimo di corrompere la coscienza di Neville con espressioni che avrebbero fatto uggiolare di tenerezza pure Draco Malfoy. Neville trattenne il respiro, indignato da quella coalizione che mai, mai si sarebbe aspettato. Aveva fatto male ad aiutarli, malissimo. Se quelli erano i risultati, significava che s’era scavato la fossa da solo! Incrociò le braccia al petto e tornò a guardare altrove, esaminando il grande prato soleggiato; proprio come avevano previsto, era domenica e c’era bel tempo. Significava che la promessa fatta a Mathias il giorno di Natale, andava mantenuta. Bé, in realtà era stata una proposta ma considerando come il bambino aveva rigato dritto nell’assumere le pozioni senza fiatare, s’era guadagnato per diritto quella giornata. E pensare che era stato lui stesso ad avere quell’idea. Maledizione al suo vizio di non stare mai zitto; perché non si era fatto gli affari suoi una buona volta?! Abbassò lo sguardo sul suddetto interessato quando lo sentì tirare una manica del suo cappotto. Con riluttanza, lo guardò negli occhi, inconsapevole di star così firmando la sua condanna. Dei lunghi secondi passarono nel silenzio, durante i quali Neville e Mathias rimasero a scrutarsi piuttosto intensamente.


Un secondo

Due secondi

Tre secondi

Quattro secondi

Cinque secondi

Sei secondi

Sette secondi

Otto secondi

Nove secondi

Dieci secondi

Undici secon-


Oh, diavolo, va bene! Basta che la smetti di guardarmi così!”

Neville, lo sapevo che sei il migliore del mondo!”


Reggendo sotto braccio la sua nuova scopa fiammante, Mathias trotterellò in mezzo al prato con un sorriso che gli partiva da un orecchio e finiva all’altro. Neville rimase immobile qualche altro secondo, con espressione profondamente interdetta.


Perché ho la sensazione di essere appena stato preso in giro da un bambino? L’ha detto con troppa enfasi...”


Blaise annuì lentamente a quella consapevolezza, con una faccia che la diceva assai lunga di cosa ne pensava al riguardo.


Benvenuto nel club”





C’era da ridere, sul serio.

Neville sembrava avere a che fare con un mostro, anziché con una scopa. La guardava con diffidenza e la toccava solo se strettamente necessario. Di certo non era uno dei suoi mezzi di trasporto preferiti e Blaise non faticava a capirne il perché; del resto, non piaceva molto anche a lui e quello era uno dei motivi per i quali aveva riversato il lavoro sporco (leggasi insegnare a Mathias come volare) sul Grifondoro (quello, in aggiunta alla prospettiva di vedere come Neville se la sarebbe cavata in un’impresa del genere). Blaise non credeva che le parole sarebbero mai valse come le scene cui assistette. Avvertiva i muscoli della faccia praticamente paralizzati dal dolore, nel tentativo di non buttarsi a terra e ridere come non aveva mai fatto in vita sua.

Paciock era proprio imbranato e goffo e così carino quando si impegnava a fare qualcosa che chiaramente non gli piaceva e che di certo non era il suo forte. Però, diavolo, si impegnava davvero, era da riconoscerlo.

Fatto sta che, comunque, era riuscito a far sollevare Mathias di qualche centimetro dal terreno, la qual cosa aveva mandato letteralmente il bambino in visibilio. Ciondolava le gambe avanti ed indietro, come volesse far muovere la scopa in quel modo e nel frattempo incitava Neville a spiegargli altre cose perché voleva raggiungere lo spazio e voleva farlo subito.

Il Grifondoro sbiancò davanti a quelle pretese ed anziché incoraggiare l’intraprendenza di Mathias, cercò di riportarlo a terra con tutte le buone e sante ragioni. Ma Mathias voleva verificare se gli alieni esistessero davvero e con una scopa niente e nessuno avrebbe potuto fermarlo!

La faccia cianotica di Neville causò un altro spasmo ai muscoli facciali di Blaise che, da una panchina non molto distante, si stava godendo la scena.

Erano stati molto attenti nella scelta del luogo e per sicurezza avevano gettato qualche incantesimo qua e là che allontanasse i curiosi (leggasi babbani).

Quando il bambino riuscì a capire (da solo) come far almeno avanzare la scopa, Neville iniziò a (in)seguirlo a rotta di collo per tutto il prato, pregandolo, per l’amor di Godric, Mathias! di rallentare un attimo e di starlo a sentire perché non era così bello come pensava, puoi farti male se non sai certe cose!

A quel punto Blaise dovette cedere per evitare di morire soffocato perché, davvero, non poteva più resistere! Si prese tutto il tempo di cui aveva bisogno per farsi una sana e grassa risata, che durò in verità circa un lungo minuto, dopodiché si alzò dalla panchina dirigendosi verso di loro con il sorriso che proprio non voleva sparire dalla faccia. Erano troppo divertenti!


Mathias, direi che è il caso di rallentare davvero” esordì, seguendo con gli occhi i movimenti incerti ed a zig-zag del bambino “a meno che tu non voglia la dolorosa morte di Neville per esserti corso dietro tutto il tempo. Lo sai che presto o tardi finirà per inciampare in qualcosa e si spaccherà la testa”

Oh, grazie Blaise, grazie davvero! Il tuo aiuto è sempre gradito” biascicò sarcastico, con il respiro corto e gli zigomi arrossati. Il Serpeverde sorrise con gentilezza.

Non c’è bisogno che mi ringrazi”

Forse hai ragione...” fu Mathias a parlare infine, mentre saggiamente decideva di far riprendere fiato a quel povero disgraziato di Neville, che non poteva crederci! si sentì offeso dal fatto che il bambino fosse d’accordo con Blaise!


Io. Vi. Odio. Entrambi. Dico sul serio. Vi odio” scandì con decisione, tenendosi il fianco con una mano. Non era mai stato portato per l'esercizio fisico. Era la natura ad essere diventata la sua vocazione, principalmente perché implicava una certa sedentarietà.

Non è vero” “Bugiiia!” risposero quelli nello stesso istante. La sorpresa fu tale che, per brevi secondi, riuscirono a zittirlo.

Sì invece. Vi preferivo prima. Quando bisticciavate e non parlavate in coro come adesso”

Non essere nostalgico” “Un’altra bugiiia!”


Neville optò per un religioso e dignitoso silenzio; era una battaglia persa e se non era certo di poter affrontare con coraggio una faccia da schiaffi, figurarsi due! Perché era così che lo guardavano! Con delle facce da schiaffi!

Sospirando, prese la saggia decisione di lasciar correre, riprendendo da dove Mathias l’aveva interrotto.

Blaise restò qualche minuto con loro ad osservarli mentre, inconsapevolmente, imprimeva nella sua memoria particolari come i riflessi più chiari dei capelli di Mathias bagnati da sole, il modo in cui Neville gentilmente gli suggeriva di reggere la scopa, le manine inesperte del bambino che cercavano di seguire i suoi suggerimenti, l’espressione naturale che incredibilmente vedeva affiorare sul suo volto e la tristezza che suoi grandi occhi scuri non riuscivano più a celare.

Mathias non avrebbe mai potuto superare la morte dei suoi genitori perché, di fatto, quelle erano cose che non si superavano e basta; d’altra parte, forse avrebbe potuto...

No.

La famiglia cui era destinato, l’avrebbe sicuramente aiutato a convivere con quel dolore. Se ne sarebbe occupata lei.

Frugò all’interno del cappotto, estraendo una macchina fotografica magica; nell’obiettivo inquadrò i due ignari soggetti e scattò la foto, affinché anche il Grifondoro ne potesse avere una di lui ed il bambino, da guardare in futuro o magari da mettere nel cassetto di un settimino.

Mentre Mathias e Neville si allontanavano da lui mano a mano che il bambino riusciva a far avanzare la scopa con un certo controllo, Blaise strinse i denti senza nemmeno rendersene conto.

Si stavano allontanando da lui.

Erano lì, a qualche passo di distanza ma... si stavano allontanando.

In futuro, ripensando a quei momenti, Blaise avrebbe capito il significato di quella sensazione; sarebbe stato in grado di definire cosa, esattamente, si stesse allontanando (la loro quotidianità, il tempo che avrebbero ancora speso insieme)... anche se in quel momento non riuscì a spiegarsi perché avesse pensato una cosa del genere.

I capelli di Mathias scompigliati dal vento che, come la prima volta in cui si erano incontrati, gli davano un’aria da delinquente.

Il sorriso incerto sulle labbra, nato da quelle piccole vittorie dovute ai movimenti precisi della scopa.

Gli occhi grandi, dove assieme alla tristezza si annidava la meraviglia per un mondo che ancora doveva conoscere.

Il visetto pallido, macchiato da alcune chiazze rosse dovute al freddo e spolverato di efelidi sul naso.

Blaise distolse lo sguardo, tornando verso la panchina in silenzio. Sì, in futuro avrebbe ricordato quelle cose, che ora non sapeva nemmeno di aver impresso nella memoria.


*


Con uno sbuffo, Neville si sedette accanto a lui, senza perdere di vista Mathias, neanche per un momento. Aveva voluto metterlo alla prova, lasciargli la libertà di praticare da solo ciò che gli aveva insegnato, ma una parte di lui temeva ancora che avrebbe tentato di raggiungere lo spazio per incontrare qualche alieno.

Corrugò le sopracciglia con una certa apprensione ma si impose di tenere il sedere incollato alla panchina e di restare ad osservare, promettendosi di intervenire solo se strettamente necessario. In fondo era da più di un’ora che gli correva dietro come un pazzo ed aveva sentito il bisogno fisico di riposarsi cinque minuti.


Cosa stai leggendo?”


Blaise distolse lo sguardo da quelle righe oramai divenute familiari e gli lanciò uno sguardo assorto, come lo stesse in un certo qual modo sottoponendo ad una valutazione.

Ma Neville, che non aveva per questo intenzione di smettere d’osservare i movimenti di Mathias, non riuscì a studiarsela, quell'espressione. Fu per questo che la ruga tra le sopracciglia, dovuta alla sopra citata preoccupazione, si approfondì maggiormente.


Che c’è?!”


Il suo tono di voce tradì un pizzico di ansia.

Sì, Blaise gli metteva l’ansia, perché ogni volta lo costringeva a fare una fatica immane per capire che diavolo gli passasse per il cervello, data la sua natura non proprio loquace. Lo obbligava a fare tutto il lavoro sporco, ma in quel momento avrebbe richiesto troppa attenzione e non voleva che per una sua distrazione, Mathias rischiasse di farsi male.

Strinse i pugni sulle ginocchia ed inspirò profondamente, per evitare di lasciarsi prendere dall’isteria.

Qualche secondo dopo, Blaise allungò la lettera verso di lui ed il Grifondoro gli gettò un’occhiata veloce, tradendo una certa curiosità; la cosa che riuscì a distinguere più chiaramente di tutte, fu il bollo Ministeriale.


Che è successo?”

Leggila” fu la lapidaria risposta del Serpeverde, abbastanza priva di intonazione da indurre Neville ad abbassare un attimo la guardia e darsi ad una veloce lettura.


Gentile Sig. Zabini,


la presente per ricordarLe l’imminente appuntamento mensile che avverrà in sede ministeriale al fine di monitorare le condizioni di salute del soggetto a Lei assegnato, Sig. Ramos Mathias Alan. Ribadiamo che in caso di mancata presenza ed in assenza di un qualsivoglia avviso tale a posticipare la data del colloquio, il Ministero in appello al Decreto per la Tutela dei Maghi Minori, 1857, Comma C aprirà un’inchiesta a suo nome.


Neville strinse la lettera con una certa stizza.

Blaise sarebbe stato indagato, nel caso non si fosse presentato senza avvertire.

Ancora.

Quelli del Ministero iniziavano a fargli veramente schifo.


La informiamo inoltre che in occasione della consueta visita, sarà presente la famiglia che da gennaio prenderà ufficialmente in custodia il soggetto affidatoLe, sollevandoLa dal Suo incarico di Tutore temporaneo. In sede verranno forniti ulteriori informazioni al riguardo.

Buona giornata.


Cordialmente,

Hesperia Sludge

Ufficio per la Tutela dei Maghi Minori

Ministero della Magia


Neville inghiottì a vuoto e schiarì la voce, continuando a fissare la lettera senza realmente vederla.

Quindi... quelli sarebbero stati gli ultimi giorni che avrebbe passato in compagnia di Mathias... che avrebbero passato con Mathias.

Inumidì le labbra con la punta della lingua, lanciando un’occhiata incerta verso Blaise, che osservava il bambino con uno sguardo indecifrabile.

Il Grifondoro avrebbe tanto voluto saper leggere i suoi pensieri... non riusciva a stabilire se fosse sollevato o meno, da quella notizia. C’erano tante cose, ancora, che non sapeva né capiva dell'altro...


Non... non sei sollevato?” azzardò, incespicando nel tono di voce, nel dubbio d’aver scelto le parole sbagliate per togliersi quel punto interrogativo dalla testa.


All’inizio Blaise non rispose, perché francamente non sapeva che cosa dire. Poi, optò per una risposta ragionevole.


Sì, lo sono. Sicuramente loro, chiunque essi siano, sapranno occuparsi di lui molto meglio di come sto facendo io” di come avrei potuto mai fare, aggiunse mentalmente, ma tenne per sé quell’osservazione. Aveva detto a Neville semplicemente ciò che si era ripetuto dal giorno di Natale, quando quella fotografia di lui e Mathias, dal mobile della cucina era finita nel cassetto del suo settimino. Cassetto che ogni sera doveva aprire per procurarsi della biancheria pulita.


Neville, pur trovando giusta quella risposta, non la valutò soddisfacente. Aveva come la sensazione che Blaise non gli stesse veramente dicendo ciò che pensava, ma non sapeva se insistere l’avrebbe aiutato, in quel frangente.

Guardò il suo viso a lungo, cercando di penetrare senza far troppo rumore, quella patina impalpabile in cui Blaise era quasi sempre avvolto, quella che lo faceva apparire scostante e poco incline al dialogo. Ma Neville sapeva che era la sua natura e che il ragazzo non era né l’una né l’altra cosa, almeno con chi lo meritasse.

Si chiese se lui fosse riuscito a meritarselo o se, ancora, dovesse percorrere altra strada prima di arrivare ad un certo punto. Quel punto in cui la patina, per lui, non sarebbe stata più un problema... quel punto in cui avrebbe semplicemente saputo guardare oltre, superandola senza doverla necessariamente fare sparire.

Sospirò silenziosamente, richiudendo la lettera con lentezza; quelli del Ministero prima avevano fatto cuocere Blaise nel suo brodo, senza informarlo nemmeno del tempo in cui avrebbe dovuto occuparsi di Mathias e poi, da un giorno all’altro, glielo toglievano.

Così, con una lettera.

Fece una smorfia, ricacciando giù per la gola il sapore della bile.


Solitamente non fai la parte del modesto Blaise ed io credo tu te la stia cavando più che bene, con Mathias”

Se anche fosse, questo non cambierebbe le cose”

Quali cose?”

Dopo aver lanciato un veloce sguardo a Mathias, tornò a tentare di leggere l'espressione del Serpeverde.

Entrerà al Ministero con me e se ne andrà con degli sconosciuti” disse quello, ancora con quel tono privo di colore. Neville poteva sentire il rumore che faceva la sua mente anche da lì.

Ed è questo che vorresti cambiare? Vorresti che lui uscisse da lì con te?”


Blaise strinse le labbra, voltando la testa verso di lui con uno sguardo turbato, il cervello che frenetico formulava pensieri talmente veloci da essere inafferrabili. Strinse i pugni all’interno delle tasche del cappotto ed affondò il mento nel bavero, sfiorando la stoffa con la bocca, in una carezza distratta.

Quegli occhi neri, in quel momento così espressivi, fecero venire voglia a Neville di toccarlo.

Quello che lo fermò, fu la presenza di Mathias poco distante da loro che dirigeva la scopa verso la panchina.


Guardatemi, guardatemi! Va dritta, va sempre dritta e riesco a farla girare senza perdere l’equilibrio!” trillò, entusiasta. La risata cristallina che riempì l'aria, sembrò imbottire anche i loro cuori.


Blaise guardò il bambino, accennando un sorriso così tranquillo che la diceva ben lunga, su cosa provasse per Mathias.


Ma, come già specificato, c’erano tante cose che Neville ancora non coglieva bene sul Serpeverde.

Perciò, sorrise anche lui.



















NOTE DELL'AUTORE: lo so, lo so, il capitolo finisce in un punto un po' critico. Ma, ditemi voi, quand'è che i capitoli in generale finiscono in punti non critici? Che scrittrice (o presunta tale) sarei se non vi facessi penare almeno un po'? Devo con mio sommo rammarico avvisarvi che i prossimi capitoli non saranno molto corposi, questo a causa di esigenze di trama. Tuttavia può consolarvi il fatto che, cascasse pure un meteorite, ogni sacrosanto venerdì avrete il vostro benedetto aggiornamento Parola di scout. Spendendo un attimo un paio di parole per la trama... Proprio questo, per l'appunto: la trama. Questa storia ce l'ha e come avrete ben notato (o almeno lo spero), non ruota tutto intorno a Blaise e Neville, anche se sono la coppia principale e il fandom è Harry Potter fino a prova contraria. Ultimamente la mia voglia di leggere fanfiction è drasticamente diminuita. Non solo per l'assenza di trame interessanti nelle storie... ma anche perché, quando magari ce n'è una, questa solitamente verte intorno unicamente alla coppia principale. Ci sono delle autrici che ancora non hanno contratto questo virus e che silenziosamente leggo con molto affiatamento, ma la situazione è piuttosto triste in generale. Il punto focale di ogni storia sembra essere diventato quello di far accoppiare i protagonisti come animali. Francamente sono fiera di appartenere ad un'altra scuola. Un abbraccio fortissimo a tutti e quando dico tutti, intendo tutti. Siete meravigliosi, dal primo lettore all'ultimo recensore. Senza di voi sarei una misera particella di sodio.


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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


DICIASSETTESIMO CAPITOLO


I’m gonna pick up the pieces,

And build a Lego house

When things go wrong we can knock it down

[...]

And it’s dark in a cold December, but I’ve got ya to keep me warm

And if you’re broken I’ll mend ya and keep you sheltered from the storm that’s raging on

(Ed Sheeran, Lego House)


Mathias schiuse gli occhi verso un soffitto dall’aria familiare. Sentiva la faccia andare a fuoco e nonostante il sudore che gli imperlava la fronte, il corpo era scosso da brividi di freddo. Stava uno schifo, per non parlare del cerchio invisibile che gli comprimeva la testa.

Arricciò la punta del naso facendo una smorfia dolorante; la febbre aveva donato alle sue guance un colorito che non aveva mai avuto, smorzando le occhiaie violacee che era solito sfoggiare con fierezza per incutere terrore nel prossimo.

Lentamente, gli tornarono alla memoria gli eventi di qualche ora prima e come se non avesse pianto abbastanza, una morsa gelida gli strinse il cuore; doveva sicuramente averlo fatto, perché iniziò a sentire più freddo di prima, se possibile. Cercò di rigirarsi nel letto ma era sepolto sotto talmente tante coperte che quel peso gli rendeva difficoltoso qualsiasi movimento, per non parlare del dolore alle ossa. La febbre era veramente uno schifo.

Sospirò, notando attraverso il velo lucido che gli appannava gli occhi, un bicchiere di acqua sopra il comodino. Cacciò fuori dalle coperte un braccio, afferrandolo con lentezza: adesso che l’aveva visto, aveva realizzato di avere una sete bestiale.

Si mise seduto, aiutandosi con l’altra mano e poggiò la schiena contro i cuscini. Solo in quel momento, sentì un peso sparire dalla fronte e ricadergli sulle gambe. Confuso, adocchiò una pezza bagnata; non era stata quella ad avergli dato la sensazione di compressione dolorosa, però sentiva la testa più leggera. Allora lo sapevano, che stava male!

Un egoistico senso di soddisfazione lo sfiorò prepotentemente. In una maniera che lo faceva arrabbiare, desiderava che qualcuno si preoccupasse per lui. Lo desiderava con tutto il cuore, perché la sua mamma quando stava male era sempre agitatissima e suo padre si inventava questo mondo e pure quell’altro, per distrarre entrambi. Anche se si trattava di una semplice febbre.

Un timido sorriso fece capolino sulle sue labbra, al ricordo di come un giorno, insieme ad entrambi, aveva giocato a raccontare storie creando delle ombre cinesi sul muro con il solo ausilio delle mani e di una lampadina; strinse la pezza bagnata, sentendola ancora fresca sotto il suo tocco, segno che non doveva essere stata cambiata da molto.

Portò il bicchiere alle labbra e spostò la frangia umida dalla fronte, azzardando uno sguardo alla sua stanza con cautela, perché la testa a tratti gli girava.

Qualcosa di voluminoso, sul comodino, attirò la sua attenzione; prima non l’aveva visto, rimbambito com’era ancora di sonno, ma ora i suoi occhi stavano osservando un pacchetto di carta bianco latte con al di sopra una bella, voluminosa, coccarda rossa. Ricordò che era Natale.

Dopo un’occhiata alla finestra, si rese conto che era anche pomeriggio inoltrato, perché il sole era tramontato da un po’, anche se dalla strada provenivano ancora i rumori frenetici del traffico.

Dopo aver bevuto a sufficienza, poggiò il bicchiere sul mobile e con le dita sfiorò il pacchetto; c’era un bigliettino attaccato alla coccarda, che riportava con una calligrafia fine il suo nome.

Solo Mathias.

Restò ad osservare il pacchetto per un lungo, silenzioso minuto, durante il quale cercò anche di cogliere eventuali rumori provenienti dal di fuori della sua stanza. L’idea che qualcuno potesse entrare mentre decideva di scartare il suo regalo, lo metteva a disagio. Si era comportato male, ne era fermamente convinto oltre che consapevole e nonostante questo, qualcuno gli aveva fatto un regalo. Qualcuno che quasi sicuramente doveva essere Blaise, perché tra le tante cose che aveva osservato di lui, era presente anche il modo in cui scriveva. Non poteva credere che proprio lui, dopo tutto quello che aveva combinato, gli avesse fatto un regalo! Se lo sarebbe aspettato forse da Neville, ma non da Blaise.

Prese il pacchetto tra le mani e senza ancora scartarlo, lo appoggiò sulle gambe, osservandolo con attenzione. Cosa poteva essere? Indovinare il contenuto dei regali era un gioco che aveva sempre adorato fare con suo padre.

Lasciò scorrere le dita lungo i lati del pacchetto, studiandone gli angoli.

Sorrise, non era così difficile! Doveva sicuramente essere un libro!

Accarezzò la coccarda, indeciso se aprirlo o meno.

Si vergognava a scartare un regalo di Blaise. Fino al giorno prima se ne erano dette di tutti i colori, perché gli aveva fatto un regalo?! Ma lui era pur sempre un bambino e la sua titubanza cedette il posto alla curiosità. Cercando di fare il minor rumore possibile, iniziò a rompere la carta, scoprendo effettivamente la copertina di un libro, bianca come l’involucro che l’aveva celata.

Mathias corrugò la fronte, rigirandoselo tra le mani. Che strano... non c’era scritto niente, né all’esterno né all’interno! Blaise aveva voluto prenderlo in giro, dopo tutto? Non fece in tempo ad offendersi sul serio che tra le sue mani il libro iniziò a prendere forma; si assottigliò, la copertina si colorò di varie sfumature verdastre e le pagine all’interno vennero macchiate da fiumi di parole che prima non c’erano. Con sorpresa, Mathias sgranò gli occhioni nocciola ed aprì la bocca. Non poteva essere!

Aprì il libro, sfogliandone velocemente le pagine, con uno stupore davvero impareggiabile. Quel libro gli era stato comprato da suo padre l’anno prima ed al suo interno si susseguivano le descrizioni di tutte le razze di draghi esistenti al mondo! Come poteva essere finito lì?!

Arrivò all’ultima pagina, cercando qualcosa in basso. E lo trovò.

Al nostro futuro Signore dei Draghi! Con affetto, mamma e papà.

Era proprio lui, non c’era dubbio! Lasciò ricadere il libro sulle coperte, constatando con confusione che dopo qualche secondo, il libro tornò completamente lindo e pinto. Non solo aveva avuto la capacità di assumere l’aspetto di qualcosa a cui teneva, ma era diventato letteralmente quello stesso oggetto! Lo riprese alla velocità della luce e se lo strinse al petto così forte che gli angoli del libro lasciarono dei segni sulla sua pelle. Ma non importava.

Al di là della porta, avvertì dei passi avvicinarsi e delle voci che cercavano forse di essere discrete. Buttò la carta del regalo sotto al letto, ficcò il libro sotto il cuscino e si stese di nuovo sotto le coperte, chiudendo gli occhi. Quando la porta si aprì, Blaise e Neville entrarono cautamente; il secondo allungò il collo, come per accettarsi che il bambino dormisse ancora.


Non si è ancora svegliato! Dovremmo preoccuparci?” lo sentì sussurrare, il bambino, piuttosto cautamente.

Lo dici tu che non si è svegliato” rispose l'altro, usando meno accortezza “Sono ben lungi dall’essere cieco e non è che se tieni un occhio chiuso ed uno mezzo aperto per sbirciare, Mathias, non me ne accorgo, sai?”


Mathias sbuffò ed aprì entrambi gli occhi, roteandoli verso il soffitto.


Ti ho sottovalutato” rispose, con un tono di voce roco; sentì il suo stesso respiro bollente accarezzargli la pelle del volto.


Come al solito!”


Neville gli propinò una mezza specie di gomitata e si avvicinò al letto, sedendosi accanto al bambino. Prese la pezza umida e la appoggiò di nuovo sulla sua fronte, accarezzandogli i capelli con gentilezza.


Hai dormito un sacco lo sai? Come ti senti?” gli chiese il giovane, con una sorta di preoccupazione mista ad affetto che fece battere più velocemente il suo cuore.

Così...” si strinse nelle spalle “sono stato meglio...”

Mi sembri mia nonna, anche lei dice sempre così” Neville rise brevemente, sembrando già più sollevato.

Allora hai una nonna saggia!”

Sì, lo credo anche io...” ci fu una breve pausa, durante la quale il Grifondoro inumidì le labbra “Abbiamo provato a darti una pozione ma non siamo riusciti a fartela ingoiare, mentre dormivi...”

... Non la ingoierò adesso. Odio le pozioni, hanno un sapore disgustoso!” Mathias si ritrasse sotto le coperte, come fossero una fortezza inespugnabile.

Ma se vuoi guarire la devi prendere!” esclamò Neville, assistendo a quello che aveva proprio temuto di più. Eppure, quella reazione così normale da parte del bambino, l'aveva quasi fatto sorridere di sollievo.

Non la voglio, non mi piace!”

Ma io e Blaise l’abbiamo preparata con tanto amore...”

Non è vero” intervenne quello, sentitosi ingiustamente tirato in causa “Ci ho messo tanta professionalità, ma l’amore no”

Stai zitto Blaise” soffiò Neville, lanciandogli un'occhiataccia minatoria.

Non puoi raccontare bugie a chiunque ti capiti a tiro, Paciock” si difese il ragazzo, allargando le braccia come se la cosa fosse ovvia.

Non berrò la pozione, neanche sotto tortura!” il malato della situazione attirò di nuovo l'attenzione degli unici adulti presenti in stanza (anche se a volte si faticava a crederlo... Che fossero due adulti, si intende) e sbucò da sotto le coperte puntando il naso all'insù.

Mathias, Blaise non diceva sul serio, ci ha messo anche tutto il suo amore”

Mathias non ti fidare”

È inutile che insistete, ho detto di no!”

Però è un peccato Mathias, lo sai?” Neville abbandonò il suo tono diplomatico e cambiò completamente registro, mostrandosi piuttosto affranto.

La la la la la”

Diglielo che è un peccato, Blaise!” attirò l'attenzione dell'altro con un pizzicotto sulla gamba.

Una tragedia, a dire il vero. Non sai che ti perdi” si staccò dallo stipite della porta e sillabò un silenzioso ti uccido verso il Grifondoro.

La la la la la”

A quanto pare non vuole sentire ragioni. Va bé, lo daremo a qualcun altro” Neville si alzò dal letto con un sospiro e lisciò la stoffa dei pantaloni con un certo savoir faire.

Sì, che ne dici del figlio di Potter? Sicuramente ne sarà contento” commentò Blaise, facendo già per uscire fuori dalla camera e lasciare così Mathias al suo destino.

La la l-”

James, dici? Mah, forse è un po’ troppo piccolo... però sarebbe adatto per quando crescerà...”

Sicuramente sarebbe un bambino in grado di apprezzare”

Tu dici?”

Di che state parlando?” si intromise il fagotto nascosto sotto le lenzuola, uscendo allo scoperto con cautela.

Oh no, niente Mathias. Lasciamo stare. Sei affaticato, hai la febbre alta e senza pozione ci metterai un sacco di tempo per guarire. Meglio lasciarti riposare” esclamò Neville, sventolando la mano per aria con poca importanza.

Sì, lasciamolo riposare. Più tardi ti porteremo qualcosa da mangiare, ora cerca di dormire ancora un po’” Blaise accennò un mezzo sorriso.


Neville sistemò le coperte affinché seppellissero Mathias come un povero martire e gli sorrise gentile. Notò anche che il bicchiere era quasi vuoto e, con un colpo della bacchetta (che gli era stata restituita con uno sguardo talmente mortificato da cancellare all'istante qualsiasi traccia di arrabbiatura), lo riempì nuovamente di acqua. Quando uscirono dalla stanza sotto lo sguardo indeciso e combattuto di Mathias, dovettero farsi violenza per non lasciar cadere la copertura. Chiusa la porta, camminarono lungo il corridoio in silenzio fino a raggiungere il salone.

Neville fu il primo a cedere; iniziò a ridacchiare con sentito divertimento, avvicinandosi all’albero di Natale per esaminare l’enorme pacco che vi giaceva sotto. Blaise sorrideva, appoggiato contro lo stipite della porta, le braccia incrociate al petto.


Allora, che ha detto?”


Constance li adocchiò dal divano, rigirando tra le dita un bicchiere di vino rosso, di quello maledettamente buono e costoso. Sua madre era solita venirlo a trovare per la giornata di Natale, solo che lui... preso da altre faccende, l’aveva dimenticato. Ma non si sentiva in colpa, neanche un po’. Anzi, la maledetta soddisfazione che gli ribolliva nel sangue era incomparabile. E se solo Neville si fosse tolto quella stupida e ridicola sciarpa, sua madre ne sarebbe rimasta scandalizzata.

Bé, non si sentiva in colpa nemmeno per quello, era stato suo dovere marcare il territorio, punto e basta.

Le aveva detto, comunque, che Neville era solo un amico, perché sinceramente non avrebbe potuto affermare diversamente. Non è che dopo aver fatto, per una volta, quello che avevano fatto (e come lo avevano fatto, che Salazar l'avesse fulminato in quell’istante!), potevano finire insieme e dichiararsi amore eterno. Sarebbero... usciti, ecco. Si sarebbero conosciuti a vicenda e poi... il resto sarebbe venuto da sé. Insomma, funzionava così di solito, no?

Blaise aggrottò le sopracciglia, realizzando che non aveva mai visto abbastanza una persona, da poter arrivare ad affrontare una situazione del genere. Era una novità per lui, ma la cosa non lo spaventò. Era una novità che scoprì di volere.


La sua resa è vicina, gli è stato dato un ultimatum, abbiamo la vittoria in pugno” esclamò il Serpeverde, con tono fin troppo serio.

Sapevo che non avresti deluso il tuo popolo Blaise” Constance sollevò il bicchiere verso di lui con orgoglio, i magnifici occhi scuri sembravano brillare di luce propria.

Lo sapevo anche io, Madre”


Neville si girò con una faccia che dire comica sarebbe stato un eufemismo. C’era una sorta di orgoglio, misto a nobiltà, misto ad onore, misto a che diavolo ne sapeva lui, nel tono di voce dei due Zabini. Erano matti. E lui si era preso una sbandata per un matto. Quindi lo era anche lui! Matto, si intende.

Scosse leggermente la testa, decidendo di lasciar perdere, mentre di nuovo lo sguardo indagatore di Constance lo metteva in un certo disagio. Era come se lei sapesse. Ma non era possibile, no? Come faceva a sapere? Suppose che forse, una madre, sapeva sempre tutto. Per onniscienza. Per dono di natura. Per qualcosa. Sperò di sbagliarsi, mentre la voglia di scavare una voragine nel pavimento per raggiungere direttamente la Cina lo stava letteralmente mangiando minuto dopo minuto. Peccato che la sera prima, troppo impegnati a succhiarsi l’anima a vicenda sul divano, si fossero dimenticati di coprire i quadri. Un vero, vero peccato.

Sarà divertente vedere la sua faccia quando scoprirà che cos’è!” esclamò la donna, sembrando più impaziente lei di veder Mathias scartare il suo regalo che il bambino stesso ad appropriarsene.

Mamma, dimmi che non gliel’hai comprata solo per accaparrarti la sua simpatia...” Blaise corrugò la fronte, sondando il volto di sua madre con un cipiglio saputo.

Non essere sciocco Blaise, se l’avessi fatto se ne accorgerebbe subito. Ho sentito dire parecchio, sulla sua intelligenza!”

Questa storia deve finire” il ragazzo schioccò seccamente la lingua contro il palato, improvvisamente infastidito da qualcosa.

Ne abbiamo già parlato, è la soluzione migliore e tu lo sai” Constance parlò con tono leggero, di chi dava poca attenzione a dei capricci inutili.

A volte dimentico di saperlo e vorrei solo buttarli nel camino...”


Blaise si voltò lentamente, inchiodando con uno sguardo glaciale i personaggi, tutti compressi come al solito nel quadro della povera Morgana, che aveva il naso deformato contro la cornice, tanto la stavano spingendo. Erano tutti bianchi cadaverici e sembravano aver preso con molta serietà la minaccia neanche tanto velata del loro padrone.

Tenendoli sott’occhio fino a che poté riuscirci, si diresse verso la cucina per controllare a che punto fosse l’arrosto; mentre ne assaggiava un pezzettino, con espressione assorta si chiese se a Mathias il suo regalo fosse piaciuto. Aveva notato che non si trovava più sul comodino, ma non l’aveva visto in giro. Chissà cos’era diventato il libro, nelle sue mani… ma non glie l'avrebbe mai chiesto. Un giorno, se lui avesse voluto farlo, avrebbe potuto raccontarglielo di sua spontanea volontà. Sperava solo, davvero, di non aver fatto un’altra cosa sbagliata.

Aprì lo sportello della credenza e prese il barattolo del sale, per aggiungerne un po’ alla carne che stava terminando di cuocersi; ne prese una piccola quantità con le dita e ce lo lasciò cadere sopra, con fare distratto. Nel riporre il barattolo al suo posto, l’occhio gli cadde su un sacchettino di velluto blu scuro nascosto in fondo alla credenza. Restò in silenzio a guardarlo per interminabili secondi, con uno sguardo indecifrabile, senza però che per la mente gli passasse qualcosa.

Semplicemente, restò ad osservarlo.


Come procede?”


La voce di Neville lo colse di sorpresa. Cercando di essere il più naturale possibile, mise il barattolo al suo posto e chiuse l’anta della credenza; senza voltarsi, si strinse appena nelle spalle e finse di girare l’arrosto, tanto per tenere le mani impegnate, così come la mente.

Il Grifondoro si avvicinò al mobile della cucina e vi si appoggiò contro, con tranquillità. Blaise si sentì stranamente osservato.


Che stavi guardando?” chiese Neville.

Mi era parso di vedere un pacco di sale già aperto, ma mi sono sbagliato”


L’erbologo sembrò accettare quella spiegazione e lasciò che Blaise continuasse a dilettarsi nell’arte culinaria. Passò circa un minuto nel silenzio più totale e poi, quando il Serpeverde poggiò la forchetta sul ripiano della cucina per lanciare uno sguardo verso Neville, lo vide.

Con orrore, lo vide.

Il Grifondoro tra le mani stringeva qualcosa che aveva tanto l’aria di essere un regalo di Natale. E data l’aria imbarazzata e contrita con la quale continuava a stuzzicarne la carta, probabilmente era per lui.

Blaise restò immobile, tentando di mimetizzarsi con l’arredamento della cucina. Il momento che più temeva di tutti, era arrivato. Per Salazar, era arrivato. Quanto, quanto aveva desiderato che l’altro non gli avesse fatto un regalo! Fino all’ultimo ci aveva sperato, sinceramente, e vedendo avvicinarsi l’ora di cena del giorno di Natale, senza intoppi, Blaise aveva quasi osato pensare di averla scampata. Ma Natale non era finito e Neville era lì davanti a lui con un maledetto regalo.


Non fraintendere, non è niente di che ma… sapevo che ci saremmo visti tutti e tre per le feste di Natale e… niente, ho pensato che, sai, sarebbe stato carino… forse… non lo so, ma non è niente, davvero!”


Blaise, in un gesto istintivo, afferrò il pacchetto che l’altro gli porgeva e se non si fosse sentito così in difetto, probabilmente avrebbe riso per l’aria mortificata che l’altro ostentava, neanche avesse cercato di ledere alla sua persona. Ma Neville sapeva bene quanto Blaise fosse un tipo volubile e certe volte, davvero, proprio non sapeva stabilire se stava facendo una cosa che avrebbe potuto irritarlo o meno. Sperò, in quel caso, di non udire nessun commento sarcastico al riguardo, volto al fine di sminuire il suo pensiero.

Il francese, senza commentare nulla, aprì il pacchetto con lenti movimenti delle dita, come avesse voluto rimandare quel momento a data da destinarsi, anche se sapeva sarebbe stato tutto inutile. Si sentiva a disagio, come se fosse stato lui a fare qualcosa di sbagliato, al contrario di quello che pensava Neville.

Quando la carta strappata svelò il contenuto del pacchetto, l’espressione di Blaise si fece ancora più indecifrabile.

Il Grifondoro aveva smesso addirittura di respirare, osservando con ansia il modo in cui l’altro stringeva tra le dita il suo regalo. Ecco, lo sapeva. Sarebbe stato meglio che si fosse fatto gli affari suoi. Perché l’aveva fatto? Perché? Del resto, non aveva senso. Si conoscevano, neanche tanto, solo da… un paio di mesi? Perché diavolo aveva voluto per forza fargli un regalo? Sarebbe morto, sì; sarebbe morto impiccato ed avrebbe provveduto lui stesso all’esecuzione. Non è che volesse fare il melodrammatico, intendiamoci, ma… si sentiva così melodrammatico! Ed intanto i minuti passavano e Blaise non parlava.

Neville si agitò sul posto, mentre un’ondata di calore gli imporporava le guance; con una mano, distrattamente, si grattò il collo a disagio, indeciso se dire qualcosa o meno. E se l’aprire bocca avesse solo peggiorato le cose? Chi glielo diceva che con le parole se la sarebbe cavata meglio che con le azioni? Sospirò, non sopportando di non sentirsi dire neanche un insulto od un mugugno.


Senti, lascia stare, non avrei dovuto” fece per togliergli la cornice dalle mani, ma Blaise le ritrasse all’indietro, boicottando il suo tentativo.


No” disse, inumidendo le labbra con la punta della lingua “Mi piace”

Dalla tua espressione funerea non si direbbe” Neville si mostrò piuttosto scettico, forse un filo sarcastico.

Paciock, questa è la mia faccia normale e smettila di fingere di disprezzarla perché oramai non ti crede più nessuno!”

Non ho mai detto di disprezzarla!” spalancò gli occhi castani, preso in contro piede.

Certo che non l’hai detto, perché come invece io ho detto, sarebbe una bugia” un sorrisetto odioso piegò le labbra di Blaise.

Sto perdendo il filo del discorso” ammise Neville, grattando nuovamente la base del collo. Lo faceva spesso, quando era nervoso.

Ho detto che mi piace” ribadì il ragazzo, smorzando il tono della voce.

Ma?”

Ma… ” Blaise si morse l’interno della guancia, sospirando silenziosamente “… io non ho un regalo… per te”


Neville si sentì così leggero a quella notizia che quasi si mise a ridere, scaricando tutta l’ansia.


È per questo che hai fatto quella faccia?! Solo per questo?” domandò, poggiandosi al mobile della cucina. Il sollievo era destabilizzante.

Cosa aveva macchinato il tuo cervello deteriorato?”

Non vuoi saperlo”

No, infatti, hai ragione” concluse pragmatico, con la fronte lievemente corrugata.


Blaise passò il pollice sul vetro che proteggeva la fotografia, di quelle babbane, non in movimento. Ritraeva un Mathias addormentato sul divano e lui, sedutogli accanto, intento a leggere un testo di pozioni. Era uno dei rari momenti in cui quei due non si erano guardati in cagnesco e non avevano litigato. Mathias, nel sonno, aveva lasciato cadere la testa sulla spalla di Blaise e dormiva placidamente, con espressione serena. In quella foto, il Serpeverde non sembrava essere disturbato da quel contatto ed entrambi emanavano una sorta di tranquillità che Blaise si stupì ad osservare.


Non me ne sono neanche accorto, quando l’hai scattata” commentò sommessamente, lo sguardo ancora catturato da quell'immagine che non sembrava neanche appartenergli. Neville accennò un piccolo sorriso, accompagnato da un paio di fossette.

Lo so, era questo il mio intento. Non è stato facile beccarvi insieme, avrei voluto che Mathias fosse sveglio ma in quel caso non me la sarei cavata. E se vi avessi chiesto di lasciarvi scattare una foto, non sareste apparsi naturali. Siete due animali testardi ed orgogliosi!”

Animale a chi?” l'occhiataccia di Blaise lo fece ridere.

A quello dietro di te, naturalmente”

L’avessi detto io a te, ti saresti sicuramente voltato”

Non è vero!”

Ah, no?” il ragazzo arcuò un sopracciglio, sfidandolo a dimostrare il contrario.

Non sono così scemo!”
“Mpf. E chi è che è andato in giro per il Ministero
convinto che per togliersi lo scotch magico dalla faccia avrebbe dovuto farsela asportare?

Quello è stato un colpo basso!” Neville si colorò di indignazione (e forse anche un po' di imbarazzo, a dirla tutta). Non aveva fatto proprio la figura dello sveglio.

Oh, credimi Paciock, se avessi voluto darti un colpo basso, te ne saresti sicuramente accorto” Blaise si era sporto verso di lui con un movimento lento e languido, finendo per sussurrargli quella frase praticamente sulle labbra. Con occhi socchiusi che celavano una certa malizia, sorrise contro la bocca di Neville, ricevendo come premio per la sua vittoria un religioso silenzio di sconfitta. Neville era arrossito fino alla punta dei capelli, la sfacciataggine del francese certe volte aveva il potere di spiazzarlo come poche cose riuscivano a fare. Blaise gli regalò un leggero bacio a stampo, che non soddisfò nessuno dei due, ma con la mammina nell’altra stanza non gli sembrava il caso rischiare.


Grazie”


Neville si schiarì la gola, cercando di districare le proprie facoltà mentali dall’ingorgo in cui s’erano incastrate dal momento che Blaise si era avvicinato. Come diavolo facesse a rincoglionirlo così nel giro di due secondi, era un mistero.


Non importa se non hai un regalo, Blaise. Io non te ne ho fatto uno per ricevere qualcosa in cambio. L’ho fatto perché mi andava. Perché ne avevo piacere. E perché ho pensato sarebbe stato carino conservare un ricordo di Mathias, per quando se ne andrà con la sua futura famiglia…”


Il Serpeverde appoggiò la fotografia sul ripiano della cucina, pensando che in quella foto sarebbe dovuto esserci anche Neville. Con tutto l’aiuto che aveva dato, era parte integrante di quel trio.

Se l’era guadagnato.

Tuttavia non espresse i suoi pensieri a parole, perché sarebbe stato sin troppo diabetico dire una cosa del genere e che Salazar l’avesse impiccato! se si sarebbe mai lasciato andare a confessioni da donnicciola! E doveva ammette, anche, che da un paio di settimane a quella parte, non aveva più pensato all’eventualità di Mathias fuori dalla sua vita. Aver sentito dire da un’altra persona come sarebbero andate effettivamente le cose, presto o tardi, lo incupì.

Desiderava che Mathias trovasse presto una famiglia con cui stare, che sicuramente sarebbe stata in grado di prendersi cura del bambino meglio di come stavano facendo lui e Neville, però… Però?

Però niente.

Quella soluzione era la migliore per tutti, in primis per Mathias. Vivere con un pregiudicato della società che rischiava un giorno sì e l’altro pure di finire ad Azkaban se solo a quelli del Ministero fosse girato il culo nel verso sbagliato ed essere cresciuto con l’aiuto di un ricercatore con le rotelle non tutte proprio al loro posto, non era auspicabile.

Non era il meglio, per lui.

Un’altra famiglia avrebbe potuto dargli sicuramente delle chance migliori di quelle che Blaise poteva offrirgli. Senza contare che il suo lavoro lo teneva impegnato, per non parlare di quello di Neville. Il suo aiuto doveva essere temporaneo, non poteva tramutarsi in qualcosa a lungo termine. I loro impegni ne avrebbero risentito.

Lanciò un ultimo sguardo alla foto, percependo un fastidioso vuoto nello stomaco. Mathias.


Blaise, caro! Neville! Abbiamo visite!”


Quando tornarono in salotto, i due ragazzi videro Mathias sulla soglia del corridoio che portava alle altre stanze, stretto nel suo pigiama grigio, con gli occhi lucidi e le guance rosse. Si mordicchiava le labbra con aria incerta, lanciando delle occhiatine verso Constance che gli sorrideva dal divano con aria incoraggiante.


Avvicinati pure Mathias, non temere. È da tanto che non ci vediamo, come ti senti?”


La voce gentile della donna invogliò il bambino a compiere qualche passo. Constance poteva pure avere la nomea di vedova nera, considerando che i suoi consorti presto o tardi morivano sempre in circostanze misteriose, ma l’istinto materno non l’aveva mai perso ed inconsciamente Mathias ne era attratto. Si avvicinò al divano e si sedette accanto a lei, mentre il calore proveniente dalle fiamme del piccolo camino giovava ai suoi brividi di freddo. Si lasciò accarezzare i capelli dalle mani delicate e soffici di Constance, restando in religioso silenzio.


Sei venuto qui per prendere la pozione perché vuoi stare meglio, non è vero?”


Mathias la scrutò da sotto la frangia scapigliata, annuendo timidamente. Constance sorrise, continuando a vezzeggiarlo con dita gentili e premurose. Fosse stato un gatto, probabilmente il bambino si sarebbe messo a fare le fusa; se chiudeva gli occhi poteva quasi immaginare che quel tocco fosse della sua mamma. Gli piaceva, Constance. Avvertiva provenire da lei un senso di sicurezza, di tranquillità. Non l’avrebbe mai ammesso, ma la stessa tranquillità riusciva ad emanarla Blaise.

Lanciò un’occhiatina verso il suddetto interessato, che lo osservava con un lieve stupore. Era la prima volta che il Serpeverde vedeva Mathias così collaborativo; evidentemente sua madre riusciva a stregare anche i ragazzini, oltre agli uomini facoltosi di cui solerte si circondava. Come tutti ben sappiamo, comunque, Mathias non era uscito dal nido delle sue coperte perché, da bravo bambino, desiderava stare meglio; aveva messo piede in salotto perché stava letteralmente delirando dalla curiosità.

Le parole di Neville e di Blaise gli avevano messo la pulce nell’orecchio e non aveva fatto altro che arrovellarsi il cervello nel tentativo di capire di cosa avessero parlato.

Quindi, quando gli fu dato il bicchiere contenente la pozione dalle proprietà curative, decise di stare al gioco e la bevve, senza fare un fiato, compensando però con una sequela di smorfie disgustate che, davvero, parlavano da sole. Per togliere il sapore cattivo dalla bocca, mangiò la caramella offertagli da Neville e si accoccolò sul divano, in attesa di ricevere il suo benedetto premio; pensò che se non era stata dimostrazione di coraggio quella, allora niente poteva esserlo.

Osservò in rassegna tutti e tre, con un sopracciglio alzato verso l’alto e l’espressione che diceva ‘e allora? Quanto devo aspettare ancora?’

Constance lo trovò molto divertente e quasi con la stessa impazienza, si alzò dal divano.


Poiché quest’anno passerai il Natale con la nostra famiglia, ho deciso io stessa di farti un regalo, Mathias! Perché non vai a sbirciare sotto l’albero?”


Constance gli aveva fatto un regalo. Suo malgrado arrossì, nonostante la febbre colorasse già le sue guance pallide e con cautela, scivolò giù dal divano, guardingo. Si sentì invadere da uno strano calore, perché nonostante quelle persone non lo conoscessero avevano deciso di fargli dei regali. Pensava di essere un peso per loro, ma forse non lo era così tanto. No?

Avvolto in una sorta di disagio dovuto all’imbarazzo (si sentiva grato per tutto quello ma non sapeva come dimostrarlo o come dirlo) si avvicinò all’albero di Natale, notando solo in quel momento che sotto c’era un pacco dalle dimensioni mostruose (almeno per lui, che era un soldo di cacio). Si voltò verso Constance, come a chiedere conferma che era quello, il pacco che doveva aprire. Con un sorriso meraviglioso, la donna annuì in segno di incoraggiamento; Mathias si accucciò per terra e con una sorta di infantile meraviglia iniziò a strappare la carta (ma senza troppa foga, non voleva sembrare troppo curioso). Tuttavia i suoi propositi andarono a farsi benedire quando, capito di cosa si trattava, si affrettò a togliere gli ultimi rimasugli della carta da regalo.

Allargò gli occhi e spalancò la bocca, restando ad osservare il suo regalo con una faccia che definire ebete sarebbe stato puro eufemismo. Guardò Constance per assicurarsi che non fosse uno scherzo e poi tornò sul suo regalo.


Ti piace?” chiese la donna, conoscendo già la risposta.


Mathias si alzò in piedi, stringendo tra le mani il suo primo manico di scopa. Li aveva visti solo in vetrina, perché sua madre l’aveva sempre ritenuto troppo piccolo per provare a cavalcarne uno ed ora... ora ce l’aveva! Non credeva di meritarsi cose così costose, sul serio. Aveva combinato un sacco di guai e gliene aveva fatti passare di tutti i colori al figlio di quella donna. Sentiva di non poter accettare, era semplicemente troppo.

Con un senso di vergogna che iniziò a divorarlo celermente, si avvicinò velocemente a Neville e si nascose dietro la sua schiena, con la faccia che andava a fuoco, affondando il volto nella stoffa morbida del suo maglione. Una delle sue manine artigliò un fianco del Grifondoro, che provò una sorta di tenerezza, di fronte a quella reazione.

Anche se aveva voluto dare a vedere il contrario, Mathias era tutt’altro che insensibile.

Non era un bambino come tutti gli altri, era più speciale, ma voleva essere trattato come quelli della sua età.

Sapeva che il silenzio non l’avrebbe aiutato a superare l’imbarazzo e prendendo un sospiro profondo, Neville lasciò che continuasse a nascondersi dietro la sua schiena mentre decideva di parlare.


Giusto in tempo per domenica! Dovrebbe fare bel tempo e se fino ad allora Mathias prenderà regolarmente la pozione, con molte probabilità potrai portarlo a provare la sua scopa!”


Blaise accennò un sorriso, restando appoggiato contro lo stipite della porta della cucina, con le braccia incrociate.


Vedremo. Direi che è arrivato anche il momento di cenare, ho bisogno di una mano per portare i piatti di qua”


*


Molte ore dopo, quando la cena era terminata da un bel pezzo e Constance si era ritirata a causa dell’ora tarda, Neville restò per aiutare il Serpeverde a riordinare e Blaise ne approfittò per controllare Mathias, che se ne era andato a letto circa un’ora prima per la stanchezza.

La pozione aveva fatto effetto, la febbre si era abbassata, ma com’era logico che fosse, si sentiva tutto indolenzito.

Aprì piano la porta, affacciandosi all’interno della camera fiocamente illuminata da una abat jour. Il fagotto dentro il letto non si mosse e Blaise azzardò ad avvicinarsi per controllare che fosse tutto a posto. Sfiorò la fronte del bambino con le dita, sentendola finalmente fresca dopo ore. Si accertò che il bicchiere dell’acqua sul comodino fosse pieno e dopo aver sistemato meglio le coperte, fece per lasciare la stanza. Sulla soglia, la voce del bambino che pronunciava il suo nome, lo fermò. Tornò a voltarsi verso il letto, incontrando gli occhietti stanchi di Mathias che lo osservavano.


Non riesci a dormire?” chiese, tornando sui suoi passi con lentezza.


Senza rispondere, Mathias frugò sotto le coperte fino ad estrarre il libro che Blaise gli aveva regalato. Il ragazzo lo osservò in silenzio, mentre quello se lo stringeva contro il petto senza smettere di guardarlo negli occhi; lui vedeva solo una copertina bianca ma, per Mathias, era sicuramente qualcos’altro.


Grazie” soffiò Mathias, con una certa titubanza.


Blaise gli sfiorò i capelli e dopo aver accennato un sorriso, lasciò la stanza; nessuno dei due era un tipo da molte parole. Finalmente, Mathias si addormentò, con la scopa regalatagli da Constance in un angolo e la sciarpa donatagli da Neville sulla scrivania.


Quando il Serpeverde tornò in salotto, c’era rimasto poco da fare. In silenzio si prodigò nell’aiutare Neville a sbrigare le ultime cose, compreso il lavaggio delle stoviglie. Quando entrarono in cucina, lo sguardo di Blaise venne inevitabilmente catturato dalla foto che Neville gli aveva regalato ed alla mente tornarono ancora pensieri cupi e scomodi.


A cosa stai pensando?” chiese il Grifondoro, sistemando alcuni piatti nella credenza.


Blaise scrollò le spalle senza rispondere, minimizzando la cosa. Non si sentiva ancora in grado di condividere certi pensieri con Neville, ma ebbe la certezza che qualcosa era cambiato. La sua percezione, la sua prospettiva della situazione in cui si trovava era cambiata. Sentiva la testa galleggiare in una sorta di incertezza, non avrebbe saputo dire se quel cambiamento gli piacesse oppure no. Non sarebbe tornato a fare lo stronzo con Mathias, ovviamente, ma c’erano delle cose che doveva ancora capire.

Doveva capire fino a che punto gli importasse, perché onestamente non ne aveva idea.

Finirono di sistemare in silenzio, dopodiché Blaise si appoggiò contro il tavolo della cucina, osservando Neville che raccattava le sue cose per andarsene.


Se ci sono problemi mandami un gufo” estrasse la sciarpa dalla borsa e la avvolse attorno al collo.

Mh-mh”

La febbre non dovrebbe salire di nuovo, ma non si sa mai” indossò la giacca marrone senza però abbottonarla.

Mh-mh”

Ogni tanto ricordati di andare a controllarlo, meglio prevenire che curare” si guardò intorno con aria corrucciata, controllando di non star dimenticando qualcosa.

Mh-mh”

Domani mattina prima di dargli la pozione, fallo mangiare, meglio che abbia lo stomaco pieno” fece passare la cinghia della tracolla su una spalla e la sistemò contro il fianco.

Ma non stai mai zitto?”


Neville si voltò verso di lui con espressione interdetta. Blaise lo guardava con un sopracciglio alzato che esprimeva un certo sarcasmo; il Grifondoro aveva delle leggere occhiaie a causa del sonno perso, i capelli più incasinati del solito ed un’espressione vagamente confusa che gli fece venire voglia di sbatterlo lì, sul tavolo della cucina.

Certe volte pareva così genuinamente ingenuo che Blaise sentiva il sangue ribollirgli nelle vene.

Era inconsapevolmente attraente, con quel suo modo di fare così cristallino e puro e lui sentiva di desiderare quella purezza per sé.

Allungò un braccio, afferrò la cinghia della borsa a tracolla che Neville aveva indossato e lo fece avvicinare, appoggiando le braccia sulle sue spalle ed incrociando le mani dietro la sua testa con la pigrizia d’un gatto lezioso. Neville apparve subito un po’ impacciato, del resto quella era una situazione nuova tra di loro, avrebbe avuto bisogno di un po’ di tempo per accettare quel determinato tipo di attenzioni come qualcosa di... naturale. O almeno, nel profondo, sperava sarebbero diventate tali. Era ancora tutto incerto, non stavano insieme e quella sorta di punto interrogativo lo irretiva.


Blaise, non posso restare” biascicò, debolmente. Non sembrava tanto convinto.

Lo so” rispose comunque l'altro, serafico.

Devo controllare che Alberic non mi abbia demolito casa, mio cugino è un disastro” sospirò e probabilmente quella ruga che aveva in mezzo alle sopracciglia, era dovuta alle preoccupazioni che il cugino gli procurava.

Siete proprio parenti allora” Blaise lo sbeffeggiò senza ritegno, con un sorrisetto irritante sulle labbra piene.

Che vorresti dire?!” un pizzicotto vendicativo accompagnò quell'indignazione.

Non lo so, tu che pensi?”


Ma il Grifondoro non poté rispondere perché ogni rimostranza fu catturata dalle labbra leste di Blaise; baciarono le sue con una sorta di pretenziosità che il giorno prima non aveva percepito. C’erano stati il desiderio e la ricerca reciproca, ma quel bacio gli sembrava diverso.

Neville non poté impedirsi di ricambiare, appoggiando le mani sul suo petto; l’odore che tanto gli piaceva lo distrasse dai suoi iniziali intenti e restò lì avvinghiato al padrone di casa per circa un’altra mezz’ora. Ah, benedetto Godric, Blaise lo stava portando sulla cattiva strada.


Ma la cosa, non lo spaventava.
























NOTE DELL'AUTORE: Scusate. Scusate infinitamente questo ritardo mostruoso! Oggi è stata una giornata piena di impegni e non ho trovato il tempo materiale per aggiornare! Per questo mi sono ripromessa di non andare a dormire sino a quando non l'avessi fatto! Ecco anche spiegato il motivo dell'ora indecente che ho scelto per pubblicare. SCUSATEMI! Arriviamo finalmente al diciassettesimo capitolo e credetemi quando vi dico che di cose da dire, ce ne sono tante ancora. Tra l'altro, c'è chi tra le recensioni ha definito Neville un santarellino. Io lo terrei d'occhio questo ragazzo, fossi in voi. Ma non dico altro, altrimenti sarei incoerente con la nomea di diabolica e Malefica che mi sono guadagnata con tanto sudore della fronte x) che dire? Grazie a tutti dal più profondo del cuore per i commenti, i preferiti, i ricordati e seguiti: grazie a voi questa storia mi sta dando più soddisfazioni di quel che mi ero aspettata! Siete indescrivibili *_* vi abbraccio tutti anche contro la vostra volontà! :D

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


DICIANNOVESIMO CAPITOLO


I'm gonna try and see how I find the real world

There's a hole in my heart I knew from the start that we'd see these times


Barely begun but I still feel too young for the real world

But if I don't do this now I won't live it down and you'll hate me more


You don't know and I don’t know that this is the end

We both know that I can't go until it's been said

(Back home, Trail)


Hesperia gli rivolse un mero sorriso di cortesia, che non raggiunse mai i suoi occhi celesti ed acquosi. Il silenzio si poteva tagliare con la lama d’un coltello, mentre attendevano che il medimago, nell’altra stanza, terminasse di sottoporre Mathias alla visita di routine. Anche se sedeva composto nel suo completo sobrio ed elegante, perfettamente calmo ed immobile, Blaise era un fascio di nervi.

Neville, prima di lasciarli andare e confermare che li avrebbe aspettati nell’atrio, gli aveva chiaramente intimato di doversi dare una calmata. Il fatto che il Grifondoro fosse riuscito ad intuire così facilmente il suo stato d’animo, non aveva fatto altro che agitarlo ancora di più; non voleva dare nessuna soddisfazione a quell’arpia della Sludge e se si fosse accorta del suo disagio, probabilmente avrebbe fatto di tutto per rendergli quella cosa il più difficoltosa possibile.

Incrociò le mani in grembo, lasciando che gli occhi viaggiassero distrattamente per l’ufficio di quella mégère*; dopo la visita, avrebbero finalmente incontrato quelli che sarebbero stati i nuovi tutori di Mathias. Blaise fece una smorfia, ripensando a come l’umore del bambino fosse precipitato di nuovo durante quei giorni. Non aveva neanche iniziato ad abituarsi alla sua nuova condizione che già doveva cambiarla ancora. Non era giusto e non era una cosa che gli avrebbe fatto bene.


Neville cercò di pettinargli i capelli inutilmente, c’erano un paio di vertigini che proprio non volevano saperne di stare giù. Con un sospiro, rinunciò a quell’impresa e sistemò il colletto della camicia azzurra, sulla quale Mathias aveva voluto abbinare una piccola cravatta rossa. Il bambino lo lasciò fare in silenzio, gli occhi grandi e scuri conquistati da un pensiero che solo lui poteva conoscere.

Da quando gli avevano detto che quella sarebbe stata la sua ultima visita al Ministero, almeno in loro presenza, Mathias si era ammutolito di nuovo. Non era tornato il bambino pieno di rabbia che era stato, semplicemente non parlava, restava chiuso nei suoi lunghi silenzi. Neville si sentiva stringere il cuore ogni qual volta gli occhi muti di Mathias incontravano i suoi, come se nel fondo vi fosse sepolta una sorta di richiesta.

Il Grifondoro strinse le labbra ed appoggiò le mani sulle spalle del bambino, piegando le ginocchia per abbassarsi davanti a lui. Cercò di sorridergli in maniera rilassata e tranquillizzante, mantenendo salda la presa. Ingoiò il groppo che aveva in gola, prima di parlare.


Vedrai che ti piaceranno” commentò “E sicuramente non ti impediranno di venire con noi, ogni tanto, per prendere un gelato!”


Mathias annuì meccanicamente, sfuggendo con passività al tocco del Grifondoro. Si infilò la giacca pesante e chiuse la lampo, con le manine che tentavano di non farla inceppare nella stoffa. Quando fu pronto, si avvicinò a Blaise e si fermò accanto a lui per alzare il visetto verso l’alto. Lo guardò con quella che al Serpeverde parve rassegnazione; Mathias, sapendo di non poter avere neanche il maledetto diritto di decidere qualcosa della sua vita, aveva rinunciato ad essere arrabbiato ed aveva iniziato a subire gli eventi che continuavano a sconvolgergli il destino ed il suo precario equilibrio interiore con disillusa aspettativa. Sapeva che quella sera sarebbe entrato in casa di qualcuno che non conosceva e non poteva fare niente per cambiare le cose, perché lui aveva solo otto anni ed anche se aveva cercato di averne altrettanta, la crudeltà del mondo reale era ancora troppo profonda per lui. Non era ancora in grado di fronteggiarla, non da solo.

Blaise appoggiò una mano sulla sua testa, affondando le dita nei capelli come volesse tenerlo fermo lì.


Andrà tutto bene, Mathias”


Ma il suo tono di voce non convinse neanche lui.


Mathias uscì dall’ambulatorio per primo, tenendo la giacca sotto le braccia. Il medimago lo seguì un paio di secondi dopo, richiudendo la porta alle sue spalle. Appoggiò alcuni fogli sulla scrivania di Hesperia e fece un cenno di saluto a Blaise, giusto per cortesia. Mathias si era già avvicinato al Serpeverde, come volesse mettere più distanza possibile tra quelli del Ministero e lui.

Bravo bambino.


Come la volta precedente, non c’è nulla da segnalare Hesp, a parte qualche traccia di pozione curativa dovuta all’influenza di cui il Signor Zabini ci ha parlato. Sta ancora facendo effetto sul sistema immunitario del bambino ed anche gli strascichi del raffreddore che ha, se ne andranno presto”


Hesperia annuì seccamente, non si aspettava nulla di diverso del resto. Aveva capito, già dalla loro prima visita al Ministero, che Blaise era fin troppo furbo per permetterle di metterlo in difficoltà. Spostò l’attenzione sul medimago, indirizzandogli un vago cenno con la mano.


Falli entrare” esclamò schietta, incrociando le mani dalle unghie vistosamente colorate di fucsia, sulla scrivania. Al di sotto, vi era una cartellina celeste che riportava la dicitura Mathias Alan Ramos.


*


Mary e Benjamin Moore erano una giovane coppia felicemente sposata. Vivevano nella periferia di Londra in un discreto villino, amavano così tanto gli animali da avere un cane ed un gatto ed avevano già sfornato un figlio, quindi Mathias non sarebbe stato la loro prima esperienza genitoriale. Lei aveva un sorriso dolce, dei capelli a caschetto neri che le incorniciavano alla perfezione il viso a forma di cuore e dei grandi occhi verdi. Lui aveva cortissimi capelli castani, uno sguardo azzurro perdutamente innamorato di sua moglie e la capacità di emanare una sorta di aura di tranquillità, di fiducia disarmante.

Erano disgustosamente perfetti, si trovò a pensare Blaise, e proprio per quel motivo non avrebbe mai saputo trovare uno straccio di motivazione per odiarli.

Era da parecchio tempo che i Signori Moore stavano cercando di adottare un bambino perché, nonostante fossero in grado di concepirne di propri, volevano poter aiutare chi ne avesse bisogno (e sembravano possedere una vagonata di amore da donare tutto a Mathias).

Blaise arricciò la punta del naso e sappiamo bene tutti quanti, oramai, cosa quel vizio stesse a significare.

Lei lavorava in una elegante boutique di Diagon Alley, mentre lui era un giovane imprenditore; si erano conosciuti al negozio, quando Ben aveva avuto bisogno di comprare un completo nuovo per una riunione molto importante. Era stato un primo incontro davvero divertente e romantico.

Blaise avrebbe voluto vomitare e temette di dover assistere allo scambio di un languido sguardo d’amore quando i due sposi intrecciarono le mani.

Alla fine del colloquio, dovette ammettere contro voglia che sembravano decisamente molto più competenti di lui; si disse che il Ministero aveva interesse nel danneggiare esclusivamente lui e che quindi aveva valutato sicuramente nel miglior modo possibile la scelta di una famiglia che fosse adatta per Mathias. Forse avevano scelto loro perché, avendo già un figlio di cinque anni, Mathias si sarebbe sentito meno solo. Francamente il Serpeverde non ne aveva idea ma quando si alzarono tutti in piedi, seppe che era arrivato il momento.


Lo accompagno a prendere la sua roba” disse con tranquillità, mentre Mary e Benjamin Moore annuivano, comprendendo di dover lasciare loro un attimo. Anche su quello, si mostrarono corretti.

Blaise poggiò la mano contro la schiena di Mathias e lo condusse nella stanza adiacente l’ufficio, dove avevano lasciato i borsoni contenenti tutti i suoi averi, che durante quelle settimane erano aumentati esponenzialmente. Chiuse la porta della stanza e sospirò, adocchiando Mathias iniziare a raccattare tutto quello che doveva prendere, con lentezza.


Che cosa ne pensi?” domandò il Serpeverde, cercando il suo viso con lo sguardo. L'altro continuò a dargli le spalle.

Sembrano delle persone per bene…”

Sì, ma che cosa ne pensi?”

Che importa?” il tono di Mathias perse un po' della sua rigidità.

Vorrei saperlo” rispose Blaise, molto sinceramente, avvicinandosi a lui quasi fino ad affiancarlo. Il bambino lasciò uno dei borsoni ed arricciò la punta del naso, un po' com'era solito fare il Serpeverde. Si scambiarono un'occhiata indecifrabile.

Penso di non aver mai visto qualcosa di così smielato!” esclamò, Mathias, raggrumando le labbra con una faccia schifata.

E poi?”

E poi non lo so. Non li conosco! Non so cosa pensare! Non mi piacciono adesso. Non mi piacciono perché sono troppo felici ed io non sono felice. Mi da fastidio tutta quella gioia. Ma se io non sono felice non vuol dire che anche gli altri devono essere tristi. Non è giusto. Quindi va bene così”


Blaise espirò dal naso e si avvicinò a Mathias, con un’espressione greve. Non andava bene, non andava bene affatto perché come aveva detto lui, non era giusto. Tutto quello, non era giusto.

Quando il bambino gli tese la mano aspettando che lui la stringesse in un saluto da uomo a uomo, sbuffò con insofferenza; artigliò il suo polso, lo attirò a sé piegandosi in avanti e lo abbracciò. Fece affondare il volto di Mathias nel bavero del suo cappotto e se lo strinse contro, come aveva fatto quella notte al cimitero. Il bambino all’inizio subì inerme e passivo quel contatto, ma gli occhi grandi e scuri si erano già riempiti di lacrime. Titubanti, le manine si aggrapparono sulla schiena di Blaise e Mathias pianse, cercando di essere il più silenzioso possibile. Non voleva piangere, lui era forte, anche se il mondo era cattivo. Tirò su con il naso ed appoggiò la guancia bagnata sulla spalla del Serpeverde.


Neville” sussurrò, con tono di voce tremolante.

Blaise sentì le sue dita sulla schiena, come volessero bucare la stoffa del cappotto (non lasciarmi!, dicevano).


Sì, vorrei poter fartelo vedere un’altra volta, ma non posso portarti nell’atrio” mormorò, pacato come il soffio di una brezza.

Mathias si allontanò un po' da lui per poterlo guardare in viso. Il Serpeverde avvertì un fitta dolorosa allo stomaco, trovandosi faccia a faccia con quegli occhi grandi e lucidi di malinconia.

Lo so… sai perché sono andato da lui?”


Blaise aggrottò la fronte e si spostò quel tanto che gli permise di passare una mano sul volto del bambino per asciugarlo alla meno peggio. Si riferiva a quella famosa mattina.


No, ma se vuoi puoi dirmelo”

Mathias continuò a guardarlo, lasciando vivere lunghi attimi di silenzio. Poi, lo disse sul serio.

Il suo odore. Assomiglia a quello del mio papà... Anche a lui piacevano le piante... Hanno lo stesso odore…”


Il Serpeverde accennò un sorriso gentile e prese un fazzoletto dalla giacca del cappotto. Adesso cominciava a capire come mai Neville riuscisse a cavarsela molto meglio di lui, con Mathias.


Soffiati il naso” mormorò e Mathias eseguì in silenzio, mentre con lentezza si calmava.


L’ho capito, sai?” esordì, con il fazzoletto ancora stretto tra le mani pallide.

Blaise arcuò le sopracciglia, dedicandogli un'espressione incuriosita.

Che cosa?”

Fu ripagato da un sorrisetto saputo.

Neville ti piace. E tu piaci a lui. Ma non siete smielati come Mary e Benjamin, siete meglio. Mi piace il modo in cui vi piacete. Non ci litigare, per favore”


Il Serpeverde si mostrò interdetto da quella affermazione.


Perché dovrei litigarci?”

Perché a volte sei un po’ scemo”

Ehi! Che cosa hai detto, Mostriciattolo?”


Mathias rise, sfuggendo alle mani dell’altro che cercavano di pizzicarlo.


Sei scemo come me, perché non parliamo” aggiunse il bambino, sorridendo con incertezza.


Quel sorriso incerto, fu l’inizio del cambiamento.


*


Neville comprese la situazione e non si arrabbiò, quando vide tornare Blaise da solo, senza Mathias. Certo, non poteva dire di non averci sperato fino all’ultimo, ma una parte di lui aveva immaginato che non gli avrebbero permesso di salutarlo. Comunque non importava, perché sarebbe andato lui stesso a trovare il bambino, un giorno di quelli. Sentiva un legame con Mathias, che aveva avuto un destino così simile al suo e non poteva semplicemente pretendere di ignorarlo. Neanche se lo avesse voluto.

Stese le labbra abbozzando un sorriso ed allungò le braccia per poggiare le mani quasi sulle spalle di Blaise.


Ha detto che non dobbiamo litigare” esordì il Serpeverde, con occhi piuttosto assorti. Probabilmente ancora doveva rendersi conto di non avere più Mathias con sé.

Perché dovremmo farlo?” Neville lo guardò, aggrottando le sopracciglia castane. Blaise sorrise.

Perché ha detto che a volte sono un po’ scemo”

Questo è vero!”

Il Grifondoro venne spinto per dispetto ed a prescindere dalla situazione, riuscì anche a ridere.

E sappi che, per quel che vale, significhi molto più di quello che pensi, per lui” aggiunse Blaise, dopo averlo riacchiappato per la manica della giacca. Lo avvicinò di nuovo a sé. Aveva bisogno di sentirlo.

Che intendi dire?” chiese Neville, anche se la prima cosa che avrebbe voluto domandare, istintivamente, sarebbe stata ‘e per te?


Blaise sorrise ed incurante del fatto che si trovassero nell’atrio del Ministero, sotto gli occhi di tutti, si sporse in avanti per baciarlo con delicatezza. Neville non capì, ma tramite quel tocco di cui (ne era certo) non ne avrebbe mai avuto abbastanza, percepì che non aveva nulla di cui preoccuparsi, perciò non fece altre domande; afferrò la mano dell’altro senza più temere di dover pensare a cosa avrebbe potuto dargli fastidio oppure no e diresse entrambi verso uno dei camini ministeriali.


Torniamo a casa”












NOTE DELL'AUTORE: oggi sto a c a s a. Che scansafatiche sono! Però in compenso vi posso dare un aggiornamento rapido ed indolore! Eccoci arrivati al fatidico momento... Mathias se ne va sul serio. Pensavate fino all'ultimo che qualcosa glielo avrebbe impedito? Purtroppo nella realtà solitamente questo genere di fortune non accadono. Chissà cosa accadrà ora? Alcune hanno fatto delle supposizioni davvero machiavelliche, in confronto mi sono sentita una vera sempliciotta XD ditemi che cosa vi passa per la testa, sono curiosa di sapere cosa avete escogitato! Ci terrei ad avvisarvi che in questo momento sto passando un periodaccio, ma cercherò comunque di aggiornare con costanza e puntualità. Questa storia è diventata un modo per staccare un attimo il cervello dalla realtà. Per l'asterisco alla parogla megérè:

*in francese nel testo, uno dei tanti modi per dire stronza.

Ah, un'altra cosa per concludere: in uno dei capitoli precedenti, nessuna ha colto un 'indizio' che ho dato su Blaise e Neville. In particolar modo dal punto di vista di Blaise. Mentre una di voi, Mimì, ne ha colto un altro, ma non dico quale XD Il particolare di cui parlo, verrà riproposto nell'epilogo... chissà se ci farete caso ;) spero abbiate gradito, un abbraccio!

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***




VENTESIMO CAPITOLO


Need to know if you're letting go

It's alright, alright, it's alright

Didn't know I was hurting you so

It's alright, alright, it's alright.

See me then investing so much

In you, in you, in you

Came so close to the edge

I do, I do, I do

This is just one of those lonely night

The good times gonna come

(Good times gonna come, Aqualung)







Fine gennaio, un mese dall'adozione di Mathias.






Doveva fare qualcosa, non poteva continuare a vederlo così.

Non che ci fosse qualcosa che non andasse, apparentemente.

Appunto.

Apparentemente.

Neville tamburellò le dita sul trattato di ricerca che stava scrivendo, appollaiato sul davanzale della finestra in camera sua. Sul naso cadevano degli anonimi occhiali da vista che utilizzava solo per leggere e che in quel momento non gli erano di nessuna utilità. Si era alzato dal letto in silenzio, con tutte le buone intenzioni del mondo; adorava la mattina, perché il mondo era avvolto in una sorta di calma così surreale che neanche la sera possedeva. La luce gradualmente illuminava le strade, i tetti delle abitazioni e l’interno della sua casa; assistere a quel cambio così lento ma costante tra oscurità e chiarore, farne parte con gli occhi ben aperti, lo rilassava.

I suoi begli occhioni castani, tuttavia, benché le sopra citate buone intenzione fossero del tutto nobili, erano calamitati dal corpo di Blaise semi celato dalle lenzuola del suo letto.

Finalmente aveva avuto il coraggio di invitarlo a casa sua, una volta tanto. Se non l’aveva fatto prima, la colpa era stata di Alberic, che aveva l'incredibile capacità di imbarazzarlo anche a distanza, con i suoi modi di fare. Gli bastava pensare al cugino che una smorfia di vergogna tentava di fargli raggrumare le labbra.

Alberic, tuttavia, era pur sempre suo cugino e prima o poi avrebbe dovuto far conoscere quei due! Senza contare il fatto che andare a casa di Blaise, ultimamente, lo metteva a disagio per diversi motivi, a partire dai suoi quadri guardoni.

Sì, si era finalmente accorto di loro ed era praticamente certo, ora, che la madre di Blaise sapesse tutto.

A Natale, un mese prima, aveva avuto solo la vaga sensazione che Constance lanciasse loro delle battutine sapute. Ma con la consapevolezza che aveva acquisito, ripensando a quello che la donna aveva detto durante il corso della cena, avrebbe voluto tentare il suicidio. Altro che buca per raggiungere la Cina! Gli ritornarono in mente alcune frasi...


Blaise, caro, non credi ci siano un po’ troppe “forchette” in tavola?”

Cosa? No, mamma. Sono quattro, non vedi?”

Oh, che sciocca! Deve essere l’età che avanza a rendermi così distratta. Spero che il tuo compagno non ci faccia caso!”

Il mio cosa?!”

Compagno di scuola! Lo so che non siete più degli studenti, ovviamente, ma sei mio figlio, ai miei occhi apparirai sempre come-”

Okay va bene così mamma, abbiamo capito”

Neville, non lo trovi delizioso quando si infervora?”

Emh... veramente io...”

Oh, ma, caro! Hai preso freddo, stanotte? Quella sciarpa ha l’aria di essere pesante. Eppure le temperature erano così miti...”

No... no è che... cioè...”

Magari in Scozia lo sono state, ma non qui, mamma. Perché non assaggi l’arrosto?”

Tu pensi che-“

Assaggialo


Neville sentì la faccia andare a fuoco. Adesso i discorsi di Constance avevano un senso e probabilmente Blaise aveva capito prima di lui a che gioco stesse giocando sua madre, considerando che ogni tre per due aveva tentato di ficcarle qualcosa di commestibile in bocca per farla tacere. Era sicuro che l’altro non gli avesse detto nulla per non metterlo in imbarazzo; il Serpeverde, in effetti, spesso lo accusava di essere troppo imbarazzevole.

Con un sospiro tranquillo sorrise, osservando la schiena di Blaise muoversi con lentezza ad ogni placido respiro. Il contrasto che la sua pelle scura creava con le lenzuola bianche lo affascinava; Blaise era bello ed aveva eredito la sua bellezza dalla madre, alla quale somigliava davvero tanto.

Non avrebbe mai pensato che sarebbero giunti a quel punto.

A fine gennaio, ancora non avrebbe saputo dire cosa fossero, esattamente, lui ed il Serpeverde, ma Neville era sempre stato un tipo paziente; del resto, ci era voluta proprio quella, la pazienza, per giungere al risultato che infatti aveva ottenuto. Non che ci avesse creduto sul serio, ma ultimamente il tentar non nuoce era diventato il suo motto da battaglia.

Blaise era una persona molto ragionevole, fuori le lenzuola ed ogni cosa che faceva, ogni cosa che diceva, aveva un suo perché; calcolatore fino al midollo, per riuscire a capire cosa stesse pensando, ti costringeva a sudare sette camicie.

Eppure... eppure quando si scoprivano, quando lui lo toccava e lo baciava e lo faceva suo, Neville non vedeva ragione nei suoi gesti, ma solo puro impulso. Blaise lo faceva sentire desiderato senza neanche aprire bocca e questo era uno degli aspetti che maggiormente esercitavano fascino su di lui, alimentando giorno dopo giorno (sempre più) la cotta che s’era preso.

E la cotta non era recente.

E non risaliva neanche a tre o quattro mesi prima.

E probabilmente, a quel punto, di banale cotta neanche si poteva parlare.

Appoggiò la testa contro il vetro della finestra, stringendosi nel plaid che aveva recuperato dall’armadio, perché la stoffa leggera del pigiama (ritrovato a tentoni), non era il massimo, da sola, per combattere il freddo.

Anche lui aveva desiderato Blaise e non si era comportato proprio nobilmente, per cercare di averlo.

Mathias era stato un pretesto.

Un pretesto che aveva usato per avvicinarsi a lui.

Benché volesse davvero bene al bambino ed i suoi sentimenti fossero stati nobili, volti ad una buona causa, sapeva di aver voluto di proposito sfruttare la situazione a suo vantaggio per creare un contatto. Un legame. Aveva finto innocenza da parte sua, puro altruismo, ma non c’erano stati solo quelli.

Si era sentito incredibilmente subdolo e Serpeverde quando Mathias si era presentato, quella mattina, sulla soglia di casa sua; ma sapeva che sarebbe successo. L’aveva visto, mentre si infilava in tasca il suo biglietto da visita al Ministero, ma non aveva detto nulla. In realtà, aveva ardentemente sperato che le cose andassero come poi in effetti erano andate.

Forse Neville desiderava Blaise più di quanto l’altro desiderasse lui.

Era stato un cattivo Grifondoro, realizzò, ma tutti i suoi sensi di colpa vennero scacciati via quando la sensazione soverchiante di attrazione, mentre beveva metaforicamente gli occhi di Blaise che si schiudevano su di lui nel momento del risveglio, gli tolse il respiro.

Lo amava.

Lo amava dannatamente, ma credeva che dirglielo, non sarebbe stata una buona idea. Aveva paura di allontanarlo e non poteva permetterlo, non dopo tutta la fatica che aveva fatto per avvicinarlo.


Ehi...”

Ehi”


La voce resa roca dal sonno di Blaise era un balsamo per le orecchie di Neville. Non c’era una singola cosa, nel Serpeverde, che non lo attirasse. Si chiese per quanto tempo ancora gli sarebbe stato concesso di assistere al suo risveglio.


Che ore sono?” il moro si passò una mano sulla faccia, cercando di scacciare via i rimasugli della lunga dormita.


“Quasi le undici...”

Che cosa?!”


Neville rise di gusto, Blaise odiava alzarsi tardi, non era un pigrone ed aveva un mucchio di cose da fare. A sua detta.


Perché non mi hai svegliato?” commentò infatti quello, senza neanche cercare di mascherare la sua stizza. Neville se la fece scivolare addosso con abilità consumata.

Perché avrei dovuto farlo? Dormivi così bene... e mi avevi detto che oggi non saresti dovuto andare al Ministero”


Blaise mugugnò qualcosa, forse quella che sarebbe dovuta essere una protesta, ma la morbidezza del cuscino riuscì a corrompere la sua insofferenza. Affondò la faccia tra le coltri, godendo del calore delle coperte e del pallido sole che illuminava la stanza. In silenzio, lanciò un’occhiatina verso Neville, che si era tolto gli occhiali: sapeva che non avrebbe più scritto un accidente e tanto l’ispirazione gli era pure passata (anche se i trattati collegiali non avrebbero dovuto basarsi su mera ispirazione, coff).

Blaise scostò le coperte dal lato vuoto del letto con un braccio.


Vieni qui” lo invitò, senza tanti preamboli, con un tono che sembrava più un comando che una richiesta.


Neville ebbe una specie di palpitazione ed accantonò la ricerca sul davanzale della finestra, trascinandosi invece dietro il plaid. Gattonò sul letto fino a sdraiarsi accanto a Blaise, che infilò le mani sotto la coperta del Grifondoro, per avvolgerlo con le braccia. Quando scoprì che sotto il plaid c’era il pigiama, arricciò la punta del naso. Non ci siamo Paciock, non ci siamo proprio.


Sto aspettando, Paciock”

Eh?”

Neville sfarfallò meravigliosamente le ciglia, tutto arruffato.

Ho detto che sto aspettando” insistette Blaise, parlando più lentamente.

Sì, ho capito. Ma che cosa?”

Il Serpeverde schioccò seccamente la lingua sul palato.

Allora non hai capito” sentenziò, criptico. Neville iniziò da subito a mostrare segni di insofferenza.

Merlino, perché devi sempre parlare per enigmi?”

Io non parlo per enigmi”

Sopratutto appena sveglio, ma come ti va?”

Solo tu li consideri enigmi”

Ma non lo spegni mai il cervello?”

Potrei chiederti invece se tu lo accendi, ogni tanto”

Sono un comune mortale!”

È il buongiorno più triste che abbia mai ricevuto”

Il Grifondoro restò in silenzio per istanti troppo brevi, perché avesse afferrato bene il senso della frase.

Scusa, ora che lo so, la prossima volta ti farò trovare una banda di folletti canterini! La vuoi?”

Blaise emise un lamento che seppe di profonda esasperazione.

No, brutto idiota che non sei altro, voglio questo


Affondò le mani nei capelli di Neville, percorrendo prima la sua schiena sopra la stoffa del pigiama e lo attirò contro di sé per baciarlo. Lo baciò lentamente, carezzando le sue labbra per indurle a socchiudersi, prima di mangiarle con un languore che solo il sonno appena terminato avrebbe potuto dare. Neville sentì dei brividi percorrerlo lungo il corpo. Era un bacio dannatamente erotico e la bocca di Blaise che viziava la sua, sembrava avere tutto il tempo del mondo per farlo.

Solitamente, presi dalla cupidigia del momento, non ci andavano proprio cauti.

Quel modo di fare però, era nuovo e Neville si sentì imbarazzato dall’idea che, così facendo, Blaise avrebbe avuto tutto il tempo che voleva per osservarlo, per vedere come reagiva.

Fortuna che era sdraiato, perché sentiva le ginocchia ridicolmente molli.

Rotolarono tra le lenzuola e Blaise lo sovrastò, lasciando scendere le labbra lungo il profilo della mascella, cercando la pelle morbida e calda del collo. Con un sospiro lieve, Neville toccò la schiena nuda del Serpeverde, percorrendone con le dita la spina dorsale, nell’esatto momento in cui Blaise lo mordeva proprio lì, in quel punto che gli indirizzava sempre una scarica di eccitazione direttamente all’inguine. Inumidì le labbra con le palpebre socchiuse ed avvertì gli occhi di Blaise sul suo viso; inevitabilmente arrossì e l’altro, un sorriso obliquo che si stendeva contro la sua pelle, accarezzò con la punta del naso la sua guancia lentigginosa.


Mi piace quando ti imbarazzi” sussurrò malignamente ed il suo respiro non gli parve mai più caldo di così. Neville sarebbe voluto sparire all'istante, sentiva la faccia andare a fuoco.

Zitto!” sibilò, cercando di incenerirlo con lo sguardo. Blaise però, sembrava essersi perso in un mondo tutto suo.

E mi piacciono le tue lentiggini”

...”


Neville lo guardò con un colorito che sfiorava le sfumature del viola, il cipiglio vagamente offeso perché l’altro gli stava dicendo quelle cose di proposito. Per metterlo in difficoltà.

Lo odiava.

E lo adorava.

Era un bel dilemma, accipicchia.

Socchiudendo gli occhi, Blaise gli mordicchiò la guancia, dove di solito faceva capolino la fossetta della felicità, come lui l’aveva rinominata, perché quando appariva voleva significare che Neville stava sorridendo. Ovviamente aveva tenuto per sé quel nomignolo, si rifiutava di assecondare certe smancerie verbali.

Il Grifondoro, per evitare di morire di vergogna, voltò la testa verso di lui e senza preavviso lo baciò, perché era l’unico modo che aveva per distrarlo.

E a Blaise, francamente, stava bene.

Puntò i gomiti ai lati della sua testa e scavalcò con una gamba il corpo steso sotto di lui, mettendosi a cavalcioni sulla sua vita, senza smettere di baciarlo. Con le mani scacciò il plaid, per infilare le dita oltre il bordo della maglietta che l’altro indossava ed accarezzò la pelle calda dei fianchi, muovendo con malvagità il bacino contro il suo. Quel movimento riuscì a strappargli un gemito sorpreso.

Blaise era avvantaggiato, perché non aveva niente addosso e Neville poteva sentire sotto le sue mani i muscoli della sua schiena tendersi, quando si chinava per togliergli il respiro con le labbra. Avrebbe voluto...


Buon giorno cugino!”


Neville spalancò gli occhi, sentendosi letteralmente gelare sul letto. Si ritrovò a fissare il soffitto, con Blaise troppo occupato a marcare il territorio contro il suo collo. Almeno, quello fino a qualche secondo prima.


Buon giorno anche a te, ragazzo di mio cugino!”


Le labbra del Serpeverde abbandonarono la pelle calda e soffice di Neville e si atteggiarono in un poco-serio broncio di delusione. Voltò la testa verso Alberic, che se ne stava appoggiato contro lo stipite della porta a braccia incrociate, un sorrisetto irriverente e saputo a piegargli le labbra fini.

Non ha neanche la decenza di sentirsi in imbarazzo! Pensò Neville, diventando a quel punto davvero paonazzo. Si era dimenticato di chiudere la porta ma, ne aveva la certezza, da quel giorno sarebbe stata la prima cosa che avrebbe fatto ogni maledetta volta che sarebbe entrato nella sua maledetta camera.

Porco Godric!

Inspirò a stento, girandosi a sua volta verso il cugino che ammiccava con aria saputa; Blaise, rimasto seduto sopra di lui, aveva drizzato la schiena e lo guardava con una sorta di calma piatta.

Non gliene fregava un accidente di essere nudo?!

A Neville fregava eccome, però, tant’è che si accertò che le coperte celassero alla vista di Alberic tutto ciò che non fosse il petto di Blaise. E già quello era un po’ troppo!


Non agitarti zuccottino, volevo soltanto controllare foste vivi” sciorinò suo cugino, con una certa nonchalance.

Alberic!” Neville cercò di mettere sin da subito un freno alla situazione, prima che questa gli sfuggisse di mano. Il biondo non fu neanche vagamente intimidito dal tono minaccioso che il Grifondoro gli riservò.

Sai sono le undici passate e-”

Fuori!”

Di solito a quest’ora ficchi già il naso tra le tue strane piante e-”

Fuori dalla mia stanza!”

Non sono in grado di usare il tosta pane ma, ehi! Posso rinunciarci se questo vorrebbe dire permettere a-”

Dov’è la bacchetta? Dov’è la mia bacchetta?!”

Due fantastiche tortorelle quali siete voi di tubare amore e gioia nell’aria, questa casa ne ha bisogno! Ma-”

Sto per schiantarti Alberic, sappilo, sto per schiantarti!”

Credo che la prossima volta dovresti prendere precauzioni migliori, pasticcino, se non vuoi-”

Blaise, non trovo la mia, dammi la tua bacchetta!”

Alberic allargò gli occhioni azzurri, le labbra candide formarono una O perfetta.

Oh-oh, ecco il lato nascosto di mio cugino mentre fa proposte oscene! Andateci piano con le parole, ragazzi, sono ancora un’anima innoc-”

FUORI!”


Un libro dalle dimensioni considerevoli (le mille proprietà della belladonna, tanto per intenderci), sfiorò l’orecchio di Alberic, che giusto in tempo evitò la collisione con uno scatto agile, quasi felino. Il biondo guardò il cugino con tanto d’occhi, fingendo sconcerto con una sapienza che Blaise apprezzò.


Hai tentato di uccidermi!” esclamò, pieno di melodramma, poggiando una mano all'altezza del cuore. Il suo sconcerto parve quasi vero, tuttavia Neville non si fece impietosire, nemmeno un po'.

E non ci sono riuscito! Ma aspetta che riprovo, magari stavolta mi dice meglio!”

Ferisci i miei sentimenti, schiopodino” Alberic sfoderò senza ritegno la sua arma migliore: il labbro tremulo “Ma un gentiluomo sa quando è il momento di ritirarsi! A mai più rivederci, miei Lords!”


Il ragazzo chiuse la porta con uno scatto ed il silenzio cadde nuovamente nella stanza. Un sorrisetto che sapeva di divertimento piegò le labbra di Blaise, ma Neville non si mosse, continuando a fissare la porta con aria astiosa. Dopo qualche secondo, quella si schiuse nuovamente.

Lo sapeva!


Ci hai ripensato?”

Il Grifondoro ringhiò pericolosamente.

NO! FUORI!”

Uffa...”


La testa bionda di Alberic sparì (stavolta definitivamente) dalla sua camera.

Neville espirò rumorosamente, schiaffandosi le mani sulla faccia per cercare di combattere il rossore che lo stava facendo andare a fuoco. Maledetto Alberic, gliel’avrebbe fatta pagare! L’avrebbe sfrattato e l’avrebbe mandato a vivere sotto i ponti!

Blaise intanto se la stava ridendo di gusto, con le mani appoggiate sullo stomaco del Grifondoro; questi, schiudendo le dita, lo spiò silenziosamente ed un pensiero fugace gli attraversò la mente. Forse suo cugino non era stato così inutile, dopo tutto.


Dico, davvero, non posso credere che siate parenti!” commentò il Serpeverde, cercando di darsi un certo contegno. Ma era davvero difficile, Alberic era così... così anti Paciock!

Non ci credo nemmeno io” la voce laconica di Neville cozzò terribilmente con il suono della risata di Blaise.

Tuo cugino è troppo divertente!”

Ehi, vorresti dire che io non lo sono?!”


Blaise sorrise, osservandolo con aria ruffiana dall’alto. Si chinò per dargli un bacio sulle labbra.


Sei divertente, a modo tuo” soffiò, tirandosi di nuovo su per guardarlo bene, con un'espressione di quelle che sapevano irritare abilmente Neville, perché erano da stronzo.

Cioè?!”

Vuol dire che sei divertente per me

Cioè?!”

Santo Salazar eremita, Paciock! I tuoi modi di fare, sono buffi!”

Il Grifondoro mostrò sincera indignazione.

Io sarei buffo?!” ripeté, perché onestamente non poteva credere alle sue orecchie.

Sì!”

Ora sono anche offeso, oltre ad essere buffo!”

Mi piace quando sei offeso...” Blaise provò ad aggirare l'ostacolo con tono suadente, ma avrebbe dovuto fare meglio di così.

Non ci provare, sono troppo concentrato, non riuscirai a rincoglionirmi anche stavolta!” sbottò infatti Neville, deciso a non lasciarsi distrarre per l'ennesima volta. Il Serpeverde arcuò le sopracciglia con eloquenza.

Lo vedi che sei buffo?”

Non stavo mica scherzando!”

Lo so, è questo che rende ciò che hai detto... buffo”

Se lo dici un’altra volta ti uccido!”

Blaise adocchiò con sufficienza il dito che gli venne puntato contro.

Davvero?” commentò, facendo rotolare pigramente le parole sulla lingua “I libri sul tuo comodino sono finiti”

Ho i miei metodi!”

Un sorriso indecente sferzò l'aria.

Mh... la cosa potrebbe interessarmi...”

È inutile che cerchi di infilarmi le mani sotto la maglietta, sono ancora concentrato!”

Mi piace anche quando tuo cugino ti fa farneticare come un isterico”

Non so, c’è qualche altra offesa di cui vorresti mettermi al corrente? Visto che ci siamo! E smettila di fare... quello! Tanto non funziona!”

Ah, no?”


Tanto per la cronaca, le mani di Blaise si erano infilate eccome sotto la sua maglietta. L’avevano sollevata senza troppe difficoltà e poi la sua bocca era scesa a tracciare il profilo della clavicola con la punta della lingua. Dal centro del petto, una serie di baci umidi e di morsi, avevano deconcentrato Neville, anche se lui era convintissimo di essere ancora concentrato. Ma convinto, eh.

Mentre Blaise teneva le mani sulle spalle di Neville, le sue labbra vezzeggiarono lo stomaco, provocando dei tremori tutt’altro che spiacevoli.

Il respiro caldo del francese contro la sua pelle, la bocca morbida che lo toccava delicatamente e che dallo stomaco scendeva verso la pancia, come seguendo un sentiero...


Questo funziona?” la sua voce roca e bassa, gli causò una fitta all’inguine.

Oh, Godric, sì, sì, funzionava!

Blaise leccò la pelle della pancia ed i muscoli del corpo sotto di lui, si tesero per il desiderio che iniziò ad incendiare la sua pelle. Nei punti in cui la bocca del Serpeverde aveva lasciato un segno, Neville avvertì come delle impronte fatte tracce bollenti. Dischiuse le palpebre, vide che Blaise lo stava osservando con un sorriso saputo e molto poco candido. Lo costrinse a mantenere il contatto visivo e scese a chiudere i denti candidi sull’elastico dei pantaloni del pigiama.

Neville credette di morire, mentre lo osservava tirarli giù con lentezza... Merlino, era riuscito a rincoglionirlo ancora!


*


Stavolta fu Neville a trovare Blaise già sveglio, seduto sul davanzale dove qualche ora prima era stato lui; stava guardando fuori, oltre il vetro chiuso, ed aveva di nuovo quell’espressione assorta. Il Grifondoro, avvolto nelle coperte, restò ad osservarlo in silenzio, acquietato da un languore che non avrebbe mai voluto abbandonare.

Come aveva detto, doveva fare qualcosa. Qualsiasi cosa.


Hai risposto al suo gufo?”


Blaise non si voltò nemmeno verso il letto, continuando ad osservare il paesaggio dalla finestra. Una strada e dei villini a schiera, uguali a quello dove si trovava lui. Una visione piuttosto monotona, ma la zona era tranquilla. Indossava solo una maglia ed i boxer, ma sembrava non sentire freddo.


No” rispose in un soffio appena percettibile.


Perché?” Neville corrugò la fronte, ponendo la domanda con un tono di voce quieto. Voleva che Blaise si sentisse tranquillo.


L’altro sospirò silenziosamente, lo dedusse dal petto che si era gonfiato e sgonfiato nel giro di qualche secondo.


Che senso avrebbe?”

Blaise...”

Cosa? Dimmelo, rispondimi. Che senso avrebbe?”

Si voltò verso di lui, il volto privo di espressione.

A lui farebbe piacere” rispose piano Neville, tirandosi su di un gomito.

Lo so”

E allora?”

Allora che?” il tono secco del Serpeverde fece quasi titubare il suo coraggio Grifondoro.

Non ti basta questo? Sapere che a lui farebbe piacere?”

No! Cioè, sì...”

Blaise, mi spieghi qual è il problema? Perché è evidente che c’è”


L'altro rimase in silenzio qualche secondo, abbandonato contro il vetro della finestra.


È di questo che si tratterà?” pronunciò con lentezza, non troppo forte “Uno scambio di lettere sempre più informale?”

No, avevamo detto che ci saremmo visti, qualche volta!” Neville corrugò la fronte, cercando con tutta la buona volontà di riuscire a cogliere il nocciolo della questione.

Sì, bel contentino che gli diamo” rispose l'altro, mentre le labbra assumevano una piega contrariata.


Il Grifondoro sospirò e si mise a sedere, ma non appena lo fece, un brivido gli percorse la spina dorsale. Guardandosi intorno, andò a raccattare la sua maglietta poco distante e la infilò.


Non eri tu quello che voleva una famiglia più giusta per lui?” domandò, mentre i capelli arruffati sbucavano fuori lo scollo. Blaise distolse lo sguardo con una certa difficoltà.

Sì e lo voglio ancora”

Adesso ce l’ha!” rincarò l'erbologo, arcuando le sopracciglia con perplessità.

Neville, non dirmi che non capisci perché non ci credo. Se non lo puoi fare tu, allora nessuno può”


Il Grifondoro strinse le labbra, distogliendo lo sguardo da Blaise per fissare intensamente le pieghe delle lenzuola. Si sentiva già abbastanza tirato in causa, non c'era bisogno che l'altro lo sottolineasse a quel modo.


Voglio una famiglia più giusta per lui” continuò Blaise “Ma non sono sicuro che siano loro quelli giusti”

Mi hai detto che ti sono sembrate persone carine”

Sì e penso che lo siano davvero. Ma sono troppo carine”

Che vuoi dire?”

Il Serpeverde sospirò quasi con frustrazione, prima di continuare.

Voglio dire... non mi sembrano tipi da aver superato chissà quali diavolo di problemi nella vita. La maggior preoccupazione di lui è quale cravatta mettere al mattino e quella di lei è essere la sposina e la mammina perfetta, te lo dico io”

Se anche fosse, cosa c’è di sbagliato nel voler dare il meglio di sé come moglie e come madre?”

Niente, se non hai a che fare con un bambino dalla vita devastata che non può essere capito da persone che non hanno provato sofferenza”

Neville alzò le braccia per aria, prima di lasciarle ricadere pesantemente sul materasso, con una certa esasperazione.

Ma non puoi esserne certo!” ribatté, cercando di risultare conciliante “I problemi ce li hanno tutti Blaise, non te lo devo dire io”


Il Serpeverde si stava comportando in un modo stranamente irrazionale, rifletté guardingo.


Mathias è venuto a stare da me ad ottobre ed ha ceduto solo a dicembre. Ha resistito più di un mese, perché non ci conosceva, non si fidava di noi ed aveva paura. Gli ho detto che non doveva più averne, ma adesso? Si trova di nuovo con persone che non conosce, di cui dubito seriamente si fidi, che non sanno niente di quello che gli passa per la testa e non so se ha ricominciato ad avere paura”


Neville ammutolì, perché capì con una lucidità sconcertante che Blaise si sentiva responsabile. Si sentiva responsabile della possibile infelicità di Mathias.

Trovò da qualche parte anche i pantaloni e le mutande e dopo aver indossato entrambe le cose, si alzò dal letto per avvicinarsi al Serpeverde.


Devi chiederglielo Blaise, chiedigli se ha paura” sussurrò accorato, cercando di imprimere in quelle parole tutta la convinzione di cui disponeva. Ovviamente non bastò.

No” rispose quello, con cocciutaggine, tornando a guardare fuori la finestra.

Perché no?”

E se dovesse dire di sì?”

Neville lo vide stringere con forza l'orlo della maglia che indossava.

Lo aiuteremo insieme” tentò ancora, gentilmente. Blaise respinse con cinismo anche quel tentativo.

Certo, ci installeremo a casa dei Moore come tu ti sei installato a casa mia” il suo tono di voce sarcastico e sprezzante indispettì Neville una volta per tutte.


Lo sai cosa? Lascia perdere Blaise, cuoci pure nel tuo dubbio e continua a farti domande che non avranno risposta. Continua ad ignorare i gufi di Mathias, altro che lettere informali! Non ci saranno nemmeno quelle, se intendi continuare a comportarti come stai facendo! Se non volevi che Mathias andasse con altre persone, avresti dovuto semplicemente impedirlo! Non avresti mai pensato di poter vedere le cose da questa prospettiva, non è vero? Volevi talmente tanto che se ne andasse che adesso non riesci nemmeno ad ammettere di rivolerlo indietro! Ma se non ci arrivi tu, Blaise, io non posso aiutarti davvero!”


Neville lasciò la stanza con un’espressione scura sul volto. Non avrebbe mai voluto sbottare a quel modo, ma il Serpeverde era così testardo che in certi momenti gli si poteva parlare solo sbattendogli le cose in faccia.

Questo non voleva dire che era stato facile.

Non fece in tempo a chiudere la porta che fu sommerso dai sensi di colpa. Si sentì uno schifo, aveva capito che Blaise si riteneva colpevole per aver lasciato andare Mathias, dopo le promesse che gli aveva fatto... E lui invece di aiutarlo, gli aveva risposto per le rime.

Imponendosi di non cambiare la sua posizione, un passo dopo l’altro, scese le scale e si diresse in cucina.


Blaise era ancora seduto sul davanzale della finestra, ma non era più rilassato. Si era evidentemente irrigidito ed aveva la fronte aggrottata.

Voleva indietro Mathias?

Aveva solo venticinque anni, non era davvero la persona più ideale per prendersi cura di un bambino! Non ne era capace, era troppo giovane (ma comunque Potter aveva la sua età ed aveva un figlio)!

Avere indietro Mathias... Maledetto mostriciattolo con l’abilità di fare il lavaggio del cervello alle persone.

Puntò lo sguardo verso la scrivania di Neville, dove erano appoggiate quelle che il Grifondoro aveva chiamato penne. Servivano per scrivere, a quanto sembrava.

Si alzò dal davanzale ed andò a frugare nei cassetti della scrivania, trovando alcuni fogli puliti. Non sapeva cosa stava facendo, non lo sapeva davvero.

Impugnò la penna, osservandola con aria critica e cercò di capire come farla funzionare. Tolse quello che doveva essere il tappo ed apparve la punta.

Ah, ecco come.

Quando con la mente annebbiata dalla confusione si chinò sul foglio, sentì un fastidioso beccare ai vetri della finestra.


C’era un gufo e stava cercando lui.

















NOTE DELL'AUTORE: oh-santo-cielo. Quattro ore. Ci ho messo ben quattro ore, per betare questo capitolo. Ogni quarto d'ora mi fermavo a scrivere delle e-mail a caso (ogni riferimento a cose o persone è puramente casuale) e mi sono distratta un sacco di volte XD Ma io vi adoro, lo sapete <3 spero di non essermi lasciata sfuggire niente! In questo capitolo scopriamo il primo indizio: Neville non ce la raccontava giusta sin dall'inizio, ammettiamolo. Altro che innocente Grifondoro... :p Per il secondo, dovrete aspettare l'epilogo, bwahaha. Conosciamo inoltre e finalmente quel piccolo essere adorabile di Alberic, che personalmente adoro fino al midollo. Peccato che la trama non gli lasci molto spazio! Un ringraziamento sentitissimo a tutti, ma proprio tutti quelli che recensiscono, che leggono e basta, che aggiungono le storie tra le preferite/ricordate/seguite e che mi contattano a destra e sinistra per chiacchierare amorevolmente! Non fate che accrescere la mia logorrea. Vi adoVo!

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


VENTUNESIMO CAPITOLO


This is how I show my love.

I made it in my mind because

I blame it on my ADD baby.

This is how an angel dies

Blame it on my own sick pride

Blame it on my ADD baby


Maybe I should cry for help

Maybe I should kill myself

Blame it on my ADD baby

Maybe I'm a different breed

Maybe I'm not listening

So blame it on my ADD baby

(Sail, Awolnation)


Gentile Blaise,

perdona questo gufo, ma ho bisogno di parlarti.

Aspetterò alle 5 al caffè davanti alla boutique di Madama McClan.

Se non verrai, saprò che sei stato occupato e che il nostro incontro sarà solo rimandato.


A presto,

Mary Moore


L’entrata di Blaise all’interno del locale fu accompagnata da un allegro scampanellio. Lì dentro faceva caldo ed il chiacchiericcio delle persone sedute ai tavoli riempiva l’aria di un soffice brusio. Sostò per qualche secondo sulla soglia, scandagliando i volti della gente alla ricerca di quello di Mary. Da un tavolo abbastanza in fondo al caffè, la vide alzare il braccio in sua direzione ed indirizzargli un sorriso un po’ titubante. Blaise rispose solo con un breve cenno del mento, camminando tra i tavoli per raggiungerla.

L’espressione del Serpeverde non tradiva tutta l’ansia che invece aveva cominciato a provare dopo aver ricevuto la sua lettera. Mary poteva averlo contattato solo per un motivo e quel motivo era Mathias. Era successo qualcosa? Doveva preoccuparsi? Quando raggiunse il tavolo, abbozzò un sorriso di pura cordialità.

A Neville aveva detto di dover fare alcune commissioni, ma non avrebbe saputo dire perché gli avesse mentito; aveva intuito, tuttavia, il motivo che l’aveva spinto a farlo: sapeva che se gli avesse detto con chi sarebbe andato ad incontrarsi, dopo, il ragazzo l’avrebbe sommerso di domande.

A Blaise serviva del tempo per pensare, pensare con la sua testa.

Mary ricambiò il sorriso con molta più spontaneità di quanta lui gliene avesse dimostrata, ma si mosse un po’ nervosa sulla sedia.


Sono contenta che tu sia riuscito a venire” esclamò, con un tono di voce dolce e sinceramente sollevato.


Blaise tolse il cappotto e lo appoggiò sulla sedia, prima di prendere posto davanti a lei. Mary stringeva le mani attorno ad una tazza di tè fumante, dalla quale aveva preso al massimo solo un paio di sorsi. Aveva stretto le labbra in una linea sottile ed osservava le venature del tavolo come fossero molto interessanti. Quando la cameriera si avvicinò a loro, il Serpeverde ordinò un semplice caffè ed incrociò le mani sul tavolo, in attesa. Non aveva mandato lui il gufo, quindi non era lui quello che aveva qualcosa da dire. Ma non dovette aspettare molto.


Si tratta di Mathias”


Ma va?


Cos’è successo?”


Mary dovette percepire qualcosa di strano nel suo tono, perché alzò gli occhi per guardarlo con un pizzico di ansia.


Oh, sta bene, non preoccuparti! Almeno credo…”

Almeno... credo? Blaise arcuò un sopracciglio.

Che vorrebbe significare?”


Mary si mosse di nuovo sulla sedia, come fosse scomoda e sistemò i capelli dietro le orecchie, nonostante li avesse talmente corti che, davvero, non c’era proprio niente da sistemare. Gli occhi verdi e limpidi della donna tornarono a guardarlo con una certa apprensione.


Mio marito dice che è normale, che passerà, che dobbiamo dargli tempo… ma io non credo sia così. Oh, è nella natura di Ben dire a chiunque cose rassicuranti, lui è fatto così. Crede sempre nel meglio ed anche io! Per questo ho voluto incontrarti Blaise. Perché credo fermamente alla parte migliore di ogni cosa e…” si zittì, inspirando profondamente e prendendo un sorso del suo tè. In quella pausa, arrivò anche il caffè ordinato dal Serpeverde, ma il ragazzo non si mosse, lasciando che la cameriera lo poggiasse sul tavolino e si allontanasse.


Signora Moore…” anche se la donna lo chiamava per nome, Blaise non aveva intenzione di prendersi altrettanta confidenza, non era nella sua natura, “Ho bisogno che lei sia più specifica”


Mary abbozzò un sorriso, annuendo brevemente.


Non credo che la soluzione migliore per Mathias possiamo essere noi”


Quella frase lo lasciò interdetto e Blaise sbatté le palpebre un paio di volte. Non era quello che aveva detto lui, in fondo? Che forse i Moore non erano le persone più adatte ad occuparsi di Mathias? Ma un conto era pensarlo, magari consapevole di essere anche un po’ maligno nel farlo. Un conto era sentirlo dire da lei.

Fermi tutti, un momento.


Suo marito sa che lei si trova qui?”


Come una bambina colta a fare qualcosa di sbagliato dai genitori, Mary abbassò vergognosamente lo sguardo con aria colpevole e scosse la testa, senza riuscire a dire qualcosa. Blaise sospirò profondamente, stringendo la sella del naso tra le dita con lentezza. Chiuse brevemente gli occhi, permettendo al suo cervello di lavorare quelle informazioni con una velocità impressionante. Ma che diavolo…


Ben non sa niente, perché crede che la situazione cambierà e non sarebbe mai stato d’accordo ad organizzare un incontro del genere. Ma io dovevo parlare con qualcuno che capisse, Blaise! Forse tu pensi che io non me ne sia accorta…”

Accorta di cosa?” il ragazzo la sbirciò oltre le dita che aveva davanti al volto.

Di quello che pensi”

E che cosa penso?”

Mary si zittì per qualche attimo, forse in preda ad un dubbio: quello che le diceva di essersi sbagliata. Tentennò, questo è vero, ma non troppo a lungo.

Che non avremmo mai capito Mathias” esclamò infine, assecondando l'istinto femminile.


Blaise prese la tazza del caffè e ne bevve un sorso.


Perché mi sta dicendo queste cose?” domandò, soppesando con cautela le parole, come se da quella domanda potesse scaturire qualcosa di pericoloso.

Perché non è vero” rispose immediatamente Mary, gli occhi che le brillavano di una luce determinata, “Io ho capito Mathias, ho capito che cosa vuole. E non vuole stare con noi. Lui vuole te. Ed un certo Neville, di cui una volta mi ha parlato, ma non so chi sia. Quello che so è che quando parla di voi, e lo fa talmente poche volte che non mi pare vero il momento in cui succede, sono le uniche circostanze dove appare per ciò che è: un bambino. Io e mio marito non l’abbiamo adottato per donargli una vita triste, l’abbiamo adottato perché vogliamo renderlo felice!”

E’ soltanto un mese che si trova con voi, non può pretendere che in così poco tempo si mostri aperto e disponibile al dialogo, dopo quello che ha passato”

E’ questo il punto, non capisci? Tu lo sai che cosa ha passato?”

Sì, lo so” Blaise strinse la tazzina del caffè senza nemmeno rendersene conto.

Anche io lo so” riprese Mary, implacabile, “Però non lo so, perché con me, con Ben, non parla. So che i suoi genitori sono rimasti uccisi in maniera brutale, ma non so che ha passato. Cosa sta ancora passando. E questo è un processo che ha iniziato con te, sei tu quello a cui ha deciso di parlare. Credo… credo che si senta tradito? È solo una sensazione, chiamalo istinto materno, femminile, come vuoi, ma c’è questa voce nella mia testa, quando guardo Mathias, che mi dice non c’è fiducia. Aspetta! Lo so che stai per dire di nuovo che è solo poco tempo che sta con noi! Sono d’accordo Blaise, sono d’accordo davvero! Ma… io sono convinta che lui si senta davvero così. A partire dal fatto che non rispondi ai suoi gufi” il suo tono assunse una piega di rimprovero neanche tanto celata “… e poi c’è questo dettaglio… lui ti ha parlato di come si sente ma poco tempo dopo vi siete dovuti separare. Temo abbia paura che, se si aprisse con noi, accadrebbe di nuovo di doversene andare chissà dove. Ma perché non rispondi ai suoi gufi?! Ti ha aperto il suo cuore, lo vuoi far pentire di averlo fatto?”


Blaise appoggiò la tazza sul tavolo, infastidito. Al suono secco che ne conseguì, Mary si ammutolì all'istante e rimase ad osservarlo con occhi agitati, che non stavano fermi un attimo.

Il Serpeverde non coglieva il succo del discorso.

Lo stava rincoglionendo con un mare di parole e, per la miseria, lui odiava i logorroici ma… qual era il maledetto punto? L’aveva voluto incontrare per farlo sentire in colpa?

Quella donna lo irritava.

Ma era vero che non riuscisse a cogliere il succo del discorso? O forse non voleva farlo e basta?


Signora Moore” si sforzò di mantenersi su toni cordiali, “Perché sono qui?”

Lo sai perché. Lui vuole stare con voi. Questo non ti importa?”

Blaise la freddò con un'occhiata così penetrante che Mary cercò subito di rimediare a ciò che aveva detto, perché qualunque cosa avesse voluto intendere, l'aveva buttata fuori nel modo sbagliato. Non fece neanche in tempo ad aprire bocca che la voce del Serpeverde sembrò sferzare l'aria come fosse stata una lama. Una lama vera.

E tanti bei saluti alla cordialità.

Avreste dovuto preoccuparvi dei suoi desideri prima di adottarlo”

Non fingere che la cosa non ti interessi! Non sono un uomo, sono una donna. Non puoi pretendere di fregarmi con quel tono disinteressato! Mathias non avrebbe mai parlato con qualcuno di cui non si fida!”

Blaise si sporse verso di lei con un movimenti fluido, un po' serpentino.

Lo dica” sibilò, socchiudendo le palpebre sugli occhi.

Che cosa?”

Mary, per contro, si ritirò un po' sulla sedia. Ma non poteva andare molto lontano.

Lo dica esplicitamente, cosa vuole”

La donna fece un bel respiro e decise che fosse il caso di guardare Blaise negli occhi, perché la questione era importante. E voleva davvero, davvero che l'altro lo capisse.

“… Vorrei… che condividessimo la custodia di Mathias. Non voglio rinunciare alla sua tutela e farlo finire di nuovo tra le mani del Ministero. Io e Ben abbiamo lottato tanto per riuscire ad ottenere un'adozione e dopo tutto quello che abbiamo passato, non posso a rinunciare a lui. E' diventato parte della famiglia ancora prima che sapessi il suo nome. Quindi, vorrei che potessimo diventare entrambi suoi tutori…”


Seguì un silenzio abbastanza pesante, riempito solo dalle chiacchiere del mondo che di certo non aveva smesso di girare per permettere a quei due di discutere con tranquillità. Si guardavano a vicenda, negli occhi, ma con modi molto diversi. Gli occhi verdi di Mary erano determinati, mostravano una forza d’animo non indifferente, ma anche sofferenza. Forse si sentiva impotente. Gli occhi di Blaise erano freddi, la facevano sentire come se volessero perforarla da parte a parte ed erano risoluti. Forse si sentiva confuso.


Che cosa doveva fare?

Che cosa voleva fare?












NOTE DELL'AUTORE: al solito, esigenze di trama hanno voluto la scarsa lunghezza di questo capitolo transitivo. Ne mancano oramai solo due, quindi non siate ansiose di arrivare alla fine :p ne approfitto per fare auguri di buona Pasqua a tutti quanti, io non mancherò di uccidermi di cibo, non so voi!! Un ringraziamento speciale a Mimiwitch che ha betato questo capitolo :D Vi ringrazio per tutti i pareri positivi riguardo Alberic, lui ne è stato letteralmente folgorato, ve lo assicuro :D E se proprio devo dire la mia, a me la famiglia Moore non dispiace. Vi assicuro che le loro intenzioni sono del tutto sincere... ora sta a Blaise capirlo!

Un ultimo grazie di cuore a chi legge e basta, a chi aggiunge la storia nelle varie categorie e chi aspetta il venerdì per leggere un nuovo capitolo di questa storia: non mi sarei mai aspettata tanto affetto, vi adoro!


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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


VENTIDUESIMO CAPITOLO


So I haven't given up,

But all my choices, my good luck...

Appear to go and get me stuck,

In an open prison.

Now I am tryin' to break free,

Be in a state of empathy.

Find the true and inner me,

Eradicate the schism.


No-one can take it away from me,

And no-one can tear it apart.

Because a heart that hurts,

Is a heart that works.

A heart that hurts,

Is a heart that works.

(Bright lights, Placebo)


Constance, in tutta franchezza, non riusciva a capire dove diavolo fosse il problema. Non era come adottare sul serio un bambino, insomma... Blaise non se ne sarebbe di certo dovuto occupare ventiquattro ore su ventiquattro. Lui e quella lì, quella Mary, avrebbero potuto tenerlo un mese per uno o qualcosa del genere. Si potevano organizzare! Tra l'altro, sarebbe stata una custodia condivisa non ufficiale; per legge il bambino, com'era ovvio che fosse, poteva essere affidato ad una sola famiglia, quindi Blaise sarebbe stato vincolato da un semplice accordo verbale a quella sorta di... patto.

Facilmente eludibile, dunque.

Forse il problema era proprio quello, rifletté Constance osservando il profilo di suo figlio seduto composto al tavolino. Forse Blaise non aveva preso neanche in considerazione la prospettiva di uno svincolo; se avesse accettato la proposta di Mary, l'avrebbe fatto con tutte le conseguenze del caso.

Avrebbe preso quell'impegno per tutta la vita.

La donna sospirò silenziosamente, appoggiando la schiena contro la sedia.

L'appartamento di Blaise era immerso nella penombra ed un quieto silenzio sembrava voler rispettare la moltitudine di pensieri che in quel momento sconvolgevano la mente del suo unico erede.

Constance lo osservò con attenzione, come tante volte aveva fatto da quando la vita glielo aveva donato: quella serietà, quel quieto e sottile senso del dovere, quel particolare rispetto che mostrava verso determinate situazioni... non aveva ereditato da lei quelle qualità (ma neanche dal padre, visto il modo in cui se l'era svignata, lasciandola da sola con una moltitudine di problemi sulle spalle). Blaise gli ricordava piuttosto Elemia Zabini, suo padre, nonché defunto nonno del giovane. Avrebbe dovuto immaginare, che suo figlio non sarebbe mai stato in grado di affrontare quella scelta con la serenità che invece avrebbe avuto lei; non riusciva a capacitarsi di come potesse sentirsi minacciato dal peso di una promessa che non richiedeva nessuna firma, di una promessa che poteva essere infranta in qualsiasi momento.

Eppure...

Eppure Constance era maledettamente orgogliosa di quella consapevolezza. Era orgogliosa perché Blaise continuava a darle motivazioni che glielo facevano amare sempre di più.


"Bé... pensa anche alla tua povera mamma, Blaise caro"


Lui sollevò gli occhi dalla tazza di caffè quasi vuota, per studiare il volto di sua madre che, dal canto suo, non voleva saperne di lasciarsi seppellire dall'austerità e dall'aura depressa che emanava suo figlio.

Lei roteò gli occhi di fronte alla sua espressione interrogativa e sbuffò una risata.


"Non vuoi regalarmi un nipotino? La gioia di essere chiamata nonna?" sfarfallò le ciglia con ben architettata affabilità. Lui aggrottò la fronte, gli occhi che trasudavano scetticismo a secchiate.

"Non ti faresti chiamare nonna neanche se ti offrissero un premio in denaro" commentò, schioccando seccamente la lingua sul palato. Constance sventolò una mano per aria con leggerezza.

"Dipende dalla cifra di cui stiamo parlando, figlio mio. Ognuno ha il suo prezzo!"


Blaise fece una smorfia, ma non replicò, perché sua madre aveva ragione.


"Non prenderebbe comunque il nostro cognome"

"Non è il cognome che farebbe di lui uno di famiglia!"


Di nuovo, il ragazzo si zittì, perché sua madre stava abbattendo, senza pietà, tutti i paletti che si erano posti sulla strada dell'accettare la proposta di Mary Moore.

Penserò io a sistemare Benjamin, Blaise. Devi solo dire di sì gli aveva detto, con uno strano sguardo da girl power celato negli occhi verdi.

Certe volte le femmine riuscivano ad inquietarlo; potevano sembrare candide ed innocenti, ma sotto lo strato di purezza che sbattevano in faccia agli altri come un biglietto da visita, erano tutte delle sporche calcolatrici.


"Il mio lavoro mi tiene molto impegnato" riprese poi, rigirandosi la tazza tra le mani con aria distratta.

"Ne sono certa. Per fortuna hai me e quel tuo simpaticissimo amico Neville, che sicuramente sarebbe disposto ad aiutarti come lo sono io!"

"Non esserne troppo sicura"

"Piacerebbe a te, non esserlo, così avresti un motivo in più per rifiutare" Constance disintegrò il suo insulso borbottio con una sentenza da tribunale.


Blaise si morse l'interno della guancia, consapevole di star perdendo miseramente la guerra.

Dio, perché sua madre doveva essere così sua madre? Un po' come quando Neville certe volte si chiedeva perché Blaise dovesse essere così Blaise.

Evidentemente era una caratteristica della genetica Zabini essere sempre così così.


"Anche lui lavora e comunque non capisco cosa possa entrarci in tutta questa faccenda"

Sua madre arcuò le sopracciglia e lo guardò con un'occhiata che da sola sembrava dire fai sul serio?

"Io, invece, campo di rendita” rispose con una serenità diabolica, “ Ed ho un sacco di tempo libero. Per quanto riguarda il tuo amico, non credo ci voglia una magia per capire che si è affezionato al bambino quanto Mathias si è affezionato a lui"

"Come verrebbe trattato se venisse associato ad uno come me?!" Blaise si mosse nervosamente sulla sedia, facendo scorrere una mano tra i corti capelli neri.

"Non mi sembra ti sia mai importato qualcosa di quello che pensano gli altri"

"Non importa a me, ma potrebbe importare a lui!"

Constance schioccò le dita affusolate ed un sorriso accattivante le piegò le labbra piene.

"Ma guardati! Pensi già in funzione a cosa possa essere meglio per Mathias! Ti sei praticamente calato nel ruolo da solo, non ti resta che mandare un gufo a quella Mary e dirle di sì!"

"Non ho risposto ai suoi gufi, non credo proprio voglia rivedermi così presto"

"Mio figlio: un vero prodigio! Perché non mi hai mai parlato delle tue capacità divinatorie, Blaise caro? O forse hai avuto un sogno premonitore che ti ha permesso di darlo per certo?"

Il ragazzo le lanciò un'occhiatina, aveva l'aria di uno che era stato messo alle strette contro la sua volontà.

In effetti, era proprio ciò che sua madre stava facendo.

"Ho venticinque anni!" tentò, non sapendo a cos'altro diavolo aggrapparsi.

"Io ne avevo venti quando sei nato tu"

"Sono stato voluto!"

"E tu vuoi Mathias altrimenti non staremmo qui a parlarne né mi staresti costringendo a calpestare ogni tua sentenza. Perché è questo che vuoi da me, Blaise. Tu vuoi che io riduca ogni tua considerazione ad un livello talmente irrilevante, da convincerti che non valga neanche la pensa starci a pensare. Vuoi forse prendere in giro la tua mamma adorata e devota, osando negare questa ovvietà?"


Il Serpeverde ebbe l'impulso di vomitare davanti alle ciglia sfarfallanti di Constance che, in un modo davvero crudele, riuscivano sempre a farlo sentire in colpa. Lo sapeva che lo stava facendo apposta, tuttavia non riusciva a resisterle, non era mai stato in grado di farlo. E lei lo sapeva.

Strega!


"E comunque ci saremmo anche noi, eh"


Blaise neanche si voltò, anzi: sperò ardentemente che ignorare sin dal principio quell'intervento non richiesto, potesse salvarlo dall'ennesima sceneggiata.

Ah!

Povero illuso.


"Sta zitta Morgana, non riesci neanche ad evitare che ti schiaccino contro la cornice, come pensi di poter aiutare Blaise a badare ad un bambino?"

"A parte questo, dovresti parlare al singolare Morg, perché io non ho intenzione di fare da balia proprio a nessuno!"

"Ah, è così? Se proprio vuoi saperlo, Bacco, con quello stomaco enorme che ti ritrovi è un po' difficile non lasciarsi schiacciare contro la cornice. Magari se chiudessi la bocca, oltre ad attivare il cervello perderesti anche un po' di ciccia. In quanto a te, meravigliosa Ginevra, se Ser Lancillotto ha smesso di farti la corte è proprio per questo tuo acidume!"

"Disse quella che tradì il sangue del suo sangue!"

"Come osi? Il passato è passato, parlo di nuovo con Artù se non te ne sei accorta, quello stesso Artù che hai ben pensato di cornificare come una sciacquetta da taverna!"

"Sciacquetta a chi, strega? Per lo meno io non morirò zitella e con le ragnatele nelle mutande!"

Quando la situazione iniziò a farsi preoccupante, Don Chisciotte balzò in mezzo alle due cercando di calmare gli animi, che già stavano per prendersi per i capelli.


Blaise passò stancamente una mano sul volto, mentre sua madre rise di gusto.

Certe volte la sua vita gli pareva una barzelletta!


*


Mathias guardava il cielo nuvoloso al di là del vetro della finestra, mentre Dennis, il fratellastro di cinque anni, giocava con i modellini di alcune scope seduto sul tappetto della sua stanza: era tutto intento ad inscenare un'avvincente partita di Quidditch, con mostri e draghi annessi (non si faceva mancare niente).

Da quando Mathias aveva messo piede in casa Moore, Dennis era diventato la sua ombra. Lo seguiva ovunque, pretendeva di fare le cose che faceva lui e, certe volte, cercava di parlare come lui. Gli occhioni verdi del bambino lo scrutavano capeggiando sotto una zazzera di capelli castani, il visetto a forma di cuore come quello della sua mamma.

Mathias non apprezzava essere costantemente osservato da qualcuno, che fosse un individuo di cinque o trenta anni aveva poca importanza: trattava Dennis con distacco, cercando di farsi odiare; lo stesso distacco, lo propinava senza tante cerimonie anche ai due coniugi che lo avevano adottato, ma il fallimento continuo dei suoi tentativi non faceva altro che alimentare la sua rabbia.

Mary e Benjamin con lui erano stati fin dall'inizio maledettamente gentili, premurosi ed attenti ad ogni suo bisogno. Gli sorridevano e lo trattavano allo stesso modo in cui Dennis veniva trattato e, davvero, ci stava ancora provando a farsi odiare, ma i suoi tentativi diminuivano di intensità e determinazione di giorno in giorno. Non ce la faceva proprio a comportarsi male con quella gente che gli stava dimostrando affetto senza chiedere nulla in cambio, quella era una cosa al di fuori delle sue capacità! E poi, se sua madre fosse stata ancora viva, sicuramente non avrebbe benvisto quel modo di fare, quell'irriconoscenza. I suoi genitori non gli avevano insegnato ad essere un bambino maleducato ed ingrato, quindi si era detto una buona volta che doveva piantarla di sbattere i piedi e ringhiare a chiunque gli rivolgesse la parola, perché così facendo avrebbe dato un dispiacere anche a loro.

Tuttavia, nonostante le sue buone intenzioni, non poté fare a meno di sentirsi uno schifo mentre il cielo plumbeo si rifletteva nei suoi occhi scuri.

Si sentiva solo, non capito e non aveva voglia di parlarne. A cosa sarebbe servito ricominciare tutto da capo? L'aveva fatto con Blaise e com'era finita? Ignorava i gufi che gli spediva!

Mathias aveva smesso di scrivergli una settimana prima; i sentimenti stracciati dall'indifferenza che il Serpeverde aveva mostrato nei suoi confronti, gli avevano fatto perdere il coraggio di continuare a farlo.

Mary se ne era accorta, ma non gli aveva chiesto niente e continuando a sorridere gli aveva accarezzato i capelli e ficcato tra le mani una cioccolata calda con una montagna di panna sopra. Mathias era arrossito, perché se c'era una cosa cui non sapeva resistere era proprio la panna e senza dire niente, vi si era praticamente affogato, evitando di incrociare gli occhi verdi della donna, inteneriti forse da qualcosa che solo lei poteva vedere.

Ovviamente Dennis aveva preteso la stessa identica quantità di cioccolata con la stessa identica quantità di panna; Mary, roteando gli occhi verso il soffitto, lo aveva accontentato con un'espressione divertita ad illuminarle il volto gentile.

Mathias avrebbe definito la vita in casa Moore soffice.

Entrare lì dentro, era come sentire una coperta calda che ti avvolgeva nelle fredde giornate invernali e c'era da dire che sia Mary che Benjamin avevano fatto veramente di tutto, per metterlo a proprio agio. Il fatto che continuasse a pensare a Neville e Blaise, quindi, lo faceva sentire ancora di più in colpa; quanti di quei sentimenti avrebbe potuto ancora sopportare un bambino di otto anni come lui?

Mathias distolse gli occhi dal cielo scuro perché Dennis lo stava tirando per una manica, chiedendogli di giocare con lui. Con uno sbuffo, si sedette a gambe incrociate sul tappeto e si rigirò tra le dita uno dei modellini di scopa appartenenti al fratellastro; gli venne quindi naturale lanciare un'occhiatina al muro della sua stanza, al quale era appesa la scopa che Constance gli aveva regalato per Natale. Piegò le labbra in un debole sorriso, ricordando la domenica in cui era stato portato a provarla ed un piacevole calore gli invase il petto.


"Mathias il mio drago sta mangiando la tua scopa!"


Dennis riportò la sua attenzione sul gioco che aveva deciso di fare; notò così che il modellino della sua scopa. veniva gradualmente e magicamente inghiottito dalle fauci di un drago di plastica, dalle discrete dimensioni.


"Non vale, non stavo guardando!" replicò, senza nemmeno tentare di salvare la scopa.

"E perché non stavi guardando?" la voce del suo fratellastro risuonava sempre con un tono di tale candore ed innocenza da minare spesso alla salute del suo cipiglio perennemente irritato.


"Perché stavo pensando"

"Perché stavi pensando?"

"Perché la gente pensa!"

"E tu che cosa pensi?"

"Penso a... penso alle scope!"

"Alla tua scopa?"

"Sì, alla mia"

"Perché non mi fai mai giocare con la tua scopa?"

"Perché sei piccolo!"

"E quando divento grande?"


Mathias venne investito dagli occhi chiari del fratello, che lo guardarono con una sorta di aspettativa e speranza. Realizzò in quel momento che avrebbe davvero vissuto per sempre con i Moore e che quindi sarebbe giunto davvero il momento in cui Dennis sarebbe diventato abbastanza grande per poter giocare con la sua scopa.

E lui sarebbe stato lì ad assistere a quel processo, a quella crescita.

Ed avrebbero anche frequentato alcuni degli anni ad Hogwarts insieme!

Schiuse le labbra con espressione piuttosto babbea, fissando Dennis come non lo vedesse realmente.

Il suo futuro, tutta la sua vita sarebbe stata con i Moore!

Gettando il modellino della scopa (o ciò che ne restava) sul tappeto, si alzò boccheggiando.

Come aveva fatto a non pensarci prima? Aria, gli serviva aria, immediatamente!

Si catapultò verso la porta della sua stanza e dopo averla aperta, volò al pian terreno guadagnando l'uscita della villetta come un razzo.

Mary, che era in salotto a sistemare i panni puliti da poco ritirati, allargò gli occhi incredula, credendo di aver visto male, tanto Mathias era stato veloce; ma quando vide Dennis scendere le scale nel tentativo di andare come al solito dietro al fratellastro, capì invece di averci visto benissimo. Corrugò la fronte accantonando i suoi doveri di casalinga e si diresse verso la porta di ingresso mentre Dennis la affiancava.


"Mathias?" provò, cautamente, affacciandosi sull'uscio ed osservando il giardino curato che precedeva l'entrata della casa.


Nell'udire la sua voce, l'interpellato si girò verso di lei con uno sguardo perso ed il respiro inframmezzato.

Mary uscì di casa, preoccupata dalla confusione e dal turbamento che leggeva sul volto delicato di Mathias.

Dennis la seguì con un cipiglio curioso e passò le manine tra i capelli castani, cercando di incasinarli come lo erano quelli del suo fratellastro. Ciò che faceva Mathias gli sembrava sempre giusto, quindi voleva essere letteralmente come lui! Il più piccolo dei Moore rimase in silenzio, semi nascosto dietro le gambe di sua madre.


"Mathias, cos'hai?" domandò Mary, con tono di voce gentile che cercò di essere anche tranquillizzante. Ebbe l'istinto di allungare le mani per accarezzargli il viso, ma si trattenne: aveva capito che il più grande dei suoi figli non amava il contatto fisico. Non quello delle persone di cui non si fidava, per lo meno.


Mathias percepì una strana nota nel tono di voce della donna che aveva di fronte, ma era pur sempre un bambino e non poteva capire che lei gli stava chiedendo, ti prego, di lasciarsi aiutare.


"Voi mi avete adottato" esordì, incapace di tenere tutti quei pensieri per sé. Doveva parlare, doveva farlo o sarebbe letteralmente esploso, lo sentiva. Era un bambino, pretendeva di essere rassicurato ed aveva il sacrosanto diritto di fare tutte le domande del mondo perché sì.


"Sì Math..." rispose Mary, incerta, attendendo che il bambino continuasse a parlare. Che fosse arrivato il momento, si chiese con una sorta di magone speranzoso a stringerle la gola?


"Lo sapete che è per tutta la vita?"


Lei annuì senza parlare, ma cercò gli occhi scuri dell'altro con i suoi, perché voleva che capisse che lo sapevano, l'avevano sempre saputo e questo non li aveva mai distolti dai loro propositi.


"Lo sapete che non potrete ridarmi indietro se non vi piaccio più?"

"Sì, certo!"

"Lo sapete che tra vent'anni sarete ancora i miei genitori?"

"Sì!"

"Lo sapete che se per caso facessi dei guai poi dovrete pensarci insieme a me?"

"Lo sappiamo, Math!"

"Lo sapete che se vi stufate o ci ripensate non potrete cacciarmi via?"

"Buon Merlino, ma come ti vengono in mente certe cose?!"


Mathias unì le labbra, abbassando lo sguardo verso il terreno.

Era stato piuttosto schietto, ma aveva bisogno di parlare con sincerità e di sentire delle risposte altrettanto sincere. Voleva capire se i Moore erano davvero convinti di quello che avevano fatto.

Lui non era un giocattolo od un oggetto e ne aveva veramente abbastanza di cambiamenti drastici nella sua vita. Ne avrebbe avuto per molti, molti anni a venire!

Mary si avvicinò a lui e poggiò le mani sulle sue spalle in un contatto non troppo invasivo.


"Io e Benjamin" esordì, con un tono di voce gentile ma fermo, di chi non aveva intenzione di essere contraddetto, "Abbiamo deciso di prendere in adozione un bambino dopo la nascita di Dennis, Mathias. Non prima. Non abbiamo nessun problema ad avere figli, ma il nostro desiderio di adottarne uno era grande. Sopratutto quello di Benjamin, che ha un cugino rimasto orfano ancora prima di te. Abbiamo visto con i nostri occhi la felicità che la sua famiglia adottiva è riuscita a donargli, lo abbiamo visto attraversare momenti veramente bui e difficili durante il corso della sua vita, ma i suoi genitori, perché io mi ritengo tua madre a dispetto di ciò che pensi, non l'hanno lasciato solo nemmeno per un secondo. Mai. Quando qualcuno adotta, Mathias, lo fa per tutta la vita ed è quello che abbiamo fatto con te. Ti abbiamo desiderato così tanto e, davvero, tu non puoi avere neanche la minima idea di quello che stai dicendo. Lo capisci? Io e Ben cercheremo di essere sempre tua madre e tuo padre anche se tu non ci permetterai di farlo"


A quelle parole, il bambino divenne paonazzo. Dalla rabbia.


"Voi non sarete mai mia madre e mio padre! Li ho già avuti e sono morti, non sarete mai come loro!" ribatté ad alta voce, incurante di poter attirare gli sguardi curiosi dei vicini rintanati nelle loro case.

Mary sospirò, conscia di essersi espressa solo a metà e tentò di rimediare.


"Nessuno vuole prendere il posto dei tuoi veri genitori Math, né io né Ben. Non vogliamo farlo e comunque non saremmo in grado. Tuttavia questo non mi impedirà di comportarmi con te come una madre farebbe, perché per me sei mio figlio. Lo sei diventato ancora prima che ti conoscessi quel giorno al Ministero. Lo sei diventato quando hanno accettato la nostra richiesta di adozione e ho sentito di amarti ancora prima di sapere il tuo nome"


Stava piangendo, ma non se ne era accorto. Credeva di aver esaurito tutte le sue lacrime quel giorno al cimitero... Invece aveva pianto al Ministero, quando aveva dovuto separarsi da Blaise e lo stava facendo di nuovo.

Si sentiva così stanco, così stanco che quando Mary lo abbracciò teneramente avvolgendolo in un calore confortante, la lasciò fare.

Singhiozzò indecentemente sul suo cardigan verde pastello che arpionò con le mani, stringendolo tra le dita. Piangeva perché si sentiva effettivamente amato da quella famiglia e non sapeva se sarebbe mai stato in grado di ricambiare. Piangeva perché sentiva di avere come una zavorra che gli impediva di sbloccare il suo tormento. Piangeva perché Blaise l'aveva abbandonato, nonostante le sue tacite promesse. Piangeva perché avrebbe voluto sentire ancora l'odore di Neville, così simile a quello di suo padre. Piangeva perché forse, forse, voleva credere a quello che Mary gli aveva detto... Perché se non l'avesse fatto allora sarebbe stato perduto per sempre e non ci sarebbe stato nessun Blaise in grado di salvarlo da se stesso.

Mary continuò a stringerlo tra le braccia con un sorriso comprensivo sulle labbra, sussurrando gentilmente per cercare di calmarlo. A quel punto, entrambi si sentirono circondare le gambe da qualcosa. Abbassando gli occhi, videro Dennis che cercava di abbracciarli entrambi, per quanto nelle sue possibilità, tenendo il naso puntato all'insù con gli occhi verdi e lucidi.


"Perché piangi Mathias?" pigolò con tono di voce incerto, combattuto tra l'idea di farlo anche lui (per imitare il fratello) oppure no.

"Non vuoi stare con noi? Non ti piaccio?"

La sola idea sarebbe bastata come pretesto per piangere, ma Dennis non era in grado di capirlo.

"Giuro che non ti chiederò mai più di farmi giocare con la tua scopa, ti prego non te ne andare! Io voglio stare con te!"


La faccia devastata di Dennis sull'orlo delle lacrime, gli fece tremare le spalle nel tentativo di non mettersi a ridere. Aveva un'espressione troppo comica!

Incredibilmente la prima a cedere fu Mary che, meno sensibile di lui nei riguardi dei sentimenti del suo secondogenito, scoppiò in una fragorosa risata priva di ritegno.

Dennis lanciò un'occhiata di fuoco a sua madre, che avrebbe forse potuto incenerirla, offeso nel profondo orgoglio tipico dei bambini e cominciò a lagnarsi sul serio; a Mathias tremolavano le labbra, mentre si asciugava la faccia con la manica della maglietta, ma tentò comunque di trattenersi, per evitare che gli acuti del bambino arrivassero fino all'altro mondo. Si inginocchiò sull'erba e lo guardò con espressione esitante, gli occhi attraversati da un'ombra di incertezza. Le sue braccia sembrarono vacillare lungo i fianchi, ma le mantenne saldamente attaccate al corpo; questo non impedì a Dennis di capire cosa Mathias stesse per fare e togliendolo sia dall'imbarazzo che dall'impiccio, gli gettò le braccia al collo in una presa da boa constrictor.

Lo slancio fu talmente entusiasta che il più grande dei due crollò con il sedere per terra, reggendo il peso di entrambi con una mano, per evitare di finire distesi sull'erba umida; sfarfallò le ciglia con espressione perplessa, avvertendo Dennis cercare di mettere quanta più forza possibile in quell'abbraccio, come a volerlo costringere a portarlo con sé ovunque sarebbe andato.

Mathias non capiva, davvero non capiva cosa avesse fatto per guadagnarsi tutto quell'affetto da parte del fratellastro. Per una volta, però, prese a calci la sensazione di non meritarsi tutto quello; si lasciò avvolgere dalla famiglia Moore come non gli aveva mai permesso di fare e la sincera gioia che lesse sul volto di Mary gli fece capire che stava facendo la cosa giusta.


Si lasciava avvolgere dai Moore e lasciava scivolare via Blaise.


Quando si furono tutti rimessi in piedi e dopo aver cancellato ogni singola traccia di pianto dalle facce, fecero per tornare dentro casa.

Il cielo plumbeo aveva iniziato a buttar giù qualche goccia di pioggia e nel giro di qualche attimo si sarebbero trasformate in una sorta di diluvio universale, Mary poteva scommetterci la sua collezione di cardigan color pastello (in tutte le tonalità esistenti).

Dennis entrò per primo, seguito da un pacato Mathias, imbarazzato dalla scenata che aveva fatto in giardino.

Benedetto ragazzo, pensò Mary scuotendo la testa e promettendosi di riuscire a farlo comportare come un bambino normale, prima o poi. Prima di Hogwarts per lo meno, aggiunse mentalmente con un cipiglio battagliero.

Fece per chiudere la porta, quando nel cielo scorse un puntino nero, piccolo, ma in avvicinamento. Restò con la mano sulla maniglia, gli occhi verdi sempre diretti verso quello che capì essere un gufo. Il suo cuore perse un battito e lanciò così una veloce occhiata all'interno della casa, per assicurarsi che i suoi figli avessero già lasciato il salotto. Uscì nuovamente sull'uscio ed accostò la porta, attendendo con una certa impazienza l'arrivo del volatile.

No, Mary, non attivare il cervello. Non. Lo. Attivare. Aspetta prima, devi aspettare. Potrebbe essere di chissà chi, magari non è lui. Non iniziare a partire con i filmini mentali perché poi lo sai come va a finire. Non è sano!


Quando il gufo arrivò, la dolce, carina e pacata signora Moore quasi lo aggredì. Gli strappò la lettera dalle zampe con una foga eccessiva, tanto da guadagnarsi uno schiocco indignato del becco di Zeus (così c'era scritto sulla targhetta che portava intorno al collo) e ruppe il sigillo, estraendo la pergamena al suo interno.


Quando ebbe finito di leggere, le sue labbra si tesero in un sorriso.














NOTE DELL'AUTORE: ventiduesimo capitolo. Oddio, sto scrivendo davvero questa parola... ventiduesimo. Siamo a meno uno ragazze, oramai l'ufficiale fine di questa storia è alle porte. L'epilogo è lì che mi guarda, ma il pensiero di doverlo pubblicare venerdì prossimo mi fa sanguinare il cuore, sul serio. Comunque, pensando a cose ben più allegre: è venerdì, ciò vuol dire che domani è sabato! Evviva! Ringrazio moltissimo Mimiwitch per il betaggio, un grosso bacio a tutte quelle che mi scrivono su Twitter, per e-mail e per messaggistica privata, a chi legge e basta, a chi spende due minuti per farmi sapere cosa ne pensa, a chi aggiunge la storia nelle varie liste ed a chi vi si è affezionato! Offrirò a tutti da bere prima o poi, statene certi, ahahah :D buon weekend sweethearts!

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Capitolo 23
*** Epilogo ***


EPILOGO


I never understood before

I never knew what love was for

My heart was broke, my head was sore

What a feeling


Tied up in ancient history

I didnt believe in destiny

I look up you're standing next to me

What a feeling


(Brighter than the sunshine, Aqualung)




TRE ANNI DOPO


"Blaise non la trovo, dov'è la mia camicia?!" i capelli di Neville sono sparati da tutte le parti per l'agitazione. Inutile essersi pettinato con impegno, dovrà farlo di nuovo.


"Hai controllato sotto il comodino? L'ultima volta l'hai ficcata lì , ma ancora devo capire come ci sei riuscito" dice l'interpellato, rimirando la sua perfetta figura allo specchio. Con un cipiglio contrariato, liscia il colletto della camicia e passa le mani sul maglione scuro.


"Sì, ho controllato e non c'è! Oddio, faremo tardi, faremo tardi, me lo sento!" solleva per aria coperte e lenzuola, alla disperata ricerca del pezzo mancante. In camera sembra essere esplosa una bomba.

Tramite lo specchio, Blaise lo osserva e stringe le labbra in una linea sottile. A distanza di anni, ancora mal sopporta il caos che il Grifondoro riesce a creare con tale sconcertante maestria. Non lo sopporta, proprio non ce la fa. Schiocca la lingua contro il palato.


"No, mio caro, tu farai tardi. Io andrò, con o senza di te"

"Sei cattivo!"


Blaise arcua le sopracciglia con aria menefreghista, minimamente toccato. Si volta verso il compagno ed incrocia le braccia contro il petto.


"E tu sei disorganizzato. E' dalla sua fondazione che Hogwarts inizia il ciclo scolastico il primo di settembre. Avresti dovuto prepararti con anticipo!"

"Non è colpa mia se stamattina mi sono svegliato tardi! Qualcuno si è alzato senza chiamarmi e sempre quel qualcuno ha avuto la brillante idea di fare le ore piccole!" Neville apre i cassetti del settimino, cominciando a cacciare fuori qualsiasi indumento: lo sparpaglia senza pietà oltre le spalle.

Blaise stringe con due dita la sella del naso, ammirando le mirabolanti giravolte che pantaloni e magliette compiono nell'aria prima di ricadere a terra. Il segreto è respirare, Blaise. Respira.


"Qualcuno mi ha detto che sembravi apprezzare le ore piccole!"

"Blaise!"

"Hai iniziato tu, è inutile che ora ti fai andare a fuoco le orecchie come fossi la vittima"


La porta si spalanca di botto.


"Buon giorno colombelle!" un trillo gioioso ed euforico invade la stanza. Neville distoglie lo sguardo dai cassetti e fulmina suo cugino sulla soglia.

"Alberic! Piantala di entrare in camera mia senza bussare!"

"Neville, tortorella mia, non è la prima volta che ti vedo senza camicia, sai?" civetta quello, sfarfallando le ciglia con una faccia da figlio di buona donna.

"Non è questo il punto!" lo rimbecca Neville, un po' acido. Alberic si lascia scivolare addosso il suo tono antipatico come fosse aria e stende le labbra in un sorriso mozzafiato.

"Come stai, anatroccolino?

"Che cosa vuoi?!"

"Il tuo tono mi ferisce. Ero accorso in tuo aiuto, ma evidentemente non ne hai bisogno..." rimira le proprie unghie con una certa nonchalance, restando appoggiato con una spalla allo stipite della porta, le caviglie incrociate.

"Sei solito accorrere in mutande, in aiuto della gente?! Vestiti, per la decenza di Godric e non irritarmi, sono già in ritardo!"

"Quindi questa non ti serve, mio piccolo colibrì?" da dietro la schiena tira fuori qualcosa, che fa sventolare davanti gli occhi del cugino. E no, il fatto di essere visto da terzi in mutande, non lo turba nemmeno un po'.

"La mia camicia! Dove l'hai trovata?!"


Neville si tuffa verso di lui nel tentativo di riprendersela, ma la sua proverbiale goffaggine gli fa guadagnare una poderosa ginocchiata contro il bordo del letto.

Lui impreca.

Alberic ammicca.

Blaise ride.


"Non ti agitare rondinella, vogliamo che tu possa arrivare intero dal vostro giovin usignolo in procinto di spiccare il volo, non è così?"

"Perché la tua vasta conoscenza sulle specie di volatili che usi per rivolgerti a Neville, mi lascia sempre inquieto?" il Serpeverde si intromette in quello scambio di battute con tono piuttosto serafico.

"Perché, Blaise, sei gay. E i gay amano gli uccelli, non lo sapevi?" gli occhi azzurri di Alberic brillano di gioia.

"ALBERIC!" esclama il Grifondoro, con evidente indignazione.

"Nev, passerottino, se non respiri ti esploderà qualche vena nei pressi della fronte, ne sei conscio?"

"Dammi la mia maledetta camicia e vattene prima che ti uccida con le mie mani!" gesticola furiosamente, cercando di certo la bacchetta per affatturare una volta per tutte suo cugino.

"Come vuoi. Ma sappi che te l'ho stirata io. Con tutto il mio magico amore"


Alberic chiude la porta in tempo per evitare che Neville gli stringa le mani attorno alla gola. Mentre infila la camicia, nota che Blaise lo sta osservando con un sorriso sulle labbra, attraverso lo specchio nel quale è riflessa la sua immagine.


"Cos'hai da ridere?!" sbotta allora, allacciando malamente i bottoni, cosa che lo costringe a ripetere l'operazione da capo.


"Qualche anno fa ti ho detto che sei buffo?"

"Ancora questa storia?!"

"Rimangio quello che ho detto. Sei una comica Paciock, sul serio. E penso di stimare tuo cugino"

"Ricordarti che stai con il cugino di Alberic, non con lui! Vi affatturo entrambi!"

"Oh-oh, saremo mica gelosi?"


Neville avvampa fino alla radice dei capelli e chiudendosi in uno stoico silenzio, continua a vestirsi senza più degnare Blaise di uno sguardo. E' grazie a questo che il Serpeverde riesce a coglierlo di sorpresa, raggiungendolo alle sue spalle. Gli passa le braccia intorno al collo e lo attira contro di sé, facendo aderire il petto alla schiena calda di Neville. Con le labbra ancora tese in quel sorriso soffice che addolcisce i suoi lineamenti, scende con la bocca a sfiorargli la pelle del collo, morbida e liscia. Lo sente rilassarsi contro di lui. Deposita un leggero bacio sulla gola scoperta e respira contro la sua pelle con un'espressione così serena che se Neville la vedesse, perderebbe sicuramente un paio di battiti.

E' questo il posto dove voglio stare. Da nessun'altra parte tranne che qui.

Lì, con le braccia strette intorno al corpo del Grifondoro, con il suo odore sotto al naso e con il sapore della sua pelle sulle labbra.

E' quello il suo posto.


Neville, durante gli anni, ha smesso di temere il punto interrogativo che all'inizio lo ha tormentato, perché silenziosamente è certo che loro due siano diventati un punto esclamativo, anche se a voce non hanno mai ammesso nulla. Ma non ce n'è bisogno, a lui sta bene così e finché può bearsi del calore di Blaise contro di lui, andrà tutto maledettamente bene.


*


"Oh, eccoli! Li vedo! Aspettate qui, gli vado incontro!"


Blaise dà una leggera gomitata a Neville, indicandogli con un cenno del mento Benjamin che si dirige verso di loro, sbracciandosi per farsi vedere in mezzo alla bolgia che affolla il binario. Il Grifondoro si concede un sospiro di sollievo, mentre il terrore di aver fatto troppo tardi gli scivola di dosso come una coperta spiacevole da stringere.


"Ehy Ben, come stai?" domanda il ragazzo con gentilezza, sinceramente lieto di vederlo.


L'uomo ricambia il sorriso di Neville e saluta con un accenno della testa anche Blaise.


"Tutto bene! Pensavamo che non ce l'avreste fatta, il treno parte tra tre minuti esatti! Sarebbe stata una tragedia, Math ci tiene molto, anche se..." abbassa il tono della voce e si getta uno sguardo alle spalle, controllando di essere a debita distanza dalle orecchie del suo primogenito "... anche se non lo ammetterebbe mai, nemmeno sotto tortura" conclude con aria confidenziale, aggiungendo una breve risata divertita.


"Io ce l'avrei fatta di sicuro, ma non garantisco per altri" Blaise sogghigna, adocchiando Mary qualche metro più avanti intenta ad acciuffare il figlio più piccolo, eccitatissimo a causa di tutto quel movimento.


Neville schiarisce fastidiosamente la gola e lo ignora elegantemente, continuando a parlare con Ben.

Stronzo. Sono innamorato di uno stronzo. O forse lo stronzo sono io a questo punto?


"Ok, allora sbrighiamoci, non ci resta molto tempo"


Benjamin annuisce e seguito dai due ragazzi, si avvicina alla sua famiglia. Dennis sta pestando i piedi per terra, pretende di salire su quel treno e pretende di farlo insieme a suo fratello.


"Dennis, salirai anche tu su quel treno, ma tra tre anni" esclama sua madre, con un tono di voce così esasperato da far ridacchiare Ben sotto i baffi. Lui è quello che i suoi figli li difende sempre e comunque. Mary combatte una battaglia già persa in partenza.


"Io voglio farlo adesso!" protesta quello, stringendo le braccia al petto con aria corrucciata.

"Adesso non puoi, non hai l'età adatta e non è come se tuo fratello starà via per tutta la vita! Tornerà per le vacanze di Natale e forse qualche fine settimana, sai?"

"E io che faccio da solo tutto questo tempo?!" il bambino sgrana gli occhi e piagnucola senza vergogna. Mary rimane qualche istante interdetta, ma cerca comunque di essere ragionevole.

"Come sarebbe a dire, da solo? Ci siamo io e papà!"

"Figurati, che barba!" Dennis rotea gli occhi verso il cielo e si imbroncia con cipiglio testardo; sua madre sospira, invocando la sacrosanta pazienza, la stessa che spesso invoca anche Neville ed è solo in quel momento che si accorge del loro arrivo. Subito il suo volto si illumina di un bellissimo sorriso e bando ai convenevoli, si avvicina per schioccare un bacio sulla guancia di entrambi.

Blaise ha imparato a conoscere l'esuberanza di quella donna, ma ciò non vuole dire che vi si è abituato, difatti si mostra un po' rigido a quella confidenza. Fortuna che c'è Neville a valere per due! La Signora Moore infatti, è solita spargere amore e gioia sia a destra che a manca e potrebbe benissimo fare concorrenza ad un maledetto leprecauno.

Le labbra del Serpeverde si stirano in un sorriso cortese, ma la sua attenzione è già tutta per qualcun altro. Dietro Mary, Mathias lo guarda con un'espressione sufficientemente nera.


"Vi siete degnati allora" si scolla controvoglia dal palato, schioccando la lingua.

"Il fatto che tu abbia pensato il contrario mi offende" replica Blaise, arcuando le sopracciglia.


Mathias resta in silenzio per qualche secondo ad osservarlo, ingaggiando con lui una battaglia di sguardi.


"E' colpa di Neville, non è vero?" soffia monocorde ad un certo punto.

"Come sempre, aggiungerei" Blaise è piuttosto eloquente.


Mathias sbuffa, mentre viene raggiunto anche dal Grifondoro, sentitosi tirare in causa.


"Ehi, Math! Allora, sei nervoso? Eccitato? Felice? Cosa si cela sotto quello strato di 'che noia vorrei essere altrove'?"


L'interpellato, vedendosi sommergere da tutte quelle domande, raggruma le labbra con espressione poco entusiasta; tuttavia, il modo in cui il suo sguardo corre a destra e sinistra, come a non volersi lasciare sfuggire nessun dettaglio, la dice ben lunga sulla sua impazienza. Difatti, tra i presenti, nessuno si lascia ingannare dalla sua assenza di entusiasmo. Oramai, tutti conoscono Mathias... e nessuno vorrebbe cambiare una virgola, di lui.

E' sempre stato un bambino speciale.

Il ragazzino si stringe nelle spalle gracili ed inconsciamente si accosta di più a sua madre. Sorridendo bonariamente, Mary gli circonda le spalle con un braccio e sfrega con forza la sua spalla, imprimendo coraggio.


"Vedremo..." commenta con un'aria diplomatica che fa tanto Blaise. Neville lo nota e non può fare a meno di scoppiare a ridere. Durante quegli anni che hanno trascorso insieme, dividendolo con la famiglia Moore, ha notato come Mathias sia riuscito ad assorbire alcune caratteristiche delle persone che lo circondano. Ringrazia mentalmente che da lui abbia preso ben pochi vizi.

Il treno accanto a loro sbuffa rumorosamente, il brusio della banchina sembra addirittura aumentare. Nell'aria serpeggia all'improvviso una certa frenesia e Mary, stringendo maggiormente la spalla di suo figlio, prende in mano la situazione.


"Vieni Math, credo sia arrivato il momento che tu vada a prendere posto. Sembra manchi davvero poco..." commenta, con aria un po' spaesata. Anche per lei è un'esperienza nuova, del resto, ha solo frequentato Hogwarts... ma non ci ha mai spedito nessuno dei suoi due figli.

Tutta la combriccola si muove, raggiungendo così l'entrata del vagone più vicino. Dennis inizia seriamente a piagnucolare e Ben, accanto a lui, gli accarezza i capelli chiari con un sorriso intenerito. Mary sembra intenzionata a non mollare più la presa sulla spalla di Mathias, ma lui non le dice niente; piuttosto, allunga una mano verso il fratello più piccolo e gli fa cenno di avvicinarsi. Dennis non se lo fa ripetere due volte, ha imparato che certe iniziative, da parte del fratello, sono perle rare. E' per questo che gli si fionda addosso, stringendolo in una morsa quasi mortale. Mathias barcolla sotto la sua irruenza, ma gli stringe comunque le braccia per allontanarlo quanto basta a guardarlo in viso.


"Smettila di piangere" decreta con un cipiglio severo ed un tono di voce fermo. Dennis tira su con il naso, continuando a fare l'esatto contrario.

"Ma io..." pigola, la voce tremolante, "...io voglio venire con te!"


Mathias lo trascina un paio di passi più in là, come voglia avere una sorta di privacy. I signori Moore, Blaise e Neville fanno finta di niente, guardandosi intorno con forzata casualità. A parte Blaise, sono tutti dei pessimi attori. Mathias sospira con una certa gravità e tiene il fratello per le spalle.


"Lo sai che posso fidarmi solo di te, Den. Se vieni con me, poi a chi la lascio la mia scopa, eh? Te l'ho affidata per questo! Proprio perché quelli del primo anno non ne possono avere una personale! Vuoi che la lasci a papà? Vuoi che lo faccia? Lo sai cosa succede quando papà si avvicina ad una scopa! Io credevo di poter contare su di te!"


Dennis annuisce freneticamente ed anche con espressione un po' impaurita. Ben smette di fare il vago e li inquadra con aria interdetta. Cosa stanno insinuando?!


"Per non parlare della mamma" aggiunge Mathias implacabile, "Sarebbe capace di portarla alla boutique ed usarla come appendi abiti. Ti rendi conto della gravità della situazione, Den? Del sacrilegio che compiresti nel lasciarla incustodita? Sei la mia unica speranza. Dimmi che non mi sono sbagliato a fidarmi di te!"


I Signori Moore si scambiano uno sguardo che dire comico sarebbe riduttivo. Dennis drizza la schiena e si impettisce; nonostante i lacrimoni negli occhi chiari, si batte una mano sul petto con fare pomposo e lo guarda deciso.


"Ci penso io, Math! Non farò avvicinare nessuno, te lo prometto!" esclama, sentendosi importante come poche volte è successo. Mathias sorride, scompigliandogli affettuosamente i capelli. Si china su di lui e gli sussurra qualcosa all'orecchio. Quel qualcosa è veramente una bomba, perché Dennis sgrana gli occhi, grida di gioia ed inizia a saltellare in giro come un esaltato. Il tutto in quest'ordine.


"Davvero davvero davvero?!" domanda il bambino, con un sorriso che parte da un orecchio e termina all'altro.

"Lo sai che quando dico una cosa, la faccio. Ma tu devi compiere bene il tuo dovere, hai capito?"


Mathias lo vede annuire freneticamente ed a quel punto sospira di sollievo. E una questione, è archiviata. Voltandosi verso la sua famiglia (e con famiglia intende tutti e quattro gli stoccafissi che sono venuti a salutarlo), non può fare a meno di notare che sua madre si sta mordendo nervosamente le labbra. Il primo ad avvicinarlo, però, è Ben. Il Signor Moore gli poggia una mano sulla testa e gli strizza l'occhio.


"Ci penso io alle crisi nostalgiche di tua madre. Cercherò di non fartela apparire nel bel mezzo della scuola in un momento di astinenza acuta. Salverò io la tua reputazione, d'accordo?"


Mathias unisce le labbra per cercare di non ridere in modo troppo palese. Se la intende bene con suo padre e spesso si coalizzano per prendersi gioco della povera Mary. La suddetta, sentitasi tirare in causa, senza tante cerimonie spintona di lato suo marito e stringe suo figlio maggiore al petto così forte che Mathias teme per un attimo di stare per morire soffocato. In quella morsa piena di affetto e preoccupazione, arrossisce fino alla punta dei capelli.


"Mamma!" borbotta, non sapendo come fare per non risultare troppo scorbutico, "Smettila, ci stanno guardando tutti!"


La donna lo tiene stretto ancora per dei lunghi istanti, mostrandosi sorda e cieca davanti quella richiesta di pietà. Il treno sbuffa ancora, oramai la maggior parte degli studenti sono saliti a bordo e gli ultimi ritardatari si affrettano ad imitarli. Di questo passo, Mathias non troverà neanche posto a sedere. Con un'evidente difficoltà immane, Mary si stacca dal suo primogenito e lo inchioda sul posto con uno sguardo da sergente. Lui la spia quieto, oltre la frangia scomposta che gli ricade sugli occhi grandi e scuri e resta in silenzio.


"Mi raccomando, non combinare guai, non litigare con i tuoi insegnanti, non saltare le lezioni, fai tutti i compiti, non saltare la colazione, né il pranzo, né la cena, sii gentile con i tuoi compagni di casa, non andare a zonzo per la scuola in orari in cui dovresti startene in dormitorio, non andare a ficcanasare dove non dovresti ed usa tutta la tua benedetta curiosità solo quando è necessario, vale a dire in esclusivo ambito didattico! Non perdere la bacchetta, lavati i denti tutte le sere e non lasciare la tua roba in giro, soprattutto i soldi! Non farmi preoccupare, Mathias, lo sai che poi la notte non chiudo occhio!" dice tutto d'un fiato, terminando con una poco delicata gomitata nello stomaco di suo marito, che fino a quel momento, piazzatosi alle sue spalle, l'ha scimmiottata per sdrammatizzare un po' la situazione. Mathias unisce di nuovo le labbra in una linea sottile, per evitare di scoppiare a riderle in faccia: è impossibile restare seri davanti le facce che sa fare suo padre. Con un sospiro profondo, Mary si sposta di lato e prende un dolorante Ben sottobraccio; senza dire niente, si allontanano di qualche passo, raggiungendo Dennis che si è fermato ad osservare un rospo rannicchiato in un angolino. Probabilmente qualcuno lo ha perso. Neville distende le labbra in un sorriso, ricordando tutte le volte in cui anche lui ha smarrito il suo povero famiglio, pace all'anima sua.

Mathias si avvicina ad entrambi lentamente, tenendo lo sguardo basso. Non sa cosa farne delle mani, quindi le ficca nelle tasche dei jeans, strusciando la punta della scarpa a terra. E' davvero arrivato il momento dei saluti.


"Lo sai, no?" dice Blaise d'improvviso, piuttosto tranquillo, attendendo di incontrare lo sguardo del bambino.

Mathias gli lancia un'occhiata indecifrabile, restando sin troppo rigido, fermo sul posto. E' vero, non è come partire per la guerra, però sarà anche la prima volta in cui passerà così tanto tempo da solo, senza la sua famiglia. La cosa un po' lo spaventa... da quando i suoi genitori non ci sono più, ha sviluppato una sorta di muto terrore per la prospettiva di restare solo. L'irrazionale paura che non riuscirà a farsi degli amici, da giorni, lo divora. Neville, come al solito, sembra intuire il corso dei suoi pensieri e gli da un buffetto su una guancia. In quegli anni è diventato praticamente un asso, ad interpretare la sua faccia.


"Vedrai, sarai il miglior Grifondoro che Hogwarts abbia mai visto!" esclama con decisione e fierezza, puntando i pugni chiusi sui fianchi. Un sorriso soddisfatto ed orgoglioso già gli piega le labbra. Blaise corruga la fronte, voltando con lentezza la testa verso di lui, inequivocabilmente interdetto.

"Prego?" commenta, lo scetticismo che gronda da ogni lettera, "Ovviamente finirà a Serpeverde"

"Non credo proprio" replica Neville, senza neanche guardarlo, "Mica è subdolo come te!"

"Lo dici come se fosse un insulto..."

"Lo è infatti!"

"La furbizia è molto più utile dello sventato coraggio di cui tanto andate fieri, Paciock"

"Ho detto subdolo, non furbo!" tiene a precisare il Grifondoro, con un cipiglio testardo.

"E' la stessa cosa!" Blaise rotea gli occhi verso l'alto con un sospiro.

"No che non lo è! Subdolo sa di malvagio!"

"Mi stai dando del malvagio?"

"Come se non ne fossi già consapevole..." in quella sentenza il sarcasmo fa da padrone.

"Allora dovresti sapere che non è saggio discutere con i malvagi. Vedi, allora, che ho ragione? Il vostro coraggio mette perennemente a rischio la vostra incolumità..."

Neville fa per ribattere, ma Blaise lo spintona pigramente e si piazza davanti a Mathias. "Non ascoltarlo, è statisticamente provato che sono i Serpeverde, quelli che riescono a vivere più a lungo. Domandati il perché"

"Ma stai zitto! Se non ci fossimo noi a pararvi il sedere ogni tre per due sareste una specie protetta in via di estinzione!" il Grifondoro guadagna di nuovo la sua posizione, spalleggiando Blaise con aria battagliera. Per un fugace attimo, il Serpeverde prova l'ardente desiderio di mordergli una guancia.

Nel bel mezzo del loro battibecco, Mathias cede alle emozioni che gli stanno facendo rivoltare lo stomaco da quella mattina e li circonda entrambi con le braccia, affondando il viso nel bavero del cappotto di Neville. I due cessano immediatamente di stuzzicarsi ed abbassano lo sguardo su di lui nel medesimo istante. Mathias inspira forte: il Grifondoro ha ancora lo stesso odore di suo padre. Blaise appoggia una mano sulla sua schiena in un tocco fugace e leggero, Neville gli accarezza i capelli con un sorriso dolce, che sa di casa e di quotidianità. La stretta di Mathias attorno ai loro corpi si solidifica ancora di più.


"Sai cosa?" commenta l'erbologo, continuando a vezzeggiarlo tra i capelli, "Non mi importa in quale casa finirai, so già che comunque sarai un passo avanti a tutti, cervellone. E se c'è qualcuno che tenterà di boicottare la tua scopa durante le lezioni di volo, fammelo sapere. Gli farò passare io la voglia di volare!"

Il bambino ride, socchiudendo gli occhi in un agognato stato di calma che all'improvviso gli ha sciolto il nodo nella pancia.

Quando Blaise parla, il suo tono di voce gli vibra nell'orecchio, perché lo ha appoggiato vicino al petto, all'altezza del suo cuore.

"Fatti rispettare, Mathias. Se mi metti in condizione di dover intervenire, poi va a finire che quelli del Ministero ci ripensano e mi sbattono ad Azkaban una volta per tutte. Non li costringiamo a riaprire quella pratica, vuoi?"


Il bambino li lascia andare lentamente ed annuisce in silenzio.

Da quel momento, sembra tutto un susseguirsi di flash confusi.

Il fischio del capotreno che annuncia la partenza, Ben che lo spintona a bordo con cipiglio un po' rigido a causa del nervosismo, Dennis che corre a fianco del treno da quando ha iniziato a muoversi, Mary che agita una mano ordinandogli di scrivere non appena giunto a scuola, Blaise e Neville che quieti, l'uno accanto all'altro, gli sorridono con una fiducia così cieca che, per la seconda o terza volta in tanti anni, riesce a sentirsi maledettamente fortunato.

La vita ha voluto donargli quella famiglia un po' strampalata, un po' allargata.

Tutto sommato, deve ammettere mentre li vede sparire oltre una curva, non gli dispiace affatto.

Quando prende posto in uno scompartimento piuttosto affollato, la prima cosa che fa è tirare fuori dalla borsa il libro che Blaise gli ha regalato nel lontano Natale di tre anni prima.

Abbozza un sorriso, riconoscendo gli angoli oramai consunti della sua enciclopedia sui draghi.

Mamma, papà, statemi a guardare, mentre divento per davvero un Signore dei Draghi. Manterrò la mia promessa, vi renderò fieri di me.


*


Neville ride proprio di cuore, seduto sul divano, davanti al caminetto spento. Oltre i vetri della finestra, il cielo punteggiato di stelle è reso ancora più luminoso dalle luci artificiali provenienti dalla strada. Anche se la questione con il Ministero è stata risolta tempo addietro, Blaise non è voluto tornare al maniero Zabini; quella sua moderna abitazione gli piace, si è ambientato bene ed ha delle comodità che la sua vecchia dimora, invece, non può vantare di avere. Una canzone anonima serpeggia sino a lì dall'ingresso, canticchiata a mezza voce da Morgana (o forse Ginevra, non riesce bene ad intuirlo). Si rigira la pergamena tra le mani con espressione beffarda e scuote la testa incredulo, intento ad assimilare la notizia appena ricevuta.

Mathias ha fregato tutti.


Uno intelligente come me, non poteva che finire a Corvonero, no?

Non litigate, per favore.

Potrò sempre fingere di essere un Grifondoro, con Blaise ed un Serpeverde, con Neville.

Ce ne sono tanti di modi, per infastidirvi.


"Io lo sapevo" commenta Blaise, entrando proprio in quel momento. Dalla cucina, porta con sé due tazze di tè e qualcosa che Neville non riesce bene ad identificare, forse perché lo sguardo che gli dedica è frettoloso.

"Certo, come no, non avevo dubbi" replica infatti, prendendo la piuma dal tavolino, "Che cosa rispondiamo?"


Il Serpeverde appoggia le bevande calde sul ripiano davanti al divano e si siede accanto a lui. Lo osserva rileggere ancora quelle poche righe inviategli da Mathias ed in realtà si sorprende addirittura, per averle ricevute: il primo giorno di scuola, lui, si è sentito talmente stanco che ha rinviato qualsivoglia lettera al giorno dopo.

Sente all'improvviso lo sguardo curioso di Neville su di sé e si stringe nelle spalle.


"Digli di non fraternizzare troppo con i Tassorosso, non ho mai afferrato che ruolo dovrebbero avere tra le quattro case"


Neville gli da una gomitata poco convinta, con aria crucciata, "Non dire così, la professoressa Sprite era una Tassorosso ed anche una gran donna, per la miseria! Aveva una costanza ed una volontà di acciaio!"


Blaise lo guarda, aspettando di sentire la vera parte degna di nota in tutta quella faccenda. Il Grifondoro lo capisce e sbuffa esasperato.


"Come parlare con un muro... " biascica, mordicchiando pensieroso la punta della piuma. Sta per scrivere qualcosa, ma la voce di Blaise lo distrae ancora.


"Ti ricordi il nostro primo Natale?" dice quello, con un tono piuttosto leggero. Si è abbandonato contro lo schienale del divano ed ora, con la testa reclinata all'indietro, osserva il suo personale imprevisto con la coda dell'occhio. Neville non sa quante volte l'ha già fatto, in quegli anni, ma lo pensa di nuovo: Blaise ha degli occhi maledettamente magnetici. A quella domanda, comunque, non può fare a meno di corrugare la fronte, cercando di cogliere il senso del discorso prima ancora di vederselo sbattere sotto al naso dal Serpeverde stesso.


"Sì..." risponde, con titubanza, "Perché?"


Blaise inumidisce con lentezza le labbra. Arriccia il naso quando qualcosa non gli piace; bagna la bocca quando vuole dire qualcosa, ma deve prima trovare le parole giuste. Alza un po' le mani, poi le fa ricadere pesantemente sulle cosce.


"Tu mi hai fatto un regalo" commenta, ma non è una domanda, si intuisce dalla piega che prende la sua voce. Neville apre ancora di più gli occhi con perplessità e sbatte le palpebre.

"... Sssì. Sì, l'ho fatto. E tu no. Ma non sto recriminando!" si affretta a specificare, all'occhiataccia di Blaise.

"Lo so che non lo stai facendo" dice quello, piuttosto quieto, "Ma dovresti, perché non sono stato del tutto sincero"


Il Grifondoro inizia un po' a preoccuparsi, perché non è da Blaise girare intorno alle cose. Raccogliendo i pensieri per dare loro un ordine, allunga una mano verso il vassoio, lì sul tavolino, e lo vede. Nel momento in cui prende la tazza di tè, vede il sacchettino di velluto blu che il Serpeverde ha portato con sé dalla cucina. Lo guarda con circospezione, Neville, perché non sa cosa contiene (e lui odia, odia non sapere cosa doversi aspettare dal suo ragazzo). Lancia uno sguardo verso di lui e lo vede accennare un sorriso, uno di quelli che paiono fugaci per quanto sono effimeri.


"Prendilo" gli dice, incoraggiandolo addirittura con un cenno del mento.

L'erbologo mostra una certa titubanza e, non sa per quale motivo, il cuore comincia ad avere un battito irregolare. Non ha idea di quello che sta accadendo e quel suo modo di fare così enigmatico, lo fa sentire impacciato ed inadatto. Afferra il sacchettino blu, constatandone l'estrema leggerezza, come se dentro non ci sia nulla; lo tiene sul palmo della mano aperta e lo guarda, ma non lo apre, quasi debba aspettare il permesso di fare anche quello.

Neville ha già visto quel sacchetto, ma non se lo ricorda.


"Non è vero che non avevo un regalo per te" continua Blaise, mantenendo la sua posa che sa di inerzia, "Ma non ne ero ancora sicuro"

Il Grifondoro non può fare a meno di chiedersi di cosa, non era stato sicuro, mentre scioglie i lacci che tengono chiuso il suo regalo di Natale di tre anni prima.


"Perché me lo stai dando ora?" domanda invece, capovolgendo il sacchetto sul palmo, per farne scivolare fuori il contenuto.

"Perché adesso lo sono" risponde Blaise senza ombra di dubbio, senza tentennare o incespicare nelle parole, ma Neville non lo guarda, quindi lui aggiunge "Sono semi di-"

"Semi di maggiorana" completa per lui l'erbologo, con un tono di voce così sottile che l'altro riesce ad udire solo grazie alla vicinanza.


Blaise resta in silenzio e lo guarda far rotolare i semi nella mano con un'attenzione che avrebbe riservato ad un essere umano.


"Mi ricordo quel giorno che sei venuto qui, per far vedere a Mathias in cosa consiste il tuo lavoro. Che gli hai detto, quando hai parlato della maggiorana?"


Neville alza un paio di occhi persi e maledettamente vulnerabili su di lui. Ha l'aria di uno a cui è appena stata acchiappata la coda dell'anima.


"Gli ho detto che la maggiorana aiuta ad accettare i cambiamenti nella vita..."


Un battito di ciglia, delle labbra che si tendono.


"Sei tu il mio cambiamento"


Neville avverte chiaramente l'esatto momento in cui il sorriso di Blaise crea un solco doloroso sulla parete del suo cuore. L'emozione è troppa, non crede di poterne uscire vivo.

Chiude la mano in un pugno, sente il profilo dei semi premere contro la pelle. Li stringe forte, bloccato in una voragine di gioia così selvaggia che vorrebbe semplicemente gridare e piangere e ridere insieme.

Ama Blaise, lo ama dai tempi della scuola e nonostante i tre anni che hanno speso insieme, la mattina ha ancora paura di svegliarsi e scoprire che si è trattato solo di un sogno.

Smentire quell'irragionevole timore ogni mattina, è la cosa più incredibile che gli sia mai capitata.


Tu, tu sei la cosa più incredibile che mi sia mai capitata, pensa, mentre lo bacia e lo ama, sempre di più, sempre di più, ogni istante, ogni giorno.


Guardate fuori dalla vostra finestra.

Che cosa vedete?

Una strada, forse. Oppure un giardino, altre case, il mare... non importa davvero.

Adesso, uscite fuori: guardate lo stesso paesaggio dall'esterno della vostra casa.

Che cosa vedete?

La solita strada, probabilmente, o ancora quel giardino, le stesse case, ancora il mare...

Ma c'è una differenza.

Avete appena cambiato prospettiva.











NOTE DELL'AUTORE: Zan zan zaaan. Oh Jesus, è arrivato davvero. L'ultimo capitolo è arrivato. Prima di tutto, ci terrei a dire che lo dedico con tutto il cuore a mia nonna: proprio oggi è stato celebrato il suo funerale e trovo un po' simbolico che la fine di questa storia coincida proprio con questo giorno. Eppure sono positiva: probabilmente si sarà già reincarnata da qualche parte nel mondo, deve essere per forza così. Continuo con il ringraziare tutti, ma proprio tutti: ero io, garwood e fliflai (che mi hanno seguita proprio dal vero inizio), white7 (che ha avuto sempre parole gentili), Ignition (che mi ha dato un paio di suggerimenti utilissimi), BogartBacall (non potrei sostituirti con nessun altro stalker al mondo, come lo fai tu, nessuno lo fa), Mimiwitch (con i suoi immancabili viaggi mentali e la pazienza che ha messo nel betare gli ultimi capitoli), VexDominil (ed i suoi messaggi subliminali ma neanche tanto :D) e la last new entry Baby_Barby! Non so descrivervi la gioia che questa storia mi ha donato, ma questo è potuto accadere semplicemente grazie a voi che mi avete seguita e sostenuta ed avete avuto fiducia nelle mie umili capacità. Non avrei mai creduto che questa ff mi avrebbe dato tanta soddisfazione ma le cose inaspettate sono anche quelle più belle. Non so come ringraziarvi tutti dal più profondo del mio cuore e come sempre, un immenso abbraccio a tutti i lettori silenziosi ed a tutti quelli che hanno aggiunto SUQDP tra seguite/preferite/ricordate. Questo è un finale molto aperto e, se vorrete, potrete fantasticare sulla loro vita futura come meglio preferite :) E... che altro dire? Spero di rivedervi presto su questi schermi :D

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