In bilico.

di RakyKiki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


In bilico.

Capitolo 1.

Pianti e strilli: questa è la  mia routine.

Mi alzo nuovamente dal letto e vado nella camera della mia bambina: è nella culla che piange disperata, agitando i suoi piccoli pugnetti rosei nell’aria.

La mia piccola Laura Marie.

E’ nata tre mesi fa, ed è la bambina più bella che abbia mai visto.

Il viso roseo e tondo è circondato da una massa di capelli neri, ereditati dalla famiglia del padre; gli occhi sono uguali ai miei, color del cioccolato al latte.

E’ una bambina stupenda, fa innamorare chiunque la veda.

Ha un solo difetto, se così può essere chiamato: la notte non dorme, bensì passa il tempo ad urlare e a piangere.

Ormai non so più cosa sia una notte lunga di sonno.

“Cosa c’è, amore della mamma?” le sussurro prendendola in braccio.

Inizio a cullarla e vado a sedermi sulla sedia a dondolo.

Le canto la canzone che mia madre era solita usare con me quando non dormivo e lei si calma subito.

Questa bambina è stata la cosa più bella che potesse capitarmi.

Mentre tento di farla riaddormentare mi guardo intorno: la sua cameretta è tutta rosa, colma di tutto ciò che possa servire ad un neonato; alle pareti sono dipinti dei fiori rosa, e sulla parete più corta ed allo stesso tempo più in luce vi è dipinta la sagoma di un lupo che ulula alla luna piena.

Sospiro stringendo un po’ di più la piccola al mio petto.

Ieri ho parlato con Alan, dice che è ancora troppo presto per sapere se Laura Marie abbia ereditato o meno il gene del lupo.

I cuor mio spero che ciò non sia avvenuto, non perché avere certe abilità sia brutto intendiamoci, solo che non potrebbe mai essere totalmente se stessa, e se i cacciatori venissero a saperlo saremmo costretti a scappare, e non voglio che anche lei debba vivere un’infanzia come la mia, perennemente in fuga.

Mi alzo piano dalla sedia e ripongo con delicatezza la bambina nella culla, finalmente si è addormentata.

Rimango qualche istante ad osservarla dormire tranquilla, ed è magnifica.

Le do un bacio leggero sulla fronte e ritorno nel letto.

Mio marito non si è svegliato, quell’uomo ha il sonno incredibilmente pesante.

Sorridendo mi rinfilo al calduccio sotto le coperte, sperando di riprendere sonno.

Mi sento abbracciare da dietro e mi sistemo meglio tra le braccia dell’uomo che amo.

“Si è addormentata?” mi chiede posandomi un bacio sul collo.

“Si, spero che vada avanti almeno fino a quando devo svegliarti.” Rispondo dandogli un bacio sulla mano e piano piano scivolo nel mondo dei sogni.

 

 

“Tesoro, sveglia. Devi andare a lavorare.” Sussurro a mio marito accarezzandogli una guancia.

La sveglia come tutte le mattine è suonata troppo presto, ed io mi sono alzata ed ho preparato la colazione.

“Cinque minuti…” risponde lui con voce assonnata trascinandomi per un braccio sul letto per poi abbracciarmi.

Ricambio l’abbraccio e mi sistemo meglio su di lui, godendomi la sensazione di calore e protezione che emana.

“Lo so che è presto, ma devi alzarti.” Gli dico dopo un paio di minuti, ricevendo in risposta un grugnito assonnato.

“Tesoro?” insisto, sapendo che ormai si è svegliato e sta solo facendo un po’ di scena.

“Ok, va bene, mi alzo. Hai vinto!” esclama sciogliendo l’abbraccio e permettendomi di alzarmi.

Una volta libera scendo in cucina e gli preparo il caffè, che poso al tavolo con il cucchiaino rigorosamente a destra.

Mi perdo un paio di minuti ad osservare il bosco attraverso la finestra: gli alberi immensi circondano la casa, che sorge non lontano da dove un tempo si trovava la mia casa d’infanzia e nelle vicinanze del vecchio rudere di casa Hale.

Sento mio marito arrivare alle mie spalle ed abbracciarmi, dandomi poi un bacio sulla spalla, coperta dal pigiama invernale.

Ormai era quasi passato un anno da quando lui, il mio migliore amico, se ne era andato, scappato di casa per fuggire chissà dove; un anno da quando avevano iniziato le sue ricerche, da quando aveva chiuso con una parte della sua vita.

Ovviamente il branco ne aveva risentito, come avrebbe potuto essere lo stesso senza di lui?

“Lo troveranno.” Mi dice mio marito, quasi mi avesse letto nel pensiero.

Annuisco e mi volto, sorridendogli.

“Oggi è una giornata impegnativa in centrale?” chiedo circondandogli il collo con le braccia.

Mio marito lavora come poliziotto alla centrale di Beacon Hills, e spesso deve fermarsi oltre il suo turno per sbrigare casi urgenti o cose di questo tipo.

“Non particolarmente, spero di tornare per pranzo, così posso stare con le due persone più importanti della mia vita!” esclama sorridendo, per poi stamparmi un bacio sulle labbra.

“Mi dispiace che questa notte debba esserti svegliata sempre tu, non riuscivo a restare sveglio per più di due minuti. Ma mi farò perdonare, promesso!” mi dice stringendomi a sé.

Lo adoro quando fa così,  mi fa sentire la persona più speciale dell’intero pianeta e so che ciò può sembrare una cosa infantile ma è proprio così che mi sento tutte le volte che mi abbraccia o mi bacia o mi dice che mi ama.

“Bevi il caffè, mister sonno-di-piombo, altrimenti si raffredda!” gli rispondo mentre sciolgo l’abbraccio.

 

 

“Vuoi che vada a fare la spesa, prima di tornare a casa oggi?” mi chiede mentre si infila il cappotto.

“No, direi che il frigo e la dispensa sono a posto. Passa una buona giornata a lavoro tesoro!” gli rispondo dandogli un bacio.

Lui per tutta risposta non accenna a volermi lasciar andare e mi cattura in un bacio appassionato, di quelli che ti fanno girare la testa ed allo stesso tempo salire la glicemia per quanto sono dolci.

Ci stacchiamo entrambi con il fiatone ma sorridenti e lui sale in macchina, mentre io torno in casa.

Metto un po’ in ordine la cucina e rifaccio il letto, quando la mia bambina si sveglia ed inizia, giustamente, a reclamare la mia attenzione con un pianto disperato per la fame.

Sorridendo tra me e me la raggiungo e la allatto, mentre non la smetto di dirle quanto sia bella e quanto sia felice di aver avuto un tale dono dalla vita.

Certo molte persone potrebbero pensare che avere un figlio a solo ventun anni sia sbagliato, insomma a quest’età dovresti essere al college a studiare invece che a casa ad allattare e cambiare pannolini, ma a me questa vita piace.

Ammetto che alcune volte mi piacerebbe tornare a studiare, ma mi ripeto che c’è sempre tempo per farlo, ed al momento preferisco godermi questi piccoli momenti con il mio angelo.

Una volta che le ho dato da mangiare mi faccio una doccia al volo, tendendo sempre un orecchio per sentire eventuali pianti che fortunatamente non avvengono.

Devo ammettere che avere l’udito più sviluppato in questi casi è molto utile.

Torno dalla mia Laura Marie e la porto al piano inferiore con me e la sistemo sul seggiolone, mentre inizio a preparare la pasta per il pranzo: ora che ho molto più tempo libero mi piace preparare la pasta fresca, che è molto più buona e saporita a mio parere.

Verso le undici e mezza, mentre giocavo con la bambina, ricevo un messaggio da mio marito, con scritto che deve andare con lo sceriffo a fare un sopralluogo e che quindi non ci sarebbe stato a pranzo.

Sospiro e guardando seria la mia bambina le dico:

“Oggi il Papà non viene per pranzo, siamo solo io e te tesoro.” Dopodiché la prendo in braccio e la porto con me in cucina, dove inizio a prepararmi il pranzo.

 

 

 

“Allora, abbiamo delle novità?” mi chiede Lydia toccandosi il pancione.

Il branco è tutto riunito al tavolo della sala da pranzo di casa mia.

“Purtroppo no; io ed Isaac siamo tornati un paio di giorni fa dal Minnesota, ma non c’è nessuna traccia di lui lì.” Esclama Scott appoggiando la testa sulla spalla del compagno.

Finalmente, dopo mesi e mesi di indecisione, quei due lupastri si erano dichiarati e da quel momento non si erano staccati un momento l’uno dall’altro.

“Io ed Erica partiamo per il Kansas la settimana prossima, proviamo a seguire le tracce che ha lasciato là.” Esclama Boyd stiracchiandosi sulla sedia.

“Peter dov’è?” chiedo io, notando solo in quel momento l’assenza dell’uomo.

“Non saprei, doveva essere qui.” Risponde Jackson tenendo la mano di Lydia.

“Da Allison nessuna notizia?” chiede la rossa fissandomi.

“L’ho sentita la settimana scorsa, dice che Yale non è affatto un brutto posto, è molto tranquillo ma soprattutto la popolazione di lupi mannari è pari a zero.” Rispondo sorridendo un po’.

La giovane cacciatrice, nonché ex di Scott, ha deciso di deporre le armi per poter frequentare il college in santa pace, senza però perdere i contatti con i vecchi amici.

“Quindi ora che si fa, Rachel? Continuiamo a cercarlo?” chiede Isaac fissandomi.

“Io…non lo so.” Rispondo prendendomi la testa tra le mani.

Tutta quella situazione inizia ad essere snervante.

“Isaac ha ragione Rachel. In assenza dell’Alpha sei tu a doverci guidare. Sei la ‘mamma’ del branco.” Aggiunge Erica sorridendomi incoraggiante.

“Non saprei dove altro potremmo cercare.” Ammetto sconfortata

“Se posso esservi d’aiuto, io avrei una pista.” Esclama Peter entrando nella stanza.

“Ho seguito le sue tracce fin nel New Jersey ed ho scoperto che ha preso un volo diretto per Sidney due settimane fa. Se riuscissi ad intercettare la sua carta di credito sarebbe più facile, ma mi ci vorrà ancora un po’ di tempo. Intanto proporrei di mandare qualcuno laggiù per cercarlo.” Aggiunge il licantropo, sedendosi su una poltrona.

“Fino in Australia?” chiedo scettica.

“Si, direi di si. A meno che tu non conosca un’altra città che si chiama Sidney.” Mi risponde Peter sarcastico.

“Ok, qualcuno andrà a Sidney, ma mettetevi d’accordo tra di voi. Io a priori escluderei Lydia, date le sue condizioni.” Rispondo e mi alzo per andare a dar da mangiare alla mia bambina, che ha appena iniziato a piangere.

 

 

 

NdA:

Salve!
Ebbene sì, sono ancora qui a rompervi i maroni! :D
Anyway…. Questa è la seconda parte di “Ancient Love”, e premetto che è un’esperimento.

Il tempo della narrazione varierà tra il presente, scritto in corsivo, ed il passato, scritto normale.

Ovviamente mi piacerebbe se mi lasciaste una recensione, per farmi sapere cosa ne pensate!

Detto questo vi lascio andare, e buona serata! :D

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


 

Capitolo 2.

NdA: leggete le note al fondo della storia, sono importanti!

 

 

Lo sceriffo non ce la faceva più.

Quella situazione era giunta al limite.

Quanti mesi erano passati ormai?

Cinque lunghi mesi, in cui aveva visto cambiare il figlio.

All’inizio aveva attraversato una fase in cui sembrava uno zombie: si aggirava silenzioso per casa, a scuola arrivava alla sufficienza per pochissimo, non parlava quasi più e quando lo faceva aveva il tono monocorde.

Poi aveva attraversato una fase in cui usciva tutte le sere, senza dirgli mai dove andasse ovviamente, per poi tornare a casa nella notte fonda.

Ora invece era nella fase della rabbia, o almeno la definiva così Jeff.

Le poche volte che trovava il figlio in casa finivano con il litigare, e lo sceriffo odiava litigare con Stiles.

Ora sarebbe ricominciata la scuola, e l’uomo sperava con tutto il cuore che il ragazzo potesse riprendersi, perché era davvero preoccupato.

Stiles dal canto suo non riusciva proprio ad essere quello di prima.

Quegli ultimi mesi erano stati devastanti.

La partenza di Rachel era stato l’evento scatenante di questa sua apatia generale, ed anche l’avvenimento che più l’aveva destabilizzato: poiché racchiudeva in sé tutti i motivi che l’avevano portato a soffrire nuovamente di attacchi di panico: il mondo dei licantropi che gli portava via un’altra parte della sua vita dopo il suo migliore amico, il fatto di essere troppo debole per proteggere le persone che amava il sentirsi totalmente inutile.

Stiles odiava sentirsi così, e la cosa peggiore era che Scott non si accorgeva di nulla, all’inizio perché troppo preso dalla rottura con la cacciatrice, poi perché andava sempre, ed è proprio il caso di dirlo visto il ‘problema peloso’ del ragazzo, a spasso con Isaac lasciandolo da solo ai suoi problemi.

Così il ragazzo passava i pomeriggi a spasso per il bosco, inoltrandosi ogni giorno sempre di più.

Quella sera però aveva cambiato itinerario, come faceva ormai da qualche settimana, e si era diretto verso il centro città.

Si aggirava per i vicoli con il cappuccio della felpa rossa tirato sulla testa e si guardava intorno con fare assente.

Ad un tratto incrociò un compagno di scuola che era conosciuto in tutto l’istituto per il fatto che potevi trovare da lui qualsiasi tipo di roba per sballarti o fuggire dal mondo che ti circondava.

Così il ragazzo, ormai per abitudine, gli si avvicinò e pochi minuti dopo si dirigeva nuovamente verso l’auto con in tasca un pacchettino.

Quando entrò in casa lo nascose per bene alla vista del padre e si diresse in camera sua, dove vi si chiuse dentro e mise uno straccio lungo il bordo della porta.

Si sdraiò sul letto e iniziò a fumare lo spinello.

E finalmente un po’ di dolore andò via.

Sapeva di dover smettere, che era sbagliato e tutte le altre cose che suo padre gli aveva sempre detto sulla droga, ma non riusciva a fare a meno della situazione di pace che quella ‘sigaretta speciale’ , come lui la chiamava, gli poteva dare.

Proprio quando stava per cadere in un sonno pacifico suo padre bussò alla porta.

“Stiles, apri la porta! Dobbiamo parlare!”

“Non ora Pa’, sono occupato.” Rispose placidamente il ragazzo, tornando ad ignorare il padre, il quale però nel frattempo stava già aprendo la porta con una chiave di riserva.

“Stiles ho detto che dobb…che cosa stai facendo!?” esclamò lo sceriffo quando vide il figlio che fumava lo spinello.

“Non iniziare.” Rispose il ragazzo dando le spalle al padre, che fece il giro del letto e gli tolse lo spinello dalle mani.

“Da quanto va avanti tutto ciò?” chiese severo Jeff, spegnendo lo spinello e mettendoselo in tasca.

“Io quello me lo stavo fumando.” Disse soltanto il ragazzo, fissando il padre.

“Di questo me ne ero accorto sai? Ora dimmi, da quand’è che ti droghi Stiles?”

“Non lo so.”

“Tu cosa? Non, non lo sai!? Che risposta è?”

“La mia risposta.” Rispose apatico il ragazzo, chiudendo gli occhi.

“Stiles, cosa succede? E’ ancora per Rachel? Sai che volendo posso trovare il suo indirizzo, pasta che tu me lo dica. Ma se c’è qualcos’altro che non va, qualcosa che ti preoccupa, ti prego parlamene.” Disse Jeff sedendosi sul letto del figlio che si alzò velocissimamente.

“Tu vuoi sapere cosa mi succede?! La mia vita fa schifo! Tutto fa schifo! La mia ragazza prima mi tradisce, poi se ne va, il mio migliore amico ormai non mi calcola più, sono sempre inutile per qualsiasi cosa, gli altri non fanno altro che considerarmi un peso e non faccio altro che rovinarti la vita! Gli attacchi di panico mi tormentano senza tregua, quando provo ad addormentarmi mi sembra di affogare e questo è l’unico modo che ho per stare meglio! Quindi sì Papà, c’è decisamente qualcosa che non va!” concluse il ragazzo urlando contro il padre per poi chiudersi in bagno.

Sentì il padre abbandonare la camera e scendere al piano inferiore.

Per calmarsi Stiles si buttò sotto il getto d’acqua gelata, noncurante del fatto che fosse ancora vestito.

Non sa dire per quanto tempo vi rimase, ma quando uscì dalla doccia la luna era alta nel cielo e la mezzanotte passata ormai da venti minuti.

Scese al piano inferiore bagnato fradicio, e si fermò sulla soglia della cucina.

Il padre era seduto al tavolo, la bottiglia di whiskey quasi alla fine davanti a lui, la testa appoggiata sulla mano.

“Mi manchi Marie. Non so cosa fare con nostro figlio. Non so come aiutarlo. L’ho trovato che fumava uno spinello. Mi ha urlato contro. Non so come aiutarlo. Voglio solo che lui sia felice, non voglio che soffra. Vorrei sapesse quanto bene gli voglio. Vorrei smettesse di farsi del male da solo. Perché fumare? Perché se ha dei problemi non ne parla con me? Sono suo padre…Marie, ti prego proteggilo, veglia su di lui…” diceva il padre, ubriaco e con le lacrime che gli rigavano il volto.

Senza fare rumore Stiles entrò in cucina ed abbracciò il padre.

Rimasero così per un’infinità di tempo, finché il ragazzo non spezzò il silenzio.

“Andiamo a dormire Papà.” Disse Stiles, prendendo il padre sotto braccio e portandolo in camera.

Andò poi in camera sua e si cambiò e tornò dal padre, per distendersi accanto a lui ed addormentandosi con alcune lacrime che gli rigavano il volto.

 

*Qualche ore prima, a molti chilometri di distanza…*

Tra pochi giorni la scuola sarebbe ricominciata, e Rachel avrebbe voluto con tutto il cuore varcare i cancelli del liceo di Beacon Hills, California, invece di quelli del liceo di Century, in Florida.

Come tutti i pomeriggi Rachel si trovava seduta sulla riva del lago della città, immersa nei suoi pensieri.

Quella notte aveva fatto nuovamente quel sogno, sempre lo stesso da un paio di settimane.

Si trovava in una stanza buia ed improvvisamente si accendeva la luce ed intorno a lei c’era il suo branco. Poi degli spari partivano da direzioni ignote, ed una persona, diversa per ogni sera, moriva. Tutte quante però prima di morire tendevano una mano verso di lei per chiedere aiuto, senza che lei potesse fare qualcosa, poiché gli altri non la vedevano né sentivano.

Quella sera la persona ad essere uccisa era stata Derek, e la ragazza provava un grande fastidio, senza sapere da dove arrivasse.

Ad un tratto la voce di due ragazzi che scendevano da un’auto la distolse dai suoi pensieri.

“Per quanto resteremo qua Dean?” chiese il moro.

“Giusto il tempo di mangiare qualcosa e farci una dormita, poi domani partiamo per Beacon Hills.” Rispose il biondo mentre tirava calci ad una pietruzza.

Rachel continuò ad ascoltare curiosa la conversazione tra i due ragazzi, soffermandosi sui particolari come il loro battito cardiaco o il loro odore.

Il moro aveva un odore particolarmente interessante: non era come quello degli esseri umani, ma nemmeno come quello dei licantropi.

“Perché ci andiamo? E’ scritto sul diario di Papà?” chiese il moro, fermando quello di nome Dean.

“Gli Argent hanno chiesto aiuto a Papà: un branco di Alpha è arrivato in città, e da soli non possono sconfiggerlo. Sammy… sembra tu abbia fatto una conquista, fratellino!” esclamò Dean indicando Rachel.

La ragazza distolse immediatamente lo sguardo e prese a fissarsi le punte dei piedi.

“Dean smettila…” rispose il moro, sedendosi su una panchina poco distante dalla ragazza.

“Mi stavi raccontando degli Argent.” Disse poi rivolto al fratello.

“Sì. Come ti dicevo Sam, andiamo ad aiutarli. Stando a quanto mi ha riferito Chris, si sono messi d’accordo con il branco locale, sai no quello che venne semidistrutto da un incendio? Comunque, combatteranno insieme contro gli Alpha, e così faremo anche noi. Ma quando tutto questo sarà finito-disse Dean lanciando in aria le chiavi della macchina per poi riprenderle al volo- uccideremo anche quel branco.” Concluse voltandosi verso il fratello.

Rachel provò un moto di rabbia improvvisa, la voglia irrefrenabile di aprire in due la gola del ragazzo.

La voce del moro attirò la sua attenzione.

“E il codice?” chiese confuso.

“Noi Winchester, così come gli altri cacciatori, non abbiamo un codice. Troviamo un licantropo? Lo uccidiamo. Non importa se non abbia mai cacciato esseri umani Sammy. Sono esseri mostruosi- disse Dean volgendo lo sguardo verso il lago- sono esseri pericolosi, un abominio. Per questo non faremo eccezioni. Per cui non guardarmi in quel mo… Sammy?” chiamò il fratello il biondo indicando Rachel, o per meglio dire i suoi occhi che, gialli, lo fissavano intensamente.

Un ringhio troppo basso per essere udito dai due ragazzi proveniva dalla ragazza, che improvvisamente non trovava poi così sbagliato l’idea di avventarsi contro il biondo e staccargli la testa a morsi.

“Il demone.” Disse Sam, la mano che scattava verso qualcosa nascosto dentro la giacca.

“Hei frena Sam! Non vorrai sparare proprio qui, in mezzo al parco, davanti a bambini e famiglie?!” esclamò Dean fermando il fratello.

Rachel nel frattempo era tornata in sé e si dirigeva verso l’uscita del parco.

Era una fortuna che non l’avessero ricollegata ai licantropi, ma era più che certa che quei ragazzi non sarebbero andati via da Century senza prima aver avuto delle risposte.

Si assicurò di non essere seguita e tornò a casa, dove trovò la zia intenta a lavorare a maglia.

“Va tutto bene tesoro?” le chiese vedendo l’espressione preoccupata della ragazza.

“Cacciatori. Sono in due. Erano al parco e parlavano degli Argent e degli Alpha e…” tentò di spiegarsi la ragazza, mangiandosi le parole ed andando in confusione.

“Respira little Rachel, e dimmi esattamente cos’è successo.” Disse la zia prendendole le mani.

“Ero al parco quando questi due ragazzi attirano la mia attenzione, in particolare uno dei due, che aveva un odore così strano… Comunque, iniziano a parlare degli Alpha e del branco di Derek, quando Dean, uno dei due cacciatori, dice che una volta risolto il problema degli Alpha elimineranno anche Derek e gli altri e… non so cosa mi sia preso, ma mi sono ritrovata a ringhiare e hanno visto i miei occhi, ma hanno pensato che fossi un demone o cose simili… Aspetta, i demoni esistono!? Io credevo fossero una leggenda!” disse a ruota libera la ragazza, troppo presa dall’ansia per concentrarsi realmente su ciò che stava dicendo.

“Hai detto che uno dei due si chiama Dean giusto? L’altro Sam, non è vero?” chiese la zia e Rachel fece cenno di sì con la testa.

“I fratelli Winchester, figli di John Winchester. Sapevo avrei avuto nuovamente a che fare con loro. Non preoccuparti, sweetheart, non sei in pericolo. Vedi, tanto tempo fa loro padre mi salvò la vita e diventammo amici, e da quel momento potei contare sulla sua protezione, così come tutta la mia famiglia. Ma immagino che tu non sia preoccupata per te stessa, non è vero? Comunque sia, immagino che questa sera avremo due ospiti in più a cena. Meno male che tuo zio è via per un congresso!” rispose la zia Muriel sorridendo alla nipote e si diresse in cucina.

Circa un paio d’ore più tardi qualcuno suonò alla porta e la zia Muriel andò ad aprire.

“Sam e Dean Winchester, che piacere conoscervi!” esclamò stupendo i due ragazzi.

“Lei, lei ci conosce?” chiese Sam.

“Oh si, vostro padre mi ha parlato tanto di voi. Mi dispiace tanto per la sua morte, era una persona straordinaria e di larghe vedute… ma non restate lì impalati, prego entrate in casa!” disse facendo loro strada nel piccolo ingresso.

Rachel apparve dalla porta del salotto ed i due ragazzi quando la videro portarono le mani alle pistole, nascoste nelle giacche.

“Non preoccupatevi, non è il demone che state cercando. Anche perché altrimenti vi avrebbe già uccisi, non credete? Ora andate a lavarvi le mani, la cena è pronta!” disse Muriel, sparendo in cucina.

Inutile dire che il pasto venne consumato nel più totale silenzio imbarazzante.

“Che cosa sei?” chiese girando il caffè Dean, rivolto alla ragazza, che gli rivolse un’occhiataccia.

“Perché vuoi distruggere il branco di Hale?” rispose Rachel, non entrando troppo nel personale per quanto riguardava il suo rapporto con Derek.

“Tu come, cosa… Come fai a saperlo?” chiese confuso e un po’ irritato il biondo.

“Ti sto irritando.” Constatò la ragazza, bevendo un sorso di caffè.

“Non è vero.” Rispose mentendo il ragazzo.

“Menti.” Rispose Rachel, fissandolo negli occhi.

“Tu riesci a sentire quando una persona mente?” si intromise Sam, e prima di rispondere la ragazza si assicurò di poter parlare liberamente lanciando uno sguardo alla zia.

“Non solo. Qualsiasi emozione voi proviate posso sentirla e distinguerla.”

“Sei una sensitiva?” chiese Dean, ricevendosi un’occhiata in cagnesco da parte della ragazza.

“No, non lo sono.”

“Allora cosa sei?”

“Qualcosa che la vostra gente uccise senza ritegno, fino a portarla quasi all’estinzione.” Rispose acida la ragazza, fissando la tazzina davanti a sé.

“Ci sono tante creature sull’orlo dell’estinzione.” Disse Sam.

“Conosci la famiglia Hale, ciò vuol dire che sai cosa sono. Ma i licantropi purtroppo non sono in via d’estinzione.” Si intromise Dean, ricevendo un ringhio esplicito da parte della ragazza.

“Voi non li ucciderete.” Disse bruscamente la ragazza, il ringhio che cresceva d’intensità e gli occhi che s’illuminavano.

“Woh calma ok?” disse Dean alzando le mani in segno di difesa davanti a sé.

“Sei una genitrice, non è vero?” chiese all’improvviso Sam.

La ragazza gli fece cenno di sì con la testa e tornò ad osservare il biondo, che la guardava con un’espressione esterrefatta.

“Non provare nemmeno a prendere la pistola, o la prossima volta che dovrai fare qualcosa di manuale dovrai usare l’altra mano.” Disse prontamente la ragazza.

“John promise a me e alla mia famiglia l’immunità. Disse che saremmo state al sicuro, che né lui né la sua famiglia ci avrebbero mai fatto del male. Controllate sul suo diario se non mi credete ragazzi.” S’intromise Muriel sorridendo tranquillamente.

“Ora capisco cosa volessero dire le parole al sicuro , scritte sotto il vostro indirizzo.” Disse Dean accasciandosi sulla sedia.

“Esatto. E se vi azzarderete anche solo a puntare una pistola contro Derek o il suo branco vi aprirò la gola in due, con i miei denti.” Rispose Rachel, ringhiando per ribadire meglio il concetto.

“Mi dispiace dovertelo dire piccola, ma il branco di Hale non fa parte della tua famiglia.” Rispose con un sorrisetto Dean, sporgendosi leggermente verso Rachel.

“Perciò dovrai tenere il tuo volto lontano dalla mia gola, anche se ammetto di essere curioso di cosa potrebbe fare un po’ più in basso, oltre la cintura dei pantaloni.” Aggiunse facendo l’occhiolino alla ragazza.

Rachel gli soffiò contro (si esatto, proprio come un gatto!) con tanto di zanne scoperte.

“Prova anche solo a fare del male al mio branco, e sarai morto prima di poter battere ciglio, umano.” Rispose la ragazza, per poi continuare.

“Questo vale per te ovviamente, dato che tuo fratello mi sembra una persona tanto più cordiale, socievole e umana.” Disse sorridendo leggermente a Sam.

“Quando avete intenzione di partire?” chiese Muriel.

“Domani mattina, al più tardi domani sera.” Rispose Dean.

“Vuoi venire con noi?” le chiese dal nulla Sam.

“Che cosa!?” dissero in coro Rachel e Dean.

“Sì insomma, mi sembra di capire che ci tieni a questi tuoi amici, e ho l’impressione che tu non ami stare qui.” Rispose sorridendo Sam.

“Tu mi stai simpatico.” Rispose la ragazza, sorridendo leggermente.

“Presumo che dovremo dire a tuo zio che domani partirai, mi immagino già le scenate che dovrò sopportare al ritorno di quel lupo scorbutico!” esclamò la zia, alzandosi da tavola.

“Bene, ora c’è anche un licantropo che non posso uccidere in questa casa?! La mia frustrazione non potrebbe essere maggiore!” Esclamò Dean alzandosi anche lui da tavola e si avviò verso la porta d’ingresso.

“Partiremo domani sera, così hai più tempo per preparare le valigie.” Disse Sam rivolto alla ragazza, mentre andavano verso la soglia di casa, ricevendo uno sbuffo da parte del fratello.

“Dove pensate di andare? Non esiste che dormiate in macchina! I divani qui sono piuttosto comodi, potete fermarvi se volete! E’ il minimo che possa fare per i figli di John!” esclamò la zia, chiudendo la porta dopodichè fece accomodare i ragazzi in salotto, dove portò un paio di coperte e dei cuscini.

 

La mattina seguente Rachel aveva deciso con la zia che non avrebbero detto nulla a David fino al suo ritorno dal corso per non allarmarlo troppo, ed ora la ragazza era sommersa dai vestiti.

Non sapeva cosa portare, se avrebbe dovuto prendere anche i libri scolastici o meno, e alla fine decise che se fossero serviti se li sarebbe fatti spedire.

Finì la valigia prima di mezzogiorno, e dopo pranzo era pronta a partire con i fratelli Winchester.

Salutò la zia promettendole di chiamarla appena arrivata dopodiché, posata la valigia nel bagagliaio, salì in macchina e partì con i ragazzi.

Durante il viaggio scoprì che Sam era particolarmente simpatico ed ebbe modo di rivalutare un po’ la sua opinione su Dean.

“Sebbene tu voglia uccidere il mio branco, devo ammettere che i tuoi gusti in fatto di musica e di auto non sono male. Potresti iniziare a starmi simpatico.” Esclamò, suscitando l’ilarità generale.

Giunsero a Beacon Hills la mattina seguente, e decisero che avrebbero avuto come campo base la casa che suo zio non aveva venduto e che era ancora totalmente ammobiliata.

Rachel scese dall’auto e mentre apriva la porta di casa vide lo sceriffo uscire di casa e guardare con sospetto i fratelli Winchester che prendevano le valigie.

Decise di andargli incontro e lo salutò abbracciandolo.

Sembrava parecchio invecchiato e particolarmente stanco.

Il profumo di Stiles era ovunque su di lui e per Rachel fu come ricevere un pugno nello stomaco.

“Sei tornata! Perché non mi hai avvisato?! Stiles sarà contento di sapere che sei qui! Ora sta ancora dormendo… Ma quelli chi sono?” chiese lo sceriffo indicando i due ragazzi.

“Sono i miei cugini, siamo tornati qui per sbrigare alcune cose.” Rispose sorridendo la ragazza.

“Per quanto resterete?”

“Non saprei, credo finchè dovremo. Onestamente però, spero il più a lungo possibile.” Rispose la ragazza.

“Non vanno bene le cose, dove siete ora?”

“No, no le cose vanno bene, solo che…beh, lì non è qui.” Disse malinconicamente Rachel.

Salutò lo sceriffo che partì verso la centrale ed entrò in casa.

Disse ciò che aveva detto allo sceriffo e comunicò ai ragazzi che sarebbe andata a fare un giro.

“Stai andando dal tuo Alpha, non è vero?” chiese Dean, seguendola fuori dall’abitazione.

“Sì, e non penso che voi siate i benvenuti.” Rispose fermandosi quando si rese conto che Sam aveva chiuso la porta di casa e stava arrivando da loro.

“Ma proprio perché è l’Alpha deve sapere che ci sono cacciatori estranei sul suo territorio. Perciò verremo con te.” Rispose Dean, ricevendo un cenno d’assenso da parte del fratello.

Il trio salì in macchina e partì verso il rifugio di Derek, ignaro che uno Stiles stupefatto e deluso aveva osservato tutta la scena dalla finestra della sua camera da letto.

 

 

NdA: Salve!
Ok, devo chiedervi una cosa!
Come avrete notato in questa storia ci sono i carissimi fratelli Winchester! Ora mi chiedo: anche se non compaiono in tutti i capitoli devo mettere tra le note della storia che si tratta di un crossover??

Vi prego aiutatemi! D:

Anyway, mi farebbe davvero tanto, ma tanto piacere sapere cosa ne pensate di questo capitolo, e della storia in generale!
Davvero, lascatemi una piccola recensione, mi fareste felice!

Se poi avete voglia di leggere qualcosa di natalizio, ed estremamente Sterek, date un’occhiata alla Oneshot “All I want for Christmas is you” e magari lasciate una recensione, se vi va!

Detto questo vi lascio andare, ci vediamo al prossimo capitolo!

Much love,

Kiki.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


 

Capitolo 3.

“Rachel?” chiamò la ragazza Sam, scuotendola leggermente.

Aveva fatto nuovamente quell’incubo e si era svegliata urlando.

“Stai bene?” le chiese preoccupato Dean, la pistola in pugno.

“Sì, era solo un brutto sogno.” Rispose la ragazza, alzandosi dal letto e chiudendosi in bagno.

Quella notte l’incubo era stato più reale del solito, e diversamente dalle altre volte la persona che moriva era proprio lei.

Il giorno precedente, quando erano andati al vecchio rifugio di Derek e lo avevano trovato vuoto, Rachel era rimasta spiazzata.

Certo, probabilmente il fatto di non averlo trovato era stato un avvenimento positivo poiché non lo aveva consegnato ai fratelli Winchester, ma ora non aveva idea di dove poterlo cercare. Aveva provato a chiedere a Scott, ma non lo aveva trovato in casa.

Scese al piano inferiore e trovò un piatto di frittelle e una spremuta d’arancia che l’attendevano sul bancone della cucina.

“Mangia, hai bisogno di forze.” Le disse Dean incrociando le braccia al petto.

Rachel non se lo fece ripetere due volte, vista la fame che le divorava lo stomaco, e mangiò volentieri.

“Allora, qualche idea su dove trovare il tuo ragazzo?” le chiese il biondo con un sorriso sghembo.

“Non è il mio ragazzo.”

“Quello che è. Il punto è: dove lo troviamo?”

“Non lo so. Ora ho altro a cui pensare onestamente. E poi voi due non dovreste andare dagli Argent e dire che siete arrivati, invece di impicciarvi dei miei affari?” rispose acida la ragazza posando i piatti nel lavandino.

“Voi due non dovreste andare dagli Argent?” la scimmiottò Dean mentre andava a sedersi vicino al fratello.

Rachel salì in camera e si cambiò, indossando semplicemente un paio di jeans e una maglietta per poi tornare al piano inferiore.

“Oggi andrò dal veterinario per chiedergli se può riassumermi, anche se non a tempo pieno. Tanto non sarà un problema. Voi due potreste provare a vedere a qualche ristorante o bar del centro, sono sempre a corto di personale.” Disse la ragazza appoggiandosi al bancone della cucina.

“Per cosa?” chiese Sam confuso, alzando finalmente la testa dal computer.

“Per un lavoro? Altrimenti come possiamo pagare le bollette e vivere?” rispose Rachel.

Dean si alzò ed uscì dalla stanza, per poi tornare con il portafoglio in mano.

Quando fu davanti alla ragazza estrasse un paio di carte di credito, mettendogliele sotto il naso.

“Con queste non ci serve un lavoro.” Disse facendo l’occhiolino per poi tornare a sedersi vicino al fratello.

“Rubate o clonate?” chiese Rachel alzando gli occhi al cielo.

“Entrambe. Non è un problema dolcezza vero? O sei troppo onesta per una cosa del genere?” la provocò Dean.

“A me va benissimo. Solo state attenti, il vicino di casa è lo sceriffo, potrebbe non reagire bene se sapesse da dove vengono i soldi. Se vi arrestasse ovviamente direi di non sapere nulla e me ne laverei le mani. Niente di personale ragazzi, ma siete pur sempre il nemico.”

“Sai come si dice: il nemico del mio nemico è mio amico.” Rispose sempre Dean.

Rachel salutò i due ragazzi, uscì di casa, attraversò il prato e quando fu davanti alla porta di casa dello sceriffo suonò il campanello.

Sentiva il battito del cuore del ragazzo assai chiaramente, riusciva a sentire lo sbadiglio che aveva fatto mentre scendeva le scale e riusciva a sentire persino il suo odore, vagamente più dolciastro di quello che ricordasse.

Quando Stiles aprì la porta, Rachel sentì il cuore perdere un battito.

Era esattamente come lo ricordava, tranne che per i capelli lunghi e l’espressione più matura.(ndr: i capelli sono come quelli di Dylan nella S3)

Dal suo canto, Stiles quando la vide non sapeva se credere ai suoi occhi, pensando addirittura che la ragazza davanti a lui fosse un’allucinazione. Si sentiva euforico per il ritorno di Rachel, che chiaramente era reale, ma allo stesso tempo devastato per via di tutto il dolore che aveva provato e no, non si vergognava ad ammettere una cosa del genere, i sentimenti sono sempre i sentimenti e non vanno mai rinegati.

 “Ciao Stiles.” Disse la ragazza quasi sussurrando, abbozzando un sorriso.

Il ragazzo la fissò per qualche istante per poi rientrare in casa, senza chiudere la porta né niente, come se volesse che la ragazza entrasse.

Rachel si chiuse la porta alle spalle e seguì il ragazzo al piano superiore, chiudendo poi anche la porta della camera.

“Stiles…” fece per incominciare la ragazza, venendo però subito interrotta dall’umano.

“Parla piano, papà dorme ancora. Ieri… è stata una giornata particolarmente faticosa.” Disse il ragazzo, sedendosi sul letto.

Rachel annuì ed improvvisamente le vennero meno le parole.

“Perché sei qui?” chiese Stiles come se le avesse letto nella mente.

“Ho delle faccende da sbrigare. Il branco…” tentò di spiegarsi Rachel, salvo poi interrompersi quando vide l’espressione delusa del ragazzo. “Stiles, mi dispiace di essermene andata così. Dovevo andarmene e--” tentò di proseguire la ragazza, che però venne interrotta da Stiles.

“Lo so. A me spiace aver detto quello che ho detto, di averti dato del mostro. Solo… ero arrabbiato: dovevo mentire costantemente a mio padre, rischiavo la vita quotidianamente, ero sempre sul punto di perderti per causa di Derek e semplicemente non ho retto. Sono pur sempre umano.” Rispose Stiles alzando il viso in modo da poter guardare negli occhi la ragazza. Poi continuò.

“Tu hai idea di tutta la merda che ho dovuto affrontare in questi ultimi mesi? Prima te ne sei andata tu, poi Scott e di conseguenza tutti gli altri. Il rapporto con mio padre è andato a farsi fottere e soltanto ieri sono riuscito a dirgli tutto quanto e… ci credi che ci siamo fumati insieme uno spinello, che tra parentesi era anche l’ultimo che avevo!, mentre tentavo di convincerlo che tutto ciò che gli stavo raccontando non fosse altro che la verità?! – Esclamò il ragazzo alzandosi ed iniziando a camminare per tutta la stanza- Mi guardava come se fossi diventato matto, come se non potesse credere alle mie parole. Quando gli ho raccontato di Peter e della sua resurrezione stava per scoppiare a ridermi in faccia. E’ stato esilarante anche quando mi ha lanciato addosso una pallina da tennis colpendomi in testa dopo che gli avevo finito di spiegare tutto quanto, giusto per accertarsi che fossi davvero umano. Sai, non so se ho fatto bene o meno, ma sono contento di essermi tolto questo peso dallo stomaco. Onestamente non mi importa nemmeno di quello che potrà dire Derek, non faccio parte del suo branco e non deve rompermi i cocomeri con la storia del ‘Io Alpha- io decido- tu subisci’.” Disse Stiles incrociando le braccia al petto e girandosi a guardare nuovamente la ragazza.  

“Mi sei mancata sai? Non nego che in questo momento io stia provando la voglia irrefrenabile di baciarti, ma credo che ciò sia dovuto anche alla forza dell’abitudine. Voglio dire, se ci siamo lasciati un motivo ci sarà stato, giusto? Quindi penso che- -” disse Stiles, che venne però interrotto da Rachel.

“Stiles, io non penso che- - ”

“Fammi finire Rachel, ti prego. Dicevo? Ah sì, quindi penso che almeno per ora dovremmo essere solo amici, per diversi motivi. Primo tra tutti il fatto che non sai nemmeno tu per quanto tempo resterai qui a quanto mi dice mio padre, e poi perché voglio capire bene quello che provo io, e ho l’impressione che anche tu la pensi come me. Probabilmente sarà difficile, anzi ne sono abbastanza sicuro, ma vale la pena provare a parer mio.” Concluse Stiles andando incontro alla ragazza e quando le fu davanti le accarezzò una guancia.

“Con questo però non pensare che non sia più arrabbiato con te, signorina! Devi ancora trovare il modo per farti perdonare.” Esclamò sorridendo mentre Rachel lo abbracciava quasi stritolandolo.

“Anche tu mi sei mandato Stiles. Mi dis…”

“Se dici che ti dispiace mi riprendo Fuliggine! E sai che lo farei, perché adoro quel gatto.”

Rachel sorrise, finalmente ritrovando il vecchio Stiles dietro quella maschera di maturità.

La ragazza sciolse l’abbraccio e solo in quel momento notò la maglietta che indossava l’umano davanti a sé.

“Allora ti piace veramente il regalo!” esclamò sorridendo Rachel.

Stiles la fissò confuso e quando la ragazza indicò il suo petto, capì che si riferiva alla maglietta che gli aveva regalato quel Natale.

“Certo che mi piace! E’ nel pieno del mio stile. Ma ora dimmi una cosa: quei due bellimbusti che di fissano da camera tua da quando sei entrata qui, sono i tuoi famosi cugini di cui mi ha parlato mio padre?” chiese il ragazzo indicando la finestra.

“Loro sono Sam e Dean, ufficialmente miei cugini, in realtà due cacciatori.”

“Cos- cacciatori?! E te li sei portata in casa? ”

“Non mi uccideranno, la loro famiglia non può fare del male a me o alla mia famiglia per via di una promessa fatta da loro padre a mia zia Muriel e tra parentesi, credo che tra i due ci sia anche stato del tenero, ma onestamente non voglio pensarci!”

“Buono a sapersi… Ma ti va di spiegarmi come si deve, per filo e per segno, perché sei tornata? Magari davanti ad una cioccolata, che ne dici?” propose Stiles avviandosi verso le scale, seguito a ruota da Rachel.

La situazione tra i due era un po’ strana in effetti: ritrovarsi nuovamente in quella cucina, seduta sul tavolo e con una cioccolata tra le mani a fissare Stiles che gironzola per la stanza mentre prepara la colazione al padre dava l’impressione che tra il figlio dello sceriffo e la ragazza le cose non fossero cambiate e che tutto fosse tornato alla normalità sebbene così non fosse.
Ma come aveva detto il ragazzo poco prima, un ruolo importante lo giocava anche la forza dell’abitudine.

“Allora, qual buon vento ti ha riportata qui?” chiese il ragazzo mentre con una mano chiudeva il frigo e con l’altra reggeva una vaschetta di fragole.

“In pratica, ero al parco che leggevo un libro quando la voce di Sam e Dean cattura la mia attenzione. Stavano parlando degli Argent e del branco di Derek e così mi sono incuriosita e ho continuato ad origliare, –disse Rachel, interrompendosi ad un commento di Stiles sul fatto che i licantropi non rispettano mai la privacy altrui- e quando ho sentito che avevano intenzione di uccidere il branco di Derek dopo aver risolto il problema degli Alpha i miei occhi hanno iniziato a brillare e quei due se ne sono accorti. Mi hanno seguita fino a casa, credo, e grazie a mia zia siamo finiti a cenare tutti insieme e durante la cena Sam mi ha offerto di venire con loro qui. Sai, tra i due lui è quello più restio ad uccidere Derek e gli altri, mentre Dean è convinto delle sue idee.”

“Gli Argent non glielo permetteranno, andrebbero contro il codice.”

“Il codice appartiene solo agli Argent, non a tutti i cacciatori. E poi Sam e Dean non sono cacciatori normali.”

“In che senso?” chiese incuriosito Stiles, sedendosi vicino a Rachel.

“Beh, ricordi quando ti dissi che i vampiri non esistevano? A quanto pare esistono eccome, così come esistono i fantasmi, gli zombie e anche i demoni.” Rispose con nonchalance la ragazza.

“Ok, tutto ciò mi inquieta e non poco!” esclamò Stiles alzando le mani, come se volesse arrendersi.

“Cos’è che ti inquieta figliolo?” chiese lo sceriffo entrando in cucina, i capelli scompigliati e due grandi occhiaie sotto gli occhi, mentre salutava i due ragazzi con un gesto della mano.

“Non credo tu sia mentalmente pronto per questo.” Rispose Stiles scendendo dal tavolo, seguito a ruota da Rachel.

“Credimi figliolo, dopo questa notte posso dire che nulla potrà mai più stupirmi! E’ bello rivederti così presto Rachel, ed insieme a Stiles per di più.” esclamò lo sceriffo sedendosi a tavola.

“Veramente, papà, non stiamo insieme. Siamo amici, solo amici.”

“Oh bene… Grazie figliolo.” Disse lo sceriffo prendendo in mano la tazza di caffè che Stiles gli stava porgendo.

“Immagino che i tuoi cugini avranno bisogno di un lavoro.” Esclamò lo sceriffo, una volta finita la macedonia.

“Veramente no. Diciamo che hanno…finanze illimitate?” rispose la ragazza, ricevendo uno sguardo indagatore da parte del poliziotto, che con un gesto della mano l’esortava a continuare.

“Diciamo che, con il lavoro che fanno, un modo per trovare i soldi lo trovano sempre.”

“Fanno rapine in banca o derubano gli anziani?” chiese scherzando Stiles, ricevendosi un’occhiataccia da parte del padre.

“Veramente possiedono una discreta quantità di carte di credito clonate. Ma sceriffo, prima che piombi in casa mia  per arrestare quei ragazzi per favore, si faccia spiegare da Stiles che lavoro fanno. Mi creda se le dico che quando lo saprà, converrà che purtroppo quei due ci saranno utili, se non indispensabili purtroppo. Ora sarà meglio che vada.” Disse la ragazza posando la tazza nel lavandino per poi salutare lo sceriffo, promettendogli che un giorno gli avrebbe spiegato tutto quanto, per filo e per segno nei minimi particolari.

“Allora ci si vede in giro?” chiese titubante Stiles, mentre l’accompagnava alla porta.

“Sì, direi di sì.” Rispose Rachel.

“Hai già avvertito Derek? Dei due tipi intendo.” Le chiese Stiles poco prima che la ragazza scendesse anche l’ultimo gradino.

“No, sono andata al vecchio rifugio ma non l’ho trovato.”

“Non abita più lì, si è trasferito da qualche parte con lo zio-psicopatico-Peter. Prova a chiedere a Scott, io non ho più avuto contatti con sourwolf e psycho.”

Rachel salutò Stiles ringraziandolo e rientrò in casa.

“Mi domando quanto abbiate mai sentito da camera mia, sapete?” disse rivolta ai fratelli Winchester, seduti nuovamente al tavolo della cucina.

“Chi era?” chiese senza troppi giri di parole Dean.

“Un umano, se questo è quello che volevi sapere. Precisamente il figlio dello sceriffo, che tra parentesi sa delle vostre carte di credito, ma non preoccupatevi, non vi arresterà. Per ora per lo meno. -rispose prontamente Rachel- Ora, se non vi dispiace, ho delle faccende da sbrigare. Quando uscite usate la chiave di riserva che è nel vaso sul davanzale.” Concluse la ragazza, per poi uscire nuovamente di casa.

Si diresse a piedi verso casa di Scott, poiché la sua auto era rimasta in Florida e dubitava che Dean le avrebbe mai lasciato la sua adorata Impala. Durante il tragitto passò davanti alla casa di Jackson e si stupì di trovarla con le tapparelle abbassate e senza alcuna macchina parcheggiata sul vialetto.

Arrivò dal beta dopo circa mezz’ora e quando suonò al campanello pregò che il ragazzo fosse in casa.

Fortunatamente fu proprio Scott che le aprì la porta e la sua espressione d’incredulità era qualcosa di spettacolare.

“Hey Scott, com’è?”

Disse Rachel sorridendo al ragazzo, che sembrava caduto in uno stato catatonico.

“Rachel, che ci fai qui?” chiese il beta quasi indignato.

“E’ una lunga storia, Stiles te la racconterà.”

“Lui sa che sei qui? Quando sei arrivata?”

“Sì lo sa, comunque non sono qui da molto. Avrei un favore da chiederti Scott: sapresti dirmi dove posso trovare Derek?”

“Per mia sfortuna sì, so dove lo puoi trovare. Se aspetti cinque minuti ti ci porto, tanto sarei dovuto andare da lui comunque questa mattina.” Rispose Scott invitando ad entrare la ragazza.

Poco dopo, esattamente come aveva detto il lupo, uscirono di casa e si diressero verso il nuovo appartamento di Derek.

Era situato in una zona centrale della città, nota alle autorità per l’alto tasso di furti e di spaccio.

“Posto accogliente.” Commentò sarcastica Rachel scendendo dalla macchina.

“Derek è convinto che sia più sicuro per il branco… Io aspetterò qui, non voglio sapere come reagirà nel vederti qui. Per arrivare al suo appartamento appena entri nel portone prendi le scale a destra e vai fino al quarto piano e percorri tutto il corridoio fino ad arrivare alla porta 116.” Rispose il beta sedendosi sui gradini.

Rachel ringraziò il ragazzo ed entrò nell’edificio. Fece come le aveva spiegato Scott e quando arrivò al quarto piano prese un respiro profondo, prima di percorrere il corridoio.

Arrivata davanti al numero 116 esitò qualche istante prima di bussare, accorgendosi poco dopo della presenza del campanello.

Un rumore di passi e di una serratura che veniva sbloccata precedettero la figura di Peter, che osservò piacevolmente stupito la ragazza.

“Guarda un po’ chi si vede! Nipote caro, ho una bella sorpresa per te!” esclamò il lupo, abbracciando Rachel per poi farle segno di entrare silenziosamente in casa.

“Si può sapere che stai blaterando?” disse Derek, la sua voce proveniente dalla stanza accanto all’ingresso.

Rachel seguì Peter in salotto e si sedette sul divano, seguita a ruota da Peter che non riusciva a nascondere un sorriso.

Quando Derek entrò nella stanza la sua espressione mutò radicalmente: da annoiata divenne sorpresa, dopodichè incredula mentre i suoi occhi vagavano da Peter a Rachel e viceversa.

“Non è una magnifica sorpresa questa, nipote?” chiese con un sorriso Peter, ma ottenne come risposta soltanto un ringhio da parte dell’Alpha.

“Cosa ci fai tu qui?” chiese severo il lupo, gli occhi leggermente rossastri.

“Possibile che tutti appena mi vedono, invece di chiedermi come sto, mi chiedono perché sono qui?”  rispose Rachel sarcastica.

“Forse perché non dovresti trovarti qui!” sbottò Derek, gli occhi ormai totalmente rossi.

“Forse sono tornata per un buon motivo, non credi?” rispose acida la ragazza.

“E sarebbe?” chiese spazientito l’Alpha.

“Il branco è in pericolo.”

“Guarda, non me ne ero accorto.” Rispose ringhiando Derek.

“Non sto parlando degli Alpha, genio! Parlo dei fratelli Winchester.” Rispose Rachel alzandosi dal divano.

“Chi scusa?” chiese Peter intromettendosi nel discorso.

“Due cacciatori di demoni e creature sovrannaturali. Li ho sentiti parlare del branco mentre ero al parco in Florida, dicevano che dopo che avrebbero aiutato gli Argent con gli Alpha vi avrebbero uccisi, dato che non seguono il codice. Solo che mentre parlavano mi hanno vista e attraverso una cena a dir poco imbarazzante che non starò a raccontare mi hanno offerto di venire con loro qui.”

“Tu cosa? -chiese con un ringhio Derek, avvicinandosi alla ragazza.- Fammi capire bene: sei venuta fin qui per dirmi che dei cacciatori volevano farci fuori, con i suddetti cacciatori, senza pensare che avresti potuto chiamare ed evitare di rischiare di venire uccisa da quei due e dal branco di Alpha?! Ma cosa ti passa per la testa Rachel?” disse Derek avvicinandosi pericolosamente alla ragazza.

“Se non ti conoscessi, direi che sei preoccupato Derek.” Si intromise Peter, ricevendo un ringhio dal nipote.

“Forse volevo semplicemente tornare a casa, e ho colto la prima occasione che mi si è presentata.” Ammise onestamente la ragazza, per poi continuare.

“Comunque Sam e Dean non mi uccideranno, loro padre ha promesso che nessuno della sua famiglia farà mai del male a me o alla mia famiglia.” Rispose Rachel, fissandosi la punta delle scarpe.

“Come se ci si potesse fidare dei cacciatori.” Rispose secco l’Alpha.

“Non tutti sono come Kate.” Ribatté la ragazza.

“Ora dove sono questi Winchester?” disse Derek, cambiando abilmente discorso.

“A casa mia.” Rispose tranquillamente Rachel.

Derek a quella risposta serrò la mascella e strinse i pugni, le zanne che pian piano si allungavano e la rabbia che bolliva in lui.

Peter, fiutando la tensione crescere sempre più, decise di tagliare la corda e si rifugiò nella propria stanza.

L’Alpha continuava a dare le spalle alla ragazza, i muscoli tesi per la tensione.

Rachel si alzò dal divano e raggiunse il licantropo, posandogli una mano sulla spalla.

“Non dovevi tornare.” Disse il lupo senza degnare minimamente di uno sguardo la ragazza.

“Faccio parte del branco Derek. Non possiamo farci nulla, l’istinto di protezione è più forte della ragione. Per natura siamo portati a proteggere il nostro branco anche a costo della vita, che ti piaccia o no è così.” Disse Rachel, andando a mettersi difronte all’Alpha.

“Non sei solo in tutto questo. C’è tuo zio, Isaac, ed ora ci sono anche io. Ti aiuteremo, ma tu devi fidarti di noi.” Concluse la ragazza, allungando titubante la mano fino a posarla sulla guancia del ragazzo.

“Sai, riesco a sentirlo, il legame del branco. E’ come quando torni a casa dopo una lunga giornata stancante: ti senti meglio, come se tutti i problemi sparissero. Ti fa sentire al sicuro.” Aggiunse Rachel, mentre con il pollice accarezzava lievemente la guancia dell’Alpha, notando un abbozzo di sorriso sulle labbra.

“Non saresti dovuta tornare.” Sussurrò Derek, per poi attirare verso di sé la ragazza e stringerla in un abbraccio, affondando il viso nell’incavo del suo collo ed inspirando profondamente.

Derek iniziò a strofinare la punta del naso lungo tutto il collo della ragazza, inspirando con forza, mentre affondava me mani nei suoi capelli e le accarezzava la testa.

Quella doveva essere la normalità per un branco. Il marchiare i membri con il proprio odore, le carezze, gli abbracci e la vicinanza dovevano essere fatti quotidianamente per tenere il branco più unito, così le aveva spiegato sua zia quell’estate.

Ad un tratto Derek iniziò a fare le fusa, e Rachel non riuscì a trattenersi dal fare un commento a riguardo.

“Meno male che so che sei un licantropo, altrimenti avrei potuto scambiarti per un gatto.”

L’Alpha rispose con un ringhio debole, per poi stringere ancora di più la ragazza mentre continuava ad annusarle il collo, affondando sempre di più il volto fra i capelli della ragazza.

“Mi dispiace interrompere questo momento, ma Scott è qua sotto che aspetta di poter salire.” Esclamò Peter entrando in salotto.

Derek gli rivolse un breve ringhio, per poi allontanarsi dalla ragazza, salvo farle cenno di sedersi vicino a lui sul divano.

Una volta seduta, l’Alpha nascose nuovamente il volto nel collo della ragazza, salvo poi mormorare un “il loro odore, è ovunque, non mi piace.” a mo’ di scusa.

 

 

 

La riunione del branco non portò a nulla di nuovo: degli Alpha non vi erano notizie e la venuta de fratelli Winchester venne presa come positiva, seppur con cautela.

 

I restanti giorni prima dell’inizio della scuola Rachel li passò quasi sempre a casa di Derek, ed il primo giorno di scuola si ritrovò nell’ufficio del preside, convocata dalla psicologa della scuola.

“Come stai Rachel?” le chiese la donna.

“Sto bene, grazie. Come mai voleva vedermi?”

“Ho pensato che parlare con qualcuno, prima dell’inizio delle lezioni, ti avrebbe potuto far bene.”

“Che tradotto significa che il preside le ha chiesto di accertarsi che non fossi una pazza omicida come Matt, dico bene?”

“Il concetto è quello, in effetti. Vorrebbe avere un tuo profilo psicologico completo.”

Rachel sbuffò, evidentemente irritata.

“Tu non ti fidi di me.” Stabilì la donna davanti a lei.

“Non mi fido delle persone che non mi considerano adatta a frequentare una scuola normale.”

“Quindi tu pensi di poter frequentare le lezioni.”

“Certo, perché non dovrei? Ho sempre avuto buoni voti.”

“Scolasticamente sei impeccabile, ma dal punto di vista psicologico sei considerata a rischio.”

“Cosa intende dire?”

“Beh, hai visto morire entrambi i tuoi genitori e…”

“E quindi dovrei essere disturbata. Carina come cosa.” Disse Rachel, interrompendo la psicologa.

“Non devi prenderla come un offesa. Solitamente i casi come il tuo hanno alcuni problemi come disordini alimentari, autolesionismo, disturbo bipolare.”

“Io sto bene. Certo ho avuto i miei problemi, come quando morì mia madre e non parlai per mesi. Ma ora sto bene.”

“E’ quello che ho detto al preside. Dopotutto ho avuto modo di conoscerti l’anno scorso. Perciò non ti terrò oltre. Volevo vedere se fossi motivata a restare qui.” Disse la donna, alzandosi dalla sedia.

“Domani potrai iniziare a frequentare le lezioni. Bentornata alla BHHS Rachel.” Concluse la donna, tendendo la mano alla ragazza ed aprendole la porta dell’ufficio per farla uscire.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


Capitolo4.

Note d’autore.

Non so davvero come scusarmi per l’incredibile ritardo! Questo capitolo è stato un vero e proprio parto plurigemellare podalico!
Comunque sia, vi ringrazio immensamente per le recensioni che lasciate, mi rendono incredibilmente felice.
Per quanto riguarda le altre storie che sto scrivendo/traducendo, prometto di aggiornare il prima possibile!
Detto questo, vi lascio al capitolo, e buona lettura! PS: Ho riletto il capitolo e modificato qualche imprecisione, solo che ho dovuto rimetterlo perchè Efp faceva i capricci xD

           

 

 

 

“Come ti è saltato in mente di andartene così? Stai pur certa che appena avrò sistemato la situazione qui in ospedale, prenderò il primo volo per Beacon Hills e ti riporterò qui! Te ne sei andata via con due cacciatori, e non mi interessa quello che dice tua zia, dei cacciatori non ci si può fidare!” esclamò David.

“So quello che faccio zio. Se poi verrai qui tanto meglio, c’è bisogno di aiuto contro gli Alpha, ed un licantropo in più potrebbe essere utile.”

“Tu non combatterai questa guerra.” Rispose severo l’uomo.

“E’ il mio branco quello minacciato. Combatterò, puoi starne certo.”

“Azzardati a farlo sul serio e-” fece per ribattere lo zio che venne però interrotto dalla ragazza.

“Devi fidarti di me zio! Sono al sicuro con Dean e Sam. Ora devo scappare.” Tagliò corto la ragazza, attaccando il telefono in faccia allo zio e riprendendo a cucinare.

I due cacciatori entrarono in casa con le buste della spesa in mano, Sam con un’espressione rassegnata mentre Dean aveva l’aria di chi nasconde qualcosa.

“Buone notizie!” esclamò il biondo entrando in cucina, seguito a ruota dal fratello.

“Ho trovato un lavoro sia per me che per Sam.” Spiegò Dean.

“Bene, sono contenta abbiate seguito il mio consiglio.” Rispose Rachel mentre infornava l’arrosto.

“E dimmi, cosa avete trovato?” chiese curiosa la ragazza.

“Se proverà a staccarti la testa a morsi, stai pur certo che non interverrò.” Si intromise il castano.

Dean sorrise ed ignorando bellamente le parole del fratello spiegò tutto alla ragazza.

“Questo pomeriggio mi trovavo del tutto casualmente dalle parti del tuo liceo ed ho pensato di farci un salto e per puro caso mi sono imbattuto nel preside, che è stato così gentile da dirmi che cercavano un nuovo co-allenatore per la squadra di lacrosse/assistente insegnante di educazione fisica. Così mi sono offerto per il posto e mi hanno assunto, mentre sono riuscito a sistemare Sammy in biblioteca come segretario. In questo modo potremo tenere d’occhio tutti gli adolescenti della città e allo stesso tempo i  licantropi che ne fanno parte.”

La situazione era abbastanza comica: Sam alternava lo sguardo tra Dean e Rachel preoccupato che questa potesse staccare la testa al fratello, Dean fissava l’altro cacciatore sorridendo e Rachel fissava prima il biondo poi il bruno leggermente confusa.

“Derek non ne sarà contento.” Disse solo la ragazza mentre si toglieva il grembiule da cucina e spariva al piano superiore, per poi ricomparire nella stanza con la borsa in mano.

“Stai uscendo?” Chiese Sam vedendo che la ragazza stava indossando il cappotto.

“Sì, oggi c’è una riunione del branco. L’arrosto sarà pronto tra circa mezz’ora. Ci vediamo più tardi ragazzi.” Rispose Rachel, dopodiché uscì di casa e si incamminò verso la fermata del bus, diretta verso l’appartamento di Derek.

Il cielo era plumbeo ma la ragazza era uscita comunque senza ombrello, con il risultato di arrivare davanti alla casa dell’Alpha zuppa come una spugna. Salì le scale velocemente starnutendo ogni tre per due e sperò con tutto il cuore che il lupo con i suoi sensi super sviluppati l’avesse sentita ed avesse già aperto la porta di casa, poiché aveva assolutamente bisogno di mettersi al caldo. Le sue speranze furono soddisfatte quando trovò Peter sulla soglia della porta.

“Perso l’ombrello?” disse sarcastico l’uomo facendo entrare la ragazza.

“Non l’ho proprio preso, quando sono uscita non pioveva! Tempo del cazzo.” Esclamò Rachel togliendosi il cappotto.

“Siamo di cattivo umore oggi?” chiese Peter.

“No. Voglio dire sì, o per lo meno lo sono da quando i Winchester hanno deciso di sorvegliarmi come se fossi un pericoloso criminale.” Disse la ragazza lasciandosi cadere sul pavimento davanti al termosifone.

“Cos’hanno fatto?” chiese Derek uscendo da quella che doveva essere la cucina.

“Si sono fatti assumere a scuola uno come segretario, uno come vice allenatore. Come se non li avessi abbastanza tra i piedi durante il giorno.”

“Ti avevo detto che non sarebbe stata una buona idea averli in casa… Dove vai zio?” chiese stupito Derek, vedendo lo zio prendere le chiavi dell’auto.

“Isaac mi ha appena scritto dicendomi che la macchina di McCall si è rotta, quindi devo andare a prenderli. Torno tra poco. Tu intanto nipote, dai a questa povera ragazza dei vestiti asciutti o si prenderà il raffreddore! Diamine, siamo a metà Settembre ma sembra di essere in inverno!” concluse il beta uscendo dall’appartamento.

“Vieni, ti do qualcosa di asciutto da mettere.” Disse Derek porgendo una mano alla ragazza. La condusse al piano superiore nella sua camera ed andò alla ricerca di una maglietta e un paio di pantaloni che potessero andarle.

Intanto Rachel, seduta sul letto dell’Alpha, si guardava intorno con curiosità: la stanza era enorme, un grosso letto troneggiava sulla parete difronte all’entrata, il muro dietro di questa nero e gli altri quattro di un color granata metallico piuttosto scuro. Il resto del mobilio comprendeva una scrivania con sedia abbinata, una libreria, un armadio con accanto una cassettiera sopra cui vi era uno specchio. La ragazza si lasciò cadere completamente sul letto e sospirò: si sentiva circondata. Sebbene non volesse darvi troppo peso, la telefonata con lo zio l’aveva parecchio agitata, e la convivenza con i due cacciatori era sempre più difficile proprio per via del loro lavoro: non facevano altro che controllarla e spingevano in tutti i modi per sapere dove abitasse Derek. Tutto ciò turbava molto anche il lupo interiore della ragazza, che sentiva l’urgenza di proteggere il proprio branco da quei due pericoli.

“Questi dovrebbero andarti, almeno credo.” Le parole dell’Alpha distolsero Rachel dai suoi pensieri e la ragazza si alzò dal letto andando incontro al ragazzo.

“Grazie.” Rispose e fece per uscire dalla camera, ma venne preceduta da Derek, che le disse che poteva cambiarsi lì.

Così fece Rachel e nemmeno avesse sentito ogni suo singolo movimento, Derek rientrò proprio quando la ragazza si era appena infilata la maglietta.

“Stai bene?” le chiese, vedendo che fissava un punto impreciso alle sue spalle.

“Si, se tralasci la costante sensazione dell’essere controllata ogni minuto della tua giornata.” Rispose Rachel andando a sedersi sul letto, appoggiando la schiena contro la testiera.

Derek la fissò qualche istante, indeciso sul da farsi, per poi raggiungerla e sedersi nella sua stessa posizione.

“Perché non li mandi via? E’ casa tua dopo tutto.” Chiese un po’ dubbioso.

“Perché mi sembra brutto fare una cosa del genere. Insomma, sono qui per aiutarci.”

“Ma sono anche qui per ucciderci.” Rispose l’Alpha fissando la ragazza.

“E’ solo che… ok, avevo chiesto loro di trovarsi un lavoro, ma non volevo che lo facessero per tenermi ancora di più sotto controllo!” esclamò esasperata Rachel.”

L’Alpha aveva un pensiero che gli ronzava per la testa da quando la genitrice era tornata. Pensiero che aveva sempre represso, ma che questa volta premeva per essere espresso.

“Vieni a stare qui.” Disse alla fine il lupo, cedendo alla muta richiesta della sua mente.

“Hale, hai seri problemi di fiducia, pensi davvero di potermi sopportare in giro per casa?” chiese sarcastica la ragazza.

“Moore, fai parte del branco. E poi non ho problemi di fiducia.”

“No, certo che no. A tal punto che persino i tuoi problemi di fiducia hanno problemi di fiducia.” Rispose sorridendo la ragazza.

“Addirittura? Sono così messo male? Eppure mi sembrava di essere migliorato un minimo.”

“Oh sì, sei migliorato in effetti. Ma… sul serio potrei venire a stare qui?” chiese improvvisamente seria Rachel.

“Si. Come ho detto, fai parte del branco. Senza contare che più uniti siamo, meglio è. Sempre ammesso che ti faccia piacere.”

“Si, ovvio che mi fa piacere. Però Hale, mi stupisci ogni giorno di più!” rispose sorridendo Rachel, per poi fare un grosso sospiro, senza che nemmeno lei stessa ne sapesse la ragione.

Derek agì d’istinto.

Un momento prima il pensiero si stava formando nella sue testa, e l’attimo dopo aveva attirato la ragazza contro il proprio petto stringendola in un abbraccio.

“Ci sbarazzeremo degli Alpha. Ci sbarazzeremo dei Winchester. Ti prometto che si sistemerà tutto vedrai.” Aggiunse senza pensarci il lupo.

Rachel, totalmente presa in contropiede, stretta in quella calda morsa si sentì incredibilmente esposta ed allo stesso tempo al sicuro e ricambiò l’abbraccio, sentendo ululare di felicità il proprio lupo interiore.

Restarono fermi in quell’abbraccio finché Peter non tornò con il resto del branco, escluso Stiles che era rimasto a casa con il padre, e finalmente iniziarono la riunione.

Dopo che anche il resto del branco ebbe appreso il nuovo impiego dei Winchester, Scott riferì che dal primo giorno di scuola erano arrivati nel liceo una coppia di gemelli, entrambi vestiti con giubbotti di pelle e con moto sportive, che avevano tutta l’aria di essere dei licantropi.

“Non li ho notati oggi quando sono andata dalla Morrel.” Disse Rachel sedendosi meglio sul divano.

“Oggi non c’erano. Ma penso possano essere degli Alpha, il loro portamento incute un certo timore.” Rispose il beta-non beta lanciando un’occhiata ad Isaac per conferma.

“Se sono davvero degli Alpha non è prudente che Rachel vada a scuola. Magari per ora potrebbero non accorgersi della sua natura, ma il giorno di plenilunio sicuramente lo noterebbero.” Disse Peter, trovando in Derek un valido alleato.

“Deaton ha pensato a questo problema, ed ha detto che basta che Rachel prenda queste pillole ed il suo odore verrà mitigato. Certo nei giorni di luna piena si sentirà di più, ma è sempre meglio di niente.” Rispose Isaac lanciando un tubetto alla ragazza, che per poco non mancò la presa.

Stabilirono gli ultimi dettagli, giusto in tempo per l’arrivo delle pizze, ordinate spontaneamente da Peter, e mangiarono direttamente in salotto, come se fossero una famiglia, o un gruppo di vecchi amici.

I due adolescenti se ne andarono poco dopo, accompagnati da Peter, e lasciarono una Rachel mezza addormentata sul divano ed un Derek intento a brontolare mentre tentava di rimettere un po’ in ordine il suo appartamento.

Quando finalmente l’Alpha ebbe finito si accorse che la ragazza era ormai crollata in un sonno profondo e, per non lasciarla sola, si sedette sul divano vicino a lei, mettendosi a guardare un po’ di televisione.

Ad un certo punto si appisolò e si risvegliò solo quando sentì Rachel che, nel sonno, si era appoggiata a lui.

Senza pensarci troppo e seguendo il suo istinto, Derek l’abbracciò e, sistematosi un po’ meglio, si concesse un po’ di meritato riposo.

 

Ciò che svegliò Rachel fu l’odore di frittelle che aleggiava nella stanza. Fece per alzarsi ma trovò due forti braccia che la bloccavano e solo in quel momento si ricordò di non essere mai andata via dalla casa dell’Alpha e che, con molta probabilità, quelle braccia erano proprio quelle del lupo brontolone.

Non senza poca fatica riuscì a liberarsi ed si andò a cambiare con i propri vestiti.

Mentre si dirigeva verso la porta d’ingresso venne intercettata da Peter che, senza ammettere scuse, la fece sedere a tavola per “una colazione come si deve”, usando le sue parole.

“E’ cambiato.” Esclamò la ragazza ad un tratto, dopo un silenzio disteso.

“Penso che lentamente stia iniziando a capire che non è stato per colpa sua che i nostri familiari sono morti. Kate era un’invasata, e in un modo o nell’altro avrebbe portato a termine ciò che aveva in mente. Sai, per lui non è  facile fidarsi degli altri, per non parlare di se stesso: ora però sa di avere un branco che si fida abbastanza di lui, ed il tuo ritorno non ha fatto che migliorare le cose. In questi mesi si è sforzato molto per essere un Alpha migliore, ha affrontato i demoni del nostro passato andando a trovare i nostri familiari al cimitero e tornando dove la fine ebbe inizio, ed ora è sicuramente più forte di prima. Certe volte, quando lo guardo, mi sembra di rivedere mio fratello, sempre ostinato a voler aiutare tutti, pronto a tutto pur di rendere felici le persone che ama. A modo suo anche mio nipote tenta di farlo, anche se magari  non tutti i tentativi possono andare a buon fine. Se riusciremo a superare anche la minaccia del branco di Alpha, penso che diventerà il capo che ha sempre desiderato essere.” Peter concluse il suo monologo sussurrando, poiché aveva appena posato una coperta sul nipote, che dormiva ancora beato sul divano.

“Ha bisogno che tu gli stia vicina in questo particolare momento, per lo meno come amica… Avresti mai immaginato che un pazzo come me potesse mai fare un discorso così sdolcinato?” chiese poi sorridendo in modo ironico alla ragazza.

“Gli vuoi bene, questo spiega tutto.” Rispose Rachel, posando una mano sulla spalla dell’uomo e sorridendo leggermente.

Peter le posò le chiavi dell’auto in mano, e prima che la ragazza potesse protestare le disse: “Prendi la mia auto, non è il quartiere adatto ad una ragazza che gira da sola.”

Rachel lo ringraziò ed uscì dall’appartamento, non senza prima aver buttato un ultimo sguardo all’Alpha.

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