Let me purr.

di Nori Namow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Spark ***
Capitolo 2: *** Green ***
Capitolo 3: *** Cupcake ***
Capitolo 4: *** Infinite. ***
Capitolo 5: *** Nightmare ***
Capitolo 6: *** Hide and seek ***



Capitolo 1
*** Spark ***





1. Spark





Louis camminò distrattamente verso la porta dello Starbucks, il cellulare in mano pur di non alzare lo sguardo.
A Louis non piaceva guardare per aria, aveva sempre pensato che guardare a terra fosse fondamentale, per non inciampare.
Forse sarà stata la sua infanzia burrascosa, addobbata da innumerevoli cadute perché non guardava mai dove accidenti metteva i piedi. O forse semplicemente dal fatto che odiava il modo in cui una persona poteva ricambiare il suo sguardo, posatosi sullo sconosciuto per pochi attimi. Non piaceva molto alla gente, Louis.
Era un bel ragazzo, alto abbastanza da non essere chiamato 'rasoterra', occhi azzurri come quelli dei Puffi, il film, e capelli castani, solitamente sparati alla cacchio di cane. Il viso era sottile, come le labbra, rosee e da baciare. Guardandolo dall'esterno, Louis Tomlinson poteva sembrare un ragazzo come gli altri.
Sorridente, a volte fino a sfiorare la follia, scherzoso, dolce, premuroso.
Ma se riuscivi ad avvicinarti, a osservare meglio quelle pozze di mare che aveva al posto delle pupille, capivi quando il suo corpo fosse saturo di insicurezza.
Sarà stato a causa della mancanza di una presenza paterna, o di una madre che doveva occuparsi di altre tre figlie, ma Louis non sapeva nemmeno chi fosse.
Di una cosa però era certo. A ventuno anni suonati, davanti al suo pc, o osservando i clienti della libreria dove lavorava, Louis capiva di provare attrazione per i maschi.
E forse era per questo, che quando camminava in mezzo alla gente, teneva lo sguardo basso.
Aveva paura che scoccasse quella scintilla, che arrivasse il colpo di fulmine per il ragazzo sbagliato, fin troppo etero.
Ma ritornando al nostro Louis, stava camminando distrattamente verso la porta dello Starbucks.
Finché non sentì un dolore lancinante alla fronte e qualche risata sommessa.
Aveva sbattuto la testa contro la porta a vetri della caffetteria.
-Buona giornata, Louis- borbottò a se stesso, spingendo la porta.
Che andava tirata.
 
 


Ciò che piaceva a Louis, era senza dubbio la cioccolata calda. Ma non solo quella che bevi e rischi di prenderti un’ustione di terzo grado, se è troppo calda.
Se c’era una cosa che Louis amava davvero, era la cioccolata. Tutto ciò che avesse del cacao all’interno, automaticamente gli piaceva.
Cioccolata bianca, fondente, al latte, con le mandorle, con la crema di fragola, con gli Smarties. L’importante era che fosse cioccolata.
Sarà stato perché era ottima contro i Dissennatori, perché causava dipendenza, perché era un ottimo rimedio per i single acidi. O forse perché era semplicemente buona.
Diciamo soltanto che se Louis avesse potuto, avrebbe reso le strade, i pali della luce, le panchine, interamente di cioccolata.
E poi magari se ne sarebbe andato in giro mordendo tutto ciò che incontrava, fregandosene del diabete alle stelle e dell’obesità.
A Louis sarebbe piaciuto svegliarsi con l’odore penetrante della Nutella, mentre il suo ragazzo gli sorrideva e mordeva il suo croissant.
Louis desiderava amare disperatamente, tanto da farsi male.
Voleva essere amato allo stesso modo, con quella passione capace di spezzarti le ossa, spappolarti il cervello e farti contorcere stomaco e intestino.
Era questo ciò che pensava, ogni volta che beveva della cioccolata in uno Starbucks.
Che voleva essere amato, più di quanto lui amasse la cioccolata.
 
 


-Lucille, sono a casa!- strillò Lou, chiudendosi il portone del suo appartamento dietro le spalle.
Sentì uno scampanellio frenetico, segno che la sua adorata Lucille aveva preso atto del suo arrivo.
Pochi secondo dopo, infatti, una gatta dal pelo lungo e bianco gli si parò davanti miagolando contenta.
Passò immediatamente alla seconda parte, strusciandosi contro le gambe di Louis tanto che il ragazzo rischiò di perdere
l’equilibrio un paio di volte. Poi si avviò in cucina per riempirle la ciotola, e il gatto fece lo slalom fra le sue gambe.
Facendolo cadere con la faccia sul parquet.
-Bella giornata di merda, Louis.- disse a se stesso, maledicendo la sua sbadataggine innata.
Lucille gli morse una guancia.
 
 


Se Louis avesse potuto scegliere come essere amato, avrebbe optato per: cioccolata, gatto.
Perché oltre alla cioccolata, Tomlinson aveva una passione sconfinata, addirittura folle, per i gatti.
Adorava gli animali in generale, tralasciando il ribrezzo che provava perso i rettili e le aracnidi, ma per i gatti lui aveva una vera e propria passione.
Amava il miagolio di un gattino che chiedeva affetto, quello un po’ più serio del gatto adulto. Adorava il loro muoversi silenziosamente,
le imboscate, il modo strano con la quale giocavano con praticamente qualsiasi oggetto potessero afferrare.
Adorava le loro zampette soffici, anche se quando cacciavano le lunghe unghie non lo erano più; ammirava la loro agilità, gli occhi capaci di vedere al buio.
Si divertiva quando Lucille voleva saltargli addosso, e lui capiva che stava per ferirlo perché le pupille blu di lei si dilatavano a dismisura, diventando sue pozze
del petrolio più nero. Amava la lingua ruvida e secca capace di farti male quanto la carta vetrata, se ti leccava una guancia o la palpebra.
Amava quel miagolio sommesso mentre ti annusavano, il loro strusciarsi attorno alle gambe delle sedie, al tuo petto, persino contro la tua faccia.
Gli piaceva il modo in cui si pulivano con attenzione, lo sguardo annoiato che gli rivolgeva,
quella capacità di dormire per giornate intere per poi infastidirti durante la notte.
Ma la cosa che Louis amava più dei gatti, era quella melodia che solo i felini possedevano.
Quel suono che nasceva dalla loro gola quando erano felici, soddisfatti. Le fusa.
Se Louis avesse trovato qualcuno da amare e fosse stato capace di fare le fusa, le avrebbe fatte sempre.
Avrebbe guardato negli occhi quel ragazzo alla quale aveva donato il suo amore, e gli avrebbe detto: -Lasciami fare le fusa.
Lui ci si addormentava, con il rumore delle fusa di Lucille nelle orecchie, ed era grazie a lei se le sue notti non era contornate da incubi.
-Tu dici che lo trovo un ragazzo da amare, Lucille?- chiese Louis alla gatta, accarezzandola lentamente.
Subito lei cominciò a produrre quella melodia, e i nervi tesi del ragazzo si rilassarono immediatamente. Scegliere di portare quel gatto con sé, nel suo appartamento,
era sicuramente stata la scelta migliore della sua esistenza.
 
 


-Ma porca troia, sono in ritardissimo!- Louis bevve tutto d’un sorso il the nero, rischiando di spellarsi completamente il palato.
Imprecò nuovamente a causa del dolore, inciampando fra le ciabatte lasciate in cucina. Quando Lucille lo ammonì, miagolando esterrefatta, Lou alzò gli occhi al cielo.
-Sì Lucille, non devo dire parolacce. Però sono in ritardo!- strillò nuovamente, precipitandosi fuori da casa sua.
Avrebbe fatto un ritardo colossale. Il capo lo avrebbe licenziato e successivamente incatenato nei sotterranei,
torturandolo fin quando non si fosse strappato gli occhi per il dolore. Poi avrebbe spedito i resti a Lucille, che li avrebbe mangiati senza troppi complimenti.
Ecco ciò che pensava Louis quando gli succedeva qualcosa di brutto.
Diciamo inoltre, che l’essere sveglio da poco, non aiutava la sua sanità mentale. Per nulla.
 
 


-S-Scusa, h-ho corso più che potevo. N-non farò più tardi, lo giuro!- disse con il fiatone Louis poggiando una mano sul bancone, mentre con
l’altra si teneva il fianco che gli doleva a causa della corsa. Però ci era riuscito, era arrivato solo con cinque minuti di ritardo.
Max lo guardò con un sopracciglio alzato, domandandosi se il ragazzo avesse appreso che giorno fosse.
-Louis?-
-Sì?-
-Oggi è il tuo giorno libero.-
Altra giornata di merda, vero, Louis?
 


 
Ecco, si potrebbe dire che Louis Tomlinson è uno di quelli imbranati da fare schifo. Inciampava nell’aria, in Lucille, fra le ciabatte, tra le lenzuola sul pavimento.
Inciampava praticamente dappertutto, anche nei suoi stessi sentimenti. Forse più in quelli che in qualsiasi altra cosa,
e ciò fa capire quanto questo ragazzo sia imbranato. Se ci fosse una scala di imbranataggine da Ron Weasley a Homer Simpson, Louis sarebbe stato oltre i parametri.
Ma forse fu proprio quel suo essere irrecuperabile, che gli permise di incontrare lui, quel giorno.
Louis imprecò a bassa voce, cercando fra il mazzo di chiavi quella che apriva il portone di casa sua.
Miracolosamente, riuscì a trovarla senza inciampare fra i gradini delle scale.
Salì l’ultimo gradino e impugnò la chiave, sbattendo poi contro qualcosa. O meglio, qualcuno.
L’impatto fu talmente forte che venne scaraventato leggermente all’indietro, e non avendo nulla dietro lui se non la rampa di scale, seppe di essere morto.
-Oh mio dio!- strillò mentre si dimenava con le mani, cercando l’equilibro che in realtà, non aveva mai avuto.
Louis serrò gli occhi, rassegnandosi ad una morte certa, fin quando non si sentì afferrare la schiena da un paio di braccia forti e muscolose.
La persona contro la quale aveva sbattuto lo mise al sicuro sul pianerottolo, tenendolo saldamente.
-Oops.- esclamò una voce profonda e maschile, che subito fece aprire gli occhi azzurri di Louis.
Il ragazzo che si trovò davanti poteva avere due anni meno di lui, ma era più alto. Aveva una massa informe di capelli ricci e castani, delle adorabili labbra
capaci di far venire pensieri poco casti alla persona più pura, e delle fossette che comparivano ogni qualvolta sorrideva.
Ma oltre al viso bellissimo del ragazzo, e al corpo pieno di tatuaggi e indubbiamente muscoloso, fu qualcos’altro a colpire Louis come un fulmine a ciel sereno.
Occhi. Gli occhi di quel ragazzo erano verdi come i prati della Scozia, come quei paesaggi bellissimi e luminosi.
Quegli occhi erano indubbiamente l’ottava meraviglia del mondo.
-C-Ciao.- balbettò Louis, arrossendo visibilmente.
Per una volta, ringraziò la sua sbadataggine.






Bene, ho postato il primo capitolo di questa minilong *-*
In tutto sono sette capitoli, e questa è la mia ff larry (prima scrivevo solo os)
voglio fare questo 'esperimento', vedere quanto mi cagate LOLLINO.
Non so, in alcuni punti sono davvero sentimentale, e mi scuso con Louis perché l'ho fatto sembrare davvero un coglione.
Aspettate, ma lui lo è HAHAHAHAHAHA ok, no.
Lou è davvero sbadato, ma neanche Harry scherza hehehe.
I capitoli in tutto sono sette, tutti già pronti, scritti eccetera. Insomma, ho aspettato di finirla per pubblicarla.
E nieente, recensite, fatemi sapere cosa ne pensate.
Chi mi sonosce sa che io amo i gatti alla follia, quindi Lucille sarà abbastanza presente blblblbl
sciao belle.
with love,
@harryspatronus

ah, questa qui sotto è Lucille frgthyjuki

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Capitolo 2
*** Green ***



2. Green





La prima cosa che Louis notò in Harry, furono quei grandi occhi verdi.
Avevano lo stesso colore dei prati dove si stendeva quando era bambino e andava in campagna, facendo saltellare via qualche cavalletta che, spaventata, era scappata via. La tranquillità che quegli occhi trasmettevano solo facendosi guardare, era impressionante.
Louis cercò qualcosa da dire che non fosse totalmente imbarazzante, perciò pensò di chiedergli:
-T-Tu chi sei?
E in quel momento il ventunenne di maledisse pensando che quel ragazzo più giovane, ma più alto di lui, potesse mandarlo in posti poco carini per poi spingerlo giù dalle scale e porre fine alla sua vita.
Il giovane dai capelli ricci e castani lo osservò sorpreso, poi si mise a ridere. Louis notò che aveva una fila di denti bianca e dritta,
e quando sorrideva si potevano notare le fossette che gli conferivano un’aria innocente e infantile.
Il moro riuscì a fatica a reprimere l’impulso di premere l’indice sulle fossette adorabili del ragazzo, e si limitò ad arrossire.
Il giovane gli porse una mano, inclinando appena la testa riccioluta su un lato.
-Io sono Harry Styles, mi sono appena trasferito nell’appartamento accanto al tuo.-
Louis gli sorrise educatamente, stringendogli poi la mano. Il tocco gli causò una scarica di brividi, e il calore che la mano di Harry trasmetteva, avrebbe voluto portarlo con sé per sempre.
-I-Io sono…- tentò di parlare inutilmente. Perché Louis aveva improvvisamente dimenticato il proprio nome?
Sarà stato lo sguardo penetrante del ragazzo, o i due uccelli tatuati sul suo petto che spiccavano nonostante la presenza della maglietta bianca, o proprio quel petto, muscoloso e tutto da accarezzare.
Magari erano i capelli che forse erano ricci, ondulati, o semplicemente disordinati ma perfetti.
Forse, molto probabilmente, quasi sicuramente, erano tutte quelle cose messe assieme.
Harry gli risparmiò l’ennesima figuraccia, indicando con il capo il portone dell’appartamento di Louis.
-Louis Tomlinson, vero?- chiese conferma, arrossendo poi misteriosamente.
-N-Non sono un ficcanaso, è che ho sentito un miagolio proveniente dal tuo appartamento e l’o-occhio è caduto sul c-campanello-
Balbetto giustificazioni mentre si torturava le mani, quasi come a volerle distruggere.

A Louis piacevano le persone timide, quelle che arrossivano anche solo immaginando qualcosa che potesse metterle in imbarazzo.
Adorava il modo in cui le guance si imporporavano, regalando un’aria sbarazzina all’individuo che, consapevole di aver assunto le
sfumature di un pomodoro, abbassava lo sguardo assumendo una colorazione di rosso più evidente.
Della serie “arrossisco perché sono arrossito”.
Perciò quando gli occhi verdi di Harry osservarono il suolo, Louis si sentì smarrito per un attimo.
Come quando giocavi per otto ore consecutive a World o Warcraft, facendo salire di livello il tuo Blood Elf Hunter, e poi ritornavi alla realtà, chiedendoti come fosse possibile che quel mondo, quello vero, fosse così noioso e scontato.
O come quando leggevi Hunger Games ed eri immerso nell’arena insieme a Katniss, per poi chiudere il libro e guardarti intorno.
E ti domandavi perché fossi circondato da persone che non vivevano nei distretti, né a Capitol City, né a Panem.
Perciò lo smarrimento di Louis venne sostituito dallo strano bisogno di verde, di quel verde.

-Ti piacciono i gatti?- domandò allora con voce squillante, facendo ridurre radicalmente il rossore sulle guance di Harry.
Riapparirono le fossette, mentre Louis teneva a bada i pensieri poco casti che stava facendo su quel ragazzo.
Era bellissimo, indubbiamente. La scintilla che Louis avrebbe preferito non scatenare, conoscendo il dolore dell’amore non ricambiato.
-M-Moltissimo. A casa mia, ad Holmes Chapel, ho una gatta. Si chiama Dusty.- spiegò Harry animandosi improvvisamente,
come se parlare di quegli strani felini, pigri ma scaltri, potesse farlo sentire fisicamente e mentalmente bene.
Perché è questo l’effetto che un gatto ha su di te; l’eterna tranquillità.
Una tazza di cioccolata calda, dei biscotti al cioccolato, le coperte che ti attorcigliano le gambe come se fossi stato mummificato.
E poi c’erano le cose più belle di tutte: un camino con il fuoco scoppiettante e un gatto che non smetteva di fare le fusa e di
camminare sul libro che stavi tentando di leggere.
Se Louis avesse potuto paragonare Harry ad un animale, quello sarebbe stato il gatto.
Non sapeva perché, però ce lo vedeva bene con due orecchie feline fra quella massa di capelli, il naso nero e i baffi lunghi.
Se lo immaginava mentre strusciava la testa verso la sua spalla, facendo le fusa come era solita fare Lucille.
Louis si riscosse dai suoi pensieri stupidi, poi si avvicinò al suo portone per non dare l’impressione di aver appena sviluppato una qualche specie di dipendenza nei confronti di Harry. Fece un cenno con il capo verso la porta, sorridendo sornione al riccio.
-La mia gatta invece si chiama Lucille. Vuoi vederla?- domandò cautamente, mentre i battiti cardiaci aumentavano all’improvviso,
rincorrendosi l’un l’altro. Non voleva dare l’impressione di essere un maniaco o un pervertito, voleva solo essere gentile.
Harry sembrò riflettere un attimo sulla richiesta di Louis, se potesse fidarsi di un completo sconosciuto nonostante avesse degli occhi
che avevano una sfumatura tutta loro, quella che persino il mare e il cielo invidiavano.
Si morse il labbro inferiore, rischiando di uccidere Louis facendogli venire un infarto, poi sorrise e fece un passo avanti.

Ogni azione che quel ragazzo eseguiva, poteva essere una potenziale arma del delitto; ucciso da un sorriso, dalle sue labbra rosee e piene, dalle sue fossette.
Bel modo per morire, pensò Louis.
Harry gli si avvicinò ulteriormente per spiare oltre la porta appena aperta dal ragazzo, alla ricerca della palla di pelo vivente.
Senza volerlo – ma in fondo lo voleva eccome – sfiorò la sua spalla con quella di Louis. Finse di non dare troppo peso a quel semplice contatto fisico, poi sorrise sghembo, un sorrisetto che gli appariva sul volto solo in una circostanza: gatti simpatici nelle vicinanze.
Lucille era uscita dal suo nascondiglio ed era corsa con passetti veloci verso Louis, mentre il campanellino che portava al collo tintinnava impazzito. Louis l’aveva presa il braccio, e la gatta aveva cominciato a coccolarlo come solo lei sapeva fare.
Come solo lei faceva.
Strusciava la sua testolina contro il collo di Louis, mentre lui la teneva stretta fra le sue braccia possenti.
Harry si diede dello stupido, meravigliandosi di provare invidia per un felino per motivi diversi dal dormire, mangiare ed essere trattato come un Dio, dando in cambio qualche morso o leccata sulle mani.
Si chiese come si sentisse Lucille in quel momento, felicemente accoccolata fra le braccia del suo padrone che le sorrideva contento.
Si chiese in particolare, cosa si provasse a ricevere un sorriso del genere.
Perché Harry aveva ricevuto quel sorriso pieno d’amore solo da Jack, ma scoprì poi in futuro che era tutta una bugia.

La scommessa che il ragazzo aveva fatto con gli amici, ovvero far innamorare quel ‘frocio di Harry Styles’ di lui in un mese e mezzo.
E ci era riuscito, il bastardo, senza nemmeno il bisogno di sfiorarlo più del solito. Ad Harry erano bastate le parole dolci e di conforto,
i sorrisi, le carezze. Avrebbe dovuto capirlo che appena dette le famose parole, lui gli avrebbe riso in faccia e mandato a quel paese.
Era una ferita che bruciava ancora, nonostante fossero passati due anni.
Rimasero in silenzio, Harry e Louis, mentre Lucille riceveva coccole da entrambi e nel frattempo si deliziavano con il dolce suono delle sue fusa.
-Sono poche, le persone che saprebbero amarci più di quanto faccia un gatto.- Louis diede voce ai suoi pensieri, pentendosene subito dopo.
Probabilmente Harry gli avrebbe riso in faccia e sarebbe ritornato nel suo appartamento, chiedendogli di farsi curare da un buono psicologo.
Invece, le parole del riccio lo spiazzarono completamente.
-Già. E quando le troviamo, dovremmo tenercele strette.- sussurrò sovrappensiero, perso in un mondo nel quale lui era l’unico ad avere accesso. Grattò Lucille dietro l’orecchio destro mentre quest’ultima inclinava la testa, rilassata.
-La parte difficile, secondo me, è trovarle.- continuò Louis, sorprendendosi di quanto le mani grandi di Harry fossero perfette e delicate.
-Io invece credo che la parte più difficile sia amarle e tenercele strette, Louis.- ribatté Harry.
Diede un’ultima carezza a Lucille, poi sorrise a Louis e alzò la mano in segno di saluto.
-Ci si vede in giro, Lou. Posso chiamarti Lou, vero?-
Il moro annuì ridendo, trovando quel soprannome carino, a differenza di quello che gli appioppava la madre da quando aveva memoria.
-Beh, sempre meglio di Boo Bear.-
Risero entrambi, sentendosi stranamente bene, in pace con se stessi.
Un ragazzo dagli occhi verdi, uno dagli occhi blu, e un gatto che faceva le fusa.
Harry mise in mostra le fossette, facendo poi qualche passo indietro senza mai voltare le spalle al suo nuovo amico.
Subito dopo svanì nel suo appartamento, desiderando però di portare quel Louis con sé, a costo di trascinarlo per i capelli.





awww ed ecco il secondo capitolo di questa mini long diversa dalle altre.
sì, è diversa. insomma, chi è la cogliona che parla di gatti? HAHAHAHA IO, ECCO CHI.
comuuunque, volevo ringraziare le 9 persone che hanno recensito,
i membri del gruppo Facebook 'Larry Stylinson is the way', quelli che hanno messo la storia fra le seguite/preferite/ricordate.
vi amo tutte, sappiatelo.
Insomma, finalmente questi due si sono incontrati (in circostanze poco romantiche,
a meno che per voi rischiare la morte cadendo dalle scale non sia romantico. LOLLINO)
beh, e questo è quanto. Vi amo tutte.
Ed è raro che io ami tutte.
Di solito non amo nessuno.
Tranne i gatti, quelli li amo sempre.
E INFATTI HO TROVATO UN ACCOUNT INSTAGRAM CHE MI HA FATTA MORIRE DI DIABETE. 

http://instagram.com/nala_cat Non è bellissima?!
Boh, grazie a tutte/i ♥
al prossimo capitolo c:

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Capitolo 3
*** Cupcake ***








3. Cupcake






Per Louis Tomlinson, ogni giorno era quasi sempre lo stesso.
Si svegliava cinque minuti prima che la sveglia suonasse e rotolava giù dal letto, incespicando fra le lenzuola, solo dieci minuti dopo che essa suonava. Correva a mettere su l'acqua per il suo the della Twinings e nel frattempo sceglieva i vestiti da indossare, chiedendo qualche parere a Lucille.
-Meglio la camicetta azzurra, o la maglietta a righe?- e quella puntualmente annusava la sua preferenza, toccando con il nasino asciutto il tessuto morbido.
Poi metteva l'acqua bollente nella tazza e aspettava che si raffreddasse, mentre la bustina del the rilasciava i suoi aromi.
Mentre aspettava, riempiva di croccantini la ciotola di Lucille, fiondandosi poi in bagno per lavare la faccia, i denti, aggiustare i capelli alla bell'e meglio.
Inutile dire che, fra un'azione e l'altra, Louis inciampava nell'aria o sbatteva contro qualche oggetto.
Dopo essersi preparato, beveva il suo the -ancora bollente- e nella maggior parte dei casi se ne rovesciava un buon quantitativo sugli abiti a causa della fretta e della sua lingua ustionata. Correva a cambiarsi, finiva il suo the mettendosi in una posizione strategica per non farselo finire addosso invece che in gola, e poi prendeva le chiavi di casa.
E da quel momento in poi era una vera e propria corsa contro il destino, una sfida verso le leggi fisiche e divine.
Perché se Louis non rischiava di essere investito da un taxi che andava di fretta, o da uno di quegli imponenti bus rossi che caratterizzavano Londra, allora non era un giorno normale. La cosa più divertente, era che arrivava nella libreria dove lavorava con almeno cinque minuti di anticipo.
Fatto sta che Louis era contento della propria vita - lividi e rischi di morte a parte- , però desiderava quella scintilla,
quel fulmine a ciel sereno capace di farlo fermare, anche solo per un attimo.
Uno sguardo, una voce che riuscisse ad interromperlo mentre sceglieva la sua maglietta, o mentre si asciugava il viso.
Una voce che gli sussurrasse di stare attento a non inciampare contro le ciabatte, a spostarsi più in là perché altrimenti
rischierebbe di spaccarsi il bacino in mille pezzi, urtandolo contro il vaso.
Non una balia, no.
Una persona alla quale interessasse sapere come stava, cosa pensava, perché piangeva.
Louis desiderava disperatamente qualcuno che lo amasse, anche se non lo dava a vedere.
Per questo, quando quel giorno comprò quattro cupcake zuccherati, si sentì arrossire fino ai capelli notando Harry mentre imprecava sottovoce vicino al suo portone.
Louis deglutì a fatica, poi respirò profondamente, avvicinandosi al riccio.
-Qualche problema, ricciolino?- chiese con un sorrisetto sghembo, mentre il giovane si voltava di scatto, attirato da quella voce.
-Ehm... Non riesco ad aprire la porta.- balbettò sentendosi infinitamente stupido e incapace.
Quale idiota non sa aprire la porta di casa sua?,pensò fra sé e sé.
Louis scoppiò a ridere, scostando delicatamente il riccio per prendere poi possesso delle chiavi.
-Succedeva anche a me, all'inizio. Il trucco sta nello spingere la porta verso di te mentre giri la chiave nella toppa. Così.- spiegò eseguendo poi ciò che aveva appena detto.
Il portone si aprì, mostrando l'interno della casa di Harry. Era ancora abbastanza semplice, dato che il ragazzo si era trasferito lì solo due giorni prima da Holmes Chapel e aspettava che la madre gli spedisse gli ultimi scatoloni.
Però la mobilia era bella e invidiabile, tipico arredamento moderno. E cosa più bella, niente spigoli, né oggetti che desideravano la morte di Louis.
Sarebbe bello vivere qui, magari con questo tipetto, pensò Louis in un momento di follia.
Si ricompose in fretta, sorridendo radioso verso Harry che era arrossito nuovamente.
-Sono un imbranato.- borbottò osservando la punta delle sue Vans un po’ logore.

Harry aveva sempre pensato che le scarpe rispecchiassero un po’ l’animo di chi le portava.
Lo notava soprattutto dal disagio che provavano le persone quando indossavano scarpe non adatte alla propria personalità.
Perché lui riconosceva le ragazze insicure e timide su dodici centimetri di tacchi.
Avevano lo sguardo disperato di una che avrebbe preferito indossare delle ciabatte, invece che quei trampoli, anche se ad un ricevimento.
E lui si sentiva un po’ così, da quando Jack lo aveva preso bellamente per il culo: logoro, distrutto, straziato.
Ma in particolare usato fino allo sfinimento.
Perché Styles era stato usato per scopi infimi, una scommessa idiota che quell’imbecille doveva vincere.
Il cuore di Harry che batteva all’impazzata per lui, convinto di aver trovato una persona da amare e che lo amasse.
Perciò, a furia di essere usato a destra e a manca, sia per i compiti, per un favore, per un prestito, o per una scommessa, si sorprese quando Louis poggiò una mano sulla sua spalla, guardandolo preoccupato.
Non si era accorto di aver inavvertitamente stretto i pugni fino a far diventare le nocche bianche.
-Hey ricciolino, stai bene?- domandò con premura il moro, premendo il palmo della mano sulla fronte di Harry.
Se possibile, le guance gli diventarono ancora più rosse, imitando quelle di Louis che con quel piccolo contatto innocuo, sentiva lo stomaco in subbuglio.
-Credo proprio che qualcuno qui abbia la febbre.- sghignazzò Louis, spingendo poi Harry dentro casa e chiudendosi la porta dietro le spalle.
Non era tipo da entrare nelle case degli altri senza permesso, Louis.
Però aveva ancora quella strana sensazione, quello schifoso bisogno irrefrenabile di stare a contatto con Harry Styles.
Sentiva l’irrefrenabile bisogno anche di altro, però non lo diede a vedere, perché aveva imparato a sue spese che erano pochi i ragazzi ad accettare un amico omosessuale.
-Stenditi sul divano, mettiti una coperta addosso, una pezza bagnata in fronte e…- Louis esitò per un attimo, osservando la sua busta.
-E mangia questi cupcake, ti faranno bene.- gli fece un occhiolino per poi porgergli le prelibatezze dello Starbucks.
Harry fece per replicare, dicendogli che erano solo i brutti ricordi che lo scaldavano tanto, che sarebbe stato benissimo.
Però qualcosa lo fermò, costringendolo a sorridere per poi addentare un cupcake mentre farfugliava un ‘grazie’ a bocca piena.

Forse saranno stati gli occhietti vispi e azzurri di Louis, quella presenza che lui avrebbe voluto con sé da un paio di giorni mentre non smetteva di pensare al loro primo incontro. O forse fu soltanto quella beatitudine dell’avere qualcuno che si preoccupasse per lui,
qualcuno che non pensava ad usarlo, ma ad aggiustare ciò che in lui non andava.
E ce n'erano di cose che non andavano, in Harry Styles.
Tipo la perversione che gli pervadeva la mente mentre Louis era voltato, e lui era talmente impegnato ad osservare il suo fondoschiena,
tanto che smise persino di masticare il cupcake. Non si accorse nemmeno che Louis aveva voltato solo la testa per osservarlo curioso,
chiedendosi se davvero stesse osservando ciò che lui pensava. Harry non si accorse nemmeno che Louis si morse il labbro inferiore,
apprezzando quello sguardo vacuo del riccio.
-Harry, perché non mangi più? Non ti piacciono i cupcake?- lo interruppe, tentando inutilmente di nascondere una risatina.
Era bello, Harry. Bello da morire.
-N-No sono buonissimi, grazie.-
Fu solo un attimo, quello in cui i loro occhi si incontrarono. Verde nel blu, prato nel cielo.
Ma ciò che quel piccolo sguardo scatenò, lo capirono solo un po’ più tardi.
 


-Sicuro di stare bene?-
-S-Sì.-
Harry si torturava le mani mentre Louis osserva il volto pallido del riccio. Si alzò lentamente, scompigliando i capelli del ragazzo.
-Beh, allora rimettiti presto, ricciolino.- gli sussurrò cercando di non far sembrare suadente il tono di voce.
L’omosessualità era un suo segreto che andava custodito perfettamente, o avrebbe rischiato di ferirsi in modo irreparabile.
Se Harry avesse scoperto quel piccolo segreto, guardare a terra per non incontrare la scintilla, non sarebbe servito a nulla.
Louis cercava sempre di non innamorarsi, perché sapeva di non essere molto fortunato nelle sue scelte.
Aveva pensato di visitare qualche locale gay, ce n'era proprio uno a due chilometri da casa sua. Però Louis era strano, perché lui
teneva lo sguardo basso per non incontrare la scintilla fatale, ma desiderava comunque trovare la scintilla perfetta.
Sapeva di essere una causa persa, sua sorella Lottie glielo diceva sempre.
–Come te lo trovi un ragazzo, se non vuoi innamorarti?- e lui rispondeva sempre, e con convinzione:
-Perché la persona giusta per me deve sapermi raggirare, farmi innamorare senza che nemmeno me ne accorga.-
 
-Beh, allora rimettiti presto, ricciolino.-
Harry alzò di scatto lo sguardo, sapendo che quello era un modo per dire ‘ci vedremo quando sarai guarito’.
Ma Harry era già guarito; il problema era il caldo che veniva provocato dalla vicinanza con quel Tomlinson e la consapevolezza che su quel divano vi fosse poggiato il culo più bello dell’intero pianeta Terra.
Ma lui non voleva che Lou se ne andasse, perciò pensò di lanciargli un messaggio ben definito.
-Beh, guarirei più in fretta se qualcuno mi portasse quei cupcake.-
-Allora domani te ne porterò degli altri.-
Messaggio che arrivò alla perfezione.





hola babeeeee, ed eccoci al terzo capitolo hehehe c:
abbiamo scoperto qualcosa in più di Harreh che è un tenero cucciolo di foca.
Deluso da questo John che poi scoprirete più in là cosa ha combinato >.>
e poi c'è Lou che gli da i suoi cupcake, e prendono tipo un accordo segreto per vedersi più spesso *-*
li amo quei due. LI AMO. BAST.
Bene, ringrazio infinitamente le 18 persone che seguono questa storia, siete davvero
tutte zuccherose e vi abbraccerei. 
Boh, non ho molto altro da dire, perciò vi lascio con una gif c: 
minchia, come lo guarda. ♥

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Capitolo 4
*** Infinite. ***








4. Infinite.






Per quattro giorni consecutivi, le giornate di Louis non furono più le stesse.
Se prima si limitava a correre come Bolt per arrivare in tempo a lavoro, in quei giorni si sforzava di alzarsi un quarto d'ora prima.
E il motivo di quel miracolo -perché si trattava di un vero e proprio miracolo divino- era senza dubbio Harry.
Harry, il ricciolino diciannovenne e vicino di casa di Louis, che la sera prima aveva preso la febbre.
Se prima Louis metteva su l'acqua per una sola tazza di the, in quei giorni ne metteva il doppio perché non preparava una sola tazza, ma due. E quel semplice gesto, quel preoccuparsi di far raffreddare una semplice tazza di the per un'altra persona che non fosse lui, lo faceva sentire maledettamente bene.
Sorrideva mentre poggiava le due tazze sul vassoio, sorrideva come mai prima.
Persino Lucille si accorse del buon umore del padrone, tanto che gli si strusciava contro le gambe per non farlo andare via, gelosa.
-Smettila Lucille. Fammi fare le fusa.- sospirò il moro rivolgendosi al felino, che se ne andò indignato.
-Fortuna che gli umani non fanno le fusa come i gatti, altrimenti comincerei a farle come se non ci fosse un domani- borbottò fra sé e sé mentre teneva il vassoio in perfetto equilibrio, attento a non rovesciare il contenuto per terra come era solito fare.
Aprì la porta, riprese il vassoio e bussò alla porta di Harry utilizzando il ginocchio.
Si stava rendendo ridicolo, se ne rendeva conto, ma lo strano sorrisetto ebete non accennava a svanire.
Lo venne ad aprire un Harry con le occhiaie, capelli in disordine, corpo avvolto da una coperta blu come se fosse stato la Vergine Maria.
Troppo malconcio per avere una semplice febbre, notò Louis.
Ripensò al giorno precedente, quando Harry aveva persino smesso di masticare il cupcake per osservare incantato il suo sedere.
Ciò fece comparire un grande sorriso che mise sottosopra lo stomaco del riccio.
-Buongiorno, ricciolino. Dormito bene?- domandò Lou con voce squillante, entrando poi in casa.
Poggiò il vassoio sul tavolino di fronte al divano, poi mise il palmo sulla fronte di Harry.
Avrebbe desiderato spostare la mano sulla sua guancia all'apparenza morbida, magari accarezzarla con il pollice e subito dopo avvicinare piano il viso al suo...
-Come stai?- domandò schiarendosi la voce, scacciando quei pensieri fin troppo piacevoli dalla sua testa.
La sua mente correva a piede libero, e la verità era che non gliene fregava nulla se la fermava o no. Era sempre bello sognare.
-Oh... La febbre... Credo di averne ancora un po' , ma niente di grave.- Due fossette comparirono all’istante, il sorriso sincero di chi ha trovato un amico.
Harry ringraziò Louis per il the, poi cominciò a sorseggiare silenziosamente il liquido ambrato. Accanto a lui si sedette Louis,
che non si degnò nemmeno di spostarsi. Erano praticamente schiacciati l’uno contro l’altro, ma entrambi finsero di non darci peso.
La verità era che si stupivano entrambi del fatto che i loro cuori non fossero sul pavimento, tanto battevano forte.
 


Quando Louis arrivò in libreria senza il solito fiatone, si sentì bene come non gli succedeva da tempo.
Aveva avuto un approccio con il suo vicino di casa, non aveva corso, e aveva salutato Lucille come avrebbe dovuto fare un padrone responsabile…
Un momento.
Lucille!
Louis cercò nella sua rubrica il numero di Harry, per poi cominciare a mordersi furiosamente le unghie.
Lucille non l’avrebbe mai perdonato.
Rispose dopo qualche squillo, un Harry che sembrava essersi appena svegliato.
-Ehm, Louis?- il riccio si sorprese del fatto che il più grande lo stesse chiamando dopo neanche un quarto d’ora.
-Harry, devi farmi un favore grandissimo. Per la fretta di arrivare a lavoro, ho dimenticato di dare da mangiare a Lucille. Ora, so che tu hai la febbre e non puoi muoverti, ma dovresti farmi un favore.- Louis aspettò che Harry gli desse il suo consenso, poi continuò a parlare frettolosamente.
-Vai vicino al tappeto del mio portone e alzalo, ci sarà una copia delle mie chiavi di casa. Entra, e vai nella cucina, aprendo la prima anta che si trova sotto al lavandino. Prendi i croccantini di Lucille e riempi la ciotola più che puoi. Mi odierà a morte, quando tornerò a casa mi ucciderà per non averle messo da mangiare- si lamentò Louis, facendo però sorridere il riccio che lo trovava terribilmente premuroso e tenero.
-Ok Lou, ma ad una sola condizione.-
Louis tese le orecchie, e per un attimo la sua mente viaggiò in un universo parallelo, dove la condizione di Harry era un bacio.
-Voglio un cupcake extra per questo favore.- scoppiarono entrambi a ridere, poi si salutarono.
Cosa mi salta in mente?,pensò Louis. Harry deve essere la persona più etero di questo mondo, poco ma sicuro.
 

 
Harry eseguì le istruzioni del ragazzo, accarezzando una Lucille alquanto arrabbiata per essere stata messa da parte.
Mangiava i suoi croccantini quasi con stizza, come se si fosse offesa talmente tanto da mettere la fame in secondo piano, per dare spazio al suo orgoglio smisurato.
Harry più la osservava, più si chiedeva perché non fosse un gatto anche lui.
Magari proprio il gatto di Louis, che poteva dormire con lui, mangiare con lui, guardarlo mentre si spogliava.
-Beata te, che puoi strusciarti contro Louis quanto ti pare.- il riccio emise un sospiro sognante, sorridendo poi malizioso mentre faceva pensieri che è meglio non scrivere.
Però quel sorriso scomparve quando ritornò vicino al portone di casa sua, pronto a spaparanzarsi sul divano.
Rimase per due minuti buoni, ad osservare la porta chiusa.
E le chiavi che non aveva.
 
 

Quando quella sera Louis tornò a casa sua con una busta contenente cinque cupcake, si stupì nel trovare un Harry imbronciato seduto sull’ultimo gradino delle scale.
Il riccio lo guardò sconfortato mentre si mordeva la lingua, pregando che Louis non rifiutasse la sua offerta.
-Hey ricciolino, cosa è successo?- domandò sedendosi accanto a lui, mentre la sua mano scompigliava i capelli del più piccolo.
Louis trovò i capelli di Harry morbidi e profumati, desiderando di poterli accarezzare per sempre. Si chiedeva come si sarebbe sentito nell’accarezzare quei capelli prima di andare a dormire, e inconsapevolmente arrossì. Sapeva che quel ragazzo stava avendo uno strano effetto su di lui, ma per qualche ragione non tentava di sopprimere quelle belle sensazioni, quei sorrisi ebeti e spontanei che nascevano appena apriva gli occhi, appena osservava quelle fossette, quel verde che improvvisamente era diventato il suo colore preferito.
Harry sospirò amaramente cercando di sembrare più dispiaciuto di quanto non fosse in realtà.
-Sono andato a dare da mangiare a Lucille e… sono rimasto chiuso fuori. Ho dimenticato dentro casa le chiavi e il cellulare.- sbottò,
cercando di non pensare a ciò che Louis credeva di lui.
Quando Tomlinson scoppiò a ridere talmente forte da accasciarsi sulla sua spalla, sorrise teneramente.
-Oh Dio, pensavo di essere l’unico imbranato su questo pianeta, ma a quanto pare ci sei anche tu a farmi compagnia!- esclamò euforico mentre sbatteva i piedi a terra, ridendo. Harry si morse il labbro inferiore, credendo che il più grande lo stesse chiaramente prendendo in giro.
La verità era che Louis era sollevato, perché credeva che Harry fosse talmente perfetto da essere ancora più irraggiungibile.
E per lui, per quel moro imbranatissimo e dagli occhi azzurri, sapere che il vicino di casa per la quale aveva una cotta aveva la capacità di sbagliare tanto quanto gli altri, era una vera e propria liberazione. Quando si accorse dello sguardo imbarazzato del più piccolo, si limitò a prendergli una guancia fra indice e pollice, stringendola.
-Dai, ricciolino. Ora andiamo a casa, mangiamo questi cupcake, e poi chiamiamo un fabbro. Ci stai?-
Harry si voltò a guardarlo, cercando di decifrarne l’espressione del volto. Sorrideva, le labbra sottili e rosee più invitanti del solito.
Harry non aveva mai visto labbra più belle di quelle, né a Holmes Chapel, né a Londra. Erano davvero belle e da baciare, e il cuore gli si strinse in una morsa quando realizzò che quelle labbra non appartenevano a lui.
-Non so… La tua ragazza forse vorrà passare del tempo con te…- disse Harry, cercando di mascherare la sua infinita curiosità sulla vita privata di Louis.
Cosa avrebbe fatto se Louis avesse confermato di avere una fidanzata? Sapeva solo che il mondo gli sarebbe crollato addosso, assieme a tutte le speranze che gli facevano compagnia durante la notte.
E se lo baciassi?
E se mi baciasse?
Perché Harry non osava più, aveva imparato a sue spese che osare troppo l’avrebbe solo deluso. Lui partiva pensando in negativo, così da sviluppare gli anticorpi verso qualsiasi tipo di delusione. Aveva capito, grazie alla sofferenza che Jack gli aveva causato, che non serviva lasciarsi andare. Bisognava stare sull’attenti, pronti all’ennesima pugnalata.
-Ragazza? Io non ho una ragazza.- rispose Louis, facendo una smorfia quasi disgustata.
Ma non sapeva perché, da quando conosceva Louis stava uscendo fuori dai gangheri.
Osava un po’ di più.
 
 
 
-Lucille, salta in faccia ad Harry, non può battermi!- strillò Louis mentre con la lingua fra i denti a causa della concentrazione, premeva i tasti a caso sul joystick della sua x-box. Dopo aver mangiato i cupcake avevano deciso di fare una partita a PES, e Harry era in netto vantaggio.
-Che c’è, Boo Bear, odi il fatto che il tuo vicino ti stia battendo, eh?- urlò Harry in preda all’euforia.
Louis sobbalzò sentendosi chiamare con quel nome, ma la voce di Harry contribuì a renderlo più bello, persino accettabile per uno come lui che a stento sopportava che la madre lo chiamasse in quel modo.
Se c’era una cosa che aveva capito di Harry, era che tendeva a diventare violento mentre giocava.
Imprecava sottovoce anche se poi si mordeva la guancia, si teneva il labbro inferiore fra i denti mentre studiava una tattica di gioco, i muscoli definiti e tatuati si tendevano, mettendone in risalto la forma che Louis invidiava.
“Invidiava” nel senso che sapeva di non poterli toccare come lui desiderava.
Alla fine, entrambi avevano lasciato scorrere il tempo fin quando non era arrivata la mezzanotte e avevano deciso che era troppo tardi per chiamare un fabbro.
Il modo in cui si cercavano, elaboravano scuse pur di stare insieme, sarebbe piaciuto a chiunque. Tutti avrebbero capito gli inganni ingenui che escogitavano, pur di non allontanarsi troppo.
-Se perdo questa partita, ti farò dormire sul pianerottolo.- lo rimbeccò Louis con stizza, osservando poi con la bocca spalancata lo schermo della tv.
Aveva perso con un punteggio di 10-0.
E si pose una domanda, in merito a quei numeri.
Da 0 a 10, quanto sei incasinato con Harry Styles e la cotta stratosferica per lui?
Dieci.
Elevato all’infinito.






Bene bene, eccoci al quarto capitolo di questa schifezzuola, fuck yeah.
Mancano solo tre capitoli, e la storia sarà finalmente conclusa. 
Siete contente, vero? Ditelo che vi fa cagare, non mi offendo >.>
In questa minilong sono sempre stranamente dolce, mi faccio cagare da sola YEAH.
Bene, Harry lo stupido rimane fuori casa e ora deve dormire da Louis.
MA NON PENSATE MALE, non faranno bum bum. Per adesso. HEHEHE
E niente, lasciatemi una recensione, non mi cagate mai :(

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Capitolo 5
*** Nightmare ***






5. Nightmare










-Bene, io dormo sul divano e tu prendi il mio letto, va bene?-
Harry si torturò le mani imbarazzato, mentre Louis lo conduceva verso la sua camera da letto.
Lo spirito combattente del ragazzo che gioca all’ x-box era svanito, lasciando il posto a quella timidezza e a quelle gote rosse che a Louis piacevano troppo.
Gli sarebbe piaciuto dirgli ‘Hey Harry, che ne dici di dormire insieme?’ ma sapeva che avrebbe rischiato una denuncia, perciò rimase in silenzio.
Avevano parlato tantissimo, quella sera. Avevano parlato delle loro famiglie, della loro infanzia, delle loro ambizioni.
L’unica cosa della quale non avevano parlato, era delle loro paure, delle loro insicurezze, della loro omosessualità che cercavano di nascondersi l’un l’altro per paura di perdersi. Harry avrebbe desiderato parlargli di Jack, di come i primi tempi si sentiva talmente male da rannicchiarsi nel suo armadio, piangendo tutte le lacrime.
Non gli aveva detto neanche di quando era arrivato al punto da urlare contro sua madre che gli chiedeva di uscire, mentre lui non osava neanche affacciarsi ad una finestra a causa della paura insensata di trovare qualcuno che gli ridesse in faccia, urlandogli dietro insulti poco amichevoli.
Era andato via da Holmes Chapel, si era trasferito a Londra per continuare gli studi.
Harry voleva fare lo psicologo, voleva capire il cervello dell’essere umano, sentir parlare le persone delle sue paranoie, aiutarle.
Perché nessuno aveva aiutato Harry, la gente aveva solo contribuito a farlo star male.
-Ehm, se vuoi dormo io sul divano. Voglio dire, è casa tua e io sono stupido, perciò…-
-Toglitelo dalla testa, sei mio ospite. E poi no, non sei stupido. Ammettilo, cercavi una scusa per avere Lucille tutta per te.- Louis gli fece un occhiolino,
dandogli poi un pantalone di una sua tuta per permettergli di cambiarsi, e il riccio si sentì morire.
 
 
Incubi.
Harry aveva di nuovo quegli incubi.
Vedeva Jack che gli sorrideva, i baci sulle guance, gli abbracci, le parole dolci. Ricordava tutto così nitidamente, come se li stesse rivivendo tutti, quei brutti ricordi.
Cercava di fuggire, ma Jack era sempre lì con i suoi amici, pronto a ricordargli quanto fosse ridicolo.
Come aveva fatto a pensare che quel ragazzo perfetto potesse amare un concentrato di imperfezioni come lui?
Nessuno ti amerà mai, gli avevano detto.
Sei solo un patetico frocio, perché non ti metti una collana di corda al collo, e non ti ammazzi?, gli ripetevano spesso.
Già, perché Harry non si era ammazzato? Aveva desiderato farlo, porre fine alla sua vita gettandosi da un palazzo o inghiottendo un notevole cumulo di farmaci.
Ma perché non l’aveva fatto?
Paura.
Paura di morire, di non trovare nulla oltre la vita se non il profondo nero.
E quindi Harry si ostinava a soffrire, pensando che in fondo era meglio vivere di merda, che non vivere affatto.
Quando aprì di scatto gli occhi, il respiro affannoso e le lacrime che scorrevano sulle guance, osservò il soffitto della camera di Louis.
E gli tornò in mente il loro primo incontro, i cupcake, la sua risata, il suo sorriso, la sua mascella, i suoi capelli.
Le lacrime cessarono di scorrere, il respiro cominciò a regolarizzarsi.
Perché Harry non si uccideva, oltre che per paura?
Speranza.
Speranza di poter essere amato da Louis.
 


Louis non riusciva a chiudere occhio, troppo occupato a pensare a quel riccio che si trovava a pochi metri da lui, nella sua stessa casa.
Pensava che ci stesse davvero bene, fra quelle mura. Era convinto che fosse un abbinamento perfetto. Harry e la casa di Louis.
Harry che ci vive, nella casa di Louis.
La tachicardia che aveva da un’ora a quella parte non si era arrestata, e per un attimo credette che sarebbe morto quella notte a causa di un infarto.
Poi sentì un rumore sommesso, come se qualcuno faticasse a respirare e stesse avendo un attacco d'asma. Si alzò di scatto, mentre vedeva tutto nero per qualche secondo.
Sapeva a chi appartenevano quei sospiri sull’orlo del pianto. Entrò in camera sua, osservando un Harry seduto sul materasso mentre aveva la testa fra i capelli.
In quel momento gli sembrò così fragile, così spaventato dal buio che lo circondava e allo stesso tempo così abituato.
Stava piangendo, se ne accorgeva dal modo in cui il suo petto sussultava. Si avvicinò con cautela, cercando di non spaventarlo.
-Hey ricciolino, stai bene?- sussurrò preoccupato, mentre gli occhi lucidi del più piccolo osservavano impauriti quelli del più grande.
-S-Sì, ho solo f-fatto un-un incubo.- balbettò tirando su col naso. Louis gli si avvicinò, porgendogli un fazzoletto che aveva preso dal comodino accanto al letto, poi si sedette accanto a lui.
-Che tipologia di mostro hai sognato per ridurti così, eh?- cercò di allentare la tensione, mentre accarezzava piano la schiena di Harry che si rilassava sotto a quel tocco.
-Mostri del passato. Il problema è che non sono nemmeno così brutti.- Harry rise amaramente, mentre soffiava il naso.
-Vuoi… Vuoi che rimanga con te? Forse non sono un combattente nato contro i mostri, ma posso provarci a tenerli lontano.-
Gli occhi di Harry furono illuminati dalla luce lunare proveniente dalla finestra, e ciò gli diede la possibilità di guardare meglio il viso di Louis.
Aveva voglia di baciarlo sin da quel loro primo, disastroso incontro. E in quella stanza, quella notte, mai il desiderio fu più pressante.
Socchiuse gli occhi, avvicinandosi impercettibilmente alle labbra di Louis, che all’inizio non capì cosa stesse succedendo, vedeva solo la sua ombra protrarsi verso di lui.
Ancora qualche centimetro, e Harry avrebbe spazzato via tutta quella bella amicizia che stava costruendo.
L’avrebbe baciato, pur sapendo che lui non l’avrebbe mai ricambiato.
Sentiva il respiro caldo di Louis sulla pelle, mentre lui lo tratteneva, incapace di respirare.
Sentì uno scampanellio, poi un nuovo peso sul materasso.
Strillò per poi nascondersi dietro alle spalle di Louis, coraggioso com’era. Tomlinson scoppiò a ridere, mentre accoglieva una Lucille notturna fra le sue braccia.
-Hey Lucille, vuoi farci compagnia?- chiese al felino che rispose con un misto tra un miagolino e il suono delle fusa.
Harry si sentì rassicurato da quel rumore, ripensando poi a ciò che stava per combinare qualche secondo prima.
Tossicchiò in imbarazzo, dandosi dello stupido per aver pensato che Lucille fosse in realtà un mostro che abitava negli armadi.
L’accarezzò piano, mentre questa si sovrapponeva fra i due ragazzi come a marcare il suo territorio su Louis.
Poggiò infatti la testolina sul petto del ragazzo, mentre chiudeva gli occhi e cominciava a fare le fusa.
Il suono tranquillizzò entrambi i ragazzi, mentre cercavano di osservare la palla di pelo e non negli occhi.
Il più grande cercava ancora di capire se Harry avesse provato a baciarlo, o se fosse stata solo autosuggestione, dovuta al fatto che lui desiderava Harry,
ne era completamente cotto. E a quel punto Louis capiva che per quanto si sforzasse di guardare a terra mentre camminava per paura che scoccasse quella scintilla, che arrivasse il colpo di fulmine per il ragazzo sbagliato, ormai non c’era più nulla da fare.
Si era distratto per un secondo quel giorno, e il verde di Harry lo aveva brutalmente rapito.
 


Quando Harry si addormentò con una mano sulla pancia di Lucille e la testa vicina al petto di Louis, il moro sorrise felice.
Per la prima volta dopo tanto tempo, si sentiva bene con se stesso, nel posto del mondo adatto ad uno come lui.
Avvertiva la leggerezza palpabile di quella sensazione, e i due rumori che amava di più al mondo: il respiro profondo di Harry, e le fusa di Lucille.
Erano quelli, i momenti che Louis avrebbe conservato per sempre in un posto blindato del suo cuore, quello dove nei momenti bui puoi avere l’accesso,
e ricordarti perché devi ancora sorridere. Non sapeva quanto avrebbe sofferto, sentiva solo quella felicità immensa del trovarsi lì nel suo letto,
con la testa riccia di Harry poggiata sul petto, e quella di Lucille dall’altro lato.
Bellissimi animali, i gatti. Sono così affascinanti e indipendenti, ottengono ciò che vogliono senza troppi sforzi perché sanno che non gli verrà negato.
Era anche per quel motivo, che Louis desiderava essere un gatto.
Voleva essere felice e rendere felici le persone che amava, solo facendo ciò per cui era stato creato, ciò che era nella sua natura.
Era come quando lui faceva quella piccola richiesta a Lucille che lei subito eseguiva, facendolo rilassare da matti.
-Hey Lucille, fammi le fusa.-
 
 

 
Quando Louis si svegliò, accecato dal sole del mattino, sorrise.
Sorrise perché quello era il suo fottuto giorno libero, e poi sorrise perché c’era Harry a casa sua.
Harry, che non era più nel suo letto.
Si alzò di scatto entrando nel panico, mentre la sua mente già viaggiava su un altro binario.
Forse ha chiamato il fabbro e se n'è andato a casa sua. O Magari russavo troppo forte e ha davvero dormito sul pianerottolo,pensava.
Andò a passo svelto in cucina, inebriato da un profumo nuovo per la sua casa.
Quando entrò nella stanza dove giacevano i fornelli, strabuzzò gli occhi, affascinato.
Un Harry Styles con tanto di grembiulino stava cucinando delle crepes, mentre quelle già fatte le cospargeva di nutella e vi cospargeva sopra dello zucchero a velo.
Quando sentì il rumore di una sedia che strusciava, si voltò improvvisamente, trovando Louis che lo osservava curioso.
Gli piaceva, svegliarsi sapendo che lui era lì. Lo tranquillizzava, in qualche modo.
-Ehm, per ringraziarti dell’ospitalità ho pensato di prepararti la colazione. E ho già dato da mangiare a Lucille.- aggiunse sorridendo spontaneamente, mentre Louis perdeva qualche battito.
-E le hai anche cambiato la lettiera?- domandò Louis, serio più che mai. Evidentemente Harry aveva troppa paura di contraddirlo, per notare il sarcasmo.
-N-No, ma se vuoi lo faccio subito.- rispose apprestandosi a togliersi il grembiule.
Louis si alzò in fretta, ridendo sghembo. Poggiò una mano sulla spalla di Harry, sorridendogli quasi con malizia.
-Scherzavo, ricciolino.- sussurrò con tono seducente, mentre la sua mano indugiava sul punto in cui dovrebbero spuntare le ali.
Perché per lui Harry era un angelo, uno di quelli che li trovi una sola volta nella vita. Ripensò alla notte appena trascorsa, a quel movimento ambiguo nel buio,
che per un attimo gli aveva fatto pensare che forse il riccio stesse per baciarlo.
Perciò gli pose quella domanda, quella che avrebbe mandato in frantumi tutta la felicità che si stava costruendo.
-Cosa stava succedendo ieri sera, Harry?-






lollino, l'avevo detto io, che non li facevo baciare >.>
sono troppo simpatica, vero? LOOL
Bene, non ho molto da dire, se non che ringrazio tutte le persone che recensiscono, leggono.
Vi adoro, siete delle persone davvero belle e niente, vorrei abbracciarvi tutte.

Questo capitolo è per Eleanor Calder, la beard che purtroppo deve sopportare tutti gli insulti.
È solo il tuo lavoro, lo stai facendo bene. ♥

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Capitolo 6
*** Hide and seek ***




6. Hide and seek (the end)




Probabilmente, Harry pensò che la domanda posta da Louis riguardasse l’incubo avuto quella notte. O almeno sperava.
In quel momento stavano mangiando le loro crepes, e lui si chiedeva se valesse la pena confidarsi con lui, esporsi a tal punto da essere mandato via a calci.
-U-Una persona mi ha fatto soffrire, ad Holmes Chapel. Ha finto di amarmi quando in realtà era tutto a causa di una scommessa. La gente poi ha cominciato a prendermi in giro, e così ho deciso di trasferirmi qui, lontano da quelle lingue maligne. Però gli incubi sono rimasti, non vanno via.- spiegò con tristezza,
mentre il sorriso di Jack faceva capolino nella sua mente distrutta. Era sempre stato così carino con lui, come aveva fatto a fingere talmente bene da far innamorare Harry in così poco tempo?
-I-Io ero innamorato di una presa in giro.- sussurrò a mezza voce.
Louis decise di non chiedere altro, perché lo sguardo di Harry parlava da solo e anche fin troppo bene.
Si avvicinò ad Harry quel tanto che bastava per avvolgerlo fra le sue braccia, offrendogli la protezione che probabilmente non aveva mai avuto.
Rimasero abbracciati in quel modo per qualche minuto: la schiena di Harry circondata dalle braccia di Lou, mentre la sua maglietta diventava un appiglio
alla quale le mani di Harry si erano disperatamente aggrappate per non cadere a pezzi.
E Louis capì che Harry non era solo un ragazzo dai bei ricci e dalle fossette adorabili. Era fragile, spezzato dentro da un dolore antico e inaccettabile.
Si chiese chi fosse la persona che l’aveva fatto soffrire a tal punto.
-Che troia che è stata.- sussurrò al suo orecchio per cercare di consolarlo, ottenendo l’effetto contrario.
Harry si morse violentemente il labbro, sperando di non scoppiare furiosamente in lacrime.
Perché l’idea che Louis pensasse che fosse etero non faceva altro che ucciderlo nuovamente, ancora e ancora.
Come avrebbe fatto Louis ad accettare la sua omosessualità, se non ne sospettava nemmeno l’esistenza? In quel preciso istante,
Harry capì che si stava esponendo troppo, stava uscendo fuori dal muro che aveva costruito attorno a sé.
Fu per quel motivo che si staccò Louis, chiedendogli di chiamare un fabbro per ritornare a casa sua.
Avrebbe tagliato qualsiasi contatto con Louis Tomlinson, a costo di sentire il suo cuore sanguinare, chiedendo pietà.
 
 
 
Harry si accasciò contro la porta di casa sua, cominciando a piangere.
Aveva preso quella decisione da poche ore, e già sentiva un peso opprimente sul petto.
Forse stava sbagliando tutto, forse avrebbe dovuto solo accettare il fatto che per Louis non sarebbe stato altro che un amico e andare avanti con la sua vita.
Magari un giorno avrebbe incontrato qualcuno come lui, si sarebbe innamorato e sarebbe stato felice.
Magari Louis lo avrebbe capito in quel modo, che il suo amico era gay.
Pulì con la manica della felpa una lacrima che stava scorrendo lungo la sua guancia, poi prese il cellulare.
Quando la voce calda e tenera di Anne riecheggiò nelle sue orecchie, si sentì subito meglio.
Parlarono di molte cose, Harry accennò persino al suo vicino di casa che era stato gentile.
Non gli parlò della cotta stratosferica che aveva preso lui, degli incubi che lo tormentavano.
E non parlava ad Anne dei suoi incubi per un motivo ben preciso.
-Ora devo andare, Harry. Ah, comunque ti saluta quel tuo amico, com’è che si chiama? Ah sì, Jack!- esclamò lei, felice.
E Harry Styles capì che era stato uno stupido a credere anche solo per un attimo che tagliare i ponti con Louis fosse stata una pessima idea.
Già. Sua madre non sapeva cosa Jack aveva fatto a suo figlio.
Anne non sapeva degli incubi, di quante volte avessero sussurrato ad Harry che doveva morire.
 
 
 
 
-Lou, cosa ti succede?-
Una settimana dopo, Louis era in libreria con lo sguardo perso nel vuoto.
Il suo collega, Max, l’osservava curioso e un po’ apprensivo, domandandosi cosa stesse accadendo al suo solare collega di lavoro.
-Niente.- rispose secco il moro, ponendosi delle domande.
Perché Harry non gli parlava più? Cosa aveva sbagliato? Però di risposte non ne trovava mai, e si limitava a sbuffare.
Forse aveva intuito qualcosa. Magari aveva capito che era gay e gli faceva schifo tanto da non volerlo nemmeno più vedere, pensava sempre.
-Certo, niente. E io sono castano.- rispose l’amico, indicando i suoi capelli biondo platino. Louis sorrise, ma i suoi occhi erano diversi.
-Credo di essermi tipo… innamorato.- confessò con voce tremante, mentre il ragazzo esultava, abbracciandolo.
-Wow amico, era ora. E dimmi, chi è il fortunato?- domandò ingenuamente, scatenando una miriade di farfalle nello stomaco del moro al solo pensiero di occhi verdi e capelli ricci.
-S-Si chiama Harry, però… lui è etero e non mi parla da una settimana. Forse se n'è accorto.-
Il collega sbuffò spazientito, trascinando una sedia accanto a quella di Louis per poi sedersi. Osservò l’amico negli occhi, paziente.
-Uno: scommetto che è il tuo vicino di casa. Due: se è il tuo vicino di casa, quello che ha dimenticato le chiavi di casa sua e ha dormito da te,
da quello che mi hai raccontato non sembra proprio il massimo dell’eterosessualità. Tre: io non sono gay, però se lo fossi e mi piacesse
un ragazzo, mi farei i complessi mentali, capisci? Mi chiederei: e se lui non mi accettasse?-
Louis rifletté sulle parole dell’amico, trovandole abbastanza veritiere. Lui per primo non aveva confessato ad Harry le sue preferenze sessuali.
-E poi scusa, mi hai detto che questo tipo ha sofferto, no? E se non volesse soffrire ancora? Se ti stesse allontanando per non farsi del male?-
Ora Louis sentiva una calda scintilla di speranza brillargli dentro, mentre i pezzi del puzzle, quei pochi che aveva, si incastravano.
Harry aveva parlato di una persona, non di una ragazza che lo aveva fatto soffrire.
Il modo in cui quella sera osservava incantato il suo lato B, faticando persino a masticare.
La curiosità di sapere se avesse una ragazza, anche se l’aveva chiesto in un modo tutto suo, quasi convinto di aver ragione di pensare che Lou fosse impegnato.
Quella richiesta indiretta di passare a trovarlo anche il giorno dopo, portando dei cupcake per farlo guarire.
Louis si alzò, facendo sobbalzare il ragazzo.
-Ti bacerei se non fossi già innamorato di Harry e tu non fossi etero. Perciò mi limito a dirti un ‘grazie’. Non ti dispiace se vado via prima, vero?-
Max scoppiò a ridere, alzando poi i pollici all’insù per dare il suo consenso.
Louis cominciò a correre, come faceva da tempo quando doveva arrivare puntuale a lavoro o sarebbe stato licenziato.
Quella volta però correva per arrivare in tempo da Harry.
Prima che perdesse il coraggio.
 
 
 
 
Corse più che poté, arrivando vicino al portone di Harry con una mano sul cuore e il respiro mancante.
Si concesse due minuti per riprendere fiato, e per cercare qualcosa di sensato da dire al riccio. Voleva che confessasse, volente o nolente.
E anche se a Louis dispiaceva, sapeva che avrebbe dovuto usare la carta della vittima.
Perciò bussò a quella porta che da una settimana non si apriva più al suo arrivo, mentre aspettava trepidante che la testa di Harry facesse capolino.
Naturalmente Harry Styles aveva minuziosamente studiato gli orari di Louis, appuntandosi mentalmente quando usciva di casa e quando tornava,
così da sapere quando aprire quella porta e quando invece doveva rimanere ben chiusa.
Perciò quando quella mattina sentì il campanello suonare e una mano che bussava alla porta, pensò fosse il postino, o qualunque altra cosa.
Ma non Louis.
E quando l'aprì, trovandosi quegli occhi azzurri che lo guardavano offesi, tentò persino di chiudergli senza successo la porta in faccia.
Tomlinson però fu più furbo e, da un impeto dettato anche dalla rabbia per essere stato evitato, spinse il portone per entrare senza troppi complimenti.
La richiuse, voltandosi poi verso un Harry che somigliava più ad un cucciolo di foca, che ad un essere umano.
-Perché mi eviti?- sputò Louis, incrociando le braccia al petto. Si sentiva ferito, anche un po’ usato.
Harry cominciò a guardare il pavimenti di casa sua, non riuscendo più a reggere quella situazione.
-M-Ma io n-non ti sto evitando.-
Louis roteò gli occhi al cielo. –Certo, come no. Busso a casa tua e non mi apri. Poco fa mi hai aperto, e mi stavi richiudendo la porta in faccia. Dimmi perché, Harry.-
Il riccio sentiva le lacrime brillargli negli occhi, ma sapeva di non poter cedere.
Era già abbastanza difficile evitarlo, perché non contribuiva a rendere quel dolore meno intenso?
-Senti Lou, io credo sia meglio non… non frequentarci più. È complicato da spiegare…-
-Oh, no che non lo è.- lo accusò Louis, alzando il tono della voce. Forse aveva capito male, forse aveva letto male i segni.
-È perché sono gay, vero?- chiese di getto, mentre i suoi occhi azzurri guardavano con rabbia quelli verdi.
Harry strabuzzò gli occhi, boccheggiando in cerca d’aria e di parole da dire. Pensava di aver sentito male, o di aver avuto le allucinazioni.
-C-Cosa? Tu… Tu sei gay?- domandò stupefatto, mentre una nuova speranza si faceva strada nel buio tunnel delle sue insicurezze.
Louis la vide, quella scintilla nel verde intenso, ma decise di mantenersi sulla sua posizione.
-Sai che ti dico, Harry? Che hai ragione, non dovremmo essere nemmeno più amici. Del resto, quale ragazzo omofobo vorrebbe un frocio come amico, no?
Quale stupido ragazzo etero desidererebbe un amico omosessuale senza la preoccupazione di camminargli davanti? Avanti, Harry. Pensi che io non li senta i commentini delle ragazze che cinguettano: ‘oh, è proprio un peccato.’? Oppure quelli dei ragazzi che osservano il mio culo e si chiedono quante volte io l’abbia preso dentro?-
Ormai aveva perso il controllo, sentiva un peso sul cuore che pian piano stava svanendo, mentre affrontava le sue paure a voce alta.
Harry lo ascoltava affascinato e impaurito, sentendosi capito da qualcuno.
-Tu non lo sai Harry, quanto faccia schifo vivere in un mondo dove se non sei come loro, allora sei sbagliato. Ho passato la vita ad evitare gli sguardi della gente, ad osservare le mattonelle mentre camminavo per strada per paura di innamorarmi di qualcuno alla quale io potessi fare schifo.
E mi è bastato distrarmi un fottuto attimo –nella quale, lasciamelo dire, stavo pure per morire- e boom, affanculo ogni proposito.
Sì, mi sono innamorato di te e mi sta al cazzo il fatto che fra tutti i mongoloidi della quale potevo innamorarmi, ho scelto un ragazzino omofobo!-
sbatté un piede a terra preso da un impeto di rabbia, mentre Harry cominciava a sorridere pian piano.
Era gay, proprio come lui. E aveva detto che era innamorato di lui, nonostante pensasse che fosse omofobo.
-Forse sono state quelle tue fossette di merda. Sì, sono state sicuramente quelle, a farmi perdere la testa per te. Oh, per non parlare dei tuoi muscoli, dei tuoi tatuaggi, delle tue labbra, dei tuoi occhi, dei tuoi capelli. Ah, ma vogliamo parlare del carattere? Sei tutto ciò che desidero, tutto ciò che mi serve per vivere in pace con il mondo.
Ma ormai è andato tutto a puttane, perciò buona giornata.- concluse, voltandosi per riaprire la porta.
 
 
 
 
Non era mai stato uno troppo bravo con le parole, Harry.
A dire la verità, a volte preferiva dimostrarle le cose, invece che parlare per far capire quanto siano vere.
Perciò quando vide Louis Tomlinson, il ragazzo della quale si era innamorato, lasciare casa sua per entrare nell’appartamento affianco,
capì che era il momento di dimostrare quanto quel ragazzo si sbagliasse sul suo conto.
Infatti gli corse dietro, urlandogli di aspettarlo. E quando vide che il moro non lo ascoltava, capì che ciò che aveva in mente di fare, era l’unica soluzione.
Poggiò una mano sulla sua spalla, utilizzando tutta la sua forza per voltarlo nella sua direzione.
Dopodiché lo sbatté violentemente contro la porta, mentre Louis spaventato dalla sua altezza e dalla forza impiegata in quel gesto, strabuzzava gli occhi.
Un secondo dopo, le labbra rosee e carnose di Harry si poggiarono prepotentemente sulle sue, mentre Louis nella sua testa eseguiva un balletto ridicolo e felice. Mise una mano dietro alla nuca del riccio, attirandolo verso sé tanto che sembrava volersi mescolare del tutto, con Harry.
Sentì il battito cardiaco accelerare talmente tanto da fargli male, mentre il respiro cominciava a mancare.
I baci smisero presto di essere casti, diventando più esigenti, passionali, pieni di spiegazioni non date.
Un ragazzo mi ha preso in giro e da allora non mi fido più di nessuno, Louis.
Questa società mi ha insegnato che è meglio camminare a testa bassa, altrimenti ti metti nei pasticci, Harry.

 
 
 
 
Ma mentre Harry si staccava giusto il tempo di vedere la porta di casa sua nuovamente chiusa, e le chiavi che non aveva;
mentre Louis rideva di gusto per poi baciarlo di nuovo, perché tanto quella sera Harry sicuramente non sarebbe tornato a casa sua;
mentre Harry faceva scontrare i loro bacini, trovando le labbra di Louis migliori di come le avesse immaginate, così come il suo deretano;
oltre alle spiegazioni non date, si sussurrarono anche le conseguenze di quell’incontro.
Però tu, Louis, mi hai fatto capire che le persone speciali esistono, la cosa difficile è trovarle.
Però tu, Harry, mi hai fatto capire che le persone speciali esistono, e la cosa difficile è amarle e tenersele strette.

Ah, e visto che tu, Harry, sei tenero quasi quanto un gattino, e visto che ne ricaviamo benefici entrambi, allora fallo.
Fammi le fusa.






omg ragazze im crying tutte le mie lacrime ç.ç
scusate, non sapevo che questo fosse l'ultimo capitolo.
Pensavo ce ne fossero due, e invece questo era l'ultimo, anche se più lungo lol.
Boh, mi dispiace sapere che non aggiornerò più questa minilong, mi ci ero affezionata.
L'ho scritta tutta in pochi giorni perché m'ispirava tantissimo, bho *-*
ringrazio tutte le persone che l'hanno letta, recensita, messa fra preferite/seguite/ricordate.
Siete delle bonazze, giuro ♥
e idk, ho già in mente un'altra minilong larry da scrivere, meno dolciosa e un po' più triste (non ucciderò uno dei due, don't worry hahaha)
magari quando la pubblicherò vi manderò un bel messaggio, what do you think? 
aww sciao bele, e ricordate:
FATE LE FUSA. SDEFRGTYHJUILOKJ

 

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