Shadows

di SunliteGirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** parte prima ***
Capitolo 2: *** Parte seconda ***



Capitolo 1
*** parte prima ***


Shadows

Shadows

 

Parte Prima

[Yesterday I died, tomorrow's bleeding. Fall into your sunlight

   The future's open wide beyond believing. To know why hope dies]



 

È una giornata come le altre. Non si festeggia nessun evento particolare, sono a lavoro come tutti i giorni della settimana -esclusa la domenica- ed Ino è logorroica come sempre. Sì, è una giornata come le altre, nonostante sia il 24 Maggio. Nonostante da tre  anni a questa parte, non appena arriva questa data, il mondo mi sembri crollare addosso.

Prendo l’ennesima tazzina in ceramica fra le dita e, immergendola nell’acqua fredda, comincio a strofinarla con forza. Ripeto quest’azione meccanica da ormai trenta minuti, quasi potessi lavare via anche i pensieri e i ricordi che mi annebbiano la mente, insieme alle tracce di caffè. Un piattino, un bicchiere di vetro, e questa volta sollevo leggermente lo sguardo. Con aria distratta osservo il piccolo locale così familiare, accogliente, e allo stesso tempo pieno di ricordi dolorosi, che vorrei cancellare. I miei occhi scorrono sulle pareti bianche e ricoperte di quadri colorati, si posano sui clienti conosciuti e non che siedono ai tavolini che riempiono la stanza, fino a quelli che invece sono affacciati al bancone, impegnati a chiedere le loro ordinazioni ad una allegra e vivace ragazza dai lunghi capelli biondi, raccolti in una coda ordinata. Mi concentro sulla figura di Ino Yamanaka, la mia migliore amica e collaboratrice di lavoro, per alcuni secondi. È grazie ad una sua pazza idea se l’Haruko Ongaku no Bar esiste ed accoglie sempre più clienti da circa cinque anni, e se posso dire di avere una sorta di certezza nella vita, che mi tenga occupata. Anche se ora nulla è più come prima. Nulla è come quando eravamo ancora un trio, quando insieme a noi c’era anche una ragazza dagli strani capelli rosa confetto. Tutto era diverso, quando ancora c’era lui ad illuminare le mie giornate con un semplice sorriso, a portare allegria come un uragano biondo in questo locale, come nella mia vita. Prima che arrivasse quel 24 Maggio, prima di essere tradita, da entrambi. Avevi giurato che non mi avresti mai lasciata. La tazzina mi scivola dalle dita e cade nel lavandino, atterrando con un tonfo. Vengo scossa da un lieve sussulto e poi sollevo lo sguardo di scatto, spaventata dall’idea che qualcuno possa essersi accorto della mia sbadataggine, o debolezza. Mi lascio sfuggire un sospiro di sollievo nel momento in cui realizzo che nessuno si è accorto di nulla e mi do mentalmente della stupida, perché, ovviamente, con tutto il chiacchiericcio presente nella stanza, difficilmente qualcuno avrebbe potuto notare una cosa simile. Un’ insignificante ragazza come me, così diversa da Ino e priva di ogni esuberanza, non potrebbe mai sperare di essere al centro dell’attenzione di qualcuno. Solo una persona, in tutti in questi anni, si era accorta di me. Era entrata di colpo nella mia vita, nel mio cuore, rendendomi improvvisamente diversa. Ad un tratto, mi ero scoperta felice, forte e non ero più sola; nulla importava più, al di fuori di quel paio di occhi celesti, così solari, che sembravano riscaldarmi con una sola occhiata. E poi mi ha lasciata, in una giornata di sole, insospettabile. Com’è strano il destino, a volte.

Sbatto le ciglia, come risvegliandomi da un sonno profondo, e mi accorgo di un paio di occhi azzurri che mi studiano con attenzione. Come indovino dalle sue sopracciglia aggrottate, sicuramente ha compreso qualcosa. Le dedico un debole sorriso, per comunicarle che sto bene e non deve preoccuparsi, ma la sua espressione si fa ancora più sospettosa. La vedo porgere il resto ad un cliente, un ragazzo sui vent’anni, rivolgendogli un sorriso gentile e ammiccante, per poi strofinarsi le mani sul grembiule viola che le avvolge la vita e avvicinarsi a me, con passo veloce. Approfittando del momento di pausa, si siede sul bancone vicino al lavello, in cui le mie mani sono ancora immerse e impegnate nel lavaggio, e mi rivolge un sorriso triste.

«Hinata, va tutto bene?» mi chiede, all’improvviso.

Abbasso lo sguardo e sorrido fintamente, mentre rispondo «Sì, Ino, non ti preoccupare».

Spero con tutto il cuore che questo basti per convincerla, ma non è affatto così.

«A me non sembra, invece. Hai le occhiaie e sei ancora più silenziosa del solito. Non c’è niente di male nel soffrire, Hina-chan, e puoi confidarti con me. Le amiche servono a questo» dice, mentre allunga un braccio per appoggiare la mano sulla mia spalla. Quel contatto improvviso mi fa sussultare e allo stesso tempo mi infastidisce. Possibile che non riesca a capire?

«Ho detto che sto bene, non preoccuparti. Ho solo dormito poco e ora mi sento molto stanca» sussurro, alzando brevemente lo sguardo per controllare non siano arrivati altri clienti.

«Certo, come no. Ovviamente il fatto che oggi sia il 24 Maggio non c’entra nulla, vero?» dice incrociando le braccia al petto, ancora insoddisfatta.

«Ino, ti prego, lasciami lavorare, non ho bisogno della tua compassione» sussurro, e questa volta vengo tradita dalla mia voce ad un tratto tremante. Ino mi osserva un’ultima volta, gli occhi azzurri incredibilmente affranti, prima di scendere dal bancone e sistemarsi la gonna, sotto il grembiule.

Poi raddrizza la schiena e si avvicina di nuovo, dicendomi «Ti ricordo che mancano anche a me, nonostante tutto. Ma devi andare avanti Hinata, devi smetterla di vivere nel passato e guardare al futuro. So che è difficile, per te più che per chiunque altro, ma devi realizzare che non sei sola». Si blocca, forse aspettandosi una mia risposta, che non arriva.

«Hai me, Hinata. E Sasuke. Sai quello che-».

Sbarro gli occhi nel sentirle pronunciare quel nome all’improvviso. Ad un tratto ho paura di sentire quello che potrebbe dire, di quello che potrebbe pensare, di quello che sta fraintendendo. Perché fra me e Sasuke Uchiha non c’è nulla di ciò che lei si ostina a pensare. Affetto, malinconia, dipendenza, sì. Ma non amore. Perché ho fatto una promessa un giorno di Ottobre di sette anni fa e io non mi rimangio mai la parola data. Mai.

«Ino, basta! Smettila, ti prego. Fra me e Sasuke non c’è assolutamente nulla, perché non vuoi capirlo?».

Queste parole mi escono in un soffio, come un fulmine a ciel sereno, e mi stupisco del tono arrogante, stridulo, con cui le pronuncio.  Improvvisamente mi sento in colpa per ciò che ho detto ad Ino, la persona che in questi tre anni mi è stata sempre accanto e mi ha sostenuta, anche quando non lo meritavo. Esattamente come adesso. Dovrei chiedere subito scusa, ma la gola sembra essersi seccata e le labbra rimangono immobili, serrate. Incrocio i suoi occhi, ora spalancati e delusi, e abbasso subito lo sguardo.

«Certo, voi due scopate e basta, giusto?» chiede lei, sottovoce. Ed eccolo, di nuovo, il senso di colpa. La vista si annebbia, e il mio corpo viene colto da un tremito improvviso. Sento le guance bagnarsi per le lacrime che sgorgano dai miei occhi, che non riesco proprio a fermare, e un singhiozzo mi sfugge dalle labbra, prima che un paio di braccia mi avvolgano. Rimango immobile un secondo, colta di sorpresa, per poi appoggiare la fronte sulla spalla di Ino, senza pensare che forse le macchierò di mascara la camicia bianca.

«Mi dispiace, non avrei dovuto dirlo, sono proprio una stupida» mi sussurra all’orecchio, con voce incrinata, e in questo istante ritorno in me. Mi allontano in fretta e le sorrido dolcemente, prima di sistemarle una ciocca ribelle dietro l’orecchio.

«Non preoccuparti per me, Ino, davvero. Ora sto meglio. Tu torna dai clienti, mentre io vado a darmi una sistemata… Devo sembrare un mostro, con le occhiaie e il trucco tutto colato» le dico, poi, spingendola delicatamente verso il bancone.

Lei mi guarda per un istante allibita, cercando di protestare «Ma, Hina-».

Non le do il tempo di terminare. Sorrido un'altra volta, l’ennesimo sorriso falso, poi le do le spalle e mi avvio verso il retro del locale, destinato solo al personale. Basta far scorrere la porta in mogano e varcare la soglia, per essere avvolta dall’oscurità della stanzetta. Con un ultimo gesto chiudo la porta scorrevole dietro di me e appoggio finalmente la schiena sulla superficie liscia, facendomi scivolare su di essa. Non so per quanto tempo rimango seduta sul pavimento freddo e un po’ impolverato, gli occhi chiusi e le lacrime ad inondarmi le guance. Ogni goccia si ferma brevemente sul mento, prima di scorrere lungo il collo, lasciandomi un brivido sulla pelle, simile a quelli che si prova quando si ha paura. Non un singhiozzo od un lamento fuoriesce dalle mie labbra, fastidioso, ad interrompere questo tanto agognato silenzio. Prego in silenzio di essere trascinata lontano, di dissolvermi insieme a queste tenebre e sparire, semplicemente, non provare più nulla. Ad un tratto un suono lontano, fievole ma udibile, interrompe il mio stato di abbandono. Apro gli occhi, nonostante le palpebre sembrino essersi fatte più pesanti, e scruto nell’oscurità, cercando di individuare il punto da cui proviene quel suono molesto. Solo quando realizzo che proviene dalla mia borsa, appoggiata sul tavolino a qualche metro da me, mi rendo conto che non è altro che la suoneria del mio cellulare. Rimango qualche secondo immobile, indecisa sul da farsi, ma alla fine la curiosità prevale e mi alzo lentamente, aiutandomi con le mani e le braccia. Una volta in piedi, mi avvicino al tavolino e prendo la borsa fra le mani, facendo poi scorrere la cerniera; pesco il cellulare, l’unica fonte di luce sepolta da strati e strati di oggetti vari, con facilità e subito lo stringo fra le mani. Il display mi annuncia che ho ricevuto un sms e il nome del mittente non mi stupisce più di tanto, o almeno non quanto l’ansia che mi spinge ad aprirlo subito.

«Vengo a prenderti alla fine del turno, fatti trovare pronta» sussurro, leggendo il messaggio tra me e me. Sasuke, conciso come sempre. Mi mordo le labbra, impensierita e curiosa allo stesso tempo. Non è tipico di Sasuke fare “sorprese” di questo genere e il fatto che abbia deciso di farmene una proprio questo giorno, beh, ciò non mi convince per niente. Decido di non rispondere, anche se so che forse questo lo indispettirà un po’, e controllo invece l’ora sul display. Mi rimane mezz’ora per rendermi presentabile e sospetto risulterà un’impresa. Mi lascio sfuggire un sospiro, prima di lasciare ricadere il cellulare dentro la borsa e pescarne invece l’iPod, il mio inseparabile amico, per infilarmi subito dopo gli auricolari nelle orecchie. È con un gesto quasi meccanico che faccio partire la musica e infilo l’oggetto nella tasca dei jeans sbiaditi, prima di avvicinarmi al muro avanzando a tentoni, fino a raggiungere l’interruttore e premere il piccolo pulsante. Ci metto un po’ di tempo per abituarmi di nuovo alla luce, divenuta ora quasi insopportabile, ma alla fine riesco ad arrancare fino alla porta alla mia sinistra, che conduce al piccolo bagno. In realtà l’unica cosa di cui ho bisogno ora è uno specchio, magari anche un po’ d’acqua, sia per rendere la gola meno secca, sia per levare dal mio viso quest’orribile sensazione di appiccicaticcio. Una volta raggiunto il lavandino, resisto all’impulso di osservare il mio riflesso sulla superficie dello specchio, e apro invece il rubinetto, facendo scorrere l’acqua fredda fra le dita, prima di raccoglierla fra le mani a coppa e bagnarmi il viso. Per un attimo mi godo la sensazione rinfrescante, poi mi abbasso più vicina al getto d’acqua e comincio a strofinare con forza ogni angolo del mio volto, soffermandomi in particolare sugli occhi e le guance, che sospetto siano ridotte alquanto male. Oso alzare lo sguardo solo dopo essermi asciugata con l’asciugamano appeso accanto al lavandino in ceramica bianca. Per un attimo rimango immobile e senza fiato, stentando a riconoscermi. Un paio di profonde occhiaie solcano i miei occhi, solitamente chiarissimi, ma ora resi un po’ rossi dal pianto, e creano un forte contrasto con la pelle bianca, quasi fossi malata, o in punto di morte. In realtà, ora che ci faccio caso, sembro più uno di quei fantasmi dai lunghi capelli neri e la pelle bianchissima, ormai un cliché dei film horror. Sorrido a questo pensiero, realizzando quanto ciò non sia molto distante dalla realtà effettiva delle cose. Un fantasma, un’anima che viaggia senza meta in un mondo che non le appartiene, alla ricerca del suo conto in sospeso. Io però non ho un conto in sospeso. Forse, se lui fosse ancora con me, ora assomiglierei ancora alla ragazza che ero un tempo, almeno un po’.  

I miei pensieri vengono interrotti da un rumore nell’altra stanza e per un attimo provo paura, il terrore di vedere davvero un mostro apparire dalla porta, magari per uccidermi. Ora che ci penso, però, non sarebbe così terribile. La fine di tutto potrebbe portare solo sollievo, significherebbe smettere di condannarmi e soffrire. Però la porta si spalanca ed Ino appare davanti a me, l’aria seriamente preoccupata. Per un attimo provo delusione nel profondo del mio petto, ma scaccio via velocemente quel pensiero, troppo orribile anche solo per essere concepito.

«Accidenti a te, Hinata, che stai combinando? È da quasi un’ora che sei chiusa qui dentro!» comincia a dire la mia amica, gesticolando energicamente con le braccia. Ad un tratto, però, si blocca e comincia ad osservarmi, tramutando la sua espressione da una preoccupata in una sollevata.

«Ah, vedo che ti sei ripresa» esclama, mostrandomi un sorriso incerto. Non posso fare nulla che sorridere a mia volta, mentre mi tolgo le cuffie dalle orecchie e tengo stretti gli auricolari nei palmi delle mani. Faccio per rispondere, ma ad un tratto il ricordo del litigio di qualche minuto prima mi investe, lasciandomi terribilmente imbarazzata e a disagio per il mio comportamento. Timidamente mi sistemo un ciuffo di capelli scuri dietro l’orecchio e abbasso lo sguardo, mentre sento le guance pizzicarmi per l’improvviso calore.

«I-ino, mi dispiace tanto per ciò che è accaduto prima…» comincio a dire, cercando di porgerle le mie scuse, ma vengo fermata dalla sua mano, che si posa sul mio braccio con una tale energia da farmi sobbalzare.

«Non preoccuparti Hina-chan, è colpa mia! Sai come sono fatta, non riesco mai a farmi gli affaracci miei» esclama ridendo, per poi farmi la linguaccia. Rimango per un attimo basita e ancora più imbarazzata di prima, ma poi non posso che sciogliermi di fronte a queste sue parole. Tra le due sono sempre stata io la più dolce e protettiva, ma spesso Ino è in grado di stupirmi con improvvise e disarmanti dimostrazioni d’affetto. Certo, il suo modo di dimostrarlo è spesso un po’ esuberante, ma dietro la sua maschera di ragazza superficiale ed estrosa si cela una donna ricca di sentimenti e in grado di consolare e proteggere le persone che ama.

«Ino?» la chiamo gentilmente, sorridendole sinceramente. Lei sbatte le palpebre e assume un atteggiamento composto, curioso.

«Potrei chiederti un favore?» chiedo, subito dopo. In un qualsiasi altro momento non avrei mai avuto il coraggio di fare una richiesta simile, ma in parte perché mi sento in colpa per ciò che le faccio sopportare, un po’ perché ne ho bisogno, prendo un profondo respiro e parlo, pentendomene un secondo dopo.

«Tra dieci minuti S-sasuke sarà qui e p-penso di essere ridotta ad uno straccio, in questo momento. Mi aiuteresti?». Strizzo gli occhi nel momento in cui la sua risposta vivace mi investe.

«Per tutti i Kami! Ma certo, Hina-chan, ti aiuto volentieri! Ora vado a prendere la borsetta dove tengo il make-up e ti do subito una sistemata. Ma prima lasciati guardare bene. Eh, sì, sei proprio ridotta male. Mi sa che dovremo ricorrere ad un bel po’ di fondotinta…».

La lascio parlare per tutto il tempo che le occorre per smorzare il suo entusiasmo, ascoltandola in silenzio e cercando di non mostrare tutto il mio sconcerto di fronte alla serie di cosmetici che escono dalla tanto nominata “borsetta per il make-up”. Lancio un ultima occhiata implorante al cielo, prima di chiudere gli occhi e sottopormi come cavia fra le sue mani. Non che non mi fidi di Ino, ma sono sempre stata ostile al trucco pesante, preferendo sempre indossare un po’ di mascara e un sottile filo di matita, ovvero lo stretto necessario a migliorare un po’ la mia immagine. Ma non avrei mai immaginato il miracolo che è in grado di operare questa ragazza, con un po’ di cipria e ombretto. Quando mi guardo allo specchio, cinque minuti dopo, sembro un’altra persona. Non ha di certo esagerato con il fondotinta, come avevo temuto, ma si è limitata ad eliminare le occhiaie e a darmi un po’ più di lucentezza al volto attraverso un leggero strato di ombretto ambrato. Rimango senza parole per alcuni secondi, poi le mostro un sorriso attraverso il riflesso dello specchio, sussurrandole un grazie pieno di gratitudine.

«Oh, non ti preoccupare» mi risponde lei, sorridendo di rimando, «ma forse è meglio tornare di là, prima che arrivi Sasuke».

Ad un tratto sobbalzo e vengo colta dal panico, mentre mi giro velocemente per guardarla dritto negli occhi.

«Ino, abbiamo lasciato il locale incustodito per tutto questo tempo, i client-» comincio a dire con voce stridula, cominciando ad agitarmi, ma vengo subito fermata dalla voce calma di lei, che esclama «Non temere, ho lasciato Sai di là… Come puoi pensare che avrei fatto una cosa tanto sconsiderata?».

Ignorando il suo tono leggermente indispettito, sospiro sollevata. Sai, il ragazzo storico di Ino, è un tipo affidabile e serio, a tratti freddo, l’esatto opposto della sua ragazza. Sorrido fra me e me, mentre mi infilo di nuovo gli auricolari nelle orecchie e, afferrata Ino per le spalle, comincio a spingerla dolcemente fuori dal bagno e, poi, dalla stanzetta sul retro. Una volta tornate nel locale, mi sporgo dalla porta e individuo subito Sai, i capelli neri e il fisico slanciato, intento a parlare con qualcuno al di là del bancone.

«Ciao, Sai» esclamo, salutandolo timidamente. Lui si volta lentamente dalla mia parte e mi mostra un sorriso gentile, mentre ricambia il mio saluto. Scuoto la testa, nel momento in cui Ino si avvicina a lui con fare capriccioso e comincia a lamentarsi per il trattamento subito. Faccio per voltarmi, con l’intento di andare a recuperare la borsa, quando la voce di Ino mi blocca, lasciandomi immobile, come fossi stata colpita da un fulmine.

«Ehi, ciao, Sasuke! Hinata mi ha detto che saresti venuto a prenderla… Guarda, è proprio lì vicino alla porta sul retro, ti stava aspettando» dice Ino, parlando a macchinetta con una velocità disarmante. Ma è il nome di quella persona che mi fa gelare all’istante e girarmi di  nuovo, molto lentamente, semplicemente per incontrare un paio di occhi neri, penetranti, al di là del bancone. «Buongiorno» dice, con quella voce fredda e altera, che subito mi fa arrossire. Riesco a reggere quello sguardo solo per pochi istanti, il tempo necessario per sentire il mio cuore accelerare indistintamente i suoi battiti, la gola seccarsi e uno stupido sorriso incresparsi sulle mie labbra. Abbasso subito lo sguardo, sentendomi terribilmente sciocca e intimorita, in parte dal suo sguardo, in parte da me stessa. Cos’è questa strana sensazione?

«Buongiorno, Sasuke» dico a mia volta, con un tono apparentemente calmo. È proprio Ino a rompere questa strana atmosfera, porgendomi la borsa nera che deve aver preso dalla stanzetta mentre ero troppo occupata a controllare il mio respiro.

«Su, su! Non perdete tempo» esclama con un sorriso, spingendomi delicatamente verso il passaggio che conduce oltre il bancone del bar. Per un attimo le rivolgo uno sguardo allarmato, forse una richiesta di aiuto, ma lei finge di non vedere e, anzi, sorride a Sasuke, che nel frattempo si è fatto terribilmente vicino a me.

«Ora andate e, Sasuke, vedi di trattarla bene».

Sobbalzo al tono minaccioso insito nelle parole di Ino e guardo preoccupata Sasuke con la coda dell’occhio, ma lui non sembra essere rimasto colpito.

«Contaci» risponde, con aria annoiata e piatta, poi si rivolge a me e mi rivolge un accenno di sorriso, prima di dire «Andiamo, Hinata».

È così strano il modo in cui pronuncia il mio nome, quasi avesse timore di storpiarlo, di contaminarlo, con la sua pronuncia. È il suo modo di dimostrarmi quell’affetto e rispetto che riserva a me soltanto, sentimenti che spesso vengono celati dalla fredda corazza che lo circonda. Non posso fare a meno di sorridere, mentre lascio che la sua mano circondi la mia e mi trascini gentile verso la porta del locale, verso il mondo esterno. Faccio in tempo a salutare Ino e Sai, prima che la porta si chiudi dietro di me. Certo, mi sentirei un po’ in colpa a lasciarli lavorare da soli, ma i clienti sono davvero pochi a quest’ora e inoltre sarò assente solo per poche ore, il tempo di vedere dove Sasuke ha intenzione di portarmi, nonostante una parte di me lo sappia già. Infondo, oggi è il 24 Maggio.

 

Per un po’ di tempo camminiamo in silenzio, con passo spedito. Osservo il profilo di Sasuke, la sua pelle chiara e liscia, i capelli neri –così simili ai miei- scompigliati e gli occhi scuri che fissano con sguardo fiero davanti a sé, senza timore. In realtà vorrei chiedergli dove mi sta portando, ma ho paura che così facendo lo renderei nervoso. Con il tempo, ho imparato a conoscere ogni lato del suo carattere e a riconoscere il suo umore, spesso variabile. Oggi non sembra affatto di buon umore, soprattutto è ben visibile il velo di tristezza calato sui suoi occhi. Questa giornata è dolorosa per lui quanto lo è per me, per questo abbiamo imparato a condividere insieme con la nostra sofferenza e i nostri silenzi. Eppure, è proprio lui a rompere il silenzio, una volta accortosi del mio sguardo insistente.

«Perché continui a fissarmi?» mi chiede, all’improvviso, con un leggero tono di fastidio nella voce. Sobbalzo e arrossisco per l’imbarazzo, rendendomi conto di essere stata troppo indiscreta. Le mie guance diventano, se possibile, ancora più rosse, quando dico, senza pensare «Scusami, ti guardavo solamente perché sei… bello».

Vedo la sua pelle nivea chiazzarsi leggermente di rosso e mi mordo le labbra, maledicendomi per la sciocchezza che ho appena detto.

«Anche tu sei molto carina, oggi» sussurra tutto ad un tratto, sperando forse di non essere udito, per aggiungere subito dopo a voce più alta «Ma non farti strane idee».

Soffoco una risata che potrebbe imbarazzarlo ancora di più coprendomi la bocca con una mano, mentre con l’altra stringo più forte la sua.

Per un attimo torna il silenzio fra di noi, interrotto dopo un po’ nuovamente da lui.

«Che cosa stai ascoltando? È da prima che tieni quell’affare acceso».

Con imbarazzo mi rendo conto di avere ancora l’iPod acceso. «Oh, scusa, ora lo spengo subito» mi sbrigo a rispondere, mentre con la mano libera cerco di sfilarmi gli auricolari, preceduta da lui, che ne sfila uno dal mio orecchio destro e lo infila nel suo.

«Non preoccuparti… Ti dispiacerebbe aumentare un po’ il volume? Non si sente nulla» dice subito dopo, aggrottando leggermente le sopracciglia.

Obbedisco velocemente e subito perdo un battito, nel sentire la canzone che casualmente è cominciata proprio ora. Conosco bene questa canzone, legata a molti miei ricordi proprio con Sasuke. Mi sono ritrovata spesso, negli ultimi tempi, ad ascoltare questa canzone, quasi inconsciamente. Con la coda dell’occhio vedo Sasuke sorridere leggermente, gli occhi farsi un po’ meno tristi. Forse i miei stessi pensieri stanno affollando la sua mente. Forse anche lui, come me, sta pensando a quando, come, è cominciato tutto.

 

Si presentò a casa mia all’improvviso, un giorno di pioggia. Non so per quale motivo quel giorno abbandonai, per la prima volta dopo mesi, l’oscuro e sicuro rifugio della mia stanza, come risvegliata da quell’unico, solitario, trillo del campanello. Semplicemente mi alzai e con passo incerto raggiunsi la porta. Me lo ritrovai davanti, completamente fradicio, i capelli neri appiccicati al volto e alla nuca. Furono i suoi occhi vuoti, freddi, a colpirmi. Erano così simili ai miei, così… insensibili. Lo lasciai entrare, facendomi da parte. Non gli ho mai chiesto perché quella sera venne da me, semplicemente per sedersi sul mio divano e fissare il vuoto, in silenzio. Forse perché già allora aveva capito quanto fossimo simili, noi due. E non era solo per i capelli neri, la pelle chiara e la naturale ritrosia che ci caratterizza. Entrambi eravamo –siamo- ombre, che vagano alla ricerca di un più piccolo raggio di sole, di una più piccola speranza, perché entrambi abbiamo perso il nostro personale sole.

All’inizio le sue visite furono sporadiche. Si presentava all’improvviso e velocemente spariva, come era arrivato. Poi, ad un tratto, le sue visite cominciarono a farsi più frequenti, fino a divenire giornaliere. Se all’inizio ci limitammo a sorseggiare del tè in silenzio, o a guardare dei film, al buio, poi cominciammo a parlare, discutere di ogni argomento, dal più leggero al più personale. Cominciai a scoprire nuove cose di lui, piccoli dettagli che un tempo non avevo notato, perché tutta la mia attenzione era concentrata sul suo biondo migliore amico. Scoprii che amava i film d’autore, leggere romanzi d’avventura e che il suo cibo preferito sono i pomodori, che lui adora la musica rock e il suo colore preferito è l’azzurro, mentre avevo sempre pensato fosse il nero, colore che occupava la maggior parte del suo abbigliamento. Cominciai a vedere in lui un’ancora di salvezza, l’unico scoglio a cui aggrapparmi per non essere trascinata via dalla corrente della vita. E poi, un giorno, accadde. Fu tutto talmente veloce, che realizzai a malapena ciò che stava accadendo. Prima arrivarono le sue labbra, poi le sue mani. Nei pochi sprazzi di lucidità che seguirono quel bacio, prima che tutto diventasse più confuso e meraviglioso, notai che le sue mani erano terribilmente calde, come anche le sue labbra, che avevo sempre immaginato fredde. Il suo tocco era gentile, il suo modo di amare dolce e delicato, per quanto passionale. C’erano talmente tante cose che avevo giudicato in modo sbagliato, sul suo conto.

Quella non fu l’ultima volta. Lentamente, con il passare dei giorni, la presenza di Sasuke si fece sempre più vivida nella mia vita. Tutto avvenne in modo naturale, spontaneo. Io e lui eravamo amici, fratelli e amanti, uniti da un affetto che non andava oltre la dipendenza e comprensione reciproca, a legarci un passato in comune. Io e Sasuke, legati a doppio filo per via della stessa sofferenza e dello stesso amore per due persone che non ci avrebbero corrisposti mai più.

Ma, poche settimane fa, avvenne il nostro primo litigio. Lui era seduto su una sedia in sala da pranzo, vicino alla radio, e mi osservava da lontano affettare dei pomodori freschi, che avevo comprato per lui la mattina stessa. Ad un tratto una canzone risuonò nella stanza. Identificai subito il cantante, ma non la melodia, così melanconica e allo stesso tempo romantica. Cominciai a canticchiare e Sasuke doveva averlo notato, perché si era avvicinato a me e aveva appoggiato le mani sui miei fianchi, chiedendomi silenziosamente di ballare. Cominciammo a volteggiare per la stanza, le sue braccia a stringermi e le mie mani appoggiate sulle sue spalle. Mi ero sentita incredibilmente felice in quel momento e davvero, per un solo istante, avevo dimenticato ogni cosa. Per un solo istante, i miei occhi avevano visto solo Sasuke e il suo raro sorriso. Poi, un paio di occhi azzurri si erano sovrapposti a quelli neri di lui. Un paio di occhi celesti, terribilmente solari e allegri. Improvvisamente sentii il rimorso farsi spazio dentro di me, inevitabile. Mi resi conto che quei sentimenti così forti, che da tempo avevano cominciato a fiorire dentro di me, erano terribilmente pericolosi. Rischiavo di infrangere quella promessa, fatta tanti anni fa, e non avrei permesso che ciò accadesse. Mi staccai da Sasuke, quasi avessi visto un fantasma, e lo allontanai da me bruscamente. Ma mai mi sarei aspettata lo sguardo ferito che Sasuke mi rivolse e le parole che qualche secondo dopo uscirono dalla sua bocca, piene di rabbia. «Dannazione, non dirmi che stai ancora pensando a lui». Se ne era andato, lasciandomi sola in quella stanza, le note finali della canzone che rimbombavano nelle casse. Fu così strano perché, proprio nel momento in cui sentii la porta sbattere dietro di lui, provai paura. Paura che non lo avrei mai più rivisto entrare in casa mia, che non avrei più udito la sua voce e visto uno dei suoi rari sorrisi.

Piansi dalla gioia quando, il giorno dopo, lui mi strinse a sé e mi chiese scusa, dicendo che non mi avrebbe mai più lasciata sola.

 

«Hinata?».

La voce di Sasuke, improvvisamente vicina al mio orecchio, mi fa sussultare. Mi volto verso di lui e scorgo un sorriso sghembo sul suo volto, probabilmente di derisione a giudicare dal suo sguardo. «Perché stai ridendo?» gli chiedo, curiosa ed indispettita allo stesso tempo.

«Perché ti sto chiamando da dieci minuti, ma a quanto pare eri persa nel tuo mondo» risponde lui prontamente, schietto come sempre.

Gli tiro un leggero schiaffo sul braccio, imbarazzata, ma alla fine sono obbligata a chiedergli scusa per la mia sbadataggine.

«Scuse accettate» dice lui, distogliendo lo sguardo e assumendo la sua solita aria indecifrabile. Rimango per un po’ in silenzio ad osservare il cemento sotto i nostri piedi, ancora persa nei ricordi delle giornate trascorse insieme a lui, sovrapposte talvolta a quelle di indimenticabili giornate di sole, passate in compagnia di un ragazzo dai capelli biondi, la mia sorridente migliore amica e il silenzioso ragazzo dai capelli neri. In quei momenti ricordo come entrambi ci sentavamo quasi fuori luogo, trascinati da quei due soli pieni di vita, così simili e così diversi, un po’ come noi due. All’improvviso sollevo lo sguardo e scorgo un negozio di musica. Me lo ricordo perché ci sono passata davanti tanti di quei giorni, quando la nostalgia mi spingeva ad avventurarmi su questa strada.

«Dove stiamo andando?» chiedo a Sasuke, con voce quasi allarmata.

«Lo vedrai presto» è la sua secca e concisa risposta.

Inconsciamente mi avvicino di più a lui e mi stringo al suo braccio, percependo il suo corpo caldo irrigidirsi al mio tocco. Pochi passi, un albero di ciliegio in fiore, e subito ci troviamo davanti ad un grande cancello e ad un’insegna, che ho letto altre mille volte.

Trattengo il respiro e mi lascio guidare da lui, in silenzio. Sento la tristezza farsi spazio dentro di me, insieme ad un improvviso senso di pace. Ad ogni passo, ad ogni secondo che passa, ci avviciniamo sempre di più al luogo in cui riposa il nostro cuore.

Superiamo un’altra lapide ed eccoli, davanti a noi.

Chiudo gli occhi e inspiro profondamente l’aria calda, che subito entra nei miei polmoni. Trattengo le lacrime, mentre sussurro «Ciao, Naruto».

Sasuke stringe forte la mia mano nella sua e so che in silenzio sta salutando la sua Sakura, forse cercando di trattenere i ricordi di quella notte e cancellarli dalla sua mente. Mi volto verso di lui e mi accorgo subito del suo sguardo vuoto, della lacrima solitaria che veloce gli attraversa la guancia. Prima di riuscire a fermarla, la mia mano raggiunge il suo viso e asciuga quella goccia salata, poi si posa lì, senza lasciare la sua guancia. Lui si gira di scatto a guardarmi e, nel vedere il mio sorriso triste, stringe la mia mano sul suo volto, chiudendo gli occhi. Non so per quanto tempo rimaniamo così, immobili.

 

 

Naruto Uzumaki, 10 ottobre 1985-24 maggio 2009

 

Sakura Haruno, 26 marzo 1986-24 maggio 2009

 

 

Sasuke, perché mi hai portata qui?

                                    

 

[And finding answers , is forgetting all of the questions

we call home. Passing the graves of the unknown]

Note dell’autrice: Oddio, non posso credere di averla pubblicata! In realtà avevo progettato questa storia ancora un anno e mezzo fa, ma in teoria dovevano essere otto capitoli e doveva essere un po’ diversa, ma, insomma, ho pensato sarebbe stato un parto leggere otto interi capitoli di puro angst e “ti-prego-dammi-una-lametta-che-mi-taglio-le-vene”. Il SasuHina è una coppia che mi piace tantissimo nonostante il mio smodato amore per il NaruHina e la poca probabilità che effettivamente la coppia si realizzi dato che, beh, quante volte si sono rivolti la parola? (Zero, una?) Perciò ho rinunciato in partenza a tifare per questa coppia, nonostante il 100% pucciosaggine (esiste questo termine?). Scrivere questa storia dopo il capitolo 631 di Naruto è stato un parto, nel senso che dopo lo schifio che mi ha trasmesso quel capitolo (rigorosamente letto su mangareader xD) ho cominciato a provare disgusto per qualsiasi cosa si ricollegasse a questo Fandom… Però, vedere Naruto morto, almeno in questa fic, non so, mi ha ispirata… *E fu così che in un pomeriggio scrisse una storia di quasi venti pagine, e non se la tira nemmeno (?)*

Questa fic si è (miracolosamente) aggiudicata il primo posto nel "Tear contest- Il contest della lacrima facile" indetto da MinorityVicious sul forum di Efp, e il premio originalità :D Se vorrete, per curiosità, sbirciare il commento della giudiciA basterò guardare nelle recensioni, li troverete la valutazione (spero xD). Dato che mi è stato fatto notare, volevo chiedere scusa per l'eventuale OOC di Sasuke. Il fatto è che per esigenze di trama, l'essere troppo Sasuke non avrebbe permesso alcuno sviluppo della storia. Inoltre, io il Sasuke innamorato lo vedo un po' così, sempre introverso, ma comunque dolce e in grado di prendere l'iniziativa (specialmente perchè, soprattutto in una coppia formata da due individui che sicuramente non sono l'espressione della vivacità, qualcuno che porti avanti il rapporto ci vorrà pure xD). Questa storia partecipa anche al SasuHina contest indetto da Dolcemente Complicata sul forum di Efp, i cui risuotati saranno dati ad ottobre *incrocia le dita*.

Spero che la storia, aldilà della coppia che può piacere o no, possa interessare qualcuno e di ricevere dei commenti a riguardo, che siano positivi o negativi ;)


La canzone utilizzata è “Shattered” dei Trading Yesterday, che potrete ascoltare qui se vi interessasse (è da suicidio. Mezzi avvisati, mezzi salvati): https://www.youtube.com/watch?v=F_uUE6zBMpE

Ah, altra cosa. Il nome del locale di Hinata ed Ino possiede lo stesso nome del locale di un’altra mia fanfiction in cui Naruto e Hinata si incontrano per la prima volta (in questa, però, è Hinata a morire… che originalità xD),  che si chiama :Aiko: (potrete trovarla nella pagina autore, se interessati :D)

Detto questo, mi ritiro in pace. Halo  

 

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Capitolo 2
*** Parte seconda ***


shadows

Shadows

 

Parte Seconda

 

[As reason clouds my eyes, with splendor fading

Illusions of the sunlight]

 

«Avanti Sakura-chan, puoi accelerare? Stiamo andando lenti come delle lumache!».

«Cazzo, dobe, vuoi startene zitto un secondo?».

Sospirai di sollievo nel momento in cui finalmente sentii calare il silenzio nell’abitacolo. Già era frustrante stare seduto dalla parte del passeggero, in un auto rosa, se si aggiungevano anche le lamentele e capricci di un certo biondo testa quadra, le cose non miglioravano di certo. Lanciai un’occhiata allo specchietto e sorrisi compiaciuto nel vedere il ghigno capriccioso e contrariato sul viso di Naruto.

«Stupido teme, come posso starmene zitto quando sono così felice?» sbottò dopo pochi secondi, ponendo fine al brevissimo periodo di silenzio. “Addio, pace, è stato un piacere incontrarti”.

«E per cosa dovresti essere così contento?».

Mi voltai nel sentire quella voce cristallina, che proveniva dal posto accanto al mio. Osservai Sakura, i suoi capelli rosa e il sorriso sulle sue labbra, allegro e spontaneo. Qualcosa, nel modo in cui aggrottò le sopracciglia, mi insospettì e mi fece intuire il suo nervosismo mal celato. Conoscevo la sua irascibilità e sospettavo stesse frenando la voglia di tirare un pugno al nostro migliore amico, per il modo insistente con cui da circa mezz’ora aveva continuato a criticare la sua guida. Posai una mano sulla sua, intenta a cambiare la marcia, e lei sussultò al mio tocco. Mi guardò con la coda degli occhi e mi sorrise, forse per tranquillizzarmi. Il momento venne interrotto dalla voce del dobe, all’improvviso vicinissima al mio orecchio.

«B-bhe, ecco, io… Hodecisodifareilgrandepasso» disse con un tono improvvisamente acuto e in modo talmente veloce che né io, né tantomeno Sakura, riuscimmo a capire qualcosa.

«Cosa?» chiedemmo contemporaneamente, allibiti.

Naruto si sporse dal sedile posteriore, mostrando un sorriso insicuro e arrossendo fino alla punta delle orecchie. «Ho detto che… Voglio chiedere a Hinata di sposarmi, stasera».

Sbarrai gli occhi dalla sorpresa e sentii la mia bocca aprirsi in una “o”, mentre Sakura sterzò con il volante e quasi finimmo nell’altra carreggiata. Trattenni il respiro e sentii il cuore salirmi in gola, mentre Naruto lanciava un piccolo urlo e gridava «Ma sei pazza?».

Sakura riacquistò il controllo dell’auto e, bianca come un lenzuolo, esclamò «Scusate, ragazzi, ma… Accidenti». Con mano tremante allacciai la cintura, tanto per essere previdente, e mi voltai di nuovo verso il biondo alle nostre spalle.

«Naruto! Hinata sarà così felice! Io sono così felice… Spero mi farete fare da damigella!» esclamò all’improvviso Sakura con aria sognante, quasi avesse riacquistato l’uso della voce tutto ad un tratto.

«Sì, complimenti Naruto» dissi solamente, neutro. In realtà ero felice per il mio migliore amico. Lo conoscevo da quand’eravamo appena dei bambini, senza genitori e nessuno al mondo. Ero contento che lui avesse finalmente trovato qualcuno con cui trascorrere la sua vita e creare la famiglia che a lui era stata tolta, specialmente se quel qualcuno era Hinata Hyuga. Amava alla follia Naruto ed era una ragazza che aveva tutto il mio rispetto, oltre che la mia amicizia.

Naruto mostrò un sorriso pieno di vita mentre diceva un semplice «Grazie, ragazzi» e non potei che sorridere di rimando.

«Sasuke, e tu? Quando intendi farmi la proposta?» disse improvvisamente Sakura, mostrandomi un sorriso malizioso. Guardai la mia ragazza con imbarazzo e percepii le mie guance diventare improvvisamente calde, quasi fossi stato scottato. Incrociai le braccia al petto e cercai di esibire lo sguardo indifferente che mi usciva meglio, anche se a giudicare dalle risate di Sakura e Naruto intuii che avevano notato il mio stato d’animo.

«T-tu pensa a guidare. Sono già le nove e avremmo dovuto essere a casa di Neji ancora mezz’ora fa».

«Esatto! Sakura-chan, guidi davvero troppo lentamente!».

«Stupido idiota, la prossima volta ti lascio a piedi se non la smetti di lamentarti!».

Mi sfuggì un sorriso. In tutti quegli anni non era cambiato assolutamente nulla, fra noi tre.

Se avessi saputo ciò che sarebbe accaduto pochi istanti dopo, avrei detto ciò che stavo pensando. Avrei detto a Naruto che gli volevo bene quanto se ne vuole a un fratello e che avrei voluto essere il suo testimone di nozze, oltre che il padrino dei suoi figli. Avrei detto a Sakura che l’amavo con tutto il cuore e che avevo comprato l’anello di fidanzamento da mesi, ma che non avevo mai avuto il coraggio di farle quella stupida domanda. Li avrei ringraziati per essermi stati accanto, per non avermi lasciato mai solo e per avermi salvato tante volte.

Ma nessuno avrebbe potuto prevedere che un tir sarebbe uscito fuori strada, colpendo la fiancata dell’auto. Nessuno avrebbe potuto immaginare che Naruto sarebbe balzato oltre i sedili, contro il vetro del parabrezza e che Sakura sarebbe stata colpita, che sarebbe stata schiacciata dalle lamiere accartocciate della portiera. Se solo avessi saputo che mi sarei salvato a causa di quella cintura di sicurezza allacciata per caso, probabilmente non l’avrei mai agganciata.

Ricordo solo l’odore forte del sangue che mi fece riprendere subito dallo shock, gli occhi appannati ed un forte dolore alla testa. Ricordo di aver visto il corpo di Naruto, per primo, disteso accanto a me e completamente imbrattato di sangue. Ricordo di aver sollevato lo sguardo e di aver incontrato gli occhi verdi di Sakura, spalancati e che stavano diventando sempre più vacui. «S-sasuk-». Scelse di dire il mio nome e di mostrarmi il suo ultimo sorriso prima di spirare. Prima di lasciarmi, solo, in quell’abitacolo, senza fiato e con il volto bagnato dalle improvvise lacrime. Ancora desidero, a volte, di essere morto insieme a loro quella sera di Maggio.

 

«Domani sera ci sarà la festa per la laurea di Kiba. Ci sarai, vero?».

«Sì». Un sorriso.

«Allora ci vediamo a casa mia, alle sei?».

«Cercherò di vestirmi elegante».

«Oh, non serve. Probabilmente Kiba avrà preparato una sorta di festino da liceali, conoscendolo».

«Mi vestirò elegante comunque».

«Allora lo farò anch’io».

«Hinata?».

«Sì?».

«Domani sera… Ti dovrò parlare di una cosa importante».

«Ok».

 

Controllavo l’orologio ormai da lunghi minuti. Naruto e gli altri sarebbero dovuti essere lì già da un’ora, possibile che fossero talmente in ritardo? Avevo provato a chiamarli dieci volte, senza mai ottenere risposta. Ogni volta il cellulare risultava come occupato. Cominciavo a provare un gran terrore, angosciata da un orribile presentimento.

«Hinata, non preoccuparti. Vedrai che saranno qui a momenti, sono dei ritardatari cronici». Osservai il sorriso di mio cugino, ma non riuscii a trovare pace in esso. Nei suoi occhi leggevo la mia stessa preoccupazione. Sorrisi, cercando di tranquillizzarmi. Subito dopo arrivò Kiba, il mio migliore amico, e mi porse un bicchiere pieno di un qualche liquido alcolico. Lo buttai giù tutto d’un colpo, sotto lo sguardo allibito dei due, cercando di annegare in questo modo l’angoscia che mi opprimeva e stringeva le viscere.

Ad un tratto, Ino entrò nella stanza. All’inizio non la riconobbi, con i capelli biondi sciolti e spettinati, ma non appena parlò riconobbi subito la sua voce. «Dobbiamo andare in ospedale, ora!» urlò, a nessuno in particolare.

Neji fu il primo a parlare, sconvolto quanto il resto degli invitati.

«In ospedale?».

«C’è stato un incidente! Sakura-».

No.

 

Stanza 45.

Corsi a perdifiato lungo il corridoio dalle pareti bianche. In quell’ospedale ogni stanza, ogni vicolo, si somigliava, eppure sapevo perfettamente dove andare. Era come se qualcuno mi chiamasse, urlando. Come se fosse un filo legato al mio stesso cuore, a trascinarmi.

Stanza 45.

Mi bloccai non appena vidi, in lontananza, la madre e il padre di Sakura. Si sentivano indistintamente le grida della donna; mi tormentavano l’animo, mi stringevano il cuore. Resistetti all’improvviso senso di nausea che mi investì, insieme al terrore.

Stanza 45.

Ricominciai a correre e raggiunsi la coppia, senza fermarmi un attimo mi avvicinai al vetro della stanza 45, che mi era stata indicata dall’infermiera all’entrata. Trattenni il respiro nel momento in cui vidi Sasuke, seduto sul letto bianco al centro della stanza. Di Naruto e Sakura nemmeno l’ombra. I suoi occhi neri incontrarono i miei, che si riempirono di lacrime. Riconobbi subito, nel suo sguardo vuoto e vitreo, privo di vita, la verità.

Stanza 45.

Prima che potessi accorgermene, mi sentii cadere a terra, senza forze. Quasi fossi stata colpita da un proiettile dritto al cuore. Persi coscienza, vagai nel nero, nel vuoto. Quando mi ripresi, mi sembrò di essere morta insieme a loro. Naruto era morto. Sakura era morta. Ero rimasta sola. Non avrei più rivisto il loro sorriso, non avrei più riso insieme a loro. Non avrei più sentito il sapore delle labbra di Naruto sulle mie, o il calore delle sue mani. Una parte di me morì davvero quel giorno. Spezzata, insieme a quella promessa. «Non ti lascerò mai, Hinata. È una promessa». Bugiardo. Era stato un bugiardo. Eppure quel giorno promisi a me stessa che io avrei mantenuto il giuramento fatto quel giorno, a qualunque costo. Io non avrei più amato nessuno. Mai più.

Stanza 45.

 

[And the reflection of a lie will keep me

waiting. Love gone for so long]

 

Sono esattamente le sei quando il campanello suona, espandendo il suo trillo per tutto la piccola abitazione. Apro con velocità e sorrido nell’incontrare gli occhi neri di Sasuke, al di là della soglia. Solo ora mi rendo conto quanto mi sia mancato in tutte queste ore. Non ci vediamo da ieri, quando ci siamo scambiati quell’appuntamento in un cimitero, di fronte alle tombe dei nostri amori passati. «Puntuale come sempre» dico, facendomi da parte per farlo passare.

«La puntualità è una virtù» sottolinea lui, passandomi davanti per andare in salotto, con aria sicura. Infondo è stato in questa casa talmente tante volte che, ormai, è anche un po’ sua. Lo osservo da lontano, dopo aver chiuso la porta. Come promesso, si è vestito elegante. Stento a riconoscerlo con quei pantaloni neri, accompagnati da una giacca dello stesso colore e una camicia bianca. Devo dire che sta bene, vestito così. Mi sento a disagio, nel momento in cui ricordo di indossare un vestito lilla, leggero ed elegante.  Sicuramente sfigurerò, accanto a lui. Inoltre tutte le ragazze si gireranno nel vederlo arrivare e così attirerò l’attenzione dell’intera sala. Mi mordo il labbro nel sentire un improvviso fiotto di gelosia bruciarmi lo stomaco.

«Che ci fai lì impalata?» chiede all’improvviso Sasuke, riportandomi bruscamente alla realtà. Scuoto alla testa e poi mi avvicino a lui, che ora sta in piedi al centro della stanza, con le sopracciglia aggrottate.  

«Scusami, stavo solo pensando a… Niente».

All’improvviso sollevo lo sguardo su di lui e mi accorgo del modo strano in cui mi guarda. Gli occhi sono improvvisamente lucidi, tristi e… strani.

«Sei bellissima, Hinata» mi dice, prima di prendere la mia mano fra le sue e appoggiarla alle labbra, baciandola. Sento dei brividi correre sulla mia pelle, mentre sento le guance arrossire terribilmente. Quando lascia la mia mano, la nascondo subito dietro alla schiena, quasi fossi una bambina che vuole nascondere qualcosa agli occhi dei genitori.

«A-anche tu stai benissimo» sussurro, senza il coraggio di guardarlo negli occhi.

«Io mi sento terribilmente stupido, invece».

Il suo sbuffo mi fa sorridere, ma poi sento di nuovo quella sensazione allo stomaco, che mi fa tornare seria all’istante.

«Sicuramente tutte le ragazze alla festa ti mangeranno con gli occhi».

Sento il suo sguardo su di me, nel momento in cui dico queste parole, con una voce triste e tagliente, che non mi appartiene.

«Magari incontrerai una ragazza ancora più bella di Sakura, di me, che ti farà innamorare all’istante». Mi pento subito di ciò che ho detto, sentendomi stupida e patetica. Perché dovrei essere gelosa di lui? Perché all’improvviso sento il bisogno di abbracciarlo e stringerlo a me, per sentire che davvero è e sarà sempre soltanto mio? Mi sento così impotente davanti a lui, in questo momento.

«Non potrei mai innamorarmi di qualcun’altra che non sia tu». Sollevo lo sguardo e incontro i suoi occhi, talmente seri e penetranti da lasciarmi senza fiato, insieme alle sue parole. Non sta scherzando, lo leggo nel suo viso. Ma allo stesso tempo non posso credere a quello che ha detto. Non voglio crederci.

Si passa una mano fra i capelli, improvvisamente insicuro come non l’avevo mai visto.

«Siediti, Hinata… Ti devo parlare» dice, indicandomi il divano. Quasi fosse lui il padrone di casa, ed io l’ospite. Eppure obbedisco senza fiatare e, nel momento in cui il mio corpo combacia con i cuscini del divano, desidero sprofondare in essi e sparire. Ovviamente ciò non accade e presto Sasuke prende posto accanto a me, prendendo la mia mano fra le sue. La stessa che pochi secondi fa ha baciato, dandomi quei brividi sulla pelle. Sento i miei occhi riempirsi di lacrime, per l’improvvisa paura che mi coglie. Ti prego, Sasuke, non dirmi ciò che penso.

«Ho amato Sakura con tutto il mio cuore. Lei era… Tutto ciò di cui avevo bisogno. Era bella, intelligente, spiritosa ed estroversa, oltre che determinata. Nel momento in cui è morta ho pensato che non avrei mai più potuto provare le stesse cose».

Chiudo gli occhi, per non incontrare i suoi. Lo sento sospirare.

«Io ti amo, e so che anche tu mi ami. Ti prego, Hinata, dimmi che mi ami».

Sì.

«No». La prima lacrima scende lungo la mia guancia. «Non ti amo». Sasuke.

«Guardami negli occhi». Li stringo ancora di più, se possibile. Sasuke, ti prego.

«Cazzo, abbi almeno il coraggio di guardarmi». La sua voce, improvvisamente alta e furente, mi fa sobbalzare. Spalanco gli occhi e sento il respiro mancarmi, nel momento in cui vedo le lacrime che gli stanno bagnando le guance. «Abbi il coraggio di guardarmi negli occhi mentre mi dici che ami ancora lui».

«No, Sasuke… Cerca di capire, io non posso amarti. Ho promesso». Sento la voce mancarmi, la gola improvvisamente secca. -Hinata, prometti che non amerai mai nessun’altro. Prometti che mi amerai per sempre-. «Gliel’ho promesso, Sasuke. Ho promesso che non avrei mai amato nessun’altro».

«Sei proprio una stupida». Il suo sguardo, la sua voce, mi trafiggono il cuore come un pugnale. Lo vedo alzarsi e fissarmi dall’alto, i suoi occhi talmente vitrei da spaventarmi. «Dimentica ciò che ti ho detto. Anzi, dimenticati di me. Da ora in poi non mi vedrai più, così non sarai più obbligata a sopportare la mia presenza». Il vero significato di quelle parole non arriva subito alla mia mente. Passano alcuni secondi, prima che tutto ciò mi colpisca come un pugno allo stomaco. È dolore fisico, oltre che mentale, quello che provo, quello che mi attanaglia le viscere, mi fa mancare il fiato. È il dolore che mi spinge a seguirlo, ad afferrarlo per la manica della giacca, a gridargli di fermarsi. È Sasuke quello che ignora i miei tentativi, che procede verso la porta nonostante gli implori di non farlo. È Sasuke che mi lascia cadere a terra, apre la porta e la sbatte dietro di sé. Sasuke.

[And I’ve lost who I am and I can't understand

Why my heart is so broken rejecting your love]

 

Dicono che si comprenda davvero ciò che si ha, solo nel momento in cui lo si perde.

Mai ci furono parole più vere. Me ne rendo conto anche io, raggomitolata sopra il tappeto della stanza d’ingresso, gli occhi ormai privi di lacrime. Fisso il muro bianco davanti a me con scarso interesse, senza vederlo davvero. Sto ancora cercando di realizzare ciò che è accaduto, ciò che invece sarebbe dovuto accadere. Ha ragione, sono davvero una stupida. Ma come può essere facile accantonare il passato, dei sentimenti che si sono provati per tanti anni. Dove si può trovare il coraggio di ricominciare, di voltare pagina e vivere di nuovo. Perché, nonostante tutto, non riesco ancora a dimenticare quegli occhi celesti e il suono di quella voce? Perché, nonostante tutto, non riesco a fare a meno di… amare Sasuke? Non posso non amare quel freddo ragazzo dagli occhi neri e la pelle nivea, così simile a me, così diverso. Perché non riesco a frenare il desiderio di averlo sempre accanto, di sentire il suo profumo di menta e cercare in tutti i modi di strappargli il più piccolo sorriso? Ma ora lui se ne è andato, e questa volta non tornerà a bussare alla mia porta, bagnato dalla pioggia primaverile. Non tornerà più da me.

 

[All this time spent in vain, wasted years, wasted gain

All is lost, hope remains and this war's not over]

 

Non so quanto tempo sia passato, quando il mio cellulare comincia a squillare. All’inizio lo sento come un suono lontano, ovattato, quasi fosse solo un vecchio ricordo. Poi, all’improvviso, si fa più forte, più vicino, più insistente. Qualcosa mi spinge ad alzarmi di scatto, ad ignorare la protesta dei muscoli intorpiditi e correre verso la fonte di quel suono. Non perdo tempo a leggere sul display da chi provenga la chiamata.

«Pronto, Sasu-»

    «Hinata, grazie al cielo! Temevo non avresti risposto… È successo un casino»

«Ino? Cos’è successo?»

«Sasuke è arrivato alla festa, sembrava fuori di sè. Si è ubriacato e poi, quando Kiba

ha cercato di palargli, gli ha tirato un pugno in faccia, i-»

«Dov’è ora?»

«Non ne ho idea! Se n’è andato ormai venti minuti fa… Abbiamo provato a chiamarlo,

ma il suo numero risulta inesistente. Hinata, devi cerc-. Hinata? Hinata, pronto…!»

 

 

 

[Who I am from the start, take me home to my heart

Let me go and I will run, I will not be silenced]

 

Corro. Corro e basta, ignorando il respiro affaticato, il dolore alla milza e ai piedi, ancora infilati in un paio di scarpe col tacco. Mi fermo solo per sfilarle e poi ricominciare a correre a piedi nudi sull’asfalto. So dove troverò Sasuke e so cosa ha intenzione di fare. Per questo corro e urlo alla notte, sperando che qualcuno mi senta, che lui mi senta. Non sono mai stata particolarmente credente, ritenendo che la vita sia troppo breve per essere vissuta pregando una qualche entità superiore, ma in questo momento non posso fare altro che pregare i Kami. Prego che lo fermino, che gli facciano cambiare idea, o che semplicemente mi permettano di raggiungerlo prima che sia troppo tardi. Sento aumentare la velocità della mia corsa nel momento in cui scorgo il grattacielo da lontano, perché non voglio perdere anche lui. Non permetterò che lui mi lasci per sempre, al costo di raggiungerlo ovunque egli sia. Aspettami, Sasuke. Aspettami, ti prego.

Entro nella hall dell’albergo senza nemmeno badare alla reception, o alla sicurezza. Semplicemente corro verso gli ascensori ed entro nel primo che trovo, fortunatamente libero. Subito premo il pulsante che porta all’ultimo piano. I secondi passano inesorabili e ad ogni piano che raggiungo, mi sento sempre più vicina a lui. Congiungo le mani e continuo a pregare in silenzio, l’adrenalina che non mi permette di stare ferma e calma come vorrei. È con una velocità che non mi appartiene che, non appena le porte del diciottesimo piano si aprono, mi getto all’esterno dell’ascensore, corro lungo il corridoio di moquette e raggiungo le scale che rappresentano l’uscita di sicurezza. Il nostro primo incontro. I ricordi scorrono davanti ai miei occhi mentre salgo gli ultimi scalini, che mi portano inesorabilmente sul tetto dell’edificio.

«Hinata, lui è Sasuke, il mio migliore amico».

Un paio di occhi neri incontrano quelli chiari di lei.

«Piacere, Sasuke».

Una stretta di mano e un sorriso incerto.

«Ah, vado a cercare Sakura, voi non preoccupatevi, torno subito».

Naruto schiocca un bacio sulla guancia della sua fidanzata, prima di dare loro

le spalle. Sasuke e Hinata rimangono soli, e in imbarazzo. Forse l’atmosfera

sarebbe meno pesante, se non fossero entrambi così introversi. Hinata si avvicina alla

balaustra, seguita dal moro. Entrambi osservano per alcuni attimi il panorama

che si apre sotto i loro occhi. Le luci della città sembrano quasi delle lucciole,

da quel punto. «È bellissimo» sussurra Hinata, ad un tratto, rompendo il silenzio.

«Già». Hinata sorride a Sasuke, prima di stringersi nella giacca di Naruto, che

le copre le spalle riparandola dal freddo. «Ho sempre desiderato volare» dice ad

un tratto Sasuke, stupendo Hinata. La ragazza lo guarda per alcuni istanti, prima

di tornare ad osservare il panorama sotto di loro. «Chissà cosa si prova, nel sentire

l’aria sotto di sé e sfidare la gravità» dice ancora il ragazzo, lo sguardo serio.

Hinata sorride, prima di dire «Preferisco non saperlo». I due si guardano negli occhi

per alcuni attimi, complici. Sicuramente andranno d’accordo.

«Eccomi, scusate ragazzi!».

I due si voltano per osservare Naruto arrivare, seguito da Sakura.

«Sakura si era persa nella corsa, ci ho messo minuti per- Ahia!»

«Allora, di cosa avete parlato?» chiede loro una Sakura sorridente.

«Del panorama» risponde Hinata.

«E del volo» aggiunge Sasuke.

Si concedono un ultimo sguardo, prima che la loro attenzione venga catturata di

nuovo dai loro esuberanti fidanzati. Forse, se si fossero incontrati in un’altra vita

quello sguardo sarebbe bastato per farli innamorare.

 

«S-Sasuke!».

Lo vedo girarsi lentamente nel momento in cui sente la mia voce chiamarlo. Mi lascio sfuggire un singolo sospiro di sollievo, subito cancellato nel momento in cui osservo il suo volto. Sasuke non sembra più il ragazzo che poche ore fa è entrato in casa mia per dichiararmi i suoi sentimenti. La sua espressione è disperata, abbattuta e spaventosa, quasi qualcuno avesse preso le sue sembianze. «Che ci fai tu qui?». La sua voce è fredda, il tono tagliente. «Se sei venuta qui per fermarmi, sappi che non ho bisogno della tua pietà. Ho preso la mia decisione».

È terribilmente vicino alla balaustra, tanto che gli basterebbe scavalcarla per cadere nel vuoto. Ho sempre desiderato volare. Sento il cuore impazzire, nel momento in cui lo vedo voltarsi a guardare le luci della città, sotto di noi. Ma ora non posso più permettermi di scappare, di provare paura o rimorso. 

«Sono qui per fare quello che avrei dovuto nel momento in cui mi hai chiesto cosa provassi per te».

I suoi occhi si spalancano per la sorpresa, ma rimangono offuscati, come coperti da un velo.

«Io ti amo, Sasuke. E proprio perché ti amo, non ti lascerò andare via». La mia voce non trema mentre dico la verità, nel momento in cui per la prima volta trovo il coraggio di esprimere i miei sentimenti. E non avrei mai creduto che sarei stata così felice nel farlo. È come se mi fossi liberata di un peso, di un fardello che portavo da troppo tempo con me. Ma è la risata di Sasuke, improvvisa, a immobilizzarmi.

«Bugiarda. Nessuno mi ama, la verità è che sono solo». Sasuke.

«Prima i miei genitori, poi Naruto, Sakura e infine anche tu. Tutti sembrano volermi abbandonare, in un modo o nell’altro» la sua voce si incrina, mentre pronuncia queste ultime parole. Possibile che non mi sia mai accorta della ferita nel cuore di Sasuke? Possibile che non mi sia mai accorta di quanto stesse soffrendo, in realtà, e quanto si sentisse solo? Caccio le lacrime indietro, trattenendole. Questa volta sarò forte per entrambi. Questa volta diventerò io il sole pronto a scaldarlo e a proteggerlo. Questa volta non scapperò più.

«Tu hai me, Sasuke. Io non ti lascerò mai solo». Mi avvicino a lui, lentamente, con la paura che possa compiere qualche passo azzardato. Invece rimane perfettamente immobile, a guardarmi.

«Ma tu amerai sempre Naruto, più di quanto tu possa amare me».

«Io ho amato Naruto, ma ora è… morto». Questa è la prima volta che lo dico ad alta voce. Non ne avevo mai avuto davvero il coraggio, prima d’ora. Accade qualcosa, dentro di me. È come se le catene che mi hanno tenuta legata al passato per tutti questi anni si fossero spezzate definitivamente, lasciandomi libera di andare avanti. Non dimenticherò mai quel ragazzo dai capelli biondi e gli occhi celesti, ma davvero lui avrebbe voluto che mi riducessi così? No, lui non avrebbe voluto. E, finalmente, comprendo.

«Dobbiamo smetterla di vivere nel passato. Loro avrebbero voluto che fossimo felici e sinceri, sempre, con noi stessi. Io ho amato Naruto, ma ora amo te e devi credermi».

Ora gli sono vicina, tanto vicina da poterlo guardare negli occhi. Nero contro grigio. Così simili, così diversi. «Io ti amo» lo dico di nuovo, guardandolo dritto negli occhi.

È un attimo, quello in cui sento le sue braccia avvolgermi. Mi lascio cullare da lei e appoggio il viso fra i suoi lunghi capelli neri. Sento il cuore battere più forte nel mio petto, nel sentire di nuovo quel profumo, quel calore familiare. «Ti amo» la sento sussurrare di nuovo, vicino al mio orecchio. Vorrei dire qualcosa, ma rimango in silenzio. Le mie braccia avvolgono la sua vita e la stringo più forte a me, quasi volessi comunicarle attraverso quel gesto tutta la mia gratitudine. Lei mi ha salvato, di nuovo. E so che sta dicendo la verità, che davvero mi ama, nel momento in cui mi bacia. Quasi fosse l’ultima cosa che farà, o come se il mondo stesse scoppiando attorno a noi. «Sasuke, non permetterò che tu vada via senza di me» dice dopo alcuni istanti, staccandosi da me per prendermi per mano. Guardo un ultima volta il vuoto al di là della balaustra, prima di voltarmi verso di lei e seguirla, permettendole di trascinarmi via.

 

Forse ora riusciremo davvero a ricominciare io e te. Raccoglieremo i pezzi delle nostre vite e del nostro cuore e insieme sarà più facile riunirli. E poi, forse, un giorno ci sveglieremo e capiremo che saremo guariti del tutto. Allora, e solo allora, saremo liberi di amarci come avremmo dovuto fare dal primo istante in cui ci osservammo attraverso il vetro di quella stanza d’ospedale. Come avremmo fatto se, in un’altra vita, ci fossimo incontrati per caso sul tetto di un albergo e insieme avessimo sognato di volare sopra l’intera città.

Io e te non saremo più ombre, perché ora abbiamo trovato il nostro sole.

Le sento ancora le note di quella canzone. Tu le senti, Sasuke?

 

«There’s a light, there’s the sun taking all the shattered ones
To the place we belong and his love will
conquer all»

 

Spazio soleggiato dell'autrice: 
Ed ecco la seconda e ultima parte di Shadows. Ci tenevo a ringraziare tutti coloro che hanno inserito questa storia fra preferite/seguite/ricordate e che hanno recensito lo scorso capitolo! Sono contenta che questa storia abbia catturato la vostra attenzione e spero di non  aver deluso nessuno con questo finale >.> 
Volevo ringraziare anche FuyuShounen, che sta pubblicando questo capitolo dal suo computer dal momento che il mio è deceduto (;_;). Grazie, Fuyu!
Spero vorrete farmi sapere che ne pensate di questo finale e che vi sia piaciuto almeno un po' >.< 
Baci e grazie ancora a tutti :D 

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