Il Mondo delle Sette Chiavi

di FaDiesis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Libri luminosi e scosse ***
Capitolo 2: *** Un Saggio... stravagante. ***
Capitolo 3: *** Il viaggio comincia! ***
Capitolo 4: *** Paco ***
Capitolo 5: *** Arrivo nel Mondo dei Fantasy ***
Capitolo 6: *** Le terme ***
Capitolo 7: *** Nel Mondo di Paco ***
Capitolo 8: *** Le Sette Chiavi ***
Capitolo 9: *** In fuga ***
Capitolo 10: *** Ella ***
Capitolo 11: *** Di veleni e gomitoli ***



Capitolo 1
*** Libri luminosi e scosse ***


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Ricordo benissimo quel giorno. Anzi, quel momento. L'attimo in cui fui scaraventata dentro un mondo parallelo. Un mondo fantastico, dove però ho anche rischiato la vita. Ero annoiata, stanca e arrabbiata. Infatti, solo il giorno prima, la mia professoressa di Italiano aveva dato a tutta la mia povera classe una relazione lunga quindici pagine sulla biografia di Giacomo Leopardi. Insomma, ok, mi piace Leopardi -l'Infinitoè la mia poesia preferita- ma non la sua vita! Siamo sinceri, non era un tipo così "gioioso"... Beh, erano le sette di sera, e facevo ricerche in biblioteca dalle tre del pomeriggio. Una stanchezza mostruosa. Mentre cercavo di mettere in ordine le informazioni più importanti che avevo trovato sui mille volumi ed enciclopedie (che mi guardavano minacciosi dal tavolo di legno su cui studiavo), sentii il primo richiamo che annunciava la chiusura della biblioteca.
Mi alzai di scatto, non aspettavo altro! Nonostante fossi entusiasta di terminare di studiare, ero troppo distrutta per esultare, così cominciai stancamente a mettere a posto i libri. Il reparto dove andavamo risistemati i libri si trovava all'ultimo piano, tanto per cambiare dovetti farmi tre rampe di scale a piedi. Arrivai col fiatone, trascinandomi fino a uno scaffale pieno di enormi volumi.
Criick.

Che cosa? Mi parse di sentire uno scricchiolio, ma non ce la facevo ad andare a guardare.
Criick criick.

Stavolta mi sporsi dal corridoio, magari era la commessa che veniva per dirmi di spicciarmi. No, invece non c'era proprio nessuno.
Criick criick. Criick
.
Di nuovo! Posai velocemente La vita di Leopardi su una sedia lì vicino e mi affacciai giù per le scale: niente. C'era una signora anziana, una brava donna che conoscevo da anni, che con il dito seguiva la sua lettura su uno spesso fascicolo, e suo nipote Luke che dormiva beato su dei cuscini disposti a L. Si sentiva il frusciare dei fogli, e il lieve russare del bambino, ma non quel fastidioso Criick Criick.
Frustata ritornai nel mio spazio, avevo ancora quattro libroni da mettere a posto! Poi all'improvviso scorsi un luccichio... veniva da... ehi, non mi ero accorta che tra tutti quei libri grossissimi ce n'era uno minuscolo! Ed era proprio lui che brillava debolmente.
Con titubanza avvicinai la mia mano alla copertina marrone e consumata.Quando lo afferrai, mi sentii percorrere lungo il braccio una specie di scossa. Strinsi i denti e non persi la presa, nonostante il brivido si stesse fortificando sempre più.
Aprii la prima pagina, e il brillio si spense. Aggrottai le sopracciglia, era completamente vuoto. Non c'era scritto niente! Neanche una piccola scritta, neanche un punto, neanche un'immagine! Sarebbe bastato un "ciao"...
Che razza di scherzo era??! Indispettita, feci per chiudere il libricino, quando vidi che sulla copertina si disegnò davanti ai miei occhi, un titolo. Stavo diventando pazza. La scritta si stava formando da sola sul libro vuoto. IN GRECO!
Era così... invitante. Mi attravea, mi spingeva a toccarla... e fu proprio quello che incosciamente, e stupidamente, feci. L'ultima cosa che sentii fu il secondo richiamo della voce metallica registrata della biblioteca.
Poi vidi rosso.

-Ehi! Séfyr!- mi sentii chiamare. E sentivo anche un certo dolore alla schiena... e il mal di testa. -Séfyr!
Ma chi era che urlava il mio nome? Non mi parve di riconoscere il timbro di voce... e oltretutto sbagliava l'accento: si dice Sefyr, con l'accento sulla Y, non sulla E.
-Ehi, svegliati!!- uff, feci lo sforzo di aprire lentamente gli occhi. E sussultai, alzandomi all'improvviso.
C'era il viso scettico di un ragazzo che mi osservava da vicino, un po' troppo secondo i miei gusti.
-Alleluia- disse, alzando le sopracciglie- Buongiorno, Bella Addormentata...
Lo guardai meglio, mandandogli stilettate con gli occhi. Aveva una matassa di capelli castani chiari- biondo cenere, e due occhi grigi con un’espressione di sfida, quasi arrogante, dipinta sopra. Quanti anni avrà avuto? Diciassette, diciotto al massimo.
Provai a parlare, ma mi uscii solo un rantolio soffocato. Avevo la gola secchissima.
-Aspetta. - continuò il ragazzo. Aveva un timbro di voce basso, ma squillante e pieno di energia allo stesso tempo. Era stranissimo.
Lo vidi frugare dentro una specie di tascapane di pelle, tirare fuori una borraccia e porgermela.
Stavolta fui io a guardarlo scettico. Chi me lo faceva fare di accettare acqua- anche se non ero proprio sicura che fosse acqua- da un tizio estraneo che avevo appena conosciuto?
-Oh, dai! Non fare la schizzinosa!- mi parlò con un tono leggermente acido e alzò gli occhi al cielo.
Sbuffai, e con una smorfia accettai la sua borraccia.
Assaggiai un sorso, non prima di aver scrutato il liquido azzurrino-sembrava quasi Powerade- con diffidenza. Sapeva di miele, più un pizzico di cannella e... menta?
Peccato che odiassi la cannella. Istintivamente sputai per terra.
-Ma... cos'è questa schifezza??!-gli sbraitai contro.
-Beh, diciamo che è un'antica ricetta di famiglia. E diciamo anche che non ti piace, visto la tua... reazione. -stavolta era davvero infastidito. Arrossii un pochino, ma gli risposi sgarbatamente, proprio non mi stava a genio quel tipo.
-Scusa ma tu chi sei? E dove sono?
Quel ragazzo impertinente fece la cosa che non mi sarei mai aspettata: scoppiò a ridere.
-Vedo che la mia medicina ti ha fatto proprio bene! Guarda che voce acida, ti è tornata... - ridacchiò un altro po', ma dopo aver visto la mia espressione, si fece più serio. -Mi chiamo Sean.
Gli posi la domanda che mi frullava in mente da quando mi ero svegliata, a questo Sean.
-Come facevi a sapere il mio nome?
Lui sorrise indicandomi il polso destro.
Ah, già. Avevo dimenticato che la mia migliore amica al mio quindicesimo compleanno (ovvero quasi due mesi fa) mi aveva regalato un bracciale con scritto il mio nome in oro e viola, i miei colori preferiti.
-Comunque si legge Sefyr- precisai.
-Scusa tanto.- disse Sean, rialzando ancora le sopracciglia. -Hai origini indiane?
Sbuffai. -Non hai risposto alla mia seconda domanda: dove cavolo sono finita? E se proprio lo vuoi sapere, no, non sono indiana, né ho origini indiane. È solo che mia mamma è fissata con l'India.
-Ah. Beh, benvenuta ad Eneta.
Eneta
? Mai sentita... istintivamente mi venne in mente il titolo del libro luminoso in biblioteca (ero totalmente sicura che avesse qualcosa a che fare con questa storia) ... Era in greco... Eneta. Ma certo! Atene al contrario.
Glielo feci notare, e lui fece un sorriso ambiguo. Non rispose. Lasciai perdere e mi guardai attorno. Mi trovavo sulla cima di una collina, con una vista magnifica. Riconobbi una costruzione, era un hotel dove avevo dormito quando ero stata in vacanza a Psyrri. In Grecia! Volli provare a verificare se...
No, non era possibile.
Psyrri si trova a ovest di Atene, ne ero certa, invece lì era ad est. Controllai con un altro paio di città. Erano tutte all'inverso!
Il timbro strano di Sean mi distrasse dalla mia nuova scoperta.
-Piuttosto, cosa ci facevi svenuta nel parco davanti a casa mia?- mi chiese con curiosità.
Non mi fidavo di lui, lo avevo appena conosciuto e mi stava pure antipatico. Ma, non si sa perché, gli raccontai tutta la storia.
Sean annuì, comprensivo. Per fortuna, pensavo mi avrebbe presa per matta!
-Succede, a volte, di entrare in un libro. - disse.
-Come succede??- gli chiesi io, allora era lui il matto! Insomma non succede tutti i giorni di essere catapultati dentro un libro!
-Vieni dentro, ci prendiamo un tè e ti spiego tutto.- propose, mentre si alzava e mi tendeva la mano per aiutarmi.- Così magari ti dai anche una pulita.-aggiunse alludendo alla mia maglietta e ai miei jeans sporchi di fango.
Lo guardai male e rifiutai la sua offerta, alzandomi da sola e sgrullandomi i pantaloni.
Avvistai una casetta proprio a cinque metri da dove ci trovavamo e mi ci diressi, senza neanche attenderlo. Quando arrivai, cercai di aprire la porta azzurra, ma un'intensa scossa mi percorse il braccio, provocandomi una scottatura alla mano. E basta! Ne avevo abbastanza di scosse!
Sentii il ragazzo che mi si avvicinò sghignazzando.
-Il mio sistema di antifurto, la maniglia rileva le impronte digitali. Non hai voluto aspettarmi... e ben ti sta!- con questo aprì la porta senza scosse né bruciature.
Sbuffando, lo seguii all'interno e osservai la casetta. Era spartana, con quattro mobili in croce e un disordine da far concorrenza alla mia stanza.
La cucina era sui toni caldi del rosso, arancione e giallo, e sopra il lavabo c'era uno scaffale pieno di spezie e tè diversi. Strano, erano perfettamente in ordine, in netto contrasto rispetto al resto della casa.
Mentre ero comodamente seduta, con i gomiti poggiati su un particolarissimo tavolo in mogano, dove il rumore del bollitore regnava sovrano, Sean mi raggiunse con due tazze.
Assaggiai la bevanda, sperando che non avesse lo stesso gusto dell'altra. Sembrava normalissimo tè, però aveva un aroma dolciastro, quasi nauseante. Anche se dovevo ammettere che non era niente male.
-Ci ho azzeccato?
-Eh?- cascai dalle nuvole quando Sean mi parlò.
-Il gusto del tè... ti piace?- ripeté.
-Oh, sì... sì. A che cos'è?
-Al mirtillo e limone, pensavo che ti avrebbe "addolcito" un po'.-sogghignò lui. Gli feci una linguaccia di risposta.-Immagino che adesso tu voglia sapere perché sei qui.-continuò più serio.
Annuii.
-Devi sapere, che tanto, tanto tempo fa, il mondo era unico, uno solo. Poi ci fu una scissione... culturale, si può dire. Una parte del popolo credeva nella sapienza, nella letteratura, nelle arti, come la musica o il disegno. Mentre il resto, e purtroppo la maggioranza, dedicava tutto il tempo alla tecnologia. E poi... ci fu un dibattito, uno scontro, e la gente "non tecnologica" fu scaraventata per chissà quale forza della natura, qui, nel Mondo delle Sette Chiavi.
Vedi, questo mondo parallelo ha tutta un'altra organizzazione. Tutto è basato su una cultura e su una saggezza differente, superiori. Ci sono sette regni principali (e molti altri minori) e ognuno di essi è legato ad uno specifico genere letterale: il Regno dei Romanzi d'Avventura, dei Romanzi d'Amore, dei Fantasy, dell'Horror, dei Gialli, delle Biografie e dei Romanzi Storici. Senza un ordine preciso, né una qualsivoglia regolarità, il Sovrano di ogni regno può spedire un libricino in una biblioteca a caso del Mondo Reale, che autonomamente decide chi trovare, chi ritiene giusto o adatto, e lo trasferisce da noi.
Restai in silenzio. Adesso capivo tutto. E così... il libro luminoso aveva scelto me. Chissà perché.
Mi chiesi a quale regno poteva appartenere Sean... Avventura? O forse Horror? Sì, Horror è più adatto.
-E tu di quale genere sei?- glielo chiesi.
Lui sorrise e mi mostrò il collo. Aveva tatuato uno strano disegno, che però non riuscivo proprio a capire.
Non fece in tempo a rispondere che delle campane risuonarono, assordandomi. La cosa strana era che suonavano dentro la casa.
-Che succede?- urlai, per farmi sentire sopra il frastuono.
Ma Sean era troppo impegnato a mettere freneticamente a posto la casa, buttare pantaloni, fogli e pentole di qua e di là, per degnarsi di rispondermi.
Ma allora, cosa diavolo stava succedendo?


Le petite angle du FaDiesis

Ehm, bene ragazzi... Come vi sembra?  *occhioni teneroni del gatto di shreck*
È solamente un progetto... quindi non so se può andare!
Mi scusa per la lunghezza del capitolo, ma è il primo, e vanno spiegate le cose come stanno.
Allora, aspetto sia critiche che (lo spero tanto!) recensioni positive! Recensite in tanti, per favore!
Ciao e Buon Natale!
FaDiesis




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Capitolo 2
*** Un Saggio... stravagante. ***


Image and video hosting by TinyPic Progetto EFP, capitolo 2.
Che diavolo stava succedendo?
Mi chiesi ancora una volta.
Mi portai le mani alle orecchie, il suono delle campane si faceva sempre più acuto, e assordante.
-Falle smettere!-gridai a Sean, che era intento a incastrare un mucchio di cianfrusaglie dentro un armadio alto e stretto.
Lui neanche mi sentì -ci credo, con quel rumore- e continuò agitato a mettere in ordine.
Tutto d'un tratto il suono si arrestò e Sean chiuse a fatica una credenza gialla. Poi si accasciò a terra, esausto, ma solo per qualche secondo, si alzò subito e mi si avvicinò.
-Stai buona, ok? Non dire niente d’inappropriato, sii educata.- mi disse.- Per favore.
-Ma... perché? -gli chiesi. Non capivo il motivo di tutta quell'agitazione!
-Ci sta venendo a trovare un... signore molto importante. Capirai da sola -si diresse verso la porta, quando sembrò ricordarsi qualcosa- Ah, non giudicare dal suo... aspetto e... -tornò indietro.
Mi si avvicinò ancora, e mi sistemò dietro l'orecchio un ciuffo di capelli ribelli che mi cadeva davanti agli occhi.
-Molto meglio. - disse con un sorriso malizioso.
Sbuffai infastidita.
Proprio nel momento in cui Sean si girò per andare alla porta, si sentì bussare.
Due colpi secchi e uno lungo.
Il ragazzo scattò sull'attenti.
Un colpo lungo e due secchi.
Era forse un codice morse, o qualcosa del genere?
La porta si aprì di scatto, e una nuvola di fumo invase la casa. Un uomo ne uscì tossendo, ed io riuscii ad intravedere la figura: grossa, tozza e non troppo alta.
Ero a bocca aperta. Quando finalmente il fumo si affievolì, vidi chiaramente questo misterioso signore: indossava una maglia a maniche corte rossa e pantaloni corti al ginocchio, i capelli (ehm, forse non proprio capelli, era parecchio stempiato) erano grigi e spettinati. Due occhioni marroni scrutavano l'interno dell'abitazione di Sean con curiosità e attenzione.
Sembrava un pescatore! Mi scappò da ridere, sia per l'aspetto del nuovo arrivato che per la sua favolosa entrata in scena e mi venne spontaneo battere le mani in un fragoroso applauso.
Sean mi lanciò un'occhiataccia.
Io risi ancora più forte, ma che ci potevo fare? Ormai la ridarella era partita.
Il "pescatore" alzò prima un sopracciglio (e pensai che a quel gesto Sean volesse affogarsi nella teiera, ancora posata sul tavolo) e poi, beh, non si arrabbiò come temevo, ma s’inchinò più volte ripetendomi "Grazie, grazie!".
Smisi di ridere, e cercai di darmi un minimo di contegno.
Il mio caaaalmo "coinquilino per 10 minuti" emise una risatina nervosa, e si precipitò ad accogliere il tizio.
-Oh, buongiorno, Sommo Maestro. Si accomodi prego.- disse concitato, mentre l'altro sfregava gli stivali da pioggia sul tappetino blu davanti casa. -Sean! Ragazzo mio, come stai?- parlò il signore. C'era un che d’imponente nella sua voce.
-Oh, molto bene, grazie!- rispose lui, chinando un po' la testa e sedendosi accanto a me.
Il Sommo Mastro, così lo aveva chiamato Sean, prese posto e si soffiò nelle mani per farsi caldo: subito una brezza tiepida si diffuse per la stanza.
Mi sentii più tranquilla.
Ci guardò negli occhi a turno. Era incredibile, nelle sue iridi color nocciola c'era una parvenza di conoscenza e sapere tanto grande che tutti i miei professori messi insieme non avrebbero saputo eguagliare. E i miei erano professori molto intelligenti.
Non ressi la pressione del suo sguardo e abbassai il mio sulla tazza di tè ancora fumante.
-Leggi i fondi di tè? - mi rivolse finalmente la parola il Sommo Mastro.
-No. Beh, non ne sono capace. - risposi. Mamma mia che risposta stupida. Era ovvio che non sapevo leggere dentro il tè!
Lui sorrise enigmatico, ma un attimo dopo era serio.
-Sefyr. La sai la storia di questo posto? - mi chiese. Chissà perché non mi stupii del fatto che sapesse il mio nome.
-Sean me l'ha spiegata un pochino...
-Allora credo che non ti dispiaccia se ti racconto la mia versione.
Scossi la testa entusiasta. Ero proprio curiosa!
-Ero un bambino, quando mio nonno la narrò a me. -cominciò -Come forse tu sapevi prima di finire qui, esisteva un solo Mondo. La gente viveva pacifica, e in accordo tra loro. La voglia di vivere era così tanta, che i giovani usarono il cervello al sessanta per cento, invece che al dieci, come in genere gli esseri umani fanno. Essi cominciarono a inventare, e di conseguenza le condizioni di vita si svilupparono. E fu proprio questo progresso in crescente aumento che provocò la divisione culturale di cui ti ha già parlato Sean.
Non potei fare a meno di pensare ad alta voce: -Gli e-book. Adesso sostituiscono i libri di carta quasi in tutto e per tutto... La gente sta perdendo, sta dimenticando il piacere di sfogliare le pagine vere di un libro, che siano ingiallite dal tempo o fresche fresche di stampa...
-... di udirne il fruscio, di infilarci il naso dentro e sentirne il profumo....- continuò il vecchio.
Annuii pensierosa, seguendo la scia dei miei ricordi con affetto: si fermò al momento in cui il mio fratellone, quando ero ancora una bambina e tornavo da scuola, mi copriva gli occhi, mi portava davanti all'enorme e amata biblioteca di casa, e mi sorrideva. Non avevamo bisogno di parole, noi, ci intendevamo anche solo con uno sguardo o una smorfia del viso. E in quel sorriso io capivo che mi aveva fatto un regalo, un libro. A quel punto stava a me trovarlo tra tutti gli altri, io accarezzavo i volumi scorrendo lo sguardo sui titoli, e molto spesso lo trovavo subito.
Sorrisi con malinconia, erano ormai nove anni che era scomparso.
Il Sommo tacque, forse per farmi assorbire le sue parole o forse solo per rispetto dei miei pensieri che sembrava proprio saper leggere.
-In seguito ci fu un uomo -riprese, tirando fuori una consumata Savinelli.- Fu un grande uomo, colui che creò questo mondo. Era così convinto nel potere dell'antica conoscenza, che si mise a studiare libri di stregoneria... - tirò una boccata dalla sua pregiata pipa e si sentì un forte odore di tabacco dolce. - Il suo incredibile carisma attrasse molte persone, che lo consideravano una specie di eroe ribelle, opposto alle nuove scoperte tecnologiche e alla massa. In questo modo venne naturale dividersi in due parti: i sostenitori della cultura "arretrata" e quelli della cultura moderna. Come dicevo prima, quest'uomo studiò quella che un tempo si chiamava "magia primordiale" e riuscì a creare questo mondo parallelo. La storia della sua Dinastia e degli Usurpatori è lunga e travagliata, ma non te la racconterò. Non ora almeno.
-E i Sette Regni?- chiesi curiosa, ricordando l'accenno di Sean.
-Oh, sì. Certo. Anche questo è un racconto lungo e complicato- mi rispose. -Per adesso consideralo alla stregua una divisione territoriale, come degli odierni stati. Piuttosto volevo chiederti una cosa... Sai perché sono venuto?
Scossi la testa dubbiosa.
-Ho avvertito la tua presenza, come quella di ogni persona che viene catapultata qui, ma...
-Non ha il Marchio.- lo interruppe secco Sean.
-Esatto. Hai notato il tatuaggio che ha lui?- disse il Sommo Mastro, indicando il ragazzo.
-Sì!- esclamai- Me l'ha mostrato quando gli ho chiesto a quale genere letterario apparteneva... ma che significa?
-Proprio questo! È il simbolo dei generi. Ovvio che è diverso per ognuno di loro. Ma tu invece non ce l'hai. Strano...
Mi avvicinai a Sean e gli scossi quell'ammasso di capelli biondicci dal collo, volevo osservare meglio il suo Marchio. Sembrava quasi un uccello strano ma... adesso che guardavo meglio erano due cuori incrociati!
-Hai finito? Hai le mani fredde. - sbraitò, alzando un sopracciglio Sean.
-Tu fai parte del Genere dei Romanzi d'Amore!- esclamai.
-Stupita?-mi chiese con scetticismo lui.
-E dire che pensavo fossi degli Horror... - scossi la testa sorridendo furbetta.
Sean mi fece una linguaccia di rimando.
Sentii uno stridolio e girai la testa, il Sommo Maestro si stava alzando. Ci sorrise, dicendo:- Mi dispiace interrompervi, ma si è fatto tardi, e ho ancora molte faccende da sbrigare.-Si frugò nelle tasche e tirò fuori una pergamena, me la porse. -Ecco, tieni. Credo che possa aiutarti a trovare il tuo Marchio. Ma non aprirla ora, è una pergamena speciale, deve passare un po' di tempo con te, prima di scriversi.
-Oh, grazie mille! È stato un vero piacere conoscerla...
-Luigi. Puoi chiamarmi Luigi. -disse lui mentre afferrava la mia tazza di tè ormai vuota, girando curiosamente il cucchiaino al suo interno.
-Luigi??!- esclamò sorpresissimo Sean.
-Calmati, testa calda. Per te sono ancora il Sommo Maestro. Oh, ma guarda, il tè preannuncia una grande avventura, e anche... mmh, un affetto ritrovato. Beh, vi saluto. -e con questo sparì.
-Luigi? Ma come?! Ti ha appena conosciuto e tutta questa confidenza?? Non è giusto!
Ma io pensavo ad altro... Cosa c'era scritto sulla pergamena? Cosa voleva dire con "grande avventura"? E con "affetto ritrovato"?
Ma soprattutto...

Leggeva davvero i fondi di tè??


Le petit angle du FaDiesis

Bene... Ehm, vi piace? *sgranocchia biscottino dondolando sui piedi*
Questo capitolo era dedicato all'entrata di un nuovo personaggio, anche parecchio importante!
 Ma vi prometto che dal prossimo inizia l'avventura!

E... sorpresi dal genere di Sean?? =D
Va beh, se vi va di lasciare qualche commentino, a me fa molto piacere!
Chaud
FaDiesis

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Capitolo 3
*** Il viaggio comincia! ***


Image and video hosting by TinyPic Mi rigirai nel letto, quella sera proprio non riuscivo a prendere sonno.
Sean mi aveva gentilmente concesso il materasso posto sotto il suo letto a castello. Le pareti della sua camera erano dipinte di un bel blu profondo, con appesi tanti poster di band che non avevo mai sentito nominare.
Sbuffai e mi appoggiai su un fianco, provai a chiudere ancora una volta gli occhi, ma niente. Ero un po' agitata, per quel nuovo mondo, per la pergamena, per tutto.
Decisi di alzarmi, chissà se una passeggiata fuori mi avrebbe calmato un po'.
Feci attenzione a non far rumore, non volevo svegliare Sean.
Mi girai a guardarlo. Quando dormiva sembrava un bambino: mezzo scoperto, una mano sotto il cuscino e l'altra che pendeva giù dal letto. Dalle labbra socchiuse un sottilissimo fischio e  i capelli gli cadevano in disordine sugli occhi chiusi.
Sorrisi, scuotendo la testa. Prima di uscire mi guardai attorno: c'era una libreria, il letto a castello, un armadio bicolore (verde e crema), una cassettiera e una scrivania. Mi diressi verso quest'ultima, ero curiosa di scoprire cosa  contenesse. Il giorno prima avevo notato un lucchetto ad uno scaffale, e mi ero chiesta il perché.
Sempre in silenzio, tastai la scrivania in cerca di una chiave, ma non la trovai. Proprio mentre stavo per rinunciare, il mio sguardo cadde su un album verde fluo.
Gettai un'occhiata a Sean. Dormiva ancora, ed emise un leggero mugolio, come un’ammonizione per quello che stavo per fare.
Senza pensarci afferrai il blocco e mi precipitai in giardino.
Appena misi il naso fuori, mi sentii subito meglio: l'aria era frizzantina, e la luna brillava alta nel cielo.
Mi sedetti su un dondolo sul porticato davanti a casa. Osservai l’album interessata, era uno di quelli con le bustine trasparenti a proteggere i fogli all'interno.
Lo aprii, la prima pagina era una specie d’intestazione, con scritto il suo nome e la parola "DISEGNI" marcata in rosso acceso.
Continuai a sfogliarlo, c'erano tantissimi disegni!!
Dai ritratti ai paesaggi, dai fumetti alla natura morta, ma soprattutto... com'è che si chiamavano? Quelli giapponesi...
-Manna, magma, manta... o magna?- pensai ad alta voce.
-Manga.- Sean mi apparse dietro alle spalle, facendomi sussultare.
Fermò il dondolo e lo aggirò per sedersi anche lui.
-Beh?- domandò solamente, indicando le sue opere. Non so voi, ma a me poche parole e uno sguardo eloquente mi fanno sentire peggio di una ramanzina ben accurata.
-Non riuscivo a dormire... - borbottai io.
-Ah, e questo ti dà il diritto di prendere le mie cose senza permesso?- mi chiese, pungente.
-Ero solo curiosa!- mi difesi, alzando le mani come a pararmi. -E poi sono solo disegni!
-A cui tengo! E se ci fossero state cose più importanti?! Dovevi chiedermelo.-Sean alzò un po' il tono di voce.
Restammo in silenzio alcuni istanti, sfidandoci con lo sguardo.
Ma abbassai il mio quasi subito, in verità mi sentivo un po' in colpa... solo un pochino, però. Anch'io davo di matto quando mi toccavano il mio adorato basso elettrico.
-Beh, ci facciamo un panino, che dici?- fu la prima cosa che mi venne in mente per allentare la tensione. E, in effetti, funzionò.
Sean scoppiò a ridere.- Salame? -chiese, sghignazzando ancora.
-Aggiudicato!- e mi unii alla sua risata.
Così rientrammo in casa, per mangiare il nostro speciale spuntino di mezzanotte.
 
Era quasi l'una e sul bel tavolo di mogano erano rimaste ormai solo le briciole.
-Sei bravo, comunque- ammisi e Sean mi fece un gran sorriso.
-Grazie! Disegnare è la mia passione, da quando ero piccolo... E a te? Cosa piace fare? –
Ci pensai un attimo, prima di rispondere.
-Suonare il basso. Mio fratello aveva una band, e quando ero piccola mi faceva... - m'interruppi bruscamente.
-Ti faceva?- chiese Sean aspettando che continuassi.
Ma io non risposi e guardai la tasca dei miei pantaloni. Stava splendendo! Mi affrettai a tirare fuori la pergamena: era lì che l'avevo tenuta fino a quel momento.
Me la rigirai tra le mani per un po', finché Sean non mi esortò impaziente a dispiegarla.
Gli lanciai uno sguardo e, esitante, la srotolai.
Il pezzo di carta emise un ultimo bagliore, e poi si spense. Guardai Sean dubbiosa, e lui alzò le spalle.
D'un tratto, la pergamena scricchiolò, e lievi parole macchiarono la superficie antica.
"Orsù, in fretta, non esitare!"
Sean ed io ci guardammo, senza sapere che dire.
-Beh, non è possibile che sia solo questo... - disse lui- Proviamo a fare qualcosa!
-Tipo?
-Tipo... che ne so, soffiare!
Alzai le spalle, depositai la pergamena sul tavolo e cominciammo a soffiarci sopra come due forsennati.
Solo quando fummo senza fiato, mi resi conto che non aveva alcun senso.
-Basta!- esclamai, buttandomi sul divano.
Il ragazzo mi seguì e mi si sedette accanto.
Sospirai, e ripresi il regalo di Luigi, con l'intenzione di osservarla per bene, ma appena le mie dita sfiorarono la carta, altri versi si aggiunsero al primo.
 
"Orsù, in fretta, non esitare!
Il viaggio sta per cominciare.
Ciò che cerchi, da secoli esistente,
Troverai controcorrente.
Quando in acque calde e sulfureo vapore
E sulle gote un lieve rossore,
Il tempo creerà,
Una lama, affiorerà."
 
-'sulle gote un lieve rossore'…- ripetei in un sussurro, stringendo più forte la carta sfrigolante della poesia. - Cosa vorrà dire?
-Non lo so… forse qualcuno deve farti arrossire- ipotizzò Sean, con l'ombra di un sorriso sul volto.
-Allora buona fortuna- dissi sarcastica. Non ero mai stata una ragazza che arrossiva facilmente, e ne ero fiera.
-Che dici, potrei provarci io?- chiese il ragazzo con espressione maliziosa.
-Tanto non ci riesci- ribattei ostentando sicurezza con un sorrisetto di sfida.
Sean fece spallucce, e si sdraiò sul divano, appoggiando la testa alla mia spalla. -Chi lo dice? Sai, ci so fare con queste cose...
Un breve lampo di rabbia mi percorse il corpo. Che ragazzo impertinente! Tuttavia non lo spostai, non so neanch'io perché.
Cercai di ragionare sul significato del messaggio in rima. Un posto caldo, con acqua e vapore... Poteva essere una vasca da bagno? O magari una cucina, probabilmente di un ristorante famoso e importante, quindi abbastanza grande da essere piena di vapore. Mmh, no. Non era una teoria che stava in piedi. Almeno non in questo mondo. E quella lama? Dovevo forse cercare una spada? E a che mi sarebbe servita?
Mentre pensavo alle possibili ipotesi della missione, non mi accorsi che stavo giocando con una ciocca bionda dei capelli di Sean. Me ne resi conto solo quando il ragazzo rise e disse divertito "Ehi, mi fai il solletico!", così lasciai stare i suoi capelli.
Lo guardai e vidi che mi stava fissando con un'espressione strana. Mi scostò dagli occhi un ciuffo della mia voluminosa chioma scura, e mi parlò in appena un sussurro.
-Non avevo mai notato i tuoi occhi, lo sai? Sono incredibili, mai visti di questo genere, viola! Così grandi, così particolari, così... semplicemente belli.- incrociai il suo sguardo e, incredibile ma vero, nei suoi occhi grigi trovai un qualcosa che mi fece arrossire violentemente.
Mi girai dalla parte opposta alla sua, non volevo che lo notasse. O più sinceramente non volevo ammettere la mia sconfitta...
Bah, pensai, è solo per il suo genere, sennò non ci sarebbe riuscito!
Sentii Sean che scoppiava in una fragorosa risata, e lo udii esclamare: -Evidentemente la pergamena non si riferiva al tuo "rossore"!
-Oh, finiscila! -protestai, sferrandogli un leggero pugno sul braccio- Piuttosto...
-... come troviamo il posto con "acque calde e sulfureo vapore"?-continuò Sean.
Annuii.
-Beh, sinceramente non lo so! Pensiamoci...- propose. Wow, molto utile, direi.
E non potei fare a meno di pensare a quando ero piccola e guardavo Winnie The Pooh, con quella canzoncina martellante che ripeteva "Pensa, pensa, pensa e vedrai! Che la soluzione troverai!". Ma non lo dissi, avevo l'impressione che Sean mi avrebbe tirato qualcosa addosso se avessi accennato a quell’invenzione comunemente chiamata "TV".
Sbuffai, mentre sfogliavo un giornale appoggiato sopra il tavolino.
Cercai un articolo interessante, magari mi veniva l'ispirazione.
E venne.
Da cosa? Beh, da un'inutile -che poi tanto inutile non era, visto che mi si accese la lampadina- pagina di pubblicità.
Cosa pubblicizzava? Un viaggio con il 60% di sconto ad una sorgente termale nel Regno dei Fantasy.
Volevo farmi un viaggetto alle terme? No, assolutamente!
E allora cosa centravano con la missione??! Beh, terme! Piscine calde, abbastanza bollenti da emanare vapore! Era lì che dovevamo andare!
Urlai la mia idea a Sean e gli spiaccicai direttamente in faccia la rivista.
-Grande!- esultò lui- C'è solo un piccolo problema...
-Cioè??                                     
-Il Regno dei Fantasy è dall'altra parte della Terra! -disse. Evitai di commentare alla parola "Terra", mi faceva ancora un po' effetto.
-Beh, ci saranno degli aeroplani o qualcosa del genere! O siete troppo saggi per queste tecnologie?-ironizzai- E queste frivolezze da comuni mortali?- sventolai il giornale.
-Ho detto che siamo più acculturati, non che non ci sappiamo divertire... E sì, possiamo prendere un aereo, c'è il volo diretto "Biografie-Fantasy" tra un'ora.
In quel momento mi resi conto che aveva appena smentito una cosa che avevo dato per scontato: eravamo nel Regno delle Biografie, e non dei Romanzi d'Amore!
Toh, ne ero convintissima, dato il genere di Sean. Chissà perché non abitava nel suo regno... Non glielo chiesi, forse in seguito me l'avrebbe detto senza bisogno di domande inopportune.
-Forza, Sefi! Non facciamo in tempo ad arrivare all'aeroporto!- con uno slancio di entusiasmo il ragazzo prese un vissuto zaino marrone, imbottendolo di cose che riteneva fossero "utili" per il viaggio.
Al nomignolo "Sefi", m'irrigidii. Argh, no! Odiavo quel soprannome...
-No!- gridai nervosa.- Non chiamarmi più così! In un antico linguaggio indiano vuol dire "scimmia"!
Appena pronunciai quelle parole capii di aver commesso un grosso, grosso errore. Vidi disegnarsi lentamente un’ odiosa smorfia ironica sul volto di Sean.
-Ah, sì, Sefi? E perché non ti piace il nome "Sefi", Sefi? Beh, sbrighiamoci, Sefi! Forza, Sefi, che facciamo tardi!- mi prese in giro con tono squillante, mentre afferrava un paio di chiavi e usciva dalla porta.
Non mi restò che seguirlo affranta, sospirando e maledicendo la mia lingua lunga.
 
Correvamo per i corridoi laccati di bianco dell'aeroporto di Eneta, affannati e gridando un "di qua!" di quando in quando.
Eravamo in ritardo. Terribile ritardo.
E il tutto solo perché litigando, in macchina, ci siamo distratti e abbiamo sbagliato strada. Un sacco di tempo perso per niente.
Alla fine eravamo arrivati, ma mancavano cinque minuti alla partenza del nostro volo.
Con la mia solita sfortuna, arrivammo al gate proprio in tempo per vedere l’aereo decollare nel cielo plumbeo.
Ci buttammo demoralizzati sulle sedie della sala d’attesa.
Passammo un quarto d'ora abbondante a borbottare e discutere di chi fosse la colpa, quando, all'improvviso una figura indistinta ci piombò davanti.
Era atterrata con una gamba piegata e una distesa, e le mani fasciate poggiate leggermente a terra.
Si alzò lentamente.
Piegò la testa.
E sorrise.


Le petit  angle du  FaDiesis

Rieccomi!  :)
Allora,  siamo  già al terzo capitolo! *.*
Vi  è piaciuto?!  Lo spero! 
Vorrei ringraziare particolarmente JarOfHearts e la sua "mitica e misteriosa forza", Layla Ribes e WrongHysteria (per i consigli grammaticali!!) che mi hanno recensito i primi due capitoli, stimolandomi a proseguire! =D
Come al solito, recensite numerosi! xD
Chaud
FaDiesis
P.s.= Dite la verità... gia vi manca Luigi! xDxD

 

 

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Capitolo 4
*** Paco ***


Image and video hosting by TinyPic Progetto EFP: Capitolo 4 La figura nera rimase immobile.
Fece un passo avanti ed io, istintivamente, ne feci uno indietro.
Sean mi si parò davanti, come a farmi scudo.
-Chi sei?- disse, con voce ferma.
Il misterioso personaggio, probabilmente notando la nostra diffidenza, alzò il passamontagna che indossava.
Sporsi la testa, da nascosta che ero dietro Sean, e rimasi più che sorpresa.
Quello strano ninja -lo sembrava proprio, vestito in quel modo- era un bambino.  Portava una specie di tutina nera, delle fasce alle mani e una sacca di lino a tracolla.
Sbattei un paio di volte le palpebre, ma avevo visto bene.
I tratti erano delicati, ancora morbidi, gli occhi neri placidi e tanti riccioli scuri andavano ad incorniciargli il visino.
Era proprio un bambino.
Vidi i muscoli di Sean rilassarsi, evidentemente il fatto che era più piccolo di lui lo tranquillizzava. Ma non abbandonò ancora la posizione di difesa.
-Chi sei?- ripeté.
Il ragazzino parlò e il tono della sua voce stupì entrambi: era flebile, ma sicuro nello stesso tempo. -Seguitemi, ne avete bisogno. Vi porterò nel Regno dei Fantasy, non vi farò alcun male.
La sua voce rivelava quel che di maturo, così come il modo in cui parlava. Così gentile ed educato.
Sean ed io ci scambiammo uno sguardo allarmato, poi lo spinsi via bruscamente e mi decisi a parlare:
-Ma come fai a sapere che dovevamo andare nel Regno dei Fantasy?
Lui aggrottò un po' le sopracciglia sottili.
-Siete vicino al gate n°11, e l'ultimo volo portava lì. Era logico. - mi rispose.
Oh. Giusto, non ci avevo pensato.
-E allora come facciamo a partire?-chiesi ancora.
-Ma chi sei? -sbraitò ancora una volta Sean, ignorando bellamente la mia domanda.
-Un amico. Tu di sicuro sei la ragazza carina di cui mi parlava il Sommo Mastro, Sefyr. E tu Sean, il suo accompagnatore.-disse il ragazzino tranquillo, accennando un lieve sorriso.
Rimasi un po' spiazzata. Come faceva a conoscere i nostri nomi? Forse glieli aveva detti Luigi... era lui il Sommo Mastro, questo voleva dire lo conosceva?
-Luigi mi trova carina?!- esclamai ad alta voce. Ok. Lo ammetto, me ne compiacqui un pochino.
-Luigi??- domandò sgranando gli occhi il nuovo arrivato.
-Già...- borbottò acido Sean.- Per lei il Sommo Mastro è "Luigi"...
Lo guardai con un sorrisetto ironico.
-E poi io non sono il suo accompagnatore! Comunque, se lei è carina io sono un porcospino. -ribatté incrociando le braccia come un bambino ostinato.
-Non ti preoccupare, non ti serve diventare un porcospino per essere pungente, caro.
-Ho imparato dalla migliore, sai? Pensa, è proprio qui davanti i miei occhi.
E continuammo così per cinque minuti buoni. Era incredibile quanto riuscivamo a bisticciare nonostante ci conoscessimo da così poco tempo.
Mentre ci punzecchiavamo non ci accorgemmo che il bambino si era allontanato già, e ci affrettammo a seguirlo.
 
Camminavamo da un bel po', ormai, svoltando qua e là, ed entrando in porte seminascoste.
Il silenzio si faceva pesante, così cercai di fare conversazione con il nostro misterioso compagno di viaggio.
-Come ti chiami?- chiesi, portandomi al suo fianco.
-Paco. -rispose, senza aggiungere altro.
-E quanti anni hai?
-Undici.
Immaginavo fosse piccolo. -Abiti qua?
Sean mi diede una gomitata. Ah, si, certo. Ovvio che non poteva abitare in aeroporto.
-No.
Infatti. Stetti zitta per un po', avevo l'impressione che Paco non avesse voglia di fare una bella chiacchierata.
Proseguimmo il resto del nostro tragitto così come lo avevamo cominciato: in silenzio, con il solo rumore dei nostri passi ad accompagnarci.
Dopo l'ennesima svolta, la nostra guida finalmente si arrestò.
Paco si era fermato davanti un ulteriore porta, ma parecchio più piccola delle altre, e gialla.
-Venite- disse, aprendo con un colpo secco l'entrata, e varcando la soglia.
Entrammo anche noi, spinti dalla troppa curiosità.
La sala in cui ci trovavamo era blu. Ma tutta blu. Pavimento e soffitto compresi.
Gli unici pezzi d'arredamento erano un tavolo, che sembrava più una scrivania da lavoro, e un armadio.
Tutti e due rigorosamente laccati in grigio perla.
In mezzo, molto in vista si trovava un telo, enorme, che nascondeva sicuramente qualcosa.
Mi guardai ancora un po' intorno, osservando bene i particolari della stanza. Sulla scrivania erano impilati un mucchietto di fogli ordinati e un vaso di fiori la ornava con i suoi colori allegri. Un’ essenza per ambienti profumava delicatamente la camera di cannella e arancia.
I miei occhi erano fissi sul telone ora.
Cosa poteva esserci nascosto sotto?
La mia testa non faceva che chiederselo.
-Come partiamo?- chiesi a Paco, continuando a guardare l'enorme lenzuolo immacolato.
-In un modo un po' ... speciale.- disse il bambino, aprendo un cassetto della scrivania e frugandoci dentro.
-Come?- insistetti.- Hai inventato la macchina del tempo? Ci teletrasportiamo? C'entra la magia? Farai uscire dal tuo magico cappello un soffice coniglio bianco?
Mi ritrovai due paia di occhi esausti e scocciati addosso. Stavo esagerando.
-Scusate...- borbottai- Ma sono curiosa! Cosa c'è lì sotto, Paco?
Il ricciolino si avvicinò ad un lembo del telone, e tirò.
Era come essere in un film, quando montano le scene importanti al rallentatore.
Il telo cadde con un fruscio, rivelando... assolutamente niente.
Esatto.
Non c'era nascosto nulla, e questo mi turbava un po'.
Com'era possibile che la grande stoffa si tenesse su da sola?
Mi avvicinai al posto dove un attimo fa era sospesa in aria e allungai una mano.
Che, ovviamente, non afferrò niente.
Ero a bocca aperta, dov'era il trucco? Mi girai verso Sean, e vidi che anche lui era nel mio stesso stato: imbambolato e con gli occhi sgranati.
-Ehi, ragazzino, come... come hai fatto? -chiese, scrutandolo con sospetto.
Paco alzò le sopracciglia.-Dovresti saperlo. Incanto.
-Si, si... questo l'avevo capito!- disse sbrigativo Sean- Che tipo, di incanto?
-Un Invisibile più un Lievitante.
-Vuoi dire che sotto il telo ci avevi davvero nascosto qualcosa?
Intanto che i due discutevano amabilmente, la mia mente ragionava.
Avevo sentito bene? Incanto, Invisibile e Lievitante? Esisteva davvero la magia?
-Non proprio... -continuava Paco, mentre tendeva un braccio, chiudeva gli occhi e mormorava qualcosa.
-Aspettate!- lo interruppi io- Questa è... magia?
-Shh!- sussurrò Sean, indicando con un cenno della testa il bambino, che stava ancora con la mano tesa. Mi si avvicinò, e borbottò: -Si, esiste... Ricordi che ti avevo detto che il fondatore di questo mondo aveva usato la magia, per crearlo?
Annuii, me ne ero dimenticata.
Decisi di starmi zitta, e di lasciare concludere l'incanto a Paco.
Passarono circa tre minuti e all'improvviso, nello stesso istante in cui il bambino abbassò il braccio, a terra apparse una botola di legno.
Ci avvicinammo, mentre Paco sembrava batterci sopra secondo un codice particolare.
La botola emise un lieve scricchiolio, e clack si aprì lentamente.
Paco alzò la testa, e con un sorriso soddisfatto disse: -Bene. Venite, questo è un passaggio per arrivare più in fretta nel Regno dei Fantasy. - E con un abile salto si tuffò dentro il tombino.
Sean mi fece segno di andare per prima, così seguii il ragazzino.
Atterrai su qualcosa di ruvido, alzai gli occhi e riconobbi il posto dove ci aveva portato Paco come un tunnel sotterraneo. In effetti l'odore non era dei migliori.
Sentii un tonfo, segno che Sean era appena saltato. Paco si voltò, accese un globo luminescente azzurrino, e cominciò a camminare con passo spedito.
Il silenzio regnava lì sotto. Forse era per l'aspetto tetro e umido del tunnel, o per la tensione, oppure per le goccioline d'acqua che colavano di tanto in tanto dal "soffitto", ma nessuno osava aprire bocca.
A volte passava qualche topolino di campagna, a volte cadevano pezzi di roccia mista a terra, a volte si rischiava di inciampare rovinosamente... nonostante tutto, che dopo una terribile mezz'ora, ci fermammo.
-Siamo arrivati -disse Paco. Com'era possibile?, mi chiesi. Ci sarebbe stato bisogno dell'aereo, per andare nel Regno dei Fantasy, questo voleva dire che era molto, molto lontano. E noi ci abbiamo messo trenta minuti a piedi?
Sollevai la testa, e mi ritrovai di fronte una muro di terra.
Sembrava massiccio, solido, invalicabile.


Le petite angle du FaDiesis

Ok, scusate.
Davvero, scusate tanto tanto.
Purtroppo non so se c'è un emoticon che arrossisce, ma se ci fosse ne metterei a milioni.
Sul serio, sono in ritardissimo!! Un mese e 1 giorno!
MI dispiace...
Spero comunque che il capitolo vi piaccia! Non è il massimo e non succede un granchè, eppure, ci ho messo tantissimo a scriverlo.
Se volete dirmene di tutti i colori, non vi preoccupate, potete farlo. Basta schiacciare il pulsante qui sotto...
Ma se nel remoto remoto caso non siate arrabbiati per questo disastroso ritardo, e vi è piaciuto il capitolo, io sarei ben contenta di ricevere una recensione positiva! :)
Giusto una precisazione, questa parte è servita per l'entrata in scena del nuovo personaggio, Paco e per introdurre il concetto di "magia". Spero di non essere caduta nel banale, ma dopotutto è sempre un fantasy, il sovrannaturale ci deve essere, no?
Un abbraccione
FaDiesis

 

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Capitolo 5
*** Arrivo nel Mondo dei Fantasy ***


Image and video hosting by TinyPic Una luce rossa brillò a fianco a me, mi riscosse e scossi la testa incredula.
Non ci potevo credere! Avevamo passato trenta minuti interminabili, camminando nello sporco e arrancando nel buio, per cosa? Avevamo una barriera di terriccio che ci sbarrava la strada!
Come potevamo pretendere di andare avanti?!
Il rantolo arrabbiato di Paco mi riscosse dal mio momento di assoluto pessimismo.
Mi accorsi che la sua sfera luminosa, prima di colore azzurrino, ora era rosso acceso. Strano, pensai.
-Cosa facciamo?- sospirò Sean.
Paco tastò il muro con fare esperto, misurandolo e controllando il materiale. Dopo aver annusato delle zolle staccate con la forza, e averle schiantate contro la parete laterale -non capii se in uno scatto d'ira o per vedere la sua resistenza- il bambino si girò verso di noi e affermò: - Argilla.
-Fresca o ...?- chiese Sean, guardandolo con aria speranzosa. Aveva ragione a sperare, se era fresca avevamo qualche possibilità di riuscire a scalfire il muro.
-O...! -rispose Paco sconsolato.
Accidenti, la faccenda si complicava.
-Sai fare uno Scalfito?- domandò Sean.
Paco annuì.
-Credi di potere riuscire a farlo?
-Non ho abbastanza energia.- grugnì il ragazzino. Notai che la sfera stava diventando sempre più brillante.
-Io neanche...
Un'idea assurda mi balenò per la mente. Aveva meno del quaranta per cento di probabilità di riuscita, ma c'era pur sempre una speranza, no?
-Avete un fiammifero?- chiesi, interrompendo la conversazione e parlando per la prima volta da quando ci eravamo fermati.
Sean si girò di scatto verso di me, come se si fosse improvvisamente ricordato che c'ero anch'io.
-Un fiammifero?! -disse, scorbutico- Che ci fai, con un fiammifero?
Paco invece si frugò nella borsa di lino e mi passò un lungo stecchino marrone chiaro.
-Grazie- sussurrai, mentre lo sfregavo sulle le pareti di roccia grezza del tunnel. Provai una, due, tre volte e finalmente alla quarta si accese una tremula  scintilla arancione.
Sollevai il fiammifero all'altezza della mia faccia e lo osservai.
Mi era sempre piaciuto il fuoco... Da piccola restavo sempre incantata davanti al camino di casa ad osservare le calde lingue di fuoco che con la loro danza dagli intensi colori avvolgevano il legno e lo bruciavano sempre di più, fino a ridurlo in cenere. Mi affascinava il fuoco, sarei stata capace di fissarlo per ore, se non fosse per il troppo calore.
Guardai l'estremità del bastoncino consumarsi  lentamente  e  il fumo salire con le sue spirali grigie.
Perfetto, pensai soddisfatta mentre osservavo il fumo dirigersi verso un punto preciso della barriera.
Mi diressi alla sinistra del muro e notai con un certo compiacimento le spire plumbee infilarsi in un foro che si intravedeva appena.
-Guardate- dissi agli altri.- Dall'altra parte c'è spazio, quindi il muro non è tanto spesso.
Presi un bastone da terra e, impugnandolo con entrambe le mani, diedi un forte colpo vicino al buco. Pezzi di argilla secca caddero rumorosamente e il foro si allargò.
-Come hai fatto a capirlo?- mi domandò incredulo Sean.
-Basta accendere qualcosa di combustibile e vedere dove va il fumo, no?-spiegai, assumendo di  proposito  un tono da sapientina.
-Questo non ci aiuta un granchè... -bofonchiò lui.
Paco si avvicinò, mi prese il bastone dalle mani e lo battè contro la parete, proprio come avevo fatto io un momento prima. -Invece sì -disse, dando un ultimo colpo -Non dico che possiamo riuscire ad abbatterlo
del tutto, ma se il muro non è spesso, si riesce a provocare un buco sufficientemente grande e...
-... a passarci attraverso!- conclusi.
A forza di colpi eravamo riusciti a fare un foro di circa un metro di diametro,  sufficienti a far passare Paco, che aveva una corporatura piccola e snella, ma non per me, ne tantomeno per Sean.  Sarebbe bastata una
bottarella e secondo me era fatta...
-Ehi, Sean- dissi, guardando il ragazzo- Hai mai giocato a rugby?
Lui annuì, sospettoso.
-Beh, ti andrebbe di dare una... spallata, al muro?
-Cosa?!- esclamò.
 -Noi non ci passiamo ancora, ma se tu dai una piccola botta qua, dovremmo farcela.- feci pat pat sul muro, con la mano ancora sporca di fango.
Sean alzò gli occhi al cielo, ma poi si tirò su le maniche, prese la rincorsa e si scaraventò sul muro.
Si udì uno schianto rimbombare nel tunnel e una nuvola di polvere si sollevò.
Guardai preoccupata Paco, ma lui mi rassicurò con un occhiata e con la testa mi indicò il punto in cui avevamo bucato la barriera d'argilla.
Sean  che stava riemergendo tossendo da tutta quella polvere mi lanciò uno sguardo non proprio amichevole.
-Se mi viene un livido, è colpa tua.- borbottò, massaggiandosi il braccio sinistro.
Mi venne da ridere. Visto così imbronciato, con tutti i capelli biondi impolverati che gli cadevano disordinati sugli occhi e i vestiti stropicciati era proprio buffo.
-Che hai da ridere??- esclamò infastidito lui. Io scossi la testa e passandogli davanti gli scompigliai i capelli affettuosamente, poi mi infilai nel foro.
Feci un po' fatica, ma riuscii comunque ad arrivare dall'altra parte.
Appena misi la testa fuori, istintivamente arricciai il naso. C'era un odore terribile.
Sembrava quasi... uova marce.
Paco, che intanto mi aveva raggiunto assieme a Sean, disse portandosi una mano davanti al naso: -È zolfo.
Ah, ecco come si chiamava quel minerale! Ricordavo che ne esisteva uno con questo odore disgustoso...
Ci trovavamo in uno spazio quasi aperto. Infatti eravamo in un luogo che per metà era coperto di roccia, mentre per l'altra metà mostrava chiaramente il cielo aperto. E proprio davanti i nostri occhi si trovava
un'enorme piscina naturale, circondata da strane rocce appuntite. Più in là c’era una scalinata naturale,  mentre un ruscello sotterraneo portava l'acqua chissà dove, aldilà del tunnel.
Immaginai fosse sulfurea, visto l’odore nauseabondo.
E in quel momento mi accorsi di cosa avevo appena realizzato.
Acque sulfuree! Forse la pergamena non si riferiva alle terme, ma a questa specie di lago!
Esposi la mia teoria agli altri.
-Potrebbe essere - borbottò Sean, mentre Paco annuiva. -Ma...
Figuriamoci se non c'era un ma.
-... tu noti qualcosa di... non so, diverso?- chiese alzando le sopraccciglia.
Feci scorrere lo sguardo su ogni particolare della grotta. Notai che le rocce spigolose erano nere, di un materiale ruvido, somigliavano a delle stalagmiti. Il soffitto sopra di noi invece sembrava la
continuazione del tunnel, con l'unica differenza di essere meno gocciolante di umidità mentre l'acqua di sicuro non era calda. Sembrava uno specchio, piatto e luccicante, che rifletteva perfettamente il soffitto. Era affascinante, con quelle sue piccole onde leggere che increspavano di tanto in tanto l a superficie argentea.
In effetti,  nonostante tutto quella specie di caverna non mi sembrava poi così speciale.  Scossi la testa in direzione di Sean.
Mi avvicinai al bordo del piccolo lago, stando però ben attenta e restando a circa un metro di distanza dalla riva spumosa.
Il palmo della mia mano sfiorò leggermente l'acqua scura, più volte, con calma.
Immersi il dito ma immediatamente lo ritrassi per il gelo.
All'improvviso, capii che non poteva essere lì l'oggetto descritto della pergamena.
Non sapevo perché, ma ne ero sicura.
Mi alzai con decisione  e dissi che dovevamo andarcene, che perdevamo solo tempo.
-Che?- domandò Sean con la fronte corrugata. -Ma... prima avevi detto che la pergamena poteva riferirsi a questo posto!
-Non mi chiedete niente... Me lo sento, non è qua. -mi giustificai meglio che potei.
Paco mi guardò.
-Forse penso di sapere cosa intendi.-disse -Provi quasi una repulsione, per questo posto?
Annuii con vigore. Erano esattamente le parole che cercavo!
Lui accennò ad un sorriso, forse il secondo che gli vedevo da quando lo conoscevo. -Succede anche a me.
Ricambiai il sorriso riconoscente.
-Bene... Ora che ci siamo... -esclamò ironico Sean, accentuando quel "ci "- accordati, che ne dite di andarcene da qua? Questo posto puzza.
-Si, si! -acconsentii io, felice di muoverci da quella grotta che mi respingeva.
Ci guardammo intorno, e decidemmo di seguire le scale naturali in fondo, che sicuramente davano all'aperto.
Salimmo velocemente -fortunatamente gli scalini non erano scivolosi- e uscimmo, ansiosi di respirare aria fresca e pulita.
Il verde ci abbagliò.
Sì, il verde.
Enormi pianure ci sovrastavano, e una brezza leggera ci sferzava il viso.

Le petite angle du FaDiesis

Hola!
Ed ecco anche il quinto capitolo...
Che ve ne pare? :D
Giusto una piccola domanda... Secondo voi, la lunghezza dei capitoli va bene? O sono troppo corti o troppo lunghi? Me lo chiedo sempre... :)
Bene, se vi va mi farebbe piacere ricevere un commentino...
Baci =*


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Capitolo 6
*** Le terme ***


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Il vento sembrava emettere lunghi fischi e i raggi del sole risplendevano cosìallegri da farsocchiudere gli occhi per la troppa luce.
La situazione era onirica: Sean, Paco e io, ancora in piedi davanti all’uscita della grotta e con le bocche spalancate ad ammirare il paesaggio che ci si presentava dinnanzi.
Le verdi colline erano illuminate dal bagliore dei raggi solari e l’erba brillava rigogliosadi tante sfumature diverse… sarebbe potuta benissimo essere una tela dell’ottocento oppure l’immagine di  uno di quei documentari che pubblicizzano viaggi di piacere in vaste pianure immerse nella natura e al dì fuori della tecnologia.
Dovevo ammettere che il panorama era mozzafiato.
Avrei tanto voluto avere con me la mia adorata macchina fotografica...
-E’ bellissimo…- sussurrai a bassa voce, per non disturbare la magia del momento.
-Già.- concordò Sean, che anche lui guardava sbalordito tutto quel verde.
Mi ricordava un po’ l’Irlanda.
-Sono già stato nel Regno dei Fantasy e anche in questa pianura. Ogni volta mi fa lo stesso effetto. -disse Paco, dopo qualche altro minuto, passato a meravigliarci di dove eravamo sbucati. -Ci incamminiamo?
-Sì sì…- rispose Sean, guardandosi in giro per cercare una strada o una rotta principale. –Ma dove andiamo?
-C’è un passaggio sterrato giusto in fondo a questa collina. Dobbiamo scendere, ma non ci vorrà molto. –disse il bambino, indicando con un dito sottile un punto dietro di lui.
Era ormai mezzogiorno inoltrato, quando arrivammo ai piedi della collina.
La parte urbana cominciava proprio da lì… urbana poi, non penso sia proprio l’aggettivo adatto.
C’era una foresta con i più svariati alberi  -bianche betulle, voluminosi salici, maestose querce… -  che predominava su tutto. Le case erano di legno, costruite per lo più sugli alberi e collegate tra loro con grossi rami.
Incredibile l’aspetto di quel Mondo.
Se avessi dovuto associargli un colore sarebbe stato proprio il verde.
Paco sorrise davanti alla nostra espressione inebetita, ancora, per la seconda volta nel giro di un’ora.
-Bisogna avere un lasciapassare per accedere nella cittadella. –cominciò a spiegarci. – E dare motivi ben precisi della nostra visita . Non vi preoccupate, conosco il re: è un uomo anziano e gentile, non avrà problemi a farci entrare.
-Oh, bene! –esultai, di fronte a quella piega positiva e inaspettata che aveva preso la situazione.
Paco ci fece segno di aspettare lì e si diresse verso la sentinella di turno, appostata vicino a quelle mura intrecciate con arbusti.
Lo vidi parlucchiare fitto fitto con un signore bassino e quasi calvo.
Sean mi disse, curioso:- Cosa si staranno dicendo?   
Feci spallucce, continuando ad osservare.
Dalla nostra postazione non eravamo in grado di decifrare il labiale, quindi ci toccò aspettare per altri cinque minuti, fin quando finalmente Paco ci fece segno di raggiungerlo.
Quasi corremmo, ansiosi di sapere.
-Possiamo andare, tranquilli. –annunciò. Poi guardò la sentinella, che stava gesticolando animatamente per farsi capire da un’altra posizionata sopra, su una torre più alta.
Vidi delle persone che spingevano il cancello, così che noi potessimo passare.
Appena mettemmo piede dentro la città  un uomo ci venne incontro.
Era alto, molto magro e aveva un sorriso cordiale stampato in viso. I capelli erano neri e ricci, con qualche striatura bianca che cominciava a farsi vedere e gli occhi verdi erano grandi e vispi.
-Paco! Che sorpresa, ragazzo!- esclamò,  stringendogli la mano con entrambe le sue.
-Buonasera, Signore.- rispose il ragazzino con la sua solita compostezza. –Vorrei presentarle due miei amici. Questi sono Sefyr e Sean, dal Mondo delle Biografie.
Notai che aveva evitato di dire che Sean in realtà veniva dal Mondo dei Romanzi d’Amore –anche se ero sicurissima che avesse notato il tatuaggio sul collo- e che io non avevo ancora un mondo preciso.
D’istinto squadrai Paco, in cerca di un tatuaggio. Sul collo non aveva niente e purtroppo il resto del corpo era nascosto dal mantello. Glielo avrei chiesto dopo.
-Piacere!- stava dicendo intanto il signore alto, mentre stringeva la mano anche a noi. -Mi chiamo Diego Armando, re del Mondo dei Fantasy.
-Come Maradona!- urlai con entusiasmo.
-Esatto, proprio come lui!- sorrise il re- Mio padre era un grande appassionato di calcio, e mi ha messo questo nome.
Mi stupii che anche lì conoscessero il calcio e i vari giocatori, e anche che un re fosse così amichevole e spontaneo.
-E per che squadra tifa?- mi permisi di chiedere, tuttavia usando il lei. Neanche a dirlo, mi beccai la solita occhiataccia da parte di Sean.
Re Diego rise, poi mi disse: -Me l’aveva detto il Sommo Maestro, che eri simpatica!
A quel punto Sean sgranò gli occhi e si batté una mano sulla fronte.
-Che chiacchierone Luigi! Ho conosciuto due persone ed entrambe mi conoscono!- pensai.
Il Re ci disse di seguirlo, così da portarci al suo palazzo.
Mentre camminavamo in una strada alberata,  Re Diego si fermò molte volte. Parlava con ogni abitante bisognoso di aiuto e regalava un sorriso ad ogni bambino.
Strano, tutti avevano un bizzarro accento sibilante, compreso il re. 
Sean ne approfittò per sussurrarmi, mentre Re Diego non guardava: -Conosci un re, e cosa fai? Gli chiedi per che squadra tifa?
Sbuffai, sempre il solito! Non perdeva occasione per rimproverarmi…
Svoltammo in un vialetto sterrato e finalmente arrivammo all’abitazione del Re.
Era un palazzo stupendo, naturalmente  pieno di verde. Non era come le altre case della città, che erano costruite sugli alberi, ma era comunque di legno.
Aveva solo un piano, molto esteso e con un giardino che ricordava moltissimo la Reggia di Versailles a Parigi.
Re Diego ci fece accomodare direttamente nel grande cortile, invece che all’interno del palazzo. D’altronde, c’era una bellissima giornata!
Ci indicò le sdraio di vimini sotto un ombrellone intrecciato in sottili rami di giunco e noi ci sedemmo, finalmente  contenti di un po’ di riposo.
Ci venne servita una bevanda dissetante e dei panini appena sformati: erano ore che non mangiavamo!
-Vorremmo chiederle un’informazione, Re Diego –esordì Paco, mentre io divoravo ancora il mio panino.
-Ma certo, dite pure –ribatté lui, con un sorriso.
-Potreste indicarci la strada esatta che conduce alle terme del paese, per favore?
Re Diego sembrò sorpreso di quella richiesta, ma rispose comunque tranquillo e  pacato.
-E’ molto semplice! Dovete uscire dal mio palazzo, girare alla prima strada a destra e poi proseguire dritti per tre chilometri. Penso di potervi permettere di prendere dei mezzi di trasporto dal mio garage…
Sorrisi raggiante al Re e lo stesso fecero i miei due compagni di viaggio.
Non restammo tanto alla reggia, giusto per il pranzo e poche ore del primo pomeriggio.
Verso le tre e mezza Re Diego ci portò sul retro del palazzo dove c’era “il garage”,  un grande spazio tutto in erba pieno di veicoli dei tipi più svariati.
Paco individuò subito una cosa strana, sembrava una specie di missile basso e lungo, ma si pedalava come una bicicletta.
Feci viaggiare lo sguardo per quello strano parcheggio e trovai tantissime  bici! Ce n’ erano moltissime e di tutte le taglie, mi avvicinai  per sceglierne una.
Ma proprio quando avevo quasi scelto, avvistai un mezzo che era il mio preferito da bambina.
Un tandem rosso fuoco.
Dovevo prenderlo assolutamente! Mi diressi verso Sean, che stava guardando con aria sognante una moto da corsa nera.
-Sean?-lo chiamai, con la voce più dolce che mi veniva- Seannino?
-Che c’è, Sefy?
Una smorfia mi venne involontaria al suono di quel soprannome, ma non commentai… Rischiavo di giocarmi l’opportunità di andare sul tandem!
-Prendiamo il tandem, per piacere?- chiesi in un soffio.
-Il tandem?!- esclamò lui sorpreso.
-Si! Tipregotipregotiprego! –implorai facendo gli occhioni dolci.
-E perché? Io in realtà volevo questa…- disse, indicando la moto nera.
-Oh, ma è più divertente! Dai!
Sean osservò da lontano la bici a due posti, inarcando le sopracciglia. Poi mi guardò e io incurvai le labbra assumendo un’espressione da cane bastonato. Sbuffò infastidito e dichiarò:- E va bene!
Saltai, esultando. –Si! Grazie, Sean!- lo abbracciai stampandogli un bacino sulla guancia e mi diressi tutta felice verso il tandem.
-Però io sto davanti…- lo sentii borbottare da dietro.
Salimmo sul nostro mezzo e controllammo se Paco era pronto a partire. Il bambino stava parlottando con Re Diego, ma sembrava avesse quasi terminato.
Quando vedemmo Paco annuire e dirigersi verso il suo strano missile, fummo pronti per partire.
Così, ingranando la marcia e con  il saluto del Re -Alla prossima! E divertitevi!- lasciammo il palazzo di Re Diego Armando.
 
Dopo qualche prima difficoltà, Sean ed io riuscimmo a pedalare in sincronia dietro a Paco che ci aveva già distanziato di alcuni metri.
Fui felice di aver preso il tandem, mi riportò indietro nel tempo, quando ci andavo sempre con mio fratello… Provavo la stessa sensazione: il sole che mi batteva sulla nuca, il leggero fischio nelle orecchie e il vento che non riusciva ad arrivare al viso, perché coperto dall’ampia schiena di Sean…
L’unica differenza è che mi toccò pedalare, quando lo prendevo con mio fratello ero piccina e non arrivavo ai pedali, così mi aggrappavo al manubrio e lui mi trascinava dietro per tutto il tempo della nostra passeggiata.
Immersa nei pensieri non mi accorsi che Sean aveva frenato bruscamente e gli sbattei addosso.
-Ahia!- esclamò, girandosi a guardarmi.
-Scusa!- ribattei infastidita. –Ma è colpa tua, perché hai frenato così?
Lui non rispose e indicò davanti, dove una grossa radice sporgeva oltre il livello del terreno. Una  cosa gialla e ovale ci era andata a sbattere e ora ci sta sopra, tutta sbilenca.
Due secondi e realizzai che la cosa gialla e ovale era la navetta di Paco.
Con il fiato sospeso scesi di corsa dalla bici e mi avvicinai alla radice.
-P-Paco?-sussurrai con preoccupazione.
Non sentii la voce del bambino rispondere, neanche un mugolio.
Guardai Sean, che intanto era sceso anche lui e pronunciai ancora una volta il nome del ragazzino.
Fortunatamente si sentì un forte scricchiolio e la navetta gialla si ribaltò, mostrando la faccetta impolverata di Paco. Si alzò con un piccolo sforzo rimettendo in piedi il suo strano veicolo.
-Tutto bene?!
Paco annuì. -Era solamente una radice troppo spessa. –indicò per terra con un dito. –Comunque siamo arrivati … date un’occhiata dietro di voi…
Ci voltammo e con sorpresa, eccole là, le terme in tutto il loro splendore.
Corremmo veloci per sbirciare dal cancello d’entrata, dopo un grande viale pieno di fiori si riusciva a intravedere qualcosa.
Erano semplicemente bellissime, con mille vasche e un sacco di verde, come in tutto il Regno dei Fantasy d’altronde. C’era parecchia gente, dai bambini che giocavano e ridevano sugli scivoli agli adulti che si rilassavano con fanghi termali in un apposito spazio.
Senza esitazioni aprimmo il cancello e ci intrufolammo dentro.
Un giro per tutte le terme non ce lo tolse nessuno, così esplorammo le varie aree dedicate a massaggi, idromassaggi, fanghi, piscine calde e cose simili.
Dopo il giretto con un po’ di rimorso ci dedicammo alla missione, e ritornammo in una sezione dove due vasche si estendevano per alcuni metri, una fredda collegata da un passaggio ad una calda, ma tutte due di acqua sulfurea.
-E ora? Che si fa?- chiese Sean.
Paco lo guardò. –Ti ricordi alla grotta? Sefyr e io sentivamo che ci era avversa. Penso che dovremmo prima controllare questo. Secondo me potrebbe essere questo il posto, avverto il solito calore alla pancia che provo ogni volta che mi trovo vicino ad un luogo magico.- Volse lo sguardo verso di me, interrogativo.
Sorrisi incerta, era vero c’era una sensazione di calore  all’altezza del mio stomaco, ma mi sembrava  strano che facessero affidamento su di me per una cosa così importante.
-Potrebbe. –dissi.
-Bene! Allora che aspettiamo?- esclamò con esuberanza Sean, raggiungendo la prima vasca, lapiù grande. -Forza, andiamo a vedere!
Ci accucciammo e infilammo una mano nell’acqua, per controllare la temperatura. Era calda, molto calda.
-Dovremmo immergerci…- ipotizzai, continuai a giocare con l’acqua.
Proprio mentre Sean e Paco si guardavano come per dire “chi entra per primo?”, una ragazza con una maglietta arancione e i capelli castani ci raggiunse.
-Ehi voi!-ci urlò contro.
Da vicino la maglia era di un tessuto strano, sembrava quasi erba colorata. –Che state facendo?!- chiese, mandando un’occhiata truce a Paco.
Il bambino fece per aprire bocca, ma venne interrotto da Sean, che con un sorriso gentile e una voce smielata, disse: -Oh, signorina, buongiorno! –e si chinò a baciare la mano alla ragazza.
Lei arrossì visibilmente e balbettò un “b-buongiorno” incerto.
-Sa, avevamo proprio bisogno di un’esperta come lei!- continuò allegro. –Ci può aiutare, per cortesia?
L’addetta si sistemò nervosamente i capelli. –Certo… Di cosa avevi bisogno?
Sbuffai, notando quel tu al posto del giusto voi.
-Sapevo che un viso simpatico e carino come il suo, ci avrebbe assistito! Volevamo sapere la temperatura e la percentuale di zolfo di queste due vasche, era per questo che stavamo controllando l’acqua…
E bravo Sean, seppur con le sue discutibili doti d’attore, è riuscito ad inventarsi una scusa per il nostro strano comportamento!
-Il calore dell’acqua della prima, questa qua più grande, è pari a 38°, mentre quella piccola va dai 10 ai 3  gradi. Il passaggio dall’una all’altra invece è decrescente. Lo zolfo è al 30% nella vasca calda e al 15% in quella fredda. –disse la tizia con aria professionale, senza staccare gli occhi da Sean.
-Grazie mille. –ringraziò lui, regalandole un sorrisone. –Ci è stata molto utile.
-Prego- farfugliò la ragazza. Fece per andarsene ma all’ultimo si girò e ci avvertì:- Però, ragazzi, non potete entrare così… dovete avere un pass e dei costumi…- disse, guardando per terra.
-Oh.- Sean fece la faccia più innocente che aveva. –Siamo spiacenti, ma la nostra visita non era programmata, ci trovavamo vicini e così… -alzò le spalle, con aria ingenua.
-Non ti preoccupare!- esclamò subito lei.- Seguimi, ehm… seguitemi, vi registrerò io e sai che vi dico? Non so perché ma oggi mi sento buona, vi farò entrare gratis!
Ci condusse attraverso le piscine all’interno della struttura. Una volta arrivati ci legò al polso un braccialettino di corda e ci diede perfino i costumi.
Con riluttanza, non mi piaceva molto stare in costume, presi il mio, intero.
Una volta liberi da quell’imprevistaragazza, finalmente potemmo dedicarci alla missione senza interruzioni.
-Penso che dovremmo immergerci direttamente in quella fredda.- disse Paco.
Sia io che Sean eravamo d’accordo, così cominciammo ad attraversare il passaggio, poiché solo da esso si poteva arrivare nella vasca fredda.
L’acqua gelata arrivò come uno schiaffo, tanto che sentii perfino Paco gemere un po’, nonostante Sean si lamentasse rumorosamente. Devo ammettere però, che era piuttosto piacevole, malgrado la puzza.
Ci volle un po’ prima che tutti ci abituassimo, poi passammo in rassegna la piscina, controllando il fondo e la pareti.
Niente, proprio niente.
Sotto l’acqua, tra il silenzio e la calma, il pensiero che avevamo sbagliato luogo cominciò ad assalirmi. Perché non c’era nulla?
Salimmo in superficie e avviliti ci sdraiammo sull’erba  a bordo piscina.
-Abbiamo di nuovo sbagliato?- mormorò Sean, sgrullandosi i capelli.
-Non lo so. -rispose Paco, e io annuii in accordo con lui. –Ma la probabilità che fosse qua erano alte.
Restammo zitti per un po’, a guardare le increspature dell’acqua con il vento.
Poi io presi la pergamena. La guardai e la riguardai.
Ormai sapevo quasi i versi a memoria, ma nulla mi suggeriva qualcosa in più.
Finché provai a leggerla ad alta voce e… funzionò, proprio come una formula magica.
Una scheggia di luce comparve lentamente dalla superfice dell’acqua sulfurea e con un leggero fruscio qualcosa venne a galla.
Mi precipitai a guardare e con soddisfazione constatai che era un pugnale. Era quella la lama di cui parlava la pergamena!
Lo presi delicatamente e lo osservai, con i miei compagni che sbirciavano dietro le mie spalle.
Era di cristallo bianco, intarsiato, l’impugnatura leggermente ricurva e una vena di cristallo verde la percorreva ondulata.
Era stupendo.
-Una lama, affiorerà, diceva la poesia…- conclusi- Non dovevamo cercare dentro l’acqua! Mentre il rossore a cui si riferiva era quello che ti si forma sulle guance quando esci dall’acqua…
-Già… -concordò Sean, ammirando l’arma che avevo ancora in mano.
La posai con cura dentro la bisaccia che mi aveva consegnato Re Diego prima di partire.
-Direi che possiamo affittare una stanza e dormire qua, visto che è quasi sera.- proposi.
Gli altri furono d’accordo, così chiedemmo la camera più semplice che c’era e ci buttammo sul divano, stanchissimi.
Poi la sera ci sedemmo fuori ammirare il tramonto. Era uno spettacolo bellissimo, si vedeva la stessa collina in cui eravamo arrivati all’uscita del tunnel.
Avevo con me la pergamena e il pugnale.
-Quando pensi che ci darà il prossimo indizio?- mi chiese Sean.
-Non ne ho idea. – risposi, aprendo il foglio di carta.
Con nostra sorpresa la poesia era sparita e il nuovo indizio si stava formando sotto i nostri occhi.
Stavolta era un disegno, tre triangoli incrociati fra loro con un punto interrogativo incastrato all’interno.
-Che significa?!- esclamai, stupita.
Paco sussultò e si alzò.                                                                                                                           

Si appoggiò alla ringhiera del balcone, osservando il sole scomparire. –Si torna a casa.- mormorò.
 


Le petite angle du FaDiesis

Ehm... *spunta dallo schermo del computer* Buonasera!
Che dire? Sono dspiaciutissima...
E' più di un mese che non aggiorno...
Sono imperdonabile... :(
Spero comunque che continuate a seguirmi e che vi piaccia il capitolo!
In compenso il capitolo è più lunghetto del solito e vi allego sotto le bozze dei simboli del Mondo dei Romanzi d'Amore, quello di Sean (il primo) e dei Mistery, quello di Paco! (il punto interrogativo dovrebbe essere lo spazio colorato, in teoria)! ^^
Un bacione <3
Esis
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Capitolo 7
*** Nel Mondo di Paco ***


Appena mettemmo piede in quel paese, ci stupimmo per la sua stranezza.
Tante casette, villette a schiera, vecchi palazzi e maestose ville erano costruite sparse, senza una regolare distanza l’una dall’altra.
Le tegole dei tetti dai colori caldi erano consumate dal vento e dalla pioggia, alcune cadevano proprio a pezzi, mentre le finestre erano piccole e dalle forme strane, come triangoli, trapezi e cerchi irregolari.
Ma il particolare che più si notava, erano quegli strani segni sulle pareti giallognole.
Beh, a prima vista mi sembravano semplici disegni, dipinti o qualcosa del genere, mentre osservando meglio realizzai che tra quelle figure stilizzate erano infilate lettere e numeri.
Rebus, erano rebus!
Che cosa strana…
Ma non era l’unica cosa bizzarra che caratterizzava quel posto… gli abitanti in sé erano diversi.
Sempre incappucciati, come se stesse per piovere in ogni momento, con un cappello nero e un taccuino in tasca.
Quattro ne avevamo  incontrati e quattro ci avevano rivolto una sfilza di domande.
Sembravano in tutto e per tutto investigatori! Probabilmente lo erano sul serio, ma allora l’ipotesi mi parve troppo stramba per essere vera.
Paco ci condusse in una locanda per riposare e mettere qualcosa sotto i denti.
Avevo la netta sensazione che la città –e l’intero paese- fosse avvolto da misteriosi segreti.
Potevano essere piccole cose, come la scomparsa di oggetti di poco valore, o grandi cose, come furti di notevole importanza o perfino omicidi.
Insomma, non era un paese così allegro.  
Ma la voce su cui tutti confabulavano era un furto, che da come ne parlavano potremmo definire Il Furto.
Dicevano che il ladro avesse rubato dei gioielli, dicevano che avesse rubato un quadro famoso, dicevano che avesse rubato dei volumi antichi dalla biblioteca.
Le ipotesi erano molte, ma non si era mai saputo quale fosse stata quella giusta, da molto tempo ormai ognuno la pensava come voleva.
Una sola cosa accumunava le diverse supposizioni: il luogo.
Infatti tutte erano “ambientate” nella celebre Villa Dovsterostsky.
Che poi, celebre per me non lo era per niente.
Non avevo la più pallida idea né dell’aspetto né della posizione geografica di questa fantomatica abitazione.
Sapevo solo che sulla facciata, proprio di fronte alla cupola al centro, era scolpito un maestoso leone.
Ne parlavano molto anche nella locanda dove ci portò Paco.
-Un altro!- il rumore del bicchiere sbattuto sul bancone del bar si confuse nel mormorio del locale.
Il signore anziano che serviva le bevande guardò in tralice l’uomo e gli riempì nuovamente il bicchiere con un liquido bluastro.
E poi… hic… c’era quell’incappucciato e… hic… è shalito su un ashino… -disse l’uomo dell’ordinazione, con la voce alterata dall’alcool. –Ve lo dico…hic…  io, aveva… hic… aveva una ar-armatura!
-Tzt, incappucciato, armatura! –insinuò un altro – lo sanno tutti che il Ladro è un abilissimo vecchio!
Dal divanetto nero su cui ci trovavamo all’angolo della sala, potevamo ascoltare tutti i discorsi dei clienti, senza sembrare ficcanaso.
Eravamo arrivati la sera stessa in cui avevamo lasciato le terme, seguendo Paco tra orride steppe e lunghi tortuosi percorsi nella foresta.
Fortunatamente il Mondo dei Gialli e dei Mistery era confinante con quello dei Fantasy e non avevamo dovuto fare tanta strada.
-Bah…- sbuffò Sean, seduto di fianco a me sul divano di pelle nera. –Cosa siamo venuti a fare qua? Non si fa altro che bere e parlare di questo fantomatico Furto!
Il ragazzo prese il suo bicchiere di bibita e bevve infastidito, fissando un quadro in cui erano ritratti una decina di uomini e donne in posa studiata.
-Te l’ho già detto, Sean, i proprietari sono amici di famiglia.
Sean borbottò qualcosa come “Mmh… sarà…” e incrociò le braccia sul petto. –Comunque questo locale è tetro.
Alzai gli occhi al cielo.
-E tu non ti accontenti mai di niente… E il tunnel sotto terra per raggiungere il Mondo dei Fantasy e le terme era troppo umido, la vegetazione della foresta ti pungeva le gambe, ora questo bar è “tetro”! –sbottai, con voce seccata. –Ti comporti come se fossi un principino.
-Eh, come… cos… NO! – emise una risatina con un non so che di nervoso. –Ma che razza di idee infantili che hai!
Lo guardai storto e mi rivolsi a Paco.
-Hai trovato la persona che cercavi? –chiesi. Aveva detto che ce ne saremmo andati appena avrebbe parlato con un suo conoscente che si trovava lì.
Almeno Sean si starebbe stato zitto e l’avrebbe piantata di lamentarsi.
Il bambino strinse gli occhi, scrutando la sala attentamente. –Eccolo là!
Vidi un uomo sulla sessantina alzarsi, e proprio mentre stava per uscire girarsi improvvisamente verso di noi, spalancando gli occhi.
A grandi passi si diresse al nostro tavolo, con l’impermeabile nero che gli svolazzava dietro come ali di pipistrello.
-Signorino Paco! Siete tornato! –esclamò, abbracciandolo calorosamente. Rimasi un po’ stupita da quel “signorino” e dal voi.  
Il bambino annuì, sorridendo cordiale.
-Loro sono Sefyr e Sean. –ci presentò con un cenno della testa.
-Piacere! – l’uomo ci regalò un grande sorriso, che spuntava dalla sua barba brizzolata e ci strinse la mano- Io mi chiamo Etthor… Ragazzo, ci siamo forse già visti? Hai un volto familiare… - si rivolse poi a Sean, guardandolo con le sopracciglia aggrottate.
-N-no… mai, signore.- rispose educatamente lui.
Dopo averci fatto qualche domanda (cosa che sembrava quasi un’abitudine, un vizio di questo strano paese) e aver raccontato un preciso resoconto del viaggio, prese in disparte Paco e gli parlò alcuni minuti.
Quando ritornarono da me e Sean –brutta mossa lasciarci soli, avevamo avuto la perfetta occasione di iniziare un’accurata discussione, con ovvie diverse convinzioni, sui generi dei romanzi migliori- ci portarono in una saletta appartata, più piccolina.
L’uomo si guardò attorno con sospetto e dopo essersi convinto che nessuno ci stava spiando, si diresse verso una parete, coperta per la maggior parte da un dipinto su telo di stoffa.
Spostò con delicatezza l’arazzo, che mostrò una discreta porticina.
Un passaggio segreto!
Ecco perché Paco ci aveva portato lì!
-Porta direttamente a casa mia, risparmieremo parecchio tempo. –ci spiegò.
Ci infilammo nella scorciatoia e dopo una decina di minuti ci imbattemmo in un’altra porta di legno consumato.
La aprimmo con una spintarella e una luce, una forte luce, ci investì in pieno.
-Ahia!- non riuscii a trattenere un’esclamazione di stupore, la luce del sole era così forte che mi dovetti coprire gli occhi con la mano.
Sbucammo in un enorme giardino, con tanti alberi e panchine dove sedersi a leggere in tranquillità.
C’era persino un laghetto blu al centro di un grande prato, con alcune paperelle che ci sguazzavano dentro.  
Paco s’incamminò attraverso il giardino, invitandoci a seguirlo lungo la gigantesca distesa d’erba.
Si avvicinò ad una vetrata e appoggiò il viso alla finestra, facendosi scudo sugli occhi con le due mani strette a cupola attorno la faccia.
-Etthor, che ore sono?- chiese poi al suo misterioso amico.
Lui guardò il sole, poi rispostò lo sguardo sul bambino. –Devono essere circa le cinque e quarantacinque del pomeriggio, Signorino.
Il volto di Paco s’illuminò. –Bene. Tra un quarto d’ora dovrebbero tornare i miei genitori. Possiamo aspettare comodamente là. –indicò un dondolo con dei soffici cuscini bianchi, proprio di fronte ad una parete con un grosso affresco colorato.
Sprofondai fra quei cuscini così comodi e morbidi e, felice di un po’ di riposo, chiusi le palpebre.
 
Dovevo essermi assopita, perché quando riaprii nuovamente gli occhi la luce era diminuita e anche solo quel poco che ne restava mi fece male, segno che mi ero abituata al buio.
Vidi Paco affianco a me che leggeva un tomo, e dall’altro lato Sean curvato un po’ in avanti, non più appoggiato allo schienale della panchina.
In effetti era proprio un movimento brusco del dondolo che mi aveva risvegliata, quindi il ragazzo si era appena mosso.
-Quanto ho dormito?- mormorai piano.
-Circa dieci minuti. –rispose Paco placido, senza neanche alzare gli occhi dal libro.
Oh, beh, pensavo di più.
Tornai ad osservare Sean, ancora chinato in avanti.
Il mento era poggiato sulle mani, e le palpebre semi-chiuse, come ad osservare attentamente qualcosa.
E quel qualcosa era l’affresco del muro innanzi noi.
-L’hai notato?- chiese lui, dopo un attimo di silenzio. –E’ un rebus. Come in città, ce n’erano moltissimi.
-Sì. Che cosa strana, vero?- risposi inarcando leggermente la testa, pensosa.
-Già.
Non lo avevo mai visto così taciturno, e la cosa mi parve leggermente sospetta.
-Non ci riuscirai mai.- lo punzecchiai, tanto per rompere il silenzio.
Lui alzò le sopracciglia ma tacque,  continuando ad osservare il rebus.
Fissai anch’io il dipinto. Vi era raffigurato un mucchio di persone in un angolo, con un A e una R sopra, mentre sotto una S e la sillaba TE c’erano due signore anziane.
Non ero mai stata brava con i rebus ma, ad essere sincera, mi parve piuttosto complicato da risolvere.
Come potevano essere interpretate le persone? Folla, forse? E le due signore anziane? Vecchie, nonne?
No, poi sarebbe venuta fuori una cosa come “Arfolla stenonne”… Proprio non aveva senso.
Sospirai, sconfortata. Vidi Sean alzare leggermente la schiena, corrugando le sopracciglia ancora di più.
-Ci sono!- esclamò subito dopo un attimo, battendosi un pugno sulla coscia. -Ho trovato la soluzione!
Lo guardai scettica: -Sarebbe?
-Ci sono tante persone nell’angolo, quindi c’è un sacco di “gente” e le due donne, sono vecchie e se ci fai caso c’è una certa somiglianza con le due ragazze proprio davanti alla gente, quindi io le ho interpretate come “ave” delle stesse. Se concludiamo unendo le lettere volanti, la frase è “Argentea veste”! –affermò con tono soddisfatto. –Sono un genio, ammettilo.
-Mmh- mugugnai, girando la testa. Notai poi un altro rebus, più piccolo e facilissimo, tanto che riuscii a risolverlo pure io in pochi secondi. –Ma guarda, quello lì piccolo riesco a farlo anch’io!
Vedi il vino, vicino a quel IN? E a fianco c’è un falsario, che scrive su dei quaderni copiando da una coppia di blocchi, i veri. Se lo colleghiamo al TAS marcato vicino, viene fuori veritas. Quindi, la soluzione del rebus è “In vino veritas”, famoso proverbio latino che allude alle verità  che emergono in stato di ubriachezza.
Sean mi guardò sorridendo e poi, come colto da un’illuminazione, cambiò espressione improvvisamente.
Spalancai gli occhi, ci ero arrivata anch’io.
-L’armatura, l’ubriaco alla locanda!- urlammo insieme, all’unisono.

 

Le petite angle du FaDiesis
 
Buongiorno!
Lo so, anche stavolta sono in ritardo pazzesco…
Però a mio parere penso che questo è il capitolo che mi è venuto meglio!
Beh, spero che continuerete a seguirmi e lascerete un piccolo commentino, anche solo per sgridarmi del ritardo… (:
Comunque ci sono le vacanze, adesso… avrò sicuramente più tempo per scrivere!
Bacioni
 
Esis <3

 

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Capitolo 8
*** Le Sette Chiavi ***


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Note dell’autrice
 
Buonasera,
In quanto quasi due mesi che non aggiorno mi pare dovuto un piccolissimo riassunto prima del capitolo 8.
Sefyr, dopo aver trovato il primo oggetto della pergamena, un pugnale, in un parco termale raggiunge con Sean e Paco il Mondo di quest’ultimo, il Mistery e Gialli.
Qua troveranno a che fare con enigmi, rebus e un mistero su un grande furto. Sono a casa di Paco, dove troveranno una vecchia (si fa per dire xD ) conoscenza che spiegherà meglio la situazione e, finalmente, il titolo della storia.
Spero davvero che vi piaccia, ho tentennato molto per questo capitolo, avendo paura di annoiare con parti senza azioni. Ma poi, ho preferito le spiegazioni, che sono più dovute, all’azione.
Ne approfitto per ringraziare tutti coloro che mi recensiscono ogni capitolo, e chi ha messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite.
Grazie mille, mi fate infinitamente piacere  
 
Esis <3
 
-L’armatura, l’ubriaco alla locanda!- urlammo insieme, all’unisono.
E, come a voler confermare le nostre parole, vidi un nuovo luccichio proveniente dalla nostra bisaccia.
In tutta fretta e un po’ sbadatamente –tanto che feci cadere il pugnale a terra- rovistai dentro il tascapane e trovai la pergamena, arrotolata da entrambi i lati, che brillava insistente.
Al mio tocco tornò immediatamente normale, ma per sicurezza, volli dare comunque un’occhiata al suo interno.
Niente era cambiato, sennonché il contorno del simbolo rappresentante il Mondo dei Gialli e Mistery era più spesso e una piccola runa era comparsa al suo fianco.
Aggrottai le sopracciglia: l’ennesima cosa senza senso… o se ce l’aveva, che io non capivo.
Guardai Sean, che poco prima era arrivato alla stessa conclusione.
-Quindi… l’ubriaco diceva la verità.- disse lui, con un mezzo sorriso.
Ricambiai. –Forse, chi lo sa.- confermai.- Penso solo che la pergamena dovrà pur significare qualcosa in questa… missione, no? E guarda caso si è illuminata quando abbiamo pronunciato il suo nome…  Sì, credo che l’uomo della taverna avesse ragione, il ladro o la ladra di questo tanto misterioso e famoso furto portava un’ armatura. Dovremmo seguire questa pista, qualunque cosa stavolta la pergamena ci chieda di cercare.
Sean alzò le spalle, e si chinò a raccogliere il pugnale che mi era caduto prima dalla bisaccia.
Se lo rigirò un po’ tra le mani, con gli occhi che gli luccicavano.
Tzé. I soliti maschi e le armi!
-E’ davvero bello… -mormorò- A cosa pensi che serva?
Feci per aprire bocca, ma venni anticipata da una voce gentile e ovattata, che nonostante tutto mi fece sobbalzare dallo stupore.
-Qualunque cosa vi possa servire, maneggiatelo con cura. Il piatto della lama può far male quanto il filo –disse la voce.
Mi girai di scatto e mi trovai di fronte una donna dai capelli scuri, bassina di statura, pelle chiara e grandi occhi color nocciola.
-Non state lì impalati, su! –continuò, dato che nessuno di noi due aveva ancora aperto bocca- Posate nella sua custodia quel pugnale e entrate dentro, il sole sta per tramontare. E svegliate mio figlio, si addormenta sempre nei momenti sbagliati! –la donna si allontanò alzando gli occhi al cielo e, lo vidi, nascondendo un sorriso affettuoso.
-La madre di Paco… non l’avrei mai detto! –esclamò Sean con gli occhi spalancati, mentre si dirigeva verso Paco, che si era assopito sull’erba soffice del giardino. –Ehi, Paco… Paco!
Una volta svegliato, si fece strada verso casa sua e abbracciò la mamma con slancio, che ci stava aspettando all’ingresso, accanto alla porta finestra.
-Venite –disse, facendoci da guida in quella casa stupefacente, piena di colonne e archi alle finestre e porte.
Ci condusse in quello che doveva essere il salotto, con un divano di pelle marrone e scaffali appesi alla pareti chiare.
Con nostra grande sorpresa ad un enorme tavolo di legno intagliato c’erano due uomini adulti che prendevano il the.
Spalancai gli occhi e gridai, stupita: -Luigi!
Il vecchio rise, con quella sua risata contagiosa.
-Siete arrivati, finalmente! Forza, sedetevi. – ci accomodò.
-Salve, Sommo Maestro. –salutò Sean, con un sorriso tirato più di cortesia che d’altro.
Luigi gli diede una pacca sulle spalle. –Ciao, ragazzo! Tutto bene?
Sean annuì, mentre si sedeva sulla sedia più distante da Luigi. Gli rivolsi un sorriso divertito e lui mi fulminò con gli occhi.
-Come mai è venuto qui?- chiesi al Sommo Maestro.
Lui mi rivolse un’espressione divertita. –Andiamo subito al sodo, eh? Su, prendete prima una tazza di the.
Mi versò dell’acqua calda in una tazza rosa e avvicinò la scatola con le bustine aromatizzate.
Sean allungò la sua coppa aspettando anche lui l’acqua per il the, ma Luigi lo ignorò bellamente.
Fece una faccia infastidita e se fossimo stati in uno di quei cartoni animati giapponesi di sicuro avrebbe avuto tanti teschietti fluttuanti dietro la testa.
Presi una bustina dalla scatola, passandola poi a Sean, che si stava versando l’acqua nervosamente.
Mi guardò ancora inacidito e io sventolai la bustina per fargli notare il gusto: mirtilli e limone.
Era un’allusione al giorno in cui ci  incontrammo per la prima volta e lui la capì, lo intesi dal modo in cui mi guardò e dal debole sorriso sincero che gli spuntò sulle labbra rosee.
Fortunatamente Luigi richiamò la nostra attenzione, perché  cominciavo a sentirmi a disagio senza un motivo.
-Bene. E’ giunta l’ora di rivelarvi la ragione della mia visita qui.
Tacque un momento e dopo essersi accertato che tutti stavamo zitti, continuò.
-Pochi giorni fa, vi ho rivelato che tu, Sefyr, non hai ancora un genere e che per scoprirlo avreste dovuto cercare quello che la pergamena chiede.
-E… non è così?- lo interruppi io.
-Certo, certo. Ma la questione non è così semplice. Il governo di questo Mondo si sta via via degradando. Gli eredi del Fondatore hanno cambiato le sorti del paese di male in peggio. Hanno rovinato la Cultura di questo posto, inserendo mano a mano “esperimenti” tecnologici che rassomigliano –o sono perfino identici- agli sviluppi dell’altro Mondo. Vedete gli aeroplani, per esempio. E’ vero che possono essere considerati un vantaggio per gli spostamenti tanto lontani ma non erano necessari. La gente era contenta di girare a piedi, o con mezzi lenti ma che permettevano di ammirare paesaggi nuovi, sconosciuti. Viaggiavano moltissimo, erano felici e soddisfatti. Ora non pensano altro che a non perdere tempo, ad arrivare prima …
E questo era solo un esempio. Mettete il naso fuori casa e vi accorgerete di quanto le cose stiano cambiando.
Ma da qualche tempo anche il popolo stesso se ne sta rendendo conto, c’è aria di rivolta. La gente complotta, si sta ribellando. Lo scontro con il governo degli eredi del Fondatore è ormai inevitabile ed è sempre più vicino, sarebbe terribilmente nocivo.
Ma un modo, un modo esiste per impedirlo. –Il Sommo Maestro prese fiato.- Tempo fa,  il bisnipote del primo Sovrano tradì e prese il potere nonostante sia praticamente impossibile spodestare il Sovrano, perché legato al Regno da un vincolo magico.
Sette Mondi, sette Chiavi per averne il controllo. Solo gli eredi al trono, solo chi ha legami con il primo Sovrano può dominarle. –Luigi mi guardò dritta negli occhi- Io ho visto in te, Sefyr, quell’aura di potere, di magia che solo un erede al trono può avere. Tuttavia, è solo una teoria.
-Cosa? Non… non è possibile! –intervenni ancora, ma stavolta fui bellamente ignorata. Luigi continuò il suo discorso.
-Il traditore raccolse tutte le chiavi, con l’aiuto di una pergamena incantata. Oramai avrete capito che è l’esatta missione che vi ho affidato io. E’ la pergamena che sceglie a chi rivelarsi, non  io né tantomeno altri. E’ stata lei a scegliervi, lei a condurvi alla prima chiave.
Sean aggrottò le sopracciglia:- Il… pugnale?
-Esatto, ragazzo. –confermò Luigi annuendo. –Il concetto di “chiave” è inteso come oggetto indispensabile e non come vera e propria chiave per aprire le serrature. In passato quest’uomo che ingannò tutti le raccolse e quando le riunì tutte sette, ebbe davvero qualcosa da aprire.
Era una statua, con esattamente sette spazi liberi in essa disposti in modo irregolare. Lui inserì gli oggetti al loro interno e da quel momento il Regno fu suo. Non è detto che al compimento della vostra missione si riveli una statua, dai miei studi ho ricavato abbastanza informazioni da affermare che il nucleo del potere si manifesta ogni volta in situazioni diverse, quindi aspettatevi di tutto.
Io e Sean eravamo a bocca e occhi spalancati,  sorpresi da tutte quelle novità, mentre Paco sembrava più tranquillo, seduto vicino all’altro uomo.
Immaginavo fosse suo padre… aveva gli stessi occhi neri scurissimi e lo stesso fisico mingherlino.
Luigi ci guardò in attesa, poi ci porse una domanda importante a cui noi, però, rispondemmo subito sicuri e decisi.
-Sempre che vogliate continuare…il cammino sarà lungo e pericoloso, non pretendo che voi accettiate. In fondo non è un semplice gioco, è una questione di stato, ormai - chiese con tono grave.
Sean e io annuimmo insieme, determinati.
-Certamente!- risposi, contemporaneamente all’alzata di spalle di Sean, seguita dalla sua affermazione:- Oh, beh, a questo punto ci siamo dentro, no?
Il nostro Sommo Maestro annuì soddisfatto e orgoglioso.
-Lo sapevo che eravate quelli giusti! – esclamò con entusiasmo- Ora andate pure a riposarvi. E’ tardi e siete stanchi. Domani avrete da fare.
Sospirai e, mentre salivo le scale che portavano al secondo piano, mi soffermai per la prima volta  a riflettere sul fatto di non essere tra i banchi di scuola, di non essere più lì, tra le moderne tecnologie e mi sorpresi nel pensare che questo Mondo mi fosse  naturale, normale, mentre il vecchio mondo mi risultasse estraneo.
E con questa strana consapevolezza, mi addormentai in acque agitate, col pensiero fisso della mia nuova, importante missione.

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Capitolo 9
*** In fuga ***


Il Mondo delle Sette Chiavi ~
Capitolo 9: In fuga.
Ad Aven, il mio fratellone.
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Silenzio. Non sento niente. Né uno scricchiolio, né un sibilo o il debole fruscio del vento.

Socchiudo gli occhi, l’immobilità del nulla mi fa formicolare le orecchie. Strano.
Mi giro, e tutto sembra svolgersi al rallentatore: i mei capelli che si alzano voluttuosi secondo il movimento dell’aria, i mei stessi muscoli del collo che si contraggono piano, il suono delle vibrazioni che spezza la quiete.
Mi irrigidisco.
…vibrazioni?
Qualcosa mi passa dietro, mi scuote leggermente i capelli al suo passaggio.
Il qualcosa parla, sussurra, ma non riesco ad intendere le sue parole precise. Cerco di acuire l’udito, inutilmente, intendo solo alcun e consonanti… la s, la f 
Sefyr.
Mi manca il fiato. È il mio nome.
Improvvisamente tutto sembra accadere al doppio della velocità. Io che cerco di spostarmi, che mi sento braccata, una figura nascosta da nebbia nera che mi svolazza intorno, il mio respiro mozzato, come bloccato da mani invisibili strette sul mio collo, il mio nome sibilato, mormorato, la figura che mi si avventa addosso, io che cerco di urlare ma dalla mia gola serrata  non esce alcun suono…
 
Mi svegliai di colpo, il cuore che martellava furioso nel petto, i polmoni in cerca d’aria.
Mi guardai nervosamente intorno,  mi sentivo ancora braccata, come un topo in trappola
Solo quando realizzai che ero sola, nella camera degli ospiti della dimora di Paco, solo allora mi tranquillizzai.
Respirai piano, chiudendo gli occhi e portandomi le mani alla testa, ancora spaventata dall’incubo.
La porta si aprì e girai la testa di scatto, allarmata, ma il viso e la voce familiare di Sean sbucarono dalla soglia e l’ennesimo sospiro uscì dalla mia bocca.
-Sefyr! - esclamò con tono preoccupato. - Sefyr, stai  bene?!-  Lo guardai entrare e sedersi  accanto a me, stringendomi  in un abbraccio consolatorio. -Ho sentito delle urla…
Chiusi nuovamente le palpebre, poggiando la testa sulla sua spalla e respirando il suo profumo fresco.
-Ho fatto un incubo terribile.- sussurrai.  E raccontai, tutto per filo e per segno, senza trascurare i dettagli e le sensazioni terribili che mi avevano avvolto l’anima.
Ma evidentemente, c’era qualcosa di comico in quel maledetto incubo,  perché quando finii la mia descrizione, lui si mise a ridere.
Mi venne istintivamente la voglia primordiale di tirargli un pugno sul muso, ma fui magnanima e lo colpii solo sul braccio.
-Ehi! - esclamò lui – Dai, scherzavo…  non ti ho mai visto così preoccupata, è normale che rido un po’. -
Lo guardai male ma non ribattei, non mi andava affatto di iniziare una delle nostre “liti”.
Ci fu una pausa silenziosa tra noi con solo il ticchettio dell’orologio appeso al muro come sottofondo musicale.
-Pensi che … che abbia un senso, questa missione?- domandai alla fine, con un sussurro.
Sean sospirò, evidentemente stava pensando la stessa cosa a cui io stavo rimuginando già da parecchio.
-La vera domanda da porgersi non è se tutta questa storia abbia un senso, ma è come… come riusciremo ad affrontare tutto? Come ne usciremo? Come ci abitueremo a questo trambusto?- disse, con la voce incrinata dalla preoccupazione.
Riflettei sulle sue parole, fissando il motivo disegnato sulle coperte e seguendo il filo dei miei pensieri.
Io non avevo scelto tutto questo…
Questo mondo strano con sette regni governati da un unico misterioso re, pergamene magiche  e ragazzi con tatuaggi speciali.
Sospirai guardando le mie mani tremare; succedeva sempre quando ero arrabbiata.
Feci un grosso respiro, e chiusi forte gli occhi. Dopo qualche istante mi ripresi e d’istinto mi portai il palmo della mano davanti al viso, assottigliando le palpebre. Sentii un calore piacevole allo stomaco seguito subito da una morsa e come un soffio intorno a me. Trattenni  il fiato e il palmo si illuminò, sprigionò un debole bagliore chiaro. Ero totalmente incantata da quella, seppur  fioca,  evidente luce. Non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso, era una strana cosa, nuova per me…  poi, con un ultimo brillio tutto si spense. Scossi la testa velocemente per “disincantarmi” , Sean aveva chiuso la sua mano nella mia e la luce si era spenta. Lo guardai interrogativa e lui mi sorrise –Ti si sarebbero scaricate le batterie-  disse, con tono leggero.
Alzai gli occhi al cielo. - Smettila! Come ci sono riuscita? Cos’era?- domandai.
-Un altro come… - mormorò Sean. – Era magia, scimmia che non sei altro. E si manifesta con le emozioni, quando la rabbia, l’angoscia, l’amore, la felicità e… quando i sentimenti si fanno particolarmente vivi in te… è lì, che la magia si fa sentire, esce allo scoperto. Come alle terme, ricordi? È stata la magia che ti ha spinto a portarci là.
-Ah. - fu l’unica cosa che riuscii a dire. Stentavo ancora a credere alla magia, ma sì, il suo ragionamento… non faceva una piega. Dopo qualche altro attimo di silenzio, Sean si alzò e, come se nulla fosse, disse:
-Beh, mi è venuta fame, andiamo a fare colazione?
 
Erano le due del mattino e noi eravamo là, in cucina, ad abbuffarci di pane, marmellata al mirtillo e latte fresco. Sean schiaffò dentro il suo bicchiere anche due uova e io lo  guardai disgustata; mi ricordava quei vecchi film dove i pugili bevono impensabili intrugli per mantenere in forma il loro fisico scultoreo. Lui mi aveva rivolto solamente un’occhiata e aveva detto -Che c’è? Fa bene!- e se l’ era ingurgitato tutto in un fiato.
Il sole piano piano stava sorgendo, il tempo passava e il cielo da blu diventava celeste.
-Allora … suono preferito?  Chiese Sean, lavando l’ultimo piatto. Stavamo giocando a “cosa preferisci?” , nell’attesa che Paco e famiglia si svegliassero.
-Mmh, penso, sì… il verso delle rondini di prima mattina. – risposi, crogiolandomi sotto i primi raggi di sole mattutino che filtravano dalla finestra.
Nemmeno un secondo dopo e quella stessa finestra si ruppe in mille frantumi. Una freccia l’aveva colpita finendo la sua traiettoria infilzata nella pregiata credenza di mogano.
Trattenni il fiato mentre Sean andò veloce ad estrarla dal mobile. Era di legno anch’essa, intarsiata di ghirigori e ben appuntita. Sulla metà della freccia era legato un nastro di seta rossa, due volte girato sull’arma.
Guardai allarmata Sean, quando all’improvviso la porta della cucina si spalancò e Paco entrò agitato. Guardò inquieto la scena, prendendo a chiudere tutte le persiane delle finestre.
-Dobbiamo sbrigarci! – esclamò, correndo in salone.  Lo seguimmo nell’altra stanza e lì trovammo i genitori di Paco che stavano già aspettando.
Ci porsero le nostre cose, che avevano prontamente raccolto, tutte in un’ampia bisaccia. Diedi un’occhiata dentro per controllare se la mappa era lì, ma subito Sean me lo tolse di mano e se lo mise al collo; poi mi diede una pacca sul braccio come per dirmi di svegliarmi e fu allora che me ne accorsi.
Lugubre figure interamente vestite di grigio circondavano la sala, spuntando dalle grandi porte finestre. Una di loro riuscì ad abbattere il vetro della finestra con un enorme bastone bianco e si avventò subito verso il padre di Paco, che però rispose prontamente  - mostrando ottima padronanza delle arti marziali – bloccando l’arma con l’avanbraccio destro e contemporaneamente sferrando un calcio medio con la gamba  sinistra, all’altezza del ventre del nemico. L’uomo gemette frustrato e rispose con  un colpo di bastone sopra ai polpacci, facendolo sbilanciare pericolosamente all’indietro. Ma il padre di Paco non si perse d’animo e con riflessi spaventosamente pronti  riuscì a tenersi in una posizione di estremo equilibrio; emise un sospiro mozzato, e contemporaneamente alzò la gamba in un potente calcio sferrato proprio sotto il mento del nemico.
Si alzò velocemente e ci disse: - Sbrigatevi ad andarvene, non ci metterà molto a riprendersi.
Stavo per essere assalita dal panico, quando all’improvviso spalancai gli occhi dallo stupore, il suolo mi mancò sotto i piedi e, semplicemente, caddi.
 
La testa mi doleva forte, quando aprii debolmente gli occhi.
Mi trovavo in una sorta di tunnel, e non feci neanche in tempo ad ambientarmi, che la voce affettata di Paco mi disse di correre.
Così, mi ritrovai a fuggire, in quel canale pieno di passaggi segreti, bivi e torce fioche come unica fonte di luce.
 E una volta fuori alla luce del sole ancora, le mie gambe,  ancorché esauste, continuarono a  correre, correre, correre.


Esis's notes.

Sì, lo so. Sono circa 8 mesi che non aggiorno e poi me ne ritorno così, all'improvviso.
Sono irrecuperabile, lo so.
A mia discolpa posso dire che il mio pc si è scassato completamente [e ho perso TUTTO quello che c'era dentro: foto di una vista, documenti, storie, musica... compreso questo capitolo, che era già stato scritto per metà! A pensarci mi viene ancora da piangere ç____ç] e appunto ho dovuto riscrivere questo capitolo, che è stato veramente un parto, come si suol dire.
Anyway, in questo cap vediamo finalmente che inizia un po' d'azione, i nostri protagonisti che scappano da figure misteriose, alla ricerca di queste fantomatiche chiavi.
Rileggendo i capitoli precedenti, mi sono resa conto che il mio stile è cambiato parecchio, e sebbene mi piacerebbe mettere tutto in revisione, ho deciso che invece lascerò tutto così, per... affetto? Non so, ma mi sono affezionata alla mia storia e mi dispiacerebbe ricominciare tutto da capo.
Allora, considerando che i capitoli 10 e 11 sono già scritti, aggiornerò tra circa due settimane, verso il 5 maggio, giuro! :33 Piccolo spoiler dal prossimo cap? Ci sarà un nuovo personaggio! c:
Inoltre, un po' per farmi perdonare, un po' perchè mi va, inserisco un mio disegno di come mi immagino Sefyr, realizzato con le mie manine :3 E, uhm, anche se non pubblico niente da parecchio, ecco il mio profilo deviantArt :3
Uh, e ringrazio il mio fratellone Aven che sempre mi consiglia, mi sostiene e mi minaccia se non pubblico XD Come farei senza di te?
Per spoler/chiacchiere/biscottini con te, qui c'è il mio profilo Facebook :3
Much love,

Esis

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Capitolo 10
*** Ella ***


Il Mondo delle Sette Chiavi ~
Capitolo 10: Ella 

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Il cuore era sul punto di scoppiarmi in petto, le gambe tremavano così forte da farmi barcollare.
La corsa mi stava sfinendo. Alzai gli occhi e vidi le nuche di Sean e di Paco sfocate, chiusi gli occhi cercando di riprendere fiato. Quando rimisi a fuoco la strada, il mio cuore subì un ultimo colpo: Sean e Paco erano scomparsi.
Sbattei le palpebre un paio di volte, sperando di essermi sbagliata e che fosse solo la fatica a confondermi la vista, ma i due non si vedevano.
In preda all’agitazione presi a correre più veloce, girando la testa ad ogni angolo, incrocio, vicolo.
Ero ormai sull’orlo della disperazione, quando mi sentii afferrare per un braccio e tirare violentemente dentro una porta.
Non riuscii neanche ad urlare che il mio rapitore mi mollò sgraziatamente sul pavimento.
Ansimai stremata dalla corsa e, impaurita, indietreggiai verso la porta.
Fissai il viso del presunto criminale e la sorpresa prese il posto dello spavento.
Aveva il viso pallido, i lineamenti morbidi e gli occhi leggermente allungati e chiari, i capelli scuri semi nascosti da un cappuccio nero. Era una ragazza e aveva circa la mia età, per giunta.
Alzò le sopracciglia, la sua bocca prese una piega ironica. “Non sembra cattiva”, pensai, “affatto”.
Una risata familiare confermò la mia teoria … non ero in pericolo.
La testa riccia di Sean mi oscillò davanti facendo crescere in me un sentimento molto simile all’ira.
- Che diavolo succede? – sbraitai, fulminandolo con gli occhi – Sean, smettila immediatamente!-
Sbattei un pugno per terra, infastidita dal ragazzo che non smetteva di ridacchiare.
- Oh, andiamo … Non fare quella faccia! – sghignazzò – Non è colpa mia se sembravi una lepre braccata, qualche attimo fa.
- Beh, sai, non è colpa mia se non mi aspettavo questi scherzi da ragazzini. - gli dissi facendogli il verso mentre mi alzavo, non senza fatica. Barcollai e lui, che nel frattempo mi aveva raggiunta, evitò di farmi cadere afferrandomi un braccio.
-Ragazzina sarai tu. – disse a denti stretti, alzando il mento verso me.
Sentii la rabbia aumentare. - Credi di essere tanto maturo per un paio di anni in più? – sibilai.
- E’ semplicemente la verità. - mi soffiò sul viso.
Sguardi di fuoco correvano tra noi, quando la voce della strana ragazza mi impedì di controbattere.
- Finitela adesso… sembrate due bambini! – esclamò con un tono fra l’infastidito e il divertito.
Non staccai gli occhi da quelli di Sean, incollati nei miei. Era un confronto alla pari, non ci sarebbe stato un vincitore. Testardo contro testarda. Orgoglioso contro orgogliosa.
-Sean. - chiamò lei, autoritaria – Sean, ascoltami!
Con difficoltà ed irritazione il ragazzo alzò gli occhi al cielo e si rimise a sedere, mollando la presa che era ancora salda su di me.
Vidi Paco scuotere la testa mentre era preso a studiare una mappa distesa sull’unico tavolo della stanza.
- Io sono Ella, piacere. - si presentò la misteriosa rapitrice con un sorriso.
- Sefyr. - alzai le spalle, sorridendo anch’io.
Sean sogghignò: - Ma puoi chiamarla Sefy, se ti va.
Oh, colpo basso.
Strinsi la mascella. Sapeva benissimo che odiavo essere chiamata così. Fortunatamente Ella disse che il mio nome completo le andava bene e riprese a parlare. –Ascoltami, non abbiamo molto tempo – il suo tono di urgenza attirò la mia attenzione. – Gli emissari del Re stanno guadagnando terreno, bisogna andarsene, fuggire al più presto.
- Come se stessimo facendo altro - commentò ironico Sean.
- Zitto tu! Sefyr, come ho già detto ai ragazzi, posso farvi volare via. Ho un aereovolante a mia disposizione, con quello voleremo oltre i confini del Mondo dei Gialli, seminando il nemico. Poi penseremo al futuro.
Altrimenti…
- Altrimenti siamo cibo per lupi – concluse amaro Sean.
Sospirai affranta chiedendomi chi fosse questa ragazza sbucata dal nulla e perché ci stesse aiutando.
– Abbiamo altre scelte?
Dal silenzio che seguì, dedussi che la scelta era già stata presa in partenza.
- Allora… si vola. - dissi con una semplice alzata di spalle.
Ella sorrise e correndo più veloce del vento andò ad aprire una porta, facendoci segno di uscire velocemente.
-Forza, seguitemi – disse e in un lampo sparì dietro quella porta. Guardai i ragazzi e con un’occhiata d’intesa la seguimmo all’istante.
Una folata di vento ci investì e il rombo assordante di un motore ad elica arrivò forte alle nostre orecchie, Ella era in piedi sul bordo di uno strano mezzo volante,(quello che lei chiamava aerovolante) blu e di media dimensione.
– Sbrigatevi, forza! A breve sentiranno il rumore del motore e si accorgeranno della nostra partenza!- urlò con il mantello scuro che le svolazzava intorno e i capelli che le cadevano sul volto.
Saltammo sull’aerovolante e lei partì spedita fendendo le nuvole soffici.
Vidi il mondo là sotto farsi piccolo, sempre più piccolo via via che si saliva. L’aria leggera mi solleticò il viso e una calma improvvisa si impadronì delle mie emozioni.
Calma messa però subito a repentaglio da un colpo alla schiena. Ebbi l’impressione di cadere e urlai. Subito due braccia forti mi allacciarono i fianchi e sentii la ormai familiare sghignazzata di Sean all’orecchio.
- Sei un idiota - grugnii strattonandolo inutilmente perché era decisamente più forte di me, mentre Paco urlava un “tutto bene?” allarmato alle mie spalle.
- Meravigliosamente - disse Sean, beffardo, appoggiando il mento sulla mia testa.
Alzai gli occhi al cielo, o meglio, nel cielo.
Rabbrividii un istante per il vento freddo, Sean mi abbracciò trasmettendomi il suo calore e per una volta gli fui grata.
- Non è fantastico, il cielo? - sussurrò.
- Stupendo… - mormorai, annuendo e perdendomi nel rosa del tramonto.
Sean fece scivolare la sua mano nella mia, la alzò, fece per toccare le nuvole con un dito, le altre dita ancora intrecciate alle mie.
Senza un motivo preciso trattenni il fiato e per un momento smisi di trovarlo irritante. Mi godetti quel momento così speciale, così raro tra noi.
Una virata particolarmente violenta ci fece traballare ed interruppe la magia del momento.
Sedemmo a terra, con una risata spensierata, le sue braccia sempre attorno a me. Mi liberai spingendolo scherzosa da un lato e mi tirai su a sedere appoggiandomi sui gomiti.
Non appena alzai lo sguardo i miei occhi incrociarono un piccolo oggetto di legno.
Era un boomerang, non riuscivo a smettere di fissarlo e, sempre più attirata, lo raggiunsi e lo afferrai.
Una scossa mi attraversò tutta la schiena, proprio mentre le mie dita sfioravano la delicata levigatura di quel legno dal colore caldo.
Era questa, questa era la chiave che stavamo cercando.
La superficie era liscia al tatto, il marrone del legno variava con le più diverse sfumature e io lo vedevo brillare, sì, come stella luminosa nel cielo blu della notte.
Lo alzai con il fiato sospeso e fui presa dalla stessa sensazione di calamità che mi aveva colpito quando avevamo trovato il pugnale.
C’eravamo solo io, il boomerang e quella strana energia.
Un brivido mi scosse e mi riportò alla realtà. Ella virò ancora e gridò forte qualcosa. Girai la testa, una freccia mi sfiorò il viso, mozzandomi il fiato. Una vela spuntò dalla coda dell’aerovolante, altre due frecce partirono.
Ci stavano attaccando.
-Ho bisogno di una mano!- urlò Ella dalla cabina di pilotaggio. Vidi Paco e Sean correre in suo aiuto, mi infilai velocemente il boomerang sotto la giacca e li seguii. Avrei chiesto spiegazioni ad Ella più tardi.
Non so come, ma tutti e quattro insieme coordinati come se non facessimo altro da una vita, riuscimmo ad eseguire una serie di azzardate manovre che ci permisero di seminare i nemici. O così credevamo.
Corsi in coda per controllare la situazione e con sgomento vidi ancora una di quelle minacciose navi volanti dietro di noi. Mi aggrappai al sedile e urlai ad Ella di virare a sinistra.
Erano arrivati talmente vicini che non mi sfuggì il volto di uno degli emissari. Lungo, con una cicatrice sulla parte destra del collo. E lo sguardo, aveva uno sguardo così freddo … freddo ghiaccio dietro sottili occhi chiarissimi. Mi gelò ciò che ci vidi riflesso: rabbia cieca, ira allo stato puro.
E rimasi paralizzata nonostante i ripetuti scossoni provocati dal vento su di noi.

Esis's notes.

Ta-Taaaan! Aggiornato in tempo! 
Sono stava brava stavolta, eh? v.v
Allora, come già predetto, un nuovo personaggio entra in scena: Ella. 
Ragazza che, guarda un po', aveva proprio la Chiave che cercavano i nostri amici. 
Come mai aveva il boomerang? Cosa nasconderà? Scopritelo, nella prossima puntata de "Il Mondo delle Sette Chiavi"! :D 
Comunque, un'altro indizio è raccolto e i nostri eroi si preparano a raggiungere un altro misterioso mondo... 
Sperando sempre in una vostra opinione, vi saluto con un abbraccio caloroso! :3
Muche love,

Esis ♥ 

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Capitolo 11
*** Di veleni e gomitoli ***


                                                                                                                                                                       
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Il Mondo delle Sette Chiavi ~
Capitolo 11: Di veleni e gomitoli 


Fremiti.
La potenza dell’Emissario del nemico mi teneva ancorata al ponte dell’aerovolante.
Mi sentii scuotere e, come risvegliatami da un incubo, respirai affannata.
- Stai bene?- chiese la faccetta preoccupata di Paco. Annuii, spostando lo sguardo intorno sul velivolo.
Durante queste virate e manovre non avevamo subìto pressoché alcun danno, solo una parte del pavimento del ponte si era spaccata netta in due. Ripensai a quel ragazzo, a prima vista doveva avere sui diciannove, venti anni, così giovane… e già in guerra. Perché di questo si trattava, una nascosta, misteriosa guerra che prendeva sempre più forma sotto i miei occhi. Quella cicatrice che avevo intravisto sul volto del ragazzo ne era sicuramente una conseguenza. Non avevo idea di come potesse essersela procurata, ma la mia mente mi portava a pensare a qualche sanguinosa battaglia. Scossi la testa forte, come a voler cacciare via questi pensieri influenzati indubbiamente dagli ultimi avvenimenti.
Mossi qualche passo in direzione della sottocoperta dove si erano rifugiati gli altri.
Ella sedeva su una sedia di legno mentre Sean le tamponava una tempia con un batuffolo di cotone. Mi strappò un sorriso, questa scena, così tranquilla e piena di normalità, dopo giorni movimentati.
-Ahi… Sean, fai piano! – si lamentò Ella, socchiudendo lievemente l’occhio destro che riportava un bel taglio sulla parte superiore e sfiorava il sopracciglio. – L’occhio, attento, fa male… ahia!
Sean arricciò il naso, passando ad asciugare un liquido azzurro che immaginavo fosse disinfettante.
-Ma come te lo sei fatto, Els? È peggio di quella volta che a 9 anni disfacemmo tutti i covoni di fieno del vecchio Jo, e inciampasti su un rastrello sbucciandoti tutto il ginocchio e procurandoti quella storta alla caviglia che durò così a lungo! – ricordò con un sorriso lui. Immaginai si conoscessero da tempo, e che fossero amici d’infanzia. Non so perché, ma me li immaginavo a combinare guai insieme.
-È stato quel tizio con la cicatrice e i capelli chiari… la sua freccia mi ha preso di striscio la spalla, al colpo sono caduta e ho sbattuto la testa al piolo di metallo - disse con una nota di dolore evidente nella voce, ma col sorriso,  dovuto probabilmente alle parole di Sean.
Così anche lei aveva notato quel ragazzo dagli occhi chiari…
Non chiesi nulla e le sollevai il mantello sopra la spalla destra. Lei sussultò ritraendosi al mio tocco.
-Ti fa tanto male? - le domandai guardandola in viso.
Ella annuì, mentre Sean si affrettava a toglierle la veste scura. Automaticamente i miei occhi si spalancarono per la consapevolezza della scoperta che aveva appena fatto intrusione nella mia testa.
Sotto il mantello Ella portava una armatura.
Un’armatura.
Brividi.
Il rebus. Il furto. Una ladra. La leggenda. Un’armatura.
Ella era la ladra che animava le voci del Mondo dei Gialli.
Buttai un’occhiata a Sean, ma il ragazzo non sembrava turbato. Gli avrei esposto la mia teoria più tardi, una volta soli.
Lui le tolse anche lo strato d’argento e le sollevò l’orlo della maglia che aveva sotto.
Il taglio sull’occhio mi pareva grave ma non avevo ancora visto la ferita alla spalla.
Una linea spezzata che le tagliava in due metà nette la spalla, come una saetta caduta sulla terra sbagliata. Sgorgava violentemente sangue, unendosi a quello già uscito copiosamente ed ora raffermo.
La pelle intorno era impallidita, sfiorando alle volte il blu alle volte il trasparente, facendo intravedere le vene flebili al di là del tessuto epidermico.
Non mi faceva impressione il sangue, ma mi venne lo stesso la primordiale reazione di socchiudere gli occhi, tanto era brutale quella ferita.
Mi chiesi come fosse possibile che il colpo di striscio di quella freccia causasse tutto ciò, quando un terribile sospetto mi passò per la mente.
-Veleno. Possibile che la freccia fosse impregnata di veleno? - chiesi con tono cupo.
Sean alzò la testa piano, una grave consapevolezza negli occhi grigi. Prese il calamaio posato sopra il tavolo da toelette e lo scaraventò contro lo specchio che si ruppe in mille pezzi.  Ne afferrò una scheggia e prelevò dal taglio di Ella una goccia di sangue, che piombò sul vetro, depositandovisi.
-Ella. - la chiamò, serio, porgendole il pezzo di vetro con la goccia di sangue.
La ragazza lo portò al naso, odorandone il sentore. Arricciò le narici, toccò con il dito la goccia e se lo portò alle labbra. Aspettò qualche attimo pensierosa, poi annuì.
-Cosa… come hai fatto a riconoscere che c’era del veleno? - Balbettai, curiosa anche di sapere come mai non fosse terrorizzata.
Lei sospirò, mentre Sean procedeva a curarle anche quella ferita.
-Da anni mi alleno a prendere veleno. Piccole dosi ogni giorno, aumentando d’intensità la dose e variandone la “qualità”, diciamo un veleno più forte ogni mese, così da esserne, in un processo lento e doloroso, quasi immune. Per questo non urlo, non svengo. Sarò debole per qualche giorno, questo sì, ma me la caverò.
La guardai ammirata e un po’ confusa, trovandomi ancora a domandarmi cosa potesse averla resa così diffidente e premurosa.
Non feci in tempo a chiedere niente che la testolina riccia di Paco spuntò dalla porta. – Siamo arrivati! – annunciò. Ella gli sorrise. –Ehi, ragazzino, lo sai che non ti si addice il tuo nome? Almeno secondo me… ti chiamerò Jimmy, ho deciso. Si mi piace! – concluse con una risata che, contagiosa, ci fece tornare il sorriso.
Aiutammo la ragazza ad alzarsi e ci dirigemmo sul ponte dell’aerovolante, affacciandoci.
Ed eccolo, un altro panorama da cartolina.
Una foresta, ad est, alta e rigogliosa; dritto a nord un quartiere pieno di casette squadrate e colorate, con dettagli in rilievo sulle pareti, come ad uscire fuori, strade sterrate e grandi piazze con fontane moderne.
Ella afferrò il timone e cominciò a virare, puntando i boschi. – Lì staremo al sicuro e ben nascosti. - disse
- Tra pochi minuti saremo arrivati - affermò, preparandosi ad atterrare.
Una volta messo piede sul suolo terroso, un vento caldo ci investì, scompigliandoci i capelli.
Gli alberi ci sovrastavano altissimi sopra noi, facendo passare giusto il poco che bastava di luce per illuminare attorno di noi, nulla di più.
Sì, decisamente un posto adatto per nascondersi.
Dietro la guida di Ella, camminammo per la foresta, sorpassando massi, cespugli, e imbattendoci spesso in piccoli animali e viscide bisce che strisciavano sulla terra.
Sean come al solito ebbe da ridire sul posto, considerandolo troppo “Umido, e terribilmente buio”, niente da fare, amava la luce e i posti assolati, resisteva veramente poco agli spazi bui, che opprimevano.
- Quanto manca? – chiese appunto, con uno sbuffo.
Ella alzò gli occhi al cielo. – Non cominciare… guarda, siamo quasi arrivati! – e indicò un masso dalla strana forma di cappello di cowboy. – Uso quel sassone un po’ come punto di riferimento. Là dietro ci dovrebbe essere la casa di miei amici fidati, se nulla è cambiato. È una piccola dimora, ma saremo al sicuro da loro.
Le ultime parole famose, come si suol dire.
Appena superato il punto d’orientamento di Ella, non ci trovammo davanti “Una piccola dimora”, ma ben tutt’altro.
Con la bocca spalancata, guardai l’enorme casa, che poi casa non era, dato che un gomitolo gigante stagnava nell’erba alta.
Un gomitolo!Colorato e fornito di fili penzolanti, mai visto una cosa del genere!
Decisamente, quel mondo continuava a stupirmi, passo dopo passo.
Ella ci guardò sorpresa, mentre Sean disse, sarcastico: - Fortuna che era piccola…
- Entriamo? – chiese il novello battezzato Jimmy, dubbioso.
 La ragazza si morse il labbro, indecisa su cosa fare. Poi annuii, cautamente. – Sì, ma con attenzione. Non ho mai visto questa cosa in vita mia, e in più ci dovrebbe essere la dimora dei miei amici, qua. Perciò… teniamo gli occhi aperti.
Con accortezza, ci avvicinammo alla strana costruzione, stando ben attenti a dove mettevamo i piedi.
Arrivati di fronte, mi venne istintivo allungare la mano per toccare la porta di feltro verde prato, incantata dalla stranezza di quel luogo.
…non l’avessi mai fatto.
Come una pianta rampicante, un laccio del gomitolo mi si avvinghiò attorno il braccio, trascinandomi verso l’interno. Sussultai, presa alla sprovvista.
- Aiutatemi! – gridai, girando la testa verso gli altri e piantando più che potevo i piedi a terra.
Vidi con la coda dell’occhio Sean ed Ella afferrarmi per la schiena, mentre Jimmy trafficava con la sua borsa, intento a cercare qualcosa. Non riuscì nel suo intento, dato che un filo inaspettato lo aggrappò alla caviglia e lo fece cadere rovinosamente, trascinando anche lui.
I fili mi facevano sempre più male, pressavano e mi graffiavano la pelle, avevano raggiunto anche Ella e Sean e con un sospiro capii finalmente la cosa da fare.
- Ragazzi, non opponete resistenza, è peggio se lo fate. Ce la caveremo, dentro, lo so. – E con un sorriso, mi lasciai risucchiare dal gomitolo infernale. 

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