trangedder

di Monster inside me
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Times ***
Capitolo 3: *** Gabriel ***
Capitolo 4: *** Il piano ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



T & G

-Le origini-





 

 

Tutto iniziò una notte del 1908, quando un'esplosione di grandissimo impatto devastò la città di Tunguskiza.

Quella notte, molti furono i feriti e i dispersi.

La normalità e la quotidianità erano state turbate da quella che gli scienziati avevano osato definire una pioggia di meteoriti.Una delle più grandi avvenute fin ora.

E proprio in quel territorio oramai spoglio, nessuno sembrava essersi accorto di quell'essere.

Tutti erano troppo impegnati a imprecare e a preoccuparsi di se stessi, tutti troppo distanti dalla realtà celatasi da quell'evento. Tutti tranne uno.

Un bambino di età prescolare si aggirava da quelle parti spaurito, come se avesse perso la madre, come se non si rendesse del tutto conto della situazione, come se non gli importasse più di tanto ciò, ma come se l'unica preoccupazione fosse quella di ritrovarsi in braccio a mani sicure,mani materne.

Il bambino, pelle chiara come il latte, capelli biondi come il rame e occhi languidi color verde incontrò lo sguardo altrettanto spaventato di quella creatura.

Avevano molto in comune entrambi. La voglia di tornare a casa, mille domande che cercavano ininterrottamente qualche risposta plausibile che non occupasse troppo impegno.

Entrambi erano lì, faccia a faccia.

Il bambino e l'essere.

Proprio come se il destino li avesse voluti far incontrare.

Due anime inquiete che presto avrebbero riposato in un solo corpo.

Due “Trangedder”.

 

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Capitolo 2
*** Times ***






Capitolo 1.


 

 

Il dottore entrò nella sala con estrema cautela; non voleva svegliare le sue creature.

Anni di puro lavoro tramutati in ottimi risultati.

Ora poteva dirsi soddisfatto. Almeno in parte.

La sua opera era lì che, tra alcuni respiri affannosi, riusciva a dimostrargli quanto gli fosse riuscita bene.

Tutte quelle creature erano simili tra di loro,ma solo un occhio attento come il suo avrebbe potuto notare le differenze quasi impercettibili.

Il dottor Times sapeva benissimo che un occhio così non esisteva. Lui aveva il dono. Lui era l'unico.

L'unico che poteva generare dal nulla quegli esseri, l'unico che poteva annientarli. L'unico.

Si diresse verso la grande colonna in ottone che sosteneva l'impalcatura e si appoggiò senza cedere troppo peso alla colonna portante. Ammirava entusiasta il suo elaborato e ogni tanto, quando riusciva a percepire il loro respiro, si elogiava. Ora aveva un obbiettivo e nessuno l'avrebbe fermato.

In passato egli aveva già sperimentato un modo per confermare le sue capacità e cercar di prendere ciò che si meritava. Aveva ideato apposta un piano. Uno dei più elaborati fin ora.

Egli adorava generare le sue creature e avrebbe certamente adorato l'idea di riuscire nel suo piano se non fosse risultato impossibile.Mancava un componente.Mancava un ragazzo.

Non un ragazzo qualunque; il ragazzo.

Il dottore aveva sviluppato il tutto qualche anno prima, quando si accorse di ciò che poteva fare, ciò che poteva generare o addirittura cancellare.

Non era certo un potere da poco e così, tra un invenzione e l'altra si dilettava a creare questi esseri

senza nome,anzi, quello era il loro nome. I Senza Nome, chiamati anche con il loro codice di creazione, lo 0009. Quel codice che per il dottore significava tanto, quel codice che fece iniziare tutto, la storia che segnò la sua vita.

-La storia che segnerà il destino di mille o più persone d'ora in poi - pensò

Dicendo ciò si rimise sui suoi passi e si diresse verso l'uscita del laboratorio.

Erano così grandi i suoi progetti e così poco il tempo rimasto a disposizione.

- Solo dodici notti - pensava

Dodici notti e sarebbe arrivata l'ora di attuare il tutto, quando i pianeti si sarebbero allineati e i meteoriti sarebbero stati così tanto vicini alla terra da rischiare di cambiare rotta e dirigersi in essa, allora si che avrebbe avuto l'occasione di dimostrare di che pasta è fatto. Allora, avrebbe attuato il tutto.

Times si soffermò sull'uscio per ammirare nuovamente quei viscidi individui dormire nella grande cupola nel centro della stanza, proprio lì si sarebbero sviluppati e avrebbero vissuto per un quarto della loro esistenza. Lì, tra quei quattro muri a prova di qualsiasi animale o cosa.

Il dottore spense la luce mentre scendeva le ripide scale, poi si girò giusto in tempo per vedere la porta automatica chiudersi e ricadere sopra ad essa una grata e qualche lucina rossa.

- Luci a infrarossi- sussurrò ridendo tra i baffi

Poteva solo immaginare quanto, per qualsiasi individuo, sarebbe stato impossibile evadere i sistemi di sicurezza. Le sue creature erano al sicuro.

Lui non lo era però. Lo sarebbero venuto a cercare. L'avrebbero preso. E non le avrebbe più viste.

Ciò lo rammaricava, ma era felice. Loro facevano parte del piano, lui no. Il tutto si sarebbe compiuto comunque. Lui ne era certo. Questo perchè credeva nel destino.

Mentre percorreva il corridoio a passi stranamente veloci, si accorse che c'era qualcosa che non andava. C'era un qualcosa di negativo che trapassava da quei muri dipinti di un grigio scuro come un cielo plumbeo .

Qualcosa sarebbe presto accaduto e non era niente di buono o che non aspettasse Times.

Lo riguardava, lo sapeva. Ma percepiva anche che sarebbe andato tutto bene.

La cosa a cui teneva di più era già al sicuro. Non c'era motivo di preoccuparsi.

Quando giunse alla fine del varco si voltò per osservare la poca luce che traspariva da quelle lampadine ormai fuori uso; erano vecchie e nessuno si decideva a cambiarle perciò erano lì da un immensità di tempo. Di certo Times era troppo impegnato a realizzare il suo fine che non avrebbe potuto certo occuparsi di questioni talmente banali.

Lui era uno scienziato e come tale doveva pensare in grande. Forse aveva pensato troppo in grande.

No, lui affermava il contrario. “Un uomo piccolo può fare grandi cose” ripeteva spesso quasi per convincere gli altri delle sue potenzialità. Nessuno, fin da quando era bambino, aveva creduto che lui potesse divenire un medico di tal livello. Nessuno tranne lui. Lui credeva in se'. E ora lo continuava a ripetere a ogni persona che incontrasse sulla sua strada “Non sarai nessuno, Dicevano. Non farai mai strada, Dicevano. Ora sono qua e loro? Sono loro che non faranno mai strada.” E dicendo questo scoppiava sempre in una risata isterica, che poteva risultare a occhi estranei malefica quasi quanto l'idea che lui fosse uno scienziato pazzo.

“Pazzo”, così lo definivano.

- Pazzo,si. Ma un pazzo ponderatore – affermava abbandonandosi ai ricordi seppur dolorosi.

Oltrepassato l'andito si sfilò il guanto nero che dava un tocco di eleganza al grande camice bianco coperto di schizzi verdi appartenenti a qualche sostanza sicuramente pericolosa. Aprì bene il palmo e lo posizionò sullo schermo in miniatura che era incollato al muro. Sotto ad esso vi erano anche dei tasti,come se si potesse inserire un codice al posto di mostrare la mano. Il sensore lesse lo spanno e fece scattare la serratura. Dopo averla attraversata fece lo stesso procedimento anche dall'esterno per poter chiudere il tutto.

Al di fuori di questo sistema di sicurezza progettato accuratamente dal dottore in persona si celava un negozietto che per molti sarebbe stato un qualunque esercizio d'immobili, ma era di più. Era un lasciapassare per il magico mondo di Times, uno dei luminari definiti più creativi.

Questa bottega, all'occhio altrui era un minimale spaccio che distava qualche metro dal centro della piazza,in città e che offriva agli abitanti immobili antichi di ottima scelta riposti accuratamente ai lati del locale, vicino ai muri consumati giallastri.

Immobili ricercati,colorati d'argento o d'oro che celavano storie più antiche dei loro proprietari.

Immobili che venivano definiti da Times “particolarmente preziosi”, non per il valore,ma per tutt'altro.

E mentre Times rifletteva sul fatto che nessun cliente avrebbe scoperto la sua tana, qualcuno lo stava osservando. Qualcuno non umano. Qualcuno stava per venirlo a prendere; era solo questione di tempo.


 







- mi scuso per qualsiasi errore presente nel testo -

 

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Capitolo 3
*** Gabriel ***


 


Capitolo 2.

 

 

Gabriel con un cenno della mano si spostò i folti capelli biondi dal viso, si bagnò le labbra e si girò cercando di incrociare lo sguardo dei suoi compagni di classe.

Nessuno però lo stava considerando; tutti troppo presi dal nuovo amico nato nell'aula di scienze proprio quel giorno. Un piccolo animaletto tutto squame che cercava di scappare dalle mani di quegli sconosciuti usando tutte le forze a disposizione,ma invano. “Un iguana” aveva detto il professore. Così, da quel momento, tutti avevano concordato un nome perfetto: Igua.

Igua era squamosa e viscida,ma a differenza di tutti gli altri animali di tale aspetto, piaceva a tutte le ragazze. Certe volte faceva invidia ai ragazzi.

Gabriel guardò il grande orologio che era a destra dell'aula, vicino alla lavagna. Mezzoggiorno e tre quarti. Solo cinque minuti di inferno. Solo cinque. Poi sarebbe stato libero.

-Uno, due, …- iniziava già a fare il countdown

Dopo qualche attimo il sonoro suono della campana interruppe tutte le attenzioni che fino a un attimo prima erano state prestate all'animale. Tutti erano felici di andare via da questa prigione. Tutti. Tantomeno Gabriel, che la mattina stessa era stato interrogato in geografia. Cinque. Aveva preso un insufficienza. “Non è grave” avrebbe detto sua madre,ma non l'avrebbe pensata uguale il padre appena l'avesse saputo. Ne era certo.

Per ingannare l'attesa decise di passare del tempo a gironzolare fuori, tanto i suoi genitori non l'avrebbe mai saputo.

Il ragazzo imboccò una stradina che non aveva mai visto in città prima d'ora; era buia, completamente priva di luce, tetra e spettrale. Non si sarebbe certo impressionato per così poco.

Lui era un ragazzo che amava questi posti, amava il silenzio e le tenebre, per non parlare di quei luoghi isolati privi di gente che si diletta a disturbare sconosciuti tanto per divertirsi. Lui non capiva la mentalità di queste persone: le evitava.

Amava anche la magia e, a modo loro, questi luoghi erano magici.

Appena varcò la rettilinea che distanziava l'oscurità dalla luce proveniente dall'esterno ,un brivido gli oltrepassò la schiena. Ciò lo divertiva; provare paura lo divertiva.

Più andava oltre e più sentiva freddo, il posto diventava sempre più tetro e la luce diminuiva ancora più drasticamente. Iniziava ad avere davvero paura e non era sicuro di voler continuare per la sua strada. L'ambiente era sicuramente diverso dagli altri in cui era stato e lo percepiva.

Avanzava sempre più lentamente. I passi si facevano pesanti e il ritmo del battito cardiaco aumentava. Il respiro era gravoso e sentiva una strana sensazione.

A un certo punto la luce tornò e “l'incubo” finì.

Un negozietto dalle pareti giallognole chiudeva qualsiasi uscita presente nel viotto.

C'era scritto “ T & G” e si presentava come un locale di immobili antichi.

Un cartello vi era affisso: “Questi oggetti sono l'essenza di storie passate, che verranno ricordate nei secoli attraverso voi acquirenti. Se siete qua per guardare soltanto potete andarvene.

Grazie.”

-Insomma,gentile il proprietario...- si lasciò scappare Gabriel

-Diciamo che la gentilezza non è il mio forte,ragazzo.- Rispose un omino dall'altoparlante, circondato di ragnatele, affisso al muro.

Gabriel guardò l'apparecchio,come se fosse il proprietario in persona, e accortosi della gaffe si scusò.

Dall'oggetto si udirono dei passi e degli scricchiolii, poi un gran tonfo seguito da un “Sei ancora lì?”.

Il ragazzo atterrito rispose con un cenno del capo ignorando che il signore non potesse vederlo.

-Molto bene- rispose ancora una volta l'omino.

Aveva una voce roca, molto calma e pacata.

A Gabriel piaceva quella voce,ma lo metteva in agitazione.

-E' una voce carica di ….mistero- osò pensare il ragazzo

La porta di colpo si aprì e una mano afferrò Gabriel per la giacca, facendolo rotolare a terra.

Il giovane sbattè la testa.


 

SPAZIO AUTRICE:
Spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto  e sia stato di vostro gradimento . So che forse,essendo  un po' più "noioso" rispetto al precedente ,il vostro interesse per questa storia potrebbe affievolirsi,ma state certi che nei prossimi il tutto si farà più interessante. Grazie per essere arrivati a leggere fin qui e avermi dedicato un po' del vostro prezioso tempo.
Avviso: ogni lunedì pubblicherò un capitolo. Se ci dovessero essere dei disguidi ve lo comunicherò per tempo.

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Capitolo 4
*** Il piano ***






Capitolo 3.

 

 

Il giovanotto si svegliò e si ritrovò legato da capo a piedi a una sedia in pelle nera,che a confronto con il resto dell'arredamento strideva.

La stanza, rapportata all'esterno, era molto più elegante; mobili in legno con filamenti in avorio e maniglie color argento circondavano il locale all'interno.

Gabriel, ancora più disorientato, si poneva mille quesiti e, nonostante davanti a lui vi fosse l'uomo di prima, faticava a credere che l'omino con la voce tanto chiara fosse un signore di tale stazza. Non che fosse grosso o ben piazzato,tutt'altro! Però era comunque molto diverso da come l'aveva descritto la fantasia del ragazzo.

-Lei chi è?- chiese Gabriel all'uomo come si aspettasse una risposta plausibile

-Piacere, Times- rispose allungando la mano verso l'altro

-Non è un piacere..per me. Cosa vuol dire ciò?- disse il giovane cercando un qualche indizio

-Oh, mi dispiace Gabriel...davvero.-

-Come fa a sapere il mio nome? Lei....mi conosce?-

-Eloquente.-

-Mi dica chi è!?- si mise a strillare il ragazzo.

Incominciò ad agitarsi sulla sedia e riuscì per un millesimo di secondo a sperare di potercela fare a sfuggire.Niente.

-Speravi di fuggire? Scusa caro, è impossibile.-

-Cosa vuole da me?- si fece serio

-Non sei più un bambino; finalmente hai capito che agitarsi non serve a niente.-

-Potrebbe entrare un qualsiasi cliente e lei verrebbe denunciato se vedessero ciò-

-Non ti preoccupare, il giovedì sono chiuso- si lasciò scappare un sorriso

Gabriel era sfiancato. Tutte le sue forze non bastavano per liberarsi. Pensò persino di corrompere il commerciante con qualche soldo che aveva con sé. Si rese conto della situazione e rinunciò.

-Bene, ora potremo finalmente compiere il mio destino.-

Ciò era inquietante per Gabriel.

-Che c-cosa?-

-A te che importa?- scoppiò in una risata fragorosa per poi continuare – Tanto per quanto ti riguarda tu resterai là-

-là dove?-

-Sei troppo curioso,ragazzo. Tempo al tempo.-

Silenzio.

Times si alzò per poi scomparire attraverso una porta e ricomparire dal buio attraversando il medesimo uscio.

Egli indossava un camice bianco che lo ricopriva fino a mezzo busto, poi vi erano i pantaloni di un nero intenso e delle scarpette grigiastre.

Ora Gabriel lo poteva osservare meglio.

I capelli mossi che variavano dal castano chiaro al biondo scuro, quegli occhietti verdi e quegli zigomi pronunciati.

Era davvero spettrale il suo atteggiamento. “ciò che indossa è il riflesso della sua personalità” pensava Gabriel

Non aveva tutti i torti.

Il professore si avvicinava al ragazzo sempre più; aveva qualcosa in mano. Già, qualcosa che Gabriel conosceva bene.

Aveva delle pastiglie.

Le pastiglie che sua madre prendeva prima di dormire; “i sonniferi più efficaci al mondo” diceva lei a volte.

-Che cosa strana...sono proprio gli stessi medicinali che prende mia...-

Non fece in tempo a formulare la frase.

Oramai Times era vicino e Gabriel non aveva forze.

Il ragazzo bevve fino allo sfinimento.

Ingoiò dalla prima all'ultima pillola.

Svenne all'istante.

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