Sole rosso

di Mitsuki91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo capitolo ***
Capitolo 3: *** Secondo capitolo ***
Capitolo 4: *** Terzo capitolo ***
Capitolo 5: *** Quarto capitolo ***
Capitolo 6: *** Quinto capitolo ***
Capitolo 7: *** Sesto capitolo ***
Capitolo 8: *** Settimo capitolo ***
Capitolo 9: *** Ottavo capitolo ***
Capitolo 10: *** Nono capitolo ***
Capitolo 11: *** Decimo capitolo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Lo so. So che non dovrei pubblicare questa storia… Perché non è completa (ma devo solo riordinare le idee e scriverla) e perché ne ho due in corso che sono un po’ in alto mare (più come tempo, però, che come idee. Non disperate XD). Ultimamente ho partecipato ad un sacco di contest e ho quindi “abbandonato” un po’ il profilo di EFP… Ma tornerò u.u soprattutto dopo gli esami, quindi verso fine gennaio, ma mi metterò lì e scriverò e finirò tutto quello che devo finire, promesso u.u e sapete che non sono parole a vanvera, perché anche se ogni tanto incespico ho sempre portato a termine ogni mia long u.u
Bene, detto questo… Non so che dire su questa storia XD non so neppure da dove nasca, boh, solo… Avevo voglia di raccontarla =) Severus resterà sempre il mio personaggio preferito, però qui il punto di vista è quello di Draco u.u non so perché… Boh! XD è venuta così XD
Ovviamente tutto il primo dialogo è ripreso dal libro u.u ci tengo a sottolinearlo… Il resto è inventato da me u.u
Spero di avervi stuzzicato almeno un po’ con questo prologo! =D
Fatemi sapere che ne pensate =)
Buona lettura! =)


Prologo

Era già un po’ che andava avanti quella tiritera.
“… Non puoi permetterti degli errori, Draco, perché se vieni espulso…”
“Io non c’entro niente, chiaro?” tentò di difendersi lui, nervoso.
“Spero che tu stia dicendo la verità, perché è stato un tentativo goffo e sciocco insieme. E tu ne sei già sospettato.”
“Chi sospetta di me? Per l’ultima volta, non sono stato io, d’accordo! Quella Bell deve aver avuto un nemico di cui nessuno sa nulla… Non mi guardi così! Lo so cosa sta cercando di fare, non sono stupido, ma non funzionerà… Io la posso fermare!”
Draco si era esercitato molto con sua zia negli ultimi tempi. Con Bellatrix le strade erano due: o imparavi in fretta o soccombevi. Spesso in modo doloroso.
E per lui non c’era libertà maggiore che tenersi i propri pensieri, e non solo per evitare che Silente o le sue spie capissero cos’aveva in mente. In realtà passava le sue giornate fra il piano, la scuola e i momenti di sconforto, quelli che gli pesavano maggiormente e di cui si vergognava anche un po’.
Non voleva che nessuno lo vedesse in quelle condizioni.
“Ah… Zia Bellatrix ti insegna Occlumanzia, vedo. Quali pensieri stai cercando di nascondere al tuo signore, Draco?”
“Non sto cercando di nascondere niente a lui, è lei che non voglio che si intrometta!”
“Allora è per questo che mi eviti? Temi la mia interferenza? Ti rendi conto che se chiunque altro avesse mancato di venire nel mio ufficio dopo che gli avevo detto più volte di venire, Draco…”
“Allora mi metta in punizione! Mi denunci a Silente!”
Il suo tono era evidentemente ironico.
In ogni caso Draco non aveva ancora inquadrato da che parte stesse veramente il professor Piton. Insomma, lo vedeva partecipare a tutte le riunioni dei Mangiamorte, lo sentiva dare indicazioni precise ed esaustive, elaborare piani, macchinare… Ma conosceva anche Silente e sapeva che lui non si sarebbe fatto fregare facilmente. Forse era vero che, come aveva sempre sostenuto suo padre, il vecchio era ‘rimbambito’ e quindi più facile da prendere in giro?
Alla fine si ricordava di come Piton odiasse Potter e quello bastava per fargli credere che fosse veramente dalla loro. Ma allora perché non l’aveva preso, rapito e portato dal Signore Oscuro? Avrebbe potuto farlo in un battito di ciglia. Si sarebbe scoperto, certo, ma Lord Voldemort avrebbe avuto la sua vendetta e poco importava perdere una spia nei ranghi nemici di fronte alla possibilità di uccidere il Bambino-che-è-sopravvissuto… O no?
“Sai benissimo che non desidero fare alcuna delle due cose.”
“Allora la smetta di dirmi di venire nel suo ufficio!”
“Ascoltami, io sto cercando di aiutarti. Ho giurato a tua madre che ti avrei protetto. Ho stretto il Voto Infrangibile, Draco…”
“Pare che dovrà infrangerlo, allora, perché io non ho bisogno della sua protezione! E’ la mia missione, lui l’ha affidata a me e io la sto portando a compimento. Ho un piano e funzionerà, ci vuole solo un po’ più di tempo di quanto pensassi!”
“Qual è il tuo piano?”
“Non sono affari suoi!”
“Se mi dici cosa stai cercando di fare, posso aiutarti…”
“Ho tutto l’aiuto che mi serve, grazie, non sono solo!”
“Stasera eri solo, cosa estremamente stupida, vagare per i corridoi senza sentinelle o retroguardia. Questo sono errori elementari…”
“Avrei avuto Tiger e Goyle se lei non li avesse puniti!”
“Abbassa la voce! Se i tuoi amici Tiger e Goyle questa volta intendono passare il G. U. F. O.  di Difesa Contro le Arti Oscure, devono studiare un po’ di più di quanto non facciano al mo…”
“Che importanza ha? Difesa contro le Arti Oscure… E’ tutto uno scherzo, no, una messinscena! Come se noi avessimo bisogno di una protezione contro le Arti Oscure…”
“E’ una messinscena cruciale per ottenere il successo, Draco! Dove credi che sarei stato io in tutti questi anni, se non avessi saputo fingere? Adesso ascoltami!Sei imprudente, a vagare così di notte, a farti sorprendere, se pensi di poterti fidare di assistenti come Tiger e Goyle…”
“Non sono i soli, ho altra gente dalla mia, gente migliore!”
“Allora perché non mi confidi tutto? Io posso…”
“Lo so che cos’ha in mente! Vuole rubarmi la gloria!”
Ecco un altro punto dolente. Suo padre era in prigione e Lord Voldemort aveva eletto come suo nuovo favorito proprio Severus Piton. Accidenti! Aveva detto la frase con rabbia e, forse, non la pensava davvero. Ma il Signore Oscuro viveva a casa loro, mangiava alla loro tavola, faceva entrare e uscire gente a piacimento e si comportava come se fosse lui il padrone. E anche se Draco era consapevole di essere appena agli inizi della sua carriera da Mangiamorte – e ne era anche molto, molto, molto spaventato, perché la realtà era ben diversa da come gli era sempre stata prospettata – e sapeva di non poter diventare subito il preferito di Voldemort… No, neppure ci teneva.
Era già abbastanza dura così, ad essere costretto a compiti ingrati e più gravosi di quanto si aspettasse, a missioni più grandi di lui e a dover punire prigionieri per il puro piacere di quell’essere che gli faceva quasi ribrezzo.
Ma non l’avrebbe mai ammesso, quindi si trincerava dietro a quelle parole che suonavano tremendamente come un capriccio.
E infatti…
“Parli come un bambino. Capisco che la cattura e la prigionia di tuo padre ti abbiano sconvolto, ma…”
Non voleva parlarne.
Draco uscì di fretta dall’aula e si diresse verso i dormitori. Sperò che il professor Piton non lo seguisse e si sentì sollevato nel non sentire i passi dietro di sé.
Era quasi giunto alle segrete quando lui sbucò da dietro l’angolo e gli bloccò l’accesso alla Sala Comune. Evidentemente aveva usato un passaggio segreto di cui ignorava l’esistenza.
“Non ho più niente da dirle, professore.” sbottò, irritato. Se avesse osato insistere al diavolo la disciplina e la formalità: gliene avrebbe cantate quattro.
“Invece io credo che dovresti.” rispose l’uomo, senza aver alcuna intenzione di cedere.
“Ma insomma, si può sapere cosa vuole da me?! Mi lasci in pace, so badare a me stesso!”
“Ma io posso aiutar…”
“Non lo dica! Non lo dica, perché più lo dice più mi sembra un’inutile e patetico tentativo di estorcermi qualche informazione!”
“Non è assolutamente mia intenz…”
“E poi che farà, lo dirà a Silente?! Forse zia Bellatrix ha ragione a dubitare di lei e della sua lealtà!”
In quel momento neanche Draco si sentiva esattamente ‘leale’: era più costretto in una missione che non voleva. Costretto dietro la minaccia che potesse succedere qualcosa alla sua famiglia…
Ma era più facile prendersela con qualcun altro, e riversare la rabbia…
Gli occhi di Piton si fecero duri.
“Ho già discusso il punto con tua zia e non intendo ripetermi. Il Signore Oscuro si fida di me.”
“Anche Silente si fida di lei!”
“Però non è Silente che intendo ser…”
“Certo! Perché Silente non lo porterà mai alla gloria, vero?! Resterà sempre e solo un umile insegnate!”
“Stai vaneggiando, Draco.”
Lo sguardo sempre più duro.
Ma Draco aveva ormai iniziato e non aveva più alcuna intenzione di fermarsi.
“Invece accanto al Signore Oscuro potrà ricoprire cariche di prestigio! Non solo si è premunito di screditare mio padre – senza neppure sporcarsi le mani nella battaglia del Ministero! – ma ora cerca di usurpare il suo posto! Le sue motivazioni sono viscide come quelle di chiunque altro!”
A quel punto successe una cosa che lo sorprese.
Severus Piton perse il suo proverbiale autocontrollo.
Forse, rifletté Draco mentre l’uomo lo sbatteva contro il freddo muro di pietra, anche lui si trovava in una posizione difficile ed era stanco di eseguire impeccabilmente ordini assurdi senza potersi sfogare in alcun modo.
C’era chi piangeva, come era successo anche a lui in momenti più neri.
C’era chi gridava e lanciava accuse, come aveva appena fatto.
E c’era chi ti immobilizzava al muro, alla Babbana, solo per guardarti in faccia e urlarti che non avevi davvero capito niente.
Draco lo lasciò fare: un po’ aveva compreso il suo desiderio di sfogarsi e un po’, in fondo, sapeva che il professore non gli avrebbe fatto male davvero.
Quello che non si aspettava fu il lampo di dolore intenso negli occhi dell’uomo.
Dolore.
“Tu non sai niente – NIENTE! – delle mie motivazioni!” gridò il professor Piton.
E poi basta.
Severus Piton forse si rese conto di aver fatto una sciocchezza. Lasciò andare le vesti del suo alunno, come scottato, e se ne andò a passo svelto verso le sue stanze.
Draco non diede molta importanza alla cosa, sul momento.
Ma qualche mese più tardi non poté far altro che ripensarci e realizzare come tutti fossero stati dannatamente stupidi nel giudicarlo.


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Capitolo 2
*** Primo capitolo ***


Ebbene, siccome domani ho un esame… Ho deciso di aggiornare qualcosa XD sì, è una contraddizione, vero? XD ma questa storia non se la fila nessuno, è tanto che non aggiorno e… Beh, beccatevela :v
Sperando che questo capitolo riscuota più successo del primo XD
Buona lettura =)


Primo capitolo

Era tornato al Manor ormai da diverse settimane.
Dopo essere stato adeguatamente punito per la sua codardia da Lord Voldemort in persona – esperienza che non augurava a nessuno, nemmeno a sfregiato Potter, sebbene sapesse che a lui spettava di peggio – Draco aveva cercato di chiudersi nelle sue stanze ed isolarsi dal resto del mondo, senza successo.
Casa sua si era trasformata inesorabilmente nel quartier generale dei Mangiamorte e c’era un via vai di gente impressionante. Sua madre era venuto a curarlo dopo che era stato punito, molto più pallida del solito, e da allora cercava sempre di rassicurarlo con la sua ‘presenza’. Non che questa contasse molto, nella Villa e soprattutto nei confronti di Voldemort.
Draco voleva solo essere lasciato in pace.
Suo malgrado era invece costretto ad assistere a più o meno tutte le riunioni di Mangiamorte e a portare a compimento le mansioni ingrate che gli venivano affidate, come quella di Cruciare a morte i prigionieri inutili o di torturare meno selvaggiamente qualche sporco Babbano catturato apposta per far divertire la feccia che ormai frequentava casa sua.
Feccia, sì, perché dopo aver visto gli orrori che erano costretti a compiere i Mangiamorte… Ed aver visto gli stessi torturare vittime innocenti solo per rilassarsi dopo una giornata di ‘duro lavoro’… Non potevano che essere feccia senza pietà.
Ma questo badava bene di non dirlo né farlo capire. Aveva ripreso le lezioni di Occlumanzia con sua zia Bellatrix e gli erano state molto utili.
Nonostante essa stessa gli facesse paura, le era anche un pochino grato del fatto che, grazie ai suoi insegnamenti, il Signore Oscuro non potesse leggergli completamente nella testa.
Non avrebbe mai tentato di nascondergli qualcosa, questo no, non era così stupido da provarci. Ma cose ‘innocenti’ come i suoi pensieri riguardo a lui… Se non li cercava direttamente nella sua testa – non era molto interessato a queste cose, a meno che non sospettasse un tradimento: pretendeva solo la cieca obbedienza – in genere era in grado di evitarli e di occultarli.
Utile, dopotutto.
Zia Bellatrix si premurava di insegnargli anche altro, magie oscure avanzate che Draco aveva sempre professato di voler conoscere e che adesso gli facevano rivoltare lo stomaco al solo pensiero. Teneva duro e sopportava e pregava che l’estate finisse presto, per poter tornare ad Hogwarts.
A proposito della scuola… Giusto qualche tempo prima si era saputo che Severus Piton sarebbe stato nominato preside.
Quella volta sua zia era andata su tutte le furie, tanto che aveva torturato e ucciso cinque Babbani e non si era ancora calmata.
“Quello. Stronzo. Babbanofilo. Che. Si. Parava. Sotto. Le. Sottane. Di. Silente.”
Ogni parola era un taglio inferto in quei poveri corpi. Draco avrebbe fatto a meno di stare lì ad osservarla, ma sua zia riteneva che assistere a certe cose fosse un buon modo per imparare.
“CRUCIO!” urlò infine, con tutta la rabbia che aveva in corpo.
Anche il Babbano – un uomo sui quarant’anni – urlò e il ragazzo impallidì.
Sua madre, Narcissa, gli poggiò le mani sulle spalle cercando di trasmettergli un po’ di conforto. Anche lei era venuta ad assistere, ma solo per stare vicino al figlio. Si faceva forza per lui e cercava di non lasciarlo solo, soprattutto nei momenti di umore pessimo della sorella. O almeno così pensava Draco, che comunque era troppo concentrato sulla sensazione di nausea per poterci riflettere.
“Bella, non credi di star esagerando?” le chiese Narcissa, piano.
“Avada Kedavra!” urlò lei, uccidendo così anche l’ultimo prigioniero. Poi si rivolse alla sorella.
“Esagerando? ESAGERANDO?! Quello schifoso diventa preside di Hogwarts ed io starei esagerando?! Ah! Ma perché nessuno vede come non sia altro che uno sporco traditore?!”
“Ha ucciso Silente.”
“Solo per lo stupido giuramento che gli hai fatto fare! Stava salvando la sua pelle, non di certo dimostrando lealtà al Signore Oscuro!”
“Bella.” cercò di avvertirla lei.
“Bella un corno, Narcissa! Se proprio aveva un altro scopo, oltre a quello di salvarsi la pelle, era quello di screditare ancor di più la nostra famiglia! Doveva lasciar fare a Draco quello che gli era stato ordinato di fare!”
“Secondo me…”
“E’ inutile che parli. Non mi fiderò mai di lui. Non capisco come tu e Lucius possiate averlo scelto coma padrino di Draco.”
Il ragazzo stava in silenzio.
Non era mai una buona cosa provocare Bellatrix o tentare di calmarla durante i suoi scatti d’ira: poteva avere i suoi ‘momenti’ e ci rimanevi stecchito in mezzo secondo. L’unica che osava farlo era appunto sua madre Narcissa, e Draco sospettò c’entrasse qualcosa il legame di sorellanza.
“Personalmente ho molta stima di Severus…”
“Stima! Stai parlando dell’uomo che ha provocato la caduta del Signore Oscuro!”
Quella era nuova. Neppure lui poteva trattenersi, non dopo ciò che aveva sentito.
“Che intendi dire, zia? Come sarebbe?”
Bellatrix gli rivolse uno sguardo strano, poi alzò il mento e prese a parlare fieramente.
“Devi sapere, caro Draco, che Severus Piton è stato colui che ha riferito la prima parte di quella maledetta profezia al Signore Oscuro. E’ tutta colpa sua se lui ha deciso di uccidere i Potter e Harry… E ha quindi perso tutto il suo potere. Non lo perdonerò mai, per questo, MAI.”
“Bella, stai esagerando. E’ vero che ha riferito la profezia ma ha fatto come chiunque altro di noi avrebbe fatto. E probabilmente non te lo ricordi perché sei finita subito ad Azkban…”
“Ad Azkaban solo per non tradire il mio Signore!”
“Sì, Bella, lo so. Ma non è questo il punto. Il punto è che Severus è stato male, molto male, per aver provocato la caduta del Signore Oscuro.”
“Davvero?” chiese Draco, sempre più avido di sapere. Quella era una cosa che non gli era mai stata detta e non ne capiva il motivo.
“Beh, è così, Draco. Era dimagrito un sacco e sembrava sempre pallido… Oh, non mi guardare così, Bella, lo so che è sempre stato magro e pallido. Io intendo più del solito, tanto da farci preoccupare, almeno me e Lucius. L’abbiamo dovuto confortare per mesi dicendogli che non aveva colpe, prima che smettesse di tormentarsi.”
“Avete fatto male! Lui ha colpe!”
A questo punto Narcissa emise uno sbuffo spazientito.
“Come vuoi. In ogni caso è già ora di cena: Draco, vai a cambiarti. Bella, manderò qualche Elfo a pulire questo casino.”
Fece un cenno con la testa in direzione dei corpi del Babbani e poi uscì dalla stanza, seguita a ruota dal figlio.
Draco non sapeva che pensare.
Insomma, non che gli desse un’importanza stratosferica, però era curioso sapere che era anche un po’ colpa del professor Piton se il Signore Oscuro era caduto.

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Capitolo 3
*** Secondo capitolo ***



Non ho la forza di rileggerlo, abbiate pietà D=
Visto che è un secolo che non aggiorno questa storia, beh, ecco a voi u.u
Fatemi sapere =)


Secondo capitolo

Il settimo anno era iniziato da quasi due mesi e a Draco faceva assolutamente schifo.
Si applicava nello studio perché non aveva nulla da fare.
Non c’era traccia di Sanguesporco da prendere in giro nel castello, perché la nuova legge li aveva messi al bando tutti. Non c’era nessun piano segreto da tramare – sebbene non rimpiangesse affatto quello dell’anno precedente – perché Lord Voldemort era al potere e decideva su tutto senza lasciar fare agli altri. Non c’era neanche più gusto – se mai ce ne fosse stato – nel torturare la gente, dato che dovevano farlo sui compagni messi in punizione.
E c’era disciplina, un sacco di disciplina. Draco non voleva assolutamente finire in punizione ma dubitava che i Carrow avessero il coraggio di anche solo provare a toccarlo seriamente.
Quantomeno non era a casa.
Al Manor era un incubo: suo padre era screditato, sua madre neppure guardata, come se non contasse. Non aveva privacy perché gente strana entrava e usciva a tutte le ore e, soprattutto, doveva partecipare alle riunioni dei Mangiamorte e si sentiva terrorizzato al solo pensiero.
Aveva paura del Signore Oscuro, questo era il punto. Per anni Lucius aveva predicato la loro superiorità Purosangue sulla feccia Sanguesporco e ricordava i ‘gloriosi’ tempi passati in cui Lord Voldemort spadroneggiava e lui era tenuto in giusta considerazione dal suo signore. La realtà era che non era vero niente e, anzi, tutto faceva schifo.
Lord Voldemort trattava i propri sottoposti come pezze da piedi, forse anche peggio. Dava ordini che dovevano essere eseguiti, pena la tortura – nei migliori dei casi. Se sbagliavi una volta eri segnato a vita e non c’era niente che potessi fare per scamparla. Era tutto un gioco a chi si metteva in mostra di più e a chi era più cattivo per poter ricevere anche solo una briciola di potere da quel mago che, nonostante molti di loro ci sperassero, non lo avrebbe mai ceduto. Ti avrebbe fatto credere di averlo fatto e poi ti avrebbe tirato via la terra da sotto i piedi.
Draco si chiese se c’erano altre cose su cui suo padre gli avesse mentito, a questo punto. Vero, trovava strano già allora che sua madre non lo appoggiasse né contraddicesse, però…
Aveva visto il professor Piton diverse volte durante l’estate ma in sostanza non avevano alcun tipo di rapporto. Draco era stato troppo codardo – forse giusto – per uccidere Silente e, al suo posto, l’aveva fatto il suo professore, premunendosi poi di trarlo in salvo.
Una volta al ‘sicuro’ al Manor, dopo aver dato un resoconto dettagliato al Signore Oscuro ed essere stato punito per la sua esitazione, i due non si erano più rivolti la parola.
A lui mancava forse un po’ il non potersi confidare con l’uomo. Dopotutto non era solo il suo insegnante: era il suo padrino, il suo tutore, ed era abituato ad averlo attorno sin da quando era nato. Severus Piton non era un uomo facile e non sorrideva praticamente mai, però con lui era sempre stato gentile, a parte durante quell’anno appena passato. E Draco non sapeva come riaggiustare le cose e non sapeva nemmeno se voleva riaggiustarle.
Passò quindi quei due mesi cercando di sopravvivere alla scuola e domandandosi cosa fosse meglio fare della sua vita. Valeva la pena salvarsi delle amicizie – che non fossero quegli inetti di Tiger e Goyle, per intendersi – e sotterrare così il suo orgoglio facendo la prima mossa verso il professor Piton? Forse ‘amicizia’ non era il termine giusto. ‘Rapporto di stima e di affetto’ suonava meglio.
Si decise la sera di Halloween, dopo il banchetto.
In Sala Comune si stava svolgendo la classica festa Serpeverde con alcool e prove di coraggio e cerimonie di iniziazione per i gruppi più disparati, che consideravano la festività adatta all’occasione.
Draco ne aveva già abbastanza e, dopo qualche bicchierino di troppo, decise di infrangere per la prima volta in quell’anno le regole scolastiche uscendo dalla Sala Comune dopo il Coprifuoco.
Il professore di pozioni – ormai preside – aveva tenuto il suo vecchio ufficio e le sue vecchie stanze. Era una cosa parecchio strana, in effetti, come se non volesse utilizzare la camera di Silente, ma durante l’estate aveva liquidato la faccenda adducendo come scusa la ‘comodità’ e il ‘non voler spostare le sue cose’.
Il ragazzo bussò alla porta del suo vecchio ufficio, che sapeva condurre direttamente negli appartamenti del professore.
Non gli rispose nessuno. Forse era uscito a festeggiare Halloween come tutti.
Un rumore strano attirò la sua attenzione e Draco accostò l’orecchio alla porta. Di nuovo quel rumore strano. Cercando di fare più silenzio possibile – senza nemmeno sapere perché – il ragazzo abbassò la maniglia.
La porta era aperta e lui entrò. L’ufficio era vuoto, ma ecco che da un’altra porta dietro la scrivania si intravedeva uno spiraglio di luce… E di nuovo quel rumore strano…
Si avvicinò e cercò di sbirciare dalla porta socchiusa.
Il professor Piton era seduto sul letto, si stringeva le gambe al petto e aveva il viso affondato nelle ginocchia, i capelli neri sparsi che impedivano di vedere la sua espressione. Sul letto accanto a lui c’era un mazzo di fiori bianchi parzialmente disfatto: i fiori sciolti lo circondavano e il tutto aveva un che di surreale.
Di nuovo quel rumore.
Stavolta Draco lo riconobbe, anche grazie al movimento delle spalle del professore.
Un singhiozzo.
Severus Piton piangeva.
Il ragazzo ebbe la netta sensazione di aver appena invaso la privacy dell’uomo in un modo così profondo che se lui l’avesse scoperto avrebbe potuto Cruciarlo.
Cercando di non far rumore tornò sui propri passi e si richiuse la porta dell’ufficio alle spalle, correndo poi verso la Sala Comune.
Adesso non gli rimaneva che riflettere su ciò che aveva appena visto.

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Capitolo 4
*** Terzo capitolo ***



Ecco a voi il capitolo =)
Non siete molti che seguite, la storia deve ancora essere finita (di scrivere, intendo) ma non mi va neppure che passino mesi senza gli aggiornamenti… Eh. Quindi ecco qui u.u
Ho altri capitoli pronti… Beh, magari se a qualcuno fa piacere darmi un parere, anche solo per capire cosa c’è che non va nella storia, ve ne sarei molto grata XD
Nel frattempo, godetevela ;)


Terzo capitolo

Natale era ormai alle porte.
Le vacanze di Draco erano iniziate e lui si sentiva male al pensiero di dover tornare a casa per due settimane. Sull’Espresso di Hogwarts rimase immusonito tutto il tempo e non si divertì neppure a sparlare di ragazze con Tiger, Goyle e Blaise. Pansy Parkinson entrò nel loro scompartimento accompagnata da Daphne Greengrass e cercò di avvicinarlo in tutti i modi, ma lui non era in vena.
Ad un certo punto con la scusa del bagno uscì a fare una passeggiata.
Era a pezzi, insoddisfatto della propria vita.
Abitare assieme al Signore Oscuro non era per niente la pacchia che faceva credere agli altri. Loro potevano ancora richiudersi in camera a farsi servire dagli Elfi e avere un momento tutti per loro, mentre per lui c’erano solo riunioni stancanti, allenamenti terrificanti, la paura di uscire dalle stanze del Manor col pensiero di incontrarlo o la paura di restare nelle stanze con il pensiero che entrasse lui.
Non c’era più pace. Le torture a cui aveva assistito e che aveva inflitto gli avevano fatto capire parecchie cose del mondo e della vita; si sentiva ogni giorno più sporco e più lurido e anche più vile e vigliacco per non riuscire comunque a disobbedire agli ordini.
Aveva una seria paura della morte e la sentiva sempre dietro l’angolo, perché questo era capace di fare Lord Voldemort. Presto sarebbe impazzito e forse sarebbe diventato come sua zia Bellatrix, anche se Draco cercava di aggrapparsi con tutte le forze a sé stesso per non lasciarsi andare.
Al binario Nove e Tre Quarti trovò ad aspettarlo sua madre. Lo portò a casa con una materializzazione congiunta, sebbene il ragazzo avesse già sostenuto l’esame e fosse capace di farlo anche da solo.
I primi giorni furono un inferno, proprio come aveva immaginato.
Siccome era il più giovane fra i Mangiamorte tutti gli altri lo trattavano come un galoppino addetto ai prigionieri o alle torture – sempre che il prigioniero in questione non fosse troppo importante. Credevano che lui si divertisse e lo invitavano spesso ad intrattenersi nella ‘Sala delle Torture’, come la chiamavano loro, e lui poteva trovare la scusa per una o due volte… Ma le altre era costretto a partecipare e a soffocare il senso di nausea e a fingere di divertirsi, addirittura.
In quei momenti invidiava il suo padrino, il professor Piton, che con la scusa di essere preside se ne era rimasto buono buono ad Hogwarts.
Ancora non aveva avuto il coraggio di parlargli e di avvicinarlo. La visione di lui in lacrime sul quel letto, circondato da fiori bianchi… Lo tormentava e, sinceramente, adesso come adesso aveva paura che l’uomo potesse scoprire che lui l’aveva visto. Non sarebbe bastata tutta l’Occlumanzia imparata a salvarlo dalla sua ira, di questo ne era certo.
Era la vigilia di Natale e, anche se Draco era a casa da soli te giorni, lui ne aveva già abbastanza del Manor. Come poteva sopportare altre due settimane così?
Stava passeggiando nel giardino, fra la neve, per allontanarsi e mettere distanza da quel posto infernale.
“Draco.”
Il ragazzo sussultò, spaventato. La neve aveva attutito i passi e non aveva sentito nessuno avvicinarsi.
Appena vide che era Narcissa si tranquillizzò.
“Tesoro, non dovresti stare fuori con questo freddo.”
“So quello che faccio, madre.” rispose lui, con un tono amaro che lo sorprese. No, ormai da tempo non sapeva più quello che faceva, si limitava ad obbedire agli ordini.
“… Vieni con me.”
Narcissa lo prese sottobraccio e lo condusse verso le serre. Draco la seguì passivamente: dopotutto era sua madre e alla fine non gli dispiaceva stare in sua compagnia. Forse perché lei non aveva il Marchio Nero e riusciva a tenere duro nella sua scelta nonostante il Signore Oscuro vivesse in casa loro: Draco capiva che lei non avrebbe mai voluto questo destino per il suo unico e adorato figlio.
Le serre erano un posto meraviglioso. Isolato, caldo, profumato e silenzioso.
“Io vengo qui quando ho voglia di staccare un po’.” gli disse lei, sorridendogli “Sempre meglio che patire il freddo e il gelo, no?”
Draco sorrise a sua volta.
“Hai ragione, madre. Come mai non c’è nessuno?”
“Né i Mangiamorte né il Signore Oscuro apprezzano la bellezza dei fiori. Questo posto è solo per me… E per te, se lo vuoi. Sarà il nostro angolo segreto, che ne dici?”
Il ragazzo fece un cenno d’assenso col capo, poi i due presero a passeggiare fra le file di piante, magiche e non.
Draco ad un certo punto si bloccò e Narcissa tornò indietro, curiosa.
“Che succede?”
Il ragazzo aveva visto gli stessi fiori bianchi che lo tormentavano in quell’ultimo periodo, quando ripensava a Severus Piton e al momento privato che aveva visto la sera di Halloween.
“Che fiori sono quelli, madre?”
“Questi bianchi? Sono gigli, perché?”
Draco scrollò le spalle.
“Sono dei bei fiori.”
“Sì, è così. Senti, andiamo a prendere del the?”
“… Dobbiamo proprio tornare?”
Narcissa allungò una mano e accarezzò una guancia del figlio.
“Oh, non ti preoccupare, non penso ci sarà molta gente. E’ la Vigilia dopotutto… Staranno tutti in famiglia. E comunque possiamo prendere il the nelle cucine, ma non dirlo a tuo padre, mi raccomando.”
“Il the con gli Elfi?” chiese Draco, stupito.
Narcissa alzò le spalle.
“Perché no? Un modo come un altro per evitare le persone… Sai che zia Bellatrix ormai c’è sempre e comunque.”
Il ragazzo sorrise. Sua madre capiva sempre tutto senza che lui glielo dovesse dire, e anche per questo le voleva bene.
“The dagli Elfi, allora.” disse.
“The dagli Elfi.” rispose lei, sorridendo.

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Capitolo 5
*** Quarto capitolo ***



Bene!
Vi do subito una buona notizia: ho finito di scrivere la storia u.u sono dieci capitoli in totale… Quindi gli aggiornamenti saranno più rapidi =)
Intanto ne approfitto anche per ringraziare chi segue/preferisce/ricorda e chi mi ha lasciato anche solo un capitolo =)
Buona lettura! =)


Quarto capitolo

Natale arrivò e passò fortunatamente senza troppe complicazioni.
Il Signore Oscuro non amava le festività e si era ritirato nelle sue stanze per tutta la giornata, mentre i Mangiamorte festeggiavano con le proprie famiglie, e quindi anche i Malfoy avevano goduto di relativa tranquillità. Certo, c’era sempre Bellatrix, però era stranamente calma e rilassata… O forse era l’ultima missione che era andata bene.
Durante le restanti due settimane di vacanza Draco visse in uno stato di ‘nausea perenne’, come ormai si era abituato a definirla dentro di sé. Il lato positivo di essere ancora uno studente era che non lo mandavano comunque fuori a rischiare di farsi ammazzare in qualche missione, però era difficile in ogni caso dover torturare degli innocenti, e soprattutto dover vedere ogni mezzo secondo il Signore Oscuro ed essere sconfitto semplicemente dal suo sguardo, anche da quello più ‘gentile’.
Non vedeva l’ora di tornare a scuola. Non sapeva assolutamente cosa avrebbe fatto una volta superati i M. A. G. O.: sognava di poter andare lontano, di trovare un lavoro onesto, uno qualsiasi, pur di poter evitare ancora per un po’ quello schifo. La verità era che non ci avrebbe mai fatto l’abitudine. Meditava di prendersi una specializzazione in Pozioni solo per dover studiare e quindi avere una scusa per non servire ancora apertamente Lord Voldemort. Sperava che bastasse, davvero.
Era l’ultimo giorno di vacanze.
Sua madre Narcissa aveva invitato la signora Greengrass per un the pomeridiano, approfittando del fatto che sia Lucius che suo marito erano in missione con un altro manipolo di Mangiamorte e Bellatrix. Dopotutto Lucius già lo aveva avvertito che si stava parlando di contratto matrimoniale e che molto probabilmente avrebbe dovuto sposare una delle loro due figlie… Forse un tempo avrebbe lottato con le unghie e con i denti per difendere la sua possibilità di scelta o forse l’avrebbe considerata la cosa più giusta e normale: ora come ora non aveva la forza neppure per alzarsi tutte le mattine; andava avanti solo per inerzia. Di matrimonio non poteva fregargli di meno, avrebbe affrontato la cosa quando sarebbe giunto il momento.
Narcissa aveva richiesto la sua presenza perché al the sarebbero venute anche Daphne e Astoria. Draco aveva sbuffato ma alla fine si era adeguato: non voleva dare un dispiacere a sua madre, l’unica che forse lo capiva e lo sosteneva.
Avevano così bevuto il the e stavano parlando dei ‘bei tempi andati’ ad Hogwarts: Narcissa e Camelia – la signora Greengrass – raccontavano aneddoti e situazioni buffe di quando erano giovani.
“E così ti sei fidanzata con Lucius al quinto anno? Oh, quanto avrei voluto esserci… Eri sempre così riservata e altezzosa, avrei voluto vederti a fare l’innamorata!” esclamò Camelia.
“Beh non è che io sia cambiata molto, non trovi? Sono sempre stata una ragazza riservata e composta. Forse per questo Lucius mi ha scelto.”
“Certo, mia cara… Certo…”
“Quindi, signora Malfoy, lei aveva già capito a quindici anni che avrebbe sposato Lucius? Non è un po’ presto anche per un contratto matrimoniale?” chiese Daphne.
Narcissa rise.
“Oh, ma il contratto matrimoniale è venuto dopo! Io e Lucius ci siamo innamorati. Ovviamente il fatto che venissimo tutti e due da un’ottima famiglia Purosangue ha aiutato… Una volta finito Hogwats le nostre famiglie non hanno avuto problemi ad approvare la nostra relazione e ci siamo sposati subito.”
“Davvero?”
“Certamente! Hogwarts era davvero un gran posto. Un bel posto per innamorarsi e vivere l’adolescenza, davvero. Ricordo quella volta che Lucius mi chiese di andare con lui ad Hogsmeade… Ci siamo messi insieme una settimana dopo, sapete? E’ stato così gentile, mi ha portato da…”
Chiacchiere, chiacchiere e ancora chiacchiere.
Draco se ne stava in silenzio. Che avrebbe potuto dire? Le storie di famiglia le conosceva già tutte. Quelle della famiglia della sua probabile futura sposa non gli interessavano minimamente.
In quel momento vide, attraverso la porta aperta, passare un manipolo di Mangiamorte, diretti ai piani superiori. Fra loro, stranamente, c’era anche Severus Piton. Che rapporto doveva fare al Signore Oscuro l’ultimo giorno di vacanze? Forse doveva avvertirlo di come stavano andando le cose a scuola.
Vedere il suo ex professore di pozioni gli fece pensare a come dovesse essere stato lui, ad Hogwarts.
“Madre, il professo Piton è stato ad Hogwarts con te?” chiese, anche perché si era appena reso conto di non sapere la vera età dell’uomo.
Narcissa parve un po’ stupita da quell’interruzione, ma si affrettò a rispondere.
“Severus Piton è arrivato ad Hogwarts quando io mi apprestavo a frequentare il quinto anno. L’ho visto per soli due anni.”
“E com’era?”
La donna sorrise.
“Perché questa curiosità, Draco?”
“Così” rispose lui, scrollando le spalle “L’ho visto passare e mi è venuto in mente. E’ il mio padrino, ma so poco o niente di lui.”
“Beh, Severus è sempre stato un ragazzo riservato e solitario. Non aveva molti amici, da quel che ricordo, rivolgeva la parola a poche persone… Lucius era fra questi. Ah, credo che dei ragazzini di altre case lo prendessero in giro, ma ora non ricordo. Voglio dire, prima che si unisse ai Mangiamorte non lo conoscevo bene, è più tuo padre che può sapere qualcosa.”
Strano. Gli faceva effetto pensare al professor Piton come un bambino chiuso e preso in giro. Certo, non era quello che si diceva il simpaticone del gruppo, però da professore riusciva a non farsi mai e poi mai mettere i piedi in testa.
“Ah! E poi c’era lei.”
“Lei?”
“Era una bambina con cui era arrivato ad Hogwarts. Credo che fosse la sua migliore amica, la più cara… La seguiva ovunque e, adesso che ci penso, è anche l’unica che mi ricordo a cui Severus rivolgesse dei sorrisi. Lei era una specie di folletto con i capelli rossi e lui pendeva dalle sue labbra. Era un po’ il suo sole…” Narcissa ridacchiò, probabilmente ripensando a qualche ricordo lontano “Il suo sole rosso!”
Questo era ancora più strano.
In tutta la sua vita Draco non aveva mai visto il professor Piton con una donna e sinceramente non ci aveva mai pensato a fondo. Non aveva dato peso alla cosa, era normale… Pensare a Piton con una ragazza era un po’ come pensare a suo padre pelato: inconcepibile, fuori dal mondo.
Il fatto che da bambino avesse avuto una simile amicizia… Era sorpreso, decisamente.
“E chi era?”
Narcissa alzò gli occhi al cielo, pensierosa.
“Ah, non mi ricordo come si chiamasse. In ogni caso non è che l’abbia vista spesso… Era di un’altra casa, se non sbaglio. Poi da quello che so dopo che me ne sono andata da Hogwarts hanno litigato e non si sono più parlati. Era una Sanguesporco, comunque.”
Scrollò le spalle come se quell’ultima affermazione giustificasse tutto.
Una Sanguesporco? Severus Piton amico di una Sanguesporco?
“Ma…” iniziò a dire Draco.
Proprio in quel momento Severus Piton fece la sua comparsa in salotto.
“Ah, Severus!” esclamò Narcissa “Si parlava proprio di te.”
“Di me?” chiese l’uomo, alzando un sopracciglio.
“Sì, stavamo ricordando i bei tempi ad Hogwarts…”
Draco non poté esserne sicuro, ma gli parve di scorgere per un secondo dell’inquietudine dietro gli occhi neri del professore.
“… Come si chiamava la tua amica, quella bambina con cui andavi sempre in giro?”
Ora lo sguardo di Severus Piton si era fatto duro e decisamente ostile.
“Non c’era nessuna bambina.” rispose, con un tono che avrebbe fatto rabbrividire persino un morto.
“Ma sì, dai! Quella che aveva i capelli rossi e…”
“Ho detto che non c’era nessuna bambina.” insistette il professore.
Narcissa stava per aprire ancora bocca quando intervenne Camelia.
“Via, Cissy, lascialo in pace… Era una Sangueporco, no? Ovvio che Severus non voglia ricordare di essersi mischiato a gente così indegna…”
Seguì un solo istante di silenzio.
“Con permesso, vorrei farmi portare da mangiare qualcosa dagli Elfi in un posto più tranquillo, poi devo tornare ad Hogwarts.” si congedò il professore.
Draco aspettò qualche secondo.
“Madre, signora Greengrass… Ehm, vado un secondo in bagno. Torno subito.”
Uscì dal salotto e cercò di indovinare dove fosse andato il professor Piton. Accostò l’orecchio ad ogni porta finché non sentì qualcosa provenire dallo studio, più avanti.
“Maledizione!”
Era la sua voce. Draco si avvicinò piano, sbirciando dalla porta socchiusa senza farsi vedere.
Sapeva che era sbagliato, sapeva che aveva già violato la privacy del professore una volta. Però era anche maledettamente curioso: aveva come intuito che la cosa fosse più grave e importante di quanto l’uomo desse a vedere.
Severus Piton era di spalle, un pugno chiuso contro il muro come se lo avesse appena tirato contro la parete. L’uomo si girò un poco e il ragazzo vide uno scintillio strano negli occhi, come se fossero lucidi. Una lacrima gli colò lungo la guancia e Draco si allontanò ancora una volta come se avesse visto troppo, cercando di non far rumore e infilandosi nella prima stanza che gli capitò a tiro.
Era decisamente una cosa importante.

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Capitolo 6
*** Quinto capitolo ***



Ecco a voi il quinto capitolo =)
Fatemi sapere che ne pensate… Buona lettura! =)


Quinto capitolo

Avevano appena finito di cenare e, dato che il Signore Oscuro non aveva richiesto la sua presenza, Draco si era congedato da sua madre con la scusa che doveva finire di sistemare le ultime cose prima della partenza per Hogwarts, l’indomani.
Nercissa aveva capito che era una scusa come un’altra per passare del tempo da solo, probabilmente, dato che c’erano già gli Elfi che pensavano a queste cose, ma aveva comunque lasciato andare il figlio, sorridendogli.
Draco era curioso, maledettamente curioso, di scoprire chi fosse la bambina che era amica di Severus Piton quando l’uomo era arrivato per la prima volta ad Hogwarts. Questo era un lato del suo padrino che non conosceva e aveva avuto la prova definitiva di quanto in realtà fosse importante per lui giusto poche ore prima.
Voleva vederci chiaro.
Se ne andò quindi in soffitta, una stanza polverosa che non usava praticamente nessuno, dove erano accatastati mobili vecchi e scatoloni vari. In uno di questi dovevano esserci anche gli album di fotografie dei suoi genitori e gli annuari scolastici: fece un po’ di fatica a trovarlo ma alla fine la sua perseveranza ebbe la meglio.
Si mise a sfogliare distrattamente qualche album e qualche vecchio diario, lasciandoli da parte subito: erano cose troppo vecchie e assolutamente inutili per la sua ricerca.
Finalmente aprì un album e vide che la prima foto riguardava sua madre e suo padre abbracciati, da giovani, con il Lago Nero sullo sfondo. Perfetto, se si erano appena messi insieme significava che quello era il primo anno di Severus Piton.
Sfogliò tutto l’album con impazienza finché non riuscì a trovare una foto.
Si vedevano sua madre e una sua amica in posa, sorridenti, ma quello che interessava a Draco era lo sfondo: vide una bambina dai capelli rossi – rosso serio, non quell’arancione carota Weasley – correre inseguita da quello che sembrava essere il professor Piton da giovane. Ad un certo punto Severus inciampò facendo cadere tutti i libri che aveva in mano e la bambina si fermò per aiutarlo a raccoglierli, dopo aver urlato qualcosa di indecifrabile verso dei soggetti che erano all’esterno della foto. Quando si rialzarono in piedi il piccolo Piton sorrise alla bambina e Draco capì finalmente quello che intendeva sua madre: non c’erano dubbi, lei era il suo sole, perché mai in vita sua il ragazzo aveva visto il professore sorridere a quel modo.
Nemmeno quando lui era piccolo e Severus si presentava a casa sua con i regali di Natale.
Nemmeno quando discuteva di un affare portato a termine con successo assieme a Lucius.
Nemmeno quando compiva una missione in modo eccellente e Lord Voldemort in persona lo gratificava.
Severus Piton era una persona schiva e seria e Draco non avrebbe mai pensato che anche lui, un tempo, fosse stato capace di sorridere a quel modo.
Non era il solito ghigno, era… Una cosa che gli illuminava gli occhi e che partiva dal centro dell’anima.
Il ragazzo mise da parte l’album aperto e cercò gli fra gli annuari scolastici finché non trovò quello del quinto anno dei suoi genitori. Sfogliò le pagine finché non vide quelle dedicate agli allievi del primo anno.
Sua madre gli aveva detto che la bambina non apparteneva alla sua Casa, ma Draco non poté far a meno di sbirciare comunque. Nessuna testa rossa.
Passò su Corvonero ma anche qui niente.
Tassorosso: c’erano due persone con i capelli rossi ma uno era un ragazzo e l’altra era una Weasley e non somigliava per niente alla bambina.
Restava solo una casa e lui rimase stupito dal fatto che, fra tutte, Severus Piton si fosse scelto proprio una Grifondoro.
La trovò subito: capelli rossi, un sacco di lentiggini, un paio di occhi verdi ed un sorriso gentile.
Lily Evans.
Il nome non gli diceva niente ma la foto era come… Se fosse familiare. Non se lo spiegava: era sicuro di non aver mai visto una donna che le potesse somigliare né ne aveva mai sentito parlare. E dopotutto era una Sanguesporco: non aveva niente da spartire con lui o con la sua famiglia.
Fece vagare lo sguardo sulla pagina e si bloccò vedendo un viso fin troppo conosciuto.
James Potter, il padre dello sfregiato.
Si sentì percorrere da un fremito di eccitazione, come se avesse capito finalmente qualcosa di importante, però non riusciva a collegare.
Riguardò di nuovo il ragazzo.
Allora era vero quello che si diceva… Harry Potter era la copia sputata di suo padre, a parte gli occhi. Gli occhi erano quelli di…
Si bloccò prima di riuscire a finire il pensiero.
Guardò Lily Evans.
Guardò James Potter.
E si sentì invadere dall’orrore.
Ecco che, finalmente, tutti i tasselli andavano apposto, e il puzzle era completo…
Ed era assurdo.
Lily Evans. Lily Potter. Lily e James Potter, I genitori del fantastico ed incredibile Harry Potter.
Come un flash, Draco rivide tutto quello che era successo.


Il dolore negli occhi del professore.
“Tu non sai niente – NIENTE! – delle mie motivazioni!”

Il dialogo fra sua madre e sua zia Bellatrix, quell’estate.
“Devi sapere, caro Draco, che Severus Piton è stato colui che ha riferito la prima parte di quella maledetta profezia al Signore Oscuro. E’ tutta colpa sua se lui ha deciso di uccidere i Potter e Harry… E ha quindi perso tutto il suo potere. Non lo perdonerò mai, per questo, MAI.”
“… Severus è stato male, molto male… Era dimagrito un sacco e sembrava sempre pallido… Tanto da farci preoccupare, almeno me e Lucius.”

Severus Piton che piangeva, ad Halloween, circondato da gigli bianchi – gigli, lilium, Lily.

Quello che aveva detto sua madre poche ore prima.
“Era una bambina con cui era arrivato ad Hogwarts. Credo che fosse la sua migliore amica, la più cara… La seguiva ovunque e, adesso che ci penso, è anche l’unica che mi ricordo a cui Severus rivolgesse dei sorrisi. Lei era una specie di folletto con i capelli rossi e lui pendeva dalle sue labbra. Era un po’ il suo sole…”

Il suo sole…

“… Il suo sole rosso!”

Severus Piton che dava un pugno al muro, con gli occhi lucidi…
“Maledizione!”

Il sorriso nella foto…

“… Era un po’ il suo sole…”

Il suo sole rosso…


Draco si sentì schiacciato dall’enormità di quello che aveva appena scoperto.
Perché nessuno ci era arrivato prima? Perché nessuno aveva capito?
Severus Piton non era mai stato dalla loro parte. Anzi, forse all’inizio, in un tempo lontano… Ma poi aveva rivelato la profezia a Lord Voldemort e lui aveva deciso di dare la caccia ai Potter – di dare la caccia a Lily – e da allora, indubbiamente, il professore aveva fatto di tutto pur di proteggerla.
Senza riuscirci.
Perché lei era il suo sole.
L’annuario scolastico scivolò dalle sue mani mentre la sua bocca era aperta a formare una comica e buffissima ‘O’.
Draco non ci poteva credere. Nella sua mente ricordi e sensazioni viaggiavano confuse e non trovava più né capo né coda in questa storia.


“Tu non sai niente – NIENTE! – delle mie motivazioni!”
E ovvio che non sapesse, che non avesse idea…

“… Severus è stato male, molto male… Era dimagrito un sacco e sembrava sempre pallido… Tanto da farci preoccupare, almeno me e Lucius.”
Era stato male, sì, ma non per la caduta del Signore Oscuro… Per la morte di Lily, per essere egli stesso la causa della morte di Lily…

Severus piangeva ad Halloween circondato dai gigli bianchi…
… Ad Halloween, perché era l’anniversario della sua morte…

Severus che dava n pugno al muro, con gli occhi lucidi…
… Gli occhi lucidi, dopo tutto questo tempo…

“… Era un po’ il suo sole…”
… Perché lei continuava ad essere il suo sole.
Il suo sole rosso.
Anche se era morta.

“… Il suo sole rosso!”
Ed era un memento per andare avanti, per non fallire la missione…

L’odio del professor Piton verso Harry Potter…
… Forse perché Harry era vivo mentre Lily era morta? Forse perché era il simbolo del suo amore a senso unico, quando lei si era messa con James?

Amore…
Era amore indubbiamente, questo lo capiva pure lui.

Il sorriso nella foto…
… Perché quel sorriso, sebbene i due fossero solo bambini, era un sorriso che raggiungeva anche l’anima e illuminava gli occhi. E il professor Piton non aveva mai sorriso a nessun altro in quel modo, nessuno…


Draco richiuse la bocca ed il suo guardo s’incupì.
Tutte le cose erano andate al loro posto e adesso era davvero un gran casino.
Perché sapeva quale fosse la vera natura di Severus Piton e da che parte stesse veramente.
Una cosa inconcepibile per lui, che viveva con Lord Voldemort in persona.
Che fare? Andare a denunciarlo? Stare zitto e rischiare di venire scoperto? Diventare complice?
Fortunatamente il giorno dopo sarebbe tornato a scuola. Sperò con tutto il cuore di non vedere il Signore Oscuro durante il poco tempo che gli rimaneva al Manor, perché aveva bisogno di pensare.
Non solo in merito a Severus Piton. Lui era stato la miccia che aveva messo in moto tutto, certo, ma soprattutto doveva pensare a sé stesso.
Davvero voleva una vita come quella che stava vivendo? Davvero andava bene così, era soddisfatto?
No, certo che no.
Però c’era la sua famiglia. Lui era responsabile per loro. Se avesse tradito il Signore Oscuro lui avrebbe potuto persino ucciderli.
Allo stesso tempo Severus Piton aveva fatto il doppio gioco per anni e stava continuando a farlo anche adesso, e non era mai stato scoperto.
Poteva imparare.
Non adesso.
Draco scosse la testa e ripose gli album nello scatolone, sistemando tutto com’era prima che arrivasse.
Adesso aveva bisogno di dormire e di riflettere.

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Capitolo 7
*** Sesto capitolo ***



Arrivo anche con questo capitolo =)
Ringrazio chi mi segue/preferisce/ricorda e chi recensisce… Grazie di cuore =)


Sesto capitolo

Fortunatamente il Signore Oscuro aveva lasciato in pace Draco per le poche ore che gli rimanevano prima di prendere l’Espresso per Hogwarts.
Il ragazzo aveva dormito poco e male, concentrato su pensieri troppo grandi per lui.
Davvero Severus Piton stava facendo tutto quello che faceva per Lily Evans? Com’era possibile? Dopo tutto questo tempo?
Non si era riuscito a rispondere. O meglio: sapeva che era così, ma non riusciva a capirne la motivazione.
Si poteva davvero amare una persona fino a questo punto?
Draco non era mai stato innamorato in vita sua, non poteva saperlo. Fin da quando era piccolo era sempre stato convinto che l’amore fosse un sentimento inutile, che suo padre gli avrebbe procurato una sposa a tempo debito – una bellissima Purosangue – e che lui avrebbe vissuto una vita tutto sommato felice, perché così andavano le cose nel loro mondo. Nel suo mondo.
La sera prima aveva avuto la prova che si stava sbagliando.
La sera prima aveva capito che l’amore non veniva a comando, che qualcuno poteva benissimo innamorarsi di una Sangesporco e non tradirla nemmeno dopo tutti questi anni, nemmeno dopo il rifiuto di lei e nemmeno dopo la sua morte.
Era tutto così confuso…
Si prese due giorni per riflettere. Solo due giorni perché qualunque fosse stata la sua decisone… Sarebbe stata dura. Ponderò bene la varie alternativa, valutò tutta la sua vita, si interrogò sul suo futuro. Pensò alla sua famiglia e ai suoi principi, alle parole che l’insegnante di Pozioni gli aveva rivolto in tutti questi anni e a quelle di Silente poco prima di cadere dalla Torre.
Decise.
La mattina del terzo giorno saltò le lezioni per farsi ricevere dal preside. Rimase in attesa davanti al gargoyle di pietra – non conosceva la parola d’ordine – finché non vide Piton arrivare.
“Draco.” disse, bloccandosi, il professore.
“Professor Piton, signore. Mi chiedevo se potesse ricevermi.”
“Non hai lezione?” chiese l’uomo, inarcando un sopracciglio.
“… E’ una cosa urgente.”
Piton lo scrutò come se volesse leggergli dentro e Draco bloccò la mente, usando l’Occlumanzia. In ogni caso il professore non cercò di violare i suoi pensieri e lo invitò a salire con un cenno del capo.
Quando i due si furono accomodati – il professore dietro la scrivania e Draco su una scomoda sedia, dall’altro lato del tavolo – il preside fece segno all’alunno che poteva iniziare a parlare.
Il ragazzo si prese qualche secondo per riorganizzare le idee.
“So da che parte sta.” disse infine, preciso e diretto.
Piton alzò un sopracciglio.
“Da che parte sto?”
“Lei non lavora per il Signore Oscuro.”
Il preside rimase un secondo in silenzio.
“Draco, come fai a dirlo?” chiese infine, cerando di nascondere il turbamento.
“Io so.”
“Cosa sai?” più che una frase sembrava un ringhio.
Draco sospirò.
“Non ho intenzione di denunciarla. La mia scelta è un’altra, ed è quella di entrare a far parte dell’Ordine per aiutare a vincere la guerra contro quel pazzo.”
“… Draco, se tu ti sbagliassi io dovrei immediatamente denunciarti al Signore Oscuro, e tu non ne usciresti vivo. Come puoi sostenere quello che dici? Come puoi credere che io ti aiuterò?”
Draco distolse lo sguardo dal professore e osservò invece il quadro alle sue spalle. Il professor Silente gli sorrise benevolo e gli fece un occhiolino.
“… Era il suo sole.” disse infine, dopo qualche minuto “Era il suo sole rosso, e io l’ho scoperto.”
Piton sembrò accigliarsi e un lampo di dolore gli passò negli occhi. O forse se l’era solo immaginato.
“Capisco.”
Ci furono ancora dei minuti di silenzio.
“Allora, mi aiuterà?”
“Come l’hai scoperto?”
Avevano parlato in contemporanea.
Draco sospirò.
“E’ stato un caso. Ho messo insieme degli indizi e… Ho cercato gli annuari di mia madre e…”
“Ok. Basta così.”
Il preside si alzò di scatto e poggiò le mani sulla scrivania, stringendo i pugni.
“Severus.” disse il professor Silente, come ammonendolo.
Il professore chiuse gli occhi ed inspirò, per calmarsi, poi tornò a sedersi. Quando li riaprì non c’era alcuna traccia di emozione sul suo volto: era tornato ad essere il freddo, distaccato, cinico professor Severus Piton.
“Come immaginerai, Draco, non ho più contatti con l’Ordine della fenice dal giorno dell’omicidio del professor Silente. L’unica cosa che potrei fare per metterti in contatto con loro è mandarti allo sbaraglio vicino a qualche ex-luogo dell’ordine e sperare che ti trovino. Non mi sembra una mossa molto intelligente. E se stai pensando di rivolgerti a qualche professore in questa scuola… Minerva McGranitt, ad esempio… Scordatelo. E’ troppo rischioso: ai Carrow potrebbe giungere qualche indiscrezione e sia lei che te vi verreste a trovare in una posizione molto scomoda.”
“Ma… Io…”
“Oh, Severus, dimentichi mio fratello.”
Il professore sbatté le ciglia una volta, poi si voltò verso il quadro.
“Tuo fratello?”
“Aberforth. Il ragazzo può passare da lui.”
I due – ritratto e uomo – rimasero a fissarsi intensamente per qualche secondo. Alla fine qualcosa nel professor Silente costrinse Piton a cedere.
“E sia.” disse, sospirando “Però, Draco… Devi imparare Occlumanzia. Più di quanto tu abbia fatto con gli insegnamenti di zia Bellatrix. Dovremo allenarci… Dovremo allenarci molto. Sai, vero, che se lui ti scopre… Non ne esci vivo? E non ne escono vivi neppure i tuoi genitori.”
Draco sentì un brivido di paura attraversargli la schiena, ma lo ignorò. Ormai aveva preso la sua decisione.
“Lo so. Sono disposto ad imparare tutto quello che vuole: non mi interessa quanto saranno duri i suoi insegnamenti.”
Piton fece un cenno d’assenso col capo.
“E un’altra cosa. Sicuramente quelli dell’Ordine chiederanno di provargli la tua fiducia. Forse sarai costretto a bere del Veritaserum… Ma stammi bene a sentire, Draco: mai, mai e poi mai dovrai rivelare ciò che sai su di me. Ci siamo capiti?!”
“… Sì, ci siamo capiti.”
Draco non sapeva come avrebbe potuto non parlare sotto l’effetto del Veritaserum, ma si tenne i suoi dubbi per sé. Almeno nell’Ordine erano gentili, da quanto stava dicendo il professore.
“Severus…” iniziò a dire Silente, dal quadro.
“No, Albus. Lo sai.”
Il vecchio professore scosse la testa e decise di lasciar perdere.
“Draco, devo verificare a che punto sei con l’Occlumanzia. Adesso, prima che possano intercettarti i Carrow o chi per loro… Anche se dubito nelle loro capacità di Legilmanti…”
Il ragazzo annuì e si preparò a subire l’esame.
Tutto sommato andò bene. Resistette con calma ai primi tentativi, tiepidi peraltro, del professore. Poi ci mise più impegno per resistere a quelli un po’ più decisi. Cedette di schianto con i tentativi seri.
Piton vide i ricordi del ragazzo come li vedeva lui, chiaramente: suo padre che gli carezzava la testa distrattamente, sua madre che gli leggeva la favola della buonanotte, quando era bambino; qualche scaramuccia con Potter e i suoi amichetti, durante i primi anni di Hogwarts… L’attacco finì e Draco si sentì molto sollevato.
“Bene. Buono. Molto, molto buono. Direi che finché rimani ad Hogwarts sei al sicuro… E per il resto ce ne occuperemo prossimamente.”

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Capitolo 8
*** Settimo capitolo ***


Eccoci qui con il settimo capitolo… No, non mi sono dimenticata della storia, tranquilli u.u
Non ho molto da dire, quindi vi lascio alla lettura ;)


Settimo capitolo

Allenarsi con il professor Piton era difficile, molto difficile. Raramente Draco riusciva a bloccare i suoi tentativi di penetrare la sua mente – non quando il professore si concentrava davvero. Ma stava migliorando, e Severus era fiero di lui.
Durante la prima gita ad Hogsmeade si allontanò dagli amici – che si erano abituati a vederlo distante, dopo l’anno scorso – e si incamminò verso la Testa di Porco, dove avrebbe potuto parlare con Aberforth Silente. Era buffo: fino a quel momento non aveva mai pensato che Silente potesse avere fratelli o sorelle. Chissà se ce n’erano altri…
I suoi pensieri si interruppero bruscamente quando aprì la porta del locale. Storse il naso: non era il suo posto, decisamente. Il bar era piccolo e sporco; gli avventori sembravano soggetti pessimi. Lo guardarono tutti quando entrò, così cercò di ignorare il nervosismo ed andò dritto verso il bancone.
Aberforth assomigliava assurdamente al fratello, solo un po’ meno curato. Vederlo era un colpo al cuore per Draco, perché gli ricordava quella terribile notte sulla Torre di Astronomia… Chissà, forse anche l’omicidio di Silente era stato programmato? Piton non gli aveva detto niente e lui non aveva chiesto.
Fece un cenno al barista, che gli si avvicinò, guardandolo male. Mosse ancora le dita per dirgli di avvicinarsi e lui, sbuffando, accostò l’orecchio alla sua bocca.
So che fa parte dell’Ordine della Fenice.” sussurrò, pianissimo, così che gli altri non lo sentissero.
Aberforth si rialzò e gli lanciò un’occhiataccia, poi si allontanò per prendere delle bottiglie.
E adesso, che doveva fare? Piton non gli aveva dato delle istruzioni precise, gli aveva detto di parlare solo con Aberforth e di non dare nell’occhio.
Stava meditando sul da farsi quando l’uomo gli mise davanti un boccale di Burrobirra. Aggrottò per un momento le sopracciglia, sorpreso: lui non l’aveva ordinato. Stava per aprire bocca e protestare quando colse un cenno dell’uomo: più confuso che mai abbassò lo sguardo.
Sulla schiuma della Burrobirra spiccavano queste parole: in bagno fra cinque minuti.
Il tempo di leggerle ed erano sparite, tanto che Draco sbatté più volte la palpebre, non capendo se era stata una sua fantasia o la realtà. In ogni caso, dopo aver dato qualche sorso alla sua bibita, si decise ad alzarsi e ad andare in bagno. Tentar non nuoce, si disse.
Il bagno non era messo meglio del locale. Stette fermo a guardarsi alle spalle attraverso il piccolo specchio scheggiato, nervoso, finché non sentì una serratura scattare e vide Aberfoth fargli cenno dall’ultimo cubicolo, che aveva sopra un cartello con scritto “guasto – non utilizzare”. Draco lo seguì.
Non c’era un water, ma un’altra porta. Aberfoth richiuse entrambe con la magia, dopo che Draco iniziò a salire i gradini dietro alla seconda. Si ritrovarono infine in un piccolo salottino circolare, dove l’unica cosa che attirava l’attenzione era un quadro enorme in cui una ragazzina bionda sorrideva affabile.
“Tu sei Draco Malfoy.” disse Aberforth.
“Sì.” rispose lui, spostando il peso da un piede all’altro.
“Avevi l’ordine di assassinare mio fratello, l’anno scorso.”
“Ma non l’ho fatto.”
Aberfoth prese due sedie e gli fece un cenno, prima di sedersi.
“Già. Non l’hai fatto.”
Seguì un lungo silenzio. Alla fine, non sopportando più la tensione, Draco decise di romperlo.
“Mi hanno detto di venire da lei. Io… Voglio entrare nell’Ordine della Fenice.”
Aberforth assottigliò lo sguardo.
“Chi te l’ha detto?”
“Severus Piton.”
“Lui ha ucciso mio fratello.”
“Lo so. E’ un punto che ancora non mi è chiaro. Ma so per certo che lui non ha mai smesso di far parte dell’Ordine, anzi: non è un Mangiamorte da molto tempo, ormai, e anche se ha per così dire ‘ripreso servizio’, non lo sarà mai.”
“Hai delle prove, per sostenere quello che dici?”
“Certamente. Ma non posso mostrargliele. Non posso mostrarle a nessuno. E’ questo il patto: lui mi ha indirizzato da lei dietro mia richiesta, per far sì che io possa far parte dell’Ordine… Per dire che lui ne fa sempre comunque parte… Ma non posso rivelare le sue motivazioni. Ho le mie, però.”
Aberforth si alzò e andò verso un piccolo tavolino. Prese il centrotavola e mormorò qualcosa, poi questo sparì in una fiammata.
“Sta arrivando Minerva McGranitt.” disse, prima che Draco potesse anche solo aprire bocca “Parlerai con lei e sarà lei a decidere. Io devo tornare dai clienti. Aspettala qui.”
L’uomo sparì dietro una porta, lasciando Draco solo e determinato.
Voleva entrare nell’Ordine, lo voleva a tutti i costi. Ormai la decisione era stata presa. Si allenava quasi tutti i giorni con il professor Piton per rendere la sua mente impenetrabile; non aveva detto a nessuno – eccetto lui – della sua scelta, per non mettere in pericolo altre persone – i suoi genitori in primis –… Doveva solo proseguire sulla sua strada.
La sua prima opzione era stata quella di tirarsi fuori da una guerra e da uno schifo che non lo riguardavano. Credeva che non ne sarebbe mai stato toccato e invece Voldemort aveva scelto lui. Non solo lo aveva nominato Mangiamorte ad appena sedici anni, ma gli aveva anche affidato un incarico pericolosissimo solo per il gusto di vederlo fallire. Poi c’erano state le torture e l’addestramento con sua zia Bellatrix. Casa sua non era più sicura. L’orrore la faceva da padrona, lui doveva prendere una pozione calmante per poter dormire senza avere incubi… In quella guerra ormai c’era dentro fino al collo, ma se avrebbe combattuto, d’ora in avanti, lo avrebbe fatto per la parte giusta. Perché quello che aveva visto nella sua breve carriera da Mangiamorte prescindeva le differenze di sangue e altre ‘baggianate’ simili: loro erano carnefici spietati, esseri senza sentimenti per poter fare quello che erano costretti a fare… E lui non lo accettava più.
La professoressa McGranitt si smaterializzò direttamente nel salottino dove stava circa cinque minuti dopo che Aberforth se n’era andato.
Draco si alzò in piedi di scatto, in parte spaventato dal rumore della materializzazione.
“Buongiorno, professoressa.” disse.
“Signor Malfoy. Mi è giunta voce che vorrebbe entrare a far parte dell’Ordine della Fenice. Voglio che lei sappia che le sue motivazioni verranno valutate attentamente e che, se non si rivelassero fondate, non solo l’Ordine non accetterò la sua richiesta, ma saremo anche costretti ad Obliviarla.”
“Ne sono consapevole. Tutto quello che volete, datemi anche del Veritaserum. Ho solo una condizione da porre: non fatemi domande su Severus Piton e sulle sue, di motivazioni.”
“Che intende dire?”
“Aberforth non gliel’ha detto? Piton è sempre stato dalla vostra parte.”
Seguì qualche istante di silenzio.
“Lui ha ucciso Silente.” disse infine la McGranitt, e in quelle parole Draco sentì tutto il disprezzo possibile.
“Non so come mai l’abbia fatto, sospetto che sia stato un piano di Silente stesso. Per fare in modo che il Signore Oscuro si fidasse del tutto, forse… O forse l’ha fatto solo per proteggere me. Ma se accettate me dovrete accettare anche lui… Garantisco io. Piton ha i suoi buoni motivi per detestare il Signore Oscuro.”
“E lei non ha intenzione di dirmeli, vero?”
Nello sguardo di Draco passò un lampo di scherno.
“Oh, no, l’ho promesso. Ma se ci ragiona scommetto che ci arriva da sola.”
Ora la McGranitt era confusa.
“Lasciamo perdere, ho parlato anche troppo. Allora, cosa devo fare per convincervi che sono sincero? Bere del Veritaserum?”
“Questo semplificherebbe le cose, sì.”
Draco si lasciò cadere di nuovo sulla sedia, stavolta più rilassato di prima. Dopotutto, conosceva la McGranitt da un bel po’.
“E allora, che stiamo aspettando?”

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Capitolo 9
*** Ottavo capitolo ***



Bene, eccomi qui a pubblicare anche questo capitolo =)
Ringrazio chi mi segue/preferisce/ricorda e chi mi lascia un parere ;)
Buona lettura! =)


Ottavo capitolo

Minerva McGranitt prese una fiala dall’interno del mantello. Conteneva un liquido trasparente che sembrava acqua: Veritaserum.
“Lei comprende, signor Malfoy, che dobbiamo aspettare che un altro membro dell’Ordine sia presente. Non vorrei che si dicesse che… Mi abbia manipolato, o cose simili.”
Draco annuì con un cenno del capo. Aspettarono circa dieci minuti e poi uno schiocco annunciò la materializzazione di un uomo: Malocchio Moody.
Draco si sentì improvvisamente nervoso: non gli piaceva quell’uomo, anche se sapeva che era stato un impostore a trasformarlo in un furetto, anni prima.
“Malfoy.” disse, quasi ringhiando.
“Professor Moody… O forse non proprio professore…”
“Beh, uno dei vostri mi ha impedito di insegnare. E se non ricordo male tu sei già un Mangiamorte… Perché sei qui?”
Draco mise tutta la decisione che poteva nel suo sguardo.
“Perché mi hanno marchiato contro la mia volontà. Non voglio più essere un Mangiamorte; vivo da più di un anno con il Signore Oscuro e tutto ciò che fa mi fa ribrezzo. Non voglio questa vita. E, a parte il professor Piton, non lo sa nessuno.”
“Piton, eh? Silente si fidava di lui. E lui l’ha ucciso.”
“Come ho detto alla professoressa McGranitt, se accettate me accettate anche lui. Ho prove certe che lui non stia dalla parte del Signore Oscuro, anche se non posso rivelarvi nulla in tal senso.”
Moody si avvicinò così tanto che Draco indietreggiò con il busto, l’espressione improvvisamente allarmata. Deglutì.
“Credi davvero di poter mettere condizioni, pivello?”
“Alastor.” intervenne la McGranitt “Ha detto che berrà il Veritaserum. Evita di fare certe scene, almeno finché non avremo appurato la sua… Buona volontà.”
Moody si ritirò e continuò a guardarlo sprezzante – con l’occhio buono.
“Scusa, sai, se non mi fido di uno schifoso Mangiamorte.”
“Alastor.”
“Bene, dagli questo Veritaserum!”
L’interrogatorio non fu poi così brutale come si aspettava. Draco non sentì neppure l’influenza del Veritaserum: si teneva le cose dentro da fin troppo tempo, parlarne era una liberazione.
Descrisse le torture che era costretto ad infliggere ai prigionieri; di come avesse passato male l’anno prima, con la missione di uccidere Silente pena una rivalsa sui suoi genitori; degli orrori che vedeva ormai quotidianamente a casa – che non era neppure più sua –; il sollievo che provava tornando ad Hogwarts, nonostante la situazione non fosse poi molto diversa; il fatto che Piton fosse sempre stato dalla parte dell’Ordine, che lui gli insegnasse Occlumanzia per evitare di incappare nell’ira del Signore Oscuro… Questo e molto altro, nei dettagli.
Dopo circa venti minuti che parlava, la gola ormai secca, Minerva McGranitt lo interruppe.
“Capisco. Sono certa che le tue motivazioni siano sincere, non c’è modo di imbrogliare il Veritaserum. Ancora mi chiedo come mai sostieni che Piton sia dalla nostra parte… Dopo quello che ha fatto… Ma, prima di questo, devo ammettere che come collega lo stimavo.”
“Bah. Per me chi è un Mangiamorte non smette mai di esserlo. Piton è feccia, e scommetto che lui è convinto che stia dalla nostra parte, per quello lo dice anche sotto influsso del Veritaserum, ma che non sia la verità.”
“Alastor, non contraddirti da solo! Draco è stato marchiato, eppure è qui per chiedere aiuto. Non è un Mangiamorte convinto, quindi non vedo come mai Piton potrebbe non esserlo a sua volta!”
“Ha ucciso Silente, Minerva!”
I due si guardarono per un lunghissimo minuto, fulminandosi con lo sguardo.
Draco non sapeva che fare, così scelse di stare zitto.
Alla fine la McGranitt scosse la testa.
“Se ti fidi di lui, come spero che tu faccia, dato quello che hai sentito, allora dobbiamo accettare di nuovo Piton. Non sappiamo perché abbia fatto quello che ha fatto, però…”
“Non puoi davvero volerlo riammettere nell’Ordine!”
“Non ho detto questo. Non dobbiamo litigare fra noi, Alastor… Severus non chiede di partecipare alle riunioni o cose simili… Mi sbaglio?”
Si era rivolta a lui, che si affrettò a confermare.
“Non mi ha detto molto, in proposito. Ma so per certo che, in ogni caso, non ne avrebbe il tempo. E’ occupato a fare il preside, a correre se il Signore Oscuro lo chiama, ad insegnare a me Occlumanzia. Mi ha detto… Mi ha detto solo che ha un messaggio per Potter. Ma che lo dovrà consegnare… Più in là.”
La McGranitt aggrottò le sopracciglia, mentre Alastor esclamava: “Ah!”
Draco ignorò l’uomo – che stava continuando a dire: “Sicuro, vuole Potter. niente di più facile! Diamoglielo su un vassoio d’argento, certo. E noi ci dovremmo fidare!” – e sostenne lo sguardo della professoressa. Alla fine lei fece un breve cenno del capo.
“In ogni caso, non siamo qua per Piton, ma per lei, signor Malfoy.”
Draco annuì.
“Alastor, converrai con me che il ragazzo ha bisogno di protezione. Si è rivolto a noi, non possiamo sbattergli le porte in faccia.”
“Dovremo proteggere lui e la sua famiglia?!”
“No.” era stato Draco a parlare “I miei non sanno nulla. Sono qui solo per conto mio: non voglio metterli in pericolo.”
Era ancora sotto l’effetto del Veritaserum, ne era consapevole. Forse questo giocò a suo favore: Moody smise di osservarlo con disprezzo e assunse un’espressione neutra.
“Molto bene, ragazzo. Ti garantiremo protezione, nei limiti del possibile, ma questo non significa che potrai partecipare attivamente alla vita dell’Ordine. Più avanti, se te lo meriterai, potrai farlo. Mi raccomando: se te lo meriterai.”
“Sì, sono d’accordo.”
Draco si sentì come se si fosse tolto un peso dal cuore. Ora, forse, capiva come aveva fatto Potter a sopravvivere al terribile – per lui, non per se stesso – quinto anno: aveva quella specie di circolo su cui contare, mentre tutta la sua vita andava a pezzi. Lui, ora, aveva l’Ordine della Fenice.
La McGranitt uscì dalla stanza, tornando poco dopo con Aberforth, che lo ricondusse giù per il passaggio e fuori nel bagno. Draco tornò nel locale, ignorato da tutti gli avventori, e decise di fermarsi ancora un po’ per finire la sua Burrobirra ormai fredda.
Stava per andarsene quando la voce di Aberforth lo fermò.
“Ehi! Mi devi due falci.”
Sorrise, mentre cercava nel mantello le monete.

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Capitolo 10
*** Nono capitolo ***



Ecco quindi il nono capitolo… E le vacanze di Pasqua.
Il prossimo sarà l’ultimo capitolo e sarà incentrato sulla battaglia.
Ringrazio come sempre chi segue/preferisce/ricorda e chi mi lascia un parere =)
Buona lettura! =)


Nono capitolo

Le vacanze di Pasqua le temeva come non mai. Tornare a casa avrebbe significato un possibile incontro diretto con il Signore Oscuro: e se lui avesse letto nella sua mente… Se le sue barriere non avessero retto… Non avrebbe messo nei guai solo se stesso, ma anche il professor Piton.
Ritrovare sua madre, tuttavia, fu un sollievo. Ormai viveva con l’ansia che le succedesse qualcosa, a lei o a suo padre, e non poteva sopportarlo. Ora aveva la scuola, ma una volta fuori come avrebbe fatto? Dubitava che sarebbe stata una spia eccelsa, come il professor Piton; allo stesso tempo non poteva continuare ad essere un Mangiamorte – aveva scelto la sua strada, con l’Ordine – ma aveva anche paura che il Signore Oscuro si rifacesse con i suoi genitori per il suo tradimento. Cosa più che probabile. Sperava di riuscire a convincere almeno sua madre, di riuscire a portarla con sé: dopotutto lei non era neppure marchiata… Forse…
Nel frattempo cercava di non pensarci, concentrandosi sugli studi e sull’Occlumanzia.
Narcissa, una volta che si fu sistemato a casa, gli propose di fare una passeggiata nelle serre.
“Draco, tesoro, che ti succede? Ti vedo teso.”
“… Non mi piace questa situazione, madre. Lo sapete meglio di me.”
Narcissa sospirò.
“Lo so. Non piace neppure a me. Che possiamo farci, però?”
Draco si morse la lingua, per impedirsi di parlare. Non voleva coinvolgere sua madre, non finché non fosse stato necessario.
“Nulla. Non possiamo farci nulla.”
Camminarono ancora un po’, finché non decisero di rincasare.
“Ancora the con gli Elfi, madre?” chiese Draco, sorridendo.
Lei rise.
“Ebbene sia, the con gli Elfi.”
Per quel pomeriggio Draco visse in una bolla di spensieratezza. Bere the nelle cucine, con la sola compagnia di sua madre e degli Elfi, era… Rilassante. Lì sotto non regnava l’atmosfera tetra che invece pervadeva il resto della casa.
Bisognava tornare alla realtà, però.
Il Signore Oscuro pretese che tutti i Mangiamorte cenassero insieme, nel salone che ormai era di suo esclusivo utilizzo. Draco cercò di rimanere impassibile: lord Voldemort gli chiese come procedevano i suoi studi, ma non violò la sua mente, e lui rispose a tutto con voce un po’ tremante.
Le cose non migliorarono durante il periodo di vacanze. Gli altri Mangiamorte – soprattutto sua zia – lo usavano ancora come galoppino per la tortura dei prigionieri e per altri ‘sporchi’ compiti. Draco stringeva i denti e sopportava, pensando all’Ordine come se fosse un talismano. E a Piton.
Fortunatamente aveva imparato bene ad occultare la mente, grazie ai suoi insegnamenti: Bellatrix lo mise alla prova e lui resistette a tutti i suoi attacchi. La zia era così entusiasta che propose di festeggiare con un dolce speciale, mentre Draco ancora era pallido e con le ginocchia tremanti: e se avesse fallito? Non aveva dubbi che la zia lo avrebbe venduto al Signore Oscuro su un piatto d’argento.
Poi dovette confrontarsi con Potter in persona. Eccolo lì, infine. In casa sua, prigioniero, accompagnato come al solito dalla Granger e da quel Weasley… E chiesero proprio a lui di identificarlo.
Tremava. Non ne era in grado. Si sforzò di pensare all’Ordine, di ricordare da che parte stava. Non poteva permettere che lo catturassero, non ora.
Negò, e fu la cosa più difficile. Negò e temette che sarebbe stata la sua ultima azione.
Potter, comunque, sorprese di nuovo tutti. Riuscì a fuggire con l’aiuto di Dobby, niente di meno. Il loro ex Elfo Domestico. In quel momento Draco ringraziò Merlino e Morgana per quel colpo di scena, nonostante sapesse che sarebbe stato punito. Il Signore Oscuro stava arrivando e non avrebbe trovato Potter.
Andò tutto esattamente come previsto: lui li cruciò tutti per diversi minuti, livido di rabbia. Draco sopportò stoicamente il dolore, usandolo per purificarsi e per liberarsi la mente dall’immagine di Potter catturato, della Granger torturata sotto ai suoi occhi… Di tutte le vittime innocenti che lui stesso aveva cruciato; ora quello stesso dolore scorreva nelle sue vene…
Una volta che il Signore Oscuro ebbe finito con loro, Draco si rialzò – a fatica, tremante – e si diresse verso il bagno, dove vomitò anche l’anima.
Non per il dolore della maledizione, no.
Per la paura che il Signore Oscuro l’avesse scoperto, per quel “no” che gli era costato tutto il coraggio – per altro misero – che possedeva.
Solo Narcissa gli rimase accanto, durante quelle notti in cui le pozioni calmanti non bastavano neanche più, dove si svegliava urlando e in preda agli incubi.
Arrivò anche la fine delle vacanze. Con un sospiro di sollievo e un peso in meno sul cuore – per non essere stato scoperto né dal Signore Oscuro né da sua zia – Draco tornò ad Hogwarts.
Piton sarebbe stato fiero di lui, ne era certo.
I gironi passavano, Draco si ritrovò a studiare più seriamente di quanto avesse mai fatto per i M. A. G. O., alternando i pomeriggi di studio a pomeriggi di addestramento presso il professor Piton. L’uomo era davvero contento di come fosse riuscita a cavarsela durante le vacanze, ma temeva che d’ora in avanti avrebbe abbassato la guardia.
Non potevano permettersi errori, non potevano permettersi incertezze: una volta finita la scuola non ci sarebbe stata altra via se non scegliere da che parte stare, definitivamente. Per Draco, significava anche trascinare la sua famiglia verso l’Ordine, senza avere alcuna garanzia né che Narcissa e Lucius lo seguissero, né che questo sarebbe bastato per tenerli in vita.
In realtà non ci fu poi molto da scegliere.
In realtà la guerra piombò nel bel mezzo della scuola, molto prima del previsto.
Era il due di maggio. Draco era in dormitorio come tutte le altre sere, quando un Caposcuola irruppe nella stanza dicendo che tutti si sarebbero dovuti presentare in Sala Grande.
Era scoppiato il caos: Potter era a scuola, i Mangiamorte stavano per arrivare. Hogwarts avrebbe dovuto dare battaglia.
Durante il breve discorso della preside, Draco cercò di valutare le alternative. Andare dal Signore Oscuro era fuori discussione, eppure come fare per evitare che i suoi genitori fossero puniti per il suo tradimento? Strinse i denti. Doveva contare sul fatto che tutti avrebbero dato battaglia, quindi Voldemort sarebbe stato troppo occupato – e troppo bisognoso di uomini – per punire chicchéssia.
Doveva restare, trovare Potter, portarlo da Piton. Stando a quanto aveva detto la McGranitt, l’uomo se ne era andato. Ma lui sapeva che non era così; non doveva essere così… Eppure lui l’aveva avvertita, sapeva che Piton doveva parlare a Potter…
Quando i Prefetti cercarono di condurli fuori dalla Sala Grande, lui rimase indietro. Tornò nel salone, andò verso la McGranitt, che stava facendo qualche incantesimo – sicuramente di difesa contro la scuola –.
“Professoressa, dov’è il professor Piton?”
Lei lo guardò appena, continuando a muovere la bacchetta.
“Non c’è stato tempo di spiegare a Potter quello che ci hai riferito, Malfoy. Lui era dietro di me, con il suo mantello, e Piton ci ha intercettati. Stavo per dirgli di mostrarsi, quando lui ha cercato di schiantarlo. Piton ha provato a disarmarlo, ma Potter era invisibile… E’ scappato. Credo che lo stia ancora cercando.”
Draco imprecò sonoramente, tanto che si guadagnò un’occhiataccia da parte della professoressa.
Uscì correndo dalla Sala: non sapeva dov’era Potter, sapeva solo che doveva trovarlo.
Quasi andò a sbattere contro Tiger e Goyle.
“Tiger! Goyle! Che… Che ci fate qui?”
“Abbiamo visto come chiacchieravi allegramente con la McGranitt, Malfoy.” il loro tono era apertamente derisorio. “Dobbiamo forse credere che… Uhm… Hai cambiato sponda? Il Signore Oscuro non sarà felice di saperlo.”
Draco imprecò mentalmente, tuttavia preparò una maschera impassibile e, con un tono viscido che gli era appartenuto forse tempo prima, si apprestò a replicare.
“No di certo, idioti. Io sto cercando Potter, non come voi che vi limitate a spiare la gente. Lo voglio consegnare personalmente al mio Signore. Seguitemi: lo troveremo.”
Voltando le spalle allo sguardo di scherno di quelli che un tempo erano stati i suoi migliori amici, Draco si incamminò.

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Capitolo 11
*** Decimo capitolo ***



E siamo arrivati anche alla fine di questa storia.
Clap clap a me per aver mantenuto i dialoghi originali (tranne l’ultimo, per forza di cose) e averli giustificati nel nuovo contesto u.u ne vado particolarmente fiera XD
Beh, credo che non ci sia molto da dire. Il capitolo è immenso e cambia un po’ di cose rispetto alla fine di Harry Potter, ma spero che non vi dispiaccia. Dopotutto, si tratta pur sempre di una what if.
Grazie per avermi seguito fin qui! ;)
Buona lettura, fatemi sapere che ne pensate =)


Decimo capitolo

Girarono a vuoto per un bel po’, Draco sempre teso per via della presenza di Tiger e Goyle dietro di lui. Sapeva che i due non si fidavano più di lui da un bel po’ di tempo, ormai. La sua famiglia era caduta in disgrazia persino fra i Mangiamorte, sebbene suo padre si impegnasse nelle missioni e facesse di tutto per ristabilire l’onore; lui l’hanno prima si era vantato di essere stato scelto da Voldemort in persona per diventare Mangiamorte, però aveva fallito non riuscendo ad uccidere Silente e, ora che anche Tiger e Goyle erano entrati a far parte ufficialmente della schiera del Signore Oscuro, ai loro occhi si ritenevano superiori a lui, di gran lunga.
Draco non sapeva come fare per scrollarseli di dosso: doveva trovare Potter e avvertirlo, dirgli che Piton aveva un messaggio per lui, e allo stesso tempo evitare che Tiger e Goyle capissero, che sospettassero che lui fosse un traditore… Non sapeva se e come ce l’avrebbe fatta. Per il momento, correva a più non posso senza neppure sapere dove stesse andando.
Poi, un boato.
Un muro esplose dietro di loro, che si lanciarono in avanti coprendosi il viso. Nonostante il fracasso e le macerie, non videro nessuno.
L’esplosione voleva dire solo una cosa: la battaglia era cominciata.
Continuarono a correre, dopo il primo momento di smarrimento, e corsero finché non trovarono Potter. Era in mezzo ad un corridoio del settimo piano, parlava con Ginny la piattola e un’altra strana tizia dai capelli rosa era appena corsa via, al seguito di Aberforth. Draco vide Harry entrare nella stanza e poi Ginny osservarsi intorno, smarrita – loro si erano nascosti dietro l’angolo, i muscoli tesi, e si erano Delusi –. Tiger fece per lanciarle una fattura; fortunatamente Draco se ne accorse in tempo e lo bloccò.
“Sei scemo?!” sibilò.
“E’ la Weasley piattola! Che t’importa di lei?”
“Potrebbe essere in contatto con i suoi amichetti dell’Ordine! Sbaglio o noi dobbiamo arrivare da Potter? Non vorrai farti ammazzare prima solo per colpire Weasley la piattola, spero!”
Tiger fece per ribattere, furioso, poi probabilmente si accorse che il ragionamento filava e chiuse la bocca, immusonito.
“Ehi, smettetela di litigare, quella se n’è andata.”
I tre corsero fuori dal loro nascondiglio, mentre il castello sembrava tremare come non mai. Dal soffitto pioveva polvere.
“Bene, adesso io entro e…”
“Tu? Tu non vai da nessuna parte, senza di noi.”
Draco sentì la furia montare: come accidenti avrebbe fatto ad avvertire Potter se Tiger e Goyle gli stavano fra i piedi sempre?
“Sentite, non so neppure se sia la stanza giusta! La stanza cambia a seconda di chi ci sta dentro, quindi…”
“Sì, ma tu ci hai praticamente vissuto, l’anno scorso! Devi sapere come entrare!”
“Senti, Malfoy, devo forse ricordarti che il tuo nome è feccia in questo periodo, fra di noi? Farai come ti dico, se non vuoi beccarti una cruciatus.”
Draco fece per ribattere, poi vide la bacchetta di Goyle puntata contro la sua gola. Strinse di più quella di Narcissa, che aveva preso dopo che Potter gli aveva rubato la sua – cosa per cui, una volta avvertito, lo avrebbe preso a calci – ma capì che era inutile discutere. E se Potter fosse fuggito? Sapeva che il passaggio poteva dare sull’esterno, dato quello che aveva detto la McGranitt in Sala Grande.
Non avevano tempo.
“E va bene. Ma sappiate che non è detto che li troveremo.”
Goyle tolse la sua bacchetta dalla sua gola e fece un cenno del capo, come per dirgli di procedere. Draco si concentrò e pochi secondi dopo una porta apparve nella parete.
Entrarono.
La stanza era sempre enorme come se la ricordava, ma fra le fila di roba accatastata sentì un rumore di passi. Potter era un vero idiota… Anche se non poteva sapere che l’avrebbero seguito fin lì, dopotutto.
Tiger e Goyle si guardarono, entusiasti, e cercarono di seguire il rumore. Si muovevano in modo silenzioso – cosa piuttosto strana per loro – e Tiger fece persino un incantesimo per riuscire ad orientarsi.
Eccolo, alla fine. Potter era di schiena, la mano tesa verso qualcosa di indefinito.
Tiger e Goyle tesero il braccio con la bacchetta; Draco si fece prendere dal panico.
“Fermo, Potter.” esclamò, per avvertirlo del pericolo.
Il ragazzo si girò.
“E’ la mia bacchetta che hai in mano, Potter.” disse, alzando al contempo quella di sua madre verso le schiene di Tiger e Goyle.
“Non più. Chi vince tiene, Malfoy. Chi te l’ha prestata?”
“Mia madre.”
Harry rise. Draco pensò che fosse veramente idiota.
“Allora, come mai voi tre non siete con Voldemort?”
Fu Tiger a rispondere.
“Verremo ricompensati. Siamo rimasti indietro, Potter. Abbiamo deciso di non andare. Abbiamo deciso di consegnarti a lui.”
“Bel piano.” disse Potter, di certo cercando di prendere tempo “Come avete fatto ad entrare?”
“Ho praticamente vissuto tutto l’anno scorso nella Stanza delle Cose Nascoste, so come si entra.” rispose lui, nervoso. Non sapeva come togliersi dai piedi Tiger e Goyle, doveva avvertire Potter…
“Eravamo nascosti fuori in corridoio” si inserì Goyle “Siamo bravi adesso con la Delusione! E poi sei arrivato te proprio lì davanti a noi e hai detto che cercavi un diademo. Cos’è un diademo?”
Questa gli era nuova. Probabilmente Goyle aveva ignorato il battibecco fra lui e Tiger e aveva ascoltato Potter. Intelligente, per una volta, se non fosse che ora lui stava dall’altra parte.
“Harry!” era la voce di Weasley, che proveniva da qualche parte alla sua destra “Stai parlando con qualcuno?”
Tiger fu più veloce di un fulmine: con un movimento della bacchetta fece crollare una pila di oggetti.
Harry urlò qualcosa, poi riuscì a frenare la caduta. Tiger stava per rilanciare l’incantesimo, quando Draco decise di averne abbastanza e gli afferrò il braccio, bloccandolo.
“No! Se distruggi la stanza, rischi di seppellire anche quel diadema!”
“E allora? Il Signore Oscuro vuole Potter, chissenefrega di un diademo.”
Draco si inumidì le labbra, facendo lavorare in fretta il cervello. Sicuramente c’era un motivo se Potter voleva a tutti i costi quell’oggetto…
“Potter è entrato qui per quello. Quindi deve voler dire…”
“’Deve voler dire’?” lo prese in giro Tiger “Me ne sbatto di quello che pensi tu! Non prendo più ordini da te, Draco. Tu e il tuo paparino siete finiti.”
Il loro scambio di battute fu fermato dall’arrivo di Weasley.
“Harry! Che succede?”
Tiger gli fece il verso, quando vide Harry scappare.
No, Potter! Crucio!”
“BASTA!” urlò Draco, ormai disperato. Non sapeva come tenere a freno i due e doveva anche dare il messaggio a Potter… “Il Signore Oscuro lo vuole vivo…”
“E allora? Non l’ho mica ammazzato! Però se ci riesco lo faccio, il Signore Oscuro vuole che muoia, no? Che diff…?”
Tiger stava ancora parlando quando Draco vide la Granger scagliargli addosso un incantesimo. Lo prese per la manica e lo tirò via, salvandolo.
“E’ la Sanguesporco! Avada Kedavra!”
Forse avrebbe fatto meglio a lasciarlo schiantare.
Sì, avrebbe decisamente fatto meglio a lasciarlo schiantare, considerò, dopo che Potter lo ebbe disarmato lanciando una maledizione che era rivolta a Tiger.
Draco vide i due puntargli la bacchetta contro; era sicuro che ormai nulla li avrebbe fermati… Disperato, urlò una cosa stupida.
“Non uccidetelo! NON UCCIDETELO!”
Sembrò bastare, dato che Potter riuscì a disarmare Goyle.
Tiger, l’unico rimasto armato, cercò di uccidere Weasley e si allontanò con lui combattendo. Goyle venne centrato da uno schiantesimo, mentre lui si nascondeva dietro ad un armadio.
Pochi secondi dopo vide Weasley e Tiger correre di nuovo verso di loro, come se ne andasse della loro stessa vita.
“Ti piace caldo, feccia?” esclamò Tiger, prima che la stanza attorno a loro esplose.
Fiamme. Fiamme altissime, che si trasformavano in mostri e divoravano ogni cosa sul loro cammino.
Ardemonio.
Era impazzito?! Voleva ucciderli tutti?!
Senza pensarci due volte afferrò il corpo di Goyle e se lo issò sulle spalle – per quanto fosse pensate –. Si riparò dietro ad una catasta di oggetti; poi, pian piano, sempre con Goyle addosso, prese a scalarli.
Maledizione a Tiger! Quel fottuto deficiente! Che accidenti aveva combinato?! Le fiamme erano sempre più vicine.
Draco pensò, per un lungo e terribile istante, che sarebbe morto. Per un secondo non ci furono né Mangiamorte né Ordine; per un secondo sparì la guerra e l’orrore; per un secondo si ritrovò di nuovo a pensare a se stesso solo come Draco Malfoy. A parte gli ultimi tre anni, non aveva avuto una vita infelice.
Non voleva morire. Voleva vivere, voleva vivere appieno. Era appena maggiorenne, non poteva morire…
Poi li vide. Urlò, cercando di richiamare la loro attenzione, sventolando un braccio. Potter e i suoi erano su una scopa, stavano fuggendo, ma lui non voleva morire…
Potter si abbassò, trascinandoselo sulla scopa, mentre Weasley e la Granger presero Goyle.
“La porta, vai alla porta, la porta!” urlò Draco, con ancora la paura di morire addosso.
Ma Harry virò, deviando.
Cosa fai, cosa fai? La porta è di là!”
Nemmeno Potter poteva essere così stupido da non mettersi in salvo subito. Il ragazzo, però, agganciò qualcosa al braccio e si diresse di volata verso la porta.
Uscirono e si schiantarono contro il muro e l’aria fresca e pulita fu come una benedizione per Draco. Rimase steso a terra, poi si ricordò di qualcosa e, tossicchiando, cercò di parlare.
“T-tiger… T-tiger…”
“E’ morto.” gli rispose Weasley.
Rimasero così per un tempo che parve infinito, cercando di riprendersi.
Draco alzò appena la testa quando una marea di fantasmi li sorpassarono, poi tornò a piegarsi, esausto, sul pavimento. Era conscio che i tre stavano parlando di qualcosa, anche se lui non riusciva a capire; era conscio che anche lui doveva dire qualcosa a Potter, anche se non si ricordava cosa…
Poi, all’improvviso, l’illuminazione. Non poteva permettersi di restare lì come un pesce lesso.
Si alzò di scatto, afferrò la manica di Potter e fece per parlare.
“Potter, ascolta, devi cercare Piton e starlo a sentire, lui ti deve dire una cosa, è importante…”
Fu interrotto da altre urla: videro altri due Weasley – un gemello e quello che doveva essere Percy – arretrare mentre combattevano contro due Mangiamorte. Ad uno dei due cadde il cappuccio, rivelando l’attuale Ministro della Magia. Evidentemente sotto Imperius.
“Ah, Ministro!” esclamò Percy “Le ho detto che do le dimissioni?”
“Hai fatto una battuta, Perce!” rise il gemello “Hai davvero fatto una battuta… L’ultima che ti avevo sentito fare era…”
Ma non finì mai la frase. Il mondo esplose ancora attorno a loro, e si sentì solo un “Protego” urlato da lontano, che non gli impedì comunque di perdere la presa su Potter e di scivolare all’indietro.
Quando la nube si dissolse, tutti loro si guardarono in giro, spaesati.
“Giù!” urlò di nuovo la voce, e i ragazzi si apprestarono ad uscire dalla linea di tiro.
Quando si rialzarono, scoprirono davanti a loro il professor Piton.
Lei!” urlò Potter, stravolto dalla rabbia.
“Potter, ascoltami.” disse lui, calmo ma pallido
“Ah! Ascoltarla! Perché dovrei?!”
“Ho un messaggio da parte di Albus Silente.”
Piombò il silenzio. I Weasley, la Granger e Potter lo guardavano con astio. Draco decise di intervenire. Si riavvicinò a Potter e gli prese di nuovo la manica della maglia.
“Potter, è quello che cercavo di dirti prima.”
“Malfoy! Sì, quando cercavi di dirglielo? Mentre il tuo simpatico amico cercava di farci fuori?”
Era stato Weasley a parlare.
“Non sono riuscito a scollarmeli di dosso! Ho cercato di proteggervi, non so se tu te ne sia accorto! Faccio anch’io parte dell’Ordine, adesso!”
Seguirono gli sguardi confusi del trio, a questa affermazione.
“E’ vero.” disse infine il gemello “La McGranitt ce lo aveva detto. Dovevamo avvertirvi, ma voi eravate via, così…”
Tu fai parte dell’Ordine?!”  chiese Harry, sconvolto. Poi guardò di nuovo Piton, che sembrava impaziente.
“Sì, Potter, fa parte dell’Ordine. E anche io ne faccio parte. Ora, puoi starmi a sentire?”
Non fecero a tempo a parlare, però, che sbucarono dei Mangiamorte alle loro spalle.
“E’ Potter! E’ lui!” esclamò uno di loro. Fece per colpire Potter, ma Piton lo afferrò e lo tirò in salvo. Draco, che era ancora attaccato alla sua maglia, li seguì in automatico.
Altri Mangiamorte apparvero, così i Weasley e la Granger si misero a dar battaglia, allontanandosi dal corridoio.
La Granger in realtà si girò per controllare dove fosse Potter, ma lui ormai era stato trascinato lontano e Draco la vide solo di sfuggita, prima di girarsi e rincorrerli.
“Mi lasci!” urlò Potter, cercando di liberarsi dalla presa di Piton.
“Non c’è tempo!” urlò lui.
Si diressero verso lo studio di Silente. Draco vide Harry premersi una mano sulla fronte, ad un certo punto, ed immaginò che la cicatrice gli facesse male.
“Senti, Potter, ti devi fidare di noi. Hai sentito anche il gemello, no?”
Potter lo fulminò con lo sguardo, per tutta risposta.
Arrivarono nello studio. Piton sembrava strano, sembrava che non sapesse come affrontare la situazione.
“Professore…” sussurrò Draco, cercando di spezzare la tensione.
Potter li osservava con astio.
Il quadro di Silente parlò.
“Severus, se vuoi che lui si fidi di te, dovrai dirgli tutto.”
Piton fece uno strano gesto con la testa, come per scacciare una mosca.
“Severus.”
L’uomo guardò allora il ritratto. Gli occhi dei due presidi si incontrarono per qualche secondo.
“Sentite, non so voi, ma io ho da fare. Con permesso, me ne va…”
“No.”
Era stato il professor Piton a parlare.
Mosse la bacchetta, così che il pensatoio volò dall’armadio in cui era riposto alla scrivania.
Poi, con un sospiro, premette la bacchetta sulla tempia e si tolse dei fili d’argento. Li lasciò cadere nel pensatoio.
“Potter, devi vederli. Subito. Promettimelo.”
Il ragazzo inarcò un sopracciglio.
“Perché, lei dove andrà? Non me li mostra?”
Piton strinse la labbra.
“No. Io vado… Vado a combattere.”
Detto questo, il professor Piton aprì la porta dello studio e sparì oltre.
“Severus!” urlò il ritratto di Albus Silente, per poi seguirlo e lasciarlo soli.
Passarono dei secondi interminabili.
Poi la voce del Signore Oscuro rimbombò fra le pareti.
“Avete combattuto valorosamente, Lord Voldemort sa apprezzare il coraggio. Ma avete subito pesanti perdite. Se continuerete a resistere, morirete tutti, uno per uno. Io non desidero che ciò accada. Ogni goccia di sangue magico versata è una perdita e uno spreco. Lord Voldemort è misericordioso. Ordino alle mie forze di ritirarsi, immediatamente. Avete un’ora. Disponete dei vostri morti con dignità. Curate i vostri feriti. Ora, Harry Potter, mi rivolgo direttamente a te. Tu hai consentito che i tuoi amici morissero per te piuttosto che affrontarmi di persona. Io ti aspetterò nella Foresta Proibita. Se entro un’ora non ti sarai consegnato a me, la battaglia riprenderà. E questa volta vi prenderò parte io stesso, Harry Potter, e ti troverò e punirò fino all’ultimo uomo, donna o bambino che abbia cercato di nasconderti a me. Un’ora.”
“Potter, secondo me ci conviene guardare.”
Il ragazzo si riprese.
“Ci?” chiese, alzando un sopracciglio.
“Senti, io con molta probabilità so cosa ti vuole mostrare e anche perché adesso si è defilato. Ma non conosco i dettagli, e sono curioso, ok? Severus Piton è il mio padrino. Se sono nell’Ordine, è anche merito suo: se non avessi scoperto il suo segreto, probabilmente avrei continuato la mia vita disgustato per quello che stavo diventando, ma senza vedere alternative. Merito anch’io di sapere, non credi?”
Potter sembrò profondamente toccato da quel discorso, tanto che corrugò la fronte e abbassò lo sguardo. Alla fine, comunque, scrollò le spalle e fece un cenno d’assenso.
Entrarono insieme nel pensatoio.
Il primo ricordo era quello di un Piton ragazzino. Era vestito in modo indecente e spiava due ragazze che giocavano sull’altalena; da come Potter sgranò gli occhi, Draco capì che aveva riconosciuto sua madre bambina.
Era una cosa straziante.
C’erano loro due da piccoli, amici. Il primo viaggio sul treno. L’incontro con James Potter. Lo smistamento. Qualche discussione. Poi c’era un ricordo dettagliato dove Potter e la sua banda torturavano il Piton ragazzo. Potter si tenne a distanza, come se conoscesse già quella scena, mentre lui, che non l’aveva mai vista, avanzò per sentire.
“… Schifosa Sanguesporco!”
Quelle parole lo fecero sussultare.
Poi la scena si riformò, e i due ragazzi assistettero al tentativo da parte di Piton di chiedere scusa.
E poi il resto. La profezia. Il suo appello disperato a Silente. La sua disperazione quando Lily era morta.
E il messaggio di Silente. Il ragazzo doveva morire. Draco si sentì per un attimo spiazzato. Era quello, dunque? Potter non gli piaceva, vero, però non per quello avrebbe desiderato la sua morte. Era l’unico modo per sconfiggere il Signore Oscuro? Sul serio? Subito sentì una grande pena.
La cerva d’argento. Potter sgranò gli occhi; forse per lui significava qualcosa.
“Sempre.”
Ora anche Draco, finalmente, capiva. Capiva davvero.
Uscirono dal pensatoio e per un lungo momento nessuno dei due seppe che dire.
“Potter…” provò lui.
“No.” rispose il ragazzo “No.” disse poi, più deciso.
“Potter, io…”
“Non dire niente.” strattonò il braccio, liberandosi dalla presa. Non si era neppure accorto che lo aveva afferrato.
“Va bene. Sto bene. Farò quello che devo.”
“Potter, sei sicuro? Non credi che…”
“Ho detto che va bene. Non seguirmi.”
Il ragazzo aprì la porta dello studio e si fiondò giù dalle scale. Draco cercò di seguirlo, ma giunto alla fine della scala a chiocciola non lo vide più. Probabilmente si era coperto con il mantello.
Non sapendo che altro fare, corse verso la Sala Grande.
Una volta arrivato, vide gente intenta a curare i feriti e a coprire i morti. Dei ragazzi stavano uscendo nel parco, cercando altri corpi o altre persone da salvare.
Lui si avvicinò ai Weasley, che si stavano dando da fare per aiutare gli altri. Fra loro c’era anche la Granger.
“Malfoy!” urlò lei, sorpresa di vederlo “Dov’è Harry?”
“… Non lo so.” rispose “L’ho perso di vista.”
Non sapeva perché stesse mentendo. O forse sì: Potter aveva fatto la sua scelta, lui doveva rispettarla. Avevano condiviso una cosa importante, il segreto di Piton. E il sacrificio di Potter era anche l’unico modo per uccidere il Signore Oscuro. Non sapeva bene cosa stesse provando.
“Malfoy.” disse la Granger, avvicinandosi di più “E’ andato? Dimmi la verità. E’ andato da V-Voldemort?”
Lui abbassò lo sguardo.
“Non lo so.” disse.
Gli occhi di lei si riempirono di lacrime, tanto che lo fecero star male.
“Cosa posso fare?” chiese quindi, cercando di cambiare discorso.
“Ehi!” li interruppe Weasley, venendo verso di loro “Che stai facendo ad Hermione?!”
Lei si asciugò gli occhi.
“Niente, Ron. Non è niente. Malfoy vuole solo rendersi utile.”
“E allora perché piangi?”
“No, davvero… Lui non c’entra… E’ solo, la guerra…”
Ron le mise un braccio attorno alle spalle e la strinse a sé.
Lo guardò con diffidenza.
“Se avvero vuoi renderti utile, potresti curare qualcuno.”
“Sono senza bacchetta.” rispose lui, ancora distratto dalla reazione della Granger. Se aveva intuito la verità, perché non dirlo a Wealsey e perché non andare a cercare di fermare Potter? Che avesse capito anche l’importanza di quel gesto?
“Allora puoi andar fuori e portar dentro i feriti… O i morti.”
Draco fece un gesto del capo e lasciò soli i due piccioncini. Passò accanto alla donna dai capelli rosa che aveva visto andare dietro ad Aberforth; era china sul corpo del professor Lupin e sussurrava una strana litania cercando di chiudergli le ferite, che però dovevano essere maledette. Le riconobbe istintivamente per ferite da Sectusempra, così si accucciò. Durante il suo addestramento da Mangiamorte, e soprattutto dopo lo spiacevole inconveniente dell’anno prima, aveva deciso di imparare alla perfezione l’incantesimo per la guarigione.
“Stai sbagliando.” le disse “Se lasci a fare a me, io conosco la formula.”
La donna le rivolse una strana occhiata, poi vide un altro fiotto di sangue uscire dalla ferite. Gli porse la bacchetta.
“Salvamelo.” disse solo, così Draco si mise all’opera.
Circa un quarto d’ora dopo le ferite si erano richiuse. Esausto, Draco porse alla donna la sua bacchetta. Lei era ancora pallida, ma sembrava un po’ rincuorata.
“Se gli date della Rimpolpasangue, non dovrebbe aver problemi…” stava dicendo.
“Tu sei Draco Malfoy?” gli chiese lei, interrompendolo.
“Sì, sono io.” rispose, spiazzato.
Lei sorrise, un sorriso stiracchiato.
“Sei mio cugino. Io sono Tonks… Ninfadora Tonks. Ma chiamami con il mio nome e sei morto.”
Draco sbatté le palpebre tre volte di fila. Non credeva che fosse proprio lei, la figlia della sorella di cui sua madre non parlava mai.
“Beh… Piacere di conoscerti. Io, ehm… Devo andar fuori per vedere se qualcuno ha bisogno…”
Lei annuì.
“Grazie.” sussurrò, prima di allontanarsi da Lupin e andare verso madama Chips. Probabilmente cercava la Rimpolpasangue.
Draco uscì all’aria aperta. Soffiava un vento leggero e lui si sentiva esausto.
Per un bel po’ di tempo non fece altro che trascinare feriti e morti dentro la Sala Grande. Alcuni corpi erano piccoli, davvero troppo piccoli. Ma quanti incoscienti erano rimasi, per combattere?
Lui non ce l’avrebbe mai fatta. Se fosse stato libero di scegliere, sicuramente se ne sarebbe andato il più lontano possibile.
Poi li vide. Avanzavano, uscendo dalla foresta, diretti verso di loro.
La voce di Volemort si sentì, come prima, in ogni angolo del castello.
“Harry Potter è morto. E’ stato ucciso. Stava fuggendo, per mettersi in salvo mentre voi davate la vita per lui. Vi portiamo il suo corpo a dimostrazione che il vostro eroe è caduto. Abbiamo vinto la battaglia. Avete perso metà dei vostri combattenti. I miei Mangiamorte vi superano in numero e il Ragazzo-che-è-sopravvissutto è morto. La guerra deve finire. Chiunque osi resistere , uomo, donna o bambino, verrà ucciso insieme a tutti i membri della sua famiglia. Uscite dal castello, ora, inginocchiatevi davanti a me e verrete risparmiati. I vostri genitori e i vostri figli, i vostri fratelli e sorelle vivranno e saranno perdonati, e vi unirete a me nel nuovo mondo che costruiremo insieme.”
Lui arretrò nella scuola, in Sala Grande. Vide la gente agitarsi, spostare i feriti e cercare un posto sicuro. Poi, il delirio.
Corsero tutti fuori. Trovarono i Mangiamorte schierati, con Voldemort al centro. Hagrid aveva fra le mani il cadavere di Potter.
Draco sentì di nuovo lo stomaco contrarsi. Avrebbe vomitato, se lo sentiva. Non udì le parole del Signore Oscuro, non udì la risposta dei suoi compagni. I suoi occhi erano così fissi su Potter che fu il primo ad accorgersi, dopo che la battaglia fu di nuovo iniziata, che il ragazzo si era mosso e si era messo di nuovo il mantello dell’invisibilità.
Ma come, non era morto? Nonostante tutto, il sollievo lo pervase.
Ripiegò nel castello ed indietreggiò, dato che la battaglia stava infuriando di nuovo. Una schiera di Elfi Domestici si riversò dalle cucine, sorprendendolo.
Arretrò ancora in Sala Grande, capendo che era stata una pessima idea: qui la battaglia era ancora più cruenta. Vide i suoi genitori cercarlo e agitò le braccia, facendogli segno. Narcissa quasi svenne di sollievo quando riuscì ad individuarlo, ed arrancò verso di lui come se fosse l’unica cosa importante.
“Draco!” esclamò, la voce rotta, prima di soffocarlo in un abbraccio.
Draco non aveva mai visto sua madre così preoccupata. Anche Lucius non scherzava: era pallido e li raggiunse subito dopo, tremando.
“Draco, si può sapere dove eri finito?”
Ma prima che potesse dare delle spiegazioni; prima che potesse dire qualsiasi cosa, Potter sbucò nel mezzo della Sala Grande. Tutti ammutolirono, mentre il prescelto e il Signore Oscuro si confrontavano…
“Non voglio aiuto.” disse Potter “Deve andare così. Devo essere io.”
“Potter non voleva dire questo. Non è così che ci si comporta, vero? Chi userai come scudo oggi, Potter?”
“Nessuno. Non ci sono altri Horcrux. Siamo solo tu ed io. Nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive,e uno di noi sta per andarsene per sempre…”
“Uno di noi? Pensi che sarai tu, vero, il Ragazzo-che-è-sopravvissuto per caso, solo perché Silente tirava i fili?”
“E’ stato un caso quando mia madre morì per salvarmi? Un caso che io abbia deciso di combattere in quel cimitero? Un caso che io non mi sia difeso questa notte, eppure sia sopravvissuto, e tornato per combattere di nuovo?”
Casi!” urlò il Signore Oscuro, in preda alla rabbia “Casi e fortuna il fatto che ti sia rannicchiato a frignare dietro le gonne di uomini e donne più grandi di te, e hai lasciato che io li uccidessi al posto tuo!”
“Non ucciderai nessun altro questa notte. Non puoi uccidere nessuno di loro, mai più. Non capisci? Ero pronto a morire per impedirti di far male a queste persone…”
“Ma non l’hai fatto!”
“… Era mia intenzione, ed è questo che importa. Ho fatto quello che ha fatto mia madre. Sono protetti da te. Non hai notato che nessuno dei tuoi incantesimi funziona su di loro? Non puoi torturarli. Non puoi toccarli. Non impari dai tuoi errori, Riddle, vero?”
Tu osi…”
“Sì, io oso. Io so cose che tu non sai, Tom Riddle. Io so molte cose importanti che tu non sai. Vuoi sentirne qualcuna, prima di commettere un altro grosso errore?”
Il Signore Oscuro rimase in silenzio, muovendosi in cerchio e non togliendo gli occhi di dosso da Harry.
“E’ di nuovo l’amore?” chiese infine “La soluzione preferita da Silente, l’amore, che a sentir lui vince la morte. Ma l’amore non gli ha impedito di cadere dalla Torre e andare in pezzi come una vecchia statuina di cera. L’amore non ha impedito a me di schiacciare quella Sanguesporco di tua madre come uno scarafaggio, Potter… E pare che nessuno ti ami abbastanza da farsi avanti, questa volta, a prendersi la mia maledizione. Quindi cosa ti impedirà di morire adesso, quando colpirò.”
“Una sola cosa.”
“Se non è l’amore che ti salverà, questa volta, devi credere di avere una magia che io non ho, o un’arma più potente della mia.”
“Credo entrambe le cose.”
“Tu credi di conoscere più magie di me? Di Lord Voldemort, che ha compiuto magie che Silente stesso non si era nemmeno sognato?”
“Oh, se l’era sognato eccome. Ma lui ne sapeva più di te, abbastanza da non fare quello che hai fatto tu.”
“Vuol dire che era un debole! Troppo debole per osare, troppo debole per prendere ciò che avrebbe dovuto essere suo e invece sarà mio!”
“No, era più intelligente di te. Era un mago migliore, un uomo migliore.”
“Io ho provocato la morte di Albus Silente!”
“E’ quello che credi. Ma ti sbagli.”
Draco sentì praticamente tutti trattenere il fiato.
Silente è morto! Il suo corpo marcisce nella tomba di marmo vicino a questo castello, io l’ho visto, Potter, e non tornerà!”
“Certo, Silente è morto. Ma non l’hai fatto uccidere tu. Ha scelto lui come morire, con mesi e mesi d’anticipo, ha programmato tutto con l’uomo che credevi fosse il tuo servo.”
“Che sogno infantile è questo?”
“Severus Piton non era tuo, non lo è mai stato.”
Il Signore Oscuro lo fissò per qualche istante, infine scoppiò a ridere.
“Non ha importanza! Non ha importanza se Piton fosse mio o di Silente! Oh, ma tutto torna, e in modi che tu non comprendi! Silente stava cercando di tenere lontana da me la Bacchetta di Sambuco! Voleva che fosse Piton il vero padrone della Bacchetta… Ma io sono arrivato prima di te, ragazzino… Ho capito la verità prima di te.”
“Sì, è vero. Hai ragione. Ma prima che tu provi ad uccidermi, ti consiglio di pensare a quello che hai fatto… Pensaci, e cerca in te un po’ di rimorso, Riddle…”
“Che cosa?”
“E’ la tua ultima possibilità. Tutto ciò che ti resta… Ho visto quello che sarai altrimenti… Sii un uomo… Cerca… Cerca un po’ di rimorso…”
“Tu osi…?”
“Sì, io oso. Quella bacchetta non funziona ancora bene, e non perché tu non sei riuscito ad uccidere Piton. Severus Piton non è mai stato il vero padrone della Bacchetta di Sambuco. Non ha mai sconfitto Silente.”
“L’ha ucciso…”
“Non mi ascolti? Piton non ha mai sconfitto Silente! Hanno deciso insieme la sua morte! Silente voleva morire imbattuto, essere l’ultimo vero padrone della Bacchetta! Se tutto fosse andato come previsto, il potere della Bacchetta sarebbe morto con lui, perché non gli sarebbe mai stata vinta!”
“Ma allora, Potter, è come se Silente l’avesse consegnata a me! Io ho rubato la Bacchetta dalla tomba del suo ultimo padrone! Io l’ho portata via contro il desiderio del suo ultimo padrone! Il suo potere è mio!”
“Ancora non capisci, Riddle? Possedere la Bacchetta non basta! Tenerla, usarla, non la rende davvero tua. Non hai sentito Olivander? E’ la bacchetta a scegliere il mago… La Bacchetta di Sambuco ha riconosciuto un nuovo padrone prima della morte di Silente, qualcuno che non l’ha nemmeno sfiorata. Il nuovo padrone ha tolto la Bacchetta a Silente contro la sua volontà, senza mai capite cosa aveva fatto, o che la bacchetta più pericolosa del mondo gli aveva offerto la sua obbedienza…”
Se lo sentiva. Draco era pervaso da quel senso di vittoria e aspettativa; lo stesso che l’aveva assalito guardando le foto di Lily Evans e James Potter su quel vecchio annuario.
“Il vero padrone della Bacchetta di Sambuco era Draco Malfoy.”
Eccola, infine, la verità. Lui aveva disarmato Silente. E se quello che diceva Potter era vero, se quella era la Baccchetta più potente del mondo… Allora…
“Ma che importanza ha?” chiese il Signore Oscuro “Anche se tu avessi ragione, Potter, non farebbe alcuna differenza per te e me. Non hai più la bacchetta di fenice: il nostro sarà un duello di pura abilità… E dopo che avrò ucciso te, potrò occuparmi di Draco Malfoy…”
Draco si sentì stringere di più da Narcissa. Pregò affinché Potter vincesse lo scontro: non ci teneva a morire, no davvero.
“E’ troppo tardi.” osservò Harry “Hai perso l’occasione. Sono arrivato prima io. Ho battuto Draco settimane fa. Gli ho portato via questa.”
Agitò la Bacchetta, e Draco si sentì, per un attimo, rincuorato. Allora, forse, c’era davvero una speranza… Allora tutto aveva un senso, dopotutto…
“Quindi è tutto qui, capisci? La bacchetta che hai in mano sa che il suo ultimo proprietario è stato Disarmato? Perché se lo sa… Sono io il vero proprietario della Bacchetta di Sambuco.”
Rosso. Uno spicchio di sole era entrato dalle finestre, segno che l’alba era arrivata.
Ancora un attimo di sospensione. E poi…
“Avada Kedavra!”
“Expelliarmus!”
E tutto finì. Il Signore Oscuro cadde, colpito dal rimbalzo del suo stesso incantesimo. Era morto.
La folla esplose. Tutti andarono verso Harry, lo abbracciarono, lo circondarono… Un susseguirsi di persone infinito, mentre sua madre sospirava di sollievo e suo padre cercava un posto per sedersi.
Alla fine, dopo che la maggior parte delle persone si fu allontanato, fu il turno di Draco di andare da Potter.
“Ehi, sfregiato!” gli disse, avvicinandosi “Hai qualcosa di mio.”
Lui gli sorrise.
“Oh, sì. E mi è stata molto utile.” rispose, tendendogli la sua bacchetta.
Draco la prese.
In quel momento si fece avanti anche Severus Piton.
L’insegnante aveva un’espressione indefinibile sul viso. Tutti quelli che erano intorno a Potter – i suoi fidati amici, Lunatica Lovegood, un tizio nero e la McGranitt – si bloccarono e lo guardarono.
“Grazie.” disse infine, la voce roca, quasi commossa.
Harry si avvicinò e sorrise, dolce.
“Combattevamo la stessa battaglia, professore.”
Lo sguardo di tutti era confuso.
Il professor Piton fece un cenno, poi si girò e fece per andarsene, verso le porte della Sala Grande.
Narcissa li raggiunse prima che Piton uscisse dalla Sala.
“Sai.” disse infine la McGranitt “Non ho ancora capito perché stava dalla nostra parte.”
“Come no?” esclamò Draco, ammonito da un’occhiata di Potter.
“Intendi dire che tu lo sai, Draco?” gli chiese sua madre.
Lui osservò il professore uscire dalla Sala, investito dalla luce rossa dell’alba. Chissà se l’avrebbero mai rivisto. Forse, prima o poi… Vide la luce colpirlo e pensò che non c’era uscita di scena migliore, per lui.
“Certo che lo so. In realtà me l’hai detto proprio tu, madre, non ricordi?”
“Io?”
Un’atra occhiata a Potter, che stavolta era curioso e basta.
“… E’ stato il suo sole a guidarlo nella direzione giusta, no?” rispose, vago, continuando a guardare il punto dove Severus Piton era scomparso “Il suo sole rosso.”

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