Ice on fire

di peluche
(/viewuser.php?uid=70307)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I ***
Capitolo 3: *** II ***
Capitolo 4: *** III ***
Capitolo 5: *** IV ***
Capitolo 6: *** V ***
Capitolo 7: *** VI ***
Capitolo 8: *** VII ***
Capitolo 9: *** VIII ***
Capitolo 10: *** IX ***
Capitolo 11: *** X ***
Capitolo 12: *** XI ***
Capitolo 13: *** XII ***
Capitolo 14: *** XIII ***
Capitolo 15: *** XIV ***
Capitolo 16: *** XV ***
Capitolo 17: *** XVI ***
Capitolo 18: *** XVII ***
Capitolo 19: *** XVIII ***
Capitolo 20: *** XIX ***
Capitolo 21: *** XX ***
Capitolo 22: *** XXI ***
Capitolo 23: *** XXII ***
Capitolo 24: *** XXIII ***
Capitolo 25: *** XXIV ***
Capitolo 26: *** XXV ***
Capitolo 27: *** XXVI ***
Capitolo 28: *** XXVII ***
Capitolo 29: *** XXVIII ***
Capitolo 30: *** XXIX ***
Capitolo 31: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



Ice
on fire

prologo.

 

 

 

Il fuoco è una forma di combustione. Ha la capacità di generare luce ed energia e per il genere umano è diventato una fonte indispensabile.
Il ghiaccio è il passaggio dell'acqua dallo stato liquido allo stato solido. Il ghiaccio è un solido trasparente.
Se metti questi due corpi uno accanto all'altro si noterà che il fuoco potrà sciogliere il ghiaccio,ma il ghiaccio una volta divenuto acqua potrà spegnere il fuoco. Per questo motivo entrambi cercano di stare lontano l'uno dall'altro ma per qualche strano motivo finiscono sempre per ritrovarsi vicini. Il ghiaccio ha bisogno del fuoco per abbandonare il suo stato di paralisi,il fuoco ha bisogno dell'acqua per placare le sue fiamme imponenti.

 

Sentii suonare la sveglia alle 7 in punto e in un istante saltai giù dal letto. La disattivai e dopo essermi infilata le pantofole andai verso la finestra per aprire le tende. Bristol era riscaldata da un sole raggiante che splendeva in alto nel cielo,permettendo ai ragazzi di poter andarsene in giro senza bisogno dell'ombrello. Un ottimo primo giorno di scuola,direi. Mi legai i capelli in una coda di cavallo e uscii dalla stanza,percorrendo il corridoio di casa e trovando la porta della camera di mio fratello ancora chiusa. Che mi aspettavo? Lui non aveva più l'impiccio del liceo e in più aveva avuto la fortuna di frequentare l'università della città,la Bristol University. Feci una smorfia a quel pensiero e tornai sul mio da fare. In bagno mi diedi una veloce occhiata. L'obiettivo di perdere almeno 7 kili in quell'estate era stato raggiunto. Non ero più gonfia,non in viso e in nessun'altra parte del mio corpo. Il seno era rimasto sempre lo stesso,una terza scarsa. Lasciai perdere l'analisi del mio corpo imperfetto e iniziai a lavarmi. Non ero mai agitata per il primo giorno di scuola ma quello sarebbe stato il mio primo ultimo giorno di scuola,visto che quest'anno sarei finalmente uscita da quella maledetta scuola. Sarei uscita e mi sarei iscritta all'accademia di moda,con i miei avevano promesso. Sempre che si degnassero di rispettare questa promessa visto che nella mia famiglia non si è mai dato rispetto a nulla. Mio padre era a capo di un importante azienda,conosciuta in tutto il paese,così mia madre era libera di non lavorare. Stavamo bene economicamente,molto bene e nella mia vita non mi era mai mancato niente. Almeno da un paio di anni. Quando ero più piccola non mi interessava l'operato di mio padre,lo stipendio che portava a casa.. ero una semplice bambina che voleva solo divertirsi e stare appiccicata a suo fratello maggiore. Avevamo un bel rapporto un tempo.. adesso non più.
Uscii dal bagno e tornai nella mia stanza,osservando i vestiti che il giorno prima la mia amica Aria mi aveva aiutato a scegliere. Era da sempre la mia compagna di corso,la mia compagna nella vita. Amavamo divertirci,andare a fare shopping e eccellere in tutte la materie. A differenza mia Aria non amava vestirsi in modo particolare,un jeans e una maglietta per lei erano abbastanza. Io invece volevo essere impeccabile ogni giorno. Semplice,ma impeccabile. Per quella mattina avevamo scelto un vestitino stretto al seno e largo giù sui fianchi. Un paio di stivali e capelli sciolti. I miei lunghi capelli biondi erano ciò che mi piaceva di più di me. Biondo dorato,ondulati alle punte. Soddisfatta mi guardai allo specchio,mi diedi un ultima sistemata senza un velo di trucco – odiavo il trucco – e corsi al piano di sotto.
«Buongiorno!» Dissi,salutando mia madre e quell'astrocefalo di mio fratello.
«C'è una sfilata di moda questa mattina a scuola?» Mi punzecchiò mio fratello,osservandomi con la sua solita smorfia.
«Sarebbe molto bello rimanere qui e ascoltare i tuoi stupidi discorsi Louis ma, - mi avvicinai al tavolo e presi un toast – sono in ritardo.»
«Ci credo! Ci avrai impiegato almeno mezz'ora a prepararti in quel bagno.» Mi fece una smorfia e io gli risposi di rimando con la stessa.
«Louis lascia stare tua sorella. - lo richiamò mia madre – Sei bellissima Hannah.» Mia madre mi sorrise e io mi voltai verso mio fratello trionfante.
«Perfetto,la pianto ma quando tenteranno di molestarti,perchè lo faranno,non chiedere aiuto a me.» Mi disse,alzandosi e tornando al piano di sopra. Sbuffai. 21 anni e nessun neurone funzionante. Avevo perso le speranze.
«Cosa vuoi mangiare per pranzo?» Mi domandò mia madre,versandosi un po' di succo nel bicchiere.
«Pranzo da Aria. - le dissi,prendendo il cappotto e infilandomelo – Ci vediamo stasera.»
«Non fare tardi!» Mi urlò,non appena chiusi la porta.
Il sole risplendeva. Sentii gli uccelli cinguettare felici tra gli alberi.
«Buongiorno Hannah!» Mi salutò affettuosamente la mia vicina,alzando un braccio.
«A lei signora Ross.» Ricambiai il saluto e sollevai la mia bicicletta da terra. Non capivo perchè la lasciavo in piedi e la ritrovavo sempre rovesciata. Qualche idiota sicuramente si divertiva con poco. La mia scuola non distava molto,in verità sarei potuta andare anche a piedi ma amavo andare in bicicletta. Amavo sentire l'aria fresca del mattino sul viso,mi faceva sentire senza nessun motivo in particolare felice. Ogni mattina così arrivavo alla Bristol Brunel Accademy in sella alla mia Mandy – non so il motivo per cui la chiamavo così – e la agganciavo a un vecchio palo accanto alla fermata dello scuola bus.
«Ho l'impressione di aver fatto un ottimo lavoro con questa scelta di vestiti.» Io e Aria ci incontravamo lì ogni mattina per varcare la soglia dell'inferno insieme. Come si dice? In due farà meno male?
«Devo smetterla di lasciare questi vestiti ad ammuffire nel mio armadio, - le risposi sorridendole – se non ci fossi tu che ogni volta ci scavi dentro non ricorderei neanche di avere certe cose.»
«E' per questo che c'è la tua Aria.» Mi disse scherzosamente,cingendomi le spalle con un braccio. Scoppiai a ridere e attraversammo la strada,arrivando alla scalinata che separavano la libertà dalla prigionia.
«Hannah! - disse a un tratto Aria – Quello non è..» prima che potesse finire la frase,un tizio ci passò accanto,scioccato quanto noi.
«Harry Styles ci degna nuovamente della sua presenza,quale onore.» I brividi. Lo fissai nel suo giubbotto di pelle,nei suoi riccioli scomposti e sulla sua moto nera petrolio. Il tizio che qualche minuto prima ci era passato accanto era Zayn Malik. Zayn Malik,il ragazzo più inaffidabile su questo pianeta,dopo Harry Styles,ovviamente.
«Non era finito in riformatorio?» Mi sussurrò Aria.
«Si, - risposi io in una specie di trance – infatti.» Non riuscivo a levargli gli occhi di dosso. Zayn gli si avvcinò e si diedero un affettuoso abbraccio. Il duo-idioti era tornato. Non poteva rimanere lì dov'era? Perchè dopo cinque anni in riformatorio aveva deciso di rimettere piede qui? Perchè era tornato nella sua vecchia scuola?
«Hannah! - mi richiamò nuovamente Aria – Hannah andiamo.» Feci un passo in avanti,fissandolo ancora. Dopo qualche istante si voltò a guardarmi e la sua espressione cambiò. Il sorriso che aveva poco prima mentre parlava con Zayn sparì,dando spazio a un'espressione seria e.. strana. Possibile che non si ricordasse di me? Ma certo che si ricordava di me. Sentii il peso del suo sguardo dopo pochi minuti e decisi di distogliere il mio,seguendo Aria dentro scuola.


 

--------------------------------------------------------------------

 

 

Trullalero Trullalà eccomi qua :D ahauahua lo so cosa state pensando “ma questa ancora qui è?” Bè per vostra sfortuna si! :D
Avevo questa storia in mente già da un po' e aspettavo solo la fine di Amici di Letto per pubblicarla. Come vi sembra il prologo? Ho pensato tantissime cose carine per questa storia e spero tanto che vi piaccia e che sia seguita :) ditemi che ne pensate!
Ah,quasi dimenticavo:) il personaggio di Hannah ha il volto di Ashley Benson :)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** I ***



Ice on fire

capitolo 1

 

 

La campanella suonò nell'istante in cui misi il punto a quelli che erano risultati i migliori appunti di filosofia di tutta la classe.. Come sempre,del resto. So che potrei sembrare molto vanitosa ma,non era una sorpresa che fossi la secchiona della classe. La cosa non mi preoccupava,amavo studiare e amavo avere una pagella esemplare a fine anno.
«Hannah non puoi essere l'ultima ad uscire dalla classe anche il primo giorno di scuola!» Mi fece osservare la mia migliore amica,fissandomi divertita.
«Aria, - iniziai,alzandomi e infilando i libri nella borsa – quando mi chiederai aiuto in filosofia ne riparleremo.»
La mia amica ci pensò su e si rese conto che non avevo per niente torto. I miei compagni definivano i miei appunti sacri – questo perchè ero l'unica che seguiva le lezioni – e avrebbero fatto di tutto per averli. Il primo giorno di scuola era andato,nel migliore dei modi per fortuna,ma una volta a casa avrei dovuto pensare a un mucchio di cose. C'era un libro che avevo intenzione di iniziare sin dalla fine dell'estate ma non ne avevo avuto mai il tempo. Volevo portarmi avanti con la storia e fare qualche capitolo in più e,come se non bastasse,mi toccava organizzare il ballo di inizio anno.
«Hai pensato a qualche tema,miss comitato del ballo?» Mi domandò Aria,ridendo. Avevamo moltissime cose in comune,lei però era più spirito libero di me.
«Considerando la bassa autostima che ripongo nei nostri compagni di scuola, - dissi guardando in modo schifato le cheerleader che ci passarono accanto – non so proprio cosa proporre per quest'ultimo anno.»
«Non ti affaticare troppo,bocciolo.» Mi prese in giro lei.
«Spenderò ogni energia che ho in corpo per organizzare al meglio questo ballo e nessuno,dico nessuno,manderà in fumo i miei piani.» Una volta uscite dall'edificio,lanciai un'occhiataccia a Zayn Malik,seduto comodamente su quella che – Dio mi aiuti – era la mia bicicletta.
«Ci risiamo.» Sentii bisbigliare ad Aria.
Con passo deciso lo raggiunsi,piazzandomi di fronte a lui.
«Buongiorno principessa! Com'è andata la giornata?» Mi chiese,mentre si accendeva una sigaretta.
«Alla grande,poi ti ho visto.»
«Usiamo gli artigli già di prima mattina eh?»
«Tecnicamente Zayn, - presi il manubrio della bici facendo forza per togliere quel burbero dal mio veicolo – sono le tre passate.»
«Fastidiosamente sexy.» Disse,espirando il fumo.
«Sei disgustoso. - infilai i libri nel cestino e montai sulla bici – Prendo un libro a casa e ci vediamo da te Aria.» Me ne andai,lasciando Malik con la sua stupida sigaretta e il suo ego gigantesco. Era da due anni che mi tormentava,da quando avevo abbandonato l'adolescenza per intraprendere la strada per diventare una donna. Un paio di gambe lunghe,una terza di reggiseno,e guarda come i maschi ti verranno dietro. Vomitevoli. Non avevo tempo da perdere con tipi come Zayn,portavano solo guai. Guai che avrebbero compromesso la mia media scolastica e la possibilità di essere accettata in una buona università. Così gli evitavo e me ne andavo spedita a casa,senza dargli importanza. Ci mettevo pochissimo minuti ad arrivare da scuola e quel giorno,quando arrivai,scesi dalla bici e la portai in garage. Quando mi diressi verso la porta di casa,vidi una moto nera posteggiata nel vialetto della casa di fronte. La moto di Harry. Ricordo ancora quando quella mattina di ottobre di cinque anni fa,i servizi sociali vennero a prenderlo per portarlo in riformatorio. Nessuno seppe mai esattamente il motivo e tutti raccontavano sempre una versione diversa. Alcuni dicevano che si strafaceva,altri che aveva picchiato sua madre – teoria secondo me infondata – e altri ancora che avesse rapinato una gioielleria. Sta di fatto che adesso era tornato e anche questa volta nessuno sapeva il motivo.
«Hannah?» Chiese mia madre quando entrai in casa.
«Si sono io,ho dimenticato un libro.» Buttai la borsa per terra e andai verso la libreria,notando mio fratello sul divano. Era a conoscenza della novità?
«Louis.. - lo richiamai – sai chi è tornato?»
«Nemo?» Disse lui,antipatico come sempre.
«Harry, - dissi incerta – Harry Styles.»
«Harry è tornato?» Mi fece eco mia madre.
Mio fratello rimase per una manciata di secondi in silenzio,a fissare la televisione. Non sapevo se la stesse seriamente guardando o se fosse caduto in una sorta di trance.
«Louis? Hai sentito cos..»
«Si il ragazzo dei tuoi sogni è tornato,quindi?» Disse,di getto.
«Cosa? Non è affatto il ragazzo dei miei sogni!» Protestai.
«Perfavore! - sbuffò,alzandosi dal divano – Mi ricordo benissimo quando mi pregavi di portarti in giro con me solo per poterlo vedere.»
«Devo forse ricordarti che era il tuo migliore amico?!» Urlai,stufa.
«Hannah!» Mi richiamò mia madre. Io e Louis ci guardammo per alcuni secondi,poi lui sorrise nervosamente e prese a salire le scale.
«Idiota!» Presi il libro dallo scaffale – non presi neanche quello che mi serviva tra l'altro – e uscii dalla porta sbattendola contro la faccia incredula di mia madre. Mi voltai scocciata e quando lo feci vidi Harry uscire di casa e avvicinarsi alla sua moto. Aveva la stessa giacca di pelle di stamattina,occhiali da sole e i capelli scombinati. Ci fissammo per un po' di tempo e lo osservai mentre giocava con le chiavi del due ruote. L'ultima volta che ci siamo visti lui aveva 16 anni e io 13. Ero una bimba timida e grassottella. Ero la sorella rompi scatole del suo migliore amico,come poteva mai ricordarsi di me? Adesso ero la metà della bambina di un tempo,come poteva riconoscermi? Mi imposi di smetterla di pensare e così distolsi lo sguardo e mi incamminai verso casa di Aria,mentre lui mi osservava un ultimo istante per poi montare sulla sua moto.

 

«Secondo me ha un suo fascino!» Continuò Aria,definendo affascinante ancora una volta Zayn.
«No affatto, - borbottai – è solo troppo stupido e tu hai gli ormoni in subbuglio.»
«Sei ingiusta Hannah.»
«Cosa ci sarebbe di ingiusto? E' solo un'idiota con un paio di muscoli!»
La mia amica si sollevò dal letto,fissandomi.
«Ovviamente tu sei interessata ad altro.» Le sentii dire.
«Ti prego illuminami!» Le dissi,sbuffando.
«Sei stata strana tutta la mattina dopo che hai visto una certa persona..»
«Non esiste! - la interruppi – Non ho intenzione di ascoltare le tue sciocchezze su Harry Styles!»
«Vuoi dirmi davvero che non hai provato niente?» Mi chiese,mettendomi alle strette. Non sapevo dove volesse arrivare e non sapevo neanche perchè avessimo preso quell'argomento.
«Il mio stato di trance era dovuto al fatto che non lo vedevo da cinque anni Aria! - le risposi,fissando il libro di biologia sul tavolo – Non potrei mai provare qualcosa per un tipo del genere.»
«Ah già,quasi dimenticavo il discorso sul non fidarsi del gruppetto idiota di Zayn.»
«In realtà, - mi voltai – non è Zayn il capobranco,era solo un sostituto in assenza di Harry.»
«Ora che mi ci fai pensare, - Aria si alzò in piedi iniziando a camminare avanti e indietro e mettendomi in soggezione – potrebbero entrare in competizione per te.»
«Cosa?! - sbraitai – Tu stai male!»
«Come fai a non rendertene conto? - Mi chiese – Zayn cerca di strapparti un appuntamento da due anni ormai ed Harry è l'unico tra i due per cui tu abbia provato qualcosa.»
«Prima di tutto Zayn non cerca di strapparmi un appuntamento,semmai i vestiti. - chiusi il libro rendendomi conto del fatto che ormai non avremmo più studiato – Seconda cosa,ti ho solo detto che avevo una cotta per Harry quando ero piccola,sono passati anni!»
«Non è che si sia rovinato con la crescita,al contrario.»
«Aria non ho nessuna intenzione di ascoltare le tue ridicole fantasie, - mi alzai sistemando le ultime cose dentro la borsa – nessuno entrerà in competizione con la sottoscritta perchè sarebbe già una battaglia persa in partenza.»
Sapevo che non avrei dovuto raccontarle niente. Si era fatta interi film sin dall'inizio e adesso che Harry era tornato – povera me – nessuno poteva placare la sua fantasia.
«Ma..»
«Aria!» La richiamai,pregandola di smetterla.
«Eh va bene la smetto! - si arrese – Ma dove vai adesso?»
«Ho promesso a mia madre di non fare tardi e se non torno in tempo per la cena mio padre mi metterà in punizione a vita.» Mi infilai la giacca e scoccai un bacio in guancia ad Aria.
«Stai attenta.» Mi urlò,non appena uscii dalla stanza.
Percorsi il corridoio,dando un veloce saluto ai suoi,fino ad arrivare alla porta. Uscii per strada e mi strinsi nelle spalle,sentendo l'aria fresca che mi penetrava nelle ossa. Odiavo questo periodo dell'anno perchè non ti faceva mai capire se ci fosse stato caldo o freddo. Dovevi per forza vestirti a cipolla e spogliarti o rivestirti a seconda del cambiamento del tempo. Per mia fortuna non pioveva e sorrisi al pensiero. Non avrei più sopportato un'altra teoria di Aria sulle mie possibili storie d'amore. Non ho mai pensato a Harry in tutto questo tempo,come avrei potuto? L'ultima cosa che ricordo è quando l'hanno trascinato fuori casa per farlo salire sull'auto della polizia. Io non lo frequentavo più da un paio di mesi,non ne avevo il permesso. Mia madre aveva proibito a me e a mio fratello di vederlo,senza darci motivazione. Forse però la motivazione era oscura solo a me. Chi poteva raccontare la verità a una bambina di 13 anni?
Mio fratello ed Harry erano inseparabili sin dall'asilo. Harry era un bambino d'oro. Era geneticamente programmato per farti ridere,per tirarti su di morale e per essere adorato dai genitori. Purtroppo quel maledetto anno suo padre abbandonò lui e sua madre e da quel momento le cose cambiarono. Louis non uscì più con Harry e quest'ultimo non veniva più a farci visita. Per mio fratello diventò un argomento tabù. Non vuole ammetterlo ma per lui è stato come perdere un fratello e sono sicura che gli manca ancora. Come se non bastasse,quasi ogni sera un auto della polizia andava regolarmente a casa Styles. Io rimanevo a fissarla dalla finestra di camera mia e molto spesso vedevo Harry scendere dall'auto e rientrare in casa accompagnato da un agente. Ovviamente non ho solo questi ricordi confusi,ho anche ricordi positivi sul suo conto. Harry era l'unico a cui non davo fastidio quando mi ostinavo a stare con loro maschi. Era quello che mi sorrideva quando mi vedeva e che mi invitava a stare con lui e mio fratello. Era quello che mi difendeva quando tutti gli altri mi prendevano in giro o dicevano di andarmene. Era vero,avevo una cotta per lui ma come non si poteva averla? Era un bambino dolcissimo,con i riccioli castani che gli ricadevano morbidi sulla fronte. Ma l'avevo odiato. Aveva distrutto quello che di bello avevano lui e Louis,mi aveva lasciata da sola a combattere con quegli idioti dei loro amici,senza nessuna spiegazione...
«Hannah Tomlinson.» Sussultai. Non mi accorsi nemmeno di essere arrivata a casa,tanto ero presa dai pensieri. Una sagoma scura se ne stava in piedi nel vialetto di casa mia con una sigaretta in mano. Poteva essere solo una persona.
«Harry..?» Chiesi. Venne più avanti,sotto la luce del lampione e notai che i riccioli che una volta custodiva gelosamente adesso si erano arruffati e lisciati davanti.
«Ti lascio una bambina e dopo cinque anni ti ritrovo una donna.» Disse.
«Gli anni passano per tutti.» Risposi,fredda. Non mi fidavo più dei complimenti gratuiti,soprattutto da una persona come lui.
«Non sei più la sorella timida di Louis che ha bisogno di protezione.» Rise.
«No, - dissi diventando nervosa – affatto.»
«E' passato così tanto tempo e non hai neanche voglia di darmi un abbraccio?» Mi chiese,tra un tiro di sigaretta e l'altro. Non avevo nessuna voglia di dargli un abbraccio,al contrario la sua presenza mi stava alquanto infastidendo.
«Non siamo più dei bambini Harry,sono cambiate tante cose in questi anni.»
Per un momento mi guardò come se fosse confuso e.. malinconico.
«Già.. - disse – tu per esempio non riesci più a guardarmi come una volta.. metti un vestitino il primo giorno di scuola,sei nel comitato del ballo e prossima a diventare reginetta.» Aveva ingaggiato un investigatore privato in tutto questo tempo?
«Bè, - iniziai io – tu vai in riformatorio,torni dopo cinque anni dalla tua scimmia ammaestrata Zayn,fumate e chissà di quante cose vi farete.» A quelle parole scoppiò a ridere. Una risata nervosa.
«Dov'è finita la bambina che se ne stava nascosta in un angolo?» Mi chiese,lanciando la sigaretta a terra e mettendosi le mani in tasca.
«Ha capito di doversela cavare da sola quando quella sera di cinque anni fa l'hai abbandonata.» Ci guardammo per qualche secondo. Io mi strinsi nelle spalle,guardandolo più seria che mai.
«Colpito.» Disse a un tratto,avvicinandosi.
«Hannah! - In quell'istante mio fratello aprì la porta di casa,richiamandomi – E' pronta la cena.»
Guardai Harry ancora una volta,poi diedi ascolto a Louis e lo raggiunsi.
«Louis.» Sussurrò Harry,in segno di saluto.
«Harry.» Rispose mio fratello,guardandolo in cagnesco.
Quando fui dentro casa notai Harry che fissava divertito Louis. Avrei voluto prenderlo volentieri a pugni in faccia e levargli quell'espressione da superiore.


 

----------------------------------------------------------------

 

 

BUONASERA :) scusate se ci ho messo tanto ma ho avuto la bronchite e sono stata tutta la settimana a letto,circondata da medicine!
Dovevo curarmi bene perchè il 2 parto in gita scolastica a Praga :) comunque! Come vi sembra come primo capitolo?
Spero davvero che vi piaccia e che non la troviate noiosa.
Con il tempo si scopriranno altre cose su Harry e piano piano alcuni dubbi vedrete che verranno chiariti:)
Fatemi sapere e grazie mille a tutti quelli che già mi hanno messo tra i preferiti e tra le seguite! Il vostro affetto per me è tutto <3

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** II ***



Ice on fire

capitolo 2

 

 

 

«Liam Payne ti sta fissando,ancora.» Mormorò nuovamente Aria.

«Interessante.» Le risposi io,cercando di non distogliere l'attenzione dal libro di chimica.
«Eppure è così affascinante..» brontolò ancora la mia amica. Sbuffai sulla sedia della biblioteca,facendo finta che quel suo continuo blaterare non esistesse.
«Ha gli occhi così azzurri che mi ci potrei specchiare..» Non resistetti.
«Aria! - sbattei di colpo la mano sul tavolo,attirando l'attenzione di tutti – Sto cercando di concentrarmi!»
La mia amica inarcò un sopracciglio,metabolizzando ciò che era appena successo. Osservai i ragazzi che avevano sospeso le loro attività per fissarmi a bocca aperta e con espressioni confuse. Tornai sul mio libro,aspettando che anche loro tornassero alle loro cose.
«Mi spieghi che ti prende?» Mi chiese questa volta sottovoce Aria,una volta che tutti tornarono a farsi gli affari loro.
«Sei tu che continui a distrarmi con le tue paranoie.» Le risposi,cambiando pagina.
«Ho solo espresso un parere..»
«Il tuo pensiero è chiaro Aria,ora possiamo studiare?» Annuì controvoglia e tornò anche lei a fissare quella pagina che avevamo davanti da almeno mezz'ora. Mi chiesi quante volte ancora avremo dovuto affrontare quell'argomento. La mia migliore amica cercava di sistemarmi ogni giorno con un ragazzo diverso,il problema era che finiva sempre con l'indicarmi bambocci che avevano più aria nel cervello che nel di dietro. Erano belli si,ma nel loro cervello c'era spazio solo per alcool,sport e sesso. Le mie riflessioni furono interrotte dal mio cellulare che iniziò a vibrare fastidiosamente sul tavolo. Quando lessi il nome di mio fratello sul display,feci una smorfia.
«Che vuoi?»
Papà vuole che torni a casa.
«Sto studiando Louis, - non appena dissi il suo nome gli occhi della mia amica si illuminarono - papà dovrà aspettare.»
Sarebbe interessante intraprendere una conversazione con papà che duri più di cinque minuti ma ho cose più importanti da fare quindi Hannah muovi il culo e torna a casa. Cari saluti sorellina.
Sentii il fatidico tututu e guardai schifata il display del mio cellulare pensando a quanti modi avrei voluto uccidere mio fratello in quel preciso momento.
«Cosa voleva il tuo fratello perfetto?» Mi chiese Aria,con occhi sognanti.
«Avrei qualche dubbio su quel perfetto.. - iniziai a raccogliere i libri – comunque devo tornare a casa,ordini superiori.»
«Tuo padre è più irritante del solito per ora.»
«Non credevo fosse possibile.» Sorrisi,nervosamente.
Salutai Aria,lasciandola al suo probabile sonnellino,e uscii dalla biblioteca. Quel pomeriggio splendeva il sole e le strade erano sommerse dalle mille foglie che i rami degli alberi facevano cadere. Gialle,rosse,marroni.. il marciapiede di tanti colori. Iniziai a giocarci,smuovendole con le scarpe e vedendole sollevarsi delicatamente da terra per spostarsi pochi centimetri dopo.
«Lo fai ancora?» Il rombo di una moto mi fece sussultare e alzai subito il viso per notare la moto nera metallizzata che mi stava accanto.
«Mi hai fatto morire di paura!» Mi lamentai,riprendendo a camminare senza guardarlo. Harry accellerò,seguendomi passo per passo.
«Non volevo spaventarti.» Disse.
«Non fa niente.» Risposi con poco interesse.
«Dove stai andando?» Mi chiese.
«Torno a casa.»
«Sembri infastidita.»
«Solo perchè tu continui a martellarmi di domande.» dissi,sbuffando. Notai il semaforo rosso per i pedoni e fui costretta,a malincuore,a fermarmi.
«Lo sai che se mi chiedessi un passaggio impiegheresti meno tempo?» mi chiese a un tratto - nonostante il suo semaforo fosse verde continuava a starmi accanto.
«Io salire con te su quella? - lancia un'occhiataccia alla moto – Neanche per sogno!»
«Da quando sei diventata così snob?» Mi domandò.
«Cosa? - lo guardai scioccata – Io non sono per niente snob!»
«Certo.. se lo dici tu.» Il semaforo scattò sul verde e ripresi a camminare,con Harry che non la smetteva di pedinarmi.
«Tu da quando sei diventato così teppista?» Gli chiesi questa volta io.
«Punti di vista.» mormorò lui.
Quel rombare assordante della sua moto mi stava facendo andare in tilt il mio povero timpano. Non avevo nessuna intenzione di fare conversazione con Harry Styles e soprattutto di salire in moto con lui. Partiamo dal presupposto che se mio padre mi avesse mai vista su un affare del genere mi avrebbe rinchiusa in camera per il resto della mia vita.
«Hannah! - mi urlò a un tratto,strattonandomi dal braccio appena in tempo prima che una macchina mi prendesse in pieno – Guarda la strada maledizione!» 
Barcollai un po',dopo che l'auto mi oltrepassò quasi come un missile. Non mi ero completamente accorta che stesse passando,tanto ero presa dai miei pensieri. Mi voltai verso Harry e lo vidi con un espressione quasi irritata sul volto.
«Grazie..» cercai di dire. Non rispose. Si ricompose e accelerò un paio di volte.
«Se pensassi un po' meno a quali nuovi vestiti comprare e ti concentrassi di più sulla strada,magari arriveresti viva stasera a casa.»
«Non stavo aff..»
«Certo certo! - mi bloccò infastidendomi terribilmente – Te lo chiedo per l'ultima volta,vuoi un passaggio si o no?»
«Forse non sono stata abbastanza chiara.. - iniziai – per nessuna ragione al mondo salirei su una moto con un tipo come te.»
«Buona passeggiata,principessina.» Mi fece l'occhiolino e diede gas,partendo come un razzo e lasciandomi a fissarlo con un'espressione schifata sul marciapiede.

 

«Questo?» Aria uscì dal bagno con un altro dei suoi cortissimi vestitini. Girò su se stessa un paio di volte e rimasi una terza volta senza parole.
«Dimmi che stai scherzando!»
«Perchè dovrei?» Mi domandò,confusa.
«Aria ti si vede tutto!» Le feci notare.
«Allora,numero uno non si vede praticamente nulla! - mi disse,controllandosi allo specchio lungo nella stanza – numero due,Hannah sembri mia nonna!»
La mia migliore amica era solita a indossare dei vestiti parecchio corti,scollature e chi più ne ha più ne metta.. eravamo come due facce opposte della stessa medaglia. Io ero A,lei era B. Lei amava mettere in risalto le tette,io lo detestavo. Lei pensava che mio fratello fosse un ragazzo adorabile,io lo trovavo irritante. Lei pensava che Zayn ed Harry fossero affascinanti,io semplicemente gli consideravo degli idioti.
«Penso solo che a una festa del genere ci si debba vestire in un determinato modo, - andai verso l'armadio – non stiamo andando in discoteca.»
«Mia cara Hannah Panna! - Aria mi prese le mani attirando la mia attenzione con quel soprannome orribile,la fulminai con lo sguardo – Stasera ci divertiremo.. tu ti bacerai con Liam e io ballerò fino a non sentire più le ginocchia.» Si avvicinò allo stereo e trovò una stazione in cui risuonava il ritornello di Pompeii. Iniziò a scatenarsi,facendomi volteggiare su me stessa più volte. Saltò sul letto e iniziò a saltare e a cantare,senza sosta. La guardai ridendo,pensando a quanto fosse pazza e fantastica. Era il mio perfetto opposto,ci completavamo a vicenda. Non potevo chiedere niente di meglio. Quando c'era un problema Aria era lì pronta a tirarti su di morale,a farti morire dalle risate. Era una bomba di energia,la mia bomba di energia.
«Ma che diamine!» Louis entrò nella stanza come una furia,lanciandosi verso lo stereo e spegnendolo all'istante. La mia amica si mise immediatamente seduta,diventando rossa di vergogna.
«Abbiamo disturbato il tuo sonnellino?» Chiesi ironica.
«Al contrario di quanto possa sembrare in questa casa c'è qualcuno che ci terrebbe a studiare.. in tranquillità!» Fulminò Aria con lo sguardo,per poi tornare su di me.
«Ci perdoni,sua maestà.»
«Non avevate tipo una festa voi? - chiese – Fate un favore a tutti e andateci!»
Girò i tacchi e uscì dalla stanza. Gli feci una linguaccia e poi tornai a fissarmi allo specchio per controllare il trucco.
«Pensi ancora che sia adorabile?» Chiesi ad Aria che sorrideva come un ebete.
Su una cosa quell'essere di fratello aveva ragione: quella sera avevamo una festa. Festeggiavamo il diciannovesimo compleanno di Amanda Hopkins,secchiona della classe. In realtà l'unico motivo per cui accettavamo l'invito era perchè la casa disponeva di una piscina abbastanza grande e una sala biliardo più grande della mia stanza e di quella di mio fratello messe insieme. Per Amanda mi dispiaceva,era una brava ragazza.. un po' ingenua forse,e.. sola. Si ostinava a invitare tutta la classe per riempire quella casa troppo grande per una sola figlia. Era sempre andato tutto bene. Nessuno aveva mai mandato la casa a fuoco,nessuna lampada o quadro rotto,nessun oggetto sparito.. era sempre andato tutto bene,almeno fin ora..
«Come pensi si sia vestita quest'anno?» Mi chiese Aria ridendo,sulla soglia di casa.
«Spero abbia buttato quell'orribile vestito a fiori..» Bussai una,due volte,fin quando la figura di Amanda non apparve davanti a noi.
«Hannah! Aria! - due grandi occhiali coprivano del tutto il suo viso – Che bello che siate venute!» Ci fece entrare sorridendoci e notai il vestito di cui avevo parlato poco prima. Perchè si ostinava a indossarlo?
«Come non detto.» Mi sussurrò Aria.
Risi senza dare troppo nell'occhio e mi ricomposi.
«Questi te li manda mia madre,sono dei biscotti al cocco. - porsi il vassoio alla festeggiata – Tanti auguri Amanda!»
«Oh certo! - esordì Aria – Tantissimi auguri.» Amanda ci sorrise da dietro i suoi occhiali,per poi sparire in cucina.
Mi guardai attorno,notando i miei adorabili compagni di classe sistemati comodamente sul divano. Alcuni erano impegnati in un'interessantissima partita di pin-pong,altri se ne stavano per conto loro a mangiucchiare patatine.
«Che noia mortale!» Si lamentò Aria,prendendo un bicchiere con del gin dal tavolo.
«Sei troppo cattiva.»
«Siamo tutti cattivi dal momento che veniamo a questa festa ogni singolo anno solo per pietà.» Mormorò,sorseggiando il suo drink.
«Aria!»
«Dico solo che è triste il fatto che nessuno venga perchè ci tiene.. - posò il secondo bicchiere sul tavolo – ci vorrebbe una scossa.»
Nel momento esatto in cui Aria finì di parlare,il campanello della porta suonò. Amanda andò ad aprire e si ritrovò davanti la gang degli idioti.
«E' qui la festa?» Chiese Zayn,senza aspettare una vera risposta.
«Ma che..» Amanda rimase incredula incollata alla porta a fissare i ragazzi che con molta tranquillità si infiltravano a casa sua.
«Ecco il tipo di scossa che intendevo.» Disse Aria,entusiasta.
Zayn fu il primo a entrare,scombinò i capelli ad Amanda e si rimise le mani dentro il giubbotto. A uno a uno entrarono tutti,ma allora perchè continuavo a fissare l'entrata?
«Chi cerchi?» Mi chiese la mia amica divertita.
«Io? - distolsi lo sguardo – Proprio nessuno.»
«C'è Harry Styles!» Sentì sussurrare da voci lontane. Mi voltai lentamente senza dare troppo nell'occhio e lo vidi entrare in casa con la sigaretta in bocca,una mano nella tasca e l'altra diede un colpo velocissimo al ciuffo.
«Ecco la mia ragazza! - Zayn mi mise un braccio attorno alle spalle e mi avvicinò alla sua faccia – Lo sai che sei sempre più bella?» Sentì il suo alito che puzzava di tabacco e feci una smorfia.
«E tu non sai ancora tenere le mani a bada!» Scossi la spalla e feci scivolare via il suo braccio,allontanandomi dal suo corpo con aria schifata.
«E' una perdita di tempo Zayn.» Intervenne Harry,avvicinandosi e buttando fuori il fumo.
«Perchè è una battaglia persa in partenza.» Finii io,ammiccando. Harry fece un altro tiro di sigaretta fissando da quegli occhi che erano diventate piccole fessure.
«Andiamo Aria, - andai verso la mia amica – qui l'atmosfera si è fatta pesante.» Sorrisi ai due e girai i tacchi.
«Quando vuoi sai essere proprio stronza.» mi fece notare Aria.
Andammo nell'altra stanza che in pochi minuti si era trasformata in una sala da streap pocker.
«Volete unirvi?» Ci domandò Lucas,un altro tirapiedi di Zayn.
«Preferirei vomitare.» Risposi io,strattonando Aria che stava quasi per farci un pensierino.
Iniziai a setacciare ogni singolo angolo della casa,raccogliendo tutte le porcherie che quegli animali da zoo lanciavano sul pavimento per dare una mano ad Amanda. Raccolsi bottiglie,lattine,cartoni di pizza..
«Che succede?» Corsi in salotto quando sentii l'urlo di Amanda riecheggiare in tutta la casa.
«Il vaso greco di mia madre! - continuò a urlare,fissando il vaso rotto in mille pezzi sparsi per tutta la stanza – Ci teneva più della sua stessa vita!» Amanda si portò le mani sul viso,nel panico più totale.
«Ops!» Esclamò Lucas,ridendo insieme a Zayn accanto a lui. Avrei voluto fare qualcosa,porre fine ai loro stupidi giochini.. Notai Harry appoggiato al tavolo da biliardo che li guardava divertito,tenendo una birra tra le mani.
«Tranquilla Amanda,penseremo a qualcosa.» Dopo averla rassicurata,superai quegli idioti che continuavano a ridere e mi piazzai di fronte a Harry con le mani conserte. Lui non si accorse di me,così mi sgranchii la voce per farmi notare.
«Principessina! - Esordì – Cosa posso fare per te?»
«Dì al tuo branco di scimmie di smetterla e portate il vostro di dietro fuori da questa casa.» Dissi,più seria possibile. Lui iniziò a ridere,continuando a bere dalla bottiglia.
«Lo trovi divertente?» Gli domandai.
«Biondina,va a farti un giro.» Intervenne Niall. Mi voltarono le spalle,tornando a guardare la partita che in quel momento si stava svolgendo. Nera di rabbia,senza neanche rifletterci più di tanto,tolsi la bottiglia dalle mani di Harry e la buttai a terra,rompendola in mille pezzi.
«Ma che cazz..» Si voltò,confuso. Successe tutto così velocemente che rimase a guardarmi per cercare di metabolizzare.
«Adesso ti sembra ancora divertente?» Gli chiesi,divertita. Harry si scostò dal tavolo,prese la sigaretta che teneva dietro l'orecchio e la passò a Niall.
«Reggi.»
Lo guardai,cercando di capire cosa stesse facendo.
«Fa caldino vero?» Mi chiese. Non ebbi il tempo di rispondere – né di capire il senso della domanda – che mi prese dal busto e mi sollevò sulla sua spalla facendomi assumere le sembianze di un salame.
«Mettimi subito giù!» Urlai.
Harry avanzò,muovendosi prima a destra e poi a sinistra.
«Hannah?» Aria sbucò dal nulla,osservandomi a testa in giù.
«Aria ti prego aiut..»
«Aria! - mi interruppe lui – Sai dov'è il bagno?»
«Certo, - rispose eccitata la mia amica – da quella parte.»
«Gentilissima!»
«ARIA!» Urlai. Ritiro tutto quello che avevo detto fin ora su quella che doveva essere la mia migliore amica. Harry riprese a camminare,girò l'angolo e avanzò verso un lungo corridoio,diede un calcio a una porta ed entrammo nel grande bagno rosa di Amanda.
«Ecco qui! - mi mise giù,dentro alla vasca – Stai ferma!» Cercai di uscire,di svincolarmi dalla sua presa.
«Ora ci facciamo una bella doccetta.» Disse,andando ad aprire l'acqua.
«Cosa? - entrai nel panico – No Harry per favore,non farlo!» lo supplicai.
«Ma è divertente Hannah!» Prese il manico e me lo puntò addosso.
«Ti supplico.» Troppo tardi. Il getto d'acqua mi colpì in piena faccia e per quanto era gelida iniziai ad urlare a dimenarmi senza controllo. Harry mi teneva ferma da un braccio e continuava a ridere,divertito. Mi bagnò tutti i capelli,i vestiti e le scarpe.
«Harry!» Urlai,non riuscendo ad aprire gli occhi.
«Guarda un po',sembra che tu abbia bisogno di aiuto.» Mi fece notare,prendendomi in giro sul discorso che gli avevo fatto l'altra sera. Iniziai a tossire e a sbattere le palpebre senza riuscire a vedere niente. Avevo la vista completamente appannata e ormai sentivo l'acqua fin dentro le scarpe.
«Harry! - Zayn entrò nel bagno come una furia – Presto hanno chiamato la polizia!» Sparì nuovamente e in quell'istante Harry chiuse l'acqua.
«Come va?» Mi chiese,con il sorriso stampato sulla faccia.
«Va al diavolo!» Gli risposi,furiosa. Uscì dalla vasca,rabbrividendo.
«Vuoi la mia giacca? Sembri infreddolita.» Ironizzò ancora.
«Non voglio niente da te,solo che te ne vada!» Misi le braccia conserte e mi strofinai le braccia per cercare di riscaldarmi.
«Ora che ti guardo, - si allontanò abbastanza per osservarmi – stai molto meglio così.» Mi diedi un'occhiata e mi accorsi che i vestiti si erano così tanto appiccicati al mio corpo che lasciavano intravedere ogni curva e ogni particolare. Arrossì,cercando di nascondermi.
«Ci vediamo Hannah.»
«Non credo proprio.»
«Vedrai.» Mi fece l'occhiolino e corse fuori dalla stanza. Un brivido mi percosse la schiena,non so se fu per via del freddo o per altro.. Mi fissai allo specchio,completamente zuppa. I capelli mi si erano appiccicati alla schiena e il trucco mi era colato giù,su tutto il viso. Presi un asciugamano e mi asciugai dove era possibile,mi tolsi le scarpe e raccolsi i capelli in una coda.
«Wow!» Sentì esclamare. Mi voltai e trovai Aria che mi guardava divertita.
«Se tieni alla tua vita ti conviene non aprire bocca.» La minacciai. La mia amica aprì la bocca per dire qualcosa ma la fulminai con lo sguardo e decide di tacere. Saggia decisione. Harry Styles me l'avrebbe pagata,non so ancora come ma gliela avrei fatta pagare.
 

 

--------------------------------------------------------------------

 

 

Lo so,sono imperdonabile ma ho davvero avuto poco tempo libero per scrivere! Sono stata in gita una settimana e al mio ritorno i miei sono partiti lasciandomi un cane,una casa da sistemare e un fratello maggiore (tutto dire). Spero che la lunga attesa abbia portato comunque a qualcosa di buono e che il capitolo vi piaccia:)

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** III ***



Ice on fire

capitolo 3

 

 

«Carne o pesce?»
«Cosa?» Domandai confusa alla mia amica,riprendendomi da quello stato di trans.
«Hannah sto cercando di organizzare il week-end in montagna ma devi darmi una mano.» Si lamentò.
«Perdonami Aria,prometto di starti a sentire.» Mentii.
«E' tutto il giorno che sei strana.. c'entra qualcosa Harry?» Finivamo sempre col parlare di lui. La cosa stava iniziando a infastidirmi.
«Vorrei che mettessi da parte questa tua folle idea del ritorno di fiamma,Aria.» Mi alzi scocciata per prendere un bicchiere d'acqua.
«E se non fosse solo una folle idea? - continuò – Credimi,la storia non finisce qui.»
Tornò a fissare il suo quaderno sul quale aveva iniziato una lista quasi infinita delle cose da portare per il viaggio. Organizzavamo quella gita ogni anno e ogni anno Aria non perdeva occasione di organizzarmi una notte romantica con uno dei nostri amici.
«Anche se tu avessi ragione, - tornai seduta accanto a lei – non potrei mai stare con uno come Harry. Fa corse clandestine,è scorbutico,antipatico,so tutto io,altezzoso..»
«Oh guarda mi sembra quasi la tua descrizione.» Mi interruppe Aria, sorridendo.
«Sulserio..» dissi.
«Sulserio.. - continuò la mia amica – potresti avere bisogno di tutto questo.»
La guardai per un momento negli occhi pensando alle sue parole,a tutto ciò che aveva detto. Poteva Harry dare una scossa alla mia vita? A me piaceva così com'era,non avevo bisogno di nient'altro.
«Pensiamo a organizzare il week-end ok?» Cambiai discorso.
«D'accordo miss svio il discorso.» Sorrisi e presi a leggere la lista che Aria aveva compilato fino a quel momento. Leggevo nomi di detersivi di ogni tipo,di diversi cibi,di qualsiasi tipo di cosa ci servisse.. ma con la mente ero altrove. Ero solo una bambina, mi ripetevo. Era solo una cotta,una stupida cotta. Quante ragazze credono di amare il migliore amico del proprio fratello? Era l'unico che non mi avesse mai preso in giro, l'unico che mi dava importanza... ma allora perchè era andato via? Qual'era la verità? L'ultimo ricordo che avevo era di lui in manette,trascinato dentro un auto della polizia,in quella fredda notte...
«Vedrai che tu e Liam riuscirete ad avere un attimo da soli questa volta.» Interruppe i miei pensieri Aria.
«Quando la smetterai di organizzare la mia vita sentimentale?» Le chiesi,accompagnandola alla porta di ingresso.
«Quando ti deciderai a cercarti un ragazzo.»
«Aria,non ho bisogno di un ragazzo.» Le passai la giacca.
«Sappiamo entrambe che..»
Lei continuò a parlare ma la mia attenzione fu attirata da altro. Nella casa di fronte succedeva dell'altro. Harry era appoggiato alla sua moto metallizzata ed era intento a parlare con qualcuno seduto in macchina.
«Cosa..» La mia amica mi guardò confusa e poi prese a seguire il mio sguardo fino ad arrivare anche lei a osservare Harry.
Era sera,tarda sera.. ragazzo più tipo ambiguo più buio non vanno per niente bene insieme. Harry uscì qualcosa dalla tasca – qualcosa che somigliava tanto a dei soldi – e glielo passò in cambio di un sacchetto.
«Cosa pensi gli abbia dato?» Mi chiese sussurrando Aria.
«Niente.. - dissi con tono serio - ..è tutto ok.»

 

Max prendi la palla!
Continuava a urlare il piccolo bambino riccio in riva alla spiaggia.
Harry così annegherà!
Disse preoccupata la bambina. Il piccolo labrador si tuffò e iniziò a nuotare tra le onde per raggiungere la piccola palla arancione che galleggiava non troppo lontano dalla riva.
Vedi Hannah,è un cane coraggioso...
Aprii gli occhi con le risate dei bambini che mi facevano eco nelle orecchie. Sorrisi a quel suono e in un attimo tornai a quella giornata sulla spiaggia. Era la mattina di Natale. Harry quando scese le scale quella mattina trovò una piccola palla di pelo sotto l'albero,con un grande fiocco rosso al collo. La prima cosa che fece fu quella di cambiarsi,chiamare me e Louis e correre in spiaggia a giocare. Max era un cane coraggioso.. Aveva proprio ragione.
-bip-
L'orologio mi fece sussultare e quando mi voltai notai che segnava le venti in punto. Sgranai gli occhi,confusa. Mi alzai spedita dal letto e andai verso la finestra,tirando le tende. Notai con grande sorpresa che la macchina dei miei non era dove doveva essere e piena di rabbia uscii dalla stanza.
«Mamma! - urlai – Mamma!» Nessuna risposta.
«Papà! - provai a cambiare genitore – Papà!» Era come se tutta la mia famiglia avesse deciso di abbandonarmi proprio quel giorno,nella mia stessa casa. Andai verso camera di mio fratello e lo trovai sul letto,con le cuffie e le palpebre socchiuse. Gliele sfilai senza alcun garbo.
«Ma che problemi hai!» Mi disse lui.
«Dove sono mamma e papà?»
«Sono usciti tipo un'oretta fa.» Stava per rimettersi le cuffie ma non glielo permisi.
«Oggi è venerdì e dovevano accompagnarmi a casa di Liam per il week-end in montagna!»
«Bè si,credo che tu abbia un problema.» Disse,indifferente.
«Come hanno fatto a dimenticarlo?!»
«Finalmente hanno capito che non sei il centro dell'universo.» Si alzò scocciato e andò verso il computer.
«Non potevi ricordarglielo? Troppo occupato ad autocommiserarti?» Gli dissi,andandogli dietro.
«Non ho tempo per i tuoi problemi,Hannah.»
«Non ti tollero. Non potevo avere un criceto al tuo posto?» Brontolai,andando verso la porta.
«Buona idea!» Mi urlò lui.
Feci una smorfia e andai a prendere il mio telefono sul comodino,in modalità vibrazione.
Sette chiamate senza risposta. Tutte di Aria. Piena di rabbia presi una giacca e uscii nel vialetto,componendo il numero di mia madre.
Tesoro!
«Mamma,esattamente qual'è il tuo problema? Oggi è venerdì e sai quella gita che facciamo ogni anno?»
Oddio tesoro non dirmi che era oggi!
«Eh già..»
Amore mi dispiace,dormivi così tranquilla che non ho pensato proprio a svegliarti. Vuoi che torniamo?
«No.. tranquilla mamma,divertitevi voi una sera.»
Sei sicura?
Ci pensai su. Io avevo sempre avuto modo di divertirmi con i miei amici,loro no. Per una sera si erano concessi di uscire e non volevo rovinare tutto con uno stupido capriccio.
«Sicura. Chiamerò Aria e mi inventerò qualcosa.»
Chiusi la chiamata sorridendo,con mia madre che mi salutava affettuosamente. Mi voltai rassegnata e trovai Harry seduto sugli scalini di casa sua che mi fissava.
«Ciao, Harry.» Dissi indifferente,pensando ancora a ciò che aveva fatto alla festa di Amanda.
«Hai bisogno di un passaggio.» Mormorò lui,lanciando la sigaretta oltre il prato.
«Non ho proprio bisogno di niente,specialmente da te.» Incrociai le braccia,rabbrividendo al vento gelido che mi accarezzò le guance.
«Tu vuoi andare dai tuoi amici,io ho qualcosa da farmi perdonare,tu sei a piedi e si da il caso che io abbia una moto.» Si alzò da terra e iniziò a camminare verso la mia direzione,passandosi una mano tra i capelli e tenendo l'altra dentro una tasca.
«Credi davvero che un semplice passaggio possa farmi dimenticare la doccia gelida che mi hai gentilmente costretto a fare?» Dissi,guardandolo in modo strafottente.
«Avanti Hannah era uno scherzo! Una volta ti facevano ridere queste cose!» Disse con un filo di rammarico.
«Una volta.. a otto anni.» Risposi,scontrosa.
«D'accordo.. Veditela da sola.» Tornò serio e girò i tacchi. Vidi le sue spalle ondeggiare su e giù,il jeans stretto che metteva in risalto i muscoli delle gambe,la giacca di pelle... Scossi la testa. Era solo un passaggio Hannah,cosa poteva esserci di male?
«Aspetta! - In un attimo si bloccò,aspettando che parlassi – Prendo lo zaino..»
Entrai in casa e presi lo zaino accanto al divano,cercando di fare meno rumore possibile.
«Hannah?» Mi chiamò Louis.
«Vado a mangiare una pizza con qualche amico, - mentii miseramente – torno tardi,ciao.» Chiusi velocemente la porta prima che mio fratello potesse rispondermi o fare qualche altra ipotetica domanda. Misi lo zaino sulle spalle e raggiunsi Harry che aveva già preso la moto e mi stava aspettando sulla strada. Non potevo farlo sulserio. Che diamine stavo combinando? Hannah Tomlinson non sale sulle moto con tipi ambigui. Ma era solo Harry. Solo..
«Spero tu abbia un altro casco.» Dissi,una volta che gli fui accanto.
«Ecco a lei reginetta.» Mi porse un casco di misura media,nero metallizzato come il suo,come la moto. Me lo misi e cercai di agganciarlo,senza nessun successo.
«Aspetta. - Harry si avvicinò quanto bastava per far agganciare il moschettone e in quell'attimo guardai i suoi occhi,belli e intensi.. sentii le guance andarmi quasi a fuoco e nel momento in cui lui mi guardò,distolsi lo sguardo – Fatto!.»
Sorrisi e salii sul veicolo,ansiosa.
«Hai già infranto una delle tue regole comunque.» Disse,mentre sistemava il suo di casco.
«E sarebbe?»
«Avevi detto che per nessun motivo al mondo saresti mai salita in moto con me.» Ammiccò un sorriso.
«Solo per questa volta Styles, - dissi incrociando le braccia – non accadrà più.»
«Vedremo,Tomlinson. - disse con tono di sfida,mettendo in moto – Reggiti.»
Sentii la moto vibrare sotto di me.
«Non ci penso proprio!» Nel momento esatto in cui lo dissi scattò in avanti e fui costretta a buttarmi in avanti e a stringerlo con le braccia. Lo sentii sorridere.
«E' un eccezione Harry...»


 

------------------------------------------------------------------

 

 

 

Mi dovete perdonare. Sono successe troppe cose e non ho avuto un attimo libero. Ho finito la scuola,mi sono diplomata,ho fatto un corso per tutta l'estate e ho già sostenuto due test di ammissione per l'università. Ho avuto una vita incasinatissima per ora! Poi è successo che ho riascoltato “A Thousand Years” (molti di voi sanno cosa significa per me) e mi ha fatto ricordare Amici di Letto,quanto mi piaceva scrivere e a quante belle cose avevo in servo per questa nuova storia. Spero non mi abbiate abbandonata,anche perchè ho visto che in molti si sono già affezionati ad Hannah e Harry! Bene,la reginetta è salita su una moto – uuuu – e cosa succederà? Arriveranno mai a casa di Liam? Lo scoprirete nelle prossime puntate........... AHAHAHA al prossimo capitolo:*
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** IV ***



Ice on fire

capitolo 4

 

 

Era ormai da circa mezz'ora che eravamo per strada e non sentivo neanche più le dita delle mani,tanto erano gelide. Per il vento avevo le lacrime che mi rigavano il viso e il naso congelato. Per tutto il tragitto nessuno osò dire parola.. forse per troppo imbarazzo,forse per il troppo freddo.
«Stai tremando.» Disse Harry a un tratto.
«Sssto bbbene.» Balbettai.
Lo sentii rallentare e con una mano prese le mie e iniziò ad accarezzarle,cercando di riscaldarle. Rimasi appoggiata con la guancia sulla sua schiena e per quanto avessi voglia di ritirare la mia mano,il freddo non me lo permetteva. Ero del tutto paralizzata. Deviò a destra improvvisamente e,di fronte a un piccolo pub,spense il motore.
«Ccche ffai?» Chiesi,sollevata che il vento gelido fosse finito.
«Ti stai congelando, - disse aprendomi le braccia affinchè allentassi la presa – e poi ho fame.»
«Non era prevista una sosta Harry!» Gli feci notare,mettendo le braccia conserte.
Si avvicinò al mio viso per togliermi il casco e notò il mio naso completamente rosso.
«Sembri Rudolf!» Me lo pizzicò con due dita e mi sfilò il casco dalla testa.
«Harry sono seria, - lo supplicai,rimanendo sulla moto ormai spenta – non possiamo fermarci.»
«E' solo un panino.» Mi rispose lui,già in cammino verso il pub.
Sbuffai,seduta ancora sulla moto. Mi guardi attorno e mi resi conto di non sapere proprio dove mi trovavo. C'era solo un pub e una stazione di servizio. Sembrava di essere in mezzo al nulla. Decisi di scendere dal veicolo e mi incamminai verso un muretto. Mi sedetti un paio di secondi e poi vidi Harry di ritorno.
«Ecco a te reginetta.» Mi fece notare un secondo panino,stracolmo di patatine e maionese.
«Stai scherzando..»
«Puoi farcela Hannah,torna tra i comuni mortali.» Scherzò.
«Prenderò almeno due chili solo con questo panino.»
«Una volta non ti facevi tutti questi problemi.» Si fece spazio accanto a me,porgendomi sempre il secondo panino.
«Una volta infatti tutti mi evitavano..» Ricordai con rammarico. Quei periodi preferivo non ricordarli. Risalivano a quando ero una piccola bimba un po' grassottella che tutti volevano evitare.
«Ehi, - mi richiamò lui – erano degli idioti.» In un attimo fu come se tornassimo ad avere cinque anni. Era come se fosse tornato a
proteggermi...

«Quindi mangia,in onore di tutti gli idioti.» Mi passò il panino e io lo presi,ridendo insieme a lui.
«Magari dopo..» rimisi il panino con cura dentro il sacchetto e lo infilai nello zaino. Non avevo mangiato più nessun tipo di schifezza dopo aver perso peso. Mia madre mi è stata addosso per molto tempo per convincermi a dimagrire,a smetterla di ingozzarmi di patatine e cioccolata. Aveva fatto tanto fino a riuscirci.
«Un'altra regola infranta comunque, - disse Harry sputacchiando molliche ovunque – sei uscita con me.»
«Cosa? - domandai incredula – Questo non è uscire,mi stai solo dando un passaggio.»
«Bè, - finì il panino e si scrollò le briciole di dosso – abbiamo preso qualcosa in un pub e adesso siamo qui da soli che parliamo.»
«Questo non è un appuntamento Harry!» Mi lamentai.
«Tranquilla reginetta,non lo saprà nessuno.» Prese il pacco di sigarette dalla tasca interna della giacca e ne uscì una.
«Perchè continui a chiamarmi reginetta?» Gli domandai.
«Non sei diventata una di quelle ragazze fissate con il ballo studentesco,con il capitano della squadra di football e aspirante reginetta?» Mi chiese,iniziando ad inspirare un po' di fumo.
«Ok, - iniziai – prima di tutto non sono fissata con il capitano della squadra di football!»
«Liam Payne,giusto?» Mi interruppe.
«Aria è convinta che siamo perfetti l'uno per l'altra.»
«Sbaglia?» Mi chiese.
«Si! - risposi confusa della sua domanda – Insomma Liam è un bravo ragazzo ma lo conosco sin da quando sono piccola,non potrei mai.»
«Sicura? - lo guardai mentre buttava un po' di cenere a terra – Per i tuoi genitori sarebbe perfetto. Ragazzo modello in tutto e per tutto.»
«I miei e i suoi sono amici, - dissi – penso che stiano già programmando il matrimonio.»
«Avvisami e ti farò da testimone.» Sorrise nervosamente.
Rimanemmo un attimo in silenzio e osservai con la coda dell'occhio i suoi movimenti,le curve del viso e le mani. Aveva i polpastrelli rovinati,le nocche spaccate come se avesse fatto a pugni con qualcuno.. o forse era dovuto al freddo.
«..e perchè tu lo sappia, - ruppi il silenzio – non ho mai avuto intenzione o desiderio di diventare reginetta.» Lo vidi sorridere.
«Volevo chiederti.. - cercai di dire,dondolando le gambe – Non ho più visto Max da quando te ne sei andato..»
L'atmosfera si fece quasi pesante,malinconica. Il silenzio stava diventando assordante e mi voltai,per vedere se fosse ancora lì accanto a me. Aveva lo sguardo perso nel vuoto,come se avessi detto qualcosa di sbagliato,se avessi fatto la domanda sbagliata. Improvvisamente si alzò,si sistemò la giacca e si voltò verso di me.
«Voglio portarti in un posto.» disse.
«Dove?» Chiesi.
Non rispose,si avvicinò alla moto e prese i caschi.
«Harry..»
«Ti prego.» Bisbigliò,porgendomi il casco e tenendo lo sguardo basso. Non so perchè ma era come se dentro di me ci fosse una lotta tra più sentimenti. Ero spaventata all'idea di seguirlo,di salire nuovamente su quella moto.. ma contemporaneamente ero eccitata. Volevo seguirlo,ovunque andasse. Non mi importava sapere dove. Così afferrai il casco e tornai sulla moto. Mi tenni a lui e partimmo,per chissà dove. Prese una strada completamente diversa da quella che avremmo dovuto percorrere se avessimo dovuto proseguire verso casa di Liam. Non sono sicura ma credo che entrammo in una pineta,gigantesca. Vidi enormi pini che circondavano quello che sembrava uno dei laghi più grandi che abbia mai visto.
«Dove siamo?» Chiesi,una volta che Harry si fermò. Non rispose,come al solito. Scese dalla moto e andò verso la riva. Poggiai il casco a terra e lo raggiunsi,affiancandolo.
«Mia madre mi portava sempre qui da piccolo.. - disse a un tratto – lanciavo a Max un pezzo di legno in acqua e lui correva a prenderlo..» sorrise con un velo di tristezza nel volto.
«Ricordo quanto gli piaceva l'acqua..» Aggiunsi.
«Mi piaceva tanto questo posto,mia madre mi ci portava dopo che.. - si bloccò all'improvviso,come se stesse per dire qualcosa che non doveva – Insomma,questo posto mi ricorda Max. E' morto qualche anno fa.. e io non c'ero..» Mi si spezzò il cuore. Immaginavo che Max fosse morto,ma il modo in cui lo stava raccontando faceva più male di qualsiasi altra cosa.
«Harry.. - mi avvicinai – Max sapeva quanto gli volevi bene.» Gli appoggiai una mano su una spalla e rabbrividii al tocco.
«Già.. - sussurrò,con gli occhi lucidi – In ogni caso è sempre un posto che amo.» Si tolse via velocemente le lacrime che stavano scivolargli giù e si sfilò via la maglietta.
«Che fai?» Chiesi confusa.
«Il bagno naturalmente.» Si sfilò via anche i pantaloni e rimase in boxer,davanti ai miei occhi.
«L'acqua sarà gelida,ti verrà una polmonite!»
«Vuoi dire: ci verrà una polmonite!» Senza rendermene conto mi ritrovai tra le sue braccia,in riva al lago.
«Harry ti prego no un'altra volta!» Nel momento in cui lo dissi mi ritrovai già dentro l'acqua,aggrappata al suo collo. Mi lanciò al largo e sentii l'acqua gelida penetrarmi quasi nelle ossa. Quando riemersi notai i pini che circondavano l'entrata del lago con una forma ad arco,sentii i grilli che teneramente offrivano alla pineta una graziosa melodia,sincronizzata.. Osservai la luna,grande e luminosa su di noi. Non mi sentivo così serena da tanto tempo...
«E' bellissima..» sussurrai.
«Si lo è..» Sussurrò lui. Mi voltai a guardarlo e vidi che stava fissando me,non la luna come pensavo. Aveva i capelli all'indietro,le spalle larghe e il petto nudo coperto di lividi e graffi. Non so perchè continuavo a guardarlo nonostante mi imbarazzasse.. Ma davvero,non avevo mai visto niente di più bello.. Io avevo i capelli zuppi appiccicati alle spalle,il maglioncino che lasciava intravedere quelle poche curve che mi ritrovavo.. il trucco doveva essermi colato su tutto il viso quindi no,non potevo competere con la sua bellezza!
«E' meglio andare..» Disse improvvisamente,nel momento in cui i nostri sguardi si incrociarono. Annuii e con un po' di fatica uscii dall'acqua,iniziando a tremare. L'acqua era gelida e con l'aria fredda della notte mi venne quasi subito la pelle d'oca e iniziai a rabbrividire e a sbattere i denti. Harry si avvicinò,senza avvertire un minimo di freddo,e mi porse la sua giacca di pelle.
«Togliti il maglioncino e mettiti la mia giacca.»
«Ma sei in maniche corte, - gli feci notare – congelerai.»
«Non ti preoccupare per me.» Sorrise.
«Va bene, - presi la giacca – però voltati.»
«Hannah ti avrò vista cambiarti un sacco di volte da piccola!»
«Appunto da piccola, - precisai – adesso è diverso!»
«Come vuoi. - disse scocciato,voltandosi – Cerca di fare una cosa veloce.»
«E non sbirciare!» Indietreggiai,mentre lui si infilava i jeans e la maglietta. Ne approfittai per osservare il suo fondo schiena,così bello e così perfetto.. poi agitai la testa tornando sulla terra e quando fui una decina di metri da lui decisi di sfilarmi via il maglioncino. Una volta tolto,presi la giacca di Harry e infilandomela sentii un profumo così bello che dovetti avvicinare il naso alle maniche per sentirne ancora un po'.
«Hai finito?» Mi domandò lui,ancora di spalle.
«Finito.» Mi avvicinai e gli sorrisi.
«Ti sta bene. - disse,facendomi arrossire – Allora,ti porto da Liam..»
«No.. - dissi istintivamente,prendendolo dal braccio e fermandolo - ..torno a casa,con te.»
Rimanemmo immobili per un momento,con la mia mano che sfiorava il suo braccio.. mi vennero i brividi e incrociai il suo sguardo. Non sapevo cosa stesse succedendo,non sapevo cosa stessi facendo e perchè.. sapevo solo che in quel momento non volevo lasciarlo. Lui mi sorrise e dopo una manciata di minuti tornammo alla moto. Ci infilammo i caschi e tornai ad abbracciarlo,con il vento gelido che mi pungeva il viso. Era successo qualcosa di strano quella sera.. era come se avessi cancellato cinque anni di vita,come se fossi tornata quella bambina grassottella,innamorata del migliore amico di suo fratello. Forse tutto quello che avevo pensato su di lui era sbagliato.. forse se ne era andato via per un motivo più importante da ciò che immaginavo io.. forse mio fratello aveva sempre sbagliato a parlarne male,forse ci eravamo sbagliati tutti.. forse il piccolo Harry che avevo conosciuto era ancora lì da qualche parte.. Avevo pensato così tanto che non mi ero neanche accorta di essere arrivata. Quando tornai alla realtà mi resi conto di essere a pochi metri da casa. Harry fermò la moto nel mio vialetto e attese che scendessi.
«Grazie, - dissi – per la serata.»
«Figurati.» Prese il casco senza neanche degnarmi di uno sguardo.
«Ci vediamo in giro allora?» Chiesi,insicura.
«Può darsi..» rispose con indifferenza. Lo guardai stranita.. era come se fosse cambiato qualcosa da quando avevamo lasciato il lago.
«Ok..» indietreggiai,lui mise in moto e lo vidi andare verso il garage di casa sua. Mi ero persa qualcosa? Cosa era successo? Mi girai verso la porta di ingresso,cacciando quei pensieri.. Mi resi conto di avere ancora in dosso la sua giacca solo quando misi piede in casa. Chiusi la porta,mi appoggiai al muro e portai nuovamente le maniche al naso per sentire nuovamente il suo profumo. Sorrisi. Sorrisi come una vera ebete.
«Hannah Tomlinson! - la luce si accese improvvisamente,brutto segno decisamente – Dove sei stata?!» Vidi la figura di mio padre seduta sulla poltrona. Gamba a cavallo,le mani distese lungo i bracci e un dito che temporeggiava nervosamente,aspettando una mia risposta.
«Io..» cercai di dire.
«Sono le quattro del mattino signorina!» Mia madre apparve in cima alle scale,in vestaglia. Le quattro del mattino? Come si erano fatte le quattro del mattino?
«Dove sei stata Hannah?» Mi chiese ancora mio padre,fin troppo calmo. Brutto segno.
«Io.. sono uscita un attimo con Aria e ho perso la con..»
«Non proseguire! - mi interruppe mia madre – Aria ha chiamato non so quante volte perchè non riusciva a rintracciarti! - mia madre continuava a parlare e io cercavo disperatamente qualcosa da dire – Perchè hai addosso una giacca di pelle? Sei salita su una moto per caso? E questi capelli bagnati?» Mi tempestò di domande e non riuscii neanche a formulare una risposta sensata.
«Mamma ho solo fatto una passeggiata!» Sbottai,a un tratto. Silenzio. Mio padre si alzò dalla poltrona,si mise di fronte a me e con un gesto veloce mi stampò un cinque sulla guancia destra. Ci mise così tanta forza che mi costrinse a voltare la testa. Posai una mano sulla guancia,con le lacrime agli occhi. Era come se mi stesse andando in fiamme. E senza dire una parola,guardai entrambi nera di rabbia e salii al piano di sopra,chiudendomi nella stanza.

 

-------------------------------------------

 

 

Hola :) Allora come potete vedere a casa di Liam non ci sono arrivati ahahah hanno preferito fare ben altro ;) Questo capitolo non è niente di che,spero solo che vi piaccia! Fatemi sapere e grazie mille per i complimenti che mi fate ogni giorno.. siete davvero troppo buone! 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** V ***



Ice on fire

capitolo 5

 

 

Finii in punizione.
Niente uscite, niente shopping e niente Aria.
Mi era concesso uscire di casa solo per andare a scuola.
Non avevo trovato una valida scusa e così i miei si erano giocati la carta della punizione. Carta che con me non era mai stata presa in considerazione, visto che ero la figlia che tutti desideravano. Gli amici dei miei li riempivano di complimenti. Come è bella ed educata vostra figlia, dicevano, con quell'aria da puzza sotto il naso. Vi darà tante soddisfazioni e faranno la fila per la sua mano, aggiungevano. Io non volevo nessuna fila. Non volevo essere un trofeo, un premio da vincere. Ero un essere umano come tutti gli altri e non avevo nessuna intenzione di trovarmi un buon partito e sistemarmi. Volevo essere indipendente, fare carriera. Non volevo finire come mio padre, sommerso di lavoro, tutto in tiro. Né tanto meno volevo finire come mia madre, mantenuta a vita. No io volevo essere di più, volevo mettere un po' di mio in questo mondo, volevo creare qualcosa di nuovo, qualcosa che dicesse “ Hannah Tomlinson”, qualcosa di diverso...


Osservavo le nuvole e le loro forme bizzarre. Quel bianco che si mescolava con l'azzurro intenso del cielo. Gli uccelli volavano spensierati e felici,verso una terra più calda. Mi sarebbe piaciuto essere come loro,senza nessun pensiero,senza nessuna preoccupazione. Senza dei genitori a cui dare delle spiegazioni,senza un fratello scorbutico che tutto faceva tranne che comportarsi da fratello. Mio padre si aspettava che avrei portato avanti l'azienda di famiglia – su mio fratello non ci contava più – e mia madre si aspettava che sposassi un uomo molto ricco,con cui avere dei figli e condividere una lunga vita insieme. L'amore passava in secondo piano. Si aspettava che fossi stata sempre perfetta,in ogni occasione. Che avessi fatto la brava mogliettina,dando a loro dei nipotini a cui lasciare l'azienda in un lontano futuro. E così immaginai quel piccolo uccellino rinchiuso in una gabbia,costretto a vivere per il resto della sua vita in quella gabbietta d'oro.. ma pur sempre una gabbia era. E poi lo spiraglio di luce. Qualcuno che ti offre un'altra possibilità di vita. Qualcuno che vede il mondo in maniera diversa. Qualcuno..
La campanella suona improvvisamente. Tornai alla realtà,alla Bristol Brunel Academy mentre finiva quella che doveva essere un'interessantissima lezione di storia.
«Vi prego non mi lusingate troppo con il vostro smisurato interesse.» Ironizzò la professoressa Dalton, notando l'eccessiva foga che i miei compagni ci mettevano nel lasciare l'aula.
«Tutto bene?» Mi chiese Aria una volta in corridoio.
Non feci in tempo a risponderle che Alex Rider mi piombò davanti.
«Hannah! - seconda fila,terzo banco – Come bene sai i miei rapporti con la storia non sono dei migliori,potresti prestarmi gli appunti di oggi?» Cazzo. Gli appunti.
«Ehm..» Pensa Hannah.
«Ti giuro che questa volta non ci verserò sopra nessun tipo di robaccia!» Continuò lui.
«No Alex il fatto è che non ho potuto portarmi avanti con il programma e quindi mi servirebbero..» Non ho preso appunti,avrei dovuto dire. Ma non potevo.
«Oh, - disse lui dispiaciuto – vorrà dire che mi toccherà arruffianarmi Melissa,a domani.» Melissa era la seconda secchiona della scuola. La seconda secchiona da cui tutti andavano quando non ottenevano nulla da me.
«Non hai potuto portarti avanti con il programma?» Mi chiese Aria,che avevo ignorato completamente fino a quel momento.
«Si bè ho avuto altro da fare.» Dissi.
«Cosa? Tutto quello fai di solito lo fai con me! - Mi ripeteva,mentre scendevo le scale – E comunque non mi hai ancora detto dove sei finita questo week-end! - continuò – Hannah!» Aria urlò e mi strattonò dal braccio,obbligando a voltarmi.
«Me ne sono dimenticata!» Sbottai. Non so perchè dissi una bugia, ma volevo tenere la verità per me. Ne ero quasi gelosa. Quel momento apparteneva a me e l'avrei custodito gelosamente.
«Te ne sei semplicemente.. dimenticata?» Borbottò Aria, guardandomi confusa.
«Non tira buon vento a casa mia per ora.» ripresi a camminare, tagliando il discorso.
«Ci vieni almeno alla festa stasera?» Mi inseguì con la voce.
«Non posso, - arrivai alla bici e ci montai su – sono ancora in punizione.» La mia amica storse il naso ma decise di arrendersi e andò verso la fermata dell'autobus. Mentre mettevo i libri nel cestello alzai lo sguardo e diedi una rapida occhiata alle giacche nere. Vidi Zayn appoggiato al muretto, sigaretta dietro l'orecchio destro; Lucas se ne stava sulla moto, occhiali da sole in testa; quattro gallinelle li ronzavano attorno ma di lui nessuna traccia. Erano passati quattro giorni da quella sera.
Nessun messaggio.
Nessun bigliettino.
Nessuna chiamata.
Era sparito.

 

«Hannah io vado dalla nonna, - mi urlò mia madre – ti ricordo che non puoi mettere piede fuori dalla porta.»
«Non c'è momento in cui non me ne ricordi,grazie.» Sentii la porta di ingresso chiudersi, poco dopo il silenzio. Mio fratello era andato a qualche stupida partita di calcio, mio padre in giro per chissà quale cosa e io mi ritrovavo come quasi ogni pomeriggio da sola a casa. Di solito me ne stavo lì sulla scrivania a studiare, a portarmi avanti con il programma, ma c'era qualcosa che in quel momento bloccava il mio studio. Perchè i maschi hanno una concezione tutta loro dell'amore? E' come se regolassero loro il gioco. Devi l'invito al primo appuntamento, devi aspettare che ti diano spiegazioni, devi aspettare che ti vengano a prendere a casa.. Se sono nervosi non ti si filano.. Se sono affettuosi non te li fili tu..
Cavolo.
Anche noi ragazze abbiamo il diritto di pretendere. E perchè dobbiamo passare una vita aspettando? Aspettando il principe azzurro forse, aspettando qualcosa che in cuor nostro sappiamo non arriverà mai. E fu così che quel giorno lo feci. Fu grazie a questi pensieri che andai contro la mia sacrosanta moralità. Vidi la finestra e fu un attimo.
..ti ricordo che non puoi mettere piede fuori dalla porta.
Aveva detto porta,giusto? Non avrei infranto nessuna regola se fossi sgattaiolata fuori dalla finestra. E così lo feci. Non ci pensai neanche due volte. Al diavolo la responsabilità, al diavolo tutte queste stronzate. Buttati, mi diceva sempre Aria, non pensare. E così mi sono buttata, letteralmente questa volta. Arrivai con un tonfo sul prato e ringraziai il cielo che la finestra della mia stanza non fosse poi così alta. Percorsi il vialetto, decisa più che mai. Della moto nessuna traccia. Era forse in garage?
Ma si Hannah, suona.
Arrivai davanti alla porta e prima di suonare persi almeno una manciata di minuti.
Cosa diavolo gli avrei detto? Ehi,perchè sei sparito? Si,poteva funzionare.
Suonai. Niente.
Suonai ancora. Niente.
Dopo il terzo tentativo mi convinsi. Non c'era nessuno in casa.
Decisi allora di tornarmene in camera mia, con un filo di delusione nel volto, quando qualcosa mi obbligò a fermarmi.
«Chi è? - Chiese una vocina un po' rauca – Chi è?»
Mi avvicinai di corsa alla porta.
«Signora Styles sono Hannah, Hannah Tomlinson.» Silenzio. Rimasi immobile davanti a quel legno che odorava ormai di vecchio, quando sentii lucchetti che si sganciavano, passetti che si aprivano e in un attimo la porta si aprì in un piccolo spiraglio, facendo intravedere un occhio stanco, ma allo stesso tempo attento, che mi scrutava. Iniziai a sentirmi in imbarazzo, e capii che forse la mia idea di andare a trovare Harry a casa sua era stata pessima. Poi, la porta si aprì piano, la donna diede una veloce occhiata prima a destra e poi a sinistra e in fine si concentrò su di me. Aveva la pelle olivastra, le rughe le incorniciavano la faccia, era minuta e ossuta, ma quegli occhi verdi pieni di vita che una volta mi osservavano giocare nel suo cortile erano sempre lì.
«Hannah.. - sussurrò – la mia piccola Hannah.» La sua voce era sempre dolce. Di quella dolcezza che ti avvolge e che ti rasserena.
«Buongiorno signora, mi fa piacere rivederla.» Dissi, tornando tranquilla.
«Stavi.. cercando qualcosa?» Mi chiese, rimanendo sempre attaccata alla porta. Non so se lo faceva per reggersi in piedi, ma avevo come la strana sensazione che lo faceva per sentirsi protetta. Da cosa e da chi non lo so.
«Cercavo Harry, è in casa?»
«Harry.. - sussurrò pensierosa – Harry no, Harry è uscito.. ma se vuoi puoi aspettarlo qui.» La sua espressione cambiò e in un attimo si illuminò. Fu come se non invitasse qualcuno a entrare a casa sua da tanto tempo e, non avendo il coraggio di rifiutare, mi ritrovai seduta in stanza da pranzo di casa Styles.
«Ti prego non usare tutte queste formalità, - mi disse tornando quasi in se – mi hai sempre chiamata Adele e vorrei che continuassi a farlo.» Adele. Ricordo che da piccola mi innamorai così tanto di quel nome che lo affibbiai alla mia bambola più bella. Adele. Rispecchia la nobiltà d'animo e lei era la persona più gentile, dolce e premurosa che abbia mai conosciuto.
«Grazie Adele.» Risposi, con un sorriso sincero.
«Vuoi.. vuoi che ti prepari una tisana? Oppure.. oppure preferisci un caffè? Si certo il caffè.. il caffè i giovani lo preferiscono.» Parlava in fretta, a volte in modo confuso, a volte ci metteva una manciata di secondi per formulare un discorso, ma in un baleno mi ritrovai con una tazza di tisana davanti. Non mi è mai piaciuto il caffè. Rimase sorpresa da questo.
«Come ti sei fatta bella Hannah, - disse a un tratto – ho sempre saputo che saresti diventata una ragazza stupenda.»
«Sei sempre stata troppo buona con me.» Sorrisi imbarazzata. I complimenti mi imbarazzavano sempre.
«Dico solo ciò che penso. - e so che dice la verità – Ho sempre detto a Harry di tenerti sott'occhio perchè un giorno l'avresti sorpreso. Ricordo ancora quanto gli stavi appiccicata, avevi proprio un debole per lui.» Disse, sorridendo al pensiero. Era così. Avevo proprio un debole per quei ricciolini, per quel bambino che raccoglieva un fiorellino da terra e me lo metteva dietro l'orecchio, per quel bambino che mi chiamava “Annina” e non si era mai permesso di cacciarmi o di prendermi in giro.. Adesso no, adesso quel bambino non c'era più.
«Ero solo una bambina Adele.»
«..oh e anche lui aveva un debole per te.» aggiunse, come se stesse continuando il discorso di prima e non avesse ascoltato ciò che avevo appena detto. La vidi sorridente fissare la sua tazza. Con il dito percorreva il bordo, emettendo a volte qualche suono che mi faceva rabbrividire. Cercai di non pensare a ciò che aveva appena detto e mentre mi versava dell'altra tisana, notai il tremolio della sua mano.
«Tranquilla, faccio io.» Appoggiai la mano sulla sua e la aiutai. La vidi poco dopo tornare ad appoggiare le spalle alla sedia.
«Louis come sta?» Mi chiese,senza guardarmi. Vidi il suo braccio che veniva percorso da un brivido e i suoi occhi che a poco a poco diventavano delle fessure.
«Louis.. - iniziai incerta – studia all'università, dovresti vederlo non lo riconosceresti.»
«A chi cara?» Mi chiese lei,tornando a sorridere.
«A Louis..» risposi. C'era qualcosa nella sua espressione che non mi convinceva.
«Chi è Louis?» Rimasi paralizzata. Adele si alzò dalla sedia,prese la sua tazza e la appoggiò sul lavello. Si voltò a guardarmi sorridendo, senza nessuna ombra di preoccupazione. Io si che ero preoccupata. Stava succedendo qualcosa di strano. Qualcosa che non capivo, qualcosa che stava lì davanti ai miei occhi ma a cui non sapevo dare un nome. Nel momento in cui decisi di andar via, la porta di ingresso si aprì.
«Mamma! - Harry apparse sulla soglia di casa, ma lì dov'ero lui non poteva vedermi – Che fai in piedi?» Teneva un sacchetto di carta in mano.
«Ho ricevuto una visita tesoro.» rispose Adele, calma e serena.
«Una visita? - Harry sembrava confuso e quando avanzò e mi vide, rimase pietrificato – Che diavolo ci fai qui?»
Sembrava irritato, infastidito.
«Hannah è stata così gentile a farmi compagnia...» Adele ebbe un capo giro e io ed Harry ci affrettammo a raggiungerla per evitare che finisse a terra.
«Mamma ho comprato le tue pillole, perchè non ti metti a letto? Penso io ad Hannah.» Disse gentile lui.
«Piccolo mio..» Adele accarezzò Harry sulla guancia e poco dopo seguì il suo consiglio. Io sorrisi alla scena. In un attimo Harry era tornato quel bambino che si prendeva cura di tutti, quello buono e sensibile, quello gentile. Adele era riuscita in quello in cui suo padre aveva fallito. Harry era proprio venuto su bene.
«Tu!» Mi prese con forza dal braccio e in un attimo mi scaraventò fuori di casa,chiudendosi la porta alle spalle.
«Ma che fai?» Chiesi io,massaggiandomi dolorante il polso.
«Non mettere più piede in questa casa! Non parlare più con mia madre! Stai lontana da qui, hai capito Hannah?» Mi urlò contro. Come un animale inferocito. Come un vecchio quando invadi il suo cammino. Come qualcuno che non somigliava neanche lontanamente al bambino di prima.
«Ero venuta solo per..» cercai di dire.
«Pensavi che siccome siamo usciti una volta adesso a me importi qualcosa di te? Sei proprio un illusa! Stai lontana da questa casa Hannah!» Aghi. Come aghi che cuciono una toppa, un bottone.. a me stavano cucendo quelle parole sul mio corpo. Una dopo l'altra.
«Hai ragione! - urlai anche io – Sono proprio un illusa!» E me ne andai. Tornai nel mio buco, nella mia stanza, nel mio mondo. Cosa diavolo mi era venuto in mente?

Perchè sai Harry, voi maschi amate in modo diverso.
Voi pensate che qualsiasi parola sia lecita.
Pensate che tutto sia dovuto.
Fanno male, fanno male le parole.
E rimangono cucite sulla pelle.
Lì dove non puoi più toglierle.
E non basta una toppa.
L'amore è un'altra cosa...

 

---------------------------------------------------------------

 

Perdonatemi. Ho avuto fantasia zero in tutto questo periodo anche perchè ho avuto un sacco di casini per la testa. Spero solo che voi, le mie lettrici, mi perdoniate e che possiate ritrovare la passione per me e soprattutto per questa storia :) spero di avervi regalato un capitolo come si deve per il giusto ritorno. Si avete capito bene, I'M BACK!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** VI ***



Ice on fire

capitolo 6

 

 

Il sangue continuava a gocciolare dalla ferita e la piccola bambina bionda si teneva stretta la gamba, come se in qualche modo potesse far andare via il dolore..
Andrà tutto bene, stai tranquilla” continuava a dirle il ragazzo riccioluto accanto a lei.
Quella roba brucia, lo so”
Hannah, ti prometto che andrà tutto bene!” e la bambina in qualche modo si rasserenava. Si perdeva in quegli occhi scuri, in quel sorriso dolce e affettuoso che le scaldava il cuore. E sapeva che se lui lo diceva era vero. Sarebbe andato tutto bene...
«..come ti sembra Hannah?» l'immagine si offuscò e mi ritrovai in un attimo seduta a un tavolo, circondata dalle mie compagne.
«Cosa?» Chiesi, confusa.
«Il tema per il ballo, - mi spiegò Tori – ho finito di spiegartelo poco fa.»
«Certo, il tema..» mormorai. Cercai di fare mente locale, osservata dagli occhi vigili e perplessi di Aria. Di cosa aveva parlato Tori? Aveva accennato qualcosa sulla luna forse..
«Hannah ti senti bene?» Mi domandò Aria.
«Certamente, - finalmente riuscii a ricordare qualcosa – il tema 'Al chiaro di Luna' mi sembra geniale.» Iniziai ad appuntare qualcosa su un foglio, cercando di sembrare più normale possibile. E così feci. Dopo una manciata di minuti le ragazze ripreso a scambiarsi opinioni, pareri e io annuii tutto il tempo, facendo finta che tutto ciò che dicevano mi andasse a genio. In realtà a fine riunione mi resi conto di non sapere nulla sul ballo. Non avevo idea di che catering avessimo scelto, il dj, gli inviti.. assolutamente niente.
«Vuoi che Melissa si riprenda il posto a capo del comitato del ballo?» Mi chiese minacciosa Aria una volta in strada.
«Mi sono solo distratta un attimo.» mi giustificai.
«Hannah sono la tua migliore amica e, nonostante mi faccia felice questa versione nuova di te, mi stai davvero preoccupando.» La guardai confusa.
«Non ti sembra che tu stia esagerando?»
«Esagerando? - la mia amica si guardò attorno per poi tornare su di me – I tuoi voti stanno calando nell'ultimo periodo, hai sempre dato il massimo per organizzare i balli studenteschi e..»
«E cosa? - sbottai – Sono stata un po' assente per ora è vero, ma anche io sono un essere umano!» Aria abbassò lo sguardo, intristita.
«Sono solo preoccupata..»
«Sono sempre io.» Le dissi, cercando di rassicurarla. E ci riuscii. Sul suo viso apparse quel dolce sorriso che ogni giorno mi ricordava quanto fosse corte la vita e quanto io non la stessi vivendo abbastanza. E così mi diede un bacio sulla guancia e si incamminò verso casa, più tranquilla e serena. Ma le sue parole mi rimasero impresse nella testa. Che mi stava succedendo? Non avevo mai preso una C nel corso dei miei studi e giusto questa settimana ne avevo preso ben due. I miei professori si avvicinavano preoccupati chiedendomi se avessi dei problemi in famiglia, se fossi stata male. No, non c'era nessun problema in famiglia. C'era solo uno stupidissimo problema che rispondeva al nome di Harry Styles. Non sapevo cosa mi stesse esattamente succedendo ma per la prima volta dimenticavo le cose. Dimenticavo gli appuntamenti, dimenticavo di fare i compiti. E tutto per quel “Pensavi che siccome siamo usciti una volta adesso a me importi qualcosa di te?” Bè si, lo pensavo.
«Ehi! - Mi voltai di scatto, sorpresa – Torni a casa?»
«Liam! - ci mancava solo lui – Si è stata una lunga giornata..»
«Volevo chiederti.. - mi richiamò con la voce prima che potessi svignarmene – stasera c'è una festa da Alex, passo a prenderti alle dieci?»
Una festa. A casa di Alex. E' proprio ciò che mi serve per tornare la vecchia Hannah.
«Perfetto!»
Liam era proprio un bel ragazzo. Alto, biondo, occhi chiari. Non so perchè mi sia fatta tutti questi problemi prima.. bè forse perchè la mia e la sua famiglia sono amiche da tanto e lo vedo più come un fratello che come un mio possibile ragazzo. Ma era solo un passaggio a casa di Alex, giusto?

 

La punta della matita si muoveva veloce e sicura su quel foglio bianco. Disegnò una perfetta linea curva che dava vita a un semplice vestitino a palloncino, stretto al petto, con un colletto che dava un tocco di raffinatezza. La vita dovrebbe essere come quel disegno. Dovremo avere tutti una matita in mano per creare il nostro futuro, il nostro destino. E se non ci piace quello che ne esce possiamo sempre prendere una gomma, cancellare e ripartire da lì. Con nuove idee, nuovi progetti. Credere che tutto possa essere semplicemente cancellato. Cancellato via. Ma la vita non è così. Ti mette davanti un percorso, pieno di curve, pieno di dossi, pieno di fossi, e tu puoi solo passarci sopra e superarli. Ecco perchè, dopo aver messo giù la matita, mi ritrovo alla porta della stanza di mio fratello. Dovevo sapere. Volevo sapere. E rimasi incantata dietro quella porta ad ascoltare quel soffice tocco di dita. Quel tocco di corda. Quella corda che vibra ed emette parole, suoni che ci fanno vivere ricordi.
«..i don't know..» Ha ripreso a suonare la chitarra. Ha ripreso a cantare. Lo fa quando pensa di non essere sentito, quando crede che noi siamo a fare gli affari nostri, e in quella casa è storia di tutti i giorni. Mio fratello ha un modo di dare qualcosa al mondo tutto suo. Lui non usa matite o pennarelli. Lui usa le note. Lui usa le parole.
«..my life will grow, my love will go..» Io mi rifugiavo nel disegno, lui si rifugiava nella musica. Era una passione nata insieme a Harry e finita insieme a lui. Ma quando hai qualcosa dentro, non può finire del tutto. Succedeva spesso che rimanevo dietro la sua porta ad ascoltarlo suonare. E prima che la aprisse, me ne tornavo di corsa in stanza. Io e Louis non abbiamo sempre avuto questo tono di sfida. Litigavamo certo, ma un tempo avevamo un legame speciale.
«Louis?» Bussai, aspettando che desse il permesso di entrare.
«Che vuoi?» Mi domandò, una volta dentro. Sempre molto dolce.
«Ti è mai capitato.. insomma di.. vedere Adele in questi ultimi anni?» Avevo paura della sua risposta. Avevo paura della sua reazione.
«Adele? - chiese perplesso – No perchè?» Tirai un sospiro di sollievo. Non era andata male.
«Semplice curiosità.» Sorrisi indifferente e indietreggiai, dritta alla porta.
«Hannah, - mi richiamò lui – sii prudente con Harry d'accordo?» E in un attimo, come Harry riusciva a tornare il bambino di tanti anni fa, Louis riusciva a tornare il fratello dolce e premuroso che era sempre stato.

 

«..dico solo che non avrebbero dovuto farlo tornare!» Ripetè mio padre.
La normalissima cena che di solito si fa per raccontarsi la giornata, per ridere o per scherzare, per la famiglia Tomlinson era finita in un'assurda discussione sul ritorno di Harry.
«I servizi sociali non operano più come un tempo!» aggiungeva mia madre, alimentando.
«Non pensate di esagerare?» mi lamentai io, stufa. Fissavo l'insalata da almeno tre quarti d'ora, senza trovare la voglia di mangiarla.
«Esagerare? Vedrai quando sentiremo di qualche accoltellamento qui in zona!» Mio padre stava proprio delirando. Nutriva un odio profondo per quella famiglia da tanto tempo, ma parlare di accoltellamenti? Harry non era cattivo, ne tantomeno pericoloso. O almeno speravo.
«Ma santo cielo! - sbottò Louis – Stiamo parlando dello stesso ragazzo che guardava i cartoni animati in questo salone da piccolo!»
«Le persone cambiano tesoro, - disse mia madre in tono tranquillo – e che non vi venga in mente di riprendere i rapporti.»
Louis diventò nero di rabbia e, sbattendo le mani sul tavolo, si alzò.
«Mi è passata la fame!» Scostò la sedia e si precipitò su per le scale.
«Era proprio necessario?» Chiesi irritata anche io a mia madre.
«Gli passerà, perchè non prendi un pezzo di torta di mele?» Mia madre me ne offrì un pezzo su un tovagliolo ma io feci una smorfia.
«Devi stare lontana da Harry, - disse a un tratto mio padre mentre si spalmava il burro sul pane – sono stato chiaro Hannah?» Ero stufa. Stufa di essere tratta come una bambina. Stufa di sentirmi dire cosa dovevo e cosa non dovevo fare.
«La fame è passata anche a me! - mi alzai da tavola come fece prima mio fratello – Vado a una festa.» Senza sentire ciò che mi urlavano, presi la giacca e corsi fuori dalla porta, lasciandomi tutto alle spalle. Avrei voluto che sparissero tutti. Avrei voluto finire l'anno e andarmene. Andarmene via. Lontano. Forse Aria aveva ragione. Forse stavo davvero cambiando. O forse stavo semplicemente aprendo gli occhi in quella vita quadrata che i miei genitori mi avevano costruito attorno.
«Hannah..» Una voce. Una voce e una figura scura in quella sera fredda e secca. Poteva essere solo una persona, era chiaro. La solita giacca di pelle, i capelli arruffati e l'espressione cocciuta di sempre.
«Che vuoi?» Sbottai.
«Volevo solo spiegarti il mio comportamento dell'altro giorno..» Si avvicinò a me con quella faccia colpevole e implorante.
«Adesso non ho tempo, - dissi allontanandomi – sto aspettando una persona.»
«Hannah se solo mi ascoltassi!»
«Ascoltare cosa? - mi voltai di colpo – Sei stato abbastanza chiaro, devo stare lontana da te e da tua madre! Avevi ragione, mi sono solo illusa di poter recuperare l'irrecuperabile!»
«Ho detto cose che non pensavo!» Mi prese dal braccio, per non farmi allontanare ancora.
«Devi lasciarmi stare Harry!» mi liberai, con uno strattone.
«Ti prego.. rimani con me questa notte..» mi supplicò.
«Rimanere con te? Non puoi tornare qui dopo cinque anni, fare il carino con me, urlarmi addosso e chiedermi questo!» Iniziai a piangere senza rendermene conto. Gli occhi gonfi, arrossati. La gola che bruciava per quanta forza ci avevo messo per urlare. Ma era stato lo sforzo o la crudeltà di quelle parole? Non lo sapevo.
«Vieni qui, - cercò di prendermi le mani e avvicinarmi a se – vieni da me.»
«Non puoi sparire e pretendere che torni tutto come prima.» E nell'esatto istante in cui i singhiozzi presero il sopravvento, le sue braccia mi avvolsero. Era un abbraccio diverso. Un abbraccio sentito, in cui ci metti proprio il cuore. Uno di quegli abbracci che ti riscaldano l'animo e ti fanno desiderare di rimanere così per sempre.
«Mi dispiace, - mi sussurrò all'orecchio – mi dispiace di averti abbandonata. Vuoi che me ne vada?» Mi accarezzava i capelli e sentivo la sua mano soffice e delicata che al solo tocco mi metteva i brividi. Quei brividi che si provano con poche persone. Io non risposi.
«Vieni con me..» mi sussurrava ancora all'orecchio. Ma io non potevo. Non potevo fidarmi.
«Non posso..» con tutta la forza che avevo, lo allontanai e sciolsi quell'abbraccio che sarebbe rimasto lì per sempre.
«Hannah ti prego..»
«Ti ho detto di lasciarmi stare!» Urlai ancora.
«Ehi! - Liam. Mi ero dimenticata di Liam – Hai sentito cosa ha detto?»
Harry serrò i pugni e lo vidi con il respiro che accellerava.
«Tu stanne fuori principino.» ringhiò.
«Ehi amico stai cal..» Liam non fece in tempo a finire la frase. Liam non fece in tempo a farmi salire in macchina. Liam non fece in tempo a rispondere. Quel pugno arrivò dritto e deciso sul naso. Senza preavviso, senza sospetto. E Liam cadde a terra perdendo quasi i sensi. Il sangue iniziò a colare e in un attimo rividi la scena di quella mattina.
Hannah, ti prometto che andrà tutto bene!
Ma non stava andando tutto bene. Liam era a terra sanguinante, io accanto a lui che con i fazzoletti cercavo di fermare il liquido rosso che schizzava giù sulla maglietta. E quello che riuscii a dire fu solo una cosa. Una cosa che dissi con rabbia. Una cosa che dissi con la piena consapevolezza.
Si Harry, voglio che tu te ne vada.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** VII ***



Ice on fire

capitolo 7

 

 

La volante della polizia era ancora ferma di fronte casa Styles.
Hannah ti ho detto di andare a letto!” mi urlò mia madre.
Ci sto andando,giuro.” mentii. Rimasi immobile davanti al vetro a fissare le luci rosse che a intermittenza continuavano a spegnersi e ad accendersi. La gente più curiosa di me e anche più sfacciata aveva preferito prendere posto in prima fila, direttamente dal marciapiede di casa propria. I miei genitori invece avevano deciso di far finta di niente. “Prima o poi sarebbe successo” ripeteva mia madre.
Dove lo portano?” chiesi a mio fratello, fissando Harry che veniva trascinato dentro la macchina e tenuto da due poliziotti.
Louis non rispose. Si limitò a spegnere la luce sul comodino,voltarsi dall'altro lato e lasciarmi nell'oscurita.
Avevo 13 anni ma non ero una stupida. Avevo capito che anche lui come mamma e papà aveva deciso di “far finta di niente”...

 

«Mi dispiace davvero tanto..» ripetei, per la quarta volta.
«Hannah è passata una settimana, quanto vuoi scusarti ancora?» Mi rispose Liam, prendendo un drink dal bar. Eravamo a una festa organizzata da un tipo della scuola a me sconosciuto. Forse si chiamava Fred, oppure Micheal. Non ne ho idea, sta di fatto che non riuscivo a togliere gli occhi di dosso alla fasciatura che Liam aveva sul naso.
Rottura del setto nasale, avevano detto.
Mi hanno tirato una pallonata, aveva spiegato Liam.
Nonostante gli avesse rotto il naso, nonostante lo avesse obbligato a un'operazione dolorosa, nonostante gli avesse fatto avere il naso più gonfio di una melanzana.. lui non lo avevo nominato. Lo aveva difeso. Lo aveva tenuto nascosto.
«E' tutta colpa mia..»
«Hannah.. - mi fermò Liam prima che potessi incolparmi un'ulteriore volta – non mi avevi detto che tu e Harry foste così legati.»
«Ma non lo siamo! - mi difesi – E' stata solo una stupida infatuazione da bambini!»
«Lo sai che il primo amore non si scorda mai?»
Certo. Più cercavo di mettere da parte Harry e più la gente continuava a ricordarmelo.
«Scherzo.. - aggiunse poco dopo – esci con me allora?»
«Certo.» Cosa altro avrei dovuto dire? Liam era un bel ragazzo. E soprattutto era un bravo ragazzo.
«Deve essere finita la birra, - notò con tristezza – forse c'è ancora qualcosa in garage.»
«Ci vado io.» Lo fermai prima che potesse incamminarsi. Dovevo farmi perdonare, in ogni modo possibile. Così mi allontanai dal tavolo e mi incamminai verso la porta che avrebbe dovuto portare al garage. Maledizione che casa gigantesca. Era su tre piani, c'era gente che non avevo visto per tutta la sera. Ci perdevamo che era una bellezza. 
Così aprii quella maledetta porta che mi portò in una stanza quasi più grande del salotto stesso. Una ducati nera metallizzata vi era posteggiata in mezzo.
«Naturalmente.» borbottai, non rimanendo sorpresa. Me ne sarei aspettata quasi due.
Notai le casse di birra poggiate su un muretto non troppo in alto e mi fiondai. Mi sollevai sulle punte cercando di avvicinarne una con le dita ma la mia scarsa altezza si faceva sentire.
«Che cazz..» sbuffai.
Prima di poter pensare a una possibile soluzione, sentii qualcuno tapparmi la bocca con una mano e sollevarmi da terra. Mi dimenai il più possibile, agitando gambe e braccia.
«Sssh sono io! - sentii una voce familiare – sono io!»
Nel momento in cui mi voltò e mi appoggiò al muro, davanti ai miei occhi comparve la figura di Harry.
«Sei impazzito?» Gli urlai, una volta che tolse la sua fastidiosa mano dalle mie labbra.
«Era l'unico modo per parlarti senza che potessi scappare!»
«Non potrò scappare ma posso comunque urlare..» prima di poter alzare la voce mi ritappò la bocca con il palmo della mano. Continuai a dimenarmi, fino a stancarmi.
«Voglio solo che mi ascolti Hannah, ti prego!» mi supplicò. Io cercai di calmarmi e fissai i suoi grandi occhi scuri. A poco a poco smisi di fare forza e lasciai al suo corpo il compito di bloccarmi.
«Adesso ti lascio, ma promettimi che non scapperai via.» annuii. Lasciò per prime libere le mie labbra, poi le braccia e infine alzò il busto per liberare le gambe.
«Hai cinque minuti.» lo avvertii, massaggiandomi i polsi.
«Non potresti essere più elastica?»
«Sono diventati due.» sorrisi, strafottente.
«D'accordo. - si arrese – Mi dispiace per l'altra sera, non volevo fare del male a Liam ma diciamo che ho qualche problema nel gestire la rabbia e ci sono cose del mio passato che non sai e che purtroppo vorrei non si ripercuotessero nel mio presente ma più cerco di tenermi lontano e più ritornano..»
«Hai finito?» Gli chiesi.
«Si..» rispose incerto.
«Bene perchè non mi interessano le tue scuse, non mi interessa dove te ne vai la notte, non mi interessano le tue tresche, non mi interessano i tuoi incontri strani con gente losca, non mi interessa cosa fai, voglio solo che tu esca dalla mia vita, sei bravo a farlo.»
«Hannah!» mi rincorse, afferrandomi il braccio.
«Se provi di nuovo a toccarmi giuro che urlo così forte che mi sentirà anche la polizia.» lo avvisai.
Lui si arrese e fece scivolare la sua mano, lasciando la presa. Tornai in casa senza birra, presi la giacca dall'appendi abiti e fui decisa ad andarmene.
«Dove te ne vai?» Mi chiese Aria, barcollando.
«Questa festa è una palla, - spiegai – me ne torno a casa.»
«Non puoi tornare a piedi! - mi urlò lei – Hannah!»
La ignorai. Mi feci spazio tra la gente e una volta arrivata alla porta fui sollevata dal fatto di lasciarmi quell'odiosa musica e quell'odore sgradevole di fumo e alcool alle spalle. La strada era piena di macchina posteggiata in modi più bizzarri possibili. A poco a poco che camminavo sentivo la musica farsi sempre più lontana e anche il chiacchierio delle persone. In pochi minuti mi ritrovai nel silenzio più totale e in una luce fioca data solo da alcuni lampioni ancora funzionanti. Mi strinsi nelle spalle quando un brivido di freddo mi attraversò la schiena. Un venticello leggero mi accarezzò la guancia e in un attimo desiderai di trovarmi su un comodo divano con accanto un camino e magari una cioccolata calda tra le mani. Mi parve di sentire uno strano rumore e mi voltai di scatto alle mie spalle osservando una strada deserta e buia. Forse non era stata una buona idea tornarsene a casa da sola. Forse avrei potuto chiedere a Liam di accompagnarmi. Forse avrei dovuto aspettare la fine della festa come una normale adolescente.
Un altro rumore.
Voltai la testa alla mia destra e mi accorsi che si trattava solamente di un gatto che curiosava dentro un cassonetto della spazzatura. Ripresi a respirare. Tutto apposto.
O almeno pensavo..
«Ehi biondina, - una voce rauca mi richiamò alla sua attenzione – che ci fai in giro tutta sola?»
Non mi fermai. Feci finta di niente e continuai a camminare.
«Non ti ha sentita Roul, - si intromise un'altra voce – forse devi ripeterglielo.»
«Ehi! - questa volta il tono di voce si fece più forte e in un attimo una figura sconosciuta mi si piazzò davanti – non ti ha detto nessuno che è maleducazione non rispondere a una domanda così gentile?»
Sentii la puzza di alcool uscirgli dalla bocca. Alzai la testa per vedere di chi si trattava e mi ritrovai davanti un tipo con una lunga barba, capelli scombinati, giaccone lungo fino alle ginocchia, occhi persi..
«Mi hanno anche detto di non dare confidenza agli sconosciuti, quindi se vuoi scusarmi.» Feci per superarlo ma sentii la sua stretta forte sul mio polso.
«Non sei l'amichetta di Harry Styles?» mi chiese all'improvviso.
«Mi spiace, no.» negai io, indietreggiando.
«Roul non ti sembra lei? - chiese al suo compare – Quello stronzo pensa di essere il padrone del quartiere e se ne va in giro a dettar legge.» Si avvicinò a me e iniziò ad annusarmi i capelli. Rimasi immobile, con il cuore che batteva a mille. Paura. Tremavo di paura. Non c'era nessuno nei paraggi e nessuno mi avrebbe sentita.
«Penso che non gli dispiacerà se mi diverto un po' con la sua amichetta.» sorrise improvvisamente. Un sorriso ghiacciante. Un sorriso che mi fece trasalire. Così senza pensarci e presa dal panico, iniziai a correre. Li sentivo alle costole e sapevo che prima o poi mi avrebbero raggiunta per questo dovevo cercare di correre il più lontano possibile. Dovevo trovare qualcuno. Dovevo cercare aiuto. Il respiro iniziò a diventare pesante. Le gambe iniziavano a cedermi per il terrore. E poi accadde. Una scelta sbagliata. Una scelta sbagliata può cambiare completamente la tua vita. Se avessi preso la stradina di destra forse non mi sarei ritrovata in un vicolo cieco e invece, prendendo la stradina di sinistra, mi ritrovai proprio lì. Eccolo il vicolo cieco che stava per mettere fine alla mia vita. Un muro insormontabile. E mi fermai. Mi fermai e mi voltai. Inerte.
«Fine della corsa dolcezza.» Ed eccolo lì. Con il suo ghigno lì sulla faccia.
«Ti prego, - lo supplicai – lasciami stare.»
«Roul faccio subito, rimani lì.» Roul rimase distante, continuando a sorseggiare la sua birra. E io indietreggiavo sempre di più, fin quando non mi ritrovai con le spalle al muro.
«Non devi aver paura, - mi sussurrava all'orecchio – sarò velocissimo.»
«Ti prego no!» Urlai, mentre le lacrime cominciavano a scendermi.
Mi tappò la bocca con una mano e iniziò a slacciarsi i pantaloni.
Cercai di urlare, di dimenarmi.
«Sei così bella..» con l'altra mano scivolò sotto la mia maglietta, fino ai seni.
Morire. In quel momento volevo solo morire. Mi maledicevo per non essere rimasta alla festa. Per non essere rimasta con Harry, con Aria, con Liam..
E poi successe in un attimo. Roul cadde a terra con un tonfo prima che lo psicopatico potesse arrivare al suo scopo e dopo qualche secondo mi fu tolto di dosso.
«Pezzo di merda!» sentii.
Io scivolai a terra, stordita. Notai la figura di Zayn poco distante da me. Zayn? Lo stesso Zayn imbecille che mi tormentava? Che mi disgustava?
«Figlio di puttana! - e poi un'altra voce più acuta – Che cazzo volevi fare?!» Pugni. Calci. Colpi ovunque. In faccia, nelle costole, alle gambe, in faccia, di nuovo. Non era Zayn. Zayn lo aveva atterrato con un pugno ma qualcun'altro lo stavo letteralmente massacrando.
«Harry! - urlò Zayn – Harry basta!» Harry continuava a sferrare calci e pugni e Zayn cercava inutilmente di fermarlo.
«Harry basta lo ammazzi!» Urlò ancora Zayn.
Harry si fermò e fissò la sagoma inerte che giaceva per terra. Dopo averla fissata per qualche secondo, tornò su di me. Mi sollevò da terra e mi avvolse tra le sue braccia, trascinandomi fuori dal vicolo.
«Meglio non portarla a casa.» consigliò Zayn. Io avevo gli occhi persi nel vuoto e rimasi immobile tra le braccia di Harry.
«Zayn, - disse a un tratto – grazie.» Non so cosa rispose Zayn.
Chiusi gli occhi e lasciai che mi portassero dove ritenevano. Dopo quello che avevano appena fatto sarei andata con loro ovunque. Harry camminò per parecchio, fin quando non sentii il rumore di una porta aprirsi. Aprii gli occhi nel momento in cui mi adagiò su una superficie morbida e mi ritrovai in camera sua, sul suo letto. Mi tolse le scarpe, mi coprì con un caldo plaid e poi lo vidi sedersi sulla poltrona di fronte a me.
Rimase a osservarmi. Come se con il suo sguardo potesse proteggermi.
Come se fin quando lui era lì non poteva capitarmi niente di male.
E finii per abbandonarmi al sonno, con lo sguardo premuroso di Harry addosso.

 

Aprii gli occhi e mi ritrovai nello stesso letto,con gli stessi vestiti e nella stessa posizione.
Sentii il calore dei raggi solari sulla schiena e capii che era mattina. Harry era ancora lì sulla poltrona. Con la testa inclinata, gli occhi chiusi, la stessa giacca nera e il respiro affannato. Non doveva essersi mosso da lì. Era rimasto in quella posizione per tutta la notte, tentando di rimanere sveglio per sorvegliarmi ma il sonno aveva avuto sicuramente la meglio. Rimasi a guardarlo sorridendo alla scena. Non mi ero mai sentita così al sicuro in vita mia, neanche a casa mia e chi poteva mai pensare che mi sarei sentita protetta proprio accanto a lui? A quella persona che in questi ultimi anni avevo odiato, quasi dimenticato. La stessa persona che stavo cercando di evitare da quando si era ripresentato a Bristol. Ed ora eccomi lì. In casa sua, nella sua stanza, nel suo letto. Non entravo in quella casa da anni e nelle ultime settimane era come se ci fosse una qualche forza magnetica che mi spingeva sempre ad entrare.
Mi fermai sul suo viso. Aveva l'espressione stanca, segno di una notte insonne. La canottiera nera metteva in evidenza i pettorali e poi mi concentrai sulle mani. Erano viola, quasi nere. Le nocche tutte spaccate, con il sangue pestato. E in un attimo la scena della notte prima si fece viva nella mia testa. Mi alzai istintivamente, scesi in cucina facendo meno rumore possibile, e andai verso il frigo a prendere del ghiaccio. Mi accorsi solo poco dopo della figura di Adele fuori in giardino, occupata a stendere la roba bagnata. Tornai di sopra senza farmi vedere e mi inginocchiai ai piedi di Harry. Misi il ghiaccio dentro un panno e delicatamente lo poggiai sulle sue mani. Di scatto aprì gli occhi e rimase confuso e frastornato.
«Hannah..» farfugliò, cercando di aprire gli occhi a causa della luce che entrava dalla finestra.
«Dovevi mettere subito qualcosa qui, - dissi senza neanche guardarlo – le ferite devono guarire.»
Sentii nella testa le botte che continuava a dare alla figura inerte poggiata al muro. Il sangue che schizzava ovunque e Zayn che cercava di fermarlo. Cazzo Zayn. L'ultima persona che avrei mai immaginato mi potesse difendere.
«Hannah..» continuò lui.
«Sto bene. - alzai la testa per guardarlo e sorrisi – Grazie a te e a Zayn sto bene.»
«Avresti mai pensato di dirlo?» chiese lui, storcendo il naso.
«In effetti no, - osservai – mi tocca ringraziare anche quello scimmione.»
Ridemmo per un po' insieme, poi gli fasciai le mani.
«Adesso è meglio che vada, - mi alzai da terra – devo trovare una buona scusa perchè non sono rientrata stanotte.»
Harry mi seguì con lo sguardo, mentre mi infilavo le scarpe. Presi il telefono dalla borsa e subito mi accorsi delle 15 chiamate perse di mia madre e 7 di Aria.
Questa volta mi avrebbero ammazzata sulserio.
«Hannah..» fece di nuovo Harry.
«Possiamo non parlarne? Ti prego..» Lo supplicai.
Lui annuì e dopo mi prese la mano, conducendomi al piano di sotto.
«Hannah, - mi richiamò la voce allegra di Adele – non sapevo fossi qui.»
«Hannah deve tornare a casa mamma, - mi anticipò Harry – ma ha promesso che tornerà spesso a trovarci.»
Si voltò a guardarmi, sorridente. Rimasi incredula.
«Oh ti prego Hannah, vieni quando vuoi.» continuò Adele.
«Ma certo, - risposi sorridendo – tutte le volte che potrò.»
Prima di lasciarmi andare Harry mi osservò per vedere se fosse tutto apposto. Controllò la strada, nonostante la distanza tra casa mia e casa sua non fosse più di venti metri. Mi promise che avrebbe riposato e io gli promisi che sarei stata bene. Ma, era davvero così? Avevo gli occhi persi nel vuoto mentre tornavo verso casa. Nella mia testa vedevo solo sangue, pugni.. mi sentivo addosso mani sconosciute, mani che mi tenevano stretta ai polsi e me li massaggiai istintivamente.
Quando entrai in casa regnava il silenzio. I miei dovevano essere già usciti per andare a lavoro e ne fui sollevata. Un messaggio di Aria mi tranquillizzò e mi fece prendere un sospiro di sollievo.
Ho detto a tua mamma che dormivi qui perchè ti sentivi poco bene, ma dove cazzo sei?
Mi aveva scritto. Le avrei spiegato dopo.
Salii le scale a fatica e quando arrivai al piano di sopra fui grata del fatto che lui ci fosse. Bussai alla porta della sua camera e quando aprii fece un'espressione di sollievo.
«Ma dove sei stata? - mi chiese spaventato – Aria mi ha detto che non sapeva dove fossi!»
Non risposi. Gli occhi mi si riempirono di lacrime e tutto quel dolore che questa notte avevo chiuso dentro, venne fuori tutto in una volta. Piansi tanto. Raccontai a mio fratello la verità di quello che era successo e rimasi lì tra le sue braccia. E in un attimo avevo di nuovo 13 anni...


Andrà tutto bene.” mi ripeteva Louis all'orecchio.
Ma dove l'hanno portato?” continuavo a chiedergli io, stringendolo.
Starà bene. Staremo tutti bene”


 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** VIII ***



Ice on fire

capitolo 8

 

 

Ci sono io qui Hannah” continuava a ripetere Harry.
Me ne stavo lì in cima alla roccia, tremante.
Avevo seguito i ragazzi fino a una laguna e come loro, mi ero arrampicata sulle rocce con molta facilità, ma le mie vertigine non erano il massimo nella discesa.
Forza Hannah scendi!” mi urlò Louis. Erano rimasti solo lui ed Harry ad aspettarmi, gli altri se ne erano già andati da un pezzo.
Avevo solo 8 anni.
Come faccio a sapere che mi prenderai?” urlai a Harry.
Devi fidarti di me Hannah, sempre.”

 

Continuava a correre, ansimando.
Intorno a me il buio più totale e l'unico rumore era una voce alle mie spalle.
«Sarò velocissimo..» continuavo a sentire nella mia testa.
Lo sentivo alle mie spalle, vicino, troppo vicino.
E correvo. Non mi fermavo.
Non volevo essere presa. Non dovevo essere presa.
«Harry.. - sussurrai – Harry!»
Aprii gli occhi e mi ritrovai in camera mia,nel mio letto.
Ero un pezzo d'acqua.. il fiatone.
«Hannah! - Louis aprì di colpo la porta della mia stanza e si precipitò al mio fianco – Ho sentito l'urlo, stai bene?»
«Si, - risposi – era solo un incubo.» Guardai fuori dalla finestra cercando di pensare ad altro.
«Hai ricordato.. quella notte vero?» Domandò lui, incerto.
Io annuii.
«Sai sono un po' geloso, - disse a un tratto – che il primo nome che tu abbia fatto sia stato Harry e non il mio!»
Scoppiai a ridere e gli diedi scherzosamente una spinta e lui di rimando mi strinse tra le sue braccia.
«Grazie per non averlo detto a mamma e a papà..» dissi.
«Non lo farò, solo se mi assicuri che tu stai bene.»
Feci cenno di si con la testa.
«Dovrò ringraziare Harry, - disse infine alzandosi – però Hannah stai attenta, nasconde qualcosa.»
Lo guardai avvicinarsi alla porta e infine uscire.
Rimasi qualche minuto a fissare il muro, pensierosa. Cosa mai poteva nascondere Harry? Da quando era tornato avevo sempre pensato che il suo unico obiettivo fosse quello di ritornare il bullo del quartiere. Poteva esserci dell'altro?
Mi addormentai immersa in quei pensieri, ringraziando il cielo di non aver avuto altri incubi. Ma un altro incubo era in agguato. E me ne sarei resa conto proprio quella mattina.
«Hannah dobbiamo parlare!» Disse seria mia madre, seduta a capotavola.
«Devo andare da Aria, - presi un biscotto al volo – possiamo parlarne più tardi?»
«Hannah, - si intromise mio padre – siediti.»
Non ebbi il coraggio di ribattere. Mi sedetti di fronte mia madre, con mio padre che se ne stava in piedi, poggiato al lavello. Camicia e cravatta. Tutto in tiro.
«Tua madre ieri è andata a parlare con i tuoi professori..» iniziò mio padre.
«Cosa?!» strabuzzai gli occhi.
In tutti quegli anni scolastici, i miei genitori non avevano mai messo piede a scuola. I miei professori li conoscevano solo per nome dell'azienda, il resto era un mistero.
«Hannah la tua media sta scendendo, - proseguì mia madre – hai preso due C negli ultimi compiti, non puoi permettertelo!»
«Ho avuto solo un po' di difficoltà, tutto qui.» cercai di giustificarmi.
«Che ti sta succedendo? - continuò lei – Non sei mai andata così male come quest'anno e siamo solo all'inizio!»
«C'è tutto il tempo per rec..» provai a dire ma mio padre mi interruppe bruscamente.
«Ti hanno vista in giro con Harry Styles, è vero?»
«Oh mio dio non vorrai davvero mettere Harry in mezzo a tutto questo?»
«Rispondi a tuo padre Hannah.» mi incalzò mia madre.
«E' possibile che ci abbiano visto parlare, è inevitabile abitiamo uno di fronte all'altro!»
Stavo iniziando a contorcermi sulla sedia per via della rabbia. Non riuscivo a sopportare questi discorsi.
«Quel ragazzo è pericoloso Hannah, - mio padre mi puntò un dito contro – e io non permetterò a un teppista qualsiasi di rovinare il futuro di mia figlia.»
«Non è un teppista!» ringhiai.
«Vuoi andare ancora all'accademia di moda vero? - annuii – Bene allora dimenticati di Harry Styles!»
«Non puoi..»
«Devo essere più chiaro?» Mio padre sbattè talmente forte la mano sul tavolo che notai le dita diventargli subito rosse. Io sussultai allo schianto e lo guardai in modo cagnesco.
«Chiarissimo.» Dissi tra i denti.
Mi alzai dalla sedia e andai a prendere la giacca.
«Ma che succede?» mio fratello scese dalle scale e si guardò attorno, confuso.
«Cercano nuovi metodi per rovinarmi la vita.» Gli risposi io, aprendo la porta e sbattendola più forte di come aveva fatto prima mio padre con la sua stessa mano.

 

«E questo chi era?» indicai un bambino imbronciato in fondo alla foto.
«Tuo fratello Louis, - rispose Adele – era arrabbiato perchè aveva appena perso a mosca cieca.»
Ormai era da giorni che passavo i pomeriggi a fare compagnia ad Adele. Era questo il motivo per cui avevo messo lo studio da parte, era come se non fosse più una priorità. Per tutta la mia vita pensavo che la scuola fosse tutto. Studiavo, portavo a casa bei voti e riprendevo a studiare. Non avevo fatto altro per tutti questi anni e avevo paura di essermi persa tutte le cose che mi circondano. Come Adele ad esempio.
Alzheimer. Ecco come l'aveva definita Harry.
Mia madre soffre di Alzheimer, mi aveva detto.
Non può stare sola molto a lungo perchè c'è il pericolo che dimentichi di chiudere qualcosa come il gas per questo sono tornato, aveva aggiunto.
Ma come mio fratello, anche io avevo un sesto senso e Harry non mi aveva detto tutta la verità.
«Come hai fatto a recuperare queste vecchie foto?» le chiesi, osservando Harry a cinque anni su uno scivolo.
«Ho pregato Harry di farmele avere e lui le ha trovate, oh guarda, - prese un'altra foto dalla scatola – qui siete in spiaggia con Max.»
Presi la foto tra le mani e notai i corpi minuti e così vicini di me ed Harry.
Io tenevo Max in mano. All'epoca doveva avere poco più di sei mesi. Era appena arrivato.
«Dov'è andato Harry?» mi chiese, per la quarta volta.
«A prendere le tue medicine.»
Mi ero abituata ormai agli sbalzi di Adele. Era molto instabile.
C'erano momenti che sembrava avesse più memoria di me, altri in cui faceva fatica a riconoscermi. Mi piaceva passare del tempo con lei. La aiutavo con le faccende di casa, le leggevo qualche libro e mi insegnava qualche nuova ricetta. Ci divertivamo a riempirci di farina o sporcarci di cioccolata.
Mi raccontava sempre di Harry, di tutte le cose che aveva combinato da piccolo, molte delle quali ero già a conoscenza. A volte mi divertivo a prenderlo in giro e lui la rimproverava scherzosamente per averlo deriso così. Di suo marito non mi parlava mai. Ogni qual volta ci provava si rabbuiava. Entrava in una sorta di trance, come se nella sua testa stesse avvenendo una sorta di blackout. Una volta uscita, sorrideva e parlava di altro.
«Sono contenta che Harry ti abbia intorno.» mi disse a un certo punto.
Stavamo lavando i piatti.
«Non penso che lo noti.» risi.
«Mi parla spesso di te sai, - proseguì – ogni volta che entri in questa casa il suosguardo si illumina.»
«E cosa ti direbbe di me?» chiesi, ridendo.
Adele rimase in silenzio a fissare la schiuma tra le sue dita.
«Chi tesoro?» Blackout,appunto.
«Nessuno, - sorrisi – qui abbiamo finito.»
Mi asciugai le mani e nello stesso istante notai che Adele barcollò.
«Adele, - mi precipitai al suo fianco – tutto bene?»
«Sono molto stanca Hannah..»
«Vieni, - la aiutai a camminare – andiamo a riposare.»
La accompagnai di sopra,la aiutai a togliere le pantofole e le rimboccai le coperte. Le lasciai la solita lucetta accesa sul comodino e la vidi prendere sonno in un attimo. Scesi di sotto e dopo aver finito di pulire la cucina, mi sdraiai sul divano ad aspettare Harry. Misi la televisione su un canale qualunque, passò poco che mi addormentai.
«Hannah..» sentii sussurrare.
Delle labbra calda mi toccarono la fronte e aprii gli occhi.
«ehi..» sussurrò Harry, a un palmo dal mio viso.
«ehi..» sorrisi io di rimando.
«Grazie per aver fatto compagnia a mia mamma.» mi disse, come ogni giorno.
«Grazie per non avermi cacciata di casa.» risposi.
Ridemmo insieme e poi lui si sedette accanto a me sollevandomi le gambe e mettendole sulle sue.
«Dove sei stato?» gli chiesi a un tratto.
«A prendere le medicine a mia mamma.» rispose lui, cambiando canale.
«E poi..?»
«E poi basta Hannah.» tagliò corto.
«Tutto questo tempo per delle medicine?» mi misi seduta e lo guardai incredula.
«Davvero dobbiamo parlarne di nuovo?» inarcò un sopracciglio.
«Va bene vorrà dire che quella torta la mangerò da sola.»
«Torta? - gli occhi gli si illuminarono – Dammi la torta!»
Mi acchiappò prima che potessi alzarmi e iniziò a riempirmi di solletico. Risi. Fino a scoppiare. Fino a sentirmi male. Fino a cedere. Uscii la torta al cioccolato dal forno e la mangiammo quasi tutta. Ne lasciammo un poco per Adele, anche se eravamo sicuri non l'avrebbe toccata. Mangiava pochissimo, era dimagrita molto.
«Posso prenderla?» Chiesi a Harry, mostrandogli la foto di noi due e Max.
«Certo.» sorrise a vederla.
«Ci vediamo domani?» gli chiesi, infilandomi la giacca.
«I tuoi sono d'accordo che vieni qui, vero?» mi chiese.
«Ovviamente, - mentii – perchè non dovrebbero?»
«Mi stai dicendo la verità?»
«E tu?» Gli chiesi, sulla porta.
«Buona serata Hannah.» mi disse, ridendo.
«Buona serata Harry.» risposi io, ammiccando.
Feci la strada di ritorno con il sorriso e fissando la foto tra le mani.
L'avrei tenuta nascosta, in camera mia. Nessuno l'avrebbe mai vista.
L'avrei nascosta come un cimelio, come la cosa più cara che avevo.
«Siamo di buonumore.» sussultai.
Ebbi una paura immensa, ma il mio cuore si calmò quando vidi Liam.
«Liam.. - dissi guardandomi attorno – che fai qui?»
«Non avevamo un appuntamento?»
«Stasera?» sgranai gli occhi. Possibile che lo avessi dimenticato?
«Bè in realtà no, - fui sollevata – ma visto che sono qui..»
Mi sorrise. Jeans, camicia e giacca. Non era mai stato così bello.
E improvvisamente ci fu una lotta dentro me. Mi guardai indietro e vidi la tenda della cucina della casa di fronte scostarsi velocemente, come se qualcuno stesse guardando. Forse lo avevo immaginato, forse no. Poggiai la foto sul petto, come se tenessi Harry vicino al cuore e guardai Liam. Glielo avevo promesso. Un'uscita.
«Dammi un attimo.» dissi infine.

 

Ce l'hai fatta!”
Mi buttai tra le braccia di Harry e toccai il suolo, salva.
Mi hai presa!” dissi.
Ti devi fidare sempre di me.” rispose lui, sorridendomi.
 

 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** IX ***



Ice on fire

capitolo 9

 

 

«..e ricordi quella volta che hai costretto me e Louis a vestirci da donna?» continuò Liam.
«Era per una buona causa! - mi giustificai – Mi servivano altre due superchicche!»
Liam mi aveva portata a mangiare una pizza da Pizza's Planet e per tutta la sera avevamo ripescato episodi del passato che raccontavano le avventure che avevamo avuto da piccoli. Dovevo ammettere che stavo passando davvero una bella serata ed era da tanto che non mi succedeva. Mi ero sempre trovata bene con Liam ma l'avevo visto sempre e solo come un amico, quasi come un fratello, e adesso trovarmelo a un appuntamento.. mi sembrava molto strano.
«E' il sogno di tutti i ragazzi mettere un gonnellino e farsi colorare i capelli di verde.» pensò, addentando l'ultimo pezzo di pizza.
«Eravate un'amore!» dissi io.
Il mio piatto era già vuoto da un po'. Liam sapeva quanto amavo la pizza in quel posto e ogni volta che avevo l'occasione di andarci, era come se tornassi la piccola Hannah cicciottella e mangiona di un tempo.
Parlammo di tutto.
Ordinammo anche una seconda pizza.
Il tempo passò velocemente.
«Che ti è successo per ora?» Mi chiese a un tratto.
«In che senso?»
«E' come se fossi sparita, non ti si vede più in giro.»
Aveva ragione.
Il fatto è che trascorrevo la maggior parte del tempo ad aiutare Adele. Mi piaceva trascorrere il tempo con lei, visto che a casa mia era quasi sempre vuota. Avevo messo da parte anche l'organizzazione del ballo, permettendo a Melissa di organizzare, chiedendo sempre la mia approvazione, i preparativi. Dedicavo poco tempo anche ad Aria.
Non sapeva niente delle mie visite a casa Styles. Nessuno ne era a conoscenza.
«Sono stata molto impegnata.» Risposi, mentre mi stringevo nelle spalle.
Avevamo intrapreso la strada del ritorno e il freddo iniziava a farsi sentire.
«Piccola donna di mondo, - scherzò – sono sicuro che riuscirai in tante cose nella vita.»
«A meno che Melissa non cerchi di superarmi anche lì.» risi.
«Tutta la scuola sa che sei la migliore nell'organizzazione del ballo e a proposito, - prese un respiro – pensavo che potessimo andarci insieme, da amici insomma.»
Il suo imbarazzo mi fece sorridere. Liam era stato sempre impacciato con le ragazze, a differenza di Harry. Ma apprezzavo questo suo lato.
«Non hai qualche bellissima cheerleader da invitare?»
«Oh no, - arrivammo alla porta di casa – ho smesso.»
Aveva avuto una fidanzata qualche anno fa. Bertha Mason.
Era caposquadra delle cheerleader, rossiccia, piccole lentiggini sul naso.. Apparentemente poteva sembrare una ragazza davvero adorabile. Ho detto apparentemente.
Fu mandata in collegio per aver bruciato i capelli a una studentessa, tra le tante cose.
«Ne sono felice, - pensai a una risposta da dare – quindi vorresti venirci con me da.. amici?»
«Certo!» Urlò quasi. Vidi le sue guance andare a fuoco e come era di solito fare quando era imbarazzato, portò un braccio dietro la testa.
«Allora va bene, andremo al ballo insieme.. da amici.» Ripetei.
«Perfetto! - lo vidi indietreggiare e inciampare nell'ultimo scalino, per poi riprendere a camminare – Buonanotte Hannah.»
«Buonanotte Liam.» Risi ancora per la scena e lo guardai andare verso la macchina.

 

«Dove stai andando?» Mi chiese improvvisamente Louis, precipitandosi nella mia stanza.
«Da Aria, - dissi velocemente – come sempre.»
«Vorrei venire anche io..»
Mi bloccai, guardandolo confusa.
«Da Aria?»
«No Hannah, - rispose – vorrei accompagnarti a casa di Harry.»
Rabbrividii.
Non era una novità che mio fratello fosse intelligente. Ero riuscita a mentire a mia madre e a mio padre per settimane, e nessuno dei due sospettavo di nulla.
«Cosa ti fa pensare che vada da Harry?»
«Credi che sia idiota come mamma e papà?»
Beccata.
Fui costretta a dirgli tutto. Sulle mie visite a casa Styles, sulla malattia di Adele. Louis ascoltò tutto con attenzione, annuendo. Facendo qualche smorfia a volte, ma non cambiò la sua decisione. Uscimmo insieme da casa e arrivammo in poco nella casa di fronte.
«Sei ancora sicuro vero?» Gli chiesi, poco prima di bussare.
«Per la quarta volta, - sbuffò – si Hannah.»
Quando ne fui convinta, bussai e dopo qualche secondo Harry aprì la porta.
«Ehi..» disse.
Rimase a fissare imbambolato Louis.
«Ciao Harry, - disse mio fratello – possiamo parlare un attimo?»
«Io raggiungo Adele, - dissi entrando – a dopo.»
Li lasciai da soli e Harry chiuse la porta alle sue spalle. Rimasi per un po' a guardarli dalla finestra, fin quando Adele attirò la mia attenzione.
«Tesoro, - disse debolmente – non ti ho sentita.»
Era peggiorata negli ultimi giorni. Era sempre più stanca, dormiva per giornate intere e a volte Harry era terrorizzato al pensiero che non si svegliasse più. I blackout erano aumentati e ormai passava la maggior parte del tempo seduta in poltrona o a letto.
«Credo che Louis e Harry stiano facendo la pace.» mi avvicinai, sorridendo.
«Ero sicura che la facessero, - mi sorrise con fatica e mi sfiorò una guancia – ho una cosa per te.»
«Cosa?»
«Lì.. c'è una cassetta.» Mi indicò una videocassetta con le ultime forze che aveva.
Mi allungai per prenderla e sull'etichetta lessi “Matrimonio Hannah e Harry”.
«Adele, - dissi – che significa 'matrimonio'?» Ma quando mi voltai Adele si era già addormentata.
Sorrisi a vederla ma poi tornai a fissare perplessa la videocassetta. Senza pensarci più di tanto inserii la videocassetta nel videoregistratore e attesi. All'inizio lo schermo era nero, tanto che pensai che dopo tanti anni si fosse rotta, ma poi..
Siete pronti? La figura di mio padre apparse sullo schermo. Era in un giardino, forse il nostro, e teneva in mano un grosso libro.
Eccomi papà! L'immagine era fin troppo movimentata, forse Louis ne era il responsabile. Puntò la videocamera su una bambina bionda, con un vestitino bianco. Ero io.
Come sta lo sposo? La voce di mio fratello risuonò nella stanza e l'immagine cambiò, puntando su un ragazzino riccio, in smoking.
Ora ricordavo.
Io avevo 6 anni e lui 9.
Ci eravamo sposati in un sabato pomeriggio, con il sole che illuminava il quartiere, con mio padre prete, Max vicino a Harry come testimone.. Mia mamma aveva preparato un delizioso banchetto e Adele era indaffarata nel sistemarsi la coroncina di fiori che mi aveva gentilmente aiutato a fare. Come era bello. Come era tutto tranquillo e.. sereno.
«Hannah..» sentii Adele sussurrare.
«Si?»
«Lui.. è un bravo ragazzo..» mi disse.
«Lo so Adele.»
«Lui.. non è colpa sua.» continuò.
«Che vuol dire non è colpa sua?» Chiesi.
Adele cercò di parlare, di dirmi qualcosa, ma poi riconobbi quell'espressione e capii che ormai aveva già dimenticato cosa mi aveva detto.
«Cosa cara?» mi chiese, poco dopo.
«Niente..» risposi, delusa.
La aiutai a salire sopra e sistemarsi a letto, e quando tornai di sotto Harry entrò dalla porta.
«Come è andata?» Chiesi.
«Siamo sulla buona strada.» mi rispose lui, sorridendo.
«Tua mamma sta riposando, ho pensato che potremmo..»
«In realtà ho un appuntamento, - mi bloccò – e tu mi accompagnerai.»
«Che appuntamento?»
«Vedrai, - mi disse sorridendo – ti piacerà.»


Avevamo preso la moto.
Come sempre c'era freddo, ma cercai di non farci caso.
Ci mettemmo un po' e solo all'ultimo mi resi conto di essere sul ponte di Bristol.
Vidi Zayn e tutti gli altri fermi ai bordi della ringhiera che ci aspettavano.
«Ce l'avete fatta.» esordì Zayn.
«Chi è stato il primo?» Chiese Harry.
Scesi dalla moto slacciandomi il casco e scrutai la situazione. A terra c'erano delle corde, dei grossi ganci e una sorta di imbracatura.
«Nessuno ancora ha avuto il coraggio, - continuò Zayn – aspettavano tutti te.»
Osservai gli sguardi incerti dei ragazzi e mi ci volle un attimo per capire.
«Un momento, - dissi – avete intenzione di buttarvi con quello?» indicai il grosso elastico che penzolava giù dal ponte.
«Ci butteremo.» mi corresse Harry.
«Io non ho nessuna intenzione di buttarmi giù!» protestai.
«Cosa c'è la biondina ha paura?» mi prese in giro Niall.
Rabbrividii a quel 'biondina', ricordando la notte della festa.
«Niall, - intervenne Zayn – sta' zitto.»
Da quando Zayn mi aveva salvata da quell'uomo era diventato più gentile con me, o comunque non passavo più il suo tempo a prendermi in giro.
«Hannah non è pericoloso ed è divertentissimo.» mi incoraggiò Harry.
«Partendo dal presupposto che soffro di vertigini, - dissi sicura – non farò mai una pazzia del genere.»
«Hannah, - Harry mi si piazzò davanti – ti fidi di me? Ci butteremo insieme.»
Non so cosa successe.
Saranno stati i suoi occhi, il suo tono confortante, le sue parole.. mi ritrovai oltre la ringhiera, legate con centinai di moschettoni ad Harry. Stavamo uno di fronte l'altro e aspettavamo il momento per lanciarci.
«Dimmi quando sei pronta.» mi disse.
«Non so se lo sarò mai.» guardai giù.
Mi venne subito un capogiro e Harry mi strinse.
«Hannah devi stringerti a me, capito?»
Harry mi strinse con entrambe le braccia e i nostri nasi quasi si sfiorarono. Il cuore andava a mille, non so se per via della fifa o per lui.
«Ok, - dissi chiudendo gli occhi e tenendolo dalla maglia – vai!»
Harry contò fino a tre e in un attimo sentii il vuoto. Il cuore mi salì in gola e urlai a più non posso. Non erano solo urla di paura, c'era spazio anche per le risate, urla di gioia.
Ce l'avevamo fatta.
Appena arrivati già in fondo al lago, Harry sfiorò la superficie dell'acqua e l'elastico ci riportò su. Penzolavamo a testa in giù e non riuscivo a smettere di ridere.
«Tutto bene?» mi chiese lui.
«Benissimo.»
Lo guardai negli occhi. Anche a testa in giù era bellissimo. Mi venne la pelle d'oca a guardarlo e appoggiai la testa sulla sua fronte. Sfiorai il suo naso con il mio e sentii le sue mani stringermi al suo petto. Eravamo vicini, fin troppo. Le nostre labbra quasi si sfiorarono ma improvvisamente lui creò la distanza, portando la testa indietro.
«Qualcosa non va?» chiesi.
Mi accarezzò una guancia con la mano e fece dei piccoli cerchi sullo zigomo con il polpastrello. Sentivo le altre dita dietro il collo e non capivo perchè non si avvicinava.
«Ehi piccioncini, - gridò Zayn da sopra – dovreste sganciarvi.»
«Cosa?» Chiesi allarmata.
Ma prima che Harry potesse rispondermi, sganciò il moschettone ai nostri piedi e ci lasciò cadere con un tonfo in acqua. Ci recuperarono con un motoscafo, ci riscaldammo con una coperta abbastanza pesante e quando fummo abbastanza asciutti tornammo a casa. Harry mi si fermò davanti al suo garage, i riccioli ancora bagnati appiccicati sulla fronte.
«Dovremo rifarlo.» dissi.
«Vorresti davvero rifarlo?» mi chiese.
«Se ci sarai sempre tu a tenermi, si.» arrossii.
Harry sorrise e poi diventò serio. Guardò velocemente l'orologio.
«Ho.. una cosa da fare.» disse velocemente.
«Cosa?»
«Una cosa, - tagliò il discorso – ci vediamo domani?»
«Domani non posso, - mi tolsi il casco – vado al ballo della scuola con Liam.»
Rimase per un po' a guardarsi le scarpe.
«Con Liam?»
«Si sai, - dissi – so che queste cose non fanno per te ed era inutile chiedertelo.»
«Hai ragione, - alzò lo sguardo – se me l'avessi chiesto non sarei venuto. - Montò nuovamente sulla moto – Ci vediamo.»
Lo guardai andare via e cercai di pensare ai possibili posti in cui potesse andare. Stava andando a comprare stupefacenti? Erba?
Non è colpa sua..”
Le parole di Adele mi risuonarono nella mente. Cosa voleva dire? Cosa era successo? Divertente. L'unica persona che poteva rispondere a queste domande, dimenticava le cose. Avrei potuto provare a chiederglielo, non so con quali risultati.
Mi incamminai verso casa, rabbrividendo. Avevo ancora i capelli umidi e la testa congelata. Quando arrivai alla porta sentii un rumore alle mie spalle e mi voltai di scatto. Guardai i cespugli, gli alberi. Non c'era nessuno.
«Hannah? - Louis aprì la porta – Tutto bene?»
«Si, - risposi – mi era solo sembrato di aver sentito qualcosa.»

 

---------------------------------------------------------------

 

Buonasera a tutti :)
Era da un po' che non scrivevo un mio personale commento. Che dire, sono felice che ancora oggi molta gente continua a farmi i complimenti per 'Amici di letto'. Non pensavo che la mia storia potesse avere così tanto successo. Grazie di cuore.
Spero che questa storia venga apprezzata allo stesso modo, visto che come quella precedente, ci sono molto affezionata :)
Spero di non deludervi e di potervi regalare tante emozioni.
Un bacione!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** X ***



Ice on fire

capitolo 10

 

Sabato pomeriggio.
Tra poche ore ci sarebbe stato il ballo di inizio anno. Avevo passato tutta la mattina insieme ad Aria a fare compere. Dovevamo cercare il vestito giusto, mi aveva detto, ma io avevo la mente altrove. L'avevo fatta contenta solo perchè glielo avevo promesso tempo prima e infatti, finsi di esserne entusiasta. Così dopo essere entrata in una decina di negozi, dopo aver visto centinaia di vestiti, scegliemmo un tubino nero per lei e uno nero di pizzo per me.
Per tutto il tempo Aria mi interrogò, chiedendomi il perchè fossi scomparsa, dove passassi tutti i pomeriggi. Feci la vaga, e dopo un po' decise di smetterla. Capì che le avrei detto qualcosa solo quando avrei voluto. E così, dopo averla accontentata per l'abito e averla riaccompagnata a casa, andai a correre. Per fortuna quel pomeriggio non faceva tanto freddo e mi dedicavo alla corsa giornalmente ormai, dopo essere dimagrita. Diciamo che Adele mi rubava un sacco di tempo, cosa che non mi dispiaceva affatto, e quindi quando avevo un attimo di tempo ne approfittavo.
Cuffiette e ipod.
Suonava All this time dei One Republic.
All this time i was waiting for you..”
La casa di Harry aveva le tende tirate e potevo scorgere Adele sulla poltrona del salotto. Sorrisi a vederla ma poi tolsi le cuffie dalle orecchie e andai verso casa. Appena aprii la porta venni invasa da un buonissimo odore di dolce. Guardai il salotto confusa, seguendo l'odore fino in cucina.
«Mamma?» chiesi confusa, vedendola vicino al forno.
«Oh ciao tesoro, - mi rispose – come è andata la corsa?»
«Come sempre, ma che stai facendo?»
La vidi aprire il forno ed uscire una teglia rotonda. All'interno vi era una torta, con delle mele tagliuzzate in superficie.
«Ho pensato che ad Adele piacerebbe.» disse.
Rimasi frastornata.
«Cosa?» domandai.
«Ho pensato che Louis può portargliela più tardi.» continuò lei, ignorando la mia perplessità.
«Come fai a saperlo..»
«Hannah, - stranamente aveva un tono dolce – credi davvero che una madre non sappia cosa stanno tramando i suoi figli?»
«Mamma mi dispiace ma Adele sta davvero male e..»
«Lo so, - mi interruppe – Louis mi ha spiegato tutto.»
Si avvicinò a me e mi prese le mani, rassicurandomi.
«Pensavo ti arrabbiassi..»
«Come potrei arrabbiarmi con due figli così premurosi? Credi che abbia dimenticato quanto Adele sia stata dolce con tutti noi?» mi sorrise.
«Grazie! - la strinsi forte – Ma se papà lo scoprisse..»
«Non succederà, - mi rispose lei guardandomi – e se dici che Harry è un bravo ragazzo ti credo.»
Le sorrisi anche io e poi la aiutai a mettere la torta in un vassoio. Quando finimmo mia madre prima mi diede un altro abbraccio e poi salì di sopra.
«Dolce?» domandò mio fratello, arrivando al piano di sotto.
«Come ha fatto a scoprirlo?» gli domandai.
«Conosci mamma..» Louis prese un po' di cioccolata dallo sportello e ne mangiò un po' 
«Fai promettere ad Harry di chiamarmi se succede qualcosa.»
«Certo, ma tu pensa a divertirti.» mi diede un bacio in guancia.
Come non potevo divertirmi? Avevo aspettato questo momento da tanto. Il ballo di inizio anno. Che, ironia della sorte, per me era l'ultimo. Avevamo decorato la palestra della scuola per l'occasione, con stelle e lune di cartone che penzolavano dal soffitto. Luce soffusa. Il tema “Al chiaro di luna” sarebbe stato perfetto. Ma stranamente quell'anno non avevo voglia di balli, incoronazioni, festeggiamenti. In realtà non avevo proprio voglia di tutto quello che avevo sempre avuto fino a quel momento. Tutto ciò a cui riuscivo a pensare era Adele e Harry. Quel ragazzo nascondeva sicuramente qualcosa. A partire dal fatto che si incontrava con gente losca per comprare chissà cosa; ogni volta che ci facevamo più vicini diventava strano. Si staccava e metteva le distanze. Era sempre sulle sue, si guardava le spalle, come se da un momento all'altro qualcuno potesse colpirlo. E poi aveva sempre questa mania di fare a pugni. Qualsiasi cosa succedeva. Bastava una parola di troppo, uno sguardo sbagliato e lui ti metteva KO con un gancio destro. Mi meravigliavo che nessuno sporgesse denuncia. Per non parlare del fatto che se gli chiedevi qualcosa sul suo trascorso al riformatorio si precipitava a cambiare discorso. Non parlava mai di ciò che provava, di quello che sentiva. Era come se avesse un muro. Insormontabile.
«Ciao Aria.» non mi accorsi che avevano suonato alla porta e sentii mio fratello aprire.
«Oh, ciao Louis.» sentii la mia amica imbarazzata. Come sempre quando vedeva mio fratello. Si trasformava in uno struzzo ubriaco. Balbettava e iniziava a dire cose strane.
«Buon ballo.» Louis prese la torta e addentò un biscotto.
«Louis, - lo fulminai – me lo hai promesso.»
«Stai tranquilla.» fece un cenno di saluto con la mano e uscì.
«Dove va?» mi domandò Aria.
«A portare la torta a mio padre, - mentii – una sorpresa di mia madre.»
Lavai le ultime cose in cucina e prima che potesse replicare la trascinai per un braccio su nella mia stanza per iniziare a prepararci.

 

Ci infilammo i vestiti e ci truccammo. Aria passò la maggior parte del tempo a dire quanto fossero stupendi i vestiti ma che se gli avessi disegnati io sarebbero stati migliori. Fui felice di quel complimento ma non disegnavo un vestito da giorni, e tenevo il blocco da disegno chiuso nel cassetto. Forse avevo perso la fantasia, il tempo.. disegnare vestiti mi sembrava così sciocco adesso.
«Liam rimarrà estasiato!» esclamò la mia amica, guardandomi.
«Non esagerare.» replicai.
«Come pensi che sia questo Lucas?»
Avevo detto a Liam che ancora nessuno aveva invitato Aria al ballo e mi dispiaceva andarci senza di lei, così lui senza farselo ripetere due volte, trovò immediatamente un ragazzo per lei. Mi promise che fosse un bravo ragazzo, molto carino e alla portata di Aria – se fosse mai possibile esserlo.
«Sarà fantastico.» presi la borsa e le feci cenno di scendere al piano di sotto.
«Eccole.» sentii gioire mia madre.
Scendemmo le scale e notai i miei genitori in piedi, entusiasti, con in mano una macchina fotografica.
«Sorridete!» ci incitò mio padre, scattando una foto.
Il flash mi annebbiò la vista e pregai di smetterla.
«Papà perfavore..»
«Avanti Hannah sorridi.»
Mio padre continuò a fotografarci, da vero paparazzo.
«Avanti papà così le sciupi.»
Louis ci raggiunse al piano di sotto e mi scoccò un bacio sulla guancia sussurrandomi un 'sei bellissima'. Sorrisi.
«Oh tesoro, - mia madre si commosse – sei così bella!»
«Mamma ti prego!» andai ad abbracciarla.
«Genna tesoro..» brontolò mio padre.
«Basta basta, - mia madre sciolse l'abbraccio – siete entrambe bellissime ma meglio che andiate.»
In quel momento suonarono alla porta. Louis andò ad aprire e Liam apparve sulla soglia.
«Ehi Liam.» disse mio fratello.
«Ciao Louis, - rispose lui – questo è Lucas.»
Un ragazzo moro accanto a lui si presentò a mio fratello e notai lo sguardo di Aria emozionato e scintillante. Neanche lei credeva al fatto che il suo accompagnatore fosse quasi più bello del mio.
«Riportala a casa per mezzanotte Liam.» lo avvertì mio padre.
Lo fulminai con lo sguardo e raggiunsi mio fratello che teneva la mia giacca.
«Non è Harry Styles, - iniziò – però non è male.»
«Grazie per la precisione Louis.» dissi sarcastica, infilandomi il giacchetto.
«Figurati.» rispose lui.
Raggiunsi gli altri fuori dalla porta e ci incamminammo verso la macchina. Diedi una veloce occhiata alla casa di fronte e notai le luci accese e la moto di Harry nel vialetto.
Se me l'avessi chiesto non sarei venuto. Idiota.
«Sei bellissima stasera Hannah.» disse a un tratto Liam.
«Grazie, - sorrisi – anche tu lo sei.»
E lo era davvero.
Aveva lo smoking, cravatta nera, capelli alll'indietro fatti con il gel. Sembrava di essere in un film con John Travolta.
«Non è che ieri non lo fossi, - iniziò a farfugliare – lo sei sempre non mi fraintendere ma stasera più del solito.»
«Anche tu stasera lo sei più del solito.»
Risi del suo imbarazzo, come sempre. Non ridevo per cattiveria, ero davvero contenta che Liam si imbarazzasse ancora per queste cose.
Mi voltai e vidi Aria e Lucas parlottare tra loro e ne fui felice. Poteva essere davvero una bella serata e sicuramente ce la saremmo spassata.

 

Stelle e lune di cartone penzolavano dal soffitto.
Stelle e lune fosforescenti illuminavano le pareti.
Un cielo stellato splendeva sul soffitto.
Al chiaro di luna.
La palestra era scomparsa. Non eravamo a scuola, eravamo all'aperto in una calda sera di agosto, con il cielo limpido in cui ti puoi anche specchiare. La gente che balla sorridendo, si sussurra segreti all'orecchio, si scambia qualche bacio in più e qualche bacio in mano. Ci sono sguardi, amori che sbocciano, amori che crescono. Persone che si innamorano per la prima volta, amori persi e ritrovati. E c'è la melodia di quella canzone che ti ricorda il tuo primo bacio, il tuo primo amore, la tua prima volta, il tuo primo cuore spezzato. Quella canzone che ti ha segnato, quella canzone che ti fa sognare, ti fa desiderare di arrivare più in alto, che ti fa credere di poter toccare il cielo con un dito. No, non siamo in una palestra. Siamo sotto il chiaro di luna e lei ci spia, ci osserva tra le stelle. E' dispettosa perchè ci fa innamorare di persone sbagliate, ride dei nostri errori, ma quando arriva quello giusto sa regalarti l'atmosfera più bella che tu possa desiderare. E se ne sta lì, compiaciuta. E tu la guardi, in tutto il suo splendore, nella sua luce soffusa, pensi che ti stia sorridendo, alzi un pollice, chiudi un occhio, e ti rendi conto che in qualsiasi posto sei non è mai più grande del tuo dito. E ti viene da ridere perchè sai che in realtà la luna ha ben altro a cui pensare. Deve pensare alle maree lei, agli umori delle persone.. non ha tempo per te, per la tua storia, per il tuo amore. E in quel momento lui ti prende le mano e capisci che ci deve essere qualcosa di più grande a questo mondo, che le cose non succedono per caso. E la luna è lì. Ti guarda da sottecchi e anche se tu pensi che lei si faccia gli affari suoi, in cuor tuo sai che veglia su di te e sul tuo amore. 
«Hannah questa volta hai superato te stessa» esordì Aria, guardando con gli occhi luccicanti la sala decorata.
Anche io ero stranamente soddisfatta di quello che avevamo fatto però dovevo ammetterlo, gran parte del merito era stato di Melissa.
«Melissa, - la fermai vedendola passare – hai fatto un ottimo lavoro.»
Lei mi sorrise e riprese a camminare. Ci siamo sempre detestate, mai capite, ma in realtà forse eravamo più simili di quanto pensassimo.
Suonava Dancing with the moonlight, dei Toploader. Quale altra canzone poteva esserci se non questa? Io e Liam andammo verso il buffet e iniziammo a mangiare qualcosina. C'erano stuzzichini di ogni tipo e ponch a non finire.
«Sicura di non essertene pentita?» mi chiese lui a un tratto.
«Su cosa?» bevvi un sorso di spumante.
«Venire al ballo con me, - continuò – magari preferivi qualcun'altro.»
«Se avessi preferito qualcun'altro ci sarei andata con qualcun'altro.» Posai il bicchiere ormai vuoto sul tavolo e soddisfatto della mia risposta, mi seguì in pista. Iniziammo a ballare insieme ai nostri compagni e notai Aria e Lucas fare delle giravolte non molto distanti da noi.
«Sembra carino il tuo amico.» alzai il volume della voce.
«Te l'avevo detto.» mi rispose lui.
Mi afferrò un braccio e iniziò a farmi girare come una trottola sulle notte di un rock and roll. Iniziai a ridere, divertita, per la prima volta senza pensare a niente. Mi sentivo come una trottola, una di quelle di legno che lanciavi con il filo. Mia nonna mi regalò la sua quando ero più piccola e non smettevo di guardarla fin quando non smetteva di girare. E sognavo tante volte di essere come lei, di girare senza sosta, senza avere male alla testa. Ma non ero una trottola, quindi Liam dovette smetterla con le giravolte.
«E che ne dite di un bel lento?» annunciò a un tratto il dj.
Partì Let her go, di Passenger.
Liam mi strinse a se e io portai le braccia al suo collo. Sentivo la sua mano destra sul mio fondo schiena e provai un brivido. Lui appoggiò le labbra sulla mia fronte e il mio naso sfiorava quasi il suo collo e potevo sentire il suo profumo. La canzone accompagnava i nostri passi e la pista divenne un enorme piazza di coppiette avvinghiate l'una all'altra. Stavo bene. Stavo benissimo. Nessuna complicazione, nessun pensiero. Era tutto così semplice.
E poi quello. Sentii vibrare la borsa e sbuffai al pensiero del mio telefono che suonava.
«Non rispondere.» mi sussurrò Liam.
Ma prima che potessi ribattere lessi sullo schermo Harry.
«Scusa..» mi scusai imbarazzata con Liam e scappai fuori dalla sala per poter rispondere.
«Ehi! - portai il telefono all'orecchio – tutto bene?»
Hannah non so che fare, non so chi chiamare!
Confusione assoluta. Sentivo Harry singhiozzare dall'altro lato, terrorizzato.
«Harry che succede?»
Mia madre Hannah, è successo tutto all'improvviso..
«Harry mi stai spaventando, dove sei?»
Al Central Hospital
«Va bene tu stai tranquillo io sto arrivando ok?»
Chiusi la chiamata con ancora il cuore in gola e quando mi voltai trovai Liam.
«Tutto bene?» mi chiese.
«Liam puoi prestarmi la tua macchina? E' un'emergenza!»
«Ti accompagno io..» si offrì.
«No! - non volevo che tutti sapessero di Adele – Non posso parlartene, ti prego..»
«Riguarda Harry vero?»
«Non è come credi, - mi difesi – è davvero urgente.»
«Certo.»
Mi lanciò le chiavi senza neanche guardarmi in faccia e lo vidi girare i tacchi e rientrare in palestra. Non avevo tempo per questo. Era successo qualcosa ad Adele ed Harry era sconvolto. Avrei pensato a Liam più tardi.


----------------------------------------------------------------------

 

Ehilà :)
Come state? Io ho l'influenza e mi sento malissimo ç_ç
Oggi riprendo la palestra quindi domani sarò tutta rotta!
A parte questo, spero che il capitolo vi piaccia. Cosa pensate sia successo ad Adele?
Baci

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** XI ***



Ice on fire

capitolo 11

 

Iniziai a correre. Non mi importava della strada, dei semafori rossi.. i singhiozzi di Harry mi risuonavano ancora nelle orecchie. Cercavo di non pensare alle peggiori delle ipotesi, il solo pensiero mi metteva i brividi, mi spezzava il cuore. Adele non poteva essere morta. Non così, non adesso. Doveva vedere suo figlio diventare l'uomo che aveva sempre sognato di essere, doveva vederlo su un altare accanto alla donna amata, vederlo giocare con i suoi figli, vederlo commettere degli errori come genitore, consolarlo. No, non poteva morire adesso. Non mentre io me ne stavo tra le braccia di un altro ragazzo senza pensare niente, non durante quello stupidissimo ballo, non poteva andarsene senza averle detto quanto le voglio bene, quanto mi è stata vicina, quanto mi stia a cuore.
Posteggiai frettolosamente e scesi dalla macchina, correndo verso il pronto soccorso. Tra i corridoi la gente mi lanciava strane occhiate. Sembravo uscita da una serata di gala e molti si chiedevano se non avessi sbagliato posto.
«Adele William.» dissi all'infermiera.
«E' una parente?» mi chiese.
«Una specie.»
«In fondo a sinistra.»
Neanche la ringraziai. Ripresi a correre, quasi scivolavo su i tacchi, e poi intravidi Harry da lontano. Seduto, con il viso nascosto tra le mani.
«Harry!» lo chiamai.
Alzò la testa, distrutto. Aveva gli occhi gonfi per quanto aveva pianto, lo sguardo perso nel vuoto.
«Hannah!»
Si alzò in piedi e mi fiondai tra le sue braccia, stringendolo.
«Che è successo?» chiesi allarmata.
«Ero uscito un attimo e quando sono tornato l'ho trovata a terra..»
«E dove te ne eri andato?» lo ammonii.
«Dove credi che me ne sia andato?» si difese lui.
«Non lo so Harry, - continuai – tu lo sai dove te ne vai.»
«Era una cosa importante Hannah!» iniziò ad alzare la voce.
«E ti giustifica nell'averla lasciata sola?» alzai la voce anche io.
«Ragazzi, - ci riprese un'infermiera – ci sono persone che stanno male qui.»
«Scusa.» rispondemmo all'unisono.
Aveva gli occhi pieni di rabbia e forse avevo esagerato ma non sopportavo l'idea che avesse lasciato sua madre da sola per fare i suoi comodi. Adele aveva bisogno di attenzioni continue.
«Harry?» un dottore apparse alle mie spalle.
«Come sta?» Harry mi superò e io mi voltai.
«E' di là che sta riposando, - continuò il medico – la teniamo qui per qualche giorno, ha avuto un'insufficienza cardiaca.»
«Come un'insufficienza cardiaca?» chiese Harry, stringendo i pugni.
«Harry tua mamma sta male purtroppo e ha bisogno di continue attenzioni.»
Vidi le nocche diventargli rossissime ed ebbi come l'impressione che volesse prendere a pugni qualcosa.
«Possiamo vederla?» Istintivamente gli presi la mano sciogliendo la tensione e mi intromisi.
«Solo uno di voi, - disse – e per qualche minuto.»
Se ne andò dando le ultime raccomandazioni, dando ad Harry una pacca sulla spalla. Non doveva svegliarla per nessun motivo, fare meno rumore possibile, aveva bisogno di riposare.
«Ti aspetto qui.» dissi a un tratto, stringendogli la mano e mettendomi seduta.
Harry mi guardò amareggiato e lo vidi sparire dentro la stanza.
Lo aspettai su quella sedia, mentre mi fissavo le mani e contorcevo le dita. Per un attimo avevo avuto davvero paura. Per un attimo pensai che Adele ci avesse seriamente lasciati. Non so se Harry l'avrebbe mai sopportato. Aveva già dovuto subire il fatto che suo padre se ne sia andato, non so se avrebbe mai retto la morte della madre. Quando si è costretti a subire la morte di una persona cara si hanno due soluzioni: o si diventa più forti, o si perde completamente la strada. E avevo paura che ad Harry succedesse la seconda. Era sempre stato una testa calda, non dimostrava mai ciò che provava e non l'avevo mai visto veramente piangere. Il suo lato sdolcinato lo teneva nascosto, però dimostravo il suo affetto in altro modo.
«Sembra stare bene..» la sua voce mi riportò alla realtà.
Era appena uscito dalla stanza, mani in tasca e l'espressione stanca.
«Mi dispiace per prima, - dissi alzandomi – era inappropriato.»
«Hannah, - mi riprese lui – non mi vedo con qualcuno in particolare, tutto ciò che faccio lo faccio per lei, ti prego credimi.»
«Ti credo, - dissi – però prometti che mi spiegherai tutto.»
«Più cocciuta di un mulo.»
«Ho avuto un ottimo rivale.» lo spinsi scherzosamente e risi.
Percorremmo il corridoio dell'ospedale, superando stanze in cui intravedevo gente con gambe ingessate, teste spaccate, sangue ovunque. Non avrei mai potuto fare il medico. Troppo sangue, troppo dolore.
«Mi dispiace averti portata via dal ballo, - disse a un tratto – sei bellissima.»
«Grazie.» arrossii e arrivammo alla macchina.
«Liam non deve esserne stato molto entusiasta.» scherzò, salendo al posto guida.
«Non ho avuto molto tempo per accorgermene.»
Salii anche io dal lato passeggero ed Harry mise in moto. Per tutto il tragitto ospedale-casa nessuno osò proferire parola. Pioveva appena e la radio trasmetteva Skinny love di Birdy. Io guardavo la strada che a poco a poco ci lasciavamo alle spalle e le piccole goccioline che si appoggiavano sul finestrino. Da piccola io e mio fratello ne sceglievamo due e facevamo il tifo per quella che arrivava prima alla fine. Bambini. Quando invece arrivammo di fronte casa di Harry, spense il motore e rimase lì, in silenzio.
«Tua mamma si riprenderà.» dissi. Quel silenzio mi stava uccidendo.
«Lo spero.»
«Vuoi che rimanga con te? - gli chiesi – Posso farti compagnia fino a una certa ora, magari mangiamo qualcosa oppure possiamo abbrustolire i marshmallow sul fuoco come quando eravamo piccoli.» sorrisi.
«Hannh, dovresti tornare da Liam, - disse a un tratto – ti starà aspettando.»
Eccolo.
Sempre il solito vecchio Harry.
Più cercavo di avvicinarmi, di riprendere un qualche tipo di rapporto e più lui mi spingeva tra le braccia di Liam. Era come essere sulle montagne russe. Continui alti e bassi. Momenti in cui arriviamo al massimo della dolcezza e momenti in cui c'è freddezza assoluta. Non mi permetteva di guardargli dentro, di vedere qualche sua debolezza, di consolarlo, di stargli accanto. Era come se preferisse starsene da solo. Soffrire in solitudine.
«Certo, - dissi – come preferisci tu Harry.»
«E' meglio così.»
Ero stanca di sentirmi dire “e' meglio così”. Che ne sapevano gli altri di cosa era meglio per me? Cosa volevo io non contava?
«Dovresti scendere dalla macchina allora.» dissi, fredda.
Harry aprì la portiera, rimase per qualche secondo a fissare il volante come se volesse dire ancora qualcosa ma poi scese dall'auto e lo vidi camminare verso casa. Sentii gli occhi pizzicarmi, ma lottai con tutta me stessa, senza permettere alle lacrime di scendere. Ero delusa perchè cercavo di fare di tutto per tendergli una mano, ma lui continuava a respingerla e mi teneva distante. Era come se ogni passo in avanti, ne facessimo tre indietro. Sempre sulla stessa linea. Misi in moto con quei pensieri in testa, con l'immagine di Adele su un letto di ospedale nella mente. Troppe emozioni in una sola serata. E adesso mi toccava il compito più difficile: dare una spiegazione a Liam. Posteggiai di fronte scuola e lo trovai seduto su i gradini dell'entrata. Non era molto tardi e la gente dentro continuava a ballare, ma lui se ne stava lì, con il mente poggiato sulle mani.
«Sei rimasto tutto il tempo qui?» gli chiesi.
«Speravo tornassi, - disse – non ci contavo.»
«Sono piena di sorprese.» mi sedetti vicino a lui, sorridendogli.
«Harry sta bene?» mi chiese.
«Si riprenderà.»
«E tu come stai?»
«Adesso bene, - alzai il viso per guardare le stelle – molto bene.»
«Hannah, - Liam mi richiamò e lo guardai – sai bene cosa provo per te e io so cosa tu provi per Harry, per questo voglio che tu ti prenda tutto il tempo di cui hai bisogno per capire cosa vuoi.. io starò qui ad aspettarti.»
Rimasi a fissare i suoi occhi, luccicanti per via della luce della luna. Da dentro sentivo le parole di Time after time e sentii un brivido lungo la schiena e le guance andarmi a fuoco.
«Non credo tu debba aspettare molto.» sorrisi e Liam mi prese una mano e me la strinse.
Sentivo la canzone che continuava a suonare in palestra e senza pensarci mi alzai, sistemandomi il vestito.
«Ti va di ballare Payne?» gli chiesi.
«Certo, Tomlinson.»
Liam afferrò la mia mano e andammo verso l'entrata, stringendoci in un ballo che ci trasportava in un mondo diverso, in un momento solo nostro. C'eravamo solo io e lui.

 

Momenti.
La nostra vita è fatta di momenti.
Momenti belli, momenti brutti.
Un momento, se è quello giusto, può cambiarti la vita. Può farti diventare una persona completamente diversa, può plasmarti, può farti diventare quella persona che avevi giurato non saresti mai diventata. Ma ci sono anche quei momenti che ti danno attimi di felicità e serenità assoluta, che ti fanno desiderare di essere lì e in nessun altro luogo.
«Sei di ottimo umore oggi.» disse mia madre, mentre scendevo le scale.
«Direi di si.» presi una mela dal cesto e diedi un morso.
«E' andato bene il tuo appuntamento ieri?»
Erano passate due settimane dal ballo. Io e Liam eravamo usciti insieme quasi ogni sera e mi sentivo come una quattordicenne alla sua prima storia d'amore. Eravamo andati al cinema, al luna park, in pizzeria. E la sera prima mi aveva portata a fare una passeggiata al molo e finalmente eravamo riusciti a darci il nostro primo bacio. Lo so cosa state pensando: a cosa aspettavi ancora? Ma io ho i miei tempi.
«Molto.» dissi, ridendo come un ebete.
«Cos'è quello?» mi chiese mia madre, guardandomi.
«Cosa?» chiesi confusa.
«Quell'espressione! - continuò – Vi siete baciati vero?»
«NO! - sbottai – No,no e no!»
«Non puoi mentirmi Hannah Tomlinson!»
Mia madre iniziò a inseguirmi casa casa e io continuavo a negare, ridendo.
«Vado da Adele, mamma!»
Riuscii a tagliare il discorso raggiungendo la porta di ingresso e uscendo.
Adele purtroppo non era tornata a casa e forse non ci sarebbe mai più messo piede. La sua malattia era peggiorata, dimenticava più cose di prima e aveva più collassi del solito. Aveva bisogno di continue attenzioni e cure. Non poteva stare a casa perchè era troppo pericoloso. Rischiava di dimenticare il gas acceso, l'acqua aperta, o di uscire e di dimenticare la strada di casa. Era destinata a rimanere in ospedale e tutti noi ormai ci preparavamo al peggio. Poteva andarsene da un momento all'altro e per questo io, mia madre e mio fratello fummo costretti a dire tutto a mio padre. La prese meno male di quanto immaginavamo, al contrario si rese disponibile nel pagare tutte le cure e le medicine di cui aveva bisogno. Trascorrevo molto tempo in ospedale con Adele e per fortuna non ricordava tutte le volte in cui Harry non era andata a trovarla. Si, perchè era sparito. Era da giorni che non avevamo sue notizie, e ogni volta inventavo sempre la solita scusa a sua madre, tra poco arriverà, tanto non l'avrebbe ricordata. Ma quel giorno quando uscii di casa, vidi la sua moto nera posteggiata nel vialetto e non ci pensai due volte a bussare alla porta.
«Harry apri! - urlai – So che sei a casa!»
Continuai senza sosta a bussare, aspettando in vano una risposta. Guardai attraverso le finestre e notai un disordine incredibile. Poi vidi un'ombra muoversi e poco dopo la porta si aprì.
«Sei impazzita?» mi chiese.
«Con che faccia sparisci per giorni senza andare a trovare tua madre che potrebbe morire da un momento all'altro? - Entrai come una furia e lui indietreggiò – E' così che fai! Quando ti viene più comodo sparisci, vai a drogarti, a farti le canne, mentre qui c'è gente che si prende cura di TUA madre!»
«Non sai quello che dici!» disse lui, prima calmo.
«Sei sempre stato un egoista, pensi solo a te stesso, a divertirti con gli amici e non pensi alle persone che ferisci! E' per questo che noi non stiamo insieme, perchè non sei cosa di prenderti cura di qualcuno!» continuai, sputando tutto come se fosse stato sempre lì, pronto a uscire.
«Basta! - urlò – Noi non stiamo insieme per il tuo bene!»
Mi zittì per un attimo e rimasi confusa.
«Per il mio bene?»
«Ti prego Hannah, vattene.»
Mi voltò le spalle ma io lo afferrai per il braccio e lo feci voltare.
«Vuoi dirmi che sei un cattivo ragazzo, è questo?»
«E' per mio padre! - sbottò – Contenta?»
Lo vidi sedersi sul divano, l'espressione dolorante.
«Per tuo padre..?» chiesi, con molta più calma adesso.
«Cinque anni fa, la sera che la polizia mi ha trascinato fuori casa, - continuò – non è perchè abbia dato fuoco alla casa o per tutte le cazzate che la gente racconta.. quella sera, ho quasi ucciso mio padre.»
Rimasi frastornata.
Ho quasi ucciso mio padre.
Mi sedetti accanto a lui e gli misi una mano sulla spalla.
«Dimmi che è successo.»
«Hannah, - lo vidi contorcersi le mani – tu non hai mai visto mio padre perchè mio padre andava a bere tutti i giorni.. tornava la sera a casa ubriaco e.. mi picchiava sempre. - rabbrividii – E fin quando sfogava i suoi dispiaceri su di me, potevo accettarlo.. ma quella sera io non ero a casa e lui ha iniziato a picchiare mia madre.. quando sono rientrato l'ho trovata a terra e lui che la prendeva a calci.. non so dirti cosa mi è scattato in quel momento.. ho preso un coltello dal cassetto e l'ho colpito al fianco.. poi mi sono buttato addosso a lui, ho iniziato a picchiarlo, ancora e ancora.. non si riconosceva più in faccia di quanto era gonfia.. la polizia è arrivata perchè la signora accanto ha sentito le urla di mia madre, e quando sono arrivati mio padre era in fin di vita.. la cucina era un letto di sangue..»
«Harry..» iniziai a piangere, la pelle d'oca. La sua voce mano a mano che proseguiva nel racconta si faceva sempre più rotta.
«Quella sera io sono finito in riformatorio, mia madre è stata in psichiatria per quasi tre anni e mio padre in manicomio per cinque.. fin quando qualche mese fa ho saputo che è riuscito a scappare, ho ricevuto una sua telefonata che diceva “te la farò pagare”. Ecco perchè sono tornato, per sorvegliare mia madre e quei tipi che a volte mi vedi incontrare non è gente da cui compro droga o altro.. sono dell' FBI e mi aggiornano sulle novità e mi danno le medicine di cui mia madre aveva bisogno.. - prese un respiro – ed è per questo che non possiamo stare insieme.. se mio padre sapesse quanto tu sei importante per me ti prenderebbe subito di mira, solo per il gusto di farmi soffrire.»
Mi sentivo in colpa. Avevo tutto lo stomaco sottosopra. Ora capivo il “Non è stata colpa sua” di Adele. Per mesi lo avevo considerato un teppista, un egoista, un egocentrico, un immaturo.. e invece lui per mesi non faceva altro che difendere sua madre.. e me. Avevo sempre pensato che se ne fosse andato per aver combinato qualche bravata, tutti hanno messo bocca sulla sua vicenda, senza sapere che in realtà quello che stava soffrendo di più era proprio lui. Era stato picchiato, per anni. E nessuno si era mai accorto di niente. Era sempre stato un bambino allegro, felice, solare. Non aveva mai fatto parola con nessuno. Aveva sempre una gran voglia di vivere, di fare pazzie, di una vita spericolata. Ora capisco perchè. Lo faceva perchè la vita gliela stavano strappando un poco alla volta. A un pugno e un calcio alla volta. Lo faceva alla faccia di suo padre. Contro il suo bere, contro la sua rabbia, contro le sue botte. Come a dire “nonostante tu mi picchi, io continuo a godermela”. Come quando a scuola ti insegnano il Mi piego ma non mi spezzo,
di Seneca. Harry si piegava, soffriva in silenzio, subiva.. ma non si era mai spezzato, era ancora lì, in piedi.

 

--------------------------------------------------------------------------

 

Eccoci :)
Finalmente il segreto di Harry è stato svelato e spero sia stata una sorpresa per tutti perchè ci tenevo a stupirvi. Harry è stato picchiato per anni, ma quando ha visto sua madre prendere il suo posto non ci ha visto più dalla rabbia. Ecco perchè è un po' troppo violento, è ben giustificato. In ogni caso vedremo come si evolverà la situazione. Hannah era felice di stare con Liam, ma adesso che sa le verità su Harry che farà?

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** XII ***



Ice on fire

capitolo 12

 

 

Continuava a fissare le pareti della mia stanza.
Avevo attaccato quel poster dei Backstreet Boys all'età di dieci anni; una ventina di fotografie riempivano la parete accanto al mio armadio. Foto di quando ero piccola, foto di qualche anno fa. Ricordi vecchi, ricordi nuovi. Sulla scrivania c'era l'album da disegni, la matita e la gomma chiuse nell'astuccio e lasciate sulla mensola accanto. Avevo lasciato la mia camera sempre in quello stato. Non avevo mai cambiato i mobili, il letto, o la televisione. Quella vecchia tv che aveva resistito tutti questi anni. C'era una grande finestra che portava sulla veranda, e dalla mia camera potevo vedere il cielo. Era sera ormai, dicembre era arrivato in punta di piedi, con il suo freddo e con la magia del Natale che a poco a poco si avvicinava. Dovevo concentrarmi su tantissime cose forse, ma l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era il racconto di Harry. Sentivo nella mia testa le urla di Adele, i pugni che per anni Marcus aveva dato al figlio. E la cosa che mi distruggeva di più era non poterlo dire a nessuno. Harry mi aveva fatto promettere di tenere la bocca chiusa. Nessuno poteva sapere di suo padre e che lui era in contatto con l'FBI. E mi sentivo un peso immenso addosso, avrei voluto liberarmene, ma avevo sempre mantenuto le promesse fatte. Non potevamo stare insieme per la mia sicurezza. Come sempre quello che volevo io non contava. Marcus poteva farmi del male, così aveva detto. Ma poteva davvero una persona arrivare a questo per far soffrire il proprio figlio? E poi c'era Liam. Siamo stati così bene in questi mesi e sento davvero qualcosa per lui. Mi sentivo sempre serena al suo fianco.

«Hannah?» Sussultai.
Mi voltai verso la porta e vidi mio padre sbirciare dentro la stanza.
«Ehi.» lo salutai.
Entrò con il suo solito vestito elegante e la sua aria da capo aziendale. Doveva essere tornato dal lavoro.
«Ti vedo un po' silenziosa per ora, - disse – tutto bene?»
«Certo, - mentii – tutto benissimo.»
Ordinai i fogli sparsi sul letto e accesi la lucetta sul comodino.
«E' da un po' che non mi fai vedere qualche nuovo modello..»
Osservò i miei ultimi disegni. Era da un po' che non disegnavo, era vero.
«Si bè, - sorrisi impacciata – diciamo che ho come perso l'ispirazione per ora.»
«Lo sai che ti voglio bene, vero?» mi disse a un tratto.
«Lo so.»
Ed era così. I miei genitori potevano sembrare freddi e sulle loro ma non avevo mai dubitato del loro bene per me e mio fratello. Ho sempre saputo che mio padre ha un sacco di lavorare da sbrigare con l'azienda e tutto il resto, ma nonostante questo non era mai mancato a un compleanno, a un diploma, a una recita scolastica. C'era sempre.
«Bene, - mi scoccò un bacio in fronte – c'è Liam sotto comunque.»
Si alzò dal letto e andò verso la porta.
«Fallo salire pure.» accordai.
Conservai quei vecchi fogli in un cassetto, convinta che ormai l'ispirazione non sarebbe più tornata. Disegnare mi era sempre venuto così naturale, ma per qualche motivo adesso come un blocco. D'altronde, esiste un blocco dello scrittore, perchè non dovrebbe esistere quello per un artista?
«Ehi.» Liam entrò nella stanza.
«Ciao, - si avvicinò e mi mise le braccia attorno ai fianchi – bellissimo e stupendo ragazzo.»
«Come siamo dolci oggi. - io sorrisi e lui si abbassò a baciarmi – Quindi non potrai rinunciare alla mia proposta.»
«Cioè?»
«Devi aiutarmi con l'albero di Natale, ti prego.» mi implorò, facendo la voce da cucciolo.
«Ma ci siamo già stati ieri!» mi lamentai.
«Gli alberi erano tutti rinsecchiti, - ribattè – oggi è il giorno giusto, me lo sento!»
«Mmmm..» farfugliai.
«Perfetto, - mi scoccò un bacio sulle labbra – grazie.»
Risi, divertita del suo entusiasmo.
Liam amava il Natale e non si dava pace finchè non trovava l'albero perfetto. E nonostante tutti i pensieri che occupavano la mia mente, ero felice di aiutarlo.


«Bene, - continuò Aria – capisco perchè dobbiamo tenerlo nascosto a Liam ma non capisco perchè lo stai facendo.»
«Voglio solo che abbia un po' di compagnia.» risposi.

Eravamo in macchina da un po' e la strada era libera davanti a me. Intorno a noi c'era la campagna e potevo sentire l'aria fresca entrare dalla piccola fessura aperta del finestrino.
«Come lo spiegherai ai tuoi?» domandò ancora la mia amica, seduta sul lato del passeggero.
«I soldi sono i miei e a volte ne spendo molti di più.»
Si decise a tacere. Non ribattè di nuovo e rimase in silenzio fin quando posteggiai di fronte una piccola villetta, dove alle spalle si estendeva un immenso giardino delimitato da una staccionata.
«Ti odio.» borbottò ancora Aria.
«Ti regalerò un paio di scarpe una volta a casa, - le misi un braccio intorno alle spalle – d'accordo?»
«Nere, - mi ammonì – e non di pelle.» Risi.
Ci avvicinammo alla porta di ingresso e suonai.
«Salve.» Ad aprirci fu una signora poco più giovane di mia madre.
«Salve, - ricambiai il saluto – sono Hannah Tomlinson e questa è la mia amica Aria, avevo chiamato qualche giorno fa.»
«Ma certo io sono Ester, - sorrise lei – entrate pure.»
La casa era molto accogliente. Il pavimento era tutto in parque e un caminetto in legno riscaldava l'intera stanza.
«I cucciolo sono da questa parte.»
Ci condusse fuori in giardino e vidi sei cuccioli di Labrador che si rincorrevano sul prato.
«Che meraviglia!» esclamai, con gli occhi luccicanti.
«Volevi un maschio giusto? - annuii – Loro sono Drake e Boris e.. - si guardò attorno come a cerca qualcosa - ..e quella peste è Chester.»
Chester se ne stava su un alto muretto, abbaiando a qualcosa di visibile solo ai suoi occhi a quanto pare.
«Se vuoi un cane dolce e tranquillo Drake o Boris sono perfetti, - continuò – se invece vuoi un cane turbolento, pestifero e..» prima che potesse finire la frase, Chester fece cadere una pianta a terra, rompendone il vaso di ceramica.
«Lui, - dissi guardandolo – voglio lui.»
«Seriamente?» chiese Aria, confusa.
«Voglio Chester.» mi girai convinta verso Ester.
«Perfetto, - disse lei – preparo le carte.»
Sparì dentro casa e io mi avvicinai al cucciolo, intento a giocare con la terra del vaso.
«Sei sicura che vuoi questo mostriciattolo?» continuò a chiedermi Aria.
Io mi piegai sulle ginocchia e lo presi tra le braccia. Chester mi leccò il naso e iniziò a mordicchiarmi i capelli.
«Vedrai, - dissi – sarà un cane speciale.»
Mi alzai con il cucciolo in braccio e insieme ad Aria rientrai, avvicinandomi al tavolo dove c'era seduta Ester.
«Questo è il suo pedigree e in questa borsa ci sono croccantini e un paio di cose che potrebbero servirti, - si avvicinò a Chester e gli mise un collarino rosso al collo – adesso è tuo.»
Pagai con la carta, salutai Ester e insieme ad Aria e al nuovo piccolo arrivato, tornammo verso casa. In macchina la mia amica lottò con tutte le sue forza per non farlo lanciare fuori dal finestrino e io mi divertivo a vedere la scena.
«In bocca al lupo con la peste.» mi salutò Aria, quando la lasciai a casa.
«Adesso io e te piccolino andiamo a conoscere il tuo nuovo padrone.»
Chester teneva la lingua a penzoloni e fissava la strada fuori dal finestrino. Iniziò a fare buio e arrivai a casa di Harry quando il sole era completamente scomparso. Misi un fiocco rosso al collo di Chester, lo lasciai davanti alla porta, suonai il campanello e mi nascosi. Harry aprì la porta dopo un paio di minuti e rimase confuso.
«Buon Natale!» urlai.
«Una volta non era il 25 dicembre?» chiese lui.
«Ebbene si, - dissi – ma lui è una piccola peste discriminata da tutti e che ha bisogno di un po' di fiducia.»
Presi Chester in braccio e misi il broncio.
«Chissà perchè mi ricorda qualcuno.. - si avvicinò ad accarezzarlo – e ha un nome questo piccolo teppista?»
«Ti presento Chester, - dissi ridendo – ti terrà compagnia nelle notti insonne e ti mordicchierà la casa da cima a fondo.»
Harry rise e mi fece entrare.
«Sul serio, - disse – perchè?»
«Non voglio che passi tutto il tempo solo.. - risposi – e poi non potevo lasciarlo in quella casa.»
Harry mi sorrise e gli sorrisi anche io.
«Piccolo, - si piegò sulle ginocchia – vieni qua.»
Iniziò ad accarezzarlo e Chester lo leccò in viso e sulla mano. Sembrava amore a prima vista. Mi avvicinai anche io e iniziammo a giocherellare tutte e due con il cucciolo. Ci mordicchiava le dita, scodinzolava e di volta in volta ci leccava il viso. Io e Harry ridevamo insieme, poi a un tratto ci fu un momento in cui le nostre mani si toccarono, alzai lo sguardo e trovai il suo.. dolce e penetrante. Mi vennero quasi i brividi e una voglia matta di baciarlo. E quasi successe. I nostri visi si avvicinarono inaspettatamente ma...
«Hannah..» sussurrò.
«Non possiamo..?»
«No.. non..»
Harry poggiò una mano sulla mia guancia e con il polpastrello mi massaggiò lo zigomo. Avvicinai la fronte alla sua e rimanemmo per alcuni secondi in quel modo, fin quando Chester non ci abbaiò contro e sussultammo. Il momento finì ed Harry tornò in piedi e tornò dal cane. Mi sollevai anche io e pensai che era giusto così. Non potevo fare questo a Liam, non se lo meritava.
«Vuoi restare a cena?» mi chiese Harry, lasciando Chester a mordicchiare la federa del divano.
«No, - feci cenno con la testa – forse è meglio che torni a casa.»
Harry annuii.
Misi il cappotto e feci per tornare alla porta, quando vidi un borsone per terra.
«Vai da qualche parte?» gli domandai.
«Forse ho trovato un piccolo bed and breakfast dove potrei trovare mio padre.»
«E cosa hai intenzione di fare una volta trovato?»
«Non è affar tuo.» rispose scorbutico, dandomi le spalle.
Chester nel frattempo oscillava la testa da me a Harry, quasi come se stesse ascoltando ciò che ci dicevamo.
«L'FBI lo sa? - Harry non rispose – Hai intenzione di fare tutto di nascosto?»
«Ti pregherei di tenere la bocca chiusa.»
«A una condizione, - misi le braccia conserte – io vengo con te.»
«Cosa? - si voltò di scatto – Non voglio averti tra i piedi per un'intera giornata, è pericoloso.»
«Andrà benissimo! - dissi – E se siamo in due faremo prima, quindi a domani, buonanotte.»
«Hannah!»
Chiusi la porta velocemente, senza fargli aggiungere altro. Corsi verso casa e trovai Louis sul divano, intento a guardare una puntata – sicuramente ripetuta – dei Simpson.
«Ehi.» mi salutò.
«Puoi coprirmi per domani?» gli chiesi, sedendomi accanto a lui.
«Eh?»
«Ho una cosa importante da fare, inventati che sono dovuta rimanere a scuola, quello che vuoi.» mi alzai dal divano e raggiunsi le scale.
«Ma dove sei?» mi urlò mio fratello. Non risposi.

Entrai in camera mia e preparai velocemente un borsone.

 

------------------------------------------------------------
 

Spero di non avervi fatto penare tanto:)
Dovete sapere che il capitolo originale era diverso da questo, poi ho avuto come una sorta di illuminazione e l'ho cambiato ahahaha
In ogni caso spero vi piaccia e grazie come sempre per i tanti complimenti che mi fate:)
Qualche giorno fa ho scritto una one shot su 'The Amazing Spider Man' e mi farebbe piacere farvela leggere:) 
Se ne avete voglia basta che clicchiate sul banner qui sotto! A presto :)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** XIII ***



Ice on fire

capitolo 13

 

La mattina dopo mi svegliai presto. Avevo preparato una borsa con le cose essenziali, preparato dei soldi sulla scrivania e per tutta la notte avevo cercato una scusa da dire ai miei. L'unica plausibile che riuscii a tirar fuori fu quella “sono dovuta rimanere a scuola per un corso”. Ero una secchiona, potevano bersela. Avevo chiesto l'aiuto di mio fratello, al quale non avevo detto nulla, e con Liam questa balla non avrebbe tenuto. Si sarebbe insospettito non essendo a conoscenza di un corso, e magari sarebbe andato a curiosare a scuola stessa. Per Liam quindi avevo chiesto l'aiuto di una campionessa nel dire le bugie. A una persona che ne ripeteva così tante e ne aveva inventate di così strane che ormai mentire era diventato un gioco da ragazzi.
«Non posso!» mi aveva detto la mia amica, una volta venuta a conoscenza del mio piano.
«Ti prego Aria, - la supplicai – questa è l'ultima volta!»
«Liam non si merita tutte queste bugie Hanna! - mi ammonì – E' un bravo ragazzo, perchè non gli dici semplicemente la verità?»
«Se potessi lo farei, ma questa cosa è più grande di me stessa.»
Dopo una manciata di minuti di suppliche e di spiegazioni, Aria accettò a malincuore. Non volevo mentire a Liam, giuro, ma non potevo dire a nessuno del padre di Harry. 
Così, dopo aver sistemato per bene tutti quanti, mi vestii in fretta e prendendo la borsa, sgattaiolai al piano di sotto e mi avvicinai alla porta.
«Torna presto.»
Mi venne quasi un colpo. Mi voltai e trovai Louis vicino al divano.
«Dio! - portai una mano al petto – Mi hai fatto venire un infarto!»
«Un infarto te lo farà venire papà se entro stasera non sei a casa.»
«Torno presto, promesso.» Gli scoccai un bacio in guancia.
«Stà attenta.» mi urlò.
Chiusi la porta alle mie spalle e mi incamminai verso casa di Harry. Il sole non era ancora sorto del tutto e il cielo era uno spettacolo di colori. Andavano dal viola all'arancio. Provai un senso di serenità e di pace immenso, e respirai l'aria fresca del mattino. Mi avvicinai al cancelletto di legno e lo aprii, entrando nel giardino esterno. Vidi Harry di spalle osservare con cura la sua moto nera metallizzata. Chissà se avrebbe mai guardato una ragazza allo stesso modo. Nonostante fossimo in pieno dicembre, lo trovai in canottiera. Aveva le spalle larghe, perfette. Poi qualcosa attirò la mia attenzione. Un tatuaggio che prima non avevo notato, sulla spalla destra. Era confuso, forse erano lettere, o simboli. Era impossibile decifrarlo senza guardarlo attentamente. E prima che potessi farlo, Chester scodinzolò versò di me, saltellando.
«Buongiorno piccolino!» dissi.
Harry si voltò, sorpreso, e mi osservò accarezzare il cucciolo.
«Ti piace svegliarti presto?» chiese, con sarcasmo.
«Quando ho qualcosa in programma si.»
«Non c'è niente che io possa fare per farti restare dove sei?»
Feci finta di pensarci su e poco dopo agitai la testa in segno di no con forza.
«Fantastico! - mentii – Muoviamoci allora.»
Mi passò il casco, portò Chester dentro e si infilò la giacca di pelle. Montò sulla moto e io feci lo stesso.
«Che hai da ridere?» chiesi, sentendolo ridacchiare.
«Qualche mese fa mi minacciasti dicendo che per nessuna ragione al mondo saresti mai salita su questa moto, - disse – e con oggi è la seconda volta che sali di tua spontanea volontà.»
«Anche per questa, come quella, si tratta di un'emergenza!» risposi.
«Ricordami di insegnarti a trovare scuse migliori.» mi stuzzicò.
«Pensa a guidare!» risposi, scocciata.
Gli circondai la vita con le braccia e accellerò. Sentii l'aria fredda punzecchiarmi la faccia, ma a differenza dell'ultima volta non avevo paura, e guardavo il sole che a poco a poco si era fatto sempre più alto, dando un caloroso buongiorno a Bristol. Era dicembre, ma ancora era possibile sentire il calore dei raggi del sole. La neve non si era proprio vista e anche la pioggia sembrava scomparsa. I telegiornali dicevano che il brutto tempo sarebbe arrivato all'improvviso e sarebbe stato perfido. “Perfido” secondo diversi punti di vista. Gli studenti non ritenevano le scuole chiuse un comportamento “perfido”, ma i danni che poteva fare la natura si, quello si che era perfido. Ma perchè pensare al maltempo, quando la città si risveglia ancora con un sole caldo così?

 

Harry guidò almeno per due ore. Tenevo gli occhi chiusi perchè mi infastidiva il vento, ma a volte gli aprivo e vedevo cambiare il paesaggio di continuo. Eravamo arrivati in un paesino isolato, quasi sconosciuto. I negozi per la maggior parte erano chiusi e non si vedeva gente in giro.
«Sei sicuro che questo sia il posto giusto?» gli chiesi, una volta scesa dalla moto.
«Se fossi un fuggitivo, dove te ne andresti?»
«Qui, - dissi osservando un ubriacone sdraiato su una panchina – decisamente qui.»
«Andiamo in quella bottega a chiedere informazioni.»
Lo seguii, guardandomi attorno.
I muri erano pieni di graffiti, la strada piena di sporcizia e le case avevano tutte le serrande abbassate. Entrammo in una bottega, con l'insegna a penzoloni. Alla cassa una signora un po' grassottella era intenta a guardare la televisione e il cane accanto a lei se ne stava sdraiato, con gli occhi semi chiusi.
«Buongiorno!» salutò Harry.
«Buongiorno figliuoli, - salutò la signora cortesemente – cosa posso fare per voi?»
Quando ci vide, il cane alzò di scatto la testa e ci scrutò.
«Stavamo cercando l'Hotel Dolphin, può aiutarci?» domandò Harry.
Mentre lui era intento ad ascoltare le indicazioni della signora, io gironzolai tra gli scaffali domandandomi se ci fosse qualcosa di non scaduto e di commestibile. Ma che razza di posto era?
«...ma non credo sia il posto adatto a una cara coppia come la vostra.» riuscii a sentire.
«Oh no!» la corresse subito Harry.
«Noi non siamo..» lo aiutai.
«..fidanzati insomma.» finì lui.
Tornai vicino a loro e sorrisi, imbarazzata.
«Scusatemi.» si scusò lei.
«Non si scusi, - la rassicurò Harry – grazie per l'aiuto Annabel.»
Uscimmo dalla bottega e seguii Harry.
«L'Hotel è qui dietro..» disse.
Invece di ascoltarlo, osservai un gruppo di vagabondi che circondavano un cassonetto da cui fuoriusciva del fuoco. Si strofinavano le mani tra di loro per cercare di riscaldarle e ritiravano il collo per evitare brividi di freddo. Avrei voluto tanto aiutarli.
«Ehi dolcezza, - un tale mi afferrò dal braccio – non vedevo una così bella ragazza da troppo tempo.»
Sentivo la puzza di alcool che fuoriusciva dalla bocca e vedevo i denti completamente ingialliti, per il troppo tabacco forse.
«Ehi! - Harry gli fece mollare la presa – Levati di torno.»
L'uomo lo guardò con disgusto e poi se ne andò.
«E' possibile che non mi posso distrarre un attimo che ti trovo nei guai?» mi rimproverò.
«Ma hai visto in che posto siamo? Tuo padre n..»
«Ci penso io a mio padre Hanna! - mi zittì – Ecco perchè dovevi rimanere a casa!»
Lo guardai per un attimo, piena di rabbia. Avrei voluto tirargli un pugno in piena faccia e rovinargli quel visino perfetto.
«Eccolo.» tagliai corto.
Lo superai e andai verso un edificio con in cima la scritta Dolphin. Mancava la i, che era sicuramente caduta, ma il posto era quello. Purtroppo. Un odore di fritto e di cipolla mi investì una volta entrata e vidi la luce della reception spegnersi e accendersi di continuo.
«Di prima classe.» feci notare.
Harry mi superò e andò dritto dritto verso un tizio che se ne stava seduto su una sedia dietro un bancone, mani intrecciata sulla pancia, occhi chiusi e bocca semiaperta.
«Mi scusi! - lo richiamò Harry – Signore!»
«Porto io i bambini a scuola!» urlò di colpo il panciuto, sussultando.
Una volta visto Harry, si ricompose.
«Salve, - disse – benvenuti al Dolphin.»
«Si, salve io volevo sapere se poteva dirmi se Marcus Styles alloggia qui.» disse Harry.
Io me ne stavo poco più indietro, curiosando un po' in giro.
«Mi spiace ragazzo ma non possiamo dare questo tipo di informazioni.»
«La prego! - insistette – E' davvero importante.»
«Abbiamo delle regole ben precise a riguardo.» Continuò pinco panco.
«Lei non capisce, - Harry iniziò ad agitarsi – io devo sapere se si trova in questo hotel!»
Sbattè la mano sul bancone, facendo sussultare sia me che il panciuto.
«Quello che mio fratello sta cercando di dire Erik, - intervenni e lessi il nome del nostro amico sulla targhetta – è che abbiamo bisogno di sapere se nostro padre si trova in questo hotel, è molto importante.»
Sbattei un po' gli occhi, mi toccai un po' i capelli e cercai di essere più seducente possibile.
«Se è davvero così importante, - ci ripensò Erik – posso dare una controllata.»
Si precipitò a guardare lo schermo del computer e a digitare qualche strano codice o cos'altro. Poco dopo tornò a guardarci.
«Mi spiace, - riconfermò – non c'è nessun Marcus Styles.»
«Ne è sicuro?» domandò Harry.
Erik annuì.
«Ma ci deve essere! - Harry sbattè nuovamente la mano sul bancone – Deve essere per forza qui, controlli meglio!»
«Harry! - lo ammonii – Ci scusi, grazie mille.»
Lo trascinai fuori dall'hotel e si scrollò le spalle per la rabbia.
«Devi darti una calmata!» gli urlai.
«Quello mente! - urlò – Deve essere per forza qui!»
«Ma tu credi davvero che tuo padre sia così stupido da usare il suo vero nome? - gli feci notare – Può essersi spacciato per chiunque!»
Harry mi dava ancora le spalle. Teneva la testa abbassata e con il piede calciava via dei sassolini. Le mani in tasca e sapevo che avrebbe tirato molto volentieri un pugno a qualcuno. Visto che non si degnava di calcolarmi, lo superai colpendolo con la spalla.
«Dove vai?» mi urlò.
«A cercare un posto decente dove mangiare, - gli risposi – ho fame!»
«Hanna aspetta!»
Lo sentii correre alle mie spalle e in un attimo fu al mio fianco. Senza dire una parola, senza riprendere il discorso. Sapeva che avevo ragione.

 

«Stranamente è buono!» osservai, con la bocca stracolma di cibo.
Harry continuava a starsene con il muso, sempre allerta e non aveva ancora tocca cibo. Il panino era rimasto intatto sul piatto in cui l'avevano portato e lui aveva solo fatto una smorfia quando glielo avevano servito.
«Magari non ti sta cercando, - dissi a un tratto – ci hai mai pensato?»
«Non hai avuto il piacere di conoscerlo, fortunatamente.»
«Non credo che adesso hai cose più importanti a cui pensare? Tua madre rimarrà in ospedale Harry, dovresti passare del tempo con lei invece di rincorrere fantasmi.»
«E' per questo che sei venuta vero? - disse sorridendo – Per assumere il ruolo di grillo parlante.»
«No, - mi asciugai le labbra con un tovagliolo – sono venuta per non farti fare stronzate!»
Harry rise e io con lui, ma sapeva benissimo che avevo ragione. Grazie alla mia presenza avrebbe evitato di cacciarsi in situazioni pericolose, commettere delle sciocchezze o fare qualcosa di cui si sarebbe pentito. Avevo un potere strano su di lui. Quando era in mia compagnia cercava sempre di evitare pericoli e, ahimè, anche di evitare situazioni imbarazzanti.
«Prova ad assaggiarlo, - lo incitai – il gusto è migliore dell'aspetto.»
«Non mi va.» disse, di getto.
«Di cosa hai paura veramente?» gli chiesi a un tratto.
Harry mi guardò confuso, come se cadesse dalle nuvole.
«Tua madre è in ospedale, - continuai – il che vuol dire che è in massima sicurezza, qual'è il problema?»
Sbuffò.
«Perchè non vuoi capire?»
Questa volta quella confusa ero io. Lo guardai, in quell'espressione di stanchezza, frustrazione e un pizzico di paura. Mi lanciò uno sguardo dolce, diverso dal solito, e capii.
«Tu hai paura che tuo padre possa fare del male a me?» gli chiesi.
Non rispose. Guardò il panino e il suo aspetto che peggiorava mano a mano che il tempo passava.
«E' ridicolo! - mi lamentai – Non mi vedi da anni, non mi riconoscerebbe nemmeno.»
«Se stessi con me lo farebbe.» disse.
Rimanemmo in silenzio. Io finii lentamente il mio panino. Ormai anche io avevo perso l'appetito. Harry giocherellava con l'insalata, punzecchiandola con la forchetta. Lo guardai, divertita. Era straordinario il fatto di come molti aspetti del suo viso, del suo carattere, mi ricordassero il bambino che era stato un tempo. Avevo passato la maggior parte di quella giornata a osservarlo, a litigarci, a prenderlo in giro e mentre pensavamo a punzecchiarci in quella sorta di fast food, non mi ero neanche accorta dell'arrivo della sera e della neve che aveva ricoperto le strade.
«Guarda, - dissi entusiasta – c'è la neve!»
Harry si voltò di scatto verso la vetrata e anche lui, come me, solo in quell'istante si accorse di quanto tempo avevamo passato lì dentro. Ma a me non importava.
«Da quanto siamo qui?» chiese, alzandosi di scatto.
SI infilò la giacca e andò verso il televisore posizionato accanto alla cassa.
Sembra che la prima nevicata porti con se anche la prima tempesta di neve dell'anno..
mi avvicinai anche io, fissando la signorina al telegiornale.
«Può alzare?» chiese con freddezza Harry a una cameriera.
..secondo la guardia forestale sarà una delle tempeste più violente e per questo è stato rilasciato il divieto assoluto del circolo in strada e si avverte i cittadini di rimanere nelle proprio case.
Avvertii dei versi di stupore e di paura tra i pochi clienti del locale. Vidi Harry correre verso l'uscita e una volta aperta la porta un'ondata di neve lo investì, seguita da una pioggerellina sottile.
«Harry! - gli urlai, seguendolo – Cosa facciamo?»
Lo vidi guardarsi prima a destra e poi a sinistra, per poi tornare su di me.
«Dobbiamo trovare riparo!» urlò, avvicinandosi.
Io annuii e prendendomi per mano lo seguì per le strade, fino ad arrivare all'hotel in cui eravamo stati questa mattina. Erik non era più dietro al bancone, al suo posto c'era una ragazza fin troppo giovane, avvolta da un piumone.
«Oh cielo!» esclamò, vedendoci infreddoliti e ricoperti di acqua e neve.
«Salve! - disse Harry, rabbrividendo – E' possibile affittare una macchina o trovare un pullman che arrivi a Boston?»
«Mi dispiace ma nessuno si muove per stanotte, - disse lei – avete sentito il telegiornale?»
«Si ma vede noi..» cercò di continuare lui.
«Harry..» sussurrai io, rabbrividendo.
I miei denti sbattevano tra di loro, sentivo le dita dei piedi gelide e facevo faticare a respirare. Harry mi guardò e avvicinandosi, mi cinse le spalle con un braccio e cercò di riscaldarmi, ma sentivo tremare anche lui.
«Sentite, - iniziò la ragazza – siamo preparati per questo tipo di emergenze. Abbiamo tante camere a disposizione, dove potrete riscaldarvi e riposare.»

Sentivo il respiro faticoso di Harry sul collo e i brividi di freddo che gli andavano lungo il corpo. Non avevamo altra scelta. La tempesta sarebbe finita non prima di domani mattina e noi potevamo solo rimanere a dormire in quell'hotel.
 

----------------------------------------------------------





Buona sera :) Scusate il ritardo!
Questo capitolo ero pronto già da un pò ma non ho avuto internet per ora per alcuni lavori che stiamo facendo a casa!
Francamente spero davvero che questa storia vi stia piacendo.. vedo pochi commenti e la cosa mi demoralizza molto perchè magari sbaglio in qualcosa e non piace per questo.. Mi dispiacerebbe molto sospenderla perchè ho davvero grandi idee per Harry e Hanna. Spero possa andare meglio:)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** XIV ***



Ice on fire

capitolo 14

 

La stanza era molto piccola. La finestra era semichiusa, per una vite mancante e per questo entrava il gelo. Sulla destra c'era un piccola bagno con una doccia e un lavandino. Rimasi perplessa quando mi accorsi che c'era solo un letto.
«Io dormo per terra, - disse a un tratto Harry – tranquilla.»
Mi superò e andò verso la finestra per cercare di coprire in qualche modo la fessura.
«Vuoi lavarti prima tu?» gli chiesi.
«Vai tu.»
Annuii.
Ero molto imbarazzata. Io e Harry avremmo passato la notte nella stessa stanza, da soli. Una notte lunga e gelida. Sentii le guance andarmi a fuoco al pensiero, e per non farmi accorgere da lui mi precipitai dentro il bagno e chiusi la porta. Mi guardai allo specchio e notai i capelli completamente fradici e i vestiti appiccicati al corpo. Mi tolsi gli stivali zuppi e appesi i vestiti sul termosifone. Rimasi sotto l'acqua caldo per almeno mezz'ora. I brividi di freddo erano scomparsi e sentivo i muscoli che piano piano si rilassavano. Mi insaponai la schiena, le spalle, tutto il corpo. Finalmente mi sentivo pulita e mi ero riscaldata abbastanza. Chiusi l'acqua e mi avvolsi nell'asciugamano. Notai il vetro appannato e scherzosamente ci disegnai sopra. Venne fuori un accurato fiocco di neve e sorrisi. Mi tornarono in mente quei momenti quando da piccola disegnavo su i finestrini della macchina e mio padre ripetutamente mi urlava contro. “Rimangono i segni”, mi diceva. Lo guardai per un altro attimo e poi uscii. Trovai Harry sdraiato sul letto, con lo sguardo fisso sul soffitto. Quando si voltò verso di me le guance ripresero ad arrossire. Avevo solo un asciugamano addosso e i capelli bagnati sulle spalle. Harry si alzò, rimase qualche secondo davanti a me e poi mi superò, chiudendosi in bagno. Rimasi a fissare la porta chiusa, fin quando sentii il cellulare vibrare sul tavolo. Quando lessi 'Liam' sul display, entrai nel panico. Avevo ignorato le sue chiamate per tutto il giorno.
«Ehi!»
Hanna! - esclamò, preoccupato – Ma dove sei finita?
«Scusa ma sono stata occupatissima e adesso sono da Aria che si sente poco bene.» mentii.
Non uscite di casa, mi raccomando! Stai bene?
«Si, tranquillo.»
Mi raccomandò dell'altro e mi si spezzava il cuore dovergli mentire. E quando chiuse rimasi a guardare lo schermo del telefono, sentendomi in colpa.
«Problemi?» sussultai.
Harry uscì dal bagno con ai fianchi un asciugamano e i riccioli bagnati appiccicati alla fronte.
«Era Liam, - indicai il telefono – gli ho dovuto inventare una balla.»
«Se fossi rimasta a casa te la saresti risparmiata.»
Lo vidi infilarsi i boxer da sotto l'asciugamano e abbassai lo sguardo, imbarazzata.
«Non ci provare a farmi sentire in colpa, - dissi – non ci riesci.»
Andai verso il bagno e mi infilai anche io la biancheria intima, un pantalone e una maglietta pulita. Grazie al cielo avevo portato qualcosa di ricambio. Harry al contrario
non si era portato nulla e rimase in boxer, con i miei occhi che urlavano e bruciavano allo stesso tempo.

«Hai sentito i tuoi?» mi chiese.
«Ho mandato un messaggio a mia mamma, - urlai per sovrastare il rumore del phon – le ho detto che rimango da Aria per via della tempesta.»
Lo sentii ridere. Sicuramente per le balle che continuavo a dire.
Asciugati i capelli tornai da lui e lo trovai sdraiato sul pavimento, sotto la testa la mia borsa e una coperta di lana – di quelle della nonna – addosso. Aveva lasciato a me il cuscino e il piumone.
«Sei sicuro di voler dormire lì? - chiesi – Si gela!»
Mi sedetti sul letto, rimanendo in sospensione per quanto era duro, e mi misi sotto le coperte.
«Non vorrei urtare la tua sensibilità.» scherzò.
«Qui l'urtato sarai tu quando ti verrà la febbre.»
Non mi rispose. Mi dava le spalle e lo vedevo coperto fino alla testa. Io mi accucciai sotto le coperte e fissai la finestra rotta, da cui continuava a entrare freddo, nonostante Harry avesse messo le sue calze a tappare la fessura. Non avevo per niente sonno. L'unico pensiero fisso che avevo era Harry accanto a me, nudo, sdraiato sul pavimento. Lo sentivo girarsi e rigirarsi, cercando di trovare una posizione comoda. Risi a vederlo.
«Problemi?» gli chiesi, ridendo.
«Nessuno!» rispose, rabbrividendo.
«Avanti è ridicolo! - mi sollevai di colpo – Entriamo benissimo entrambi in questo letto.»
Harry rimase immobile per un attimo, poi lo vidi sollevarsi, portandosi la coperta con se. Più si avvicinava e più il mio cuore batteva all'impazzata. Sollevai il piumone e gli feci spazio. Quando le sue gambe sfiorarono le mie rabbrividii. Appoggiò la coperta sul piumone e si sdraiò, a un palmo dal mio naso. Quando il suo petto toccò il mio, provai un brivido di freddo.
«Scusa, - sussurrò – sono gelido.»
Sorrisi. Appoggiai una mano sul suo petto e a un tratto ci fu un tuono così forte che il vetro della finestra tremò e io mi accucciai su di lui, terrorizzata.
«Hai ancora paura dei tuoni?» mi chiese, cingendomi con un braccio.
«Non credo che riuscirò a dormire.» dissi.
«Neanche io, - disse – ma non per i tuoni.»
Sollevai il viso e trovai il suo, bello e pulito. Iniziai a tremare, ma non era il freddo questa volta e al contrario sentii la pelle in fiamme. Mi portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e rimase, con il polpastrello, ad accarezzarmi la guancia.
«Stai arrossendo..» disse, in un filo di voce.
Sentii le guance arrossire ancora di più e abbassai lo sguardo. Lui con un dito me lo riportò su.
«Ho sempre adorato il modo in cui arrossivi.»
E in quel momento non fu né Liam, né suo padre, neanche il letto minuscolo a impedirci di baciarci. Si avvicinò alle mie labbra come se lo stessero aspettando da una vita. Da quando l'ho visto uscire di casa per la prima volta, da quando ha pronunciato il mio nome, da quando è tornato.. Mi attirò a se mettendomi una mano dietro la schiena, l'altra continuava ad accarezzarmi la guancia mentre le sue labbra continuavano con dolcezza e decisione a baciare le mie. Portai una mano dietro le spalle e sentii i muscoli contrarsi, il suo cuore che batteva alla pari del mio, il suo corpo che cercava il mio. Portò una mano sotto la maglietta e mi accarezzò dolcemente, e per la prima volta nella mia vita mi sentii desiderata, amata e voluta. Con tutte queste emozioni che si intrecciavano, ebbi un attimo di panico e mi allontanai di poco, per guardarlo.
«Io non..» cercai di dire.
«Non vuoi..» mi anticipò lui, tristemente.
«No, - lo fermai – non l'ho mai fatto.»
Rimasi un paio di secondi a guardarmi, a osservare i miei occhi e a sfiorarmi con un dito le labbra.
«Lo vuoi fare con me?» sussurrò dopo.
Lo guardai un attimo anche io e senza rispondere mi avvicinai di nuovo al suo corpo, baciando con forza le sue labbra. Non avevo mai desiderato qualcuno così tanto. E tra le sue braccia forti mi sentivo al sicuro, mi sentivo a casa. Mi sollevò la maglietta, sfilandomela e fece la stessa cosa con i pantaloni. Se lo avessi saputo prima non mi sarei vestita direttamente, pensai ridendo. Harry mi portò con dolcezza sotto di lui e mi accarezzò il viso. Mi lasciò baci umidi su tutto il corpo, fin quando arrivò dove nessuno fin ora era arrivato. Fu una giostra di colori, di emozioni. Mi ero affidata completamente a lui e non eravamo più in quell'hotel diroccato, eravamo su una nuvola, eravamo su una stella, eravamo solo io e lui. E non c'era la finestra rotta, non c'era quel letto piccolo, c'era solo il suo corpo dentro il mio e non avrei potuto desiderare di meglio.


La pioggia continuava a cadere con forza, spazzando via qualsiasi cosa. Il vento faceva la sua parte, insieme alla neve. Guardavo il brutto tempo dalla finestra, con le braccia di Harry che mi avvolgevano e mi tenevano stretta al suo petto. Sentivo il suo respiro sul collo e non facevo altro che sorridere. Sarei rimasta in quel modo per sempre. Anche se la stanza faceva schifo, per me era diventata la stanza d'albergo più bella del mondo. E quando mi voltai, vidi uno dei ragazzi più belli e dolci, con gli occhi chiusi, perfettamente rilassato. Rimasi a guardarlo, definendo i lineamenti del suo viso con un dito. Mi fermai sulle labbra e poco dopo sentii il bisogno di rifarle mie e mi avvicinai piano per baciarle un'altra volta. Fece una smorfia e strizzò gli occhi, per aprirli subito dopo.
«Che fai?» mi chiese, assonnato.
«Ti guardo, - risposi – mi piace guardarti.»
Mi strinse di più a se e mi sfiorò la fronte con le labbra.
«Che hai?» mi chiese, vedendomi pensierosa.
Fissai il suo petto e giocherellai con le dita, disegnandoci dei cerchi.
«Vorrei poter rimanere qui, - dissi – dove tutto è semplice.»
Sospirò e mi accarezzò una guancia.
«Anche io.» sussurrò, baciandomi un'altra volta sulle labbra.
«Che significa il tatuaggio che hai sulla spalla?» gli chiesi, poco dopo.
«Sono la mia iniziale e quella di due ragazzi che ho conosciuto all'orfanotrofio.» rispose, malinconico.
«Che fine hanno fatto loro?» azzardai.
«Bè, - iniziò – sono morti.. erano dei bravi ragazzi, ma la vita è stata bastarda con loro.. mi hanno aiutato in tanti momenti difficili lì dentro.»
Lo vidi azzardare un sorriso, ma nei suoi occhi leggevo la tristezza che provava.
«Avrei voluto saperlo, - dissi – potevamo aiutarti, potevi venire a stare da noi..»
«No, - mi interruppe – dovevi stare lontana da tutto questo.»
Lo guardai, sentendo ancora una volta quella sensazione di protezione.
«Cosa è successo in mia assenza?» mi chiese.
«Io e Louis non abbiamo più parlato, - rabbrividii al pensiero di quei periodi – le ragazze della mia età andavano a farsi la ceretta, si facevano belle e io ingrassavo. - Harry mi guardò con dispiacere – All'inizio non mi importava, ma poi tutti iniziarono a darmi dei soprannomi, nessun ragazzo si avvicinava e così mi sono rifugiata nelle diete, nello studio, sono diventata un'altra.»
«I ragazzi non ti si avvicinavano perchè erano degli idioti.» disse.
«Sei gentile ma, anche se l'avessero fatto gli avrei respinti.. - lo guardai negli occhi sorridendo – ho sempre aspettato te credo.»
Harry sorrise e mi abbracciò più forte, baciandomi con dolcezza.
«Che faremo Harry, - mormorai – che faremo domani, cosa faremo nei prossimi giorni..»
«Ehi.. - mi prese con dolcezza il viso con le mani, vedendo che iniziavo a lacrimare – adesso siamo qui, a domani penseremo.»
Mi feci cullare tra le sue braccia, cercando di pensare solo a quel momento. Cosa avrei detto a Liam? Cosa avrei detto a tutti quanti? Cosa avremmo fatto? Stavamo facendo una cosa pericolosa forse, ma nessuno dei due per il momento sembrava sentirsi in colpa. Domani mattina forse ci saremmo svegliati diversi, con altri pensieri, con altre realtà. Harry pensava solo a inseguire il fantasma di suo padre. A proteggere sua madre, a proteggere me. Non era forse arrivato il momento che qualcuno si prendesse cura di lui? Aveva sofferto abbastanza. Aveva fatto l'adulto per troppo tempo e non aveva mai dedicato un po' di tempo a se stesso. Era stato picchiato, umiliato, trattenuto e gli era stata negata la sua infanzia. Avevo voglia di prendermi cura di lui, di renderlo felice, di regalargli quella spensieratezza che non aveva mai avuto. Ma lui mi avrebbe allontanata, non avrebbe permesso che entrassi del tutto nella sua vita, non mi avrebbe permesso di avvicinarmi del tutto e avremmo sofferto. Sofferto entrambi.

 

La mattina spazzò via il mal tempo, la pioggia, il vento, la neve. Gli uccelli erano tornati a cinguettare, il sole a riscaldare le strade e le case, ma nessuno aveva dimenticato la scorsa notte. Le strade erano distrutte e gli alberi si erano staccati dalle loro radici. Io sentivo il calore dei raggi solari sul viso e strizzai gli occhi prima di aprirli. La stanza sembrava diversa. Era illuminata e non sembrava poi così male come l'avevamo giudicata. Mi rigirai nel letto e mi ritrovai sola, in tutta la stanza.
«Harry?» lo chiamai, senza ricevere risposta.
Mi alzai dal letto e mi infilai la felpa, controllando la stanza e poi soffermandomi a guardare fuori dalla finestra. Come ieri, nessuno girava per le strade, ma era come se ci fosse più calore. Sorrisi. Ero così felice che niente mi avrebbe fatto rattristare, solo la paura di non poter stare insieme come avevamo fatto quella notte.
«Buongiorno!»
Mi voltai di scatto e vidi Harry entrare nella stanza, sorridendo. Si avvicinò a me e mi baciò dolcemente sulla fronte.
«Pensavo fossi scappato via.» dissi, ridendo.
«Oh ci avevo pensato, - scherzò – poi però pensandoci mi ha fatto troppa pena lasciarti qui.»
«Ehi!» lo colpii scherzosamente sulla spalla e lui scoppiò a ridere.
Mi buttò sul letto e iniziò a farmi il solletico, impedendomi quasi di respirare. Aveva ancora lo stesso profumo di stanotte. Che poi profumo non era. Era proprio il suo odore. Odorava di buono, come un qualcosa di dolce, come di casa.
«Dovremmo tornare.» disse a un tratto, tornando serio.
«Lo so.»
Ci guardammo per un attimo e poi ci alzammo, raccogliemmo le nostre cose e lasciammo quella stanza. Quella stanza che avrei ricordato per il resto della mia vita.
«Ho già pagato la stanza, - iniziò lui – vedo di recuperare la moto, aspettami qui ok?»
Annuii e mi scoccò un veloce bacio in guancia. Avevo paura di tornare perchè ero sicura che si sarebbe rotta tutta la magia. Sarebbe finito tutto. Una volta tornati a casa avevo paura che saremo tornati Hanna e Harry. Due nomi, due destini differenti. E io invece di destino ne volevo solo uno. Ne volevo solo uno con lui.
«Tonate a casa?» mi interpellò Erik, seduto all'ingresso dietro il bancone.
«Eh si.»
«Per essere fratelli, - disse – sembrate davvero molto legati.»
«In che senso?»
«Da come ti guarda, - continuò – come se il resto non contasse.»
Sorrisi all'idea.
Se lo aveva notato uno sconosciuto, era davvero così evidente no? Ringraziai Erik per la gentilezza che mi aveva sempre rivolto dal primo giorno e andai a prendere un po' d'aria fuori. Le strade erano piene di erbacce, sporcizia varia. Il temporale aveva sicuramente portato tutto questo. Calciai un rametto, senza nessunissima forza. Presi il telefono dalla tasca e guardai il display. Due chiamate perse. Liam. Avrei dovuto chiamarlo, avrei dovuto dirgli qualcosa ma.. cosa? Non sapevo neanche io cosa sarebbe successo a questo punto. Avrei dovuto dirgli la verità ma, quale verità? Che sono stata sempre innamorata dello stesso ragazzo ma che non possiamo stare insieme perchè il padre pazzoide potrebbe farmi del male? Che assurdità era questa? No, niente era chiaro.
«Ahi!»
Senza rendermene conto andai a sbattere contro qualcuno, sbattendo testa con testa.
«Oddio mi scusi!» dissi, guardando una figura alta e un po' panciuta davanti a me.
«Ma si figuri, - il tipo alzò lo sguardo e mi fissò – sta bene signorina?»
«Ero solo distratta, - mi scusai – troppi pensieri.»
«Una ragazza della sua età dovrebbe solo godersi la vita.»
Aveva una barba più o meno folta, camicia a quadri e canottiera bianca. Un tipico operaio, sembrava.
«Io sono David comunque, - aggiunse vedendomi imbarazzata – e anche io mi ero distratto.»
«Io sono Hanna.» gli strinsi la mano.
«Hanna?» ripetè, come se non avesse sentito.
Annuii.
«Gran bel nome, - aggiunse, sorridendo – non sembri essere di qui.»
Le nostre mani si sciolsero e io mi portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Sono di Bristol, ora però meglio che vada.» dissi, per tagliare.
«Certo, è stato un piacere.. - si fermò per un attimo a guardarmi – Hanna.»
Lo salutai e lui mi superò, sparendo poco dopo dietro l'angolo.
«Hanna!»
Mi voltai di scatto e vidi Harry trasportare la moto verso di me.
«Ha resistito!» Notai con piacere.
«Ha qualche ammaccatura ma si, ha resistito.»

Mi passò il casco e montammo in sella, tornando alla realtà, al presente.

 

-------------------------------------------------------------------
 

Spero che questo capitolo vi piaccia:) io,personalmente, mi sono divertita molto a scriverlo:)
Una cosa importante che volevo fare era ringraziarvi! Per le parole che mi avete rivolto, siete dolcissime!
Avevo proprio bisogno di una spinta come questa e spero di non deludervi:)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** XV ***



Ice on fire

capitolo 15



Harry fermò la moto davanti al vialetto di casa e mi fece scendere. Non avevamo parlato per tutto il tragitto, non ci eravamo guardati una arrivati, non ci eravamo rivolti un gesto, una parola.. niente. Fermò la moto e io scesi. Presi lo zaino, indietreggiai balbettando qualcosa e andai verso casa. Il cuore stava quasi per uscirmi dal petto, le gambe mi tremavano, mi meravigliai di come non caddi a terra. Arrivai invece alla porta e mi voltai un'altra volta, vedendolo ancora fermo lì, dove mi aveva lasciata. Lo sguardo fisso a terra, come imbambolato. Non appena inserii la chiave nella serratura, lo sentii mettere in moto e capii che la magia di quella notte era finita lì. Era finita in quella strada, in quel lasciarsi senza uno sguardo, in quella soglia di casa. Ci avevo passato la vita sulla soglia di casa sua. Non appena misi piede in casa mia madre si lanciò su di me, stringendomi come se non mi vedesse da mesi.
«La prossima volta te ne resti a casa.» aveva detto.
Fui sollevata della cosa. Significava che la balla che io e mio fratello avevamo messo in piedi aveva funzionato. La cosa che mi preoccupava di più era la bugia detta a Liam. Liam non era stupido, e sicuramente avrebbe capito qualcosa. Avrebbe capito qualcosa per il mio atteggiamento, ma per il momento non avevo nessunissima voglia di vederlo. E così da quel giorno me ne sto chiusa in camera. La notte non riesco a dormire. Guardo la luna, immaginando che fosse la stessa di quella notte, ma la stessa non è. Le notti adesso hanno qualcosa di diverso. Sono spente, vuote. Rimango per ore a fissarla, immaginando le sue mani su di me, i suoi baci, le sue carezze.. Immaginando quel momento che vorrei ritornasse ancora e ancora. Il mio corpo è pieno di brividi perchè mi ritrovo sola, nel buio più totale senza nessuno che mi culla tra le braccia. Senza Harry che mi culla tra le braccia. Liam è passato a trovarmi il giorno dopo.
«Mi sei mancata.» mi dice.
«Anche tu.» gli rispondo.
Mi porta al cinema a guardare “Amici di letto”. Cerco di trattenere le lacrime.
Mi prende la mano, mi cinge le spalle con un braccio, mi accarezza il viso e io non faccio altro che immaginare di essere in qualunque altro posto. Voglio bene a Liam e forse dovrei dirgli la verità, se la merita. Non ho detto niente ad Aria, non ho detto niente a Louis. Non vedo Harry da quel giorno. Lo spio da dietro le tende della mia finestra. Vedo le luci accese, Chester che corre in giardino, la moto sul vialetto. Ogni volta che lo vedo uscire mi vengono i brividi. Poi lui alza la testa verso di me e io mi nascondo, pregando che non mi abbia vista. Tra poco ci saranno le vacanze di Natale, dovrei esserne contenta. Stare insieme alla famiglia, festeggiare.. e invece niente. 
Quel giorno andai a trovare Adele alla clinica, non lo facevo da tanto.
«Hanna.»
Quando mi vide il suo viso si illuminò. La trovai seduta sul letto, intenta a mangiare. Avevo sempre odiato l'odore del cibo degli ospedali. Le portavo sempre qualcos'altro da mettere in bocca, ma lei insisteva sempre dicendomi che non dovevo preoccuparmi per lei.
«Hai mancato Harry per qualche minuto.» disse.
«Bene.»
Poggiai il piatto sul tavolino e mi sedetti accanto a lei, cercando di sorriderle.
«Come stai?» le chiesi.
«Attendo con ansia il momento per andarmene.»
«Adele ti prego, - le presi la mano – non devi dirlo.»
«Figlia mia, - me la strinse – sono vecchia ormai.»
Abbassai la testa e sentii gli occhi gonfi dalle lacrime.
«Raccontami che ti succede..»
Alzai il viso e la vidi sorridermi.
«Tu e mio figlio avete la stessa espressione, triste e vuota.» continuò.
«Forse per motivi diversi..» sussurrai.
«Dimmi di questo ragazzo con cui stai..»
«Liam.» le ripetei, per la decima volta.
«Lo ami?»
«Gli voglio molto bene..»
«Anche a un cucciolo gli si vuole molto bene.»
Feci spallucce e tornai a guardare in basso.
«Hanna, - riprese – ho passato la mia vita accanto a un uomo che credevo di amare e ho solo rovinato la mia vita e quella di Harry.»
La stavo a sentire. Lei non scendeva nei particolari e ignorava il fatto che io in realtà sapessi tutto. Sapevo l'inferno che avevano vissuto. Sapevo che Liam però non sarebbe mai arrivato a tanto ma il concetto era un altro. Adele mi stava esortando a seguire il mio cuore, a scegliere ciò che era più giusto per me stessa. Non sapeva però che in realtà il problema era Harry.
«Forse il problema non sono io.» dissi.
«Dagli un po' di tempo, - continuò – i maschi sono sempre meno maturi.»
Risi. Risi e con quel pensiero in testa la salutai con un abbraccio e lasciai la clinica. Avrei voluto che Marcus spuntasse, che questa storia finisse. Avrei voluto che tutto fosse più semplice. Due persone si amano, dovrebbero stare insieme. Non ci dovrebbe essere mille ostacoli. Non ci dovrebbero essere mille problemi. Dovrebbe essere tutto fottutamente facile.


«Hai una faccia da funerale.» disse Aria.
«E' il tempo.» 
«Da oggi iniziano le vacanze, dovresti essere piena di gioia e invece sembra ti sia morto il cane.»
Eravamo all'uscita da scuola. 
Il tempo era nuvoloso e tra un po' sarebbe venuta giù la pioggia.
«Non un cane.» scherzai.
«Sai cosa intendo, - continuò Aria – è da quando sei tornata da quella fuga d'amore con Harry che hai questa faccia.»
«Non era una fuga d'amore.» la corressi.
«Dimmi cosa è successo allora, - riprese – siete stati a letto?»
Mi guardò seria e io cercai di evitare il suo sguardo.
«Ci sei andata a letto e non mi hai detto niente?!» quasi urlò.
«Calmati! - la ripresi – Vuoi che lo sappia tutta la scuola?»
«E com'è stato? Bello? Ne è valsa la pena? Cavolo era la tua prima volta!»
Cercai di zittirla in ogni modo, ma la sua eccitazione mi fece ridere, tanto che alla fine la buttammo sul comico. 
«Ti brillano gli occhi, lo sai?» Mi disse, una volta che ebbi finito di raccontare.
Sorrisi ancora, fin quando Aria cambiò espressione e la vidi fissare qualcosa alle mie spalle. Mi voltai anche io, seguendo il suo sguardo, e vidi Harry seduto sulla sua moto mentre si baciava con una rossiccia. Mi lanciò uno sguardo compiaciuto e poi riprese ad accarezzarla e a baciarla con foga. Senza dire niente, iniziai a correre verso casa.
«Hanna!» 
Mi urlò Aria alle mie spalle.
Non mi fermai. Continuai a correre, le guance bagnate. Sentivo gli occhi bruciare e sentii la pioggia che iniziava a scendere sulla città. Cercava di tenermi lontana. Non puoi colpire la ragione, colpisci il cuore. Ma io non te lo permetterò Harry Styles. Non ti permetterò di manipolarmi e convincermi di qualcosa. Io sapevo ciò che volevo e niente mi avrebbe impedito di averlo. E così aspettai da dietro la finestra di casa che lui tornasse, e quando vidi la moto arrivare e lui entrare in casa, uscii di corsa inventando qualcosa a mia madre e raggiunsi la porta di casa sua.
Bussai ripetutamente, fin quando me lo trovai di fronte.
«E così che pensi di allontanarmi? - lo aggredii, entrando in casa – Facendoti vedere con un'altra?»
«Ora sai che non sono sicuro di quello che voglio.» continuò.
«No tu devi piantarla! - continuai – Devi smetterla di difendermi, di tenermi al sicuro, non ho più otto anni!»
«Hai detto bene! - mi aggredii adesso lui – Non si tratta più di qualche stupido scherzo infantile, questa è una cosa seria!»
«Non puoi decidere per me Harry! - avevo le lacrime agli occhi ora – Sono io a decidere cosa fare della mia vita e non puoi proteggermi sempre.»
«Ti prego Hanna, - mi implorò lui – torna da Liam.»
«Non posso! - urlai – Abbiamo fatto l'amore, io.. io ti amo!»
«Smettila di amarmi allora!» mi urlò sopra.
«Non posso!» alzai di nuovo la voce.
«Non capisci? - si avvicinò – Non sono giusto per te, non posso darti ciò che meriteresti! Che vita avresti con me Hanna? Una vita piena di problemi, di ostacoli da superare, una vita di continue lotte per ottenere qualcosa!»
«Una vita felice..» lo interruppi, con la voce rotta.
Rimanemmo un paio di minuti a guardarci, senza dire niente.
«Sai che ti dico? - ripresi io - Se non stiamo insieme non è perchè tu vuoi proteggermi, è perchè tu non vuoi stare con me perchè io ho deciso cosa voglio, ho deciso a cosa voglio andare in contro, ho deciso di essere qui, quindi se non stiamo insieme sarà solo perchè tu non vuoi stare con me e hai paura! E sei un vigliacco e ti odierò sempre per questo!»
Lo guardai un attimo e poi mi voltai, per andarmene per sempre. Ma qualcosa me lo impedii. Harry mi afferrò dal braccio e mi fece voltare, centrando in pieno le mie labbra. Mi baciò con forza per una manciata di secondi e poi si staccò poco, quanto bastava oer potermi parlare.
«Anche io ti amo, - sussurrò – ti amo da una vita, ho solo paura possa accaderti qualcosa per colpa mia.»
«Non mi accadrà niente.» gli sussurrai io.
Riprese a baciarmi con foga, accarezzandomi la schiena e una mano tra i capelli. Mi sollevò da terra e mi portò su in camera sua, senza staccare le sue labbra dalle mie. Mi appoggiò sul materasso e mi sollevò la maglietta, sfilandola via in un attimo.
«Pensa che una volta qui dentro giocavamo con i lego.» mi disse all'orecchio.
Risi al ricordo e anche io gli sfilai la maglietta, come aveva fatto prima con me.
«Non lasciarmi più, - gli chiesi – ti prego.»
Mi guardò per un attimo, accarezzandomi una guancia.
«Te lo prometto.»
E con questa promessa continuammo ad amarci, come quella notte, come avevamo fatto silenziosamente da bambini. 


Tenevo gli occhi chiusi ma sentivo le labbra calde e morbide di Harry premere contro la mia fronte, la mi testa. La sua mano tra i capelli e l'altra mi accarezzava delicatamente la spalla. Aprii gli occhi sorridendo, e mi voltai a guardarlo.
«Mi dispiace averti fatto aspettare tanto, - disse – mi dispiace averti lasciata.»
«Sei qui adesso.»
Lo fermai e mi avvicinai per baciarlo. Mi strinse ancora di più, mentre io tornavo triste e pensierosa.
«Sei triste?» mi chiese.
«Penso a Liam.»
«Pensi a Liam mentre sei a letto con me?» scherzò.
«Sai cosa intendo, - risi – devo parlargli.»
«Mi dispiace averti incasinato la vita.»
Questa volta quello triste era lui.
«Ehi, - mi misi sopra di lui – tu non mi hai scombussolato la vita, l'hai fatta diventare migliore! Da quando te ne sei andato le uniche cose importanti erano la scuola, le feste, essere la figlia modello, andare all'università.. Invece adesso grazie a te ho riscoperto tante altre cose.»
«Davvero? - rise – Tipo?»
«Ho fatto pace con Louis, ho trovato il coraggio di ribellarmi ai miei e di fare quello che più mi piace!»
«Quindi ti ho fatto diventare una ribelle? Interessante!»
Mi portò sotto pizzicandomi i fianchi e facendomi contorcere come un lombrico. Continuava a farmi il solletico e ridevamo, ridevamo come facevamo sempre da piccoli, come avevamo fatto da una vita. Giocammo ancora un po', inseguiti da Chester, inseguendoci l'uno con l'altro, correndo per casa senza badare al vicinato che poteva sentire le urla di gioia. Quando arrivò la sera fu il momento di lasciarci.
«Non tornare a casa.» mi disse, stringendomi a se.
«Così i miei avranno un motivo in più per odiarti.»
«Puoi sempre venire a vivere qui.»
«E' una dichiarazione d'amore signor Styles?»
«Certo, - rise – d'altronde ti ho già sposata, ricordi?»
Risi anche io e dopo ci baciammo ancora, con la sua mano che mi accarezzava una guancia. Ci staccammo contro voglia e io uscii.
«Ti trovo sempre di fronte casa mia domani?» urlai.
«Ci passerò la vita sulla soglia di casa tua.»
Sentii le guance andarmi in fiamme, il cuore quasi che saltava fuori dal petto, le gambe che tremavano e non mi ero mai sentita così immensamente felice. Lo guardai un ultima volta prima che chiudesse la porta e mi voltai.
«Dimmi che non è come penso.»
Quello che vidi quando mi voltai fece sparire all'istante il sorriso dalla mia faccia. Liam se ne stava davanti a me, un mazzo di fiori in una mano, lo sguardo fisso sulla casa di Harry. Panico. Panico più totale. Non avrebbe dovuto scoprirlo in quel modo. Cosa avrei fatto?


 
-------------------------------------------------------

 
Scuse immense per il ritardo ma sono sotto esami e qualsiasi universitario mi comprenderà!
Il prossimo capitolo è già pronto quindi non dovrete aspettare molto:)
Spero che questo vi piaccia, ancora mille scuse <3

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** XVI ***



Ice on fire

capitolo 16


«Liam ti prego lasciami..»
«Spiegare? - mi interruppe bruscamente – Spiegare cosa?»
Vedevo i suoi muscoli irrigidirsi, il respiro affannoso.
«Te lo giuro non è stato intenzionale.»
«Ci sei andata a letto?» mi chiese a un tratto.
Non riuscii a rispondere. 
Mi misi a guardare altrove con gli occhi piene di lacrime.
«Sono un vero idiota!»
«Liam aspetta!» cercai di fermarlo.
«Sai cosa è più divertente? - riprese – Che mi sono illuso di poterti stare accanto, ho creduto davvero che tu potessi innamorarti di me e mentre io avevo tutte queste speranze  tu te la spassavi con Harry!»
«Anche io lo speravo! - insistii – Non ti ho mai mentito su ciò che sentivo, ci ho provato davvero ma..»
«Ma non ero Harry Styles.» finii la frase al posto mio.
Annuii con tristezza, sentendomi sempre peggio. Non avrei mai voluto che accadesse questo. Non avrei mai voluto fargli del male, mai.
«Non eri da Aria durante la tempesta vero? - mi chiese – Eri con lui?»
Annuii di nuovo.
«Liam tu meriti una persona che ti dia tutto l'amore di questo mondo!»
«Risparmiamelo! - mi bloccò – Non volevo nessun'altra, volevo te.»
«Mi dispiace.»
Avevo le guance rigate dalle lacrime, il morale a terra. Vedevo i suoi occhi rossi, volevano piangere ma cercavano di resistere.
«Volevo farti una sorpresa stasera.. - gettò il mazzo di fiori a terra – ti farà soffrire Hanna, ti lascerà di nuovo come ha già fatto e non sarai mai felice con lui.»
Detto questo mi diede le spalle e andò verso la macchina. Lo guardai ancora una volta, poi respirai a fondo, sperando che un giorno, che prima o poi, avrebbe potuto perdonarmi. In qualche modo. Entrai in casa ancora con il volto di Liam nella mente e fissai il pavimento. 
«Che ti prende?» mi chiese Louis, con un bicchiere di succo in mano.
«Io e Liam ci siamo appena lasciati.» risposi, andando verso il frigo.
«Brutto.» mormorò.
«E io ed Harry ci siamo appena messi insieme.» dissi, lentamente.
«Cosa?! - Louis quasi si strozzò con il succo – Ce ne avete messo di tempo!»
«Grazie per il conforto!» scherzai, sedendomi accanto a lui con un po' di limonata.
«Come pensi di dirlo a mamma e a papà?» mi chiese a un tratto.
«Bè, - bevvi un po' di limonata – credo che farò passare il Natale prima.»
«Buona idea.»
«Tu quando pensi di dare un po' di retta ad Aria?» gli chiesi, guardandolo da sottecchi.
«Hanna!» mi fulminò con lo sguardo.
«Che c'è? - dissi – Dovresti pensarci seriamente.»
«Piantala.»
«Eddai ammetti che ti piace un po'.» 
Iniziai a fargli il solletico mentre lui continuava a dirmi di finirla e rideva. Cercava di bloccarmi le braccia, ma ci ritrovammo in piedi sul divano come quando eravamo bambini.
«Ragazzi, - mia madre entrò dalla porta d'ingresso riprendendoci – aiutatemi con la spesa avanti.»
Prima di scendere Louis mi diede una spinta affettuosa, facendomi cadere con un tonfo sul bracciolo del divano. Risi e lo raggiunsi, mentre mia madre ci osservava sorridendo. Io ridevo e scherzavo con mio fratello, mia madre ci richiamava ridendo, mentre noi litigavamo scherzosamente per la spesa. Ero felice. Per la prima volta nella mia vita sembrava esserci un po' di sintonia, ma ignoravo il fatto che qualcuno stesse osservando quella felicità che tanto ci era mancata. La osservava in silenzio da dietro una vetrata, dietro l'albero di Natale. Ci osservava, studiando ogni nostro movimento, abitudine.. Solo qualche mese dopo avrei scoperto cosa mi aspettava.



Quella mattina Bristol si era svegliata ricoperta dalla neve. Una vigilia di Natale perfetta. I bambini erano scesi per strada prendendosi a colpi di palle di neve, inseguendosi e cadendo su un letto di neve. Mi svegliai respirando un'aria fresca, delicata e pura. Vidi la neve sul mio balcone e sorrisi, scendendo dal letto e andando a vestirmi. A parte quell'episodio con Liam, in quei giorni avevo sempre il sorriso sulla faccia. Ero spensierata e gentile con tutti. Non era difficile capirne il motivo e quel giorno mi vestii velocemente, scesi le scale e arrivai in cucina in un attimo. Presi un biscotto dal tavolo e scoccai un bacio in guancia a mio fratello.
«Ma che fai!» si lamentò, facendo una smorfia.
«Tesoro, - disse mia madre – mi aiuti a controllare il catering per la festa di stasera?»
«Sarà una festa fantastica mamma perchè tu sei fantastica, - risposi – Louis perchè non inviti Aria? - mio fratello mi lanciò un'occhiataccia – Io esco.»
Uscii di casa prima che mia madre potesse obiettare. Ogni anno organizzava la festa della vigilia a casa nostra, invitando stupidi ricconi, figli di stupidi ricconi e.. ancora stupidi ricconi. C'era anche qualche amico, come la famiglia di Liam o quella di Aria. Avevamo vissuto in questo modo per anni, annoiandoci in queste stupide feste. La gente faceva finta di provare affetto l'uno per l'altro, quando in realtà si sparlavano alle spalle. Io mi divertivo a prendere in giro gli invitati insieme a Liam, quest'anno sarebbe stato diverso. Mia mamma ordinava a una ditta di catering di allestire la casa. Una casa così immensa che avremo potuto ospitare tutta la città se solo avessimo voluto. Ogni anno trovavo una scusa per tirarmi fuori dall'organizzazione e anche quest'anno ci ero riuscita.
«Buongiorno!» dissi raggiante, quando Harry mi aprii.
«Buongiorno!» mi rispose Harry, tirandomi a se per baciarmi.
«Odio svegliarmi senza te accanto.» gli dissi.
«Odio parlare mentre ti sto baciando.»
Risi. Ci baciammo ancora e a un tratto Chester ci abbaiò contro.
«Forse qualcuno è stanco di vederci appiccicati.» scherzò Harry.
Mi voltai a guardare il cucciolo e lo vidi scodinzolare, con la lingua penzolante.
«Va bene Chester, - disse a un tratto Harry – si esce.»
Il cane abbaiò ancora e saltellò per casa, mentre aspettava che Harry gli mettesse il guinzaglio. Era cresciuto molto da quando l'avevo preso, non era più un cucciolo, era diventato un cucciolone ribelle e pestifero. Harry mi aveva raccontato che la notte della tempesta aveva quasi fatto a pezzi il divano, strappato una tenda e fatto cadere a terra la libreria. Aveva sempre voglia di correre ed Harry doveva tenere la presa del guinzaglio ben salda. Ma la maggior parte delle volte lo lasciava libero. Chester era un ribelle ma, era molto ubbidiente.
«Mi dici dove andiamo?» chiesi, stringendo la mano di Harry.
«Ti ho detto che è una sorpresa.»
Camminavamo da un po' ormai. Chester saltellava tra la neve, mangiandone un po' a volte. Si stava proprio divertendo.
«Di qua.»
Harry mi fece svoltare a destra, fino ad arrivare al piccolo parco giochi dove giocavamo da piccoli. Lo scivolo era ancora intatto, la casetta di legno anche. Solo una delle due altalene era rotta.
«Che ci facciamo qui?» chiesi, confusa.
Harry non rispose. Mi portò fino a un albero, poi si piegò sulle ginocchia e strofinò la mano in basso, sulla corteccia. Poco dopo al posto della neve, apparve un'incisione. Un'incisione che conoscevo bene.
«E' ancora lì!» dissi, con gioia.
Un cuore con al centro la mia iniziale e quella di Harry, che poi – ironia della sorte - è la stessa. 
«L'ho trovata qualche giorno fa, - disse – e volevo mostrartela.»
Avevo le lacrime agli occhi al ricordo di quel giorno. 
«Spero che questo Natale sia diverso.» disse a un tratto.
Mi voltai per guardarlo. Avevo lo sguardo nel vuoto, triste e cupo.
«Nei miei ricordi natalizi – continuò – c'è mio padre ubriaco che torna a casa e mi picchia perchè ha perso i soldi al gioco e o a qualche stupida scommessa.»
«Sarà sicuramente diversa, - gli presi una mano – sei con me adesso, tuo padre è lontano e qui hai i tuoi amici.»
«I miei amici?» chiese lui, ridendo.
«Si, - risposi decisa – ci sono io, Aria, Zayn e Louis era il tuo migliore amico..»
«Era, - mi bloccò – adesso mi odia.»
«Solo perchè pensa che tu l'abbia abbandonato, - ripresi – perchè non provi a parlargli? Per esempio stasera ci sarà una cena a cas..»
«No! - mi fermò prima che potessi proseguire – Non mi costringerai a venire a una di quelle feste da ricconi e in più i tuoi mi odiano.»
«Ti prego, - lo supplicai – io devo andarci per forza, possiamo stare un'oretta, prendere in giro gli invitati e se ci annoiamo scappiamo via.»
Harry cercò in tutti i modi di ribellarsi ma alla fine cedette. Risi alla scena e lo baciai più volte. Mi avrebbe perdonata prima o poi.


Come ogni anno la casa era piena di ghirlande, di luci colorate, di stelle di Natale e di gente che vedevo ogni anno da quando ero piccola. Per la serata scelsi un tubino rosso, scollato davanti e corto. Gli ospiti mi salutavano, alcuni sorridendo, altri guardandomi con indifferenza. Molti mi chiedevano come stavo ma solo a pochi interessava davvero. Noon ci facevo caso, ormai avevo capito come andavano queste cose. Dovevo solo fare la brava e far fare bella figura ai miei genitori.
«Passano gli anni, - Louis apparve al mio fianco – ma l'immoralità di questa gente è sempre la stessa.»
«La signora Nickolson non vedeva l'ora di rinfacciarmi il fatto che sono ancora single.» dissi, sorseggiando dello spumante.
«Dille che sei fidanzata con un ragazzo che viene dal riformatorio, - scherzò lui – daremo una svolta alla serata.»
Risi e lo vidi andare al tavolo del buffet per assaggiare degli stuzzichini. 
«Questa festa è bellissima Hanna, - la mia amica Aria mi piombò davanti – tua mamma mi sorprende sempre.»
Aria veniva ogni anno da quando ci conoscevamo. Suo padre faceva l'infermiere e sua madre la casalinga. Non era proprio il loro mondo questo e io non avrei sopportato l'idea che venissero derisi. Erano delle persone eccezionali e non se lo meritavano.
«Torno subito.»
La fermai di colpo quando vidi Harry varcare la soglia di casa. Aveva messo un jeans, camicia bianca e giacca. Lo vidi già sentirsi a disagio e gli ospiti che lo osservavano per capire se fosse davvero lui.
«Non male.» gli dissi, salvandolo dall'imbarazzo.
«Ho trovato questa vecchia giacca in un armadio di mio padre.»
«Sei bellissimo» dissi, avvicinandomi a lui.
Prima che potessi baciarlo però, ci interruppero.
«Harry? - sentii – Harry Styles?»
La signora Richard rimase a bocca aperta e in un attimo tutti gli occhi erano puntati su Harry.
«E' tutto sotto controllo signori, - intervenne mio padre – perchè non tornate alla festa?»
La gente tornò al suo da fare e mio padre ci liberò da quell'imbarazzo. Odiavo quelle persone. Guardavano Harry come fosse un teppista. Se solo sapessero la verità.
«Forse è meglio che vada..» disse a un tratto.
«Lascia perdere, - intervenni – avranno sempre qualcosa da ridire su tutti.»
Mi sorrise e mi accarezzò una guancia. 
Ero così impegnata a guardarlo che non mi ero neanche accorta di Liam, seduto sul divano che fissava il caminetto. Mi accorsi di sua madre vicino alla cucina. I suoi genitori erano amici dei miei da tanto. L'avevo già detto vero?
«Harry Styles a una festa per ricconi?»
Carson, il figlio dei Frost si avvicinò con strafottenza a noi.
«Carson non adesso.» lo ammonii.
«Non fa niente Hanna, - mi rassicurò Harry – meglio che me ne vada.»
«Si lascialo andare Hanna, - continuò Carson – non è posto per lui questo. - vidi Harry serrare i pugni – Hai finito i soldi per la droga e sei tornato in città?»
Pregai con tutta me stessa che Harry potesse far finta di non sentire, il che sembrava molto difficile.
«La mammina ha finito i soldi? - continuò – Il lavoro nei porti scarseggia?»
Ed eccolo.
Bastava una scintilla e Carson era famoso in questo. 
Non feci neanche in tempo a strattonare Harry. 
Carson volò a terra. Harry su di lui, il pugno che colpiva ancora e ancora. Dovettero fermarlo in tre uomini, ma bastò solo mio padre a buttarci fuori. Harry aveva la camicia schizzata di sangue. Riusciva a colpire solo i nasi. Un tiro netto e deciso. Non sbagliava mai. Carson rimase a terra, un sorriso beffardo in volto. Era riuscito nel suo intento. Fare passare Harry per il mascalzone che tutti credevano che fosse. Ne avevano avuto solo una conferma.
«Non sarei dovuto venire.» mi ripetè, mentre camminavamo per strada.
«In realtà, - dissi – credo che tu abbia dato una scossa a una serata noiosa.»
Rise.
«Ora i tuoi genitori mi odieranno sulserio.»
«Non mi importa, - lo fermai – io non ti odio.»
Mi prese il viso tra le mani e mi baciò, accarezzandomi una guancia con un dito, come faceva sempre.
«Ehi!» ci voltammo di scatto, vedendo Louis che correva verso di noi, seguito da Aria e Liam.
«Tutto ok?» domandò Aria.
«Loro si, - scherzò Louis – Carson avrà una brutta cera per giorni!»
«Mi dispiace di avervi rovinato la festa.» si scusò Harry.
«Tutti odiamo quelle feste, - intervenne Liam – ci hai fatto solo un favore.»
Non credevo alle mie orecchie. Non potevo credere che Liam fosse lì, accanto a me e ad Harry.
«Liam..» provai a dire.
«Sta tranquilla Hanna, - disse – non sono io quello che è stato preso a cazzotti.»
Sorrise. Un sorriso che in un attimo mi diede quella serenità che mi mancava. Riprendemmo a camminare, stuzzicandoci, scherzando e ridendo. 
«Buona vigilia di Natale anche a voi.» Arrivammo al parco senza neanche accorcergene e la figura di Zayn apparve seduto su un'altalena. Una bottiglia di birra in mano.
«Zayn, - lo richiamò Harry – che ci fai qui?»
«Bè, - raccontò – i miei hanno litigato di nuovo e io non ce la facevo più a starli a sentire.»
«Almeno tu non hai preso a cazzotti qualcuno davanti alle persone più importanti della città.» Intervenne Harry, andandosi a sedere accanto a lui.
«Wow, - disse Zayn – vi divertite parecchio a queste feste.»
«Se vuoi puoi far cambio con la mia famiglia Zayn, - disse Louis – il silenzio non mancherà.»
«O con la mia, - intervenne Liam – dimenticherai cosa sia una tuta.»
«Cavolo, - Aria si afflosciò sul prato – e io credevo di essere quella incasinata.»
«I vostri genitori vi voglio bene, - Harry lanciò uno sguardo d'affetto a ognuno di noi – certo avranno i loro difetti ma tutto quello che fanno lo fanno per il vostro bene.»
Strinsi la mano ad Harry, e notai i suoi occhi lucidi. Nonostante questo aveva il sorriso. Strinse la mano anche a me.
«Anche i tuoi, - azzardò Aria – giusto?»
Harry la guardò per un attimo, le sorrise per tranquillizzarla e poi rispose.
«Certo.» cercò di essere il più convincente possibile. Calò il silenzio per una manciata di secondi, ma poi Louis intervenne.
«Ricordate le volte in cui Zayn cercò di portarsi Hanna a letto?»
«Cosa?» sbraitò Harry.
Ci fu una risata generale e iniziammo a raccontare tutti gli aneddoti che Harry si era perso in quegli anni. In un attimo dimenticammo ciò che era successo alla festa, Zayn dimenticò i suoi, Harry dimenticò suo padre, Liam dimenticò il cuore infranto, Aria dimenticò il suo sentirsi inadatta a tutti noi. Per la prima volta eravamo tutti uguali, con gli stessi problemi, con gli stessi sogni, con gli stessi desideri. Ridevamo e scherzavamo, come non avevamo mai fatto prima tutti insieme. Mi resi conto che in fondo non eravamo poi così diversi. Zayn non era il mostro che pensavo fosse, era come noi. Non avevamo mai pensato al fatto che potevamo essere amici. Avere dei buoni amici in questa città era molto. Avere qualcuno a cui aggrapparsi, da cui fuggire, fuggire da questo mondo in cui l'unica cosa che conta sono i soldi e l'apparenza. E quella sera mi resi conto che forse ci eravamo trovati e che forse in fondo avevamo tutti e sei bisogno di questo. 

 
-------------------------------------------------------------

Come promesso non vi ho fatto aspettare tanto:D
Questo capitolo mi piace molto, soprattutto la parte finale dove ho immaginato i sei ragazzi seduti al parco che ridevano e scherzavano. Penso che nella storia mancava un pò il fattore amicizia e sono contenta di aver pensato di riprenderlo:) La cosa che mi piace di più è che nonostante vengano da mondi diversi cercheranno di esserci sempre l'uno per l'altro:) Fatemi sapere:)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** XVII ***



Ice on fire

capitolo 17




La neve se ne andò dalla città dopo qualche giorno, lasciando alle porte l'arrivo del nuovo anno. Tutti diventano euforici e anche tristi in questo giorno. Molti non vedevano l'ora di lasciarsi alle spalle l'anno vecchio per dare spazio e nuove esperienze, altri avevano timore che il nuovo anno potesse essere peggiore rispetto al precedente. Io onestamente non ci facevo caso. Si, era sempre un evento importante, ma non stavo lì a pensarci. Preferivo godermi il festeggiamento con i miei amici senza troppe paranoie.
«Wow! - esclamai, vedendo mio fratello in smoking – Che eleganza.»
«Come sempre.» scherzò lui, superandomi.
Stavamo andando a una festa a Oxford, in uno degli hotel più prestigiosi. Festa nella suite imperiale. Io avevo scelto un vestito lungo nero, tacchi e capelli lisci. Mio fratello mi porse il braccio e io lo accolsi. Come ogni anno i miei sarebbero andati in una di quelle stupide feste tra ricchi. Non avevo ancora avuto il tempo di parlarci dalla vigilia.
«Dove credete di andare?» ci ammonì mio padre, una volta arrivati al piano di sotto.
«A una festa, - risposi – come tutti gli anni.»
«Dobbiamo ancora parlare di quella sera Hanna.» continuò lui.
«Certo, mi piacerebbe discutere su quanto sia idiota Carson.»
«L'ha picchiato davanti ai nostri amici! - ringhiò – Siamo ancora sulla bocca di tutti!»
«Ma quali amici! - dissi – Vi leccate solo il culo a vicenda.»
Mio padre mi tirò un ceffone dritto in guancia. Non aveva mai alzato le mani con me. Ero sempre stata una figlia modello e non mi ero mai opposta.
«Non voglio mai più vederlo in questa casa, - mi disse – e non voglio mai più vederlo vicino a te.»
Mia madre rimase ancora con una mano alla bocca, senza riuscire a fare o dire niente. Louis era dietro di me, pronto a intervenire.
«Allora preparati papino, - lo anticipai – sarà un bell'anno di inferno!»
Uscii di casa prendendo Louis per mano, con mio padre che continuava a urlare il mio nome alle mie spalle.
«Hanna, - mio fratello mi fece voltare – andrà tutto bene.»
Gli sorrisi, stringendogli la mano.
«Vado a chiamare Harry, - aggiunsi – aspettaci in macchina.»
Vidi mio fratello andare verso il garage e io mi diressi verso la casa di fronte. Bussai un paio di volte, poi Harry mi aprii.
«Buonasera signor Styles! - dissi – Perchè non sei ancora pronto?»
Entrai in casa, salutai Chester che mi venne incontro scodinzolando e vidi Harry spegnere la televisione.
«Hanna ci ho pensato, - disse – è meglio che non venga.»
«Cosa?»
«E' meglio che non venga.» ripetè.
«Se sei preoccupato per l'episodio dell'altra volta stai tr...»
«Non ci voglio venire Hanna!» mi interruppe bruscamente.
«Tu non vuoi venire..» sussurrai.
«Non è posto per me, non c'entro niente con te e con tutte quelle feste.»
«E io che ho appena litigato con mio padre per difendere te!»
«Non devi..» disse.
«No, hai ragione – continuai – rimani qui a deprimerti, a dare la caccia al fantasma di tuo padre, continua a vivere così e respingere tutti, ti saluto.»
Gli voltai le spalle e sbattei la porta, rimanendo qualche secondo lì ferma, con la speranza che potesse cambiare idea. Ma Harry non cambiò idea. Rimase a casa come aveva deciso e io andai alla festa, come avevo deciso.


«Hanna se vuoi andiamo in un altro posto.» ripetè ancora Louis alla guida.
«Si possiamo andare a mangiare qualcosa..» continuò Aria.
«..o a bere.» concluse Zayn.
Liam lo ammonì con lo sguardo.
«Andiamo dove vuoi.» mi disse.
Eravamo saliti in macchina da un paio di minuti e da quando avevo raccontato ciò che era successo non avevano fatto altro che riempirmi di attenzioni.
«Siete gentili ma, - dissi – non rovinerò il Capodanno anche a voi, ci divertiremo.»
Zayn  mi sorrise affettuosamente, come per dire “il mio amico è un coglione”. Adoravo il fatto che fosse cambiato così tanto, o forse era sempre stato così ma non lo dava a vedere. Aveva iniziato a non frequentare più il gruppo di Niall e company, e io ne fui felice. Era un caro amico. Sempre con la battuta pronta, divertente e affettuoso. Certo, aveva anche lui i suoi momenti da rompi scatole ambulante, ma chi non li aveva? E poi non avrei mai dimenticato la sera in cui mi salvò da quel tale. Mai. Poteva fare quanto voleva il piacione. Io avevo conosciuto il vero Zayn. Quello con l'animo buono e caro. 
«Credo sia questo.» disse a un tratto Louis, distogliendomi dai miei pensieri. Avevamo impiegato un'ora per arrivare a Oxford e davanti a noi si presentava l'hotel più grande che abbia mai visto.
«Credete ci sia la piscina?» chiese Zayn, scendendo dalla macchina.
«Cosa vorresti fare?» lo ammonì Aria.
«Festeggiare come si deve.» rispose lui, con un sorriso beffardo.
Fece la scalinata di corsa, mentre noi gli stavamo dietro.
«Tutto bene?» mi chiese Liam, avvicinandosi.
Quella sera avevano messo lo smoking, a eccezione di Zayn che aveva optato per un jeans e una maglietta bianca. Mai elegante lui. Non potevamo chiedere troppo.
«Si.» risposi a Liam, sorridendogli.
Ero contenta che in qualche modo potessimo avere un rapporto. Da quella sera della vigilia avevamo passato molto tempo tutti e sei insieme e in poco tempo ci eravamo legati molto.
«Sono carini.» disse a un tratto, osservando Aria e mio fratello poco più avanti di noi che parlottavano e ridevano. Si erano avvicinati molto anche loro, e non solo come amici. Ne ero felice. Anuii a Liam e poi seguimmo gli altri dentro. 
La festa era già iniziata. La suite era piena di gente, di festoni, di ghirlande. Per la gioia di Zayn la piscina c'era e lo notai già in acqua, saltare a ritmo di musica insieme ad alcune ragazze. 
«Devo ricredermi sulle vostre feste da ricconi.» mormorò Aria.
«Giuro che non ho mai visto niente del genere in questo tipo di feste.» aggiunse mio fratello.
Liam prese da bere per tutti, cercai di divertirmi anche io insieme a loro vedendo la gente euforica che si lanciava con un balzo in piscina, alcuni erano in piedi sul divano, altri giocavano a streap poker, molti facevano a gara a chi beveva di più. La situazione era già degenerata alle 10 di sera e i miei amici non perdettero occasione di darci dentro. Louis incontrò dei suoi amici dell'università e parlò di continuo con loro, tra un bicchiere e l'altro. Liam andò a giocare a birra-pong e Aria si unì ad alcune ragazze per delle gare di just dance. Zayn era sparito da un pezzo con due ragazze, in una delle tante camere della stanza. Io li osservavo seduta al bancone, ridendo alle loro facce buffe. Bevevo anche io, meno di loro, però bevevo. Conoscevo la maggior parte della gente lì dentro. Erano tutti figli di famiglie come la mia che cercavano un po' di libertà e di scappare dalla monotonia di tutti i giorni. Come li capivo.
«Come mai qui tutta sola?» sentii alle mie spalle.
Mi voltai e vidi un ragazzo alto, biondo, davanti a me.
«Sto bevendo.» dissi, facendo vedere il bicchiere.
«I tuoi amici sembrano divertirsi, - aggiunse guardandoli – tu vorresti essere altrove vero?»
«Sono così prevedibile?» ammisi.
«No, - mi corresse – la tua espressione dice tutto.»
«E tu? - chiesi – Come mai non ti diverti?»
«Sono stati i miei amici a costringermi a venire, - ammise – io non ero dell'umore.»
«Come mai?»
«La mia ragazza mi ha lasciato, - disse – giusto qualche ora fa.»
«Mi dispiace, anche io ho litigato con il mio.»
«Si bè, - continuò – non è il Capodanno che mi ero immaginato.»
Lo vedi sorseggiare dal suo bicchiere e mi accorsi della sua espressione triste. Se la espressione parlava, la sua urlava, urlava di tristezza. 
«Meglio che torni a casa.» disse a un tratto.
Lo vidi alzarsi e posare il bicchiere sul bancone.
«Piacere di averti conosciuta..»
«Hanna, - dissi – mi chiamo Hanna.»
«Io sono Oliver, - mi sorrise – buon Capodanno.»
Gli sorrisi anche io e poi lo vidi piano piano allontanarsi.
«Oliver! - gli urlai, facendolo voltare – Non puoi proprio fare più niente per riprendertela?»
«Ha preferito un altro, - rispose – io non posso fare più niente, ti auguro che a te vada meglio.» mi sorrise di nuovo e poi lo vidi sparire tra la folla. Rimasi seduta ancora per qualche minuto. Sentii il piede battere nervosamente sul pavimento. Il dito battere nervosamente sul bancone. Pensieri, mille pensieri. Deciditi.
Mi alzai di scatto dallo sgabello, presi il cappotto e raggiunsi Louis.
«Devo tornare a Bristol, - gli urlai – chiamate un taxi!»
Mio fratello mi sorrise, gli occhi socchiusi. Un sorriso da ebete. Non si ubriacava da tanto. Lo pregai di stare attento e poi corsi alla macchina. Guidai più in fretta che potevo, ringraziando il Cielo che fosse Capodanno e che non ci fosse nessuno per strada. Io ero l'unica pazza. Pensai ad Oliver, al modo in cui era stato lasciato e mi ricordai di Liam. Anche io avevo preferito un altro al suo posto e mi sentii di nuovo male per questo. Non avrei mai voluto vedere in Liam la tristezza che vidi negli occhi di Oliver qualche minuto prima. In questo momento però dovevo pensare a raggiungere Harry. Lo cercai al cellulare ma era staccato. Provai a casa ma non rispondeva nessuno. Così, una volta a Bristol, andai nell'unico posto in cui lo potevo trovare. 
«Hanna, anche qui il giorno di Capodanno?» mi chiese Rose.
«Harry è qui, vero?»
«Si è dentro con..»
Non la feci neanche finire di parlare. Percorsi il corridoio e quasi arrivata alla stanza, lo vidi uscire con una bottiglia d'acqua vuota in mano.
«Hanna..» disse, in un fiato.
Senza pensarci due volte mi tuffai tra le sue braccia e lui mi strinse.
«Mi dispiace tanto, - dissi – non avrei voluto passare con nessun'altro il Capodanno se non con te.»
«E' a me che dispiace, - disse – non avrei mai dovuto dirti quelle cose.»
«No hai ragione, - insistii – non devo obbligarti a venire a quelle stupide feste.»
«Sarei venuto per voi, per te, ma mamma ha avuto un malore e sono dovuto correre qui.»
«Come sta?» chiesi, allarmata.
«Adesso ben...»
«Hanna? - Adele mi chiamò dalla stanza – Sei tu?»
Harry mi sorrise e mi prese la mano. Quando entrammo nella stanza Adele mi sembrava molto più magra dell'ultima volta che l'avevo vista, quasi sprofondava dentro quel letto.
«Ciao Adele.» la salutai, affettuosamente.
«Che gioia, - disse lei – i miei due ragazzi qui insieme.»
Adele mi strinse una mano e io le sorrisi. 
Un vecchio televisore mandava in onda i festeggiamenti che stavano avvenendo nelle varie piazze delle città più importanti. Fuochi d'artificio, balli, spettacoli. La gente ne inventava di tutti i colori per dare il benvenuto all'anno nuovo. Rimanemmo accanto a lei fino a quando si addormentò, piccola piccola e troppo magra per la sua età. Vidi Harry rimboccarle le coperte e la scena mi intenerii. Vederlo passare da ragazzo facilmente irascibile a figlio premuroso faceva sorridere. Spense la televisione e chiuse la finestra. Diede un bacio in fronte a sua madre e poi mi prese la mano e uscimmo.
«Non è il capodanno che avresti voluto..» disse poco dopo.
«Siamo insieme, - risposi – è questo l'importante.»
Arrivammo alla macchina ed Harry mi fece appoggiare sul cofano, avvicinandosi al mio viso.
«E ora che siamo soli che vorresti fare?» mi stuzzicò, mordendomi un orecchio.
«Un'idea l'avrei, - risposi con difficoltà – ma adesso dobbiamo fare qualcos'altro.»
Misi il broncio e lui mi guardò confuso.
«Dobbiamo recuperare gli altri a Oxford, sono senza macchina.»
Sorrisi colpevole e lui sbuffò.
«Forse possiamo aspettare un'altra mezz'ora..» azzardai.
«Sai quante cose si possono fare in mezz'ora?»
Harry mi sollevò da terra e, aprendo la portiera della macchina, mi portò sui sedili posteriori.
«Sai, - dissi mentre lui mi stuzzicava il collo – mi sento un po' a disagio a farlo sotto la clinica in cui c'è tua madre.»
Lo sentii ridere e mi baciò un altro po' il collo, per poi alzarsi e spostarci da un'altra parte. Magari un posto più isolato.
Non era di certo il capodanno che tutti si aspettano, ma a me interessava passarlo insieme a lui. Mi aveva fatto piacere fare compagnia ad Adele. Passava troppo tempo da sola e i dottori ci ripetevano sempre che da un momento all'altro poteva lasciarci. Mangiava sempre di meno e il suo corpo a poco a poco stava mollando. Harry temeva che da un momento all'altro l'avrebbero chiamato per dargli la triste notizia. Non lo dava a vedere ma aveva paura che ciò accadesse presto. Ogni volta che squillava un telefono sperava che non fosse la clinica, e io speravo che Adele potesse passare ancora del tempo insieme a noi.


 
---------------------------------------------------------------------
 
Perdonate il ritardo:) mi sono concessa un paio di giorni di mare per rilassarmi un pò! 
Spero che il capitolo vi piaccia e grazie per i mille complimenti:)
ps: per gli amanti di 'Amici di letto', sul mio profilo potete trovare il capitolo pov Zayn!

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** XVIII ***



Ice on fire

capitolo 18



Le vacanze di Natale finirono presto. Successero così tante cose che non le sentii neanche passare. Sembrava come se avessimo avuto un normalissimo weekend di riposo  e dovessimo tornare subito a scuola. Così rientrammo e i professori non persero occasione per riempirci di compiti, di interrogazioni, di progetti da consegnare. 
«...e quefto è il modo più femplice per analiffare una rana.»
Il professor Baxon insegnava anatomia. Era una persona tanto carina e buona, se non fosse per il fatto che sputasse ad ogni parola che conteneva una maledetta s. Per fortuna le rane erano già morte, altrimenti solo Dio sa a quali infezioni andavano in contro per la troppa vicinanza con Baxon. Lo sapeva bene Dylan, costretto a riempire il primo banco per i suoi continui ritardi a lezione. Anatomia era l'unica lezione per cui noi studenti facevamo a gare a chi arrivava per primo. Obiettivo? Prendere il banco più lontano dalla traiettoria degli sputi di Baxon. 
«Qualcuno dovrebbe dirglielo..» mi disse Aria, una volta finita la lezione.
Per quel giorno avevamo finito. Erano state le prime due settimane, dopo le vacanze, più pesanti di tutto l'anno.
«Buona idea, - dissi io – perchè non ti avvicini e glielo dici tu?»
Aria fece una smorfia e decise che c'era un motivo se tutti cercavano in ogni modo di avvicinarsi per parlare con lo sputanomide. Si dice così? No, non credo.
«Fignorina Tomlinfon.» Cazzo. 
Mi voltai, pregando che avesse sbagliato.
«Si?»
«Può avvicinarfi un fecondo?»
«Perchè non ne approfitti e glielo dici tu? - Aria rideva sotto i baffi. – Ci vediamo fuori.»
La classe rimase deserta e io mi avvicinai molto lentamente, fermandomi a qualche metro di distanza.
«Avvicinati Hanna, - continuò lui – credi forse che fossa mangiarti?»
Mangiarmi no, - pensai – ma ho già fatto la doccia stamattina.
Mi avvicinai un altro po' e poi attesi.
«Hanna va tutto bene per ora?» mi chiese.
«Certo, - risposi – perchè non dovrebbe?»
«Devo effere fincero con te Hanna, - si avvicinò a me e sentii una gocciolina arrivarmi sulla fronte – i tuoi voti peggiorano, fai molte affenfe e tutti profeffori fono preoccupati.»
Rabbrividii. Piccole goccioline sulla fronte e sul naso. Se non fossi una ragazza educata gli avrei già vomitato addosso.
«E' tutto sotto controllo.» feci per andarmene.
«Hanna, - mi richiamò lui – hai buone potenfialità, non frecarle.»
Annuii e lasciai quella camera di torture. Mi dispiace per Baxon, era una persona gentile e alla mano, ma lo sputo era proprio improponibile.
Vidi Aria seduta sul muretto alla fine delle scale. 
«Allora?» mi chiese, una volta raggiunta.
«Voleva solo darmi dei consigli per la fine dell'anno.» 
Non potevo dirle la verità. Ne avrebbe fatto una tragedia anche lei e mi bastavano già i miei genitori.
«Oh, - mormorò – più tardi ti vedi con Harry?»
«Sta passando molto tempo con la madre per ora, - dissi – sta.. poco bene.»
«Mi dispiace, qualcosa di grave?» mi chiese.
«No, - mi affrettai a rispondere – solo una leggera influenza.»
Aria mi scrutò, cambiando espressione. 
Avevo detto due balle nel giro di pochi secondi e non mi era mai successo. Non ero ami stata brava a mentire, ma da quando era arrivato Harry era come se fossi diventata un'abitudine. Ma rimanevo comunque un'incapace.
«Va tutto ben..» stava per chiedere.
«Tutto apposto con Louis?» la anticipai.
Sapevo che l'argomento Louis le avrebbe fatto togliere dalla testa qualunque dubbio sulle mie parole. Come pensavo, la vidi arrossire.
«Benissimo, - disse diventando sempre più rossa – spero solo che faccia sulserio.»
«Conosco mio fratello, - la rassicurai – se si è sbilanciato con te è perchè ci tiene.»
Aria sorrise e ne fui felice. Ero contenta che la mia migliore amica e che mio fratello potessero essere felici insieme. Louis l'avrebbe resa felice e lei lo avrebbe fatto risentire vivo, come da un po' non si sentiva. 
Arrivai alla mia bicicletta e, dopo aver salutato Aria, presi la strada di casa. Le giornate si erano riscaldate finalmente e il sole era tornato a splendere. Certo, ancora il cielo ci regalava qualche acquazzone, ma il giusto.
«..non puoi obbligarmi!»
Una volta arrivata sentii delle voci provenire all'interno di casa. Non erano delle voci normali, come quando intraprendi conversazioni con i propri genitori. Qualcuno si stava proprio ammazzando.
«..non ti permetterò di rovinare il futuro dell'azienda!» 
Riconobbi la voce di mio padre e poco dopo quella di Louis.
«Io non ci voglio lavorare in quella tua stupida azienda, non voglio fare la tua stessa fine ed elemosinare un po' d'affetto dalla famiglia.»
Mi avvicinai alla porta, rimanendo nascosta.
«Come ti permetti ingrato? Ho soddisfatto tutti i tuoi capricci con questo lavoro!»
«Ma chi te l'ha chiesto! - continuò Louis – Hai sempre cercato di organizzare la mia vita e adesso cerchi di farlo anche con quella di Hanna!»
«Ti do una notizia ragazzino, - disse mio padre – finchè starete sotto questo tetto, farete quello che dico io!»
«Allora ti do una notizia paparino, da domani non mi vedrai mai più.»
Rabbrividii a queste parole. Mio fratello dava sempre peso a quello che diceva. Non si era mai rimangiato niente e avevo il terrore che facesse sulserio. Aspettai che le acque si calmassero e poi entrai, senza salutare nessuno.
«Non è più buona educazione salutare?» si accigliò mio padre.
«Ciao.» salutai, freddamente.
Mia madre come sempre se ne stava in silenzio, in cucina. Non si opponeva mai. Mai che intervenisse su qualcosa. Sembrava una statuina messa lì per bellezza. 
Buttai la borsa a terra e salii velocemente al piano di sopra, sbirciando dentro camera di Louis. Lo vidi sul letto, le cuffie alle orecchie, gli occhi socchiusi. Forse mi ero sbagliata. Forse non aveva nessuna intenzione di lasciarmi. Forse era stato solo un momento di rabbia. Ma lo avrei scoperto solo poche ore dopo.


La cena fu peggio del pomeriggio. 
Louis non scese. Mia madre lo chiamò più volte ma mio padre le ripeteva di lasciarlo perdere. Sarebbe sceso quando sarebbe stato comodo, diceva. Io non toccai quasi niente. Giocherellai con l'insalata tutto il tempo, fin quando mio padre disse:
«Se anche tu non hai fame puoi benissimo alzarti da tavola.»
E allora mi alzai. 
Salii in camera mia e mi tuffai sul letto, preparandomi per notte. Harry era fuori. Doveva sbrigare delle commissioni per sua madre e avrebbe perso tutto il giorno. Chissa se era tornato, ma in quel momento l'unico mio pensiero era a mio fratello. Avevo paura che potesse sgattaiolare fuori dalla finestra da un momento all'altro, senza venirmi a salutare. Così rimasi tutta la notte con le orecchie in allerta, per avvertire un qualsiasi tipo di rumore. Ma non avertii nulla e così mi addormentai. Un sonno che forse durò un'ora, o poco più.
«Hanna, - bisbigliava qualcuno – Hanna svegliati.»
Mi rigirai nel letto e mi torturai gli occhi, fin quando misi a fuoco l'immagine davanti a me e vidi Louis con un borsone in mano.
«Dove vai?» chiesi, allarmata.
«Mettiti qualcosa e vieni con me, - sussurrò – fai piano però.»
Misi una tuta, gli ugg e una giacca. Lo seguii al piano di sotto, fin quando non ci ritrovammo per strada. 
«Ti prego, - supplicai – dimmi che non è come penso io.»
Fissavo il grosso borsone caricato sulla spalla e la sua aria da “me ne vado via lontano.”
«Sorellina, - dissi lui – non sai quanto mi è difficile farlo.»
«E allora non farlo, ti prego.» lo implorai, con le lacrime agli occhi.
«Se non lo faccio ora non so quando ne avrò di nuovo l'occasione.»
Ci fermammo alla fermata del pullman e il mio cuore iniziò a battere all'impazzata. Non volevo lasciarlo, non ne avevo proprio la forza.
«Non puoi sparire così, - lo aggredii – non pensi ad Aria? Ai tuoi amici? Non pensi a me?»
«Lo faccio proprio per te, - disse – sperando che un giorno tu possa fare la stessa cosa.»
Iniziai a piangere, senza capire le sue parole. Istintivamente mi abbracciò, accogliendomi in quell'abbraccio come quando eravamo piccoli.
«Ti prego, - continuai – resta.»
«Hanna, - sussurrò – promettimi che non permetterai a papà di prendere decisioni al tuo posto, che non rinuncerai mai ai tuoi sogni per i suoi, che farai le tue scelte, nel bene e nel male.»
Ci pensai su un attimo e in un istante capii ciò che stava facendo. Per quanto potesse essere doloroso lasciarlo andare, era giusto così. Louis subiva da anni le pressioni di mio padre, proprio perchè era il figlio maschio, il figlio che avrebbe dovuto prendere le redini dell'azienda e portarla avanti. Ma Louis non era fatto per questo. A lui piaceva viaggiare, conoscere nuove culture, fare nuove esperienze. Non desiderava passare il resto della sua vita tra le pareti di un ufficio. Lui voleva prima di tutto realizzare i suoi sogni, poi incontrare qualcuno, avere dei figli e ottenere un lavoro che non lo costringesse a stare così tanto lontano dai suoi cari.
«Te lo prometto.»
Mi strinse ancora un po' e poi sciolse l'abbraccio, pizzicandomi il naso e sorridendomi. 
«Farai grandi cose Hanna Tomlinson.» disse, accarezzandomi una guancia.
«Dove andrai?»
«In Spagna, in Italia o forse in America.» rispose, viaggiando con la mente. 
Vidi i suoi occhi luccicare e ne fui sempre più convinta. Doveva andare.
«Puoi dare questa ad Aria da parte mia?» 
Mi porse una lettera e io annuii. Aria non avrebbe capito, già lo sapevo. Ma chi avrebbe avuto la forza per capire? Solo chi lo conosceva davvero. E forse io ed Harry eravamo gli unici. Conservai la lettera in tasca e alle spalle di Louis vidi arrivare il pullman. Lui si voltò a guardarlo e quando guardò di nuovo me in un attimo mi accorsi di una lacrima che gli scivolava via dalla guancia.
«Ti voglio bene sorellina.» mi disse, indietreggiando.
«Anche io.» risposi, cercando di sorridergli.
«Voglio ricordarti con il sorriso, - mise un piede dentro il pullman – ci vediamo presto e ricordati cosa mi hai promesso.»
Lo vidi salire, le porte si chiudevano alle sue spalle.
«Me ne ricorderò!» Gli urlai, salutandolo con una mano.
Anche lui mi salutò, con il faccino triste di un bimbo. E poi lo vidi allontanarsi sempre di più, fin quando il pullman non girò l'angolo e mi resi conto che non l'avrei visto per parecchio tempo. Il mio fratellino aveva lasciato la casa che lo aveva accolto per anni. Strano che ci avesse messo così tanto tempo per liberarsi di mio padre. 
Camminai pianissimo nella strada del ritorno, contraendomi per il freddo e piangendo di tanto in tanto.
«Hanna? - alzai il viso e trovai Harry sul marciapiede di casa sua – Che fai qui fuori a quest'ora?»
Mi venne in contro e mi strinse, più forte che poteva.
«Sei gelida, - mi prese il viso tra le mani – che è successo?»
«Louis se ne è andato, - stavo ancora piangendo – ha litigato con mio padre, urlavano, si sono detti le peggio cose e..e..»
«Hanna! Hanna! - Harry mi afferrò dalle spalle e cercò di calmarmi – Cerca di calmarti, ti prego.»
«Promettimi che non mi lascerai anche tu, ti prego.» gli dissi, con gli occhi pieni di lacrime.
Lui mi accarezzò una guancia e mi lanciò lo sguardo più affettuoso di questo mondo.
«Piccola, - mi sussurrò stringendomi – non ti lascerò mai.»
Rimasi tra le sue braccia tutto il tempo possibile. Tutto il tempo che mi serviva per calmarmi. Tutto il tempo che mi ci voleva per metabolizzare il fatto che mio fratello se ne era andato via. Non sarebbe più stato accanto alla mia camera, con le cuffie alle orecchie, con la faccia sui libri. Con i suoi capelli ribelli e i suoi splendidi occhi azzurri. Con le sue lentiggini, la sua fissa per le carote, per i fumetti. Non si capisce mai quanto sia importante un fratello, fin quando arriva un giorno che spicca il volo e tu non puoi fare altro che guardarlo, in lontananza. 


 
---------------------------------------------------------
 
Si ci vedete bene e no non è un miraggio! Sono proprio io che aggiorno dopo solo 4 giorni!
Avevo un pò più di tempo libero e non ho perso tempo:) il prossimo capitolo è quasi pronto!
Quindi, Louis è andato via.. TADAAAAAAN! ahauahauahu mi mancherà molto, ma chissà se tornerà, boooooo! 
A parte gli scherzi, volevo dirti che questa storia sarà divisa in due parti:) Ice on Fire terminerà (tra non molto) e dopo ci sarà il continuo:D
Quindi state manzi, tutto avrà un senso!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** XIX ***



Ice on fire
capitolo 19



«Quanto ci vuole per due cappuccini? Mi stanno venendo le rughe!»
Ringhiò Aria per la quarta volta.
Eravamo da “Alfred” per prenderci un semplice cappuccino, ma la mia amica sembrava aver ingerito uno yogurt scaduto.
«Sei di ottimo umore vedo.» ironizzai.
«Dai il benvenuto alla nuova Aria.»
«La nuova Aria?» le feci eco.
«Si, - continuò, gesticolando – quella che non piange se vede un micetto ferito per strada, che non si fa prendere per il culo e che non si dispera per gente che se ne va chissà dove in giro per il mondo lasciandole solo una misera lettera.»
Nel parlare avevano fatto letteralmente a pezzi un tovagliolo.
«Quindi l'hai presa bene.» dissi, mentre ci servivano i due cappuccini.
«Certo! - ringhiò – Mi vedi forse affranta?»
Ebbi paura a risponderle sinceramente. Sembrava in preda a una crisi isterica, o di pazzia, o di qualsiasi altra cosa. Certo, non era affranta. Era solo parecchio sconvolta. Erano passate tre settimane dalla partenza di Louis e solo dopo una settimana dalla sua partenza ricevetti una cartolina dalla Spagna. Quando la feci vedere ad Aria lei si avventò sul pezzo di carta urlando:
«Spero che un toro ti cornifichi!»
Quindi la mia amica non era affranta. Era proprio fuori di testa.
«Ciao belle ragazze!»
Zayn apparse al nostro fianco, seguito da Liam.
«Ciao!» rispose di getto Aria.
Liam prese posto accanto a me e mi sorrise, io ricambiai affettuosamente.
«Aria pensavo, - iniziò Zayn mentre si accendeva una sigaretta – ora che Louis non c'è più potremo insomma..»
Aria lo incenerì con lo sguardo. 
«Comunque, - intervenni – credo che ancora sia vietato fumare in luoghi pubblici.»
Gli sfilai la sigaretta dalla bocca e la lanciai fuori dalla finestra accanto a me.
«A te ancora è permesso di impicciarti degli affari degli altri?» mi chiese lui.
«Si non lo sai? - continuai – C'è una legge apposta!»
Zayn mi fece una smorfia e io ricambiai.
«Che ne dite di un frullato?» propose Liam.
«Io vi abbandono, - mi alzai prendendo la giacca – devo andare da Harry.»
Vidi Liam accennare un piccolo sorriso, forse di nervosismo.
«Gesù, - si lamentò Aria – si può essere così appiccicosi?»
Io, Zayn e Liam le lanciammo un'occhiataccia.
«Tu zitto marocchino.» ringhiò lei a Zayn.
«Prima di tutto non sono marocchino ma sono pakistano, - precisò lui – seconda cosa non ho fiatato.»
«Vi lascio alle vostre cose.»
Decisi che era arrivato il momento di andarsene. Appoggiai una mano spalla a Liam a mò di saluto e per rassicurarlo, prima o poi Aria e Zayn l'avrebbero smessa di pizzicarsi. Feci la strada del ritorno a piedi. La cosa bella di Bristol era che potevi raggiungere qualsiasi posto senza il bisogno di prendere un mezzo. Dall'aggressione evitavo di camminare sola per strada, ma per fortuna era ancora giorno e c'era tanta gente per strada. A volte mi guardavo attorno quando sentivo un minimo rumore, ma risultava essere un semplice gatto tra l'immondizia o il borbottio della gente che mi passava accanto. Andavo a passo svelto e per questo raggiunsi casa di Harry in poco tempo. Bussai, più volte. Bussai ancora, ma era come se a casa non ci fosse nessuno. Poi la porta si aprì, e la figura di Harry apparse davanti ai miei occhi. Aveva gli occhi gonfi, rossi, l'espressione devastata. 
«Che è successo?» chiesi, ansiosa.
Entrai in casa, seguendolo verso il divano. 
Chester sulle scale batteva la coda in segno di saluto.
«Harry, - continuai – ti prego parlami.»
Lui si mise seduto, le mani incrociate, lo sguardo nel vuoto. Io mi piegai sulle ginochia, prendendogli il viso tra le mani.
«Mia madre..» sussurrò. La voce rotta.
«Cosa?» chiesi, allarmata.
«Sono andato a trovarla oggi e i medici mi hanno detto..»
Si fermò di nuovo, come se non trovasse la forza sufficiente per continuare.
«Va tutto bene, - gli dissi in modo dolce – ci sono io.»
«Le hanno dato poco più di un mese da vivere.»
Trasalii.
Gli occhi di Harry si riempirono di lacrime e in un attimo scoppiò in un pianto che mi fece stringere il cuore. Inclinò la testa in avanti, distrutto. Io poggiai le labbra sulla sua fronte, stringendolo più che potevo, mentre lui si sfogava stringendo tra i pugni la mia giacca. 
«Andrà tutto bene, - gli ripetevo – andrà tutto bene.»
Cercai in ogni modo di non piangere. Dovevo essere forte per lui, per entrambi. Era la prima volta che crollava davanti ai miei occhi e io dovevo mettercela tutta per non crollare insieme a lui. Uno dei due doveva rimanere forte per l'altro e se io fossi scoppiata a piangere, non so come sarebbe finita. Sapevamo da tempo che Adele avrebbe avuto vita breve, ma nessuno dei due avrebbe immaginato che questo breve sarebbe arrivato così presto. Avevo paura che Harry non la superasse, e dopo Louis, Adele, non potevo sopportare di perdere anche lui.
Si mise a letto a riposare e io ne approfittare per ordinare un po' la casa. L'assenza di una figura femminile era evidente, nonostante Harry fosse molto ordinato. Cercava di pulire la cucina ma notavo gli aloni su tutta l'argenteria. Risi all'immagine di lui che cercava di pulire nel modo più accurato possibile. Piegai qualche maglietta trovata sul divano e attaccai la lavatrice. Vidi sul frigo delle vecchie foto che ritraevano Harry con sua madre e una di Harry alla recita della scuola quando interpretava Peter Pan. Era sempre stato un piccolo Peter Pan. Un bambino con tanta fantasia senza nessuna voglia di crescere. La vita però gli riservò un futuro diverso, distruggendo l'innocenza di un bambino e trasformandola in una vita di inferno. Accanto a questa vi erano attaccate le foto tessera che avevamo fatto qualche settimana prima. In una avevamo una faccia buffissima, che mi fece ridere ancora solo a guardarla. In un'altra ci baciavamo e nell'altra ancora ridevamo e basta. Per un momento avrei voluto che il tempo si fosse fermato in quell'istante, con quelle facce allegre e sorridenti. La fissai ancora un po', poi Chester mi abbaiò contro. Andai ad accarezzarlo e mi leccò la faccia. Ormai era cresciuto molto e non era più il cucciolo che avevo comprato. 
«Che ne dici se mettiamo sul fuoco dei marshmallow?»
Chester abbaiò di nuovo, come se avesse capito ciò che gli avevo chiesto. Sorrisi e presi il pacco di caramello dalla credenza e uscii in giardino. Il sole ormai era calato e si sentivano già i grilli. Mi avvicinai alla piccola griglia e accesi il fuoco. Mi sedetti sul tronco di albero che Harry aveva messo come panchina, e iniziai a metterne sul fuoco un paio.
«Lo facevo sempre con mio fratello, sai Chester?» 
Sembravo una zitella da sola il venerdì sera, che tentava di divertirsi parlando da sola con un cane. Chester al contrario non mi prestava attenzione. Fissava il marshmallow sul fuoco e ogni due e tre si leccava il muso.
«Quanto mi manca Louis..» sussurrai, fissando il fuoco. 
Davo le spalle alla casa, quindi non mi resi conto di Harry che arrivò in giardino. Mi accorsi di lui solo quando sentii una coperta sulle spalle e le sue labbra calde sulla guancia.
«Ti dai al campeggio?» mi chiese, sedendosi accanto a me.
«Io e Chester ci stiamo divertendo.»
«Oh scusate, - scherzò – quasi quasi me ne torno a dormire allora.»
Risi e lo schiaffeggiai scherzosamente.
Vidi i suoi occhi brillare e fissare il fuoco. Prese un bastoncino anche lui e ci infilzò un marshmallow.
«Mi dispiace..» disse a un tratto.
«Di cosa?»
«Di essere scoppiato a piangere in quel modo.»
Continuava a fissare il fuoco e io anche.
«Sono contenta che tu l'abbia fatto.»
Mi voltai a guardarlo e lui fece lo stesso. 
«Andrà tutto bene.» dissi.
Mi sorrise e lo guardai in quegli occhi penetranti che mi facevano sentire a casa.
«Potrei abituarmi ad averti in giro per casa sai, - scherzò – mi servirebbe una domestica.»
«Ehi!» lo punzecchiai e lui scoppiò a ridere.
Mi avvicinò con un braccio e mi baciò in fronte, stringendomi. 
Rimanemmo in quella posizione, con lo scoppiettiò del fuoco, fin quando Chester fece un salto, addentando il mio marshmallow.



Tornavo a casa quel giorno, quando una pioggerella leggera iniziò a scendere sulla città. Avevo visto i nuvoloni già uscendo da scuola e avevo già previsto che in un attimo avrebbe iniziato a piovere, ma speravo che avessi almeno il tempo di mettere piede a casa. Così rimasi sotto la pioggia, senza neanche ripararmi. Guardavo la strada bagnata, le macchine che mi sfrecciavano accanto e l'unico pensiero che avevo in mente era Adele.  Negli ultimi giorni aveva avuto numeri attacchi di panico. Non appena vedeva un uomo iniziava a urlare il nome di suo marito e lo aggrediva, con le poche forze che le rimanevano. La dovevano continuamente darle dei calmanti e così la riempivano di farmaci e il risultato era che si indeboliva sempre di più. A volte quando vedeva Harry aveva negli occhi la paura e iniziava a tremare, come se stesse rivivendo quella sera tremenda in cui Marcus la picchiò. Harry cercava di non pensarci, ma trascorreva la maggior parte del tempo in ospedale, al suo capezzale. 
«Hanna?» mi chiamò mia madre, una volta entrata in casa.
Non risposi, gettai la borsa per terra e feci per salire al piano di sopra.
«Hanna!» urlò questa volta.
«Che vuoi?» le chiesi, bloccandomi a metà rampa di scale.
«Non mi parlare in quel modo signorina!»
«Certo, - le dissi senza darle peso – quindi?»
«Dove sei stata?»
«Affari miei.»
Ripresi a camminare ma mi richiamò di nuovo.
«Hanna ti prego, - disse – parlami.»
Le davo le spalle. 
Strinsi i pugni e in un attimo sentii salire tutto quello che avrei voluto dirle e che invece avevo tenuto dentro.
«Va bene parliamo, - le urlai voltandomi – parliamo del fatto che avete costretto Louis ad andarsene, facendomi perdere l'unica persona qui dentro che mi ascoltava e mai, mai vi perdonerò per questo!»
«Non abbiamo potuto fare niente per fermarlo..» 
«No, - dissi – non avete fatto proprio niente, è diverso.»
La guardai per un attimo e lei rimase impietrita sotto i miei occhi. Dopo qualche minuto le voltai di nuovo le spalle e questa volta finii le scale, entrando in camera di Louis e chiudendomi dentro. Mi buttai sul letto e mi strinsi il cuscino sulla faccia, sfogandomi. Piangendo, dando pugni, urlando. Era da settimane che non parlavo con i miei. Mio padre tornava la sera, mi guardava e poi tornava a fare le sue cose. Neanche un saluto. I nostri rapporti erano peggiorati notevolmente. Non scendevo neanche per mangiare. Aspettavo che loro finissero e poi scendevo senza farmi vedere in cucina, rubando del cibo dallo scaffale. L'unico momento di svago era quando stavo con Harry – senza pensare ad Adele – e quando ci ritrovavamo in mezzo ai nostri amici.
«Dov'è Zayn?» chiese Liam.
«Forse a fare l'elemosina a qualche semaforo.» rispose Aria, lanciando una pietra in mare.
«Perchè dovrebbe chiedere l'elemosina al semaforo?» chiese Harry.
Eravamo andati sul molo per prendere un frullato e Aria non perdeva occasione per punzecchiare Zayn, anche quando lui non c'era.
«Per la centesima volta, - dissi io – è Pakistano!»
«Non è che ti piace Zayn?» la stuzzicò Harry.
Aveva un braccio attorno alle mie spalle, il vento che gli scombinava i capelli.
«Cosa? - chiese irritata – Per nessuna ragione al mondo!»
«Forse è per questo che continui a stuzzicarlo!» aggiunse Liam.
«Non esiste.» disse decisa lei, arricciando il naso.
«Sono quasi sicura che una volta lo hai definito 'affascinante'» mi intromisi, tirando un colpo basso.
«Ad Aria piace Zayn..» iniziò a canticchiare Harry.
«..ad Aria piace Zayn.» si unì Liam.
Iniziarono a saltellarle attorno, mentre lei continuava a negare e io ridevo a vedere la scena. Sembravano due bambini, troppo grandi per andare all'asilo, ma troppo piccoli per dimostrare l'età che avevano. Ero contenta che Harry potesse distrarsi almeno un po', senza pensare a sua madre o a suo padre. E io mi distraevo insieme a lui.
«E tu che ridi?» la canzoncina finì ed Harry si concentrò su di me, sollevandomi da terra e facendomi girare tra le sue braccia. Liam fece lo stesso con Aria e io e la mia amica ci ritrovammo a testa in giù, senza poter reagire. La mancanza di Louis si sentiva, ma nessuno di noi ne parlava mai. Aria faceva finta di non starci male, ma io sapevo che anche se era determinata a non pensarlo più, ci pensava di continuo. 
«Va bene salamini, - disse Harry mettendomi giù – io vi devo lasciare.»
«Stavi per farmi vomitare!» Aria colpì Liam sul braccio.
«Ci vediamo stasera?» mi chiese Harry, dandomi un bacio in fronte.
Io annuii sorridendo e prima di andarsene mi scoccò un bacio sulle labbra. 
Lo vidi correre verso la moto e poi sparire dietro l'angolo.
«Vado anche io mi sa.» dissi.
«A dopo paperotta.» mi urlò Aria.
Alzai un braccio per salutarli e Liam fece lo stesso.
Per fortuna quel giorno non pioveva e quel poco sole riusciva a riscaldarti. D'altronde la primavera si stava avvicinando. Ero felice di sentire i raggi del sole sulla pelle, sentire gli uccelli che tornavano, vedere la strade riempirsi di gente. Era una bella immagine.
«..sei morto!» 
Sentii urlare una volta girato l'angolo e quello che vidi mi scioccò di più. 
Zayn era per terra, del sangue gli colava dalla bocca. 
Un tipo lo risollevò su, prendendolo dalla maglietta.
«Voglio i miei soldi!» urlò.
«Ehi!» urlai io avvicinandomi, prima che potesse sferrare il secondo colpo.
«E tu che vuoi?» mi chiese, tenendo sempre Zayn sollevato da terra.
«Hanna vattene!» mi disse lui.
«Farai meglio ad ascoltare questo ladruncolo, signorina.»
«Quanto ti deve?» urlai ancora, fermandolo di nuovo.
«Questo idiota mi deve 3000 euro.» 
Istintivamente slacciai la collana e gliela porsi.
«Questa ne vale almeno 2000, - dissi – fattela bastare.»
Il tipo guardò prima me, poi Zayn e poi di nuovo me.
«Questa ragazza ti ha salvato il culo, - disse rimettendolo giù – per questa volta.»
Prese la collana e scappò via.
Zayn si asciugò il sangue con la manica della maglietta e poi tornò su di me.
«Stai bene?» gli chiesi.
«Avevo tutto sotto controllo!» borbottò.
«Me ne sono accorta.»
Raccolse le chiavi da terra e si aggiusto la giacca di pelle. Come Harry, Zayn odiava ricevere aiuto, risultare in difficoltà. Odiava passare per il debole e sapevo che se sarei rimasta lì non avrei ottenuto nessun ringraziamento. Così mi voltai per andarmene..
«Hanna! - mi richiamò – Grazie.»
Disse, senza aggiungere altro.
Vidi la sua espressione seria, ma sapevo che lo aveva detto sinceramente ed era il massimo che poteva fare. Io gli sorrisi, dandogli tutto il mio affetto. E lui mi sorrise di rimando, osservandomi ancora mentre indietreggiavo.

 
-----------------------------------------------------------
 
Per ora sforno capitoli a non finire:D lo so, neanche mi riconoscete!
Sono molto contenta di questa storia perchè è nata in un pomeriggio d'inverno e sono contenta di come sta venendo.
Grazie per tutti i complimenti che mi fate e spero davvero davvero che questa storia vi stia soddisfando!
Ci tenevo a dirvi che già dal prossimo capitolo ne succederanno delle belle:) 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** XX ***



Ice on fire

capitolo 20


Hope your heart is strong enough
When the night is coming down on you

We will find a way through the dark

 


Chester se ne stava sdraiato ai piedi del letto, il respiro regolare, gli occhi socchiusi. Ogni volta che sentiva un minimo rumore gli spalancava e drizzava le orecchie. Stava diventando un ottimo cane da guardia. Controllava me ed Harry, avvinghiati a letto, in un mercoledì pomeriggio. Lui si era addormentato, con quell'espressione stanca e gli occhi che imploravano pietà. Trascorreva tutti i giorni in ospedale da Adele e mi proibiva di andarci perchè non voleva assistessi a quella visione. Sua madre non lo riconosceva quasi più. A volte lo scambiava per l'infermiere, altre volte per un suo vecchio cugino. Quando lui nominava il nome Harry nei suoi occhi c'era il vuoto più totale. Per Harry sua madre se ne era già andata, però si appendeva a quella piccola speranza che potesse riconoscerlo di nuovo prima di andarsene per sempre. E anche io lo speravo con tutto il cuore. 
«Continui a farlo.» lo sentii mugugnare a occhi chiusi.
«Cosa?»
«A fissarmi, - aprì gli occhi con fatica e mi guardò – continui a fissarmi mentre dormo.»
Lo guardai ridendo. Aveva ancora la forma del cuscino sulla faccia.
«Mi piace guardarti dormire.» dissi.
Si avvicinò al mio viso, toccando le mie labbra con le sue, morbide.
«A me piaci tu.»
Si allontanò di poco, quando bastava per guardarmi e accarezzarmi una guancia con il pollice della mano.
«Grazie, - dissi – me lo dicono in molti.»
«Ah ma davvero?»
Harry spalancò gli occhi e iniziò a pizzicarmi i fianchi e a riempirmi di solletico. Non appena iniziai a ridere e a dimenarmi, Chester uscì dal suo stato di trance e saltò sul letto, abbaiandoci contro. Harry lo richiamò più volte, ridendo, senza smettere di torturarmi. 
«Hanna Tomlinson, - disse dopo un po' fermandosi – dopo tutti questi anni, non permetterei a nessuno di portarti via.»
«Harry Styles, - dissi io – secondo te dopo esserti venuta dietro per anni, penserei a qualcun'altro proprio ora che stiamo insieme?»
«Hai ragione, - ci pensò un attimo – non ce ne sono brillanti come me.»
Istintivamente lo colpì in faccia con un cuscino e scoppiai a ridere, con Chester che continuava ad abbaiare e a scodinzolare. Decise di piantarla quando Harry scese dal letto e andò a vestirsi. Io rimasi seduta con le gambe incrociate a guardarlo litigare con i jeans. Risi alla scena e poi ricordai una cosa.
«Domani è il compleanno di Zayn.» dissi.
«Quindi?» mi chiese confuso, infilandosi la maglietta.
«Organizziamo una festa, - spiegai – potremo farla qui da te.»
«Zayn non è tipo da feste di compleanno.»
Non volevo raccontargli di quel giorno che lo salvai da quel tipo, non volevo che reagisse male. Volevo solo che Zayn non passasse troppo tempo da solo.
«Non sarebbe una cosa in grande, - continuai – qualche amico, tanto per non rimanere da solo.»
Harry si infilò le scarpe e rimase a guardare l'armadio davanti a lui.
«Farebbe distrarre anche te.» aggiunsi.
Si infilò la giacca di pelle nera e poi tornò a guardarmi. 
«Hai ragione, - disse – è una buona idea.»
Si avvicinò per darmi un bacio e Chester lo seguì come un fulmino al piano di sotto.
«Potrei venire a farti compagnia questa volta.» gli urlai, inseguendolo.
«Proponi la cosa a Zayn, - mi rispose – ci vediamo più tardi.»
Era un no secco.
Mi sorrise sulla porta. Un sorriso forzato, triste. 
Lo faceva solo per farmi credere che stava bene, ma in realtà stava tutt'altro che bene.
Sua mamma lo aspettava su un letto di ospedale. In fin di vita. E non aveva neanche idea che suo figlio le fosse accanto.
Così a malincuore lo lasciai andare da solo e seguii il suo consiglio. Mi vestii, misi il guinzaglio a Chester e andai a casa di Zayn. Zayn non abitava lontano da noi, aveva una piccola villetta in periferia, in un piccolo quartiere non troppo lontano dalla città. Non ero mai stata a casa sua, sapevo che abitava lì perchè ne avevo sentito parlare a mio fratello. Una volta arrivata, vidi per strada dei ragazzini giocare a pallone, Chester iniziò a scodinzolare e a seguire con gli occhi la sfera, prima a destra e poi a sinistra. Potevano avere più o meno 5 o 6 anni, non di più, e cercavano di divertirsi con quello che avevano. Due bambine se ne stavano sedute in cima a delle scale, intente a pettinare i capelli alle loro bambole. La gente di quel posto non poteva permettersi molto, e mi stringeva il cuore sapere che mio padre con solo la sua azienda avrebbe potuto dare un po' di serenità a tutti loro. Una delle due bambine mi guardò, agitando la manina in segno di saluto. Sorrisi e ricambiai. Lei tornò a giocare, io proseguii, fin quando lessi nella targhetta di una cosa il nome “Malik”. Aprii il cancelletto un po' rotto, feci passare Chester e poi lo richiusi. Mi avvicinai alla porta, ma qualcuno mi fermò prima che potessi bussare.
«Ehi! - la bambina che mi aveva salutato poco prima si mise tra me e la porta – Chi sei?»
«Stavo cercando un mio amico.» risposi, confusa.
«Zayn è amico tuo?»
Aveva lunghi capelli neri e grandi occhi marroni. 
«Lo conosci?» chiesi.
«Zayn è mio fratello.» rispose decisa, porgendosi verso Chester per accarezzarlo. 
«Oh, - non me l'aspettavo – io sono Hanna.»
«Io sono Safaa.» 
Chester iniziò a leccarle la faccia e la bambina iniziò a ridere di gusto.
«Vado a chiamarti mio fratello.»
Scomparve dentro casa e poco dopo Zayn apparse sulla soglia, guardandomi confuso.
«Hanna? - mi richiamò – Che ci fai qui?»
Chiuse la porta alle sue spalle, un braccio dietro il collo, la faccia assonnata.
«Volevo parlarti di una cosa ma forse ho disturbato..» feci per andarmene.
«No! - mi bloccò – Vieni, facciamo una passeggiata.»
Annuii e poco dopo mi ritrovai a passeggiare insieme a Zayn Malik. Chi l'avrebbe mai detto?
«E' carina tua sorella.» dissi, lanciando una pietrolina con la scarpa.
«Si, - disse lui con le mani in tasca – quasi quanto le altre due.»
«Hai altre due sorelle?»
Era triste il fatto che fossimo diventati così amici e non sapessimo niente l'uno dell'altro.
«Doniya e Waliyha.» lo vidi fare cenno di si con la testa.
Non credevo possibile che potesse esistere qualcuno più strano di Harry, ma Zayn ci andava molto vicino. Era misterioso, non parlava mai delle sue cose, preferiva dare un'altra facciata di sé.
«Mi dispiace che tu abbia dovuto vedere tutto questo, - disse a un tratto – non ci sei abituata.»
«Mi piace, - dissi – i bambini sembrano divertirsi e.. felici.»
Ero sicura che loro con il poco che avevano erano più felici di noi, anche con tutti quei soldi.
«Di cosa volevi parlarmi?» mi chiese, facendomi ricordare della festa.
«Vogliamo organizzarti una festa di compleanno per domani.» dissi velocemente.
Notai la sua espressione e cercai di sorridere e supplicarlo con lo sguardo.
«E' stata un'idea di Harry?» mi chiese.
«No lui mi ha avvisata che non ne saresti stato entusiasta, quindi la colpa è completamente mia, - spiegai – potremo stare tutti insieme.»
Zayn ci pensò su e dopo avermi fatta penare per un po', acconsentii. 
Passai un altro po' di tempo con lui prima di andarmene. Lo vidi giocare con dei bambini in quello che sembrava un campo da basket, con Chester che lo rincorreva saltellando. Scherzò con sua sorella Safaa e mi fece conoscere un po' del suo mondo. Mi fece molto piacere e capii che Harry e Zayn avevano più cose in comune di quanto pensassi. 


Come d'accordo con Zayn, preparai la casa di Harry per una festa, con l'aiuto di Aria e Liam. 
«Perchè lo stiamo facendo? - si brontolò la mia amica – Zayn odia queste cose.»
«Perchè non la piantate di punzecchiarvi e cercate di andare d'accordo almeno per stasera?» 
La ripresi, ancora una volta. Ero stufa dei loro litigi, dovevano imparare a stare nello stesso posto senza provocarsi ogni due secondi. Il problema è che Liam e Harry erano convinti che si piacessero, ma avevano capito proprio male. Zayn e Aria dovevano solo imparare a conoscersi. 
«Questa volta ha ragione lei Aria, - si intromisi Liam – è una bella idea e ci farà bene a tutti un po' di distrazione.»
Gli sorrisi, lieta che almeno lui riusciva a capirmi senza neanche sapere bene le motivazioni di quella festa. Lo vidi indaffarato con i pacchi di patatine e le ciotole.
«Faccio io qui.» corsi in suo aiuto.
Gli altri non erano abituati a organizzare feste, di solito lo faceva altra gente per loro, invece io grazie alla scuola – e alle nostre famiglie – ero un talento nato.
Chester se ne stava seduto a osservarci, cercando di capire cosa stesse succedendo e chiedendosi perchè mai stessimo mettendo sotto sopra la casa del suo padrone. Harry, dopo aver fatto visita a sua madre, mi aveva detto che voleva portare Zayn a fare un giro, il tempo giusto per dare a noi l'opportunità di preparare tutto. Non avevamo invitato molta gente, solo qualche amico di Zayn – a parte noi – che avevo rimediato con l'aiuto di Harry e di sua sorella Doniya. Erano già le nove di sera e a breve sarebbero arrivati tutti, compreso il festeggiato. Avevamo decorato il giardino circondalo con delle candele, qualche palloncino qua e là e una grande torta al cioccolato. Quando Zayn arrivò, insieme ad Harry, fu accolto dal classico SORPRESA, urlato da quelle poche persone che gli volevano bene. Poche, ma sincere. 
«Grazie, Hanna.» mi disse, quando ci ritrovammo insieme agli altri.
«Tanti auguri pakistano.» disse Aria, con aria di resa.
Zayn la guardò con affetto, apprezzando il gesto.
Harry mi mise un braccio attorno alle spalle, stringendomi.
«Dove ti eri cacciato l'altro giorno?» chiese a un tratto Liam, bevendo dello spumante.
Zayn cambiò espressione, entrando nel panico.
«Io..»
«Lo avevo mandato a sbrigare una cosa per me, - mi intromisi istintivamente – lo avevo dimenticato.»
«Quale cosa?» mi chiese Harry, confuso.
«Niente di importante, - lo baciai in guancia velocemente – qualcuno vuole qualcos'altro da bere?»
Lasciai il gruppo di corsa, prima che Harry potesse chiedermi qualcos'altro. Odiavo mentirgli, ma non volevo tradire Zayn. Così raggiunsi il bancone con gli alcolici e mi riempii un bicchiere con la prima cosa che trovai.
«Le bugie ti fanno bere?» Aria spuntò al mio fianco.
«Bugie?» feci finta di niente.
«Non ci ha creduto nessuno.» Liam spuntò dall'altro lato.
«Non ho bisogno dell'angioletto e del diavolo, grazie.»
Feci per andarmene ma Liam mi afferrò dal braccio, impedendomelo.
«Forse lui convincerà.» Aria fece un occhiolino a Liam e ci lasciò soli.
«Convincermi di cosa?»
«Ci conosciamo da tanto noi due no? - esaminò – Quindi, puoi dirmi se c'è qualcosa tra te e Zayn...»
«Cosa?!» quasi mi affogai con la birra.
«So che può essere un tipo affascinante, ma Harry non se lo mer..»
«Fermo! - lo bloccai – Non c'è niente tra me e Zayn!»
Quasi ridevo. Come poteva pensare una cosa del genere?
«Scusa ma è inevitabile pensarci, - continuò – gli organizzi una festa e poi cos'era quella cosa prima?»
«Liam, - dissi – non posso parlartene ma davvero, per nessuna ragione al mondo lascerei Harry, mai.»
«Menomale, - sembrò sollevato – perchè quando sei con lui ti accendi, hai una luce negli occhi che è difficile trovare..»
Mentre parlava fissavo Harry fuori in giardino, seduto sul tronco d'albero, in solitudine.
«Non ti da fastidio parlare di noi?» gli chiesi, poco dopo.
«Non più, - rispose – ci sarà sempre un Hanna-Harry, ma per Hanna-Liam non c'è storia.»
Mi sorrise affettuosamente e mi diede un bacio in fronte. Dalla sua voce capivo che ancora ci stava male, ma le sue parole mi fecero così bene che ebbi subito l'istinto di scappare da Harry. La fascia verde tra i capelli – da un paio di giorni li portava così – la maglietta nera e il pantalone grigio fumo, così attillato che quasi diventavo gelosa. Ma era troppo bello da vedere per impedirglielo.
«Che fai qui tutto solo?»
Mi sedetti vicino a lui, osservandolo giocare con un filo d'erba.
«Cerco di capire perchè la mia ragazza si comporta in modo strano.»
Mi si strinse il cuore. Ma avevo suscitato così tanti strani pensieri?
«Harry..» cercai di dire.
«Se devi dirmi qualcosa dimmela.» mi disse, fissando il cielo stellato con l'espressione seria.
«Sei geloso?» chiesi, ammiccando un sorriso.
«Cosa?! - di colpo cambiò espressione – Io geloso? Ma per niente!»
Vidi i muscoli del suo viso irrigidirsi e le gote diventare rosse per la bugia che aveva appena detto. Ero contenta di quella gelosia perchè mi sentivo desiderata da qualcuno che amavo talmente tanto.
«L'altro giorno ho trovato Zayn nel mezzo di una rissa perchè aveva dei debiti di gioco, - mi avvicinai prendendogli una mano – non voleva dirtelo perchè sapeva che ti saresti messo in mezzo e non voleva crearti altri problemi e la festa era solo per evitare che si cacciasse in altri guai.»
Harry lasciò cadere il filo d'erba e azzardò un sorriso.
«Perfetto, - si voltò verso di me – adesso mi sento un perfetto idiota!»
«Si, - scherzai, avvicinandomi alle sue labbra – ma sei adorabile quando sei geloso, Harold.»
«Perchè ti amo.» sussurrò, a pochi centimetri dalle mie labbra.
«Bene, perchè anche io ti amo.»
Colmai la distanza che ci separava e ci unimmo in un bacio, caldo, dolce. Sentivo le sue labbra carnose con le mie e le nostre lingue che si univano in giri di giostra che mi facevano sentire viva. La sua mano tra i miei capelli, la mia sulla sua guancia. Niente di più perfetto.
«Zayn ha risolto?» mi chiese, poggiando la sua fronte alla mia.
«Si.» risposi io, dandogli un tenero bacio sul naso.
«Ehi piccioncini, - Aria uscì in giardino per chiamarci – vi conviene sbrigarvi se volete un pezzo di torta.»
Ci alzammo dal tronco ed entrammo in casa mano nella mano. Vidi Zayn e Liam ricoperti di cioccolato e prima che potesse accorgersene, ne spalmarono un po' su tutta la faccia ad Harry. Risi alla scena, ma successe tutto troppo velocemente. Il telefono di casa che squilla, io che dico ad Harry “Vado io”. 
Mi avvicino. Alzo la cornetta e rispondo “Pronto?”
E una voce mi chiede “Casa Styles?”
E mentre guardo Harry ridere, che lancia cioccolato ai miei amici e li vedo finalmente felici rispondo “Si, chi parla?”
E lì vorrei sprofondare. Vorrei sparire, vorrei poter essere in qualsiasi altro posto tranne che lì, perchè la risposta fu “E' per sua madre, mi dispiace darle la notizia da qui ma.. ci ha lasciato qualche minuto fa.”
E niente è più perfetto. 
Harry mi guarda, con la faccia sporca di cioccolato.
Sembra un bambino, alla sua festa di compleanno.
Un bambino a cui è stato fatto del male. Troppo.


 
-------------------------------------------------

Mi scuso in anticipo per gli eventuali errori, ma non ho avuto tempo di rileggere perchè volevo postare al più presto:D
Spero che vi sia piaciuto, a me personalmente è piaciuto molto:)
Fatemi sapere cosa ne pensate e mi piacerebbe anche sapere cosa pensate possa succedere adesso:)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** XXI ***



Ice on fire

capitolo 21




Harry capì subito, solo dalla mia espressione. Aveva aspettato quel momento per mesi, giorni. Lo aveva aspettato con paura, tremando sempre di più ogni giorno che passava. Qualcuno potrebbe dire che ha avuto tutto il tempo per prepararsi, per dirle addio, per fare tutto ciò che non aveva mai fatto, ma nessuno è mai preparato a una perdita del genere. Venne verso di me, mentre mettevo giù il telefono e non mi fece neanche finire di parlare. Scattò fuori dalla porta, saltò sulla moto e partì. Io lo inseguii, insieme a Zayn, pregando che avrebbe mantenuto la calma. Ma quando arrivammo due medici stavano cercando di trattenerlo, bloccandolo di peso. Harry la chiamava, mentre la adagiavano su una barella. Quando la vidi portai una mano alla bocca, con il cuore a pezzi. Istintivamente mi fiondai tra le braccia di Zayn, accanto a me, che mi avvolse. 
«Mamma!» continuava a urlare Harry tra i singhiozzi.
Aveva ancora la faccia sporca di cioccolato, le lacrime agli occhi, la voce che implorava un attenzione, un cenno. Un bambino che vuole la sua mamma. Un bambino che vuole solamente un altro abbraccio, l'ultimo. Ma era troppo tardi. Zayn andò verso di lui, cercando di aiutare i medici. Lo strattonò dal braccio, allontanandolo dagli uomini, ma Harry guardò un ultima volta da quella parte e poi iniziò a correre verso l'uscita. Cercai di andargli dietro, richiamandolo, ma Zayn me lo impedì. “Ha bisogno di stare solo”, mi disse.
«Lo supererà?» chiesi a Zayn, con la voce tremante.
Zayn mi guardò, lo sguardo triste.
«Non lo so.» sussurrò.
Adele era l'unica famiglia che gli rimaneva. Non aveva mai conosciuto i suoi nonni paterni e quelli materni erano morti quando era piccolo. Era solo un puntino che vagava da solo. Aveva perso l'orientamento, il suo punto di riferimento. Non lo vidi il giorno dopo, non sapevo dove fosse, non avevamo ancora parlato dopo quella sera. E mi ritrovai il giorno del funerale davanti a quello specchio, con quel vestito nero che sembrava tapparmi i polmoni. Non ero mai stata a un funerale e quel giorno mi sentivo come se fosse morto un mio parente stretto, ma Adele in qualche modo lo era. Scesi le scale, trovando i miei genitori al piano di sotto, con lo sguardo forse per la prima volta pieno di affetto. Mia madre mi abbracciò, facendomi piangere, ma la cosa che mi fece più male è che non ero io la vittima della situazione. C'era qualcuno chissà dove che stava soffrendo più di me. Uscii di casa, trovando Liam in fondo al vialetto. Le mani in tasca e lo sguardo fisso su di me. Mi avvicinai lentamente e mi accolse con un braccio.
«Mi dispiace Hanna, - mi sussurrò – avrei voluto saperlo.»
Rimasi con la testa sul suo petto, stringendo la camicia tra i pugni.
«Louis non viene?» mi chiese, una volta sciolto l'abbraccio.
«Non ha i soldi per il volo e ovviamente a mio padre non può chiedergli.»
Avrei voluto accanto in quel momento, ma sapevo che era più difficile di quanto pensavo. Io e Liam ci incamminammo verso la chiesa, insieme ai miei genitori e ad altre poche persone del vicinato che conoscevano Adele. Diedi un'occhiata alla casa di fronte, notando le persiane chiuse. Dove sei Harry?  Pensai, preoccupata. Erano due giorni che non lo vedevo e avevo paura che si stesse cacciando in qualche guaio. Ma quando arrivammo in chiesa, lo trovai vicino alla bara di sua madre, un paio di occhiali da sole, giacca nera. Stringeva le mani alla gente che si avvicinava per fargli le condoglianze e io mi trovai in difficoltà. Non sapevo se avvicinarmi, se non farmi vedere, avevo paura di comportarmi in modo sbagliato. Harry era uno di quelli che quando soffre vuole stare da solo, odia gli abbracci, le rassicurazioni. Non sarebbe servito niente sentirsi dire “Andrà tutto bene”, perchè in realtà non sarebbe andato tutto bene. Vidi Liam avvicinarsi, i miei genitori seguirlo, io rimasi immobile. Zayn era alla destra dell'altare insieme a Niall e agli altri del gruppo.
«Vai da lui.» Aria spuntò al mio fianco, sorridendomi.
«Forse vuole stare solo.»
«Nessuno vuole stare solo sulserio.» continuò, dandomi un bacio in guancia e andando a sedersi. 
Non ascoltai il consiglio di Aria e rimasi in disparte, in fondo alla chiesa. Harry continuava a guardare in basso, anche quando il prete iniziò a parlare. E mentre parlava le immagini mi passarono davanti agli occhi così lentamente, come se fossi tornata indietro nel tempo. Vedevo Adele il giorno del mio settimo compleanno, seduta sul dondolo in giardino, mi legava i capelli con un fiocco. La vedevo abbracciare Harry e vedevo lui che cercava di non farsi prendere. Come siamo stupidi a volte. Diamo tutto per scontato e non sappiamo accettare i gesti più semplici e più significativi. Quelli che un giorno non riavremo mai più. E la vedevo ancora in cucina mentre preparava qualche torta, fischiettando qualche canzone di Stevie Wonder. Quanto amava Stevie Wonder. Aveva passato questa passione anche ad Harry, che aveva imparato a suonare la chitarra con le sue canzoni. E la vedevo in quegli ultimi giorni in quel letto di ospedale, quando ancora aveva quel sorriso debole, ma sempre vivo, che non perdeva mai. Era una di quelle persone che solo con la loro compagnia ti facevano stare bene, ti riempivano il cuore. Sentivo le lacrime rigarmi le guance, gli occhi gonfi e brucenti. Il prete invitò Harry a dire qualcosa, ma mosse la testa e rimase immobile, al suo posto. Non avrebbe mai detto niente. Se ne sarebbe rimasto nel suo buco, rimuginando dolore. E quando la messa finì, alzarono quella lastra di legno, avvolta da ghirlande. Liam e Zayn mi si avvicinarono e mi sorrisero. Seguii la gente fuori dalla chiesa, fin quando vidi una sagoma nera correre via. Mi voltai di scatto e mi accorsi che era Harry.
«Vado io!» fermai Zayn prima che potesse corrergli dietro.
Iniziai a inseguirlo, fin quando lo persi di vista. E poi sentii dei colpi, dei singhiozzi. Svoltai in una traversa e lo vidi. Tirava pugni contro il muro, seguiti da calci. La colpiva con le nocche, forte, fino a farsi uscire sangue.
«Harry..» cercai di dire, avvicinandomi.
Sembrava non sentirmi. Continuava a colpire il muro e iniziai a vedere delle macchiioline rosse sulla parete.
«Harry ti prego, - riprovai – smettila.»
«Vai via!» mi urlò.
Continuava a scalciare, a colpire, a singhiozzare.
«Harry..» continuai ad avvicinarmi, fin quando non si voltò con le spalle verso il muro e scivolò giù, a terra.
«Hanna.. - sentii il mio nome tra i singhiozzi – Hanna..»
Mi precipitai al suo fianco, prendendogli il viso tra le mani. Gli tolsi gli occhiali dalla faccia e vidi gli occhi viola, le occhiaie marcate, le guance zuppe. 
«Mi dispiace Harry, - dissi – mi dispiace.»
Harry mi guardò e poi scoppiò di nuovo a piangere, poggiando la testa sul mio petto. Sentivo i singhiozzi che cercava di fermare, ma c'era troppo dolore per poterlo fare. Stringeva i pugni nel mio vestito  e io chiusi gli occhi, cercando di rassicurarlo. Non sapevo cosa dire, non sapevo cosa fare. Potevo solo rimanere lì e farlo sfogare. Gli guardai le mani e le vidi piene di sangue, tutte sbucciate, viola. Rimasi lì fin quando Liam e Zayn non mi aiutarono a portarlo a casa, gli medicai le ferite e poi lo guardai addormentarsi. Pregai Liam e Zayn di lasciarci soli e mi ritrovai sul divano, con Chester accanto a me e il muso poggiato sulla mia gamba. Mi ero infilata una tuta e preparai un po' di tea. Quella casa aveva troppi ricordi e ogni cosa mi faceva pensare ad Adele. Ero in silenzio, che fissavo la televisione. Anche Chester sembrava aver capito tutto, se ne stava fermo, senza neanche muovere la coda. Sentiva che qualcosa non andava. Guardai David Letterman sullo schermo, mentre intervistava Zac Efron. Per un momento avrei voluto avere la loro vita perfetta, senza i mille problemi che riserva la vita comune. 
«Vedi Chester, - dissi – dovremo fare tutti quella vita.»
Bevvi l'ultimo sorso di tea e poi mi alzai, mettendo la tazza dentro il lavandino. Sentii due braccia avvolgermi da dietro e delle labbra morbide sul collo.
«Buongiorno.» dissi, sorridendo.
Mi voltai e trovai il viso di Harry, ancora spento, ma con un accenno a quel sorriso che amavo. Il sorriso che aveva preso dalla madre. Poggiò le labbra sulle mie e mi baciò, dolcemente.
«Come vanno le mani?» gli presi le mani, controllando le fasciature.
«Dovrei essere io a prendermi cura di te, non il contrario.» disse, con la voce rotta.
«Non mancherà occasione, - dissi sorridendo – e poi mi piace prendermi cura di te.»
Sorrise di nuovo dolcemente, questa volta meglio di prima.
«Grazie.» disse, tornando serio e accarezzandomi una guancia con il polpastrello.
«Di cosa?» lo guardai, prendendogli le mani.
«Di essere qui.» 
Mi avvicinai per baciarlo di nuovo e sentii la sua mano sulla mia schiena. Ci staccammo e vidi Chester scodinzolare verso Harry.
«Ehi bello!» gli disse, piegandosi e riempiendolo di coccole.
Misi le braccia conserte e vidi i due maschi di casa divertirsi insieme, con Chester a pancia in aria che elomisanava grattini, felice che il suo padrone gli stesse dando un po' di attenzione.
«Potremo partire.» dissi a un tratto.
«Ci sarà tempo per prenderci una vacanza.» mi rispose.
«Non parlo di una vacanza, - continuai – tra due mesi la scuola finirà e una volta finita possiamo andarcene, dove vogliamo!»
«E il tuo sogno di andare all'università?» mi chiese, confuso.
«Ormai è storia vecchia quella.» dissi.
Harry si avvicinò, pensieroso.
«Hanna non so se..»
«Possiamo buttarci alle spalle tutto quanto Harry, - lo interruppi – possiamo lasciare questa città e magari possiamo raggiungere Louis in Spagna.»
«Non voglio che getti il tuo futuro per me.»
«Il mio futuro è insieme al tuo.» mi avvicinai, mettendogli le braccia attorno al collo.
Sorrise incerto e poi mi strinse.
Io ero eccittata all'idea. Avremo potuto viaggiare, vedere tantissimi posti e conoscere gente diversa. Saremo stati lontani dai miei genitori e avrei avuto l'occasione di rivedere mio fratello. Era un piano perfetto. 
«Se è davvero quello che vuoi.» ripetè.
«Lo è.» 
«Allora, - disse – Spagna sia.»
Mi sollevò da terra, questa volta entusiasta, con Chester che ci saltellava attorno.
«Tranquillo amico, - gli disse Harry – porteremo anche te.»


«Come in Spagna?!» Aria quasi si affogò con l'acqua.
Eravamo da Alfred e avevo appena comunicato alla mia Amica le mie intenzioni una volta uscita da scuola, ma lei come sempre voleva farlo sapere a tutto il mondo.
«Cerca di non andare di matto, ok?» la pregai, guardandomi attorno.
«E l'accademia di moda? - chiese – Il tuo sogno di creare una tua linea? E' sparito tutto così?»
«Andiamo, - dissi – erano solo sogni di una stupida ragazzina, non avevo per niente talento.»
«E quale sarebbe il tuo futuro? Rinunciare ai tuoi stupidi sogni per Harry?»
«Ora stai esagerando..»
«Non sto esagerando! - si impose – La Hanna che conosco io non avrebbe mai rinunciato alla sua linea di moda, per nessuna ragione al mondo!»
«Hanna è cresciuta e ha capito che esistono cose più importanti.»
Misi le braccia conserte e guardai Aria più seria possibile per farle capire che non stavo scherzando.
«Sei sicura?» mi richiese, più calma.
«Assolutamente.» sorrisi e bevvi un sorso di limonata.
Aria si rassegnò e tornò a parlottare di altro, fin quando non tornò a quell'argomento che diceva di evitare a tutti i costi, ma che poi ci tornava sempre.
«Notizie spagnole? - chiese – A parte la tua fuga amorosa, si intende.»
«Ha trovato lavoro come fotografo.»
«Chi?» mi chiese, indifferente.
«Il principe William, - risposi – non lo sapevi? Si è trasferito in Spagna.»
«Cavolo! Deve essere un casino con il figlio e tutto il resto.» 
Le tirai un calcio da sotto il tavolo, ridendo.
«Perchè l'hai fatto?» si lamentò.
«Nessuno ti biasime se ne parli, Aria.»
«Non so di cosa tu stia parlando, Hanna.»
Aria mi sorrise sfacciata e io ricambiai. 
«Harry come sta?» chiese, poco dopo.
«Sembra bene, - dissi – ma so che lo fa solo per nascondersi da me.»
«Deve cercare di non pensarci, - continuò Aria – gli rimane sempre il padre no? Anche se non l'ho mai visto.»
«No, non c'è.» risposi, rigida.
«Che famiglia strana.» commentò Aria.
«Aproposito, - ne approfittai per tagliare la corda – devo andare da lui.»
«Domani abbiamo un compito in classe, - mi disse Aria – spero tu vada a studiare.»
«Ho già studiato.» le urlai, uscendo.
In realtà avevo mentito. Non sapevo neanche che compito fosse, l'avevo appena scoperto. Ma poco mi importava. Ormai pensavo solo alla Spagna, ad Harry e.. ad Harry.


 
----------------------------------------------------------
 
Che tristezza. Che tristezza. Come sempre, chiedo scusa se ho toccato la sensibilità di qualcuno, non era mia intenzione.
Non so se qualcuno di voi si è mai trovato in una situazione del genere (spero vivamente di no),
ma se è così chiedo scusa. Oltre questo, spero che il capitolo vi piaccia:) GRAZIE PER I MILLE COMPLIMENTI!

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** XXII ***



Ice on fire

capitolo 22




Passeggiavo mano nella mano con Harry al parco. Sentivo le sue dita strette tra le mie, ed era come se le nostre mani fossero fatte per stare insieme. Aderivano perfettamente, come una maglietta adosso che ti calza a pennello. Chester camminava a qualche centimetro davanti a noi, al guinzaglio. Scodinzolava e teneva la lingua a penzoloni, scrutando la gente che gli passava accanto. Quando vedeva un altro cane rizzava le orecchie e cercava di avvicinarsi, ed Harry lo slegava, lasciandolo correre libero.
«Non ti mancherà questa città?» mi chiese, con la sua voce profonda.
«Casa è dove ti porta il cuore.» risposi, sorridendo.
«A me mancherà.»
Lo guardai confusa, vedendolo pensieroso. 
Come poteva mancargli una città in cui aveva trovato solo dolore?
«Dammi almeno un motivo per cui dovrebbe mancarti questo posto.»
«Così è troppo facile.» sorrise.
Lo guardai, in attesa. 
«Ho conosciuto te.»
Mi guardò, con quegli occhi belli, penetranti. Con quel sorriso che mi scaldava il cuore, che mi faceva pensare che sarebbe andato tutto bene, che niente sarebbe potuto andare male finchè eravamo insieme. 
«Ci siamo conosciuti sulla porta di casa, - continuò – siamo cresciuti insieme, ho dato il mio primo bacio dietro l'albero del cortile, non so quante ginocchia mi sono sbucciato e nonostante tutto avevo sempre la forza di rimettermi in piedi.. In questa città ci siamo noi, ci sei tu, è una cosa che mi porterò dentro, sempre.»
«Hai ragione, - dissi – questa città rimarrà sempre speciale.»
Mi alzai sulle punte per baciarlo e gli accarezzai una guancia. Sentivo i bambini che giocavano felici sugli scivoli e sulle altelene, mentre noi ci sedevamo sulla panchina, più vicini che mai. E Chester tornò, mettendosi accanto al suo padrone.
«Voglio avere sei bambini un giorno!» disse a un tratto Harry.
«Sei?!» tossii.
«Certo, - continuò – voglio una squadra di calcetto.»
Sorrisi e sollevai il busto per poterlo guardare.
«Perchè, devono essere tutti maschi?»
«No, - acconsentii – posso concederti qualche femmina.»
Mi scoccò un bacio sul naso e io lo pizzicai al fianco.
«Io vorrei un maschio e una femmina.» fantasticai.
«Se avessimo una femmina mi odierebbe perchè sarei gelosissimo.»
Lo vidi tornare serio.
«E sarebbe una cosa bellissima.» mi avvicinai al suo viso, sorridendogli.
«Non potrebbe mai mettere un vestito, o uscire la sera, - continuò – e il primo ragazzo che le si avvicina passerebbe i guai.»
«Vuoi che si faccia suora?»
«Sto esagerando vero?» mi guardò, ridendo.
«Direi di si, - risposi – ma non voglio diventare madre a diciotto anni, abbiamo ancora tempo davanti.»
«Saresti la miglior madre del mondo, - disse – anche a diciotto anni.»
Mi guardò con quello sguardo affettuoso e premuroso che mi lanciava ogni volta che mi faceva un complimento. E se per tutto il giorno non lo avessi visto triste o malinconico per Adele, in quel momento vidi quel velo di tristezza ricoprirgli il viso. E senza dire niente gli strinsi una mano e mi appoggiai al suo petto, mentre lui con un braccio mi avvolgeva. Era bello immaginare tutto quel futuro insieme. Io e Harry marito e moglie, genitori, nonni. Vivere insieme e invecchiare insieme. Comprare una piccola casetta, trovare un buon lavoro, avere un bambino, crescerlo, vederlo diventare grande. Sentirsi chiamare “mamma” e “papà”. Penso che non ci sia niente di più bello al mondo. E se io sarei stata una brava madre, Harry sarebbe stato un padre perfetto.
«Anche tu saresti il miglior padre del mondo.» sussurrai.
Harry mi strinse e sentii le sue labbra tra i miei capelli. Lo sarebbe stato sulserio, il miglior padre del mondo, perchè aveva avuto la madre migliore. Non avrebbe fatto gli stessi errori di Marcus. Avrebbe amato i suoi figli più della sua stessa vita e avrebbe dato qualsiasi cosa per renderli felici. 
«Sei sicura di volertene andare?» mi chiese, per la ventesima volta forse.
«Harry, - sbuffai – mi hai fatto questa domanda un centinaio di volte!»
«E se dovessi pentirtene? Non voglio che rinunci a tutto per me.»
«Rinunciare a te sarebbe rinunciare a tutto.» 
Mi guardò di nuovo sorridendo e poi mi baciò sulle labbra.
«Vado a recuperare Chester.» mi disse, dandomi un altro bacio.
Si alzò dalla panchina e andò verso gli alberi, dove avevamo visto correrci Chester un attimo prima. Mentre lo aspettavo guardai le famiglie con i loro figli, gli alberi colmi di fiori, il sole che illuminava l'immenso parco di Bristol. L'estate era alle porte ormai, il diploma era alle porte, e il mio futuro. Cosa avrei detto ai miei? Non ci avevo neanche pensato!
«Bella signorina..» mi voltai di scatto e vidi un vagabonda che mi si avvicinava.
«Avrebbe qualcosa da darmi per mangiare?» mi chiese.
Era sulla cinquantina, pienotto, lunga barba. Metteva un po' i brividi, ma quanta tenerezza mi faceva.
«Mi spiace ma..» cercai di dire.
«Ehi! - sentii Harry gridare – Lasciala stare!»
Si mise davanti a me, allontanandomi con il braccio, con Chester al suo fianco che fissava il pover uomo. 
Il vagabondo indietreggiò, impaurito.
«Voleva solo un po' di aiuto!» rimproverai Harry, una volta che l'uomo se ne andò.
«Non puoi fidarti della gente.»
«E tu dovresti cercare di fidarti un po' di più!» 
Lo superai seccata, mettendomi a braccia conserte. 
Era sempre lo stesso Harry. Con la stessa rabbia, la stessa sfiducia nelle persone. Lo stesso che cercava sempre e solo di difendermi anche quando non ne avevo bisogno.
«Hanna..» lo sentii alle mie spalle, chiamarmi debolmente.
Io non mi fermai, continuai a camminare, fin quando non lo sentii accellerare il passo e piombarmi di fronte.
«Mi dispiace.. - sussurrò – ho solo paura che ti possa capitare qualcosa di male.»
«Non la smetterai mai di preoccuparti per me, vero?»
«Non mi è concesso.»
Chester ci guardava, muovendo la testa da me a Harry.
Lo guardai ancora, vedendo ancora i pugni serrati. Gli presi una mano, cercando di rilassarlo.
«Andiamo a casa.» dissi.
Mi sorrise e si avvicinò, dandomi un bacio in fronte.



«So che siete eccitati all'idea della fine dell'anno scolastico, ma vi ricordo che il risultato finale è importante.» 
La professoressa Wilson cercava ancora di spronarci a studiare per la fine dell'anno, con scarsi risultati forse. Ormai più nessuno pensava a studiare, erano tutti eccitati per la festa di fine anno e per la finale della squadra di pallanuoto. Io non la stavo a sentire, ero intenta a disegnare sul mio quaderno. Non so bene cosa fosse, ma più o meno aveva le sembianze di un vestito. Vestito lungo, stile schiava. Stretto al seno e morbido lungo i fianchi. 
«Hai ricominciato a disegnare? - mi chiese eccitata Aria al mio fianco – E' fantastico!»
A sentire quella domanda mi stranii un attimo.
Fissai il disegno e poco dopo accartociai il foglio, ponendolo sotto il banco.
«Era tanto per..» dissi, disegnando un fiore sul banco.
«Certo, era tanto per.» mi fece eco lei.
La ignorai per un attimo, fissando la Wilson che alla lavagna cercava di spiegarci gli ultimi argomenti di matematica. Per me erano solo segni messi a casa qua e là. 
«Hai parlato con i tuoi genitori?» Aria cercò di nuovo di comunicare.
«Non ancora.»
Per ignorarla del tutto, finsi di prendere appunti.
Non pensiate che mi stia comportando da una che se la tira, semplicemente non voleva affrontare quell'argomento con lei. Aveva la capacità di rendere una cosa così bella, un punto di domando colossale.
«Quando hai intenzione di farlo?» provò di nuovo, sussurrando.
«Non glielo dirò, - risposi – andrò via di casa all'improvviso.»
«Hanna!» Alzò la voce senza neanche accorgersene.
«C'è qualche problema Aria?» le chiese la Wilson, con il gessetto in mano. 
Tutti gli occhi erano puntati su di noi e io cercai di farmi piccola piccola e fare l'indifferente.
«Che problema dovrebbe esserci? - scherzò – Insomma, sono un genio in matematica!»
Ci fu una risata di gruppo e Aria arrossì.
«Il suo ultimo compito non la pensa allo stesso modo.» continuò la Wilson, riprendendo a scrivere.
Una volta che tutti tornarono a seguire, Aria tornò all'attacco.
«Che intenzioni hai?» mi chiese.
«Vuoi rilassarti? - sbuffai – Stavo solo scherzando, glielo dirò!»
Aria mi fissò, mentre 'fingevo' di prendere appunti.
Sembrava essersi calmata.
«Io andrò a Oxford, - disse a un tratto pensierosa – mi farà bene cambiare aria.»
Misi giù la penna, rendendomi conto che era del tutto inutile avere dei gerogrifici sul mio quaderno, e cercai di rassicurarla.
«Andrà tutto bene Aria, - dissi – sarai di nuovo felice e la vità universitaria ti piacerà.»
«Avrei voluto farla con te.»
In quello stesso istante la campanella suonò. 
La Wilson ci salutò e i miei compagni fecero a gara ad uscire dalla classe, felici che quella giornata fosse finita. Io raccolsi i libri e uscii dall'aula insieme ad Aria.
«Hanna! - mi richiamò qualcuno – Hanna!»
Mi voltai, trovando Melissa nella confusione più totale, tenendo tra le braccia cartelloni e striscioni.
«Serve una mano?» le chiese Aria, dubbiosa.
«No è tutto apposto, - rispose Melissa, afferrando al volo un cartellone – volevo solo chiedere ad Hanna se poteva darmi una mano per questo ballo.»
«Non credo di essere la persona giusta in questo mom..»
«Ti prego, - mi implorò – quelle vipere mi manderanno al manicomio.»
Si riferiva alle altre componenti del comitato studentesche. Io me ne ero tirata fuori quando scoprii la malattia di Adele e avevo lasciato tutto nelle mani di Melissa.
«Perfavore.» continuò.
«Qual'è il tema?» acconsentii.
Melissa sorrise a 32 denti e mi porse il fascicolo.
«Gli anni '50, - rispose – ti ringrazio molto Hanna!»
Mi strinse affettuosamente, con mia grande sorpresa e poi la vidi allontanarsi. 
Vidi Aria sorridere e lanciarmi uno sguardo compiaciuto.
«Non dire niente!» la ammonii.
«Ti farà bene riprendere i tuoi vecchi compiti.» 
La mia amica era entusiasta, e anche se non lo dimostravo, sentivo un po' di piacere nel riprendere il posto nel comitato studentesco. D'altronde, mi ero sempre occupata di tutti gli eventi organizzati dalla scuola, ed era un po' come tornare alle origini.
«Sei contenta..» sussurrò Aria.
«Cosa?!»
«Sei contenta di organizzare il ballo! - sbraitò – Lo leggo nei tuoi occhi!»
Cercai di calmarla, senza che dasse di matto, ma finimmo col ridere. La pregai dismetterla più volte, ma lei continuava a rivangare ricordi del passato e continuava a farmi ridere.. fin quando qualcuno non interruppe quel momento.
«Signorina Tomlison.»
Una voce ferma, precisa. 
Mi voltai stranita, trovando la Preside Moore.
«Può seguirmi nel mio ufficio?» mi chiese.
Io guardai prima Aria e poi annuii, seguendola.
«E' successo qualcosa?» chiesi, ansiosa.
«E' meglio discuterne qui dentro, - aprì la porta del suo ufficio – non le dispiace se ho fatto chiamare i suoi genitori, vero?»
Rimasi pietrificata.
Mia madre e mio padre sedevano davanti alla scrivania, lo sguardo serio. 
Entrai nella stanza e la signora Moore chiuse la porta alle sue spalle.
Ero terrorizzata. 
Forse era giunto il momento di chiarire le cose.


 
-----------------------------------------------------

 
Buongiornoooooooooooooooooo:):)
Come potete notare questo è più che altro un capitolo di passaggio, però a volte ci vogliono:)
Vi ricordo che questa storia si dividerà in due e quando terminerà questa (non manca molto ahimè), inizierà l'altra che sarà il seguito:)
Grazie per i complimenti che mi fate, siete davvero dei cuori <3

 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** XXIII ***



Ice on fire

capitolo 23



«Mamma che succede?»
Vidi mia madre con l'espressione confusa e mio padre con la gamba a cavallo e le mani intrecciate sul ginocchio.
«La Preside Moore ha voluto convocarci stamattina, - disse – ma non ci ha voluto dire ancora niente.»
«Ho voluto aspettare te Hanna, - mi disse la Preside, sedendosi – prego accomodati.»
«Preferisco stare in piedi.» 
Rimasi dietro le due poltroncine dei miei genitori, mettendo le braccia conserte e attesi.
«Vi ho voluto convocare per discutere un po' sulla situazione di Hanna, - iniziò la Moore – diciamo che mi sta preoccupando.»
«In che senso preoccupando?» domandò mia madre.
«Si è cacciata in qualche guaio?» si intromise mio padre, che fino a quel momento non aveva osato dire parola.
«Niente del genere, - li rassicurò la preside – ma ho motivo di pensare che nell'ultimo periodo abbia messo da parte la scuola.»
I miei genitori la guardavano straniti, attendendo che continuasse.
«Hanna, - si rivolse a me questa volta – i tuoi voti sono calati notevolmente, hai lasciato il comitato studentesco e i professori mi dicono che in classe sei sempre distratta e non segui le lezioni.»
«Cosa?!» sbraitò mia madre.
«E' vero che ho avuto un periodo non facile, - mi difesi – ma non è necessario farne una tragedia, è ridicolo!»
«Calma il tono signorina!» mi riprese mio padre.
«La situazione è seria Hanna, non ho neanche ricevuto la tua domanda per l'università.»
Guardai la Moore infastidita, come se si stesse impicciando di cose che non la riguardassero.
«Credevo l'avessi mandata mesi fa!» disse mia madre, guardandomi.
«Sono stata semplicemente occupata e non ho avuto tempo per compilarla!» mi giustificai, mentendo.
«So che la morte di Adele ti ha sconvolto..» cercò di dire la Preside.
«Cosa? - la interruppi – Adele non c'entra con tutto questo!»
«Allora c'entra Harry Styles e il suo ritorno.» continuò.
La guardai a bocca aperta, sconvolta.
«Hanna tesoro, - mia madre si alzò, avvicinandosi – se ti senti sperduta, confusa, con noi puoi parlarne.»
«Non sono confusa! - mi allontanai – Ho solo dato più importanza ad altre cose ed Harry non c'entra niente in tutto questo!» mentii, ancora.
«Posso provare a convincere l'università ad accettarla così tardi, ma dovrebbe recuperare le insufficienze.» 
La preside parlava con mio padre, ignorandomi del tutto.
«Non andrò all'università, - urlai a un tratto – ne l'anno prossimo e ne mai!»
«E cosa pensi di fare?» mi chiese mio padre, rimanendo immobile sulla sedia.
Forza Hanna. Forza e coraggio. Puoi dire la verità finalmente. Puoi spiegare ciò che vorresti fare in futuro.
«Andrò in Spagna da Louis, - dissi – insieme ad Harry.»
Ci fu silenzio assoluto. 
Mia madre portò una mano alla bocca, incredula.
«E l'accademia di moda? - mi chiese – Il tuo sogno di creare una tua linea?»
«Ho cambiato i miei piani.»
La Preside poggiò le mani incrociate sulla scrivania, incredula.
Mio padre rimase immobile, ancora mi dava le spalle.
«Hanna sei una ragazza con un grande talento, - mi disse la Moore – non gettare tutto al vento.»
Stavo per rispondere, quando colui che aveva detto si e no due parole, si alzò dalla poltroncina, si voltò verso di me e mi guardò serio.
«Tu non andrai da nessuna parte.» mi minacciò.
«Prova a fermarmi.» 
Lo guardai dritto negli occhi, per la prima volta senza paura. E detto ciò uscii da quella stanza di inquisizione, correndo verso l'uscita della scuola e andando verso casa. Casa. Che non era quella in cui vivevo con i miei genitori. Casa era Harry. Casa erano Harry e Chester. Casa eravamo Harry, Chester e io. Casa era quello che di bello avevamo insieme. E non mi importava di quello che pensavano i miei, di cosa pensava la preside, di cosa pensavano tutti. Ci sarebbe stato sempre un Harry-Hanna. Liam aveva ragione. E così correvo più forte che potevo, fin quando vidi quella piccola casetta rosa che avevo sempre visto dalla mia finestra, che avevo sempre guardato con gioia e amore. Arrivai alla porta e bussai con foga, fin troppo eccitata.
«Ehi!» 
Harry aprì la porta confuso, ma prima che potesse chiedermi perchè avessi bussato con tanta energia, gli saltai al collo, baciandolo più volte sulle labbra.
«Non pensare che non apprezzi tutto ciò, al contrario, ma, - disse tra un bacio e l'altro – a cosa lo devo?»
«Perchè ti amo da morire, - risposi, continuando a baciarlo – e ho detto ai miei dei nostri piani.»
«Davvero? - Harry mi bloccò con le braccia – E cosa hanno detto?»
«Non si sono presi per mano e non hanno girato attorno a un tavolo se questo che pensi, - scherzai – ma me ne sono andata prima che potessero legarmi a una sedia.»
Ripresi a baciarlo e cercai di sfilargli via la maglietta.
«Non voglio crearti casini con i tuoi.» cercò di dire.
«Possiamo parlarne dopo? - lo pregai – Adesso voglio solo andare di sopra con te e fare nient'altro che questo per le prossime ore.» 
Gli sfilai del tutto la maglietta e lui non riuscii a ribattere.
«Sai che ti dico? - lo guardai – Il divano va benissimo.»
Harry rise e mi sollevò da terra, portandomi in salotto.
Mi misi a cavalcioni su di lui e portai la testa all'indietro, lasciandomi torturare il collo.
Sentivo la sua mano tra i miei capelli e l'altra che mi accarezzava la schiena, facendomi rabbrividre.
E ci amavamo. Ci amavamo sempre di più. Ci amavamo in quella piccola casetta che ci aveva fatto da casa per tanti anni. Ci amavamo in quel piccolo quartiere di Bristol. Ci amavamo in quella cittadina che, Harry aveva ragione, mi sarebbe mancata come non mai.



Rigiravo quelle pagine, osservando tutti gli appunti di Melissa, le foto della palestra che ormai conoscevo a memoria, i numeri del catering, dei fornitori. Avevo vissuto in quel mondo per così tanto tempo che mi era mancato. Harry dormiva a pochi centimetri da me, la testa poggiata sul bracciolo del divano e un braccio attorno alla mia vita. Io mi ero messa una sua felpa, nonostante fosse quasi estate c'era ancora fresco in casa, e con una tazza di tea tra le mani cercavo idee per il ballo di fine anno. Gli anni '50, aveva detto Melissa. Sarebbe stato bello ispirarci a Grease, no? Avremo potuto metterre una macchina d'ecopa all'entrata per fare le foto da mettere nell'annuario, comprare una macchina per lo zucchero filato e vestirci con gonne lunghe e farci le codine ai capelli. Sarebbe stato divertente.
«Hanna..» sentii mugugnare Harry.
«Ehi..» sussurrai io, sorridendo.
Aveva gli occhi ancora socchiusi, l'espressione assonnata.
Si mise seduto e mi avvolse tra le sue braccia, poggiando il mento sulla mia spalla.
«Cos'è?» mi chiese.
«Melissa mi ha chiesto di aiutarla per il ballo di fine anno, - spiegai – niente di importante.»
Harry guardava il fascicolo, le mie mani che accarezzavano quelle pagine, che guardavano quel mondo che mi era appartenuto per tanto tempo e forse anche lui capì che mi era mancato.
«Non dovresti mettere da parte queste cose sai..» sussurrò.
«Non hanno importanza.»
«Ce l'hanno invece, - mi corresse – perchè ti rendono ciò che sei.»
Mi voltai e trovai il suo viso, dolce e gentile.
Mi avvicinai alle sue labbra per baciarle e sorrisi.
«Sopravviverò anche senza.» dissi.
Tornai all'organizzazione del ballo, mentre vidi Chester avvicinarsi scodinzolando.
«Spiegami dei tuoi genitori.» Harry cambiò discorso e io mi irrigidii.
«Ma niente, la Preside Moore li ha convocati per informarli dei miei progetti..»
«Solo per quello?» chiese.
«Diciamo che i miei voti per ora non sono stati perfetti, ma hanno solo esagerato.»
«Hanna!» mi richiamò lui.
«Hanno solo esagerato! - mi giustificai – E comunque non ha più importanza.»
Mi alzai, camminando a piedi nudi verso la cucina. 
«Ha molta importanza, - Harry mi venne in contro – si parla del tuo futuro!»
«Ti ho già detto cosa farò del mio futuro.»
«Sento che non è davvero ciò che vuoi.» 
Lo vidi guardarmi profondamente dentro, come se stesse cercando di psicanalizzarmi. Cosa tentava di fare? Perchè voleva a tutti i costi che cambiassi idea?
Stavo per rispondere, ma il campanello della porta mi anticipò.
Harry ci mise un po' prima di andare ad aprire perchè rimase a guardarmi, come se volesse lasciare fuori chiunque fosse. Ma il campanello continuava a insistere e non potè fare altro che aprire.
«Charlie, - disse – entra.»
Un tipo in giacca e cravatta entrò in casa, con un paio di occhiali da sole in faccia. Non mi ero forse accorta del sole accecante che c'era?
«Lei è Hanna, - mi presentò Harry – e Hanna lui è Charlie, il mio babysitter.»
«E' un simpaticone, - scherzò Charlie allungando una mano – quindi tu sei la famosa Hanna.»
«Non saprei veramente.» strinsi la sua mano e sorrisi imbarazzata.
«Lasciati dire che sei molto più bella di come ti ha descritta.» 
«Ehi!» lo richiamò Harry, geloso.
«Quindi ti ha parlato di me, - dissi io – interessante.»
«Non prendere a parola tutto quello che dice, ama scherzare, - Harry si giustificò subito – è l'agente FBI più inutile che conosca.»
«Ehi ragazzino, - scherzò Charlie – mi sono occupato di te da quando ancora portavi il pannolino.»
Charlie lo afferrò prima che Harry potesse scappare e scherzosamente lo colpiù sulla testa. Io risi alla scena e mi accorsi solo adesso che Charlie assomigliava parecchio al tipo losco che vedevo insieme ad Harry prima di sapere tutta la verità. In effetti, era proprio lui.
«Come mai da queste parti?» gli chiese Harry, una volta libero.
«Ho bisogno di parlarti.»
Charlie divenne improvvisamente serio e diede un'occhiata a me e capii all'istante.
«Fate pure, - dissi – io andrò di sopra.»
Li lasciai in cucina, facendo finta di salire le scale con Chester alle calcagne, e mi fermai dove non potevano vedermi. Sentii qualcuno sedersi sulla poltrona, rumori di bicchieri e poi la conversazione iniziò.
«Sei ancora sicuro di portare Hanna con te?» gli chiese Charlie.
«Voglio allontanarmi da tutto questo e lasciami mio padre alle spalle.»
«Sono contento per questo, - continuò Charlie – purtroppo tuo padre è ancora disperso.»
Non riuscii a sentire cosa disse Harry dopo e venni distratta da Chester che continuava a leccarmi le caviglie.
«...qui vicino, dovete fare attenzione.» diceva Charlie, ma non riuscii a capire l'inizio.
«Una volta partiti me lo lascerò alle spalle.»
«Sei sotto la mia custodia da cinque anni ormai e sai che per me sei come un figlio, - disse Charlie – e non ho mai visto quello sguardo su di te in tutto questo tempo.»
«Quale sguardo?» chiese Harry confuso.
«Sei proprio partito per la tangente ragazzo.»
«Per cosa?!» sbraitò Harry e sussurrai io.
«Ti sei proprio fottuto il cervello per quella ragazza, - spiegò Charlie – quello sguardo ce l'hai solo una volta nella vita.»
Sorrisi.
Guardai Chester seduto accanto a me, con la lingua a penzoloni e l'espressione felice.
Forse si chiedeva perchè sorridevo, ma non gli importava il motivo. Vedeva che ero felice ed era felice anche lui.
Sentii la porta chiudersi e i passi lenti di Harry.
«Puoi uscire adesso.» urlò.
«Come fai a sapere che sono qui?» sbraitai di scatto, senza pensarci e incastrandomi da sola.
«Questo l'ha confermato.» lo sentii ridere.
Uscii allo scoperto, imbarazzata.
«Credi davvero che non ti conosca?» mi fece notare lui, camminando verso di me.
«Speravo solo un po' di meno.» sorrisi, innocente.
Mi circondò i fianchi con le sue braccia e io portai le mie attorno al suo collo.
«Non mi stai nascondendo niente vero? - mi chiese – Sulla scuola, sui i tuoi genitori, sul volertene andare da qui..»
«Non ti nascondo niente, - mentii – va tutto bene.»
Mi alzai sulle punte per baciarlo e sentii la sua mano calda sulla mia schiena, che mi avvicinava sempre di più al suo corpo. Mi sollevo da terrà, ma prima che potesse poggiarmi sul divano , suonarono alla porta. Lo sentii sbuffare mentre mi baciava e mi venne da ridere. 
«Ciao amico, - salutò Zayn una volta che Harry aprì la porta – mi stavate aspettando per fare una cosa a tre?»
Disse maliziosamente vedendomi.
«Che vuoi Malik?» gli chiese Harry, chiudendo la porta.
«E' mercoledì sera amico, - rispose Zayn sedendosi sul divano – ho portato i pop corn e star wars.»
Teneva in mano un pacco di pop corn e iniziò a mangiarli, riempendo il divano di briciole e attirando l'attenzione di Chester.
Guardai Zayn divertita e l'espressione imbarazzata di Harry.
«Mi dispiace, - mi sussurrò – me ne ero dimenticato.»
«Non voglio rovinare la vostra serata da maschi, - dissi – mi sentirei terribilmente in colpa.»
«Preferisci tornare a casa?» mi chiese, a malincuore.
«No, - dissi frettolosamente – resto.»
Non potevo tornare a casa. Dovevo starci meno tempo possibile perchè avrei dovuto affrontare l'ira funeste di mio padre, altro che Achille.
«Venite o no?» ci richiamò Zayn, con la bocca piena di cibo.


 
----------------------------------------------------
 
Buonasera gente! :)
Mi meraviglio di come stia aggiornando molto velocemente ma non riesco a rallentare ahahahaha
Come vi è sembrato? So che non succede molto ma vedrete che il papà di Hanna cercherà di impicciarsi in ogni modo!
Preparatevi per il prossimo capitolo perchè sarà davvero una BOMBA:)
Nel senso che succederà qualcosa di grosso, ma non posso anticipare nulla:D
Grazie ancora a tutti quelli che mi seguono e spero che siate molti di più rispetto a quelli che recensiscono, mi farebbe davvero molto piacere!

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** XXIV ***



Ice on fire

capitolo 24




«Piazzate le tende qui e laggiù.» continuava la professoressa Morgan.
«Perchè la scuola organizza queste stupide cose?» si lamentava Aria, gettando il suo grosso zaino per terra.
La scuola aveva organizzato una notte in campeggio, per rafforzare i rapporti nel nostro ultimo anno. Il problema era che i rapporti non si potevano rafforzare l'ultimo mese dell'ultimo anno di scuola, e inoltre nessuno di noi era tipo da campeggio. Noi eravamo cresciuti in mezzo a feste di lusso, in ville con piscina e con lunghi abiti eleganti. 
«Forse sarà divertente, - disse Liam – potrebbe piacerci.»
Aria fece una smorfia e io mi sedetti su un tronco, esausta.
Osservai Melissa che si spruzzava lo spray anti zanzare e mi venne da ridere. Era una scena fin troppo buffa.
«Dovremo montare le tende.» dissi, guardando confusa il foglio delle istruzioni.
«Prego, - Aria si sedette vicino a me – ditemi quando avete finito.»
Mi alzai tenendo il foglio in mano e cercando di capire da dove iniziare. Non ero brava in queste cose, non ero il classico tipo avventuriero, preferivo un hotel con colazione e tutto il resto.
«Cercate di darvi una mossa, - urlava la Morgan – non vorrete dormire per terra?»
Brontolai.
«Forze quello va lì.» commentò Aria, mangiando un pacco di patatine.
«Sarebbe fantastico seguire i tuoi consigli Aria, se ti decidessi ad alzare il culo da quel tronco e darmi una mano.»
Gettai i chiodini per terra, osservando quella che più che una tenda, sembrava un ammasso di panni sporchi.
«Ben fatto signor Payne.» 
Mi voltai di scatto e vidi Liam in piedi accanto a una tenda perfetta e ben salda al suolo.
«Liam ci ha messo cinque minuti.» rise Aria, sputacchiando briciole ovunque.
«Come hai fatto?» gli chiesi, disperata.
«Da piccola in estate mio padre mi portava sempre in campeggio, ricordi?»
Ci pensai un po' su.
«Me ne ero dimenticata.»
Gli sorrisi e lui venne in mio soccorso.
«Harry dov'è?» mi chiese dopo un po', mentre era indaffarato con la tenda.
«Non so dove sia finito in realtà, - risposi – doveva essere già qui.»
«Sei ancora convinta di partire con lui?» chiese a un tratto.
«Certo, - risposi sicura – perchè non dovrei?»
Liam piantò un chiodino per terra e di seguito anche l'altro.
«Perchè magari stai rinunciando a troppe cose per lui.»
«Grazie tante Liam, - lo lasciai lì con la tenda e girai i tacchi – mi serviva proprio un'altra predica.»
«Hanna! - mi rincorse – Dico solo che è il tuo ragazzo e dovrebbe tenere più conto dei tuoi sogni e di ciò a cui stai rinunciando!»
«Non sai di cosa parli!»
Feci per andarmene, ma lui mi prese dal braccio e mi fece voltare, ancora.
«Lasciami.» dissi, a denti stretti.
Liam mollò la presa amareggiato e io lo lasciai lì, in mezzo agli alberi. 
Io camminai tanto, stringendomi nella felpa di pail che aveva l'odore di Harry. Ispirai quel profumo, che di profumo non aveva nulla, perchè non era come quei profumi di marca che ti fanno girare la testa, ma era un odore naturale e personale. Harry aveva un buon odore, il suo odore. E più lo sentivo, più mi entrava nelle vene, facendomi venire piccoli brividi per tutto il corpo. Camminavo e pensavo a lui, a quello che aveva detto Liam, al fatto che i miei genitori non mi parlavano da giorni. A Louis, a quanto mi mancava e a quanto fosse troppo lontano per sentirlo vicino in quel momento.
Sono felice, ma manchi un sacco sorellina..
Mi aveva scritto nel suo ultimo messaggio. 
Non gli avevamo detto niente del nostro piano, del nostro progetto, che in fin dei conti un progetto non era. Non sapevamo ancora cosa avremo fatto e dove saremo stati. L'unica cosa che ci portava era stare insieme, almeno per me. Ma allora perchè tutti mi venivano contro e non erano felici per me? Vedevo i miei compagni attorno ai piccoli fuochi che avevano acceso, strimpellando qualche accordo con la chitarra, canticchiando canzoncine di qualche cantante emergente del momento. Sorrisi e vederli e provai un attimo di malinconia nel riconoscere che ben presto tutto questo sarebbe finito e che non li avrei rivisti mai più. Quando ti dicono che il liceo è il momento della tua vita che più ti rimane nel cuore è vero. Tra quelle mure sei ancora una ragazzina, che può fare tutto quello che sente perchè l'idea di sbagliare se da un lato mette i brividi, dall'altro ti fa sentire sorprendentemente viva. E io mi sarei portata questi cinque anni nel cuore.
Non mi resi neanche conto di essere tornata al punto da cui ero partita e trovai un fuocherello acceso tra le nostre tende, e un tronco attorno. Non vidi ne Aria ne Liam e così decisi di sedermici su. Guardavo il fuoco con le sue scintille e in quel momento desidererai avere attorno Louis. 
«Posso sedermi?» sentii una voce alle mie spalle e quando mi voltai trovai Liam con indosso una felpa.
«E' un paese libero.» Acconsentii, distogliendo subito lo sguardo.
«Hanna, - iniziò, sedendosi accanto a me – mi dispiace per prima.»
«Non ne voglio parlare.»
«E invece dobbiamo, - continuò – hai ragione dovremo essere contenti per ciò che hai scelto di fare ma, abbiamo solo paura che potresti pentirtene.»
«Harry rispetta le mie scelte, - dissi –  e non potrei mai pentirmene.»
Liam mi sorrise, smettendo di fare giudizi su quello che sarebbe stato il mio futuro.
«Ricordi quando fingemmo di avere la varicella e ci riempimmo di puntini blu?» iniziò a ridere a quel ricordo e io con lui.
«Che idioti, - risi – non potevamo sapere che i puntini della varicella sono rossi e non blu.»
Iniziammo a ridere e a tirar fuori vecchi ricordi del passato, mentre di sottofondo sentivo i miei compagni che canticchiavano True Colors di Cyndi Lauper. 
«Cosa c'è di divertente?» chiese Aria, arrivando con un bicchiere di aranciata.
«Ti prendavamo solo in giro.» scherzò Liam.
«Ehi!» 
Aria gli lanciò un po' di liquido arancione in faccia e io mi alzai prima di essere colpita. Li guardai ridere e scherzare, fin quando mi accorsi di qualcuno dietro un albero, non troppo lontano. Mi avvicinai lentamente e quando riconobbi i riccioli iniziai a correre.
«Harry!» dissi, più felice che mai.
Lo vidi appoggiato al tronco, la giacca di pelle addosso, il sorriso affettuoso che amavo, ma un velo di qualcosa che non capivo.
«Dove sei stato?» gli chiesi, avvicinandomi.
«Avevo bisogno di pensare.» rispose, accarezzandomi una guancia.
«Pensare a cosa?» sorrisi.
Rimase a guardarmi, sorridendo, ma non come al solito. C'era qualcosa di diverso in quello sguardo, in quell'allegria apparente.
«Ti guardavo prima, - disse ignorando la mia domanda – insieme a Liam, ad Aria..»
«Mi vedi sempre in loro compagnia.»
«Forse il tuo posto è quello.»
Lo guardai e allonatanai il viso dalla sua mano.
«Ma che dici.. - sussurrai – dimmi dove sei stato oggi Harry.»
«Te l'ho detto, - rispose mettendo le mani in tasca – ho solo camminato un po'.»
«Non mi mentiresti mai, vero?» gli chiesi, guardandolo.
«No, - rispose – e tu?»
Sentivo come un tono di sfida nelle sue parole e rimasi un po' perplessa e ghiacciata da quella domanda.
«No..» dissi, mettendo le braccia conserte.
«Allora è tutto apposto, - disse – vieni qui.»
Mi accolse tra le sue braccia e sentii le sue labbra tra i miei capelli, e sarei voluta essere in nessun'altro posto.


Sentivo il suo respiro regolare mentre tenevo la testa poggiata sul suo petto e gli occhi chiusi. Nonostante non lo vedessi, percepivo il suo sguardo che oscillava tra me e il soffito della tenda che ci accoglieva in quel nido sicuro e pieno d'amore.
«Mi stai fissando..» mormorai, sorridendo al pensiero che di solito era lui a dirlo.
«Mi piace guardarti, - disse – e sto fissando questo momento.»
Sollevai la testa per poterlo guardare.
«Di solito però quando sei tu a farlo è perchè pensi a qualcosa..»
Rimase a fissare il soffitto e poi rise, forse di nervosismo.
«Mi manca la scuola sai? - disse a un tratto – Sono stati gli anni più belli.»
«Per me no, - lo contraddii – eri cambiato..»
«Sei sempre stata una delle cose più belle che avevo, Hanna.»
Mi guardò e sorrise, poggiando le labbra sulla mia fronte.
«Anche più bella di suonare la chitarra?» scherzai.
«Quella è roba vecchia.» mormorò, stringendomi.
«Potresti ricominciare, - proposi – potresti suonare in qualche locale una volta in Spagna.»
Non rispose.
«Vieni, - si alzò in piedi – andiamo a fare una passeggiata.»
«Una passeggiata? - sbucai con la testa fuori dalla tenda – Harry sono le 3 di notte!»
«Ha paura signorina Tomlinson?» mi sfidò.
Diedi una veloce occhiata prima a destra e poi a sinistra e non trovai anima viva. Il campo era nel silenzio più totale e della Morgan non c'era traccia. Sgattaiolai fuori dalla tenda e raggiunsi Harry in mezzo agli alberi.
«Sei pazzo?» dissi una volta raggiunto, ridendo.
«Ho una sorpresa per te..» 
Sorrise imbarazzato e mi fece voltare per mettermi una benda sugli occhi.
«Non vedo niente.» 
«E' questo il punto.»
Stringevo le sue mani, seguendolo ovunque mi portasse.
Sentivo l'aria fresca sulla pelle e l'odore dei pini che circondavano l'intero campeggio.
«Harry..» lo chiamai, non sentendolo più parlare.
«Siamo quasi arrivati.»
All'improvviso ci fermammo e quando mi tolse la benda mi trovai un piccolo laghetto di fronte ed Harry con in mano due lanterne cinesi.
«E queste?»
«Ho pensato che potremmo esprimere un desiderio e lanciare queste.»
Mi sorrise e io mi avvicinai per poterlo baciare dolcemente sulle labbra.
«Posso sbirciare il tuo desiderio?» gli chiesi, ridendo.
«Assolutamente no, - rispose – vai via Tomlinson.»
Mi finsi offesa ma mi allontanai e pensai al mio di desiderio.
In realtà non avevo niente da desiderare. 
Tutto quello che desideravo era qui, a portata di mano e non avrei potuto chiedere di meglio, ma a qualcosa dovevo pensare. Così su quella tela scrissi solamente “Harry”.
«Pronta?» mi chiese in lontananza.
Chiusi il pennarello e gli feci segno di ok con il pollice, e al suo segnale lasciammo le lantarne, facendole trasportare via dal vento.
«La mia va più veloce della tua!» urlai, avvicinandomi a lui e fissando sempre le lucine rosse che si facevano sempre più lontano.
Harry si avvicinò sorridendo e tenendo gli occhi fisso sul cielo, così profondi, così intensi. Quelle lanterne sembravamo io e lui. Avevamo una voglia matta di scappare, di volare lontano da tutti, da osservare il mondo dall'alto senza pensare a quello che ci circondava. Io e lui. Non c'era nessun'altro.
«Hanna, - disse a un tratto – ti amo, lo sai vero?»
Mi voltai per guardarlo e mi accorsi che teneva ancora lo sguardo verso l'alto, un po' troppo lucido del solito.
«Certo..»
Tremai.
Sentii qualcosa di diverso, qualcosa di strano. 
C'era qualcosa in quel suo “lo sai vero?”, qualcosa che mi faceva paura.
Harry si voltò a guardarmi e cercò di sorridere per strappare via quel senso di angoscia che mi opprimeva. Mi prese la mano e tornammo al campo, mentre le lanterne continuavano a volare lontano, a toccare le stelle.
Non parlammo per tutta la strada del ritorno, mi limitavo a stringere la sua mano intrecciata alla mia ed era come se ci fosse qualche pezzo mancante, qualcosa che non andava.
Raggiunta la tenda, lasciò la mia mano per lasciarmi entrare.
Rimanemmo per qualche secondo uno di fronte all'altro, entrambi piegati sulle ginocchia.
«Meglio che vada prima che la Morgan mi becchi.» disse, senza guardarmi negli occhi.
Io non dissi niente.
Harry si avvicinò alle mie labbra, dandomi un bacio diverso, più intenso. Mi prese il viso tra le mani e mi baciò più dolcemente, facendomi desiderare di rifare l'amore ancora una volta. Forse prima non mi era bastato, forse lo desideravo ancora e ancora. Ma prima che potessi tirarlo dentro, lui si ritrasse, sorridendomi. Mi guardò ancora una volta negli occhi, dandomi un altro bacio prima di alzarsi in piedi.
«Harry! - lo richiamai – Ci vediamo domani, vero?»
Lui mi sorrise, con le mani in tasca, indietreggiando.
«Ci vediamo presto.» disse.
E non vidi nient'altro che le sue spalle, andare sempre più lontano da me, via. E non riuscii a distogliere lo sguardo, anche quando il buio lo inghiottì.


Non riuscii a chiudere occhio.
Uscii dalla tenda alle 6 del mattino – un'ora prima della sveglia – e iniziai a rimetterla nel sacco. Spensi il fuoco e attesi il risveglio di tutti.
«Come mai ti sei alzata così presto?» mi chiese Aria, sbadigliando.
Stavamo uscendo dal campo e salendo sul grande pullman che ci avrebbe riportato a casa.
«Hanna va tutto bene?» sentii Liam seduto alle mie spalle.
«Si, - risposi – tutto bene.»
Fissavo la strada fuori dal finestrino, con la fronte poggiata sul vetro e sperando che quello che sentivo sarebbe andato via presto. 
Vidi Aria scendere e salutarmi, ma io risposi con un accenno debole della testa. Poi toccò a Liam, Melissa, Adam.. e infine me. Mentre camminavo verso casa guardai la casa di fronte, ancora con le finestre chiuse. Entrai nel mio vialetto e bussai, sapendo che i miei erano già svegli. 
«Ciao.» salutai freddamente.
«Hanna.» disse mia madre, seduta in cucina accanto a mio padre.
Io non risposi, stavo di spalle per sistemare la roba da campeggio all'entrata.
«Hanna..» riprovò lei.
«Che c'è?» mi voltai di scatto, quasi urlando.
Ma quando mi voltai non vidi solo i miei genitori seduti a quel tavolo. Accanto a mia madre c'era qualcos'altro. Qualcosa di grosso, di peloso, di bavoso. Accanto a mia madre c'era Chester, con l'aria triste e spaesata.
«Chester.. - dissi – che fai qui?»
«Hanna, - mia madre si alzò – qualcuno ha lasciato questa per te, stamattina.»
Mia madre mi venne incontro, porgendomi una busta. 
La presi con le mani tremanti, ma più fissavo Chester e più speravo di trovarmi in qualche universo parallelo o in un incubo. Aprii la busta e trovai una lettera ripiegata..
So che ti ho promesso tante cose 
e una di queste era che non ti avrei mai lasciata.. ma purtroppo Hanna,
non sempre possiamo fare ciò che vogliamo e che desideriamo. 
Ho desiderato tanto stare accanto a te, sin da piccolo,
e sembrava un bel sogno quello che stavamo vivendo ma, prima o poi bisogna svegliarsi.

Scappai fuori di casa, con mia mamma che urlava in vano il mio nome alle mie spalle.
 
Sarebbe stato bello andare in Spagna insieme, vivere sotto lo stesso tetto, 
fantasticare sul numero di bambini che avremo avuto, 
ma queste cose non si possono fare adesso Hanna. 
Queste cose non si possono fare se so che tu non sei felice, 
se so che tu stai rinunciando a troppe cose per me. 

Corsi verso la casa di fronte, guardando attraverso le serrature e trovando il dentro deserto.
 
Prima che tornassi in questa città tu eri una studentessa modello, 
eri a capo del comitato del ballo e prima di ogni cosa, avevi un sogno: 
diventare una stilista. Hanna, so che adesso pensi che io ti abbia abbandonata, 
e mi odierai per questo, ma devi capire che io sto andando via per il tuo bene. 
Voglio che diventi ciò che sei destinata a diventare,
 perchè tu hai un potenziale incredibile e se continuo a starti accanto non lo sfrutterai mai.
Tu hai bisogno di qualcuno che ti dia stabilità, tranquillità, che tiri fuori il meglio di te.. 
non di qualcuno che ti tagli le ali e che ti impedisca di fare cose straordinarie, non qualcuno come me.
 

Correvo, sempre più veloce, fin quando vidi la porta di casa e bussai con foga, sfinita.
Io non avevo niente da offrirti, se non una vita di rinunce e di problemi. 
Devo trovare mio padre, e smetterla di scappare. 
E tu devi tornare alla tua vita, insieme ai tuoi compagni, ai tuoi amici, ai tuoi genitori. 
Io ti penserò sempre, in qualsiasi posto sia. 
Sei stata e continui a essere l'unica cosa bella della mia vita, non lo dimenticare mai.
Prenditi cura di Chester, ha più bisogno di te che di me in questo momento. 
Ma più di ogni altra cosa, prenditi cura di te stessa e resta speciale, non ti buttar via. 
Né per me, né per nessun altro. Ti amerò sempre... 
Harry.

«Hanna..» sussurrò, aprendo la porta.
«Dimmi dov'è.. - singhiozzai – ti prego Zayn, dimmi dov'è andato!»
Scoppiai a piangere e Zayn mi accolse tra le sue braccia, stringendomi e mandandomi più calore che poteva..


 
---------------------------------------------------------
 
Lo so! Purtroppo è tutto molto triste, però bisognava farlo :(
Questa cosa l'avevo programmata sin dall'inizio e attendevo con ansia questo momento..
Che ne pensate? Scrivere quella lettera è stato straziante perfino per me AHAHAHAHA
Scusate per il ritardo, per avervi fatto penare, ma con ferragosto di mezzo ho avuto un pò di casini :)

Spero vi sia piaciuto nonostante tutto, e ora vedremo come si evolverà la situazione, cosa farà Hanna e cosa succederà!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** XXV ***



Ice on fire

capitolo 25





Il fuoco è una forma di combustione. Ha la capacità di generare luce ed energia e per il genere umano è diventato una fonte indispensabile. 
Il ghiaccio è il passaggio dell'acqua dallo stato liquido allo stato solido. Il ghiaccio è un solido trasparente. 
Il ghiaccio ha bisogno del fuoco per abbandonare il suo stato di paralisi, il fuoco ha bisogno dell'acqua per placare le sue fiamme imponenti.
Ma ora basta.
Non sono più ghiaccio e non ho più bisogno del fuoco.
Adesso sono aria. Libera aria che non vuole controllarsi, vuole solo essere libera.
«Forse stai esagerando..» ripetè Aria, al mio fianco.
«Siamo a una festa Aria, - le feci notare – dobbiamo divertirci.»
Le sorrisi e sollevai un altro bicchiere pieno di non so cosa e lo mandai giù, d'un fiato.
La musica continuava a suonare a palla, e la gente continuava a ballare su i tavolini, su i divani, a tuffarsi in piscina. Non sapevo neanche di chi fosse la casa, ma avevo insistito tanto per andarci.
«Divertirci Hanna, - precisò Aria – non ubriacarci.»
«Ti sembro ubriaca?» 
Presi un altro bicchiere e alzai una gamba per dimostrarle che si sbagliava, ma invece di stare in perfetto equilibrio, caddi pietosamente a terra, scoppiando a ridere.
«E va bene, - ammisi – forse sono un tantiiiiino ubriaca.»
Aria cercò di sollevarmi, guardandomi in modo severo, ma io non ce la facevo proprio a smettere di ridere. Sentivo di poter fare qualsiasi cosa in quel momento, di avere la forza di affrontare anche quel grassone sulle scale, se solo non passassi la maggior parte del tempo con il sedere per terra.
«Hanna lo so che stai male, ma..» provò a dire Aria.
«Male? - inclinai la testa verso destra, reggendomi a lei – Ah, dici per quello stronzo che mi ha lasciata con una lettera un mese prima di partire insieme per la Spagna?»
Aria mi poggiò sul bracciolo del divano e cercò di darmi un'aggiustata ai capelli.
«Hanna..» sussurrò lei, guardandomi.
La guardai in faccia, chiedendomi perchè continuasse a muoversi così tanto.
«Aria, - dissi – c'è qualcuno che ti somiglia molto accanto a te.»
Ripresi a ridere e salutai entusiasta la tipa uguale ad Aria, non rendendomi conto che semplicemente stavo iniziando a vederci doppio.
«Sei in grado di rimanere ferma qui? - mi chiese – Vado a cercare Liam e Zayn.»
«Certo!!» urlai, dandole una pacca con un po' troppa foga sulle spalle.
Mi guardò ancora un po' e poi lei e la sua gemella sparirono dalla mia vista. Io rimasi ferma sul bracciolo, agitando la testa e ballando a ritmo di musica. Trovai un bicchiere semi pieno per terra e lo finì in un sorso, e decisi di andare in giro per casa ignorando l'ordine di Aria. Mi scontrai con parecchia gente, rispondo male a tutti quelli che pretendevano delle scuse. Racimolai tutti i bicchiere che trovato pieni lungo la strada e li finii tutti. Era un peccato lasciarli pieni, no?
Raggiunsi con fatica la cucina e trovai seduti al tavolo Niall, il suo gruppo di amici e una ragazza semi nuda.
«A cosa giocate?» urlai, barcollando.
«Non è gioco per te, Tomlinson.» mi rispose Niall, ignorandomi.
A quella risposta, bevvi un altro bicchiere e mi lanciai sul tavolo, mettendomi in piedi.
«Ma che..» disse Niall, confuso.
Iniziai a muovere i fianchi, a far scivolare le mani su tutto il mio corpo.
«Pensi ancora che non sia gioco per me?» 
Vedevo lo sguardo di Niall che si muoveva dalle mie gambe, al mio seno e io continuavo a muovermi, senza fermarmi. 
«Sei troppo vestita, Tomlinson.» sentii dire da Lucas, seduto accanto a Niall.
Iniziai allora ad alzare la maglietta e la sfilai, rimanendo in reggiseno. La lanciai in faccia a Niall, imbabolato ad osservare ogni curva del mio corpo. Non so perchè lo stessi facendo, ma ero stufa di fare sempre la cosa giusta, volevo uscire dagli schemi, volevo divertirmi.
Niall si alzò in piedi e io avvicinai il mio viso al suo, vedendo anche il suo di gemello.
«Salve ragazzi!» sentii dire da una voce familiare.
«Zayn!» urlai di gioia.
Di risposta lui mi prese dalle gambe, facendomi penzolare come un salame.
«Ci stavamo divertendo Malik!» urlò Niall, alle nostre spalle.
«Con te faccio i conti domani.» gli rispose lui.
«Sei un guastafeste Zayn.» piagnucolai, a testa in giù.
«Ringrazia che siamo arrivati in tempo.» sentii dire da Liam, accanto a noi.
Io fissavo il pavimento e notai le ballerine di Aria, uguali a un paio che avevo.
«Sono mie quelle scarpe?» le chiesi, ridendo.
«Ah allora non è del tutto andata.» disse lei.
Io continuavo a sbattere i pugni sulla schiena di Zayn, pregandolo di farmi scendere e di lasciarmi divertire in santa pace, ma più che una persona che supplicava, sembravo una bambina viziata. 
«Dove la portiamo? - chiese Aria, una volta usciti – A casa mia c'è mio fratello piccolo e se lo sveglia è la fine.»
«Siiiii, - dissi entusiasta io – portami dal piccolo Scott.»
«La porto da me, - disse Zayn alla fine – nessuno la conosce quindi non sospetteranno niente.»
«Aria, - sbottai – perchè non mi hai mai detto di avere tre gemelle?»
Sentii la mia amica sbuffare e Liam ridere, fin quando Zayn non mi caricò in macchina e sparirono dalla mia vista.
«Non ti far sentire, capito?» mi sussurrò lui, una volta che la macchina si fermò.
Mi caricò di nuovo sulle spalle e arrivammo alla porta.
«Zayn, - dissi – lo sai che ti voglio bene?»
Sentii la porta aprirsi e Zayn entrò silenziosamente in casa.
«Si Hanna, anche io te ne voglio.» rispose, muovendosi nel buio stile ninja.
«No dico davvero!» urlai, per poi andare a sbattere la testa contro il tavolo e scoppiando in una rumorosa risata.
«Hanna!» mi rimproverò Zayn.
«Zayn, - continuai a ridere mentre mi adagiava su un letto – perchè non corriamo nudi per la strada?» gli proposi, iniziando a sfilarmi ancora una volta la maglietta.
«Sarebbe fantastico, - mi fermò lui – magari un'altra volta, adesso dobbiamo dormire.»
«Oh no!!» piagnucolai, mentre lui mi toglieva le scarpe e mi rimboccava le coperte.
Poggiai la testa sul cuscino e il mondo smise improvvisamente di girare e tutti quei gemelli che i miei occhi vedevano, si dissolsero.
«Tu ci tieni a me Zayn..?» chiesi, con la voce assonnata.
«Certo che ci tengo a te.» rispose, avvicinandosi al mio viso e accarezzandomi una guancia.
Lo guardai e gli sorrisi anche io, per avvicinarmi poi istintivamente per baciarlo sulle labbra. Lui non ebbe neanche il tempo di rispondere, fu un bacio innocente e veloce. Tornai subito con la testa sul cuscino e mi misi di lato, chiudendo gli occhi.
«Buonanotte Hanna.» lo sentii dire, per poi alzarsi.
«Harry, - sussurrai io – non mi lasciare...»



«Forse è morta.» sentii bisbigliare, ancora non del tutto sveglia.
«I morti non respirano.» disse un'altra voce.
Credendo di essere ancora sotto l'effetto dell'alcool, cambiai posizione e mi girai dalla parte opposta.
«Si è mossa!» constatò con cura la seconda voce, allarmata.
«Uffa, - piagnucolò l'altra – sarebbe stato figo avere un morto in casa!»
Mi resi conto che quelle voci erano fin troppo reali, così aprii gli occhi e trovai due visi nascosti dai cuscini che mi fissavano, curiosi.
«Ehm, - borbottai – ciao.»
«Sei la ragazza di Zayn?» mi chiese la più alta, uscendo allo scoperto.
«Ti ho detto che si chiama Hanna.» le bisbigliò l'altra.
La riconobbi.
Era Safaa. La sorella minore di Zayn.
«Ciao Safaa.» la salutai, sorridendole.
«Ti hanno già fatta esaurire?» chiese Zayn, entrando nella stanza.
«I fidanzati non dormono nello stesso letto di solito?» chiese la bimba sconosciuta.
«Doniya lo scuolabus è qui fuori, - le rispose – perchè non andate prima che vi lasci a piedi?»
La sorella gli fece una smorfia e uscì dalla stanza, con Safaa alle calcagne. 
«Giuro che sono adorabili, - disse – alle volte.»
«Lo sono.» lo rassicurai.
Lui mi sorrise e poi mi fece cenno di seguirlo in cucina.
La casa di Zayn non era molto grande, ma sapeva comunque di casa. Il profumo di caffè riempiva l'ingresso e una luce lieve entrava dalle finestre. Lui iniziò a preparare qualcosa per colazione, mentre io mi mettevo comoda su uno sgabello.
«Allora, - iniziai – ho combinato molti guai ieri?»
«Parli di quando sei saltata su un tavolo mezza nuda o di quando mi hai baciato?» scherzò.
Strabuzzai gli occhi, incredula.
«Ti ho baciato? - chiesi perplessa – E che ci facevo su un tavolo mezza nuda?»
«Credo volessi appellarti al tuo spirito libero, - spiegò – e per il bacio, credo che tu mi abbia scambiato per qualcun'altro.»
Mi porse una tazza di latte e mi strinsi nelle spalle, provando un brivido a quelle parole.
«Quindi, - ripresi – ti ho baciato..»
«Un bacio innocuo..» spiegò Zayn.
«E non è successo nient'altro, vero?» 
Ero imbarazzata.
Zayn ci aveva provato con me per anni e io non gli avevo mai dato nessuna possibilità. Mai. E adesso.. un bacio?
«Oddio no, - disse in fretta – però se avessi saputo che bastava farti bere per portarti a letto lo avrei fatto tempo fa.»
Tornò al suo solito tono malizioso e lo vidi sorridere, mentre finiva il suo caffè.
Io bevvi un sorso di latte e decisi di togliere quell'immagine dalla mia testa. Qualcosa effettivamente la ricordavo, ma erano delle immagini sfocate.
«Come stai Hanna? Seriamente.»
Si sedette di fronte a me.
I suoi occhi nocciola mi misero in soggezione e dovetti distogliere lo sguardo e fissai un punto qualsiasi che non fosse il suo sguardo.
«Sai, - presi a parlare – quando se ne è andato la prima volta sono rimasta per delle ore alla finestra della mia camera, a chiedermi dove lo avessero portato, cosa avesse fatto di male, se sarebbe tornato.. - sentii gli occhi gonfiarsi - ..ma non è tornato.. e io non voglio più vivere nella speranza che lui torni, non voglio più aspettarlo.. gli ho detto addio troppe volte.. - accolsi con il palmo della mano una lacrima che mi rigò la guancia – lui ha scelto di andarsene, io scelgo di non tornare.»
Sorrisi, in quello che sembrava il primo discorso sensato negli ultimi giorni.
«Harry ti ama..» disse Zayn.
«Si, forse.. - fissavo il latte nel fondo della tazza – ma non pensa mai a quello che vogliono gli altri, non rispetta le scelte altrui.. e questo non è amore.»
Zayn rimase a fissarmi, fin quando decisi che era l'ora di tornare a casa.
Sulla porta tornò quell'imbarazzo di poco prima, e quasi sbattemmo testa contro testa perchè non sapevamo decidere che lato prendere per darci un semplice bacio sulla guancia. Era Zayn, Hanna. Zayn Malik.
«Grazie.» gli sussurrai, prima di dargli le spalle.
Per tutta la strada di ritorno pensai a quelle parole e ne fui sempre più convinta. Io avevo fatto le mie scelte ed Harry non sapeva rispetterle. Doveva smetterla di salvarmi, di pensare al mio bene, di tenermi in una piccola bolla di vetro dove nessuno ppoteva entrare per farmi del male. Non ero più una bambina, ma lui non lo capiva. Lui mi vedeva ancora come quella bambina con le trecce e i nastrini. Ma ora sono cresciuta e dal male mi difendo da sola.
«Hanna!» squittì mia madre, vedendomi entrare in casa.
«Sto bene mamma, - dissi – scusami.»
La guardai con le lacrime agli occhi, riferendomi anche a mio padre alle sue spalle, con Chester che scodinzolava al mio fianco.
Mia madre mi strinse forte tra le sue braccia ed ebbi come l'impressione che lo stesse facendo davvero per la prima volta.
«Hanna, - mio padre si avvicinò – forse c'è qualcosa che dovrei dirti..»
Mia madre sciolse l'abbraccio e io attesi che mio padre continuasse.
«Sono stato io a raccontare ad Harry quelle cose e gli ho suggerito di lasciarti andare..»
Lo guardai, ma per quanto mi sforzassi non riuscii a provare rabbia.
«Harry ha deciso di lasciarmi, - dissi – tu non hai colpe papà.»
Detto questo mi tuffai tra le sue braccia, stringendolo come non avevo mai fatto prima.
«Andiamo Chester, - lo richiamai sciogliendo l'abbraccio con mio papà – abbiamo una domanda da mandare all'università.»
Mia madre quasi scoppiò a piangere dalla felicità e io corsi di sopra, con l'immagine dei miei genitori fieri di me e del mio nuovo compagno di avventure che mi correva accanto.
Si, sarebbe andato tutto bene.


 
-----------------------------------------------------
 
Seraaaaaaaa!
Come state? Io sono un pò in ansia, la prossima settimana ho i test per professioni sanitarie T.T
Spero vada tutto bene! Comunque!
Grazie mille per le belle parole che avete sempre per me e spero che non vi possa mai deludere:)
Ditemi cosa ne pensate^^

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** XXVI ***



Ice on fire

capitolo 26




«Aprila tu!»
Spinsi di nuovo la busta verso Liam, coprendomi gli occhi con le mani.
«Non posso, devi farlo tu!»
Lui la fece scivolare nuovamente sul tavolo, facendola arrivare direttamente sotto i miei occhi. Andavamo avanti in quel modo da circa venti minuti ormai e non pensavamo di smettere. Eravamo a casa mia, io, lui e Aria. Chester seduto sulle scale che seguiva animatamente con la testa la busta che oscillava da me a Liam. Dentro c'era il mio futuro, la risposta a tutto quello in cui avevo creduto sin da piccola. Era come una bacchetta magica che poteva realizzare i miei desideri, ma non avevo nessuna garanzia. La fata turchina non esisteva.
«Dateci un taglio! - sbottò Aria – Prima o poi dobbiamo aprirla!»
Guardai Liam dalle piccole fessure che si creavano tra un dito e l'altro e lo vidi con le braccia conserte. Sapeva che non ne avevo il coraggio e sarei rimasta a fissare quella busta bianca per tutto il giorno.
«D'accordo, - disse infine lui – lo faccio io.»
Prese la busta tra le mani e prima di aprirla la osservò.
Spessa, se sei stata ammessa.
Piatta, meglio non pensarci.
Liam la aprì, tirò fuori una manciata di fogli e iniziò a leggere. Buon segno, pensai.
«Signorina Hanna Tomlinson, - sentivo le mani sudare – abbiamo preso in considerazione la sua domanda e le comunichiamo che..»
«Cazzo vuoi darti una mossa? - sbottò Aria – Sto sudando!»
Liam lanciò un'occhiataccia ad Aria e poi riprese.
«..che l'Istituto Europeo di Design di Milano è lieta di garantirle una borsa di studio per il suo primo anno accademico.»
Mi alzai dalla sedia – che cadde rumorosamente a terra – e saltai tra le braccia di Liam, che mi sollevò e mi fece volteggiare. Aria si unì al momento, saltellandoci intorno, insieme a Chester, che continuava ad abbaiare senza capire il motivo di tanta felicità.
«Hai visto Hanna, - disse Liam – siamo stati tutti accontentati.»
«Vorrei tanto poter venire in Italia con voi due..» 
Disse tristemente Aria, guardandoci.
Io ero stata appena accettata all'accademia di moda a Milano e Liam sarebbe andato a Bologna a studiare Medicina. Aria invece aveva scelto Oxford, e questo ci avrebbe separato per tanti mesi.
«Ci vedremo più spesso che possiamo, - la rassicurai – e poi pensa a quanto shopping italiano potremo fare.»
Tornò a sorridere e io la abbracciai.
Dopo tutti questi anni di scuola, di disavventure, di cose passate insieme, mi sarebbe mancata come l'aria. Era l'amica migliore che avessi potuto trovare e lasciarla per così tanto tempo, mi spezzava il cuore.
«Vi consola il vecchio Liam.»
Liam si avvicinò e ci strinse in un abbraccio così profondo e sincero da sentire i brividi fin sulla punta dei piedi. I miei amici. La mia seconda famiglia. Sembrava tutto così perfetto..
«Corro a dirlo a Louis.» sciolsi l'abbraccio e corsi di sopra, seguita da Chester.
Presi il telefono sul comodino, ma istintivamente le mie dita composero un altro numero. Sapevo bene che quello non era il numero di mio fratello. Lui era in Spagna. Il prefisso era quello sbagliato, Hanna. Lo sapevo bene, ma non riuscii a fermarmi. Schiacciai quel tasto verde tremando e appena portai il telefono all'orecchio, mi sentii quasi morire. Seduta sul letto sentivo gli squilli che diventavano infiniti ed ebbi l'istinto di riattaccare, fin quando..
Pronto?
Il cuore in gola.
Non sentivo quella voce, la sua voce, da settimane.
Pronto? Chi parla?
“Sono io Harry, sono Hanna. Sono quell'idiota che hai abbandonato per l'ennesima volta e che ancora pensa che si possa recuperare qualcosa. Non ti chiamo affinchè tu torni, ti chiamo solo per dirti che sto bene, che finalmente sono in pace e che me ne andrò in Italia a rifarmi una vita. Ti chiamo per dirti che sto bene anche senza di te, anche se le mie lenzuola hanno il tuo profumo, anche se vedo il tuo cane ogni giorno in giro per casa, anche se continuo a lasciarti l'ultimo sorso di latte perchè sono convinta che abbia un gusto diverso e a te piaceva berlo per me, anche se continuo a fissare casa tua dalla mia finestra, anche se vorrei scappare di casa, anche se continuo a tenere la tua fascia nella mia borsa, anche se ho ancora la tua foto sul mio comodino, io sto bene.”
Avrei voluto dirgli tutto questo e invece non riuscii a dire niente e rimasi in silenzio. E lui smise di domandare chi fosse al telefono perchè capii e rimase anche lui ad ascoltare quel silenzio pieno di mille parole, il silenzio più rumoroso di tutti, fin quando chiusi la telefonata prima che potesse dire il mio nome.
«Hai fatto?» 
Liam sbucò sulla porta, sorridendomi.
«C'era la segreteria, - mentii – lo chiamerò più tardi.»
«Stai bene?» mi chiese Liam, cingendomi le spalle con un braccio.
«Si.» risposi decisa, per poi ricevere un bacio in fronte.
Stava andando tutto come avevo sempre desiderato. Avrei lasciato Bristol per trasferirmi in Italia, a Milano. La città della moda, la città dove avrei realizzato la mia linea, i miei sogni. Stava andando tutto come avevo sempre desiderato. Stava andando tutto come avevo sempre desiderato. O almeno credevo.


Sentivo i raggi del sole sul viso, caldi e delicati. Un venticello fresco rinfrescava l'aria nella mia stanza che iniziava a farsi afosa per via dell'inizio dell'estate. Peccato che a Bristol non era mai estate con il sole, era sempre estate con la pioggia. Ma non solo la stanza era calda, sentivo ansimare qualcosa sulla mia faccia, fastidiosamente. Aprii gli occhi e trovai la lingua penzolante di Chester sul mio viso ed ebbi il tempo di capire che giorno era: 23 Maggio. 
«Tanti auguri!» 
Mia madre entrò entusiasta nella stanza con un pasticcino in mano e seguita da mio padre. Notai una piccola candelina su quello che doveva essere un Brownie venuto male, mia mamma non era un genio della cucina.
«Oh no!» 
Portai un cuscino sulla faccia, cercando di scacciare quella visione nauseante. Odiavo il giorno del mio compleanno, quell'anno particolarmente.
«Una bimba oggi compie 19 anni.»
Sentii mia madre farsi spazio sul mio letto e la zampa di Chester sfondarmi quasi lo stomaco.
«Proprio per questo non sono più una bambina.» borbottai.
«Una volta adoravi il giorno del tuo compleanno.» mi fece notare mio padre.
«Parliamo dell'età della pipì a letto, papà.»
Uscii dal mio buco e mia madre mi piazzò il pasticcino davanti, con l'espressione eccitata.
«Contenti?» dissi, soffiandoci sopra.
«Avanti non fare la scorbutica..» disse mio padre.
«..c'è una sorpresa per te sotto.» continuò mia madre.
«Non ho bisogno di altri pannolini.»
Chester mi seguì al piano di sotto e io non feci caso a ciò che trovavo, fin quando non mi accorsi di una bionda, arruffata, sul divano. Non poteva essere..
«Louis?»
Non appena pronunciai quel nome, la sua testa si voltò di scatto e lasciò spazio ai suoi grandi occhi chiari e al suo sorriso che mi ricordava casa. 
«Buon compleanno sorellina!»
Mi lanciai tra le sue braccia, stringendolo più che potevo. Era dimagrito dall'ultima volta che l'avevo visto, ma era sempre il mio fratellone.
«Che ci fai qui?» gli chiesi, una volta sciolto l'abbraccio.
«Papà ha pensato che avessi bisogno di tuo fratello.»
Mi sorrise e io gli sorrisi in risposta.
Avevano messo da parte tutto l'orgoglio che avevano dentro per me. 
«E quanto resti?»
«Fin quando vorrà.»
Louis non fece in tempo a rispondere che mio padre lo anticipò dalle scale.
Lui alzò la testa per guardarlo e io mi voltai, ringraziandolo con un sorriso.
«Allora, - ripresi – com'è la Spagna?»
«Molto.. - ci pensò su, cingendomi con un braccio – spagnola!»
Parlammo quasi per tutta la mattina e con tutto quello che raccontava provai una voglia matta di tornarmene in Spagna con lui, lontano da tutti. Il lavoro gli piaceva e gli permetteva di conoscere parecchia gente, tra cui diverse modelle. Aveva un piccolo appartamento in centro, due tartarughe, un coinquilino un po' strambo e per il momento nessuna nuova ragazza. Mi raccontò di quando una volta trovò Peter, il suo coinquilino,  nudo in giro per casa. Diceva che si sentiva più a suo agio e che, tenere le parti intime all'aria aperta, facesse bene alla salute. Sembrava un tipo simpatico, strambo, ma simpatico. E Louis raccontava questi particolari con il sorriso sulla faccia, con gli occhi luccicanti. Aveva trovato il suo posto.  Sembrava essere stati distanti una vita e mia madre ne fu così tanto emozionata che ci preparò montagne di frittelle, accompagnate con sciroppo d'acero. Iniziò a fare amicizia con Chester, riprese a parlare con mio padre e per tutto il pomeriggio rimase ad avvolgermi con le sue braccia sul divano. Mi sentivo sempre piccola tra le sue braccia, e mai così protetta, eccetto con una persona. 
«Cosa pensi di dire ad Aria?» gli chiesi, fissando il mio armadio che mi sembrava così fastidiosamente vuoto.
«Vuole ancora uccidermi vero?»
«No, - dissi – vorrebbe solo staccarti la testa a morsi.»
Lo sentii sorridere alle mie spalle, sdraiato sul letto mentre giocherellava con quello stupidissimo cubo di Rubik.
Dovevo scegliere qualcosa da mettere perchè aveva deciso di portarmi a cena per il mio compleanno. Niente di speciale, pensavo, eppure c'era sotto qualcosa.
«Dove hai detto che andiamo?» gli chiesi, salendo in macchina.
«In un locale qui vicino.» rispose, vagamente.
Salii in macchina senza fare più domande, fissando le mie gambe ancora troppo grasse per i miei gusti. Alla fine avevo optato per una tutina nera, a pantaloncini e scollata sulla schiena. Non era niente di eccessivo, ma comunque fine. Guardai le luci dei lampioni illuminare la strada e i ragazzi parlottare fuori dai locali. Chissà che fine avrebbero fatto tutti quanti, chissà che fine avremo fatto tutti noi. E chissà che fine avresti fatto tu, amore mio. Così lontano, così distante da me. Chissà se sei riuscito a trovare tuo padre, chissà dove sei, cosa stai facendo e con chi stai dormendo. Chissà se anche tu stai pensando a me.
«Arrivati.»
Louis accostò la macchina e, presa come ero dei miei pensieri, non mi accorsi neanche di essere arrivata al molo. 
«Se sapevo che mi avresti portata a pescare avrei messo gli stivali di gomma.» scherzai.
Mio fratello mi fece una smorfia e mi guidò lungo il molo, portandomi dentro un locale buio.
«Ma dove ca..» 
Non ebbi il tempo di finire la frase che i miei amici sbucarono dal nulla, illuminati dalla luce, urlando quell'odioso SORPRESA, che stranamente mi fece emozionare. Li guardai ad uno a uno, con gli occhi lucidi. Liam mi abbracciò, sussurrando un: pensavi ci fossimo dimenticati vero? In realtà lo speravo. Aria era quasi più emozionata di me, ma il suo entusiasmo si placò non appena vide Louis. Rimasero a fissarsi per qualche secondo, poi uno dei due si decise a salutare per primo l'altro. Non morì nessuno, grazie al cielo. Era venuta anche Melissa, Niall e.. Zayn.
«Buon compleanno!» mi disse, avvicinandosi.
Io gli sorrisi, sentendo un imbarazzo incontrollabile crescere sempre di più dentro di me, e ci fu un silenzio fin troppo lungo.
«Pensi che prima o poi riusciremo a comportarci come prima?» mi chiese lui, sovrastando la musica che iniziava a pompare nelle casse.
«Certo, - risposi incerta – perchè non dovrebbe?»
In realtà non lo so perchè provavamo tutto quell'imbarazzo. Io e Zayn eravamo sempre stati schietti l'uno con l'altro e non c'erano mai stata silenzi perchè erano colmati o da sue battute idiote o dai miei insulti. Un rapporto simpatico, insomma.
«Come stai?» mi chiese, stringendosi nelle spalle.
Non feci in tempo a rispondere perchè Aria mi afferrò dal braccio, portandomi dalla parte opposta. Io gli lanciai uno sguardo di rammarico e lui cercò di capire, facendo spallucce. Aria mi trascinò in un angolo, confidandomi tutte le sue preoccupazioni. In realtà non aveva mai dimenticato Louis, ma forse il problema era che mio fratello aveva dimenticato lei. So benissimo che non si può dimenticare una persona, quindi forse è meglio dire che Louis è andato avanti ed ha voltato pagina. Ma la mia amica non riusciva a mandarlo giù e mi dispiaceva vederla così, ma non potevo proprio schierarmi dalla parte di nessuno. Così rimasi ad ascoltarla in silenzio, fissando Zayn dall'altro lato della sala che parlottava con Rebecca Johnson. Che odio. La Cheerleader più odiosa del mondo. Perchè mai è venuta poi?
«Che succede tra te e Zayn?» 
Aria mi lasciò al bancone del cibo e io rimasi in disparte, fin quando mio fratello non si avvicinò.
«Che vuoi dire?» sbottai, facendo finta di niente.
«Non credere che sia nato ieri, - insistì – ho visto come vi comportate.»
«Forse potrebbe essere successo qualcosa, ma non è niente di importante.»
Cambiai obiettivo e mi diressi verso il tavolo dei cocktail.
«Spiega questo 'qualcosa'.» continuò Louis, seguendomi.
«Ci siamo baciati, d'accordo?» non riuscii più a trattenermi.
«Cavolo! - disse mio fratello – Credo di aver vinto una scommessa.»
Lo guardai mentre si lanciava piccole noccioline nella bocca e mi ricordai di quel periodo in cui era convinto che tra me e Zayn prima o poi sarebbe successo qualcosa.
«Non era niente Louis.» tagliai corto, cercando di seminarlo.
«Non è vero! - mi inseguì – Sennò perchè staresti così?»
Sbuffai e mi voltai di nuovo per guardarlo, mettendo le braccia conserte.
«Meriti di essere di nuovo felice Hanna, - disse tornando serio – vedila come una possibilità.»
«Non tornerò a essere felice con il suo migliore amico.»
«Non credo che tu gli debba più qualcosa.»
Lo guardai, sotterrando l'ascia di guerra. Forse aveva ragione. Forse dovevo provare a essere di nuovo felice, con qualcuno che mi volesse veramente bene, ma.. Zayn? Forse poteva essere una possibilità, un'occasione. Mi porsi in avanti, tuffandomi tra le braccia di Louis.
«Grazie per essere qui.» sussurrai.
Lui mi accarezzò i capelli e mi strinse, quanto più poteva.
«Puoi farmi un favore? - gli chiesi, sciogliendo l'abbraccio – Vai a parlare con Aria.»
Lui mi guardò per un attimo e poi acconsentì, tristemente. Io non riuscii a dire altro perchè sentii il telefono vibrare nella tasca dei pantaloni.
«Mi raccomando con Zayn.» mi urlò Louis, indietreggiando.
Io gli sorrisi e poi lessi 'Anonimo' sul display. Decisi di uscire fuori dal locale e poi risposi.
«Pronto?»
Silenzio. Il silenzio più assoluto.
«C'è qualcuno? Pronto?»
Chiesi ancora. E poi capii. Non era qualcuno, era lui. Sentivo il suo sospiro, il silenzio troppo rumoroso che ci divideva. Un silenzio fatto di mille parole e di nessuna. Un silenzio assordante, lo stesso di qualche giorno fa. 
«Harry..» sussurrai.
Buon compleanno Hanna, avrei voluto sentire.
Mi manchi, magari.
Ma sentii solo un silenzio immenso, e dopo qualche minuto la chiamata si chiuse. Rimasi a fissare lo schermo del mio cellulare, lì sul molo, con le onde che sbattevano sui pali di legno. In quel momento ero un palo. Immobile, con le onde che mi colpivano, furiose e possenti. E invece delle onde io sentivo gli aghi, pungermi su tutto il corpo. Diedi un'occhiata alla luna e la vidi in alto nel cielo, grande e luminosa. 
«Buonanotte Harry.» sussurrai.
Mi voltai per tornare dentro, ma sbattei contro qualcuno che passava di lì.
«Mi scusi!» urlai, vedendo la cassetta contenente del pesce cadere rumorosamente a terra.
«Forse dobbiamo smetterla di incontrarci così.» disse lo sconosciuto.
Alzai la testa per guardarlo e trovai un viso con una grossa cicatrice che tagliava quasi in due la faccia. Cercai di sforzarmi, ma non riuscii a ricordare dove lo avessi già visto. Mi faceva solo molta paura.
«Mi scusi non credo di ric..»
«Sono David, - disse – e tu devi essere Hanna.»
David. Ma certo, David! Ma come si era procurato quella cicatrice?
«Ho avuto un grosso incidente purtroppo.» mi spiegò, mentre rimetteva tutti i pesci nella cassetta.
«Mi dispiace, - dissi – e ti sei trasferito qui a Bristol?»
«Si, una volta ci abitavo e così ho deciso di tornarci, - rispose – e ho trovato lavoro in un peschereccio.»
Gli sorrisi, a disagio.
«Tu cosa fai qui?» mi chiese, rimettendosi in piedi.
«I miei amici mi hanno organizzato una festa a sorpresa per il mio compleanno.»
«Tanti auguri allora, - disse – buona serata Hanna.»
Lo salutai con un cenno della mano e lo vidi percorrere il molo. C'era qualcosa di strano in quel tipo ed era troppo affettuoso nei miei confronti. Forse erano semplici film mentali e forse dovrei lasciar perdere e andare a divertirmi alla mia festa di compleanno, anche dopo aver sentito il sospiro di Harry, lontano chissà dove..

 
-------------------------------------------
 
Eccomiiii!
Scusate il ritardo ma avantieri ho avuto i test quindi ho passato dei giorni di studi intensissimi! Spero siano andati bene:)
Dunque! Come vi sembra? E' tornato Louis:D contenti? Io parecchio!
Hanna aveva bisogno di suo fratello, soprattutto in questo momento. E.. DAVID.
Ma avete capito chi è? ahauahauahuahua scervellatevi su :D non è difficile! E Zayn anche:D
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate:) al prossimo capitolo:*

 

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** XXVII ***



Ice on fire

capitolo 27




In Italia avrei preso un piccolo appartamento, da condividere con una ragazza di nome Grace. Sembrava adorabile dal suo profilo facebook e dal suo modo di parlare via skype. L'avevo conosciuta sul gruppo ufficiale dell'università e come me veniva dall'Inghilterra e non voleva stabilirsi nel campus. Avevo spiegato ai miei genitori quanto fosse importante avere un piccolo spazio tutto per me, anche se avrei dovuto condividerlo. Volevo avere qualcosa di mio, qualcosa che mi ricordasse casa ed è per questo che mamma quella mattina mi portò a scegliere i mobili che più preferivo. Grace era un anno più grande di me, aveva capelli corti castano scuro e gli occhi così piccoli che la facevano somigliare a una cinesina. Il pensiero della sua convivenza mi avrebbe fatto affrontare quel viaggio con più serenità. Grace metteva allegria. Cosa che non avevo in quel momento.
«Questo colore potrebbe andare, non credi?»
Mamma continuava a indicare scrivanie, armadi, comodini e io continuavo ad annuire, senza neanche sentire cosa stesse dicendo. Intorno a me non vedevo mobili per arredamento, mi sentivo come in un limbo. E sentivo la voce di Harry e quel pronto che anche se non aveva voluto dire nulla, per me era stato tanto. Era stato come la pioggia fresca e dissedante, dopo anni di carestia.
«Hanna mi stai ascoltando?» ripeteva.
Io fissavo due ragazzi poco più avanti di noi. Lui la stringeva al suo petto e lei gli pizzicava le guance con le dita. Ridevano, erano felici. Una volta lo ero anche io.
«Hanna!» 
Questa volta mia madre urlò più forte e fui costretta a voltarmi per guardarla. Aveva l'espressione confusa, come se si stesse chiedendo dove fossi con la testa.
«Va bene qualsiasi cosa tu scelga.» dissi infine.
«Non ti interessa minimamente abbellire la casa in cui vivrai per i prossimi cinque anni?»
La sentii alle mie spalle, mentre io andavo verso i barattoli di vernice. Arancione. Ad Harry sarebbe piaciuta la stanza color Arancione.
«Sto già andando all'università, - sbottai – potresti non lamentarti?»
«Hanna, - disse tristemente – stai andando all'università per fare felici noi?»
Si, avrei voluto dire.
Voglio rimanere a letto a soffrire, avrei aggiunto.
Ma non potevo. Non potevo dare un dispiacere ai miei e non potevo dare un dispiacere a me.
«No mamma, - dissi – scusami.»
Tornai a osservare i barattoli di vernice, immaginando di ripitturare la mia stanza e rendere le pareti nere. Nero carbone.
«Ti manca Harry..» sussurrò a un tratto lei, affiancandomi.
«Non riesco a capire perchè se ne sia andato..» dissi, singhiozzando.
«Tesoro, - continuò – io purtroppo non so dirti molto dell'amore perchè nella mia vita ho amato solo tuo padre ma, una volta ho sentito dire che il dolore esige di essere sentito quindi è inutile che continui a tenerlo dentro di te, a soffocarlo, piangi se vuoi, urla, rompi qualcosa, non dire di si solo per rendere felici gli altri e qui includo anche me e tuo padre..» vedevo i suoi occhi lucidi e le piccole rughe che le si creavano attorno. Quanto era bella la mia mamma nonostante quelle rughe.
«..un giorno ti innamorerai di nuovo e forse farà più male della volta precedente, ma questo non vuol dire che non sarai felice, tu Hanna, sarai molto felice.»
Le sorrisi.
«Grazie mamma, - dissi – ma non credo che amerò più nessuno così.»
Detto ciò mi porsi in avanti per abbracciarla e lei mi strinse.
«Non sei andata male..» 
Lei mi guardò confusa, mentre camminavamo verso il reparto da notte.
«Per essere un discorso madre-figlia.» 
La presi in giro e lei mi diede una piccola spinta amichevole, mentre andavamo a scegliere quello che doveva essere il materasso più comodo che abbia mai avuto in 19 anni. E ce ne erano tanti, forse anche troppi. Passammo l'ora successiva tra materassi e lenzuola, senza decidere quale fosse il più adatto per la mia schiena. Erano tutti troppo comodi. E così mia madre rinunciò al materasso e andammo verso i quadri. Adoravo i quadri e nella casa di Milano non sarebbero mancati quadri. Mia madre cercava in ogni modo di mascherare la tristezza che provava, ma io la vedevo costantemente sul suo volto. Suo figlio si era trasferito in Spagna e sua figlia tra meno di 3 mesi sarebbe volata in Italia. Quanto deve essere difficile essere madre. 
Io non potrei avere in nessun modo una figlia femmina, sarei troppo protettivo, ricordai, come se fosse successo appena ieri. 
E poi lo vidi. Più avanti, tra gli attrezzi da lavoro. Teneva il cappuccio, ma era facile riconoscerlo con quella cicatrice, David. Feci un cenno a mia madre e avanzai, rimanendo sempre nascosta. Ebbi l'impulso di seguirlo mentre sgattaiolava fuori dal negozio, ma qualcosa me lo impedii.
«Hanna!»
Andai quasi a sbattere contro Zayn che ne stava in mezzo al corridoio con un martello in mano.
«Ehi, - lo salutai imbarazzata – che ci fai qui?»
Con la coda dell'occhio seguivo David, che purtroppo era già troppo lontano dalla mia portata.
«Mio padre aveva bisogno di alcuni attrezzi, - mi spiegò Zayn – una porta ha ceduto.»
«Oh..» dissi, anche se non era una vera e propria parola. 
«Tu?» mi chiese.
«Io cosa?» avevo già dimenticato di cosa stavamo parlando.
«Cosa ci fai qui..»
«Oh, - dissi ancora – mamma voleva scegliere dei mobili per la casa a Milano.»
«Giusto, - sembrava triste – Milano.»
Lo guardai abbassare lo sguardo e girarsi il martello tra le mani. Era sorprendente il cambiamento che aveva fatto Zayn da pochi mesi a questa parte. Ma odiavo il modo in cui mi ricordava fastidiosamente Harry. Il problema era che erano molto simili. Venivano dallo stesso mondo, indossavano gli stessi abiti.. DIO, perchè deve essere così difficile?!
«Quando partirai?» mi chiese, con quel ciuffo sbarazzino che puntava verso l'alto.
«I primi di settembre.» risposi.
Continuavamo a starcene imbambolati, uno di fronte all'altro, annuendo senza motivo. Non capivo perchè ma il suo sguardo mi imbarazzava, come non aveva mai fatto prima. E si, forse Louis aveva ragione sul fatto di aprirmi a nuove possibilità, ma avevo paura che stessi utilizzando Zayn solo come un motivo per distrarmi dal resto. E questo non lo meritava. Nessuno merita di essere usato in questo modo.
«Meglio che vada, - disse a un tratto – mio padre mi sta aspettando.»
Annuii ancora una volta e lo vidi dirigersi verso la cassa.
«Zayn, - lo richiamai – verrai al ballo domani?»
«Non ho l'invito.» fece spallucce.
«Credo che tu abbia un'amica nel comitato.» 
«Davvero? - scherzò – Allora credo che verrò se mi riserverà un ballo.»
«Lo farà.» sussurrai.


Come promesso avevo aiutato Melissa nella organizzazione del ballo. Quell'anno sarebbe stato l'ultimo e dovevo ammettere che iniziavo a sentire un minimo di nostalgia per la scuola e per tutto ciò che la riguardava. E così mi fissavo davanti a quello specchio, lo stesso da troppi anni. Con vecchie foto appiccicate con lo scotch che lo rendevano più vecchio di quanto fosse. Ma era tutto vecchio. Le persone di quelle foto, i momenti, io stessa. Quante cose possono cambiare in pochi mesi e io ormai lo sapevo bene. E mi fissavo in quella gonna lunga e larga, in quella camicia gialla che mia madre mi aveva affettuosamente regalato e in quella coda di cavallo che metteva in evidenza tutte le sfaccetature del mio viso. Le piccole lentiggini che mi ricoprivano il naso e gli zigomi, gli occhi chiari, le labbra piccole e sottili. Mi sentivo molto Olivia Newton-John, ma non reggevo il paragone.
«Hanna ti stiamo aspettando.» ripetè ancora una volta mia madre, dal piano di sotto.
Ultimo ballo. Ultima sera da liceale. Ultimo tutto. 
Presi la borsetta che avevo preparato sul letto, il cellulare sul comodino e corsi al piano di sotto, dove trovai Chester con il muso poggiato sul bracciolo del divano, Louis in piedi giù per le scale - perfetto come sempre - e i miei genitori che si stringevano l'un l'altro.
«Oh mamma!» la richiamai, vedendola singhiozzare tra le braccia di mio padre.
«Potremo farla rimanere a casa il giorno del diploma, - propose Louis - soffrirebbe di meno.»
«Sono solo orgogliosa dei miei due figli..» si giustificò lei.
«..e tanto tanto triste che stiano lasciando il nido.» aggiunsi io.
«Bè ultime notizie mamma, - mio fratello si avvicinò - dovrai sopportarci ancora per molto tempo.»
Mia madre ci avvolse in uno stritola-abbraccio e le nostre teste sbatterono l'una contro l'altra.
«D'accordo famiglia, - intervenne mio padre - dovreste andare adesso.»
«Vogliamo tanto bene anche a te papà.» lo rassicurai, sorridendogli.
Prima di uscire li guardammo ancora, in quei loro abiti sempre fin troppo eleganti e in quell'espressione di affetto che ci lanciavano. Nonostante tutto, non avrei potuto chiedere famiglia migliore di quella.
«Hai deciso di invitare Aria?» chiesi a mio fratello, guardandolo dentro quei jeans attillati, la giacca nera e i capelli pieni di brillantina. Sembrava proprio Kenickie, con quei capelli all'indietro e quel modo goffo di muoversi.
«Non credo tu abbia capito il mio discorso dell'altra sera.» rispose, sistemandosi la giacca.
«Ci speravolo solo un pò.»
Gli sorrisi e lo presi sotto braccio, stirandomi la gonna che si ostinava ad alzarsi e a svolazzare senza controllo.
«Grazie per essere tornato.» dissi poi.
Louis si voltò a guardarmi e mi diede un pizzico sul naso.
«Sei la mia sorellina e, - disse - senza offesa, ma eri un disastro al mio arrivo.»
«Ehi!» lo schiaffeggiai affettuosamente sulla spalla, mentre lui scherzosamente si riparava.
«Volete darvi una mossa?»
Uscimmo da quel momento di acuta-infantilità (neanche esiste questa parola, credo) e scorgemmo Liam accanto a una Mercury nera metallizzata. Perchè adoravano tutti il nero metallizzato in quella città?
«Dove l'hai presa?» gli chiese mio fratello, eccitato.
«Mio nonno mi ha dato il permesso di prenderla, - rispose lui - vogliamo andare?»
Louis saltò con un tonfo sul sedile davanti e Liam mi aiutò a sedermi sul sedile posteriore, accanto ad Aria. La salutai affettuosamente e per tutto il tragitto cercai di distrarla dal guardare Louis. Mio fratello non voleva riaprire una ferita. Il suo soggiorno a Bristol sarebbe stato temporaneo e a breve sarebbe tornato in Spagna. Non voleva far soffrire di nuovo Aria, e anche se stavo passando lo stesso, in qualche strano modo lo capivo.
La macchina scoppiettava ogni decina di metri, ma riuscimmo ad arrivare a scuola sani e salvi. Grazie al cielo. 
«E' un pericolo pubblico.» dissi a Liam, camminando verso l'entrata.
«E' un pezzo di storia.» replicava lui.
Avevamo addobbato la palestra prendendo spunto da Grease e una volta entrata, mi sentii catapultata nel film, in piena gara di ballo. I ragazzi avevano iniziato a ballare il rock'n roll e la palestra era piena di gonne che sveolazzavano a destra e a sinistra, e di cose di cavallo che ondeggiavano. 
«Siamo improvvisamente finiti negli anni 50?» chiese Liam, guardandosi attorno. Insieme a lui, mio fratello aveva un'espressione eccitata - più di quando aveva visto la macchina - e si lanciò subito in pista, iniziando a ballare come un galletto impazzito. Io risi alla scena e vidi Aria spingere Liam dalle spalle e trascinarlo tra le danze. Rimasi a guardarli, più tempo che potevo. Tra pochi giorni tutto questo sarebbe finito e in poche settimane saremo stati tutti in paesi diversi, con una nuova lingua, nuovi cibi, usanze. Aria era l'unica che sarebbe rimasta a 'casa', ma non saremo mai stati più noi contro il mondo. Louis non sarebbe più stato nella camera accanto alla mia - anche se in realtà non c'era più da mesi - Aria non sarebbe più venuta a elemosinare vestiti a casa mia, Liam non mi avrebbe più guardata in quel modo stupendo con cui mi guardava sempre. Harry aveva giocato di anticipo e ci aveva abbandonato già da tempo. E Zayn..
«Pensare troppo non ti si addice.»
Sussultai. Mi voltai di scatto e lo trovai al mio fianco.
«Ti vengono le rughe, - continuò - e la faccia corrucciata.»
«Conosci la parola corrucciata?» mi stupii.
Lo guardai con il suo ciuffo tutto ingellato all'indietro, e la sua solita giacca nera. Ecco, Zayn non era molto diverso dal Danny Zucco di Grease, solo che quel posto lo occupava già una persona.
«Sono un ragazzo da mille sorprese.» rispose lui, facendomi l'occhiolino.
«Ma non mi dire..» lo stuzzicai.
La musica cambiò improvvisamente, passando da un infernale rock'n roll a un lentissimo lento.
«Per esempio, - disse Zayn - signorina Tomlinson, mi concede questo ballo?»
Mi porse la sua mano, inclinando la testa in avanti e guardandomi con quegli occhioni che mi ricordavano sempre Safaa.
Non dissi niente. Sorrisi e accettai la sua richiesta, afferrando la sua mano e facendomi guidare al centro della pista. 
Zayn mi strinse a se. Sentivo la sua mano calda sulla schiena, e l'altra stringeva la mia. Io tenevo l'altra sulla sua spalla e iniziammo a dondolare, insieme a tutte le altre coppiette che via via si iniziavano a formare.
«Non sapevo sapessi ballare.» dissi, per rompere quel fastidioso silenzio.
«Non sai tante cose di me Hanna.»
«Zayn, - iniziai - è una situazione troppo strana,io..»
«Harry è il mio migliore amico, - mi interruppe - non potrei mai farglielo.»
Ondeggiavamo, a destra, a sinistra. Di sottofondo una canzone che non conoscevo, ma non riuscivo a capire le parole, ero impegnata a fissare la mano di Zayn, intrecciata alla mia. Credevo che nessun'altra mano si sarebbe incastrata così perfettamente.
«Però, - continuò - quando ti ho detto che quel bacio non ha significato nulla ho mentito e, se ci pensi, avrei potuto approfittarne quella sera mentre eri completamente ubriaca nel mio letto ma, - ho riso - le mie qualità da gentiluomo hanno preso il sopravvento.»
Lo guardai sorridendo, come se lo stessi guardando davvero per la prima volta.
«Chi sei davvero Zayn Malik?» sussurrai.
Prima che le sue labbra potessero aprirsi per rispondermi, qualcosa lo impedì.
«Liam continua a pestarmi i piedi, - disse Aria - facciamo cambio di cavaliere.»
Zayn mi sorrise e seguì Aria dall'altra parte della pista. Io sorrisi a Liam e mi strinsi a lui.
«Che strano vero? - disse - All'ultimo ballo ci siamo messi insieme e tra pochi giorni saremo tutti separati.»
«Non sono mai riuscita a dirti quanto mi è dispiaciuto fare quello che ho fatto..»
Io lo guardavo, ma lui guardava un punto qualsiasi in lontananza. I suoi occhi azzurri sembravano piccole stelle luccicanti in quel buio.
«Sai, ho sempre pensato che ti avrei sposato, avremo preso una piccola casa a Bristol e i nostri figli avrebbero finto la stessa patetica scusa che avevamo finto noi per rimanere a casa, - diceva sorridendo - ma poi mi sono accorto che era quello che volevano i tuoi genitori per te, non ho mai dubitato del tuo bene per me ma.. insomma, c'è solo un Harry Styles.»
Sorrisi di nuovo, abbassando lo sguardo.
«Lo so che ti manca, - continuò - ma non puoi chiuderti in te stessa e mettere un muro.. tu non sei così, sei dolce, spiritosa, energica, quando ci sei tu si ride, e non ti chiedi perchè, ridi e basta.. tu porti felicità Hanna.»
In quello sguardo lucido capii che Liam era ancora innamorato di me. E non sarebbe servito far finta di niente, soffocare quel sentimento, gli occhi parlano da soli.
«Siete tutti troppo bravi a dire cose carine su di me.» dissi, dispiaciuta.
«Tutti come Zayn?» disse.
Alzai lo sguardo, ma come prima non ebbi il tempo di parlare.
«Zayn è anche peggio di Liam, - si lamentò Aria - riprenditelo.»
Risi alla scena e la mia mano e quella di Zayn tornarono a incastrarsi.
«Hai finto di non saper ballare?» gli chiesi, ridendo.
«In realtà era lei il vero disastro, - mi sussurrò - ma non dirglielo.»
Ho riso ancora una volta.
«Quindi, chi sono io? - disse - Sono un tipo misterioso alle volte, soprattutto quando vengo picchiato da gente a cui devo dei soldi, ma quella è storia passata, - rabbrividii al pensiero - posso essere un narcisista, logorroico, egocentrico, no a dire il vero quello egocentrico era Harry, o sbaglio? E Niall era quello logorroico, ne sono quasi sicuro. Io sono semplicemente.. io. Zayn Malik.»
Gli scoppiai a ridere in faccia, disturbando i due piccioncini al nostro fianco.
«Ecco, questo mi mancherà.. - tornò serio – il tuo modo adorabile e buffo di ridere.»
«Zayn, - dissi - devi iniziare a capire cosa vuoi fare della tua vita, ti prego. Non voglio tornare qui e trovarti sempre nello stesso posto a fare sempre la stessa cosa. Harry non c'è più, noi ce ne andremo, tu devi trovare la tua strada.»
«Ti preoccupi per me Tomlinson?» scherzò.
«Per poter fare un buon viaggio devo sapere che tutti voi stiate bene.» dissi.
Zayn fermò il movimento ondeggiante e mi prese il viso tra le mani. Ebbi il panico per un attimo e poi lo vidi. Si avvicinò piano alle mie labbra, poggiandoci le sue e lasciandomi un piacevole gusto di pesca.
«Buon viaggio allora, - sussurrò - io sto bene.»
E rimase lì, a pochi centimetri dalle mie labbra, fin quando tornò con una mano sulla mia schiena e con l'altra intrecciata alla mia. E tornò il movimento ondeggiante, tornò la malinconia, tornò la confusione, tornò tutto.


 
---------------------------------------------------
 
Okay, per quanto possa sembrare strano, questo è uno dei miei capitoli preferiti:)
A cominciare dal rapporto madre e figlia e per finire con il ballo!
Mi è piaciuto un sacco scrivere la parte in cui Hanna cambia cavaliere tra Liam e Zayn e i due cercano in tutti i modi di incantarla con le loro parole. Anche se, come voi, anche io sento molto la mancanza di Harry, così tanto che ieri sono andata a rileggere i vecchi capitoli in cui c'era lui.. comunque, spero che sia piaciuto molto anche a voi:) So che questa situazione tra Zayn e Hanna è molto strana, ma a me sinceramente piace. Niente paura, Harry è sempre nel mio cuore:) e anche in quello di Hanna a quanto pare!
Volevo comunicarvi che devo decidere se mancano 1 o 2 capitoli + epilogo alla fine.
Si, è triste, ma tutto ha una fine:( ricordatevi però che questa è solo la fine della prima parte della storia:)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** XXVIII ***



Ice on fire

capitolo 28


Me ne stavo sdraiata sul letto, a testa in giù, a fissare vecchi poster che Aria teneva su quei muri da circa 6 anni, se non di più. Lei se ne stava sulla scrivania, lo sguardo fisso sullo schermo del pc e non mi rivolgeva la parola da ore. Io parlavo, ma lei continuava ad annuire, senza darmi un opinione di ciò che le stavo spiegando.
«Secondo te è giusta questa cosa tra me e Zayn? - le chiedevo – Io mi sento in colpa, come se non fosse corretto.»
Lei annuiva.
Io sbuffavo.
«E poi Liam continua a dirmi cose da diabete, a guardarmi in quel modo adorabile, - continuavo – non puoi resistergli, capisci?»
«Certo Hanna, - rispose – come deve essere faticosa la tua vita.»
Tornai seduta e fissai le sue spalle, rigirandomi tra le mani un cuscino a forma di biscotto.
«E' sempre un piacere parlare con te.» dissi.
Aria si voltò di scatto verso di me e iniziò a tirar fuori una manciata di cattiverie.
«Cosa vuoi che ti dica Hanna? - iniziò – Siamo sempre alla stessa storia! La povera Hanna è confusa perchè due bei ragazzi la corteggiano e lei non sa prendere una cavolo di decisione!»
«Io non ho detto..» provai a dire.
«Stai sempre a lamentarti della tua vita, di come sia pesante la tua famiglia, non fai altro che piagnucolare per Harry, quando sai una cosa? Forse ha fatto bene ad andarsene, forse non ce la faceva più a sopportare I tuoi continui complessi. Non ti rendi conto che tutti ti cadono ai piedi, che appena si fa il tuo nome fanno a gara per correrti dietro, ti riempiono di belle parole, ti riempiono di attenzioni e tu te ne stai qui a lamentarti di quanto faccia schifo la tua vita, quando sai cosa? Svegliati! Hai un sacco di soldi, una famiglia che ti vuole bene e due ragazzi che farebbero di tutto per te. La verità è che ti piace farti corteggiare e lasciare la gente sulle spine, insomma, a chi non piace? Smettila di lamentarti e vedi di fare qualcosa, non voglio che Zayn faccia la stessa fine che hai fatto fare a Liam.»
Rimasi immobile sul letto e ricevetti quelle parole come aghi su tutto il corpo.
Harry aveva fatto bene a lasciarmi? Come poteva mai dire una cosa del genere? Come poteva pensare che io mi stessi prendendo gioco di Zayn? O di Liam? 
Aria si voltò di spalle e io mi alzai lentamente dal letto e presi la giacca.
«Si è fatto tardi, io.. - balbettai – devo andare.»
Uscii dalla stanza e corsi al piano di sotto, uscendo di casa e salutando solo con un cenno della mano la mamma di Aria. Arrivai per strada e quasi una macchina non stava per mettermi sotto. Il tizio dentro l'auto mi urlò qualcosa, ma io non gli diedi neanche ascolto. Iniziai a correre, schivando la gente che passeggiava tranquillamente sul marciapiede. Superai anche un gruppo di bambini che saltellava sulla corda. Ridevano. Nessun problema adolescenziale li avviliva.
La verità è che ti piace farti corteggiare e lasciare la gente sulle spine, pensai a quelle parole e il viso di Zayn mi balenò in testa. Gli occhi scuri, I capelli spettinati. Però poi quell'immagine si faceva sempre più opaca e al suo posto compariva un bambino riccio, che mi guardava con gli occhi da cucciolo e mi salutava con una mano. Ma poi l'immagine cambiò di nuovo, perchè il bambino iniziò a correre via, via da me e poi ci fu solo buio.
Io continuavo a correre, senza neanche sapere dove stessi andando, e poi lo vidi. Il cimitero di Bristol era forse uno dei più grandi del paese. Era circondato da un immenso prato, dove più in là sorgevano dei grandi alberi. Mi ritrovai a camminare su quel prato morbido, con il vento che mi accarezzava una guancia, I capelli che ondeggiavano. Non c'era molta gente. Notai un signore anziano seduto di fronte a una vecchia lapide – forse di sua moglie – e parlottava, gesticolando e.. sorridendo. Più in là vidi una signora poco più giovane di mia madre, stava mettendo dei girasoli dentro il vaso, forse per la figlia scomparsa. E mentre provavo tristezza per entrambi, vidi la sua lapide, bianca, intatta. Mi piegai sulle ginocchia e passai una mano sull'incisione:

Adele Styles
Madre e moglie premurosa.


«Ciao Adele, - dissi – è da un pò che non ti vengo a trovare.»
Mi misi seduta sul prato e iniziai a giocherellare con un filo d'erba. 
Sentivo gli occhi gonfi, pronti a scoppiare. Ma non volevo piangere, non lì.
«Mi manchi tanto sai? E sono sicura che manchi molto anche a lui. In qualsiasi posto sia, sono sicura che ti pensa sempre.» 
Sentii una lacrima scendermi giù dalla guancia, e la raccolsi prima che potesse scivolare via con il dorso della mano.
«Non so cosa devo fare Adele, - continuai – mi manca troppo, ogni giorno, dal momento in cui se ne è andato. Lo detesto. Lo detesto perchè non ha mai rispettato le mie decisioni, le mie scelte. Ha sempre voluto proteggermi, tenermi lontano dal pericolo, ma non ha capito che io mi sento in pericolo solo quando lui non c'è. E adesso non so neanche se è ancora in questo paese, o se è uscito dall'Europa, se sta bene, se è nei guai, non so niente.»
Non riuscii a frenare le lacrime e iniziarono a scendere come fiumi, senza controllo. 
«Vorrei che fossi qui per dirmi cosa devo fare, perchè è tuo figlio e dovresti dirmi tu cosa dovrei fare. E' giusto che io rimanga qui ad aspettarlo? Oppure devo dirgli addio? Non ce la faccio da sola..»
Piegai la testa in avanti, poggiando la fronte sull'erba soffice. I singhiozzi che non si fermavano e quello di cui avevo bisogno era solo un segno, qualcosa che mi facesse capire cosa dovevo fare. 
Sollevai la testa e mi accorsi di una ragazza e un ragazzo, poco più avanti di me. Lei poggiava la testa sulla sua spalla, e lui si abbassò per poggiare un mazzo di fiori su una lapide. Poi lei prese la sua mano e lui la baciò dolcemente sulle labbra. Ora, non so dirvi di chi fosse quella lapide, ma non mi importava. Ma ecco quello che ho pensato: qualsiasi cosa accada, per quanto possa essere difficile, per quanto la tua vita possa fare schifo, si deve sempre andare avanti. Quello forse era il segno di cui avevo bisogno.
«No, - sussurrai – non è giusto che io lo aspetti, ancora. Non è giusto che io stia ancora male per lui, non è giusto che mi privi di essere felice. Io ho amato tuo figlio con tutto il mio cuore, ma lui ha fatto la sua scelta e io farò la mia.»
Mi alzai in piedi, accarezzando I petali delle rose che qualcuno le aveva portato. Forse Louis, neanche lui veniva da tanto. 
Guardai ancora in lontananza I due ragazzi, che dondolavano le loro mani intrecciate, e pensai a quelle mie e di Zayn. Così unite, così a loro agio. L'una dentro l'altra. E mentre le pensavo, sorrisi, come non avevo più fatto da quando Harry se ne era andato. Guardai il cielo, e le foglie che venivano trascinate via dal vento. Volevo essere come una di quelle foglie, essere trascinata via da qualcosa, da qualcuno. Senza controllo, come se fosse la cosa più facile di questo mondo. Allora mi avvicinai alla lapide e poggiai una mano sulla fredda pietra.
«Addio, - dissi – Harry.»
Quell'addio rimase lì, su quella pietra, su quel prato, in quel vento e dentro di me. E non era come tutte quelle volte in cui cercavo di convincermi di dimenticare Harry. Questa volta era vero, questa volta lo volevo davvero. Questa volta volevo davvero ricominciare. Volevo tornare a essere felice. 


Arrivai a casa di corsa, con un affanno fin troppo eccessivo.
«Che succede?» chiese allarmata mia madre.
«Niente, - dissi – ti voglio bene mamma.»
La baciai sulla guancia e facendola assumere un'espressione confusa. Anche Louis, seduto sul divano, mi guardava con un punto di domanda.
«Andiamo Chester, - Chester rizzò le orecchie e si mise in piedi – usciamo un pò.»
«Tesoro tutto bene?» urlò ancora mia madre.
Io avevo già chiuso la porta e non le risposi. Misi il guinzaglio a Chester e iniziai a camminare, verso quel quartiere sconosciuto che negli ultimi giorni avevo imparato ad amare. Ma non trovai quello che cercavo. Così, dopo aver provato a casa sua, andai dritta al molo e lo trovai sul pontile che gesticolava e rideva insieme alla sua sorellina. Risi alla scena. Lui continuava a pizzicarla ai fianchi e lei saltellava e allo tempo rideva. Decisi di avvicinarmi e quando mi vide, si sollevò da terra e mi guardò sorridendo.
«Safaa perchè non vai al chiosco a comprarti un cono?» si rivolse a sua sorella.
«Vuoi dire che posso andare sola?» chiese la bambina.
«Certo, - rispose lui – basta che poi torni subito.»
La bambina prese I soldi dalle mani del fratello e si allontanò saltellando.
«Come è facile comprare I bambini.» scherzai.
«Niente che un gelato non possa fare.»
Lui sorrise impacciato e io mi avvicinai.
Ci sedemmo alla fine del pontile, con le gambe a penzoloni. Chester seduto vicino a noi che osservava le barche che andavano e venivano.
«Come.. stai?» mi chiese.
Lo vidi con lo sguardo nel vuoto, come se stesse evitando il mio.
«Evitiamo tutta questa fase di imbarazzo, ti va?» gli proposi.
«Grazie, ne sarei grato.»
Zayn ebbe un sospiro di sollievo e io risi a vederlo.
«Zayn, - iniziai – io devo, voglio andare in Italia..»
«Lo so..» mi interruppe.
«..e ho capito che non lo faccio per far felici I miei, lo faccio perchè è quello che ho sempre voluto fare.»
«Lo so, - disse di nuovo – e so anche che ami Harry.»
«Possiamo smetterla di parlare di Harry? - chiesi – Parliamo un pò di noi, ti va?»
«Vuoi dire che adesso ti metterai a piangere supplicandomi di venire con te in Italia perchè sei follemente innamorata di me e non puoi starmi lontana?» rise.
Scoppiai a ridere anche io e lanciai una pietrolina in acqua.
«Bè non sono ancora arrivata a quel punto ma, - provai a dire – potrei, insomma, se non andassi in Italia, potrei innamorarmi di te.»
Si voltò a guardarmi, finalmente.
Nell'angolo della sua bocca vidi la forma di un sorriso che stava per prendere forma sul suo viso ed eccolo lì. Pieno di felicità e vivo.
«Ma devi andare in Italia..» sussurrò.
«Si.»
«E' giusto che tu vada sai? - disse – Sono contento e voglio che tu ci vada e, magari quando tornerai sarò diventato un multimilionario e andrò bene a tuo padre.» scherzò ancora.
«Non devi andare bene a mio padre, - dissi – devi andare bene a me.»
Lo guardai ancora, con le spalle incurvate, con gli occhi grandi grandi. 
E feci una cosa di pancia, senza pensare alle possibili conseguenze. Mi porsi in avanti, a cercare le sue labbra e le trovai. Sentivo la sua mano sulla mia guancia e le labbra carnose che rispondevano ai miei baci, con delicatezza e dolcezza. E forse la forza di amare di nuovo la potevo trovare davvero. Ma per parlare di amore era ancora troppo presto. Zayn però era come quella luce che vedi alla fine di un vicolo buio e significa speranza, significa pace, significa rivincita.
«Spero che questa volta tu non abbia pensato a un altro.» mi disse a fronte contro fronte. Io risi.
«Nessun'altro.» risposi, dandogli un altro bacio.
«Lo sapevo! - sentimmo una voce alle nostre spalle – Lo sapevo che eravate fidanzati!»
Safaa se ne stava in piedi, con un cono di gelato mezzo sciolto in mano, e l'espressione eccitata sul volto.
«Tesoro, ti si sta sciogliendo tutto il gelato.» la avvertì Zayn, alzandosi e prestandole soccorso.
«Posso dirlo a Doniya? - gli chiese – Sai, avevamo fatto una scommessa..»
Io ridevo alla scena.
Zayn continuava a pulirla inutilmente con un tovagliolo, mentre sua sorella continuava a riempirlo di domande. 
«Andiamo in bagno a pulirci, - disse poi Zayn – arriviamo Hanna.»
Io annuii divertita e rimasi seduta sul pontile, accarezzando Chester sulla piccola testolina.
«Tu non sei arrabbiato vero?» gli chiesi.
Chester sollevò il muso e mi guardò con la lingua a penzoloni. Lo interpretai come un buon segno.
«Hanna! - sentii richiamarmi – Di nuovo qui!»
Mi alzai in piedi e trovai David di fronte a me.
«David, - ricambiai – ho fatto una passeggiata.»
«E' proprio un bel cane, è tuo?»
Guardò Chester incuriosito, ma a differenza sua lui rimase distante, incollato alla mia gamba.
«No, cioè si, - balbettai – è un regalo.»
In realtà non era stato proprio un regalo.
Ero stata io a regalare quel cucciolo, diciamo che mi era stato gentilmente restituito. Ma non volevo raccontare tutti questi particolari a un estraneo.
«Vieni qui piccolo.» 
David si piegò sulle ginocchia e richiamò Chester, il quale in tutta risposta iniziò ad abbaire.
«Mi dispiace, - mi scusai allontanandolo – non ha mai fatto così.»
«So che a volte possono sembrare aggressivi, - disse – anche io ho un labrador.»
«Davvero?» chiesi. Stavo ancora cercando di tenere Chester.
David portò un braccio dietro il collo e lo vidi un pò pensieroso.
«Si bè, ti andrebbe di vederlo? Possiamo andare anche adesso.»
Lo guardai confusa. Che proposta era? Neanche ci conoscevamo.
Prima che potessi rispondere, Zayn apparve al mio fianco.
«Tutto bene?» mi chiese, guardando di sottecchi David.
«Sarà per la prossima volta.» salutò in fretta lui, andandosene.
Chester a un tratto smise di abbaiare e tornò a scodinzolare, coccolato da Safaa.
«Chi era quel tipo?» mi chiese Zayn.
Quella domanda rimase lì, senza una risposta.
Fissavo David in lontananza, che via via diventava sempre un puntino più piccolo.
Chi era davvero quel tipo? L'idea che mi stava balenando in testa non mi piaceva, non mi piaceva per niente.



Fissavo la toga gialla messa sul letto.
Mia madre l'aveva ritirata dalla lavanderia la mattina stessa.
Una valigia se ne stava accanto alla mia scrivania.
Sarei andata in Italia subito dopo il diploma per un corso estivo.
E il diploma sarebbe stato domani. 
Era tutto troppo vicino ma, ero felice.
«Tua mamma mi ha detto che eri qui.»
Chester rizzò le orecchie e io mi voltai verso la porta, trovando Aria.
«Ci ho pensato più di una volta prima di bussare, - continuò – avevo paura aprisse tuo fratello.»
«Louis è uscito.» dissi.
«Si, - disse – l'ho notato.»
Rimanemmo l'una di fronte l'altra, imbarazzate, senza sapere cosa di dire.
«Ascolta Hanna mi dispiace io..» iniziò lei.
«..avevi ragione.» finii io.
Lei mi guardò confusa, facendo quella smorfia che la rendeva così tanto tenera e che mi sarebbe mancata.
«Avevi ragione su tutto, - ripetei – sul fatto che mi lamento sempre e che lascio sulle spine le persone, solo che non lo faccio apposta giuro.»
«Ma non dicevo sulserio, - insistette lei – ero solo arrabbiata per Louis, per Oxford, per te che vai in Italia, ero solo tanto frustrata, non pensavo niente di quello che ho detto.»
«Bè, - dissi – forse I toni erano eccessivi però mi hai dato una smossa.»
Aria mi sorrise colpevole e poi si avvicinò lentamente.
«Non penso che tu ti diverta a lasciare I ragazzi sulle spine o che Harry abbia fatto bene a lasciarti, o ancora che la tua vita sia perfetta.»
«Lo so.» le risposi, sorridendole affettuosamente.
Senza dire niente, Aria mi saltò al collo, richiamando l'attenzione di Chester, stritolandomi.
«Vorrei poter venire in Italia con te, - piagnucolò – mi farei piccola piccola giuro!»
«Ci credo! - dissi io – Ma devi rimanere qui a studiare, promettilo.»
La mia amica annuii e la sentii lagnarsi nel mio orecchio.
Anche io sentivo gli occhi lucidi, ma non volevo piangere.
Sarebbe già stata dura domani e poi la partenza, non volevo che la tristezza predominasse per tutti questi ultimi giorni che ci rimanevano.
«Ho detto a Zayn che avrebbe potuto avere una possibilità se..» provai a dire per distrarla.
«OH MIO DIO!» sbraitò lei, staccandosi.
«..SE non fossi dovuta andare in Italia.» precisai.
Aria mi guardò, sorridendomi.
«E' giusto così, - acconsentii – Zayn è un bravo ragazzo.»
«Lo so.»
Questa volta non riuscii a trattenermi. 
Gli occhi mi si riempirono di lacrime, che iniziarono a scendere sulle mie guance.
Aria mi abbracciò di nuovo e continuava a ripetermi all'orecchio che sarebbe andato tutto bene. Mi sarebbe mancato tutto. La mia famiglia, la mia migliore amica, I miei amici, la mia città. Una volta qualcuno mi disse che quella città ci sarebbe rimasta nel cuore, ed era vero.

 
------------------------------------------------------
 
Hello:D
Ho una bellissima notizia, sono entrata in infermieristica pediatrica:D
Non vi interessava, lo so. Volevo solo rendervi partecipi della mia felicità AAAHAHAHAAHAH
Comunque! HANNA E ZAYN <3 
Lo so che molti non sono d'accordo però a me piacciono, anche se Harry è il top, sempre.
Penso sia giusto che lei vada avanti:) ma.. cosa succederà?
David è inagguato! e.. UFFICIALE: manca 1 capitolo + epilogo per la fine T.T
Nel prossimo capitolo ci sarà il tanto atteso giorno del diploma:) riusciranno i nostri eroi a prenderlo uscendone vivi?
auhahuauha e avviso: il finale vi farà rimanere a bocca aperta. Letteralmente.

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** XXIX ***



Ice on fire

capitolo 29
 


«Prima di ogni altra cosa ricordati di mantenere la calma e di respirare..» continuava mia madre.
«Certo lo s..»
«..e non ti preoccupare di inciampare sulle scale, basta mettere un piede dietro l'altro.» mi interruppe di nuovo.
Eravamo in macchina già da un pò, io nella mia toga gialla che mi faceva quasi da strascico, mio fratello accanto a me, mio padre che guidava e mia madre che continuava a darmi consigli su come avrei recitato al meglio il mio discorso per l'inizio della cerimonia di diploma.
«Magari prova a immaginarteli tutti nudi.» intervenne Louis.
«Ora si che sto meglio..» dissi nervosa, contorcendomi le dita.
«Louis per piacere, non mettere pressione a tua sorella.» riprese di nuovo lei.
«Hai ragione mamma, - disse Louis – tu ci stai già riuscendo benissimo.»
Mio fratello le diede dei colpetti sulla spalla e poi tornò seduto, con le spalle sullo schienale.
«Genna tesoro, - intervenne mio padre – perchè non cerchi di rilassarti? Sono sicuro che Hanna ha tutto sotto controllo.»
Papà mi sorrise dallo specchietto retrovisore e poi prese la mano a mia madre per tranquillizzarla. Neanche dovesse essere lei a parlare davanti a tutta la scuola, compresi genitori e insegnanti.
«Sai sono un pò offeso mamma, - piagnucolò mio fratello – alla mia cerimonia non eri così tanto ansiosa.»
«No Louis, - rispose mio padre – il giorno della tua cerimonia eravamo terrorizzati al fatto che a un certo punto ci dicessero che avevano sbagliato a considerarti un neo diplomato.»
Scoppiai a ridere, mettendo da parte per un attimo l'ansia.
«Non tutti riescono a dare questi momenti di suspance, modestamente.»
Louis si sistemò la cravatta, ridendo beffardo.
Poi tornò a guardarmi e mi strinse una mano.
«Andrai alla grande.» sussurrò.
Arrivammo a scuola poco dopo. Mio padre posteggiò nel grande parcheggiò e prima di scendere ebbi un piccolo capogiro, ma diedi la colpa all'ansia e non ne parlai con nessuno. I miei mi abbracciarono e mi mandarono l'in bocca al lupo – mia madre più che altro pianse – e andai a sedermi insieme a Liam e ad Aria nei posti avanti riservati agli alunni. I miei amici mi stringevano la mano, mentre ascoltavamo la preside Moore parlare e purtroppo non ho nessun ricordo di quel discorso. Ero troppo nervosa. 
«E adesso con mio grande orgoglio, - sentii a un tratto – la studentessa che ha reso perfetta ogni organizzazione scolastica, che sia il ballo o una raccolta di beneficenza, la ragazza con I voti migliori di tutta la scuola e che ha sempre una buona parola per tutti, - mi sorrise – Hanna Tomlinson.»
Ci furono applausi, Liam mi spinse amichevolmente ad alzarmi e andai verso il palchetto. Salutai la preside e mi misi davanti a quell'immenso pubblico. Vidi Louis sorridermi da lontano e, cercando di calmare il tremore della voce, iniziai.
«La preside dice che ho I voti migliori di tutta la scuola, e questo farebbe di me quella con maggiori capacità, ma devo dissentire. - guardai la Moore con un sorriso – In questa scuola c'è un sacco di gente capace, piena di potenzialità, a volte però siamo noi stessi a non vederle. C'è chi è un asso nello sport – guardai Liam – chi è appassionato di letteratura – Aria – chi mi ha dato del filo da torcere in tutti questi anni – sorrisi a Melissa – e tanta altra gente che ha una gran voglia di fare. Quest'anno c'è stato un momento in cui anche io mi sono sentita smarrita, anche io stavo fallendo e poi ho trovato la forza di rialzarmi. Nella vita capiteranno sempre momenti di questo tipo, momenti in cui vorreste mollare, vorreste smettere di fare ciò che amate di più, ma promettetemi che avrete sempre la forza di rialzarvi e di continuare. - mi fermai un attimo a guardare i raggi del sole  spiralizzati attraverso gli alberi - Ognuno di noi ha qualcosa di speciale e ognuno di noi è nato per fare qualcosa, quel qualcosa che ci rende felici e.. completi. E' un pò come l'amore, ci sono momenti in cui vorremmo smettere di amare, ma ci accorgiamo che non possiamo farne a meno. Il mio augurio per voi è questo. Trovate sempre la forza di andare avanti.»
Finii con un sorriso e una lacrima che mi rigò una guancia. 
I ragazzi, I genitori, gli insegnanti, mi applaudirono e non sapevano neanche che di tutto quello che avevo appena detto, non avevo programmato assolutamente nulla. Era uscito tutto così, all'improvviso.
La preside ci consegnò I diplomi e vidi I sorrisi di tutti I miei compagni. Compagni che avevo sempre disprezzato in quegli anni perchè mi sembravano superficiali, ma forse la superficiale ero io. E ora mi sarebbero mancati. Come mi sarebbe mancato Liam con quella voglia di dare amore al prossimo. Sarebbe stato un ottimo medico. E come mi sarebbe mancata Aria, con la sua spensieratezza di ogni giorno. 
«Sono orgogliosa di te.» mio padre mi abbracciò, una volta raggiunti.
«Io non avrei saputo dire meglio.» rise Louis.
«Non avresti saputo dire proprio nulla.» lo corresse mio padre.
Risi a vederli, mentre venivo stritolata da mia madre, in lacrime.
Poi più in là vidi Zayn poggiato su un tronco di albero. Le mani in tasca e gli occhi dritti verso di me, con un sorriso sul viso. Mi avvicinai, dicendo ai miei genitori di aspettarmi al parcheggio.
«Sei la diplomata più bella.» mi disse.
«Non puoi dire queste cose prima che parta per l'Italia.»
«Ma dico sulserio, - ripetè – quel colore orrendo ti dona.»
Scoppiai a ridere, pizzicandolo sui fianchi.
«Stasera vieni con noi a festeggiare il diploma?» gli chiesi.
«E' una cosa tra voi, io non c'entro.» mi accarezzò una guancia.
«Sei sempre il benvenuto.»
«Vai a divertirti con I tuoi amici, - ripetè – ci vediamo presto.»
Mi guardò ancora una volta e poi se ne andò. 
Aveva qualcosa di strano, ma non capivo cosa.

Quella sera andammo in un pub.
Lo avevamo scoperto la sera stessa, camminando per le strade della città senza metà. 
Oltre Aria e Liam, c'erano anche Melissa, Derek, Alex, Rachel.. per la prima volta dopo anni eravamo insieme non per vincere una stupida corona o una partita, semplicemente per divertirci.
«Ai futuri avvocati.» urlò Rachel, guardando Melissa.
«Alle future professoresse di lettere.» dissi, guardando Aria.
«Ai futuri medici.» Aria per Liam.
«Ai futuri stilisti.» Liam guardò me.
Derek aveva vinto la borsa di studio per il nuoto e Alex avrebbe continuato la tradizione, lavorando nell'azienza di famiglia. 
Bevemmo molto, mangiammo a non finire.
«I miei amici.» 
Aria venne da me e Liam e ci abbracciò.
Puzzava di alcool e non riusciva a reggersi in piedi.
«Qualcuno ha bevuto troppo.» dissi, ridendo.
«Ho bevuto solo un pochiiiiino.» 
Io e Liam la guardammo ridendo, mentre faceva peso sulle nostre spalle.
Guardavo Alex che flirtava con Rachel, e Derek con la testa sul tavolo che ormai dormiva da un pò. Melissa di fronte a noi, in allerta.
«Forse dovremo tornare.» disse Liam.
«Promettetemi una cosa, - disse Aria – io vi voglio bene e voglio che siamo amici per sempre.»
Sembrava una bambina dell'asilo, piagnucolona. Ma faceva tenerezza.
«Amici per sempre?» le chiesi io.
«Si!» disse lei, fiera della bottiglia che reggeva in mano.
«Vi voglio bene anche io.» dissi io, più seria che mai questa volta.
«Anche io vi voglio bene.» ripetè Liam, per poi stringerci in un abbraccio da orso.
«Avete una bella amicizia, - disse Melissa a un tratto – spero non la perdiate mai.»
«Ehi stronzetta, - la richiamò affettuosamente Aria – vogliamo bene anche a te.»
Sorrisi a Melissa, scusandomi da parte di Aria, ma lei non si arrabbiò, sorrise a sua volta.
Poco dopo Liam prese Aria sulle spalle e, insieme a Melissa, uscimmo dal locale.
«Hanna.»
Quello che trovai fuori dal locale non fu di certo quello che mi aspettavo di trovare alla festa del diploma. Non fu quello che mi aspettavo, per niente. Sentii prima la sua voce, quasi in un sussurro. Pensavo di averlo immaginato, ma quando mi voltai lui era lì. In quella giacca di pelle, sempre la stessa, in quei jeans attillati, in quegli scarponcini. In quegli stessi occhi da bambino che mi avevano fatto innamorare. I capelli più lunghi poco curati, un filo di barba sul viso e una fascia marroncina tra i capelli. 
Rimasi pietrificata. Era come se le gambe improvvisamente fossero placche di cemento.
«Ehi..» disse ancora, con quel sorriso che mi fece sussultare il cuore. 
Liam rimase paralizzato tanto quanto me, e passava a guardare prima lui e poi me.
«Ciao Harry!» urlò Aria a testa in giù.
Ma dopo quel momento di paralisi, di stupore, dopo quel salto al cuore, arrivò la rabbia e l'odio.
«Che diavolo ci fai qui?» gli chiesi.
«Sono tornato, - disse – non sei contenta?»
Fece un passo verso di me, ma io indietreggiai.
«Bene, - dissi – puoi tornartene da dov'eri.»
Iniziai a camminare verso la macchina, ma lui mi venne dietro.
«Pensavo fossi contenta di vedermi..» sussurrò.
«Contenta? - mi voltai come una furia – Dovrei essere contenta di vederti? Mi hai lasciata, di nuovo, con una misera lettera, dopo che avevamo fatto l'amore, ignorando ancora una volta le mie scelte e quello che volevo io! - gli occhi lucidi che cercavo di frenare – Te ne sei andato senza dirmi una parola e dicevi di amarmi.»
«Ho dovuto farlo, - insistì – ma adesso sono tornato e non ti lascer..»
«No! - urlai – Ti ho detto addio troppe volte Harry, fa troppo male.»
Iniziai a singhiozzare, guardandolo.
Vedevo anche I suoi occhi lucidi e per quanto avessi una voglia incontrollabile di stringerlo, non volevo. Non volevo dover ricominciare dall'inizio. Non volevo ancora stare male e sapevo che lo sarei stata, ancora.
«Hanna, ti prego.»
Si avvicinò di nuovo, ma io scansai la sua mano.
Aveva gli occhi rossi, gonfi. 
«Voglio che te ne vada Harry.» dissi.
«Non posso io ti amo Hanna, ti prego.» gli leggevo il dolore sul volto, ma non potevo.
«Io non lo so, - dissi – non più.»
Harry mi guardò ancora, con lo sguardo annebbiato forse. Cercava il mio, che non lo guardava più come un tempo. Il mio di sguardo era assente, sopraffatto dal dolore. Non poteva lasciarmi e tornare a suo piacimento. Non potevo più sopportare tutto questo. Volevo solo andarmene lontano e ricominciare senza di lui.
«Non è vero..» il suo era un filo di voce.
«Harry, - Liam intervenne – è meglio che te ne vada.»
Io distolsi lo sguardo, e tutto quello che vidi fu solo un'ombra che indietreggiava e a mano a mano scompariva. Salii in macchina con Liam, con Aria e Melissa sui sedili posteriori. Nessuno disse niente. Accompagnammo entrambe alle proprie case e poi Liam si fermò davanti alla mia villetta.
«Stai bene?» mi chiese.
Ci misi un pò a rispondere.
Guardai la strada vuota e buia davanti a me e poi tornai su di lui.
«Non lo so, - sussurrai – ma non potevo più.»
Liam mi prese una mano, stringendola.
«Lo so, - mi disse lui – e molto carino quel discorso sull'amore oggi, molto poetico.»
«Piantala!» risi, schiaffeggiandolo affettuosamente sul braccio.
«Oggi ho capito di essere speciale.» continuò a scherzare.
Ridemmo ancora ed ebbi di nuovo la conferma di quanto potessi volergli bene.
«Grazie per non avermi odiata quando hai scoperto di me e Harry.» dissi a un tratto.
«Non potrei mai odiarti Hanna.»
Gli sorrisi e speravo che fosse veramente così.
«Ehi, quella non è casa di Harry?» disse a un tratto, guardando dietro il mio finestrino.
Mi voltai a guardare anche io e vidi un uomo alle prese con la serratura.
«Chi è quell'uomo? Suo padre?» chiese ancora Liam.
«Liam devi restare in macchina, capito?» 
Aprii lo sportello, senza neanche sentire cosa avesse risposto, e mi avvicinai alla casa, quando sentii un'altra portiera sbattere.
«Ti avevo detto di rimanere in macchina!» lo ammonii, trovandomelo alle spalle.
Lui fece spallucce e mi seguì.
L'uomo aveva un cacciavite in mano e cercava in tutti I modi di aprire la porta.
«Cerca qualcuno?» dissi.
L'uomo si voltò di scatto, allarmato, e lo riconobbi. David.
«Hanna, - balbettò – cosa ci fai qui?»
«Io abito nella casa di fronte, - spiegai – cosa stai facendo?»
Liam mi affiancò, confuso.
David si portò un braccio dietro il collo, decidendo sul cosa dire.
«Sai, non pensavo che saremo arrivati a questa conversazione in queste circostanze.»
Si avvicinò a noi, rigirandosi il cacciavite tra le mani. Io feci segno a Liam di indietreggiare.
«Sono sicura che c'è una spiegazione a tutto questo, dico bene, Marcus?» dissi quel nome in un sussurro e lui si bloccò di colpo. Ma dopo un momento di stupore, sul suo viso comparve un sorriso che metteva I brividi.
«Sei più intelligente di quanto pensassi.» disse lui, sorridendo sempre di più.
«Hanna che succede? - mi chiese Liam – Chi è questo tipo?»
«Liam dobbiamo correre subito alla macchina, adesso.» dissi lentamente.
«Si Liam, - Marcus ci guardò – correte.»
Nel momento in cui lo disse io e Liam iniziammo a correre verso la macchina, chiudendoci dentro. Marcus ci inseguii e ruppe il vetro del mio finestrino, strattonandomi da un braccio per rovesciarmi fuori dall'auto. Liam si accorse di non avere le chiavi della macchina e, quando Marcus riuscii a scaraventarmi sull'asfalto, scese dall'auto e iniziò a colpirlo sulla schiena. Marcus mi lasciò per un momento, e poi diede un pugno violento in faccia a Liam.
«Stupido ragazzino.» disse, schifato.
«Liam!»
Io urlavo, vedendo Liam intontito disteso sull'asfalto.
Marcus mi trascinò con forza verso casa di Harry, coprendomi la bocca con una mano.
«Quel figlio di puttana mi ha rovinato cinque anni della mia vita.» mi diceva, con disprezzo.
Entrammo in casa e mi scaraventò su una sedia, iniziando a legarmi I polsi e le gambe.
«Vuoi sapere come mi sono fatto questa cicatrice? - mi disse – Dopo che ti ho incontrata in quel posto dimenticato da Dio, ho avuto la certezza che tu vivessi ancora qui, ma non potevo permettere che Harry mi riconoscesse così, ho preso un coltello e ho deciso di fare un piccolo taglietto, geniale eh?»
No, non era geniale, era da psicopatici.
«Tu sei pazzo.» gli dissi.
«Zitta! - mi diede uno schiaffo così forte da intontirmi – Dov'è Harry? Dimmelo!»
Mi urlava, a un centimetro dalla faccia.
«Non lo so, - risposi tra le lacrime – ha lasciato Bristol mesi fa.» mentii.
Marcus andava avanti e indietro, sempre di fronte a me. 
Io cercavo con tutta la forza che avevo di liberarmi I polsi.
«Non può essersene andato!! Non può!! Tu sei qui!! Non ha senso!»
Marcus continuava a urlare e a schiaffeggiarsi, tenendo una pistola in mano. Quell'uomo aveva troppi problemi, Harry aveva ragione. Era un pericolo per chiunque lo incontrasse. Eppure, sembrava così diverso.
«Ora capisco perchè Harry ha sempre avuto un debole per te, - disse, accarezzandomi una guancia – che ne dici, potremo divertirci un pò mentre aspettiamo che torni...»
Rabbrividiii. 
Ero terrorizzata e il cuore batteva all'impazzata.
Con mia e sua grande sorpresa però, riuscii a liberare I polsi e gli sputai in faccia per guadagnare qualche secondo e scappai verso la porta. Ma non appena misi piede per strada, Marcus mi tirò dai capelli.
«Perchè devi complicare la cosa??!! - mi urlò – Vedi, adesso mi hai fatto arrabbiare!!»
Mi scaraventò a terra e sentii il liquido caldo colarmi dalla fronte, ma prima che potesse colpirmi con un calcio, qualcuno lo scaraventò a terra. Io indietreggiai goffamente, guardando Harry che lo colpiva più volte sulla faccia.
«Il ritorno del figliol prodigo.» rise Marcus, fermandolo con un gancio destro in piena faccia.
Harry rotolò all'indietro, ma quando si rialzò suo padre gli aveva già puntato la pistola contro.
Harry si fermò, le mani in alto.
«Harry!» lo chiamai io, tremando.
«Stà zitta!!» mi urlò Marcus.
Tremai ancora, cercando di guardare altrove per trovare una scappatoia da tutto ciò.
Harry se ne stava lì, con le mani alzate e una pistola puntata contro.
Liam era qualche metro da me, ancora privo di sensi.
«Hanna, ehi Hanna, guardami, - mi richiamò Harry – andrà tutto bene, d'accordo?»
Il bambino ricciolino era ancora lì, che cercava di proteggermi.
Cercava di proteggermi con le sue parole, con il suo sorriso biricchino, con quelle fossette che gli comparivano ai lati della bocca, con quegli occhi verde lucido. 
Continuava a proteggermi e lo avrebbe sempre fatto.
Non avrebbe mai imparato la lezione.
Ma in quel momento, ne fui grata.
Il mio Harry. Il mio dolce Harry.
«Non dirle che andrà tutto bene!!» ringhiò suo padre.
Vidi Liam muoversi, alzare il volto e farmi cenno di fare silenzio.
«E' una cosa tra me e te papà, possiamo risolverla.»
Harry cercava di persuaderlo, ma Marcus continuava a dire cose senza senso.
E poi vidi qualcosa nella tasca posteriore di Harry, qualcosa di metallo, una pistola.
«Devo farlo Harry, - Marcus iniziò a piangere – lei mi ha fatto arrabbiare, devo farlo.»
Il braccio di Marcus a poco a poco ruotò da Harry a me.
«Abbassa la pistola papà, - disse Harry – possiamo andarcene lontano, io e te.»
Il braccio si fermò e questa volta la pistola puntava me.
«Ti prego non farlo, - lo implorò Harry – ti prego non portarmela via papà, ti prego, io la amo, uccidi me, ammazza me.»
Non riuscivo più a controllare il mio respiro. 
Mi sentivo come in una bolla. Non potevo muovermi, potevo solo vedere ciò che mi accadeva attorno.
Pensavo a quel giorno, a come avevamo festeggiato il diploma, ai miei genitori, a mio fratello.. avrei potuto dire ad Harry che lo amavo qualche minuto prima e invece tutto poteva finire, stasera. Non volevo morire. Dio ti prego, non volevo che qualcuno morisse. Volevo andare in Italia, laurearmi, creare una mia linea di moda e farmi una famiglia. Non avevo mai desiderato tutte quelle cose come adesso.
«Harry..» provai a sussurrare.
«Deve stare zitta!» 
Marcus agitò la pistola verso di me ed Harry mi guardò.
Io chiusi gli occhi, pregando che fosse tutto un incubo.
«Metti a terra quella pistola, adesso!»
Quando riaprii gli occhi, Harry teneva una pistola puntata contro Marcus, pronto a sparare se fosse stato necessario.
Marcus al contrario, iniziò a ridere.
Non avevo capito le parole di Harry fino a quel momento.
Marcus doveva stare in manicomio, adesso e per sempre.
Aveva la capacità di cambiare personalità in un attimo.
«Sai figliolo, non puoi salvare tutti, - disse – tua madre, lei, qualcuno deve morire.»
«Non farmi premere questo grilletto, ti prego.» disse Harry, con gli occhi lucidi.
Un movimento alla mia sinistra mi fece voltare la testa.
Liam strisciava per terra e non capivo cosa avesse in mente.
«Dovrai uscire le palle figliolo, - disse ancora Marcus – perchè io ho intenzione di premere il grilletto.»
Chiusi gli occhi e tutto quello che sentii fu solo un colpo di pistola.


 
----------------------------------------------------

Non dico nulla.
Vi lascio alla vostra immaginazione.
Ci vediamo all'epilogo:)

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Epilogo ***



Ice on fire

epilogo

and i will swallow my pride
you're the one that i love
and i'm saying goodbye.

 


Fu il mio secondo funerale nel giro di pochi mesi.
E questo, non credevo fosse possibile, fu peggio del primo.
Il cielo quel giorno piangeva, nonostante fosse pieno giugno.
Piangeva perchè tutti noi avevamo perso qualcuno che ci aveva lasciato così tanto nel cuore, così tanto da dimenticare, così difficile da farlo.
Non ebbi il coraggio di dire una parola per tutti i giorni seguenti.
Mi ritrovavo in quel vestito nero, con le occhiaie sotto gli occhi, la faccia sciupata, non sembravo neanche più io. I miei capelli non erano più di quell'oro lucente, si erano spenti anche loro. Tutti si aspettavano che al funerale dicessi qualcosa, ma io non riuscivo a dire niente. Non riuscivo a guardare in faccia tutte quelle persone e raccontare cose meravigliose sul suo conto. D'altronde, non ce ne era bisogno. Chi lo conosceva lo sapeva già. Ma rimasi meravigliata dalla quantità di gente che venne a salutarlo. Vidi perfino Niall, con il suo gruppo di idioti. Questa città gli voleva bene e tutti noi ci saremo portati dentro una ferita difficile da cicatrizzare. 
«Hai ancora quegli incubi?»
Mi chiese la psicologa, con la gamba a cavallo e quegli occhi fissi su di me che cercavano di psicanalizzare il mio cervello. Mia mamma aveva tanto insistito.
«Qualcuno..» risposi, tenendo lo sguardo sulla finestra.
C'era un uccellino sul ramo di un albero e immaginai che fosse lui.
«E cosa vedi?» mi chiese ancora lei.
«Sento lo sparo, - provai a dire – e dopo vedo lui che crolla a terra, tra le mie braccia.»
A ripensare a quella notte rabbrividii e mi venne un groppo in gola.
«Pensa che andare in Spagna sia una buona idea?» le chiese mia madre.
Le avevano dato il permesso di assistere alle sedute.
Era terrorizzata dai miei comportamenti.
Non mangiavo quasi niente, eppure ogni mattina correvo al bagno per rimettere.
«Credo che questi ragazzi abbiano bisogno di cambiare aria e lasciarsi alle spalle tutto questo.» rispose Margaret. Così si chiamava.
«E che mi dici di Harry? - chiese ancora – Lo hai più visto?»
Mia madre a quella domanda abbassò la testa e attese che rispondessi.
Dovetti raccontare tutto ai miei genitori, ovviamente, e credo cambiarono radicalmente idea su Harry.
«No, - risposi – non l'ho più visto.»
Mi guardai le dita e vidi le unghie tutte mangiucchiate.
Le contorcevo, come se ogni contorsione potesse portare via ogni brutto pensiero.
«Non hai intenzione di rivederlo?» domandò la dottoressa M.
Non risposi a quella domanda.
Mia madre le strappò l'ultimo dei cinque assegni e mi riportò a casa.
Louis aveva già caricato la mia e la sua valigia nel cofano della macchina e a me non rimaneva che prendere le ultime cose. 
Non appena passai di fronte casa di Harry ebbi un flash che mi fece venire quasi da rimettere, ma non dissi nulla a mia mamma.
«Quando vuoi.» mi disse mio fratello, dopo che fece salire Chester sul sedile posteriore.
I miei se ne stavano accanto alla macchina, aspettando di salutarmi.
Entrai in casa e salii a testa bassa in camera mia.
Guardai i miei mobili, il mio letto con quelle lenzuola rosa antico che avevo accuratamente scelto. Le fotografie sulle mensole, i miei libri, i vestiti del giorno prima ancora stropicciati sulla sedia. Una foto mia e di Aria fissata allo specchio il giorno che eravamo andate al luna park. Una mia, sua e di Liam durante la gita al museo al secondo anno. Una di Zayn con un paio di occhiali a forma di stella. Risi a vederla. E poi quella foto di quasi una vita fa, con Max al centro con quel giocco rosso che spiccava, Harry con il viso piccolo e io con gli occhi socchiusi. E quella di quel giorno in spiaggia, della sera sul molo. Sentii la ferita alla fronte, a cui avevano dato i punti, bruciare insieme al mio cuore. Indietreggiai e dissi addio a tutto questo.
Quella notte furono sparati due colpi di pistola, all'unisono.
Uno era per me, ma è evidente che non raggiunse il suo scopo.
Aprii gli occhi quella notte e quello che vidi fu Liam a pochi centimetri da me, con una chiazza scura di sangue sulla schiena. Si era preso la pallottola al mio posto.
E l'altro sparo andò a colpire Marcus in pieno petto.
Liam era morto e io volevo solo andare il più lontano possibile da quel quartiere, da quella casa, da quella città. Non avevo salutato nessuno, ma poco mi importava.
Seduta sul sedile dietro insieme a Chester, diedi un'ultima occhiata a Bristol con il suo splendido tramonto che per me ormai non sapeva più di niente, e poi da dentro la borsa fissai quel test di gravidanza, di cui non avevo ancora avuto il coraggio di leggere il risultato.


 
-----------------------------------------------
Tadaaaaaaan!
E' la prima parte di questa storia è andata:)
Spero di non avervi deluso e francamente mi dispiace tanto per Liam, mi piaceva!
Quindi.. Hanna sta lasciando Bristol, di Harry e degli altri nessuna notizia e BAM, il finale!
Prima di regalarvi la seconda parte della storia volevo solo dire una cosa:)
Spero che questa prima parte vi sia piaciuta e che la seconda sia molto meglio:)
Per tornare da Harry e Hanna basta cliccare sul banner qua sotto! A presto:*

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1775394