una lettera per un sogno

di jjk
(/viewuser.php?uid=208805)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** tre magiche lettere ***
Capitolo 2: *** caffè e nuove amicizie ***
Capitolo 3: *** Mika ti presentiamo i nostri..... ***
Capitolo 4: *** Nessie ***
Capitolo 5: *** bisogna sapersi accettare ***
Capitolo 6: *** pronti,partenza,via ***
Capitolo 7: *** ti porto a casa Penniman ***
Capitolo 8: *** Crazy shopping ***
Capitolo 9: *** RUN!!!! ***
Capitolo 10: *** a night out ***
Capitolo 11: *** The Band ***
Capitolo 12: *** on a plane ***
Capitolo 13: *** Boston, here we are! ***
Capitolo 14: *** Around town ***
Capitolo 15: *** suond check ***
Capitolo 16: *** A kind of magic ***



Capitolo 1
*** tre magiche lettere ***


questa è la prima ff che scrivo su Mika e in generale su personaggi che esistono davvero questo è un po' un esperimento perciò vi prego di dirmi che ne pensate e, se pensate che faccia schifo, ditelo pure(non mi offendo) e provvederò subito a cancellarla senza alcun problema,ma per favore,lasciate una,anche piccola,recensione.grazie

Le sembrava così strano che stesse per fare una cosa del genere, ma qualcosa dentro di lei le diceva che bisognava farlo.
Al massimo sarebbe andata male, tutto sarebbe rimasto come prima e nessuno avrebbe saputo niente.
Si rigirò tra le mani la busta in cui aveva messo la lettera ancora per un po’.
Oramai la carta portava i segni delle sue dita nervose.
Quasi si vergognava a spedirla così stropicciata, ma non ne aveva altre, quindi si sarebbe dovuta accontentare.
Scrisse l’indirizzo sul retro e lasciò scivolare il cd al suo interno.
Aveva vergato lei stessa le parole che ne indicavano il contenuto, e anche il foglietto in cui spiegava il perché di quella lettera.
Sperava solo che lui capisse.
Non si era mai particolarmente impegnata a scrivere in inglese più del minimo che richiedeva la sua professoressa.
La loro professoressa.
Sorrise e si ricordò che in fondo lo stava facendo per loro.
Fece un profondo respiro e lasciò cadere la busta, che aveva appena chiuso, nella cassetta postale che l’avrebbe portata all’estero.
 
Era una bellissima giornata, il sole splendeva e lui aveva deciso che sarebbe andato al parco vicino casa sua a salutare la primavera, come faceva ogni anno da quando era bambino.
Quando era più piccolo sua madre, il primo giorno di sole di questa bella stagione, portava lui e i suoi fratelli in un prato accanto a dove abitavano, in cui c’era un’unica gigantesca quercia la cui ombra ricopriva gran parte del posto.
Facevano sempre un pic-nic con tutte le specialità primaverili che la mamma conosceva e che a loro piacevano così tanto.
Dopo aver mangiato le sue sorelle si mettevano a fare ruote e capriole sull’erba.
All’inizio lo faceva anche lui, ma non riusciva ad essere bravo nemmeno la metà di loro.
Un giorno, quando si era reso conto che con l’età diventava sempre più goffo  meno atletico, aveva deciso di smettere di provarci e si era seduto appoggiandosi al tronco dell’albero con in mano il suo fedele quadernino che non lasciava mai a casa.
Aveva appena preso la penna dalla tasca quando era sopraggiunta sua madre che, con la grazia che la contraddistingueva, gli aveva sfilato entrambi gli oggetti dalle mani.
"Avrai tempo per scrivere tesoro. Oggi vai a giocare"
"Ma mamma, non sono capace!"le aveva risposto sconsolato.
Un’altra cosa in cui aveva dovuto ammettere di non essere in grado.
Ma lei si era seduta vicino a lui e lo aveva abbracciato, scompigliandogli i folti capelli ricci.
"Guarda tuo fratello"gli aveva detto indicando il bambino di circa 5 anni che cercava di fare una capriola rischiando di rompersi l’osso del collo, che infatti si stava massaggiando.
Malgrado fosse evidente che gli faceva male continuava a ridere e a tentare.
Ogni tanto si girava a controllare che gli altri due membri della famiglia fossero ancora sotto la grande quercia e, solo dopo essersi accertato che non si fossero mossi, ritornava a giocare.
"Ma lui è piccolo!"aveva protestato.
"Allora guarda tua sorella"gli aveva risposto la donna indicando la ragazza più grande che si ostinava a fare una ruota che, se ben ricordava, non le era mai venuta.
"Anche con tutti i problemi che ha non ha mai smesso di provarci. E io sono certa che un giorno ci riuscirà. Magari non oggi, ma ci riuscirà".
Poi lo aveva guardato con quello sguardo strano, a me6tà tra la sgridata e l’incoraggiamento, che lui non era mai riuscito a spiegare.
Che nessuno era mai riuscito a spiegare.
"Se lo fanno loro, perché tu non puoi?"
Lui era rimasto interdetto.
Aveva sempre guardato solo le altre due atletiche sorelle, senza pensare che non era l’unico che cadeva sempre rovinosamente per terra.
La madre, come sempre, aveva perfettamente capito i suoi pensieri.
"Vai.Vai a salutare e a vivere la primavera. Quella che fa fiorire le piante, ma anche quella che fa fiorire le persone. E tu sarai un bellissimo fiore ammirato da tutti" lo aveva incitato nascondendo nella sua borsa alla Mary Poppins la penna e il quaderno, sapendo che lì non li avrebbe mai trovati.
Nessuno trovava niente nella borsa della mamma se non la mamma stessa.
In quel momento non aveva ben capito il significato dell’ultima frase che lei gli aveva detto, ma aveva comunque raggiunto velocemente le sorelle  e il fratellino.
Con il tempo aveva infine compreso che sua madre lo aveva incoraggiato a vivere la sua giovinezza senza essere oppresso dalla paura del fallimento.
Così lui aveva fatto e, dopo che numerose porte gli erano state sbattute in faccia, ora ballava senza poa sul palco facendo acrobazie.
E sua sorella era riuscita a fare la ruota.
Dopotutto le profezie di sua madre si avveravano sempre.
Quel giorno però nessuno era potuto andare co lui.
Suo fratello era partito e le sue sorelle avevano tutte da fare, mentre i suoi genitori erano in vacanza.
Lui però non aveva voluto rinunciare ad andare al parco, data la bellezza della giornata, e per farsi compagnia si era portato il suo adorato quaderno con tanto di penna, fra le altre cose.
Da quando era piccolo ne aveva riempiti tanti, ma quello, con sopra rappresentato un bellissimo quadro astratto, era particolarmente speciale perché glie l’aveva regalato Curtis.
Qualche settimana prima, di ritorno da una mostra, gli si era avvicinato porgendogli un pacchetto.
gli aveva detto mentre da sotto la carta da regalo azzurra cominciava a spuntare la copertina piena di macchie dai colori vivacissimi che creavano buffi disegni in grado di cambiare a seconda di come li si guardava.
Proprio il suo genere, e Curtis lo sapeva, come sapeva che l’azzurro era il suo colore preferito.
Adorava le piccole attenzioni di cui lo ricopriva.
Per gli altri potevano anche sembrare insignificanti, come quel quaderno, ma lui erano di vitale importanza perché erano il segno di quanto teneva a lui.
Ma non voleva pensare al giovane sassofonista in quel momento, quindi rimise a posto il regalo e tirò fuori dalla tracolla che aveva portato con sé le lettere dei suoi fan.
Ci mettevano talmente tanto impegno che gli sembrava da ingrati non leggerle.
Alcuni, non avendo come lingua madre l’inglese, facevano davvero una grande fatica a scrivergli e spesso le loro lettere erano piene di errori grammaticali che, a volte, anzi spesso, lo facevano ridere.
Ma a lui non importava.
Importava solo l’amore e l’affetto con cui le scrivevano.
Ne prese un paio e cominciò a leggerle.
Sorrise vedendo che una conteneva il disegno di un bambino che sul retro, con evidente difficoltà, gli aveva scritto quanto gli voleva bene.
L’altra era di una ragazzina delle medie che gli raccontava di come le sue canzoni l’avessero salvata.
Era contento di ascoltare queste storie perché anche lui era stato salvato dalla musica.
Senza di lei non sarebbe diventato quello che era adesso.
Prese la terza e fu profondamente sorpreso nel notare che era molto più pesante delle altre.
La aprì e dentro vi trovò un disco.
Era evidente che fosse stato fatto in casa e sopra c’rea scritto qualcosa che non comprese bene essendo scritto in una lingua che non era la sua.
In inglese c’rea scritto solo “Ascoltalo”.
Afferrò il lettore cd che gli aveva regalato Curtis per natale, sapendo quanto amava queste cose, e che lui portava sempre con sé e vi infilò rapidamente il disco.
Non fece in tempo a premere play che rimase stregato dalle note che, dalle cuffiette gli si riversavano nelle orecchie.
Non capiva tutte le parole, ma quello che riusciva a comprendere lo colpiva dritto al cuore.
Tirò fuori dalla busta un foglietto di carta con su scritte poche frasi in un inglese scolastico abbastanza buono da fargli comprendere ogni comprendere ogni cosa.
-Ero certo di trovarti qui oggi-esordì qualcuno alle sue spalle facendolo sobbalzare.
Conosceva ogni sfumatura di quella voce, ma in quel momento l’aveva preso alla sprovvista e non era riuscito a riconoscerlo prima di essersi girato verso di lui che lo guardava sorridente, ma cambiò subito espressione quando vide quella del giovane seduto sull’erba.
-Va tutto bene?-chiese preoccupato, avvicinandosi all’amico per capire se era ammalato.
-No. Cioè si. È tutto ok. Devo solo fare assolutamente una cosa di fondamentale importanza-mormorò scansando la mano che si stava posando sulla sua fronte per sentire se fosse calda.
Scattò in piedi, raccolse la borsa e s’incamminò a passo spedito verso casa sua, lasciando Curtis a interrogarsi su quanto fosse strano.
Conosceva lo sguardo che aveva visto sul volto dell’amico, era quello che aveva solo quando era completamente preso da qualcosa, e sapeva che non sarebbe ritornato in sé finché io che lo assorbiva così tanto non fosse stato concluso.
Come faceva quando gli veniva l’ispirazione per qualche canzone.
Sapeva che si sarebbe chiuso in casa per un sacco di tempo.
Tempo in cui lui lo avrebbe “perso”.
A meno che non lo avesse seguito, e quindi così fece, chiudendosi alle spalle la porta dell’abitazione dell’amico che l’aveva distrattamente lasciata aperta.
 
Faceva davvero caldo quel giorno e, malgrado fossero solamente le 14:45, si sentiva già distrutta.
Non vedeva l’ora di potersi togliere lo zaino dalle spalle e buttarsi sul divano.
Grazie a Dio la scuola era quasi finita e presto sarebbero arrivate le vacanze.
Le dispiaceva solo che quell’estate non avrebbe fatto tutti i viaggi che avrebbe desiderato, anzi solo un miracolo l’avrebbe portata via, anche solo per qualche settimana, da casa sua.
Prima di salire in ascensore controllò la cassetta delle lettere.
Quel giorno sua sorella aveva lezione di flauto e nessuno era rientrato a casa, quindi tutta la posta era rimasta lì.
C’erano un paio di bollette indirizzate ai suoi genitori, il nuovo numero di topolino di cui erano fedeli abbonati, qualche pubblicità e, dietro tutto il resto, c’era una busta blu elettrico.
Fu subito incuriosita da quella strana missiva e rimase profondamente sorpresa nel notare che il nome scritto in una bella grafia allegra era il suo.
Nessuno le scriveva mai e quella era stata evidentemente scritta a mano, il che denotava la grande importanza che l’inglese aveva dato a quella lettera.
Poteva capire la nazionalità dello scrivente dal “miss” che precedeva il suo nome.
Era sempre più smaniosa di sapere cosa ci fosse scritto, ma le dispiaceva rovinare quella busta cercando di aprirla con le mani, così aspettò di entrare nell’appartamento e prese subito il tagliacarte.
All’interno trovò un foglio dello stesso colore della busta, ma punteggiato di macchie giallo acceso, che le ricordavano un cielo stellato.
E lei adorava i cieli stellati.
Sorrise immaginandosi il mittente di quella lettera.
Di certo doveva essere eccentrico, magari considerato strano dagli altri, pieno di fantasie.
Un sognatore ad occhi aperti che viveva la vita con allegria cercando di vedere solo il lato positivo  di tutto.
Non poteva sapere se era credente o meno, ma di certo considerava tutto come un dono e si era guadagnato faticosamente tutto ciò che aveva.
Lesse avidamente ogni singola parola cercando di capire tutto quanto, malgrado il suo scarso inglese, e quando arrivò alla fine e vide la firma il suo cuore saltò un battito.
Lei conosceva fin troppo bene chi le aveva mandato quella lettera, la domanda era: come faceva lui a conoscerla?
 
-Mamma devo andare-
-Dove vai?-
-Devo incontrare una persona. È davvero importante! Ne va del mio futuro!!-
-Che cosa vuoi dire?-domandò la donna, ma lei era già uscita.
Sospirò.
Certo che sua figlia era proprio strana!
La ragazza si catapultò giù per le scale.
Era troppo nervosa per aspettare l’ascensore.
Non riusciva a credere che tutto ciò stesse succedendo per davvero.
Le mani stringevano spasmodicamente la busta blu, facendo però attenzione a non rovinarla, era troppo importante per lei ed era anche il suo biglietto d’ingresso per i suoi stessi sogni.
Trovò ad aspettarla accanto al portone una delle sue migliori amiche.
Stringeva in mano una lettera arancione evidenziatore.
Non ebbe bisogno nemmeno di vedere la calligrafia per capire.
-L’hai ricevuta pure tu!-affermò sorridente.
L’altra fece cenno di si con la testa.
-Allora sbrighiamoci o arriveremo tardi. Dobbiamo assolutamente prendere il treno delle 14:30!-
Mise nello zaino che si era portata ciò che fino a quel momento aveva in mano e s’incamminarono a paso svelto verso la stazione.
Il treno passò esattamente nel momento in cui loro arrivarono sulla banchina.
Salirono e destino volle che riuscirono anche a trovare due posti a sedere.
Quello era proprio il loro giorno fortunato.
Dopo un bel po’ di fermate giunsero finalmente a destinazione.
La stazione termini era davvero molto caotica e affollata.
La gente correva da una parte all’altra senza accorgersi di chi aveva attorno, forse per questo l’appuntamento era stato fissato lì in uno degli orari in cui c’erano più persone.
Raggiunsero il bar indicato nella lettera e si guardarono intorno, ma non videro nessuno.
Si sedettero a un tavolino e ordinarono due caffè.
-Forse è stato solo uno scherzo di qualcuno-esordì lei girando il suo cucchiaino nella tazzina anche se non ci aveva messo neanche un po’ di zucchero.
L’amica la guardò divertita.
-Siamo in anticipo  di 5 minuti e i treni qui sono perennemente in ritardo, ricordi? Me l’hai detto tu stessa qualche tempo fa- le rispose armeggiando con la bustina di zucchero di canna.
-Forse hai ragione, ma sarebbe troppo bello se fosse vero quindi non credo verrà nessuno-
-Dagli tempo magari la metro non è passata-
-Ma ti pare che viene con i mezzi?-esclamò ridendo
-Potrebbe essere no?-disse già contagiata dall’ilarità dall’altra.
Appena sollevò la sua bevanda ancora per portarsela alle labbra, qualcuno le picchiettò sulla spalla facendola sobbalzare.
-Sei Giulia?-lei annuì non riuscendo a spiccicare una parola.
-E tu sei Livia, giusto?-domandò un secondo ragazzo riccio, più basso del primo, ma dopotutto il giovane, con i capelli decisamente più mossi che ricci rispetto al compagno, era davvero molto alto.
“Almeno 1,90m” pensò Giulia
-Piacere di conoscervi. Io sono Curtis Stenfield-si presentò il più basso porgendo la mano alle due amiche, subito imitato dall'altro.
-E io sono Mika-
 
ps. le frasi scritte in blu servono per capire quale parte del dialogo è in inglese e quale in italiano quando sono presesnti entrambe le lingue

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** caffè e nuove amicizie ***


 le scritte in blu rappresentano le parti dei dialoghi in inglese dato che nel capitolo sono presenti sia l'inglese che l'italiano(alcuni vocaboli li ho lasciati in lingua originale ma sono comunque in blu....vabbè non importa)

-Non siete un po’ troppo piccole per bere il caffè?-domandò il cantante mentre si accomodavano al tavolino rubando due sedie da quello affianco
-Scherzi?!Sono anni che lo beviamo!-rispose Giulia, pentendosi subito di ciò che aveva detto.
Mica stava parlando con un suo amico!
Stava parlando con uno dei suoi artisti preferiti, un suo idolo e quello non era il tono giusto da usare.
-Ma almeno ci mettete lo zucchero?-chiese Curtis
-Io si. Lei no-disse Livia indicando l’amica
-Come fai?-esclamò sorpreso dalla scoperta.
Ma la ragazza sembrò non averlo ascoltato, persa dietro il muro dei suoi pensieri.
-Ehi…..Tutto ok?-
Al tocco di Mika, che le si era avvicinato ben conoscendo lo sguardo che aveva lei in quel momento, la nebbia nei suoi occhi si diradò e al suo posto apparì un espressione quasi….
Spaventata?
Non poteva essere, o meglio non doveva essere.
Perché si sarebbe dovuta spaventare?
La guardò meglio.
Ora sembrava quasi tranquilla, non del tutto, ma l’emozione era comprensibile data la situazione.
Forse prima si era sbagliato.
-Si,si.Tutto ok-
-Allora spiegaci: come fai a bere il caffè senza zucchero? Soprattutto quello italiano che è amarissimo!-Il cantante ripeté la domanda che di sicuro lei non aveva sentito.
-Non è così amaro. È che voi siete abituati a quella specie di acqua sporca che vi spacciano per caffè!-Rispose con enfasi, mettendosi una mano sula bocca subito dopo.
Possibile che non riusciva mai a frenare le parole?!
Doveva imparare ad esprimersi in maniera più educata.
Tutti scoppiarono a ridere.
-Relax, take it easy. È tutto ok. Non hai detto niente di sbagliato.- Cercò di tranquillizzarla lo spilungone mettendole una mano su una spalla.
-Se lo dici tu….-disse allora lei sorridendo, ma con lo sguardo che esprimeva un po’ di disagio.
Forse prima non aveva visto poi così male, in fondo quelle reazioni sembravano scatenate dall’essere toccata.
Probabilmente era solo perché non lo conosceva ancora come persona, ma pensò che, finché non si fosse conquistato la sua amicizia e la sua più completa fiducia, era meglio evitare anche solo di sfiorarla.
Certo che era strana!
Per lui i contatti fisici erano fondamentali.
I baci, gli abbracci, le strette di mano, le pacche sulle spalle erano ciò che lo faceva andare avanti, il suo nutrimento.
Come si faceva a vivere senza?
Poi pensò a quante volte lo avevano detto di lui, a quante persone lo avevano scansato per questo e a quante persone probabilmente lo avevano fatto e lo facevano con lei.
Voleva aiutarla.
Doveva aiutarla, e di certo considerarla strana non era il giusto punto di partenza.
E poi era sicuro che anche per questo ci fosse una motivazione.
-Ma non siamo venuti qui a parlare del caffè, o sbaglio?-
Questa volta fu Curtis a prendere la parola guardando Mika con aria complice e un po’ cospiratoria.
-Già, ci siamo chieste come mai ci avete voluto incontrare. Beh, in realtà ci siamo anche domandate come fate a conoscere i nostri nomi e perché avete scelto proprio noi. O almeno io me lo sono chiesto- s’intromise Giulia, riacquistando la parlantina che la contraddistingueva .
-Non ti dirò come facciamo a conoscervi, ma al resto posso rispondere. Abbiamo sentito il cd-
-Quale cd?-

La voce di Livia era preoccupata.
Quella frase poteva significare solo una cosa.
-Ma il vostro no?!-
Ogni loro timore fu confermato dalle parole del libanese.
-E adesso arriviamo al punto….Vi volevo proporre di venire con noi-
-Venire con voi…..Dove?-
domandò Livia.
Curtis diede una gomitata all’amico.
-Ti sei dimenticato di dire dove! Mi avevi detto che te lo saresti ricordato! Già ti stavi dimenticando di dire loro perché siamo qui….Ci stai facendo fare una figuraccia!-borbottò cercando di non farsi sentire dalle altre due.
-Non ti preoccupare, ora glielo dico. Rilassati Curt!-
Le due ragazze scoppiarono a ridere e Mika le seguì subito, mentre Curtis diventò rosso come un pomodoro.
-Scusate, non dovremmo ridere, ma eravate così buffi!-spiegò Giulia
-Siamo venuti  qui per chiedervi se volete venire con noi in tour!-sparò Curtis tutto d’un fiato.
Immediatamente tutti smisero di ridere.
-Davvero?-chiese timidamente Livia, dato che l’amica era troppo basita per parlare.
I due fecero un ampio cenno affermativo con il capo.
-Ho ascoltato le canzoni e sono rimasto molto colpito ,soprattutto da quella che mi è sembrata una ninna-nanna. Vorrei poter lavorare con voi perché sono certo che ne uscirebbe qualcosa di grandioso. Purtroppo presto devo partire per riprendere il tour, ma in fondo le idee migliori vengono in viaggio, quindi, come mi ha suggerito Curt,potreste venire con noi-
Le due giovani si guardarono veramente sconvolte.
Tutto si sarebbero aspettate, tranne questo!
-Dove si va?-riuscì a mormorare Giulia
-In America-
-E quando si parte?-
-Domani sera-
-Mia madre non mi lascerà mai partire con gente che non conosce-
si imitò ad osservare Livia
-E neanche la mia-continuò l’altra
-Beh, l’avevo immaginato e credo che ci sia una sola soluzione: Conoscere i vostri genitori-le due lo guardarono ancora più stupite.
Davvero un cantante di fama internazionale(nonché idolo di una di loro) voleva lavorare con loro, portandosele in tour e ci teneva talmente tanto da incontrare i loro genitori?
No, non poteva essere!
Si diedero entrambe un pizzicotto sul braccio senza farsi notare, ma la scena non cambiò, eccezion fatta per lo sguardo interrogativo dipinto sul volto dei due musicisti.
Curtis, ancora imbarazzato per prima, non spiccicò una parola, mentre Mika fece loro un sorriso incoraggiante
-Allora, dove si va?-
 

Quella sera, forse per uno scherzo del destino, le famiglie di Livia e Giulia, amiche da anni, avrebbero cenato insieme a casa di quest’ultima.
Occasione perfetta per spiegare loro ciò che rea successo e l’opportunità che gli era stata offerta e che non potevano rifiutare.
Mentre sfrecciavano sull’autostrada una mandò un messaggio alla madre per avvertirla che ci sarebbero state altre due persone in più e l’altra chiamò i genitori per chiedere loro di recarsi il prima possibile a casa degli amici perché, una volta che lei e l’amica fossero arrivate, ci sarebbe stata una sorpresa.
Una volta che ebbero recapitato  i messaggi alle rispettive famiglie Livia e Curtis intrapresero una conversazione sulla musica, in particolare sugli strumenti a fiato che entrambi suonavano.
Era divertente vederli gesticolare con enfasi cercando di farsi comprendere dall’altro, così persino Giulia, che aveva lo sguardo preso fuori dal finestrino, si girò per osservare la scena.
Ogni tanto l’amica si girava verso di lei per chiederle qualche parola che non sapeva.
-…..Io suono……Oddio non so come si dice!-stava borbottando nervosamente sotto lo sguardo stupito del sassofonista che non aveva capito nemmeno una parola dell’ultima frase.
-Che cosa devi dire?-le chiese l’altra cercando di tranquillizzarla.
-Il corno! Come si dice corno in inglese?-
-Horn-le rispose trattenendo una risata di fronte a quella specie di panico che aveva preso la più mingherlina.
-Oh si già giusto!Io suono il corno francese. Lo studio al…..Come si dice?-
-Conservatory?-le suggerì Curtis
-Si, si al conservatorio….-
Continuarono a parlare concitati mentre gli altri due li osservavano cercando di non scoppiare ridere proprio davanti a loro.
Giulia si voltò verso Mika che non staccava gli occhi dai due con espressione dolce.
No le sembrava vero.
Chiuse le palpebre pensando  ancora che forse, quando le avesse riaperte tutto sarebbe scomparso.
Un lieve dolore al braccio la costrinse a riscuotersi dai suoi pensieri.
-Ahia! Ma che….-
Vide lo spilungone accanto a lei sorridere.
-Scusa. Ti ho fatto male?-biascicò nel suo italiano stentato.
-Non molto, ma….-rispose lei in inglese.
Ricordava che il cantante aveva  detto che comprendeva l’italiano, ma aveva qualche problema a parlarlo, così pensò che forse era meglio parlare una lingua in cui entrambi, più o meno, erano in grado di conversare.
-è tutto vero-lui insistette nell’utilizzare l’italiano.
-Cosa vuoi dire? Non capisco-
Era davvero un buffo dialogo dato che ognuno parlava la lingua dell’altro e sembravano intenzionati a continuare così, ma nessuno se ne accorse dato che gli unici in grado di farlo erano troppo presi dalla loro discussione musicale.
-Tutto questo-disse allora indicando l’intera scena.
-è tutto vero. Perciò ti ho dato un…..Come si dice?-mormorò tormentandosi le mani.
-Pizzicotto?-suggerì allor ala ragazza
-Oh si, si! Pizzicotto. Grazie!-
-Di niente, ma come facevi a….-
-….Saperlo?-
-Ma che fai? Mi leggi nel pensiero?!-
Lui rise e poi le fece l’occhiolino e le sussurrò in un orecchio
-It’s a secret-
Lei sorrise e lui capì che, malgrado fosse ancora imbarazzata, stava cominciando a sciogliersi.
-Posso chiederti un….-si fermò cercando la parola adatta che però continuò a non trovare
-Favore?-
-Si. Ehmm……Puoi parlare in italiano?
Giulia lo guardò interrogativamente
-OK, ma ero convinta che non lo sapessi parlare bene-
-Non molto, ma sto studiando. Penso che sia una bella lingua. Ho scritto anche…..(come si dice strofa?)…..Ehm alcuni pezzi delle mie nuove canzoni in italiano. So……Voglio imparare. Vuoi aiutarmi?-
-Certamente, ma ricorda: L’Erba voglio non cresce neanche nel giardino del re!-
-What?-
-è un proverbio-
-Un proverbio? E cosa vuole dire?-
-Il proverbio?-
Lui annuì e lei scoppiò a ridere.
Per quanto fosse così intelligente non pensava fosse ancora pronto per congiuntivi, condizionali e cose simili.
Così si avvicinò al suo orecchio e disse
-E un segreto-
A quel punto anche il giovane rise ed entrambi capirono che, per quanto potessero essere timidi, erano già diventati amici.


nota:ok ho deciso di continuare(per ora),ma questo lo avrete notato da soli.però ho bisogno di sapere cosa ne pensate,perchè per me è davvero importantissimo.per questo ringrazio shake_it_out per aver recensito(no ti sarò mai abbastanza riconoscente).Curtis no nme lo sono inventatao di sana pianta(come già saprete),spero che vi piaccia come ho deciso di sviluppare il personaggio perchè questa è l'impressione che mi ha dato quando l'ho visto.ora smetto di assillarvi.grazie per aver resistito fino a qui.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Mika ti presentiamo i nostri..... ***


le parti in blu stanno a significare le parti dei dialoghi che sono in inglese

-Siamo arrivati-disse giulia all’uomo che stava guidando e che subito fermò il taxi
-Ehi Curt! Dobbiamo scendere, continuerete dopo a parlare-disse Mika dando una gomitata all’amico
-Ahia Michael! Mi hai fatto male!-
-Non esagerare. Muoviti piuttosto-

Il sassofonista uscì dalla macchina con aria imbronciata e massaggiandosi il braccio “ferito”.
Quando il cantante se ne accorse lasciò andare avanti le due ragazze e gli si avvicinò.
-Ti ho fatto davvero male?-gli chiese un po’ preoccupato.
-Si! Lo sai che io non esagero mai!-rispose quello offeso.
-Scusa, io non pensavo! Davvero! Non volevo!-
Era evidente che fosse dispiaciuto e anche l’altro se ne accorse.
-Va bene ti perdono, ma la prossima volta stai più attento-
-Si, te lo prometto. L a prossima volta farò più piano giuro!-
-Venite?-
li incitò Livia tenendo aperto il portone del palazzo.
Avevano voluto fare un piccolo giro per Roma prima di raggiungere le famiglie delle ragazze e adesso stava piano piano calando la sera.
Subito i musicisti entrarono e seguirono Giulia nell’ascensore e poi alla porta di casa sua da cui provenivano delle voci.
Suonarono il campanello e venne ad aprirgli una ragazzina bionda di circa 12 anni sul cui volto si dipinse un’espressione a dir poco stupita.
-è uno scherzo vero?-chiese sottovoce a Giulia.
-No, poi ti spiego. Ora potresti farci entrare?-le sussurrò in modo che nessun’altro riuscì a sentire ciò che aveva detto.
-Cosa si stanno dicendo?-domandò in un orecchio Curtis a Mika.
-Non saprei-
-Ma non hai detto che riuscivi a capire l’italiano?-
-Si, ma non riesco a sentire quindi come posso sapere di cosa stanno parlando?-

L’altro non ebbe il tempo di rispondere che la ragazzina li invitò ad entrare.
-Lei è mia sorella Manuela-la presentò Giulia ai due inglese mentre Livia la salutava con un abbraccio.
-Io sono Mika-disse allora il giovane porgendole la mano.
-E io sono Curtis-gli fece eco l’altro seguendo l’esempio dell’amico.
La bambina ricambiò la stretta di entrambi e poi li accompagnò in salotto, dove erano riuniti tutti gli altri.
-Finalmente siete arrivate! Allora chi sono i nostri altri due ospiti?-domandò il padrone di casa girandosi verso di loro.
-Ho capito-mormorò poi riconoscendo lo spilungone accanto a sua figlia.
Si avvicinò ai nuovi arrivati e li salutò amichevolmente.
-Buonasera. Io sono Maurizio, il padre di Giulia e lei è mia moglie Sonia-disse presentando se stesso e la donna vicino a lui.
-Loro invece sono Patrizia e Pino, i genitori di Livia-continuò indicando la coppia che era rimasta in un angolo del salone.
-Livia!-esclamò un ragazzo dando una forte pacca sulla spalla alla ragazza.
-Flavio lasciala in pace!-lo sgridò Giulia.
-Lui è Flavio, il fratello gemello di Livia-si affrettò a spiegare agli artisti.
-Non si somigliano per niente-sussurrò Curtis facendo sorridere le due amiche.
-Che cosa ha detto?-domandò il giovane, per poi dimenticarsi subito tutto.
-Non importa. Piuttosto, dove siete state?-
-Se aspetti lo diciamo a tutti-gli rispose secca Giulia.
-Non lo puoi dire prima a me?-
-No!-
-Ti prego!-
-No!-
-Eddai?-
-Flavio ho detto di no!-
-Certo che sei proprio antipatica!-
-E tu sei davvero fastidioso!-
-Non è vero-
-Si che lo è-
-No invece!-
Avrebbero continuato per tutta la sera se Mika e Curtis non fossero scoppiati a ridere.
-Siete davvero buffi!-esclamò quest'ultimo facendo ridere tutti quanti tranne Flavio che sembrava non capire una sola parola di tutto ciò che dicevano in inglese.
-è pronto! A tavola!-gridò una voce dalla cucina.
-Cos’ha detto tua madre?-chiese Flavio
-Che devi imparare l’inglese-disse Giulia in tono poco cortese spingendo il ragazzo verso il grande tavolo apparecchiato nel salone.
-Allora diteci, cos’è successo?-domandò Maurizio e mentre Livia raccontava a tutti gli avvenimenti della giornata, ovviamente in inglese, l’altra faceva da traduttore simultaneo per il fratello dell’amica che la guardava sempre più stupito.
E come dargli torto.
Nemmeno lei si sarebbe immaginata tutta quella storia neanche nei suoi sogni più assurdi(e dire che i suoi erano davvero surreali)
-……..Così ci hanno proposto di andare con loro in tour in America- concluse la ragazza.
-Ma è bellissimo! Quando dovreste partire?-domandò Pino.
-Domani sera-
-Quindi dobbiamo sbrigarci a fare tutti i bagagli. Quanto starete via?-

Giulia un po’ si era aspettata questa reazione da parte dei genitori della sua compagna che si facevano prendere dall’entusiasmo per ogni iniziativa musicale, essendo tutti musicisti.
Livia invece era completamente impreparata e si girò verso gli unici che potevano rispondere a quella domanda.
-Tutta l’estata, più o meno-disse Curtis che aveva già conquistato completamente la fiducia della famiglia della ragazza più mingherlina.
-Si, si. Mi pare un periodo ragionevole. Allora noi andiamo a preparare le cose per la partenza. Ci vediamo domani in aeroporto- concluse l’uomo abbandonando la tavola e andando a prendere il giacchetto.
Dopotutto la cena era finita ed era ormai tardi.
-Anche noi dobbiamo andare o non ci sarà nemmeno una sola stanza libera in tutta Roma!-scherzò Mika alzandosi, ma Sonia lo fermò.
-Non avete già prenotato?-
-Oh, no. è stata una decisione abbastanza improvvisata quella di venire qui oggi e abbiamo già avuto molta fortuna a trovare posto sull’aereo. Ma per me era molto importante vedere le autrici di quella canzone-
-Di quale canzone?-
-Della ninna-nanna vero?-
s’intromise il marito.
L’altro annuì.
-Come fai a saperlo?-
-Ho sempre avuto la sensazione che le avrebbe portate lontane-
mormorò.
Poi si rivolse al cantante.
-Perché non rimanete a dormire qui? Propose quindi il padrone di casa.
-Non vorremo disturbare……-
-Non vi preoccupate. Piuttosto mi dispiace che abbiamo solamente un letto matrimoniale da offrirvi. Purtroppo stiamo facendo dei lavori un camere delle bambine e abbiamo dovuto smontare i letti. Però se volete possiamo dare a Giulia e Lela il letto matrimoniale e voi potreste usare i loro-

-Non si preoccupi signore. Andrà benissimo quello matrimoniale-rispose il libanese sorridendo.
-Sarete stanchi per il viaggio, giusto? Se volete potete andare a prepararvi per dormire-
-Grazie. Siamo molto stanchi e penso proprio che seguiremo il suo consiglio-

Questa volta fu Curtis a rispondere e insieme andarono a prendere il necessario per la notte nello zaino che si erano portati appresso.
-Non ci opporremo se vuoi andare. Dopotutto se fossi andata a fare Intercultura quest’estate saresti stata via più o meno lo stesso periodo di tempo in una famiglia sconosciuta. Almeno loro li abbiamo conosciuti. E poi è una grande opportunità per te-mormorò l’uomo alla figlia mentre sparecchiavano.
-Lo sai che non ci saranno solo Curtis e Mika vero?-
-Si lo so, ma preferisco non pensarci. Ne ho parlato con tua madre ed è d’accordo. Ma la scelta è comunque la tua. Che vuoi fare?-
-E me lo chiedi pure?!Voglio partire con loro! Ovvio no?!-
-Allora devi preparare la valigia entro domani pomeriggio, intesi?-
-Intesi!-
-Via a dormire che domani sarà una giornata impegnativa-
-Ok. Buonanotte papà- lo salutò la ragazza dandogli un bacio sulla guancia.
Aveva quasi 17 anni e ancora non aveva smesso di dargli il bacio della buonanotte, nemmeno se prima avevano litigato e non avevano fatto pace.
Malgrado lui non volesse la sua bambina stava crescendo.
I loro ospiti stavano già dormendo quando lei passò davanti alla camera dove li avevano alloggiati.
Sembravano due angeli fratelli, l’uno appiccicato all’altro nonostante il gran caldo.
Sorrise e si infilò nella sua stanza
Prima di spegnere la luce accanto al suo letto mandò un breve messaggio.
Poi si nascose sotto il lenzuolo e chiuse gli occhi.


NOTA:questo capitolo è minuscolo,lo so,però è un capitolo di passaggio e prometto che il prossimo sarà moooolto più lungo.detto ciò ringrazio ancora shake_it_out(ma no nsvenire per l'emozione questa volta ok?) e galadrielbrero che hanno recensito.Dio solo sa quanto mi fa piacere sapere cosa ne pensate di questa storia.spero di riucire a postare a più presto il seguito,ma è abbastanza lungo da copiare quindi.....però secondo me lo troverete divertente(spero).

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Nessie ***


le parti in blu stanno ad indicare le parti in inglese essendo presenti entrambe le lingue

Il suono del citofono la costrinse a fermarsi.
Erano le 9:30 di domenica mattina, quindi poteva essere solo una persona.
Aprì senza nemmeno chiedere chi fosse e aspettò sulla soglia che arrivasse al pianerottolo.
Appena sentì l’ascensore giungere al loro piano spalancò la porta senza dare alla bionda dall’altra parte neanche il tempo di avvicinarsi al campanello.
-Adesso mi spieghi perché mi hai chiesto di venire qui a quest’ora!-
-Si, dopo te lo dico, ma ora dammi una mano-
-Ti do una mano solo se mi dai una spiegazione sensata. A proposito…….una mano a fare che?-
-La valigia-
-La valigia?!Ci siamo viste l’altro ieri e non mi hai detto che partivi!-protestò offesa che l’amica non avesse condiviso con lei una cosa così importante.
-Perché ancora non lo sapevo-rispose Giulia con naturalezza.
-E quando parti?-
-Questa sera-
-E tu mi vuoi far credere che a due giorni dalla partenza non sapevi che avresti fatto un viaggio?!-
-Esatto, ma non è propriamente un viaggio di piacere, è…..-
Ma l’altra non la fece finire di parlare.
-Quanto starai via?-chiese sospirando, mentre  le passava i vestiti da mettere nel bagaglio.
-Circa 3 mesi. Forse un po’ di più-
-3 mesi?! Ma è un boato!!-
-Lo so, ma è importante-cercò di giustificarsi la padrona di casa.
-E tutte le cose che avevamo deciso di fare? Se no nci sarai per tutta l’estate come potremmo farle?!-
-Troveremo il tempo per riuscire a rispettare i piani e fare tutto quando torno. Magari anche durante le prime settimane di scuola-
-Ma non faremo mai in tempo!!-
-Probabilmente qualcosa la dovremo eliminare dal programma, ma tanto avremmo dovuto farlo lo stesso. Tu hai le gare almeno ogni week-end-
L’ultima frase la borbottò sottovoce.
Non voleva che pensasse che non la sosteneva in ciò che faceva, ma quella era la pura verità.
La ragazza però la sentì lo stesso, ma non seppe come controbattere.
Sapeva che Giulia non voleva ferirla  e se aveva tirato fuori un argomento del genere voleva dire che quel viaggio era di vitale importanza ed era per lei fondamentale che la “gemella della sua anima”, come era solita chiamarla, la appoggiasse senza farle pesare il non mantenere gli impegni estivi che aveva preso con lei e che organizzavano da mesi.
Sospirò profondamente e lasciò perdere quella stupida discussione inutile che non avrebbe portato a nulla di buono.
-Sappi che però mi aspetto una spiegazione più che esauriente. Almeno mi dici dove vai?-
-In America-
-In America!!E vuoi dirmi che non ne sapevi niente!!-
-Esattamente-
-Giulia, sei proprio un disastro!-
-Lo so-rispose l’altra sorridendo.
-E come faremo a sentirci?-
-Per te è davvero così importante?-
-Certo!!Ma che domande fai?!-
-Domande normalissime. Comunque se ne senti così tanto il bisogno  potremo vederci su skype. Ma non pensare che si sentiremo tutti i giorni! Ti voglio bene, ma non potrei farcela!-
-Tranquilla da te non mi sarei aspettata una cosa del genere. Comunque non ho skype-
-E allora fattelo! Che vuoi da me?!-
-Come sei acida!-
-Come sempre-
-Già!-
Ed entrambe scoppiarono a ridere, cosa che succedeva spesso anche non c’era un buon motivo.
-In America! Giulia va in America! Ma non hai sempre detto che la odiavi?-continuò piena di stupore.
-Non ho mai detto questo. Ho detto solo che non era tra i paesi che avevo voglia di visitare-
-E ora vai in America-
-E ora vado in America-
-In che parte dell’America?-
-A dire il vero non lo so. So solo che vado in America-
-Ma l’America è grande!!-
-Ora parli proprio come me-
-Già. Ciò non toglie il fatto che non hai la più pallida idea di dove passerai tutta l’estate-
-In realtà farò il girò dell’America-
-Tipo un tour-
Giulia scoppiò a ridere.
-Si, tipo un tour-
-Che non sai dove comincia-andò avanti la bionda senza capire il motivo dello scoppio di risa dell’amica.
-Che non so dove comincia-
L’altra ragazza la guardò sconsolata ed entrambe risero.
-Boston-disse qualcuno fermo  sulla porta della camera, a cui loro davano le spalle.
-Cosa? Chi è sta…….-cominciò a dire la bionda girandosi verso la voce misteriosa e immobilizzandosi appena riconobbe la figura appoggiata allo stipite
-…….to a parlare? O.MIO.DIO! Bloccati !è un miraggio?!-domandò concitata all’amica.
-No-
-Ed è proprio lui?-
-Lui è la mia spiegazione-
Tutte e due stavano guardando il riccio che, ancora mezzo addormentato, non stava capendo niente perché parlavano troppo velocemente e a bassa voce.
Però capiva che l’altra ragazza stava chiedendo qualcosa alla padrona di casa e pensò che fosse perché non aveva ben compreso il senso di ciò che lui aveva detto.
-Partiremo da Boston-disse allora scandendo lentamente le parole in modo che fosse perfettamente chiaro ciò che stava dicendo.
-Pensavo volessi parlare italiano!-scherzò Giulia.
-Sono ancora stanchissimo e non riesco a concentrarmi. E poi, mica è la mia lingua madre! Tu riusciresti a parlare una lingua che non è la tua appena sveglia?!-le rispose il giovane sorridendo, cercando di giustificarsi.
Gli occhi della bionda rimbalzavano dall’amica all’uomo.
-Scusa, quando pensavi di dirmi che conosci il cantante per cui io e te sbaviamo da un sacco da tempo, c he adoriamo e che sogniamo di incontrare da…..quanto? Da troppo?!-
-L’ho conosciuto ieri!-
-E non potevi chiamarmi?-
-Ero con lui e Curtis e appena loro sono andati a dormire ti ho mandato un messaggio-
-Che non poteva essere più oscuro!-
-Non volevo rovinarti la sorpresa! Comunque abbassa la voce, credo che Curtis e gli altri stiano ancora dormendo-
-Chi è Curtis?-
-Ricordi il sassofonista?-
-Certo, quello che pensavamo……-
-Zitta!-le intimò Giulia indicando con gli occhi il povero libanese che guardava incuriosito la concitata conversazione tra le ragazze di cui era evidente che non stava capendo nulla.-
-Comunque si: è lui!-
-Il ragazzo che……-
-Si, il ragazzo che……-
Nessun’altro capì quello che volevano dire, ma andava bene così per loro.
Si scambiarono un sorriso d’intesa e si girarono verso l’artista che stava ridendo cercando, ovviamente senza successo, di non farsi notare.
-Cosa c’è di così tanto divertente?-domandò la padrona di casa
-Voi-
-Noi?
-esclamarono contemporaneamente le due indicandosi.
-Si, voi! Vi siete mai viste?!-
-Beh, non proprio. Però forse hai ragione: viste da fuori dobbiamo essere davvero divertenti-
gli rispose Giulia, che si era fatta anche portavoce dell’amica.
-Vi assicuro che lo siete!-disse lui ancora ridendo.
Poi tese la mano alla bionda di fronte a lui, che gliela strinse con sguardo adorante.
-Io sono Mika-
-Piacere di conoscerti. Io sono Vanessa-
si presentò lei imbarazzata.
Aveva aspettato talmente tanto quel momento che non le sembrava vero.
-Ahia!-
Si voltò verso l’amica massaggiandosi il braccio.
-La smetti di farmi male?!-
-Ma non sono stata io!-
-Ma se ci siamo solo noi due in questa stanza oltre a lui-
-E pensi che non ne sarebbe capace?!-
-Ma se nemmeno ,mi conosce!-
-E lo trovi un buon motivo?!-
-Beh, si!-
-Io no! Anche perché ieri…….-ma non finì la frase perché fu interrotta dalla risata di Mika.
-Sono stato io!-
Vanessa fece una faccia abbastanza sconvolta.
-Per dimostrarti che è tutto vero. Tu e Giulia avete la stessa espressione quando credete che sia solo un sogno-
-Vedi che io non c’entro nulla?!-
-Questo è solo un caso!-
-Mi spieghi per quale motivo pensi che io sia sempre cattiva con te?!-
-Forse perché  mi picchi sempre?!-
-Come lo dici sembra che ti riempio di botte. Non sarai un po’ esagerata Nessie?!-
-No-rispose quella secca mentre Mika continuava a ridere dei loro battibecchi.
-Nessie? Come il mostro di Lochness?-
-Si. È il soprannome che mi ha dato lei-disse Vanessa con sguardo imbronciato indicando l’amica.
Ogni volta che qualcuno sentiva quel soprannome subito lo collegava al famoso mostro scozzese e chiedevano sempre se fosse una cosa voluta, se Giulia avesse voluto paragonarla a lei.
-Ma non per dire che gli somiglia……-provò a spiegare la padrona di casa, quasi leggendo nei pensieri della bionda.
-Trovo che sia un bellissimo nome-le rassicurò Mika
-E anche il mostro, comunque, mi sta molto simpatico.-
-Anch’io lo adoro!-
esclamò Giulia.
-Anche per questo la chiamo così!!-
Quel soprannome che aveva sempre odiato, ora non poteva essere più gradito a Vanessa.
-Già è un bellissimo soprannome-disse avvicinandosi all’amica.
-Giulia…..-cominciò poi a sussurrarle all’orecchio con voce infantile
-……Io ho fame-
-Uh, è vero, che sbadata che sono! Non vi ho ancora offerto niente!-esclamò battendosi una mano sulla fronte.
-Ehi Mika……-aggiunse poi rivolgendosi al cantante.
-…….Vuoi qualcosa da mangiare?-
-No, non ti preoccupare, non ho….-ma venne interrotto dal suo stomaco che protestava.
-Ok, forse credo che mangerò anch’io qualcosa-disse lui, rosso per l’imbarazzo.
-Dopo tutto non fare colazione non è sano-mormorò Giulia
-Abbiamo una salutista qui!-scherzò lui scompigliandole i folti capelli marroni.
-No. Solo una che ascolta sua madre-
-Già. Le madri sono le persone più sagge del mondo-

-Allora vediamo cosa c’è di buono….-cominciò a dire la bionda andando in cucina
-Nessie aspetta che ho una chicca per te-
la ragazza allora si fermò e attese che gli altri due la raggiungessero
-Che cosa?-
-Tiramisù. Quello di papà per la cena di ieri che però non siamo riusciti a mangiare. Forse il più buono che abbia mai fatto-
Mika ancora assonnato, si sedette sulla prima sedia che trovò attorno al tavolo e appoggiò la testa al muro chiudendo gli occhi.
Sentiva la nuova arrivata mormorare qualcosa all’altra, ma non si sforzò nemmeno di sentire cosa si stavano dicendo.
Il viaggio del giorno prima lo aveva distrutto e, per quanto fosse stata piacevole, anche la cena lo aveva stancato parecchio.
In più, avendo il sonno molto leggero, si era subito svegliato al suono del citofono.
Era rimasto ancora qualche minuto nel letto, dove si era risvegliato abbracciato a Curtis, ma, per quanto gli piace3sse rimanere lì, si sentiva un po’ a disagio, così si era alzato e aveva raggiunto le due ragazze.
-Lui è la mia spiegazione-stava ripetendo Giulia all’amica.
-Cosa vuoi dire?-
-Mi ha proposto di andare in tour con lui. O meglio….ci ha proposto-
-Ci?! A te e a chi?!-
-Livia-
-Anche lei mi tradisce così?! Dove finirà questo mondo se anche Livia mi colpisce così alle spalle?!-
-Non ti stiamo colpendo alle spalle. Stiamo solo cogliendo al volo una grandissima opportunità!-
-Lo so, è solo che…..Uffi, perché a me queste cose non capitano mai?!-
-Vuoi venire con noi?-
La voce di Mika sembrò arrivare dall’oltretomba.
-Ehi, stai bene?-gli chiese Giulia preoccupata, vedendolo un po’ strano.
-No. Cioè, volevo dire si. Sono solo un po’ stanco-
-Vuoi un caffè?-

Vedendo la buffa espressione che si dipinse sul suo viso e ricordando la conversazione avuta il giorno prima, si affrettò ad aggiungere:
-Se vuoi posso prepararti quello americano. In realtà è tedesco, però  ti posso assicurare che è uguale-
-Allora si grazie-
rispose guardandola mentre, maldestramente ma con molta premura, armeggiava con la macchinetta.
Per quanto a volte la sua impulsività la spingesse a rispondere acidamente, vide in quel semplice gesto(che evidentemente non aveva fatto molte altre volte) qualcosa di più di quello che si poteva percepire  a primo impatto.
-ecco a voi-disse  la ragazza dopo qualche minuto porgendo a lui una tazza enorme piena del liquido scuro, mentre a Vanessa e a se stessa riservò due tazzine più piccole, oltre che un piattino con una fetta del do9lce che lui aveva già cominciato a mangiare.
-Bel pigiama! Mi sono sempre piaciuti gli orsetti!-esclamò Nessie indicando quello gigante dipinto sulla sua maglietta e sui suoi pantaloncini.
-Oh!Ehmm……………….è un regalo di mio fratello. Gli piace prendermi in giro, però devo ammettere che quando fa caldo questo “coso” è comodissimo-rispose lui arrossendo fin sopra i capelli.
Si era completamente dimenticato di avere addosso l’imbarazzante dono di Fortunè.
Solo Curtis(oltre alla sua famiglia) poteva vederlo in quella mise, e solo perché oramai erano talmente in confidenza che dubitava che quella fosse la cosa più imbarazzante che sapeva(e aveva visto) di lui.
-Comunque prima dicevo davvero. Ti va di venire con noi?-
Vanessa rimase sconcertata.
Era convinta che lo avesse detto per scherzare, per darle “il contentino”.
-Mi piacerebbe, ma non posso-
-Perché non puoi? Se il problema sono i tuoi genitori, se vuoi ci parlo io!-
-No, non sono loro il problema, anche se forse non mi lascerebbero partire con uno che hanno visto solo in foto o in qualche video-
-Allora qual è il problema? Forse il troppo poco preavviso? Se vuoi puoi raggiungerci dopo con calma. Ci penso io al biglietto-

Era evidente che Mika ci tenesse a portarla con loro in America e cercava insistentemente una motivazione che lui, così distante dalla loro vita quotidiana, non riusciva a trovare.
Giulia sapeva che l’amica avrebbe detto di no a quella proposta, anche se a malincuore, eppure aveva sperato che, se fosse stato lui ad implorarla, lei avrebbe ceduto.
Purtroppo però la bionda scosse la testa.
-No, non è nemmeno quello-
-E allora cosa?-
-Io….Ho le gare praticamente ogni week-end d’estate. Mi dispiace un sacco, mi sarebbe piaciuto molto venire-

Giulia sospirò.
Era un peccato che non avrebbe potuto condividere quell’esperienza con lei, ma era felice perché sapeva che per la sua amica quell’estate sarebbe stata piena di successi.
-Che sport fai?-domandò Mika incuriosito.
Non praticava, e non aveva mai praticato, nessuno sport, però adorava definirsi uno sportivo passivo.
Gli piaceva guardare ogni tipo di sport ed era molto informato riguardo a quelli che più gli piacevano, che spesso erano anche i più strani e meno conosciuti.
-Nuoto pinnato-rispose la ragazza, conscia che probabilmente lui non ne aveva mai sentito parlare.
-Ah! Ho capito. Ho visto qualche gara l’anno scorso-
Vanessa lo guardò sbalordita.
Il suo idolo conosceva lo sport al quale lei aveva consacrato la sua vita?!
-Stavo passeggiando, non mi ricordo nemmeno dov’ero. Ricordo che sono arrivato ad un lago e ho visto un sacco di gente lì attorno. Così mi sono avvicinato, ho chiesto che cosa stessero facendo e mi hanno spiegato tutto di questo sport. Ho passato lì tutta la giornata e mi sono divertito molto. Oltre ad essermi appassionato al nuoto pinnato-spiegò alla bionda che lo guardava con la bocca sempre più spalancata
-Mi piacerebbe venirti a vedere qualche volta. Prometto che lo farò appena finisco il tour-
Giulia ebbe davvero molta difficoltà a non scoppiare a ridere mentre vedeva la sua migliore amica ad un passo dallo svenire ai piedi del libanese.
-Potrei avere un pezzo di tiramisù?- bisbigliò Curtis spuntando alle spalle del trio
-certamente-rispose la padrona di casa porgendo anche al nuovo arrivato un piattino, mentre Mika si alzò cedendogli la sua sedia.
Il sassofonista ci mise un po’ ad accorgersi che c’era una nuova persona nella cucina che lui non aveva ancora conosciuto.
-Io sono Vanessa-si presentò la ragazza porgendogli la mano che lui strinse prontamente
-E io sono Curtis-
-Lo so. Io  e Giulia vi abbiamo visto in concerto qui a Roma a novembre-
-Oh! è vi è piaciuto?-
domandò il cantante dando così modo al sassofonista di fiondarsi sulla sua colazione.
-è stato ECCEZIONALE! è stato il mio primo concerto ed è e sarà uno dei più spettacolari a cui assisterò mai!-
-Ora non esagerare. Comunque è un onore che sia stato il primo concerto a cui hai assistito. Il primo concerto, come tutte le prime volte, non si scorda mai. Vero Curt?-
-Mhm mhm-
gli ripose quello ingoiano l’l’ultimo boccone e mettendo poi il piatto nel lavello.
-Dato che siamo tutti qui, e siamo 4, io ho una proposta-s ’intromise Giulia con aria furba.
-Quale?-chiesero all’unisono Mika e Nessie facendo sorridere gli altri due.
-Che ne dite di un partitone a Just Dance?-
-Si dai! Mi piace l’idea!-
acconsentì subito il libanese entusiasta, subito seguito da Vanessa, ma Curtis non era altrettanto convinto.
-Giocate voi, io vi guardo-
-Dai Curt, non fare il guastafeste! Per favore!-
lo implorò il cantante
-No Michael, davvero, giocate voi-
-Se non giochi tu non gioco nemmeno io-
borbottò allora il libanese incrociando le braccia e mettendo il broncio come un bambino piccolo.
-Michael, non fare lo stupido. So che vuoi giocare, quindi gioca-
-Dai Curtis, non possiamo giocare in 3. Quindi o tutti o nessuno-
s ’intromise Nessie e il sassofonista, sbuffando, si vide costretto a giocare anche lui.
Dopo un paio di canzoni ci presero tutti la mano, soprattutto Curtis che si dimostrò il più bravo ad eseguire quelle coreografie, infatti vinceva sempre lui, fatta eccezione per un paio di volte in cui Mika aveva stracciato tutti quanti.
Ogni brano era una sfida all’ultimo sangue tra lo spilungone e il riccio che le due ragazze si divertivano molto ad osservare cercando di non ridere troppo rumorosamente.
-Aspetta, dobbiamo farne assolutamente una-disse Vanessa a Giulia che stava cercando di scegliere cos afre in quel momento.
-Non vorrai fare QUELLA?!-
-Certo. Mi sembra più che appropriata per oggi, no?-
-Ma è…..-
non fece in tempo a finire la frase che la sua amica gli strappò il telecomando dalle mani e subito un’allegra canzone riempì l’aria.
-Ma è Lollipop!-esclamò Mika sorpreso, mentre tutti e quattro si preparavano a ballare su quelle note acute e ricevette dei lievi cenni di conferma mentre la ”ballerina” sullo schermo cominciava a muoversi.
Si agitarono davanti alla televisione cercando di imitarla e cozzando spesso l’uno contro l’altro.
Quando finalmente finì avevano il fiatone, non tanto per la difficoltà del brano, quanto per le risate che is erano fatti cercando di seguire i passi.
-Ti ho battuto un’altra volta. E su una tua canzone!-esclamò Curtis rivolto a Mika che osservava i loro punteggi.
-Ma ci hanno montato sopra una coreografia idiota!-si lamentò lui cercando di giustificarsi.
-Lo so per questo non volevo farla. Secondo me la rovina-intervenne Giulia difendendo il suo nuovo amico.
-Ma lei ha insistito tanto(per non contare il fatto che mi ha rubato il telecomando)-concluse indicando la bionda accanto a lei.
-Fatto sta che ti ho sconfitto di nuovo!-continuò Curtis esultante per aver stracciato il libanese nel suo campo ad un gioco a cui rea stato costretto a giocare.
-Ora che si fa?-domandò poi, pronto a vincere di nuovo.
-Noi cuciniamo. Voi non saprei-rispose Maurizio entrando in casa assieme al resto della famiglia.
-Perché che ore sono?-chiese sottovoce Curtis a Mika che strabuzzò gli occhi guardando l’orologio.
-è l’una passata!-
-Così tardi?-
-Mhm mhm-
rispose quello facendo un ampio cenno con la testa.
-Vanessa, tu che fai? Resti a pranzo?-domandò l’uomo rivolgendosi all’amica della figlia.
-Devo chiederlo a mamma e papà, però penso di si-disse quella prendendo il cellulare.
-Io direi che abbiamo bisogno di una doccia, quindi andrei a lavarmi. O preferisci andare prima tu Curt?-chiese il libanese al sassofonista, sapendo quanto si sentisse sempre a disagio, figurarsi quando rea così sudato!
-Se per te va bene……..-
-Si, non ti preoccupare, io nel frattempo sistemo un paio di cose. Giulia ti va di darmi una mano? Ti voglio far vedere una cosa-
propose alla ragazza che annuì seguendolo in quella che, normalmente, era la camera dei genitori.


NOTA:allora...prima cosa non ridete, il nuoto pinnato esiste davvero e diciamo che è un piccolo omaggio alla mia migliore amica che lo pratica.seconda cosa(e decisamente più importante)grazie per essere arrivati fino alla fine di questo capitolo che mi ricordavo fosse venuto meglio(nonchè decisamente più lungo).quindi ditemi che ne pensate.
rigrazio ancora shake_it_out che è sempre tanto gentile e da recensire ogni capitolo,e ovviamente rinfìgrazio chiunque segua o si limiti a leggermi senza tirarmi i pomodori

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** bisogna sapersi accettare ***


le parti in blu rappresentano i dialoghi in inglese 

Si chiuse la porta alle spalle e quando alzò lo sguardo dalla maniglia trovò 2 occhi attenti che la scrutavano come se volessero  leggere l’anima e tutti i suoi più reconditi segreti.
E lei sapeva che ci sarebbero riusciti, così abbassò il viso fissando le sue scarpe da ginnastica mezze rotte e decisamente troppo calde per quel periodo che il giorno prima aveva lasciato in un angolo.
-Allora, cosa mi volevi far vedere?-chiese cercando di distrarre il libanese e impedirgli di fissarla.
-Già. Giusto-
borbottò lui.
Poi prese la sua tracolla e la svuotò sul letto che venne invaso da un mucchio di fogli e quaderni vari.
Lei non domandò nemmeno cosa fossero, in qualche modo già lo sapeva.
Prese uno dei quadernini e cominciò a leggere qualche pagina.
Non lo sfogliò a caso, come avrebbe fatto la maggior parte della gente, né si soffermò troppo sulle pagine piene di bellissimi disegni, evidentemente opera del giovane, ma lesse attentamente ogni riga, soprattutto quelle piene di cancellature.
Era convinta che quando uno si preoccupava così tanto di aggiustare un qualsiasi tipo di testo voleva dire che quello che doveva dire era particolarmente importante e che i pensieri erano talmente confusi che non si sapeva come renderli parole.
Lo sapeva.
Sapeva come ci si sentiva quando c’era un tornado dentro di sé e l’unico modo per cercare di contenerlo evitando di ferirsi troppo era scrivere, ma non si trovava mai il modo adatto.
-Perché?-
-Non capisco. Perché cosa?-
-Perché mi fai vedere tutto questo-
disse indicando con un ampio cenno quella quantità industriale di carta.
-Per avere un tuo parere-
-Perché vuoi sapere la mia opinione?-
-Ho letto il testo della vostra canzone, delle vostre canzoni. Li ho tradotti e…..mi piacciono davvero-
-Lo hai già detto ieri, ma ancora non capisco. È Livia la musicista, è lei che ha fatto tutto questo. Perché parli con me?-
seduta sul letto matrimoniale dei genitori pronunciò quelle parole con il naso ancora immerso nelle pagine di un bloc-notes verde che aveva trovato sotto tutti gli latri.
-Giulia, non sto parlando della canzone nella sua completezza! Non sto parlando della musica!  Sto parlando dei testi! C’è qualcosa di speciale in essi!-
Le strappò dalle mani ciò che stava leggendo e fissò i suoi occhi in quelli basiti di lei costringendola a guardarlo.
-E so che quelli erano opera tua-
-Non puoi averne la certezza!-
rispose lei duramente, cercando di liberarsi dalla sua mano che, tenendole fermo il mento, le impediva di distogliere lo sguardo costringendola a osservare il suo riflesso nelle iridi di Mika cercando di non piangere.
Non sapeva perché  le lacrime premessero per uscire.
Lei non era il tipo che piangeva.
Lei teneva tutto dentro, condensando il dolore, facendolo diventare pura rabbia contro tutti.
Per questo aveva sempre avuto problemi a creare amicizie durature.
Eppure lui, per cui lei in fondo era una completa sconosciuta, sembrava essere riuscito a raggiungere punti della sua anima sconosciuti anche a lei vedendo qualcosa che nessuno, nemmeno Giulia, era mai riuscita a vedere.
-Te lo leggo negli occhi-
-Non puoi basarti solo su una cosa del genere!-

La rabbia tornava a farsi valere.
Probabilmente anche lui sarebbe scappato via, lontano da lei.
Mika uscì dalla stanza con passo furioso e lei e lei dovette respirare profondamente per non piangere.
Era riuscita a cacciare anche una persona meravigliosa e speciale come lui dalla sua vita.
Si complimentò con se stessa.
Era un vero disastro.
Eppure aveva creduto che lui fosse diverso da tutte quelle persone che, appena lei reagiva così, sparivano senza farsi più vedere.
Nascose il viso tra le mani che ancora stringevano alcuni dei fogli che lui aveva rovesciato sul letto.
Chiuse gli occhi, nella vana speranza che il mondo attorno a lei si dissolvesse, ma quando li riaprì nulla era scomparso.
Però c’era Mika di fronte a lei che la guardava in modo strano.
Tra i sentimenti dipinti sul suo viso c’era decisamente una gran quantità di rabbia.
Teneva in mano il suo zaino di scuola.
-Cosa…..-
Ma lei non fece in tempo a finire la domanda che lui ne fece cadere il contenuto sul pavimento.
Non c’erano libri, solo quaderni e fogli volanti, e nessuno riguardava argomenti scolastici.
-Questi ti bastano?!-sbraitò sbattendole un foglio pieno zeppo di versi.
La guardò meglio.
Si sedette vicino a lei, le sistemò un ciuffo ribelle dietro le orecchie e le asciugò l’unica lacrima sfuggita al suo controllo.
Lui l’aveva “scoperta”.
Aveva scoperto il suo segreto.
I suoi sentimenti erano in quei versi che nessuno sapeva interpretare, ma lei aveva la certezza che già ad una prima lettura lo spilungone avrebbe capito ogni cosa.
Lui sapeva leggere tra le SUE righe, anche se si conoscevano da meno di un giorno.
-Perché mi fai questo?-sussurrò così piano da non aver nemmeno la certezza che lui l’avesse udita-
-Perché non vuoi ammetterlo? Perché vuoi negare il tuo talento? Perché non vuoi accettare che tu SEI tutto questo?-le disse indicando i fogli riempiti dalla calligrafia della ragazza.
Questa volta non c’era più rabbia nella sua voce, solo un’immensa dolcezza e voglia di capirla d aiutarla.
-Perché nessun altro lo farebbe-
Un’altra lacrima le rogò la guancia e lui prontamente la asciugò.
-Io lo farei-
Lei gli sorrise amaramente.
-Ti ringrazio, ma quando tu sarai a casa tua chi lo farà?-
-Se i tuoi amici ti vogliono davvero bene lo faranno-

-Non è così semplice Penniman-
L’amarezza nella voce di Giulia lo stupì.
Nemmeno lui che aveva quasi 30 anni e ne aveva passate tante parlava in quel modo.
Quello che hanno i vecchi piani di esperienza per dire ai ragazzini che non è tutto come appare e che la vita deve ancora insegnare loro tanto.
Il modo di parlare di chi ha preso tante di quelle bastonate da essere stanco di sfidare la sorte.
Avrebbe voluto abbracciarla e lasciarla sfogare, piangendo tra le sue braccia, perché sapeva che entro poco altre lacrime sarebbero scese da quegli occhi marroni, ma Curtis entrò proprio in quel momento.
Giulia, che dava le spalle alla porta, sentendola aprirsi si strofinò gli occhi bruscamente e recuperò il suo autocontrollo.
-Michael, se vuoi farti la doccia io ho finito. Il bagno è libero-
-Grazie, ma penso che oramai la farò dopo pranzo. Dobbiamo finire una cosa-
mormorò, lasciando intendere che in quel momento voleva restare solo con la ragazza.
-Ok. Come preferisci-rispose l’altro uscendo e chiudendosi la porta alle spalle.
Quando Mika si girò nuovamente verso Giulia la vide intenta a fissare la pagina di un quadernino molto attentamente.
Era quello che gli aveva regalato Curt.
Lui era convinto di averlo nascosto bene.
Nessuno doveva leggere le parole sull’unica pagina scritta, così corse da lei per levarglielo dalle mani.
-Quello non lo leggere!-
-Perché?-
-Non c’è niente di interessante lì!-
esclamò cercando di riprenderselo, ma lei fu più lesta.
-Secondo me invece qui ci sono i versi più interessanti che ho letto finora-
-Ma se ci sono solo cancellature!-

Era vero.
L’intera pagina era piena di frasi scritte, cancellate e poi scritte di nuovo solo per essere nuovamente cancellate.
-Ciò che stai provando a scrivere è qualcosa di eccezionale. Non  capisco perché vuoi impedirmi di leggere proprio questo brano-
-Ma come fai a leggerlo se sono tutte strisciate nere?-
-Riesco a vedere ciò che c’è scritto sotto-

“Devo imparare a cancellare meglio” si appuntò mentalmente lui.
-Dimmi perché non vuoi che legga e non leggerò, ma sappi che l’idea è buona-
Non poteva essere così facile.
Infatti lei lo stava guardando con aria di sfida.
-Ma non ho ancora trovato le parole giuste-
-Forse perché le parole giuste sono quelle che continui a cancellare a riscrivere identiche a prima?-

Non sapeva cosa rispondere.
Aveva colpito nel segno, ma ammettere che fosse vero avrebbe significato dover ammettere un sacco di altre cose.
E lui non era pronto.
Per questo ringraziò il cielo quando Maurizio li chiamò per andare a tavola, concedendogli di non rispondere alla figlia.

nota:non so come sono riuscita a buttare giù qualcosa anche se la scuola è finita!questi si che sono successi!
so che il capitolo è corto e me ne dispiace molto,però per me la fine della scuola equivale a un blocco creativo lungo più o meno tre mesi.
ringrazio ancora shake_it_out perchè è così buona da continuare da seguire questa storia e da recensire.Perchè io ho davvero bisogno di sapere cosa pensate di ciò che fuoriesce dalle mia stupida mente,quindi.....mi lascereste un commento(di qualsiasi tipo,positivo o negativo,basta che siate sinceri).
grazie ancora di aver letto anche questo capitolo e spero di riuscire a aggiornare presto.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** pronti,partenza,via ***


le parti in blu sono i dialoghi in inglese

Fu un pranzo abbastanza semplice e veloce, anche perché entro le 17:30 dovevano essere in aeroporto e Giulia non aveva ancora finito i bagagli, cosa che aveva fatto innervosire non poco il padre che sperava di tornare a casa e trovare le valigie già fuori dalla porta.
Così cacciò dalla tavola la figlia appena quella ebbe finito di mangiare, mentre gli ospiti rimasero a conversare amabilmente con il resto della famiglia.
Chiusa la porta di camera sua la ragazza accese la musica e cominciò a ispezionare il contenuto di armadi e cassetti in cerca di qualcos’altro da potersi portare in quel lungo viaggio.
Mezz’ora dopo era riuscita a scovare solo un altro po’ di magliette e 2 paia di pantaloni, eppure aveva cercato dappertutto !
La verità era che lei non aveva mai avuto molti vestiti e non era mai partita per viaggi così lunghi.
-Dubito che riuscirai a trovare altro-disse in italiano il libanese che, appoggiato allo stipite della porta, osservava la stanza completamente messa a soqquadro.
-Dubito anch’io-rispose lei guardando sconsolata la sua valigia praticamente mezza vuota.
-Sai, credo che tu sia la prima femmina con così pochi vestiti che io abbia mai incontrato. Pensavo non esistessero!-
-Invece esistiamo, ma siamo poche. Siamo una specie protetta!-scherzò lei facendolo ridere.
-Non ti preoccupare a questo rimedierò io! Tanto credo che dovremmo passare almeno un giorno a Londra prima di partire per Boston. E Londra è piena di negozi carini, anche di scarpe!-concluse indicando con lo sguardo quelle di lei che erano poggiate a terra accanto al bagaglio.
-Ehi! Cos’hai contro le mie povere scarpe da ginnastica?!-protestò lei cercando di “difendere” il suo paio di scarpe preferito, le sue due compagne d’avventura.
-Nulla, nulla! Solo che…..Beh….ammetterai anche tu che sono un po’……Come si dice?-
-Si lo so sono sfondate, però ho solo queste-
-Non posso credere che tu abbia un solo paio di scarpe, da ginnastica per giunta!-
-E invece si! Sono comode!-
-E a te piace stare comodo-
-A chi non piace?-
Lui rise.
Fu in quel momento che lei si rese conto che quella risata la faceva stare bene, le faceva sembrare tutto più bello e semplice, rilassandola e rendendola più felice.
Mentre rifletteva su queste cose partì a tutto volume Grace Kelly e Giulia si irrigidì di colpo, come tutte le volte.
Quella canzone le piaceva così tanto che ogni volta che iniziava, soprattutto quando il suo Ipod era in modalità casuale, per la gioia e la sorpresa, rimaneva bloccata per qualche secondo.
Poi di solito cominciava a cantarla a squarciagola con rabbia.
Già un enorme sorriso le era comparso sul volto quando Mika stoppò la musica.
-Perché l’hai fatto?-domandò lei ,ma quello non rispose.
Imbronciata la ragazza riprese a sistemare la stanza in silenzio.
-Do I attract you? Do I repulse you with my queasy smile?.....-cominciò a cantare piano il giovane.
Lei si voltò di scatto e lo fissò, incantata dalla sua bellissima voce.
-Mika….-
Non sapeva nemmeno lei quello che voleva dire, ma qualsiasi cosa fosse non poté comunque dirla perché lui le poggiò un dito sulle labbra e, continuando a cantare, cominciò a mettere a posto la stanza della ragazza insieme a lei.
-A Nessie sarebbe piaciuto un sacco. Peccato sia di là con la mia famiglia e Curtis-mormorò piano lei quando la canzone fu terminata.
-Ma io non volevo cantarla a lei-
-Perché no? Pensavo ti piacesse-
-Oh si, mi sta davvero simpatica, ma non era a lei che volevo cantare questa canzone-
-Perché non le volevi cantare questa canzone?-
Giulia ancora non riusciva a capire cosa lui stesse cercando di dirle.
-Perché questa canzone non è la sua canzone preferita. È la TUA. Per questo volevo cantarla a te. A te soltanto-le rispose lui sistemandole una ciocca dei corti capelli castani dietro un orecchio.
Lei arrossì di colpo.
Qualcosa SOLO per lei.
Non ci era abituata.
-Come fai a sapere che è la mia canzone preferita?-borbottò cercando di cambiare discorso.
Lui rise e le scompigliò la folta chioma.
-It’s a secret-
Rise anche lei.
Un segreto doveva averlo di certo per capirla così bene e dubitava che sarebbe riuscita a scoprirlo.
-Perché ti preoccupi tanto per me?-gli domandò a bruciapelo.
In effetti non aveva senso che lui l’avesse presa così tanto a cuore, non aveva talenti speciali, ma solo un caratteraccio.
Lui stava per risponderle quando, come una furia, Vanessa entrò nella stanza, non rendendosi nemmeno conto di aver interrotto la loro conversazione.
Subito si avvinghiò come una piovra all’amica che non esitò a spingerla via, sotto lo sguardo stupito del povero Mika.
-Giulia odia gli abbracci-Si affrettò a spiegare al libanese la bionda.
-Puoi dirlo anche in italiano. Ora che si è svegliato lo capisce-borbottò l’altra innervosita.
-Ah , ok-fece quella sorridendo.
-Giulia odia gli abbracci-ripeté, questa volta in italiano, picchiettandosi un dito sulla testa come ad indicare che l’amica era pazza.
Ora per Mika tutto cominciava ad avere un senso: lo sguardo che aveva quando l’aveva toccata sulla spalla al bar della stazione, il fatto che non si era avvicinata spontaneamente a nessuno e anche he evitasse come la  peste ogni tipo di contatto fisico.
Non era semplice odio per gli abbracci, secondo lui era qualcosa di più.
-Io odierò pure gli abbracci, ma tu soffri di abbraccite acuta!-protestò Giulia.
-Sarà……-concesse la bionda allontanandosi dall’amica.
-Abbraccite o no, dato che io sto andando via e non ci vedremo per i prossimi 3 mesi minimo, pensi di potermelo dare un abbraccino? Piccolo piccolo!-implorò.
-E va bene! Ma solo perché sei tu!-acconsentì sbuffando al padrona di casa circondando l’amica con le sue lunghe braccia.
Inutile dire che la bionda la stritolò per bene prima di scappare via e tornare a casa sua.
Mika aveva osservato bene Giulia.
Era evidente quanto l’essere abbracciata la mettesse a disagio, così il giovane si ripromise di non farlo.
Non per il momento almeno.
-Dove eravamo rimasti prima che quella pazza ci interrompesse?-domandò Giulia osservando la camera finalmente ordinata e le valigie pronte.
-Che se non ci sbrighiamo ad andare in aeroporto rimanete tutti a Roma, o almeno tu ci rimani. Quindi faresti meglio a cominciare a scendere!-le intimò Maurizio entrando anche lui nella stanza e prendendo la valigia della figlia.
-Entro 5 minuti ti voglio in macchina!.-
Lei fece cenno che aveva capito e lui cominciò a caricare tutti i bagagli in macchina.
-Dia scendiamo-le disse Mika.
-Non vorrai rimanere qui?-
-No, certo che no! Dammi solo un attimo-borbottò cominciando ad infilare penne, quaderni, libri e quant’altro in un ampio zaino.
-Cosa stai facendo?-domandò lui curioso.
-Preparo il mio zaino. Non parto mai senza. Dammi solo qualche secondo-rispose lei senza nemmeno alzar lo sguardo verso il suo interlocutore.
Pochi attimi dopo erano tutti nell’auto che, nel giro di 20 minuti, li lasciò all’aeroporto.
Fecero velocemente il check-in e presero posto sull’aereo.
Osservando come erano stati assegnati loro i posti a sedere al libanese venne da ridere: erano seduti tutti vicini tranne Giulia.
Le propose di fare a scambio di posto, ma lei gli sorrise.
-Non importa. A me non da fastidio, sto pure vicino al finestrino! Così dormirò un poco. Tu resta pure vicino a Curtis-
All’inizio lui non voleva cedere, ma la ragazza era più tenace di lui e l’aereo stava per decollare quindi si vide costretto a sedersi al suo posto, continuando però a guardare Giulia che non smetteva di fargli cenno di non preoccuparsi.
Si tranquillizzò solo quando la vide addormentarsi , e solo allora, concesse anche a se stesso di chiudere gli occhi.
Quando li riaprì, pochi istanti dopo, a causa di una lieve gomitata datagli da Curtis che già dormiva, notò che la ragazza non stava affatto dormendo, ma aveva tirato fuori carta e penna ed era già intenta a scrivere.
Continuò a guardarla, ignorando il paesaggio che scorreva fuori dal finestrino.
Osservare quella ragazza era molto meglio che guardare qualsiasi panorama, e sorrise.
Malgrado probabilmente lei non lo avrebbe mai ammesso, Giulia viveva per scrivere.

nota:questo capitolo è cortissimo scusate.vi chiedo umilmente perdono,ci ho messo tantissimo e mi è pure venuto corto.I'm very sorry.
ringrazio mille e mille volte(e non saranno mai abbastanza)chi ha seguito la storia fino a qui e continua a sorbirsi questo obbrobbrio,ma soprattutto ringrazio shake_it_out,mika4ever e mikettaxx_x3 che sono state così dolci e gentili da recensire ciò che la mia mente malata ha partorito.Attendo con ansia i vostri pareri,così da poter megliorare

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** ti porto a casa Penniman ***


le parti in blu rappresentano i dialoghi in inglese

Vedeva scorrere l’inchiostro sul foglio come sangue nelle vene.
E come il sangue erano proprio quelle parole a mantenerla in vita.
Era così intenta a scrivere che non si era minimamente aspettata la botta dovuta all’atterraggio.
Probabilmente non aveva nemmeno sentito il capitano che annunciava la discesa.
Anche Curtis e Livia si svegliarono di soprassalto mentre, notò Giulia, Mika era già sveglio da un po’,forse intento a guardare il panorama, o forse stava guardando qualcos’altro…..
Gli altri passeggeri avevano già cominciato a prendere le loro valigie e ad avviarsi verso l’uscita, ma il libanese e Curtis fecero cenno alle due ragazze di aspettare.
Solo quando l’aereo fu completamente vuoto anche loro scesero.
Fuori dall’aeroporto li aspettava un taxi che caricò i loro bagagli velocemente e partì in tutta fretta, senza nemmeno chiedere dove doveva portarli, cosa che lasciò non poco stupite Livia e Giulia.
-Non preoccupatevi, sa qual è la nostra destinazione. Mi viene a prendere sempre lui all’aeroporto-
-Vedo che hai imparato l’italiano Michele!-esclamò il tassista sentendolo parlare una lingua diversa dall’inglese.
-Te l’avevo detto che lo stavo studiando Beppe! E poi quante volte te lo devo dire? Io mi chiamo Michael, non Michele!-
-Vabbè, ma Michele mi piace di più. Comunque non mi hai ancora presentato queste due belle signorine-
Mika scosse la testa emettendo un sospiro sconsolato.
Aveva provato più volte a dire a Beppe che il suo nome era Mika e non Michele e lui gli aveva risposto che quello era solo un nome d’arte, non quello vero. Allora lo spilungone gli aveva detto di chiamarsi Michael e lui gli aveva semplicemente detto che Michael e Michele in fondo erano la stessa cosa, ma che quest’ultimo gli piaceva di più.
Gli sapeva più di Italia.
E quando gli faceva notare che lui non era italiano liquidava tutto con un gesto della mano e continuava  a guidare come se l’altro non avesse parlato.
-Loro sono Livia e Giulia, 2 nomi che non dovrai storpiare essendo italiani-
-Ti stai portando dietro 2 giovani del bel paese?!-esclamò Beppe sconcertato.
-Io pensavo che…..Vabbè, non importa, comunque io sono Beppe-disse alle ragazze, approfittando di un semaforo rosso per tendere loro la mano e dopo che esse gliela ebbero stretta ricominciò tranquillamente a guidare.
-Io sono un napoletano in cerca di fortuna, voi? Da dove venite?-
-Roma-risposero le due all’unisono, ma, anche se la voce di Livia era quella più fievole, fu l’unica che si sentì.
-E che ci fate qui con quest’incrocio di razze?-domandò, riferendosi a Mika, il quale non si offese, ma anzi, lo prese quasi per un complimento perché sorrise con orgoglio.
-Ho chiesto loro di accompagnarmi in tour-Beppe rimase un attimo sbalordito dalla risposta del libanese, ma poi sorrise, forse orgoglioso che quell’onore fosse stato concesso proprio a due sue connazionali o forse solo perché era fiero di quel ragazzo che entro pochi mesi avrebbe compiuto 30 anni.
-Dovete essere davvero brave e fortunate perché vi sia stata concessa un’opportunità del genere. Michele è una delle persone più buone e talentuose con cui mi sia capitato di avere a che fare. Tenete alto l’onore del nostro paese ragazzine, mi raccomando-disse il tassista alle due giovani che risposero con un ampio cenno d’assenso  con il capo.
-Comunque siamo arrivati a casa tua Michele-aggiunse poi fermando l’auto.
-Ehi Curtis, vuoi che ti porto a casa tua? O ti lascio qui come al solito?-domandò con fare ammiccante al sassofonista che era rimasto in silenzio, senza capire una parola, per tutto il tragitto.
-No, no. Lasciami pure qui. Casa mia non è distante-rispose quello riscuotendosi dai suoi pensieri.
-Lo so Curt, me lo dici ogni santissima volta che ti faccio questa domanda. Anche se non ho ancora capito dove abiti di preciso dato che non ti ho portato nemmeno una volta-rise l’italiano.
-Un giorno ti inviterò a cena da me allora!-scherzò il sassofonista.
-Ci conto!-
Stava per rimettere in moto quando sembrò ripensarci.
-Ehi Curt!-
Il giovane, che si era già incamminato verso la porta, si girò verso il taxi con aria incuriosita mentre gli altri entravano in casa.
-Credo che adesso dovrai imparare l’italiano se non vuoi rimanere muto come un pesce come oggi. Sembravi un salame! Un salame depresso!-
Curtis non rispose, si limitò a ridere e a fare un breve cenno d’assenso con il capo.
-Conto di poter avere una bellissima conversazione in italiano con te, Michele e quelle 2 ragazze quando tornerete!-
-Beppe, le ragazze dopo il tour torneranno a casa, non verranno a Londra con noi. 3 mesi sono tanti, vorranno stare con al loro famiglia!-

-Staremo a vedere Curt! Tu intanto pensa ad imparare l’italiano!-
Il giovane non disse nulla.
Sorrise e seguì gli altri nella dimora dell’amico mentre sentiva l’auto del tassista ripartire.
Beppe gli era sempre piaciuto.
Erano stati fortunati a incontrarlo quel giorno, per caso, quando, tornando da Hyde Park si era messo a diluviare e lui e Michael erano stati costretti a prendere un taxi.
Quel taxi lo guidava Beppe che si era mostrato aperto e disponibile, oltre che molto simpatico.
Aveva dato loro il suo numero dicendo di chiamarlo ogni volta che avevano bisogno di un taxi o anche solo di un amico disposto ad ascoltarli mentre faceva fare loro un giro della città.
E loro così avevano fatto, non solo perché Beppe gli piaceva, ma anche perché Beppe sembrava conoscerli più di lor stessi e sapeva capire cosa passava loro per la testa, o cosa provavano, con un solo sguardo.
Beppe era a conoscenza di segreti di cui non erano a conoscenza nemmeno loro.
Era qualche tempo che di conoscevano e lui non li faceva mai pagare, anzi aveva chiesto loro di smetterla anche di chiedere quanto gli dovessero.
«Mi fate un tipo così veniale?» gli aveva risposto indignato una volta
«No. Ti facciamo un tipo che con questo ci mangia» gli avevano detto.
«E allora invitatemi a cena»
Da allora ogni tanto Beppe e la sua famiglia erano a cena a casa di Mia insieme a Curtis.
I due suonavano per i bambini dell’uomo, che li adoravano e andavano pazzi per la musica, soprattutto quella che suonavano per loro i due giovani.
-Ehi Curt! Cosa ti ha detto Beppe?-domandò Michael appena varcò la soglia.
-Niente di che. Solo che devo imparare l’italiano e che sembro un salame depresso-disse con tranquillità facendo ridere tutti quanti.
-Ehi salame depresso, non è che mi aiuteresti a preparare la cena?-
-Agli ordini capitan Michael Holbrook Penniman jr.-
rispose portandosi una mano alla testa nel gesto tipico dei militari.
Mika fece un buffo sorriso mentre le ragazze si sforzavano di non scoppiare a ridere scambiandosi sguardi d’intesa.
-Io intanto ne approfitto per chiamare i miei genitori. Ci tengono che li chiami appena arrivo da qualche parte. Per assicurarsi che sia
“sana e salva”. Sai come sono i genitori……..-
replicò allora Giulia
-Si, so come sono fatte le mamme-rispose Mika con un sorriso amaro che però non sfuggì a tutti.
-Ora vi lasciamo chiamare in pace le vostre famiglie. Quando avrete finito di parlare con loro la cena sarà già pronta-disse loro Curtis, dando una pacca sulla spalla all’amico per distoglierlo dai suoi pensieri, e portandolo in cucina.
Armeggiarono un po’ tra i fornelli.
In realtà non volevano fare nulla di complicato, solo un paio di fettine di carne, ma erano abbastanza concentrati da non accorgersi della ragazza che era appoggiata allo stupite della porta.
Giulia rimase per un po’ ferma in silenzio a osservare i due uomini lavorare in cucina.
Gli piacevano quei due assieme.
-No Curtis, non si fa così!-
Non si era proprio riuscita a trattenere
-Mi hai fatto prendere un infarto! Ma da dove sei spuntata?-le domandò Mika, che al sentire la voce della ragazza da dietro le sue spalle, era sobbalzato.
-Dalla porta. Da dove se no?-
Si pentì subito della risposta e del tono con cui l’aveva data.
In fondo non erano ancora così in confidenza da potersi permettere certe rispostacce che spesso non sopportavano nemmeno i suoi amici.
-Ma non hai chiamato i tuoi genitori?-
-Si, certo-
-E hai già finito?-
-Certo. Cosa dobbiamo dirci?-

Mika scosse la testa sconsolato.
-Livia sta ancora parlando al telefono?-
La ragazza fece cenno di si .
-Allora dacci una mano ad apparecchiare, che tanto qui abbiamo quasi finito. Poi ti faccio vedere dove dormirete-
Giulia si fece aiutare da Curtis a trovare tutto il necessario per preparare la tavola che, quando Livia li raggiunse, era già tutta sistemata.
-Oh! Avete già finito?!-esclamò Livia un po’ dispiaciuta per non aver potuto dare una mano.
Giulia e Mika si scambiarono uno sguardo d’intesa e scoppiarono a ridere.
-Ovvio! Sei stata al telefono con i tuoi delle ore! Se ti avessimo aspettato avremmo potuto fare direttamente colazione!-le rispose l’amica guardandola divertita.
Anche Livia sorrise, mentre Curtis li guardava confuso e, insieme al cantante, portava la cena in tavola.
Fu un pasto piacevole, chiacchierarono allegramente di ogni argomento passò loro per la testa.
Sembrava quasi che si conoscessero da anni!
Parlarono quasi sempre in inglese per permettere anche a Curtis di partecipare alla conversazione, ma spesso e volentieri, quasi senza accorgersene, cominciavano a parlare in italiano e il povero sassofonista non capiva assolutamente nulla.
Si sentiva escluso dai loro allegri discorsi che spesso terminavano in una risata.
Avrebbe voluto ridere con loro.
Gli sarebbe bastato anche solo comprendere le loro parole con cui il suo amico, malgrado l’accento ancora terribile, sembrava destreggiarsi abilmente.
Il non capire lo faceva sentire ansioso, insicuro.
E se stessero parlando male di lui?
No, no.
Michael non lo avrebbe permesso.
Ma ancora non si sentiva tranquillo.
Cosa gli assicurava che Michael l’avrebbe difeso?
Aveva sempre creduto di essere speciale per lui, o almeno un minimo importante, ma se fosse stata solo una sua stupida e infantile illusione?
E se Michael avesse considerato più speciali, più importanti le due ragazze?
Se fosse stato sostituito da loro?
I suoi occhi divennero lucidi e avvertì un groppo alla gola.
Scosse la testa cercando di riscuotersi e le lacrime sembrarono ritornare indietro.
Era uno stupido e come al solito saltava a conclusioni affrettate.
Per lui Michael era una delle persone più importanti della sua vita, ma chi mai gli aveva assicurato che lo spilungone provava lo stesso?
Si alzò da tavola.
-Credo sia giunta l’ora per me di andare a casa-
Forse i suoi sentimenti erano dipinti con un po’ troppa chiarezza sul suo volto, perché lo sguardo che Michael gli rivolse era abbastanza preoccupato.
-Ehi Curt. Potresti aspettare un momento? Volevo parlarti di una cosa importante…..-
L’intervento di Livia stupì un po’ tutti.
Per quanto lei e il riccio avessero legato, nessuno pensava che avessero già cose così importanti di cui parlare.
Nessuno tranne Curtis che evidentemente aveva già intuito cosa lei volesse dirgli.
Doveva riguardare una loro precedente conversazione.
Mika e Giulia potevano vedere scorrere note musicali negli occhi dei due musicisti.
-Ho un’idea migliore. Potresti venire a dormire da me questa notte. Ti va?-
-Certo!!-
esclamò la ragazza con entusiasmo.
Poi però dovette pensare che avrebbe lasciato sola l’amica perché si voltò verso di lei con una nota di rimorso.
-Per te va bene? Non ti dispiace se ti lascio sola?-
-Non sono sola! E poi, ci divertiremo lo stesso anche senza di voi-rispose facendole la linguaccia.
Risero entrambe e poi uscirono sul vialetto esterno dove Curtis si era già incamminato precedentemente con Mika.
 I due giovani erano sul marciapiede.
Non c’erano auto, né bici o altro parcheggiate da quelle parti.
Evidentemente casa sua era davvero molto molto vicina per poterla raggiungere a piedi a quell’ora tarda.
Mika aveva una mano sulla spalla dell’amico che fissava intensamente l’asfalto sotto i suoi piedi.
Era evidente che non volesse incontrare lo sguardo del libanese che gli stava mormorando qualcosa.
Non volevano origliare, ma si avvicinarono comunque.
Dovevano farlo per forza se volevano poter andare a dormire a un orario decente.
Non se ne erano accorti, ma il tempo era volato e ora era davvero tardi.
Giulia non era particolarmente stanca, ma poteva vedere gli occhi di Livia cominciare a chiudersi.
No sapeva quanto la ragazza avrebbe resistito ancora prima di crollare dal sonno.
Ogni passo che facevano potevano udire un po’ più chiaramente le parole che i due si stavano scambiando.
-Sei sicuro di stare bene Curt?-
-Certo, perché non dovrei?-
a giudicare dal tono di entrambi quella domanda era stata già posta parecchie volte e il più riccio sembrava scocciato da tutta quell’insistenza da parte dello spilungone.
-Hai un’espressione…..-stava per dire qualcosa, ma si fermò.
Forse perché era certo che avrebbe potuto solo peggiorare la situazione.
-……Insomma, non mi convinci. Ecco tutto-
Forse il sassofonista finalmente comprese che l’amico era sinceramente preoccupato per lui e abbandonò il tono aggressivo che aveva precedentemente adottato e ne assunse uno più conciliante.
-Sei gentile Michael a interessarti della mia salute, ma non capisco perché insisti così tanto quando ti ho già detto che sto bene-
-Perché tu per me sei importante-

La risposta scioccò Curtis che rimase a guardare l’espressione del giovane, frustrato perché non riuscendo a capire quale fosse il problema, non poteva aiutare il suo riccioluto amico.
-Tu ti tieni sempre tutto dentro fino ad arrivare al punto di esplosione. Ma quando esplodi lo fai sempre nella solitudine di qualche posto in cui non ti posso raggiungere. Né io né altri possiamo aiutarti a raccogliere i pezzi e a ricostruire te stesso. Non pensare che io non capisca quando TU stai male. Me ne accorgo sempre. E vorrei aiutarti, starti vicino, ma tu mi allontani. Sempre. Ma sappi che non sono più disposto a starti lontano. Mai più-
Lo guardò intensamente negli occhi e a Curtis sembrò che gli stesse leggendo l’animo.
-Sappi che non mi lascerò più allontanare da te, per nessun motivo. Io ti…..-
Per la seconda volta esitò e decise di cambiare la frase che stava per dire.
-Tengo troppo a te per poter permettere che succeda. E sappi che con me è inutile che fingi, sappi che l’ho capito che c’è qualcosa che non va. Vorrei che mi dicessi cosa, ma forse non ti fidi abbastanza di me-
Questa volta sembrava che fosse il libanese sull’orlo delle lacrime
 E il cuore di Curtis non poteva sopportare quella vista.
Lo abbracciò con un grande slancio.
-Non dire mai cose del genere Michael. Tu per me sei una delle persone più importanti della mia vita e se non mi fidassi di te non mi fiderei di nessuno-
-Allora perché non vuoi dirmi cosa c’è che non va?-

La voce era leggermente incrinata e Curtis sentì una stretta al cuore.
Avrebbe voluto dirgli tutto, ma non fece in tempo perché le due ragazze li raggiunsero.
Livia aveva un’aria davvero distrutta e il giovane si sentì quasi in colpa per averla fatta aspettare tanto.
Sciolse l’abbraccio.
-Ci vediamo domani a colazione. Ok?-
Mika annuì, aveva preferito non parlare per non tradire i sentimenti contrastanti che si agitavano senza sosta nella sua mente.
Curtis e Livia s’incamminarono e presto vennero inghiottiti dal buio.
Gli altri due tornarono dentro casa avvolti dal silenzio mentre Giulia non riusciva a smettere di fissare gli occhi rossi del padrone di casa.
-Avete sentito tutto-disse laconicamente appena riprese abbastanza il controllo di sé, anche se non abbastanza per potersi concentrare abbastanza da parlare in italiano, ma a lei sembrava non importare.
-Dubito che Livia fosse abbastanza padrona di sé da capire anche solo una parola.-
-Ma tu si.-
-Io si-

Il giovane si buttò sul divano con la testa tra le mani mentre invece Giulia sparì in cucina.
Dopo qualche minuto si sentì un piccolo urlo seguito da un rumore e, qualche istante dopo, un sospiro di sollievo.
Raggiunse subito la ragazza e la trovò mentre guardava sorridente un vaso di vetro a terra, per fortuna ancora completamente integro.
-Cos’è successo?-domandò mentre lei lo fissava con aria colpevole e intimorita.
Non credeva che avrebbe potuto intimorire qualcuno.
Cambiò domanda.
-Cosa stavi cercando?-
-Il cacao. Volevo farti una cioccolata calda per tirarti su di morale. Lo so che è fuori stagione, ma….-
-Grazie mille, sei stata molto carina a preoccuparti per me, ma forse è meglio che io ti dia una mano-
la interruppe sorridendo.
Aveva ragione.
Dopotutto quella era casa sua e di certo sapeva meglio di lei dove fossero tutte le cose che le sarebbero servite.
Le passò il latte, il cacao e tutto il necessario per preparare la bevanda e in poco tempo entrambi si trovarono seduti sul divano del salone con una tazza fumante in mano.
Non faceva per niente freddo, anzi, ma la cioccolata non serviva a scaldare il corpo, ma il cuore.
-Perché non mi racconti? Non mi spieghi?-
-Non sono riuscito a capirlo nemmeno io, dubito di poterlo spiegare a te-

Lei annuì.
Non le capitava da tanti anni che qualcuno la capisse al volo, senza che lei dovesse esplicitare completamente i suoi pensieri.
Fissò il vuoto davanti a sé.
Era contenta di essere lì, mai avrebbe immaginato ciò che le era successo in quei due giorni, eppure non riusciva a essere pienamente felice.
Ogni volta che pensava al rapporto tra Mika e Curtis, e più che altro alla scena appena vista, sentiva una stretta al cuore.
La faccia stravolta del giovane la feriva.
Non poteva accettare di vederlo così triste.
-Ti va se parliamo di qualcos’altro?-
La voce del diretto interessato interruppe il flusso dei suoi pensieri.
-Di cosa vorresti parlare Mika?-
-Di qualsiasi cosa tu voglia. E poi chiamami Michael. Mika è un nome d’arte. Mika è il cantante la cui vita è su Wikipedia, ma per gli amici, per quelli che davvero sanno qualcosa di me. Di me come persona e non come personaggio pubblico. Beh, per quelle persone io voglio essere Michael, non Mika-
-Allora parlami di Michael, perché io conosco solo Mika-
-E tu mi parlerai di Giulia?-
-Ti parlerò di tutto quello che vuoi. Dopotutto io e te siamo amici, no?-

Lui sorrise.
Entrambi lo avevano capito e adesso per loro era ufficiale.
Erano amici.
E lo spilungone aveva la sensazione che poche persone lo capissero come lei, malgrado si conoscessero da due giorni.
Sperava solo che anche la ragazza provasse le stesse cose.
L’alba li sorprese con le bocche asciutta, addormentati l’uno accanto all’altra sul divano.


note:ok sono più o meno secoli che non aggiorno e vi giuro che mi dispiace un sacco. Ho avuto davvero pochissimo tempo per scrivere e una volta concluso il capitolo ero impossibilitata ad usare il computer a causa dei lavori che stiamo facendo a casa.
la storia del nome Mika-Michael so che può sembrare sbagliata ma dovrebbe troavre una spiegazione più tardi.
spero di essere più veloce ad aggiornare la prossima volta.
detto ciò sparisco nel mio angolino buio e chiedo ancora perdono però se volete siete prendervela con me siete liberi di farlo @SomewhereGirl è il mio nick su Twitter
PS.Quasi dimenticavo....Cosa foooondamentale:ringrazio shake_it_out,beatriceholbrookpenniman,Mikettaxx_x3,Vale_Penniman e chiunque abbia recensito anche un solo capitolo,oltre ovviamente a chi ha avuto il coraggio di leggere questo obbrobrio e di inserirlo tra le seguite/preferite/ricordate

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Crazy shopping ***


le parti in blu indicano le parti in inglese

Fu il suono del suo telefono a svegliare Mika.
Guardò l’ora.
Erano le 10:30,davvero tardi!
Si fece prendere dal panico.
Aveva detto a Curtis che si sarebbero visti per colazione e per loro voleva sempre dire entro le 10:00, ma i più tardi.
Chissà se lo stava aspettando fuori dalla porta di casa.
No, non era possibile.
Curt sapeva perfettamente dove nascondeva le chiavi di riserva di casa sua.
Forse allora aveva pensato che, dato che ancora dormiva, sarebbe stato meglio se fosse tornato a casa.
Cercò i pantaloni, che la sera prima si era cambiato per mettersi il pigiama, mentre si toglieva la maglia.
Nel frattempo prese il cellulare per controllare chi fosse stato il santo che lo aveva svegliato.
Non era una chiamata, ma un messaggio.
Un messaggio di Curtis.
Rimase a petto nudo con il sopra del pigiama in una mano e il cellulare nell’altra.
Non si mosse finché Giulia non gli poggiò una mano su una spalla e la usò come punto d’appoggio per poter leggere le parole che lampeggiavano sullo schermo.
«Ehi, scusa l’ora, ma sia io che Livia eravamo distrutti e io mi sono svegliato solo ora mentre lei ancora dorme. Mi dispiace se ci avete aspettato. Ci vediamo per pranzo ok?»
Il giovane si buttò sul divano.
-Ehi, che fai?-
Il libanese si rese conto solo in quel momento che la sua ospite era sveglia.
-Come mai non dormi?-
-Beh, stai mettendo a soqquadro tutto il salotto alla ricerca dei tuoi pantaloni……..Ho pensato di darti una mano a cercarli-

Gli sorrise mostrando il suo “trofeo”.
-Dov’erano?!-chiese lui, certi di aver guardato in ogni angolo.
-Diciamo che mi ci ero addormentata sopra-rispose lei distogliendo lo sguardo.
-Allora non era colpa mia!-rise divertito.
-Chi ha mai detto questo-
Risero entrambi di gusto.
A Mika piaceva svegliarsi ridendo, anche se succedeva meno di quanto avrebbe voluto.
Anche a Giulia, abituata ai silenzi mattutini, in un certo senso piaceva.
-Vatti a vestire, e di corsa anche-
-Perché? Dove dobbiamo andare?-
-Per ora a fare colazione in un favoloso bar qui vicino. Fa dei cornetti favolosi e anche gli espressi all’italiana-

-Allora faccio in un attimo-esclamò la ragazzina uscendo dalla stanza.
Poi però si fermò sulla porta.
-Credo che però a te servano questi-disse infine lanciandogli i pantaloni, che lui prese al volo, e correndo verso il bagno al piano di sopra che le aveva indicato Mika.
Il cantante sorrise e cominciò a cambiarsi dietro il divano del salone, ovviamente solo dopo essersi assicurato che la porta fosse ben chiusa.
Dubitava che Giulia avrebbe fatto prima di lui, però era sempre meglio essere sicuri.
Gli dispiaceva per Livia e Curtis, soprattutto quest’ultimo, ma in fondo non  per questo sarebbe stata una brutta giornata.
Aprì la porta e trovò Giulia che giocava con Melachi, il suo cane, probabilmente la cosa più bella che avesse.
Aveva sottovalutato la ragazza la ragazza.
In fondo era stata più veloce di quanto avesse pensato.
-Sei pronto?-
Lui annuì con la testa.
-E allora andiamo a sfondarci di cibo alla faccia di quei due dormiglioni! Ci divertiremo senza di loro!-
Entrambi si sentivano in qualche senso abbandonati ma non lo avrebbero mai dato a vedere e tanto meno si sarebbero fatti abbattere da questo.
Grazie al suo lavoro Michael non aveva mai tempo per se stesso, e quando lo aveva adorava farsi lunghe passeggiate insieme a amici e parenti, ma quasi più spesso da solo.
Quindi aveva praticamente dimenticato come si guidava.
Non prendeva la macchina da così tanto tempo che non ne aveva neppure una sua.
-Andiamo a piedi, ti va? Tanto è vicino-le domandò Mika sperando di non dover dire che non si ricordava come si guidava.
-Ok, io amo camminare!-
Giulia sembrava così felice che probabilmente nulla le avrebbe dato fastidio.
L’entusiasmo della ragazza lo contagiò.
Dopotutto era una bellissima giornata.
Sfoggiò un enorme sorriso e mise portafogli, chiavi di casa e cellulare nelle tasche dei pantaloni mentre Giulia prendeva la sua borsa a tracolla.
-Dopo di lei, signorina-
-Grazie, che galantuomo-
disse uscendo dall’abitazione trattenendo a stento una risata.
Ci vollero circa 20 minuti di cammino per arrivare al bar che diceva Mika, ma ne valse la pena.
Con somma gioia dei due, che erano affamati come dei lupi, era tutto veramente squisito e malgrado avessero ordinato una molto più che abbondante colazione, la divorarono in pochissimo.
Persino l’espresso all’italiana era buonissimo, con sommo stupore di Giulia.
-Perché ti ostini a bere quell’acqua sporca quando vicino a casa tua hai uno che sa fare un caffè degno di questo nome?-
Michael rise.
-Forse perché il caffè italiano mi fa uno strano effetto-
-Ma dai! Com’è possibile?!-
-Perché non ci sono abituato. Dopotutto a casa mia si è sempre bevuta “quell’acqua sporca” come dici tu-

Risero entrambi.
-ehi, ma tu non dovevi imparare l’italiano?!-chiese lei, ricordandosi della richiesta che lui le aveva fatto.
-Si, ma se tu parli sempre in inglese!-
-Ma se sei tu quello che parla sempre in inglese!-
-Ok, ve bene. Da adesso, però, parla sempre in italiano, a meno che non te lo chieda esplicitamente-

-Come preferisci. Piuttosto…….Ora che abbiamo finito-disse ritornando alla sua lingua e indicando i piatti vuoti.
-Cosa facciamo?-
-Shopping, come ti avevo promesso-
-Piano, piano, piano! Tu non mi hai promesso nulla del genere! Mai!-
-Non mi dire che oltre ad avere così pochi vestiti e un solo paio di scarpe……-rispose indicando quelle mezze rotte di Giulia
-…..Odi anche fare shopping?!-
Sembrava davvero divertito da lei e dalla sua stranezza e lei ricordò.
Lo sguardo che Michael aveva lanciato alle sue poche cose in valigia e alle sue scarpe le tornò di colpo in mente.
Nella sua stanza, la musica.
In un flash le ritornò in mente.
“Non ti preoccupare a questo ci penso io”
-Ehi! Quella non era una promessa!!-
-Mica dico le cose senza un motivo io! Ho detto che ci avrei pensato io e ci penserò IO!-
Sembrava che la sua avversione per lo shopping lo rendesse ilare.
Lei si imbronciò e incrociò le braccia, ripercorrendo quel giorno, cercando qualche frase che smentisse le parole del cantante, ma l’unica cosa che continuava a tornarle in mente era la voce dello spilungone che intonava Grace Kelly, solo per lei.
“Questa non è la sua canzone preferita. È la tua. Per questo volevo cantarla a te. A te soltanto”
Non poteva essere arrabbiata(anche se per poco e per un motivo stupido)con lui.
Non ci riusciva.
Si sentiva una stupida e ingrata.
Senza che lei se ne accorgesse Mika le si avvicinò e le risistemò il ciuffo dietro alle orecchie.
-Non ti preoccupare. Non sarà così terribile. Ti divertirai, dai! E se così non fosse torneremo a casa. Te lo prometto-le sussurrò.
Lei alzò lo sguardo e lo vide in piedi davanti a lei mentre le sorrideva incoraggiante tendendole la mano per aiutarla ad alzarsi.
-E va bene!-disse lei con uno sbuffo.
Prese la mano che lui le porgeva e si tirò su.
-Però ricorda……Hai promesso!!!-
-Ok, va bene. Ho promesso-rispose ridendo.
-Ma non sarà necessario riportarti a casa. Fidati di me-
Era impossibile non sorridere vedendolo così felice e lei si lasciò contagiare.
-Vedremo-
-Ti stupirò Giulia. Anche questa è una promessa-rispose scompigliandole i capelli.
Lei provò a fare altrettanto, ma lui era troppo alto e, anche in quella buffa posa in punta dei piedi che aveva assunto, ci si avvicinava pochissimo.
-Sono troppo alto, mi dispiace-le disse ridendo mentre usciva dal locale.
Si accorse troppo tardi che lei non lo aveva seguito, ma era rimasta alle sue spalle.
La ragazza prese la rincorsa e saltò, appendendosi alle sue spalle come un koala.
Da lì allungò una mano e la affondò nei suoi ricci ridendo.
-Ehi, così non vale!-
-Tu mi torturi in un modo, io in un altro-
-Si, ma questo metodo è più pericoloso-rispose lui con sguardo furbetto.
-Perché?-chiese lei.
Aveva uno strano presentimento.
-Beh, perché io potrei fare un sacco di cose mentre tu sei lì sopra…….-
-Tipo cosa?-domandò ancora più sospettosa-
-Tipo questo!-
Michael cominciò a correre mentre lei, dopo un primo momento di “spavento” dovuto all’esser stata presa alla sprovvista, rideva di gusto.
Adorava Mika ogni secondo di più.
Le piaceva imparare a conoscere il giovane che cantava solo per lei e con cui poteva parlare tutta la notte.
Lo stesso che ora correva come un pazzo per le strade di Londra con una ragazzina avvinghiata alla sua schiena.
 
Erano sui un prato.
Lui sdraiato per terra con il fiatone, lei seduta a gambe incrociate che ancora rideva.
-Sei troppo grande per queste cose e io sono fuori allenamento-disse fra un respiro e l’altro.
-Non te l’ho chiesto io, potevi anche fermarti!-si difese lei.
-Lo so, ma voleva vendicarmi, anche se mi sa che ho completamente fallito. Tu ridi tranquillamente mentre io sto qui a pezzi senza nemmeno la forza per respirare. Dovrei riprendere a fare jogging-disse sorridendo.
-Guarda che non sei così male come pensi. Insomma, sei arrivato fin qui, portando me in spalla e io non peso poco!-
-Più che altro sei alta. Non sono più abituato. Dopotutto è da un po’ che non porto più in spalle le mie sorelle-
-Come mai?-chiese la ragazza sdraiandosi a pancia sotto dietro di lui, in modo da poterlo guardare in faccia anche se lui teneva gli occhi chiusi.
-Ci vediamo pochissimo e di solito solo a cena. Raramente per pranzo e comunque, anche fosse hanno sempre fretta e scappano subito dopo mangiato. Persino con Fortunè non riesco mai a passare un po’ di tempo-borbottò con aria particolarmente dispiaciuta.
-Mi……mi dispiace-
Senza rendersene conto aveva cominciato ad avvolgere i morbidi ricci del giovane attorno alle sue dita accarezzandogli in qualche modo la testa.
-Non dispiacertene. È così. È il brutto di crescere. Diventano tutti super impegnati e non hanno mai un po’ di tempo, soprattutto per te. Pensano che, dato che sei il loro fratellino e ci sarai sempre, il rapporto tra te e loro si mantenga da solo-
Sapeva quanto lui avesse ragione.
Pensò a sua sorella maggiore che in quel momento viveva in un paesino vicino Manchester.
Non si toglievano tanti anni, solo 3 in fondo, ma ricordava perfettamente come lei avesse bruscamente spezzato il loro rapporto quando, iniziando le medie, era entrata nell’adolescenza.
Per lei Giulia era troppo piccola, dopotutto andava ancora in terza elementare, poco importava quanto la sorellina la adorasse.
Con il tempo si erano ravvicinate, ma per Giulia non era più stato lo stesso.
Non era più riuscita a fidarsi del tutto e c’erano molte cose di lei che la sorella non sapeva.
Era convinta che quel rapporto di completa fiducia che avevano da bambine fosse rimasto invariato solo perché avevano un legame di sangue.
-Spero che tu non debba mai capire di che sto parlando-
-L’ho già capito, dopotutto ho una sorella maggiore. Per fortuna non sono così legata alla mia famiglia, alle mie sorelle, nello stesso modo in cui ci sei legato tu-
Ora restava da veder se era davvero una fortuna.
-La smetti di torturarmi i capelli?!-sussurrò lui dopo qualche minuto di silenzio.
-No-rispose lei secca.
-Perché? Dai, mi da fastidio!-
-Perché non è vero che ti da fastidio-
-E da quand’è che mi leggi nel pensiero?-
-Non serve leggerti nel pensiero. Quando ti “torturo” i capelli mugoli e quando uno mugola vuol dire che quella cosa gli piace-
Lui rise e lei fece un sospiro di sollievo.
Ogni volta temeva di dire qualcosa di sbagliato eppure non riusciva a tapparsi la bocca.
-Ok, va ben, lo ammetto. Mi piace quando qualcuno mi accarezza i capelli. Ma ti prego smettila. Non ho voglia di “mugolare” davanti a tutti!-
Stavolta fu lei a ridere.
-Va bene, la smetto, ma solo perché mi hai pregato. Però…….. Dai, solo altri 5 minuti, per favore!-
Davanti alla faccetta implorante della ragazza lui non riuscì a dirle di no.
-Solo latri 5 minuti, poi però farai quello che voglio io, promesso?-
-Promesso-
Lui chiuse di nuovo gli occhi, immergendosi nei suoi ricordi d’infanzia.
Gli sembrava di esser tornato bambino, quando, tornato in lacrime da scuo9la si buttava sul letto con la testa affondata nel cuscino e sua madre arrivava e gli passava la mano fra i capelli finché lui on si calmava.
«Mika, tu sei speciale, non ascoltarli. Un giorno tu sarai un grande, loro invece non saranno nulla e potranno solo guardarti fargli le linguacce dall’alto del tuo enorme successo»
Lui rideva.
Sua madre sapeva sempre tirarlo su di morale, sapeva sempre di cosa aveva bisogno, ma adesso erano sempre separati, sempre troppo distanti.
Come tutta la sua famiglia d’altronde.
Quel gesto però gli sapeva di casa.
Gli faceva sembrare tutto meno lontano.
Giulia stava guardando sorridente il suo volto beato quando lui scattò in piedi.
-I 5 minuti sono finiti, andiamo?-
Lei lo implorò con lo sguardo di rimanere su quel parato, ma lui scosse la testa.
-Avevi promesso che avresti fatto quello che ti dicevo-
Lei sbuffò e si alzò.
-Vale solo per oggi però, sappilo-
-Ok, solo per oggi-acconsentì, poi le prese la mano e la guidò in una serie di vicoli, fino ad arrivare ad un grande stradone pieno di luci e di negozi.
“Bene” pensò lei, ”Ora inizia la tortura, e sarà peggio di quanto mi aspettassi”.
Lui si girò verso di lei e con un sorriso le indicò la strada con un ampio gesto della mano.
-Giulia…….Benvenuta a Portobello Road!-
 
-Hai fatto?-
Lei non rispose, continuando ad osservare la sua immagine nello specchio del camerino.
-Ehi! Hai fatto si o no?!-
Nessuna risposta.
-Perché no mi rispondi?!-sbottò lui spostando leggermente la tenda e infilando la testa nella stanzetta.
Le scappò un sorriso.
Visto così sembrava una testa in cerca del suo corpo.
-Wow, non ho parole!-sussurrò entrando completamente nel camerino.
Restò alle sue spalle, guardando l’immagine della ragazza riflessa allo specchio.
-Ci stai benissimo, io non……Però non capisco perché non mi rispondevi-
Lei continuò ad osservarsi, ma il suo sguardo non era contento, anzi.
-Ehi, tutto ok?-
-Non mi convince-rispose laconicamente lei.
-Guardati-le disse lui poggiandole le mani sulle spalle.
-Sei bellissima-
Aveva ragione.
Quel vestito dal corpetto nero e dalla gonna marrone asimmetrica più lunga dietro e fino al ginocchio davanti, le stava d’incanto e la esaltava in ogni suo tratto.
-Qual è il problema?-aggiunse infine.
-Questa non sono io-
-Non ti piaci così?-
-Non è che non mi piaccio è che…..questa non sono io-
-Tu puoi essere quello che vuoi. E con questo sarai una giulietta perfetta per il tuo romeo-le disse sorridendo, ma lei sembrò molto infastidita.
-Non sono Giulietta e non ho un Romeo!-sbottò lei.
Probabilmente la storia di Romeo e Giulietta la seguiva da troppo tempo per i suoi gusti.
Lui la fece girare verso di sé.
-Allora lasciami essere il tuo Romeo-disse lui con calma lasciandola impietrita.
La ragazza si girò nuovamente verso lo specchio, conscia di non essere in grado di sostenere lo sguardo dolce e penetrante del cantante.
-Anche se fosse è smanicato e leggero, se lo mettessi la sera morirei di freddo!-
-Ma Siamo in estate! E poi, se proprio dovessi avere freddo, ti scalderei io!-
-E come?-
-Così-rispose abbracciandola.
Il calore si diffuse, non solo nel corpo di Giulia, ma anche nel suo spirito e lei sentì il bisogno di staccarsi.
Le piacevano troppo i suoi abbracci.
-Ci tieni davvero così tanto che compri questo “coso”?-
Lui annuì con la testa.
-Ok, va bene. Hai vinto tu. Ma solo perché ti ho promesso che avrei  fatto quello che volevi-
-Non te ne pentirai mia Giulietta-disse lui esultante, dirigendosi saltellando a pagare il vestito.
Lei scosse la testa sorridendo.
Si prospettava una lunga  e faticosa giornata, ma forse fare shopping con Michael non era così terribile in fondo
 
Avevano già abbandonato da un pezzo Portobello Road per infilarsi nei vicoletti più nascosti, pieni dei negozi eccentrici che a Mika piacevano tanto, quando il cellulare di quest’ultimo cominciò a squillare.
-Ehi Michael, credo che per rispondere tu debba lasciare andare le buste-gli disse lei ridendo.
Il giovane, comportandosi da bravo Romeo, aveva insistito per portare tutti i pacchi e pacchetti  contenenti scarpe, vestiti eccetera che lui l ‘aveva costretta a comprare.
Poggiò tutta quella roba per terra e si sedette sulla panchina accanto ad essa, subito seguito da Giulia.
-Ehi ciao Curt!-rispose allegro leggendo il numero che lo stava chiamando.
-Noi ci stiamo divertendo-
Giulia rise scuotendo la testa.
-Giulia dice di no perché odia fare shopping, ma si sta divertendo anche lei-
In fondo era vero.
Qualsiasi cosa fatta con lui diventava subito divertente.
-Voi dove siete? Così vi raggiungiamo, andiamo a mangiare qualcosa e poi se vi va facciamo un giro-
Dall’altro capo del telefono il sassofonista disse qualcosa e la faccia del libanese si scurì.
-Ah. Va bene. No, no. Tranquillo, un po’ me lo aspettavo. Senti, è inutile che ci diamo appuntamento per cena. Non so cosa stiate facendo, ma è evidente che è importante, quindi concentratevi su quello e ci vediamo domani mattina alle 7:00 in aeroporto. Mi raccomando, puntuale-gli rispose Mika riacquistando subito il sorriso.
In fondo si stava divertendo e non aveva nessunissima intenzione di rovinarsi la giornata.
-Non preoccuparti. Io e Giulia continueremo a divertirci senza di voi-disse concludendo la chiamata.
-Non vengono-gli chiese Giulia.
-No, ma a noi che importa? Senza di loro stiamo benissimo!-
Risero entrambi, consci che per quanto fosse strano era verissimo.
In quella situazione stavano bene e i due avrebbero solo in qualche modo incrinato l’atmosfera.
Lo stomaco di Mika si fece sentire sopra le loro risate, facendoli ridere ancora di più.
Presto fu seguito da quello di Giulia che abbassò lo sguardo imbarazzata.
-Che ore sono Michael?-chiese la ragazza.
-Non lo so. Non ho un orologio -
-30 anni e non hai un orologio?-
-Non ne ho ancora compiuti 30 e no, non ho un orologio-
-Perché?-
-Perché non lo so leggere. Perché portare una cosa che non posso usare?-“Perché portare un simbolo della mia incapacità?”
-Ma…….Non so perché ero convinta che ti piacessero li orologi-
-Mi piacciono, ma non li so leggere. La dislessia non guarisce mai-
Non era un argomento di cui gli piaceva parlare, Giulia lo capì e tenne per sé tutte le domande che le riempivano la mente.
-Tu perché non hai un orologio a 17 anni?-
-Quasi 17 e comunque mi si è scaricata la batteria. Vedi, ce l’ho ma non funziona-spiegò indicandogli l’orologio che aveva al polso, fermo a 3 ore prima.
-Per oggi sei giustificata. Comunque sono le 14:40, credo sia ora di andare a pranzo-
-Ehi, ma hai detto che non avevi un orologio!-
-Ho detto un orologio, mica un cellulare!-le rispose ridendo per l’espressione imbronciata della ragazza.
Riprese le buste.
-Dai, non fare quella faccia! Piuttosto, conosco un ristorantino poco conosciuto ma veramente squisito non molto distante da qui-disse prendendola per mano e rimmergendosi insieme a lei per le strade di Londra.
 
nota:ok.Avevo promesso a Mad Girl With A Box(che ringrazio moltissimo per la recesnione)che avrei aggiornato presto, invece sono passatio secoli,ma voi mi conoscete e spero che mi perdonerete anche per questo.in realtà devo dire che mi è mancata particolarmente Shake_it_out, la sua assenza mi ha parecchio demoralizzata devo dire.
ma questo a voi giustamente non importa,così chiedo ancora venia per il ritardoe spero che volgiate recendire in tanti, anche solo per tirarmi i pomodori e dirmi che faccio schifo, basta che mi fate sapere cosa ne pensate della storia
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** RUN!!!! ***


Dopo il pranzo Mika le aveva concesso una tregua dallo shopping che lei odiava.
Dopotutto avevano comprato abbastanza vestiti per tutta una vita.
E scarpe.
Michael aveva insistito tanto per farle comprare svariate paia di scarpe.
A quanto pare lui era un appassionato di calzature, di qualsiasi tipo.
Bastava osservare le pantofole regalategli negli anni da parenti e amici e che custodiva gelosamente a casa sua.
A questo si ritrovò a pensare Giulia, seduta sulla panchina del parco in cui il ragazzo l’aveva portata, mentre fissava le sue scarpe da ginnastica.
Ci era affezionata, ma sapeva che presto avrebbe dovuto dir loro addio anche se le dispiaceva.
In fondo ne avevano passate tante insieme, dopotutto aveva solo quelle, mica come il cantante!
-A cosa pensi?-
La voce dello spilungone la riscosse dai suoi pensieri.
-A quando andavo al parco con papà. Ci piaceva camminare a piedi scalzi e sentire l’erba tra le dita-
-Ti piace ancora?-
-Cosa? Sentire l’erba tra le dita? Nono lo so. È da tanto che non lo faccio-
-Fallo ora!-
-No, dai! Ora no!-
-Perché?-
-Perché…….Perchè no, dai!-
-Ok, allora lo faccio io-e detto questo si tolse le scarpe.
-Hai buco nel calzino-disse lei con un sorriso notando il piccolo lembo di pelle visibile tra le righe colorate della stoffa.
-Lo so. E sai che ti dico? Non mi importa!-rise lui.
-Allora nemmeno a me!-rispose ridendo anche lei e mostrando un buco sul suo calzino.
-Allora era questo il tuo segreto!-
-Più o Meno-
-Ma non dovevi preoccuparti, tanto questi non ci servono per camminare a piedi nudi-
-Hai ragione-gli sorrise lei levandosi i calzini e infilandoli nelle scarpe.
Chiuse un secondo gli occhi e respirò il profumo dell’estate che stava per arrivare e che per lei iniziava davvero bene.
Quando li riaprì Mika non era più vicino a lei.
Per un attimo fu presa dal panico.
Sola, in una città che non conosceva, senza sapere come tornare a casa e soprattutto senza sapere dov’era finito il suo amico.
L’unica cosa che riuscì a pensare fu che lui l’avesse abbandonata.
Poi però notò le scarpe dello spilungone ancora ai piedi della panchina.
-Che stupida che sono!!Lui  non mi avrebbe mai lasciato qui da sola-mormorò a bassa voce.
Non voleva che la gente la sentisse parlare da sola anche se non potevano capire le sue parole.
-E poi come sarebbe potuto andare via se le sue scarpe sono ancora qui?-
Rise della sua stupidità, ma appena pronunciò quelle parole realizzò cosa non le tornava: mancavano le sue di scarpe!
Quella che fino ad un secondo prima era paura si trasformò in una quieta rabbia quando vide il giovane tornare verso di lei con aria baldanzosa, ma senza le sue scarpe.
Di certo le aveva buttate!.
-Michael……-cominciò a dire avvicinandosi a lui, ma forse lo fece in maniera più minacciosa di quello che voleva perché il giovane si fermò e, già messo in allarme dal tono di voce con cui la ragazza aveva pronunciato il suo nome, appena incrociò il suo sguardo arrabbiato cominciò a correre costringendo anche lei a fare altrettanto.
Mika correva veloce come il vento grazie alle sue lunghissime gambe.
In realtà non voleva scappare da quella ragazza, ma l’istinto che lo aveva fatto sopravvivere durante gli anni della scuola gli aveva imposto di correre appena aveva visto lo sguardo di Giulia, poco importava che sapesse perfettamente che lei non voleva fargli del male.
Quegli occhi e quel tono di voce lo avevano riportato ai bulletti delle medie e del liceo che avevano smesso molto presto di accontentarsi dei soldi che sua madre gli lasciva per comprarsi la merenda dato che faceva sempre tardi e non riusciva mai a portarsela da casa.
Aveva imparato così a correre velocemente perché loro, o meglio i loro scagnozzi, erano bravi nella corsa.
Non come Giulia che non ce la faceva proprio a stargli dietro.
Non voleva farsi prendere da lei, ma gli dispiaceva farla correre ancora.
Così gli balenò in mente un’idea che avrebbe messo fine a quella corsa inutile ma che al contempo lo avrebbe fatto divertire un po’……
Giulia continuava a correre malgrado lo avesse perso di vista.
Era stato un attimo.
Lui aveva fatto una curva per girare attorno ad un gruppo di alberi e quando lo aveva fatto anche lei Mika non si vedeva più.
Non si era nemmeno fermata perché era convinta che nemmeno lui lo avesse fatto, ma adesso la fatica della corsa cominciava a farsi sentire in maniera eccessiva e le sue gambe, oramai troppo pesanti, non ne volevano sapere di rispondere ai suoi ordini.
Continuare a correre in quelle condizioni, per di più senza una meta, dato che aveva perso di vista la sua “preda”, non era un’idea intelligente così si fermò e cominciò a guardarsi intorno.
Dopotutto Michael non poteva essere scomparso nel nulla.
Eppure di lui nessuna traccia.
Ok, non era mai stata una grande osservatrice, ma l’unica cosa che riusciva a vedere erano sciami di famiglie con bambini più o meno piccoli che correvano di qua e di là.
Era impossibile che fosse nascosto tra la folla e lei non lo vedesse, la sua testa avrebbe superato quella di praticamente tutti a meno che non fosse acquattato o buttato per terra, e un tipo così si sarebbe notato lo stesso.
Lei sapeva che era lì vicino, ma on sapeva dove.
Fu presa da uno strano presentimento e se……..
Non fece in tempo a finire il pensiero che dagli alberi dietro di lei un’ombra le saltò addosso e la buttò a terra gridando-BU!!-
Dopo un primo momento di spavento la ragazza scoppiò a ridere.
-Michael! Mi hai fatto prendere un colpo!-
Anche lui rideva mentre si passava una mano tra i capelli, tutti scompigliati dalla corsa.
-Beh, l’intento era quello lumachina-rispose lo spilungone con un sorriso trionfante.
-Allora ci sei riuscito, complimenti. E poi non chiamarmi lumachina solo perché non sono brava a correre!-
-Non sei brava?! Sei un disastro!-
-Ehi! Piano con le parole! Sai che le persone potrebbero offendersi? E poi certe cose non c’è bisogno che me le dici tu, le so già da sola!-
Vedendo la sua espressione imbronciata lui si preoccupò di aver esagerato.
In effetti non è carino dire ad una persona che è un disastro.
-Ok. Mi dispiace, mi perdoni?-
Quando Mika faceva il suo sguardo da cucciolo dire di no era un’impresa impossibile.
-Va bene, ma credo sia meglio che torniamo alla panchina. Abbiamo lasciato tutta la roba lì.
Lo spilungone sembrò rendersi conto solo in quel momento che erano entrambi a piedi scalzi e che le loro scarpe erano praticamente dall’altra parte del parco insieme a tutto ciò che avevano comparto quel giorno.
Si incamminarono verso la panchina senza dire una parola, uno vicino all’altra.
Non perché non avessero niente da dirsi, ma perché a volte il silenzio dice più di mille parole.
Il sole splendeva alto nel cielo.
Era l’ultimo giorno di maggio e tutto sembrava voler ricordare che l’estate era alle porte.
Estate.
Per lei aveva sempre significato vacanza e un’alta dose di noia mortale, ma quell’anno era diverso.
Si ritrovò a pensare ai suoi compagni ancora piegati sui banchi di scuola.
No.
 A quell’ora erano già tornati a casa.
Chissà cosa stava facendo Nessie.
Degli altri non le importava.
 Li odiava quasi tutti.
A questo si ritrovò a pensar Giulia, sdraiata su quel magnifico prato.
Alzò gli occhi verso Michael, sdraiato invece sulla panchina.
Non capiva come mai avesse preferito quel duro sedile di legno all’erba.
La terra era così accogliente mentre quelle cose erano sempre scomodissime.
Ma se andava bene a lui……
Tenne gli occhi sul giovane ancora per un po’.
Le piaceva guardarlo dormire.
In realtà le piaceva osservare chiunque dormisse.
Quando dormono sembrano tutti così sereni,  però lui le dava una sensazione diversa.
Guardare LUI dormire le piaceva molto fi più che osservare chiunque altro.
Sarà perché si sentiva in qualche modo legata a lui, o perché in quel momento sembrava un bambino bisognoso di protezione.
Cominciò ad arrotolarsi di nuovo i riccioli intorno alle dita sperando che non si svegliasse, ma lui fece solo un piccolo mugolio che la fece sorridere.
-Perché correvi prima?-sussurrò, benché fosse conscia che lui non la tesse sentendo.
-Credo sia per istinto. Insomma il tuo tono non era proprio amorevole-rispose invece lui senza nemmeno aprire gli occhi.
-Allora non stavi dormendo!-
-Non proprio. Diciamo che ero in una sorta di dormiveglia. A te non capita mai?-
-Spessissimo-
Lui sorrise.
-So che non volevi farmi del male, o almeno credo, ma che ci vuoi fare? È la forza dell’abitudine-
Lei non dovette nemmeno chiedergli a cosa fosse l’abitudine.
L’aveva intuito.
Insomma Michael non era un fascio di muscoli nemmeno in quel momento quindi quando andava a scuola dove essere piuttosto gracilino.
Abbastanza da non potersi difendere.
Lei invece no.
Lei aveva imparato ad alzare le mani per essere rispettata, o meglio temuta.
Non nel senso classico del termine.
Nessuno aveva paura di lei e le schiere di chi la prendeva in giro si ingrossavano ogni giorno di più, ma nessuno osava avvicinarsi troppo a lei senza avere in un certo senso il suo permesso.
Buffo come a volte il più temuto dei bulli sia in realtà la vittima più fragile.
-Scusa, non dovevo buttarti le scarpe di nascosto-disse a bassa voce facendo cadere il braccio verso il terreno, vicino alla ragazza che scosse la testa e avvicinò la mano alla sua, sfiorandola con la punta delle dita.
Lui allungò le sue verso di lei e le strinse la mano.
-Grazie sussurrò la ragazza chiudendo gli occhi e lasciandolo sbalordito.
-Di cosa?-
Avrebbe voluto rispondergli “Di tutto” ma ciò che uscì dalla sua bocca fu tutt’altro.
-Di avermi buttato le scarpe. Credo di essermici talmente affezionata che non sarei riuscita a farlo-
-Di niente allora-
-Piuttosto come torno a casa? Scalza?-
-Mettiti i sandali. Quelli rossi che abbiamo comprato insieme-
-Ah già! Non ci avevo pensato!-disse lei ricordandosi in quel momento di tutte le buste accanto a loro.
-Fortuna che ci sono io con te-rispose lo spilungone scoppiando a ridere e travolgendo anche lei nella sua ilarità.
Quando lui rideva Giulia dopo un po’, per quanto si sforzasse, no riusciva a fare a meno di ridere anche lei.
Faceva sempre più caldo malgrado il sole stesse cominciando a calare.
-Credo che ci siamo cotti abbastanza per oggi-
La voce di Mika interruppe il dolce silenzio che era sceso su di loro.
Si alzò in piedi e l’aiutò a fare lo stesso porgendole una mano.
Giulia non aveva la minima voglia di andare via da quel piccolo angolo di paradiso così fece uno sguardo implorante, ma lui scosse la testa facendo ondeggiare i suoi foltissimi ricci in aria.
-Avevi promesso che avresti fatto tutto quello che volevo io, quindi alzati e andiamo-
Lei mugugnò e afferrò la mano del libanese.
-Sappi che non ti farò più nessuna promessa!-
Michael sorrise e le scompigliò i capelli corti, forse anche più folti dei suoi.
-Non essere così lamentosa, tanto per oggi lo shopping lo abbiamo finito-
Giulia era così felice che non potè fare a meno di saltargli al collo.
-Piano! Piano! Capisco che non sopporti lo shopping, però non mi sembrava di averti dato questa favolosa notizia-disse ridendo mentre lei si staccava da lui.
Il cantante prese tutte le buste, malgrado la ragazza avesse insistito per aiutarlo.
-Sono io il cavaliere. Lasciami svolgere il mio ruolo!-
Giulia alzò le mani in segno di resa e si lasciò guidare dal giovane per le strade della città, chiedendosi dove la stesse portando ancora.
Ci rimase un po’ male quando si ritrovarono davanti alla porta di casa di Mika.
-è già finito il nostro giro per Londra?-domandò lei con un pizzico di amarezza.
-Ti piacerebbe! Siamo passati qui solo per posare le buste e per far fare un giro a Mel. Poi ricominciamo subito il nostro piccolo tour-
-Ma non possiamo portarla con noi?-
-Chi? Mel? No. Dobbiamo andare in posti in cui gli animali non sono proprio i benvenuti-rispose mettedno il collare al cane.
-Vuoi venire con noi?-le chiese.
-Che dici Melachi? La portiamo a fare un giro con noi o la lasciamo sola soletta qui? La portiamo? Hai ragione, non è una cosa carina lasciarla qui da sola-si rivolse poi al suo adorato animale.
-Mel ha detto che puoi venire con noi. Tu che vuoi fare?-
Solo allora Giulia si rese conto che la tenerezza di Mika e Melachi insieme le aveva dipinto sul volto un sorriso ebete.
-Io?-
-Beh, ci siamo solo io, te e Mel in questa casa, quindi……Comunque, dai, che hai deciso?-
-Vengo! Vengo!-
-Mi sembri con la testa tra le nuvole. A cosa pensi?-
-A Melachi. Mi ricorda tanto il mio cane-
-Hai ragione! Sono praticamente uguali solo che Mel è un po’ più scura. L’ho visto quando stavo a casa tua. Ci ho anche giocato! È un buffissimo simpaticone che adora le coccole, ma non mi ricordo come si chiama-
-Robert. Si chiama Robert-
-Oh…..Si chiama Robert……Bel nome. Anche il fratello di un mio…..amico…..si chiama così. Da noi non è un nome da cane, ma immagino che per voi sia diverso-
Si era rabbuiato per un secondo, per qualche motivo che di certo non le avrebbe raccontato, non in quel momento, così lei preferì non indagare sulla questione.
Quando avesse avuto voglia di affrontare l’argomento lei sarebbe stata ben felice di starlo a sentire.
-Non è che per noi sia normale chiamare un cane con un nome da uomo, ma quando lo abbiamo preso il nome lo aveva già-
Lui sorrise, ma non era il suo solito sorriso.
Continuava a camminare senza emettere alcun suono.
Persino le sue scarpe erano silenziose in quella strada, ormai vuota dato che il buio cominciava ad avvolgere la città.
Mel trotterellava al fianco del suo padrone, ma sembrava aver intuito che ci fosse qualcosa che non andava perché ogni tanto si girava verso di lui come per assicurarsi che non si fosse rotto in mille pezzi mentre lei non lo controllava.
Giulia abbassò gli occhi e  notò che lo spilungone stava stringendo i pugni talmente forte che le sue nocche erano diventate completamente bianche.
Stava digrignando i denti, ma  non come se fosse arrabbiato con qualcuno, piuttosto come chi sta ad un passo dallo scoppiare a piangere.
Con lo sguardo lontano anni luce da quella stradina di Londra, la testa persa in pensieri e ricordi di certo non piacevoli, non si era nemmeno reso conto che Giulia gli si era avvicinata posandogli una mano sulla spalla.
-Ehi Michael, tutto bene?-
-Si certo-
-Sei sicuro? Non mi sembra, hai una faccia……-
-Sto benissimo, sono solo stanco-
-Allora se vuoi possiamo restare a casa invece di andare in giro. Per me va bene anche così-
-No, no. Non posso chiuderti in casa la prima volta che vieni a Londra. Piuttosto riportiamo a casa Melachi. Credo che si stia facendo tardi. Che ore sono?-
Giulia gli indicò il suo orologio ricordandogli che non funzionava e lui allora sbirciò l’ora dal cellulare.
-Allora che ore sono?-
-Non te lo dico-disse lui con uno sguardo furbetto e un po’ provocatore.
Buon segno.
Significava che i brutti pensieri lo stavano abbandonando, almeno per un poco.
-Perché?-chiese lei, quasi divertita dal comportamento infantile del giovane, ma contenta che stesse ritornando allegro come lo aveva sempre visto.
-Perché vorrei che per tutto il resto del giorno tu scordassi le scadenze. È la prima e ultima giornata in cui potremo permettercelo, poi diventerà tutto troppo frenetico per ricordarti anche solo il tuo nome. Per questa sera, solo per questa sera, fidati di me e ti mostrerò Londra in tutta la sua magia. Ma devi fidarti di me. Ci stai?-rispose il giovane tendendo una mano verso Giulia che la prese.
“Per me Londra è già magica. Qualsiasi posto è magico se sto con te” si ritrovò a pensare la ragazza mentre, con la mano in quella di Michael, si lasciava guidare da lui.

nota:buondì salve a tutti sono tornata!!!
Si, lo so che avreste preferito non rivedermi(anzi leggermi)più,ma sono di nuovo qui.
per vostra sfortuna(o fortuna?)non aggiornerò per un saaaaaacco di tempo dato che sto facendo un semestre all'estero e come potete immagginare il tempo per stare al computer è davvero poco.
Detto ciò penserete che potrei non aggiornare mai più dato che quando dico che aggiorno presto alla fine aggiorno dopo millemila secoli,ma mai dire mai!
Detto ciò,i miei più sentiti ringraziamenti vanno a shake_it_out che a trovato un po' di tempo per me anche se deve studiare e a Moony4 che è sempre così gentile con me(e ovviamente a chiunque abbia il coraggio di leggere questa orridida composizione scaturita dal mio cervello bacato)

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** a night out ***


le parti in blu rappresentano i dialoghi in inglese

-Ora chiudi gli occhi-
-Perché?-
-Voglio che sia una sorpresa-
-Ma……-
-Dai! Non borbottare e chiudi gli occhi-
Giulia sbuffò e fece come lui le aveva detto.
Si lasciò condurre come una bambina finché Michael non la fece fermare.
-Ora puoi guardare-
La ragazza non se lo fece ripetere due volte e spalancò gli occhi ritrovandosi davanti ad un enorme tendone del circo.
-Oh Mika!-
-Aspetta, deve ancora venire la parte migliore! Seguimi!-le disse prendendole la mano e facendola sgattaiolare dentro.
Lo spettacolo non era ancora iniziato ma l’interno era già gremito di persone.
Si fecero largo tra la gente e riuscirono a trovare due posti a sedere vicini proprio mentre il presentatore faceva entrare i primi artisti.
La ragazza non avrebbe ami pensato di trovare un circo così pieno, anche di persone abituate ad ambienti certo più altolocati, ma non tardò a capire il perché di quella folla.
Lo spettacolo fu davvero eccezionale con acrobati di una bravura spaventosa,  pagliacci che di spaventoso non avevano proprio niente e tutto ciò che ci si potrebbe aspettare in un circo.
Giulia era estasiata e anche una volta usciti dal tendone non riusciva a levarsi un sorriso ebete dalla faccia.
Michael la osservò ridendo mentre si avvicinavano ad un chioschetto che vendeva dolciumi.
Prese 2 zuccheri filati e ne porse uno all’amica, mentre si sedevano su un muretto.
-Ti è piaciuto?-
Lei fece un ampio cenno affermativo cercando di non sporcarsi troppo con lo zucchero filato.
-Allora preparati. Ho ancora qualcosa da farti vedere. Dopotutto la nostra serata è solo agli inizi.
Giulia non disse nulla ma si guardò intorno come per assicurarsi che fosse tutto vero.
Lo stupore ancora negli occhi.
S c’era una cosa che Mika aveva capito in quei pochi giorni era gli piaceva sorprenderla, vedere quello sguardo sognante e incredulo che le si dipingeva sul viso.
Prese la mano della ragazza e la fece alzare.
-Vieni, ti devo far vedere qualcosa-
Questa volta lei lo seguì senza esitazione mentre lui faceva il giro del tendone entrando nel retro.
-Sei sicuro che possiamo andare dovunque stiamo andando?-chiese Giulia mentre lui si guardava intorno cercando di orientarsi.
-Certo. O almeno credo. Se solo capissi…..-
Ma non fece in tempo a finire la frase che da una porta che prima non avevano notato uscì un uomo dall’aria arrabbiata che sembrava essere il padrone del circo.
-Michael, non credo sia una buona idea stare qui. Forse dovremmo andare via-
-Perché? Hai paura? Guarda che la gente del circo non è così spaventosa e crudele come la gente dice di solito-
-Chi dice che siamo spaventosi e crudeli?-tuonò l’uomo che avevano visto un attimo prima.
-Solo vecchi pregiudizi e stereotipi duri a morire-rispose il cantante mentre Giulia involontariamente stringeva la sua mano un po’ più forte.
-Volevo ben dire! Ne saranno passati di anni, ma il piccolo Mika non può avere paura di noi!-
-Non potrei mai avere paura di voi Markus. Siete stati un po’ come una famiglia per me, ricordi?-

I due si abbracciarono con entusiasmo.
Si dovevano volere proprio bene e sembrava che non si vedessero davvero da anni.
-Ragazzi, guardate chi è venuto a trovarci!!-urlò l’uomo attirando l’attenzione di tutti gli altri artisti e il nome del cantante cominciò ad essere sulla bocca di tutti.
-Hai visto lo spettacolo?-domandò Markus con curiosità.
-Si. Quando ho saputo che eravate in città ho pensato che Giulia doveva assolutamente vedere uno dei vostri spettacoli-
-E?-
-Eccezionali come sempre. Non mi stancherò mai di vedervi all’opera-
-è un peccato che tu abbia deciso di non condividere più il “palco” con noi-
borbottò uno degli altri artisti, probabilmente un trapezista.
-Amos pensavo che questa storia fosse chiusa, ne abbiamo già parlato e svariate volte anche mi sembra. Non vi ho abbandonati, traditi o cos’altro, è solo che…….-
Prima che Mika potesse finire il padrone lo interruppe e si rivolse ad Amos come a tutti gli altri.
-Pensavo fossimo tutti d’accordo che il ragazzo è nato per fare quello che sta facendo ora e non per il circo. Anche se è stato bello averlo con noi non saremo noi a chiedergli di rinunciare alla sua vera natura. Non è quello che fa la gente del circo-
Poi si girò di nuovo verso Mika.
-Credo che ora sia giunto il momento che tu ci presenti questa bella italiana-
Giulia sorrise imbarazzata cercando in qualche modo di nascondersi dietro l’amico.
-Come fai a sapere da dove viene?-
-Ti ricordavo come un ragazzo sveglio! Ho viaggiato talmente tanto che so riconoscere le varie lingue e ogni tanto anche alcune parole. Come avrei fatto a capire quello che le stavi dicendo nel tuo italiano inglesizzato altrimenti?-
-Scusa. Comunque lei è Giulia-
disse mentre l’uomo stringeva la mano alla ragazza.
-è la tua fidanzata?- urlò qualcuno nascosto tra la folla.
-Primo:non credo siano domande da fare. Seco…..-
Ma Mika fermò la ramanzina che stava per arrivare al poveraccio che si era azzardato a fare la domanda.
-Non è la mia fidanzata. È solo una persona a cui tengo molto. E poi vi pare  che potrebbe essere la mia ragazza? Lei non ha nemmeno 17 anni mentre io ne ho quasi 30!-
-Come se 13 anni facessero tutta questa differenza! Diciamo che tu non sei interessato alle ragazze. Ricordiamo tutti cosa successe quell’estate-
disse qualcun altro invisibile nella folla scoppiando a ridere.
-E noi adesso abbiamo fatto ricordare al ragazzino quanto è indelicata e invadente la gente del circo se mai se ne fosse dimenticato-li sgridò Markus.
-Mi dispiace ragazzino, sai come sono fatti. Ho provato a farli cambiare ma sembra non esserci alcuna speranza-
-Non ti preoccupare. E poi mi piacciono così come sono, non li cambierei per nulla al mondo—
-Sono contento che la pensi così. Vuoi una tazza di tè?-

-No, grazie. Ora dobbiamo andare.  C’è ancora una cosa che voglio far vedere a Giulia prima che domani partiamo per il nuovo tour-
-Ok, buona fortuna ragazzino. Per tutto!-
gridò Markus mentre i due già si allontanavano.
Presero il primo autobus che li avrebbe condotti in centro città e trovarono un paio di posti.
Giulia si sedette vicino al finestrino così da poter guardare quella città così nuova per lei scorrere nel buio che stava calando.
-Allora cosa ne pensi? Non hai detto ancora una parola-le chiese Mika.
-Penso che tu mi debba raccontare qualcosa-disse lei distogliendo lo sguardo dalla città per posarlo su quello di lui.
-Da ragazzino mi sono aggregato ad un circo, questo, e sono andato in giro per il mondo con loro finchè non ho capito che, per quanto mi piacesse, la vita del circo non era quello che volevo per me, così tornai a casa e cominciai a lavorare sul serio per il mio futuro. Non c’è molto altro da dire-
-Non mi riferivo a questo, ma a quello che è successo “quell’estate”-
Lo sguardo di Michael si rabbuiò di nuovo e lei capì che, qualsiasi cosa fosse successa “quell’estate”, era qualcosa che lui non voleva condividere con nessuno e che lei aveva fatto un grande errore nel chiederglielo.
-Dobbiamo scendere ora, siamo arrivati-disse lui freddamente.
Lei uscì dall’autobus senza riuscire a spostare gli occhi dalle sue scarpe.
Una mano spostò dolcemente il suo mento finchè non si ritrovò a guardare Mika negli occhi.
-Le tue scarpe le puoi guardare quando torniamo a casa, ora penso dovresti goderti Londra- le sussurrò, il suo sorriso sembrava essere tornato quello di sempre e lei non poté fare a meno di osservare di nuovo la città, scoprendo che erano a due passi dal london eye.
-Veloce, prima che chiuda!-disse lui prendendola per mano e cominciando a correre tra la folla.
In pochi minuti si ritrovarono sulla gigantesca ruota panoramica.
Giulia osservava il panorama a bocca spalancata mentre Mika rideva in silenzio osservando la ragazza.
-Sai, è proprio facile sorprenderti-
-Forse perché non mi sono ancora abituata alla magia del mondo-
-Allora sono contento di averti con me. Malgrado tutto neanche io mi sono ancora abituato alla magia del mondo.-
-Non riesco a capire come fa la gente a non capire com’è fantastico il nostro pianeta e anche la gente che ci vive, anche se quella non lo è sempre-
-Sono poche le persone come noi, per questo dobbiamo essere uniti e forti. È facile perdere la capacità di vedere tutta questa magia e una volta persa è difficile tornare indietro-
Giulia gli si avvicinò e poggiò la testa sulla sua spalla.
-Mi dispiace per prima. Io…….Avrei dovuto farmi gli affari miei. Dovrei imparare a stare zitta-
-Non voglio che tu rinneghi questa parte di te. Mi piace la tua lingua tagliente e la faccia che fai quando ti rendi conto di aver detto qualcosa che forse era meglio non dire-le scompigliò amorevolmente i capelli, come un fratello maggiore.
-Non ti cambierei mai. Solo, ora non sono pronto, quando lo sarò te lo dirò. Ma non voglio che tu pensi che non ho fiducia in te. È in me stesso che non ne ho. Non credo di poter sopportare anche solo i ricordi-confessò.
Era qualcosa che non aveva mai detto a nessuno, ma sentiva di potersi fidare di lei e non riusciva a fermare le parole quando erano insieme.
-Meglio, perché non è facile cambiarmi. Ma quando vorrai io sarò sempre qui-
Ogni tanto gli sembrava più adulta e matura della sua età.
Anche in quel momento ebbe l’impressione di parlare con una delle sue sorelle maggiori, ma poi lei si stropicciò gli occhi e ritornò ad essere la ragazzina che nascondeva le poesie che scriveva in fondo al suo zaino.
-Stanca?-domandò lui mentre uscivano dalla cabina della ruota panoramica.
-è stata una giornata bella ma impegnativa-fu la risposta evasiva della ragazza mentre un taxi si avvicinava a loro.
-Tra poco saremo a casa e potrai riposarti, non ti preoccupare-disse lui mentre entravano nell’auto.
Lei posò nuovamente la testa sulla sua spalla.
-Non posso preoccuparmi mentre tu sei con me-sussurrò così piano che anche Michael fece fatica a sentirla.
Ma forse Giulia non aveva nemmeno intenzione di dire quelle parole a qualcuno che non fosse se stessa perché quando lui si girò a guardarla lei era già nel mondo dei sogni.

nota:ok,mi dispiace pe ril più che immenso ritardo ma vi giuro che non ho avuto alcun modo di scrivere in questi ultimi mesi e ora che sono arrivate le vacanze ho deciso che almeno un capitolo lo dovevo postare.
mi dispiace se è osceno ma non sapete quanto è difficile scrivere di nuovo in italiano dopo mesi in cui ho scritto solo in inglese.
insultatmi, odiatemi, fate quello che volete ma, solo un favore, non segnalatemi a "il peggio di efp" grazie!

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** The Band ***


Le parti in blu rappresentano i dialoghi in inglese

Giulia si svegliò quando sentì un cane abbaiare e graffiare la porta.
C’era qualcosa di strano, quello non era l’abbaiare di Robert, ma cosa mai poteva farci un altro cane a casa sua?
Aprì gli occhi e finalmente realizzò cosa ci fosse di strano.
Quello non era il suo letto, il cane che graffiava la porta non era Robert ma Melachi e quella non era casa sua ma casa di Mika.
Si guardò un attimo intorno.
Non era mai salita in quella che sarebbe dovuta essere la sua stanza fino a quando, la sera prima, Michael non l’aveva praticamente trascinata, ancora mezza addormentata, fuori dal taxi e condotta in “camera sua”.
Giulia aveva in qualche modo sperato di poter passare una notte come quella precedente, ma dopo averla messa a letto lui era uscito dalla stanza e richiamarlo per chiedergli di passare la notte con lei era troppo infantile per Giulia, che era invece rimasta a guardarlo allontanarsi.
Se c’era una cosa che aveva imparato in quei giorni era che Mika non chiudeva quasi mai le porte, non del tutto.
Per lei invece era quasi un’ossessione.
Non si riusciva a sentire a suo agio con le porte aperte, nemmeno se sapeva che al di fuori di esse non c’era nessuno.
Quindi la sera prima si era alzata per andarla a chiudere ed evidentemente non si era accorta che Melachi era entrata nella stanza e l’aveva inavvertitamente chiusa dentro perché lei adesso era lì, intenta a graffiare la porta cercando di uscire.
La ragazza si alzò dal letto ed aprì la porta facendo uscire il cane e subito dopo la richiuse.
Controllò l’orologio.
In un giorno normale avrebbe pensato che fosse ancora notte e si sarebbe rimessa a dormire, ma qualcosa nel cervello la spinse a restare sveglia.
Poi una lampadina le si accese e ricordò: l’aeroporto, il tour, la partenza, l’America.
Non era mai stata in America.
Sapeva di avere dei parenti sparsi in varie parti del nord America ma lei non aveva mai attraversato l’oceano che li separava, né li aveva mai visti.
Non era mai stata in America.
Si vestì velocemente, piena di quell’entusiasmo che si impossessava sempre di lei quando qualche posto completamente novo si presentava all’orizzonte.
Stava per scendere le scale che l’avrebbero portata al piano inferiore dove c’era la cucina quando vide Mel intenta a graffiare un’altra porta che lei subito aprì.
In meno di un secondo il cane era già dentro e la ragazza poté udire qualcuno borbottare all’interno della stanza.
Ridacchiò.
Mel doveva aver svegliato Mika.
Beh, meglio così, se non ci avesse pensato il cane lo avrebbe dovuto fare lei.
Scese in cucina e preparò la colazione.
Non che ci fosse granché da preparare dato che l’unica opzione ad una tazza di latte con i cereali erano dei toast, ma almeno il tavolo era apparecchiato quando Mika, già vestito, la raggiunse.
Si stava stropicciando gli occhi con una mano mentre l’altra era completamente persa nei suoi ricci a cui probabilmente stava cercando di dare una forma ma che in realtà stava solo scompigliando di più.
Mangiarono in silenzio.
Erano entrambi ancora troppo addormentati per parlare.
Quando ebbero anche finito di mettere a posto lui si girò verso di lei.
-Pronta?-
Lei annuì ed ognuno prese i bagagli che avevano precedentemente lasciato all’ingresso e li caricarono nel taxi di Beppe che era già lì fuori ad aspettarli.
Nessuno di loro disse nulla mentre guidavano verso l’aeroporto.
Il silenzio interrotto solo dalle canzoni trasmesse alla radio.
Casa di Mika non era molto distante dall’aeroporto così in un batter d’occhio furono a Stansted, quasi sicuramente l’aeroporto più piccolo della città.
Il cantante aveva pensato a tutto per incontrare meno gente possibile  che potesse riconoscerlo.
Arrivati fece un cenno di saluto a Beppe e, sempre senza dire una parola, cominciò a tirare fuori le valigie dal bagagliaio.
La ragazza lo stava per seguire quando la voce del tassista la fermò.
-Ragazzina-
Lei si voltò verso di lui facendogli capire che lo stava ascoltando anche se non aveva la forza di parlare.
-Prenditi cura di lui. Fa sempre finta di non averne bisogno, ma è successo qualcosa ultimamente. Qualcosa che non ha voluto dire nemmeno a me e che lo tormenta. Hai lo sguardo intelligente, scommetto che lo avevi già capito. Lui si fida di te e magari ti racconterà cos’è successo, ma qualsiasi cosa ti dicoa o non ti dica……Prenditi cura di lui. Promesso?-
-Lo giuro-
Beppe sorrise e lei rispose allo stesso modo.
L’uomo aveva ragione, c’era qualcosa che non andava nel libanese e lei aveva tutta l’intenzione di scoprire cosa anche se rispettando i tempi del giovane.
Lo guardò camminare verso l’ingresso.
Certo che era davvero buffo quando era ancora mezzo addormentato.
In quel momento lui si voltò
 –Are you coming?-disse con un sbadiglio.
Lei annuì con la testa e corse a raggiungerlo.
-Stavo cominciando a pensare che tu preferissi rimanere qui-
-Londra è bella ma l’America è ancora tutta da scoprire per me. Diciamo che ha ancora il fascino dell’ignoto-

-Allora perché ti stavi attardando?-
-Io……Niente, non ti preoccupare. Comunque non dovevamo parlare in italiano?-
-è mattina presto e in più non posso  mica parlare in italiano davanti al resto della band-

Camminando erano arrivati davanti ad un gruppo di persone che, appena  videro Mika, cominciarono a salutarlo per poi rimanere molto stupiti quando Giulia spuntò da dietro di lui.
-Suppongo tu non gli abbia detto che sarei venuta con voi-
-Diciamo che lo sapeva solo Curt…..Aspetta. Ehi ragazzi, dov’è Curtis?-
disse poi rivolgendosi al resto della band.
-Che ne so? E poi è il Tuo amico speciale. Tu dovresti saperlo, state sempre insieme. Comunque un ciao sarebbe gradito-gli rispose l’unica donna del gruppo.
-Scusa, hai ragione. Ciao a tutti-

Il cantante sbadigliò e si sedette sulla sua valigia passandosi una mano sulla faccia.
-Ehi, non ti preoccupare, ad essere in ritardo Curt ha imparato dal migliore-disse poi uno degli uomini che mentre parlava si era avvicinato a Mika per dargli una pacca sulla spalla.
-Ammettilo, tu non sei mai in orario, anzi oggi è la prima volta da quando ti conosco che sei puntuale. Forse è merito di questa signorina?-aggiunse sorridendo a Giulia e avvicinandosi a lei.
-Dato che il nostro amico è troppo stanco per fare le presentazioni ci penso io. Dopotutto dovremmo passare insieme un bel po’ di tempo perché stai venendo con noi no?-
La ragazza annuì
-Comunque io sono Max-disse tendendole la mano.
-Giulia-rispose lei stringendogliela.
-Bel nome, se posso permettermi. Comunque non devi aver paura. Anche se Michael non ci aveva detto che saresti venuta ciò non vuol dire che non sarai ben accolta da noi. Siamo abituati al suo dimenticarsi di dirci cose importanti come questa-
-Vuoi dire che ha già portato altra gente in tour così come me?-
-Come te? No, tranquilla, tu sei la prima ma…….Oh, ecco Curtis! Sembra che anche lui abbia portato una giovane ospite-
-Si, lei è…….-

Giulia non fece in tempo a finire di parlare che i due li avevano già raggiunti.
-Scusate……. Il……ritardo-disse il sassofonista con il fiatone.
-Sempre in ritardo, non ti smentisci mai. Buon sangue non mente-disse Giulia all’amica ridendo.
-Quindi voi due vi conoscete?- Chiese Max a Giulia che annuì.
-Mika non vi ha detto nulla?-domandò Curtis stupito.
-Ma chi? Michael che parla di primo mattino? Comunque ci sarà tempo di spiegare una volta che avremo fatto il check-in. Direi di rimandare anche le presentazioni dato che siamo già in ritardo-Rispose la donna di colore che subito s’incamminò verso il bancone immediatamente seguita dagli latri, eccezion fatta per il cantante che sembrava essersi addormentato sulla sua valigia.
-Ehi boy, andiamo?-cercò d’incoraggiarlo Giulia mentre lo tirava su per un braccio.
Lui si alzò e le sorrise.
-Hai intenzione di prenderti cura di me tutto il tempo?-
-Certo, puoi scommetterci!-
-E pensare che credevo sarei stato io  a prendermi cura di te-
-Si possono fare tutte e due le cose sai? Credo che entrambi abbiamo bisogno di qualcuno che si prenda cura di noi perché dubito che siamo abbastanza in grado di prenderci cura di noi stessi da soli-
-Ti ho mai detto che sei una ragazzina saggia?-
lei sorrise.
-E che odio le persone che fanno le sagge la mattina presto perché non sono in grado di seguire questi filosofeggiamenti?-
-No ma lo avevo immaginato. Su cammina!-
-Come fai ad essere così sveglia a quest’ora?-
-Non lo so e comunque non sono così sveglia come credi-
-Più di me sicuro-

Anche un sasso è più sveglio di te in questo momento. Però ora muoviti, siamo già in ritardo e gli altri hanno praticamente passato i controlli di sicurezza-insistette lei trascinandolo per un braccio.
-Piano, sono stanco-
-Potrai dormire in aereo-
-Ti odio-
-Anche quello puoi farlo sull’aereo-

Lui sbuffò ma alla fece ciò che lei gli disse e in un batter d’occhio si erano riuniti al resto del gruppo.
-Non so chi tu sia Giulia, ma chiunque sa tenere a bada un Mika praticamente addormentato ha tutta la mia stima- le sussurrò Max facendo attenzione a non farsi sentire.
-Non so perché Michael abbia deciso di portarti con noi anche se lo scoprirò presto ma di una cosa sono certo;: Tu devi essere una ragazza straordinaria-
-Ti sbagli, non hai idea di quanto ordinaria io sia-
Ribatté lei raggiungendo subito il cantante.
-Credo sia giunto il momento delle presentazioni-disse la donna di colore quando si misero in fila per imbarcarsi.
-E delle spiegazioni-aggiunse tirando un’occhiataccia a Mika e Curtis.
-Ma una cosa per volta. Io sono Joy, loro sono Felix, Max, Tim e…..Beh, Mika e Curtis già li conoscete. Adesso tocca a voi-
-Io sono Livia e lei è Giulia-
rispose prontamente la più esile.
-strano- mormorò Joy.
-Cosa è strano?-domandò Livia incuriosita.
- Che sia tu a parlare per entrambe. Pensavo che Giulia fosse la tua protettrice, invece……-
-è così, io sono solo la portavoce-
-E ora voi due-

la nera si rivolse subito al cantante ed al sassofonista.
-Spiegazioni-
-Queste ragazze hanno talento-
disse subito Curtis conscio che l’altro era troppo stanco per spiccicare anche solo una parola.
-Scrivono canzoni e…..Vedrete, le adorerete-rispose lui con un sorriso enorme che fece sorridere anche Joy.
-Devono avervi proprio colpito! Comunque qualsiasi sia il motivo per cui questi due vi hanno condotte con noi……Benvenute nella band!-disse sorridente un secondo prima che si separassero per sedersi ai posti assegnati.
-Questa volta sto vicino a te ragazzina, non ci provare-sussurrò Mika in un orecchio a Giulia che sorrise e nascose penna e quaderno mentre si sedeva vicino al finestrino, lasciando che il cantante si metesse accanto a lei.


nota:scusate il ritardo epico.Ho avuto questo capitolo pronto per un po' ma non'ho postato perchè:
A)non hìlo avevo ricopiato al computer
B) non sapevo se avreste apprezzato poter continuare a leggere questa storia oppure no.
C)perchè ero e sono completamente insoddisfatta di come è uscito fuori questo capitolo essendo la prima cosa scritta in italiano dopo mesi.
insomma il capitolo in cui incontrano la band doveva essere epico e invece è venuta fuori una mezza c****a.
detto ciò ringrazio chi anche solo proverà a leggere questa storia.
il prossimo capitolo è pronto,ora tocca solo vedere quanti anni ci metto a scriverlo al computer.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** on a plane ***


Le parti in blu rappresentano i dialoghi in inglese
Come previsto dalla ragazza Mika si addormentò circa un secondo dopo il decollo lasciando a Giulia tutta la libertà di scrivere senza timore che lui sbirciasse nel suo quaderno.
Già sapeva troppo di lei anche solo seguendo il suo istinto, non voleva di certo dargli anche il vantaggio di guardare nella sua mente attraverso i suoi scritti.
Lasciò scorrere la penna sulle pagine finchè la mano non cominciò a dolerle.
Non aveva minimamente pensato che in un volo per l’America non si può certo pensare di scrivere tutto il tempo.
-Era ora che smettessi. Cominciavo a pensare che avessi una mano bionica-
La ragazza chiuse di scatto il diario spaventata dalla voce che non si aspettava di sentire.
-Da quanto sei sveglio?-
-Abbastanza da cominciare a sospettare che tu abbia una mano bionica. Tranquilla, non ho letto nemmeno una riga di ciò che stavi scrivendo. Non sono un tipo che sbircia non autorizzato-aggiunse poi, vedendo che Giulia lanciava occhiate preoccupate al suo quaderno.
-Non stavo pensando a…..-
-Non mentirmi. Insomma, posso capirti sai. Siamo molto più simili di quanto credi, per questo il mio istinto ci azzecca quasi sempre quando si tratta di te-
Lei abbassò lo sguardo imbarazzata.
-Beh, grazie-sussurrò con un fil di voce.
-Di cosa?-
-Di tutto-disse indicando l’aereo pieno di persone per la maggior parte mezze addormentate, eccezion fatta per Curtis e Livia che parlavano concitati sopra alcuni fogli.
Mika le sorrise.
-Oh my Juliet. Cosa non farei per te-disse prendendole una delle sue piccole mani e stringendola tra le sue, nettamente più grandi.
-Posso chiederti una cosa?-azzardò lei che nel frattempo era diventata completamente rossa.
Lui annuì.
-Perché vuoi che ti chiami Michael e non Mika? Pensavo che quello fosse il nome con cui ti hanno sempre chiamato tutti-
-lo è, ma prima era solo la mia famiglia e i miei amici ad usarlo mentre ora lo usa tutto il mondo. Non che io non ami i miei fan o cosa, ma vorrei che le persone a cui tengo di più possano chiamarmi in un modo solo loro. In più penso sia il primo passo per riavvicinarmi a mio padre dato che ha insistito tanto per darmi quel nome-
-Perché? Qualcosa non va tra te e tuo padre?-
Lui distolse lo sguardo e non rispose.
-Mi faresti passare?-disse finalmente il cantante dopo qualche momento di silenzio.
Mentre si alzava Giulia lesse nei suoi occhi che si era spinta troppo oltre con la sua curiosità.
Invece di risiedersi al suo posto raggiunse invece la sua amica seduta nella fila affianco.
-Ehi Curtis! Ti spiace  se facciamo a cambio di posto per un po’?-
-per niente-
rispose lui sorridente nascondendo velocemente i fogli su cui lui e Livia stavano discutendo fino a qualche istante prima
Subito si alzò e raggiunse il suo amico che stava uscendo in quel momento dalla toilette dell’aereo.
-Mi direte mai cosa state combinando voi due?-chiese Giulia.
-Non è ancora giunto il momento. Domani sera capirai-
-Cosa c’è di speciale domani sera?-
-Domani sera ci sarà il  concerto di apertura del tour estivo. Mika non te l’ha detto?-
-Non abbiamo parlato molto a proposito del tour-
-Davvero? Pensavo non avesse altro per la testa essendo un musicista-
-Diciamo che abbiamo avuto altro per la mente in questi ultimi giorni-
Livia rise e Giulia la seguì.
Quest’ultima voltò per u n secondo il volto e incrociò lo sguardo ferito di Mika.
Fu solo un attimo ma bastò per farla smettere di ridere.
-Vedo che hai altro per la testa anche ora. C ‘è qualcosa che non va?-chiese Livia quasi preoccupata.
-Credi di essermi spinta troppo in là-
-Cosa intendi? Hai fatto qualcosa di sbagliato?-
-Più che fatto ho detto qualcosa di sbagliato. Ho chiesto qualcosa che non dovevo chiedergli e temo di averlo ferito in qualche maniera. Sia maledetta la mia curiosità!!-
L’altra rise.
-Ehi, trovi buffo che io abbia distrutto sul nascere quella che sarebbe potuta essere una bella amicizia?-
-No. Trovo divertente che tu sia tanto preoccupata per una cosa del genere-
-Facile parlare per te! Tu hai Curtis e la vostra cosa segreta. A me chi rimane?-
-Mika! Senti, lui è fatto così: se qualcuno tocca  un tasto dolente lui si chiude a riccio per un po’, ma ciò non vuol dire che non consideri la persona che ha sollevato la questione comunque come un’amica-
-Sembri saperne molto su di lui-
-No, non io-
-Allora chi?-
-Curt. Mi aveva avvertito che probabilmente questo sarebbe accaduto e sapeva che tu saresti venuta da me a quel punto. Anche per questo ridevo prima. Curtis aveva ragione ancora una volta-
-Da come ne parli sembra che vi conosciate da anni invece che da qualche giorno-
-è solo che siamo così in sintonia. Comunque credo che dovremmo rimandare questo discorso a più tardi. Ora è meglio che tu torni da Mika e che chiariate. E per ora intendo ora!-
Giulia sorrise alla sua amica.
-Cosa farei se non ci fossi tu?-le disse scompigliandole i capelli prima di tornare al suo posto.
Appena la vide arrivare Curt le cedette il posto e, dopo essersi ripreso i fogli su cui stava discutendo con Livia precedentemente, ritornò da quest’ultima.
-Ma sono l’unica che non ha diritto di sapere cosa stanno architettando quei due?-
Il cantante si voltò verso di eli senza il suo solito sorriso.
-Sei arrabbiata con me?-
-No, perché dovrei?-
-Non so, sono tronato dal bagno e al tuo posto ho trovato Curtis. Non che non mi piaccia stare con lui, ma pensavo che tu fossi arrabbiata con me-
-No, dovevo solo parlare con Livia. Insomma da quando siamo arrivate a Londra non ci siamo praticamente viste. Non che siamo abituate a vederci tutti i giorni, ma lei è sempre la mia migliore amica e questa è una situazione eccezionale-
-Potevi dirmelo-
-Pensavo non mi volessi più parlare-
-Perché mai dovrei…..Ah, capisco. È per prima vero?-
La ragazza annuì abbassando gli occhi.
-Ascolta. Non ha niente a che vedere con te. È solo che mio padre è stato per troppo tempo un argomento di cui non volevo parlare-
-Allora parlane ora!-
-Verrà il tempo anche per questo, ma non oggi. Mi dispiace di averti fatto credere di essere arrabbiato così tanto con te. È solo che reagisco male quando si tratta di argomenti delicati come questo. Mi chiudo in me stesso e smetto di parlare. Ma questo non ha nulla a che vedere con te. Scusami se ti ho spaventato-
-Scusa tu. Dovrei smetterla di essere così invadente. Era evidente che non ne volevi parlare. Io avrei dovuto rispettare la tua voglia di evitare l’argomento e stare zitta-
-Ma io non voglio che tu stia zitta! Il modo in cui parli, in cui fai domande delicate in maniera così innocente mi fa venire voglia di risponderti. Di parlare di cose che normalmente eviterei come la peste solo perché credo tu abbia il diritto di sapere. Mi aiuti a sbloccarmi, quindi non smettere di fare domande. Non a me almeno, ok?-
Lei sorrise e annuì.
-Un giorno ti parlerò di mio padre, di cosa è successo quell’estate al circo e di mille altre cose. Solo non ora, sono troppo stanco. Tu non sei stanca?-
-Un po’-ammise lei.
-Poggia la tua testa sulla mia spalla e chiudi gli occhi-
Lei fece ciò che le aveva detto e lui cominciò a canticchiare, così sottovoce da essere a malapena udibile, una ninna-nanna a Giulia sconosciuta ma che la trascinò velocemente nel mondo dei sogni. 



Nota:scusate se il capitolo è supermicragnosos ma mi era sembrato più lungo. Scivere su carta non fa capire quanto poi rende in digitale.
Detto questo ringrazio di nuovo tutti voi e vi invito a commentare questa storia per farmi capire come potrei migliorarla.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Boston, here we are! ***


Le parti in blu rappresentano i dialoghi in inglese

La ragazza non dormì per tutto il viaggio, ma quando si svegliò preferì osservare il riccio addormentato accanto a lei.
Le sembrava così tranquillo e rilassato.
Sorrideva e lei si domandò cosa stesse sognando per renderlo così felice.
Giunti  a destinazione l’aereo atterrò bruscamente ma lui non si svegliò costringendo Giulia a scuoterlo ma egli non sembrò reagire minimamente.
-Così non funziona- le disse Curt, apparso dietro di lei.
-Il nostro amico ha il sonno pesante quindi devi abbandonare la delicatezza con lui-
Vedendola esitare il sassofonista si avvicinò al bell’addormentato e lo scosse con tanta forza da fargli staccare la schiena dal sedile.
Solo in quel momento il giovane aprì gli occhi e subito si riaccoccolò nel suo posto cercando di riaddormentarsi.
-Good Morning Sunshine-esclamò sorridendo Curtis che si vide costretto a tentare nuovamente di farlo alzare.
-Dai, siamo arrivati. Dobbiamo scendere! È l’ultima serata libera prima dell’inizio del tour, vuoi davvero sprecarla su uno stupido aereo?-
Ma l’altro si limitò a mugugnare.
Curt sbuffò e Giulia decise quindi di intervenire.
-Mi avevi promesso che ci saremmo divertiti, ricordi? E poi mi piacerebbe davvero vedere Boston-
Ancora nessuna reazione.
-Dai, mi avevi detto che saresti stato il mio Romeo, come puoi farlo se non ti muovi da qui?-
Finalmente, per quanto con estrema lentezza, Mika cominciò ad alzarsi e insieme scesero dall’aereo.
Il resto della band li aspettava già dall’altra parte dei controlli di sicurezza e scoppiarono a ridere quando videro la faccia ancora addormentata del cantante.
-Ve l’avevo detto io che dormiva!-esclamò Max rivolto agli altri.
Poi si girò verso Joy.
-Pretendo i miei soldi ora!- lei gli allungò una banconota sotto gli occhi stupiti delle ragazze.
-Che soldi?-domandò candidamente Livia.
-Avevamo fatto una scommessa. Io dicevo che ci stavate mettendo così tanto a raggiungerci perché Mika stava dormendo, mentre Joy diceva che era perché si era perso qualcosa-
-Ehi! Mi vedete davvero così?!-
protestò il diretto interessato provocando l’ilarità generale.
-Ti vogliamo bene, ti stimiamo e lavorare con te è un piacere e un onore, anche perché quando ti dedichi alla musica sei instancabile. Ci sono però alcune cose, quando si tratta di te, che no cambiano mai:
1) Sei sempre, SEMPRE, in ritardo.
2)Hai l’abitudine di addormentarti ovunque e di dormire anche un giorno intero se nessuno ti sveglia.
3)Ti perderesti anche la testa se non fosse attaccata al collo.
4)Per la maggior parte delle volte quando sei in ritardo o ti sei addormentato o hai passato un sacco di tempo a cercare qualcosa che hai perso. Oppure hai incontrato qualcuno e ti sei fermato a parlare per ore-

Il libanese fece lo sguardo offeso ma solo per pochi secondi poiché subito dopo sorrise anche lui riconoscendo la veridicità di quell’affermazione.
-Ok, va bene, avete vinto. Dopo aver scherzato abbastanza su di me e sul mio essere perennemente in ritardo, cosa ne dite di andare a mangiare qualcosa? Non so voi ma io sto morendo di fame-
-Ecco, questa è un’altra cosa di cui si può essere sicuri quando si parla di te-

Michael fece finta di non aver sentito le parole del bassista.
-Libanese? Ce ne dovrebbe essere uno buono non lontano da qui-propose invece.
-Anche su questo avrei potuto scommettere-
aggiunse Max facendo ridere tutti mentre uscivano dall’aeroporto.
Andarono subito in albergo per posare i bagagli.
Erano divisi in 2 stanze, una per i ragazzi ed una per le ragazze.
Giulia avrebbe voluto passare un’altra notte con il riccio, ma sapeva che si sarebbe dovuta aspettare una divisione del genere.
Livia invece non sembrava minimamente pensarci, presa com’era a confabulare con Curt e, questa volta anche con Max.
-Sembra che io sia l’unica destinata  a non sapere cosa stanno architettando-bisbigliò contrariata.
-Hai mai pensato che possa essere una sorpresa fatta soprattutto per te?-le sussurrò Mika in un orecchio.
-Non capisco perché dovrebbe esserlo. Solo perché sono l’unica a non suonare tra di voi?-
-Ehi, non credo che tu abbia ben capito. Tu hai lo stesso diritto di chiunque altro di noi a stare qui. Io sono venuto a Roma a cercare te, la ragazza che aveva scritto quelle parole. La musica era bellissima e l’arrangiamento spettacolare, ma io cercavo il cuore che aveva scritto il testo. Sapevo che sarebbe stato difficile conquistarmi la tua fiducia, ma sapevo che ne sarebbe valsa la pena-
-Cosa vuol dire “Lo sapevi”?-
-Nella lettera che mi arrivò, quella con il vostro CD, c’erano scritte poche righe, riguardanti più che altro te e Livia. C’era anche scritto che, se io mai avessi ritenuto la vostra canzone abbastanza bella da venirvi a cercare, avrei dovuto fare attenzione a non farmi trarre in inganno dal carattere scontroso, freddo e cinico della ragazza con i capelli corti poiché, se fossi stato in grado di conquistare la sua fiducia, avrei conosciuto una delle migliori persone che avrei mai potuto incontrare-
-Io…..Io non avrei mai scritto nulla del genere e Livia……lei era persino più sorpresa di me, di certo non ne sapeva nulla e…..-
-Calmati. Ho visto la tua scrittura, so che non sei stata tu. Né Livia, ma….-
-Era scritta a mano? Forse se mi fai vedere saprò riconoscere la calligrafia. Se me la mostri possiamo scoprire chi è stato a mandarla!-
-Ma ha forse importanza? Per quanto gli sia grato per aver fatto in modo che ci incontrassimo, non ha importanza chi sia stato. Non voglio giocare a fare gli investigatori, voglio solo godermi questi mesi con te; con voi. Non vuoi forse fare lo stesso anche tu?-
Giulia non seppe cosa rispondere.
La sua curiosità era enorme, ma non voleva contraddire il giovane perché aveva il terrore che se avesse detto qualcosa di sbagliato lui non l’avrebbe più voluta attorno.
Probabilmente però il cantante capiva cosa le passasse per la testa molto più di quanto lei potesse immaginare perché le sorrise dolcemente.
-Facciamo così: lasciamo stare questa storia per il momento, se però per te è importante scoprire chi sia stato, al termine del tour, quando torneremo in Europa, indagheremo. Tanto anche volendo non potrei farti vedere quella lettera ora perché l’ho lasciata a Londra-
Lui le scompigliò i capelli e lei sorrise.
-Grazie-mormorò.
-Non hai nessun motivo per ringraziarmi. Ora torniamo dagli altri-rispose l’altro riunendosi al gruppo.
Erano tutti riuniti nella stanza dei ragazzi e alla fine, stanchi dal viaggio e troppo a loro agio lì, preferirono ordinare la cena in camera e mangiare insieme in quella stanza invece di uscire.
Mangiarono buttati sui letti, chi sdraiato, chi seduto, chi per terra, mentre alla televisione davano un vecchio film western che le ragazze non avevano mai visto.
Giulia era semi-sdraiata sul letto di Michael accanto a lui che continuava a rubarle il cibo solo per il gusto di vederla arrabbiarsi.
Quando tutti ebbero vuotato i piatti e il cameriere fu passato per riportare tutto in cucina, la ragazza si poté concentrare meglio sul film.
Non poté fare a meno però di osservare che, per quanto abbastanza sottovoce, Livia e Curtis continuavano a confabulare ridacchiando.
Non vedeva l’ora di scoprire qual era il loro segreto.
Due calde braccia la circondarono, distraendola dai suoi pensieri.
Alzò gli occhi verso il riccio.
-Ho pensato avessi freddo- si giustificò lui indicando la pelle d’oca sulle braccia della ragazza che si limitò ad annuire prima di accoccolarsi contro di lui.
 
-Lasciala stare. Non svegliarla-
-Ma deve andare in camera sua-
-Non ce n’è bisogno. Può dormire qui con me-

Con gli occhi socchiusi Giulia intravide Mika discutere con Felix.
Non si era nemmeno resa conto di essersi addormentata.
-Sei sicuro?-
-Certo. Se prima siamo entrati in due in quel letto ci possiamo tranquillamente dormire entrambi-
-Come vuoi-

La ragazza sentì una porta chiudersi e finse di essere ancora addormentata.
Poco dopo sentì un corpo stendersi accanto a lei che, a causa del poco spazio, aderì perfettamente al suo.
Era caldo e poteva sentire il morbido tessuto del pigiama del giovane che l’aveva subito circondata con le sue braccia, più muscolose di  quello che ci si sarebbe aspettato da uno con un fisico esile come il suo.
Per quanto odiasse ammetterlo, adorava il modo in cui la trattava e in cui la faceva sentire.
Era infatti forse il primo a farla sentire desiderata, amata, ma soprattutto protetta e capita.
-Sleep tight kid. I’ve got a surprise for you tomorrow morning-le sussurrò in un orecchio facendole il solletico non solo con il suo respiro ma anche con i suoi ricci ribelli.
Di certo sapeva che era sveglia.
-Sogni di pane e nutella Golden boy-rispose lei così piano da dubitare che lui l’avesse udita.
Poté però sentire il suo volto distendersi in un sorriso mentre appoggiava la testa sulla sua spalla, un attimo prima che lei cadesse nuovamente addormentata.

Nota:Dopo altri settantamila secoli ho finalmente aggiornato. Le cose fanno a rilento anche perchè a scuola mi hanno proibito di scrivere e i prof mi tengono sottocchio.
Detto ciò spero che mi direte cosa ne pensate e....alla prossima

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Around town ***


-Ragazzina, è ora di alzarsi. Abbiamo poco tempo, sono riuscito a spostare il suondcheck subito dopo pranzo, ma dobbiamo sbrigarci-
-Che cosa?-
-Su forza-insistette lui facendola letteralmente rotolare giù dal letto.
-La prossima volta che ti dovrò svegliare userò il tuo stesso metodo-borbottò la ragazza, con la bocca ancora impastata dal sonno, mentre si massaggiava il braccio su cui era atterrata.
-Don’t you dare!-esclamò il giovane ridendo ma con un’espressione di genuino terrore sul viso.
Giulia ghignò ma non rispose.
-Livia e gli altri sono già svegli?-domandò invece.
-No-
-Ma che ore sono?-
-Le 7-
-Non è un po’ presto?-
-No-
-Allora dovresti andare a svegliarli—
-No-
-Sai dire altro?-
-Forse-rise
-Faresti meglio a vestirti mentre io vado a prendere qualcosa da mangiare-disse poi scomparendo.
La ragazza lo seguì fuori dalla porta ed andò nell’altra stanza, dove aveva lasciato il suo bagaglio, per vestirsi.
Fu pronta in un battibaleno e scese di corsale scale in cerca della sala adibita per la colazione, sicura di trovare l’amico ancora lì.
-Ti ho preso qualcosa che credo ti piacerà-esordì lui appena lei lo raggiunse, indicandole un piatto pieno delle pietanze più diverse, quasi tutte salate.
-Io sono più per il dolce la mattina, ma va bene-mormorò cominciando a mangiare.
-So cosa ti stai chiedendo-disse il riccio tra un boccone e l’altro.
-Ah si?-
-Si. Ti stai chiedendo perché non ho svegliato anche gli altri e devo dirti che avevo pensato a trasformare questa mattinata in una gita di gruppo, ma poi ho realizzato che Livia e Curt…….-
-Stanno ancora lavorando al loro progetto segreto-
-che scoprirai stasera, devi solo avere pazienza. Comunque dicevo…..Livia e Curt dovevano lavorare al loro progetto, mentre gli altri di sicuro avrebbero voluto provare, soprattutto i nuovi brani e quindi si sarebbero solamente lamentati di questa cosa dicendo che sono un incosciente a provare così poco il giorno del primo concerto del tour e quindi ho pensato che sarebbe stato meglio passare una mezza giornata tranquilla con te che invece ti saresti solo annoiata osservando tutti quanti intenti a suonare-
-Solo perché non so tenere in mano uno strumento ciò non significa che non sappia apprezzare chi invece è bravo e talentuoso-
-Mai detto questo, ma io ci tenevo a farti vedere una cosa-
-Allora andiamo-disse lei sorridente alzandosi dal tavolo e precedendo l’amico fuori dalla porta.
Camminarono per un bel po’ in silenzio, godendosi quel breve periodo della giornata in cui il caos non era padrone della città.
Ogni tanto Mika le indicava un particolare palazzo oppure un monumento, spiegandole più o meno dettagliatamente la loro importanza storica o quella che rivestivano per lui personalmente, come il locale in cui si era esibito a Boston per la prima volta.
Giulia lo ascoltava con interesse, non potendo resistere all’impulso di aggiungere informazioni quando sapeva qualcosa di più di ciò che lui stava spiegando.
Si recarono al porto dove si era svolto il boston Tea Party che aveva dato un po’ il via alla rivoluzione americana e lei lo stupì con la quantità di informazioni che sapeva.
-L’ho letto in una storia di Topolino-rispose arrossendo.
-Topolino?-
-Si, Mickey Mouse. Hai presente? In teoria la storia aveva per protagonisti Paperino e Qui, Quo e Qua, però……-
-Ho capito, non ti preoccupare. Mi stupisco solo che si raccontino cose del genere su un giornalino per bambini-
-Prima di tutto topolino non è solo un ”giornalino per bambini”. In più, non so com’è fatto a Londra o dovunque tu lo legga in giro per il mondo, ma in Italia le storie presenti su Topolino sono sempre piene di spunti di riflessione, concetti storici, matematici, fisici ecc.…..-
-Se è davvero così allora devo assolutamente leggerlo-
-Lo farai, non ti preoccupare. Nessuno può essere mio amico senza aver mai letto Topolino-
Il giovane rise mentre ripresero a camminare.
Si trovarono presto davanti ad una stazione della metro e Michael le fece cenno che era proprio lì che dovevano andare.
Non le disse quale linea dovessero prendere, la prese invece per mano, per timore che si potessero perdere  spinti dalla folla, e la guidò lungo quelli che per la ragazza erano un’intricata serie di tunnel labirintici.
Giulia non solo odiava i mezzi pubblici, ma ne aveva anche paura ed entrambi i sentimenti erano provocati dalla stessa motivazione: l’eccessiva presenza di gente e la gran confusione che si veniva quindi a creare e che le dava un senso di disorientamento.
Fu quindi grata di avere Mika che le indicava dove dovevano andare senza lasciare nemmeno u n secondo la sua mano e restandole, anzi, sempre molto vicino non perdendola un attimo i vista.
Salirono su uno dei treni senza che lei riuscisse a capire quale fosse la direzione.
Tutto attorno alla ragazza scorreva con eccessiva velocità perché lei potesse realizzare cosa stesse accadendo, ma questa volta la cosa non la spaventava più di tanto, forse perché c’era Michael con lei che sembrava perfettamente padrone della situazione.
Passò il tempo in metro ad osservare le persone intorno a loro cercando di capire che tipo di vite potessero fare, chi di loro stesse andando a scuola e chi al lavoro, che tipo di scuola facessero o che impiego avessero, ma soprattutto se fossero felici e perché.
Era un gioco che aveva cominciato a fare persino prima di appassionarsi alla psicologia, forse perché era cresciuta leggendo Sherlock Holmes e quindi cercare di imitare il favoloso investigatore le era sempre venuto istintivo.
Suo padre però in questo era sempre stato il più bravo, per questo guardare i gialli con lui era fastidioso, ti diceva chi era l’assassino fin dall’inizio, avevano persino dovuto impedirgli di fare commenti inerenti fino a che il caso non fosse già praticamente stato risolto.
Lei però spesso, alla semplice analisi di ciò che vedeva, preferiva farsi dei bellissimi film mentali sulla loro vita.
La aiutava a distrarsi dai suoi pensieri, raramente positivi e spostare la sua attenzione su qualcosa che riusciva a tirarla su di morale.
-Ehi! Tutto ok ragazzina?-
-Eh? Ah, si, si. Tutto ok-
-Allora direi che possiamo scendere. Siamo arrivati-
Il riccio la trascinò nuovamente fino all’uscita della stazione dove uno spettacolo inaspettato si presentò agli occhi della ragazza.
-Benvenuta a Cambridge. Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere vederla-
Giulia rimase qualche secondo in silenzio per poi abbracciare di getto il cantante, stupendolo.
Lui la guardò con uno sguardo forse più felice che confuso.
-Mi chiedo solo com’è possibile che tu sappia sempre cosa mi possa piacere-
-I told you, it’s secret-
Risero entrambi, cominciando ad incamminarsi per le strade della cittadina.
-Andiamo ad Harvard?-domandò candidamente la ragazza facendo gli occhioni da cucciolo.
Il giovane sorrise.
-Perché vorresti iscrivertici?-
-Naah, troppo costoso. E poi sono ancora troppo piccola. Però mi hanno detto che è molto bella e vorrei vederla-
-Allora cosa stiamo aspettando? Dopotutto questa mezza giornata è per farti vedere tutto ciò che vuoi-disse Michael allungando il passo talmente tanto da costringerla a correre.
-Potresti rallentare?-
Lui aspettò che lei lo raggiungesse e poi riprese a camminare velocemente, anche se non quanto prima.
-Mi dispiace, ma no possiamo prendercela comoda. Il nostro tempo è quasi scaduto e c’è ancor un posto che voglio farti vedere-
Lei non disse più nulla ma continuò a camminare al suo fianco, osservando attentamente ciò che la circondava nel tentativo di imprimerlo a fuoco nella sua memoria.
Per tutto il tempo il tempo loro giro, quando Mika non provava a spiegare qualche cenno storico, aneddoto o curiosità, Giulia no poté fare a meno di domandarsi quale fosse questo posto così importante da spingere il cantante a fare tutto così velocemente pur di portarcela.
Soprattutto perché lui stesso le aveva raccontato di no sentirsi molto legato a quella città.
Continuò a chiederselo durante il tragitto in metro mentre cercava di capire la loro destinazione osservando le fermate, purtroppo a lei completamente sconosciute.
Questa volta Michael non disse nulla quando giunse il momento di scendere, ma la prese semplicemente per mano e la guidò tra la folla.
Era evidente che fosse perso nei suoi pensieri, che di certo non erano allegri.
La ragazza preferì, però, non fare domande, certa che una volta raggiunta la propria meta tutto le sarebbe stato chiaro.
Il giovane continuò a tenerle la mano anche dopo che furono usciti dalla stazione. Come se non si fosse nemmeno accorto del cambio di ambiente.
La sua era una mano grande, molto in contrasto con quella piccola di Giulia, e la sua stretta era forte, molto più di quanto sarebbe dovuta essere.
Vederlo così in un certo senso la feriva, ma chiedergli quale fosse il problema sarebbe stato inutile, così ricambiò la stretta con più forza e lo seguì in silenzio.
Fu sorpresa quando lui si fermò in una strada che non sembrava avere nulla di speciale.
-Sai dove siamo?-domandò torturandosi le mani.
Lei scosse la testa.
-Sai che via questa?-
Giulia si guardò attorno alla ricerca di un cartello che le suggerì la risposta.
-Boylston Street-disse infine quando lo ebbe trovato.
-Sai cosa è successo qui?
Il nome le diceva qualcosa ma in quel momento non riusciva a capire cosa.
-è accaduto proprio qui-sospirò infine.
-Cosa?-
-è successo è poco tempo fa, non è possibile che tu non lo sappia-
In quel momento Giulia si ricordò.
-Era il 15 Aprile-cominciò a dire il riccio, ma poi si bloccò e l ragazza continuò al posto suo.
-Durante la famosa maratona di Boston sono esplose due bombe. La prima a Boylston Street, vicino a Copley Square; la seconda poco distante. Malgrado il panico scatenatosi i morti non sono stati tanti, solo tre……….-
-Ma ci sono stati circa 264 feriti, se non di più-concluse lui.
Giulia non disse nulla, ma aspettò invece che il giovane dicesse qualcosa, sicura che dietro le sue parole ci fosse qualcosa di più mera rimembranza di un tragico evento accaduto poco più di un mese prima.
-io ero qua sai?-
Un fiume di immagini invase la mente di Michael.
Poteva vedere tutte quelle persone correre senza sapere dove andare perché, dopo la prima esplosione, nessun posto era sicuro.
Aveva ancora nelle orecchie il pianto dei bambini che, a causa del panico generale, la folla aveva separato dai loro genitori.
Sentiva ancora le grida delle madri che cercavano disperatamente di ritrovare i loro figli.
Ne ricordava una in particolare che, per quanto molto esile, era riuscita a non essere travolta dalle persone che scappavano ed anzi, risalendo quel fiume di gente, era infine riuscita a ritrovare il piccolo, schiacciato contro la parete di un negozio e con gli occhi talmente pieni di lacrime da non riconoscere la donna.
Lei aveva allora provato a consolarlo prima di penderlo in braccio e ricominciare a lottare contro la folla per cercare di portarlo al sicuro.
Si era sempre chiesto se da qualche parte, in mezzo a quel caos informe di volti ed urla, ci fosse stato un padre ed un marito preoccupato in cerca della sua famiglia.
-Me ne vuoi parlare?-
La voce di Giulia si introdusse con forza nei suoi pensieri.
-Non credo ci sia molto da dire-sospirò lui dopo qualche secondo.
-Potrei raccontarti tutto quello che ho visto e sentito ma non saresti comunque in grado di capire. E non perché tu non sia abbastanza intelligente, ma perché solo chi c’era può comprendere
-Allora perché mi hai portato qui?-
-non lo so. Sentivo solo il bisogno di farlo, di condividere questo con te ma una volta arrivati qui mi sono reso conto di non sapere come farlo. Non ero nemmeno molto vicino, ma non ero nemmeno abbastanza lontano da impedire a quello spettacolo di rimanermi impresso nella mente-
Il giovane sospirò passandosi una mano nei capelli e poi guardò la ragazza negli occhi.
-Non ci sono stati abbastanza morti perché la gente ricordi quello che è successo qui, sembrano tutti dimenticarsi dei 264 feriti dei quali alcuni anche gravi e di tutte le persone per le quali, anche non avendo riportato nessun danno fisico, la vita è cambiata radicalmente. Ogni tanto, quando chiudo gli occhi, mi sembra di ritornare a quel giorno e sento la paura stringermi nuovamente lo stomaco-
-Hai mai…..-
-Raccontato tutto questo a qualcuno? Portato qualcuno qui? No, non ne ho il diritto-
-Cosa intendi?-
-La vita di molti è stata sconvolta. Alcuni hanno perso un arto, latri sono morti. Gran parte di quelle persone non potranno mai ritornare alla loro vita di prima. Che diritto ho io di…….piangere quel giorno?-
-Non si può parlare di diritto in questo caso. Tutti debbono poter…..-
-Io sto bene Giulia!! Lamia famiglia sta bene e nella mia vita nulla è cambiato! Sono fortunato!-
Mika si fermò rendendosi conto di aver alzato troppo la voce.
-Ma la paura ti rimane appiccicata addosso senza che tu possa capire come fare per liberartene. Lascia stare-disse infine voltando le spalle alla ragazza.
-Pensavo avresti capito-
-Infatti capisco-ribatté lei abbracciandolo.
-Infatti capisco-ripeté nell’orecchio del riccio che sorrise.
Nessuna parola fu più necessaria mentre lui la guidava nuovamente verso la stazione della metro.

Nota:chiedo umilmente venia per il ritardo madornale(come al solito).
Qualche millennio fa avevo detto a Rem_Lupin(con cui, da brava Potterhead, mi devo complimentare per il nick) ed a lovelymika di avere già in menmte qualcosa e che avrei pubblicato il prima possibile.
Mi scuso ancora per il ritardo perchè, effettivamente il capitolo lìho scritto secoli fa ma grazie alla scuola non ho mai avuto tempo di scriverlo al computer.Ma oggi finalmente ho avuto un weekend libero e quindi.......
Niente, spero che vi piaccia perchè quando ho inziato questa storia avevo deciso di iniziare da Boston prprio per poter scrivere un capitolo ome questo. non tento perhcè Mika effettivamente era lì quando sono esplose le bombe, ma più che altro perhcè di questo evento ce ne siamo presto dimenticati tutti dato che i morti erano solo 3. Ma ci sono stati davvero moltissimi feriti e la vita di molti è stata completamente starvolta.
Questo capitolo, per quanto stupida questa cosa possa essere, non è altro che per loro, per ricordarci che anche quando i numeri non sono impressionanti non vuol dire che ciò che è accadito non sia stato abbastanza tragico per ricordarcelo

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** suond check ***


Le scritte in blu rappresnetano i dialoghi in inglese
Quando raggiunsero il resto della band trovarono Joy intenta a divertirsi alla batteria mentre Curt provava a starle dietro con il suo sassofono senza perdere un polmone, cosa estremamente complicata data la velocità con cui la ragazza colpiva le varie parti della batteria.
-Ok, ok. Time out-proruppe, finalmente, il riccio sedendosi per terra per rirendere fiato.
-Ammetti di non riuscire a starmi dietro allora?-
-Tu non suoni uno strumento a fiato!-
-E quindi?-
-E quindi se non dovessi usare il fiato per suonare le tue braccia non sopravvivrebbero alla sfida-
-Ah si?-
ribatté la batterista ricominciando a suonare ad una velocità forsennata.
-Diamine Joy! Quanti anni hai? 2?!-
Lei non rispose, limitandosi a fargli una linguaccia facendo sorridere Giulia.
-Non posso lasciarvi soli per qualche ora che vi mettete a fare i ragazzini?-esclamò Mika facendoli voltare.
-Da quanto sei qui?-chiese Curtis, come se fosse sorpreso di vederlo lì.
-Abbastanza da vedere i vostri giochi infantili-rispose l’altro ridendo.
-Pensavo steste provando-
-E lo abbiamo fatto. Abbiamo solo pensato che potevamo prenderci una pausa-
intervenne Joy.
-quindi sapete perfettamente anche i nuovi brani?-
-Chiese con fare insinuoso colui che si dimenticava i testi delle canzoni che scriveva lui steso. C’mon Mika! Sai che non ti faremmo fare brutta figura questa sera. Sappiamo quanto ci tieni-

La batterista aveva posato le bacchette e gli si era avvicinata.
-Non volevo dire questo. Sapete che mi fido di voi ragazzi e qualsiasi cosa faremo stasera sul palco sono sicuro che sarà fantastico come sempre-
Il rapporto che Mika aveva con la sua band aveva sempre affascinato Giulia poiché le sembrava diverso da quello che molti cantanti avevano con i musicisti che li avevano accompagnati anche per svariati anni.
Michael le era sempre sembrato molto più cosciente di quanto quei ragazzi per lui fossero fondamentali e quindi il rapporto che avevano era più simile a quello tra i membri di un gruppo che a quello tra un artista e la sua band di supporto.
-Sarà anche migliore del solito-intervenne Max.
-Dopotutto sarà il primo giorno del primo tour per queste due ragazzine e dobbiamo renderlo assolutamente indimenticabile-
Giulia sorrise imbarazzata, cercando in lungo ed in largo l’amica perché le desse un sostegno morale.
-Scusate, ma dov’è Livia?-domandò infine, quando non riuscì a trovarla.
-Si, in effetti non l’ho ancora vista oggi-mormorò pensieroso il cantante, osservando tutti i presenti in cerca di una risposta che non sembravano intenzionati a dare.
-Sono qui!-esclamò una vocina affannata alle loro spalle che fece girare Giulia e Michael mentre gli altri tiravano un sospiro di sollievo.
-Dove sei stata?- le domandò l’amica appena la ragazza si avvicinò.
-Io….Ehm….Vi stavo cercando dato che non tornavate-
-e sei andata in giro per Boston da sola?-s’intromise il cantante leggermente preoccupato, squadrando con aria severa i musicisti.
-Oh no! Un amico di Joy è passato da queste parti e si è offerto di accompagnarmi-
Il riccio si accontentò di questa risposta e si allontanò, lasciando le due ragazze da sole, ma prima fece un cenno impercettibile a Curt che lo seguì in silenzio dietro il palco.
-Dov’è andata davvero Livia? La storia che ha raccontato non mi convince. Non l’avreste mai lasciata andare in giro per Boston solo per cercarci-
-è questo che ti ha raccontato? Beh, suppongo che questa scusa andasse bene per Giulia-
-non credo se la sia bevuta nemmeno lei, ma penso stia facendo l’abitudine ai segreti di Livia dato che ancora non le ha rivelato qual è il vostro grande segreto-
-Davvero non le ha ancora detto nulla?!-
-No, comunque ancora non mi hai detto dov’è andata-

Curtis fece un sospiro profondo.
-Di preciso non lo so, mi ha detto solo che aveva bisogno di comprare una cosa-
-E non ti ha detto cosa?-
-Non proprio. So solo che è una cosa per Giulia-
-Per Giulia? E perché mai?-
-Da quello che ho capito è per il suo compleanno. Dovrebbe essere tra poco-
-Davvero?! Quando?-
-Mi stai dicendo che passi tutto il giorno con una ragazza che non sai nemmeno quando compie gli anni?-
-Perché tu sai quand’è il compleanno di Livia?-
-Sinceramente si, e poi io non passo con lei tutto il tempo che tu passi con Giulia. Sto anche con gli altri io!-
-cosa significa? Sei forse geloso?-
-No, dico solo che no ci hai mai ignorato così tanto. E non parlo solo di me. Comunque non ti saprei dire. Forse tra un paio di giorni, forse qualcuno di più. Dovresti chieder a lei-
rispose, infine, il sassofonista ritornando verso gli altri, ma il cantante lo fermò.
-Scusa Curt, non era mia intenzione ignorarvi è solo che…..Giulia non è come gli altri. È misteriosa e così….fragile. Lei non si apre mai con nessuno e quindi non ha nessuno che si prende veramente cura di lei perché nessuno può capirla-
-E tu ci riesci?-
-Credo di si. Io e lei non siamo poi così diversi-
-Tu vuoi salvarla-
-Se lo merita-
-Come telo meritavi tu da ragazzino quando tutti ti prendevano in giro e ti trattavano male?-
-Perché sembri così ostile alla cosa?-
-Non sono contrario, è solo che non voglio che, per adempiere questa missione salvifica, tu perda d’occhio tutto il resto-
-non lo farò, te lo prometto-
-Sarà meglio per te. Oramai hai troppo da perdere-
borbottò Curtis allontanandosi velocemente da lui per non dargli l’opportunità di controbattere.
Mika aveva, infatti, il raro talento di riuscire a farli sempre credere che ciò che stava dicendo era sbagliato o che partisse dai presupposti sbagliati o che fosse frutto di un’ignoranza di fondo.
Non lo faceva apposta, questo Curtis lo sapeva, ma non poteva evitare di vedere nei commenti dell’amico, una critica verso di lui e verso le sue capacità intellettive.
Perché Mika era un giovane sorprendentemente intelligente e informato su qualsiasi argomento e lui si era sempre sentito stupido accanto a lui, sbagliato.
In più, quando affrontavano argomenti come quelli e lui gli sputava in faccia una verità un po’ scomoda, ritrovandosi quegli occhioni da cucciolo smarrito che lo fissavano, si sentiva anche estremamente crudele.
Michael non provò nemmeno a fermare l’amico preferendo lasciarli il tempo di calmarsi e ritornare il Curtis di sempre.
Sapeva perfettamente cosa ci fosse che non andava e sapeva anche che l’amico non lo avrebbe mai ammesso; poteva capirlo.
Lui era un tipo particolarmente chiuso, che ci teneva a tenere segreti ed a proteggere i suoi sentimenti, per questo spesso risultava più freddo e distante di quanto in realtà non fosse.
Mika lo aveva scoperto negli ultimi anni ed era riuscito a superare le sue difese soprattutto negli ultimi mesi quando il giovane, vedendolo distrutto, non si era lasciato demoralizzare dai suoi silenzi e dalla sua spasmodica ricerca di solitudine ed isolamento, ed era rimasto al suo fianco finché l’artista non si era rimesso in piedi.
Avevano stretto veramente molto in quel periodo al punto che, non solo per Mika Curtis era diventato un punto di riferimento, ma quest’ultimo aveva imparato a contare molto sul cantante ed a considerare il loro rapporto molto speciale, diverso dalla semplice amicizia.
-Ehi, tutto ok?-gli chiese Max, che nel frattempo gli si era avvicinato senza che lui se ne accorgesse.
-Eh? Ah, si-mormorò Michael riscuotendosi dai suoi pensieri.
-Ho visto Curtis allontanarsi. Sembrava arrabbiato-
-Lascialo suonare un po’. Sai che ritorna sempre di buon umore quando lo fa-
si limitò a rispondere il riccio facendo spallucce.
-Lo so è che…..Mi chiedevo se aveste litigato-
-Non proprio. Diciamo che voleva più che altro sgridarmi-
-Per la tua assenza alle prove?-
-Potremmo dire di si, si-
-Noi comunque ci siamo divertiti oggi. Avevi ragione sul fatto che le ragazze ci sarebbero piaciute, o almeno Livia. Mentre non c’eri abbiamo parlato un po’ e sembra davvero una musicista di talento ed una persona straordinaria anche a livello umano. Di Giulia invece non so ancora cosa pensare. Insomma, di certo è una ragazza speciale, altrimenti non sarebbe la tua preferita, però è così chiusa e silenziosa. Mi ricorda molto Curtis. Ti ricordi quanto ci abbiamo messo per cominciare a capire che tipo fosse?-

Mika sorrise.
Finalmente gli sembrò di avere un quadro molto più chiaro della situazione e si diede dello stupido per essersi convinto di sapere come stavano le cose.
-Ehi voi! Avete intenzione di venire a provare un minimo o stasera improvvisiamo?-gli urlò Joy già seduta alla batteria e pronta per suonare.
-Direi che ora dobbiamo andare, ma se vuoi dopo puoi parlarmi di…..Beh, di qualsiasi cosa tu abbia voglia-
Max era sempre stato un buon osservatore e sembrava sempre perfettamente in grado di capire cosa passasse per la testa di chiunque.
Sapeva, quindi, da tempo che i rapporti tra Mika e Curtis erano cambiati negli ultimi tempi.
No che fosse una cosa difficile da immaginare dato che era stato il sassofonista a rimanere accanto al cantante quando quest’ultimo aveva provato ad allontanare tutti.
Nessuno sapeva bene cosa lo avesse spinto a farlo, ma tutti ricordavano bene come fosse caduto in una spirale di autodistruzione ed aveva persino smesso di suonare.
L’unico che aveva avuto la forza di contrastare tutto questo era stato Curtis.
Aveva chiesto agli altri di lasciare che se ne occupasse lui, diceva di esserci già passato e, quindi, di sapere come fare, e loro si erano affidati a lui.
Quando Michael aveva finalmente accettato di uscire nuovamente con loro non era certo quello di prima, però suonava il pianoforte sorridendo.
Nessuno di loro aveva fatto domande e solo Max sembrava essersi reso conto di quanto e come fosse cambiata la relazione tra i due ricci.
-Non credo ce ne sia bisogno, ma grazie per l’offerta-rispose Mika raggiungendo con un salto il resto della band che era già pronto sul palco.
Quando si avvicinò al sassofonista gli scompigliò i capelli e gli sorrise.
-Grazie per prima e……Beh, per tutto. Soprattutto per il riportarmi sempre sulla retta via. Non so davvero cosa farei senza di te-
L’espressione imbronciata che Curtis aveva si dissolse subito come neve al sole e fu sostituita da un piccolo sorriso.
Per quanto ci provasse non riusciva a restare arrabbiato con Michael, soprattutto quando gli diceva cose come questa.
Giulia nel frattempo era rimasta a guardare la scena.
Non aveva bisogno che gli lo dicesse nessuno dei diretti interessati per capire che quella tra Curt e Mika non era una semplice amicizia.
Per quanto il cantante volesse bene a tutti i membri della band era evidente come per Curtis avesse un occhio di riguardo.
Era lui che lo aveva accompagnato a Roma, in più non riusciva a levarsi dalla testa l’immagine di loro due che dormivano abbracciati nel letto dei suoi genitori nonostante il caldo.
Livia aveva afferrato la chitarra e si stava divertendo a provare a suonare con gli altri così la ragazza rimase da sola nella platea e, trovato un pezzo di carta, cominciò a scrivere.
 
-Ehi kiddo!-
La voce di Joy la riscosse dai suoi pensieri.
Immersa completamente nella gioiosa atmosfera e presa a scrivere quello che cominciava ad assomigliare sempre di più ad un diario di viaggio.
Probabilmente un residuo dell’abitudine che aveva da bambina di scrivere ogni singolo  istante delle vacanze che faceva con la sua famiglia, terrorizzata dall’idea di poterlo dimenticare.
-Oh, ehm, ciao-
-Sei davvero molto timida eh? Non importa anche Curt era così, ci ho messo mesi a riuscire ad avere una vera conversazione con lui-
-Davvero?-                                                                                              
-Già. Comunque non sono venuta qui per questo. Sto andando a prendere qualcosa da mangiare prima del concerto e mi chiedevo se ti andasse di venire con me-

Giulia mise da parte quello che stava facendo e guardò la ragazza che le stava davanti.
Di certo era la più giovane tra di loro e sicuramente aveva sempre lottato per dimostrare quanto valesse.
Forse per questo era stata così così diffidente quando le aveva viste arrivare all’aeroporto.
Probabilmente aveva avuto paura che loro fossero l’ennesima coppia di ragazze bianche che avevano ottenuto, senza lottare, qualcosa che non si meritavano.
Ed in parte aveva ragione.
-Certo, perché no. Se posso essere utile….-
-Allora andiamo-
-Allora come vi ha trovato?-
domandò la batterista appena furono uscite dal locale.
-In realtà, non lo so. Ha parlato di una lettera con un CD, ma non mi ha spiegato bene. Ma come sapevi che era stato lui a trovare noi e non viceversa?-
-Perché lo conosco. Vi tratta come se foste una sua scoperta. Ed in effetti lo siete-

Giulia fece uno strano sorriso.
-Sai ragazzina, credo tu sia una delle pochissime persone che Mika ci ha portato che non sa suonare nessuno strumento, forse l’unica-
-Lo so, o meglio, so che io con voi non c’entro nulla e che non dovrei stare qui, ma lui ha insistito-
-No, non intendevo questo-
rispose Joy ridendo.
-Volevo solo dire che, se ti ha portata qui malgrado tu non sappia suonare, devi essere molto speciale-
-Non sono speciale e non ho nessun talento nascosto e so che lo sapete anche voi. Lo vedo come mi guardate-
-ti sbagli ragazzina. Oramai abbiamo imparato a fidarci dell’istinto del libanese. Stiamo solo cercando di capire cosa abbia visto in te che noi non riusciamo a vedere-
-Credimi, me lo sto chiedendo anch’io-

Continuarono a camminare sostanzialmente in silenzio e tornarono velocemente dal resto della band che ancora stava suonando.
Livia era sul palco, ma Giulia non riusciva bene a capire cosa stesse facendo perché appena la vide si fiondò a raggiungerla.
-Avete portato da mangiare?-
-Affamata?-chiese la ragazza dai capelli corti ridendo.
-Un po’-rise la più esile.
-Il cibo è arrivato-urlò Joy e subito tutti quanti si fiondarono sulle due giovani.
Mika arrivò per primo e sgraffignò qualcosa velocemente senza che nessuno se ne accorse.
Solo Curtis lo notò e nascose un sorriso.
-Prendilo. Io posso aspettare, tu immagino avrai molta fame dopo aver provato tutto il giorno-
Il sassofonista si stupì nel veder il riccio porgergli la sua “cena”.
Michael era estremamente geloso del suo cibo.
-Dai. Prendilo! Non è che io rimarrò senza, aspetterò solo il mio turno-
-Gentile da parte tua-
disse allora il giovane accettando l’offerta.
-Sei il mio migliore amico dopotutto no? Se non lo facessi per te per chi lo farei?-
Entrambi sorrisero mentre il cantante si sedeva accanto a lui.
-Pensavo andassi a prendere la tua porzione ora-
-Te l’ho detto: posso aspettare-

Giulia li guardava da lontano.
Non si sarebbe mai avvicinata rovinando loro un momento così tenero.
Raggiunse invece Livia.
Non ebbe bisogno di dirle nulla perché notò che anche lei stava guardando nella stessa direzione.
-Sono carini insieme-esordì.
-Pensi che ci sia qualcosa tra di loro?-domandò Livia.
-Non lo so. Forse. Credo che loro si vogliano davvero molto, molto bene, ma che nemmeno loro riescano a capire se tra di loro ci sia solo semplice amicizia o qualcosa di più-
-Beh, per essermene accorta anche io qualcosa deve di certo esserci-disse Livia con un pizzico di malizia che l’altra non le aveva mai visto riflesso sul volto.
Giulia soffocò una leggera risata.
-Non credo che dovremmo aspettare molto per scoprirlo-rispose sorseggiando un po’ d’acqua, entrambe nuovamente girate per assaporare la dolcissima scena che era sotto i loro occhi.

Nota:chiedo umilmente venia per il ritardo(come al solito) e per la brevità del capitolo.
inizialmente doveva essere molto più lungo ma, con l'approssimarsi degli esami, mi sono accorta che se avessi aspettato di concludere il capitolo come lo avevo progettato, non avrei piubblicato nulla fino a praticamente Agosto e non mi sembrava accattabile.
Posso solo promettervi che da adesso in poi le cose dovrebbero diventare un po' oiù ritmate e chissà che non si scopra qualche storia finora accennata ma tenuta nascosta.
Grazie per essere arrivati fino a qui e, come direbber una persona a cui tengo molto, Peace&Love

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** A kind of magic ***


-Padre nostro che sei nei cieli……-
-Mika cosa stai facendo??- domandò Giulia quando trovò il cantante nascosto in un angolino intento a farsi il segno della croce più volte e a ripetere il Padre nostro.
Il giovane si voltò di scatto guardandola con aria confusa.
-Dico, cosa stai facendo? Ti sto cercando da due ore-
-Non è possibile, non sono passate due ore dall’ultima volta che ci siamo visti-
-Sei sicuro di stare bene?-
chiese la ragazza con aria quasi preoccupata.
-Io? Si certo. Sono solo un po’ nervoso. È il primo concerto dopo un bel po’ di tempo che non mi esibisco e sono così tante le cose che potrebbero  andare storte e so che sbaglierò tutto e scorderò le parole di tutte le canzoni e anche gli accordi e quando salirò sul pianoforte(perché tanto mi prometto sempre di non farlo ma poi lo faccio lo stesso)e mi metterò a ballare nella mia goffissima maniera sono certo che lo sfonderò-
Giulia scoppiò in una fragorosa risata.
-Questa è bella. Perché mai dovresti sfondarlo?-
-Perché ultimamente sono ingrassato-

La ragazza rise ancora di più e gli si avvicinò per afferrargli le mani che continuavano a muoversi convulsamente.
-Sei sempre così nervoso prima di un concerto?-
Il giovane annuì.
-E preghi sempre prima di salire sul palco?-
-è una specie di rito propiziatorio. Mi aiuta a calmarmi-
-Non mi sembra stia funzionando molto-

Il riccio abbassò lo sguardo.
-Ehi, pensi che un abbraccio ti farebbe sentire meglio?-
Il cantante alzò il volto per guardarla negli occhi.
-Mi abbracceresti?-
-Veramente pensavo di chiedere a Livia di farlo al posto mio. Ma certo che ti abbraccerei, se questo ti aiutasse a calmarti-
-Pensavo non ti piacessero gli abbracci-
-Infatti, ma se questo ti facesse stare meglio……In più ci sono alcuni tipi di abbracci a cui non  so proprio resistere. Allora?-
-Non lo so, io…..Non ha mai fatto parte del mio rituale-
-Non ci credo. Sei un tipo troppo espansivo per non aver mai abbracciato nessuno prima di un concerto. Tu sembri quasi dipendente dagli abbracci-
-Abbracciato no….-

Un velo di tristezza attraversò gli occhi del giovane e Giulia si pentì di quello che aveva appena detto.
-Al diavolo Mika-borbottò slanciandosi verso il riccio così velocemente che lui quasi non se ne accorse-
Le faceva uno strano effetto stringere tra le sue braccia quell’uomo così alto, ma al contempo così magro.
Di solito quando si trovava ad abbracciare persone secche come lui aveva semmpre paura di “romperle”, ma con Michael non era così.
In un attimo si ritrovò avvolta dalle lunghe braccia del riccio che la stringeva spasmodicamente, aggrappandosi a lei come se fosse l’unica cosa che gli permettesse di non andare alla deriva.
Rimasero in quella posizione fino a che le canzoni suonate dalla band di apertura non vennero sostituite dagli applausi del pubblico..
-Credo che dovresti andare ora, Michael-
Il giovane non accennò a muoversi finché non intravide, con la coda dell’occhio, Curtis che gli faceva cenno di sbrigarsi.
-Non ti preoccupare, resterò qui dietro a portata “di vista” e, se vuoi, anche di abbraccio. Farò il tifo per te-
-Sarai il mio portafortuna?-

La ragazza annuì.
-Vai e fa vedere a tutti chi sei-disse poi, scompigliandogli i capelli e spingendolo verso il resto della band, che già si apprestava a salire sul palco.
Quando rimase sola, Giulia non provò nemmeno a cercare Livia.
In quel momento si sentiva bene, a suo agio e, per quanto volesse bene all’amica, sapeva che c’erano cose che non avrebbe mai capito.
Quell’atmosfera magica in cui la ragazza era immersa era una di quelle e condividere quella serata con Livia avrebbe rotto la magia.
Non perché non le piacesse stare con l’amica e dividere con lei momenti così belli, ma perché loro vivevano tutto in maniera diversa e stare con lei avrebbe cambiato il modo in cui si stava godendo quel momento; e le piaceva troppo per poterci rinunciare.
Si appoggiò ad una quinta del palco e rimase a guardare incantata il suo riccio preferito saltellare felice giocando e scherzando con i vari membri della band che, nel frattempo, sfoggiavano il loro incredibile talento.
Ogni tanto Mika si girava verso di lei, come chiedendole un incoraggiamento e, solo dopo che la ragazza gli faceva cenno che tutto stava andando benissimo, le sorrideva e poi su voltava nuovamente verso il pubblico che non accennava a smettere di scatenarsi.
Il tempo volava, canzone dopo canzone, e Giulia non si accorse nemmeno di quanto velocemente stesse correndo finchè non si ritrovò un Mika sudatissimo che la stringeva convulsamente.
-Avete già finito il concerto?-
Il riccio scosse la testa così forte che qualche goccia di sudore colpì la ragazza facendola ridere.
-Ehi!-
-Scusa. No, non abbiamo finito, però mancano veramente pochi pezzi. Pensavo di concludere con quelli più “tranquilli”-
-mi sembra una buona idea, ma come mai sei venuto qui?-
-Non avevi detto che saresti rimasta “a portata di abbraccio”? Comunque sono venuto per prendere l’asciugamano-
disse indicando un panno appoggiato su una cassa dietro la ragazza, che subito glie lo passò.
-In più dovevo distrarti per qualche secondo-
-Distrarmi? Perché?-
-Oh, lo capirai tra pochissimo, basta prestare un minimo di attenzione-
-Attenzione a cosa?-
-Non ti preoccupare, te ne accorgerai da sola-
rispose il giovane abbracciandola prima di catapultarsi nuovamente sul palco.
Normalmente Giulia avrebbe protestato, ma il sorriso enorme che Mika stava sfoggiando in quel momento le fece passare la voglia di fare qualsiasi altra cosa che non fosse rimanere incantata a guardare il favoloso mondo che il riccio, ed il resto della band, erano riusciti a creare quella sera.
Le prime note cominciarono a danzare, dolci e lievemente malinconiche, e subito l’atmosfera cambiò completamente.
Il silenzio invase il locale.
Nessuno aveva più il coraggio di fare nulla che potesse mandare in frantumi quella magia che sembrava così sottile, ma al contempo così potente da rendere ognuno dimenticò di tutto il resto.
Piano piano, tendendo l’orecchio, Giulia si accorse che un nuovo strumento si stava timidamente inserendo tra quelli che avevano dominato il concerto fino a quel momento.
E allora capì.
Capì perché Livia e Curtis avevano passato così tanto tempo insieme, quasi isolati da tutto il resto, ed anche perché avevano cercato per tutto il tempo di tenerla nascosto quel progetto.
Sorprenderla era sempre stato difficile, e Livia lo sapeva, così come sapeva che lei amava le sorprese.
L’esile ragazza aveva di certo visto in tutto quella storia una possibilità per sorprendere l’amica dopo tanti anni e, approfittando della facilità con cui poteva essere distratta in quei giorni, le aveva fatto uno dei regali più belli.
Guardare Livia suonare le sue canzoni preferite ripagò Giulia del tempo in cui si era sentita esclusa, isolata, inutile; e non poté non renderla ancora più felice di quanto già non fosse.
E Livia, che la stava osservando con la coda dell’occhio, lo sapeva di certo.
Giulia si godette in religioso silenzio quegli ultimi brani, che erano tra quelli che amava di più, e attese che tutti fossero  tornati dietro le quinte per saltare addosso all’amica.
-Quindi era questo il tuo progetto segreto!-
La ragazza annuì sorridendo vedendo l’amica così felice.
-Ecco perché tutto questo mistero! Si spiega anche perché non vi siete fatti vedere mentre eravamo a Londra-
-dovevamo fare gli arrangiamenti. Non  sono così semplici, ci vuole un po’ di tempo e tu ci servivi “fuori dai piedi”. In più dovevamo anche capire in quali canzoni era possibile mettere un corno senza stravolgerla troppo, anche se non so quanto possiamo esserci riusciti-
-A me è piaciuto-
-Davvero?-
-Sai che oramai non mento più- Livia sorrise e Giulia l’abbracciò di nuovo.
Mika, intento a dissetarsi insieme a Curtis, le guardava con dolcezza.
-Dev’essere veramente una giornata speciale. Oggi dispensa abbracci-disse, senza staccare gli occhi dalle ragazze.
-Chi? Livia? Lei è sempre così-ribatté il sassofonista continuando a bere dalla sua bottiglia, senza neanche voltare lo sguardo verso il punto che l’amico stava fissando.
-Non lei, mi riferivo a….-
-si, lascia stare, ho capito-

Curtis fece per alzarsi, ma Michael lo bloccò.
-Ehi! Mi spieghi cosa hai? Perché sei così arrabbiato con me? E perché te la prendi con lei?-
L’altro non rispose, rimanendo seduto accanto all’amico ma in un imbronciato silenzio.
-Ti prego Curt, non fare così. Non rovinare una giornata che è stata così bella……-
Il riccio, però, non gli fece nemmeno finire la frase e zompò in piedi.
-È stata una bellissima giornata per te Mika! Io non ti vedo praticamente da giorni, anche quando siamo nella stessa stanza tu stai sempre con lei e…..-
Si lasciò cadere nuovamente accanto al libanese.
-Non sono arrabbiato con te, né con lei-disse indicando la ragazzina dai capelli corti che ancora rideva e scherzava con la sua amica.
-Sono arrabbiato con me stesso. In questi mesi mi sono così abituato a passare tutto il mio tempo con te che non ho mai pensato a quando qualcuno avrebbe preso il mio posto-
-Curt, nessuno potrebbe mai prendere il tuo posto. Mai-
rispose il cantante abbracciandolo.
Il sassofonista poggiò la testa leggermente sotto la spalla dell’amico, essendo più basso di lui, e poté sentire il battito del suo cuore aumentare allo stesso ritmo del proprio.
Era una sensazione strana, diversa da ciò che aveva provato fino a quel momento, ma non gli dispiaceva, come non gli dispiacevano i brividi che gli provocava il sentire la mano di Mika sulla sua schiena.
Alzò gli occhi per osservare l’espressione del libanese e vide le sue stesse emozioni riflesse sul volto dell’amico, che arrossì istantaneamente appena i loro occhi si incontrarono.
-Pe….Pe….Penso che po…po…..potremmo andare a bere qualcosa. Per festeggiare- balbettò il cantante cercando di recuperare il controllo di sé.
Curtis si guardò intorno.
Nessuno sembrava essersi accorto di quella scena.
Joy e Felix erano intenti a raccontare qualcosa di divertente alle due italiane, mentre Max sembrava essere scomparso.
Ringraziò mentalmente che Joannie, la madre di Michael, quella volta non fosse venuta(Anche se lo aveva trovato parecchio strano dato che la donna seguiva il figlio ovunque); chissà cosa avrebbe pensato altrimenti!
Scioltosi da quell’abbraccio così piacevole, Mika raggiunse gli altri, proponendogli di andare a bere qualcosa.
-Sempre alla ricerca dell’alcol, eh Meeks?- lo prese in giro Felix.
-Volevo solo festeggiare con voi questa splendida serata, ma se non vi va posso sempre andarci da solo-
-Ti ricordi che domani dobbiamo partire?-
-E voi vi ricordate che ci aspetta un’intera giornata di viaggio?- Anche se dovessimo finire ubriachi abbiamo tutto il tempo per smaltire la sbornia-
-Ci tieni proprio eh? Per quanto continuo a credere che ciò che tu desideri sia solo l’alcol, mi hai convinto. Io ci sto, chi altro viene?-

Tutti quanti alzarono la mano, Giulia più velocemente degli altri, provocando la loro ilarità.
-non sei un po’ piccola per bere?-chiese Max, che li aveva raggiunti proprio in quel momento.
-Studi scientifici dicono che il fegato umano è in grado di assorbire l’alcol a partire dai 16 anni. Io ne ho quasi 17 quindi direi che no, non sono troppo piccola per bere-ribatté la ragazza con estrema semplicità, come se esporre dati del genere fosse per lei ordinaria amministrazione.
-Se la scienza dice che puoi, chi siamo noi per impedirlo!-esclamò Max sorridendo, dopo essersi ripreso dallo stupore iniziale dato dalla risposta di Giulia.
Anche gli altri si ripresero e, d’accordo con Max, cominciarono tutti ad incamminarsi verso il pub più vicino

Nota:Chiedo scusa ancora una volta per il irtardo immenso, infinito e imperdonabile, ma queste cose ormai le sapete già.
Anche questa volta il capitolo è corto però dovete immaginarlo come la seconda metà di quello precedente:erano nati per essere pubblicati insieme ma poi mi sono resa conto che non sarei riuscita a finire questa seconda parte abbastanza in fretta così avevo pubblicato solo la prima parte.Questa seconda è pronta da un po', ma problemi di varia natura mi hanno impedito di mettermi al computer fino ad ora e quindi eccomi qui.
Spero questa storia non vi abbia annoiato oramai e vi prego di farmi sapere cosa ne pensate(anche se pensate che sia una schifezza totale).
Grazie ancora e alla prossima

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1804080