Pretty Little Girl

di shapeshifter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter one ***
Capitolo 2: *** Chapter two ***
Capitolo 3: *** Chapter three ***
Capitolo 4: *** Chapter four ***
Capitolo 5: *** Chapter five. ***
Capitolo 6: *** Chapter six. ***
Capitolo 7: *** Chapter seven. ***
Capitolo 8: *** Chapter eight. ***



Capitolo 1
*** Chapter one ***


Ringrazio questa band dal cuore, continua fonte d’ispirazione

n/a: questa fan fiction l’ho scritta e pensata prima che uscisse la canzone completa e che si scoprisse che fosse dedicata a Jennifer, perciò ci ho costruito su questa mia storia. A sentirla tutta alla fine sembra reggere ugualmente per come mi son immaginata le cose io. Grazie a questa band per la continua fonte d’ispirazione

 

 

 

 

1.

Ormai ero una donna fatta e cresciuta. Avevo trentasei anni, due figli, una marea di responsabilità ma tutto sommato una famiglia felice.

Spesso cercavo di sovraccaricarmi di lavoro per non guardarmi intorno e rendermi conto di quanto la mia vita fosse dominata dai blink-182. Mio figlio era un loro fan sfegatato e non poteva fare a meno di condividere la sua passione con tutti noi. Aveva quattordici anni in fondo, la trovavo una cosa piuttosto normale.

Ciò che non sapeva era che anche io un tempo, tanto tempo fa ormai, ero fan come lui. E ciò che io non sapevo era che quel giorno mi avrebbe portata a ricordi che credevo di aver seppellito.

Era l’undici dicembre, lo ricorderò sempre. Matt tornò a casa da scuola prima del solito, aveva fretta di catapultarsi davanti al pc: presto ci sarebbe stato lo streaming di tutte le canzoni del nuovo EP dei blink.

Mi preparai psicologicamente a dovermele sorbire tutte e deglutii al pensiero di dover risentire quella voce senza non poter avere nemmeno una reazione.

Scese dopo un po’ in preda alla felicità con il suo computer portatile e mi chiese di ascoltarle. Finsi di essere impegnata a lavorare e scontento ritornò di sopra. Poco dopo mi inviò un link su facebook e scrisse “ se proprio devi lavorare a pc almeno mettiti una buona colonna sonora… “.

Sotto un link mi indirizzava su youtube e cliccai esitando un po’.

Le canzoni mi parvero tutte molto belle, quella Boxing Day ormai già l’avevo imparata a memoria dato che era uscita da ben ventiquattr’ore e già la sapevamo tutti in casa.

La traccia successiva mi lascio basita.

Pretty little girl, s’intitolava. Già a quel punto m’allarmai un po’.

Partì e per me fu come catapultarmi nell’estate del 1995.

 

Te lo dissi dal primo istante “ Se mi spezzerai il cuore io ti farò cambiare idea, Thomas DeLonge. E lo farò ancora e ancora. Gioca pure la tua parte e io farò la mia.”

Ero una giovane adolescente amante del punk-rock. Mi piaceva scatenarmi in mezzo alla folla, tingermi i capelli, andare sullo skate. Mi piaceva essere me e nessuno me l’avrebbe impedito.

Vivevo al lato della strada più periferica di Poway, con mia zia Caroline e a volte la presenza di mia madre.

La mia vita era tutt’altro che perfetta ma tutto sommato ero felice.

Frequentavo la Poway High School e a quei tempi quasi tutti nei dintorni e fino a San Diego conoscevano due ragazzi: Mark Hoppus e Tom DeLonge.

Provavo una sorta di ammirazione nei loro confronti, erano sempre stati pronti a mettersi nei guai in città e a farci fare quattro risate mentre suonavano nelle feste organizzate dai nostri amici ventunenni. Purtroppo non li conoscevo di persona, ero sempre tra quelle del pubblico che aveva piacere a vederli in azione sul palco e anche fuori.

Nell’aprile del ‘95 vidi Tom passare con un ciuffo biondo platino e questo nuovo piercing al naso.

In quel momento il mio cervello andò in fumo e capii fino a che punto ero arrivata a considerare ‘ fico ‘ quel ragazzo. Proprio mentre avevo i primi pensieri confusi su di lui si girò e guardandomi alzò il pollice sorridendo, aggiungendo “ Bella maglietta! “.

Quando voltò l’angolo assieme ai suoi amici mi guardai e vidi che era una di quelle comprate a casa Hoppus, dove la sorella vendeva il merchandising nel garage.

Quella sera non riuscii a passare la serata tranquilla: continuavo ad essere assillata dall’idea di ritrovarmelo davanti o mi ritrovavo a fantasticare su di lui in maniera insensata.

Tornai a casa e la situazione non migliorò: la mia camera era tappezzata di poster e tra questi molti capeggiavano con un “blink” gigante. Pure gli sticker di quel coniglietto si misero ad assillarmi.

 

L’indomani mattina sembrò che tutto mi fosse passato. Pensai si fosse trattata di una veloce sbandata, come spesso capita a qualsiasi persona con un passante. Mi vestii svogliatamente e con la mia maglietta dei Descendents mi avviai verso la scuola, senza fare colazione come al solito.

Passai al café vicino a casa e mi presi una ciambella, dopodiché filai per arrivare in tempo in classe.

Incontrai la mia amica Jane agli armadietti.

Lei era più carina, gentile e popolare di me. Eravamo amiche fin dalla tenera età e anche se alla fine maturando eravamo cambiate, il nostro rapporto era rimasto immutato. Lei non capiva tutta la mia passione per i concerti “movimentati” e quel tipo di musica, ma non si lamentava.

Hey Jos

“ Ciao ”

Eravamo entrambe poco cordiali di mattina, due zombie pronti a trasformarsi in feroci iene se avessi osato parlare più del dovuto. Nonostante questo avevo bisogno di raccontarle della sera prima. Mentre passeggiavamo per i corridoi, andando in classe, le spiegai l’accaduto e alla fine del racconto mi prese un po’ in giro, ma tutto sommato fu felice per me.

“ Puoi dire di essere una vip finalmente! ”

“ Con tutto quello che spendo dovrei già essere miliardaria e vippissima. Eppure non vogliono una vip che si chiami Josephine..

“ Arriverà il tuo momento..

Suonò la campanella e la discussione finì lì. La mattinata si concluse in fretta, a pranzo ci ritrovammo al Sombrero come al solito, e lei aveva già ordinato. Divorò due porzioni intere e gigantesche. La guardai con invidia e morsi la mia mela.

“ Quando la finirai con questa storia? ”, mi chiese quando finì di rimpinzarsi.

“ Che cosa? ”

“ Con le mele, le carote, le bevande energetiche.. devo continuare l’elenco?

“A mezzogiorno non ho fame.”

«E neanche alla sera, e neanche al mattino», mi suggerì il cervello. Ormai era da parecchio tempo che saltavo i pasti, un po’ per svogliatezza e un po’ perché mi era nata questa fissazione del peso forma.

Mi alzai per andare al cestino e mentre cercavo di farmi largo tra la folla sbattei contro qualcuno. Qualcuno con la q maiuscola.

“ Ma tu sei la ragazza di ieri sera! . La voce fu inconfondibile. Alzai lo sguardo a dir poco spalancando gli occhi e per poco non mi venne un collasso.

“ Tom, smettila di rimorchiare le ragazze a caso ”, il suo amico, Mark Hoppus, s’intrufolò nella conversazione.

“ Ma te lo giuro, l’ho incrociata ieri sera, è una nostra fan!

Mark mi guardò scettico, poi notò la mia maglietta e un gran sorriso spuntò sul suo volto. Tom non capì immediatamente ma quando osservò meglio ci arrivò anche lui e mi guardò esterrefatto.

“ E non solo..

Ma parla?

A quel punto mi convenne sbloccarmi da quella sorta di mutismo misto a idolatria.

“ Oh, ehm, sìsì, scusate.. I-io sono davvero vostra fan.

Non mi venne nient’altro di furbo d’aggiungere e buttai il torsolo mordicchiato della mia mela.

“ Vieni al Sombrero e mangi una mela?

Feci spallucce e dopo averli salutati timidamente ritornai da Jane e le raccontai tutto.

“ O hai un gran culo o ti sta pedinando.

“ Me la starà mandando buona stavolta... ”, alzai la testa verso il cielo.

Purtroppo, anche se sarei rimasta volentieri a vedere dove si sarebbero seduti e che cosa avrebbero mangiato, dovetti scappare a casa velocemente e salutare la mia amica.

Mi rinchiusi in camera mia, lì dove nessuno poteva disturbarmi, dove le urla di mia madre non potevano arrivare e dove potevo avere il coraggio di essere me stessa senza sentirmi scomoda.

Lo specchio mi accusava di essere troppo grassa, perciò in quella stanza non ce n’era nemmeno uno. Aveva le pareti bianche che nemmeno si vedevano perché erano  tappezzate di poster, sticker, cosparse di scritte e di impronte. Il soffitto era colorato di tante pennellate di colore diverso e c’era una scritta sola “ What a crazy world ”. L’avevo dipinto quando avevo tredici anni, molte estati prima, quando mia madre era ancora in sé. Buffo che proprio lei mi avesse suggerito quella frase.

Nel vortice dei miei pensieri sentii mia zia urlare il mio nome, scesi le scale per salutarla.

“ Ciao ”

Sei andata a salutare tua madre oggi?

Non era una domanda ma un’affermazione e così presi tutta la forza di volontà che avevo in corpo e mi avviai verso la fatidica stanza.

Entrai dopo aver bussato svariate volte.

Maddy... Devi sentire questa!

Era così ogni pomeriggio, da tre anni ormai. Mia madre mi scambiava per una sua amica, la sua datrice di lavoro, sua sorella o sua madre addirittura. Solo in rari momenti di lucidità si rendeva conto che ero io, Josephine. L’Alzheimer l’aveva colpita all’improvviso e in poco tempo se l’era portata via quasi del tutto

Ogni giorno speravo fosse il giorno in cui sarebbe morta. Era una cosa bruttissima solamente da immaginare per una figlia, ma mi ero arresa alla triste realtà che solo così avrebbe trovato pace lei, e anche noi.

Rimasi ad ascoltarla fino alle quattro, poi mi allontanai e iniziai a fare i miei compiti. Al di fuori della scuola e dei concerti, esclusa qualche uscita serale occasionale, la mia vita era piuttosto triste a vederla con altri occhi, eppure io non la trovavo così squallida e mi accontentavo di ciò che avevo.

La mia routine sarebbe stata stravolta pochi mesi dopo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Shapespace: here we are! Una nuova storia, nuovi personaggi, sempre i blink-182 e sempre io. Come detto nell’introduzione, la storia è nata ascoltando la preview di Pretty Little Girl. Sì, devo smetterla con i viaggi mentali, avete ragione anche voi, ma non ho resistito. Alla fine la canzone sembra sempre più azzeccata ogni volta che la riascolto completa, perciò ho deciso di continuare. Se devo paragonarla a quella di Skye e Mark direi che è più originale, ecco. Colpi di scena, scene più spinte, tante belle cose insomma uwu Ma non voglio aggiungere di più prima di spoilerare tutto :o

Spero che vi sia piaciuto questo primo capitolo e che leggiate volentieri anche questa long – anche perché presa benissimo da questa storia ho già scritto sette capitoli – c:

Per quanto riguarda i capitoli ho deciso di non dargli nome, sinceramente ci mettevo più a scegliere quello che a scrivere, looool~

~A presto!~

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Capitolo 2
*** Chapter two ***


2

2.

 

 

L’estate del 1995 era alle porte. Quel pomeriggio avevo finalmente un po’ di tempo libero per scendere allo skate park con qualche amico.

Era da parecchio tempo che non pensavo a Tom DeLonge, i blink o qualsiasi argomento correlato ad una di queste cose.

Certamente ero andata a due loro esibizioni e ad una di queste Mark mi aveva incrociata e salutata, però non mi era più ricapitato di perdere il controllo di me stessa.

Mentre facevo una pausa guardavo una ragazza dai capelli biondi che veniva seguita probabilmente dal suo ragazzo, con scarsi risultati. Era probabile che fosse la prima volta per lei.

Sarebbe stato bello se qualcuno mi avesse insegnato, pensai tra me e me. Meno fatica e forse ci si provava più gusto, quella sorta di complicità tra due persone che io non avevo mai sentito. Ma ero orgogliosa di avercela fatta da sola e accantonai presto quell’idea.

Finalmente vidi per bene il suo volto ed ebbi un flash: non sapevo dove, eppure io l’avevo già vista. Assomigliava a qualcuno.

Lasciai perdere anche quel pensiero e tornai a esercitarmi con i miei amici. Erano tutti ragazzi. Neanche uno che provasse per me qualcosa più dell’amicizia.

Il mio migliore amico si chiamava Andrew. Aveva due anni in più di me, dei bellissimi capelli blu e due occhi azzurri che ti ammazzavano. Ad esempio, un tipo così non mi avrebbe mai considerata più di un’amica.

Lo conoscevo dalla prima media, per la prima settimana di scuola avevo avuto una terribile cotta per lui. Un giorno si avvicinò al tavolo da pranzo dov’ero seduta e mi disse “ Dovresti farti i capelli rossi. E comunque bella maglietta.

Indossavo una maglietta della Hurley. In quel momento sprofondai nella sedia, lui si accomodò e iniziammo a parlare delle nostre band preferite. Dopo dieci minuti la mia cotta aveva già smesso di esistere e i legami di una profonda amicizia si insinuarono man mano con il tempo.

Una volta ci baciammo, per curiosità, ma nessuno dei due provò niente e la storia finì lì.

Hey pretty, sei pronta a sbucciarti un altro gomito?

Usava sempre questi nomignoli imbarazzanti che m’infastidivano e a cui non trovavo un senso. Più di una volta ci chiesero per colpa sua se stessimo insieme. I nostri amici ormai ci avevano fatto l’abitudine.

“ Anche no. Ero distratta l’altra volta… Stavolta andrà meglio.

Alla fine ci ritrovammo con il disinfettante ed il cotone a tamponarci le ferite a vicenda sotto ad un albero.

Lui si era sfregiato tutto un braccio, solo superficialmente, ma da vedere era bruttissimo. Malgrado ciò riusciva a mantenere la calma e rideva mentre si curava le ferite, non so come ci riuscisse.

Io mi ero fatta male al ginocchio destro, l’avevo strisciato un po’ sull’asfalto e poi lo skate fuori controllo ci aveva rimbalzato sopra. Difatti era un po’ gonfio ed era più il dolore che sentivo che quello che si vedeva.

“ Credo di aver finito… “

“ Io non so come fai.

“ Cosa?

Guardai il suo braccio e poi lo fulminai con lo sguardo.

Autocontrollo piccola mia, autocontrollo.

“ Io per un ginocchio sto bestemmiando interiormente… Fortunato tu che hai l’autocontrollo! “

“ Beh, anche io sto bestemmiando interiormente, proprio per questo parlo di autocontrollo… “

Mi voltai per guardare se i nostri amici stessero ancora facendo qualche bel numero quando la ragazza di prima mi venne sott’occhio meglio e lì fu un attimo capire chi fosse: era la sorella di Mark.

Come avevo potuto scordarmene? Si assomigliavano un po’ oltretutto.

Le mie visite per comprare merchandising erano frequenti l’anno prima, all’uscita di Cheshire Cat. Riflettei se dovessi salutarla o meno, ma convenni che neppure si ricordasse più di me.

“ Conviene muoverti.. sono le sette.

“ Merda!

Controllai l’orologio ed era effettivamente tardi, iniziai a raccattare le mie cose in fretta e furia, zoppicando per il dolore. Dovetti fasciarmi alla bell’è meglio e fuggire con la borsa a tracolla e lo skate in mano. Andrew si offrì di accompagnarmi ma lo pregai di tornare a casa dato che era conciato peggio di me e ci salutammo con un rapido bacio sulla guancia.

Odiavo quel tipo di convenevoli però con lui e Jane non m’infastidivano.

Mentre con passo incerto camminavo per quella via quasi del tutto deserta, dalla borsa semi-aperta caddero il mio lettore cd e una serie di cose.

Sbuffando ed imprecando mi chinai per raccoglierle.

Una voce femminile all’improvviso giunse alle mie orecchie: “ Vuoi una mano?

“ No, va beh, è lo st… “

Prima che potessi rispondere vidi la Hoppus junior che mi aiutava a recuperare le mie cianfrusaglie. Si ritrovò tra le mani il cd di Cheshire Cat e sorrise.

“ Così c’è davvero qualcuno che ascolta quei tre…

“ A quanto pare… “

Sforzai un sorriso sincero e dato che ricambiò pensai avesse funzionato. Mi aiutò a risollevarmi vedendo la fasciatura e chiuse la mia borsa ingombrante.

Ma io ti conosco! Tu spesso venivi al garage! O sbaglio?

L’ansia che mi assalì per essere stata riconosciuta non bastò a smorzare l’emozione e la felicità di essermi impressa nella mente della sorella di un membro della band che ammiravo. E che probabilmente sarebbe potuta anche diventare la mia preferita.

“ Sì! Ehm, sono sempre venuta, ma l’anno scorso più spesso. A casa ho un sacco di copie di Cheshire Cat, anche la cassettina forse, se non sbaglio. E magliette. Felpe. Poster. Okay, forse non dovrei continuare… “

“ Ah beh, se mi paghi l’università ben venga! “, rise un po’, aveva la stessa risata contagiosa del fratello. “ Ti chiami Josie, giusto?

Sìsì… ehm… “

“ Anne, Anne Hoppus “, mi strinse la mano e la sua faccia espresse tutto l’orgoglio che provava nel dire quel nome.

“ Scusa, non sono brava con i nomi… “

“ Non preoccuparti, tutti si ricordano di Mark, non di Anne.

Era molto alla mano e alla fine s’impuntò per accompagnarmi fino a casa, durante il tragitto chiacchierammo cordialmente di molte cose.

Giunte davanti al mio vialetto notai che la cosa si faceva imbarazzante: non ci conoscevamo così bene e non sapevamo come salutarci.

“ Vai alla Poway High School?

“ Sì, sono all’ultimo anno “

“ Wow, io vado alla Rancho Bernando High.. perciò tu vai dove andava Tom prima?

“ Eh già. E’ una leggenda lì dentro

“ Anche nella nostra scuola lo è ormai… meglio non parlarne. Senti, domani potremmo incontrarci, dopo scuola. Sempre se il tuo ginocchio starà meglio. “

“ Oh, ehm… sì. “

“ Ti passo a prendere e andiamo a San Diego. Puoi salire in città vero?

“ Certo!

Dopo un breve accordo sul luogo dell’incontro e l’orario ci salutammo con un cenno ed entrai in casa. Se non fosse che non potevo né saltare né urlare, sicuramente sarebbero state le prime due cose che avrei fatto.

Salii le scale in silenzio e arrivata in camera mia, dopo aver buttato la borsa in un angolo, mi tuffai sul letto senza nemmeno sentire una fitta al ginocchio.

Mi addormentai con Wasting Time nelle orecchie.

 

La mattina seguente avevo così tanta ansia addosso che la percepivo anche nello stomaco. Feci una doccia veloce, rifasciai il ginocchio che sembrava essersi leggermente sgonfiato e dopo essermi vestita svogliatamente, uscii di casa. Lasciai un bigliettino a Caroline con scritto: Vado in città, è probabile che faccia tardi.

Sorrisi. Sarebbe stata una giornata grandiosa.

Passando al solito café comprai due ciambelle senza avere pentimenti e ne addentai una al volo.

A scuola non riuscii a vedere Jane, ma le mandai un messaggio avvisandola che non avrei pranzato con lei.

In classe non riuscii a seguire una parola di ciò che dicevano e continuavo a controllare l’ora in angoscia, tanto ché un professore mi riprese notando che ero più interessata al suono della campanella che alla letteratura contemporanea.

Quando finalmente arrivarono le due corsi nel parcheggio pensando di essere in ritardo. Anne non era ancora lì, in compenso incrociai Andrew.

Jos… come va il ginocchio?

Alzai la fasciatura e gli venne un’espressione pensierosa ma indecifrabile. Mi diede una pacca sulla spalla e come se nulla fosse si stiracchiò, mostrando come il suo braccio iniziava a cospargersi di croste.

“ Almeno non esce più sangue “

“ No, brucia a volte, ma va beh.. dove vai? Non sei con Jane?

Ero sicura che provasse qualcosa per quella ragazza. Ogni volta mi chiedeva qualcosa o alludeva a lei, preoccupandosi se stesse bene. Li avrei visti bene insieme, sebbene nessuno l’avrebbe detto ad un primo sguardo.

“ No, salgo in città.

Proprio in quel momento sentii un clacson alle mie spalle e una canzone inconfondibile uscire dallo stereo. Mi girai pensando di avvistare Anne con il ragazzo visto allo skate park il giorno prima. Invece mi ritrovai la faccia di Tom fuori dal finestrino.

La smorfia che comparve sul volto di Andrew fu indescrivibile.

“ Tom DeLonge? Tu esci con lui?

“ Sì. Cioè, no. Nonono. Non in quel senso. Lui nemmeno lo conosco. Con la sorella di Mark, Anne.

Lei era seduta sul sedile anteriore e litigava con Mark, non so di cosa discutessero, avevano i finestrini alzati.

“ Devo scappare.

Diedi un abbraccio e un piccolo bacio sulla guancia a Andrew e presto mi ritrovai seduta di fianco a Thomas Matthew DeLonge.

Tentai di salutare, ma mi fece segno di aspettare che finissero di discutere. Era tranquillo, aveva questi pantaloni a tre quarti e una maglietta dei Fugazi. Intonava la canzone, la sua canzone, che usciva dallo stereo.

Mi rilassai anche io e mentre il suo amico guidava e litigava con la sorella, iniziai a perdermi in una melma di pensieri, guardando fuori dal finestrino. Mentre il cd andava senza accorgermene canticchiai qualche strofa di Cacophony.

“ Allora sei davvero una nostra fan.

Erano le prime parole che Tom mi rivolgeva in quella macchina. Fecero cessare la discussione sul fronte davanti, Mark abbassò il volume e il silenzio mi assordò.

“ Certo che lo è! “, intervenne Anne a salvarmi. “ E comunque ciao.

Le sorrisi e quando si rigirò davanti il silenzio calò nuovamente per qualche minuto, mandando il mio cervello in tilt.

“ E’ una nostra fan ma non parla… “

Due profondi occhi blu mi guardarono dallo specchietto retrovisore e affiorò un sorriso sulle guance.

Quando c’erano intorno quei due era come se perdessi la capacità di esprimermi, eppure erano due persone normali. Il problema era che io ero abituata a vederli scherzare sul palco, a sognarmeli lontano anni luce da me.. ed invece ora mi ritrovavo in macchina con loro.

“ Parlo, parlo, ma… “

“ E’ emozionata Mark, siamo troppo fichi.

“ Hai ragione. Ti rendi conto che abbiamo dei fan?!”

Insieme iniziarono a strillare, suonare il clacson, scalpitare. Lo stereo tornò a tutto volume, DeLonge mi prese le braccia e me le alzò festeggiando, gridandomi in faccia. Anne aprì il finestrino e iniziò a urlare con il vento tra i capelli.

L’estate più bella della mia vita era appena incominciata.

 







Shapespace: secondo capitolo! Un altro flashback, nuovi dettagli, la storia va sempre di più a delinearsi per bene! Spero che vi piaccia e che possiate affezionarvi al personaggio di Josie, che a me è molto caro c:

Ringrazio chi già la segue e Layla per la recensione c:

~Alla prossima!~

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Capitolo 3
*** Chapter three ***


3

3.

 

Ogniqualvolta che un adolescente andava in città, soprattutto un abitante dei piccoli paesini costretto a vedersi le stesse identiche e noiose cose ogni giorno, era come se venisse catapultato in un’altra dimensione.

Nonostante salissi a San Diego ogni momento in cui ne avessi il pretesto, per me era sempre una gioia ritornarci. Speravo con tutto il cuore di trasferirmi proprio lì non appena ne avessi avuta la possibilità.

Anne prese subito confidenza con me e mi trascinò da un negozio all’altro, dove comprò ogni sorta di vestito le piacesse. I due baldi giovani ci stavano al seguito ed erano costretti a portare i pacchetti.

Mi chiesi perché non ci avessero semplicemente accompagnate per poi filarsela da qualche altra parte e recuperarci più tardi. Forse si divertivano così, oppure non avevano molto da fare quel giorno.

Mentre cercavo di stare dietro ad Anne mi bloccai davanti ad una vetrina di skate. Erano così belli. Avrei ucciso per averne uno. O perlomeno uno nuovo e più decente del mio.

Avevo i soldi necessari, ma di certo zia Caroline avrebbe preferito vedermi tornare con tre magliette che con uno “ stupido giocattolo “. Mi morsi il labbro e sospirai.

“ Ti piacciono gli skate?

Mi voltai e Tom aveva la mia stessa aria sognante guardando quella composizione perfetta dietro al vetro.

“ Sì, ne avrei davvero bisogno uno nuovo…

“ Ah. Quindi vai in skate!

Ogni volta che un ragazzo scopriva che una ragazza andava in skate – soprattutto a quei tempi – si scatenava una sorta di ammirazione fraterna. Era così che mi ero fatta la maggior parte dei miei amici.

“ Già. Questa fasciatura non è qui mica per niente! “, indicai e mostrai con orgoglio il mio ginocchio.

“ Pensavo fossi maldestra e cadessi sempre, spargendo Cheshire Cat in giro per il mondo.

Mi sorrise e ci allontanammo dalla vetrina, raggiungendo le urla dei due Hoppus che ci richiamavano all’ordine. Se non ci fossimo stati noi si sarebbero ammazzati sicuramente entro fine giornata.

“ No, non cado sempre… “

Ma allora parla!

Mark arrivò e mi cinse con il suo braccio, portandomi verso il reparto in cui sua sorella andava cercando una gonna. Io non ne indossavo mai, era già tanto vedermi mettere gli shorts, figuriamoci una gonna. O un vestito.

Infatti non ero mai andata al ballo scolastico anche per quello.

“ Tu non ti compri niente? “

Nah… Non fanno per me queste cose.

Tentavo di liberarmi dalla presa del ragazzo ma non voleva saperne di lasciarmi andare. La cosa mi imbarazzava alquanto e probabilmente le mie gote si erano già tinte di un bellissimo color porpora.

“ Lei veste solo blink-182! “, aggiunse l’altro di fianco a me.

Anne per fortuna mi trascinò via da quella situazione di disagio per farmi provare una maglietta che a me non piaceva affatto. Quando la misi su lei esclamò che mi trovava deliziosa. Da dietro DeLonge gesticolò una vomitata e fece segno di no parecchie volte.

“ Ehm… a me non piace sinceramente. Prenditela tu, ti starà sicuramente meglio. “

Mugugnò qualcosa su quanto avessi i gusti difficili e quando uscii dal camerino me la strappò di mano e andò a pagare.

“ Probabilmente sapeva che gliel’avresti ceduta, era solo per vedere se su di te stava meglio che a lei… Ma è probabile che te la regali pur di fartela mettere.

Infatti tornò e mi infilò il sacchetto nella borsa senza tanti complimenti, dopo questo decise che avremmo preso una pausa andando a mangiare qualcosa.

Ci avviammo verso il Sombrero, avevano tutti voglia di cibo messicano. A me si contorse lo stomaco al solo pensiero, tuttavia mi sforzai di sembrare invogliata quanto loro.

Entrammo e mentre loro si prendevano quelle mega porzioni da star male io optai per la cosa più light che c’era e iniziai a cercare un posto in cui sedermi. Purtroppo erano le sei ed era già quasi tutto al completo.

“ Mark e Anne si son presi due posti e non ci hanno cagato.. Vieni.

Mi prese per mano e senza nemmeno rendermi conto percorsi tutto il locale stretta a Tom DeLonge. La gente mi fissava perché ormai la loro popolarità iniziava a incrementarsi, almeno in quella città, e solo in quel momento mi accorsi della mia fortuna sfacciata. Camminai a testa alta, seppure la mia sicurezza a volte vacillasse per l’emozione.

Riuscì a trovarci due posti vicino ad una vetrina e per conto nostro. Quando fummo in grado di accomodarci guardò un po’ perplesso il mio piatto.

“ L’altra volta una mela e adesso questa cosa misera?

Iniziai a mangiare il mio ‘ misero ‘ pasto senza commentare e lui si abbuffò sul suo. Lo osservai sconcertata e quando arrivò alla fine della prima porzione si mise a ridere.

“ Credo che tu non sia abituata, vero? “

“ No, appunto… “

Finì di rimpinzarsi e si passò soddisfatto la mano sulla pancia, pronto a darci dentro ancora.

“ Io non ho capito bene il tuo nome, scusa…

Josephine. Josie va bene. “

Si pulì la mano e me la allungò, come per presentarsi. Fu un gesto molto carino e simpatico, così gliela strinsi.

“ Io sono Thomas, ma puoi chiamarmi Tom. O se sei una persona strana puoi chiamarmi Matthew, come fanno dei miei lontani parenti mai visti.

“ I miei zii che abitano vicino al Messico dicono Josephine come si direbbe José.. è molto imbarazzante “

Scoppiò a ridere e iniziò a prendermi un po’ in giro. Era una persona molto diversa a vedersi dal di fuori. Più tranquillo. Sempre divertente alla stessa maniera. Ma non avrei mai detto che avesse anche dei modi di fare da persona normale. Forse mi ero lasciata troppo prendere dalla loro immagine verso il grande ‘ pubblico. Alla fine io li seguivo da Flyswatter ed era logico sognarmeli un po’ come dei miti sempre in vena di scherzare su scoregge e donne grasse.

“ Dovresti provare, José… In fondo sei messicana “

Lo fulminai con un’occhiata ma mi passò ugualmente un’aletta di pollo – probabilmente molto piccante e molto calorica – sotto al naso. Il profumo mi inebriò.

“ Sul serio, non ti ucciderà.

Il suo tono era cambiato, quasi stesse parlando onestamente e avrei osato dire addirittura con modi garbati.

Annuii e scostandomi i capelli avvicinai la mia bocca tentennante e tremolante verso quell’agognata coscia di pollo che per me rappresentava più una sfida. Quando ero a casa non finivo mai i pasti e se mangiavo fuori cercavo di limitarmi il più possibile. La situazione era precaria anche se ancora risolvibile, eppure sarebbe bastato pochissimo per farmi cadere in un tunnel da cui è quasi impossibile tirarsi fuori. Se fossi riuscita a mordere quel pollo senza provare così tanti rimorsi o rancore verso il mio nuovo amico sarei riuscita ad abbattere il primo ostacolo.

Così fu. Diedi un microscopico morso e mandai giù. Era delizioso, a dir poco.

Tom sorrise, e anche se inizialmente mi prese in giro per quella porzione da pulcino, vidi che era soddisfatto.

Continuai a mangiare il mio pasto scarno e lui cominciò a buttarci dentro pezzi del suo per rifilarmi del cibo sostanzioso. Ogni volta mi incitava, ovviamente con una vena comica, ma apprezzai la cosa perché nessuno prima d’ora aveva fatto un tentativo così concreto.

Dopo varie chiacchiere su band, musica, concerti, soprattutto sul Moma, giunsi a dire che frequentavo la sua ex scuola, cosa che avevo scordato di dirgli fin dal principio.

“ Come se la passano? “

“ Tutti si ricordano ancora di te, stai tranquillo.

“ Soprattutto il preside “, mentre ghignava ripensando ai bei tempi andati Mark ci raggiunse e decidemmo di ritornare a casa. Distrattamente controllai l’ora e per poco non mi venne un colpo.

“ Sono le sette e mezza? Oh Cristo.

I ragazzi si guardarono confusi e il più grande mi disse: “ Problemi?

“ No. Niente. No. “, finsi un sorriso e lasciammo il locale.

Sperai che Mark guidasse alla velocità della luce e forse proprio per questo il viaggio mi sembrò durare un secolo. Anne si addormentò appena salimmo in macchina e gli altri due si dimostrarono poco loquaci. Io sentivo troppa inquietudine per preoccuparmi di formulare un buon argomento di conversazione.

 

Giunti di fronte al mio vialetto Mark sveglio la sorella per permettermi almeno di salutarla.

“ Oh, Jos, scusa… dobbiamo farlo più spesso… ”, mi sorrise e biascicò qualcos’altro che non capii così guardai suo fratello.

“ Credo che voglia il tuo numero… Dallo a me che poi glielo passo.

Non feci in tempo a dire le prime due cifre che il suo amico mi stroncò. “ Credo che sia meglio che tu dia quello di Anne a Josie e che si risentano domani, no?

Mi parve molto seccato e Mark rispose con un sorriso palesemente falsissimo. Mi diede il fatidico numero e dopo averli ringraziati scesi dalla macchina. Zoppicavo ancora un po’ perché avevo sforzato il ginocchio per tutto il giorno.

“ Aspetta, ti aiuto… “, Tom scese dall’auto, mi venne a tenere la borsa e a offrirsi come appoggio prima che potessi rispondere.

Raggiungemmo la porta di casa tra una mia parolaccia e una sua risata. Ormai nemmeno pensavo fosse quel DeLonge, era diventato Tom e basta, così come l’altro.

“ Un giorno conoscerò anche Scott?

“ Quando vuoi… Ti porto la borsa in casa?

Praticamente da tre anni nessuno entrava più in casa mia. Mi allarmai immediatamente pensando ad una delle scene patetiche che mi ero immaginata tantissime volte. Jane e Andrew erano gli unici a sapere di mia madre, tuttavia nemmeno loro l’aveva mai vista in quelle condizioni.

“ No, tranquillo, c’è mia zia… “

Si ammutolì un attimo. Probabilmente si chiese se avessi dei genitori.

“ Ah, okay. E’ stato un piacere… Dovresti uscire con noi più spesso, sei forte! Anche se ancora devo inquadrarti bene. E devo nutrirti meglio di quanto non lo faccia tu da sola.

“ A proposito… se facessi finta di niente…

Il clacson interruppe la conversazione e lui fece un gestaccio verso l’auto scassata di fronte al vialetto. Anne iniziò ad urlare contro suo fratello per averla svegliata.

“ Ora è meglio che vada o si ammazzano. Tieni… “

Mi passò un micro-biglietto e se ne andò facendomi cenno di chiamare. Dopodiché salì in macchina e sfrecciarono via.

 

Ovviamente ricevei una bella ramanzina da mia zia per averla avvisata all’ultimo e per essere tornata a quell’ora.

Non m’importò, sorbii tutto e filai in camera. Il ginocchio mi doleva come non mai ma sorrisi, era stata una delle giornate migliori della mia vita.

E di una cosa fui sicura anche allora: ne sarebbero seguite molte altre.

 






Shapespace: eccoci al terzo capitolo! Si prosegue sempre sulla linea dei flashback, per ora, e i personaggi iniziano ad avvicinarsi e interagire.

Spero che la mia friend Evelina sia felice, dato che era quella che fremeva di più per un nuovo capitolo! E spero che piaccia anche a voi c:

~See ya next chapter!~

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Capitolo 4
*** Chapter four ***


4

4.

 

Sentii una mano tirarmi la manica e per un attimo mi convinsi di essere ancora nel millenovecentonovantacinque. Invece la mia mente intorpidita da quel tuffo nel passato appena notò la figura di mio marito che passava per il corridoio mentre era al telefono, probabilmente con qualche suo cliente. La piccola bambina che mi tirava il maglione era Jane, mia figlia.

Aveva sette anni, i capelli biondi e due grandi occhi azzurri, un viso tondo e morbido con un nasino perfetto al centro. Le labbra erano rosse e piccole ma abbastanza carnose. Sarebbe diventata una bella donna.

La presi in braccio e mi cinse le piccole mani attorno al collo.

“ Mamma quella sei tu?

Mi voltai verso il computer e la foto del ballo studentesco capeggiava sullo schermo. La chiusi immediatamente e spensi il computer, mentre Tom cantava ancora qualcosa come “ It’s the worst damn day of my life ”. Puoi dirlo forte amico, pensai. La voce di Mark però si catapultò nei pensieri e aggiunse “ It doesn’t hurt that much ”.

Mi alzai e andai in cucina tentando di sgomberare la mente, eppure continuava a divagare su quel periodo che avevo giurato a me stessa di dimenticare per sempre.

D’altronde lui me l’aveva sempre detto, puoi bruciare i ricordi o farli a pezzi, ma appena vedrai una fotografia o un dettaglio famigliare ti porteranno alla luce quei pensieri e faranno più male di prima.

In effetti era così, quella foto portò alla mente altri spaccati di quell’anno che non ricordavo da parecchio tempo. Per fortuna ero troppo occupata a badare a Jane e a iniziare a cucinare per perdermi ancora a vagheggiare sul mio passato.

“ Scusa. Buongiorno.

Mi schioccò un veloce bacio sulle labbra e come al solito sparì nel suo studio.

All’inizio il nostro matrimonio era molto felice. Tutto ciò che avevo sempre desiderato. In questo periodo potevo ritenermi sì soddisfatta, ma ormai passavamo più tempo entrambi a lavorare che a occuparci di noi stessi. Io ero fortunata a poter lavorare anche da casa, lui invece pur avendo la mia stessa possibilità si isolava nella sua stanza.

Mentre le verdure soffriggevano in padella e mia figlia giocava con una Barbie, mi voltai a guardare la città: San Diego non era poi così cambiata. Le strade erano le stesse, i negozi forse erano nuovi ma anche gli edifici erano identici. Le persone erano cambiate. Io ero cambiata.

Nonostante questo fu facile trasalire quando una giovane dai capelli rossi passò mano per mano con un biondino. Era come se fosse ieri. In fondo le strade erano le stesse.

 

 

 

 

Mancava poco al diploma e prima di esso c’era solo una cosa che mi spaventava di più: il ballo scolastico.

Non ci ero mai andata, ma dato che si trattava dell’ultimo anno ricevevo ormai da settimane pressioni da parte di Jane e fuori da scuola si aggiungevano Caroline ed Andrew.

Non capivo l’importanza di quella tappa che tutti consideravano ‘ fondamentale ’ nella vita di un giovane adolescente americano. Era una stupida festa con del punch dal sapore orrido, insegnanti che ti additavano e tiravano fuori dal loro armadio vestiti risalenti all’epoca dei tirannosauri con la febbre del sabato sera e ragazzi vergini pronti a tutto pur di vedere un paio di mutandine.

Mentre facevo tutte queste considerazioni il mio interlocutore si era adagiato sul mio letto come se niente fosse, quasi certamente non mi stava ascoltando.

“ Perché quella scritta?

Mi voltai e alzai gli occhi verso il soffitto. Mi tuffai sul letto anch’io, un po’ sfinita da tutte le mie blaterazioni.

“ Quando avevo tredici anni dovevo dipingere la stanza. Io e mia madre andammo a scegliere il colore, ma me ne piacevano troppi, e alla fine li comprammo tutti. Giunte a casa decisi di dipingere solo il soffitto e uscì questo. Volevo aggiungerci una scritta e mia madre mi suggerì quella… buffo è?

Quando guardai verso sinistra due occhi nocciola mi studiavano con espressione incerta. La sua mano passò sul mio viso accarezzandomi. Per la prima volta dopo mesi sentii ancora il cuore sobbalzarmi nel petto per Tom DeLonge, perché era lui il ragazzo che era in camera mia.

Sarebbe stata una scena troppo irreale vedere che mi prendeva il viso e affondava le sue labbra nelle mie. Difatti mia zia Caroline mi chiamò e mi alzai di scatto, catapultandomi al pian terreno.

Per l’ennesima volta mi prese le misure, assicurandosi che non fossi né diminuita né aumentata.

“ Perfetto… perfetto. “, sussurrò tra i denti.

“ Dovresti essere felice che io mangi adesso, invece di continuare a misurarmi. “

“ Lo sai che è da quattro settimane che ti preparo il vestito? E’ ovvio che deve calzarti a pennello! ”, tentennò e prese due ciocche tra le mani. “ Questi capelli non ritornano normali prima, vero?

Senza rispondere sbuffai e ritornai di sopra, dove il mio amico mi aspettava a braccia conserte e con un ghigno sulla faccia. Era stato lui a farmeli rossi.

“ Ancora la storia dei capelli?

“ Non si arrenderà mai. Ti odierà per sempre. ”, lo guardai dal basso e gli diedi un buffetto sulla fronte.

Da quella sera di maggio io e Tom ci vedevamo praticamente tutti i giorni. Anche Mark e Anne li vedevo spesso, capitava ogni due o tre pomeriggi di uscire e andare a San Diego, passammo anche un week-end insieme al mare. Ma con Tom era diverso. Lui ormai era parte delle mie abitudini e uno dei miei migliori amici, in quanto io ero con tutta probabilità la sua. Mi spaventava come avessi fatto in fretta a fidarmi di lui o come fosse riuscito a comprendermi fin da subito, eppure in poco tempo mi era entrato sottopelle come poche persone erano riuscite a fare e difatti solo lui aveva l’onore di poter vedere casa mia.

Vidi che stava lì in piedi a fissarmi.

“ Che c’è? Te ne vai?

“ Ehm, no… prima… ”

“ Cosa? ”, domandai non capendo a cosa alludesse.

“ Niente, niente.

Ci stendemmo ancora sul letto con la faccia verso il soffitto. Una strana luce entrava dalla finestra, il tramonto si stava avvicinando. Iniziai a disegnare le linee che la luce creava con un dito. A volte ci bastava il silenzio, non avevamo bisogno sempre di chiacchierare. Forse perché eravamo simili. A dirla tutta più che simili eravamo praticamente identici.

Conoscere una persona come Tom mi scombussolò l’esistenza perché per la prima volta una persona pensava le mie stesse cose, scherzava alla stessa maniera e sembrava essere sulla mia lunghezza d’onda. Era come se mi avessero trapiantato nel corpo di un ragazzo e viceversa.

Mi voltai sorridendogli e lui mi diede un tenero bacio sulla fronte. Si mise a disegnare anche lui quelle strane linee di luce e per un attimo mi persi ad osservarlo.

Ora ricordavo e ritornarono le palpitazioni avute un attimo prima. Desiderai con tutta me stessa che mia zia non fosse mai arrivata.

Spesso mi ero persa ad immaginarmi fidanzata con lui ma li consideravo pensieri frivoli e infondati. Alcune volte il sentore che anche lui potesse provare i miei dubbi mi era giunto, tuttavia cercavo sempre di non dare troppo peso a quelle mie riflessioni.

Eppure in quel momento mi persi più del solito tant’è che dopo un po’ mi guardò e si mise a ridere.

“ Chiudi quella bocca da pesce Jos ”

Mi ripresi e resi conto di averlo fissato con poca circospezione. Avrei voluto nascondermi sotto al letto dalla vergogna.

“ Scusa, mi stavo… addormentando. ”, ridacchiai un po’ e mi sollevai, sedendomi sul letto. Mi tirò giù per un braccio e continuò così ogni volta che tentavo di alzarmi. Dopo svariate volte mi sollevò senza alcuna fatica e affondandomi nel fondo del letto iniziò a farmi solletico. Non riuscivo a opporre resistenza se non urlando o assestando qualche calcio fortunato che partiva mentre mi agitavo.

Pian piano si placò e con gli occhi pieni di lacrime riuscii a vederlo: aveva l’aria soddisfatta ed i capelli spettinati, i vestiti sgualciti. Io ero probabilmente in condizioni peggiori.

Mi alzai e passandogli una mano tra i capelli glieli sistemai. Lui mi sfilò un dito sotto l’occhio sinistro e tolse la matita in eccesso. Smisi di sorridere e sentii che la sua mano calda era sempre sul mio volto.

Iniziai a sudare e arrossii, il cuore mancava poco che schizzasse fuori.

Mi mise una mano sul petto e sorrise un po’, bisbigliando qualcosa di incomprensibile.

Sentii che tremava ed anche io iniziai ad avere qualche fremito. Lo stomaco mi si contorceva e la mente viaggiava veloce.

Presto sentii le sue labbra morbide sulle mie, poi la sua bocca si schiuse e andrò in cerca della mia lingua, che trovò subito. Mi baciava sempre con più foga e passione, ma non era sgradevole, anzi.

In un istante mi trovai sdraiata con lui sopra. Staccò il viso e mi guardo, con un sorriso per cui sarei morta e resuscitata. Se il paradiso non fosse esistito non m’importava, io l’avevo già trovato.

Ritornò a baciarmi e senza nemmeno rendermene conto misi una mano sotto la sua maglietta. Non ci capacitammo del come e del perché, eppure io tolsi la sua e lui quasi strappò la mia. Dopodiché tento di aprirmi i pantaloni, ma il bottone era più ostico del previsto.

Il desiderio aveva preso ormai il posto dei sentimenti e andavamo in cerca di quello che avevamo evitato addirittura di pensare in tutte quelle giornate spese assieme.

Improvvisamente si fermò e strabuzzò gli occhi. Anch’io capii e un po’ sbigottita mi rivestii.

“ Non era esattamente così che l’avevo immaginato ”, furono le prime parole che uscirono dalla sua bocca.

Annuii e andai a risistemarmi i capelli.

Mentre mi guardavo allo specchio provai ugualmente una sorta di soddisfazione che mai avevo percepito a quel modo in tutta la mia vita.

Presto sentii le sue mani cingermi i fianchi e quando mi voltai ancora una volta la sua bocca catturò la mia e mi persi ad assaporare quel territorio a me sconosciuto.

L’ultimo ragazzo che avevo avuto risaliva alla terza superiore, eravamo stati insieme due mesi e poi avevo deciso di piantarlo, stufa di sentirmi costantemente oppressa da una persona pesante e che portava all’esasperazione. Tom doveva aver avuto dozzine e dozzine di ragazze, al contrario io ero decisamente più inesperta.

Cosa stiamo facendo Thomas?

“ Quello che avrei dovuto fare quella sera di aprile.

Neanche mi era passato il pensiero di essergli rimasta impressa quella sera, ma a quanto pareva non ero l’unica ad aver fantasticato nel letto quella notte.

“ Ti ricordavi di me? ”

“ Eccome… ma te l’ho sempre ripetuto, della tua maglietta.

Effettivamente potevo essere io come altre ragazze, eppure lui sembrava sostenere la sua causa e ricordare perfino il periodo, perciò preferii non sminuire la sua immaginazione.

Il problema in questa storia è che io non ne andavo in cerca. Non ero pronta a impegnarmi sentimentalmente per poi lasciarmi spezzare il cuore come chissà quante volte aveva già fatto.

I suoi racconti mi erano ormai noti: prendeva una ragazza carina, se la giocava per bene e poi finiva per dirle che lui non aveva mai definito il tipo di relazione e preferiva non impegnarsi in quel momento. Questo oltre a non essere rassicurante, agli occhi delle altre lo rendeva ancora di più desiderabile in quanto il fascino dello ‘ stronzo ’ era risaputo quante ragazze potesse abbindolare.

Ma tu non sei convinta… ”

Parlammo a lungo di quanto questa relazione avrebbe compromesso la nostra amicizia, dal canto suo lui disse che ormai con quei baci avevamo già fatto il danno e in cuor mio sapevo che aveva ragione.

Elaborammo qualsiasi ipotesi e ogni volta me le stroncò tutte quante. Quel che mi domandavo era se avesse fatto così anche con le altre.

Alla fine anche io ero esausta di pensare, era meglio tirarsi su le maniche ed agire senza riflettere troppo, per una volta non volevo essere vigliacca. Volevo cogliere il mio attimo e farlo durare per sempre.

Sospirai e mi guardò con aria interrogativa, neanche lui sapeva ciò che mi poteva passare per la testa in quel momento, e io ne sapevo ancor meno di lui. Feci quello che l’istinto mi suggerì.

“ Se tu mi spezzassi il cuore io te ne farò pentire amaramente, chiaro? “, non ero mai stata così seria con lui e nemmeno l’avevo mai additato in quel modo. Indietreggiava per non guardarmi negli occhi forse, così gli presi il viso e lo costrinsi a fissarmi. Deglutì.

“ Ti farò cambiare idea. Ogni volta che mi mentirai o vorrai fuggire da me ti sentirai l’essere più ignobile di questo mondo. Quindi gioca pure Tom DeLonge, e io giocherò la mia parte.

All’epoca non potevo saperlo, ma più tardi mi chiesi «Perché non te ne sei andato se già sapevi che avresti rovinato tutto?».






Shapespace: finalmente siamo tornati al presente. Ovviamente c'è un ritorno al passato ma era bene tornare un po' anche al presente, ecco.

Spero che vi piaccia questa fan fiction perché mi prende molto scriverla e vorrei che arrivasse nel modo giusto (: Recensite se avete da recensire, se no...

~alla prossima!~

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Capitolo 5
*** Chapter five. ***


5

5.

 

“ E questa? ”

Sobbalzai sentendo la sua voce dal nulla. Jane mi guardò e sparì in camera sua. Era una bambina giudiziosa nonostante la tenera età.

Lui indicò la foto del ballo studentesco: due giovani si stringevano e sorridevano pensando che niente li avrebbe mai divisi. Si sbagliavano di grosso.

Ehm… Non è niente, curiosavo ”

“ Casualmente nel sito della scuola in quell’anno, durante quel ballo. “

Invece di spegnere il computer l’avevo semplicemente bloccato e la pagina era lì, che troneggiava su tutte le altre, la foto aperta e tutto il resto oscurato.

Che cosa avrei dovuto dirgli? Una stupida canzone mi ha riportata a pensare a lui? Come se in fondo non ci pensassi tutti i giorni.

Ero costretta a convivere con il pensiero che un giorno mio figlio avrebbe visto uno dei suoi tre idoli e io sarei stata lì, ammutolita a sperare che non mi riconoscesse. Ma per quanto potessi ingannare con un aspetto differente, gli occhi sono immutabili e identificabili, soprattutto quando un’altra persona li ha guardati a lungo, e proprio per questo lui mi avrebbe riconosciuta.

Poteva anche essere diventato a tutti gli effetti un adulto, eppure quello sguardo nocciola aveva ancora sopito il giovane ragazzo che io conoscevo. E in fondo a quelle iridi verdi-azzurre ereditate da mia madre c’era ancora quella ragazzina dai capelli rossi e il sorriso beffardo, per questo mi avrebbe  subito individuata tra la folla.

Ciò che mi domandavo a volte era che uomo fosse diventato.

“ E’ stato un caso…

“ Sì, Josie, certo. “

Come al solito infuriato si stese sul divano mordicchiandosi le labbra.

Un tempo avrebbe preso lo skate e sarebbe corso da qualche parte, ma ormai si considerava troppo vecchio per farlo.

Il giovane ragazzo spensierato che conoscevo mai avrei pensato potesse diventare un adulto tanto serio.

Mi avvicinai e accovacciandomi vicino al divano iniziai ad accarezzargli i capelli. Aprì gli occhi e per me fu come ogni volta una morte certa.

Ora vedevo ancora l’adolescente preoccupato, quello colmo di rabbia e gelosia, che si strisciava le ginocchia al suolo e sorrideva come se niente fosse.

“ Scusa, è stata una scenata inutile. Hai il diritto di vedere le foto che vuoi quando e come ti pare…

Sapevo che ciò che pensava era l’esatto opposto. Non aveva mai dimenticato.

“ No, non dovrei pensarci… sono passati tanti anni in fondo. E’ acqua passata. “

“ Non sarà mai acqua passata. “

Si sedette e cercai di trattenerlo dall’alzarsi ma fu piuttosto inutile. Presi la sua mano.

Andrew…

Scrollò la mia e se ne andò nel suo studio.

Mi voltai verso il computer e mio figlio scese le scale. Era impossibile sbagliarsi.

Sorrisi con gli occhi colmi di lacrime, e fu inutile cercare di nascondersi.

“ Mamma? “

Era un giovane uomo ormai. I capelli erano di un biondo-castano, li detestava e voleva tingerli a tutti i costi. Aveva grosse spalle e due occhi verde scuro. Un bellissimo sorriso.

“ Non è niente, non preoccuparti… dimmi. “

Cercai di ricompormi agli occhi di mio figlio, era pur sempre una cosa triste da vedere.

“ Hai ascoltato le canzoni? “

Annuii e per un po’ rimasi a sentire le sue opinioni. Gesticolava molto quando parlava, tendeva a mordersi le labbra o corrugare la fronte e usava molti intercalari per esprimersi.

“ Ehm, quindi niente, ehm, avrei una.. uhm.. proposta. ”

“ Dimmi. ”

Prese fiato e coraggio, chissà cosa doveva domandarmi di così importante. Sicuramente c’entravano in qualche modo i blink o non avrebbe preso come pretesto l’uscita del cd per parlarmene.

“ L’anno prossimo faranno un tour americano… posso uhm… andarci con gli altri? ”

Da un lato la cosa mi colpì, dall’altro mi sentii sollevata dall’esonero di dover sorbirmi un concerto. Avrei mandato sicuramente mio marito piuttosto di mettere piede in un’arena, teatro, o qualsiasi posto dove avrebbero suonato loro.

“ Va bene. ”, vidi il suo voltò illuminarsi ma il mio sguardo lo spense. “ Ma verrà papà. ”

“ Uhm.. perché non tu? Anche gli altri sono accompagnati, i genitori ti faranno compagnia! ”

“ No, Matt, no! Queste sono le condizioni. ”, mi alzai chiarendo che per me la faccenda era chiusa.

Tuttavia era noto che l’arrendevolezza di un adolescente è pari all’importanza del suo scopo, e in questo caso mio figlio non voleva demordere.

“ Mamma, per favore! Ehm… Farò i piatti e la tavola fino all’anno prossimo! “

“ Abbiamo la lavastoviglie Matt… “, mi seguiva per tutta la casa, qualsiasi cosa facessi.

“ Allora la tavola e porterò fuori più spesso il cane! “, si inginocchiò mentre tentavo di uscire dalla lavanderia.

“ Levati di torno! Tanto la risposta rimane uguale! “

Sospirò e mi fece passare, rimase alle mie spalle probabilmente con aria affranta.

Ad un certo punto però cantò e lì mi paralizzai: “ Josie, you’re my source of most frustation…

“ Cos’hai detto? ”

Ehm… è Online Songs. ”

Probabilmente sbiancai. Non sapevo tutte le canzoni dei blink da molto tempo ormai, preferivo ascoltarne alcune e poi lasciare che Matt mi raccontasse tutte le sue conclusioni, senza addentrarmi nei particolari. Quella doveva essere una delle sconosciute alle mie orecchie.

“ Ah. Chi la canta? ”

“ Mark.. se vuoi te la faccio sentire! ”

Non feci in tempo a rispondere che si catapultò nel computer in sala, dove io solitamente lavoravo, per metterla su. Ogni pc aveva il suo predominio e inseriva le canzoni che ascoltava.

Ma in quel momento fui più colta dallo spavento che impegnata a pensare quanto dovessi limitare mio figlio. Fu invano correre, lo trovai con la faccia imbambolata sul pc e le mani nei capelli.

Mi avvicinai e la foto era ancora lì. Due ragazzi sorridenti che pensavano che niente li avrebbe mai divisi.

 

 

 

 

“ Pronta per il grande giorno? “

Jane mi scrutava dal retro dei suoi occhiali da sole mentre stese su un morbido prato verde ci godevamo uno dei primi e numerosi caldi della California.

Avrei voluto mangiarmi le mani piuttosto di dover parlare ancora una volta dell’argomento ‘ ballo scolastico ’.

“ E’ inutile che non mi rispondi, mancano pochissimi giorni ormai. ”

Ne ero consapevole. Mia zia aveva un calendario apposito su cui da un mese era partito il countdown. Lei, la mia migliore amica, me ne parlava sempre.

Ed infine il mio ragazzo non faceva altro che organizzare chissà cosa per la fatidica serata alle mie spalle.

“ Thomas ha preso il vestito? ”

“ Sì, Jane, sì. E smettila di chiamarlo Thomas…

Jane non l’aveva preso considerevolmente in simpatia e non osava entrarci in confidenza. Io e lui ormai avevamo chiarito il nostro rapporto da un paio di settimane, sempre nella mia camera che ormai era il nostro rifugio, e lei ancora non si arrendeva all’idea che potesse essere solo una di quelle relazioni passeggere e poco impegnative.

“ Chissà se arriverete al ballo…

Le mollai un destro innocuo sulla spalla e lei mi diede un pizzicotto, scompigliandomi successivamente i capelli.

“ Vuoi dire che dureremo ancora meno di una settimana? ”

“ Esattamente. ”

Confortante…

Proprio in quel momento sentii un clacson e sapevo già chi fosse venuto casualmente a prendermi.

“ Allora parlane con lui dato che è qui! ”

Mi alzai per andarlo a salutare guardando la mia amica con l’aria di chi aveva trionfato, e lei scosse il capo.

Mi avvicinai all’auto e lui mi aspettava appoggiato allo sportello. Dallo stereo una canzone di molti anni prima intonava qualcosa come «Oh, you’ve got green eyes, oh, you’ve got blue eyes, oh, you’ve got grey eyes!»

Lui sorrise e ci baciammo a lungo.

“ Buongiorno bellezza. ”

Mi sentivo come una di quelle ragazzine dei film squallidamente romantici in cui casualmente il ragazzo per cui perdevano la testa finiva per essere il loro fidanzato. Speravo di non trasformarmi in una triste versione zuccherosa e romantica di me stessa come quelle protagoniste.

“ Che diavolo ascolti? Non pensavo ti piacesse roba del genere…

Si voltò e prima che potesse spegnere la radio dal finestrino si sentì chiaramente «And I never met anyone quite like you before..».

Chiamale canzoni azzeccate, pensai.

“ Era una stazione a caso.. a te piace? ”

Fondamentalmente a parte i baci e i momenti di intimità o tenerezza, tra me e lui le cose non erano per niente cambiate. Il rapporto di base si era semplicemente evoluto nel meglio che entrambi avevamo cercato di reprimere. Come se finalmente avessimo più libertà e potessimo ‘ respirare ’ sul serio mentre eravamo insieme.

“ A me non dispiace… ma come diavolo mi hai trovata? ”

“ Io so sempre dove trovarti! ”

Inquietante… ”, feci una facci schifata e mi diede un colpetto sul naso mugugnando.

“ Devi stare qua a lungo con miss sotuttoio? ”, indicò Jane e entrambi sforzarono un saluto. Risi e lo cinsi per la vita. Mi guardava dall’alto del suo metro e ottanta e ciò che mi chiesi era se anche a me brillassero gli occhi in quel modo o se fosse semplicemente il suo sguardo ad essere così.

“ Pazienta. Ci vediamo stasera. ”

Mi passò una mano tra i capelli e baciandomi la fronte sospirò.

Okay… Ma solo perché hai quei due occhi che… mamma mia, ti mangerei! ”, e detto fatto mi morse dolcemente una guancia.

Iniziò a riempirmi la faccia e il collo di baci e dopo una serie di moine e smorfie stupide mi lasciò tornare da Jane con l’appuntamento per la sera stessa, ovviamente a casa mia.

Quando sfrecciò via la mia amica scoppiò a ridere e io non potei che imitarla.

“ Mai avrei pensato di vederti così, sul serio! ”

“ Eh già… nemmeno io. Sono diabetica, vero? ”

“ Un po’… ma no dai, siete teneri. ”

Ottenuta finalmente anche la sua approvazione, passammo il pomeriggio a spettegolare su persone della scuola, a indagare su vite sentimentali altrui - compresa la mia - per finire a fare discorsi umani e filosofici.

Tornai a casa stravolta e senza aver letto una pagina di Otello, ma pensai che erano giornate così che mi davano la forza di sorridere.

 

 

“ Perché? ”

Sapevo che cosa mi stesse chiedendo. Ritrovarsi davanti agli occhi un’istantanea in cui la propria madre è al ballo scolastico con Tom DeLonge non era esattamente tra i primi pensieri di mio figlio; spesso mi rimproverava di non averlo mai conosciuto nonostante frequentassi la sua stessa scuola, e ora si ritrovava sotto gli occhi quella foto.

Tentai di trovare un escamotage e alzai le spalle dicendo “ Cosa? “

“ Lo sai, mamma. “

Si alzò in piedi ed era alto almeno cinque centimetri più di me. Deglutii.

“ No, non lo so…

“ Quello è Tom! Quel Tom, mà…

Forse la mia aria da finta tonta l’aveva convinto. In fondo la storia della mamma che era amica o addirittura fidanzata con il tuo idolo era una fantasia facile da smantellare.

“ Ah. Era un ragazzo che fece la foto con me… Buono a sapersi! “

Matt represse tutto lo sconcerto scrollando il capo e infine scoppiò a ridere.

“ Mia madre ha conosciuto Tom DeLonge e io no! Non ci posso credere! “

Ridacchiai anche io, irrequietamente. Avevo i nervi a fior di pelle. Per fortuna il mio trucchetto era riuscito a eludere ogni sua immaginazione, per quanto fervida potesse essere.

Non disse più niente e probabilmente un po’ sbalordito dalla faccenda se ne andò in camera sua.

Jane tornò proprio in quel momento e come se non bastasse vide anche lei la fotografia.

“ Chi è mamma? “

Un… vecchio amico. “

Si concentrò sull’immagine e rimase a pensare per un po’.

“ Quella sei tu quindi? “

Annui mentre studiava alternativamente me e il mio volto nella foto. Mi avvicinai al computer e le accarezzai i capelli.

“ Ah. “

“ Sono diventata vecchia, lo so. “

Mi sorrise e andò in cucina mentre io chiudevo e spegnevo definitivamente quell’infernale aggeggio che per oggi mi aveva causato fin troppi guai.

Mia figlia disegnava tranquilla sul tavolo. La cena era quasi pronta. Tutto sembrava quasi tornare alla normalità, finalmente. Feci appena in tempo a tirare un sospiro di sollievo, quando mi chiamò.

“ Dimmi Jane…

I bambini spesso notano quei particolari che nessuno riesce a vedere. Ti lanciano le frecciatine che mai vorresti sentire, ma lo fanno ingenuamente e con innocenza.

Dicono sempre la verità, ecco qual è il loro pregio. Non sempre i pregi però riescono a fare del bene.

“ Comunque quel tuo amico assomiglia a Matt. “

 

 

 

 

 

 

Shapespace: ci ho messo un’infinità di tempo ad aggiornare perché purtroppo mi si era rotto il pc D: per fortuna avevo salvato la storia anche su chiavetta e non ho perso niente! Scusate per non aver postato prima e spero che questo capitolo vi piaccia (:

Alla prossima~

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Capitolo 6
*** Chapter six. ***


Mancavo tre giorni al ballo e ancora eravamo da punto a capo con questa faccenda.

“ Come fai a non saperlo se è il tuo migliore amico? ”

“ Non lo so! E’ da settimane che non mi dice quasi niente…

Eravamo seduti sul mio letto con le gambe incrociate, uno di fronte all’altro. Lui si mordeva le labbra e io mi mangiavo le unghie. La preoccupazione era tangibile anche sui nostri volti.

“ Appunto per questo è ovvio che si sia arrabbiato…

“ Ma non me ne ha mai parlato! Ha solo fatto commenti quando ti ha vista la prima volta e stop. ”

“ La soluzione è semplice: devi parlarci Tom. ”

Si prese la testa tra le mani e iniziò a scuoterla. Il suo movimento mi innervosiva ancora di più e gli diedi un calcio. Alzò il capo e sbuffò.

“ Cosa gli dico? Cosa Jos? ‘ Hey Mark, ti sei incazzato perché a te piace Josie? ’ ”

“ Sì. ”, dissi calma alzando le spalle.

“ Tu la fai semplice! Io e Mark non abbiamo mai litigato per una ragazza, mai.”

Era ovvio che la cosa lo toccasse nel profondo e gli provocasse non poco disagio, lo sentivo da come ne parlava ormai da giorni. Non voleva raccontarmelo all’inizio, ma venne naturale dirmelo dato che gli era impossibile nascondermi qualcosa. Apprezzavo questo suo essere leale, mi consideravo fortunata.

“ Se a lui piaceva la bionda, io preferivo la mora. Se lui guardava le tette, io il culo. Cioè, a me piacciono molto le tette… era solo un esempio. ”

“ Avevo capito ”, gli dissi ridendo un po’ per sdrammatizzare la situazione. “ E visto che non lasci in pace le mie non è un mistero…

Ero riuscita a calmarlo dato che mi guardò con un cenno d’intesa. Mi piombò addosso in men che non si dica.

Tentai di levarmelo di dosso, ma come potevo negarmi a quelle labbra? Mi lasciai andare e presto finì come ogni volta: lui si levava la maglietta e iniziava a tentare di tirarmi giù i pantaloni.

“ Devi imparare a metterti una tuta quando vengo io…” sussurrò tra i denti.

Riuscì finalmente a disincastrare quella zip e presto li gettò in un angolo. Ora era facile.

Mi levò la maglietta e iniziò a baciarmi il collo, fino a scendere all’ombelico per poi risalire.

Sentii il mio corpo pervaso dai brividi. Anche lui aveva dei pantaloni poco consoni al nostro obbiettivo e ci mettemmo ad allentare entrambi la cintura con non poche difficoltà. Preso dalla smania del momento con un ghigno la strappò e si cavò i pantaloni.

Era la prima volta che riuscivamo a giungere fino a quel punto. Ci guardammo emozionati ma anche un po’ timorati. Forse confusi.

Mi riadagiò sul letto e scostandomi i capelli sorrise.

La mangerei tutta se solo fosse nel mio piatto. ”

“ Cosa? ”

“ E’ una nuova canzone…

Mi avvinghiai al suo collo e lo baciai. Iniziò a toccarmi le gambe.

Ero un po’ in lotta con me stessa. Mi chiedevo cosa pensasse del mio corpo, se trovasse le mie gambe tozze, la mia pancia imperfetta, i fianchi larghi. In fondo il mio capriccio non mi era passato del tutto. Se convivi per anni con una cosa non basta passare del tempo con un ragazzo per farla sparire del tutto.

La sua mano faceva delicatamente e lentamente sue e giù tra le mie gambe ma appena giungeva verso la zona cruciale io avevo l’istinto di chiuderle un po’. Mi guardò sprezzante e pensò fosse un atto canzonatorio, non sapeva che era un’azione involontaria.

Così cambiò tattica e portò la sua mano dietro la mia schiena. Dopo averla accarezzata a lungo, iniziò a tastare l’aggancio del reggiseno. Dopo una serie di tentativi imprecò varie volte e io iniziai a ridere.

In quel momento sentimmo sbattere la porta di sotto e scattammo in piedi come due sentinelle farebbero appena udito uno sparo.

“ Mia zia. ”

“ Cazzo. ”

Iniziò a vestirsi in fretta, lasciò perdere la cintura e la buttò nel cestino. Io m’infilai il pigiama che tenevo sotto al letto e buttai da parte i vestiti.

Alzandomi lo pettinai e iniziammo a sentire i passi muoversi su per le scale.

Buonasera…”, quando aprì la porta ci osservò serenamente e la scena che vide lei fu io sdraiata nel letto a limarmi le unghie e Tom ai miei piedi che leggeva un fumetto.

L’aveva preso in simpatia e lo considerava un bravo ragazzo, nonostante mi avesse tinto i capelli di quel colore che non approvava. Per lei era quasi come un secondo nipote.

Alla fine però, per quanta fiducia potesse avere, controllava ogni sera che tutto fosse in ordine per evitare che io commettessi ‘atti impuri’.

Ci chiese se volessimo qualcosa e dopo un rifiutò e varie cerimonie se ne andò.

“ Non ce la faremo mai, vero? ”

Gli tesi la mano e mi feci trascinare sul suo petto. Iniziai a giocare con il suo piercing e per infastidirmi lui toccava le mie orecchie. ‘ Siamo pateticamente teneri ’, pensai con una vena di tenerezza.

Aveva tirato fuori quel lato di me che nemmeno pensavo esistesse.

“ Ora capisco perché non metti il pigiama comunque… che tenera. ”, mi sollevò un poco per osservare quel maglione con scritto ‘dolce notte’ ed un orsetto polare che dormiva su un cuscino, mentre io lo guardavo contrariata.

“ Senti, non ne ho altri! E poi vorrei vedere il tuo pigiama! ”

“ Lo hai visto, sono le mie mutande! Dovresti dormire anche tu così… Le tue mutandine verdi erano sexy. ”

Arrossii e controllai sotto i pantaloni: erano effettivamente quelle verdi.

“ La mia biancheria intima è sempre bella. ”, lo colpii al petto con un pugnetto. “ Piuttosto tu dovresti abbassare il monte Everest. ”

Ero adagiata su di lui e difatti sentivo questa protuberanza ‘elevarsi’ e schiacciarmi un po’ la pancia.

“ Scusa, ma gli ci vorrà un po’, abbi pazienza. Se volessi accarezzarlo a lui farà solo piacere ”

“ No, grazie…Ci sono molti modi in cui puoi fare l’amore con la tua mano.”

“ Ah, fa pure la saggia citando chissà quale band adesso! ”

Sapevo che in fondo era solo orgoglioso che conoscessi bene anche quello che per lui rappresentava probabilmente tutta la sua vita.

Perché quando sono con te, non c’è niente che non farei. Voglio essere l’unica per te. ”, canticchiai.

Sfiorò il mio viso con il dorso delle nocche e adagiai il mio capo sul suo petto. Continuò a farmi carezze sulla guancia. Sentivo chiaramente il suo battito. Era calmo, come il mio. Quasi mi pareva di sentirli vibrare all’unisono. Forse perché ci era sufficiente anche fissare il soffitto senza fare niente per sentirci felici insieme. Quello che eravamo era appunto questo: felici insieme.

Sentii che sollevò la testa.

What a crazy world… pretty little girl. ”, intonò azzardando una melodia.

Sarei rimasta tutta la vita in quell’attimo se me l’avesse permesso.

 

 

 

 

Shapeshifter: finalmente riesco a postare questo nuovo capitolo! L’avevo scritto un po’ di tempo fa – quando non avevo il mio pc sigh – ma ho voluto rieditarlo un po’ perché rileggendo ho notato delle cose che non andavano bene u.u Quindi ci ho messo un po’!

Spero di ritornare ad aggiornare più spesso come riuscivo prima! C:

A presto~

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Capitolo 7
*** Chapter seven. ***


7.

 

Intrappolata in quei pensieri sul mio passato trovai l’amara consolazione nel ripensarci solo per quei bei momenti che avevo completamente spedito nei meandri più reconditi della mia memoria.

Ero piccola, ero ingenua, ero una persona diversa.

Non ero pronta a catapultarmi in cose più grandi di me, ad affrontare tutto ciò che successe. Questo perché ero sempre stata una persona tranquilla, abituata alla sua routine e legata alle abitudini.

Eppure la vita a cui ero affezionata mi scivolò dalle mani senza neanche darmi il tempo di accorgermene e in un attimo fui catapultata nella realtà, così dura e prepotente che quasi riuscì a sopraffarmi. Come se la vita non mi avesse già messa a dura prova quando mio padre decise di non riconoscermi o quando mia madre fu afflitta dall’Alzheimer.

In tutta questa malinconia trovavo sempre una consolazione: avevo l’orgoglio di poter dire che mi ero sempre rialzata. E soprattutto senza l’aiuto di terzi. Con le mie mani avevo costruito ciò che avevo, ciò che ero.

Eppure se tutto fosse andato diversamente, non lo rimpiangerei.

Viene chiamato destino. Caso. Fato. Dio? Io l’ho sempre considerata una serie di scelte dettate da noi stessi che intersecandosi nel corso del tempo hanno creato questo momento. Ogni volta che si compie una scelta si rinuncia a qualcosa ma si spiana la strada per qualcos’altro, e anche se potesse sembrare una cosa sbagliata, in un futuro, anche lontano, potrebbe essere la mossa vincente.

Ciò che avevo in quel momento era una tavola apparecchiata per quattro persone e io che cenavo sola.

Presi la salsa ai mirtilli e me la misi nel piatto. Sorrisi e in un sol boccone la mangiai, sospirando.

 

 

Era la prima volta che Jane metteva piede a casa mia. O almeno in questa casa.

Si presentò educatamente a mia zia che la ricordò da piccola, con le sue buffe trecce bionde e le lentiggini, era una bambina un  po’ irrequieta, così la definì.

“ E’ davvero una bella casa “, si complimentò.

“ Si fa quel che si può! “, rispose zia Caroline facendo una smorfia. Ne era evidentemente lusingata anche se tentava di nasconderlo. “ Ora io ne approfitto per uscire un po’ dato che ci sei tu a far compagnia a Jo… a dopo ragazze! “, e dopo avermi salutata con un bacio sulla guancia sparì dietro la porta.

“ Te la volevi proprio conquistare con quel complimento! ”

“ Si fa quel che si può! “, disse imitando la zia.

Ridemmo un po’ e l’accompagnai in cucina.

Vidi che scrutava tutti gli ambienti in cui la conducevo con curiosità come un turista che vede un posto per la prima volta. Eppure io gliel’avevo descritta tante volte.

“ Avevi detto che si trattava di un verde vomito ed invece è un bel verde, idiota “

Sbuffai e aprii il frigorifero definito color pisello e guardai cosa c’era di buono da mangiare. Tirai fuori la specialità di tutte le donne di famiglia eccetto la sottoscritta: salsa ai mirtilli.

L’unica volta che avevo provato a fare un piatto mia madre aveva rischiato un’intossicazione alimentare.

“ Ti piace? “

Prese il barattolo rustico con su un foglietto che diceva “mirtilli”. Fece spallucce e se la spalmò su una fetta di pane. Appena l’addentò vidi che le brillavano gli occhi e sorrisi.

“ La famiglia Connelly è specializzata da generazioni nella preparazione di questa salsa. Peccato che io bloccherò la tradizione! “

Con la bocca piena scosse la testa e bofonchiò qualcosa come “ Sei un disastro “

“ Non capisco il tuo idioma, mi dispiace. Hai finito d’ingozzarti e posso farti vedere il resto della mia reggia? “

Si pulì con un tovagliolo e ripose tutto, buttando anche le briciole. Guardai il tavolo ed era come se di lì non fosse passato nessuno.

“ Maniaca. “

“ Fammi vedere la tua ultra mega villa “

La portai in tutte le stanze, prima in quelle meno importanti, come il salotto o la camera di mia zia, e poi nel mio bagno e nella lavanderia. Sulle scale le spiegai che avevo il privilegio di detenere uno spazio tutto per me, ossia la mia camera.

“ Pronta? “

“ Penso di sapere già un po’ come “

Entrammo e si ammutolì, iniziò a guardare tutti quei poster, il letto, passò le mani su una fotografia di noi due al mare, l’estate scorsa. Uscì sul balcone e annusò i fiori che di solito annaffiava zia Caroline.

Rientrò e passo le sue esili dita sulla scrivania, poi prese tra le mani una fotografia e mi guardò.

Era una situazione un po’ imbarazzante: la mia migliore amica vedeva la mia camera da letto per la prima volta. Tentai di apparire tranquilla.

“ E’… è tua…

“ Sì, è mamma. “

La osservò ancora un po’ e tentò di abbozzare un sorriso.

“ Era bella “

“ Lo è ancora “

Posò la foto un po’ scettica, probabilmente non sapeva cosa dire.

“ Lo credo “

Calò il silenzio e si sedette sul letto, osservando i muri, e poi il soffitto.

“ Originale “

Annuii e mi accomodai di fianco a lei.

“ Non è irritante avere la faccia del tuo ragazzo ovunque? “

Guardai i poster e risi, scrollando il capo.

“ Risparmio sulle fotografie imbarazzanti, no? “

“ Hai ragione, in effetti non ne vedo nessuna di voi due.. dovete rimediare “

Arrossii e mi sdraiai, posando lo sguardo su un paio di occhi nocciola, ed infine sul soffitto. Sospirai ripensando alla canzone che mi aveva canticchiato qualche giorno prima.

“ Allora Pretty Little Girl, com’è l’amore? “

Mi alzai a quella parola e la guardai scioccata.

“ L’amore? Io non sono innamorata, io…

“ Tu? Eh? “

“ Io ci tengo. “, affermai con decisione, probabilmente le scambiai anche un brutto sguardo.

Josie… ammettilo a te stessa. Questa cosa non ti ucciderà, né ora né mai. “

 

Già, non mi aveva uccisa, ma mi aveva completamente stravolto la vita, non sapevo nemmeno se in peggio o in meglio.

Mi ritrovavo dopo più di quindici anni a ripensarci più di quanto dovessi fare, quindi qualcosa dentro di me aveva lasciato.

Un adulto pensa spesso ai tempi andati e per me la mia adolescenza era iniziata quando avevo conosciuto Tom.

Mi aveva fatto sentire più libera, meno matura, più menefreghista forse, più spensierata e aveva anche tirato fuori lati del mio carattere sconosciuti perfino a me stessa come la tenerezza. Mi aveva fatto scoprire cosa fosse la complicità. E anche l’amicizia vera, sincera.

Era normale per me che tutto ciò mi mancasse, che mi sarebbe mancato per sempre. Perché quando non riesci a stare con la persona della tua vita è un po’ come se perdessi un pezzo di te.

Spesso pensavo a come sarebbe stata la nostra vita insieme, se il destino ci avesse riservato il privilegio di non dividerci. Saremmo stati una bella famiglia, ne sono sicura.

“ Mamma, che fai tutta sola? ”

Sentire quella voce mi fece un po’ sussultare.

“ Matt, vieni a mangiare, su…

Mi alzai e iniziai a togliere il mio piatto e quello di Andrew, sicuramente non sarebbe venuto a tavola per quella sera, e per i giorni successivi.

Matt si sedette al suo posto e gli diedi la cena, iniziò a mangiare in silenzio mentre io sciacquavo i piatti prima di metterli in lavastoviglie.

Dopo un po’ ruppe quel teso silenzio: “ Va tutto bene tra e te papà? ”

Mi cadde bruscamente un piatto nel lavello.

“ Sì, siamo solo un po’ sovrappensiero per il lavoro, non è niente, cose che succedono. ”

Mmmmh

Potevo esattamente immaginare che espressione avesse sul volto in quel momento. Ed anche il modo in cui si stava tirando giù le maniche della felpa ed era pronto a dire un’altra frase.

Se… se doveste separarvi io verrei con te. Io sceglierei sempre te. ”

Fu un attimo: delle lacrime iniziarono a scendere velocemente lungo il viso e non riuscivo ad arrestarle. Quelle parole erano state come un flashback violento che mi aveva colpita direttamente allo stomaco ed aveva mozzato il fiato.

Iniziai a singhiozzare violentemente, anche se feci di tutto per nascondermi agli occhi di mio figlio.

Mamma… mamma? ”

Sentii la sedia muoversi e presto mi serrò in un abbraccio, un abbraccio così famigliare che mi sentii ancora piccola e ingenua. Mi sentii la Josie che esisteva quindici anni prima e ora stava esplodendo in quel pianto.






Shapespace: Eccoci di nuovo! Questo capitolo è un po' strappalacrime per i miei gusti... non so nemmeno come sia riuscita a scriverlo hahah

Spero vi piaccia, lasciate pure recensioni e quant'altro! Ah, scusate se non ho risposto alle ultime recensioni ma non era arrivata la notifica :o ora rispondo a tutto!

A presto~

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Capitolo 8
*** Chapter eight. ***


8.

Il fatidico giorno era arrivato: il ballo d’estate. Mi svegliai quella mattina dopo un sonno agitato in cui avevo sognato che Tom fosse un pessimo ballerino – cosa probabilmente vera – e che mia zia mi avesse confezionato un orrendo abito color canarino con una mostruosa gonna ampia, in stile sorellastra di Cenerentola.

Mi stropicciai gli occhi e quasi urlai: la mia stanza era invasa da palloncini e fiori.

Sembrava una di quelle camere uscite dal Polly Pocket. Presi la strada per il bagno facendomi largo tra la massa di oggetti sospesi per la mia camera e in bagno mentre mi specchiavo notai un biglietto appeso allo specchio.

 

Sapevo che avresti totalmente ignorato tutta la mia fatica. Oggi sarà la tua giornata, okay? Ricordatelo.

Ti voglio tanto bene, Thomas.

 

Ps: stasera alle sette sarò da te, prima del ballo ho in mente una cosa, portati un cambio

 

Mi guardai allo specchio confusa.

‘ Oh Tom, ma che diavolo avrai in mente stavolta? ’, pensai.

Sbuffai e dopo una doccia veloce mi vestii, con il pensiero poco gradevole delle chiacchiere assillanti di Jane che avrebbe commentato i palloncini e fatto qualsiasi considerazione sulla sorpresa di Tom.

Uscii di casa e vidi che era una bella giornata, come sempre in California, eppure ai miei occhi il solito vialetto familiare mi apparve più piacevole del solito, così la camminata fino a scuola non fu così deprimente.

Ma varcata la soglia mi sentii trascinata per la manica della felpa e mi ritrovai nel bagno delle ragazze.

Jane…

“ Aspetta. ”, si girò e si mise a guardare sotto ogni porta del gabinetto, dopodiché spalancò ogni porta.

All’ultima sentii un urletto e una voce maschile.

“ Fuori, questo bagno è guasto. ”

“ Ma cosa v… ”, tentò di dire la ragazza all’interno.

“ ANDATE FUORI. ”

La ragazza, che sembrava uscita più da un night club che pronta per una giornata di scuola, se ne andò con una smorfia e una figura maschile uscì poco dopo e abbottonandosi i pantaloni se ne andò.

“ Ora dimmi, stasera? Sei pronta? ”

Mi si parò davanti, mentre io stavo seduta sul bordo del lavandino con le gambe a penzoloni e con l’aria più innocua che potessi assumere la guardai e scossi la testa come per chiederle di che diavolo stava parlando.

“ Avanti. E’ il ballo, e state insieme da più di un mese… Sai di che cosa parlo. ”

Mi si contorse lo stomaco e abbassai la testa, sistemandomi la maglietta.

Jane si avvicinò e mi prese tra le braccia, accarezzandomi prima i capelli e poi la schiena, dopodiché mi baciò la fronte e mi guardò negli occhi. “ Sai, a me non piaceva quel tizio all’inizio, ma sembra okay, devo ammetterlo. E se… eh va beh, se ha la mia approvazione possiamo dire che… andrà tutto bene. Io so che andrà tutto bene. ”

La strinsi forte a me e feci un cenno.

“ Leggilo. ”, le dissi porgendogli il bigliettino che avevo trovato in bagno.

Mi guardò interrogativa e io scrollai le spalle. “ Non ne ho idea! ”

Mmm beh, però devo dire che è proprio dolce. E io che pensavo fosse un coglione! ”

La guardai contrariata e mi restituì il biglietto ridacchiando. “ Ho un po’ paura. Io… beh, lo sai. E invece lui avrà avuto un sacco di ragazze e…

Jos… andrà tutto bene. ”

“ E’ Hot Pants. ”

“ Ed è il tuo ragazzo. ”, sottolineò dandomi un buffetto. “ E siete bellissimi. Farete bimbi bellissimi. E basta. ”

La guardai esterrefatta per ciò che aveva appena detto, dato che fino a poche settimane prima non lo sopportava. Mi chiedevo da quando la mia migliore amica avesse iniziato a essere una seguace della mia relazione.

“ E tu da dove tiri fuori queste cose? ”

“ Silenzio. E dimmi, come ti vestirai? ”

Giusto, me lo domandai anch’io. Mia zia lavorava al vestito per il ballo da quasi due mesi e io non avevo potuto vedere neanche l’orlo del più piccolo dettaglio. Sapevo solo che ‘ starà benissimo con i tuoi occhi ’, e io che mai in vita mia avevo abbinato qualcosa ai miei occhi mi chiedevo che indizio mi volesse dare mia zia con quella frase.

“ Ne so quanto te, e sinceramente sono anche spaventata… comunque camera mia è un trionfo di palloncini e fiori, grazie a Tom. ”

Mi lanciò un occhiata sbalordita e poi si sciolse in molti versetti tipici da parte sua per queste situazioni.

“ Smettila. Per favore, è già imbarazzante. Basta. ”

Solo il suono della campanella mi salvò.

 

Volevo che quella giornata rallentasse, non che si fermasse, non vedevo l’ora di scoprire cosa avesse in mente Thomas, tuttavia avrei voluto avere più tempo per elaborare, per permettere al mio cervello di fare le mie piccole congetture e pensare ad un’idea plausibile.

Invece le lezioni volarono e presto mi ritrovai catapultata al Sombrero con Jane che ancora non si era dimenticata della sorpresa mattutina che avevo ricevuto in camera mia.

“ Se qualcuno facesse qualcosa così per me probabilmente lo sposerei! ”

“ Se vuoi te lo regalo, siete logorroici alla stessa maniera…

Mi lanciò dei pezzettini di carta tra i capelli e improvvisamente vidi che fece un mega sorrisone dietro di me. Nemmeno il tempo di voltarmi che mi ritrovai il braccio di Tom tra le spalle, e un lieve bacio sulla guancia. Quando eravamo tra amici preferiva non mettere gli altri troppo in imbarazzo e non si dava a  effusioni plateali, a patto che non fosse ubriaco.

“ Buongiorno anche a te ”, fece l’occhiolino a Jane e lei lo salutò con un sorriso.

Notò il suo foglietto sul tavolo – Jane aveva voluto rivederlo per fare ancora qualche moina – e gli diede un’occhiata. “ E comunque prego, no, okay. ”

Risi e mi lasciai andare ad un lungo bacio nonostante la presenza della mia amica. “ Grazie ”, gli sussurrai sincera.

“ Oh, allora è servito a qualcosa… ”, strofinò il naso contro il mio e poi andò ad ordinare.

“ Scusaci.. ”, dissi a Jane appena lui fu lontano.

“ Oh, no, siete così dolci! ”

Scrollai la testa incredula e tornai a mangiare le mie patatine, mentre sentivo che lei continuò a blaterare, senza che io l’ascoltassi. Poco dopo qualcuno mi tastò la spalla e mi girai convinta fosse Tom ma con sorpresa vidi la faccia di Andrew, una faccia che non vedevo da parecchio tempo.

“ Incredibile, sei ancora viva! ”

“ Andrew! ”, mi alzai e lo strinsi in un abbraccio.

Jane lo salutò timidamente mentre lui si avvicinò e le diede due baci sulle guance.

Si stava per sedere di fianco a me quando una voce alle sue spalle disse: “ Quel posto è occupato. ”

Pensai che Tom avesse il tempismo peggiore del mondo, se fosse arrivato prima forse la sua accoglienza sarebbe stata più cordiale.

“ Oh, sei qui con lui? Scusa amico, non lo sapevo. ”

La situazione sembrava tesa, così feci cenno a Tom di sedersi, cosa che fece, cingendomi sotto al suo braccio.

“ Ehm, ero con Jane e poi ci siamo incontrati, perciò… ”, Tom mi sciolse dalla sua presa e iniziò a mangiare, osservando la discussione con interesse ma senza manifestare alcun fastidio.

“ Non sapevo ti fossi fidanzata ufficialmente, ora capisco perché non ti si vede più…

A quel punto vidi che lui gli lanciò un’occhiataccia e Tom mi guardò sussurrandomi “ Ti prego, posso pestarlo? ”

Lo strattonai per la mano sotto al tavolo e gli feci cenno di no.

“ Se vuoi siediti con noi, sareb…

“ Oh no, no no. Io… ho un impegno. Sì. Ci si vede. ”

E senza nemmeno darci tempo di salutare se ne andò da dove era venuto, provocando fastidio anche al proprietario del locale che lo vide uscire senza comprare nulla.

“ Uhm ehm, okay ”, disse Thomas scoppiando a ridere. “ Simpatico ”

“ E’ solo geloso ”, intervenne Jane.

“ Geloso? Ma vah. Andrew? No. Sarà stato in imbarazzo, conosce solo me! 

“ Non è in imbarazzo quando deve darle i baci sulle guance.. ”

Touché ”, concluse Jane agitandomi una patatina davanti alla faccia, come se fosse una vera ghetto girl.

 

Mi riaccompagnarono a casa e pensai di rilassarmi un po’ prima di prepararmi, ma non avevo messo in conto di avere in casa mia zia, più eccitata di una tredicenne in piena ovulazione.

“ Vedrai, ti farò un’acconciatura con i fiocchi! Ho chiamato un’amica che è una maga a fare queste cose, ti farà anche quel maledetto colore se proprio vuoi…

“ Più che per  i capelli sono preoccupata per il vestito. Che diavolo hai combinato? ”

Ma il campanello non le diede il tempo di rispondere e presto mi ritrovai seduta con una strana donna dai capelli biondi che mi toccava la testa.

“ Uhm, sìsì, sono dei capelli forti, dopo quella decolorazione avresti dovuto averli molto deboli e invece sono meglio di quel che mi aveva detto tua zia! ”

Le lanciai un’occhiata e lei fece finta di niente: sicuramente si era lamentata del mio nuovo colore a cui non avrei per niente rinunciato.

Passai un’ora con la tinta in testa, appollaiata su uno sgabello della cucina a mangiare toast e banane e a leggere la lezione per il giorno dopo.

Il resto del tempo la donna bionda – che scoprii chiamarsi Nina, essere momentaneamente disoccupata e madre single con un figlio piccolo di nome Brian – mi combinò qualcosa ai capelli che mia zia non volesse che scoprissi se non all’arrivo di Tom. In quel momento mi maledii per non aver mai comprato uno specchio per la mia camera, guardai l’orologio e vedendo che segnava già le cinque e mezza decisi di affrontare il rischio di vedere il mio abito. Se fosse andata male avrei indossato i miei soliti vestiti e sarei andata a mangiare hamburger con lui.

“ Ora te lo porto, spero che ti piaccia. “, rispose finalmente zia Caroline alla mia ennesima richiesta di sapere che cosa avrei indossato per tutta la sera.

Ritornò dopo una decina di minuti con in mano un copri abiti nero che conteneva la mia più grande paura in quel momento.

Con cautela aprii la zip e fui profondamente colpita, ma in positivo: era splendido. Era perfetto.

Era un abito verde erba, senza spalline, con qualche decorazione sul lato e con il tessuto che si intersecava e creava movimento sul seno. Arrivava a metà tra la coscia ed il ginocchio e sembrava molto leggero e facile da indossare.

Mi girai e abbracciai con tutta la forza che avevo in corpo mia zia, che tirò un sospiro di sollievo.

“ Sono contenta che ti piaccia…

“ Mi piace? Lo adoro! ”

Vidi che si commosse un po’, ma mi cacciò in bagno a provarmelo e quando tornai si lasciò andare ad un lungo pianto. Io imbarazzata stetti lì in silenzio aspettando che finisse, poi trovai le scarpe dentro ad una scatola e le guardai terrorizzata.

“ Pensavi di indossare delle sneaker? ”

“ Speravo troppo, vero? ”

Con fatica mi infilai quelle scarpe così femminili che avevano quel poco di tacco da farmi vacillare, e pian piano iniziai a camminare e prenderci confidenza.

“ Pensavo peggio. ”

“ Hai preso il portamento naturale di tua madre, guarda che belle gambe che hai ”

Arrossii e mi misi sulla poltrona, incrociando le gambe. Io non le trovavo belle come diceva la zia, le vedevo anche piuttosto grosse, e corte dato che avrei voluto essere più alta.

Mancava un’ora così Jane arrivò a mia insaputa e con una vagone di trucchi iniziò a fare miracoli sul mio viso, per quanto potesse farne.

“ Ecco, adesso sei bellissima, non che prima fossi brutta, eri già fantastica, ma diciamo che ti ho dato quel tocco in più che farà cadere il tuo ragazzo in estasi! ”

Dicendo così Jane mi fece pensare a cosa avrebbe detto Tom a vedermi così agghindata, soprattutto perché io non mi ero ancora potuta specchiare.

“ E tu con chi ci vieni? Non me l’hai ancora detto… ”, la punzecchiai.

Era ben vestita, aveva un vestito nero piuttosto sexy, con delle decorazioni scintillanti che formavamo dei fiori, ed un decolleté che metteva in risalto il suo seno. Aveva delle scarpe rosse perché al collo aveva una collana dello stesso colore, come così aveva ripassato le sue labbra, mentre agli occhi aveva uno smokey nero. I capelli erano raccolti in un elegante chignon. Era perfetta.

“ Uh ehm…”, arrossì vistosamente e si mise a sistemare tutte le cose che aveva lasciato sul tavolo.

Jane…

Mi fissò come mai aveva fatto e iniziò a fissarsi i piedi nervosa. La feci sedere e le presi la mano.

“ A meno che non sia il tuo ex, non ti farò una sfuriata.. Ma dimmelo! ”

Okay…” prese un respiro. “ Tom mi ha convinta ad andare con Mark così ti dimenticherà e perché io non avevo voglia di andarci con nessuno della scuola…

La fissai sbalordita e dopo essermi ripresa l’abbracciai, con suo stupore.

“ E’ stupendo, sono contenta! ”

“ Seriamente? ”

Le diedi una pacca sulla spalla e poi le feci notare l’ora: vide che erano quasi le sette così scappò a casa perché non voleva rovinare il mio momento con Tom.

Sentii il nervosismo che aumentava dentro di me e le farfalle nello stomaco che si moltiplicavano man mano che i minuti che distanziavano le sette diminuivano.

Alle sette e due minuti sentii suonare il campanello e immaginai di andarmi a nascondere in camera dalla disperazione e fingere un malessere incurabile. Deglutii e con tutto il coraggio che avevo in corpo mi avviai alla porta ma mentre entravo in salotto lo trovai sulla porta, con mia zia che lo accoglieva. Mi guardò a bocca aperta e io sentii le mie guance in fiamme. Lui aveva uno smoking nero classico, nel taschino teneva un fazzoletto abbinato al mio abito verde, probabilmente mia zia gli aveva spifferato il colore. I capelli biondi erano ormai cresciuti ed erano pettinati a spazzola come al solito, ma aveva qualcosa che me lo faceva apparire più bello di quanto lo considerassi già normalmente.

Si avvicinò e mi diede un bacio, dopodiché mi fece fare un giro per osservarmi meglio.

Sei… meravigliosa. ”

“ Anche a te dona l’abito da sera, Mr. DeLonge. ”

Mi diede un altro bacio, più profondo, ma mia zia si schiarì la voce e ci staccammo.

“ Fatemi fare una bella foto e poi vi lascio andare ”

Ci fotografò ma ne volle almeno altre dieci, così sperimentammo altre pose, tra cui le più stupide che lei criticò tutte ma che a noi piacevano così tanto. Ce ne andammo ridendo dopo che io presi il mio cambio di vestiti, pronta a vedere che cosa aveva in testa quel pazzoide.

“ Allora, dove mi porti? ”

“ Lo vedrai. ”

Salii in macchina e mise in moto. Presi la sua custodia di cd ma nulla mi ispirava, così frugai nella mia borsa e misi su Chesire Cat.

Si girò e iniziò a scuotere il capo. “ Sempre la solita ”

Mi appoggiai alla sua spalla mentre eravamo ad un semaforo rosso e gli diedi dei baci sul collo. Vidi che divenne tutto rosso, così ridacchiai e mi spinse via.

“ Allontanati prima che mi venga voglia di spogliarti qui, adesso.”, iniziò ad accarezzarmi una gamba salendo e gli diedi una sberla. Ridacchiò, notai che parcheggiò e mi guardai intorno.

“ Lo skate park? ”

“ E’ il mio posto preferito e dovevo portarci la mia persona preferita ”

Rimasi a bocca asciutta e colta di sorpresa, poi vidi che scendeva dalla macchina e così feci anch’io.

“ Cambiati. ”

Mi guardai attorno, il posto era deserto e non vedevo nessuna cabina o nessun posto appartato per cambiarmi, così lo guardai confusa.

“ Qui. Mi volto. ”

Lo guardai esitante, poi vidi che aveva già tolto la giacca e la cravatta e la camicia era quasi sbottonata, così lo imitai.

“ Non guardare. ”

Nono…

Mi voltai per recuperare i pantaloncini e lo vidi che fissava il mio fondoschiena. “ Girati! ”, urlai categorica. Mi infilai i jeans e dopo essermi sistemata anche le scarpe lo raggiunsi dall’altra parte della macchina.

“ E quindi? ”

Lui aveva dei calzettoni, le solite vans, jeans tre quarti e una maglietta della Hurley, che mi parve molto famigliare.

Hey, ma quella è mia! ”

Fece un sorriso a trentadue denti e tirò fuori lo skate, prendendomi per mano.

“ Skate? Io non lo farò da un mese…

“ E non l’hai mai fatto con me! Un po’ come qualcos’altro…

Gli tirai un pugno all’addome e si piegò un pochino, ma rimase il sorriso soddisfatto sulla sua faccia.

Aspetta…

Corsi in auto e presi la mia macchina fotografica dallo zaino, ero sicura che avrei scattato belle foto e ne volevo approfittare.

Me la fece appoggiare sul ciglio e mi trascino con lui.

“ Ti voglio insegnare delle cose ”

“ Perché? ”

“ Perché non l’ho mai fatto con nessuna e voglio farlo con te. ”

Imbarazzata rimasi in silenzio, così lui iniziò a spiegarmi come muovermi e cosa fare, o molti trucchetti davvero ingegnosi per mantenere l’equilibrio. Infine prese lo skate e si mise a fare qualche acrobazia, e  riuscii a fare qualche foto. Guardai l’ora: erano quasi le nove, ormai il ballo era iniziato da mezz’ora, saremmo arrivati comunque in ritardo.

Esausto mi raggiunse sul prato e io mi rannicchiai tra le sue gambe, stretta nelle sue braccia. Allungai il collo e lo baciai.

“ Benvenuta a Poway, Josie. ”

“ Cosa? ”

“ Finché non vedi il tramonto allo skate park è come se non ci fossi mai stata. ”

Guardai di fronte a me e il sole illuminava quella pista coperta di graffiti, c’era un’aria calda che accarezzava la pelle e sentivo la sua mano accarezzarmi le gambe.

“ Penso che sia il momento migliore della mia vita. “

“ Penso che sia il momento migliore che abbiamo mai avuto. ”

Mi voltai e lo stesi per terra, iniziando a baciarlo e a toccarlo sotto la maglietta, lui mi staccò e mi mise a sedere.

Nonono. Josie, josie, josie. Dobbiamo andare al ballo. ”

Risi e gli stampai un bacio, alzandomi. Si alzò e mi sistemò i capelli. “ Dopo tutta la fatica di oggi li ho già rovinati. ”

“ No, sei bellissima. ”

Divampai e abbassai il viso ma mi alzò il volto: “ Non devi imbarazzarti con me, sono il tuo ragazzo, io…

“ Tu? ”

Si ammutolì e prese lo skate andando verso la macchina, lo imitai e mi riinfilai i miei abiti per il ballo.

 

Arrivammo all’ingresso e ci guardammo spaventati: centinaia di coppiette amoreggiavano fuori, e una strana musica usciva dalla struttura. Gli strinsi forte la mano ed entrammo.

Individuai subito Jane grazie ai capelli di Mark. Ci avvicinammo e lei mi salutò abbracciandomi. Lui mi guardò un po’ imbarazzato, tuttavia dopo un cenno di Tom lo abbracciai e un po’ indeciso ricambiò.

“ Andiamo in pista? ”

Ci lanciammo e ci scatenammo tutti e quattro insieme. Tutti mi guardavano un po’ stupiti, perché nessuno mi aveva mai vista così, e soprattutto con un ragazzo. Mark si lasciò andare e sperai che iniziasse a vedermi solo come un’amica e la ragazza del suo migliore amico.

Iniziai a ballare con lui una canzone piuttosto lenta e ne approfittai per parlargli.

“ Capelli viola, è da parecchio che non ci si vede ”

Mi sorrise e annuì. “ E anche Tom si vede meno… me l’hai rapito! ”

“ Scusa, ti ho rubato la ragazza in effetti…

Sentii che mi calpestò un piede e io gli diedi un pizzicotto.

“ No, ma avrei voluto parlarti… Non sai quanto sia felice di stare con te. Ci tiene davvero, e sono contento per lui. Perciò… trattalo bene, okay? ”

Annuii e mi voltai verso Tom e Jane, che non riuscivano a coordinarsi mentre ballavano. Lui mi fece un cenno e io gli sorrisi. Quando cambiò la canzone fui riconsegnata al mio cavaliere e dopo altri balli piuttosto movimentati arrivò un altro lento. Mi cinse forte a sé e io mi appoggiai alla sua spalla.

Josie…

Lo guardai e stavo per darli un bacio quando mi fermò. “ Devo dirti una cosa. ”

Mi trascinò via dalla pista da ballo e mi condusse in corridoio. Serrai la mia mano nella sua e lo seguii agitata. Che cosa stava succedendo?

“ Non avrei voluto dirtelo di fronte al cesso delle ragazze, avrei voluto dirtelo allo skate park, ma… uhm… ma sono stupido.”

“ Torniamoci ”, dissi facendo spallucce.

Mmm so io dove portarti. ”

Mi condusse al parcheggio della scuola e io pensai che volesse prendere la macchina.

“ No, ferma qui. ” Mi lasciò lì e dopo pochi minuti ritornò sulla sua auto, ma scese. “ Ecco è qua. ”

“ Che cosa? ”, domandai senza capire nulla di ciò che stava succedendo.

“ La prima volta che ti ho vista. Eri lì, all’uscita da scuola. Indossavi la tua maglietta della Hurley blu, quella gigante che ti ho rubato, avevi su dei pantaloncini rossi e delle vans nere. Avevi la coda di cavallo e ti mordevi il labbro per vedere da dove saremmo arrivati. E poi quando ci hai visto… i tuoi occhi si sono sbarrati e io… quella è stata la prima volta in cui mi sono innamorato di te. Perché io ti amo Josie. ”

Sentii come se un’esplosione nucleare avesse invaso il mio corpo. Provai una forza mai provata prima, come se fossi la persona più potente del mondo, come se potessi camminare sui vetri rotti senza sentire dolore solo perché sapevo che dall’altra parte avrei trovato lui.

Ma la mia bocca non si schiudeva.

Josie? ”

Iniziai a piangere copiosamente e mi serrò tra le sue braccia, mi fece sedere sulle sue gambe dietro al sedile posteriore e dopo essermi sfogata per una buona mezz’oretta riuscii finalmente a smettere.

Lo guardai negli occhi, pensai di ritrovare uno sguardo arrabbiato e invece mi parve sereno.

Io…

Sssh, è tutto okay. Quando sarai pronta. ”

“ Io lo sono, ma…

“ Non vado da nessuna parte, Jos. Anche se dovessero presentarsi cento ragazze alla mia porta, non conterebbero. Io ho te, io sceglierei sempre te. ”

A quelle parole stanca e confusa da tutti quei sentimenti mi accasciai sul suo petto e lui chiuse la portiera.

“ Ti amo anch’io Mr. DeLonge. ”

E il mio cuore per la prima volta nella sua vita si schiuse.

 

 

 

Shapespace: here  we are! Avevo detto ad una mia amica che questo capitolo sarebbe stato un dolciume, e difatti… eccovi il diabete!

Spero che  vi sia piaciuto, probabilmente è troppo lungo e magari  vi stuferà, ma non riuscivo a smettere di scrivere, mi scuso in anticipo cwc

Grazie a Layla, LostinStereo3 e Kaleidoscope_ per le recensioni, siete gentilissime :3

E grazie a tutti voi che leggete! *q*

Alla prossima~

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