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Lista capitoli: Capitolo 1: *** I - Vita da teenager *** Capitolo 2: *** II - Un primo giorno da dimenticare *** Capitolo 3: *** III - Tutto in famiglia *** Capitolo 4: *** IV - Prof: la minaccia! *** Capitolo 5: *** V - Un Mondo di Weasley *** Capitolo 6: *** VI - A tutto sport! Ma non solo... *** Capitolo 7: *** VII - Povere donne *** Capitolo 8: *** VIII - Nuove Mete *** Capitolo 9: *** IX - Ora o mai piu... *** Capitolo 10: *** X - Maschi pavidi e femmine timide (o forse no...) ***
Ciao
a tutti lettori e lettrici delle mie brame! ^_________^
Tra
un lungo periodo di assenza e un altro è tornata Ly, con la fan fiction a più
capitoli che state per leggere (la state per leggere, vero?).
Credo
sia il caso di segnalarvi che state per leggere qualcosa di assolutamente
diverso dalle mie solite fan fiction su Harry Potter, qui potrete tuffarvi
sicuri nella lettura perché non incapperete in nessunissimo spoiler! Tanto per
essere precisi, non ci saranno nemmeno riferimenti ai libri perché… Ho preso i
nostri amati protagonisti, li ho rimescolati un po’ e li ho gettati un po’ alla
rinfusa in un bel paesello di nome Godric’s Hollow che, in barba alla
collocazione geografica Rowlinghiana, per me si troverà in Scozia!
Non
è che io abbia in mente una trama ben precisa, eh… Si tratterà più che altro
delle rocambolesche e comiche avventure quotidiane dei nostri beniamini alle
prese con i loro piccoli e grandi problemi! Ah, niente magia, vediamo se piace
lo stesso!
Mi
auguro di coinvolgervi e divertirvi e… chiusa la premessa vi auguro anche buona
lettura!!!
Ah, ovviamente una dedica
speciale va alle mie due grandissime amiche Vale e Ale, per tutto!!!
LE
CRONACHE DI GODRIC’S HOLLOW
Ovvero, quanto è dura la vita senza magia!
I – Vita da teenager
Ron Weasley si svegliò (ma non sarebbe corretto
utilizzare il termine “svegliarsi”, fu più un semplice alzarsi dal letto in
trance) con la solita aria stanca a depressa del lunedì mattina.
Sua
madre bussava prepotentemente alla sua porta da dieci minuti, per la gioia di
suo fratello Bill, che in ufficio aveva l’orario flessibile e il lunedì poteva
entrare più tardi e che si era concesso alla comodità del letto da sole quattro
ore.
Ma
per Ron
Weasley,
come anticipato, svegliarsi il lunedì mattina per andare a scuola era
un’impresa se non impossibile per lo meno disastrosa. Raccolse tutte le proprie
forze e si alzò dal letto maledicendo anche quello che lui definiva “school
lag”: la scuola era infatti iniziata da una settimana ma lui non si era ancora
abituato alla sveglia crudele alle sette e mezza del mattino e al nuovo fuso
orario.
In
qualche modo si infilò la divisa e si lavò e scese in cucina (inciampando tra
l’altro per le scale) con lo zaino in spalla.
“’giorno”
borbottò alla metà della sua famiglia che affollava la tavola per la colazione,
si infilò un toast in tasca (il giovane Weasley era alquanto sprovvisto di
buone maniere) e uno in bocca e si chiuse la porta dell’ingresso alle spalle.
Uscì
nel garage e inforcò la bicicletta scassata che gli toccava per arrivare a
scuola per ritrovarsi una brutta sorpresa: la gomma posteriore era
completamente sgonfia. Smanettando tra gli scaffali disordinati del locale alla
ricerca della pompetta rischiò di tirarsi addosso i barattoli della pittura che
suo padre aveva lasciato precari sopra un armadio, gli cadde anche il toast per
terra –ma senza il minimo disgusto lo raccolse, lo scrollò e se lo infilò
nuovamente in bocca, e riuscì persino a schiacciarsi un dito nella cassettiera.
Terminate
le operazioni di gonfiaggio partì a tutta velocità, cronicamente in ritardo.
Ad
aumentare il suo disappunto di quella mattina si aggiunse un vespino azzurro
che lo sorpassò a tutta velocità: sua sorella minore Ginny gli augurò
ironicamente buona giornata con una doppia suonata.
A
Ron il fatto che sua sorella MINORE avesse il permesso di recarsi a scuola in
vespino mentre a lui toccava quel ferro vecchio di bicicletta non era mai
andato giù, nemmeno considerando il fatto che i genitori glielo avevano
proibito a fronte della sua disastrosa situazione scolastica: insomma, lui era
il maggiore ed era pure maschio! Il vespino doveva essere un suo sacrosanto
diritto e invece…
Mi ammazzerà, mi ammazzerà! Pensava Ron pedalando più velocemente che
poteva, anche se non seriamente preoccupato.
Quando
girò l’angolo si tranquillizzò, lei era ancora là, le braccia incrociate,
l’espressione furiosa e un piede che picchiettava nervosamente: come ogni
mattina. Si fermò esattamente davanti a lei con una sgommata.
Hermione
Granger montò con un salto sul portapacchi traballante della bicicletta
dell’amico e si aggrappò alle sue spalle, badando bene di triturarle un poco
per punirlo del ritardo.
“Stavo
per andarmene! Stamattina sei anche più in ritardo del solito, domani giuro che
sei fai tardi un minuto non mi trovi più!” gli strillò chinandosi all’altezza
delle orecchie lentigginose e un po’ a sventola dell’amico.
Glielo
ripeteva ogni mattina da sette anni a quella parte, da quanto lui aveva
iniziato a passarla a prendere in bici, ma alla fine non l’aveva mai fatto.
“Guarda
che sono come al solito, sei tu che hai l’orologio avanti…” si difese il rosso.
Hermione
aumentò ancora più ferocemente la presa sulle sue spalle senza aggiungere
risposta e il ragazzo fu costretto a balbettare velocemente un “Ok, ok, scusami!
E’ che la gomma era sgonfia!”
Lei
per tutta risposta sbuffò “Te lo avevo detto già venerdì che era un po’ a
terra, se tu ti fossi ricordato nel fine settimana adesso non saremmo in
ritardo!”
“Eddai
Mione, la campanella sta ancora suonando, non siamo così in ritardo!” le fece
notare lui raggiungendo le rastrelliere dell’edificio scolastico per
parcheggiare il suo mezzo.
“Ok,
però adesso fammi scendere e sbrigati!” lo incalzò lei.
Ron
frenò e Hermione scese con un salto da dietro la bici. Senza aspettarlo si
diresse di corsa verso l’ingresso, salì le scale e percorse frettolosamente il
corridoio del secondo piano alla ricerca della propria aula.
“Ciao
Hermione, mio fratello ce l’ha fatta anche stamattina, vedo!” una testolina
rossa sbucò da una porta e sventolò una mano nella sua direzione.
“Ciao
Gin. Peccato che debba sempre farmi correre…” sottolineò la riccia.
L’altra
rise, “Quando vuoi fammi un fischio che vengo a prenderti io, motorizzate si fa
sempre prima! E poi io sono sempre puntuale…” le propose per l’ennesima volta.
“Sto
iniziando seriamente a prendere in considerazione la tua proposta… Adesso
scappo, ci vediamo a pranzo!” e si lanciò di nuovo a tutta velocità per il
corridoio.
Fece
per lanciarsi verso una porta la cui targhetta indicava IV B quando andò a
sbattere contro qualcuno.
La
testata fu tremenda e i due malcapitati barcollarono per l’impatto.
“Ahi…”
mormorarono contemporaneamente.
Hermione
si portò una mano alla tempia dolente e l’altro sventurato, un ragazzo dai
capelli neri, si chinò a raccogliere un paio di occhiali frantumati.
“Scusami…
ti ho anche distrutto gli occhiali!” si precipitò ad aggiungere lei.
Lui
si rialzò e si massaggiò il naso “Scusami tu, ma non preoccuparti… gli occhiali
si sono rotti poco fa, è già la seconda volta che vengo travolto
stamattina…Scusami davvero! E’ che ero concentrato a leggere le targhette… sai,
senza questi vedo veramente poco…” confessò un po’ imbarazzato.
“Accidenti,
che buon inizio settimana allora! Che classe stai cercando?” le chiese lei per
aiutarlo.
“La
IV B. Mi hanno detto che era in fondo al corridoio del secondo piano…”
“Infatti
è questa!” e gli indicò la porta alla sua destra.
“Grazie!
Oggi è il mio primo giorno…” aggiunse mettendo finalmente a fuoco la targa.
Senza gli occhiali il mondo era un vero inferno per lui. Tutta colpa di quella
svitata in motorino!
“Ah,
a proposito, anche io sono in questa classe! Sono Hermione, piacere di
conoscerti!” gli fece lei cordiale porgendogli la mano.
Lui
la strinse con un sorriso. “Harry. Harry Potter, piacere!”
“Meglio
entrare adesso… che ne dici? Conosci già qualcuno?” gli domandò facendogli
segno di entrare in classe.
“Solo
te… io e la mia famiglia ci siamo appena trasferiti.” rispose alzando le spalle
con un sorriso timido.
Ad
Hermione quel ragazzo nuovo suscitò immediata simpatia. Dopo tutto non capitava
tutti i giorni di affrontare il primo giorno di scuola dell’ultimo anno di
liceo in una città nuova, piena di sconosciuti e…senza un’adeguata capacità
visiva.
“Seguimi,
c’è un banco vuoto proprio accanto al mio, se ti va!”
E
Harry seguì di buon passo Hermione dentro la nuova aula.
Se
lo aspettava, ormai avrebbe dovuto esserci abituato per tutte le volte che
aveva cambiato scuola, che aveva affrontato un primo giorno, ma le occhiate
curiose dei compagni, tutte fissate su di lui lo rendevano nervoso da morire.
Iniziarono
a sudargli le mani e pregò che nessuno dei nuovi ragazzi che lo stavano
scrutando ed esaminando, gli porgesse la mano nel minuto successivo… sarebbe
stata una pessima presentazione la sua mano umida e scivolosa…
Si
sedette accanto ad Hermione cercando di ostentare un’aria tranquilla e
sorridente ma, nella sua mente, stava maledicendo il lavoro di suo padre che lo
aveva trascinato di qua e di là per il mondo per gli ultimi quindici anni della
sua vita.
“Ma
adesso torniamo a casa, Harry! Tu sei nato a Godric’s Hollow! Vedrai, farò in
modo di non dovermi spostare più, e comunque non così a lungo da dovermi
portare dietro tutta la famiglia.”
Glielo
aveva promesso mentre facevano quello che Harry sperava fosse veramente
l’ultimo trasloco della sua vita. In quel momento però, dentro quell’aula
animata di brusii curiosi, si domandò se avrebbe davvero finito l’anno e la sua
carriera scolastica, con quel compagni.
Bè,
poi magari invece succedeva che l’indomani mattina, mentre veniva a scuola, la
svitata in motorino lo investiva, lo centrava meglio e questa volta lo faceva
secco… Al ricordo dell’incidente di pochi minuti prima provò un dolore
lancinante al braccio sinistro su cui era atterrato e che si era graffiato e
contuso.
La
pazza alla guida doveva come minimo ripagargli gli occhiali, peccato che si
fosse accorto della tragedia che questa era già andata. E che senza gli
occhiali non avesse visto nemmeno la sua faccia.
Una
cosa però non poteva dimenticarla. Una massa di capelli rossi a caschetto.
Odiava i capelli così rossi - bè, a
parte quelli di sua madre, ma non ero appunto così rossi.
Mentre
si perdeva nei suoi pensieri sentì vagamente Hermione sgridare qualcuno che
arrivava in ritardo.
“Ma
com’è che ci vuole tutto questo tempo per legare una bicicletta? Muoviti, la Mc
Granitt arriverà da un momento all’altro! Ah… ora capisco…”
“Ciao
Hermione, come mai nervosa già di prima mattina?” domandò una vocina sottile e
pungente. Appiccicata dietro un ragazzo dai capelli così rossi – Oh, non un
altro! – Harry vide apparire una biondina tutto pepe. La gonna della sua
divisa era almeno dieci centimetri più corta di quella delle altre ragazze e la
camicia insolitamente aderente. C’era da aggiungere che per Harry stavano
benissimo così.
Hermione
sbuffò “Deve essere il tuo profumo, forse sono allergica… mi irrita!” rispose a
tono.
Ma
l’altra non la degnò di attenzione precipitandosi verso il nuovo arrivato “Non
ti ho mai visto qui… se nuovo? Io sono Lavanda Brown, rappresentante di classe
e capo cheerleader!”
Harry
allungò una mano per stringere quella sottile e dalle unghie laccate della
biondina di fronte a lui “Sì, ci siamo appena trasferiti… Io sono Harry Potter,
ciao!”
Fortunatamente
tutto il pensare di un minuto prima lo aveva rilassato e la mano non fece
brutta figura.
“Sì?
E dove abitavi prima? Hai un accento indefinibile…” incalzò lei, sedendosi sul
banco davanti rivolta verso di lui.
Harry
cercò di instaurare una conversazione tranquilla, se parlava tranquillo senza
sudare o balbettare poteva fare una buona impressione. E poi stava parlando con
la capo cheerleader!
“Bè,
in verità sono nato in questa città ma per il lavoro di mio padre abbiamo
iniziato a viaggiare che avevo due anni… siamo stati negli Stati Uniti, in
Canada, in Argentina, in Australia, e in moltissimi altri posti. Prima di
tornare qui abbiamo vissuto per sei mesi ad Hong Kong…” raccontò cercando di
suscitare l’impressione favorevole del gruppetto di studenti curiosi che nel frattempo
si erano radunati attorno a lui.
“Bè,
beato te! Io adoro viaggiare! Con la mia famiglia andiamo tutti gli anni a
Santa Monica, in California… Ci sei stato?” chiese interessata, Lavanda.
“Ehm…
no.” rispose semplicemente.
“Ah…
bè, dopo magari ci racconti di com’è la vita in tutti questi bei posti, eh
Harry? E magari hai avuto una ragazza in ogni porto, proprio come i marinai!”
ridacchiò maliziosa lei.
Fortunatamente
ad evitare il problema della risposta ad Harry giunse una professoressa
dall’aria severa “Che cos’è tutta questa confusione? Ai vostri posta, forza…
Ah, tu dei essere Potter, il nuovo arrivato” fece indicandolo con un cenno del
capo prima di mettersi a scorrere il registro.
Harry
annuì “Si professoressa”
“Bene,
ti do una settimana per metterti a pari con il programma di letteratura
affrontato lo scorso anno e per fari passare gli appunti delle scorsi lezioni
dopodiché ti considererò interrogabile come tutti i tuoi compagni” mise subito
in chiaro la donna.
Un
ragazzo dalla pelle scura e i capelli ricci, seduto una fila avanti a lui, gli
rivolse uno sguardo mezzo dispiaciuto mezzo incredulo, poi gli sorriso con una
strizzata d’occhio amichevole. Harry ricambiò con un sorriso incerto.
Hermione
accanto a lui sfilò dai ganci del quaderno un pacchettino di fogli e richiamò
la sua attenzione con una gomitata “Harry, gli appunti dei giorni scorsi… la Mc
Granitt come avrai visto non perde tempo…” e glieli porse.
Harry
fece per afferrarli quando il rosso accanto a Hermione le tirò il braccio
allontanandoli dalla sua presa “Ehi, avevi detto che li passavi a me, non ho
preso nessun appunto, lo sai!” protestò sottovoce, contrariato.
“Peggio
per te, Ron. Direi che Harry ha un motivo più valido per aver bisogno dei miei
appunti.”
E
scrollatasi di dosso le grinfie del vicino passò decisa gli appunti ad Harry
che assieme ai fogli incassò anche l’occhiata più carica d’odio che avesse mai
visto da parte del rosso. Fu così penetrante che sentì i peli sulla nuca
rizzarsi.
Davanti
a lui invece, Lavanda armeggiò col suo block notes per sganciare i suoi fogli e
passarli al volo a Ron che li prese con una strizzatine d’occhio di
gratitudine. La biondina non mancò di rivolgere ad Hermione l’ennesimo sguardo
di sfida contraccambiato a pieno dalla mora che per poco non si alzò dal banco
per tirarle i capelli piastrati, tanta era l’antipatia che nutriva nei
confronti della compagna. Rivalità secolare. L’eterna lotta tra il bene e il
male, tra il caldo e il freddo, tra il bello e il brutto… tra la mora e la
bionda insomma!
Tra
una noiosissima lezione e l’altra la mattina trascorse più o meno velocemente.
Ron pareva imbronciato con Hermione che, dal conto suo, non faceva il minimo
sforzo per cercare di recuperare e anzi passò la maggior parte del tempo girata
verso Harry.
Lui
nel frattempo, aveva scoperto che il ragazzo dalla pelle scura era Dean Thomas
e che era anche piuttosto simpatico, che c’erano due gemelle di nome Padma e
Calì che per tutte le sterline del mondo (e anche con gli occhiali) non avrebbe
mai imparato a distinguere e che, a quanto pareva, il rosso in banco con lui ed
Hermione nutriva una malcelata antipatia nei suoi confronti, pienamente
ricambiata dal moro.
Ma
perché odiava così tanto i rossi? Bisogna sapere che Harry custodisce un unico
ricordo dei suoi primi due anni e mezzo a Goldric’s Hollow, e che non è un
ricordo esattamente piacevole. Mentre era in piscina a giocare, un pomeriggio
d’estate, sul piccolo scivolo dei bambini aveva avuto da ridire con due
gemellini teppisti rossi di capelli e tutti lentigginosi che, per fargliela
pagare lo avevano costretto a scivolare a testa in giù. Ma non era finita lì,
perché mentre lo mantenevano per il costumino questo si era sfilato e Harry era
scivolato in acqua nudo come la mamma l’aveva fatto suscitando le risate di
tutti gli spettatori – sua madre compresa, che invece di preoccuparsi che fosse
scivolato a testa in giù rischiando l’annegamento si era quasi messa a piangere
dal ridere.
Era
la vergogna della sua infanzia.
Il
suo segreto più compromettente.
E
da quel giorno aveva detestato quasi ogni persona rossa.
E
alla gioia dell’ennesimo trasferimento in Scozia c’era stata quella di scoprire
che quella regione pullulava di capelli rossi come Pechino di occhi a mandorla.
Ma
quello che Harry non sapeva era che, di lì a pochi minuti, avrebbe avuto
l’incontro più sconvolgente della sua adolescenza…
Continua…
Eccoci!
E’ finito il primo capitolo, che cosa ne pensate?
Vi
prometto che, nonostante i precedenti, gli aggiornamenti arriveranno
spessissimo (lavoro permettendo) e che la storia sarà piena di intrighi e
misteri ^^ ma sempre fresca e leggermente comica!
Allora,
non vi resta che commentare tutti cliccando sul link qui sotto! Più commenti,
più aggiornamenti!!!
Capitolo 2 *** II - Un primo giorno da dimenticare ***
ATTENZIONE
ATTENZIONE!! Visto che non l’ho fatto prima, volevo
mettere in chiaro che qui il paring sarà quello
ovviamente scontato ma assolutamente bellissimo che vuole mamma Rowling, cioè
Hermione&Ron e Harry&Ginny, per le coppie principali. Amo questi quattro, non potrei vederli divisi, il mio
cuoricino ne soffrirebbe! Quindi, anche se ci sarà un po’
di confusione iniziale, poi in fine sarà così! Contateci!
II – Un primo giorno da
dimenticare
Ginny
arrivò puntualmente come ogni mattina. Lasciò il vespino legato nel parcheggio
e, messa la borsa a tracolla, attese una compagna che arrivava in quel momento,
la testa bionda immersa nella lettura di qualche strano libro.
“Ciao
Luna!” salutò tranquilla aspettando che la ragazza spuntasse da dietro la
copertina.
La
bionda abbandonò la lettura di Presenze:
chi c’è attorno a noi?, per rivolgere la propria
attenzione all’amica.
“Ciao
Gin! Che cos’è successo alla carrozzeria del tuo
vespino? Sopra la ruota davanti è tutta ammaccata… Hai
investito un poltergeist per caso? Sai, a volte non riusciamo a vederli ma loro
sono dappertutto!” osservò incuriosita.
Ginny
si accorse solo allora dell’ammaccatura. Doveva essere successo quando aveva
travolto quel tizio, prima, vicino ai giardini. Si grattò la testa con fare
incerto “Se riesco a farla mettere a posto da papà senza che mamma lo scopra
forse domani sarò ancora motorizzata…”
“Bè,
ma secondo me sarà comprensiva… dopotutto i
poltergeist sono invisibili, non potevi evitarlo a meno che tu non fossi stata
sensitiva” cercò di tranquillizzarla l’altra.
“Però purtroppo non è stato un poltergeist o un fantasma…
magari! A dirla tutta è stato un ragazzo in carne ed ossa che ho potuto vedere
benissimo! Cioè, avrei potuto vedere meglio se non
fossi stata distratta a salutare… Però un po’ è anche stata colpa sua, ha
attraversato in curva,eh!”
Luna
strabuzzò gli occhi ancora di più “Hai investito un
ragazzo? Ma è ferito?” le chiese preoccupata vedendo
la vistosa ammaccatura.
Ginny
scosse la testa “Ma va, non si è fatto nulla, mi ha
detto. E poi si è rimesso subito in piedi quindi vuol
dire che stava davvero bene. Credo… Oh, Lu! Che dubbi
che mi metti in testa!” gridò stropicciandosi i
capelli.
“Ma scusa, non ti sei fermata per accertartene?”
“Sì!
Ma lui mi ha detto che stava bene, e poi avevamo entrambi fretta, siamo subito ripartiti per la nostra strada…”
Ed era vero. Insomma, si era fermata, aveva chiesto come stava,
aveva visto che si era rimesso subito in piedi e aveva detto che stava bene, che
altro doveva fare, portarlo al pronto soccorso per una radiografia di
controllo?
E poi erano pari, lui le aveva ammaccato il suo amatissimo
vespino. E l’ultima volta che Blaise Zabini glielo
aveva rigato era finita dal preside Riddle per rissa. Si poteva toccare tutto
di Ginny, ma non il suo vespino. Zabini aveva avuto un occhio nero per più di
una settimana, e per qualche strano motivo le ruote della sua mountain bike si
sono ritrovato sgonfie ogni santo giorno, per più di
un mese…
Cambiando
argomento le due ragazze si incamminarono verso l’aula
di lezione, ignare del fatto che il poltergeist avrebbe presto colpito di
nuovo…
Quando
finalmente suonò la campanella del pranzo i ragazzi della IV
B si fondarono fuori dai banchi verso la mensa alla stessa velocità con cui un
morto di fame si avventerebbe su un tozzo di pane secco. Certo non erano
denutriti ma all’ultima ora avevano avuto storia con Ruf
e le sue lezioni provocavano un tremendo calo di zuccheri negli sventurati
studenti.
“Pranzi
con noi, Harry?” gli domandò cortesemente Hermione prendendo il sacchetto con
il suo pranzo.
Ron
sbuffò ma Harry accettò con piacere. Tanto per cominciare non aveva la più
pallida idea di dove fosse la mensa e quindi era
meglio seguire qualcuno e poi così non avrebbe pranzato solo.
Per
poco con inciampò nelle scale mentre scendevano al
pian terreno e quando Ron scoppiò in una risata sguaiata Hermione lo fulminò
con lo sguardo.
“Ma
come te li sei rotti questi occhiali?” domandò preoccupata che la cecità potesse causargli qualche tremenda sventura.
Harry
non fece nemmeno in tempo ad aprire la bocca per formulare la risposta che
qualcuno dietro di lui gli scivolò addosso.
Il
poverino e la zavorra che gli piombò addosso precipitarono rovinosamente per le
scale riuscendo solo per miracolo a non travolgere i numerosi studenti che le
affollavano e terminando la loro caduta, più morti che vivi, appallottolati sul
mezzanino.
“Oh mio dio,
Ginny! Harry! State
bene?” Hermione si precipitò
verso di loro trascinandosi dietro Ron troppo occupato a ridere dell’evento per
preoccuparsene.
Harry
si districò dalla zavorra che l’aveva appena travolto, regalandogli il terzo
incidente quasi mortale della giornata, per accorgersi con disappunto e terrore
che…
“TU!”
“Oddio,
di nuovo!” mormorò Ginny cercando di tirarsi su da terra e liberando dal suo
peso il malcapitato che, lo riconobbe al volo, era di nuovo il poltergeist che
le aveva ammaccato la vespa!
“Tu
sei quello che mi ha ammaccato il vespino!” “Tu sei quella che mi ha investito
e rotto gli occhiali!” si accusarono contemporaneamente.
“Io?
Ma se sei stato-a tu!” continuarono come se seguissero
il medesimo copione.
Per
prima fu Ginny a mettere da parte gli attacchi – Harry non ci riusciva proprio
ad andare d’accordo con una dai capelli così
rossi – e a risollevarsi in piedi porgendo una mano al malcapitato compagno
di caduta “Senti, scusami. Qualcuno mi ha spinto… Non
è che ce l’ho con te, eh…”
“Harry,
stai bene? E’ la terza volta oggi…” sottolineò
Hermione preoccupata, che nel frattempo li aveva raggiunti.
Lui
annuì poco convinto, stava quasi per afferrare la mano
di Ginny e rialzarsi quando…
“Terza
volta? Ah bè, ma allora io non c’entro… se tu che porti sfortuna!” aggiunse, mezzo convinta e mezzo ironica.
Harry
sbuffò contrariato, tirò subito in dietro la mano e si alzò da solo. Guardò
furiosamente Ginny negli occhi – Questa
qui è anche più insopportabile di quei due demoni
della piscina… – la spinse da parte con un braccio per passare e la lasciò
lì interdetta filando via alla velocità della luce e facendosi strada tra la
folla di curiosi sghignazzanti.
“Ma… tu lo conosci questo qui, Hermione?” domandò la ragazza
dal caschetto rosso alla sua amica.
“Sì,
è un nostro nuovo compagno. Si chiama Harry Potter” spiegò
cercando di sbirciare tra gli studenti che iniziavano a smuoversi nella
speranza di intravedere che direzione avesse preso il ragazzo.
“Bè,
un po’ scorbutico e maleducato il ragazzo…” constatò,
chinandosi per raccogliere il contenuto della sua borsa che si era sparso per
tutto il pavimento.
“Sì,
un povero sfigato, Gin… nulla degno di nota!” rispose
concorde il fratello, che immediatamente incassò una severa – e al quanto
violenta – gomitata di Hermione nelle costole “Ouch!”
“Smettila
Ron!”
Ginny
alzò le spalle e assieme agli amici seguì la fiumana di studenti per le scale e
i corridoi.
Quando giunsero alla mensa scoprirono che il
povero nuovo studente sedeva ad un tavolino quasi da solo. Quasi, perché
effettivamente all’altro capo del tavolo sedeva Millicent Bulstrode, ma tanto
era come se non ci fosse. Oltre che tremendamente
brutta era anche e soprattutto antipatica e violenta. Una piccola parte degli
studenti del Godric’s High si avvicinavano a lei solo per metterle in mano una
decina di sterline e farle prendere a calci qualche povero
sventurato che aveva avuto la sfortuna volontaria o involontaria di far loro un
torto. La parte più grande invece la evitava come la peste, troppo terrorizzata
o semplicemente menefreghista.
Il
poverino, a capo chino per evitare di incrociare gli occhi furenti della
Bulstrode, stava rimestando tapino la sua zuppa di
maiale, piatto forte del menù del giorno della mensa. In quel momento capì il
perché di tutte quelle borse e di quelle ciotoline che gli studenti si stavano
portando dietro e prese un appunto mentale: portarsi sempre il pranzo, il cibo
della mensa ha un aspetto e un odore tossici…
Pensò
che come primo giorno fosse assolutamente disastroso. Persino peggiore del
primo giorno in Australia, quando senza saperlo si era seduto accanto alla
ragazza del capitano della squadra di rugby più geloso e massiccio che avesse
mai visto e, dopo una disastrosa sfida sul campo a cui fu costretto dovette
trascorrere la restante settimana a letto in preda ai peggiori dolori alle ossa
che il suo corpo avesse mai patito.
Ecco
questo primo giorno, con i suoi tre incidenti, con gli occhiali rotti, con
tutte quelle persone dai capelli rossi e con i compagni che ormai lo avevano
soprannominato portasfiga dopo l’uscita di quella cretina del vespino e delle
scale, con gli sguardi minacciosi del colosso seduto al suo tavolo e quella
schifezza di pranzo che si trovava a rimestare
disgustato superava qualsiasi disastrosa aspettativa.
“Ehi
sono appena passato accanto a Potter, devo fare tre giri antiorari per evitare
che mi porti sfiga?” commentò ad alta voce, in modo
che mezzo refettorio lo udisse, un tizio pallido e biondo tutto griffato e
dall’aria anche più che antipatica. La sua compagna di specie, accanto a lui,
emise una risata maligna e fece le corna.
“Ecco,
vedi che cos’hai combinato?” Hermione puntò un dito contro Ginny, che assieme a
lei stava cercando un tavolo libero da occupare.
“Ma io ho fatto solo una battuta!” si difese lei, risentita.
Hermione
scosse il capo, passò lo sguardo da Ginny a Ron e quindi di nuovo a Ginny,
incredula “Certe volte si vede proprio che siete
fratelli!”
I
due Weasley si scambiarono uno sguardo interrogativo ma non commentarono.
“Dai facciamo così, adesso ci sediamo con lo jellat- ok, ok, con Barry! – si
affrettò a correggersi Ginny, sotto lo sguardo minaccioso di Hermione – E gli chiederò scusa, ok?”
“Guarda
che tanto per cominciare si chiama Harry…” la corresse.
“Ma scherzi? C’è quel mastino della
Bulstrode al suo tavolo, mi andrà di traverso il pranzo! E poi magari se
respiro troppo forte e la infastidisco quella mi fa a
pezzi!” commentò Ron, cercando di convincere le ragazze a trovarsi un altro
posto.
“Oh,
ma non dire assurdità, Ron!” e Hermione se lo trascinò dietro senza troppe
maniere.
“Ciao,
possiamo sederci qui?” domandò Hermione senza attendere risposta e prendendo
posto accanto a Harry, mentre anche Ginny e Ron – l’ultimo lanciando occhiate preoccupate alla Bulstrode – prendevano posto.
“Bè,
l’avete fatto…” rispose apatico Harry, che ormai non aveva più voglia di risultare simpatico e fare buona impressione ma solo di
tornare a casa sua e sfogarsi con due tiri al pallone, o magari facendosi una
partitina ad Halo.
“Mi
sono dimenticata di dirti che il mangiare della mensa è… immangiabile. Vuoi uno
dei miei tramezzini?” gli offrì lei, porgendogli il vassoio
“Ah,
visto che non vi siete ancora presentati loro sono
Ginny e Ron
Weasley”
aggiunse additando i compagni seduti in fronte ad Harry.
“Già,
io sono Ginevra… Senti, mi dispiace per prima eh, Jerry!”
fece la rossa, cercando di essere gentile.
Lui
le scoccò un’occhiata glaciale “Harry…”
Lei
rise di risposta imbarazzata della gaffe “Sì, scusa… Harry!”
Ma lui non sembrò trovarlo altrettanto divertente “Bè, se non
avete altro da dire possiamo anche salutarci”
Ginny
sembrò oltraggiata, tutti i suoi sforzi per mettere da parte il risentimento
per l’ammaccatura del suo vespino e chiedere scusa a quell’imbranato
sconosciuto e ora si sentiva trattata così. Era troppo.
“Oh,
scusaci tanto, caro il mio novellino imbranato, se
siamo venuti ad importunarti per chiederti scusa e per cercare di essere
gentili quando invece tutta la scuola ti considera lo zimbello di turno… Vedo
che i nostri sforzi non sono stati apprezzati!” Si era alzata in piedi e aveva
sbattuto le mani con i palmi aperti sul tavolo, facendo sobbalzare tutto quello
che c’era sopra.
Harry
specularmene fece la stessa cosa – la zuppa nel piatto
sparpagliò metà del suo contenuto sul tavolo.
“Peccato
che sia dovuto al fatto che tu hai la lingua più lunga
e veloce del cervello. Sempre che ce ne sia uno sotto
quei ridicoli capelli…” rispose infuriato.
“Ehi,
che problemi hai con i rossi?” intervenne Ron, sbattendo a sua volta le mani
sul tavolo, che vibrò dell’ennesimo colpo.
Harry
lo guardò infastidito “Tanti!”, sibilò.
“Questo
è troppo…” mormorò sottovoce Ginny mentre, con la mano che tremava di rabbia
afferrava la propria bottiglia di coca cola e ne svuotava l’intero contenuto
addosso ad Harry.
“Rinfrescati
le idee sui rossi, Potter!” rise di gusto. Alla sua risate
si unirono quelle del fratello, che scambiò un cinque d’intesa con la sorella,
e poi quelle di tutta la scuola che seguiva la vicenda col fiato sospeso e in
religioso silenzio come fosse una puntata cruciale di Beautiful.
Dopo
un attimo di smarrimento, la ciotola di Harry volò dritta
contro Ginny che si trovò ricoperta di zuppa dal colore e dall’odore
disgustoso. Cacciò un urlo disgustato e salì carponi sul tavolo dove protese le
braccia verso Harry nel tentativo di strozzarlo.
Ad
impedirne la morte fu un altro paio di mani, decisamente
più grosse e massicce, che sbatterono sul tavolo per l’ennesima volta,
fracassandolo e spezzandolo in due. Ginevra cadde, per l’ennesima volta,
addosso a Harry che venne mezzo sotterrato dalla ragazza e mezzo dal tavolo.
Nel
refettorio, dove fino a mezzo secondo prima riecheggiavano grida d’incitamento,
risate, fischi e echi di scommesse su chi avrebbe
avuto la meglio – inutile dire che Ginevra Weasley, conosciuta come la
vendicativa, era in testa alle quotazioni -, ecco in quella stessa sala regnò
il più completo silenzio.
Millicent
Bulstrode li fissò con lo stesso sguardo di un mastino rabbioso e affamato,
facendoli rabbrividire “Mi state infastidendo. E mi è arrivato uno schizzo proprio qui, novellino. Come la mettiamo?” domandò avanzando lentamente verso i due,
possiamo dirlo, condannati a morte.
Harry
e Ginny ingoiarono l’aria, incapaci di reagire alla vista di quel colosso
minaccioso che avanzava verso di loro, sulle loro schiene scese una gocciolina
di sudore freddo, originata dal puro terrore.
Ma probabilmente il fato aveva in serbo per loro altre morti
perché, a salvarli, comparve improvvisamente un tizio pallido, dai capelli
scuri e dalla lunga tunica nera dalla quale spuntavano due anfibi borchiati.
“Che cosa sta succedendo qui, mia cara Millicent?” domandò
l’uomo, con voce sibilante.
Questa
rispose con il sorriso più agghiacciante e diabolico che
occhi umano avesse mai visto “Nulla zietto, il novellino e quella coi capelli
rossi hanno appena distrutto uno dei tavoli della tua mensa.”
Zietto, ecco perché le passa tutte lisce, questa stronza!, pensò Ginny infastidita.
“Ma veramente, signore, non s– “ fece per intervenire Harry,
ma Ginny gli infilò un gomito in bocca intimandogli con lo sguardo di tacere.
“Vuoi
per caso farci uccidere davvero, Potter?” gli mormorò allarmata.
L’uomo
li scrutò profondamente, sia uno che l’altra, poi osservò minuziosamente il
tavolo spaccato completamente a metà “E così, la signorina Weasley e il signor novellino qui con lei hanno distrutto il mio tavolo,
numero inventario 00034987, del valore di 100 sterline, per saltarsi addosso
come due animali?”
“Ma questo tavolo non può valere cos– “ ma Ginny lo
interruppe infilandogli di nuovo un gomito in bocca e rischiando di abbattergli
un incisivo.
“Ci
scusi, Signor Preside Riddle, siamo veramente mortificati, non era nostra intenzione davvero… Sa, credo che ci fosse un
principio di consumazione da tarlo in questo tavolo… Non sono così pesante da
distruggerne uno solo con il mio peso, non crede?”
Harry
la fissò stranito, pensava fosse completamente pazza.
Ginny si era rimessa in piedi, calpestandolo non poco, e se ne stava in posa
come una modella ammiccando al… PRESIDE!
Gli preside gli rivolse un sorriso sornione “Già,
credo che tu abbia ragione, signorina Weasley! Ma
qualcuno deve pagare per il mio tavolo, non credi?”
“Assolutamente
si, Signor Preside Riddle!” fece, con lo stesso fare affabile e scodinzolante
di un cagnolino.
“Bene,
signor Weasley, signor novellino, immediatamente nel
mio ufficio. Discuteremo della mia proprietà che avete appena distrutto” fece
perentorio e si voltò con una giravolta aspettando i due malcapitati.
Harry
e Ron strabuzzarono gli occhi. Il rosso sillabò un “non è giusto!” alla sorella
che si limitò ad alzare spalle finalmente tranquilla mentre il moro era rimasto
senza parole dalla scena a cui aveva appena assistito.
Seguirono
senza parlarsi né rivolgersi un solo sguardo il preside nel suo ufficio.
Quando Harry ne varcò la soglia rimase prima
perplesso, poi shockato e in fine allibito.
L’ufficio
di Riddle non aveva niente, ma proprio niente a che fare, con gli uffici di
tutti gli altri presidi del mondo che gli era capitato di vedere. Intanto pareva la camera confusionaria di un adolescente, c’era roba
ovunque. Poi sotto vetro teneva un serpentone dalle spire enormi e disgustose.
I muri erano ricoperti di poster e foto: uno più normale con lo stemma e i
colori (azzurro e giallo) del Godric’s High, un altro con un gruppo di cantanti
dai volti pitturati di bianco e nero e dall’abbigliamento decisamente
dark e fetish che Harry non conosceva e poi, cosa più raccapricciante, c’erano
dozzine e dozzine di foto delle cheerleader nelle loro pose, delle studentesse
della scuola, alcune più datate e altre più recenti, foto di giovani donne con
attaccate accanto cartoline o lettere indirizzate al caro preside Riddle e
persino qualche orrendo primo piano della Bulstrode.
Quando il preside si levò la palandrana
nera che doveva essere una toga, rivelò lo stesso bizzarro ed egocentrico
abbigliamento dei tizi che aveva appena visto nel poster. Gli occhi di Harry corsero di nuovo
all’immagine alle sue spalle.
Il
preside notò il suo sguardo e gli domandò “Ti piace il metal, novellino?” i
suoi occhi fissi di lui in attesa di risposta.
Ron,
al suo fianco, strabuzzò gli occhi e annuì quasi impercettibilmente.
“S-sì signor Preside.” Balbettò incerto.
“Signor
Preside Riddle, per te, novellino… e comunque è una
bugia.” Lo corresse.
Harry
e Ron ingoiarono terrorizzati mentre l’uomo minaccioso si sedeva davanti a loro.
“E così avete distrutto un mio preziosissimo tavolo…” iniziò.
Ron
alzò una mano bianca e tremante “Se posso permettermi, signore, io non c’entro veramente…”
“Come
non c’entri? Weasley, non accampare scuse! Eri lì, con
novellino, c’entri eccome! Oppure vuoi che ti aggiunga un’ulteriore punizione per le scuse inutili che racconti?”
strillò innervosito.
“Bene,
allora direi che, per equità e giustizia, ho deciso che pulirete i tavoli e i
pavimenti del refettorio per tutta la settimana, a partire da oggi, dalle
quattro alle cinque. E se non saranno puliti bene…” li
minacciò con lo sguardo.
“Lo
saranno, signor Preside Riddle, non si preoccupi…” si affrettò ad aggiungere
Ron.
“Bene,
e ora andate. Ah, qual è il tuo nome, novellino? Sai, devo pur segnarti una
nota di demerito…” aggiunse rivolto a Harry.
“Harry
Potter, signor Preside Riddle” rispose, nella speranza che iniziasse almeno ad
utilizzare il suo nome.
“Bene,
vai pure ora novellino. E signor Weasley, mi saluti
tanto sua sorella e le porga le mie scuse per lo spiacevole equivoco” aggiunse
con lo stesso sorriso sornione di pochi minuti prima.
Harry
e Ron si affrettarono ad uscire ed allontanarsi da quell’ufficio il più
velocemente possibile.
“Ma quello è completamente pazzo! Oltre ad essere un maniaco,
mi sembra” commentò Harry, camminando speditamente
dietro a Ron.
Il
rosso si voltò infuriato nella sua direzione “Grazie tante, Potter! Ora mi
toccherà pure saltare gli allenamenti. Tu e quella cretina di
mia sorella!”
“Ma non è stata colpa mia! E’ stata quell’energumeno! Ma
perché ha punito noi due?” domandò senza capire.
“Sei proprio tonto eh, ma non l’hai guardato il suo ufficio?
Quello va pazzo per le donne! E’ una sorta di cavaliere pazzo! Non assegna mai
compiti supplementari o punizioni alle ragazze. Ma in
compenso odia tutti i maschi di questa scuola. Era inutile discutere. Bè, ora
vedi di starmene alla larga il più possibile, ne ho
già avuto abbastanza di te per oggi!” lo additò Ron.
Harry
lo guardò bieco “Anche io…” e si separarono.
Quando quel pomeriggio Harry tornò a casa, dopo
la punizione, era stanchissimo e senza speranze. E
pensare che poche ore prima aveva desiderato di non spostarsi più, di non dover
più vivere un primo giorno, di non dover più salutare amici e fare l’ennesimo
trasloco.
Ecco,
in quel momento invece desiderò con tutto il cuore poter scappare all’altro
capo del mondo. In qualunque posto purché a mille e mille
miglia di distanza da Godric’s Hollow…
Continua…
Buongiorno
a tutti!!! Ecco qui pronto per i miei lettori il
secondo capitolo arrivato in tempo record per la sottoscritta! Che ne dite? Spero vi piaccia… Il preside (che non è
Silente, per lui ho in serbo un’altra parte…) Riddle non è
un pedofilo, come può anche sembrare eh, è solo uno che ama e ammira tutte le
donne e non farebbe mai nulla contro di loro. In compenso sfoga tutta la sua
pazzia verso i maschi… poveracci!!!
Ringrazio
tantissimo chi mi ha recensito:
EDVIGE86: grazie carissima!!
Ovviamente le coppie saranno quelle che Dio comanda, quelle giuste (Harry e
Ginny e soprattutto Ron ed Hermione, eh eheh!), non potrei scriverne altre!!
Mi auguro che questa storia continuerà a piacerti, sono onorata di sapere che
la leggi nonostante le AU non rientrino nelle tue solite letture! A presto!
Ale: ciao amichetta mia, grazie graziegrazie del parere entusiastico!!
Lo sai eh, che ci tengo tantissimo al tuo parere! Che
ne pensi di questo capitolo? Ti è piaciuto il mio preside Riddle? Un bacetto e
a presto, stellina!
Pk82: spero che quello che ho tirato fuori in
questo capitolo ti abbia coinvolto e ti sia piaciuto. Ovviamente è ancora l’inizio,
poi diventerà più veloce e spero divertente! Continua a farmi sapere che ne
pensi, eh!
Un
bacetto anche alla mia preziosissima amichetta Vale!
Mi
raccomando, continuate a farmi sapere che cosa ne pensate!!
Un’autrice senza recensioni è come un fiore senza l’acqua… MUOREEE! <- come sono poetica…
Dopo tanto tanto tempo (che belli i tempi in cui scrivevo What About
Lily&James) torno a scrivere di questa bellissima e adora
Dopo
tanto tanto tempo (che belli i tempi in cui scrivevo What About Lily&James)
torno a scrivere di questa bellissima e adoratissima coppia… Sono commossa!
Signori e signori… in questo capitolo faremo conoscenza con la famiglia Potter!
^^
III – Tutto in famiglia
Lily
Potter, al secolo Evans, se ne stava buttata sul divanetto della cucina. I
lunghi capelli rosso scuro raccolti in una crocchia sfatta, la tenuta da casa
(tuta da ginnastica e pantofole) e in mano un fazzoletto umido.
Ad
inzuppare il fazzoletto erano le sue lacrime. Se ne stava buttata sul divanetto
della cucina in preda a singhiozzi disperati, le lacrime che cadevano copiose
dagli occhini verdi.
“Non
può essere vero… non può!” balbettava tra una soffiata di naso e l’altra.
Se
qualcuno fosse entrato in quel momento e l’avesse vista in quello stato si
sarebbe fatto sicuramente l’idea che la povera signora Potter avesse appena
ricevuto la notizia peggiore della sua vita: che fosse morta una persona cara,
che il marito l’avesse lasciata per scappare con la segretaria più giovane, che
qualcuno della famiglia stesse male o che il figlio le avesse appena rivelato
di aver messo incinta qualche ragazza depravata e di voler scappare con lei e i
loro tre gemelli in arrivo alle isole Fiji per vivere di commercio di collanine
sulle spiagge.
Concretamente
la povera signora Potter aveva appena saputo che Mark era scappato con la sua
giovane segretaria (a cui restavano pochi mesi di vita) abbandonando Cher e i
suoi due gemelli in arrivo. Così Cher aveva deciso di prendere il primo aereo per
raggiungere Mark e pregarlo di non abbandonarla ma c’era stata una turbolenza e
ora stava precipitando. Nel frattempo però, Mark si era accorto del grosso
errore commesso e stava lasciando Linsey (la segretaria) per tornare da Cher e
chiederle di sposarlo.
E,
a questo punto, chi fosse entrato in quella stanza si sarebbe chiesto chi
diavolo fossero Cher, Mark Linsey e i gemelli in arrivo e si sarebbe accorto
che lo sguardo della signora Potter era incollato ad un schermo al plasma
ultrapiatto 32 pollici, tutta assorbita dalla sua telenovela preferita “Labyrinth”.
Quando
suo figlio rientrò in casa non si stupì né si preoccupò minimamente al vederla
in quello stato. Era abituale. Gettò senza cerimonie lo zaino per terra e non
se ne curò.
“Ciao
mamma…” mormorò aprendo la credenza e afferrando un’enorme brioches.
“Oh,
Harry…” mormorò questa, incapace di aggiungere altro, soffiandosi di nuovo il
naso.
“Vuoi
sentire una storia che fa veramente piangere?” Harry si sedette accanto alla
madre e divorò la sua brioches in un nano secondo.
“Bene,
è la storia di un poveraccio e del suo primo giorno di scuola. Questo
poveraccio se ne esce di casa la mattina con le migliori intenzioni, spera di
trovarsi bene nella nuova scuola, visto che ci dovrà restare per tutto l’anno scolastico,
spera di farsi delle amicizie e spera che i professori non siano troppo severi…
mi segui?” domandò cercando di attirare l’attenzione della madre.
Lily
annuì asciugandosi gli occhi e distogliendo l’attenzione dalla tv, dove ormai
avevano iniziato a scorrere i titoli di coda.
“E
invece, il poveraccio non sapeva che cosa l’attendeva, non sapeva che era
capitato nel liceo più infernale di tutta la Scozia. Appena uscito di casa,
dopo pochi minuti, viene investito da una pazza in vespa che non solo gli
distrugge un braccio ma gli frantuma anche gli occhiali – te lo avevo detto che
il poveraccio era cieco come una talpa? -. Arriva a scuola e, senza i suoi
occhiali, ha uno scontro devastante con un’altra tizia, una secchiona che è
nella sua classe. Alla prima ora la prof di letteratura gli da una settimana
per mettersi in pari con tutto il programma dello scorso anno svolto da lei, ed
è una mole di roba, e tutti i professori seguenti sono una vera palla. Ma si
consola pensando che finalmente c’è il pranzo. Esce con la secchiona e un amico
suo che l’ha inspiegabilmente bollato come eretico e la pazza della vespa lo
travolge per le scale, spaccandogli la schiena e chiamandolo portasfiga. Tutta
la scuola inizia a chiamarlo così e si ritrova solo. In mensa litiga di nuovo
con la pazza che lo doccia con la coca cola mentre una specie di
ragazza-mastino spacca il tavolo e arriva il preside, uno squilibrato che ama
le femmine e odia i maschi. Scarica la colpa del tavolo rotto sul poveraccio e
sullo sfigato che ce l’ha con lui e li mette in punizione: tutta la settimana
per un’ora dopo la scuola dovranno ripulire la mensa.
Tutto
questo senza occhiali…
E
sai un’altra cosa peggiore? Metà di queste persone avevano i capelli rossi!”
Harry terminò il suo racconto urlando inferocito.
La
signora Potter invece si era ripresa e stava ridendo di gusto quando Harry gli
riservò un’occhiata truce allora smise immediatamente per assumere il cipiglio
carino da madre che la caratterizzava.
“Mi
dispiace tesoro, è stata una giornata tremenda… Se vuoi vado io a parlare col
preside…” si propose la madre.
Harry
scosse la testa “Per carità mamma, non ho mica otto anni!”
“Sì
forse hai ragione… dimentichiamoci della punizione! Che ne dici se magari
finchè ci sono ancora queste belle giornate organizziamo una festa in giardino
con una bella grigliata e invitiamo i tuoi compagni? Così potrai fare amicizia
e familiarizzare!”
Harry,
per tutta risposta, emise un grugnito contrariato. La sola idea di vedere
quella pazza dai capelli rossi in giro per casa sua lo faceva diventare matto.
Bè, poteva anche non invitarla, al massimo.
Sua
madre gli diede un colpetto sulla gamba e si alzò in piedi “Dai, ti preparo il
pollo arrosto con le patatine così ti tiri su di morale!” e si lanciò verso i
fornelli.
“Papà?”
chiese poi, raccogliendo lo zaino che aveva abbandonato a terra.
“Dovrebbe
rientrare tra poco, aveva un po’ da fare oggi in ufficio. Sai, tutte le
pratiche del trasferimento…” spiegò distratta, accendendo il forno e regolando
la temperatura.
Harry
soppesò un attimo la domanda ma alla fine la formulò “Allora è vero che
restiamo qui per sempre?”
Sua
madre si voltò allacciandosi il grembiule dietro la schiena “Senti Harry, lo so
che è stato un primo giorno disastroso e che vorresti magari trasferirti stanotte
stessa al di là della terra, ma avrai tutti gli altri giorni per fare andar
meglio le cose.” spiegò.
“Giornataccia?”
fece una voce allegra facendo capolino in cucina.
L’uomo
che entrò era chiaramente il padre di Harry, stesso fisico slanciato e asciutto,
stessi capelli neri scarmigliati, stesso viso e occhiali… James Potter.
“Già…”
rispose solo il figlio, buttandosi su una sedia.
“Ciao
tesoro” lo salutò la signora Potter con un bacio veloce sulle labbra.
“Ho
sentito qualcosa mentre entravo… Non vorresti stare qui? Eppure mi parevi
entusiasta all’idea di fermarti finalmente in qualche posto…”
“E
ci credo, per 15 anni non avete fatto altre che impacchettare tutto, vostro
figlio compreso, e portarmi da una parte all’altra del mondo…” gli fece notare,
scaldandosi.
“Bè,
puoi vantare di aver visto posti che in pochi conosco… E poi pensavo che ti
sarebbe piaciuta Godric’s Hollow… Insomma, sei nato qui, da piccolo eri
entusiasta quando ti portavo in giro in passeggino e a giocare al parco! Io e
tuo padre amiamo questo posto…” gli fece notare la madre.
“Ma
avevo solo due anni!” precisò Harry.
Poi
sbuffò e incrociò le braccia al petto “E comunque non sono così sicuro che mi
piaccia tanto. Perché mai dopo aver girato tutta la vita per il mondo devo
rimanere per sempre nel posto che meno mi piace? Solo perché piace a voi,
perché ci siete nati… Fate così da tutta la mia vita! Siete sempre i soliti
egoisti!” gridò. Si alzò, si trascinò dietro lo zaino e salì le scale fino in
camera sua. O, per essere più precisi, quella che conteneva tutti i suoi
scatoloni ancora da disfare.
Si
buttò sul un letto che non sentiva suo, tra quelle pareti che non avevano un
odore famigliare e gli venne quasi da piangere per la rabbia.
Lily
e James in cucina si rivolsero uno sguardo preoccupato.
“Dici
che gli passerà?” domandò lui alla moglie.
Lei
alzò le spalle, triste “Non lo so… ha ragione a dire che siamo egoisti… In fin
dei conti lo abbiamo trascinato con noi, per il nostro lavoro e per la nostra
passione. Che genitori siamo, James?”
“Dai,
forse siamo un po’ originali… però in fin dei conti non gli abbiamo mai fatto
mancare nulla, no? Però, è cresciuto… mi sa che è ora che iniziamo ad ascoltare
un po’ anche lui…” concluse pensieroso il padre.
Lily
annuì, sempre più triste “Però io avrei davvero voluto ritornare qui e starci
per sempre…”
Il
marito sospirò dandole un bacio sul collo “Vedremo… Vado a parlargli un
attimo…”
“Non
ti lascerà entrare, lo sai… ricordi quella volta che lo abbiamo messo troppo in
imbarazzo a quella festa a Sidney?” lo mise in guardia lei.
“Bè,
ma queste stanze non hanno ancora le chiavi…” gli fece notare lui, sorridendo.
Lei
rise e tornò un po’ più serena al suo pollo.
TOC-TOC
“Posso entrare, Harry?” James bussò prima di fare irruzione.
Harry
rimase con la faccia ficcata nel cuscino “Vattene!” gridò.
“Dai,
voglio parlarti… è un discorso serio, eh!”
“Non
ne ho voglia!”
“E
io entro lo stesso!”
“Non
puoi farlo!”
“Sì
che posso!”
“E
come?”
“Semplicemente
abbassando la maniglia…” James entrò divertito, sotto lo sguardo sconcertato di
Harry che solo allora rammentò l’assenza delle chiavi.
“Che
cosa vuoi?” domandò diffidente. Sicuramente era lì per l’ennesimo tentativo di
convincerlo a fare qualcosa che non voleva.
“Ti
propongo un patto…” iniziò, cercando di stuzzicare la sua curiosità.
Harry
si mise a sedere, fissando il padre sempre con diffidenza “E cioè?”
“Facciamo
che ci diamo tre mesi, fino a Natale. Se per allora questo posto sarà ancora
così tremendo allora impacchettiamo tutto e ci trasferiamo in qualsiasi posto
deciderai tu. Ti sta bene?”
Harry
soppesò la proposta. C’era sicuramente qualche inganno che non gli era chiaro…
Il lavoro! Non lo avrebbero mai trasferito…
“E
il lavoro? Come fate tu e mamma?”
“Lo
lasciamo. Possiamo trovare qualsiasi altro giornale. Oppure io posso tornare a
fare servizi… Non è un problema”
Studiò
nuovamente il tutto, analizzando i dettagli… probabilmente avrebbero puntato
sulla sua rassegnazione e dimenticanza, ma lui non si sarebbe né rassegnato né
dimenticato. Avrebbe vinto lui, questa volta.
“Allora
ci sto… prometti che manterrai la parola?” domandò serio, fissando il padre
negli occhi.
“Promesso…”
e si strinsero la mano con fare solenne.
“Partitina
di riappacificazione a Crash Bandicoot?” propose aprendo lo scatolone con la
consolle.
“Ti
straccio, papà…” lo mise in guardia il figlio.
“Vedremo…”
“E’
pronto…” gridò per la terza volta, Lily, affacciandosi per le scale e sperando
che questa volta i due uomini di casa la sentissero.
Ebbe
fortuna e in un attimo tutta la famiglia fu riunita attorno al tavolo.
“Mmm…
buogno cheshto pollo, ma’…” commentò Harry, con una coscia infilata in bocca e
due patatine infilzate nella forchetta.
Con
tempismo perfetto, al momento del dolce (che la signora Potter aveva
appositamente… comprato in pasticceria quel pomeriggio) trillò il campanello.
Il suono fu così acuto e forte che fece sobbalzare tutti e tre.
“Eh…
forse devo regolare il volume… Comunque vado io” fece James, pulendosi la bocca
e le mani unticce con un tovagliolo.
Harry
era curioso. Chi poteva mai essere? Dopo tutto, lui non conosceva nessuno in
quella dannata città.
Sentì
un vociare confuso giungere dall’ingresso, non riuscì a distinguere le voci ma
gli parve che fossero maschili.
“Lily,
prendi immediatamente una bottiglia di quel vino che ci siamo portati
dall’Italia… guarda un po’, dopo tanto tempo, chi si rivede?” James varcò la
soglia della cucina camminando mezzo metro sopra il pavimento dalla felicità.
Dietro di lui Harry intravide una testa mora dall’espressione furba che riconobbe
immediatamente come quella di Sirius, il suo padrino. Era probabilmente il
migliore amico di suo padre e sua madre in assoluto, simpatico da morire,
sveglio, scavezzacollo, e, per quello che Harry aveva potuto capire, un
inguaribile don giovanni. Sirius lo faceva sempre divertire da morire, adorava
le improvvisate con cui veniva a trovarli ad ogni capo del mondo. Doveva
immaginarlo, sapeva bene che risiedeva ancora a Godric’s Hollow!
Dietro
di lui invece c’era un altro tizio dal sorriso disteso e l’aria serena.
Sembrava un po’ più vecchio di Sirius, ma non lo aveva mai visto. O forse sì,
in qualche vecchia foto dei genitori… com’è che si chiamava?
“Sirius,
Remus! Non vi aspettavamo per stasera! Che bellissima sorpresa!” la signora
Potter salutò entusiasta tutti e due e abbracciò Remus – ecco come si chiamava!
– come se non lo vedesse da una vita. E in effetti era così.
Per
tutta la serata Harry si unì ai racconti, ai pettegolezzi e ai frammenti di
ricordi dei genitori e dei loro amici. Dopo l’ennesimo bicchiere di vino
versato insistentemente da Sirius, Harry si accorse di avere troppo caldo ed
essere troppo confuso.
“Sirius,
adesso basta! Ha solo diciassette anni!” lo ammonì sua madre.
Ma
Sirius non se ne curò e continuò a riempirgli il bicchiere “Già, un vero
bambino. Se non ricordo male Lil, durante la gita al nostro secondo anno,
quella in Germania, ti sei sbronzata da morire, e ora fai la predica a tuo
figlio, che è pure più grande di te allora…” gli fece notare Sirius.
Sia
suo padre che Remus risero di gusto, anche Harry si unì a quelle risate.
Sua
madre invece era arrossita “Non c’è nessun bisogno di rivelare questi
imbarazzati particolari a mio figlio…”
“Mamma,
guarda che conosco aspetti di te molto più imbarazzanti di una sbronza… Tipo
quando guarda la tv e parla con i protagonisti e piange come una pazza… O
quando ogni volta viene a mangiare da noi nonna e tu ordini tutto al servizio a
domicilio spacciando ogni piatto per tuo. Oppure quando canti facendo la
doccia, hai un’intonazione che ucciderebbe un elefante…” gli fece notare
divertito il figlio.
“Non
mettermi in imbarazzo, eh! Altrimenti rivelerò di quando a tredici anni Rebecca
ti ha dato un bacio alla festa di capodanno e tu l’hai fatta piangere perché
non sapevi come fare e le hai dato un morso alla lingua! Ops… l’ho appena
fatto!”
“MAMMA!”
strillò Harry oltraggiato, ma alla fine dovette cedere alle risate.
Quando
più tardi si ficcò sotto le coperte riconobbe che se la giornata era stata
tremenda la serata era stata piuttosto piacevole. In fondo, doveva solo
resistere per tre mesi…
Ron
frenò la bicicletta che trasportava lui ed Hermione davanti a casa della
ragazza con una sgommata. Per poco lei non finì col sedere a terra per il
colpo.
“Ah,
sai che odio queste frenate brusche e assassine!”
“Ma
quali frenate brusche, fammi il piacere Mione…” rispose lui, tutto convinto del
contrario.
Lei
scosse la testa, durante la loro lunga amicizia aveva imparato che era del
tutto inutile discutere con Ron della sua imprudenza, poteva solo cercare di
arginare un pochino i danni.
“Bè,
mi aspetti qui o vuoi entrare? Faccio in un attimo, la borsa è già pronta…”
chiese, aprendo con una piccola chiave il cancelletto dell’ingresso.
“Eh?”
Ron le rivolse l’espressione più ebete e frastornata che conosceva.
“Cosa
sarebbe ‘Eh?’, Ron?” chiese lei confusa.
“Che
cos’è che prendi?” cercò di spiegarsi lui.
Di
nuovo scosse la testa rassegnata “Ron, hai meno memoria di un criceto… Te l’ho
detto l’altro giorno, no? I miei sono ad una conferenza sulle nuove protesi
dentarie ad Atalanta, fino a venerdì starò a casa tua…”
“Ah,
vero… bè, ti aspetto qui. Muoviti, eh!” le disse appoggiandosi alla cancellata.
Hermione
fece per entrare ma Ron la fermò di nuovo “Aspetta un attimo…”, le intimò
minaccioso.
“Che
cosa?”
“Non
porterai con te anche questa volta quel maledetto animale, vero?” le domandò.
Lei
esitò un istante “No” rispose voltandogli le spalle.
“Ah,
per fortuna! Altrimenti, quanto è vero Iddio, ti facevo dormire nel garage, tu
e il tuo stupido gatto… A chi lo molli il sacco di pulci?” domandò sollevato e
d’un tratto molto più allegro.
“Lo
lascio qui, passerò tutti i giorni a dargli da mangiare, pulirgli la sabbia e
fargli qualche coccola…” spiegò.
“Bè,
bene… potevi farlo benissimo anche l’altra volta allora, invece che hai rotto
tanto!” la accusò.
Lei
si girò e gli rivolse un’occhiata furiosa “Oh, ma stai zitto! Lo faccio solo
per te…” gridò innervosita e si allontanò di fretta e furia in casa lasciando
Ron a consolarsi di quella risposta.
Quando
tornò solo un paio di minuti dopo portava in spalla una sacca gonfia e
dall’aria pesante e fece per montare dietro la bici.
“Aspetta,
scendi un attimo…” fece Ron. Retrocesse con la bici in modo da arrivarle di
fianco e le sfilò la sacca dalle spalle.
“Da
qua…” si mise il bagaglio in grembo e con un gesto la invitò a montare dietro.
Hermione
gli rivolse un sorriso che però lui, intento a fissare avanti a sé, non vide.
“Grazie,
Ron”
Se
la signora Weasley era un’ottima cuoca e amava cucinare di tutto per la sua
abbondante famiglia, quando c’era un qualsiasi ospite superava se stessa in
ricette, portate e quantità.
“Vuoi
un’altra fettina di dolce, cara?” domandò ad Hermione.
“Io
sì…” fece Ron, rubandogliela di mano.
Hermione
strabuzzò gli occhi, non riusciva mai a capacitarsi del pozzo senza fondo che
era lo stomaco di Ron. E neanche di quello di Ginny, visto che se ne stava
tagliando un’altra anche lei.
“Ron,
maleducato!” la signora Weasley aveva sferrato un potente scappellotto al
figlio e gli aveva fatto andare la torta per traverso.
“Oh,
non si preoccupi Molly, sono a posto così, grazie… Credo che non riuscirei a
fare entrare nel mio stomaco nemmeno una capocchia di spillo…” Hermione portò
una mano alla pancia rigonfia di cibo e ripensò agli antipasti, alla pasta con
la panna e il salmone, al pollo con patatine, ai pomodori e all’insalata, alla
salsa di gamberi e alla focaccia al formaggio, e per finire ripensò alla
generosa fetta di torta di mele che si era appena divorata. A malapena riusciva
a respirare, figurarsi mangiare altro!
“Sei
sempre troppo magra, tesoro…” osservò la signora, quasi preoccupata.
“Guarda
che grasso è sano andava di moda ai tuoi tempi, adesso è il periodo dell’anoressia
dimagrante, mamma!” spiegò sarcastico Fred, sapendo dove andare a colpire.
“Anoressia?”
la signora Weasley sembrava allarmata. Guardò prima Fred e poi Hermione, con
preoccupazione.
“Tesoro,
non ti starai ammalando vero?” domandò con timore.
Hermione
scoccò a Fred un’occhiataccia “No Molly, sto benissimo, e mangio abbastanza,
non si preoccupi, sono ben lontana dall’anoressia…” cercò di spiegare
gentilmente.
“Si,
di solito la negazione è il primo sintomo…” osservò George, scambiandosi uno
sguardo d’intesa col fratello.
“Hermione…”
la implorò la signora Weasley.
“Molly,
mi darebbe un’altra fetta di torta, per favore?” domandò la riccia, consapevole
che quella domanda avrebbe messo fine alle preoccupazioni della signora e
avrebbe scongiurato una settimana di bis forzati di ogni portata.
Lei
sorrise, tutta soddisfatta “Certo! Così mi piace, cara!”
Tra
le risate generali Hermione masticò in fretta la sua fettona, sorprendendosi di
come non fosse affatto difficile. Se a Londra si fa come gli inglesi, a casa
Weasley si fa come i maiali, e non è neppure troppo difficile!
Qualche
tempo dopo, una volta che tutti i pigiama si erano scambiati la buona notte e
occupato ognuno le proprie stanze, Ginny ed Hermione stavano chiacchierando del
più e del meno e soprattutto del nuovo arrivato.
“E’
un imbranato, Hermione…” cercava di convincerla la rossa.
“Ma
no, è solo un po’ disorientato! E poi, poveretto, bisogna riconoscere che più o
meno volontariamente abbiamo contribuito a rendere il suo primo giorno a scuola
un inferno…” spezzò una lancia in suo favore la mora.
Ginny
si girò a pancia in su sotto le coperte, portando le mani dietro la nuca “sarà,
ma mi sembra il classico imbranato cronico. E per di più ha un lato isterico…”
sottolineò ripensando alla litigata alla mensa.
“Oh,
e credo che abbia qualcosa contro quelli coi capelli rossi…” aggiunse,
infervorata.
“Bè,
magari qualche seducente rossa dove abitava prima gli ha spezzato il cuore…”
tentò Hermione, facendo delle ipotesi.
“Ma
chi uscirebbe mai con uno del genere?” rincarò la dosa Ginny.
“Dai,
tutto sommato è carino! Ha dei bellissimi occhi verdi” ridacchiò Hermione
pensando, oltre che agli occhi, ai capelli neri e al fisico asciutto.
“Mah,
ho visto di peggio ma anche di meglio. Comunque, è meglio che non ti fai
sentire da mio fratello…” rise Ginny.
La
porta si aprì di colpo e Ron, sentendosi tirato in causa, entrò di gran
carriera.
“Come
sarebbe è meglio che non ti fai sentire da me?” domandò squadrando le due
ragazze.
“Ehi,
non si usa più bussare?” gridò furiosa Ginny, mettendosi a sedere.
“Comunque
ho sentito…” Ron non la degnò di uno sguardo e lanciò invece ad Hermione un’occhiata
seccata.
“Stavi
origliando!” Hermione, ormai in piedi, puntò un dito verso di lui, infastidita.
“Non
stavo origliando! Ero solo venuto a chiederti di passarmi i compiti di
matematica…” si difese lui, nonostante fosse stato fuori dalla porta di Ginny
da diversi minuti.
“Ora
come ora non te li darei neanche morto! Non dopo che hai origliato!” Hermione
portò le mani ai fianchi, minacciosa.
Ron
sbuffò ancora “Non ho origliato per niente! E comunque hai passato gli appunti
al tuo Bambi dagli occhi verdi, direi che per parità devi passare a me matematica…”
fece lui, maligno.
“Vedi
che hai origliato? Ah, Ron, sei un caso disperato! Sparisci!” fece Hermione,
infervorata, lanciandogli la prima cosa che le era capitata sotto mano.
Con
uno sventolio di fogli fitti di scritte un quadernino colpì in pieno la faccia
di Ron che lo afferrò al volo prima che cadesse a terra. Dopo uno sguardo alla
copertina rivolse alla mora un sorriso furbo “Sparisco subito… Adoro quando sei
violenta, Mione!” e dopo averle sventolato sotto al naso il quaderno di
matematica sgattaiolò fuori dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
“Ma
io volevo solo… colpirlo!” osservò rispondendo allo sguardo metà divertito e
metà perplesso di Ginny.
Lei
alzò le spalle con un sorriso “La prossima volta metti il dizionario sopra
tutta la pila dei libri, vedrai che ne otterrai maggior soddisfazione…”
Hermione
si buttò nel letto con un sonoro sospiro di rassegnazione “Ron è proprio un
idiota…” commentò.
“Sì,
anche peggio certe volte… Forse Potter è rimasto traumatizzato da un caso umano
dai capelli rossi simile a mio fratello!” commentò Ginny, scoppiando a ridere
seguita dall’amica.
“Può
essere… in effetti conoscere Ron può essere decisamente shockante!” rincarò
Hermione.
Entrambe
risero di gusto, pensando alle assurde stramberie del ragazzo.
“Sai,
una volta o l’altra dovrei far conoscere a questo potter tutta la mia famiglia…
magari è la volta buona che gli viene un colpo!”
Ginny
spense la luce, si dimenticò di Harry e dopo poco, seguita da Hermione, scivolò
nel sonno.
Continua…
Bene,
dopo una settimanetta torno con un nuovo capitolino. Vi piace?
La
descrizione delle manie culinarie della signora Weasley è ricalcata sulla
sagoma della madre del mio moroso… XD POVERA HERMIONE!! Finalmente ho messo in scena
i mitici gemelli, anche se per poco, non vedo l’ora di azionarli come si deve!
E
che ne dite invece della situazione a casa Potter? Oh, i miei amatissimi Lily e
James, il mio caro Sirius e il mio Remus!! Quasi mi commuovevo nello scrivere…
E
così credo che sia chiaro che questa fan fiction parlerà dei prossimi tre mesi
(fino a Natale…) di Harry… resterà? Se ne andrà? Si accettano scommesse! ^^
Aspetto
sempre le vostre recensioni e ringrazio tantissimo MaryMatrix, lilian, Ginny Lily Potter ed EDVIGE86 che hanno commentato lo scorso
capitolo…
Un
bacio e a presto,
la
vostra Ly
(che
è un po’ malata e un po’ triste oggi, tiratele su il morale con qualche
recensioncina!)
Hermione
detestava con tutto il cuore le prime due ore del martedì mattina e le due ore
pomeridiane del venerdì come l’anno prima aveva detestato la terza e la quarta
del lunedì e le ultime due del mercoledì e l’anno prima ancora… no! Veramente,
i primi due anni aveva amato studiare francese, quando c’era ancora qualcuno
che fosse abbastanza valido da insegnarlo. Ma poi Madame Maxime, che era la
mogliettona del custode della scuola, Hagrid, era andata in pensione e da
allora studiare francese era diventato un incubo!
Fleur
Delacour poteva sembrare tutto tranne che una professoressa.
La
metà femminile della scuola la detestava dal più profondo del cuore mentre la
metà maschile semplicemente l’amava alla follia ed era pronta a fare qualsiasi
cosa per lei. Si vociferava che l’anno passato, un gruppo di studenti
dell’ultimo anno avesse steso nel fango le giacche delle proprie divise per non
farle sporcare le decolté bianche che indossava lungo il vialetto che dalla
scuola portava al parcheggio dei professori. Ogni giorno poi, c’era sempre
qualcuno che le portava regali, dolci, il pranzo, qualsiasi cosa… Tutto per
quegli slavati capelli biondo cenere che quando camminava le sfioravano il
sedere perfetto e quel fisico longilineo dalle gambe lunghissime per cui si
sprecavano i feromoni maschili.
Entrò
in classe di malavoglia, accompagnata da Ron che, invece, dimostrava più voglia
di venire a scuola di quanta ne avesse mai avuta in vita sua.
“Ciao
Harry, tutto bene?” salutò senza entusiasmo sedendosi di fianco al nuovo
compagno.
“Ciao
Hermione. Questi sono gli appunti che mi hai prestato ieri di letteratura, ti
ringrazio” e le porse il pacchettino di fogli dalla scrittura ordinata.
Hermione
rimase piacevolmente sorpresa “Che velocità! – esclamò – Sai, sono abituata ai
tempi di Ron, passa almeno una settimana prima che lui li copi me li renda di
solito…”
Harry
si grattò il naso in imbarazzo “Bè, veramente ho fatto solo qualche fotocopia…”
rivelò imbarazzato.
Hermione
mostro il suo disappunto mentre Ron, ovviamente raggiante, scoppiò in una risatina
nemmeno troppo sommessa.
“Ehi,
Weasley!” un piccoletto castano e lentigginoso dall’aria simpatica si avvicinò
al gruppetto tutto entusiasta.
“Finnigan!”
rispose il rosso mentre si scambiavano un colpo di mano di saluto.
Il
compagno si sedette tranquillamente sul banco di Ron e con un sorrisone rivelò
la notizia “Sai dove andiamo con i miei per Natale?”
L’altro
alzò le spalle e tirò ad indovinare “In Irlanda come al solito a trovare tua
nonna?”
“No,
sai che palle? Mi sono rifiutato. E così mio padre ha proposto, per cambiare un
po’, di passare le vacanze a Parigi…” rivelò come se fosse la cosa più
esclusiva e desiderabile del mondo.
“Non
mi dire… cavolo, che culo che hai Fin! Porta anche me… magari potremmo avere la
fortuna di vederla anche al di fuori delle vacanze...” borbottò con aria
trasognata.
Hermione
sbuffò e prese a sfogliare indifferente i suoi appunti della lezione
precedente.
“Dopo
glielo dico, sono sicuro che finalmente mi prenderà in considerazione! Magari
inizierà a chiamarmi Seamus…” fantasticò il piccoletto.
Già,
perché una peculiarità di Mademoiselle Delacour, come si faceva chiamare dai
suoi studenti, era quella di avere pesanti preferenze, soprattutto nell’ambito
maschile, verso coloro che riuscivano a guadagnare il suo interesse nei modi
più inaspettati, che erano i soli ad essere chiamati per nome anziché per
cognome. Nella classe IV B, ad esempio, tutte le sue preferenze andavano a
Neville Paciock, che lei chiamava affettuosamente “Nèv” coccolava e
privilegiava al di sopra di ogni immaginazione che inspiegabilmente, visto la
sua scarsa conoscenza, si era ritrovato in 8 in francese alla fine dell’anno.
Fleur non l’avrebbe mai rivelato ma adorava quel ragazzo per la sua aria buona
e paciosa, quasi anonima, nonostante la sua triste situazione famigliare: i
suoi genitori erano morti che lui era ancora un bambino…
Nessuno
immaginasse che fosse quello il motivo ovviamente, tutti si limitavano a
credere che forse le guance tonde, il naso all’insù di Neville e i suoi capelli
biondi lo facevano sembrare un po’ francese, risaputo l’amore viscerale che Mademoiselle
nutriva per la sua patria.
Inutile
erano state le proteste da parte delle ragazze con il Preside Riddle che,
inutile dirlo, era pazzamente innamorato della nuova professoressa e non voleva
senior ragione. Alla fine, quasi tutte le ragazze si erano rassegnate.
Improvvisamente
la classe ammutolì, tutti i ragazzi presero posto con gli occhi che gli
brillavano e attesero… attesero finchè quel ticchettio dei tacchi a spillo non
si fece più vicino a infine varcò la soglia dell’aula.
Fleur
Delacour comparve in tutta la sua magnificenza: un tailleur rosa confetto dalla
gonna quasi inesistente, le gambe lunghe e sottili velate da una calza
trasparente e il tacco, che la slanciava ancora di più. I capelli erano come da
copione sciolti e lisci e ondeggiavano ad ogni passo.
“Bonjour
clase!” fece con un sorriso molto chic posando sulla cattedra la sua borsa e
sedendosi elegantemente su di essa.
“Bonjour
Mademoiselle Delacour” rispose in coro la classe. Le voci delle ragazze, si
udirono appena.
La
biondissima e giovanissima professoressa prese a scorrere il registro con le
dita lunghe e le unghie perfettamente laccate “MonsieurTom – il preside – mi ha sgentilmonte deto che in questa
clase è arivato un nuovo studente… Chi di voi è Harrì Pòter?” domandò scrutando
i volti dei ragazzi.
Harry
si alzò in piedi, gli occhi incantati fissi sulla professoressa, lo sguardo
adorante. Hermione accanto a lui scosse la testa rassegnata e mormorò “Un’altra
vittima…”
“C’est
moi, Mademoiselle Delacour!” rispose con un’intonazione francese ottima.
“Oh,
mon cher, le ton français est parfait!” esclamò estasiata lei.
Harry
le rivolse un sorriso sornione e spiegò, sperando come molti avevano sperato
prima di lui, di suscitare il suo interesse “Sa, ho vissuto in Francia quando
ero bambino, prima ho passato un’estate visitando la Loira e poi circa sei mesi
a Parigi. E sono anche stato in Canada, recentemente, nel Quèbec, quindi ho
imparato molto bene la lingua…”
Lei
si illuminò come solo quando parlava con il suo “Nèv” faceva “Ma è stùpondo!
Sai caro Harrì, io sono nata proprio nela belisima Paris!”
Finnigan
alzò una mano per cercare la sua attenzione, infastidito, avrebbe dovuto essere
lui il cocco per quella giornata, non lo stupidissimo Harrì!
“Dimmi
pure, Finigàn!” fece infastidita la professoressa.
“Sa,
io passerò le vacanze di Natale a Parigi, quest’anno. Non vedo l’ora di vedere
la Tour Eifel tutta illuminata… le che cosa mi consiglia di vedere?” domandò,
cercando di coinvolgerla.
“Che
domande Finigàn, tuto! Paris è tuta da vedere. Ma posiamo farsci racontare
qualcosa dal nostro Harrì…!” squittì tutta felice invitando il ragazzo a
sedersi accanto a lei sulla cattedra che per poco non ebbe uno svenimento
quando dalla sua posizione riuscì persino a dare una sbirciatina dentro la – ci
siamo dimenticati di dirlo – generosa scollatura della prof.
La
lezione terminò troppo in fretta per qualcuno ma fu troppo lunga per qualcun
altro. Seamus Finnigan era decisamente contrariato per non aver ottenuto
l’attenzione che desiderava…
Quando
Fleur fece per andarsene si bloccò sulla porta e cercò curiosamente qualcuno
tra i suoi studenti ancora seduti in classe “Mh… Ron Weaslì?” domandò, non
riuscendo a trovare colui che cercava.
Ron
si alzò e rispose tutto impettito e piacevolmente sorpreso “Oui?”
“Salutami
tonto tuo fratelo, Ron…” gli disse con un sorriso al miele.
Cercando
di non svenire Ron annuì e domandò a quale fratello si riferisse, dal momento
che oltre a lui c’erano ben altri cinque Weasley.
La
professoressa ridacchiò, scosse i capelli e rispose “Mo Bill, no? Chi oltro,
sciochino?” e sparì dalla porta lasciando Ron ed Harry mezzo metro sospesi
sopra il pavimento.
Seamus
siavvicinò al compagno “Non mi ha
cagato di striscio” rivelò sconfortato scoccando un’occhiataccia a Harry.
“A
me sì, però!” aggiunse Ron, tutto giulivo.
Fleur
Delacour conosce tuo fratello?” domandò scettico.
Ron
alzò le sopracciglia con un sorrisino “A quanto pare… lo sai com’è mio
fratello, piace a tutte!” commentò lanciando uno sguardo divertito ad Hermione
che era arrossita.
“Bè,
brilli di luce riflessa, Weasley, non te la tirare troppo…” aggiunse un altro
ragazzo, che si era unito alle chiacchiere. Era scuro di pelle e aveva i
capelli ricci e corti e neri, si chiamava Dean Thomas.
“Però
intanto, luce riflessa o no, oggi mi ha chiamato Ron…” commentò incrociando le
braccia al petto e assumendo un’aria da chi la sapeva lunga.
“Tanto
ormai è il novellino qui, che ha catturato le sue attenzioni… mi sa che per un
po’ non ce n’è per nessuno…” gli fece notare sempre il moro.
Harry,
che si sentì preso in causa, prese parte alle conversazione “Non credevo che
esistessero professoresse del genere…” commentò ancora estasiato.
Hermione
si alzò di colpo, e si allontanò apparentemente innervosita.
“Ehi
Mione, dove vai?” domandò Ron prima che potesse uscire dalla porta.
Lei
rispose senza voltarsi “Educazione fisica…” e si allontanò.
“Cavolo
è vero, faremo bene a sbrigarci prima che per il ritardo la Bumb ci faccia fare
cinquanta flessioni…”
Lavanda
finì di risvoltare i pantaloncini della divisa da ginnastica in modo che
risultassero il più bassi di vita e il più attillati possibile “Meglio una coda
alta o le trecce?” domandò alle due gemelle (altre componenti della squadra delle
cheerleader) già cambiate che la stavano aspettando.
“La
coda, è un incanto come si muove mentre corri…” rispose al volo Padma mentre
anche Patil annuiva.
“Sì,
mica solo quella stronza di francese ha i capelli incantevoli… Opterò per la
coda. E poi le trecce fanno troppo Abbott, vero?” commentò ammirandosi nello
specchio.
Hannah
le scoccò un’occhiataccia.
“Non
vorrei mai che nessuno ci confonda, per quanto possa essere assolutamente
improbabile visto quanto è largo il suo fondoschiena…” aggiunse ridendo mentre
usciva dagli spogliatoi.
“Io
detesto le bionde…” commentò Hermione, china ad allacciarsi una scarpa da
ginnastica.
“Io
SONO bionda…” le fece notare l’amica Hannah, vicino a lei.
“Bè,
a parte un paio di eccezioni, ovviamente…” si difese in fredda sorridendo
all’amica.
“Guarda
che non è mica bello essere screditate solo perché bionde” commentò, sempre
ridendo.
Hermione
intanto si era portata davanti allo specchio che era proprietà di Lavanda e
nessuno poteva avvicinarla finché c’era lei negli spogliatoi, e alzandosi i
capelli commentò, in una perfetta imitazione frivola della compagna “Già,
essere bionde è una vera maledizione…”
Le
poche compagne rimaste uscirono assieme lei verso la palestra ridendo come
pazze.
Tutti
gli studenti della IV B rimasero stupiti vedendo che in campo non c’era, come
al solito, la professoressa Bumb ad attenderli con le braccia incrociate, il
fischietto in bocca e il cipiglio severo. Non era mai capitato in più di tre
anni e non era mai capitato a memoria di studente.
Chiacchierando
del più e del meno, giocando con qualche attrezzo e qualche palla i ragazzi
impiegarono il tempo nell’attesa.
“Quand’è
che ci sono i provini per i nuovi acquisti della squadra di Rugby?” domandò
Ernie Macmillan, interessato da diverso tempo ad entrare in squadra ma senza
avercela mai fatta.
“Non
ne ho la più pallida idea, dovresti chiedere a Weasley” rispose Seamus,
interessato ad essere più spettatore delle partite che giocatore.
“Ehi
Ron, quand’è che farete i provini per i nuovi acquisti?” chiese allora al
compagno, che nel frattempo aveva iniziato a palleggiare un pallone da basket.
“Boh,
non sono mica la Bumb io, chiedilo a lei quando arriva… Però mi sa che c’è
tempo fino a venerdì per presentare la domanda…”
“Mi
domando ancora come tu faccia ad essere capitano, Weasley. Ma poi mi ricordo la
squadra di imbecilli che guidi e allora mi è tutto chiaro…” commentò la voce
acida di un biondino alle sue spalle.
Ron
sferrò a Draco Malfoy un’occhiata di puro odio mentre l’attenzione dei presenti
cadeva tutta sui due che si stavano squadrando in cagnesco.
Inutile
dire che la rivalità tra i due risaliva a tempi immemori, forse addirittura a
generazioni prima che i due nascessero. Poi le cose erano peggiorate quando,
alle scuole medie, Ron era riuscito ad entrare nella squadra di rugby e Draco
no. Il giovane Malfoy non ci aveva messo molto a convincere il padre a fondare
una lega e una squadra privata e da anni ormai la squadra della scuola, gli
Hippogriffs,, capitanata da due anni ormai da Ron Weasley e gli Slythers, la squadra di Malfoy, si
scontravano con esiti sempre piuttosto violenti.
“Non
bastano gli sporchi soldi del tuo sfottuto padre a fare di una merda un
capitano e di un branco di idioti una squadra. E lo dimostrano le nostre ultime
due vittorie…” sottolineò Ron, sfottendo il biondo, dietro di lui partì qualche
fischio di approvazione che lo fece sorridere.
“Meglio
i soldi sporchi di mio padre che la merda della tua famiglia, Weasley!” rispose
Malfoy sputando in faccia al rosso.
Fu
un attimo, Ron piombò addosso a Malfoy come una furia cercando di colpire ogni
parte del suo corpo gli capitava a tiro ma il biondino si sapeva difendere bene
e così i due, gridando e picchiandosi, continuavano a rotolare sul pavimento
duro della palestra senza che nessuno avesse la meglio.
“CHE
DIAVOLO STA SUCCEDENDO QUI?” una voce giovane e squillante li fece bloccare di
colpo. Malfoy si sentì trascinato via da Ron per la collottola della maglietta
e scaraventato a terra lontano dal compagno.
I
due lottatori, ansimanti, accaldati e lividi – dal labbro di Ron colava un
rivolo rosso di sangue come anche dal naso di Malfoy che in più si ritrovava un
occhio nero – fissavano incuriositi la bizzarra giovane donna che si trovava
davanti a loro.
Le
mani sui fianchi ben delineati, una scarpa da ginnastica rossa che picchiettava
per terra e una t-short troppo grande, i capelli scalati di un indefinito
colore tra il rosa e il viola, li fissava sconcertata con i suoi occhi chiari.
“Ma
siamo impazziti? Volete farmi prendere un infarto al mio primo giorno di
lezione?” domandò innervosita.
Di
fronte agli occhi interrogativi di tutti i ragazzi scoppiò in una risata “Ah
già, sono la vostra nuova insegnante di educazione fisica, mi chiamo Ninf…
Tonks, non datemi del lei o sarò costretta a licenziarmi… Chiamatemi
semplicemente Tonks… Non mi vedo molto come insegnante, sono qui per – bè non
vi riguarda, per cui cercate di non farmi sentire troppo vecchia e decrepita
come ogni rispettabilissima professoressa.”
I
ragazzi annuirono divertiti, una ventata d’aria fresca ci voleva. E soprattutto
ci voleva una giovane professoressa che non sembrasse tirata giù dalla
copertina di Play Boy ma sprizzasse un po’ di sana simpatia, o almeno questi
furono i pensieri di Hermione e di molte tra le sue compagne.
“Che
classe siete voi, ragazzi? No, perché ho perso la tabella dell’orario… ho fatto
tardi cercandola ma niente da fare. Bè, comunque sapevo che sarei dovuta venire
qui…” domandò mezza imbarazzata.
“Questa
è la IV B…” rispose velocemente Hermione.
“E
tu sei?” domandò Tonks.
“Hermione
Granger, pro- Tonks”
La
professoressa le rispose con un sorriso contento “Ottimo!”
“E
io sono Lavanda Brown, professoressa, rappresentate di classe e capo cheer
leader. La cosa le interesserà di certo visto che sarà la nostra direttrice!
Mentre quel ragazzo dai capelli rossi che Malfoy stava ingiustamente picchiando
è Ronald Weasley, capitano della nostra squadra di rugby…”si intromise la bionda lanciando a Ron uno
sguardo significativo che poteva essere interpretato come un se ti sospende per rissa ti ammazzo io con
le mie stesse mani perché sto già lavorando alla coreografia della prima
partita ce dovrà essere vittoriosa e non potrà esserlo se tu non giocherai.
Tonks
sbuffò guardando i due ragazzi ancora seduti a terra davanti a lei “Facciamo
così, non voglio sapere niente di questa storia a patto che non ricapiti più un
simile episodio nelle mie lezioni. Adesso andatevi a sciacquare la faccia,
siete in condizioni pietose…”
I
due obbedirono senza aggiungere una parola e senza guardarsi in faccia.
Ron
gettò tutta la testa accaldata sotto il getto dell’acqua, cercando di rinfrescarsi
e di sentire meno dolore al labbro spaccato.
“Ti
fa molto male?” una voce richiamò la sua attenzione. Ron spense l’acqua e
scrollò la testa.
Accanto
a lui Hermione gli porgeva il suo asciugamano pulito e un batuffolo di cotone
con del disinfettante per il labbro.
Ron
prese l’asciugamano ma ignorò il cotone e Hermione allungò una mano per
disinfettarlo ignorando le sue proteste “Non è niente, lascia stare…”.
Alla
fine dovette cedere e accettare di essere disinfettato, seduto sul bordo del
lavandino.
“Io
lo odio, se non fosse arrivata quella gli avrei fatto tutti e due gli occhi
neri…” mormorò rabbioso.
“Se
non fosse arrivata lei sarebbe arrivata la Bumb e sai che ti avrebbe sospeso
per rissa violenta. E avresti detto addio al titolo di capitano e magari anche
al campionato.” gli fece notare osservando il labbro spaccato che, per fortuna
stava smettendo di sanguinare.
“E
allora cosa avrei dovuto fare? Starmene lì come un cretino a sentire i suoi
soliti insulti su di me e sulla mia famiglia?” Ron si alzò in piedi di scatto,
facendo retrocedere Hermione dallo spavento e mordendosi il labbro per poi
pentirsi immediatamente per il dolore lancinante che ne seguì.
“Ahia…”
mormorò tornando a sedersi.
Hermione
lo tamponò ancora un attimo con il cotone “No… però sai cosa ne penso del fare
a botte…”
Ron
non rispose, rimase per un attimo con gli occhi abbassati per poi alzarli verso
di lei che gli stava sfiorando il labbro gonfio con l’indice, leggera come l’aria.
Calò
l’imbarazzo tra i due, nessuno disse niente, poi una vocciaccia arrivò ad
interromperli.
“Ron,
come stai?” Lavanda corse verso di lui, lo raggiunse e scostò Hermione per
abbassarsi davanti al ragazzo e prendergli il mento fra le mani, osservando il
labbro…
“Cavolo…
sai cosa ci vorrebbe qui? Un bacio…” ridacchiò.
Ma
Hermione non seppe mai se quel bacio seguì davvero o no perché si allontanò di
fretta e furia raggiungendo gli altri compagni che avevano iniziato a correre
per il campo all’esterno della palestra più o meno ordinatamente.
Qualche
minuto dopo, ormai tutti stavano correndo compresi Ron e Malfoy, Tonks li fece
fermare tutti con un fischio a dita, cosa che li divertì moltissimo rispetto al
fischietto fastidioso della professoressa Bumb.
“Bene,
ora che abbiamo corso direi che potremo… potremo… fare degli allungamenti… no?”
guardò i suoi ragazzi come a cercarne l’approvazione ma loro la guardavano
ancora più straniti.
“Bè,
cosa avete da fissare così? Cos’è che fate di solito durate questa lezione?” domandò
incerta.
“Ma
lei non è una professoressa di Educazione Fisica?” domandò confuso Neville.
“Veramente
mi sono appena laureata in legge e quando andavo a scuola saltavo queste
lezioni con ogni pretesto, quindi… fai tu! Ah, e non mi dare del lei, ti prego!
Chiamami solo Tonks… tu sei?” lo implorò.
“Neville
Paciock…”
Lei
annuì, cercando di memorizzare il nome “Bene, grazie Neville”
“Ma
esattamente fino a quando resterà pr- Tonks?” incalzò Dean.
“Fino
alla fin dell’anno, credo. La professoressa, che poi è mia zia, sarà operata di
ernia al disco, per cui…” spiegò vagamente.
Tutti
si scambiarono sguardi preoccupati “Ma per caso ti intendi di rugby?” domandò
questa volta Ron.
“Assolutamente,
no! Perché?” domandò angelica.
Gli
sguardi dei ragazzi si tramutarono in espressioni di puro terrore “Perché dovrebbe
allenare la squadra!” esordì di nuovo Dean, che giocava in seconda linea.
“Cosa?!
Ma non ne sono assolutamente in grado!” cercò di spiegare lei.
“E
che ne sarà delle cheer leader?” domandò esasperata Lavanda.
Tonks
alzò le spalle “Senza offesa eh, ma io detesto le cheer leader…” ammise a cuor
leggero suscitando certe risatine di alcuni studenti e studentesse e facendo sì
che Lavanda avesse un capogiro. Sfortunatamente non cadde a terra perché Calì e
Padma accorsero in suo aiuto.
“Bè
ragazzi, facciamo così… per il resto della lezione di oggi fate un po’ quello
che volete, basta che… vi muoviate e… facciate esercizio, ecco. Per le prossime
volte mi organizzerò…” concluse come se fosse la cosa più semplice del mondo.
“Ma
che ne sarà del rugby?” domandò Ron seriamente preoccupato mentre Malfoy e
qualche altro che faceva parte della sua squadra provata se la ridevano di gusto
pregustando già la vittoria.
“Troverò
qualcuno che vi alleni, non preoccupatevi! Datemi un mesetto al massimo, ve lo
prometto”
Ron
sbuffò e alzò le mani al cielo “Ma non ce l’abbiamo un mesetto! La settimana
prossima ci saranno le audizioni! Chi valuterà?”
Tonks
lo additò tutta soddisfatta “Sei o no il capitano? Io presiederò le audizioni
per convalidarle e tu sceglierai, no?”
Il
ragazzo si lasciò cadere sul prato portandosi una mano sul volto, disperato.
“Su
su, alzati di lì. Visto che siete così famosi fatemi vedere la nostra squadra
in azione. O almeno la parte che risiede in questa classe… So riconoscere un
campione dopotutto…” Tonks i chinò, raccolse la palla ovale che era rotolata a
pochi passi da lei ed effettuò un tiro forte e lungo in mezzo agli studenti.
Tutti
gli occhi dei ragazzi seguivano la palla, tanti saltarono per afferrarla ma
solo due mani la acchiapparono e la portarono al petto. Quando la mischia si
aprì Tonks con un sorriso divertito, scorse un ragazzo con gli occhiali e i
capelli neri che si faceva largo.
“Ecco,
ad esempio, questo qui si che è uno che vale, Ron, vi serve mica una… come si
dice?” domandò non ricordando il nome del ruolo di quel giocare, quello che
saltava in alto e acchiappava tutte le palle.
“Seconda
linea…” suggerì Justin Finch-Fletchley.
Ron
sgranò gli occhi e arricciò le sopracciglia, incredulo “Potter?”
“Bè,
ho imparato a giocare in Sud Africa. E anche in Nuova Zelanda. Si vede che ho
imparato bene…” commentò modestamente Harry, al centro dell’attenzione di
tutti.
Il
resto della lezione passò velocemente, i ragazzi giocarono chi a rugby, chi a
basket chi si cimentò in tripli salti carpiati e piramidi umane.
Quando
tutti si furono rinfrescati a cambiati sprecarono assieme a Tonks alla mensa,
che era ormai giunta la famigerata pausa pranzo.
Quando
sulle scale incrociarono quello che si sarebbe rivelato il professore di
scienze sia Tonks che Harry esclamarono all’unisono “Ciao, Remus!”
Il
professore strizzò l’occhi a Harry ricordandogli che qui era meglio se lo
chiamava professore, per non creare equivoci e poi rivolse a Tonks uno sguardo
di sorpresa.
“Ninfadora,
che cosa ci fai qui?” le domandò confuso.
“Sono
la nuova insegnante di educazione fisica! E non chiamarmi così, Remus!”
cinguettò tutta felice.
“Ma
tu hai studiato legge!” le ricordò con disappunto l’uomo.
Lei
sbuffò e alzò le spalle “Ci vorrà mica una laurea per far fare quattro salti a
dei ragazzi, né?”
Lui
rimase senza parole, la fissò sotto shock per qualche istante e poi scosse il
capo, come per svegliarsi da uno strano sogno “Bè, allora suppongo che ci
incontreremo spesso nei corridoi, a presto Ninfadora” concluse allontanandosi.
“Tonks!”
le urlò dietro lei, per correggerlo, ma lui ormai aveva svoltato l’angolo lasciandola
con un sorriso ebete sulle labbra che non sfuggì ad alcuni studenti.
Continua…
Ormai
sforno un capitolo dopo l’altro! Spero che vi piaccia e ne siate contenti…
Questo
mi sono proprio divertita tanto a scriverlo, anche se un po’ delirante. Però effettivamente
ho avuto tanti professori strani nella mia carriera scolastica che non mi
stupisco di una modella favoritista e di una pazza che non conosce lo sport. E voi?
All’inizio
poi non ero convinta di mettere Tonks come prof di educazione fisica, è troppo
imbranata lei! Ma la Vale mi ha convinto che poteva essere divertente, ed
quindi… effettivamente mi piace!! Ora non vi dico chi verrà come allenatore di
rugby ma vi assicuro che non ve lo aspetterete mai! ^_____^
Ah,
perché il rugby? Perché è famoso in Gran Bretagna e perché mi piace, sebbene
non capisca una mazza di questo sport, per cui perdonatemi le inesattezze, ma
mi sto documentando. E poi, mica vorremmo sempre fare il solito noiosissimo
calcio, eh? BASTAAA! Avrei usato il basket ma mi faceva troppo slam dunk! ^^
E
ora passo a ringraziare chi ha commentato l’ultimo capitolo: Summers84, Ginny Lily Potter, lilian,
EDVIGE86, LucyVanPelt: grazie davvero, le recensioni mi rendono troppo
felice!!!!
Nel
prossimo capitolo vedremo di nuovo i nostri adorati vecchietti (Lily, James and
co.) e… TADAN! Harry si troverà davanti un’intera famiglia dai capelli rossì…
CHE INCUBO PER IL NOSTRO HARRY!!!! ^^
La
prima settimana di Harry in quel di Godric’s Hollow e più precisamente al Godric’s
High trascorse abbastanza tranquilla una volta che si fu abituato alle
stranezze della gente del posto e soprattutto a quelle della scuola (sia per
quanto concerne i compagni che i professori senza trascurare l’oscuro preside
pervertito).
Da
parte sua non fece molti sforzi per stringere amicizie, si limitava a
sopravvivere alla meno peggio. L’unica persona che pareva degnarlo di
attenzioni costanti era Hermione che era anche l’unica a rivolgersi a lui
gentilmente e amichevolmente. Certo Harry non disdegnava la sua compagnia,
fatta eccezione per la sua insopprimibile secchionaggine era forse una delle
poche persone normali che lo circondavano, ma cercava di non starle troppo
appiccicato perché, doveva ammetterlo, le occhiatacce che quel Weasley dai capelli
rossi gli tirava certe volte riuscivano quasi a fargli male.
Il
mercoledì pomeriggio, ad esempio, Ron lo aveva squadrato così male ma così male
per aver salutato Hermione con un’amichevole pacca sulla spalla che era dovuto
correre in bagno in preda ad un attacco di dissenteria per quanto gli aveva
fatto strizzare le interiora.
All’uscita
dal bagno poi aveva avuto uno degli incontri più fastidiosi di tutta la sua
carriera scolastica. Quel biondino dall’aria arrogante di nome Malfoy, che il
giorno prima aveva fatto a botte con Weasley, lo stava aspettando appoggiato al
muro con un ghigno sicuro e strafottente sulla faccia.
“Ciao
Potter, ti stavo aspettando… Sono Draco Malfoy” disse allungandogli la mano e
squadrandolo con superiorità.
Harry
inarcò un sopracciglio e si limitò a salutare distrattamente.
“So
che sei nuovo e non conosci bene la situazione di qui ma, considerato quanto
credo tu possa essere valido come giocatore di rugby, volevo informarti che a
Godric’s ci sono due squadre. Come avrai intuito c’è quel gruppetto di letame
della scuola… e poi ci sono gli Slythers, la mia squadra. Un’ottima squadra,
iscrizione ai migliori campionati, divisa firmata, allenamenti in un campo
privato di mio padre, trasporto con il nostro pullman personale, un allenatore
degno di questo nome… insomma, il meglio. Sei fortunato, perché io in persona
ti sto offrendo la possibilità di essere dei nostri, che ne dici?” concluse con
voce strascicata sistemandosi i capelli con un gesto arrogante della mano, come
se dovesse sedurre una ragazzina e non ingraziarsi la bravura di Harry Potter…
Il
moro lo squadrò perplesso, ne aveva visti tanti di sfigati convinti ma questo
li batteva tutti, maledetto figlio di papà…
“Dico
che non mi interessa. Tanto resterò solo per poco in questa città” rispose
vago.
“Sai
Potter, siccome sei nuovo voglio farti capire quali sono le persone giuste e le
persone sbagliate qui, allora?” insistette, più accanito.
Harry
inarcò un sopracciglio “Credo di essere capace di capire da solo le persone
sbagliate, grazie ma no” rispose gelido.
Draco
inarcò un sopracciglio, non gli piaceva per niente sentirsi dire di no “Bene
Potter, io non offro seconde possibilità, o sei con me o sei contro di me e sei
una merda…” rispose andando dritto al sodo.
La
bocca di Harry si storse in un risolino sarcastico “Oh, devo avere paura?”
domandò ironico.
Draco
serrò i pugni nelle tasche “Vedi di non metterti mai contro di me, altrimenti
dovrai averne…” e gli si avvicinò minaccioso.
Ad
interrompere quella che avrebbe potuto essere una scazzottata giunse il preside
Riddle “Novellino, che cosa ci fai ancora qui? La mensa aspetta di essere
lucidata come uno specchio! Muoviti o ti manderò a pulire anche i bagni!” lo
intimò.
Harry
non se lo fece ripetere due volte e corse in mensa. Fortunatamente riuscirono a
finire prima del previsto per via del fatto che Ron aveva passato l’intera
pausa pranzo a minacciare chiunque rovesciasse una sola briciola di pane o
lasciasse un fondo di bicchiere sul tavolo.
“Direi
che le lo sbattimento di chiudere tutte le tapparelle e consegnare le chiavi è
tuo visto che ti ho fatto avere anche lo sconto…” gli disse solo il rosso,
prima di uscire per tornarsene a casa e mollarlo lì da solo.
Seduta
ad uno dei tavoli del giardino, immersa nella lettura di un libro di testo e
impegnata a scrivere chissà che cosa, lo aspettava Hermione.
“Oh,
hai fatto presto…” commentò vedendoselo arrivare all’improvviso.
“Bè,
la mia tattica ha funzionato, domani lo rifaccio!” rise divertito Ron.
Hermione
incrociò le braccia al petto “Ron, non puoi mica minacciare di morte chiunque
si sieda ai tavoli della mensa. Insomma, almeno alla pausa pranzo uno dovrebbe
essere libero di stare tranquillo, non avere te che gli stai con fiato sul
collo…” gli fece notare.
“Ehi,
ma sono io che poi devo pulire tutto! E per di più senza motivo!” puntualizzò
lui.
Lei
dovette dargli ragione, alla fine.
“Bè,
che stavi facendo?” le domandò mentre lei riordinava meticolosamente quaderni,
fogli, libri e materiale sparso sul tavolo.
“I
compiti di grammatica, li ho finiti giusto in questo momento” spiegò infilando
tutto nella propria borsa.
“Ottimo!
Così appena a casa mi alleggerisco di questo peso…”
“Non
penso proprio…”
Ron
le rivolse un sorrisino malizioso prendendo in spalla la borsa di lei “Tanto
dici sempre così ma alla fine cedi sempre…”
Hermione
si limitò a sbuffare e distogliere lo sguardo consapevole di quanto avesse
ragione.
Erano
appena montati in bicicletta quando Harry uscì dalla scuola, incamminandosi.
“Ciao
Harry!” lo salutò Hermione, aggrappata alle spalle di Ron.
“Ciao
Hermione, ci vediamo domani!” rispose lui sventolando una mano.
“Rallenta
Ron, – fece lei mentre il rosso lo sorpassava – andiamo dalla stessa parte,
possiamo fare la strada assieme…” gli ricordò.
Ma
Ron era decisamente contrariato, per tutta risposta accelerò facendo quasi
perdere l’equilibrio ad Hermione “Non se ne parla, e poi io ho fretta, se
proprio hai voglia fatti la strada a piedi con il novellino!” sbraitò
imbufalito.
Harry
assistette alla scena senza commentare, un po’ perplesso.
“Bene,
allora fermati immediatamente e fammi scendere, razza di troglodita!” berciò
lei.
Ron
la accontentò. Frenò di colpo e le dette appena il tempo di scendere prima di
ripartire alla velocità della luce senza aggiungere altro.
“Sei
davvero un idiota, Ronald Weasley!” gli gridò dietro lei.
Rimase
a fissarlo finchè non svoltò e scomparve dal suo campo visivo, lasciandola
amareggiata e sull’orlo delle lacrime.
Harry
la raggiunse in un istante “Ora sei rimasta a piedi… mi dispiace” commentò, non
sapendo che altro dire.
“Oh,
non preoccuparti… tanto è sempre così, Ron” commentò lei senza guardarlo e
cercando di ricacciare indietro le lacrime rabbiose.
“Sì,
un po’ scorbutico mi sembra…” commentò lui, cercando di non esagerare.
Lei
annuì in silenzio continuando a camminare.
“Senti,
non che mi interessi così tanto, ma… come mai ce l’ha così tanto con me?”
domandò dopo un po’ anche per rompere quel pesante silenzio.
Hermione
fece una risatina “E chi lo sa. Credo che sia perché è geloso del fatto che sono
disponibile nei tuoi confronti… assurdo, eh?”
Harry
aggrottò la fronte perplesso “Oh, tu e Ron state –“
“Assolutamente
no!” lo interruppe lei, intuendo il suo pensiero.
“Però
lo conosco da troppi anni, credo che possiamo definirci migliori amici… diciamo
così, va…” fece vaga.
A
Harry risultò piuttosto losco che fosse così geloso di lei nonostante fossero
solo amici ma decise di non indagare né manifestare la propria perplessità
prima di tutto perché non gliene importava nulla e seconda perché era chiaro
che Hermione non aveva molta voglia di parlarne.
Qualche
secondo dopo pesanti goccioloni presero a cadere dal cielo scuro mentre lontano
si sentiva il rombo di qualche tuono.
Solo
allora Hermione si accorse di non avere con sé la borsa, che l’aveva tenuta
Ron. Se da una parte sorrise per il gesto dell’amico che ogni volta si faceva
carico del peso dei suoi libri, dall’altro lo maledisse perché dentro la borsa
c’era anche il suo ombrello e ora sarebbe dovuto arrivare fino alla Tana (come
era informalmente chiamato il cottage dei Weasley), che distava un bel
pezzettino ed e si affacciava su una strada sterrata, a piedi e sotto la
pioggia. Si rassegnò al destino avverso e continuò a camminare.
Dopo
qualche minuto, con grande sorpresa per tutti e due, da un angolo sbucò Ron con
la sua bicicletta. Si fermò senza dire una parola di fianco ad Hermione, le
porse il suo ombrello colorato che aveva appena sfilato dalla borsa e attese
che montasse dietro di lui.
Mentre,
aggrappata alle sue spalle, Hermione saliva sul portapacchi rispose allo
sguardo sempre più perplesso di Harry con un’alzata di spalle e un sorriso
commosso, poi lo salutò con un gesto silenzioso della mando e si aggrappò a Ron
che ripartì velocemente per la strada deserta e silenziosa.
Non
si rivolsero la parola per tutto il tragitto né per il resto della sera. Ron
sembrava intenzionato ad evitarla.
Troppo
dispiaciuta della situazione ma incapace di affrontarla Hermione si buttò
stancamente sul divano appena dopo cena. In un lampo Ginny, che ormai aveva
sviluppato un occhio clinico per le situazioni bizzarre che si creavano tra
l’am9ca e il fratello, le fu accanto.
“Ma
che cosa è successo?” domandò nemmeno troppo preoccupata. Ormai aveva fatto
l’abitudine perché, sebbene Ron ed Hermione fossero amici da una vita e si
volessero un gran bene, litigavano un giorno sì e l’altro anche.
“Credo
che a Ron non piaccia molto Harry…” rivelò Hermione abbracciando un cuscino.
“E
a chi piace, scusa?” rispose ironica la rossa, lasciandosi andare ad una
risata.
Vedendo
che Hermione non condivideva il divertimento cercò di tornare seria “Fammi
capire, è arrabbiato con te perché stai facendo amicizia con Potter?”, il tono
della sua voce era quasi incredulo.
“Mio
fratello è il ragazzo più imbecille che esista in tutta la Scozia… Anzi,
nell’intero Regno Unito…” commentò scuotendo la testa rossa.
Hermione
si limitò a rispondere “Lo so”
Ginny
cercò allora di smuovere l’amica “Senti, perché non gliene parli e gli fai
capire che è davvero uno stupido a reagire così?”
“Servirebbe
solo a litigare, e non mi va…”
E
aveva ragione. Dare torto a Ron era una cosa che lo faceva andare in bestia,
anche quando non aveva nemmeno una piccolissima percentuale di ragione.
“E
allora cerca di arginare la situazione!” propose, con un’idea in mente.
“Non
rivolgendo più la parola a Harry? Non mi sembra giusto, e poi a me Harry sta
simpatico…”
Ma
Ginny scosse la testa, non era quello che aveva in mente “No, intendevo dire
che devi prenderla alla larga. Tipo: vai da lui con una scusa, i compiti o un’informazione,
e fai come se niente fosse successo. Una volta che è tornato di buon umore…
TADAN! Affronti la questione di petto!”
Effettivamente
era l’unica soluzione… Hermione prese il quaderno con i compiti di grammatica
per l’indomani e pure gli appunti della giornata, per esagerare, e bussò alla
porta di Ron.
“Che
cavolo vuoi? Vattene una buona volta…” rispose una voce rabbiosa dall’interno.
Hermione
rimase di sasso “Io… ti volevo solo portare i quaderni…” rispose sorpresa e un
filino arrabbiata.
In
un attimo Ron fu alla porta “Scusa, credevo fosse ancora Charlie, è tutta la
sera che rompe…” fece, invitandola ad entrare ma senza guardarla.
Hermione
si sforzò che fosse tutto normale “Ecco qui, è vero che alla fine non riesco
mai a dirti di no… I compiti di grammatica e gli appunti di oggi” e gli posò
affettuosamente i quaderni in testa.
Ron
prese al volo i quaderni, decisamente sorpreso e anche sospetto “Grazie… ma…
come mai tanta disponibilità?” domandò incerto.
Hermione
fece la vaga “Bè, è tardi… non riusciresti mai a farli tutti per domani e ti
prenderai una nota così mi sono dispiaciuta…”
Lui
aprì il quaderno all’ultima pagina scritta e diede un’occhiata veloce “Non è
che li hai fatti sbagliati e stai architettando uno scherzo per farmi fare una
figura di merda domani a scuola?”
Hermione
lo fulminò con gli occhi, indignata “Ma non sono mica Fred o George io, eh! Se
non li vuoi me li riprendo volentieri…” e allungò una mano.
Ron
scoppiò in una risata, il malumore era passato proprio come previsto da Ginny
“Dai, scherzavo! Comunque grazie Mione, ora li copio e domattina ti ridò i
quaderni. Per caso hai già fatto anche quelli per venerdì?” domandò iniziando a
copiare.
Ma
Hermione non rispose, ora doveva affrontare la questione di petto, come
previsto dal piano “Oggi ti se comportato veramente male…” gli disse, la voce
bassa e risentita.
“Oh,
capisco, quindi per punizione non me li passerai?” rispose divertito,
continuando a copiare.
“Non
sto parlando dei compiti, Ron. Con me, con Harry… sei stato davvero maleducato.
Mi hai lasciato lì senza dire una parola… io… ci sono rimasta male” concluse,
sedendosi sul suo letto.
Ron
si bloccò e posò la penna, sospirando “Ok, forse non dovevo mollarti lì così ma
sono tornato indietro, no?” le fece notare.
“Sì
Ron, tu torni sempre indietro, ma prima riesci sempre a ferire gli altri” gli
fece notare, con la voce più sottile del solito.
Rimase
in silenzio non sapendo che cosa rispondere. Improvvisamente si sentì in
imbarazzo per tutte le volte che si era arrabbiato con lei e aveva avuto da
ridire su delle sciocchezze. In effetti, genio della sensibilità e impulsivo
com’era, riusciva sempre a trattarla male per delle banalità.
“Scusa…
è vero, sono un po’ un troglodito come mi dici sempre tu, eh?” ammise cercando
di sorridere per alleviare l’imbarazzo di quella conversazione.
“Troglodita,
Ron. Con la A…” precisò lei, pignola fino alla morte.
Ron
fece un gesto nervoso con la mano “Bè, quello lì, insomma”
“Invece
di chiedermi scusa o di tornare indietro, ricordatelo la prossima volta… Bè,
non farmi le orecchie ai quaderni o ti strozzo, domani. Buona notte, Ron” fece
lei, con un sorriso sollevato, uscendo dalla stanza.
Lui
la bloccò per un braccio, si avvicinò e, mettendole una mano tra i capelli per
avvicinarsela le diede un bacio sulla fronte “Notte, Mione” disse prima di lasciarla andare.
Quel
semplice gesto d’affetto fu sufficiente per fare scendere le scale ad Hermione
volando.
Gli
ultimi giorni della settimana trascorsero più tranquilli per tutti.
Era
sabato pomeriggio, Harry se ne stava comodamente sbattuto in tuta da ginnastica
in camera sua a giocare da diverse ore con la sua XBox… Tutto preso com’era
dall’azione non sentì sua madre, Lily, che lo chiamava a gran voce dal
corridoio finchè non bussò così forte da rischiare di abbattere la porta nuova.
“Ehi,
con calma, non sono mica sordo!” rispose Harry, facendola zittire.
Lily
entrò aprendo la porta “Ne vogliamo parlare? E’ mezz’ora che ti chiamo e mi
sgolo come una matta ma tu niente… un giorno o l’altro quella maledetta cosa
vola fuori dalla finestra e diritta nella piscina. E se ancora qualche pezzo
sopravvive lo falcio con il taglia erba, giuro!” fece esasperata indicando
nervosamente la consolle.
“Bè,
che c’è?” fece Harry improvvisamente docile come un agnellino di fronte alla
minaccia della madre, minaccia che era ben consapevole sarebbe stata in grado
di attuare davvero.
“Non
sei ancora pronto? Guarda che tra mezz’oretta dobbiamo andare…” le fece notare
lei.
Harry
cadde dalle nuvole “Andare dove?” domandò.
“Come
dove? Tuo padre non te l’ha detto stamattina? A cena da una mia cugina…” spiegò
lanciando un’occhiataccia a James che, proprio in quel momento passava fuori
dalla stanza.
“Veramente…”
iniziò Harry, non avendo la più pallida idea di quello di cui stava parlando. Un’occhiata
supplicante del padre però, che gli chiedeva clemenza e soccorso, gli fece
cambiare discorso.
“Ah,
già, la cena da tua cugina, certo! Scusa, avevo capito fosse domani…” concluse
ricordando al padre, che ora finalmente tornava a respirare, che era in debito
con lui.
“Dai,
preparati” lo esortò la madre, sistemando le coperte del letto e raccogliendo
una busta di patatine e una lattina di tè dal pavimento.
“Ma’,
devo proprio venire anche io?” non aveva la minima voglia di passare una
noiosissima serata a casa di qualche parente sconosciuto.
“Certo
che sì, diglielo James” se ne uscì, cercando di coinvolgere il marito, che si
stava allontanando.
“Bè,
ma magari deve studiare…” cercò di giustificarlo lui, per ricambiare il favore
di poco prima.
“Già,
sono carico di compiti…” rincarò lui.
Lily
incrociò le braccia al petto e li guardò mezzo contrariata mezzo minacciosa “Ma
fammi il piacere, compiti il sabato sera, come se non ti conoscessi…”
“Eh,
ma sono indietro col programma…” continuò lui, nonostante sapesse che non
gliela avrebbe mai data a bere e che non sarebbe riuscito ad evitarsi la
noiosissima cena per nulla al mondo.
“Vorrà
dire che domani, invece di andare a pescare con tuo padre, starai a casa a fare
i compiti!” concluse.
“Ma
non è giusto!” protestarono i due uomini di casa, contemporaneamente.
Lily
scosse la testa “A volte mi sembra di avere due figli. Due figli di otto anni,
tra l’altro. Niente ma. Sei ancora in tempo per ricordarti che di compiti non
ne hai poi così tanti, o volente o nolente passerai la domenica in casa a
studiare” concluse, soddisfatta di sé e di come riusciva sempre a dominare la
situazione.
Harry
si grattò una guancia sorridendo “Ora che mi ci fai pensare, mammina, non sono
effettivamente così tanti… Credo che riuscirò a venire stasera, e magari anche
a pescare domani…”
“Bene,
allora muoviti. E anche tu, James”
Il
marito la guardò sconcertato “Ma io sono pronto…” protestò.
“Non
credo proprio…” commentò lei squadrandolo da capo a piedi e storcendo il naso
di fronte ai jeans un po’ rovinati e al maglione qualunque che indossava.
“Sul
tuo letto ci sono i pantaloni e la camicia appena stirati… starai benissimo!”
aggiunse scoccandogli un bacio veloce sulla guancia prima di allontanarsi.
Harry
lasciò andare la risata che aveva trattenuto fino a quel momento ma fu
interrotta dalla voce della madre che giungeva dalle scale “Ah, Harry! In bagno
ho preparato i pantaloni per te, vedi di non scendere con quegli orrendi jeans
enormi che porti di solito i saranno guai…” fece in tono innocente.
Harry
e James si scambiarono uno sguardo rassegnato, non erano proprio in grado di
ribellarsi e tenerle testa quando si trattava di queste cose.
“Mia
madre è una strega…” commentò il figlio.
“Tutta
colpa mia che l’ho sposata…” fece eco il padre.
I
due Potter si separarono abbattuti pronti ad andare in contro al loro destino.
Vestiti bene.
“E
quella sarebbe una casa?” domandò Harry perplesso, mentre la macchina,
sobbalzando, si arrampicava per la stradina sterrata che portava a casa della
fantomatica cugina di sua madre. Di fronte a lui si stagliava l’edificio più
strano che avesse mai visto. Il giardino era rigoglioso ma assolutamente
caotico. Il piccolo cottage di mattoni era intonacato di rosso in certe parti,
nel ben mezzo svettava lungo verso il cielo un comignolo di pietre e legno
rosso e, ai due lati, si ergevano due torrette asimmetriche e diseguali, una
più alta e una più bassa, dalla forma strana.
“Oh,
io adoro la Tana…” commentò Lily entusiasta.
“Il
nome dice tutto” rispose freddo Harry.
James
si fece una risata “Molly e Arthur l’hanno chiamato così affettuosamente.
“Chi
sono Molly e Arthur?” domandò poi il ragazzo.
“Molly
è mia cugina, un po’ alla lontana ma lo è e poi ci sono molto affezionata, e
Arthur è suo marito. Ti piaceranno, vedrai… Hanno ben sette figli, ma sono
tutti grandi. Forse… sì, la figlia credo abbia la tua età… come si chiama?
Accidenti, non ricordo… inizia per G… Ginestra? Una cosa simile…” fece Lily
assorta, cercando di ricordare.
Harry
si incupì ancora di più, se c’era una cosa di cui non aveva proprio voglia, era
trascorrere una serata in mezzo a una miriade di parenti chiassosi che nemmeno
conosceva. Ma per la sua incolumità e per la pesca del giorno dopo col padre,
era costretto a fare buon viso a cattivo gioco.
James
parcheggiò l’auto sul margine della strada, accanto al cancelletto
dell’ingresso, che era aperto. Sopra, a mo’ di arco, stava scritto in ferro
battuto “la tana”.
Sempre
più perplesso Harry seguì i genitori che si avvicinavano alla porta, spingevano
diverse volte il battente in ferro – “Ma chi diavolo sono questi? Non potevano
avere un campanello normale come tutte le altre persone?” – e nell’aria giunse
una voce femminile concitata.
“Arrivo…”
La
porta si aprì velocemente con uno scampanellio e Harry si ritrovò a fissare una
donna non troppo giovane dai folti capelli ricci e così rossi, pienotta e vestita da casalinga che, in un baleno,
sommerse sua madre in un abbraccio tritaossa “Lily, tesoro! Sei bellissima!
Quanto tempo!”
Poi
fu il turno del padre “James, come sono felice di vedervi!” aggiunse, quasi
commossa.
“Arthur,
Arthur sono arrivati, vieni! Lily è qui!” strillò alle sue spalle. In un attimo
un uomo alto e secco, stempiato, con un paio di occhialetti sul naso li
raggiunse. I pochi capelli rimasti erano così
rossi da far aumentare il nervosismo di Harry che fece in modo di evitare
il più possibile il momento in cui si sarebbero accorti di lui nascondendosi
dietro un enorme vaso di fiori di fianco all’ingresso.
Anche
Arthur salutò i suoi genitori e li invitò ad entrare.
E
poi, purtroppo, si accorsero di lui.
“Harry,
sei cresciuto tantissimo! James, è il tuo ritratto… però ha i tuoi bellissimi
occhi, Lily! Avete un figlio bellissimo!” fece Molly, stritolando anche lui.
Trascinato
fin nel salotto dall’abbraccio doloroso e soffocante di Molly, Harry si ritrovò
di fronte lo spettacolo più grottesco a agghiacciante di tutta la sua vita. Dal
divano e dalle poltrone spuntavano ben cinque teste così rosse. Che assieme a quelle di Molly e Arthur facevano sette!
Il
suo peggior incubo si stava realizzando e peggiorò, per quanto possibile,
quando si trovò faccia a faccia, con il suo peggior ricordo.
Nonostante
fossero trascorsi quindici anni riconobbe quel doppio ghigno minaccioso e
inquietante in un baleno. I due gemelli che l’avevano tanto shockato da piccolo
erano lì di fronte a lui, e lo guardavano divertiti.
“Oh
guarda Fred, Harry! Il figlio di Lily, te lo ricordi? Giocavamo sempre assieme
da piccoli…” commentò uno dei due.
“E
c’è anche la più bella cugina di nostra madre!” continuò Fred, salutando Lily.
“Senza
gelosie eh, James, ma noi da piccoli eravamo tutti innamorati di lei…” commentò
un altro rosso, uno alto con una lunga coda di cavallo salutando i suoi
genitori.
“Ciao
Bill! Ne è passato di tempo, come stai?”
E
poi Harry non sentì più niente, la testa iniziò a giragli così velocemente che
non si accorse di Hermione che lo salutava. Si allontanò con la scusa di dover
andare in bagno e a malapena riuscì a comprendere le istruzioni di Arthur su
come raggiungerlo.
Una
volta in bagno si sedette sul bordo della vasca, shockato.
Non
sarebbe sopravvissuto alla sera. Non con quei due gemelli che avevano già
ripreso a tormentarlo…
Per
un attimo si risentì come quando a due anni era scivolato davanti a tutti senza
il suo costumino.
Poi
cercò di farsi coraggio, era sì in casa del nemico ma non era mica più un
bambinetto spaurito. Li avrebbe messi al loro posto quei due diavoli dai
capelli rossi.
Si
sciacquò il viso e uscì dal bagno un po’ più rincuorato.
Malauguratamente
appena fuori dalla porta si scontrò con qualcuno che scendeva le scale di
corsa. Fu l’ennesimo terribile impatto. Ruzzolò giù per tutta la lunghezza
delle scale trascinandosi dietro il suo ostacolo e si fermò sul pavimento di
legno sotto gli occhi attoniti di tutti i presenti.
“Oh
santo cielo, Harry! Ti sei fatto male?” Molly e Lily erano corsi vicino a lui
che si ritrovò a fissare due sagome sfuocate avendo perso gli occhiali nella rovinosa
caduta. Cercò di alzarsi ma qualcosa di piuttosto pesante sopra di lui lo
bloccava mozzandogli il respiro: c’era qualcuno seduto proprio sulla sua
pancia.
“Non
è possibile…” commentò lo sconosciuto – che però aveva una voce piuttosto
femminile e quindi poteva benissimo essere la sconosciuta – alzandosi da sopra
Harry.
Quando
sua madre gli rinforcò gli occhiali sul naso scoprì che i gemelli non erano
l’unica brutta sorpresa che quella casa gli aveva riservato.
Davanti
a lui lo fissava inorridita la Weasley che già tre volte era stata causa di
dolore fisico per lui e accanto a lei, piegato in due dal ridere, c’era il
fratello suo compagno di classe. Solo allora, dietro il ragazzo, scorse
Hermione.
“Weasley…”
commentò.
“Sì,
e direi che siamo a quota sette” commentò un altro di loro, uno più basso e
corpulento dai capelli rossi ecorti ma
dal sorriso gentile.
Harry
si rimise in piedi, attaccandosi alla mano che il padre, visibilmente
divertito, gli stava porgendo.
“Vi
conoscete?” domandò Lily.
“Sì,
loro in classe con me – disse indicando Hermione e Ron – e lei… – aggiunse
nervosamente rivolto a Ginny – è quella di cui ti ho parlato il primo giorno…”
“Non
ho mai travolto nessuno in vita mia, sono convinta che sei tu a portarmi sfiga,
Potter…” ripetè Ginny, massaggiandosi la schiena dolente.
“Ginevra!”
la riprese la madre con un’occhiata di fuoco.
“Ma
è la verità, mamma!” si difese lei.
Intanto
la situazione aveva iniziato a suscitare l’ilarità generale, quasi tutti
ridacchiavano divertiti aumentando lo scontento e l’imbarazzo di Harry.
“Così
hai travolto ben quattro volte la nostra sorellina…” fece George avvicinandosi
e mettendo un braccio attorno alle spalle di Harry, una volta che il capannello
di gente attorno a lui fu sciolto e gli adulti furono tornati ai propri affari.
“Hai
bisogno di queste trovate per avvicinare una ragazza, Potter? Che tristezza…”
continuò a prenderlo in giro Fred, affiancandolo e bloccandolo allo stesso modo
del gemello.
Harry
cercò di divincolarsi e protestare “Ma veramente è lei che ha quasi ucciso me,
tutte le volte…”
In
fin dei conti, quei due gli incutevano ancora un gran timore.
“Ti
ricordi George, cosa è successo a Corner?” fece improvvisamente vago George,
senza mollare Harry.
“Ah
già, Corner! Poveraccio…” rispose Fred, sempre serrato.
“Bè,
se lo meritava, no?” aggiunse George.
“Assolutamente
sì!” confermò Fred guardando Harry.
“E
chi cavolo è questo Corner?” domandò Harry, da come ne parlavano sembrava
dovesse avere qualcosa a che fare con lui.
“Niente,
solo un moscerino che svolazzava attorno a nostra sorella…” rispose George
mantenendo sempre il tono ironico e distaccato di prima.
“Vuoi
sapere cosa succede a svolazzare attorno a nostra sorella?” gli domandò poi.
Harry
cercò nuovamente di divincolarsi ma senza risultato “Io non svolazzo proprio
attorno a nessuno! A me non interessa un accidente di quell’acida di vostra
sorella!” obbiettò.
Fred
rincarò la presa sulle spalle, stritolandolo “E sai invece cosa succede a chi
prende in giro nostra sorella?”
Harry
deglutì sonoramente, timoroso, ma in quell’istante giunse la signora Weasley.
“Fred,
George! Cosa diavolo state facendo?” domandò.
“Familiarizziamo,
Harry è uno spasso, mamma! Vero Harry?” domandò George, allentando la presa sul
ragazzo.
Harry
sforzò un sorriso “Sì, uno spasso!” sottolineò rivolto alla signora Weasley
che, dopo aver comunicato che era quasi pronta la cena si allontanò lasciando i
gemelli piegati in due dalle grasse risate e Harry perplesso e preoccupato.
Per
tutto il resto della serata cercò di stare loro il più lontano possibile. Si
fece coinvolgere solo quando Ron e Percy – così si chiamava l’altro Weasley,
quello con gli occhiali – iniziarono una serrata partita a scacchi.
Quando
Ron vinse dichiarò soddisfatto “Non è ancora nato chi riesce a battermi…!”
Harry,
divertito e consapevole della propria abilità a scacchi gli propose una
partita. Nel giro di poche mosse mise Ron sotto scacco e vinse la mano.
Ron
pareva sconvolto mentre tutti gli altri lo prendevano deliberatamente in giro.
“Sai
fratellino, io credo che l’unico essere a non essere ancora nato è quello più
stupido di te…” lo punzecchiò Ginny, troppo divertita dalla situazione e
scambiando un cinque per la battuta riuscita con i gemelli.
La
sua uscita strappò una risata anche ad Harry che però badò bene di lasciarsi
coinvolgere troppo da quella vipera dai capelli rossi.
“Fred
e George mi hanno deconcentrato! Sono stati a scassare per tutta la partita…”
protestò Ron che, per il divertimento di Harry, stava arrossendo come un
bambino sulle orecchie.
“Bè,
abbiamo avuto poco tempo visto che ti sei fatto battere in cinque minuti…”
precisò Fred.
Harry
non lo ammise troppo apertamente con sé stesso ma, tralasciando le sottile
minacce dei gemelli e l’ennesimo scontro con la megera, la serata fu abbastanza
piacevole. Molly aveva cucinato per un esercito ed era tutto buonissimo e
Arthur era un ottimo padrone di casa.
Bill
poi, il maggiore dei Weasley, era davvero un mito. Simpatico e divertente,
maturo e pieno di cose interessanti da raccontare suscitò ben presto la
simpatia e l’ammirazione di Harry. Allo stesso modo Charlie, quello più piccolo
e corpulento, che raccontò ai Potter di lavorare come veterinario allo zoo di
Edimburgo e mostrò loro la cicatrice che portava sul braccio destro, la zampata
di un orso infervorato appena giunto qualche mese prima, ferito ed impaurito,
che era riuscito ad avvicinare e curare. Percy invece era più noioso dei due
fratelli maggiori, lui non faceva altro che ricordare a tutti che lavorava
nella giunca comunale come assistente del sindaco, era un perfezionista un po’
petulante ma le battute dei gemelli fortunatamente riuscivano ogni volta a
sdrammatizzarlo.
I
gemelli poi, quando non prendevano Harry come oggetto delle proprie battute e
dei propri scherzi erano addirittura divertenti.
Bè,
Ron era sempre Ron e dopo che lo aveva battuto a scacchi rivolgeva ad Harry
occhiate sempre più furenti, e anche Ginny lo trattava un po’ come un cretino,
ma fatta eccezione per loro dovette rivedere di un poco le sue credenze sui
capelli rossi.
E
molto altri ancora sarebbe accaduto a smentirlo, dopo quella sera.
Continua…
E
finalmente è giunto il capitolo fatidico del faccia a faccia con i Weasley!
Come
vi è sembrato? Questo era tutto dedicato a loro e a Ron.
Che
ne pensate del suo rapporto con Hermione? Vi sembra che sia troppo OOC? Perché
io me lo vedo molto così, sempre a litigare ma alla fine si vogliono troppo
bene!
Chi
invece fa fatica ad ingranare sono Harry e Ginny ma, considerato l’astio
iniziale non è che posso far cambiare loro registro così da un capitolo
all’altro… Ne vedrete delle belle!!
Ah,
Lily in questo capitolo sembra un po’ una marescialla… però mi piace questo
aspetto un po’ dittatoriale di lei, in fin dei conti la vedo forte e dominante,
con il marito scellerato che si ritrova! Vi sono piaciuti?
Prima
di dimenticarsi (ma non sarebbe possibile), ringrazio tantissimo per le
recensioni Ginny Lily Potter, SiphionGrindelwald, EDVIGE86, LucyVanPelt, mary_zabini, lilian e le
mie ciccissime Ale e Vale. Le vostre recensioni sono
stupende e preziose, davvero! Spero di potervi soddisfare con ogni capitolo!!
Mi
raccomando, non lasciatemi senza una commentuccio, anche piccolo piccolo, ma
fatemi sapere cosa ne pensare, mi rendete immensamente felice!
Capitolo 6 *** VI - A tutto sport! Ma non solo... ***
VI – A tutto sport
VI – A tutto sport! Ma non
solo…
Il
lunedì pomeriggio, Ron era su di giri. Ma era anche profondamente depresso.
Era
su di giri perché finalmente poteva permettersi di insozzare il pavimento della
mensa senza preoccuparsi delle conseguenze, perché con un po’ di fortuna, non
avrebbe dovuto lavarlo mai più. Era su di giri anche perché, finalmente, poteva
tornare a giocare con la sua squadra e proprio quel pomeriggio ci sarebbero
state le nuove selezioni.
Ma
era profondamente depresso per quella nuova inutile svitata che aveva l’agilità
e la conoscenza dello sport di una statua di marmo (che non fosse il David),
quella Tonks, che era capitata tra capo e collo come professoressa di
educazione fisica e di conseguenza allenatrice.
Ed
era anche un po’ depresso perché, doveva ammetterlo, era costretto ad accettare
in squadra quel novellino d’un Potter. Che non è che poi fosse ai suoi livelli,
è da sottolinearsi, sicuramente in una sfida testa a testa lo avrebbe
sconfitto, anzi, distrutto, ne era convintissimo. Però doveva riconoscere che
possedeva quel briciolo di bravura, ovviamente superata in larga misura dalla
sua profonda antipatia… E il fatto che lo avesse battuto a scacchi non faceva
che aumentarla. Ma a rugby era più bravo lui, di certo.
Bè,
era anche dannatamente antipatico, forse risultava sconvenientemente un po’
troppo simpatico ad Hermione ed era pure bravo a scuola, cosa che lo mandava in
bestia ma – e questo poteva ammetterlo solo per pochi secondi di seguito e al
massimo riconoscerlo due volte al giorno – valeva come giocatore.
Con
l’umore sotto le suole delle scarpe da ginnastica – perché aveva appena
formulato l’infausto pensiero che Potter fosse un giocatore di gran valore –
raggiunse il campo. Tutto attorno si era formato un gruppetto di gente
interessata.
Ragazzine
agitate che non vedevano l’ora di assistere ad un bellicoso scontro di giovani
dai fisici prestanti in pantaloncini, semplici curiosi e illusi e non che
nutrivano la speranza di ricoprire quei tre posti vacanti in squadra.
Il
nervosismo di Ron aumentò quando vide Hermione, la SUA Hermione, parlare
allegramente con Harry in pantaloncini e canottiera – che poi non faceva così
caldo.Già, perché Hermione era sua, di
nessun altro, gli apparteneva di diritto, da, si può dire, sempre, almeno a suo
parere. E se qualcuno avesse osato fargli notare che tuttavia non c’era proprio
un bel niente tra loro due e di conseguenza non poteva avanzare pretese, che,
anzi, il rosso se la spassava sovente con quella biondina scialacquata capitano
delle cheerleader, che spesso e volentieri la trattava anche un po’ male la SUA
Hermione, Ron sarebbe andato su tutte le furie.
Tanto
per cominciare gli avrebbe ribadito che Hermione era incontrovertibilmente e
inconfutabilmente (si era preparato apposta questi due paroloni difficili) SUA,
poi avrebbe iniziato ad accusarlo di menzogna bella e buona, negando qualsiasi
cosa e, per concludere in bellezza, magari lo avrebbe anche menato.
E
questi erano i motivi per cui nessuno si era mai arrischiato a fargli notare
l’errore e l’evidenza e Ron si era sempre più convinto che Hermione fosse
incontrovertibilmente e inconfutabilmente SUA. Semplicemente SUA, non la sua
ragazza, o la sua migliore amica, o la sua concubina o chissachè, semplicemente
la SUA Hermione.
Si
diresse a falcate verso i due conversatori con le mani piantate nelle tasche
dei pantaloncini della divisa, distruggendole parzialmente dal nervoso, pronto
a cantarne quattro a quel novellino imbecille quando fu travolto da una pazza
con una zazzera rosa cicca che correndo alle spalle e inciampando stava per
perdere l’equilibrio.
“Oh,
Weasley! Ce l’ho fatta, pensavo di essere in ritardo… mamma mia, ce n’è di
gente, eh?” sbraitò cercando di rimettere in piedi tirando su per le spalle il
malcapitato Ron.
“A
volte mi domando seriamente come tu abbia potuto ottenere il posto di
insegnante di educazione fisica…” fece lui, guardandola perplesso.
Lei
sorrise divertita “Potere delle conoscenze…” e scoppiò a ridere fragorosamente
attirando l’attenzione dei presenti che ben presto li circondarono.
“Siete
tutti qui per fare il provino? Devo ricordare alle ragazze che purtroppo la
squadra è maschile…” iniziò Tonks, guardando rammaricata tutte le donzelle
assiepate attorno a loro.
“Lo
so che è una vera ingiustizia, io la penso come voi, ma purtroppo la nostra
società maschilista ci impone che esibiate i vostri corpicino solo in
pericolose torri umane con minigonne da capogiro e – “
“Tonks,
lo sanno. Credo che siano qui solo per guardare…” cercò di recuperarla Ron,
sempre più perplesso.
La
professoressa si picchiò una mano in fronte “Già, non ci avevo pensato… anche
se trovo che sia assolutamente ingiusto lo stesso…” continuò.
“Perché
scusa, tu vorresti far parte di una squadra di rugby?” domandò incuriosito
Dean.
“Assolutamente
no! Io amo lo sport almeno quanto amo le zanzare…” rispose lei sarcastica,
guadagnandosi un’occhiataccia da parte di tutta la squadra.
“Ma
questo non vuol dire che non vi spronerò e sosterrò e magari anche allenerò…”
cercò di correggere il tiro, mortalmente colpita da quegli sguardi assassini.
Ron
sospirò rassegnato “Meglio iniziare le selezioni… Chi si è presentato per il
ruolo di seconda linea da questa parte…” iniziò dando indicazioni su come
dividersi e squadrando malamente l’uomo in canottiera che prima importunava la
SUA Hermione.
Ron
e i suoi compagni di squadra si fecero delle grasse risate di fronte alla
grande volontà ma alla scarsa capacità della maggior parte degli aspiranti… Per
tre posti vacanti scelsero Ernie Macmillan, Michael Corner – anche se Ron aveva
ferocemente protestato all’inizio non volendolo in squadra per via di quelle
vecchie uscite con sua sorella – e Roger Davis quindi si tennero i provini per
la seconda linea.
Ron
nutriva la vivace speranza che qualche inaspettata rivelazione del rugby lo
sorprendesse e rubasse a Potter il posto in squadra, così non era costretto ad
odiarlo anche agli allenamenti.
L’occasione
di eliminare definitivamente la possibilità di Potter si presentò con Cormac McLaggen
un tizio grosso e potente che strappò la palla alle mani di Zacharias Smith al
momento del salto, mise al tappeto Cedric Diggory e Dean Thomas, incaricati di testarlo, e
segnò una meta nel giro di cinque secondi.
Ignorando
Harry, l’ultimo rimasto, Ron si alzò dalla panchina sulla quale stava
placidamente buttato ad osservare le prove battendo le mani “E bravo McLaggen,
direi che il posto è tuo…”
“Ma
sei scemo?” intervenne Seamus, vice capitano della squadra, guardandolo
shockato.
“E
perché?” domandò angelicamente.
“Bè,
tanto per cominciare non avete ancora testato Harry…” gli fece notare Tonks,
riportando la questione sul punto dolente di Ron.
“Ma
io l’ho già visto… credo sia meglio McCoso…” tentò di sminuire cercando di
evitare le occhiate furenti di Hermione e Harry che si avvicinavano
attraversando il campo a falcate e lo raggiungevano proprio in quel momento.
“Credo
di aver diritto al provino, Weasley!” berciò Harry, profondamente irritato.
Ron
incrociò le braccia al petto, infastidito.
Seamus
cercò di fargli tornare la ragione “Non possiamo ammettere in squadra quell’energumeno,
è un idiota Ron, e lo sai! Lo scorso anno lo hai scartato per questo motivo…”gli
fece notare.
Ed
era vero. MacLaggen aveva il caratteraccio peggiore del mondo superato in
negativo solo dalla piccolezza del suo cervello. Per quanto fosse prestante
fisicamente Ron lo aveva scartato l’anno prima perché sarebbe stato solo un
elemento di disturbo all’interno della squadra. Ora come poteva ritornare sui
suoi passi senza sembrare un idiota?
Buttò
lì l’unica idea che gli venne in mente “Facciamo così Potter. Se riesci a
battermi il posto in squadra sarà tuo assieme al titolo di vice capitano” non
poteva superarlo.
“Ehi!
Giocati il tuo di titolo, Ron!” protestò Seamus.
Ron
ghignò, certo che non sarebbe mai stato battuto e osò “Ok, assieme al mio
titolo di capitano… Io scelgo Finnigan e Diggory per giocare con me, a te la
scelta di altri due, chiunque tu voglia…”
Harry
accarezzò l’idea di scegliere McLaggen e alla fine la abbracciò e scelse in più
anche Dean Thomas.
Le
due mini squadre si riscaldarono per qualche minuto, si accordarono e scesero
in campo sotto gli occhi di tutti mentre il cielo imbruniva e si accendevano i
grossi fari sopra le loro teste.
Hermione
si sedette scocciata sul prato verde accanto a Ginny che assieme a Luna era
venuta a curiosare le selezioni.
“Non
trovi che mio fratello oggi sia anche più stupido del solito?” domandò la
rossa, divertita da quella situazione mentre, poco lontano da loro Lavanda
guidava un agguerrito gruppetto di cheerleader a fare il tifo per la disputa.
“Sì,
soprattutto perché Harry potrebbe anche batterlo davvero…” rispose preoccupata,
pensando però che Ron si sarebbe meritato la più nera delle sconfitte.
“Oh,
iniziano… – commentò distrattamente Luna – Io faccio il tifo per Potter, non vi
offendete vero?”
“Io
sono combattuta, da una parte Potter mi da ai nervi, dall’altra bramo la
sconfitta di mio fratello…” fece invece Ginny, giocando con qualche filo d’erba
che le si era infilato tra le dita.
Osservarono
in silenzio l’inizio dell’incontro, Ron era riuscito per un pelo a strappare la
palla dalle mani di Harry, quei centimetri in più che possedeva avevano giocato
a suo favore, ma si era trovato poi in difficoltà quando placcato da Dean.
“Certo
che è affascinante osservare certi bei fisicacci in azione…” commentò Ginny in
azione, osservando ma tacendo il fatto che il novellino in pantaloncini e canottiera
non fosse niente male.
“Ti
ricordo che è anche di tuo fratello che stai parlando…” puntualizzò Hermione,
ridendo.
“Già,
però ha un gran bel sedere, come il dio della storia che mi raccontava sempre
da piccola mia madre” aggiunse Luna.
“Tua
madre ti raccontava la storia di un dio dal bel sedere?” domandò scettica la
riccia, mentre Ginny rideva di gusto.
“Aha…
Mia madre era convinta che fosse un antenato di mio padre” annuì Luna,
abbandonandosi ai ricordi.
“Tornando
alla nostra partita, non se la cava affatto male il novellino con la sua
squadra…” fece notare Ginny, avvinta dallo svolgersi dell’incontro, che in quel
momento si stava mettendo male per Ron.
Quando
Harry segnò i primi cinque punti dei quindici che avrebbero chiuso l’incontro
come pattuito, Hermione vide che Ron ebbe quasi un infarto.
Attorno
a loro numerose voci incitavano Harry, persino Lavanda stava guidando le sue ponponnatrici
in un inno allo sfidante e fu sono Hermione che cercò di ricordare a tutti che
Ron era ancora il capitano gridando a gran voce il suo nome e incitandolo.
I
successivi dieci punti furono per Ron, che tornò in vantaggio ma si fece
raggiungere presto. A questo punto l’ultima meta era decisiva.
Harry
prese possesso della palla ovale e Ron lo placò con tutte le forze e tutta l’astuzia
che possedeva. Dalla mischia che ne seguì riemerse con la palla in mano. Non
poteva farsi battere da Potter, lo aveva già messo abbastanza in difficoltà e
in ridicolo. Ma il suo avversario continuava dargli del filo da torcere.
Quando
Ron segnò l’ultima meta aggiudicandosi l’incontro il pubblicò esplose in un
grido festoso, ma il capitano pareva mortificato. Era stato lo scontro più
difficile degli ultimi tempi.
Harry
si allontanò senza proferire parola, non aveva certo intenzione di affrontare
un’ulteriore umiliazione. Era stato così convinto di poterlo battere e invece
quel Weasley era uno dei giocatori di Rugby più validi e dotati che avesse mai
conosciuto.
Non
sentì che il rosso stava cercando di superare il brusio della folla
chiamandolo.
Fu
Ginny a bloccarlo con un fischio, mentre le passava vicino.
“Guarda
che Ron ti sta chiamando… credo che ci abbia ragionevolmente ripensato” gli
spiegò indicando il fratello che stava cercando di raggiungerlo.
“Che
cosa c’è?” domandò aspettandosi uno sbeffeggio ma ben deciso ad affrontarlo di
petto.
“Il
titolo di capitano resta indiscutibilmente mio, ma penso che nessuno qui abbia
nulla in contrario sulla tua ammissione in squadra” terminò con un sorriso
allungandogli una mano.
“Io
sì!” protestò McLaggen ma Ron lo mise a tacere con uno spintone mentre quelli
che li circondavano iniziavano a intonare il nome di Harry.
Il
moro strinse la mano del capitano, sorpreso e compiaciuto e afferrò al volo la
maglia e i pantaloni della divisa che Seamus Finnigan gli lanciò al volo.
“Benvenuto
in squadra, Potter” concluse Ron, sentendosi un degno capitano.
“Grazie”
rispose solo Harry seguendo i ragazzi negli spogliatoi.
Nelle
settimane che seguirono Harry iniziò ad allenarsi quasi quotidianamente con il
resto della squadra riscoprendo la gioia di giocare a Rugby che gli era mancata
nell’ultimo soggiorno all’estero prima di venire a Godric’s Hollow. Dovette
anche ricredersi su Ron, se prima lo considerava solo un emerito imbecille ora
doveva riconoscere che iniziavano ad andare d’accordo loro due. Anche il resto
della squadra era formato da validi elementi e quegli allenamenti erano davvero
uno spasso. Peccato per la mancanza di un vero allenatore.
Tonks,
dal canto suo, si limitava ad assistere cercando di capire qualcosa di sport e
regole e suggerendo che i colori della divisa – azzurro e giallo – erano davvero
tristi e proponendo bizzarri accostamenti di colori piuttosto pittoreschi che
venivano puntualmente ignorati da tutta la squadra.
Di
positivo c’era che quella svitata della professoressa portava una certa aria
fresca e carica di divertimento con sé.
Era
inizio ottobre quando si presentò in ritardo tutta sorridente e pimpante ai
ragazzi che si stavano allenando.
“Ragazzi,
finalmente sono riuscita ad ottenere l’allenatore che cercavo! Si tratta di un
mio vecchio amico…” disse trionfante.
Ron
e Harry si scambiarono un’occhiata scettica “Considerando che tra una settimana
abbiamo la prima amichevole è meglio se continuiamo ad allenarci da soli senza
nessuno che ci distrugga strategie e azioni pensate finora…” le fece notare
Ron, immaginando un allenatore svitato dai capelli verde smeraldo amico di
Tonks.
“Mannò,
vedrai che ti troverai bene! E poi ha accettato volentieri, dato che è in
pensione non aveva altri impegni ed è tornato apposta dal suo safari in Africa
per aiutarci!” continuò, sempre più convinta.
L’idea
di Ron si modificò immaginando un vecchio bizzarro con i capelli verdi striati
di bianco che avanzava barcollante sorretto da un trepiedi… Rimase raccapricciato
e cercò di rifiutare ulteriormente quando Tonks esordì tutta pimpante “Eccolo
che arriva!”
Tutti
gli occhi dei ragazzi della squadra si puntarono in una direzione imprecisata
aldilà del campo indicato dal dito di Tonks. Non riuscivano ancora a mettere a
fuoco la figura che avanzava dinoccolante verso di loro scuotendo una mano per
salutare ma quando fu vicino abbastanza videro che era il vecchio più strambo
che avesse mai messo piede a Godric’s Hollow.
Era
alto e magro, il volto sorridente era incorniciato da una lunga chioma bianca e
selvaggia che scendeva oltre le spalle superata in lunghezza solo dalla barba
bianca. Sul naso adunco portava un paio di occhialetti a mezzaluna che gli
davano una divertente aria intellettuale e indossava un paio di scarpe da
ginnastica vecchie e consunte e una tuta blu con delle stelline sulle maniche.
“Lei
sarà il nostro allenatore?!” domandò perplesso il giovane Weasley, squadrandolo
da capo a piedi e storcendo il naso. Escludendo il fatto che era il vecchio più
bizzarro che avesse mai visto, c’era sempre il fatto che aveva come minimo
centotre anni.
“Ragazzi
questo è Albus – “
“Silente…
l’allenatore degli All Blacks…” terminò Harry, incredulo e con gli occhi che
brillavano dall’ammirazione.
“Ex
allenatore, ragazzo. Mi sono guadagnato la pensione diversi anni fa!” commentò
l’anziano signore ridendo.
Le
bocche di tutti i ragazzi si spalancarono dallo stupore. Il silenzio duro
diversi secondi e fu Tonks ad interromperlo.
“Allora
Ron, ancora sicuro di non aver bisogno di nessun allenatore?” domandò
sarcastica, sorridendo al capitano.
Ron
esplose in un sorriso e scambiò un cinque entusiasta con la professoressa.
“Piacere
signore, io sono Ronald Weasley, il capitano…” fece, allungando una mano verso
Silente.
Quel
pomeriggio prolungarono di un’ora buona gli allenamenti, sembrava che tutti
giocassero al massimo delle loro capacità per dimostrare ad Albus Silente le
qualità della squadra e non fare brutta figura.
Ron
si sentì il capitano più felice della terra, con un allenatore così e la
squadra di quell’anno avrebbero vinto sicuramente il campionato scozzese
giovanile.
E
vinsero senza problemi la prima amichevole che disputarono.
Qualche
settimana più tardi, Hermione aveva assistito alla fine degli allenamenti a
bordo campo assieme alla sua amica Hannah, aspettando Ron per tornare a casa.
Silente era l’allenatore più strambo che avesse mai visto. Non solo non toccava
mai la palla con un dito e aveva la strana abitudine di intrecciarsi la barba
mentre osservava i ragazzi giocare, ma sottoponeva la squadra agli esercizi più
strani che andavo dal cantare bizzarre canzoni allo svolgere percorsi da circo.
Però
tutti parevano entusiasti e, quando di tanto in tanto rivelava loro qualche
segreto di gioco e qualche tattica speciale e apparentemente strana, la squadra
sembrava funzionare più che mai.
“Ernie
mi ha detto che non si è mai divertito tanto in vita sua a giocare a rugby”
commentò Hannah divertita, rivolgendosi ad Hermione.
“Certo
che è davvero strano per essere un allenatore… però sembrano forti i ragazzi
quest’anno!” rispose Hermione entusiasta.
Pochi
minuti dopo i ragazzi terminarono gli allenamenti e corsero verso gli
spogliatoi. Hermione vide Lavanda affiancare Ron e civettare con lui e sentì
montargli la rabbia. Si allontanò a falcate ben decisa ad evitarsi l’ennesima
scenetta irritante di Lavanda che ruba un bacio a Ron.
Al
SUO Ron. Per quanto, doveva ammetterlo, non ricopriva ruoli che le
permettessero di avanzare diritti e possessioni su di lui.
“Herm,
ci vediamo domani!” la salutò Hannah, intuendo il motivo del suo cambio di
umore e del suo allontanamento.
Lei
rispose alzando una mano, senza girarsi.
Quando
Ron uscì dagli spogliatoi assieme a Harry si stupì di non trovare l’amica ad
aspettarlo, nemmeno seduta al solito tavolo vicino alla rastrelliera delle
biciclette.
“Forse
è dentro…” commentò indicando la biblioteca.
“Ma
se è chiusa. Secondo me se n’è andata…” azzardò Harry aspettando che il
compagno – ma ormai avrebbe potuto tranquillamente definirlo amico – liberasse il
mezzo a due ruote dal catenaccio e ci saltasse sopra.
“Andata?”
domandò perplesso Ron, salendo in sella e iniziando a spingersi coi piedi,
accompagnato da Harry che lo seguiva camminando.
“Già,
andata. Non ti ha aspettato” specificò.
Ron
sbuffò “E’ perché non avrebbe dovuto farlo?” domandò sarcastico.
“Perché
forse ti ha visto civettare con Lavanda?” rispose in tono altrettanto
sarcastico Harry.
“Io
non civettavo con Lavanda!” si difese Ron.
“Bè,
lo stava facendo lei. Lo fa spesso, da quanto ho potuto vedere… E mi sa che a Hermione
la cosa non piace tanto. Ma se non te ne sei mai accorto allora hai dei grossi
problemi, Weasley” terminò, ironico.
Il
rosso si fece pensoso “Hermione detesta Lavanda…” commentò solo.
“Ti
sei mai chiesto perché?”
Ron,
per tutta risposta rise divertito “Sì”
“Senti,
è dal primo giorno che sono qui che vorrei sapere una cosa…” iniziò Harry, cambiando
parzialmente argomento.
“Che
cosa?” fece Ron indifferente.
“Ma
che cosa c’è tra te e Hermione? No, perché all’inizio ho avuto l’impressione
che tu volessi scuoiarmi vivo solo perché siamo diventati amici e il tuo
sguardo minaccia di morte chiunque osi superare il metro di distanza
rivolgendole la parola. Credevo che fosse la tua ragazza, ma poi ti ho visto
diciamo intrattenerti con Lavanda
qualche volta…” spiegò.
Ron
assunse un’aria pensosa che non gli si addiceva e si fece serio “E’ una
questione un po’ difficile…” rispose solo, pedalando piano e portando il
manubrio con una mano mentre l’altra saliva a grattare una tempia che iniziava
a dolere nell’eccessivo sforzo di pensare.
Harry
alzò le spalle “A me non sembra… è piuttosto semplice”
“Ah,
no? Che cosa ci sarebbe di così facile, allora?” domandò irritato Ron. Hermione
era la questione più complicata di tutta la sua vita, persino più complicata
dei compiti di matematica di Piton (ed era tutto dire), non ci era mai venuto a
capo in tutti gli anni passati e ora arrivava Harry che in qualche settimana
pretendeva di aver raggiunto l’illuminazione a riguardo definendo il tutto
semplice. La cosa lo mandò un tantino in bestia.
Harry
sorrise divertito “A te Hermione piace. E tu piaci a lei. E questo credo che tu
lo sappia. Più facile di così…”
Ron
sbandò per l’irritazione “A te sembra facile, Potter!” si difese, arrossendo
come un pazzo mentre anche le sue orecchie si facevano paonazze, con sommo
divertimento di Harry.
“Mi
sembra facile, sì! Sai Weasley, così funziona al mondo… Tu piaci a ragazza, lei
piace a te… uscite assieme, vi divertite, api, polline, miele, fiori e amore. Niente
di meno complicato” lo prese in giro.
Ron
gli rifilò un calcio laterale “Non trattarmi come un imbecille!”
“Ma
lo sei! Con tutto il rispetto eh, amico…” concluse valutando lo sguardo
minaccioso che gli rivolgeva.
“Non
è facile per niente! Sai cosa vuol dire essere amici da Hermione dalla prima
elementare?” domandò esasperato.
“No…
sai com’è...” rispose ironico il moro.
“Vuol
dire che è la tua migliore amica, vuol dire aver raggiunto un equilibrio
perfetto, vuol dire che nessuno potrà mai avvicinarsi a lei più di te. Vuol
dire che qualsiasi cosa succeda potrò sempre avere lei. Vuol dire che se
litighiamo poi tanto facciamo sempre pace. Quando stai con una ragazza queste
cose non funzionano… e io non voglio perderle a nessun costo” spiegò,
infervorato.
Harry
rimase senza parole “Ok, hai ragione. E’ dannatamente complicato…” concluse
pensieroso.
“Mi
basta che in tutta la sua vita non esca mai con nessun ragazzo e potrò essere
felice…” aggiunse, rincuorandosi.
“La
vedo grigia…” rispose il moro.
“Non
starai mica puntando, eh? Guarda che ti potrei ammazzare…” mise in chiaro.
“No
no, tranquillo. Dicevo per te... Davvero complicata. Mi dispiace…” concluse
solenne.
“Grazie…”
rispose l’altro, come in lutto.
Dopo
aver salutato Harry, Ron pedalò a tutta forza verso casa di Hermione. Suonò il
campanello sperando di trovarla già a casa e fu la signora Granger ad aprirgli
e farlo entrare.
“Ciao
Ron, se cerchi Hermione è sta facendo la doccia. Puoi aspettarla in camera sua,
se vuoi” lo fece accomodare gentilmente.
“Grazie,
Jane” fece Ron cordiale incamminandosi su per le belle scale di marmo che
salivano al piano di sopra.
Bussò
alla porta della camera di Hermione e non ottenne nessuna risposta. L’uscio
scivolò piano rivelando la stanza ordinata della ragazza vuota. Ron sentì lo
scroscio dell’acqua giungere da dietro la porta verde che divideva la cameretta
dal bagnetto personale di Hermione.
Si
guardò attorno sedendosi sul piumone a fiori che ricopriva il letto spazioso di
lei. Ovviamente la camera di Hermione aveva le pareti piene di mensole piegate
sotto il peso degli innumerevoli libri che aveva letto. La scrivania era
ordinata, non c’era una cosa fuori posto o un foglio volante. Qua e là, sulla
scrivania, sul comodino accanto alla sveglia in ottone, su qualche mensola e
sottovetro appese al muro, da dentro cornici allegre sorrideva Hermione ora in
compagnia dei genitori, ora mentre giocava con Ginny e ora assieme a Ron.
Trattenne
una risata di fronte a quella che ritraeva Ron durante una sua festa di
compleanno, quella dei sei anni, con in mano un pacco regalo da parte di Hermione.
Lui aveva gli occhi strizzati, le orecchie lentigginose decisamente paonazze e
l’espressione imbarazzata mentre lei , in ginocchio sulla sedia accanto alla
sua, si sporgeva sorridente baciandogli una guancia e augurandogli buon
compleanno. Adorava quella foto. Hermione aveva insistito per averla qualche
anno prima quando un giorno si erano messi a rovistare tra le vecchie scatole
ricolme di foto di casa Weasley e poco dopo, per Natale, gliela aveva regalata dentro
una cornicetta acquistata con i suoi risparmi di ragazzino.
E
altre immagini li ritraevano assieme sull’immancabile bicicletta, ad una festa
mentre Ron si stava ingozzando di cibo ed Hermione lo fissava rassegnata,
Hermione a casa Weasley assieme a Ron ed ai gemelli. Poi ce n’era una che non
aveva mai visto. Era una foto solo di Ron, scattata alla fine dell’ultima
partita contro gli Slythers, che lo ritraeva esultare di gioia, vittorioso,
mentre veniva circondato dai compagni di squadra.
Questo
gli rammentò che era un bel po’ che non metteva piede in camera di Hermione.
Adorava quella stanza, perché era esattamente come lei, ma capitava più spesso
che Hermione venisse alla Tana che lui a casa Granger.
La
porta del bagni si aprì rubandolo ai suoi pensieri. Hermione comparve tutta
avvolta nell’accappatoio bianco intenta a strofinarsi i capelli con un telo
dello stesso colore.
Quando
lo vide si irrigidì “Puoi uscire che devo vestirmi?” disse fredda.
“Ciao
anche a te, Mione. No, nessun disturbo, vengo sempre volentieri a casa tua.
Certo, posso gentilmente accomodarmi fuori mentre ti vesti…” fece ironico,
facendole la linguaccia e chiudendosi la porta della stanza alle spalle,
uscendo nel corridoio.
Quando
la riccia gli riaprì facendolo entrare, pochi istanti dopo, Ron fu
completamente rapito dal profumo di chissà che crema si era messa, rimase imbambolato.
Scosse
la testa per riprendersi e si avvicinò a lei che stava seduta senza degnarlo di
uno sguardo di fronte alla specchiera.
“Perché
te ne sei andata senza aspettarmi?” le domandò senza troppo preamboli.
Per
tutta risposta lei accese il phon iniziando ad asciugarsi i ricci bagnati.
“Eddai,
non fare l’antipatica! Tanto mi sembra di intuire che tu sia arrabbiata con me…”
insistette lui, sedendosi su uno sgabello accanto a lei.
Hermione
aumentò la potenza andando a coprire il suono della voce del ragazzo.
“Dai
Mione, qualsiasi cosa sia successa, mi dispiace…” cercò di insistere lui, sovrastato
dal rumore dell’asciugacapelli.
Nuovamente
ignorato da lei che prese a spazzolarsi i capelli, Ron perse la pazienza, staccò
direttamente la spina del phon e le strappò la spazzola di mano, costringendola
ad ascoltarlo.
“Mi
vuoi dire che hai?” insistette, guardandola negli occhi.
L’espressione
di lei era glaciale ma furente al tempo stesso.
Allora
Ron azzardò, smosso dal discorso di pochi minuti prima tra lui ed Harry “E’
stato per Lavanda?”
Hermione
fu costretta a distogliere lo sguardo di fronte a quella domanda troppo
imbarazzante. Per un attimo non seppe cosa rispondere.
“Io
detesto Lavanda Brown!” mormorò a denti stretti, giocando nervosamente con un
elastico per i capelli.
“Tu
sei gelosa, Mione?” continuò Ron, che non aveva mai affrontato la questione
così direttamente prima.
Hermione
avvampò di colpo. Si alzò in piedi di scatto e prese ad armeggiare con l’asciugamano
bagnato, stringendolo convulsamente.
“E
tu?” rispose, troppo in imbarazzo per aggiungere altro.
“Di
te? Sì…” ammise Ron, osando più di quanto avesse mai immaginato di poter fare.
“Bè,
anche io…” fece lei, sedendosi sul letto improvvisamente stanca, come svuotata.
Ron
si buttò accanto a lei, le mani dietro la testa e gli occhi che fissavano il soffitto
“Lavanda è… lei non è proprio niente, eh” ammise, borbottando in quel suo modo
così tipico delle situazioni imbarazzanti.
Lei
si sdraiò allo stesso modo accanto a lui, gli occhi fissi sullo stesso punto di
soffitto, incerta sul che cosa rispondere.
“Dove
stiamo andando con questo discorso, Ron?” domandò incerta.
Lui
sospirò profondamente “Ti prometto che non ti darò più motivo di avercela con
me, Mione. Scusa… è che sono un po’ troglodito, come mi dici tu, no?”
Hermione
rise rilassata “Ron, tutte le volte te lo devo dire. Troglodita, con la A! Tu
sei un trogloditA!” concluse, sottolineando per bene l’ultima lettera.
“Sì,
anche un po’ ignorante, mi sa… - continuò lui, più rilassato – Per fortuna che
però ci sei tu…” concluse, girandosi verso di lei e facendola arrossire
brutalmente.
“Già,
saresti morto senza di me, Ronald Weasley…” incalzò lei.
“A
proposito di morte… domandi la McGranitt interroga…”
Lei
si alzò, frugò rapidamente nella borsa della scuola e gli lanciò delicatamente
sulla pancia un quadernino “Questi sono gli schemi delle ultime settimane. Se
li impari decentemente dovresti sopravvivere domani” spiegò.
Lui
li sfogliò rapidamente “Non ce la farò mai da solo… Mioneeee…” la pregò.
Lei
sospirò “Ok, ti do una mano. Facciamo così, fermati a cena e poi stasera
studiamo con calma. Ti va?”
Lui
si alzò di scatto abbracciandola da dietro e scoccandole un bacio sul collo tra
i riccioli ancora bagnati “Ti adoro! Lo sai vero che sono zero senza di te?”
Lei
rise allontanandolo “Sono troppo buona con te…” ammise a se stessa, scendendo
le scale per avvisare la madre di aggiungere un posto in più a tavola
Continua…
Mi
sono divertita un sacco a scrivere questo capitolino, devo ammetterlo. Anche se
mi ha fatto sudareeee!!
Primo
per il rugby. Sono assolutamente ignorante a riguardo, per quanto mi piaccia
molto come sport, quindi non mi sono addentrata nelle spiegazioni dettagliate
della sfida delle selezioni e cercherò di evitarlo anche nelle prossime
partite. Meglio evitare figuracce…
E
poi per descrivere l’intricato rapporto tra Ron ed Hermione.
Ma
sono troppo carini sti due, li adoro!!
Nel
prossimo capitolo avremo un bell’avvicinamento tra Harry e Ginny che al momento
non è che si considerino molto. Ma succederà qualcosa che li costringerà ad
avvicinarsi, vedrete cosa ho in serbo per loro!!!
Aggiungo
anche questa storia non sarà lunghissima, Prevedo di concluderla per Natale,
proprio come la scadenza di Harry. Non vi dico come, ovviamente.
Nel
frattempo vi ringrazio tutti per le recensioni e aspetto di sapere che cosa ne
pensate di questo capitolo!
Hermione
se ne stava seduta con la testa buttata all’indietro sulla poltroncina del
piccolo Caffè. Davanti a lei troneggiava un’enorme tazza di cioccolata fumante
pronta a riscaldarla e a sciogliere il freddo di un sabato pomeriggio di inizio novembre passato a passeggiare per il centro
assieme alle amiche.
Attorno
a lei Ginny stava rimestando la panna montata facendola sciogliere nella
cioccolata, Luna intingeva la sua personale bustina di tea aromatizzato alle
erbe nella teiera di acqua bollente che si era fatta
portare e Hannah era intenta a rispondere ad un messaggino giunto poco prima
sul cellulare.
Era
stata piuttosto silenziosa e misteriosa per l’intero pomeriggio, non aveva
nemmeno insistito a girare tutta la libreria alla ricerca di qualche novità
interessante come faceva tutte le volte, si era limitata a seguire le compagne
un po’ apatica e con la testa tra le nuvole.
In
realtà, senza che lei avesse detto nulla, le ragazze immaginavano che potesse
esserci di mezzo Ron.
Fu
Hannah a cercare di rallegrare l’atmosfera con una chiacchierata “Domani grande
partitone del secolo…”
“Vinceremo
come l’anno scorso, è sicuro!” rispose Ginny, ottimista.
Hannah
storse il naso “Sì, ma l’anno scorso abbiamo vinto per un pelo… Saranno anche
un branco di bestie gli Slythers ma sono forti, questo
bisogna riconoscerlo… Ernie comunque è preoccupato, è la sua prima partita! Che
ridere che fa quando gli nomino gli Slythers e lui si
fa scuro in volto come se gli avessi nominato la morte!” rise al ricordo
dell’amico.
Luna,
che aveva finito il suo tea in un sorso, fissò Hannah incerta “Mio padre dice
che Lucius Malfoy ha fatto prendere ai ragazzi della
squadra del doping…”
Ginny
rise della sua osservazione “Ma dai, doping a dei
ragazzi? Non credo Luna, e poi i controlli medici li avrebbero
rivelati…”
Ma la biondina dall’aria stralunata si fece seria e guardinga.
Lanciò un paio di occhiate in giro, assicurandosi di
non essere sentita “Caramell, il dirigente della confederazione, è corrotto.
Malfoy senior ne ha acquistato i favori… Lo sanno tutti che quell’uomo è
implicato nei fattacci legati al terrorismo. Ha avvelenato tutti i pesci del piccolo
lago per la pesca sportiva dei Bones. Mio padre ha scritto un
articolo sulle sue indagini nel numero scorso del Cavillo…” spiegò,
cupa.
Le
altre non le dettero troppo peso. Erano abituate alle stramberie che
Xenophilius scriveva nel suo giornale libero e che la
figlia Luna riportava, ciecamente convinta.
“Tu
che ne pensi, Herm?” la interpellò la rossa, scuotendola dai suoi misteriosi
pensieri.
“Di
Malfoy?” domandò confusa lei.
Ginny
rise “Qualcosa deve preoccuparti molto se non riesci
nemmeno a seguire i nostri discorsi. Parlavamo dell’incontro di domani”
Hermione
alzò le spalle “Quest’anno abbiamo Harry e Silente
come allenatore. Vinceremo, non c’è molto da dire. E
ad ogni modo la cosa non mi interessa più di tanto”
concluse, sulle sue.
Ginny
rimase sbigottita e iniziò a preoccuparsi seriamente. Che
cosa era successo per fare in modo che Hermione si disinteressasse della
partita più importante della vita di Ron? Qualcosa di molto grave…
Luna
le fissò gli occhi a palla addosso, indagando il volto assorto e il dito che
arrotolava un ricciolo ribelle “Gli uomini sono
proprio una seccatura, eh?”
Hermione
le rivolse uno sguardo interrogativo. Le uscite di Luna erano sempre
assolutamente spiazzanti.
“Bè,
deve essere successo qualcosa di molto grave tra te e Weasley, posso immaginarlo. Se vuoi un mio
consiglio, al mondo si sta meglio senza uomini almeno fino a ventun anni”
concluse perentoria.
“Perché proprio 21 anni?” domandò curiosa Hannah.
Luna
fissò vaga un punto imprecisato davanti a sé “Bè,
quando ero piccola ho sempre visto i ventun anni come la data fatidica. Al
momento credo che sia meglio dedicare la mia vita a me stesse e alle cose che
mi piacciono. Non voglio passare l’adolescenza crucciandomi per qualcuno”
“Ma i ragazzi non portano soltanto cruccio…” puntualizzò
Ginny, incuriosita da quel discorso.
“E invece sì. Una passa tutta la vita ad aspettare il
principe azzurro e invece rimane delusa quando scopre che quasi non esiste. E si deve accontentare di un ragazzino immaturo” spiegò,
sorridendo.
Ginny
si sentì vagamente presa in causa “Perché scusa, a
ventun anni non lo cerchi più il principe azzurro?”
La
bionda alzò le spalle “Certo che sì, ma sei abbastanza
grande per valutare a fondo ogni cosa. E si presume
che chi sta di fronte a te sia altrettanto maturo. Per questo. E poi il grande
amore si incontra sempre al college. Anche i miei genitori si sono conosciuti lì” terminò.
Ginny
evitò di controbattere, in fin dei conti le strane
convinzioni di Luna erano divertente e nemmeno troppo sbagliate, a volerci
ragionare su. Però lei il principe azzurro lo
aspettava da quando aveva dieci anni e non riusciva a smettere di farlo.
Poco
dopo sia Hannah che Luna salutarono allontanandosi menzionando impegni
personali – quelli di Luna assolutamente bizzarri e incomprensibili – e
lasciarono da sole attorno al tavolo scuro Hermione e Ginny.
“Che cosa è successo, Herm? Oggi non sei più tu…” commentò la
rossa, potendo finalmente manifestare la propria preoccupazione e curiosità
senza che Hermione fosse obbligata a raccontare
qualcosa di magari molto personale di fronte a tutte.
Hermione
chiuse gli occhi ripensando alla sera prima.
Gli allenamenti erano
finiti, come al solito aveva aspettato Ron sugli
spalti accanto al campo assieme a Hannah chele aveva tenuto compagnia per
seguire gli allenamenti di Ernie.
Poco lontano anche le
cheerleader avevano terminato i loro provini e come il
pomeriggio prima Lavanda era sgattaiolata accanto a Ron iniziando a civettare.
Hermione aveva cercato di
mantenere la calma quando aveva visto la manina ingioiellata della bionda
accarezzare la nuca di Ron. Poi però era esplosa in un muto grido di gioia
quando il rosso, senza né un sorriso né una spiegazione, l’aveva allontanata
semplicemente ignorandola e continuando a incamminarsi
assieme ai compagni di squadra.
Lavanda era rimasta
oltraggiata chiusa fuori dalla porta di legno degli
spogliatoi maschili e immediatamente il suo sguardo furente era corso ad
Hermione che se ne stava in piedi, a pochi metri, con le mani sui fianchi e il
volto sorridente in una posa di trionfo assoluto. Alla biondina non era rimasto
altro che allontanarsi a passo svelto sventolando furente i pon pon colorati lungo i fianchi, innervosita.
Quando poi lei e Ron erano saliti in bicicletta ed erano partiti aveva sentito
l’irrefrenabile voglia di stringere ancora più forte del solito le spalle del
ragazzo a cui stava aggrappata. Per tutto il viaggio non aveva detto niente,
era rimasta avvinghiata sorridendo a Ron, che aveva iniziato a pedalare
canticchiando allegro.
“Ci vediamo domani sera dopo
cena allora, grazie del passaggio, Ron” gli aveva detto tutta felice arrivata
davanti a casa sua.
“Ci vediamo?” aveva
domandato incuriosito e contento.
“Sì, è il compleanno di tua
madre, nel caso te lo sia scordato, e ha invitato me e
i miei genitori. Spero che tu le abbia preso almeno
uno straccio di regalo” lo rimproverò ma senza essere davvero severa.
“Certo che no! Ma lo farai tu domani pomeriggio, vero? Io sono in ritiro tutto il giorno con la squadra, per la partita di
domenica…” l’aveva implorata.
Hermione aveva sbuffato “E va bene, ci penso io. Tanto io Gin dovevamo
fare un giro in centro comunque” acconsentì.
Lui le aveva rivolto un sorrisone e poi, all’improvviso e senza una spiegazione,
l’aveva tirata per la sciarpa e l’aveva baciata sulle labbra. Un bacio di un
attimo e basta, leggero, ma che l’aveva turbata profondamente.
“E
questo perché?” aveva domandato lei in imbarazzo.
“Per ringraziarti del
favore, è ovvio, no?” aveva risposto lui, grattandosi il naso.
Lei era rimasta impietrita
per qualche secondo “Ron, lo sai vero che non puoi
prenderti la libertà di questi gesti senza preoccuparti delle conseguenze…”
aveva balbettato lei, incerta.
Lui aveva alzato le spalle e
si era riseduto sulla sella della bici “Troppo tardi…”
aveva risposto soltanto, e poi era pedalato via alla velocità della luce.
Ginny
era rimasta piacevolmente sorpresa dal racconto dell’amica “Bè, credevo che
fosse quello che aspettavi da un bel po’, no? Cos’è quell’aria pensierosa?”
Hermione
si lasciò sprofondare ancora di più nella poltrona “No, quello che mi aspettavo
era un po’ diverso… E nelle mie fantasie iniziava con una dichiarazione… Non
era un mezzo bacio senza spiegazioni e senza regole.
Come mi dovrei comportare io, adesso?” domandò
incerta.
“In effetti è una situazione abbastanza anomala. Perché tu e
quel testone di mio fratello non ne parlate?” suggerì,
intuendo che fosse l’unica cosa da fare.
Hermione
si fece ancora più piccola e pensierosa “Non pensavo che un
giorno lo avrai mai detto ma… non ce la faccio” ammise timidamente.
La
rossa rise divertita di quella battuta. Hermione era considerata dai più la signorina sottutto della scuola, quella
che poteva affrontare qualsiasi cosa e lei stessa era consapevole delle sue
grandi potenzialità. Sentirla ammettere che non era in grado di fare qualcosa era piuttosto ridicolo, lei che aveva una
risposta per tutto.
“E
che cosa fari stasera, mentre saremo tutti assieme a casa mia per il compleanno
di mia mamma?”
Lei
alzò le spalle “Vedrò come si comporterà lui…”
Ginny
la scrutò a lungo, attentamente “Sei cambiata, sai? Una volta avresti litigato
furiosamente con Ron per questo, vi sareste immusoniti, allontanati per un po’,
tu avresti cercato di affrontarlo e di farlo ragionare e alla fine tutto
sarebbe tornato come prima. E’ strano vedere un’Hermione che gliele da vinte”
decretò. In fin dei conti erano amiche da sempre e la
conosceva meglio di chiunque altro. A parte Ron, ovviamente,
anche se lui non conosceva proprio tutto.
“E’
che non ce la faccio più. Mi sono stancata di scornarmi contro di lui. E comunque anche tu sei cambiata…” concluse, altrettanto
pensosa.
Ginny
la guardò scettica “Io? Cambiata? Scherzi?” fece, sulla difensiva.
Hermione
ridacchiò, rimettendosi a sedere composta “Sì. Sembri
più intraprendente e solare da quando hai rinunciato ad aspettare eternamente
il tuo fatidico principe azzurro…”
“Ma non è che non lo stia ancora aspettando, eh. E’ solo che
mi tengo impegnata, ma non troppo, nell’attesa” precisò,
ridendo a sua volta.
Hermione
iniziò a giocare con la carta di un cioccolatino “I principi
azzurri non esistono. Guarda Ron…” sentenziò,
tornando cupa.
“Forse
perché non è quello giusto per te…” ribadì l’altra.
Hermione
inarcò un sopracciglio scettica “Ah, sì?” domandò
sarcastica.
Ginny
dovette arrendersi all’evidenza, se c’erano due persone diverse come la notte e
il giorno ma così completi da essere fatti l’uno per l’altra erano Ron ed
Hermione “Ok, diciamo che non è esattamente il canonico principe azzurro,
allora…” concluse.
La
sua frase suscitò le risate di Hermione “E’ il canonico
imbecille, purtroppo…” commentò divertita.
Anche
Ginny rise della sua precisazione, conoscendo purtroppo molto bene il fratello
“Comunque è vero che sono cambiata, sai?”
Hermione
annuì decisa col capo “Lo so, si vede. Da quando non
hai più la testa tra le nuvole e tra i tuoi bei sogni
hai tirato fuori il tuo vero carattere. La Ginny combattiva e divertente che in
pochi conosciamo. Tra l’altro ho notato che sono
diventati in parecchi ad apprezzarlo… mh…” concluse maliziosa, strizzandole un
occhio.
Ginny
aggrottò la fronte “Se ti riferisci ai garofani che Zabini mi ha fatto trovare sul banco, ti prego evitalo. E’ un episodio
che voglio dimenticare e comunque gli ho fatto notare
che non ero ancora morta…”
La
sua uscita suscitò la risata vivace di Hermione.
“Comunque sbaglio o ti ho visto apprezzare certe compagnie?”
“Bè,
Dean non è esattamente il principe azzurro ma è un valido elemento di intrattenimento, per ritornare al nostro discorso di
prima…” rivelò Ginny, divertita.
“Esci
con lui?” domandò diretta la ricciola
L’altra
si limitò ad alzare le spalle “Per ora si limita a
ronzarmi attorno ma non mi ha mai concretamente chiesto di uscire né ci ha mai
provato esplicitamente. Vedremo cosa farà… Se si da
una smossa può essere che uscirò con lui, altrimenti posso sempre cambiare idea
sui garofani di Zabini…”
La
risata di Hermione risuonò nuovamente “Tu li tratti
davvero male i ragazzi… sei una sciupa maschi!”
“Ma no! Io sono una timida tradizionalista, aspetto che sia il ragazzo a fare il primo passo. Tutto qui…” spiegò,
divertita a sua volta.
“Se
tutti i ragazzi fossero come Ron quelle come te
morirebbero zitelle…” le fece notare, ripensando all’indecisione del ragazzo.
“Se
tutti i ragazzi fossero come Ron, credo che cambierei
sponda di preferenze. Senza offesa eh, ma non è proprio il mio ideale di
maschio. Un po’ troppo stupido, sconclusionato, irragionevole, invadente e
irritabile” sentenziò.
Hermione
la guardò divertita e perplessa “L’amore fraterno è
davvero una cosa che scalda il cuore…”
Ginny
scoppiò a ridere di gusto “Ehi, non fraintendermi, nonostante tutto io voglio bene al mio fratellaccio. Certo i miei fratelli
preferiti restano sempre Fred e George, e c’è da dire che Ron non ha un decimo
del fascino di Bill o del carattere di Charlie, per non parlare
dell’intelligenza di Percy, ma gli voglio bene come se ne vuole al brutto
anatroccolo, capisci?”
La
mora cercò di trattenere le lacrime dal troppo ridere “Credo
che potrebbe ucciderti per quello che hai appena detto. Certo
che è proprio vero che le chiacchiere femminili sono spesso maligne…”
Parlando
con Ginny l’umore di Hermione sembrava essersi risollevato. Anche
la prospettiva di vedere Ron e passare la sera con lui assieme a tutti gli
altri non sembrava più così tremenda. Decise che avrebbe preso la cosa alla
leggera, alla fine Ron non riusciva mai ad essere serio, perché doveva
improvvisamente diventarlo con quel bacio?
Più
rilassata, trascorse il pomeriggio in giro per negozi con l’amica.
Si
salutarono rimandandosi a poco dopo, quando si sarebbero viste dopo cena a casa
Weasley.
Durante
la cena alla Tana, Ginny fissava curiosamente Ron. Il ragazzo all’inizio sembrò
non accorgersene ma di fronte all’insistenza divertita di Ginny iniziò ad
irritarsi.
“Bè,
che vuoi?” le domandò ad un certo punto.
Lui
scosse la testa “Niente, niente, pensavo…” rispose
vaga lei, addentando un boccone di lasagna.
“E devi fissare me per pensare? Mi fai andare la lasagna di
traversi, se insisti!” la accusò, puntandole la forchetta
dopo essersi servito un generoso boccone.
Ginny
ridacchiò “Sì, fissavo te perché pensavo ad una cosa… Ma ad ogni modo non sono
affari miei…” concluse, elusiva.
La
risposta di Ron fu bloccata sul nascere dai gemelli che si interessarono
sedutastante alla questione “Ehi, cos’è che scatena i tuoi pensieri,
sorellina?” domandò George, sostando lo sguardo da lei a Ron e da Ron a lei.
“Questioni
di donne…” rispose lei, raschiando dal piatto il sugo rimasto.
“Questioni
di donne riguardo Ron?” domandò Fred, scettico.
George
colse la palla al balzo “Vuoi dire che finalmente hai
rimorchiato, Ron?” lo prese in giro.
Le
orecchie diRon arrossirono
furiosamente “Fatevi gli affari vostri! E poi
cos’è quel tono incredulo che sento?!”
“George,
stiamo parlando di Ron… lui più che rimorchiare, imbranato
com’è, le donne le investe… e con la bicicletta!” l’uscita di Fred suscitò
l’ilarità generale.
“Guarda
Fred, che quella che investe qui è Gin, non creiamo inutili confusioni…”
precisò George, in tono serio, rivolto al gemello.
L’altro
annuì grave “Già, tu si che stendi gli uomini,
sorellina…”
Ginny
rise di gusto, ricordando tutte le volte che era finita addosso a quel
poveraccio di un Potter.
“Tornando
al nostro vecchio Ron, da chi ha preso questo aspetto
così poco affascinante che ha, secondo te?” domandò George a Fred, come se Ron
non fosse presente.
L’altro
annuì convinto “Sicuramente da Percy…”
L’interessato
si unì alla conversazione senza senso che iniziava a coinvolgere tutta la
famiglia “Ehi, che cosa state insinuando?”
“Che hai tanto cervello ma poco fascino, Percy…” terminò
Bill, dando man forte ai fratelli.
“Ragazzi,
smettetela di insultarvi a vicenda!” tuonò la signora Weasley, portando in
tavola un enorme teglia di pollo arrosto e fulminando
con lo sguardo il marito che se la rideva.
“Dai mamma, non prendetela… non è colpa tua se le ultime
ciambelle che hai sfornato sono uscite senza buco…” cercò di calmarla Charlie,
mentre la madre quasi gli lanciava il forchettone con cui stava rimestando
l’insalata.
“Io
non sono senza buco!” protestò Ron.
“Evita
di uscirtene con certi frasi dl dubbio significato,
Ron. O la gente inizierà a pensare male di te…” lo
ammonì trattenendo una battuta il maggiore, Bill.
Fred
gli picchiò fraternamente una mano sulla spalla “Guarda
che ormai è tardi… Anzi, è tardo…”
“Gli
unici tardi che ci sono qui dentro siete voi due!” si
difese Ron.
“Per
una volta posso dire di essere d’accordo con Ron…” si intromise
Percy.
“Che bella coppia…” commentò Ginny.
“Guarda
che una donna in mezzo a sei maschi non ha diritto di parola…” la minacciò Ron.
“Che
cavaliere che sei, Ron. Ora capisco perché parlavano
di investire invece che rimorchiare!”
“Oh,
sta zitto Bill!”
“Cos’è
questa storia delle donne, Ron? Ripetilo e giuro che come ti ho fatto, ti disfo!”
“Su,
tesoro, calmati, stava solo scherzando…”
L’allegra
caciara – piuttosto ricorrente e famigliare – che era
andata creandosi nella sala da pranzo fu interrotta dallo scampanellio
insistente dell’ingresso.
“Stanno
suonando alla porta? Devono essere arrivati. Ginevra, per favore, vai ad
aprire? Oddio, sono impresentabile… arrivo subito!” e la signora Weasley scomparve nel bagno di servizio per darsi una raddrizzata al
grembiule e togliersi il foulard che si era messa in testa per cucinare mentre
Ginny andò ad aprire la porta.
“Potter?!
Ciao!” salutò sorpresa facendo accomodare l’ormai non più novellino e i suoi
genitori.
“Ciao…”
salutò lui entrando e raggiungendo gli altri Weasley attorno alla tavola.
“Buona
sera a tutti!” salutò Lily, reggendo un grosso pacco colorato e rispondendo ai
saluti dei presenti.
“Ma dov’è la festeggiata?” domandò James, guardandosi
attorno.
“Eccomi!”
trillò Molly Weasley uscendo dal bagno e correndo in contro ai
proprio ospiti.
“Auguri
Molly!” fecero in coro Lily e James, abbracciandola.
“Buon
compleanno, signora Weasley” si aggiunse Harry, con un sorriso, dopo essersi
seduto accanto a Ron.
I
presenti iniziarono a chiacchierare allegramente quando il campanello suonò di
nuovo.
“Ron,
puoi aprire tu? Questi devono essere Hermione e i suoi genitori” chiese Molly al figlio più piccolo.
Ginny
e i gemelli videro le orecchie di Ron farsi leggermente rosse “Qui c’è puzza di investimento…” commentò George.
“E Gin questa volta non c’entra… Anzi Harry, sarà meglio che
non ti siedi troppo vicino a lei. Non vorrei vederti ferito… O forse sì…” lo schermì Fred, ridendosela assieme a George.
Quando
Ron aprì la porta cercò di mascherare l’imbarazzo di trovarsi di fronte ad Hermione e di doverla guardare negli occhi dopo il gesto
avventato della sera prima. Fu soddisfatto di riuscirci piuttosto bene e di
saper affrontare la situazione, qualcosa da Bill doveva pur averlo preso.
“Ciao!”
la salutò con un sorriso, facendola entrare.
“Ciao
Ron, ciao a tutti! Oh, ciao Harry, mi fa piacere che ci sia
anche tu!” rispose tranquilla Hermione.
Ron
rimase profondamente colpito da quella tranquillità e si domandò se Hermione
stesse riuscendo a fingere benissimo come lui.
Anche
la famiglia Granger raggiunse il tavolo e la serata passò all’insegna delle
chiacchiere, soprattutto delle battute dei gemelli frequentemente indirizzate ad Harry, che ormai si era tetramente rassegnato, e delle
abbondanti fette di torta che Molly insisteva per rifilare ai suoi ospiti.
Era
ormai sera tarda quando i ragazzi, assiepati nel salotto, stavano discutendo
della famigerata partita del giorno dopo contro gli Slythers.
Charlie,
che ai suoi tempi era stato un giocatore d’oro degli Hippogriffs, era molto
interessato e curioso di vedere Harry e i suoi famosi
salti in azione. Afferrò un cuscino dal divano e lo lanciò al ragazzo, in piedi
poco distante.
In
un attimo successe di tutto.
Mentre Charlie lanciava il cuscino, Ginny si era
alzata in piedi per prendere un cioccolatino dalla scatola sul tavolino.
Davanti
a lei Harry era saltato in alto afferrando il cuscino al volo ed era atterrato.
Tuttavia
l’atterraggio di Harry fu brusco, qualcosa sotto un suo piedi
gli fece perdere l’equilibrio e lo fece cadere all’indietro addosso a Ginny,
che veniva completamente schiacciata sul pavimento.
Quel
qualcosa era il piede di lei.
Quando
Ginny lo sentì atterrare con tutto il peso e la forza del salto sul suo piede destro lanciò un urlo quasi disumano che venne smorzato
dalla valanga che le cadde addosso una frazione di secondo dopo.
I
gemelli avevano iniziato a ridere di fronte alla scena troppo divertente della
caduta di Harry e tutti si erano girati verso di loro.
Lamentandosi
per il brutto colpo al sedere che Harry aveva preso cadendo, si alzò facendo
leva sul divano e disseppellendo Ginny.
La
rossa se ne stava mezza buttata per terra con gli occhi fuori
dalle orbite e un’espressione di profondo dolore dipinta sul volto.
Harry
si voltò cercando di sdrammatizzare “Bè dai, ora siamo
quasi pari…”
Ginny
lo guardò con gli occhi colmi di lacrime e risentimento, cercò di sporgersi in
avanti per colpirlo ma quel microscopico movimento le causò un dolore
allucinante alla caviglia che la bloccò e la fece gridare ancora.
“Tutto
bene, Ginny? Ti sei fatta male?” domandò preoccupato
Bill, avvicinandosi.
Lei
scosse la testa, le labbra serrate e gli occhi socchiusi “La mia caviglia…” fece con un filo di voce.
Charlie
l’aiutò ad alzarsi ma l’impresa fu delle più dolorose
mai intraprese. Il piede di Ginny si stava gonfiando a vista d’occhio e anche
gli adulti intervennero a quel punto.
“Santo
cielo, è meglio portarti al pronto soccorso!” fece il padre, preoccupato.
Inutile
dire che tutti quanti accompagnarono la sfortunata ragazza e attesero nella
sala d’aspetto che Ginny, accompagnata dai genitori, facesse ritorno.
Harry
cercò di convincersi che fosse solo una banale distorsione e che Ginny la
stesse facendo troppo lunga ma quando la vide tornare con due stampelle e un
piede grande come una zampa di troll tutto fasciato dovette ricredersi.
“E’
rotta. Trenta giorni di prognosi…” spiegò il signor Weasley.
Tutti
gli occhi dei presenti, compresi quelli doloranti di Ginny, si fissarono su
Harry che improvvisamente si sentì piccolo come un fagiolo.
“Ecco…
mio dispiace…” balbettò prima che George gli sferrasse un pugno in testa.
Continua…
Ho
calcolato male i tempi quando ho detto che in questo capitolo avreste assistito
all’avvicinamento tra Harry e Ginny. Avverrà nel prossimo perché in questo si
sono presi un po’ troppo spazio Ron ed Hermione, mannaggia a loro!
Ma il gesso di Ginny non sarà assolutamente un dolore inutile,
eh eheh!
Che ne pensate? Vi è piaciuto questo capitolo un po’ più
femminile? Nei precedenti era un po’ tutto dal punto di vista di Harry o Ron…
Ci
voleva la rivincita delle donne!!! ^^
Ringrazio
come sempre tutte le persone stupende che mi hanno recensito: un grazie e un bacio a pk82,
Siphion_Grindelwald, EDVIGE86, Ginny Lily Potter e la mia amichetta Ale. Le vostre recensioni sono importantissime per me!!
Continuate
a farmi sapere che ne pensate!
Un
bacio e a presto con il prossimo capitolo,
Ly
PS:
Nel prossimo capitolo ovviamente anche la partita contro Malfoy! ^^
Ron
aveva dormito pochissimo quella notte, si poteva dire tranquillamente che non
aveva quasi chiuso occhio.
Erano
tornati dal pronto soccorso con Ginny fratturata che era notte fonda, dopo la
festa di compleanno e il disastro combinato da Harry e tra una cosa e l’altra
era andato a letto che mancavano solo poche ore all’alba.
Peccato che la sveglia puntata la sera
prima lo costrinse a svegliarsi di primo mattino. Aveva in mente di alzarsi ed allenarsi
un po’ da solo, di fare una corsa per distendere i nervi che prima di ogni partita contro gli Slythers toccavano le stelle, ma
si scoprì troppo stanco.
Tuttavia non riuscì a riprendere sonno, si rigirò
ripetutamente nel letto e alla fine decise che l’unica cosa in grado di
calmarlo in quel momento era Hermione.
Aveva
bisogno di vederla, di chiacchierare con lei e distrarsi dai suoi cupi
pensieri. Era una partita troppo importante e l’amara sconfitta che avevano portato a casa per un piccolo errore nella partita
di campionato precedente caricava il tutto ancor più di attesa e aspettative.
Si
alzò, si infilò velocemente jeans e maglione e,
caricata in spalla la borsa già pronta per la partita, scese in garage e prese
la bicicletta.
La
Tana era avvolta nella nebbia scura, densa e gelata delle
prime ore del mattino, Ron si strinse di più la sciarpa pesante attorno
al collo e imprecò per essersi dimenticato in camera i guanti quando iniziando
a pedalate il gelo gli massacrò le mani.
Pedalò
a perdifiato per le vie deserte di Godric’s Hollow. Alle sette meno un quarto
di domenica mattina stavano ancora dormendo tutti.
Beati loro.
Arrivò
davanti a casa di Hermione, mollò la bicicletta contro il muretto di cinta e
scavalcò il cancelletto in ferro battuto. Aggirò le
mura esterne fino a ritrovarsi sul retro e, dopo aver raccolto un sasso da
terra, lo lanciò in direzione del terrazzino coperto su cui si affacciava la
camera di Hermione.
Sentì
il rumore dello schianto contro l’imposta di legno chiusa della finestra,
attese un paio di secondi ma niente.
Provò
e riprovò ancora e al terzo tentativo sentì il rumore leggero attraverso la
nebbia pesante della finestra che veniva aperta.
Avvolta
in una vestaglia da camera rossa, fece capolino Hermione, la sua testa
arruffata si sporse oltre la balaustra, il viso preoccupato.
“Mione…
sono io…” bisbigliò Ron, sbracciandosi da sotto per attirare la sua attenzione.
Lei
rimase sbalordita di trovarselo lì ad un ora del
mattino così infausta, soprattutto considerando la propensione di Ron a dormire
fino a mezzo dì quando ne aveva la possibilità.
“E’
successo qualcosa?” domandò sottovoce, allarmata.
Lui
scosse la testa “No… mi fai entrare però? Non sapevo
in che altro modo chiamarti, il cellulare era spento…”
Lei
gli fece segno di raggiungerla alla porta con un gesto del capo.
Di
fronte all’ingresso, Ron sentì Hermione armeggiare con le chiavi e aprire la
porta.
“Entra…”
fece lei, stringendosi nella vestaglia per non farsi acchiappare dal freddo che
stava entrando dall’uscio assieme al ragazzo.
Lui
la salutò con una mano screpolata che appena dopo portò assieme all’altra alla
bocca, cercando di riscaldare entrambe col proprio fiato.
Hermione
se ne accorse, allungò le mani per stringere quelle di
Ron ma le ritrasse subito “Ron, ma sei congelato! Sali in camera mia, si sta belli caldi… Io ti porto una tazza di tea…”
“Ehm,
meglio una camomilla…” precisò, così riusciva magari a calmare un po’ i nervi
che lo stavano torturando.
Salì
le scale cercando di fare il più piano possibile, per non svegliare i Granger,
e si spogliò del cappotto nella camera calda e semibuia di Hermione. Gli venne
quasi voglia di infilarsi sotto il suo piumone profumato e accogliente e
provare a dormire.
Dopo
due minuti Hermione lo raggiunse, posò sulla scrivania un vassoio con due tazze
e una teiera fumante e accese una lucina piccola e leggera.
“Che cosa ci fai in piedi a quest’ora, Ron?”
“Non
riuscivo a dormire, avevo bisogno di qualcuno che mi calmasse… Sono troppo
nervoso…” confessò, prendendo tra le mani la teiera per scongelare le estremità
ghiacciate.
Hermione
inarcò un sopracciglio “E mettere un paio di guanti?”
“Mi
sono ricordato di averli lasciati in camera troppo tardi…”
spiegò con un’alzata di spalle.
Hermione
lo fissò con lo sguardo assonnato “E siccome sei nervoso per la partita e non
riesci a dormire hai pensato bene di venire a svegliare anche me. Facendomi
prendere un colpo prendendo a sassate la mia finestra, tra l’altro”
“Detto
così sembra davvero tremendo ed egoistico…” commentò lui, cercando di
addolcirla. Ma capì subito che non ce n’era bisogno
perché non c’era rimprovero nella voce di Hermione.
“Già,
solo detto così…” commentò lei, divertita.
Ron
rise sommessamente, sgranchendo le mani che stavano tornando ad una temperatura
quasi normale.
“Ti
preparo qualcosa da mangiare o hai già fatto colazione?” gli domandò lei.
Lui
scosse la testa inorridito “Ho lo stomaco così chiuso
che se provassi a ingoiare anche solo una briciola di pane potrei vomitare…”
spiegò.
“Allora
mi risparmierò lo spettacolo!”
Chiacchierarono
per un po’, Hermione evitò accuratamente di menzionare la partita per non
renderlo ancora più teso ora che stava iniziando a
distendersi e distrarsi. Alla fine si rannicchiarono nel letto a guardare la
tv, aspettando che arrivasse un’ora più appropriata per alzarsi.
Quando
più tardi i signori Granger videro Hermione uscire di casa seguita da Ron si domandarono se non avessero bevuto un po’ troppo alla
festa di compleanno di Molly Weasley dimenticandosi che il ragazzo si era
fermato a dormire da loro.
Le
gradinate che circondavano il campo della scuola che avrebbe ospitato la
partita erano già affollatissime sebbene mancasse quasi un’ora all’inizio dell’incontro
e proprio quel giorno facesse un freddo tremendo.
La
famiglia Weasley aveva occupato un’intera gradinatatenendo i posti migliori per amici e parenti
che li avrebbero raggiunti. Quando Hermione arrivò prese
posto accanto a Ginny.
“Gin, come stai?” le domandò preoccupata.
“Uno
schifo… il piede mi fa un male incredibile e sono di pessimo umore perché
domandi avrei dovuto andare in un paio di posti per
organizzare un evento scolastico” spiegò, le braccia incrociate al petto e il
mento appoggiato ad una stampella. Ginny era dall’inizio dell’anno la
presidente del comitato organizzativo della scuola.
“Mi
dispiace. Se hai bisogno di aiuto non hai che da
chiederlo” si offrì l’amica.
“Cambiando
argomento, non ho ancora visto arrivare Ron. E’ uscito di casa prestissimo
stamattina, l’ho sentito scendere le scale perché non riuscivo a dormire per
via della caviglia… Dove cavolo è andato all’alba di un giorno di gelo come
oggi lo sa solo lui…” fece, pensierosa.
“Veramente
lo so anche io. E’ venuto da me. Ha preso a sassate la mia finestra dicendomi
che era troppo nervoso per dormire. Ora credo sia
negli spogliatoi” spiegò brevemente Hermione.
“Dovevo
immaginarlo” rispose divertita Ginny.
“Buongiorno!”
trillò dietro di loro la voce allegra di Luna Lovegood.
Quando si girò, Hermione strabuzzò gli occhi. In
testa, sopra la chioma biondissima, Luna indossava un enorme cilindro di stoffa
gialla e azzurra con stampato davanti un ippogrifo. C’era una cordicella che
pendeva di lato, anche, e quando la ragazza la tirò, l’ippogrifo si illuminò come un albero di Natale, accecandole.
“Vi
piace? L’ho fatto io per questa partita, per fare il tifo per il nostro grande capitano!” spiegò, sedendosi vicino a loro.
“Bè,
sicuramente Ron apprezzerà. Non potrà non vederlo…” commentò
Hermione.
“Mi
fa piacere…” rispose Luna, tirando la cordicella e facendo illuminare
l’ippogrifo.
“Piuttosto
– iniziò la rossa – c’è qualcuno che ha messo in giro
la voce che Ron sia un capitano inadatto. Che dovrebbe esserlo piuttosto Harry
e che perderanno questa partita perché il capitano non sa gestire la sua
squadra, proprio come è successo nell’ultima. Non è
arrivata alle orecchie di Ron, vero?”
Hermione
scosse il capo “Non mi ha detto niente quindi fortunatamente credo che non
l’abbia sentita. Non oso immaginare cosa gli prenderebbe…”
Era
passata una mezz’oretta. Tutti i membri delle due squadre si stavano
riscaldando nelle rispettive metà campo e Albus Silente, l’allenatore degli
Hippogriffs, se ne andava su e giù a bordo campo
sorridendo pacificamente e rispondendo positivo alle domande che talvolta i
ragazzi gli rivolgevano.
In
un angolo anche le cheerleader stavano provando, tutte esaltate. Solo Lavanda non sembrava esattamente di buon umore e
strillava comandi saltando a destra e a manca come una gallina impazzita.
Mancavano
pochi minuti all’inizio della partita quando Seamus e Harry corsero verso
Hermione preoccupati “Abbiamo un problema…” iniziò il vice capitano.
“Ron
sembra in preda ad una crisi isterica e non vuole uscire dagli spogliatoi…” spiegò
Harry.
“Ok,
vieni con me, Harry, lo trasciniamo fuori a forza se
necessario! Ginny, posso prendere una di queste, vero?” e,
afferrata una delle stampelle della ragazza, corse assieme a Harry in
direzione degli spogliatoi della squadra.
“Seamus
mi ha detto che a volte capita che la prenda un po’
male, è vero?”
“Bè,
diciamo che Ron è tendenzialmente un tipo insicuro e certi commenti negativi lo
distruggono” spiegò Hermione.
Quando entrò trovò Ron che prendeva a pugni il
muro.
“Sei
impazzito, forse? Ti stano aspettando tutti, là fuori!”
strillò Hermione, avvicinandosi.
“Vorrai
dire che mi stanno insultando tutti, là fuori. Non hanno fiducia in me, dopo la
figuraccia che ho fatto durante l’ultimo incontro
farei meglio a ritirarmi…” rispose lui, tetro.
“Ma non è mica stata colpa tua, c’è solo stata
un’incomprensione. Eddai, Ron, non fare l’autolesionista!” lo spronò Harry,
facendosi avanti accanto ad Hermione.
“No,
non giocherò. La gente non vuole nemmeno vedermi giocare… toh – e con un gesto
di sconforto lanciò ai piedi di Harry la fascia di
capitano – Meglio se diventi tu capitano… Sei più forte e più in gamba di me,
hanno ragione”
“No
che non hanno ragione. Ci siamo affrontati all’inizio, ricordi? E tu mi hai battuto. Tu sei il capitano. E in quanto capitano non dovresti comportarti in maniera così
stupida” lo accusò Harry, infervorato.
“Alzati,
Ron. E smettila! Non sei tu che stai parlando così,
sono i tuoi maledetti nervi. Cerca di riprenderti, la tua
squadra ti sta aspettando, lo sai benissimo” gli disse comprensiva
Hermione.
“Avanti,
non possiamo darla vinta così a Malfoy. E’ stato sicuramente lui a mettere in
giro quelle voci infondate, dimostriamogli che ha torto marcio” continuò Harry, catturando l’attenzione di Ron.
“E se invece avesse ragione?” fece il rosso, ancora
sconfortato.
In
quel momento negli spogliatoi fece la sua comparsa Silente.
“Qualcosa
non va, Ron?” domandò, lisciandosi la barba legata con un nastro azzurro e
giallo per l’occasione, così come il bizzarro completo che indossava.
“Non
credo di poter essere un buon capitano, signore. Preferirei
non giocare oggi, sarei solo di peso ai miei compagni” spiegò,
fissandosi le scarpe.
“Purtroppo
per te, Ron, gli schemi sono stati decisi da giorni. Abbiamo bisogno che tu scenda in campo e che giochi al massimo delle tue
possibilità. Se sarai o meno un buon capitano allora
lo deciderò io, ma fino ad ora non ho mai avuto occasione di dubitarlo. Ora,
avrei bisogno che tu raggiunga i tuoi compagni per gli
ultimi minuti di riscaldamento, sta per iniziare l’incontro…”
Silente
si mise accanto a lui indicandogli la porta con la mano tesa e fissandolo con
un sorriso insistente finchè Ron non si fu alzato.
“E va bene, ma se perderemo anche oggi sarà l’ultima volta
che giocherò…” commentò.
“Ok,
mi prenderò io la fascia di capitano allora…” commentò vago Harry,
guadagnandosi un’occhiataccia di Ron.
“Sei
un avvoltoio…” fece, poco convinto, superandolo.
Harry
ed Hermione si scambiarono un sorriso e un cinque soddisfatto incamminandosi
verso il campo, Ron si stava riprendendo e la folla esplose in un boato quando
lo vide arrivare.
“Bè,
che avete da confabulare voi due?” e guardò gelidamente Hermione, ancora
leggermente geloso di certe confidenze che Harry si prendeva con lei.
Lei
rise e lo raggiunse allungando il passo parandosi davanti a lui e bloccandolo.
Si sporse in avanti e gli diede un piccolo bacio sulle labbra “Per augurarti
buona fortuna” disse con un sorriso prima di correre
via in direzione degli spalti.
Se avesse saputo prima che sarebbe bastato un bacio glielo
avrebbe dato subito.
L’umore
di Ron mutò sedutastante, divenne agguerrito e carico come non mai e prendendo
posizione in campo incitò i suoi compagni sorridente e
festoso.
L’incontro
iniziò e Harry prese subito palla.
“Potter
prende la palla e si lancia a tutta velocità” iniziò a commentare Lee Jordan,
un amico dei gemelli Weasley che era diventato il cronista ufficiale di ogni evento sportivo scolastico mentre frequentava ed era
rimasto tale anche dopo aver lasciato la scuola.
Tra un commento stravagante del cronista e
un altro, l’incontro prese piede, catturando subito l’attenzione di tutti gli
spettatori. Il ritmo
era serratissimo, gli Slythers, che vantavano giocatori
magari poco preparati dal punto di vista tecnico ma piuttosto
corpulenti, stavano mettendo in difficoltà gli Hippogriffs con interventi
spesso piuttosto sleali.
Tonks
si agitava come una pazza a bordo campo ma Silente si
limitava a sorridere tranquillo.
“Ed ecco un perfetto passaggio di Potter indirizzato al
capitano Weasley dietro di lui che evita tutti gli avversari e – oh! Malfoy
cerca di placcarlo ma Weasley riesce a liberarsi, corre come se avesse le ali
ai piedi… Ha raggiunto l’area di meta avversaria e.. .
META!!! Weasley segna!”
Sugli
spalti si formò un grido di gioia che riempì lo stadio.
“Due
parole sul nostro capitano… Grandissimo capitano! Giocatore eccezionale che,
dopo l’ingiustificata sconfitta della scorsa partita oggi gioca come se avesse
il fuoco nelle vene, inarrestabile! Grande Weasley!”
Ron
in campo si gongolò come un matto nell’udire le parole di Lee e l’esultanza del
pubblico.
“Nel frattempo il gioco continua, è Diggory in possesso di
palla. Goyle lo placca, ed è troppo grosso e costringe Diggory a terra a
mollare la palla. Goyle prende possesso di palla, passa a Tiger, Tiger a Nott e… Nott commette fallo in avanti per Malfoy!”
L’arbitro
fischia il fallo, ed è mischia.
“Fantastico,
gli Hippogriffs non sono mai usciti in svantaggio da una mischia, è un grande punto forte… i ragazzi si dispongono e l’arbitro da
il comando. Finnigan lancia la palla, sembra che ci sia fermento e… Potter è in possesso della palla! Zabini cerca di placcarlo ma lui
riesce a liberarsi, effettua un passaggio calciato
verso Thomas che parte verso la meta avversaria. Passaggio veloce al capitano
Weasley, dietro di lui, che parte e Malfoy di nuovo si lancia… FALLO!
Placcaggio scorretto, Malfoy compisce volontariamente il naso di Weasley con un
gomito. L’arbitro fischia il fallo e tira fuori il cartellino giallo e Malfoy viene espulso per dieci minuti mentre Weasley si allontana
dal campo col naso sanguinante e viene rimpiazzato da Colin Canon, alla sua
prima partita in campionato. Questi Slythers sono più sleali che mai, io Malfoy
lo avrei espulso definitivamente”
Ron
raggiunse il bordo campo dove Madama Chips, l’infermiera della scuola, gli
prestò le cure necessarie.
“Ron,
stai bene?” domandò Tonks, preoccupata.
“Non
sembrano esserci fratture, tieni il ghiaccio per qualche minuto, ragazzo…”
ordinò la Chips, passandogli una busta ghiacciata dopo averlo pulito e avergli
infilato due enormi tamponi di cotone nel naso.
“Quel
bastardo…” mormorò Ron, con la voce nasale, rivolto a Malfoy. Aveva cercato di
metterlo fuori gioco ma non ci era riuscito. Dopo
cinque minuti infatti Weasley era già pronto per tornare
in campo.
“E Weasley rientra, scambiando un cinque con Canon che si è
comportato bene, anche se per pochi minuti”
La
partita riprese, gli Hippogriffs sempre in leggero vantaggio, ma gli Slythers furono
sleali e potenti, Potter finì a terra con un placcaggio falloso di Nott ma l’arbitro non vide il
falli.
Mancavano
pochissimi minuti al termine del secondo tempo e il vantaggio degli Hippogriffs
era di soli due punti.
“Dobbiamo tenere duro, possiamo ancora segnare e aumentare il
vantaggio e chiudere in vittoria. Ecco Potter che scatta in
avanti bloccato da Flitt, passaggio corto e veloce a Finnigan, libero alla sua
sinistra. Mancano due minuti e Malfoy riesce a prendere palla. Il
capitano degli Slythers scatta verso la meta avversaria, Diggory cerca di placcarlo
ma Malfoy gli sfugge, passa a Nott,
Nott corre e ripassa a Malfoy, ma Potter è più
veloce e intercetta il passaggio. Corre come un fulmine, se segnano l’ultima
meta la partita finisce e gli Hippogriffs si aggiudicano l’incontro.
Tenete duro, ragazzi! Potter è quasi arrivato alla
meta, forza Potter! Ma ecco Malfoy che lo placa, ginocchia a terra Potter lascia la palla e… Fantastico! Weasley prende
possesso, scarta in avanti e… META! ABBIAMO VINTO!”
Il
fischio prolungato dell’arbitro chiuse l’incontro decretando vincitori gli
Hippogriffs.
Sugli
spalti la folla esplose in un grido di vittoria.
Ron
e Harry si abbracciarono felici e infangati come non mai, avevano vinto. Poco
distante, Malfoy sputò per terra carico di
risentimento.
In
un attimo tutta la squadra si chiuse festosa attorno
all’allenatore Silente e pochi istanti dopo furono circondati dai loro fan che
abbandonarono le gradinate per lanciarsi in campo a festeggiare.
Hermione
sommerse Ron con un abbraccio serratissimo, entusiasta.
Quando
riuscì a liberarsi Harry vide Ginny sola sulle gradinate abbandonate,
l’espressione malinconica di chi non poteva unirsi si
festeggiamenti, e si sentì in colpa.
Poco
più di un’ora dopo tutta la squadra era radunata assieme agli amici più fedeli
nello storico pub di Godric’s, I Tre Ippogrifi, così
chiamato in onore della squadra locale.
Il
locale era tutto decorato a festa, striscioni, foto della squadra, tutte le
coppe vinte fino a prima e un articolo ironico di giornale in cui si parlava
della morte degli Slythers. Era una festa stupenda.
“Ma chi ha organizzato tutto questo?” domandò Harry, curioso
bevendosi una birra che Rosmerta, la gestrice del locale, gli aveva appena
portato.
“Come
chi? Gin, no? E’ lei che organizza tutte queste cose…” spiegò Ron, addentando
un’enorme fetta di torta alla crema.
Harry
parve sorpreso “Non lo sapevo” rispose.
Ron
alzò le spalle “E’ nel comitato di organizzazione e
devo ammettere che ci sa fare. Ha preso da Fred e George…” spiegò,
trangugiando mezzo bicchiere di ponch.
“Devo
farle davvero i complimenti” disse Harry, cercando di parlare al di sopra di tutta la confusione.
“Mi
sa che dovrai farglieli un’altra volta. Non è voluta venire, ha detto che la
caviglia le faceva troppo male e che non si sarebbe divertita in quelle condizioni”
spiegò Hermione.
Il
senso di colpa di Harry crebbe smisuratamente. Ginny era una ragazza
assolutamente pimpante e lui le aveva rotto un piede
senza quasi nemmeno chiedere scusa. Persino peggio di strappare le ali ad una
farfalla.
Ora
non si poteva nemmeno godere quella festa grandiosa che aveva organizzato in
onore di tutta la squadra e in una vittoria in cui aveva fortemente creduto.
“Senti,
Ron. Io devo andare… ci vediamo domani!” disse
salutando con un cenno lui ed Hermione.
Ron
insistette “Ma dai, è la nostra grandissima vittoria,
non puoi mica andare via, ci devono osannare, qui!”
Harry sorrise dispiaciuto ed Hermione gli strizzò un occhio. Con
buone probabilità aveva capito perché se ne stava andando.
Si incamminò velocemente, chiuso nel suo giaccone pesante, in
direzione della Tana.
Quando arrivò aveva l’affanno, più che camminare
aveva quasi corso per tutta la strada. Suonò al campanello di casa e sentì una
voce femminile rispondere “E’ aperto, chiunque tu sia entra perché non ho la
minima intenzione di strisciare fino alla porta per aprire”
Harry
trattenne una risata e aprì la porta “Ciao…” disse alla ragazza, sdraiata sul
divano e intenta a fissare la tv, con un grosso pacco
di pop corn in mano.
Ginny
si voltò sorpresa di trovarsi in casa Harry Potter, ma non si scompose e
continuò a mangiare i suoi pop corno invitandolo con
un gesto a sedersi sul divano.
“Ciao…
Complimenti per la vittoria” disse vaga, scrollandosi di dosso qualche
briciola.
“Veramente
sono io che volevo farti i complimenti, hai organizzato una festa favolosa giù
al pub” disse lui, un po’ in imbarazzo prendendo un pop corn offerto dalla
ragazza.
Ginny
sorrise forzatamente “Se era tanto bella perché non sei rimasto là?” domandò
asciutta.
Harry
si sentì in imbarazzo, sapeva cosa doveva rispondere ma la mancanza assoluta di intimità e confidenza con Ginny gli rendevano difficile
far uscire le parole. Alla fine si sforzò “Bè, quando ho
saputo che eri tu l’organizzatrice mi sono sentito in colpa perché non
eri lì a goderti il risultato. Per colpa mia. Mi dispiace da
morire di averti rotto un piede, Ginny” concluse mesto.
Lei
distolse lo sguardo, imbarazzata dalle sue parole dirette “Tutto qui? Non c’è problema, io ti assolvo…” rispose scherzosa.
Harry
accennò un vago sorriso “Grazie…”
Lei
alzò le spalle “Non c’è di che. Comunque
tornando alla partita… Wow! Tu e Ron siete
un’accoppiata formidabile! E’ stata una delle partite più emozionanti a cui
abbia mai assistito” rivelò.
“Grazie…
In effetti è una gran squadra. Meritavamo di vincere,
gli Slythers sono solo sei grossi troll senza tecnica
né correttezza” commentò.
Trascorsero
diversi minuti chiacchierando delle partite e del rugby e Harry raccontò a
Ginny dove avesse imparato a giocare, durante tutti i
suoi viaggi.
“Sai
che i tuoi genitori ci hanno sempre mandato un sacco di foto sui vostri viaggi?
In diverse foto ci sei anche tu…” confessò.
Harry
parve imbarazzato “Scherzi? Spero che siano bruciate tutte! Con un padre
fotografo intento a immortalarti in ogni momento a
lungo andare impari ad odiare profondamente l’obiettivo…”
“Veramente
sono tutte in quella scatola a fiori che vedi dentro
la vetrina del mobile. Prendile se vuoi… lo farei io
ma qualcuno mi ha rotto un piede…”
Harry
assunse un’aria profondamente dispiaciuta e imbarazzata e con un risata Ginny si affretto ad aggiungere “Scherzavo, dai!
Sul serio!”, perché le sembrò che poco mancasse perché scoppiasse in lacrime.
Harry
prese le foto e si vergognò da morire di vedere foto che lo ritraevano
nei momenti più bizzarri come ad esempio mentre si soffiava il naso che era
ancora un bambino o mentre dondolava sull’amaca alle Hawai
e sbadigliava come un ippopotamo.
“Senti
Potter, hai già pranzato?” domandò all’improvviso Ginny.
Lui
scosse la testa “Neanche io. Se sai preparare un piatto di spaghetti come si
deve ti invito a pranzo… sono sola in casa e l’idea di
alzarmi per cucinare mi opprime…” fece lei, con una smorfia di dolore, giocando
sul suo punto debole per farsi preparare il pranzo.
“Bè,
direi che posso riuscirci, sì… Ok allora, ci penso io, dimmi dove trovo le cose
che mi servono e non muoverti da questo divano” fece lui, scattando
sull’attenti mosso dai suoi sensi di colpa ma anche da un’improvvisa simpatia
nei confronti di quella ragazza.
“Perfetto
allora…” rispose Ginny sorridente.
Quando
diverse ore dopo Harry lasciò al Tana era un uomo
diverso. Bè, un ragazzo diverso. O per lo meno, era
sempre uguale ma aveva una strana idea in mente partorita dal dispiacere per la
condizione di Ginny di cui era causa e la voglia di ripassare con lei dei
momenti piacevoli come quel pomeriggio.
Quando entrò in casa che era ormai quasi buio si
precipitò di corsa dai genitori che si stavano intrattenendo in salotto in
compagnia di Sirius e Remus.
Saltando
i saluti di rito andò dritto al sodo di ciò che aveva in mente “Mamma, papà, vorrei un motorino. Preferibilmente entro domandi mattina…” fece serio.
“Perché non entro stasera?” fece James, divertito.
“Non
credi che sia un premio un po’ eccessivo per una vittoria a rugby?” commentò la
madre, perplessa.
Harry
si mise a sedere accanto a Sirius “Non è mica per la vittoria
a rugby!” spiegò con un gesto spazientito della mano.
“E’
un capriccio per caso, Harry?” domandò ancora la madre, quasi preoccupata.
“Sì.
Ed è l’unico che mi pare di aver mai avanzato in vita
mia!” puntualizzò, cercando di impressionarli.
“Bè,
effettivamente… E come mai tanta fretta?” James parve piuttosto curioso.
Harry
decise di raccontare la verità, magari dicendo che era a fin di bene e non un
capriccio per scorrazzare in giro per la città guidando come un matto, lo avrebbero accontentato “Bè, siccome ho rotto il piede a
Ginny Weasley ho deciso che la accompagnerò avanti a in dietro dove deve andare
finchè non toglierà il gesso. Mi sento in colpa…” ammise.
“Ho
capito le tue nobili ragioni ma… dove diavolo lo troviamo un motorino entro
domandi mattina? Ti rendi conto? E poi, non è mica una
bicicletta, devi imparare ad usarlo, soprattutto se vuoi portarci un’altra
persona” gli fece notare sua madre.
“Ci
penso io!” fece Sirius tutto all’egro posandogli una mano sulle spalle.
“Oh,
è vero!” esordì James.
“Ma
è una buona idea?” domandò Lupin perplesso.
Lily
guardò senza comprendere gli uomini davanti a lei e il figlio che come lei pareva dubbioso “Di cosa state parlando?” domandò alla fine.
Sirius
esplose in un sorrisone “Gli darò la mia vecchia vespa
rossa! E gli insegnerò come guidarla, stasera stessa!”
spiegò.
James
acconsentì immediatamente ma Lily fece qualche resistenza.
“Eddai,
ma’! Non sarò spericolato…” la pregò Harry.
Alla
fine Lily cedette e un paio di ore dopo Harry si
trovava in sella al vecchio mezzo di Sirius cercando ci capire come farlo
funzionare.
La
mattina dopo si svegliò che era prestissimo. Si preparò velocemente, prese la
borsa e scese in cortile. Spinse il vespino fino in strada e, dopo essersi
infilato il casco e averne preso un altro di riserva da dare a Ginny, partì
alla volta della Tana.
Per
strada incrociò Ron, stava guidando le vecchia vespa
che prima usava Ginny e stentò a riconoscerlo, poi lo salutò incerto.
Arrivò
esattamente nel momento in cui la ragazza stava uscendo di casa, sempre
aggrappata alle sue stampelle, assieme al padre che la attendeva tenendole la
portiera della macchina aperta.
“Ehm…
buongiorno!” fece Harry, un po’ insicuro.
“Potter?”
domandò Ginny.
“Ciao
Harry, se sei qui per Ron purtroppo è già andato…” spiegò Arthur Weasley.
Harry
scosse il capo, imbarazzato. E ora come glielo
spiegava a Ginny che era intenzionato a farle da accompagnatore ogni giorno
ovunque avesse bisogno di andare?
“Tutto
bene, Potter?” domandò la rossa, squadrandolo curiosa.
“Sì
sì. Ecco, Ginny, volevo dirti che visto
che mi hanno regalato una vespa, per placare i miei enormi sensi di
colpa, se hai bisogno posso accompagnarti io a scuola nei prossimi giorni… e
riportarti a casa, si intende…” concluse, grattandosi il naso.
Ginny
rimase compiaciuta e sorpresa, e piuttosto imbarazzata. Rimase a fissarlo con
occhi e bocca spalancati senza parole.
“Oh,
Harry! Che pensiero gentile hai avuto! In effetti a me risolveresti un grande problema… Sai, per
l’ora che porto Ginny a scuola dovrei già essere in ufficio… Per te va bene
andare con Harry?” domandò Arthur alla figlia.
Ginny
annuì, sempre un po’ confusa “Ok…”
Quando raggiunse Harry, il ragazzo le prese la
borsa e l’aiutò a sedersi dietro di lui, poi si caricò le stampelle
incastrandole davanti a sé e partì piano.
Quando
sentì le mani di Ginny aggrapparsi ai suoi fianchi si
sentì in imbarazzo e ringraziò che la ragazza si trovasse dietro di lui invece
che di fronte.
Dal
canto suo Ginny si sentì piuttosto impacciata seduta dietro Harry, quando si
aggrappò a lui cercò di non essere invadente ma dovette aumentare la presa di
fronte alla guida piuttosto precaria del ragazzo.
“Ehi,
cerca di non sbandare troppo. Mi hai già rotto un piede, ora vuoi farmi fuori
definitivamente?” scherzò, per sciogliere l’imbarazzo
che era calato.
“Scusa!
E’ che è la prima volta… cercherò andare piano!” rispose
lui, insicuro.
“Se non muoio oggi, vivrò fino a cento anni!” commentò la
rossa più distesa, dietro di lui.
Anche Harry rise della battuta e prese velocità sfrecciando sulla
strada verso la scuola.
Quando lui prese una curva un po’ troppo larga
finendo contro il bordo del marciapiede e sbandando pericolosamente, Ginny si
domandò se fosse stato veramente saggio accettare quei passaggi…
Continua…
Ecco
qui! Finalmente come avete visto le cose iniziano a cambiare! Evviva!!! Avremo un bel po’ di H&G
nei prossimi capitoli…
E poi c’è stato il fatidico match… mamma mia, ho sudato per
descrivere la partita, mai scritta una parte così difficile! Se
considerate che la mia conoscenza del rugby è ancor meno che maccheronica…
E’
importante per me saperlo, come è venuta? Credibile? Entusiasmante? Noiosa e piatta? Sbagliata? Aiutooooo!
Un’altra
cosa che volevo dirvi è che non sarà una fan fiction molto lunga. Terminerò per
Natale, facendo qualche previsione, anche se non so dirvi il numero di capitoli
esatti. Forse ce ne saranno ancora cinque o sei… Spero
continuerete a seguirmi!
Nel
frattempo ringrazio le solite persone meravigliose che mi lasciano commentini
tanto belli. Un bacio grandissimo a EDVIGE86, Ginny Lily Potter,
OneTakeWatson, HermioncinaWeasley. GRAZIE! GRAZIE! GRAZIE!!!
La
lezione del professor Lupin di quella mattina era interessantissima. In effetti tutte le sue lezio no lo erano, era in gradi
trasformare una materia banale come scienze in qualcosa di meraviglioso. E poi
era uno dei migliori professori che avessero.
Harry
però era distratto, la testa tra le nuvole e lo sguardo fisso fuori dalla finestra, e non aveva ascoltato una parola di
quello che Lupin stava spiegando circa le teoria della formazione
dell’universo.
“Harry,
puoi ripetermi quello che stavo dicendo?” domandò una volta che, girando tra i
banchi mentre spiegava, si ritrovò davanti ai ragazzo
distratto.
Harry
si voltò di scatto, colto alla sprovvista.
“Ecco,
stava parlando dell’universo, professore…” fece, sapendo la cosa alla larga.
“E…?” fece il professore, incrociando le braccia e fissandolo
interessato.
Lanciò
un’occhiata di SOS in direzione di Ron ed Hermione mentre Lupin gli chiedeva di
proseguire. Con perplessità cercò di interpretare il significato degli oscuri
gesti silenziosi di Ron che allargava le braccia e le richiudeva come se
volesse acchiappare una mosca.
“E…
ecco, l’universo è molto grande – fece, continuando a
interpretare alla cieca le braccia di Ron e sforzandosi inutilmente di leggere
il labiale di Hermione – ma si sta restringendo?” azzardò sperando di essere
fortunato.
“Fortunatamente
per noi ma sfortunatamente per te, no. Harry, sai benissimo che se uno studente
non vuole seguire le mie lezioni è liberissimo di lasciare l’aula, ma nel
momento in cui sceglie di rimanere voglio che sia attento. Quello che sto
spiegando è tutto nel quarto capitolo del libro, voglio che me lo prepari per
la prossima lezione” terminò, mentre la campanella
iniziò a suonare.
Raccolse
le sue cose, salutò la classe e uscì.
“Harry,
sei un idiota! Stavo mimando l’espansione e il resto!” fece Ron, avvicinandosi
all’amico.
“Veramente
mi sembrava che tu stessi prendendo delle mosche, Ron” puntualizzò Harry,
raccogliendo in fretta le sue cose.
Hermione
rise divertita e così fece il rosso, superata l’offesa iniziale.
“Ma dove vai di corsa?” gli chiese Hermione vedendolo
schizzare via verso la porta.
La
risposta morì nel frastuono del corridoio zeppo di studenti che si recavano a
mensa.
Harry
corse rapidamente verso l’aula all’altro capo del corridoio e fece irruzione
all’interno bloccandosi di colpo.
“…
e per finire voglio che svolgiate correttamente l’esercizio numero sette a
pagina trecentonovantaquattro” concluse il professor
Piton, chiudendo il grosso libro che aveva in mano e fissando Harry
infastidito.
“Potter,
non ti hanno ancora bocciato purtroppo. Si da il caso
che al momento la tua classe sia all’altro capo del corridoio, la stessa in cui
avrò la sfortuna di fare lezione questo pomeriggio. Ma
se tu vorrai favorirmi sollevandomi del peso della tua presenza e retrocedendo
volontariamente, te ne sarò grato…” commentò fissandolo gelido col suo consueto
tono strascicato.
Tutta
la classe ridacchio.
“Ehm…
veramente so benissimo che questa non è la mia classe…” rispose Harry,
infastidito da quel professore che chissà per quale motivo ce
l’aveva a morte con lui.
“Oh,
che sorpresa…” rispose ironico quello. Poi lo superò ignorandolo, salutò la
classe e scomparve nel corridoio.
I
ragazzi della III B uscirono rapidamente dall’aula e Harry si avvicinò a Ginny
“Ciao!” la salutò con un sorriso.
“Che cosa ci fai qui, Potter?” gli domandò lei sorpresa.
“Bè,
ti avevo detto che per sdebitarmi di averti rotto il piede ti avrei
accompagnato ovunque, no? Magari avevi bisogno di una mano per arrivare alla
mensa… Sai, fare le scale e queste cose così…” spiegò.
Lei
gli sorrise sorpresa “Caspita… grazie! Anche se c’è un
ascensore in questa scuola… In queste condizioni il preside Riddle
mi ha permesso di servirmene”
Harry
si grattò il naso un po’ in imbarazzo non riuscendo a trovare niente da dire
“Eh, giusto. Bè, allora io vado…” fece un cenno di
saluto con la mano, imbarazzato, e si allontanò verso la porta.
“Potter?”
la voce di Ginny che lo chiamava alle sue spalle lo
bloccò.
“Bè,
se vuoi puoi sempre aiutarmi a portare la borsa del pranzo… sai, con le
stampelle…” propose lei, che in realtà non voleva che se ne andasse.
“Oh,
posso farlo tranquillamente io!” si offrì Luna, di fianco a lei.
Ginny
laguardò cercando di farle capire “No,
non puoi farlo… Sai…” e cercò rapidamente delle scuse che però non le vennero
in mente.
Luna
annuì “Oh… certo che no, è vero! Sai
Harry, il mio polso… Non posso sollevare troppi pesi…” spiegò, cercando
di suonare convincente.
Ginny
annuì vigorosamente al suo fianco “Sai, la povera Luna ha una
deformazione dalla nascita al polso, una cosa davvero brutta…” aggiunse,
cercando di darle man forte.
“Davvero?
– domandò la bionda sorpresa – Oh, sì! E’ vero… Bè, ci
vediamo! Devo passare un attimo… ehm… in bagno, sì! A dopo!” e
saltellando leggera si allontanò.
“Povera
Luna…” commentò Harry, che era abbastanza tonto da esserci cascato.
“Già,
una storia molto triste… Andiamo?” tagliò corto Ginny acchiappando le sue
stampelle e cercando di rimettersi in piedi.
Harry
la aiutò ad alzarsi, prese il suo pranzo (che non era poi così pesante) e la
accompagnò fino all’ascensore accertandosi che gli altri ragazzi le lasciassero abbastanza spazio per farla passare.
“Piton
è sempre così simpatico con te?” domandò Ginny ad un certo punto, pigiando il
bottone del piano terra.
Harry
sbuffò “Mi detesta. E il
bello è che ha iniziato a farlo da quando ha letto il mio nome sul registro.
Insomma, non avevo ancora aperto bocca che lui aveva già fatto un commento
maligno…” spiegò, appoggiandosi alla parete a specchio
del grande e lento ascensore.
“E’
acido con quasi tutti gli studenti, questo sì, ma non l’ho mai sentito smontare
qualcuno come ha fatto poco fa con te!” e a Ginny scappò una risatina che cercò
di trattenere.
Harry
alzò le spalle “Se fosse solo quello… In realtà studio
chimica come un pazzo e lui riesce sempre a trovare un motivo idiota per darmi
appena la sufficienza! E’ uno stronzo…”
“Mi
dispiace! Sai, lo scorso anno abbiamo avuto per dei mesi un supplente, un certo
Lumacorno… Era così grosso che faceva fatica a sedersi
dietro la cattedra però era bravo! Con lui sì che era un piacere fare chimica!
Bè, poi aveva un debole per me, diceva che ero molto dotata o qualcosa del
genere…” raccontò mentre le porte si aprivano e procedevano verso la mensa.
“Magari
si spaccasse una gamba Piton e tornasse questo Lumacorno!” commentò Harry.
“Bè,
puoi sempre provare a cadere addosso anche a lui!” propose Ginny che si
divertiva da morire a punzecchiare il suo senso di colpa.
Harry
la guardò con espressione contrita “Oh, mi dispiace
Ginny! Scusa, davvero… Se potessi ti darei il mio
piede!”
Ginny
rise di gusto “Stavo scherzando, dai, Potter!
Rilassati…”
Il
momento del pranzo trascorse tranquillo, ormai avevano formato un bel gruppetto
che abitualmente si ritrovava attorno allo stesso grande
tavolo composto da Harry, Hermione, Ron, Ginny, Luna, Seamus, Dean e qualche
altro ragazzo della squadra.
All’inizio
anche Lavanda si univa a loro, ma da qualche giorno pareva avercela a morte con
Ron, ma soprattutto con Hermione, e li evitava come la peste. Però aveva preso in simpatia Harry e aveva iniziato a girargli
attorno come una mosca fastidiosa.
“Ciao
Harry!” salutò avvicinandosi e non degnando di uno sguardo né Ron né Hermione
che dal canto suo si era fatta più vicina a Ron e era
diventata improvvisamente desiderosa di toccarlo.
“Ciao
Lavanda” rispose Harry atono.
“Senti,
oggi so che non avete allenamento… Però noi cheerleader abbiamo le prove, ti va
di venirevedere le nostre nuove
coreografie? Saresti una presenza stimolante”
aggiunse, maliziosa.
“Eh,
veramente ho un impegno, ma grazie per l’invito” la liquidò lui, voltandosi
dall’altra parte.
“E quale?” insistette lei, irritante.
“Ecco
io…” iniziò Harry, non sapendo che scusa accampare, perché di una scusa si
trattava.
“Deve
accompagnare me per un impegno organizzativo del comitato. Sai, visto che mi ha
rotto un piede e non posso andarci da sola è costretto ad accompagnarmi”
spiegò, con un sorrisone finto rivolto alla bionda.
Lavanda
fissò a lungo Ginny, incerta, con gli occhi ridotti a due
fessure “Ok…” commentò piena di risentimento, prima di allontanarsi con
passo sostenuto ancheggiando per tutta la sala.
“Ora
è tua questa gattaccia da pelare…” commentò Ron, divertito, dandogli una
piccola gomitata.
“Grazie,
Ginny! Mi ha letteralmente salvato… La tua scusa è stata provvidenziale” fece rivolto alla rossa, che se la rideva.
“Ho
davvero un impegno con il comitato organizzativo, comunque!
Dovrei raggiungere la biblioteca per discutere di una festa del libro che
dobbiamo organizzare. Ma credo che rimanderò” fece
addentando un tramezzino super farcito.
“Bè,
ti ci porto io! Davvero, mi sento in colpa…” commentò
il moro, sporgendosi verso di lei.
“Se vuoi posso occuparmene io” si propose Hermione, gentile.
“Hermione
era la presidentessa del comitato fino all’anno
scorso… ma la conosci, no? Ha lasciato la carica a Ginny perché diceva che era
un impegno troppo pesante all’ultimo anno, con gli esami e l’ammissione
all’università in vista…” spiegò Ron ad Harry,
guardando Hermione come se fosse un alieno.
“E tu avresti dovuto rinunciare ai tuoi impegni di capitano della
squadra!” lo ammonì la riccia.
Ron
inarcò un sopracciglio “Non lo pensi seriamente…” commentò
divertito.
Hermione
lo fissò in silenzio per qualche secondo poi fu costretta a scuotere il capo
“Ok, no. E’ vero…” ammise mentre Ron le scompigliava con una manata affettuosa
il testone ricciuto.
Quel
pomeriggio, dopo le lezioni, Harry corse come di consueto verso la classe di
Ginny. Si caricò in spalla la sua borsa di scuola e la accompagnò fino al suo
nuovo mezzo.
“Potter,
non c’è bisogno che mi accompagni, davvero! Posso sempre
rimandare, capiranno!” insistette lei.
“Cos’è?
Non ti fidi della mia guida per caso?” scherzò lui, cercando di risultare simpatico.
Ginny
lo guardò serie “Veramente è proprio così…” rispose
diretta.
Harry
rimase di stucco e Ginny impiegò dieci minuti buoni per fargli capire che era
solo una battuta – anche se c’era un più o meno piccolo fondo di verità – e
alla fine si fece accompagnare.
“Ma che cosa fa esattamente il comitato organizzativo?”
Domandò ad un certo punto, mentre aiutava la rossa a scendere dalla vespa.
“Organizza.
Qualsiasi cosa che non riguardi le lezioni e avviene nella
scuola passa attraverso il comitato organizzativo. Le feste, ad esempio.
Le gite, gli approfondimenti culturali, le attività extracurricolari, tutto! Sai
che Fred e George sono stati presidenti per tre anni? La scuola non era mai
stata così divertente! Poi hanno passato il posto a Hermione, e ora tocca a me!
Alla fine mi diverto un sacco, quei due mi hanno
tramandato la passione per l’organizzazione degli eventi. Anche
se allora si facevano solo e sempre feste, Hermione invece si era buttata
soprattutto sugli eventi culturali. Io sto mischiando tutto, invece.” spiegò, entusiasta.
“Bè,
non sapevo che avessi organizzato tu tutto quello che ho visto fino ad ora. Devo farti i complimenti…” fece Harry, aprendole la porta e
lasciandola entrare.
Poco
più di un’ora dopo la stava riaccompagnando verso
casa.
“Senti
Potter, mi dispiace però che tu ogni volta ti costringa ad accompagnarmi avanti
a in dietro. Non sentirti obbligato a farlo” disse
Ginny una volta arrivati a casa, mentre si levava il
casco e scuoteva il caschetto di capelli rossi, per rimetterli a posto.
“Non
mi sento per niente obbligato! Davvero, mi fa piacere così! Te l’ho già detto stamattina…” insistette lui.
Ginny
rimase sospesa sulle sue stampelle per qualche momento, fissandolo silenziosa e
immersa nei suoi pensieri.
“Allora
ci vediamo domandi mattina… ma non farmi fare tardi!”
concluse.
Harry
sorrise di rimando e si rimise in sella “Sarò sempre
puntualissimo! Promesso!” salutò con un gesto della mano e partì barcollando.
Per un attimo Ginny temette che si sarebbe schiantato contro uno
degli alberi che costeggiavano il vialetto ma il ragazzo riuscì per un pelo ad
evitarlo.
Una
settimana dopo la guida di Harry era migliorata. Certo, lo sfortunato veicolo
era pieno di piccoli bozzi e graffi nuovi che si erano andati ad aggiungere a
quelli vecchi che la guida scapestrata del giovane Sirius aveva arrecato, ma
era ancora intero e questo era quasi un miracolo.
Harry
era arrivato persino ad accompagnare Ginny in bagno, quando ne
aveva bisogno… Era riuscito a convincere Luna a fargli un rapido squillo
sul cellulare e a quel segnale lui sarebbe sopraggiunto, la prima volta che era
successo Ginny era quasi caduta dalle stampelle per la sorpresa. Aveva anche
rischiato una punizione quando, distratto, era entrato in bagno assieme a lei
ed era stato riacchiappato per la collottola dal preside Riddle che solo grazie
al seducente e provvidenziale intervento di Ginny non lo aveva appeso a testa
in giù nell’atrio principale della scuola.
Avevano
iniziato a passare così tanto tempo assieme che si erano destati parecchi
sospetti.
Un pomeriggio prima degli allenamenti Harry era negli
spogliatoi, aveva fatto tardi per accompagnare Ginny a casa ed era tornato al
volo a scuola ma i suoi compagni erano già tutti in campo.
Per
qualche misterioso motivo si era ritrovato davanti McLaggen.
“Potter,
te la fai con la Weasley adesso?” aveva domandato con il solito fare spartano e
antipatico che lo contraddistingueva.
“Sparisci,
McLaggen…” aveva risposto soltanto, superandolo e avviandosi verso il campo.
“Bè,
perché se non te la fai con la Weasley posso sempre pensarci io…” aveva
aggiunto, avvicinandosi a lui.
Harry
si era bloccato, infastidito. Cosa diavolo voleva da lui quella specie di orso? E soprattutto cosa voleva
da Ginny?!
“Sai,
credo che dovendo scegliere tra te e uno yeti Ginny Weasley opterebbe
sicuramente per il secondo. Non mi farei tante illusioni
fossi in te…” rispose, divertito e convinto.
“Fai
il geloso adesso? Paura di perdere la tua femmina, Potter?” lo punzecchiò
l’altro, indispettito.
Sorvolando
sulla terminologia usata, Harry gli rivolse un sorriso strafottente “Per
niente. Come non ho avuto la minima paura che potessi
prenderti il mio posto in squadra, e in fatti non è successo…” sottolineò
compiaciuto.
McLaggen
strinse i pugni punto sul vivo e indispettito “Ci
scommetti che prima di Natale riesco a fregarti tutti e due?” e lo additò con
fare minaccioso.
“Ci
scommetto, ci scommetto…” fece Harry, allontanandosi e lasciandolo indietro a
sbraitare. Non era passata settimana infatti che
McLaggen non avesse infastidito Ron per fargli ripetere il provino e avere il
posto in squadra di Harry. Qualche volta, convinto dallo stesso Harry che aveva
voglia di divertirsi, Ron aveva anche accettato ma i risultati di McLaggen
erano stati sempre più disastrosi e lui era diventato sempre più antipatico e
iroso nei confronti di Harry.
Probabilmente
ora, convinto che Ginny fosse la sua ragazza, aveva escogitato un altro modo
per dargli fastidio.
La
sua ragazza… Harry accarezzò l’idea quasi compiaciuto.
In effetti aveva superato molte prime impressioni
errate da diverse settimane… Ginevra Weasley, oltre ad essere troppo carina,
era una ragazza veramente interessante.
In effetti aveva passato così tanto tempo con lei
negli ultimi giorni che gli sembrava di conoscerla da sempre. Bramava ogni
istante con lei, si era ridotto ad accompagnarla persino al bagno di nascosto
durante le lezioni, per quanto lei non ne avesse
realmente bisogno, pur di godere di qualche attimo in più passato in sua
compagnia, a guardarla muoversi, toccarsi quel meraviglioso caschetto rosso,
fissarla e contare quasi ogni lentiggine sulle sue guance e sul suo naso perfetto,
parlare con lei, ascoltare la sua risata fresca e trascinantee sostenere il suo sguardo che era in grado
di smuovergli tutti gli organi interni come un ciclone.
Riflettendo,
Harry dovette riconoscere di essersi preso un tremenda cotta
per Ginevra Weasley. Una di quelle cose drammatiche dove persino pensare a lei
ti sconvolge, dove ti sembra di sentire suonare le campane quando la vedi, dove
ogni suo ricordo è un’immagine al rallentatore fissata su uno sfondo floreale e
incantevole e dove, se ripensi ala tua espressione mentre la ricordi, la
immagini come la più ebete che i tuoi muscoli facciali
abbiano mai prodotto.
La
stessa espressione dipinta sul volto di Harry prima che la pesante e dura palla
ovale lo colpisse in pieno viso.
“Cavolo,
Harry!” sentì strillare Ron prima di accasciarsi al suolo privo di sensi.
Quando si risvegliò era in infermeria e attorno
a lui c’erano Hermione, Ron e Seamus Finnigan. Avrebbe tanto voluto che ci
fosse Ginny, a risvegliarlo con una carezza e a dirgli che si era così
preoccupata per… Per cosa? Cosa ci faceva lui in
infermeria?
Sentì
un dolore tremendo al naso e ricordò di essersi preso il pallone in faccia in
tutta velocità. Cavolo!
“Ti
senti bene?” domandò Ron, incerto. La sua espressione era piuttosto
dispiaciuta, con buona probabilità era suo il tiro che l’aveva centrato.
“Sì…
credo di sì. Ma il mio naso…” Harry non era del tutto
certo che fosse ancora al suo posto, in mezzo alla faccia.
“E’
tutto intero, la Chips ha detto che è solo una gran botta, niente di rotto…”
spiegò Hermione.
“A
cosa diavolo stavi pensando?” domandò Seamus, divertito al ricordo
dell’espressione ebete che aveva tre nanosecondi prima
che la palla lo colpisse.
“Niente!”
si affrettò a rispondere Harry. Improvvisamente si era ricordato del trattamento
che Ron riservava a Michael Corner per essere uscito qualche volta con la sorella l’anno prima e il suo furore dopo aver scoperto
che Zabini le aveva mandato un mazzo di fiori e decise che forse era meglio
tacere la cosa. L’idea di quello che avrebbe potuto dire o
peggio fare Ron lo terrorizzò
all’istante.
“Bè,
se stai bene è meglio che ce ne andiamo, gli
allenamenti sono finiti e io ho una certa fame…” fece Ron spiccio, passandosi
una mano sullo stomaco.
Quando arrivò a casa quella sera, con il naso
tumefatto, sua madre lo guardò apprensiva.
“Che cosa ti è successo?” domandò preoccupata.
“Niente
di grave, una pallonata in faccia durante l’allenamento… Ma non è rotto”
precisò di fronte all’espressione allarmata di lei.
“Tu,
hai preso una pallonata in faccia?” domandò suo padre James, scettico.
Harry
annuì distrattamente piluccando un pezzettino di pane.
“Ma a che cosa stavi pensando, per essere così assorto da
prenderti una palla in faccia?” lo incalzò il padre, incredulo.
Harry
fece finta di niente “Proprio nulla… Avevo una luce negli occhi…” rispose vago,
ma distolse lo sguardo e ai due genitori non sfuggì il
senso di imbarazzo.
Tuttavia
Harry non diede loro tempo di avanzare insinuazioni perché sparì su per scale
con la scusa di farsi una doccia prima che potessero
aprire bocca.
Lily
guardò James divertita “Dici che c’entra una ragazza?”
domandò al marito piluccando il pane nello stesso identico modo del
figlio pochi attimi prima.
James
fece un sorrisone “Dico che c’entra la gamba rotta di
Ginny Weasley. E non solo la sua gamba…” azzardò.
“Ma Harry odia i rossi!” puntualizzò Lily, combattuta.
James
fece spallucce “Bè, dimentichi che ha voluto un motorino solo per passarla a
prendere e riaccompagnare a casa, e Dio solo sa in che altri posti, ogni santo giorno…” le fece notare.
Lily
si fece pensosa, mordicchiando distrattamente il suo pezzo di pane rivolse lo
sguardo al soffitto “Secondo te stanno assieme?”
“La
mammina è gelosa?” la prese in giro il marito.
Lily
gli scoccò un’occhiata severa ed imbarazzata allo stesso
tempo “Non sono una mammina gelosa!” protestò.
Lui
la raggiunse ridendo, le cinse le spalle da dietro e appoggiò il mento su una
sua spalla, baciandole una guancia “Sei troppo carina quando fai la mammina
gelosa… Se una ragazza ci porta via questo figlio possiamo sempre farne un
altro, eh…” le propose.
“Dopo
diciassette anni? Sei matto?” rise lei, divertita.
“Parli
come una cinquantenne…” le fece notare lui, senza lasciare la presa salda sulle
sue spalle.
“E tu come un ragazzino…” lo rimbeccò lei.
Lui
rise nel suo collo liscio “Bè, così almeno ci compensiamo…
Però dai, non sarebbe una brutta idea… E poi siamo giovani… Pensa a Sirius e
Remus, che ancora non sono nemmeno sposati!” puntualizzò.
Lily
si fece coccolare un po’ dall’idea di un alto piccolo Potter, o di una bambina.
In effetti aveva sempre sognato di avere una famiglia
numerosa ma sempre in giro per il mondo era tanto se riuscivano a dedicarsi
decentemente al loro unico figlio, figurarsi farne un altro!
“Bè,
se non dovremo più spostarci, magari una piccola Potter non è un’idea
malvagia…” commentò portandosi istintivamente le mani in grembo.
“Già,
proprio per niente… La principessa di papà!” commentò James, inorgoglito come
se la bambina fosse già in arrivo.
“Non
correre troppo, e non iniziare già a fare il padre geloso!” lo ammonì la
moglie.
Lui
si allontanò fingendosi indignato “Senti chi parla!
Quella gelosa perché il figlio si è fatto la ragazza!”
la accusò divertito.
“Bè,
comunque non ci ha detto niente…” precisò lei,
James sorrise scaltro “Allora vado a tastare il terreno!” e
fece le scale due a due.
Quando uscì dalla doccia Harry trovò suo padre
buttato sul tappeto davanti al suo letto tutto preso da una partita ai
videogiochi.
“Sai
Harry, pensavo che fossi un giocatore sveglio!” commentò, mentre ormai
sconfitto lo schermo gli dichiarava il game over.
“Io
sono un giocatore sveglio!” protestò il ragazzo, strofinandosi i capelli con
l’asciugamano.
“Ma se hai preso un passaggio dritto in faccia! Eri distratto?” incalzò James, iniziando un’altra partita.
Harry
sbuffò “Era una luce… Mi ha abbagliato, te l’ho detto”
rispose di nuovo.
“Senti,
per caso stai uscendo con Ginny?” domandò diretto il padre, mettendo in pausa
un’altra partita destinata ad essere persa.
Harry
fu colto da un improvviso colpo di tosse che per poco non lo strangolò
“C-cosa?” balbettò cercando di riprendersi.
“Bè
sai, la scorrazzi avanti e in dietro tutti i giorni, la porti ovunque… Non mi
dire che si tratta solo di senso di colpa…”
Inutile,
suo padre era troppo sveglio quando si trattava di queste cose.
“Bè…
non sto uscendo con Ginny…” iniziò.
“Purtroppo…”
concluse per lui il padre, con un sorriso.
“Non
volevo dire purtroppo!” protestò di nuovo, ma alla fine si sedette accanto al
padre sul tappeto riprendendo la partita al suo posto.
“Però ti piace, giusto?” azzardò di nuovo il più grande.
Per
poco Harry non si fece ammazzare “Bè… sì” concluse.
“E dov’è il problema?” domandò il padre come se non ci
fossero complicazioni in quella risposta.
“Il
problema c’è eccome! Prima di tutto, non so come dirglielo. Lo sai che sono imbranato in queste cose, accidenti! E
poi mi sa che Ron prima mi scuoierebbe vivo e poi mi caccerebbe dalla squadra,
se uscissi con sua sorella” gli fece notare.
James
rise leggermente “Ma va, siete amici, non ti ucciderà
vedrai! E se non sai come dirglielo invitala semplicemente da
qualche parte. Sembra un tipo sveglio, capirà
da sola, no?”
Harry
si convinse che fosse l’unico modo. Passò un numero interminabile di giorni
cercando di chiederle di uscire una sera, ma per un
motivo o per un altro non riusciva mai a farlo.
Era
un venerdì pomeriggio quando, uscendo da scuola Harry trovò appoggiato sulla
sella del vespino un volantino colorato. Lo prese e lesse ad alta voce
“Inaugurazione del nuovo pub La testa di
porco. Completamente ristrutturato riapre a Godric’s Hollow il pub storico
della città. Mercoledì 12 dicembre buffet e bibite gratuite.
Animano la serata Le Sorelle Stravagarie”
concluse Harry.
Intuì
al volo che fosse l’occasione propizia, o in quel
momento o mai più. Sarebbe stato perfetto, una serata allegra con Ginny, cibo e
bibite gratis, la musica delle Sorelle Stravagarie e magari alla fine…
“Ti
va? Deve essere interessante, ti va di andarci?
Assieme, intendo…” buttò fuori tutto d’un fiato Harry.
Ginny
lo guardò sorpresa, seduta sul sellino della vespa scassata, come se non si
aspettasse un invito simile e fosse tremendamente combattuta.
“Oh,
grazie Potter… Cioè, Harry io veramente vado già
all’inaugurazione. Con Dean” terminò pesante, come se quella frase le fosse
costato un enorme sforzo.
Harry
rimase basito “Con chi?” domandò come se non avesse capito.
“Dean.
Dean Thomas. Ecco, noi usciamo assieme da qualche giorno…”
terminò Ginny, con espressione e voce sempre più incerte.
I
progetti fantasiosi di Harry riguardo la serata si
infransero in un nanosecondo “Oh, certo. Certo” rispose solo, poi senza
aggiungere altro si infilò il casco e riaccompagnò
Ginny a casa il più velocemente possibile. Con infinito dispiacere notò che la
ragazza lo stringeva meno del solito e mentalmente maledisse
la vocina che poco prima gli aveva sussurrato quell’ora o mai più.
“A
domani…” disse Ginny, afferrando le sue stampelle.
Harry
non riuscì a rispondere, in gola gli si era formato un
groppo grande come un’arancia e non si era mai sentito così triste e in
imbarazzo in vita sua.
Il
giorno dopo (non era passato a prendere Ginny e fu sorpreso di vederla arrivare
tardi alle lezioni, dalla finestra, forse lo aveva aspettato lo stesso…)agli
allenamenti provò un sadico piacere nel vedere Ron, che alla festa di inaugurazione della sera prima aveva scoperto la sorella
e Dean, maltrattare più o meno ingiustamente quest’ultimo.
“Cos’è,
Weasley? Ti rode perché esco con tua sorella?” aveva strillato Dean ad un certo
punto, ma dopo che Ron lo ebbe quasi ammazzato con un
placcaggio fin troppo riuscito non osò mai più aggiungere altro a riguardo e
sopportò tutte le angherie del rosso nel più religioso silenzio.
Lo
stesso pomeriggio Hermione Ginny si trovavano nella sede del comitato
organizzativo. C’era da stabilire tutto per la gita sulla neve di Natale.
“Harry
oggi non è venuto a prendermi. Non si è fatto proprio vedere, a dirla tutta. Poteva almeno avvisarmi” spiegò la rossa all’amica, tra un
preventivo e l’altro.
Hermione
alzò gli occhi dalle cifre che aveva davanti “Come mai?” domandò stupita.
“Bè,
e io come faccio a saperlo? Sarà arrabbiato…” si difese
Ginny, di fronte allo sguardo indagatore di Hermione.
L’altra
inarcò un sopracciglio “Harry mi sembra una delle persone meno bellicose che ci
siano al mondo… Cosa hai fatto per farlo arrabbiare?”
Ginny
incrociò le braccia al petto e assunse un’espressione indignata che però non
durò a lungo “Ok… deve essere perché ieri mi ha chiesto
di andare all’inaugurazione della Testa di Porco e io gli ho detto che ci
andavo già con Dean… – spiegò – Ma non capisco perché si sia arrabbiato tanto
da evitarmi!”
Hermione
sorrise, quel sorriso di chi la sapeva lunga che irritò vagamente Ginny “Bè, ma
allora non è arrabbiato… sarà solo imbarazzato, no?” le fece notare.
“Lo
so, ma cosa potevo dirgli? Cioè… Anche lui, sono tre
settimane che mi porta avanti e in dietro, poteva anche decidersi prima ad
invitarmi, invece che fissarmi con quella faccia come faceva sempre! E invece si è svegliato proprio quando io ho iniziato ad
uscire con Dean…” protestò Ginny, quasi arrabbiata.
“Ma tu perché hai accettato di uscire con lui, se aspettavi
che fosse Harry a chiedertelo?” domandò incuriosita Hermione.
“Bè,
ma io non credevo che… Non ero sicura affatto di piacergli, insomma” lasciò
cadere la testa sulla pila di fogli ricoprendoli di capelli rossi e fece
ciondolare le braccia lungo i fianchi.
“Gin,
io principe azzurro che tanto sogni non lo troverai
mai se ti accontenti…” le fece notare pazientemente l’amica.
“Ma se sei stata proprio tu a dirmi che dovevo uscire un po’
invece che aspettare come una suora di clausura! Io l’ho fatto! Ma che ne sapevo che poi quello arrivava così all’improvviso
e si faceva avanti nel momento sbagliato?” strillò la sua voce appiattita dai
capelli che le ricoprivano il volto.
“Gin,
hai iniziato a fantasticare quando avevi dieci anni su una fotografia di un
bambino che dormiva su un amaca! E
poi, non lo sapevo nemmeno io che quel bambino sarebbe tornato a Godric’s
Hollow!” si difese Hermione dall’attacco dell’amica.
Si da il caso infatti che tutte le manie di Ginny sul principe
azzurro siano nate da un’infatuazione che aveva sviluppato alla tenera età di
nove anni – non dieci come aveva detto Hermione – guardando delle foto inviate
alla madre da una lontana cugina che a quanto pare se ne andava con marito e
figlio a spasso per il mondo da anni. Una di quelle ritraeva Harry in una
posizione così beata su un amaca alle Hawaii che Ginny
era rimasta incantata e aveva preso a fantasticare su quel bambino che girava
il mondo costruendosi un prototipo di principe azzurro che non l’aveva più
abbandonata.
Ovviamente
quando una mattina di settembre si era ritrovata davanti lo stesso bambino ma
un po’ più grande era rimasta così sorpresa che… lo aveva
investito!
E per mascherare l’imbarazzo di esserselo ritrovato davanti
aveva inscenato tutto quel risentimento per l’ammaccatura e tutto il resto.
Ma dentro aveva sperato che la invitasse ad uscire con lui dal
primo giorno.
Sfortunatamente
si era dato una mossa troppo tardi e per non rischiare
di morire zitella, Ginny aveva accettato di uscire con Dean.
“Che cosa faccio, Herm?” domandò disperata all’amica, che
sapeva tutto, tirandosi su e rimettendosi a sedere.
“Bè,
tanto per cominciare potresti parlargli e chiedergli scusa per la risposta
brusca che gli hai dato ieri sera, no?” propose Hermione.
Sì,
doveva fare così. Sarebbe andata da lui, gli avrebbe detto che era stato
l’imbarazzo assieme ad un briciolo di turbamento a farla parlare così quella
sera e che in realtà era metà della sua vita che aspettava che le chiedesse di
uscire perché era completamente pazza di lui.
Bè,
no. A dire tutte quelle cose non ci sarebbe mai riuscita. Magari, se iniziava
lui…
Continua…
Ciao
a tutti!
Che ne dite di questo capitolo? Oh, ormai sono pazzi l’uno
dell’altra questi due… vedrete nel prossimo capitolo!
Capito la fissa del principe azzurro di Ginny? E’ un po’ squilibrata come
storia? No dai, un po’ ridicola forse, ma credibile,
eh? O no? Bè, mi basta che sia divertente!
Ho
trascurato un po’ Hermione e Ron in questo capitolo, ma dovevo concentrarmi su
Harry e Ginny, prometto che nel prossimo capitolo torneranno anche loro a tutta
forza!
Nel
frattempo ringrazio come sempre le mie fidatissime e gentilissime commentatrici:
Siphion_Grindelwald, Ginny Lily Potter,
lilian, HermioncinaWeasley e EDVIGE86. Le vostre recensioni mi riempiono di
gioia!!! ^^
Mi
raccomando, recensite, recensite, recensite!!!
Un
bacio grande a tutti e, buone compere natalizie (che cosa meravigliosa i regali
di Natale!!! *.* <- Ly amante dello shopping,
soprattutto quello prenatalizio).
A
presto, la vostra
Ly
PUBBLICITA’
PROGRESSO:
Venerdì
4 gennaio 2008 alle ore 21:00
presso il MondadoriMulticenter
Duomo - Milano
“Harry Potter e i Doni della Morte”
Il più grande evento italiano
Aspettate insieme a noi l’uscita italiana dell’ultimo libro della serie! Il MondadoriMulticenter Duomo
(Piazza Duomo, Milano), in collaborazione con il gruppo Grimmauld placenumbertwelve,
organizza una notte di giochi, animazione e divertimenti magici.
Capitolo 10 *** X - Maschi pavidi e femmine timide (o forse no...) ***
X – Maschi pavidi e femmine timide (o forse no)
X – Maschi pavidi e femmine
timide (o forse no)
Quando
Hermione vide Harry tutto incupito, il giorno dopo, dovette trattenere una
risata divertita.
Il
pomeriggio prima Ginny era scappata via tutta di corsa, in fermento, alla
ricerca del ragazzo. Ma Harry aveva la stessa faccia del giorno prima. Con ogni
probabilità la rossa aveva deviato la sua marcia troppo terrorizzata per
affrontarlo.
Rivolse
poi il suo sguardo a Ron. Il ragazzo sbadigliava come un ippopotamo
completamente buttato sul banco.
Ripensò
a quello che era successo negli ultimi giorni, al cambiamento che aveva subito
il loro rapporto.
Certo,
erano sempre stati molto amici, perennemente insieme, ma mai così intimi. Ron
la cercava di continuo, trovava sempre un pretesto per toccarla, per giocare
con i suoi capelli, per metterle una mano attorno alle spalle. E poi non aveva
più rivolto un singolo sguardo a Lavanda dalla discussione che avevano dovuto
settimane prima. Adesso tutti i suoi sguardi erano per lei. A scuola, durante
le lezioni, negli allenamenti. E poi veniva quasi ogni sera a trovarla, a casa
sua, o faceva di tutto per convincerla a rimanere a cena alla Tana.
E
poi c’erano stati quei due baci. Quello che le aveva dato lui davanti a casa
sua e quello che Hermione gli aveva stampato sulle labbra prima della partita
contro gli Slythers.
Ma
non ne erano seguiti altri, con sommo dispiacere della ragazza.
Non
poteva biasimare Ginny per non essere riuscita a parlare con Harry perché anche
lei in tutti quei giorni non era riuscita a trovare il coraggio per parlare
chiaro con Ron ed era rimasta felicemente sospesa in quel limbo fatto di quei
due baci e di tutte le coccole e le attenzioni che Ron riservava solo e
soltanto a lei.
Il
trio di amici quel giorno era meno in forma che mai, tutti e tre avevano lo
sguardo vacuo, perso tra le nuvole, e l’aria preoccupata.
Harry
pensava a Ginny e si preoccupava perché non riusciva più nemmeno a guardarla
dopo essere stato respinto, ma era veramente dura.
Hermione
pensava a Ron e si preoccupava perché non sapeva se doveva affrontare
chiaramente l’argomento del loro rapporto con lui, ma era veramente dura.
Ron
pensava all’ultima partita che avrebbero avuto sabato e si preoccupava perché
se fossero riusciti a vincere quella avrebbero vinto il campionato, ma era
veramente dura.
Tutti
e tre divennero piuttosto scontrosi e preoccupati e per la prima volta
dall’inizio dell’anno consumarono il loro pranzo in religioso silenzio.
Solamente Seamus pareva di buon umore, ma non aveva nessuno con cui parlare,
anche Dean Thomas aveva se possibile un’aria ancora più cupa degli altri tre.
“E
tu con quella faccia da cadavere, che cos’hai?” gli domandò ad un certo punto
piuttosto scocciato Seamus.
Dean
rifilò di sottecchi un’occhiataccia a Harry, che però non se ne accorse tutto
preso com’era dai suoi cupi pensieri.
“Bè,
Ginny è strana… Credo che non ci tenga molto a stare con me” confessò
all’amico.
Ron
si riscosse tutto all’improvviso “E vorrei ben vedere, certo che non può stare
con te!” infierì di nuovo Ron.
Dean,
che era stufo delle sue angherie, lo guardò storto “E perché?” domandò sulla
difensiva.
“Perché
è MIA sorella!” ribadì come se fosse la cosa più semplice del mondo.
L’altro
picchiò le mani sul tavolo, indispettito “Sinceramente non me ne frega proprio
un accidenti della tua gelosia da fratello possessivo” sibilò.
Ron
parve oltraggiato.
A
quel punto intervenne Hermione “Ron, le persone non sono una tua proprietà! Se
sei preoccupato per Ginny, perché non le parli e cerchi di spiegarlo invece di
comportarti come un troglodita?” cercò di calmarlo.
“Ancora
con sto troglodita! Io non devo dirle e spiegarle proprio niente!” si difese.
E
toccò ad Hermione sbattere le mani sul tavolo, furiosa “Certo, basta che tu
abbia quello che vuoi! Che bisogno c’è di mettere in chiaro le cose? Che
bisogno c’è di dare spiegazioni a qualcuno. L’importante è che Ronald Weasley
stia bene, che abbia tutto attorno a sé. Bè, non mi sta bene. Non ti rivolgerò
mai più la parola finchè non avrai il coraggio di affrontare la situazione e
prendere una decisione con me!” e si allontanò a passo spedito lasciando Ron
profondamente allibito.
“Ma
che cavolo le è preso?” domandò infastidito.
Harry
alzò le spalle “Forse voleva dirti che è arrivato il momento di chiederle di
essere la tua ragazza. Sempre che tu lo voglia, intendiamoci…” spiegò, sempre
con la testa tra le nuvole.
“Devono
essere tutte impazzite, ultimamente… Anche tua sorella ha avuto una reazione
simile quando le ho detto che non mi faceva molto piacere che fosse così
dispiaciuta perché quello lì non le rivolgeva più la parola…” fece Dean,
indicando Harry con la forchetta.
Fu
solo allora che Harry sembrò ritornare in vita “E’ dispiaciuta?” domandò
sorpreso.
L’occhiataccia
che gli rivolse Dean fu più chiara di un sì.
Lo
stesso pomeriggio Ron ed Harry stavano tornando dagli allenamenti soli e
abbattuti. Ron per la sfuriata di Hermione all’ora di pranzo ed Harry perché
quel pomeriggio quando aveva incrociato Ginny nei corridoi e si era finalmente
deciso a parlarle, era andato verso di lei ma la rossa, dopo avergli lanciato
un’occhiata di puro panico, aveva svoltato l’angolo e l’aveva vista
allontanarsi da lui alla velocità della luce.
“Harry,
ma mi vuoi spiegare che cavolo è successo? Perché tu a Ginny non vi parlate?”
domandò innocentemente Ron, ad un certo punto.
Harry
aveva fissato l’amico al suo fianco con un briciolo di panico nello sguardo
“Senti, siamo amici, vero? Non è che poi ti arrabbi con me o cose del genere…
Ricordati che andiamo molto d’accordo e ci vogliamo bene come fratelli…” iniziò
Harry.
Ron
strinse gli occhi fissandolo curioso e un po’ minaccioso “Diciamo di sì….” fece
vago.
Il
moro deglutì pesantemente, temeva la reazione di Ron, ma tanto valeva vuotare
il sacco ormai “Ok, le ho chiesto di uscire qualche giorno fa. Ma ha rifiutato
perché stava uscendo con Thomas” buttò fuori tutto d’un fiato. Poi rimase in
attesa della reazione di Ron.
Il
rosso rimase a fissarlo a lungo, con il suo sguardo indagatore e minaccioso,
poi scoppiò a ridere.
“Che
cavolo hai da ridere?” domandò infastidito l’altro.
Ron
cercò di trattenersi e alla fine ci riuscì “Bè… niente! Mi faceva ridere l’idea
che Ginny ti bidonava… Comunque amico, se devo proprio dirlo, meglio te che
Dean o qualche altro idiota – disse, senza guardare Harry negli occhi – Non che
tu non sia un idiota, eh!” concluse, prendendolo in giro.
Anche
Harry rise “Perfetto, grazie per l’approvazione, Ron. Peccato che Ginny ormai
non mi caghi più nemmeno di striscio… Oggi pur di evitarmi ha cambiato strada e
si è allontanata correndo… Peggio di così!”
“Le
ragazze sono veramente esseri complicati e problematici… Guarda Mione!”
constatò il rosso, scuotendo la testa.
“Senti,
non è così complicata la cosa… Hermione mi sembra mi sembra che ti abbia detto
chiaro e tondo che se vuoi ancora parlare con lei devi prendere una bella
decisione sul vostro rapporto” spiegò l’altro, sistemandosi meglio lo zaino
sulle spalle.
Ron
parve esasperato “Ma che cosa c’è da decidere e da spiegare?!”
L’altro
inarcò un sopracciglio “Stai scherzando, vero? Ti comporti con lei come se
fosse la tua ragazza, ma effettivamente non lo è. Credo che sia questa
decisione che vuole sapere… Vuoi stare con Herm?” specificò Harry, di fronte
alla faccia sempre più allibita e imbarazzata dell’amico.
Ron
si grattò la nuca sotto il pesante berretto di lana variopinto – creato dalla
madre – e fissò un punto impreciso davanti a sé, imbarazzato.
“Ron,
ti piace Hermione sì o no?” incalzò l’altro.
Lui
guardò Harry disperato “Certo! Hermione è Hermione! Tu non capisci, io l’adoro
da quando avevo sei anni! Lei è bella e intelligente, è divertente e anche
dolce, la persona con cui sto meglio al mondo, mi piace da morire, Harry! Ma
come cavolo glielo dico?”
Harry
si fece una risatina “Bè, così no?”
“Ah
sì, è facile! Tu sei andato da Ginny e le hai detto che sei pazzo di lei da
quando avevi sei anni?” lo accusò.
Harry
scoppiò a ridere ma poi si trattenne di fronte all’occhiata minacciosa di Ron
“No, anche perché la conosco solo da poco più di tre mesi… Le ho semplicemente
chiesto di uscire”
Ron
annuì “Bene, farò anche io così!” decise.
Harry
scosse il capo “Ma tu ed Hermione uscite assieme continuamente! Non capirà che
cosa vuoi dirle!”
“Oh,
signor so tutto io, diglielo tu al mio posto allora, visto che sei così
esperto!” concluse sempre più in imbarazzo, Ron.
“Sei
serio?” domandò il moro.
Ron
scosse la testa “No, certo che no… Ok, glielo devo dire… E va bene! Smettila di
guardarmi così, ti ho detto che glielo dico!”
Harry
lo fissò perplesso “Guarda che non devi mica fare un favore a me! Oh, guarda
che caso… laggiù abita Hermione!” fece, ironicamente, indicando la villettina
dei Granger.
Ron
lo guardò torvo “Altro che caso, hai approfittato della mia confusione per
farmi deviare per di qua… Sei un sadico!” lo accusò puntandogli un dito
guantato.
Harry
lo spinse verso il cancello, ridendo di gusto, poi lo salutò con la mano, montò
sulla sua vespa e partì lasciandolo solo con le sue decisioni.
Ron
inspirò profondamente l’aria fredda di dicembre, cercando di risucchiare dal
cielo un po’ di coraggio. Si fece coraggio confortandosi con la sicurezza che
non sarebbe stato respinto. O forse sì.
Sentì
il panico impadronirsi di lui, ma non gli concesse più di cinque secondi come
aveva visto fare ad una tizia in un famoso telefilm. Si avvicinò a passi lenti
al campanello e lo premette.
Nello
stesso istante iniziarono a cadere grossi fiocchi di neve.
Quando
un quarto d’ora più tardi Hermione arrivò davanti a casa avvolta nel pesante
cappotto e riparata dall’ombrello colorato, fu piuttosto sorpresa di trovare
Ron appoggiato al cancellino, tutto infreddolito che si riparava dalla neviche
cadeva copiosa sotto la piccola tettoia.
“Ron?
Che cosa… è molto che sei qui?” domandò avvicinandosi e scrollando via la neve
dall’ombrello e dagli stivali.
Ron
alzò le spalle “Solo un paio di minuti – mentì – Ti stavo aspettando…” confessò
senza guardarla negli occhi e trovando improvvisamente interessante il
paesaggio attorno a lui che si faceva sempre più bianco.
“Oh,
ero con Ginny ad organizzare le ultime cose per la gita sulla neve di lunedì. Entriamo?”
gli propose lei, infilando una chiave nel cancello e aprendolo.
“Sì…
però prima volevo dirti una cosa…” iniziò, grattandosi il naso.
Raccolse
tutta la forza e tutto il coraggio e la guardò, dritto negli occhi. Ora veniva
la parte più difficile. Non doveva fare altro che ripetere quello che aveva
detto ad Harry, poteva farcela.
“Senti
Mione, mi dispiace di averti fatto arrabbiare…” iniziò, prendendola alla larga.
Lei
gli rivolse un piccolo sorriso “Non fa niente, dai entra!” lo invitò
nuovamente.
Lui
la fermò afferrandole un lembo del cappotto.
“Aspetta,
prima volevo dirti che… Mione, è da quando avevo sei anni che… Cavolo, tu sei
intelligente e – bella. Oh, al diavolo, sono innamorato di te, Hermione.
Tanto!”
Quelle
parole uscirono dalla sua bocca quasi urlate, le orecchie di Ron già arrossate
per il freddo si fecero ancora più scarlatte mentre anche le lentiggini che
aveva sulle guance parvero più rosse ed evidenti.
Hermione
spalancò gli occhi per la sorpresa, le chiavi di casa le caddero di mano mentre
il cancelletto si richiuse con un click alle sue spalle. Gettò le braccia
attorno al collo di Ron e lo baciò. Un bacio vero questa volta, non come i due
precedenti.
Ron
si sentì la persona più felice della terra, mentre baciava Hermione e le
stringeva le braccia dietro la schiena pensò che non era stato così difficile.
Improvvisamente avvertì anche una fitta di gelosia, il bacio di Hermione era
così bello e perfetto che si domandò chi avesse baciato prima di lui e dove
avesse mai imparato.
Scacciò
immediatamente quei pensieri dalla testa, aumentò la presa e si ripetè felice
che adesso la SUA Hermione era davvero solo e soltanto sua.
I
giorni successivi tutti quanto notarono come il loro rapporto si era
ulteriormente evoluto, Ron non lasciava sola un attimo Hermione e lei pareva
addirittura distratta da lui durante le lezioni, una cosa mai successa.
Harry
invece era sempre più demoralizzato.
Da
una parte c’era l’esultanza perché da quel che aveva capito, Ginny aveva rotto
con Dean. Ma dall’altra c’era la tristezza per vederla cambiare strada ogni
volta che si incontravano per i corridoi.
Decise
che per riuscire a parlarle, perché voleva davvero farlo, sarebbe andato da lei
il giorno dopo, sabato, prima della partita. Così avrebbe avuto il pretesto di
poterla accompagnare al campo per seguire l’incontro.
Quando
Ron casualmente rivelò che sabato mattina la sorella aveva appuntamento per
togliere finalmente il gesso, Harry sentì crollare miseramente i suoi piani.
Si
stupì che fosse già passato un mese, e pensò con nostalgia ai bei giorni che
avevano passato assieme, a come avesse approfittato di ogni suo minimo
spostamento per stare con lei e seguirla. Pensò con dispiacere che adesso non
avrebbe più avuto un così bel pretesto per starle vicino, neanche come amico.
Il
sabato si tennè l’ultima ed importantissima partita di campionato. Se gli
Hippogriffs avessero vinto quell’ultimo incontro avrebbero vinto di conseguenza
il campionato. La mole di neve che era scesa negli ultimi giorni costrinse le
squadre a giocare al coperto nel campo nuovo della cittadina.
Ron,
al contrario di altre volte in cui era caduto profondamente in crisi, pareva
assolutamente su di giri e non vedeva l’ora di scendere in campo per vincere.
Ovviamente quello che era successo con Hermione deteneva la maggior parte del
merito del suo atteggiamento positivo.
Harry
cercò di concentrarsi sull’incontro tralasciando quello che era successo con
Ginny e non pensando al fatto che per la prima volta non fosse sugli spalti a
seguire la partita. La più importante di tutta la stagione, per giunta.
Aveva
perso la ragazza, ma di certo non avrebbe perso l’onore in campo. Anche se da
un paio di giorno McLaggen non faceva che ripetere altro.
Cercò
di concentrarsi solo sul gioco.
La
partita fu serratissima, la squadra avversaria era molto preparata e anche
quella stava giocando per il primo posto. Non dimostrarono mai segni di
cedimento e fu veramente dura.
Ron
stava facendo faville ma Harry, sebbene non si potesse certo dire che stava
giocando male, sembrava leggermente giù di tono.
Ormai
mancavano pochissimi attimi di gioco. La prima meta segnata avrebbe decretato
la fine della partita e i vincitori dell’incontro. Gli Hippogriffs erano sotto
di due punti, dovevano assolutamente segnare una meta da cinque.
Harry
ricevette il passaggio di Ron e contemporaneamente l’ordine del suo amico
capitano di correre e segnare.
Con
la palla in mano lo superò, dribblò un paio di avversari e stava per essere
atterrato quando sentì Ginny, dagli spalti, incitarlo battagliera.
Riuscì
a non perdere il possesso della palla, corse come una saetta e alla fine segnò.
Avevano
vinto il campionato!
La
folla sugli spalti esultò e Harry si ritrovò sommerso dagli abbracci festosi
dei compagni di squadra che ben presto si confusero con gli amici, i parenti e
i compagni di scuola che erano scesi in campo.
Era
passata quasi un’ora dalla fine della partita, ormai tutti si erano allontanati
chi tornando a casa chi ritrovandosi per festeggiare la vittoria e Harry fu
l’ultimo a lasciare gli spogliatoi assieme a Ron.
Il
rosso fu trascinato via a forza da Hermione e costretto ad abbandonare l’amico.
Quando si furono allontanati Hermione gli spiegò che avevano lasciato indietro
Harry perché Ginny lo stava aspettando. Ron cercò di contenere l’irritazione
che il pensiero della sorella assieme ad un ragazzo gli provocava ricordandosi
che si trattava di Harry, il suo migliore amico e un bravo ragazzo. Forse…
Lasciato
indietro da solo, Harry si accorse che seduta su una panchina sotto ad un
gazebo coperto di neve stava da sola Ginny. La ragazza lo salutò imbarazzata
con un gesto della mano.
Harry
fu combattuto tra la voglia di avvicinarsi a lei e riuscire finalmente a
parlarle e l’imbarazzo per essere stato rifiutato che lo spingeva a scappare.
Vinse
la prima e camminando nella neve fresca si avvicinò a lei.
“Complimenti
per la vittoria!” disse lei, sistemandosi la berretta di lana sulla testa in un
gesto che ad Harry ricordò molto quelli imbarazzati di Ron.
“Grazie,
come sta la tua caviglia?” domandò cauto, sedendosi di fronte a lei.
Ginny
alzò le spalle allungando in avanti il piede che era ritornato a calzare scarpe
normali “Insomma… Riesco a muovere il piede piano e a ruotarlo, ma mi hanno
detto che per una decina di giorni ancora è meglio che non lo carichi troppo e
usi ancora le stampelle, poi quando mi sentirò sicura, un po’ alla volta, potrò
iniziare a camminare senza” spiegò.
Harry
approfittò della situazione e si lanciò “Quindi posso ancora accompagnarti
avanti e indietro? Visto che non devi caricarlo troppo…” si propose speranzoso.
Ginny
gli sorrise “Bè, se vuoi mi farebbe piacere”
Per
Harry fu come perdere una zavorra da cento chili appesa al collo, si sentì
immediatamente più leggero e audace “Si, io voglio! E’ che mi è come sembrato
che mi evitassi negli ultimi giorni…”
Ginny
arrossì di colpo, come succedeva a suo fratello anche le sue lentiggini si
fecero più visibili e intense “Ah, sì? No, sarà stata una tua impressione, e
comunque sei tu che hai iniziato ad evitarmi…” spiegò, con una voce più acuta
del solito che fece sorridere Harry.
“Bè,
è perché… Sì, insomma… Ero in imbarazzo, no?” cercò di spiegare senza
menzionare l’episodio in cui l’aveva invitata ad uscire.
“Non
devi esserlo… Io e Dean non stiamo più uscendo…” lo incoraggiò lei, fissandolo
con i suoi occhi blu.
“Ah,
sì? – fece Harry, fingendo di non sapere nulla – Come mai?” domandò come se
stesse discorrendo di piante e fiori.
Ginny
gli fece tanto d’occhi ma alla fine fu costretta a rispondere “Era troppo
geloso… di te” concluse, continuando a guardarlo negli occhi.
Harry
scoppiò in una risatina “Ah, che cosa stupida… Essere geloso di me, intendo…”
specificò come se non ne avesse dovuto avere motivo.
“E
invece aveva ragione. Per questo gli ho detto che era meglio non vederci più…”
incalzò Ginny. Stava disperatamente cercando di spingerlo a dirle qualcosa.
Voleva ardentemente che la invitasse ancora ad uscire con lui, come l’altra
volta, perché lei non ci riusciva, credeva di non avere abbastanza coraggio.
Tale fratello, tale sorella.
“Oh…”
rispose solo Harry, che non sembrava riuscire ad assecondare la volontà di
Ginny.
Calò
un silenzio fitto ed imbarazzato, l’unico rumore percepibile era quello soffice
della neve che scendeva fitta.
“Ehm,
sta nevicando molto!” commentò Harry, per spezzare quell’imbarazzante silenzio.
“Già…
Senti, mi accompagneresti a casa? Sempre che non ti dia fastidio o tu non abbia
già altri impegni…” domandò la ragazza, stringendosi di più nel suo cappotto
per contrastare il freddo pungente.
Harry
saltò su così velocemente, per la felicità, che sbatté violentemente la testa
contro una delle assi del gazebo coperto di neve che, per lo scossone, precipitò
tutto attorno ai ragazzi con un tonfo sordo. Perdendo l’equilibrio per il colpo
Harry cadde all’indietro nella montagnola di neve che si era appena formata.
Ginny
si sporse verso di lui preoccupata “Oh mio dio, Harry!”
Lui
si tirò su a sedere fissandola sorpreso “Uao! Credo che sia la prima volta che
mi chiami per nome!” osservò divertito come un bambino, per poi bloccarsi
seduto a fissarla imbarazzato per quel pensiero che era arrivato troppo
velocemente alla bocca.
Lei
lo guardò un po’ perplessa, poi scoppiò in una fragorosa risata mentre anche le
risa di Harry si univano alle sue e il ragazzo cercava di rimettersi in piedi
scrollandosi la neve di dosso.
Ridendo
si sedette di nuovo accanto a Ginny, scuotendosi con le mani il sedere dei
pantaloni coperto di neve fredda.
Con
un sorriso Ginny si sporse verso di lui e allungò una mano levandogli un
mucchietto di neve da sopra la cuffia colorata.
Il
momento era perfetto, questa volta Harry si disse che era davvero ora o mai più
e azzerò la distanza tra loro baciandola.
Ginny
si lasciò subito catturare da quel bacio tanto atteso e Harry non potè che
esserne felice.
In
quel momento i gioiosi pensieri dei due ragazzi risultarono felici ma del tutto
diversi.
Con
gli occhi chiusi che roteavano per la felicità, l’unico pensiero di Ginny fu un
esplosivo finalmente!
Harry
invece, mentre infilava una mano sotto la cuffia di lana per accarezzare i
capelli rossi della ragazza, constatò il fatto che i baci di Ginny sono assolutamente perfetti!
Continua
…
Ciao
a tutti! Ecco qui, un po’ in ritardo rispetto al solito – lo so, scusate! – l’aggiornamento!
E
quello tanto atteso! A me questo capitolo piace un sacco perché ha iniziato a
nevicare, io amo la neve!
Anche
il prossimo capitolo sarà denso di neve ma ci sarà qualche piccolo problemuccio
che è meglio che non vi anticipo, vedrete! Ad ogni modo siamo agli sgoccioli!
Le
mie vacanze natalizie sono però un po’ impegnate, non so se riuscirò a postare
prestissimo, comunque non mancherò di farlo appena riesco!
Nel
frattempo, vi
auguro di trascorrere un Natale sereno con le persone che amate, vi auguro che
cada tanta neve (e che cada anche qui dove abito io) e che possiate ricevere
dei bei regalini ^^ Che non guasta mai…
Voi
potete sempre fare un regalino a me lasciarmi tante belle recensioni, che ne
dite?
Ringrazio
le mie fedelissime Ginny Lily Potter,
HermioncinaWeasley, Siphion_Grindelwald. Spero che abbiate apprezzato
questo capitolo!
Un
bacio e a presto,
La
vostra Ly
PS: Giusto per
continuare la pubblicità dell’evento…
Venerdì
4 gennaio 2008 alle ore 21:00
presso il Mondadori Multicenter Duomo - Milano
“Harry Potter e i Doni della Morte”
Il più grande evento italiano
Aspettate insieme a noi l’uscita italiana dell’ultimo libro della serie! Il
Mondadori Multicenter Duomo (Piazza Duomo, Milano), in collaborazione con il
gruppo Grimmauld place number twelve, organizza una notte di giochi, animazione
e divertimenti magici.