Eternity di Ashwini (/viewuser.php?uid=297530)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Orfanotrofio ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo: Preparativi, amicizia e nuove conoscenze ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo: Spiacevoli sorprese ***
Capitolo 1 *** Prologo: Orfanotrofio ***
PROLOGO- Orfanotrofio
Buonasera a tutti! ^-^
Anche se ho un'altra storia in corso
non ho resistito alla voglia matta di pubblicare anche quest'altra mia
pazzia sfornata dal mio cervello.
Il protagonista maschile
comparirà nel prossimo capitolo in questo, invece, vedremo gli
''inizi'' della protagonista femminile.
Spero vivamente che il prologo della
storia vi piaccia, fatemi sapere tramite una recensione, mi farebbe
davvero piacere sapere le vostre opinioni!
Detto questo vi lascio alla lettura del capitolo.
BUONA LETTURA!
Eternity
Solo un
amore impossibile può essere eterno.
(Fallen-Lauren Kate)
Prologo: Orfanotrofio
In
una fredda giornata d'inverno, una figura minuta percorreva velocemente
il viale del giardino principale che conduceva verso l'entrata di un
imponente edificio.
Tale
costruzione era un orfanotrofio, in cui venivano accolti tutti quei
poveri bambini che venivano abbandonati dai genitori. Senza casa ne
famiglia erano portati tutti negli orfanotrofi più vicini
all'ospedale in cui nascevano.
Nella
maggior parte dei casi oltrepassavano la soglia dell'edificio ancora in
fasce. Ogni nuova entrata era un doloroso colpo al cuore delle suore
che vi lavoravano.
Erano loro che avevano il compito di accudire al meglio i bambini
finchè non fossero stati adottati o diventati maggiorenni.
Tutte
loro guardavano le piccole creature con compassione, tristi che fossero
stati abbandonati. Spesso capitava che coloro o colui che li
abbandonava li adagiassero direttamente sulla soglia della porta,
avvolti nelle loro cade coperte.
C'era
da dire però che ognuno aveva i suoi motivi per lasciare i
propri figli in un orfanotrofio. Chi lo faceva perché non poteva
permettersi di mantenerli, chi era costretto dai genitori perché
minorenne, molti erano i casi che spingevano i genitori o il genitore a
questo atto.
Il peggiore era senz'altro l'abbandono per il categorico rifiuto del proprio bambino.
Le
suore si domandavano come si poteva, in questo caso, lasciare il
proprio figlio, insomma, i bambini erano doni del cielo, stelle
luminose che vi brillavano ardenti. Preziosi e insostituibili.
Misteri della vita si ripetevano tra di loro in tono sommesso e dispiaciuto.
Allora,
dicevano sempre, qua li avrebbero cresciuti nel migliore dei modi,
facendo in modo che si sentissero costantemente amati.
La
figura entrò rapidamente dall'entrata secondaria dell'edificio.
Toltasi il giubbotto pesante che si era premurata di indossare per
proteggiersi dal tipico freddo invernale newyorkese, lo appese
delicatamente all'apendiabiti lì accanto.
Era una ragazza molto giovane, poteva avere diciassette o diciotto anni, non di più.
La pelle candida era in netto contrasto con i lunghi capelli neri come il petrolio che scendevano in morbide onde.
Le
labbra carnose e rosee e le guance di un bel colorito, rosa acceso,
davano colore e luminosità al volto della fanciulla.
Ma
ciò che colpiva di più erano senz'altro gli occhi, di un
colore particolare. Freddi come il ghiaccio in inverno ma la cui
pupilla era contornata da una fascia color del sole estivo.
Freddo e caldo, oscurità e luce convivevano nel suo sguardo.
Uno
sguardo che ad una prima occhiata poteva sembrare troppo duro e austero
per la giovane età della ragazza, ma che un osservatore
più attento avrebbe descritto pieno di solitudine e bisogno di
essere amati.
La
ragazza era stata abbandonata in quell'orfanotrofio in fasce, adagiata
in uno scatolone tra tante coperte, in una fredda notte d'inverno.
Le suore, allora, erano state risvegliate dal suono ripetuto più volte del campanello della porta principale.
Si erano precipitate al piano di sotto, dato che i loro dormitori si trovavano al terzo piano, e avevano subito aperto la porta.
Un vento gelido le colpì in pieno viso, e avvolgeva maligno la piccola creatura adagiata dentro lo scatolone.
A quella vista le suore si guardarono in faccia con un'espressione addolorata, mettendosi le mani come a coprire la bocca.
Dopo
un primo momento di tristezza, alcune suore portarono subito la
creaturina dentro, scoprendo che era una bella e sana bambina.
Altre
invece, osservarono attentamente i dintorni per vedere se riuscivano a
scorgere una qualche figura riconducibile alla persona che aveva
abbandonato la bambina, ma notarono solo ghiaccio e neve.
Nessuno fu visto da loro.
Subito
fu lavata e vestita al meglio nelle loro seppur presenti limitazioni
economiche. Infine fu adagiata in uno dei tanti lettini presenti nella
sala adibita ai neonati.
Dato che, al contrario degli altri bambini lasciati all'orfanotrofio,
lei non aveva un nome, le suore decisero di comune accordo di chiamarla
''Lucinda'' perchè così si chiamava la suora che aveva
guidato per prima l'edificio.
Lucinda crebbe in un luogo felice, le compagne erano simpatiche e
gentili con lei. Eppure la ragazza si era sempre sentita estranea a quel
mondo, sentiva che la sua vita non stava procedendo nel modo giusto.
Era circondata da persone che le donavano costantemente amore ma nonostante questo si sentiva sola.
L'occasione per cambiare vita l'ebbe proprio quel giorno. La suora
madre l'aveva mandata a chiamare tramite sorella Kate esattamente
mentre si stava allenando a pallavolo nella palestra dell'orfanotrofio
a est del corpo centrale.
Lucinda fermò la sua corsa solo quando fu arrivata difronte lo
studio privato della suora madre. Esitò un momento, ansiosa ma
al contempo curiosa di sapere cosa fosse accaduto di tanto urgente da
mandarla a chiamare con così tanta fretta.
Bussò lievemente e, dopo un ''Avanti'' abbastanza forte da poter
essere sentito da fuori la porta, aprì quest'ultima ed
entrò.
Appena si fu richiusa la porta alle spalle, salutò cordiale e
poi rivolse la sua completa attenzione alla suora madre, in trepida
attesa.
La donna era molto anziana, tra non molti anni qualcuno avrebbe preso
il suo posto come dirigente dell'orfanotrofio, ma per ora tutti
concordavano sul fatto che fosse una donna che possedeva grandi
virtù.
<< Lucinda cara, ormai hai raggiunto la maturità ed
è arrivato per te il momento di trasferirti in un luogo tutto
tuo. Mi duole molto dirti questo, tutti qua ti vogliamo molto bene, lo
sai perfettamente, ma per ognuno di quelli che sfortunatamente non sono
stati adottati giunge questo triste momento. >> disse seria ma
con un evidente cipiglio triste in volto.
<< Si madre, sinceramente mi aspettavo che mi avreste detto
questo. Posso chiederle quando dovrò partire? >> disse la
giovane tranquillamente ma allo stesso tempo triste per il fatto di
dover abbandonare le sue compagne e le suore che con tanto amore
l'avevano cresciuta.
<< Credo sia opportuno che tu inizi il tuo nuovo viaggio tra una
settimana, avrai così il tempo necessario per organizzare tutte
le tue cose e passare gli ultimi momenti qua con le tue compagne,
divertiti cara. Faremo una festa d'addio il giorno prima della tua
partenza. >> rispose la donna con i primi segni di cedimento.
Teneva moltissimo ad ognuno dei suoi bambini, li considerava come suoi
figli ormai. E come ogni madre non voleva separarsene, ma in questi
casi doveva purtroppo.
Appena la ragazza se ne fu andata, dopo averla salutata con un debole
sorriso, la donna non riuscì a trattenere una lacrima ribelle
che le solcò il viso rugoso lentamente, come lenta era la sua
dolorosa agonia nel dover salutare una delle sue bambine perchè
lei, anche se Lucinda era cresciuta la considerava sempre la bambina
dalla faccia paffuta che aveva visto per la prima volta in quella
fredda giornata d'inverno.
Lucinda era sempre stata una ragazza diligente ed educata, forse un po'
troppo vispa ed impulsiva per certe cose ma assolutamente amabile.
Tutti all'interno dell'orfanotrofio chiedevano consiglio a lei, vi
chiacchieravano pacificamente e la ammiravano per i suoi successi
scolastici e sportivi.
Atletica e simpatica, alla notizia della sua ormai prossima partenza,
tutti all'orfanotrofio si rattristirono e, per rendere la separazione
meno netta, le promisero di mantenersi in contatto con lei anche
quando se ne sarebbe andata via.
Lei dal canto suo aveva annuito con la testa con un pianto nascosto che minacciava di travolgerla da un momento all'altro.
La settimana passò velocemente, tra risate e maggiori attenzioni dedicate a Lucinda.
Arrivò così il giorno prima della sua partenza, tutto era ormai pronto, adesso mancava soltanto la festa d'addio.
ANGOLO AUTRICE:
Allora, eccoci arrivati alla fine del prologo! ^-^
Ditemi, vi
è piaciuto? Cosa ne pensate della protagonista femminile e della
trama in generale? Ho spiegato bene la situazione di Lucinda?
Qua viene narrato tutto in terza persona, ma dal prossimo capitolo sarà Lucinda in prima persona a narrare la sua storia.
Comparirà poi anche il protagonista maschile, che sarà un bell'uomo aggiungo. ;)
Spero che lascierete una recensione, anche piccola, per farmi sapere ogni vostro pensiero.
Soprattutto
però spero che continuerete a seguire le vicende di Lucinda, vi
posso giurare che mi impegnerò al massimo nello scriverle.
La foto di come la immagino la metterò all'inizio o alla fine del successivo capitolo, quella del protagonista maschile invece sarà inserita nel capitolo dopo.
Provvedrò poi ad inserire anche il banner della storia.
Bacioni e al prossimo capitolo!
Vostra Ashwini. <3
*L'altra mia storia: Il Dominatore del Mondo
|
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Capitolo 2 *** Capitolo primo: Preparativi, amicizia e nuove conoscenze ***
CAPITOLO PRIMO- Preparativi, amicizia e nuove conoscenze
Ciao a tutti! ^-^
Ecco qua il primo capitolo
della storia, spero vivamente che vi piaccia. Diaciamo che è un
capitolo di passaggio, ancora non siamo entrati nel vivo della storia,
cosa che avverrà nel successivo capitolo comunque. In questo
però avviene una cosa molto importante: l'incontro fra i due
protagonisti. Finalmente conoscerete Raphael, ma il suo carattere
verrà meglio delineato nel prossimo capitolo, qua si
vedrà solo l'incontro con Lucinda.
Come premesso è odio a prima vista. XD
Bene, detto questo, vi lascio alla lettura del capitolo.
BUONA LETTURA!
Eternity
Quante vite dovresti vivere
per trovare qualcuno per cui valga la pena di morire?
(Torment-Lauren Kate)
CAPITOLO PRIMO: Preparativi, amicizia e nuove conoscenze
Un
fresco vento spirò fra i mie lunghi capelli, formando tante onde
che si muovevano dolcemente nell'aria mattutina. Il sole cominciava
già a fare capolino dall'orizzonte, creando una lunga e luminosa
linea da cui si irradiavano mille potenti raggi solari. Il loro calore
riscaldava ogni lembo scoperto di pelle, le mie mani ed il mio viso
venivano illuminati e riscaldati come rarissime volte accadeva nel
periodo invernale. Si prospettava una bellissima giornata. Quel giorno
compivo diciott'anni, quante volte in passato avevo desiderato che
venisse in fretta quel giorno. Adesso invece non volevo altro che
restare la bambina di un tempo. Non mi ero mai resa conto fino ad
allora quanto fossi legata a quel luogo che, giorno dopo giorno, mi
aveva vista crescere. Però c'era anche quella parte di me che
voleva disperatamente evadere da quel luogo, perché io ero
sempre stata una ragazza che ambiva alla libertà, nonostante
lì fossi amata, io volevo uscire da quelle mura e vivere la mia
vita. Sapevo perfettamente che sarebbe stato difficile all'inizio ma
ero sicura che ce l'avrei fatta. Tutto potava essere difficile ma
niente era impossibile. Non quando era una ragazza forte e determinata
come me a lottare per la propria libertà.
Dopo aver rivolto un'ultima occhiata a quel meraviglioso spettacolo
quale era l'alba, mi girai e mi diressi verso il mio armadio color
lavanda. Osservai con una piccola smorfia il bianco vestito a
balze stretto però dalla vita in su con scollatura a cuore,
brillanti di varie misure adornavano la scollatura ed arrivavano fino
al fianco destro come un rampicante luccicante. Accanto vi erano delle
scarpe col tacco alto decorate anch'esse con vari brillantini.
Decisamente un bel vestito con accoppiate delle scarpe perfette ma non
era il mio genere. Ero sempre stata una ragazza semplice, di solito
mettevo solo cose sportive ma Irina, la mia migliore amica, mi aveva
convinto dopo lunghe ed estenuanti ore di lusinghe e valide, secondo
lei, motivazioni per vestirmi in quel modo almeno per la mia festa dei
diciott'anni. Avevo infine accettato, riluttante.
Lo presi insieme alle scarpe e mi dirigei in bagno per cambiarmi. La
mattina avremmo dovuto fare le foto, sempre per richiesta della mia
amica, e poi avremmo pranzato tutti insieme nella sala grande. Poi
altre foto e successivamente lei mi avrebbe aiutato a portare a termine
gli ultimi preparativi per la partenza della sera stessa.
Guardandomi allo specchio vidi che il vestito cadeva morbido sulle mie
curve, ben proporzionate, valorizzandole al massimo proprio come mi
aveva anticipato Irina. Lei era una ragazza che se ne intendeva di
moda, nel tempo libero la si trovava con sempre in mano una rivista o
il catalogo della nuova stagione di chissà quale marca
prestigiosa. All'apparenza poteva sembrare la classica snob con la
puzza sotto il naso, ma se la si conosceva meglio si capiva il
perché le fossi così tanto legata. Dolce, gentile e
sempre pronta a darti una mano, questo e molto altro era Irina. Lei era
la mia migliore amica, la sorella che non avevo mai avuto ed era la
persona a cui tenevo di più.
Come me, avrebbe dovuto andarsene dall'orfanotrofio molto presto, lei
però compiva diciott'anni fra quattro mesi e mi aveva
chiaramente detto che mi avrebbe raggiunta nella casa che avrei scelto
come mia dimora. Infatti fin da piccole sognavamo di vivere insieme,
come quelle ragazze dei film, dicevamo ridendo felici. Adesso potevamo
realizzare quel sogno ed io non vedevo l'ora che la mia amica arrivasse
nella nuova casa con miliardi di valigie contenenti tutti i suoi
vestiti ed i suoi trucchi.
All'improvviso sentì bussare alla porta con la tipica fretta di
Irina ed andai ad aprire, ritrovandomi di fronte quell'uragano biondo
quale era la mia amica. Sorridente e con una valigetta in mano
entrò nella stanza, cominciando già ad elencarmi il
programma del giorno in ogni sua sfumatura.
Poi aprì la valigetta e sorridendo sorniona mi fece vedere la sua collezione di trucchi e prodotti di bellezza.
<< Adesso tu ti siedi qua sulla sedia e non ti muovi
finché io non te lo dirò, ok? >> mi disse
perentoria, puntandomi il dito contro.
<< Ok... ma non mi fare sembrare una maschera di Carnevale.
>> la avvisai dato che lei tendeva ad esagerare sempre troppo con
il trucco.
<< Si ok. Adesso ferma, ti farò diventare una vera bomba!
>> mi disse raggiante e per un attimo credetti davvero che gli
occhi le sarebbero diventati due piccole stelle brillanti.
Annuì un po' preoccupata, facendomi il segno della croce mentalmente.
La sentì armeggiare con vari strumenti da truccatrice e prodotti
ed io ,inerme, non potevo fare altro che aspettare. Mentre lei mi
truccava parlavamo della festa che di lì a poco si sarebbe
tenuta e della nostra futura vita a New York. Poi Irina, finito di
truccarmi, cominciò ad acconciarmi i capelli.
Alla fine, mi portò in bagno per farmi vedere completamente,
infatti vi era uno specchio che si estendeva per metà della
lunghezza della parete ed era anche molto largo.
Spalancai la bocca sinceramente sorpresa. Quella ero davvero io?!
I capelli erano lasciati sciolti ma la mia amica aveva fatto in modo
che fossero raccolti sul davanti, lasciando solo due lunghe ciocche ai
lati della testa, inoltre cadevano lisci sulla schiena per metà
per poi formare tanti boccoli di un nero lucente.
Il trucco, con mia somma sorpresa, era semplice. Gli occhi erano di un
bel color perla, con leggere sfumature rosa ai lati, poi aveva messo un
sottile strato di matita. Le labbra carnose erano invece di un bel rosa
acceso e le guance le aveva leggermente adornate con un rosa chiaro.
Aveva fatto un ottimo lavoro, dovevo proprio ammetterlo stavolta.
<< Allora? >> mi sorrise attraverso il suo riflesso nello specchio, allargando le braccia.
<< Direi che hai superato te stessa per una volta. >> risi
allegra, ottenendo in risposta un borbottio simile a ''Io faccio sempre
tutto perfetto''.
Poi mi si avvicinò e abbracciandomi mi disse: << Buon compleanno piccola strega. >>
<< Dopo una mattinata che sei qua me lo dici solo adesso?
>> scoppiai a ridere mentre ricambiavo l'abbraccio con forza.
<< Si, perché solo ora sei una vera reginetta! >>
disse sciogliendo l'abbraccio ed alzando una mano in alto per darmi il
cinque cosa che io non feci ed, alzando un sopracciglio, dissi
fintamente offesa: << Ah, quindi con questo mi stai dicendo che
di solito sono inguardabile? >>
Lei parve credere alla mia finta arrabbiatura e cominciò a
farneticare cose senza senso. Allora io la fermai scoppiando a ridere
di cuore e le dissi: << Irina stavo scherzando! >>
<< Tu, brutta... >> rispose saltandomi addosso per poi cominciare a farmi il solletico.
<< Basta... Irina... così mi disfai... l'acconciatura... >> dissi fra le risate.
Lei a quelle parole si bloccò subito e cominciò a
scusarsi dicendo che adesso sistemava tutto lei, io la fermai dicendole
che per fortuna era ancora tutto a posto e che potevamo pure andare a
fare le foto. Accettò riluttante e così ci incamminammo
verso il giardino dove avremmo fatto mille foto da tenere come preziosi
ricordi.
Passammo ore intere a farci foto di ogni genere ed in tutte le
posizioni possibili, poi riuscì a fermare quella pazza di Irina
dicendole che ormai ero stanca morta.
Ricordando vecchi aneddoti arrivammo nella sala grande in cui, non
appena entrai, si sollevarono urla e gridi di gioia. Appena passavo mi
facevano tutti i più profondi auguri che io accettavo con grande
piacere. Ognuno si sbracciava per salutarmi ed alcuni mi si gettavano
anche addosso per abbracciarmi calorosamente.
Notai che vi erano festoni d'auguri con inciso il mio nome dappertutto
oltre ad altre decorazioni di vario genere che abbellivano la sala,
come palloncini o fiori colorati.
Poi un ragazzo in fondo alla sala cominciò ad armeggiare con la
musica, mettendola ad altissimo volume come se fossimo in discoteca.
Cominciai a muovermi a ritmo di musica così come tutti gli
altri. Dopo un po' però mi stancai, così mi diressi verso
il lungo tavolo dedicato alle bibite e al cibo, decisa a gustarmi
almeno una fetta delle buonissime torte al cioccolato di sorella Kate.
Da quando ne avevo assaggiata una da piccola non ero più
riuscita a farne ameno e avevo tutte le intenzioni di raccomandare alla
suora di mandarmene almeno una al mese.
Mentre ne prendevo una fetta notai la suora madre che conversava con un uomo sui ventisei anni. Un bellissimo uomo aggiungerei.
Aveva una carnagione chiara, i capelli mossi erano castano chiaro,
tendenti al biondo, gli occhi erano di un blu elettrico, simile al
colore degli abissi marini. Era molto alto e la muscolatura ben
definita si intravedeva dalla camicia che portava e dai pantaloni
eleganti che gli fasciavano perfettamente le gambe.
<< Chissà chi è quel fusto... >> mi disse
all'orecchio Irina, per farsi sentire nonostante la musica alta.
<< Mio Dio Irina ma da dove sei sbucata?! >> dissi
mettendomi una mano sul cuore, mi aveva fatto prendere un colpo
comparendo così, dal nulla.
<< Beh, io mi guardo intorno e uno come quello lì non
passa certo inosservato. L'hai notato pure tu e questo è tutto
dire. >> disse nascondendo una risata.
Feci una smorfia, contrariata. Ok, ammetto che non ero una che si
interessava ai ragazzi, di solito mi limitavo a salutare i miei
compagni ma la cosa finiva lì. Per adesso ritenevo che non mi
era necessario avere accanto un ragazzo, quindi me ne tenevo alla larga
se possibile.
<< Vacci a parlare! >> mi disse quella scema illuminandosi improvvisamente.
<< Stai scherzando spero! >> risposi scandalizzata. Voleva
davvero che andassi a parlare con uno sconosciuto?! Ma neanche morta!
Ma non ebbi il tempo di risponderle che già mi stava trascinando
di peso dalla suora madre e dal tizio misterioso. Puntai i piedi per
terra ma ormai era troppo tardi, eravamo già arrivate difronte
ai due che adesso ci guardavano incuriositi. O meglio, la suora madre
lo faceva, l'uomo era restato impassibile, tranne per una piccola e mal
trattenuta smorfia che stava ad indicare il suo irritamento per essere
stato interrotto mentre parlava. Ecco, già mi stava antipatico
quel brutto pallone gonfiato.
<< Care ragazze perché siete qua? Non volete andare a
divertirvi? >> ci disse cortese la suora con un dolce sorriso
stampato in volto.
<< Noi ci chiedevamo quando sarebbe arrivata la torta di
compleanno di Luce. >> disse con un falso sorriso Irina,
osservando insistentemente l'uomo che invece la guardava con una
smorfia di disgusto.
<< Oh si, arriverà a breve, non preoccupatevi. >>
disse la suora poi, seguendo lo sguardo da perfetta maniaca
di Irina che stava ancora osservando l'uomo difronte a noi si
premurò di aggiungere in fretta: << Ma che maleducata che
sono, quest'uomo accanto a me è il signor Raphael Grigori, ragazze. >>
<< Piacere! >> squittì allora la mia amica porgendo la mano a Grigori.
Lui allungò a sua volta la mano ma vidi chiaramente che lo stava
facendo più per una questione di educazione che per altro. Era
anche altezzoso, ma bene, la lista dei suoi difetti si stava allungando
sempre di più.
<< Irina sta arrivando la torta, andiamo? >> dissi
esasperata, facendo un cenno di pura educazione all'uomo. Lui mi
guardò sorpreso per un attimo ma si riprese subito, riprendendo
la sua maschera da bello e dannato.
Se credeva che io sarei caduta ai suoi piedi si sbagliava di grosso,
quelli come lui li odiavo e non avevo alcuna intenzione di dargli la
minima confidenza.
<< Ma... >> provò a dire lei, ma io la fermai
prendendola per un braccio e trascinandomela via, dopo aver rivolto un
sorriso alla suora madre e un debole saluto a lui.
Ci allontanammo dai due, dirigendoci verso il terrazzo della sala.
Quest'ultimo era molto grande, vi erano un tavolo rotondo nel lato
destro, circondato da sei sedie, e una lunga panca nel lato sinistro.
Il terrazzo si affacciava nell'ampio giardino di rose dell'orfanotrofio
e si poteva chiaramente sentire il buonissimo odore emanato da quegli
splendidi fiori. Passavo lì molte ore del mio tempo libero, di
solito mi rifugiavo nel padiglione al centro del giardino dopo gli
allenamenti di pallavolo, per leggere in santa pace un buon libro.
<< Uffa Luce, sei una guastafeste! >> disse imbronciata come una bambina Irina.
Alzai gli occhi al cielo e dissi: << Irina... no, lascia perdere. Vai dentro, io ti raggiungo fra un attimo, ok? >>
<< Ok... >> rispose alzando un sopracciglio. La vidi
incamminarsi, così mi rigirai per guardare ammirata le rose.
Tra poche ore tutto sarebbe finito e me ne sarei dovuta andare via,
forse non avrei più rivisto quel luogo, pensai con nostalgia.
C'erano davvero molte cose che mi sarebbero mancate di quel posto.
<< Davvero delle belle rose, ben curate devo dire. >> disse pacata e gelida una voce alle mie spalle.
Mi girai velocemente, lanciando un sguardo poco amichevole al tizio che
aveva osato disturbarmi in un momento così intimo.
Era lui, pensai stizzita.
Che cavolo ci faceva lì?!
<< Già. >> mi limitai a rispondere, facendogli capire che la sua presenza lì non era gradita.
<< Io non ti sono molto simpatico, eh? >> disse avvicinandosi a me.
Io rimasi ferma al mio posto, non gli avrei mai dato la soddisfazione
di farmi vedere in difficoltà spostandomi. Lui parve compiaciuto
del mio gesto e si fermò proprio difronte a me, vicinissimo.
<< Si, tu non mi piaci e gradirei molto se adesso te ne andassi.
>> risposi incrociando le braccia sotto il seno e guardandolo
seccata.
<< Hai un bel caratterino ragazzina. E questo... mi piace. >> disse sensuale, avvicinando il suo volto al mio.
Io, dal canto mio, non mi mossi di un solo millimetro e risposi impassibile: << Credi che basti solo questo a farmi cedere? Non cadrò mai ai tuoi piedi, quindi adesso puoi anche andartene. >>
Lui rise e mi rispose: << Beh, volevo solo vedere se eri
veramente una ragazza tutto pepe o stavi solo fingendo. Posso dire
quindi di notare con piacere che sei proprio un'indomabile ragazzina
arrogante. Ci rivedremo molto presto io e te, puoi giurarci. >>
Stavo per ribattere infuriata quando lui continuò dicendo:
<< Ti farò cadere ai miei piedi ragazzina, da adesso
comincia la nostra sfida. >>
Dopo aver detto questo se ne andò via, lasciandomi sola.
Brutto... Ah glielo avrei fatto vedere io chi era l'arrogante! Come
diavolo si permetteva! Se mai ci fossimo rincontrati in futuro gliele
avrei cantate io a quel signorino. Voleva giocare?
Bene.
Avrei giocato, ma secondo le mie regole.
Pensando questo, sorrisi sadica. Avevo certamente trovato pane per i miei denti.
ANGOLO AUTRICE:
Eccoci arrivati a fine capitolo gente! ^-^
Allora, che ne dite? La storia si farà sempre più interessante man mano che prosegue, ve lo posso assicurare. ;)
Ho tantissime cose in mente per questi due, la mia fantasia non ha limiti. Ahahahah XD
Ora che i protagonisti si sono conosciuti le cose andranno di male in peggio! u.u
Vicende divertenti e altre più serie si sussegueranno nei
capitoli, prima di arrivare al tanto agognato amore ne passaranno delle
belle.
Domanda: Cosa ci faceva nell'orfanotrofio Raphael?
Mistero. Per scoprirlo non perdetevi le prossime puntate e vi garantisco che non ne sarete delusi!
Le vicende sono molto più complicate di quel che sembrano, ma se
vi svelassi tutto ora, poi non ci sarebbe più gusto no? XD
Se lo vorrete, metterò anche dei pov Raphael in futuro,
così saprete cosa passa per la testa del bel tenebroso. *-*
Vi anticipo che metterò i banner personali dei protagonisti e
dei loro amici ad inizio dei prossimi capitoli. Nel frattempo vi
chiedo: il banner con il titolo e le immagini dei due protagonisti
della storia vi piace? Per quest'ultimo ringrazio moltissimo la
bravissima Jess Graphic.
Infine, i capitoli vanno bene così o li volete più lunghi? :)
Ditemi ogni vostro pensiero in una, anche piccola, recensione, mi farebbe molto piacere, anche perchè solo grazie a voi potrò migliorare! :D
Ringrazio infinitivamente colore che hanno aggiunto la storia fra le:
- preferite: 1
- seguite: 4
ed anche valespx78 per aver recensito lo scorso capitolo. GRAZIE a tutti, davvero.
Adesso vi saluto, bacioni, vostra Ashwini. <3
*L'altra mia storia in corso:
Il Dominatore del Mondo
In un tempo
futuro scoppia la cosiddetta ''Apocalypse Demons War'', a causa della
quale l'intera umanità si ritroverà sottomessa ad una
nuova e potente razza di demoni, esseri crudeli e quasi privi di ogni
sentimento.
La loro razza arriverà a
conquistare quasi l'intero pianeta Terra e tutti questi territori
verranno riuniti sotto il Grande Impero di Alloces, governato dal
più potente demone della razza demoniaca: l'imperatore Andras
detto ''Il Conquistatore'' famoso, oltre che per la sua enorme forza,
per grande malvagità e freddezza, bello oltre ogni dire.
Amia, ragazza umana, si
ritroverà catapultata in un mondo oscuro e completamente diverso
dal suo, dovrà adattarsi e soprattutto dovrà combattere
per ciò in cui crede. La ragazza è caratterizzata da una
grande determinazione e forza di vivere, qualità che
l'aiuteranno in molte occasioni.
Ma all'Impero si opporrano i
Cavalieri della Giustizia Eterna(CGE), un'organizzazione umana
altrettanto forte che userà ogni mezzo per abbattere il nemico,
arrivando anche ad usare mezzi disonesti.
Le vite dei protagonisti e di coloro che gli stanno vicino verranno irremediabilmente sconvolte da eventi di enormi proporzioni.
La storia ha inizio, preparatevi ad entrare in un mondo completamente nuovo.
|
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Capitolo 3 *** Capitolo secondo: Spiacevoli sorprese ***
Capitolo secondo- Spiacevoli sorprese
Ciao a tutte! ^-^
Ecco a voi un nuovo capitolo di Eternity, spero vivamente che vi piaccia. :)
Qua sopra c'è la foto
della ragazza che, secondo me, è adatta ad interpretare la
protagonista femminile, Lucinda. Nel prossimo capitolo metterò,
invece, colui che impersonerà il protagonista maschile, Raphael.
:D
Detto questo vi auguro una BUONA LETTURA!
Eternity
Non tutti i fiori fioriscono per essere visti,
alcuni sono destinati
a disperdere la loro fragranza nel deserto.
Finchè qualcuno
non li raccoglie e ne apprezza il profumo.
(Northanger Abbey-Jane
Austen)
CAPITOLO SECONDO: Spiacevoli sorprese
<< Mi raccomando Luce, stai ben attenta in città, delle ragazze che sono
ancora in contatto con delle amiche già uscite dall'orfanotrofio, mi hanno
riferito che New York è molto pericolosa come città, c'è un alto tasso di
criminalità e... >> iniziò Irina, partendo in quarta.
<< Irina è
tutto ok! Me la saprò cavare in attesa del tuo arrivo, tranquilla. >>
dissi esasperata da tanta preoccupazione, immotivata, a parer mio.
Lei, in
risposta, annuì incerta, gettandosi su di me per un ultimo caloroso
abbraccio.
Era il giorno dopo il mio compleanno e per me, era giunta l'ora di
partire verso la mia nuova vita. Con la mente, ripercorsi tutti i momenti, gli
istanti più preziosi, passati in compagnia di Irina e delle altre ragazze in
orfanotrofio.
Le risa spensierate per i
giardini dietro l'edificio, il profumo dolce delle rose nel giardino fiorito, le
grida birichine dopo gli scherzi fatti alle suore da bambine, i semplici
sguardi complici fra noi...
Non avrei mai dimenticato tutto ciò.
Mai. Ogni singolo ricordo sarebbe stato la mia luce nel buio nei momenti tristi,
la mia difesa contro la solitudine.
Una lacrima ribelle scese dalle mie
guance color pesca, attirando l'attenzione della mia migliore amica.
<<
Ehi, che fai adesso piangi? >> disse lei con le lacrime agli
occhi.
<< Senti da che pulpito viene la predica. >> ribattei con
un sorriso.
Ci guardammo e fu come ritornare di nuovo le bambine di un tempo,
un tempo che a me, adesso, sembrava così lontano ed
irraggiungibile...
<< Ragazze mie, mi spiace interrompere questo momento
di intimità fra voi ma... l'auto per Lucinda è arrivata da un po' ormai...
>> ci comunicò quasi in un sussurro suor Kate. La donna era affiancata
dalla suora madre, che adesso rivolgeva lo sguardo altrove, come se la sola
vista della mia partenza le facesse troppo male e, forse, era esattamente così,
pensai commossa.
<< Si, vado. Posso abbracciarvi almeno un ultima
volta? >> risposi con gli occhi lucidi, riferendomi alle due donne davanti
a me.
Di questo passo avrei ceduto, accidenti. Non potevo piangere, non ora e
soprattutto non in pubblico. Non era da me.
In risposta, le suore si
avvicinarono velocemente a me e, evento più che raro, perfino la suora madre
perse la sua maschera di donna tutta d'un pezzo, abbracciandomi in un modo che,
solo poche ore prima, avrebbe definito assai poco decoroso per una
signorina.
<< Mi mancherete tutti. >> confessai.
<<
Anche tu mia cara Lucinda, anche tu. >> dissero, non appena si furono
staccate da me, le due suore.
Dopo un ultimo saluto a tutte e tre, mi voltai
fiera, camminando lentamente e più rigida di un manico di scopa verso l'auto
scura a pochi metri da me. Sentì delle risa mal trattenute in sottofondo e, con
uno sbuffo, pensai che dovevo davvero sembrare la brutta copia di un pinguino
per far ridere, oltre Irina, anche suor Kate.
Arrivata difronte l'auto però,
ebbi un attacco di affetto improvviso, cosa assolutamente non da me. Tanto che, con uno
scatto, mi voltai per poi correre verso la mia amica e stritolarla in un
abbraccio, cercando di farle capire silenziosamente quanto mi sarebbe mancata in
quei mesi in cui saremmo state lontane.
<< Ti voglio bene anch'io,
stupida che non sei altro. >> sorrise sulla mia spalla.
Subito dopo
aver sciolto l'abbraccio, ricambiai il sorriso per poi voltarmi nuovamente e
dirigermi verso l'auto, entrando poi al suo interno. Poggiai una mano sul vetro
su cui stavano, pian piano, incominciano a scendere delle scie d'acqua dovute
alle gocce di pioggia; la quale era appena iniziata, come se quello fosse il suo
personale saluto alla mia partenza.
Dopo non molto l'auto partì, lasciando dietro di se l'immagine
delle tre donne che ancora si sbracciavano per salutarmi. Ma quello non
era un addio, era un arrivederci, promisi a me stessa e a loro,
silenziosamente. Irina mi avrebbe raggiunta nella mia futura casa nella
Grande Mela, quindi per quanto riguardava lei potevo stare tranquilla;
ma sarei sicuramente ritornata all'orfanotrofio per fare qualche visita
alle suore e ai miei vecchi compagni perché, dopotutto, una
piccola parte del mio cuore sarebbe sempre rimasta lì,
accanto a loro.
Oltrepassato il cancello tolsi la mano dal vetro e mi girai
definitivamente, osservando lo scorrere della strada davanti a me. Man
mano che ci allontanavamo dal bosco in cui si trovava l'orfanotrofio,
le case e gli edifici aumentavano sempre di più, così
come la loro modernità. Ben presto, infatti, cominciai ad
intravedere i primi grattacieli e non potei evitare di spalancare la
bocca, incredula. Non avendo mai oltrepassato la soia dell'edificio che
mi aveva vista crescere, infatti, non avevo mai visto di persona quelle
magnifiche costruzioni in cemento armato, acciaio e vetro.
<< È la prima volta che viene qua a New York, vero
signorina? >> mi chiese cordialmente il conducente dell'auto.
<< Si, infatti. Spero di trovarmi bene, la mia amica non ha fatto
altro che mettermi in guardia dalla gente del posto. >>
ridacchiai al pensiero delle facce buffe che aveva fatto Irina fin da
questa mattina.
L'uomo si rabbuiò e rispose: << La sua amica fa bene a metterla in guardia, ci sono persone e famiglie che è meglio evitare in città. >>
<< Beh, io del luogo ho conosciuto solo un certo Raphael Grigori
e... >> cominciai incerta, ma lo sguardo cupo dell'uomo
bloccò sul nascere il mio discorso.
<< C'è qualcosa che non va, forse? >> dissi allora, turbata.
<< Ecco signorina, quella è una persona che dovrebbe evitare, così come la sua famiglia. >>
Aprì allora la bocca per chiederne il motivo, ma non potei
farlo, perché subito dopo il conducente mi disse che eravamo
arrivati. Vidi infatti che mi trovavo proprio difronte la casa che,
insieme alla suora madre, avevo scelto di comprare tramite le vendite
online.
La casa a due piani che mi si presentava davanti era piccola e modesta,
comprata grazie ai pochi soldi che le suore avevano ritrovato nella
scatola in cui mi avevano trovata diciotto anni fa. Quando mi ero messa
alla ricerca di una casa in cui abitare, avevo subito richiesto che ci
fosse un piccolo giardino in cui piantare delle rose, ed infatti questa
casa ne possedeva uno già ricco di piante a cui poi io avrei
aggiunto ben presto i miei fiori preferiti. Il tutto era circondato da
una graziosa staccionata bianca.
Una casa vecchio stile insomma, in simbiosi con il quartiere in cui mi
trovavo che era un classico residence, solo meno, molto meno,
prestigioso. Sperai solo che i vicini fossero simpatici, dopotutto era
con loro che molto probabilmente avrei fatto le prime amicizie.
Dopo che il conducente mi ebbe aiutato a portare le mie poche valige
sulla soia di casa, mi salutò con un debole sorriso per poi
infilarsi dentro l'auto ed andarsene. All'inizio mi era sembrato
socievole ma poi, non appena avevo parlato di Raphael, si era incupito
notevolmente e sinceramente non ne capivo il motivo. Ok, Raphael mi era
fin da subito sembrato un tipo arrogante ed antipatico, il tipico uomo
di potere ma lo sguardo del conducente mi era parso esagerato, potevo
giurare infatti di aver intravisto un lampo di paura passare nei
suoi occhi color cioccolato. Ma paura di cosa?
Sospirai, era inutile pensarci, tanto io quell'idiota non l'avrei mai più rivisto quindi...
Ci rivedremo molto presto io e te, puoi giurarci.
Ti farò cadere ai miei piedi ragazzina, da adesso comincia la nostra sfida.
Il ricordo di quelle frasi mi fece rabbrividire. Avevo incontrato il diavolo di New York, ne ero certa.
Sospirai per la seconda volta. Possibile che la prima nuova conoscenza dovevo farla con quel pallone gonfiato?
Interruppi il fluire dei miei pensieri, pensando che adesso dovevo
concentrarmi solo sulla sistemazione delle mie cose nella casa ma non
feci in tempo a chiudere la porta che subito suonarono al campanello.
Mi illuminai. Un vicino! Magari era un vicino che veniva a darmi il benvenuto nel quartiere!
Corsi, trafelata ed impaziente, all'ingresso, dandomi una veloce
sistemata ai capelli davanti allo specchio lì vicino poco prima
di aprire la porta con un enorme sorriso stampato in viso, pronta ad
accogliere al meglio qualsiasi persona mi si fosse parata difronte.
<< Buongiorno ragazzina impertinente. >> mi salutò
così l'ultima persona che mi sarei aspettata di vedere.
Lui.
Lui era qui!
Oh santo cielo, perché capitavano tutte a me?
Lo guardai male, ben intenzionata a chiudergli la porta in faccia e
mandando così al diavolo le buone maniere ma, al contrario delle
mie rosee aspettative, un suo piede bloccò il chiudere della
porta di casa, facendomi così imprecare silenziosamente.
<< È così che si trattano gli ospiti Lucinda? >> ghignò Raphael.
<< Oh, no, questo trattamento speciale lo riservo solo a te e
adesso, se vuoi scusarmi, avrei molto da fare. >> risposi
fulminandolo con lo sguardo.
<< Io invece vorrei darti il benvenuto nel quartiere, quindi entro con molto piacere, grazie. >> enfatizzò l'ultima parola con arroganza, facendo leva sulla porta ed entrando in casa.
<< Certo, un uomo come te che veste abiti firmati e, molto
probabilmente, fatti su misura, vive in un misero quartiere di
provincia! >> grugnì in risposta.
Lui mi sorrise maligno: << In effetti io abito nel grattacielo
privato della mia famiglia, il più alto mai costruito a New
York. >>
Sbuffai infastidita, l'ego di quest'uomo era incomparabile.
Lo vidi sistemare sul piccolo tavolino lì vicino il mazzo di
rose che aveva portato in dono e che io, troppo presa ad insultarlo
mentalmente, non avevo notato prima. Beh, almeno non era un completo
maleducato.
Ripensai alla sua frase di poco prima con sgomento. Aveva detto il mio
nome! Ma chi diavolo poteva averglielo rivelato? Forse la suora madre
quando io e Irina ce ne eravamo andate?
<< Come sai il mio nome? >> mi informai allora, spinta dalla mia solita curiosità.
<< Ho fatto alcune ricerche. >> disse con nonchalance, come
se quello che avesse appena detto fosse una cosa che facevano tutti,
normale.
Strabuzzai gli occhi: << Che cosa hai fatto?! >>
<< Hai capito perfettamente e poi, dal tuo tono, credo che tu
abbia già immaginato che io sia un uomo molto potente qua in
città. >> rispose con un sopracciglio alzato.
<< Beh si ma... >> dissi ancora scossa. Lui aveva fatto
ricerche su di me... lui... LUI AVEVA FATTO RICERCHE SU DI ME! Come
accidenti si era permesso!
<< Brutto idiota, chi ti ha dato il permesso di ciò, eh? >> domandai furente.
<< Modera i toni ragazzina, l'ho fatto perché volevo
conoscere la donna che mi ha rifiutato, no? Devo pur avere una pista
con cui cominciare il mio piano di seduzione. >> affermò
tranquillo.
Stava scherzando, vero?!
No, notai con orrore, dal sadico sorriso che gli era spuntato in volto.
Merda.
ANGOLO AUTRICE:
Eccoci arrivati alla fine del capitolo ragazze, allora, vi è piaciuto? :)
Vi sareste mai aspettate che a suonare il campanello fosse il bel
Raphael? E soprattutto, cosa ne pensate della sua ultima frase?
Riuscirà nel suo intento di sedurre la protagonista? E lei, cosa
farà difronte i suoi sempre più insistenti tentativi? Chi
cederà per primo all'altro?
Lo scoprirete solo seguendo i prossimi capitoli, ragazze. ;)
Ditemi ogni vostro pensiero in una, anche piccola, recensione, mi farebbe molto piacere, anche perchè solo grazie a voi potrò migliorare! :D
Ringrazio infinitivamente colore che hanno aggiunto la storia fra le:
- preferite: 2
-ricordate: 1
- seguite: 11
GRAZIE a tutti, davvero. <3
Adesso vi saluto, bacioni, vostra Ashwini. :*
*L'altra mia storia, attualmente in corso, a cui spero darete un'occhiata:
In un tempo futuro scoppia la cosiddetta
''Apocalypse Demons War'', a causa della quale l'intera umanità
si ritroverà sottomessa ad una nuova e potente razza di demoni,
esseri crudeli e quasi privi di ogni sentimento.
La loro razza arriverà a conquistare quasi l'intero pianeta
Terra e questi territori verranno sottomessi all'Impero di Alloces,
governato dal più potente demone della razza demoniaca: il
bellissimo imperatore Andras, famoso, oltre che per la sua enorme forza
anche per malvagità e freddezza. Amia, ragazza umana
caratterizzata da una grande determinazione e forza di vivere, si
ritroverà catapultata in un mondo oscuro e completamente diverso
dal suo, dovrà adattarsi e soprattutto dovrà combattere
per ciò in cui crede.
Le vite dei protagonisti e di coloro che gli stanno vicino verranno irremediabilmente sconvolte da eventi di enormi proporzioni.
La storia ha inizio, preparatevi ad entrare in un mondo completamente nuovo.
Dall'undicesimo capitolo:
- Ancora. - dissi perdendomi in quella turbolenta tempesta che erano i suoi occhi.
- Ancora cosa? - disse confuso.
- Il mio nome, ripetilo ancora. - risposi sussurrando, come a non voler spezzare l'atmosfera creatosi.
Dal quattordicesimo capitolo: - Gemi Amia, gemi per me. - disse succhiando e mordendo con foga poco sopra la giugulare.
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