Hit me with your best kiss

di _Caline
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dopo il terremoto [Un bacio al buio, #1] ***
Capitolo 2: *** Esprimi un desiderio [Un bacio di compleanno, #15] ***



Capitolo 1
*** Dopo il terremoto [Un bacio al buio, #1] ***


Dopo il terremoto
betata da nes_sie, beta coccolosa e futura moglie di Sean O'Pry





Era rimasta sola.
Al buio.
Il terremoto era durato solo qualche minuto, ma quando la terra aveva smesso di tremare , le era sembrato  fossero passate diverse ore.
Era colpa sua.
Avrebbe dovuto immaginare che Malcom Merlyn avesse un piano di riserva. Se voleva radere al suolo il Glades, avrebbe avuto il Glades raso al suolo, a tutti i costi. E c’era riuscito.
Il Verdant ed il sotterraneo non sembravano aver subito grossi danni, ma la paura era stata tanta.
Nascosta sotto la sua scrivania nel tentativo di ripararsi dagli ultimi calcinacci che crollavano dal tetto, Felicity faceva fatica a regolarizzare il respiro.
Si era ripetuta che fosse tutto finito, ma aveva ancora il cuore in gola e la voglia d uscire di lì e scappare era tanta.
Ma non avrebbe visto nulla ad un palmo dal naso, e non le andava per niente di farsi male inciampando da qualche parte.
Non sapeva che fine avesse fatto John, né tantomeno dove fosse finito il detective Lance. Ad Oliver poteva essere capitata la sorte peggiore...
Ma non poteva pensare al peggio. Non voleva pensare al peggio.
Preferì restarsene sotto la scrivania. Circondò le ginocchia con le braccia e si fece piccola piccola, cercando di liberare la mente dai cattivi pensieri.
Avrebbe aspettato che si facesse giorno, e poi sarebbe uscita da lì.

Non era ferito. Aveva incassato molti colpi, ma nulla di grave.
Eppure un dolore lancinante all’altezza dello stomaco lo tormentava.
Era come se lo avessero squarciato a metà, come se gli avessero tolto un organo indispensabile per sopravvivere.
Aveva pianto per minuti, forse per ore sul cadavere di Tommy, ed era andato via soltanto quando aveva sentito arrivare i soccorsi. Si era reso improvvisamente conto che non poteva restare lì, un lampo di lucidità in mezzo ad una situazione che di razionale aveva ben poco.
Quando era uscito da una delle finestre dello studio di Laurel era quasi l’alba, e non poteva rischiare di essere visto con il suo travestimento durante il giorno.
Il posto più vicino dove andare era il Verdant.
Si diresse verso ovest e non si guardò più indietro, mentre il dolore all’altezza dello stomaco si faceva sempre più forte.

Quando Felicity riaprì gli occhi, si accorse che intorno a lei tutto era ancora buio.
Maledizione a quel sotterraneo senza finestre!
La schiena le faceva davvero male per essere rimasta tanto tempo nella stessa posizione, per cui non esitò ad alzarsi immediatamente.
Procedette piano, tastando i bordi della scrivania, per poi rimettersi in piedi lentamente quando sentì che sul pavimento non c’erano ostacoli.
Si disse che non poteva restare lì finché qualcuno non fosse arrivato solo perché aveva paura di inciampare, e poi dovevano già essere passate diverse ore da quando il terremoto era finito.
Se tutto era andato bene, i soccorsi dovevano già aver lavorato per i meno fortunati e magari erano riusciti anche a salvare qualcuno. Certo non si sarebbero curati di andare a controllare un edificio che era rimasto in piedi, in mezzo alla devastazione che doveva esserci.
Spostandosi molto lentamente verso l’angolo in cui era la scala, riuscì ad arrivare miracolosamente illesa, scansando i calcinacci e molte delle altre cose che erano sul pavimento. Probabilmente l’intero equipaggiamento di Oliver era andato distrutto.
Fu quando salì il terzo gradino che sentì un rumore al piano di sopra. Erano dei passi.
Si impose di mantenere la calma e si strinse saldamente al corrimano.
Potevano essere anche dei nemici.
Il cuore le prese a martellare forte nel petto, e dentro di sé sperò di poter diventare invisibile.
- Felicity, sei ancora qui? – chiese una voce familiare, dopo aver aperto la porta che conduceva al sotterraneo.
- Oliver! – si ritrovò ad esclamare lei, liberandosi del peso enorme che aveva sul cuore.
Fortunatamente il ragazzo aveva con sé una torcia, e con quella illuminò i pochi gradini che li separavano.
Felicity salì di corsa, ma una volta giunta davanti ad Oliver non seppe cosa fare.
Tra di loro a livello fisico c’era sempre stata una certa distanza e abbracciarlo le sembrava sbagliato, anche se sarebbe stata una cosa normale da fare, in quella circostanza.
A rompere il ghiaccio stavolta però fu lui, che in un attimo lasciò andare la torcia e la circondò con le sue braccia.
Dopo un attimo di imbarazzo, Felicity affondò il viso nel suo petto, abbracciandolo a sua volta.
- Sono felice che tu sia qui, – si lasciò sfuggire a mezza voce.

Oliver fissò per un attimo la testolina bionda di Felicity sotto il suo mento e sorrise, anche se lei non poteva vederlo.
Si chinò e le posò un bacio leggero sulla fronte, scostandosi un attimo dopo.
Pensò anche lui di essere felice di essere lì.
Poi l’immagine di Laurel che urlava il nome di Tommy si fece strada con forza dentro la sua mente.
Il dolore allo stomaco si fece ancora più forte.
Strinse Felicity ancora di più a sé e, senza volerlo, ricominciò a piangere.




Angolino dell'autrice
L'ultimo episodio di Arrow mi ha lasciata esattamente come Oliver: un dolore lancinante all'altezza dello stomaco e un'ansia assurda per la seconda stagione.
Ovviamente non potevo evitare di flasharmi con un momento Olicity post terremoto, quindi eccolo qui.
Ovviamente dietro le mie storie c'è sempre lo zampino di nes_sie e IoNarrante, che hanno indetto la challenge a cui partecipa anche questa storia e la raccolta che seguirà.
Potete trovarla qui.
Non mi resta che ringraziarvi ancora tutti voi che leggerete per essere ancora qui a leggere i miei deliri da fangirl.
A presto,
Anna

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Capitolo 2
*** Esprimi un desiderio [Un bacio di compleanno, #15] ***


Esprimi un desiderio
betata da nes_sie, che ha ancora la pazienza di aspettare le mie OS e il coraggio di leggerle. Solo per questo meriterebbe di sposare lo Zar.

 

Felicity Smoak chiuse la porta di casa dietro di sé e vi appoggiò le spalle.
L’orologio sulla parete di fronte segnava le venti e quaranta.
Erano mesi che non rientrava a casa così presto, ma non riuscì comunque a meravigliarsi.
Dopo il terremoto tutto era cambiato, ormai anche le piccole cose per cui gioiva prima di quell’evento erano diventate insignificanti.
Bill Cates arrivò per farle le fusa, mentre lei si toglieva l’impermeabile e scalciava in un angolo le scarpe.
Ne approfittò per coccolare un po’ il micione, mettendoselo in braccio.
Si mosse lentamente lungo il corridoio, cullando l’animale tra le sua braccia, ma dal canto suo Bill non ne sembrava molto contento.
Lo lasciò andare prima di ricevere qualcuno dei suoi poco amorevoli morsetti, e si diresse verso la cucina, intenzionata a preparare qualcosa da mangiare per cena.
Quando accese la luce della stanza, gli occhi corsero immediatamente al calendario.
Su quel giorno Wanda, la sua chiacchierona ma affettuosa vicina aveva disegnato una torta con tanto di candeline, ma Felicity era poco in vena di festeggiamenti.
Erano passate solo poche settimane dal terremoto e sia alla Queen Consolidated che nel Covo si respirava ancora un’aria estremamente triste. Quasi tutti avevano perso qualcuno nel terremoto.
Quella mattina aveva ricevuto diversi messaggi ed email con gli auguri della sua famiglia e dei suoi amici, e nonostante gli inviti a divertirsi e a festeggiare, aveva preferito non forzare nessuno a farle compagnia.
Afferrò dalla credenza la sua tazza preferita e ci versò dentro una manciata di cereali al cioccolato.
Il cartone con il latte che aveva dentro il frigo era quasi vuoto, ma si accontentò.
Seduta sulla poltrona a fiori che aveva ereditato da nonna, sgranocchiò in silenzio poco del contenuto della ciotola prima di rendersi conto di non avere per niente fame.
Abbandonò la ciotola sul tavolino con un sospiro e si accoccolò meglio sulla poltrona.
Pochi minuti dopo era piombata in un sonno senza sogni.

Era stato così preso da altre cose che non ci aveva nemmeno fatto caso quella mattina, guardando sull’agenda.
Non le aveva nemmeno fatto gli auguri.
Per un attimo Oliver si diede dello stupido.
Conosceva Felicity da quasi otto mesi, e quella mattina non le aveva nemmeno fatto gli auguri per il suo compleanno.
Afferrò al volo il giubbotto dall’attaccapanni nell’ingresso e si diresse verso la moto parcheggiata davanti al portico.
Diggle non ebbe il tempo di chiedergli dove stesse andando.
In pochi secondi stava sfrecciando lungo il viale che conduceva alla villa, senza avere ancora idea di come riparare al suo errore.

Felicity si svegliò di soprassalto e sbatté immediatamente le palpebre più volte per riabituarsi alla luce che aveva lasciato accesa prima di addormentarsi.
Scoprì Bill Cates addormentato accanto a lei, acciambellato tanto stretto da sembrare un enorme batuffolo.
Ebbe appena il tempo di stiracchiarsi che sentì distintamente il rumore della finestra che si apriva.
Non c’era un alito di vento, quindi non poteva essersi aperta da sola.
Afferrò d’istinto il lume dell’ingresso e strappò con violenza la spina, prima di accucciarsi dietro il muro della camera da letto.
Ormai non poteva fidarsi più di nessuno.
Cercò di concentrarsi e di fare meno rumore possibile.

La casa di Felicity sembrava deserta, se non per il gatto che era accoccolato sulla poltrona.
Ma la luce era accesa, quindi qualcuno doveva esserci.
Oliver si mise immediatamente sul chi va là, e piano si mosse nel corridoio.
Udì distintamente il respiro accelerato di qualcuno dietro il muro della camera da letto.
Con un balzo silenzioso fu davanti la porta, pronto ad attaccare chiunque si nascondesse lì.
Si tranquillizzò solo quando scorse la chioma bionda di Felicity.
Si lasciò sfuggire una risatina, ed un attimo dopo scansò il colpo che Felicity tentò di sferrargli con il lume che teneva in mano.
- Aspetti così gli ospiti? – Le chiese, togliendole il lume e poggiandolo per terra.
- E tu non hai ancora imparato ad usare le porte come le persone normali?-  ribatté lei, arrabbiata perché Oliver le aveva quasi fatto venire un infarto.
- La scala antincendio sembrava molto più comoda, – le rispose lui, tentando di calmarla sfoderando il suo sorriso migliore.
Felicity non sembrò cedere facilmente, ma abbassò gli occhi e lo precedette verso la cucina.

Oliver era l’ultima persona che si aspettava di trovare a casa sua, e non solo perché era entrato dalla finestra.
- Cosa ci fai qui? – gli chiese, prima ancora di rendersene conto.
Oliver indicò un pacchetto che teneva in mano e di cui Felicity non si era nemmeno accorta.
- E’ il tuo compleanno, – spiegò.
- Come vedi non c’è alcuna festa, – disse lei, indicando la stanza vuota. – Non dovevi disturbarti.
- Volevo almeno farti gli auguri.
- Potevi mandare un messaggio.
- Non sarebbe stato lo stesso.
Felicity cedette, e lo invitò a sedersi.
- Lo apri? – le chiese Oliver, spingendo il pacchetto verso di lei.
Quando si trattava di regali, Felicity era ancora curiosa come una bambina. Resistette meno di cinque secondi prima di sciogliere il nastro intorno alla scatola e sollevare il coperchio.
Quando scoprì il contenuto della scatola, fu inevitabile per lei sorridere.
Oliver le aveva portato un giant red velvet cupcake, con un'unica candelina al centro.
I red velvet cupcake erano i suoi preferiti.
- Devi spegnere almeno una candelina, no? – fu la giustificazione di Oliver, quando Felicity tornò ad incrociare il suo sguardo.
Un attimo dopo la candelina era accesa e lei era pronta a spegnerla.
- Ricordati di esprimere un desiderio, – le disse Oliver.
Tanto non si avvererebbe, si ritrovò a pensare lei.

Oliver osservò Felicity spegnere la candelina con aria triste.
-Cosa c'è che non va? – le chiese immediatamente, avendo il sentore che qualcosa fosse andato storto.
In tutta risposta la ragazza scosse la testa, e Oliver capì che non voleva parlarne.
Forse quello era il momento giusto per darle il vero regalo.
Frugò dentro la tasca interna del giubbotto ed estrasse una busta che le porse immediatamente.
Alla domanda implicita che gli stava facendo Felicity con lo sguardo, le disse di aprire la busta.
Quando la ragazza scoprì cosa c’era dentro, un altro sorriso comparve sul suo volto, e non riuscì a trattenere un grido di gioia.
Gettò istintivamente le braccia al collo di Oliver e lo strinse a sé.
- Ma come hai fato ad averli? I biglietti sono esauriti da settimane!
- Erano solo duecento, lo so. Ma avere contatti con gli organizzatori di eventi in città ha i suoi vantaggi, – le rispose, come se l’impresa che aveva compiuto fosse una bazzecola.
- Sono la mia band preferita, lo sai?
- Lo so. Non sei l’unica a passare un po’ del tuo tempo al computer, – le rispose con un sorriso.
Con grande imbarazzo Felicity si rese conto di essere ancora appesa al collo di Oliver e si scostò piano, per non creare ulteriore imbarazzo.

Oliver la vide arrossire in pochi secondi mentre si scostava da lui.
Gli venne naturale cingerla a sua volta con le braccia per non lasciarla andare.
Con la stessa naturalezza portò il volto a pochi centimetri da quello di lei e respirò piano sulle sue labbra prima di baciarla.

Felicity rimase di sasso in un primo momento.
Sta baciando proprio te!, esclamò la vocina nella sua testa.
Un attimo dopo si rese conto che era meglio che rispondesse al bacio, prima che Oliver pensasse di avere tra le braccia una statua di sale.
Forse ogni tanto i desideri si avveravano.


Angoletto dell'autrice:
Le mie OS sulla Feliver sono piene di fluff. Sappiate che tutto questo amore e questa tenetezza non corrispondono alla realtà, io non sono per niente romantica, sono loro che mi ispirano tenderness e fluffness e romanticness.
Chiusa questa piccola parentesi, ringrazio chi di voi ha ancora la pazienza di seguire me e i miei piccoli deliri. Spero di non annoiarvi.
A presto,
Anna.

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