La Storia delle Nove Isole: La Strage dei Graig

di JonSnow11
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


LA STORIA DELLE NOVE ISOLE: LA STRAGE DEI GRAIG

PROLOGO

Era una sera nebbiosa. Si notavano le lanterne accese del castello a partire dalle scuderie, fino ad arrivare alle torri principali, nonostante la fitta nebbia che lo sovrastava. Il castello e una piccola cittadina erano situati all’interno di un’isola.
Dalla torre di guardia si poteva notare un gruppo di soldati arrivare a cavallo con degli stendardi verdi e con uno stemma rappresentante una freccia incrociata ad un pugnale.
«Mio signore! Lord Graig! Gli uomini dei Rosgrait si stanno avvicinando sempre di più al castello!», urlò un uomo vestito con una corazza enorme che gli impediva di respirare.
«Presto! Preparate le truppe! Finiremo con questa farsa stasera stessa!», urlò Lord Graig stritolando la maniglia della poltrona su cui era seduto.
La stanza del Lord era molto accogliente. Aveva un caminetto acceso sul lato, un bellissimo letto matrimoniale, nonostante il suo celibato e tante decorazioni nobili sulle pareti. La luce flebile che attraversava la piccola finestra, accompagnata dal bagliore del focolaio del camino, illuminava di un bagliore rossastro la folta barba di Graig. Era un uomo alto e robusto, aveva avuto una figlia da Stinna, una donna che lo abbandonò in passato insieme alla bambina.
Si alzò di colpo fissando inquieto il delizioso caminetto.
«Stork Rosgrait, grandissimo bastardo. Me la pagherà cara!», sussurrò con le braccia conserte.
Il tizio corazzato rientrò in stanza. «Mio Signore, Lord Graig, sua figlia Marey è chiusa nella sua stanza insieme ai suoi due bambini. Stia tranquillo, sono protetti!»
«Grazie, Treit. Questa sera scriveremo la storia. Gli uomini dei Rosgrait spariranno dalla faccia della terra una volta per tutte!», disse deciso Lord Graig.
«Mio signore! Stanno irrompendo! Tra un po’ faranno fuori gran parte della nostra gente!» esclamò una guardia irrompendo nella stanza correndo.
«Diamine, devo prepararmi!», urlò esterrefatto Lord Graig indossando immediatamente la sua corazza con lo stesso stemma verde.
Uscì al volo dalla stanza e dopo aver percorso una lunghissima scalinata, si ritrovò nella sala principale.
Non appena gli uomini dei Rosgrait sfondarono il grandissimo portone, calò uno stranissimo silenzio ed entrambe le fazioni restarono immobili. Dal lato nemico uscì un uomo grosso, corazzato fino agli occhi.
«Graig, caro mio, ci rivediamo!», esclamò lo strano uomo.
«Stork, tu e la tua famiglia, cosa volete da noi?»
«Noi?! No. Noi non vogliamo nulla!», disse il Rosgrait, girandosi verso i suoi uomini e guardandoli sorridente «Anzi no, mi correggo. Volevo solo annunziarvi che la mia cara figliola si è ammazzata poco tempo fa!»
«Scusa, chi intendi?», chiese Graig, percosso da un brivido che salì freddo sulla sua schiena, come una carezza gelata.
«Idiota baffuto, si è suicidata Stinna!», urlò seguito da una risata ironica.
«Cosa?», chiese balbettando Graig. In quel momento non capì niente, ripensò solo a Stinna che gli lasciò la bambina.
«Si, quella si è ammazzata. E non posso far altro che dire: finalmente! Non la sopportavo più. Non faceva altro che dire Graig di qua, Graig di là, mia figlia di qua, mia figlia di là. Diamine, una tortura! Ma finalmente è nelle mani del creatore e non posso fare altro che esserne felice!», aggiunse Stork allargando le mani in segno di soddisfazione.
«Ora ho capito…Stinna ci ha lasciati solo perché tu l’hai costretta!»
«Esatto! Vedo che sai usare il cervello!»
«Tu! Maledetto, io ti ammazzo!» e detto questo Graig sfoderò la sua enorme spada, ma non ebbe nemmeno il tempo di muoverla che la sua armatura fu trafitta da un’enorme lancia. In quel momento scoppiò la guerra.
Gli uomini nemici arrivarono persino sopra la torre in cui era nascosta Marey. La ragazza perse suo marito per mano dei Rosgrait, una vendetta in più nel suo libro nero. Rimase sola con i suoi due figli: Roz, il maggiore di 15 anni e Tires, il minore di 13. Entrambi avevano i capelli castani e gli occhi dello stesso colore. Erano una perfetta copia del padre ormai defunto. Arrivate in cima alla torre, le guardie iniziarono a picchiare violentemente contro la porta, con intento di sfondarla.
«Roz, Tires, coraggio, venite qui!», urlò la povera ragazza. I due ragazzini andarono da lei. «Presto, uscite da qui e non fatevi vedere!».
Ad un tratto Marey iniziò a spingere lateralmente la libreria, rivelando un passaggio segreto.
«Presto! Correte! E ricordate, io vi voglio bene con tutta la mia vita!», così dicendo, li baciò.
«Madre, perché non puoi venire?», urlò Roz.
«Perché non posso, il passaggio può essere chiuso solo dall’esterno! Ora andate! Andate!» Urlò, sfrecciando un’ultima occhiata ai figli.
Pochi secondi dopo che il passaggio fu chiuso, i Rosgrait sfondarono la porta, prendendo Marey per i capelli e trascinandola giù per le scale, portandola nella sala principale, dove un enorme cespuglio di rovi aleggiava al centro.
«Marey, che bellezza! Figlia di Graig e di mia figlia. Adesso, tanto per non farti soffrire, te lo dirò delicatamente. Molto delicatamente. Tuo padre è morto per mano mia e tua madre mi ha risparmiato la fatica!», urlò ridendo Lord Rosgrait, subito seguito da un urlo di dispiacere della povera ragazza.
«Rosgrait, giuro che morirai! Morirai! Avrai pure sterminato i nostri uomini, ma non tutti! Tu morirai! Dovessi farlo con le mie stesse mani!». Marey sapeva quel che faceva, infatti, Roz e Tires sarebbero passati da sotto la sala e avrebbero sentito tutto. Loro due sarebbero stati coloro che li avrebbero vendicati. Dopo che Marey finì di urlare, Lord Rosgrait accese il rovo e la spogliarono totalmente. «Non guardate, cari miei!». La frustrarono tra le urla di gioia dei Rosgrait, la legarono ad un palo e la gettarono nel rovo. Lei non aprì bocca...non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di sentirla soffrire. La carne iniziò a bruciare lentamente e mentre moriva, pensava e ripensava. Sperava nella vita dei propri figli ed era più che sicura che ce l’avrebbero fatta. Morire davanti la sua gente, contenta di vederla sul rogo, non era la morte serena e tranquilla che aveva sempre desiderato.
Roz e Tires attesero fino all’alba che i nemici furono andati via. Uscirono da una botola e videro tutta la loro città bruciata, piena di corpi decapitati, nudi e trafitti. Fu una visione veramente oscena. Le strade brulicavano di cadaveri. Il sangue era sparso dappertutto, tirato fuori senza alcuna pietà.
«Roz, ora cosa facciamo?», chiese Tires.
«Non lo so Tires, non lo so!»
In fondo erano ancora solo bambini. La loro “passeggiata” fu interrotta dal pianto di un bambino. Strillava fortissimo, un gemito assordante. Entrarono subito nella casa dove lo trovarono nascosto in un baule. Aveva nove mesi circa.
«Non possiamo lasciarlo morire qui!», esclamò Tires.
«Non possiamo nemmeno portarlo con noi, Tires! Non siamo in grado di prendercene cura!», disse dispiaciuto Roz osservando il bambino che piangeva.
«Beh, ma come ho già detto, meglio non lasciarlo morire qui! Gli uomini dell’armata nemica torneranno sicuramente!», ribatté Tires al fratello.
«Bene», rispose Roz. «ma se le cose dovessero mettersi male, lo lasceremo a qualche famiglia!»
Si incamminarono verso il porto, dove presero una barca e andarono verso la vasta isola maggiore Workplag.
Dopo circa 2 ore di viaggio in barca, Roz e Tires sbarcarono sulla prima riva che trovarono.
«Dove siamo? E ora cosa facciamo?»
«Non lo so, Tires, non lo so.»
Si erano ritrovati davanti una fitta foresta. Ancora i fuochi dell’alba erano sull’accendersi, non mancava molto. La foresta era ugualmente inquietante, il buio che riposava all’interno di essa trasmetteva ai ragazzi una sensazione di paura. Tires aveva fatto addormentare finalmente il piccolo. Non fu molto difficile.
«Proviamo ad attraversare questa foresta e vediamo di trovare una fattoria o un paesino!», propose Roz con aria responsabile. «Prendi tu il bambino, io non posso in questo momento!» 
«Bah, d’accordo!», rispose Tires, prendendo goffamente il bambino in braccio. Non aveva molta esperienza, anzi, non ne aveva per niente. Il cammino fu molto lungo e, nonostante gli insetti e il freddo, riuscirono in poco meno di un’ora ad attraversare la foresta, ma la vista non fu molto piacevole. Trovarono una fattoria…all’interno non vi era nessuno, o almeno, nessuno di vivo. I cadaveri di 3 bambini sui due anni circa, accompagnati dai genitori morti, erano stesi nella stalla. Fu molto difficile per Roz seppellirli lontani, sia per il tanfo che per l’orrore di quell’atrocità. Gli uomini Rosgrait sicuramente saranno passati da quella fattoria. Avevano martoriato la famigliola sgozzandola e la donna, nuda, fu apparentemente violentata. Il maggiore prese i corpi e tramite una piccola piattaforma di legno legata a delle corde trovata nella stessa stalla, li trasportò davanti la foresta dove li seppellì, mentre Tires era rimasto col bambino. Da quel che si poteva capire, il bimbo era biondo, aveva degli occhi azzurri come il ghiaccio, non era nemmeno magro dato che Lord Graig non ha mai trascurato il popolo, anzi, mangiava più la sua gente che lui. Ormai, quella fattoria, era diventata la loro casa.
«Avrà un nome?», chiese Tires.
«Beh, contando che non so tutti i nomi della città, credo di sì. Lo potremo chiamare…Roster, come nostro nonno», rispose Roz indeciso.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


LA STORIA DELLE NOVE ISOLE: LA STRAGE DEI GRAIG

CAPITOLO 1

Passarono quattro anni. Ancora la “Strage dei Graig” restava un pensiero vivido nelle menti della gente. La fattoria era rimasta tale da quella di qualche anno prima, tranne per le coltivazioni in più. Roz e Tires avevano fatto un bel lavoro. Ormai erano loro i gestori della fattoria. Intanto un bambino teneva un bastone e con tale giocherellava a fare lo spadaccino. Quel bambino, con quegli occhi color ghiaccio e i capelli biondi, era Roster. Per essere un bambino di 4 anni, era fin troppo intelligente. Purtroppo, anche lui dava una mano ai fratelli ormai cresciuti abbastanza.
«Roster! Vieni dentro! Devo dirti una cosa!», urlò Roz.
«Si! Arrivo! Un attimo solo! Ho un sassolino nella scarpa!» Rispose divertito Roster.
Era un bambino molto vivace e spensierato; era l’unico a non conoscere a fondo la storia della sua vecchia patria. Roz e Tires non gli avevano mai accennato della morte dei genitori.
«Dai, ti sbrighi?», urlò di nuovo il “fratello” dalla finestra.
«Dai, arrivo! Solo un attimo! Mica sta morendo qualcuno!», obiettò il bambino con tono beffardo.
Corse subito verso casa, in modo da evitare un altro richiamo di Roz. «Eccomi!»
«Era ora! Hai tolto un sassolino o una montagna?», chiese Tires.
«Dipende», rispose Roster tentando di notare qualche novità,  non notando nulla.
«Da cosa?», chiese Roz, perplesso.
«Da qual è il tuo concetto di sassolino!», azzardò Roster, con disegnato sul volto un sorriso a trentadue denti.
In quattro anni i due fratelli sono cambiati molto. In Roz, ormai diciannovenne, crebbe un autorità tale da sembrare il capitano di un’armata; in Tires, di soli diciassette anni, l’allegria aumentò a dismisura, rendendolo certe volte veramente insopportabile.
«Roster, oggi vado a Fosckort a cavallo. Vuoi venire anche tu? Ora che ci penso, non ti ci ho mai portato. Ti farà bene abbandonare l’aria fetida di questa fattoria.», chiese Roz.
«Si, per farlo entrare nell’aria ancor più lurida di quella città!», aggiunse l’altro fratello, sorseggiando irrequieto un bicchiere d’acqua.
«Davvero? Si! Voglio venire!», rispose Roster con il volto pieno zeppo di gioia. In fondo, Roster non era mai uscito dalla fattoria, tranne che a Liderock, essendo il posto in cui hanno comprato i due cavalli.
«Scusami Roz, posso parlarti da solo?», chiese Tires con aria urtata, trascinando Roz per il braccio un’altra stanza. «Diamine, Roz. Cosa vuoi fare? Sai che siamo ancora ricercati da quei bastardi Rosgrait! Non possiamo fargli correre questo rischio! E in più a Fosckort? Scusa, Fosckort?! É la loro città! Ma che ti salta in mente?», chiese Tires assicurandosi che Roster non udisse una parola della discussione.
«Tires, cavolo, so cosa faccio! Per prima cosa, siamo noi ad essere ricercati, lui non lo è. E in più noi due siamo cambiati moltissimo in quattro anni; seconda cosa, Fosckort, anche se la capitale, non è più molto “visitata” dai Rosgrait! Terza cosa, lo ripeto, so cosa faccio! Se non sapessi cosa stessi facendo, la testa di Roster sarebbe infilzata ad una picca alle porte di Fosckort da anni!», disse Roz deciso ed evitando il contatto visivo diretto col fratello, che a sua volta lo osservava stranito dalla decisione presa.
«Ok, ma giuro che se gli dovesse succedere qualcosa, infilzata ad una picca ci sarà la tua di testa, Roz. Nonostante il legame di sangue!», esclamò minacciosamente Tires, facendo fuoriuscire dalla sua voce note di angoscia e di disaccordo.
«Sta tranquillo. Ti ho detto che non gli succederà niente. Ti sembro scemo?» «Abbastanza, Roz! », rispose il fratello accennando ad un sorriso.
«Ah si?», ribatté Roz ridendo a sua volta.
Passarono ore dalla discussione e ormai il sole aveva superato il centro della cupola azzurra soprastante.
«Dai, andiamo?», urlò euforicamente Roster.
«Dai, si, andiamo… Tires, tranquillo, so quello che faccio!», disse il fratello maggiore.
Dopo un lungo viaggio durato ben tre ore, si addentrarono in un mercato.
Roster, mentre il fratello parlava col venditore per l’acquisto del cavallo, ascoltò la conversazione di due anziani. Il primo sembrava un tizio simpatico, con una barba non molto folta che gli ricopriva la parte inferiore del volto; l’altro aveva più l’aria di un uomo serio, con un’espressione arricciata e con lo sguardo fisso a terra.
«Sai, dicono che dopo la Strage dei Graig, i Rosgrait nascondano qualcosa nella loro torre! Dicono che l’Uomo di Ghiaccio sia tornato! Quei fetenti che osano chiamarsi padroni non fanno altro che celare segreti al popolo. E sarà completo solo dopo il ritrovamento delle nove gemme!», borbottò il primo uomo.
«Bah, tu credi a queste fandonie? Sono solo storie! Banalissime storie scritte da un qualsiasi uomo ubriaco, ma non si può dire che anche il vino ingerito sia banalissimo, per parlare di queste menzogne.», aggiunse il secondo.
«Guarda, non ho mai dato retta a queste storie, ma in nome del Re Vita (Il Re Vita è la divinità a cui gli abitanti di Workplag credono), se mai fosse vero? Questa terra non è stata sicuramente creata dall’unione di due formiche. Tutto è possibile, vecchio mio. Tutto. E onestamente non sarebbe male avere qualcuno qui a dare a questi bastardi pan per i loro denti. Ci sfruttano come cani, maledizione. Come cani! Saremo i primi a pagare se mai la leggenda si avverasse! I primi!»
«Guarda, più che credere a queste diavolerie preferisco tornarmene ai miei lavori! Sai, quest’anno il grano sta inondando la mia terra…»
 La discussione sull’Uomo di Ghiaccio andò perdendosi, in quanto i due anziani cambiarono discorso come se nulla fosse. Roster restò colpito da quella conversazione. Ne avrebbe dovuto parlare con i suoi fratelli? E se l’avesse fatto, loro gli avrebbero riso in faccia data la sua ingenuità? Continuarono a camminare per il mercato e Roster tirò il fratello verso una bancarella. Sopra di essa vi era posto un tomo dall’aspetto antico, rilegato in pelle e apparentemente pesante. Non ebbe tutta l’attenzione del bambino, almeno fino a quando non notò il titolo:  “L’Uomo di Ghiaccio”. Dopo molte suppliche e prediche, Roster persuase il fratello a comprarlo.
Tornati a casa, Roster corse nella sua stanza con il libro, che lesse in una sola notte. Il libro narrava che il potere del ghiaccio nel prescelto si instaurasse dopo due anni circa. L’Uomo di Ghiaccio, cresciuto, già dalle prime fasi dell’adolescenza, dispone di una forza anormale, data l’età. Per potenziare il suo potere, colui che dispone di queste abilità, deve trovare nove gemme, sparse in giro per nove isole. Roster era davvero colpito da questa storia. L’ultimo Uomo di Ghiaccio fu Nartor, uomo di origini umili che si fece ingannare da un mago. Nartor, dopo aver capito che la sua forza era sovrannaturale, si avventurò alla ricerca dei nove anelli, sparsi rispettivamente nelle nove isole. Le isole, con grado di difficoltà crescente sono: Sibarot, Kordarot, Persarot, Nurdarot, Skartarot, Murprot, Snorkrot, Workrot ed infine l’isola di Troskort. Dopo aver trovato i primi 8 anelli, si ritrovò bloccato nell’isola di Troskort, in cui avrebbe dovuto trovare il nono. Armato di ascia, uccise o distrusse ogni singola minaccia che osava intralciare il suo cammino. Il potere lo aveva cambiato. Da uomo con cuore d’oro si trasformò in pietra. Non provava sentimenti, non provava nulla. Fu per questo che, acciecato dal potere, si fece beffare da un indovinello di un mago, guardiano del nono anello. Gli otto anelli furono restituiti alle loro rispettive “case”, in attesa del prossimo erede.
La mattina seguente Roz e Tires provarono a svegliarlo in tutti i modi possibili e immaginabili, ma non funzionò.
Lui continuava a sbavare tenendo stretto il suo libro in una presa fortissima, senza lasciarlo nemmeno un secondo. I fratelli erano spaventati dal sonno pesantissimo del bambino, temevano che gli fosse arrivata la Dodicesima Malattia di Workplag, malattia che può affliggere i giovani a partire dai tre ad arrivare ai nove anni. I sintomi della malattia erano: coma, che poteva durare persino per giorni e febbre  altissima. Le previsioni erano quasi esatte, Roster si era ammalato. Qualche giorno dopo si risvegliò, ma i suoi fratelli notarono qualcosa di molto strano. Gli occhi passarono dal colore  azzurro chiaro ad una tonalità ancora più chiara. Il bambino era paralizzato dai dolori causati dalla febbre.
«Ecco cos’hai concluso portandolo a Fosckort. Hai visto? Immaginavo che sarebbe accaduto qualcosa. Ma io te l’ho detto, anche se per scherzare: se accade qualcosa a Roster, ti uccido, nonostante il legame di sangue!», minacciò Tires al fratello, che era preoccupato fino all’osso in quanto la malattia che probabilmente affliggeva Roster poteva condurre persino alla morte.
«Tires, chiudi quella fogna per una volta e ascoltami. Facendo così arriveremo solo a farlo morire, nient’altro. L’unico modo per farlo guarire è il Fiore Bianco, ma sai che è introvabile qui! Si trova solo sulla montagna di Rasptur. Solo lì! Ed è lontana miglia da qui. Cosa potremo fare?», chiese Roz, in cerca di una soluzione.
«E se…Salissi io li su? Dai, con uno dei nostri cavalli e la mia destrezza nel cavalcarlo, torno a casa entro qualche oretta.», disse Tires, con la speranza scolpita nello sguardo.
Ai tempi di Gastor, città dei Graig, Tires vinceva tutte le gare a cavallo. Era davvero bravo.
«No, meglio non correre rischi!»
«Sarai mica tu a fermarmi?»
«Tranquilli, lasciate tutto come si trova!». Era Roster a parlare. A quanto pare era sul punto di guarire.
«Ma che diamine, Roster! Stai guarendo!», urlò Tires gioioso.
«Stavo male? Wow, allora non mi conviene stare sveglio la notte a leggere!», esclamò, ancora stordito febbre.
«Meglio dargli un po’ di Otrack!», disse Tires.
L’Otrack era una bevanda molto dolce, ma che allo stesso tempo fungeva da medicinale.
«Beh, prego. Prendila pure.», aggiunse Roz.
«Perché proprio io? Non puoi prenderlo tu?», chiese azzardatamente Tires al fratello.
«Perché puoi prenderlo solo tu!»
«Ah certo, perché ti bruci a toccare la caraffa, non è così?»
«Si! Mi faccio male!»
Roster sembrava divertito dalla solita lite dei suoi fratelli. «Ehi! Facciamo una cosa! Prendetemene due bicchieri! Uno ciascuno!», urlò sorridendo, tentando di trovar pace alla finta discussione.
«Subito!», urlarono in coro e corsero verso il mobile con la caraffa. «Prima io! No io! No prima io!». Ora però litigavano per la caraffa.
«Io sono più grande di te quindi devo prenderlo prima io!», esclamò Roz ridendo.
«Io sono più piccolo di te quindi devi trattarmi bene e devi lasciarlo prendere prima a me!», urlò Tires, sorridendo anch’egli. Il bambino stava sbellicandosi dalle risate a vedere i fratelli che litigavano un’ennesima volta. «Basta! Dai!», urlò divertito e gli portarono direttamente la caraffa lasciandolo a bocca aperta e confuso. «Ecco!», esclamarono in coro, porgendola a Roster.
«Ehm, grazie…Penso proprio di farne a meno per ora.», disse lui, posando la caraffa al suo lato.
I fratelli uscirono dalla stanza lasciando dormire Roster.
Tires, appena usciti dalla porta, prese Roz per il collo e lo batté contro la porta. «Gli hai dato qualcosa, vero? Non può essere guarito cosi, in meno di dieci minuti. Hai fatto qualcosa! Dimmi la verità! Cosa gli hai dato!», chiese, con voce inferocita.
«Ma sei impazzito? Cosa avrei dovuto dargli? Da quando in qua ho strani poteri?», rispose a sua volta Roz, con un sorriso ironico.
«Chissà, sembra di conoscerti ancora a malapena.»
«Beh, allora avanti, mandami dai Rosgrait, loro sicuramente mi conoscono molto bene!»
Dopo queste parole Tires lasciò andare la maglia di Roz, ma non poté far a meno di sferrargli un pugno dritto sulla mascella. Come se nulla fosse accaduto, si sedette a pensare sulla scomodissima sedia in legno della cucina.
«Cosa può essere successo?», chiese.
«Non lo so e non ne ho la minima idea!», rispose Roz.
La mattina seguente, la febbre di Roster si abbassò. Stava ancora male, ma perlomeno il peggio è passato.
«Roster, stai meglio?», chiese Roz mettendogli una mano sulla spalla.
«Si, beh, non molto. Cos’hai li sulla guancia?», chiese, indicando una chiazza bluastra sul suo volto.
«Non è nulla.»
«Mh, ok.»
«Yah! Forza! Forza! Vai più veloce! Dannato cavallo!». La calma fu rotta da delle urla in lontananza.
«Diamine! Sono gli uomini Rosgrait! Come avranno fatto a trovarci?», chiese sussurrando Roz, osservando fuori dalla finestra.
«Non lo so! Non chiederlo a me!», rispose Tires.
«Scusate ma chi sono i Ros-», tentò di dire il bambino, ma subito interrotto da Tires.
«Dobbiamo fuggire! Forza!».
«Ma mi spieg- », ritentò Roster, senza risultati.
«Non c’è tempo, Tires, veloce, prendi le spade!», esclamò Roz deciso.
Tires aprì una botola sotto il suo letto e sfoderò da un grosso baule due spade di ferro.
«Veloci, nascondiamoci. Tires, se le cose si mettono male, attacco prima io. Tu sta con Roster e se le cose si mettono male anche per me, fuggi o ammazzano pure lui!» Disse Roz, nascondendosi insieme agli altri sotto ad un tavolo a muro.
Calò un arcano silenzio, ma fu subito interrotto dal suono prodotto dai calci sferrati alla porta.
«Presto, sfonda questa dannata porta!», disse una guardia, sfondandola dopo mezzo secondo.
«Ma guarda quei figli di una Graig che bella casetta che hanno!», disse, iniziando a scaraventare tutto in aria. Roz, preso di coraggio, uscì dal tavolo e trafisse senza pietà il comandante delle guardie.
«Roster, devo aiutarlo. Sta qui!», disse seccamente Tires, tentando di non farsi udire.
«No!», esclamò Roster, con la paura dipinta in volto. Anch’egli presosi di coraggio, si scaraventò all’attacco.
Lentamente e faticosamente, Tires infilzò la trachea della guardia che a momenti uccideva il fratello, facendone fuoriuscire moltissimo sangue che si scaraventò sulla faccia di Roz.
Uccisero le guardie, tranne una. Con un solo pugno, fece cadere sia Tires, sia Roz e con un fendente scaraventò in aria il tavolo sotto cui era nascosto Roster. Dopo aver riso diabolicamente, lo pugnalò al braccio, in quanto sbagliò mira.
«No! Roster, no!», urlò Roz, raccogliendo la spada da terra e seguito da un urlo assordante, decapitò solo con un colpo la guardia. «Dio mio, dobbiamo andare immediatamente a Strockwold. Subito! Tires, vieni qui, prendimi una fascia!», urlò Roz, mentre tentava in tutti i modi di fermare la fuoriuscita di sangue. Tires corse a prendere le fasce e gliele porse. «Al mio tre, prendi la pezza bianca e premi sulla ferita. Tu, Roster, resisti, mordi questo!», urlò, un’enorme pezza in bocca. «Uno! Due! E Tre!». E Tires premette subito sulla ferita, facendolo urlare. «Resisti, Roster. Resisti! Ora Tires, appena tolgo la pezza, inizia a mettere immediatamente le fasce! Ok?», chiese deciso Roz.
«Ok Roz, ho capito!», rispose Tires.
«Ok, al mio tre la tolgo! Uno! Due! Tre!», disse Roz e appena tolse la pezza, Tires fasciò il braccio in meno di 5 secondi.
«E ora cosa facciamo? Dove andiamo! Sanno dove abitiamo! Ormai ci perseguiteranno!», disperò Tires con le lacrime agli occhi.
«Non lo so. Non so niente. Intanto andiamo a Strockwold. Subito! Poi li decideremo, su! Andiamo!», disse Roz prendendo Roster e mettendolo subito su Tires. Uscirono dalla casa e andarono nel fienile, dove alloggiavano i cavalli, spaventati dal frastuono.  
«Dai, sbrighiamoci! Prendi tu Roster!», esclamò Roz, mettendosi in men che non si dica sul cavallo.
«D’accordo! Verso Strockwold!», aggiunse  sua volta Tires, frustando con le redini il cavallo.
 

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