Tra un paio di cuffie ed un foglio bianco.

di Friedrike
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ludwig, e quella richiesta d'amicizia. ***
Capitolo 2: *** Amicizie nate in rete; durerà? ***
Capitolo 3: *** Dopo un bagno caldo, la bella novità. ***
Capitolo 4: *** La verità li rende uniti. ***
Capitolo 5: *** Pensarti troppo mi ucciderà. ***
Capitolo 6: *** Vivo per il tuo sorriso. ***
Capitolo 7: *** E finalmente, il giorno arrivò. ***
Capitolo 8: *** Nuovo membro. ***
Capitolo 9: *** Una strada verso la maturità. ***
Capitolo 10: *** Quella persona speciale. ***
Capitolo 11: *** Io amo lui, e lui ama me. ***
Capitolo 12: *** Finalmente, davanti i miei occhi, ***
Capitolo 13: *** Giorno I: La Bella Vienna. ***
Capitolo 14: *** Giorno II: Un po' di noi. ***
Capitolo 15: *** Giorno III: Desideri. ***
Capitolo 16: *** Giorno IV: Destino. ***
Capitolo 17: *** Giorno V: Incidenti di percorso. ***
Capitolo 18: *** Munich: breve tappa nel viaggio per Berlin. ***
Capitolo 19: *** Il sogno sta per tramontare. ***
Capitolo 20: *** Quanto dura il per sempre? ***



Capitolo 1
*** Ludwig, e quella richiesta d'amicizia. ***


Da quando si è trasferito a casa dello zio Roderich, niente è più lo stesso.
I suoi genitori sono morti ormai da qualche mese e lui è stato costretto a cambiare casa, città, nazione; adesso è la bella Vienna la sua dimora. Non più la capitale tedesca che gli manca -dio, se gli manca!  Inoltre, gli vorrebbe tanto suo fratello.
Ludwig ha appena sedici anni, mentre l'albino ne ha già ventisei e lavora. Il lavoro lo ha trattiene a Berlino, gli occupa la maggior parte del tempo, ma gli consente di viaggiare, così alle volte va a trovarlo. Però questo al ragazzo non basta, vuole suo fratello accanto a sé, vuole potergli chiedere consigli, vuole uscire con lui, vuole che lo difenda, che gli dia quel genere di consigli che danno i fratelli maggiori; vuole vivere con lui. Ma non può, proprio a causa della sua occupazione. Ecco perché adesso sta con il parente austriaco, è il più vicino che abbia e che sia disposto a prendersi cura di lui. Gli ha dato una stanza nella bella villa ereditata,  può sistemarla come vuole, a patto che non  spenda molto -sarebbe da preferire non spendesse affatto. 
No, però non è cattivo. Si occupa davvero di lui. Chissà se arriva a volergli bene.. 
Anche lui, ha una storia un po' complicata alle spalle. 
E' stato sposato un paio di volte, l'ultimo divorzio risale alla morte del suo unico figlio, di tre anni, ammalatosi di leucemia. Anche lui aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri, così come Ludwig. Lui glielo ricorda molto. Forse per questo lo ha preso con sé.. 
Neppure la scuola nuova gli piace molto. Alcuni suoi compagni lo prendono in giro per l'accento tedesco, assai diverso da quello viennese; altri per altri mille motivi. Non sono molto maturi, per avere tutti un'età compresa tra i quindici ai diciotto anni. C'è una ragazzo particolarmente antipatico che lo prende in giro perché più o meno conosce la sua storia. No, non sa quasi niente, ma crede di sapere tutto. Eppure Lud non è un ragazzo fastidioso, ansi; non si sente proprio! Sta in silenzio a seguire le lezioni, a volte prende appunti con la sua bella grafia ottocentesca, non fa mai una domanda, non parla a dire la verità. Ma se viene chiamato in causa è sempre presente. Segue, per carità. Non ha però rapporto con la classe. Suonata l'ultima campanella della giornata, si volta e va dritto verso casa. 
La mattina è sempre in anticipo, invece.
 
Quel giorno, è appena tornato a casa. 
Richiude la porta alle sue spalle, toglie le cuffie e spegne l'mp3, canticchiando ancora le parole di quella canzone tedesca, 'An Deiner Seite', di Unheilig. Abbandona lo zaino nella sua camera, osservandola svogliato, poi si stende un attimo sul letto dalle lenzuola bordeaux. Sospira e si mette di lato. Rimane un po' così, dopo prende il pc portatile, l'ultimo regalo dei suoi genitori, prima che morissero, e lo accende. 
Accede al suo profilo facebook. No, lui non è tipo da avere fb, ci sta davvero poco connesso; ha fatto il profilo solo per Gilbert e ha pochissimi amici. 
Spera di trovare il fratello in linea, ma niente. Però trova qualcosa di inaspettato. Ha una richiesta d'amicizia. "Dev'essere qualche mio compagno.." pensa tra sé, qualcuno l'aveva aggiunto. Soprattutto le ragazze, comunque, perché, beh.. lui è bello, non c'è che dire. E dolce ed educato ed intelligente. Solo, molto timido. Se qualcuno gli rivolge la parola, in ogni caso, lui risponde sempre cordiale a meno che non l'insultino. In quel caso lascia perdere il suo interlocutore e va via, con molta classe.
Feliciano Vargas. E chi è? Non è in classe con lui, non sembra nemmeno austriaco o tedesco! 
Oh, gli ha appena inviato un messaggio. Il biondo si affretta a leggere curioso, il testo in tedesco: "Hei, ciao! Sono Feliciano, vengo dal Nord Italia.  Ti ho aggiunto perché studio tedesco e mi piacerebbe perfezionare la lingua e migliorare un po'. Spero di non disturbarti! Ciao! ^_^" 
L'ultimo 'ciao' lo mette in italiano. 
"Che tipo strano.." riflette tra sé il ragazzino. Però accetta.
E non sa che questo cambierà la sua vita, in meglio.

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Note.
Innanzitutto, grazie di aver letto! 
Come seconda cosa, facciamo un paio di appunti: Roderich che perde un bambini, identico a Ludwig. HRE, ovvero Sacro Romano Impero. Ed i vari matrimoni.. beh, non credo ci sia bisogno di spiegare. La scelta della malattia di cui è morto il piccolo e l'età in cui è deceduto sono del tutto casuali. 
Non credo di dover aggiungere altro, per il momento..
Ancora grazie! (:

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Capitolo 2
*** Amicizie nate in rete; durerà? ***


Le cose non sono molto cambiate, al momento.
Tutto trascorre nella sua banalità. I soliti voti alti, i soliti pranzi da solo. A volte questa tranquillità lo stufa, eppure la preferisce di gran lunga a tutto il resto che potrebbe capitargli; gli va bene così. 
Anche oggi ha pranzato da solo, adesso si sta cucinando al cena perché lo zio è ancora a lavoro, stasera tornerà tardi. Menomale che sa cucinare.. anche se è più bravo a fare i dolci. Gli ricordano un po' la sua mamma.. 
Fischietta qualcosa con le cuffie nere sulle orecchie e lavatosi le mani inizia a darsi da fare. In un angolo del tavolo, dietro di sé, ha posto il computer.
A quel messaggio aveva risposto in tedesco nella seguente maniera: "Hallo, Feliciano. Ja, Kein Problem." Senza cuori né faccine né nient'altro.
Non si accorge che quel ragazzo gli ha scritto in chat, perché sta cantando una canzone dei Rammstein, che gli risuona ad alto volume nelle orecchie. E' bravo a cantare, lui, forse un po' meno del ragazzino italiano, ma è comunque molto bravo. Mentre taglia la verdura che farà da condimento, nota la finestra della chat diventare blu, così si pulisce le mani per bene -non vuole sporcare il computer!- e legge.
"Hi! :)" scrive Felì, addentando l'ennesima patatina, seduto scomposto al tavolo della scrivania, una gamba, la sinistra, come fosse incrociata con l'altra e quest'ultima portata al petto. Ha un pacco enorme blu davanti a sé e sgranocchia da circa mezz'ora, infatti sua madre lo minaccia di toglierle e nasconderle.
Addentando un pezzo di carota, il biondo risponde. "Hallo." Si chiede perché sia così freddo, ma non passa nemmeno per l'anticamera del suo cervello essere più estroverso.
"Wie geht's?
Feliciano ha davanti il libro di tedesco, giusto per controllare se scrive correttamente. Ed ogni volta che lo fa, sorride tra sé. Ma per il momento è abbastanza sicuro di ciò che digita, dopotutto lo ha solo salutato e gli ha chiesto come stia. Queste cose, sono facili ormai per lui.
L'altro ritarda nelle sue risposte. 
Da quando vive con l'austriaco, la sera cena molto presto,  alle sei e trenta precise. Quando viveva a Berlino con la sua famiglia, invece, le cose erano diverse. I suoi genitori rincasavano tardi da lavoro, ma la cena era l'unico momento per stare tutti insieme, così si aspettava di stare seduti a tavola tutte e quattro insieme, iniziando a mangiare anche dopo le nove. Quei momenti gli mancano, raccontarsi per le loro giornate, parlare insieme di programmi futuri e tutto il resto...
"Gut, danke, und du?" scrive velocemente con naturalezza. Nota la lentezza di risposta dell'altro ma la comprende; dopotutto non è madrelingua.  mette in forno qualcosa e lo accende. Ha detto di stare bene, poi gli ha fatto la stessa domanda. Non che gli importi molto di come sta: non lo conosce nemmeno. Non è uno che si preoccupa molto per gli altri, vive la sua vita e basta. 
"Sehr gut!" risponde allegro l'altro -e quando mai non sta bene? E' sempre così solare!
"Da dove vieni?" gli scrive dopo, nella medesima lingua. "Berlino, o Vienna?"
"Vivo a Vienna."
Sistema la cucina con molta calma, lavando i piatti, buttando via la carta e la plastica nella quale erano avvolte le cose che tra poco mangerà, controllando di tanto in tanto il forno.
"Vienna.. das ist sehr schoen! ♥
Bella la capitale austriaca? Sì, certamente, è bellissima. Lo sono i palazzi, l'arte, la musica, il cibo. Su quello non c'è da lamentarsi, infatti. 
L'italiano si vede sottratte le patatine da qualcuno, così si volta e protesta. Suo fratello le ha in mano e borbottando dice: -Tu le hai mangiate quasi tutte! Queste le voglio io.-
-Roma! Mamma, fallo smettere!- si lamenta quasi frignando.
-Sei un bambino.. ma che fai, studi?- chiede il maggiore sgranocchiando alcune di quelle cose gialle alla paprika ed accennando ai libri sulla scrivania vicino al pc. 
-No, no, sto facendo una cosa- e con qualche scusa, lo manda via. Probabilmente, se avesse capito cosa stava facendo, l'avrebbe preso in giro, quindi preferisce evitare.
"Ja.. Da dove vieni, tu, precisamente?
"Venezia ♥
Ludwig trattiene per sé un pensiero e aspetta un po' prima di rispondergli. 
"Dev'essere bella.. non ci sono mai stato" ammette.
"Ah, sì, è meravigliosa! Io la amo davvero tanto. Quanti anni hai?" chiede dopo un po' l'italiano ed intanto cerca con lo sguardo le immagini della propria città e nazione che ha appeso in camera, con un sorriso. Staccato l'alimentatore del pc portatile, lo prende e lo mette sul letto infilandosi dopo nel letto caldo ed accogliente. 
"Ne ho 16. Und du?" risponde il biondo. 
Parlano per tutta la sera. 
E' strano, perché è come se si fossero incontrati in un'altra vita. Come se si conoscessero da chissà quanto tempo. Parlano di qualsiasi cosa, si raccontano un po' di sé. 
Età, segno zodiacale, data di nascita, parlano dei rispettivi fratelli maggiori, delle proprie città, differenze tra Germania ed Italia. Parlano di musica e di film, poi anche un po' di letteratura. 
E conversano ancora e ancora e ancora...
Il tempo passa e neppure se ne accorgono. Durante la conversazione, Feliciano ride spesso, mentre il biondo sorride solo qualche volta. Ma è già un bel risultato!
Quest'ultimo guarda l'orologio mormorando poi: -Accidenti, è tardissimo...-
Si guarda intorno: è ancora in cucina, ancora tutto in disordine. Si alza e sparecchia stanco, ma facendo ugualmente tutto per bene. Si trascina anche lui a letto e si spoglia rimanendo con i boxer ed una canottiera. 
Legge ciò che il moro scrive e gli rispondere così: "E' tardi, è il caso che io vada a dormire...
"Eh?" costruzione un po' difficilotta per lui che è alle prime armi, si può dire, con il tedesco. 
"E' tardi" ripete "vado a dormire."
"Ah! Scusami! Beh, allora buonanotte.. e grazie :)" scrive ancora.
Il ragazzino che vive a Vienna, spegne il computer dopo aver accennato un ultimo sorriso ed aver scritto: "Di niente..:)" con quella faccina sorridente, la prima della serata. Mette sulla scrivania il pc portatile ed appoggia il viso al cuscino. 
Perché è così felice?
Forse perché qualcuno si è interessato a lui. Qualcuno che non sia lo zio o l'albino gli ha chiesto come sta, come vive, se va bene o male. Qualcuno che non fosse obbligato a farlo da qualche convenzione sociale. 
E' felice, sì.
Ed il quasi sedicenne italiano lo è anche, perché adesso ha un nuovo amico
Ed appoggiando anche lui la testa sul cuscino inizia uno dei suoi tanti filmini mentali. E' tenero quel ragazzo biondo.. e anche carino. Pensando ciò, arrossisce nel buio della stanza ed appoggia il cuscino sul proprio viso, imbarazzato da quel pensiero.

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Capitolo 3
*** Dopo un bagno caldo, la bella novità. ***


Felì tiene stretto il proprio blocco da disegno mentre sale le scale per arrivare al laboratorio, su al secondo piano. Prende posto accanto la solita compagna, sorridendole dolcemente. Dato che il professore ritarda, inizia a scarabocchiare qualcosa su un foglio bianco. Disegna un ragazzino seduto con le gambe al petto in un angolo di una camera, vicino al letto, che guarda fuori dalla finestra. Riesce a fare lo schizzo, davvero bellissimo, ma non a completarlo.
-Vargas, togliamo le cose inutili dal banco?- lo ammonisce l'insegnante appena sedutosi alla cattedra.
-Sì, mi scusi- mormora il ragazzino, richiude l'album da disegno e lo mette sotto il banco.
La sua compagna di banco gli sussurra qualcosa, lui non capisce, così le chiede di ripetere, voltandosi appena verso di lei, che ribadisce: -E' venuto con venti minuti di ritardo, e si lamenta pure!- 
Feliciano trattiene una risata. 
Oggi non riesce a stare troppo attento, ma il laboratorio di pittura è la parte della settimana che preferisce. Si sporca tutte le mani di blu. Qualcuno stampa cinque dita sulla faccia, che si macchia di verde, così lui scoppia a ridere; istintivamente poggia la propria mano destra sulle labbra per zittirsi, ma si macchia ancora di più.
-Ragazzi, che state combinando?- domanda il prof, non troppo arrabbiato. Dopo va avanti tra i banchi aiutando qualcun altro. Lui, intanto, finisce il suo disegno. Strappa via il foglio dal blocco di disegno e decide che, finito il compito assegnato, può continuare quello di prima. Lo colora con molta attenzione, sfumando il cielo col bianco, in modo che si intravedino delle sottili nuvole. Colora la stanza con toni scuri, dato che è buia, con molta attenzione. 
Lo ha quasi finito, ma quando sta per sporcare il pennello del'ultima tonalità di colore, si vede togliere il dipinto da sotto il naso. Si volta stupito e vedendo in mano all'adulto il suo cuore inizia a battere forte. Che voglia sequestrarglielo?
-P-professore, il lavoro l'ho finito.. quello di prima.. ehm, eccolo!- glielo mostra, anche quello è fatto meravigliosamente.
-Chi è questo ragazzino?- domanda lui, restituendogli il foglio ed osservandolo.
-Ne...nessuno...- mormora in imbarazzo,  perché ha tutti gli occhi puntati addosso.
-E' molto bello, bravo. Ti metto un più sul registro- si allontana segna un nove per il compito ed un più per quel disegno. 
Lo studente con un piccolo sorriso, ancora a disagio e le guance rossastre, finisce il disegno, un po' più tranquillo.


Nel frattempo, in un altro stato, in un'altra città, altri ragazzini si trovano a scuola.
Ludwig, fra questi, come ogni mattina ha le cuffiette nelle orecchie e fa quei passi a piedi che adora fare. Mentre cammina verso la sua scuola, pensa alla conversazione fatta la sera prima con l'italiano. 'Ti voglio così bene, Ludwig...' gli ha detto. Ricordandolo, le sue guance si fanno un poco più rosse, segno evidente, data la sua colorazione così chiara.
Scuote la testa rimuovendo quel pensiero. Si sente affiancato da qualcuno.
Aveva da un po' la sensazione che qualcuno lo stesse seguendo, ma si è detto calmo ed ha continuato la sua strada.
-Tedesco!- lo salutano. 
Lui saluta con un cenno. Quel ragazzo non gli piace. 
-Che stai ascoltando, mh?- 
'Controllati' si ripete mentalmente. Manco fosse un ragazzo violento, lui!
-Thirty Second To Mars- risponde in tono pacato, togliendosi le cuffie grandi dalle orecchie. 
Quello, con occhi e capelli scuri come i suoi amici lì dietro, si mette le mani in tasca.
-Mh.  Hei, finocchio, mi fai copiare i compiti di matematica, vero?-
-Da quando t'interessa la mia identità sessuale, scusa?-  mormora il biondo corrugando la fronte. Quanto si meriterebbe uno schiaffo, quel tipo. Si dice che in questi casi, è meglio rimanere tranquilli.
-Allora lo ammetti!-  incalza l'altro sghignazzando.
-Nein, non lo sto ammettendo. Ho solo chiesto cosa t'importasse.-
-No, lo hai ammesso! Gay!- 
-Questi discorsi stupidi non mi interessano- e detto ciò scompare tra gli altri ragazzi, giungendo sano e salvo in classe, con un sospiro. Che brutto inizio di giornata...

 
Menomale che la situazione migliora decisamente nel pomeriggio.
Quando torna a casa, mangia qualcosa al volo e fa subito i compiti. Ci mette un po' a finire, perché il giorno dopo ha compito di fisica e deve impegnarsi davvero tanto per ottenere un risultato soddisfacente che, per lui, è il massimo dei voti.
Appena ha finito decide di rilassarsi facendosi un bagno caldo, lo zio non è ancora arrivato e vuole aspettarlo per cenare. Va in bagno, riempe la vasca ed inizia a spogliarsi. Rimasto in boxer, si siede sul bordo della vasca che è ancora praticamente vacante, aspettando che l'acqua raggiunga temperatura e livello adatto. Prende il cellulare e con quello va su facebook per vedere se ci sono novità. Felì è in linea così spontaneamente sulle sue labbra si dipinge un sorriso. 
"Hei..." gli scrive. 
Subito ottiene risposta. "Ciaaaaaaaaaao! <3
Dà ancora un'occhiata alla vasca e quando riporta l'attenzione sullo schermo del telefono nota qualcos'altro. Felì ha aggiunto: "Che fai? u.u
Di certo non può dirgli che è mezzo nudo e tra poco lo sarà completamente. Sarebbe.. imbarazzante. Con la punta delle dita tocca la superficie dell'acqua e socchiude un attimo gli occhi. Si passa quella stessa mano tra i capelli biondi e decide di rispondere in questo modo: "Sto per fare il bagno.. e tu?" dopotutto, perché mentire? Loro si dicono tutti. Ecco, questo amano l'uno dell'altro, il fatto che possano parlare di qualsiasi cosa senza essere giudicati.
Leggendo queste parole, il volto dell'italiano si dipinge di rosso in seguito a pensieri poco puri; ci mette un po' a rispondere. "Nulla.. che hai fatto oggi? Ah, vuoi che ci sentiamo dopo? :)
Il tedesco avvicina il tavolino alla vasca e lì lascia telefono ed un piccolo asciugamano. Si sfila i boxer neri, noncurante del proprio riflesso nello specchio, e s'immerge nell'acqua calda. 
Ah... che bello. Si bagna il viso, quasi si dimentica di rispondere.
Il moro guarda prima l'orologio del pc, poi la chat, poi ancora l'ora, chiedendosi perché non risponda. Decide, comunque, di non disturbare.
Solo dopo un dieci minuti l'altro risponde al suo messaggio. "Nein.. nulla di particolare. Tu?"
"Ho dipinto! A fine ora ero tutto ricoperto di vernice xD Se guardi la mio foto profilo, l'ho cambiata uu"
Così il tedesco vola a vedere la sua nuova immagine. Sorride ancora, divertito, quasi ride. 
C'è Fé in primo piano, con il viso girato rispetto a chi fa la foto, sulla guancia una mano verde, la bocca imbrattata di blu ed il naso giallo, il ragazzo ha un'espressione tra l'imbronciato ed il sorridente.
Ludwig non può fare a meno di mettere 'mi piace' alla foto e commentare: "So schoen.. :3" anche se in un primo momento ha l'impulso di cancellare il commento. 
Sentendosi dire quel complimento (il biondo ha scritto 'bellissimo'), l'italiano arrossisce violentemente, per la seconda volta. 
Lud mette via il cellulare e va sotto la superficie dell'acqua rimanendovi qualche secondo. Poi continua a parlare con l'amico che commenta la foto. "Non è vero! >///< <3" gli scrive, sempre in tedesco. L'altro gli scrive in chat, così parlano per un altro po'. Quando sta per uscire dalla vasca, il sedicenne si guarda brevemente allo specchio appeso alla parete di fronte, che riflette la sua figura fino poco sotto l'ombelico, per poi asciugarsi i capelli con l'asciugamano. Una volta asciutto del tutto, si infila i boxer grigi puliti e svuota la vasca, la pelle chiara arrossata per viadall'alta temperatura dell'acqua.
"Hei, Luddi, vai su Skype? Devo parlarti! <3 Ho una bella notizia, anzi, meravigliosa! E voglio guardarti mentre te lo dico. u.u
Il ragazzo sta per rispondere affermativamente, ma suo zio torna a casa in quel momento e si mette subito a cucinare.
"E' una cosa veloce? Devo andare a cenare."
"Sì, ma voglio dirtela con tutta la calma di questo mondo! Cena, io ti aspetto qui <3"
Così Ludwig mette il computer portatile sotto carica ed aiuta lo zio. 
-Com'è andata a scuola?- domanda lui, sistemandosi poi gli occhiali sul naso, gli occhi fissi sulle carote che sta tagliando.
-Bene- risponde in tono pacato apparecchiando. 
-Hai fatto i tuoi compiti?- 
-Sì, zio- dice pensieroso. 
Infatti, prende i piatti dalla credenza e rimane a fissarli per un attimo.
-Qualcosa ti preoccupa, per caso?- domanda gentilmente. Mettendo nel forno le carote con l'arrosto, voltandosi in fine verso di lui. Lo vede scuotere la testa, così sospira lievemente.
Dubita, comunque, che gli avrebbe detto qualcosa. 
Il nipote non parla mai di sé, non dice se ha qualche problema, non dice se sta male, fisicamente o emotivamente. Una volta voleva persino andare a scuola con la febbre alta! E' un incosciente, ecco cos'è. Ma forse... è per via dell'età.
Mangiano silenziosamente, il più piccolo con fretta. E quando terminano, lava alla svelta i piatti per poi filare in fretta in camera propria.
-Allora?- domanda curioso una volta che può guardarlo. Accenna un sorriso. 
-E allora..- Felì scrocchia le dita, stiracchiandosi un po', nella sedia girevole davanti la scrivania.
-E quindi?!- 
-Ma come siamo curiosi, Herr Beilschmidt!- ridacchia e si rimette composto, incrociando le gambe sulla suddetta sedia. -Vengo a Vienna.-
Il tedesco si affoga facendo molta fatica per non sputare l'acqua appena bevuta. -Was?!-
-Sì, vengo a Vienna! Non sei felice? Mi aspettavo una reazione un po' diversa...-
-Certo che sono felice! E quando vieni? Per quanto?- chiede felicissimo.
Felì non l'ha mai visto così entusiasta.
Romano, purtroppo, entra nella stanza del fratello minore spalancando la porta. 
-Felicià, la smetti di parlare sempre con quel crucco?! Dobbiamo uscire, vatti a preparare!-
-Ma sono le sette!- si lamenta debolmente lui.
-Lo ha detto mamma, prenditela con lei!- borbotta richiudendo la porta, con modi bruschi.
L'italiano sospira e guarda il biondo attraverso lo schermo. -Devo andare... ci sentiamo domani?-
-Sì.. allora.. a domani- accenna appena un sorriso, l'altro, rattristato.
-Ti voglio bene, tes-- ehm, Luddi...- arrossisce appena, menomale che non si vede attraverso lo schermo!
-Ich auch! 'Nacht!- 
Spengono entrambi il computer, tristi, tornando alle loro vite normali...
Ed entrambi, nel proprio letto, iniziano a farsi un sacco di filmini mentali, sorridendo teneramente, prima di prendere sonno.
 
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Note.
Eh, l'ho scritto quand'ero un poco distratta, ho ricontrollato ed aggiustato un bel po' di cosette, ma forse ci sono ancora errori. Domani li correggerò per bene! Volevo mandarvelo e ora, alle 23:08 del 31 Dicembre 2012, voglio augurarvi un buon anno! Grazie di seguirmi! <3 

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Capitolo 4
*** La verità li rende uniti. ***


Non si sono mai aperti totalmente, forse.
C'è sempre quella cosa che non si vuol dire nemmeno al tuo migliore amico, quella parte di sé che si tiene segreta.
Eppure quel giorno vogliono dirsi tutto completamente, concede all'altro la propria nudità, non fisica, ma interiore.
E' sera, saranno le diciotto circa. Felì ha appena acceso il pc e non ha ancora finito di piangere. In mano ha un fazzolettino tutto stropicciato, la porta è ben chiusa ed il letto è disfatto. Pochi minuti prima, infatti, si è rifugiato lì cercando di chiudere gli occhi e riposarse un po' la mente, ma non c'è riuscito. Ha bisogno di parlare e l'unica persona che può ascoltarlo, è il tedesco. Quest'ultimo ha appena finito i compiti, orgoglioso di sé perché ha ottenuto il massimo nel compito di matematica e in quello di geografia. 
Il moro, però, osserva la chat del social network e aspetta un po' prima di scrivergli. Quando si convince, digita "Hallo..."senza aggiungere faccine o altro, cosa che invece fa di solito.
E naturalmente l'altro capisce al volo e domanda immediatamente: "che succede?" preoccupato. Conosce il suo carattere allegro ed entusiasta, se mette i puntini e nient'altro, vuol dire che sta male.
"Ludwig... io... ti devo dire una cosa. Però non so se voglio farlo..." gli confessa con un sospiro.
'Perché quest'esitazione? Che voglia dirmi qualcosa di brutto? Non vuole più che parliamo, forse?' riflette tra sé  il biondo, che gli chiede di essere più preciso, aggiungendo anche: "sai che puoi dirmi tutto, io ti ascolterò sempre."
Non aveva mai pensato di dire una cosa del genere a qualcuno e forse la distanza e lo schermo aiutano. Ma proprio questi due elementi maledice spesso. Vorrebbe averlo un po' più vicino, abbracciarlo quando è triste e quando si sente lui stesso depresso. Eppure, dovranno pazientare ancora per qualche tempo.
Sì, l'altro ha proprio detto che gli avrebbe fatto visita e non ha rimangiato la parola, ma è anche vero che non ne ha più parlato e nemmeno accennato... forse la cosa che deve confessargli c'entra con questa storia? No, non è così. E' qualcosa di più intimo e personale, che Felì non ha mai detto a nessuno.
"Mio padre... lui è morto quando avevo sette anni in un incidente d'auto..." scrive, per introdurre la vicenda. Senza dargli il tempo di rispondere, scrive il resto, sfogandosi. E d'altra parte, il biondo non risponde, aspetta prima che finisca l'altro ragazzo, anche se quella notizia gli fa piuttosto male, sa cosa significhi perdere un genitore. 
"Mia mamma lavora tutto il giorno per mantenere me e mio fratello... ha avuto delle storie, in questi anni, e non sono mai finite bene. Però questi uomini non erano mai cattivi, non quanti gli ultimi. Quello con cui sta adesso... beh, lui lo è..." scrive. Prima di inviare però si asciuga le lacrime con il fazzoletto che ha nella mano sinistra, poi lo abbandona vicino la tastiera del computer. "Beve spesso, e diventa violento quando esagera..."
Non è più esplicito di così. Spera che lui capisca al volo.
E difatti così è, effettivamente. 
Il sedicenne tedesco, porta una mano sulla bocca stupito, incredulo, senza parole. 'Lo ha picchiato?!' pensa d'istinto. Subito gli risponde in questo modo: "Non devi permettere che ti alzi le mani! Devi fare qualcosa! Non voglio che ti faccia del male, quel bastardo!"
Non è mai stato bravo con le parole. 
Probabilmente la reazione di spontanea rabbia che ha avuto basta e avanza, ma vorrebbe dirgli di più, vorrebbe dirgli di non preoccuparsi e che andrà tutto bene, che ci penserà lui. Come può fare, tuttavia? Vivono così lontani! Austria ed Italia, Vienna e Venezia! Si passa entrambe le mani sul viso, poi sui capelli biondi.
"Luddi, ma come faccio?" ribatte l'altro, ma cancella ancor prima di inviare, riscrivendo. "Luddi, non devi preoccuparti...! Non lo fa spesso e poi Romano mi difende sempre..."
E' vero, il suo fratellone le prende spesso al posto suo. Per quando scorbutico ed antipatico possa risultare ad un occhio estraneo, il minore dei due Vargas, sa quanto sia dolce e di conforto il maggiore. E ne è davvero felice, perché si sente protetto da lui, in qualche modo.
"Non m'importa... Devi fare qualcosa. Devi chiamare la polizia! Tua madre lo sa?"
domanda infine. Soprattutto chiede a sé stesso perché la donna non protegga i figli. Che sia solo stanca di lottare? Non è una giustificazione. Non per Ludwig, almeno. Lui la ricorda bene, la propria mamma. Era dolcissima, protettiva, soldare, insieme facevano molte cose; non avrebbe mai permesso che qualcuno toccasse lui e Gilbert. Mai!
"Sì... torna a casa tardi e non assiste mai alle scene... ma è ovvio che sia lui a farci questi lividi, insomma..." un altro sospiro, per poi lasciarsi sdappare:  "Vorrei tutto questo finisse... vorrei tornasse mio papà...:'("
"Vedrai che andrà tutto bene! So che intendi..." aggiunge l'altro.
"...Davvero?"
"Sì... anch'io non ti ho mai detto una cosa. Sai che vivo con mio zio, no? E' perché i miei genitori sono morti, due anni fa... o poco più. Vivevamo a Berlino, con mio fratello, ma adesso lui lavora e vaga un po' per tutto il mondo, così io sono rimasto con lo zio austriaco..." spiega Ludwig. Aveva sempre sviato l'argomento, dicendo che al momento viveva a Vienna e basta.
Con Roderich non si sta troppo male. Certo, vorrebbe stare un po' di più col fratello.
A proposito del fratello! Gli ha appena scritto in chat anche lui. "Bruuuuuuuuder!"
Lui adora l'albino, ma questo non è certo il momento di parlare con lui... anche perché inizia a sentire un certo vuoto dentro di sé, cosa che accade quando parla dei suoi genitori ormai defunti. 
"Gilbert.. wie geht's? Tutto bene?" si asciuga col pollice una lacrima ancora  vicina l'occhio sinistro e aspetta la risposta dell'italiano.
"Però tuo zio ti vuole bene, ne sono sicuro! Grazie per avermi ascoltato.. <3"
"Non devi ringraziarmi!" digita istintivamente il biondino arrossendo appena sulle gote. "E voglio tu faccia davvero qualcosa... perché non chiami la polizia?"
"Perché ho paura si prendano anche la mamma... ci è rimasta solo lei. Se poi, una volta in una casa famiglia, dividono me e mio fratello? Io non lo lascio solo!" o meglio, non vuole essere lasciato solo. 
Già, anche l'altro la pensa così. I due tedeschi, parlano un po' del più e del meno, ed il maggiore riesce a fare sorridere l'altro. 
L'altro che, comunque, continua a parlare con il moro, poco a poco la conversazione si sposta in altri ambiti e si tranquillizzano almeno un po' entrambi, per il momento.
Quando si congedano, chi per andare a cenare, chi per andare a finire i compiti interrotti quel primo pomeriggio, si dicono un chiaro 'ti voglio bene <3' con tanto di aggiunta del cuoricino rosa che vi è sulla chat di facebook. 
Se fosse dipeso per Feliciano, se ne starebbe tranquillo tra le braccia del biondo, protetto da queste e coccolato dalle sue carezze, finché il sonno non sarebbe arrivato a prenderlo. 
Ma questo è ancora un sogno.

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Note.

Salve! 
Ho messo il testo della chat a colori, così si afferra subito chi sta parlando. E poi è anche più colorato! Non è carino? 
Spero vi sia piaciuto il capitolo. Nella trama ho messo che Felì aveva una vita difficile così come Lud, ma mi ero dimenticata questo dettagli e quasi la scampava(?). Scusate, la smetto di dire sciocchezze, 'kay. 
Alla prossima! :)

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Capitolo 5
*** Pensarti troppo mi ucciderà. ***


La cosa che avrebbe più voluto al mondo Feliciano, sono le braccia del tedesco. Se le immagina già: devono essere caldi e forti e devono dare un gran senso di protezione. Sarebbe bello, magari, appoggiare il viso contro il suo petto e chiudere gli occhi, addormentandosi abbracciato a lui. 
Mentre pensa ciò, chiudere gli occhi è proprio la prima cosa che fa. Con un sorriso idiota sul volto, abbraccia il cuscino, immaginandosi la scena. Suppone di essere nel letto del ragazzo, di stare abbracciato a lui ed immagina anche che il biondo lo stia accarezzando dolcemente sui capelli. In quel piccolo angolo di paradiso, è Felì a fare il primo passo. Si mette seduto a cavalcioni su di lui, le mani sul suo petto, poi i gomiti sulle sue spalle. Gli accarezza dolce la guancia, lo bacia con altrettanta tenerezza.
L'italiano -quello vero, non quello del sogno- si mette seduto di scatto sul letto tutto rosso in viso.
'Che accidenti vado pensando? A-A me nemmeno piace! S-sì... dev'essere così, già' pensa tra sé.
Non gli è mai piaciuto nessuno, figuriamoci un ragazzino. Il suo stesso sesso, poi! Insomma, non aveva mai riflettuto sull'eventualità di essere...  lui non è.... 
Lui non è gay.
Ma ripensandoci, vuole proprio rivedere le poche -pochissime- foto che Lud ha caricato sul suo profilo. Principalmente, sono fatte con suo fratello, quello albino, l'unico che ha. 
Il ragazzino prende il cellulare tra le mani e con questo si collega all'applicazione mobile che permette di utilizzare facebook da un telefonino. La prima cosa che fa è andare sul profilo del sedicenne e guardare le sue cinque foto. Si annoia perché non può commentarle né mettere un bel 'mi piace'. Perché? In alcune perché lo ha già fatto. In altre perché non vuole sembrare che sia il suo pensiero fisso vedere ciò che fa. E dunque rinuncia con un broncio. Prende una foto, non quella dove è venuto meglio il ragazzo, ma quella che gli piace di più. I capelli biondi sono lasciati un po' più morbidi, gli occhi azzurri guardando altrove rispetto l'obiettivo della macchina fotografica di Gilbert che lo ha fotografato a tradimento, e le labbra sono incurvate un po' a formare un mezzo sorriso. Felì fa una cosa che a lui stesso pare molto sciocca: accarezza lo schermo dopo aver ingrandito l'immagine e vi lascia un piccolo bacio. 
'Già... a me piace tanto. Che posso farci? Non c'è nulla di male...' riflette tra sé e si ripete, quasi voglia autoconvincersi.
Trova un link con una frase che gli piace tanto e che in questo momento lo rappresenta più di qualsiasi altra: 'E poi ti accorgi di volergli un bene dell'anima, che l'amicizia è diventata qualcosa in più ed il suo profilo lo hai dichiarato tua proprietà senza volerlo.'
Condivisa questa frase così che chiunque vada nel profilo dell'italiano la possa vedere, Fé aggiunge come didascalia della suddetta un cuore. Scrive esattamente così: ' ... <3 '
Poi, mette da parte il cellulare. Lo appoggia sul proprio petto, e chiude gli occhi.
 
Nel frattempo in Austria, a Vienna, Ludwig sta tormentando l'unghia del pollice in modo ossessivo, fissando la pagina bianca del quaderno. Non riesce a fare i compiti che gli ha assegnato la professoressa di matematica. Ed è davvero molto strano, perché sono cose che fino a pochi mesi fa faceva in meno di un minuto. Ama la matematica, è bravissimo, difatti. 
Eppure adesso si trova a fissare il testo dell'equazione senza riuscire a capirci nulla, la mente persa in chissà quali pensieri.
Roderich, suo zio, entra in quel momento in cucina, avendo smesso proprio pochi minuti prima di suonare Mozart.
-Cosa stai facendo?- gli domanda osservandolo.
-Nulla... matematica- risponde l'adolescente con un sospiro. Prova dunque a ritrovare la concentrazione persa, ma nulla. Niente da fare. La sua mente vaga troppo al di là del confine scolastico.
-Quella pagina è ancora candida- gli fa notare l'adulto. Si avvicina a lui e lo osserva, con una mano appoggiata alla sedia, vicino al tavolo. -Vorresti aiuto?-
-Nein...- mormora il biondo.
-Sei distratto. C'è qualcosa che ti turba?- si siede vicino a lui e l'osserva.
Ludwig scuote la testa, tuttavia non incontrando il suo sguardo.
-Nein, zio...-
-E' una bugia, non è vero, Ludwig? Non sei capace di mentire. Ora, parlami. Qual è il problema? Qualcuno t'infastidisce?- 
-Sì ma non è questo il pu...- ... accidenti.
Non avrebbe voluto dirglielo. Distoglie subito lo sguardo.
Il fatto è che... pochi giorni fa, quei ragazzacci che gli hanno dato fastidio, lo hanno picchiato. Erano in cinque compreso il loro 'leader' e lui non ha potuto fare altro che prenderle, sebbene in un primo momento abbia cercato di difendersi e ci sia quasi riuscito. Per fortuna, ha solo qualche livido, per il momento non ci sono andati pesanti.
-Cosa?- esclama allarmato lo zio. -Ma è gravissimo! E chi è stato...?-
-Non è importante, zio- si affretta a dire l'altro, accarezzandosi distratto i capelli con la mano sinistra, nascondendo con essa ed il polso il viso dal suo sguardo. Non riuscirebbe a sostenerlo. -Adesso, vorrei finire i miei compiti. Domani ho interrogazione.-
-Chi è stato, figliolo? Sei ferito? A me puoi dirlo- tenta di rassicurarlo.
Perché quel ragazzino dev'essere così complicato? Stringe le labbra; si è molto affezionato a lui, non può sopportare che gli facciano del male. 
-Nessuno. E' tutto risolto, adesso- continua ostinato. 
L'austriaco non riesce a fare a meno di alzarsi ed annuire, seppure controvoglia lo lascia andare. Si allontana, dunque. 
Lud chiude gli occhi portando la testa all'indietro e lasciandosi scappare un paio di pesanti sospiri. Ha così bisogno di suo fratello... ma dov'è? Come se avesse risposto ad un invito, eccolo alla porta.
Ma non sapendo che sia lui, il ragazzino va ad aprire sorpreso. Spalanca gli occhi nel ritrovarselo davanti. Si lascia stringere affondando il viso nel suo petto. 
-Hei, so che sei contento di vedere il Magnifico me, ma vacci piano che mi sciupo!- ridacchia il maggiore, dandogli un bacio tra i capelli.
-Idiota...-
Roderich irrompe ancora nella stanza. -Chi... Gilbert? Ti avevo pregato di avvertire, l'ultima volta che sei venuto.-
-E' stata una decisione presa all'ultimo momento. Ma tu sei contento di vedermi, no?- domanda infine al fratellino.
-Certamente!-
Chissà come mai, ma soltanto lui riesce a strappargli un sorriso ed una risata. Lui, ed ora anche Feliciano.
Ignorando entrambi le lamentele del più grande che considera l'albino una testa calda e vuota, si mettono in camera del biondo, portandosi dietro i compiti. Gil promette che li risolverà in un minuto perché facili, ma appena legge il testo comprende di non capirci niente. Si arrende, buttandosi sul letto del minore, ridacchiando ancora. L'altro si stende vicino a lui. 
Rimangono per poco in silenzio, poi il ragazzino dagli occhi chiari e belli, mormora: -Gilbert...-
-Ja?-
-Secondo te... è una cosa brutta essere gay?-
Diciamo che lo ha lasciato spiazzato ed il maggiore non sa in un primo momento che dire. Dopo aver realizzato la questione e tutto quello che si cela sotto, scuote la testa, le mani dietro la nuca. -No, Bru'. Non c'è nulla di male. Perché me lo chiedi?- 
-Così...- 
-C'è qualcuno che ti piace? A me puoi dirlo!- gli sorride dolcemente togliendogli dei ciuffetti ribelli dagli occhi, ciuffi che minacciano la perfezione del fratellino, che subito arrossisce e si affretta a scuotere la testa. 
-N-nein!-
-Ohhh! E come si chiama? E' della nuova scuola?-
-D-diciamo che è un po' più lontano...- mugugna tutto rosso, non osando guardarlo. Gli da infatti le spalle.
E si ritrova a raccontargli tutta la storia, poco dopo... e a chiedergli consigli. 

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Capitolo 6
*** Vivo per il tuo sorriso. ***


Non hanno mai conosciuto a fondo quel sentimento chiamato 'amore'. E' per questo che quando gli si è presentato davanti sono rimasti spiazzati entrambi. Gli si è presentato sotto sembianze non proprio comuni, lontano ma forte. Nessuno di loro ha mai pensato di essere gay, perciò hanno avuto paura. Paura degli altri, di non essere accettati, di soffrire, di starci troppo male. Ma l'amore è sempre qualcosa di bello. Lasciarsi andare è il vero problema. 
Ludwig non l'ha mai presa troppo male, la sua omosessualità. Però i suoi compagni sì, lo hanno fatto. Non che lui sia andato in giro a dichiararla, certo, ma... c'è fb, c'è la musica che ascolta, c'è l'amore nei suoi occhi e c'è soprattutto il dire -dolcemente, per carità- di non essere interessato alle tante ragazzine che gli vanno dietro. 
Per Felì, invece, i conflitti sono stati interiori.
 
Quel giorno, il tedesco, all'uscita di scuola si ritrova in gran difficoltà. Come al solito ha le sue belle cuffie sulle orecchie, ascolta una canzone dei Rammstein, 'Sonne', e la canticchia a bocca chiusa. Dato che ha fretta di tornare a casa, per via dei tanti compiti che lo attendono, si insinua in una piccola traversa. Subito, se ne pente. Non ce la fa più a tener testa a quei bulli. Certo, non ha paura. Ma è così stanco...
-Hei, finocchio!- lo deridono. -Abbiamo visto il tuo profilo, su Facebook. Certo che sei proprio frocio, eh!-
Non ha molti amici nella vita reale e gli unici che ha sul social network sono gli stessi. Non accetta mai le richieste d'amicizia di sconosciuti, quella di Feliciano è stato un caso. 
Intanto, quei quattro ragazzi, continuano ad insultarlo. -Ti piace prendertelo in culo, eh? Guarda che posso darti una mano!- mormora il capetto, iniziando a girargli intorno.
Se c'è una regola, la prima, che i suoi genitori gli hanno insegnato è indubbiamente stata: 'Non fargli vedere che hai paura, tu sei forte, non averne.'
I tre 'subordinati' iniziano a spingerselo tra loro, finché il più grande, con la faccia da ducetto dilettante, allenato ai sotterfugi e ai colpi bassi, non ordina loro di tenerlo fermo. Inizia a pestarlo, vigliaccamente mentre lui non può muoversi. 
L'avevano già fatto, ma stavolta ci vanno giù piuttosto pesante. Dopo mezz'oretta circa si ritengono soddisfatti, dunque lasciando andare il ragazzino biondo, sanguinante e pieno di escoriazioni ed ematomi che poco a poco vanno formandosi. Lud si volta appoggiandosi al muro e vomita, con la testa che gli scoppia e dolori sparsi in tutto il corpo.
 
Verso le cinque del pomeriggio successivo, Felì accende il pc con il libro d'inglese davanti, gli esercizi non ancora svolti del tutto. 
La prima cosa che fa, dopo aver controllato le notifiche, è sbirciare il profilo dell'amico -amico, certo.
Sulla bacheca di questo nota il post di una ragazza dove vi è scritto: 'Luddi, come stai?  Ci manchi! Riprenditi presto, ti aspettiamo <3' 
Il tedesco ha così risposto: 'Sto meglio, grazie. (:'
Il primo pensiero del ragazzino moro è: 'Chi.Diavolo.E'.Questa?!' ed il secondo: 'Che succede? Perché non ne so nulla?'
Con un sospiro, apre la chat e scrive al biondo, anche se lui non è online. "Mi spieghi che succede? Sono preoccupato."
Dovrà aspettare ancora molto perché l'altro risponda.
Difatti il sedicenne sta giusto riposando, un braccio fasciato, un sopracciglio e un labbro entrambi spaccati. Ha ancora molti lividi, ma adesso sta decisamente meglio. Quando si alza, scende lentamente le scale arrivando in cucina. -Zio?- chiama, non trovandolo. Si guarda attorno ma nulla, finché non vede l'austriaco uscire dal bagno del primo piano.
-Come ti senti?- domanda quest'ultimo. 
-Un po' meglio, danke...-
-Hai fame?- chiede ancora. 
Il ragazzino annuisce puntando per un poco gli occhi chiari sui suoi viola. L'adulto gli fa una carezza sui capelli dorati, poi va a preparargli qualcosa. 
Mangiano in silenzio come sempre, lontani dalla televisione e dal resto del mondo. Quando hanno finito, però, la accendono e guardano un po' il telegiornale. Un ragazzino si è suicidato a causa del bullismo.
-Ludwig...- inizia l'austriaco.
-Io non lo farò. Non sono così debole; non gliela darò vinta- dice serio, con un tono d'adulto che non si addice alla sua giovane età. Accenna poi un sorriso, mettendo i piatti sporchi nel lavello ed accingendosi a lavarli, però lo zio lo ferma. Per stasera lo farà lui.
Dunque il tedesco va in camera propria, con un po' di fatica indossa la canottiera ed i pantaloni del pigiama, in seguito avrebbe acceso il computer anche lui. Ma non ancora. 
Non lo ha detto all'italiano per non farlo preoccupare e non vuole certo farlo adesso. Tuttavia, dopo aver fatto il letto ed esservi seduto sopra con il portatile sulle ginocchia, trova il messaggio di posta su fb. Lo apre, lo legge, sospira. E gli scrive: "Non sta succedendo nulla, non devi preoccuparti" un po' più freddo del solito.
Felì si collega qualche minuto dopo e gli risponde immediatamente, ancor prima di vedere qualsiasi altra cosa, che siano notifiche, messaggi o richieste d'amicizia. "Certo che mi preoccupo! Che intendeva quella?" domanda alterandosi un po'.
"Quella ha un nome. Si chiama Eva ed è una brava ragazza. Non è successo nulla, ti ripeto. Sono scivolato dalla scale" mente, con la prima cosa che il suo cervello progetta. Ma non è mai stato bravo a mentire. Scrive lentamente, perché la mano sinistra è anch'essa fasciata con il braccio, dunque gli fa male muoverla ed utilizza soltanto la destra.
"E perché non ne lo hai detto?!"
Gli occhi del moro diventano tristi, naturalmente è preoccupato.
"Per non farti preoccupare, ovviamente."
"Vai su Skype? :("
"Nein."
Fé sospira asciugandosi due piccole lacrime con il dorso della mano. "Perché mi tratti così, oggi? Guarda che non ti sto rimproverando... volevo solo capire cosa fosse successo, tutto qui..."
Lud sospira e presa una felpa nera la indossa, con tanto di cappuccio. Non gli va che l'altro veda tutti quei graffi. Accende Skype ma non parla, cosa che invece fa l'italiano.
-Per favore... mi dici la verità?- lo supplica.
Il ragazzino che vive a Vienna, ci mette un po' a rispondere. Prima di farlo accarezza distrattamente i capelli biondi, arrotolandosi le ciocche più lunghe tra le dita. -Ti ricordi quei ragazzini che mi davano fastidio? Sono stati loro. Ma adesso sto bene, non preoccuparti.-
-C-cosa?! Quando? Perché?!-
-L'altro ieri all'uscita di scuola. Oggi non sono andato... forse nemmeno domani, non lo so. Dipende da come mi sentirò domani mattina.-
Feli nasconde il volto tra le mani, agitatissimo. Senza guardarlo mugugna: -Togliti il cappuccio- ed ottiene ubbidienza. Dunque lo guarda, il suo volto tumefatto; subito distoglie lo sguardo. -Li hai denunciati?-
-Ja. All'ospedale, con mio zio- risponde finalmente sincero l'altro.
Lui annuisce lentamente. -Mi dispiace...-
-Hei... me lo fai un sorriso?- chiede dolcemente il più grande d'età.
Feliciano gliene accenna uno piccolino, dopo si distraggono parlando di altro. 
Verso mezzanotte si dichiarano entrambi stanchi, però il quindicenne vuole dirgli ancora qualcosa, prima di andare. 
-La prossima volta giurami che mi dirai tutto... d'accordo? Non voglio più sapere le cose per caso. E quando sarai guarito, voglio che fai qualche foto nuova. Non vedo il tuo bel musetto da un po', sai?- conclude ridacchiando, il viso appoggiato alle mani congiunte. 
Certamente queste parole fanno arrossire il maggiore, che però sorride e promette di farlo. 
Dopo la buonanotte, si addormentano entrambi esausti.

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Capitolo 7
*** E finalmente, il giorno arrivò. ***


-Ma dai! Si vede che è stracotto di te!- esclama la ragazzina ridacchiando e battendogli un colpetto affettuoso sulla spalla.
Feliciano arrossisce violentemente. –M-ma che stai dicendo? Non è così…- le risponde abbassando lo sguardo.
-E piace anche a te, dico bene?- soggiunge l’altra, facendogli l’occhiolino, in faccia stampato un bel sorriso divertito. Si avvicina ancora di più a lui, guardandolo dritto negli occhi.
-N-non ho detto niente del genere!- borbotta lui, ancora tutto rosso, stringendo forte la cartella e sistemandola poi sulle spalle.
Scende svelto le scale, nel tentativo di superarla, eppure lei gli è subito dietro. Dopotutto, faranno la strada insieme, per tornare a casa. Rimangono zitti finché non superano il confine scolastico, dopodiché, lei, Erica, riprende a tempestarlo di domande.
-E allora?! Quando me lo fai vedere?- domanda insistente lei.
-T-te l’ho fatto vedere! In quella foto…- farfuglia il ragazzino.
E’ così imbarazzato! Non vuole che lei capisce quant’ama il biondino. Eppure, è così ovvio. Gli parla continuamente di lui, dei suoi buffi modi di storpiare l’italiano, del suo esserci sempre, dei suoi consigli, della sua vita –certo non le racconta tutto; mantiene le promesse di segretezza. E d’altra parte come potrebbe non farlo? Pensa a lui tanto spesso.
Camminano per qualche minuto senza dirsi nulla. Lui, più basso rispetto la compagna, sospira sollevato pensando che l’interrogatorio sia finito lì, ma si sbaglia di grosso. Ricomincerà, prima o poi.
Erica, una ragazzina né magra né grassa, con i capelli lunghissimi castani legati in una treccia che le ricade sulle spalle e gli occhi scuri leggermente a mandorla, sospira con fare nostalgico. E’ così invidiosa. Vorrebbe anche lei avere una storia dolce come quella dei due ragazzini, un amore tormentato degno di un paio di adolescenti. Quelle storie un po’ tragiche un po’ romantiche che piacciono sempre, alla fin fine.
-Peccato sia gay…- si dice tra sé, increspando le labbra in una smorfia, guardando le vetrine alla propria destra.
-E-eh? Guarda che non è detto… cioè, insomma, lui non… non mi ha fatto capire nulla…- mormora il quindicenne abbassando leggermente lo sguardo.
-Ma sentitelo; che sciocchezze vai dicendo?- gli da uno scappellotto.
Felì porta una mano sulla nuca, massaggiandola, emettendo un mormorio di disapprovazione.
-Ti devo ricordare che ti ha commentato un foto scrivendo ‘bellissimo’?- lo guarda con la coda dell’occhio. 
Il ragazzino distoglie subito lo sguardo. –S-si…  si riferiva alla foto… era venuta bene…-
-Sì, e io sono Eva Kant!- alza gli occhi al cielo.
Dopo altri dieci minuti circa, si separano.
Lui non vuole tornare a casa, a pranzo dovrebb’esserci “quell’uomo cattivo che sta con la sua mamma” come, ingenuamente, lo definisce lui.
Sospira lievemente, la mano appoggiata alla maniglia della porta, gli occhi socchiusi. Più farlo; lui è forte, no? Ludwig glielo dice sempre. Quindi, si decide ed entra. Non nota nessuno in cucina, così sollevato appoggia lo zaino al solito angolo vicino la porta d’ingresso.
-Sono tornato…- mormora togliendosi le scarpe da tennis bianche. Alza un po’ la cerniera della felpa celeste dai laccetti bianchi, così la maglietta a maniche corte che ha sotto. Con i piedi scalzi, riparati soltanto da calze blu notte, si avvicina al frigo e beve un po’ d’acqua, direttamente dalla bottiglia. Nota il gatto bianco e miele uscire dalla camera di suo fratello, con una piccola macchia di sangue sul pelo. Spalanca gli occhi e lo controlla; non sembra ferito. Allora si precipita nella stanza.
-Romano!- urla osservandolo.
Il ragazzo, di poco più grande, non crede di stare poi così male. Semplicemente ha un sopracciglio spaccato. Si mette seduto, mettendo da parte la playstation. –Che vuoi?-
-Ma come che voglio? Chi è stato?- chiede apprensivo, appoggiando la mano vicino l’occhio del fratello, che scuote la testa come voglia dire: ‘non è affar tuo.’ Poi, tuttavia, una spiegazione per farlo stare più tranquillo vuole dargliela.
-Ho litigato con un mio compagno-  gli spiega. E c’è un fondo di verità.
Comunque non vuole digli che, dopo il litigio, all’uscita di scuola, la madre dell’altro ragazzo (che le ha prese sul serio) ha voluto parlare con i suoi genitori. E’ stato allora che l’uomo gli ha fatto quel taglio.
-Romie… dobbiamo fare qualcosa. Dico davvero.-
Il minore lo guarda negli occhi, una volta seduto nel letto di fronte a lui, a gambe incrociate.
Gli prende la mano, la propria fredda, ed accenna un piccolo sorriso.
Il più grande tra i due, ricambia quella stretta e chiude gli occhi verdi. Gli si avvicina ed appoggia la fronte alla sua. –Ti prometto che risolverò questa cosa. Te lo giuro: ti proteggerò sempre- gli dice, dopo essersi lasciato scappare un piccolo sospiro, gli occhi ancora ben chiusi, non intenzionati a riaprirsi.
Feliciano lo abbraccia forte forte. –Lo so. Mi fido di te, ma forse non possiamo superare questa cosa da soli.-
L’altro annuisce appena e lo tiene stretto a sé, lasciando che affondi il viso nel proprio petto. –Risolverò tutto- gli dice ancora. –Tutto- ripete.
 
Quando l’italiano accende il computer, sono circa le cinque del pomeriggio.
Naturalmente, come da copione, la prima cosa che fa è controllare il suo profilo.
Nota alcune foto nuove: sono poche e Ludwig non ha ancora né messo ‘mi piace’ né commentato.
Lo hanno taggato, quindi forse lui non sa nemmeno della loro esistenza.
Ce ne sono due, che lo colpiscono particolarmente. Nella prima, il biondo è di spalle, un po’ piegato in avanti, appoggiato su un tavolo.  “Che strana foto… però è artistica” pensa tra sé lui. Si intravede la schiena nuda, la pelle chiara, le fossette di Venere. Lui la osserva con un piccolo sorriso, poi guarda bene l’altra. E’ fantastica. Lud guarda di lato, con un piccolo sorriso accennato, gli occhi più belli e più blu del solito, i denti bianchi che s’intravedono appena. E l’ultima, anche questa bellissima, se non la più bella tra tutte. Il biondo ha il bicchiere in cartone del caffè, ne sta bevendo giusto un sorso. Il capo è chino, lo sguardo alto sull’obiettivo, la bocca coperta dal suddetto bicchiere.
“Ha degli occhi che sono una meraviglia. Ma tu guarda quant’è figo…” riflette guardando la foto con aria sognante, la guancia appoggiata al palmo della mano.
Nota una scritta, di una ragazza, amica di quella certa Eva che ha scritto in bacheca l’augurio di riprendersi al tedesco, giorni prima. Lei scrive: ‘Sei venuto benissimo! <3’ e quella certa Eva soggiunge: ‘E’ vero, ma lui è sempre figo!  uwu’
Ora, ma quella che vuole dal suo tedesco? Felì aggrotta la fronte, decisamente irritato.E’ geloso, sì, ed è pure pronto ad ammetterlo. Ma che può farci? La cosa che lo irrita maggiormente è che non può andare da lei e parlarli chiaramente, nemmeno stanno nello stesso paese. Così, decide di mettere qualche bel ‘mi piace’ e di commentarle. Nella prima scrive: ‘E’ artistica, mi piace <3’; nella seconda, invece: ‘Che occhi stupendi!’ Ed infine, nell’ultima: ‘Questa è fantastica. Mettila come foto profilo J se venuto benissimo… <3’
Naturalmente, tutti i commenti, li scrive in tedesco, in modo tale che quelle capiscano per bene.
Perdendo un po’ di tempo sulla Home, trova un link che gli piace tanto; è in inglese, ma c’è la traduzione in italiano. Comunque, oramai, le lingue non sono un problema.
Si conoscono da mesi, hanno parlato così tanto e si sono esercitati molti. Adesso entrambi hanno il massimo dei voti, nelle lingue. Nel link vi è scritto: ‘Un vero amico sgrida come un papà, si preoccupa come una mamma, stuzzica come una sorella, irrita come un fratello e alla fine ti ama più di un amante.’
Lo condivide sul proprio profilo e tagga l’ “amico.”
Aspettando che lui risponda, digita su youtube  ‘Il Comico (Sai Che Risate)’, una bella canzone di Cesare Cremonini.
 
“Sono stato anche normale, 
in una vita precedente 
m'hanno chiesto ‘che sai fare?’
‘So far ridere la gente’
menomale 
che non ho fatto il militare. 
Si, menomale, 
sai che risate..”
 
Ed è questo che canticchia, riscontrandosi poi nel testo della canzone. Non potrebbe fare un lavoro così serio come quello del soldato, lui ha bisogno di ridere, per dimenticare e per distrarsi; sente anche la necessità, quasi fisica, di far ridere o quantomeno sorridere chiunque sia attorno a lui.
Ed è per questo che Ludwig lo adora, perché è l’unico capace di farlo stare bene, per davvero.
Il sedicenne si collega verso le sette e notando tutte quelle notifiche, le solite dell’italiano, già sorride. Alle foto risponde in modo dolce ma non troppo estroverso, di solito le tenerezze le riserva per i commenti provati, per chat o via skype.
Eppure, quando nota quel link, si lascia andare istintivamente, scrive certe parole dolci senza nemmeno pensarci. ‘Sono convinto che la vera amicizia sia giusto questo, sostenersi nei momenti più difficili e dirsi chiaramente ciò che si pensa, sempre. E noi questo lo facciamo continuamente. Ti voglio bene, Felì.’
L’altro mette mi piace al suo commento e scrive: ‘Non immagini nemmeno quanto bene ti voglia…<3’
E’ una cosa talmente triste, non poterglielo dire. Ha paura; sa quant’è severo, critico e razionale il tedesco, ha paura che non accetterebbe una relazione a distanza ed è per questo che non vuole confessargli nulla. Forse però deve ancora conoscerlo bene, perché, invece, Ludwig accetterebbe e come. Lo ama troppo, per perderlo.
HEI! <3” scrive il moro.
Hei…
Come stai? Va meglio il braccio?” risponde subito dopo, preoccupato per la sua salute.
Sì, oramai sì. Tra un paio di giorni potrò togliere la fasciatura. Non devi preoccuparti, sto bene.
Tanto, anche se stessi male, non me lo diresti, nevvero?” sospirando, mette su un bel broncio. “Veh, Lud… posso chiederti una cosa?”  Il cuore inizia a battergli forte forte nel petto.
Non può più aspettare; ha bisogno di saperlo adesso.
Il biondo risponde affermativamente, anche se quella domanda lo spaventa. ‘Che vorrà sapere? Di solito, le cose importanti me le dice per Skype…’ riflette tra sé.
Il fatto è, che l’italiano si vergogna di fargli quella domanda e di parlare di certe cose e non avrebbe il coraggio di guardarlo negli occhi. Dunque afferra il cuscino e se lo mette tra le gambe, affondandoci poi il viso, le guance tutte arrossate.
Tu… cosa provi per me?
“In.. che senso?” chiede l’altro, in difficoltà. Che dovrebbe dirgli? La verità o una bugia? Tante idee si affollano nella sua mente. Se gli dicesse la verità, lui potrebbe dire di non ricambiare. Dopotutto, il fatto che sia dolce con lui, non è indicativo di alcun sentimento, dato che il moro è dolce con tutti. Se dicesse una bugia, potrebbe ferirlo.
Tu… mi vuoi bene?
Certo che te ne voglio.” Bugia! Gli vuole molto più che bene. E difatti, aggiunge: “altroché se te ne voglio…” arrossendo lievemente. Ha una leggera fame, ma non vuole allontanarsi dal computer e data l’assenza dello zio, va in cucina per far velocemente un panino e portarlo in camera propria, insieme ad una bottiglia d’acqua. Se Roderich lo scoprisse, si arrabbierebbe molto.
Quando legge il messaggio, rimane sbigottito. Spalanca gli occhi blu e rimane a fissare lo schermo per un minuto buono.
“Io ti amo.
Lui lo ama. Eh…
Che dirgli? Un sorriso sciocco si dipinge tra le labbra del tedesco. E Feli sente gli occhi inumidirsi, non ottenendo risposta.
Ich liebe dich auch.
C-cosa? Davvero?” scrive istintivamente, poi piccola e calde lacrime gli bagnano le guance. Ha paura che sia un sogno o che adesso l’altro se ne venga fuori con un ‘sto scherzando.’
Ma non succede.
La serata passa in modo così dolce…
Si dicono quanto si vogliono bene, quanto tengano l’uno all’altro.
Per me sei così importante…
Non faccio altro che pensare a te.
Vorrei averti qui con me.
Grazie, di esistere.
 
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** Nuovo membro. ***


A dire la verità non è molto cambiata la situazione, dopo quella dichiarazione.
I due ragazzini parlano sempre delle stesse cose, solo che si dicono più spesso quanto si adorino l’un l’altro –lo fa specialmente l’italiano, l’altro è un po’ più timido. Si chiamano ‘tesoro’ e ‘schatz’, ma nulla di più.
Ci vuole tempo, per avere un rapporto diverso e per riuscire a dirsi ‘ti amo’  ora, dopo, domani. A Ludwig, serve molto tempo.
Fino ad ora ha tenuto tutto nascosto allo zio, è certo non capirebbe. Gilbert, invece, sa più o meno tutto, eccetto quell’ultima dichiarazione. Il ragazzino non sa quando sarà pronto per dirglielo, ci vorrà del tempo, indubbiamente. Sì, tempo anche per questo.
Quel giorno, però, la sua concentrazione è da tutt’altra parte. L’albino è giusto arrivato da lui con una scatola. La stessa scatola si è mossa, da sola, appoggiata in un angolo a terra. Lui la guarda spalancando gli occhi, poi sente abbaiare, così si volta verso il fratello, che adesso è davanti a sé e ghigna, come al suo solito.
-Was…?- mormora il minore in tono vago.
Dallo scatolone in cartone doppio e spesso, esce fuori una piccola palla di pelo, che si guarda attorno curioso riuscito finalmente ad uscire da quella che per lui risulta un po’ come una prigione e si muovicchia nella cucina, annusando in giro.
-B-bruder! Aber…-
-Niente ma!- esclama allegro l’albino. Prende con una mano il cucciolo di appena quaranta giorni e glielo mette tra le braccia.
Le labbra del biondo si stendono subito in un dolce sorriso, che si trasforma in una leggera risata quando il cagnolino inizia a leccarlo. Risata che è costretta a spegnersi all’arrivo dello zio.
Roderich appoggia la sua valigetta al solito angolo, levatosi il soprabito lo appoggia sull’attaccapanni, gli occhi viola sgranati. –Gradirei essere a conoscenza di ciò che sta succedendo- dice assottigliando lo sguardo alla direzione del maggiore dei due fratelli.
-Zio…- inizia il sedicenne.
-Nein, Bru’. Ci penso io- appoggia una mano sulla testolina del cucciolo e gli lascia una carezza, avvicinandosi poi all’austriaco. –E’ un regalo per il mio fratellino. Dove sta il problema?-
-Ci sono mille problemi! Un cane ha bisogno di essere accudito, educato, addestrato; ha bisogno di mangiare. Hai idea di quanto costi mantenere un animale? Oltretutto, sono necessarie le adeguate cure mediche.-
-Per te i soldi sono tutto, vero?- sbuffa il ragazzo. –Ludwig ci lasci un momento da soli?-
-Ehm… ja.- Il ragazzino, con il cucciolo tra le braccia, va in camera propria.
L’adulto pare molto contrariato da quel gesto del nipote (portare la bestiolina nel luogo in cui dorme è per la sua mente inconcepibile!) comunque si preoccupa di dare tutta la sua attenzione al ragazzo con gli occhi rossi.
-Dimmi, Gilbert.-
-Hai visto com’era felice? Pensi soltanto al denaro, ma non è tutto, anzi; non è niente. Non vedo mio fratello ridere da chissà quanto tempo e…-
-Non lo vedi solo perché sei sempre assente- lo interrompe l’altro, sistemandosi gli occhiali sul naso.
-Tu mi vieti di vederlo!- ribatte il giovane.
-Perché non sei responsabile e mi preoccupo per lui!- mormora il primo alzando la voce, la mano appoggiata sul ripiano vicino a sé.
Ludwig li sente urlare, così stringe il cucciolo tra le braccia, accarezzandolo seduto a gambe incrociate sul letto. Prende il cellulare e gli fa una foto. ‘Devo farla vedere a Felì..’ mormora mettendo da parte il telefonino.
Intanto, il fratello dice: -Sai benissimo quanto bene io gli voglia! E sai che mi manca da morire quando sono lontano! Se non sto con lui e non lo porto con me, è solo perché il magnifico me deve lavorare- sospira pesantemente. Anche perché, sa che il fratellino sta bene con lo zio, in una casa stabile, in un ambiente fisso e tranquillo. Non in giro per il mondo con lui. Per quanto detesti ammetterlo, crescerà più sereno con il damerino, come a lui piace definirlo.
-Faglielo tenere… gli manderò dei soldi- soggiunge fissando gli occhi rossi sui suoi, violacei.
Roderich distoglie lo sguardo e riflette per un momento. Forse, dopotutto…
Con un sospiro, si trova costretto ad annuire. –Ludwig! Komm hier.-
Il ragazzino sentendosi chiamare, scende le scale con il cucciolo in braccio e lo sguardo basso. –Deve… tornare con Gil, vero?- domanda mogio.
-Nein. Non sarà necessario. Non se prometti di averne totale cura. Ma bada bene: non voglio trovare un solo danno per casa. Dovrai pulirlo, uscirlo perlomeno due volte per giorno. Hai ormai sedici anni, puoi persino votare, quindi dovrai trovarti un lavoro e continuare a studiare. Ce la farai, a fare tutto questo?- gli domanda, incrociando le braccia al petto.
-Ja… ja, zio, posso farlo!- annuisce svelto stringendo al petto il cane. –Mi prenderò cura di lui, lo prometto.-
In risposta, il cucciolo gli lecca le labbra: quel ragazzo sembra simpatico.
 
Quando si collega, la sera, dopo cena, al computer, il cagnolino sta dormendo nello scatolone in cui è stato portato, proprio sotto la scrivania, accanto al piede del nuovo padrone. Non ha ben deciso come chiamarlo, ma gli ha già fatto moltissime foto. Ne pubblica qualcuna sul proprio profilo e su quella che trova più dolce, tagga Feliciano.
‘Nuovo arrivato!’ scrive tutto contento.
Poi, aggiorna il suo stato. ‘A mio fratello vorrei solo dire grazie, per tutto quello che fa, perché c’è sempre e perché riesce a farmi felice, con ogni suo piccolo gesto. Danke, Bruder.’
Ottiene nel giro di mezz’ora, qualche mi piace.
Quando fa il loggin l’italiano, più tardi del solito, gli scrive un cuore in chat, poi guarda le notifiche. Spalanca gli occhi nocciola notando quella meraviglia e gli commenta subito. ‘Aaaw! E’ carinissimo! Chat, chat, chat! <3’
Il biondo ha risposto al cuore con l’emoticon di una faccina felice, quelle gialle tutte sorridenti. Poi ha scritto: “Non è bellissimo?
E’ MERAVIGLIOSO! Ma--- non mi avevi detto volessi un cucciolo!
Amo i cani, li ho sempre amati. Da piccolo sono cresciuto con quello di mio padre, ma morì quand’avevo sei anni. Papà non ne volle mai un altro, era troppo legato al suo vecchio cucciolo. Oggi Gilbert è venuto con questa sorpresa, ci abbiamo messo un po’ a convincere lo zio, ma alla fine ce l’abbiamo fatta. Sono così felice!”
Che bello! E come lo hai chiamato? Ah! Ma lo zio te lo lascia tenere davvero? Sa che costerà un po’?
Ha detto che devo trovarmi un lavoretto. Ma non m’interessa… non voglio lasciarlo. E’ così dolce e morbido! E mi farà compagnia, quando non parlo con te! No, non ho ancora deciso il nome. Volevo deciderlo con te.
Feliciano sorride dolcemente a quelle parole, stringendosi nel golf celeste chiaro.
Vai su Skype?” gli chiede il biondo.
No, amore, non posso, c’è il mio cuginetto nella camera con me =/”
Il ragazzino tedesco arrossisce per quel soprannome.
D’accordo (:” risponde facendo finta di nulla. “Allora, come lo chiamiamo?
Mmh….” Il ragazzino italiano fissa a lungo la foto del cucciolo che Ludwig ha messo come immagine copertina e che ha già un modesto numero di mi piace. “Vuoi un nome tedesco?
Ja!
Allora non ne ho idea…
Te ne elenco alcuni: Aart, Lothar, Bert, Derk, Zeki, Dax, Uri.”
Dax!” dice lui sicuro. “Dax è bellissimo. E’ un pastore tedesco, vero?
Ja. Dax, mi piace =) comunque sì. Purosangue!
Non risponde subito, perché il cuginetto di tre anni, sta sporcando con la cioccolata che sta mangiando le lenzuola del suo letto. Così lui si alza, gli si avvicina ed inginocchiandosi di fronte a lui gli spiega dolcemente che non è una cosa buona da fare, dopo ripara al danno e gli accarezza i capelli biondo cenere.
Aaah! Che bello! Vorrei tenerlo in braccio.
Lo terrai” dice il più grande, guardando con occhi quasi innamorati il cane.
Eh? E come?” ridacchia il moro, sistemandosi un ciuffetto ribelle dietro l’orecchio.
Avevi detto che saresti venuto, no?
E verrò! Mi serve solo un po’ di tempo. E’ per la scuola, più che altro… ma voglio così tanto vederti, stare con te, toccarti” invia. Poi arrossisce e soggiunge: “Nel senso di abbracciarti…
Il biondino scuote la testa divertito e scrive: “Certo” è ironico, ma probabilmente l’altro non capirà.
Luuud? <3
Ja?
Ti amo <3
Ma quante volte al giorno hai intenzione di dirmelo?” ridacchia.
Tante! Perché, ti da fastidio?
Lud distoglie lo sguardo dallo schermo e non risponde. Beh, in effetti, un po’. Si amano, sì, va bene, se lo sono confessati, però… si sente leggermente oppresso.
Feli capisce il suo silenzio e scrive: “Scusami. Sono solo felice di potertelo dire, tutto qui ;)
Mh… devo andare, sono stanco!
Eh! Aspetta, e che lavoro vuoi fare?
Non lo so, cercherò qualcosa. Ti farò sapere. Ti voglio bene” digita istintivamente. Poi rilegge la frase. Eh, l’abitudine… “Cioè…
Lo so. Anch’io ti amo <3 ‘notte!
’Nacht.. <3










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Piccola precisazione! 
In Austria già a sedici anni si può votare -non è incredibile? E' così presto!-, a diciotto si può guidare invece. Quindi Ludwig dovrà aspettare un po'. No, lo sottolineo solo perché io volevo avesse un mezzo. Invece no çç vi faccio vedere una foto del cagnolino! Grazie di aver letto! <3

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Capitolo 9
*** Una strada verso la maturità. ***


Dunque Ludwig si è dato subito da fare per cercarsi un lavoretto: non gli importa cosa sia,  è sufficiente che gli diano degli spiccioli e che con questi possa mantenere il suo cucciolo. 
Dax, il piccolo pastore tedesco, non è proprio un bravo cane. E' abbastanza giocherellone e vivace. Ogni tanto il biondo perde un po' la pazienza e lo rimprovera alzando la voce, ma dopo si sente subito in colpa guardando gli occhioni scuri del cane. Comunque cerca di resistere: deve fargli capire chi comanda. La cosa più bella è tornare da scuola, andare in camera propria e trovarlo seduto o disteso e quando l'altro lo vede, gli salta praticamente addosso scodinzolando. Così il ragazzino chiude la stanza col pianoforte per evitare brutti incidenti e lo lascia in giro, dandogli un'occhiata ogni tanto. 
Prima che il fratellone ripartisse, lo hanno portato dal veterinario insieme. Il cane durante l'attesa nella sala destinata appunto a questo, ad attendere, ha tentato più volte di scendere dalle braccia del padrone, il quale sorrideva a coloro che facevano un complimento per il suo animale e sussurrava un imbarazzato 'danke.' Il veterinario ha detto loro che Dax è in buone condizioni e che dovranno aspettare i tre mesi per fare i primi vaccini e la fine di questi per farlo uscire. E' rischioso farlo uscire se non è ancora vaccinato. Intanto gli hanno preso la cuccetta ed un po' di pappa, naturalmente ha pagato l'albino, per grande imbarazzo del più piccolo.
Adesso Ludwig è seduto sul proprio letto col giornale sulle gambe mentre cerca una qualche offerta di lavoro, il cucciolo poco più in là dorme beato. Di tanto in tanto muove una zampina ed il biondo sorride, chiedendosi cosa stia sognando.  Gli accarezza dietro l'orecchio mentre legge qua e là. Sembra aver trovato qualcosa: un panificio cerca qualcuno per fare consegne. Magari, anche se ha sedici anni e non è maggiorenne, lo potrebbero assumere se si tratta semplicemente di questo.  Un'altra proposta: un barbiere. Ma l'annuncio non è chiaro. Segna i numeri e recupera il cellulare, componendo il secondo. 
-Salve, ho chiamato per quell'annunc...- 
Viene subito interrotto da una voce maschile, da uomo anziano, che dice: -Sì, sì, abbiamo risolto!- e gli chiude il telefono in faccia, in sottofondo un gran baccano.
Il ragazzino corruga la fronte. -Che cafone- borbotta. Osserva il cane svegliarsi, con gli occhi socchiusi, e tornare poi a dormire. -Ma che sei bello- dice lui strofinando il naso sul suo manto laddove esso è più chiaro. -Vediamo di chiamare l'altro numero- mormora poi tra sé. E' solo a casa e parlare lo distrae da quel senso di solitudine, che però, in certi momenti, apprezza.  Compone dunque il numero di telefono e sospira sentendo squillare a vuoto dall'altro capo del filo. Ci sta già rinunciando; ha fatto tantissimi tentativi, in quei giorni, ma tutti falliti. Per fortuna deve ricredersi. 
-Hallo?-
-Salve, ho chiamato per l'annuncio di lavoro- dice in tono pacato, recitando quella formula che ha ormai imparato a memoria. 
-Ah, sì! Aspetta, ti passo il titolare- risponde una voce di ragazza. 
Il titolare, un uomo di mezz'età, si dimostra molto disponibile alle esigenze del ragazzo.  Ha solo bisogno di qualcuno che lavori mezza giornata, perché l'altra ragazza, una tipa bionda tinta, dall'accento straniero, è incinta e perciò si è decisa a fare solo mezza giornata per un paio di mesi. 
-Ti metto in prova. Puoi venire tipo...- osserva attraverso le lenti spesse degli occhiali -domani?- 
Il biondino ci pensa un attimo. Deve studiare, ma può anticipare i compiti e o svolgerli dopo. Non vuole dare problemi fin da subito, perciò gli comunica che va bene. 
Chiude la chiama e, sebbene sia tardi, fa i compiti per dopodomani, intanto parla un po' con Felì, comunicandogli la novità. 
 
Il giorno dopo, si prepara ad andare al panificio. 
Non sa che mettere: non vuole esagerare indossando una camicia, ma non vuole nemmeno andare troppo sportivo. Studia i vestiti con aria critica, riflettendo tra sé, dopo qualche minuto si decide. Indossa dei jeans chiari, una maglietta bianca aderente ed una felpa celeste intenso, di quelle con zip e cappuccio, e laccetti bianchi. Mette le scarpe da tennis bianche e la cintura nera. Intanto che sistema le prima, nota Dax rubargli la maglietta. 
-Dax! Nein! Non si fa!- lo rimprovererà però ridendo, gli si avvicina e si riprende con qualche difficoltà la maglia. -Devo lasciarti solo per un po', fai il bravo, d'accordo? Quando torno giochiamo- soggiunge mettendo al sicuro il pc, così che il cane non possa prenderlo.  Prese le sue cose, si richiude la porta alle spalle, ed esce di casa. 
A piedi ci vorrebbe un po' per arrivare, così decide di prende l'autobus per non fare tardi. 
Per fortuna, arriva in tempo, sebbene il mezzo di trasporto pubblico abbia ritardato qualche minuto. Passa una mano tra i capelli dorati e dopo aver sospirato, si fa più sicuro ed appoggia la mano sulla maniglia.
Entra, salutando educatamente. -Buongiorno...- 
Il suo forte accento tedesco, fa sorridere l'uomo, che gli si avvicina e porge la mano. -Ludwig?- domanda.  Il ragazzino annuisce, così lui continua, togliendosi gli occhiali dal naso. Lo guarda per un attimo. Sembra un ragazzo a modo, sistemato e per bene. -Hai detto di non avere alcuna esperienza, vero?- 
-Ja, Herr Konrad.-
-Il tuo accento è tedesco. Da quanto sei qui?- gli chiede. Non che gli importi dei suoi affari, sia chiaro: ma è importante sapere se conosce Vienna.
-Due anni. Ma fin da piccolo venivo qui, per vacanza- risponde lui, con tono pacato e basso.
-Perciò conosci la capitale, dico bene?- continua l'adulto, andando a prendere posto dietro la cassa. -Vai a scuola?- 
-Ja.-
-Quanto hai in matematica?- 
Il ragazzo non capisce subito il motivo di quella domanda. Poi ragiona. Deve prendere e dare il resto. Gli dice la verità: ovvero che ha sempre avuto il massimo dei voti nelle materie scientifiche -e non solo in quelle.  Dopo una breve meditazione e qualche altra domandina, Herr Konrad decide di metterlo in prova. Fortunatamente, Ludwig conosce bene tutte le strade e sa orientarsi. Nella tasca del giubbotto, comunque, ha nascosta una cartina della capitale viennese.
Il titolare chiede lui se sa portare il motorino e lui annuisce di nuovo: suo fratello gli ha 
insegnato a guidare molto tempo fa; guidavano insieme la Kawasaki Ninja del fratello. Perciò sì, un motore non sarà poi così diverso. Oltretutto, si è 'accontentato' di quello, un paio di volte. Ma per oggi dovrà consegnare il pane nei paraggi.
La prima consegna la fa velocissimo: è il palazzo proprio di fronte il panificio, deve giusto attraversare. Porta il resto e si prepara per la seconda consegna, più lontana. 
Circa un'ora trascorre così, l'ultima commissione però gli da un po' di problemi. Deve portare dei biscotti ad una signora anziana, una vedova, che abita abbastanza lontano. Ma lui è giovane e ha il passo veloce, così non ci mette molto ad arrivare. Quando suona alla porta della signora Scherr, dopo essersi annunciato col videocitofono, attende ben sette minuti prima che lei apra la porta. La vecchia ha i capelli bianchi raccolti in una crocchia ed è vestita di grigio scuro. Lo guarda male. -Dov'è Oscar?- 
-Ehm, non lo so, signora. Sono in prova da oggi... so che prima di me c'era una ragazza, non questo Oscar- risponde lui, leggermente a disagio.
La donna si scioglie in un sorriso. -La risposta che volevo sentire! Non esiste nessun Oscar. Ma sai, noi vecchi siamo sempre un po' in pericolo. Meglio mettersi al sicuro- dice. 
Il ragazzino pare un po' confuso, però annuisce, sempre con la sua solita faccia seria. Sa che per le persone anziane deve avere un gran rispetto, gli hanno insegnato così, ma quella tipa è proprio strana.
Lei continua: -Ma non importa, non perdiamoci in chiacchiere. Vuoi entrare?
-Mi dispiace, Frau Scherr, sarà per la prossima volta. Devo tornare al negozio- le spiega gentile e le porge quel pacchetto ben confezionato. Quel poco che vede della casa, lo spaventa. Ci sono bambole di porcellana e strani amuleti un po' ovunque, già dalla sale d'ingresso -non osa immaginare le altre stanze. Appunta mentalmente di raccontarlo a Felì. 
La signora però insiste: è sola e vorrebbe proprio un po' di compagnia. 
-Su! Non essere timido. Ti racconto una bella storia.- 
-N-Non è per essere timidi, ma ho una certa fretta. Le prometto però che la prossima volta mi fermerò qualche momento in più e ascolterà tutte le sue storie- le dice convinto, facendo un cenno positivo del capo, come per confermare le proprie parole. 
Lei pare dispiaciuta, ma accetta suo malgrado e prende i biscotti. Li paga, addentandone subito uno, dopodiché lo guarda andar via e chiude la porta mentre la gatta miagola contrariata per chissà che. 
Torna al panificio, sentendosi un po' in colpa del ritardo, così si giustifica: -Eccomi. Mi dispiace aver fatto tardi, ma Frau Scherr...- 
Non lo fa finire di parlare, il proprietario del negozio, e lo accoglie con un sorriso. -E' una vecchia bisbetica, ma non è cattiva. Cerca solo un po' di compagnia. Bene, Ludwig, devo dire che sono soddisfatto. Hai fatto tutto in poco tempo, non facendo sbagli coi conti e riportando pure le mance. Non è necessario! Quelle sono tue. Va bene, per me puoi tornare anche domani. Ora è tardi, perciò puoi andare a casa, domani pomeriggio vieni alla stessa ora.- 
Il ragazzino annuisce.  -Ja, danke. Also... a domani- mormora, nascondendo la soddisfazione dietro l'ombra di un sorriso. 
Uscito dal negozio, gli angoli della sua bocca si curvano all'insù in un'espressione felice. 
 
La sera si ritrova nel proprio letto con Dax che dorme tra le sue gambe, metà nascosto sotto le coperte, il muso che spunta fuori, dopo aver giocato tutta la sera. Gli ha rubato di tutto: prima una calza, poi la felpa, poi il quaderno di inglese. E il tedesco si è divertito tanto a seguirlo per la stanza, cercando di recuperare tutto. -Guarda che non si fa, eh!- gli ha detto, poi più serio quando lui ha preso il quaderno. Ha fatto lo zaino, ancora ridacchiando e poi ha aspettato che si calmasse per prendere il computer. 
Appena acceso, cerca l'italiano.
"Hei <3" scrive. 
"Un cuoricino! Sono emozionato" risponde l'altro, ridendo. Poi soggiunge: "...buonasera <3 <3"
"Ho trovato lavoro! Oggi ho fatto la prova, è andata bene. Anche se c'era una vecchia bizzarra, che voleva invitarmi dentro. Aveva un sacco di roba strana: amuleti, ciondoli, talismani. Ho avuto quasi paura!" ... che in parte è vero, in parte è ironia. Gli ha messo una certa ansia, quell'abitazione, così buia, così scura, così lugubre e piena di cianfrusaglie inutili. 
"Ahahah! Ma, amore mio, che ti fa quella vecchia strega? Ha fatto la cattiva? La picchio? <3" digita, apprensivo e protettivo. 
"Ma no... non è cattiva!"
"Mh.... Ludwig?" si mordicchia con nervosismo le unghia, mentre scrive.
"Ja, Felì?"
"Ma se poi le ragazzine stupide ti guardano me lo vieni a dire, vero?" è in quei momenti che benedice il computer, così l'altro non può notare l'imbarazzo stampato sulla sua faccia.
"Ja, Felì."
No, probabilmente non lo farà. Semplicemente perché è così privo di malizia e tranquillo, come ragazzo, che non se ne accorge, se qualcuna lo guarda. Eppure succede così spesso!
Più tranquillo il moro, più stanco il biondo, parlano come al solito per quasi tutta la sera, verso le undici però il secondo si dichiara stanco. Non sa cosa aspettarsi dal giorno dopo, è un po' nervoso; oltretutto, deve fare metà dei compiti rimasti e probabilmente sarà costretto a farli la sera successiva, dopo il lavoro. Deve organizzarsi un po' meglio per la scuola, ma è certo che può riuscire fare tutto. Anche perché non vuole lasciare il suo nuovo amico! Roderich gli ha detto chiaramente che "se fosse andato male a scuola, Dax sarebbe andato, punto."
Prima di andare, gli scrive: "Felì... domani ci sentiremo più sul tardi, se non mi addormento prima. Ho la giornata piena."
"Magari ci sentiamo per messaggi, su What's Up, che dici? <3 Domani ti mando il buon giorno, amore mio!"
"Ja, lo aspetto! uu gute nacht!"
"Non mi dici che mi ami? :("
"...Ich liebe dich."
"Ma è forzato!
"Lo hai chiesto tu!" sbuffa il biondo.
"Dimmi qualcosa che ti viene dal cuore" gli chiede l'altro.
"Sei il mio primo pensiero la mattina."
Feliciano arrossisce violentemente e auguratagli la buona notte, si nasconde tra le coperte, addormentandosi con il cuore che gli batte ancora fortissimo.

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Capitolo 10
*** Quella persona speciale. ***


Ha bevuto di nuovo.
Stavolta più del solito. Il cuore di Felì batte forte, sembra volergli uscire dal petto. Sembra per esplodere, insieme alla sua testa. E le lacrime continuando a rigargli le guance, piccole e calde, e veloci, seguite subito da tante altre. 
Romano è davanti lui. Non permetterà che quel figlio di puttana lo tocchi un'altra volta. Eppure l'adulto si avvicina a passo minaccioso verso loro e afferra per il bavero della maglietta il più grande, mollandogli poi un ceffone. 
-R-Romano!- urla spaventato il minore dei due fratelli. Fa per avvicinarsi al fratellone che è scivolato per terra, ma l'alto lo afferra per il polso e stringe a sé, per impedirgli qualsiasi movimento.  
La madre, intanto, è lì che li guarda in lacrime.  Si avvicina quasi timida al compagno e lo prega, lo supplica guardandolo negli occhi, di lasciar stare i suoi due bambini. Ma niente sempre poter convincerlo.
E' solo un'altra lite. Solo solo altri colpi. Feliciano se ne autoconvince e tira all'insù col naso, chiudendo gli occhi, tentando invano di liberarsi dalla presa che l'adulto esercita su di lui. 
Il fratello nel frattempo si è messo seduto e si tampona il naso sanguinante con il palmo della mano. 
Qualcuno appoggia la mano sulla porta d'ingresso ed aprendo la porta punta gli occhi scuri sulla figura dei familiari. Innervosito, e anche tanto, afferra quella sottospecie di 'uomo' e lo butta fuori di casa, urlandogli sull'uscio della porta di non farsi più vedere, perché ne vale della sua vita, dopodiché gli chiude la porta in faccia. 
-Nonno!- dice Felì aprendo gli occhi ed asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. 
Il vecchio si avvicina a lui carezzandogli la guancia, poi si china su Roma.  -Stai bene?-  gli domanda. Gli da un aiuto ad alzarsi quando lo vede annuire e poi lo stringe a sé, cosa che fa anche con l'altro nipote. Da un bacio tra i capelli ad entrambi, infine si volta verso la figlia. 
Fa dei passi verso di lei e l'abbraccia forte, lasciando che lei si sfoghi con un piano liberatorio sulla sua spalla. 
-Ragazzi, andate di là, vengo subito. D'accordo?- mormora retorico, sorridendo dolcemente ad ambedue, tenendo stretta la figlia al proprio petto. I due ragazzini annuiscono. 
-Roma, vuoi che ti medichi?- sussurra Felì, ancora sconvolto.  L'altro fa un cenno negativo e si chiude in camera propria. Così anche lui è costretto a fare altrettanto. 
Richiude la porta alle spalle e si siede lì per terra, le ginocchia al petto, e guarda il polso arrossato. Gli ha fatto male, quel bastardo.  Si asciuga un paio di lacrime con le mani, poi si appoggia alla maniglia della porta per alzarsi; nota il cellulare. Ha un estremo bisogno di Ludwig, adesso. Dunque si avvicina al letto (non ha ciabatte, ha solo delle claze corte di colore scuro), si mette sotto le coperte e gli manda un messaggio su What's Up, l'applicazione che permette di mandare messaggi gratuitamente a  tutti gli altri utenti che la possiedono, dovunque essi si trovino nel mondo.
"Ci sei?" scrive. 
Il tedesco non risponde. 
Singhiozzando ancora, sente il suo adorato nonno, dire alla sua mamma: -Devi denunciarlo, o non vi lascerà mai in pace. Stavolta c'ero io, ma chissà quante volte non ci sono stato. E chissà quante potrei non esserci. Ma, benedetto Dio, figlia mia, perché non mi hai detto nulla? Io di questo ero venuto a parlarti. L'altro giorno,  quando ho portato in campagna con me Romano, ho visto che aveva dei segni strani. E ho capito, e lui non voleva dirmi nulla.- 
Poi però il ragazzino la smette di ascoltare e chiude gli occhi, cercando riposo che non trova, ancora il suo corpo è scosso da singhiozzi. 
Finalmente, il biondo risponde.
"Eccomi :)" gli scrive. 
"Ludwig... distraimi. Ti prego"  gli domanda indiretto, guardando triste lo schermo del telefono. Fosse dipeso da lui, sarebbe uscito di casa e sarebbe corso veloce verso lui, verso le sue braccia. Ma purtroppo, sono inchiodati in città diverse. 
Il ragazzino che abita a Vienna, si preoccupa e anche tanto, intuendo qualche cosa; tuttavia, decide di non chiedergli nulla. Parlarà quando vorrà, come hanno sempre fatto, quasi avessero un patto segreto stipolato con silenziosi accordi. 
"Oggi Dax mi ha rubato i lacci delle scarpe. Non so come abbia fatto, ma li ha tolti e mangiucchiati. Spero lo zio non se ne accorga!" 
Sul volto dell'italiano si dipinge un piccolo sorriso divertito. 
"Dimmi di più!" chiede. 
"Beh... oggi a scuola c'erano" scrive lui, poi cancella, prima di inviare. Rettifica: "Oggi sono stato a lavoro. Quella vecchia -ti ricordi? Frau Scherr- mi ha invitato di nuovo dentro. Siccome era l'ultima consegna di giornata, sono rimasto a farle un po' di compagnia. E' davvero matta... però mi ha spiegato un po' di cose interressanti. Dice di essere una veggente, o qualcosa di simile. Io non ci credo. Comunque mi ha offerto una specie di dolce. Non so da dove l'avesse tirato fuori, aveva un odore strano, ma non era male."
"E tu mangi le cose con aspetto ammuffito?" digita il moro ridacchiando appena. Si asciuga le ultime lacrime. 
"Mi sembrava male rifiutare!" risponde l'altro, seduto sul tavolo della cucina. Rientrato lo zio, lo rimprovera e gli suggerisce di scendere immediatamente. Il pastore tedesco fa le feste a Roderich, appoggiando le zampette sui suoi pantaloni. L'austriaco lo guarda accigliato. -Ludwig? Potresti farlo smettere?- afferma, continuando a fissare il cane con la fronte corrugata. 
Il ragazzino richiama il cane, prima per nome, ma non ottenendo risultati prova con un fischio e quello ubbidisce subito.  Con una mano regge il cellulare, con l'altra il biscotto che il cucciolo prontamente gli ruba quando lui si abbassa un po' per accarezzarlo. Ci rimane male perché quello era un buon biscotto, ed era l'ultimo della confezione, ma è felice perché sta parlando con l'amore suo, perciò si fa un attimo serio e poi si mette a ridere, complice anche l'animale, che ha preso a leccarlo. 
Guarda il cellulare; alcuna risposta. 
Infatti, in Italia, a Venezia, Feliciano ha messo da parte il cellulare, appoggiato sulle lenzuola, e guarda adesso il nonno che si è seduto nel letto vicino a lui e si gode le sue carezze. Dopo un attimo di esitazione, affonda il viso nel suo petto, di nuovo in lacrime, di nuovo singhiozzante. 
-Shh, Felì, va tutto bene. Se n'è andato- lo rassicura l'adulto, stringendolo a sé e continuando ad accarezzarlo sui capelli. -Va tutto bene- gli ripete e gli bacia una guancia. 
Il nipotino annuisce e caccia via qualche lacrima, sedendosi sulle sue gambe come quand'era bambino, tenendo le braccia strette al suo collo, cercando quel senso di protezione che la madre non ha saputo dargli, per via di alcune scelte sbagliate da lei fatte. 
-N-nonno...?-
-Cosa c'è?- domanda a sua volta lui.
-Non viene di nuovo, vero?-
Il più grande scuote la testa, con un sorriso sul volto, quello onnirpesente, che Felì ha ereditato, che solo in poche occasioni si spegne. -No. Non lo permetterò, stai tranquillo. Visto che bravo che è il tuo fratellone? Scommeto che ti ha difeso.-
Ma sa già che è andata così, ha parlato con l'altro ragazzo e con la loro mamma, sa come sono andate le cose.  
Il ragazzino annuisce e sorride. -Sì! Lui è così forte...- 
-Eppure anche lui ha bisogno di affetto, sebbene non lo dimostri. Promettimi che ogni tanto andrai da lui a dirgli che gli vuoi bene e ad abbracciarlo. Anche se ti respinge. Perché, infondo, ne ha tanto bisogno- si raccomanda. Lo vede annuire così si scioglie in una piccola risata. -Ti confesso una cosa. Poco fa ha pianto sulla mia spalla, proprio come hai fatto proprio adesso.-
Il minore spalanca gli occhi. -Davvero?- chiede stupito. -Non può essere!- 
-Eh... Ha solo qualche anno in più di te, ricordati che è comunque un ragazzino. Inoltre, certe cose fanno male a qualunque età. Hanno fatto male anche alla vostra mamma. E a me.-
Felì annuisce tristemente e gli bacia la guancia. -Grazie, nonno.... ti voglio tanto bene.-
-Te ne voglio anch'io.-
Sentono uno squillo. 
Il ragazzo prende il cellulare e nota un altro messaggio del biondo. 
"Schatz?"
Le sue gote si colorano di un leggero rosso, collegando l'immagine del tedesco alla presenza del nonno. 
-Ah, ma c'è qualcosa che il nonno deve sapere?- domanda il vecchio  ridacchiando. Lui scuote la testa, ma è palese che stia mentendo. -Dai, dimmelo! E' una ragazza? Qualcuno che ti piace?- 
-No.... e sì- le sue guance assumono un'intenza tonalità rossa. 
-Allora è un ragazzo?- 
-Veh, nonno... dici che è una cosa brutta se mi piace un ragazzo?- chiede guardandolo negli occhi, preoccupato dalla sua reazione. 
-L'amore non è mai sbagliato- gli risponde lui. Appoggia la fronte alla sua, poi vi lascia proprio lì un piccolo bacio e lo stringe a sé, forte. -Mai, ricordalo.-

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Capitolo 11
*** Io amo lui, e lui ama me. ***


"Amore mio, ciao! <3" scrive l'italiano al tedesco, di punto in bianco, alle cinque del pomeriggio.
"Ohi <3 Wie geht's?" chiede l'altro. Subito un sorriso gli si stampa in faccia. 
"Sto benissimo! Devo dirti una cosa bellissima! Skype, skype!" gli ordina, mandandogli la video chiamata. Quando lo vede, si mette disteso sul letto, con il volto appoggiato sulle mani, le gambe che si spostano un po'. -Ti devo dire una cosa, vita mia.-
-Was?- domanda lui, il suo computer è invece sulla scrivania. 
-Ma mi fai vedere Dax prima?- domanda con uno dei suoi dolcissimi sorrisi. 
Così il biondo richiama il cane e si alza per prenderlo ma quello vuole giocare così scodinzola un po' e scappa nascondendosi sotto il letto. Ci mette un po' ad acchiapparlo, il ragazzino, ma quando finalmente ci riesce si risiede alla scrivania e può finalmente mostrarlo all'amore suo. 
-Veh! E' fatto enorme! E bellissimo!- esclama il moro con gli occhi che gli si illuminano. 
Il pastore tedesco lecca la guancia al padrone e appoggia le zampe sul suo petto. Lud ridacchia e lo mette giù, con la manica della felpa si pulisce il viso. -Allora, che devi dirmi?- 
-Ho parlato con la mamma ed il mio nonnino. E....- fa una pausa, per creare l'atmosfera giusta. -Posso ancora venire- gli comunica, ridacchiando allegro.
-Davvero? Ma come? Insomma, era quel pezzo di merda che doveva mandarti qui, no?- dice lui, un po' confuso ma felicissimo. 
-Lud! Non dire parolacce, sai che non mi piace- lo rimprovera, senza spegnere il sorriso. -Sì, ed era così. Ma mamma ha detto che ci meritiamo un po' di riposo. Una pausa, sai. Romano non andrà in Spagn...- si zittisce e volge la sua attenzione verso la porta. Qualcuno lo sta chiamando. -Scusami un attimo- gli dice e congedandosi si alza e va dal fratello. 
-Romie? Cosa c'è?- Appoggia una mano sulla sua spalla, l'altro, in lacrime e a petto nudo, stringe la maglietta tra le mani. Ha i brividi di freddo, il capo basso. -Hei?- chiede ancora Felì, facendogli alzare lo sguardo con due dita. -Vuoi aiuto?- soggiunge dolcemente. 
Romano, anche se umiliato, annuisce e si lascia aiutare a vestirsi. L'ennesimo movimento involontario colpisce per errore il fratellino, così lo guarda spalancando gli occhi verdi.
-S-scusami- farfuglia. E' di nuovo in collera col mondo, ma soprattutto con sé stesso. Perché non riesce a controllarsi? 
Felì non dice nulla, abbozza solo un piccolo sorriso rassicurante, la guancia si sta arrossando, ma a lui non importa. Con fare esperto, gli sistema una felpa sulla maglietta, abbinandola bene col resto dei vestiti. -Eccoti, sei perfetto.-
Ma i maggiore dei due stringe i pugni, nervoso. 
-Fratellone, guarda che va tutto bene, non mi hai fatto nul....- un'altra interruzione. 
-Lasciami stare! Voglio stare da solo- esclama girandosi di spalle. 
Così lui sospira lievemente ed annuisce. -Come vuoi...- e dopo avergli baciato svelto la guancia, torna dal suo tutto, Ludwig. 
Un po' più triste, riprende il discorso, che comunque lo riporta su di morale. -Scusa, ho aiutato mio fratello a vestirsi.-
-Tuo fratello?- domanda il biondino corrugando la fronte. -Ma non è più grande?-
-Sì, perché?- chiede l'altro, ancora più confuso. Poi, capisce. -Ah, sì... beh, lui ha il Ballo di San Vito. Sai, è una malattia che viene in seguito ad un forte trauma... o stress- gli spiega. 
L'altro annuisce e sospira. -Mi dispiace... e che comporta?-
-Variazione della scrittura, non si controlla più il proprio corpo, non si riesce a mangiare e a vestirsi. E naturalmente tutto ciò non può che innervosirlo di più- anche lui sospira, pesantemete.  -Sai, abbiamo parlato con la mamma ed il nonno- riprende il precedente discorso. -Romano non andrà in Spagna. Non è il caso che si sposti da solo, ma non vuole stare qui. Ha bisogno di tranquillità. Perciò andrà un po' dal nonno. Con lui sta bene... con lui è felice- gli dice con un sorriso dolce. Adora il suo fratellone e la cosa che lo fa più felice al mondo è vederlo a sua volta contento e sereno. 
Intanto il sedicenne lo ascolta con attenzione, non distogliendo lo sguardo dallo schermo nemmeno per un attimo. Si arrotola sul dito, con fare distratto, il laccetto della felpa, stando seduto scomposto alla sua scrivania. Il sorriso di Feliciano è  la cosa più bella che abbia mai visto e non riesce a distaccare l'attenzione dalla sua figura.
-Allora è un bene- commenta addolcito da quel discorso. Sa che vuol dire essere legati così tanto ad una persona, lui ha Gilbert per questo. 
-Ma io... io posso anche venire in Austria. E guarda cos'è qui, per puro caso- sventola davanti lo schermo un biglietto aereo. Lo avvicina alla webcam e per farglielo vedere meglio, poi lo legge ad alta voce. 
-Gott! A-aspetta, aspetta, quand'è che v-vieni?- farfuglia eccitato l'altro.
-Tra une mese esatto- ridacchia dolcissimo. -Tra un mese saremo insieme... sarò tra le tue braccia....- mormora in tono sognante. 
-Farò il conto alla rovescia, lieber!- dice lui.
-Devo andare, tesoro! Ci sentiamo stasera, eh? Mi sono collegato solo per dirti questo. Questo biglietto me lo ha regalato il nonno, insieme a quello di ritorno.-
-Quanto resti?-
-Dieci giorni- lo informa. -Sembreranno pochissimi... e non riuscirò a lasciarti, già lo so.- 
Il tedesco scuote la testa. -Non importa. Ce li faremo bastare. A stasera.-
-A stasera!- 
 
L'unico problema di Ludwig, è lo zio. 
Come gli spiegherà la presenza italiana? Come dirà, senza fargli capire, che starà  tutto il giorno fuori con l'altro, che non vorrà andare a scuola, che avrà la testa tra le nuvole per giorni? 
Roderich non sa nulla, ancora. Eppure di certo ha capito qualche cosa. E' stato giovane anche lui, sa come vanno certe cose. Insomma, è naturale che il nipote si sia trovato qualcuno. Semplicemente, non sospetta nulla sull'identità di questo qualcuno.
Così quella sera, ovvero circa un'ora dopo, per le diciotto in punto, prova ad accenare il discorso per cena, il ragazzino. 
Addenta un sostanzioso pezzo di carne, lo manda giù, e beve un sorso d'acqua. 
-Zio, senti...- inizia. Si schiarisce la voce. -Ecco, dovrei parlarti di una cosa...- continua senza guardarlo. 
L'austriaco, impeccabile come sempre, si pulisce le labbra con un fazzolettino, stando ben attento a rispettare ogni norma di galateo. -Dimmi pure, Ludwig.- 
-C'è...- le sue gote subito si colorano di un rosso acceso. -C'è una persona che mi piace- sussurra, dandosi coraggio. Deglutisce ancora, nascondendosi poi dietro il bicchiere d'acqua che sta bevendo -di nuovo, sì. 
Se fosse stato in grado di mentire, non gli  avrebbe detto nulla. Purtroppo è completamente privo di questa facoltà perciò nessuna scusa reggerebbe. Di certo un paio di idee in mente gli sono venute. Un corso pomeridiano a scuola, qualche attività con gli amici, qualcosa da fare con Gilbert. Ma niente avrebbe retto e lui lo sa bene. 
L'adulto non si scompone minimamente. -E chi sarebbe questa persona?- domanda pacato tagliando in due un broccolino in due. Ne mangia una metà, attendendo risposta. 
-E'.... viene dall'Italia.- 
-Non mi avevi detto di avere una compagna di nazionalità italiana- alza appena un sopracciglio, abbozzando un'espressione tra il perplesso ed il confuso.
-Non è in classe con me, infatti...- si schiarisce la voce. -Non è una ragazza- dice a bassissima voce. 
Roderich, di nuovo, sta fermo. La sua espressione non si scompone di un millimetro. Semplicemente, si concede qualche secondo di silenzio.  -Capisco.-
Segue un lungo ed imbarazzante silenzio. Il ragazzino lo impiega a finire la sua carte, l'altro a finire i suoi broccolini verde accesso. Chissà dove li ha comprati, quei broccoli, pur di risparmiare!
Riflettendo sulle sue parole, però, corruga la fronte, appoggiando al piatto ormai vuoto le posate, senza incrociarle. -Aspetta un momento. Tu non esci quasi mai al pomeriggio. E se non lo vedi a scuola... dove altro vi siete incontrati?- 
-Ecco, zio...- borbotta a disagio. -L'ho conosciuto su Internet...- 
-Cosa?- 
Per la prima volta nella serata, Rod assume uno sguardo piuttosto severo, che comunque gli è tipico. -Non mi sembra il caso che tu parli con gli sconosciuti, su Internet. Non è una cosa che va fatta, può essere pericoloso.-
-Ma lui è dolcissimo!- ribatte istintivamente, guardandolo. Eccolo di nuovo, farsi tutto rosso in viso. Ma stavolta è deciso a continuare. -Abbiamo parlato tanto. L'ho visto con la webcam, ho delle sue foto... non giudicarci subito, ti prego. Nemmeno il nonno voleva che la mamma sposasse papà, no? Ma insieme erano felici- gli fa notare. 
La sua mamma era austriaca, era appunto la sorella di Roderich. 
Si era innamorata di un tedesco ed era scappata con lui in Germania, ormai maggiorenne, perché i geniori non approvavano la loro unione. Lì si erano sposati e dalle loro nozze erano nati due bellissimi bambini, Gilbert e Ludwig. Si sono tenuti in contatto con lo zio, fin da sempre, ma non si vedevano spesso. Era frequente, comunque, che facessero tutti e quattro dei lunghi viaggi ed una delle mete a loro più note era giusto Vienna.
Il moro sentendosi parlare della sorella deceduta, si sistema stizzito gli occhiali su per il naso e si alza, prendendo entrambi i piatti ed iniziando a lavarli. 
-Come si chiama?- dice, quando riesce a calmarsi. 
-Feliciano Vargas...-
-Anni?-
-Quindici. Siamo coetanei. Ti prego, zio, lascia che....- 
-Ho capito, Ludwig. Dimmi una cosa. Tu lo ami?- 
Essendo lo zio di spalle, Lud si sforza di dire qualcosa, oltre che ad annuire. -Ja, tanto. E lui ama me.- 
Questo è più di quanto volesse confessargli, però la situazione lo ha portato a ciò e non vuole tirarsi indietro. 
L'adulto appoggia nello scolapiatti un piatto bianco in ceramica, andando poi a lavare l'altro. Non lo fa quasi mai, perché non vuole rovinare le mani da pianista. Però è nervoso e deve distrarsi in qualche modo. 
-Ho capito. Allora, l'accoglieremo in questa casa.-
Sul viso del biondo si allarga un dolcissimo sorriso. -Dici davvero?- domanda con gli occhi che gli brillano. Lui annuisce. 
-Danke zio...- sussurra cercando di trattenere la felicità. 

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Capitolo 12
*** Finalmente, davanti i miei occhi, ***


Feliciano è pronto per la partenza. 
Si è vestito di tutto punto. Ci ha messo davvero moltissimo per scegliere i vestiti adatti, li ha cambiati svariate volte e la sua valigia è stata rifatta e sfatta almeno per tre volte. ... al giorno. 
Però è davvero tutto in regola per partire, stavolta.
Quel mese è passato velocissimo. La mamma si è fatta promettere che non sarebbe partito durante compiti in classe o interrogazioni, così si è dato un gran da fare con lo studio, per non lasciare niente in sospeso. 
La stessa cosa, vale per Ludwig. Chissà come, ha convinto lo zio a fargli saltare qualche giorno di scuola. Non sa come ci sia riuscito. Le ha provate tutte. Una di questa, deve aver toccato il tasto giusto. Anche Gilbert, gli ha dato una mano, ma il ragazzino dubita che lo zio si sia convinto per merito dell'albino, anzi, dopo un po' ha pregato perché stesse zitto e non facesse strani e ambigui riferimenti sessuali. 
Forse è merito dei voti altissimi e delle poche assenze, comunque, poco importa. Basta che ci sia riuscito! 
L'italiano, intanto, ha infilato l'ultima cosa in valigia, eccitato ed emozionato, e adesso si sta dirigendo all'aeroporto col fratello ed il nonno. La mamma l'ha già salutata per bene. Gli ha detto di fare il bravo e di farsi sentire ogni tanto.
Ha indosso dei jeans stretti, una maglietta bianca con una scritta nera, un giacchetto nero ed una sciarpa color petrolio. Scarpe e cintura, naturalmente, sono abbinate. 
Mentre è in macchina, picchietta nervosamente le dita sulla propria gamba, la fronte appoggiata al vetro del finestrino. Sono tutti piuttosto silenziosi, ma il nonno ha un sorriso sul volto e dopo un po' chiede al maggiore dei due nipoti, se gli va un gelato. Lui annuisce, in silenzio. 
Anche se non lo ammetterà mai, non vuole che il suo fratellino parta. E' sempre stato abbastanza geloso di lui, forse per via della difficile infanzia che hanno avuto. Fermo al semaforo, si volta verso di lui e lo guarda negli occhi. 
-Stai attento. Chiaro?- gli dice con tono poco dolce, quasi severo, ma il minore lo sa, che è preoccupato per lui. Così annuisce e  gli si avvicina, dandogli un bacio sulla guancia. -Te lo prometto, fratellone.-
Non ci mettono molto ad giungere lì ed in men che non si dica, lui deve passare il check-in. Così abbraccia forte forte il nonno ed il fratello.
-Vi voglio tanto bene- dice loro, con una nota un po' malinconica. 
Li guarda per bene, come se non dovesse vederli più, poi si volta e dopo dieci minuti circa, è già seduto in aereo, qualcuno lo ha aiutato a mettere la valigia sopra il sedile, nell'apposito spazio. Segue distrattamente le indicazioni delle hostess, non è la prima volta che prende l'aereo, però ha un po' paura. Allaccia la cintura e si mette comodo. Prima di spegnere il cellulare, invia un messaggio a Ludwig. "Sono salito ora sull'aereo <3" gli dice. Dopodiché, guarda fuori dal finestrino. Chiude appena gli occhi, con un sorrisetto. 
Ripercorre mentalmente il percorso che hanno fatto insieme. La prima volta che hanno parlato,  le loro confessioni, i ricordi condivisi, i momenti felici, le lacrime, le risate. Tutto quanto. 
Il viaggio gli sembra durare secoli, la voglia di vedere Vienna, ma soprattutto il biondo, è così tanta che non si gode nulla del panorama che ha sotto di sé. Una ragazza con gli occhi azzurro-verdognoli ed i capelli castano rossastro, un'hostess, gli si avvicina e gli domanda se ha bisogno di qualcosa e lui, perso nei suoi pensieri, quasi si spaventa. -No, grazie- risponde educato. 
Finalmente, eccolo, l'aeroporto. L'atterraggio non è proprio perfetto, l'aereo saltella un po', però il ragazzino è troppo felice per accorgersene. Non riesce a smettere di sorridere. Con gran fretta, acchiappa il giubbotto grigio con una mano e domanda aiuto, in tedesco, ad un signore di circa cinquant'anni, che gli prende la valigia e la scende da quel posto così alto dove proprio lui non arriva. Menomale che è piuttosto estroverso, sotto un certo punto di vista. Ci mette un po' ad arrivare all'uscita dell'aereo, decisamente troppi minuti, ma quando i deboli raggi del sole gli illuminano il viso, indossati sulla nuca gli occhiali da sole, si affretta a scendere le pericolose (perché alte e strette) scale per arrivare al pavimento. 
Un altro quarto d'ora e si ritrova davanti un centinaio di persone. Cerca con lo sguardo lui, il cuore gli batte fortissimo. 
E dov'è il biondo? E' là, è là. 
Anche il suo cuore sembra uscire dal petto, tanto batte forte. 
Sebbene di solito non gli importi molto, si è dato da fare per sistemarsi e lo hanno notato un po' tutti. Una sua amica, quella certa Eva, di cui Felì è gelossissimo,  gli ha anche dato dei consigli, ma lui non si vedeva bene vestito con pantaloni neri stretti stretti e altre cose aderenti, ci ha provato, ma si sentiva a disagio. Così per quel giorno così importante, ha indossato dei pantaloni beige, una maglietta bianca con lieve scollo a V ed una camicia a jeans aperta. Ancora non fa troppo caldo, quindi ha dovuto portare il giubbotto con sé, ma il nervosismo gli ha consigliato di lasciarlo in macchina. 
Sì, in macchina. E' venuto lì con Gilbert -altrimenti come arrivavano i due dall'aereoporto alla casa dello zio? Magari avrebbe potuto accompagnarli Rod, ma entrambi i nipoti hanno dubitato che la sua vecchia, decrepita macchina riuscisse ad arrivare lì e tornare, senza contare che avrebbe dovuto spendere dei soldi e questa prospettiva non gli piace per nulla. Per un periodo si è addirittura messo a rattoppare le mutande!
Ma adesso niente di tutto questo conta. 
Lud si schiarisce la voce, spuntando dietro di lui. Ha riconosciuto il ciuffetto. 
-Feliciano?- lo chiama, il capo un po' basso, ma gli occhi fissi sulla sua figura. Ha una specie di strano sorrisetto enigmatico, che per una volta non vuole nascondere. 
Sentendosi chiamare da quella voce che ha sentito solo via Skype, quello si volta di scatto e spalanca gli occhioni nocciola guardandolo. Abbandona lì il giubbotto che casca per terra e la valigia e gli butta la braccia al collo, abbracciandolo forte. 
-L-Ludwig!- dice, affondando il viso al suo petto. Quanto ha desiderato tutto questo? Quanto ha voluto stringerlo a sé e lasciarsi stringere? 
Ed ora il sedicenne ricambia la stretta leggermente a disagio, non se l'aspettava, ma felice.
-Com'è andato il viaggio?- gli domanda.
-Gut! Sehr gut!- risponde l'italiano. Sì, è andato abbastanza bene, dice la verità. Non gli mentirebbe mai, comunque. -E tu? Come stai?- mormora guardandolo negli occhi. 
-Benissimo...- risponde l'altro. -Benissimo.- 
Si china per prendere il suo giubbotto e glielo porge, dopodiché, fa un cenno all'uscita dell'aeroporto. -C'è mio fratello. Ci porta da mio zio. Andiamo?- 
L'italiano annuisce e prende il giubbotto grigio e la valigia blu scura, ma sente presto la mano dell'altro sfiorare la sua e prendere la suddetta valigia. Vuole portarla lui. Così Felì sorride dolcissimo e lo guarda, standogli vicino, lasciandolo fare mentre escono da lì. Osserva poi tutto ciò che lo circonda: il bar, le persone, le insegne, i cartelli stradali, quelli che ci sono al parcheggio, il cielo di Vienna. Che bella, la capitale austriaca. 
-Sei stanco? Hai fame?- gli domanda il più alto. 
Lui scuote la testa, ma poi annuisce. -Un po'...- allo sguardo interrogativo dell'altro soggiunge: -... di entrambe.- E continua a sorridere. 
Si avvicina all'automobile dell'albino, che sta fumando una sigaretta appoggiato al cofano e guarda alcune belle ragazze spagnole più in là, in modo vago e distratto. Si ritrova a fissare i loro sederi. 
-Gilbert!- lo rimprovera il minore richiamando la sua attenzione. Il moro ridacchia e saluta il ragazzo con la mano. -Ci..Hallo- dice, socievole. 
-Hallo! Tu devi essere Feliciano, giusto? Gilbert, il Magnifico- gli porge la mano, poi il pacchetto di sigarette. 
-Non fuma- lo informa il fratellino, sistemando nel portabagagli la valigia. L'albino gli passa vicino ed offre a lui una sigaretta. -Lo sa che fumi?- chiede sottovoce. 
Lui lo guarda decisamente male. -Io non fumo, idiota.-
-Ah, no?- domanda il più grande, scettico, col suo solito ghigno. -Avrei detto il contrario. Kesesese!- 
-Faccio un tiro ogni tanto, quando sono con te, ma non lo faccio con nessun altro- dice chiaro e conciso, sedendosi in macchina vicino al ragazzino appena giunto in quella città.
Partono, dirigendosi svelti verso la casa di Roderich, che si trova in bel quartiere, pulito e sistemato, con un grande parco alle spalle ed un libreria vicina. 
Iniziano subito a parlare del più e del meno, colui che guida si fa i fatti suoi e non li disturba, ma canticchia tra sé una canzone dei Rammstein che sente alla radio. 
-Romano come l'ha presa?- 
-Così così... era un po' preoccupato, ma adesso andrà dal nonno, perciò lui lo tranquillizzerà- sorride, ancora, sì. 
Manda un messaggio alla mamma, dicendole che è andato tutto bene, che è con Lud e suo fratello e stanno andando a casa. Le manda un bacio, poi invia il tutto e mette da parte il telefono.
Il quartiere di Lud gli piace tantissimo. Sembra esserci tanta gente simpatica e sistemata; le strade sono pulite ed è tutto molto bello ed artistico. Forse è solo una sua impressione. Quando, anni prima, Lud si è recato lì, dopo la morte dei suoi genitori, lo ha visto in modo molto diverso. Gli sembrava tutto freddo, forse perché era pieno inverno o forse perché il sole a casa sua splendeva sempre, anche a meno dieci gradi. 
Se Gilbert non è affatto stato un problema ma, anzi, una piacevole sorpresa, tutti appena scesi dalla macchina, temono per Roderich. Messo giù anche il bagaglio, l'albino saluta entrambi e dice a Lud che l'avrebbe presto richiamato. Naturalmente, se ha bisogno di qualcosa, può chiamarlo pure lui, per primo, anche solo per parlare. 
Già dal pianerottolo, si sentono le note di Mozart dall'appartamento del primo piano. Prendono le scale ed il biondo trascina questa valigia fino a lasciarla una volta davanti casa. Prese le chiavi, apre la porta. 
Feliciano entra svelto e si guarda attorno. 
-Allora è qui che abiti! Che bella!- con curiosità si avvicina per prima cosa alla cucina. -Oh, la cucina è enorme, che bello- mormora felice. Cucnare è una delle cose che ama di più fare, ma la cucina che c'è a casa sua è piccola perciò non ha molto spazio per le sue creazioni. 
-Prima di presentarti lo zio, che sta suonando, ti presento Dax. Komm- gli fa cenno di seguirlo ed apre la porta della propria camera. Fortunatamente, non vi è alcun danno stavolta, il cane apprende in fretta ciò che non deve fare. Ed è proprio il cucciolo che salta addosso al padrone felice, poi annusa l'italiano e fa le feste pure a lui, leccandogli tutto il viso, occhi e bocca compresi. E lui ride di gusto, dolcemente, abbracciando il pastore tedesco e ricambiando il suo affetto, come meglio sa fare. Poi, quando riesce ad alzarsi, osserva curioso la stanza. 
-Quindi è da qui che mi parli...-commenta distratto sedendosi sul bordo del letto. Vi si distende, i piedi appoggiati sul pavimento, le mani dietro la nuca. Chiude un attimo gli occhi, poi sbadiglia. Ha un po' sonno, ma non ha la minima intenzione di perdersi un giorno come quello e dormire. Così si lascia condurre nella camera degli ospiti, lì abbandona giubbotto, valigia e sciarpa, poi, dato che lo zio non suona più, possono andare finalmente a salutarlo. Di nuovo il cuore di Lud batte forte. 
Felì però è tranquillo e fiducioso. Quando lo vede, gli sorride con un piccolo sorriso dolce e lo saluta in modo molto educato. 
-E' un piacere conoscerti, Feliciano- gli dice l'austriaco accompagnando le parole ad un cenno del capo, intanto sistema i suoi spartiti brevemente, poi rivolge tutta l'attenzione solo ed esclusivamente a lui.
-Il piacere è mio- risponde il ragazzino. Osserva con la coda dell'occhio il pianoforte, meravigliato, stupito, chissà come mai, ma non osa toccarlo.
-Dimmi, sei stanco? Vorresti risposare?-
-In effetti, sono un po' stanco... ma non voglio dormire- gli confessa tranquillo, guardando poi Lud ed il sorriso si fa spontaneamente più ampio. 
-Sono quasi le sei- interviene il biondo. -Ceniamo con calma e poi vai a dormire, domani mattina abbiamo tutto il tempo di stare insieme.-
-Non hai scuola?- 
-Nein, lo zio mi ha concesso di non andare. Anche se venerdì dovrò farlo, perché ho compito- gli spiega. Rod ha appena saputo questa cosa ed è fiero che il ragazzo voglia andare comunque a scuola, prendendosi le sue responsabilità. Lascia quella sala, richiudendosi la porta alle spalle, solo quando i ragazzi sono usciti e va a preparare la cena. 
Intanto, i due, nella camera degli ospiti sistemano il contenuto della valigia, ridacchiando allegri. 
La prima cena passa tranquilla, non si parla di nulla in particolare, ma ci sono tanti piccolo sorrisi, anche appena accennato o trattenuti. 
E Felì, esausto da tutte quelle emozioni e dal viaggio, si addormenta quasi subito, nella camera accanto quella di Ludwig. 

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Capitolo 13
*** Giorno I: La Bella Vienna. ***


Dormono tutt'altro che sereni. 
Anzi, non dormono affatto. Entrambi vogliono alzarsi ed andare l'uno dall'altro per tenersi stretti un po' e parlare; Felì vuole sentire di nuovo la sua voce, mentre il biondo vuole vedere ancora quel sorriso. 
E' lui il primo ad alzarsi, la mattina seguente e spalanca l'armadio, ancora in boxer e canottiera, per decidere che indossare. Opta per un paio di jeans, una maglietta ed una felpa. Indossato ciò, si sistema i capelli davanti lo specchio del bagno, dopo aver fatto la doccia e lavati i denti ed infine, quando si ritiene soddisfatto, esce per andare in cucina. Lo zio sta per uscire, lo saluta sbrigativo e gli lancia un'occhiata piuttosto eloquente. 
-Cercherò di arrivare prima, questa sera- gli dice prima di richiudersi la porta alle spalle. 
Il nipote annuisce e prepara la colazione. Il giorno precedente Roderich ha fatto una torta, perciò ne sistema due generose porzioni in due piatti, accompagnate dal succo di frutta e da fette di pane e burro. Sistema anche del salame e del prosciutto lì vicino, perché questa è la tipica colazione tedesca, che non si preoccupa di accostare dolce e salato.
Quell'odore di salumi al primo mattino, però, fa subito storcere il naso all'italiano, quando esce dalla camera degli ospiti, anche lui già vestito con blue jeans scuri, una maglietta ed un cardigan grigio. Va velocemente in bagno, trovandolo libero entra e lava i denti col proprio spazzolino e sistema i capelli con una mano, dopo aver lavato anche il viso. 
Bussa in camera del ragazzo biondo, ma non trovandolo lo cerca disorientato per la grande casa, in cucina. Casa che è stata dall'austriaco ereditata (non avrebbe pagato tanti soldi d'affitto, è stato un colpo di fortuna avere un nonno con un appartamento tanto grande nella capitale viennese.) 
-Hei...- lo saluta con un sorriso. Lo sguardo si posa sulla tavola ricca di piatti gustosi. -Che bontà!- esclama poi, avvicinandosi a lui. Si appoggia al tavolo col sedere e porta le mani sul suo petto, per sistemargli con gesto affettuoso la felpa. E Lud si ritrova subito ad arrossire sulle gote e a distogliere lo sguardo. -Ha...hai fame?- gli domanda spostandosi un poco. 
Lui si affretta ad annuire, nascondendo con la mano un sorrisetto divertito, quindi si siede al tavolo ed osserva con occhi che quasi gli si illuminano la fetta di Sachertorte che trova davanti a sé. Superato l'imbarazzo iniziale di quella situazione nuova, si lascia convincere dall'altro che sta facendo chissà che in frigo ad addentare la propria porzione. Chiude gli occhi godendosi quel sublime boccone. 
-E'... è ottima!- esclama fissando il biondo con occhi dolci. -L'hai fatta tu?-
-Nein. E' opera di mio zio- gli dice, in italiano eccetto per la prima parola, ma marca decisamente la zeta perciò il moro lo corregge, con fare per nulla severo. 
-Che vuoi fare oggi?- continua Ludwig sedendosi di fronte a lui. -Giro turistico?
Il più piccola scrolla le spalle. -Mi va bene qualsiasi cosa, basta che stiamo insieme- gli risponde. 
Se il sedicenne ha decisamente più pudore, lui è sicuramente più diretto ed estroverso. No, non c'è malizia in quello che fa, né c'è nelle occhiate, né nelle parole. Semplicemente è sé stesso con chi sa di poterselo permette. L'altro, invece, è indubbiamente più timido e gli serve tempo per abituarsi alla situazione.  Oltretutto, di presenza, parla poco. 
Con calma consumano la colazione, ridendo perché il pastore tedesco si siede ai loro piedi e li fissa, cercando di poterci ricavare un extra, l'italiano glielo concede; poi sparecchiando insieme e vanno a prepararsi per uscire, più che altro devono solo mettere qualcosa dentro gli zaini. 
Lud prende il proprio, quello di scuola, uno zaino blu scuro pulito e sistemato e vi sistema dentro dell'acqua, delle merende, dei fazzolettini ed altre cose utili. 
Felì, invece, è più pratico e si trascina dietro una cartina della città, insieme ad altri oggettini che lui ritiene indispensabili, come la macchina fotografica. E' meglio viaggiare leggeri, comunque, anche perché hanno molta strada da fare a piedi. 
Dunque salutano per bene Dax che però non sembra intenzionato a lasciarli andare. 
-Portiamolo con noi!- propone il moro, pregando l'altro ragazzo con lo sguardo. Lui ci pensa per un pochetto, poi guarda negli occhi entrambi, cane e amico ("amico!"), e suo malgrado, scuote la testa. Devono visitare i musei, i monumenti della città, il palazzo imperiale e lui non può rimanere fuori da solo come di certo non può entrare.. Lo coccolano un altro po' ed escono di casa. Hanno con loro due ombrelli, ma la primavera è iniziata e probabilmente non pioverà. Il tempo tuttavia non promette troppo bene, è grigio, è cupo.
-Prima tappa?- si sente chiedere, così fa un attimo mente locale dei posti vicino, nelle settimane precedenti ha immaginato il percorso da fare mille e più volte. 
-Conosci Hundertwasser? Fu architetto, pittore e scultore. Le sue opere sono davvero strane, ma belle. Ti porto a vedere qualcosa di lui, dopodiché passiamo al Museo delle Belle Arti e al Museo dell'Abertina. Non so se riusciremo a vedere altro, perciò per adesso adattiamoci a questo, d'accordo?-
-Signorsì!- risponde lui tutto felice di sentire i nomi dei musei e di quell'uomo che lo affascina già moltissimo. 
Nel quartiere Landstrasse, il primo in cui si recano i due ragazzi, l'artista ha costruito case dai colori strani e dall'assetto bizzarro, per valorizzare un po' il quartiere degradato. Le sue costruzioni hanno strane scale a chiocciola e dossi e niente sembra comune. Si dice che lui abbia dato vita alle costruzioni più eccentriche dell'Europa intera. 
L'italiano ne rimane affascinato, fa molte foto, spalancando gli occhi nocciola, dolci, spessissimo, mentre le labbra si modificano in una piccola O sorpresa. Le sue costruzioni non seguono le convenzionali idee dell'uomo, ma piuttosto quella che la natura, superiore, impone ad esso. 
Dopo essersi immersi per un'ora circa nel gioco di colori e magia dell'artista austriaco, si spostano con la metropolitana per andare a visitare alcuni dei musei più importanti della città. 
La felicità di Felì è immensa: lui ama l'arte, in tutte le sue forme, ma principamente ama il disegno e la scultura. 
-Il Museo delle Belle Arti di Vienna, non è forse tra i più noti, ma vale la pena visitarlo. E' stato costruiti nel 1891 per accogliere le collezioni della casa imperiale. Dopo, ti porto a vedere il palazzo degli Asburgo- gli spiega tenendosi con una mano, distratto, al palo della metrò, per non cascare via, l'altra mano in tasca. 
Il moro annuisce sorridente, preparando in mano già la macchina fotografica. 
Quando giungono davanti il museo, inizia a scattare moltissime foto, ma deve prima riprendersi da tanta bellezza: il palazzo stesso è un'opera d'arte, a suo parete. La cupola, le finestre che si affacciano su quel giardino così ben curato e così bello, sono una meraviglia. 
Lì dentro, poi, si perde per almeno due ore. E non vorrebbe più uscire, continua a tirare Ludwig e dirgli di guardare ora questo ora quello e l'altro, ridacchiando appena lo segue ed annusice. Quest'ultimo, d'un tratto si accorge che l'altro gli sta stringendo la mano così lui osserva le loro mani congiunte e stupito lo guarda per un lunghissimo istante negli occhi, in modo particolarmente intenso. 
-E' meglio se... andiamo- gli dice accennando un piccolo sorriso.
Quella presa viene sciolta. 
Escono dal posto e si fermano in un panchina lì fuori per fare un pausa. 
Il moro prende tra le mani una merendina e la mangia velocemente, mentre l'altro è decisamente più lento e la sgranocchia distratto, con calma. Bevono un po' d'acqua e ripartono. 
Quando giungono davanti al palazzo imperiale, è quasi ora di pranzo. 
-Entriamo, poi ti porto a mangiare qualcosa di tipico- gli dice lui, guardandolo con la coda dell'occhio ed ecco l'ennesima carrellata di foto artistiche. 
Il palazzo, se potesse parlare, annuncerebbe al mondo la signorilità e l'eleganze dell'animo viennese, con le sue 2500 stanze si erige maestoso e si riflette nello specchio d'acqua che vi è ai piedi, attorniato dal verde degli alberi e dalle tonalità colorate dei fiori. 
-Hei, Lud, ci pensi? La principessa Sissi ha vissuto qui per così tanti anni- dice in tono sognante. -Immagina quei tempi... tutta quell'eleganza, il galateo, i balli -il valzer!- per non parlare degli inviti a corte e le passeggiate a cavallo e del passare i pomeriggi a discutere di arte e letteratura. Non sarebbe splendido?-
-Se aggigungi le battute di caccia- commenta lui, facendolo cascare con i piedi per terra così bruscamente da farlo ridere. Ritorna più serio, dopo aver ridacchiato appena. -Sì, sarebbe bello... e gli intrighi di palazzo- continua. 
-E gli amori proibiti. Quelli nascosti di due amanti che s'incontrano la notte per gioco ed il giorno non possono neppure guardarsi perché il loro amore non è concesso- soggiunge lui, guardandolo negli occhi. 
Sono un po' nascosti anche loro due dal mondo, in questo momento. Se ne stanno dietro una siepe, forse in un posto dove neanche possono stare, ancora prima di aver visitato l'edificio possente e regale. 
-Ma io scommetto che a loro non importerebbe molto. Magari sì, agirerebbero furtivi per le sale dopo la mezzanotte però poi si lascerebbero andare- mormora sottovoce il biondo, avvicinandosi istintivamente a lui. Non è più sicuro di stare parlando dell'ipotetico e platonico amore tra un principe ed una principessa o comunque due appartenenti alla famiglia reale e alla sua corte. No... è qualcosa di più intenso e diverso, che Feliciano capisce subito. Gli si avvicina ancora un po' anche lui e porta le braccia attorno al suo collo per stringerlo a sé. Ed il biondo, più alto, si china un po' per colmare quei centimetri di differenza, cingendogli con le braccia i fianchi. Socchiude gli occhi. Non vuole nient'altro che le sue labbra, adesso. I loro visi sono già molto vicini, tuttavia non sa bene come comportarsi. 
Nessun problema; lo sa il moro, che è più spontaneo. Mettendosi sulle punte, si alza un poco ed appoggia le labbra alle sue, chiudendo gli occhi, la mano si stacca dall'altra e si appoggia sualla sua guancia. In un primo momento, il bacio, quasi fosse qualcosa di inaspettato, non viene ricambiato, poi però contribuiscono entrambi a quel dolce momento, che vorrebbero non finisse mai. 
Felì si stacca da lui dopo un po', rimamendo comunque vicino a lui, con un piccolo sorriso. 
-Ti amo- gli sussurra. 
-Ich auch...- risponde l'altro, più deciso. E' proprio lui, infatti, che appoggia di nuovo le labbra alle sue, dandogli un secondo bacio, più sicuro e intenso ma anche più breve. Dopodiché gli prende la mano e fa un cenno all'entrata del palazzo. -Dovremmo entrare.-
Fé si trova d'accordo; sistemato lo zaino Eastpak sulle spalle, dunque, intreccia le dita alle sue ed insieme s'incamminano verso l'entrata del palazzo, per visitarlo e continuare con i loro filmini mentali da adolescenti, che però non esternano più. 
Si lanciano quache sguardo dolce, intanto che osservano i quadri e le ricchezze del luogo. E la presa delle loro mani, non accenna a staccarsi. Il tedesco ogni tanto vorrebbe farlo in realtà, perché sente gli occhi di tutti addosso, eppure si trattiene. Non deve mica vergognarsi di quello che è, no? Suo fratello e i suoi genitori glielo hanno sempre insegnato. Infondo, è solo una sua impressione quella che tutti lo stiano guardando. Solo una ragazzina, lo guarda con gli occhi quasi a stellina, poi lei abbassa lo sguardo e vede quella presa che significa solo una cosa; è allora che, rimanendoci male, sospira affranta distogliendo lo sguardo.  
Lui si ritiene soddisfatto senza sapere il motivo preciso, perciò si volta e bacia la guancia del ragazzo di cui si è innamorato, che si volta appena verso di lui arrossendo e stringe la presa, ancora.
Usciti da lì, si diriggono verso il Museo dell'Abertina, anche qui il ragazzo proveniente dal nord Italia fa moltissime foto e, di nascosto, anche qualcuna al biondo. Orgoglioso del suo operato, ripone gelosamente la macchina fotografica nell'apposita custodia. 
Si fermano a pranzare fuori, in un posto carino ed economico che però fa anche ottima cucina tipica austriaca e mangiano la Griessnockerlsuppe, ovverosia una zuppa con gnocchetti di semolino. 
Feliciano è certo di una cosa mentre mangia quel piatto dal dubbio sapore: la cucina italiana non la batterà mai nessuno. Certo, non è male. Poteva anche andargli peggio. 
Dopo pranzo fanno un giro per la Mariahilifer Strasse, una via piena di negozi d'abbigliamento e profumi, nella quale però non si soffermano più di tanto. 
-Sabato, se ti va, ti porto al Naschmarkt. E' un mercato che si tiene solo il sabato. Ci sono un sacco di cose strane- gli spiega il sedicenne. 
L'altro si mostra entusiasta. 
Visitano un ultimo edificio: il duomo di Santo Stefano. E' una chiesa dall'insolito stile, i toni giocano tra il chiaro scuro, è tetro e vivace allo stesso tempo. A Felì, che è molto religioso, piace davvero tanto.  Qui si limita con le foto, perché si perde in quel luogo sacro, meravigliato da tanta bellezza. 
Sono circa le quattro del pomeriggio, quando finiscono il giro turistico. 
Sfiniti da tutto quel camminare, si siedono in un parco e rimangono un po' lì. 
Il quindicenne tira fuori il suo blocco da disegno e poggiandoselo sulle gambe inizia a fare qualche schizzo. 
-Lud, posso farti un disegno sullo zaino, col pennarello indelebile?- gli domadna con gli occhi fissi sul proprio disegno. 
Il tedesco non ama particolarmente queste cose, preferirebbe che il suo zaino rimanesse candido e pulito, sistemato e ordinato. Ma qualcosa gli dice d'accettare. C'ha le mani d'oro, il suo ragazzo per cui non vede motivo per dir di no. Sarà belle avere un po' di lui ogni giorno, anche tra i banchi di scuola.
-Lo porti sempre con te?- gli domanda l'altro, prendendo l'ipod dalla tasca dello zaino e srotolando le cuffie grandi e nere. 
-Sì! Sempre. E tu?- risponde lui, facendo un cenno allo strumento per ascoltare la musica.
-Sì, sempre.-
-Sarebbe bello viver qui, tra un paio di cuffie ed un foglio bianco- commenta distratto. 
-Già. Sarebbe bello, poterlo fare.-


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Capitolo 14
*** Giorno II: Un po' di noi. ***


Tornati a casa dopo quella lunghissima passeggiata, erano davvero molto stanchi, così, dopo aver coccolato per bene il cucciolo, Felì è andato a fare una doccia mentre Lud ha sistemato entrambi gli zaini, litigando con Dax per il biglietto del Museo delle Belle Arti. E' un ricordo, non vuole mica che se lo mangi! Così lo ha messo al sicuro, dopo aver finito di rassettare il tutto, a piedi scalzi tra la sua camera e quella degli ospiti. 
Sentendo bussare alla porta aveva aperto ed aveva accolto l'italiano nella sua stanza così, insieme, si sono messi sul letto ben comodi a guadare una serie poliziesca austriaca, quella del Commissario Rex. E il pastore tedesco, quello del biondo, era disteso comodamente sui loro piedi. Di tanto in tanto apriva un occhio solo, leccava un po' entrambi e tornava a dormire. 
Dopo la cena hanno guardato invece un film horror e non sono mancate le parti in cui Feliciano si è stretto all'altro, istintivamente, in un momento di paura, un po' perché spaventato lo era davvero, un po' perché voleva stargli vicino. 
Si sono dati solo altri due baci, a stampo: durante il film, quando il moro in un momento di terrore ha affondato il viso sulla sua spalla e poi, rialzandolo, si è trovato vicinissimo a lui, ed il secondo quando è andato a dormire, circa a mezzanotte, per augurargli dolci sogni.
 
Adesso è mattino presto, saranno circa le sei, e Roderich non è a casa. 
Lo hanno entrambi sentito uscire prima e richiudersi la porta alle spalle, il lavoro come professore presso il Conservatorio di Vienna, deve averlo stranamente reclamato prima del dovuto. Chissà cos'è successo. 
Comunque sia, Felì, che di solito dorme nudo o con poco addosso, si è appena tirato  a sedere sul letto e si sta sistemando i capelli e la maglietta larga con una mano; infila dei pantaloni comodi e, dopo aver controllato per l'ennesima volta di essere in ordine,  sgattagliola fuori dalla camera per andare da lui. Bussa e poi fa capolino con la testa; sorride notandolo sveglio. -Posso?- domanda.
-Certo... entra- risponde lui mettendosi seduto. Ha indosso una canottiera e dei pantaloni, nulla di ché, al collo porta la Croce Teutonica dalla quale non si separa mai. 
Il moro si avvicina al letto e si siede sul bordo, sussurrandogli: -Buongiorno...- in italiano. 
L'altro avvicina timido le labbra alle sue, ricambiando così quelle parole, e facendolo sorridere. 
-Ho ancora un po' sonno- esclama Feliciano.
Il tedesco appoggia una mano sul letto, facendogli così cenno di distendersi, anche se, effettivamente, la cosa imbarazza entrambi. Tuttavia, nessuno dei due ha ambigue intenzioni, non al momento, almeno.
Nel giro di due minuti si ritrovano vicini, seduti sul cuscino, che si guardano negli occhi.
-Ci pensi? Alle nostre vite... succede tutto così velocemente. Quei bulli ti hanno picchiato, poi il mio patrigno ha picchiato me e mio fratello. Ed ora siamo qui. E'... è assurdo- commenta distratto il più piccolo. 
-Ja, ich weisse...-
Il primo avvicina il naso al suo per gioco, poi gli da un piccolo bacio sulla guancia, infine appoggia la guancia sulla sua spalla. -Avrei tanto voluto averti con me... ho paura che quando tornerò succederà ancora.-
-Non succederà più, tuo nonno lo ha mandato via, ricordi?- gli sussurra lui, cingendogli le spalle con un braccio.
-Lui è andato via. Ma... se ne venisse un altro? Mia madre non è forte abbastanza per stare sola.-
-Lo dirai a tuo nonno e lui manderà via tutti quanti. Inoltre, ci sarò io a dirti di farlo.-
-Sei di una dolcezza infinita- commenta Felì sottovoce e gli prende il volto tra le mani appoggiando di nuovo le labbra alle sue, dopodiché si abbandona al suo petto, rivolgendogli la schiena. Chiude gli occhi. 
-Ho paura, Lud.-
-Te l'ho detto, andrà tutto bene- risponde lui, abbracciandolo da dietro, sempre entrambi seduti sul letto.
-Non è quello... ho paura di non rivederti.
Dal suo silenzio, capisce che la paura è condivisa. 
Gli viene in mente un'idea, come un'intuizione, qualcosa che sente in dovere di fare, qualcosa che va fatta. Scappare. 
-E se scappassimo di casa?- chiede d'istinto, senza pensarci. -Non dovrei più tornare a casa mia e potremmo stare insieme, sempre. Oltretutto dubito che tuo zio ti farà partire.-
-E non ci pensi a tuo fratello? A tua madre, tuo nonno- ribatte l'altro, più razionale. 
Così lui si volta e lo guarda negli occhi, deciso. 
-Perché deve sempre pensare agli altri? Passo ogni giorno della mia vita a pensare alla felicità altrui e mai alla mia. Devo studiare ogni giorno per non fare dispiacere mia madre, prendermi cura di mio fratello e della casa, devo fare per mio nonno questo e quell'altro, per le mie compagne i compiti perché loro copino, per la ragazza disabile in classe mia, Laura, ricordi?, devo fare delle cose a casa così che a scuola possa aiutarla. E sta solo con me. E devo fare sempre di tutto, per tutti. E a stento ricevo un grazie. Da mio fratello, poi, ottengo solo cattive risposte volgari. Perché non posso essere felice col ragazzo che amo?-
Il suo discorso non fa una piega e ben presto Lud, già alle prime parole, lo condivide a pieno. Anche lui ha ottimi voti, studia perché gli piace, ma anche per dare soddisfazione allo zio che, povero, lo ha accolto.  Lo ha accolto perché era solo, sì, ma il ragazzo non vuole la sua pietà. E suo fratello, infondo, non se ne frega di lui? Inizia a pensarci su seriamente. 
Non c'è mai, si fa sentire poco o nulla, quando spunta sta per poche ore, dopo riparte. 
E allora sì, perché non può stare con Felì per un po'? Perché non possono mettersi gli zaini in spalla e farsi una vacanza da soli?
Quasi sta per annuire, ma poi il suo raziocinio glielo impedisce. C'è qualcosa, in quel piano, che non lo convince.
-E come vivremo? Con quali soldi?-
-Oggi devi andare al lavoro, no?-
-Ja...-
-Tu vai, io penso a qualcosa in quelle poche ma lunghe ore che ci separano, intanto mi faccio un giro per Vienna- gli risponde l'italiano sorridendo dolcemente.
-Mi dispiace lasciarti solo, sia oggi che domani mattina, ma ho da fare un compito...-
L'altro scuote la testa. Non gli importa molto. 
Così mentre fanno colazione, il biondo ha davanti a sé il libro di scienze, e Felì sta seduto sulle sue gambe con il cellulare in mano ed un po' di torta tra i denti. Si avvicina a lui e fa delle foto, ma l'altro non è molto d'accordo e non ne è convinto nemmeno un po'. Quando sta per ribattere, lui assicura che non le metterà su facebook.
La mattinata passa velocemente, il moro lo aiuta a ripassare e gli fa alcune domande, seduto scomposto sulla sedia girevole della scrivania di Ludwig, il quale, ansioso per il compito, continua a chiedergli: -Ho detto bene?- oppure: -Ho dimenticato qualcosa?- 
Alla fine il quindicenne si ritiene soddisfatto e chiude il libro abbandonandolo pigramente sul tavolo. -Sai tutto a memoria- lo rassicura. 
Non fanno molto altro, prima di pranzo, escono a giocare con Dax nel parco vicino casa, fa freddo, così si vestono con abiti più pesanti, con tanto di sciarpa e cappellino. 
Con loro hanno portato una merenda, così quando il loro stomaco brontola, si siedono su una panchina per mangiarla. 
Il cane si ferma ai loro piedi e li osserva, seduto composto, con occhi dolcissimi. Entrambi gli concedono un po' del loro spuntino. Intanto però il tempo è peggiorato ed inizia a nevicare: piccoli cristalli di ghiaccio scendono dal cielo con una graziosa danza e si posano sui loro cappelli, sulle loro sciarpe, sui guanti e sui giubbotti. 
-Sarà meglio rincasare- dice il biondo.
-Aspetta! Facciamo una foto?-
-L'ennesima?- continua stupito. Ma come resistere a quel paio d'occhi? Si lascia convincere e si mette vicino lui, gli prende il viso con una mano e chiudendo gli occhi lo bacia. Anche l'altro chiude gli occhi e la foto viene davvero bellissima, con quel fiocco di neve venuto per metà, di lato, e loro con quell'espressione serena. Non è l'unica foto che fanno ed in alcune, presenzia anche il cane. Felì ha paura di dimenticare quei momenti e vuole fotografarli tutti.
La neve sciogliendosi procura una certa sensazione fredda, quindi appena tornano a casa si mettono davanti la stufetta e si scaldano, ormai liberi dai giubbotti. 
Ecco arrivato il momento per il tedesco di andare a lavoro. Infila di nuovo il tutto coprendosi per bene e, malgrado quel lieve senso di disagio che non vuole proprio andare via, si lascia sistemare dall'altro, dopo esce di casa. 
 
Arrivato alla pasticceria-panificio, la prima consegna da effettuare, è stata ordinata da Frau Scherr. La vecchia donna, ha ordinato un gigantesco vassoio di biscotti, il ragazzo si chiede cosa voglia farci, dato che è sola, ma non fa domande e va a casa sua. 
Quando giunge, bussa alla sua porta, per fortuna non ha il pomeriggio troppo pieno e se servirà potrà fermarsi a parlare con lei almeno un poco. 
L'anziana apre tutta contenta di indossare quell'abito nuovo, di colore scuro, con quel paio strano di scarpe dalla provenienza forse persiana. 
Ludwig le porge il pacchetto vivacemente colorato di rosso e di giallo con il solito piccolo sorriso; quella donna gli fa tenerezza. 
Lei lo prende e subito lo apre. Lo appoggia al tavolinetto vicino l'ingresso e mangia un biscotto con le gocce di cioccolato, tanto buono che lui quasi ha l'acquolina in bocca. Frau Scherr gusta il suo biscotto con lentezza, poi paga quel che deve e lascia al ragazzo delle consegne una buona mancia, accompagnata da qualcuno di quei biscotti. 
-Dimmi, caro, come hai detto che ti chiami?-
-Ludwig, Frau Scherr.-
-Dimmi un'altra cosa, Ludwig. Sei innamorato?-
Il biondo, decisamente sorpreso, annuisce con fare distratto, non troppo convinto. -J...ja...
-Non devi avere paura di amare, è una bella cosa. Devi inseguire l'amore dovunque andrà e soprattutto non lasciarlo mai. Mai, mai, mai. Hai capito?-
La mente del sedicenne lo riporta subito alla discussione avuta con l'amato quella mattina presto. -Ma..i?- chiede incerto.
-Mai! Potresti non ritrovarlo più e pentirtene per tutta la vita.
Che lei stia leggendo nei suoi occhi azzurri tutta la sua titubanza e la sua preoccupazione? Comunque sia, lui dopo qualche minuto torna in pasticceria, ancora mangiucchiando uno di quei dolcetti che gli è stato donato. Questo era con la glassa celeste, a forma di omino.
Ha altro da fare, per tutto il dì, o almeno per quelle quattro ore lavorative che gli toccano, durante le quali non smette di pensare a quelle parole nemmeno per un momento. Per alcuni istanti la sua mente riporta le pagine della lezione di scienze, ma la memoria visiva scaccia via la materia per abbandonarsi di nuovo alla figura della vecchia, poi dell'italiano. 
Quando torna a casa, è più felice, sebbene sia stanco, perché lui è lì ad attenderlo.
E non solo, ci sono un paio di sorprese. 
Se lui aveva avuto molto da lavorare, dalle due alle sei, anche Felì si è dato da fare. 
Per prima cosa, quando l'altro è andato via, si è dedicato a rifargli lo zaino ed è venuto fuori un qualcosa di meraviglioso. 
La cartella celeste, è diventata d'un tratto del tutto diversa: se prima era pulita e splendente, ora è diventata un'opera d'arte. Prima di tutto, è un Eastpak. Sopra la tasca, disegnata appositamente leggermente storta, la Porta di Brandeburgo, simbolo dell'unità tedesca che ricorda anche un preciso momento della vita di Ludwig e Gilbert molto importante; in alto a sinistra, quindi dalla parte opposta, la croce teutonica, che è simbolo sia della Bundeswher sia del gruppo preferito di Lud, i Rammstein. Sulla schiena, in modo che non sia sempre visibile, una scritta in tedesco: "Für dich schlägt mein Herz" che significa 'Per te batte il mio cuore.' La scrittura è semplice, in corsivo nero, poi nient'altro. Né cuori, né le faccine che per chat ha usato a lungo, né nient'altro. Una semplice scritta. 
Poi, fatto ciò, l'italiano ha preparato la cena per sdebitarsi dell'ospitalità. Antipasto all'italiana, con salumi, olive, crostini e salsette varie; pasta al forno, carne con patate ed infine frutta. Spera solo che Roderich non la veda come un'enorme spreco di cibo, anche perché lui si è dato molto da fare per non fare quantità eccessive e non sciupare troppo le risorse di quella casa.
Infine, ha parlato con su fratello su Skype, la madre non era in casa perciò ha chiesto a Romano di salutargliela. 
Gli sembrava un po' giù, chissà cos'era successo. 
Se avesse conosciuto un po' meglio il fratello, avrebbe capito che quella tristezza era dovuta alla sua mancanza e che, forse, la presenza del nonno era l'unica cosa che lo rendeva un poco sereno. Purtroppo, come gli ha spiegato, non è potuto andar con Nonno Roma in campagna, perché il tempo non è stato dei clemente in quei giorni e non hanno quasi messo piede fuori casa. 
Tutto ciò ha portato via un sacco di tempo al moro, che ha poi ha fatto la doccia e lo shampoo e si è messo dei vestiti più comodi e caldi, sempre abbinati, orami giunta la sera. Intanto il cagnolino lo seguiva in giro per casa e lui si è trovato a rimproverarlo quando stava per mangiare la gamba di una sedia. 
Sentito un rumore in cucina, pensa che l'altro abbia aperto la porta di casa, ma si ritrova davanti non Ludwig, bensì l'austriaco.
-Ah... salve! Buonasera- lo saluta affettuoso. 
-Buonasera a te, Feliciano- ricambia l'adulto con un cenno del capo. Ripone il soprabito al sicuro in un armadio. -Va tutto bene? Ludwig non è ancora rientrato?
-No- risponde lui scuotendo piano la testa. -Ma dovrebbe farlo tra poco. Mi sono permesso di preparare la cena... spero che non sia un problema.
Roderich ci pensa su un attimo. 
Lui non è un tipo ordinato, perciò sarebbe comprensibile se l'ospite avesse lasciato un piccolo disastro in giro. E invece no, entrato in cucina vede tutto in ordine al suo posto. L'odore che sente, poi, è buonissimo. -Non preoccuparti- gli suggerisce dopo un poco. -Se hai bisogno di qualcosa, non esitare a chiedere.
-E' gentile da parte sua, ma va tutto benissimo- risponde l'altro. Si piega un po' sulle ginocchia, vicino a Dax che lo guarda e gli lecca il naso, poi appoggia le zampe sul suo petto e lo fa cascare per terra. Il ragazzino ride di gusto e lo coccola. 
Subito dopo arriva il sedicenne, così lui, ancora seduto per terra, lo saluta con la mano. 
-Ciao!- esclama nella lingua madre. 
Il biondo saluta lui con un sorriso ed un: -Hallo- che rivolge anche allo zio. A quest'ultimo chiede se sia andato tutto bene quel giorno, ultimamente, con la presenza dell'ormai fidanzato, parlano poco e nulla. Roderich annuisce sistemando alcuni compiti in classe. Ripone tutto nella sua cartelletta e la mette da parte. -Se non avete nulla in contrario, possiamo cenare- suggerisce.
Ludwig annuisce dicendosi meravigliato per quel buon odorino, poi va a lavarsi le mani e quando è pronto tutti si siedono in tavola. Lui, che è ghiotto di salumi, ne mangia una buona quantità, ma conserva un posto speciale per le patate, altro prodotto che ama davvero molto. 
Si complimentano entrambi -certo il ragazzo più spontaneo dell'adulto- con Felì per tutte quelle bontà, peccato manchi il dolce. Così lui tira fuori una piccola scatola contenente i biscotti dati dalla vecchia, Frau Scherr, e li mette in tavola. Ne mangiano due ciascuno. 
-Che buoni... sono quelli della pasticceria dove lavori, vero?- domanda l'italiano. 
Lui fa cenno di sì. Finita la cena, i due ragazzini sparecchiano ed il biondo lava anche i piatti, mentre Rod va a suonare un po' il piano per stendere i nervi -mai che muova un dito in casa, eh? Ha fatto un brutto ragionamento: se gli da mangiare e da dormire, può almeno lavare i piatti dopo. Tutta una scusa per non fare nulla, ancora una volta. 
Comunque sia,  Ludwig e Feliciano si siedono in salotto e quest'ultimo prende  la cartella (nella quale ha anche messo i libri per il giorno successivo) e  gliela mostra con fare orgoglioso. L'altro spalanca gli occhi: la porta è disegnata in modo a dir poco sublime. Tutti i dettagli realizzati con un pennarello più piccolo, la quadriglia ben proporzionata al resto ed il significato più profondo che mai. Sorride malinconico.
Andava spesso da quelle parti, da piccolino, tra i quarteri Mitte e Tiergarten, dove il monumento è posto, con i suoi genitori e suo fratello. Suo padre viveva in Berlino Est e spesso gli raccontava di quei giorni duri e difficili, delle storie che vivevano lui e tutti gli altri ogni giorno e di come fosse difficile la vita con i sovietici. Non ci si poteva fidare di nessuno. Tutti potevano essere spie. La porta di Brademburgo, in tedesco Brandenburger Tor, è simbolo dell'unità della Germania. Suo padre diceva sempre: "Voi due, figli miei, dovete rimanere sempre uniti, così come dice questa porta. Dovete aiutarvi e spalleggiarvi in ogni occasione, perché siete la cosa più importante che avete l'un l'altro."
Lui non ha mai dimenticato quelle parole. 
La Croce di Ferro, è un regalo di Gilbert e ritrovarla lì sullo zaino, non può fargli altro che piacere. Oltretutto, è il simbolo delle Forze Armate Tedesche (Bunderswher), corpo per il quale lui ha una forte devozione. E i Rammstein! Lui li adora, conosce tutte le loro canzoni a memoria. E la scritta. Beh, non v'è nemmeno bisogno di commentarla.
Lancia uno sguardo verso Felì; lui è appoggiato con la schiena ad un morbido cuscino, le mani in grembo, un ginocchio piegato, l'altro a penzoloni dall'alto divano. Ha quel suo solito e bellissimo sorriso... il biondo gli si avvicina, appoggiando le mani sul tessuto del divano, sporgendosi un poco in avanti, e lo bacia in modo dolcissimo. -Dankeschoen...- gli sussurra.
-Non ringraziarmi, è stato un piacere.-
-Ho pensato a quello che mi hai detto. Sai, forse... non è una cattiva idea, stare soli per un po'.-
Un po'... come qualche giorno, settimana, mese? Che significa 'un po''? Il moro ha bisogno di quantificare quell'arco di tempo. Ha bisogno di potersi regol... No, non è vero. Se l'altro dicesse: "Andiamo!" lui partirebbe immediatamente. Ha dei soldi da parte, qui con sé, nascosti per bene nello zaino, ha vestiti, e tutto ciò che serve. E tanta, tanta voglia di andare via. 
-Allora si parte?- sussurra guardandolo negli occhi. 
-...Ja.

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Capitolo 15
*** Giorno III: Desideri. ***


[ Chiedo venia per il ritardo, ma ho avuto la febbre e le mie capacità di scrittura, sono crollate dell'80% Ma la bella notizia c'è. Mi è arrivata la Plush Doll di Feliciano, così posso metterla accanto a quella di Lud ed ammirarli di tanto in tanto *A*  ]





Non sa neanche perché lo stia facendo,  quel compito, né perché si stia impegnando come al solito, quando è già deciso che andrà via con Felì. 
Forse per attenuare la delusione che provocherà a Roderich, alla quale ha pensato tutta la notte con un groppo alla gola, gli dispiace lasciarlo, dopo tutto quello che lo zio ha fatto per lui e dopo la perdita del suo primo figlio. Gli dispiace tanto, ma è arrivato il momento di pensare un po' a sé stessi.
Seduto al primo banco come sempre, Ludwig segna le risposte del compito. A... D... F.... A. 
Si sente chiamare, qualcuno vorrà un suggerimento. Non è che lui non voglia aiutare i suoi compagni, semplicemente non ne è capace. Si fa scoprire subito. Eva gli sta chiedendo la risposto alla domanda 6, il ragazzo ha segnato la C. Glielo sussurra, ma naturalmente si fa beccare dal professore, che lo richiama subito all'ordine.
Farfuglia un distratto: -Mi scusi...- e riporta l'attenzione sul proprio foglio. Pochi minuti e si sente pronto per consegnare, ma perde ancora qualche altro istante a ricontrollare il tutto. La seconda domanda... non lo convince. Pensa e ripensa, e scrive 'nein' accanto la risposta segnata, la E, e mette la D, più sicuro che quella sia la risposta corretta. Quindi, consegna. 
Suonata la campanella, possono finalmente dichiararsi liberi. E' l'ultima ora infatti e la giornata è passata del tutto tranquilla. Eva e qualche altra hanno guardato con ammirazione il nuovo look dello zaino del biondo e lui si è sentito soddisfatto.
Arrivato il momento di uscire, se lo mette in spalla e scende le scale con una certa velocità, non vede l'ora di tornare a casa. La ragazza, lo affianca. Eva è di un biondo chiarissimo, ha i capelli lisci raccolti in una coda con qualche ciuffetto che le copre la fronte, gli occhi sono verdi e grandi, cerchiati da matita nera. Ha le labbra macchiate del lucidalabbra e le ciglia coperte da mascara che, lunghissime, sembrano finte. E forse lo sono. 
Rivolge al tedesco un largo sorriso che le lascia scoprire i denti bianchissimi, mentre lo affianca sulla strada per tornare a casa. 
-Il tuo italiano- gli dice allegra come sempre -ha fatto proprio un buon lavoro con quello zaino. Quanto rimane ancora?
-Qualche giorno...- commenta distratto lui, le gote appena rosse per il modo in cui lei ha definito Feliciano. 'Tuo italiano.' Eh, sì, oramai è suo. 
Ma Ludwig non è un tipo eccessivamente geloso, o almeno non lo dimostra. Non gli passerebbe mai di mente di dirgli: "Questo non lo fai perché io non voglio" oppure "Qua non ci vai perché ci sono troppi ragazzi" o ancora "senza di me non esci." No, non lo farebbe mai.
Eppure sente un leggero nervosismo, quando l'amato parla di alcuni suoi amici che gli stanno molto simpatici e quella si che è gelosia. Solo che lui ancora non lo sa. 
Fanno un lungo pezzo di strada insieme e lui spalanca gli occhi quando, a qualche metro di distanza, nota Felì arrivare dalla parte opposta. Che ci fa lì? Sembra sovrappensiero, guarda altrove, con infinito interesse e con cieca curiosità.
Quando incontra i suoi occhi azzurri, però, le sue labbra allargano il sorriso onnipresente sul suo volto ed affrettando il passo gli si avvicina, poi lo bacia velocemente sulla guancia; gli darebbe anche un bel bacio sulle labbra, perché le desidera, eppure non vuole metterlo a disagio davanti l'amica, per cui si trattiene. Nella mano tiene stretto il guinzaglio di Dax che invece non si fa problemi a saltare addosso al padrone e riempirlo di baci. 
Eva ride di gusto, chinandosi per accarezzare il pastore tedesco che fa le feste anche a lei -e a chi non le fa, dopotutto? Le prime volte che ha iniziato ad uscire, dopo i vaccini, scodinzolava per ogni passante, che quello gli dimostrasse attenzioni oppure no. E saltellava felice, annusando tutti e, purtroppo, divorando ogni cosa, che siano stati tovaglioli, cicche di sigaretta, o altri rifiuti. Per fortuna crescendo questo vizio, come del resto tutti i cani, lo sta perdendo ed un giorno non l'avrà più completamente, Lud ne è certo. 
-Che ci fai qui?- chiede lui all'italiano, guardandolo con occhi innamorati.
-Volevo fare uscire questo mostriciattolo e dato che stavi uscendo da scuola, ho pensato di fare un salto- risponde l'altro.
E' proprio lui che squadra brevemente la ragazza. 
Lui è molto più geloso o, in modo probabile, lo dimostra semplicemente in maniera più evidente. Quella ragazza gli ricorda qualcuno... ma chi? Non somiglia a nessuna delle sue amiche o compagne o soltanto conoscenti. E allora...? 
I suoi pensieri vengono interrotti bruschi dalla voce del tedesco che la presenta con il nome di Eva Dietrich,  sua compagna di classe. 
Il moro annuisce distrattamente e senza incontrare l'occhiata di rimprovero del biondo, automaticamente s'impone di essere educato. Le porge la mano e le sorride affettuoso.
-Feliciano Vargas- si presenta, inclinando un poco la testa di lato, dopodiché il cane lo tira via perché lì vicino è appena arrivata una cagnetta, così lui mormora una parola di scuse  e si avvicina all'anziano padrone di quel batuffolo bianco candido. 
La cagnetta, adulta, sembra scostante nei riguardi del cucciolo e gli ringhia, come se si spaventasse che lui l'attacchi. Eppure il pastore vuole soltanto giocare! 
Felì ridacchia lievemente quando nota che Dax si spinge verso la cagna. -Fai il bravo- gli sussurra in un buon tedesco, che riflette tuttavia l'origine di chi lo parla. 
Il vecchio se ne accorge subito. Con un piccolo sorriso domanda quanto abbia la  bestiola, così l'italiano volge l'attenzione verso il biondo. 
-Lud, Dax ha cinque mesi ora, vero?- gli domanda. 
-Ja,  fünf- conferma lui avvicinandosi al proprio cane. Lo ammonisce senza arrabbiarsi troppo e quello si ferma immediatamente. E' un cane molto ubbidiente e il suo padrone è un buon addestratore. E' un qualche cosa di innato. 
Eva, per nulla a disagio, si avvicina alla cagnolina e prova ad accarezzarla, ma l'altra non è molto d'accordo, così l'uomo si congeda scusandosi e la porta via. 
Il quindicenne si china sul cane e lo accarezza. -Sei stato rifiutato, eh? Ma tanto lei non ti merita, non preoccuparti- gli dice spupazzandoselo ancora una volta. 
S'incamminano quindi verso casa, la bionda li lascia dopo qualche minuto, per andare verso casa propria.
Non vi è nessuno, così quando entrano la casa è chiusa in un silenzio quasi religioso. 
Si lavano entrambi le mani e si mettono a cucinare insieme, mentre il cane si appoggia al tavolo e cerca di elemosinare qualche extra.
-Dax! Sitz!- gli dice il padrone con tono fermo; il cane ubbidisce. Gli domanda così la zampa e Dax gliele porge tutt'e due, appoggiandosi del tutto a lui per non cadere. 
-Nein, Dax- ribatte il biondo. Gli domanda di nuovo la zampa e quando il cane ne porge una sola, la destra, si ritiene soddisfatto e gli concede un pezzo del salame che stanno utilizzando per delle torte salate. Ricetta italiana, dentro vi mettono anche pomodorini e formaggio tagliato sottile, con l'aggiunta di olio piccante per insaporire. Il biondo ama le cose piccanti, i sapori forti e decisi. 
Feliciano ridacchia allegro e sistema nel forno la teglia rotonda, accendendolo poi ai soliti 180°. Non conosce la potenza di questo forno, perciò occorrerà controllare spesso che il loro pranzo non vada bruciato. 
Fatto ciò si volge verso il suo fidanzato che è ormai libero dalla presa della bestiola e porta le braccia sul suo collo, baciandolo dolcemente e a lungo, dondolandosi poi un poco a destra ed un poco a sinistra.
Sente le braccia dell'altro stringerlo in una presa che lo fa sentire protetto, così si abbandona tra di esse ed appoggia la fronte al suo petto. D'un tratto gli occhi sembrano pungerli, così porta l'indice della mano sinistra ad asciugare una lacrima. 
-Perché piangi?- si sente sussurrare all'orecchio. 
Non sa che rispondere. Non c'è un motivo, semplicemente... è bello stare lì soli a casa, tra le sue braccia. Scrolla appena le spalle ed affondando le mani tra i suoi capelli, gli ruba un altro bacio, dopo appoggia la fronte alla sua. 
-Sai com'è nato il bacio?
Lo vede scuotere la testa, così continua, guardando quegl'occhi blu nei quali si è perso già molte volte. -Nell'Antica e bella Roma, i mariti avvicinavano le labbra a quelle delle moglie, per vedere se loro avessero bevuto del vino. Per le donne, era qualcosa di vietato...- gli spiega, poi sorridendo si accoccola ancora a lui. 
Ludwig si appoggia al ripiano della cucina, vicino al frigorifero, e lo tiene stretto a sé, accarezzandogli un poco i capelli castani.
All'inizio quel genere di contatto lo ha messo parecchio in difficoltà, ma sono passati tre giorni dal suo arrivo e la timidezza e l'insicurezza vanno poco a poco sparendo. 
-Il bacio è diverso dal fare l'amore. E' più intimo e privato. Si è così vicini alla persona che si ama...- dice dopo un po' il moro.
E il biondo ribatte: -Ma anche facendo l'amore, si è vicini alla persona amata.-
-E' diverso- risponde quello scuotendo la testa. Si sposta un po' da lui, giusto per poterlo guardare, appoggia il mento sul suo petto. -Com'è diverso fare l'amore dal fare sesso. E' completamente diverso.
-E' vero- conviene il più alto. 
-E tu l'hai mai fatto?
Lud arrossisce subito a quella domanda. -P-perché me lo chiedi ora?-
Con una scrollata di spalle, l'italiano risponde. -Curiosità. Io sono vergine e non mi vergogno di dirlo.-
-Non devi vergognarti di nulla, quando sei con me, lo sai- detto ciò lascia un bacio tra i suoi capelli. Non risponde alla domanda.
Felì sorride e si avvicina al forno, porgendosi in avanti per dare un'occhiata al suo interno.
Il biondo invece rimane fermo dov'è, a braccia incrociate, seguendolo con lo sguardo, sguardo che si sofferma sul sedere dell'altro. Con un lieve sospiro trattenuto ed le guance ancora punterellate di rosso vivo, si costringe a distogliere lo sguardo. 
L'italiano allora fa qualche passo nella sua direzione e sbottonandosi i primi bottoni della maglietta mormora: -Oggi fa piuttosto caldo...- guardando altrove, privo di attenzione. 
E' inutile negare, a questo punto, che Ludwig si attratto da lui. 
Se ne vergogna, ma è un processo del tutto naturale, è un adolescente, gli ormoni si stanno svegliando -forse troppo rapidamente perché lui sappia gestirli- e dunque ha certi desideri, che le riveste porno nascoste nel doppio fondo dell'armadio non possono più soddisfare. 
Si affretta a voltarsi ed alzando una mano prende dallo stipo in alto la scatoletta di carne del cane. Da un altro posto, una specie di cestino per la frutta di quello a più piani che va sul pavimento, prende la ciotola e lì versa il contenuto della scatola in latta, che sarebbe carne di manzo mischiata a frutta e verdura. Richiama il pastore tedesco, concentrandosi su di lui e lo osserva mangiare. 
Feliciano sistema la tavola già apparecchiata in precedenza da entrambi e li osserva divertito. -E' tanto tenero- commenta osservando il musino dell'animale infilarsi nella pappa, affamato, e mangiarne un po' svelto. 
La torta salata non è ancora pronta, così si concedono qualche altro bacio, più passionale. 
Il sedicenne non è riuscito a trattenersi più di tanto. Con le mani appoggiate alla sua schiena, poco sopra il sedere, lo stringe a sé e gioca con la sua lingua, gli occhi socchiusi. L'altro non sembra subito molto d'accordo, ma poi decide di assecondarlo, così lui gli mordicchia appena le labbra. 
-Lud...- lo chiama l'italiano tra i baci, qualche minuto dopo. -Lud, il pranzo...- continua cercando di spostarlo da sé. Dopotutto, non se la sente di andare troppo oltre e non vuole illuderlo in nessun senso. 
Si stacca, suo malgrado, perché comunque ama quelle labbra ed i suoi baci, e mette la teglia ancora calda sul fornello, per evitare di bruciarsi, poi taglie delle fette e le mette sui piatti. 
Mangiano più o meno in silenzio. 
Il biondo si sporca un po' col sugo del pomodoro un punto vicino le labbra, così Felì gli porge un tovagliolo, ma poi decide di fare da sé e lecca via quella macchiolina, tornando poi con indifferenza ad osservare la propria fetta. 
Ovviamente, arrossiscono un po' ambedue i ragazzi. 
Finito di mangiare si mettono un po' sul divano, dopo aver sparecchiato e lavato i piatti, con la televisione accesa ed un plaid sulle gambe. Danno poco conto alla trasmissione che è in onda adesso, tuttavia. 
-Felì?- lo chiama lui. 
-Sì?
-Tu ricordi il tuo papà?
Quella domanda lo lascia decisamente spiazzato, non sa cosa rispondergli. 
Si abbandona sul divano, appoggiando la guancia contro la sua spalla. -Non bene come una volta- mormora con un piccolo sospiro. Vorrebbe ricordarlo, ma suo padre è morto da così tanto tempo che sarebbe difficile ricordarlo perfettamente per chiunque. 
-E ti manca come prima?
-No, di più. Molto di più. E a te? Mancano i tuoi genitori?- chiede lui, alzando di poco lo sguardo per incontrare i suo occhi. 
-Ja. Tutti i giorni.-
Devono ora decidere, però, quando andare via. 
E' primo pomeriggio e non ne hanno ancora una vaga idea. Spengono la tv e vanno in camera del padrone di casa. 
-Dobbiamo trovare qualcosa che ci faccia guadagnare tempo- dice il più grande, con aria pensierosa. -Quando mio zio tornerà a casa e mi chiederà com'è andata, gli dirò che una mia compagna fa il compleanno e ha invitato l'intera classe per festeggiare. Che ne pensi? Così avremo un paio d'ore. Prenderemo il treno ed otterremo un certo vantaggio. Non inizierà a cercarci prima di domani mattina e noi saremo già fuori Vienna da un bel po'.-
Feliciano annuisce, accarezzando distratto un lembo di una delle pagine del suo blocco da disegno appena recuperato dal comodino. -Ma si stupirà di certo, vedendoci uscire con le valigie.-
-E' vero... dovremmo trovare qualcosa. Una sorta di campeggio... ma come lo giustifichiamo?- chiede retorico il primo, picchiettando le dita sulla scrivania pensieroso, lo sguardo perso nel vuoto, come se dal nulla che osserva potesse spuntar fuori un'idea. 
-Dax verrà con noi?
-E' mio, non posso lasciarlo qui, con lo zio che neppure lo voleva. E poi mi sentirei troppo in colpa, ad abbandonarlo...
Lui annuisce. -Può salire in treno?-
-Ja, se sta in braccio e si paga un biglietto apposito e si mostra soprattutto il certificato di adozione.
-Che bello!- esclama l'italiano che scende dal letto e prende tra le mani il muso dell'animale. COn una vocina piuttosto scema, gli dice: -Puoi venire con noi! Non sei felice?
Dax gli lecca tutto il naso, come risposta e lui si ritrova a ridere. 
 
 
L'arrivo dell'austriaco giunge finalmente verso le cinque ed il nipote non è sicuro di essere pronto per dargli la notizia di quell'improvvisa uscita.
L'austriaco è di cattivo umore, ha dovuto fare rapporto al preside circa due studenti che non portano mai il materiale e sono molto chiassosi, perdendo così molto tempo. Sarebbe dovuto rincasare per le tre pomeridiane!
Quando vede il biondino avvicinarsi, si sistema gli occhiali sul naso e socchiude un attimo gli occhi. Si è appena spogliato del suo soprabito e della sua camicia, possibile che non possa stare un momento a riposo? Eppure è legato a quel ragazzino, perciò non vuole essere troppo duro con lui.
-Dimmi pure, Ludwig.-
-Zio... i miei compagni hanno organizzato per stasera una sorta di campeggio, poco fuori città. Nulla d'impegnativo, semplicemente qualcosa per il fine settimana- gli spiega, leggermente nervoso.
Roderich conosce quel nervosismo e capisce bene se qualcuno gli mente, anni di lavoro con i giovani lo hanno forgiato in questo senso. Le sue sopracciglia si corrugano lievemente, però fa finta di nulla. Pensa che voglia semplicemente stare un po' da solo con quel suo amico, fidanzato o quello che è (lui non sa dei baci né di nient'altro), per cui lo lascerà andare.
E' stato giovane anche lui, conosce il desiderio di intimità.
-Va bene- gli risponde con un grave cenno del capo. -Quanto conti di stare fuori?
-Non tanto- ribatte lui, con un piccolissimo sorriso soddisfatto. -Non tanto.- 
E' fatta. 
Possono uscire e per tutta la notte e le prime ore della mattina successiva, nessuno noterà la loro scomparsa.
Ludwig ritorna da Felì, in camera propria, e gli dice quant'è accaduto.
Dopo essersi abbracciati, si preparano. 

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Capitolo 16
*** Giorno IV: Destino. ***


-Ma non dovevi fare il bagno a Dax?- gli domanda Felì, sciolto quell'abbraccio. Non sono riusciti a frenare la felicità, una volta che Roderich gli ha dato il permesso di fare quel campeggio e si sono ben presto distratti dal loro piano organizzativo.
Ludwig annuisce sorridente. -Ja, è vero. Andiamo adesso- propone. 
Richiama il cucciolo e lo prende in braccio, uscendo dalla stanza per andare verso il bagno più grande della casa. E' lì, infatti, che ha sistemato ciò che utilizza per lavare il cane, ovvero lo shampoo per cuccioli, la spazzola, il vecchio telo che lo zio gli ha concesso di utilizzare per asciugarlo. 
Fortuna vuole, che la signora Scherr gli dia molte mance e con esse e lo stipendio è riuscito a comperare, oltre al cibo, anche molti giochi per il suo cagnolino e con essi anche delle coperte morbide da mettere nella cuccetta, ai piedi del suo letto. 
Feliciano, gentilmente, gli tiene la porta per lasciarlo passare dato che lui ha le mani impegnate, e la richiude poi alle loro spalle. Dopodiché, si mette ai suoi ordini e recupera il flacone celeste sul quale vi è scritto: 'Shampoo per  Cuccioli - senza profumo' e tutto il resto, appoggiandolo per terra, vicino al biondo che si è appena inginocchiato e sta provando la temperatura dell'acqua, le maniche della maglietta tirati su fino al gomito, per non bagnarle. A giudicare dal gesto involontario che lo ha portato ad allontanare svelto la mano da sotto il getto, doveva essere molto calda. E poi molto fredda, in base alla smorfia che fa. Il ragazzo ci mette un po' prima che possa trovare il giusto equilibrio tra caldo e freddo, poi inizia a bagnare il cane, che si diverte subito e scodinzola un poco. L'italiano versa un po' di shampoo sulla sua schiena, Dax, irrequieto, si volta per capire cosa stia succedendo. I due lo insaponano per bene, seduti vicino, poi il biondo si volta e lo guarda; gli bacia la guancia sinistra, più vicina rispetto la destra. 
L'altro allora si gira per incontrare il suo sguardo ed appoggia le labbra alle sue, dolce, ma quel momento romantico viene rovinato dal pastore tedesco che si scrolla l'acqua di dosso e finisce per bagnarli quasi interamente. 
Scoppiano entrambi a ridere, ricoperti di schiuma bianca, mentre l'animale balza agile via dalla vasca -menomale che la porta è chiusa! 
Ci mettono un po' a riprenderlo e a finire di lavarlo, ma quando terminano anche di asciugarlo e spazzolarlo, il suo pelo diviene lucido e morbidissimo, tanto che Lud non si trattiene da affondare un momento il viso sul suo collo, laddove il pelo è più folto e lui sembra quasi un peluche. 
L'italiano lo guarda addolcito, gli piace vederlo in atteggiamenti così naturali, solitamente è severo e più rigido con sé stesso e non si lascia quasi mai andare. 
Gli si avvicina e gli ruba il cucciolo dalle braccia. -Ah! E' mio, è mio!- gli dice per gioco. 
Lui non capisce subito e lo guarda, con gli occhi azzurri spalancati prima,  confuso poi, e ride. Gli si avvicina, allora, per riprendersi il cane.
-Te lo rido solo se mi dai un bacio- gli dice il moro, così lui è costretto, per modo di dire, ad appoggiare le labbra sulle sue, per riottenere la bestiola, che prende svelto tra le braccia. 
Dax quando fa il bagno tende a stancarsi molto, così sfugge da quella presa e va ad accoccolarsi sotto il letto del padrone una volta che la porta viene aperta, ma non contento esce fuori, prende la sua copertina dalla cuccia e se la porta là sotto, osservando con occhioni dolcissimi i due ragazzi. 
Feliciano non resiste e gli fa una foto, riabbandando subito la macchina fotografica al comodino. 
-Dobbiamo fare le valige- sussurra all'amato. Lui annuisce.
Non sanno bene quante cose portare e di certo devono pensare a trasportare anche le cose del cane, con loro, che, come hanno deciso, divideranno negli zaini in egual misura. 
Il tedesco deve portare vestiti, cibo e le sue indispensabili cuffiette, oltre a tantissima altra roba, mentre l'altro deve pensare al suo blocco da disegno e ad i suoi colori. 
Lud recupera una valigia da sopra l'armadio, la più grande che ha, che corrisponde più o meno ad un bagaglio dalle medie dimensioni.
-Il tuo zaino è pesante- dice pensoso. -Faremo a turno a portarlo.- 
Il ragazzino con gli occhi scuri, annuisce e sorride. 
Quei bagagli li fanno con la massima cura ed il massimo ordine, in modo che possano metterci dentro quanta più roba possibile, ma mai nulla di inutile. Ponderano bene gli oggetti da portare in base al numero di occasioni in cui questi possano servire. 
Alla fine, dopo vari e scrupolosi controlli, le due valige contengono tutto lo stretto indispensabile per l'imminente partenza. 
-E il computer?- dice il quindicenne. 
Il biondino ci pensa bene, prima di rispondere: -Potrebbe tornarci utile. Ma è pesante, delicato, va caricato... è meglio lasciarlo qui. Abbiamo i cellulari.-
Per quanto gli dispiaccia, deve farlo. Sarà già un grosso peso portarsi dietro quella valigia, figuriamoci stare attenti ad un pc portatile, se è faticos! Gli mancherà molto, comunque... ma questo è il prezzo dell'amore, giusto?
Prende anche lo zaino, quello di scuola, che è bello grande. Lo svuota dai libri e dal libretto delle giustificazioni per le assenza e lì decide di mettere -dopo varie riflessioni a riguardo- tutto l'occorrente per Dax. Scatolette, coperte, spazzola, giochi, medicine. Mette dentro quanto più cibo più, fino a infilarci ben 16 scatolette e due buste di biscottini premio. Ne compreranno altre quando finiranno, per il momento va bene così. Le cose di prima necessità sono invece nella tasca esterna della valigia, facilmente prendibili in caso di urgenza. 
-Veh, Lud, credi sia il caso che io porti l'altro trolley, quello piccolo?- gli dice l'italiano a bassa voce, osservandolo. 
-Nein, va bene così. Non carichiamoci troppo- gli risponde lui in tono pacato. 
Lui annuisce. 
Eccoli, sono pronti. 
Aspettano solo che lo zio sia di nuovo distratto -alla prima distrazione avevano preso le scatolette ed il cibo per loro dalla cucina, alla seconda delle altre piccole cose- per aprire la porta d'ingresso e mettere fuori la valigia nera, al centro della quale c'è una piccola bandiera tedesca. Ludwig ha in mano il guinzaglio del cucciolo che sembra tutto felice di quell'uscita, il giubbotto indosso, quello più pesante, le scarpe da tennis, l'orologio tutto nero al polso, al collo la croce teutonica e le cuffie grandi collegate all'ipod che nella tasca opposta rispetto al cellulare, lo zaino in spalla. 
Feliciano, invece, ha un giubbotto un po' più leggero, il cappello in testa e la sciarpa al collo, l'enorme zaino da viaggio in spalla anche lui, scarponcini comodi, sorriso smagliante.
Salutano Rod con semplicità, con dolcezza, il nipote lo ringrazia ancora una volta per quel permesso, ma dietro quella semplice parola, 'danke', c'è dietro tutto un mondo di emozioni e tanti altri grazie che forse non gli ha mai detto e di cui si pente. 
Escono di casa, il cane tira per correre.
Non era ancora uscito nel pomeriggio, così si mette ad annusare tutto, riprendendo finalmente, dopo qulche minuto, un ritmo più lento, vicino al padrone.
-Dove andiamo, Luddy?-
-Alla stazione. Dobbiamo allontanarci da qui.-
 
 
 
-Chi è quella ragazza?- domanda l'italiano puntando il dito verso un cartello pubblicitario piuttosto grande posto vicino al bar della stazione. Su di esso c'è la figura di una ragazza con i capelli scuri, carina, con le labbra rosse e la pelle diafana. Molti ragazzi la osservano ammirati e molte ragazze notano il suo trucco, il suo bel faccino ed i capelli setosi e la invidiano.
Loro due sono seduti su una panchina, stanno aspettando il treno per Amstetten, una città non troppo lontana dalla capitale viennese. Hanno già preso i biglietti, Dax fa il bravo e rimane seduto vicino loro, tuttavia quando nota i cani dell'unità cinofila vuole avvicinarsi per giocare con loro.  Il padrone lo tiene e lo riprende, impedendoglielo.
-Una modella. Ultimamente, tutti sembrano fissati con lei- spiega,  gli occhi celesti vagano qui e là distratti, l'odore del caffè interessa il suo naso. 
-E' bella- commenta il moro, osservandola.
-Mah, c'ha una tangenziale tra un dente e l'altro- risponde lui abbassando lo sguardo sul cane per un attimo accarezzandolo, poi lo rialza.
Feliciano scoppia a ridere di cuore e porta una mano sulle labbra per contenersi. 
-Che c'è?- gli domanda il biondo osservandolo con un sorriso divertito.
E lui risponde: -Hai la sensibilità di un elefante!-
Anche Ludwig si mette a ridere. -Ma è vero! L'hai vista bene?
-Ora questa cosa piace. Se noti, molte modelle hanno lo spazio tra i denti- ribatte il ragazzino ancora ridacchiando. 
-A me non piace.-
-Eh certo, non hai quei gusti tu, dico bene?- gli domanda avvicinandosi a lui e lasciandogli un bacio sulle labbra, che il tedesco si affretta a ricambiare. 
-Dici bene.-
Il cartellone elettronico che segna l'orario di arrivo dei treni, indica che mancano ancora pochi minuti perché quello sul quale devono salire arrivi.
Così si alzano e si avvicinano alla banchina, ben attenti a non superare la linea bianca tracciata per terra.
Lud affida il pastore a Felì e prende dalla tasca esterna dello zaino azzurro i biglietti ed il permesso che gli permetterà di portare con loro Dax, lasciando però il certificato di adozione a portata di mano nel caso i controllori vogliano dargli un'occhiata. 
Tre minuti esatti ed ecco il treno giungere a destinazione. Feliciano sale con lo zaino in spalla ed il cucciolo, che per fortuna fa solo un po' di capricci, ma al richiamo del biondo, subito ubbidisce; quest'ultimo, porta dietro di sé la valigia nera e lo zaino che ha in spalla. 
Dopo una manciata di minuti, circa sette, si ritrovano seduti in un vagone in fondo al treno che per fortuna è vuoto, le valige sopra il sedile ben sistemate, in modo da stare più comodi e l'animale che automaticamente si è andato a sedere sotto i loro sedili, ritrovandosi perfettamente a suo agio in quello spazio chiuso. I biglietti sono ora posti sul piccolo tavolinetto che vi è attaccato alla finestra, vicino alla quale è seduto il sedicenne.
-Ricordami perché andiamo ad Amstetten- dice Felì quando iniziano ad allontanarsi dalla bella Vienna.
-Perché era il primo treno che partiva, altrimenti dovevamo aspettare un sacco di tempo, che non abbiamo- risponde lui. 
Fuori dal finestrino osserva la città che lo ha visto crescere per due anni. Gli mancherà, ma non è pentito.
Appoggia il braccio sul bracciolo, apre la mano con il palmo all'insù e da un'occhiata al ragazzo seduto accanto a lui, come a dargli un'indicazione.
Feliciano gli sorride lievemente ed incrocia le dita alle sue, poi chiude gli occhi e poco a poco si addormenta, così come fa il pastore tedesco.
Lud osserva lo scenario fuori al di là del vetro cambiare, con sguardo un poco malinconico, ma deciso. Guarda le persone che rimangono lì ferme, come se tra loro potesse scorgere una figura familiare, qualcuno che gli impedisca di intraprendere questo viaggio. 
Non ha mai creduto al destino. 
Eppure, ora, sa che deve andare così e se nessuno lo sta fermando, non è semplicemente perché non sanno della loro fuga, no, ma perché deve andare così la loro storia d'amore.
Rimane silenzioso con le cuffie nelle orecchie ad ascoltare la cantante dei Silbermond con le sue note dolci, in una canzone che forse per lui è troppo smielata ma che non riesce a fare a meno di ascoltare, da quando anche lui è caduto nel gioco dell'amore.
 
"Du hast es wieder mal geschafft
mir den Atem zu rauben
Wenn du neben mir liegst
dann kann ich es kaum glauben
dass jemand wie ich
so was schönes wie dich verdient hat..."
 
"Ce l'hai fatta di nuovo
a togliermi il fiato
quando sei sdraiato vicino a me
non posso quasi crederci
che qualcuno come me
si meriti qualcosa di così bello come te..."
 
Dopo mezz'ora circa arrivano i controllori, che chiedono tutti i permessi. Il sedicenne, messa in pausa la musica, da loro il certificato di adozione e i tre biglietti. Non rimangono molto, vanno via dopo aver accarezzato il cucciolo che scodinzola felice, appena sveglio, pronto però a tornare nel mondo dei sogni, che lo accoglie sereno.
Ancora mezz'ora di viaggio, ed arriveranno in quella piccola città che sembra essere molto carina. Da lì, prenderanno un altro treno. Hanno intenzione di viaggiare tutta la notte, per allontanarsi più possibile da Vienna e far perdere le loro tracce.
Hanno una segreta paura di non rivedere più le loro famiglie. 
Vorrebbero stare con loro, ma anche insieme, e temono maggiormente di non potersi mai più vedere. Se venissero scoperti ora, probabilmente li separerebbero per sempre ed al solo pensiero rabbrividiscono entrambi. 
Stringono di più la presa delle loro mani, di tanto in tanto, quando hanno più paura e forse si pentono un po'. 
Stanno per scendere dal treno, le mani ancore unite, quando Dax si sveglia e li osserva, poi appoggia una zampetta su quella presa, così i due ragazzi ridono spensierati.
Scendono dal mezzo e si allontanano un po' dalla stazione. 
-Ho fame- dice il moro stiracchiandosi. 
-Ja, anche Dax, immagino. Adesso ci mettiamo qui fuori e mangiamo, poi aspettiamo per un altro treno. Che ne pensi?- gli domanda lui, stiracchiandosi a sua volta. -Usciamo, così fa pipì- soggiunge accennando al cane.
Escono dalla stazione, il fresco della sera punge i loro volti, il quindicenne si sistema per bene la sciarpa, mentre l'altro alza il bavero del giubbotto. 
Il cagnolino subito si avvicina ad un albero per marcare il territorio e ben presto fa tutto quello che deve, nel giardinetto lì vicino dove lo porta il padrone, che ha lasciato valigia e zaino in una panchina sulla quale si è seduto Felì, che intanto ha recuperato una scatoletta di cibo per cani e due panini.
Quando il biondo si avvicina a lui, il cucciolo sente l'odore di carne per cui si mette a correre e in meno di un minuto divora l'intera porzione, facendo ridere entrambi, che, seduti, addentano la loro cena con una certa voracità. 
Il moro alza lo sguardo verso la luna e nota d'un tratto una stella cadente, per cui spalanca gli occhi e la indica all'amato, una volta finito il panino, la carta ancora stretta nella mano libera.
-Ludwig, guarda! Una stella cadente!- gli dice con l'ingenuità di un bambino.
Il biondo alza lo sguardo un po' perplesso. -E... quindi?-
-Non lo sai?- domanda scioccato quello. -Dobbiamo esprimere un desiderio!- dice, portando le proprie mani ad incrociarsi, quasi voglia pregare. Rimane un lungo minuto in silenzio, per poi esclamare: -Fatto! E tu?-
-E' una cosa da bambini...
-A me piace crederci- risponde lui, scrollando le spalle con un piccolo sorriso. Si alza e va a buttare la carta e la scatoletta ormai vuota del cane che annusa un po' in giro per quanto il guinzaglio glielo permetta. 
-Andiamo?-
-Ja...-
Lud si alza e mentre il quindicenne si allontana con il guinzaglio tra le mani, si attarda un attimo per guardare il cielo. Chiude gli occhi ed esprime il suo desiderio.
Feliciano si volta e lo guarda. -Hei, Luddy! Dai, facciamo tardi!- lo chiama.
Il biondino annuisce. -Arrivo.-
Affiancandolo, si dirigono verso la stazione, pronti per un nuovo viaggio. 


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Capitolo 17
*** Giorno V: Incidenti di percorso. ***


Salzburg. 
Quell'antica città ove nacque Mozart, nome di battesimo Joannes Chrysostomus Wolfgangus Theophilus Mozart, a fine gennaio dell'anno 1756, al numero 9 di Getreidegasse. 
Salisburgo è lontana 300 km da Vienna ed è una città stupenda. 
I due ragazzini sono arrivati proprio lì, alla prima mattina. L'ora non è più tarda delle nove. C'è il sole, ma fa fresco e le nuvole sono in agguato nel cielo che in lontananza appare cupo. 
Scesi dal treno, si fermano per le necessità del cucciolo, intanto prendono una decisione. Quella città è troppo bella per non soffermarsi almeno un po' e dato che sono stanchi, dormiranno lì quella notte, anche se secondo il biondo non è molto prudente sostare adesso così vicini alla capitale vienense. Vogliono arrivare a Monaco entro mercoledì ed hanno tanta strada ancora da fare e poco tempo per compierla. 
Decidono di cercare un B&B, qualcosa di economico che ammetta anche la presenza di animali. Distratti e curiosi, si addentrano per le stradine di quel luogo, cercando di vedere tutti ciò che c'è da vedere, naturalmente macchina fotografica tra le mani. Purtroppo la presenza di Dax gli impedisce di entrare in determinati posti e ci rimangono entrambi male, ma sono pazienti, vedranno quelle meraviglie un'altra volta, 
Loro sono stanchi, ma c'è qualcuno che è decisamente più provato emotivamente rispetto ai due giovane scapestrati. 
A Vienna, Venezia, Berlino, ci sono persone decisamente più preoccupate di loro, per loro. 
Dove sono finiti, i due ragazzi? 
Roderich non fa altro che suonare Beethoven e Mozart, come se questo lo calmasse, chiuso nella stanza col pianoforte, il tè ormai freddato appoggiato su un tavolino, gli occhi socchiusi. Conosce le note a memoria e non ha bisogno di guardare. Ma se sbaglia, s'innervosisce, allora butta gli spartiti per terra ed affonda il viso tra le mani, togliendo prima gli occhiali. Non può perdere anche Ludwig.
E d'altro canto, Gilbert lo incolpa di non essere stato abbastanza presente. Continua a dire che se l'avesse avuto lui sotto la sua custodia, questo non sarebbe successo, ignorando il patto che aveva fatto con lo zio, il giorno del quale gli aveva detto di non essere in grado di dare una sistemazione stabile al fratello, per questo, legalmente, gliel'aveva affidato. 
Ora però gli urla contro continuamente, come se questo potesse cambiare le cose.
Anche il fratellone di Feliciano è molto stressato, ed il Ballo di San Vito non perdona, accanendosi cattivo su di lui, come se non ne avesse già avuto abbastanza. Lui sospetta qualcosa, ed è l'unico, perché i parenti del biondo non riescono a credere che questo, razionale per com'è, possa fare una cosa del genere. E la madre del moro, invece, è sconvolta e non riesce a formulare un solo pensiero razionale. Il nonno è vicino ad entrambi.
Non hanno sentito il ragazzino dal venerdì pomeriggio, oggi è lunedì e non ne hanno ancora tracce. 
Lo zio austriaco ha chiamato la polizia quando nella sera di sabato i ragazzi non erano ancora tornati e la polizia stessa ha avvertito con un'interprete la famiglia dell'italiano. 
Nessuno di loro sa che fare, sono completamente impreparati e spaventati. 
Perché i loro ragazzi non tornano? 
L'albino ha provato a contattare su facebook le compagne del fratello, cercando di chiedere a loro qualcosa, ma non ha capito molto, eccetto una cosa: quel campeggio non c'è mai stato. Facendo finta di nulla con le ragazze, le ha ringraziate e chiuso presto la questione. Scoperta la password di Lud, è entrato nel suo account e ha sbirciato le conversazioni. Si sente in colpa, perché non è da lui fare queste cose, tormenta il biondo finché non parla, ma non lo spia, anche perché lui gli ha sempre detto tutto. Allora perché stavolta non l'ha fatto? Cos'è cambiato? Si tormenta le labbra affondandovi i denti cercando di capire, ma nulla. Nulla, nulla, non scova nulla, maledizione! Possibile che qualcuno abbia fatto loro del male? E' l'unica cosa che ritiene plausibile e quel pensiero lo sta uccidendo. S'intenerisce tanto quando legge le confessioni del fratellino circa i loro genitori, non aveva mai pensato che gli mancassero così tanto, che si trovasse non troppo bene nella nuova scuola, che desiderasse la capitale tedesca da morirne e che, più di essa, gli mancasse così tanto non vedere mai il fratello, il quale, ora, decide di non dire nulla a Roderich, sono cose private del ragazzo e non vuole si sappia. Farà finta di non aver letto alcunché. 
Romano piuttosto è diventato più scontroso del solito, vuole stare solo, nemmeno il nonno riesce a calmarlo. E' arrabbiato col fratello, perché lo ha abbandonato, ha deciso di stare con il crucco, piuttosto che con lui. E questo non doveva farlo. La madre non ha il coraggio di andare da lui e gli rimprovera il fatto di non essere forte abbastanza per reagire, a diciassette anni ormai compiuti. 
E Roderich suona ancora e ancora, per qualche giorno lontano dal lavoro, per "motivi familiari", com'è stato detto ai suoi alunni del conservatorio. 
Quei due incoscienti, invece, passano le ore tra risate e baci, del tutto tranquilli. Certo, però, anche a loro manca terribilmente casa ed in certi momenti vorrebbero tornare ma sono partiti da poco e quegl'attimi sono ancora piuttosto rari. 
Giunta la sera, non hanno ancora avuto il tempo materiale per cercare dove dormire e si ritrovano d'un tratto davanti ad un posto, una topaia, che accetta però anche i cani. 
Naturale, li accetti. Sembra accettare di tutto. Non ha per nulla un aspetto invitante e Felì giurerebbe di aver notato un ragnetto sulla parete. Ma è l'unico posto disponibile per Dax ed è buio, non hanno tempo di cercare altrove. 
Per altro, una ragazza dai modi rozzi e dall'aspetto volgare, che mangia una gomma da masticare con la bocca aperta, li informa che è rimasta solo una camera matrimoniale. 
Loro due si lanciano un'occhiata ed il quindicenne prende le chiavi che lei gli porge. Percorrono il breve corridoio guardandosi attorno piuttosto sconcertati da quello che trovano. Chissà da quanto non puliscono. Ci sono dei profilattici usati per terra e bottiglie di birra vuote. Felì sospira, Lud gli bacia la guancia. 
-E' solo per stanotte- gli ricorda con un piccolo sorriso incoraggiante. 
Entrano nella camera, il letto quantomeno è già stato rifatto e le condizioni igieniche lì dentro non sembrano troppo precarie. Si chiudono dentro a chiave, perché non si fidano degli altri clienti. Quel posto più che un bed and breakfast è una via di mezzo tra questo e un ostello. Hanno una camera per loro, ma non avranno colazione né servizi.  
Il biondo apre le finestre per far entrare un po' d'aria pulita e mandare via la puzza di fumo, intanto il moro si guarda circospetto intorno. 
Il pastore tedesco ha trovato un comodo posto sotto un piccolo tavolino. Chissà perché, ma stare sotto le cose, lo diverte un mondo. 
Sedutosi sul letto, Lud prende una salviettina per animali al muschio bianco e la passa sul corpo del suo cagnolino, che fa un po' di capricci perché non vuole essere pulito, ma vuole giocare, dopo di essa il padrone lo spazzola e gli da una scatoletta di carne al coniglio. 
-Forse è meglio che io vada a prendere qualcosa da mangiare- dice il sedicenne dopo un po' guardandolo, con le mani sui fianchi. Si passa la mano destra sul viso, l'orologio nero di quella marca che si usa per ora, Hip Hop, al polso. 
-Non mi lasciare qua da solo, ho paura...- mormora Felì guardandolo, seduto sul letto, col broncio. 
-Ho visto un posto qui vicino, ci metto poco, te lo prometto- gli si avvicina e si china su di lui per dargli un bacio a stampo sulle labbra, prende i soldi ed esce dalla stanza. 
Appena fuori, Dax si avvicina alla porta e con le zampette cerca di aprirla, piangendo. 
-Adesso torna, non piangere, piccolo- gli dice l'italiano alzandosi ed accarezzandolo sulla nuca. L'animale lo guarda negli occhi, poi si siede e guarda in direzione della porta. Felì sorride addolcito. 
Il tedesco torna dopo circa mezz'ora con un pacchetto. Ha portato con sé le chiavi per cui ora apre la porta ed entra dentro. Quando lo vede, ridacchia pensando ad alta voce: -Ti ho chiuso dentro, come se ti avessi rapito.
Il cane scodinzola e gli salta addosso, quasi facendogli cadere il pacchetto tra le mani, pacco che prende subito l'altro e lo apre, scoprendo cosa contenga, mentre lui gioca con il suo cucciolo. 
-Ti ho chiesto io di farlo! Non mi piace questo posto... mi fa paura- gli confessa ancora, aspettandolo per mangiare. 
Dividono equamente quel pasto che consumano in fretta, dopodiché mettono via la carta e indossano vestiti più comodi. 
Ludwig è ancora a petto nudo, quando si volta verso di lui, che sta seduto sul bordo del letto, e gli si avvicina, baciandolo dolcemente prima, poi con più passione, gli occhi chiusi. Appoggia le mani vicino ai suoi fianchi sulle coperte, intanto che lo bacia; Felì ricambia per poi appoggiare una mano sul suo petto e guardarlo negli occhi. 
-Ludwig...-
-E' solo un bacio- dice con un piccolo sorriso, togliendogli ogni dubbio.
-Non me la sento di...-
-Non te lo sto chiedendo. E' solo un bacio- ripete togliendogli una ciocca scura dal viso. 
L'altro gli sorride più sicuro e lo bacia di nuovo, poi si stende nella sua parte di letto, così come fa il sedicenne. 
-Lud...- cerca la sua mano, quando la trova incrocia le dita alle sue. -Mi manca casa...
Il ragazzino si mette su un fianco e lo guarda, annuendo, la pelle ancora lievemente arrossata per via dell'acqua calda della doccia fatta poco prima.  -Se non te la senti, possiamo ancora tornare indietro. Basta che me lo dici, e prendiamo il primo treno per Vienna.
-No! Non voglio, io voglio te!- gli sussurra lui accoccolandosi al suo petto. -Ma mi manca il mio fratellone...-
-Anche a me. Davvero, Felì, se vuoi tornare, dimmelo, in qualsiasi momento, ti riporto a Vienna. Promesso- lo guarda negli occhi. 
-Grazie- mormora davvero grato lui, addormentandosi poco dopo. 
 
La mattina dopo, decisamente prima di quanto avessero stabilito, sono costretti a svegliarsi, poiché sentono bussare alla porta. E' la ragazza della sera prima, che gli sta urlando di sbrigarsi a liberare la stanza. 
I due, straniti, si vestono velocemente e preparano tra sbuffi e sospiri, negli ultimi minuti delle otto sono già pronti per andare via. 
Quel posto si trova al primo piano di una palazzina piuttosto vecchiotta e malconcia, il cui ingresso è, se possibile, ancora più decaduto. Ludwig lascia in camera Felì con la valigia e lo zaino, perché perde tempo, lui ha in spalla il suo, che è decisamente più grande e pesante, e col cane si allontana andando al giardinetti che c'è di fronte, così da guadagnare qualche minuto di tempo per allontanarsi da quel luogo, mentre l'altro finisce di prepararsi.
L'italiano sta giusto per prendere le ultime cose, quando la ragazza entra e lo osserva con fare scocciato.
-Allora, quand'è che pagate?!- dice irritata. 
Il ragazzino prende i soldi dallo zaino e glielo porge, ma lei d'un tratto chiede di più, quasi il doppio.
-Ma ieri ci ha detto un altro prezzo, veramente...- ribatte lui debolmente.
-Eh! E ora ti dico così. Allora, paghi?- domanda quella insistente. 
Lui si spaventa più che altro perché con lei c'è un ragazzo, il suo fidanzato, che è parecchio muscoloso e non sembra tanto felice di essere lì. Ha uno sguardo da duro che lui non riesce a sorreggere. Per cui paga, quel prezzo troppo alto per un posto del genere ed esce svelto dalla camera, il cuore gli batte forte per lo spavento. 
Svelto, si avvicina al suo di ragazzo e guardandolo negli occhi, lo prega di andare via al più presto. 
Lud annuisce e mentre Dax fa le feste al moro, lui lo tira per andare, insistendo per farsi raccontare tutto. L'altro riferisce ogni cosa, ma solo quando sono lontano di almeno qualche metro. Per fortuna, in due minuti, ritornano ad una strada più trafficata, sul marciapiede passeggiano persone con la faccia più tranquilla. 
Scendono alcuni gradini con lentezza e si fermano lì per riprendere un attimo il fiato.
Felì piange un po', asciuga svelto le lacrime con le mani.
-Hei... non è successo nulla, d'accordo? Non preoccuparti- gli sussurra dolce, soppiantando con le proprie le sue mani, per lo stesso fine. Caccia via qualche lacrima, guardandolo negli occhi. -Non piangere- ripete.
-Scusa...- mormora il quindicenne, accennando un piccolo sorriso. Si alza e lo abbraccia forte forte, gli zaini ai loro piedi, il guinzaglio del pastore tedesco legato alla valigia, dopotutto per adesso è tranquillo. Il biondo fa giusto in tempo a riprenderlo con una mano, che lui si mette a correre, chissà perché. Ha notato un micetto e adesso sta abbaiando davanti al cancello di un'abitazione.
-Dax! Dax, fa il bravo!- gli dice il padrone. Lo rimprovera per bene, ritornando poi dall'italiano.
Fanno una breve colazione, quando sono già alla stazione. 
Il cellulare di tedesco squilla ancora, lo sente vibrare nella tasca dei jeans, ma non vuole rispondere. Ha ricevuto moltissime chiamate in questi giorni dallo zio e dal fratello, e non vuole essere rintracciato. Sa che la polizia sarebbe capace di farlo. Per questo, ancora una volta, è costretto a spegnere l'apparecchio, ma soltanto dopo aver visto il percorso più breve per raggiungere il confine con la Germania. 
-Dobbiamo prendere il treno delle quindici- gli spiega portando lo sguardo su di lui. 
-Va bene- risponde l'altro sedendosi comodo da un lato. Giocano un po' col cane tutti tranquilli. 
Il sedicenne non può fare altro che pensare che tra poco sarà nella sua bella città, Berlino, perché ha intenzione di andare lì, cosa che ha comunicato anche al suo compagno di viaggio.
E' fermamente convinto che il fratello li aiuterà, li ospiterà senza dire nulla all'austriaco, perché si sono sempre aiutati loro due. Però non tiene conto che l'albino è oramai un adulto e lui solo un ragazzino e che non può permettere gli accada qualcosa. 
-Non vedo l'ora di essere a Monaco- gli confessa guardandolo con occhi innamorati. 
-Ci saremo presto.-
-Ja... e poi, Berlino. E poi, potremo stare insieme per davvero- soggiunge.
-Sì! E poi, quando saremo grandi, ci sposeremo.-
-...Was?
Eh. 
Lasciando da parte le difficoltà che ha una coppia omosessuale di sposarsi, Lud ha paura di farlo. E' una cosa che gli ha sempre messo addosso una certa sensazione di ansia. Sua madre diceva che gli sarebbe bastato incontrare la persona giusta per cacciare via quel senso d'angoscia, ma lui quella persona l'ha incontrata e al matrimonio ancora non vuole pensarci. Hanno sedici e quindici anni, sono ancora dei ragazzi, non c'è bisogno di affrettare tanto i tempi.
Feliciano però crede in Dio e anche se sa di non poter affermare il suo amore per il tedesco davanti a Lui, vuole comunque fare le cose per bene, non gli piace la convivenza o comunque non gli sembra la soluzione giusta per una relazione che non sia a breve tempo. Anche se, deve ammettere, per adesso è un po' come se convivessero, infondo: fanno le cose insieme, dormono insieme, si baciano, si dicono che si amano. Cosa manca? Tante cose, lui lo sa, ma quelle principali ci sono tutte. Sono felici, preoccupati per mille motivi, ma felici.
Ed è questo che conta.
Entrambi lasciano cadere lì la questione e salgono sull'ennesimo treno. In un paio d'ore, lasceranno l'Austria.

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Capitolo 18
*** Munich: breve tappa nel viaggio per Berlin. ***


A Monaco la modernità non ha spazzato via la tradizione.
E' una città meravigliosa, senza dubbio si può definire la seconda capitale tedesca; è accogliente, ricca, c'è dell'ottima birra. 
Come non apprezzare l'Oktoberfest? La festa della birra più famosa al mondo. 
Venne istituita per la prima volta nel lontano 1810 per celebrare il matrimonio di Ludwig I di Baviera, festeggiamento che durò dal 12 al 17 ottobre. L'esperienza fu così bella, tra fiumi di birra e corse con i cavalli, che si decise di ripeterla annualmente. 
Ludwig, quello biondo con gli occhi azzurri, di giovane età, ama entrambe le cose: birra e animali, ma non ha mai partecipato a quella festa, sebbene lo abbia voluto. 
Gilbert gli aveva promesso che appena raggiunta la maggiore età l'avrebbe portato, ma considerando lo stato attuale delle cose... forse tutto ciò non avverrà. 
Il ragazzo non è più così sicuro della scelta che ha intrapreso, ci sono così tanti punti a loro sfavore. 
Tuttavia, non si lascia scoraggiare. Tenendo con sé Dax e dando un'occhiata a Felì, cammina per il centro, nel quale sono arrivati prendendo un autobus. 
Purtroppo, qui la regola dei prezzi non vale: anche se ci si allontana dal centro storico, i costi di cibo e albergo rimangono alti. 
Il sedicenne ha sentito dire che ci sono dei parcheggi a pochi soldi nei quali si può stare anche tutta la notte, ma loro non hanno una macchina, per cui non è ciò che fa per loro.
Hanno allora deciso, di dirigersi direttamente nella bella, bellissima, affascinante e sfrontata Berlino. 
Passano tutto il giorno a piedi, a guardare dall'esterno i principali monumenti della città. 
Kunstareal, primo quartiere che vedono, se così si può definire.
E' stato lo stesso Ludwig I di Baviera ed idearlo, ancor prima di divenire re. La sua idea era quella di raggruppare le opere d'arte che dal mondo intero giungevano alla Germania; anche oggi quel luogo è pieno zeppo di opere di tutti i generi. 
I due ragazzini tengono ben stretto il cucciolo per non farlo scappare e per non rovinare i bei fiori che ci sono nel prato vicino quel luogo e lui, un po' impaziente, ad un tratto abbaia e ringhia. 
-Dax! Smettila subito!- gli dice il padrone. Sospira, l'animale si tranquillizza, ma di poco. 
Feliciano si avvicina al fidanzato e gli carezza la guancia. -Sei stanco?- gli domanda con un sorriso dolce. 
-Nein...-
Anzi, è felice. E' finalmente a casa. 
Finalmente sente "Bitte" invece di "Bitteschen." 
Queste piccole differenze tra austriaco e tedesco, lo hanno devastato. Nazionalista e patriottico per com'è lui, è stato davvero difficilissimo abituarsi a Vienna e, sinceramente, è felice di essersela lasciata alle spalle. 
Adesso nessuno lo prenderà in giro: tra poco saranno a Berlino, una delle capitali più aperte del mondo -dopo ciò di cui Berlino stessa è stata capitale... 
Lui non nega nulla, del passato della Germania, così come nulla approva di ciò che i tedeschi hanno fatto o sono stati costretti a fare -perché in fin dei conti, si tratta di questo. 
O ti arruolavi, o avevi una pallottola puntata sulla fronte. 
Il ragazzino non vuole giustificare nessuno, naturalmente, ma dubita che lui stesso avrebbe avuto la forza di dire no al nazismo. Non si poteva: era una cosa più grande di tutti loro ed i loro capi, iniziando con Hitler e passando a Himmler, Goebbels, Mengele, per citare alcuni nomi noti, non facevano altro che il lavaggio del cervello a tutti i loro subordinati. 
Tralasciando ciò, la capitale è molto più di questo, sicuramente per lui. 
E'... un sogno. 
Stanno camminando vicino al parco, quando l'italiano si ferma e fissa la punta delle proprie scarpe.
L'altro torna indietro per raggiungerlo e lo guarda. 
-Cosa c'è?- gli domanda alzando un sopracciglio.
-Ho le scarpe slacciate...- mugugna l'altro.
-Beh, allacciale, no?-
-Non ne sono capace...- commenta imbarazzato, distogliendo lo sguardo e voltando un poco il capo.
Ludwig annuisce e gli si avvicina. Si china e prende i lacci delle sue scarpe, facendo un fiocchetto, poi li sistema. -Ecco fatto- gli dice, poi gli bacia una guancia. 
Continua a passeggiare, ma d'un tratto il maggiore pensa e ripensa e non riesce più ad attendere un solo momento.
-Felì, andiamo alla stazione?- gli chiede pregandolo un poco con lo sguardo. 
L'altro, sorridendo ancora, annuisce. Non sa come si possa sentire, ma se può vederlo felice, beh, perché non deve farlo? 
-- gli conferma a voce. 
Oramai hanno visto quasi tutto di Munich. Bene... 
Alla sera, sono già in treno, il cuore del biondo batte più forte, più vivo, mentre guarda con sguardo sognante la città che stanno lasciando.
-Berlin...- mormora tra le labbra. 
Feliciano si siede di fronte a lui e con i gomiti appoggiati sulle ginocchia, le gambe incrociate, lo osserva con fare dolce.
Poi prende il suo blocco da disegno ed inizia a disegnare qualcosa. Purtroppo, non ha i colori con sé. Con un piccolo sospiro per questo aggiunge i dettagli, fa le sfumature con la matita ed mette poi l'ombreggiatura. Ripensandoci... alcuni colori li ha! Ne ha esattamente dodici, infilati nel piccolo portacolori bianco che lui stesso ha decorato, disegnando sé stesso ed il ragazzo tedesco: mezzo viso, s'intravede appena la base del naso, si vedono però le labbra appoggiate le une sulle altre, in un bacio a stampo dolce; Felì con un maglioncino marrone ed una camicia bianca, l'altro con una maglietta del medesimo colore ed una felpa azzurra. 
-Che bello- commenta il sedicenne osservando il disegno con sguardo attento, il portacolori è appoggiato al blocco, chiuso, così se cadrà in seguito ad una curva o per un movimento brusco del mezzo, i colori non si disperderanno sul pavimento. 
-Grazie...- risponde l'altro sorridendo, preso dal suo disegno. 
Ha disegnato sé stesso e Lud che si tengono per mano. 
Si mettono un po' a parlare su come vorrebbero andassero le cose, sugli ipotetici cuccioli che avrà Dax, che a parere dell'italiano, saranno carinissimi; discutono poi sulle differenze tra Italia e Germania e tra quest'ultima e l'Austria. 
Fantasticano sulle loro vite, insomma.
-A te piacciono i bambini?- domanda dopo un po' il più piccolo, felicissimo di poter colorare il disegno, una volta completato. 
-Beh, noi siamo poco più che bambini- dice l'altro con una scrollata di spalle.
-Hai ragione. Ma rispondi: ti piacciono?
-Non sono molto bravo, con i bimbi piccoli- ammette lui. 
 
"A te che mi hai trovato
All'angolo coi pugni chiusi
Con le mie spalle contro il muro
Pronto a difendermi
Con gli occhi bassi
Stavo in fila
Con i disillusi
Tu mi hai raccolto come un gatto
E mi hai portato con te..."
 
Canticchia distratto il biondo.
Sì, ormai conosce molte canzone italiane e quella poi gli sembra esser stata scritta proprio per loro.
Prima di conoscere Feliciano, lui non aveva nessuno, eccetto il fratello, che ultimamente però non sentiva così vicino. Se ne stava solo, lontano da tutti, con lo sguardo basso passeggiava di tanto in tanto per le strade, ma solitamente rimaneva a casa. 
Eppure l'italiano ha saputo farlo ridere di nuovo, gli ha ridato la gioia di vivere.
E' proprio lui ora che gli rivolge un'occhiata addolcita. 
Gli piace quando lui canta, ha una bella voce, calda. 
 
"A te che io
Ti ho visto piangere nella mia mano
Fragile che potevo ucciderti
Stringendoti un po'
E poi ti ho visto
Con la forza di un aeroplano
Prendere in mano la tua vita
E trascinarla in salvo
A te che mi hai insegnato i sogni
E l'arte dell'avventura
A te che credi nel coraggio
E anche nella paura
A te che sei la miglior cosa
Che mi sia successa..."
 
 
Effettivamente, l'italiano, piange spessissimo.
E può sembrare fragile per questo, ma in realtà ha così tanta forza nascosta dentro di sé. E' questo che Lud apprezza di lui.
Gli ha insegnato a trovare le cose belle nelle piccole cose, gli ha insegnato ad amare, a non avere paura di nulla, che i sogni si possono avverare. 
-Questa canzone è proprio bella- commenta il moro, aggiungendo al disegno una scritta a matita: "Fantasticare." 
E' quello che fanno sempre, no? 
-Mi fai mettere il tuo orologio?- gli domanda dopo un po', riferito all'Hip Hop nero che il tedesco tiene nel polso sinistro.
Lui annuisce, lo toglie e glielo porge, senza fare troppe domande. 
Lo osserva metterlo al polso destro e cambiare pagina, per fare un altro disegno. 
Stavolta disegna Ludwig da solo, con dei pantaloni marroni a scacchi ed una camicia bianca che s'intravede dal dolcevita celeste, dei fiori nascosti dietro la schiena e le gote rossastre. 
Quando lo completa glielo mostra, facendo un sorriso a trentadue denti e socchiudendo gli occhi. 
Il biondo ridacchia e lo osserva. -Sono io? Ma che carino- commenta. 
Si alza e si avvicina a lui, chinandosi un po' e dandogli una bacio a fior di labbra. 
-Ich sag's dir viel zu selten, aber... ich liebe dich- sussurra con fare dolce. 
A quelle parole... "Non te lo dico abbastanza, ma... ti amo", il ragazzino con gli occhi nocciola sorride in modo bellissimo e gli butta le braccia al collo, avvicinandolo a sé e dandogli un bel bacio. 
Lud non gli dice tanto spesso cose di questo tipo, anzi, non è tipo da 'ti amo', più che altro lo bacia, di punto in bianco, quando sente la necessità di farlo, a volte si trattiene dal farlo. 
E' per questo che quando si lascia andare a certe confessioni, l'italiano rimane di stucco. 
 
"Dein Lachen macht süchtig
fast so als wäre es nicht von dieser Erde
Auch wenn deine Nähe Gift wär
ich würd bei dir sein solange bis ich sterbe
Dein Verlassen würde Welten zerstören
doch daran will ich nicht denken
Viel zu schön ist es mit dir
wenn wir uns gegenseitig Liebe schenken..."
 
 
 "Il tuo sorriso rende dipendenti
quasi come se non fosse di questo pianeta
Anche se la tua presenza fosse veleno
io starei con te finché non muoio
Il tuo lasciarmi rovinerebbe il pianeta
ma a questo non ci voglio pensare
è troppo bello stare con te
quando ci regaliamo amore a vicenda..." 
 
 
 
Ecco, di nuovo quella canzone dolcissima. 
Quando inizia a cantarla, Felì mette da parte le matite colorate ed il foglio, dentro lo zaino, e si appoggia alla sua spalla, chiudendo gli occhi, un po' perché è stanco, un po' perché vuole stargli vicino, e si abbandona a quelle parole, intanto che il biondo gli cinge una spalla con un braccio. 
Il treno ritarda e Berlino appare sempre più lontana dai loro occhi. Perché ci mette tanto? Si è fermato molte volte e loro non ce la fanno davvero più.
Feliciano ha un tremendo dubbio. -E se tuo fratello non volesse aiutarci?- gli domanda stringendo forte la sua mano. 
-Ci aiuterà. Lo ha sempre fatto- gli spiega l'altro, guardando fuori dal finestrino. 
Il cucciolo inizia a piangere perché vuole scendere e si avvicina alla porta cercando di aprirla con le zampette.
-Forse deve fare pipì...- commenta il moro. 
-Mancano due fermate... non possiamo farle a piedi, sono troppi chilometri- ribatte il sedicenne prendendo il braccio il pastore tedesco. 
Per fortuna, ritardano solo di una mezz'ora, perché il treno ha preso velocità e ha fatto gli ultimi chilometri abbastanza veloce. 
Eccola. 
Berlin. 
-Finalmente...
Scende dal mezzo pubblico, quasi abbia un fucile puntato alle spalle, tanto fa veloce. 
Si sente a casa per davvero, ora.
Annusa l'aria, gli occhi azzurri vagano veloci da qui a lì e con sua immensa gioia riconosce ogni singolo centimetro della stazione che avrà visto mille volte lui e la sua famiglia.
Inizia a dirgli una serie di nomi, uno dietro l'altro, dei posti da vedere, di quello che si deve fare, di ciò che è successo qui ed è successo lì. Pochi conoscono quella città come lui, che l'ha studiata con tutto ciò che aveva a disposizione, lui, i cui genitori erano da ragazzini separati dal muro. Ed anche loro hanno ricercato l'amore, quindi non sarebbero di certo arrabbiati col figlioletto minore, se fossero vivi, no? Ludwig immagina sia così. 
Il quindicenne ride, perché lo vede felice, perché guarda tutto con gli occhi innamorati.
Si avvicinano al quartiere in cui adesso sta l'albino, a passi svelti, ma non troppo, perché Lud deve fare da Cicerone ed illustrare ogni cosa all'amato che, per farlo contento, continua a fargli domande alle quali lui risponde con entusiasmo. 
-Amore, è questo cos'è?- dice ad esempio. 
Eccoli giunti, poi, davanti casa di Gilbert.
L'italiano non è affatto sicuro di quella scelta, di bussare a quella porta e il biondo stesso lo guarda preoccupato, ma decide di farlo.
Suona il campanello dell'appartamento al quinto piano.
L'albino è distrutto per la recente scomparsa del fratellino e stando a ciò che hanno scoperto insieme agli investigatori, teme che se ne sia andato volontariamente.
Ha indosso vestiti comodi scuri, che fanno sembrare la sua carnagione albina ancora più chiara, in contrasto.
Si passa una mano tra i capelli biancastri, appoggiando la mano alla maniglia della porta. 
Quando lo vede, spalanca gli occhi. 
Il primo impulso è quello di abbracciarlo; il secondo di mollargli un ceffone.
-D-du... ich...- farfuglia confuso. Lo afferra per un braccio e lo trascina in casa, chiudendo la porta. 
Non gli da il tempo di parlare, che la riapre e prende alla stessa maniera, con la stessa forza, l'altro ragazzino. Chiusa la porta alle spalle, li guarda negli occhi, soffermandosi di più su quelli chiari.
-Voglio tre buoni motivi per questa fuga. Poi, chiamiamo lo zio e i tuoi genitori.
I due ragazzini si scambiano un'occhiata d'intesa. 




      

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Capitolo 19
*** Il sogno sta per tramontare. ***


Saaalve ! 
Per adesso aggiorno con più lentezza perché ho un sacco di compiti per casa e in classe, interrogazioni, verifiche... 
Tornando alla storia: sta per concludersi. Eh, sì. Ma non vi preoccupate, ci saranno delle sorprese. Devo solo formulare bene l'idea e poi metterla su carta! 
Spero di non avervi deluso con questo capitolo, a me personalmente non piace molto... ma sull'arrivo di Rod e della famiglia di Felì volevo fare un capitolo intero, per cui questo qui è di "transizione" !! Oh, volevo chiarire una cosa: i colori dei dialoghi, sono gli stessi degli occhi di chi parla. Lud ha gli occhi blu, la scritta è blu. Felì li ha nocciola, la scritta è sul beige. Gilbert rossa, Austria viola, Romanuccio verde, eccetera. Alla prossima! Recensite <3  ] 








Ancora davanti a Gilbert che preme per avere spiegazioni, Felì scoppia in lacrime. 
Cerca di cacciarle con la mano, mortificato, ma non ci riesce.
Il biondino, invece, spalanca gli occhi e si avvicina a lui. 
-Non piangere! Sta' tranquillo...- gli sussurra, scostandogli con dolcezza una ciocca di capelli scuri da quegl'occhi dolci. 
L'albino sospira e si siede scomposto su una sedia, le braccia incrociate al petto. 
-Non c'è motivo di piangere, siete qua, state bene.-
Ma l'italiano non riesce a smettere di singhiozzare. Ha paura, ora. 
Affonda il viso nel petto dell'amato, che lo stringe a sé e lo accarezza un po' sulla schiena. 
Gli sovviene alla mente il testo di una canzone che a lui piace molto. 

 
"Bist Du da wo ich auch bin
Bist du angekommen…
Wo die Zeit im Wind verrinnt
Wie Sand am Meer
Wie die Wellen die immer wieder kommen
Es ist eigentlich nicht schwer
Wir haben es uns einfach genommen
Der Augenblick schreibt unsere Geschichte..."
 
"Sei là dove sono anch'io? 
Sei arrivato?
Dove il tempo trascorre del vento
Come la sabbia nel mare
Come le onde che ritornano sempre
A dire il vero, non è così difficile
Noi l'abbiamo semplicemente preso
L'istante scrive la nostra storia..." 
 
 
Il video di questa melodia è davvero bello.
Come loro, due ragazzi, entrambi maschi, s'innamorano tra le semplici cose della vita quotidiana. S'intolta: "Unzertrennlich", inseparabili.
E loro due, uno tedesco ed uno italiano, chi oserà separarli? Ci sono mille e più fattori più potenti di loro e l'amore non può trionfare sempre. Non in ogni momento. E forse non succederà stavolta. 
Gil rimane ad osservarli con una fitta al petto. 
Si chiede se il suo fratellino non avesse bisogno che di questo, prendersi cura di qualcuno che pare amarlo più della sua stessa vita. 
-S-scusami...- sussurra il moro guardandolo negli occhi. 
-Non importa- lo rassicura l'altro con un sorriso tirato.
Il più grande tra i tre, si alza con un sospiro e si avvicina al piano cottura. 
-Andate a darvi una rinfrescata, vi preparo qualcosa da mangiare- dice loro socchiudendo appena gli occhi rossi.
Dopo un attimo di esitazione, Felì prende della robe pulite dalla valigia e va a lavarsi all'interno della camera dal fidanzato indicata. Quest'ultimo, si avvicina al suo adorato fratellone, non stando però troppo vicino. 
-Gil...- lo chiama, abbassando poi lo sguardo. 
-Non ho mai avuto la voglia di darti uno schiaffo- gli confessa lui. Prende da uno stipo una scatola curiosandovi dentro. - Non prima di oggi, almeno.- 
Chiude un attimo gli occhi ed appoggia il contenitore sul tavolo. Sospira pesantemente. 
-Sei stato un incosciente. Ma che credevi di fare?- punta adesso gli occhi su di lui.
Il biondo abbassa lo sguardo. -Quello che papà ci ha insegnato. Segurie l'amore, no?
-Non avrebbe di certo voluto che tu mi facessi morire d'infarto! Non avrebbe dovuto raccontarti queste cose, ad ogni modo- conclude scuotendo la testa con disapprovazione.
Prende delle tovagliette e le sistema sul tavolo, com'è abitudine in Germania, ove, infatti, l'uso della tovaglia unica è sconosciuto. 
Su di esse sistema bicchieri, posate e piatti, intanto qualcosa viene cotto nel forno.
-Parli come la mamma...- gli dice il fratellino. 
Gli si avvicina ed appoggia una mano sul suo braccio, per fermarlo e guardarlo negli occhi. -Mi dispiace averti fatto paura, Bruder, aber...io voglio stare con lui. Davvero.-
A queste parole, l'altro, si altera di più, lasciando bruscamente quella presa. 
-Cazzo, Ludwig, avete sedici anni! Siete due bambini, siete volubili, magari tra tre giorni nemmeno ti piacerà così tanto! Vi siete messi in un guaio  più  grosso di voi. E che avete concluso? Lo zio non te lo farà più vedere e non gli do tutti i torti. Io non ti farei più uscire di casa...- borbotta passandosi una mano sul viso pallido. 
Il sedicenne rimane in silenzio. 
Non sa che dire, ha paura che il fratello abbia ragione e sa che, infondo, l'ha. 
Non apre bocca fino a quando Feliciano torna da lui, vestito bene come sempre, così s'infila in bagno e vi rimane per una mezz'oretta.
Durante questo tempo, il quindicenne rimane in cucina seduto al tavolo ancora vuoto, con il capo basso, pensieroso. Distrattamente, tocca con le dita l'orologio nero che adesso porta al polso e che da poco ha dichiarato suo. 
Tira fuori la macchina fotografica e rivede tutte le foto, che oramai conosce quasi a memoria, e qualche lacrima è di nuovo sulle sue guance. 
Per non farsi sentire dal ragazzo con i capelli bianchi, porta una mano sulla bocca e chiude gli occhi, cercando di calmarsi. 
D'un tratto sente una mano sulla propria spalla, così leva gli occhi arrossati verso l'altro e ne incontra un paio vermigli ed un mezzo ghigno ancora preoccupato. 
-Non piangere- sente pronunciare da quella bocca. -So che tieni a mio fratello e che lui tiene a te. Avete sbagliato, già...-
Passandosi una mano tra i capelli, fa una smorfia, per poi riprendere il discorso. -Ma a tutti si da una seconda possibilità, no?
L'italiano spalanca gli occhi, chiedendosi cosa voglia dire con quelle parole. 
Li lascerà andare via? Sorride spontaneamente a quel pensiero, socchiudendo un po' gli occhi nocciola. 
-Domani mattina chiamerò lo zio e lui avvertirà la tua famiglia.-
Il ragazzino abbassa lo sguardo annuendo ed il sorriso si spegne. 
Doveva aspettarselo... sa che è giusto così.  
Si chiede inoltre cosa stia facendo Romano e non sa che rispondersi. Probabilmente, riflette poi amaro, è stato felice di liberarsi di lui. 
Ma l'altro italiano, quello con gli occhi verdi, è rimasto a letto per quasi tutto il tempo, chiuso a chiave in camera sua, parlava solo con il nonno di tanto in tanto e non voleva mangiare per nessuna ragione. 
Proprio ora sta osservando la foto di loro due che ha sul comodino, con gli occhi un po' lucidi. In un gesto di rabbia, la butta per terra rompendone il vetro, ed affonda il viso sul cuscino mettendosi di nuovo a lacrimare. 
"Bastardo! Fottuto crucco! Si è portato via quell'idiota del mio fratellino!" pensa dando alcuni pugni al letto per sfogare il nervoso.
Si calma dopo qualche momento e si mette seduto sul letto con i piedi sul pavimento. Si china per prendere la foto e lasciare lì la cornice, ma un gesto brusco causato dalla sua malattia, fa sì che un pezzo di vetro che stava raccogliendo perché sopra la suddetta foto, lo ferisca al braccio. Il sangue zampilla svelto a fiotti e lui si spaventa.
-N-nonno! Nonno!- lo chiama. 
Nonno Roma arriva subito e notando la ferita, recupera presto un panno pulito da un cassetto, gli si avvicina e ferma l'emorragia.
Pochi minuti più tardi, il braccio ha sopra una benda bianca ed il ragazzino sta abbracciando le proprie ginocchia, ancora seduto a letto. Fissa il vuoto, con sguardo assente ma cupo. 
Il vecchio gli si avvicina e si siede sulle coperte, vicino al bordo, accarezzandogli i capelli. 
-Lo so che ti manca... manca anche a me, tanto- gli confessa facendogli alzare lo sguardo con due dita.
Gli occhi scuri incrociano quelli chiari. 
-Quando lo trovo, lo picchio- afferma invece lui. Poi s'abbandona al petto dell'adorato parente, piangendo un altro po'. 
E Feliciano non dovrebbe non immaginare tutto questo, come Ludwig dovrebbe aver ormai capito come si sente l'austriaco a quella scomparsa.
Ha già perso un figlio, perché un altro? Dio sembra avercela con lui. 
E suona e suona e suona, finché le dita non sono troppo stanche e la mente affollata da innumerevoli melodie diverse. 
Allora crolla stanco a letto. Ma quella sera non riesce a dormire. Non ha nemmeno uno straccio di rapporto con l'altro nipote, il che vuol dire ceh ora è, di nuovo, completamente solo.
Il nipote in questione, sta cercando di rassicurare il fratello ed il, se così lo si vuole chiamare, "cognato", entrambi davanti i suoi occhi, nano nella mano.
-Vi prometto una cosa. Quando Luddy sarà con me, potrete sentirvi. Però non posso giurarvi che i vostri genitori vi consentano di mantenere il contatto- dice loro, poi ghigna, vittorioso nel vedere i sorrisi un po' consolati un po' complici un po' stanchi sui loro volti. 
Cenano. 
La cena è in un clima a dir poco sereno.
L'albino è strabravo ad alleggerire le situazioni pesanti e li fa ridere e svagare un po'.
I loro occhi, quelli di due giovani innamorati, si incrociano spesso, dolci, quasi telepatici. Sentono qualche parola alla tv e scoppiano entrambi a ridere, mentre il ventiseienne li fissa sorpreso, con un coltello in mano ed una fetta di pane e salame nell'altra. 
Poi sorride. Perché sono proprio belli insieme. 
Quando i due si rifuggiano nel letto ad una piazza e mezzo di Gil, lui rimane in cucina disteso sul divano letto, che guarda il soffitto. Ripensa alle parole del fratellino.
"Quello che papà ci ha insegnato"... 
Sospira mettendosi su un fianco. 
Lasciare i genitori non è stato facile nemmeno per lui, ma doveva essere forte se voelva che Ludwig stesse bene.
Osserva su una mensola la macchina fotografica del moro, così si alza e la prende. Ci sono un sacco di foto carine e molte sono tenere. 
Dax non ha creato problemi per tutta la sera, ha fatto moltissime feste a tutti quanti e adesso dorme beato, ai piedi di quel letto un po' improvvisato e un po' reale. 
Gilbert le osserva tutte, foto per foto, con un sorriso nostalgico.
Non vedeva suo fratello così felice da chissà quanto tempo. 
Si sofferma in particolar modo su una foto. Riconosce Salisburgo nello sfondo. Il quindicenne ha preso il volto dell'altro con una mano, le loro labbra sono unite in un bacio a stampo, gli occhi di entrambi socchiusi. Si guardano, quei due, mangiandosi con lo sguardo, ma mai con malizia.  
Prima di mezzanotte, in quella casa regna il silenzio e il dio del sonno Morfeo sta abbracciando tutti loro. 
 
 
Il giorno sembra arrivare troppo presto.
L'italiano si sveglia abbracciato a Lud com'è accaduto negli ultimi giorni. In tutto la loro fuga è durata poco meno di due settimane. 
Fa caldo e la scuola starebbe per finire, se solo loro ci andassero ancora. 
Anche Roma ha smesso di andarci e gli adulti non vanno a lavoro da un po', tant'è la preoccupazione.
Alle prime ore del giorno, alle sette circa, Gilbert ha chiamato lo zio. 
Lo ha rassicurato dicendogli che stanno bene, che non sono feriti, che va tutto bene. Gli ha detto di avvertire la polizia e la famiglia dell'altro fuggitivo, così da stare tutti più sicuro. 
L'austriaco, sentendo gli occhi viola pungergli, ha annuito scelto e ha chiesto di poter palrare col nipotino.
-Nein, sta dormendo- ha detto con tono deciso l'albino. 
Lui non ha obbiettato. -Verrò a prenderlo personalmente, a Berlino- ha detto poi.
Si vedranno nella capitale tedesca il giorno dopo e probabilmente anche la famiglia de' Vargas arriverà all'aeroporto. Forse anche qualche agente della polizia. 
I due ragazzini però non hanno la minima voglia di lasciarsi, com'è comprensibile. 
-Andiamo via...- sussurra Ludwig all'orecchio dell'altro.
Questo però scuote la testa, accoccolato a lui sotto le coperte. -No... basta con le fughe.- Alza lo sguardo su di lui ed accenna un piccolo sorriso. Una bella sensazione segue: un bacio lungo.
Da questo momento in poi, faranno le persone mature ed accetteranno le conseguenze delle loro azioni. Mano nella mano finché il Dio a cui tanto credono entrambi glielo consentirà, si avviano in cucina. Hanno un po' fame e per fortuna trovano la colazione pronta. 
Gilbert si è dato tanta pena per loro, ma solo perché doveva distrarsi. Sono circa le dieci de mattino. Vicino il pane e burro e marmellata e la torta preconfezionata, ci sono due buste. Entrambi riconoscono la parola "fotografo" sopra, per cui si guardano confusi, senza capire. 
-Quelle sono vostre. Nascondetele, non vorrei ve le togliessero- borbotta il più grande. 
E' vestito un po' meglio stamattina. Ha dei jeans ed una maglietta a mezze maniche dei Nirvana, ormai inizia a fare caldo e sebbene lui debba proteggere dal sole la pelle chiara, non rinuncia ad un abbigliamento leggero. 
Sia l'italiano che il tedesco prendono in mano la busta e la aprono.
Con sorpresa notano le loro foto lì dentro, tutte quante, quelle belle e quelle brutte, i loro meravigliosi gesti gentili racchiusi in uno scatto.
Il primo citato, più piccolo, si volta istintivamente dove aveva lasciato la sera prima la macchina fotografia e lì la ritrova. 
D'istinto si alza e va ad abbracciare l'albino, in modo affettuoso. 
-Danke, danke, grazie!- esclama entusiasta. 
E l'altro se la ride, scompigliandogli i capelli. 
-Immagino lui non abbia visto molto di Berlino, Bru'. Che ne pensi, gli facciamo fare un giro?- Vengono a prendervi domani- spiega loro, appoggiato al ripiano della cucina, vicino al biondo, dal quale ruba un pezzo di torta.
E' proprio il biondino che, grato, sorride lievemente, poi però lo guarda male per quel piccolo furto.
Vanno a vestirsi anche loro due. 
Lud indossa una camicia del tipo alla boscaiola sul verde/bianco, dei jeans ed una maglietta bianca sotto. Felì mette invece una maglietta nera, una giacchetta bianca sopra e dei jeans più chiari rispetto il paio indossato dall'altro. 
Con lo zaino celeste in spalla ed quello enorme e la valigia al sicuro nell'armadio, escono a fare un giro, portandosi dietro Dax che non vedeva l'ora di uscire. 
Si prende qualche coccolina un po' da tutti: un bambino che passa, due gemelline che lo fissano curiose, poi scappano ridendo, un vecchio con un cappello beige sulla nuca ed una pipa in bocca. 
Il guinzaglio lo tiene Gil, che sta dietro di loro, la sigaretta tra le labbra, lasciandoli un po' da soli, ma sempre sotto sorveglianza. 
Gli fanno vedere bene tutto ciò che c'è da vedere in una città d'arte: ogni singolo monumento. 
Brademburg Tor, Alexanderplatz, Museumsinse (L'isola dei Musei), i resti del Muro, il palazzo del Reichstag e tanto altro ancora. 
Sono esausti alla sera quando si fermano a mangiare in un posto carino ed accogliente, seduti in uno di quei tavolini all'esterno del locale, il pastore tedesco seduto lì vicino, ha mangiato prima di entrare la sua scatoletta, che il padrone ha furbamente portato dietro. 
-All'inizio pensavo- comincia a dire l'albino, con la bocca aperta mentre mastica e lo sguardo che vaga curioso soffermandosi sulla figura di una bella ragazza formosa. -Che non vi amavate davvero. Luddy mi ha parlato di te, ma è difficile capirlo, si tiene tutto dentro.
-Esattamente come fai tu- interviene il fratello, mangiando una verdurina dal piatto. 
-Ja, ja- commenta svelto l'altro. -Comunque sia, ora ho capito che vi volete bene veramente, vi amate meglio di come facciano gli adulti. E la cosa bella è che non c'è malizia tra voi. A meno che Ludwig non abbia messo le mani dove non deve, in questi quattordici giorni- conclude. 
Le gote del biondo si arrossano e lo sguardo viene automaticamente puntato sul bicchiere dal quale sta bevendo.
-Stavi facendo un discorso troppo bello per non rovinarlo con le tue solite idiozie- borbotta lui.
Feliciano ridacchia di cuore.
-Tuo frarello mi ha sempre rispettato- lo rassicura accarezzando i capelli biondi del fidanzato.
I contatti tra loro si sono fatti più frequenti in questi ultimi momenti perché sanno che non potranno vedersi per molto tempo, temono finché non saranno adulti e potranno prendere da solile loro decisioni.
La serata è così piacevole che quasi vola. 
Ma domani è il gran giorno e Roderich e la famiglia di Felì sono tutti già pronti con le valigie giù dal letto. Giungeranno ben presto a Berlno.
Uno di loro è furioso.
Uno di loro deluso. 
Uno di loro rassegnato.
Uno di loro felice. 
Infondo, tuttavia, tutti e quattro provano contemporaneamente queste emozioni.

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Capitolo 20
*** Quanto dura il per sempre? ***


[ NOTA. 
Sarebbe perfetto se, mentre leggete, ascoltate la canzone "Mi rialzerai." Io l'ascoltavo, scrivevo, piangevo. ]



Quanto dura il 'per sempre' quando queste due semplici parole non dipendono da noi? 
Quando il tempo scorre e non si può afferrare? 
Quante volte possiamo dirlo senza crederci veramente? E' possibile essere davvero padroni del proprio destino? 
No. 
Non esiste il per sempre. 
Non si può decidere per davvero la strada da percorrere. 
Non si sceglie davvero come vivere, quale direzione prendere, chi amare, chi odiare.
E loro stanno ora iniziando a capirlo, poco a poco, momento per momento imparano a rinunciare ai loro sogni.
Continuano a ripetersi di non preoccuparsi, perché riusciranno a rimanere in contatto, riusciranno a vedersi di nuovo, amarsi ancora, andare a vivere insieme e realizzare tutti i loro progetti.
Il paesaggio scorre al di fuori del finestrino monotono e pericoloso, ogni albero che passa è un metro in più percorso, un istante in meno di felicità.
Si lanciano occhiate complici, accennando timidi sorrisi, la prese delle loro mani è stretta. 
Non esiste nient'altro che loro. 
Non esiste l'albino che guida la macchina sui sedili della quale sono seduti anche loro. 
Non esiste il cagnolino tanto buono che se ne sta accoccolato accanto al conducente. 
Non esiste il nonno, il fratellone, la mamma all'aeroporto in lacrime ad attenderli.
E nemmeno lo zio austriaco, parecchio dimagrito, con le dita distrutte per il troppo suonare.
Esistono loro. E nient'altro.
I raggi del sole infastidiscono gli occhi azzurri di Ludwig, che per proteggerli si ripara con la mano, scostando appena le ciocche bionde dalla fronte.
L'altro di tanto in tanto si perde a fissare l'orologio da polso nero e lo tocca con la mano libera.
L'aeroporto di Berlino, è piuttosto lontano da casa di Gilbert.
Quando giungono, non hanno bisogno di guardarsi intorno, di capire cosa stia accadendo, perché lo sanno fin troppo bene. 
Sono tutti lì: Nonno Roma, Romano, la donna, Roderich. 
Lei scoppia in lacrime ed affonda il viso tra le mani, mentre suo padre la stringe a sé sussurrandole: -Sta bene, guardandolo, sta bene!- 
Il fratello è arrabbiatissimo con lui. Ha gli occhi un po' arrossati per via del pianto che non è riuscito a nascondere.
Rod sospira sollevato, sistemandosi gli occhiali su per il naso, con fare devastato.
I due ragazzini si guardano negli occhi. 
-E'... è il momento...- sussurra il più grande. 
La presa delle loro mani si scioglie lentamente. 
I loro cuori battono all'impazzata, ma anche all'unisono.
-Io ti amo...- gli ricorda il moro.
-Sì, anch'io ti amo.-
Feliciano fa qualche passo verso la propria destra, avvicinandosi ai propri familiari. 
Roma fa dei passi svelti e gli molla un ceffone. 
-Sei... sei un fottutissimo idiota egoista!- gli urla addosso vomitandogli sopra tute le proprie emozioni. 
Non si preoccupa che qualcuno lo senta. Dopotutto, la sua lingua è l'italiano e loro sono in una città tedesca, nella più importante città tedesca.
Sono nel parcheggio, non v'è molta gente e tutti possono sfogarsi un po' per il nervoso accumulato. I due fuggiaschi, li lasciano fare.
-Sei un bastardo, non ti è importato di nulla, né di me, né del nonno, né della mamma. Pensi solo a te stesso!- continua il ragazzo, le lacrime gli rigano di nuovo il viso.
E Feli, dal canto suo, rimane muto, col capo di tre/quarti voltato verso la parte colpita, incapace di ribattere. 
L'albino tiene Dax e gli fa qualche coccola, per distrarlo. Non vuole che il suo fratellino debba tenerlo in un momento delicato come questo.
E quest'ultimo si avvicina a Roderich, mortificato, sincero, con lo sguardo puntando verso la punta delle scarpe da tennis. 
-Mi dispiace...- riesce infine a mugugnare, dopo aver aperto la bocca un paio di volte senza essere riuscito ad emettere una sillaba. 
Lo zio lo guarda, gli occhi pieni di lacrime.
Gli si avvicina all'improvviso e lo stringe forte a sé. -Ludwig...- sussurra.
Il biondo spalanca gli occhi, poi lo sguardo si fa più triste. Lascia che il parente lo stringa, le mani ancora lungo i fianchi. E quando la presa si fa più forte, lui porta le mani sulla sua schiena, finalmente ricambiandola.
Nonno Roma si avvicina al nipote e lo fa voltare per guardarlo negli occhi, due dita sotto il suo mento per fargli alzare lo sguardo. E' severo, ma si scioglie subito in un sorriso. Gli carezza dolcemente i capelli e con un sospiro lo abbraccia. 
-Sei qui...- mormora quasi non ci credesse. 
La madre, singhiozzando quasi istericamente, attira a sé il figlio, prendendolo per un polso e lo fa accoccolare a sé. Lo rimprovera mentre piange. -Sciocco! Ma che volevi fare? Farci morire di spavento tutto quanti...?- gli domanda debolmente. 
Né Ludwig né Feliciano dicono molto. 
Il momento di andare arriva pressoché subito. Troppo velocemente perché loro possano aver il tempo di recuperare un'altra manciata di minuti per salutarsi. 
Eppure il ventiseienne albino, quella mattina, ha dato loro tutto il tempo necessario. Non è mai abbastanza...
Si guardano negli occhi, separati da tre metri. 
Quell'occhiata vuol dire tutto.
Vuole dire dolore.
Vuol dire amore.
Felicità e tristezza, dolcezza, fedeltà, ma anche angoscia per il futuro ed il passato. 
Non hanno più certezze, aspetteranno in silenzio che qualcosa accada. 
"Io lo so che sarai sempre vicino a me..." pensa tra sé l'italiano. 
Porta il polso ad asciugarsi le lacrime che gli rigano il viso, lacrime che non ha potuto trattenere,  mentre l'altro sembra impassibile, eppure sta morendo dentro.
Il pastore tedesco è di nuovo al suo fianco. Tira, perché vuole andare da quello che per due settimane ha visto come un altro padrone. 
-D-dax, nein...- gli dice incerto lui, la voce rotta dal pianto. 
Affonda una mano nel suo pelo, per cercare conforto... ma non ne trova. 
Come può trovarlo? Quella potrebbe essere l'ultima volta che vede il suo unico e grande amore. 
Il più vecchio di tutti, appoggia una mano sulla spalla del nipotino. -Dobbiamo andare- gli dice. 
Comprende il loro stato d'animo, ma più si vedono, più soffriranno. 
Nessuno potrà mai cancellare quello che c'è stato tra loro, qualcosa di così intenso e profondo, ma devono pur riportarli alla ragione. 
Il cucciolo di cane, anch'esso, si mette a piangere, percependo il malessere del tedesco ed il clima ostile e triste. 
-Dax, ti prego...- lo supplica lui. Sì, sta piangendo, si vede dagl'occhi, dall'espressione, si sente dalla voce. 
Il fratello appoggia una mano tra i suoi capelli e l'altra sulla sua guancia, per costringerlo a distogliere lo sguardo dall'italiano che sta andando via. 
Un'ultima occhiata si scambiano. E poi, Lud osserva il suo profilo di schiena, andare via.
-Ludwig, andiamo anche noi...- gli dice. 
-Nein...
-Ludwig, è meglio rincasare- interviene l'austriaco. 
Il sedicenne non ha la forza di controbattere. 
Si volta verso l'albino ed affonda il viso nel suo petto, scoppiando a piangere come quando era bambino.
Questa però è la realtà, non un brutto sogno e stavolta non basterà visitare il letto del fratello per calmarsi. 
Romano tiene per mano il fratellino, trascinandolo a forza in macchina, la sua valigia la sta tenendo il nonno, che ha scambiato appena qualche parola con il parente dell'altro.
Tutti e due non hanno più forze. 
Tutti e due sono distrutti.
"Ti amo" si sono detti. "Per sempre, t'amerò." 
Ma quanto può durare il per sempre, quando non dipende da noi? 
 
 
Feliciano apre gli occhi.
Dalla finestra nota due uccellini canticchiare allegri grazie al bel sole che, entrando dalla finestra, illumina tutta la stanza del piccolo artista.
Si mette su un fianco ed osserva la sveglia. Accidenti, nemmeno stamattina ha suonato. Farà tardi anche oggi, se non si alza subito.
Si siede, le gambe incrociate sotto le coperte, e si stiracchia per bene, poi si stropiccia un poco gli occhi nocciola. Sbadiglia, e si alza. 
Prende i jeans che la sera prima ha appoggiato nella sedia della scrivania e li indossa, non meravigliandosi di trovarsi, come ogni mattina d'altronde, addosso soltanto un paio di boxer di colore scuro.  
Apre l'armadio e ne tira fuori una maglietta ed un giacchetto molto carino, dopodiché da un cassetto prendere delle calzine bianche con sopra la bandiera italiana. 
Dove sarà la sua cartella? 
Si avvicina al comodino, perché la scopre nell'angolo accanto ad esso, e nota lì il suo cellulare. Lo prende tra le mani e corruga subito la fronte.
"Ludwig Beilschmidt - Aggiungi agli amici.
Si chiede chi sia, questo Ludwig.
La sera prima, ora che fa mente locale lo ricorda, si è ritrovato su facebook in un momento di pura noia e cercando un po' in giro gli è capitato questo ragazzo tra le persone che potrebbero diventare sue amiche nel social network. 
Voleva aggiungerlo, migliorare l'esposizione della lingua che da poco studia, parlare un po' con gente nuova, conoscere il mondo.
Poi, tuttavia, il re dei sonni Morfeo lo ha stretto a sé e cullato perché lui s'addormentasse, così il cellulare è rimasto lì acceso per tutta la notte sulla pagine di quello straniero. 
Chiudendola ora, tornato sullo sfondo che mostra una foto di lui col fratellone, mette il blocco tasti ed infila nella tasca dello zaino il telefonino, poi va a fare colazione.
Addenta una fetta di pane e Nutella.
Ed una cosa se la chiede, mentre esce di casa in fretta e furia, e la espone a Romano, col quale fa la strada di scuola.
-Neh, fratellone... ho fatto un sogno strano- comincia.
-Mh?- lui gli rivolge una breve occhiata, lo zaino in spalla, le mani congiunte dietro la nuca.
"Che sogno bizzarro... io e quel ragazzino, ci volevamo così bene, eravamo così uniti, tanto da scappare di casa. Eppure, non abbiamo parlato una sola volta." 
Ciò pensa Felì, camminando lento per le strade della città, le mani appoggiate alla cartella. 
Si ferma un attimo. E' così assurdo, tutto questo! 
Il fratellone gli chiede cosa gli prenda, così, all'improvviso. 
-No, nulla. Era solo un sogno.-
Scuote appena la testa, riprendendo il cammino.




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Ok...
E' la prima fanfiction che concludo e non so bene cosa dire.
Mi sono emozionata tantissimo a scriverla, ho riso, pianto, sono stata felice e disperata per la loro fuga, sono stata entusiasta delle vostre recensioni.
Credo che tutte le emozioni facciano bene, sia quelle negative, che quelle positive.
Spero di avervene trasmesse e soprattutto (sì, sono cattiva!) spero di aver fatto piangere almeno una/o di voi! Sarebbe una soddisfazione immensa. 
Perché vorrebbe dire che sono riuscita a trasmettervi quello che io stessa ho provato e credo che per una persona che scrive, non ci sia gioia più grande. :)
Questo finale è stato inaspettato anche per me. Non l'avrei mai detto.
Insomma, ero partita con l'idea di fare due serie e di --- no, non ve lo dico, non l'ho fatto, per cui non è necessario che voi lo sappiate! 
Ringrazio tutti quanti, soprattutto chi ha recensito e reso possibile che io continuassi a pubblicare, percché senza recensioni, smetto subito di farlo.
Ringrazio inoltre mia mamma, il mio dentista, il mio cagnolino, il mio spazzolino da denti. (?)
Scherzi a parte... GRAZIE TANTE! 

Come al solito, lasciatemi qualche parola, se vi è piaciuto, se siete contenti della fine e se non lo siete. Oddio, magari se non li siete, ci rimango malissimo, però dettagli, dai, mi becco pure le recensioni negative com'è giusto fare! 

Grazie mile, vi voglio bene, saponetta, polpetta, dugongo.


Friedrike. 

 

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