It was only just a dream.

di Lady ONeill
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nightmares ***
Capitolo 2: *** Confessions And Catherine ***
Capitolo 3: *** Let Me See The Sheriff Of Nottingham ***
Capitolo 4: *** Will You Officially Marry Me? ***
Capitolo 5: *** The Wedding ***
Capitolo 6: *** I woke up and I died. ***



Capitolo 1
*** Nightmares ***


Fuoco, fiamme e Guy che mi portava in salvo dalla seggiola sulla quale mi ero addormentata. L’odore acre del fumo nelle mie narici. Dov’era mia madre? Guy mi teneva mentre io mi dimenavo e piangevo tra le sue braccia. ‘mamma!’ urlavo mentre gli abitanti del villaggio cercavano di domare l’incendio, senza successo.
Poi pochi anni dopo, quando Guy mi vendette a Thornton, gli anni passati con lui, tutti i lividi, le botte, le ossa spezzate, le lacrime e il sangue versati.
 

Mi svegliai urlando, il mio respiro era affannoso e il sudore mi colava sulle guance insieme alle lacrime. Accanto a me, Robin mi circondò subito tra le sue braccia.
 
-Su, è solo un brutto incubo, Isabella, è tutto finito.-
 
Intanto mi accarezzava i capelli, il volto per poi scendere sul mio ventre, dove cresceva la nostra bambina.
Accennai a un sorriso, sentivo qualche colpetto da parte sua mentre Robin accarezzava il pancione e scendeva a baciarmi il collo per poi tornare sulle mie labbra, baciandole con una dolcezza da farmi girare la testa; ricambiai con altrettanta dolcezza, che non avevo mai usato con nessuno. Dopo quella volta nei sotterranei del castello di Nottingham (dove viviamo ancora) in cui rischiavamo di annegare e gli avevo confessato il mio amore per lui. Aveva riso, e mi aveva baciato con dolcezza, prima di venire scoperti da Guy che quasi scatenò la guerra.
Beh… ora va un po’ meglio. Si sopportano di più, ma si nota ancora che fatica a vederci abbracciati mentre io gli insegno quel che gli manca per saper leggere. Entra nella biblioteca e tossicchia per richiamare la nostra attenzione. Ridiamo sempre, e si unisce a leggere con noi.
Si vogliono bene, diciamo che non rischio più di trovarmi in mezzo ad un duello durante la prima colazione. Ecco.
 
Ma quella notte c’eravamo solo noi due nel castello, Guy era uscito per una passeggiata a cavallo. Sarei stata molto tentata di seguirlo, ma lui mi aveva sorriso e mi aveva detto che voleva una nipote forte e sana, quindi di mettermi a letto. Certo, perché le scampagnate a cavallo notturne le può fare solo lui.
Mi misi comoda sul letto, senza che Robin sciogliesse il nostro abbraccio, era bellissimo, non mi sarei mai mossa da lì. Richiusi gli occhi per poi riaddormentarmi: sognavo la nostra bambina, era rosea e paffuta, aveva una bella chioma riccia e nera, come me. Avrebbe avuto il sorriso di Robin e il suo carattere. Sarebbe stata bellissima e perfetta: la loro bambina. 

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Capitolo 2
*** Confessions And Catherine ***


-Guy, mettimi giù!-
 
Urlavo dimenandomi e ridendo. Lui era montato sul cavallo e ora stava facendo salire me. Voleva farmi fare una bella passeggiata perché diceva che io fossi rimasta troppo tempo nel castello per via della mia gravidanza.
 
-Sei stata troppo tempo tra le mura del castello! Devi uscire. Ora ti faccio fare un bel giro con sorpresa proprio come quando eri bambina e non brontolavi così tanto. –
 
 disse mentre faceva partire il cavallo al trotto. Dovetti aggrapparmi alla sua vita per non cadere da cavallo. Forse aveva ragione, ero rimasta troppo tempo tra le mura del castello di Nottingham, doveva avere intuito che mi annoiavo sempre di più, e avevo proprio bisogno di uscire.
 
Robin non c’era e avevo avuto modo di pensare: ‘Non ho detto nulla al principe Giovanni, lui crede che Robin e Guy siano imprigionati, o addirittura, morti. E ha detto che verrà tra qualche mese.’ Ero nei guai fino al collo. Brava Isabella, impara  a non dire le cose. Ora rischiavo la mia vita e quella della bambina.
 
Forse era meglio parlarne con Guy. In quel momento lui fermò il cavallo, scendendo e facendo scendere me, staccando poi un sacco che prima non avevo notato dalla sella. Eravamo in una radura, mi sedetti sull’erba fresca, sorridendo.
 
-Ecco un bel pic-nic per me e mia sorella. –
 
Disse lui sorridendo mentre io lo fissavo senza capire. Faceva caldo, tremendamente caldo. Mentre Guy apriva il sacco con il cibo io aprii bocca.
 
-Guy, c’è un problema.-
 
Cominciai mentre staccavo un morso dalla carne che mi aveva dato. Ecco l’espressione preoccupata che si faceva  spazio sul volto di Guy di Gisborne. Sopracciglia aggrottate e sorriso svanito.
 
-Che è successo Isabella?-
 
Mi prese il volto tra le mani. Evidentemente stavo piangendo.
 
-I…il principe Giovanni, verrà qui tra qualche mese, lui non sa del mio matrimonio con Robin, pensa ancora che io sia sposata con Thornton. Beh, in effetti lo sarei ancora, ma non voglio più avere a che fare con lui. Si aspetta che siate entrambi chiusi in una bara! O ci finiremo io e il mio bambino. Guy ho paura!-
 
Stavo tremando e continuavo a piangere, lui mi strinse in un abbraccio, accarezzandomi i capelli. Poi mi lasciò tornare a mangiare, era diventato pensieroso.
Mentre stavo per staccare un secondo pezzo di carne, questa mi schizzò via dalla mano, finendo poco lontano da dove mi trovavo. Mi alzai e controllai la freccia, la conoscevo bene: Robin era tornato. Appena lo vidi, gli corsi incontro, abbracciandolo. Stavo probabilmente piangendo di nuovo perché lui mi strinse forte a sé.  Aveva sentito tutto, ed era arrabbiato.
 
-Troveremo una soluzione, Isabella, guardami. Non correrai rischi.-
 
Mi sussurrava, accarezzandomi la schiena finché non mi irrigidii, avevo sentito un dolore alla pancia. Avevo visto quel sintomo nelle donne che stavano per partorire.
Era il momento.
 
-R..Robin! Penso che sia arrivato il momento. Sai la bambina…-
 
Non riuscii a finire la frase che una seconda fitta mi fece urlare e mi inginocchiai a terra, mentre Guy ci raggiungeva.
 
-Credo dovremmo portarla dal medico di corte. Ce la porterò io, a cavallo. Dobbiamo fare in fretta o lei e il bambino moriranno!-
 
Disse Guy facendomi alzare. Corse poi a prendere il cavallo mentre Robin aiutava me ad alzarmi da terra, sorreggendomi per non farmi cadere una seconda volta.
Quando mio fratello tornò, mi mise in sella, salendo subito dopo, mi aggrappai poi ai suoi fianchi.
 
-Prova a farmi cadere e ti faccio pentire di essere mio fratello.-
 
Sibilai, lui rise. Pensava che io stessi scherzando?! Partì subito al galoppo, in poco tempo arrivammo al castello. Subito Guy mi prese e mi fece scendere, prendendomi in braccio perché non riuscivo a camminare.
Robin era già lì, ma come diavolo?! Discuteva con il medico quando entrammo io e Guy. Le fitte si facevano sempre più forti, quando il medico si accorse della nostra presenza , disse a mio fratello di portarmi di sopra e poggiarmi sul letto, al resto avrebbe pensato lui.
Un po’ mi intimoriva rimanere sola con il medico, mi guardava la scollatura con certi occhi, a volte…
Pochi istanti dopo ero sdraiata sul letto, stavo spingendo, e ogni spinta era un urlo di dolore, chissà come stavano Guy e Robin? Loro erano rimasti fuori.
Dopo qualche ora un pianto proruppe nella stanza. Era nata. Era una bambina. Dopo averla pulita per bene dal sangue, era avvolta in un lenzuolo di lino bianco. Subito venne messa tra le mie braccia, lei cercava il mio seno per fare il primo pasto. Era bellissima, si sarebbe chiamata Catherine.
 
-Benvenuta Catherine.-
 
Dissi attaccandola al mio seno, aveva tanta fame. Era paffuta e rosea, con due occhi azzurri come il mare e una deliziosa peluria riccia sulla testa, assomigliava a Robin.
Sorrisi mentre le cameriere mi aiutavano ad alzarmi.
Uscii e scesi da i due uomini, dei quale uno era appena diventato padre. Subito tutti e due mi corsero incontro, guardando la bambina.
-Lei è Catherine.-
Stavano piangendo entrambi, lei rise. Ora eravamo una vera famiglia.
 
 

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Capitolo 3
*** Let Me See The Sheriff Of Nottingham ***


I mesi passavano e Catherine cresceva sana e forte.
Avevamo dimenticato completamente il Principe Giovanni, eravamo troppo presi dalla felicità per la nascita della nostra bambina. Ma lo saremmo stati ancora per poco.
Io e Robin ci stavamo esercitando a duello, mi stava facendo vincere, ma io non volevo. Vincere così facilmente non mi piaceva, ma con una mossa inaspettata, lo gettai a terra, sdraiandomi su di lui.
 
-Fa male perdere, Robin Hood?-
 
Sussurrai al suo orecchio prima di venire messa a terra.
 
-Si, ma mai abbassare la guardia, tesoro.-
 
Sussurrò baciandomi e facendo scendere una mano sul mio collo, scendendo lentamente sull’addome, prima che Guy entrasse con il fiato corto e spaventato. Di solito ce ne voleva per spaventarlo. Tossicchiò per farsi notare da noi, ancora sdraiati a terra.
 
-Isabella! Non so se te ne ricordi, ma il principe Giovanni sta arrivando.-
 
Mi alzai di scatto, imprecando. Io e Robin avevamo battuto la testa. Questo fece ridere Guy mentre io mi massaggiavo la fronte colpita contro quella di Robin.
Dieci secondi dopo stavo facendo avanti e indietro per la stanza, quando poi mi venne un’idea.
 
-Robin, Guy, badate alla bambina. –
 
Dissi mentre stavo per uscire. Ero voltata di spalle, ma una voce che conoscevo fin troppo bene, mi fece sobbalzare.
 
-Quale bambina, Lady Isabella?-
 
Mi si gelò il sangue nelle vene. Deglutii girandomi lentamente, e la mia paura crebbe. Era arrivato, lui fece un cenno alle guardie, che superarono tutti noi. Stavano salendo nella camera di Catherine. Lanciai uno sguardo a Robin e Guy, stavano cercando di fermarli, senza successo.
Tentai di correre per fermarli ma qualcosa mi trattenne, il principe mi stringeva i fianchi. No, no, no nono!
Cominciai a dimenarmi, ma che razza di forza aveva?! Mi dimenai ancora più violentemente quando li vidi con in braccio con la mia bambina.
 
-No! Mia figlia no! Vi prego! Prendete me, non lei!-
 
Il principe rise, faceva paura.
 
-Va bene, lasciate la bambina e prendiamoci la madre! Ho sempre sognato una notte con Isabella Gisborne. Forse anche più di una. Anche Thornton apprezzerà qualche notte con la sua dolce mogliettina.-
 
No, Thornton no. Tutto ma non lui. Me l’avrebbe fatta pagare, per tutto quello che gli avevo fatto.
 
-Così vedremo anche come si comporta la cara Lady Isabella quando non è lei a condurre i giochi.-
 
Accidenti. Era sempre peggio. Guardai Robin, era furente. Le guardie lasciarono cadere Catherine che cadendo a terra cominciò a piangere. Mi dimenai, ma la mano del principe sul mio collo che si stringeva sempre di più voleva dire ‘stai ferma o non rivedrai mai più tua figlia.’ Deglutii per la milionesima volta.
Sarebbe bastato un calcio ben assestato, e lui avrebbe lasciato la presa e sarei stata libera. Ma il pianto della mia bambina mi impediva di pensare lucidamente. Guy stava correndo verso di me, ma una guardia lo fermò stordendolo con un pugno. Robin stava combattendo contro le rimanenti guardie. Si girò verso di me, sapevamo entrambi che dovevamo arrenderci per non far correre dei rischi alla bambina.
 
-Verrò a salvarti, Isabella! Sii forte, non farti mettere i piedi in testa. Ti amo tanto.-
 
Era davanti a me, aveva il mio volto tra le mani e mi baciò. Ricambiai il bacio, scoppiando in lacrime. Lo strinsi forte a me, avendo le braccia libere. Finché non venimmo separati.
Uscimmo dalla sala da pranzo.  Il principe doveva strattonarmi per farmi camminare. Non volevo andare. Sentivo dentro di me che Robin sarebbe arrivato molto presto. Non avrebbe permesso che mi venisse torto anche un solo capello.
Il carro reale era lì, davanti alla scalinata che portava al castello. Un senso di nausea mi colpì, pensando che dentro ci sarebbe stato anche il marito che non avrei mai amato. Dal quale sarei scappata per l’ennesima volta prima di tornare dalla persona che amavo realmente. Per tornare da Guy, da Catherine e da Robin.
Ma ora ero lì. Con i fratelli del diavolo. 

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Capitolo 4
*** Will You Officially Marry Me? ***


Quanto era passato? Un mese? Due. Il tempo sembrava non scorrere mai a Londra.
Mi trattavano come un oggetto e se uno dei due a fine giornata era arrabbiato, si sfogava su di me.
Botte, lacrime. E ancora botte per aver pianto. Avevo paura ad addormentarmi per due motivi: il primo era perché dovevo dormire con Thornton, il solo pensiero mi faceva venire il voltastomaco. Lui ci provava, mi costringeva a farlo con lui. Io mi dimenavo e urlavo, senza  riuscire a liberarmi. Un ritorno al passato, un incubo senza fine; ogni sera piangevo, nascondendo la testa nel cuscino. Dovevo scappare, tornare da Robin, da Guy e da Catherine. 
L’ennesima mattina dove non avevo chiuso occhio, ero scesa lo stesso a fare colazione. Non andarci sarebbe significato ricevere altre botte o maltrattamenti, meglio di no. Stavo percorrendo l’ultima rampa di scale quando qualcuno mi prese i fianchi, dall’odore sembrava Thornton. Puzzava di sudore e di terra.
 
-Allora, dolce Isabella. Oggi mi concederai un bacio?-
 
Intanto sentivo la sua mano che si infilava nella mia scollatura, andando a stuzzicare un seno, sobbalzai, mordendomi il labbro. Non provavo nulla se non disgusto. Non ero più sua moglie, non volevo e basta.
Mi scostai, coprendomi  di nuovo, doveva imparare a tenere le mani a posto. Se non con le buone, con le cattive.
 
-Toglimi le mani di dosso, verme.-
 
Sibilai tornando a scendere verso la sala da pranzo. Lui mi corse dietro bloccandomi una seconda volta.
Mi aspettavo una botta, uno schiaffo, un pugno, ma non arrivò nessuno di quelli. Grazie al cielo.
 
-Tu sei mia, Isabella.-
 
Mi sussurrò all’orecchio. Quanto odiavo il suono della sua voce. Pensa Isabella, pensa. Prima avevo notato un pugnale attaccato alla sua cintura. Dovevo prenderlo. E per farlo dovevo fingermi colpevole e dispiaciuta e baciarlo. Che schifo.
 
-Hai ragione, ti chiedo scusa.-
 
Detto questo mi voltai, abbracciandolo e baciandolo.  Una sensazione di nausea mi stava inebriando, ma ora avevo il pugnale tra le mani. Geniale. Lo nascosi nella manica del vestito prima che lui potesse vederlo e ricominciai a scendere. Avrei usato quell’arma solo in caso di necessità. Perché il mio piano non era quello di uccidere Thornton, il mio piano era quello di scappare.
Lo sentivo dietro di me che ridacchiava, pensava davvero di avermi insegnato qualcosa? Ah, illuso. Sentivo il suo sguardo sulla mia schiena che poi scendeva lentamente verso il mio fondoschiena. Ora oltre alla nausea per averlo baciato ci si metteva anche il nervoso per il suo continuare a fissarmi il sedere. Ero sempre più convinta che scappare sarebbe stata la cosa giusta.
A colazione venni bellamente ignorata;  chiedevo qualcosa e non venivo ascoltata. Così dovevo alzarmi e prendere quello che volevo.
Se fosse mai stato possibile.
Ogni volta che provavo ad avvicinarmi a una pietanza, uno dei due spostava il piatto e portando così il cibo lontano da me. Più volte ero stata costretta a salire sul tavolo e a pestare le mani a uno dei due, così da prendere quello che volevo. Si divertivano nell’umiliarmi. Al diavolo.
Dopo l’ultima ‘sfilata’ sul tavolo  mi ero scocciata. Che andassero al diavolo. Mi ero seriamente stancata dei loro giochetti.
 
-Andate al diavolo!-
 
Sbottai uscendo dalla stanza. Erano uomini o bambini?
Quello era il momento adatto. Con la scusa di andare a fare una passeggiata, sarei scappata. Geniale, come sempre. Andai nelle scuderie e presi il mio cavallo. Ebbene sì, erano stati talmente gentili da darmi un cavallo. Avevo con me il mio mantello, per coprirmi dal freddo. Controllai il pugnale…era sempre lì.
In quel momento l’unica cosa a cui pensavo era cavalcare come mi avevano insegnato i miei genitori. Avrei cavalcato come Robin mi aveva insegnato, sempre per i casi di emergenza. Ma lo usavo quasi sempre. Non cavalcavo quasi più all’amazzone. Il cappuccio mi celava il volto, sarebbe stato più difficile riconoscermi, bene.
Appena fuori dalle mura del castello, partii al galoppo. L’aria provocata dalla velocità mi scompigliò i capelli dopo aver fatto cadere all’indietro il cappuccio. Libertà, presto sarei tornata a casa. Dalla mia famiglia.
Mi fermai a metà strada per Nottingham, stava cominciando a farsi buio e non volevo correre rischi. Chissà cosa stavano pensando Thornton e il principe Giovanni. Poco importava, ero lontana. Ma mi sarei fermata fino al mattino dopo.
Mi rimisi in viaggio la mattina dopo, verso sera sarei arrivata a casa. Ero lontana da Thornton quindi potevo rimanere il meno discreta possibile. Ripresi la strada per Nottingham, sarei passata per la foresta, nessuno si sarebbe curato di me, infondo c’erano tante persone che si rifugiavano  lì per scappare. Sfrecciai per la foresta, avevo rischiato di perdermi più volte, ma alla fine trovai la strada. Un’ora, forse due per percorrere tutta la foresta prima di intravedere il castello. Finalmente, ero stanchissima. Mi avvicinai al portone e due guardie mi sbarrarono il passaggio.
Mi levai il cappuccio.
 
-Sono lo sceriffo!-
 
Dissi loro, mi riconobbero e abbassando il capo, mi lasciarono entrare. Passai per il cortile del castello, scendendo poi da cavallo e correndo dentro. Appena all’entrata della sala del trono, mi nascosi, il tutto era reso più facile dal fatto che indossassi un vestito nero, non mi si notava, nell’oscurità della stanza. Sbirciai, Robin stava cercando un modo per venirmi a prendere.
 
-Bene, Robin e Guy. Spero che Nottingham non sia in miseria dopo che vi ho lasciati soli per due mesi.
Se trovo una sola riga di spada sul tavolo ve la faccio pagare.-
 
Dissi con il migliore tono di voce serio che mi riusciva. Ero uscita allo scoperto, e li avevo lasciati di stucco. Le loro bocche erano spalancate, avevo ottenuto ciò che volevo. Mi fermai davanti a loro, le braccia incrociate al petto.  Ridevo.
 
-Credete davvero che non sarei riuscita a scappare da quegli idioti? Ho solo un po’ di lividi in più dell’ultima volta, ma sto bene. E chiudete la bocca, o volete che le mosche entrino?-
 
Dissi prima di venire stretta da tutti e due in un abbraccio che mi toglieva il fiato. Sentivo anche qualche osso scricchiolare, ma nulla di che. Robin mi prese subito per mano, portandomi di sopra, Guy rideva. Che diavolo mi stavano nascondendo?! Robin mi condusse nella nostra camera, io lo guardavo con aria interrogativa, e lui si mise in ginocchio davanti a me.
 
-Isabella, noi due continuiamo a definirci marito e moglie, ma non lo siamo…ufficialmente…io voglio passare il resto della mia vita con te. Vuoi ufficialmente sposarmi?-
 
Le gambe cominciavano a tremarmi, minacciavano di cadere. Le lacrime di felicità mi colavano sulle guance, intanto sentivo qualche borbottio da parte di Catherine che era stata svegliata da Robin. Sorrisi.
 
-Si.-
Risposi mentre venivo coinvolta in un bacio appassionato con quello che presto sarebbe stato mio marito. E questa volta per davvero. E Thornton sarebbe stato un lontano ricordo.

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Capitolo 5
*** The Wedding ***


Il gran giorno era arrivato. I preparativi per il matrimonio di me e Robin erano a buon punto. Però come ben si sa, le ‘tradizioni’ devono venire rispettate, quindi io sarei dovuta andare a dormire nei boschi con la banda. L’idea mi piaceva molto, solo Kate sembrava contrariata, quando mai non lo era? Era sempre stata contraria alle scelte di Robin su di me. In pratica, tra noi non scorreva esattamente buon sangue. Ma avevo imparato a fare buon viso a cattivo gioco.
Il resto della banda era contento, ridevamo e scherzavamo e giocavamo. Fino a notte fonda quando mi addormentai sotto la chioma di un albero, ma accanto al fuoco acceso per scaldarci. Ero esausta, e domani sarebbe stata la giornata più stressante della mia vita. Solo Tuck ebbe il buonsenso di prendermi in braccio e di poggiarmi sul letto di Robin, coprendomi per bene.
Aprii un occhio, guardandolo.
 
-Grazie. Sono tremendamente nervosa per domani.-
 
Lui sorrise, sembrava divertito. Avrebbe effettuato lui la cerimonia, a me tremavano le ginocchia solo al pensiero.
 
-Isabella, sta tranquilla. Andrà tutto bene. Ora dormi però. Non voglio che la sposa si addormenti durante la cerimonia.-
 
Risi, sbadigliando poi leggermente. Ero davvero stanca e se non dormivo domani lo sarei stata ancora di più. Mi coprii alla meglio con la coperta e mi addormentai. La mattina dopo fui svegliata da Much, che aveva avuto l’idea geniale di prendere un secchio d’acqua e buttarmelo addosso. Davvero simpatico. Se erano arrivati a quel punto voleva dire che dormivo come un sasso e non volevo svegliarmi.
Annaspai un attimo prima di mettermi a sedere, fradicia dalla testa ai piedi, e loro ridevano.
 
-Davvero molto divertente.-
 
Dissi con finto fare scocciato prima di scoppiare a ridere, okay, me l’ero meritato. L’abito bianco mi aspettava al castello. /ovviamente Robin non c’era./ cominciai a torcermi le mani a metà strada, ero tesa, ero nervosa, avevo paura di sbagliare qualcosa, di cadere. Ma Guy mi avrebbe accompagnata all’altare, non mi avrebbe giocato brutti scherzi, era meglio per lui.
Mi strinse in un forte abbraccio quando  arrivai davanti alla chiesa di Locksley. Eravamo entrambi nervosi, lo si notava. Si, io ero nervosa dopo aver già fatto una prima volta quel passo, ma allora ero una bambina ed ora ero una donna adulta e matura. Guy mi prese a braccetto, sorridendo nervosamente. Devo ammettere che provai un po’ di piacere nel vederlo così nervoso. Aveva un non so che di divertente.
 
-Nervoso, fratellone?-
 
Lo presi in giro, mentre lui mi scoccava un’occhiataccia prima di entrare. Era ancora in tempo per farmi lo sgambetto con il risultato di farmi fare una figuraccia.
 
-Isabella, io non scherzerei. Posso ancora farti cadere.-
 
Mi disse lui, spingendomi leggermente, come un avvertimento, ero preparata e non caddi. Ma era semplicemente perché me lo aspettavo. Le porte della chiesa si aprirono, e il fiato mi venne a mancare.
 
-…Respira.-
 
Mi ammonì mio fratello,  stringendomi il braccio e cominciando a camminare per la navata. Cominciai a seguirlo, sorridendo e guardando Robin, lui sorrideva, tranquillo, come se nulla fosse. Era la mia forza, mi stava dando molta sicurezza in quel momento. Guardai gli invitati. La banda di Robin, e il villaggio di Locksley.  Non c’erano i miei genitori, non ci sarebbero mai stati. Mi riscossi solo quando sentii la mano di Robin stringere la mia e mi girai a guardarlo con un gran sorriso.
Tuck cominciò a parlare.
 
-Siamo tutti qui riuniti oggi per celebrare il matrimonio tra Isabella Gisborne e Robin Hood.-
 
E parlò forse per una mezz’ora sull’importanza del matrimonio, su cosa fosse, eccetera, eccetera.
Dopo quache minuto disse.
 
-E ora scambiatevi le vostre promesse.-
 
E ci passò le fedi nuziali. Cominciai io. La voce mi tremava e le lacrime di felicità mi rigavano le guance.
 
-Io, Isabella Gisborne, prometto di amarti, rispettarti e onorarti finché morte non ci separi.-
E gli misi la fede al dito. Singhiozzai, mentre lui prendeva la mia mano.
 
-Io, Robin Hood, prometto di amarti, rispettarti e onorarti finché morte non ci separi.-
 
E mi mise la fede al dito. Okay, era ufficiale, ero una fontana. Tuck sorrise dolcemente, dovevo fargli veramente pietà in quel momento.
 
-Ora lo sposo può baciare la sposa.-
 
Finalmente! Le tanto attese parole, mi sentii stringere da parte di Robin e ci baciammo, dolcemente e a lungo, uno di quei baci che non vorresti finissero mai. Ma purtroppo quel bacio finì. E entrambi sorridemmo, eravamo ufficialmente diventati marito e moglie. La felicità era troppa da contenere.
Uscimmo dalla chiesa dove una carrozza che portava al castello di Nottingham ci aspettava. Ancora non riuscivo a crederci, ero sposata con la persona che amavo e con la quale avevo una figlia, felicemente in braccio a Guy. Gli lanciai un’occhiata, sorridente. Stava cercando di staccare Catherine dai suoi capelli, risi dolcemente indicando la scena a Robin. Rise e tornammo a casa. Nessun festeggiamento, non volevamo. Saremmo rimasti solo noi quattro.
Solo che io continuavo a sentire un brutto presentimento.
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Finalmente sono riuscita a finirlo! Questo capitolo è dedicato a Padmini che recensisce sempre <3
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 6
*** I woke up and I died. ***


Ecco cos’era quel brutto presentimento durante il mio matrimonio, erano delle voci che interferivano, c’era qualcosa che non andava. Non sapevo cosa, quelle voci /o meglio quella voce/ continuava a pulsarmi nella testa senza fare accenno a scomparire. Anche Robin sembrava sempre più strano, non sembrava più lui, era freddo, distaccato, tutto si stava facendo più sfocato, quando quella voce venne dalla sua bocca, dalla bocca di Robin, ma non era la sua, era la voce di Thornton.
 
-SVEGLIATI ISABELLA.-
 
Urlava in preda alla rabbia, ed io aprii gli occhi, Roger era sopra di me, con uno sguardo a dir poco furioso, l’avrei pagata cara, chissà cos’aveva in serbo per me, una nuova tortura, o una nuova fantasia da sfogare con me? Dov’era Robin? Che diavolo era successo? Proprio non capivo, e poi impallidii inorridita, era tutto un sogno, un bellissimo e doloroso sogno. Un sogno che non si sarebbe mai realizzato, perché io ero lì, legata e imprigionata a Thornton. Ero sua moglie, e tutto ciò mi faceva schifo. Non avrei mai avuto una vita felice, ma una vita piena di sofferenze, con dei figli che cresceranno con il terrore del loro stesso padre, odiavo la mia vita e le avrei posto fine. Roger se n’era andato, sbuffando e imprecando contro di me, quale momento migliore per porre fine alle mie sofferenze? Non ci pensai due volte, presi il pugnale sul suo comodino e me lo conficcai nel cuore. Un urlo, la cameriera che era entrata nella nostra camera, e poi il buio. 

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