Christmas lights

di Josephine_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'accordo ***
Capitolo 2: *** Pomeriggi inconcludenti ***
Capitolo 3: *** Una serata diversa ***
Capitolo 4: *** 4. Stupirsi a Natale ***



Capitolo 1
*** L'accordo ***



Quella mattina Belle aveva aperto gli occhi e subito si era sentita inondata di tristezza mista ad un forte senso di malinconia. A nulla era valso il sole che illuminava il castello con i suoi raggi tiepidi, a nulla era valso il bagno caldo che si era fatta appena scesa dal letto, a nulla era valsa la torta che aveva preparato per ingannare la noia prima che il Signore Oscuro scendesse per la colazione.
 
Quella era la vigilia di Natale e lei era sola, vestita da sguattera, in un castello buio e polveroso ad eseguire ogni minima richiesta del suo padrone.
 
Era la vigilia di Natale e non era a casa con suo padre ad addobbare l’albero o a cercare un regalo adatto ad ognuno dei suoi amici.
 
Era la vigilia di Natale e non aveva libri nuovi da scartare, cene importanti da organizzare, ospiti da ricevere.
 
Era la vigilia di Natale e si sentiva tremendamente sola e dimenticata.
 
“Oh, buongiorno dearie” la salutò l’Oscuro entrando nella stanza e facendo un inchino abbozzato come a volerla prendere in giro.
 
“Buongiorno” rispose di rimando Belle, sforzandosi di sorridere nonostante i pensieri che in quel momento le affollavano la mente.
 
“Come mai stai lì impalata? Svelta, la colazione.” Ghignò Tremotino vedendola interdetta.
 
Il tono brusco di lui la riscosse immediatamente, e Belle sentì con sollievo di essersi momentaneamente liberata di quell’odiosa tristezza che fino a un minuto prima le stava schiacciando il cuore impedendole di respirare. Con decisione prese il vassoio e porse all’uomo una tazza di tè e una fetta di torta –rigorosamente al cioccolato, come l’aveva vista fare tante volte a Palazzo.
 
“Complimenti, sei un’ottima cuoca, dearie” riconobbe l’Oscuro, sorridendo maliziosamente dopo aver assaggiato un pezzo di dolce “E scommetto che sai fare anche un sacco di altre cose.”
 
“Vi piace davvero? Non ero sicura venisse bene, dopotutto non avevo mai cucinato una cosa del genere. Anzi, diciamo pure che non ho mai cucinato. Comunque sono felice che vi piaccia, ho trovato la ricetta in un libro e l’ho seguita alla lettera, e non è stato poi così difficile come pensavo.”
 
Belle non aveva pensato al fatto che all’Oscuro potesse non interessare minimamente da dove lei avesse preso la ricetta per la torta al cioccolato. Non aveva neanche pensato al fatto che egli poteva aver mentito sulla buona riuscita del dolce solo per educazione nei suoi confronti. E non le era neppure passata di mente l’idea che lui avrebbe potuto interromperla in malo modo da un momento all’altro, stufo dei suoi vagheggiamenti da “eroina della cucina”.  Era solo felice di aver cucinato un dolce la mattina della vigilia, e felice che ci fosse qualcuno lì davanti a lei ad apprezzarlo.
 
Tremotino dal canto suo non disse nulla. Neanche a lui passò di mente l’idea di interromperla. Aveva fossilizzato lo sguardo sulle labbra di lei, così rosse e carnose, che si muovevano velocemente quasi avessero paura di non riuscire a dire tutto quello che volevano. Notò che quando si esprimeva con fretta il labbro superiore si spostava un po’ di lato in una smorfia che sarebbe passata inosservata agli occhi di chiunque, ma non ai suoi. Notò anche che gesticolava parecchio, mentre parlava. Soprattutto quando raccontava. Una volta aveva fatto il maledettissimo errore di chiederle la trama di un libro e lei aveva continuato a parlare agitando le mani davanti a sé per più di mezz’ora. L’aveva trovata irritante allora. E anche in quel momento, mentre con una mano si sistemava i capelli dietro le orecchie e con l’altra tentava di spiegargli la ricetta che aveva usato, pensò che fosse troppo… troppo diversa.
 
“Voi sapete cucinare?” le aveva chiesto infine lei, interrompendo l’interessante filippica sui manuali di ricette che aveva letto in cucina quella stessa mattina.
 
“Certo. Io posso fare tutto.” Fu il commento di Tremotino, accompagnato da una risata a metà tra l’isterico e il divertito –Belle sospettava che quello fosse l’unico modo di ridere che conosceva, se non il più spontaneo.
 
“Ma dico prima… prima che voi foste l’Oscuro, cucinavate?”
 
“Dearie, sei sempre troppo curiosa.” La avvisò lui, questa volta tornando serio “comunque sì, ho cucinato. Non ci vuole poi chi sa quale capacità per pelare qualche patata, raccogliere qualche verdura e metterle in un pentolone pieno d’acqua.”
 
“Giusto.”
 
Belle si maledì per quelle domande così stupide e scontate. Dopotutto, a chi sarebbe passato per la mente di chiedere all’Oscuro Signore se nella sua vita precedente aveva avuto delle particolari doti culinarie? A nessuno, per l’appunto. Fissò lo sguardo sulle mani, crucciata, e tra i due scese il silenzio. Belle non sapeva dire se Tremotino la stesse guardando o se fosse preso da tutt’altra cosa, ma quando infine si decise a risollevare lo sguardo sul suo interlocutore, lo vide concentrato sulla tazzina di tè che teneva in mano –bianca con decorazioni di fiori blu, sbeccata da un lato.
 
“Bhè, io vado a lucidare l’argenteria, o di questo passo stasera passerò la notte tra i candelabri.”
 
“E invece dove vorresti passare la notte?” fu la domanda impertinente dell’Oscuro.
 
“C-come..? Io… a letto, a dormire. Da sola.” Spiegò Belle, piegando un sopracciglio in segno di disappunto ma pentendosi di quella precisazione –il “da sola”- un minuto dopo averla fatta. Era risaputo che la maggior parte delle affermazioni e delle domande di Tremotino erano volte a metterla in imbarazzo o in difficoltà, e Belle si sentì stupida per aver puntualizzato una cosa così superflua.
 
“Oh, dearie. E’ la vigilia di Natale. Sarò anche l’Oscuro, ma certe tradizioni non passano di moda neanche per quelli come me.” Spiegò lui mentre un ghigno gli increspava le labbra.
 
“Ah. Bhè, sarà una giornata come le altre suppongo.” E detto questo si rabbuiò come le era successo la mattina, quando i flashback di tutti i Natali trascorsi con la sua famiglia si erano susseguiti nella sua mente in maniera frenetica e senza poter essere fermati.
 
Tremotino inclinò leggermente la testa e la guardò. Osservo prima i capelli, quelle onde morbide e scure che neanche le forcine riuscivano ad arginare; poi la curva precisa degli zigomi che sfociavano in un collo liscio e lungo; poi il naso, così piccolo e leggermente stretto; infine gli occhi, due pozze azzurre e profonde, di solito pieni di euforia e curiosità ma ora così tristi e spenti.
 
“Non ti era mai mancata così tanto la tua famiglia. Anzi, eri felice di averla lasciata. Così potevi essere un’eroina e realizzare tutte le imprese che avevi letto nei tuoi libri!” esclamò ridendo.
 
“Oh. Sì. Io ho scelto il mio sogno, ho scelto di essere un’eroina. E non mi pento mai di aver seguito il mio cuore, i miei libri. E’ solo che amavo particolarmente il Natale quando ero a casa, e mi manca l’atmosfera che respiravo in ogni angolo del palazzo. Tutto qui. – Belle scosse le spalle, sforzandosi di sorridere. Aveva accettato l’accordo di Tremotino per diventare –finalmente- l’eroina che aveva sempre voluto essere. Aveva posto fine alla guerra degli Orchi, e avrebbe potuto fare ancora tante altre cose a fianco dell’Oscuro. Non doveva rimpiangere la sua scelta, anche se il Natale le mancava terribilmente.
 
“Capisco.” Annuì Tremotino “Comunque… chiedimi cosa vuoi. Come regalo intendo. Posso avere tutto ciò che desideri, sempre che non vada contro il nostro contratto.” Puntualizzò poi.
 
Belle sapeva a cosa si riferiva: tornare a casa, rivedere il padre, il castello. Quello no, non lo poteva avere.
 
“E’ troppo facile così. Il regalo deve essere una sorpresa, non posso dirtelo io. E soprattutto non puoi usare la magia, visto che io non posso usarla.”
 
Belle sembrava tornata di buon umore, e questo lo fece sorridere.
 
“Allora, abbiamo un accordo?” lo schernì lei scimmiottandolo e ottenendo come reazione la solita risata un po’ pazza.
 
“Io amo gli accordi.”















Writer's Corner:

Ecco il primo capitolo :) Sono "nuova" del fandom e questa è la mia prima Rumbelle, spero vivamente che vi sia piaciuta. Spero in qualche recensione -positive o negative che siano-, magari con dei consigli su come perfezionare la trama o i personaggi. A presto :**

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Capitolo 2
*** Pomeriggi inconcludenti ***


2. Pomeriggi inconcludenti
 



 
L’accordo era stato stabilito in ogni suo punto ed ufficializzato da un contratto lungo ben tre fogli di pergamena. Le regole erano semplici: sia Belle che Tremotino avrebbero dovuto farsi un regalo che avrebbe dovuto essere consegnato all’altro entro e non oltre la mattina di Natale. La magia non era consentita in alcun caso, come qualsiasi altra forma di imbroglio –ripensando a quest’ultima clausola, Belle fu sorpresa nel constatare come l’Oscuro avesse deciso di non giocare sporco come suo solito. Infine, se Tremotino fosse riuscito a farle il regalo che lei desiderava, Belle avrebbe dovuto pulire tutte le finestre del Castello Oscuro; nel caso contrario, avrebbe dovuto concederle una settimana di pausa da ogni faccenda domestica.
 
Un traguardo niente male per cui battersi, osservò Belle mentre lavava i piatti in cucina. Sarebbe stato bello non dover lavare, stendere, cucinare e spolverare per qualche giorno. Avrebbe potuto rilassarsi, fare qualche lunga passeggiata in giardino e passare ore e ore a leggere nella grande biblioteca del castello –in cui purtroppo non riusciva a trascorre mai abbastanza tempo.
E sarebbe stato senza dubbio soddisfacente riuscire a stupire l’Oscuro facendogli un regalo originale ma allo stesso tempo semplice, qualcosa che avesse potuto lasciarlo a bocca aperta e –nella migliore delle ipotesi- anche strappargli un sorriso –Belle adorava quando sorrideva, lo faceva con prudenza, quasi non ne fosse più abituato, e di nascosto, come se avesse paura di essere giudicato.
Alzò gli occhi al cielo, maledicendosi mentalmente per essersi persa in simili fantasticherie, ma poi le labbra le si incresparono in un sorriso quando realizzò che era Natale, era Natale anche lì, era Natale anche per lei. Avrebbe fatto il massimo per godersi la giornata e per trovare un regalo adatto a Tremotino. Se poi avesse vinto la competizione, avrebbe ottenuto una settimana di puro relax e avrebbe dimostrato all’Oscuro di essere brillante, piena di iniziativa, creativa. Sarebbe stata un’eroina, di nuovo.
 
Mentre finiva di asciugare l’ultimo piatto, Belle si interrogò su cosa potesse piacere al Signore Oscuro, senza tuttavia trovare un’idea che la convincesse davvero. Cosa si regala ad uno che ha tutto?
 
Belle sbuffò, esasperata, appoggiando con troppa forza il piatto nella credenza.
 
“Attenta dearie, non ne ho tanti di quei piatti.” la ammonì Tremotino comparendole alle spalle.
 
Belle sussultò e sperò che lui non lo notasse –speranza vana.
 
“Ti ho spaventato?” le chiese lui ghignando.
 
“Sì” fu costretta ad ammettere Belle “non dovreste comparire così improvvisamente! E se per lo spavento avessi rotto qualcosa? Se avessi perso l’equilibrio e fossi caduta?” incalzò lei, le mani sui fianchi e il cipiglio più preoccupato –ma anche più comico- che Tremotino le avesse mai visto.
 
“Calmati darling. Non avrei mai permesso che ti facessi del male” le disse lui con tranquillità, e Belle rimase momentaneamente spiazzata dalla dolcezza delle sue parole. 
 
“Ora che ci penso, non mi importa poi tanto dei piatti. Se si rompono, posso sempre crearne di nuovi” proseguì lui, accompagnando le parole con un gesto annoiato della mano.
 
Perfetto, niente piatti come regalo. Né bicchieri. O vassoi. Bhè, niente che lui possa automaticamente creare dal nulla. Pensò Belle, sconsolata, guardandosi i piedi.
 
“Ti vedo pensierosa stamani. Di solito parli molto, oggi sembri aver perso l’uso della lingua.” Commentò l’Oscuro sedendosi su una delle sedie di legno lì vicino.
 
“N-no, ce l’ho la lingua” rise Belle “E’ che stavo riflettendo.”
 
“Su cosa, dearie? Non dovresti pensare così tanto! L’intelletto rovina la bellezza: esso è per sua natura una forma di esagerazione e distrugge l'armonia di qualsiasi volto. Appena uno si mette a pensare, diventa tutto naso o tutta fronte, o qualche cosa di orribile¹. Non ci hai mai fatto caso?”
 
“State dicendo che siccome penso e leggo molto, sono brutta?” lo incalzò lei, a metà tra il divertito e lo scocciato.
 
“Mia cara, voi siete l’eccezione che conferma la regola.” affermò l’Oscuro abbozzando un mezzo inchino. “Ma ora dovete dirmi cos’è che vi rende così tanto crucciata.”
 
“Bhè… diciamo che si sta rivelando piuttosto difficile indovinare i vostri gusti in fatto di regali. E soprattutto non riesco a pensare a qualcosa che vi serva e che non possiate procurarvi con la magia.” Ammise Belle, sedendosi sul tavolo e facendo dondolare le gambe.
 
Tremotino non rispose subito. Si era perso nell’osservare il vestitino blu di lei, così grazioso, perfettamente intonato ai capelli, agli occhi, alla bocca; quando Belle muoveva le gambe il vestito si increspava leggermente lasciandole scoperte le caviglie, ma lei non sembrava preoccuparsene. Se fosse stata ad Avonlea, la sua città natale, qualcuno l’avrebbe sicuramente ripresa per un comportamento così poco principesco, e lei forse si sarebbe offesa. Forse sarebbe stata zitta. Forse si sarebbe messa a ridere e avrebbe tirato il vestito un po’ più giù.
 
Quando alla fine si riscosse dai suoi pensieri, si rese conto di essere stato in silenzio più tempo del necessario –lo capì dallo sguardo divertito e incuriosito di Belle, che aveva smesso di dondolare le gambe e adesso giocherellava con una ciocca di capelli.
 
“Stavo pensando…” inziò “… che forse ti dovresti arrendere. Insomma, l’hai detto anche tu: io ho tutto, non ho bisogno di regali. E anche se mi mancasse qualcosa, dubito che riusciresti a procurarmelo tu, visto che non puoi uscire di qui. Insomma, ho vinto io. Quando inizi con le finestre?” concluse, lo sguardo acceso e soddisfatto.
 
“Non se ne parla! Io non mi arrendo!” esclamò Belle, scendendo dal tavolo “Voi avete tutto, è vero. Ma un regalo non deve necessariamente essere utile, basta che sia personale. Basta che vi piaccia. E io troverò un’idea prima di domani. L’accordo è ancora valido, e chi sa che non siate voi a perdere? Forse non avete idea di come sia difficile accontentare una ragazza.” Rise.
 
“Staremo a vedere, dearie. Adesso scusa la mia maleducazione, ma sono costretto ad andarmene. Mi aspetta una giornata ricca di accordi. Quando hai finito qui, pensa pure al soggiorno e alle altre stanze. Oggi non dovrebbe nevicare, quindi puoi occuparti anche del giardino e…”
 
“Davvero non nevica?” lo interruppe Belle, lo sguardo improvvisamente affranto.
 
“No. C’è il sole. Dicevo…” Tremotino stava per ricominciare a stilare l’elenco delle mansioni che Belle avrebbe dovuto portare a termine entro quella sera, ma lei lo interruppe di nuovo:
“Ah… peccato. Non sembra del tutto Natale quando non nevica².”
 
“Bhè…” Tremotino trasalì prima di rispondere, e pensò che Belle aveva lo strano potere di trasformasi da eroina in bambina in meno di un minuto “…dovrai accontentarti del sole per quest’anno, dearie. Comunque, riguardo al giardino, ricordati di controllare la serra e di spalare un po’ la neve rimasta sul vialetto. E’ tutto, ci vediamo più tardi.” E con un sorriso che Belle non seppe decifrare lasciò la stanza.
 
Belle rimase qualche minuto a guardarsi intorno, spaesata, con la mente persa nel ricordo dello scorso Natale, quando aveva passato tutta la sera a leggere un libro sul morbido divano in velluto rosso, osservando di tanto in tanto i fiocchi di neve sfiorare le finestre con un ticchettio che era un dolce sussurro e una ninnananna potentissima. Si era addormentata lì, una mano appoggiata sulla pagina che stava leggendo, il vestito da sera sgualcito e l’acconciatura sformata.
La ragazza sospirò pensando a quanto diverso sarebbe stato quel Natale, ma non si perse d’animo: avrebbe sbrigato tutte le faccende prima del rientro di Tremotino e avrebbe trovato il regalo perfetto. Quella era una vera e propria sfida, e lei non l’avrebbe di certo persa.
 
 
 
Erano passate ben otto ore da quando l’Oscuro se ne era andato, e sebbene Belle avesse terminato da un pezzo le faccende domestiche, del regalo ancora nessuna idea. Aveva provato a curiosare nel suo studio, trovandoci poco o niente, nella camera e in biblioteca, ma neanche i libri avevano saputo aiutarla. Adesso, semistanca, stava leggendo un romanzo di avventura seduta su una poltrona verde accanto al fuoco, con i capelli sciolti che periodicamente sistemava dietro le orecchie affinché non le finissero davanti agli occhi. Presa dalla trama, non si accorse subito delle due voci provenienti dalla stanza accanto, ma fu solo dopo pochi minuti che si alzò e si mise a origliare.
 
“Non avevi il diritto di seguirmi fin qui.” Tremotino aveva un tono piuttosto scocciato.
 
Belle sentì una risata femminile dal tono piuttosto isterico, e una scossa di brividi le salì lungo la schiena.
 
“Per piacere, con chi credi di parlare? Ho bisogno di quella mela, mi serve.” Insistette la donna.
 
“Bene, non sarò io a portartela. Non sono un ladro, certi mezzucci proprio non mi piacciono.” Disse Tremotino, e Belle da dietro la porta lo immaginò mentre ghignava.
 
“Ho già provato. I bambini muoiono tutti.” La voce della donna era una lama tagliente, priva di qualsiasi intonazione o emozione, e Belle ebbe di nuovo i brividi. I bambini muoiono tutti.
 
“Trovane degli altri. Mandaci uno delle tue guardie, non lo so. Non mi interessa. Ma adesso vai.”
 
Belle sentì che i due si stavano allontanando e trasse un sospiro di sollievo prima di voltarsi verso la poltrona e vederci seduto l’Oscuro, un sorriso a increspargli il volto.
 
“Non ti hanno mai detto che è maleducato origliare?” la incalzò.
 
“s-s-scusate.” Balbettò Belle arrossendo “ero curiosa.” Ammise abbassando lo sguardo e sentendosi una completa idiota.
 
“La curiosità è una delle forme del coraggio femminile³, dearie.” Disse lui scrollando le spalle “ciò non toglie che gradirei che tu non ti intromettessi nel mio lavoro.”
 
“Sì, avete ragione. Mi dispiace.” Scusarsi era il minimo che potesse fare visto che era stata appena scoperta a origliare come una bambina disubbidiente.  
 
“Tranquilla, dearie.”
 
“Chi era la donna?” chiese Belle in un impeto di irrefrenabile curiosità, pentendosi della domanda un secondo dopo essersela lasciata sfuggire dalle labbra.
 
Tremotino alzò un sopracciglio e lei pensò di averlo fatto definitivamente arrabbiare, ma poi si mise più comodo sulla poltrona e rispose:
 
“Si chiama Regina, forse tu la conosci come “strega cattiva” o con altri nomignoli poco graziosi. Una ragazza molto dotata ma un tantino vendicativa.” Le spiegò ridendo con quel suo fare un po’ strano, mentre a lei tornavano in mente tutte le volte in cui la nutrice le aveva raccontato di quella strega potente e malvagia.
 
“E parlava sul serio quando diceva dei bambini?” chiese di nuovo Belle, che ormai era decisa ad ottenere più informazioni possibili sull’argomento.
 
“No.” Mentì Tremotino, per poi correggersi non appena lo sguardo inquisitore di Belle lo colpì “Sì, le serve una cosa e manda dei bambini a prenderla. Nessuno di loro è mai ritornato.”
 
Belle rabbrividì una terza volta e sentì qualcosa di morbido e caldo poggiarsi delicatamente sulle sue spalle. Una coperta a scacchi blu e rossa.
 
“Non vorrei tu ti ammalassi e mi dessi buca proprio la sera della vigilia.” Le spiegò l’Oscuro.
 
“Oh, hem, grazie.” Belle lo guardò e sfoderò un sorriso che avrebbe fatto sciogliere qualsiasi ghiacciaio, e Tremotino tentennò. Fissò lo sguardo sulle sue labbra, una curva rossa perfetta che avrebbe fatto invidia a qualsiasi rosa, poi sulle gote, ancora rosse per l’imbarazzo, infine sui capelli, scarmigliati per il pomeriggio passato a rassettare la casa. Solo quando lei gli si avvicinò e gli si sedette accanto, si decise a guardarla negli occhi. E lì si perse, in quel blu acceso e profondo al tempo stesso, in quelle pozze di sincerità e innocenza, in quel tutto che erano gli occhi di Belle e che lui non aveva mai visto in nessun altro.
 
Si maledisse non appena si rese conto dei sentimentalismi che la sua mente stava partorendo e distolse lo sguardo dalla ragazza, la quale aveva cominciato a fissarlo altrettanto intensamente. Tremotino la vide puntare i suoi grandi occhioni blu sul suo collo e poi arrossire improvvisamente, e si chiese che razza di pensieri le avessero attraversato la mente per provocarle una reazione del genere. Avrebbe voluto chiederglielo, magari prenderla in giro, ma non lo fece. Si limitò a scrollare le spalle a introdurre un nuovo argomento, sperando che la tensione all’interno della stanza si allentasse:
 
“Dearie, sono quasi le sei. Alle otto ceniamo.” Le ricordò, riscuotendola dai suoi pensieri.
 
“Oh, hem, è vero.” Arrossì di nuovo “mi metto subito a cucinare.” Si alzò di scatto e fece per dirigersi verso il portone, agognando un momento di solitudine  in cui schiarirsi le idee poco caste che appena qualche minuto prima le avevano attraversato la mente.
“Aspetta, Belle.” La richiamò lui, e i battiti del suo cuore aumentarono quando si sentì chiamare con il nome di battesimo. Si voltò, aspettando una risposta, e trovò l’Oscuro concentrato sulle pieghe del suo vestito.
 
“Ti ho portato in camera il vestito che avevi quando sei arrivata, questo straccetto puoi anche non mettertelo per stasera.” Le spiegò ghignando e accompagnando il tutto da uno sbuffo divertito.
 
“Oh, grazie. Allora a stasera.” Gli sorrise.
 
“A stasera. Spero tu abbia trovato il mio regalo.” disse lui, divertito, mentre Belle usciva in fretta e furia dalla sala.
 
Cavoli, il regalo!
















  
1. Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray
2. Coldplay, Christmas Lights
3.
Victor Hugo, Novantatré, 1874  







Writer's corner: con un po' di ritardo pubblico il secondo capitolo, per il prossimo prometto che non farò aspettare più di qualche giorno (scuola permettendo) :) Grazie a tutti quelli che hanno messo la storia tra le seguite e per chi avrà il buon cuore di recensire questo capitolo (critiche e consigli sono sempre ben accetti, dopotutto sono ''nuova del posto''), buona lettura e a presto,
_gelb



ps: scusate eventuali errori o imprecisioni, ho la brutta abitudine di non rileggere mai prima di pubblicare, mannaggiammè
 

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Capitolo 3
*** Una serata diversa ***


3. Una serata diversa
 




Seduta sul suo letto –in realtà una misera brandina-, Belle guardava con fascino il vestito che aveva appeso davanti a lei, vicino all’unica finestra della sua camera –in realtà una cella umida e polverosa.
Era molto lungo, con un ricco strascico dietro e lo scollo a barchetta che le lasciava scoperte le spalle. Interamente dorato, luminoso, ricco di ricami di ogni genere, quasi sembrava un’apparizione eterea e surreale in un ambiente come quello, così buio e sporco.
 
Belle continuava a guardarlo, estasiata; ne studiava le pieghe cercando di ricordarsi come apparissero al tatto –lisce come seta o pesanti come velluto?-, rimirava la sottogonna chiedendosi se le sarebbe parsa comoda come un tempo, osservava lo scollo interrogandosi sulla sua eccessiva lunghezza.
 
Il sole era tramontato da poco e lei dovette accendere una candela per riuscire a cambiarsi. Esitò prima di togliersi il vestito da sguattera che indossava ogni giorno da un mese a quella parte, e rabbrividì quando la sua pelle calda entrò in contatto con l’aria fredda di Dicembre.
Indossò la gabbia –non la ricordava così scomoda e ingombrante-, poi la sottogonna –un velo di tulle quasi trasparente- e infine l’intero vestito, che le scivolò morbidamente lungo il corpo fino ai piedi. Il risultato fu dei migliori: sebbene Belle si sentisse un po’ rigida e a disagio, sembrava essere tornata la principessa di un tempo, la ragazza graziosa ed elegante che tutti, ad Avonlea, ammiravano.
Belle sorrise, guardando con soddisfazione l’immagine che lo specchio davanti a lei le restituiva.
Niente male, per una sguattera, si ritrovò a pensare con ironia.
 
Rimase ancora qualche minuto davanti allo specchio, interrogandosi su come avrebbe dovuto acconciarsi i capelli. Si era fatto tardi -Tremotino la stava sicuramente aspettando e l’avrebbe rimproverata per il ritardo se non si fosse sbrigata- ma qualcosa continuava a trattenerla in quella stanza; un senso di ansia misto a imbarazzo frenava la sua solita spontaneità e la spingeva a prendere tempo prima di recarsi a cena con l’Oscuro. Cos’era quella, paura di essere giudicata? O peggio, respinta? Belle si maledisse quando realizzò che si stava comportando come se quello fosse un appuntamento –non era niente del genere, era solo la cena per la Vigilia di Natale e sarebbe stata una serata ordinaria come le altre- e, legati i capelli in un morbido chignon, si decise a lasciare la stanza.
 
Il salone, distante appena qualche corridoio, le sembrò improvvisamente irraggiungibile, e fu solo dopo aver aperto il grande portone in legno rosso che Belle si rese conto di aver trattenuto il fiato praticamente per tutto il tragitto.
 
“Buonasera dearie, magnifico vestito.” La accolse lui piegando leggermente la testa in segno di saluto e facendole l’occhiolino, e Belle gli fu grata per non aver infierito sul suo ritardo.
 
“Buonasera” ricambiò Belle sorridendo ed esibendosi in un inchino profondo e aggraziato. Quando rialzò gli occhi sull’Oscuro, lo vide intento ad osservarla in maniera quasi spudorata e arrossì di colpo.
 
Tremotino ghignò, poi fece un movimento rapido con la mano e lo chignon di Belle scomparve, facendo sì che i capelli le scivolassero morbidamente attorno al viso –una cascata di boccoli castani da cui il Signore Oscuro rimase momentaneamente ipnotizzato.
 
“Mi piacciono di più così” le disse Tremotino con nonchalance per rispondere al suo sguardo interrogativo. Belle arrossì di nuovo.
 
“Anche a me.” Ammise.
 
Tremotino si avvicinò e le tese la mano, e lei l’accettò senza esitazione. Come sempre la pelle dell’Oscuro era spessa e ruvida al tatto, ma Belle non vi prestò attenzione; era, piuttosto, concentrata sulla sua presa, che mai avrebbe immaginato così delicata e priva di qualsiasi violenza.
 
Mentre si dirigevano verso l’enorme tavolo sul quale erano già state sistemate le molte portate, Belle spiò di sottecchi Tremotino e fu con sorpresa che notò che indossava degli abiti che non gli aveva mai visto prima: una calzamaglia nera lucida che metteva in risalto il corpo snello, una camicia color cremisi dalle maniche larghe, un gillet d’oro e una giacca di media lunghezza di velluto blu che gli conferiva un’aria sobria e nobile allo stesso tempo.
 
“Ti piace, dearie?” le chiese lui intercettando il suo sguardo.
 
“Sì, vi sta bene.” Sussurrò Belle, decisamente colta alla sprovvista “Dove l’avete trovata?” chiese poi per mandare avanti la conversazione.
 
“Oh, bhè, l’ho presa oggi pomeriggio da un uomo di una contea qua vicino. All’inizio non voleva darmela, ma quando ho cominciato a uccidere i suoi figli ci ha ripensato…”
 
Belle rimase un attimo interdetta, indecisa se prendere tali parole sul serio o no, ma poi la risata un po’ isterica di Tremotino e la leggera pressione che esercitò sulla sua mano –ancora sospesa a mezz’aria sopra la sua- la tranquillizzarono.
 
I due, arrivati al tavolo, si sedettero uno di fronte all’altro e ad un cenno dell’Oscuro cominciarono ad assaggiare le varie pietanze. Belle aveva dato il massimo per quella cena, arrivando addirittura a cucinare cose che mai avrebbe pensato di poter preparare: carni e verdure di ogni tipo, minestre, legumi e salse riempivano lo spazio che la separava da Tremotino in un tripudio di colori, profumi e consistenze che avrebbe solleticato qualsiasi palato.
 
“Complimenti, è tutto molto buono.” Le disse infatti lui dopo un po’, facendole nuovamente l’occhiolino “si vede che sei portata per il lavoro di domestica.”
 
Belle ignorò la frecciatina e sorrise, entusiasta, riempiendosi il calice di vino. Mentre sorseggiava dalla coppa –interamente laccata d’oro e con pietre preziose incastonate ai lati- gettò uno sguardo al suo interlocutore e si concesse qualche secondo per osservarlo; puntò nuovamente gli occhi sulla giacca, che gli calzava a misura, poi sulle mani, che saettavano da un piatto all’altro con una velocità ed una grazia inaspettate, e infine sul volto, una maschera di impassibilità incrinata soltanto da quella linea fine e dura che erano le sue labbra.
L’Oscuro staccò con decisione e delicatezza una coscia di pollo e Belle immaginò quello stesso tocco –così dannatamente perfetto- sulla sua pelle calda. Sussultò appena si rese conto di aver pensato una cosa del genere e per poco non le andò di traverso il vino.
 
“Tutto a posto, dearie?” la incalzò Tremotino, il solito ghigno stampato in faccia.
 
“Certo” mentì Belle “stavo solo pensando.”
 
“E a cosa? Ad uno dei vostri libri?” E fece un gesto annoiato della mano.
“Probabile” Belle sorrise e lo guardò con aria complice, uno sguardo che Tremotino si affrettò a ricambiare.
 
“Ah, dearie, non capirò mai cosa ci troviate di così bello nei libri.” Sospirò lui.
 
“Ma anche voi leggete.” Si affrettò a dire Belle.
 
“Io non leggo” Tremotino sembrava stizzito “Io studio, sazio la mia sete di conoscenza. E’ diverso dal crogiolarsi nelle vostre storielle smielate e così tristemente prevedibili.”
 
“Bhè, ad Agrabah un uomo diceva che un libro è un giardino che puoi custodire in tascaˡ.”
 
“E voi siete stata ad Agrabah?” le chiese l’Oscuro alzando un sopracciglio in segno di scetticismo.
 
“Certo che no. L’ho letto in un libro.” E Belle gli fece l’occhiolino e Tremotino rise di nuovo, questa volta in maniera un po’ meno pazza e un po’ più normale.
 
“Io” continuò poi la ragazza “penso semplicemente che non esista vascello che possa portarci lontano quanto un libro.² Voi viaggiate tanto, ad esempio, e non avete bisogno di leggere per sentirvi protagonisti della vostra vita; anche a me piacerebbe viaggiare, ma non potendolo fare fisicamente mi accontento di farlo mentalmente. E’ ugualmente un modo molto intimo e speciale di vivere avventure, solo senza pericoli di morte imminente, catture, minacce di orchi, giganti e così via.”
 
Belle rise di quella sua risata sincera ma un po’ imbarazzata, come se temesse –o sapesse- di essersi aperta troppo, di aver oltrepassato un confine invisibile, e volesse tornare indietro senza farsi notare. La testa gettata leggermente all’indietro, i capelli scomposti a solleticarle il labbro superiore, muoveva gli occhi alla ricerca di un segnale nel suo aguzzino che le facesse capire se il suo commento era stato troppo intimo, ma Tremotino –incantato dalla schiettezza delle sue parole e completamente catturato dalla gioia che quei grandi occhi blu emanavano- rimase interdetto per qualche attimo. Solo alla fine si decise a sorriderle cordialmente, chiudendo il discorso con un “sì, è molto più sicuro leggere che viaggiare.”
 
I due stettero in silenzio per qualche minuto –si udiva soltanto il rumore delle posate che sbattevano e del vino che di volta in volta riempiva i loro calici- poi l’Oscuro parlò di nuovo.
 
“Quindi stavate pensando ad un vostro libro?”
 
“N-non me lo ricordo. Era un pensiero qualunque.” Si affrettò a dire Belle, rossa in viso, presa alla sprovvista da una domanda che aveva considerato già archiviata.
 
“Ah! Ho capito!” esclamò Tremotino con la voce più acuta del solito “Stavate pensando al mio regalo!”
 
Belle rise, sollevata, per poi confessare “Mi dispiace deludervi ma no, non stavo pensando a quello. Stavo pensando al mio, di regalo!”
 
“Ah, dearie, per quello dovrete aspettare domattina” le disse lui, stavolta la voce bassa come se le avesse appena svelato un segreto molto importante.
 
Belle non esitò e prese la palla al balzo “Allora anche voi, signore, dovrete aspettare.”
Di nuovo vi fu un momento di silenzio, un silenzio profondo ma privo di qualsiasi imbarazzo o vergogna, un silenzio rotto soltanto dall’alchimia tra i loro sguardi –da un lato un paio di occhi blu profondi e indagatori, dall’altro un paio di occhi neri misteriosi e imperscrutabili- che si infrangevano l’uno sul volto dell’altro.
 
Tremotino scostò impercettibilmente la sedia dal tavolo e si alzò, seguito a ruota da Belle che ancora non aveva smesso di fissarlo.
 
“Adesso che la cena è finita puoi anche ritirarti nelle tue stanze. Io filerò un po’.” Disse lui.
 
“Veramente manca ancora l’albero.” Lo provocò Belle.
 
“L’albero?”
 
“L’albero di Natale! L’abete! Non è Natale se non addobbiamo l’albero.” Lo rimproverò lei.
 
Tremotino sbuffò sonoramente.
 
“Ti sembro forse Babbo Natale?” le chiese con più sarcasmo del dovuto.
 
“Bhè, avete voluto festeggiare la Vigilia ma se non addobbiamo l’albero non ha senso.”
 
L’Oscuro sbuffò di nuovo, poi mosse velocemente la mano verso la grande vetrata in fondo alla stanza e dal nulla si materializzò un abete alto almeno tre metri completamente rivestito di addobbi di ogni genere. Belle soffocò a stento un gridolino di sorpresa e Tremotino sorrise nel pensare come quell’affascinante ragazza ricoperta di seta dorata potesse essere così intrigante e allo stesso tempo così semplice e infantile.
 
“Puoi mettere il puntale” le disse riscuotendosi dai suoi pensieri.
 
“Oh, grazie!” esclamò lei prendendogli la mano e lasciandolo momentaneamente fermo e irrigidito nella sua posizione.
 
“Magari così smetterai di lamentarti, dearie” la apostrofò lui appena ebbe ritrovato la voce.
 
Belle aveva preso una scala e stava salendo sull’albero con il puntale –un angelo interamente laccato d’oro- in mano, attenta a non inciampare sul suo stesso vestito.
Tremotino la guardava dal basso, attento ad ogni suo singolo movimento, e si ritrovò a desiderare che lei improvvisamente cadesse. Lui era sotto di lei e l’avrebbe presa al volo come facevano gli eroi dei libri che leggeva. Avrebbe sentito su di lui il calore della sua pelle, avrebbe osservato il suo volto da vicino, avrebbe studiato attentamente la fossetta che gli increspava il viso quando era persa nelle sue riflessioni, avrebbe visto le sue labbra dischiudersi come un bocciolo di rosa per ringraziarlo, e le sue parole lo avrebbero investito come il vento caldo del sud.
 
Scosse la testa, amareggiato dalle sue stesse fantasie, e riportò lo sguardo sull’albero, adesso completo di puntale dorato. Belle stava discendendo la scala stando sempre bene attenta a non perdere l’equilibrio o a pestare il vestito, ma fu quando arrivò a poco più di cinquanta centimetri da terra che mancò un gradino e rischiò di cadere all’indietro.
 
Fu la presa ben salda di due mani sulla sua vita a permetterle di riprendere l’equilibrio.
Tornata a terra, le mani di Tremotino erano ancora lì, poggiate con delicatezza e decisione dove il suo abito cominciava ad allargarsi in una gonna luccicante e voluminosa.
 
Belle non si voltò, non si mosse neanche; voleva che Tremotino continuasse a tenerla in quel modo, come fosse stata una bambola di porcellana e lui avesse avuto paura di romperla semplicemente lasciandola.
 
Alla fine fu lui a staccarsi da lei, e Belle si decise a guardarlo nel viso.
 
“Grazie.” Gli disse semplicemente, sorridendogli.
 
Tremotino scosse le spalle e disse semplicemente “Tranquilla, dearie.” Per poi aggiungere, in tono decisamente canzonatorio “Ricapiterà, conoscendo la vostra poca affinità con le cose che richiedono un minimo di atletismo”
 
Belle rise, prese un libro dallo scaffale sopra il camino e si mise a leggere sul divano lì davanti. Il fuoco le illuminava il profilo, riscaldandole la pelle e facendo apparire il suo vestito ancora più luminoso. Tremotino rimase dietro di lei per qualche istante prima di voltarsi e dirigersi verso il filatoio che aveva sistemato in un angolo.
 
“Spero non abbiate più intenzione di disturbarmi adesso” le disse con finto rimprovero, ma Belle non gli rispose; era già stata assorbita da quelle pagine pregne di amori e di avventure, di pensieri e sentimenti di ogni genere. L’Oscuro avrebbe voluto riprenderla, magari arrabbiarsi, ma non lo fece. La guardò per qualche altro secondo, poi si sedette e cominciò a filare la paglia in oro, come faceva tutte le sere da che riusciva a ricordare.
 
 
Fu dopo qualche ora che Belle cominciò ad accusare i segni della stanchezza; la mano ancora appoggiata sulla pagina che stava leggendo, il vestito sollevato sopra le caviglie, si sdraiò sul divano e aprì la bocca in uno sbadiglio.
 
Dietro di lei, Tremotino filava ancora. Quando voltò leggermente la testa per riuscire a vederlo, Belle notò che era incredibilmente concentrato sulla ruota che girava e che un sorriso amaro gli increspava il volto. Avrebbe voluto chiedergli come mai lo affascinasse così tanto quell’immagine –o quel gesto, o quel rumore- ma aveva terribilmente paura di spezzare l’atmosfera intima e tranquilla che si era venuta a creare nel salone e ne temeva le conseguenze.
 
Lo guardò un’ultima volta –quella bestia, quel mostro, quell’uomo così solo, così amareggiato, così distante eppure così vicino, così affascinante e misterioso, così eternamente infelice, forse pazzo, forse triste, forse pieno di rancore, forse d’amore, sicuramente solo- e fu in quel momento che il silenzio perfetto di quel momento venne a mancare; la ruota cigolò per un istante, ma questo bastò perché Tremotino si riscuotesse dai propri pensieri imprecando qualcosa a mezza voce. L’Oscuro si guardò attentamente intorno – e Belle trattenne il fiato sperando di non essere vista-,  poi si passò una mano tra i capelli mossi e tornò a concentrarsi sul proprio lavoro. Fece girare la ruota e aspettò che questa smettesse di cigolare, poi prese altra paglia e ricominciò a filare –atto dopo atto, gesto dopo gesto, movimento dopo movimento. Belle tirò un sospiro di sollievo, felice di non essere stata sorpresa a guardarlo, ma la sua piccola gioia fu stroncata sul nascere:
 
“dovresti andare a letto, dearie.” Le disse infatti lui senza tuttavia distogliere lo sguardo dal filatoio. “Domani sarà una giornata importante per entrambi: io riceverò il mio regalo e voi comincerete a pulire tutte le vetrate del Castello.” Ghignò poi.
Belle avrebbe voluto rimanere lì ad osservarlo lavorare per tutta la notte, ma a malincuore fu costretta ad alzarsi e a dirigersi verso il grande portone di legno rosso. Prima di uscire sussurrò un concitato “buonanotte” e gettò uno sguardo alle proprie spalle, dove un uomo solo e amareggiato stava cercando disperatamente di ricreare l’incanto che un banale cigolio aveva spezzato, un incanto che ormai era passato, cancellato, mai più.³

Ma adesso Belle sapeva finalmente cosa regalargli per Natale.












1. Si tratta realmente di un proverbio arabo.
2. Emily Dickinson, una poesia che al momento non ricordo.
3. Tucholsky, Augen in der GroBstadt







  
Writer's corner
Ciao a tutti e ben tornati :) Alla fine mi sono decisa ad aggiornare, anche se la puntata 2x19 mi aveva tolto un po' di "ispirazione" (si è visto, per caso? non vorrei aver fatto una caduta rispetto ai capitoli precedenti!) Comunque, il prossimo sarà l'epilogo, cioè il capitolo finale :) penso che sarà più corto ma non ci conterei troppo, ci devo ancora lavorare parecchio. Nel caso non si fosse capito, questo episodio è situato a Natale, quindi mooolto prima della scena in cui Belle cade giù dalla scala mentre cerca di aprire le tende (per questo nella descrizione non l'ho citato nè altro). Mi raccomando, non siate avidi di opinioni e recensite numerosi, sia che la storia vi piaccia sia che vi faccia un po' schifo (ma in questo ultimo caso cercate di essere clementi). Un bacione a tutti e a presto,
Gelb.

ps: come al solito non ho riletto, troooppa fatica (mannaggiammèx2) 

 

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Capitolo 4
*** 4. Stupirsi a Natale ***


4. Stupirsi a Natale
 
 
 

Belle si era svegliata un’ora prima del solito quella mattina, la mattina di Natale. Aveva indossato in fretta e furia il suo abito da sguattera, non aveva acconciato i capelli –che le ricadevano mossi e disordinati sulle spalle- e si era recata immediatamente nel grande salone al piano superiore. Il filatoio giaceva in un angolo, e un groviglio piuttosto abbondante di oro –segno che il Signore Oscuro aveva lavorato e meditato tanto- riposava ai suoi piedi. Di Tremotino nessuna traccia, e Belle pregò vivamente che stesse riposando nella sua stanza.
 
La ragazza percorse il lungo corridoio che portava allo studio del Signore Oscuro e tirò un sospiro di sollievo quando, entrandovi, lo trovò deserto. Poche volte aveva messo piede in quella stanza –Tremotino cercava di farla avvicinare il meno possibile alla magia e al suo lavoro- e non si stupì più di tanto nel trovarla scarna, arredata solamente da una lunga scrivania in legno scuro ingombrata da fogli di pergamena, alambicchi e pietre di ogni genere.
 
Sapeva cosa le serviva, e non sarebbe stato difficile trovarlo. Armeggiò un po’ con i cassetti e ne estrasse due pietre scure, che appoggiò sul tavolo. Accese una candela e le fece riscaldare in un piattino d’argento finché da esse non sgorgò un liquido rosso cremisi, che mise in un’ampolla. Esitò un istante quando sentì un fruscio alle sue spalle, ma si rilassò appena si rese conto che era solo un foglio di pergamena che era scivolato sul pavimento; con le mani che le tremavano per la paura di venir colta sul fatto, cercò di ricordarsi cos’altro aveva letto in quel manuale di meccanica che aveva letto solo poche settimane prima –per noia, più che altro, o forse perché lo aveva visto in mano a Tremotino e pensava che sfogliandolo avrebbe imparato a conoscerlo un po’ di più.
Qualche minuto –e un paio di esperimenti- dopo, il lavoro era concluso.
 
Soddisfatta, rimise tutto in ordine facendo attenzione a non rompere niente, e lasciò la stanza silenziosamente come vi era entrata.
 
In soggiorno, Tremotino l’aspettava, e Belle deglutì nervosamente pensando che potesse averla vista e stesse solo aspettando il momento giusto per rimproverarla e rovinarle il Natale.
 
“Mattiniera, dearie?” la accolse lui inarcando le sopracciglia, stupito.
 
“Oggi sì” disse semplicemente lei, sorridendogli con tutta la –poca- nonchalance che riuscì a trovare. “Buon Natale” aggiunse, sedendosi sul tavolo vicino a lui.
 
“Buon Natale anche a te” ghignò lui, unendo le mani sopra il tavolo “la colazione?”
 
Belle arrossì, impreparata. Non aveva cucinato la colazione, presa com’era nella preparazione del regalo.
 
“Oh, hem, pensavo…” cominciò, ma Tremotino alzò una mano e la interruppe:
 
“Pensavi che siccome oggi è Natale avresti potuto tralasciare i tuoi doveri di domestica?”
 
“Mi dispiace, prendo subito il tè” si affrettò a dire lei, scendendo dal tavolo, ma lui la bloccò di nuovo, questa volta afferrandole il braccio con la mano ruvida.
 
Al contatto con la pelle di Tremotino, Belle sentì il cuore mancare un battito e il respiro bloccarsi in gola, ma fece finta di niente; abbassò lo sguardo sul suo avambraccio, dove la mano grigia di lui esercitava una pressione sufficiente a trattenerla ma non troppo forte da farle male, poi alzò gli occhi e incontrò i suoi, gialli e penetranti, la pupilla ridotta ad una fessura –sembravano gli occhi di un gatto, quelli, piatti e profondi al contempo, in grado di vedere tutto ma che non lasciavano intravedere niente.
 
“Dearie” la riprese lui, mostrando il solito ghigno beffardo “sei una principessina incorreggibile.”
 
Belle si sentì momentaneamente offesa da quel commento di scherno e strattonò il braccio di modo che lui lasciasse la presa.
 
“Prendo il tè.” Ripeté, questa volta con più convinzione e serietà.
 
Tremotino ridacchiò, schioccò le dita e immediatamente si materializzarono davanti a loro un vassoio con due tazzine –una delle quali sbeccata da un lato- e un piatto con dei biscotti.
 
“Vedo che una governante vi è molto utile!” esclamò Belle, ironica, incrociando le braccia e rimettendosi a sedere sul tavolo.
 
“Certo che mi è utile; la magia ha sempre un prezzo, cara.” Gli spiegò, prendendo in mano una tazzina –quella dal bordo sbeccato- e portandosela alle labbra.
 
Belle tacque e prese a sua volta una tazza e un biscotto allo zenzero, che trovò delizioso. Avrebbe dovuto chiederne la ricetta a Tremotino, non fosse che li aveva semplicemente evocati con la magia.
 
“Allora il mio regalo?” le chiese improvvisamente lui, distogliendola dai suoi pensieri.
 
“E il mio?” lo sfidò Belle, ridendo.
 
“Il mio è in biblioteca.” Sorrise l’Oscuro –non ghignò, non rise, sorrise.
 
“Un libro nuovo?” gli occhi di Belle si illuminarono. Non aveva ancora letto tutti i libri della maestosa biblioteca che Tremotino le aveva mostrato solo poco tempo prima, ma le piaceva l’idea che lui avesse voluto regalarle un libro. Forse era scontato, sicuramente non avrebbe desiderato altro.
 
“Frena, dearie. Vedrai con i tuoi occhi.” E così dicendo l’Oscuro posò sul vassoio la tazza di tè e si alzò, porgendo una mano a Belle affinché lei lo seguisse.
 
I due camminarono in silenzio –lui davanti a passo spedito, lei dietro con le guance rosse per l’eccitazione e il passo leggero- fino alla lunga scala a chiocciola che conduceva alla biblioteca, dove Tremotino si fece da parte e fece salire Belle per prima. Nel seguirla, l’Oscuro si perse nell’osservare la mano liscia e minuta di lei che sfiorava distrattamente ma con morbidezza il corrimano della scala, e per un istante gli attraversò l’idea che quella mano potesse sfiorare la sua pelle, la sua pelle grigia e ruvida, e trasmettergli tutto il calore che ormai aveva perso.
 
Scosse la testa, amareggiato dai suoi stessi pensieri, e seguì Belle nella stanza in cima alla torre, dove centinaia di libri occupavano la parete circolare da cima a fondo.
 
“Finalmente un po’ di luce!” esclamò Belle, affacciandosi alla finestra –l’unica del castello a non essere oscurata da pesanti tende rosso scuro.
 
Tremotino sbuffò, annoiato, e con un braccio si schermì dalla tiepida luce solare che faceva capolino dalla parte opposta della stanza.
 
Fu in quel momento che Belle gli si avvicinò, una mano a torturarsi una ciocca di capelli mossi e l’altra infilata nella tasca del vestito.
 
“Il mio regalo?” chiese, gli occhi azzurri spalancati per la curiosità.
 
“Il vostro?” fece di rimando l’Oscuro, impassibile come sempre.
 
Belle arrossì, ma si fece coraggio e decise di fare il primo passo.
 
“Prima che voi vi arrabbiate con me” iniziò, stando molto attenta a non guardarlo direttamente negli occhi “devo confessarvi che stamattina sono entrata nel vostro studio.” Si interruppe e cercò nel suo interlocutore un segnale che le facesse intuire la sua reazione, ma lo trovò impassibile come sempre.
“Bhè” si affrettò a precisare “… ne avevo bisogno per il regalo. Non avrei saputo come fare, altrimenti. E nell’accordo non avevamo specificato che io non potessi entrare nelle vostre stanze.” Parlava con frasi corte e concise di modo da non perdere il filo del discorso, e teneva gli occhi bassi in attesa di un rimprovero che –lo sapeva- sarebbe arrivato da lì a pochi istanti.
 
“Ebbene?” la interrogò invece Tremotino, indifferente.
 
“Non siete arrabbiato?” Belle sgranò gli occhi, stupita dalla reazione dell’Oscuro.
 
“Certamente, dearie.” Socchiuse gli occhi gialli e la squadrò da capo a piedi “ma era quasi scontato che tu andassi a frugare tra le mie cose, o avresti dovuto regalarmi uno dei tuoi stracci e una scopa.” Rise istericamente, divertito dal suo stesso senso dell’umorimo “comunque” e tornò più serio “quella stanza è coperta da plurimi incantesimi, e se tu avessi alterato qualche pozione o contratto, me ne sarei immediatamente accorto.”
 
Belle deglutì, ma trovò la spigliatezza di togliere la mano di tasca e consegnare il regalo al suo interlocutore.
 
“In tal caso” cominciò, porgendo la boccetta piena di liquido scuro a Tremotino “Buon Natale” e sfoderò un sorriso carico di dolcezza che all’Oscuro sembrò migliore di qualsiasi altro regalo che avrebbe mai potuto ricevere.
 
Tremotino scosse leggermente la testa quando si rese conto della provetta che la ragazza gli aveva allungato sotto gli occhi, e storse il naso quando un odore pungente ma conosciuto gli giunse alle narici.
 
“Non ho avuto il tempo di impacchettarlo, però…” si scusò Belle, lasciando la frase in sospeso.
 
“Dearie… cos’è?”
 
“E’ olio!” esclamò lei, come fosse la cosa più ovvia del mondo, poi, quando vide che Tremotino continuava a fissarla con lo sguardo più confuso che lei gli avesse mai visto, si affrettò a spiegare “ieri sera, quando eravamo nel salone e io leggevo e voi filavate” trattenne un attimo il fiato nel ricordare l’intimità che li aveva, seppur per poco tempo, inevitabilmente avvolti “mi sembravate rilassato e… quando la ruota dell’arcolaio ha cigolato, voi vi siete distratto… e avete smesso di… essere rilassato.”
 
Fu solo dopo aver terminato il discorso che Belle si rese conto di quanto illogico e superficiale fosse stato, e di quanto inadatto fosse il regalo che ancora reggeva in mano e che sperava con tutto il cuore Tremotino accettasse.
 
Quest’ultimo, impassibile davanti a lei, spostava gli occhi dalla ragazza alla boccetta e dalla boccetta alla ragazza come se di fronte a lui avesse una partita a scacchi e non un regalo di Natale. Si decise a parlare solo quando il sorriso di Belle si inclinò pericolosamente all’ingiù, in un’adorabile smorfia di rammarico che però egli voleva veder sparire al più presto.
 
“Dearie, ottima trovata. Olio. Per l’arcolaio. Come ho fatto a non pensarci prima? E’ perfetto. Il rumore della ruota che si blocca è così fastidioso che sono costretto a rallentare la produzione di oro, e tu hai trovato la soluzione! Vedi, è a questo che mi serve una domestica!” esclamò, cominciando a camminare per la stanza rigirandosi l’ampolla tra le mani.
 
Belle rimase in piedi davanti alla finestra, interdetta. Cosa si aspettava? Un “grazie”, forse? O peggio ancora, un abbraccio caloroso? Era del Signore Oscuro che stava parlando, e quella risata un po’ isterica e tutto quel gesticolare esuberante erano la migliore reazione che si potesse aspettare. Nella peggiore delle ipotesi, se il regalo non gli fosse piaciuto, l’avrebbe sgridata, punita, cacciata. Invece non aveva fatto niente di tutto ciò, anzi; sembrava quasi un bambino, mentre studiava da vicino la boccetta scura per controllare che fosse veramente olio.
 
“Vi piace?” chiese Belle, spudorata, che non riusciva ad accontentarsi di un ironico ‘è a questo che serve una domestica’.
 
Tremotino si fermò e la guardò di sottecchi, studiandola per qualche minuto.
 
“Dearie, se non mi fosse piaciuto lo avreste capito immediatamente.” Ghignò, e lei sbuffò.
 
“Andiamo, so che vi piace! Potreste anche mostrare un minimo di riconoscenza in più…” lo provocò.
 
“Ammetto che mi hai sorpreso in positivo, dearie.” Confessò, concedendole anche uno dei suoi soliti sorrisi sghembi. “ma ciò non ti salverà dal pulire le vetrate del Castello Oscuro” ghignò di nuovo, gli occhi scintillanti.
 
“Bhè, è tutto da vedere.” Belle sorrise, sapendo già in cuor suo di aver perso la sfida. Le rimaneva un’unica cosa da fare per vincere la scommessa e risparmiarsi la fatica di lavare tutte le finestre del castello, ed era fingere che il regalo di Tremotino –qualsiasi esso fosse stato- non le piacesse.
 
Stava già pensando a cosa rispondergli una volta che lui le avesse consegnato il pacchetto –“oh, carino, ma c’è di meglio”, “mhm, scontato”, “grazioso, ma non in questa occasione”, “con tutta la magia che avete, potevate fare senza dubbio di meglio”- ma quando l’Oscuro le indicò la finestra e lei si voltò, tutte quelle provocazioni le morirono in gola.
 
Lo spettacolo che aveva davanti rasentava il fantastico –e pure vivendo in un posto brulicante di magia, Belle non aveva mai visto niente di simile.
 
Il cielo era azzurro, terso, pulito come mai ci si aspetterebbe in una giornata invernale.
Nessuna nuvola, né vicina né lontana, minacciava quella calma serafica.
Non un alito di vento soffiava, e gli alberi riposavano quieti al loro posto senza che raffiche di alcun tipo scompigliassero le loro cime.
Eppure, in quel momento, in cima a quella montagna isolata rispetto a tutto e tutti, giù da quel cielo senza nuvole e sulle cime di quegli alberi così tranquilli, nevicava.
I fiocchi –morbidi, leggeri, così geometricamente perfetti, soffici e spessi al contempo, lenti e fitti come si trattasse di zucchero che qualcuno aveva fatto accidentalmente cadere da qualche parte lassù- piovevano ininterrottamente dal cielo per posarsi sul terreno ancora ricoperto dalla neve dei giorni precedenti.
 
Il sole, riflettendosi sulla neve, diede vita ad uno degli spettacoli naturali più belli, e Belle rimase a bocca aperta, estasiata, mentre davanti ai suoi occhi appariva la figura di un arcobaleno che andava a concludersi proprio là dove anche il suo sguardo non riusciva ad andare oltre.
 
Quando finalmente riuscì a distogliere lo sguardo dal paesaggio e lo rivolse a Tremotino, lo trovò che ghignava –o forse sorrideva?- appoggiato al tavolo in un angolo.
 
“Nevica! Ma… ma…” non riuscì ad andare avanti, tanta era la sorpresa.
 
“Magia.” Le rivelò lui, facendole l’occhiolino.
 
Belle rimase qualche istante in silenzio a contemplare lo spettacolo di quella neve nata dal niente che continuava a scendere e a infrangersi al suolo e alle finestre del castello provocando un ticchettio ipnotico e rassicurante, mentre in testa le riecheggiava quella poesia che faceva “cadi, cadi, allegra, buona prima neve”ˡ e che la madre le recitava sempre quando era piccola.
 
Fu solo quando il cielo sopra di lei cominciò a tingersi di grigio e l’arcobaleno a scomparire –quei colori morirono velocemente come erano nati- che le tornarono in mente le parole di Tremotino.
 
“Hey, avevate detto niente magia!” esclamò, sgranando gli occhi nella sua direzione “Avete infranto l’accordo.”
 
“Un semplice ‘grazie’ sarebbe bastato, dearie, ma mi rendo conto che certe convenzioni proprio ti vanno strette.” Replicò lui, fintamente offeso, facendo arrossire Belle per la vergogna.
 
“E’ vero… grazie, grazie davvero. E’ stato uno spettacolo favoloso, come ci siete riuscito?”
 
“Non è opera mia. Io avrei usato più stile.” Le confessò lui con un gesto annoiato della mano “e soprattutto” precisò “io non infrango mai i miei accordi. Diciamo che un tizio, un certo Claus², mi doveva un favore.” A queste parole vide Belle sbiancare dalla sorpresa e un ghigno si impadronì involontariamente del suo volto.
 
“Ah” riprese Tremotino “non è finita qui.” E avvicinandosi a Belle le fece scivolare un libro in mano.
 
Belle lo strinse, lo portò alle narici e ne ispirò l’aroma antico prima di aprirlo e trovarvi, all’interno, soltanto pagine non scritte e ingiallite dal tempo. Rivolse uno sguardo confuso al suo interlocutore, che si schiarì la voce:
 
“Quando sarai un’eroina qualcuno dovrà scrivere le tue gesta, e lo farà lì dentro.” Rise, soddisfatto della sua trovata originale, e Belle sentì il cuore perdere più di un battito –forse erano cinque- nel sentire parole del genere, che seppur dette con tono ironico e canzonatorio, erano piene di una dolcezza inaspettate.
 
“Io… grazie!” disse soltanto, fiondandosi tra le braccia dell’Oscuro senza curarsi delle sue possibili reazioni.
 
Tremotino non ricambiò l’abbraccio, non era ancora pronto. Rimase rigido per qualche secondo, e si ammorbidì soltanto quando ebbe la certezza che le braccia di Belle non lo avrebbero abbandonato a meno che non fosse stato lui a chiederglielo.
 
“Perché avete fatto tutto questo?” gli chiese Belle, la voce che era appena un sussurro.
 
Tremotino si allontanò e puntò lo sguardo in quello di lei. Si schiarì la voce e pronunciò le parole che si era ripetuto tutta la notte fino a recitarle come fossero un mantra.
 
“Semplice. Io vinco sempre i miei accordi.” Ghignò.
 
Belle non parve delusa, neanche amareggiata. Sicuramente non stupita. Apparì solo divertita; divertito –e per niente timoroso- fu lo sguardo di sbieco che gli lanciò e il modo in cui si spinse i capelli dietro le spalle; divertita fu la sua risata e lo sbuffò che fece quando Tremotino cominciò volutamente ad ignorarla preferendo guardare la neve che ancora scendeva fuori dalla finestra.
 
“Adoro la neve” sospirò Belle ad un certo punto, avvicinandosi all’Oscuro e posando la mano a pochi centimetri dalla sua.
 
“Lo so, dearie. Com’era, il sentimentalismo di ieri? ‘Non è del tutto Natale se non nevica’³ o roba del genere.” La schernì lui. Belle rise, per poi assumere un cipiglio indagatore.
 
“Allora ammettete che avete fatto tutto ciò per rendermi felice! Perché in realtà, anche se non volete ammetterlo, voi siete umano, e vi state affezionando a me, e ci tenevate a farmi un regalo.” Belle non seppe dove trovò il coraggio di fare apertamente quelle insinuazioni, ma non ne fu minimamente pentita.
 
“Dearie, io vinco gli accordi. E per vincere questo accordo avrei dovuto renderti felice, quindi… bhè si, volevo farti felice. Questo non cambia il fatto che dovrete pulire tutte le vetrate del castello.”
 
“Ma anche il mio regalo vi è piaciuto, non potete negarlo.”
 
Tremotino sbuffò, invitandola a continuare con un gesto nervoso della mano, e Belle riprese.
 
“Io direi che siamo entrambi vincitori. Quindi io vinco una settimana di riposo, e poi pulisco tutte le vetrate del castello.” Concluse, soddisfatta, sorridendo.
 
“Ti concedo un giorno di riposo, dearie. E niente argenteria da lucidare per una settimana. Per quanto riguarda le vetrate, le pulirai appena avrà smesso di nevicare e di fare freddo.” Ghignò, e le porse la mano ruvida, che lei accettò senza esitazione.
 
Sul tavolo in un angolo, i due regali di Natale –la boccettina d’olio e il libro non scritto- assistevano al potente scambio di sguardi tra la serva e il padrone, un mescolarsi di oro e azzurro, cielo e sabbia, brace e acqua. Fuori, la neve cadeva, silenziosa, a coronare un Natale che nessuno avrebbe mai raccontato.















1) B. SluckiJ, poesie Invernali
2) Ovviamente mi riferisco a Santa Claus, alias Babbo Natale :)
3) Coldplay, Christmas Lights








Writer's corner!
Ed eccoci finalmente -aihmè con un ritardo che ha del mostruoso- alla fine di questa short fic, la mia prima in assoluto -sia su efp che sul fandom di OUAT-
Che dire? Penso, con questo capitolo, di aver raggiunto livelli di sdolcinatezza e di OOC inaccettabili, ma ormai il danno è fatto e spero soltanto che voi possiate smentirmi (recensioni ovviamente molto molto ben accette!)
ringrazio vivamente di cuore chi mi ha seguito dall'inizio della fic fino ad adesso, è quello che più che altro mi ha dato la voglia e la perseveranza di andare avanti, chi l'ha messa nelle seguite/preferiti, e anche chi l'ha solamente letta, perdendo un quarto d'ora vitale della propria giornata (un bacio gigantissimo a tutti voi lettori silenziosi, so che ci siete anche se non vi vedo!)
Grazie davvero e a presto,
vostra Gelb.

 

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