KHR! 11^ Famiglia (Seconda Saga) ~ Clover's Arc~

di Lushia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Target 1 - Medio Oriente I ***
Capitolo 2: *** Target 2 - Medio Oriente II ***
Capitolo 3: *** Target 3 - Medio Oriente III ***
Capitolo 4: *** Target 4 - Medio Oriente IV ***
Capitolo 5: *** Target 5 - Medio Oriente V ***
Capitolo 6: *** Target 6 - Medio Oriente VI (Epilogo) ***
Capitolo 7: *** Target 7 - Spagna I ***
Capitolo 8: *** Target 8 - Spagna II ***
Capitolo 9: *** Target 9 - Spagna III ***
Capitolo 10: *** Target 10 - Spagna IV ***
Capitolo 11: *** Target 11 - Spagna V ***
Capitolo 12: *** Target 12 - On the Ship I ***
Capitolo 13: *** Target 13 - On the Ship II ***
Capitolo 14: *** Target 14 - Canada I ***
Capitolo 15: *** Target 15 - Canada II ***
Capitolo 16: *** Target 16 – Canada III ***
Capitolo 17: *** Target 17 – Canada IV ***
Capitolo 18: *** Target 18 – Canada V ***
Capitolo 19: *** Target 19 – Canada VI ***
Capitolo 20: *** Target 20 – Canada VII ***
Capitolo 21: *** Target 21 – Canada VIII ***
Capitolo 22: *** Target 22 – Canada IX ***
Capitolo 23: *** Target 23 – Canada X ***
Capitolo 24: *** Target 24 – Canada XI ***
Capitolo 25: *** Target 25 - Back Home (END) ***
Capitolo 26: *** SpecialTarget 26 – Il Ballo ***



Capitolo 1
*** Target 1 - Medio Oriente I ***


Target 1 - Medio Oriente I

cover

- Ehi ehi ehi, guardate laggiù! Come sono minuscole le persone!! - Kaito appiccicò il naso sul vetro.
- Non muoverti così, sta seduto! - gli disse Haname, cercando di farlo calmare.
- Eh, è emozionato perchè non aveva mai preso l'aereo prima d'ora... - Luca si trovava seduto in modo composto ed era totalmente tranquillo.
- Ma se l'ha preso per andare e tornare dall'Italia! - puntualizzò Arashi. - E' la terza volta, suvvia. -
- La piantate con questo casino? - disse Cloud, secco - Sto cercando di ascoltare un po' di musica. -
- … Sai quel lettore mp3 dove te lo ficco, nuvola asociale? -
- Dovresti moderare i termini, signorina tempesta. Sei una fanciulla, non un ragazzaccio di strada. -
- … Ok io lo disintegro. -la rossa fece per prendere le sue due pistole gemelle dalle custodie ma venne prontamente fermata da Kaito e Haname che tentarono di placare la sua furia esplosiva. - LASCIATEMIIII! - urlò, arrabbiata.
- Sigh, dovrebbero sedarla. - l'occhialuto guardiano della nuvola tornò a sentire la musica, appoggiando la testa allo schienale del suo sedile.

La nebbia, invece, stava consultando come al solito i suoi tarocchi, poggiandoli sulle gambe.
- Uhm, ha ragione, Arashi dovrebbe calmarsi un po'... come la nostra boss che è così silenziosa... -
Dopo che Shinji aveva pronunciato quella frase, il gruppo si voltò verso la Vongola, che fissava silenziosa il finestrino con uno sguardo abbastanza serio.
- Uh... non ha detto una parola... - Haname la osservò con un'espressione triste.
- Scommetto che pensa di averci costretto a questo viaggio. - la rossa, che si era appena calmata, sbuffò.
- Ma che poi... dov'è che siamo diretti? - Kaito si grattò il capo.
- Andiamo in Spagna, ma non so perchè...- Haname osservò il biondino con sguardo confuso.
La tempesta sospirò, sedendosi al suo posto e accavallando le gambe.
- Qualsiasi sia il motivo sono sicura che Nozo ha una ragione più che valida per volerci portare là. - si morse le labbra - o, almeno, lo spero per lei.
- Il fatto che non ce ne abbia ancora parlato mi dà abbastanza fastidio. - affermò Haname, sotto lo sguardo accigliato della tempesta - siamo suoi guardiani ma, prima di tutto, siamo suoi amici. Non dovrebbe metterci al corrente dei suoi pensieri? -
- Spero non sia ancora convinta di non volerci dare pesi. E' snervante che voglia tenersi tutte le responsabilità. -

- Oh-oh... - Shinji sembrava preoccupato.
- Oh, che era quello? - Kaito si agitò.
- Un verso a caso. - Luca ridacchiò.

Dal sedile dietro Arashi si affacciò un Masato perplesso.
- Oh-oh... cosa? Non mi piace come suona... -
- A nessuno piace. - la donna bionda era seduta in modo composto accanto al fratello di Arashi e continuava ad osservare con insistenza la sua allieva, Nozomi, immersa nei suoi pensieri.
La nebbia scosse il capo, voltandosi verso la sua famiglia e assumendo un'espressione preoccupata.
- Beh... ecco... non vi piacerà saperlo. -
- Dillo e basta, no? O vuoi che ti faccia mordere dai miei alpaca? - Kaito sembrava davvero nervoso.
- Calmiamoci un po' e sentiamo cos'ha da dire, no? - disse Haname.
La nebbia scosse il capo e si voltò dal lato opposto, verso la Vongola.
- Abbiamo un problema... Nozomi. -
Come se si fosse appena svegliata da un sogno, la ragazzina portò la sua attenzione al brunetto.
- Guai molto grossi... così dicono i tarocchi. -
- ...Fra quanto? -
- Beh... tipo... 3... -

La nuvola si staccò le cuffie dalle orecchie, fissando i presenti con aria annoiata.
- Tre cosa? Tre giorni? - Arashi alzò un sopracciglio.
- …2... -
- ...eh? - Kaito afferrò il braccio di Haname che rimase in silenzio, perplessa.
- Non posso crederci... - Luca si guardò intorno, spaesato.
Nozomi si alzò, recuperando la sua borsa e mettendosela a tracolla con una calma spaventosa. Arina la imitò, scuotendo Masato e Jun costringendoli a muoversi.
- ...1... -
- EHI FERMO! Per l'amor del sole cosa cavolo sta succedendo? - Kaito saltò dal suo posto e si gettò addosso ad Haname.
- NON VORRAI FAR CADERE L'AEREO, SPERO! - anche Arashi si era alzata con uno sguardo terrorizzato.

I ragazzi si ritrovarono ormai tutti in piedi, compreso Cloud che si muoveva con una lentezza incredibile, mentre dall'altoparlante giungeva una voce femminile e metallizzata la quale avvisava che l'aereo avrebbe sostenuto un atterraggio di emergenza e non dovevano agitarsi poichè era tutto sotto controllo.
Il tutto seguito dall'abbassamento del velivolo, alcune urla provenienti dai passeggeri spaventati e da un allarme ripetitivo che echeggiava fastidiosamente per i corridoi.

- No, ma scherziamo?! - Masato si aggrappò ad un sedile, disperato.
- ARASHI E' COLPA TUA! - urlò il sole, aggrappandosi anche lui al sedile.
- COSA CAZZO CENTRO IO?! - gli rispose la tempesta, più infuriata che confusa.
- … I miei tarocchi funzionano meglio del previsto da quando uso la fiamma della nebbia per prevedere... - il bruno abbozzò un sorriso.
- Non è il momento di pensare a questo! - gli disse Luca, che si guardava attorno spaesato.
Jun, che sembrava il più terrorizzato, aveva afferrato la giacca di Arina e non sembrava volerla lasciare. Il suo sguardo rappresentava il puro terrore e le sue labbra pronunciavano alcune preghiere in modo continuo e ripetitivo.

Arashi afferrò il suo bagaglio a mano e affiancò Nozomi mentre Haname si infilava a tracolla la sua borsa e Kaito stringeva spaventato il sedile, piagnucolando.
- COSA FACCIAMO COSA FACCIAMO COSA FACCIAMO COSA FACCIAMO -
- Inizia col prendere la tua borsa e poi raggiungiamo la Juuichidaime! - gli disse il fulmine, staccandolo contro voglia dal sedile mentre afferrava il suo bagaglio.

- Calmi, è solo un atterraggio di emergenza. - spiegò Arina - Non moriremo distrutti... -
- Buono a sapersi. - la nuvola sembrava seccata.
- Ad ogni modo, tenetevi pronti. - disse Nozomi, osservandosi intorno - Non sappiamo per quale motivo abbiamo avuto questo problema. -
- … Nozo, pensi ancora che ci sia qualcuno che... - la tempesta si morse il labbro.
- Non mi fido più di nulla. - la ragazzina scostò lo sguardo, seria - Qualsiasi problema si presenti sulla mia strada potrebbe essere dovuto a quello che sono. -
- Tsk, questo suo atteggiamento è snervante. - Cloud si sistemò gli occhiali, osservandola sottecchi. - Ancora mi chiedo perchè la sto seguendo. -
- Per i cimeli, forse? - Arina osservò il ragazzo per poi scuotere il capo - Ad ogni modo è inutile fasciarsi la testa prima del tempo. Restiamo uniti e attendiamo. -
- Allora tenetevi forte. - affermò Cloud - L'impatto lo sarà. -
- Quale impat--

Kaito non riuscì a finire la frase poichè il gruppo venne quasi sbalzato indietro quando l'aereo toccò con forza il terreno, costretto a fermarsi nel bel mezzo del nulla in chissà quale luogo, mentre strusciava con prepotenza creando una scia di terra smussata dietro di sé.
Il sole, che era rotolato all'indietro, si rialzò barcollante poco dopo, quando il boato e le scosse nel velivolo erano terminate e il gruppo dei Vongola si stava rialzando con fatica e preoccupazione.
I corridoi erano pieni di voci e urla, i passeggeri continuavano ad imprecare e a gridare spaventati mentre era già apparso il pilota che stava tentando di rassicurarli.

- Vi assicuro che è tutto a posto! - spiegò il pilota - L'aereo non ha subito gravi danni, state tranquilli! Dateci solo modo di contattare la torre di controllo più vicina per chiamare i soccorsi! -
- … Usciamo un po', vediamo dove siamo. - disse la Vongola, avvicinandosi al portone.
- Sei sicura? Potrebbe essere pericoloso. - le chiese Arina, preoccupata.
- Il pericolo dev'essere parte integrante della nostra vita. - rispose.
La sua tutrice le afferrò il braccio, costringendola a voltarsi verso di lei.
- Undicesima, finiscila. Questa tua arroganza sta dando fastidio a tutti. Ricorda che siete dei ragazzi e, per giunta, senza esperienza. - le disse, severa - Quindi non fare l'incosciente. -
La brunetta scostò lo sguardo, afflitta.
- … Io lo dico perchè mi fido di loro e delle loro capacità. E' per questo che siamo su questo aereo... - spiegò.
- Più che altro sembra che tu li stia trascinando dietro come un bagaglio. -
- Come? - alzò un sopracciglio.
- Guardati attorno e apri gli occhi. E' l'unico consiglio che posso darti, ora. - la donna si lisciò i capelli con non curanza sotto lo sguardo confuso della ragazzina.
- Ma... Se li ho portati qui è perchè dobbiamo creare un legame più forte che ci unisca e che distrugga i nostri nemici. - spiegò, quasi spaventata.
La sua tutrice la osservò sottecchi.
- Sembra che tu stia cercando delle scuse. - disse - ...Scuse mischiate a favole per bambini. Dovresti riflettere su ciò che dici, Undicesima. I tuoi ragionamenti non stanno nè in cielo nè in terra. -
- Non sto cercando scuse! Voglio creare una forte armonia tra di noi, non ci sono altri modi per farlo! -
- A me sembra che tu stia volando troppo con l'immaginazione… - sospirò - E poi... un'armonia, dici? - la bionda parve perplessa.
- Ah ah. - la nuvola spuntò dietro le due, osservando dapprima la bionda e poi la Vongola. - Armonia, eh? Parli dei “Number XI” o parli di noi come tuoi... “guardiani”? -
La ragazzina si portò di fronte al giovane, fissandolo con serietà.
- Parlo di noi come famiglia... hai detto che siamo fuori sincronia, no? -
- La vostra melodia è così patetica... non ha energia né emozioni. -
- Allora il tuo aiuto è fondamentale, Cloud. Devi sincronizzarci tu. -
- Non mi interessano queste cose. - rispose, secco.
- Ti darò ciò che vuoi, ma come maestro d'orchestra non puoi venir meno a questa richiesta. Voglio che il gruppo possa agire lungo la stessa linea d'onda. -
- Uhm. - la nuvola si sistemò gli occhiali e la brunetta gli sorrise.
- Dobbiamo capirci senza nemmeno dover parlare... dev'essere la musica a guidarci, un'armonia che tutti noi abbiamo nel cuore e che risuoni in modo eguale per tutti. -
- Tutto ciò è impossibile se non ridicolo. -
- Non è impossibile e io non temo le difficoltà. Sicuramente nemmeno gli altri. - La Vongola incrociò le braccia.
- ... Sei troppo sicura di te stessa, ragazzina. - il ragazzo socchiuse gli occhi - Abbassa la cresta, altrimenti ti troverai in guai seri. -
- E torna con i piedi per terra. - aggiunse Arina.
La Vongola si voltò, sospirando e con un'espressione abbastanza adirata.

La ragazzina raggiunse la porta del velivolo e tentò di aprirla. Kaito e Luca la affiancarono, aiutandola a sbloccare il portone che venne lasciato scivolare verso il basso, aprendo un varco che riempì la cabina di aria fresca.

Arashi si avvicinò ad Arina che era rimasta a guardare l'operazione senza proferire parola.
- … E' così sicura e decisa, la faccenda di suo padre l'ha sconvolta parecchio. - disse, storcendo la bocca - Ma arrivare fino a questo punto... non so cosa abbia in mente. -
- … Posso capire che Decimo era per lei un punto di riferimento, è per questo che Undicesima non riesce ad accettare che abbia potuto negarle il suo aiuto... - disse, sovrappensiero - Ma doveva aspettarselo. Decimo non ha mai voluto che Undicesima prendesse questa strada, che cosa pensava? Che avrebbe accettato a testa bassa la sua decisione? -
- Arina. Cosa dobbiamo fare? - le chiese all'improvviso la rossa - Non sono sicura che stia agendo in modo opportuno. - aggiunse.
- Lasciala scorazzare sul campo minato. Imparerà a sue spese cosa significa volare con la fantasia senza fermarsi a riflettere sulle cose. -
La risposta di Arina sembrò spiazzare Arashi che strabuzzò gli occhi, sorpresa.
- Quindi... devo lasciare che continui a fare cazzate? -
- Tanto non riuscirebbe a comprendere, la sua vista adesso è annebbiata. Non potrà capire finchè non sbatterà contro un muro. -

- Ehi ehi, nee-chan, Arashi! - Luca si avvicinò energico alle due - Venite giù a vedere, siamo tipo in una foresta e c'è anche un fiume! -
- Un fiume? - la bionda si mosse, affiancando il fratello assieme alla rossa.
- Juuichidaime ha ipotizzato che siamo in un qualche regione indiana o araba, non so, ad ogni modo dobbiamo far scendere tutti dall'aereo! -
- Ah, l'ha ipotizzato lei? - Cloud passò davanti ai tre - Allora dev'essere sicuramente così, eh. -
Luca lo squadrò con aria perplessa mentre Arina si limitò a sospirare, seguendo l'occhialuto quando Masato non si avvicinò a lei per aiutarla a scendere.
- Uh, sì che è così! ... almeno credo. - il fulmine si grattò il capo, osservando confuso il rosso che aiutava sua sorella.
- Era palesemente ironico. - affermò Arashi, superando anche lei il povero fulmine che sembrò ancor di più spaesato - Scemo. -
Masato, che si trovava davanti allo sportello, le tese la mano con l'intenzione di aiutare sua sorella ma lei lo scacciò con forza.
- Toglimi le mani di dosso, deficiente. So scendere da sola. -
Il rosso restò perplesso a fissare la sorella che scivolava fuori dal varco.
- … Ma perchè mi odia così tanto? - anche il rosso aveva varcato la porta ed era sceso sull'erba fresca, notando gli alti alberi che circondavano il paesaggio.
- Hai mai provato a lasciarla in pace? - gli chiese Cloud, che si trovava accanto al velivolo con un'espressione annoiata.
L'ingegnere si voltò e i due occhialuti restarono per qualche secondo a fissarsi.
- … Tu sei proprio il tipo di persona assillante che lei odia. - ridacchiò, allontanandosi.
- ...Oh... non sono bravo con i rapporti interpersonali, mi intendo solo di macchine e... si, a quanto pare dovrò studiare meglio questa situazione. - si aggiustò gli occhiali per poi seguire la nuvola verso il gruppetto.

Dopo aver esplorato la zona circostante, composta per lo più da fitta vegetazione eccetto un fiume che bagnava quelle terre, il gruppetto aiutò i restanti passeggeri a scendere dall'aereo mentre il pilota li ringraziava.
- Ho tentato di contattare la torre di controllo ma la ricezione è disturbata... ad ogni modo pare che siamo in Turchia. -
- Uh, almeno verranno a riprenderci? - chiese Arina, preoccupata.
- Ci metteranno un po', questo posto è pericoloso per via di un conflitto interno con i governatori, devono agire in sicurezza per evitare che qualcuno possa finire nelle mani dei ribelli. - spiegò l'uomo, arruffandosi nervosamente i capelli castani.

Lo staff, tecnici e hostess compresi, stava tentando di costruire delle tende con quel che rimaneva dei paracadute, dei lenzuoli e degli asciugamani presi dal velivolo.
Anche gli uomini presenti tra i passeggeri decisero di aiutare mentre le donne prestavano soccorso ai pochi feriti, cercavano frutti tra gli alberi e prendevano acqua fresca dal fiume.
La donna bionda osservò la sua allieva avvicinarsi al gruppetto dei guardiani con il solito sguardo da 'fidatevi-di-me-che-so-cosa-fare'.
Non lasciò che la rabbia prendesse il sopravvento, dopotutto aveva già rassicurato Arashi poco prima. Qualsiasi cosa sarebbe accaduta a causa della sconsideratezza della ragazza, le sarebbe stata di grande insegnamento.
Era stupido e inutile continuare a parlarle, la sua testa era più dura del diamante.
Aveva già deciso che la scelta migliore era quella di lasciare che fosse l'esperienza ad insegnarle, perciò non si tirò indietro. Tanto non c'era nulla che lei potesse fare per farle aprire gli occhi.

- Allora. Luca e Kaito, aiutate gli addetto a costruire le tende per la notte. - ordinò la ragazzina, osservando i due.
- Oh, facciamo qualche buona azione! - Kaito si rimboccò le maniche.
- Agli ordini! - Luca seguì il sole verso l'accampamento in costruzione.
- Cloud, tu sei un bravo coordinatore, spero che darai una mano a seguire i lavori e a decidere i compiti da affidare. - la bruna lo fissò negli occhi.
- Perchè dovrei? - ricambiò lo sguardo, annoiato - Va beh, tanto so che già che mi assillerai finchè non cambio idea. - aggiunse subito, sbuffando - Vediamo di armonizzare un po' questa combriccola di disordinati... -
La Vongola si voltò verso la nebbia, che si trovava seduto su un tronco ad osservare i suoi tarocchi con aria pensierosa.
- Shinji... l'unica cosa che potresti fare è controllare che tutti siano al sicuro, perciò sta qui e tieni gli occhi ben aperti... -
- ...Eh? … ma Nozomi... - il giovane sembrò contrariato e la brunetta lo osservò sottecchi.
- … La tua migliore qualità risiede nei tuoi sensi più sviluppati dei nostri. - spiegò - Il tuo compito è stare attento a qualsiasi cosa... Consulta anche i tuoi tarocchi in caso... sei tipo una sentinella … anzi no, sei a metà tra una sentinella e un medium... o uno sciamano... boh, non me ne intendo. - scrollò le spalle.
Shinji fissò la ragazzina con stupore per poi ridacchiare con timidezza.
- Ok. -

La Vongola si voltò verso le due ragazze accanto a lei.
- Bene, bellezze. Noi andiamo a procurarci del cibo! - ammiccò in modo così convincente che l'iniziale perplessità delle due svanì con un sospiro per poi dar posto ad un sorriso.
- Oh yeeees, ho così tanta fame che mi mangerei un alpacorno rosa. - esclamò Arashi, alzandosi.
- Mi sento tanto una sopravvissuta sull'isola deserta, come in quel film! - disse Haname, affiancandola.
- Ma non siamo su un'isola, però. -
- Dettagli. -
- … Nozomi... devo già avvisarti. - non avevano nemmeno fatto due passi che il bruno le aveva non solo costrette a fermarsi, ma si erano anche già spaventate.
- E ma vaffanKaito! - imprecò la tempesta, alzando le mani al cielo per poi lasciarle cadere violentemente sui fianchi. - Che diavolo succede ora? Un'invasione di orangodrilli alieni?! -


- Oh, capisco... siamo tipo... circondati...? - la spadaccina si guardò intorno con serietà.
- … Ma sono normali tizi a caso... -
Nozomi non riuscì nemmeno a finire la frase che un gruppo di uomini, con zaini e fucili imbracciati, si era riunito intorno ai superstiti circondandoli e tenendoli sotto mira con le loro armi.
Erano vestiti con casacche e pantaloni sporchi, i loro volti erano freddi e seri e tra di loro c'erano anche alcuni ragazzini.

Kaito, Luca e Cloud si allontanarono rapidamente dalle tende per riunirsi al quartetto poco distante; Arina, Masato e Jun restarono accanto ai feriti che stavano aiutando.
Jun tremava di paura e si aggrappò nuovamente ad Arina, che non disse nulla e si limitò ad osservare il pilota che si avvicinava ai ribelli con le braccia alzate, mantenendo una buona dose di sangue freddo.
- Abbiamo dovuto fare un atterraggio di emergenza, perdonateci... non fateci del male. -
Un uomo dalla carnagione più scura si avvicinò al pilota, tenendogli il fucile puntato alla fronte.
- Non vi faremo del male ma ci sarete utili. - sembrò osservare i poveri malcapitati con i suoi inquietanti occhi scuri.
- Alzatevi, abbiamo molto da camminare. -
Arina si voltò verso il gruppetto dell'undicesima famiglia il quale, immobile, si limitava a fissare la scena.
- … Boss, una tua parola e sono fritti. - disse Kaito sottovoce.
- No. Andiamo. - rispose lei, sicura.
- EH? - Arashi non fu l'unica a rimanere senza parole per quella decisione: si erano voltati tutti e cinque verso la ragazza, perplessi. - E' una buona occasione, questa. - aggiunse.
- Ah ah, capisco. - Cloud sembrò divertito.

Arina sospirò, voltandosi nuovamente verso gli uomini pericolosi.
- Uhm... quindi ci intrometteremo un po' nelle vite di questi allegri individui... -

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Capitolo 2
*** Target 2 - Medio Oriente II ***


Target 2 – Medio Oriente II

cover

I poveri malcapitati, dopo aver subito un atterraggio di emergenza ed essersi persi nel bel mezzo di una remota regione turca, erano finiti nelle mani di alcuni ribelli e venivano scortati verso una delle loro basi per motivi ancora sconosciuti.
Il pilota era l'unico a essere riuscito ad avvicinarsi all'uomo dalla carnagione leggermente più scura il quale era completamente avvolto da una bandana per cui non era possibile riconoscere altri particolari. L'uomo tentò invano di chiedere la liberazione dei poveri ostaggi ma non venne minimamente calcolato.
Intanto, la ciurmaglia di ribelli assieme ai passeggeri disorientati e spaventati, si facevano largo tra il fogliame della fitta foresta che via via si diradava per dar posto ad una improbabile cittadina a metà tra i boschi e un'ampia zona desertica che si poteva scorgere sin dalla periferia nella notte più buia.
Mentre tutti seguivano, più o meno in silenzio, gli uomini armati, l'undicesima famiglia si era completamente calata nella parte dei poveri profughi e, anche loro quasi in silenzio, seguivano la banda senza obiezioni.
Finchè un sospiro abbastanza calcato non interruppe l'atmosfera tesa e riflessiva che si era creata.

- Uff. Mi fanno male i piedi. - disse Shinji.
- Ma come, per così poco? - Kaito lo osservò con perplessità.
- Bah, non è abituato a camminare molto. - Luca sorrise.
- … Ecco... -
- Questo perchè non ti sei allenato e non hai fatto nulla per il tuo corpo flaccido. - spiegò Arashi.
- … -
- Nonostante tutto, ciò che serve per Shinji è la mente e non il corpo. - intervenne Arina - Va bene che non sia così forte... -
- Un illusionista deve essere forte psicologicamente, giusto? - chiese Masato, pensieroso.
- Eh, ma un po' di resistenza in più non gli farebbe male. - Kaito sbuffò.

Alcuni uomini armati si voltarono verso i ragazzi, tra le bandane che ricoprivano i loro volti traspariva severità e rabbia, Kaito ne fissò uno con uno sguardo perplesso e si zittì, così come gli altri che stavano ancora parlottando.
- Ad ogni modo... che ci facciamo in Turchia se dovevamo andare in Spagna? - sussurrò il Fulmine, osservando gli altri del gruppo che sembravano anche loro perplessi. Solo la Vongola si fece avanti e affiancò il giovane, così da potergli parlare senza che gli uomini si infastidissero.
- Pardonne-moi, è una compagnia low cost trovata per caso. - spiegò la ragazzina.
- Praticamente se siamo in questa situazione è colpa sua. - Cloud sospirò, rassegnato.
- Ehi, zitto te. - Arashi lo fulminò con lo sguardo - C'è un motivo per il quale abbiamo preso una compagnia low cost, sai? -
- Uh? E quale sarebbe? - Kaito sembrò interessarsi all'argomento.
- Chi pensi ci abbia pagato il viaggio? - la rossa scosse il capo con disapprovazione.
- Sul mio conto non c'era abbastanza denaro per potermi permettere una compagnia più sicura, non potevo certo chiedere a mio padre che me lo ricaricasse senza che lui sospettasse nulla. -
- Beh, direi che questo fosse scontato. - affermò la sua tutrice - Tuttavia non capisco perchè seguire questi ribelli anziché liberarci e ripartire. -
- Po... potremmo liberarci...? - la domanda dell'albino terrorizzato lasciò perplessi Arina e Masato, che erano accanto a lui. Il giovane Jun non aveva ancora aperto bocca da quando erano atterrati ed era rimasto spaventato e silenzioso per tutto quel tempo.

- Scherzi, vero? - Masato alzò un sopracciglio - Penso che con le loro attuali abilità possano sicuramente mettere fuori gioco qualche uomo armato. - affermò - Poi, in effetti, basta contare le caratteristiche di ognuno di loro. - portò l'indice sotto al mento, pensieroso - ...Con la destrezza e la rapidità di Haname-chan e di Undicesima, la forza di Kaito, la precisione e la furia di Arashi... poi, le illusioni inquietanti di Shinji e l'abilità nella moltiplicazione di Cloud... infine la resistenza di Luca e le sue barriere protettive utilissime nel difendere i poveri malcapitati durante gli scontri... -
Il giovane albino sembrò incredulo nel sentire quelle descrizioni così accurate delle abilità individuali dei ragazzi, rendendosi conto di quanto in realtà siano potenti senza che lui ci avesse mai fatto caso.

Quando finalmente raggiunsero un edificio fatiscente, che varcarono accolti da altri uomini dall'apparenza inquietante, mancavano ormai poche ore al sorgere del sole.
Avevano camminato tutta la notte e Shinji, così come Jun, Masato e gli altri passeggeri, erano stremati e si accasciarono al suolo appena raggiunsero una grande stanza distrutta per metà, impolverata e piena di detriti ma con alcune sedie intatte occupate in modo sciatto da degli uomini che discutevano tra di loro.
Alcuni uomini costrinsero gli ostaggi a indietreggiare, facendoli raggruppare in un angolino della stanza e reclamando un rigoroso silenzio.
L'uomo dalla carnagione scura si levò la bandana, rivelando la sua capigliatura scura e degli occhialini da aviatore, prelevò il pilota dal gruppetto e lo portò dinanzi agli uomini che stavano discutendo e che erano rimasti in silenzio nell'osservare gli ostaggi posizionarsi all'estremità della sala.

- Questi qua li abbiamo pescati nella zona della caduta. - disse, costringendo il pilota a inginocchiarsi davanti gli uomini. Due di loro si fecero avanti e affiancarono l'uomo con gli occhialini: uno dei due era bianco, barbuto e aveva una cicatrice sulla guancia destra; l'altro era di colore, aveva delle bende che gli coprivano l'occhio sinistro e una fascia verdastra a macchie legata attorno al capo, tra i capelli corvini e voluminosi.
- Beh, potrebbero tornarci utili per comunicare con i capi, teh. - affermò quest'ultimo.
- Sicuro che nessuno vi abbia visto o seguito, Erol? - l'uomo barbuto osservò con serietà l'uomo con gli occhialini che sembrava il più giovane del gruppo.
- Ehi, Alp, sempre così sospettoso... nessuno era nei dintorni. - Erol parve infastidito.
- Non so, ultimamente i militari sono sparsi ovunque per Mirjad, quei luridi bastardi. - Alp sembrò innervosirsi.
- Dopo che hanno preso il centro commerciale la nostra libertà è molto limitata. - Erol si infilò le mani nelle tasche del pantalone - Cercano di beccarci ma sarei disposto anche a strisciare come un verme pur di non farmi catturare. Ne va della libertà della nostra città. - diede un calcio ad una sedia, sbalzandola via.
- Calmi, voi due. - l'uomo di colore si era avvicinato al pilota, ora più che mai spaventato, chinandosi per guardarlo negli occhi. - Dunque. Tu sei il pilota dell'aereo precipitato, giusto? -
- S-sì... vi prego, liberate i passeggeri, sono indifesi... -
- Più sono indifesi, meglio è per noi. Ad ogni modo io sono Gazi, teh. - l'uomo si alzò, aggiustandosi le bende che gli coprivano l'occhio sinistro. - Sai perchè ho queste bende? - gli chiese.
- … No... - il pilota parve perplesso.
- Quando hanno massacrato i miei, ho cercato di difenderli. Avevo solo dodici anni, teh. Poi sono fuggito perchè volevano uccidere anche me. - raccontò.
- ...Oh... -
- Suppongo che dove vivete voi queste cose sono abbastanza rare, teh. - il suo sguardo era severo ma non sembrava odiare quegli stranieri arrivati per caso in quella città - Qui è nelle norma, almeno da quando c'è al potere quell'uomo. Prima di lui Mirjad era una cittadina tranquilla, ma il vecchio venne ucciso e lui ne subentrò con arroganza, mettendo i poveri alla stregua degli schiavi. -
- Mi dispiace... -
- Ad ogni modo voi ci servite come ostaggi. - spiegò Erol - Chiederemo allo stato la liberazione di Mirjad e dei militari da quello schifoso di Raif in cambio degli ostaggi. -
- Però... non ci farete del male, vero? - il pilota tremò, osservando con perplessità i tre uomini che si guardavano tra di loro con sguardi seri, senza proferire parola.
- Bah, questo non ti riguarda. - rispose Alp, secco. - A noi serve solo che lo stato ci caghi un po' e che elimini quel figlio di puttana. - sputò a terra.

Un uomo alto e abbastanza robusto si avvicinò ai tre, perplesso.
- Gazi, dove li mettiamo questi qui? - disse, rivolto all'uomo di colore.
- Penso che sia opportuno lasciarli in sala, sotto sorveglianza. - rispose lui.
- Li facciamo accampare qua dentro? -
- Chi se ne frega, tanto anche noi dormiamo accampati in giro per la base. - Erol si stiracchiò con non curanza.
- L'importante è che siano sorvegliati, teh. - affermò Gazi.

Il rumore di uno stomaco che brontolava rimbombò nel gruppetto di ostaggi. Non avevano mangiato nè bevuto ed erano depressi e terrorizzati per la situazione in cui si trovavano.
Era più che normale contando che solo il pomeriggio prima erano in viaggio per la loro meta mentre in quel momento, poche ore dopo, si erano ritrovati dispersi in Turchia in mano a dei ribelli che volevano usarli come ostaggi per la liberazione della loro città a discapito della loro salvezza.

- … Qualcuno ha fame... un alpaca mi ha detto che ha sentito uno stomaco brontolare... - il sole si dondolava come se fosse in trance.
Jun si voltò verso di lui, perplesso, notando che sembrava fuori di sé poichè, probabilmente, aveva molta fame anche lui.
- … Inizio a pensare che gli alpaca siano i tuoi amici immaginari, Kaito. - affermò Arashi ma senza la sua solita energia. Sembrava stanca anche lei.
- Ehhh... ma non li vedi? Stanno saltellando qui davanti ballando la hola mentre quello più alto prende a frustate gli altri... che crudeltà... - spiegò il biondino, con una voce basse e sussurrante.
- … Eh, la fame fa brutti scherzi. - Luca scrollò le spalle.
- Ad ogni modo anche io ho sentito lo stomaco brontolare, non era una sua visione. - affermò Masato, sospirando.
- Era il mio. -
Arashi e Haname si voltarono verso Nozomi.
- Uh... da quant'è che non mangi qualcosa, Nozo? - chiese la pioggia, perplessa.
- Uhm.. non me lo ricordo. -
- Ultimamente hai dormito e mangiato poco... fa male per la tua salute, Undicesima. - disse Arina, senza marcare troppo il suo disappunto.
- Ehi, dimmi la verità. E' per tuo padre? - le chiese la rossa, osservandola con severità.
- … -
- Smettila di nascondercelo, Nozo. L'abbiamo capito tutti che sei depressa. -
- Quello che è successo con Juudaime... nessuno di noi se lo aspettava, non è colpa tua. Non prenderti colpe. - disse il fulmine, abbozzando un sorriso.
- Lasciatela da sola, è una fottuta vittimista. Vuole solo le nostre attenzioni e nel mentre cerca di farsi figa. - spiegò Cloud, osservando sottecchi Arina che ricambiò il suo sguardo.
La rossa si voltò offesa verso la nuvola.
- Ehi, cazzi suoi se vuol fare la vittima, ok? -
- Ma lascialo stare, ha ragione. - la bruna osservò dinanzi a sé senza smuovere il suo sguardo. La tempesta tornò a fissarla con uno sguardo dapprima perplesso, poi serio. - La faccenda di mio padre mi ha lasciato senza parole e ammetto di aver anche pensato di essere un totale fallimento. -
- Non è ostentando sicurezza e arroganza che puoi superare questo tuo stato d'animo. - bisbigliò Arina, ma Nozomi non le diede peso.
La nuvola si voltò a guardare la bruna con uno sguardo pensieroso mentre gli altri sembravano alquanto perplessi dalla sua affermazione.
- … Tu che riveli i tuoi complessi con così tanta noncuranza? Devi avere la febbre. - Arashi si grattò il capo.
- Ma no Nozo, cosa vai a pensare? Tu non sei una fallita, è tuo padre che non capisce i tuoi sentimenti e vuole importi i suoi. - Haname sembrava quasi più dolce del solito e lei ridacchiò.
- E' vero, ma dopotutto io ho sempre cercato di essere forte per avere la fiducia delle persone e sorvolare sul mio sesso. -
- Essere donne non è sinonimo di debolezza. - disse la sua tutrice.
- Per te, forse. Ma per gli altri? -
- Continui a pensare ai giudizi altrui. Perchè non la pianti di farti influenzare dalle loro affermazioni? - Arina sembrava seccata.

- La gente è fottutamente superficiale. - affermò Arashi.
- Già, dopotutto basta che io sia me stessa, no? -
- Precisamente. E' per questo che siamo con te. - Haname allungò la mano e accarezzò i boccoli castani della ragazzina.
- Tsk, non siamo qui per sentire i tuoi piagnistei e i tuoi complessi da ragazzina in fase di crescita. - l'affermazione di Cloud creò un'atmosfera gelida e il giovane sbadigliò.
- ...Eppure ha alquanto ragione... - disse Shinji.
- … Potrebbe dirlo in un modo migliore. - Masato lo osservò sottecchi.
- A me dà fastidio il modo con cui ti rivolgi a noi. Chi ti credi di essere, signor io-sono-figo-e-voi-siete-infimi-e-scemi? - la tempesta incrociò le braccia.
- La sua schiettezza è il suo miglior pregio. - la brunetta sorrise, dopo molto tempo da quando erano tornati dall'Italia.
- ...Ma vi siete messi d'accordo senza che lo sapessimo? - Luca inarcò un sopracciglio.
- Ma Nozo! - la rossa sbuffò. - Va beh, se è riuscito a farti sorridere allora posso perdonarlo per la sua arroganza. -
- Ara... ragazzi... perdonatemi. - disse. - Ero così abbattuta che ho dovuto rifletterci su molto, ma... anche una complessata come me vuole fare la protagonista figa. -
- E quindi? - Arina era curiosa di sapere quale sarebbe stata la sua prossima mossa.
- E quindi... permettetemi di prendere le redini della situazione: siamo qui per farci valere, non per perdere tempo. -
- Finalmente si ragiona. - Cloud si voltò nuovamente verso di lei - Cos'è che vuoi fare, miss Conchiglietta protagonista? -
- Ci facciamo fighi, ci prendiamo i meriti, acquistiamo un po' di fiducia altrui e poi facciamo una bella uscita di scena indimenticabile. - spiegò.
- Ovviamente, se prima riesci a non farti prendere in antipatia. - la bionda ridacchiò.
-
Oh, capito. - Arashi parve riacquistare energia - Praticamente aiutiamo sta gente a riprendersi la città nel nome dell'undicesima famiglia dei Vongola? -
La brunetta si voltò verso la rossa, sorridendole.

La ragazzina avvampò, sorridendo anche lei. Sicuramente era felice che finalmente Nozomi fosse tornata a sorridere.
Dopotutto il sorriso di Nozomi e la sua solarità erano alla base della loro famiglia fondata sulla follia, sull'armonia e sulla vivacità.
Quei giorni ombrosi che la vedevano seria e quasi triste, come se fosse posseduta da chissà quale demone, avevano incupito anche gli altri elementi del cielo, costringendoli alla stessa tristezza e oscurità che vedevano il cielo come maggiore esponente.
Ma Nozomi sapeva che non poteva essere triste, per quanto la faccenda di suo padre e i suoi complessi di inferiorità fossero ormai parte integrante del suo essere. Doveva affondare le sue malinconie nel suo cuore, come sempre, tirando fuori la sua allegria per poter rassicurare tutti come sempre faceva e come sempre avrebbe fatto.
Era il cielo, come tale doveva comportarsi. Il resto doveva essere nascosto dentro di lei.
Volente o nolente continuava a mascherarsi come aveva sempre fatto e a nulla erano valse le parole di Arashi e di Haname che l'avevano spinta ad uscire fuori.
Potevano solo crogiolarsi al pensiero che Noun era ormai assopito e Nozomi fosse più libera di comportarsi come voleva, ma avrebbero dovuto accettare che continuasse a fingere di star bene e a mostrarsi forte e decisa nonostante i suoi complessi e le sue mille preoccupazioni.
Per quelli non c'erano speranze.

La brunetta si issò lasciando increduli i suoi guardiani che non si aspettavano una mossa così avventata e improvvisa, mentre gli altri poveri malcapitati si voltarono a guardarla con stupore.
Alcuni ribelli, che si trovavano a guardia del gruppetto, si avvicinarono rapidamente ordinandole di sedersi.
- Io chiedo di parlare con i capi di questa organizzazione. - disse ad alta voce, sicura che la sua affermazione potesse risuonare nella stanza.
I tre uomini, che stavano discutendo con il pilota poco più in là, la ignorarono bellamente e una delle guardie tentò di toccarla con il manico del fucile per costringerla a sedersi ma la giovane si scansò di poco. - Ripeto, perchè forse siete sordi. Voglio parlare con i capi di questa organizzazione, ora. -
- Siediti, non fare confusione! - le urlò la guardia.
Arina la osservò, chiedendosi dove volesse arrivare, anche se probabilmente lo sapeva già.
La brunetta sospirò scuotendo il capo, mentre gli uomini continuavano ad ignorarla per parlare con il pilota dopo che Erol le aveva urlato solo un “fatela sedere”.
- Avanti, siediti. Se devi andare in bagno trattieniti, dopo vi portiamo nell'altra stanza. - spiego l'uomo bendato.
- … Che schifo, dovremmo farla davanti a tutti o cosa?! - Haname sembrò disgustata.
- Ehi, siamo donne mica animali! - Arashi fece per alzarsi ma Masato la bloccò.
- Ci sono stanze divise per maschi e femmine, state zitte, ora! E tu, siediti. -
La Vongola, visibilmente seccata, mise il broncio per qualche istante prima di tornare a parlare.

- Allora voi scemi che non siete altro, adesso mi ascoltate e state in silenzio. - iniziò, parlando rapidamente in modo che le parole risuonassero confusionarie - Io sono Sawada Nozomi, il mio nome non vi dirà nulla ma non sono problemi miei. Sono qui perchè vi offro il mio aiuto quindi non ignoratemi e muovete i vostri culi, venite qui e parliamo da capi a capi perchè mi sto rompendo i coglioni di stare seduta come una cogliona in questa stanza puzzolente e voi non siete da meno, cazzo, LAVATEVI! -
Le guardie parvero alquanto confuse così come gli ostaggi stessi che non le avevano tolto gli occhi di dosso.
Il sole, intanto, parve svegliarsi dalle sue visioni.
- Eh? Uh? La boss ha iniziato a confondere la gente con la sua parlantina veloce! … che succede? -
I tre uomini, che avevano smesso di parlare al pilota, avevano portato l'attenzione su di lei.
- Bene, ora che ho preso la vostra attenzione parliamo di affari. - iniziò, stavolta parlando normalmente e incrociando le braccia. - Io sono il futuro undicesimo Boss della famiglia Vongola, vi offro il mio aiuto e quello dei miei guardiani in cambio della protezione dei passeggeri. -

La risata di Alp echeggiò nella stanza.
- Ma chi è questa pazza? Il suo aiuto? Ma fatela sedere. - disse l'uomo barbuto.
- Sarà affamata e cerca un po' di attenzioni, che vuoi che sia! - Erol scrollò le spalle.
Gazi intanto la stava osservando con perplessità, rimuginando. Pochi istanti dopo si alzò dallo sgabello e si avvicinò alla ragazzina.
- Famiglia Vongola... l'ho già sentita, teh. E tu pensi di poterci aiutare? - le chiese.
- Noi siamo la soluzione ai vostri problemi. - rispose.
- Eddai Gazi, non la starai mica prendendo sul serio? - anche Erol affiancò l'uomo, aggiustandosi i suoi occhialini.
- Mh. -
- Beh, perchè non mi mettete alla prova? - domandò lei.
- Uh, alla prova? - Erol inarcò un sopracciglio.
- Voglio tirarmela un po', oggi. - disse lei, ridacchiando.
- ... Solo oggi? - Arina sospirò. - Non fare cose avventate. Stai con i piedi per terra. - le disse.
Lo sguardo della brunetta si poggiò sulla sua tutrice, che stava fissando altrove con un'espressione rassegnata. Si morse le labbra, infastidita, tornando a volgersi verso Gazi.
- Uno scontro, sì. - specificò la ragazzina. - Facciamo tutti contro me. Se sono tutto fumo e niente arrosto mi mettete un bavaglio e torno a sedermi, altrimenti accetterete il patto. -
Arina sospirò nuovamente, dopotutto sapeva che non le avrebbe dato retta e avrebbe continuato a fare sciocchezze pur di mostrarsi forte.
Stava nuovamente mascherando le sue paure ostentando una falsa sicurezza e un'arroganza infinita.
Quella non era la Nozomi che conosceva ma bensì un personaggio inventato da lei e recitato ad hoc.

Erol si aggiustò gli occhiali nuovamente, sembrava fosse un suo vezzo.
Iniziò infine a ridacchiare in modo preoccupante.

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Capitolo 3
*** Target 3 - Medio Oriente III ***


Target 3 - Medio Oriente III

cover

Il più giovane dei tre uomini che sembravano avere il controllo sui ribelli, si aggiustò nuovamente gli occhialini da aviatore mentre, con sguardo deciso, si portava al centro di una sala adiacente a quella dove si trovavano gli ostaggi.
In quella sala vi erano solo lui, Gazi, Alp, due guardie e la ragazzina arrogante che aveva detto delle sciocchezze solo qualche minuto prima che la portassero lì.
Erol, senza perdere il suo sorrisino deciso, schioccò le dita e si portò dinanzi alla brunetta, alquanto divertito.
Non pareva il tipo che rispettasse le donne, al contrario, sembrava che non le calcolasse minimamente, come se per lui fossero solo un peso. L'idea di picchiare una ragazzina all'inizio sembrava averlo disgustato un po', tuttavia, dato che Gazi aveva acconsentito, si era probabilmente messo l'anima in pace ed era possibile che stesse ricercando in quello scontro un modo per divertirsi e passare il tempo.
La ragazzina poggiò la valigia a terra dopo averne estratto i pezzi scomposti della sua staffa che montò con rapidità, sotto gli occhi perplessi dei tre ragazzi.
Il giovane sembrò scrutarla con curiosità, chiedendosi cosa volesse fare con quella bizzarra arma contro un lottatore come lui.

- … Ti devo avvisare, conosco il Krav Maga. -
La brunetta lo osservò confusa, con lo sguardo di chi non aveva capito nulla di quel che aveva detto.
- … Cos'è? Si mangia? -
Gazi scoppiò a ridere mentre Alp si grattò la barba, preoccupato.
- Sicuro che sia una buona idea? E' una bambina.... - disse.
- Stiamo a vedere. - gli disse Gazi.

Il ragazzo, visibilmente offeso, colpì il palmo della mano sinistra con un pugno.
- E' un'arte marziale. Quanta ignoranza! -
La Vongola parve offendersi anche lei e mise il broncio.
- Ehi, non posso mica sapere tutto! E poi io conosco solo il karate, il kung-fu e tutte le sotto categorie, il taekwondo, la kick boxing, lo Shàolínquán, il Gatka... ma del tuo non ne ho mai sentito parlare. -
- Perchè sei una bambina, cosa vuoi farci? -
- Ehi, piantala. Mi dà fastidio. -
- Uh? Ti dà fastidio che ti ricordo quanto tu sia mocciosa? - ridacchiò e la ragazzina storse la bocca. - Allora, sei pronta? Cercherò di andarci piano. -
- No, no, vacci forte! Voglio un po' di movimento dopo essere stata seduta per un paio d'ore... detesto stare troppo ferma, sai? - incrociò le braccia annuendo con decisione.

Non finì nemmeno di parlare che il ragazzo, stufo della discussione con quella “bambina”, si gettò addosso a lei tentando di colpirla così velocemente che la bruna a stento se ne era resa conto, scansandosi rapidamente verso la sua destra ed evitando anche un calcio dell'uomo.
- Ehi, almeno un via! E' ingiusto! - ribatté, ma lui non sembrò provare rimorso.
- Tsk. Il mondo è ingiusto, mocciosa. -
La colpì di striscio, tanto che Nozomi dovette parare un suo colpo con l'asta per spostarsi nuovamente da lui.
- Che fai, scappi? -
- No, prendo tempo per prepararmi. - rispose lei, nervosa.
- Ahahaha e di cosa hai bisogno? Un caffè? -
La ragazzina, che si era offesa per le frasi di poco prima ed era adirata perchè quel ragazzo insopportabile continuava a chiamarla “bambina”, stava tentando di usare la sua fiamma ma non ci era ancora riuscita.
Ogni volta che si sentiva presa in giro si infuriava: era ancora aperta la ferita che suo padre le aveva procurato, bruciava ogni qual volta le dessero dell'incapace, della mocciosa o qualsiasi altra offesa rivolta alle sue abilità sia fisiche che intellettive.
Cercò di calmarsi, di rilassare il suo corpo e di tranquillizzare le sue emozioni che vorticavano frenetiche dentro di lei. Ultimamente stava pensando che l'unico modo per utilizzare la sua fiamma era di essere calma, eppure non ci riusciva.
Non si trattava di tranquillità, allora?

Frammentari ricordi di suo padre in hyper mode occuparono buona parte del suo cervello mentre tentava disperatamente di parare gli attacchi dell'uomo che con serio intento omicida cercava invano di colpirla.
Durante lo scontro di tempo prima suo padre era calmo, quasi sicuro di sé e sembrava avere un'arroganza che solitamente non lo contraddistingueva. Anche Primo-sama era sicuro di sé quando andava in hyper mode, spesso con un sorriso deciso e uno sguardo nostalgico e riflessivo.
Eppure non sembrava essere quello il segreto della fiamma perchè con lei non funzionava.

Perchè era riuscita ad entrare in quella modalità con tanta facilità solo mesi prima mentre invece, in quel momento, non ci riusciva in alcun modo? Cos'è che aveva che adesso non possedeva più?
Una voce le giunse alle spalle, così inaspettata che anche Erol fermò il suo attacco rapido e fece tre veloci salti, indietreggiando ma tenendo sempre di mira la ragazzina.
- Che succede? Sembri abbattuta, teh. - chiese Gazi.
Nozomi si voltò verso l'uomo, osservandolo con perplessità e cercando di capire cosa volesse dire.
- Ehi, perchè ci interrompi? - Erol parve perplesso.
- Scusami ma lo scontro è iniquo. La ragazzina non è in buone condizioni. -
- Ma se non l'ho ancora toccata! Ha solo qualche graffietto... -
- Ha ragione, sono assolutamente in forze! Posso combattere! -
La paura di perdere e di rimetterci la faccia iniziava ad avanzare dentro il suo cuore: che figura avrebbe fatto dinanzi ai suoi guardiani e agli altri superstiti se avesse perso clamorosamente dopo quella sceneggiata arrogante di poco prima?
- Le forze le hai ma non sei qui con la testa. - spiegò.
- Uh...? La testa? - chinò lateralmente il capo, perplessa. -Perdonatemi, ero solo pensierosa... -
- Non intendo questo, teh. Sembra che tu non ti riesca a concentrare. Sei... depressa. -
- Depressa? - alzò un sopracciglio, confusa.
Uffi, perchè non possiamo continuare? - Erol incrociò le braccia, annoiato.
- Calmati Erol, lascia parlare Gazi. - Alp rimproverò il giovane.
- Uff. -

- Sì, depressa. Anche un pelino triste, però. Sembra che tutta quella positiva sicurezza che hai dimostrato sia falsa, questo contribuisce ad appesantirti i movimenti e a rendere “negativo” il tuo corpo. -
La giovane strinse l'asta, quasi tremando, ascoltando le parole dell'uomo come se pendesse dalle sue labbra.
Falsa positiva sicurezza? L'aveva esattamente descritta. Mostrava decisione e grinta nascondendo la sua paura e i suoi complessi.
In quel periodo era davvero triste... e negativa.
Fissò gli ingranaggi in cima alla staffa ma senza realmente vederli, pensierosa.
Non era più sicura di niente ormai: suo padre aveva smontato in un attimo tutti i suoi sogni ed era per questo motivo che adesso si trovava alla ricerca di qualcosa, di un aiuto che la portasse sulla giusta strada per apprendere il suo vero potere.
Era tutta colpa di suo padre e dei suoi stupidi complessi.
Se solo avesse potuto dimenticare quanto accaduto, tornare a come si sentiva durante le vacanze estive...

L'uomo di colore si avvicinò alla ragazzina mentre Erol, intuendo che lo scontro era finito, si allontanò seccato lasciando il posto all'amico.
- Sembri così giù, cosa pensi di fare in questo stato? Non sei determinata a salvare i tuoi amici? Non sei determinata ad andare via di qui? Dov'è finita la grinta di poco prima? - le chiese, severo - Ah, giusto... era falsa, vero? Stai solo nascondendoti dai tuoi pensieri. Ma così è peggio, non devi affossare le tue preoccupazioni, devi trasformarle nella tua forza, teh. -
- … Trasformarle? -
- Non risolvi nulla se cerchi di cancellare questa tristezza. Devi trasformarla. -
La brunetta ascoltò in silenzio, riflettendo.
Non doveva quindi cercare di dimenticare l'accaduto?
- Qual'è la tua determinazione? - chiese l'uomo - Avanti, fammi vedere cosa sei disposta a fare per i tuoi amici. Pensa a loro, teh. -
A loro, ai suoi amici.
Doveva salvarli, doveva portarli via. Ma per farlo aveva bisogno di collaborare con gli uomini.
Per collaborare, però, aveva bisogno di dimostrare la sua validità come alleata.
Ma la sua fiamma non appariva, perchè qualcosa non andava in lei.

Era... triste.

Fissò l'uomo con sguardo deciso osservandolo negli occhi.
- Dimmi, adesso. Cos'è che vuoi? -
- Dimostrarvi che potete contare su di me. -
- No, intendevo nella tua vita. Cos'è che vuoi, teh? -
- … Nella mia vita? -
- Dimmi la prima cosa che ti viene in mente. - chiese Gazi, severo.
- Primo-sama... - fu la prima cosa a cui pensò. Si morse le labbra, accortasi di aver detto qualcosa di troppo.
- E' un uomo? E' per lui che vivi? E' per lui che stai combattendo? - alzò un sopracciglio.
- Per realizzare il suo sogno, per proteggere le persone. -
- Solo per lui? Non c'è altra spiegazione? -
- ...Beh... anche per me stessa... per i miei amici... -
- Cosa comporterà tutto ciò? Cosa otterrai proteggendo le persone? -
In quel momento la ragazzina sembrò illuminarsi, il suo sguardo si distese e gli occhi ripresero a brillare.
- … Nessuno sarà più triste, non moriranno innocenti e le persone saranno tutte felici... e rideranno! - esclamò. Una risatina divertita le uscì dal cuore.
L'uomo sorrise nel vedere tanta allegria.
- E' una bella prospettiva anche se alquanto utopica. Vuoi creare un mondo felice? -
- Certo che lo voglio! Voglio proteggere tutti così nessuno dovrà avere più paura di uscire di casa o di perdere qualcuno che ama! - l'immagine di Claudio le sfiorò la mente per un istante.
- Ma per rendere tutti felici devi essere felice prima tu, teh. -
Quante volte aveva già sentito quella frase?
Ed ogni volta, puntualmente, lo dimenticava.
Rilassò il suo sguardo, sorridendo.
- Io sono felice se tutti attorno a me sono felici. Farò di tutto per renderli felici. - disse, con tono deciso e determinato ma, al contempo, sereno e raggiante.
Una ardente e rassicurante fiamma spuntò orgogliosa sulla sua fronte, sotto gli occhi attoniti dell'uomo che ampliò il suo sorriso.
La ragazzina non se n'era resa conto e percepì il cambiamento solo pochi istanti dopo, quasi non credendo che potesse succedere di nuovo.
- Ecco, immaginavo fossi un cielo. - disse l'uomo.
- ...uh? - la ragazzina strabuzzò gli occhi. L'uomo lasciò trasparire dai suoi pugni una intensa fiammella gialla che sembrò quasi avvolgere i suoi guanti. - ...Shinu ki... del sole?! -
-Eh si, avevo capito subito che ne eri in grado ma a quanto pare non sai ancora come farla funzionare. -
- Ma... pensavo che dovessi essere convinta... -
- Non è la determinazione ad essere sempre la chiave, ognuno di noi è diverso, teh. - spiegò lui - Tu, per esempio... sembra che la tua determinazione debba essere una risolutezza positiva. La felicità interiore, la gioia di lottare per far felici gli altri, teh. -
- La gioia... di lottare per far felici gli altri? -
- Prendilo come un consiglio: quando devi combattere sentiti felice, tranquilla ed euforica. Pensa al perchè stai combattendo... sarà il modo che ti aiuterà a far apparire questa tua... “fiamma della felicità”. -

La brunetta quasi non rise.
Fiamma della felicità... sembrava quasi l'inverso della fiamma dell'ira di Vongola Secondo.

- Ma cosa... questa ragazza conosce il potere delle fiamme dell'ultima volontà? - Erol era stupefatto.
- Uhm, abbiamo fatto bene a testarla. Ci sarà utile. - Alp annuì.

Gazi diede una pacca sulla spalla della ragazzina decisa ma alquanto pensierosa.
- Benvenuta in squadra. Come hai detto che ti chiamavi? -
- ...Nozomi. - disse, massaggiandosi la spalla.
- Bene, Noz. -
- Ah, avrei una richiesta... i miei guardiani dovrebbero partecipare. -
- I suoi guardiani? - Alp inarcò un sopracciglio.
- Sì, capisco. Anche loro sanno usare le fiamme? - chiese Gazi.
- Non bene, ma sono forti. -
- Vorrà dire che farò una lezione anche a loro. -

L'uomo sorrise e la ragazzina quasi non venne contagiata dalla sua dolcezza. Era abbastanza solare, anche se tranquillo per essere un sole, tuttavia sapeva che il carattere non incideva in maniera importante sull'elemento.

Quando i sei guardiani, seguiti da Arina, Masato e Jun, furono portati nella sala dove Nozomi si trovava assieme ai tre capi, Gazi decise di illustrare loro la situazione e di farsi spiegare le abilità di ciascuno di loro per capire come meglio impiegarli in quella situazione.
Nozomi sapeva che ai ragazzi non sarebbe andato a genio di essere comandati da uomini a caso che li avevano anche trattati duramente.
Sperava però che chiudessero un occhio: sarebbe stata un'esperienza molto istruttiva per loro e avrebbero appreso molto da quell'uomo.
- Un ingegnere ci torna utile, sopratutto dato che è anche un informatico... - affermò Alp, raggiante.
- Ditemi di cosa avete bisogno. -
Lo sguardo di Masato era deciso, voleva assolutamente rendersi utile e Alp gli chiese di elaborare un messaggio da inviare a tutti i gruppi di ribelli della città per una urgente riunione.
Il rosso chiamò Arina e Jun con sé, i due volevano darsi da fare e potevano aiutare solo il giovane Fukada, poichè sicuramente non avrebbero mandato a combattere Arina o il povero Jun che era già terrorizzato di suo e tremava alla vista degli uomini armati che passavano.

Gazi, intanto, stava avendo una discussione con i cinque guardiani che pendevano dalle sue labbra mentre lui spiegava loro i metodi diversi con il quale potevano scatenare la loro fiamma.
Cloud, indifferente all'argomento e già istruito da sé, decise di fumarsi una sigaretta seduto in disparte ad osservare lo svolgersi delle situazioni.

Nozomi si era avvicinata ad Alp e ai tre che stavano lavorando al messaggio da diffondere in una stanzetta a parte che, a differenza delle altre, era piena di pc e oggetto elettronici collegati tra di loro.
Perplessa nell'osservare quell'accozzaglia di dispositivi elettronici, si avvicinò a Masato che scriveva rapidamente su di una tastiera, aiutato da Jun che dava una mano come poteva.
- Cos'è che state esattamente facendo? - chiese.
- Bisogna diffondere un messaggio criptato che invogli gli altri gruppi di ribelli ad unire le forze per organizzare una rivolta e riprendersi la parte est della città. - spiegò Arina.

Tutti iniziarono a lavorare sodo e la notte calò nuovamente su Mirjad, quando i gruppi di ribelli assaltarono con successo il municipio e la centrale elettrica, costringendo i militari a battere in ritirata.
I sette ragazzi, che brillavano di sette colori diversi, risaltavano parecchio sul gruppo di scalmanati armati che esultava per la liberazione della zona. Alzavano al cielo scuro le armi e stavano urlando come folli.
- E' stata una manna dal cielo.- Gazi schioccò le dita, osservando il luogo appena riconquistato. - Forse abbiamo più di una speranza, teh. -

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Capitolo 4
*** Target 4 - Medio Oriente IV ***


Target 4 - Medio Oriente IV

cover

La verde e lunga chioma si perdeva in disordine sul terriccio umido e sporco, il camice biancastro e bruciacchiato era sparito, era completamente nudo con le mani legate dietro la schiena e le ginocchia alzate allo stomaco con le caviglie altrettanto legate.
Una fascia giallastra gli copriva gli occhi, le sue labbra erano contorte in una smorfia di dolore.
Probabilmente singhiozzava ma le lacrime erano assorbite dalla stoffa e non potevano scorrere sul viso.
Non era il solo a piangere: anche la ragazzina, costretta ad assistere a quella scena, piangeva.

Perchè? Perchè ti fanno questo?

Lui non rispondeva, non lo aveva mai fatto. Lui non poteva vederla né sentirla.

Chi è? Dimmi chi è... dimmi cosa devo fare per aiutarti!

Erano poche le volte in cui rimpiangeva di non sognare la Prima Famiglia poichè preferiva non dover sognare continuamente l'uomo che amava sapendo di non poterlo avere.
Eppure in quel momento voleva fuggire da quella visione, non dovendo restare chiusa in quella cella accanto al giovane maltrattato e imprigionato che ormai non aveva nemmeno la forza per gridare.
Chi fosse, cosa gli fosse accaduto e perchè gli stessero facendo tutto quello restava un mistero.
Non poteva aiutarlo senza sapere nulla di lui per cui si accucciò su sé stessa e così rimase finchè non si dissolse.
Come se fosse normale, poiché ormai accadeva spesso, senza sussultare né gridare nel sogno.
Succedeva e basta, e così si svegliava.

Per cui aprì gli occhi, ritrovandosi finalmente nella realtà.

***


Alp controllò nuovamente la sua mappa, segnando in rosso i passaggi che avrebbero dovuto usare per raggiungere la scuola elementare occupata.
Arashi stava lucidando le sue pistole gemelle mentre osservava sottecchi l'uomo, ancora abbastanza scettica e odiando il dover essere comandata a bacchetta da persone a caso.
- Non possiamo farci nulla, meglio seguire i suoi ordini e liberare presto questa città. - Kaito scrollò le spalle, indifferente.
- Così ce ne possiamo andare in fretta, eh? - la rossa portò l'attenzione su di lui.
- Beh, se il boss vuole farsi amica sta gente non ho nulla in contrario, ma è l'aria che non mi piace... di questo posto, intendo. - spiegò lui.
- Aria di guerra. -
Il sole si stiracchiò, osservando la tempesta mentre riponeva le armi nelle sue custodie.
- Uhm, i miei alpaca odiano la guerra... -
- Mi chiedo per quale motivo vuoi diventare un abile combattente e aprire una palestra tutta tua se non vuoi combattere. -
- Ehi, chi è che ha detto che non vuole combattere?! Io voglio combattere, ADORO combattere! - specificò lui, rotenado il pugno con energia.
- Uhm... odi solo le guerre ma non gli scontri, no?- chiese Haname, che si trovava accanto a loro.
- Precisamente! - annuì convinto mentre Shinji si avvicinava al gruppetto con aria preoccupata.
- Ragazzi... c'è qualcosa non quadra... -
- Oddio non iniziare così che mi fai venire gli infarti. - Kaito balzò all'indietro, osservando il bruno con aria ansiosa.
- Eh, gli infarti. - Arashi gli fece eco, parlando tra sé e sé.
- Mamma mia Shishi come se antipatica oggi! - il biondino incrociò le braccia - Ma che ti sei bevuta? Cola avariata? -
- Suppongo che l'aria qui renda tutti un po' nervosi... e poi ci mancava solo Shinji con le sue predizioni. - Haname scrollò le spalle, rassegnata.
- Perdonatemi ma forse sarebbe meglio... uhm... ecco... concentrarci su ciò che sta per accadere. - la nebbia riuscì a riportare l'attenzione su di lui.
- Cosa sta per accadere? - chiese Arashi.
Il giovane non riuscì nemmeno a fiatare che un rumore fastidioso e ripetitivo distrasse i quattro: il suono proveniva dalla tasca di Alp, il quale prese la sua 'sottospecie' di ricetrasmittente e la attivò allungando l'antenna e rispondendo alla chiamata tramite un tasto marroncino.
- … Che cosa antiquata, i computer che abbiamo alla base sono molto meglio... - la pioggia alzò un sopracciglio.
- Suppongo che non avevano più soldi dopo esserselo comprato. - la tempesta sghignazzò.

L'uomo barbuto si avvicinò al gruppetto con l'aria di chi aveva appena ricevuto una notizia importante, li studiò per alcuni secondi prima di parlare.
- Buone o cattive notizie, da come la vogliamo vedere. - disse.
- Vediamole come buone. - Arashi scrollò le spalle.
- Beh, ci hanno avvisato dalla base che i nemici stanno arrivando qui a est e non hanno buone intenzioni. -
- Eh? Arrivano qui? Quindi l'operazione per riprenderci il sud è sospesa?- chiese Haname.
- Prima dobbiamo proteggere la parte est, poi ci riprendiamo la parte sud. -
Il biondino si voltò perplesso verso Shinji.
- Era questa la tua predizione? -
- Sì... ma non sono proprio predizioni... -
- Bah, quelle robe lì dei tarocchi, intendo... -
- Direi che non c'è tempo da perdere, andiamo a fronteggiare quella gentaglia. - disse la tempesta.
- Chiamerò rinforzi, datemi qualche istante. - l'uomo digitò dei numeri sul suo aggeggio antiquato ma la tempesta si avvicinò a lui e lo fermò, ponendo la mano sulla ricetrasmittente.
- Non abbiamo tempo. Non si aspettano di beccarci qui perciò prima li attacchiamo, prima li facciamo fuori. -
- Ma cosa dici?! Non sono mica un gruppo di sprovveduti, sicuramente saranno armati fino ai denti! -
- Noi possiamo farcela, non dimenticare che siamo dei Vongola. -
L'uomo barbuto rimase senza parole.
- Shishi ha ragione, dobbiamo muoverci! - esclamò Kaito, euforico.
- ... Piantala di chiamarmi Shishi. -
- Se volete... ecco... io potrei distrarli... con delle... illusioni... -
La pioggia, perplessa per l'idea di Arashi e per il suo voler fare tutto e subito, si voltò verso la nebbia, arrossita per via della sua natura timida, che si trovava in disparte ad assistere alla scena.
- Shinji... sicuro di potercela fare? -
- … Non capisco... perchè non dovrei? -
- Oh beh, muoviamoci e basta cianciare! - incalzò Kaito.
La tempesta si voltò avvicinandosi al bruno e mettendogli una mano sulla spalla.
- Dai il peggio di te, mi raccomando. -
- … Vuoi dire che... - gli occhi della nebbia iniziarono a brillare.
- Pensa ai peggiori giochi horror e a più sangue possibile. - ammiccò.
- Ehi, fermi un secondo... non penso sia una buona idea... - Alp li osservò perplesso.
- Noi siamo abituati ai suoi giochi, se tu hai paura puoi benissimo tornare alla base! - Kaito ridacchiò e l'uomo non sembrava riuscire a ribattere.
- … Ho carta bianca? - chiese Shinji.
La tempesta lanciò un'occhiata alla pioggia e assieme annuirono.
- Scatenati pure. Falli impazzire. - Haname gli sorrise.

Sul viso della nebbia si stampò un sorriso radioso, quasi inquietante: erano poche le volte che il ragazzo poteva utilizzare tutto il suo potere per costruire i suoi mondi macabri e malsani che sembravano quasi usciti da un videogioco horror. Gli unici momenti erano quando, due volte al mese, giocavano di notte a Namimori.
Ma adesso non era un gioco, doveva spaventare dei soldati stando attento che non accadesse nulla ai suoi compagni e guardiani, per fortuna però abituati e pronti ad assecondare le sue illusioni passandoci attraverso senza paura.
Se non altro il gioco aveva ottenuto i risultati sperati: nella macabra creazione del quartiere est in una versione apocalittica e insanguinata, i tre guardiani si muovevano con tranquillità, evitando le proiezioni di mostri deformati e giungendo verso i soldati con una naturalezza impressionante.

 

***

 

Alp aveva deciso di affiancarli poichè doveva dare una mano ai giovani, restò sbalordito dal potere della nebbia e spaventato da quel mondo distorto che stava ricreando davanti ai suoi occhi.
Restò indietro svariate volte, guardandosi le spalle e costringendosi a pensare che fosse tutto falso in modo da scacciare via quelle visioni dalla sua testa. Raggiunse i soldati solo pochi minuti più tardi, quando questi erano già svenuti e sconfitti dai guardiani.
Chinò lo sguardo, visibilmente preoccupato mentre grondava di sudore.
- … Questi ragazzini... non sono per nulla normali...-

Una cinquantina di soldati su carri armati, pronti a buttar giù il quartiere, erano stati annientati e sconfitti dalle loro stesse paure mentali e dai poteri spaventosi dei ragazzi.
Arashi era riuscita a distruggere i carri armati con solo pochi spari: i suoi colpi risultavano quasi delle piccole bombe intrise di fiamme che deterioravano ogni cosa appena sfiorata.
Haname aveva distrutto le loro armi tagliuzzandole come se fosse burro e aveva reso inermi quasi tutti i nemici che vennero in seguito colpiti violentemente dai potenti pugni del sole che con rapidità li aveva atterrati sotto gli occhi attoniti dell'uomo che non immaginava che un ragazzino mingherlino come Kaito potesse avere tanta forza.
Il tutto era avvenuto nella versione incubo del quartiere, dove il terreno era pieno di fratture e macchiato di sangue, le case arrugginite e distrutte da ipotetiche catastrofi, il cielo era tetro e gli occhi di chissà quali bestie infernali fissavano da lontano i ragazzini, affamati e pronti a colpire.
In quasi un'ora il quartiere est era salvo e dopo altri trenta minuti il quartiere sud era stato liberato, i soldati presenti erano stati annientati come formiche e alcuni di loro erano fuggiti in preda al panico.
Alp si avvicinò al gruppetto di guerrieri ancora in forze e li fissò quasi con terrore, chiedendosi se fossero o meno dei comuni ragazzini.
Era spaventato da quanto fossero riusciti a fare in così poco tempo e si chiese se fosse stato Gazi ad aumentare i loro poteri con le sue fiamme che, tra l'altro, non immaginavano che qualcun altro potesse averle.
Eppure, ricordò che fu Gazi stesso a dire che le fiamme erano parte di ogni uomo, bastava solo sapere come farle uscire e come utilizzarle.
Dopotutto non avevano mai conosciuto altre persone in grado di usare quell'abilità oltre al loro amico.
Sospirò, preoccupato e pensieroso: era davvero il caso di fidarsi di persone così particolari e all'apparenza pericolose? Era impossibile che prima o poi avrebbero potuto voltare loro le spalle?
Sembravano nascondere chissà quale segreto... o forse stava solo immaginando troppo.
Mentre pensava, sospettoso, controllò il quartiere sud per assicurarsi che tutti i soldati fossero stati sconfitti e che il posto fosse realmente libero.
Anche i ragazzi fecero altrettanto e, difatti, l'uomo si ritrovò a perlustrare la zona assieme alla ragazzina dai capelli corvini, Haname, che aveva la fiamma della pioggia.

-… Posso chiederti una cosa? -
Il barbuto si azzardò a parlare, voleva rompere il ghiaccio ma era anche curioso di apprendere qualche informazione in più da quella ragazza che sembrava la più tranquilla del gruppo. - Cosa sono esattamente questi “Vongola”? -
- Uhm... come posso dire... - Haname parve pensarci su per qualche istante - Si tratta di una famosissima famiglia mafiosa... no... più che famosa direi la più grande e pericolosa al mondo. -
- … Famiglia mafiosa?! - l'uomo strabuzzò gli occhi, sorpreso - Cioè, fate parte della mafia? Da che paese venite? -
- Noi siamo per lo più giapponesi ma i Vongola sono Italiani... - spoiegò lei, ridacchiando - Ah, no, aspetta! Guarda che i Vongola non sono quel tipo di mafia, eh! - portò le mani avanti, preoccupata - … Cioè, almeno il nostro scopo è un altro! -
- … Mafia italiana... ma non è quel tipo di mafia... che diavolo stai dicendo? - l'uomo parve confuso.
- … Intendo dire che noi aiutiamo la gente, non la minacciamo e non gli prendiamo soldi. -
- Oh, capisco... -

O forse no.

- I Vongola sono nati tipo cento e passa anni fa, come dei vigilanti... e anche se ultimamente c'è stata abbastanza corruzione, Nozomi vuole farli tornare al loro vecchio splendore. -
- Quella ragazzina? Ma è solo una bambina, cosa vuole capirne di queste cose. -
- Ciò non toglie che prenderà il posto di suo padre. -
- Quindi il comando è tramandato da padre a figlio? -
- Beh, solo chi ha sangue Vongola può diventare boss. -
- Capisco. -
In realtà continuava a capirci poco eppure decise di lasciar perdere quell'argomento e di passare al sodo.
- Come avete imparato ad usare le vostre fiamme? -
- Con i nostri Vongola W.S. e l'aiuto di alcune teorie svelate nei sogni di Nozomi... -
- Eh? Sogni? - l'uomo parve più confuso di prima.
- Beh, in realtà lei... -
Non completò la frase poiché si era ricongiunti agli altri gruppetti in perlustrazione, assicurandosi quindi che il quartiere sud era ormai libero.

- Fra poco Nozo e il suo gruppo tornerà dalla loro missione, ci conviene tornare alla base ad aspettarli. - commentò Arashi.
- Hai ragione, tanto qui abbiamo finito. - annuì Alp.
La squadra fece dietro front e si avviò rapidamente verso la base quando Shinji non si bloccò: aveva uno sguardo così preoccupato che costrinse tutti a fermarsi.
- Cosa? Che c'è ancora? - Kaito sembrò quasi estenuato da quelle continue previsioni negative - Sei proprio un uccellaccio del malaugurio, cavolo! -
- … La base... - si limitò a dire, mordendosi le labbra con un'espressione dispiaciuta.
Alp, che era quasi sbiancato alle parole del ragazzo, con uno scatto riprese a correre e raggiunse l'edificio fatiscente in una decina di minuti.
La cosa più preoccupante era la sua desolazione, non sembrava esserci anima viva.

- CAZZO! -
L'uomo diede un calcio ad una sedia in legno, abbandonata accanto ad una parete, osservando il loro computer completamente distrutto e cercando in giro qualche superstite.
- … Hanno preso anche i passeggeri dell'aereo... - Arashi si appoggiò al muro, arruffandosi i capelli con violenza come se stesse cercando di pensare.
- E Arina... e Masato-kun... e Jun... - Haname sospirò, depressa.
- No! Non è possibile! - Kaito non riuscì a star fermo nemmeno in una situazione disperata come quella.
Shinji si avvicinò ai ragazzi, porgendo loro un foglio stropicciato che si trovava sulla sedia e che Alp non aveva proprio notato a causa della rabbia.
La tempesta quasi non glielo strappò di mano e lo lesse.

“Messaggio ai Ribelli: abbiamo preso gli stranieri e i vostri compagni. Verranno giustiziati domattina in piazza centrale se non vi presenterete cedendo le armi e arrendendovi.”

- ...Oh... no... - la pioggia era sbiancata.
Il sole si voltò verso la nebbia con sguardo furioso.
- Bene, Shinji. Da oggi non sei più un prestigiatore fallito ma l'uccellaccio del malaugurio. -
- … Non è colpa mia... - il bruno chinò il capo, deluso.
- Beh, tanto a noi mica ci possono capitare cose belle, no? - disse Arashi, alzando gli occhi al cielo.
- No, figuriamoci. - la voce femminile risuonò nella sala e i ragazzi si voltarono a guardare l'entrata che Gazi, Erol, Nozomi, Luca e Cloud avevano attraversato rapidamente.
- Non posso crederci... ecco perchè non riuscivo a mettermi in contatto... - Erol sembrava distrutto.
- Tsk, gli uomini di guardia erano così deboli? - Cloud incrociò le braccia.

L'uomo barbuto rientrò nella stanza con sguardo depresso.
- Molti di loro sono morti, hanno voluto prendere gli stranieri e alcuni cittadini che ci aiutavano. -
- … Alp, stai dicendo che... - lo sguardo di Gazi divenne avvolto dal terrore.
- Sì, è così. - disse l'uomo, stringendo i pugni - La sala nascosta ad est è stata sventrata da una bomba, non ci sono cadaveri quindi le han prese e portate via. -
- Ehi, c'era una sala nascosta? - Kaito si guardò attorno, confuso.
- … Suppongo che le donne fossero lì, vero? - chiese Arashi.
Non risposero, i due uomini restarono a fissare il vuoto con sguardo intriso di rabbia e odio.
- Avanti, sono sicura che le vostre mogli sono ancora vive, hanno bisogno di loro. - affermò Nozomi, portando una mano sulla spalla di Gazi - Non perdiamo la speranza. -
L'uomo si voltò ad osservare la ragazzina, annuendo come per ringraziarla, nonostante fosse ancora sconvolto e infuriato.
- Abbiamo un ordine di resa e un'esecuzione domattina... come ci organizziamo? - chiese Haname, portando l'attenzione sull'argomento più importante.
- Tranquilli, abbiamo tutto il tempo per decidere il da farsi. - la bruna cercò di rassicurare i presenti.
- La Juuichidaime ha ragione, dobbiamo agire cautamente. - concordò Luca.
- La nostra priorità è salvare gli ostaggi, dopo di che... - Gazi si bloccò, osservando i ragazzi.
- Dopo di che facciamo una strage. - concluse la rossa.

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Capitolo 5
*** Target 5 - Medio Oriente V ***


Target 5 - Medio Oriente V

cover

Quando il sole aveva lasciato l'orizzonte la piazza centrale di Mirjad era gremita di gente terrorizzata e costretta lì con la forza da militari armati fino ai denti, che dovevano assistere alla pubblica esecuzione organizzata da quello che era il capo delle forze militari: Raif.
La piazza era enorme, circondata da edifici e abitazioni che rendevano quasi impossibile una eventuale fuga da parte dei cittadini o di qualsiasi ribelle. Inoltre i militari presenti erano numerosi e sparsi qua e là ai confini della piazza, tenevano sotto controllo le persone come se fossero pecorelle in un recinto.
Intere famiglie erano ammassate sotto un enorme palco in legno creato per l'occasione di fronte al palazzo comunale, sopra al palchetto si ergeva la terrificante figura di un uomo dalla pelle scura che indossava un copricapo bianco come la tunica. L'uomo aveva i capelli corti neri con una lunga barba e una cicatrice sulla fronte che spiccava in modo inquietante da sotto al copricapo.

Fissò i presenti pensieroso, con i suoi piccoli occhi neri e con un ghigno beffardo, lasciando che i militari entrassero e posizionassero gli ostaggi sotto una tipica forca medievale: si trattava di un arco in legno con una corda penzoloni che veniva legata al collo dei malcapitati, vi era inoltre un ripiano in legno in basso che serviva a far salire i colpevoli per farli arrivare alla fune, quell'appoggio sarebbe stato rimosso all'improvviso per far si che i poveri condannati morissero strozzati dopo una breve agonia o, peggio, col collo spezzato.
Due donne dal viso sciupato osservarono la corda con timore, un ragazzino di circa dieci anni tentava invano di liberarsi dalla presa dei militari che non faticavano nel tenerlo a bada; altri due uomini, un giovane ventenne e un anziano, vennero trascinati al loro posto e costretti a stare immobili.
Anche Jun, Arina e Masato, colpevoli di essere stati trovati a collaborare con i ribelli e quindi scambiati per loro sostenitori, vennero trascinati alla forca.

L'uomo si accarezzò la barba, osservando i poveri malcapitati che quel giorno avrebbero perso la vita, ridacchiando in modo beffardo e voltandosi poi verso la folla con uno sguardo severo.
- Guardate tutti. Perchè continuare ad opporvi arrivando a questo, rifiutandovi di seguire i nostri ordini... o persino rinnegandoci? - alzò il braccio destro, indicando gli otto condannati. - Scegliete la morte piuttosto che una miserabile vita? Ditemi, chi è che vi assicura una protezione? -
Gli uomini al suo seguito sembravano abbastanza nervosi, continuavano a fissare sottecchi l'uomo e la folla, spaventata e silenziosa come mai poteva accadere in una piazza gremita di gente e di bambini.

Jun era terrorizzato, l'albino veniva tenuto stretto da un uomo alto il doppio di lui che gli stringeva i polsi e lo stava costringendo a salire sulla cassa in legno mentre tentava invano di liberarsi, osservando quasi in trance quel ripiano come se fosse il trampolino verso una fine certa e orribile.
Tremò, voltandosi attorno alla ricerca di qualcuno che lo rassicurasse, che gli dicesse che non sarebbe morto.
Perchè era lì, in quel momento? Perchè non era a casa sua, seduto nella sua stanza a far nulla come suo solito, mentre in lontananza sentiva la voce di sua madre che continuava a dirgli di staccarsi dal pc e di aiutarla a pulire?
Non riusciva mai a muoversi di un millimetro, preferiva stare sotto le coperte con il portatile o a giochicchiare con il suo smartphone.
Si sentiva totalmente inutile, ingombrante, come se la sua esistenza fosse un'errore e l'unico svago erano i suoi amici del web, i siti, i forum e i social network.
Sapeva quanto i suoi genitori soffrissero di ciò, la sua 'malattia' non era poi tanto rara nel paese, eppure, non riusciva a guarire da solo e a renderli felici.
Alcune lacrime solcarono il suo volto, in quel momento si rese conto di quanto fragile e breve potesse essere la vita e avrebbe voluto rendere fieri i suoi genitori almeno una volta, così da ringraziarli per averlo messo al mondo e per averlo cresciuto.


L'uomo lo costrinse a salire sulla cassa imitando gli altri poveri ostaggi che si stavano osservando attorno sbigottiti e rattristati, probabilmente consci della fine che li attendeva.
L'albino si voltò quando sentì una vocina: il bambino sulla forca accanto a lui stava parlando da solo, a bassa voce. Aveva i capelli scuri e gli occhi chiusi, continuava a ripetersi che suo padre sarebbe arrivato e l'avrebbe salvato.
Proprio quando Jun sembrava incantato dalle parole del bambino, un grido giunse al palco dal centro della piazza.
Si voltarono tutti con stupore mentre il generale si era avvicinato al bordo del palchetto per osservare compiaciuto i tre uomini che si facevano strada tra la gente per arrivare di fronte a lui.

Gazi, Erol e Alp erano assieme, così come Raif li aveva convocati. Si stavano fissando negli occhi, sotto gli sguardi attoniti dei presenti che non avevano idea di cosa sarebbe successo.
Gazi lo sapeva e non parve per nulla stupito quando alcuni militari li bloccarono rapidamente, costringendoli a terra, mentre la gente urlava spaventata.
- Eccovi, finalmente. - disse, compiaciuto - Pensavo avreste abbandonato le vostre famiglie e i vostri amici. -
- Mai, schifoso bastardo! - urlò Erol - Preferiamo andare all'inferno piuttosto che lasciar morire i nostri compagni. -
Jun osservò i tre, chiedendosi se anche Sawada-san sarebbe corsa in suo aiuto di nuovo. Si ricordò della prima volta, quando affrontò da sola cinque ragazzi più grandi di lei solo per salvarlo.
Si sentì ancora più infimo e alcune idee iniziarono a gironzolare nel suo cervello.

Il generale si accarezzò nuovamente la folta barba con sguardo pensieroso, osservando i tre immobilizzati mentre venivano trascinati sul palco.
Si voltò infine verso la folla, che si era nuovamente calmata probabilmente per la paura che qualcosa di male potesse capitare anche a loro.
- Quest'oggi ci sarà un cambiamento nei programmi. - iniziò, camminando avanti e indietro con il sorrisetto beffardo che era tornato sul suo viso. - A venir giustiziate non saranno più otto persone, bensì undici. -
Dalla folla si levarono delle grida spaventate mentre Gazi, che solitamente era il più calmo dei tre, alzò il capo verso l'uomo con sguardo furioso.
- Cosa dici?! - chiese, esterreffato - Noi ci siamo presentati come tuo ordine teh, devi rilasciare le nostre famiglie! -
L'uomo si avvicinò a Gazi, osservandolo nell'occhio destro e strappandogli la fascia verdastra dal capo senza che quest'ultimo muovesse un dito. Si voltò e camminò con passo svelto verso il lato sinistro del palco dove vi era una torcia accesa sul quale poggiò la fascia che prese istantaneamente fuoco, lasciandola cadere mentre questa si inceneriva raggiungendo il suolo poco più in là.
- Ogni ribelle e ogni suo avere verrà cancellato. - affermò, deciso - Impiccateli tutti. -

- NOOOOOOOO! - l'urlo di Erol si mischiò alle grida dei presenti.
L'ammucchiata di gente in piazza non potè rimanere in silenzio dopo l'ultima affermazione del generale, iniziarono a dimenarsi e a urlare cercando di ribellarsi ai militari che, quasi confusi, sembravano non volessero agire contro dei civili.
Gazi lasciò uscire dal suo pugno un'intensa fiamma gialla e colpì violentemente l'uomo che lo bloccava, liberando anche i due compagni mentre Raif, restando composto ma con uno sguardo disgustato, estrasse una pistola e iniziò a sparare sulla folla colpendo svariate persone senza darci peso.
- Fermate questa marmaglia! - urlò ai militari perplessi che si decisero, seppur apparentemente riluttanti, a colpire la gente che protestava con le loro armi, anche uccidendone alcuni.
I militari che erano sul palco si misero finalmente all'opera proprio quando Erol stava liberando le due donne e Alp, furioso per le morti inutili che stava causando il generale sparando a caso, oltrepassò due militari che avevano tentato di colpirlo e sfilò un pugnale dal taschino del pantalone, colpendo uno dei due uomini e avvicinandosi a Raif con intenzioni omicide quando un militare non lo bloccò alle spalle, afferrandolo sotto le braccia, proprio quando il generale aveva puntato la sua arma su di lui, sparandogli un colpo in testa senza esitazione.
Dopo aver atterrato altri tre uomini con fatica, Gazi si voltò attonito verso il militare che gettava a terra il corpo senza vita di Alp mentre una delle due donne tentò invano di avvicinarsi al marito, urlando per lo strazio.
Raif puntò nuovamente la sua pistola verso la donna ma prima che potesse sparare, venne bloccato da una lunga catena elettrica dalla quale riuscì rapidamente a liberarsi proprio mentre sul palco atterrava il proprietario, Luca, che tentò nuovamente di legarlo ma alcuni militari gli si erano parati davanti al fine di proteggere il loro capo.
Luca parve riluttante nel volersi scontrare con loro e li osservò disgustato.

Intanto, in piazza, vi erano ancora degli uomini che inveivano sulla folla senza pietà, mentre uno di questi stava per colpire una povera donna venne bloccato e atterrato da un Cloud seccato, che si spostò rapidamente verso un altro militare lanciando verso di lui innumerevoli Compact Disc che si moltiplicavano a vista d'occhio grazie alla fiamma della nuvola di cui lui era portatore.
Dall'altra parte della piazza anche Kaito stava svolgendo il suo dovere, pestando a sangue chiunque osasse toccare quella povera gente e scaraventandoli via a colpi di karate.
- Andate a farvi massacrare da un alpaca infuriato, maledetti! -
Grazie ai suoi affilatissimi katar, la giovane Haname liberò rapidamente tutti gli ostaggi mentre Arashi colpiva violentemente alcuni militari supportata da Nozomi, che si era lanciata dalla cima del palazzo comunale ed era atterrata assieme agli altri tre proprio al centro della scena.
Raif, visibilmente infuriato poiché avevano mandato a monte il suo piano, estrasse altre due pistole e iniziò a sparare ai ragazzini, puntando Arashi che si spostò rapidamente e rispose al fuoco con le sue gemelle che per poco non lo colpivano.
- Chi diavolo siete? -

L'uomo si allontanò dal centro della battaglia, arrivando al lato destro del palco e ritrovandosi davanti agli ostaggi mentre Arina e Masato stavano cercando di metterli al sicuro.
Quando i due si trovarono di fronte l'uomo, Masato cercò di pararsi davanti alla donna ma Arina lo spinse via con violenza.
- Prendi gli ostaggi e portali dentro! - gli urlò.
- Cos...? Ma... -
- Sbrigati!! -
Il rosso, sconcertato e confuso, decise di obbedire alle parole della ragazza e trascinò via Jun e gli altri, lasciando sola la donna che si infilò dei guanti dotati di lunghi artigli affilati e arrivò rapidamente davanti all'uomo, ferendolo alle braccia e cercando di immobilizzarlo.
Raif, preso alla sprovvista, riuscì comunque a muoversi e tentò di colpire in testa la donna ma un furioso Luca le si parò davanti per proteggerla e venne colpito con violenza alla spalla sinistra senza che riuscisse a scansarsi in tempo.
- Luca!!! -
La bionda afferrò rapidamente il fratello e tentò di trascinarlo via prima che Raif potesse dargli il colpo di grazia, gli prese l'arma e la usò per colpire l'uomo il quale braccio destro venne immobilizzato dalla catena e per poco non venne tranciato dalla falce, che schivò strattonando la catena verso l'interno.
Sapeva che non sarebbe scampato nuovamente al colpo e la donna riuscì a trascinarlo verso l'esterno, ma non lo colpì. L'uomo comprese all'istante che la bionda non voleva ucciderlo né tanto meno voleva menomarlo. Riuscì a liberarsi dalla catena grazie ad un ulteriore uomo che lo aveva affiancato rapidamente, gli liberò il braccio e tentò di colpire la donna allo stomaco con un pugno che lei, dopo aver lasciato andare la catena, parò rapidamente, spostandosi verso il fratello a terra che tentava di rialzarsi nonostante il colpo subito.
- Arina, basta... non insistere...ti prego... - disse lui.
La bionda, adirata, non riuscì a rispondere, poichè quelle stesse parole voleva rivolgerle al gemello che si stava sforzando di alzarsi per proteggerla.
Non l'aveva mai protetta in vita sua, dopotutto non ne aveva mai avuto l'occasione. Erano sempre stati separati e solo da poco, finalmente, avevano iniziato ad abitare assieme in casa Sawada. Avevano passato nottate a parlare, a raccontarsi le loro vite così diverse, ad osservare quanto fossero differenti ma simili.
Erano gemelli, erano fratelli, erano l'uno parte dell'altro.
E si volevano molto bene.

- Non... non posso... non posso lasciare impunito tutto ciò! - urlò lei, con le lacrime agli occhi.
- Eh? Impunito? - lui la squadrò con un'espressione perplessa.
- Sei stato ferito per proteggermi! -
- Ma... perchè sono tuo fratello! Non avrei permesso a nessuno di toccarti! -
Una lacrima solcò il viso della donna.
- Luca... -
- Noi siamo uniti... sempre. Anche se non fisicamente ma almeno spiritualmente... la separazione ci ha fortificati... -
La donna sorrise, osservando il viso del ragazzo e i suoi limpidi occhi verdi. Sembrava che si stesse guardando allo specchio, gli mancava giusto un neo a sinistra sotto le labbra e sarebbero stati completamente identici.

Il militare che aveva liberato Raif si era avvicinato per colpirla ma fortunatamente qualcuno alle sue spalle gli aveva assestato una legnata in testa e l'uomo era caduto a terra.
- … Tutto bene...? - chiese uno Shinji timido e confuso.
La donna sospirò, osservando il bastone di legno probabilmente staccato dalle casse poco più in là.
- Grazie...! Bella legnata...eh... -
Il ragazzo osservò il legno e lo gettò a terra.
- Era per fare qualcosa... mi avevano detto di non far nulla con i miei poteri perchè avrei solo spaventato la gente... -
- Eh eh... che vuoi fare tu che sai solo fare illusioni mostruose... non sai combattere corpo a corpo... -
- ...Sei ferito... - notò.
- Oh, you don't say? - il biondo ridacchiò, ignorando il dolore.

Il generale si era allontanato rapidamente dai tre infilandosi nel sottopassaggio del palco tramite un'apertura e cercando altre armi cariche per poter colpire la gente in modo indisturbato. Si era trovato davanti un fucile probabilmente sfuggito ad uno dei suoi militari, dato che a terra ne giacevano ormai parecchi. Lo prese rapidamente e risalì per metà scalinata, mirando alla donna in lontananza.
Un'esplosione lo fece sussultare, si spostò rapidamente e nuovamente sul palco per evitare di sprofondare tra le macerie del legno e della facciata centrale del municipio che perdeva mattoni e intonaco a causa dell'urto.
- Maledizione, volete distruggermi il palazzo?! -
L'uomo tornò a sparare a casaccio quando qualcosa rapidamente non gli giunse sotto al naso e gli sfilò di mano il fucile.
Confuso, notò un ragazzina dai capelli corti e castani che aveva un inquietante sguardo sereno e degli occhi di un arancione brillante. La giovane, ridacchiando, lo colpì violentemente allo stomaco con una staffa. Si udirono sonore fratture e l'uomo spalancò la bocca istintivamente quando un colpo preciso non gli fracassò il cranio.
Nozomi si staccò da lui, lasciando che il suo corpo, ormai privo di vita, cadesse a terra, mentre Arashi riponeva le sue pistole e correva ad affiancare l'amica.
Dalla piazza si levavano forti urla e i militari, consci di ciò che era accaduto, si erano arresi gettando al suolo le armi.

- … L'avete ucciso... - constatò Gazi, incredulo.
- Mh... si. - disse la brunetta.
L'uomo si avvicinò alle ragazzine e le fissò con sguardo perplesso, voltandosi poi verso Arashi.
- Perchè l'hai fatto...? -
La rossa non rispose, si limito ad osservare l'uomo negli occhi.
- E' morto per il mio colpo, se vuoi biasimare qualcuno prenditela con me. - affermò Nozomi.
- … Eri più forte di lui, bastava immobilizzarlo, teh... perchè arrivare a tanto? -
- Dopo che ha ucciso Alp... e tutte quelle persone innocenti? - la ragazzina parve perplessa.
- Questo non deve contare. - Gazi assunse un'espressione severa.
- Ovvio che conta! Come potevo permettere che un uomo così disgustoso continuasse a vivere?? -
- Tu puoi punire una persona ma non puoi giustiziarla! Chi ti dà il diritto di decidere della vita altrui? - l'uomo sembrò abbastanza adirato e Nozomi non rispose, si limitò a guardare il corpo esanime del militare. - Come potete uccidere a sangue freddo una persona? Siete solo delle ragazzine! -
- Ragazzine? … No, non lo siamo. - affermò Arashi, continuando ad osservarlo.
- Si che lo siete. E non dovreste sporcarvi le mani in questo modo! - fissò la brunetta che alzò lo sguardo, tornato serio dopo aver perso l'hyper mode in cui si trovava poco prima.
- Sporcarmi le mani? Troppo tardi. - sussurrò.
L'uomo chinò lo sguardo, sospirando.

Luca si era avvicinato zoppicante a loro, sostenuto dalla gemella che lanciò un'occhiata alla sua allieva.
- ...Dovremmo mettere ordine, c'è ancora troppo caos in giro. - spiegò la tutrice.
- Vado io. - disse la rossa.
- Ti seguo. -
Nozomi e Arashi saltarono giù dal palco, seguite da un silenzioso Gazi mentre Luca scuoteva il capo con un'espressione perplessa.
- Cosa... cosa succede? ... avevamo detto che non l'avremmo ucciso... -
- …Avrà cambiato idea dopo aver visto cosa ha fatto. - lo sguardo della donna era vacuo e il fratello si voltò verso di lei, spaventato.
- Non è possibile... non avrei mai potuto pensare che riuscisse a fare una cosa simile con tanta tranquillità! - esclamò, stupefatto - Si tratta di... prendere una vita... -
- Ormai non è importante... - disse lei, afflitta. - Dopotutto sono io che gliel'ho mostrato. - aggiunse, mordendosi le labbra - E' stato solo un mio sbaglio... avrei dovuto aspettarmelo... no... io già me lo aspettavo... - sussurò.
- Cosa vuol dire? Sai qualcosa di questa situazione? -
- Lascia stare, Luca. Te l'ho detto, è solo un mio sbaglio... per questo Decimo me l'ha affidata... - spiegò - Dobbiamo... redimerci, in un modo o nell'altro... ma se non faccio qualcosa la situazione continuerà a precipitare... -
Il giovane non disse nulla, osservò la sorella con sguardo preoccupato.
- Sono io che devo rimettere a posto tutto... per il suo bene, per il nostro bene. -

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Capitolo 6
*** Target 6 - Medio Oriente VI (Epilogo) ***


Target 6 - Medio Oriente VI (Epilogo)

cover

Quando il sole si levò nuovamente dall'orizzonte, Mirjad poté finalmente svegliarsi libera e in pace.
Osservare gli abitanti che si aiutavano con altruismo e che assieme iniziavano la ricostruzione della loro cittadina era uno scenario meraviglioso: coloro che erano rimasti per così tanto tempo vittime e prigionieri della stessa città che tanto amavano adesso collaboravano tra loro per riportarla al suo antico splendore.

Erol era appena tornato dal cimitero dove avevano seppellito tutte le povere vittime che fino a quel giorno non avevano ricevuto una degna sepoltura. Anche Alp era stato riposto in quel luogo, sotto lo strazio della moglie che era scoppiata in lacrime.
Ma cosa significa morire?
Non vedere più la persona che si ama, sapere di aprire gli occhi senza che questa sia nuovamente accanto a noi e non poter sentire più il suono della sua voce.
Ma la crudeltà risiedeva nei ricordi che meschini si facevano largo nella mente e nel cuore, riportando a galla la nostalgia dei momenti vissuti assieme.

Nozomi, affacciata al balconcino della vecchia base, sapeva benissimo cosa si provava a non poter più guardare negli occhi una persona a cui si è voluto molto bene.
Non poter sentire la sua voce, non poter vedere il suo sorriso. Era davvero giusto tutto ciò?
Le persone malvagie dovevano sparire, era l'unico modo per evitare che altri poveri cuori innocenti soffrissero come stava soffrendo lei.
Sospirò, osservando i visi sollevati ma affaticati delle persone che si rimboccavano le maniche e che si mettevano all'opera. Portò la mano destra vicino al viso, osservandola.
Sembrava tenesse in mano qualcosa di invisibile.
- Non ho dimenticato... io sono ancora qui... ma tu? … perchè non hai mantenuto la promessa? -
Sussultò quando si accorse che un uomo si era avvicinato accanto a lei e si era appoggiato al balcone.
Gazi aveva la solita benda biancastra a coprirgli l'occhio sinistro ma non aveva più la fascia verde tra i capelli corvini: era stata bruciata nella battaglia del giorno prima da Raif.
La ragazzina notò che aveva alcune cicatrici sul braccio, segni della dura lotta sostenuta.
- Non mi hai ancora spiegato i tuoi motivi, teh. -
La brunetta si voltò verso l'orizzonte, tornando ad osservare la popolazione laboriosa.
- Motivi di cosa? -
- Perchè pensi che sia meglio uccidere le persone. -
- Mai detto una cosa simile. -
- Allora perchè l'hai fatto? -
- Ho solo giustiziato un essere immondo. La consideravi una persona? -
- Si, un essere umano, come me e te. -
La brunetta scosse il capo.
- Umano, eh...? Non mi reputo tale. -
- Uh? E per qual motivo? -
- Pensi che un normale umano abbia questa forza, queste capacità, questo destino? -
- Tutti gli esseri umani hanno questa forza teh, non tutti sanno come usarla e quasi nessuno sa di averla. -
- Ma se questa forza non esiste per castigare chi distrugge le vite altrui, perchè allora sono così? -
- Penso che tu debba trovarla da sola, quella risposta. -
La brunetta si voltò verso l'uomo dalla pelle scura, che continuava a fissare il cielo.
- Lo vedi, quel cielo? E' azzurro e sereno, e anche se deve sostenere una tempesta, una tormenta o qualsiasi altro clima... il cielo resta composto, non si distrugge. -
Volse il suo sguardo verso la distesa chiara sopra di sé, perdendocisi.
- Eppure... anche se sostiene gli altri elementi... deve comunque trovarsi di fronte le altre catastrofi... - affermò la ragazzina.
- E secondo te fa qualche piega? - chiese l'uomo. - Il cielo deve vegliare... al massimo, con il suo immenso, potrà dar pace e salvare gli animi disperati. -
- Animi... disperati? -
- Tutti nasciamo uguali, è il mondo e le esperienze che ci cambiano, piccola. -
- Il mondo e le esperienze? -
L'uomo si rivolse verso di lei e così fece la ragazzina.
- Nessuno nasce colpevole di qualcosa ma se il mondo che ci circonda è duro e doloroso e noi non siamo in grado di sostenere quel dolore, ci abbandoniamo ad egli stesso diventandone parte e portatori. -
- … Quindi... non esistono il bene ed il male. -
- Esiste il dolore e la felicità... persone che attraversano il dolore e lo superano, arrivando alla felicità. Ma esistono persone che non riescono a sconfiggere il dolore e ne diventano parte. ...In un certo senso sono comunque il bene ed il male, oppure la luce e l'oscurità, il cielo ed il caos. -
La brunetta tornò a osservare le persone con sguardo vacuo.
- Tutta questa gente... affronta l'oscurità bramando la luce... ma non tutti riescono ad arrivarci... perciò alcuni cadono... -
- Coloro che cadono sono quelli che tu chiami “esseri malvagi” senza nemmeno provare a capire perchè mai saranno così malvagi. -
L'immagine di Alp le balenò nella mente.
- Ma...! Raif che motivo aveva di fare del male? -
- Suppongo sia stata la sua visione contorta di governare la città e di proteggere i cittadini... probabilmente il modo in cui è cresciuto lo ha accecato... così come le persone accanto a lui … ma probabilmente non lo sapremo mai. -
La ragazzina sospiro, rattristata.
- … Perdonami, in verità non avevo intenzione di ucciderlo. -
- Luca-san me l'ha detto. Il piano è cambiato all'improvviso... ti sei lasciata trascinare? -
- No, quando ha ferito Luca e ha ucciso Alp... ho pensato che non meritasse nemmeno la prigione. -
- A volte la prigione è più dura della morte stessa... è una punizione ottimale per chi commette errori, teh. La morte è una soluzione troppo facile e rapida. -

Chinò il capo, afflitta.
- … Penso di aver capito cosa vuoi dirmi... in effetti questo spiegherebbe molte cose... -

...perchè papa e Primo-sama hanno sempre perdonato... e la loro pietà...

-
Tu che un giorno sarai boss devi conoscere meglio di chiunque altro tutto ciò, teh. -
La ragazzina appoggiò il capo sulle braccia.
Una voce maschile arrivò da sotto la balconata, costringendo i due a guardare verso il basso.
- Ehi Gazi, dobbiamo finire di sistemare qui, ci dai una mano? -
- Uhm, arrivo subito teh. -
- … Volete una mano? - chiese Nozomi, osservando l'uomo che si era voltato e si stava allontanando.
Gazi si fermò e si voltò, osservando la ragazzina.
- Vi ringrazio ma avete già fatto tanto per noi. Questa è la nostra città, teh, dobbiamo ricostruirla noi. -
- Sì... capisco. -
L'uomo svanì oltre la stanza, raggiungendo Erol.

La brunetta si spostò dentro, fermandosi quando alle sue orecchie giunsero due voci familiari che stavano discutendo animatamente.
Si avvicinò all'uscio senza farsi vedere e osservò i gemelli, seduti su delle casse in legno. Arina aveva finito di fasciare la spalla del fratello e stavano discutendo a voce abbastanza alta.

- Quel che ti sto dicendo è tutto ciò che posso dirti... credimi! - Arina sembrava infastidita.
- Ma per quale motivo? Perchè non puoi raccontare a me, tuo fratello, la verità? - gli chiese Luca.
- Una volta te l'ho già raccontata... prendila per buona e non pensarci su. -
- No, non posso. Sorella... so che c'è dell'altro! Voglio saperlo! -
- … Luca... -
- Raccontami... dimmi cos'è successo sette anni fa!-
- … Non posso. Mi dispiace ma... è una cosa che non posso fare. -
- Ma sono tuo fratello! Ne ho il fottuto diritto! -
- Luca! Sono … sono ordini di Decimo... -
- Ah! Allora c'è qualcosa! Sapevo che c'era dietro anche lui! -
- Non dire così, non è colpa sua... -
- Non intendevo questo! … voglio dire, se sono ordini di Juudaime allora c'è dietro qualcosa di grosso... -
La bionda chinò il capo con sguardo nostalgico.
- Qualsiasi cosa sia successa sette anni fa... è top secret. Mi è stato categoricamente vietato di parlarne a qualcuno. -
- Ma... quanto è grave la situazione...? Riguarda la Juuichidaime? -
La donna non parlò, scostò lo sguardo.
-
Arina, ti prego. Dimmelo. -
- Continui a chiedere ma la mia risposta non può cambiare... mi dispiace. -
- Perchè dici che è stato un tuo errore? Cosa hai sbagliato? -
- … Errori impulsivi di una quindicenne che aveva dimenticato il suo compito primario... -
- Compito primario? … ma... è normale che una quindicenne commetta errori! -
- … Si ma... non io... non io che avevo fatto di tutto per... insomma... -
Sospirò, afflitta, portandosi una mano sulla fronte.
- … Sorella... -
- … Avrei dovuto impedire... tutto ciò accadde per colpa mia... ma mi sono lasciata andare e... lei ci è andata di mezzo... ci siamo entrambe cadute... -
- … Si può rimediare, no? Hai detto che è per questo che sei qui, ora. -
- Se io sono qui è perchè Decimo me l'ha ordinato. -
- No, non è vero. Se sei qui è perchè lo vuoi tu... cos'è che vuole il tuo cuore? -
- … Rimediare all'errore che abbiamo commesso. -
- Perchè parli sempre al plurale?! Tu devi rimediare ai tuoi errori, non a quelli degli altri! -
- No, come sua tutrice io sono colpevole di aver lasciato che sbagliasse, sbagliando io stessa. - spiegò - Anche se sono io ad aver sbagliato... devo salvare anche lei dal suo errore prima che sia troppo tardi. -
- … Tutto questo parlare di errori non lo capisco, davvero... se solo puoi essere più diretta e dirmi senza mezzi termini quale diavolo è il vostro errore... -
La bionda scosse il capo, voltandosi verso la porta e notando solo in quel momento la brunetta che, con sguardo serio e indifferente, stava fissando i due. L'espressione della donna mutò in terrore.

La Vongola si voltò e lasciò quella stanza, scendendo le scale proprio quando notò un Jun dallo sguardo vacuo che, seduto sulla sua valigia, osservava dinanzi a sé.
- … Jun? Cosa aspetti? -
Il ragazzo non rispose: si limitò a notare la compagna di classe, ad aprire leggermente le labbra per poi richiuderle chinando il capo e osservando il pavimento.
- … Puoi rispondermi? -
Scosse il capo.
- … D'accordo, tanto nemmeno io ho molta voglia di parlare. -
Si allontanò rapidamente, lasciando il giovane albino immerso nei suoi pensieri mentre raggiunse la sala grande al primo piano dove i passeggeri dell'aereo stavano preparando le proprie valige per l'ormai prossima partenza verso la loro meta.
Il pilota, che aveva rassicurato tutti e che stava spiegando cosa sarebbe successo nel pomeriggio, aveva un sorriso stampato sulle labbra, probabilmente dovuto alla liberazione finalmente giunta.
La brunetta si avvicinò alla sua valigia e la aprì, osservando i suoi vestiti mal riposti e gli oggetti che aveva portato con sé per quel viaggio.
Alzò nuovamente la mano destra e portò il palmo verso l'alto, osservandolo con sguardo triste come se immaginasse un qualcosa poggiato sopra di esso.
Persa nella sua immaginazione iniziò a canticchiare una melodia nostalgica non smettendo di fissare la sua mano.
In quella valigia mancava qualcosa, un oggetto per lei davvero importante.
Ma era ovvio che non ci fosse, era nascosto nella realtà e nel suo cuore. Si stupì che le fosse tornato in mente, ma dopotutto quello che era accaduto continuavano a tornarle in mente ricordi passati che non volevano sparire in alcun modo.

Ricordò il tocco di una mano piccola e calda, un sorriso, il suono della fontana che spruzzava acqua fresca e la musica che veniva da casa, illuminata dalle luci artificiali e dalla luna limpida sopra di loro.
E poi la promessa, mentre la nostalgica melodia di un carillon suonava tra i due, stesi sull'erba della rupe al fresco venticello che proveniva dal mare.

- "Sarebbe bello potersi gettare in quel mare e nuotare fino ai confini del mondo, verso il nostro destino. Assieme, io e te." -
- "Ma io... come farò a dimenticare quell'uomo?" -
- "Non importa. Te lo farò dimenticare io!" -

Con uno scatto chiuse rapidamente la mano come se avesse chiuso un qualche oggetto con apertura a conchiglia.
Perchè ci stava pensando, adesso? Forse perchè aveva ascoltato la discussione tra Arina e Luca?

Ti odio. Perchè mi hai riportato in mente ricordi così orribili?

Quasi non lacrimò, osservando il muro dinanzi a sé.
Gli occhi di suo padre erano così tristi e seri allo stesso tempo, era sicura che non l'avrebbe amata mai più.
Sarebbe stata abbandonata? Ma perchè? Aveva solo agito per il bene degli altri e per quello di Arina.
Perchè suo padre la stava fissando così?
L'aveva dimenticato eppure adesso ricordava... ricordò quanto lui fosse triste.
Era triste per lei.
E Arina piangeva, rumorosamente, chiedendo perdono. Cosa mai avevano fatto di male?
- "Scusatemi! Ho sbagliato, non avrei dovuto! E' colpa mia!" -

Scosse il capo, schiaffeggiandosi.
- Cosa diavolo sto facendo?! Non posso pensarci ora! Non sono pentita, per nulla. Ho agito per il bene di tutti. -
- "Nessuno nasce colpevole di qualcosa ma se il mondo che ci circonda è duro e doloroso e noi non siamo in grado di sostenere quel dolore, ci abbandoniamo ad egli stesso diventandone parte e portatori." -

- … Già... è vero. Quello che mi ha detto prima Gazi... dovrebbe cambiare le mie idee? … non capisco... è tutto così confuso... -
Qualcuno alle sue spalle la abbracciò di soppiatto, stringendola in un abbraccio dolce e rincuorande.
Il suo profumo era intenso, come sempre. Com'è che riusciva sempre a farla star bene?
- … Devo veramente credere a quello che ha detto lui? - chiese, più a sé stessa che all'amica.
- … devi credere a quello che dice il tuo cuore. - rispose la tempesta, dietro di lei.
- Ma... se avesse ragione allora, io, sette anni fa... -
- Non importa. Gli errori si possono aggiustare con il tempo... e poi dimentica cos'è successo all'epoca. Avevi solo otto anni. Cosa può capire una bambina di otto anni? -
- Mh... si... hai ragione. -
- … Nozo... ricordati che non sei sola. - le disse - Noi non ti abbandoneremo mai, siamo la tua famiglia. Siamo una grande famiglia. -
- Grazie. -
- Non devi ringraziare noi, ma te stessa. Se non fossi una splendida persona non avresti radunato tutti noi. Non ti seguiremmo. -
- Come faccio ad essere una splendida persona? Non mi reputo così. -
- Smettila di fare pensieri tristi. -
- Vorrà dire che rimetterò su quel falso sorriso.-
La tempesta si morse le labbra.
- Lo sai... non potrò essere veramente felice. E' tutta una finzione... ma... per il bene degli altri... -
- Ma smettila di pensare agli altri e pensa un po' a te stessa. Che cosa ti rende felice? -
- Uh... non so... non ho idea di quale sia la mia felicità. -
- Potresti porre la domanda agli altri... magari, conoscendo la felicità delle altre persone, scoprirai quale potrebbe essere la tua.
- E la tua felicità qual'è? -
- Ovviamente è la nostra famiglia. -
La strinse, accoccolandosi a lei.

Quel pomeriggio, subito dopo aver mangiucchiato velocemente qualcosa di commestibile, tutti i superstiti si ritrovarono ai piedi di un aereo privato che li avrebbe portati in Spagna, stavolta senza intoppi.
Erol e Gazi, assieme ad altri ex-soldati che avevano collaborato alla liberazione della città, stavano aiutando i passeggeri a sistemarsi all'interno.
Quando si ritrovarono di fronte il gruppetto, i due ex-capi li osservarono con sguardo serio.
- … Vi ringraziamo per il vostro incredibile aiuto, ragazzi. Senza di voi non sarebbe stata possibile una simile vittoria con così poche vittime... - disse Erol.
- Le vittime sono pur sempre vittime, pensate piuttosto a rimettervi in sesto e a mettere su una splendida città. - Arina sorrise, oltrepassando il gruppetto e andando a sistemarsi al suo posto, seguita da Masato e dal taciturno Jun.
Anche Cloud e Shinji si allontanarono dal gruppetto senza dire una parola. Luca e Kaito, invece, salutarono i due con affetto e lasciarono per ultime le tre ragazze.
La brunetta osservò Gazi con sguardo serio per poi abbozzare un sorriso.
- Quando tornerò voglio vedere una Mirjad splendida e ricostruita. -
L'uomo di colore rimase stupito ma anche lui finì col sorridere.
- Certamente, vi mostreremo una Mirjad piena di pace e di speranze per il futuro, teh! -
- Allora tornerete? - chiese Erol, quasi speranzoso.
- Perchè no? Sembra un bel posto! -
Risero, tutti assieme.
Anche Arashi e Haname andarono a prendere posto, lasciando da sola Nozomi e Gazi mentre Erol scendeva dal veicolo.
- Vongola Undici... vi ringraziamo davvero di cuore per il vostro sostegno e aiuto. -
La brunetta scosse il capo.
- Sono io che ti ringrazio per il tuo aiuto. Grazie a te sappiamo usare meglio le nostre fiamme. E poi... mi hai detto delle cose... uhm... particolari. -
L'uomo sorrise.
- Se avrai voglia di ascoltare qualcos'altro... io ci sarò, teh. Considerateci sostenitori e alleati dell'undicesima famiglia dei Vongola. -
Anche la brunetta sorrise, questa volta sinceramente.
- Uh! Si! Grazie mille! -
Si voltò e fece per andarsene quando l'uomo la richiamò nuovamente.
- … Non ti disperare perchè tutti commettiamo errori. La forza sta nel riconoscerli e nell'avanzare a testa alta. -
- … A testa alta? -
- Esatto. Tu... sarai un buon leader, se lo vuoi. Devi solo essere sicura di ciò che vuoi, e capire. - disse, guardandola negli occhi con serietà - Per un leader è molto importante capire le persone e ciò che ti circonda. Non dimenticarlo: non giudicare niente e nessuno. Cerca di capire. -

"Cerca di capire."

"Non riesci a capire."

Le parole di suo padre all'improvviso echeggiarono nella sua testa, immobilizzandola. Si mischiarono con quelle di Gazi, ferendola nella mente e nel cuore.

"Ancora non capisci, Nozomi. E' questo il tuo problema."

"... è questo... il mio problema?"

- … Non devo giudicare a priori... devo capire tutti, cattivi e buoni... e qualsiasi situazione, giusto? -
- Esatto. E ricordati quel che ti ho detto, teh. Non esistono cattivi e buoni, già differenziarli significa catalogarli senza averli compresi. -
- … Quindi ogni persona va capita. -
- Eh, impari in fretta ragazzina! Ci sai fare, teh! -
La brunetta ridacchiò, arrossendo.
- Ehi, hai ragione. Dopotutto io diventerò un futuro Vongola boss! -

Quelle parole sembrarono aver aperto un grande varco per lei, conducendola in un mondo differente.
All'improvviso alcuni frammenti della discussione con suo padre iniziarono a farsi più chiari, come se lei stesse iniziando a comprendere qualcosa.
Lui disse che lei non riusciva a capire, perciò avrebbe dovuto farlo a qualsiasi costo. Non poteva nascondersi dietro spiegazioni non ricevute, doveva comprenderle da sé. Era come se si trattasse di una prova per diventare boss.

Quando l'aereo si levò, lasciò dietro di sé Mirjad e i loro abitanti, Gazi ed Erol, quelle settimane di terrore e le loro preoccupazioni, dando posto al sollievo e alla tranquillità che divenne emozione, quando finalmente il velivolo attraversò il mar Mediterraneo raggiungendo la penisola iberica.

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Capitolo 7
*** Target 7 - Spagna I ***


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- No, NO! Vi prego... -

Un uomo alto, all'incirca sulla cinquantina, si accarezzava con insistenza la barba grigiastra e osservava con attenzione degli appunti su alcuni fogli che aveva in mano, scuotendo il capo con una velata disapprovazione.
Dinanzi a lui, il giovane dai lunghi capelli smeraldo giaceva su un lettino, legato e in lacrime.

- Non ce la faccio più. Vi prego... -

I polsi e i piedi erano serrati al giaciglio di lenzuola e legno su cui era riposto, il suo viso voltato verso l'uomo con sul volto l'espressione di chi chiede pietà.
Un'altra lacrima solcò il suo viso e la ragazzina ebbe un colpo al cuore: sembrava che le se sue pupille si fossero fermate su di lei, eppure sapeva che lui non poteva vederla.
Come sarebbe stata in grado di salvarlo? Non riusciva più a resistere a quelle dolorose scene.
Aveva altri problemi per la testa ma lui, quel ragazzo... implorava pietà. Era nei suoi sogni, senza alcun apparente motivo. Poteva mai volgere altrove il capo e lasciarlo in quell'inferno pensando solo a sé stessa?
No, non poteva.
Dopotutto era come suo padre, nemmeno la sua apparente strafottenza poteva prevalere.
Egoista, sì, ma non fino a quel punto.
Voleva aiutare le persone perchè non riusciva a vedere innocenti soffrire a causa d'altri.
Ma anche perchè era il volere di Primo-sama.
L'uomo si avvicinò ad un macchinario, regolando una manopola laterale che alterò alcuni valori segnati sullo schermo, dove una linea rossa si intrecciò ad una gialla più flebile.
- Niente da fare. Penso che ad Alberta abbia un macchinario più avanzato. -
Una voce risuonò dal macchinario: era gracchiante, quasi robotizzata, eppure era umana. Forse.
- Allora mi raggiungerete in Canada con l'aereo di domani. Provvederò a farvi avere subito dei biglietti, ma attenti con il pacco. -
- Sissignore. -
L'uomo si voltò verso il ragazzo, che pareva essersi addormentato, prima di lasciare la sala senza preoccuparsi del poverino ancora legato al lettino.

“...Ma perchè ti fanno questo?”

Si accovacciò, osservandolo da lontano per paura che si potesse svegliare.

“...Se fossi forte come papa ti potrei aiutare...”

" Tu sei forte. "

Alzò il capo, curiosa ma disorientata.
Sembrava una voce familiare ma proprio non ricordava dove l'aveva già sentita.



Si infilò il pullover senza nemmeno guardarsi allo specchio, con fare quasi macchinario, mentre preparava le scarpe e si passava velocemente una mano tra i capelli albini, disordinati come sempre.
Si mise le scarpe mentre era sovrappensiero non rendendosi conto di averle lasciate slacciate e inciampò come uno stupido, cadendo a terra.
Il ragazzino, abbastanza impacciato, si alzò barcollante, aggiustandosi i lacci mentre si avvicinava all'ingresso della stanza dove dormiva con Masato e Kaito.
Il gruppetto della famigliola era riunito nel corridoio, fuori alla porta delle stanze che avevano preso in quell'albergo abbastanza rustico e accogliente di Valencia.
Si avvicinò ai ragazzi, anche se non aveva tutta quella voglia di ascoltare ciò di cui si stava discutendo. Si costrinse, dopotutto si trovavano in Spagna e anche lui voleva sapere il perchè.
Notò che stavano discutendo animatamente, fece capolino dietro Luca per notare che Sawada-san e Arina-san stavano parlando con un tono più o meno alto.

- Non capisco, non ricordo di aver mai sentito parlare di questi Halcón, dov'è che li hai sentiti? - chiese la bionda, perplessa.
- Te l'ho detto, il loro nome compare su alcuni libri di una cinquantina di anni fa. Pare che il loro quarto boss fosse amico di Ottavo e abbia conosciuto e apprezzato anche Nono. - spiegò Nozomi.
- Non mi pare di averli mai visti in giro... -
- Sulla storia delle famiglie spagnole c'è scritto che sono gli alleati più forti in questa zona e hanno anche conoscenze abbastanza elevate riguardo le fiamme perchè hanno collaborato con gli Elektrica. -
- Eppure io conosco tutti i boss affiliati agli Elektrica ma questi Halcón non so proprio chi siano... forse non collaborano più... - ipotizzò Masato.
- E' possibile... sarebbero al quinto boss adesso, spero non abbiano “divorziato” dall'alleanza altrimenti potrebbero negarmi il loro aiuto... -
- Quindi il tuo piano è chiedere loro sulle fiamme? -
- Ehi, ma aspettate, che è questa svendita di fiamme? Mi pare che fosse una cosa dei Vongola, all'inizio. - chiese Kaito, confuso.
- Dici bene, "all'inizio". - puntualizzò l'ingegnere - Ultimamente la cerchia si è abbastanza allargata e sono in molti a sapere della shinu ki, anche perchè alcuni scienziati stanno facendo delle ricerche per potenziarle e per estrapolarne le capacità. -
- Ah, dici Verde e compagnia? - chiese la bionda.
- Precisamente. Quel tipo era anche un ex Arcobaleno, ha rifiutato l'ingresso negli Elektrica e il boss c'è rimasto abbastanza male. - Masato sospirò.
- Mah, ad ogni modo... Undicesima dice che le conoscenze di questa famiglia sono buone ma... ma perchè spingersi in Spagna? Potevamo chiedere a qualche altra famiglia vicina a noi. - la donna si voltò nuovamente verso la sua allieva.
- Famiglia vicina? Qui in Spagna siamo abbastanza lontani da papa, pensavo fosse meglio allontanarci. -
- Potevamo chiedere ai Cavallone o ai Bovino... ma anche i Sereno ne sanno un bel po'. -
- … Sono troppo vicini a papa... beh, i Sereno sono di Venezia, ma... sono ancora troppo vicini a mio padre. -
- Infatti non si tratta di una vicinanza territoriale, “spiritualmente” sono tutti vicino a tuo padre. E' ovvio, Decimo è amato da tutti... ha unito tutti quanti o almeno la maggior parte delle famiglie e ha allontanato battaglie e dissapori di qualsivoglia genere. -
- Perciò non sono andata da zio Dino, l'avrebbe detto a papa. Non posso permettere che lui sappia dei miei piani! -
- D'accordo, come dici tu. - affermò la donna, quasi come se volesse darle ragione nonostante il suo disappunto. - Allora, come la troviamo questa fantomatica famiglia Halcón? -
- Nei libri c'era scritto che questa città era parte del loro territorio, dobbiamo cercare loro tracce e magari Masato può cercare nel database degli Elektrica se c'è altro. -
- Ci vorranno giorni di ricerche... Non sono sicuro che riusciremo a stare qui per molto tempo. - rispose lui.
- Posso permettermi di pagarvi il posto per un bel po' di giorni quindi non vedo il problema. -

Una risata ironica interruppe i presenti: il musicista dalla chioma corvina si sistemò gli occhiali, osservando la ragazzina al centro della discussione.
- Tu stai dicendo che puoi permetterti di pagarci l'albergo per giorni interi quando ci hai affibbiato ad una compagnia aerea mediocre che ci ha catapultati in piena Turchia? -
La ragazzina sembrò offendersi perchè mise il broncio.
- Ehi, se avessi speso più soldi nel viaggio avrei poco per l'albergo! - spiegò - Per caso non ti fidi di me? -
- Ha pensato di risparmiare su qualcosa. - disse Arashi, che stava fissando altrove appoggiata al muro. Sembrava abbastanza seccata.
- Non era meglio assicurarsi un viaggio discreto e prenderci una catapecchia, visto che tanto ci dobbiamo solo dormire? - il giovane maestro parve innervosito - Tra la prospettiva di viaggiare ad alta quota con rischio di precipitare e morire, e un alloggio in una catapecchia puzzolente infestata da topi... sceglierei ovviamente la seconda opzione. -
La ragazzina sembrò perplessa: aprì la bocca per ribattere ma la richiuse subito, mordendosi le labbra.
- Beh, d'accordo. Lo terrò a mente per la prossima volta. -

Aveva sbagliato, lo sapeva.
Era solo una ragazzina, dopotutto. Anche se si mostrava forte, anche se voleva migliorarsi, se sapeva prendere a pugni la gente o andava in Hyper mode con la sua fiamma... era solo una ragazzina.
Però, almeno, sapeva ciò che voleva nella sua vita. Aveva un sogno e lo inseguiva a qualsiasi costo.

Ma che sogno aveva invece Jun? Qual'era il suo futuro e cosa voleva fare della sua vita?
Si ritrovò solo nell'atrio, quando tutti stavano decidendo il da farsi e dove iniziare con le loro ricerche. Solo Masato era rimasto in camera: l'ingegniere della situazione avrebbe cercato sulla rete e sui database della loro famiglia.
Gli aveva dato una mano durante la vicenda di Mirjad, quel poco che bastava e sotto continuo controllo dell'uomo.
Non era bravo nemmeno con i circuiti e la programmazione, era solo in grado di utilizzare alcuni programmi e chattare su forum e simili.
Non poteva combattere, non sarebbe stato in grado di aiutarli in alcun modo. Non era abbastanza ingegnoso da dispensare consigli intelligenti né aveva particolari capacità.
Cosa diavolo sapeva fare? Perchè era con loro?
Si era allontanato, aveva aperto la porta d'ingresso con rabbia ed era stato investito dall'aria invernale spagnola.
Le lacrime gli rigavano il viso e i pugni erano serrati, avrebbe voluto colpire un muro ma sapeva che ci avrebbe rimesso la mano.
Si voltò quando notò che Arashi era dietro di lui, con la sua solita aria disgustata: sapeva di non esserle mai andato a genio ma era ovvio, una nullità come lui cosa poteva fare per la famiglia? Era solo un peso che per poco non stava per essere impiccato solo alcuni giorni prima.

- Che diavolo fai qui fuori? Non dirmi che vuoi darci una mano anche tu che mi mi metto a ridere. - disse lei, seria.
- No, sto solo prendendo aria. -
- Hah, dopotutto cosa potresti fare? Sei inutile. -
Quasi non gli scappò un calcio verso quel muro che stava osservando con insistenza. Il nervosismo della ragazzina era tangibile, cos'era successo durante la discussione di poco prima?
Stava accadendo qualcosa all'interno della famiglia, qualcosa che non sembrava andare nella giusta direzione.
- Che cazzo di problema hai? - chiese, probabilmente notando la frenetica voglia del ragazzo di abbattere qualche edificio a suon di testate.
- Che diavolo vuoi tu? Non posso nemmeno stare da solo, adesso? -
- Calmati, coglione. Non sai che abbiamo da fare? Se proprio non hai un cazzo da fare torna dentro e aiuta a mio fratello. -
- Fanculo, sarò anche un hikikomori ma non so un cazzo di codici e script. -
- E vuoi star qui a fare la bella statuina? Vuoi fare l'eterno sfigato o ti vuoi dare una mossa? Svegliati un po' e piantala di piagnucolare. -
- Senti mi hai rotto! Ti pare che sia felice di star qui a farmi quasi ammazzare?? Fosse stato per me manco ci sarei venuto qui! -
La rossa rimase di sasso: fissò il ragazzo sbigottita e nessuno dei due aprì bocca, sembrava quasi che si stesse trattenendo con tutta sé stessa per evitare di prenderlo a sberle. La vide tremare quando pochi istanti dopo il resto dei guardiani non li raggiunse fuori al portone.
- ...Che succede qui? - chiese un'Haname intimorita dall'espressione di Arashi.
- … Succede che è uscito di testa. - rispose lei.
La tempesta si voltò verso Nozomi con uno sguardo alquanto furioso.
- Nozo. Te l'ho detto che era 'na stronzata. - scosse il capo con fermezza, entrando rapidamente nell'edificio senza guardare in faccia a nessuno.

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La bruna non capì, si voltò verso Jun e i loro sguardi si incrociarono.
- Che succede? -
L'albino scosse il capo, mordendosi le labbra.
- Ti ha detto qualcosa? Ti ha offeso? -
- No, cazzo. No! - era talmente esasperato che per poco non bestemmiava, lasciandosi scappare anche una parolaccia. Lui, che non aveva mai mancato di rispetto a nessuno. Ma ormai la sua autostima era inferiore ad un sassolino. - No. Davvero no. -
- Jun, che diavolo hai? - la bruna lo fissò con sguardo incredulo.
- Che diavolo ho?! E me lo chiedi tu? -
La bruna rimase interdetta.
- Sono qui con voi a fare il soprammobile, ecco cosa c'è. -
- Vuoi che ti affidi un compito? - chiese lei, perplessa.
- Compito?! Non so fare un cazzo, che vuoi affidarmi?! Sono un idiota, non so usare il pc, non so combattere, non ho abilità né so fare la spia e cose così. Che cazzo ci faccio qui con voi, con te? Perchè diavolo sono qui?! - il ragazzo aveva uno sguardo infuriato.
- Perchè cazzo me lo dici solo ora? Mi sembrava che dovessimo essere sinceri o sbaglio? Pensavo fossi felice di venire con noi, eri tutto sorridente e allegro! -
- Beh, forse all'inizio, per l'emozione, ma... Comunque che senso aveva dirtelo? Tanto tu vedi diverso da me, tu guardi in avanti, io invece sto indietro! Sto indietro a farmi ammazzare e a fare il perdente, ecco. -
- E perchè te ne stai indietro? Perchè non vieni avanti anche tu? -
- Forse te non hai capito che io sono inutile, non so fare nulla. Non posso camminare accanto a voi! -
- E allora che vuoi fare? Vuoi startene indietro a fare la figura dell'idiota per tutta vita? Non vuoi metterti d'impegno e capire in cosa sei bravo? Perché continuare ad essere un fallito?? -
- Perchè è quello che sono! Perchè diavolo sono venuto in Spagna con voi? Perchè mi hai messo nella tua famiglia? Non servo a nulla, non prendo parte a nulla, sono solo una palla al piede! -
La bruna scosse il capo, esattamente come Arashi poco prima.
- Quindi ti sta bene restare indietro, continuare ad essere lo sfigato seduto al banco che si nasconde per ogni cazzata, che non esiste nemmeno per i compagni di classe che continueranno ad ignorarti. -
L'albino si voltò verso il muro dietro di lui e ancora verso la strada di fronte. Si muoveva in modo nevrotico, tremando, continuando a guardare qualsiasi punto che non la sua interlocutrice.
- Credi che sia piacevole? Credi che agli altri faccia piacere vederti così? Perchè sei qui, mi chiedi? Perchè ti ho portato in Spagna, dici? Perchè fai parte della famiglia, mi sembrava ovvio! -
- Perchè cazzo mi hai infilato nella famiglia, allora?! Non potevi lasciarmi dov'ero? -
- Cioè, io ti ho portato in famiglia, ti ho dato da passare delle giornate diverse dalle tue solite dov'eri rintanato in casa senza far nulla e senza amici, ti ho dato nuove esperienze, nuove emozioni, nuovi amici, nuove prospettive e tu dici che volevi restare solo come un cane in un angolino senza speranze?! Ma sul serio?! -
L'albino sbottò.
- Nessuno te lo aveva chiesto! Chi diavolo pensi di essere, un dio?! - urlò. - Fai tanto la fighetta, pensi di fare battaglie epiche da videogame e per poco non ci fai ammazzare! - continuò - E, soprattutto, sei rimasta chiusa nei tuoi cazzo di sogni. Non capisci un cazzo di me, non capisci un cazzo degli altri e non capisci un cazzo del mondo reale! -

Calò un silenzio agghiacciante: la brunetta soservò il giovane con occhi sbarrati e Haname si portò le mani sul volto.

- … Va... vattene. - sussurrò lei, tremando.
- Con piacere. - disse, con sicurezza.

Eppure doveva dirglielo. Doveva farglielo capire.

-
Manda tutto al diavolo, dimenticati degli amici, prendi la tua roba, prenditi un fottuto aereo e vaffanculo! - urlò, prima di voltarsi rapidamente per poi allontanarsi.
Ma non ci badò, perchè lui stava già correndo via.

Piangendo.
Non seppe nemmeno quanto aveva pianto.

Era seduto su una scalinata e piangeva a dirotto, asciugandosi le lacrime.
Anche lei stava piangendo? Aveva visto i suoi occhi lucidi.
Forse si era trattenuta.
Aveva sbagliato a trattarla così male? Dopotutto ciò che lei aveva fatto per lui...
Però anche lei era nel torto, stava agendo in modo sbagliato.
E sentiva la freddezza che aveva avvolto la famiglia già da parecchi giorni. Possibile che era l'unico a sentire quella strana atmosfera?
Di chi era la colpa?

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Singhiozzò, quando non sentì che qualcuno gli si era avvicinato. Alzò la testa e osservò i due gemelli che si erano seduti ai suoi lati, Luca sembrò sofferente e subitò gli diede una mano a sedersi.
- … Ancora la spalla...? - gli chiese.
- Eh sì, è dalla battaglia a Mirjad. Pian piano guarirà, dai. - Luca abbozzò un sorriso.
- … Ma Sawada-san ti lascia muovere in queste condizioni? E' abbastanza insensibile. -
- No, per nulla. - disse lui - Mi ha chiesto se volevo restare a casa ma tanto non è nulla di grave, posso benissimo passeggiare per strada e andare in cerca di informazioni, no? -
L'albino storse la bocca, pensieroso, quando la donna non parlò.
- Undicesima si preoccupa di ognuno di noi perchè lei vuole bene a tutti. -
- Non sono sicuro che non lo faccia solo per soddisfare il suo ego... - disse lui.
La donna sospirò.
- Può anche darsi … ma pensi che sia davvero così? -
- … Può essere egoismo. Penso faccia tutto per sentirsi... superiore. -
- Non superiore, ma in grado di fare qualcosa. Sai bene dei suoi complessi di inferiorità, no? Si nasconde dietro quella sagoma da potente e saggia guerriera solo per non mostrare quando invece sia fragile e immatura... così però si dimostra solo arrogante, stupida e antipatica. - il suo pensiero volò a qualche giorno prima.
- Sarebbe meglio se riflettesse sulle cose, anzichè continuare questa farsa. - spiegò - Capisco l'entusiasmo, o l'altruismo, o quel che è ma... Mi ha trascinato nella sua famiglia senza che le abbia chiesto nulla e la mia unica abilità è... canticchiare discretamente...? E a cosa serve? Insomma, doveva pensarci prima! Non può portare dentro gente a caso... -
- Che non ragioni, soprattutto ultimamente, è palese, ma non pensare che ti abbia portato in famiglia perchè voleva usarti ma non ha trovato il modo. ... Non hai mai rivelato di essere bravo in qualcosa, no? Allora sei qui perchè lei ti voleva qui, inetto o meno. Voleva darti un'opportunità, insegnarti qualcosa. -
- Ma cosa? Cosa potrei mai imparare? Non scherzare... Ha sbagliato a invitarmi nella famiglia. -
- Adesso sei tu che non ragioni bene, Jun. Deve per forza esserci un motivo nel fare amicizia con qualcuno o nell'inserire qualcuno nella propria famiglia? -
- Beh... -
- Non sei utile a nulla, perciò è chiaro il concetto che non ti stia usando per il suo ego. Sei inutile, perciò se sei qui è per il motivo opposto, ovvero perchè ti vuole bene. Certo, ha sbagliato a portarti con noi perchè è un viaggio pericoloso, su questo non ci piove. Ma ha fatto talmente tanti sbagli, ultimamente, che non si contano nemmeno più... - la donna osservò il cielo, pensierosa.
- ... Hai detto che voleva insegnarmi qualcosa... Cosa? Cosa voleva insegnarmi, allora? - chiese lui, curioso.
- Uhm... suppongo che volesse farti capire che nella vita c'è sempre speranza. -
Il ragazzino fissò i suoi limpidi occhi verdi e ne rimase quasi affascinato.
- Speranza...? -
- Ehi, Jun... cosa vuoi dalla vita? Qual'è il tuo sogno? - chiese Luca.
- … Uhm... volevo aprire una casa discografica ma... non penso di esserne capace... e non ne sono nemmeno più tanto convinto, era un'idea di due anni fa... -
- Mh... Cosa sai fare? -
- … Canticchiare... passare l'aspirapolvere... cucinare... chattare sui siti web... comprare online...-
- Nient'altro... di utile? - il fulmine alzò un sopracciglio.
L'albino scosse il capo.
- Allora significa che devi trovare una tua strada. Devi scoprire cos'è che vuoi nella vita e cosa puoi fare. Per questo sei in famiglia, per trovare te stesso... prendila come un'opportunità. -
Il ragazzino si stropicciò gli occhi, gonfi per via delle lacrime, cercando di guardare dinanzi a sé la strada strafficata.
- … cercare... me stesso... -
- Dovresti far tesoro di questa possibilità e farti in quattro per aiutarci. Prima o poi noterai che c'è qualcosa che sai fare e che ti piace fare, quel qualcosa ti guiderà verso la tua strada... ma con calma. - spiegò Arina, abbozzando un tiepido e dolce sorriso.

Già, aveva ragione. Forse c'era qualche speranza per lui, doveva solo riscoprire sé stesso.
E anche in quella fredda giornata invernale il giovane riuscì a sentire un dolce tepore dentro di sé.

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Capitolo 8
*** Target 8 - Spagna II ***


Target 8 - Spagna II

cover

La ragazzina si era seduta su una panchina, a pochi passi dalla seconda entrata dell'albergo.
Stava osservando insistentemente il suolo rimuginando su ciò che era accaduto solo un'ora prima.
Dopo l'umiliazione subita da suo padre, l'aereo che aveva sostenuto un atterraggio di emergenza in Turchia, la presa dei ribelli e la quasi impiccagione di Arina e dei suoi amici, adesso ci si metteva anche Jun con i suoi piagnistei, tra l'altro accusandola di non averlo compreso abbastanza.
Di nuovo non capiva nulla, quelle stesse parole che suo padre le aveva ripetuto quel giorno. Quanto ci aveva visto lungo?
Invece lei era davvero così cieca?

Era tutto a dir poco snervante.
Certo, una buona fetta di colpa l'aveva anche lei ma cosa poteva fare per riparare ai danni?
Si sentiva abbastanza demoralizzata e, dopo la litigata di poco prima, il suo morale era sceso vertiginosamente a terra.

Si trovavano in Spagna, un paese a loro non familiare, da soli e con pochi soldi.
Per quale motivo?

“La famiglia Halcón. Devo trovarli e chiedere loro aiuto.”

Strinse i pugni, decisa. Dovevano solo sopportare un altro po', il tanto che bastava per raggiungere il loro obiettivo e sarebbero poi tornati finalmente a casa.
Ma era davvero così importante? A cosa sarebbe servito loro apprendere ulteriori informazioni sull'uso della shinu ki?

“I Notturno. Devo salvare Namimori!”

E' vero, Namimori era finita sotto il controllo di quella famiglia sconosciuta. Ricordò i lunghi capelli blu notte del giovane Sirius e il suo occhio color ambra.
Secondo le idee di suo padre avrebbe dovuto lasciare Namimori nelle mani di quel ragazzo e comportarsi come una ragazza qualunque. Forse suo padre stava già pensando di vedersela con quella stramba famiglia, eppure non ne era certa né voleva che fossero altri a rimediare ai suoi errori.

Haname si era seduta accanto a lei, in silenzio, seguita da Shinji che aveva appena oltrepassato l'uscio.
La brunetta restò in silenzio, immersa nelle sue riflessioni.

- Nozomi... - la ragazza dai capelli corvini aveva uno sguardo più serio. - Jun ha ragione, Nozo. Non avresti dovuto portarlo qui. - disse.
La Vongola alzò il capo e la osservò negli occhi, ma non riuscì a parlare.
- ...Per quanto possiamo volergli bene, anche se è un membro della nostra famiglia, per lui... è troppo. Questo è davvero troppo. - spiegò – Stiamo parlando di un ragazzo che non è quasi mai uscito di casa, gli unici amici che ha non sa nemmeno chi siano perchè li ha conosciuti chattando sul web. - disse – Come puoi pensare di portarlo in giro per il mondo e di infilarlo in situazioni così pericolose? -
- Dovevamo solo visitare e parlare con delle persone, non sapevo mica che saremmo atterrati in Turchia e tutto quello che è successo. - affermò la ragazzina.
- Certo, non potevamo prevederlo ma... tu stessa avevi detto la tua vita era più pericolosa a causa della tua famiglia e di ciò che sei. Non è stato questo il caso, ma comunque dovresti andare cauta con persone non in grado di combattere... -
La bruna sospirò, cercando qualcosa da dire.
- Nozo, per favore, ascoltami bene. - iniziò, prima di voltarsi verso il ragazzo che si era uno a loro. - ...Anzi, ascoltaci. E' tuo dovere farlo. -
Nozomi alzò il capo e osservò lo sguardo della nebbia: sembrava nervoso, voleva evidentemente dire qualcosa ma il suo imbarazzo glielo impediva.
- Shinji... - disse Haname, abbozzando un sorriso.
- Ehm... - il giovane si grattò il capo, imbarazzato – Io... volevo dire che... sono d'accordo con Haname. - si fermò per una piccola pausa, sembrò riprendere fiato – Jun... non dovrebbe essere qui... secondo me dovevi parlare chiaramente con lui... per sapere se voleva venire... se se la sentiva... non so... -
- Ma io... l'ho fatto per lui... - rispose la ragazzina, senza nemmeno credere più a quelle parole.
- Beh... però... anche se avevi buone intenzioni lui... aveva diritto ad esprimere la sua opinione...no?

- Oh, la riunione dei marmocchi. -

Cloud varcò l'ingresso dell'edificio e si avvicinò ai tre, ponendosi di fronte alla ragazzina con uno sguardo infastidito.
- Complimenti per la figura di merda, Conchiglietta. - affermò, incrociando le braccia – Sei riuscita a fare più casini in queste due settimane che in un anno che ti conosco. - spiegò.
- … Grazie per la tua solita gentilezza, Cloud... - si limitò a dire, osservando sottecchi l'amica e il bruno. Entrambi sembravano seri e la stavano osservando con severità.
- Non mi interessa essere gentile. - affermò lui, disgustato – Adesso ti renderai conto di quanto il tuo comportamento sia stato immaturo e stupido. - disse – Spero vivamente che tu scelga con cura le prossime parole perchè mi sono stancato di seguire un'arrogante mocciosa. Ho tutte le intenzioni di ficcarti il bracciale da qualche parte e tornamene a casa lasciandoti sola come un cane, perchè è questo ciò che ti meriti. -

- Cloud, per favore. - le parole della pioggia uscirono del tutto inaspettate. - D'accordo essere sinceri, ma con educazione. -
- Tsk. - la nuvola, si voltò e lasciò soli i tre, svanendo oltre l'uscio.
- Tu la pensi come lui? - le chiese.
- … Tutti la pensano come lui. - rispose la pioggia.

Sembrò quasi come se un fulmine le avesse colpito il cuore.
Erano tutti contro di lei?

- … Io volevo solo fare qualcosa per lui... sì forse... forse dovevo chiederglielo prima, ma... -
- Sappiamo che non l'hai fatto in cattiva fede, mi sembra anche evidente. - disse Haname – Ma non è solo questo il problema. Stai facendo scelte sbagliate e continui a sbagliare senza rendertene conto! -
- Ma sto facendo tutto questo per voi! - la bruna si alzò dalla panca, alzando gli occhi al cielo.
- Sei sicura? -

La domanda di Haname arrivò inaspettata.
Sicura di cosa?

- Hana... io ho fatto un casino a causa di mio padre... e i Notturno... dovevo trovare una soluzione! -
- Innanzitutto non è che tu abbia fatto chissà quale casino con Decimo, Nozo. E' una tua convinzione. - spiegò, severa - Ci ha solo negato un aiuto, non ci ha mica imprigionati, o... torturati, o... non so, non ci ha fatto qualcosa di male. -
- M-ma... lui ha detto quelle cose, ha detto che non capisco e... poi il pugno... insomma, davanti a tutti voi, io... - la brunetta non sa più cosa dire, quasi non iniziava a balbettare.
- Beh, per il pugno posso capire che sei offesa o delusa, anche se non capisco cosa tu voglia dire con "davanti a tutti noi". Non è cambiato nulla per noi, spero tu non stia pensando di averci deluso o cosa. - iniziò, restando in silenzio per qualche secondo osservando l'imbarazzo della ragazza - ... comunque, per la discussione... credo che in parte abbia ragione, Nozomi. -
- ... Eh? - la ragazza si fermò a guardare gli occhi verde acqua di Haname, quasi impaurita. - In che senso...? -
- L'abbiamo notato tutti, adesso. Non pensi, non ragioni più, vai spedita dal punto A al punto D senza pensare alle conseguenze, agli altri punti, a noi che ti stiamo seguendo... - spiegò ancora, adesso più calma e con una velata tristezza - Tu pensi di voler risolvere tutto da sola, ma... come ha detto Jun, non sei un dio e ultimamente voli troppo con la fantasia, Nozo. -

Un altro fulmine, dritto nell'atrio destro.

- Ti sei rinchiusa nel tuo mondo... hai fatto tanti errori, alcuni li hai riconosciuti, ma non hai nemmeno chiesto scusa. -
- E poi sei cambiata... ci hai letteralmente tagliati fuori dalla tua vita... - intervenne Shinji, imbarazzato. Anche lui aveva un'espressione abbastanza triste.
- Ecco, vuoi rimediare ai tuoi errori prendendo decisioni assurde e lasciando fuori i diretti interessati. Ti rendi conto che ci hai trascinato fino in Spagna senza darci spiegazioni fino a stamattina? - disse lei.
- Ma... io … -
- No, Nozo. Niente 'io'. Non sei una persona egoista, io ti conosco bene. Non nei nemmeno arrogante né vuoi metterti sotto i riflettori, in verità. - affermò – Ti avevamo detto di smetterla con quella farsa e tu hai messo su un altro spettacolino dove però, adesso, l'unica protagonista sei tu. - spiegò.
Il dolore che stava avvolgendo il suo organo pulsante le impedì di dire qualsiasi cosa. Si morse il labbro, scostando lo sguardo dagli occhi infuocati della sua guardiana.
- Io so quanti pensieri hai per la testa e quanti complessi ti fai, Nozo. Ma non devi assolutamente fingere di essere quello che non sei per nascondere i tuoi complessi, anzi! Li devi affrontare a testa alta assieme a noi! Non ci puoi lasciare in disparte perchè non vuoi infilarci nei tuoi problemi o cazzate così! Per dio, Nozo, siamo i tuoi guardiani e i tuoi migliori amici! Devi ascoltarci, devi parlarci! Devi dirci ogni singola cazzata che ti passa nel cervello, se questa è così importante da poterci o poterti mettere, anche solo lievemente, in pericolo! - l'aveva afferrata per le spalle e la stava scuotendo, anche se con delicatezza.

Anche Kaito e Arashi erano arrivati nell'atrio e il biondino si stava grattando il capo con nervosismo mentre Haname stava tornando a sedersi, sospirando con tristezza.
- Uffi, che casino! - esclamò il biondo, osservando i tre. - Ma davvero, non so... abbiamo fatto tanto per diventare più forti e usare le nostre fiamme... prima non sapevamo cosa fossero, non sapevamo di averle... - spiegò - Ma boh, l'abbiamo fatto perchè volevamo stare accanto a te... siamo tutti diventati forti per te e per la famiglia... eh! Ma... Jun non è così, lui è debole purtroppo, è pericoloso per lui... e se non voleva venire non dovevamo portarcelo! - disse poi, rivolto verso Nozomi, che non lo stava guardando ma osservava il suolo con lo sguardo demoralizzato. - So cosa significa se ti dicono di fare quello che non vuoi... - si appoggiò alla panchina, sospirando.
- Lascia stare, Kaito. - la rossa si avvicinò alla panca e lasciò scivolare il suo sguardo sui presenti. - Io l'avevo detto sin dall'inizio ma una certa idiota non mi ha ascoltata. -
- Arashi, mi spiace. - disse Haname – Anche io all'inizio avevo pensato non fosse poi una cattiva idea, ma mi sono ricreduta. -
- Non è questione di buona o cattiva idea. Jun è debole, non sa fare un cazzo ed è un hikikomori che si scioglie alla luce del sole. Che cazzo ci fa in una famiglia mafiosa? - chiese, portando l'attenzione sulla spenta Vongola. - Eh, Nozo? Me lo spieghi? Perchè non ci hai ancora detto come mai ti è saltata in testa questa idea assurda. -

- Non lo so. - disse, sussurrando. - Non ne ho idea. Io volevo allontanarlo ma... le parole mi sono uscite da bocca e dopo era già troppo tardi. -
Nessuno parlò, i quattro la osservarono in silenzio.
- Beh, avresti dovuto fare qualcosa, no? - le disse la tempesta – Jun qui non doveva starci, te l'ho ripetuto migliaia di volte. -
- Visto che ormai era in famiglia ho pensato di fare qualcosa per lui... -
- Non puoi sempre aiutare tutti Nozo! C'è SEMPRE un limite. Non sei un'eroina e attualmente non hai i mezzi che ha tuo padre. Perchè non rifletti prima di fare le cose?? -
- Ma Jun è stato sempre solo e in casa, insomma, dovevamo venire solo a parlare con delle persone, per quale motivo non potevo portarlo un po' in giro?! E' anche gratis, cioè, chi non farebbe un viaggio gratis in Spagna? -
- Non è la questione del viaggio o non viaggio, il problema sta nel fatto che lui non ci voleva venire, qui! E poi che vuoi dire con 'portarlo in giro'? Cazzo è, un cane? -
- Ragazzi, abbiamo già discusso su questo. - disse Haname – Viaggio o meno non puoi essere sicura che non ci siano pericoli, per noi. Dovevi prevederlo. -
- Ma per favore! Ho un buon intuito ma mica sono una veggente! -
- Nozo piantala per favore. - Arashi sembrò davvero stizzita.
- Io... - osservò tutti i presenti, uno per uno: Haname aveva uno sguardo rattristato, Shinji sembrava depresso, Kaito era nervoso e continuava a guardare altrove mentre Arashi era furiosa.
Un altro colpo le centrò il ventricolo sinistro.

- Non... non capisco... io ho fatto tutto questo perchè... perchè pensavo fosse la cosa giusta da fare... - le parole le uscirono come sussurri, la voce era rotta. - Per voi... perchè volevo... -
Arashi sbuffò.
- Bla bla bla, "per voi" non esiste, tu PER NOI non devi fare niente, siamo una cazzo di famiglia, l'hai scordato?? Te l'abbiamo detto mille volte che per noi NON era la cosa giusta da fare, ma te non ci ascolti mica, eh! - esclamò la rossa, voltandosi - Mi chiedo se per te siamo importanti come guardiani o stiamo qui a fare i soprammobili. -

Boom.
Con un potente colpo di bazooka il suo cuore era infine esploso.


Luca, Arina e Jun stavano rientrando nell'edificio proprio nell'istante in cui la ragazzina bruna li aveva sorpassati, senza degnare loro di uno sguardo, sfrecciando via per le fredde strade della città e fermandosi appena si era accorta che qualcuno la stava seguendo.
Si voltò, osservando la sua tutrice negli occhi.

Sembrava seria, come tutti gli altri.

- Undicesima... Ti hanno detto qualcosa? -
- Sapevi già tutto, non è così? -
- Ovvio, ma non solo io. Tutti erano già al corrente di cosa stava succedendo. -
- Cosa c'è, adesso fate le riunioni segrete per tramare alle mie spalle o cosa? -
- Piantala. Non sono servite riunioni, era inutile anche il solo parlare. Chiunque poteva notare che la situazione stava precipitando, ma tu eri troppo impegnata a recitare la parte della guerriera invincibile anziché pensare al bene della tua famiglia e a capire come si sentissero. -

Ancora e ancora. Si stava quasi stancando di sentirselo ripetere mille volte.

- Ho capito, HO CAPITO CHE NON CAPISCO NIENTE. - urlò, spaventando i passanti.
- ... Una volta leggevi libri su libri e pensavi molto. - Arina le si avvicinò, sospirando - Da quand'è che non ti guardi più attorno? Da quanto hai litigato con Decimo, oppure da prima? -

La bruna era disorientata, lanciò uno sguardo lungo la strada e osservò le persone accanto a lei, così come le macchine che passavano rapidamente.
Dove si trovava? Era un marciapiedi trafficato, molte persone camminavano rapidamente e la scansavano con non curanza. Davanti a lei c'erano tanti negozi aperti e alcuni venditori illustravano la merce ai clienti. La strada era piena di vetture che sfrecciavano sull'asfalto mentre il cielo era terso ma sembrava esserci comunque poca luce.

Era la prima volta che faceva caso a tutti quei particolari da quando era tornata dall'Italia.

- Vedi? - disse la sua tutrice, non smuovendosi dalla sua posizione – C'è tanto attorno a noi. C'è un mondo. Un mondo che non è un videogioco né una fiaba. - spiegò – Il mondo reale funziona in modo diverso... e fa anche male, lo so. - abbozzò un sorriso – Esci fuori da quella cupola che ti sei costruita di nuovo, continuerai ad essere ferita ancora e ancora ma è necessario affinchè tu cresca. -
La sua allieva non disse nulla, si limitò ad osservarsi intorno.
- Hanno fatto tanto per abbattere quei muri e tu li ricostruisci? Se continui così rischierai di ritrovarti da sola, e so che non è ciò che vuoi. -
- Meriterei di finire da sola. Erano tutti così... feriti. - si osservò le mani, incredula - Ho fatto loro del male con queste stesse mani... che avevano giurato di proteggerli... - spiegò - ... Perchè mai dovresti aiutarmi? -
- Perchè sei la mia allieva, e devo insegnartelo. - rispose lei – Devo insegnarti a vivere, ad essere te stessa. -
- Dovrei proprio imparare ad essere un buon boss. - disse lei, quasi divertita – Come devo fare per proteggere le persone e per essere una Vongola a tutti gli effetti? -
Arina scosse il capo.
- No, non è questo. Tu, in cuor tuo, sei già un buon boss. Il tuo problema è esattamente l'inverso, ti manca la base. -
La bruna si voltò verso la sua tutrice e incrociò i suoi occhi smeraldo.
- Il mio compito è quello di farti diventare una donna. -

Sorrise, allontanandosi e lasciandola da sola immersa nei suoi pensieri, mentre camminava per le fredde strade della viva cittadina.
Tutto attorno a lei si muoveva: le persone parlavano, le auto si spostavano, le luci si illuminavano e le televisioni, esposte nei negozi di elettronica, erano sintonizzate sui telegiornali condotti da sorridenti giornalisti che parlavano in lingua.

Si fermò, dopo una mezzoretta di cammino, appoggiandosi con la schiena al muro e sospirando.
Cercò di non piangere e tirò su con il naso.

- Io... volevo solo che... che tutti fossero... - sospirò, nuovamente.

“E' vero, io non sono mio padre.”

Si asciugò alcune lacrime con la manica. Non riusciva a trattenersi.
Voleva che si fidassero di lei, che la vedessero forte.
Ma era davvero giusto? Aveva ignorato i loro consigli e aveva trascinato Jun in quella situazione assurda.

“ Ma... dovevamo diventare più forti...”

Era lei che voleva diventare più forte. Non aveva calcolato poi molto i suoi compagni.
Anzi, non li aveva calcolati per nulla.
I suoi amici.
Erano i suoi guardiani ma soprattutto i suoi adorati amici.

Li aveva trattati da schifo, dimenticandosi praticamente che esistessero.

“...Le persone a cui volevo più bene... ”

Tutto questo perchè voleva diventare più forte. Ma valeva davvero la pena migliorarsi a scapito degli altri?
No, era davvero meglio se fosse restata la solita rozza Nozomi, ma almeno sarebbe stata accanto alle persone a cui voleva più bene.

Eppure lei voleva diventare forte, voleva proteggerli tutti. Per quale motivo?
Perchè lo voleva Primo-sama?

“E perchè così dimostrerei a mio padre di essere forte.”

Ecco il solito problema. Era questo il suo dannatissimo problema.
Doveva ammetterlo a sé stessa. Perchè stava facendo tutto questo?

- …Perchè ho dei complessi di inferiorità. -

Bingo.
L'aveva ammesso. Adesso poteva chiaramente dire anche che era una perdente e che faceva schifo. Ma no, non ci sarebbe riuscita. Nonostante si sentisse inutile sapeva che doveva comunque continuare a mantenere la sua messinscena. La “maschera”, come la chiamò Arashi.
Perchè Arashi aveva sempre ragione, così come gli altri.
Non avrebbe sbagliato se avesse consultato anche loro. Cosa doveva fare, ora?

Doveva forse scappare?
Si sentiva inferiore, un'inetta, una schifosa egocentrica e adesso si sarebbe comportata anche da vigliacca.

“ No, no. Perchè poi dovrei farlo? Non abbandonerei mai i miei amici. ...Devo tornare e parlarne con gli altri...”

Si sarebbe dimostrata responsabile e matura, avrebbe spiegato le sue ragioni ma sarebbe finita con l'ignorare ancora gli altri.

“ … No, stavolta devo chiedere scusa, perchè ho sbagliato io. Devo sentire quello che loro hanno da dire...”

Doveva portare il viso a terra e scendere dal piedistallo.
Ma come diavolo ci era finita in quel casino? Tutto a causa del pugno che suo padre le aveva dato davanti a tutti?

“ … Ma mi avevano vista debole... dovevo fargli capire che ero forte e che potevano fidarsi... avevo paura che avrebbero pensato che fossi un'inetta... che mi avrebbero abbandonato...”

Eppure quanto poteva importare agli altri di vederla forte? Lei non ha mai chiesto la loro opione, e Haname stessa ha detto che a loro non importava dell'accaduto tra lei e suo padre.
Forse doveva solo tornare ad essere sé stessa e magari l'avrebbero accettata.

Voltò il capo, aveva sentito dei passi e una presenza familiare le si palesò davanti: la sua guardiana della tempesta, con uno sguardo serio e abbastanza preoccupante.

“... è il momento della verità.”

Ma in realtà non sapeva cosa dirle, si sentiva soltanto stupida e in colpa per tutto ciò che aveva causato. Si asciugò rapidamente qualche lacrima e spostò l'attenzione sul marciapiede. Guardare per terra non era davvero interessante ma qualsiasi cosa le andava bene fuorchè guardare Arashi negli occhi.

- Perchè sei venuta fin qui? Torna in albergo, per favore... -
- Non ne ho intenzione, in questo momento non voglio sentire i tuoi ordini. -
- No...no! - la bruna si voltò verso la sua migliore amica, alcune lacrime rigavano ancora il suo viso. - Non è un ordine! E' solo che... è inutile che tu perda tempo con me! Per favore... -
- Ti stai compatendo, ora? Non fare la vittima. - la rossa era così seria che un brivido percorse la schiena di Nozomi.
- … Scusami... no, non sto facendo la vittima. Le vittime siete voi, sono stata io la sciocca e sto solo ammettendo i miei errori. -
- E allora che fai qui a piangere da sola, facendoci preoccupare? -
- Ma... voi siete arrabbiati con me e io... -
- Nozo, essere arrabbiata con te non vuol dire che non mi importi che tu stia in giro da sola per una città sconosciuta a piangere! Non prenderci per degli insensibili. -
- Non sto dicendo questo... è che... -
- … Cerchi altre scuse? -
- … No. Hai ragione. -
- Oooh, sante parole! -
- … E' che... volevo fare del mio meglio, ma... -
- Nozo, hai quindici anni. Siamo ragazzini, tutti. Il tuo meglio l'hai fatto e hai fatto anche cazzate. Anche io ne ho fatte molte di cazzate... ma non vorrei ammetterlo. -
- … Cosa posso fare? -
- Beh, il mio consiglio è di tornare in albergo e di chiedere scusa a tutti. Hai trascinato la faccenda fin oltre il necessario. -
- … Mi perdoneranno? -
- Tu cosa pensi? -
- … Se non mi perdonano li capisco. -
- E fai la vittima. - alzò gli occhi al cielo.
- … Allora... mi perdoneranno perchè sono miei amici? - la guardò, speranzosa.
- Potrebbe essere ottimismo, ma conoscendoti stai nuovamente ostentando sicurezza. - ridacchiò.
- … E cosa devo pensare, allora? -
- … Sii sincera, per una buona volta. Cosa pensi? -
- … Non lo so. Dipende dagli altri, non da me. - rispose lei.
- Ecco. Dipende dagli altri. Non sei la sola in questo mondo, Nozo. Ci siamo anche noi come altre migliaia di umani... e siamo tutti diversi. E non puoi controllarci tutti. -
La brunetta annuì, comprendendo le parole dell'amica.

Non può controllare il mondo, deve camminare al suo fianco. E' questo ciò che non aveva capito ed erano stati i suoi stessi amici a farglielo comprendere.
- Devo scusarmi... e poi saranno anche preoccupati, no? … torniamo? -
La rossa abbozzò un sorriso e le tese la mano che Nozomi strinse con imbarazzo e nervosismo.

“Sii sempre te stessa” le aveva detto Claudio.
Ed è anche ciò che le stavano urlando a gran voce i suoi amici.
Cosa c'era di tanto difficile?
Aveva passato così tanto tempo a recitare una parte che adesso le riusciva quasi impossibile essere Nozomi e non il personaggio delle sue storie mentali.
Eppure doveva riuscirci.

- Mi sono comportata come un'irresponsabile e non mi sono guardata intorno. - disse, inchinandosi di fronte alla sua famiglia riunita nel corridoio dell'albergo. - Ho finto di essere forte, di sapere ciò che volevo, di guidarvi verso qualcosa di importante senza consultarvi, senza sapere quali erano i vostri pensieri e mettendo a rischio la vostra vita. - spiegò – Non sono stata in grado di affrontare a testa alta il mio fallimento con mio padre e sono scappata con la coda tra le gambe per la paura di perdere voi e il rispetto degli altri. Perciò perdonatemi. -
Il gruppetto rimase in silenzio.
Kaito era arrossito e aveva abbozzato un sorriso, così fece anche Shinji, che si trovava nascosto dietro agli altri.
Cloud la stava osservando sottecchi mentre Luca e Haname avevano uno sguardo più sorridente e comprensivo.
Masato si grattò il capo e, accanto a lui, c'era Jun che sembrava meravigliato.
Arina si avvicinò ad Arashi, sembravano entrambe rilassate.
- Sei fuggita, dici? - fu Haname a parlare – Sì, sei proprio fuggita. Hai avuto paura di noi, della nostra reazione. Perchè? Non ti fidi di noi? -
La brunetta si raddrizzò, osservando la sua pioggia.
- Non mi fido di me stessa. -
- Beh, credo che con questo si siano chiarite molte cose. - Arina osservò i presenti, che restarono in silenzio. - Possiamo anche continuare con questo improbabile piano, così poi torniamo a casa e dimentichiamo tutto. Che ne dite? -
I ragazzi si guardarono tra di loro, perplessi.
- Non servono sceneggiate, ragazzi. - intervenne Arashi – Abbiamo già deciso cosa fare. -
La Vongola si voltò verso la tempesta con sguardo incredulo e la rossa rispose al suo sguardo.
- Ci siamo riuniti, prima. Abbiamo deciso di parlare con questa famiglia e di vedere un po' cosa fare. Perciò non preoccuparti più. -
- … Mi dispiace... avrei dovuto chiedervelo subito... -
- Ti sei già scusata, è ok. - disse Arashi, sorridendo.
- Un boss deve anche sapere quando chiedere scusa. - affermò Arina, stavolta anche lei sorrise dolcemente, come non aveva mai fatto dal giorno della partenza.

Un enorme calore sentì pervaderla, era il calore e l'affetto della famiglia.
Perchè si era così crucciata e aveva speso tutti quei giorni a pensare cosa fare?
Non era affatto sola, apparteneva ad una grande famiglia composta da tante persone con tante idee.
Quello era l'affetto di una famiglia.

- Happy... - sussurrò, allargando il suo sorriso.

 

Quel dolce momento, però, non poteva di certo durare.
Venne rovinato da alcune urla che sembravano provenire dal piano superiore.


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Capitolo 9
*** Target 9 - Spagna III ***


Target 9 - Spagna III

La scena che si trovarono davanti agli occhi era abbastanza inquietante: due uomini erano inginocchiati davanti ad un terzo, rivolto sul pavimento e senza vita, attorniato da un liquido scarlatto.
Una cameriera aveva raggiunto il corridoio e, trovatasi di fronte a quella scena, urlò.
Altre due guardie stavano raggiungendo il luogo del crimine proprio quando due ombre si stavano dileguando al di fuori del cortile.

Il sesto senso della Vongola la costrinse a osservare la finestra e a notare due rapide ombre che si stavano allontanando ad una velocità impressionante.
Senza nemmeno aprir bocca o avere il tempo di pensare, la giovane si lanciò giù per le scale, seguita dal suo braccio destro che era pronto quanto lei.

Superarono rapidamente l'ingresso e si diressero verso ovest, sfrecciando lungo i marciapiedi affollati e rintracciando il punto in cui le due figure erano scomparse.
Non servivano parole o raccomandazioni, le due ragazze sembravano comunicare telepaticamente.
L'istinto della bruna la condusse all'ingresso di un vicolo stretto che divideva due enormi edifici affollati.
La rossa ispezionò le stradine laterali con minuzia, controllando in ogni angolo e tenendo le mani ferme sulle fondine delle gemelle, mentre la Vongola percorreva il vicolo principale dal quale sapeva che erano passati i due fuggiaschi.

Arashi la affiancò nuovamente e, senza parlare, le indicò con il capo l'ultima diramazione che percorreva alcune abitazioni in disuso.
Le due si inoltrarono con cautela, camminando lentamente e osservandosi intorno. Nozomi non aveva portato con sé la valigetta ma, alla fin fine, poteva usare comunque i suoi pugni, anche se non sarebbero stati abbastanza forti.

Era immersa nei suoi pensieri quando qualcosa stuzzicò la sua testolina. L'ultima volta che aveva ignorato quella sensazione, si era ritrovata in punizione chiusa in camera sua e, da allora, aveva giurato di prestarle sempre attenzione.
Afferrò Arashi per il giubbotto e la trascinò verso di sé, spostandosi rapidamente dietro un angolo accanto ad un bidone per la spazzatura.
La rossa sembrò spiazzata per i primi due secondi ma poi si ricompose, notando tre coltelli argentati conficcati nel terreno, dove le due si trovavano poco prima.
Li osservò, quasi preoccupata.

- Non li ho proprio visti arrivare. - disse.
- Lo so. Sono fin troppo agili... - constatò la bruna.
Arashi si voltò con lentezza, osservando oltre l'angolo verso la lunghezza del vicolo.
Non vi era un suono, l'atmosfera sembrava fin troppo innaturale.
- … Questi sono dei professionisti... Nozo... - la tempesta sembrava ulteriormente preoccupata – Ho una brutta sensazione... forse dovremmo lasciar perdere. -
Nozomi osservò la sua amica per alcuni istanti, chiedendosi se fosse davvero lei o un suo sosia.
Era davvero inconsueto che Arashi mollasse così un obiettivo e fuggisse davanti ad un pericolo.
Purtroppo la sua preoccupazione era fin troppo comprensibile, aveva ragione nel dire che la situazione era abbastanza pericolosa e anche Nozomi non aveva idea di chi si sarebbero trovati davanti.
Avrebbe dovuto seguire il suo consiglio e fuggire via per salvare la loro pelle?
Stavolta non poteva sbagliare, non voleva essere egoista e agire di testa sua ma voleva ascoltare le voci dei suoi migliori amici.

Eppure non riusciva a muoversi, qualcosa le diceva di indagare e quella stessa sensazione era impossibile da ignorare.
- Arashi... resta qui, lascia fare a me. - affermò, alzandosi e svoltando l'angolo. La cosa migliore che poteva fare, in quel momento, era assecondare il suo sesto senso, ma tenendo le persone a lei care lontane dal pericolo.
Aveva purtroppo dimenticato che il suo braccio destro preferiva la morte piuttosto che abbandonarla, difatti la rossa la seguì sprezzante del pericolo, forse ammaliata dalle intuizioni della Vongola e attratta dal sapere dove le avrebbero portate. Dopotutto il suo sguardo era mutato, non era più preoccupata e spaventata ma brillava di curiosità.

Nozomi si limitò a sospirare, mentre percorreva il vicolo con rapidità, sicura che gli uomini si fossero ulteriormente allontanati.
- Perchè mi stai seguendo? Ti avevo chiesto di aspettare! - disse lei, svoltando all'ultima curva.
- Scherzi? Non ti lascio mica andare da sola, scema. - rispose la rossa, ridacchiando. - Allora, cosa pensi di fare quando sarai davanti a loro? - chiese.
- Non ne ho idea, ci penseremo poi. - disse, fermandosi all'improvviso.
Indietreggiò rapidamente, urtando la tempesta e costringendola ad arretrare di qualche passo.
Altri tre coltelli erano conficcati ai loro piedi e non avevano nemmeno visto chi li aveva lanciati.
Sembrava quasi come se fossero apparsi dal nulla.

- ...Il tuo iper intuito ci può dire dove siano questi tizi? - chiese lei, affiancandola.
- Non è così che funziona l'intuito, eh. Non va a comando. - rispose la ragazzina, voltandosi a destra e a sinistra.
- Bah, allora non è niente di così speciale, questo leggendario Vongola iper intuito. - scrollò le spalle.
- Ma cosa c'entra. - la bruna si voltò verso l'amica. - Non è mica una previsione in stile Shinji, oh. - spiegò – E' un sesto senso, un intuito, ti viene spontaneo e all'improvviso, non lo comandi mica. -
Arashi sfoggiò un sorriso sornione e la bruna comprese che la stava palesemente prendendo per i fondelli.
Nessuna delle due parlò ma sembrava che entrambe avessero sentito una flebile risata.

La rossa estrasse le pistole dalle fondine e saltò sul muro che circondava una villa logora.
Nemmeno il tempo di puntare le pistole che le sfuggirono dalle dita, incastrandosi nel terreno a causa di altri pugnali argentei.
Ritirò le mani come spaventata, la destra aveva un leggero taglio da cui fuoriusciva il caldo liquido rosso.

Nozomi la raggiunse sul muretto e si lanciò nel giardino dell'abitazione verso la figura bionda che si dileguava nel fogliame e ignorando bellamente le urla della rossa finchè non fu costretta a bloccarsi.

Una lama era puntata al suo collo.
Sentì le sue gambe tremare e i brividi percorrerle la schiena.

La lama bianca affilata era pronta a reciderle la gola e l'uomo che la teneva era abbastanza minaccioso dal poterlo fare senza rimorso: il suo azzurro e gelido occhio era piantato su di lei. Non era possibile, invece, scorgere il destro, nascosto dietro folti e lunghi capelli argentati.
Non riuscì a notare altri particolari, la ragazza era troppo spaventata dal poter pensare di fare qualsiasi cosa.
Forse avrebbe dovuto desistere e fuggire via senza dar retta al suo istinto.

L'uomo storse la bocca, disgustato.
- Ushishishishi~ cosa stai aspettando? - la figura bionda si avvicinò ai due: un uomo dai capelli lunghi fino a metà viso e con una corona sul capo, aveva afferrato Arashi e le stava puntando un coltello grigio alla gola. Arashi aveva un'espressione più contenuta, non sembrava voler mostrare la sua paura.

- VOOOOOOOOOI – urlò l'uomo, facendo quasi sobbalzare le due ragazzine. - Io ho già visto questi occhi! - disse lui.
La bruna inarcò un sopracciglio.
- Uh? Occhi? - il biondino sembrò incuriosito e osservò la ragazzina con interesse.
Solo in quel momento Nozomi poté notare la divisa che indossavano i due: era nera e beige con, sul braccio sinistro, uno stemma rosso e grigio e la scritta "varia".
Quello stemma lo conosceva, così come aveva già sentito quella parola.

- ...Voi siete dei Varia! - esclamò, strabuzzando gli occhi. Non si sarebbe mai aspettata di ritrovarsi di fronte degli uomini che appartenevano alla squadra di assassini più forte e temuta dei Vongola.

- Oh, la ragazzina ci conosce! - il biondo trascinò Arashi verso quello che tra i due sembrava essere il capo.
L'uomo dai capelli argentati sembrava abbastanza nervoso.
- VOOOOOOOOOOOOOI!!! - urlò nuovamente, quasi sfondando i timpani delle due ragazzine – Qual'è il tuo nome? Dimmi chi sei, mocciosa! - le chiese.
- Sa... Sawada Nozomi... - rispose lei, preoccupata per la sua vita e per le sue orecchie.
Lo sguardo dell'uomo sembrò più disgustato di prima e non si decideva a smettere di fissarla.
- Lo sapevo, sei la figlia di quello là! - disse lui, abbassando la lama.
Lanciò un'occhiata al biondo, il quale continuava a tenere ferma Arashi che non fece assolutamente nulla per divincolarsi e per peggiorare la situazione in cui si trovava.
- Lasciala, Bel. -
- Uh? - il biondo parve perplesso ma lanciò via la ragazzina che finì addosso a Nozomi e caddero entrambe a terra. - Vongola, eh? -
- Tsk, era qui che ti nascondevi, quindi? - osservò severo le due ragazzine che si stavano rimettendo in piedi, disorientate.
- Ma... chi diavolo sono questi tizi, Nozo?! - Arashi era perplessa e solo in quel momento mostrò la sua confusione.
- Sono Varia, gli assassini più pericolosi dei Vongola. - spiegò lei, rialzandosi e aiutando la rossa a fare altrettanto.

La sua paura si era abbassata considerevolmente ma continuava a temere quegli uomini: erano fin troppo pericolosi e il loro boss, Xanxus, odiava suo padre, e sicuramente anche lei.
A quanto ne sapeva ci fu uno scontro tra i due, quando suo padre era appena uno studente delle medie, per decretare chi avrebbe preso il posto come Decimo boss. Ovviamente vinse suo padre e Xanxus, a quanto pare, non l'aveva mai accettato.
La Vongola si avvicinò all'uomo dai capelli lunghi, cercando di contenere il terrore che l'avvolgeva.

- Tu... tu sei Squalo, vero? Ho sentito parlare di te da zio Takeshi. - parlò, incerta. Dopotutto sapeva che Squalo era un potentissimo spadaccino ed era anche il braccio destro di Xanxus, o qualcosa di simile. Aveva inoltre saputo che si era amputato una mano e che usava come arma i katar, proprio come Haname.
Ad occhio e croce, constatando che i due erano parte dell'élite dei Varia, quell'uomo doveva essere per forza lo stesso spadaccino di cui aveva sentito parlare.
L'uomo sbuffò, volgendosi verso la ragazzina.

- State fuori dai nostri affari. - ordinò, secco.
- Mh... sì... certo. - la ragazzina arrossì. Sapeva benissimo che era meglio dimenticare l'omicidio di poco prima e lasciare che i Varia svolgessero il loro lavoro. Era quello il duro mondo della mafia, dopotutto.
Ma qualcosa le balenò nella mente.
- Ecco... vorrei sapere... siamo alla ricerca della famiglia Halcón, sapete dove possiamo trovarla? - chiese, sicura.
Se avessero potuto indicare loro la strada, sarebbe stato tutto più facile.

Il biondino con la coroncina quasi non scoppiò a ridere.

- Oh? Halcón? E' una famiglia sciolta più di dieci anni fa, dove diavolo l'hai sentita?! - rispose Squalo.

Lo sospettava, ma aveva cercato comunque di essere positiva.

- … Sciolta...? - ripeté, incredula.
- Nozomi... i libri che hai letto erano abbastanza vecchi, eh? - la rossa sospirò, rassegnata alla notizia.

La bruna era davvero delusa, ci aveva sperato, ma a quanto pareva avevano fatto quel viaggio inutilmente.
- Sì, sciolta. Più che altro sterminata, Ushishishishi~ - Bel continuava a ridacchiare, provocando estrema ansia nelle due.
- D'accordo... e per caso conoscete qualche famiglia che ne sa abbastanza sulla shinu ki da poterci aiutare? - si azzardò a chiedere.
Non l'avesse mai fatto: lo sguardo di Squalo sembrò più furioso di prima.
- VOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOI – urlò nuovamente, ma per fortuna le due ragazzine si erano prontamente tappate le orecchie – Chi diavolo pensi vi voglia aiutare? - chiese – Sapete che vi stanno cercando tutti? - rivelò - Attualmente risultate dispersi e tuo padre ha messo sulle tue tracce uomini in tutto il mondo! -

Non che non se lo fosse aspettata, ma era davvero troppo presto.
Si agitò, la sua mente sembrò quasi annebbiarsi e non riusciva nemmeno a formulare un pensiero sensato. Ma doveva agire, il più presto possibile.

- Non che ci interessi, comunque. - continuò lo spadaccino, voltandosi.
- Va tutto bene. - rispose la Nozomi, annuendo con sicurezza a sé stessa e all'amica che sembrava preoccupata. - Lo sapevo che sarebbe successo... ad ogni modo è meglio prepararci velocemente e lasciare questo paese. E' meglio non stare troppo fermi nello stesso luogo. -
- Giusto. - la rossa concordò – Dopotutto, visto che gli Halcón non ci sono più, qui abbiamo finito. -
Il biondo rise nuovamente e le due riportarono l'attenzione sui due uomini.

- Pensate davvero di poter scappare così facilmente? - ridacchiò.
Il capellone si voltò nuovamente verso le ragazzine.
- Non sei molto intelligente o sbaglio? - chiese, alzando un sopracciglio – Prova ad usare il tuo passaporto e vedi cosa succede. -

- Ho usato il passaporto giusto due giorni fa per venire qui in Spagna. - spiegò la ragazzina. - E funzionava perfettamente. -
Lo spadaccino parve perplesso.
- Non penso sia possibile. -
Nozomi incrociò le braccia, offesa.
Erano partiti dalla Turchia per andare in Spagna solo due giorni prima e tutto funzionava regolarmente.
Qualcosa, tuttavia, la infastidiva.
Beh, ripensandoci meglio, riuscì a comprendere cosa non andava.
- Nozomi ma... non abbiamo dovuto mostrare di nuovo il passaporto... o sbaglio? - Arashi osservò la bruna e parve centrare il problema.
No, non l'avevano mostrato poiché i passeggeri erano sempre gli stessi e non avevano effettuato cambi. L'unico momento in cui dovettero esibirlo fu al check in di Namimori.
All'incirca dieci giorni prima.

La ragazzina sbiancò, stavolta sicura di ciò che le aveva detto l'uomo.

No, suo padre non poteva davvero essere arrivato a quel punto, eppure sarebbe stato logico agire in quel mondo.

Dovevano muoversi subito, prima che suo padre, o uno dei suoi uomini, fosse riuscito ad intercettarli.
- Sbrighiamoci, torniamo all'albergo! - disse la ragazzina e entrambe fecero per andarsene, dimenticandosi della presenza dei due assassini.
- Tsk. - disse il capo, senza perdere la sua espressione infastidita – Forse dovrei mettervi al corrente di un'altra cosa. -
Nozomi si voltò, perplessa, e i due si osservarono negli occhi per qualche secondo.
- Bah. Tanto lo scoprirai quando tornerete lì. -
I due fecero un balzo e svanirono oltre i tetti.

Nozomi e Arashi si guardarono con perplessità e la rossa estrasse rapidamente il suo cellulare, componendo il numero di Haname con uno sguardo più che preoccupato.

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Capitolo 10
*** Target 10 - Spagna IV ***


Target 10 - Spagna IV

cover

Le persone che si trovavano attorno all'uomo assassinato erano decisamente aumentate. Una piccola folla, adesso, si aggirava curiosa nel corridoio del quarto piano dove aveva avuto luogo l'omicidio.
La polizia spagnola avevano allontanato i curiosi applicando lunghi striscioni giallastri e molti ragazzi si sporgevano per vedere cosa stava succedendo.
Un paio di medici erano intenti nell'effettuare controlli sul cadavere del povero sfortunato di cui si era venuta a conoscenza l'identità. Si trattava di un volto conosciuto per la polizia locale, un trafficante di armi molto pericoloso che sembrava stesse organizzando qualcosa di grosso.
Di più, purtroppo, non erano riusciti a capire dalle discussioni sconnesse degli agenti.

Sul pianerottolo erano rimasti soltanto Kaito, Masato, Arina, Luca e Haname, il gruppetto era in attesa di informazioni sia per quanto riguardava il morto che per quanto ne concerneva le due ragazze che erano fuggite poco prima. Il biondo sembrava nervoso, stava osservando con inquietudine gli agenti che lavoravano con fare minuzioso, quando Masato non propose al gruppo di allontanarsi per tornare nelle rispettive camere.
Arina storse la bocca, pensierosa.

- La situazione non è delle migliori. - si limitò a dire, notando che nessuno pareva voler tornare negli alloggi.
- Che cosa sarà successo? - chiese Luca, che si trovava appoggiato al muro con le braccia conserte.
- Cosa ne potremmo sapere, noi? - Masato alzò un sopracciglio - Ma poi, che ce ne importa? -
Kaito iniziò a saltellare sul posto, sintomo che la sua ansia stava aumentando in modo spropositato.
Haname gli passò un braccio dietro al collo e il giovane si fermò.
- Uffa. Uffa, uffa, uffa. - ripeté, osservando davanti a sé verso la scena del crimine che non potevano oltrepassare per via degli striscioni d'avvertimento. - Dov'è finito il boss? - domandò poi, voltandosi verso la pioggia.
- Tornerà a momenti, vedrai. - Haname esibì uno dei suoi soliti sorrisi rassicuranti mentre nascondeva il suo nervosismo.
Dopotutto, anche lei era preoccupata per le sorti delle due giovani che erano scomparse poco prima.

- Ah, ah, ah~ - una vocina dai toni irritanti si udì dalla parte opposta del corridoio.
La giovane dai capelli corvini si voltò verso il punto in cui altri curiosi si stavano avvicinando.
La prima cosa che le saltò all'occhio fu un biondo sgargiante che risaltava sulla testolina di una ragazzina, la quale si trovava in mezzo ad un gruppetto di sette ragazzi.
Ciò che colpì Haname non fu solo il colore dei suoi capelli ma soprattutto il suo modo di vestire elegante e forse troppo antico: il suo abito azzurro poteva essere una via di mezzo tra un vestito classic lolita e uno da dama del settecento. Un enorme fiocco color indaco, con una pietra luccicante al centro, spiccava sul busto e univa la sua mantellina circondata da merletti e decorata da alcuni volant.
Haname alzò un sopracciglio, quell'accozzaglia di eleganza e raffinatezza non appartenevano di certo a quell'epoca. Inoltre, solo allora parve notare che la ragazzina portava una coroncina che decorava i suoi capelli biondi e mossi.

La giovane, che sembrava avere un'aria abbastanza arrogante, si avvicinò a uno striscione giallo e sporse il capo per osservare il cadavere, ancora attorniato dai medici che parlavano tra di loro in modo concitato.

- A quanto pare è stato ucciso con un'arma interessante. - la vocina acuta risuonò nuovamente nel corridoio e alcuni dei curiosi si voltarono ad osservare la principessina. - Non sembra che abbiano usato un coltello, piuttosto penso si sia trattato di una lama bella grande. -
La ragazzina si portò la mano destra verso una ciocca bionda e se la rigirò tra i pollici con fare interessato.
- Una lama? - ripeté Haname, perplessa. Tornò ad osservare il corpo senza vita e si ritrovò a pensare che la ragazzina aveva ragione.
- E tu che ne sai? Sei tu l'assassina? - la voce di Kaito risuonò sicura e quasi ironica.
La ragazzina si voltò verso di lui e si avvicinò al gruppetto con passo svelto e deciso.
Da quella vicinanza si poteva notare la pelle liscia e quasi vellutata della bionda, la quale sembrava fatta di porcellana, come se fosse stata una di quelle bambole da collezione.

- Io? Stai scherzando, spero. - si fermò davanti ai due quando Arina li aveva appena affiancati, perplessa. - Sei davvero uno stupido e ignorante. - affermò poi, calcando le due ultime parole. - E' ovvio che il taglio sia stato fatto da un uomo con una forza non indifferente. Io... sono una ragazzina, come puoi ben vedere. Sarebbe stato assolutamente impossibile per me. -

Il biondino si morse le labbra e non sembrò voler ribattere in alcun modo, cosa assolutamente inusuale per l'iperattivo guardiano del sole.
La ragazzina arrogante, tuttavia, sembrò voler continuare ad attirare l'attenzione dei presenti e iniziò a raccontare le ipotetiche modalità di uccisione dell'uomo, camminando da sola avanti e indietro, gesticolando in modo snervante.
Haname parve ancora più sconcertata di prima.
Com'era possibile che una ragazzina impertinente parlasse da saputella e spiegasse con sicurezza qualcosa che nemmeno avrebbe potuto conoscere?
A dar voce alle sue domande fu Arina, probabilmente mossa dalla sua stessa curiosità.

- E tu come fai a sapere tutte queste cose? - chiese.
I luccicanti occhi color acquamarina si poggiarono sulla donna, scrutandola dall'alto in basso con fare molto altezzoso.
- Come mai tutte queste persone mi danno del 'tu' in modo così irrispettoso? - chiese, osservandosi attorno con un'espressione offesa. - Nemmeno mi conoscete e già vi rivolgete a me in questo modo. - prese nuovamente una ciocca bionda tra le sue dita – Il mio nome è Diamante, vedete di non dimenticarlo. -
Si voltò, senza dar peso ai presenti e sparì oltre l'angolo seguita dai sei ragazzi con cui era arrivata.
- Ma chi era quella là? - Kaito si decise a parlare nuovamente – Per la prima volta in vita mia volevo tirare un pugno ad una ragazza. -

Il telefono di Haname squillò all'improvviso e la giovane lo tirò fuori dalla tasca con un'espressione ansiosa.
Dall'altro capo dell'apparecchio si udì una Arashi preoccupata.


- Cosa succede? - chiese Jun, osservando i ragazzi che oltrepassavano la stanza con rapidità.
- Dobbiamo fare subito le valige e partire il prima possibile. - rispose Masato, mentre Haname aiutava Kaito a rimettere tutto a posto. - Fra poco Undicesima e Arashi torneranno e dobbiamo lasciare l'albergo in fretta. - concluse.
L'albino non si sprecò in domande inopportune e si sbrigò a preparare i suoi bagagli.
- Io scendo a vedere se sono arrivate. - disse Haname, notando che erano ormai tutti quasi pronti.
- D'accordo, noi ti raggiungiamo tra un minuto. - le rispose Arina, annuendo.

La pioggia scese rapidamente le scale mentre il suo cuore batteva velocemente. Arashi le aveva raccontato dell'incontro che le due avevano avuto con i Varia, la squadra di assassini più potente e temibile dei Vongola, le avevano inoltre rivelato che erano ricercati in tutto il mondo e che il padre di Nozomi aveva messo tutti i suoi uomini sulle loro tracce.
Si sentiva parecchio agitata, era la prima volta che si trovavano in una situazione del genere ed era preoccupata per ciò che poteva accadere loro.

Giunta al pian terreno si guardò in giro, notando che le due amiche erano davanti il bancone della reception e stavano parlando con l'impiegata.
Qualcosa, però, non sembrava a posto. Il viso delle due era completamente bianco e sembravano quasi terrorizzate.

Le affiancò con rapidità.
- Che succede?! - chiese a bassa voce, in modo che solo loro potessero sentirla.
Arashi si voltò verso di lei e la tirò più indietro, lasciando Nozomi a discutere con la receptionista.
- Hanno bloccato la carta di credito di Nozo. - spiegò.
- Cosa?! - la pioggia non sembrò voler credere alla sua affermazione. - Come è potuto succedere? - chiese lei, disorientata.
- Decimo. - si limitò a risponderle.

- Sì, mi scusi, datemi un attimo... - la bruna si avvicinò alle due amiche e le guardò con terrore. La donna alle sue spalle attendeva con perplessità e attenzione, probabilmente sospettava che sarebbero potuti scappare senza saldare il conto. - … Quanto abbiamo di contante? -
- Non abbastanza. - rispose Haname, precisa.
- … Cosa diavolo facciamo, ora? - Nozomi osservò Arashi che sembrava avere in mente un'unica opzione.
- Siamo ricercate, non ci resta che fare i fuggitivi. - affermò.
- Ma ragazze, scusatemi... se la famiglia che stavamo cercando è stata distrutta... perchè non torniamo a Namimori? - chiese la pioggia, perplessa.
- Ci penseremo dopo con calma, cerchiamo di toglierci da questo casino... - rispose la brunetta, palesemente nervosa.
- Cosa pensi di fare? - Arina si era avvicinata al gruppo, assieme a Masato, Luca e Jun.
- Dobbiamo andare via... e trovare un posto tranquillo dove discutere. - disse.
- Però adesso, il problema... - la pioggia indicò l'ingresso, pattugliato da alcune guardie giurate.
- Dobbiamo... affrontare la polizia? - Luca sembrava incerto.
- Posso aiutarvi, se volete... - la sottile voce del guardiano della nebbia quasi non fece sobbalzare i presenti.
- Shinji! - esclamò la Vongola, portandosi una mano al petto. Sembrava già abbastanza tesa senza che qualcuno non le facesse venire un infarto.
- Posso usare la nebbia e le illusioni per distrarre gli impiegati mentre voi scappate. -
Le tre ragazzine si osservarono tra di loro, perplesse.
- Non c'è altra soluzione, Nozo. - Arashi sembrava d'accordo con Shinji e anche Haname pensò che fosse l'unica opzione possibile.

Arina e Luca, i quali erano palesemente i più grandi del gruppo, si avvicinarono a Nozomi e finsero di discutere con lei sul pagamento al fine di distrarre la receptionista.
Shinji, invece, estrasse i tarocchi dalla tasca e li osservò con curiosità.

- Cosa dicono? - chiese Haname, pensierosa.
- Che ci sarà da divertirsi. - gli occhi di Shinji incominciarono a brillare di una luce indaco poco rassicurante.
Dopotutto era sempre così: il loro guardiano della nebbia era un ragazzo timido e silenzioso che quando iniziava ad usare i suoi poteri diventava pericoloso e inquietante se non sadico e macabro.
Cosa avrebbe ricreato con il suo potere? A quali immagini oscene e mostruose avrebbe dato vita?
Improvvisamente si preoccupò per i poveri malcapitati e per lo staff dell'albergo che, poverini, non avevano alcuna colpa.
- Se, per favore, puoi evitare di spaventarli a morte... - gli disse la pioggia, osservandosi intorno con fare nervoso.
- Tranquilla, ho un'idea interessante. - sorrise.
Altra cosa inusuale che, in questo contesto, risultava abbastanza spaventoso.

Non passò nemmeno un minuto da quando l'aveva detto che l'ingresso dell'albergo si riempì di versi improbabili.
Haname si voltò in giro con sguardo confuso, ascoltando quei suoni particolari misti alle urla dei presenti sconcertati.
Ciò che attirò la sua curiosità non furono le grida spaventate degli ospiti e nemmeno la receptionista che si era infilata sotto la scrivania, ma i passi pesanti di un pachiderma che barriva nel bel mezzo del salone, attorniato da alcuni scimpanzé che saltellavano energici per i divani.
Con la coda dell'occhio notò che gli agenti sembravano spiazzati e stavano puntando le loro armi verso due leoni, che fieri camminavano in un corridoio laterale da cui stavano fuggendo alcuni clienti.
Non appena lasciarono incustodita la porta principale, il gruppetto di fuggitivi oltrepassò Haname e Shinji, lanciandosi fuori dall'edificio mentre un gruppo di pinguini passeggiavano spediti oltrepassando una giraffa e due zebre in corsa.

- Ci ri-becchiamo tramite il W.S. - Luca le si era avvicinato rapidamente per poi seguire gli altri oltre l'uscio.

Oramai il pian terreno dell'albergo era diventato una sorta di zoo con persone che fuggivano a destra e a sinistra, comprese le guardie, disorientate e incredule.

Shinji rideva di gusto, cosa che capitava assai raramente e soltanto durante le sue 'rappresentazioni'.
Sì, era davvero una persona curiosa e molto particolare ma, dopotutto, chi non lo era?
La loro famiglia era composta da persone fuori di testa che combattevano in modi particolari e assolutamente improbabili.

Nozomi se li era proprio scelti bene, ma alla fin fine non era stata lei a sceglierli.
Erano stati loro stessi a trovarla.

Sorrise e scosse il capo, non era quello il momento per pensare a quelle cose.
Avevano cose più importanti da fare e dovevano assolutamente riunirsi agli altri prima che arrivasse la polizia.

- Shinji, credo che possiamo andare. - disse, ottenendo un mugolio del ragazzo che, probabilmente, voleva restare ancora un altro po'.

Quando i due lasciarono l'albergo si diressero senza indugi nel luogo segnato sulla mini-mappa implementata nei loro braccialetti, i quali indicavano, tramite dei puntini colorati, la posizione degli altri braccialetti e del Locket di Nozomi.
L'ammucchiata di cerchietti era posizionata verso sud, perciò i due si lanciarono oltre la strada principale, da cui sentirono arrivare alcune rumorose volanti della polizia, raggiungendo rapidamente il porto.


Giunti al molo trovarono il gruppetto nascosto in un container dalla saracinesca semi abbassata. Passarono da sotto senza nemmeno issarla e si avvicinarono agli altri membri della famiglia.

- Ok ragazzi, cosa si fa? - Arina era seduta su una cassa accanto al timido Jun, che stringeva il suo bagaglio con preoccupazione ma senza proferire parola. - Non abbiamo molti soldi, e poi c'è questo problema dei Vongola... -
- Di soldi abbiamo ancora qualcosa, non disperiamo. - Masato cercò di rassicurare i presenti ma nemmeno Nozomi, che solitamente era la più positiva, o, almeno, fingeva di esserlo, sembrava aver qualcosa da dire.
- Riflettiamo con calma. - Haname affiancò Luca e osservò i presenti con un cipiglio severo. - Una soluzione riusciremo a trovarla. -

- Chissà~ -
La vocina acuta costrinse i ragazzi a voltarsi verso l'ingresso del container, la quale saracinesca venne tirata con forza verso l'alto da alcuni uomini.
Arashi puntò le gemelle verso gli intrusi dal quale spiccò la bionda principessina di poco prima.
- Quella lì! - Kaito la indicò incredulo e Haname non le tolse gli occhi di dosso, sentendosi in colpa.
Erano stati sicuramente lei e Shinji a mostrare loro la strada, avevano lasciato che li seguissero senza accorgersi di nulla.

Quasi non si maledisse per aver abbassato la guardia ma non avrebbe mai immaginato che quella ragazzina fosse così astuta.
Adesso era curiosa, chi diavolo era?

- Ma chi è questa mocciosa? - chiese Arashi, inarcando un sopracciglio.
- Si chiama... Idrante, o qualcosa così... - il sole sembrò pensieroso e la bambolina sembrò offendersi nuovamente.
- Mi chiamo Diamante, è tanto difficile da ricordare? - chiese. Si osservò intorno, posando lo sguardo sui giovani presenti - Ero giusto incuriosita dall'omicidio di quel trafficante d'armi quando gli assassini mi si presentano su un piatto d'argento. - la ragazzina tirò fuori un ventaglio e iniziò a sventolarsi in modo molto altezzoso – Giusto qualche istante fa qualcuno ha usato le fiamme della nebbia per creare caos in un albergo... e voi siete fuggiti via come se foste colpevoli. - il suo sorrisetto antipatico venne nascosto dal ventaglio – Assassini. -

- Fiamma... della nebbia? - Nozomi fece qualche passo in avanti, preoccupata. - Come diavolo fai a conoscere le fiamme? -
La principessina non rispose, si limitò a ridacchiare in modo molto antipatico mentre dal suo ventaglio scaturiva una fiamma arancione.

Haname restò scioccata e osservò la fiamma del cielo con gli occhi sbarrati.
Più che mai era sicura che quella ragazza non fosse normale.
Voleva confrontarsi contro di lei, un po' per la curiosità e un po' perchè era stata colpa sua se avevano trovato il loro momentaneo nascondiglio.
Strinse i pugni.

- Maledetta – ignorando gli sguardi attoniti dei ragazzi, Arashi tentò di avvicinarsi all'obiettivo ma gli uomini di Diamante li avevano già circondati e Haname la fermò tirandole la manica del cappotto.
- Aspetta. - la ragazzina si voltò verso Nozomi con uno sguardo serio e deciso - Lascia combattere me. -
L'aveva detto, e dopotutto era quello il suo desiderio.
- … Eh? - la bruna non sembrò aver capito bene e la osservò confusa. - Perchè? -
- E' colpa mia. - la pioggia scosse il capo, sicura della sua decisione. - Avrei dovuto accorgermi di essere seguita. -

- Uh – la biondina si arricciò un ciuffo con le dita, aveva iniziato ad osservare Nozomi dall'alto in basso – Quindi sei tu quella che comanda, qui? - sorrise, sventolando il suo ventaglio in modo raffinato. - Chi sei? Qual'è il tuo nome? -

La bruna si morse le labbra e restò in silenzio mentre Haname estraeva i suoi katar dalla valigia e raggiungeva il centro del container, avvicinandosi alla ragazzina.

Diamante non sembrò perdere tempo e, con una risatina snervante, estrasse un altro ventaglio che venne prontamente avvolto dalle fiamme del cielo.
Nonostante l'abito da fanciulla del settecento e l'atteggiamento da dama frivola e snob, si lanciò verso Haname senza timore usando i due ventagli come arma e intercettando le lame della pioggia in uno scontro rapido e deciso.

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Capitolo 11
*** Target 11 - Spagna V ***


Target 11 - Spagna V (Epilogo)

cover

Il suono del metallo che si scontrava con i ventagli produsse un rumore davvero fastidioso.
La biondina arrogante aveva messo su un sorriso poco rassicurante e riuscì senza fatica a scansare i katar che si avvicinavano in modo pericoloso al suo viso. I suoi occhi color acquamarina erano fissi sulle lame e si spostavano velocemente su quelli della sua padrona, Haname, che tentava di colpirla con abilità e, al contempo, eleganza.
Diamante si bloccò ad alcuni centimetri di distanza dalla spadaccina, inarcando un sopracciglio e osservando le sue armi con perplessità.
Haname restò ferma ma in posa, pronta a menare un altro colpo e in attesa di una sua mossa.

- Sei tu l'assassina, quindi. - affermò.
La pioggia sembrò confusa, strabuzzò gli occhi ma non riuscì a porre la sua domanda e venne anticipata da Arashi.
- Che diavolo stai dicendo? Noi non siamo assassini, tanto meno Haname! - urlò.
La biondina si arricciò una ciocca di capelli, si doveva sentire stranamente al sicuro per abbassare la guardia in quel modo.

- Eppure tu usi i katar. - constatò lei, con un ghigno – Non ho forse detto che l'uomo è stato ucciso con una lama? - ricordò, senza togliere lo sguardo da Haname – L'arma poteva essere perfettamente quella. -
- Ma allora sei scema? - Arashi sembrò spazientita. A nulla valsero i tentativi di Nozomi di calmarla poiché non le stava minimamente prestando attenzione mentre il cielo tentava di tirarla per la manica del cappotto – A uccidere l'uomo sono stati i Varia, non noi! -
Quando la tempesta concluse la sua frase, Diamante sembrò interdetta.
Il suo sguardo scivolò su tutti i presenti e si poggiò nuovamente su Nozomi, che aveva riconosciuto come la leader di quel gruppetto di squinternati.

- Come fate a conoscere i Varia? Da che famiglia venite, voi? -
- Famiglia? - Arina sembrò preoccuparsi per la situazione e il suo sguardo incrociò quello di Nozomi.
- Quindi è così... anche lei... - Nozomi non continuò, non ce n'era bisogno. Avevano già capito tutto.

- Anche quell'idrante fa parte della mafia! - esclamò Kaito, quasi come a dar voce ai pensieri dei ragazzi. Fortunatamente la sua frase non raggiunse le orecchie della principessina, altrimenti si sarebbe infuriata per il modo in cui il sole l'aveva nuovamente chiamata.

- Avanti, perchè non mi rispondete? - incalzò lei, seccata – Da che famiglia venite? -
- Perchè non ti presenti tu, piuttosto. - a parlare fu Luca, che si trovava accanto alla gemella, in evidente agitazione per ciò che stava accadendo.

- Io? Dovreste essere voi i primi a presentarvi, ma va bene. - si portò i riccioli d'oro dietro un orecchio ma questi scivolarono in avanti con prepotenza – Io sono sono Diamante, secondo boss della famiglia Brillante. -
- … Brillante? - Arashi alzò un sopracciglio, perplessa.
Anche Nozomi parve spaesata.
- Boss? Vorrai dire 'futuro boss', no? - la corresse.
- Ah, no, no. - rispose lei, ridacchiando – Sono proprio il secondo boss, dopo mio zio Eliodoro. -

Era alquanto assurdo quanto impensabile che una ragazzina così giovane fosse il boss di una famiglia mafiosa ma, dopotutto, non restava loro che credere a quella incredibile rivelazione.

- Adesso tocca a te. - disse ancora, osservando gli occhi nocciola della Vongola. - So che sei tu che comandi, si capisce. - affermò, sghignazzando come se volesse paragonarla a sé stessa – Qual'è la vostra famiglia? -
Nozomi tenne le labbra serrate, sapeva quanto sarebbe stato sciocco se non insensato rivelare qualcosa di così importante, essendo tral'altro fuggiaschi e ricercati.
- Uhm, quindi vuoi tacere. E sia. - la biondina lasciò che le sue fiamme del cielo fuoriuscissero dai suoi ventagli finemente decorati e si scagliò nuovamente contro Haname che, pronta quanto prima, parò con facilità il suo colpo.

O almeno così sembrava ai presenti. Sul suo sguardo si notava una velata sofferenza che soltanto Arashi e Nozomi riuscirono a cogliere poiché più vicine e poste in un'angolazione migliore.
Haname non riusciva a tenere bene il suo passo e i colpi di Diamante sembravano anche più violenti, nonostante la statura differente che la faceva sembrare una bambina in confronto alla spadaccina.
Cosa stava succedendo? Com'era possibile che una mocciosetta con dei ventagli riuscisse a tenere testa ad Haname che studiava le tecniche di spada sin da quando era bambina, ed era anche figlia di due appassionati della materia?

Diamante sembrava aver colto nel segno poiché continuò ad attaccare a ripetizione, parando le lame affilate senza preoccupazione e muovendosi con rapidità, nonostante l'abito ingombrante.
Le fiamme del cielo che venivano emesse dai ventagli sembravano affievolire le già tenui luci azzurrine che avvolgevano i katar, ciò rallentò e dimezzò la potenza di Haname in un modo impressionante.

- Le tue fiamme della pioggia potrebbero darmi molto filo da torcere – disse la bionda. Piroettò e, con uno spostamento rapido che Haname parve non seguire, la colpì alla spalla sinistra, costringendola a scivolare via per evitare un altro affondo di un ventaglio che sembrava quasi più affilato delle sue lame. - Eppure non sai proprio usarla. Ti limiti a farla uscire dai katar come un vezzo ma non sfrutti nemmeno il dieci percento delle sue caratteristiche. - ridacchiò, come se avesse vinto la battaglia.
- Le sue... caratteristiche...? - Haname indietreggiò rapidamente e si portò una mano sulla spalla dolorante. Il suo sguardo sembrava abbastanza afflitto, probabilmente quella ferita l'aveva trafitta ed era giunta al suo cuore. - La tranquillità... -
- Siete dei novellini, non è nemmeno divertente combattere con voi. - sbadigliò con grazia, arretrando e avvicinandosi ai suoi uomini. I sei ragazzi che la accompagnavano avevano una strana particolarità: avevano tutti i capelli di un colore diverso e anche abbastanza acceso. Non sembravano essere di un colore naturale, era molto probabile che molti di loro fossero tinti.

La pioggia restò inginocchiata, con la spalla dolorante e gli occhi fissi sulla ragazzina che l'aveva appena sconfitta con una facilità impressionante.
Sembrava quasi non volesse accettare tutto ciò che era appena successo.



- Va bene, mi sono stufata. - Diamante guardò i quattro ragazzi e le due ragazze che componevano i suoi uomini. - Dobbiamo portarli alla polizia, suppongo, anche se qui in Spagna non ho idea di dove rivolgermi. -
Un ragazzo dai capelli rosso fuoco parlò, avvicinandosi alla biondina.
- Posso pensarci io, conosco come vanno le cose in questo paese. -
Diamante sembrò illuminarsi e gli sorrise con una inimmaginabile dolcezza.
- Ah! Grazie Rubino! -
Il ragazzo annuì, avvicinandosi alle due donne del gruppo.
- Allora io mi dirigerò verso la centrale, se Ametista e Giada si unissero a me, sarebbe la cosa migliore.
- Certo, certo. - Diamante si sistemò nuovamente i capelli con fare altezzoso – Allora Lapis, Topazio e Zaffiro mi aiuteranno a portar via questi rifiuti~ -
Le due donne, una con l'espressione seccata e l'altra con un dolce sorriso, affiancarono Rubino mentre gli ultimi tre uomini si avvicinavano alla combriccola di fuggiaschi.
- Ci occuperemo prima di lei. - disse il giovane dai capelli azzurri – Ha la mia fiamma, lascia che ci pensi io. - sorrise, ma era un sorriso poco rassicurante.
- Ma dai, Lapis! Ti prendi sempre tu le prede migliori! - il giovane biondino sembrò essere contrariato con la decisione dell'amico e Diamante si infastidì abbastanza.
- Topazio, lascialo fare. Tu e Zaffiro lo aiuterete dopo. - disse, sventolandosi con un ventaglio.

Nessuno dei due riuscì però ad intervenire poiché Nozomi si era posta tra gli uomini e la sua guardiana.
- Non vi azzardate a toccarla. - si limitò a dire.
La sua fiamma ardeva sulla fronte, era riuscita a trattenere la rabbia e a pensare a qualcosa che la rendesse serena. Dopotutto, quello era l'unico modo che aveva per poter controllare la sua shinu ki.
- Nozomi... - Haname alzò il capo, dietro di lei, e la osservò con tristezza.
- Hana... stai tranquilla. E' normale che c'è gente più esperta di noi, siamo qui proprio per imparare qualcosa sulle nostre abilità, no? - si voltò verso di lei, i suoi luminosi occhi arancioni sembravano scintillare – Va tutto bene, non ti abbattere! Riuscirai a migliorare, ci riusciremo tutti insieme. Noi siamo una famiglia, no? -
La pioggia abbozzò un sorriso rincuorante e annuì con dolcezza.
Bastava solo quel sorriso a rendere felice Nozomi.
Erano i sorrisi delle persone che più amava.

- Quella fiamma! -
La voce di Diamante costrinse la bruna a voltarsi verso la ragazzina, che si trovava accanto ai tre uomini dai capelli accesi.
- Quella fiamma sul capo... non è forse il leggendario Hyper mode che possiedono i boss dei Vongola? -
- … quindi, ovviamente, conosci i Vongola. - commentò Arina, che si era avvicinata ad Haname.
- Mi sembra ovvio. - la biondina parve offesa – Noi Brillante siamo sottoposti dei Vongola. -
La sua affermazione lasciò perplessi i presenti, che la osservarono quasi come se non avessero capito bene ciò che aveva appena detto.
- ...sottoposti? - chiese il cielo, confuso.
- Ovviamente. Perchè siete così sorpresi? I Vongola sono la più grande famiglia mafiosa, mi sembra ovvio che abbiano molte famiglie come alleati e sottoposti! - rispose la biondina, inclinando il capo verso un lato.
- Non ho mai sentito parlare di voi. - continuò Nozomi, alzando un sopracciglio.
- Avresti dovuto? - chiese.
- Beh, ho letto molte cose su vari alleati dei Vongola, nella libreria ma anche nei documenti personali di papa, anche se non avrei dovuto leggerli... ma li ho letti comunque.
Arina tossì.
- ... i documenti personali di tuo padre? - adesso era lei ad essere incredibilmente perplessa.
- Si. Mio padre, Vongola Decimo. - decise di rivelare.
Rubino e le due ragazze, che erano ancora sulla soglia del capannone, si guardarono.
Diamante, accanto a Topazio, Lapis e Zaffiro, restò a bocca aperta.
- Oh... - Il suo sguardò scivolò sui presenti, passò nuovamente sulla fiamma che bruciava sulla fronte di Nozomi e poi sulla brunetta stessa, quasi come se stesse cercando delle conferme a quell'affermazione. - Sì... beh... allora qui le cose cambiano. - alzò la mano e i suoi uomini indietreggiarono rapidamente. - Le... mie più sentite scuse. - disse, prendendo la gonna alle due estremità e sollevandola leggermente mentre si piegava in avanti per un rapido inchino.

La fiamma sulla sua fronte scemò e Nozomi ignorò totalmente i Brillante, avvicinandosi rapidamente ad Haname e osservando la sua ferita che Arina e Arashi stavano cercando di fasciare.
- Maledizione... - disse, preoccupata – Kaito, puoi usare la tua fiamma del sole per curare Hana? - chiese all'improvviso. Il ragazzo parve perplesso e si avvicinò titubante all'amica, ponendo le mani sulla pelle vicino la ferita e costringendosi ad emettere la sua fiamma gialla, non sapendo però cosa avrebbe potuto fare. - Scusami... ti vorrei aiutare ma io non so usare la mia fiamma del sole... -
- No, tranquilla boss... vedo... cosa gli alpaca mi consigliano di fare... - sembrava abbastanza nervoso, non aveva la minima idea di cosa avrebbe potuto inventarsi per guarirla. Cercava di usare la sua fiamma come un mago in un video gioco e per fortuna ci stava riuscendo poco a poco, il taglio si stava lentamente rimarginando.

Arashi sospirò, osservando lo sguardo più rilassato di Haname.
- Come hai fatto a sopportare il dolore con tanta tranquillità? - chiese Arina, incredula per come la pioggia fosse rimasta silenziosa e per come si fosse controllata per tutto il tempo.
- E' una pioggia, dopotutto! - Luca ridacchiò, osservando il gruppetto che si era formato attorno ad Haname.

- Cosa diavolo vuol dire quello? - la vocina antipatica richiamò l'attenzione dei presenti. Quella ragazzina voleva davvero essere al centro dell'attenzione.
Arina la osservò perplessa, cercando di capire che cosa adesso le prendeva.
- Quello che hai detto! - Diamante indicò la Vongola – Riguardo la fiamma del sole! -
Nozomi si issò, tornando ad osservare la biondina.
- uh? -
- Hai detto “io non so usare la mia fiamma del sole”! Ammettilo! - urlò.
- … Sì. E quindi? - la bruna alzò un sopracciglio, perplessa.
- Come sarebbe “e quindi”?! Tu hai un'altra fiamma oltre quella del cielo! -
Nozomi non capiva a cosa stava pensando il boss dei Brillante. Sicuramente quasi nessuno sapeva che lei possedeva anche la fiamma del sole ma solo in pochi erano a conoscenza della sua “maledetta” terza fiamma. I suoi guardiani, che erano venuti a conoscenza della storia, Masato e Jun, oltre suo padre e i suoi guardiani, e chiunque fosse immischiato nel caso Lhumor.


- Non capisco dove sia il problema. - rispose lei, tranquilla.
La biondina parve disgustata.
- Sei una portatrice impura. - le rispose.
- Cosa? -
- Sei una portatrice impura del cielo! E' disgustoso! Come puoi avere altre fiamme oltre la sacra fiamma del cielo? E' orribile. -
I membri dell'undicesima famiglia stavano osservando la biondina con un'espressione disorientata e incredula, nessuno sapeva di cosa stesse parlando.
Anche Nozomi era abbastanza spaesata.
- Solitamente è una cosa rarissima. Insomma, è già raro avere la fiamma del cielo, figuriamoci averne altre oltre a quella! - spiegò, dondolandosi per il nervosismo – Per fortuna ci sono abbastanza portatori puri come me... ma anche Decimo è un portatore puro... -
All'improvviso, sembrò come se delle scariche elettriche le avessero attraversato il corpo. Iniziò ad agitare le mani portandole al viso, quasi come se avesse visto qualcosa di mostruoso.
- Oh cielo, oh cielo! Ma tu sei anche una Vongola!! - esclamò, come se se ne fosse resa conto solo allora – Una Vongola che è una portatrice impura! E' mostruoso! Un sangue misto! Che crudeltà! Poveri Vongola, sporcati così da una portatrice impura! E' un disastro! -
Nozomi non sapeva più se essere scioccata o incredula o se avesse dovuto dire qualcosa. Il suo sguardo era fisso su Diamante e la sua bocca era spalancata, incapace di chiuderla e di dire qualcosa di sensato.
- Dopo dieci generazioni di sangue puro arriva una portatrice impura! Com'è possibile?! - si chiese, voltandosi a destra e a sinistra in modo nevrotico - Così corromperai il sangue puro dei Vongola con altre fiamme che sporcheranno quella del cielo e... oh cielo! Oh cielo! - continuò, come se stesse recitando una commedia drammatica - La fiamma principale diventerà sempre più debole a causa delle altre! Oh cielo!!! -
La ragazzina fece per svenire e Rubino corse a sorreggerla, facendole aria con la mano.

- … ma che cazzate sta dicendo, questa tipa? - Kaito era l'unico che riuscì a parlare durante quella stranissima sceneggiata.

- Boss... state bene? - chiese Rubino, osservando la biondina che si rimetteva in piedi dopo qualche istante.
- ...oh cielo, oh cielo... se Decimo sapesse... se solo... - si bloccò. Chiuse le labbra e si voltò verso Nozomi. - Un momento! - i suoi occhi la stavano analizzando quasi come se fosse una cavia da laboratorio. - Ma Decimo ha dato l'ordine di prenderti e riportarti a casa! - esclamò.

La ragazzina pareva essersi ripresa e si rimise in piedi come se niente fosse successo, tenendo l'indice puntato verso Vongola.
- Dobbiamo riportarla dal suo paparino! - disse, tornando a sghignazzare come poco prima e dimenticando tutta la questione assurda dei “portatori impuri”. - La mocciosetta che è scappata di casa deve tornare dove dovrebbe essere~ -

I ragazzi si erano preparati all'imminente scontro quando Nozomi non contro-indicò l'arrogante biondina, tenendo anche lei l'indice puntato su Diamante.
- Sei tu la mocciosa. Guarda quanto sei alta! - disse, cercando di trattenersi dal ridere.
Diamante divenne paonazza.
- Ehi! Io sono abbastanza alta per la mia età, chiaro?! Guarda che ho dodici anni! -
- Perchè hai dodici anni e sei già un boss?! - Luca non riuscì a trattenere la sua perplessità.
- Tsk, mio zio doveva ritirarsi e io ero l'unica disponibile. - disse lei, incrociando le braccia - ... cioè, in realtà c'era mio cugino Opale, che è rimasto in carica per quattro mesi... -
- ... e che fine ha fatto? - chiese Nozomi, incuriosita.
- Non bella. Quando zio ha scoperto che aveva la fiamma della pioggia oltre a quella del cielo... l'abbiamo buttato fuori. - si aggiustò nuovamente i riccioli d'oro - Non accettiamo portatori impuri come boss. Per questo ora ci sono io. -
Il racconto lasciò ancora più perplesso il gruppetto quando una dozzina di cd roteanti non apparvero a caso nel container e non si fiondarono rapidamente sui Brillante che, colti alla sprovvista, si spostarono a caso.

Arina si voltò a guardare Cloud che stava continuando a lanciare le sue bizzarre armi.
- Sta guadagnando tempo, fuggiamo ora! - disse la donna, lanciando un rapido sguardo alla sua allieva, che si limitò ad annuire.



Il gruppo aveva raggiunto un capannone in disuso a pochi chilometri di distanza dal container, si trovava proprio di fronte al porto secondario e, stavolta, avevano abbassato le serrande per non farsi trovare.
Cloud era stato l'ultimo ad arrivare, seccato e infurato come al solito. Per poco non scoppiava nuovamente un litigio tra lui e gli altri ragazzi perchè, a suo dire, avevano solo perso tempo anziché darsi alla fuga sin da subito.
- Potevamo andare via quando la mocciosa ce ne aveva dato l'opportunità. - disse, appoggiandosi al muro. - Che coglioni. -

La Vongola sospirò, si era trattata di un'altra sua disattenzione.
Aveva dato la precedenza ad Haname e non aveva minimamente pensato che si sarebbero potuti mettere nuovamente contro di loro.

Eppure doveva prevederlo, sapendo che suo padre aveva ordinato di prenderla.

- Ho controllato tutte le navi. - disse Masato, passando il suo portatile alla Vongola – C'è una che va in Canada tra una ventina di minuti.
- Canada...? Capisco... allora è meglio se ce ne andiamo da qui, per ora... -
- Non torniamo ancora a casa? - chiese la sua tutrice, perplessa.
- Così...? Non penso possiamo... sono terrorizzata all'idea... - la brunetta scosse il capo, nervosa.
- Per Decimo? - chiese ancora, sospirando - Dovresti. Sarà preoccupatissimo per te. -
- Per adesso penso che il Canada sia la migliore destinazione... c'è qualcosa che vorrei poter controllare di persona. -
- Eh... ? E questo da dove esce, adesso? Non hai mai detto nulla riguardo il Canada. - Arina era alquanto confusa.
- E' una cosa importante... ora inizio a capire... c'è qualcosa che mi sta indirizzando lì... volete venire con me? - chiese ai suoi amici, stanchi e perplessi per le sue parole - So che Jun vuole tornare a casa e Haname ha bisogno subito di un dottore, ma... -
- Io sono quasi a posto. - rispose Haname, seria - Kaito mi ha aiutato molto. - sorrise, ma la brunetta sapeva che la pioggia era ferita nel profondo.
- ...Perchè vuoi andare in Canada? - chiese Jun, all'improvviso.
- Mi accodo. - intervenne Arashi - C'è qualcosa che ti preoccupa? Non mi hai detto nulla. -
- Mi dispiace... si tratta dei miei sogni. - rivelò lei - Li ho sempre sentiti distanti, ma adesso sembra che mi stia avvicinando alla verità... quando Masato ha detto che c'era una nave diretta in Canada mi sono ricordata che stavano andando lì... -
- Sogni... quelli sul ragazzo dai capelli verdi?? Vuoi seguire dei sogni? - chiese Arina, sempre più confusa.
La Vongola si inchinò davanti ai suoi amici, il suo sguardo era serio.
- Potete facilmente tornare a casa se volete, ma io devo andare lì adesso. Sento che questa è la mia strada, qualcosa mi sta chiamando... non posso rifiutarmi. - disse, i suoi occhi bruciavano di determinazione ma sembrava anche molto mortificata.
- Allora ti seguo. - disse la tempesta, anche lei seria - Sei sincera, mi fido del tuo intuito. Forse questo viaggio può aiutarti. -
- Se il boss è sicuro, mi aggrego. - disse Kaito.
- Voglio andare, il Canada sembra un bel posto! - esclamò Luca.
- Mh... non ho nulla di meglio da fare, perciò... - Shinji osservava il pavimento con timidezza, ma volle comunque dire la sua.
- Tsk, fate come volete. - Cloud era indifferente come al solito.
- ... Verrò. - disse Haname, con sguardo severo.

Arina osservò Masato e Jun, i quali annuirono.

- ... Ormai siamo qui, non cambia molto. - disse Jun.
- Beh, allora andiamo. - concluse Masato.

- Eh... Decimo si arrabbierà parecchio... - Arina sospirò, rassegnata.

 

Il cielo entrò nella sua casella di posta dal pc di Masato, collegato ad internet tramite una chiavetta satellitare. Purtroppo non poteva usare il suo cellulare o suo padre l'avrebbe rintracciata, perciò l'aveva lasciato spento. Era da molto tempo che usava anche una email alternativa che aveva dato solo a pochi, per evitare che qualcuno non si fosse fatto gli affari suoi.

Notò una email arrivata da poche ore.
Gliel'aveva mandata Caesar.

Mittente: Kozato Caesar
Oggetto: DOVE DIAVOLO SEI?!
Ricevuto alle 09:04

SI PUO' SAPERE DOVE DIAVOLO SIETE FINITI?!!

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Mittente: Sawada Nozomi
Oggetto: RE: DOVE DIAVOLO SEI?!
Inviato alle 15:12

Non preoccuparti, siamo in un posto sicuro. Sei stato tu a dirmi che ero inesperta, no? Sto rimediando a questo problema.
Ciao.

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Era seccata.
Ci mancavano soltanto i rimproveri di Caesar a complicare quella già assurda situazione.
Tuttavia abbozzò un sorriso, alla fine era felice che si fosse preoccupata per loro.

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Mittente: Kozato Caesar
Oggetto: RE: DOVE DIAVOLO SEI?!
Ricevuto alle 15:31

COME SAREBBE NON PREOCCUPARTI? Nozo sei stupida o che? Sai cosa sta succedendo qui? Sono in Italia adesso, tuo padre sta come un pazzo e non ti dico il mio, ti stanno cercando OVUNQUE. Ma non è l'unico problema, qui! Ho avuto uno scontro con un ragazzo preoccupante... te ne parlo da vicino.
Dimmi dove sei, ORA.

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Mittente: Sawada Nozomi
Oggetto: RE: DOVE DIAVOLO SEI?!
Inviato alle 15:36

NO. Non posso. E' importante per me, capisci? Non posso tornare a casa. Chi è questo tizio con il quale hai combattuto? Ha per caso i capelli lunghi scuri e una benda sull'occhio?!

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Mittente: Kozato Caesar
Oggetto: RE: DOVE DIAVOLO SEI?!
Ricevuto alle 15:45

No, ha i capelli lunghi ma verdi e nessuna benda. Mi ha attaccato ma è sparito, usa la nebbia. Quando mi ha attaccato ha detto il mio nome e poi il tuo.
Sono fottutamente preoccupato per voi, Nozo. Siete dispersi da qualche parte per il mondo con chissà quali pericoli!
Dimmi dove sei, cazzo! Almeno lascia che ti raggiunga!

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La ragazzina sospirò.
Non voleva di certo mettere in mezzo il Simon ma qualcosa l'aveva iniziata a turbare non poco.
Ciò che aveva detto in quella email sembrava averle trafitto il cuore.
O forse si trattava del suo super intuito Vongola?
Fissò il bianco del riquadro della email, pensando a cosa dirgli. Doveva essere sicura della sua decisione.

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Mittente: Sawada Nozomi
Oggetto: RE: DOVE DIAVOLO SEI?!
Inviato alle 15:49

… Te lo direi anche, ma giura sul rapporto tra le nostre famiglie che non lo dirai a nessuno né dirai dove sei diretto.

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Mittente: Kozato Caesar
Oggetto: RE: DOVE DIAVOLO SEI?!
Ricevuto alle 15:54

... Sei una stronza.
Ok lo giuro. Ora parla.

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Mittente: Sawada Nozomi
Oggetto: RE: DOVE DIAVOLO SEI?!
Inviato alle 15:59

Siamo diretti in Canada, attraccheremo ad Halifax in 3 giorni.

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Mittente: Kozato Caesar
Oggetto: RE: DOVE DIAVOLO SEI?!
Ricevuto alle 16:03

Prendo l'aereo e ti anticipo, ci vediamo al porto e NON FARE SCHERZI.
La situazione è pericolosa, Nozo. Sto mentendo ai nostri padri per i tuoi fottuti capricci.

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La ragazzina decise di non rispondere più. Sloggò dalla sua casella di posta e restituì il pc a Masato come se si stesse togliendo un incredibile peso.
Eppure era ancora confusa e preoccupata.
- Cosa c'è? - chiese Arina, perplessa. Il suo sguardo era fisso sul viso pallido della bruna.
- … Caesar ci raggiungerà, dice che c'è qualcuno di poco rassicurante che ci sta cercando. -
- Oh no. Non è tuo padre? - chiese Arashi, preoccupata. - Anche se, dopotutto, siamo circondati da nemici, no? -
- Come mai hai deciso di farlo venire, così all'improvviso? Non eri contro la sua presenza? - la voce di Cloud risuonò dall'angolo del capannone.
La ragazzina si morse le labbra.
- Mi ha incuriosito quando ha parlato del tipo con i capelli verdi. -
- … Non sembra quello dei tuoi sogni? - chiese la sua tutrice, confusa.
- Sì – rispose la bruna – Ci assomiglia abbastanza... voglio scoprire se si tratta della stessa persona. -

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Capitolo 12
*** Target 12 - On the Ship I ***


Target 12 - On the Ship I

cover

Era ormai pomeriggio inoltrato quando l'allegra famigliola si era intrufolata silenziosamente su una nave diretta in Canada. Avevano scelto quella destinazione affidandosi ai misteriosi sogni di Nozomi, il loro obiettivo era diventato quello di trovare il giovane dai capelli verdi e di saperne di più su di lui.

Il gruppetto aveva atteso l'arrivo del cargo in un deposito del porto, stando bene attenti a non farsi beccare dalla famiglia Brillante che li aveva minacciati poco prima e che li stava cercando in giro. Probabilmente, l'arrogante Diamante voleva sentirsi ancora più importante riportando a casa la figlia di Vongola Decimo, la sua risatina era ancora ben vivida nella memoria dei ragazzi che, intanto, avevano placato la fame divorando qualche tramezzino precedentemente confezionato.
Fortunatamente, le loro scorte erano ancora molto fornite e non avrebbero dovuto preoccuparsi del cibo.
Almeno per il momento.

La loro unica preoccupazione riguardava la nave sulla quale stavano viaggiando da clandestini. Sarebbero riusciti ad arrivare sani e salvi al porto di Halifax, dove tral'altro li stava aspettando Caesar?
Era quella la domanda che si erano posti sin da quando erano sgattaiolati all'interno del bestione dei mari, attenti a non farsi scoprire dall'equipaggio.
Fortunatamente sapevano ben nascondersi agli occhi estranei e, ad aiutarli, vennero in aiuto le illusioni di Shinji. Dopotutto, il guardiano della nebbia aveva il dovere di proteggere la famiglia celandola agli occhi esterni proprio grazie alle sue abilità.

Raggiunsero la stiva in un batter d'occhio, scendendo delle scale metalliche che li condusse al deposito di cibarie.

Kaito fu il primo ad ispezionare il luogo, controllando che dietro ogni angolo non si nascondesse qualcuno o, a suo dire, “qualche alpaca malvagio”.
Jun sembrava abbastanza insofferente, si sedette accanto ad una cassa e Luca lo affiancò, probabilmente per cercare di rimetterlo su. Dopotutto, era quello che più si trovava a disagio in una situazione simile.

Quando Kaito si sporse oltre una cassa semi aperta, però, venne violentemente scaraventato indietro da una voce femminile infuriata.
Nozomi aveva affiancato il sole ma gli altri ragazzi erano rimasti indietro, perplessi dalla reazione del biondino.

C'era un altro clandestino a bordo e, a quanto pareva, aveva deciso di viaggiare in mezzo alle patate.

La donna uscì lentamente dalla cassa in legno, la sua chioma biondo platino sembrava in netto contrasto con i lunghi ciuffi scuri che ricaddero sulle sue spalle.
Squadrò i presenti con i suoi freddi occhi indaco per poi pulirsi il vestito con noncuranza, dimenticandosi persino di avere ancora sul capo le cuffie con il microfono.
Sussultò all'improvviso, sembrò ricordarsi dell'apparecchio perchè bisbigliò qualcosa a bassa voce, ma nessuno pareva aver capito.


- Chi sei? - si affrettò a chiedere Nozomi, osservando la donna con perplessità.
La bionda tossì, si chinò a prendere il notebook a cui erano collegate le cuffie e lo tirò fuori, spolverandolo.
- E' un vero problema. - affermò, con un forte accento russo. Il suo sguardo si posò sui presenti con prepotenza. - Questo posto è mio. - concluse.
- Ehi, c'è spazio per tutti! - Kaito si alzò con un balzo, portando le mani ai fianchi e osservando la donna dallo sguardo duro.
- Credo che intenda la cassa... - specificò la bruna, osservando l'alloggio della stramba tipa.
- Ma che diavolo, non pensavo che andasse di moda fare i clandestini. - Arashi incrociò le braccia, osservando la scena da lontano. Quella donna non sembrava essere una persona pericolosa perciò si limitò a storcere il naso e a posare lo zaino per terra, accanto al fratello.
In realtà, a nessuno sembrò interessare la discussione che stava avvenendo tra i tre.

La donna batté le mani sulla cassa con violenza, una patata scivolò via e cadde a terra.
- Non c'è abbastanza spazio per tutti. - disse, riducendo gli occhi a delle fessure bluastre che sembravano voler eliminare visivamente i presenti.
- Ma guarda che tu puoi restare in quella cassa, se vuoi! - disse Kaito, affacciandosi e notando tante patate e qualche rapa mangiucchiata.
- Non guardarle, sono mie. - il modo inquietante in cui lo disse spaventò il biondo che indietreggiò di pochi passi.
- Tu... mangi... rape? - Kaito sembrò davvero non voler approvare quella scelta.
- Hai qualcosa contro le rape? - la domanda risuonò decisa nella stiva, nessuno sembrò voler obiettare.
La donna uscì dalla cassa goffamente, poggiando il portatile sul legno e saltando giù.
- Questo è il mio territorio. - affermò, convinta, voltandosi verso i presenti e osservandoli con circospezione.
Il cavo delle cuffie si staccò dal notebook da cui si udì una voce maschile che sembrava chiamarla con insistenza.
“Nadia! Nadia! Che cosa è successo? Ci hanno scoperto?”

Anche l'uomo aveva un forte accento russo e continuò a chiamarla per qualche altro istante, finché la bionda non si voltò verso il portatile per urlargli contro.
- Dag, testa di rapa! Non sei neanche buono da mangiare!! -

Non si arrese.
Spense il portatile e si levò le cuffie, tornando alla discussione con i due ragazzi sulla possessione della stiva.
Tralasciando completamente il fatto che erano tutti clandestini.


Haname, intanto si era seduta contro le pareti metalliche, ad una distanza di sicurezza dagli altri e Arashi aveva notato sin dall'inizio il suo sguardo demoralizzato.
Si avvicinò all'amica e si sedette accanto a lei, notando il suo sguardo contrariato e sospirando.
- Cos'hai? Ancora giù per quello che è successo prima? -
La pioggia si passò nervosamente una mano tra i capelli, osservando il pavimento con insistenza.
- … più o meno. - rispose.
- Uhm. - la rossa pensò bene a cosa dirle. - Quello che ha detto Nozo... noi siamo molto inesperti, no? Quindi è normale che qualcuno come quella là, che a quanto pare ne sa più di noi, riesca a batterci. -
- Non è solo questo. - spiegò Haname – E' come se non riuscissi ad usare tutta la mia forza. -
Arashi non capì, alzò un sopracciglio e osservò l'amica con sguardo perplesso.
- Hai presente quando Nozomi disse che non riusciva ad essere sé stessa usando i pugni? - chiese.
- Si, ricordo. Mio fratello le costruì la Sky Rod proprio per questo motivo. -
- Beh... diciamo che è qualcosa di simile. - ridacchiò nervosamente.
- Ma come! - la tempesta era sempre più confusa – Hai sempre amato i katar, perchè adesso dici così? - domandò, incredula. Dopotutto stavano parlando della persona che in ogni mmorpg sceglieva sempre le classi che possedevano pugnali e katar, come gli assassini e i ladri.
- Tra l'amare un'arma ed esserne affini c'è una bella differenza. - rispose lei, porgendo finalmente l'attenzione sull'amica. - Anche Nozo amava prendere a pugni ma si trova meglio ad usare l'asta. - abbozzò un sorriso. - Di conseguenza anche io mi troverei meglio ad usare un'altra arma. -
- Hai già un'idea su che arma utilizzare? -
- Una spada. Ma... è troppo grande e darebbe troppo nell'occhio. - si affrettò a spiegare.
- In effetti... non è assemblabile come la staffa di Nozomi... -
- Però c'è un altro modo. -

Il fratello della tempesta si era seduto accanto a loro, aveva probabilmente ascoltato la discussione e sembrava avere qualche idea per la testa. Osservò la giovane Haname e le sorrise, mentre apriva il suo portatile e iniziava a digitare rapidamente alcuni tasti.
Anche Arina aveva affiancato il ragazzo, incuriosita dalla discussione.
- Un altro modo? - ripeté la tempesta, perplessa. - Che modo ci sarebbe? -
Il rosso si grattò il capo, pensieroso.
- Sono informazioni che ho avuto dagli Elektrica, ma sembra che alcune famiglie potenti stiano sviluppando una tecnologia davvero interessante. - disse, continuando a digitare sul suo apparecchio. - Per ora non se ne sa molto, sono informazioni segrete e davvero poche famiglie hanno già ottenuto la versione finale di questi prototipi. -
- Ma che roba è? - chiese la rossa.
- Diciamo che è una sorta di Box Heiki ma realizzata in maniera diversa. -
- Box... cosa? - Arashi osservò Masato con un grande punto interrogativo sul capo.
- Non conosci i Box Heiki? - Arina parve perplessa. - Sono praticamente delle piccole scatole che si attivano infondendo loro le fiamme tramite un anello. Si differenziano per tipo di fiamma e per utilizzo. - spiegò – Le storage box hanno dentro armi e armature mentre le animal box hanno degli animali potenziati grazie alle fiamme. -
- Eh?! Esiste qualcosa di simile?! - Arashi era incredula e anche Haname aveva un'espressione stupita.
- Esisteva, non sono state ultimate a causa di alcuni problemi di cui non si sa molto. - osservò Masato, che annuì con il capo.
- Beh, direi. E' impossibile infilare un animale in una scatola. - la tempesta sghignazzò e il fratello scrollò le spalle.
- Ti sei dimenticata di Nutts? - chiese Arina, lanciando uno sguardo alla rossa.
- Nutts? - ripeté Haname, curiosa.
- Eh? Aspetta, parli del leone di Decimo? - chiese Arashi, incredula - Pensavo fosse una sorta di... creatura mitologica o qualcosa di simile, visto che era tipo circondato dalle fiamme del cielo... nemmeno Nozo sapeva cosa fosse in realtà. -
- Beh, Nutts aveva una sua Box Heiki, proviene dal futuro alternativo. Fu trasformato in un anello quando Decimo tornò nella giusta linea temporale. - spiegò la tutrice.
- Futuro... alternativo...? - Haname sembrò confusa – Ma... ti riferisci a quando Decimo e gli altri hanno sconfitto il boss dei Millefiore? -
- Precisamente. - intervenne Arina – Ma questi oggetti... non sono stati completamente sviluppati nella nostra linea temporale, perciò solo Decimo e i suoi guardiani possiedono questi animali derivante da quella battaglia. -

- Difatti hanno scoperto un metodo migliore per ottenere la scomposizione molecolare. - il rosso si sistemò gli occhiali con aria saccente – Ma non ci saranno animali di mezzo, pare che sia troppo pericoloso utilizzarli. -
- Quindi... alla fine mi stai dicendo che con queste scatole possiamo portarci dietro le armi senza fatica? - chiese Arashi, sempre più curiosa.
- Sì, e non solo quelle. La tecnologia che stanno sviluppando si chiama “Shinu ki Armor” ma non ho idea di cosa usino per attivarla, se delle scatole o degli anelli, per esempio. -
- Shinu ki Armor... sembra interessante. - Haname appoggiò il capo alla parete e chiuse gli occhi, sospirando. Sembrava molto stanca ma, dopotutto, chi di loro non lo era?

Lo scontro tra la russa e i due giovani si concluse con la fuga rapida e assurda della giovane donna, che svanì oltre l'entrata e lasciò increduli Nozomi e Kaito, gli unici che si erano preoccupati di lei.
Nemmeno quella parentesi divertente riuscì però a tirare su il morale dei presenti che sembrava essere davvero molto sotto terra.

Kaito aveva iniziato a saltellare in giro e a fare facce buffe con il solo scopo di far sorridere i ragazzi ma, eccetto qualche sorriso da parte di Jun e Shinji, nessuno sembrò voler realmente pensare a qualcosa di bello.

- Oh santo cielo! - l'esclamazione di Masato risuonò nel silenzio del deposito – Decimo offre una lauta ricompensa a chi gli riporterà sua figlia. - lesse, incredulo.
- Lauta ricompensa...? - Luca si voltò verso il rosso, curioso. - Quanto? -
Anche Nozomi si era avvicinata a Masato e si era seduta accanto alle due guardiane.
- Carta bianca. - rispose lui – Significa che è disposto a sborsare cifre assurde. -

Arina si voltò verso la sua allieva e la osservò sottecchi.
- Penso che sia anche naturale, considerando quanto Decimo abbia a cuore le sorti di Undicesima. - spiegò.
- In teoria – iniziò Cloud, che non aveva aperto bocca da quanto erano saliti sulla nave – Qualsiasi padre del genere venderebbe le mutande pur di riavere il proprio figlio disperso. -
- Padre del genere? - Arashi alzò un sopracciglio.
- Padri come Decimo... insomma, attaccati alla famiglia, molto sensibili e ste cose qui. - concluse Arina.

Dopotutto la nuvola non aveva tutti i torti e il gruppo sembrò concordare silenziosamente con lui.
La rossa osservò Nozomi che stava fissando insistentemente il pavimento.
Cosa stava pensando?
Aveva forse cambiato idea e voleva tornare a casa?

No, impossibile.
Arashi sapeva più di chiunque altro che Nozomi voleva andare avanti.
Se fosse tornata a casa non avrebbe avuto più altre opportunità.

Tuttavia, qualcosa si stava affacciando all'orizzonte.
Caesar che li avrebbe raggiunti in Canada, il misterioso ragazzo dai capelli verdi e il futuro incerto a cui stavano andando incontro.




Nadia Kalashnikov © Vongoletta/Yuni Verock , grazie per il tuo supporto e aiuto, sono stata davvero felice di far apparire il tuo oc nella storia. Ti vorrò sempre bene, ovunque tu sia adesso.
Grazie Yuni. <3

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Capitolo 13
*** Target 13 - On the Ship II ***


Target 13 - On the Ship II

cover

Lo sguardo del giovane continuava ad essere assente, come se lui si trovasse in una dimensione differente o si fosse rinchiuso nel più profondo della sua coscienza.
Ciò non sembrò per niente intimorire l'uomo che lo accompagnava, anzi. Continuò a ticchettare sul suo portatile con noncuranza e senza degnarlo di una qualsivoglia attenzione.
L'uomo sembrava concentrato nel suo problematico lavoro, il quale veniva ogni tanto disturbato da improvvisi squilli del suo cellulare, appoggiato sul mobile accanto agli altri macchinari.
Il giovane dai lunghi capelli verdi era come sempre steso e i suoi occhi continuavano a fissare il soffitto, privi di luce e imbambolati.
Dov'era andato? Stava forse per morire?
E' impossibile, no? Non lo avrebbero lasciato morire, giusto?

E se a nessuno, invece, importasse di lui? E se tutti lo avessero abbandonato al suo infausto destino?
Avrebbe voluto allungare la mano e accarezzargli il viso ma si trattenne, spaventata.
Non sarebbe riuscita a sfiorarlo, non avrebbe sentito le sue dita scivolare sul liscio viso del giovane.

Il telefono squillò ancora e l'uomo, quasi meccanicamente, portò l'aggeggio all'orecchio.
- Sì. Sì. Ci stiamo arrivando, con calma. Sì, certo. Siamo appena arrivati ad Alberta, entro stasera arriveremo a Swizzles. Non si preoccupi, è ancora stabile. Certamente. Il padre mi ha dato tutti i documenti necessari, non si deve preoccupare di nulla. Ci raggiungerà, non l'ha già sentito? … Oh. Capisco. Beh... è un uomo particolare. Ma certo, certo. Non si preoccupi, ho sotto controllo le frequenze. L'esperimento arriverà sano e salvo. Certamente, la ringrazio. A fra poco. -
Storse il naso e poggiò il cellulare sul mobile, prima di tornare a scrivere rapidamente sulla tastiera.
Non lanciò nemmeno un'occhiata al giovane.
Sembrava quasi un animale, chiuso in gabbia e senza libertà di fuga.

- … ti hanno strappato le ali e ti stanno conducendo lentamente all'inferno... - disse lei, osservandolo con gli occhi lucidi. - … cos'altro vogliono farti, lì? -
Il ragazzo continuò ad osservare il soffitto bianco.
- Mi chiedo perchè sono qui... non posso fare nulla per aiutarti... Forse è meglio che dimenticassi tutto … -

" No, ti prego. "

Quella voce familiare... di nuovo.
Rimbombava nel suo cervello.

" Lui ha bisogno del tuo aiuto! Non mollare! "

Chi diavolo era? Perchè le faceva così male sentire quella voce?
La testa continuava a dolerle, sembrava volesse scoppiare.
Era calda.


Kaito sospirò, impotente. Gli dolevano le braccia, era passata circa una mezz'ora da quando stava tentando di guarirla ma il suo tentativo era risultato inutile.
Non aveva idea di come usare la sua fiamma del sole per guarire le persone né sapeva se sarebbe riuscito a guarire qualcuno che aveva la febbre.
Eppure voleva rimboccarsi le maniche e fare qualcosa per aiutare la sua boss, che sembrava soffrire.
Sin dalla mattina presto Nozomi si stava agitando nel sonno, Arina le aveva accarezzando la fronte più e più volte con le mani fredde ma il calore non sembrava volersi abbassare. Non avevano abbastanza acqua né potevano procurarsela, essendo nascosti nella stiva da alcuni giorni.
Il sole voleva assolutamente dare una mano nell'aiutare il suo boss che respirava affannosamente e continuava a sudare. Eppure non sapeva come fare per indirizzare le sue fiamme su di lei per guarirla.

Si guardò le mani, perplesso. La stessa cosa era accaduta con Haname alcuni giorni prima, anche se era stranamente riuscito a guarirla un po'. Purtroppo, però, ci aveva rimesso parecchie fiamme, andate sprecate a causa dei suoi tentativi.
Era già stanco di suo e stava continuando a sprecare un gran quantitativo di fiamma del sole nel disperato tentativo di guarirla. Non poteva permettersi di sprecarne altre.
Gli serviva un oggetto che poteva aiutarlo nell'indirizzare le fiamme in un unico punto senza disperderle.
Dopo altri cinque minuti di prove si alzò, seccato.

- Kaito... basta. - Arina sembrava stanca - Non penso proprio che riuscirai a guarire la febbre con le fiamme... non ha senso... -
- Perchè?? Posso guarire le persone con le mie fiamme, no? -
- Kaito, no... non funziona come in un gioco... -
- Ahhhhh non ci riesco, è inutile! - portò le mani ai fianchi, offeso – La boss non migliora ed io mi sento un idiota! -
- Come se non lo fossi già. - replicò Arashi, mentre asciugava il sudore dell'amica.
- Più tardi magari possiamo pensare a un oggetto che può aiutarti in questo. - Masato gli lanciò uno sguardo comprensivo – Bisogna solo pensarci bene, non ti preoccupare troppo. -
- Ma non è solo questo! Cioè... le fiamme... non mi escono come dovrebbero uscire! - disse lui.
- Perchè, come dovrebbero uscire? - Luca inarcò un sopracciglio.
- Beh... in quel modo lì... e poi così ... giusto... - il biondino fece qualche strana imitazione che nessuno parve cogliere.
- Ma cosa...? - Arina strabuzzò gli occhi.
- Ti capisco. - l'affermazione arrivò dalla pioggia, seduta accanto alla tempesta che si voltò ad osservarla. - Capisco quello che provi. - abbozzò un sorriso.
- Uh? - Kaito e Haname si osservarono per alcuni istanti, ma nessuno di loro parlò.
Arina e Arashi si scambiarono sguardi interrogativi ma nessuna delle due decise di dire nulla.
- Ad ogni modo... - Kaito riprese a parlare, spostando l'attenzione dalla compagna – Credo che la colpa sia anche di questi braccialetti. - alzò il braccio, osservando il suo Vongola W.S.
Quegli strumenti erano stati costruiti per ovviare al problema della mancanza dei Vongola Ring, eppure non avevano chissà quali particolarità.
Ovviamente, l'ideatrice dei braccialetti sembrò offendersi a quell'affermazione e replicò duramente alle accuse del giovane.
- Cosa diavolo vuoi dire con quello? Guarda che i braccialetti funzionano, sei tu che non sai usarli! - spiegò, come se lei fosse capace di usarne tutte le capacità.
- Non è vero! - Kaito incrociò le braccia, guardando altrove per non dover osservare negli occhi la furiosa tempesta. - Hai fatto un casino con sti robi! -

La rossa si alzò di scatto e si avvicinò al biondo che non si smosse nemmeno di un millimetro. Si fissarono per pochi istanti, prima che Arashi non gli afferrasse il colletto.

- Dillo che mi prendi per il culo. - ruggì, furiosa – dillo che ti sta sul cazzo quel che faccio e facciamo prima. -
- Arashi! - urlò Arina, incredula.
- Ehi, non è vero! - Kaito non reagì, non voleva far infuriare ulteriormente la ragazzina che già sembrava nervosa a causa della tensione. - Sto solo dicendo che secondo me potrebbero essere migliorati, ecco... -
La rossa lasciò andare il colletto del ragazzo con disgusto.
- Sapete solo criticare. Se pensate di poter fare di meglio allora dimostratelo. -
La tensione era evidente e l'aria sembrò diventare quasi soffocante.
I presenti erano silenziosi, Cloud fu l'unico che sembrò ridacchiare a quella patetica scena.
- Basta, finitela. - la voce calma ma dura di Haname risuonò nella stiva. - Non siate sciocchi, nessuno accusa nessuno, qui. Avete dimenticato che siamo una famiglia? -
La rossa si voltò verso l'amica per obiettare ma alcuna parola uscì dalle sue labbra.
Kaito, invece, sembrava più nervoso di prima, probabilmente a causa di ciò che era successo.
- Con Nozomi in queste condizioni è ovvio che siamo tutti un po' tesi, ma anziché aiutarla state litigando come dei bambini. - continuò lei, tornando ad osservare la bruna, che respirava a fatica.
- … Scusa, mi sono lasciata trasportare. - la rossa si voltò e tornò a sedersi, senza rivolgere una parola al biondo.

Kaito sembrò quasi voler piangere, strinse i pugni con forza e tremò.
- … però a me scusa non lo dici, eh. - si limitò a dire, prima di voltarsi anche lui e di percorrere le scalette in metallo che conducevano fuori la stiva.
- Kaito, aspetta! - Luca tentò di raggiungerlo ma era già sull'uscio.
- Al diavolo! Non ce la faccio più! -

Varcò l'uscio e percorse il corridoio con rabbia.
Dopotutto sapeva che era colpa della tensione che si era accumulata lì dentro.
Da quando erano chiusi lì? Da due giorni? Tre? Aveva perso il conto, ormai.
E gli stava anche venendo il mal di mare.
Non voleva litigare con qualcuno, ma il non riuscire a guarire Nozomi unito al nervosismo generale l'avevano fatto cedere alla rabbia, così com'era successo ad Arashi.

Si fermò subito dopo aver percorso il corridoio, appena respirò l'aria fresca pomeridiana. Il sole stava quasi per tramontare e alcune stelle iniziavano a mostrarsi tra le nuvole.
- E tu chi sei? -

Un uomo sulla quarantina lo stava fissando, perplesso.
- Eh... uhm … -
Quel corridoio era off limit per i passeggeri e l'uomo sembrava aver capito che Kaito non faceva parte dello staff.
Arrivare alla giusta conclusione era solo questione di tempo, ormai.

Percorse rapidamente il corridoio all'indietro, mentre alcune voci sembravano inseguirlo prepotentemente.
- Ma che cavolooooooooooooooooooH – urlò, lagnandosi.

Il gruppo di clandestini si ritrovò sul ponte, inseguiti dai membri dell'equipaggio che tentavano in tutti i modi di riunirli.
Luca, che portava in braccio la malata, aveva guidato tutti verso nord ma erano stati bloccati da alcuni mozzi.
Cloud tentò di aprire una strada dietro di loro ma non osò colpire delle persone innocenti.
Erano praticamente circondati.

Kaito si guardò attorno, notando che Masato era preoccupato e Jun aveva l'espressione spaventata di chi stava per fare una brutta fine.
- Tutti giù. - urlò Arashi, all'improvviso.
I ragazzi sembravano non aver capito ma la leader dei guardiani pareva essere sicura della sua decisione.
- Arashi... sai quello che stai facendo? - Arina sudava freddo ma la rossa annuì.
- Kaito, occupati di Jun, io e Haname aiuteremo quel disgraziato di mio fratello. - disse, osservando sottecchi gli uomini che sembravano averli in pugno.
Cosa volevano fare, ora? Tenerli prigionieri per poi consegnarli alle autorità una volta arrivati a terra? Ormai mancavano poche ore all'approdo e si erano fatti scoprire come degli idioti.
Kaito si maledisse per questo.

- Arina... tu sai cavartela da sola, no? -
La bionda annuì, sicura.
- Allora... TUTTI GIU'. - urlò, nuovamente.
La tempesta e la pioggia afferrarono uno spaesato Masato e si buttarono oltre il parapetto.
Luca e Shinji si gettarono quasi simultaneamente, seguiti da Cloud e Arina.
Kaito afferrò il terrorizzato Jun e salirono sulla ringhiera in fretta e furia, a pochi passi dagli uomini che volevano afferrarli, preoccupati per il loro gesto.
Un solo passo e poi giù, verso le acque gelide del Canada.

Nuotarono per qualche minuto, Kaito riuscì a tenere Jun saldo sulla sua schiena mentre inghiottiva, ogni tanto, un gran quantitativo di acqua salata.
- Halifax si trova nell'insenatura! - gridò Arashi che, assieme ad Haname, trascinavano Masato verso gli scogli. - Dobbiamo raggiungere la terra e arrivare al porto più dentro. -
- Riuscite a nuotare? Ce la fate?! - chiese Luca, mentre teneva sulla schiena Nozomi che sembrava respirare con molta più difficoltà.
- Certo che ce la facciamo, non siamo mica mammolette. - Cloud parve infastidito.
Shinji era il più lento, non era fisicamente forte ma almeno cercava di nuotare come poteva.
Arina lo affiancò e lo aiutò.
- Dobbiamo sbrigarci! - Kaito osservò sottecchi Shinji e poi posò lo sguardo su Nozomi. - La boss potrebbe peggiorare parecchio... -
- L'acqua è gelida, qui siamo molto a nord! - esclamò Luca, che sembrava preoccupato. - Potremmo morire congelati. -
- Avanti, Cloud ha ragione! - Arina, che era in coppia con Shinji, riuscì ad aiutarlo ad avanzare più rapidamente – Non siamo debolucci, forza e animo! - disse, poi. - E' una questione di sopravvivenza! -
- Allora zitti e nuotate. - rispose Arashi.

Passarono minuti interminabili e nessuno seppe precisamente per quanto tempo erano rimasti in acqua. Fortunatamente, nonostante il gelo, arrivarono sani e salvi agli scogli più vicini e si trascinarono sulla terra ferma sotto la luce della luna che era già spuntata in cielo da un bel po'.

Quando Kaito aprì gli occhi sentì un calore pervaderlo. Il fuoco stava scoppiettando ed erano Arina e Cloud i responsabili di quel tepore.
Quasi tutti gli altri erano stremati a terra, infreddoliti e spaesati.
Jun e Shinji dormivano, Luca tentava di riscaldarsi mentre Arashi stringeva il corpo fradicio di Nozomi e tentava di farle calore per evitare che la febbre si alzasse più del dovuto.
Haname era accanto a loro e le osservava comprensiva ma battendo i denti dal freddo.
Si alzò a sedere e notò Masato che stava osservando la sua attrezzatura annacquata e ormai perduta.
Arina aveva uno sguardo perso mentre Cloud sembrava pensieroso.

Si chiese se tutti non fossero stati ormai sconfitti dai propri limiti.
Sapeva che Nozomi voleva andare avanti ma gli altri? Avrebbero voluto continuare il viaggio o sarebbero voluti tornare a casa?
A che pro, poi? Cosa avrebbero guadagnato nel mollare tutto così?
Personalmente, il biondino voleva andare avanti. Voleva diventare forte, inventare un metodo efficace per usare la sua fiamma e aiutare gli altri a fare altrettanto.
Dopotutto, lo scopo del viaggio era quello di scoprirne di più sulle fiamme e sulle capacità.
Eppure non era l'unico motivo.
Quel viaggio poteva unirli ulteriormente, creare un'armonia ancora più forte.
Quello che volevano Cloud e Nozomi, ma anche tutti gli altri.
Se non c'era modo di vivere qualcosa che li unisse di più, avrebbero dovuto creare quel “qualcosa”, ed era precisamente ciò che Nozomi aveva fatto.
Era anche divertente, alla fine.
Seppur bagnati e infreddoliti, stremati e senza una meta, loro andavano avanti. Sarebbe stato stupido mollare adesso, potevano sembrare deboli e spaventati.
Allora sì che la gente avrebbe fatto bene a non fidarsi. Come potevano proteggere le persone e realizzare i loro sogni se si fossero arresi così facilmente?
Kaito la capiva. Ed era sicuro che anche gli altri la capivano.
Il sogno di Nozomi era, dopotutto, anche il loro sogno.
Il sogno di dare sogni.

Prese la sua borsa e la aprì, lentamente. Aveva le dita che gli tremavano e si sentiva pesante.
Aveva paura.
Aveva paura come chiunque altro.
Ma era felice.

- Cos'hai da sorridere in quel modo? -
Portò la sua attenzione sulla bionda, che lo stava fissando con sguardo interrogativo.
- Stavo pensando che... alla fine è divertente. -
- Cos'è divertente? - alzò un sopracciglio.
- Vivere tutto questo, insieme. E' divertente... perchè lo facciamo assieme. - ridacchiò.
La donna non sembrò seguirlo e si limitò a scrollare le spalle.
- Non è la stessa cosa per te? - chiese, curioso. - Non sei felice? - prese il suo cellulare e lo accese. Fortunatamente era a prova d'acqua e stando chiuso nella custodia non si era bagnato poi molto.
- Non direi. Vedi... Non so, in realtà. E' una situazione assurda. Decimo ci sta cercando e noi dovevamo tornare a casa, ma lei ci ha convinti ad andare avanti con questo viaggio... adesso Undicesima è in queste condizioni, siamo soli e fradici sotto il gelido cielo notturno, lontani dalla città... con tutto quello che è successo... cosa succederà, ancora? Forse era davvero meglio tornare a casa. -
- Sciocchezze. Abbiamo tutti accettato di cercare il ragazzo dei sogni, no? C'è stato un contrattempo sulla nave, ma ne siamo usciti senza problemi. -
- Cosa c'entra... non siamo mica eroi o roba simile, a chi vuoi che piaccia fare questo? -
- Non importa, è accaduto e ce ne faremo una ragione. -
- Che ragionamento è?! Insomma, se fossimo rimasti a casa non saremmo dovuti scappare... - la donna sospirò - … pensaci su. Prima ostaggi, quasi impiccati, poi fuggitivi, poi ancora clandestini e infine naufraghi... infreddoliti e impauriti, di notte, in un posto disabitato e a chilometri di distanza dalla civiltà. Non è uno dei vostri fottuti giochi, questa è la vita reale! E stavamo per morire! -
- Ragioni in modo stupido. - l'occhialuto si sistemò le lenti con un ghigno.
- … Come? -
- Sono tutte cose da nulla. C'è gente che ha anche vissuto di peggio ma non se n'è mai lamentata. -
- Ma perchè noi dovremmo vivere queste pericolose situazioni? E' questo il punto! -
- Perchè non dovremmo? Vivere nuove e diverse esperienze significa vivere la vita appieno. Il mondo non è tutto rosa e fiori, ci sono insidie dietro ogni angolo, no? La conchiglietta qui, poi, fa anche parte della mafia. I mafiosi non vivono nascondendosi, in bunker, come clandestini e cose così? Tutte cose che rientrano nella normale routine. -
La spiegazione della nuvola sembrò lasciare senza parole la bionda, che non rispose.
- Sarà anche che ci abbiamo quasi rimesso le penne, ma dal mio punto di vista concordo con il maniaco degli alpaca, qui. E' divertente perchè ci siamo distaccati dalla monotonia di una vita normale e frivola. -

Il biondino abbozzò un sorriso, non sicuro se il ragazzo stesse veramente concordando o li stesse prendendo in giro.
Il suo cellulare squillò all'improvviso e si spaventò, infuriandosi perchè stava giocando e la chiamata aveva interrotto la partita.
- … Kaito... hai acceso il cellulare?! - Arina sembrò incredula.
- Uh... sì, perchè? Guarda che è a prova d'acqua, eh! Anzi, quasi tutti i cellulari ormai sono così... -
- No, non è questo! Potrebbero rintracciarci! -
Sul volto di Arina sembrò esserci l'ombra di un sorriso, il sole era confuso e alzò un sopracciglio, poi osservò il numero sconosciuto che continuava a chiamare con insistenza.
Istintivamente portò l'apparecchio accanto al viso e rispose.

- PORCA PUTTANA DOVE DIAVOLO SIETE!! -
- Caesar-kun? -
- NIENTE "CAESAR-KUN". RISPONDIMI. -
- Ehm... siamo in Canada ma non al porto... -
- SONO DUE FOTTUTI GIORNI CHE VI ASPETTO! DOVE SIETE FINITI?! -
- La nave su cui stavamo doveva arrivare stanotte ma noi siamo finiti in acqua perchè ci hanno beccato che viaggiavamo di nascosto... -
- EH?! E dove siete ora? State tutti bene? -
- Sì, più o meno... c'è la boss con la febbre... no ma ora... stiamo sugli scogli.. cioè non proprio scogli... siamo sulla terra ferma ma lontani dal porto che è più dentro... qui non c'è nulla... -
- Eh? Nozomi ha la febbre? No, aspetta. Siete verso gli scogli... senti, non spegnere il cellulare e non muovetevi da lì, rintraccio la chiamata e arriviamo a prendervi, ok? -
La voce del Simon sembrava preoccupata ma, dopo l'ultima affermazione, chiuse la chiamata senza dar tempo al sole di rispondere.

- … perchè Caesar aveva il tuo numero? - chiese Arina, perplessa.
- L'avevo dato ai gemelli... ma anche Luca e Haname... -
- Capisco... Avranno messo un richiamo automatico aspettando che uno di voi tre accendesse il cellulare. -

Kaito si stese per terra, accanto al fuoco, pensieroso.
Anche Masato si era ormai addormentato così come Arashi, che stava stringendo Nozomi le quali condizioni sembravano sempre più preoccupanti.
Arina non sembrava voler dormire e così nemmeno Cloud. Avrebbero fatto da guardia?
Voleva far loro compagnia ma non riusciva proprio a tenere alzate le palpebre.
Chissà che nei suoi sogni non gli fosse venuto in mente un metodo infallibile per curare le persone.
Delle bende, forse, oppure un cerotto.
Lo scoppiettio del fuoco era così rilassante e anche il freddo sembrava essere diminuito.
Il suono dei respiri dei suoi compagni, il venticello che muoveva le foglie degli alberi.
E infine si lasciò andare.

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Capitolo 14
*** Target 14 - Canada I ***


Target 14 – Canada I

cover

Il rumore del camioncino era fin troppo fastidioso, sembrava quasi che il veicolo dovesse rompersi da un momento all'altro.
Eppure non potevano aspirare a qualcosa di più con i risparmi che i Simon si erano portati dietro. Dopotutto, affittare un camioncino per tutto quel tempo era costato un bel po'.
Il giovane Fudou era seduto accanto al conducente, un uomo dall'espressione calma e matura, che aveva gli occhi fissi sulla strada e guidava con prudenza.
Gli altri ragazzi erano rintanati nella parte posteriore del veicolo, seduti per terra intorno alle pareti metalliche.

Il giovane Simon lanciò uno sguardo comprensivo alla malaticcia, avvolta da una copertina rimediata in giro. Dormiva intensamente, non si era ancora svegliata da quando erano saliti sul furgone.
Scosse il capo con disapprovazione.
- Ma dico io, a chi è venuta in mente la geniale idea di buttarsi in mare con Nozo in quelle condizioni? -
Kaito spostò la sua attenzione su Arashi che a sua volta lo stava guardando molto male.
- Diciamo che è successo a causa di una serie di sfortunati eventi. - spiegò Luca.
- Del tipo? -
- Kaito ci ha fatti scoprire e non avevamo altra scelta. - Arashi incrociò le braccia.
- Ehi, chi è che mi aveva quasi strozzato? - il biondino continuò a fissare male la rossa.
- Chi è che aveva offeso i miei braccialetti? - contrattaccò lei, offesa.
- L'avevo detto che era successo a causa di una serie di eventi. - ribadì Luca, sghignazzando.

Caesar sospirò, appoggiandosi alla parete e accavallando le gambe. La sua espressione era seria e calcolatrice.
- Ma questo catorcio l'avete rubato? - chiese all'improvviso la tempesta, ancora dubbiosa riguardo il metodo di acquisizione del mezzo.
- Certo, il proprietario ci ha seguito di sua spontanea volontà, ecco. - Bliz si passò una mano tra i ciuffi azzurri con arroganza.
- Sei divertente quanto un carciofo investito da un bus. - affermò, disgustata.
- E tu sei gentile quanto un palloncino sfiatato, ecco. - Bliz le scoccò un'occhiata divertita e la rossa sembrò innervosirsi, limitandosi a farfugliare parole incomprensibili distogliendo lo sguardo dal ghiacciaio.

- Piuttosto, parliamo di cose serie. - Arina, che stava osservando Masato disperato per aver perso l'attrezzatura, si spostò al centro del veicolo per ritrovarsi faccia a faccia con il Simon.
Il bruno si raddrizzò e assunse un'aria più seria, quasi come se sapesse di cosa avrebbero dovuto discutere.
- Vi dico già da adesso che appena raggiungiamo la città, chiamerò subito mio padre. - affermò lui, con un'espressione severa.
Arina non batté ciglio ma Arashi e Kaito obiettarono all'unisono.
- Fatelo parlare. - la tutrice aveva assunto la stessa espressione del giovane e il suo rimprovero zittì i presenti.
Caesar sospirò.
- Ragazzi, sul serio. Non so se vi rendete conto del casino in cui vi trovate. - spiegò lui – Tsuna-san vi sta cercando ovunque, è fottutamente preoccupato per Nozomi e c'ha anche ragione. -
- E' solo questione di tempo. - intervenne la bionda – Ci troveranno e questo viaggio finirà. -
- Perchè l'hai lasciata fare? - Caesar si accigliò, perplesso. - Non sei forse la sua tutrice? Non dovresti aiutarla a capire cosa fare e cosa no? -
- Non è una bambina a cui bisogna dire “questo sì e questo no”. - rispose Arina - Undicesima è testarda, se non va a sbattere contro un muro non crederà mai che quel muro esista. -
- Sì, ne so qualcosa. - il ragazzino ridacchiò.
- Posso sapere come mai sei voluto venire fin qui? - chiese.
- Tsuna-san mi chiamò per sapere di Nozo, ma nemmeno io avevo idea di dove foste finiti. - spiegò lui, storcendo le labbra – Più che altro, non mi aspettavo una simile atmosfera... ci sono pochi uomini attivi laggiù. -
- Atmosfera? -
L'aria sembrò farsi più densa, nessuno osò parlare ma erano silenziosamente in ascolto della discussione.
Cloud fumava accanto al finestrino, come al solito non sembrava interessato più di tanto.

- Nozo vi ha detto che siamo stati attaccati? - chiese lui.
- Attaccati? No, non ha detto nulla a riguardo... cos'è successo? - Arina sembrò allarmarsi.
- Beh, un ragazzo con lunghi capelli verdi e occhi arancio ci ha attaccati, era abbastanza pericoloso. - spiegò lui.
- Lunghi capelli verdi? Sembra quasi il prigioniero dei suoi sogni... -
- ... Prigioniero dei suoi sogni? Sta ancora facendo sogni assurdi?? -
- Undicesima fa sogni strani sin da quando è nata, non c'è molto da pensarci su. -
- La prima famiglia dei Vongola... e ora Clover. Tutto questo è totalmente assurdo. - il giovane Simon sembrò infastidito – Vorrei riuscire a capire cosa diavolo sta accadendo a questa mocciosa. -
- Aspetta… hai detto Clover? - la bionda continuò ad osservare il ragazzo. - E' questo il nome del ragazzo? -
- Penso sia tipo un nome in codice. - stavolta fu Bliz a parlare.
- Non ho idea di chi sia, ma sappiamo quali sono i suoi obiettivi. - continuò il Simon.
- Decimo sa di costui? E' per questo che è preoccupato? -
- Metà dei suoi uomini stanno cercando Nozo, l'altra metà cercano Clover. E' una situazione difficile. -

- Hai detto che conosci i suoi obiettivi. - Cloud espirò una nuvoletta grigiastra che si dissolse nell'aria gelida – Ebbene? -
Il bruno lanciò un'occhiata pensierosa alla nuvola che non gli stava portando attenzione.
Si guardò attorno e notò che praticamente tutti, a parte Bliz e i gemelli, pendevano dalle sue labbra.
- I Simon... e i Vongola. -
- Non è una novità. - Arashi si azzardò a dire – Sono in molti a volervi secchi. -
- Ovviamente, ma ogni volta che c'è un pericolo bisogna agire con cautela – spiegò Caesar – e perdere i contatti con la figlia dell'attuale Vongola boss, in un momento simile... è seriamente preoccupante. -
- Beh, come puoi vedere stiamo bene! - rispose Kaito, con un mezzo sorriso. - Non siamo stati catturati da quel Cuore! -
- Sì chiama Clover. - Bliz lo fulminò con lo sguardo – KU-RO-BE -
- Ma certo che stiamo bene. - Arina si voltò verso il sole – Siamo solo dei fuggitivi e clandestini, vivi per miracolo dopo aver nuotato per un paio di minuti in acque gelide e aver passato la notte all'aperto accampati come superstiti. -
La sua ironia era oltremodo tangibile e l'atmosfera divenne più gelida dell'attuale temperatura canadese.

Caesar, però, storse le labbra in un sorrisetto.
- Per fortuna non l'avete incontrato, non era molto amichevole. - disse – In realtà, quando ho tentato di tenergli testa... è sfuggito all'improvviso. Era braccato, dopotutto. -
- Braccato? - Arina inarcò un sopracciglio.
- Sarà apparso un tre o quattro volte e mirava sempre a me. - spiegò – Mio padre si è preoccupato e anche Tsuna-san, dato che continuava a ripetere i nomi delle nostre famiglie. -
- E' un nemico comune. - Arina sembrava pensierosa.
- Ed è inquietante. Se mio padre e Tsuna-san non fossero intervenuti... ma lui se l'è data a gambe. -
- Stai dicendo che stavi per essere sconfitto? - Kaito assunse un'espressione incredula.
- Direi di peggio, ma è meglio non creare inutili allarmismi, ecco. - intervenne Bliz, osservando sottecchi il suo boss.
- Le sue illusioni sono... strane. - stavolta furono i gemelli a intervenire. Avevano uno sguardo serio ed era strano per due ragazzi che solitamente ridacchiavano in modo inquietante. In effetti, era da un po' che ascoltavano in silenzio la discussione e le loro espressioni erano pensierose, ogni tanto si scambiavano fugaci sguardi interrogativi.

Shinji, che come al solito era nascosto in un angolino nella sua più totale invisibilità, sembrò quasi resuscitare a quella affermazione.
- E' un illusionista? Ha la fiamma della nebbia? - chiese, quasi speranzoso.
- Sì. - Caesar sospirò.
- Perchè tutti i cattivi sono sempre dei nebbiosi? - chiese Kaito, perplesso. - L'ho detto io che voi della nebbia siete preoccupanti! - esclamò.
- Non è così. - Arina rimproverò Kaito che sussultò – La nebbia è un elemento misterioso perchè nasconde e inganna, ma fa sempre parte delle sette fiamme del firmamento e ha la stessa importanza delle altre. - spiegò.
- Il fatto che sia spesso usata anche per scopi malvagi risiede nelle sue particolari qualità. - disse Caesar - “illudere”... ma non significa che sia malvagia. -

- Esattamente. - Arina lanciò un'occhiata a Nozomi e sospirò.
- Ciò che mi preme, per ora, è arrivare in città sani e salvi. - concluse il ragazzo. - Spero vivamente che lui non si faccia vivo. -
- Ma sul serio non avete scoperto niente su costui? - chiese Luca, allarmato.
- Ciò che sappiamo è ciò che Enma-sama e Tsuna-san hanno scoperto, ecco. - rispose Bliz.
- Tutto ciò che lo riguarda è stato stranamente cancellato dal database degli Elektrica. - continuò il Simon.
- Gli Elektrica?! - Arashi e Masato risposero all'unisono. Il giovane portò lo sguardo sull'ingegnere e poi sulla tempesta.
- Alcuni frammenti di dati risalgono a parecchi anni fa e sono collegati al nome del Dottor Oliver Stanford. - spiegò.
- Stanford... - l'occhialuto si aggiustò le lenti con un'espressione pensierosa. - Io... ricordo questo nome. -
- Comunque dimentichiamo questa storia. - concluse il Simon – A quello ci penseranno mio padre e Tsuna-san. Per ora dobbiamo raggiungere... - lanciò un'occhiata a Bliz che si affrettò ad estrarre la mappa dal suo zaino. - Qual'è la città più vicina? -

- Swizzles... - la sottile voce di Haname echeggiò nel furgoncino.
Arashi si voltò verso la pioggia e la osservò con perplessità.
- … Non ricordate? - chiese la giovane stilista.
- … uhm. - La rossa si avvicinò all'amica e osservò Nozomi, che era appollaiata nella copertina verdastra proprio accanto a lei.
Stava dormendo, le guance erano rosse e la sua fronte scottava ancora.
- Aveva parlato nel sonno, mi pare. -
- Sì, l'altro giorno. - annuì la pioggia – Aveva detto qualcosa come Swizzles... vicino Alberta. -
- Pensi che sia un indizio o qualcosa di simile? - chiese la rossa.
- Non ne ho idea, ma visto che ha indicato un luogo preciso non dovremmo andare a vedere? - Haname fissò intensamente la tempesta.
- … non so. Stava solo parlando nel sonno... non ne sono sicura... - Arashi si voltò verso Arina che non aprì bocca.

- Altre informazioni prese dai sogni, eh? - Caesar sospirò e si voltò verso Bliz, che stava accuratamente consultando la mappa del Canada.
- Ehi, Alberta è una regione del Canada, ecco. -
- Ma va? - Arashi stava asciugando il sudore della bruna con un panno inumidito.
- Swizzles è un paesino che si trova a nord, al confine tra le regioni di Alberta e i Northwest Territories, ecco. -
- Oh beh, almeno abbiamo una meta. - Arina sospirò.
- Vorresti ascoltare il delirio di una ragazzina con la febbre? -
- Avevamo bisogno di un posto dove andare, no? -
- Se Clover e il prigioniero sono la stessa persona, stiamo andando nel covo del nemico. -
- E tu come fai a saperlo? E' solo il delirio di una ragazzina con la febbre, dopotutto. -
Arina mantenne lo sguardo di sfida verso il giovane Simon, che sembrò infastidirsi ulteriormente.
- Va bene, hai vinto. - alzò gli occhi al cielo - Ma siamo sicuri che sia realmente tranquillo? - il Simon sembrava preoccupato – Se in realtà, in quel posto, ci fosse davvero qualcosa... non mi fido dei suoi sogni. -
- Cosa c'è che ti turba, Caesar-kun? -
- Perchè l'ha sognato. E' un fottuto sogno. Chi gliel'ha detto di andare lì, dove ci vogliono portare e cosa troveremo una volta giunti a destinazione? - la sua espressione era seria e inquietante.
- Spero allora che Decimo ci trovi al più presto. - concluse lei, appoggiandosi alla parete e lanciandogli un'occhiata.
- Appena Nozo si sveglia, chiamerò mio padre. Non mi piace fare le cose di nascosto. - affermò – Voglio che lo sappia anche lei. -
- Credi di fare il suo bene? - chiese la tempesta, con un'espressione disgustata.
- E voi, perchè diavolo siete venuti qui? Perchè Tsuna-san non vi ha allenati, forse? - gli occhi di Caesar divennero piccole fessure accusatorie.
- Nozo vuole scoprire di più sulle fiamme... - spiegò Arashi.

- Scappare di casa non è il metodo migliore. - rispose lui.
- Che cosa altro poteva fare? Ci hanno lasciati nell'ignoranza. - la rossa portò le mani ai fianchi, infastidita.
- Aspettare che Decimo decidesse che Nozomi fosse pronta per questo. -
- Non lo farà mai. Lui non vuole che Nozo abbia a che fare con i Vongola e tutto il resto dietro. - si lamentò.
- Lo dovrà fare. Anche lui sa che non si può sfuggire al proprio destino. - sospirò – Dopotutto non c'è nulla che possa fare per cancellare il sangue Vongola che scorre nelle vene di Nozomi. -
- Quindi, secondo il tuo ragionamento, dovevamo starcene con le mani in mano a farci prendere a calci in culo? -
- Piantala di insistere, Arashi. - Caesar sembrò infastidirsi – Avete sbagliato, ha sbagliato. E' testarda e orgogliosa, no? Non sarebbe mai venuta da me a chiedermi aiuto, piuttosto era meglio fuggire e andare a sperdersi per il mondo. -
- Chiedere aiuto a te? - Arashi sembrava non aver capito bene.
- Hai idea del perchè io sia venuto a Namimori? -
La rossa osservò il suo sguardo e non rispose, anche Arina sembrò perplessa da quella domanda.
- … Bene. Penso che dobbiate arrivarci da soli. -

- Comunque... quella delle fiamme era la nostra idea iniziale. - aggiunse. - L'obiettivo è cambiato quando siamo fuggiti dalla Spagna. -
- E adesso si va dove ci indicano dei sogni. Perfetto. - il giovane si issò con aria seccata, raggiungendo il finestrino che dava sulla zona guida.

Fudou si voltò rapidamente e ascoltò con attenzione ciò che il boss gli stava bisbigliando.

- Quindi? - Arina osservò perplessa il Simon che tornava a sedersi.
- Ci dirigiamo verso la costa a nord ovest e poi prendiamo un traghetto verso il Quebec. - spiegò – Andiamo in questa fantomatica Swizzles. - continuò, accavallando le gambe – Sarà la vostra ultima tappa. -
Sembrò voler nascondere una punta di curiosità ma Arina aveva capito che anche Caesar sarebbe voluto arrivare a capo della situazione.



Note dell'autore ---------------------------------------------------------------------------------
Capitolo piccolino perchè è un capitolo transitorio. Qui si fa un po' il punto della situazione.
Dunque. Per chiarire delle cose riguardo il capitolo precedente, i ragazzi hanno nuotato per circa 3 minuti e mezzo – 4 minuti, hanno raggiunto rapidamente gli scogli e si sono spostati tra questi più lentamente. (pensavo fosse evidente ma meglio specificare).
Ricordo che se l'autore sa tutto, non è lo stesso per i pg. E ricordo che sono ignoranti sul tema fiamme, quindi se c'è un Kaito scemo che spera di guarire Nozomi dalla febbre, è perchè è scemo e non sa che non è possibile. Ma questo lo sappiamo noi, non lui.
Per tutte le cose “strane” che accadono, vi voglio ulteriormente rassicurare: TUTTI i misteri saranno svelati, anche quelli che riguardano i sogni sulla prima famiglia di Nozomi (per dirne una a caso). E' tutto calcolato, perciò non lasciatevi sfuggire nulla! Alla prossima e grazie a chi continua a seguirmi <3

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Capitolo 15
*** Target 15 - Canada II ***


Target 15 – Canada II

cover

Dopo un lungo fischio assordante sembrò che il treno merci stava iniziando a rallentare. Si fermò a due passi da un paesino disperso nelle campagne isolate della regione del Manitoba.
Nessuno si azzardò ad aprire lo sportello del vagone, l'atmosfera era davvero troppo gelida per immergervisi.

Nonostante fossero le undici del mattino, alcuni ragazzi erano ancora appisolati e appollaiati tra cappotti e copertine.
Caesar, che sembrava avere preso le redini della situazione, osservava al di là del minuscolo finestrino con gli occhi fissi sul paesaggio canadese. Era preso dai suoi pensieri e stringeva tra le mani il suo cellulare nero.
Scostò lo sguardo non appena sentì un rumore alle sue spalle, si voltò lentamente e osservò la ragazzina dai capelli castani mentre sistemava la coperta sulle spalle di Arashi e lo stesso fece con Kaito, Luca, Jun e persino i gemelli Ylius e Yren.
Sembrava quasi fosse diventata una madre apprensiva che rimboccava con cura le coperte ai suoi figli.

Si issò qualche istante dopo, osservando poco più in là il gruppetto che stava lavorando attorno al portatile di Fudou, dato che quello di Masato era ormai diventato una spugna.
Il giovane Fukada, assieme ai guardiani della montagna e del ghiacciaio dei Simon, stavano raccogliendo informazioni dai database della famiglia Elektrica per cercare di ritrovare tracce dei dati cancellati dai loro server.
Haname e Arina, intanto, stavano prendendo appunti su cosa avevano assolutamente bisogno di acquistare mentre Shinji, seduto accanto a loro, sembrava assorto nei suoi pensieri.
Anche Cloud, che si trovava in disparte, era pensieroso.
La brunetta gli si era avvicinata e si era seduta accanto a lui, ciò costrinse l'occhialuto a voltarsi verso di lei.
- Hai bisogno di qualcosa? - chiese Nozomi, osservandolo con tranquillità e una velata dolcezza.
- Perchè, tu cosa potresti offrirmi? - il tono scherzoso della nuvola era chiaramente percettibile.
- Dipende da cosa troviamo in giro per il paese. - ridacchiò, passandosi una mano tra i riccioli castani.
- Con quali soldi avete intenzione di pagare? Abbiamo solo pochi euro. -
- Caesar ci presta gentilmente qualcosa, ha fatto il cambio ad Halifax. - rispose lei, osservando sottecchi il giovane Simon che stava ascoltando la discussione e ricambiò lo sguardo, abbozzando un sorrisetto.
- Bah, non ho bisogno di nulla. - disse lui, poggiando il capo sulle pareti del vagone.
- Se hai bisogno di qualcosa non mancare di farmelo sapere e non fare complimenti. - disse lei, sicura.
Cloud la osservò con perplessità, sembrò quasi scettico.
- Come mai tutto questo riguardo? -
- Beh, siamo soli e quasi dispersi su un treno, immersi nell'atmosfera gelida canadese. - spiegò lei, alzandosi – Mah, comunque non durerà a lungo. - gli sorrise e si allontanò, avvicinandosi al giovane Simon che la osservò mentre prendeva posto accanto a lui.

- Ohhh la mia cara sorellina si è seduta accanto a me, è un miracolo! - esclamò il bruno, incredulo e ironico.
- ... Qualche volta posso anche essere gentile, e... sorellina?? Non sono tua sorella! - rispose lei, confusa.
- Beh, perchè no? - ridacchiò lui, sotto lo sguardo attonito della brunetta.

Anche Arina si era avvicinata ai due, aveva in mano un fogliettino e lo porse alla sua allieva che lo afferrò rapidamente.

- Sono alcune cose di cui abbiamo bisogno, giusto per resistere qualche altro giorno prima di tornare. - spiegò lei, osservando i due.
- Perfetto, fra poco scendiamo e andiamo a vedere cosa ci offrono i negozianti. - disse Caesar, sorridendo alla bionda e rassicurandola.
- Ti ringrazio, Caesar-kun. -
- Di nulla. -

Arina tornò a sedersi accanto ad Haname, che stava osservando l'operato di Masato e degli altri. Sembravano abbastanza nervosi ma, dopotutto, era naturale. Erano vicini alla scoperta della verità su Clover e sul suo collegamento con la famiglia Elektrica, ma i dati erano impossibili da recuperare e tutto ciò che avevano tra le mani era il nome di uno scienziato che faceva parte di quella famiglia.


- Non l'hai chiamato? - chiese all'improvviso la bruna, distogliendo il Simon dai suoi pensieri.
- Come? - Caesar si voltò verso Nozomi e notò i suoi occhi posati sullo smartphone, che il giovane si stava rigirando tra le mani.
- Avevi detto che avresti chiamato tuo padre non appena mi fossi svegliata. -
- Sì, hai ragione. - ridacchiò, osservandole gli occhi color nocciola – Ma prima... c'è una cosa che mi preme verificare. -
- Dovresti chiamarlo. - la bruna tornò a voltare il suo sguardo verso il finestrino.
Il ragazzo non riusciva quasi a seguirla, sicuro più che mai che quella ragazzina era davvero problematica e incomprensibile. La sua testa era piena di domande ma decise che esporle sarebbe stato molto meglio.

- Cioè, mi stai dicendo che vuoi tornartene a casa... dopo tutto quello che hai fatto? -
- “Tutto quello che ho fatto”, cosa? - la sua espressione divenne all'improvviso seria. - Siamo partiti con la speranza di apprendere qualcosa di utile ma abbiamo avuto dei problemi sin dall'inizio. Una volta raggiunta la meta, poi, abbiamo scoperto che il nostro viaggio è stato vano. -
- Ma non volevi scoprire di più su Clover? - chiese lui.
- Volevo saperne di più sul ragazzo dei miei sogni, non ho idea se sia o meno Clover... ma quante probabilità ci sono che siano davvero la stessa persona? - si voltò verso di lui, abbozzando un sorriso demoralizzato – In realtà è stupido, ma è un ragionamento che avevo fatto in preda al panico, appena ho scoperto che mio padre mi stava cercando. -
- Avresti dovuto prevederlo. -
- Sì, e sono felice. - rispose.
- Perchè? -
- Perchè... mi rendo conto che papa non mi odia. -
- Hai davvero pensato che ti odiasse, allora. - rise, scostando lo sguardo. - Tuo padre vuole solo il tuo bene, Nozo. Sei una scema a non averlo capito. -
- Hai ragione. - si limitò a dire, tornando ad osservare fuori dal finestrino. - E voglio tornare a casa il più presto possibile. -
- Non capisco... perchè tutta questa fretta? -
- L'hai detto tu, c'è un tizio che mi sta cercando ed è pericoloso, no? Cosa pensi che accadesse se dovessimo incontrarlo? - il suo sguardo sembrò incresparsi, era preoccupato e ansioso. Tornò a rivolgersi verso di lui – Non voglio che nessuno di loro venga ferito o che! Noi... siamo deboli, cosa pensi che potrebbe succedere ad Arashi, Haname, Kaito... insomma, non voglio che nessuno di loro venga ferito per colpa mia. Piuttosto mi consegnerei pur di salvarli. -

Caesar rimase incredulo dalle parole pronunciate da quella ragazzina. Era davvero la stessa mocciosetta immatura e testarda che aveva conosciuto? In quel momento sembrava davvero seria e sicura di sé.
Non ne era poi così sconvolto, considerando di chi era figlia. Anche il suo orgoglio si stava mettendo da parte davanti al pericolo di perdere le persone che amava.
Oppure era spaventata da un pericolo che anche suo padre temeva. Forse si era infine resa conto della gravità della situazione.
- Avrei dovuto prendere questa decisione all'albergo. - continuò lei, quasi demoralizzata – Non ho avuto abbastanza tempo per pensarci. -
- Posso capirti, eri spaventata. -
- Non dovevo esserlo, i ragazzi contavano su di me. -
- Nozo... sei una ragazzina di quindici anni. Che scelte importanti pensi di poter prendere? Sei rimasta chiusa all'interno dei tuo sogni da sempre, non sai ancora come gira davvero il mondo. Forse questa esperienza può averti aiutato a capire che c'è qualcosa oltre la campana di vetro in cui ti eri rifugiata. -
- Sì, esatto. -

No, non era davvero possibile che quella fosse la vera Nozomi.
Sì era voltato verso di lei e stavolta aveva la bocca spalancata dalla sorpresa. La ragazzina immatura era cresciuta all'improvviso o era stata posseduta da qualcosa di invisibile?

- Caesar... - la bruna chinò lo sguardo. - … Io avevo promesso che li avrei portati alla scoperta dei loro poteri e di una forza maggiore. Mio padre ci ha negato l'aiuto e li ho portati in Spagna. La famiglia però non c'era più e io non ho altre idee. E' inutile per noi stare qui, non posso più dare loro nulla. Devo riportarli a casa sani e salvi, è mio dovere. -
- Nozo... - iniziò a capire come ragionasse il suo cervellino. Dopotutto era ovvio, stava comunque mettendo al primo posto le persone che amava, anche se lo stava facendo a suo modo. - Capisco. Beh, allora raggiungiamo Swizzles e torniamo a casa, ok? -
- Sì, grazie. - abbozzò un sorriso, tornando ad osservarlo – Mi sento più sicura ora che ci sei anche tu. -
- Perchè? - alzò un sopracciglio.
- Perchè siete più forti di noi e se succede qualcosa ci aiuterete, no? -
Ridacchiò. Era ovvio, dopotutto.
Nozomi era solo una ragazzina spaventata che non aveva idea di cosa fare. Stava cercando un appiglio per evitare di sprofondare ancora di più.
Per questo si era aggrappata a lui.
In quel momento, sentì il dovere di riportarli a casa sani e salvi. Già, doveva rimediare lui al pasticcio che aveva combinato quella scema.
Ma per la sua “sorellina” l'avrebbe fatto, l'importante è che lei avesse capito i suoi errori.

Quando si era ripresa dalla febbre, il giorno prima, gliene aveva urlato di tutti i colori che quasi non gli era mancata la voce.
E, stranamente, Nozomi non aveva detto nulla ma era rimasta in silenzio ad ascoltare.
Sin da quel momento aveva capito che la ragazzina si era resa conto di quanto stava accadendo.
Per fortuna.
Era felice che, alla fin fine, Nozomi non era stupida.
Ragionava in modo assurdo, era inesperta e piena di difetti, certo, ma non era stupida.

Si stiracchiò, tornando a voltarsi verso il gruppetto poco più in là che stava animatamente discutendo da un paio di minuti.

- Non penso che E-Load-san ci aiuterebbe. - ipotizzò Masato, sospirando. - Se ha voluto che quei dati venissero cancellati, non ci sarà modo di convincerlo a parlare. -
- E-Load? - ripeté Blizzard, curioso.
- E' l'attuale boss della famiglia. - spiegò il rosso.
- Non capisco, i Fukada non hanno un ruolo importante all'interno degli Elektrica? - chiese Haname, perplessa.
- Non è così importante, Hana-chan. - si grattò il capo, pensieroso – Non serve a nulla implorarlo, lo conosco abbastanza bene. Almeno Ten-san è più ragionevole, se solo avesse preso già il posto di suo nonno, a questo punto... -
- Ce ne vuole prima che Ex-Ten diventi il prossimo boss degli Elektrica... - la bionda osservò il rosso mentre scriveva sul pc. Si spostò lentamente verso di lui, affiancandolo.
Il giovane Fukada sembrò arrossire.
- E' davvero un genio, dovresti incontrarlo! -

Caesar ridacchiò, osservando il gruppetto che si stava scervellando alla ricerca di soluzioni.
- Carini, eh? - chiese all'improvviso la bruna.
- Uh? - il Simon portò l'attenzione su di lei, perplesso. - Chi? -
- Arina e Masato. - li indicò con il capo, senza dare troppo nell'occhio – chissà quando decideranno di mettere le carte in tavola. -
Il bruno sospirò.
- Non è così facile, Nozo. L'amore è... stronzo. -

Il treno si fermò lentamente e la brunetta si issò, portando le mani sulle leve di ferro che tenevano serrato lo sportello del vagone. Anche Caesar si alzò rapidamente e l'aiutò a spalancarlo.

- Lo so benissimo. - continuò la giovane, scendendo dal treno e osservandosi attorno mentre si aggiustava la sciarpa. - Sono io quella innamorata di un sogno. -
Il ragazzo richiuse rapidamente lo sportello dietro di sé per evitare che l'aria gelida riempisse il vagone e avvolgesse i loro compagni di viaggio.

- Non dev'essere facile. - si limitò ad affermare.


Passeggiarono per qualche istante, dirigendosi verso il paesino poco più in là.
- E tu? - chiese lei, all'improvviso. - Sei fidanzato? -
- Nah, non ho intenzione di avere storie serie, ora. - spiegò il ragazzo. - Voglio solo divertirmi un po'. -
- Ma dai, sembri un maniaco. - la ragazzina ridacchiò.
- Non sono un maniaco. - Caesar recitò la parte dell'offeso – E' sbagliato volersi divertire? Ho solo diciassette anni, eh. -
- Uh, diciassette anni... ne farai diciotto a Luglio, o sbaglio? -
- Il 6 Maggio. -
- Capisco. Ciò mi fa pensare che a Settembre sarò sedicenne... -
- Wow, il tempo passa in fretta. Fra poco sarà quasi un anno che ci conosciamo e questa è probabilmente la prima volta che parliamo senza che tu mi voglia ammazzare. - spiegò lui, sorridendo.
- Sarebbe stupido, in un momento simile. Sono anche abbastanza stanca, ultimamente. -
- Non comportarti come una vecchietta, adesso! -

Uscirono ed entrarono da svariati negozi, le buste si riempivano sempre di più e contenevano di tutto: alimenti di vario genere, bottigliette d'acqua e succhi, copertine, fazzoletti, pile e altri oggetti che potevano tornare loro utili.
I due passeggiarono fianco a fianco fino a sostare su una panchina in legno, dove si sedettero per fare uno spuntino.
Il giovane lanciò uno sguardo fugace sulla ragazzina che mangiava con delicatezza, come una ragazza attenta a come doveva apparire in pubblico, mentre il suo viso era rosso e i suoi occhi brillavano.
Aveva ancora la febbre?
Sperò vivamente che si trattasse di quello poiché, altrimenti, sarebbe stato un bel problema.
Ricordò i frequenti litigi e arrivò a pensare che forse per lei sarebbe stato meglio continuare a litigare.
Decise di sondare il terreno, giusto per essere sicuro che la ragazzina non si stesse mettendo in testa strane idee.
- Nozo, tutto a posto? - chiese.
- Mh, sì. - rispose lei, addentando la sua crepe - Ho un po' di freddo ma è ok. -

Alcuni passanti attraversarono la strada con tranquillità mentre un paio di vetture passarono con velocità moderata, svanendo oltre una curva.
La strada era decisamente deserta e le persone in giro si potevano contare sulla punta delle dita.
Tre, o quattro, forse.

- Nee, Caesar... ti capita mai di sentire una strana sensazione, quando siamo vicini? -
Il ragazzo sussultò, voltandosi verso la ragazzina con lo sguardo stupefatto.

“No, cazzo. Così non va proprio.”

- Sembra qualcosa di così... nostalgico. - continuò.
Il ragazzo, che stava quasi per avere un infarto, si portò le mani sul viso e si lisciò i capelli, cercando di tornare a respirare.
Sospirò nuovamente e abbozzò un sorriso, rendendosi conto della situazione.
- Sì, Nozo. Sì. E' tutto normale, dopotutto. Riguarda l'antico legame che c'è tra le nostre due famiglie. -
Nozomi si voltò verso di lui e sorrise, annuendo.
- Lo immaginavo. Mi dà tremendamente fastidio. Anche perchè... - sembrò pensarci su - …Alla fine non riesco a non litigare con te. Sei davvero snervante, sai? -
- Ah, io? - la sua domanda era palesemente ironica.
- Insomma... Giotto-sama e Cozart-san andavano d'accordo, anche papa con tuo padre... ma noi no. Perchè? -
- Perchè sei scema. - rispose lui e quasi non si beccò una scatola di biscotti in testa. Era fuggito dalla panchina e stata divorando la sua crepe poco più in là, osservando la mocciosa con uno sguardo battagliero che lei ricambiò.

Perfetto” pensò lui. “E' questa la Nozo che conosco.

Alcune voci costrinsero i due a voltarsi all'indietro, verso un piazzale deserto.
In un angolo del piazziale vi erano tre uomini e sembrava che stessero importunando una ragazzina, la quale aveva uno sguardo molto preoccupato e stava cercando di allontanarli.

Non appena compresa la situazione, senza nemmeno mettersi d'accordo o scambiarsi qualche sguardo, i due undicesimi si erano lanciati istintivamente verso i quattro.

- Sparite, ora. - la voce ferma di Caesar non sembrò spaventare i tre uomini, probabilmente sulla quarantina, che non si smossero, ma iniziarono a ridere come degli stupidi.
La povera vittima, una ragazza davvero bella dai capelli albini, si era portata dietro la bruna, che la separava dagli aguzzini.
Non servirono parole né piani strategici. I tre volevano spostare i due seccatori con qualche pugno ma Caesar li aveva già atterrati.
Tutti e tre.

- Stai bene? - chiese Nozomi, sorridendo alla ragazzina.
- … Sì, grazie... ho avuto un po' di paura per quei tre... mi dispiace! - l'albina abbracciò affettuosamente Nozomi che sembrò rimanere interdetta.
Caesar affiancò le due, mentre si massaggiava i pugni e sottecchi notò che i tre se la stavano dando a gambe.
- Tranquilla, è normale. Gli uomini pensano di poter fare ciò che vogliono con le donne. - spiegò lei.
- Altro motivo per cui volevi farti passare per maschio? - chiese Caesar, ridacchiando. Scansò il pugno della bruna quasi miracolosamente. - Ehi, così finivi anche tu tra quelli che pensano male delle donne! Insomma, se per essere forte volevi cambiare sesso, significa che anche tu sei convinta che le donne siano deboli, eh. -
Stava per sferrargli un calcio, ma si trattenne e Caesar suppose che lei non avesse mai visto il problema da quella prospettiva.
- Oh... beh, ora non importa più. - si limitò a rispondere, nascondendo l'imbarazzo.
Il Simon ridacchiò, aveva vinto di nuovo.

- Perdonatemi... - la ragazzina albina sembrava abbastanza spaesata. I suoi occhi lilla si posavano su entrambi in modo alternato ed erano pieni di confusione.



- Tranquilla! - Caesar sfoderò un sorriso caldo e rassicurante – Vuoi che ti accompagniamo a casa? -
- Ecco... Io non sono di qui... - spiegò lei, nervosa.
- Oh, e di dove sei? - chiese Nozomi, curiosa.
- Abito in Alaska... - rivelò.
- Oh, ma è lontana! -
- Stavo cercando di tornare a casa e... mi sono persa. Mi dispiace... non è che potreste indicarmi come raggiungere lo Yukon? -
Il Simon prese il suo cellulare e iniziò a smanettarci su per qualche minuto, immergendosi nel suo lavoro.
- Sei tutta sola? Non ci sono i tuoi genitori con te? - Nozomi sembrò provare empatia verso la ragazza, che si trovava sola a chilometri di distanza da casa.
- Beh, ecco... Ero andata a trovare una mia amica, quando ho saputo che sua madre era... beh... essendo un'urgenza, ho fatto tutto da sola... -
- Ma poteva essere pericoloso! -
- Lo so, me ne rendo conto... mio fratello sarà così preoccupato... - sospirò, coprendo metà del viso con la sua sciarpa blu.
- Dunque... - Caesar alzò lo sguardo dal cellulare e osservò la ragazzina. Ora che lo notava, era poco più alta di Nozomi. Poteva avere un paio di anni in più di lei – Alberta confina anche con la regione dello Yukon, quindi potremmo portarla con noi fin lì. -
- Ah, davvero? - gli occhi della giovane scintillarono.
- Uh, sì, non c'è problema, allora! - anche Nozomi sorrise di cuore.
- Se arrivo almeno lì so già dove andare per tornare in Alaska! Mi aiutereste molto! - la ragazzina sembrò che volesse quasi saltellare dalla gioia.
- E' ok allora. Dobbiamo tornare al treno dove ci aspettano gli altri del nostro gruppo. - disse Caesar, prendendo le buste della spesa – Oh, io sono Caesar. - ammiccò.
- Uh, io invece mi chiamo Nozomi! Piacere! - la bruna prese la mano dell'albina e insieme si incamminarono.
- Molto piacere! Io mi chiamo Biancaneve! -
- Eh? Biancaneve non è forse... Shirayuki hime? … quella della favola con i sette nani e la mela avvelenata? - Nozomi strabuzzò gli occhi e l'albina rise, dolcemente.
- Sì... diciamo che a mia madre piacciono questi nomi particolari! -

Il trio si diresse spensierato verso il treno, ormai pronto per riprendere il suo cammino verso la regione di Alberta.

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Capitolo 16
*** Target 16 – Canada III ***


Target 16 – Canada III

cover


Swizzles era una quieta e innevata cittadina sperduta ai confini tra le regioni di Alberta e i Northwest Territories.
La popolazione era composta per lo più da anziani e i negozi si potevano contare sulla punta delle dita, il via vai era quasi del tutto assente e ciò contribuiva alla tranquillità che vi regnava sovrana.
Era possibile paragonarlo ad uno di quei paesini che i giovani lasciavano per trasferirsi nelle metropoli e in posti più strategici, lasciando gli anziani genitori che non volevano spostarsi e abbandonare i ricordi.

Alcuni pupazzi di neve e giocattoli sparsi tra la neve che ricopriva i giardini suggerivano che fosse presente ancora qualche bambino.
Ragazzi che un giorno sarebbero cresciuti e avrebbero lasciato anche loro quel luogo.
Ma quale neo genitore avrebbe scelto di vivere lì e per quale motivo?

 

Il furgoncino si fermò nei pressi di una stazione di servizio e il giovane Fukada scese dal posto di guida, stiracchiandosi.
Avevano da poco raggiunto la cittadina e avevano affittato un altro veicolo per potersi dirigere senza intoppi verso la loro meta. La stazione più vicina si trovava in un giovane paesino situato a sud del Bistcho Lake, a circa un quarto d'ora di viaggio.
Il gruppo di viaggiatori improvvisati si radunò sulla strada principale, finalmente all'aria aperta e sotto un cielo grigiastro a meno sedici gradi di temperatura.
La prima cosa che decisero di fare, quasi automaticamente, fu quella di cercare un posto dove mettere qualcosa sotto ai denti e si rintanarono in una locanda, prendendo posto attorno ad alcuni tavolini in legno.

Luca si era ritrovato vicino alla nuova arrivata, con la quale aveva acquisito un po' di confidenza e sulla quale si era fiondato quasi come un leone sulla sua preda.
Era finalmente felice di poter chiacchierare liberamente con una bella ragazza, visto che non gli era quasi mai capitato in vita sua, nonostante i continui tentativi.
Dov'è che sbagliava? Forse era troppo invadente o sceglieva un approccio sbagliato?
Aveva saputo che il futuro undicesimo boss dei Simon aveva avuto parecchie ragazze ma non se la sentiva, sia per vergogna che per orgoglio, di chiedergli consigli.

- E' molto buono! - esclamò la giovane, accarezzandosi i ciuffi bianchi mentre portava il cucchiaio alle labbra, assaggiando la calda zuppa.
- Hai ragione! - anche il fulmine apprezzò l'ottima cucina.
Osservò sottecchi la ragazzina e arrossì. Com'era possibile che si fosse aperta così tranquillamente a lui senza scappare via a gambe levate come accadeva con le altre?
Scostò lo sguardo e notò gli altri due gruppetti che mangiavano e chiacchieravano divertiti: Nozomi era assieme ad Arashi, Haname, Arina, Kaito e Jun, mentre Caesar era con Bliz, Fudou, i gemelli e Shinji.
Al tavolo di Luca c'erano Masato e Cloud, quest'ultimo seduto all'altro capo, che come al solito non dava retta a nessuno.
A volte si chiedeva cosa gli passasse per la testa e perchè li aveva seguiti. Continuava a supporre che, nonostante la facciata da apparente bastardo, si era in fondo affezionato a quella combriccola di scemi. Forse, soprattutto a causa dei N.XI, dato che sembrava il più entusiasta durante i concerti e le apparizioni nei programmi televisivi.
Probabilmente, quel loro “mestiere” avrebbe facilitato la realizzazione del suo sogno.

Portò il bicchiere colmo d'acqua alle labbra e bevve, pensieroso.
Qualcosa su cui non aveva mai riflettuto accese la sua curiosità: per quale motivo, un ragazzo così talentuoso e determinato come Cloud, non stava studiando per diventare un maestro?
Aveva saputo che da piccolo si era iscritto al conservatorio ma, stranamente, non gli sembrava che attualmente lo stesse frequentando.

Poggiò il bicchiere sul tavolo e storse la bocca, incredulo. C'era qualcosa di strano nella sua situazione ed era possibile che Nozomi ne fosse al corrente, perciò decise che le avrebbe fatto qualche domanda.

- Mh... Luca... - la ragazzina si rivolse a lui, sottovoce – Quel ragazzo laggiù... uhm... non ricordo il suo nome... ad ogni modo continua a guardarti...è già da un po'. -
Il fulmine portò la sua attenzione su Biancaneve e poi si voltò verso il tavolo dei Simon, mancando di qualche istante lo sguardo assorto di Fudou, che era tornato a concentrarsi sul suo piatto.
- Ah, lui. - il biondo sospirò, volgendo lo sguardo all'albina. - Sì, lo so. -
La ragazzina sorrise dolcemente, poggiando il cucchiaio nel piatto.
- E' interessato a te. Beh, dopotutto, come si potrebbe non esserlo? -

L'espressione perplessa di Luca poteva esprimere a pieno il suo attuale stato d'animo.
In quei due giorni passati a conoscersi aveva capito che quella ragazzina, nonostante la leggera timidezza iniziale e i modi educati e femminili simili a quelli di Haname, era abbastanza schietta ed disinvolta.
Ma quell'affermazione era davvero imbarazzante e Luca non sapeva se prenderla come una dichiarazione o un complimento.
- Ad ogni modo, siete stati davvero molto gentili ad avermi accompagnata fin qui. - portò le mani al petto con fare elegante – So che qui vicino c'è un aeroporto... Potrei prendere un aereo per andare in Alaska. -
- Uh, a Steen River, dici? -
- Sì, senza arrivare allo Yukon. Sarebbe la cosa migliore. - ammiccò.
- L'aeroporto si trova a circa ottanta chilometri da qui, quindi... sono tipo un'ora e mezzo di macchina. - il fulmine poggiò il gomito destro sul tavolo e il mento sul palmo della mano.
- Cos'è quello? -
- Mh? -
Quando Luca riportò l'attenzione su Bianca, notò che lo stava fissando con curiosità.
- Quello? - si guardò attorno, spaesato.
- Il braccialetto. - spiegò lei, ridacchiando dolcemente.
- Ah! Il Vongola W.S.! - disse, osservandolo – Uhm... è solo un braccialetto elettronico, nulla di che... -
- … Vongola W.S....? - il suo viso divenne pensieroso e distolse l'attenzione dal giovane, portandola sugli altri gruppetti.

- Ah, giusto! - l'albina si rivolse nuovamente al fulmine – A quanto ho capito... i capi sono Caesar-kun e Nozomi-chan, giusto? -
- Uh... sì, diciamo che sono loro che comandano. - ridacchiò.
- Allora dovrò dirlo a loro. -
- Eh? -


- Benvenuti. - un uomo imbiancato dall'età scortò i ragazzi verso il salotto della sua villetta a due piani. - Non ricevo molte visite e sono felice di ospitarvi, anche se la casa non è molto grande... -
Arina si inchinò verso l'uomo e lo ringraziò, rassicurandolo nuovamente.
Biancaneve, intanto, aveva invitato tutti ad accomodarsi nel salotto, accanto al camino che emanava un calore rassicurante, prima di tornare a rivolgersi verso il simpatico nonnino.
- Grazie zio Rich! - l'albina abbracciò l'uomo con affetto e lui ricambiò con un largo sorriso da nonno comprensivo.

- E' tuo zio? - chiese Haname, quando la ragazza raggiunse il gruppo, sedendosi accanto al fuoco.
- No, ma io lo considero tale. - si passò una mano tra i capelli albini – Zio Richard è un amico di famiglia, mi ero dimenticata che abitasse qui. - spiegò – Mia madre conosceva suo figlio Paul, che adesso si è trasferito in Germania con sua moglie. -
- Non ti ringrazieremo mai abbastanza per averci trovato un posto dove stare! - Nozomi le sorrise, annuendo soddisfatta.
- E, soprattutto, al caldo! - aggiunse Kaito, che si stava trastullando accanto al camino.

Lo sguardo di Luca volteggiava nella saletta, osservando i quadri paesaggistici e alcune lame appese al muro su uno sfondo in legno.

- Oh, mi sembra giusto dirvi una cosa. - continuò Biancaneve, sorridendo ai presenti. - Ho saputo che fate parte della famiglia Vongola. - disse.

Luca si sentì improvvisamente colpevole di chissà quale reato.

Negli istanti che seguirono nessuno sembrò voler parlare.
Almeno finchè una voce femminile non interruppe l'atmosfera tesa.
- Sì, c'è qualche problema? - chiese Nozomi, sorridente.
Il ragazzo non aveva pensato alle conseguenze della sua azione ma anche Nozomi sembrava abbastanza tranquilla. Notò che Caesar le aveva rivolto uno sguardo fugace pieno di perplessità, ma nulla di più.

Forse si fidava di lei o del suo intuito.
- Per nulla. - Bianca scosse il capo – Questi territori sono neutrali, non abbiamo nulla contro i Vongola perciò siete liberi di passare. -
- Neutrali? - ripeté Arina, preoccupata.
- Di che famiglia sei? - si affrettò a chiedere Caesar, sospettoso. - Questi territori... sono sotto il controllo di una sola famiglia. -
Sembrava che il Simon stesse quasi accusando la ragazzina che non prese in considerazione il tono provocatorio del giovane.
- Non abbiamo nulla contro di voi né contro nessun'altra famiglia, Caesar-kun. - spiegò lei – Siamo sempre stati neutrali, basta che non creiate scompiglio nei nostri territori. -

Nozomi si era voltata verso Caesar, perplessa.
- Tu lo sai? -
Il giovane sospirò.
- Neveria. -
- Eh? Quei Neveria? - Masato si sistemò gli occhiali, strabuzzando gli occhi.
- Non li ho mai sentiti... - si azzardò ad affermare la giovane Vongola.
- Perchè sei ignorante e scema. - rispose Caesar, abbozzando un sorriso.
- Ehi! - la bruna mise il broncio.
- I Neveria... sono anche conosciuti come “la famiglia dei ghiacci” per via dei loro territori. - spiegò Arina, intervenendo per colmare la mancanza di informazioni della sua allieva – Alaska, dove si pensa si trovi la loro base operativa, Canada, Groenlandia, Islanda, Norvegia e alcuni territori della Svezia, alcuni della Siberia e i continenti ghiacciati... il polo nord, in pratica. Tutte le terre artiche sono sotto il loro controllo. -

- Quindi tu saresti tipo il boss? - chiese Kaito, curioso.
- Ne dubito – gli rispose Arina - Io so che il boss è una donna adulta di nome Aurora. - disse, osservando lo sguardo entusiasta di Kaito che scemava.
- Sì, esatto. - Biancaneve osservò il sole, divertita – E' mia madre. -
- Cosa?! - stavolta fu Luca stesso a parlare, raddrizzandosi sul divano. - Quindi diventerai boss! - il suo sguardo divenne confuso e incredulo.
- No, assolutamente. - gli rispose la ragazzina, con un'espressione preoccupata – Non ne ho alcuna intenzione. Sarà mio fratello a prendere il posto di mia madre, quando a Novembre compirà vent'anni. -

E' vero...” pensò lui. Bianca aveva solo diciassette anni.
Ma, dopotutto, avevano da poco incontrato una biondina arrogante ed egocentrica, la quale era già boss a soli dodici anni. Non si sarebbe dovuto stupire più di nulla, ormai.

- Lasciamo stare questo discorso. - la brunetta sbadigliò, stropicciandosi gli occhi. - E' tardi ed è meglio che ci riposiamo un po'. Domani io, Luca e Caesar accompagneremo Biancaneve all'aeroporto. -
- Verrò anche io, Undicesima. - si affrettò a dire Arina.
- Okei~ -


Al piano superiore della villa c'erano quattro stanze: la stanza di Richard, quella che apparteneva al figlio Paul, la camera in cui dormivano i genitori di Richard e una per gli ospiti.
Erano riusciti a sistemarsi alla buona nelle tre camere a disposizione, dividendosi in gruppi da cinque e sei.
Le camere erano vicine e Luca riuscì a sentire benissimo i mormorii provenienti dalla camera occupata dalle cinque ragazze mentre la loro era già sotto sopra a causa dell'euforia generale.
La camera occupata dai gemelli, Cloud, Masato, Fudou e Shinji era, tuttavia, molto silenziosa.
Avrebbe voluto trovarsi lì, quella tranquillità era davvero invitante. La stanchezza si era impossessata di lui e non gli andava di fare confusione con gli altri, per cui si ritrovò a stringere il cuscino con pigrizia, mentre Caesar e Blizzard tentavano di strappare le mutande a Jun per non si sa quale motivo e Kaito aveva sputato tutto il succo per terra, poiché non riusciva a trattenere le risate ed era arrivato persino a lacrimare.


Il biondino stava trasportando, a malincuore, la borsa di Biancaneve, che di lì a poco sarebbe partita per tornare in Alaska.
Non poteva nascondere la delusione, Bianca era stata praticamente la prima ragazza a parlargli in modo così dolce e gli aveva anche fatto un complimento... o qualcosa di simile.
No, non aveva ancora capito se era un complimento o una dichiarazione.

- Ho sete... - disse lei, mordendosi le labbra e probabilmente conscia di non avere bottigliette con sé.
- Vado a prenderti un succo al distributore, ti va? - le chiese gentilmente Caesar, ammiccando.
L'albina gli rispose con un sorriso e annuì, lasciando che il Simon e il suo braccio destro si allontanino per dirigersi verso il distributore di bevande.

- Tsk, che playboy del cazzo. - Nozomi incrociò le braccia, osservando nella direzione in cui il ragazzo era sparito.
- Undicesima. - Arina sembrava stufa di dover continuamente chiedere alla sua allieva di moderare il linguaggio.
Beh, non era certo un esempio di educazione ma, alla fine, stavano solo parlando tra amici. Stava iniziando a pensare che sua sorella sarebbe dovuta essere meno rigorosa.
- Ti piace? - la domanda di Biancaneve arrivò del tutto inaspettata e la Vongola sembrava più un pomodoro che un mollusco.
- Ma che scherzi?! Come potrebbe piacermi quel disgraziato? - si voltò, offesa. - E' solo un montato che non fa altro che rompermi le palle... e mi dà fastidio che faccia così il gentile con le ragazze. -
- Perchè no? Dopotutto i ragazzi fanno così. Si sentono sempre in dovere di essere gentili con le ragazze. - l'albina sembrava curiosa e la stava scrutando attentamente ma la bruna la osservò con perplessità.
Luca, intanto, stava iniziando a capirla un po' di più ma preferì restare in silenzio ad osservare l'androne poco affollato.
- Beh, fortuna che non hai avuto modo di parlare con Cloud, allora. - la Vongola scrollò le spalle.

Quando il biondo era ritornato a fissare i suoi compagni, qualche istante dopo, notò che Nozomi stava osservando verso le scale mobili con un'espressione scioccata.
Anche lui si voltò all'indietro e, la prima cosa che gli saltò all'occhio, fu un ragazzo, fermo, davanti alla salita.
Indossava una giacchetta fin troppo leggera e aveva lunghi capelli verdi.
Istintivamente lasciò cadere la borsa di Biancaneve, avanzando di un paio di passi e ponendosi davanti alla brunetta, tremando.
- Non è possibile... è lui... - Nozomi scosse il capo, quasi sconvolta.
- Chi... chi è? - l'albina si avvicinò alle ragazze, spaventata.

Il misterioso giovane avanzò, ignorando Luca e osservando la bruna con curiosità.
- Sì, era così. - disse, sorridendo. La sua voce sembrava inespressiva e di una tonalità non troppo bassa. - Sapevo che il XI-S mi avrebbe condotto qui. E' perfetto. -
- ...Cosa? - Nozomi sembrava sempre più confusa.
- Non ti avvicinare! - gli urlò Luca, estraendo le sue catene dallo zaino. - Che diavolo vuoi? -

Il ragazzo sembrò perplesso, portò l'attenzione sul fulmine.
- I numeri XI-V e XI-S. - disse. - Inizierò a prendere il primo. -
Luca era ancora più confuso di prima ma decise di attaccarlo rapidamente, cercando di tenerlo lontano da Nozomi.
Non sapeva se sperare o meno che arrivasse Caesar, dato che anche lui era un obbiettivo di quello strambo giovane.
Cercò di roteare la sua catena ma sentì un forte dolore alla spalla che lo costrinse ad inginocchiarsi.

- Luca! -

La voce di sua sorella e quella della Vongola si fusero assieme e si dissolsero in un vortice.

Merda! La ferita di quella volta...

Aveva chiuso gli occhi per due istanti e, quando li aveva riaperti, era tutto avvolto in una coltre di nebbia biancastra.
Si alzò a fatica, osservandosi intorno e tenendosi la spalla.
- Juuichidaime! Arina! Bianca-chan! - urlò, voltandosi alla ricerca delle ragazze.
No, non poteva farsi confondere così dalla nebbia. A cosa erano servite tutte le notti passate a giocare con Shinji, per imparare a guardare attraverso le illusioni?

Cercò di calmarsi, chiuse nuovamente gli occhi e inspirò.
Nulla era reale, era tutto frutto del potere di quel ragazzo.
I suoi occhi avevano visto di peggio: cadaveri, mostri deformi, tenebre, sangue, posti desolati e devastati dall'oscurità.
Roba da qualsiasi gioco horror, insomma.

- Cos'è che cerchi da me? Perchè sei venuto nei miei sogni? -
La voce della Vongola risultò talmente chiara che costrinse il fulmine ad aprire rapidamente gli occhi, ritrovandosi ad osservare Nozomi, già in hyper mode e con la fiamma arancione che bruciava sulla fronte.
Il giovane dai capelli verdi non rispose, stava spingendo in avanti e trattenendo la staffa della ragazza che tremava leggermente, probabilmente poiché non riusciva a contrastare la forza di Clover.

- Vedi attraverso la mia nebbia... sei forte. - si limitò a dire, senza perdere l'espressione fredda e apatica.

La nebbia biancastra iniziò ad infittirsi, Luca vedeva sempre più sfocato e tentò di afferrare il braccio di Nozomi.
- Juuichidaime! - urlò, mancandola per un soffio.
- Maledizione, Luca! - Arina gli arrivò alle spalle, teneva Biancaneve stretta a sé per evitare di perderla in mezzo alle illusioni. - Undicesima è sparita! -
- Quello là sta aumentando la nebbia, non riesco a vedere nulla! -

Il fulmine iniziò a perdere la pazienza, agitando un braccio e cercando di recuperare il senso dell'orientamento.
- Juuichidaime! Juuichidaime!! - urlò, cercandola disperatamente.
Che razza di guardiano era se abbandonava così il suo boss? Avrebbe dovuto afferrarla prima che sparisse e, in quel momento, iniziò a sentirsi inutile.
La spalla gli doleva così tanto che i suoi movimenti erano goffi e pesanti.
Arina, che si teneva stretta alla catena di Luca, sembrava la più calma. Si stava guardando intorno con concentrazione, quasi come se cercasse di cogliere anche il minimo sussurro.

Non passarono che un paio di secondi quando una luce rossiccia non squarciò la nebbia dall'interno, creando un lungo corridoio che portava a Clover, immobile di fronte alla grande vetrata.
All'altro capo, Caesar era circondato da una strana aura runica e la fiamma della terra sembrava più accesa del solito.

Nozomi si trovava esattamente al centro, si era voltata all'indietro proprio quando il ragazzo l'aveva raggiunta.
- Stai bene? - le chiese, preoccupato.
- Sì, sto bene. - rispose lei, stringendo la sua asta. - Non preoccuparti per me, anche tu sei un bersaglio! -
Il giovane dai capelli verdi osservò i due per qualche istante, chinando il capo verso destra.
- Entrambi sono qui... non posso prenderli assieme. -

Svanì, quasi all'improvviso e in un batter d'occhio.

La nebbia si era dissolta e il gruppetto si era riunito rapidamente, ancora provato e abbastanza spaventato. Luca, Arina e Biancaneve avevano raggiunto Caesar, Blizzard e Nozomi al centro della sala.
- Cos'ha ti ha fatto? Sicura di star bene? - chiese il Simon alla ragazzina.
- Lui... ha parlato di numeri... qualcosa come XI-S e XI-V... -
- Sì, lo so, non mi interessa. - il giovane scosse il capo – Non voglio sapere che ha detto, voglio sapere cosa ti ha fatto! -
- Non mi ha fatto nulla, stai tranquillo! - la ragazzina sembrò innervosirsi – Non sono una bambina, maledizione! Si può sapere cos'hai contro di me?! -
- Smettila di fare la cogliona, se ti accadesse qualcosa sarebbe colpa mia. -
- Per quale motivo? Non sei mica la mia guardia del corpo! -
- No, è stata colpa della mia sicurezza. Non pensavo che ci avrebbe seguito fin qui e non sono ancora riuscito a chiamare mio padre. -
Nozomi sembrò preoccuparsi.
- … Non hai ancora chiamato Enma-san? -
- Ci sto provando da quando siamo scesi alla stazione del lago. - rivelò il ragazzo. - Non riesco a rintracciarlo e sto pregando che gli arrivi almeno l'avviso della mia chiamata. Forse così possono rintracciarci comunque. -
- Ma scusa... non basta che hai il cellulare acceso? Dovrebbero trovarci facilmente! Io non posso usare il mio, purtroppo si è rotto a causa dell'acqua... -
- Mio padre non sa che sono con te, gli avevo detto che tornavo in Giappone. - spiegò lui – Anche se, a questo punto, spero che l'abbia intuito. -
Seguirono alcuni istanti di silenzio.

I due undicesimi sembravano davvero preoccupati e si stavano osservando con serietà.
Una voce meccanica rimbombò dagli altoparlanti e riportò il gruppo alla realtà.
Nozomi si voltò e raggiunse Luca e Biancaneve.
- Il tuo aereo... - disse, osservando lo sguardo preoccupato e disorientato dell'albina.
- Lo so, ma... scusatemi, ho un po' di paura... -
- Cosa possiamo fare...? Non possiamo accompagnarti in Alaska! - Luca sembrò quasi spiazzato da quella reazione.
- Non so... dopo aver visto quel tipo... quella era una fiamma della nebbia, vero? - Bianca parve sconvolta e il fulmine si avvicinò lentamente a lei, tenendosi la spalla dolorante.
- Ehi, dovresti farti controllare, ecco. - la voce di Blizzard attirò l'attenzione di Luca, che si morse le labbra.

Sì, doveva assolutamente farsi vedere quella ferita che, a quanto pare, era più grave del previsto, ma lui non ci aveva voluto dare peso per non far preoccupare gli altri.
- Ad ogni modo... torniamo a casa. - disse Nozomi, osservando sottecchi Caesar che annuì.

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Capitolo 17
*** Target 17 – Canada IV ***


Target 17 – Canada IV

cover


Il fratello di Arashi si era avvicinato ad Arina nel momento in cui avevano varcato la soglia della villetta in cui alloggiavano.
Ignorando la sorella e l'ingegnere, Luca si sistemò sul divano, togliendosi la maglietta in modo goffo e osservando la spalla dolorante.
Una cicatrice lunga quanto un dito era ben visibile sulla sua pelle e Biancaneve si avvicinò rapidamente a lui, osservando quel taglio con apprensione.
Dalla saletta adiacente all'ingresso fecero capolino Arashi e Kaito, che si unirono al gruppetto appena rientrato.

- Biancaneve... non è partita? - la rossa osservò l'albina con perplessità.
- No... sono successe alcune cose. - si affrettò a dire Luca, lasciando trasparire un sorriso per tranquillizzare la ragazza.
- Quella ferita è quella che ti sei fatto a Mirjad? - chiese Kaito, grattandosi il capo – Uhm, devo vedere se c'è un modo per farla guarire... -

Nozomi si era seduta accanto a Biancaneve con uno sguardo demoralizzato, Caesar e Bliz si erano avvicinati al divano e sembravano studiare la situazione con calma, mentre Arashi aveva affiancato la sua amica.
- Nozo, cos'è successo? -
La ragazzina non rispose, si limitò a storcere la bocca. Nemmeno il Simon disse nulla, osservò dapprima il dolorante fulmine e poi la piccola Vongola.

- Ad ogni modo è un colpo di fortuna. - disse il sole, annuendo.
- Per quale motivo? - anche Arina si era avvicinata al gruppo, dopo essere sfuggita alle domande preoccupate del rosso.
- Per Bianca-chan... -
Kaito non riuscì a completare la frase poiché dall'altra sala sbucò una figura a tutti sconosciuta.

Un ragazzo dai capelli albini si affacciò all'ingresso e chiamò la ragazza con preoccupazione.
Biancaneve si alzò rapidamente appena udì la sua voce, non molto profonda ma dolce.
- Fratello! - urlò, correndogli tra le braccia.
- Per fortuna stai bene! - disse lui, stringendola.
Era molto alto rispetto alla sorella, i suoi occhi blu erano talmente accesi che sembravano luccicare nella saletta scura e illuminata solo dalla luce del sole, che faceva ogni tanto capolino tra le nuvole.

- Vieni! - Bianca prese per mano l'albino e si avvicinò al gruppetto incuriosito. - Lui è mio fratello maggiore, Cristal. - disse, spostando lo sguardo su tutti i presenti.
Si staccò dal fratello e si avvicinò a Caesar.
- Lui è Caesar-kun, è il futuro boss della famiglia Simon, e lei... - indicò Nozomi, che era ancora seduta vicino a Luca e ad Arashi e stava osservando la situazione con curiosità. - Nozomi-chan, è lei che si è offerta di accompagnarmi. E' il futuro boss della famiglia Vongola. -
Il ragazzo non si scompose alle sue affermazioni, si limitò a chinare leggermente il capo con un sorriso di cortesia.
- Ehm... ipotetico futuro boss... non sono stata ancora riconosciuta come erede da mio padre. - specificò la brunetta, mordendosi un labbro.
- Oh beh... qualcosa di simile, insomma! - l'albina si limitò a sorriderle.
- Sappiamo che questo è il vostro territorio, ci dispiace per essere passati di qui senza avvisare. - si affrettò a dire Caesar. Sembrava stranamente molto gentile ed educato, contrariamente a com'era di solito.

- Non importa, intuivo già che vi avremmo trovati da queste parti. - disse lui, avvicinandosi ai ragazzi. - Mia madre ha ricevuto una richiesta urgente da Vongola Decimo per ottenere il permesso di passare sui nostri territori alla ricerca della figlia di Decimo, ritenuta scomparsa. - spiegò. - Abbiamo acconsentito, a patto che non creino problemi. -
- ...capisco. - si limitò a dire la brunetta, scostando lo sguardo verso il pavimento.
L'albino sembrò notare il disagio della ragazzina poichè iniziò ad osservarla.
- Perchè mai sei scappata di casa... mh... Nozomi, giusto? - chiese, ottenendo un cenno del capo da parte della ragazzina – A quanto ho capito, tuo padre è davvero preoccupato. -
- … Sono successe troppe cose... mi dispiace. - rispose, con un sussurro.
- Nozo...? - anche la tempesta rimase sconcertata da quello strano comportamento del suo boss.
- E, in tutto questo, non sono ancora riuscito a contattare mio padre. - il Simon incrociò le braccia – Possibile che in questa zona manchi il segnale? -

- Fratellone... - Biancaneve si aggrappò al braccio del fratello, aveva uno sguardo triste e lievemente preoccupato.
- Zio Rich mi aveva detto che eri andata a prendere l'aereo. - disse Cristal, osservando la sorella - Stavo per ripartire. - aggiunse.
- Sì, stavo andando via ma... sono successe delle cose laggiù ed ero troppo spaventata per partire da sola con il prossimo aereo... -
Il ragazzo si accigliò.
- Cosa è successo? - alzò lo sguardo e osservò i ragazzi presenti nell'ingresso con un'espressione accusatoria.
- Qualcuno voleva farci del male e io... ho avuto davvero paura, fratellone... - tornò a stringersi al ragazzo che accarezzò con cura i suoi capelli.
- Tranquilla, adesso ci sono io. Domani torneremo a casa, basta che non ti venga in mente di andare via da sola un'altra volta. Eravamo tutti spaventati. - spiegò, con tono deciso.
La ragazzina annuì.

- Ci dispiace nuovamente, non immaginavamo che ci seguisse fin qui. - disse Caesar, portando una mano sul fianco – Quello lì è fin troppo pericoloso, devo riuscire a contattare mio padre al più presto. -
- Di chi state parlando? Chi è costui? - chiese il ragazzo, perplesso.
- Non sappiamo esattamente cosa sia ma so che ce l'ha con noi. - stavolta fu Nozomi a parlare – L'ho solo sognato diverse volte... Se si tratta dello stesso ragazzo dei miei sogni, ovviamente... solo un po' più alto e robusto, forse... -
Cristal non sembrava voler credere alle sue parole e la osservò sconcertato.
- Il suo nome sembra essere Clover. - disse Arina, intervenendo nella discussione. - Sappiamo solo che possiede la fiamma della nebbia e ha a che fare con un certo dottor Oliver Stanford. - spiegò.
- Stanford, dici? Farò qualche ricerca. - disse il giovane, accarezzando il capo della sorellina.
- Ci aiuterai? - Arina restò interdetta – Voi Neveria dovreste rimanere neutrali... -
- Non fatevi strane idee. - affermò l'albino – Non voglio problemi sul nostro territorio, preferisco rintracciare questi elementi problematici e controllare che non creino scompiglio sulle nostre terre. -

Quella sera, i ragazzi si trovavano riuniti attorno al grande tavolo del salotto, vicino al quale era stato trascinato anche quello proveniente dalla cucina.
Tra un piatto di minestrone e qualche verdura, Nozomi e Arina avevano raccontato ai due Neveria del viaggio e di ciò che era accaduto loro fino a quel momento.
Il giovane e futuro ottavo boss dei Neveria era rimasto in silenzio ad ascoltare ciò che avevano da dire, annuendo ogni tanto immerso in ipotetiche riflessioni.

- Quindi, a quanto ho capito, non abbiamo idea del perchè ma sembra che sia interessato a loro due. - disse, riassumendo la situazione. - E' possibile che verso di voi abbia un rancore di qualche genere? -
- Non ne ho idea, io l'ho solo sognato... - spiegò Nozomi, sentendosi stranamente a disagio.
- Questa situazione è abbastanza preoccupante. - l'albino bevve un po' d'acqua, pensieroso. - Questo Stanford è un vecchio scienziato della famiglia Elektrica, giusto? -
- A quanto pare sì, ma non sappiamo nient'altro. - Masato si aggiustò gli occhiali, con nervosismo. - I dati su di lui sono stati cancellati. -
- Forse posso risalire a qualcosa dai nostri database, lasciate che ci pensi io. - la sicurezza di Cristal stupì i presenti, nessuno si aspettava che avrebbe voluto aiutarli.
Ma, dopotutto, dovevano aspettarselo: chi lascerebbe 'qualcosa' come Clover aggirarsi furtivo nel proprio giardino di casa?

L'albino poggiò il bicchiere rumorosamente.
- Caesar, hai detto che non riesci a contattare tuo padre, giusto? - gli lanciò un'occhiata e il giovane annuì, sospettoso – Domani torneremo a casa, prima di effettuare qualsiasi ricerca provvederò a contattare via satellite il boss dei Simon per spiegargli la situazione. - spiegò.
Caesar restò impassibile ma Nozomi sembrò confusa.
- Ciò che mi interessa, oltre a sdebitarmi per il favore, è che nessuno si faccia male in casa mia. - spiegò, quasi come se stesse rispondendo alle domande non espresse della brunetta – Perciò vorrei che andaste via al più presto e che quella creatura venga presa, assieme al dottore. -
- Non sappiamo ancora se sono o meno collegati. - affermò Masato, accigliandosi.
- Probabilmente sì, se il suo nome è stato ritrovato accanto a quello di Stanford. - rispose Cristal, con sicurezza.
- In realtà, assieme al nome del dottore ho trovato solo un fascicolo intitolato 'Esperimento Clover'. Non so se sia o meno la stessa cosa. - continuò il rosso.
Cristal sospirò, osservando l'ingegnere.

- Esperimento... fiamma della nebbia... - Arina poggiò il cucchiaio nel piatto di ceramica. - Sembra avercela con i Vongola... e anche con i Simon. - continuò. - Mi ricorda tanto un illusionista di anni fa. -
- Un illusionista di tempo fa? - Luca si voltò verso la sorella, perplesso.
- In effetti... la situazione assomiglia a quella di Rokudo Mukuro. - disse Blizzard, sbadigliando.
- Mukuro, eh? E' il guardiano della nebbia di Tsuna-san. - rivelò Caesar, storcendo le labbra.
- Eh? Ma cosa dici? E' Chrome nee-san la guardiana della nebbia di papa! - obiettò Nozomi.
- Uh... non so, sono entrambi conosciuti come guardiani, ma... in realtà non ci ho capito molto nemmeno io. - il Simon scrollò le spalle.
- State realmente pensando che quel Mukuro c'entri qualcosa con questa storia? - chiese Arashi, perplessa.
- In realtà no, ho solo notato le coincidenze. - spiegò Arina, affrettandosi a chiarire il malinteso.
- Però qualcosa non mi torna. - Masato si passò due dita sul mento. - A quanto ricordo, gli esperimenti che avevano a che fare con Mukuro erano stati portati avanti dalla famiglia Estraneo, giusto? -
- Mi sembra di sì. - rispose Arina, accigliandosi. - Tu conosci quella famiglia? -
- Purtroppo sì, ma solo per sentito dire. - disse lui, sospirando. - Aveva a che fare con noi Elektrica. -
- Quindi pensi che sia tutto collegato? - Caesar osservò gli occhi nocciola del giovane Fukada.
- Non con Mukuro, sicuramente... ma con gli Estraneo sì. - concluse. -E' possibile che Stanford sia uno dei superstiti di quella famiglia o stia lavorando per qualcuno di loro... -
- Se fosse così sarebbe un problema. - stavolta fu Cristal ad intervenire – Gli Estraneo sono colpevoli di aver effettuato mostruosi esperimenti su esseri umani. -

Il silenzio calò nella sala e l'aria divenne tesa.
L'affermazione del Neveria sembrava averli spaventati ma, dopotutto, la situazione era già di per sé abbastanza drastica.
Se quegli Estraneo erano ancora in circolazione, quante altre persone avevano sofferto a causa loro?


La bruna aveva deciso di essere lei a occuparsi dei letti, perciò lasciò in cucina gli altri, che stavano sparecchiando, e si affrettò a riordinare le camere una ad una, preparandole per la notte.
Posizionò alcuni piumoni per terra e aprì altrettanti divani-letto, sistemando lenzuola e cuscini.
Cristal avrebbe dormito in soggiorno perciò preparò cuscino e coperta anche per lui, attendendo che gli altri sistemassero la sala e poggiando le lenzuola pulite su un mobile nel corridoio.
Incrociò lo sguardo del giovane Simon, che si trovava fermo nel corridoio.
Sentì il suo cuore battere rapidamente e scostò lo sguardo, imbarazzata.

- Cos'hai intenzione di fare, Nozo? - chiese, all'improvviso.
- Riguardo cosa? - domandò lei, piegando le lenzuola.
- Clover. -
- Nulla. Non voglio fare nulla. - disse – Mi spaventa, non sono in grado di contrastare la sua fiamma e non voglio che faccia del male ai miei amici. - spiegò.
- Domani Cristal tornerà a casa e chiamerà mio padre per me... - Caesar si appoggiò al muro, portando le mani dietro la testa.
- Bene, non vedo l'ora di tornare a casa. - sbatté il cuscino e lo poggiò sopra le lenzuola, fermandosi a fissare la parete color avorio davanti a lei. - Ho paura, Caesar. -
- … Sì, posso capirti. -
- E' colpa mia se siamo qui... doveva essere un semplice viaggio alla scoperta di noi stessi e delle nostre capacità, ma si è trasformato in una fuga per la sopravvivenza. - spiegò lei, sospirando – Non voglio che gli altri rischino la vita. Fin quando era solo un viaggio all'insaputa di mio padre era ok... Quanti ragazzi non lo fanno? Se ne vanno in giro per qualche giorno e poi tornano, sorbendosi le urla dei genitori preoccupati... doveva essere così, una fuga di un paio di mesi. Alla fine sapevamo dove andare, avevamo i soldi e ci bastava parlare quel quelle persone e chiedere aiuto... l'aiuto che mio padre non ci aveva dato... Ma adesso no, non così. Non ho alcuna intenzione di morire e non voglio veder morire gli altri, non per colpa di una mia idea! -
Si voltò verso il ragazzo, il suo sguardo era languido e continuava a scuotere la testa come se stesse negando quella situazione così assurda.
- Se... quello lì minaccia gli altri, io... non esisterei un secondo a dare la mia vita per loro. - rivelò. Una lacrima le rigò il suo viso – Ma se io dovessi morire... papa... mama... nonna... loro, per me... no. ... cosa potrei fare, allora? -
- Sì, Nozo. Ho capito cosa vuoi dire. - il giovane annuì, portando la mano destra sulla chioma castana della ragazzina e scompigliandola affettuosamente. - Sei una scema, ma capisci quando è troppo. Sono fiero di te, sorellina. -
Nozomi sospirò, tornando a concentrarsi sul suo lavoro.

Si sentiva decisamente meglio con Caesar accanto a lei. Non riusciva ad accollarsi da sola tutte quelle preoccupazioni e la presenza dei Simon l'aiutava a togliersi un enorme peso dalle spalle.


Alle otto del mattino, la maggior parte del gruppo si trovava ancora rannicchiato sotto le coperte, l'aria era ovviamente gelida.
Luca, Nozomi e Caesar avevano raggiunto il retro dell'abitazione dove si trovava una piccola officina, pronti per salutare i due fratelli che sarebbero presto tornati a casa.
Nozomi restò perplessa quando si ritrovò davanti un enorme stallone color neve che iniziò a scuotersi quando il suo padrone si era avvicinato e gli aveva iniziato ad accarezzare la criniera.
- E' stupendo! - osservò Luca, girando attorno al cavallo.
- Stupenda. - precisò Cristal, sorridendo. - Bufera è una splendida signora. -

Il giovane salì in groppa al bianco destriero subito dopo aver aiutato la sorella a posizionarsi sulla sella.
Bufera nitrì, scuotendo il capo e smuovendo la sua splendida chioma albina, coordinata perfettamente con i due fratelli.
La bruna lanciò un fugace sguardo ai due, pronti per la partenza.

Sembra quasi un principe sul suo cavallo bianco.” si ritrovò a pensare, arrossendo lievemente.
Non ci diede peso, dopotutto Cristal era un ragazzo davvero bello, qualsiasi donna sarebbe arrossita osservandolo sul suo destriero.

L'albino alzò lo sguardo e lo posò su Nozomi, sorridendo. Era un sorriso caldo e pieno di dolcezza, quasi come quello di Primo-sama.
- Un giorno, se vuoi, ti farò fare un giro. - affermò.
Nozomi non riuscì a formulare una frase sensata perciò si limitò ad annuire senza proferir parola.
- Basta che le vai dietro anche tu, altrimenti cade. - disse Caesar, ridacchiando.
La bruna voleva quasi ammazzarlo.
- Che diavolo stai dicendo, maledetto! - riuscì a terminare la frase perchè in preda ad un'ira inarrestabile, ma si voltò rapidamente verso i giovani Neveria con sguardo mortificato, come se si fosse subito accorta di aver fatto qualcosa di orribile.
L'uomo dagli occhi di cristallo rise dolcemente.
- Su, non essere così crudele con lei. Sono sicuro che saprà cavalcare benissimo ... al massimo potrei darle io qualche lezione. -
La Vongola si sentì meglio, fortunatamente non si era offeso né aveva notato quanto la ragazzina fosse rozza e maleducata. Si promise mentalmente di cambiare al più presto per evitare certe figuracce.
- Non c'è bisogno di tutto questo, Cristal-san... -
- Devo sdebitarmi per mia sorella, perciò non ci sono problemi. -
- Ma... io sono una Vongola... -
- Non importa, bisogna sempre rendere un favore ricevuto. -
Il suo sorriso era davvero entusiasmante e coinvolse anche i due giovani boss.
- D'accordo allora. - rispose lei.

Biancaneve e Cristal salutarono i tre con un cenno e Bufera partì al galoppo, lasciando la tenuta di Richard e attraversando i campi innevati senza indugio finchè non svanirono all'orizzonte.
Luca tirò su con il naso, era ovviamente triste poiché si era davvero affezionato alla dolce ragazzina.
- Su, Luca. - disse il Simon, dandogli una pacca sulla schiena – Un giorno, forse, la rivedrai. -
La bruna si voltò verso Caesar, che sembrava tranquillo. Quando il giovane notò che lei lo stava osservando, ridacchiò.
- Che c'è, scema? Volevi davvero andare con lui? -
- Ma piantala, coglione. - rispose lei, alzando gli occhi al cielo.
Per quale assurdo motivo si divertiva a prendere in giro solo lei?
La sera prima si era dimostrato gentile e comprensivo e adesso aveva nuovamente ripreso ad essere snervante e antipatico.
Forse si trattava di una dimostrazione di affetto, ma per lei era inaccettabile.
Aveva quasi iniziato a pensare di provare qualcosa per lui e pian piano si era resa conto che, in realtà, non si trattava di quello.
Probabilmente era ben altro.

Doveva assolutamente fare chiarezza tra i suoi sentimenti, dopotutto non sapeva ancora cosa fosse l'amore.
A parte ciò che provava per Primo-sama, s'intende. Ma per lui era diverso.
Lei bramava quell'uomo come se fosse una qualche specie di droga, senza il quale non poteva sopravvivere.
Dipendeva da lui e per quell'uomo avrebbe fatto di tutto.
Sapeva che in realtà era tremendamente sbagliato e forse avrebbe dovuto dimenticarsi di lui.
Sì, doveva dimenticarsi di lui.
Ma non ci riusciva in alcun modo, lo voleva a tutti i costi.

Una catena di ferro continuava a stringere il suo corpo, legato, impedendole di andare avanti.
Non poteva restare per sempre incatenata ai sogni del passato e pregò vivamente che, un giorno, qualcuno avrebbe rotto uno ad uno gli anelli di quella catena arrugginita.

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Capitolo 18
*** Target 18 – Canada V ***


Target 18 – Canada V

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La quiete di Swizzles era davvero ammirabile, nulla in confronto al caos cittadino.
I pochi abitanti lavoravano senza perdere mai il sorriso, in solitudine e in armonia con il paesaggio che li circondava.

I due undicesimi erano finalmente rincasati dopo all'incirca un paio di ore passate a far compere in alcuni negozi adiacenti alla villa, approfittando dell'occasione e dell'aria fresca per riordinare le idee.
La porta dell'abitazione si richiuse rapidamente dietro di loro, trascinando via l'aria gelida che ancora avvolgeva il paese nonostante fosse ormai Aprile.

Si avvicinarono al sofà con aria stanca e Caesar vi si gettò sopra letteralmente, accavallando le gambe e poggiando il capo all'indietro.
Nozomi si avvicinò al giovane con sguardo chino e solo allora notò che Kaito e Luca si trovavano poco più in là, il biondino era stranamente chino sul fulmine, impegnato in qualcosa che la ragazza non riuscì a cogliere.

Si avvicinò lentamente ai due e notò che Kaito aveva in mano un pennellino avvolto dalla fiamma del sole, lo stava rapidamente passando sulla ferita di Luca, proprio come se la stesse colorando.

- Cosa stai facendo? - chiese Nozomi, perplessa.
Kaito era fin troppo preso dal suo lavoro perciò non rispose.
- Sta cercando di guarire la mia ferita. - spiegò Luca, osservando il giovane concentrato. - Un po' ci riesce... ma poco alla volta, eh... -
- … con un pennellino? Non sapevo che Kaito amasse dipingere! - esclamò la bruna, sedendosi sul divano accanto a loro.
Il biondo si staccò dalla ferita e si grattò il capo con perplessità.
- Uhm. Ci vuole più powah... Devo riuscirci! - tornò a concentrarsi sulla ferita senza degnare di uno sguardo i presenti tra cui Luca stesso, che sembrava sentirsi materiale da esperimento.

- E' un pennello da cucina. -
La voce gentile della sorridente Haname echeggiò dietro di loro, la ragazza dai capelli corvini si trovava seduta accanto al camino con un libro aperto sulle gambe.
Nozomi si voltò verso di lei, incuriosita, e anche Luca si accigliò.
- Da cucina? E che ci dipinge, la carne? - scoppiò a ridere, cercando di non muoversi troppo mentre la sua ferita si era rimarginata per una buona metà.
La pioggia abbozzò un sorriso, guardandolo sottecchi.
- I pennelli da cucina servono per i dolci, per dorare con l'uovo sbattuto e per ungere gli alimenti. - spiegò lei – quello è un pennello per i dolci, suppongo che abbia visto spesso i suoi genitori mentre lo usavano. -
Luca osservò curioso la ragazzina e poi rivolse il suo sguardo al sole, intento a “pennellare” la ferita sulla spalla.
- I suoi genitori, dici? -
- I genitori di Kaito hanno una pasticceria. - spiegò Nozomi, tornando ad osservare il fulmine – Kaito doveva fare il pasticcere ma lui... cioè, dai, ti pare che Kaito si metta a far dolci? -
- … No, direi di no. - rispose lui, osservando il biondino ancora immerso nel suo difficilissimo lavoro. - Più che altro ama solo mangiarli. -
- Ecco. Diciamo che lui vuole combattere e aprirsi una palestra... tutto un altro genere di lavoro. -
- Capisco. -

Intanto, Arashi era entrata nella sala e aveva lanciato uno sguardo malevolo verso Kaito.
- Ma dico io, come diavolo è riuscito ad usare la sua fiamma in un modo così stupido? -
- Beh, lui almeno ci è riuscito! - esclamò Luca, scoppiando nuovamente a ridere.
- Che cazzo hai da ridere? -
- Ma niente, solo che fa bene alla salute, no? - ammiccò.
La giovane tempesta scosse il capo con rassegnazione, si avvicinò alla pioggia sedendosi accanto al caminetto e invitando la bruna con lo sguardo.
- Nozo, vieni anche tu! C'è un bel calduccio qui~ -

La Vongola si accomodò accanto alle due e notò in lontananza Shinji, seduto accanto alla porta che dava sulle scale per il primo piano.
All'inizio le era sembrato quasi un fantasma per cui si portò una mano sul petto, scuotendo il capo con disapprovazione.
- Shinji! Cosa fai lì nascosto al buio? Vieni qui con noi! -

Il bruno osservò sottecchi le tre e si morse un labbro, probabilmente indeciso se muoversi o meno.
Dopo un paio di minuti avanzò di qualche passo e si sedette a terra con le spalle verso un mobile in legno, poco dietro a Haname.
- Che hai? - chiese Arashi, osservando il ragazzo – Non dirmi che hai previsto altre sfortune, ti prego. -
L'affermazione della rossa poteva rappresentare lo stato d'animo di ciascuno di loro, i quali temevano le profezie della nebbia più di Clover stesso.
- No... non riesco a vedere nulla, per ora. - sussurrò il ragazzo, storcendo le labbra. - Stavo solo pensando... per vedere attraverso una fitta nebbia come quella di Clover, servirebbe qualcosa... come il monocolo di Daemon Spade... -
Un moto di rabbia avvolse la giovane Vongola che osservò male il suo guardiano.
- Non. Dire. Quel. Fottuto. Nome. -

Il Simon sembrò resuscitare e alzò il capo, guardandosi intorno.
- Daemon Spade? Non era il guardiano della nebbia di Vongola Primo? -
- Sì... era molto forte... - disse Shinji.
- E ha tentato di uccidere mio padre e tuo padre... e anche Cozart-san. - spiegò la bruna, osservando sottecchi l'altro Undicesimo.
- Oh, vero. Beh, alla fine era solo rincretinito per via dell'amore, a quanto ho capito. -
- Non me ne frega un cavolo. Lo odio e basta. -
- Ma dai, povero Daemon Spade! Mica ha tentato di uccidere te! - Caesar ridacchiò.
- Smettila. Di. Pronunciare. Quello. Stramaledettissimo. Nome. - la Vongola lanciò un'occhiata piena di odio verso il giovane.
- Daemon Spade, Daemon Spade, Daemon Spade, Daemon Spade, Daemon Spade... -
Nozomi si alzò di scatto e si lanciò verso il divano dov'era seduto Caesar, che si era rapidamente alzato ed era fuggito in cucina.
- TORNA INDIETRO MALEDETTO VIGLIACCO. -

Dopo un rapido giro attorno al tavolo in marmo, il poco simpatico Simon sfrecciò via verso il secondo piano, passando accanto all'anziano Richard, il quale sorrise probabilmente per l'entusiasmo giovanile che aveva avvolto la sua abitazione.

La ragazzina si bloccò davanti all'uomo e chinò il capo in segno di scuse.

- Mi dispiace, non volevamo fare confusione... -
- Tranquilli, mi piace vedere quest'atmosfera così gioiosa. - disse l'uomo, passandosi la mano sotto al mento – In questi ultimi giorni, anche se la casa è stata piena di ragazzi, l'atmosfera era così triste e gelida... -
La ragazzina chinò nuovamente il capo, non riuscendo a dir nulla.
- Spero che riusciate presto a tornare a casa, anche Cristal-sama era preoccupato per voi... -

 

Si erano nuovamente ritrovati tutti accanto al camino, solo Caesar si trovava ancora al piano superiore da ormai una decina di minuti, ma Nozomi non voleva di certo andare a cercarlo. Piuttosto avrebbe preferito la morte.

- Lo odio. - blaterò, osservando la fiamma che scoppiettava con vigore.
- Stai ancora ripensando a quell'imbecille? - chiese Arashi, che stava osservando il libro aperto sulle gambe della pioggia. - Ma dimenticalo. E' solo un imbecille. -
- Piuttosto... non vi sembra che manchi qualcuno? - chiese Haname, alzando il capo dal tomo e portando l'attenzione sui suoi amici.
- Arina, Masato e Jun sono al piano superiore con i Simon. - rispose Luca, che stava ancora osservando confuso il giovane sole.
- Manca la nuvola asociale. - affermò Arashi, sbadigliando.
- Ehi, hai ragione! - esclamò Nozomi, guardandosi intorno – A volte non so chi sia il più silenzioso tra lui e Shinji... -
Il giovane 'nebbioso' si schiarì la voce, immergendosi nei suoi tarocchi con noncuranza.

- Oh, a proposito di Cloud. - Luca aveva appoggiato il mento sul palmo della mano, sembrava annoiato. - Ero curioso di sapere perchè non frequentasse più il conservatorio... - disse.
- Uh, davvero? - si limitò a rispondere la tempesta, non distogliendo l'attenzione dal libro.
- Non ne sapete nulla? - chiese ancora il fulmine.
- Io so che ci sono stati casini in famiglia. - disse Nozomi, osservando il ragazzo – I suoi erano scappati via abbandonandolo ai nonni e poi sono tornati tipo due o tre anni fa. -
- Oh, questo l'ho sentito anche io. - annuì il ragazzo. - Ma se lui vuole diventare un direttore d'orchestra perchè non sta continuando a frequentare il conservatorio? -
- Boh, a quanto ne so i suoi genitori l'hanno portato via. Prima abitavano in un'altra città. -
- E quindi ha smesso di frequentare? -
- Ma da noi a Namimori c'è un conservatorio? - chiese Arashi, curiosa.
- Non mi pare... - Nozomi scrollò le spalle.

Le risposte trovate non erano abbastanza esaurienti ma Luca parve farsele bastare poiché non disse altro, tornando ad osservare Kaito che sembrava aver quasi finito il suo lavoro.

- Ma cosa state leggendo con così tanto interesse? - chiese la Vongola, osservando le sue amiche.
- Una roba che parla di armi. - rispose Arashi.
- State cercando nuove armi o cosa? - chiese ancora.
- Io mi trovo bene con le mie Scarlet e Raven, ma so che Haname vuole provare con una spada. -
- Uh? Quindi hai deciso di cambiare? - chiese, rivolta alla pioggia.
- Sì, sono sicura. - rispose lei, alzando il capo e sorridendo.

- Spade, eh? -
L'anziano Richard ingollò un bicchierino di un qualche liquore e lo poggiò sul tavolino ai piedi del sofà su cui era seduto.
- E' da una vita che non ne faccio. -

- Avete fabbricato anche spade? - l'attenzione di Haname sembrò decollare e volò verso il centro della stanza, fermandosi sull'uomo.
- Certo, oltre alle tante cose. Per i Neveria, soprattutto. - l'uomo abbozzò un sorriso – Ero un fabbro molto ricercato, all'epoca. -
- Sareste in grado di farne ancora? - chiese lei, con sguardo speranzoso.
- Ehh... diciamo che con un po' di aiuto... ma i materiali non sono di ottima qualità, solo rimasugli... -
- Non importa... andrebbe bene qualcosa di non molto resistente... anche solo per iniziare... - arrossì.
- Sei un'aspirante spadaccina? - il volto dell'uomo sembrò scrutare la giovane.
- Uso la spada da quando ero piccola, ma mi sono specializzata solo nei katar... e non così bene. - scostò lo sguardo, imbarazzata – Ultimamente stavo pensando che la spada sarebbe stata meglio, forse dovrei puntare su quella... -

 

Nel retro dell'abitazione c'era una piccola officina dove la Vongola era già stata quella mattina, per salutare i due Neveria.
Tuttavia, non sapeva che in quell'officina venissero fabbricate anche spade. In realtà non immaginava che esistessero ancora persone che le fabbricavano.
Dopotutto, a cosa servivano delle spade in un epoca moderna governata da fucili, bazooka e armi nucleari?

- Dunque. - l'uomo si avvicinò al mobile in legno e osservò i materiali riposti sulle mensole in ferro. - Come ho già detto, posso ricavare solo un acciaio di scarsa qualità. - spiegò, estraendo qualcosa da un mobile adiacente. - Il ferro che possiedo non è molto, ma va abbastanza bene per iniziare. -
Nozomi, Haname e Arashi si avvicinarono curiose all'uomo, osservandolo mentre poneva i materiali sul ripiano in legno.
- Innanzitutto... che tipo di spada vuoi? -
- Uh? Che tipo...? - Haname sembrò pensierosa. - Una spada a due mani... -
- Una Montante? Una Claymore? Una Flamberga? Ne posso fare come vuoi, dimmi tu. -
- Forse una Claymore... insomma, una molto basilare... classica... -
- Basilare e classica, dici? Allora forse è meglio una spada bastarda. - l'anziano sorrise, chiudendo gli sportelli del mobiletto. - E l'elsa? La vorrai a croce, giusto? -
- Sì, a croce è perfetto. - la pioggia portò le mani dietro la schiena, ondeggiandosi mentre osservava l'operato dell'uomo che stava riversando del carbone in una sorta di vaso.
- Come si crea una spada? - chiese Nozomi, curiosa.
- Ci vogliono ferro, carbone, del fuoco, un involucro e molta forza. - spiegò lui, ammiccando. - Il ferro va fuso e riversato nell'involucro. In seguito va raffreddato e lavorato con un martello. -
- Dalla spiegazione non sembra molto complicato... - si azzardò a dire la tempesta.
- Oh, signorina, eccome se lo è! - Richard ridacchiò, accendendo il fuoco nel vaso.

La lavorazione dell'arma stava proseguendo con la più totale concentrazione dell'uomo, che sembrava essere rapito da un mondo a loro sconosciuto.
In suo aiuto avevano chiamato il guardiano della montagna dei Simon, Fudou, che gli diede una mano con i lavori più pesanti.
Eppure, nonostante l'ormai veneranda età, l'anziano sembrò ringiovanire, mentre eseguiva quei movimenti quasi sincronizzati che, probabilmente, aveva ripetuto migliaia di volte, durante il corso della sua vita.

 

Dopo cena, Richard era tornato a controllare che tutto fosse a posto assieme a Nozomi, Haname e al giovane guardiano, che sembrava anche lui incuriosito a suo modo.
La bruna lasciò i tre dopo una decina di minuti, ritornando alla villa e stiracchiandosi per la stanchezza.
Entrò dalla porta sul retro e decise di andare subito in camera per riposarsi un po', nonostante fossero appena le dieci. Solitamente non andava a letto così presto ma, in effetti, non voleva di certo dormire.
Le sarebbe bastato anche solo poggiare un po' la testa sul cuscino e rilassare i muscoli, tesi da fin troppi giorni, assieme al suo stato d'animo.

- E' chiaro che farà di tutto per prendere me e lei. -
La voce maschile risuonò forte e chiara, proveniva dalla cucina illuminata.
La Vongola si affacciò all'ingresso deserto e notò le sagome che si spostavano nel locale adiacente, da dove aveva sentito la voce del Simon.

- Cosa hai intenzione di fare, Caesar-kun? - la voce di Arina sembrava preoccupata – Stai tentando ancora di contattare tuo padre? -
- Ci provo ogni ora, ma nulla. Posso solo sperare in quel Neveria, che mi ha assicurato un aiuto. -
- Non mi pare un bugiardo, e poi è il fratello di Bianca-chan... - la voce di Luca appariva leggermente depressa.
- Infatti, penso anche io che ci aiuterà. - Caesar sospirò. - Questa situazione è snervante. Se solo avessi provato a chiamarlo prima... sono un idiota. -
Si udì un forte suono, come se qualcosa avesse violentemente colpito il marmo del tavolo.
- Non potevi saperlo! Non prenderti le colpe, ecco. - la voce di Blizzard era inconfondibile. - E' stata colpa della mocciosetta dei Vongola. E' lei che ci ha portati tutti qui, ecco. -
- Lascia stare, Bliz. Quella là s'è già resa conto della cazzata che ha combinato, è inutile e meschino continuare a rinfacciarglielo. - rispose il Simon. - Si è affidata a me, perciò devo riportarvi a casa sani e salvi e a tutti i costi. -
- Si è affidata a te? - la domanda perplessa di Arina sembrò spiazzare il giovane che, prima di rispondere, ci pensò su qualche istante.
- Mi ha detto di essere felice che io sia qui. Non potrei sentirmi più deciso a volervi riportare indietro. -
- … Caesar-kun... capisco l'entusiasmo ma... ti prego, non oltrepassare la soglia... -
- Cosa vuoi dire? - la voce di Caesar divenne più seria.
- Beh... non vorrei che tutto questo divenisse qualcosa di più... ecco... -
- Ah, certo. - seguì una piccola risatina – Tranquilla, tranquilla. Dubito fortemente che Nozo sia interessata a me... al massimo mi odierà. -
- Non si tratta solo di Undicesima... il problema è che tra Simon e Vongola non possono esserci... determinati rapporti... -
- Se ti riferisci a me puoi stare tranquilla. Nozo non è affatto una donna che sposerei. - spiegò lui – Mi piacciono le tipe molto femminili, quelle dolci e timide, ecco. Un po' com'era Biancaneve, ma decisamente meno chiacchierona ed estroversa. -
- Ah... . - Luca sembrò tirare un sospiro di sollievo.
- Ehi, non te la porto mica via! - ridacchiò nuovamente – Comunque non hai da preoccuparti. Per me Nozo... è un po' come il mio fratellino. -
- Fratellino? - ripetè Arina, perplessa.
- … Sorellina, dai. E' solo che adoro quando si arrabbia! Mi fa morire dalle risate, e così energica! - spiegò lui – Mi piace il rapporto che ho con lei perchè non è calmo e delineato. E' quel qualcosa misto tra amore e odio, che ci rende comunque complici, proprio come i nostri padri e i nostri antenati. Mi piace perchè la sento come una mia sorellina e voglio giocare con lei, prenderla in giro e poi proteggerla, proprio come si fa tra fratelli. -
Scoppiò a ridere e continuò, per qualche istante ancora.

Non seppe quanto, poiché era già uscita dalla porta sul retro e aveva attraversato il cortile fino a raggiungere la ringhiera in legno.

 

- Sorellina, eh? - sussurrò, osservando il cielo notturno. - … avrei dovuto capirlo sin da subito. -
Si sentì all'improvviso rincuorata e le scappò un sorriso.
- … quindi non mi tratta male perchè mi vede come qualcosa di inferiore... no? -
Sospirò.

Era perfetta.
Quella risposta era decisamente perfetta.

All'improvviso si sentì molto bene, come se un gran peso si fosse sollevato dal suo cuore.
Non mi vede come un cane o come una feccia.” pensò. “Mi tratta in modo diverso perchè mi vuole bene.
Non avrebbe mai immaginato che fosse quello il problema che la stava così tanto tormentando.
Il suo disagio era nato a causa del suo modo di relazionarsi con quell'imbecille di Caesar e lei aveva addirittura iniziato a credere di amarlo.
No, se lo avesse realmente amato, in quel momento, sarebbe già scoppiata in lacrime.
Non aveva dolori, non aveva lacrime né aveva altri pensieri. Sì sentiva solo bene.
Sì sentiva bene poichè aveva capito perchè lui non la trattava come gli altri.

E' assurdo. L'invidia è davvero una brutta bestia.” si ritrovò a pensare “Ma lui è sempre gentile con tutte e io, invece... a me mi tratta da schifo.

Sorrise.

La tratta da schifo perchè le vuole bene, la considera una sorella.

Allora va bene.

Non è discriminata, non è un cane, non è feccia, non è spazzatura.

Allora le va più che bene.

Come al solito, i giudizi altrui contavano sopra ogni cosa. Quando avrebbe imparato a fregarsene di ciò che pensava la gente e ad ascoltare solo le persone che la amavano?
Forse mai.
Dopotutto non poteva ignorare le voci che rimbombavano lungo il corridoio.

' Undicesima? Ma dai! Non sarà mai come Decimo!'
' Non sono fiducioso, una donna potrebbe rovinare i Vongola.'
' Non avrà nemmeno la metà della forza di suo padre.'

Da quanto tempo credeva soltanto ai giudizi della gente?
Praticamente da sempre. Da quando aveva imparato a fingersi qualcun altro pur di compiacere chi non la vedeva di buon occhio.

Ma, alla fine, non avrebbe risolto un granchè. Coloro che la odiavano, avrebbero continuato a farlo.
Sempre.

Scosse il capo, asciugandosi una lacrima che le aveva rigato il viso.
- Perdonatemi, Primo-sama. Ho creduto di poter amare qualcun altro oltre a voi... fortunatamente è stato solo un malinteso. - abbozzò un triste sorriso, alzando nuovamente lo sguardo e dirigendolo verso il tetro paesino, avvolto dal cielo notturno e stellato.
Una figura quasi eterea si ergeva sul marciapiede di fronte alla villa, all'altro capo della strada.
La figura di un uomo biondo dal lungo mantello nero.

 

Nozomi si ritrovò ad osservare i suoi lontani e nostalgici occhi arancioni.
E tremò.

- ….Primo....sama...? -

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Capitolo 19
*** Target 19 – Canada VI ***


Target 19 – Canada VI

cover


L'uomo dai capelli dorati, quell'angelo che sognava da quando era nata, si trovava a pochi metri di distanza da lei e la stava osservando con uno sguardo nostalgico e intenso.
Nozomi si alzò rapidamente dal muretto su cui era seduta e si portò sul ciglio della strada, premendosi il petto da cui sentiva provenire un profondo dolore.

- G... Giotto-sama! - urlò, verso l'uomo che non batté ciglio. - Cosa... -
L'uomo chinò il capo e si voltò, allontanandosi.
- Aspettate, Giotto-sama! Vi prego! - la bruna si lanciò verso la direzione presa dall'uomo, inseguendo la sua figura ormai lontana nel disperato tentativo di afferrarla.

Si fermò dopo cinque minuti di corsa, respirando affannosamente e guardandosi intorno con la speranza di rivederlo.

Dov'era?
Non se l'era immaginato, l'aveva visto a pochi passi da lei. Ma com'era possibile?
Lui non esisteva più, era morto molti anni prima.
Eppure si trovava lì.

Era sicuramente arrabbiato...” pensò la Vongola, chinando il capo “Deve essersi offeso per averlo dimenticato così facilmente... Non avrei dovuto credere di amare qualcun altro che non fosse lui... mi dispiace...

Si ritrovò sola lungo una stradina desolata circondata da abitazioni con luci deboli e soffuse.
L'oscuro paesino era illuminato soltanto da alcuni lampioni e da una scia di stelle che decoravano il cielo notturno.

A nulla valse continuare a chiamarlo incessantemente, sapeva che non avrebbe risposto.
Non l'aveva mai fatto in sedici anni della sua vita, per quale motivo avrebbe dovuto iniziare a farlo adesso?

Quando rientrò nel giardino della villa di Richard il suo sguardo era tristemente serio.
In realtà non stava pensando a nulla, si sentiva come se l'avessero svuotata.
Dopo un paio di passi venne assalita dalla sua migliore amica e si ritrovò stretta a lei.
- Dove diavolo eri andata?! - urlò Arashi, quasi furiosa se non incredibilmente preoccupata. - Ma sei pazza ad uscire da sola nel bel mezzo della notte?! -
- … sono solo le dieci... e qualcosa... - puntualizzò lei, sospirando.
In realtà non aveva molta voglia di parlare.
- Nozo! - la rossa si staccò dall'abbraccio e la squadrò dall'alto in basso. - C'è un pazzo in giro che vuole rapire te e quell'altro idiota e tu te ne vai in giro, da sola, al buio?! -
- Non ero sola. - spiegò.
- Chi c'era con te? Non vedo nessun altro. -
- C'era Giotto-sama, è andato via. -

Era quasi impossibile descrivere lo sguardo della sua tempesta, ma Nozomi era sicura che per poco non volesse tirarle un pugno.
Forse si stava trattenendo con tutte le sue forze per evitare di farle del male e, piuttosto, si limitò a fissarla con rabbia.
- Non è uno scherzo divertente. - si limitò a dire, dopo averci pensato su.
- Non stavo scherzando. - rispose lei, oltrepassandola e varcando l'uscio della villa.

Salì le scale lentamente, dietro di lei sentiva dei passi che la seguivano verso la camera delle ragazze, ancora vuota.
Probabilmente Haname si trovava assieme a Richard e Arina doveva essere in cucina con Caesar e gli altri.
Aprì la porta della stanzetta e si gettò sul soffice materasso, sospirando.
- Mi vuoi dare una spiegazione? - chiese una voce femminile alle sue spalle, stavolta era meno furiosa ma ancora piena di preoccupazione.
- Cosa vuoi che ti dica? - Nozomi si voltò, posizionandosi con la schiena verso il basso e osservando il soffitto della stanza.
- Cosa significa quello che hai detto poco fa. - Arashi si era seduta sul letto dove dormiva Arina, osservando la sua amica con uno sguardo perplesso. - Cosa significa che c'era Primo-sama? Che diavolo ti prende? -
- C'era Giotto-sama sul ciglio della strada e mi stava osservando... forse è arrabbiato con me. -
- Nozomi... ti prego, sii razionale. Non era Primo-sama, lo sai benissimo. Avrai avuto un'allucinazione. - la rossa si avvicinò a lei e si stese sul materasso accanto alla sua migliore amica. - Forse hai pensato che sarebbe stato bello se lui fosse lì e hai immaginato di vederlo. - spiegò.
- … Era molto reale... -
- Ma era sempre frutto della tua immaginazione. - si voltò verso di lei, e Nozomi incontrò i suoi occhi nocciola. - Nozo... cerca di non farti trascinare... potrebbe essere pericoloso. - spiegò – Non puoi andartene in giro ad inseguire un'allucinazione, non in questo momento! -
- Ma... se lui fosse stato vero... -
- Ma cavolo, Nozo! Lo sai che non può essere vero, lui è morto tanti anni fa! Smettila di sognare ad occhi aperti! - la voce di Arashi era più seria ma, al contempo, disperata.
Stava cercando disperatamente di smuovere la testolina della Vongola e aveva ragione.
Si era sicuramente trattato di un sogno ad occhi aperti, era così confusa che la sua immaginazione aveva creato la figura dell'uomo che, più di tutti, poteva rassicurarla.
Lentamente portò le mani attorno all'amica e chiuse gli occhi, appoggiando il capo sul suo petto.


“...e...ma...”

- Mh... - la bruna mugolò, voltandosi lievemente e ascoltando il respiro della rossa.

Aprì gli occhi lentamente, ritrovandosi ad osservare il petto di Arashi, che si gonfiava e sgonfiava al ritmo del suo respiro.

“...Undicesima...”

Si issò a sedere, guardandosi intorno con la testa confusa e piena di pensieri.
Una flebile e appena udibile voce maschile risuonò dall'esterno, nuovamente.
Stava chiamando lei.

Si alzò rapidamente, non curandosi di svegliare il suo braccio destro, arrivando alla finestra e premendosi sul freddo vetro.
I suoi occhi si posarono sulla familiare figura dell'uomo biondo, ferma vicina al cancelletto della villa.

- Giotto... - il suo cuore palpitò rapidamente, come se stesse esprimendo tutta la sua gioia.
L'uomo non accennava a sorridere ma il suo sguardo era fisso sul suo.
Si staccò dal vetro e si lanciò oltre l'uscio, lasciando la povera Arashi confusa e lanciandosi verso le scale.

Era tornato, era tornato per lei.
Stavolta non se lo sarebbe lasciato sfuggire per nessun motivo. Lo avrebbe inseguito anche in capo al mondo, se fosse stato necessario.
Aprì il portone d'ingresso e si ritrovò a pochi metri di distanza da lui, come poco prima.

- Giotto-sama! - urlò, nuovamente. - Sono qui! Non vado da nessuna parte! - continuò, quasi in lacrime – Mi dispiace... io... io amo solo voi! Questo cuore... questo corpo... questo sangue... appartengono a voi... come me... - non sapeva cosa dire, le parole uscivano confusionarie e il petto le doleva.
Eppure era felice.
- Io … voglio stare con voi... con te... perciò... ti prego... non andartene... - avanzò lentamente verso l'uomo, che sembrò sospirare.
Primo alzò il capo e guardò oltre la ragazzina, per poi voltarsi e allontanarsi nuovamente nella notte.
- No, aspetta! Aspettami! -

Cercò di rincorrerlo ma la stretta della rossa la costrinse a fermarsi dopo pochi passi, a pochi metri dalla strada.
- Dove diavolo vuoi andare? - la tempesta portò le sue mani sulle spalle della ragazza e iniziò a scuoterla.
- Arashi, lasciami! L'hai visto anche tu, era qui! - la implorò, cercando di liberarsi dalla sua presa.
Si voltò verso la notte e non vide altro che buio.
Anche se fosse fuggita alla sua ricerca era sicura che, ormai, non l'avrebbe più trovato.

La sua seconda occasione era andata in fumo.
Si maledisse una decina di volte, ritrovandosi in camera a piangere.

- Nozo, si può sapere cos'hai?! Sei scappata via inseguendo chissà cosa... hai ancora le allucinazioni?! -
- Possibile che tu non l'abbia visto? - chiese lei, decidendosi finalmente a parlare – Era lì, vicino al cancelletto, e mi stava chiamando! -
- No, Nozo! Non c'era nessuno vicino al cancelletto, non c'era nessuno che ti chiamava! Te lo sei sognato, Nozo! Non confondere i sogni con la realtà, ti prego! C'è bisogno che tu sia lucida! -
- Ma maledizione, Ara! -

Le due si trovavano sedute sul letto di Arina a discutere sull'improbabile esistenza di un fantasma.
Nozomi si era alzata rapidamente, tenendosi il volto tra le mani e lanciando fugaci occhiate alla rossa, sempre più preoccupata.
- Nozo... calmati. -
- No che non mi calmo!! Tu non mi credi! -
- Nozo, sei scossa. Stavi sognando qualcosa e hai creduto di star ancora sognando quando invece eri sveglia... può capitare... -
- No, Ara! Non stavo sognando! Era lui, davvero! Mi ha chiamata, mi ha fatta svegliare! Era proprio lì, vicino a quel fottuto cancello! - la bruna si avvicino alla finestra, osservando il punto prima occupato dalla figura maestosa dell'uomo che amava. - Era proprio lì... stava aspettando me... mi voleva parlare... -
- Nozo, per favore basta! - urlò la rossa, infuriata. - Sai bene che non è possibile, cerca di ragionare! -
- Non mi hai sempre seguita? Non siamo migliori amiche? Perchè ora metti in dubbio le mie parole? -
- Perchè sono irreali e illogiche, Nozo! Non è possibile, lo so che non è possibile ma te sei completamente accecata dal tuo folle amore e dalla voglia di vederlo che te lo sogni per la strada! -
- No, sei te che sei accecata dalla gelosia e non vuoi che io lo veda! -
- Nozo ma fai sul serio? Anche se fossi gelosa non ti impedirei di vedere l'uomo che ami! Cazzo, sono tua amica, io voglio che tu sia felice! E' per questo che non ho fatto altro che consolarti e starti vicino! -
- Allora lasciami andare da lui! -
- Io parlo di un amore vero, non di un sogno! Capisci quando parlo oppure te lo devo dire in italiano? Magari preferisci il latino? -
- Mi prendi per il culo?! La pianti di fare così? Mi stai dando sui nervi, cazzo! -
- Anche tu mi stai dando sui nervi, Nozo! E mi stai anche preoccupando! L'hai visto? Ti ha chiamata? Ma dove?! Ma ti rendi conto di quel che dici?! Adesso vedi anche fantasmi, come se non bastassero i sogni! -
- Basta Ara, basta! Non mi credi, va bene, cazzi tuoi, io so che è vero! -
- No, Nozo, non lo è! E sono anche cazzi miei perchè se ti succede qualcosa io sono in parte responsabile! Non ti permetto mica di fare cazzate?! -
- Ma chi se ne frega, porca puttana! C'era Giotto là fuori, era qui per me e tu l'hai fatto andar via, cazzo! Come diavolo ti sei permessa di intrometterti! Non so se ci sarà un'altra possibilità! -
- Tu sei fuori, Nozo, sei completamente fuori! Mi hai rotto il cazzo, Nozo! Vaffanculo, vai ad inseguire un fottutissimo spirito e a morire per strada. -

Diede un forte calcio ad un materasso, ribaltandolo.

Evitarono accuratamente di guardarsi negli occhi per qualche istante ancora.
- Vaffanculo, Ara. Vattene allora, non ho bisogno di te. -
- ...Bene. Al diavolo te e la tua famiglia del cazzo, mi sono stancata. - uscì rapidamente dalla stanza, proprio nell'istante in cui Arina e Luca si erano avvicinati all'uscio, con un'espressione preoccupata e incredula.

Stavano urlando così forte che tutti le avevano sentite.
Ma nessuna delle due parlò.

La bruna si trovava seduta su una sedia della cucina, illuminata dalla luce del sole che filtrava tra le tende.
La casa era silenziosa, i suoi abitanti si trovavano in uno stato di angoscia totale.
Invani erano stati i tentavi di parlare con le due. Sin dalle prime luci dell'alba erano iniziati i dialoghi ma, entrambe, fingevano di non ascoltarli.
Arashi era uscita poco dopo le nove, Arina e Haname avevano tentato di parlarle ma non si sa com'era andata a finire. Gli altri avevano ormai rinunciato.
Nemmeno Caesar sembrò voler fare qualcosa per rimettere a posto la situazione. Aveva tentato di parlare alla sorellina ma Nozomi aveva lo sguardo rivolto altrove.
Neanche lui, sempre così deciso e sicuro, era riuscito a trovare una soluzione.

Perciò Nozomi si trovava lì, seduta in cucina, ad osservare l'unica persona che non aveva fatto o detto nulla riguardo le due litiganti.
Matsumoto Jun stava lavorando ad un impasto con la stessa passione che una madre metterebbe nel preparare il pranzo per la propria famiglia.
In realtà non l'aveva mai visto ai fornelli, nonostante avesse saputo che erano Jun e Arina che si occupavano di cucinare per tutti.
Non sapeva nemmeno che fosse tanto bravo in cucina.

L'albino non sembrò darle retta, ma, dopotutto, era ciò che lei voleva. Restare in silenzio ad osservare il cielo grigiastro che, pian piano, copriva il sole con le sue arroganti nubi.
Immaginò Cloud che si metteva davanti a Kaito e quest'ultimo che si infuriava.
Quasi non sorrise.

- … ho fatto davvero bene a scegliere loro come guardiani? - sussurrò, con occhi lucidi.
Jun continuò ad impastare, mischiando le uova con la farina e l'acqua.
- Dovrei rimandarli tutti a casa e dimenticarmi di tutti. - continuò, non smuovendo il suo sguardo. - Dopotutto... chi sono io per imporre loro qualcosa? E' solo uno stupido gioco finito male. Al massimo abbiamo perso un anno di scuola, mi odieranno per questo. -
Il cuoco iniziò a prendere a pugni l'impasto color crema, mentre lo premeva con violenza.
La ragazzina si voltò verso di lui, immerso nel suo lavoro.
- Anche tu mi odi, eh? Non avrei dovuto avvicinarmi nemmeno a te. - disse lei, sospirando. - Sono tutti quanti vittime innocenti dei miei assurdi piani mentali. - appoggiò il capo sul tavolo.
- Mh. - l'albino gettò l'impasto sul tavolo per un altro paio di volte e poi prese un mattarello. - Non mi sembra che questo atteggiamento sia giusto. - disse, iniziando a stendere l'impasto – Non dopo quello che ci hai fatto passare. -
- Eh. - sbuffò lei, guardando il cielo – Che posso fare per rimettere tutto a posto? Vi aiuterò a tornare a casa così nessuno dovrà più preoccuparsi di nulla. -
- Non è questo il modo giusto di ragionare. - disse lui, senza degnarle di uno sguardo – Inoltre, non è la Sawada-san che ho conosciuto io. -
- Mi dispiace, Jun. Sono io che sono sbagliata. -
- Non penso che tu sia sbagliata. - scrollò le spalle, continuando a lavorare – Penso solo che hai fatto degli sbagli, come ne fanno tutti. Forse hai fatto casini, ma boh. Non significa che sei tu ad essere sbagliata. -
- Arashi mi ha detto che sono fuori di testa e ha ragione, no? Perchè vedo fantasmi in giro per strada e ho idee malsane. Dopotutto, se siete qui è proprio per via di quelle idee. -
- Beh, mi hai fatto quasi impiccare. -
- Scusami. -
- Non mi bastano delle scuse. - disse lui, senza pensarci. - Sinceramente, se fossi morto... i miei genitori non mi avrebbero più rivisto... ho solo sedici anni... eppure... -
- Sì, ti capisco. Sarebbe meglio che non mi avessi conosciuta. -
- No, non penso. Sawada-san è una persona molto buona ed è stata la mia prima amica. Sì, ha dei pensieri stupidi e mi ha fatto arrabbiare... però boh, a quest'ora sarei ancora davanti ad un pc a fingere di essere felice... quindi non so, forse è un bene che ti ho conosciuta. Magari dovevi solo pensarci su, prima di portarmi qui a non far nulla e a farmi passare tutti questi casini... però nemmeno tu lo sapevi, no? - scrollò nuovamente le spalle, prendendo un vassoio – Mi hai anche chiesto scusa, quindi potrei anche perdonarti, appena siamo a casa. -
- Mah, puoi anche continuare ad odiarmi, se vuoi. Ti capirei. -
- E' stupido odiare qualcuno. -
- Perchè mai? - osservò l'albino nei suoi occhi verdi e lui incrociò il suo sguardo.
- Perchè dovrei odiarti? Non hai fatto nulla di male contro di me. Hai solo pensato che potesse essere una buona cosa, ma poi è successo tutto quello... insomma, mica l'hai fatto di proposito. Posso apprezzare il pensiero. - spiegò, ponendo il vassoio nel forno. - E credo che la pensino così anche gli altri. -
- Io, invece, penso che tutti mi daranno della malata mentale, proprio come Arashi. Dopotutto... come posso biasimarla? L'ho solo usata. -
- Usata? Non mi pare. Quando eri con lei sembravi davvero felice, se la stavi usando i tuoi sentimenti non sarebbero stati così sinceri. -
- Intendo che... lei mi consolava quando piangevo a causa... dei miei sentimenti, ecco. -
- Ma se fosse così... non le avresti dato attenzione quando non eri triste, no? -

La bruna osservò il giovane sedersi di fronte a lei, mentre si toglieva il grembiule sporco di farina.
- Se la stavi usando solo perchè eri triste... non l'avresti cercata quando invece eri felice. -
- Io... -
- Cosa provi tu per lei? Fukada-san non è per te qualcuno di molto importante? Arina-san aveva detto che era stata lei a tirarti su il morale dopo il tuo arrivo in Giappone. -

Una bambina dai capelli rossi e dal sorriso sincero le aveva teso la mano, senza timore.
L'altra bambina, dai capelli bruni e scompigliati, osservò quella mano come se fosse un appiglio.
Come se potesse salvarla dal caos che stava dilagando dentro di lei.
Aveva stretto quella mano e l'aveva seguita.

Il suo mondo girava attorno a suo padre, a sua madre, ad Arina.
Poi era arrivato Claudio, assieme a Fabio.
Erano il suo mondo.

Quando pian piano ne crollarono i pilastri, si era ritrovata schiacciata nel buio.
Solo dopo un po' era arrivata una piccola lucina, una lucciola dai capelli rossi che le aveva sorriso e l'aveva aiutata a rialzarsi.

Il suo nuovo pilastro.

Non c'era un giorno che lei non fosse al suo fianco, che non la trascinasse in giro con il suo entusiasmo, che non condividesse le sue passioni e le sue idee.
Mai si era sentita più felice, stretta a lei.
Non perchè l'aveva consolata, ma perchè le aveva fatto capire di non essere sola.
Le sue labbra, il suo calore, i suoi occhi, la sua voce, la sua forza, i suoi pregi e i suoi difetti.

Amava quel sorriso, quei capelli rossi e il suo profumo.
E quella mano, che l'aiutava a rialzarsi ogni volta che inciampava.

Si rese terribilmente conto di essere inginocchiata in un vicolo cieco, buio e desolato.
Non c'era più Arashi a rialzarla. Non c'erano più pilastri nel suo mondo e il soffitto si avvicinava sempre di più.
Si portò una mano al petto, che riprese a dolerle.
Stava crollando tutto, di nuovo.

- NO! - urlò lei, in lacrime. - Non voglio che vada via! - singhiozzò.
- Hai bisogno di lei. - disse l'albino, osservandola.
- Io... non riesco... - scosse il capo, tenendosi il volto fra le mani – Senza Arashi... tutto quanto... non ha senso... -
- Beh, allora dovresti pensare prima di agire. -

Il suo problema principale.
Doveva sempre riflettere, prima di prendere qualsiasi decisione.
Si morse le labbra, rendendosi conto di quanto potesse averle fatto del male.

- Cosa devo fare...? -
- Cosa vuoi fare? -
- Voglio... voglio... andare da lei... -
- E che ci fai ancora qui? -

La sedia cadde a terra nell'istante in cui la bruna l'aveva lasciata, abbandonando la cucina.

***

- Sei una fottutissima idiota, ecco. - il ragazzo dai capelli azzurri la scrutò con serietà, appoggiato al muro di un emporio.
- Stai un po' zitto, che vuoi capirne te?! -
- Abbandonare così il proprio boss è un'azione stupida e sconsiderata. -
- Non puoi capire. - la rossa osservò l'orizzonte, senza dare alcuna spiegazione.
- Cos'hai in mente? Si vede che stai rimuginando su qualcosa, ecco. - il ragazzo si avvicinò alla tempesta e le afferrò il braccio, costringendola a voltarsi. - Smettila di fare la cogliona, non so chi sia più scema tra te e il tuo boss. -
- Piantala di prenderti sta confidenza, Bliz! - si dimenò, sfuggendo alla presa del ragazzo – Non sai un cazzo né di me né di Nozo, non ficcare il naso in affari che non ti riguardano. -
- Beh, mi eri solo sembrata più intelligente, ecco. - disse lui, incrociando le braccia – Pensavo che tra bracci destri ci saremmo capiti, ecco. -
- Ma al diavolo, non ho voglia di spiegarti un cazzo. -
- Pensala come vuoi, ma così non fai che peggiorare la situazione. - la spinse violentemente contro il muro e la osservò negli occhi – So che non sei stupida, cerca di non fare casini, ecco. -
Arashi si ritrovò ad osservare gli occhi d'oro del ragazzo, arrossendo.
Blizzard si voltò e si allontanò senza proferir parola, lasciandola sola in mezzo alla strada.

"Che diavolo... cosa vuole capirne, lui?"
Si portò le mani sul caldo viso, chinando lo sguardo. Non aveva reagito, in realtà non aveva voglia di parlare o di litigare. Il suo morale era a terra e sapeva che anche Nozomi si trovava nella stessa situazione.
Si starà dando la colpa? Starà pensando di essere inutile?
La conosceva benissimo, dopotutto erano cresciute assieme.

"Nozomi... si è dimenticata." si ritrovò a pensare, sospirando. "No. Non è possibile. Sono sicura che lo ricorderà."

Immagini frammentarie attraversarono la sua mente, una bambina dai capelli rossi camminava mano nella mano con un'altra bambina.
Era così felice di non averla lasciata sola.

Chiuse gli occhi e ricordò il suo intenso profumo, i suoi occhi limpidi, il suo sorriso.
Odiava vederla piangere, ciò che più amava era la sua allegria. Voleva proteggerla a qualunque costo, perchè era così fragile e bella.
Nozomi.

La sua Nozomi stava inseguendo un sogno, continuando a soffrire.
Perchè? Perchè non poteva essere lei a renderla felice?
In realtà, voleva crederci. Voleva che quel Giotto fosse il vero.
Purtroppo era ovvio che non lo fosse, che stesse sognando. E, nuovamente, si stava ferendo.
Come poteva impedire che continuasse a farsi male?
Era così snervante, così doloroso.

"Nozo... staresti meglio senza di me?" pensò.
Non seppe darsi una risposta.

Sospirò, incamminandosi verso il viottolo dal quale era venuta, camminando lentamente e ascoltando, in lontananza, le flebili voci di persone che chiacchieravano.


Alzò il capo dinanzi a sé, dopo essersi fermata sul marciapiedi che circondava alcune villette.

Osservò gli occhi gonfi della brunetta, che era ferma a pochi passi da lei.
Si morse le labbra, non voleva parlare ma non riusciva a distogliere il suo sguardo da lei.
Non voleva vederla.
O forse sì.

- … Non andare via... - disse lei, con voce spezzata. - Ti prego... ho bisogno di te... -
- Hai bisogno di una guardiana della tempesta, eh? - la rossa la guardò negli occhi.
- No, ho bisogno di te. Ho bisogno della luce. -
Arashi scosse il capo e si voltò, dandole le spalle.

- Arashi! - urlò lei. - Ti amo. -
- … Non dire sciocchezze, Nozo. - rispose, stringendo i pugni e ascoltando il suo cuore palpitare velocemente.
- No. Non è quel tipo di amore... ma è un sentimento che provo per qualcuno che non voglio perdere per nessun motivo... basta solo che tu sia vicina a me... -
La rossa si voltò e si perse negli occhi lucidi del cielo.
- … Sei una fottuta egoista. -
- Lo so, ma non voglio perderti. Non ho più nulla... io... non voglio tornare ad essere nuovamente sola. -
- Hai così tante persone, che ti importa? Dopotutto non hai bisogno di me. -
- Non è vero. E' Arashi quella che mi ha salvato, è Arashi quella che mi ha reso felice e che non mi ha mai lasciato sola... anche gli altri ci sono... ma... nessuno è come Arashi... - iniziò a piangere - … Se... se io sono Sawada Nozomi... è perchè... perchè c'è Fukada Arashi che mi ha fatto diventare così... che mi ha salvato la vita. -
- Nozo... -
- Arashi... i migliori amici sono tali proprio perchè più importanti... non esistono migliori amici che smettono di esserlo. - si asciugò le lacrime con la manica.
- … -
- Ho detto delle cose assurde... scusami. - avanzò con due passi, il suo volto era serio. - Nulla... nulla potrà sostituire la mia migliore amica. - si protese in avanti, inchinandosi. - Perdonami. -
- … No...Nozo... alzati... - osservò la bruna mentre si raddrizzava e si morse le labbra. Quell'orgogliosa ragazzina era arrivata fino a quel punto per lei.
Arashi sapeva che l'avrebbe fatto, se lo sentiva, per questo stava cercando di resistere.
Ma, in quel momento, non ce la faceva più.

Non riusciva a vederla piangere, non riusciva a guardarla negli occhi, in quegli occhi chiari pieni di lacrime di disperazione.
Voleva avanzare e stringerla a sé ma venne anticipata da Nozomi.

Restarono in silenzio, la bruna l'aveva abbracciata senza dire nulla e anche la rossa non sembrava voler parlare.
- … Ehi... -
- Ti prego... non andartene... -
- … Come puoi tenere ancora a qualcuno che non voleva crederti? -
- Non me ne importa. Voglio solo che resti con me. -

Una bambina dai capelli castani scompigliati e dallo sguardo vacuo si trovava davanti a lei, con un gatto tra le braccia.

Quella bambina era sola e triste, inciampava ogni due per tre e non esprimeva alcuna emozione.
Le tese la mano, voleva aiutarla. Giurò a sé stessa che non avrebbe lasciato la presa perchè, altrimenti, sarebbe potuta cadere di nuovo.

Davanti a lei, c'era nuovamente una ragazza dai capelli scompigliati e dagli occhi disperati che cercava il suo aiuto, anche a costo di rinnegare ciò che pensava fosse vero.

Come poteva andarsene via e lasciarla cadere?
Alzò le braccia e la strinse.

- Anche io... anche io ti amo. -


Forse avevano entrambe ragione, o forse avevano entrambe torto.
In realtà, la situazione era abbastanza delicata.
Ma, l'importante era che si fossero ritrovate, di nuovo. Come quel giorno di otto anni fa.

Eppure Nozomi era così fragile, così disperata.
Non era riuscita a nascondersi sotto le coperte, fingendo di non sentire.
Era nuovamente davanti il portone, di fronte all'uomo biondo.
Piangeva.
- … Se sei tu... se sei davvero tu... dimmelo. - gli chiese, conscia che, come la rossa le aveva detto, potesse essere soltanto un'allucinazione.
- Undicesima. - disse lui, chinando il capo. - Vieni. -

No, non era un'allucinazione.
Sapeva cos'era, lo sapeva benissimo. L'aveva sempre saputo sin dall'inizio.

Haname, Kaito, Luca, Shinji, Cloud, Arina, Masato, Jun.
E infine lei, Arashi.
Le persone che amava e che voleva salvare ad ogni costo, la sua adorata famiglia.

Forse, così, poteva riuscirci.
In un modo o nell'altro avrebbe potuto salvare le persone che amava e, allo stesso modo, vivere il suo sogno.
Perciò prese la sua ultima decisione.

Lasciò indietro i suoi pensieri e le sue preoccupazioni, correndo verso il suo destino.
Verso quell'uomo, che le sorrise dolcemente come se fosse un angelo. Il suo angelo.
- Giotto... amore mio... - disse lei, avvicinandosi. - Portami con te. -

“Perdonatemi.”

Si strinse a lui, accoccolandosi al suo mantello scuro e chiudendo gli occhi, che sentiva ormai pesanti.
- Andiamo. - disse la sua voce, calda.

“Vi voglio bene. Sempre, sempre.”

Si lasciò infine scivolare in un sogno eterno.

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Capitolo 20
*** Target 20 – Canada VII ***


Target 20 – Canada VII

cover

Febbraio era ormai arrivato, e anche la festa degli innamorati si avvicinava sempre di più. In un'altra situazione si sarebbe preparato per quel giorno una settimana prima, cercando visivamente le sue prede per poi chiedere loro una serata interessante. In un'altra situazione sapeva anche di dover studiare per i test in arrivo, siccome i professori non sembravano di vederlo di buon occhio.
In un'altra situazione avrebbe inoltre dovuto essere pronto per il carnevale, festa che amava per l'allegria e il cibo.

In un'altra situazione sarebbe stato tutto diverso.

In quel momento, nell'istante in cui stava avanzando rapidamente verso il centro della cittadina canadese, si stava rendendo conto di quanto sarebbe stato bello essere seduto accanto al suo banco, sbadigliando per la noia e guardandosi intorno alla ricerca di qualche passatempo.
Non che la scuola lo annoiasse, più che altro si trattava di un periodo abbastanza noioso, tra spiegazioni e qualche interrogazioni di sorta.
Eppure, nonostante fosse noioso, sarebbe stato meglio che ritrovarsi a correre a perdifiato alla ricerca della sorellina, scomparsa sin dalle prime luci dell'alba.
O, molto più probabilmente, dalla notte prima.

- Nulla. - Blizzard scosse il capo, ansimando.
Anche i gemelli si erano avvicinati al boss e al suo braccio destro con sguardo cupo.
Caesar lanciò loro uno sguardo rassegnato, sapeva benissimo che non vi erano notizie di Nozomi.
Non avrebbero potuto trovare alcuna traccia di lei.

Perchè diavolo non l'ho tenuta d'occhio?!” la sua testa iniziava a dolergli. Aveva giurato di portarla a casa sana e salva e, all'improvviso, era scomparsa da sotto il suo naso.

- Torniamo alla villa, speriamo abbiano buone notizie. - affermò, ma non ci sperava più.
Il sole era alto in cielo e i loro stomaci reclamavano del cibo, ma nessuno voleva fermarsi a mangiare.

Quando varcarono la soglia dell'abitazione di Richard, alcune voci giunsero alle orecchie dei quattro Simon. La voce femminile che risaltava sulle altre era facilmente riconoscibile.

Raggiunsero il salottino dove Arina e Masato stavano cercando di calmare la guardiana della tempesta.
I suoi occhi erano gonfi, chissà per quanto aveva pianto. Quella mattina l'avevano lasciata andare alla ricerca della Vongola e sembrava decisa e preoccupata ma, evidentemente, nemmeno la sua ricerca era stata fruttuosa.

La tensione all'interno della casa era tangibile: preoccupazione, tristezza, rabbia, dolore, stress, disperazione, rassegnazione.
Cosa diavolo stava succedendo?
Tutto a causa di una strana creatura dalle fattezze di un ragazzo di nome Clover.

- E' stata colpa mia! - continuava a ripetere la ragazza dai capelli scarlatti, agitando il capo rapidamente. - Era nel letto accanto a me, dovevo tenerla stretta, dovevo tenerla d'occhio! -
- Arashi, ti prego, non serve a nulla continuare in questo modo! - la bionda Arina le stava accarezzando la schiena con delicatezza – Non è colpa tua, stavi dormendo... è anche normale che la gente dorma, non dovevi fare la guardia! -
- Ma io... - strinse i denti, cercando di non singhiozzare – Era dall'altro ieri che si comportava in modo strano, continuava a scendere giù dicendo di aver visto Primo-sama... -
- Primo-sama? - Arina inarcò un sopracciglio, perplessa – In che senso? E' per questo motivo che avete litigato? -
- Diceva di vederlo e io le avevo detto che era un'allucinazione... che lo vedeva perchè era lei a volerlo... -
- E' sicuramente così, dai... - Haname era inginocchiata vicino a lei, tenendole le mani – Ara... non è possibile che sia apparso realmente, non ha nemmeno l'anello... -
- E poi, se fosse stato vero, l'avresti visto anche tu, no? - Masato cercò di confortarla, arruffandole i capelli rossi.
- ...Non l'ho visto... ma lei era così convinta... diceva che era lì... però... - scosse nuovamente il capo – L'avrà di nuovo visto e si sarà messa a correre in giro... Clover l'avrà presa... -
- Arashi, dai. - la bionda la strinse, dolcemente – Non ne possiamo essere sicuri. -

“E invece è così, mi sembra ovvio.”

Il bruno sospirò, cercando di capire per quale motivo la tutrice di Nozomi continuasse a infondere false speranze.
Si volevano semplicemente aggrappare alla speranza che forse si fosse persa e che sarebbe tornata da un momento all'altro?
Era stupido.

Era tutto fin troppo chiaro.

- Primo, eh? - disse lui, abbozzando un sorrisetto nervoso. - Mi chiedo come sia possibile che Nozo si sia fatta ingannare così. -

La rossa aveva alzato il capo e stava osservando lo sguardo del Simon. La sua espressione era indecifrabile, un misto tra il triste, arrabbiato e pensieroso.
- Ingannare? - Haname si era voltata verso di lui, continuando a stringere le mani dell'amica – Pensi che quel Primo fosse una creazione nemica? -
- E' ovvio. - Caesar sospirò – Poteva vederlo solo lei, l'ha attratta fuori... quale altra prova vi serve per capire com'è andata? -
- No. - Arina scosse il capo, quasi disgustata – Undicesima non è stupida, affatto. L'avrebbe capito, anche se hanno usato un'immagine di Primo. -
- Ma stiamo parlando dell'uomo che adora, no? - Bliz incrociò le braccia – E' possibile che si sia lasciata trasportare dai sentimenti, ecco. -
La bionda continuò a scuotere il capo, pensierosa. - Forse la prima volta, ma Arashi dice che l'ha visto almeno due volte. Ha avuto tutto il tempo di pensarci su... dubito che si sia fatta ingannare, non è proprio da lei... -
- Dai, ammetti che quella lì non è che sia molto sveglia, ecco. -
- Piantala! - la voce di Arashi risuonò nuovamente nel salottino.
- Ci hai anche litigato, cos'altro ti aspetti da lei? -
- Non è così. E' stata un'incomprensione... da quando ci siamo conosciute non abbiamo quasi mai litigato, non a questi livelli, insomma. E poi... io non volevo litigare, ero solo spaventata... e anche lei. - chinò lo sguardo, sfuggendo a quello del ghiacciaio – Nozo... non è stupida. Non lo è affatto. -
- Vuoi dire che tutto questo casino che ha combinato non è dovuto forse alla sua stupidità? - chiese Bliz, accigliandosi.
- No. E' dovuto alla sua inesperienza come leader, alle sue scelte sbagliate. Non significa essere stupidi. - spiegò Arina, alzandosi – Al contrario, Undicesima è molto intelligente, il problema è che non sa sfruttare le sue qualità, inciampando in stupidi errori. -
- Sì, è vero. - Caesar si voltò verso il suo braccio destro, che rimase in silenzio. - Nozo è solo una ragazzina che ha vissuto tra sogni e libri, non ha ancora capito nulla del mondo ma non significa che non può apprendere e maturare. L'ignoranza non è stupidità, è solo una mancanza di informazioni basilari, influenzata dalla testardaggine e... perchè no, anche dall'orgoglio e dai complessi interiori. -
- Allora spiegami perchè è cascata in un inganno così evidente. - Bliz e Caesar si guardarono per alcuni istanti, ecco.
- Non ci arrivi, Bliz? -
- Non è possibile sia così, ecco. -
- Eppure è l'unica spiegazione che mi viene in mente. -
Il guardiano del ghiacciaio scosse leggermente il capo, incredulo ma rassegnato.

- Caesar. - Arashi si issò di scatto, si reggeva in piedi a stento e tremava.
Il ragazzo sapeva già che cosa stava per chiedergli, perciò l'anticipò.

- Si è lasciata catturare. - il bruno si mosse, raggiungendo le scale dell'abitazione e voltandosi ad osservare i presenti. - Per una ragione che, tuttavia, ignoro. -

Nessuno dei presenti parlò, bastarono i loro sguardi perplessi e confusi a esprimere la loro incredulità.
- Penso che sia meglio mangiare qualcosa e calmarsi. Dobbiamo avere le idee chiare per studiare un piano. -
- Cosa pensi di fare? - chiese Arina, osservandolo.
- Dobbiamo trovare Nozomi e Clover. -

Fece per voltarsi ma una voce maschile lo bloccò.

- Tu hai il numero satellitare di Cristal-san, giusto? -
Gli occhi rossi incrociarono quelli di Masato e mille idee balenarono nella sua mente.

Dopo pranzo, molti di loro si erano accasciati nel salottino, stremati per il nervosismo e per la tristezza che li avevano accompagnati per tutto il giorno.
Dopo essere riuscito a mettersi in contatto con il futuro boss dei Neveria, la situazione psicologica del gruppo era migliorata parecchio.

Osservò il suo smartphone, leggiucchiando il messaggio che gli aveva inviato poche ore prima.
“Ho contattato tuo padre, si stanno preparando per venirvi a prendere.” aveva scritto.
“Ho rinvenuto alcuni documenti importanti e ritengo che la situazione sia molto delicata, perciò ho deciso di raggiungervi nuovamente. Sarò lì alle prime luci dell'alba.”

Abbozzò un sorriso, sollevato.
Le informazioni di Cristal e l'arrivo di suo padre e di Tsuna avrebbero finalmente aggiustato il caos che si era creato.
Ma Nozomi non c'era. Non era nemmeno sicuro che fosse ancora viva.
Perchè stava pensando a qualcosa del genere? Non poteva darla già per morta.
Doveva solo sperare che gli servisse da viva, nonostante non avesse idea del perchè volessero appropriarsi di lei.
Ma, dopotutto, volevano anche lui.

Anche lui.

Era quel pensiero che lo tormentava.
Se fosse riuscito ad arrivare a Nozo, se fosse riuscito a salvarla per poi tornare a casa insieme... sarebbe stato il finale migliore.

A causa di quella riflessione si trovava lì, in una palestra chiusa da alcuni anni, girovagando per il cortile in solitudine.
L'edificio si trovava distante dal centro abitato, non c'era anima viva.
Solo Caesar e il suo smartphone.

Lanciò un'occhiata in lontananza, sapeva che Blizzard e i suoi ragazzi si trovavano nei dintorni, osservandolo da lontano.
Dovevano cercare di non farsi vedere né sentire, altrimenti Clover non sarebbe arrivato e il piano sarebbe andato in fumo.

Se quel ragazzo stava cercando Caesar e Nozomi, avrebbe sicuramente mirato a lui nel momento in cui si fosse separato dagli altri.
Dopo aver ottenuto la Vongola, dopotutto, doveva completare la missione rapendo anche il Simon.

Avevano deciso di creargli quell'opportunità, lasciando il Simon in solitudine accanto all'edificio e lontano da occhi indiscreti.

Speravano di tendergli una trappola e di catturarlo per farsi portare al suo rifugio e scoprire se era stato davvero lui a prendere la Vongola.
Anche se, ripensandoci, non c'erano altre spiegazioni. Solo un'illusione della nebbia poteva ricreare un uomo morto da parecchi secoli e Clover possedeva quella fiamma.

- Caesar! - una voce familiare costrinse il giovane a voltarsi rapidamente, che si ritrovò ad osservare gli occhi spaventati della ragazzina dispersa, proprio davanti a lui.
La chiamò quasi d'istinto, cercando di avvicinarsi a lei.
La bruna scosse il capo, in lacrime.
- No, ti prego, non avvicinarti... lascia... dimenticami... dimenticatemi... - si voltò e fuggì verso l'edificio.
Nonostante i pensieri di poco prima, il Simon era ormai già certo della vera identità della ragazzina che stava scappando via verso la palestra.
Lanciò un'occhiata alle costruzioni in lontananza e iniziò a correre, cercando di non perdere di vista l'illusione di Nozomi che gli mostrava la strada.

Prese il suo cellulare e tentò di squillare al suo braccio destro, rendendosi conto che la linea era sparita, proprio come quando tentava di chiamare suo padre, in Italia.

Si bloccò nell'androne, con il telefono ancora in mano.
Cercò di indietreggiare, tentando di mettersi in contatto con Blizzard, ma si ritrovò con le spalle al muro.
L'uscita era sparita e tutto, attorno a lui, era immerso in una coltre di nebbia bluastra.
- Cazzo. - esclamò, allontanando l'apparecchio dal volto e restando in silenzio, in attesa.
Sperò vivamente che Blizzard avesse notato l'anomalia.
Ma, dopotutto, anche se l'avesse notata non sarebbe stato in grado di spezzare l'illusione. Forse Yren avrebbe potuto scovare un varco, ma quanto ci avrebbero messo?

Non importava.
Se poteva arrivare al suo nascondiglio, forse, sarebbe stato meglio se l'avessero catturato.
Cercò di scacciare nuovamente via l'idea che lo volessero uccidere. Non sembrava questo il loro obiettivo.
E, forse, quello era stato lo stesso ragionamento di Nozomi.
Perchè aveva deciso di farsi prendere? Per raggiungere il suo nascondiglio?

Non c'era altro che nebbia densa e aria rarefatta. Il respiro divenne più affannoso e le palpebre pesanti.
Volevano addormentarlo, non lo stavano uccidendo. Si sentì molto sollevato.
Forse c'era una remota possibilità.
Altrimenti doveva lasciar tutto nelle mani di suo padre.

Che Dio ce la mandi buona.” pensò. “Giuro che non mi annoierò più a scuola e sarò più gentile con quella deficiente di mia sorella... Sempre che lei non faccia più minchiate.”
Non riuscì a resistere ulteriormente, una ninna nanna nostalgica continuava ad echeggiare nella sua testa. Una splendida donna gli sorrideva, cullandolo tra le sua braccia.
Guarda, Enma, si è addormentato! Com'è carino, il nostro Caesar.” disse lei, rivolta ad un uomo dai capelli color fuoco.

Abbozzò un sorriso.
Chiuse gli occhi e si accasciò al suolo.

Chissà se anche Nozo avrà pensato ai suoi genitori, prima di addormentarsi.
Ma, alla fine, cosa vuol dire essere genitori?
Amare una persona, unirsi a questa, creare un'altra creatura dal nulla.
Non so se potrei mai essere un buon genitore. Di sicuro amerei mio figlio e quella donna.
Come mio padre e mia madre hanno amato me.
Ma no, non è ancora finita.
Io voglio vivere, voglio avere una moglie e voglio avere dei figli.
Voglio proteggere le persone che amo e la mia sorellina.
E sono sicuro che anche lei troverà un uomo vero da amare e avrà dei bambini.
Magari, un giorno, vedremo i nostri figli giocare assieme.

Per questo.... non possiamo morire così.


Aprì gli occhi lentamente, ritrovandosi di fronte un enorme meccanismo pieno di tubi che avvolgevano l'intero soffitto.
Non è la mia stanza... dove sono?
Era confuso, strabuzzò gli occhi e continuò ad osservare quel groviglio di fili, prima di notare la presenza di un vetro, a pochi centimetri dal suo naso.
Non riusciva a muovere nessun arto, il suo corpo sembrava non esistere più, nonostante fosse ancora al suo posto.
Mosse lentamente il capo, cercando di capire in che luogo si trovava.
Si ritrovò ad osservare un lungo letto con un vetro che lo ricopriva, proprio come il suo, con alcuni tubi che scivolavano verso il pavimento e si snodavano chissà dove.
In quella sorta di incubatrice dormiva profondamente Nozomi.

Nozo!” voleva gridare, ma le parole non gli uscirono.

- Oh, si è svegliato? - una voce maschile spaventò il Simon, che si voltò lentamente, notando la figura di un anziano che affiancava il giovane dai capelli verdi. - Non ne abbiamo messo abbastanza. Provvedo subito~-

Voleva urlare, voleva chiedergli chi fosse e cosa volesse da loro, ma la sua voce sembrava essere scomparsa, così come quasi tutto il suo corpo.
Clover si avvicinò all'incubatrice e lo osservò divertito, dondolandosi con le mani dietro alla schiena e con un sorrisetto infantile. Era meno apatico dell'ultima volta e pareva essere più a suo agio.
Sembrava quasi un bambino con le fattezze di un quindicenne.

Caesar si voltò nuovamente verso la ragazzina, che continuava a dormire. Ipotizzò che i tubi attaccati alla sua incubatrice servissero a portare al suo interno l'ossigeno e la sostanza che la teneva addormentata.
Un simbolo spiccava sul lato sinistro della capsula, accanto ai tubi. Un enorme V-XI era stampato su un foglio A4 e attaccato con del nastro adesivo.

- Uh, stai guardando lei? - la voce di Clover risultò fredda come alcuni giorni prima, aveva probabilmente notato che il Simon stava osservando la Vongola e anche lui si era voltato a guardarla per qualche istante, prima di rivolgere l'attenzione nuovamente verso il bruno - Dorme, vedi? - sorrise in modo ingenuo.
Caesar rimase a fissare quello strano ragazzo per qualche istante, chiedendosi cosa diavolo potesse mai essere.
Era reale? Era umano?
- Sei preoccupato per lei? - chiese, chinando il capo verso destra – Tranquillo, è nel mondo dei sogni con l'uomo che ama. Lì non sarà più triste e sarà felice per sempre. Non è bello? - chiese.

No, non lo è. E' un fottuto sogno, non è la realtà!

- Tranquillo, anche tu fra poco andrai in quel mondo. Sarai felice e non proverai più dolore. - affermò, convinto – Non ci saranno più tristezze e agonie per voi due, siete così fortunati... -

Non voglio. Non voglio vivere una felicità effimera...” sentì quasi come se volesse piangere ma nessuna lacrima cadde dai suoi occhi. “Tu non capisci, Clover. Il dolore fa parte della vita, è ciò che ti rende vivo... ma forse... tu non sei nemmeno vivo.

L'aria iniziò a farsi densa, il viso di Clover divenne sempre più sfocato.
Qualcosa stava riempiendo la sua capsula, probabilmente qualcosa che l'avrebbe costretto a dormire di nuovo.

- Clover, cosa fai ancora qui? - la voce dell'anziano tornò a farsi vivida – Vai a controllare che nessuno si avvicini. Sicuramente tenteranno di riprenderseli ma non glielo permetterò. Non rovineranno il mio splendido esperimento. -
- Dottore, il laboratorio di analisi è pronto. - un'altra voce maschile lo affiancò.

Ormai Caesar aveva già chiuso gli occhi, non riusciva a tenerli aperti. Ma i loro discorsi erano ancora abbastanza vividi.

Dottore...? Stanford?!

- Benissimo, possiamo iniziare con i prelievi! - la voce aveva un tono allegro, quasi euforico – Attenzione con il trasporto, non voglio si facciano male. -
- Dobbiamo portarli nella 0-1? -
- No, no, non sono mica dei cani! Non scherzare assolutamente! Non voglio che venga sprecata nemmeno una singola goccia di sangue degli dèi! -
- Allora nella S-4, dottore? -
- Fate presto, fate presto! Prima iniziamo meglio è! Voglio che la Madre venga portata per ultima~ -
- Bene, il laboratorio è pronto. Possiamo iniziare a trasportare lui. -
- Aspetta, aspetta... il Seme non sembra essersi ancora addormentato. -

Che diavolo stanno dicendo? Cosa vogliono farmi?

- Ehi, stai resistendo, non è così? Lo vedo. -

Figlio di puttana...

- Dormi, avanti. Dobbiamo iniziare, hehehe. -

Che cazzo ridi? Ti faccio ingoiare una mazza da baseball, brutto bastardo...

La voce di Stanford iniziò a dissolversi, Caesar capì che era ormai prossimo al sonno.
Non resisteva più.
Non poteva fare altro, doveva solo affidarsi a suo padre.
Sperò vivamente che riuscisse ad arrivare in tempo.

- Oh, sembra che il Seme sia ormai prossimo al sonno. - ridacchiò. - Ma ho cambiato idea. -
- Dottore? -
- Il sangue del dio del cielo. Voglio analizzare prima quello. Prendete la ragazza, prendete il suo sangue! -

La voce dell'anziano era snervante, alla fin fine era felice che stesse svanendo assieme a tutto ciò che lo circondava.

Piano... piano...

Tutto svanì.

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Capitolo 21
*** Target 21 – Canada VIII ***


Target 21 – Canada VIII

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La ragazza dai capelli color fuoco non riusciva proprio a star ferma un minuto. Continuava a camminare avanti e indietro per l'ingresso dell'abitazione, la sua ansia era tangibile e l'aria era densa e inquietante.
Non era di certo l'unica ad essere così nervosa, anche gli altri membri dell'undicesima famiglia dei Vongola e dei Simon si trovavano nella stessa situazione.
Quella notte non erano riusciti a dormire bene e, in quella fredda mattinata, erano tutti silenziosi e assorti.

Come poteva biasimarli?
Nozomi era stata rapita e anche Caesar aveva fatto la stessa fine.
La vita di ciascuno di loro era ormai in salvo, Clover non li avrebbe più attaccati.
Ma, in cambio, avevano perso i due amici.
Chi venderebbe i propri amici per salvarsi la pelle?

Nozomi avrà pensato di consegnarsi per proteggerci.” Arashi lo sapeva benissimo. Sapeva come funzionava la mentalità contorta della sua migliore amica. “Quella cretina... ha di nuovo agito senza dirci nulla e facendosi carico di tutte le responsabilità..." si morse le labbra, quasi infuriata "ma quando la becco, le faccio una di quelle ramanzine che se la ricorderà per sempre.

Non sapeva nemmeno come si era ritrovata in cucina, seduta davanti al tavolo a sgranocchiare qualche biscotto.
Non erano affatto male, anzi, erano davvero buoni.
Una lacrima solcò il suo viso, voleva davvero mangiarli assieme a lei.
La ragazza che due giorni prima le aveva detto “Ti amo”. Certo, non nel senso più profondo della parola, ma in quello 'spirituale'.

Addentò un altro biscotto, osservando l'albino che impastava con foga.
- … Ma non fai altro? - chiese, con voce apatica. In effetti, da quando si trovavano in quella villa, Jun non faceva altro che cucinare e sfornare dolci.
E, stranamente, era anche molto bravo.
- Devo farlo. - disse lui, automaticamente, osservandola sottecchi. - Un essere umano, per essere in forze, ha bisogno di dormire e di mangiare. E voi avete bisogno di molte energie. -
Scostò il biscotto dalle sue labbra e restò ad osservare gli occhi verdi del ragazzo: erano concentrati, immersi nel suo lavoro da pasticcere.
Stava solo cucinando, ma lo stava facendo con tutto il suo cuore e la sua voglia di aiutarli.

"Ha ancora molta voglia di fare, nonostante ciò che ha passato..." quasi non riusciva a crederci.

Ripensò agli ultimi giorni passati a Swizzles e si rese conto che erano davvero tutti nervosi e preoccupati. Riuscivano a rilassarsi solo quando riposavano la notte e quando erano riuniti a tavola.

Abbozzò un sorriso.

- Davvero... forse è questo il tuo dono. - affermò, riprendendo a mordicchiare il biscotto.
- Può darsi. Mi fa piacere di riuscire a strapparvi un sorriso. - disse lui, alzando gli occhi dall'impasto e incontrando gli occhi nocciola della tempesta.
Non si erano mai guardati per così tanto tempo e lui non sembrava nemmeno più tanto terrorizzato da lei. Probabilmente avevano troppi problemi per pensare a cose di poco conto.
- Voglio tornare a casa. - disse lui.
- Dovrai aspettare, abbiamo da fare qui. - si limitò ad affermare.
- No, non hai capito. - tornò ad impastare, non curante dell'espressione interrogativa della ragazza. - Voglio tornare a casa, a scuola, con Sawada-san, Fukada-san, Inoya-san, Kaito-kun, Blizzard-kun, Kozato-san, Fudou-kun e i gemelli. Voglio indossare la divisa della Namimori e sedermi al mio banco. Voglio ascoltare i professori, spaventato che potrebbero notare i miei pessimi voti, fallire miseramente durante le lezioni di ginnastica, mangiare sul tetto con tutti e tenermi un po' lontano perchè Fukada-san potrebbe arrabbiarsi, tornare a casa e fare i compiti assieme. - spiegò – Voglio tornare a vivere come abbiamo sempre fatto. Tutti assieme. -

Arashi era incredula, non si sarebbe mai aspettata quelle parole.
- … Hai perdonato Nozo? -
- Non importa. - rispose lui, fermandosi. Osservò dinanzi a sé per qualche istante. - Quando sono salito su quella forca ho avuto paura per me stesso. Ma ora ho anche paura per gli altri. La vita umana è così fragile e così breve, e io la stavo sprecando. - tornò ad osservare l'impasto, con occhi languidi – Ma... non voglio che nessuno muoia. Non voglio non poter più sentire o vedere qualcuno che è stato accanto a me... non riuscirei ad accettarlo. - sospirò - Non voglio dire che ho perdonato Sawada-san per avermi fatto quasi ammazzare, però ho intenzione di farlo quando ritorneremo tutti a casa a vivere come prima. Solo allora mi andrà bene. -

La tempesta sospirò, non sapeva come rispondere. Il ragazzo aveva espresso i suoi sentimenti che, nonostante tutto, anche lei condivideva.
Tornare a casa e continuare a vivere la loro adolescenza come avevano sempre fatto era il desiderio di tutti.
Per questo dovevano ritrovare e salvare sia Nozomi che Caesar.

- Jun. -

Il ragazzo alzò lo sguardo e osservò Arashi, con perplessità.
- Anche le persone inutili possono essere utili a qualcosa. - affermò lei, incrociando le braccia. Dopotutto anche lui si era incastrato tra loro come un ingranaggio e aveva contribuito a mandare avanti l'enorme macchina di cui facevano parte.
Sorrise.
- Se continuerai così ti promuoverò da essere inutile ad essere inutile che fa dolci mediocri. -
- Ne sono onorato. - rispose lui, abbozzando un sorriso e tornando a lavorare all'impasto.

Alcuni istanti dopo, la porta della cucina si aprì.
Arina era sull'uscio, il suo sguardo era serio e incontrò quello dei due ragazzi.
- Cristal-san è arrivato. -

La tempesta si alzò rapidamente e la raggiunse.
- Tu resti? - le chiese, ritrovandosi faccia a faccia con la bionda.
- Sì, resto. - abbassò il capo con espressione triste e decisa.
La tempesta non era sicura del perchè avesse deciso di non andare con loro, dopotutto si trattava comunque di salvare la sua allieva.
Però, forse, qualcosa riusciva ad intuirla.
La donna abbozzò un lieve sorriso rassegnato.
- Mi dispiace, Arashi. Aspetterò l'arrivo di Decimo e gli chiederò perdono. -
- Non devi farti perdonare nulla, Arina. Siamo tutti terrorizzati, ma vogliamo aiutare Cristal-san a catturare i colpevoli... e vogliamo essere noi a salvare i nostri amici. -
La bionda annuì e uscì dalla cucina, la rossa stava per seguirla ma la voce dell'albino la costrinse a fermarsi.

- Fukada-san. -
Arashi non rispose, restò semplicemente in attesa.
- Tornate tutti, assieme a Sawada-san e Kozato-san. - sembrava quasi una supplica, ma venne pronunciata con voce ferma e severa.

- Ovviamente. - rispose Arashi, voltandosi verso di lui. - O tutti o niente. -


- I miei uomini hanno già circondato il luogo. - affermò il futuro boss dei Neveria - Ci saranno di appoggio ma, visto che ci troviamo contro un illusionista, dobbiamo agire noi che possiamo contrastare le fiamme. -
Il giovane dai capelli color cristallo scese rapidamente dal furgoncino e attese che i dieci ragazzi facessero altrettanto.
Nessuno di loro aveva parlato, erano rimasti in silenzio ad ascoltare ciò che il Neveria aveva scoperto.
Si erano ritrovati fuori un piccolo chiosco per alimenti, ovviamente chiuso. Degli uomini con completi bianchi avevano rivelato un tombino che sembrava portare alle fogne, ma in realtà si trattava di un passaggio segreto camuffato.
- Come diavolo hai fatto a scoprire una cosa simile? - Kaito osservò il tombino con aria perplessa e incrociò gli occhi color ghiaccio del ragazzo.
- Abbiamo macchinari molto avanzati, ma anche voi non siete da meno. - ridacchiò.
- Ci conviene che qualcuno resti a fare da guardia. - suggerì la rossa.
- Tranquilla, ci saranno i miei uomini. - Cristal aprì il tombino e rivelò una discesa buia e delle scalette bianche che si inoltravano verso il fondo, impossibile da scorgere. - Non c'è altra soluzione. -
- Sei sicuro di volerci aiutare? - chiese Blizzard, osservando il ragazzo il cui sguardo divenne serio.
- Questo è il mio territorio. Non voglio rapimenti, esperimenti illegali e morti. - spiegò – Mia madre mi ha ordinato di salvare i due giovani rapiti e di catturare l'illusionista e lo scienziato. -
- Anche se i due 'giovani' fanno parte di due famiglie non alleate? - chiese Luca, accigliato.
Cristal sembrò perplesso.
- A chi importa sapere chi siano? Se delle persone sono in pericolo vanno salvate e basta. -

La sua risposta era fin troppo esauriente ma, dopotutto, aveva ragione.
In certi casi era futile soffermarsi su certi particolari irrilevanti. La vita di una persona era, pur sempre, la vita di una persona.


Arashi fu la seconda a completare la discesa, subito dopo il futuro boss dei Neveria. La seguì Blizzard e così Kaito, Luca, Haname, Cloud, Fudou, Ylius, Yren e Shinji.
La rossa si guardò attorno, spaesata. Immaginava che, una volta discesa nel passaggio, si sarebbe ritrovata nelle fogne. Già poteva sentire il fetido odore e il suono dell'acqua putrida.
Rimase particolarmente stupita quando, voltandosi, si era ritrovata ad osservare un corridoio con mura in cemento e pavimento in piastrelle.

Il gruppo avanzò con cautela, Cristal li guidò verso un'enorme stanza semi- illuminata da fioche luci elettriche.
- Ci conviene controllare bene qui attorno, dobbiamo scoprire più cose possibili. - spiegò. - Non ci sono telecamere o sarebbero state rilevate dai nostri apparecchi. Possiamo agire in tranquillità ma è sempre meglio muoverci silenziosamente e in fretta. -
Haname e Cloud si erano già messi alla ricerca di informazioni e anche la rossa affiancò i due guardiani.
Solo in quel momento parve notare la sacca che la corvina portava sulle spalle.
Sapeva cosa c'era dentro, dopotutto aveva partecipato anche lei nella sua costruzione. Era quasi ansiosa di vedere Haname in azione con la sua nuova arma.
Sarebbe stata in grado di usarla oppure sarebbe andata incontro ad un nuovo fallimento?

Non poteva perdere tempo in stupidi pensieri, doveva concentrarsi a trovare indizi.
A loro piaceva tanto giocare a fare i detective, ma quello non era uno dei loro soliti videogiochi.
Sospirò, osservando uno schermo con strani dati che, purtroppo, non riusciva a comprendere. Se ci fosse stato Masato avrebbe decodificato tutto, ma lei non era alla sua altezza e ciò la disgustò non poco.
Non c'era una tastiera o un mouse, aveva paura di sfiorare lo schermo nel caso fosse stato un touch e avesse potuto azionare per sbaglio qualche meccanismo.

Non si era mai sentita così frustrata e spaventata.

La paura che Nozomi fosse già morta continuava a farsi strada dentro di lei. Aveva promesso a Jun che sarebbero tornati tutti insieme.
O, altrimenti, sarebbero morti tutti.

“Preferirei morire piuttosto che tornare a casa senza di lei.” il suo cuore batteva velocemente “E non sono l'unica a pensarla così.
Il suo sguardo sfiorò quello del ghiacciaio, intento a controllare alcuni mobili con fare minuzioso.
Blizzard era molto legato a Caesar, la rossa sapeva che se il suo boss fosse morto, non se lo sarebbe mai perdonato.
Come poteva dimenticare lo sguardo che aveva avuto la sera prima? Clover aveva catturato Caesar sotto il suo naso e lui si era sentito in colpa. Era rimasto tutta la sera con il volto tra le mani, in lacrime.
Erano simili, dopotutto.
Provavano gli stessi sentimenti, dovevano essere molto empatici, forse quello significava essere un braccio destro.

- Ehi, guardate qua. - Haname e Cloud invitarono i ragazzi ad avvicinarsi, mostrando loro un fascicolo contenente dei fogli, di cui alcuni stropicciati.

La rossa si avvicinò per ultima, osservando dei disegni, probabilmente fatti da dei bambini.
- Che roba è? - chiese Kaito, confuso – Dovrebbe interessarci? -
- Sì, dovrebbe. - Cristal si avvicinò a Cloud e osservò i disegni con curiosità. - Li tengono con cura in un fascicolo... perchè mai? - si chiese.
- Magari appartengono ai loro “esperimenti”. - ipotizzò Cloud, osservandone uno da vicino.
- Cos'è? - Chiese Luca, curioso.

Cloud girò il foglio e glielo mostrò: era un tipico disegno da bambino dell'asilo, lo scarabocchio rappresentava una casa e due esserini, probabilmente erano un genitore con il figlio.
L'esserino, abbozzato con la matita nera, aveva degli strati di colore verde sulla testa.
Non potevano esserci dubbi, la verità era fin troppo evidente.



- Ehi ehi, sentite questa! - Ylius e Yren si avvicinarono rapidamente al gruppetto, in mano avevano altri fogli ma, stavolta, non erano disegni.
Ylius iniziò a leggere con un inglese fluente:



“The 'Clover' experiment was born at the basis of the knowledge of the flames of the mist.
The continuous experiments have almost positive results. Actually is possible to export the soul from its body, subtracting it from the mortal being and raising it to a new omnipotent and omnipresent creature. 'Clover' is based on these factors, but his mentality isn't stable, despite being in contact with the nerve's flow of the subject.
The real body is under a constant stress but the dreamlike one isn't affected by the real pain. This can only mean that the spiritual 'Clover' isn't closely related to the psychology of the subject.
The experiment isn't completely failed, as Clover still contains almost all the features of the subject and, in case of death, it continues to keep them, creating an almost immortal being, disconnected from the real body.”

- ...Che cosa vuol dire sta roba? - Kaito sembrò alquanto confuso, non conosceva l'inglese e ci capiva poco e nulla.
- Praticamente parla dell'esperimento Clover. - spiegò Arashi, incrociando le braccia.
Cristal si avvicinò ai gemelli, i quali gli passarono il foglio.
- Sono i dati riguardanti lo sviluppo dell'esperimento. - spiegò – Pare che non sia del tutto fallito. - storse le labbra, continuando a leggere – Vengono citate due persone separate, che indicano come 'Clover' e 'soggetto'. Questo Clover non è altro che un'estrapolazione della mentalità del soggetto che, però, pare esserne differente. Per questo, l'esperimento non è andato esattamente bene. -
- A quanto pare speravano di creare la perfetta copia di un umano in versione onnipotente. - affermò Cloud.
- Se così fosse, allora questo Clover sarebbe imbattibile? - Blizzard sembrò spaventarsi.
- No, dubito. - Haname scosse il capo, raggiungendo Cristal – Secondo me, per “dreamlike” e “spiritual” loro intendono una sorta di proiezione. Certo, una proiezione è onnipotente... almeno finchè non elimini la sua fonte. -
- Anche senza eliminare la fonte è possibile distruggere la proiezione. - affermò Arashi, sospirando. – Si tratta praticamente di un ologramma. Un ologramma creato con le fiamme della nebbia. -
- E scommetto che questo 'soggetto' possiede quella fiamma. - disse Cloud.
- E scommetto che il 'soggetto' sia quello che Nozomi ha visto nei sogni. - disse Haname.
- La giovane Vongola ha un'abilità davvero curiosa. - affermò Cristal.
- Dubito si tratti di una sua abilità... - Luca si accarezzò il mento con fare pensieroso.
- Eppure si è messa in contatto con quel ragazzo. - disse il Neveria.
- O forse è stato quel ragazzo a mettersi in contatto con lei. - ipotizzò Haname.

Shinji, intanto, stava osservando i documenti con interesse, mugugnando.
- Proiezione... con le fiamme della nebbia... se fosse possibile sarebbe interessante... -
- Sarebbe una figata. - Yren osservò Ylius e ridacchiarono.

Alcuni minuti dopo, l'inusuale gruppo di adolescenti si trovava nuovamente nel lungo corridoio spoglio e sprovvisto di stanze. I pochi uffici che avevano incontrato lungo il loro tragitto non erano stati per nulla utili al loro scopo.
Arashi continuava a lanciarsi attorno occhiate preoccupate, mentre si voltava ogni due per tre ad osservare il guardiano della nebbia e Yren, che discutevano animatamente.
- Allora, ancora nulla? - chiese, stanca di sentirli blaterare inutilmente.
- Come ho già detto... verso sinistra... - rispose Shinji, continuando ad osservare i suoi tarocchi.

- E' da un casino di tempo che ci stiamo tenendo sulla sinistra ma non ci sono ancora ingressi o stanze. - Kaito alzò gli occhi al cielo. - Non puoi dirci dov'è che si entra? -

- Non lo so... - il bruno chinò il capo, afflitto. - E' a sinistra. -

- Basta, mi sono stancato. -

Il guardiano della nuvola si era voltato verso il muro alla sua sinistra e aveva iniziato a lanciargli contro i suoi cd che, purtroppo, non potevano che scalfirlo.
Kaito, che probabilmente reputava geniale l'idea di Cloud, lo affiancò rapidamente. Con il pugno intriso di fiamme del sole puntò un lieve spacco creato in precedenza dai cd della nuvola.
Arashi, esasperata, stava per estrarre le sue gemelle quando il pugno di Kaito non trapassò il muro da una parte all'altra, causando il crollo di buona parte della parete e creando un enorme varco dinanzi a loro.
Cloud sghignazzò soddisfatto e lo oltrepassò per primo, seguito dal resto della combriccola.

Dietro al muro si trovava un corridoio parallelo, pieno di celle serrate ma vuote.
Cristal parve perplesso, voltandosi verso Shinji con curiosità.
- Sai dirci dove dobbiamo andare? -
- … Sinistra. - ripeté lui.
- Siamo andati a sinistra! - disse Arashi, stanca. - Possibile che tu non possa mai essere più preciso? -
- Beh, Shishi, cosa ti aspetti da un prestigiatore fallito e uccellaccio del malaugurio? - Kaito scrollò le spalle.
- Tu chiamami ancora Shishi e ti ficco Scarlet in gola e Raven... non lo vuoi sapere. -
- Eh dai, a me piace! -
- A me no. -
- Ragazzi, per favore. - la voce di Cristal, nonostante fosse gentile, riuscì a zittire i presenti.
Arashi non capiva come mai quel ragazzo emanasse uno strano ed inquietante alone di mistero e severità, nonostante sembrasse altruista, gentile e pareva non perdere mai la calma.
Forse poteva trattarsi della sua sicurezza che, a differenza di Nozomi, era dovuta alla sua conoscenza e alla sua esperienza. Quel ragazzo di quasi vent'anni sapeva benissimo cosa fare e cosa no, conosceva i suoi limiti e anche le sue potenzialità.
In realtà non vedeva l'ora di vederlo all'opera.

Dovette risvegliarsi dai suoi pensieri quando si ritrovarono alla fine del corridoio, davanti a un muro che impediva loro di proseguire. Vi era solo una piccola grata in basso, che conduceva ad un lungo e stretto passaggio.
Erano effettivamente andati a sinistra, nuovamente, percorrendo il corridoio nascosto a ritroso e ritrovandosi probabilmente vicino all'entrata, situata invece nel corridoio adiacente.

- Lasciate fare a me. - la pioggia aprì la sua sacca e vi estrasse una lama lucente e decorata. Si trattava della stessa spada che aveva costruito assieme al signor Richard.

La spadaccina eseguì diversi montanti, un roverso tondo e un dritto tondo, causando la spaccatura della grata in un perfetto quadrato.

- Provo ad andare io. - disse.
- No aspetta. - Arashi si avvicinò ad Haname e l'osservò negli occhi. - Lascia andare me. -
La pioggia rimase qualche istante immobile, pensierosa. Indietreggiò poco dopo, chinando il capo.
- Stai attenta, Ara. Non essere avventata. -
- Dubito ci sia qualcosa di pericoloso, ma stai tranquilla. Voglio tornare a casa senza vittime. -
Sorrisero entrambe.

La rossa si infilò nel cunicolo e strisciò per un paio di minuti, giungendo ad una apertura e scivolando giù, sul pavimento.
Più che pavimento, però, era pietra. Si trovava in un sotterraneo freddo e umido, pieno di celle simili a quelle nel corridoio precedente, con la differenza che queste erano scavate nella roccia e abbandonate.
Dietro di lei scivolò anche Blizzard, che l'aveva seguita.
Alzò gli occhi al cielo.

- Non avevo mica bisogno della scorta, eh. -
- Volevo assicurarmi che non facessi cazzate, ecco. - disse lui, osservandola sottecchi. - Sapendo quanto sei istintiva... -
Si stava forse riferendo al litigio di due giorni prima? Possibile che non faceva altro che provocare? Era tale e quale a quell'altro scemo di Caesar.

- Come ti pare. - disse lei, cercando di ignorarlo.

- Certo che sei proprio simpatica, eh. - si guardò attorno, con curiosità.
- Anche tu lo sei. - si voltò verso l'azzurrino, guardandolo male. - Sempre a rompere le palle. -
- Avanti, non fare la tsundere. - ridacchiò, fermandosi ad osservarla negli occhi nocciola. - Se fossi meno rozza e più calma, saresti davvero una ragazza interessante, ecco. -
L'espressione di Arashi mutò in disgusto.
- Interessante per chi? Per te? -
- Chissà. -
- Ma va al diavolo, te e quell'altro. Ha ragione Nozo a dire che siete dei coglioni. - disse lei, ispezionando alcune celle di fronte a loro. - Sempre a prendere per il culo e a trattare le femmine come oggetti. -
- Non hai proprio capito nulla di noi, ecco. - rispose lui. Non era infastidito e nemmeno arrabbiato. Sembrava più che altro divertito.
Proprio come Caesar.
- Allora siete voi che non vi fate capire. - si avvicinò alla cella centrale, osservando dritto dinanzi a sé.
Restò immobile per qualche istante, come incantata, mentre Blizzard l'affiancava.

Un ragazzino era seduto a terra, incatenato.
Aveva un camice sporco e lunghi capelli verdi.

- Bingo. - disse Blizzard.
- Non ci resta che distruggere queste sbarre e salvarlo. - la rossa estrasse le sue pistole ma il giovane l'anticipò, creando dal nulla una lama ghiacciata che assunse la forma di una spada, simile a quella di Haname.
- Ma perchè mi anticipate tutti? - disse lei, sospirando. - … che diavolo è quella? -
- Una spada di ghiaccio, ecco. Non si capisce? - il ragazzo sghignazzò.
- Praticamente la tua abilità è quella di creare spade di ghiaccio? -
- In realtà creo qualsiasi arma mi va a genio. - spiegò.
- Oh, capisco. -
- Che c'è, invidiosa? - ridacchiò.
- Di cosa? Io ho le mie gemelle e ne vado fiera. - disse lei, incrociando le braccia.
- Oh sì, lo vedo. - il ragazzo sembrò scrutarla da capo a piedi per qualche istante e poi scostò lo sguardo, visibilmente divertito.
Arashi alzò un sopracciglio, perplessa, finchè non comprese la sua affermazione.
- BRUTTO MANIACO-

Il giovane si era lanciato contro la grata e l'aveva colpita con un fendente.
Quando il ghiaccio, rafforzato dalla sua fiamma, toccò la grata di ferro, però, venne respinto.
Un fastidioso suono iniziò a risuonare nel sotterraneo e dal pavimento davanti alla cella si elevò una parete all'apparenza blindata.

Il giovane incatenato scomparve, rinchiuso in una sorta di cassaforte in ferro che non si scalfì nemmeno dopo un paio di colpi di pistola, anche se intrisi di fiamma della tempesta.

- Ma che cazzo?! Di che roba è fatto? - urlò lei, incredula.
- Piuttosto, da dove cavolo è uscita fuori? Siamo in un sotterraneo creato nella roccia, ecco. -
- Costruito da degli scienziati. - disse lei, scuotendo il capo. - Andiamo via, non possiamo fare altro. - la tempesta raggiunse il muro e osservò in alto, verso il cunicolo da dove erano sbucati.
Si voltò, notando che il ghiacciaio si era avvicinato.
- … Non guardarmi sotto. - disse, fulminandolo con lo sguardo.
Lui incrociò le braccia, perplesso.
- Se ti fossi messa un pantalone non saresti in questa situazione, ecco. -
- Tu non guardare e vedi che sopravviverai. - si voltò e fece un balzo, infilandosi nel passaggio.
- Ehhh tale boss, tale braccio destro. - la voce irritante del giovane costrinse la rossa ad alzare nuovamente gli occhi al cielo.
- Questo dovrei dirlo di te e di quell'altro. -
- Diciamo che vale per tutti, ecco. -

I due ragazzi ripercorsero a ritroso il cunicolo per un paio di minuti.

- L'avevamo trovato. - disse Arashi, uscendo dal passaggio aiutata da Haname. - Non siamo riusciti a liberarlo e la sua cella è stata bloccata. -
- Bloccata da cosa? - chiese Luca, confuso.
- Pareti di ferro blindate e qualcos'altro, perchè non sono riuscita a distruggerle. L'allarme è scattato per colpa nostra. - spiegò lei, furiosa.
- Dov'è il Neveria? - chiese Blizzard, uscendo anche lui dal cunicolo.
- Lui, Cloud e Shinji sono andati in avanscoperta appena hanno sentito l'allarme, saranno qui a breve. - spiegò la pioggia.

Arashi sospirò, ascoltando il suono snervante dell'allarme e osservandosi intorno.
Erano soli, fuggitivi e senza soldi, si trovavano in un paese che non conoscevano, i loro boss erano stati rapiti, si erano intrufolati nel covo nemico ed erano anche stati scoperti.

Cos'altro sarebbe accaduto?

Anche io... anche io voglio tornare a Namimori, assieme a tutti quanti.

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Capitolo 22
*** Target 22 – Canada IX ***


Target 22 – Canada IX

cover

Erano ormai passate un paio d'ore da quando si trovavano all'interno del laboratorio segreto, nascosto nei sotterranei di Swizzles. Il luogo era deserto, non avevano incontrato guardie se non un paio di dottori increduli e spaventati, erano riusciti a metterli facilmente fuori gioco grazie alle loro capacità.
Ormai la situazione era fin troppo chiara.
Quegli uomini non si aspettavano l'arrivo di esterni e, probabilmente, nemmeno Stanford avrebbe mai immaginato che il suo nascondiglio venisse scoperto.
Infondo, era nascosto fin troppo bene, dietro ad un tombino sotto ad un chiosco. A chi sarebbe mai venuto in mente di controllare lì dietro?

Erano stati capaci di scoprirlo solo grazie all'aiuto di Cristal.
Cristal di Neveria, un ragazzo di quasi vent'anni all'apparenza calmo e altruista, il quale aveva deciso di trovare e catturare chi stava portando scompiglio nel suo territorio.

Il giovane avanzò a testa alta attraverso i corridoi intricati, sicuro della strada da percorrere.
Ogni tanto osservava il suo smartphone con aria pensierosa, controllando che si stessero dirigendo nella direzione giusta. Era lui a guidare il gruppo.

- E' una mappa? - chiese Luca, che aveva notato il disegno virtuale sul cellulare del ragazzo.
- Sì, è stata costruita con un ricettore di materia. - spiegò lui, sorridendogli – Viene ricreato dal nostro satellite, quindi è in tempo reale. -
- Però non puoi vedere dove ci sono le persone, ecco. - Blizzard sembrava poco fiducioso.
- Sarebbe stato più complicato, ho preferito costruire la mappa in base alle stanze, in modo da sapere già dove dirigerci. Come avrete notato, i corridoi qui giù sono sempre più numerosi e quasi labirintici. -

- Mi chiedo perchè fare simili corridoi se loro, per primi, non sospettavano che qualcuno li avrebbe trovati. - Arashi si guardò intorno, confusa.
- Forse per scoraggiare eventuali intrusi occasionali. - ipotizzò Haname. - Magari non so... qualcuno poteva finirci per caso... -
- Allora avrebbero dovuto farne all'entrata anziché mettere quegli uffici in bella vista. - Arashi incrociò le braccia.
- No. - la voce di Cristal interruppe i pensieri dei ragazzi,e il giovane si fermò all'improvviso. - No, non ricordo questo punto. - alzò un sopracciglio, perplesso.
- Cosa succede, Cristal-san? - Luca diede uno sguardo alla mappa.
- Avevo controllato la mappa poco prima di arrivare qui e non ricordo questo punto. Dovevamo essere già arrivati alla stanza centrale. -
- La stanza centrale...? - anche Arashi si avvicinò a lui – E' dove si trovano Nozomi e Caesar? -
- Può darsi, non ne sono sicuro. - si affrettò a dire – E' la stanza più grande del laboratorio, sicuramente ci sarà qualcosa di interessante. Tuttavia... -
Cristal si voltò verso la bianca parete che si trovava accanto a loro e la osservò attentamente.
- … Possibile che il laboratorio stia continuando a cambiare. - affermò.
- Eh?! Che vuol dire? - Kaito sembrò risvegliarsi dal suo stato di apparente confusione e noia, rispondendo con incredulità all'ultima affermazione dell'albino.
- Vi ricordo che Stanford modella la nebbia, è possibile che tutto questo posto sia una sorta di “involucro”. -
- ...Clover? - Arashi si azzardò a chiedere.

- E' difficile da rompere... - la flebile voce di Shinji arrivò alle spalle del gruppo. Il bruno, accanto a Yren, era intanto ad osservare i tarocchi con perplessità.
- Possiamo comunque fare una prova. - disse il Neveria, rivolgendosi ai due illusionisti.
Shinji e Yren si osservarono, perplessi.
- Ci stiamo provando da un po'... dobbiamo trovare il nucleo. - affermò Shinji, preoccupato.
- Il nucleo sarà probabilmente Clover. - disse Yren, poggiando il braccio sulla spalla di Ylius. - Dobbiamo trovare lui, solo allora potremo contrastare le sue illusioni... forse. -
- Non potete almeno squarciare le mura? - chiese Kaito, infastidito. - Così arriviamo più velocemente in quella stanza. -

- Tanto già sanno che siamo qui, l'allarme ha suonato per più di cinque minuti. - anche Luca sembrava preoccupato, continuava a guardarsi intorno come se qualcosa dovesse spuntare all'improvviso.
- Se questa è tutta un'illusione, sicuramente. - Cristal abbassò lo sguardo con decisione, rivolgendolo alla parete e poggiandoci sopra la mano. - Adesso si spiega il perchè di questi corridoi. -
- Che insulso metodo di protezione. - Cloud incrociò le braccia – Vogliono farci girare in mezzo a questo labirinto per l'eternità? -
- Non staremo certo ad aspettare che succeda. - Yren si era spostato dal gemello e dal suo borsone aveva estratto qualcosa che assomigliava ad uno scettro dorato, con un'enorme pietra rossa in cima decorata da foglie giallastre e un paio di nastri.
- Cioè... se voi sapevate che eravamo nella nebbia fino al collo... perchè diavolo non ce l'avete detto?! - Arashi osservò Shinji come se volesse distruggerlo.
- … Era inutile... stavamo pensando a come rompere l'illusione... - il bruno chinò lo sguardo.
- … Queste nebbie, non le capirò mai. - la tempesta si portò la mano sul viso, sospirando.
- Va bene, non scoraggiarti. - Cristal sorrise dolcemente e si rivolse ai presenti. - Possiamo provare ad usare un vecchio trucco che, forse, può aiutarci. -
- Vecchio trucco? - Kaito si avvicinò al ragazzo con curiosità.
- Se la nostra mente è più forte di questa nebbia... possiamo credere di poter facilmente abbattere le pareti come se fossero reali. Andando in questa direzione dovremmo raggiungere il fulcro del laboratorio. -
Il sole si avvicinò al muro e lo osservò con perplessità, probabilmente chiedendosi se potesse davvero abbatterlo.
Ma, dopotutto, quel muro sembrava davvero un normalissimo muro.
Il rumore metallico di un'arma appena estratta costrinse il biondo a voltarsi. Arashi aveva puntato Scarlet e Raven contro la parete color latte, osservandola con disgusto.
- Stavolta non mi ruberete la scena, maledetti egocentrici del cazzo. -
- Chi sarebbe l'egocentrico? - Bliz mise su un sorriso sornione che alla rossa non piacque affatto.
Sembrava ancora più arrabbiata di prima e iniziò a sparare rapidamente.
Il sole si era spostato, evitando i primi colpi quasi per miracolo.
- Ohi Shishi! Che cavolo fai, vuoi ammazzarmi?! -
- NON CHIAMARMI SHISHI. - ruggì lei, disintegrando la parete che li circondava e distruggendone altre due, una dietro l'altra.

- … Mai far arrabbiare una tempesta. - Luca si grattò il capo, perplesso.
Cristal sorrise.
- Ben fatto. Se continui ad usare la tua forza di volontà, assieme all'attributo di distruzione della tempesta, potremmo riuscire ad abbattere tutte le pareti. -
- Ma... sono realmente distrutti? - chiese Kaito, confuso. Non voleva certo andare a sbattere contro un muro.
- Non fare il coglione, Kaito. - la tempesta si voltò verso di lui con un cipiglio severo – Tu SAI che sono stati distrutti. Continua a pensare così, altrimenti saremo di nuovo punto e capo. -
- Oh... d'accordo... - il giovane sole chinò il capo alla sua destra con perplessità.

Il gruppo si inoltrò rapidamente attraverso le pareti distrutte dalla tempesta, correndo a perdifiato e senza voltarsi indietro.
Cristal continuava ad osservare la sua mappa, cercando di ricordare il punto in cui aveva visto l'enorme sala esagonale che, probabilmente, era la sala centrale del laboratorio.
- Shishi, un altro muro davanti a noi! - disse Kaito, indicando la parete che sopraggiungeva con arroganza.
- Non dirmi cosa cazzo devo fare! - gli spari della tempesta abbattevano le mura con facilità, dopotutto solo lei poteva adempiere a quel compito: era l'unica del gruppo ad usare armi esplosive.

Oltrepassata anche l'ultima parete, però, i ragazzi si ritrovarono nel bel mezzo del nulla e iniziarono a cadere verso un punto indefinito.

Tutto attorno a loro era diventato di un grigio sconcertante e il laboratorio era interamente svanito nel nulla.
Precipitavano verso il vuoto, tra la paura e la confusione generale.

- No! - urlò Cris, preoccupato. - Tutto ciò non è reale! Non lasciatevi ingannare! -
- A-anche se lo dici.... stiamo precipitando!! - Luca si teneva il capo agitandosi, spaventato, muovendo le gambe in modo convulso. Nonostante fosse praticamente il più grande del gruppo, era pur sempre il più pauroso.
Colui che avrebbe preferito inseguire una bella fanciulla piuttosto che combattere.

- Luca-san, per favore! Mantieni la calma! - ma la voce dell'albino non sembrava raggiungerlo in nessun modo.

Toccarono lentamente il suolo solo pochi istanti dopo, con stupore e incredulità.
Arashi e Kaito si voltarono verso gli altri, notando che Shinji e Yren stavano emanando due intense aure che si espandevano lentamente.
- Grazie al cielo, sono riusciti a contrastarlo! - Haname sembrò sollevata e si voltò davanti a loro, osservando l'enorme stanza dove erano finiti.

Davanti a loro c'erano alcuni macchinari, schermi con codici incomprensibili e tubi che si diramavano sul pavimento e sul soffitto. La sala si ergeva per due altissimi piani, una ringhiera delimitava il secondo, da cui si potevano intravedere delle porte grigiastre.
Il loro sguardo, tuttavia, si posò su due enormi bare di vetro che custodivano gelosamente i due ragazzi rapiti alcuni giorni prima.
Due simboli venivano digitalmente trasmessi su due monitor, disposti ognuno sul capo di una bara: V-XI e S-XI.
I nomi degli esperimenti che vedevano protagonisti i due undicesimi, assopiti all'interno degli incubatori.

- NOZOMI! - urlò Arashi, lanciandosi verso la bara dove si trovava l'amica.
Non riuscì a raggiungerla in tempo, la stanza svanì sotto il loro sguardo attonito e si tramutò in verde.
Piante, cespugli, terreno fangoso, altissimi alberi che quasi oscuravano il cielo e flussi d'acqua disperasi nella natura circostante.
Si ritrovarono nel bel mezzo di una foresta amazzonica.

- CLOVEEEEEEEEEEER! - la tempesta si voltò rapidamente a destra e a sinistra, cercando di individuare l'ologramma del ragazzo dai capelli verdi. Il suo sguardo era contratto in una smorfia di pura rabbia, sembrava volesse strappargli la testa a morsi. - DOVE SEI, FIGLIO DI PUTTANA? -
- Calmati, i ragazzi stanno tentando di scovarlo. - tuttavia, la voce di Cristal non riuscì a calmare minimamente la sete di sangue della tempesta, che continuava a voltarsi attorno con rapidità.
- Perchè la foresta non sparisce come con le mura? - Haname sembrava perplessa, lanciò nuovamente uno sguardo ai due illusionisti che stavano tentando di aprire un varco. Shinji stringeva i tarocchi con concentrazione, emanando un'aura bluastra, mentre Yren aveva alzato in alto il suo scettro, risplendendo di un'aura giallastra.

- Perchè non tutti siamo convinti che è un'illusione, suppongo. - la voce di Cloud sembrò quasi spaventarla – Come avevo pensato, siete tutti così disorganizzati e fuori sincronia. -
Luca si trovava poco più in là, si guardava attorno con terrore e stringeva la sua catena, attento a qualsiasi rumore.
Haname sospirò.

Un ruggito inquietante costrinse i ragazzi a voltarsi verso i due illusionisti.
Yren si spostò rapidamente, il suo sguardo terrorizzato era fisso sull'enorme bestia di metallo che si trovava davanti a loro.
Un cane a due teste, meccanicamente creato con metalli e codici di chissà quale genere, si muoveva senza indugi verso i due illusionisti, cercando di distoglierli dal loro lavoro.
Ylius aveva tirato fuori il suo nastro violaceo e cercò di immobilizzare il bestione afferrandolo per la zampa posteriore sinistra.
Nonostante fosse sopraffatto dalla paura, il giovane fulmine si avvicinò titubante all'ansimante guardiano della palude dei Simon e lanciò la sua catena verso il cane robot, legandolo attorno allo stomaco.

I due illusionisti si allontanano dal mostro tecnologico e si rimisero rapidamente all'opera, concentrandosi al fine di individuare il fulcro della nebbia.
Arashi iniziò a sparare rapidamente verso la bestia, i suoi colpi si schiantavano contro una sottile barriera elettrica creata dal mostro.
- Continua a sparare, bisogna neutralizzare la sua barriera di fiamma del fulmine! - gli disse Cristal, avvicinandosi alla rossa.
Anche Cloud stava tentando di neutralizzarla, colpendolo con i suoi CD simultaneamente in differenti punti.

- Questo coso si agita peggio di un cane in calore! - urlò Luca, faticando nel tenerlo fermo. Anche Ylius sembrava trovarsi in difficoltà e sia Fudou che Kaito si aggrapparono ai rispettivi compagni di famiglia, aiutandoli a tenere fermo il cagnaccio.

La sue barriera si era frantumata in più punti a causa dei colpi di Arashi e Cloud utilizzò quelle vie per colpirlo con i suoi CD. Tuttavia non ebbe un esito molto positivo, la sua armatura era rinforzata e più spessa rispetto ai fragili CD che, seppur potenziati grazie alla fiamma del maestro, restavano comunque deboli.
- Tsk. - l'occhialuto, si fermò a studiare la situazione.

Dopo altri due colpi e molta stanchezza, la tempesta riuscì finalmente a distruggere una buona metà dello scudo protettivo.

- Lasciate fare a me. - Cristal si avvicinò al cane rapidamente, estraendo dalla tasca un piccolo oggetto bianco e dalla forma circolare.

Si fermò dinanzi alla bestia e lo osservò, concentrandosi. Quello strano oggetto si accese all'improvviso e il ragazzo premette rapidamente alcuni tasti.
- Shinu ki Armor, Weapon. - urlò. Il piccolo dispositivo si illuminò di bianco per poi infiammarsi di un lucente arancione, che avvolse il ragazzo stesso.
Il suo cappotto era sparito assieme alla sciarpa e al vestito che indossava pochi istanti prima, al suo posto era apparsa una tunica bianca e bluastra, decisamente leggera per un luogo freddo come quello in cui si trovavano.
Sul petto era posizionato il simbolo dei Neveria, un fiocco di neve blu decorato, e tra le sue mani teneva stretta un'ascia gialla e scura finemente decorata, da cui fuoriusciva la fiamma del cielo. Il ragazzo roteò la scure con orgoglio, lanciandosi contro il cane e evitando di essere morso, saltando a destra e a sinistra con un'agilità impressionante.
Raggiunse rapidamente il collo dell'animale meccanico e gli tagliò via la testa con facilità.
Quando raggiunse il suolo, atterrando accanto al capo della bestia, notò con piacere che Haname e Blizzard avevano provveduto a staccargli l'altra testa, utilizzando le loro spade con abilità.

Arashi era rimasta interdetta per qualche secondo, stava osservando il nuovo vestito del ragazzo e l'arma che prima non aveva.
- Cosa... cosa è? - chiese, avvicinandosi a lui.
- Uh? Questa? - disse, alzando la mano destra e mostrando l'accetta che stringeva – E' l'Ascia Polare, la mia arma. -
- No, intendo... da dove è uscita? E l'abito... che diavolo hai fatto? E' un'illusione? - chiese lei, confusa.
- Ah, è una nuova tecnologia. - rispose lui, sorridendo. - Si chiama Shinu ki Armor. Si attiva tramite dei minuscoli dispositivi chiamati Compact, i quali utilizzano la scomposizione della materia per conservare un'armatura protettiva e un'arma. - spiegò – Possono contenere fino a tre oggetti, ma stanno pensando di ampliare gli slot disponibili. -
- … Contengono un'armatura e un'arma? - la pioggia lo osservò, incredula - … Quelli di cui parlava Masato-kun sulla nave... - Haname sembrò interessata alla notizia, dato che anche lei avrebbe avuto piacere nel trasportare la sua spada in un modo così facile e leggero.
- Quella che hai addosso non mi sembra mica un'armatura. - Arashi alzò un sopracciglio e Cris ridacchiò.
- Lo è, fidati. L'apparenza può differire a seconda dei gusti, ma la composizione è basata su materiali molto complessi e, soprattutto, sulle fiamme. -
- Quindi i Neveria sono una delle poche famiglie che posseggono i prototipi di questi oggetti? - la rossa sospirò.
- … Sono i nostri scienziati che hanno contribuito alla scoperta del nuovo metodo di scomposizione molecolare. - spiegò lui, lasciando increduli i presenti. - Siamo stati noi a creare i Compact. -

Il momento di tranquillità, però, non era destinato a durare.
Nonostante non avesse più alcuna testa, il cane robot tornò nuovamente ad agitarsi e trascinò via Luca e Kaito, che caddero rovinosamente in avanti. Le catene del fulmine vennero brutalmente spezzate e il bestione fuori controllo iniziò ad agitarsi.
Cristal non ebbe il tempo di voltarsi poiché, dai circuiti presenti nel collo esposto dell'animale, apparve un laser giallastro che prese di striscio il braccio sinistro di Arashi, che quasi non urlò.
Il suo braccio si cristallizzò poco dopo, avvolto da uno strato sottile di ghiaccio che Blizzard aveva rapidamente creato, evitando che sanguinasse in modo problematico.
La rossa si inginocchiò, il suo volto esprimeva la sua fatica e l'afflizione che stava provando.
- Tu... ti stai prendendo un po' troppa confidenza. - disse lei, tremando.
- Pensa a ringraziarmi, piuttosto. - rispose lui, osservandola con una velata apprensione.

Il robot sfuggì alla presa del nastro di Ylius, ma le sue zampe vennero leggermente congelate dal ghiacciaio, che stava tentando invano di bloccarlo.
Il terreno ai suoi piedi iniziò a muoversi, come se scosso da invisibili pugni sotterranei, e il cane si ritrovò ad agitarsi convulsamente pur di non cadere.
Il guardiano della montagna dei Simon continuò a colpire violentemente il terreno con la sua chiave inglese, avvolta dalle fiamme della montagna, ad ogni suo colpo scatenava una reazione inversa del suolo che si alzava verso l'alto con prepotenza, incastrando il robot in una sorta di gabbia rocciosa.
Ripose l'arma nella cinta dei pantaloni e si avvicinò al cane, cercando di sollevarlo.
Kaito l'affiancò e lo aiutò, rivelando una forza incredibile per la sua statura minuta. Il sole lo aveva afferrato per la coda mentre Fudou lo stava alzando dal ventre, lanciandolo con forza verso il terreno con un sonoro tonfo.
Haname si gettò con rapidità sopra di lui, eseguendo una serie di attacchi precisi che tagliarono la bestia in tanti piccoli pezzi che si dispersero al suolo.

Shinji e Yren erano finalmente riusciti ad aprire un piccolo spiraglio nell'illusione di Clover, la nebbia aveva lanciato i suoi tarocchi verso un punto preciso e questi avevano causano una lunga frattura. Cristal si lanciò rapidamente nell'apertura e Blizzard lo seguì, mentre la foresta si offuscava e il giovane dai capelli verdi si palesava con arroganza davanti al resto del gruppo.

Shinji crollò sulle ginocchia, affaticato, mentre Yren era stato prontamente afferrato dal gemello. I due illusionisti avevano passato più di quindici minuti nel tentare di sconfiggere la fiamma di Clover, ormai non potevano fare altro. La loro fiamma si era parecchio indebolita ed era ovvio che non avevano più energie per continuare a supportarli.

- Via. - disse con voce flebile il loro nemico, mentre alcuni CD lo trapassavano con naturalezza e roteavano verso il terreno.
Cloud sembrò infastidito ma, dopotutto, doveva aspettarselo. Clover enon era altri che un ologramma.

- Andate via. - disse ancora.
Come se si trovassero contro un vento impetuoso, i ragazzi sentirono una forte pressione che li spingeva verso il lato opposto della foresta sfocata.
- Non ci siamo, non è possibile! - disse Haname, cercando inutilmente di avanzare. - Le sue illusioni sono troppo potenti! -

All'improvviso il vento cessò, Clover si era voltato e la foresta era scomparsa.
Cristal aveva distrutto la bara che conteneva la giovane Vongola mentre Blizzard aveva appena risvegliato Caesar, il quale sembrava abbastanza stordito.
- Ehi, svegliati! - l'albino scosse la ragazza per qualche istante, cercando di farle riprendere conoscenza.
La bruna aprì gli occhi lentamente e sembrò osservare il volto del giovane, confusa.

- Come osate. -
Una voce sconosciuta risuonò nella stanza computerizzata, proveniva dal secondo piano.
I ragazzi alzarono lo sguardo e poterono osservare un uomo dai capelli brizzolati che portava un monocolo e indossava un camice bianco.
Il suo sguardo era impassibile ma un po' di rabbia traspariva dai suoi occhi nocciola.
L'anziano li scrutò con fermezza, storcendo le labbra in una smorfia disgustata. Stava fissando i due ragazzi, ormai svegli, per poi spostare l'attenzione sul giovane dai capelli verdi.



- E' inutile. - disse – Non potete scalfire un ologramma. - portò le mani dietro alla schiena, pensieroso – La fiamma di Trevis è molto forte così come le illusioni di Clover. -
- ...Trevis? - ripeté Haname, perplessa - E' forse il suo nome... quel ragazzo... -

- Allontanatevi. - la voce di Stanford risuonò dura e minacciosa, stava osservando Cristal e Blizzard con severità. - Allontanatevi dal Seme e dalla Madre. -

Clover si voltò verso i due salvatori e si avvicinò a passo lento, tornando ad emanare un'aura bluastra.
- Ce l'ha con noi. - disse Blizzard, mordendosi le labbra. Caesar era ancora intontito e Nozomi era mezza addormentata, non potevano fare nulla e quasi tutti i ragazzi erano ormai stremati.
- Dobbiamo fare quel che possiamo, i rinforzi stanno per arrivare. - spiegò Cristal, aiutando la ragazzina a sedersi sull'incubatrice e ponendosi tra lei e Clover.

- Allontanatevi, adesso! - li intimò nuovamente lo scienziato. - Non permetto a nessuno di toccare i figli degli dèi che fanno parte del mio glorioso esperimento! -

- Maledizione. - l'albino strinse l'ascia con rabbia.
Dovevano trattenerlo solo per un altro po', giusto il tempo che serviva per fuggire da lì.

E finalmente avrebbe rimesso a posto la situazione.

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Capitolo 23
*** Target 23 – Canada X ***


Target 23 – Canada X

cover

Il gruppo non era di certo pronto ad affrontare un altro scontro con Clover. Gli unici ancora in grado di combattere erano Cristal, Blizzard, Kaito, Cloud, Ylius e Fudou.
Arashi era stata ferita gravemente, anche se il ghiaccio le aveva paralizzato il braccio impedendole di sanguinare e non percepiva molto dolore. Haname era inginocchiata, esausta, così come Shinji accanto a Yren. Luca, terrorizzato, si era nascosto dietro una scrivania ad osservare la situazione. Nemmeno lui sembrava particolarmente in forze.

Blizzard e Cristal, nonostante sembrassero fronteggiare l'ologramma senza paura, avevano pochissime energie residue.
Cosa avrebbero potuto fare da soli?

Cloud si avvicinò a Clover, studiandolo con attenzione. Anche Kaito l'affiancò, ma era perplesso.
Dopotutto non avevano idea di come affrontare un'illusione.
Fudou e Yren si portarono dal lato opposto, tra Kaito e Cloud da un lato e Blizzard con Cristal dall'altro.
Era chiaro il loro intento, stavano cercando di circondarlo per tagliargli ogni via di fuga.

Clover non sembrava poi così intimorito, li osservava con sguardo inespressivo.
Nessuno poteva immaginare quando il giovane li avrebbe attaccati.

Cristal sembrava il più determinato, al pari di Cloud. Persino il sole, sempre sicuro di sé e con gran voglia di combattere, appariva demoralizzato come non mai.
La situazione era delle peggiori e ognuno di loro lo sapeva bene.

Arashi tentò di rialzarsi a fatica estraendo una delle pistole e puntandole contro l'illusionista.
Si trascinò lentamente alle spalle del giovane, chiudendogli l'ultima via di fuga.
La pioggia, che aveva osservato l'amica, si issò con difficoltà e la seguì, cercando di tenere sguainata la spada, che sembrava ormai pesante a causa delle poche forze che le restavano.

Lo sguardo di Blizzard si posò sulle due ragazze, ferme dietro Clover. Sembrava voler obiettare, ma non disse nulla.
Sicuramente era preoccupato che due ragazze già stanche, di cui una gravemente ferita, prendessero nuovamente parte al combattimento.
Ma in tempo di crisi ogni cosa era lecita, ognuno di loro avrebbe combattuto fino alla fine.

“Fino alla fine”.
Significava che stavano per morire?

Cristal era davanti alle incubatrici, il suo sguardo era serio ma la preoccupazione traspariva attraverso i suoi occhi bluastri.
Stringeva l'ascia con forza, la alzò con entrambe le mani e portò la gamba sinistra in avanti, senza perdere il contatto visivo con Clover.

L'illusionista, che si stava guardando intorno, fermò il suo sguardo sull'albino e avanzò di qualche passo.
Sembrava che avesse scelto il suo obiettivo e nemmeno le voci alle sue spalle riuscirono a distrarlo.
Arashi era sofferente e non riusciva ad avanzare, Fudou e Yren si osservarono perplessi mentre Cloud sembrava ancora immerso in mille dubbi.
Lo sguardo di Clover, invece, pareva perplesso, seppur continuando ad osservare Cristal come se fosse il suo prossimo obiettivo.
Alla fine, però, non avevano idea di quale fossero le sue emozioni, sembrava che lui non provasse nulla.
Era solo un ologramma, dopotutto, la creazione diabolica di uno scienziato fuori di testa.

La ragazza dai capelli castani scivolò giù dalla sua capsula, issandosi lentamente e avvicinandosi al futuro boss dei Neveria, che si voltò stupito verso di lei.

- Cosa fai? - chiese, confuso – E' pericoloso, stai indietro. -
Il ragazzo sembrava preoccupato, portò l'ascia verso il basso e mise una mano sulla spalla della ragazza, cercando di spingerla indietro.
Nozomi si voltò verso Caesar, aveva le mani che gli coprivano il viso e lo stava scuotendo, come se stesse cercando di svegliarsi.

I due erano troppo confusi e addormentati per combattere, ma non potevano di certo starsene con le mani in mano.
La bruna scansò goffamente la presa di Cristal e si portò accanto a lui, tornando ad osservare Clover, che la stava fissando con attenzione.
Se c'era qualcosa che poteva ancora fare, doveva farlo ora.

- … Non devi aiutarci. - disse la ragazzina, tenendo stretta la stoffa della tunica dell'albino, tornando a rivolgersi a lui. - Non gli servi... non ti inseguirà... -
Il Neveria sembrò perplesso poiché si accigliò.

- Cosa stai dicendo? Non importa se ha o meno interesse in me, sta minacciando i miei territori e non posso lasciarlo andare senza far nulla. - spiegò.
- Ma appena ottenuti me e Caesar se ne andrà... non vuole fare del male alla tua famiglia... o al tuo territorio... -
Cristal si voltò e portò le mani sulle sue spalle, osservandola negli occhi.
- E dovrei lasciare che vi rapisca senza far nulla? - chiese, incredulo – La neutralità qui non conta, si tratta di umanità. - scosse il capo – Un essere umano ha il dovere di aiutare chi ha bisogno. -
La ragazzina non parlò, restò ad osservare la determinazione del giovane che, seppur esausto e leggermente ferito, voleva combattere per aiutare delle persone che nemmeno conosceva.
Quelle parole la colpirono al cuore.

“Umanità.”
Aiutare le persone che ne hanno bisogno, anche senza conoscerle. Non era forse ciò che facevano Decimo e Primo? Non era forse ciò che voleva fare lei?
Gazi le aveva insegnato inoltre che anche i malvagi hanno una motivazione dietro i loro gesti e che doveva comprendere ogni essere umano senza giudicarlo o giustiziarlo.
Quella era l'umanità, il poter capire ogni essere umano.

Adesso era tutto più chiaro.

- Siamo venuti qui per salvarvi, non possiamo certo lasciare che questi pazzi facciano esperimenti su esseri umani. - spiegò Cristal.
- … Non dovevate venire a salvare me, mi sono offerta di mia spontanea volontà. - spiegò Nozomi.
Alcune voci erano lievemente percettibili, provenivano dall'altra parte della sala.
Con la coda dell'occhio notò lo sguardo fulminante di Arashi.
Poteva comprendere la sua rabbia.

- Perchè hai lasciato che ti prendessero? - chiese all'improvviso il ragazzo – Non hai pensato alla tua famiglia, a quanto fossero preoccupati? Non saremmo qui se tu non fossi stata rapita. -

- E' proprio a causa della mia famiglia che l'ho fatto. - la ragazzina si voltò verso l'albino, abbozzando un sorriso nervoso – Ho pensato che sarebbe potuto succedere qualcosa di irreparabile... Non voglio che Clover faccia del male ad Arashi e agli altri... perchè io li amo tutti, darei la mia vita per loro. -

Cristal sembrò sorpreso, osservò la ragazzina con sbigottimento.
- … Capisco. - anche lui abbozzò un sorriso. - Questi Vongola hanno idee interessanti, simili alle nostre. -
La ragazzina non era tanto stupita e mantenne il suo sorriso. Si voltò verso Clover, che stava continuando a osservarla con intensità.

Nozomi avanzò leggermente, ponendosi davanti a Cristal e con lo sguardo rivolto al nemico.

“So che non mi attaccherai.” pensò. “Io e Caesar siamo troppo importanti per voi.”

Forse era possibile trovare una soluzione per salvare le loro famiglie da morte certa.

- … Nozomi-chan. - la dolce voce arrivò alle spalle della ragazzina, che non si voltò né rispose poichè concentrata sul nemico. - Mhhh... Secondo me staresti meglio con i capelli più lunghi, sai? -

Quelle parole erano davvero inaspettate, poiché si voltò rapidamente verso di lui con sguardo confuso e disorientato.
Nello stesso istante, il giovane Neveria la afferrò per le spalle e la scaraventò all'indietro.
Il suo viso era sorridente e dalle sue labbra ne uscì uno sfuggente “scusa”.

Si ritrovò a terra accanto alla capsula, a osservare incredula mentre Cristal e Blizzard avevano iniziato il loro ultimo attacco contro l'illusionista.
Cristal lo stava distraendo con l'ascia, costringendolo a spostarsi, mentre Blizzard gli stava lanciando contro delle frecce di ghiaccio, che schioccava con la sua balestra ghiacciata.
Arashi sembrava voler sparare ma aveva paura di colpire i due e restò ferma con la pistola davanti a sé, pronta a colpire quando ce ne fosse stato bisogno.
Sembrava bruciare di rabbia e frustrazione.
Haname le strinse il braccio, cercando di darle forza. Nemmeno lei poteva fare nulla con le sue poche energie ma, almeno, potevano restare lì per evitare che tentasse la fuga da quell'angolo.

Kaito decise di affiancare Cristal tentando di colpire l'illusione, passandogli spesso e volentieri attraverso.
Sembrava determinato a volerlo colpire, probabilmente tentava di immaginarlo reale proprio come i muri che la tempesta aveva abbattuto un'ora prima.

Ognuno di loro cercava di fare qualcosa al limite delle loro capacità, nonostante sapessero che si trovavano davanti ad un ologramma che non poteva essere colpito.
Eppure riuscivano a tenerlo impegnato.
Ologramma o meno, la sua coscienza era occupata ad osservare ognuno di loro, guardandosi attorno con perplessità.
Perchè un ologramma doveva scansarsi in quel modo anziché restare immobile con tranquillità?
Forse aveva paura che qualcuno di loro avesse potuto colpirlo in qualche modo?
Come potevano riuscire a farlo?

Nozomi alzò il capo verso il secondo piano, Stanford non c'era più. Era forse scappato? Quando se n'era andato?
Quando riportò l'attenzione in basso, notò che Caesar si stava trascinando verso il centro della sala. Il suo sguardo era abbastanza preoccupato.

Sapeva cosa stava pensando.

Si alzò con fatica e tentò di raggiungerlo proprio quando Clover era riuscito a respingere tutti i ragazzi con un rapido colpo, costringendoli ad indietreggiare.
Attorno a lui si ergeva una parete di terra che aveva allontanato il coraggioso gruppetto, incredulo.

- E' un'illusione, state calmi! - urlò nuovamente Cristal, scuotendo il capo.

La parete crollò all'improvviso, sotto gli occhi attoniti di Clover stesso.

Caesar, in hyper mode, l'aveva presa a pugni con una forza mostruosa, distruggendola con la sua fiamma della terra.

L'illusionista creò nuovamente una nebbia bluastra che iniziò ad avvolgere ognuno di loro, ma la fiamma rossiccia del Simon la respinse così com'era successo all'aeroporto pochi giorni prima.

- Cosa...? - l'illusionista chinò il capo a destra, confuso.
Probabilmente non credeva possibile che la sua nebbia potesse essere cancellata da un'altra fiamma.
Nessuno lo immaginava, viste le espressioni incredule dei presenti.
Lo stupore generale durò pochi istanti poiché ognuno di loro si lanciò nuovamente all'attacco, sorprendendo Clover che sembrò più preoccupato di prima.

Di cosa si stava preoccupando?
Sarebbe stato bellissimo potergli leggere il pensiero e scoprire quale fosse il suo punto debole.

Nozomi aveva raggiunto il gruppo, affiancando Caesar che si era voltato verso di lei, preoccupato.
- Cosa fai qui?! Stai indietro! -

Il viso della ragazza era serio, osservò il Simon negli occhi.

- Perchè mai? Questa è la nostra battaglia. - disse, osservandolo mentre atterrava e si avvicinava a lei.
- Nozo... -
- No. - la ragazzina scosse il capo – Abbiamo una famiglia da proteggere. Forza. -
Scostò lo sguardo e osservò Clover nei suoi occhi arancioni. Erano gli stessi occhi di un cielo, eppure lui portava nebbia e oscurità.
Non poteva permetterglielo.

Ma non erano quelli i sentimenti che l'avrebbero aiutata a combattere.
Sorrise.

Canteremo. Canteremo ancora tutti insieme e giocheremo ai giochi horror, proprio come se non fosse successo nulla.

Quelli erano i momenti più belli della sua vita, i ricordi che voleva proteggere.

Ciò che mi rende felice... è essere felice assieme a tutti quanti.

Non aveva la sua Sky Rod ma non importava ormai, poteva ancora usare i pugni come suo padre.
La fiamma era già sulla sua fronte così come il sorriso che decorava il suo volto.
Osservò Caesar, che scrollò le spalle.
- BakaNozo. - si limitò a dire, sghignazzando – Vediamo quel che sai fare. -

Annuì.

Non erano soli, anche tutti gli altri stavano combattendo.
Cristal affiancò i due e tutti e tre di lanciarono verso Clover, il primo con la sua scure mentre i due con i loro pugni e la loro determinazione.

Il viso di Clover tuttavia, sembrava spaventato.
Scosse il capo e indietreggiò, incontrando Arashi e Haname che gli bloccavano la strada.

Stavolta, senza indugio, la rossa sparò.

La pioggia spiccò un salto e tentò di colpirlo con la sua spada eseguendo un colpo obliquo verso il basso.

Una lunga linea squarciò la casacca nera e la maglietta verdastra dell'illusionista.
Sia Haname che gli altri restarono esterrefatti: l'aveva colpito.


Il ragazzo iniziò ad agitarsi e urlò, un forte vento colse tutti alla sprovvista e li scaraventò violentemente all'indietro.

Arashi e Haname vennero sbalzate contro il muro dietro di loro così come Cloud e Kaito. Fudou e Yren urtarono il macchinario da cui partivano i tubi mentre Blizzard e Cristal avevano centrato una delle due incubatrici.

Nozomi e Caesar erano indietreggiati di poco, avevano abbastanza fiamme per proteggersi dal vento, al contrario degli altri, ormai esausti.

Quando i due undicesimi aprirono gli occhi notarono che i loro guardiani erano tutti a terra, feriti e malridotti, tra macerie di pareti e macchinari semi distrutti.

Sembrava quasi una strage, sembrava come se fossero tutti morti.
Come se i Simon e i Vongola fossero stati distrutti.

L'illusionista, visibilmente turbato e non più apatico come prima, si portò rapidamente le mani sulle orecchie cercando di ripararsi dall'urlo che i due avevano lanciato all'unisono.
Non era un urlo.
Avevano pronunciato il suo nome con tutta la rabbia che avevano in corpo.

Le fiamme che spiccavano sulle loro fronti iniziarono ad emanare un'aura aggressiva. I loro corpi si erano ricoperti di strane e solide masse d'aria che si scontravano tra di loro, poiché alcune scariche elettriche passavano attraverso il punto in cui le due aure si incontravano, respingendosi con arroganza.

La fiamma del cielo e quella della terra, che bruciavano sulla loro fronte, iniziavano ad ingrandirsi man mano, venendo quasi risucchiate al centro, tra le due aure.
Quando entrambe si sfiorarono, in quel preciso punto in cui le scariche elettriche trattenevano le due masse d'energia, una sfera violacea si formò, attraendo verso di sé le aure e i due ragazzi, che portarono istintivamente la mano destra verso la piccola sfera.

- No... no... - continuava a ripetere l'illusionista, guardandosi attorno con inquietudine.

Alcune aure runiche, le stesse che avvolgevano il Simon in hyper mode, avvolsero la sfera violacea che si allungò fino a diventare un'ellissi.

Nozomi e Caesar si ritrovarono l'uno di fronte all'altro, le loro mani destre si sfiorarono e l'ellissi iniziò a crescere in modo spropositato e con una rapidità incredibile.

La forma violacea crebbe ulteriormente e mutò, trasformandosi in un'enorme e lunga arcata completamente nera.
Sulla cima dell'arco apparve un'incisione che i due lessero quasi come incantanti: “Orizzonte: Tra Cielo e Terra.”

Fu un attimo.
Una nera porta si spalancò dall'arcata e iniziò ad aspirare tutto ciò che si trovava nel laboratorio.


- No! - Clover tentò di resistere alla forza di gravità, gettandosi a terra e gattonando all'indietro. - Papà! Papà! - urlò ancora, mentre tutto attorno a lui veniva assorbito nell'oscurità della porta.

Una massa d'aria color arancione cercava con forza di reprimere la gravità all'infuori dell'area più vicina al portone, tenendo al riparo i ragazzi in giro per la stanza e tutto ciò che c'era al di fuori della barriera del cielo.

Nozomi e Caesar si tenevano per mano, un forte dolore attraversava il loro corpo che sembrava venir schiacciato da una forza invisibile.
- Resisti! - urlò Caesar, ma la sua voce era poco percettibile a causa dell'enorme rumore provocato dall'aspirazione, che aveva iniziato a sollevare le piastrelle del pavimento e il cemento sotto di queste.
Clover si aggrappò disperatamente alle sue illusioni, ma queste non duravano più di un paio di secondi, finchè non venne trascinato anche lui verso la porta oscura, varcandola con un urlo che si dissolse nel nulla.

Non potevano fermarla, non avevano idea di come fare né sapevano cosa diavolo fosse.
Sapevano soltanto che loro erano la causa della sua apertura.

La forza era troppa, i due non riuscivano a sopportare il dolore e i loro corpi erano ormai indeboliti così come le loro menti.
La terra iniziò a tremare, le stanze e i macchinari crollavano rapidamente.
Gli uffici si stavano distruggendo, ma non era a causa della porta.
Probabilmente tutto il laboratorio era costruito attorno a Clover.
O, forse, Clover era il laboratorio stesso.

Nozomi non riuscì più a resistere, lasciò andare la mano di Caesar che tentò disperatamente di acchiapparla.
- NOZO!!! - urlò, in lacrime, cercando invano di impedire che la ragazzina venisse trascinata nel nulla della porta che loro stessi avevano aperto.

Tuttavia, la porta si chiuse di scatto proprio dietro di lei, probabilmente a causa della loro separazione e la ragazza si aggrappò alla ringhiera del secondo piano, dove venne sbalzata a causa della forza di gravità. Tutto ciò che stava per essere trascinato dentro si fermò a mezz'aria, crollando verso il basso in una voragine che si stava lentamente aprendo nel suolo.

Cristal e Blizzard si erano già trascinati verso le ragazze, Cloud e Kaito avevano raggiunto Fudou e Yren mentre Luca, Shinji e Ylius stavano tentando di salvarsi con le ultime forze rimaste.

L'intero sotterraneo si stava distruggendo sotto ai loro occhi, Caesar crollò a terra esausto mentre anche il secondo piano iniziò a distruggersi e la ringhiera cedette. Nozomi si staccò e cadde nella voragine che si era aperta sotto di lei, urlando.


Sembravano secondi interminabili, mentre tutto veniva trascinato via dalla terra.
In un istante, però, la distruzione sembrò cessare.

Ma lei scivolò giù, nel nulla, guardando dinanzi a sé con terrore quegli occhi arancioni che risaltavano nel buio della terra.

- NOZOMI! -

Voleva urlare, voleva chiamarlo.
Allungò d'istinto la mano, tentando di arrivare a lui.
Anche l'uomo allungò la sua mano, cercando disperatamente di afferrarla.

- PAPA!!! - urlò.

Tsuna prese la sua mano e la tirò verso di lui, stringendo la figlia a sé nel momento in cui la terra si richiudeva sopra di loro.

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Capitolo 24
*** Target 24 – Canada XI ***


Target 24 – Canada XI

cover

- Si può sapere come ti è venuto in mente? -
La profonda ma dolce voce maschile risuonò nella stanza esagonale, mantenuta intatta dalle potenti illusioni del guardiano della nebbia dei Vongola.

Chrome Dokuro, una splendida donna dai lunghi capelli violacei, aveva gli occhi serrati e stringeva con concentrazione il suo tridente, emanando la sua fiamma ed espandendola all'interno del luogo.
Altri uomini avevano da poco varcato la soglia di quel piccolo inferno dove si erano ritrovati, molti di loro stavano inoltre aiutando i feriti.

Notò Sasagawa Ryohei, cognato di Tsuna, mentre usava la sua fiamma del sole per curare chi ne aveva bisogno.
In realtà stava soltanto evitando accuratamente di rispondere alla domanda di suo padre. Sapeva di essere stato davvero stupido ma non aveva voglia di discuterne.

- Caesar! - ripetè l'uomo, scuotendo il capo con disapprovazione. I suoi capelli rossi erano in perfetta sintonia con il colore dei suoi occhi, gli stessi del giovane Simon.
- Papà, per favore. - disse il giovane, decidendosi a portare l'attenzione su di lui – So quello che ho fatto. -
Enma gli lanciò un'occhiata incredula.
- Sei andato da lei senza dirci nulla, sapevi che Clover la stava cercando! Come ti è saltato in mente di mettere la figlia di Tsuna-kun in pericolo in questo modo? -
- Mi aveva fatto giurare. - disse lui, sbuffando – Meglio in due che da sola, non pensi? -
Il rosso non disse nulla, si limitò a scrutare il viso di suo figlio.
- Avevo intenzione di chiamarti appena raggiunto il gruppo, ma il mio cellulare non voleva saperne di farmi mettere in contatto con te. -
- Sì, i Neveria me l'hanno spiegato. - lo sguardo di Enma volò per la stanza, posandosi sul ragazzo albino dagli occhi di cristallo che, seppur stanco quanto gli altri, cercava di dare una mano come poteva.
Il giovane li aveva notati e si era avvicinato a loro, con passo svelto.

- Tutto a posto? - chiese Cristal, perplesso, osservando padre e figlio. - Per fortuna abbiamo evitato un disastro, siete arrivati giusto in tempo. -
- Ci dispiace di aver causato un po' di caos nelle vostre terre, Neveria. - Enma chinò leggermente il capo.
- Non importa, vi ho contattati per questo. - rispose lui, abbozzando un sorriso – Avevo perso i contatti con i miei uomini da quando siamo rimasti intrappolati nelle illusioni di Clover. - spiegò – Fortunatamente siete arrivati anche voi, è stato tutto più veloce del previsto. -
- Cosa? - Caesar strabuzzò gli occhi, incredulo – Avevi perso i contatti con i tuoi uomini? -
- Beh, altrimenti i rinforzi sarebbero arrivati subito. - scostò lo sguardo e osservò il gruppo di uomini in bianco, che si distinguevano benissimo dai Vongola per la loro uniforme candida. Ognuno di loro era intento a cercare delle tracce in giro per il laboratorio, sembravano presi nella loro attività e nessuno diede loro peso.

Il giovane Simon spostò il suo sguardo verso la voragine che si era aperta poco prima, ormai riempita di rocce e detriti. Sapeva che Nozomi e Tsuna si trovavano da qualche parte lì sotto, bloccati.
Era però stranamente tranquillo, dopotutto c'era quell'uomo accanto a lei.
Sawada Tsunayoshi, il grande Decimo boss dei Vongola. Ormai era diventato quasi una leggenda, esattamente come Vongola Primo.
Quell'uomo era riuscito ad ottenere un enorme potere e aveva già superato tutti i precedenti boss.
Così come Primo, anche Tsunayoshi era riuscito ad entrare in Hyper Mode, nessun altro boss all'infuori dei due aveva mai raggiunto quel livello.
La sua fiamma, inoltre, aveva ottenuto una potenza tale da diventare completamente pura. Più una fiamma era pura, più era forte e rispecchiava il proprio elemento.
Dopo i problemi affrontati nel passato, la decima generazione era stata in grado di trasformare i Vongola Ring in Vongola Gear grazie ad un vecchio fabbro, che aveva estrapolato dagli anelli una forza maggiore. Tuttavia, in seguito, i Gear erano stati ritrasformati in Vongola ring, anzi, in Vongola Hyper Ring, una versione avanzata che comprende il potere dei Gear nella loro normale forma da anelli.
Infine, le capacità e il cuore stesso di quell'uomo avevano unificato molte famiglie, spento molti conflitti e donato maggiore tranquillità sia ai Vongola che agli esterni.

Solo un uomo era stato capace di fare tutto ciò e Sawada Tsunayoshi non poteva esserne da meno.
Dopotutto era un suo diretto discendente, con lo stesso cuore e idee simili.

Anche Nozomi era più o meno come loro, una Vongola con il sangue del Primo che scorreva nelle sue vene.
Anche se in realtà stava cercando disperatamente di farsi accettare dai due uomini e dal mondo stesso, che sembrava temere e da cui pareva nascondersi. Era frustrata perchè suo padre non l'aveva ancora riconosciuta come sua erede, si sentiva probabilmente inferiore per questo motivo, anche se non avrebbe dovuto. Aveva lui stesso assistito alla sua forte determinazione, sapeva com'era riuscita ad usare la sua fiamma senza alcun aiuto, a differenza di suo padre e di Caesar stesso, inoltre era tra gli studenti più brillanti del Giappone e con un ottimo cervello, quando si degnava di usarlo.
E infine quell'incredibile potere che avevano scatenato poco prima, l'immagine della porta gli balenò nella mente e il ragazzo tremò.
Non aveva ancora idea di cosa fosse esattamente accaduto e tornò ad osservare suo padre.

- Tu l'hai vista? - chiese, quasi intimorito di sapere la verità - … quella porta. -
Enma portò l'attenzione su suo figlio, sembrava stranamente serio.
Annuì.
- Un buco nero. - spiegò.
- Non è possibile... - Caesar parve perplesso – Ne ho già creati in passato, ma quella porta era diversa... -
- Perchè non era esattamente ciò a cui sei abituato. E' stata creata dall'impatto tra le vostre fiamme. - disse lui, portando l'attenzione verso il punto in cui poco prima vi era quell'enorme portone gravitazionale che risucchiava ogni cosa accanto a lui. - Una sorta di dimensione nulla... una distorsione della realtà e dell'atmosfera. -
- Com'è possibile che siamo riusciti a creare quella cosa? Non mi risulta che tu e Tsuna-san abbiate mai fatto qualcosa di simile... -
- Non era possibile. Io e Tsuna-kun andiamo molto d'accordo, le nostre fiamme sono amichevoli, si avvolgono, si abbracciano. - disse lui, abbozzando un sorriso. - Contrariamente alle vostre, le quali sono testarde, dure, offensive. Le vostre fiamme non si uniscono, non si abbracciano, bensì si scontrano con arroganza. -
- Suppongo sia perchè non andiamo d'accordo... - il ragazzo sospirò – Dobbiamo fare qualcosa per migliorare questa situazione... -
- Non è detto. - Enma riportò l'attenzione sul figlio – Non erano fiamme piene d'odio, quelle. Nella loro durezza, difatti, è nato qualcosa che io e Tsuna-kun non avremmo mai potuto creare. - portò una mano sul capo del figlio, dandogli due colpetti scherzosi e ottenendo in cambio uno sguardo seccato. - Davvero, è stato un evento curioso, anche se estremamente pericoloso. Vi consiglierei soltanto di controllare le vostre fiamme, quando siete vicini, altrimenti l'attrito e l'impatto tra le due potrebbe creare nuovamente una distorsione e mettervi in pericolo. -

- L'impatto tra il cielo e la terra crea una distorsione dimensionale chiamata orizzonte. - una voce alle loro spalle costrinse loro a voltarsi.
Un uomo in completo, con un capello e delle curiose basetta ricciolute, si avvicinò ai due.
- Orizzonte... è il nome scritto sulla porta. - disse Caesar, osservando il moro.
- Esatto. -

Quando un altro uomo varcò l'uscio della stanza, tutti quanti si voltarono ad osservarlo.
Hibari Kyoya portava in braccio un ragazzino dai capelli verdi.

- E' Clover! - disse Blizzard, che si trovava vicino accanto a Fudou e ai gemelli. - E' il ragazzo che abbiamo visto io e Arashi, ecco. -
- Del vecchio non c'è traccia... e questo qui è morto. - disse Hibari, senza battere ciglio.
- Trevis... il ragazzo di cui parlava Stanford. - spiegò Caesar.
Hibari gli lanciò un'occhiata e anche suo padre lo osservò, perplesso.
- Avete scoperto altro? - un uomo albino si portò di fronte al giovane Simon, osservandolo con i suoi severi occhi verdi.
- … sì, molte altre cose, Gokudera-san. - spiegò lui – Cose riguardo Stanford, cose riguardo Clover, cose riguardo me e Nozomi. -
Lo sguardo del braccio destro di Vongola Decimo era serio.
- Voi due state bene? - chiese, tagliando corto.
- Sì... più o meno. -
- Quando saremo al quartier generale dovremo parlare un bel po', allora. - scostò lo sguardo, osservando la voragine con preoccupazione.

- Staranno bene. - l'uomo con il cappello aveva rintracciato lo sguardo di Gokudera e aveva risposto alla sua silenziosa domanda. - Probabilmente Tsuna e Nozomi percorreranno i sotterranei e usciranno verso le fogne, dovremmo iniziare a spostarci. -
- Sì, ha ragione Reborn-san. - l'albino annuì e si avviò verso i suoi uomini per dare disposizioni.

Reborn osservò sottecchi Caesar e gli lanciò un fugace sorriso, prima di raggiungere anche lui i guardiani di Tsuna.

***

Quando la ragazzina aprì gli occhi, si ritrovò stesa su una fredda distesa di rocce irregolari, in un tunnel naturale scavato nella roccia.
Si issò rapidamente, osservandosi intorno. L'unica fonte di luce era il Vongola Ring del cielo, che brillava di una fiammella arancione, piccola giusto il poco che serviva ad illuminare un po' l'oscuro sotterraneo.
Un uomo dalla chioma castana, a cui la ragazza somigliava molto, era seduto proprio accanto a lei.
Quando Nozomi aveva portato l'attenzione su di lui notò che l'uomo la stava osservando dolcemente.

Da quanto non vedeva più quel viso? Lo aveva odiato così tanto, ma allo stesso tempo lo amava. Sapeva di volergli bene, ma era anche triste per ciò che era successo l'ultima volta.
Probabilmente era un po' arrabbiata anche con sé stessa, sospettava che suo padre avesse avuto un buon motivo per comportarsi in quel modo e i suoi continui "non capisci" volevano soltanto guidarla verso la verità.
Ma lei non aveva capito allora e ancora non comprendeva quale fosse il problema, perciò si sentiva estremamente in imbarazzo, oltrechè non all'altezza dell'uomo.

- Come ti senti? - chiese lui.
- … bene. - rispose lei, con un po' di freddezza. Non sapeva davvero come comportarsi, avrebbe voluto nascondersi in un armadio.
- Sicura di stare bene? Dobbiamo camminare un po'. -
- Sto benissimo. - ripetè lei, alzando lo sguardo.
Non c'era altro che buio e rocce, la voragine nella quale erano sprofondati si era richiusa e non potevano tornare indietro.
Cos'era successo agli altri? Come stavano Arashi, Haname e tutti quanti i suoi amici?
Si alzò di scatto, osservandosi attorno.

- Dove siamo caduti? Dov'era il buco? Dobbiamo distruggere queste rocce e tornare subito su! - disse lei, nel panico.
- Stai calma, Nozo. Non possiamo tornare indietro da lì. - la voce di suo padre sembrò più seria.
- No che non sto calma! - la ragazzina si voltò verso di lui, il suo sguardo era preoccupato. - Dobbiamo tornare subito su! Ci sono Arashi, gli altri... bisogna aprire un varco! … come facciamo... - continuò a guardarsi attorno, disorientata, mentre suo padre si alzava. - Ci sono! Puoi usare l'X-Burner! Con quello creeremo un tunnel per uscire! - disse lei entusiasta.
- No. - rispose l'uomo, osservandola con serietà.
- Perchè no? Dobbiamo uscire da qui! - la ragazzina non capì, osservò suo padre che la stava scrutando con interesse.
- Prova a riflettere, Nozo. Tu punti alla soluzione più facile senza pensare alle conseguenze. - spiegò. - In questo modo potresti solo causare ulteriori problemi a te e a chi ti sta a cuore. -
La ragazzina non sembrò capire le parole del padre, nonostante sapesse che il suo problema era sempre quello di non riflettere sulle sue azioni.

L'uomo alzò il capo e osservò le rocce sopra di lui.
- Se usassi l'X-Burner, rischierei di colpire qualcuno sopra di noi. - spiegò – E, inoltre, causerei una frana che ci seppellirebbe ulteriormente. -

Era ovvio, come mai non aveva pensato a qualcosa di così palese?
Nella foga di voler tornare subito in superficie avrebbe fatto una sciocchezza.
Sospirò, depressa.

- Nozomi. Capita a tutti di commettere errori, non fartene una colpa. Pensiamo ad uscire da qui, piuttosto. - Tsuna portò il braccio dietro le spalle della figlia, spingendola lentamente in avanti al suo fianco.
Entrambi si incamminarono lungo il corridoio freddo e tetro.

Suo padre era molto tranquillo e rilassato, avanzava con passo lento, guardandosi intorno con attenzione, ma non sembrava minimamente preoccupato.
Lei, invece, era spaventata. Temeva per i suoi amici e non vedeva l'ora di uscire per tornare da loro e assicurarsi che stessero bene.
Avrebbe distrutto l'intero tunnel pur di giungere subito in superficie.
Ma, così facendo, avrebbe fatto crollare tutto.

- Papa... come mai sei così calmo? - chiese lei, osservandogli le enormi spalle. Era davvero alto ma anche lei era cresciuta un bel po'.

- Perchè non dovrei esserlo? - chiese lui, voltandosi e incrociando lo sguardo della figlia.
- Non hai paura per gli altri? E se fosse successo qualcosa? -
- Gli altri staranno bene, per ora non possiamo preoccuparci di loro. - spiegò lui – Siamo in una situazione difficile, dobbiamo pensare prima ad uscire da qui e poi potremo preoccuparci per gli altri. -

Iniziò a capire il modo in cui ragionava suo padre.
Dopotutto suo padre era un grande boss, calmo e riflessivo, sapeva prendere sempre le giuste decisioni.
Lei, invece, era impulsiva, ansiosa, nervosa, piena di complessi.
Non era in grado di prendere decisioni razionali e con concentrazione.
Forse qualche volta ci poteva riuscire, ma non sempre. Eppure quella era una qualità fondamentale per un boss.
Nozomi sapeva benissimo che diventare Vongola Boss non significava dover essere fortissimi e saper combattere al meglio per proteggere la famiglia.
No, quello era secondario.
Un boss restava seduto dietro alla sua scrivania a prendere decisioni importanti e a mandare avanti ogni cosa, cercando di mettere ogni tassello al posto giusto.
Quello era un boss.

Ma Nozomi?
Lei non era in grado di prendere decisioni né di mandare avanti qualcosa.
Almeno, attualmente, era così.

Iniziò a pensare di non poter diventare un boss.
I suoi sogni, tutto ciò per cui aveva lottato in quei sedici anni, i suoi guardiani.
Cos'è che voleva, lei?
Diventare boss per sfruttare i Vongola nel creare una nuova società di persone felici e sorridenti?
Voleva trasmettere alle persone la sua passione, il suo entusiasmo, eliminare la tristezza e proteggerle.
Proteggerle dai nemici e dai sentimenti di sofferenza, quelli che lei provò quando vide il corpo esanime di Claudio.
E la sua ira, la sua disperazione, la sua successiva apatia.
Perchè le persone dovevano soffrire così? No, lei non voleva che altri provassero il suo dolore.

Sciocchezze.
Fantasticherie infantili.
Avevano ragione con il dire che lei aveva vissuto in una campana di vetro e non sapeva nulla del mondo.
Non è possibile portare la pace nel mondo, non è possibile dare gioia a tutte le persone.
Sì può fare quel che si può per proteggere chi si ama, ma il suo sogno era solo utopia.
E lei non era adatta a diventare boss e a prendere il posto di suo padre.

Aveva solo vissuto in un'illusione e in quel momento se ne era resa conto.
Doveva dimenticare tutto e trovare il suo posto nel mondo.
Il suo futuro, la sua vera sé stessa.
Non una Vongola, non un boss. Avrebbe rovinato i Vongola proprio come le dicerie avevano predetto.
Forse quelle persone avevano ragione, o forse si era lasciata condizionare da loro.
Ma ormai era andata così, si sentiva totalmente inutile al mondo.

Quasi non iniziò a piangere, ma le calde mani dell'uomo sfiorarono il suo viso e la costrinsero a guardarlo.

- Piccola... che c'è? Cosa ti affligge? - le chiese, teneramente.
Quegli occhi limpidi e sinceri erano fissi su di lei, apprensivi e pieni di tepore.
Come aveva potuto pensare che suo padre la odiasse o non volesse che fosse felice?
Quello era suo padre! L'uomo che aveva sempre amato, ammirato, a cui si era sempre affidata.
Voleva solo proteggerla, e chissà cos'altro.

Non poteva trattenerle, le lacrime sgorgarono copiose e non riuscì nemmeno a esprimere i suoi veri sentimenti.

- …. non... non sono piccola. - disse, tra un singhiozzo e l'altro, mentre l'uomo si portava di fronte a lei. - Non sono una bambina! -
- Nozo... quando sarai madre, capirai. Per i genitori, i propri figli resteranno sempre piccoli. - sorrise dolcemente, asciugandole le lacrime.
- Scusami... - disse, portando le mani al collo e stringendo il Vongola Locket.
Il simbolo che lei avrebbe voluto prendere il posto di suo padre. Lo estrasse quasi automaticamente, osservandolo in silenzio.
Lo osservò con così tanta curiosità che dimenticò persino il motivo per cui stava piangendo.

- Papa... se non volevi che prendessi il tuo posto, perchè mi hai regalato questo? - chiese, perplessa.
L'uomo sembrò accigliarsi e portò anche lui l'attenzione sul ciondolo.
- Davvero non ricordi? - chiese, tornando ad osservarla mentre lei scuoteva il capo – Mi avevi così tanto assillato, volevi anche tu qualcosa come l'orologio di Primo, con lo stemma e, in aggiunta, il numero “undici”. - spiegò lui – Avevi solo cinque anni e per un mese intero non hai fatto altro che chiedermelo. - ridacchiò – Alla fine decisi di accontentarti, ma pensai di regalarti qualcosa di più femminile e colorato. Un giocattolo per una bambina. -
- Colorato... le sfere colorate degli elementi che ci sono dentro, giusto? - chiese lei, osservando suo padre.
L'uomo portò le mani sul Locket.
- Questo... l'ho fatto soprattutto per farti ricordare che non è importante ciò che c'è fuori. - lo aprì, indicando le perle - … ma ciò che c'è dentro. -
- … I miei guardiani? -
- I tuoi amici, il tuo cuore. - sorrise.

- Il mio cuore... - ripeté lei, confusa.
Qual'era il suo cuore? Quali erano i suoi sogni? Quali erano i suoi desideri?
Nemmeno lei lo sapeva più, ormai.

- Nozomi. - suo padre la chiamò, raddrizzandosi – Sai perchè ti abbiamo chiamata così? - chiese.
La ragazzina lo scrutò curiosa, scuotendo il capo.
- Uh… no... -
L'uomo sorrise nuovamente, il sorriso di un padre che amava sua figlia.
- Nozomi significa desiderio. Ti abbiamo dato questo nome affinchè tu possa realizzare i tuoi sogni. -

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Capitolo 25
*** Target 25 - Back Home (END) ***


Target 25 – Back Home (END)

cover

 

Padre e figlia continuavano a camminare nella poco ospitale grotta, scavata naturalmente sotto al laboratorio.
Tsuna sapeva che di lì a poco avrebbero raggiunto le fogne e, sicuro di essere ormai prossimi al punto di intersezione, decise di usare un X-Burner molto limitato per aprire una strada sopra di loro.
Nozomi restò indietro, osservando il padre come rapita. Era la prima volta che lo avrebbe visto in azione e non avrebbe mai immaginato di vedere con i suoi occhi il suo leggendario colpo.

- Appena crollerà la roccia, dobbiamo sbrigarci e salire in superficie. - spiegò lui, osservando la figlia con attenzione. - Puoi farcela, Nozo? -
- Ehi, con chi pensi di parlare? Non sono mica stupida. - rispose lei, incrociando le braccia e mettendo il muso.
L'uomo ridacchiò.
- Sei ancora molto inesperta, piccola mia. Stai indietro. -

L'uomo portò un braccio in avanti e l'altro dietro di lui, formando una linea perfetta. Una leggera fiamma arancione avvolse la sua mano sinistra, espandendosi a ritroso, mentre la destra si ricopriva di una fiamma accecante e più densa, che venne rilasciata verso l'alto.
Il soffitto di roccia crollò sopra le loro teste nel momento dell'impatto, si era aperto un varco che trascinò nella grotta dell'acqua verdastra, nella quale i due si gettarono rapidamente.
Tsuna aveva afferrato il braccio della figlia, nonostante il suo visibile disappunto, ripercorrendo a nuoto il flusso d'acqua e sbucando sopra di loro in un cunicolo appartenente alle fogne della città di Swizzles.

Nella fretta di salire sul pavimento posto ai lati del putrido fiume, Nozomi era scivolata. Non riusciva a muovere il piede e si rese conto di essersi slogata una caviglia.
Non poteva che maledirsi ulteriormente, eppure era troppo stanca per fare qualsiasi cosa. Era già tanto che si riuscisse a tenere ancora in piedi.
- Vieni. - disse Tsuna, dandole le spalle e accovacciandosi.

“No... assolutamente no.”
pensò lei.

- Posso camminare da sola! - esclamò, cercando di alzarsi, ma senza successo.
L'uomo la osservò con severità e la Vongola dovette arrendersi allo sguardo del padre, portando le braccia al suo collo e aggrappandosi dietro di lui, che si alzò senza problemi e continuò la scarpinata con la figlia sulle spalle.

Stavano attraversando gli intricati cunicoli con sicurezza, guardandosi attorno ad ogni angolo per evitare di prendere una direzione sbagliata.

- Senti, papa... - disse lei, spezzando il silenzio. - … mi era venuto in mente che alcuni domestici mi chiamavano Undicesima... Ma non ricordo perchè, visto che tu non mi hai mai riconosciuta... anche Arina lo fa. -
Tsuna sospirò, Nozomi non poteva però vedere quale fosse la sua espressione.
- Non so per Arina, ma ricordo benissimo che sin da piccola non facevi altro che dire di voler essere chiamata così. - spiegò lui - Era noto come ti offendevi se qualcuno ti correggeva, chiamandoti Undicesimo. - aggiunse, pensieroso – Mi sorprende che tu abbia dimenticato, ma è possibile che fossi troppo piccola per ricordarlo. -
In effetti la ragazzina non ricordava affatto quell'epoca, aveva solo frammentarie memorie. I sogni sulla prima famiglia erano tutto ciò che lei aveva memorizzato riguardo quel periodo.

- Mi dispiace... - disse lei, triste.
- Di cosa? -
- Di essere sbagliata... -
- Non dire sciocchezze, Nozomi. Sei tra le persone più normali che conosca, fidati. -
La ragazzina sapeva che suo padre aveva sorriso, era come se lo percepisse.
- … Ma tu... non mi odi, papa? -
- Perchè mai dovrei? -
- … Ho ucciso due persone... Miles, quando ero piccola, e Raif a Mirjad... - spiegò lei, attendendo qualche istante prima di continuare – Gazi mi ha spiegato che non dovrei giudicare le persone dalle loro azioni... ma Raif aveva fatto così tanto male... volevo che morisse... -
Tsuna rimase in silenzio, pensieroso.
- … Lo sapevo. Mi odi, vero? Sono spregevole. -
- Non è così. - disse lui, con voce seria – E' colpa mia. Come padre non ti ho insegnato molte cose. Mi sono unicamente basato sulla tua capacità di... - sospirò, scuotendo leggermente il capo - Avrei dovuto starti vicino ma ho preferito allontanarti, pensando che saresti stata più al sicuro. -
- … E' per questo che mi hai mandata in Giappone? Non è stato perchè eri arrabbiato con me a causa di Miles? -
Tsuna si fermò all'improvviso, nel bel mezzo di un cunicolo.
- Pensavi davvero che ti avessi mandata via perchè non ti volevo bene? - mosse il capo leggermente. Non poteva comunque guardarla negli occhi, ma la piccola sentiva che l'uomo era preoccupato. - No, Nozo. Non potrei mai odiare mia figlia. - prese una piccola pausa, tornando ad osservare dinanzi a sé – Mi dispiace se ti ho fatto pensare male. Volevo solo che crescessi in un posto meno pericoloso... e volevo allontanarti dal luogo in cui avevi ricordi di Claudio. -

La ragazzina appoggiò il capo sulle spalle del padre, chiudendo gli occhi e sentendosi più rilassata.
- … Mi dispiace, papa. Da quando sono nata non ho fatto altro che sentire opinioni sgradevoli su di me, avevo paura e volevo crescere in fretta per dimostrare a tutti che non ero così male come pensavano... -
- Dovresti ignorare certi commenti. Ci saranno sempre molte persone che ti odieranno o non ti apprezzeranno per motivi a volte anche inesistenti. - spiegò – L'importante è essere sicuri di sé stessi e delle proprie virtù. -
- Virtù, dici? Io non ne ho purtroppo... non sono in gamba come te... - disse lei, afflitta - Per questo non diventerò mai un-
- Ne sei davvero convinta? - l'uomo ridacchiò lievemente e la brunetta alzò un sopracciglio.
- Io non potrò mai diventare una buona leader. Sono tutto fuorchè un persona in grado di prendere decisioni importanti... ho sempre creduto che papa e Primo-sama sbagliavano a essere così buoni ma... alla fine ero io quella a sbagliare. -
- Non sei ancora brava, ma lo diventerai. - disse lui, ancora vagamente divertito da quella discussione.
- ... Perchè stai ridacchiando? La discussione è così spassosa? - chiese lei, curiosa.
- Beh... vedo me stesso in te. - rivelò lui - Rivedo il me stesso quattordicenne e imbranato, con voti pessimi a scuola e la prospettiva di essere un totale fallito... almeno finchè non ho incontrato Reborn. -
- ...Voti pessimi a scuola? Sul serio? - chiese lei, incredula - Pensavo che anche tu... insomma... -
- Già. - rise, continuando ad avanzare - Alle medie i miei voti erano disastrosi, al contrario di te. ...E tu osi anche dire di non essere alla mia altezza? -
- Ma adesso sei molto forte. -
- Sono diventato forte, col tempo. Nella vita si cresce, si fa esperienza, si matura. Tu hai solo bisogno di crescere, come io feci a suo tempo. - spiegò, adesso serio. - Io devo tutto a Reborn. Ho avuto bisogno del suo aiuto per imparare ad usare le mie capacità, per avere degli amici e per migliorare il mio rendimento scolastico. ... E anche per avvicinarmi alla mamma, già. -
- Oh... Reborn-san è magnifico come immaginavo... Se mi aiutasse lui, forse potrei diventare un buon boss... e tu mi accetteresti... - sussurrò lei, pensierosa.
- Non hai bisogno di essere accettata da nessuno, Nozomi. - rispose l'uomo, con tono severo. - Sta a te decidere il tuo futuro, devi lottare per i tuoi sogni. -

La ragazzina si strinse più a lui, tremando. Sentiva la fatica del padre, costretto a portarla in spalla lungo quel tragitto.
- Papa... sei stanco. Lasciami qui e vai avanti a chiamare aiuto, non darti problemi per me... -
- Stupida. - disse lui – Come potrei abbandonarti qui e andarmene? -
- Ma sono solo un peso... potresti avere un figlio migliore. -
- Non è affatto vero. Ogni essere umano è unico e nessuno potrebbe sostituire la mia piccola Nozo-chan. - spiegò, con voce calda – Sei la figlia che io e Kyoko-chan abbiamo cresciuto con amore, e di sicuro il tuo sesso non influisce sulle nostre preferenze. Siamo fieri di avere una meravigliosa figlia. -
- Papa... Hai ragione, io voglio essere forte come donna... Ma questo mi permetterà di realizzare il mio sogno? -
- Tu vuoi essere la mia erede, giusto? -
Alzò il capo dalla spalla del padre, strabuzzando gli occhi. Come mai suo padre, convinto di non volerla immischiare con la mafia e i suoi problemi, le stava ponendo quella domanda?
- … Ehm... io vorrei ma... -
- Perchè ci tieni tanto? Come mai vuoi diventare boss? -
- ... Beh, io voglio realizzare i sogni delle persone e... poi c'è tutta quella gente che mi ha derisa, quando io invece sono tua figlia... se diventassi boss potrei fare tante cose e... come Primo-sama, insomma... -
- Insomma, non lo sai. - tagliò lui, sospirando - Non si può diventare boss solo per fare un dispetto o vendicarti di qualcuno, e nemmeno per emulare un tuo idolo. - spiegò - Quando un giorno troverai la vera risposta, forse ne riparleremo. Per adesso, penso che sia meglio riprendere questo discorso quando avrai compiuto vent'anni. -
- Vent'anni? No, no, aspetta! - si spaventò, andando nel panico e cercando di calmarsi. Suo padre le stava offrendo forse una possibilità, non poteva distruggerla in quel modo - Ci penserò meglio, ti giuro che troverò la risposta! Non dobbiamo aspettare così tanto... te lo prometto! Ti darò una buona risposta! -
- Nozomi, perchè hai così tanta fretta? - chiese lui, all'improvviso - Anche se trovassi la tua risposta, aspetterò comunque che tu abbia vent'anni prima di parlare di queste cose. Voglio che tu possa riflettere con calma su ciò che davvero vuoi. -
- Io... io vorrei solo che tu mi insegnassi ciò che sai... che mi passassi le tue esperienze... come Enma-san ha fatto con Caesar, preparandolo al suo futuro... perchè tu non l'hai fatto con me...? -
- Pensi davvero che la situazione di Caesar sia fortunata? - chiese poi, con tono severo. - Io penso che, al contrario, tu abbia una fortuna incredibile, qualcosa che in molti ti invidierebbero. -
- ... Cosa avrebbero da invidiare ad una come me? -
- La libertà di scegliere. -

Si fermò.
La brunetta stava ancora cercando di assimilare le ultime parole quando suo padre, cercando di sistemarla meglio sulle sue spalle, non terminò la conversazione con un'ultima frase.
- Per ora ti chiedo solo di vivere in tranquillità la tua adolescenza, assieme ai tuoi amici. Continua a frequentare la scuola, a vivere con tua nonna e a non pensare ad altro. -
La ragazzina restò in silenzio per qualche secondo, calmandosi e tornando ad appoggiare il capo sul le spalle del padre, annuendo con un verso.
- Crea nuovi ricordi, vivi spensieratamente la tua giovinezza. L'adolescenza è un periodo bellissimo, il periodo in cui si cresce, ci si diverte e non si pensa ad altro. Un periodo che, se perduto, non tornerà più. -

Probabilmente Tsuna voleva che Nozomi potesse vivere la sua giovinezza serenamente e senza doversene pentire in futuro.
In quel momento aveva capito cosa significasse realmente perdere tutto ciò che aveva costruito a Namimori. Quei mesi passati all'estero e in situazioni pericolose le avevano fatto comprendere quanto amasse la vita che aveva sempre avuto, voleva tornare lì e continuare la sua solita routine, almeno finchè poteva.
Finchè non sarebbe diventata adulta.

Alcune voci erano ormai chiaramente udibili nel silenzio delle fogne.
Stavano chiamando suo padre con insistenza.
Bastò svoltare ad una curva per ritrovarsi di fronte ai Vongola che li stavano cercando, mentre Gokudera si avvicinava rapidamente al suo boss.


***

La bruna si trovava seduta di fronte ad un enorme tavolo in legno, in mezzo ai guardiani della decima famiglia dei Vongola e Simon, con Enma e Caesar seduti accanto a lei.
Nonostante fosse la famiglia in cui era cresciuta, si sentiva in imbarazzo. Dopotutto, era da molto che non passava un po' di tempo con loro.

Nozomi e Caesar erano lì da un paio d'ore, cercando di raccontare ciò che era successo durante il loro viaggio.
Non tralasciarono nulla, iniziando con la guerra a Mirjad e concludendo con l'apertura della porta dimensionale.
Tsuna, Enma e i loro guardiani restarono in ascolto con attenzione.

Stanford era riuscito a scappare ma Trevis, il giovane da cui era nato Clover, era ormai morto.
Ciò che li aveva sorpresi di più, però, era stata la notizia che Trevis era probabilmente morto da molto più tempo.

- E' stata davvero un'estrema avventura. - commentò Ryohei, dopo aver ascoltato con perplessità tutto ciò che i due undicesimi avevano da narrare.
- Soprattutto pericolosa. - Yamamoto lanciò un'occhiata severa alla ragazzina che scostò lo sguardo.
- Beh... è anche colpa di mio padre. - affermò Nozomi, sicura.
Si voltò verso l'uomo, che aveva un'espressione imperturbabile.
- O, forse, della tua impazienza. - rispose lui, abbozzando un sorriso.
- No, no! E' colpa tua che mi hai umiliato davanti a tutti! - lo guardò male, sentendosi estremamente a disagio – Se mi avessi aiutato tutto questo non sarebbe successo! -
- Ho cercato di aiutarti, Nozomi. - spiegò lui, sospirando. - Ma non hai affatto compreso le mie parole. Avresti dovuto mantenere la tranquillità e tornare a Namimori senza troppi pensieri. -
- Ma sei insensibile! - affermò lei, alzandosi di scatto dalla sedia, che strusciò prepotentemente per terra. - Namimori non è forse la città dove sei nato? Non pensi a cosa potrebbe accadere? Ci sono persone che vogliono distruggerla! -
- E questo cosa te lo fa pensare? - chiese lui, alzando un sopracciglio.
- Una terribile famiglia ci ha sconfitti e ha preso il controllo di Namimori! - disse lei, in quel momento ricordandosi del gruppo minaccioso di alcuni mesi prima.
- Mh, terribile famiglia, dici. -
La ragazzina parve perplessa e suo padre fece un cenno ad un uomo in lontananza, che spalancò la porta della sala riunioni.
Sull'uscio c'era un giovane dai lunghi capelli blu notte, che entrò con passo svelto.

La bruna assunse un'espressione incredula, osservando il giovane boss dei Notturno.
Che suo padre se ne fosse personalmente occupato?
Forse aveva sbagliato ad incolparlo, era ovvio che anche lui voleva proteggere Namimori.
Il giovane si avvicinò con un'espressione piena di ammirazione.

- Decimo, mi ha fatto chiamare? - chiese Sirius, restando immobile davanti alla porta.
La ragazzina si chiese cosa poteva avergli fatto suo padre per renderlo così disponibile. Appena il giovane la notò, si avvicinò rapidamente a lei con occhi luccicanti.
- Undicesima-sama!! - disse, quasi saltellando – Per fortuna state bene! Non vi dovete preoccupare per Namimori, io e i miei ragazzi stiamo facendo un ottimo lavoro per mantenere la tranquillità! - spiegò.
- … Cosa? - la ragazzina non sembrò aver capito.
- Davvero! Non vi dovete più sporcare le mani, potete continuare la vostra vita con tranquillità e lasciare che i Notturno si occupino di tutto! -



Nozomi si voltò verso suo padre, che la stava osservando con curiosità.
- … cosa significa questo? Come hai fatto a farlo diventare così? - chiese, perplessa.
- Così come? - chiese lui, curioso – Sirius è sempre stato così. Pieno di energia e molto disponibile nei confronti dei Vongola. Dopotutto, i Notturno sono sempre stati dei fedeli alleati. -

Alleati?
No, non voleva davvero crederci.
Non poteva essere così.

Si voltò verso Sirius, cercando di restare calma.
- T-tu... ci hai attaccati... e sconfitti! -
- Certo, e spero che siate rimasti soddisfatti dalle nostre capacità! - sembrò all'improvviso turbarsi – P-perchè? Qualcosa non va, Undicesima-sama? Siamo forse stati troppo bruschi? -
- … Stavate solo mostrando le vostre abilità? -
- Ovviamente! Dovevamo rassicurarvi, non potevate di certo lasciare Namimori nelle mani di persone incapaci! -

Voleva morire.
La cosa che più la innervosì fu un sospiro di suo padre, dietro di lei.
- Questo è perchè sei istintiva, impaziente e salti subito alle conclusioni. - spiegò l'uomo.
- E scema. - aggiunse Caesar, ridacchiando.

La ragazzina si portò le mani tra i capelli, scompigliandoseli con nervosismo e imbarazzo.

- Papa... papa, papa. - si avvicinò a suo padre, quasi disperata - Papa dimmi che è uno scherzo. Costui - indicò Sirius - Ci ha malmenati. Male. Molto male. Alcuni sono dovuti andare all'ospedale! Nessuno ci ha minimamente avvisato che erano alleati, non ha per nulla accennato a questa possibilità! - spiegò, cercando di calmarsi e guardando il padre negli occhi - Quale persona sana di mente lascerebbe andar via degli stranieri che prima ti picchiano e poi dicono di volersi occupare della tua città?? -

Tsuna alzò un sopracciglio, perplesso, voltandosi verso il boss dei Notturno.
- ...Sirius. Non hai minimamente tentato di specificare a mia figlia il motivo della tua visita? - chiese, curioso. Il ragazzo si allarmò, osservandosi intorno e cercando cosa dire, finchè non portò l'attenzione sul figlio di Enma, in quel momento spaventato.
- Eh... Ehm... Caesar-san mi aveva avvisato che avrebbe provveduto lui ad avvisare Undicesima-sama, e ho pensato fosse inutile dire altro... - rivelò lui, mortificato.
Il bruno si grattò il capo, sotto lo sguardo attonito di suo padre, il quale sembrasse pretendere spiegazioni.
- Mh... Dovevo farlo ma... Nozomi era già partita per l'Italia... - disse, guardandosi attorno con l'espressione di chi era stato colto in flagrante - ...Non pensavo che avrebbe agito così velocemente... e non ho avuto il tempo di parlarle prima... -
- Ah, no? - la brunetta si voltò verso di lui, fulminandolo con lo sguardo - Grazie tante, Caesar. Mentre tu eri forse a rimorchiare qualche avvenente fanciulla, io facevo una figura di merda per colpa tua! - urlò, battendo i pugni sul legno tavolo, frustrata e quasi in lacrime.
- Ciò non toglie che avresti potuto riflettere meglio sulla situazione. - continuò suo padre, con tono severo - Hai un grande intuito e un'intelligenza straordinaria, se avessi speso qualche giorno in più a pensare a-
- Lo so, lo so! - lo interruppe, asciugandosi le lacrime - Lo so che sono maledettamente stupida e istintiva, non posso farci niente, ok?? Scusatemi! Sono un'idiota! - urlò, scoppiando a piangere.

Nel bel mezzo della sala riunioni dei Vongola, tra la decima generazione dei Vongola e dei Simon, sotto lo sguardo ammirante del boss dei Notturno, una ragazzina si rendeva conto dei suoi errori.
Era troppo oppressa da quell'aria tesa e da quei volti puntati su di lei, perciò si voltò e uscì rapidamente dalla sala, cercando di placare il suo respiro affannoso e gli attacchi di panico.

- Undicesima-sama!! - anche Sirius uscì dalla stanza e si avvicinò alla ragazzina con un sorriso smagliante. Era incredibile quanto lei si fosse sbagliata sul suo conto, era totalmente diverso da come lo immaginava.
- Basta solo Undicesima... anzi, facciamo Nozomi e si fa prima. - disse lei, sospirando.
- No, a me piace chiamarvi così! - ribatté lui, osservandola con perplessità.
- Beh, se ti fa piacere... -
- Ad ogni modo... so che è molto presto, mancano tanti mesi ancora, però... spero... ecco... che prendiate in considerazione le mie azioni... intendo... al ballo, ecco... - il ragazzino si grattò il capo, arrossendo.
- … Il ballo? - la ragazzina non sembrò capire.
- Sì, certo! Per il ballo... ecco... vorrei essere... vorrei essere io il vostro partner! - affermò, con occhi brillanti e un'espressione di ammirazione pura – Spero che mi prendiate in considerazione! Non ho intenzione di perdere contro gli altri pretendenti! -
- … Pretendenti? - la ragazzina sembrava capirci sempre meno. -
- Uh... Sì, ecco... durante il ballo, quando dovrete scegliere con chi ballare... beh... sappiate che io ammiro moltissimo Undicesima-sama... vorrei essere io il vostro partner! - il suo sguardo, all'improvviso, divenne agitato – Oh, ma... non avrete per caso già scelto con chi ballare?! No, spero di no! Ditemi di no!! - quasi non piagnucolò e la ragazzina dovette tranquillizzarlo, scuotendo il capo.
- Posso sapere di che ballo stai parlando? - chiese, perplessa.
- Come sarebbe? Parlo ovviamente del ballo per il vostro sedicesimo compleanno! - spiegò lui, imbarazzato – ... sapete come vanno le cose, no? Solitamente, quando si sceglie un partner... si dice che ha più probabilità di diventare il futuro sposo... quindi... ecco, io vorrei essere il vostro partner! -
- … Ricevimento... partner... sposo... mi sto perdendo. - la ragazzina scosse il capo, incredula – Lo sposo di chi? Cioè, se io scelgo una persona, a questo ballo, lui mi deve sposare? -
- Non esattamente... è una leggenda... però sai com'è... -
- Ma poi mancano ancora sette mesi al mio compleanno! E dubito ci sarà un ballo, mi spiace proprio deluderti! - disse lei, sospirando.
- Oh no, no, è confermato che ci sarà il ricevimento, ma... queste cose si preparano anche molto prima, è ovvio che se ne inizi a parlare... -
- Bah, tanto non ci sarà nessuno che vorrà ballare con me! - ridacchiò, nervosamente.
- Scherzi? Ci sono tanti pretendenti, anche uomini e boss di altre famiglie. Chi non vorrebbe ballare con la futura Undicesima? E poi, considerando la probabilità di diventare il marito del boss dei Vongola... beh sì, c'è anche molta gente che mira solo a quello, ecco... ma io non sono così! Io stimo davvero Undicesima-sama! - disse lui, energico.
- Non è sicuro che io sia l'undicesima, ricorda che non sono riconosciuta... - disse, più a sé stessa che al suo interlocutore, tornando a riflettere sulle parole del ragazzo.

Sembrava quasi che si sfiorasse il ridicolo, erano tornati nel medioevo, per caso? Perchè lei doveva scegliersi il marito tramite un ballo?
Fortunatamente, il ragazzo aveva detto che si trattava solo di una leggenda, il che era abbastanza rassicurante. Dubitava altamente che i suoi genitori volessero trovarle un fidanzato in quel modo così assurdo e alquanto antiquato. Piuttosto si domandò come mai suo padre avesse deciso di organizzarle un ricevimento per il compleanno, visto che non aveva mai più fatto nulla di simile dopo essersi trasferita a Namimori.
L'ultimo ricevimento che organizzò per un suo compleanno avvenne poco prima della morte di Claudio.

Quei giorni sembravano così distanti.

Sirius si allontanò, felice come una Pasqua, probabilmente perchè credeva di essere entrato nelle sue grazie e che avrebbe ballato con lei.
La ragazzina si limitò a scuotere il capo, incredula. Era davvero molto confusa.
Quante cose erano accadute in quegli ultimi giorni?

Erano tornati da Swizzles solo il giorno prima, avevano combattuto Clover con un potere che né lei né Caesar pensavano di avere.
Cristal aveva parlato con Decimo, si erano accordati per una chiacchierata riguardo l'accaduto e suo padre sarebbe dovuto andare in Alaska nel fine settimana.
Adesso erano lì, in Italia, nella magione dei Vongola. Nozomi e Caesar erano stati interrogati riguardo tutto ciò che era successo fino a quel momento.
Fortunatamente i loro amici stavano bene, alloggiavano nella magione ed erano stati visitati e curati.
Lei aveva scoperto che Sirius e i Notturno non erano affatto nemici e avevano un modo particolare di dimostrare ammirazione.
Ma, ad ogni modo, aveva anche appreso il motivo per il quale lui le saltellava attorno come un cagnolino.
Voleva solo essere il suo partner durante il ballo che suo padre aveva a quanto pare organizzato, a sua insaputa, per il suo sedicesimo compleanno.

Sospirò.
Erano accaduti fin troppi avvenimenti in così poco tempo, aveva bisogno di assimilarli con calma.
Si guardò attorno con perplessità, scrutando ogni dettaglio di quel corridoio.
Quasi non credeva di essere a casa.

Si ritrovò ad osservare un uomo dai capelli scuri, che indossava un cappello.
Aveva delle curiose basette arricciate.

L'aveva visto spesso alla magione, anche quando era piccola. Tuttavia, non ricordava chi fosse.
L'uomo, che si stava dirigendo nella sala riunioni, si fermò davanti a lei e la osservò.

Sorrise.
- Non perdere la determinazione. E' un tuo pregio, Nozomi. - disse.
La ragazzina alzò un sopracciglio, perplessa.
- Chi sei? - chiese.
- Il Tutor Hitman Reborn. - rispose lui, ammiccando.

“Reborn-san?!” spalancò la bocca, incredula. Non riusciva a formulare una frase sensata e si limitò a scuotere il capo e osservarlo con sguardo ebete.

L'uomo sembrava divertito da quella reazione.
- Sai, alla tua età tuo padre era davvero imbranato. Anche lui ha fatto molti sbagli, proprio come ne hai fatti e ne farai tu. E' normale, quando si è giovani. - spiegò – Per questo ci siamo noi tutor. -
La ragazzina continuò ad osservarlo, senza sapere cosa dire.
- Arina, nonostante ciò che pensa, è brava nel suo lavoro. - ridacchiò – Dopotutto è una donna, molto umana. Ed è proprio questo che deve insegnarti. -
Nozomi ricordò qualcosa che Arina le disse quando erano in Spagna.

“Il mio compito è quello di farti diventare una donna.”

- Una... donna... - ripeté lei, ricordando Noun. La sua controparte maschile era ormai morta e sepolta e Nozomi era già sbocciata come una vera e propria donna.
Nonostante le voci avverse, nonostante la superficialità delle persone.
Non importava, lei voleva essere ciò che era: forte, in grado di proteggere le persone che amava, ma donna.

- Si, una donna. - disse Reborn, abbozzando un sorriso – Tu hai già l'animo di un boss, ma ti manca l'animo di una persona, di una donna. - spiegò – Non pensi come una persona, non ti classifichi come tale ed è qui che sbagli. E' importante lavorare per essere un buon leader come è importante essere soprattutto sé stessi e umani. -

- … Sì, credo di aver capito. -

Chinò il capo, pensierosa.
La mano dell'uomo le arruffò i capelli con dolcezza.
- Sai... avrei voluto volentieri farti da tutore, se tuo padre non me lo avesse categoricamente vietato. - affermò, ridacchiando.
Si allontanò, varcando l'uscio della sala dove tutti erano ancora riuniti.
-Ma, in fin dei conti, non ne avresti avuto bisogno. -


Lo seguì con sguardo perplesso, mentre l'uomo svaniva oltre la porta della sala.
Abbozzò poi un sorriso, appoggiandosi al muro e osservando l'enorme vetrata davanti a lei.
Il cielo era terso e azzurro.

“ Un boss... ma soprattutto una donna.”
Ricordò di aver detto a suo padre che non si sentiva più all'altezza. Era triste, preoccupata per i suoi sbagli, per questo stava fuggendo.

No, non doveva fuggire.
Doveva crescere, comprendere i suoi sbagli e migliorare.
Alla fine, lei voleva davvero diventare il nuovo leader dei Vongola, l'undicesimo boss.

Avrebbe fatto di tutto per maturare e per diventare un buon boss.
E per trovare la risposta a quell'importante domanda.



N.A. Seguirà l'attesissimo special di fine saga! Non mancate <3

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Capitolo 26
*** SpecialTarget 26 – Il Ballo ***


Special Target 26 – The Dance (END)

cover

La bruna si era ritrovata, chissà come, davanti all'enorme specchio della sua camera.
La ragazza era rientrata da Namimori solo due giorni prima e la magione Vongola era rimasta esattamente la stessa di alcuni mesi fa.

Eppure, quando si era svegliata quella mattina, si era ritrovata in un posto completamente diverso, o quasi. La sua camera era addobbata con nastri e coriandoli, palloncini e scritte di auguri.
La madre l'aveva quasi soffocata con abbracci e baci, porgendole un vassoio con la colazione.
Latte al cioccolato, del pane tostato e marmellata.
Nozomi osservò il cibo perplessa.

- Mama... non dovevi... - si limitò a dire, ottenendo un'altra stretta dalla donna che per poco non la soffocava. Quando si trattava di lei, sua madre era molto espansiva e la riempiva sempre di attenzioni.

Come in quel momento che, ferma davanti allo specchio, veniva decorata peggio di una torta nuziale da lei e dalla sua migliore amica Haru.
Si ritrovò ad indossare un abito lungo bianco come quello di una principessa, il che le ricordò il giorno del suo ottavo compleanno. Sapeva che sarebbe andata a finire in quel modo, sua madre amava farle indossare quegli abiti sfarzosi e un po' troppo ingombranti.
Anche se lei li odiava con tutta sé stessa.

La creatrice di quell'abito, però, stavolta era Haname.
Il pezzo superiore non era così male: aveva una camicetta bianca con una cravatta color salmone e una spilla con il numero undici sulla sommità, sopra di questa portava una giacchettina bianca con decorazioni arancioni.
Aveva anche un mantello bianco a due strati, con del pellicciotto sintetico che ne decorava il primo e degli stemmi simili a quelli presenti sul mantello di Primo-sama, decorati da catenine.
Infine, ciò che più detestava, era la lunga gonna pomposa a tre strati, decorata da fiocchetti e merletti.

- Sei stupenda! - il viso sognante di Kyoko scoraggiò la ragazzina a dimostrare quanto in realtà le facesse ribrezzo quell'abito, dal quale avrebbe volentieri stracciato la gonna per andare in giro in mutande. Sarebbe stato di gran lunga meno imbarazzante.
- Haname-chan ha davvero buon gusto, sono sicura che Nozomi-chan farà un figurone! - la donna dai capelli scuri affiancò la Vongola e la costrinse a specchiarsi ulteriormente.
Il sorriso di Haru era troppo radioso per essere distrutto con quattro semplici parole.

“No. Mi fa schifo.”

Non poteva rivelare i suoi pensieri, doveva trattenersi e sorridere come un'ebete, sperando che non notassero che quella gioia fosse finta.

Haname varcò la soglia della sua stanzetta e si avvicinò, arrotolando il metro. Indossava un abito da sera azzurrino e aveva i lunghi riccioli corvini legati sopra il capo e tenuti fermi da dei fiori.
Possibile che fossero tutti vestiti in modo dignitoso tranne lei?
- Oh, che splendore! - congiunse le mani e osservò Nozomi con lo sguardo pieno di ammirazione.
- No. Non puoi dirlo sul serio. - rispose l'amica, assicurandosi che sua madre e Haru fossero abbastanza distanti da non poterla sentire. - Haname... fa schifo. Davvero. -
La pioggia sospirò.
- So che non è di tuo gusto, però è stupendo. -
- Ma... non siamo nel settecento! Questo gonnone e questi fiocchi... Che sono, un pacco regalo? Per favore, non assecondare i gusti di mia madre! -
- Tua madre ti vede come una principessa! -
- Anche se fosse, non lo sono e non voglio esserlo. -
- Perchè tu sei un vigilante, eh? -
La domanda di Haname spiazzò la ragazzina, che si voltò a guardarsi nello specchio. Una volta avrebbe risposto “certo!”, tuttavia, in quell'ultimo anno tutto era cambiato sia dentro che attorno a lei.
Abbozzò un sorriso.

- Nah. Sono una ragazza. - rispose, ridacchiando.
L'amica si avvicinò di più.

- La gonna può essere tirata via, ma meglio farlo dopo il ballo. - le sussurrò.
Nozomi la osservò come se fosse un angelo disceso dal cielo per donare a tutti la pace eterna.

La porta della stanza si spalancò all'improvviso, un pimpante ragazzino dai capelli neri entrò saltellando, avvicinandosi alla festeggiata.
Il voltò della ragazza si tramutò in terrore.

- CUGINAAAAAAAAAAAAAAAAAA – urlò lui, tuffandosi addosso a lei e infilando il viso nel vistoso davanzale della Vongola, che lo scaraventò all'indietro con un urlo.
Il ragazzino si era ritrovato a terra con l'impronta di una mano che decorava il suo viso.
Si alzò dal pavimento con energia e portò le mani ai fianchi, come se non fosse successo nulla.
- Kotaro!! Che diavolo ci fai qui?! - chiese Nozomi, spaventata, nascondendosi dietro alla povera Haname che non capiva cosa stava accadendo.

- Oggi è il tuo compleanno, no? Sono venuto a farti degli ESTREMI auguri!! -
La sua voce squillante costrinse le due a portarsi le mani sulle orecchie, per evitare di essere assordate.
- La vuoi piantare con questo modo di parlare? Non ti sei ancora tolto il vizio di parlare come zio. -
- Perchè dovrei? Fa figo! E' ESTREMAMENTE figo! - spiegò lui, portandosi l'indice nella narice e rigirandolo con concentrazione.
- … disgustoso... - commentò Haname, voltandosi verso l'amica. - Chi è? Tuo cugino? -
- Sì, è il figlio di zio Ryohei e zia Hana. E' uno psicopatico di tredici anni. - la sue mani tremavano.
- Perchè ti nascondi? - Haname non sembrava capire come mai l'amica si stringesse dietro di lei.
- Tu non puoi capire. Di lui ho solo brutti ricordi. -
La Vongola notò all'improvviso che il ragazzo aveva un cerotto tra gli occhi grigi, proprio sopra il naso. Lo stesso cerotto che portava suo padre.
- … Stai copiando lo zio, per caso? Anche il cerotto, adesso. - disse Nozomi, sospirando.
- Ehi, papà dice che è molto ESTREMO. E io amo le cose ESTREME! Sono ESTREMAMENTE ESTREME! -
- … Sembra di parlare con un Kaito... - affermò Haname, perplessa.
- Molto più infantile, idiota e depravato. - spiegò lei.
- … Depravato? - Haname rimase perplessa.
- Tu non hai idea di cosa possono fare i tredicenni d'oggi. -
- Oh... credo di capire. -

Il ragazzino si avvicinò a Nozomi e la scrutò per bene dall'alto in basso.
- Cugina, sai che sembri un cannolo? Sei ridicola! AHAHAH! -
Nozomi si portò una mano sul viso.
- Non è molto educato, Kotaro-kun! - Kyoko si avvicinò ai tre con dei nastri in mano.
- Ma zia, è orribile! Perchè Nozo deve vestirsi come la donna cannolo? -
- Kotaro-kun, queste cose non si dicono ad una donna! Sei davvero IMPOLITE. - l'amica di Kyoko incrociò le braccia, osservando male il giovane che indietreggiò rapidamente.
- O-oh, scusate... scusa zia Kyoko. - si voltò e raggiunse l'uscio, ritrovandosi con la faccia immersa in un altro davanzale. Stavolta, però, era quello di una donna dai capelli scuri, appena entrata nella stanza.
- A quanto pare è un vizio... - disse Haname, ridacchiando.
Kotaro si staccò rapidamente, agitandosi.
- Tu. - la donna lo squadrò molto male.
- Scusa mamma! Non l'ho fatto apposta!! -
- Cosa ci fai in camera di tua cugina? Ti avevo detto di aspettare che uscisse! - Hana prese il figlio per un orecchio, tirandolo. - E che ci fai di nuovo con quell'orribile cerotto sul naso?! Quante volte devo ripeterti di smetterla di copiare tuo padre! - glielo strappò via con forza.
Il ragazzino portò le mani al viso, dolorante.
- Ma... mamma!!! -
Hana prese Kotaro per l'orecchio e lo tirò via.
- Nozomi-chan, perdonalo. E' un idiota. - disse lei, con un'espressione severa ma abbastanza rassegnata.
- Lo so, zia Hana. - Nozomi sorrise per incoraggiarla e i due lasciarono la stanza, lasciando le quattro nuovamente da sole.

- Caesar non verrà, eh? - chiese lei, tornando a guardarsi allo specchio. In realtà era meglio se non partecipava, se l'avesse vista con quell'abito l'avrebbe presa in giro per tutta la vita.

- So che i Simon sono impegnati... perchè? - chiese Haname, curiosa.
- Beh, se avessi ballato con lui non ci sarebbero stati problemi. Simon e Vongola non possono unirsi, quindi non avrei dovuto stuprarmi il cervello alla ricerca di un modo per evitare questo casino. -
- Nozomi! - la madre portò le sue mani sulle spalle della figlia, osservandola attraverso lo specchio. - Non usare questi termini, non si addicono ad una splendida signorina! - iniziò a pettinarle i capelli mentre Haru le manteneva i nastri scelti poco prima. - E, comunque, non preoccuparti per il ballo. Quella del futuro marito è solo una leggenda metropolitana, balla con chi vuoi e non darci peso! -

La ragazzina sospirò, osservando sottecchi l'amica che le sorrise.


***

La sala dei ricevimenti era gremita di ospiti illustri tra le famiglie alleate più importanti. Persone che Nozomi non conosceva affatto e non aveva alcuna intenzione di conoscere.
Perchè così tanti uomini partecipavano alla festa di compleanno di una sedicenne? Solo perchè era una Vongola e un giorno avrebbe preso il posto del padre?
Osservò la folla, tra un saluto e l'altro, individuando suo padre che stava chiacchierando con alcuni uomini.
Era molto probabile che suo padre avesse organizzato quel ricevimento per mostrarle cosa l'aspettava, cercando di scoraggiarla nell'intraprendere quella strada. Una ragazzina di soli sedici anni non aveva nulla a che fare con quel mondo.
Incrociò lo sguardo di suo padre, che le sorrise.

“Sei uno stronzo.” pensò, osservandolo con sguardo imbronciato. Alla fine, però, gli sorrise.
“...Ma è per questo che ti voglio bene, papa.

Una splendida donna con lunghi capelli corvini e un abito scuro alquanto pacchiano, si era avvicinata a Nozomi e Haname.
- Auguri, Signorina Sawada. - disse sorridendo, notando la pioggia accanto alla bruna. - Tu... sei la stilista che ha creato questi splendidi abiti, vero? - chiese, curiosa.
La ragazzina alzò un sopracciglio, perplessa. Sicuramente non si riteneva famosa e non aveva idea di come le voci potevano essere girate così in fretta.

- Il mio nome è Duchesse, sono il boss della famiglia Elegantia. Posso scambiare quattro chiacchiere con te, tesoro?~ -
La donna aveva letteralmente rapito la pioggia, ancora perplessa e abbastanza confusa, lasciando sola la povera Nozomi.
- Ma... quella era una donna...? - la bruna parve perplessa, osservando la signora che svaniva oltre la folla, assieme alla sua guardiana.

La Vongola si ritrovò a vagare per la sala, sorridendo come un'ebete in risposta agli auguri ricevuti da persone sconosciute.
Aveva persino incontrato Diamante, con un sorriso finto quanto il suo. Sapeva di non andarle a genio, soprattutto dopo il modo brusco in cui sono scappati dopo il loro ultimo incontro in Spagna.
Oppure era per via della faccenda del “portatore impuro”?
In realtà non gliene importava poi molto, visto che si defilò rapidamente dopo averle fatto gli auguri.

Notò Masato chiacchierare con un ragazzo dai capelli rosati, sembrava che il rosso fosse abbastanza a suo agio e ciò la rasserenò.
Si avvicinò a lui poco dopo, osservando il ragazzino mentre si allontanava.
- Chi era? - chiese all'occhialuto.
- Uh? Lui? E' il futuro boss degli Elektrica, un genio! Lo stimo molto! - rivelò.
- Capisco... -

Un'altra donna si era avvicinata di soppiatto per farle gli auguri, appena si voltò per ringraziarla si ritrovò persa nei suoi profondi occhi blu, quasi non ascoltando le sue parole.
- ...Sawada-san? Tutto bene? - chiese, con voce dolce e calda. Sembrava quasi avvolgerla in un abbraccio materno.
Scosse il capo tornando coi piedi per terra, scusandosi e osservandola meglio: aveva i capelli scuri che le contornavano il viso e un simbolo giallo simile ad un fiore inciso sotto l'occhio sinistro.
La donna si limitò a sorriderle, allontanandosi tra la folla.

- Nozo-chan! - la voce di un uomo la costrinse nuovamente a girarsi, ormai quasi non ne poteva più di voltarsi a destra e a sinistra per salutare e ringraziare perfetti sconosciuti.
Tuttavia quell'uomo biondo non era sconosciuto, il tatuaggio particolare visibile sul collo era inconfondibile.
- Zio Dino! - esclamò, abbracciando l'uomo. Era da molti anni che non lo vedeva, doveva essere molto occupato con la famiglia Cavallone.
- Augurissimi, piccola! Sei cresciuta tantissimo dall'ultima volta che ti ho visto... come passa il tempo! - ridacchiò, grattandosi il capo con imbarazzo.
- Oh... ehm... sì... - ridacchiò anche lei, non avendo la minima idea di cosa rispondere. Non era abituata a discutere con gli adulti, sopratutto se si trattava di vecchi amici di famiglia.
- Oh beh, adesso vado a parlare con Tsuna! Buon proseguimento. - disse, salutandola.

Si ritrovò nuovamente in mezzo alla sala, guardandosi attorno con paura e ansia.
Adocchiò in un angolo un uomo dai lunghi capelli albini, lo aveva incontrato durante il viaggio in Spagna. Non era affatto rassicurante, e quando lui incrociò il suo sguardo poté notare quanto fosse seccato nello stare lì. Si allontanò lentamente, spaventata di poter far adirare quell'assassino e chiedendosi perchè suo padre lo avesse invitato.

Il tempo continuava a passare, avrebbe dovuto sbrigarsi a scegliere un partner con cui ballare e si sentiva molto a disagio. Era sola, i suoi guardiani erano sparsi per la sala a curiosare e Arashi era sparita da prima della festa.
Arina era con Luca vicino la scalinata, stavano chiacchierando.
Si avvicinò rapidamente a loro, con il viso cupo.
- Perchè quell'espressione, Undicesima? - chiese Arina, curiosa – Dovresti essere felice! Oggi è il tuo compleanno. -

- E' noioso... e devo ancora decidere con chi ballare. -
- Perchè non balli con Sirius? -
La ragazzina si voltò ad osservare il giovane boss dei Notturno, intento a discutere animatamente con un uomo di mezza età. Sembrava serio e responsabile, il contrario di ciò che aveva dimostrato mesi prima. La bruna iniziò a pensare che il giovane si comportasse in quel modo assurdo solo in presenza di un boss dei Vongola o, altrimenti, con persone che stimava in modo incredibile.
In effetti era l'unica persona conosciuta, poteva anche arrendersi e ballare con lui.
L'idea, però, non le piaceva affatto.

- No, non voglio. -

Il tempo era passato in fretta e un dolce valzer iniziò a risuonare nella sala. La ragazzina sbiancò, spaventata più di prima poiché non aveva ancora deciso cosa fare. Voleva scappare via urlando, sarebbe stato molto più emozionante.
Gli uomini si voltarono verso il centro della sala dove si era ritrovata la povera festeggiata, che non riusciva nemmeno a muoversi per l'imbarazzo.
Cosa avrebbe potuto fare?

Si voltò verso la scalinata dietro di lei, ascoltando alcuni mormorii. Una persona dai lunghi capelli color fuoco si trovava ai piedi della scalinata, indossando un completo nero e con l'aria di un principe arrivato per salvare la sua principessa.
In realtà si trattava di una donna, Arashi, ma era così affascinante che anche Nozomi restò a bocca aperta nel guardarla.
La sua amica era sparita per tutta la mattinata ed era apparsa all'improvviso vestita da uomo, ai piedi della scalinata e nel momento principale della serata.
La rossa si avvicinò alla ragazzina a passo svelto.

Le due si guardarono, ma non servirono parole per capire cosa stava succedendo.
- Grazie. - disse Nozomi, sorridendo raggiante.
Ancora una volta era stata salvata da lei. Cosa avrebbe fatto senza il suo braccio destro?

La rossa, che stava a sua volta sorridendo, si era inchinata baciandole la mano e l'aveva condotta al centro della sala, iniziando a ballare con lei.
Quasi per un istante confuse l'amica con Claudio, che ballò con lei proprio in quella sala di otto anni prima.

Ma Claudio non c'era più, quella chioma rossa apparteneva alla sua guardiana della tempesta.
La sua migliore amica.

Qualche giro di valzer dopo, le ragazzine per poco non scoppiavano a ridere. Era divertente lanciare occhiate in giro, osservando gli sguardi attoniti dei presenti. Chi si sarebbe mai aspettato di vedere l'ipotetico futuro undicesimo boss ballare con il suo braccio destro?
Nozomi cercò suo padre con lo sguardo e lo ritrovò ancora lì, che la osservava divertito.
Sembrava che i due amassero giocare in quel modo.

Quando la melodia scemò, le due notarono che Haname era riuscita a sfuggire alla donna e si era avvicinata alle due amiche.
Con l'aiuto di Arashi, portarono le mani alla vita della Vongola e le sfilarono via gli ultimi due strati della lunga gonna ingombrante, lasciandola con solo il primo.
Finalmente poteva muoversi più liberamente con quella minigonna, preferiva di gran lunga quell'abito.

Quando si era voltata, i guardiani si erano riuniti accanto alla scalinata con sguardi sorridenti, mentre Haname aveva lanciato la gonna ad Arina.
- Vai. Fai quel che vuoi... come sempre. - le disse, stringendo la gonna e piegandola con non curanza.

- Boss... ci stiamo annoiando. - Kaito sbadigliò, avvicinandosi a Nozomi.
- Oh. Questo è male! Non ci si può annoiare durante una festa, no? - lanciò un'occhiata a Cloud, che aveva spodestato l'addetto alla musica con poca educazione e aveva già fatto partire il suo cd.
- Ma da dove li tira fuori i suoi cd? - chiese Luca, avvicinandosi a Shinji.
- ...Boh. - ripose lui, perplesso.
- Quindi? Che si fa? - chiese Haname.
- Rendiamo questa festa più HAPPI! - esclamò la brunetta, ammiccando.
- Ovviamente. Ora siamo degli idol, no? - Arashi le lanciò un'occhiata che lei ricambiò.

Con i microfoni alla mano, nonostante il pubblico non esattamente abituato a questo tipo di spettacoli, i giovani sfogarono la loro energia con una sincronizzatissima esibizione a sette.

“Sii una persona forte
Sii il vero eroe
coperto di ferite"

Tsuna ridacchiò, Kyoko si era avvicinato a lui con un sorriso smagliante.

- Cosa dobbiamo fare con lei? - chiese lui, sorseggiando il suo aperitivo.
- E' perfetta così com'è! - rispose Kyoko.

“Ottieni il peso della gloria
con le tue mani"

Beh, dopotutto cosa ci si poteva aspettare da quella strampalata famiglia? Non erano di certo normali.
No, la normalità non faceva proprio per loro, che spargevano la loro energia tra giochi, armonie e sorrisi.
Cosa diavolo facevano a fare i mafiosi? Potevano diventare dei supereroi.
Ma queste sono domande a cui non ci sarà mai una risposta.

“Sii una persona forte
Sii il vero eroe
alzati senza alcun aiuto"

Alla fine sarà solo il modo contorto di ragionare di una scema che non ha assolutamente intenzione di cambiare.
L'importante è rimanere sé stessi, no?

“Per chi
sto avanzando
verso la fine di questa strada?"

Questa è la mia famiglia! La famiglia che voglio proteggere e che amo più di ogni altra cosa.
Questa... questa è l'armonia dell'undicesima famiglia!”

“Change the world!”



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Clover's Arc – END –
(Saga di Clover – Fine – )

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