Three [di Aelan Greenleaf]

di MelaChan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Prima Volta ***
Capitolo 2: *** La Seconda Volta ***
Capitolo 3: *** L'Ultima Volta ***



Capitolo 1
*** La Prima Volta ***


Orbene, come già detto, questa storia NON è mia e, ripeto un'altra volta, non sono riuscita a contattare l'autore, quindi spero di non incappare in segnalazioni e varie minacce. L'autore in questione è Aelan Greenleaf e vi consiglio vivamente di andare a leggere qualche suo lavoro, sono magnifici e molto ben scritti. Inoltre, esorto chi si ritiene capace di andarli a leggere in lingua originale, dato che nella traduzione perdono tutta la loro magia.
Detto ciò, ringrazio chi voglia leggere a recensire e vi auguro una buona lettura :)




La baciò tre volte.

La prima volta, fu giusto sulla guancia, esattamente come quello che le diede quella sera al party natalizio, un avvenimento contemporaneamente mortificante e soddisfacente.

Aveva appena finito di spiegarle il suo piano, il piano, in effetti - un ultimo inganno in regola per proteggere le persone a cui lui... teneva.

"Allora, hai capito?" disse per la terza volta.

Lei sorrise tra sé e sé, conoscendo il perfezionista in lui non era esattamente elettrizzato nel dover mettere la propria vita nelle mani di qualcun altro. (Ma lui aveva detto che si fidava di lei, e che si era sempre fidato di lei, non era così?)

"Sì, ho capito" rispose lei, terminando con le scorte e mettendo via tutto. "Allora ci incontreremo fuori Victoria Station, sì? Stanotte?".

Lui annuì una volta, ma i suoi occhi si stavano già concentrando su altrove, su un posto fuori del tempo e dello spazio, su un posto dove solo lui poteva arrivare.

"Quindi..." iniziò lei, di nuovo improvvisamente nervosa, improvvisamente ansiosa "Tu... Tu sei a posto con questo?".

"Con cosa?" chiese subito lui, i suoi occhi che scattavano verso il basso per guardarla.

"Con... questo" rispose lei, facendo un gesto ampio con la mano per indicare gli oggetti che avevano riunito, il piano che aveva stabilito.

La guardò in modo enigmatico "Percè non dovrei? E' il mio piano".

"E John? La signora Hudson? Lestrade? Tuo fratello?"

Lui la fissò soltanto, quelle misteriose iridi blu noiosamente piantate nelle sue "Molly, dove vuoi arrivare?"

Lei ruppe il contatto, incapace di guardarlo negli occhi, incapace di mostrare i propri sentimenti, specialmente in quel momento. "Penseranno che tu sia morto. Penseranno tutti che tu sia morto."

"E' proprio questo il punto. Forse dovremmo discutere di nuovo del piano...?"

Chiuse gli occhi, sapendo che era una causa persa per lui, rimanendo sè stesso, potesse capire. "No, conosco il piano. Non- non importa. Solamente io- non è niente." Si voltò per lasciare la stanza, pronta per gli eventi seguenti.

Fu in quell'istante che lui la prese per la spalla, trattenendola dall'andarsene. Girò la sua schiena verso di lui, e lei restò sorpresa quando non la lasciò, quando la sua mano restò esattamente dov'era.

"Il pensiero che io sia morto li renderà sicuri nel miglior modo in cui possano esserlo" disse dolcemente, non guardando direttamente verso di lei, i suoi occhi fissi sulla fila di microscopi sul bancone dietro di loro.
 
"Lo so" rispose, annuendo.

Lui fece un passo in avanti, e lei potè sentire i suoi battiti farsi più veloci, il ritmo aumentare.

"Sono sicuri così come lo sono proprio a causa tua" mormorò, la sua voce come una droga che si faceva strada in lei.

E in quel momento quando si abbassò e la baciò sulla guancia, giusto un fugace tocco tra le labbra di lui e la pelle di lei, lei non potè trattenersi dal chiudere gli occhi al contatto e non potè trattenersi più a lungo dal lasciare che alcune lacrime fuoriuscissero.

Ma quando aprì di nuovo gli occhi lui se ne era andato, le porte che frusciando si chiusero dietro di lui, e lei si chiese se quella fosse stata l'ultima volta che vedeva il vero Sherlock Holmes.




NOTE FINALI DELLA PIGNA (ancora?!?)

Ehm sì, bene, ora mi vergogno abbastanza del mio lavoro... Però non voglio parlare di me, ma di una persona che sicuramente sa che mi sto riferendo a lei.

Voglio ringraziarti e scusarmi per tutte le volte che non sono stata una brava amica, mi dispiace tanto ma sono fatta così e la garanzia per ripararmi è scaduta... Ma voglio dirti che sei speciale e che ti voglio tanto tanto bene <3 Ci vediamo domani :)

E invece noi lettori (?) ci sentiamo la settimana prossima per il secondo capitolo della storia, già tradotto.

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Capitolo 2
*** La Seconda Volta ***


La seconda volta che la baciò non lo vide arrivare.

Stava da lei da ormai sei settimane. Okay, va bene, quarantatré giorni, sei ore, e oh, metti e togli, quindici minuti. La vecchia lei – la Molly che viveva da sola – avrebbe probabilmente registrato quel numero come una sorta di fantasia realizzatasi, il sogno che Sherlock vivesse con lei. Ma questa Molly, la Molly che viveva con la realtà della costante presenza dell'ex unico consulente investigativo del mondo, considerava quel numero come un esame di forza di volontà, un riconoscimento del continuo aumentare delle sue capacità di resistenza e di dolore auto-inflitto. Parte di quel dolore era, ovviamente, il dolore di un amore non corrisposto, il dolore di dover guardare l'oggetto del proprio amore consumare i pasti di fronte a te, bere il tea con te, dormire sul tuo divano, vivere una vita che era – oh – a così stretto contatto con l'unico di cui tu abbia sognato. Ma, a essere abbastanza onesti, vivere con Sherlock comportava un altro tipo di dolore che lei non aveva mai previsto.

Il dolore della seccatura. Il dolore di una costante irritazione. Il dolore di avere qualcuno che si lamentava di te, che ti chiamava, che ti ignorava, che esigeva da te – era come essere madre di un bambino troppo cresciuto.

A essere sinceri, lui non lasciava l'appartamento spesso. Solamente di notte, e solamente con un travestimento, gli era stato concesso di uscire all'aria aperta, nelle strade prive di traffico e di gente, anche se era solo per pochi attimi o meno. Lei sospettava che uscisse anche durante il giorno, ma non era ancora riuscita a scoprirlo, e se l'avrebbe fatto, lui non avrebbe rinunciato, non avrebbe abbandonato il gioco (e lo avrebbe continuato).

Stanotte, nello specifico, stava provando ad essere particolarmente esasperante.

Era tornata a casa dall'ospedale per trovare la carcassa di un topo sul tavolino da caffè e una bottiglia di quello che sembrava sangue nel frigo. Per quanto riguardava Sherlock, era sdraiato prono sul divano, le gambe allungate oltre di esso, gli occhi chiusi, le ani alzate sopra di lui e le dita che si muovevano ad un qualche ritmo silenzioso, conducendo un'invisibile e muta orchestra dal suo pulpito.

“Per l'amor di Dio, Sherlock” borbottò lei mentre spostava la bottiglia di sangue di lato, facendo spazio alla frutta e alla verdura che aveva comprato, rifornendo il loro frigo per quella che sembrava essere la terza volta quella settimana. Non lo aveva mai visto mangiare così tanto, prima; gli era sempre stata vicina durante un caso, troppo impegnato ed assorto per mangiare. Ma ora, che era chiuso in uno spazio limitato ed incapace di lavorare, era un mostro vorace, un demonio sempre affamato che trangugiava qualunque cosa potesse trovare.

“Hmm?” rispose lui dal soggiorno, avendo a quanto pare terminato la sua analisi di una qualche indefinita polvere.

“Quello è un topo morto?” disse lei, facendo un cenno all'ammasso peloso sul tavolo, arricciando il naso a quella presenza in casa sua. Gli organismi morti, con i quali aveva a che fare, preferiva restassero all'obitorio, a cui appartenevano.

“Sì, sì” rispose lui distrattamente, torturando una rivista arrotolata tra le mani. Balzò su dal suo posto sul divano e fissò lo sguardo sul ratto, improvvisamente affascinato. “Volevo testare una reazione chimica particolarmente controversa su tessuti vivi, appunto per questa mia impossibilità di procurarmi soggetti umani. Sono stato obbligato a scegliere un roditore di dimensioni adatte e in buona salute. E' stato abbastanza affascinante”.

Lei non disse nulla, scosse solo la testa in una tacita frustrazione. Un ratto morto oggi, una mano amputata la settimana prima – per non parlare del violino che ha dovuto confiscargli, li non sapeva che poteva essere osservata?

“Hai preso le patatine?” domandò lui, improvvisamente accanto a lei, e lei sobbalzò per la sorpresa, lasciando cadere l'ultima borsa per terra. Gemette con fastidio a guardare il latte fuoriuscire dal cartone, rovesciandosi sul pavimento, inzuppare il pane e ricoprire le banane con una pellicola bianca.

“Sherlock!” gridò, sbalordendo sia lui che sé stessa “Solo, solo lasciami sola, okay?” disse, esasperata. Si inginocchiò sulle mattonelle, asciugando con uno straccio, e raccogliendo il cibo guasto per buttarlo nel cestino.

Lui la stava ancora fissando quando questa si tirò in piedi, e lei sospirò solamente nel guardarlo. “Cosa?” domandò, incredibilmente stanca.

E allora lui la stava baciando. Sulle labbra, esattamente sulle labbra. Le labbra di lui sulle sue. Lei non poté pensare. Non poté respirare. Era passata dal piangere letteralmente sul latte versato all'essere baciata dal (forse ex) uomo dei suoi sogni, un bacio a tutti gli effetti, le mani di lui su entrambi i lati del suo viso, tenendola stretta contro di lui. Poteva sentirne il gusto sulle sue labbra, un gusto che ricordava il tea earl grey e la vaniglia, un gusto piacevole e sorprendentemente dolce. Si inclinò verso di lui, quasi inconsciamente, cedendo alla sensazione di sentirlo contro il suo corpo, come in uno dei suoi sogni più profondi e intimi.

E quindi si allontanò, e la guardò. “Meglio?” chiese.

Lei lo fissò soltanto, sbalordita. “Mi- mi hai baciata solo per farmi sentire meglio?” domandò incredula.

Lui alzò un sopracciglio e solamente ricambiò il suo sguardo. “Certamente. Non ti senti meglio? Sembri sempre stare meglio quando ti tocco, ho solo pensato che quello avrebbe potuto...”.

Lei lo interruppe, la sua mascella serrata, il suo cuore affondare dolorosamente nel suo petto. “No, no” disse enfaticamente, le parole strette tra i suoi denti “Non è così che mi fai stare meglio, Sherlock”.

Con ciò. Lei si girò sui suoi talloni e scomparve nella sua stanza, sbattendo la porta dietro di sé. Poteva sentire le lacrime scorrere sulle sue guance, una sensazione di fresco sulle macchie rosse ardenti di imbarazzo sulla sua pelle.

Molto stupida, Molly, pensò tra sé e sé, umiliata, non ti avrebbe mai baciata davvero.

Non uscì dalla sua stanza per il resto della notte. E quando uscì la mattina, non lo trovò (e nemmeno il ratto).

 

 

 

 

NOTE DELLA PIGNA

Pace e prosperità, Umani.

Approfitto della domenica libera dallo studio (?) per pubblicare la seconda parte della storia di Aelan Greenleaf, Three. La terza ed ultima parte è già pronta, devo solo più salvarla sul pc e poi posso pubblicarla :)

Ringrazio tutti coloro che hanno letto e esorto i lettori fantasma e non a lasciare un piccolo commento sul mio lavoro. Le recensioni fanno sempre piacere e non credo vi rubino più del tempo che avete impiegato a leggere :)

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Capitolo 3
*** L'Ultima Volta ***


La terza volta che la baciò fu differente.

Erano passati circa due mesi da quando lui scomparve dal suo appartamento, un fuggitivo nelle strade di Londra. Inizialmente, aveva pensato che si era semplicemente allontanato per un po', volendo restare il più lontano possibile che poteva da una donna emotiva (e, ripensandoci, come poteva biasimarlo?).

Ma passarono i giorni, e poi le settimane, e realizzò lentamente con la sensazione di sprofondare che se n'era andato davvero, che se c'era andato via, per una buona volta.

Lei non aveva voluto scacciarlo. Era solamente stata sopraffatta – averlo sempre intorno, come una piccola vespa fastidiosa nelle sue orecchie, che ronzava sempre, che chiedeva sempre la sua attenzione. Per non menzionare il fatto che lei era ancora innamorata di lui, innamorata di un uomo impossibile, il quale stava vivendo sotto il suo stesso tetto, una presenza costante nella sua vita che non poteva ancora rivendicare come propria.

Ma lui se n'era andato.

Desiderò di poter smettere di pensare a lui. Desiderò di poter smettere di ricordare la sensazione delle labbra di lui contro le le sue, il modo in cui le sue mani si erano chiuse intorno al suo viso, come sospirò, così dolcemente, quando baciò la sua bocca. Desiderò di poter smettere di immaginarsi il modo in cui dormiva sul divano, tutti gli arti scompostamente allungati, come se fosse giusto collassato improvvisamente. Desiderò di poter scordare il suono della sua voce, quella profonda voce baritonale che sembrava avvolgerla dal profondo ogni volta che parlava, attirandola verso di lui.

Svenne quasi la volta successiva che sentì di nuovo quella voce.

Era buio quando lei lasciò l'ospedale. Il viaggio in metro trascorreva silenzioso, calmo, quella sera, praticamente con il suo scompartimento vuoto. Due fermate dopo l'ospedale un uomo le si sedette accanto, le loro cosce si sfioravano, e lo guardò torva da sotto la sua sciarpa, scontenta che lui le si fosse dovuto sedere così vicino con il vagone vuoto.

L'uomo si inclinò verso di lei, un vecchio uomo con un cappello a brandelli, la barba brizzolata e grigia. Lei provò ad allontanarsi, facendo per alzarsi, quando lui parlò all'improvviso, e le sue ginocchia si piegarono a quel suono.

Aspetta” disse dolcemente, e lei avrebbe riconosciuto quella voce tra mille. Si sedette (si lasciò cadere) giù, le sue ginocchia che crollarono sotto il suo peso. Lo guardò, ed incrociò i suoi occhi, quegli abbaglianti, indimenticabili occhi, e il suo cuore la tradì ancora una volta, battendo velocemente e furiosamente nel suo petto.

Sei tu” sussurrò, ancora fissandolo, catturata da qualche parte tra shock e totale sollievo.

Mi dispiace di averti trattata così male, Molly” le disse, la sua voce quasi un sussurro. “Io... John ha detto che io tendo a fraintendere i discorsi.”

E' ok” rispose lei, ed onestamente lo era. Era solo felice di vederlo, vivo e sano e intero.

Moriarty è ancora vivo” disse lui, e quella sensazione di felicità scomparve così velocemente come arrivò.

Cosa?” respirò, “M-ma si era sparato, giusto?”.

I suoi occhi tornarono freddi, quasi pericolosi, in qualche modo. “Sembrerebbe di no.”

C-cosa dovrei fare?”

Lui prese la sua mano nelle sue, e la strizzò piano. “Sii attenta. Potrebbe osservarti. Resta al sicuro.”

La voce metallica annunciò la sua fermata, e lei desiderò di non doversene andare. “Gr-grazie. Per avermelo detto. Solo... Grazie.”

Annuì, e lei non potè fare a meno di sorridere al modo in cui la sua barba oscillò quando mosse la testa, un così strano spettacolo sul suo volto pulito normalmente rasato. Un travestimento efficace, senza ombra di dubbio.

Addio, Molly” disse dolcemente, inchinandosi per baciarla sulla guancia. E come lui si inchinò, lei voltò il suo viso, incontrando la sua bocca con la propria. Poté sentire il suo shock come registrò lo strano evento, e si congelò per un momento, insicuro su cosa fare. Il treno iniziò a rallentare, e lei fece per allontanarsi, ma allora lui le mise la mano dietro la nuca, e spingendola contro di sé, con energia e velocemente, e quello non fu altro che un bacio d'addio, nulla di più. C'era sentimento dietro il suo tocco, emozione, e ora era il turno della ragazza di congelarsi, indecisa su cosa fare.

La lasciò andare all'aprirsi delle porte, e lei si inciampò all'uscita, ancora guardando verso di lui, sentendo ancora il fantasma delle sue labbra contro le sue, una sensazione spettrale che lei desiderò ricordare per sempre.

Ma il mezzo si allontanò e la sensazione svanì, e lei fu lasciata sola sul marciapiede, on un animo confuso e un cuore pesante.






NOTE DELLA PIGNA

Buon sabato piovoso a tutti!

Con questo capitolo si chiude questa bellissima shot di Aelan Greenleaf, che ringraziò ancora, pur sapendo che i miei e i vostri ringraziamenti non gli arriveranno mai (manco fosse morto...) :')

Ringrazio chiunque abbia voluto leggere la storia e le mie adorate editor (vi detesto, con amore <3 ) e spero di riuscire a trovare ancora una storia da tradurre nei meandri giganti di fanfiction.net :)

Buon fine settimana a tutti ed alla prossima <3

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