I’ll be standin’ there by you

di odile12
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Santana camminava a grandi passi nel parcheggio del locale, in cerca della sua auto. Le gocce di pioggia cadevano sul suo volto, mischiandosi alle lacrime che le scendevano incontrollatamente sulle guance scure. Non avrebbe mai voluto che qualcuno la vedesse in quello stato: lei era Santana Lopez, e Santana Lopez non piangeva mai, o almeno non in pubblico. Socchiuse leggermente gli occhi neri, cercando di vedere meglio. C’era una nebbia davvero fitta che le impediva di trovare la sua auto. Mentre camminava tante immagini si sovrapponevano nella sua mente, e le sembrava che la testa le stesse per scoppiare. Vedeva il volto di Brittany, che la osservava con i suoi occhi azzurri come il mare e le parlava. Sembrava dispiaciuta, o forse a disagio, era sempre difficile comprendere lo stato d’animo della bionda, e questa volta neanche Santana ci era riuscita. Sentiva ancora chiaramente le parole che aveva pronunciato, come se fosse stata accanto a lei in quel momento.
- Oggi pomeriggio Sam ha fatto un’imitazione bellissima di Dumbo, e tu sai quanto amo quel cartone animato - aveva esordito la bionda. La latina aveva alzato un sopracciglio, leggermente infastidita da quella frase. Odiava il fatto che qualcuno che non fosse lei facesse sentire bene Brittany, usando le cose che più piacevano all’ingenua cheerleader, in particolare Sam. Da un po’ di tempo aveva notato che quel biondo con le labbra da trota se la intendeva alla perfezione con la sua ragazza, e credeva che probabilmente ci provasse un po’.
- Sam è un idiota – aveva risposto semplicemente la giovane ispanica, avvicinando le sue labbra carnose al bicchiere per bere un sorso.
- No Santana, non è vero. Dopo questo pomeriggio fantastico, in cui mi ha fatto divertire con tutte quelle imitazioni dei miei cartoni animati preferiti, ho capito che mi piace, anche se ho paura che con quella sua enorme bocca possa mangiarmi la faccia. Mi dispiace Santana, io ti ho davvero voluto tanto bene, e te ne voglio ancora, ma…-
- Brittany smettila! Non dire queste cose, Sam è solo un maschio! Cosa ne è di noi due?? – aveva esclamato la latina, sull’orlo delle lacrime, ormai consapevole che non c’era nulla da fare. Aveva capito l’antifona, e conosceva bene il significato di quel “Mi dispiace”
- Beh, potremmo sempre rimanere amiche. Sono davvero stata bene con te..– tentò di dire, ma la ragazza dai capelli neri era già schizzata fuori dal locale, livida di rabbia e triste.

Santana sapeva di aver perso l’unica persona che davvero l’apprezzava e che non la vedeva solo per la stronza che spesso dimostrava di essere. Sapeva che non avrebbe mai trovato una persona come Brittany, e aveva paura per lei. Paura che qualcuno potesse farle del male e prendersi gioco della sua ingenuità. Infatti, malgrado Britt fosse una delle cheerleader più popolari, in molti ridevano di lei e le dicevano che era una stupida, e anche se la bionda lo nascondeva bene, Santana sapeva che quell’appellativo la feriva e la faceva stare male. Perciò ogni volta che la sua amica era giù di morale per questo motivo le ripeteva che era un genio, che nessuno poteva davvero comprendere la sua grandezza, poi andava a riempire di parolacce chi aveva osato dire una cosa del genere alla sua ragazza. Ora quei tempi erano finiti, l’ispanica lo sapeva bene. Lei non sarebbe più riuscita ad esserle amica, ad avere quel rapporto che avevano avuto in precedenza. Ogni cosa, un gesto, il suo sguardo sognante, i suoi occhi all’insù, azzurri come il mare, e la sua pelle candida, le avrebbero ricordato i vecchi tempi, e sarebbero state una continua tentazione e sofferenza per lei.
Velocizzò il passo, odiava sentirsi così vulnerabile, e odiava quel suo lato così malinconico e romantico, che talvolta usciva fuori nei momenti meno opportuni, proprio come quello.
Quando era ormai quasi arrivata a destinazione, l’ispanica, scivolò su qualcosa di piccolo. Cadde in una grossa pozzanghera, sporcandosi il vestito verde e blu di acqua e fango. Meraviglioso, pensò, appoggiando una mano sull’asfalto bagnato per rialzarsi. I suoi occhi neri come la pece si fermarono su una piccola macchia dorata che galleggiava a pochi millimetri dal suo piede e che doveva essere l’oggetto incriminato.
Imprecò per qualche istante, e lo afferrò. A prima vista sembrava una bussola, anche se in realtà la nebbia e la pioggia battente le impedivano di vedere bene. Ma chi poteva aver perso una bussola nel parcheggio di un piccolo locale di Lima?! Senza farsi troppe domande entrò nell’auto, al riparo. Finalmente era in un posto asciutto, anche se i suoi vestiti e i suoi capelli erano completamente zuppi d’acqua. Prese la bussola, e iniziò a rigirarsela tra le mani, osservandola attentamente. In realtà sembrava più un orologio da taschino, convenì qualche istante dopo. Era dorato e pieno di graffi, e sembrava abbastanza antiquato e vissuto. Chiunque avesse perso un oggetto del genere doveva essere sicuramente felice, vista la bruttezza del piccolo orologio. Lo lanciò sul sedile accanto, e si prese la testa fra le mani, stanca, premendo con forza le dita sulle tempie, cercando di placare il flusso dei suoi pensieri. Era stata davvero una lunga giornata, e ciò che voleva adesso era solo tornare a casa, fare un bagno caldo, e mettersi qualcosa di asciutto addosso, a tutti gli altri problemi ci avrebbe pensato lunedì. Per qualche tempo aveva creduto che quell’anno sarebbe potuto essere davvero meraviglioso, e che lei sarebbe potuta essere davvero felice: aveva la sua fidanzata, una media altissima, il cheerleading, e suo malgrado, anche se detestava ammettere che le piacesse davvero, aveva il Glee. Ma quel ragazzo dalla bocca enorme e un QI simile a quello di un criceto, era arrivato a portarle via la sua ragazza. Immersa in questi pensieri, Santana, abbassò un istante gli occhi scuri sui pedali, e vide qualcosa di bianco. Si chinò a raccogliere il foglio con le sopracciglia aggrottate.. Ma cosa stava succedendo quella sera?! Era umidiccio, e al solo contatto con qualcosa di vagamente bagnato, sul volto della latina non potè che comparire una smorfia. Ne aveva abbastanza di acqua e “docce fredde” per quella sera, adesso voleva solo un po’ di calore. Lo aprì, e di fronte ai suoi occhi comparì una pagina riempita da una calligrafia quasi illeggibile. Era per caso uno scherzo!? Perché tutti sapevano che la giovane ispanica non amava molto che qualcuno si prendesse gioco di lei.
“L’orologio magico – Istruzioni per l’uso” lesse la ragazza. Gli angoli della sua bocca carnosa si sollevarono, disegnando un sorriso divertito sul suo volto. Un orologio magico? Quello? Riprese a leggere.
“Sei stanco della tua vita e vorresti ritornare indietro per cambiare qualcosa? Allora continua a leggere, perché l’orologio magico potrà aiutarti a cambiare il presente, facendoti tornare nel passato. E’ semplice, basta riportare la lancetta delle ore indietro, in base al vostro desiderio. Se invece..” La ragazza stropicciò il foglio, entusiasta, senza leggere ciò che c’era scritto dopo. Avrebbe potuto ripetere la giornata!! In questo modo avrebbe potuto evitare che il biondino e la sua ragazza passassero il pomeriggio insieme, e che lei si infatuasse di lui per le sue stupide imitazioni dei personaggi dei cartoni animati. Prese l’orologio, con un sorriso raggiante. Finalmente lei, Santana Lopez, avrebbe potuto riavere indietro la sua ragazza e il suo ultimo anno perfetto. Finalmente avrebbe potuto avere un po’ di felicità. Girò la rotellina, ma ben presto notò di aver spostato la lancetta dei secondi al posto di quella delle ore. Probabilmente era uguale, ma non fece in tempo a cambiare, che una luce fortissima la costrinse a chiudere gli occhi. Poi, il buio.

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    Commento
Saaalve! Dunque, questa è la prima FF che scrivo (ne ho pensate tante, ma non ho mai scritto nulla), quindi vi chiedo scusa per eventuali cavolate, o errori e bla bla. Vi chiedo di essere molto critici XD senza pietà !! Questo capitolo è stato molto dedicato alla Brittana in realtà, ma non fuggite, perchè la Quinntana arriverà! Non è particolarmente eccitante come capitolo, lo so, ma era indispensabile scrivere questa premessa alla storia vera e propria, e in realtà, non so perchè, ma pensavo uscisse più bello! La cosa divertente è che è nato tutto da un sogno, e da una canzone... Sì, non è normale che io sogni di scrivere una FF ahahahah Cooomunque, per il resto, mi potete trovare su TT (
https://twitter.com/kitri_odette ). Detto ciò, a voi la parola ;)
  

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

- Ma cosa facciamo adesso? –
- Aspettiamo prima che si svegli, poi le faremo qualche domanda –
Il suono delle due voci giunse ovattato alle orecchie di Santana, stesa su un letto. Doveva essere stata lì a lungo, perché quando aprì gli occhi notò una bottiglia d’acqua quasi finita e un bicchiere accanto a lei, e le lenzuola completamente sconvolte, segno che aveva dormito per molto tempo. Inizialmente la luce era così forte che impedì all’ispanica di guardarsi bene intorno e di distinguere con precisione i lineamenti delle due bionde che la osservavano dall’alto, parlottando. Poteva scorgere soltanto il contorno dei loro volti e le loro labbra che si muovevano alla velocità della luce. - Sono in paradiso e voi siete degli angeli? – chiese la latina, con gli occhi socchiusi, e una punta d’ironia nella voce assonnata. Le risate delle ragazze iniziarono a risuonare nella stanza, rumorose. Era possibile che urlassero tanto? Santana strizzò gli occhi, frastornata, e una delle due bionde si allontanò dal letto. Quando li riaprì, notò con piacere che la sua vista era tornata normale. Osservò per qualche istante la ragazza di fronte a lei, confusa. Aveva i capelli dorati, gli occhi grandi e verdi, le labbra disegnate e incredibilmente sottili, e poteva avere circa ventisei anni. C’era qualcosa di familiare in lei, ma non sapeva esattamente cosa. - E tu chi diavolo sei??! – esclamò la latina, incapace di riconoscerla. La ragazza di fronte si voltò verso la sua sosia, e disse con un sorriso, senza rispondere alla sua domanda – Deve essere confusa, poverina – Poi prese ad osservarla per quelle che all’ispanica sembrarono ore. La latina voleva alzarsi, andarsene da quella stanza piccola e soffocante, e dalle grinfie di quella bionda che già dopo tre parole le era antipatica. Se ne stava lì, seduta, a osservare dei fogli grossolanamente applicati ad un rettangolo di cartone, probabilmente per imitare una di quelle belle cartelle che hanno i dottori, e non le staccava gli occhi di dosso, studiandola con una finta aria da professionista. Doveva essere una strizzacervelli. In ogni caso adesso che si era svegliata, non aveva più motivo di starsene lì con quella psicopatica, e poteva tranquillamente tornare a casa. Tentò di alzarsi dal letto, ma appena si mosse, un lancinante dolore al capo le impedì di mettersi a sedere, e ricadde pesantemente con la testa sul cuscino. Le sue labbra carnose si arricciarono in una piccola smorfia di dolore, e borbottò a bassa voce – Stupida emicrania -.
- E’ meglio che non ti affatichi troppo – commentò la ragazza, che continuava ad appuntare sul foglio tutti i suoi comportamenti, con una calligrafia orribile. Santana, in tutta risposta, si allontanava sempre più, e sul suo volto era già comparsa la sua solita espressione disgustata e sprezzante.
- Allora, come ti chiami? – chiese improvvisamente la bionda, con un sorriso mellifluo. L’ispanica credeva che il suo stomaco non avrebbe potuto reggere ancora per molto quel volto angelico e quelle espressioni così schifosamente stucchevoli. Alzò un sopracciglio: Possibile che non la riconoscesse?
- Sono Santana Lopez, e vorrei tanto tornare a casa – La risata divertita della ragazza le giunse subito alle orecchie, infastidendola ancora di più.
- Lopez?? Non credo proprio! Da un oggetto personale che è stato trovato con te, abbiamo dedotto che il tuo nome sia Santana Rivera. Credo che fosse un orologio, e l’incisione che c’era sul retro ha parlato chiaro. Probabilmente la botta che hai avuto alla testa, quando sei svenuta, ti ha confuso un po’ le idee. Ma dimmi, quanti anni hai? – gli occhi scuri della latina si sgranarono in seguito a quelle parole. Ma come era possibile?
- Sei seria? Io sono figlia dei Lopez, sono ispanica!! Non si vede?! – disse la ragazza con veemenza. Anche un cieco avrebbe potuto capire le sue origini, e poi la somiglianza con sua madre era così marcata, che le sembrava davvero impossibile che la bionda di fronte a lei non la riconoscesse.
- Va bene, calma Santana. Ora devi dirmi quanti anni hai – rispose a sua volta la presunta strizzacervelli, prendendole un braccio per rassicurarla, ma in tutta risposta la bruna lo ritrasse.
- Diciassette – La ragazza dagli occhi scuri sembrava seccata. Quando avrebbe finito di farle tutte quelle inutili domande? Lei sapeva chi era, sapeva quanti anni aveva e dove abitava, semmai era la bionda ad avere qualche problema a riconoscerla. La tizia di fronte a lei continuò a prendere appunti, e scrivere cose totalmente inutili sul suo foglio. Dal punto del letto dove si trovava, Santana, riusciva a leggere esattamente quanto bastava per ridere di lei e del suo inutile lavoro.
- Ora posso sapere chi diavolo sei tu? – sbottò improvvisamente la latina. Era stanca di perdere tempo, e aveva un sacco di cose da fare, come andare agli allenamenti, ad esempio.
- Piacere, io sono Frannie Fabray, assistente sociale. Suppongo, vista la tua insistenza ad affermare che fai parte della famiglia Lopez, che tu non ricordi nulla della tua vera famiglia. Non preoccuparti, ti aiuterò io a ritrovare i tuoi parenti, e nel frattempo potrai stabilirti a casa nostra, dove Quinn ti darà una stanza. Potrebbe volerci un po’ di tempo, per cui sarà meglio iscriverti a scuola e frequentare. – Santana era sconcertata. Sconcertata perché la tizia la trattava come una malata di mente, ma anche perché era la sorella di Quinn!! Insomma, si sarebbe dovuta stabilire a casa sua! L’ispanica non ebbe il tempo di realizzare la cosa, che una lucente Quinn Fabray varcò la soglia. Doveva aver sentito tutta la conversazione, perché appena fu entrata, annuì alla sorella, seria. Sembrava più magra, e con grande stupore di Santana aveva i capelli legati in un perfetta coda di cavallo e indossava una delle inconfondibili uniformi delle Cheerios! Quando era rientrata nel club delle cheerleader?
- Ciao! Scusami se il posto non è un granchè, ma questo è tutto ciò che la Chiesa può offrire. Ti abbiamo trovata qui fuori, e questo era il luogo più vicino dove portarti! – disse tutto d’un fiato. La latina la osservò per qualche istante, ancora confusa dalla situazione. Ma che importanza aveva adesso? Finalmente c’era qualcuno che l’avrebbe riconosciuta e che le avrebbe permesso di ritornare a casa.
- Quinn!! Finalmente qualcuno che mi conosce!! Dillo anche tu a questa pazza psicopatica di tua sorella che io sono Santana Lopez, e non Rivera come dice lei! Dille che devo tornare a casa perché alle cinque e mezza ci sono gli allenamenti delle Cheerios – Quinn aggrottò le sopracciglia. Sul suo volto non comparve alcun segno di riconoscimento.
- Ehm, devi essere un po’ confusa, perché i Lopez non hanno una figlia di diciassette anni. Ma non preoccuparti, ora andremo a casa mia dove ti mostrerò la tua stanza, e poi Frannie penserà a tutto il resto, ok? – aveva il suo tono da mammina premurosa, che generalmente usava con i bambini o con Brittany, e che le dava incredibilmente fastidio. Decise di lasciar perdere, perché in quel momento, probabilmente, avrebbe solo peggiorato la situazione, e fece un cenno alla ragazza, immergendosi nei suoi pensieri. Perché Quinn non l’aveva riconosciuta, perché aveva la divisa delle Cheerios, e perché sua sorella era in città? Lì c’era qualcosa che non quadrava, di sicuro. La prima cosa a cui pensò fu che avesse combinato un pasticcio con l’orologio, e si diede mentalmente della stupida per non aver letto le istruzioni fino alla fine. Poi ricordò qualcosa, e voltandosi di scatto verso Frannie chiese – Tu hai parlato di un oggetto, giusto? Era per caso un orologio? Potrei averlo? –
La latina incrociò lo sguardo di Frannie, che si morse il labbro inferiore.
- Quindi era un orologio? Ecco, noi ne abbiamo trovato solo qualche pezzo, perché era praticamente distrutto, spero che non sia un oggetto di importanza affettiva, perché sarebbe un vero peccato –
Santana si sentì mancare. E adesso cosa avrebbe fatto? L’orologio era l’unico a poterle dare una soluzione. Era in una situazione a dir poco assurda, e aveva ancora difficoltà a capire cosa fosse accaduto.
- Andiamo? - la voce di Quinn la distolse dai suoi pensieri. Si alzò velocemente dal letto, lisciandosi il vestito.
- – Andiamo –
La bionda la osservò per qualche istante, storcendo la bocca – Credo che dovrò prestarti anche qualche capo d’abbigliamento – aggiunse, riferendosi probabilmente al suo mini-vestitino verde e blu. Santana pensò per qualche istante alle magliette dai colori forti e accecanti di Quinn, o ad uno dei suoi vestitini dalle orribili fantasie, e trasalì per qualche istante all’immagine di lei con indosso degli abiti del genere. Però doveva ammettere che era davvero carino da parte della cheerleader prestarle qualche vestito, anche perché probabilmente lei nella stessa situazione non l’avrebbe mai fatto. - Grazie – rispose, e così dicendo la sua bocca si aprì, per la prima volta da quando si era svegliata, in un sorriso.
**********
La latina camminava freneticamente per le strade di Lima, con la sciarpa avvolta attorno al collo. Quando aveva chiesto a Quinn come mai facesse così freddo a Maggio, la cheerleader l’aveva guardata come se fosse matta, e le aveva risposto che in realtà era Novembre. L’ispanica era sempre più sconvolta da tutte queste rivelazioni, e voleva andare fino in fondo, e capire cosa fosse realmente accaduto e cosa potesse fare per tornare alla normalità. Quando Quinn le aveva gentilmente mostrato la sua camera lei l’aveva ringraziata, ma non era riuscita a rimanere un secondo di più in quella stanza piena di pupazzi inquietanti che la guardavano con i loro occhietti di plastica, per cui aveva chiesto alla bionda di prestarle un cappotto, ed era uscita per chiarire quella storia, destinazione casa Lopez. Sapeva che era una mossa azzardata presentarsi lì all’improvviso, ma prima o poi avrebbe dovuto farlo per capire realmente la situazione. Sbuffò, e una nuvoletta di vapore acqueo uscì dalla sua bocca. I suoi occhi neri vagavano da una parte e dall’altra, alla ricerca della sua villetta. D’un tratto la vide, lì, grigia, e apparentemente nulla sembrava diverso. Per un momento pensò che avrebbe bussato, sua madre le avrebbe aperto la porta, e sarebbe andata tranquillamente in camera sua, attendendo la cena. Ma non sapeva perché, quando si trovava già a qualche metro dalla porta d’ingresso, era consapevole del fatto che non sarebbe stato così. Bussò una, due, tre volte, e fu solo dopo la quarta che la porta si aprì. I suoi occhi neri si spalancarono, e rimase a bocca aperta di fronte a ciò che vide dopo qualche secondo. Si sarebbe aspettata di tutto, ma mai ciò che c’era davanti ai suoi occhi: un’adolescente. La osservava torva ed annoiata dall’uscio, e continuava a masticare rumorosamente la sua gomma in modo davvero poco femminile. In realtà le somigliava parecchio: pelle scura, labbra carnose, caratteri ispanici. Era sicuramente la figlia dei Lopez, ne era sicura al cento percento. Improvvisamente non era più tanto certa di voler andare fino in fondo, ma ormai si trovava lì, e doveva fare qualcosa. Si passò una mano tra i capelli corvini, e chiese
- Tu sei?? –
- Naya Lopez – rispose la ragazza con sufficienza. Dio, era davvero odiosa! Ma probabilmente era quello che dovevano pensare tutti di lei, perché spesso anche la latina assumeva la stessa aria e lo stesso comportamento di quella ragazzina.
- Io sono Santana Lop… Rivera, piacere. Quanti anni hai? –
Si rendeva conto che probabilmente doveva somigliare a quella sciroccata di Frannie Fabray con tutte quelle domande, ma voleva davvero capirci qualcosa.
- Quindici. Scusa, sono impegnata, cosa volevi qui? – replicò ancora una volta Naya.
- Uhm.. sono qui per una raccolta di donazioni per la Chiesa di St. Patrick - inventò su due piedi Santana. Una raccolta di denaro per una Chiesa? Ma che razza di scusa era quella? Lei non avrebbe mai e poi mai fatto una cosa del genere. No, quelle erano cose alla Quinn Fabray. La ragazza entrò in casa, ed iniziò a chiamare la madre urlando. – Maaaamma, c’è una rompiscatole che vuole delle donazioni per una Chiesa.. la mando via? –
- Piccola stronza – borbottò Santana infastidita. Sapeva che sua madre le avrebbe detto di mandarla via, non era tipo da donazioni, anzi, la infastidivano sempre queste richieste di denaro porta a porta. In realtà non credeva nemmeno che potesse essere in casa, visto che generalmente a quell’ora lavorava. Ma la donna che pochi istanti dopo le si presentò di fronte con un gran sorriso accogliente, non le sembrava neanche sua madre. Aveva le guance colorite, un grembiule da cucina annodato alla vita, e ciò poteva significare solo che stava cucinando, cosa che non faceva mai, e sembrava… felice. Quell’immagine fu come una pugnalata al cuore per Santana. Deglutì, nella vana speranza che la madre potesse riconoscerla, ma naturalmente ciò non accadde.
- Di quanto è la donazione? – chiese cordialmente la donna.
- E’ una donazione, quindi è a offerta libera – replicò Santana, osservando sua madre come se fosse un fantasma.
- Ecco, e grazie – disse la donna, porgendole cinque dollari. Cinque dollari!! Ma cosa era successo a sua madre? Cosa era successo a quella donna che diffidava da coloro che si presentavano alla sua porta a chiedere denaro, e cosa era accaduto alla donna sempre troppo impegnata al lavoro per cucinare o essere a casa prima delle nove? L’ispanica era sconvolta, e pian piano, una consapevolezza si fece strada dentro di lei. Nessuno la conosceva, era come se non fosse mai esistita, ed era evidente che senza la sua presenza, qualcosa era andata diversamente lì. Avrebbe dovuto ricominciare tutto dall’inizio, con tutti. Quello stupidissimo orologio non solo l’aveva riportata sei mesi indietro, ma aveva praticamente cancellato la sua esistenza dalla faccia della terra. Mentre riprendeva la strada per il ritorno a casa di Quinn, si guardò intorno, e una domanda si fece strada nella sua mente: Che senso aveva avuto la vita in quel paesino, per 17 anni senza Santana Lopez?

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Commento
Hoooola. Allora, eccomi qui con il secondo capitolo! Volevo ringraziare coloro che già dopo il primo hanno iniziato a seguire la FF, e anche a chi ha lasciato recensioni, che fanno sempre piacere. Ringrazio anche sami97, che si deve sorbire ogni giorno i miei discorsi e i miei deliri sulla Quinntana, e naturalmente anche a Snix_fra89, che ha subito letto e recensito il primo capitolo, e ne ha parlato su twitter (a proposito, lei ha scritto una Quinntana STUPENDA, che si chiama "Looking for Heaven found the Devil in me"! Se non l'avete ancora letta, e ne dubito, correte!). Vi anticipo che nel prossimo Santana arrivera al McKinely!! E cosa sarà successo in tutti questi anni lì? Chissà XD E nel prossimo capitolo avremo anche un po' di Quinntana, sto già pensando! :D Spero che vi sia piaciuto, e alla prossima!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Era strano per Santana rimettere piede in quella scuola dopo neanche tre giorni, e sapere che tutto era diverso. Fino a trentasei ore prima tutti la conoscevano e la temevano, e poteva camminare con la sua divisa delle Cheerios tenendo per mano la sua fidanzata. Non c’era un ragazzo che non si voltasse a guardarla o una ragazza che non desiderasse ardentemente essere come lei. Adesso, mentre camminava, sentiva verso di se gli sguardi degli altri, ma non perché la temessero o la invidiassero, ma perché erano curiosi di lei. Già, erano davvero curiosi della nuova arrivata da “chissà dove”, che non conosceva nulla del suo passato e viveva a casa della capo-Cheerleader. - Che hai da guardare, cassapanca? – tuonò Santana contro una ragazza che la osservava incuriosita. Aprì il suo armadietto, e iniziò a riporre libri e altre cianfrusaglie al suo interno. A breve sarebbe diventata una cheerleader, sarebbe tornata nel glee, avrebbe riconquistato Britt, e la sua vita sarebbe stata esattamente quella di prima. In fondo cosa poteva essere cambiato? A parte la presenza di quella quindicenne irritante che era Naya Lopez, e al fatto che Quinn fosse nelle Cheerios, apparentemente nulla le sembrava diverso. La scuola le sembrava sempre la stessa, e gli studenti anche. Appena si voltò, si ritrovò di fronte il viso di Quinn, che le ricordava con la precisione di un orologio svizzero tutte le lezioni.
- Allora, adesso hai chimica, l’aula de l’ho già mostrata. Dopo c’è il corso avanzato di matematica, devi andare al secondo piano e… -
- Quinn, per favore, è presto e ho sonno, se mi dimenticherò qualche lezione non sarà difficile aprire un foglio di carta e controllare – rispose Santana di cattivo umore, chiudendo l’armadietto con un tonfo. Voleva starsene solo in santa pace.
- Alle quattro verrai a fare il provino al Glee vero? – chiese la bionda.
- Sì, esatto. – brontolò la ragazza annoiata. Cosa era quello, un terzo grado alla Franny Fabray? Doveva essere di famiglia fare tante domande. Le labbra carnose della cheerleader si aprirono di nuovo, probabilmente per ricordarle ancora una volta che coloro che entravano nel Glee erano considerati sfigati da tutti, e l’ispanica alzò gli occhi al cielo.
- Perché vuoi entrare lì? Sai, non farà bene alla tua reputazione… - tentò di dire Quinn. Stava cercando di farle capire che i ragazzi del Glee erano presi di mira da tutti, in particolare dai più popolari e dai bulli, cosa che avevano sempre detto praticamente ad ogni ragazzo nuovo che si volesse unire a loro, ma Santana lo sapeva bene, e sapeva anche come farsi rispettare.
- Senti, non preoccuparti per questo. Sono una stronza, e me la creo da sola la reputazione, far parte di uno stupidissimo club non cambierà nulla. –
Quinn fece un cenno col capo, poco convinta, e continuarono a camminare per i corridoi. Proseguivano in silenzio, ascoltando i discorsi dei ragazzi accanto a loro, che parlavano di cose frivole e inutili, come tutti gli adolescenti il lunedì mattina dopotutto, quando ognuno descriveva il proprio fine settimana. D’un tratto Quinn si accorse che Santana si era fermata. Era vicino al tabellone a cui erano affissi tutti i fogli di iscrizione ai vari club, e la sua mano ambrata li scorreva, chiaramente alla ricerca di qualcosa in particolare. La bionda alzò un sopracciglio, dando un’occhiata all’orario. Non poteva aspettare ancora molto, era già abbastanza tardi, e lei non arrivava mai tardi alle lezioni, perché era un’allieva modello.
- Cosa cerchi? –
- Vorrei fare un provino per entrare nelle Cheerios – rispose secca Santana. Vide Quinn avvicinarsi con la bocca socchiusa, e notò che aveva assunto quell’espressione a metà tra il dispiaciuto e la presa in giro, che assumeva sempre quando doveva dare una notizia spiacevole.
- I provini per le Cheerios sono chiusi da un bel po’ – disse la bionda. La latina alzò le sopracciglia, e la campanella suonò. Preferì non dir nulla, anche se la sua delusione era ben visibile.
- Toh, è suonata la campanella. Andiamo in classe – Detto questo si voltò ed iniziò a camminare verso la sua aula.

**********************
- E’ ridicolo – borbottò Santana, con le braccia incrociate, mentre attendeva il professor Shuester. Era a dir poco ridicolo che dovesse fare un’audizione per entrare in quel club di sfigati, anche se doveva ammettere che le piaceva parecchio stare lì con quei ragazzi. Se il professore accettava chiunque che senso aveva? Si sedette sul pianoforte, irritata da quel ritardo, e quando il pianista, vedendola comodamente seduta lì, sussultò, e sembrò sul punto di intervenire, Santana disse
– Non hai mai parlato in vita tua, non vorrai iniziare proprio adesso razza di furetto -
L’uomo dai capelli rossi sembrò rinunciare, e abbassò il capo. L’ispanica si era sempre chiesta cosa passasse nella testa di quell’uomo. Insomma, era praticamente ventiquattro ore su ventiquattro a loro disposizione, e faceva il proprio lavoro senza mai pronunciare parola, e prendendo ordini da tanti ragazzini. Se fosse stata al posto suo, probabilmente, avrebbe già picchiato tutti quegli odiosi adolescenti uno ad uno, in particolare quella sottospecie di folletto dalla voce stridula che credeva di essere Barbra Straisand. Finalmente il professore entrò, e la latina notò che nulla era cambiato in lui: aveva sempre i suoi nauseanti gilet, quantità industriali di prodotti per i suoi riccioli fra i capelli, e lo stesso entusiasmo da bambino di sempre.
- Ciaoooo! Santana vero?? Come saprai accettiamo tutti coloro che si presentano all’audizione, per cui benvenuta! Tra cinque minuti ci sarà l’incontro, e potrai cantare di fronte ai tuoi nuovi compagni, sei eccitata? –
Il professore pronunciò queste parole tutte d’un fiato, e per l’ispanica fu davvero difficile seguirlo. Gli occhi gli luccicavano, come accadeva ogni volta che qualcuno compiva la scelta masochista di unirsi a quel gruppo. Le sopracciglia della latina si aggrottarono di fronte a quell’esagerato entusiasmo.
- Eccitata non è proprio il termine che userei. Una domanda: ma perché accetta tutti? Se io non sapessi cantare sarei comunque la benvenuta? –
Provò subito a stuzzicare il professore con qualche domandina. Si divertiva a contraddirlo, e vederlo spiegare che non esiste qualcuno che sia senza talento, e che nessuno è un perdente. Ma Mr. Shuester non fece in tempo a rispondere, che una decina di ragazzi entrò nella stanza. Peccato, sarebbe stato divertente chiacchierare con lui per un po’. Santana li osservò uno ad uno mentre entravano, per vedere se ci fosse qualcosa di diverso in qualcuno di loro. Naturalmente le Note Moleste non esistevano, per cui erano inevitabilmente tutti nelle Nuove Direzioni, come ai vecchi tempi. I primi a varcare la soglia furono Rachel e Finn. Lui aveva la solita espressione da idiota e la solita testa a patata, e lei sembrava tirarsela ancora come se fosse la Straisand. Non si era rifatta quell’enorme protuberanza che aveva sul volto, ed era ancora alta un metro ed un naso. Sperava che durante la sua assenza avesse fatto qualcosa per quel nasone, o preso degli ormoni per la crescita. In realtà le sembrava la Rachel del secondo anno, e quei maglioni con le renne ne erano ancora la prova. Sicuramente in tutto quel tempo in cui la latina era stata assente, la piccoletta aveva spadroneggiato lì, ma adesso l’aria sarebbe sicuramente cambiata. Anche Tina sembrava ancora la ragazzina timida del secondo anno, che si vestiva in un modo spaventoso e inaccettabile, almeno per l’ispanica. Solo la balbuzie le mancava, per fortuna. Qualche secondo dopo entrò anche Puck. Anche lui le sembrava diverso.. ed era senza cresta! Qualcosa iniziava seriamente a preoccuparla. E Brittany, dov’era? Puck le fece l’occhiolino, e andò a sedersi. Sapeva che a momenti avrebbe iniziato a filtrare con lei, era un suo classico. “Oh ecco la bocca con le gambe” pensò San, alla vista di Sam. Sperava che lui e Brittany non avessero iniziato a frequentarsi prima, visto che lei non era mai entrata nella vita dell’innocente biondina, ma ben presto, Santana, potè notare che la cheerleader non era con lui. Meglio così, almeno avrebbe avuto strada libera. Mercedes e Kurt erano sempre uguali. Lui sempre così gay, e lei sempre così nera. Non ebbe neanche il tempo di notarli, che subito vide qualcosa che le fece spalancare la bocca sbigottita. Brittany seduta sulle gambe di Artie, che proseguiva con la sua carrozzella. Sembrava ingrassata e non indossava la divisa delle Cheerios. Non era assolutamente possibile che fosse rimasta con quel perdente in carrozzella.
- Cosa!? Lei e quel tizio che cammina su due ruote stanno insieme!? – esclamò Santana, quasi senza rendersene conto. Quinn, che nel frattempo si era seduta accanto a lei, le assestò una gomitata nelle costole, dicendole di tacere, e la latina si sentì mancare il fiato per qualche secondo.
- Ma dico io, sei per caso impazzita?! – esclamò Santana voltandosi, ma lo sguardo freddo della bionda, e il cenno che le fece, fecero comprendere all’ispanica che le avrebbe spiegato tutto dopo. Conosceva i messaggi in codice di Quinn ormai.
- Bene ragazzi! Diciamo Benvenuta a Santana, il nuovo membro delle New Directions!!!! Benvenuta!! Cosa ci vuoi cantare? – disse ad un certo punto il professore, praticamente urlando. Santana si alzò, e andò al centro della stanza, mentre i compagni di classe le davano il benvenuto e le chiedevano da dove venisse e cose varie. In realtà tutti conoscevano la sua storia, se così si poteva definire, perché in fondo Lima era un piccolo paesino. Ignorò tutte le chiacchiere dei ragazzi, e disse alla band quale canzone intendesse cantare.
- Canterò Valerie –
La musica partì, e la latina iniziò a cantare. Almeno la sua ugola era ancora la stessa! Appena intonò le prime parole, la sua voce forte, e il suo vibrato, fecero spalancare gli occhi ai compagni, che sicuramente non si aspettavano un talento del genere da parte dell’ispanica. Accompagnava il canto con qualche piccolo passo di danza improvvisato, e non potè che dipingersi un sorriso malizioso sulla sua bocca quando scorse l’espressione sconvolta di Rachel. Sicuramente la Berry non l’avrebbe accolta a braccia aperte, e avrebbe visto in lei una rivale, qualcuno che avrebbe potuto toglierle il primato di “miglior voce del Glee”. Non vedeva l’ora di discutere un po’ con quella nanetta petulante e prenderla in giro. La sua mano sinistra si alzò leggermente durante un acuto, come accadeva sempre quando cantava, e Santana vide il professore quasi sul punto di applaudire. Era proprio mancato un talento del genere al Glee! Appena la canzone finì, la ragazza indicò i compagni con un gesto.
- E’ così che si canta, capito? –
- Lo puoi ben dire!! – esclamò il professor Shuester, avvicinandosi ancora alla ragazza, e invitandola a sedersi. Prese posto accanto a Quinn, soddisfatta, e notò che i suoi compagni erano ancora tutti a bocca aperta. Aveva fatto centro, ma d’altro canto la sua voce faceva sempre questo effetto. D’un tratto, Rachel alzò un braccio. A quanto pare la battaglia avrebbe avuto inizio prima del previsto.
- Professore, ma è legale che lei sia qui? Da quel che ho sentito non conosce le sue origini, neanche lei sa quale sia il suo cognome e… -
- Senti un po’ nanerottola, dimmi come vuoi che ti appiattisca quel nasone enorme che ti ritrovi al centro della faccia – rispose secca Santana. Il professore cercò invano di farla calmare, ma ormai la discussione aveva avuto inizio.
- Nasone? Non è carino da parte tua, e questo tuo comportamento poco amichevole non ti aiuterà a farti degli amici – rispose altezzosa Rachel. La latina la osservò per qualche istante, avvolta in uno dei suoi maglioni osceni che la facevano sembrare una bambina dell’asilo, e alzò un sopracciglio divertita. Cosa ne sapeva lei di amicizie, se il novanta percento delle persone che erano lì dentro, almeno nei primi tempi, l’aveva odiata a morte?
- E chi l’ha detto che sono qui per farmi degli amici? E comunque risulterei più simpatica di te, sottospecie di hobbit, perché almeno sono sincera con tutti, e poi i miei insulti sono davvero divertenti, senza togliere che sono una gran figa. Non te l’aveva mai detto nessuno che hai un naso enorme? Mi dispiace per il tuo ragazzo, deve essere difficile venire a scuola, e ritrovarsi di fronte al tuo nasone ogni giorno a prima mattina. Probabilmente ogni volta che vi baciate lo ferisci.. se venisse con un occhio nero non mi stupirei –
I ragazzi sembravano sbalorditi, e alcuni sghignazzavano di nascosto. Rachel invece non sapeva cosa dire. Non dovevano essere abituati a cose del genere, convenì la latina. Ci voleva proprio una buona iniezione di insulti alla Santana Lopez in quel posto, c’era poco da fare. Il professore decise di chiudere la questione, e invitò le ragazze a tacere. Santana si voltò per un momento, e fece un sorrisetto vittorioso in direzione di Rachel. Quinn sghignazzava ancora, e la latina poteva vedere le sue labbra increspate in un sorriso, malgrado la biondina cercasse di nasconderlo. I suoi occhi, però, si posarono subito su Brittany. Non poteva fare a meno di guardarla, sembrava così diversa. Anche con qualche chilo in più era bellissima, ma in qualche modo, sul suo volto, non riusciva più a scorgere quell’innocenza che l’aveva sempre contraddistinta. Sentiva che c’era qualcosa di diverso, qualcosa di più grande di un semplice cambiamento di fidanzato. Appena la ragazza posò gli occhi azzurri su di lei, l’ispanica distolse lo sguardo.
- Bene ragazzi, questa settimana ci occuperemo di duetti! Ogni duetto dovrà essere necessariamente su una canzone romantica! – annunciò il professore. Tutti sembravano entusiasti, ma a Santana non faceva né caldo né freddo. Non sapeva con chi avrebbe dovuto duettare, ma in fondo era uguale.
- Lascerò scegliere a voi le coppie, quindi mettetevi d’accordo – aggiunse poi, il professore. Santana osservò il suo gilet a quadretti. Dio quanto era brutto, a quanto pare il professore non si era ancora disintossicato dalla sua dipendenza per quegli orribili e inutili rettangoli di stoffa.
- …Santana?? Mi senti?? –
Si voltò di scatto, e notò che Quinn stava cercando di parlarle. Probabilmente le voleva proporre di duettare insieme. La latina avrebbe preferito duettare con la sua Britt, ma sapeva che non sarebbe stato possibile. Osservò per un attimo, malinconica, la sua ex fidanzata, e Quinn sembrò notarlo.
- Scusa, stavo pensando. Sì, per me va bene –
- Bene, alle tre ho gli allenamenti, quindi ci possiamo vedere qui alle quattro e mezza per scegliere la canzone. A dopo! – concluse la bionda, prendendo il borsone. Il professore li salutò, dicendo loro di impegnarsi, e i ragazzi si avviarono fuori dalla sala, salutandosi.

**********************
Era più o meno mezz’ora che Quinn attendeva l’arrivo di Santana. Ma cosa poteva mai fare e chi poteva mai conoscere lì? Quinn proprio stentava a capire il perché di questo suo ritardo. Appoggiò il gomito sul pianoforte, e continuò a limarsi le unghie sbuffando. Quella limetta, tecnicamente, non le apparteneva, ma era uno di quegli oggetti che la ragazza dai capelli corvini aveva tirato fuori dagli stivaletti che indossava, e che a quanto pare portava sempre con se. La bionda iniziò ad osservare il piccolo oggetto, e proprio in quel momento la latina varcò la soglia. Aveva passato ore a cercare di capire come fare per tornare alla normalità, eppure non era riuscita a trovare nessuna soluzione, a meno che non avesse deciso di tentare quell’assurda tecnica maya di lanciarsi nel vuoto e pensare a dove si voglia essere. E se poi cadeva a si rompeva qualcosa? No, meglio di no.
- Ecco, quindi, dov’era la mia limetta! – esclamò la ragazza, entrando. Quinn sussultò. Ormai non si aspettava più l’arrivo di Santana, e stava seriamente pensando di andar via. Nascose la limetta con un gesto velocissimo, e sorrise innocentemente in direzione della ragazza dagli occhi neri. All’ispanica, non potè che scappare una piccola risata di fronte a quell’espressione da agnellino.
- Non preoccuparti, non ti mangio eh! L’importante è che l’abbia trovata e che tu non la tocchi più! –
Si sedette accanto alla bionda, che annuì. Sembrava stanca, e se gli allenamenti della Sylvester erano sempre gli stessi, Santana poteva davvero capirla!
- Che c’è, qualcuno ti ha mangiato la lingua? – disse ironicamente la ragazza, appoggiando una mano ambrata sul pianoforte. Non sapeva esattamente perché, ma da quando viveva con Quinn, aveva notato anche in lei qualcosa di diverso. Insomma, era sempre la solita Quinn pazza e psicopatica, che quando voleva sapeva essere una persona davvero gentile, ma era come se le mancasse qualcosa.
- No, scusami, è che sono stanca. Allora, vogliamo scegliere questa canzone? –
La bionda si fiondò su un mare di spartiti. Sarebbe stata una ricerca lunga e difficile, e sicuramente non si sarebbero trovate d’accordo sulla scelta, e avrebbero finito per litigare. Santana osservò la cheerleader di fronte a lei, e ciò che vide fu una ragazza fragile. Chissà perché aveva fatto tutti quegli errori. Per un momento desiderò… capirla. Puah, questa nuova situazione la stava facendo diventare così dannatamente sentimentale.
- Perché in questi anni hai fatto tutti questi errori, Quinn? – chiese improvvisamente, quasi senza accorgersene. Si morse la lingua.
- Come, scusa? – La bionda sembrava perplessa. Sicuramente si stava chiedendo che ne sapesse lei dei suoi errori, siccome si conoscevano da una settimana.
- Cioè, ho sentito, sai, le voci girano! – Quinn sembrava ancora un tantino dubbiosa ed esitante, ma quando Santana vide che aveva iniziato a giocherellare con le frange della sua gonna, capì che stava cercando le parole.
- Uhm.. suppongo che errare sia umano no? Insomma, tutti facciamo degli errori, e probabilmente se non li avessi fatti non sarei la persona che sono oggi, e non avrei imparato tante cose. –
Risposta ovvia. La latina se l’aspettava, e prima che potesse fermarsi o pensarci su, il suo solito vomito di parole, colme di sarcasmo, lasciarono interdetta la bionda.
- Certo, perché dovevi rimanere incinta per capire di non dover tradire il tuo fidanzato con Puck-vadovetiportailpacco e.. – si bloccò improvvisamente, di fronte all’espressione di Quinn. Non voleva andare oltre, e soprattutto rovinare i rapporti con lei, che era l’unica amica al momento, e soprattutto, che era la persona da cui alloggiava. Eppure non riusciva a decifrare l’espressione strana e perplessa della cheerleader.
- Cosa ti hanno raccontato esattamente? Io non ho mai avuto un bambino, forse parlavi di Brittany. Lei ha avuto un marmocchio con Artie, ma l’hanno dato in adozione… -
D’un tratto Santana sentì il mondo caderle addosso. Brittany un bambino?!!? La sua Brittany?!!? La ragazza ingenua dagli occhi turchini, che passava tutti il suo tempo a guardare film della Disney e che non sapeva neanche badare a se stessa?!? Proprio non poteva crederci. Sbiancò, per quanto la sua pelle ambrata permettesse, e si lasciò cadere di nuovo sulla sedia. Per lei era un qualcosa di inconcepibile che quel ragazzo sulla carrozzella e la sua fidanzata avessero avuto un bambino. Quinn sembrò notare la sua rezione, e rispose piano
- Ehi, non preoccuparti, hanno superato la cosa. Perché ti colpisce tanto?? E comunque io non sono mai stata con nessun’altro oltre Puck, a parte Sam negli ultimi mesi..–
Questa rivelazione lasciò di stucco la ragazza dai capelli corvini. Puck e Quinn insieme sin dal primo anno, impensabile. Puck che si impegnava seriamente con una ragazza, impensabile. La latina era sconvolta da quanto fosse stata diversa la sua vita senza la sua presenza. Aveva davvero determinato tanto l’andamento della vita degli altri? Probabilmente sì!
- Ma.. e la Dalton, e Blaine?? E quella specie di Mulan, Tina, perché si veste ancora in quel modo? Pensavo che Mike l’avesse cambiata.. – Santana parlava, come se fosse in trance. Quinn abbassò il capo, cercando di scrutare i movimenti della ragazza dagli occhi scuri di fronte a lei.
- Chi è Blaine?? E Tina… beh, lei si è sempre vestita così. Mike?? E’ andato via l’anno scorso, quando il padre ha scoperto che frequentava questo club di nascosto, e che io sappia non ha mai avuto contatti con Tina. Credo che ti siano arrivate delle chiacchiere un po’ distorte – rispose la bionda, avvicinandosi impercettibilmente alla ragazza, preoccupata. Già, perché sembrava… Sconvolta. Santana sentì l’improvvisa vicinanza della cheerleader, e si allontanò di colpo.
- Allora, il duetto? Cerchiamo qualcosa – esclamò alzandosi dalla sua sedia, e buttandosi tra gli spartiti. C’era davvero tantissima scelta lì, e sicuramente avrebbero trovato qualche canzone bellissima con cui poter stracciare gli avversari. Di tanto in tanto Quinn alzava i suoi occhioni verdi, e osservava la ragazza che si trovava accanto a lei. A volte si chiedeva davvero da dove venisse, e quale fosse il suo passato. In fondo voleva conoscerla meglio e… magari esserle amica, ecco. Le loro mani continuavano a spostare i fogli alla velocità della luce. Di tanto in tanto, quando capitava tra le mani lo spartito di qualche canzone orribile, si sentiva lo schiocco della lingua sul palato di una delle due. In seguito a quella conversazione l’ispanica si sentiva un po’ confusa. Improvvisamente capì cosa, guardando le due ragazze, vedeva di diverso. Non erano solo le esperienze differenti che avevano vissuto a cambiarle, ma la mancanza di qualcosa. Ciò che era mancato era l’unholy trinity. Poteva sembrare una cosa stupida, ma quell’amicizia aveva creato un vero legame tra le tre ragazze, e tutte loro sapevano di poter fare affidamento l’una sull’altra nei momenti difficili… cioè, quasi sempre. Il punto era che quell’amicizia le aveva cambiate, e non aveva cambiato solo il corso delle loro vite, ma anche delle altre. Non era stata solo l’assenza di Santana a cambiare tutto, ma anche l’assenza della Dannata trinità.
La ricerca febbrile di Quinn si interruppe di colpo. - L’ho trovata – annunciò solennemente, alzando vittoriosa il foglio. Lo passò alla latina, che lesse il titolo della canzone. Le bastò solo quello.
- E’ lei -

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Commento
Eccomi qui, ancora, con il mio inutilissimo commento LOOOOL Spero che il capitolo vi sia piaciuto, a me onestamente non mi convince molto.. l'avevo immaginato in modo diverso! Cosa ne pensate del modo in cui sono cambiate le cose? Eheh fatemi sapere U.U Brittany incinta.. ha sconvolto anche me!! Non so neanche io come mi sia venuto in mente, onestamente! Ho la mente fusa, per cui se leggendolo trovate qualche errore o qualche ripetizione, avvisatemi e capitemi LOL Cooomunque, vi comunico che aggiornerò una volta a settimana, nel weekend, a meno che non abbia proprio tanti tanti compiti (in quel caso si parla di 1 sett e mezzo o 2). Ringrazio le sedici persone che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate ;) è sicuramente un incentivo a scrivere, e mi piacerebbe leggere qualche recensione (non vi sto pregando, eh T____T ). Alla prossimaaa!!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Era lì solo da tre giorni, eppure le sembrava di vivere in quella casa da mesi. In fondo quel posto le piaceva: aveva un bagno tutto suo, una camera tutta sua con tanto di tv, e la dispensa era sempre piena di schifezze. Il paradiso terrestre insomma, eccetto per la presenza di Quinn, che di tanto in tanto si presentava da lei con qualche pretesto per iniziare a chiacchierare. Insomma, la bionda le era più simpatica ultimamente, ma lei voleva i suoi spazi, e questo Quinn l’avrebbe dovuto capire. Talvolta Santana iniziava a sbuffare alla vista della ragazza che si avvicinava con il pantalone del pigiama infilato nei calzettoni e le sue inquietanti pantofole a forma di coniglietto, che sembravano più due topi morti che dolci conigli. La prima volta che l’aveva vista conciata così, aveva dovuto trattenere una risata. Non l’avrebbe mai detto che Quinn Fabray fosse il tipo da ciabatte a forma di animali, o da pigiama nei calzini. Non sapeva come, ma con quell’abbigliamento riusciva a sembrare una nonna e una bambina dell’asilo allo stesso tempo, un po’ come Rachel Berry, e non era certo un complimento paragonarla alla nanetta. Vivere insieme alla bionda, comunque, le stava permettendo di conoscerla meglio, e in un certo senso era curiosa di vedere cosa facesse quando era in casa o di spiare tra le sue cose. Sì, beh , qualcosa ci avrebbe pur dovuto guadagnare da tutta quella situazione, no?
Proprio in quei giorni, la ragazza dai capelli corvini, aveva avuto modo di notare qualcosa in Quinn a cui non aveva mai fatto caso. Già, perché aveva capito che la ragazza era sola. Aveva il gruppo delle Cheerios, certo, ma non aveva degli amici che potessero essere chiamati tali. Era quello, secondo la latina, il motivo per cui la cheerleader cercava sempre di passare tempo con lei e di parlare. Aveva bisogno di amici, punto. D’altra parte, però, Santana voleva passare il suo tempo da sola, senza scocciature, e soprattutto senza dover affrontare le crisi esistenziali di quella biondina. Odiava parlare, soprattutto di sentimenti, argomento prediletto di Quinn. In un certo senso avere una stanza tutta sua le permetteva di fuggire da tutto il “biondume” che regnava in quella casa.
Santana era stesa sul letto, e continuava a sgranocchiare patatine mentre vedeva un programma su ragazze di sedici anni incinte, quando Quinn aprì delicatamente la porta. I suoi occhi neri si spostarono dallo schermo della tv alla porta della sua camera, dove la bionda si era affacciata. Per fortuna questa volta era vestita decentemente.
- Posso entrare? –
- L’hai già fatto, no? – rispose con sufficienza la latina. Le sembrava una domanda davvero stupida da fare quando si aveva già varcato la soglia.
- Oh, ecco chi ci svuota sempre la dispensa, noi pensavamo che fosse la cameriera –
Il volto di Quinn si illuminò in un sorriso quando pronunciò questa frase con ironia e Santana fece una smorfia, prendendo un’altra patatina. Era universalmente noto che lei andasse matta per le schifezze, e il suo metabolismo veloce insieme agli allenamenti delle Cheerios le avevano sempre permesso di mangiare quanto volesse. Adesso, però, che non era più nel gruppo delle cheerleader, e quindi non aveva più la possibilità di smaltire tutto ciò che mangiasse, doveva fare più attenzione. Avvicinò la busta alla bionda, facendole segno di prendere ciò che volesse, ma quest’ultima rifiutò. Le costrizioni della Sylvester e la sua dieta ferrea andavano ancora avanti a quanto pareva. Chissà se esistevano ancora i famosi e rivoltanti bibitoni.
- Allora, come va? – chiese Quinn, osservando la ragazza dalla pelle ambrata accanto a lei che continuava a guardare la televisione come se la bionda non fosse mai entrata.
- Credo che sia la ventesima volta che me lo chiedi in tre giorni. Complimenti, lei è la vincitrice del premio “Più grande rompiballe del secolo”, può andare a ritirare il suo fantastico premio in un cassonetto dell’immondizia – replicò annoiata la latina. Tutta quella situazione la irritava tantissimo. Per quanto quella casa fosse confortevole, voleva tornare alla normalità. Voleva che tutti la riconoscessero, che tornasse ad essere una cheerleader e tutto il resto, ma sapeva che non sarebbe accaduto. Perché auto commiserarsi allora? Forse sarebbe stato meglio ascoltare Quinn e stringere un rapporto più stretto con lei, in fondo erano sempre state amiche, anche se per un po’ di tempo i rapporti fra di loro non erano stati molto buoni.
- Scusa, sono sempre la solita stronza –
- Figurati Santana. Già perdonata, anche io lo sono a volte. –
Era possibile che fosse così schifosamente stucchevole? Era davvero troppo gentile per i suoi gusti, eppure sapeva che dentro di lei c’era ancora molto della Quinn che aveva conosciuto tempo prima, solo che lo nascondeva bene.
- Posso farti una domanda? –
Santana si voltò verso di lei. Quando esordiva così non poteva mai essere un bene.
- Dimmi pure, ma se vuoi chiedermi se ho mai amato qualcuno o idiozie del genere, è meglio se taci –
Niente da fare, la latina non ce la faceva proprio ad essere gentile, e la risata fresca e cristallina di Quinn riempì la stanza. Mentre la bionda continuava a ridere, Santana notò che spalancava la bocca in un modo davvero spaventoso.
- No, non è questo ciò che volevo chiederti. Volevo sapere.. cosa ti attira di Brittany? Ho notato come la guardi ogni giorni nella choir room, e tutte le domande che mi fai su di lei.. –
L’ispanica si irrigidì all’istante, a quella domanda. Non poteva dirle che lei era innamorata della ragazza di Artie, non poteva dirle che era lesbica vista l’apertura mentale dei Fabray sull’argomento, ma cosa più importante, non voleva che Quinn scoprisse che anche lei fosse così “stupida” da provare sentimenti e avere occhi solo per qualcuno. E poi, suonava davvero ridicolo che potesse essersi innamorata di Brittany, siccome era lì da soli quattro giorni.
- Niente, solo curiosità.. Non si può essere curiosi? –
- Santana, non è così, e tu lo sai. A me puoi dirlo. Ho visto come la guardavi, e non era lo sguardo di una persona curiosa, né tantomeno di qualcuno che desidera fare amicizia. Se c’è qualcosa che devi dirmi, sappi che puoi farlo, sono una persona molto aperta, e non lo direi a nessuno –
La latina iniziò ad agitarsi. Come aveva fatto a capirlo?! Questa era sicuramente la conferma che la sveglia Quinn Fabray che aveva sempre conosciuto, era ancora lì. Non era cambiato nulla in lei, solo il modo di presentarsi agli altri. Santana esitò per qualche momento, indecisa su cosa fare. Ormai, pensò, sarebbe stato meglio dirglielo.
- Ecco, vedi, io… Sono.. Sono… -
- Sei…? –
In quel momento la stava odiando con tutte le sue forze. La odiava perché lei lo sapeva, lo aveva capito, ma voleva che fosse l’ispanica a dirlo e a mettersi in imbarazzo.
- Sono lesbica, ok? –
Abbassò il capo, e la cheerleader notò il suo disagio. Forse aveva sbagliato. Adesso doveva fare qualcosa per rimediare. Si appoggiò alla spalliera del letto, mordendosi il labbro inferiore, e iniziando a giocherellare con l’orlo della sua maglietta, mentre la latina continuava a mangiare. Era davvero insaziabile, chi l’avrebbe mai detto.
- Che ne diresti di uscire stasera? –
- Come scusa? Ti ringrazio, ma non sono interessata – replicò sbigottita Santana. D’accordo, ultimamente erano in buoni rapporti, ma lei non era interessata a Quinn. Una strana espressione si dipinse sul volto della Cheerios, che subito capì il malinteso.
- Un’uscita da amiche, Santana! Io non sono lesbica.. Centro commerciale? –
L’ispanica si diede mentalmente dell’idiota per quell’errore. Ma cosa avrebbe mai dovuto pensare una ragazza, che dopo aver dichiarato ad un’amica di essere omosessuale riceveva, di tutta risposta, un invito ad uscire? Le sue labbra carnose si curvarono in un sorriso divertito, a causa della situazione. Probabilmente avrebbe detto di sì, ma cosa avrebbero mai potuto fare in un Centro Commerciale, soprattutto in quello di Lima, che era praticamente minuscolo?
- D’accordo, anche se non capisco cosa potremmo fare lì –
- No? Abbiamo un sacco di cose da fare, come comperare un nuovo guardaroba per te - replicò raggiante la bionda. Santana sapeva che amava fare shopping, ma non poteva permettere che i Fabray le pagassero un intero guardaroba nuovo. Tuttavia, avrebbe sicuramente trovato presto una soluzione. Non avrebbe mai potuto declinare questo invito, soprattutto dopo aver visto l’espressione entusiasta di Quinnie.
- Andata –
La tensione sul volto della cheerleader scomparve quando pronunciò questa semplice parola. Era riuscita a convincere la ragazza dai capelli corvini! La loro attenzione si focalizzò sullo schermo, dove stavano trasmettendo il parto di una sedicenne. Tutto ciò che si sentiva erano le voci provenienti dalla tv, e i loro respiri. Quinn si avvicinò leggermente a Santana, che si ritrasse pian pianino, evitando il contatto fra di loro. Per un istante la bionda sembrò delusa dal distacco della ragazza dagli occhi scuri. Le amiche non si comportavano così in genere, ma era pur vero che si conoscevano solo da pochi giorni, o almeno, dal punto di vista di Quinn era così. Le due ragazze aggrottarono le sopracciglia di fronte alle immagini e alle urla della sedicenne partoriente.
- Ok, questa cosa è davvero disgustosa - disse la latina, interrompendo il silenzio che si era creato nella stanza. - Puoi dirlo forte. Che orrore, io non lo farei mai! Poi, a sedici anni! –
Santana sorrise, detto da lei era davvero esilarante.
- Io credo di sì invece –

**********************
Doveva pur esserci qualche altro locale o ristorante poco conosciuto lì, oltre al Bel Grissino. Santana camminava con le mani affondate nelle tasche del giubbotto, e una piccola nuvola di vapore acqueo usciva dalla sua bocca ad ogni suo respiro. La verità era che non sarebbe mai riuscita a trovare lavoro in quel luogo. C’erano più o meno tre locali in tutta la città, e o non cercavano nessuno, o erano troppo frequentati dai suoi amici. Non si sarebbe mai potuta far trovare a lavorare come cameriera da qualcuno dei suoi compagni di classe, mai. Insomma, già odiava il fatto di dover fare la “serva”, ma doverlo fare per persone che la conoscevano sarebbe stato umiliante anche per lei, e non l’avrebbero più rispettata. Per lei era necessario trovare questo lavoro per diversi motivi. In primo luogo, non voleva dipendere economicamente dai Fabray, o comunque non voleva pesare troppo sulle loro spalle. Era una cosa che le dava immensamente fastidio quella di dover dipendere da qualcuno ed essere in debito. Poi, aveva bisogno di fuggire per un po’ da quella casa e di fare qualcosa. Non ce la faceva più a passare le sue giornate tra la scuola, Quinn, e la sua camera, dove una fila di orsacchiotti e bambole di porcellana la fissavano notte e giorno, provocandole una grandissima ansia. Lei non aveva mai capito l’ossessione della bionda per quegli inanimati esserini. D’un tratto, scorse la luce di un’insegna provenire da una stradina. Strano, non aveva mai notato quel negozio o ristorante. Si avvicinò per vederci meglio, e lesse ciò che c’era scritto sull’insegna
- Parco di divertimenti per bambini Tralalà, dove potrai avere una festa con i fiocchi. Oddio che nome stupido –
Non aveva mai visto quel luogo prima di allora, ed era davvero una cosa strana. Magari la sua presenza aveva sempre bloccato queste cose per bimbi, pensò, e la cosa la fece ridere. Era universalmente noto che Santana e i bambini non andassero d’accordo. Ma era anche vero che aveva bisogno di un lavoro, e quello sarebbe stato perfetto.. insomma, non avrebbe mai rischiato di incontrare qualcuno di sua conoscenza lì! Varcò la soglia, e un acre odore di sudore le pervase le narici, mentre urla di mille nanerottoli esaltati le perforavano i timpani. Era una sala piuttosto piccola in realtà, e chiamarlo parco dei divertimenti le sembrava piuttosto azzardato. Diede un’occhiata ai vari e piccoli gonfiabili e ai tavolini colorati disposti perfettamente in fila alla sua sinistra. Doveva cercare subito un responsabile, prima che cambiasse idea. Scorse una donna con una maglia gialla in lontananza, e capì subito che doveva lavorare lì. Chissà, magari avrebbe potuto aiutarla. Si avvicinò.
- Salve, sono Santana – esordì la ragazza, e notò che la donna le rivolse uno sguardo distratto mentre raccoglieva le carte che i bambini avevano buttato a terra. Sulla sua maglietta gialla c’era stampata la scritta “Tralalà”, e c’era un disegnino davvero obbrobrioso. Lei non avrebbe mai indossato una cosa del genere, e l’avrebbe subito messo in chiaro.
- Salve, mi dica. Vuole prenotare una festa? –
Prenotare per una festa? Lei? Per carità, no. Santana aggrottò le sopracciglia senza rendersene conto, e continuò a parlare.
- No, no. Volevo parlare con il responsabile in realtà. –
- Oh, certo. Lo puoi trovare in quella stanza, basta che bussi alla porta. -
- Grazie – rispose Santana, dirigendosi verso la porta blu. Bussò una volta, e rimase in attesa. Mentre aspettava che qualcuno andasse ad aprirle, però, si accorse di qualcosa di strano. Abbassò lo sguardo, e vide che un bambino urlante si era incollato alla sua gamba. Iniziò a scuotersi, inorridita.
- Via da qui mostriciattolo! –
Eh sì, sarebbe stato davvero difficile lavorare in quel posto! Pochi secondi dopo, la porta si spalancò. Rimase interdetta per un po’ quando vide il volto del direttore. Non era possibile che fosse lui, non era possibile che quel pazzo di Sandy Ryerson avesse aperto un parco di divertimenti per bambini.. Insomma, era legale?
- Salve, sono Santana, e sono qui per un colloquio di lavoro – disse la ragazza senza perdere tempo. Sarebbe stato meglio chiudere subito quella storia e ottenere subito il lavoro. L’uomo di fronte a lei inclinò leggermente la testa, studiandola. Che maleducato che era, non l’aveva neanche invitata a sedersi e accomodarsi su una di quelle comodissime sedie di pelle.
- Non cerchiamo nuove animatrici. Ma se ti vuoi accomodare possiamo discuterne –
Animatrice. Quella parola era un colpo al cuore. Come si era ridotta in quello stato? Lei aveva sempre preso in giro gli animatori, e li aveva sempre odiati, perché costringevano sempre tutti ad unirsi a quei balletti stupidi. Naturalmente non sarebbe mai entrata dentro. Non sapeva cosa aspettarsi di preciso, ma aveva sempre paura di Sandy Ryerson e delle sue stranezze, per cui voleva evitare di rimanere sola in una stanza piena di lustrini e gufi con lui.
- Voi non cercate animatori, ma io cerco un lavoro. Mi dica subito se intende assumermi, altrimenti evito di perdere tempo. –
L’uomo sembrò confuso dalla determinazione della latina. Era davvero un peperino quella ragazza.
- Vieni domani alle cinque, Taylor ti darà la tua maglia. Sei assunta ragazza, mi sembri sveglia, e sembra che tu abbia polso per gestire quei bambini. Domani parleremo meglio del contratto e tutte le cose legali. Ciao ragazzina. –
Detto questo chiuse la porta. Santana era sconvolta dalla velocità con cui l’avesse assunta. Non aveva neanche avuto il tempo di replicare, ed era difficile battere l’ispanica in velocità con le parole. Alzò le spalle. Meglio così, almeno aveva dovuto risparmiare un lungo colloquio.

**********************
Nel momento in cui entrò nel piccolo centro commerciale, l’unico in città, Santana si rese conto di essere in ritardo. Ormai la cheerleader si era abituata a lei e ai suoi ritardi. Dopo qualche passo scorse Quinn. Era seduta, con il suo impermeabile arancione che era davvero un pugno in un occhio. Sembrava una bambina che si era smarrita e aspettava la mamma, e alla latina scappò un piccolo sorriso. Un momento, ma che stava facendo? Si costrinse ad assumere nuovamente un’espressione che non la facesse sembrare un’ebete, e continuò a camminare verso la biondina, che si era alzata e le stava andando incontro.
- Puntuale come sempre – borbottò Quinn. Sembrava davvero annoiata, e Santana si sentì un po’ in colpa.
- Ti ho detto che avevo impegni –
- Che genere di impegni? -
Ecco, quella domanda proprio non gliel’avrebbe proprio dovuta fare. Non voleva dirle che era stata assunta come animatrice perché l’avrebbe sicuramente presa in giro, e poi, non credeva che avrebbe accettato facilmente la notizia che era andata in giro a cercare un lavoro. Ma era pur vero che prima o poi gliel’avrebbe dovuto dire. Nel frattempo, la ragazza accanto a lei la osservava incuriosita con i suoi occhioni. Le sembrava tanto bambi, e le venne da ridere.
- Te lo dico se non mi guardi così da vicino… Ho cercato lavoro. Non prenderla male, tu sei sempre impegnata, e io non so cosa fare, così faccio qualche lavoretto e nel frattempo guadagno qualcosa –
Quinn sembrò meravigliata. Rimase per qualche istante senza parole, e l’ispanica notò una piccola ruga che le si era formata sulla fronte, segno che il suo cervello stava lavorando. Non sapeva che tipo di risposta le avrebbe potuto dare, in realtà.
- Lavoro.. E che tipo di lavoro? –
- Ok, adesso non giudicarmi. Al parco dei divertimenti Tralalà – disse tutto d’un fiato la ragazza, e talmente a bassa voce che dubitava che Quinn l’avesse realmente sentita. Ma la cheerleader l’aveva sentita eccome, perché dopo pochi secondi scoppiò in una sonora risata. Era proprio quello che la latina avrebbe voluto evitare. Il suo volto si contrasse in un’ espressione irritata ed annoiata, mentre attendeva che la ragazza accanto a lei la finisse di ridere.
- Cioè, tu animatrice?? Te con dei bambini?? Vorrei proprio vederti! –
- Senti, taci bionda, ho delle tue foto in pigiama, calzettoni e pantofole a forma di topi morti, quindi non ti conviene prendermi in giro perché potrei metterle in rete. In secondo luogo, non mi conosci. Io sono molto simpatica ai bambini! –
Il sorrisetto poco convinto di Quinn fece capire a Santana che non credeva alla sua ultima affermazione. Ma latina voleva definitivamente archiviare la conversazione, per cui iniziò ad avvicinarsi alle vetrine e Quinn la seguì.
- Certi abiti dovrebbero essere illegali – disse l’ispanica indicando un vestitino verde e giallo lungo almeno fino alle caviglie. Insomma, sarebbe stato carino da indossare, se si fosse voluta mimetizzare con l’erba del parco.
- Quello è il preferito di Rachel, lo indossa sempre – Le due ragazze iniziarono a ridere di gusto. Prendere in giro Rachel Berry era sempre stato il loro passatempo preferito, e in quel momento, a Santana sembrò che fossero tornate ai vecchi tempi.
Continuarono a camminare. C’era davvero un sacco di gente, e di tanto in tanto qualcuno le strattonava.
- Sai Quinn… - esordì la latina, voltandosi alla sua destra per incrociare lo sguardo della sua amica. Ma quando lo fece, si accorse che quella ragazzina bionda non era più accanto a lei. Ma che strano, non le sembrava che si fosse allontanata. Aggrottò le sopracciglia, e i suoi occhi neri come la pece iniziarono a muoversi alla ricerca della cheerleader. D’un tratto la scorse. Le sembrava che stesse parlando con qualcuno, ma non riusciva proprio a vedere di chi si trattasse… un momento, ma era Naya Lopez quella?! Santana sperava proprio che Quinn non fosse amica di quella mocciosa.
- Ehi Santana, lei è Naya – disse Quinn alla latina quando si avvicinò a loro.
- Oh, la conosco già, è venuta a fare elemosina per la Chiesa a casa –
L’ispanica abbassò lo sguardo. Quello, probabilmente, era il momento più imbarazzante della sua vita. Sarebbe voluta fuggire o mettersi ad urlare per la vergogna, ma non era di certo nel suo stile. Quinn si voltò lentamente verso di lei, con un’espressione a metà fra il divertito e il meravigliato.
- Era una donazione, non elemosina ignorante. Comunque adesso dobbiamo andare, ciao –
Esclamò Santana, prendendo la bionda per un braccio e strattonandola lontano da quella ragazzina.
- Volontariato per la Chiesa. Tu. Ma mi vuoi prendere in giro? –
Si sarebbe dovuta aspettare questa domanda da parte di una Quinn più divertita che mai.
- Avevo solo sbagliato casa e dovevo inventare qualcosa, e tu come la conosci quella mocciosa? E’ una tua amichetta? –
- No, mi è sempre attaccata perché sono la capo-cheerleader –
L’ispanica abbassò il capo. Un tempo quello accadeva anche a lei. Aveva avuto anche lei file di ragazzine che la invidiavano, desideravano essere come lei, e la seguivano ovunque. Era divertente essere popolari e prendere in giro tutte quelle ragazze del primo e secondo anno che le ronzavano intorno.
- Tu cosa vorresti fare una volta finito il liceo? – disse Quinn, rompendo il silenzio che si era creato fra di loro.
- Come scusa? –
- Hai sentito bene.. Sai, presto dovremo iniziare ad inviare le domande e tutto il resto.. –
- Non credo di essere in condizione di scegliere vista la mia situazione. A te cosa piacerebbe fare invece? –
Quinn si morse un labbro. Da quella risposta così rapida, seguita subito dalla domanda, sembrava proprio che Santana non volesse aprirsi con lei.
- Io sono indecisa.. mi piace molto stare a contatto con i bambini, ma mi piacerebbe anche entrare nel mondo della danza. –
- Uhm, ti ci vedo in ambedue i campi. – rispose tranquillamente la latina. Quinn, oltre ad essere sempre stata molto simpatica ai bambini, era sempre stata molto brava anche a ballare, soltanto che con ciò che le era accaduto quando era al secondo anno non aveva mai avuto l’opportunità di coltivare a fondo questa sua passione. Già, perché l’ispanica aveva sempre creduto che l’essere rimasta incinta a sedici anni avesse bloccato Quinn in molte cose. Dopo quell’esperienza la bionda era sempre stata più diffidente, più distaccata, e aveva sempre avuto paura a buttarsi alla cieca in nuove esperienze. Era contenta che adesso avesse una possibilità.
- Non mi hai ancora detto cosa piacerebbe a te però. Non prendere in considerazione la situazione in cui ti trovi. Se potessi scegliere liberamente, tu cosa vorresti fare? –
La osservava attentamente, e Santana capì subito che si aspettava una risposta, e che le interessava davvero. In realtà lei.. non lo sapeva. Forse perché aveva sempre creduto che sarebbe finita in qualche compagnia di Cheerleading e che avrebbe praticato quello sport per il resto della sua vita, perché in fondo era ciò che le riusciva meglio. In alternativa, il padre le aveva più volte detto che le avrebbe fatto frequentare un’università, e che dopo avrebbe potuto inserirla in qualche ambito lavorativo prestigioso. Ma in realtà non aveva mai realmente pensato a cosa le sarebbe piaciuto fare.
- Mi piacerebbe essere famosa. E’ tutto quello che voglio –
Quinn aggrottò le sopracciglia, e Santana sembrò notarlo, forse perché lo facevano tutti quando lo diceva. Era sicuramente l’aspirazione più singolare che la bionda avesse mai sentito in vita sua.
- Famosa, ma… per cosa? –
- Oh, qualunque cosa. Basta essere famosi, giusto? Ma in ogni caso, sceglierà mio padre il lavoro più vantaggioso…–
La cheerleader sembrava ancora poco convinta.
- Ehm… no. La fama non è qualcosa a cui aspirare. Devi prima capire cosa ti piaccia, devi trovare la tua vocazione e ciò in cui hai talento. La fama si raggiunge per un motivo San, si raggiunge dopo che ti sei impegnata davvero per qualcosa in cui sei naturalmente portato, e non riusciresti mai a raggiungerla se ti cimentassi in un lavoro qualsiasi. Ma il punto è che non tutti siamo destinati a diventare famosi. Magari potresti non essere brava quanto altri, o la tua stella potrebbe non brillare quanto le altre. Ma la cosa bella è che ogni stella brilla in modo diverso, e in ogni caso, nessuno è mai inutile. Devi scegliere tu quello che ti piace, non lasciare mai che qualcuno lo faccia per te, perché nessuno conosce le tue passioni. Ad esempio, a me piace la danza, e vorrei davvero perseguire questo sogno, ma so di non essere brava quanto Brittany, e probabilmente finirò a fare la ballerina di fila all’American Ballet, ma io saprò che quella è la mia strada, e non me ne importerà nulla.. ehm, no magari questo no. Allora, cosa ti piacerebbe fare quindi? –
Nessuno le aveva mai fatto un discorso del genere. O almeno, ci avevano provato in molti, compreso il professor Shuester, ma lui si era fermato al “La fama non è qualcosa a cui aspirare”. In quel momento la latina realizzò che c’era qualcosa che le piaceva. Lei adorava cantare, ma non era tipo da Broadway come Rachel Berry. Era brava, questo era poco ma sicuro, forse anche più della nanetta, ma la nasona aveva avuto qualcosa che a lei era sempre mancato: ci aveva sempre creduto. Sì, perché quella pseudo-Barbra Straisand sapeva da sempre che sarebbe diventata una cantate, mentre lei, malgrado potesse sembrare sempre sicura di se, non aveva mai creduto di potercela fare davvero in quel campo. Si morse un labbro, a disagio, non sapendo cosa dire.
- Allora, siamo qui per comperare qualche vestito o sbaglio? –
Quinn sembrava delusa, ma decise di non insistere. Entrarono in un negozio.
- Bene, la prima cosa da comprare è un pigiama. Tu guarda se trovi delle pantofole che ti piacciano –
La bionda si avvicinò agli scaffali, prendendo qualche capo d’abbigliamento in mano, mentre Santana osservava inorridita tutte quelle ciabatte a forma di animaletti. Oh no, lei non si sarebbe mai conciata come Quinn, e se era quello che la bionda voleva cercare di fare, aveva davvero sbagliato.
- Che ne dici di questo – disse Quinn, prendendo un pigiama rosso, con un grande orsacchiotto stampato sul davanti.
- Spero che tu voglia scherzare. Cara Fabray, non riuscirai a farmi sembrare una nonnetta/neonata come te -

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Commento
Salveeee!! Allora, cosa ve ne pare di questo capitolo? Chiedo venia per eventuali errori o ripetizioni, non l'ho riletto molto bene XD e poi, diciamola tutta, ultimamente sono un po' fusa :S In realtà è uscito più lungo di quanto avessi previsto. Ho voluto un po' parlare della quotidianità di Quinnie e Santana, e spero che non sia stato noioso! Ringrazio le sedici persone che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate ;) E coloro che mi hanno lasciato delle recensioni.. Mi raccomando, continuate a recensire ;) Alla prossimaaa!! P.S. Per la cronaca, Naya Lopez sarebbe lei --->> ( http://distilleryimage10.s3.amazonaws.com/8d86c0f67a1311e1abb01231381b65e3_7.jpg ) Eeeh già, proprio la sorella della vera Naya XD P.P.S. E' uscito il nuovo capitolo di Looking For Heaven! Se non l'avete ancora letto (e ne dubito!) correteeeeee!!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

Santana proprio non sapeva come fosse potuto accadere. Davvero. Era la prima volta in tutta la sua vita in cui non si era impegnata per provocare l’ira funesta di Quinn Fabray. Ciò che avrebbe voluto fare quella mattina, in realtà, era solamente stuzzicarla innocentemente, ma non credeva che la bionda se la sarebbe presa tanto. Abbassò gli occhi sul suo ginocchio, e notò che la ferita era davvero grande. Quinn aveva imparato a picchiare davvero bene! Qualche goccia si posò sulla sua gamba, e il contatto con l’acqua non fece che aumentare il bruciore della ferita. Allungò un piede verso la finestra, che si richiuse con un tonfo, ed un ultima folata di vento le scompigliò i capelli. L’infermeria non le era mai piaciuta. Probabilmente era per l’odore di medicinali scaduti, o forse perché quei lettini erano particolarmente scomodi. Quinn si mosse, e quando la sua gamba destra strisciò contro il muro, grugnì qualche parola incomprensibile a denti stretti per il dolore. Erano stese sui loro lettini in quella stanza da almeno mezz’ora, a osservare il soffitto, e nessuna delle due aveva pronunciato neanche una parola. Santana sapeva che prima o poi avrebbero fatto pace, era solo questione di tempo. In fondo il loro rapporto era sempre stato così, un giorno litigavano, il giorno dopo era già di nuovo tutto come prima. Questo accadeva fondamentalmente perché avevano ambedue un carattere forte, ed erano molto orgogliose, eppure nessuno aveva mai capito il loro modo di comunicare, nessuno aveva mai realmente capito se fossero realmente amiche e cosa avessero in comune oltre al cheerleading. A loro non importava come la pensassero gli altri, e in realtà sapevano di avere tante cose in comune, fin troppe, e forse era proprio questa la causa dei loro scontri. Gli occhi neri di Santana ruotarono nella direzione della sua amica. Forse sarebbe stato meglio dire qualcosa finchè erano sole. Ma proprio mentre prendeva fiato, l’infermiera varcò la soglia. Come non detto. Osservò la donna bionda, con il suo camice giallo che le entrava a compressione. Qualcuno avrebbe dovuto spiegarle che era in una scuola e che lei non era una vera infermiera, ma probabilmente nessuno l’aveva mai fatto per ferire i suoi sentimenti. In realtà l’infermiera della scuola le aveva sempre fatto un po’ pena. Era sempre chiusa in quella stanza anonima, dalle pareti bianche e le tendine verdi, che riuscivano a mettere tristezza persino a Brittany, con ragazzi malaticci ai quali poteva soltanto dire di aspettare i loro genitori, sempre a contatto con delle mamme esageratamente preoccupate per la salute dei loro figli. Per quanto ne sapesse, quella donna non aveva né una famiglia né dei figli, e doveva condurre una vita davvero noiosa. Si avvicinò a Santana, con il suo solito sorriso a cinquemila denti, e le disse di mettersi a sedere. L’ispanica chiuse gli occhi fino a farli diventare due fessure, e scrutò la donna, cercando sicurezza nel suo sguardo. Non sapeva se fidarsi o meno di lei. Appoggiò le mani ambrate sul lettino, e facendo forza nelle braccia, si mise a sedere. La ferita sul ginocchio le bruciava, e le ossa le facevano terribilmente male, era come se qualcuno l’avesse completamente smontata e rimontata senza seguire le istruzioni. Si portò una ciocca dei suoi capelli corvini dietro all’orecchio, e si morse un labbro quando la donna dai capelli biondi, inaspettatamente, premette sulla ferita con una forza spaventosa. Un piccolo gemito di dolore uscì dalle labbra della latina.
-    Ti ho fatto male? – chiese l’infermiera, spostando lo sguardo sul suo volto. Santana la guardò come se fosse pazza.
-    Cosa dice, se le do un pugno dritto sul naso le faccio male? –
La donna la guardò con disappunto, e a Quinn scappò una risata. L’ispanica si voltò d’istinto verso la bionda, e quest’ultima serrò subito le labbra quando si accorse che la sua risata era giunta alle orecchie di Santana. Non intendeva fare pace con lei, l’aveva colpita nel profondo, e non l’avrebbe mai perdonata. Si stava abituando alle sue frecciatine e battutine, ma quello che aveva detto quella mattina era andato oltre. Odiava essere considerata una bambolina senza cervello. La cheerleader spostò repentinamente lo sguardo sulle sue caviglie, come se fossero la cosa più interessante del mondo, ed iniziò a giocherellare con la zip della sua felpa.
-    Ok, adesso stenditi e aspetta i tuoi genitori. Io passo dalla tua amica nel frattempo –
Santana si lasciò andare indietro a peso morto, e solo quando incontrò la superficie dura di quel lettino si rese conto che era stata una pessima idea. Avrebbero davvero dovuto far qualcosa per quella roccia.

 



                                                                                                          **********************

Giovedì mattina, quarta ora. Quinn e Santana camminavano tranquillamente per i corridoi della scuola, e si godevano la loro pausa chiacchierando. Le loro voci si mescolavano a quelle di altri studenti, che come loro, si scambiavano qualche parola. Santana indossava i vestiti che aveva acquistato con Quinn, ed era felice di non dover più indossare le sue maglie dai colori accesi, che provocavano un distacco della retina a chiunque le guardasse. In ogni caso era davvero grata alla ragazza per la sua disponibilità, e a tempo debito le avrebbe restituito tutto il denaro che aveva speso per lei. Infatti, proprio quel pomeriggio, aveva una festa, e sperava che i bambini non fossero così terribili come le aveva detto Taylor, la sua collega. In tal caso avrebbe saputo lei come rimetterli in riga.
-    Oggi è il tuo primo giorno di lavoro o sbaglio? – disse Quinn a Santana, con un sorriso. La latina sbuffò. Ci mancava solo che glielo ricordasse.
-    Purtroppo. Tu cosa fai oggi? – chiese l’ispanica, senza il minimo interesse. In realtà voleva solo sviare la conversazione da lei e dal suo rapporto con i bambini.
-    Io oggi devo fare da baby sitter al figlio della mia vicina. E’ così carino, e mi adora! Tu vedi di non far spaventare quei bimbi –
Spaventare? Perché mai avrebbe dovuto spaventare quei piccoletti? Se avessero capito subito come comportarsi non ce ne sarebbe stato davvero bisogno. Il tono da maestrina di Quinn la infastidiva parecchio. Era facile parlare per lei.. piaceva sempre a tutti!
-    Capisco perché ti adora, quale bambino non adora le Barbie? –
La risata fresca e musicale di Quinn le giunse alle orecchie. In realtà non doveva essere la prima volta che la paragonavano ad una bambola.
-    Questa me l’aspettavo, era banale. Stai perdendo colpi Santana! –
Anche la latina sorrise, unendosi alla cheerleader.
-    Lo faccio per non dire cosa penso realmente di te ed essere cattiva -  disse la ragazza con un mezzo sorriso. Sapeva cosa avrebbe detto Quinn. La cheerleader spinta dalla curiosità le avrebbe sicuramente chiesto cosa pensasse di lei. La latina sapeva esattamente cosa rispondere, anche se aveva paura che la ragazza si sarebbe potuta offendere. Ma d’altro canto sarebbe stato anche divertente stuzzicarla un pochino.
-    E cosa pensi di me? –
Bingo. Santana inclinò leggermente la testa. Lei aveva sempre avuto una buona concezione dell’amica bionda, eppure, in quella diversa dimensione, il suo concetto di lei era molto cambiato. Non era più la psicopatica che aveva sempre dimostrato di essere, e anche parte della sua “cattiveria” non c’era più. Santana credeva che fosse semplicemente ben nascosta. Già, perché delle circostanze diverse non cambiano l’indole di una persona.
-    Credo che voglia sembrare come una di quelle bamboline stereotipate, nascondendo il tuo vero modo di essere –
Disse senza mezzi termini l’ispanica. Si morse subito la lingua. Dalla faccia che aveva assunto Quinn, capì subito di aver fatto la mossa sbagliata.
-    Quindi credi che io sia una cretina –
Il suo tono era gelido, la sua espressione spaventosa. Santana alzò le spalle.
-    No, credo che tu voglia fingere di essere brava e perfetta, mentre ambedue sappiamo che non è così. Non vuoi essere come gli altri, vuoi essere meglio degli altri. Vuoi spiccare, e il tuo intervento per rifarti il naso ne è la dimostrazione –
Quinn si fermò improvvisamente. Neanche un muscolo sul suo volto si muoveva, ed era davvero inquietante. Le sue sopracciglia iniziarono ad incurvarsi, e la sua espressione era un misto tra il meravigliato ed il confuso. Santana si morse un’altra volta il labbro inferiore. Errore numero due. Nessuno sapeva dell’intervento di Quinn, la bionda l’aveva confidato solo a lei e Brittany quando erano amiche. L’ispanica si portò una mano fra i capelli corvini, cercando di prendere tempo.
-    Non preoccuparti, anche io mi sono rifatta il seno, non ti giudico. Però devi ammettere che anche tu non saresti tanto perfetta senza quell’intervento. –
La cheerleader non l’ascoltava. L’espressione sul suo volto stava lentamente cambiando, e non sembrava più meravigliata, ma semplicemente… adirata. Santana poteva chiaramente vedere le vene sulle sue tempie gonfiarsi dalla rabbia, e il suo respiro sempre più irregolare. In realtà sembrava livida, e la ragazza dai capelli corvini riuscì a vedere in lei, per qualche istante, la Quinn psicopatica che aveva conosciuto tempo prima. Eppure, la sua, le sembrava una reazione esagerata. Doveva avere un sacco di rabbia repressa quella biondina.
-    E tu che ne sai?! E tu che diritto hai di giudicarmi e dirmi che sono una bambolina stereotipata?! – ruggì la cheerleader avvicinandosi sempre di più. Dal canto suo, Santana, continuava ad indietreggiare, allontanandosi. In realtà la spaventava un po’, ed era difficile spaventare Santana Lopez! La bionda, subito, la scaraventò contro un armadietto con forza.
-    Cosa!? Non puoi picchiarmi! – esclamò Santana confusa. Da quando era Quinn ad iniziare una lotta? Un sorriso maligno e allo stesso tempo divertito si dipinse sulle labbra della bionda, che non la pensava come lei a quanto pareva. La latina continuava ad osservarla con le sopracciglia aggrottate, in attesa che dicesse qualcosa, ma in tutta risposta, la cheerleader le stampò uno schiaffo fortissimo sulla guancia, che le fece girare la testa. Santana alzò il capo, e la guardò con la bocca spalancata. Non poteva proprio crederci. Improvvisamente una luce di odio e sdegno comparve negli occhi color pece della latina, luce che compariva sempre quando c’era da picchiare qualcuno. Afferrò la coda di cavallo della ragazza, tirandola con forza verso il basso, mentre si apprestava a prenderla per la vita e scaraventarla a terra. Le sarebbe riuscito tutto bene se la bionda non avesse previsto la sua mossa, e se non le avesse addentato un braccio. Un urlo di dolore uscì dalle labbra della latina, mentre la biondina la afferrava per la vita. Continuava a divincolarsi, per liberarsi dalla sua morsa, ma la ragazza l’aveva completamente bloccata.
-    Via quei dentacci da lì, che sei un cane? – urlò, continuando a muovere il braccio. Quinn la sollevò di peso, per scaraventarla a terra senza alcuna pietà. Due erano le possibilità: o lei era un tantino arrugginita, o Quinn aveva seguito un corso di taekwondo. Poggiò le mani a terra, per rialzarsi, e mentre lo faceva la cheerleader si avvicinò. Questa volta non si sarebbe fatta cogliere di sorpresa, e afferrò d’impulso la ragazza per le gambe, spingendola verso un armadietto. La bionda cadde rovinosamente, accanto ad un manifesto che diceva “No alla violenza”, e l’anta di un armadietto si aprì lentamente. Toh, aveva provato per anni a scassinarli, e il modo più semplice per farlo sarebbe stato picchiare Quinn. Lo avrebbe sicuramente tenuto a mente per il futuro. Continuarono così per qualche minuto senza dire una parola, procurandosi qualche ferita e qualche livido, sotto gli occhi di tutti i ragazzi che si trovavano nel corridoio. C’era chi si era fermato a guardarle, e faceva anche il tifo, chi, spaventato, correva via, e chi cercava di telefonare un’ambulanza, siccome di lì a poco ce ne sarebbe stato il bisogno. Ad un certo punto, la piccola folla che si era creata attorno a loro si diradò, e ne uscì il professor Shuester, che corse subito verso di loro, cercando di dividerle. Le ragazze continuavano a divincolarsi, e cercavano di colpirsi anche ora che il professore si era messo tra di loro.
-    Ragazze, per favore! Cosa vi è preso!? –
Dopo qualche istante, finalmente, si calmarono. Abbassarono la testa, e cercavano di scrutarsi, alzando leggermente gli occhi. Sembravano due bambine che avevano appena finito di litigare per una caramella, e che venivano rimproverate dal papà.
- Ha iniziato lei – disse Santana, indicando Quinn.

 



                                                                                                          **********************

Non ne poteva più, davvero. Non credeva che lei, Santana Lopez, si sarebbe mai fatta sconvolgere da un branco di bambini urlanti, che rischiavano di buttare giù tutto l’edificio da un momento all’altro. Si portò una mano tra i capelli, premendo le dita sulle tempie, cercando di calmare il suo istinto di alzarsi e prenderli tutti a calci. Almeno venti marmocchi di sei anni, infatti, l’avevano attorniata, e non aveva via di fuga. Abbassò lo sguardo su quei nanetti. Era almeno cinquanta centimetri più alta di tutti loro, notò ridendo, e avrebbero dovuto sapere che circondandola non l’avrebbero di certo né intimorita, né imprigionata. Alzò una gamba, e poggiò un piede a terra, superando tutte quelle testoline. Un piccolo boato di disapprovazione di alzò dall’altra parte del cerchio che si era formato attorno all’ispanica, e Santana sorrise divertita. Se quei piccoletti credevano di poter mettere in difficoltà la latina con così poco, si sbagliavano di grosso.
-    Noi vogliamo il nostro balletto, noi vogliamo il nostro balletto – disse un bambino a gran voce, incitando tutti i suoi coetanei. Oh cavolo, questa proprio non ci voleva. Santana corse verso il bambino, e gli tappò subito la bocca con una mano. Ciò che ci voleva in quel momento era solo la rivoluzione di tanti nani che non contavano dieci denti tutti insieme.
-    Taci o ti blocco la crescita. Ballare è da femminucce – replicò l’ispanica, guardando il mostriciattolo. Notò con orrore che i suoi capelli sembravano essere stati tagliati sulla forma di una scodella.
-    Ma ballare è divertente! Daaaaai – un altro bambino si era materializzato accanto a lei all’improvviso, e aveva iniziato a tirarle la maglietta. Santana la afferrò da una estremità, e la tirò, per evitare che il bambino la strappasse. Alla fine aveva dovuto indossare per forza quella maglia, e non voleva che oltre al colore improponibile e alla scritta imbarazzante, diventasse anche sformata, in modo da farla sembrare una specie di casalinga disperata. Sbuffò innervosita. E adesso cosa poteva fare? Doveva farsi venire un’idea, e in fretta, perché non voleva che le cose degenerassero, e soprattutto, non voleva fare quei balletti idioti.
-    Ok bambini, stiamo calmi, ho una proposta allettante per voi – disse l’ispanica, con tono autoritario. Si alzò in piedi, e notò che neanche un bambino fiatava più, e che mille occhioni la osservavano incuriositi dal basso. Aveva fatto centro, questo era poco ma sicuro. Si schiarì la voce, e sorrise appena.
-    Se farete i bravi e non mi chiederete più di ballare, vi farò avere alcool e sigarette a volontà!-
Un sorriso soddisfatto si dipinse sul suo volto. Cercò di scrutare i volti dei bambini, per capire se fossero d’accordo oppure no. Insomma, lei sarebbe stata contenta se qualcuno le avesse fatto una proposta del genere. Ma le reazioni dei bimbi intorno a lei non erano quelle che si sarebbe aspettata. Alcuni sembravano sconvolti, ed iniziavano ad indietreggiare, mentre altri la guardavano come se fosse pazza. Notò espressioni di disappunto dipingersi sui piccoli volti, ed ebbe la sensazione di aver sbagliato qualcosa. Un silenzio tombale cadde nella stanza. Improvvisamente, però, un bambino si fece avanti, e prese la parola.
-    Alcool e sigarette li posso prendere a casa, mentre mia madre non mi fa fare nessun balletto! – Però, quei bambini erano avanti. Tutti ricominciarono a strillare, e Santana tornò nella sua posizione iniziale, con le mani affondate nella folta chioma corvina, cercando di calmarsi. Doveva trovare una soluzione, e in fretta.
-    Cosa ne dite di tante caramelle? Caramelle a volontà! – disse improvvisamente l’ispanica, illuminandosi. Non avrebbero mai detto di no alle caramelle. E infatti, pochi secondi dopo, vide i volti di venti bambini illuminarsi, e quaranta occhi spalancarsi. Poteva dire tranquillamente di aver risolto il problema. Sorrise soddisfatta di se stessa. A volte era davvero geniale, doveva ammetterlo.
-    Caramelleeeeee! Le vogliamo! – urlò un bambino, alzando il braccio e correndo verso la latina. La ragazza cercò un posto dove fuggire, ma era troppo tardi, perché i piccoletti l’avevano già circondata, e avevano iniziato a tirarla per la maglia. Caramelle? Lei non aveva caramelle con se, a questo non aveva pensato prima. In altre circostanze avrebbe chiamato Quinn, e le avrebbe chiesto di aiutarla. Ma non quella volta. Non poteva chiamarla dopo quella mattina, e aveva dei lividi sulle gambe a dimostrare quanto i rapporti tra loro non fossero buonissimi.
-    No! Le caramelle arrivano prima di tagliare torta, se fate i bravi! –
I marmocchi si calmarono, e tornarono ai loro giochi. Tutto era sistemato per fortuna, ma adesso bisognava trovare quelle caramelle, e allo stesso tempo controllare quei piccoletti per evitare che buttassero giù l’edificio. Santana si sedette su un cavallino di plastica, ed iniziò a pensare mentre andava avanti ed indietro, cullata da quel giochino. Probabilmente non c’era bisogno di farsi tutti quei problemi, perché forse i bambini se ne sarebbero dimenticati fino al momento della torta. E poi, fra la torta e le caramelle non c’era confronto, giusto? Un bambina si fermò in piedi accanto a Santana, che continuava a dondolare, e che ormai ci aveva preso gusto. Sembrava intimorita dalla latina, e non aveva la forza di dire una sola parola. Gli occhi neri di Santana, incrociarono subito il volto paffuto della bimba, e capì perché era lì. Si alzò, e sorrise alla piccola, che sembrava una bambola di porcellana.
- Il cavallino è tutto tuo, trattalo bene –




Il tanto temuto momento della torta era arrivato. Santana aveva preparato il tavolo e le sedie, ed era pronta a chiamare i bambini. Non si era sprecata in tante composizioni con i bicchieri come faceva in genere la sua collega, fondamentalmente perché non aveva la pazienza di passare una mezz’ora buona a creare castelli o altre composizioni che alla fine i bambini avrebbero fatto crollare, rovinando il suo duro lavoro. Non ebbe neanche il tempo di uscire dal piccolo stanzino per andare a chiamare i marmocchi in sala, che un’orda di nanetti la seguì. Li vide lasciare qualunque cosa stessero facendo in quel momento e seguirla. Santana sorrideva. Fino a quel momento sembrava andare tutto bene.
-    Ok bambini, adesso facciamo una bella foto – disse, schifata dal suo stesso tono di voce. Sembrava un’idiota.
-    Caramelle! – strillò di rimando lo stesso bambino che un’oretta prima le aveva dato filo da torcere. Come non detto. I bambini iniziarono ad osservarla e ad avvicinarsi. Sembrava una scena di Psyco. L’ispanica iniziò ad indietreggiare.
-    Tecnicamente al momento non ho caramelle, ma se mi date un vostro recapito posso farvele arrivare… - tentò. I bambini però sembravano sempre più decisi, e continuavano ad avvicinarsi minacciosi.
-    Caramelle, caramelle! –
-    Bambini, ragioniamo un momento.. – disse ancora una volta l’ispanica. Li vedeva fin troppo determinati, e non sapeva davvero cosa poter fare. Vide un mostriciattolo arrampicarsi sul tavolo. No, quello era davvero troppo! Si avvicinò, e cercò di portarlo giù, ma il piccoletto continuava a divincolarsi. D’un tratto, il bambino dai capelli castani, affondò una mano nella torta, e lanciò la poltiglia sul volto della latina. Santana strizzò istintivamente gli occhi, e lasciò andare il bambino. Iniziò a sbandare da un lato e da un altro, senza riuscire ad aprire le palpebre. Era come se avesse gli occhi infiammati, ed iniziò ad imprecare a bassa voce. Malediceva il giorno in cui aveva deciso di andare a lavorare lì, i bambini sapevano essere davvero terribili, ed era difficile anche per una come lei tener testa a quelle canaglie. Altri bambini iniziarono a lanciarle pasticcini. Santana cercò di portare in avanti le mani, per ripararsi da quell’attacco, e una bambina le afferrò i capelli, lasciandosi andare di peso.
-    Via, giù di qui specie di esorcista! – disse l’ispanica, scuotendosi per liberarsi di quella bambina. Ormai la situazione era fuori controllo, ed era sicura che avrebbe perso il lavoro. Peccato, le piaceva l’idea di essere indipendente.
-    Allora, le volete o  no queste caramelle? –
La voce dolce e materna di Quinn giunse alle orecchie della latina, che spostò subito gli occhi verso l’ingresso, dove la cheerleader agitava due pacchetti di caramelle. La ragazza dai capelli corvini rimase paralizzata dallo stupore. Come aveva fatto a capire che era in difficoltà, e perché era andata ad aiutarla? Santana camminò verso di lei con le braccia incrociate, mentre la bionda distribuiva le sue caramelle ai bambini.
- Che ci fai qui Fabray, aspetti ospiti? Ti sei data ai bambini per disperazione adesso? O sei venuta a prendere uno di quei marmocchi a cui fai da baby sitter? -
- No, in realtà sono qui per te. Vuoi un passaggio? –
Le labbra di Quinn si curvarono in un sorriso, e Santana abbassò istintivamente la testa. Era davvero un gesto molto carino da parte della bionda, e malgrado lei fosse sempre spregevole con la ragazza che aveva di fronte, la cheerleader riusciva sempre ad essere carina con lei. La latina fece qualche passo, affacciandosi alla finestra. Ciò che vide fu un’auto che sembrava sul punto di cadere a pezzi. Rise, e disse ironicamente, e questa volta senza cattiveria
- E’ quella la tua macchina? Per caso, per farla andare dovremo tirar fuori i piedi e camminare come i flintstones? Perché in quel caso preferisco un autobus -




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    Commento

Chiedo umilmente venia per il ritardo, so che ho detto che avrei aggiornato dopo 1/1 sett e mezzo, ma ho appena realizzato di non farcela, quindi allunghiamo a due >.< comunque sia, ritorno con questo capitolo che non ha alcun senso (sì, me ne sono resa conto anche io ahah), in particolare la seconda parte XD anche se la mia preferita è stata quella del quinntana fight.. Quinn e Santana sembravano due wrestler! Vi invito a lasciare una recensione, anche piccola piccola, mi fa comunque tanto tanto piacere :D Grazie a chi segue la mia storia, davvero stiamo parlando di 26 persone!? **
P.S. Se non l'avete ancora fatto, leggete la nuova OS di snix_fra89, "Two words".. è davvero molto bella! ^^

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

La latina alzò gli occhi al cielo. Era almeno la quinta volta che riprovavano la canzone, e non ne poteva davvero più. Quinn continuava a camminare avanti e indietro per la stanza con gli spartiti in mano.
- Sembri agitata. Perché lo sei? E’ una stupida esibizione al Glee – disse Santana, aggrottando le sopracciglia. Negli ultimi giorni i rapporti fra lei e Quinn erano cambiati, e si erano davvero avvicinate molto. Ormai Santana non fuggiva più quando vedeva la bionda avvicinarsi alla sua camera per chiacchierare, anzi, la aspettava ogni sera. Era come se ci fosse un tacito accordo tra di loro. La latina prendeva qualcosa da sgranocchiare nella dispensa, e passavano ore ed ore a chiacchierare di fronte alla tv. Dopo il litigio di qualche tempo prima, non avevano neanche avuto più un battibecco, e non c’era stato neanche uno schiaffo tra di loro! D’accordo, forse qualche battibecco sul fatto che Santana lanciasse le bambole di Quinn sotto al letto c’era, ma nulla di grave dopotutto.
- E’ che voglio fare sempre le cose alla perfezione – rispose qualche istante dopo la bionda, alzando le spalle. Santana si appoggiò al pianoforte, osservandola. Era sempre stato quello il problema di Quinn. Il suo desiderare troppo da se stessa. Non voleva mai essere meno che perfetta, e questo non la spingeva a vivere a pieno la sua vita.
- La perfezione non esiste –
- Ma ci si può avvicinare –
La latina rimase interdetta per qualche istante. Sul momento non sapeva davvero cosa risponderle. In realtà credeva che avesse ragione. Tutti avrebbero dovuto provare ad arrivare alla perfezione, ma credeva che la sua mania fosse diventata quasi un’ossessione. La pressione che la ragazza sentiva su se stessa era evidente anche agli occhi di una persona qualsiasi. La pressione di essere una brava cheerleader, di avere bei voti a scuola, di essere la figlia casta, pura e perfetta. Santana non sapeva se al posto suo ce l’avrebbe mai fatta a reggere. Il cellulare di Quinn vibrò, e la bionda lo estrasse dalla tasca. La luce del display illuminò il suo viso, e la sua fronte si corrugò, evidentemente concentrata su ciò che stava leggendo. Santana rimase immobile, ed iniziò a disegnare dei cerchi immaginari con la mano sul pianoforte.
- Andiamo - disse improvvisamente Quinn, prendendo l’ispanica per un braccio e trascinandola verso l’uscita. L’incontro al Glee le attendeva!




**********************

I compagni le osservavano, seduti sulle loro poltroncine. Si erano messi comodi, probabilmente per applaudire meglio alla fine della loro esibizione, pensò Santana. Sapeva che sarebbero state brave. Erano due settimane che provavano quel pezzo, e dovevano assolutamente vincere. Il professore si alzò, dirigendosi verso le ragazze con un’eccitazione e una felicità degne di un bambino.
- Bene ragazze! Voi siete le prime! Oggi abbiamo avuto l’auditorium, e prima di iniziare vorrei presentarvi la celebrità speciale che decreterà i vincitori, e illustrarvi il fantastico premio! – disse tutto d’un fiato l’uomo riccioluto. Santana fece una smorfia.
- La signorina Pillsbury sarà il nostro “illustrissimo e celebre” giudice, e il premio sarà una cena per due al Bel Grissino, vero professore? –
Il professor Shuester rimase a bocca aperta. Non credeva di essere tanto prevedibile, anzi, era convinto che il suo fosse un piano davvero molto originale! La signorina Pillsbury entrò in sala. Il suo respiro era come sempre irregolare, e sembrava sempre agitata, come se i germi che si trovavano nell’aria fossero pronti a sbranarla da un momento all’altro. Si accomodò accanto al professore. Quinn si schiarì la gola.
- La canzone che abbiamo scelto è Heaven, di Bryan Adams. Siamo state subito d’accordo sulla scelta, fondamentalmente perché crediamo ambedue che non esista canzone più romantica di questa. Speriamo che la nostra esibizione vi piaccia. –
- Bazzecole, certo che gli piacerà! Saremo senz’altro le migliori, e saremo come due squali in una vasca di girini. E’ inutile che si illudano di essere tanto bravi e talentuosi, io credo che qui nessuno possa dire di essere alla nostra altezza, o di avere abbastanza talento da farsi notare in mezzo ad una massa di ragazzini anonimi – rispose Santana, alzando un sopracciglio con un sorrisetto sghembo. Le sue erano sottili provocazioni. Voleva svegliare i suoi compagni, che sembravano essere stati in letargo per troppo tempo.
- Santana! Noi tutti siamo qui per non essere giudicati, d’accordo? – ringhiò il professore, in risposta all’ispanica. Rachel si mise subito in piedi, sulle sue gambe corte quanto quelle di un nano da giardino, e parlò, appoggiando il professore, con il suo tono di sufficienza.
- Capito spara-sentenze che non sei altro?! – Sul volto della latina comparve un sorrisetto. Incrociò le braccia, pronte a lanciare la bomba.
- E allora perché lei è il primo a non trattare tutti allo stesso modo, professor Shue? –
Il professore spalancò gli occhi, e rimasero tutti a bocca aperta. Per la prima volta qualcuno aveva detto la verità senza paura. Il professore sembrava improvvisamente teso, a disagio, mentre il leggero chiacchiericcio dei ragazzi si alzava nell’auditorium. Mr Shue strinse le labbra.
- Andate ragazze, adesso è il momento di cantare –
Rimasero al centro del palco, mentre le luci si abbassavano, illuminando leggermente i loro volti. La canzone che avrebbero cantato era molto struggente e malinconica. Uno di quei brani che, dopo il primo ascolto non dimentichi mai, e che riescono a scavarti nel cuore. La storia parla di un amore, anzi parla dell’amore. Quell’amore che ci fa sentire completi, che elimina quell’insoddisfazione che spesso abbiamo nei confronti della vita. Un sentimento vissuto, raggiunto, che permette di dare un senso diverso a molte cose, e permette appunto di raggiungere il paradiso. Santana fece un cenno ai musicisti, e subito il suono della chitarra si propagò nell’auditorium.
“[…]Baby you’re all that I want
When you’re lyin’ here in my arms
I’m findin’ it hard to believe
We’re in heaven

And love is all that I need
And I found it there in your heart
It isn’t too hard to see
We’re in heaven

Oh, once in your life you find someone
Who will turn your world around
Bring you up when you’re feelin’ down
Ya, nothin’ could change what you mean to me

Oh there’s lots that I could say
But just hold me now
Cause our love will light the way

I’ve bin waitin’ for so long
For somethin’ to arrive
For love to come along [...]”
La voce dolce e delicata di Quinn, e quella più aspra di Santana, creavano un connubio perfetto. Le loro voci rappresentavano un po’ quelle che erano loro due in fondo. La latina spostò lo sguardo verso l’amica, e i loro occhi si incrociarono. La luce, bassa, illuminava il volto di Quinn, creando un effetto di chiaro-scuro davvero soprendente. Mentre la osservava in tutta la sua bellezza, Santana notò qualcosa che non aveva mai visto prima: il colore degli occhi della sua amica non era né castano né verde. I suoi occhioni erano di un colore indefinito, a metà, forse castani e leggermente screziati di verde, ed erano così magnetici e stupendi, che l’ispanica, mentre cantavano, sentiva che non sarebbe riuscita a distogliere lo sguardo. Probabilmente non vi aveva mai prestato davvero attenzione, ma forse perché in un certo senso aveva sempre cercato di evitare lo sguardo di Quinn. Ogni volta che la bionda la osservava sentiva che riusciva a leggerle dentro, e non voleva che questo accadesse con nessuno. Ma adesso era diverso. Non sapeva perché, ma sentiva che si poteva fidare. Anche Quinn, accanto a lei, teneva gli occhi fissi su quelli della latina. Erano così neri, così apparentemente impenetrabili. Eppure sentiva che prima o poi sarebbe riuscita a leggere quella ragazza e a capirla fino in fondo. Una volta, durante una prova, Quinn aveva confessato a Santana che a volte si sentiva come un’esclusa. La latina, inizialmente, era sembrata stupita, perché in fondo lei aveva tutto: una media alta a scuola, il cheerleading, degli amici, il glee, la popolarità, eppure, la bionda, aveva capito che l’ispanica comprendeva cosa volesse dire. Lo capiva perché spesso era accaduto anche a lei. Molti aspetti della sua personalità avevano sempre allontanato gli altri da lei, in primo luogo il suo essere tanto stronza. E proprio dopo che Quinn le ebbe detto come si sentiva, Santana, capì che erano più vicine e simili di quanto si potesse immaginare. Ambedue si nascondevano dietro ad una corazza. La chimica fra di loro era sempre più evidente anche ai ragazzi in auditorium, che si scambiavano qualche sguardo perplesso. I loro compagni canticchiavano, e chiudevano gli occhi, cullati da quella canzone. Quinn aveva sempre pensato che quello fosse uno di quei brani che si dedicano una sola volta nella vita, e seppur inconsciamente, loro lo stavano facendo l’una con l’altra. La canzone arrivò alla fine. I loro sguardi ancora uno dentro l’altro. Erano a meno di due dita di distanza, e i loro nasi quasi si sfioravano. D’un tratto la luce si accese in tutto l’auditorium. Le due ragazze si voltarono di scatto, come se si fossero svegliate da un sogno. Quinn sorrideva, mentre i compagni applaudivano, malgrado si sentisse un po’ confusa. Santana si sentiva… scombussolata. Era incredibile come le cose fossero cambiate facilmente. Era incredibile come le loro strade si fossero improvvisamente incrociate solo grazie ad uno sguardo.



**********************

Santana era seduta da circa un’ora su una sedia, nella choir room, con le gambe piegate vicino al petto. Le stringeva forte con le braccia, probabilmente perché credeva che così avrebbe potuto sopprimere e schiacciare letteralmente tutti quei sentimenti che sentiva nei confronti di Quinn. Ma sapeva che per quanto potesse stringere, quella sensazione di scombussolamento che provava allo stomaco non sarebbe andata via. Nascose per qualche istante la testa fra le ginocchia, e chiuse gli occhi. Non capiva come fosse potuto accadere. Con Quinn poi. Dopo pochi istanti la bionda varcò la soglia. Il suo passo era così leggero che l’ispanica non si era neanche accorta dell’ingresso dell’amica. Ma in fondo faceva sempre così, la coglieva sempre di sorpresa.
- Santana – la chiamò a voce bassa Quinn, sedendosi accanto a lei. La latina alzò di scatto la testa, e si voltò in direzione della bionda.
- Quinn –
Rimasero per qualche istante ferme, ad osservare gli strumenti che c’erano di fronte a loro. C’era un’aria tesa, come se ambedue volessero dire qualcosa, ma non ne avessero il coraggio. Dopo pochi istanti, fu la bionda a prendere la parola.
- Come hai capito di essere lesbica? –
La latina aggrottò le sopracciglia, mostrandosi perplessa. In realtà aveva capito dove volesse arrivare, ma non si aspettava una domanda così diretta da parte dell’amica. Dal suo canto, Quinn, era sempre più agitata. Non era facile per lei parlare di quell’argomento, soprattutto in quel momento.
- Perché me lo chiedi? –
La bionda si morse un labbro, interdetta. Non poteva dire quello che aveva sentito durante la canzone. Sapeva che anche l’ispanica aveva provato la stessa sensazione, lo aveva capito dal suo sguardo. Allora perché le faceva tutte quelle domande?
- Santana.. –
Rimasero mute per pochi istanti. Dopo qualche momento, Quinn, decise di farle una domanda che le avrebbe voluto fare da tanto tempo.
- Parlami della tua ex ragazza –
La latina sussultò. Non era l’argomento di cui desiderava parlare in quel momento.
- Brittany era… -
- Brittany? –
La ragazza dai capelli corvini si morse il labbro inferiore. Aveva davvero detto Brittany?
In realtà non sapeva con precisione cosa dire. Adesso che aveva questo nuovo rapporto di amicizia con la bionda, rapporto che avrebbe desiderato trasformare in qualcos’altro, Santana sentiva che la sua storia con Britt aveva tutto un altro significato. La verità era che lei si era sempre e solo chiusa su Brittany.
- Sì, era quello il suo nome, ma non voglio parlarne ora. –
- Ma lei com’era? Come ti dimostrava il suo amore? –
Santana odiava la sua insistenza. Com’era Brittany? Lei era… ingenua. E…
- Mi piaceva molto, io la amavo e.. - si bloccò, non sapendo come rispondere alla seconda domanda. Come le dimostrava il suo amore Brittany? Come si comportava? Forse, in realtà, il loro era sempre stato un rapporto che dipendeva più dalla latina che dalla sua fidanzata. Santana non amava pensare che fosse a senso unico, ma era innegabile che fosse sempre stato solo così. Brittany le aveva sempre voluto solo bene. Punto.
- Ed era un po’ assente – concluse la latina. La cheerleader bionda continuava ad osservarla. Aveva capito che non voleva parlarne. L’ispanica stava cercando in tutti i modi di evitare l’argomento, con le sue risposte schive. Quinn dal suo canto, avrebbe tanto desiderato parlare con lei, capire come fosse fatta, ma la ragazza dagli occhi neri come la pece non glielo permetteva.
- Parlami di te ogni tanto Santana.. non lo fai mai –
- Tu invece a volte parli fin troppo, come non hai mai fatto prima – rispose quasi senza pensarci. Ed era vero, non si era mai aperta tanto con lei in tutti quegli anni. Avevano sempre parlato, e si erano sempre dette un sacco di segreti, ma non erano andate mai così a fondo.
- Prima quando? – chiese perplessa la bionda. Non ricordava un “prima” fra di loro.
- Lascia stare – disse velocemente Santana, abbassando ancora una volta lo sguardo sulle sue scarpe.
- E’ che mi fido di te. Sei riuscita a conquistare la mia fiducia sin da subito, e credimi, è raro, quasi impossibile - Ed era vero. Di solito per gli altri era Quinn Fabray la cheerleader, quella popolare, tutt’al più l’amica. Era raro che la bionda si lasciasse scoprire, anzi, probabilmente non era mai accaduto con nessuno. Era come se ci fosse un recinto intorno a lei, e Santana era l’unica che era riuscita a superarlo. Quinn si era affidata come lei non aveva mai fatto con nessuno, neanche con Brittany, eppure sentiva che era pronta, adesso. Era pronta a fidarsi della ragazza che era accanto a lei. Aveva capito che da Quinn avrebbe potuto avere qualcosa che non avrebbe mai avuto da Britt. Già, perchè la verità era che Brittany non l’aveva mai davvero amata. Erano sempre state solo amiche. Si era sempre accontentata con lei, e adesso era stanca di accontentarsi, perché adesso era davvero innamorata di qualcuno che ricambiava i suoi sentimenti.
Santana si sporse verso la bionda che era accanto a lei. I loro volti erano vicinissimi, e Quinn riusciva a sentire il respiro leggero di Santana sulle sue labbra. Questa volta non si sarebbero allontanate. Fu un momento. Nel breve istante in cui le loro labbra si sfioravano, Santana, sentì un’improvvisa sensazione di calore avvolgerla. Quinn rabbrividì al contatto con le labbra morbide di Santana. Un istante quasi perfetto. E fu in quel momento che Santana capì una cosa. Che in un modo o nell’altro lei e Quinn sarebbero sempre state legate. Come amiche, fidanzate o anche nemiche, era destino. Come diceva la canzone “I’ll be standing there by you”.




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Commento

Ok, mi ritrovo qui un'altra volta a chiedere perdono per il ritardo IMMENSO! Giuro che cercherò di non fare più ritardi del genere, è che ultimamente non ho avuto un momento tranquillo, e soprattutto il pc per scrivere in pace. Ma eccomi ancora qui, con questo capitolo che NON ho riletto e potrebbe seriamente fare pietà e compassione. Spero che non sia così in ogni caso. Che dire.. io Heaven cantata da loro me la immagino così --->> http://www.youtube.com/watch?v=E0wW9RwpG7M solo con le loro voci *__* non sarebbero stupende? Aspetto le vostre recensioni.. accetto anche un commento superbreve eh XD giusto per sapere cosa ne pensate! E poi.. boh, penso che rileggendolo sicuramente troverò qualche cosa che non mi piace a nei prossimo giorni lo modificherò un pochino ahahah ma questo lo faccio sempre, l'ho fatto pure con i vecchi in realtà.. A presto ^^

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

Era almeno un’ora che Quinn era chiusa in bagno a smaltire i postumi di una sbornia. La sera prima, lei e l’ispanica erano uscite, e tra un bicchiere e l’altro Santana aveva dimenticato quanto poco la biondina reggesse l’alcool. Era sabato sera, e la latina ancora non capiva come avesse fatto ad ubriacarsi con un paio di bottiglie di birra. Insomma, era universalmente noto che la birra fosse la bevanda meno alcolica sulla faccia della terra! Ma la latina credeva che Quinn si sarebbe potuta ubriacare anche con un bicchiere d’acqua, era talento il suo. Ok, d’accordo, forse avevano bevuto anche un po’ di vodka. E un paio di cocktail. Forse più di un paio, forse quattro o cinque. Ma quelli erano stati regali di ragazzi seduti qualche tavolo più in là rispetto al loro, e sarebbe stato da maleducati rifiutare un regalo. Così avevano accettato i cocktail gentilmente offerti, e si erano scambiate un bacio per allontanare quei viscidi trentenni. Forse era stato un po’ stupido come comportamento, ma in fondo non erano propriamente sobrie.
Il volto della latina si contrasse in un’espressione disgustata quando udì i suoni provenienti dal bagno.
- E’ da ieri notte che vomiti… non è che aspettiamo? – chiese l’ispanica, sorridendo divertita. Sapeva che Quinn non avrebbe accolto molto bene la sua ironia. La biondina sbucò dalla porta del bagno, e come previsto, la guardò, torva. Le labbra carnose della ragazza dai capelli corvini si curvarono leggermente, gesto che fece irritare ancora di più Quinn. La ragazza aprì il rubinetto, senza rispondere. Nei seguenti quaranta secondi tutto ciò che si udì fu solo il rumore dell’acqua che scorreva.
- Scherzavo, sai? Si chiama ironia.. ironia, questa sconosciuta.. – rispose Santana.
In tutta risposta, arrivò un grugnito da parte della bionda. Silenzio. La latina si sdraiò sul letto, in attesa di Quinn, e scompigliò tutte le coperte. Sapeva che la cheerleader si sarebbe adirata, ne era certa. Aveva rovinato una delle tante cose che la biondina aveva messo in ordine con un’attenzione quasi maniacale, e sapeva che anche se inizialmente non l’avrebbe presa bene, alla fine l’avrebbe perdonata. Era così in fondo che andava tra di loro. Santana arrivava, e rovinava tutto ciò che Quinn aveva messo in ordine e definito nella sua vita, e Quinn la perdonava. Pochi secondi dopo la cheerleader rimise piede nella stanza, e si lanciò pesantemente sul letto accanto all’ispanica. Strano che non si fosse lamentata, non era da lei. Le prese delicatamente il capo, e lo appoggiò sulle sue gambe, iniziando ad accarezzare i lunghi capelli color carbone. La latina chiuse gli occhi, rilassandosi, cullata dalle carezze di Quinn. Qualche istante dopo, Santana notò che la biondina sembrava sempre sul punto di prendere fiato per parlare, ma evidentemente non ci riusciva. Aprì di scatto gli occhi, e si mise a sedere per renderle tutto più facile.
- Ok, adesso tocca a me – disse Quinn.
L’ispanica sembrava non capire. Aggrottò le sopracciglia confusa, e sul volto della cheerleader si dipinse un sorriso intenerito. Adorava quando faceva quell’espressione confusa. Estrasse due biglietti dalla tasca, e li porse a Santana. Sapeva che non sarebbe stata entusiasta dei suoi programmi, ne era certa. La latina prese i biglietti, e subito dopo la buffa espressione di disappunto che si dipinse sul suo volto fece scoppiare Quinn in un mare di risate. Se l’aspettava.
- Non se ne parla neanche! Non vengo neanche per sogno a vedere uno di quei noiosissimi balletti di danza classica, senza contare che devo farmi un’ora di treno! –
- Dai Santana, per favore, fallo per me. Io ho seguito i tuoi piani, e mi sono ubriacata, me lo devi –
La latina sbuffò. Voleva davvero resistere. Doveva resistere. Ma quegli occhioni verdi. E quell’espressione così tenera. Non ce la poteva fare.
- D’accordo, verrò, ma che sia chiaro, non era nei programmi che tu ti ubriacassi.. è colpa tua se non reggi l’alcol – cedette con poco entusiasmo.
La bocca della cheerleader bionda si spalancò più del normale in un grandissimo sorriso, e saltò addosso alla latina.
- Non provare a baciarmi – esclamò disgustata Santana, quando le labbra della bionda erano ormai a pochi millimetri dalle sue. Ricordava ancora gli orripilanti versi che aveva udito fino a poco tempo prima. Quinn la osservò divertita. Aveva ottenuto ciò che voleva.




**********************

Santana sbuffò un’ultima volta, quando erano ormai a pochi passi dal teatro. Non avrebbe mai dovuto dire di sì. Lei aveva sempre adorato la danza, ma in quel caso si trattava di danza classica, e non era proprio il suo genere. Quinn e Brittany l’avevano trascinata un paio di volte a vedere quegli spettacoli noiosissimi e lunghissimi, ed ambedue le volte la latina aveva rischiato di addormentarsi.
- Allora, sei eccitata? Non sembri eccitata quanto me.. “Romeo e Giulietta” è uno dei balletti più belli oltre che una fantastica storia d’amore – esclamò Quinn, che non era più in se per la felicità.
- Certo, due che si incontrano e dopo poco si sbaciucchiano e si sposano, passano una notte d’amore e poi muoiono, che bello – borbottò la latina, con poco entusiasmo.
Onestamente non aveva mai capito l’opera di Romeo e Giulietta. Cosa c’era di tanto speciale in questi due ragazzi che si incontravano, e dopo dieci secondi, senza neanche conoscersi, erano già pazzi l’uno dell’altra? La biondina le diede un’energica gomitata nelle costole, e Santana chiuse subito il becco, con non poco disappunto. Insomma, già Quinn l’aveva costretta ad andare fin lì e a mettersi un vestito che arrivasse almeno sopra al ginocchio, adesso voleva anche impedirle di parlare? Un uomo sulla trentina, con i capelli ricoperti di gel, e un completo eccessivamente elegante, prese i loro biglietti.
- Buona serata – disse con un sorriso, restituendo questi ultimi alle due ragazze. Chissà che lavoro noioso doveva essere, mostrarsi sempre gentili e affabili, e augurare a tutti una buona serata, mentre lui era costretto a stare lì, in piedi, a strappare biglietti. Le due ragazze iniziarono a camminare all’interno del lussuoso ingresso, alla ricerca della scala che le portasse al loro palchetto. Pochi istanti, e appena misero piede all’interno del teatro, tutto cambiò. Le luci erano accecanti, e tutto luccicava, con uno sfarzo quasi eccessivo. Quinn si sporse leggermente, e osservò la gente che occupava i posti in platea. Erano tutti vestiti in modo elegante, e chiacchieravano del più e del meno in attesa dell’inizio della rappresentazione. Sembravano quasi abituati a tutto quello. Quinn, invece, si sentiva come una bambina il suo primo giorno di scuola. Era un’esperienza nuova per lei guardare una grande compagnia, in un grande teatro, dal vivo. Il New York City ballet non si vedeva di certo tutti i giorni. Santana si accomodò accanto a lei.
- Bene, quindi siamo qui – esordì la latina, cercando di scambiare qualche parola.
La biondina annuì semplicemente.
- Mi chiedevo… c’è per caso Galina Ulanova? Ho sentito che è una grande interprete, famosa per il ruolo di Giulietta – chiese, fingendosi quasi interessata. D’accordo, aveva fatto qualche ricerca con Wikipedia, non voleva fare proprio una figuraccia con Quinn. Dopo pochi secondi, però, notò che la cheerleader accanto a lei era scoppiata in una sonora risata. Perché?
- Santana, Galina Ulanova è morta… da tanti anni.. nel 1998 credo – rispose, per giustificare la sua risata. Gli occhi della latina si spalancarono. Ok, poteva capitare a tutti di sbagliare. Si voltò di scatto, prendendo la borsa. Le sembrava che le luci si stessero abbassando, per cui era il momento. Infilò una mano nell’ultimo modello di Louis Vitton, alla ricerca di qualcosa, ed estrasse subito ciò che cercava. Una magnifica mascherina per dormire leopardata. Che dire, aveva stile anche in quelle piccole cose. Quinn si voltò verso la ragazza dai capelli corvini, e appena vide la mascherina, i suoi occhi la scrutarono severi.
- Che c’è? Sono previdente – si giustificò Santana. Ma la biondina continuava a guardarla, senza staccarle gli occhi di dosso. D’accordo, forse avrebbe fatto un tentativo. Le luci in sala si spensero definitivamente. Il direttore d’orchestra fece un cenno, e per pochi secondi Quinn trattenne il respiro, emozionata. L’orchestra iniziò a suonare, eseguendo le straordinarie musiche di Prokof'ev, mentre il sipario si apriva e i riflettori illuminavano i primi ballerini che calcarono il palcoscenico. Atto primo, scena prima. Sarebbe stata una lunga serata. La biondina osservò con attenzione il palco, seguendo i movimenti di ogni singolo ballerino. Non voleva perdersi nulla: non una scenografia, non un passo, non un ballerino, né il significato di ogni piccolo gesto o un’emozione. Santana, dal suo canto, aveva tutt’altra intenzione. Eppure, per quanto cercasse di distrarsi, la sua attenzione era sempre più attirata verso quel palco. Le piaceva, anche se non voleva ammetterlo. C’erano scene di tutti i tipi: allegre scene di piazza, ritrovi a corte, dinamici duelli contrapposti a dolci momenti tra i due protagonisti. La poesia di Shakespeare era stata tradotta in passi e movimenti con grande successo. Le due ragazze erano senza parole. L’ispanica osservò i ballerini. Non erano ballerini, erano interpreti. Era come se ogni singolo passo fosse frutto del momento, di ciò che frullava nella loro testa in quel preciso istante. La coreografia, ormai era così parte di loro, così intrinseca in ogni arto del loro corpo, che era come se non ci pensassero e venisse loro naturale. Come respirare. E non eseguivano più i passi, li interpretavano, dando una sfumatura completamente diversa ad ogni scena e ad ogni movimento. Mentre pensava, la latina, sentì qualcosa scivolare lungo il suo braccio, poi delle dita intrecciarsi alle sue. Quinn. Si voltò verso la cheerleader, che le stava rivolgendo un dolce sorriso, e lo ricambiò. Inspirò, e per qualche istante dovette lottare contro l’impulso di baciare quelle labbra rosee, che sapevano di fragola. Riportò la sua attenzione sul palco. La scena della morte era la più struggente. La ragazza dagli occhi neri strinse ancora un po’ la mano della biondina, e si ritrovò a pensare. A pensare a quell’amore così forte che porta i due protagonisti alla morte, una morte che sembra meno amara accanto alla persona amata. Adesso aveva capito perché quell’opera letteraria piaceva a tutti. E quasi senza accorgersene, si ritrovò a piangere. Lei odiava piangere, soprattutto per cose del genere, eppure sentiva che in quel momento proprio non riusciva a farne a meno. Qualche singhiozzo la scosse violentemente, e si voltò dalla parte opposta. Quinn posò delicatamente la mano sulla spalla della latina. Era strano il contrasto tra la pelle bianca della bionda e quella più scura della latina.
- Santana stai… piangendo? – chiese Quinn, leggermente divertita. L’ispanica si scosse di scatto, e cercando di darsi un contegno rispose
- Affatto, ti pare che io pianga? –
Quinn osservò i suoi occhi rossi, e la guardò intenerita. Sapeva che si sarebbe ricreduta sulla bellezza del balletto, vedendo quello spettacolo, anche se non avrebbe mai potuto immaginare una reazione del genere.
- Visto? Mi avevi detto di averlo già visto e di esserti annoiata a morte.. beh, ti ho chiesto di darmi fiducia, e vedo che ti sei ricreduta. Sai qual è la cosa diversa? Non il balletto, né la storia, ma i ballerini. Ognuno riesce a comunicarti emozioni diverse anche nell’ambito di uno stesso balletto. Come diceva Bejàrt “in un balletto la cosa più importante non è la coreografia ma il ballerino”.–
- E la persona con cui vai a teatro – rispose ironica la latina. La risata cristallina di Quinn le arrivò alle orecchie come il suono di un’arpa, e l’ispanica sorrise.
- Andiamo adesso, lo spettacolo è finito – le disse la cheerleader, vedendo che i signori con i quali dividevano il palchetto erano già andati via. La latina non se n’era neanche accorta. Ma subito, con uno slancio, la afferrò per un braccio, bloccandola.
- Aspetta, posso dirti una cosa? –
La cheerleader annuì, semplicemente.
- Stasera ho capito perché nella danza, pur essendo molto brava hai sempre avuto una marcia in meno rispetto a Britt, e ho capito perché non riesci a raggiungere quella “perfezione” tanto ambita. Quando danzi, quando esegui gli esercizi alla sbarra e al centro, hai sempre e solo una fissa: quella di migliorare il tuo corpo e il tuo modo di eseguire i passi. Non lo fai più solo per la bellezza e la gioia di danzare, ma per progredire. E allora, come potresti pretendere di migliorare se continui a pensare solo ed unicamente a questo? Io, invece, credo che se abbandonerai questo pensiero, diventerai una ballerina fantastica. –
Quinn aggrottò le sopracciglia. Questa era la Santana che le piaceva, quella che riusciva a stupirla, quella che la studiava e le diceva come la pensava. Avvicinò il suo volto a quello della latina, e premette delicatamente le sue labbra su quelle più carnose della ragazza.




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Commento

Salve a tutti dopo 39489238749237 anni. Non sono morta, no, e vi chiedo scusa >.< ora sono tornata con questo capitolo, che vuole essere un po' di passaggio (vi chiederete: ma esistono solo capitoli di passaggio in questa FF? lol). Comunque sia, non sapevo se postarlo, perchè non ne sono minimamente soddisfatta, anzi, credo che sia uno dei peggiori ma... Parola a voi! Aspetto qualche vostra recensione (anche breve) per sapere cosa ne pensate... A presto! :D

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