Nessuno si salva da solo.

di PinkBiatch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. This is war. ***
Capitolo 2: *** 2. You're a loaded gun. ***
Capitolo 3: *** 3. You could be my unintended choice.. ***
Capitolo 4: *** 4. Don't be afraid, it's only love.. ***
Capitolo 5: *** 5. Nothing else matters. ***
Capitolo 6: *** 6. Run for your life. ***
Capitolo 7: *** 7. I will let you down, I will make you hurt. ***
Capitolo 8: *** 9. I know it's over, and it never really began.. ***
Capitolo 9: *** 9. When there's nothing left to save.. ***



Capitolo 1
*** 1. This is war. ***


Premessa dell'autrice:
Io non  ne so assolutamente nulla di FF, questo è  il  mio  primo tentativo di scriverne,  quindi vi prego di scusarmi se ci saranno errori, o cose di questo genere. Più che una scrittrice, sono una gran lettrice,  ma mi piace un mucchio scrivere così ho voluto cimentarmi anche in  quest'impresa. Grazie mille a tutti, non tirate troppi pomodori! ahahah



 


                                                                                                                                                                                                                                                                It’s the moment of truth,
                                                                                              and the moment to lie,   

The moment to live and the moment to die,
The moment to fight, the moment to fight,
To fight, to fight, to fight! 

This is war-30 Seconds to Mars



 

                                                                       1. This is war.



La guerra era finita, ma  aveva lasciato dei profondi solchi.  Solchi in quel castello dove milioni di maghi e streghe,  traditori, coraggiosi, sinceri, scaltri -e chi più ne ha più ne metta-, erano passati,  prima di quelli che invece c'erano, durante la battaglia. E si erano fatti sentire, a costo di un arto, a costo  della propria bacchetta, a  costo  della propria vita. Quella notte  non importava a che casa si appartenesse, quale fosse lo stato di sangue. Quella sera importava solo spazzare via il terrore, e quando si era visto Voldemort sparire, insieme a molti suoi seguaci, un  sorriso si era creato sul nostro volto. Il nostro cuore era ancora rivolto là, ai nostri cari, morti per noi, e per tutto il mondo magico, ma la nostra mente fantasticava già a come sarebbe stato bello svegliarsi la mattina  senza aver paura di morire. Ma non  era così semplice.
Come potevano le persone, dimenticare da un giorno  all'altro? Come si poteva ridere, in famiglia, con un fratello,  un  cugino, un genitore morto? La verità è che quella era guerra. E la  guerra c'era ancora nei loro cuori, negli sguardi apprensivi delle madri, nei loro sorrisi tristi che ancora piangevano la morte di  un  caro a distanza  di mesi.

C'era la guerra negli abbracci troppo prolungati  delle madri, davanti all'Espresso di Hogwarts, che un  tempo avrebbero imbarazzato i figli -che fino  a  mesi prima, erano ormai troppo  grandi per queste smancerie da poppanti-, ma che adesso infondevano sicurezza.  C'era la guerra nelle  madri che volevano rincorrere quel treno,  fermarlo, dirgli di lasciare i propri figli -quelli  rimasti- da loro, a consumare quel briciolo di allegria che sarebbe cessato, in casa, senza gli sguardi fieri di quei ragazzi  che erano fieri di aver fatto la loro guerra.
C'era la guerra negli abbracci stretti di Harry e Ron,  che soffocavano prima Hermione, e poi Ginny. Ron rivolse uno sguardo imbarazzato ad Hermione, che aveva definito la loro relazione come  semplice amicizia, dichiarando che si era lasciata andare quella sera, dicendo che non  voleva morire sola. Lei gli sorrise di  rimando, sentendo che nel suo stomaco si stava consumando un'altra piccola  guerra. Le faceva male vedere Ron impacciato per il suo amore non  ricambiato, le faceva male passare un anno scolastico senza  né Harry né Ron, con la sola compagnia di Ginny e degli altri che avevano avuto il coraggio di tornare.
Voleva piangere, voleva che loro andassero con lei, migliori amici per sempre. Se l'erano promesso,  chissà se loro ancora lo ricordavano. Qualcosa si era rotto, in Hermione, quella sera. Ricordava gli occhi che aveva incontrato, duellando. Quegli occhi  colmi di lacrime, di rimpianti. Ricordava il dolce verde degli occhi di Harry, quando era  andato a consegnarsi al Signore Oscuro. Ma non le facevano più male, quegli occhi. Perché lui era stato salvato. Lui si era salvato. Le facevano male un altro paio di occhi, che otto anni prima, aveva  incontrato  per la  prima volta sull'Espresso di Hogwarts. Quegli occhi di chi era morto,  morto dentro. Di chi non  sapeva se gioire o piangere quando Il Bambino Sopravvissuto, era sopravvissuto di nuovo. Quegli occhi davanti ai quali erano scivolati i propri genitori, quegli occhi che ci tenevano a non versare alcuna lacrima  - quegli occhi che adesso erano puntati sulla sua nuca. E a distanza di mesi c'era ancora quello sguardo arreso di chi non  può fare nulla, di chi non  ha bisogno di essere salvato da una -doppia- cicatrice  a forma  di saetta, di chi  ha  bisogno di essere salvato da quel sentimento che lui non aveva mai provato, e non era mai stato provato per lui. 
Adesso Draco la guardava, Hermione Granger, stritolata da quell'amore, quasi soffocata in  quell'abbraccio, tanto che stava per aver  un'indigestione di amore, la guardava e voleva esserci lui, stretto tra quelle braccia.
Rabbia.
Come si fa ad invidiare una Mezzosangue, una stupida che viene abbracciata da quei rammolliti di Potter e Weasley? Devo essere rammollito. Stupido, stupido Draco.
Avrebbe  voluto colpirla. Ucciderla. Bruciarla. Incenerirla. Draco Malfoy non deve invidiare nessuno, sono gli altri che devono invidiarlo.

Hermione si voltò verso l'Espresso, dando le spalle alle ultime raccomandazioni degli amici. Ma non incontrò il rosso acceso del tanto familiare treno, bensì un grigio, come metallo fuso in cui si affoga, appena screziato da due lacrime di diamante che non  volevano essere versate, non  davanti a  loro,  non  davanti a lei. Draco la guardava, atterrito da quello sguardo d'ambra, quella dolcezza infinita, che sembrava la risposta alla domanda che si era appena  posto - cosa cazzo ti manca, stupido? 
Hermione si voleva tuffare in  quel metallo fuso, dimenticandosi di quanto bruciasse, il metallo fuso.
Draco si voleva tuffare in quell'ambra, dimenticandosi che dentro l'ambra,  si rimane intrappolati. E non se ne  esce più.
Le loro gambre  cominciarono a muoversi, contemporaneamente.  Andavano a tempo,  seguendo quello di una musica che sentivano solo loro. Stavano andandosi incontro,  sempre più veloci, desiderosi di unire il metallo all'ambra, desiderosi di salvarsi, perché Harry Potter aveva salvato il mondo, ma non loro.
Una mano strinse il polso di Hermione,  tirandola indietro. I loro sguardi si staccarono, e  la magia era finita.  Hermione si accorse che quasi tutti la stavano guardando con disprezzo, odio, perché stava  andando incontro a Malfoy come ad  un vecchio amico,  mentre avrebbe  dovuto Schiantarlo, incenerirlo. Trasfigurarlo in  un furetto in  memoria dei vecchi  tempi.
L'ambra degli occhi di Hermione si scontrò con gli occhi duri di Ron, pieni di collera, che le porgevano una  domanda muta,  ma che capirono tutti gli spettatori di quel muto teatrino.
Che cazzo stai facendo,  Hermione?
"Io stavo solo.. stavo andando verso il treno. Ormai è ora, sono saliti quasi tutti e non volevo finire nel vagone di.. qualcuno indesiderato." Si giustificò lei, brevemente.
"Qualcuno indesiderato tipo Malfoy?" Chiese allora Ron, desideroso di una conferma abbastanza buona da smentire lo sguardo che si erano scambiati poco prima  "l'indesiderato" e la sua donna. 
"Io ti.. saluto,  Ron. Perderò il treno." E mentre Hermione si mordeva la lingua per non  essere stata capace di rassicurare l'amico, un Draco ancora stordito la seguiva.
Appena entrambi furono sopra il treno, questo partì a gran velocità, e a gran  velocità  si  divisero loro, quasi come se credessero che l'altro avesse una  bomba che stava per scoppiare fra pochi secondi. Provarono tuttii vagoni, dal primo  al penultimo, ma perfino il vagone di Ginny era pieno,  visto che ormai si erano  già  riuniti  tutti quelli del settimo anno  di tutte le case -tutte tranne Serpeverde,  ovvio- e se anche Ginny avrebbe  voluto scacciare un'Hannah Abbot e qualcun  altro di poco desiderato dal vagone, non  potè,  perché era appena cominciato un  pianto collettivo di chi aveva perso qualcuno in battaglia, quindi, ormai tutti piangevano. Tutti tranne quella fiera Ginny, quella che a volte sapeva essere più forte di tutti i suoi fratelli,  dei quali all'appello,  da troppo tempo, ne  mancava uno. Il suo era un  pianto silenzioso, che cominciava all'alba e finiva a quella  del giorno  successivo per poi ricominciare, come una danza monotona, un  rituale che ogni giorno ti avvicina  alla morte,  a quella interiore.  Perché quando non  c'era il ricordo di Fred a  tormentarla, c'era  il  tormento di George,  i suoi pianti silenziosi, i suoi rimpianti, e ancora nelle mura del castello rimbombava quel grido che prima doveva essere un grido gioioso, mentre George urlava al  fratello  che ce l'avevano fatta, ma  che si era trasformato poco dopo in  un urlo straziante, quasi  come se stesse morendo anche lui,  per lasciare che l'altro vivesse.
"Hai visto, Freddie? Le uniche due volte in cui siamo  stati divisi sono state state fatali, per il mio orecchio,  e per te. Non  avrebbero dovuto dividerci,  nessuno avrebbe dovuto farlo. Portami con  te, Fred,  portami con te. Non  voglio stare qui da solo, il negozio, la famiglia.. io sono fragile, Fred. Non ho imparato nulla da te. Io ti dono la mia vita, Fred." Gli aveva sussurrato per ben una settimana, con la testa sul suo petto, quasi in  attesa di sentire il cuore ricominciare  a battere,  all'unisono con  il suo, come sempre.
Ma quel cuore non batteva più, e  non  batteva più ciglio, Ginevra Weasley, con  quel grido ancora nel cuore,  nel petto. Avrebbe  voluto urlare, strapparsi i capelli, Schiantare tutti e rimanere sola. Invece fece spallucce e mandò via dal vagone  l'unica che avrebbe  potuto mai capirla, che avrebbe  mai potuto dirle quello che voleva sentirsi dire.

Draco ed Hermione si trovarono davanti all'entrata dell'ultimo vagone insieme.  Si buttarono verso la porta contemporaneamente, e quando sembrava che riuscisse ad entrare lui, subito dopo lei aveva già varcato con una parte del corpo l'entrata.  Era una lotta all'ultimo sangue, ma Hermione si rassegnò, sapendo che avrebbe comunque vinto lui,  prima  o poi.           Rimase fuori al corridoio,  aspettando che  Malfoy si voltasse e le rivolgesse quel  ghigno malefico che ancora una  volta significava la sua vittoria,  sbattendole la porta in faccia. Lui, al contrario, si sistemò  per bene, mettendoci quanto più tempo che poteva,  tempo in  cui,  notò Hermione, lei sarebbe potuta tranquillamente entrare a disturbare il suo viaggio solitario verso Hogwarts. Quando lui ebbe preparato ogni cosa e  si fu sistemato bene, si voltò finalmente verso la Granger, ancora fuori dal vagone, che lo guardava, sconfitta.
"Che fai, non  entri?" Le chiese lui, e lei si stupì quando non lesse né sarcasmo, né il suo solito tono strafottente nella voce.
"Come scusa? Ci siamo scontrati per entrare e stare da soli nel  vagone, mi sono procurata anche un paio di lividi a causa tua, poi tu entri, e mi chiedi perché non entro anch'io?"
"Guarda, Granger, che io volevo solo il posto accanto al finestrino." Disse lui, semplicemente. Poi guardò l'espressione stupita sulla faccia della Granger, e scoppiò in una sonora risata.
Per la prima volta non era una risata cattiva, di scherno.  Stava solo ridendo perché lei lo credeva  ancora scontroso come lo  era fino a l'ultima -o meglio, la penultima- volta che si  erano visti. E quella risata era bellissima, era una risata incontrollata, sguaiata. Hermione non  aveva mai sentito una risata così, non da lui, e se ne  stupì, ma il suo stupore non fu  tanto quanto quello di Draco, che non riusciva a credere di saper ridere così.  Quand'è che aveva  imparato?
Quella risata fece ridere anche Hermione, e la spinse ad entrare,  ed inconsciamente non  prese il posto davanti a quello di Malfoy, bensì accanto a lui.
Rimasero di stucco quando pensarono alla situazione, Draco Malfoy ed Hermione Granger, i due nemici giurati, seduti vicini in un vagone dell'espresso  di Hogwarts quando c'erano altri posti liberi in cui avrebbero potuto sedersi ed ignorarsi tutto  il viaggio, che ridevano allegramente come la più dolce delle coppie. Si voltarono,  straniti. Si scrutarono un  po',  evitando volutamente di incrociare lo sguardo cosicché non  accadesse nulla di ciò che era successo poco prima. Si chiesero se fosse giusto.
Andiamo, Hermione.  Siamo in  tempo di fine guerra. Siamo spregiudicati come il Bacio immortalato per errore,  tra due sconosciuti,  dopo la guerra. Hermione ricordò come era passionale quel bacio,  pur essendo tra  sconosciuti.  Quasi come  se stessero per cadere ed usassero l'uno il bacio dell'altra per non cadere, vi si attaccassero  come un'ancora.
Andiamo, Draco. Siamo in tempo di fine guerra.  Sei stato troppo tempo dalla parte sbagliata, ti sei lasciato influenzare da  una corrente errata, mentre potevi rimanere nelle acque tranquille di chi ha la coscienza apposto. Adesso ne hai l'opportunità, butta l'ancora, e aggrappati a  lei.
I loro sguardi cedettero, perché morivano dalla voglia di affogarsi,  l'uno nell'ambra,  l'altra nel ferro. E quando,questo magnetismo risultò così potente da far  ritrovare Hermione attaccata a Draco,  e  lui attaccato a lei, non  si sorpresero. Perché era  da quando si guardavano, che  c'era un bacio. E quasi come un Bacio del Dissennatore,  si stavano prendendo l'anima. Ma una volta staccati, ci sarebbero state altre conseguenze. Perché mentre prima  la loro vita era ormai monotona, dopo quel bacio tutto divenne  caos. E una forte aria tesa,  ostile,che voleva negare ciò che ormai li legava, regnava su di loro,  mostrandosi sempre di più, tanto che  sì, tutti ad Hogwarts erano abituati alle liti e alle frecciatine della Granger e di Malfoy, ma arrivarono a credere  che fosse solo un gioco di ruolo, un  gioco perverso dove giocavano a fare i cattivi, mentre di notte sfogavano tutto l'amore che avevano dentro.
E per una  volta,  i pettegolezzi, avevano -in  parte- ragione.
 

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Capitolo 2
*** 2. You're a loaded gun. ***


You’re a loaded gun!
There’s no where to run
No one can save me
The damage is done!
Shot through the heart
And you’re to blame
You give love a bad name.

-Bon Jovi,  You  give love a bad name.

                                                                   2. You're a loaded gun.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    





Riscossa da quell'accogliente rifugio trovato nelle labbra del giovane Malfoy, Hermione Granger rimase stupita, sbigottita dal suo atteggiamento, e  quello dal ragazzo, seduto accanto a lei,  altrettanto imbarazzato. Si  staccarono quasi come se un  ulteriore contatto li avrebbe esposti ad un contagio di Vaiolo di drago, o Spruzzolosi. O forse,  solo un  contagio d'amore.
Ma c'era una strana sensazione, quasi  come  se dopotutto avrebbero voluto rischiare quel contagio,  per un altro po' di amore, quella sicurezza che era stata negata loro  per decisamente troppo  tempo.
Volevano solo aver baciato una  persona diversa, o magari in quel momento avrebbero persino voluto che il loro rapporto fosse iniziato diversamente, così da potersi abbandonare definitivamente  l'uno negli occhi dell'altro, senza dover ascoltare le critiche degli altri, e  quelle di  loro stessi.
Perché l'avevano fatto? Perché avevano bisogno di braccia avvolte intorno ai loro corpi fino a sentirsi a casa, ma non  volevano ammetterlo,  non  volevano ammettere che quelle braccia potevano essere, per uno della Granger,  quella sporca Mezzosangue, e per l'altra di Malfoy, quell'odioso  Purosangue.
Draco non la voleva più vedere. Quell'odore che prima lo aveva reso tanto felice, euforico, gli aveva inebriato la mente, adesso era paragonabile all'odore di un sudicio elfo domestico, e quella faccia, che era talmente bella  che si stupì di averla già vista prima,  una marea di volte,  per giunta, e non  averne  mai scovato la bellezza,  adesso era paragonabile ad una faccia orribile, quella più orribile che gli venisse in mente.. fu scosso da un brivido,non un  piccolo brivido,  un  brivido da -50°, un  brivido di paura al ricordo della faccia, della sua faccia. Ricordando quegli occhi, quelle pupille feline, quel naso inesistente, Draco provò un sentimento fra l'odio,  il timore,  e il ribrezzo, che gli fece assumere un'espressione orribile mentre i suoi occhi puntavano ancora inconsciamente la faccia di Hermione.
Sentendo uno sguardo  perforargli la pelle, e sapendo che l'unico sguardo che poteva esserle rivolto era il suo sguardo, Hermione presto cedette nel voltarsi e perdersi di nuovo in quel  metallo liquido degli occhi di Draco, con un senso di colpa che le martellava nel petto, insieme a  qualcos'altro di indecifrabile.
Lo guardò, sperando di vederlo con gli occhi sognanti rivolti verso i suoi, ma quando vide quell'espressione assurda  e senz'altro disgustata, si alzò e si diresse verso la porta del  vagone,  che strattonò perché si aprisse,  desiderosa di andarsene.
Quel rumore sembrò scuotere Draco dai suoi pensieri, che la guardò con uno sguardo incredulo, perché quando si era riscosso da quel bacio, pensava di andarsene, e lasciare lei lì,  sola come un cane. Invece adesso era lei che se ne stava andando, con uno sguardo fiammeggiante di odio. Aprì la bocca per fare un  commento sprezzante, ma lei lo precedette:
"Immagino anche tu ti diverta a chiamare Luna 'Lunatica', ma devo dire che qui il Lunatico sei solo tu!" Sputò lei acida.
"E sentiamo, perché dovrei esserlo? Ti ho baciata, non  ti ho giurato eterno amore." Disse Malfoy con tono di sfida. Avrebbe potuto non calcolarla,  lasciarla andare, sapeva che l'avrebbe ferita. Ma lui non voleva ferirla. Solo che non lo sapeva.
"Oh, già. Dimenticavo. Per Malfoy il Dio Del Sesso,  è più che normale baciare una ragazza. Scusami, non badare a me.  Dopotutto sono solo feccia, vero? Bene, allora sciacquati la bocca, perché non so se il Lunatico se n'è accorto,  ma prima mi ha baciata. Divertiti nella tua solitudine, Malfoy. Tanto ci sei abituato,  non  è così?"
Quelle parole lo colpirono dritto nel petto, lo uccisero.  Lo buttarono giù. Un'ultima,  sonora botta, e la Granger se n'era andata, e con lei il suo odore piacevole che, Draco non  voleva ammettere, ma  gli piaceva.
Divertiti nella solitudine, Malfoy. Tanto ci sei abituato, non è così?
Quella frase rimbombava nella mente di entrambi,  quasi come se quel gioco di sguardi, quel bacio, li avesse uniti. Perché per una volta, Draco ed Hermione provavano lo stesso sentimento, seppure con sfaccettature e motivi diversi, verso una stessa frase. Senso di colpa, quello che attanagliava lo stomaco di Hermione. Senso di colpa, quello che divorava il cuore di Draco.
Non volevano crederci, l'una di averlo detto, l'altro di averlo sentito.
Aveva ragione, quella sporca Mezzosangue. La sua famiglia aveva passato generazioni su generazioni a combattere per il suo sangue, generazioni di Serpeverde si erano ritrovati all'altare con una mezza sconosciuta che fino all'anno prima, quando ancora erano ad Hogwarts, si scopava il suo migliore amico. E nessuno si era mai ribellato, nessuno aveva nemmeno provato a farlo, si era sposato di nascosto con un'altra donna  così che adesso sarebbe stato solo suo,  e l'unica ad  essere sua sarebbe stata lei.
Perché? Perché i Serpeverde non erano capaci di amare, non lo facevano, non ne sentivano il bisogno.
Ma forse io vorrei cambiare le cose. Si disse fra sé e sé il Caposcuola Serpeverde.
Ma no, lui non poteva farlo. Lui si era piegato davanti alla volontà dei suoi genitori, era un  ragazzo rispettabile per tutti quelli che "contavano",  ma forse in quel momento, per lui,  contava più una Mezzosangue di tutti quegli stupidi Purosangue..
No.
Lui era Draco Malfoy. Lui era il ragazzo bello,  perfetto. Il Purosangue, ricco, Serpeverde,  altezzoso. Lui era ciò che le ragazze volevano avere, ed i ragazzi volevano essere. Lui era.. 
"Un elfo domestico." Disse una voce,  appena fuori dal suo vagone, abbastanza vicina da poterla sentire con  chiarezza.
"Ecco cosa mi sento, un elfo domestico. Senza nemmeno un cazzo di posto come se fossi uno stupido Grifondoro!" Si lagnava.
"Nott, entra e non  rompere le palle." Disse Malfoy, urlando per farsi sentire, ed aprendo il vagone con un  colpo di bacchetta.
"Mal.. Malfoy? Ma che diamine..? Alla fine le mie preghiere di non lasciarmi solo ad Hogwarts hanno fatto centro." Disse Nott,  felice di  rivedere un amico, l'unico che gli era  rimasto. E dato che era un  amico, sapeva che non  era certo di sua spontanea volontà che era  tornato ad Hogwarts, quell'anno.
"Mammina." Rispose solo uno sbrigativo Draco, desideroso di finire la conversazione, perché Nott avrebbe scoperto sicuramente presto il fatto  che ci fosse qualcosa che non  andava. Ma cos'era, poi, che gli metteva  quell'inquietudine addosso?
"Ricordami di ringraziarla allora, la prossima volta che la  vedrò." Ghignò Nott, che aveva sempre avuto un debole non troppo nascosto per le forme della madre di Draco, nonostante potesse pur sempre essere sua  madre, dato che era già quella del  migliore amico.
"Non la vedrai, Nott." Disse solamente Draco, con una punta di rabbia nella voce, più per se stesso che per l'amico.
"Cos'è successo? Perché non mi hai ancora affatturato?" Chiese Nott,  a  metà tra il preoccupato e lo scherzoso.
"Oggi sono particolarmente magnanimo ed assonnato, ma potrei sempre cambiare idea. 'Notte, Theo." Disse,  mimando malamente uno sbadiglio, tanto che Theodore se ne accorse e cominciò a tempestarlo di domande,  finché Draco, voglioso di restare solo com'era, pronunciò a mezza voce l'incantesimo di silenzio, che rese l'amico fastidioso solo per chi aveva gli occhi aperti e guardava l'interno del vagone,  come non  faceva Draco, e come invece faceva Hermione.
Aveva vagato per i vagoni,  ma  non  aveva trovato nemmeno un posto vuoto, così era combattuta tra il rimanere nel corridoio,  o l'entrare nel vagone dove ormai sia Nott sia Malfoy  si erano addormentati. Passò un po' di tempo lì fuori, a studiare meglio i contorni di Malfoy come se li vedesse per la  prima  volta, ad impararli a memoria come un libro di testo, quello dellla sua materia preferita.
Nott si sdraiò con un  movimento nel sonno su tutti i seggiolini posti di fronte a quello di Draco, così l'unico  posto pronto ad accogliere un'assonnata Hermione, fu quello vicino a Draco Malfoy,  che dal canto suo,in  fondo in  fondo, aspettava solo che quell'esile figura in  pena fuori dal vagone,che fissava con  la coda dell'occhio, mentre                                                                                           si cullava in  un falso sonno, entrasse e si sedesse accanto a lui. Ma non voleva ammetterlo.  Così come lei non voleva ammettere che svegliarsi sulla spalla di Draco Malfoy, alla stazione di Hogsmeade, fosse stato piacevole.


Ovviamente, Serpeverde e bastardo com'era, Malfoy non tardò a mostrare la sua galanteria, alzandosi prima che Hermione potesse svegliarsi del tutto, e facendola cadere di lato, sbattendo la testa sul bordo del finestrino.
"Vaffanculo." Mormorò la Granger a mezza voce, ormai sveglia.
"Come hai detto, Mezzosangue?" Disse Malfoy, con un tono che Cruciava l'anima, perlomeno quella della Granger, segnata dal bacio che lui sembrava aver dimenticato.
"Ho detto esattamente  ciò che hai sentito, Malfoy." Disse, impugnando la bacchetta dietro la schiena, in modo che lui non  se ne accorgesse  e credesse di poterla attaccare.
Bastò un  secondo,  lei lo vide arricciare le labbra e formulò un banalissimo incantesimo  non-verbale, così da poter prendere la bacchetta.
Expelliarmus.
Draco vide un nuovo, strano sentimento, vagarle negli occhi e quasi incupirli, mentre prendeva con  la mano libera la bacchetta, volata dalla sua mano, senza che lui potesse farci  niente. Sembrava così triste, Hermione. Lo era.
Se ne andò senza degnarlo di un altro sguardo, un'altra parola. Senza ridargli la bacchetta. Una volta arrivati al Castello, si diressero verso la Sala Grande, dove Hermione si avvicinò alla migliore amica, la Weasley, e le disse qualcosa, poi salutò gli altri e se ne andò. Draco Malfoy la guardò sbigottito andarsene,  ancora incupita da quella strana tristezza accesasi nei  suoi occhi quando gli aveva sottratto la bacchetta,  mentre pochi mesi prima sarebbe stata selvaggiamente soddisfatta della sua vittoria. Ma sarebbe stato, Draco Malfoy, tanto stordito dal suo profumo da non usare un Sortilegio Scudo, come aveva fatto poco prima, mesi fa? L'avrebbe lasciata impossessarsi della sua bacchetta così facilmente? No. Perché un tempo Draco Malfoy non si faceva schiacciare da nessuno, tantomeno da una Mezzosangue, ed ancora meno dalla Granger. Ma cos'era cambiato, adesso? Forse che aveva capito,  con  quel bacio, che quel mostro che non  aveva mai presentato la sua presenza prima  d'alloora, in quel Draco  Malfoy undicenne, appena deluso di non esser diventato il miglior amico della nuova celebrità, non era un Ungaro Spinato che sputava odio, ma forse un'insulsa Puffola Pigmea di un  nauseabondo rosa, che sapeva solo di rammollito. Ma era  davvero un  rammollito,  colui che amava,  o forse solo uno  che invidiava?
Draco Malfoy non l'avrebbe seguita, come lei sperava che facesse. L'avrebbe lasciata fare  finché lei non  fosse tornata da lui,  perché qualsiasi possibile rapporto si fosse instaurato fra i due dopo il bacio, lui voleva che lei lo sapesse. Quello che comandava,  rimaneva lui.


Uscendo dalla Sala Grande, Hermione  mimò una corsa,  sperando che così,  Malfoy, -che adesso la guardava,  lo sentiva- le  fosse corso dietro il prima possibile.
Poi però cominciò a frugare nella sua borsa per cercare qualcosa, -magari solo un antidoto per quello che  le si insinuava dentro, mentre ancora teneva stretta convulsamente la bacchetta di Malfoy e  riusciva quasi a sentirvi il suo odore sopra-  qualcosa di  inesistente,  per far sì che lui non  si  sarebbe insospettito, a vederla camminare a un metro orario,  mentre prima si allontanava dalla Sala Grande correndo.
Quando arrivò,  dopo una ventina buona  di  minuti, davanti alla Signora Grassa, aspettò per altri cinque  minuti, sperando solo che avessero servito le pietanze preferite di Draco e che lui avesse tardato a seguirla prima che Nott avesse finito anche la sua porzione.
Ma Hermione dovette ben  presto  arrendersi, e se ne andò nel  dormitorio, dove si addormentò, e fu svegliata al  mattino, da una curiosa Ginny Weasley che le chiedeva dove avesse preso la nuova bacchetta.
"'Giorno, Gin"  disse, ancora assonnata "a dir la verità è di Malfoy.." sospirò. Già.  Malfoy. Ma non  sembrava tenerci poi tanto, visto che non l'aveva ancora reclamata.
"Malfoy? Perché mai dovresti avere la bacchetta di Malfoy?" Chiese, curiosa.
"Oh beh, sono finita nel vagone insieme a lui.. e poi.. mi ha fatta arrabbiare.. e così l'ho disarmato."
"Perché non Affatturarlo? Certo, le mie Orcovolanti superano le tue, ma potevi fargli altro.."
"Io volevo solo che lui tornasse a cercarmi con la scusa della bacchetta.." Disse Hermione, e si tappò la bocca solo alla fine,  come se non  avesse potuto impedire di dirlo,  prima ancora di pensarlo.
Un tonfo.
Ginny era appena caduta dal letto di Hermione sul quale era seduta. Era svenuta. Hermione la portò di corsa in infermeria, dove una preoccupata Madama Chips la accoglieva.
"Che le è successo?" Chiese, dopo averla adagiata sul letto ed averle misurato la febbre.
"Io..beh.. lei è.. svenuta, ecco." Disse Hermione, preoccupata.
"Così? Di botto? Senza una spiegazione?" Chiese, impaziente.
La spiegazione c'era. Il mondo girava al contrario, ed Hermione sembrava quasi attratta da Malfoy.
"No.. a dir la verità..  è stato.. a causa di uno shock." Balbettò Hermione.
"Che genere di Shock?"
"Beh.. lei ha.. scoperto che il suo ragazzo l'ha tradita, sì. Ecco." Disse Hermione, maledicendosi appena Madama Chips aprì la bocca.
"Harry! Harry Potter.. che la tradisce. Non me lo sarei mai,  mai aspettato.. quel." Ma non finì la frase, perché un Draco Malfoy trafelato, con un senso di preoccupata urgenza, stendeva l'amico, Theodore Nott,  su un letto dell'infermeria, proprio accanto a quello della Weasley, accanto al quale stava la Granger.
"Il mio amico è.. svenuto!" Disse con un filo di voce. Poi si voltò, e tanti sentimenti si specchiarono in quel mare di ferro quando Malfoy la vide, vide quella che aveva causato lo svenimento di Theo,  perché appena gli aveva rivelato del bacio con la Mezzosangue, questo era svenuto.  E l'amica della Granger sembrava nelle stesse  situazioni dell'amico. Che fosse svenuta anche lei a causa del racconto della Granger?
"Che gli è successo?" Chiese la Chips, sbrigativa.
"E' svenuto. E' stato.. per colpa  di.. uno shock, si, uno shock."  Balbettò Malfoy, in difficoltà per la seconda volta nella sua vita,  visto che la prima risaliva al giorno precedente, con  la Granger.
"Che genere di shock?"   Chiese Madama  Chips incredula di avere due pazienti, entrambi svenuti, entrambi per uno shock e, dopo la risposta di Malfoy alla sua ultima domanda, anche per la stessa causa: erano entrambi stati traditi dai propri partner.
"Ma non  è che Potter ha tradito Ginevra con la ragazza di Nott?" Chiese la Chips, frastornata.
"Oh, beh, io non lo so. Mi ha raccontato del tradimento, e  poi è svenuto." Dissero insieme Draco ed Hermione, e  dopo quella battuta che sembrava scritta, si guardarono, a disagio.
Quando si svegliarono, i due pazienti  si ritrovarono nei due letti vicini, mentre sussurravano a ritmi regolari "incredibile", "pazzesco",  "che idiota", ed altre esclamazioni. Fu Nott a rompere il ghiaccio, chiedendo  cosa fosse successo a lei.
Lei lo guardò per qualche secondo,  pensò, poi, con un'espressione furba, di chi ha capito tutto disse:
"Dai, Nott,  fai due più due. Io sono la migliore amica di Hermione e tu di Malfoy."
"Quindi lei ti ha detto.. tutto?" Chiese Nott, incerto.
"Tutto quello che ti ha detto anche il furetto,  credo."
"Secondo me è cotto." Disse lui.
"Secondo me  è cotta" Rispose lei, convinta pienamente, come lui.
"Dobbiamo escogitare qualcosa" dissero,  all'unisono.
Perché era  una cosa rara,  che Hermione Granger si innamorasse, ed ancora più rara, per non  dire unica, che lo facesse Draco Malfoy. Ed impossibile era che si  piacessero.  Perciò, un evento del genere andava solo reso possibile, e come,  se non  con due zelanti Cupidi?
Una volta accordato tutto, Ginevra Weasley si ritrovò a pensare che Nott non  era così male.
Una volta accordato tuttto, Theodore Nott, si ritrovò a pensare che magari Potter non l'aveva tradita davvero, ma lei poteva farlo. Magari con lui.


 

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Capitolo 3
*** 3. You could be my unintended choice.. ***


Nota dell'autrice: saaaaaalve a tutti  :D prima di tutto vorrei ringraziare chi  recensisce, chi segue, ecc.. e chi legge in  silenzio :) secondo, mi  vorrei  scusare perché,  avendo un 'Mac'  dell'800 a.C. che è stato usato per anni, adesso ha  una tastiera da film horror, per cui non vi scandalizzate se trovate spazzi di 3483973 metri, oppure se mancano delle l (il tasto delle l  ci ha lasciati :c) detto  questo,  buona  lettura! P.S. (Questa in realtà è stata aggiunta dopo la pubblicazione) Per qualche Oscuro motivo Efp ha deciso di odiarmi e non allineare la canzone sotto, perdonatemi!



                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       "You could be my unintended
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Choice to live my life extended
                                                                                                                                                                                                                                                                                                           You could be the one I’ll always love
You could be the one who listens
To my deepest inquisitions
                                                                                                                                                                                                                                                                                                     You could be the one I’ll always love
I’ll be there as soon as I can
But I’m busy mending broken
  Pieces of the life I had before..                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Before you.."
                                                       

                                                                                                             -Muse,  Unintended


 

3. You could be my unintended choice..



 

Per -quasi- la prima volta  nella sua vita,  Hermione Granger avrebbe  voluto saltare una lezione. Per prima cosa,  voleva tornare subito in Infermeria a salvare la sua povera migliore amica dalla compagnia di Theodore Nott, che doveva essere pessimo anche  solo per il fatto di essere migliore amico di Malfoy; secondo, nessuno poteva salvarla dalla compagnia di Malfoy, -come  lei voleva fare con Ginny- che adesso gli camminava accanto, e per la prima  volta se ne stava in  silenzio.
Hermione alzò gli occhi al cielo,  pensando a quanto fosse stata stupida la sera prima, e vide un'ombra su di lei, quella di Malfoy, eccessivamente più alto  di lei, ed eccessivamente vicino.  Un  pensiero molto poco Grifondoro e molto più Serpeverde le balenò in testa:  adesso lui era disarmato,  aveva lei stessa la sua arma.. avrebbe  potuto schiantarlo,  pietrificarlo  con un'espressione stupida e metterlo all'ingresso della Sala Grande dove tutti avrebbero potuto osservarlo,  con un'espressione che per la prima volta lo rispecchiava dentro.. Ma si  rese presto conto  che la prima che  l'avrebbe  ammirato per ore ed ore,  e  non  per prenderlo in  giro,  sarebbe  stata solo lei..
e tutte le altre stupide oche Serpeverde.
Un  moto di strana gelosia la fece produrre un suono strano,  contrariato, come quando  una  bambina di  tre anni  mette il broncio.
"Cos'hai,  Granger? Te la sei fatta sotto?" Chiese ridacchiando il Serpeverde,  al quale non era sfuggito  il suono  contrariato  della ragazza, tanto che lo aveva perfino  trovato carino.. poi era tornato  in sé.
"Io non oserei  Malfoy.. non  senza  bacchetta, almeno." Sorrise lei, un  sorriso falso,  perché non la facevano più ridere i loro litigi.
"Dovrei avere paura.. di te?" Rise lui, non certo con  la stessa risata del  giorno  prima, che sembrava aver  dimenticato.. sembrava. "Ma non  farmi il piacere,  Granger!"
"Stupeficium!" Gridò lei.
L'incantesimo stordì Malfoy e lo fece volare di  qualche metro, ma non  gli fece perdere conoscenza, come aveva programmato Hermione. Lui si alzò, scosse leggermente la veste dalla polvere che i muri, ancora sanguinanti per la guerra,  perdevano.
"Hai vinto tu, Granger." Disse, guardandola di sottecchi.
Si resero conto solo nel momento  in  cui, a seguito del gran baccano, la McGranitt uscì dall'aula, dove avrebbero dovuto essere anche loro,  e  li guardò, senza nascondere una grande traccia di stupore dal volto.
"Granger.. M
alfoy? Cosa ci fate, voi due, fuori dalla mia aula, in ritardo di ben.. quarantacinque minuti?" Chiese, muovendo velocemente gli occhi da Draco  ad Hermione, e da Hermione a Draco.
"Noi.. beh.." Dissero in  coro. 
Se Draco non  fosse stato  un superbo Serpeverde, e Hermione una  cocciuta Grifondoro, avrebbero smesso di  parlare fastidiosamente all'unisono, ma, essendolo, non lo fecero.
"I nostri amici.. sono in infermeria. E noi.. eravamo con loro,  e stavamo venendo qua quando.."
"Basta,basta. Ho capito abbastanza. Entrate in classe e cominciate subito la lezione  dove io l'ho lasciata. Potrete chiedere indicazioni ai vostri  compagni" Disse sbrigativa la Preside.
"Granger" disse allora Malfoy,  rivolto verso la Caposcuola Grifondoro.
"Io.. nella furia di  portare Ginny  in  infermeria.. ho lasciato  la bacchetta nel Dormitorio." Disse Hermione, molto imbarazzata per la sua sbadataggine ed ancor di più per la strigliata che avrebbe subito a breve dalla sua amata McGranitt.
"Professoressa.. ci sarebbe un  problema." Disse asciutto Draco, ancora in  fondo all'aula con  Hermione.
"Quale problema?" Chiese la McGranitt, visibilmente infastidita.
"La Signorina Granger. Si dà il caso che.." Cominciò Draco, suscitando la curiosità  di tutti i presenti, chiamando Hermione  'Signorina Granger' e non  con  altri epiteti poco carini molto soliti alla sua persona.
"Ho sentito abbastanza, Malfoy. Grazie mille.. bene, bene.. io credo che.. si, okay, andate a fare compagnia alla Signorina Weasley e al Signor Nott. Grazie. Siete esonerati dal resto delle lezioni di quest'oggi, anche si mi auguro che voi ripassiate tutto ciò che i vostri compagni studieranno  oggi." Disse,  farfugliando, talmente confusa che assomigliava sinistramente alla  professoressa Cooman quando veniva messa sotto pressione,  o alzava troppo il gomito.
"Ma Professoressa.." Tentò di optare Hermione.
"Vedrà, Granger.. domani  si sveglierà e sarà tutto apposto.." Farfugliò, ancora più scossa, la McGranitt.  "E' solo un incubo.." si sentiva sussurrare.
A quanto pare, ci sarebbe dovuta essere un'altra visita in Infermeria, quel giorno,  come reazione ad un accenno alla relazione  Malfoy-Granger.
Hermione uscì dall'aula visibilmente scossa,  Draco, invece,  sfoggiava un sorriso soddisfatto.
"Quali sono i tuoi programmi per la giornata,  Granger?" Chiese, divertito.
"Studierò sicuramente tutto ciò che gli altri studieranno in classe,  al contrario di me,  per un improvviso momento di pazzia della McGranitt.. Ma che le sarà successo?" Si chiese, Hermione, agrottando le sopracciglia rivolta verso Malfoy.
"Cosa le è preso? Capisco  sempre di più perché non sei finita in Corvonero, Granger.." Ridacchiò.
"E dimmi un  po', perché?" Chiese lei, sempre confusa,  con  aria di sfida.
"Vediamo.. primo, perché sei odiosa come  una Grifondoro.."
"Se fossi veramente odiosa sarei finita in  Serpever.."
"Fammi finire, stupida. Secondo,  perché non  sei perspicace. Ora,  lascia che la mia brillante mente Serpeverde, ti spieghi che la nostra carissima McGranitt, ci ha lasciati quando io ti ho chiamata  Signorina Granger. E ora ci attende un bel giorno intero passato a gozzovigliare, per giunta,  col permesso della Pres.."
"Eh no,  caro! La McGranitt era confusa già da prima.." Disse Hermione, interrompendolo,  per fare mente locale sugli attimi appena passati, ancora in  classe,  con la McGranitt.
"Quando abbiamo parlato usando un  'noi'." Dissero allora in  coro, un  po' contrariati, un  po' sperduti, un  po' intimoriti. Ma  Malfoy scosse di dosso questi sentimenti poco  degni  del suo Animo Principesco,  e disse sprezzante:
"Anche  di questo, devi ringraziare me." Disse lui.
"Ho parlato anche  io!" Strillò lei, contrariata.
".. Ma tu non l'hai fatto apposta." Disse Malfoy, parlando a lei ma anche a se stesso, come  per dirsi 'Sveglia, Draco. Ciò che ti manca è lei, e tu l'hai già in pugno..',  ma si riscosse ben  presto da questo pensiero decisamente poco.. giusto,  per un Purosangue d'alto rango come lui.
"Vuoi andare in Dormitorio a recuperare la bacchetta oppure vuoi rimanere impotente di fronte  alla mia.. ira?" Chiese Hermione, quasi scherzosa nel pronunciare le ultime  paure,  desiderosa di cancellare dalla sua mente e  da quella di  Malfoy la frase appena pronunciata da quest'ultimo.
"Immagino di sì, Granger. Cominci a spaventarmi, tu con la tua ira. Certo, mi sentirei un sudicio Babbano senza la mia bacchetta.."
"Beh,  dovresti sapere che i Babbani sono molto più puliti anche di alcuni Serpeverde.." Sentenziò lei.
"Taci, Granger. Stavo parlando del Sangue.  Il Sangue babbano è nettamente  inferiore al mio, quindi anche il tuo."
Hermione  rimase colpita da quelle parole. Ferita.  Perché se prima credeva di poter trovare del buono in lui, adesso non  lo credeva più. Non  dopo tutte quelle cattiverie ricevute. Sperava che dopo il bacio fosse cambiato qualcosa.. non voleva certo essere la sua ragazza, ma perlomeno  poteva mantenersi un silenzio imbarazzato tra loro. Ma come potevano non  parlarsi se lei aveva la sua bacchetta? Prima o poi avrebbe dovuto ammetterlo a se stessa,  solo non adesso. Non  dopo che quello che dovrebbe, potrebbe, essere il ragazzo per il quale lei provi una certa.. "simpatia",  l'aveva offesa così tanto pesantemente.
Malfoy rise.
Bene, Malfoy.  Vuoi giocare? Scommetto che vinco  io.
"Certo, credo che però la saliva babbana non  sia contagiosa, o forse il nostro piccolo Purosangue,  ieri si è dimenticato a chi  stesse cacciando  la lingua in bocca.."  Sorrise compiaciuta Hermione, sentendosi tuttavia un po' Serpeverde.
Malfoy tacque a lungo, poi, accettando la sconfitta ma non  che la Mezzosangue avesse l'ultima parola, disse soltanto:
"Già, probabilmente sì." Ma prima che potesse frenarsi,  altre parole  uscirono dalla sua bocca velenosa, improvvisamente addolcita da sentimenti apparentemente sconosciuti: "Forse sono stato inebriato dal tuo profumo.." Si voltò di scatto verso di lei, sperando che  non  avesse sorriso. Lei, invece, aveva sentito forte e chiaro, e sorrise sincera a quel lato non-meschino di Draco che si era aperto a lei, compiaciuta e, sotto sotto,  estasiata da quel piccolo complimento che valeva come milioni di 'Ti amo'  da chiunque altro. 
Stavolta fu l'animo gentile e Grifondoro a replicare alla piccola Serpe, trasformata per un  secondo in un  Grifone:
"Hai visto?  Dopotutto anche i Babbani profumano."
Malfoy rise, non  tanto. Una risata controllata ma tranquilla, dolce. E quella risata lo prese tutto,  dalle radici  dei  capelli  alla punta dei piedi. Perché non  poteva essere solo Draco? Perché doveva essere anche Malfoy?
Procedettero tranquilli fino  alla Torre Grifondoro,  dove la Caposcuola Grifondoro si fermò davanti al  ritratto della Signora Grassa, pronunciò la parola d'ordine ed entrò, curiosa di vedere se Malfoy  sarebbe entrato o no.
"Voglio proprio vedere com'è questa Torre Grifondoro.." Ridacchiò lui ed entrò.
Per un  attimo rimase folgorato dell'accoglienza della Sala Comune, nonostante odiasse profondamente quei colori e più o  meno tutte le persone che vi alloggiavano. Più o meno, certo. Perché lui non odiava Hermione Granger, anche  se  non l'avrebbe mai ammesso, non adesso.
Hermione imboccò velocemente le scale per i Dormitori, mentre Malfoy rimase nella Sala Comune, chino davanti alle  fiamme dorate che scoppiettavano allegramente nel camino, nonostante l'assenza di spettatori vista l'ora.
Hermione uscì dai Dormitori con la bacchetta di Draco e si soffermò a guardare il suo profilo, di nascosto, vedere quell'oro fare a pugni col candore della pelle e con  l'argento dei suoi occhi la  incantava tantissimo,  tanto che non si accorse subito che lui si era accorto del fatto che lei lo stesse guardando,  o meglio,  ammirando.
Ma lui, decise di stupirla e non  fare commenti acidi sul fatto  che lei lo stesse guardando con  ammirazione, e alzò solo la mano, col palmo aperto,  rivolto verso  l'alto, ansioso che lei  vi posasse la sua bacchetta.
Lei non  tardò ad accontentarlo, sorridente. Lui le rivolse uno sguardo quasi grato, poi si diresse verso il buco del ritratto, ansioso di uscire da quel luogo troppo.. accogliente, per lui.
"Mi sarebbe piaciuto vedere il tuo letto,  Granger." Ghignò lui una volta  fuori dalla Sala Comune.
"Ne avrai visti tanti altri sicuramente."  Disse lei, un  po' infastidita dalla realtà dei fatti.
"A dir la  verità no." Hermione cacciò un sospiro, che dissimulò abilmente con un  colpo di tosse, e una volta che Hermione ebbe finito di fare un  qualsiasi rumore che potesse disturbare la  quiete del discorso  del Caposcuola Serpeverde, questo  continuò: "Preferisco sempre andare da altre parti.. sgabuzzini, classi vuote.."
"La Stanza della Necessità.." disse lei a mezza voce.
Lui la guardò e scoppiò a ridere.
"Come le sai, queste cose, Mezzosangue?" Chiese, allora.
"Smetti di chiamarmi Mezzosangue o ti.. ti.." Balbettò lei.
"Così si che mi fai paura, Granger. Facciamo un  patto. Io smetto di chiamarti Mezzosangue, e tu.. passi il pomeriggio con me." Disse,  semplicemente, alzando il mento, con aria da bambino piccolo che ha trovato il  modo per ricattare i genitori e farsi comprare il giocattolo più bello.
"Passo il pomeriggio con  te?" Si stupì lei. "Credevo che tu ti volessi liberare di me,  non passare il pomeriggio insieme a me." Ma non  poteva certo dire che non le piacesse quel patto.
"Magari  ti faccio baciare dalla piovra, così smetti di sentire il mio sapore in  bocca e di pensarmi così ardentemente.."  Sorrise malizioso.
"Allora facciamo che ti butto nel lago dopo avergli dato un  profumo intenso,  così tu smetti di ricordarti il mio profumo e sentirlo ovunque!" Strillò lei, decisamente alterata, ma più che con Malfoy, con se stessa, perché per una volta lo stava lasciando vincere..  perché per una volta aveva ragione lui, e solo per  colpa sua, perché non  riusciva a controllarsi, non  riusciva a dimenticare il suo sapore..

"Guarda che scherzavo." Disse Malfoy, cupo.
"Io no!" Urlò di nuovo lei.
No, non  scherzava.  Non  scherzava quando parlava alla prima persona plurale  di lei e Draco, già come un  piccolo noi. Non scherzava quando dava ragione a Malfoy, perché aveva davvero il suo sapore in bocca..
Malfoy balbettò qualcosa di molto simile a "Scusa", ma lo dissimulò con un attacco di tosse, sperando ancora una volta che Hermione non avesse sentito,  ma ancora una volta, lei l'aveva sentito, e l'avevano sentito anche  quelle farfalle che adesso le giravano nello stomaco,  tormentandola.
Lei decise che era abbastanza, e non  poteva pretendere più di quanto non avesse già  avuto,  da Malfoy.
"Dove hai intenzione di andare,  allora, Malfoy?"
"Giretto ad Hogsmeade?" Chiese allora lui.
Non  c'era niente di più bello delle libere uscite ad Hogsmeade per quelli del settimo anno,  per Draco. Non  c'era niente di meglio di poterci portare qualcuno, con sé, ad Hogsmeade. Soprattutto  se quel qualcuno era lei, ma non  l'avrebbe  mai ammesso.
Fortunatamente era ancora Settembre,  per cui non  dovettero preoccuparsi  del freddo, anzi, quel giorno era un giorno perfetto: il sole era alto nel cielo, e non c'erano nuvole all'orizzonte, c'era gran luce.. così posso vederlo meglio. Pensarono entrambi, poi si voltarono verso l'altro  all'unisono e risero, risero di cuore,  perché erano degli stupidi, perché stavano andando contro ai loro principi, a chi credeva in entrambi,  per motivi diversi, perché andavano contro a loro stessi,  alla loro natura..
Ma poteva la natura di Draco, non comprendere quel fiore che era Hermione,  quella rosa che si stava staccando le spine,  solo per farsi prendere in  mano da lui,  che al contrario voleva solo tagliarla? E poteva, la natura di Hermione, non  concepire quell'erba rara, se non unica, che era Draco  Malfoy? Come  una pianta rampicante che si attacca ovunque e che ricopre ogni tuo muro..  ma  i muri di Hermione, adesso, erano quelli della guerra. E lei voleva solo che venissero abbattuti.. anche da lui. L'unico, in  quel momento, che riusciva a non  farle pensare a quelle grida,  quelle lacrime.
"Chissà come se la  passano Ginny e Nott,  là dentro.." Disse pensierosa Hermione, con un'accenno  di sorriso sul  volto.
"Come minimo si saranno stuprati a vicenda." Osservò Draco.
"O magari sono loro a pensare questo  di noi, mentre invece stanno solo ridendo di noi come noi stiamo facendo di loro."
"No.. Theodore è uno che passa subito ai fatti." Rise Draco. E ancora una volta Hermione rimase incantata da quella risata, quella voce. Quella sopresa negli occhi, perché ancora non ci crede, di saper sorridere, di poterlo ancora fare..
Hermione risentì le  parole del giovane risuonarle in testa, e le venne  spontanea una domanda, che non  riuscì a frenare:
"E tu che tipo sei?" La curiosità di scoprire qualcosa di Draco le fece un po' fremere la voce, ma lui sembrò non accorgersene,  colpito da quella domanda.
Che tipo era lui? Lui non era un tipo,  semplicemente.
"Io sono..  uno tosto." Disse,  annuendo,  un  pizzico d'autoironia nel  tono che si impegnò  per rimuovere, perché l'autoironia non era per i Malfoy, per i Purosangue.
"Ne dubito." Disse lei,  pensierosa.
"Andiamo, che tipo pensi che io sia?" Chiese allora,  curioso quanto lei lo era stata prima.
"Io credo tu ti nasconda. Un  po' perché.. non  vuoi pensare al tuo passato, perché vuoi lasciarti certe cose  alle spalle.. e  ti capisco, certo.. anche  io ho cose da  lasciarmi alle spalle.. ma alla  fine ti stai rendendo solo superficiale..  sai,  c'è un libro, dei Babbani, che si chiama 'Il Piccolo Principe', e  parla di un  bambino che  gira per i pianeti.. ed ha una rosa,  sul suo pianeta. Per lui quella rosa è la più bella rosa di tutte le  altre, lui le vuole  bene, la  accudisce.." Draco pensò a se stesso come quella rosa, e  sperò che Hermione potesse essere il suo Piccolo Principe.. o meglio, Principessa. "Ma quando arriva sulla Terra, trova altre rose. E all'inizio si arrabbia, perché credeva che  la sua rosa fosse solo una rosa comune,  ma ben presto  scoprì  che le rose non erano come la sua rosa, lei era unica, le altre erano solo rose. E una frase, che ricordo bene, e che mi ha fatto un  po' pensare a te,  è quella che dice alle rose: 'voi siete belle, ma siete vuote. Non si  può morire per voi.'"
Draco ci pensò  un po',  riflettè, si stese sull'erba,  con le mani dietro  la testa, e ben  presto, Hermione lo imitò, e il contatto tra i loro gomiti li faceva rabbrividire, e nessuno dei due sapeva cosa volesse dire, ma forse dipendeva dalla  cotta che si erano presi l'uno per l'altro.
Ad un certo punto, con  una mossa repentina Draco si alzò a sedere,  e si voltò verso la Grifondoro:
"Tu credi di essere astuta, non  è così? Tu.. credi di sapere cosa sia la Guerra. Ma vedi, tu conosci la Guerra solo perché hai conosciuto la Pace. Tu non sai cosa sia la guerra." Si stese a pancia in  su, accanto a lei,e la guardò negli occhi, le loro labbra così vicine.. Ma lui non  si fece intimorire e continuò, nonostante sentisse il respiro mozzato della Grifondoro,  per paura che lui si arrabbiasse e se ne andasse,  ma  non c'era rabbia nelle  sue parole, solo tristezza. "Io so cosa sia davvero la Guerra. La Guerra non è impugnare le bacchette e pronunciare 'Avada Kedavra', non è un getto verde. La Guerra è quella che avevo io dentro,quando volevo dire 'No' ma continuavo a dire 'Sì'. Quel giorno, io,  sapevo che  quello fosse Potter,  che tu fossi tu e Weasley fosse Weasley,  ma stetti zitto perché io..  io vi guardai negli occhi. Io vidi il Coraggio in  quelli di Potter, vidi  l'Amore in quelli di Weasley,  vidi la Purezza, la Paura nei tuoi. E non  volevo che Potter diventasse un codardo perché il coraggio l'aveva portato nelle grinfie di.. nelle 
sue grinfie; un codardo come me. Io non  volevo che Weasley provasse solo odio perché l'amore non l'aveva portato da nessuna parte,  come me. Non volevo che tu ti macchiassi, che la tua anima si sporcasse.. non  volevo che tu avessi paura,  come me. Voi sembravate ciò che era rimasto ancora al mondo da vivere, e volevo che voi vi salvaste, volevo che gli altri sorridessero, volevo consumare le mie colpe in  silenzio.. non  volevo che non rimanesse nulla da vivere a nessuno, solo perché io non avevo nulla da vivere. Sai, certe volte le persone sembrano vuote solo perché sono troppo piene.""
Hermione stava piangendo,  sia fuori che dentro. Per Draco, invece, piangevano le sue parole, la voce che si era spezzata,  alla fine, l'unico singhiozzo ripudiato nella gola, come ogni sprazzo di felicità che avesse mai provato.
La ragazza lo abbracciò forte, bagnandogli la veste sul  petto,  un orecchio appoggiato sul cuore per sentirlo ancora vivo, perché lei non  credeva lui fosse morto,  morto dentro.
"Io ci sono.. per te."  Balbettò  la ragazza sul suo petto.
Draco sembrò riscuotersi, si  alzò velocemente, lanciando un'occhiata sprezzante a quella creatura rannicchiata sul prato a piangere,  mentre l'occhiata era segretamente per se stesso. Perché lui aveva macchiato quella purezza, col suo odio, la sua frustrazione,  la sua tristezza.
"Io sono  un  nemico. Tu devi combattermi, non  amarmi." Disse, e se ne andò a grandi passi,  desideroso di non  essere inseguito. Perché non voleva che una  delle sue più grandi colpe gli venisse sventolata così, davanti, come  una  bandiera,  un qualcosa di cui non  poteva certo andar fiero,  come non  poteva andar fiero di qualsiasi cosa  lui facesse.
Lui era un suo nemico,  ma  voleva venir sconfitto, lui, voleva che lei lo pugnalasse con quella dolcezza e quella purezza, che lui aveva appena macchiata. Perché per quanto si sforzasse, Draco Malfoy non riusciva a non rovinare tutto  ciò che toccava,  come  un bambino che distrugge le costruzioni. Solo che lui non era più bambino, e le costruzioni erano Hermione. E lui l'aveva fatta crollare, com'era crollato lui, come erano crollate quelle costruzioni che rappresentavano  il mondo, e adesso, a  rappresentare il mondo, c'era lei..                                                                                                                                                                                                                                                        

 

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Capitolo 4
*** 4. Don't be afraid, it's only love.. ***




Nota dell'autrice: Saaaaaaaalve cari! Ormai nemmeno io ci credevo  ma sono al  quarto capitolo,  ho sfruttato questa piccola nota per ringraziare chi legge,  recensisce, segue, ecc.. spero che sia tutto all'altezza  di voi cari lettori U__U *sono stata soprattuto felicissima di vedere che  una delle mie autrici preferite sta seguendo la storia*  e beh, non  vi trattengo oltre! Siete la mia forza, vi amo tutti! ahahah  :D

"Don't be afraid, it's only love,
Love is simple.
Don't be afraid, you're already dead.
Love is simple."


 

4. Don't be afraid,  it's only love..




Draco Malfoy non  poteva crederci, non  voleva farlo.  Lei era così buona, così bella, così profumata.. e lui l'aveva lasciata, l'aveva offesa, anche,  per così tanto tempo.. lei l'avrebbe amato, ma lui aveva paura. Paura di  lei, dell'influenza che poteva avere su di lui. Dopotutto, aveva sempre fatto le scelte sbagliate solo perché teneva troppo alle persone che gli avevano ordinato di fare tali scelte. E lui non voleva che qualcun  altro scegliesse per lui..
nemmeno se le sue decisioni sono giuste? Si chiese.
Ma qualcosa, o meglio, qualcuno, lo riscosse dai suoi  pensieri prima che si potesse  rispondere da solo, continuando quel dialogo solitario di una persona negativa e  triste quale era lui.
"Dov'è la Granger?" Sbotto Theodore Nott, infastidito dal fatto che l'amico non  avesse approfittato di quella  giornata che, come gli aveva spifferato Astoria Greengrass, era libera dalle lezioni sia per lui che  per la bella Grifondoro.
"Da qualche parte. Perché dovrei saperlo?" Chiese Draco,  fingendosi noncurante di dove fosse la Granger, mentre invece gli  importava. Si,  gli  importava e lo feriva da morire non saperla vicino a lui. Ma come poteva,  dopo che lui stesso l'aveva lasciata andare, come  una cosa troppo preziosa,  come se l'avesse investita una macchina, e lui avesse provato  per ore ed ore a rianimarla, inutilmente.  L'aveva lasciata andare col peso di quella macchina sulla coscienza, col peso di quella macchina che non era nient'altro che affetto, amore. Perché tutte le persone che tenevano a Draco Malfoy, ci rimettevano e basta? Sua madre, la prima e -quasi- unica donna  della sua vita, aveva dovuto seguire il Signore Oscuro ed  i pazzi  membri  della sua famiglia per non abbandonare Draco,  in quella pazzia. Theo aveva rinunciato a Daphne, per lui. Perché lei era innamorata solo di Malfoy, nient'altro che di lui. E quante cose avrebbe  dovuto sopportare,  Hermione Granger,  se avesse ammesso a se stessa l'affetto  che provava per quel  dannato Serpeverde? Avrebbe dovuto rinunciare all'amicizia dei Weasley, avrebbe  dovuto sopportare la perdita  di Potter,  che sembrava la cosa più importante  per lei. E quante cose avrebbe  dovuto sopportare, Draco Malfoy, se avesse sentito quella rabbia crescente, sentendosi riflettere sull'amore che c'era tra la Granger e Potter?
Era troppo, troppo  per lui, per lei. Per loro. Ma da quando c'era un loro? Forse da quando, quella mattina, avevano parlato alla prima persona plurale, senza rendersene  conto. Nemmeno lui, anche se alla Granger non  l'avrebbe  detto, come non le avrebbe detto che nemmeno quel bagno nel lago pieno di profumo, avrebbe  funzionato, per rimuoverlo dalle sue narici,  dal suo  cuore..
O forse il loro, c'era da prima, da quando, in  quella notte di Guerra, i loro sguardi si erano incrociati, e,  pure  nel silenzio -dato dall'assenza di troppi  cari,  troppi pochi cuori che battevano,  ormai- avevano parlato più di quanto lo avessero mai fatto in  quei sette anni di odio.
Scusa, Granger. Gli diceva lui, se sono stato meschino, se ho sempre complottato contro di te. Scusa per tutte le volte che  ti ho  chiamata Mezzosangue, scusa se hai pianto davanti a tutti, per me, quando ti ci  chiamai per la prima volta. Adesso ho solo bisogno che  tu mi  aiuti.

Scusa, Malfoy, se non  ti ho saputo aiutare per tutto questo tempo, ma prometto che ci proverò. Scusa se ti ho giudicato per appena  due parole che pronunciasti,  forse segnandoti più di quanto ti avesse  mai segnato qualsiasi insegnamento ad essere meschino. Scusa se ho sempre creduto che tu fossi un duro, ed invece sei troppo fragile. Ma se  me  lo lascerai fare,  ti aiuterò a sistemare tutto.
Gli diceva lei, con  quei grandi  occhi  d'ambra. Allora gli era  scivolata accanto e silenziosamente aveva  sfiorato la pelle sempre  più pallida di  quella  mano, e l'aveva stretta. E solo quella stretta, l'aveva riparato più di una quantità infinita di Magiscotch  col quale avrebbe potuto incollarsi tutto,  sperando, inutilmente,  di risistemarsi.

***

 

Draco Malfoy, ricordando tutte quelle memorie che credeva di aver dimenticato, sepolte sotto metri di odio, di tristezza, non potè far a meno  di rimanere imbambolato davanti  a Nott, fino a che,  allibita, Ginny era uscita dall'Infermeria dopo essersi pettinata e sistemata  il trucco -per qualche strana ragione, sia lei che Theodore erano particolarmente scarruffati-, e aveva chiesto a Nott dove fosse Hermione. Lui lanciò un'occhiata a Draco, che sembrava Pietrificato, poi si voltò verso Ginny, fece spallucce e poi suggerì:
"Probabilmente è nel parco, saranno andati ad Hogsmeade e lui, avrà sicuramente fatto innervosire la Granger, e poi sarà scappato prima che lei lo potesse Cruciare." 
"Già. Ma cos'ha?" Chiese allora Ginny,  dopo aver annuito all'ipotesi di Theodore.
"Gli ho chiesto dove fosse la Granger e lui, dopo avermi detto che non  gli  interessava  dove fosse -non  sembrava convinto-, è andato in  stand-by. Draco.. Draco! Terra chiama Draco..." Disse, prima serio e poi ridendo, scuotendo le mani  davanti alla faccia dell'amico, ancora in un universo parallelo. 
Nulla avrebbe  potuto riscuoterlo  dai suoi pensieri,  se non la stessa voce che ne era protagonista.
"Malfoy!" Gridò la Caposcuola Grifondoro, spumeggiante di rabbia.
"Tu! Completo! Idiota! Draco! Malfoy!" Continuò, alternando una parola ad un pugno rabbioso  sul petto della sua "vittima".
"Cosa ho fatto, adesso?!" Disse lui, cadendo dalle nuvole e guardandola, perplesso, senza poter nascondere però un certo tremore nella voce, l'emozione di rivederla, e  quei pugnetti che lo sfioravano non  con  rabbia, quanto con  rassegnazione,  con tristezza.
"A parte essere così fastidioso, dici?" Continuò lei, gridando sempre più forte.
Lui mise le mani avanti, così da racchiudere i piccoli pugni di Hermione nelle sue grandi mani. Era calda, la sua pelle. Così come le sue mani. Così come il colore dei suoi  occhi.
"Granger! Calmati! Cosa ti avrei fatto?" Chiese, ancora le  mani di Hermione tra le sue, mentre  lei si divincolava e lui rimeva freddo e calmo.
"Vuoi che dica davanti al tuo caro amichetto e alla mia migliore amica  quanto tu sia stupido, a non accettare una mano dalle persone, ad essere irremovibile.. ad essere cattivo solo perché tu credi di esserlo, perché tutti ti hanno sempre detto che lo eri? Vuoi che lo urli a tutta la scuola?" Gridò lei.
"Cos'altro avresti da urlare a tutta la scuola che tu non  abbia già urlato?" Gridò anche lui, gridò di tristezza, di solitudine. Per strapparsi le corde vocali e strappare quelle parole che il suo lato bastardo aveva pronunciato a quell'angelo poco prima, sporcandola, strappando  via la sua purezza.
"Non importa." Disse lei, e smise di divincolarsi,  di urlare, ed abbasso il capo, in segno di resa. Perché lui aveva vinto. Avevano vinto,  quegli  occhi. Non  c'era niente da fare,non  con  lui.
"Perché?" Disse lui, triste.
"Perché capirebbero solo delle sciocche oche, e capirebbero male. Perché qualsiasi cosa provi per te è sempre fraintesa." Disse lei, in un sussurro.
Lui ammutolì, cominciò a sudare freddo. Gli faceva paura.
Lui aveva creato un mostro, l'aveva violata, aveva sfracelato la purezza che c'era dentro di lei, usando come arma la purezza stessa,  l'amore. Perché per Draco Malfoy, amare un impuro, significava essere impuri quanto lui. Era questo, che l'aveva  sempre fregato,  con suo padre. Il bene che gli voleva. E adesso era fregato, lei lo aveva fregato.
"Non  aver paura,  Malfoy. E' solo amore."
E sotto lo sguardo ammutolito dei presenti, -che ormai erano tutta la scuola, McGranitt in  preda ad un attacco di cuore compresa-  Hermione Granger se ne andò nella Torre Grifondoro, piangendo. Per la prima volta, sconfitta, uccisa con le sue stesse mani, col suo stesso cuore.


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Capitolo 5
*** 5. Nothing else matters. ***


I never opened myself this way 
Life is ours, we live it our way 
All these words I don't just say 
And nothing else matters 
Trust I seek and I find in you 
Every day for us something new 
Open mind for a different view 
And nothing else matters 
Never cared for what they say 
Never cared for games they play 
Never cared for what they do 
Never cared for what they know 
And I know 

-Metallica, Nothing else matters.

 

5. Nothing else matters.


"Hermione! Per i più consunti slip di Merlino, Hermione, svegliati!" Strillò Ginny, scuotendo l'amica.
La verità è che non aveva mai dormito, Hermione. E adesso stava  solo fingendo per scappare dall'amica, per  non sentirsi dare della stupida solo per quello che provava, quello che vedeva in Malfoy..
"Sono sveglia." Disse, sconfitta,  dopo qualche minuto.
"Io.. tu.. non mi avevi raccontato tutto, giusto? Di.. te e Malfoy, ecco.." Balbettò l'altra, che aveva perso le parole appena lei aveva alzato il viso e si era mostrata così com'era, distrutta. Gli occhi rossi e le guance ancora rigate.
"Sei svenuta prima." Osservò lei.
"Già.. beh, ma The.. voglio dire, Nott, mi ha detto tutto." Disse Ginny,  arrossendo violentemente una volta pronunciato il nome del migliore amico  di Malfoy.
"Ginny.. cosa.. è successo.. tra te e Nott?" Chiese allora Hermione, squadrandola ed osservando attentamente ogni sua reazione.
"Nulla. Assolutamente nulla." Annuì la ragazza.
"Certo. E.. dimmi, dovrei fingere di crederci o chiedertelo fino a che non  crollerai e me lo dirai?"
"Sarebbe più carina la prima. Senti.. l'importante  siete tu ed il Furet.. voglio dire, Malfoy."
Hermione lasciò passare. Già, tanto era sempre lasciar passare,  no? Come lo sarebbe stato se avesse voluto tornare a parlare civilmente con Malfoy.
"Okay. E quindi.. Nott ti ha detto qualcosa?" Chiese Hermione.
"Oh, se mi ha detto qualcosa? Malfoy non lo ammetterà mai, ma è cotto. Piuttosto.. ti va di fare un giro ad Hogsmeade? Magari ti racconto cos'è successo con  The..  Nott." 

***


"Draco! Porco Merlino, Draco, alzati! Lo so che sei sveglio!" Gridava Theodore,  scuotendo malamente il corpo dell'amico, avvolto nelle coperte color smeraldo.
"Okay, okay, hai vinto tu." Disse il Caposcuola Serpeverde, e si alzò a sedere,  le  mani che ancora tremavano.
"Se non  ti conoscessi  direi che hai pianto." Ghignò Theo, osservando gli occhi gonfi e rossi dell'amico.
"Allora non mi biasimare quando ti dico che non mi conosci." Ammise Draco, in un sospiro, un  sussurro. Non  lo voleva ammettere, ma la Granger lo mandava fuori di testa.
"Quindi.. tieni tanto a lei,  vero?"  Disse Theo, abbandonando le  risate di scherno che prima erano presenti nella sua voce.
"E tu? Dimmi  un  po'.. cos'hai fatto, ieri,  con la Weasley?" Ghignò Draco. Adesso era lui ad avere il  coltello dalla parte del manico.
"Io.. con la Weasley? Cosa?! Stai scherzando? Mai.. Voglio dire.. la sua famiglia è.." Balbettò Theo.
"Fortunata ad aver una componente così bella?"Suggerì Draco, all'amico che si era improvvisamente bloccato.
"Stai  dicendo  che  Ginny è bella?" Disse, un po' indispettito, ma  si  maledisse subito per aver chiamato 'Ginny' la Weasley.
"Siamo passati ai fatti, vedo..  la chiami già per nome."
"Eh.. beh,  sai.. noi.." qualcosa si bloccò dentro Theodore,  e ricordò un  patto fatto con Ginny, il giorno prima,  solo allora continuò: "ho bisogno  di tempo per parlarne, e adesso non  sono le mie 'avventure' la priorità. Lo siete tu e la Granger. Quindi, caro Malfoy.. adesso tu mi dici tutto, ed oggi, se mi concedi un'uscita ad Hogsmeade, ti dirò tutto. Che ne dici?" Sorrise convincente, sperando che che quel sorriso potesse contagiare l'amico, che però sembrava aver tagliato fuori anche solo la parola 'sorriso' o 'felicità'.
"Va bene, te lo concedo. In quanto a me e la Granger.. non  c'è tanto da raccontare. E' solo una stupida bambina che vuol giocare  a fare l'eroe, quando non sa nemmeno da cosa salvare le vittime.. e arriva troppo tardi.."  Disse Draco, prima con  enfasi, poi calando  sempre di più il tono della voce, quasi volesse nascondersi, e volesse nascondere quella punta di affetto che gli si era creata dentro,  per lei.
"Cosa intendi con  questo?" Lo squadrò Nott.
"Intendo che è una ragazzina." Disse semplicemente lui, mentre il suo cuore pensava ad altro. Ma da quando i cuori pensavano? E da quando, Draco Malfoy, aveva un  cuore?
"Una ragazzina che ti attira." Disse Nott,una punta di scherno nella voce.
"Non  più di Pansy.." 
"Non  prendermi in  giro,  Draco.. Perché? Perché non puoi semplicemente accettare la verità?"
"Perché non  è la verità! Solo perché tu credi  che io la ami,  che avremo una famiglia, che avremo dei figli,  non  significa che si avveri, Nott! Non è così semplice! Non è semplice quando il giorno prima sei un Mangiamorte e non ce la fai ad uccidere una persona disarmata, ed il giorno dopo..  uccidi così una persona. E non  guardarmi  così, Nott.  La Granger respira ancora. Ma io.. io l'ho uccisa dentro! Io le ho spezzato il cuore.." Delle grandi lacrime si erano formate agli angoli degli occhi di Draco, e appena pronunciò la parola "cuore" strariparono come  un  fiume in piena, e  sulle sue guance, sul suo collo, sulle sue labbra, si riversarono diciotto anni di odio, di felicità repressa, di assenza di amore.
"Sai cos'è che mi fa stare veramente male, Draco? Il fatto che tu, anni fa, abbia spezzato il cuore a me, ma tu adesso non stai piangendo di questo. Tu adesso piangi solo perché lei è un  tuo interesse, e questa cosa mi fa venire il dubbio.. che tu non tenga a  me. Perché diamine, io non so cos'abbia la Granger di così tanto speciale.. ma credevo di essere speciale anch'io, un  po', visto che bene  o male, sono il tuo migliore amico. E non sgranare gli occhi,  Malfoy, non balbettare scuse, non..  provare a spiegarmi, perché continuerei a non capirti. Sei felice, adesso? Così puoi alimentare di più la figura di Draco depresso-Purosangue-bello-e-dannato-nessuno-mi-capisce-ma-nel-frattempo-mi-faccio-la-ragazza-del-mio-migliore-amico Malfoy, forza. Sei solo uno stronzo!" Gridò Nott,  sbattendo la porta, ed entrando nella Sala Comune di Serpeverde. 
Draco non se lo fece dire due volte, uscì  correndo e rincorse l'amico, fino a  che non gli gridò, da una parte all'altra della stanza:
"Io tengo a te, Theo! Cosa devo fare per dimostrarti che ti voglio  bene?" Era incredulo delle sue stesse parole.
"Dimostrami che lei è speciale.  Dimostrami che lei vale più di me solo  perché è speciale, per favore! Dimostrami che valgo più delle puttanelle che ti sei fatto fino ad ora, dimostrami che sono più importante di Daphne, perché nonostante mi sia fatto la  Weasley non riesco a  dimenticarla!" Gridò Theo, facendo spalancare gli occhi a tutti i Serpeverde che assistevano alla scena -quindi tutti,  meno che un gruppo ristretto che era  andato a  colazione.
"E' ovvio che sei più importante, Theo! E.. cosa? Ti sei fatto la Weasley?"Gridò,  incredulo, Draco.
"Già. Ma solo il fatto che io l'ammetta nonostante verrò guardato male da dei deficenti, dimostra più amore di quanto tu non ne abbia dimostrato a lei."
"Perché ti ostini  ancora a chiamarla 'lei'?"
"Perché sarebbe inutile che gli altri sapessero prima di te chi è quella che ti sta mandando fuori di testa. Ah, e per la cronaca, oggi ti aspettano alla Stramberga Strillante alle due in punto. Era un piano  mio e di Ginny, ma  visto che io  non  ho intenzione di andare, spero tu abbia il buonsenso di  riprenderti lei,  e  me."
Sbatté forte la porta, quando Nott la chiuse, sfongandovi la rabbia che altrimenti, avrebbe riservato per Draco. E si chiuse un'altra porta, nel cuore, nella testa di Draco.
Come aveva già detto, chiunque tenesse a lui finiva per rimanerci male,  per soffrire.
Allora che senso aveva istigare le persone ad amarlo, a seguirlo? La vita con Draco  Malfoy era un suicidio, e  lui lo sapeva, dopo   18 anni  di  convinvenza con  quel demone che gli era rimasto  dentro, alla nascita, invece di uscire, evaporare, e lasciargli vivere quella vita serena  che aveva visto negli occhi della gente,  nei suoi occhi.
Voleva scappare, andarsene. Voleva smettere di subìre le occhiatacce di Nott, quelle della Weasley, solo perché Hermione non avrebbe  potuto guardarlo, resa cieca da quell'amore che la stava pugnalando, pian piano, prima ancora di nascere.
Draco non si presentò nella Sala Grande,  quel giorno, mentre sul suo letto, vicino al letto vuoto del migliore amico, ormai perduto, contava i secondi, i minuti.
Alle due in  punto si riscosse appena,  accoccolandosi sotto le coperte per proteggersi da qualsiasi rumore esterno, persino, nei suoi sogni proibiti, da una porta sbattuta da un'audace Hermione Granger che va a prendersi ciò che non  le è stato dato.
Era così perfetta lei, capace di amare,  di accettare l'amore,  di accettare il cattivo in una persona,  perché solo così se ne poteva accettare anche il buono.
Ed era così perfetto, Nott, l'unico Serpeverde non  immune ai sentimenti, l'unico Serpeverde che si era fatto trascinare dall'amore, come attaccato ad una corda, che lei, Daphne Greengrass, tirava, e  poteva spezzarla, spezzando anche lui; ma non l'aveva fatto,  semplicemente, aveva lasciato che quella corda lo portasse dov'era anche lei: nel letto  del  suo migliore amico.  Era stata perfetta l'espressione di Nott in  quel momento,  dove si poteva leggere sconforto, tristezza, abbandono,  e anche  rabbia, perché Draco  non  aveva rifiutato,  l'aveva lasciata fare,  mentre gli provocava brividi di eccitazione -solo eccitazione- che aveva dimenticato, sepolti sotto nuovi brividi, quelli che venivano provocati da anche un  misero sguardo della Granger.
Ed era perfetta anche Daphne Greengrass,  quella ragazza  che si era sentita scanzare brutalmente per un altro uomo,  che aveva accettato stoicamente quella ferita, che se ne era  andata, e  che quest'anno non  aveva trovato la forza di tornare, ed era  rimasta a farsi medicare le ferite dalla madre, scanzando, così,  anche lei, un  uomo, per una donna.
Era così perfetto l'amore,  lo era la vita, così tanto che lui non si sentiva degno di vivere, di amare. Perché lui non era semplicemente perfetto. Ma chi decideva se una persona fosse perfetta o  meno? Draco l'aveva sempre deciso  per se stesso, perché era un egoista. E gli sarebbe davvero piaciuto smettere di esserlo, così provò a pensare da non-egoista. Perché doveva decidere lui di essere perfetto? Perché non  poteva lasciare gli altri scegliere?
Allora gli venne in mente  di nuovo che l'amore era perfetto,  rendeva perfetti. E si amano sempre e solo le persone perfette, come un  po' lui  amava Hermione, come un  po' lei amava lui. Allora lui era perfetto, perché Hermione un po' l'amava. E se ne rese conto, che tutti sono perfetti solo se lasciano che siano gli altri a deciderlo.
Che ore erano, adesso? Non  lo sapeva, Draco, e non gli importava. Perché se fosse stata l'ora di cena, le sarebbe corso incontro anche in Sala Grande, e se  fosse stata notte, ed Hermione fosse stata a letto, lui sarebbe andato lì, avrebbe aperto quel buco nel ritratto, avrebbe schivato le protezioni ai dormitori delle ragazze, perché non ci sono ostacoli, non nell'amore.
Tuttavia, quando uscì, il cielo era ancora rischiarato dalla luce del sole, non ancora arrossita a tramonto. Corse fino ad Hogsmeade, fino a che non si ritrovò davanti al negozio di Madama McClan di Hogsmeade,  allora le prese un mantello, mettendoci un po' di se stesso, visto il colore: verde smeraldo ed argento. Quel mantello rappresentava cosa ci sarebbe  dovuto essere tra di loro, un  abito che sono  su  di lei sarebbe stato bene, ma che portasse i  suoi  colori. Voleva che lei  portasse il loro amore sulle  spalle, che lo indossasse come  il vestito più bello.
Lo fece incartare e  corse, corse a perdifiato, fino alla Stramberga Strillante, dove  entrò,  senza ormai un'ombra di timore a coprirgli il volto.
Salì le scale,  attento a non farle scricchiolare minimamente, a non  annunciare la sua presenza, prima di sentire di cosa stavano parlando Hermione e Ginny, dietro quella porta che  portava brutti ricordi alla più  grande, che ancora ricordava la morte di quel Serpeverde, che nonostante la sua casa, era riuscito ad amare come un puro Grifondoro. 
Sentiva la sua voce,  sommessa,  roca, triste:
"Beata te."
"Perché, beata me?" Le chiese l'amica.
"Perché tu.. hai Harry. E hai avuto Nott, e.. Perché tu Ginny  sei capace di amare senza essere ferita." Disse Hermione.
Allora Draco Malfoy non  era ancora perfetto, perché Draco Malfoy la feriva, la stava ferendo.. perché Draco Malfoy adesso era un sadico che  la stava torturando, a non  entrare in  quella stanza,  ad aspettarla dietro quella porta, aspettare di sentire qualcosa a  sua discolpa, perché lui non  aveva più  parole per giustificarsi.
"Perché ti lasci ferire da una  persona che non è stata  nulla  per te,  prima di ieri l'altro?" Le chiese allora Ginny.
"Perché non è così, Gin.  La sera della Guerra.. noi  ci siamo guardati, e.. abbiamo parlato, silenziosamente.  Ci siamo sfogati con uno sguardo,  e  lui mi ha chiesto di aiutarlo. Ed io gli ho stretto la mano, e.. Gin, era fredda, quella mano. Era la mano di un  morto che  voleva un modo per tornare in  vita,  un  motivo per farlo. E quando io l'ho visto di nuovo,  alla Stazione.. io volevo essere la sua ragione di tornare per vita. Volevo essere qualcuno per lui, perché lui lo è per me. Ed io non  voglio che lui venga frainteso per ciò  che ha fatto, perché lui ne ha sofferto più di chiunque altro, Ginny. Perché sai,  è dalla sofferenza che nascono le opere più belle. Guardalo,  Gin, con quei lineamenti duri,  spigolosi, quei tratti e quella pelle di marmo, scolpita così dura per nascondere il morbido che c'è dentro.. perché quel metallo fuso nei suoi occhi,  sembra un colore freddo, ma  brucia, Gin.. e può amarlo solo chi lo riconosce.  Ed io pian  piano, osservandolo.. sto provando a capirlo, a studiarlo. Per me lui è come un libro, come una materia di scuola, ma  ho  paura di  non  essere brava,  in questa materia,  Gin.. Ho  paura di sbagliare, e  questo mi fa male." Si creò un  silenzio innaturale, dopo, rotto solo dai respiri accelerati di Draco, che non avrebbe potuto parlare,  pensare, dire qualcosa di sensato.
Gli faceva troppo male, gli facevano male le sue parole, le sue lacrime, i suoi singhiozzi che adesso  rompevano l'aria. Si alzò, piano,  e  riuscì a vedere uno schizzo di sangue sulla parete della stanza dove si trovava adesso Hermione. E la lasciò lì, a sanguinare. Unica prova del fatto che fosse stato lì, quel mantello.
Come si sentiva,  Severus Piton, anni  prima? Quando veniva ripudiato dalla giovane Grifondoro per la sua natura?
Ebbene, caro Piton, siamo in situazioni opposte. Ma come avresti reagito,  tu,  se la  sua purezza si fosse  conceduta a  te,  piuttosto  che  a Potter? Non avresti avuto paura?
Perché forse la sua Granger non avrebbe capito, ma come chi sta sempre alla luce ha paura del buio, chi sta sempre al buio,  ha paura della luce.
Ed il buio era lui, Draco Malfoy.
E la luce, la sua luce, era Hermione Granger.
Il sole era tramontato,  tra parole e lacrime, e adesso Draco voleva recuperare ciò che ancora poteva recuperare,  adesso Draco voleva riprendersi l'unica persona  per cui provava un affetto  che era disposto ad ammettere,  a sue spese. Corse via, verso il  castello, verso la Sala Grande dove sperava di trovare Nott; correndo sui suoi passi pieni d'amore di  poco prima,  ricoprendoli di odio, perché è sempre dall'amore che si genera odio, più per se stessi che per gli altri. E si odiava, Draco Malfoy, perché nella sua vita da Mangiamorte non aveva ucciso  nessuno, ma  adesso che stava imboccando la via della "redenzione" era riuscito ad affondarne due, di vite, di cuori.
Ed ecco che entra, che soffoca la paura per dar spazio a quella  cosa che aveva sempre nascosto dentro di sé,  da bravo Serpeverde: il coraggio.
Nott era lì,  seduto di spalle, la testa appoggiata al palmo della mano socchiuso, annoiato, come se fosse andato a cena per dimenticare la discussione con l'amico o semplicemente per non rischiare di vederlo. In quel caso, i suoi piani erano appena andati a monte.
"Theodore Nott!" Lo chiamò, ormai vicino a dove era seduto, al tavolo dei Serpverde. Voleva urlare a tutta  la Sala  Grande, brulicante di gente,  ciò che sentiva,che provava, per l'amico e per Hermione Granger, la Mezzosangue, Grifondoro, amica di Potter e Weasley.
Theo si girò, a rallentatore, per gustare gli  ultimi attimi prima di incontrare lo sguardo dell'amico. Cosa voleva fare, adesso? Una confessione d'amore a lui, davanti a tutta la Sala Grande?
"Mi dispiace se sono un  coglione." Cominciò, una volta stabilito  il contatto visivo con  l'amico, "Mi dispiace se sono un Serpeverde e come tale non ho né coraggio, né abbastanza cuore da dimostrare ciò che provo. Mi dispiace se ti ho ferito,  mi  dispiace per ogni  singola volta che l'ho fatto, e mi dispiace per quando lo rifarò, anche spero di rifarlo in un futuro più lontano possibile. Mi dispiace se oggi mi avevi dato una condizione al tuo perdono, dimostrare il mio affetto verso una ragazza,  ed  io non  l'ho fatto perché non ho fegato. Mi  hai detto  che credi che per me lei sia più importante di te,  ma  non  è così, Theo.  E non è vero che non sono riuscito a spiccicare parola perché non tengo a lei, bensì non  ci sono riuscito proprio per quello. Io sono Draco Malfoy, non mi mancano mai le parole. E mi  dispiace, Theo.  Mi dispiace per non  aver mai trovato parole adatte, né per te, né, ormai, per lei. Mi dispiace,  Theo,  non  sai quanto mi dispiace. Sono stato tutta la mattina nel dormitorio, e ti giuro che  non volevo far nulla..  io.. ero annientato, da te, e  dalla verità che mi avevi  dimostrato. Sono stato così tanto tempo a pensare,  riflettere.. e poi ho deciso di andare da  lei  alla Stramberga anche se ormai era già passato un  po' di tempo,  perché quando  si tratta  di lei, nient'altro conta. E io l'ho trovata lì..  e.. parlava,  con la sua amica.. e le diceva che aveva trovato qualcosa di diverso in  me, e che solo chi vedeva questa diversità poteva davvero amarmi.. E ha detto anche che la fa soffrire. Ed io me  ne  sono andato,  ho lasciato lì il regalo che le avevo comprato poco prima, e ci ho lasciato anche il cuore. Perché Nott, io ho abbandonato lei, ho abbandonato te,  perché io non  voglio che le persone che mi vogliono bene finiscano per soffrire. Troppe persone hanno sofferto per me, Theo.. Ed io non  voglio che tu soffra, e che lei soffra. Voglio che voi riusciate ad essere felici." Una leggera lacrima solcò le guance di Theodore Nott e Draco Malfoy, contemporaneamente. E leggendo negli occhi dell'amico tanti sentimenti,  ma soprattutto perdono, Draco Malfoy parlò, alzando ancora di più il  tono della voce:
"Adesso mi rivolgo a tutti voi, che avete ascoltato. Io ho regalato a questa ragazza un mantello coi colori della mia Casa, nonostante non  sia la sua. E' un  gran bel  mantello, argento e smeraldo. Ma, dato che sono un  codardo, non gliel'ho dato. L'ho lasciato, però, in un posto dove lei l'ha potuto sicuramente trovare, e  spero che un giorno, lei riesca a capire che io le  ho fatto quel dono, che io l'ho inseguita, e  poi l'ho  lasciato lì, senza darglielo, per codardia, per paura,  per amore. Quando lei riuscirà a capire, ad accettare tutto questo, allora io sarò qui, ad aspettarla. E lei lo indosserà, quando avrà capito. Perché spero che nonostante sia una cosa.. strana, voi possiate capire,  possiate accettare l'amore che c'è tra noi." E appena Draco Malfoy finì le parole, molte cose successero contemporaneamente:
Hermione Granger e Ginny Weasley entraronoo,  timorose,  in una Sala Grande sinistramente silenziosa, dove al centro stava Draco  Malfoy; Theodore Nott si alzò ed andò ad abbracciarlo; ed un'incredula ma commossa McGranitt gli si avvicinò, piano, e gli  posò una mano sulla  spalla,  amichevolmente. Allora cominciò a  parlare:
"Al Signor Malfoy, do 50 punti per il coraggio, la lealtà, l'amore, il romanticismo ed il buon gusto. Che lui vi sia d'esempio, e che riesca a dimostrarvi come in  ognuno di noi ci sia una parte Grifondoro, una Corvonero, una Tassorosso, ed una Serpeverde; che vi serva a dimostrarvi  l'assenza di limiti di un amore. Ed assegno a Theodore Nott 20 punti, per la saggezza, e per la lealtà dimostrata ad un amico, in un  momento  di  bisogno. Adesso,  cari ragazzi miei, brindiamo a quest'evento memorabile, dove io, Direttore della casa Grifondoro, assegno ben 70 punti a Serpeverde, in una volta sola." Poi si avvicinò a Draco, ancora sorridente, e gli disse in un orecchio: 
"Malfoy, sei fortunato,  alla Signorina Granger donano anche i colori della tua Casa." Lui rise, e ormai, preso dalle confessioni, disse,  stavolta ad alta voce:
"Professoressa, qualsiasi  colore le starebbe bene." 
E lasciò la  Sala Grande da vincitore, da  chi ha capito. Da perfetto, come solo chi amava poteva definirlo; come Hermione, -che aveva assistito alla scena, che aveva letto il labiale alla professoressa McGranitt, che aveva scoperto che non era solo un sogno, e quel mantello, era effettivamente per lei, effettivamente regalato da Malfoy- adesso, lo definiva. Col cuore ancora ghiacciato, ma che piano piano si liberava di quel ghiaccio, per lasciare che un'altra cosa prendesse vita, in  lei.

 

 

 

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Capitolo 6
*** 6. Run for your life. ***



Well I know that I'm a wicked guy

And I was born with a jealous mind

And I can't spend my whole life

Trying just to make you
!toe the line


You better run for your life if you can, little girl

Hide your head in the sand little girl

Catch you with another man

That's the end, ah little gir
l!

-Run for your life, The Beatles.
 


6. Run  for your life.


Quando Draco varcò la soglia della Sala Grande,  si sporse solo un attimo verso  il tavolo di Grifondoro,  ansioso di vedere l'espressione sulla faccia dell'oggetto d'interesse di, ormai,  tutta la Sala Grande. Incrociò i suoi occhi  solo  per un secondo,  quel secondo  che gli bastò per capire che Hermione sapeva, e che avrebbe indossato il mantello a breve.
Cominciò a correre,  correre per sentire l'aria nei polmoni,  correre fino a che non stava per svenire, correre per sudare, per sentirsi vivo, per sentire che davvero non  è  un sogno.
Da  quando festeggiava per una ragazza? Da quando festeggiava per una Mezzosangue? Sembrava così assurdo, così inimmaginabile..
Cosa avrebbe pensato,  la gente? Avrebbero forse storto la bocca, le avrebbero forse sputato? E i suoi.. amici? Come l'avrebbero presa Potter e Weasley? Ma no, quello non era un problema  di adesso..  li avrebbe  rivisti a giugno, e certo la voce non sarebbe arrivata loro.. avevano così tanto tempo da passare insieme, lui ed Hermione.
Cosa avrebbero fatto? Sarebbero andati in  giro mano nella mano? Si sarebbero affatturati per dispetto, e consolati più tardi?
Draco non  lo sapeva, ma sapeva che sarebbe  potuto stare con lei per sempre.. ovviamente solo lei. I suoi amichetti e qualsiasi altro ragazzo che potesse fare anche solo un  misero pensiero su di lei erano tagliati fuori, avrebbero rovinato tutto, come in genere era solito fare Draco, ma come, si ripromise, stavolta non avrebbe fatto.

***


Hermione avrebbe  voluto corrergli in contro, avrebbe voluto dirgli subito ciò che provava,  ma si trattenne. L'indomani tutti avrebbero saputo,  non  quel giorno, che portava brutti ricordi al ragazzo.  Nott aveva detto a  lei e Ginny cos'era successo, poco prima che loro andassero ad Hogsmeade, e aveva detto che era sicuro che Draco sarebbe andato alla Stramberga.
Proprio per questo Hermione  non voleva andarsene, voleva aspettarlo per giorni e giorni, ma inutilmente, visto che lui era già arrivato, e se n'era andato, silenziosamente. Con lo stesso silenzio con  cui si era impossessato della sua vita, della sua mente.. del suo cuore.
Il giorno prima per lei, lui nemmeno esisteva,  quasi, mentre il giorno dopo vedeva i suoi occhi,  il loro colore, ovunque.. forse perché,  lei l'aveva scoperto, l'amore non era un fuoco d'artificio, una grande cosa. L'amore non  era un bacio appassionato, era il momento  imbarazzato in  cui entrambi si guardavano negli occhi e si avvicinavano,  millimetro dopo millimetro, come ci si avvicina alla morte; quasi come sapessero cosa li aspetta dopo quel bacio.
Hermione lo sapeva,  cosa succede dopo un bacio,  un bacio che è come un errore.. ma perché le persone avrebbero dato per scontato vedere Draco Malfoy duellare, affatturare,  torturare, uccidere, persino, piuttosto che vederlo baciare lei? Dopotutto, cosa c'è di male? L'amore non ha ostacoli di sangue, l'amore non  guarda negli occhi, guarda il cuore,  l'anima. Colpisce dentro  al petto e come  una malattia si espande in tutto il corpo, ma al contrario di una malattia, non fa male- non sempre, almeno.
Una  domanda cominciò a tormentare Hermione, cancellando ogni bella sensazione la sensazione  d'angoscia. 
Come avrebbe detto ad Harry e Ron che lei e Draco.. lei e Draco  cosa? Cos'erano? Cosa sarebbero  stati dopo che lei avrebbe indossato quel mantello?, ma a questo poteva pensare più tardi. 
Come l'avrebbero presa i suoi amici,  in particolare Ron,  che, si vedeva, era ancora cotto di lei?
Ginny la guardò, sembrò capire i suoi sentimenti,  così la prese sotto braccio e salirono insieme fino al Dormitorio.
"Glielo diremo, se vuoi ti darò una mano io,  Hermione. Avete così tante cose, ancora, da  decidere.. prima di  tutto,  dovete capire che relazione avete,  o avrete,  dopo che tu avrai indossato il mantello. Tutto andrà bene, Herm. Vedrai."
Hermione la guardò a lungo, cercando di capire ogni sua emozione.
"Cosa farai con.. con Harry?" Chiese Hermione, timorosa.
"Io.. Herm, non lo so. E' tutto così confuso,  così.. non riesco a capire cosa provi per Nott, e cosa provi per Harry. Dopotutto, può darsi che sia solo una scappatella. Siamo appena usciti da un periodo tormentato e difficile, siamo in crisi, siamo.. Io vorrei che Harry mi trattasse come  una ragazza. Voglio dire, sì, so che lo fa.. ma.. Hermione, sono sempre stata io a prendere l'iniziativa, ad amarlo per prima, io ho guidato la relazione, io l'ho sopportato quando progettava di salvare il mondo,  piuttosto che farmi anche solo un complimento! Lui è sempre così coraggioso, lo era quando si parlava di Voldemort, è diventato un Auror, e ha fatto  un mucchio di cose grandiose, ma.. non  è mai riuscito ad amarmi. Ed io so che mi capisci, Hermione, perché sono le stesse cose che provavi con Ron!"
"Io..  Ginny, Harry ti ama. Lui è il mio migliore amico, ed anche tu lo sei.. ma capiscimi.. io non  posso lasciare che tu lo tradisca, e se non lo fai tu, lo faccio io." Disse risoluta Hermione, sapendo di aver colto  un  punto debole dell'amica.
"Ah si,eh?Adesso è questo! Credi che io non  soffra per mio fratello a vederti pensare solo a Malfoy mentre qualche mese fa baciavi Ron? Come credi che mi senta? Come credi che si sentiranno, tutti? Traditi, Hermione! Traditi! Perché tu adesso stai dalla parte del nemico!"Grido Ginny, era fuori di sé.
"E tu? Anche tu te la fai con Nott! E' un Serpeverde, e Harry dovrebbe sentirsi ancora più tradito perché io non ho promesso eterno amore a Ron con un bacio,  ma tu l'hai fatto con lui!"
"E' una cosa diversa! Non c'era Nott a disarmare Silente, Hermione!"
"Silente aveva programmato tutto, e Draco non  aveva scelta!"
"Lui gli aveva promesso aiuto!"
"E tu cos'avresti fatto? Tanto siamo sempre stati tutti buoni a guardare passivamente la sofferenza del  nemico! E' stata la madre di Draco a salvare Harry, Ginny,  non Nott, nessun altro. Perché forse davanti al potere siamo tutti diversi,  ma è il dolore che ci rende uguali. E ti assicuro che c'è solo immenso dolore in Draco, e disprezzo di se  stesso. E non  m'importa se tu o gli altri vi sentirete traditi, perché  è come mi sentirò io se voi nemmeno vi  sforzaste di capirvi. Vai a  farti fottere da Nott,  Ginny, ma non  ti aspettare che io taccia con  Harry appena  non ne avrò l'occasione!" Gridò Hermione, arrivata alla porta del dormitorio. Voleva uscire, andarsene.
Perché vivere di bugie? Perché credere alle cose che si vedono e non a quelle che si sentono? Perché si sono sempre tutti soffermati all'apparenza di Malfoy, non  sforzandosi mai di guardarlo, di capirlo davvero?
Girovagò per i corridoi senza una meta, fino a che non sentì delle voci  in  fondo al corridoio che stava percorrendo, talmente alte da scuoterla dai suoi  pensieri rabbiosi che, nella sua testa,  urlavano.
"Malfoy,  credo sia ora di andare a letto! Capisco che sia su di  giri, ma non  troverà  certo la signorina  Granger in  giro per i corridoi a quest'or.. come non detto. Buonasera, signorina Granger. Spero vivamente  che entrambi andiate a letto.."
Draco si voltò verso la professoressa,  ridacchiando, e  lanciandole uno sguardo eloquente.
"Okay,  datevi la buonanotte. Se vi vedo o vi sento ancora una volta stanotte, azzero i vostri punti casa. E  mentre sarei soddisfatta di farlo con Serpeverde, capisce,  Granger, che non vorrei accadesse  con Grifondoro. Buonanotte,  ragazzi." E quando pronunciò la buonanotte, il suo tono si addolcì,  perché nonostante fosse una coppia.. strana, era bello vedere che  ancora una volta, l'amore può curare le ferite delle persone di entrambi i lati, perché la sofferenza ci rende sempre tutti simili, e sembravano simili, adesso, la Mezzosangue e il Purosangue, la coraggiosa ed il vigliacco, la Grifondoro e il Serpeverde,  entrambi timidi,  ma  desiderosi che qualcuno curasse le ferite.
Mi dispiace, Medimaghi, pensò la McGranitt, ma nessun vostro incantesimo potrà  mai curare più di un  giovane amore sbocciato tra mura sgretolate e ancora coperte da schizzi di sangue di chi, ancora oggi, viene pianto da chi non ha ancora trovato qualcuno che lecchi le sue ferite.
Una volta che la McGranitt, con  sguardo assorto, ebbe voltato le spalle ai ragazzi, Draco Malfoy avanzò piano verso la Granger,  per la prima volta, indeciso sul da farsi.
Lei lo guardò,  felice. Perché quand'era con lui ogni preoccupazione se ne  andava,  sempre.
E lui le sorrise di rimando, per la prima volta partecipe di qualcosa di felice. La guardò a lungo, si guardarono. Si avvicinarono senza mai sfiorarsi, poi fu l'audace mano  della Grifondoro a cercare  il contatto con la  mano fredda del Serpeverde. Era  gelida,  ma  era caldo dentro, Draco. Perché qualcosa di nuovo lo scaldava.
"Buonanotte, Granger." Disse lui, incapace ancora di chiamarla per nome.
"'Notte, Draco. A domani."  Gli sorrise lei, e in quell'"a domani",che più come  un  saluto suonava come una promessa, come un'anticipazione  del capitolo più bello di un libro.
Le loro mani si staccarono, desiderose di riattaccarsi,  ma  i proprietari sorrisero dentro e  controllarono il  loro istinto.
Domani,  domani.


 

***

Draco  Malfoy si svegliò presto quella mattina,  era ansioso. Dovevano essere le sette, forse sette e mezza. Quel giorno era Sabato, gli studenti si alzavano più  tardi,  compreso Nott, che russava fastidiosamente dall'altra parte della stanza.
Decise di alzarsi, si vestì, uscì dal Dormitorio e poi  dalla Sala Comune, incerto sul da farsi. Decise di stare vicino alla Torre Grifondoro, così avrebbe sicuramente visto la Granger scendere,  col suo mantello verde e argento.
Udì uno scricchiolio, allora si appostò di corsa dietro ad un  muro e spiò un'esile figura uscire di corsa per andare.. alla Guferia? Dai capelli doveva essere sicuramente la Weasley, ma  cosa ci faceva, di sabato mattina, alle sette e qualche minuto, alla Guferia? L'avrebbe  voluta seguire, ma decise  che non avrebbe rischiato di perdersi la visione paradisiaca della Granger col suo mantello.
Dieci  minuti più tardi la Weasley imboccò  con  furia le scale, e  corse a perdifiato fino al ritratto,  ed entrò urlando il nome  dell'amica.
"Hermione! Hermione, sveglia!  Oggi vengon.." Ma Malfoy non  sentì mai chi stesse arrivando,  perché la Parkinson lo  vide e  gli corse in contro, urlando a squarciagola come le era solito:
"Draco, Dracuccio.. che ci fai sveglio a quest'ora di mattina? E soprattutto, perché te ne stai lì rimpiattato?"
Dal buco nel ritratto,  lasciato aperto da Ginny, quelle parole arrivarono alle orecchie di  entrambe, ed Hermione,  furiosa,  corse nel Dormitorio a prendere il mantello e ad indossarlo per poter mostrare alla Parkinson che non era certo lei  la ragazza che piaceva a Malfoy.
Hermione corse fuori col mantello, lasciando incredula la Parkinson, unica spettatrice della scenetta, visto  che Malfoy era  andato di corsa a svegliare Nott. Ginny ci mise pochi secondi a recuperare l'amica dallo sguardo assassino della Serpeverde, gridandole:
"Sei una completa idiota! Oggi arrivano Harry e Ron, non puoi indossare il  mantello! Succederebbe una catastrofe!" Gridò Ginny,  col  ritratto ancora aperto. Hermione se ne accorse ed innoridì, alla Parkinson non doveva essere scappato nulla.
Chiuse di fretta la porta e poi  si sottomise al volere dell'amica, desiderosa solo di vedere Draco e  potergli spiegare la vicenda.
"Cosa stai facendo?" Chiese Astoria Greengrass all'amica, che ghignava perfida vicino  alla Torre Grifondoro.
"So chi è la ragazza  di Malfoy, e so come  rovinarla." Rise,  una risata vuota, di chi vuol togliere la felicità agli altri solo perché non  ne  può avere di  propria.
"Chi è?" Chiese la Greengrass, desiderosa di sapere.
"La Granger. Ferma, frena le offese. Oggi ci saranno Weasley e Potter, probabilmente saranno in Sala Grande a momenti. Il piano è questo: far sapere a  loro tutta la storia,    compreso che la Granger stamattina voleva indossare il mantello ma le è stato impedito dalla Weasley. E dobbiamo fare in  modo che Draco non senta che lei  lo aveva indossato." Annuì pratica la Parkinson, desiderosa di vendetta.
Astoria Greengrass ghignò compiaciuta, e  si avviò verso la Sala Grande, desiderosa di parlare con Potter e Weasley,  insieme  all'amica.
Fu semplicissimo trovarli,  visto che se ne stavano  imbambolati davanti all'ingresso della Sala Grande.
"Potter,  Weasley,  dobbiamo parlarvi." Dissero, asciutte.
"Non  adesso." Disse Weasley, che aspettava con  ansia di vedere Hermione.
"Di cosa?" Chiese, invece, interessato, Potter.
"Della vostra amichetta."  Ghignarono entrambe.
"Non oserete parlare di Hermione in alcun modo che possa infangarla!" Gridò rabbioso Potter.
"Allora vieni con noi, Weasley può aspettare,  glielo diremo dopo.." Rise la Greengrass.
Le ragazze raccontarono con minuziosità di  particolari la vicenda del giorno  prima e tutto ciò che sapevano sulla nuova, strana,  coppia, Granger\Malfoy.
Harry era incredulo. Doveva dirlo a Ron, prima che potesse fare qualsiasi cosa. Voleva correre da lui ma le perfide ragazze  glielo  impedirono, mentre lui, impietrito, assisteva da lontano ad un'altra scenetta:  Hermione era arrivata, aveva salutato Ron che,  però,  voleva parlarle. Parlarle di loro.
"Senti, Hermione,  noi dovremmo.. ricominciare. Dovremmo frequentarci e.. rimetterci insieme. Io non  sono riuscito a toglierti dalla testa, dal cuore.." Balbettava, imbarazzato.
Hermione  tacque,  non  sapeva cosa dire, o forse sapeva  cosa dire, ma  non come farlo. Visto che Ron  non avrebbe accettato la cosa nemmeno se non le stesse confessando  il suo amore,  e  questo venisse ostacolato proprio da Malfoy, da quella nuova, inaspettata, reazione.
Ron però prese quel silenzio come un assenso,  e le  alzò  il mento,  leggero, e la baciò. Ma era un bacio.. sbagliato, che fece quasi venir la nausea ad Hermione.
Nel  momento in cui le labbra di Ron sfiorarono quelle di  Hermione, però, successero altre cose,  che non sarebbero dovute succedere:
Draco Malfoy e Theodore  Nott arrivarono, e Draco non fu ferito solo dal fatto che lei non indossasse il mantello, ma anche che lei stesse.. baciando Weasley.
Corse verso di lei, ed a lui si affiancò Potter, liberatosi delle due arpie.
"Ron, no!" Gridò Harry, "Lei sta con.."
"Giù le mani dalla mia ragazza!" Strillò,  incredulo delle sue stesse parole,  Draco  Malfoy.
Hermione si scrollò di dosso Ron e si parò tra lui e Draco prima che potessero colpirsi a vicenda.
Draco non si accorse che adesso la sua  Maledizione colpiva la pelle  candida e dolce  della sua ragazza, piuttosto che quella butterata di Weasley.
"Crucio!" Ed Hermione si accasciò a terra, contorcendosi dal dolore,  mentale e fisico. Perché era la sua voce, che aveva  sentito pronunciare quell'Incantesimo. Perché lei aveva rovinato tutto.


 


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Capitolo 7
*** 7. I will let you down, I will make you hurt. ***


What have I become?
My sweetest friend,
Everyone I know goes away 
In the end.
And you could have it all 
My empire of dirt. 
I will let you down, 
I will make you hurt.

If I could start again,
A million miles away
I would keep myself,
I would find a way.

 
                                                                                  Hurt- Johnny Cash.


 

                                                          7. I will let you down,  
                                                              I will make you hurt.
 



Draco si svegliò su una barella, in Infermeria. La prima cosa a cui pensò fu Hermione,  come  sempre. Si guardò intorno.
Lei era dalla parte opposta dell'intera stanza, che riposava; l'espressione di terrore e sofferenza ancora sul volto.
Era bella comunque, un po' pallida, sembrava  un angelo, con quel bianco  delle lenzuola tutto intorno. Vicino al suo letto, però,  Draco notò, non c'erano fiori.  Nessuno era stato gentile con lei come un  tempo.
Il Serpeverde pensò  alle ragioni per le quali le persone non la adoravano come sempre, anche se  sapeva  la risposta. Era  sua,  la colpa. Era  sempre sua la colpa se  qualcuno stava  male o veniva screditato. Solo che lui se lo meritava, ma non Hermione. Lei  no. Lei mai.
Si alzò piano, e a passo felpato arrivò al suo lettino.  Le sfiorò la mano, piano, pauroso di farle  male, di svegliarla.
Lei non  si svegliò, ma sembrava che sentisse la mano di Draco che la  sfiorava piano, delicatamente, per  poi tornare timidamente indietro, lungo il corpo del ragazzo. Sorrise nel sonno. Perlomeno lì con lui andava bene.
Draco avrebbe  voluto farla  felice. Avrebbe voluto vederla sorridere, avrebbe  voluto fare passeggiate con  lei, marinare le  lezioni; avrebbe  voluto darle la parola  d'ordine  dei Sotterranei, avrebbe voluto avere quella  della Torre Grifondoro; avrebbe  voluto essere  svegliato  da lei  che s'intrufolava nel suo letto color smeraldo al caldo, che l'abbracciava  e poi tornava  a dormire accoccolata a lui con  la stessa espressione  che aveva adesso.
E poi avrebbe voluto svegliarla  lui, la mattina. Avrebbe voluto farle tanti regali, avrebbe  voluto farsi raccontare un po' dei Babbani; avrebbe  voluto sapere a memoria il suo libro, la sua poesia preferita.  Avrebbe voluto anche cucinare per lei, e girare il mondo,  con  lei.
Avrebbe voluto  farle cavalcare una scopa, e poi arrivare più in  alto  di dove sarebbero arrivati là sopra anche solo con un suo bacio.
Draco sorrise, ricordando il bacio dato sul Battello.  Non era nemmeno passato  un  mese  e  già  sembravano anni.
Di colpo, con lei, la sua vita  aveva cominciato ad andare veloce,  a non  fermarsi  mai.
Avrebbe  voluto  renderla felice,  Draco. Ma  lo sapeva, in  cuor suo,  che  le avrebbe  solo fatto  del male. Era lei che  non lo sapeva, che  voleva vedere solo il meglio  delle persone. Come vedere una mela marcia  da una  parte, ma girarla e mangiarla  lo stesso.
Ecco cos'era lui,  una  mela  marcia. Finita per sbaglio fra le mele buone di Hermione.
"Sono uno stupido, Hermione Granger." Le sussurrò all'orecchio, dolcemente.
Hermione si mosse appena,  si mise su un fianco, rivolta verso Draco,  sorridendo ancora di più. Sembrava sul punto di scoppiare a  ridere.
Chissà  che sogna, si domandò Draco. Una piccola parte di lui voleva vedersi in quei  sogni.  Un'altra voleva essere dimenticata, desideroso di non  farle più  male.
"Draco.." sussurrò Hermione. Draco la guardò ed aveva le lacrime agli occhi.
Lo sognava. Lei l'amava. E Draco non vedeva l'ora di farla sentire ricambiata più che mai.
"Sono qua.." sussurrò lui,  paurosamente vicino alle sue labbra. Piano piano si allontanò, e le prese la mano,  dolcemente.  Lei un po'  tremava. Gli ricordò quanto aveva sofferto quando l'aveva Cruciata.
"Scusami" si affrettò a dire lui.
Lei socchiuse appena gli occhi, lo guardò, sorrise.
"Sto sognando?" Gli chiese, la voce bassissima.
"No.. sono davvero qua." Le sorrise,  e a lei non importò più cosa le aveva fatto. Lei voleva amarlo.
"Allora ho fatto un sogno premonitore." Scherzò lei.
"Perché?"
"Perché prima ti  ho sognato accanto a  me."
Ci fu un po' di silenzio, ma non imbarazzato. Era il silenzio di  chi ha mille  cose da dirsi e non sa  da  dove cominciare.
Hermione voleva alzarsi un po', così  si fece aiutare da Draco e si mise a sedere sul lettino, e piano piano si sporse per posare i piedi a terra. Una volta in piedi provò a muoversi e cadde per terra, facendo un rumore terribile che spezzò in due il  cuore di Draco. L'ho distrutta, pensò.
Madama  Chips corse dopo tutto quel fracasso, aiutò Draco ad alzare Hermione e la rimise a letto.
Draco le si avvicinò piano, e le chiese come stesse Hermione,  quanto  ci volesse per guarirla.
"Oh, ragazzo  mio.. Vedi, fisicamente lei  non sta male. E'  il ricordo di quel momento che la uccide. Lei tiene  tanto  a te, non ci vuole un genio, per  accorgersene. E.. so che le tue erano ragioni 'nobili'  e che quella Maledizione non era per lei, ma le ha  fatto   male. Prova  a parlarle,   solo con te può superare il trauma."
Draco guardò prima Madama Chips e poi Hermione, incredulo. Le aveva  fatto  male. Troppo male.
Madama Chips lo lasciò lì, a guardare Hermione come i bamini  quando vedono il loro  giocattolo preferito  a terra, rotto. Ma Hermione non  era un giocattolo, lei  era molto di più. Era l'unica  cosa che tenesse Draco in  vita.
Il Serpeverde si avvicinò a lei, ancora un po' scossa dal dolore.
"Io non  volevo farlo, Hermione, sono uno stupido." Disse lui, vicino a scoppiare a piangere.
"Lo  so.. è solo  che  mi sono  tornati a mente certi ricordi.. quando Bellatrix.."
Draco non voleva sentire. Voleva urlare, e correre  via. Era  diventato un mostro adesso,  più di prima,più di quando si era unito  a Voldemort, più di quanto credesse  fosse possibile. Come poteva salvarla?
"Draco." Hermione lo   richiamò a sé.
"Sono qui.."  Draco le si avvicinò.
"Io lo so che soffrirò ancora, ma non m'importa. Perché un  tuo sorriso comunque sa rendermi  felice più di qualsiasi altra cosa. Sorridi, Draco."
Draco la  guardò, provò a pensare ad un mucchio di cose belle, a  lei, al loro bacio,  a  come potevano essere  felici. Ma non riuscì a sorridere, era impotente, di nuovo. Lei stava male e lui  sapeva solo farla stare peggio.
"Io.. non  ci riesco. Scusa. Vado a prendere una boccata d'aria." E  corse via, fuori dall'Infermeria.
Vide spuntare  due chiome rosse, ed una mora. Li conosceva bene. Sapeva che  erano i Weasley  e Potter. Lo Sfregiato e la  sua ragazza stavano portando di peso quel cretino di Weasley in Infermeria.
"Cos'è successo?"  Chiese Draco, senza nemmeno sapere perché.
Si aspettava degli insulti, ma non  arrivavano.
Ginny disse semplicemente: "Incantesimo di Memoria, ma  è un po' stordito. Doveva dimenticare, almeno per adesso, cosa c'è fra te ed Hermione."
Draco la guardò, sgranò gli occhi.
"Che c'è? Vuoi che lo sappia? Vuoi che soffra come soffre Hermione?" Chiese Harry, sputando cattiveria.
"Tu.. tu non sai  come fa male vederla lì, stupido." Gridò Draco furente.
"Cosa?! Tu! Stai dicendo questo a me! Vattene prima  che vendichi Hermione, per favore!" Gridò allora Harry.
"Tu non puoi capire, Potter. Non  sai cosa vuol dire amare  qualcosa di troppo fragile, che non si  potrà mai avere."
"Risparmiale la sofferenza,  per favore. Se la ami  tanto,prendi la sua  sofferenza, fai l'uomo  per una volta!"
Allora Draco sapeva che Potter aveva ragione. Che doveva davvero fare l'uomo.
Corse in Infermieria, la guardò. Si era assopita di nuovo. 
L'accarezzò. Voleva un ultimo momento con lei.
"Hermione.." la svegliò.
"Ehi. Sei capace di sorridere adesso?"
"Solo se.." e le  si avvicinò alle labbra, fino a sfiorarle. Voleva che non finisse. Voleva avere questo   ricordo con sé per sempre.
Ma si staccò, e la guardò.
"Il mio sorriso forse ti renderà felice,  ma il tuo è più  importante. Importa a molte più persone  di quanto tu immagini. Io.. ti adoro, Hermione. Ho lottato invano, ma non c'è rimedio... Questi giorni trascorsi sono stati un tormento, ho lottato contro la mia volontà, le aspettative della mia famiglia, l'inferiorità delle tue origini, il mio rango e sangue.. ma  non posso farlo."
"Non capisco.."
"Io ti amo, Hermione. Ardentemente.  Ma non posso."
La guardò. Una lacrima solcò il suo viso.
"Oblivion."
Ed Harry Potter entrò in Infermeria nello stesso momento, e si accorse che Malfoy era molto più uomo di quanto lui credeva possibile. E l'amava, l'amava davvero. Ed Hermione, adesso non lo sapeva più. E non sapeva nemmeno più quanto lo ricambiava.



  



 

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Capitolo 8
*** 9. I know it's over, and it never really began.. ***


"I know it's over
And it never really began

But in my heart it was so real

[...] Love is Natural and Real

But not for you, my love  

Not tonight, my love

Love is Natural and Real

But not for such as you and I, my love"

-The Smiths, I Know  it's  over.

8. I know it's over, and it  never really began..



Hermione si svegliò in Infermeria senza nemmeno ricordare perché ci fosse. Ad accoglierla, due grandi occhi verdi che la guardavano,  desiderosi di vedere i  suoi aprirsi.
"Herm! Come stai?" Le chiese l'amica, curiosa di sapere quanto avesse eliminato Malfoy dalla sua testa.
"Bene.. è solo che.. non riesco a ricordare perché sono qui, ho solo delle piccole memorie sparse.." Farfugliava confusa. Ginny era ancora più curiosa di sapere cosa Malfoy avesse lasciato,  o addirittura modificato.
"Io ricordo.. Malfoy, sì, Malfoy. Io.. E' furioso, sì, grida qualcosa ma io non riesco a ricordare cosa.. non riesco a sentirlo. Mi guarda, mi sta guardando. Quant'è strano  Malfoy,  eh?" Ridacchiò Hermione, sempre più  confusa.
"Cosa.. cosa dice? Come ti guarda?" A quanto pare quell'idiota non aveva cancellato niente.
"No, non mi guarda più. Però, lui.." Hermione si zittì per qualche secondo per riuscire a  vedere cos'era successo  dopo, poi spalancò gli occhi e gridò, gridò a pieni polmoni.
"Perché? Ginny, perché l'ha fatto?" Chiese, un  po' spaventata,  un po' triste,  un po' arrabbiata.
"Io.. non lo so." Mentì svelta lei. Cos'aveva fatto Malfoy?
"Non capisco perché gli abbia dato fastidio il bacio con Ron. Siamo fidanzati, e lui lo sa! Cos'è, cattiveria gratuita? Che ragione aveva? Non poteva certo essere geloso!"
Ginny la guardò, e prese tempo prima di rispondere. Sorrise e quasi le si inumidirono gli occhi, adesso che aveva capito cos'aveva fatto Draco Malfoy, l'Eterno Nemico,  il Serpeverde,  il Mangiamorte. Accarezzò la guancia dell'amica, le prese la mano. Avrebbe dovuto dirle che era stata davvero cattiveria gratuita, che aveva la giornata storta, che era solo un Mangiamorte, e questo è ciò che quelli come lui  fanno. Ma non ce la faceva a  dirlo. Si limitò a sorridere e accarezzarla un po', tanto che Hermione si chiese se avesse picchiato la testa.
"A che pensi?" Le chiese allora Hermione.
"Penso a  quanto le persone vogliano sempre nascondere il loro lato migliore, e questo li renda imprevedibili." Disse piano.
"In che senso?"
"Nel senso che.. hai presente i bruchi?" Disse allora, sempre con la voce bassa e uno sguardo che la facevano sembrare lontana anni luce.
"Ehm..  sì. Vai avanti."
"Quando li vedi, diresti mai che un giorno saranno farfalle?"
"Beh, ho visto un mucchio di bruchi trasformarsi in farfalle, so che lo fanno."
"No.. non intendevo questo. Immagina di essere piccola, di non aver mai visto un bruco,  solo tante farfalle. Cosa pensi, cosa fai quando vedi un bruco?"
"Beh, magari mi allontano, perché sono una  bambina e magari è bruttino, e preferisco le farfalle."
"Però quel bruco sarà farfalla."
"Ma io questo non lo so."
"E se tu lo sapessi? Aspetteresti che diventasse farfalla, o lo ammireresti anche da bruco?"
"Cos'è? Razzismo fra animali? Dove vuoi andare a parare? E comunque.. non lo so, probabilmente lo ammirerei anche da bruco." Hermione era sempre più curiosa.
"Sai distinguere un bruco dagli altri insetti? Sei sicura di vederli tutti per poterli ammirare?"
"Io.. non so, immagino di sì."
"Uno ti è sfuggito, Hermione. Torna a prenderlo." Disse Ginny, prima  di allontanarsi e sparire,  lasciando Hermione più confusa di quanto non lo fosse al suo risveglio.
Avrebbe voluto dormire ma non ci riuscì, le parole di Ginny ancora in testa come un indovinello. Che voleva dire?
Decise di sgranchirsi le gambe, fare due passi. Si guardò intorno e vide un'altra chioma rossa, identica a quella che le aveva fatto sorgere strani dubbi.
"Ron!" Si avvicinò a lui.
Lui si svegliò e la guardò un po', sorrise, impacciato. Lei  si chiese perché sembrasse imbarazzato e gli schioccò un sonoro bacio sulle labbra. Ron a quel punto  divenne viola e la  guardò storto, anche se compiaciuto.
"Che fai?" Le chiese.
"Che c'è, sei il mio ragazzo, posso farlo!" Ridacchiò lei e gli prese la mano.
"Il tuo.. che?" Ron era allibito. Aveva picchiato di nuovo la testa? Cos'era successo adesso per dimenticare una cosa del genere?
"Il mio ragazzo, Ronald. Ho  capito perché sei qui: hai picchiato la testa."
"Di nuovo?" Chiese impaurito lui.
E lei non gli rispose, si accoccolò accanto a lui e cominciò a giocherellare distratta  coi suoi capelli rossi, a pensare ad un  mucchio di cose, a Ginny, a Malfoy.. Un'unica domanda fissa: perché?

                                                                                              ***

Draco Malfoy corse  via con lo sguardo di Potter puntato sulla nuca, corse via per scappare, per non rimanere vittima del suo incantesimo, per non vederla svegliarsi e non  chiedere di lui.
Era diviso in due parti, adesso. Il nero e il bianco. Il Purosangue e  il mago.  Il Mangiamorte e l'innamorato. Il Serpeverde e il Grifondoro. Non sapeva più chi era, quello che voleva.  Una parte di sé avrebbe voluto dimenticare come aveva fatto Hermione, ma una parte di sé voleva ricordare,  perché se era accaduto c'era pur sempre una ragione, e sarebbe stato ripagato comunque, anche tra mille anni, anche  quando sarà morto e il suo incantesimo abbandonerà Hermione come aveva fatto lui anni prima, lasciandola con  un rimpianto e con un vecchio  ricordo eroso dal tempo, come una vecchia fotografia, magari una di quelle babbane. Una foto un po' ingiallita dove ingenui sorridevano,  ignari che dopo si sarebbero salutati. Forse Draco preferiva le foto babbane. Quelle dove le persone rimanevano ferme come avevano deciso di apparire in foto, dove  non se ne andavano e non salutavano. E tu puoi solo spostarti per cercare d'incrociare lo sguardo perso nel vuoto di anni prima. Le avrebbe  preferite così le foto, e così, i ricordi. Con quello sguardo alla stazione o le loro lingue che si fondevano dolcemente sul treno, quando tutto era finito e un altro tutto stava per cominciare.
Non  ne era passato poi tanto, di tempo, no? Era passata solo qualche settimana, ma  il suo cuore sembrava aver stabilito un tempo nuovo, e sembravaf osse passato un secolo.
Si diresse verso i dormitori,  disse la parola d'ordine due volte perché la prima era sbagliata. Come  aveva potuto pensare che la parola d'ordine fosse "Hermione Granger"? Fortuna  che non c'era nessuno nei paraggi.
Nott lo vide entrare, era disteso sul letto che giocherellava con  un boccino.
"Ridammi il  boccino, Nott."
"Mi sembra ci sia qualcosa che ti  manchi più del boccino." Disse allora Nott, guardandolo a metà fra il preoccupato e il divertivo.
"Cos'altro mi hai preso?"
"Ah, non io. La Granger. Quella ti ha preso il cuore, Malfoy."
"Smetti di fare il cretino, okay? Perché la Granger?  Quella mezzosangue non vale niente, figurati." Disse, fingendosi disgustato al solo pensiero  di lui ed Hermione insieme.
"Il segreto per convincere qualcun altro è essere convinto per primo. E' per questo che non  funziona." Disse Theodore, serio.
"Ho fatto una cazzata, Theo.." Sussurrò Draco, e il suo amico a malapena sentì.
"Che hai fatto? A parte Cruciarla, dico.."
"Le ho modificato la memoria.."
"Le hai.. cosa? Le hai fatto dimenticare di essere stata Cruciata, vuoi dire? Bella  trovata!" Disse  Theodore, non convinto che ci fosse solo questo sotto.
"No. Hermione Granger adesso alla stazione ha salutato Potter con  un  abbraccio e Weasley con un bacio.."
"Con un che?!"
"Fammi finire! Sull'Espresso è stata sola. E' andata alla lezione della McGranitt, non  ha fatto scenate,  non  è risultata strana. Non ha ricevuto un  mantello.  L'unica cosa eccitante che è successa ad Hogwarts quest'anno è stato l'arrivo del professore nuovo di Difesa, e il ritorno, anche se purtroppo solo per qualche giorno, del suo ragazzo.  Ronald  Bilius Weasley." Tremava adesso,  Draco.  E si faceva paura da solo.  Paura perché aveva giocato con la mente di un'altra persona come  per mesi era stato fatto con lui, paura perché adesso,  grazie a lui, quella persona non sapeva niente di lui. E tremava del freddo che avrebbe sentito lei, senza il suo mantello. Senza lui a proteggerla.  Ma forse Weasley era povero di soldi ma non d'amore, e l'avrebbe scaldata, più di  quanto Draco avrebbe mai potuto fare.
"Cos'hai fatto,  Draco?! Tu sei pazzo!" Gridò allora Theodore, non più sicuro che fosse davvero Draco a parlargli, talmente che aveva quasi pensato  all'Imperius, per un attimo.
"Sì.. pazzo.  Di lei. Ma questo lei non lo sa." Disse,  risoluto. Poi guardò l'amico dritto negli occhi. "E non lo saprà mai."
".. Vado  a cena." Disse allora Theodore, desideroso di scappare, di vedere davvero la Granger tranquilla e beata che si aggira per i corridoi per mano a Weasley. Non poteva essere.
Si sentì un idiota per non essere rimasto con Draco, quando,  sedutosi al suo tavolo rivolto verso quello  Grifondoro, vide la Granger pulire un po' di cibo agli angoli della bocca di quello che lei credeva fosse il suo ragazzo.
Che bel Grifondoro, che lascia la  persona  più importante della sua vita credere di essere la  sua ragazza per  un vantaggio,  per non  essere rifiutato di nuovo!
Lo stomaco gli si era chiuso a pensare a Draco, a quel che avrebbe subito, d'ora in poi, ma non ce la faceva a tornare nei dormitori. Aspettò che la Weasley, la ormai cognata della ragazza che sarebbe comunque appartenuta al suo migliore amico per sempre, uscisse  dalla Sala  Grande, e  poi la raggiunse.
Lei non avrebbe voluto guardarlo negli occhi ma lui la costrinse a farlo, parandolesi davanti.
"Che vuoi?" Chiese, distaccata,  lei.
"Ginny." La richiamò lui. "Guardami." Lei lo guardò.
"Che nobiltà." Disse sciogliendosi un po' di fronte allo sguardo dolce di Nott.
"Che cosa?"
"Malfoy, dico.  Che nobiltà. Mi  chiedo se ci sia qualcun altro disposto a farlo." Disse Ginny, e sembrò rabbuiarsi un  po'.
"Che vuoi dire?" Chiese allora Nott, che a guardarla la vedeva ancora più bella, sempre più bella.
"Voglio dire che.. è naturale, no? Chiederselo."
"Chiedersi cosa?"
"Chiedersi se qualcuno sarebbe disposto a fare così per me." Disse soltanto, senza voler sentire una risposta di Nott. Allora Theodore capì subito che lei non avrebbe voluto sentir nulla  di ciò che stava per dire così disse soltanto:
"Le persone sono disposte a farlo per chi se lo  merita." Disse.
"E chi è che se lo merita?"
"Chiunque sia amato."
Ci fu un breve silenzio, poi l'urgenza prevalse sui sentimenti contrastanti di Theodore.
"Come sta?" Chiese.
"Come sta chi?"
"Secondo te? La Granger,  dico. Come   sta?"
"Lei sta bene. E' così convinta che Ron stia con lei, che non  ci sia mai stato niente con Malfoy.. questa è  l'unica volta in cui lui non  merita nessun male ma ne riceve a palate. Perché?"
"Perché il mondo è ingiusto, Ginevra. Come tuo fratello che le  lascia credere una cosa del genere."
L'ultilizzo del suo nome intero fece venire i brividi a Ginny, per sentimenti contrastanti.
"Malfoy non vorrebbe che le venisse detta la verità."
"Non vorrebbe nemmeno vederla insieme a tuo fratello!"
"Beh, l'ha deciso lui!"
"No! Non  l'ha deciso lui! Draco ha smesso di scegliere per se stesso quando ha cominciato a pensare alla Granger come più di una Mezzosangue, una Grifondoro. Quando ha cominciato a guardarle gli occhi, piuttosto che le braccia cariche di libri, o la bocca piena di veleno."
Si guardarono, tristissimi, per i loro amici.
"Io non voglio che stia male." Dissero insieme, e si abbracciarono. Loro erano le uniche prove che c'era stato qualcosa, tra Hermione e Draco, lo era il loro amore consumato con foga prima ancora di capire che fosse amore, lo erano i loro occhi che rivedevano tutto appena s'incontravano, quasi sempre per sbaglio, uno sbaglio voluto. Erano l'unica prova che l'amore non  guardasse in faccia, che guardasse dritto nel cuore. Che li unisse coi più simili solo per poterci completare, come in  un puzzle. Era l'amore che li aveva ridotti così, a pezzi, per poter trovare altri pezzi per completarli.
Voci dall'uscita della Sala Grande, la Granger e Weasley.
"Potter  dov'è?"  Sussurrò Nott all'orecchio di Ginny mentre questa già si staccava per andare a recitare la sua parte in quel quadretto di falsità.
"Non vuole uscire dalla sua camera. Meglio così." Disse soltanto.
Perché a forza di aspettare, un cuore si dimentica come si ama. Ed era così che stava adesso Ginevra Weasley, che imparava ad amare di nuovo,  come la prima volta.
Theodore andò verso i dormitori con  un senso d'urgenza che gli  premeva nello  stomaco. Doveva vedere Draco.  Doveva sapere che era ancora vivo, che  non si era lasciato andare,  fossilizzato, che non aveva lasciato che ogni cosa gli scorresse addosso, come  se fosse di pietra.
Entrò e lo vide. Sdraiato, apatico. Le  dita intrecciate sul ventre come  un morto in una bara. Lo sguardo perso nel soffitto che volava dolce nel cielo, dove ancora  poteva amarla. Sembrava beato, in quel mondo dei sogni.  Ma Theo lo  riportò  alla realtà.
"Draco." 
"Sì?" Rispose dopo un po', continuando a guardare il soffitto.
"Come stai?"
"Sdraiato, non vedi?"  Non c'era sarcasmo nella sua voce. Era come se fosse convinto di quella risposta.
Theodore continuò a fargli delle  domande e lui a rispondergli così, senza prenderlo sul serio. Allora decise di andare a dormire, sperando che il giorno dopo sarebbe stato migliore. Spense le luci, allora sentì Draco muoversi un po', adesso che aveva perso il suo punto di riferimento, in  alto.
Respirava forte, come se avesse fatto una  lunga corsa, tanto che Theo per un attimo credette che fosse vicino ad andare in iperventilazione.
Poi si fermò, di colpo. Si mosse di nuovo,  e ancora, ancora.
"Tornerà, Theo?" Chiese, triste.
Una lacrima gli scese  dal  viso e nessuno  la vide, nemmeno lui.  Perché Draco Malfoy era diventato, ormai, uno che piangeva in silenzio, al buio, per non farsi vedere. Per non lasciare che gli altri provassero pena per lui, per non lasciare che gli altri fossero umani.
"Non tornerà, Draco. Lei non  se n'è mai davvero andata."
E Draco fu immensamente grato alla Weasley, che aveva reso Theodore così innamorato, così simile a lui fino a capirlo.
Chiuse gli occhi e cercò il suo nuovo punto di riferimento dentro di sé.
Si ispezionò  per bene e poi cominciò a giocherellare distratto con le lenzuola, a pensare ad un mucchio di cose, a Theo, a Hermione.. Un'unica domanda fissa: Perché?

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Capitolo 9
*** 9. When there's nothing left to save.. ***


Oh what are we doing?
We are turning into dust,
Playing house in the ruins of us.

Running back through the fire 
When there's nothing left to save 
It's like chasing the very last train 
When it's too late

Oh it tears me up 
I tried to hold on but it hurts too much 
I tried to forgive but it's not enough 
To make it all okay 

You can't play on broken strings 
You can't feel anything 
That your heart don't want to feel 
I can't tell you something that ain't real 

-Broken Strings, James Morrison.

9. When there's nothing left to save..






Hermione si svegliò serena, niente che potesse turbarla. Decise di andare a svegliare sia Harry che Ron visto che, presumeva, stavano ancora dormendo.

Draco si svegliò di malumore, un sacco di turbamenti. Decise di svegliare Theo perché lo sentiva russare, e sapeva che non ce l'avrebbe fatta a vederli insieme senza di lui.

Svegliò Harry scuotendolo un po' e Ron con un leggero e casto bacio sulle labbra. Era proprio il ragazzo perfetto. Rise pensando a quante offese si erano lanciati i primi anni per poi finire così.. per sempre insieme.

Buttò Theo giù dal letto. Non per cattiveria, per vendetta. Lo fece perché adesso fare qualcosa di carino sarebbe sembrato troppo per la sua natura, troppo per ciò che era, e non l'avrebbe sopportato. Si sarebbe sentita di nuovo la grande influenza che la Granger aveva avuto su di lui.

Mentre aspettava che Harry e Ron si svegliassero tornò nei dormitori femminili e si vestì. Le venne da pensare al motivo per il quale Malfoy l'aveva Cruciata, e pensò che gliel'avrebbe chiesto, seppure adesso si fosse imposta di odiarlo senza limiti, perché era questo che aveva fatto lui per tutti questi anni, e lei credeva di non averlo ferito abbastanza, quel vile che si era unito a Voldemort, che l'aveva vista soffrire senza alzare un dito per salvarla.

Pensò ad Hermione e al suo profumo, pensò a quanto erano stati vicini ad essere felici e quanto la sua stupida azione Grifondoro l'avesse rovinato. Pensò che adesso lei l'avrebbe ricordato come un verme, un viscido, come un codardo, e avrebbe ricordato che lui c'era quando Bellatrix l'aveva torturata, ma non avrebbe mai ricordato lo sguardo che le aveva lanciato, che avrebbe voluto fosse stato una spugna per poter contenere tutti i suoi dolori.

La Grifondoro, ancora assorta nei suoi pensieri, uscì dai dormitori contemporaneamente a Ron e Harry, che avevano delle grandi occhiaie, come se non avessero dormito quella notte. Si avviarono verso la Sala Comune ed Hermione sentì una crescente ansia dentro di sé, senza una ragione precisa.

“Cos'hai, Hermione?” Chiese Harry, vedendola turbata.

“Oh, non lo so. Sarò solo stanca.” Disse lei, semplicemente. Non voleva che il suo migliore amico si accorgesse della sua ansia insensata.

“Sicuramente avrai paura di vedere Malfoy. Ti capisco, quel vile..” Disse Ron, annuendo.

Harry lo guardò e lo fulminò con lo sguardo, ed Hermione gli chiese il motivo di quello sguardo.

“Niente, figurati.” Disse Harry, ancora arrabbiato con l'amico per aver approfittato di Malfoy, arrabbiato perché stava infangando colui a cui doveva tutto, compresa Hermione.

Ricordò le parole della sera.

“Quanto credi che ci vorrà perché Hermione si accorga che Malfoy le ha modificato la memoria?” Gli aveva chiesto.

“Non lo so, dovrebbe davvero accorgersene? E' serena, dopotutto.” Disse Ron, scartando una Cioccorana.

“E' serena perché non sa, ma sai che non sarà così per sempre. Non puoi approfittartene.” Disse Harry serio, chiedendosi come facesse a non essere nemmeno un po' in pensiero.

“Beh, ma lei mi ama, no? L'ha detto.” Disse, guardando la sua figurina. “Silente..” sussurrò piano. Stava per buttarla via quando Harry lo fermò, prese quella figurina e l'appese nel muro vicino al suo letto. Avrebbe avuto bisogno di Silente, ma lui adesso non c'era.

“Lei non ti ama. Lei ama quello che Malfoy le ha detto che sei.”

“Hermione e Malfoy parlano di me?”

“No, idiota, parlavo dell'incantesimo.” Disse Harry, poi spense le luci e si mise a letto, imitato dall'amico con cui avrebbe voluto condividere i suoi turbamenti. Non riuscirono a dormire.

Draco e Theodore uscirono dai dormitori poco dopo, passarono dalla Sala Comune senza degnare chiunque li salutasse, e si diressero a grandi passi verso la Sala Grande. All'improvviso Draco non avrebbe voluto vederla, avrebbe voluto essere cieco e sordo, ma espresse il suo desiderio di tornare indietro troppo tardi e vide Hermione per mano a Ron, ma la sua espressione era tutt'altro che serena. Draco si chiese perché, e glielo chiese anche Potter.

Weasley disse qualcosa contro di lui. Draco avrebbe voluto rompergli il naso, qualche costola, stavolta non con la bacchetta ma con le mani, per far più male, per sentire qualcosa che si piegava sotto di lui, quella faccia ingrata che si deformava. Tuttavia rimase impassibile e sorpassò il trio senza degnarli di uno sguardo, anche se vide quello che Potter lanciò a Weasley e si disse che a modo suo, avevano tutti un debito con lui.

Si mise a sedere. Avrebbe voluto mangiare ma non ci riuscì, eco di voci lontane che gli chiedevano come stesse, senza poter rispondere perché la gola adesso era chiusa e nulla l'avrebbe più aperta. Sentiva le cose scivolargli addosso come acqua, sentì Theo che lo scosse. “Scusa”, avrebbe voluto dirgli “ma non sei tu la persona che può sbloccarmi.” Ma non lo fece perché la voce era andata a farsi fottere come tutto ciò che lo rendeva umano.

Poi un urto, un urto leggero, soffice, ma che, percepì, non era amorevole. Sentì che era il tocco giusto e il sangue cominciò a scorrere di nuovo nelle vene. Era lei, lo sapeva.

Non si voleva voltare, non la voleva guardare. Le farfalle nello stomaco non c'erano più, adesso c'erano api e facevano un male cane. Il cuore batteva a mille ma cercò di restare impassibile. Gli era sempre riuscito bene nascondere le sue emozioni. Si voltò, il viso un po' arrossato, che non sfuggì alla strega.

Perché?” gli chiese. Lui non sapeva nemmeno a cosa si riferisse ma la guardò a lungo e disse:

Perché è giusto.” Credeva parlasse d'amore, ma dentro di sé sapeva che si riferiva al Crucio, all'odio. Lei se ne andò scocciata e lui voleva correrle dietro, urlarle di restare. Un sentimento lontano gli ricordò quando l'aveva vista la prima volta e quanto aveva desiderato ardentemente che diventasse una Serpeverde, mentre era diventata Grifondoro, al di là della portata del suo cuore. Era diventata troppo lontana in quel momento, quando era diventata Grifondoro, più brava di lui e per giunta una Sanguesporco. E anche quando la insultava per la prima volta avrebbe voluto trattenerla, ma lei era sfumata via, portando con sé quel poco di calore dal suo cuore. E adesso per la seconda volta, sapeva che se n'era andata per non tornare. Non in questa vita.

Sperò di poter rinascere e di rinascere meno stupido, sperò di poterla trattenere in futuro, anche se in cuor suo sapeva che non sarebbe stato così.

Hermione prima di porre la sua domanda a Malfoy lo aveva guardato negli occhi per un misero secondo che l'aveva smossa dentro, senza che nemmeno lei sapesse perché. Si chiese perché era successo, cosa significasse. Si chiese anche perché la carnagione pallidissima di Malfoy in quel momento era quasi arrossata. Probabilmente s'era scazzottato, o una delle sue qualche puttanelle Serpeverde l'aveva schiaffeggiato perché l'aveva trovata a letto con un altra.

Tornò al tavolo perché sapeva che mancava ancora un po' alla lezione di Trasfigurazione. Si sedette vicino a Ginny, che li aveva raggiunti insieme a delle ragazze del suo anno, e Ron. Stavano parlando tranquillamente e l'avrebbe voluto fare anche lei, ma qualcosa la bloccò. Non sapeva cosa fosse o perché fosse. Semplicemente si sentiva privata di una parte di sé, come se le avessero portato via il suo libro preferito o semplicemente uno utile. Avrebbe voluto sapere quale fosse quella parte di sé che le mancava, ma ben presto dovette riscuotersi da queste riflessioni per dedicarsi allo studio, così attribuì la cosa all'amore. Non c'era per niente abituata, Hermione, ad essere innamorata. Eppure la sua testa le diceva che lo era da molto tempo, di Ron. Rise un po' di sé pensando a quanto aveva odiato Ron, quando aveva desiderato che non finisse come tutti si aspettavano che finisse, ovvero loro due insieme. Perché ormai era deciso che sarebbe finita con lui. Con chi avrebbe dovuto finire, in fondo? Chi altro c'era disposto ad amarla, o chi altro era disposta lei ad amare? Era sempre stata monotona e alla fine era stata ripagata, perché era giusto, stare con Ron, perché era quello che tutti si aspettavano.

Entrò in classe con ancora quel mezzo sorriso di scherno per se stessa che le solcava il viso, la risposta a tutti i suoi problemi così vicina a lei, che la guardava di sottecchi, attento a non farsi vedere. Hermione si diresse da tutt'altra parte e la McGranitt la guardò con disappunto, come se si aspettasse che sedesse da un'altra parte. La salutò con un cenno e lei le si avvicinò come per chiederle spiegazioni, ma alle sue spalle comparse all'improvviso un impaziente Draco Malfoy che la prese da parte. La sua espressione alla fine era a metà fra il triste e il commosso, allungò dolcemente una mano verso Draco come avrebbe fatto solo col suo migliore alunno, ed Hermione ne fu stupita, tanto che lo si doveva leggere nella sua faccia. Il Serpeverde, infatti, la vide e si affrettò a tornarsene a sedere, desideroso di scoprire che era soltanto un incubo.

Draco tornò svelto verso il suo posto, sapendo che non sarebbe riuscito a scappare allo sguardo della Granger, non per molto.

La guardava di sottecchi, ogni tanto. La McGranitt vedeva che non era attento ma non ce la faceva a dirgli di smettere di guardarla. Perché con quei ragazzi che si amavano si era chiesta sempre anche lei come aveva fatto da giovane, a dire di no a quel ragazzo, a quell'amore.

E Draco lo vedeva, lo sentiva. Aveva imparato a camuffare la propria mente ma a saper leggere quella altrui. Era sicuro che la McGranitt sapesse che stava ascoltando i suoi pensieri, ma non riusciva a capire perché allora lo lasciasse fare. Delle immagini passarono dalla mente dell'anziana professoressa a quella del Serpeverde. Una giovane coi capelli chiari, e dei grandi occhi del colore del mare in tempesta, che vagava sola per i corridoi di quello stesso castello dove adesso lavorava come insegnante. Un ragazzo, alto, moro. Gli occhi del colore della cioccolata. Si guardavano, lo facevano spesso. Niente di più. Non avevano mai parlato, se non quella volta quando lui le chiese, al primo anno, sul treno per Hogwarts, se potesse entrare nel suo scompartimento. Lei alzò le spalle e gli fece vedere che lì era ormai tutto pieno. Forse è sempre stato questo. Rifletté la professoressa, in modo che sentisse anche Draco, il mio cuore è sempre stato troppo affollato per far sì che c'entrasse qualcuno davvero. Ma adesso sono sola, Draco.. e quell'attimo di confidenza con la professoressa, che per la prima volta chiamava un alunno per nome, fece abbassare la guardia a Draco, mentre sentiva la voce della Granger che diceva qualcosa. Tutto era lontano, solo lei era vicina. Lo pensò, e la McGranitt sorrise, disse dentro di sé, ma rivolto a Draco: vorrei essere stata amata, un tempo, come tu adesso ami lei. Forse la differenza fra te e quel ragazzo è stata che l'amore ti ha dato più coraggio di quanto ne avesse lui. I Serpeverde non sono disprezzati per ciò che hanno. Fascino.. potere. Piuttosto per quello che non hanno: il coraggio. Mi chiedo come abbia fatto a finire in questa casa, Malfoy. Draco aprì di nuovo la sua mente per rispondere alla professoressa. Forse quando mi ha messo quel cappello in testa, professoressa, non conoscevo ancora l'amore. La professoressa lo guardò e sorrise, poi si voltò, e Draco non poté più udire che la sua stessa voce, triste e stanca, che gli ripeteva che il coraggio non l'aveva. Che stava di nuovo scappando.

La lezione finì. Si alzarono tutti e Draco corse via veloce, per poter raccontare a Theo cos'era successo.

Hai parlato con la McGranitt, eh?” chiese l'amico.

Come fai a saperlo?”

Occhiatine sospette. Non potevo credere che stesse flirtando con te, così ho ipotizzato una conversazione. Avete parlato della Granger, eh?”

Draco gli raccontò tutto, come si sentiva, come invece non si sentiva, cosa gli aveva detto e mostrato la McGranitt.

Rimaniamo dei Serpeverde” obiettò Draco.

Perché?”

Perché stiamo scappando.”

Stiamo? Amico, tu stai scappando.”

E cos'è che fai tu, con la Weasley? Vi guardate e non riuscite ad andare oltre. Vi siete scottati entrambi. E sai che l'unico modo per far sì che il fuoco si spenga è lasciarlo bruciare tutto ciò che trova, fino a che non troverà più nulla.”

Davvero?” Chiese Theo, pensieroso. “Perché siamo nati così? Siamo bambole con dei difetti di fabbrica. Io capisco che le persone non possano avere tutto. A noi sono stati dati il fascino e l'astuzia. Poi ci hanno dato l'amore e non ci hanno insegnato come si ama.. E questo non vale. Perché.. guarda.. guarda Ginny, insomma. Ha il fascino. L'astuzia. La simpatia. Ha un sacco di amici. Ha pure un ragazzo, anzi, il ragazzo, considerato che lui è 'quello con la cicatrice, che ha salvato il mondo magico'. Ha l'amore e sa come amare. Cosa manca, a lei, Draco?” Chiese allora Theo, quasi indignato.

Le manchi tu.” Disse allora Draco, ormai consapevole di cosa volesse dire, avere tutto, meno ciò di cui abbiamo davvero bisogno.

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