October And April

di Lelahel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** April ***
Capitolo 2: *** October ***
Capitolo 3: *** Your sins into me, oh my beautiful one ***
Capitolo 4: *** Never been told about something that beautiful; will bring me up to let me down ***
Capitolo 5: *** 'Cause nothing's good i can explain; i'm falling down and caught up the rain ***
Capitolo 6: *** With the venomous kiss you gave me, i'm killing loneliness ***
Capitolo 7: *** You're gone with the sin, my darling. ***
Capitolo 8: *** And you could have it all, my empire of dirt ***
Capitolo 9: *** Looking for heaven, for the devil in me ***
Capitolo 10: *** Hoping one day you'll make a dream last, but dreams come slow and they go fast. ***
Capitolo 11: *** Poison hearts will never change, walk away again ***
Capitolo 12: *** I'm only the monster you made me ***
Capitolo 13: *** Look into my eyes, it's where my demons hide ***
Capitolo 14: *** You say you can't hold it together much longer, and i should look after your heart ***
Capitolo 15: *** When everything is made to be broken, i just want you to know who i am ***
Capitolo 16: *** Epilogo: This fatal love was like poison right from the start ***



Capitolo 1
*** April ***


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-Capitolo 1:April-

She was like april sky

sunrise in her eyes

child of light

Shining star

Fire in her heart

(October & April, by The Rasmus)

Chicago 1923

April, è il tuo turno.”

April nemmeno udì la voce di Gloria provenire dalla soglia del suo umile camerino. Continuò a rimirarsi di fronte allo specchio, ravvivandosi i capelli con entrambe le mani e, solo una volta constatato che quelli le ricadevano abbastanza selvaggi attorno al viso, decise di passare a intingersi le labbra con un rossetto scarlatto.

April?”

Sì!”

April si girò stizzita in direzione di Gloria; restò a bocca aperta quando appurò che colei che l'aveva trascinata via dalla beatitudine scaturita dalla propria bellezza non era una persona qualunque, bensì colei che comandava su quel locale e che le pagava lo stipendio. Si morse il labbro imbarazzatissima, arrossendo sulle gote pallide, ignorando che, in quella maniera, avrebbe potuto sporcarsi i denti di rossetto.

Gloria inarcò una delle sue lunghe sopracciglia e guardò la ragazza con aria austera solo in apparenza, poiché dietro di essa nascondeva il sorriso che l'espressione di April le disegnava sulle labbra.

Smettila di gongolare sulla tua bellezza e muoviti. Stanno aspettando tutti te.”

April tornò a guardare il proprio riflesso per una frazione di secondo, simulando fretta mentre buttava alla rinfusa i propri trucchi dentro una trousse. “Sì...sì Glory, dammi solo un minuto.” la pregò.

Gloria alzò gli occhi al cielo, per poi lasciar cadere la tendina che fungeva da porta al camerino.

April si chiese per quanto la donna avrebbe sopportato le lunghe attese a cui lei sottoponeva il suo pubblico. Malgrado fosse una cosa normale-una star doveva saper farsi attendere-Gloria non possedeva la pazienza necessaria per sopportare troppo a lungo i suoi capricci. Era una donna che sapeva farsi valere, e preferiva il potere del rispetto in confronto a quello del denaro che lei le faceva procurare quasi ogni sera.

April si alzò in piedi, quando Gloria voltò le spalle al camerino e si apprestò a tornare all'interno del proprio locale. La ragazza decise di concedersi un ultimo sguardo, per assicurarsi che fosse perfetta prima di salire sul palco. Si sistemò ancora una volta i capelli, si assicurò che le labbra fossero completamente rosse e invitanti e che gli occhi fossero abbastanza truccati da rendere il suo sguardo sensuale e accattivante. La sua voce poteva essere bella quanto voleva, ma gli uomini, quando saliva sul palco, si focalizzavano più sulla sua avvenenza, piuttosto che sul suo talento.

E quella era una cosa che la faceva gioire come non mai.

Era bella, e non le importava che le sue colleghe la definissero presuntuosa. La presunzione era un peccato originato da sicurezze che gli altri non condividevano, o meglio non vedevano.

Lei era oggettivamente bella. Sapeva di esserlo, e quindi sapeva che quella non poteva essere considerata presunzione, bensì realismo.

Uscì dal suo camerino nello stesso istante in cui le sue coriste stavano attraversando il corridoio per dirigersi verso il palco. Cecelie e Martha le lanciarono un'occhiata fredda che però andò a vuoto, mentre April prese a camminare davanti a loro a testa alta. Si sistemò il vestito color perla che aderiva gentilmente alle curve del proprio corpo e si sistemò la scollatura, in maniera che risultasse audace, ma non troppo.

Sei bellissima stasera April.” Violet aveva accelerato il passo per superare le sue compagne e affiancarsi a lei. Le altre due colleghe alle loro spalle si lasciarono un'occhiata infastidita; April fece finta di nulla.

Grazie Violet.” rispose, con un sorriso sereno e gentile.

Violet era l'unica ragazza con cui April avesse fatto amicizia da quando era arrivata a Chicago; malgrado i suoi 27 anni, a vederla sembrava una bellissima adolescente, curiosa di conoscere il mondo. Era minuta di statura-più di April- e aveva capelli biondo ramato e grandi occhi verdi e sempre luminosi. April la vedeva come la gioia fatta a persona; una di quelle persone che gioivano dei successi altrui, invece che invidiarli.

Allora era proprio vero che esistevano persone incapaci di provare quel sentimento talmente corrosivo come lo era la gelosia.

Sei agitata?” Le domandò ancora Violet, man mano che si avvicinavano al retro del palco, da cui avrebbero poi fatto capolino per accogliere gli applausi del pubblico.

Sì, April lo era.

Sentiva la tensione farsi man mano più incalzante a ogni passo che l'avvicinava al palco. Eppure non era da lei: il pubblico l'amava, lei amava se stessa e il proprio talento, e quella era la ventunesima serata in cui April cantava dentro quel locale. Era abituata a cantare inanzi a un vasto pubblico, quindi la sua angoscia era infondata.

Il problema era che uno strano presentimento pesava gravemente sui suoi pensieri: qualcosa che la spingeva a credere che quella serata sarebbe stata diversa e che l'avrebbe condotta a una sorta di cambiamento della sua intera esistenza. Era normale avere pensieri così sciocchi prima dello spettacolo?

Non sono agitata affatto.” mentì, ostentando sicurezza che, in quel momento, non possedeva.

Le voci del pubblico in attesa, degli spettatori che attendevano impazientemente di vederla salire sul palco e prender in mano il microfono, la inebriarono come una dolce, irresistibile melodia.

Eppure quel senso di ansia non scomparve.

Violet le diede una leggera pacca sulle spalle, sorridendole calorosamente. “E fai bene a non esserlo. Il pubblico ti ama, e noi con loro.” le disse, chinandosi su di lei. Lo fece per non farsi sentire da Martha e Cecilie, le quali avrebbero sicuramente dissentito.

Il momento fatidico, quello che la faceva fremere ogni volta che doveva esibirsi era finalmente giunto. April si fermò di fronte alle tende rosse che la separavano dal palco, mentre le sue tre coriste si fermarono a pochi centimetri da lei. La ragazza poté vedere, oltre la stoffa della tenda, le luci che arricchivano il favoloso interno del locale di Gloria; si lasciò cullare dalle voci e dai suoni che provenivano oltre di essa e sorrise al pensiero di essere di nuovo, per l'ennesima sera, l'anima di Chicago. Si voltò a guardare Violet, dietro di sé alla sua sinistra, e si lanciarono un sorriso complice.

Improvvisamente, due secondi dopo il loro arrivo, le voci e i suoni si acquietarono improvvisamente e qualcuno batté sulla capsula del microfono per verificare che funzionasse.

Signore e signori...” La voce forte e dura di Gloria si fece largo nel silenzio,riecheggiando all'interno del locale. April se la immaginò guardarsi attorno, con il suo enorme e contagioso sorriso che esibiva solo ed unicamente quando saliva su quel palco. Il più delle volte, quella donna, era cocciuta e taciturna. “È con mio immenso piacere che anche stasera, come ogni martedì sera, presento su questo palco la voce più ruggente di Chicago, la leonessa che tutti voi attendete con ansia...”

Si levò un coro di voci, applausi e fischi di approvazione che fecero rabbrividire April per l'attesa.

Ecco a voi...April Ford.”

Non appena sentì Gloria pronunciare il suo nome, April scansò le tende con un gesto deciso e sicuro. Scrutò ogni singolo volto del pubblico con sguardo accattivante mentre si dirigeva, leggiadra e sensuale, verso il microfono che Gloria le aveva galantemente lasciato. Il suo pubblico-sopratutto uomini che si giovavano della sua bellezza-l'acclamava e gridava il suo nome, come se fosse la loro unica musa, in quella calda notte di fine estate che lei avrebbe reso ancora più magica mediante la propria voce.

Le coriste si disposero in semi cerchio alle sue spalle, mentre lei si schiariva la voce prima di iniziare a cantare.

La scena era sempre la stessa: lei intonava la prima nota e tutti si ammutolivano. Le loro voci, i suoni, tutto taceva affinché l'unica cosa che avesse suono in quel momento fosse la voce di April.

La ragazza si guardò attorno, allietandosi degli sguardi e delle menti che era capace di imprigionare con il proprio canto, come le sirene che attraevano i marinai con la loro melodia. Loro lasciavano morire in mare le loro vittime; lei, invece, le catturava talmente tanto da renderle prigioniere di quella soavità.

I suoi occhi si portarono poi più lontano, verso i divanetti che erano stati allestiti sul piano superiore del locale, in prossimità dell'ingresso dove sedevano delle numerose e indistinte figure.

Ma ne notò solamente una.

Quella che le dava le spalle, ma aveva comunque il volto girato nella sua direzione. L'ascoltava, la guardava, con un bicchiere di vino rosso in una mano. I suoi occhi azzurri erano ghiaccio su di lei, tanto che le fecero provare la sensazione che solo lui, in quel momento, la stesse guardando.

E fu così che il calore di Aprile conobbe il freddo di Ottobre.


Buonsalve a tutti!

Spero che questo inizio piccino picciò della mia storia sia stato di vostro gradimento.

Come penso si sarà benissimo capito, la April di questa storia non ha a che fare con la April Young che purtroppo (sì, sottolineo purtroppo) abbiamo conosciuto nel corso della serie televisiva. Il nome della protagonista è collegato alla canzone che fa da titolo alla storia, “October & April” dei The Rasmus (Feat. Annette Olzon) e la storia è stata scritta prima che iniziasse la quarta stagione di TVD, ovvero quando credevo che un personaggio come April Young non potesse esistere. XD

April Ford è un personaggio che probabilmente risulterà odioso all'inizio, ma con il tempo, forse, riuscirò a farvi cambiare opinione.

Tornando alla storia, questa si compone di ben 15 capitoli ed è già bella che conclusa quindi, nel caso qualcuno abbia l'ardire di affezionarcisi, può star sereno perché non resterà incompiuta, e vedrà il suo epilogo.

Spero di ricevere commenti, positivi o negativi che siano, per poter sapere in cosa posso migliorare.

Nel caso trovaste inoltre degli errori grammaticali o di sintassi, ditemelo pure senza il benché minimo problema, poiché vi porrò rimedio non appena possibile.

Cercherò di essere sempre piuttosto puntuale nella pubblicazione, ma non assicuro nulla: malgrado la storia sia conclusa da un po', è completamente da revisionare e, visti i numerosi impegni, potrei tardare un pochino.

Vorrei dedicare questo primo capitolo a Elyforgotten per tutto il sostegno datomi. Ero e sono tutt'ora molto restia nella pubblicazione, essendo molto insicura e timorosa, e se non fosse stato per lei non avrei pubblicato nemmeno questo prologo.

Grazie, mon amour. Nonostante tutto mi sei sempre vicina.

E grazie a tutti voi che leggerete,commenterete, questo prologo! Davvero :)

Alla prossima, e vi auguro un buon fine settimana!


Lelahel

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Capitolo 2
*** October ***


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-Capitolo 2:October-

He was frozen sky

In october night

Darkest Cloud

Endless Storm

Raining from his heart

(October & April by The Rasmus)


Inutile ammasso di noiosi umani.

Si portò il bicchiere di vetro alle labbra, lasciandosi baciare dal sapore del vino intrappolato in quella piccola prigione.

Guardò la folla di persone che lo circondavano e provò il desiderio di trapassare una ad una le loro anime, di strapparle via dai loro corpi e di gettarle nel vuoto da cui erano originate.

Li odiava. Non tollerava i loro odori sgradevoli e rivoltanti, mal sopportava le loro voci troppo numerose e assordanti, detestava il modo in cui si guardavano tra loro, il modo in cui si parlavano e il modo in cui si comportavano.

Odiava tutto di loro.

Spesso si chiedeva il motivo per cui vivesse in mezzo a quelle creature; convivere con un branco di porci era molto più gradevole e sopportabile.

Proibizionismo.” annunciò Rebekah solennemente. Si guardò attorno, accavallando le gambe, troppo nude secondo il parere del fratello, e portandosi un bicchierino di pregiato bourbon alle labbra, compiacendosi di quell'innata malizia che le riusciva spontanea in ogni gesto che compiva. “Un periodo più fastidioso non poteva capitarci, vero Nik?”

Klaus alzò lo sguardo sulla disinibita sorella, e Rebekah bevve velocemente, regalandogli poi un sorriso beffardo.

Il ragazzo stava per chiederle quale epoca non fosse risultata loro fastidiosa, anche se quella, probabilmente, le batteva tutte. Mai prima di allora il mondo era stato capace così tanto di schifarlo.

Fammi un fischio quando questo mondo vivrà un epoca adatta a noi.” le rispose, non nascondendo l'acidità presente nella sua voce.

Lasciò il bicchiere sul tavolo e guardò Gloria cantare sul palco; la donna era così agghindata con piume e gioielli che la trovò più simile ad un pavone che ad una potente strega. Era sinuosa e accattivante; aveva una voce potente e graffiante che superava tutti i numerosi rumori fastidiosi che quegli umani emettevano in continuazione. Quando la sua canzone terminò, con un ultimo, travolgente ruggito, la donna si congedò, annunciando che la parte veramente clou della serata sarebbe presto arrivata.

Un boato di applausi, fischi e voci che chiamavano la “leonessa” s'innalzarono all'interno del locale, e Gloria abbandonò il palco con eleganza, dirigendosi verso il retro del locale.

Klaus si mostrò disinteressato; non gli importava nulla di quella “leonessa” che tutti osannavano come fosse una diva. Distese le braccia lungo lo schienale del divano e guardò severamente la sorella.

La ragazza aveva ripreso a guardare verso un punto tra la folla in mezzo al locale, dove il giovane Stefan Salvatore stava ridacchiando insieme con alcuni compagni di bevute. Il ragazzo si era accorto delle attenzioni della bionda, e lanciava maliziosi sguardi nella sua direzione, sentendosi fortemente ricambiato dalle occhiate languide della ragazza.

Klaus alzò gli occhi al cielo, inorridito da come la sorella fosse solita interessarsi con troppa facilità a troppi uomini. “Senza un uomo non puoi stare, Bekah? Ora vai dietro anche ai novellini?” le domandò.

Rebekah non si lasciò colpire dal tono duro del fratello; volse lo sguardo verso lui e abbozzò un sorriso. “Nik, gli unici non novellini che conosco siete tu, Elijah, Kol e Finn. E l'incesto mi fa un po' ribrezzo sinceramente, sopratutto se con te.” disse, piegò la testa da un lato e gli fece l'occhiolino.

Klaus digrignò i denti, fortemente infastidito. Non bastava quel locale che puzzava di alcool, fumo e umanità a irritarlo, ci si doveva mettere anche Rebekah, con le sue continua frecciatine.

Perché non ti trovi tu una giovincella invece? Dicono che la leonessa, quella April, sia davvero una bellezza. Magari può calmarti un po'.” disse e riprese a bere.

Klaus sbuffò, nel momento stesso in cui le luci delle candele si abbassarono all'arrivo imminente della promettente stella del locale. “Sweetheart, se è abbastanza appetibile, il massimo che posso fare è affondarle i canini nel collo.” rispose. “Poi...una con un nome così patetico, non può che essere una poveretta.”

Rebekah non rispose, voltò la testa verso il palco nel momento stesso in cui un'elegante ragazza in abito color perla, con un sorrisetto accattivante sulle labbra rosse, raggiunse il microfono.

Ora puoi valutare con i tuoi occhi se è una poveretta o meno.” proruppe, continuando a bere e muovendo il capo in direzione del palco.

Klaus su girò verso il palco e osservò, con fare disinteressato, la protagonista dell'attenzione di tutti.

Avvenente lo era e anche molto. Non molto alta, capelli lunghi e neri che scendevano sulle sue spalle e tipici occhi da predatrice, di quelli che facilmente catturavano gli uomini e li rendevano soggetti alla loro bellezza.

Il vampiro si soffermò su di loro, mentre quelli stavano muovendosi tra la miriade di persone che April aveva di fronte. Non erano per nulla impauriti, ma decisi, decisi a conquistare, a confondere, rendere proprio quanto essi stessero catturando. Eppure, c'era qualcosa in loro che colpiva Klaus: come se tutta quella sicurezza che April ostentava senza troppa vergogna non fosse altro che una facciata per ingannare il mondo esterno.

Quando iniziò a cantare, il vampiro iniziò a contare i battiti del proprio cuore.

Quello era spento da tanto, troppo tempo, eppure a lui parve di sentirlo tornare in vita nel momento stesso in cui quella giovane aveva aperto bocca per dare inizio alla sua canzone. Capì perché la chiamassero la leonessa; aveva una voce incantevole, di quelle che potevano prenderti la mente e trasportarla il più lontano possibile, però, quella, era allo stesso tempo forte e ruggente, di quelle che non si potevano facilmente dimenticare.

Klaus provò quella sensazione: il suo corpo era là, ma la sua mente e il suo cuore arrivarono lontano, molto lontano, accompagnati dalla potenza di quella melodia che fuoriusciva dalle labbra rosse di April. Per un momento non provò più disprezzo per quegli esseri umani, non sentì più quell'avversione verso il mondo intero e vedeva e sentiva solo lei.

April fece scorrere lo sguardo verso il punto in cui si trovava lui e, quando i loro occhi si incontrarono, l'espressione sul viso della giovane mutò. Impercettibilmente, ma mutò.

Il mondo parve fermarsi in quel preciso istante.

E fu così che il freddo di Ottobre incontrò il calore di Aprile.


Ciao a tutti! :D

Mi scuso se anche questo secondo capitolo è stato corto come il prologo, ma già dal prossimo i capitoli si prospetteranno più lunghetti, anche se non troppo, per non annoiarvi e poiché si tratta di un racconto particolarmente breve.

Ringrazio infinitamente tutti coloro che hanno recensito il prologo, chi l'ha letto silenziosamente e chi ha inserito questa storia nelle varie cartelle.

Spero di sentire di nuovo il vostro parere-positivo o negativo che sia-in maniera tale da potermi rendere conto se questi primi passi che ho mosso nel creare questa storia siano stati deludenti.

Vi auguro di passare una buona domenica e vi ringrazio ancora per aver letto.

Al prossimo capitolo, un bacione!


Lelahel




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Capitolo 3
*** Your sins into me, oh my beautiful one ***


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http://www.youtube.com/watch?v=BguZZ3rGKe0

-Capitolo 3:Your sins into me, oh my beautiful one-

Light, like the flutter of wings,
F
eel your hollow voice rushing into me as you're longing to sing.
So I will paint you in silver.

(Silver and cold by AFI)

April non riusciva proprio a toglierselo dalla testa e non poté capirne il motivo.

Sì, quel ragazzo era molto bello, ma quanti uomini belli come lui aveva visto in giro per quel locale tutte le sere? Era consapevole che in lui trovava qualcosa di diverso, qualcosa che l'aveva completamente catturata e che gli impediva di rimuoverlo dalla mente.

Perché?

Avrebbe tanto voluto scoprirlo, dato che lei non riusciva ad arrivarci.

April, sono per te.” Gloria entrò nel suo camerino, affiancata dalla bella e sorridente Violet, con un trattenuto sorriso sulle labbra.

April distolse l'attenzione dal proprio riflesso-o meglio, smise di trapassarlo con lo sguardo mentre rifletteva sulla sua inspiegabile sensazione nei confronti di quel ragazzo- e si voltò verso la donna.

Ella, in mano, teneva un mazzo di rose rosse, le solite che giungevano al camerino di April quasi ogni mattina da diversi mesi a quella parte.

Oh, che romantico!” Violet ridacchiò, sedendosi repentinamente sulla poltroncina vicino alla sedia in cui sedeva April, e accavallò le gambe senza alcuna malizia.

April lanciò un'occhiata in direzione delle rose, e un sorriso gioioso si delineò sulle sue labbra. Batté le mani, entusiasta come un bambino la mattina di Natale, e scattò in piedi, strappandole dalle mani di Gloria. Sui fusti dei fiori, si trovava un biglietto la cui calligrafia, elegante e perfetta, le fu subito familiare.

Per la voce più bella che domina le notti di Chicago.

Christopher.

È sempre lui? Il tuo uomo?” Gloria fissò con fredda curiosità le gote di April tingersi di rosso.

La giovane non era imbarazzata o altro, era solo molto lusingata e felice di ricevere attenzioni da uno degli uomini più ricchi e avvenenti di Chicago.

Sì, è lui. Il mio Chris.” rispose, alzando lo sguardo su di lei e facendole l'occhiolino. Diede le spalle a Gloria, non appena ne vide l'espressione farsi improvvisamente seria, e affondò il viso tra le rose, lasciandosi inebriare dal loro profumo dolce e avvolgente.

Christopher Palm era il suo fidanzato da pochi mesi, e forse molto presto sarebbe diventato suo marito. Il loro incontro non era stato propriamente casuale: April aveva studiato bene l'ambiente del locale di Gloria, e aveva stipato mentalmente una specie di lista con gli uomini più ricchi che lo frequentavano abitualmente. Escludendo gli sposati e coloro che preferivano la compagnia maschile, April aveva puntato su Christopher e farsi notare da lui non fu affatto difficile. Il bel rampollo di Chicago-aitante, avvenente ma con quindici anni in più di lei-era rimasto così piacevolmente colpito dalla sua avvenenza da ufficializzare la loro relazione senza il benché minimo preambolo.

Fa' vedere.” Violet le prese le rose che teneva strette al petto, e se le portò al viso per poterle odorare. “Per l'amore del cielo, queste rose le avrà pagate un occhio della testa. Questo è amore.”

Gloria si strinse le braccia al petto. “Dici Violet?” le disse con tono di rimprovero. “Qui, più che amore, ci vedo guadagno. Almeno da parte di qualcuno di mia conoscenza.”

Non esagerare Gloria.” April le lanciò una rapida occhiata incurante, per poi lasciarsi cadere sulla poltrona davanti allo specchio, dove si era beata per tutta la mattina.

Violet, inguaribile romantica, sembrò non voler accettare l'ottica della donna; continuò a tenersi le rose al petto, come fossero sue, e si sedette su una sedia poco lontana dalla toletta di April.

Gloria guardò freddamente il sorrisetto soddisfatto che April aveva sulle labbra. “Non capisco April.” le disse, scuotendo la testa e avvicinandosi a lei. “Hai appena ventidue anni, dovresti sognare l'amore e il principe azzurro, non un portafoglio da sposare.”

April stava per scoppiare a ridere.

L'amore? Il principe azzurro?

Sognerei una cosa del genere se vivessi nel mondo delle fiabe!” esclamò, accavallando le gambe.

Non si curò di essere elegante o femminile; con Gloria e Violet poteva essere se stessa. Libera da quel costume di bellissima, elegante ragazza di città che sapeva ammaliare e sedurre gli uomini con uno sguardo.

Ma, cara Gloria, la realtà è ben lontana da essere così fantasiosa.”

La mente la riportò a ricordi riguardanti il suo passato, la sua infanzia.

Un colpo di pistola.

E tutti i suoi pensieri ripresero ordine.

Si ritrovò ad essere posseduta dalla paura e dalla tristezza di quel ricordo e dovette sbattere più volte le palpebre per tornare con i piedi bene a terra.

Solo Gloria si accorse di quel suo cambio di atteggiamento; Violet era troppo impegnata a trovare posto al nuovo mazzo di fiori di April, nella miriade di rose che riceveva continuamente. Inoltre, la loro giovane collega non era a conoscenza di quell'avvenimento del passato che April riviveva ogni volta che le palpebre le si abbassavano, facendo rivivere quelle memorie assopite con forza dentro di lei.

April si sforzò di mostrarsi nuovamente serena. “E poi, chi dice che Cristopher non possa essere il mio ipotetico principe azzurro? È molto bello e affascinante!”

Tesoro mio, conosco l'amore e non è quello che vedo nei tuoi occhi. Cristopher è un bellissimo uomo, ma quello che ami di lui è il suo patrimonio.” Gloria si strinse le braccia al petto e piegò la testa, portando da un lato i bei ricci biondi che circondavano il suo volto dai lineamenti decisi e sottili allo stesso tempo.

Spero davvero che non sia così April.” Violet tornò a sedersi accanto a lei, congiunse tra loro le ginocchia nude e si chinò, mostrando l'ampia e generosa scollatura che il suo vestito ceruleo donava. “Tutti sognano l'amore. Non dovresti privarti di trovarlo per seguire l'ambizione di diventare ricca.”

April le sorrise furbamente. “I diamanti sono i migliori amici di una ragazza. Non ti tradiscono mai, ti illuminano gli occhi quando li vedi...come vedete, sono meglio dell'amore effimero e sfuggevole che un uomo può donarti.” rispose April, facendo spallucce e lanciando un'occhiata verso la sua amica, poi verso Gloria.

Si fece improvvisamente seria, quando le due si lanciarono un'occhiata complice che mostrava poca approvazione per quel discorso.

Io non credo nell'amore.” continuò la leonessa, con voce piatta e monotona. “ È un sentimento che nasce e muore. I soldi, invece, non ti abbandonano mai....nemmeno nella morte. Se sposassi Cristopher, sai che bella tomba potrei farmi costruire alla mia morte?”

Non trovi sia un po' materialista come ragionamento?” domandò Gloria. “Così non conoscerai mai la vera felicità.”

April si alzò in piedi, dirigendosi verso un tavolino in vetro alle spalle delle due donne, dove dei bicchierini attendevano di essere riempiti dalla vicina bottiglia ripiena di liquore. Riempì tre di quelli e sorrise in direzione di Gloria. “Sono cresciuta nella miseria...non attendo altro la ricchezza che merito grazie al mio talento.”

Porse un bicchiere a lei, poi a Violet e brindarono in nome di qualcosa di cui nemmeno loro erano consapevoli, forse l'ostentato cinismo di April.

Lei sorrideva, rideva, ed era raro vederla silenziosa. Eppure, dentro di sé, c'era una voragine vuota di cui lei non avrebbe mai voluto toccare il fondo ma che molto spesso si faceva sentire, quando i ricordi del suo passato riecheggiavano violenti al suo interno.

In quel momento, quando il sapore agrodolce del liquore le baciò il palato, April ripensò al ragazzo biondo che tanto aveva attirato la sua attenzione la sera prima, e si chiese se Gloria lo conoscesse.

Cosa scontata,visto che tutti conoscevano Gloria e lei conosceva tutti.

Senti un po', Gloria...” iniziò a dire, si morse il labbro quando pensò di non poter porre una domanda del genere senza destare un qualche sospetto.

Perché le importava così tanto di quel freddo ragazzo? Semplice curiosità, giustificò a se stessa.

Ieri sera ho visto un ragazzo biondo mentre cantavo. Alto, occhi chiarissimi, labbra carnose e rosse, pelle molto bianca....”

Hai notato tutto questo in pochissimi secondi?” la punzecchiò Violet, dandole una leggera gomitata e bevendo un lungo sorso di liquore.

April divenne più rossa, ma le rispose con una gomitata più forte che per poco le fece sputare a terra.

Le due ridevano, Gloria no. “Non mi dire che parli di Niklaus?” disse, stringendo il bicchiere in una mano con forza, tanto che le nocche delle sue mani quasi divennero bianche.

April restò colpita dal suo improvviso cambio di tono. “Niklaus? Devo dire che il nome non gli rende giustizia.” disse, storcendo il naso disgustata.

Violet riempì il silenzio con la sua risata squillante e contagiosa. “In effetti, non è il massimo!” esclamò.

Gloria, di nuovo, non rise. “Bambina, lui non è una persona...” si bloccò, stringendo le labbra con forza, come per trovare le parole giuste da dire. “Non è un ragazzo raccomandabile, stagli il più lontano possibile. È pericoloso.”

April sperò un attimo che la serietà nascosta in quelle parole fosse solo una presa in giro, invece sembrava davvero che Gloria credesse in ciò che stava dicendo. Quel Niklaus le pareva davvero pericoloso e la mora non ebbe il coraggio di chiedere altro. Preferì chiuderla lì, con quella sua curiosità. “Va bene.” disse annuendo e facendo così tranquillizzare Gloria, che le regalò un sorriso sollevato.

C'è da dire però che i ragazzi pericolosi sono i più eccitanti.” Violet ruppe il silenzio appena calato con la sua naturale ironia, ma stavolta nemmeno April rise.

Non perché la frase della sua amica non fosse divertente, bensì perché qualcosa di strano si fece largo nel suo corpo. Ebbe un violento capogiro che la scosse dall'interno; il bicchiere le cadde di mano e il rumore dei frammenti di vetro che si disperdevano sul pavimento le rimbombò violentemente nella testa.

April?”

La ragazza non seppe nemmeno dire chi delle sue due compagne avesse pronunciato il suo nome. La vista le si fece offuscata, il dolore all'altezza del petto più impetuoso e bruciante. Tossì, più e più volte, e il respiro parve quasi mancarle. Iniziò a boccheggiare come se stesse affogando, e la forza nelle gambe venne a mancarle. Si ritrovò a pregare per il momento in cui avesse perso i sensi.

Ehi, ehi siediti.” Gloria e Violet accorsero da lei, prima che cadesse a terra e l'aiutarono ad accomodarsi sulla poltrona.

In quel momento, il dolore cominciò a dileguarsi, come nebbia scacciata dal vento. Lentamente, insieme ad esso, anche l'offuscamento del suo sguardo, il giramento di testa e la debolezza alle gambe parvero abbandonarla. Era stato tutto così lento e travolgente che la ragazza non si era nemmeno resa conto che Gloria le aveva preso il viso tra le mani.

Sto..sto bene.” disse, quando comprese quanto la donna stesse ripetendole incessantemente.

La allontanò da sé, sfiorandole delicatamente i polsi. Violet si era così spaventata che era sul punto di piangere, ma April glielo impedì, riprendendo a sorridere come suo solito.

Sto bene. Allora....di che parlavamo?”

* * * * *

Cosa poteva guarire almeno un po' il malessere che si portava dentro?

La sua voce? Ridicolo.

Klaus mandò giù un altro sorso di whisky, evitandosi di lanciare occhiatacce in direzione di Rebekah che ballava e si divertiva con un gruppo di spasimanti, che si faceva più numeroso ogni sera che passavano là.

Perché l'audace avvenenza di Rebekah non si poteva contenere su un unico uomo, pensò Klaus tagliente, scoccando la lingua incredulo.

La sua voce.

I suoi pensieri ripresero poi la direzione precedente.

Perché lo aveva colpito così tanto?

La sera prima, dopo aver ascoltato l'ultima canzone della leonessa, aveva persino provato a dipingere la sua voce. Esperimento malsano e che normalmente non avrebbe portato a nulla di buono. Invece, era riuscito davvero a rappresentarla come se fosse un qualcosa di vivo: un misto di colori rossi e blu che si scontravano tra loro, come mare al tramonto.

Incredibile, mai successo che dipingesse qualcosa senza forma in quella maniera a dir poco perfetta.

Si guardò attorno e notò con lo sguardo che anche Stefan Salvatore si trovava nel locale; lontano da Rebekah, rideva insieme ad alcuni suoi compagni di bevute ma non si tratteneva dal lanciare occhiate ammiccanti in direzione della vampira che, a sua volta, non le disdegnava come fingeva di fare.

Non seppe se trovare il loro comportamento patetico o meno; non riusciva proprio a capacitarsi del motivo per cui sua sorella volesse complicarsi ulteriormente la vita, accettando la corte di quel vampiro folle e fuori di testa.

Non gli bastava lui da sopportare ogni giorno?

Soppresse tutti i suoi più negativi pensieri-quelli positivi ormai aveva smesso di averli-quando vide dalla porta principale del locale entrare una ragazza con indosso una vistosa pelliccia che copriva un corto abito rosso,il quale metteva in risalto le sue lunghe bianche gambe.

April.

Ed era sola.

Appena fece il suo ingresso, non passò inosservata: alcuni ragazzi le lanciarono occhiate eloquenti e maliziose. Persino Stefan Salvatore lo fece, ma lui, più che altro, probabilmente bramava il sangue della giovane e bella stellina di Chicago come fosse un trofeo da aggiungere ad una mensola.

Klaus non seppe se sorridere o meno dell'altezzosità che la ragazza ostentava mentre camminava tra le varie persone, ignorando i loro sguardi carichi di ammirazione. Vi trovò un atteggiamento molto simile al suo, quando camminava tra gli umani, provando disprezzo per quella razza.

Ma per April era diverso; la sua era solo copertura.

Lei non si sentiva superiore; lo si capiva da come, delle volte, cercava di sfuggire, per puro imbarazzo, alle occhiate che la gente le lanciava. Fingeva di essere presuntuosa, perché così poteva sentirsi meglio con se stessa.

Atteggiamento patetico o semplicemente umano? Klaus non seppe riconoscerlo.

Non dirmi che ti piace la ragazzina.” Gloria fece una semplice constatazione che le riservò una lunga occhiata fredda da parte del vampiro.

Ti sembro il tipo che rincorre le gonnelle?” le domandò, mentre lei le versava un altro bicchiere di whisky.

Da dietro il bancone, la donna sembrava una normale proprietaria di uno dei locali più quotati e meno conservativi di Chicago. Nessuno avrebbe mai potuto dire che quella era una potente strega, nascosta nelle patetiche vesti di una comune umana. Quella si limitò a inarcare poco convinta le sopracciglia e a sospirare rumorosamente.

Intanto, April gli passò dietro le spalle e Klaus si irrigidì.

Seppe per certo che si era fermata; sentiva il suo profumo avvolgente penetrargli le narici.

Lui odiava gli odori degli esseri umani, profumo o puzzo che fosse, ma il suo aveva un qualcosa di naturale: era come il profumo di un giardino in fiore sotto il cielo di primavera.

In linea con il suo nome.

E lei lo stava guardando.

Sentiva i suoi occhi scuri trapassargli la schiena, mentre lui si mostrava indifferente. Con estrema difficoltà, si ritrovò ad ammettere.

Per quale diavolo di motivo quella mocciosa lo faceva sentire in quel modo?

Gloria, io vado a prepararmi.” April aveva una voce molto comune, quando si limitava a parlare. Non era nulla di particolare: era bassa e soffice, ben lontana dalla potenza che aveva mentre cantava.

Per un attimo pensò non si trattasse di lei e decise di voltarsi nella sua direzione.

Errore.

Era proprio lei e lo stava guardando intensamente.

Klaus abbassò lo sguardo sulla pelliccia che la ragazza stringeva contro il proprio ventre, poi tornò a concentrarsi sul bicchiere di whisky, fingendo che fosse più interessante di lei.

Gloria fece finta di nulla. “Sì, cara. Muoviti che qui aspettano il tuo numero.” le ordinò la donna, muovendosi lungo il bancone per andare da un altro cliente, già totalmente ubriaco.

April non si mosse.

Muoviti maledizione.

Perché non lo faceva? Klaus decise di muoversi lui stesso pur di allontanarsi da quel profumo e da quegli occhi che sembravano bollente carbone che infieriva su di lui.

Ma il destino aveva in serbo altro per lui.

Siete nuovo in città?”

Gli aveva rivolto la parola?

In secoli e secoli di vita, non gli era mai importato se qualcuno gli avesse rivolto la parola o meno.

Si voltò verso lei, lentamente; la vide portarsi le mani sui fianchi esili e sorridergli in maniera civettuola. Un'altra forzatura.

Il suo sorriso mutò poi in qualcosa di più spontaneo, una specie di smorfia di imbarazzo, quando i loro occhi si incontrarono.

Lui era impassibile; non mostrò né interesse ma nemmeno indifferenza e April abbassò gli occhi, divenendo rossa sulle gote. Il vampiro non poté fare a meno di chiedersi quanto appetibile il sangue di lei potesse essere; era sicuro che gli sarebbe piaciuto, affondare i denti nella sua carne e cibarsi della sua essenza fino all'ultimo.

Poi il ricordo della domanda che la ragazza gli aveva rivolto si fece largo tra i suoi pensieri e si decise ad elaborare rapidamente una risposta.

Fatti gli affari tuoi.”

E tutto parve avvolto nel nulla, per un solo istante.

Vide il volto di April farsi lentamente più cupo, quasi le sue parole, pronunciate in quella maniera gelida, l'avessero colta di sorpresa e ferita.

Klaus trattenne il fiato, osservando i suoi dolci lineamenti contrarsi e si rese conto di aver...esagerato? Da quando gli importava del galateo e delle risposte educate?

Prese la giacca dallo schienale della sedia e diede le spalle alla ragazza, ignorando lo sguardo della ragazza su di sé mentre si allontanava.

Bestia...”

Klaus si bloccò un attimo, quando udì la voce musicale di April pronunciare quella parola in una specie di ringhio. Pensò di aver sentito male, che lei non si sarebbe mai permessa di rivolgersi così a lui.

Invece lo aveva fatto.

Quando si voltò verso lei, la ragazza gli scoccò un'occhiataccia e girò sui tacchi, dirigendosi verso il palco da dove avrebbe poi raggiunto, probabilmente, i camerini.

Il ragazzo non seppe cosa pensare; in un'altra circostanza non ci avrebbe pensato due volte e programmare la sua morte per il semplice gusto di farle pagare la sua arroganza.

In quel momento, invece, si ritrovò a sorridere al pensiero che una ragazzina lo avesse sfidato con cotanto coraggio.

* * * *

Odioso, animale, spocchioso, pezzettino di letame...”

April, con chi ce l'hai?”

April si accorse di essere da diversi minuti nascosta dietro la tenda che separava il corridoio dal palco, su cui stava esibendosi ancora una grassoccia ballerina, molto brava nell'ammiccare agli uomini ma meno nell'effettuare le piroette.

Violet le era stata accanto per tutto il tempo, ma solo quando ella riparlò, April rammentò la sua vicinanza. Si voltò verso l'amica, scostò la tendina solo un poco, e poi indicò con un cenno della testa il punto in cui Niklaus e una coppia sedevano, ridendo e parlando animatamente.

Ce l'ho con quell'idiota laggiù!” disse, parlando del biondo che ascoltava in silenzio le parole della ragazza della coppia, bionda e molto bella. April l'aveva già notata prima e solo allora si accorse che, per certi aspetti, somigliava molto a quel Niklaus.

Violet ridacchiò, portandosi la mano sulle labbra. “Chi, chi? L'adone per cui ti sei presa una bella cotta?” la prese in giro.

April le rifilò una gomitata sul braccio e scosse la testa; non riuscì a nascondere il rossore che le colorò le guance e si schiarì la voce. “Non ho mai detto che mi piace. Lo trovavo solo curioso. Ora non più.” dichiarò, più a se stessa che all'amica, prima di tornare a guardare in direzione del ragazzo.

Non aveva proprio accettato il modo in cui l'aveva trattata, manco fosse spazzatura, e anche se si era dovuta più volte rapportare con energumeni del genere, non poté nascondere che per la sua rispostaccia ci era rimasta davvero male.

Deglutì, e si convinse che non le importava un accidenti di quel poveretto.

Infatti, che t'importa? Pensa a Cristopher.” Violet le diede una leggera pacca sulla spalla, a cui April rispose con un sorrisetto.

Infatti, disse a se stessa, non le importava nulla di quel mentecatto. Lo mandò al diavolo e si apprestò a salire sul palco, dove venne accolta dai soliti applausi e fischi di ammirazione che pensò potessero farle dimenticare l'arrabbiatura di poco prima. Ma quando fece scorrere lo sguardo lungo il suo pubblico, com'era sempre solita fare per poterlo catturare, i suoi occhi si posarono su Niklaus.

Lui stava in silenzio, ma non la guardava.

La collera di lei crebbe ma, non appena lui prese a ricambiare il suo sguardo, lei si sentì come se stesse per cantare per lui.

Solo per lui.

Era una cosa spontanea, ma che non tollerava assolutamente.

Smise di guardarlo.

La voce perse un attimo forza, quando compì quel gesto.

Chiuse gli occhi.

Lui stava ancora guardandola e lei poteva sentire i suoi occhi sul proprio volto. Mille occhi erano puntati su di lei, eppure lei sentiva solo i suoi sulla pelle.

Sentiva solo il suo udito pronto a cogliere la musicalità della propria voce, degli altri proprio non riusciva a curarsi.

Ma perché si comportava così?

Ad un certo punto, qualcosa la costrinse a fermarsi.

April non riuscì più a dare vita alla propria voce. Si ritrovò immobilizzata, con il fiato bloccato in gola e il corpo pervaso da un'ondata di calore. Sentì il sudore che iniziò a bagnarle prepotentemente la pelle della fronte, mentre faceva sempre più caldo e il respiro non accennava a riprendere....attorno a sé il silenzio; qualcuno provò a parlare, qualcuno che non comprendeva cosa stesse succedendo.

E lei cadde.

L'ultima cosa che le parve reale, fu il pavimento su cui il suo corpo si ritrovò disteso.

I suoni, le luci, le voci...si ridussero solo ad una realtà lontana affinché lei potesse raggiungerla con i propri sensi.

Chiuse gli occhi, il dolore che le bruciava il petto non si placò.

Non si spense nemmeno, quando tutto divenne buio.

* * * *

Quando April salì sul palco, Klaus non la guardò, ma si concentrò sul gruppo di idioti in prossimità del bancone di Gloria accalcarsi vicino ad esso per potersi far vedere dalla giovane cantante.

Si chiese se sbagliasse o meno ad usare continuamente il termine “patetico” per definire il comportamento degli umani che abitavano quel locale. Avrebbe semplicemente dovuto smettere di pensarli come aveva sempre fatto.

Si portò il bicchiere di vetro alle labbra, tenendo lo sguardo fisso sulla ragazza, superando le testa di Stefan e Rebekah, che stavano mangiandosi con gli occhi tra loro, e ne bevve un lungo sorso.

April lo guardò, con l'orgoglio di una donna ferita che meditava vendetta.

Per una sola rispostaccia? pensò Klaus.

Queste creature affascinanti chiamate donne erano capaci di uccidere anche per una cosa banalissima, se la loro dignità femminile veniva ferita.

Ridacchiò e trovò strano che lo facesse; erano anni che si portava dentro un malessere che non lo faceva ridere nemmeno di scherno o disprezzo, ma quella ragazza aveva risvegliato in lui la capacità di farlo, anche se rideva di biasimo verso quel mondo in cui era costretto a vivere, e che avrebbe strappato a morsi pur di fuggirne.

Non seppe se ringraziarla o meno per questo.

Quando iniziò a cantare, il mondo parve di nuovo fermarsi.

La sua voce volle di nuovo catturarlo, attirarlo a sé come un pesce nella rete, ma quella volta non glielo permise. Non voleva dargliela di nuovo vinta; non voleva permetterle di strapparlo all'angoscia che si portava dentro da tutti quei secoli e che, ormai, era parte di sé.

Non le avrebbe permesso di lasciarlo crogiolarsi in un illusione che avrebbe tanto desiderato potesse divenire reale.

Lui, questo, non lo voleva.

Però, non sono solita fare complimenti ad altre ragazze...ma lei è proprio carina.” disse Rebekah, voltandosi per guardare April.

Stefan le teneva un braccio sulle spalle. “Sì, sembra appetitosa.” ridacchiò; tornò poi a bere ma i suoi occhi erano famelici, ricolmi di quel languore che il solo pensiero del sangue risvegliava in un vampiro.

Klaus alzò le sopracciglia. “È solo una contadinella del sud che gioca a fare la star.” disse, pungente come non mai. Rese la sua frase ancora più acida, lasciandosi cullare dal sapore agrodolce del liquore e Rebekah e Stefan si voltarono verso di lui.

La sorella non riuscì proprio a non sfidarlo con un sorrisetto furbo. “Però....ti sei informato!” lo provocò, tenendo il calice di spumante innalzato al livello del mento.

Klaus serrò la mascella. “Parlano tutti di lei.” si giustificò, rendendosi conto di aver sparato una balla più grossa di lui e che qualcuno come Rebekah non poteva lasciarsi sfuggire.

La bionda cercò di replicare, ma la fine della melodia portò solo silenzio.

Tutti volsero lo sguardo verso April, la cui voce sembrò appena essere stata strozzata. La ragazza fissava un punto di fronte a sé; il volto si era fatto più paonazzo e gli occhi parevano aver perso la loro luce.

Che succede?” domandò Rebekah confusa da ciò che stava succedendo.

Klaus fissava in silenzio quello spettacolo; sentì che la ragazza stava per cadere e si ritrovò con la strana convinzione di volerla sorreggere con il suo solo sguardo.

Patetico. Quella volta utilizzò quel termine nei confronti di se stesso.

E lei cadde.

Sotto lo sguardo stupito di tutti, la ragazza si accasciò a terra, cadendo lateralmente e provocando un sonoro tonfo sul pavimento del palco. Sembrò che stesse dormendo, ma le luci del locale le illuminavano talmente tanto il volto da metterne in risalto le goccioline di sudore che lo stavano attraversando.

Una delle coriste si mosse, le altre restarono immobili, e osservarono la scena con distaccato interesse. Una di loro parve sorridere, e Klaus provò un moto di rabbia nel vedere le mani dell'invidia disegnare una smorfia di scherno sulle labbra di quella ragazza, la cui voce poteva solo fare da sottofondo a quella di April.

Anche Gloria accorse in suo aiuto, schiaffeggiandole il viso per farla riprendere.

Ma quella restò ferma.

Un vociare di persone confuse si levò nell'aria e uno degli uomini della sicurezza accorse a prendere la giovane cantante tra le braccia e portarla via da occhi indiscreti. La corista, l'unica che si era mossa in aiuto della ragazza, cercò di portare l'attenzione lontana dalla collega e annunciò che avrebbe cantato lei la prossima canzone. Non si mostrò offesa, quando alcuni uomini gridarono per il disappunto.

Ma che è successo?” chiese Stefan, lanciando un'occhiata a Klaus poi a Rebekah.

Klaus se lo stava chiedendo; trovò strano il modo in cui April aveva perso i sensi così improvvisamente, nel bel mezzo dello spettacolo. Doveva essere forse per via della stanchezza, dello stress, lui non sapeva dirlo.

Che importa?” annunciò, fingendosi poco interessato. Terminò in un solo sorso quanto gli era rimasto nel bicchiere e lo adagiò bruscamente sul tavolo. “Vado a farmi un giro.”

Si alzò in piedi, ma Rebekah non si lasciò sfuggire il modo in cui il fratello si diresse verso i camerini.


Ehilà! :D

Come state?

Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, e che non vi abbia annoiato.

Stiamo già un po' entrando nel vivo della storia e c'è stato un primo, reale contatto tra April e Klaus, anche se non è stato tranquillo e romantico proprio per nulla. Non c'era da immaginarselo? :P

Come avete visto, malgrado April sia l'”estate” della nostra storia, anche lei si presenta in qualche modo fredda: non crede nell'amore, proprio come Klaus.

C'è una motivazione ben precisa riguardante questo punto, ma che verrà analizzata e resa più chiara nel corso dei capitoli a venire.

Inoltre, cosa le è successo in camerino all'inizio e sul palco alla fine? Anche questo, ovviamente, verrà chiarito man mano che andremo avanti con la storia.

Per ora vi lascio in pace, penso di avervi tediato abbastanza per oggi!

Ringrazio le bellissime fanciulle che hanno recensito gli scorsi capitoli e a cui risponderò proprio adesso!

E inoltre ci tengo a ringraziare tutti coloro che hanno inserito questa storia tra le seguite/preferite e coloro che leggono silenziosamente.

Come sempre mi auguro di ricevere commenti riguardanti la storia, anche per segnalarmi possibili errori grammaticali e di sintassi o di analisi dei personaggi del TF già noti. Anche perché il capitolo l'ho riletto decine e decine di volte e poco mi convince... -.-''

Ora vi lascio in pace per davvero. Questo è il mio contatto fb per chiunque fosse interessato.

https://www.facebook.com/lelahel.efp?ref=tn_tnmn

Alla prossima, vi auguro di passare un buon weekend!

Ciao a tutti e grazie ancora :D


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Capitolo 4
*** Never been told about something that beautiful; will bring me up to let me down ***


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http://www.youtube.com/watch?v=aC-FqllS6Ls

-Capitolo 4: Never been told about something that beautiful; will bring me up to let me down-

Even when you're around
Still I'm out of sight, out of sound
In your world I'm out of place
(Carry Me Over by Avantasia)

Sto bene. Sto bene. Sto bene.” April sorrideva, ripetendo diverse volte quelle parole allo specchio.

Stava rivolgendole a Violet, ma in realtà, inconsciamente, stava dicendole anche a se stessa.

Stava di fatto che, comunque, non valsero a nulla: né Violet e né tanto meno la stessa April credettero a quelle parole.

Quest'ultima era stata svenuta per minuti che erano parsi un'eternità.

Quando si era svegliata aveva tossito più e più volte, di nuovo oppressa dalla sensazione di avere i polmoni ostruiti tanto da impedir loro di accogliere l'ossigeno di cui necessitava per vivere.

Ma poi si era ripresa, tornando pimpante e sorridente come al solito.

Aveva troppe cose da fare per potersi lasciare abbattere da un momentaneo attimo di debolezza. La cosa che le pesò di più fu, però, il fatto di aver fatto una brutta figura davanti a tutto il suo pubblico.

Di fronte a lui che sicuramente, incurante, l'aveva fissata cadere al suolo senza la benché minima preoccupazione.

Ne sei sicura? Penso che tu debba rimandare.” Violet, la dolce e sempre positiva Violet, parlò come farebbe una madre apprensiva nei confronti della figlia malata che voleva uscire a tutti i costi uscire con le amiche.

La stava aiutando a mettersi il bellissimo vestito rosso che aveva scelto d'indossare per la cena organizzata con Christopher dopo il suo numero. La cerniera, come sempre, diede problemi e April iniziò a preoccuparsi del fatto che fosse ingrassata. Quell'assurdo e banale pensiero le permise di distogliere l'attenzione dai residui di malessere di poco prima.

Sì, Violet!” esclamò poi, quando la ragazza tirò su la cerniera con tutta la forza, privandola dell'ossigeno per qualche secondo. Serrò le labbra, evitandosi così un'imprecazione non voluta. “Rimandare la cena con Christopher è fuori discussione! È da tanto che l'abbiamo organizzata e non ci tengo a deluderlo.”

Violet sbuffò; riprese a sistemarle i capelli sotto la cuffia in pailettes rosse, mentre la ragazza si colorava le labbra di un rosso scarlatto.

Ebbe un altro lieve capogiro, ma niente che la preoccupò: le bastò chiudere gli occhi per riprendersi.

La sua amica, invece, sembrava più che angosciata: era pallida, smunta, e pareva stesse faticosamente tenendo nascosto qualcosa che April doveva sapere. I suoi occhi verdi, ogni tanto, slittavano verso il volto della ragazza, quasi attendesse che lei la pregasse di tirarle le parole fuori di bocca.

April spalancò le braccia. “Violet, sono svenuta perché lavoro tutte le sere e sono sotto stress. Smettila di farmi da mamma stasera, non lo sopporto!” ridacchiò, mascherando il dolore che la parola mamma le procurò.

Sei stata molto male, April.” Violet scosse la testa poco convinta, tenendo lo sguardo basso e muovendo qualche passo all'indietro, mentre la collega era troppo intenta a rifinire gli ultimi ritocchi al suo aspetto. “Ed è normale che io mi preoccupi, visto che tu persegui le tue ambizioni invece che riposare un poco.”

Riposerò stasera, con un bel bicchiere di champagne e una sana dormita nel letto di Christopher.” April si ritenne particolarmente sboccata nel parlare in quel modo, ma l'apprensione di Violet stava mettendola seriamente alle strette. Quel suo modo di parlare, così soffice e carico di preoccupazione, non era tipico dell'amica e quel cambiamento rischiava seriamente di farla cambiare l'umore, già di per sé alquanto turbato.

Si sistemò i capelli un'ultima volta e fece scorrere lo sguardo lungo la silhouette della propria figura. Violet, intanto, parve essersi rassegnata all'ostinazione di April e fece per dirigersi verso la porta del camerino. “Va bene, ci vediamo domani.” le disse, sempre però poco convinta.

Il sorriso che April le lanciò si rifletté sullo specchio. “A domani, mia cara.”

Violet scostò delicatamente la tendina, guardando in direzione di April per un'ultima volta.

Parve prendere fiato per aggiungere qualcos'altro, ma l'attenzione che April riprese a porre sulle proprie labbra la fece desistere da quell'intento.

April tornò a guardare in direzione della sua amica, solamente nell'istante in cui questa abbandonò completamente il camerino, lasciandola sola con i propri pensieri.

In quel momento il rossetto che strinse nella mano non fu più così importante. Lo adagiò sulla superficie della toletta e abbassò lo sguardo, priva del desiderio di continuare a rimirarsi.

Non voleva ammetterlo, ma allo specchio non vedeva più la bellezza ch'ella era: era pallida sotto il fard, gli occhi erano lucidi sotto l'ombretto e la matita scura che li truccavano, le labbra quasi violacee sotto il rossetto.

Doveva davvero lavorare troppo per ridursi a quello stato. Pensò che, dopo essere riuscita a convincere Christopher a sposarla, si sarebbe presa un bel periodo di pausa, abbandonandosi ai piaceri del denaro e dell'alcool e cantando per puro diletto.

Un rumore alle sue spalle, lieve ma inaspettato, la destò da quei pensieri e April si ritrovò costretta ad alzare lo sguardo sullo specchio, convinta di rivedere Violet sbucare dalla soglia della porta.

Restò di stucco.

Non fu la sua amica ad entrare.

Fu quel Niklaus.

La ragazza si voltò lentamente, fissando incredula e basita il bellissimo e freddo volto di quel giovane che era entrato dentro il camerino senza che lei nemmeno potesse accorgersene. Egli se ne stava in piedi, immobile, a pochi passi da lei, con le braccia adagiate lungo i fianchi e gli occhi fissi su di lei.

April trattenne il fiato, ritenendosi infastidita nel constatare che lui non ostentò alcuna meraviglia nel vederla agghindata a quella maniera. Anzi, non faceva altro che guardarla dritto negli occhi, quasi tutto il resto, nascosto dietro un trucco e un bel vestito, non gli importasse. Un modo come un altro per farla sentire più straccio di quanto già non si sentisse.

Ma perché era venuto da lei?

Se volete un autografo, ora non ho tempo.” gli disse freddamente, tornando poi a voltarsi verso la toletta per prendere la sua borsetta rossa.

Nel riflesso si accorse che Niklaus si era irrigidito a quella frase, come innervosito dal suo tono di voce.

Non so che farmene del tuo autografo, dolcezza.” disse e quell'ultima parola la fece rabbrividire.

April si decise di dargli anch'essa del tu, visto che quell'uomo non conosceva l'educazione per potersi rivolgere a una donna che non conosceva.

Mi confermi di nuovo che sei l'uomo più gentile della città.” lo provocò, portandosi una mano sul fianco e inarcando le sottili sopracciglia scure.

Sembrava che lui stesse divorando tutto l'ossigeno presente nella stanza. April non era mai stata afflitta dal problema di non sapersi come comportare con qualcuno prima di incontrare quel ragazzo. E inoltre i suoi occhi chiarissimi la penetravano, come se volessero scoprire tutto quello che lei stava faticosamente nascondendo dentro di sé.

April distolse lo sguardo, schiarendosi la voce e proseguendo verso lui. Visto che lui sembrò non voler aggiungere nient'altro a quella stramba conversazione, la ragazza decise giustamente di darci un taglio. “Con permesso.” disse educatamente, muovendosi a grandi falcate verso la soglia del camerino.

Una volta oltrepassato il corpo del ragazzo, April contò i passi che le erano rimasti affinché avesse potuto riprendere a respirare.

Cosa ti è successo poco fa sul palco?”

April si fermò di colpo.

Abbassò lo sguardo stupita e credendo ci fosse una terza persona in quella stanza che avesse pronunciato quella parole. Il Niklaus che stava iniziando a conoscere non aveva quella voce, non così profonda e calda, quasi si preoccupasse per la sua salute.

Era sempre stato freddo, come un cielo d'ottobre.

Lo guardò e lui fece lo stesso.

La ragazza fu quasi tentata dal rispondergli educatamente, colpita dal modo in cui gli occhi di lui sembravano la stessero scrutando.

Ma scosse poi la testa; non voleva essere cortese con qualcuno che non lo era stato affatto con lei. Il suo eccessivo orgoglio femminile parlò per lei.

Come disse qualcuno tempo fa....fatti gli affari tuoi.” disse.

Non ebbe nemmeno il tempo di sentirsi in colpa, poiché l'espressione sul volto di Niklaus mutò nuovamente, tornando l'odiosa maschera d'inespressività che lei aveva imparato a detestare in un solo giorno.

Sorrise, provocatoria come le piaceva essere. “Buona serata.” gli augurò falsamente.

Fece per allontanarsi, quando qualcosa glielo impedì: una mano, la sua mano, le avvolse con forza il polso e la costrinse a voltarsi. Il gesto fu così improvviso e brutale, che la ragazza non comprese subito ciò che stava succedendo.

Stammi a sentire, ragazzina.” Niklaus parlò a denti stretti, incutendole così maggior timore mentre le respirava in volto.

Ma come aveva fatto ad avvicinarsi a lei con quella velocità?

April deglutì, sentendo un brivido correrle lungo la schiena mentre quegli occhi così profondi sembravano trafiggerla.

Questa è già la seconda volta che osi mancarmi di rispetto. Alla terza potrei diventare molto cattivo, fidati di me.”

Ma per favore!” April riprese subito padronanza di se stessa e della paura che la stava pervadendo. Ritirò il polso dalle sue mani, ma fu certa di esserci riuscita solo perché lui le aveva permesso di farlo. Aveva riposto una forza e una decisione tale in quel gesto, che April era certa di non poter riuscire a liberarsi con quella facilità. “Sono dell'Alabama, lì di tipi antipatici e bastardi come te ce ne sono a bizzeffe e so come occuparmene. Perciò stammi lontano, se non vuoi ritrovarti la punta del mio tacco dritto nei testicoli .”

April lo minacciò, ma lui parve non mostrare alcuna paura di fronte a quella parole. Anzi, quasi parve riderne. La cosa la infastidì particolarmente; il modo in cui lei lo aveva minacciato non era di gran lunga paragonabile al modo in cui lui aveva minacciato lei. Si sentì ridicola e a dir poco patetica.

Questa è la terza, April.” le disse, accostandosi di più a lei. La ragazza fu costretta a distogliere lo sguardo, sentendo il proprio cuore battere al ritmo della paura.

Trattenne il fiato, per tutto il tempo che il ragazzo impiegò per allontanarsi da lei e uscire dal camerino. Nel battito di un secondo, le punte dei loro nasi arrivarono a sfiorarsi e le guance quasi si accarezzarono, nel momento in cui Niklaus si mosse in direzione dell'uscita.

April, finalmente, riprese a respirare e tirò un sospiro di sollievo. Era rimasto ancora il profumo del ragazzo a inebriare l'aria, ma almeno era tornato ad esistere l'ossigeno che le serviva per respirare.

Ma cosa voleva quel pazzo da lei? Si poteva stare così antipatici ad una persona?

Speriamo almeno che la serata sia destinata a finire meglio di come è iniziata.” disse a se stessa, prima di accingersi ad uscire dal camerino.

* * * * *

Facciamo un gioco, Klaus.”

Stefan Salvatore, il vampiro di cui diffidava qualche giorno prima, si rivelò, invece, essere la sua unica valvola di sfogo per sfuggire alla noia di quell'interminabile serata.

L'alcool non gli fu di alcun comfort; lo drogava, facendogli credere di poter cancellare l'errore che aveva commesso pochi attimi prima, quando invece non faceva altro che infierire su di lui e continuare a dargli dello stupido.

Preoccuparsi per quella ragazzina odiosa? Ma che diavolo gli aveva preso?

Per secoli e secoli era passato sopra a cadaveri di ragazze persino più giovani e belle di lei, invece quella umana gli aveva fatto provare del senso di...protezione? Una cosa davvero ridicola e assurda.

Bevve un altro, lunghissimo sorso, voltandosi poi verso il suo compagno di bevute che sembrava un terzo sobrio di quanto lo era lui.

Spero per te che sia divertente.” gli rispose.

Stefan sorrise, piegò la testa da un lato e tenne il bicchierino di vetro in una mano. “Da quel poco che so di te, penso che ti piacerà.” disse. “Consiste in una scommessa: scegliamo due ragazze, una per me e una per te...e le uccidiamo. Chi lo fa nella maniera più teatrale possibile vince la scommessa.”

Klaus inarcò le sopracciglia. “Tu lo sai...che vincerò certamente io, no?” gli rammentò.

Era assurdo che quella gente fosse diventata improvvisamente folle tutta insieme e si fosse messa a sfidarlo. Ed era altrettanto assurdo che nessuna testa era ancora rotolata al suolo.

Mandò giù un ultimo sorso, assaporando il sapore dal retro gusto amaro del suo liquore e sospirò, attendendo la risposta del Salvatore.

Beh, in effetti questa sfida potrebbe risultare persa in partenza ma....mi diverto di più ad uccidere se c'è in ballo un gioco in cui devo riporre tutte le mie forze per poterlo vincere.” rispose il ragazzo, inarcando le folte sopracciglia e lanciando un sorriso verso il suo compagno di bevute.

Klaus si sentì quasi sminuito, quando vide la totale mancanza di umanità negli occhi verdi del ragazzo. Prima di quella April, della sua maledetta voce e dei suoi maledettissimi occhi, anche lui si sentiva totalmente privo di freni.

Felice.

Era quella la sua felicità. E quell'umana gliel'aveva strappata via in soli pochi giorni, senza che lui potesse fare nulla per combatterla. “Ho un....appuntamento diciamo con una bella fanciulla. Sarà lei la mia ragazza.” ridacchiò Stefan, pronunciando la parola “ragazza” con la stessa emotività con cui si pronuncerebbe il nome del nulla.

Klaus ne rise.

Ora sta a te scegliere.” continuò Stefan. Egli fece scorrere lo sguardo lungo le persone che li stavano circondando. Puntò gli occhi su una giovane bionda, poi su una mora, su una rossa e ricominciò il giro. Klaus fissava un punto davanti a sé, sul bancone, come se in esso vedesse già la vittima designata per quel gioco fatale.

La mia sarà April Ford.” disse e lanciò un'occhiata complice verso la mancanza di umanità nell'uomo accanto a lui.

Sentiva che stava tornando ad essere il vampiro sanguinario che si era smarrito in quei tre giorni.

E si sarebbe liberato di quell'anima che lo aveva distratto dal suo vero essere.

Ciò rendeva il gioco più interessante.

* * * * *

Christopher era un uomo di quasi trentasei anni, alto, con lunghi capelli biondo cenere e occhi piccoli e verdi. Non vestiva mai in maniera che non fosse elegante; era sempre galante e cortese con lei e la riempiva sempre di doni.

Come quella sera, in cui si fece trovare al tavolo del ristorante vicino casa della ragazza con un mazzo di rose e una collana di diamanti che doveva valere davvero molto.

Le faceva mille regali sempre e non le chiedeva mai come stava e il che rendeva il tutto estremamente più facile per lei. Christopher le aveva detto di amarla una volta ma April aveva sempre dubitato che quelle parole fossero veritiere, proprio perché l'uomo era più solito comprarla che adularla, quando voleva dimostrare un poco di affetto. E da quel poco che sapeva sull'amore era che quello non era mai materialista.

Per un solo istante tutto quel cinismo la turbò e si chiese perché entrambi si stessero abbassando ad una tale meschinità, o almeno perché non provavano ad instaurare alcuna complicità.

Lei voleva il suo portafoglio.

Lui, probabilmente, solamente compiacersi con altri uomini d'alto rango di avere accanto una donna bella e adorata.

Dio, da quanto le importava delle loro immoralità?

Non doveva curarsi di nulla di tutta quella faccenda, poiché non cercava amicizia e né tanto meno amore in quell'uomo, ma solo un futuro garantito e sicuro, quello di cui lei aveva bisogno.

Perché di quello aveva bisogno, se ne convinse di nuovo quando le sue convinzioni per un attimo vacillarono.

Doveva essere tutta colpa di quel Niklaus se era così nervosa, solo colpa sua. Tanto, se aveva i nervi a fior di pelle ultimamente, era sempre colpa sua.

Restò con un sorriso stampato sulle labbra, mentre Cristopher ordinava il piatto per sé e anche per lei. Tutto questo rimproverando il giovane cameriere per averlo involontariamente urtato con la mano quando aveva ritirato i loro menù.

La ragazza deglutì sonoramente, guardando con mascherato dispiacere il volto abbattuto del giovane ragazzo. Anche lei, tempo addietro, era stata una cameriera. Si chiese come avrebbe reagito Christopher se mai l'avesse saputo.

Si grattò la fronte e tenne le mani posate sulle ginocchia, sforzandosi di ricordare il galateo da mantenere a tavola.

Allora...cosa hai fatto di bello oggi?” April si portò una mano sotto al mento e guardò curiosa in direzione del volto di Christopher.

Quest'ultimo le sorrise, garbato e affascinante come al solito. “Niente. Lavoro e lavoro.” le rispose. “E tu? È andato bene lo spettacolo di stasera?”

April trattenne per un attimo il fiato. Aveva deciso di non rivelargli nulla riguardo il mancamento avvenuto poche ore prima, perché non voleva rovinare la serata con inutili e vane preoccupazioni.

Ma lui si sarebbe davvero preoccupato per lei? April ne dubitò.

Anzi, forse aveva sempre avuto quel dubbio, ma solo in quel momento se ne sentì quasi offesa.

Annuì distrattamente, nel momento stesso in cui vennero loro portate i primi piatti; la musica jazz e il vociare delle persone aristocratiche sedute ai tavoli attorno a loro facevano da sottofondo a quella discussione ormai vuota fin dalla partenza.

Sappi che, molto presto, sarai una vera cantante. Ti esibirai in locali di prestigio e non in quel buco dove canti attualmente! Grazie a me, diventerai una stella nel firmamento della musica.”

Chistopher esagerava, lei lo sapeva, ma non le importava. La promessa di farla diventare ricca e anche famosa le era bastato per accettare la sua corte, anche se non le era mai stato chiaro il vero motivo per cui lui si fosse interessato così tanto a lei.

Era davvero solo per la sua bellezza?

O per il suo corpo?

O almeno da parte sua poteva esserci una sorta di sentimento nei suoi confronti?

Se lo chiese solo in quel momento, quando vibrava tutta per un nervosismo che non sapeva spiegarsi.

Lei non amava Christopher e non le importava dei suoi sentimenti; l'unica cosa che un po' la faceva riflettere, era che lei, però, non lasciava mai trasparire alcuna emozione nei suoi confronti.

Prese forchetta e coltello, stringendole in entrambe le mani, e guardò il piatto ancora immacolato. “Vi ringrazio molto per la vostra gentilezza nei miei riguardi, siete l'unico uomo che, nella mia vita, mi abbia trattata come una principessa.” disse.

Lui le sorrise, un sorriso lievemente marcato di malizia che la fece rabbrividire. “Perché te lo meriti, April.”

Davvero? Perché pensi una cosa simile?”

April stava per colpirsi da sola con un pugno, quando formulò quella domanda senza pensarci. Si morse le labbra, chiuse le palpebre e cercò di non dare peso allo sguardo interrogativo dell'uomo di fronte a sé. Volse lo sguardo verso la vetrata che affacciava sul cielo scuro di Chicago.

Perché cosa, April?” chiese Christopher, confuso da quella replica senza senso per lui.

April scosse la testa. “Perché....niente. Lasciate stare, farnetico per la stanchezza.” ridacchiò la ragazza, accorgendosi poi che stava quasi parlando a bocca piena. Posò coltello e forchetta sul pezzo di carne nel suo piatto e tagliò lentamente, cercando di tornare a comportarsi come aveva sempre fatto prima. Christopher allungò la mano verso lei, sfiorandole con lentezza il palmo e sorridendole, in una maniera che lei aveva sempre trovato piuttosto inquietante.

Ma mai le era seriamente importato.

Sei sicura di stare bene? Mi sembri un po' pallida.” disse.

Forse perché sono svenuta su un palco e tu nemmeno lo sai, pensò la ragazza.

Scosse nuovamente la testa, un ciuffo scuro danzò sulla sua fronte.

No, tutto a posto.” mentì. “Anzi, volevo chiedervi una cosa.”

April trovò subito il modo di rompere il silenzio e di allontanare la mano dell'uomo dalle sue. Si voltò verso lo schienale della sedia e prese la sua borsetta, gli mostrò il volantino di una mostra artistica che si sarebbe tenuta la settimana successiva in città e ampliò il suo sorriso, al pensiero che lui ce l'avrebbe portata. “Vi va di venirci insieme a me? Ci saranno quadri bellissimi all'interno e....”

Christopher le rise in faccia, tanto che lei si sentì come pugnalare da quella risata. Ritirò le mani che aveva allungato nella sua direzione e deglutì.

Arte? April, ma davvero apprezzi una cosa inutile come questa?” domandò e lei si sentì quasi ferita. Anche lei considerava inutile la sua passione per il gioco d'azzardo e per l'eccessivo ricorso all'alcool, visto che erano pericolosi e spillavano solo un mucchio di soldi, ma non si era mai permessa di dirglielo così apertamente. Detestava quella capacità che Christopher possedeva nel sminuire qualsiasi cosa egli non concepisse.

Ci saranno delle fedeli copie dei quadri di Klimt.” April lo disse, come se quella cosa potesse far ricredere l'uomo su ciò che aveva detto. Ma non si sarebbe stupita se lui avesse creduto che Klimt fosse il nome di qualche industria che fabbricava tabacco.

Infatti, lui la guardò come se volesse capire per quale motivo quel Klimt avesse dovuto spingerlo ad accettare di andare con lei a quella mostra.

April annuì. “Va bene. Ci andrò con Violet; non ci sono problemi.”

Cercò di mettere a posto il volantino, quando lui allungò la mano nella sua direzione, stringendole delicatamente il polso. Quel movimento le rammentò lo scontro avuto quella sera con Niklaus e un brivido le corse lungo la schiena.

No, April. Se per te è importante, verrò con te.” disse e le sorrise in maniera viscida.

Non ci aveva mai fatto caso, a quanto viscido fosse in certi frangenti.

Guardando i suoi occhi verdi, si sforzò di regalargli un sorriso di circostanza e in quel frangente ottenne la risposta che cercava.

Lei ammetteva a se stessa che voleva solo i suoi soldi e il suo denaro.

Lui, invece, dispensava dolci parole quando voleva solo portarsela a letto.

* * * * *

In realtà, quando i fasti delle serate di Chicago finivano, April si ritrovava sola e forse lì si sentiva davvero libera di essere se stessa.

Viveva da sola in un appartamento in centro, pagato con i pochi soldi che era riuscita a racimolare dai risparmi che sua madre aveva messo da parte prima di morire.

Ogni sera attraversava una strada buia ed isolata per poterlo raggiungere, ma quella notte era più fredda del solito e rendeva quel cammino particolarmente inquietante.

Un venticello ghiacciato si era levato, attraversandole i tessuti del leggero vestito rosso che aveva indosso. Si strinse le braccia al petto e proseguì, cercando di affrontare il gelo di quella notte a viso duro.

Un rumore alle sue spalle la fece sobbalzare.

Si voltò di scatto, cercando nell'oscurità l'ombra che era certa si sarebbe ritrovata dietro di sé, ma non vide nulla, se non delle foglie che si innalzavano nell'aria a causa del vento e delle luci dei lampioni che illuminavano i marciapiedi.

Il cuore prese a martellarle nel petto furiosamente, nel momento esatto in cui l'evidenza di essere sola non la fece sentire comunque più tranquilla.

Sospirò, rimpiangendo il fatto di non essersi fatta accompagnare da Christopher, e cercò di voltarsi di nuovo.

Quasi gridò, quando davanti a sé si ritrovò il volto freddo di Niklaus.

Il fatto che lo conoscesse avrebbe dovuto calmarla, ma in realtà non fu così.

Lui aveva uno sguardo di ghiaccio, di quelli che avrebbero potuto accompagnare i suoi sogni verso il baratro più profondo dell'incubo. Si ritrovò ad arretrare, con il respiro soffocato in gola e gli occhi che improvvisamente si erano fatti offuscati dal panico.

Pensò di dire qualcosa, di fargli una delle solite battutine o provocazioni che avevano segnato l'inizio di quella sottospecie di rapporto che vi era tra loro, ma sentì che ogni parte del suo corpo era pietrificata.

Eccetto le gambe; quelle sembravano pronte a poter scattare da un momento all'altro.

C-che cosa ci fai qui?” April continuò ad arretrare, chiedendosi cosa le stesse impedendo di correre via a gambe levate di fronte a quegli occhi.

Niklaus le sorrise, anche se più che un sorriso sembrava una smorfia di assoluta insensibilità nei confronti della paura della ragazza. Continuò a procedere verso lei, ogni passo avanti corrispondeva ad uno indietro della giovane. Capendo che non ci sarebbe stata risposta alcuna, April trovò la forza di provare a correre via, il più lontano possibile da quel ragazzo.

Lanciò un grido, quando se lo ritrovò di fronte. Come un corvo nella notte, si era mosso indisturbato nell'oscurità e le aveva tagliato la strada.

Ma come era possibile? Un momento prima le era di fronte, e quello dopo....

Che cosa vuoi da me?” esclamò spaventata, ritraendosi un po' indietro.

Lui continuò a sorriderle, inclinando la testa e affilando lo sguardo in una maniera che April trovò troppo inquietante. In un rapido scatto, lui la spinse violentemente contro la parete alle sue spalle.

Lei non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto di come lui le aveva stretto i polsi e spinti contro il muro alle sue spalle. Ogni lotta fu vana; lui era più forte e l'aveva colta talmente tanto di sorpresa che la ragazza si ritrovò senza forza alcuna per poterlo combattere.

Lasciami!” gridò spaventata, provando a divincolarsi ma le mani di Niklaus stringevano con estrema decisione sulla sua pelle.

Il ragazzo non si fece intimorire, nemmeno quando lei iniziò a chiamare aiuto a squarciagola. Si lasciò prendere dalla fame, non appena i suoi occhi scesero sul collo della ragazza; malgrado il buio, lui riusciva a scorgere sotto la pelle diafana la vena scura da cui si sarebbe potuto cibare.

Del suo sangue.

Di lei.

Non prenderla sul personale, sweetie.” le disse, divertito dall'espressione terrorizzata sul viso della giovane. “Ho solo una scommessa da vincere.”

Il tutto successe in pochi secondi: April notò le venuzze scure che si erano create ai lati degli occhi di Niklaus, i canini appuntiti che accarezzarono quelle labbra e che poi affondarono nella carne del suo collo.

La ragazza gridò, quando un dolore intenso si impadronì di lei: lo sentiva, sentiva il sangue scorrerle lungo la pelle, mentre quell'essere si nutriva voracemente di lei.

Non vi era dolcezza, non vi era razionalità, non vi era nemmeno violenza in quel gesto.

Non c'era nulla che potesse essere controllato, solo la fame del vampiro che aumentava sempre più ad ogni goccia di sangue che abbandonava quel corpo, ad ogni battito cardiaco che accelerava....

Klaus si fermò.

Sentì il respiro pesante scuotergli il corpo, mentre il sangue di April gli bagnava le labbra. Sentiva ancora il suo sapore sul palato, le ultime gocce scorrergli lungo la gola e riconobbe che quel sapore aveva un che di particolare.

Tu...” disse, alzò lo sguardo su April e la vide sofferente.

Le palpebre di lei erano sul punto di chiudersi da un momento all'altro, il volto era divenuto improvvisamente più pallido e tremava, come una foglia in balia del vento. Boccheggiava, nel tentativo di dire qualcosa, ma perse i sensi prima di farlo.

Klaus si mosse rapidamente e l'accolse tra le sue braccia, prima che cadesse a terra in un tonfo. La strinse forte al suo petto, sentendo l'odore del suo sangue che continuava a scorrere fuori dalla ferita.

Il suo sangue.

Aveva sentito in poche e altre rare occasioni un sapore simile e lo avrebbe riconosciuto tra mille.

Eppure, tutte le altre volte, non aveva provato l'istinto di fermarsi.

Con lei, invece, sì.

Perché?

Si guardò attorno, pensando cosa farsene di April. C'erano solo loro in quello stretto vicolo; poteva portare a termine l'opera senza che nessuno li vedesse e si sarebbe così lavato la coscienza umanamente sporca.

Ma non lo voleva fare.

Dannazione, non voleva farlo.

E va bene.” sussurrò alla voce della propria coscienza, la tirò su e prese l'unica decisione razionale che non sarebbe entrata in conflitto con la sua mente e i suoi pensieri.

Non l'avrebbe lasciata lì.


Buonasera a tutti, splendori! *.*

Grazie per essere giunti fino a qui, questo vuol dire che non vi siete addormentati sulla tastiera del computer per la troppa noia.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che io sia riuscita a farvi capire quello che volevo realmente trasmettervi: sia April che Klaus stanno andando incontro a dei cambiamenti dopo il loro incontro.

Klaus ha pensieri “umani” nei confronti della ragazza, ma la sua ostinazione da vampiro continua però a frenarlo, portandolo ad assumere atteggiamenti avversi e a compiere azioni poco delicate.

April, d'altro canto, sta iniziando, anche se non troppo palesemente, a rivalutare la sua relazione con Christopher e la sua ambizione di diventare ricca e famosa.

Per quanto concerne il personaggio di Chris, lui potrà sembrare un personaggio passivo inizialmente ma che avrà un ruolo fondamentale verso gli ultimi capitoli della storia.

Visto che mi sono fatta prendere dalla mania di dare dei volti ai personaggi, vi presento proprio Christopher.

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E la stupenda Violet.

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Ringrazio moltissimo coloro che hanno recensito lo scorso capitolo e chi lo ha letto silenziosamente.

Ringrazio anche di cuore coloro che hanno inserito la mia storia nella varie cartelle.

Vi devo davvero molto, grazie! :D

Alla prossima e vi auguro di passare un buon fine settimana!

Un bacio


ps: Ultima cosa, ma non meno importante, ringrazio la bravissima Elyforgotten per l'immagine a inizio capitolo! Ti lowo da morì :3

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Capitolo 5
*** 'Cause nothing's good i can explain; i'm falling down and caught up the rain ***


Image and video hosting by TinyPic

http://www.youtube.com/watch?v=V0_6FoOIlSQ

-Capitolo 5:Cause nothing's good i can explain, i'm falling down and caught up the rain-

Cause i turn myself into changes

the night i kissed you goodbye

cause nothing's good i can explain

i'm falling down and caught up the rain

i turn myself into changes

Your death is over.

(Pretty in Scarlet by Guano Apes)

La distese sul letto con tutta la delicatezza che gli riuscì.

April era ancora svenuta, e la ferita sul collo continuava a sanguinarle, anche se non molto abbondantemente come poco prima. Sul volto aveva un'espressione serena malgrado tutto, di chi si era appena addormentato aspettando che il mattino successivo giungesse.

Klaus sospirò, portandosi le mani sui fianchi e osservandola distesa sul proprio letto. Poche cose gli furono chiare quella sera, e tutte quante gli bastarono per definirsi un'idiota: aveva perso il gioco con Stefan e si era fermato prima di uccidere quella ragazzina, nonostante non gliene dovesse importare nulla della sua vita.

Doveva ucciderla, così come si era ripromesso di fare poche ore prima ma, quando aveva avvertito il sapore del suo sangue bagnargli il palato, non era riuscito a portare a termine l'opera.

Perché?

Non doveva interessargli nulla di lei: non doveva assolutamente provare rimorsi di coscienza al solo pensiero di strapparle via la vita e invece si era fermato. Si odiò per questo.

Si grattò la fronte e prese in mano la borsetta che la ragazza portava con sé sottobraccio, la lasciò sul comodino e poi...non seppe come comportarsi.

Non aveva alcuna voglia di starsene lì tutta la notte, in attesa che lei riprendesse conoscenza, ma si ritrovò a non avere nemmeno la benché minima intenzione di lasciare la stanza.

Rebekah era ancora fuori, sicuramente con Stefan a godersi le loro preziose notti di sangue, quindi, se lui avesse lasciato quella stanza, si sarebbe ritrovato da solo in salone oppure sul balcone che affacciava sulla strada.

Tra quelle opzioni, trovò stranamente più sopportabile quella di vegliare su di April.

Come scusante usò il fatto che, una volta sveglia, lui avrebbe dovuto cancellarle la memoria su quello che era accaduto.

Prese una poltrona in stoffa rossa con i bordi dorati e la condusse accanto al letto; April non si mosse di una virgola, quasi poteva sembrare morta se non fosse stato per il fatto che lui riusciva ad avvertire il suo lieve respiro.

Si chiese se lei sapesse ciò che lui aveva scoperto assaporando il suo sangue.

Ma da come si comportava, dal sorriso che dispensava ogni volta che la vedeva, dubitò che lei ne fosse davvero a conoscenza. Era un'ottima attrice, ma non fino a quel punto.

E lui non glielo avrebbe detto; in fondo che gli importava? Erano fatti suoi.

Passarono le ore, in cui gli unici che si mossero furono loro: April si girò su un fianco, lamentandosi nel sonno, e lui andò a prendersi un bicchiere di liquore con cui voleva far correre il tempo più velocemente. Ma quello rimaneva fermo ed immutato ogni volta che il suo sguardo si posava sul volto di April.

Cosa lo aveva colpito così tanto di lei?

Sì, era molto bella ma non era di certo l'unica ragazza avvenente che avesse mai incontrato.

Aveva una gran bella voce, ma di certo il mondo era pieno di talenti, anche maggiori di lei.

E non era di certo l'unica ad essere in quella condizione.

Allora cosa?

La osservò, ripensò a come lo aveva guardato la prima volta che i loro sguardi si erano incrociati, e gli sembrò di scorgere di nuovo quella luce in essi. Quella che....

Si tirò lentamente indietro verso il sedile della poltrona, quando si accorse che lei stava iniziando a svegliarsi. Le palpebre le tremolarono, tirò le ginocchia a sé e si rannicchiò su sé stessa come un riccio. Si portò una mano ai capelli non più coperti dalla cuffia; in quel movimento la spalla premette sulla ferita ben fasciata e April si lasciò sfuggire un gemito di dolore.

Quando aprì gli occhi e li puntò su di lui, fu come se non lo avesse riconosciuto.

Klaus restò immobile, come farebbe una preda che cerca di fuggire al suo predatore.

E, in quell'occasione, i predatori erano gli occhi di April, che molto presto si sarebbero macchiati del colore ombrato della paura.

Il momento arrivò prima del previsto; la ragazza ricordò con estrema rapidità tutto quello che era accaduto qualche ora prima e scattò a sedere sul letto, strisciando indietro dalla parte opposta a quella del vampiro.

Klaus la osservò con assoluto disinteresse, aspettandosi la tipica scenetta in cui lei gli chiedeva che razza di abominio fosse e si metteva a gridare aiuto a squarciagola.

Solitamente la evitava quella parte, arrivando dritto a tappare la bocca della sua vittima con un bel morso letale alla base del collo. Ma lei gli aveva scombussolato la tabella di marcia. Di nuovo.

La scena andò diversamente da come l'aveva prevista.

April capitolò a gambe all'aria giù dal letto, con un assordante tonfo. Non si fermò a sostenere il dolore causato dalla caduta, tanto era spaventata, e non si accorse nemmeno che la risata di Klaus non era di disprezzo ma di puro divertimento.

Lei, tra le sue malcapitate vittime, era di certo la più divertente.

Tu...tu...” La ragazza scattò in piedi, puntandogli il dito contro e non riuscì a mettere in ordine due parole dotate di senso compiuto.

Ma non perché fosse a dir poco terrorizzata. Il vampiro capì che questo era dovuto puramente al suo malessere fisico, non appena vide che stava di nuovo per perdere i sensi e che il suo viso si era fatto troppo pallido.

Con uno scatto veloce, le fu di fronte e la sorresse prendendola per le spalle. Lei lo guardò; la paura nascosta nei suoi occhi era immensa ma non aveva la forza di poterla liberare, tanto era il dolore. Continuò a farfugliare qualche parola che persino lui non comprese.

Klaus fece salire le proprie mani al volto di lei, sorreggendolo con forza tra di esse prima che la testa le cadesse all'indietro.

Puntò gli occhi nei suoi, raggiunse i suoi ricordi e i suoi pensieri vincolandoli al suo volere.

Non ricorderai nulla di ciò che ti ho fatto questa sera.” Klaus pronunciò lentamente quelle parole, con voce incolore e lasciandosi osservare dagli occhi scuri di April. La luce insita in essi iniziò lentamente a cambiare; da spaventati, divennero improvvisamente svuotati di qualsiasi tipo di emozione e sensazione.

Quello sguardo era legato a quello del vampiro e ai pensieri che lui stava obbligandola ad avere.

Non ricorderò nulla di ciò che mi hai fatto.” ripeté la ragazza, persino la musicalità della sua voce sembrò affievolirsi mentre parlava.

Klaus venne preso da un insensato moto di colpa, che quasi gli impedì di proseguire con il soggiogamento; scosse la testa e in quella maniera riuscì a ritrovare il vero sé stesso.

Hanno cercato di derubarti e sei stata ferita, ma tutto si è risolto per il meglio. Io ti ho...aiutata.” continuò a mentire; aveva sempre pensato di saperlo fare davvero fin troppo bene, ma mentre guardava gli occhi di April ne ebbe la conferma.

Lei era ancora spenta, privo della vitalità che la caratterizzava.

La ragazza ripeté anche quelle frasi, ogni parola una pugnalata nel petto del vampiro.

Alla fine, quando ormai tutti i ricordi della ragazza erano stati sostituiti con quelli imposti da Klaus, lei sbatté le palpebre.

I suoi occhi scuri si animarono nuovamente di quella luminosità che era tipica di loro. Si guardarono attorno, scrutando ogni singolo centimetro dell'appartamento di lusso in cui si trovavano e poi si posarono sullo sguardo su Klaus. Quando accadde questo, quella luce cambiò di nuovo ma il ragazzo non seppe dire se in qualcosa di positivo o negativo. Forse nessuna delle due cose, in fondo non si conoscevano nemmeno.

Niklaus.” April pronunciò il suo nome.

Sorpresa?

Confusa?

Spaventata?

A Klaus parve davvero impossibile tradurre quell'espressione sul bel viso di lei.

Che ci faccio qui?”

Non ricordi? Sei stata aggredita.” Klaus preferì essere parecchio sintetico con lei; non aveva alcuna voglia di parlare. Anzi, desiderò con tutto sé stesso che la giovane lasciasse al più presto l'appartamento. Distolse lo sguardo da lei; April stava passandosi una mano tra i capelli spettinati, poi la portò sulla zona del collo dove Klaus vi aveva posto una benda fatta alla meglio.

Le sue dita vi corsero sopra e April si lasciò andare ad un lieve verso di dolore.

Sì, ora ricordo.” disse, annuendo.”E tu mi hai salvata.”

Quando alzò lo sguardo su di lui e le sue labbra rosse si allargarono in un sorriso, Klaus giurò di avvertire qualcosa all'altezza del petto. Qualcosa che lo rendeva felice, ma allo stesso tempo malinconico, perché lui non l'aveva salvata da nessuno.

L'unica persona che aveva salvato era se stesso.

Però, lasciarsi guardare in quel modo, come se non fosse un abominio ma qualcuno a cui si deve almeno un sorriso di ringraziamento, lo fece sentire bene.

Il tutto durò solo un secondo, il tempo necessario per permettergli di memorizzare quel sorriso e poi tornare in sé.

Lo avrebbe fatto chiunque.” disse, e quell'ennesima bugia lo ferì perché ne ricavò un altro sorriso da parte di April.

Lei si guardò poi attorno, affascinata dalla bellezza di quell'appartamento dalle pareti rosse e le decorazioni dorate, il suo sguardo si soffermò poi su un quadro sopra il camino della stanza dove vi era rappresentato un paesaggio innevato che le sembrò di poter toccare con mano.

Potrei quasi ripensarci su di te.”

Se ne uscì poi con quella frase, quando si accorse di essersi mostrata troppo meravigliata da quel quadro. “Non sei un imbecille come credevo. Qualcosa di cavalleresco forse ce l'hai.”

Quelle frasi lo fecero sorridere, malgrado racchiudessero un'offesa nella prima parte.

April non era elegante e raffinata come si mostrava sempre, da come aveva parlato era un po' maschiaccio, ma nella seconda parte della frase aveva mostrato di essere la tipica ragazza di vent'anni che ama, di nascosto, le favole con gli eroi.

Aveva imparato a vedere così tanto in una persona nel corso dei secoli, ma non se n'era mai accorto, forse perché non si era mai realmente soffermato ad andare oltre il sangue che scorreva loro nelle vene. E poi, lui era ben lontano da essere un cavaliere per lei.

Un grazie può anche bastare.” le disse, facendosi di nuovo freddo.

April restò colpita dal suo tono; lo seguì con lo sguardo mentre le dava le spalle e prendeva il bicchiere ripieno di liquore che aveva abbandonato sul comodino. Quel liquido ambrato era rimasto intrappolato nella sua prigione di vetro per troppo tempo e reclamò di essere liberato non appena Klaus ne ebbe bisogno.

Il vampiro sentiva gli occhi della ragazza su di sé, e si sforzò di fare finta di nulla.

Beh, allora...ti ringrazio.” April si mosse, Klaus lo capì dal rumore dei suoi passi che schiacciavano il tappeto persiano in mezzo alla stanza.

Questi poi si fermarono improvvisamente, il vampiro si voltò verso lei, giusto in tempo per vederla portarsi la mano alla fronte, come se la testa le stesse vorticando.

Vacillò; sarebbe caduta da un momento all'altro, ma Klaus si mosse rapido: abbandonò il bicchiere sul comodino, fece un passo verso lei, e le circondò il bacino con la braccia. April posò le mani sulle sue spalle, usandole come punto di sostegno e alzò gli occhi in direzione del viso di Klaus.

La vista le si offuscò, a causa forse della ferita ancora pulsante, perciò non riuscì subito a mettere a fuoco il viso marmoreo di Klaus, così tremendamente vicino.

Quando poi i suoi occhi scuri affondarono in quelli chiari di lui, la ragazza si sentì avvampare: i loro visi erano davvero troppo poco distanziati, tanto che alla ragazza sembrò di essere baciata dal respiro freddo e letale di lui.

Klaus non mostrò alcun tipo di disagio, continuò a sorreggerla a sé con decisione, impedendole così di accasciarsi a terra. “Forse è meglio....che ti accompagni.” le propose e lei divenne più rossa.

Ma era davvero così timida?

Non ci aveva mai fatto caso; era sempre così solare e logorroica delle volte, che la timidezza sembrava essere lontana anni luce dal suo essere. Forse anche lei cambiava in sua presenza?

Non ci penso nemmeno. Vado da sola.” ribatté lei, orgogliosamente. “Se mi salvi una volta, sono una principessa. Se mi salvi due volte, sono un'idiota.”

Che morale becera e priva di senso.” Klaus affilò lo sguardo, trovando in quelle parole una valida motivazione per sorridere. Ma si trattenne; la vicinanza tra i due si era oramai fatta soffocante. “Non fare storie e lascia che ti accompagni.”

April lo fissò a lungo, continuando a massaggiarsi la fronte. Alla fine annuì, vedendosi costretta ad accettare la proposta di Klaus.

Va bene. Ti ringrazio.” disse di nuovo e senza esitazione.

Quelle parole lo colpirono ancora: era impossibile che così poche lettere riuscissero ad entrargli dentro in quella maniera così profonda.

Pensò di prenderla in braccio e condurla fuori, ma gli sembrò essere troppo galante e sdolcinato come gesto; preferì dunque portarsi il braccio di lei alle spalle e aiutarla a raggiungere l'uscita della stanza. April tese il braccio verso il comodino dove aveva abbandonato la borsa, ma non si accorse che qualcosa cadde fuori da essa.

I due lasciarono così l'appartamento.

* * * * *

L'alba arrivò troppo presto.

April non riuscì nemmeno a prendere sonno, che già arrivò per lei il momento di alzarsi.

Cercò di mettere in ordine gli avvenimenti di quella notte, ma le risultò estremamente impossibile.

Le importò ben poco di scegliere il vestito adatto e optò per uno più semplice e leggero che non indossava da secoli, e guardò il proprio riflesso allo specchio.

Guardò i suoi occhi, e pensò a quelli di Klaus, così come lui le aveva detto di chiamarlo l'ennesima volta in cui lo chiamò con il suo nome per intero.

L'aveva portata a casa a piedi e lasciata davanti alla porta del suo appartamento; non le aveva nemmeno permesso di poterlo invitare ad entrare che era già scomparso nella notte, come un corvo che si mimetizza nell'oscurità più profonda.

Ma, a parte questo, pensava solo ai suoi occhi mentre la guardava.

Erano carichi di mistero. Si diceva che fossero lo specchio dell'anima ma in lui ne sembravano ritrarre di più, di anime.

O forse nessuna.

Era una sensazione difficile da descrivere.

Sei un rottame.” si disse, senza peli sulla lingua. Il suo riflesso la osservò indifferente.

Terminò di prepararsi, decidendo di lasciarsi i capelli sciolti sulle spalle per poter coprire la benda, e si diresse verso il locale di Gloria.

Mentre camminava lungo le strade affollate di Chicago, tenendo gli occhi puntati sui propri piedi , i quali proseguivano lungo il marciapiede, pensò a ciò che aveva programmato per quella giornata.

Dopo il lavoro, doveva vedersi con Christopher, ma non ne ebbe alcuna voglia. Si fermò di colpo e, senza accorgersene, batté infastidita un piede sul terreno. Due attempate signore la guardarono come se fosse pazza.

Dannazione, ma perché non riusciva proprio a toglierselo dalla testa?

Erano giorni che pensava a lui, anche quando l'aveva trattata malamente, ma non ne capiva proprio il motivo.

Cos'aveva di particolare quel tizio?

Decise di annullare ogni suo pensiero che si rivolgesse a lui e riprese a camminare. Doveva trattarsi del fatto che le aveva salvato la vita quella notte, per quello pensava continuamente a lui, ma non fu una scusa.

Anche prima di quell'avvenimento si era ritrovata più volte a pensare a lui.

Sciocca.

Senza nemmeno accorgersene, si ritrovò sul marciapiede opposto a quello dove era situato il locale di Gloria, e lo trovò circondato da uomini in divisa e giornalisti armati di enormi macchine fotografiche. Parcheggiato accanto alla strada vi era un enorme veicolo scuro, arrecante un simbolo a croce rossa sullo sportello. Riconobbe inoltre alcune delle sue colleghe disperse tra la folla, sconvolte e in lacrime.

Preoccupata, attraversò velocemente la strada rischiando di farsi investire da un'auto, e si fece largo tra la calca di persone che stavano circondando l'entrata.

Non riuscì ad andare oltre, poiché un omone della polizia allargò le braccia e impedì ai curiosi di proseguire oltre; lungo il tappeto rosso che apriva l'entrata corsero alcuni paramedici con una barella coperta da un telo bianco macchiato di sangue.

Quella scena rievocò nella mente di April ricordi ancora troppo nitidi per non poterle fare male; si portò una mano sulla bocca e scosse la testa incredula e spaventata. Cercò di cogliere tra la miriade di voci che la circondavano qualcosa che le spiegasse cos'era appena successo, ma quelle si accavallavano tra di loro e venivano poi trasportate via dal vento.

Decise di chiedere ad una delle persone che aveva vicino; posò la mano sulla spalla di un ragazzo poco più alto di lei per poter attirare la sua attenzione.

Scusatemi, sapete dirmi cos'è successo?” gli domandò, trattenendo il tremore nella propria voce.

Il ragazzo la guardò stupito; le sue spesse sopracciglia scure si ridussero a due semplici linee rette e le iridi verdi degli occhi la scrutarono con attenzione. Ci fu un attimo in cui le parve quasi che stesse trattenendosi dallo scoppiare a ridere, ma April pensò di sbagliarsi.

Cosa c'era da ridere mentre trasportavano via un cadavere?

Hanno ucciso una ragazza stanotte. Hanno trovato il cadavere dentro il locale questa mattina.” le rispose lui, con un espressione seria sul volto.

April lo trovò impossibile; il locale di Gloria era tranquillo e non era mai capitato nulla del genere. Lanciò un'occhiata verso i giornalisti, che cercavano di sfuggire al controllo dei poliziotti e dei detective per poter scattare la miglior foto da mettere in prima pagina. Li trovò simili agli sciacalli che volevano avventarsi un'ultima volta su quel cadavere.

È...terribile.” sussurrò, guardandosi attorno alla ricerca di un viso conosciuto. Il ragazzo, forse più piccolo di lei di qualche anno, continuava a guardarla come se trovasse impossibile la sua presenza là.

Sono Stefan Salvatore.” Le si presentò, tendendole elegantemente la mano, mentre l'altra rimase abbandonata dentro la tasca del suo completo scuro.

April ci mise un po' a comprendere ciò che le era appena stato rivolto; continuava a guardarsi attorno e a spostarsi ogni tanto, quando qualcuno cercava di uscire dalla folla.

Abbassò lo sguardo sulla mano di Stefan e la strinse velocemente. Lui le fece un rapidissimo baciamano.

April Ford.” rispose, e un brivido le corse lungo la schiena quando la presa di Stefan si fece leggermente più decisa. C'era qualcosa nei suoi occhi che la intimorì come mai nessuno aveva fatto prima.

Ritrasse subito l'arto.

E...si sa il nome di quella povera ragazza?” domandò, dopo essersi ripresa da quel momento di inquietudine.

Stefan annuì, tornando a guardare l'entrata del locale di Gloria. “Sì, ma non ne sono proprio sicuro. Sai, sono appena arrivato e potrei sbagliarmi...” ammise, alzando le spalle.

Ad April parve che al ragazzo importasse ben poco di ciò che stava accadendo attorno a lui ma associò subito quella sensazione ad uno sbaglio.

Chi era così insensibile da non curarsi della morte di una povera ragazza?

E di chi si tratta allora?” domandò preoccupata.

Stefan volse la testa nella sua direzione, tacque per qualche istante che sembrarono durare un'eternità poi sospirò.

Mi sembra si chiamasse...” disse, inizialmente pensieroso. “Violet. Violet Stiller.”

* * * * *

Sarebbe solo questo il motivo?”

Rebekah lo guardava come fosse diventato improvvisamente pazzo, cosa di cui lui stesso era ormai certo.

Restò seduto sul davanzale della finestra, con lo sguardo rivolto verso la strada dove quelle insignificanti formiche camminavano lungo i marciapiedi. Alcune persone sorridevano, altre parlavano tra loro, altri ancora proseguivano soli per la loro strada non curandosi del mondo che li circondava. Inspiegabilmente, si ritrovò ad immedesimarsi con loro, poiché anche lui proseguiva per la sua strada per troppi secoli.

Da solo.

Ma, prima o poi, la solitudine di quelle persone sarebbe terminata in un modo o nell'altro, attraverso l'incontro con la persona che li avrebbe accompagnati in quel cammino per un'intera vita.

Oppure incontrando la morte.

A lui, però, sembrava non essere concessa nessuna delle due cose.

Sì, Bekah. È solo questo il motivo.” rispose Klaus; distolse lo sguardo dalla strada sotto i suoi occhi e li posò sul taccuino da disegno che teneva tra le mani. Aveva disegnato ciò che gli era passato per la mente, senza organizzarsi o programmare nulla: aveva lasciato che la sua mano scorresse libera sul foglio, tratteggiando con la matita le linee di quella figura che sembrava ancora priva di forma.

Non era un volto, non era un paesaggio, era solo la parte di un soggetto che gli era rimasto talmente impresso, che il suo inconscio lo aveva spinto a ritrarlo.

Due occhi. Scuri, intensi, dolci.

Non era difficile riconoscere a chi appartenessero.

Rebekah sospirò, restando sulla soglia della porta con le mani sui fianchi e piegando la testa da un lato, le labbra scarlatte erano imbronciate, tipico segno che la ragazza non era soddisfatta da tale risposta. “Hai ucciso per molto meno.” gli ricordò.

Vuoi farmi la morale ora?”

Klaus si sentì oppresso da tutte quelle domande; bastava già quella vocina nella sua testa a dirgli che era innaturale per lui aver risparmiato la vita di quella ragazzina, più sua sorella che lo guardava come se fosse fuori di testa non gli era molto d'aiuto.

Pensavo ti stesse simpatica, la leonessa.”

Simpatica? Diciamo che non mi ispira così tanta antipatia da desiderare di ammazzarla non appena la vedo, ma reputarla simpatica è esagerato.”

Rebekah spalancò le braccia e Klaus sbuffò stancamente, tornando a guardare di nuovo il paesaggio oltre quel vetro. Quella volta puntò gli occhi verso il cielo velato di nuvole; era chiaro che di lì a poco sarebbe piovuto parecchio.

Nik, che ti sta succedendo? Non è da te perdere una sciocca sfida per degli stupidi rimorsi di coscienza!” esclamò ancora Rebekah.

Fece un passo verso il fratello per avere la sua completa attenzione.

Ma non la ottenne.

Klaus continuò a fissare il cielo, cogliendo le sfumature più scure all'orizzonte dove il temporale stava per avere inizio. Chiuse il taccuino di colpo, quando notò che lo sguardo della sorella si era abbassato sui fogli tra le sue mani. “Se proprio ci tieni, stasera vado a caccia e ne ammazzo un'altra, che ne dici?”

Non sei divertente. Non ti sarai preso una cotta per quella tipa spero?” lo interruppe Rebekah.

E lo fece sorridere.

Una cotta?

Trovò ridicolo ciò che lei gli stava dicendo; sentiva un legame con quella ragazza, qualcosa che si poteva spiegare dallo sguardo di April, ma ancora non sapeva ben definire di cosa si trattasse.

Ma di certo non aveva nulla a che fare con quello che Rebekah sosteneva.

Per lui esisteva solo un tipo di amore, quello che non sarebbe mai morto e che sarebbe andato ben oltre i limiti finiti della vita. Per questo sapeva che non ne avrebbe mai provato un altro nel corso della sua eterna vita. E quella April era, doveva, essere ben lontana da quel sentimento.

Una cotta?” ripeté, prima divertito, poi mostrandosi infastidito da come la sorella lo sottovalutasse. “Ma lo sai con chi stai parlando, o no?”

Rebekah non si lasciò intimidire dallo sguardo accusatorio del fratello, si strinse le braccia al petto e inarcò le sottili sopracciglia.

Sarà....” disse.

Decise di tagliare il discorso perché litigare con il fratello non era nelle sue intenzioni. Poco le interessava.

Farò finta di crederti.”

Klaus sbuffò e tornò a guardare fuori dalla finestra; delle volte sembrava che fosse lui il fratello minore e lei quella più grande che cercava di metterlo sulla retta via. Con la coda dell'occhio, la vide dargli le spalle e avvicinarsi alla soglia della porta. Si fermò di colpo, i suoi occhi chiari si erano posati su un punto vicino al comodino, si piegò e raccolse una specie di volantino.

Che cos'è?” domandò Klaus, allungando il collo per poter soddisfare la sua curiosità, ma senza muoversi dal punto in cui si trovava.

Rebekah si girò il foglietto tra le dita e fece spallucce. “Dev'essere tuo. È l'invito ad una mostra d'arte.” disse, posò il foglio sul comodino accanto al letto e se ne andò, non accorgendosi di come il fratello la stesse guardando confuso.

Quel volantino non era suo, ne era certo.

Lanciò il suo taccuino sul letto e si avvicinò a passo svelto verso il comodino. Osservò il foglietto sgualcito, dove le scritte scure sembravano essersi quasi sbiadite e si domandò da dove fosse uscito. Rammentò poi che in quel punto aveva posato la borsetta di April; doveva esserle caduto dall'interno quando lui l'aveva portata fuori dall'appartamento.

Lei amava l'arte. Un po' come lui.

Oppure qualcuno le aveva dato quel volantino e lei lo aveva accartocciato e gettato dentro la borsa poiché non gliene importava nulla. Le opzioni potevano essere molteplici e lui non avrebbe mai potuto scoprire quale fosse quella vera.

Strinse il pugno attorno al foglio e sentì il bisogno di fare solo una cosa.

* * * * *

Quando si diresse al locale di Gloria e lo trovò chiuso per lutto, non ne rimase sorpreso.

Ringraziò il cielo di non aver incontrato la strega sulla sua strada; non aveva voglia di avere grane anche con lei e sapeva quanto quella donna potesse essere vendicativa e antipatica.

Non seppe quindi come passare la serata: fare il terzo incomodo con Rebekah e Stefan, dopo aver perso la sfida con quest'ultimo poi, non gliene veniva proprio. Magari poteva scegliersi una bella e giovane ragazza di cui cibarsi e passare così la serata alla ricerca di una vittima abbastanza gratificante.

Prese quella decisione.

S'incamminò lungo il marciapiede vuoto. Sembrava che quella notte nessuno avesse preso la decisione di combattere il proibizionismo e divertirsi ed era tutta colpa di Stefan Salvatore.

La cosa lo fece sorridere.

Continuò a camminare, ascoltando i suoi passi che solitari si muovevano nel buio. Pensò quasi di doversi arrendere: non avrebbe incontrato anima viva lungo la strada e né tanto meno una ragazza da poter far fuori.

La serata sarebbe andata in fumo, come al solito.

Poi, lo sentì.

Quel profumo tipicamente femminile.

Era lontano, ma non abbastanza da poter sfuggire al suo olfatto. Klaus ne seguì la scia, sentendolo sempre più vicino ogni passo che compiva. Pian piano, quello divenne sempre più definibile: sapeva di fiori in primavera; era dolce e accattivante.

Irresistibile.

Riusciva a stimolare il suo appetito come non mai.

Sorrise soddisfatto dal pensiero di essere riuscito a trovare qualcuno da sacrificare alla sua noia.

Un respiro.

Era flebile, impercettibile all'orecchio umano e ogni tanto si arrestava per poi riprendere ad intervalli irregolari. Man mano che si faceva più vicino, svoltando un angolo e notando in lontananza quello che doveva essere un parco dove non era mai stato prima, si accorse che quel respiro era in realtà attraversato da brevi singhiozzi.

Ne sentì uno più forte, involontariamente sfuggito alle labbra di qualcuno che stava provando a trattenerlo a stento.

Klaus si fermò; gli sembrò di riconoscere il timbro di voce di quella persona, attraverso quel breve attimo.

Mise tutti i pezzi in ordine: quel profumo invitante e conosciuto, quella voce, il rumore di quelle lacrime che lo infastidivano....la figura che sedeva di spalle su una panchina, nascosta tra alcuni alberi.

April.

Malgrado ne vedesse solo i capelli e la schiena incurvata, capì che doveva trattarsi di lei.

E stava piangendo, con il volto nascosto tra le mani e le spalle nude che tremavano insieme ai singhiozzi.

Klaus la osservò restando nascosto nell'ombra, chiedendosi per quale motivo ella si trovasse da sola in un parco, dopo la paura che il ripper aveva fatto scoppiare nelle strade di Chicago.

E sopratutto per quale motivo stesse piangendo.

Lei alzò la testa di scatto e Klaus deglutì. Non si era nemmeno accorto di essersi avvicinato così velocemente a lei, tanto che la ragazza si era resa conto subito di non essere sola.

I due si guardarono per un lungo momento; malgrado li illuminasse un unico lampione, entrambi furono capaci di studiarsi i volti a vicenda.

Klaus scorse gli occhi lucidi di lei; le lacrime le avevano rovinato il trucco e questi era colato lungo le sue guance, lasciando delle scie scure lungo la pelle.

April ne provò immediatamente imbarazzo; le asciugò con il dorso della mano e si girò dall'altra parte. Klaus distolse lo sguardo, seccato da come sembrava aver perso persino il controllo dei propri movimenti.

Possibile che dove la notte è più buia ci sia tu?” gli domandò la ragazza, azzardando una risata molto poco spontanea.

Continuava a nascondere il viso alla vista di Klaus, tenendolo rivolto verso la parte opposta.

So nascondermi bene nell'oscurità.” ammise lui, sapendo che April non avrebbe mai potuto ben tradurre quell'espressione.

Vista anche la disperazione che sembrava possederla, era persino improbabile che ci provasse solo a capirla, quella frase.

Cos'è successo?” domandò poi il vampiro.

Stava per domandarle esplicitamente “perché piangi?” ma si fermò prima di poterlo fare, preferendo sostituire quelle parole con una domanda meno diretta.

Lei, allora, lo guardò, il volto ancora macchiato dalle lacrime che lo avevano investito e con l'imbarazzo che aveva abbandonato i suoi occhi. Quelli, come sempre, non riuscivano a contenere le emozioni della ragazza e le lasciarono libere di poter essere smascherate dallo sguardo di Klaus.

Perché t'interessa?” domandò allora la ragazza, leggermente più fredda e alzando lievemente le spalle.

Il ragazzo restò per qualche istante in silenzio, sapeva di non poter rispondere ad una domanda a cui non sapeva rispondersi nemmeno da solo.

Hai ragione.” disse solo, essendo sincero sia con lei che con sé stesso.

April sbatté le palpebre, sbalordita da come l'espressione sul viso di Klaus avesse assunto un'altra forma.

Non me ne importa.” concluse lui e fece per andarsene, lasciandola lì nel buio, come doveva essere.

Ma gli occhi di April lo stavano seguendo e lui, inevitabilmente, non poté che domandarsi cos'avrebbe visto in essi se si fosse voltato per incrociarli nuovamente.

Sono sola.”

I piedi di Klaus si fermarono al pronunciarsi di quelle parole.

April le aveva dette senza preoccuparsi di nascondere il tremore della voce. In esse, vi era tutta la sofferenza e la disperazione che la solitudine era capace di creare.

Lui lo sapeva benissimo; la solitudine era l'unico demone che lo spaventava e che sapeva di non poter combattere.

Guardò il volto della ragazza, i suoi occhi.

Ecco cosa l'aveva colpito così tanto di lei: il fatto che come lui sembrava non avere nessuno che le stesse accanto.

Come aveva fatto a non accorgersene?

Il mondo era pieno di persone sole, ma lui non ci aveva mai fatto caso, tanto era stato concentrato sulla sua, di solitudine. April era un chiaro emblema della solitudine, ecco spiegata la motivazione per cui si era così fissato con lei.

Lei continuava a piangere, come una bambina che aveva appena ammesso una colpa. Scosse la testa e tornò a guardare un punto davanti a sé.

Klaus si ritrovò a camminare verso di lei e in quei semplici movimenti le diede la spinta necessaria per farla continuare a parlare.

Avevo solo un'amica in questa città, solo una persona che tenesse a me...ed è morta.” continuò a dire la ragazza; Klaus si faceva man mano più vicino ad ogni parola che lei pronunciava.

Si fermò, quando fu poi alle sue spalle; April doveva parlare dell'ultima vittima di Stefan.

L'aveva vista stare con lei diverse volte nel corso di quelle serate.

Non...” Si bloccò, quasi non riconobbe il suono della propria voce mentre si accingeva a pronunciare quelle parole. “Non hai una famiglia con cui stare?”

April rise nervosamente, gli lanciò una lunga occhiata e un'altra lacrima le scorse lungo il viso. “Pensavo che qui tutti lo sapessero, visto che la gente non sa farsi gli affari suoi...” disse, portandosi una mano sulla fronte.

Un'altra cosa che sembravano avere in comune era la rabbia che nutrivano verso la gente in generale. April sembrava una ragazza che amava circondarsi di persone ma non perché le amasse, bensì perché non voleva restare sola. La solitudine la si poteva vivere anche tra mille persone, ma era meglio provarla nella voce della gente che in quella del proprio silenzio.

Klaus sospirò; non ebbe il coraggio di domandarle qualcosa riguardo la sua famiglia perché aveva paura che, così facendo, avrebbe riacceso dei ricordi riguardanti la sua. Le si sedette accanto, mantenendo comunque una debita distanza, e congiunse le mani tra loro, posandole poi sopra le ginocchia.

April provò un brivido correrle lungo la schiena, avendolo comunque più vicino di quanto credesse. Si strinse nelle spalle e sospirò. Un tuono in lontananza annunciò l'arrivo di un violento acquazzone, ma nonostante questo nessuno dei due si mosse dal punto in cui si trovavano.

Non hai genitori? Fratelli o sorelle? Proprio nessuno?” Klaus ruppe il silenzio, parlando con voce soffusa per non violarlo più del dovuto.

Volse lo sguardo verso April; lei sembrava stare deliberatamente evitando il suo.

I suoi occhi scuri fissarono un punto di fronte a sé, perso nell'oscurità che pervadeva quel piccolo parco.

I miei genitori sono morti quando ero molto piccola e sono cresciuta in una sottospecie di orfanotrofio....”

La ragazza ignorò la vocina dentro la sua testa che stava ricordandole che aveva accanto uno sconosciuto e iniziò a raccontare.

Le era capitato solo con pochissime persone di raccontare parte della sua vita; tutti gli altri non si erano affatto curati di domandarle della sua solitudine, e quindi, ascoltare le proprie parole pronunciare quella che non era mai stata una fiaba, le provocò uno strano senso di estraneità. Come se la voce narrante di quel racconto non fosse la sua, ma quella di una terza persona a lei completamente distaccata.

Klaus restò in silenzio, attendendo che continuasse.

Non gli era mai importato di sentire le storie di quegli umani, ma in quel caso non poté fare a meno di voler ascoltare: April sembrava così simile a lui per molti versi, che gli sembrava di riascoltare quasi sé stesso.

Il mio sogno è sempre stato quello di diventare una cantante, di non essere più sola e di non vivere più nella miseria.” April scosse la testa, quasi ritenesse sé stessa una stupida per aver sperato di inseguire quel sogno. “Violet è stata l'unica persona ad essermi amica da quando sono giunta qui. E ora l'hanno uccisa...”

La voce le si incrinò nuovamente e non ce la fece a trattenere le lacrime; le nascose affondando il viso nei palmi delle mani.

Klaus s'inumidì le labbra, seccato. Per un attimo si pentì di esserle andato in contro e di doversi sorbire quella tipica lagna da fanciulla umana, bisognosa di sicurezze e affetto.

Poi, pensò a sé stesso, e ricordò che il motivo per cui era lì era proprio perché la solitudine di April era la sua. Si spaventò di fronte a quel pensiero, allora era più vicino a quegli esseri di quanto credesse?

Senti, la gente viene ammazzata praticamente ogni giorno...e molte persone perdono degli affetti in questo modo. Ti basti pensare che il mondo è appena uscito da una guerra a dir poco catastrofica.” Klaus iniziò a parlare con freddezza, quasi volesse rimproverarla di quella sua debolezza. La sua voce però colpì April, tanto che la ragazza tirò su con il naso e volse gli occhi lucidi nella sua direzione.

La vita non è eterna, quindi gli affetti sono destinati a finire con essa. Ma questo non vuol dire che non ci sia opportunità di ricostruirseli. È vero, fa male perdere qualcuno a cui si vuole bene....ma nell'immensità c'è sempre qualcuno che ti ne vorrà. Ancora. Di nuovo.

Klaus concluse il discorso senza nemmeno accorgersene, e si sentì un tale idiota nell'averlo appena terminato a quella maniera.

Odiava i sentimentalismi umani, odiava quelle vane speranze in cui si nascondevano per poter combattere l'oscurità della vita, odiava quelle emozioni e quei sentimenti a cui si aggrappavano disperatamente per dare un senso alle loro vite empie e brevi.

Eppure era consapevole del desiderio di sentire quelle parole rivolte da qualcuno a lui. Solo a lui.

Dio, da quando gli importava di contare per qualcuno che non fosse solo Rebekah?

Ricordò poi che non erano i suoi soli pensieri a fargli compagnia e lanciò un'occhiata in direzione di April: lei lo stava guardando intensamente, quasi stesse cercando di cogliere un barlume di luce tra i suoi pensieri, tra le emozioni che aveva represso quasi un millennio prima pur di non lasciarsi possedere e indebolire da esse.

Ti...senti solo anche tu?” April parlò con titubanza, quasi avesse paura a smascherare la fragilità del vampiro.

Ma quella paura, quella che si era soliti provare davanti alla verità, colpì principalmente lui.

Sapeva di sentirsi solo, sapeva di esserlo, sapeva che lo sarebbe stato del tutto se avesse perduto Rebekah, ma era sempre stato così orgoglioso da negare quella realtà persino a sé stesso.

Guardò April, colei che avrebbe dovuto incolpare o probabilmente ringraziare per tutti i dubbi che erano insorti nella sua mente, e non seppe cosa dire.

Annuire o negare? No, tacere era ancora meglio.

Era più giusto che quella verità restasse muta per entrambi, sia per il suo animo che per la mente di April.

Pensa a ciò che ti ho detto.” le disse solo, freddo e rude come doveva sempre essere.

Si alzò lentamente in piedi, nel momento in cui sentì un tuono risuonare tra le nuvole scure nel cielo, segno che la pioggia era ormai imminente. “Ora devo andare.”

Non le volle dire nient'altro, né “ci vediamo” e né tanto meno un “stammi bene”; pensò fosse meglio per entrambi che non si vedessero mai più. Avrebbero dovuto portare avanti da soli le loro solitudini, senza ferirsi a vicenda come sarebbe successo.

April gli faceva ricordare quanto desiderasse essere apprezzato da qualcuno,ma Klaus, invece, era per lei il pericolo più grande che potesse esserle vicino.

Ma cosa gli importava?

Aspetta.”

Prima che si allontanasse nell'oscurità, prima di tornare alla sua di solitudine, la voce di April lo richiamò.

Voltandosi verso lei, la vide in piedi di fronte alla panchina, con le braccia strette al petto come per ripararsi dal gelo che era sceso insieme alle prime gocce di pioggia. Quella iniziò a scendere pian piano sempre più incessantemente, mentre i loro occhi continuavano ad osservarsi nel più totale silenzio.

Grazie.”

April pronunciò quella parola con un sorriso sulle labbra.

Lo stava ringraziando per aver unito la sua solitudine a quella di lei?

No, Klaus capì che il concetto era molto più semplice di quanto sembrasse : la ragazza lo stava ringraziando per esserle stato accanto, anche se per pochissimi secondi.

Klaus non ebbe il coraggio di rispondere con quella semplice parola con cui gli umani replicavano ad un ringraziamento e quindi si limitò a rispondere con un cenno della testa prima di allontanarsi.

Sentiva ancora gli occhi di lei osservarlo, cogliendo gli ultimi istanti della sua immagine, ma il vampiro decise di non farci caso.

Intanto, in compagnia della loro rinnovata solitudine, arrivò la pioggia battente.



Buonsalve a tutti, signore e signori! :3

Stranamente sono un po' soddisfatta di questo capitolo e mi piacciucchia. Spero che non sia una cosa puramente soggettiva e che anche qualcuno di voi abbia gradito! xD

Non ho molto da dire al riguardo: la situazione tra Klaus e April si sta lentamente evolvendo e il cambiamento a cui entrambi stanno facendo fronte sta diventando man mano più evidente.

Ma purtroppo il tutto è correlato al dramma della morte di Violet di cui, diciamocelo, Klaus è in parte responsabile....

Vi avviso, per la vostra gioia, che questo è il penultimo capitolo che pubblicherò.

No, non abbandonerò la storia , ma partirò per 15 giorni e quindi, dopo il prossimo capitolo, quello seguente verrà pubblicato nella seconda metà di Agosto.

Spero che comunque continuerete a seguirmi e che non mi abbandonerete.

Bene, ci tengo a ringraziare tutti coloro che leggono la mia storia e coloro che recensiscono, spronandomi ad andare a avanti.

Grazie anche a chi ha inserito questa storia tra le preferite e le seguite.

Vi auguro di passare un bellissimo weekend e alla prossima!

Ciao a tutti, un bacione.



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Capitolo 6
*** With the venomous kiss you gave me, i'm killing loneliness ***


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http://www.youtube.com/watch?v=PnU1v_LgRp8

-Capitolo 6: With the venomous kiss you gave me, i'm killing loneliness-

Nailed to the cross together
As solitude begs us to stay
Disappear with a lie forever
And denounce the power of death over our souls and secret brings us in to start a war

(Killing Loneliness by HIM)


Passarono ben tre settimane da quando Violet fu uccisa per mano dell'ingordigia di sangue di Stefan, e Klaus non ebbe più l'occasione di rivedere April.

Disertò tutte le serate al locale di Gloria, rinunciando così alla compagnia di Rebekah e del giovane Salvatore, malgrado fosse consapevole che lei si sarebbe esibita in ciascuna di quelle nottate.

Preferì divertirsi in altre maniere, soddisfacendo i bisogni del suo lato vampiro piuttosto che quello riemerso attraverso quella ragazza.

Non la voleva, quella parte di lui.

Preferiva uccidere e disprezzare l'animo umano come aveva sempre fatto, piuttosto che mettersi a ragionare e filosofare su di esso.

Ma, quella notte, sua sorella ebbe un diabolico piano in mente.

Lo obbligò ad andare con lei e Stefan in un posto poco fuori città, un posto sconosciuto e di cui solo lei sembrava conoscerne la posizione. Pagò autista e macchina di lusso pur di giungere in quella meta, ordinando abbastanza champagne da farli ubriacare e ridere senza alcun motivo.

La città di Chicago è ancora sconvolta dagli efferati omicidi avvenuti negli ultimi mesi...” Stefan leggeva l'articolo sul giornale di quella mattina, sghignazzando come se stesse puntando gli occhi su un'allegra barzelletta, invece che su un macabro racconto di cui lui era l'oscuro protagonista.

Rebekah sorrideva divertita vicino a lui, con in mano un bicchiere di spumante ancora mezzo pieno mentre teneva l'altra dolcemente adagiata sul ginocchio del suo degno compare.

Lo stesso Klaus si mostrò divertito dall'ironia che Stefan riponeva nella propria ferocia. Aveva quasi dimenticato quanto gratificante potesse essere giovarsi della compagnia di qualcuno che possedeva la sua stessa, medesima considerazione della vita umana. Una considerazione pressoché nulla.

Tutti e tre i vampiri risero di gusto, risero di quanto quelle vite mortali fossero facili da raggirare e da spezzare e questo fece sentire Klaus nostalgico per un solo istante.

Avrebbe sempre dovuto essere così; con loro che bevevano sangue umano come fosse nettare da cui trarre ebrezza e sbeffeggiando le esistenze che avevano estirpato da quel mondo.

Si ritrovò a nutrire odio per April, e per quegli occhi che erano riusciti a fargli perdere il proprio mondo, anche se per molto poco.

L'immagine di lei era ormai un ricordo talmente lontano, che nemmeno immaginarla o cercare di rammentarla, gli permise di riportare a galla tutti i pensieri a cui la sua sola esistenza aveva dato vita.

Guardò fuori dal finestrino; le luci dei lampioni si susseguivano a forte velocità, divenendo parte integrante del cielo buio e privo di stelle e lui le osservò passargli davanti come fossero ricordi della sua lunga vita.

Gloria ce l'ha a morte con me, ho saputo. Ma c'est la vie! Non si può porre freno al divertimento, vero Nik?” domandò Stefan, accorgendosi del breve momento di distrazione dell'amico.

Klaus si girò verso di lui, abbozzando un sorriso. Guardò il volto di sua sorella, la quale gli stava regalando una smorfia furba che non prometteva nulla di buono, ma non ci si soffermò troppo a lungo.

Gloria può avercela con noi quanto vuole, niente può fermarci. La streghetta deve farsene una ragione.” rispose, bevendo poi un lungo sorso dal suo bicchiere.

Rebekah si lasciò sfuggire un risolino. “Niente può fermarci....tranne una bella moretta.” disse, coinvolgendo nella sua risata anche Stefan.

Klaus la fulminò con lo sguardo: non sopportava che gli rammentasse April e che lo facesse, sopratutto, di fronte a Salvatore, umiliandolo per quello stupido errore. Sempre se errore lo si poteva considerare.

Non si pensa costantemente a una persona per errore.

Lo sai bene perché l'ho risparmiata.” le ricordò; osservò il volto di Rebekah farsi leggermente più cupo.

Forse hai fatto bene a risparmiarla, in quel caso Gloria ci avrebbe davvero fatto a fette!” ridacchiò Stefan, non accennando nulla riguardo il fatto che la magnanimità di Klaus nei confronti di quella ragazza gli avesse fatto vincere una sfida che sarebbe dovuta essere persa in pazienza.

Una cosa che Klaus gradiva del suo nuovo ed unico amico, era il riconoscere in lui una figura che non si poteva prendere facilmente in giro. Malgrado i loro giochi e le loro sfide, i due si rispettavano a vicenda, tanto da essere vicini all'aver instaurato un rapporto che si poteva definire amichevole.

Non credere di poter sempre vincere, ripper. Questa è stata solo una leggera e obbligata svista.” gli ricordò Klaus, decidendo di riportare la conversazione sul ridere.

Non aveva voglia di incupirsi e né tanto meno di pensare; voleva solo combattere i drammi della vita, come facevano tutti, attraverso alcool e notti macchiate di sangue. Non voleva dare spazio ad altro.

Tra i loro sorrisi complici, la macchina si arrestò improvvisamente e Klaus si voltò verso il finestrino per vedere dove Rebekah aveva deciso di condurli.

Il suo sorriso si spense inesorabilmente, quando riconobbe l'enorme manifesto che pendeva sulla parte più alta dell'edificio. Diverse persone, tutte di rango abbastanza elevato, stavano dirigendosi verso l'entrata leggermente illuminata dalle luci soffuse di alcune fiamme.

Stefan rimase impassibile; Rebekah invece guardava soddisfatta il volto incredulo del fratello.

Bekah...” la rimproverò Klaus, volgendo lo sguardo nella sua direzione e stringendo i pugni sopra le ginocchia. Osservò lo sguardo divertito della sorella, provando un moto di rabbia nei suoi confronti, ma lei continuò imperterrita a sorridergli in faccia.

Andiamo Nik....è solo una mostra d'arte.” disse, mettendo su un finto broncio e lasciando il suo bicchiere sul tavolino di fronte. “Pensavo che tu non potessi mancare.”

Lei scese poi dall'auto, scortata da Stefan, mentre Klaus restò immobile per qualche altro istante all'interno del veicolo, osservando la figura della sorella muoversi verso la lunga scalinata che conduceva al museo con fare elegante e sensualmente felino.

Strinse più forte i pugni e comprese che tutti i suoi buoni propositi per una serata senza emozioni o imprevisti vari era appena andata a monte.

Gli parve di sentire già il profumo di April nell'aria.

* * * * *

Passarono giorni da quel terribile evento, ma April non parve stare meglio.

Il male emotivo si unì a quello che la indeboliva nel fisico: le capitò più volte, quando era a casa da sola, di avere dei violenti capogiri e delle incendianti vampate di calore che le risalivano nel corpo, incenerendo tutta la forza che in esso risiedeva.

Pensò dovesse trattarsi del brutto colpo causatole dalla morte di Violet, e Gloria le diede dei giorni per riposare. Ma lei non li volle spendere a casa, e né tanto meno a pensare a Klaus e al discorso che le aveva fatto qualche sera prima.

Voleva rivederlo, lo desiderava con tutta sé stessa, ma preferì sopprimere quella sua fantasia facendo finta che non esistesse.

La consolò il fatto che ci sarebbe stata la mostra d'arte quella sera e che avrebbe potuto fuggire al dolore della realtà immergendosi nella bellezza dei quadri.

Lo sperava con tutta sé stessa.

Come sperava che Christopher fosse di buona compagnia.

Si sbagliò: l'uomo la teneva sottobraccio con eleganza, ma sbuffava ogni qual volta il suo sguardo si posava su una delle tele che adornavano la mostra. Per lui il bianco delle pareti e quei quadri erano la stessa cosa.

April decise di prendere in mano la situazione, decidendo di coinvolgerlo lei stessa nella forma di quelle fantasie,

Guarda questo.” La ragazza si fermò, vicino ad un ragazzo che solitario stava osservando il quadro, e Christopher posò gli occhi annoiato sulla tela di fronte a sé.

Il quadro rappresentava due amanti: lui le stava alle spalle e le prendeva con estrema delicatezza il viso tra le mani. Posava le labbra sulla guancia destra della ragazza, una bellissima giovane che sembrava volersi abbandonare a quel bacio inaspettato, stava aggrappandosi al braccio dell'innamorato e teneva gli occhi chiusi, per poter così assaporare in pieno la dolcezza di quel momento.

April notò che Christopher era indifferente di fronte a quella bellissima tela e al suo romantico contenuto. Non poteva credere che un immagine come quella non suscitasse in lui emozione alcuna. “Non ti piace?”

L'uomo fece spallucce, storcendo la bocca. “Non mi dice nulla. Rappresenta un bacio e basta.” disse.

April avvertì le viscere rivoltarsi dentro il proprio corpo, e le ci volle tutta il controllo in suo possesso per potersi fermare dal rispondere a tono.

Non era vero che quel quadro rappresentava solo un bacio, rappresentava molto di più.

L'amore.

La ricerca e il bisogno dell'amante.

La tenerezza.

La paura di perdersi.

Ciò che lei non aveva mai avuto il coraggio di cercare.

Se Christopher vedeva solo un semplice bacio, allora era più ottuso di quanto sembrasse.

April stava per farglielo presente, ma poi preferì rimanere in silenzio ad ammirare il quadro, la mano dell'uomo si posò sulla sua e l'accarezzò con delicatezza.

Spiegamelo tu di che parla.” le disse.

April avvertì un brivido freddo correrle con intensità lungo tutta la schiena. Sentì le dita di Christopher che, con muta e sensuale delicatezza, scorrevano lungo le sue dita. Il fiume di parole che la ragazza stava malamente cercando di trattenere per poco fuoriuscì dalle sue labbra, accuratamente scarlatte.

Ci sarebbe tanto da dire, ma tu hai poco tempo.”

April preferì non perdersi in tante spiegazioni con qualcuno che non riusciva ad apprezzare nemmeno un quadro, o meglio, il sentimento in esso racchiuso.

Christopher volse lo sguardo nella sua direzione, captando il tono di sfida che era racchiuso in quelle parole. “Il tempo è denaro, tesoro mio. E fai bene a non farmelo perdere in simili....baggianate.” replicò, mascherando il tutto dietro un sorrisetto finto e di circostanza.

Non aveva gradito il modo in cui lei gli aveva risposto, ma ad April non importò minimamente.

Così come non le importò di come lui aveva stretto, per un solo secondo, il braccio, schiacciando così contro il proprio fianco la mano che April gli teneva sotto braccio.

Continuò a tenerlo sotto braccio e passò ad osservare la tela, affrontando in silenzio la mancanza di qualcuno con cui poter condividere quella passione.

E, sopratutto, con cui sopprimere il dolore causato dalla dipartita di Violet.

Il suo compagno non stava facendo nulla per aiutarla al riguardo, anzi. Stava solo peggiorando le cose.

La risata di Chris ruppe il silenzio che li aveva pervasi e April provò un'ondata di fastidio di fronte a quella totale mancanza di riguardi nei confronti suoi e di chi stava beandosi di quelle opere.

Un'altra persona era alle loro spalle, intenta ad ammirare un quadro sulla parete opposta, ma parve non curarsi della risata dell'uomo.

Perché ridi?” domandò allora April, senza capire.

L'uomo si voltò a guardarla, continuando a sorriderle in faccia come se non gli importasse dell'irritazione nascosta negli suoi occhi.

Perché sapevo che questa cosa dell'arte era solo una copertura per mostrarti...diversa.” disse, inumidendosi poi le labbra. April non riuscì proprio a captare il messaggio insito in quelle parole, ma l'uomo le diede subito la risposta. “Insomma, April...tu non sei il tipo di ragazza che si interessa d'arte e cultura...come dici tu, i tuoi migliori amici sono il denaro e i diamanti, no?”

Un sussulto silenzioso esplose nel petto della ragazza, mentre fissava gli occhi dell'artefice di quella verità.

Sì, non poteva negarlo: quelle parole erano davvero uscite dalle sue labbra, quando le tingeva di rosso perché voleva solo che fossero guardate e non ascoltate. Risentirle, però, le faceva provare un senso di vuoto, di sporco. Era sempre apparsa come una persona mediocre e materialista perché era questo ciò che voleva; non voleva niente dalla vita che non fosse fama e denaro.

Non gliene era mai importato, eppure in quel momento si sentì davvero in colpa per essere così sciocca.

Ecco perché prima non hai risposto riguardo la domanda sul quadro e ti sei nascosta dietro questa tua finta sagacia.” infierì Christopher; il suo sorriso aumentava a ogni parola che diceva.

April digrignò i denti; tornò a guardare il quadro e sentì delle lacrime amare salirle agli occhi. Riuscì a trattenerle per puro miracolo, perché una parte di sé era ancora capace di reprimere quelle emozioni di cui aveva creduto di non avere bisogno.

Christopher notò il turbamento in lei, ma non se ne curò più del dovuto. “Dai piccola, mi fa piacere che tu voglia apparire acculturata ma io ti voglio così come sei .” le disse, donandole un bacio indelicato sulla guancia.

April per poco sentì lo stomaco arrovellarsi in fastidiose contrazioni. Avrebbe voluto voltarsi e sputargli dritto dritto in quello sguardo vuoto e, si accorse in quel momento, anche un po' vacuo. Come fosse brillo.

Accorgendosi di come la ragazza si era leggermente ritratta dopo quel contatto, Christopher assunse un'espressione infastidita, che fece correre un brivido lungo la schiena di April. Quest'ultima non seppe che reazione aspettarsi e la cosa, un po', la spaventò.

Vado a fumarmi un sigaro. Ci vediamo dopo.”

Morale della storia: guardando il suo compagno allontanarsi, April seppe che avrebbe passato tutta la sera da sola.

Eppure non gliene dispiaceva.

Quella sera avrebbe preferito il potere del silenzio, a quello vano del lusso del suo fidanzato.

Già, del successo e della ricchezza, almeno per quella sera, non gliene importava più nulla.

Proprio come non gliene era importato nelle sere che avevano seguito la morte di Violet.

Perché un diamante può riempire una vita empia, ma non può darti nulla nel tuo ultimo attimo di respiro.

E lei aveva capito di non volersene andare in futuro con un diamante al dito, bensì con la lacrima di qualcuno che non avrebbe mai voluto lasciarti andare. Proprio come era stato per Violet.

Si passò una mano lungo tutto il viso, nascondendosi dietro il buio delle proprie palpebre e riflettendo su tutte quelle cose a cui, in quel momento, avrebbe tanto voluto rinunciare.

I soldi. La fama. Quel beota di Christopher.

Avrebbe rinunciato a tutto pur di raggiungere una sola cosa.

Una sola semplice cosa.

Troppo romantico come quadro.”

Una voce troppo vicina la sorprese.

Si voltò giusto in tempo per vedere Klaus avvicinarsi lentamente a lei con in mano un calice di spumante.

Non si era resa conto che era proprio lui, il ragazzo alle sue spalle che stava osservando l'altro quadro.

Per un istante, April restò a fissarlo come abbagliata dal suo aspetto.

Era sempre stato bello ed elegante, ma in quella serata sembrava avere un qualcosa in più che la confondeva. Forse perché non si aspettava affatto di rivederlo dopo la chiacchierata sotto la pioggia e quindi era in possesso solo di un effimero ricordo di lui.

Questo non posso negarlo...” replicò April, dopo un lungo attimo di silenzio dovuto alla distrazione a cui lui l'aveva portata.

Si strinse le braccia al petto e sospirò, sentendosi una totale stupida.

Perché giorni prima si era confidata con uno sconosciuto, perché lo aveva troppo vicino....

Però è il più bello che abbia mai visto in vita mia.”

Klaus non rispose, piegò la testa da un lato e lasciò scorrere lo sguardo lungo la tela. “Non credi nell'amore, April?” le domandò, con voce incolore.

I due si guardarono; lei provò la strana sensazione che, anche in quel caso, la risposta che lei avrebbe dato sarebbe stata la stessa che lui avrebbe pensato, ma non esternato.

Sospirò.

Non ci credo. Però mi piace osservarlo quelle poche volte che lo vedo.” rispose, alzando le spalle.

Capì di aver colto male la plausibile risposta di Klaus, poiché lui abbozzò un sorrisetto eloquente e socchiuse le palpebre.

A lui, dell'amore, non importava nulla. Nemmeno viverlo sotto forma di illusione o sogno.

Stava per chiedergli cosa ne pensasse lui, ma si trattenne. Perché affrontare un argomento così intimo con uno sconosciuto? “

Non pensavo che ti piacesse l'arte...” disse poi, per cambiare discorso. “Sei così scorbutico.”

Siamo in due allora. Nemmeno io pensavo fossi una persona che l'apprezzasse.” ribatté prontamente Klaus, lanciandole un'occhiata veloce con cui parve volerla freddarla. “Sei tutta soldi e diamanti, tu.”

April abbozzò un sorriso, comprendendo che Klaus doveva aver sentito la conversazione tra lei e Christopher.

Beh d'altra parte, tu sembri un tipo bastardo e cinico che si cura solo di se stesso.” disse e lo fece ridere; non seppe se perché lo avesse fatto innervosire o perché la cosa lo divertisse. “Ma penso che non sei così sotto sotto.”

La risata si spense.

Klaus girò lentamente la testa verso di lei cogliendo i suoi occhi scuri che lo fissavano intensamente. La mano strinse con più forza il calice che aveva tra le mani, e la rabbia tornò a montargli lungo il corpo. S'inumidì le labbra, cercando di riprendere mano alle emozioni che aveva di nuovo soffocato in quei giorni. “Non mi conosci e non puoi dirle certe cose.” le disse freddamente.

È vero anche questo.” rispose April. “Ma mi hai aiutata per ben due volte nel giro di una settimana, non puoi certo essere così perfido come vuoi apparire.”

Klaus restò in silenzio; guardò la determinazione sul volto della ragazza e trattenne il respiro.

Lei stava dicendogli che era diverso, quando in realtà non era così: lui sembrava diverso ai suoi occhi, solo perché con lei, e solo con lei, riusciva in qualche modo a sentirsi lontano dalla propria natura. Ma non era così nella realtà: una volta uscito dal libro della fiabe, tornava ad essere il mostro che animava gli incubi più bui delle sue vittime.

Un suo incubo, se lui non le avesse cancellato la memoria.

Non aveva dimenticato che lui, per poco, l'aveva quasi uccisa per puro divertimento.

Ma lei, questo, non lo ricordava. Anzi, non lo sapeva.

Sai pochissimo di me ed è per questo che te ne esci con allusioni simili.” ripeté il ragazzo, portandosi il bicchiere alle labbra.

April tornò a guardare il quadro, mordicchiandosi il labbro e cercando un pretesto per rompere il silenzio. Si grattò la fronte. “Allusioni...che razza di paroloni! Allora fatti conoscere, simpatia fatta a persona!” esclamò con un sorrisetto sulle labbra, che colpì Klaus. “Tu cosa vedi in questo quadro?”

Tu così conosci le persone? Ecco perché hai poca compagnia, eccetto quel damerino.” la prese in giro il vampiro, storcendo il naso.

Si può capire molto da una persona attraverso l'arte. Un artista cerca di riportare le proprie emozioni sotto forma di disegno, ma spetta all'osservatore avere la giusta sensibilità per coglierle. Si può vedere tutto e niente in un quadro, dipende dagli occhi di chi guarda.” spiegò April, portandosi le mani sui fianchi e piegando la testa.

Si fece più vicina a Klaus, il quale stava ripetendo le parole di April dentro la propria testa. Si domandò cosa avrebbe visto lei nei suoi, di quadri. Fissò in silenzio la tela, sentendo gli occhi della ragazza addosso, e pensò che l'artista fosse così troppo smielato e privo di vita amorosa da aver disegnato un bacio fittizio che placasse i suoi bisogni intimi.

Rise, tentato dall'idea di rispondere in quella maniera ad April. Già se la immaginava, adirata e rossa in viso, mentre lo mandava a quel paese per poi lasciarlo lì da solo.

Guardò meglio.

Credo che il bacio significhi molto più in questo quadro.” iniziò a dire, senza pensare, perché sapeva si sarebbe sentito stupido se a quelle parole ci avesse davvero pensato. “Lui l'abbraccia per baciarla, non vuole che lei se ne vada o...che lei abbia paura di lui. Lei invece si aggrappa a lui, perché appunto prova paura nei suoi confronti, ma allo stesso tempo ne ha bisogno. Come una fiamma che vuole spegnersi, ma teme la pioggia che sta incombendo su di lei.”

Il silenzio scese su di lui. Gli parve di trovarsi solo con quel quadro, con quella scena che evocava in lui troppi ricordi, lontani ma portati vicini dal suo cuore.

Rammentò un nome, un volto, lei....e tutto parve tornare nell'oscurità, dove le luci erano ancora troppo lontane per poter essere raggiunti.

Ricordò la felicità provata secoli prima e ne ricavò solamente un profondo dolore.

Con questo bacio, lui ha ucciso le paura di lei e lei quella di lui. Si sono completati.” concluse, con un sussurro.

L'oscurità si dileguò, la dolorosa realtà tornò a circondarlo e tutti i ricordi tornarono ad essere pallidi e lontani miraggi con cui il cuore stava cercando di ingannarlo.

Si ricordò di April e se la ritrovò a fissarlo intensamente, con il respiro trattenuto tra le labbra come se quelle parole glielo avessero portato via.

Mantennero il silenzio, poiché nessuno dei due sembrava intenzionato a parlare.

Poi lei scattò verso lui, posandogli la mano sulla guancia e facendolo voltare delicatamente verso lei.

Posò delicatamente le labbra sulla sua guancia destra, in un bacio lungo che arrestò il tempo.

Il tutto fu talmente inaspettato che Klaus non ebbe la prontezza di prepararsi a tale evenienza ed evitarla, oppure abbandonarsi completamente ad essa.

Una parte di sé, infatti, volle ritrarsi a quel momento, ma un'altra lo costrinse a rimanere immobile e ad assaporare quel contatto fino in fondo.

Chiuse le palpebre, chiedendosi per un secondo cosa stesse cercando di fare April attraverso quel gesto.

Lo capì solo diversi istanti dopo, quando le labbra della ragazza abbandonarono la sua pelle.

Con quel bacio, che sapeva più di veleno per lui, gli aveva permesso di uccidere, per un secondo, la sua di paura, quella della solitudine.

Guardò April, lei sembrò essersi imbarazzata per quel gesto certamente avventato, tanto che le sue gote si erano tinte di un rosso intenso. Abbassò lo sguardo timidamente, schiarendosi la voce e intrecciando le dita tra loro.

Diciamo allora...che anche con questo bacio abbiamo ucciso qualcosa, no?” disse, con una voce da bambina.

Klaus la guardò incredulo, senza sapere che cosa rispondere. “Non tutto si può uccidere con un bacio, April.” disse poi, scuotendo la testa, ancora scosso dal vortice di inaspettate illusioni con cui lei lo aveva abbattuto attraverso quel bacio.

April si umettò le labbra, e i suoi occhi si fecero stranamente lucidi. “Ma le cose più brutte le si possono uccidere anche con una piccola luce.” rispose.

Dette queste parole, per cui Klaus non seppe davvero che cosa pensare, la ragazza si allontanò a passo svelto.

La guardò andare via di corsa, forse presa dalla vergogna di non sapere più come riempire il loro inimitabile silenzio.

Klaus tornò a guardare la tela davanti a sé e sospirò.

Secoli e secoli di sangue, omicidi, odio e morte non erano riusciti ad ammazzare la sua solitudine, mentre un singolo e innocuo bacio sulla guancia lo aveva fatto sentire leggero di quell'enorme peso, anche se solo per un secondo.

Incredibile, come le vite degli umani, delle volte, giocassero un piacevole gioco di sorprese inaspettate.

Solo che lui non voleva accettarlo, non ancora.

Decise dunque di lasciare quella mostra, prima che il profumo di April gli giungesse di nuovo alle narici e lo drogasse di quel suo, inaspettato, desiderio di vita.

* * * * *

Cercò Christopher per un solo motivo: aveva bisogno di un passaggio a casa.

A piedi il suo appartamento era troppo distante dalla mostra e mai e poi mai si sarebbe voltata indietro per chiedere a Klaus di accompagnarla. Era certa che, se quella sera avesse posto di nuovo il proprio sguardo su di lui, non avrebbe avuto controllo delle proprie emozioni.

Ma dove diavolo sei?”

April si strinse nelle braccia, un po' per il freddo e un po' per il fatto che camminare da sola, nel buio di quei cornicioni, la inquietava dopo ciò che era accaduto a Violet.

Il suo timore durò però per pochissimi attimi, poiché i suoi occhi caddero su numerose luci che illuminavano il giardino sul retro dell'edificio, dove era stato organizzato un buffet. Diverse genti dell'alta aristocrazia mangiavano e bevevano, con i loro fare eleganti e altezzosi.

April storse il naso, restandosene in disparte e adagiando la spalla su una delle colonne.

Né sua madre e nemmeno suo padre erano ricchi. Anzi, erano relativamente poveri e vivevano in un piccolo capannone in cui potevano risiedere a malapena due persone.

Ma erano felici. Almeno fino a quando....

Tesoro, finalmente ti ho trovata.”

April si lasciò andare un gridolino, voltandosi di scatto e puntando gli occhi sul volto di Christopher inanzi a lei, armato di un bicchiere di vino sicuramente pregiato e sottobraccio con un'avvenente fanciulla.

Però, non sei cambiata di una virgola, cara la mia April Jennifer Ford.”

April sbarrò lo sguardo, avvertendo un senso di sorpresa, disappunto e incredulità montare in lei, mentre concentrava tutta la sua attenzione su quella ragazza, piuttosto che su Christopher e sul fatto che la tenesse sottobraccio con fare alquanto coinvolto.

Quella giovane emise un sorriso affascinante, di quelli che potevano disarmare la corazza di qualsiasi uomo. Gli occhi neri, efficientemente truccati, erano sensuali e felini; i corti capelli scuri curati e ben raccolti, sistemati con un cerchietto in tinta con il bellissimo abito in paillettes nere che ella indossava.

Finalmente, dopo lunghi attimi di silenzio, April riuscì a proferire il suo nome. “Katherine?”


Ehilà!

Ciao a tutti :D come state? Vi sono mancata? #ovvio che no, risposero loro in coro#

Ammetto di non essere tornata “alla grande”dopo questa lunga pausa: questo capitolo è di transizione, è monotono e non accade proprio nulla di nuovo. Anzi, è un capitolo un po' “ripetitivo” diciamo, ma che purtroppo dovevo scrivere, pur di non accelerare le tappe di questa storia.

Allora, c'è stato un piccolo bacino (che qualche depravatella non approverà....sai che parlo di te!) che ha sottolineato ancora di più quello che sta accadendo tra i due protagonisti della storia. Come sempre mi auguro di non aver reso Klaus OOC.

Penso che sia anche chiaro chi egli ricordi guardando il quadro...Tatia Petrova è una figura che, francamente, vorrei davvero tanto conoscere attraverso il telefilm, visto che di lei sappiamo ben poco. Il suo ricordo riaffiorerà altre volte nel corso della storia, poiché reputo che lei sia stata l'unica donna che Klaus abbia veramente mai amato.

Per quanto riguarda la giovane e bellissima fanciulla che appare nel finale...avete capito chi è tanto, no? Ve l'aspettavate? XD Anche lei apparirà diverse volte andando avanti con il racconto e, anzi avrà un ruolo piuttosto rilevante. Non era una cosa prevista in realtà; ho deciso di inserire il suo personaggio mentre correggevo la storia in vista della pubblicazione, e molto probabilmente la farò comparire tra i protagonisti.

Passo a ringraziare tutti coloro che hanno letto il capitolo, chi recensirà e chi leggerà silenziosamente.

Un grazie enorme anche a coloro che hanno inserito questa storia tra le varie cartelle.

Ci rileggiamo presto; conto di essere puntuale come lo ero prima della mia lunga assenza e spero di ritrovarvi ancora a leggere! :D

Alla prossima, e buon proseguimento delle vostre vacanze! :3



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Capitolo 7
*** You're gone with the sin, my darling. ***


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http://www.youtube.com/watch?v=Ghyr8jC112A

-Capitolo 7: You're gone with the sin, my darling-

I adore the despair in your eyes
I worship your lips once red as wine
I crave for your scent sending shivers down my spine
I just love the way you're running out of life

(Gone with the sin by HIM)

Follia.

Non riusciva a spiegarsi in altra maniera quello stupido batticuore improvviso che sentiva nel petto ogni volta che pensava a Klaus.

Lei, proprio quella che non credeva nell'amore vero ma solo in quello fittizio da cui poteva trarre profitto economico, aveva il batticuore. Si vergognò di sé stessa; non le era mai successa una cosa simile e sopratutto mai con una persona di cui sapeva relativamente poco. Era davvero tutto troppo assurdo e le risultava difficile capacitarsi del cambiamento a cui stava andando incontro.

Sospirò, cercando di distrarsi leggendo il giornale di quella mattina.

Ma non le fu in alcun modo d'aiuto: Chicago continuava ad essere il solito teatro di orrori dove la sera prima una persona scompariva e la mattina dopo la si trovava morta in un vicolo, con la gola praticamente squarciata.

Si grattò la parte posteriore del collo, continuando a fissare le numerose parole in inchiostro che si susseguivano l'una dopo l'altra in prima pagina, e dimenticandosi della tazza di caffè fumante che aveva lasciato sul tavolo.

Era sola nella cucina del suo appartamento, come ogni mattina della sua vita, ma qualcosa quel giorno doveva essere diverso e lei sembrava sentirlo nell'aria.

Non bastavano i pensieri riguardanti il bacio, inaspettato persino per lei, che aveva dato a Klaus a renderla distratta, ma un'altra presenza voleva farsi avanti nel corso di quella giornata, arrecandole ulteriori pensieri da portare nella mente.

Questa bussò insistentemente alla porta della sua umile dimora, costringendola ad alzare lo sguardo.

April pensò subito dovesse trattarsi di Christopher; chi altri poteva essere?

Quando si diresse verso la porta per aprirla, però, si trovò di fronte a un'angelica figura dai capelli biondi e il volto di porcellana, la quale stava sorridendo con un sorriso felino e accattivante.

Sei ancora in vestaglia a quest'ora? Si vede che lavori fino a tardi.”

Rebekah la guardò dalla soglia della porta con sguardo attento; sulla spalla teneva un vestito coperto da una pellicola di plastica, di cui April poté scorgere diversi brillantini dorati che intercorrevano lungo lo strascico della gonna.

La mora affilò lo sguardo, domandandosi da quando lei e la sorella di Klaus fossero entrate così in confidenza.

Ci conosciamo per caso?” chiese, fingendo che non si fosse mai accorta di lei prima.

Ma come si poteva non notare una donna dalla bellezza di una sirena, e che attirava lo sguardo di chiunque incontrasse per l'eleganza innata che possedeva? Senza contare il fatto che Rebekah sembrava la copia esatta di Klaus in versione femminile, ed era normale che lei l'avesse notata.

Se avesse potuto elencare gli elementi che la accomunavano al fratello, la lista sarebbe stata bella lunga.

Tutti mi conoscono, tesoro mio.” Rebekah reclinò leggermente il capo, piegando leggermente il ginocchio destro sotto la gonna, in maniera tale da poter spostare l'esile fianco sinistro verso il lato. “E, primadonna come sei, sono sicura che anche tu ti sei accorta della mia esistenza.”

April arricciò le labbra, sentendosi presa in contro piede. Era sempre solita accorgersi della presenza di ragazze in possesso della sua medesima bellezza disarmante. Era così che aveva notato Katherine.

E Rebekah l'aveva notata da prima del suo avvicinamento a Klaus: la prima volta che la scorse, civettava con decine di giovincelli entusiasti e affascinati dalla lunghezza chilometrica della sue pallide gambe. I pensieri che aveva avuto su di lei, in quel momento, non erano stati dei più gentili.

Siete Rebekah Mikaelson.” disse April, pronunciando il suo nome come se stesse confessando chissà quale crimine.

La sorella di Klaus.” aggiunse l'altra, senza palesare troppo il suo intento di metterla in imbarazzo.

Non ci riuscì, ma solamente perché April era ancora troppo assonnata per avere una qualsiasi reazione.

E dammi del tu.” disse ancora la bionda.

April, intanto, studiò la bambola di porcellana che aveva di fronte. Quella mattina, nell'abbigliamento, era più austera di quanto fosse mai stata: portava un completo color bianco e lasciava i capelli sciolti sulle spalle. Il viso era perfettamente truccato, la pelle priva di imperfezioni e le labbra colorate di un rosso intenso, molto simile a quello del sangue.

April, in confronto, sembrava un rospo quella mattina, visto che era sopravvissuta a sì e no due ore di sonno.

Si strinse le braccia la petto e sospirò stancamente. “E, di grazia, per quale motivo giungi alla mia porta di prima mattina?” le chiese, sbattendo le sopracciglia con fare annoiato.

Rebekah mise su un broncio provocatorio. “Vuoi farmi entrare o lasciarmi qui fuori?” domandò, affilando lo sguardo con fare capriccioso. Doveva ammettere che la presunzione e l'arroganza erano prerogative particolari nei due biondi fratelli; non la conosceva nemmeno e già si comportava come se non avesse di fronte un'emerita sconosciuta, bensì qualcuno che potesse trattare liberamente a pesci in faccia.

April scosse la testa. “Ancora non mi hai detto perché sei qui.”

Te lo dirò una volta che mi sentirò meno cretina a starmene sulla soglia di questa dannata porta.”

April corrugò la fronte, comprendendo che stava facendo perdere la pazienza alla versione femminile di Klaus Mikaelson. Era meglio non rischiare oltre.

Entra pure. Ma sappi che non ho fatto le pulizie.” disse e le fece segno di accomodarsi in casa.

Rebekah annuì, muovendosi rapida verso il centro dell'enorme stanzone in cui April viveva. Era chiaro che non apprezzasse quell'abitazione; gli occhi della bionda lasciavano trasparire tutto il ribrezzo che nutriva verso quell'ambiente così povero. Viveva pur sempre in un edificio di lusso a tre piani; April ricordava benissimo la villa in cui l'aveva condotta Klaus la sera dell'aggressione.

Mi sa che tu non fai le pulizie da una vita, cara la mia leonessa.” la riprese Rebekah, senza peli sulla lingua.

April non aveva mai conosciuto, eccetto Klaus, una persona capace di fare critiche con quella tranquillità e con quella confidenza; molto spesso la gente preferiva dire una dolce bugia piuttosto che un'amara verità e questo non era affatto un pregio. Ma Rebekah sembrava godere quando aveva da dire cattive verità, e nemmeno questo poteva definirsi un pregio.

Sto mettendo soldi da parte per qualcosa di meglio.” si sentì in dovere di spiegare alla bionda, chiudendosi la porta alle spalle. Anche se, più che risparmiare, April aveva per tutto il tempo, cercato di farsi sposare da Christopher per avere una casa migliore.

Per ora posso permettermi questo.”

Le si avvicinò e notò che Rebekah la fissava con assoluto disinteresse; stava già programmando le parole da sparare successivamente.

Per questo esci con quel riccone? O che ci provi con mio fratello?”

April arrossì; le importò poco della prima parte della frase, quanto più della seconda. “Non ci sto...provando con tuo fratello. Parli troppo per essere una che non mi ha mai rivolto la parola, sai?” disse, stringendosi le braccia al petto.

Rebekah, sotto la luce del sole che penetrava dall'ampia vetrata alle sue spalle, lasciò capire che non credeva a una singola parola di quello che sentito.

April venne tentata dallo specificare che ,se anche se così fosse stato, non avrebbe di certo avvicinato Klaus per il suo denaro. Deglutì, non appena si rese conto di stare trovando delle giustificazioni in caso avesse dovuto spiegare il suo legame con Klaus.

Che legame c'era in fondo? Nessuno.

Come vuoi.” Rebekah si stancò di parlare, posò il vestito sullo schienale del divanetto in mezzo alla stanza e fece qualche passo verso April, la quale se ne stava ancora vicino alla porta, facendosi accarezzare dai raggi solari provenienti dalla finestra.

Comunque, stasera organizzo una festa e voglio che tu venga.”

April ridacchiò. “Lo sai che il voglio non cresce nemmeno nel giardino del re?” rispose, ricordando un detto che le diceva sempre la madre quando era piccola e pretendeva il gelato a tutti i costi.

Ripensò a lei, in un secondo la collegò a ciò che sentiva per Klaus, e un brivido le corse lungo la schiena.

Rebekah parve non accorgersene. “Nel giardino della regina, però, cresce di tutto.” la corresse. “E voglio che tu venga, anche perché non penso tu abbia nulla di meglio da fare.”

Ed era vero, ma quella ragazza non aveva il diritto di dirglielo così apertamente.

April sbuffò stancamente. “Non è così.” disse.

Fa' come vuoi. Comunque, se non deciderai di passare una serata da sola qui a casa a fare pensieri perversi su mio fratello, quello è un piccolo regalino che dovrai indossare stasera.”

La mora non ebbe il tempo di replicare malamente a quell'ennesima frecciatina, che restò completamente sorpresa nello scoprire che quel vestito era per lei. Gli si avvicinò curiosamente, mentre Rebekah la superava per dirigersi verso la porta.

April non riusciva a veder bene come fosse fatto l'abito; l'involucro di plastica rendeva praticamente impossibile poterlo ammirare nella sua completezza.

Cosa? Perché mi regali un vestito?” chiese incredula, voltandosi verso di lei e indicando l'abito con una mano come se, di punto in bianco, non ne fosse più affascinata.

Rebekah si fermò davanti alla porta, girandosi lentamente verso lei; restò immobile ed elegante con la borsa posata sul fianco. “Perché se devi essere presente stasera...non voglio che tu indossi le tue solite, evidenti scollature. Il mio decolté dev'essere il più guardato, non il tuo.”

April scosse la testa; la battuta poteva essere anche divertente, ma non riusciva a credere che la motivazione nascosta dietro quel regalo fosse così banale. “Non mi conosci nemmeno!” tentò di ricordarle.

Ma da quando le persone non erano più fredde ed indifferenti, ma così espansive? Rebekah e Klaus li trovava davvero fuori dall'ordinario, anche se quest'ultimo non era poi così aperto e sua sorella, più che gentile, sembrava ambigua e incomprensibile come persona.

Rebekah cambiò espressione; sembrò farsi più seria dopo quelle parole, e i suoi occhi si accesero di una strana ed insolita luce. Un qualcosa che sembrava non c'entrare nulla con quello sguardo furbo e provocatore come il suo.

Alzò le spalle. “Fatti miei.” rispose semplicemente e si voltò. “Ma non pensare che abbia in mente qualcosa di depravato. Non sono una di quelle libertine che si diverte con entrambi i sessi, che sia chiaro!”

April per poco scoppiò a ridere, ma si trattenne perché, anche se il desiderio di partecipare a quella festa si sarebbe fatto opprimente, lei aveva comunque un grosso problema.

Non so come arrivarci fino a casa tua, Rebekah.”

Ti faccio venire a prendere. Qual'è il problema?”

Rebekah aveva intuito che April stava cercando tutte le scuse per rifiutare, ma non si lasciò vincere.

Senti Rebekah...” April si passò una mano sul volto, voltando lo sguardo verso il vestito adagiato sul divano, mossa dalla curiosità di poterlo scoprire di più. “Non credo che verrò.”

Io invece credo proprio il contrario.” Rebekah aprì la porta, stringendone il legno nella mano e voltandosi a guardarla prima di varcarne la soglia.

Cosa te lo fa credere?” April spalancò le braccia, visibilmente innervosita dal comportamento così contraddittorio di Rebekah.

Calò un secondo di silenzio, in cui la Mikaelson scrutò l'espressione sul volto di April.

Come se sapesse tradurla.

Come se la conoscesse.

L'altra si sentì come nuda, esposta sotto lo sguardo improvvisamente attento della bionda. Tanto che non si preparò nemmeno alla risposta che avrebbe ottenuto di lì a pochi secondi.

Perché per una notte, una sola che sia...” disse Rebekah. “Saresti capace di abbattere la solitudine.”

* * * * * *

Tu sei fuori di testa, lo sai questo o no?”

Rebekah sbuffò seccata; smise di dare ordini ai camerieri riguardo il posizionamento dei tavoli per la festa di quella sera e si voltò verso il fratello.

Klaus la fissava immobile sulla soglia della grande sala, con le braccia strette al petto e un'espressione seccata sul viso.

Non riusciva a credere che quella pazza di sua sorella avesse invitato April. Non era una ragazza socievole e simpatica e quindi era altamente improbabile che fosse diventata amica di quell'umana all'improvviso. Come era improbabile che lo stesse facendo per ciò che lui le aveva rivelato.

Probabilmente lo stava facendo perché April era piuttosto conosciuta in città,e una figura così ambita avrebbe reso la sua festa ancora più importante.

Oppure, più probabile ancora, Bekah stava solo cercando di irritarlo, poiché quella era una delle migliori forme di divertimento che lei possedeva. Quel sorriso beffardo che gli riservava da un intero pomeriggio ne era la prova.

Mi serviva una cantante per la festa e lei è abbastanza brava da poter allietare questa notte con la sua voce.” rispose, avvicinandosi elegantemente a lui.

Il rumore dei tacchi che battevano sul pavimento colmò il silenzio calato su loro, mentre diversi uomini al servizio di Rebekah e dei suoi capricci si muovevano rapidamente su e giù per la sala.

E sono sicura che ti fa piacere che lei stasera ci sia.”

Non me ne importa nulla se lei viene o meno alla tua stupida festa.” replicò Klaus con troppa freddezza per non lasciarsi scoprire; la voce leggermente più alta del normale e la mandibola contratta. “Non sei tu che comandi, Rebekah, e nessuno ti ha detto che potevi invitarla.”

Rebekah smise di sorridere, visibilmente turbata dal tono autoritario che il fratello stava assumendo. Non era una novità che lui volesse tiranneggiare su coloro che lo circondavano, ma in quel caso la ragazza non poté tollerarlo.

Da che mondo è mondo...” disse avvicinandosi lentamente a lui. “La festa è mia e io invito chi diavolo mi pare.”

Klaus non replicò di fronte a quella sentenza; fissò infastidito l'espressione della sorella e strinse i pugni accanto alle proprie gambe.

Rebekah non si curò in alcuna maniera del suo disappunto.

E piantala con questa recita. Ti stai rendendo pressappoco ridicolo.”

Lo superò rapidamente, sapendo che lui non sarebbe stato in grado di replicare a quelle parole, e Klaus restò solo in mezzo alla sala, mentre i facchini di Rebekah continuavano a passargli rapidamente accanto, tutti presi dai loro compiti.

Quando ripensò ad April, al bacio che si erano dati, si chiese cosa sarebbe potuto succedere quella sera.

Sarebbe stato in grado di reprimere quella cosa che li legava?

Sperò di riuscirci, come aveva sempre fatto.

* * * * *

April dovette ammettere che Rebekah sapeva fare le cose in grande stile.

Alla festa non avevano preso parte molte persone, forse perché la bionda doveva essere stata molto selettiva con gli ospiti, ma il salone era così ben arredato da fare invidia ai lussi e i fasti delle sale reali d'Europa.

Si sentì un'ospite indesiderato; il vestito che Rebekah le aveva regalato era di un color oro, stretto in vita da una fascia di un dorato più scuro. La ragazza aveva deciso di abbinarvi un trucco semplice e di portare i capelli sciolti lungo le spalle, giusto per non sembrare pacchiana come l'aveva dipinta Rebekah quella mattina.

Si guardò attorno; non vi erano molte figure femminili nella sala e tutte loro erano accompagnate dai loro uomini. Si pentì per un solo istante di non essersi fatta accompagnare da Christopher; nonostante non avesse molta voglia di vederlo, il ruolo del manichino poteva svolgerlo bene.

Si fermò sull'ultimo gradino della lunga scalinata che le aveva permesso di fare il suo ingresso nella sala, e si guardò attorno alla ricerca di una qualcuno che conoscesse. Ma ogni volto che incrociava lo collegò ad un'unica conoscenza di vista. In realtà, le uniche persone con cui aveva parlato veramente erano Rebekah e Klaus, ma non le sembrò di vedere nessuno dei due.

Buonasera.”

Una voce conosciuta penetrò tra i suoi pensieri. April si voltò giusto in tempo per vedere Stefan Salvatore sorriderle gentilmente, con in mano due bicchieri pieni di spumante. Eppure, dietro quella gentilezza, April parve scorgere il taglio di una maschera che doveva nascondere qualcosa di davvero inquietante.

Buonasera.” replicò, nascondendo il suo turbamento e accettando il bicchiere offertogli dal ragazzo. Scese l'ultimo scalino e si avvicinò al ragazzo, continuando a guardarsi attorno alla ricerca di Rebekah o Klaus.

Non sapevo sareste venuta anche voi. Dopo la morte di Violet...”

April abbassò lo sguardo. “Beh, lo spettacolo deve in qualche modo andare avanti, no?” rispose, trapelando involontariamente tutta l'amarezza che portava dentro al ricordo della sua amica.

Trovò indelicato il fatto che Stefan gli rammentasse quel dolore quando lei stava facendo di tutto per superarlo. Ma preferì tacere e non dire nulla; a differenza di Rebekah, lei sapeva trattenersi con frecciatine e rispostacce quando aveva a che fare con uno sconosciuto.

Eccola, la nostra leonessa.” Rebekah si fece riconoscere subito, non solo per il modo elegante e accattivante in cui era vestita- spiccava per essere l'unica figura vestita in rosso in tutta la sala-ma anche perché era apparsa al fianco di Stefan senza che lei se ne rendesse conto. Lo prese sottobraccio e gli concesse un sorriso dolce e gentile che raramente la ragazza dispensava ad altri.

Sei venuta alla fine.”

April alzò le spalle. “Ci ho pensato molto prima di venire.” rispose, sforzandosi di mantenere il tono freddo e neutro che Rebekah stava usando con lei. “E ho trovato sciocco rinunciare al tuo invito.”

Rebekah annuì, come colpita dalle sue parole. “E hai fatto bene. Se mi avessi dato buca, ti avrei fatto così tanta cattiva pubblicità per tutta Chicago, da impedirti di cantare anche nella più povera bettola.”

Stefan sorrise, divertito dall'irriverenza della sua donna.

April non si lasciò scalfire da quelle parole. “È la tua parola contro la mia, Rebekah. Non è per offenderti, ma sono molto più conosciuta di quanto lo sia tu. ” la provocò a sua volta, beandosi dell'espressione un pochetto irritata che si dipinse sul bellissimo volto di Rebekah. Persino la risatina sotto i baffi di Stefan la fece sentire soddisfatta di quelle parole.

Sei poco presuntuosa, tu.” la prese in giro la ragazza.

Sono realista.” April preferì cambiare discorso. “E poi...o la tua festa oppure il divano di casa mia. E visti i pazzi assassini che vagano per la città, ho preferito non rischiare.”

Forse non era il caso di fare una battuta sull'assassino che tutti gli abitanti di Chicago temevano e che era anche la causa della morte di Violet, e quasi si morse la lingua nell'averlo fatto. Notò, però, che dopo quelle parole Stefan aveva assunto un sorrisetto sulle labbra a dir poco diabolico. Pensò di aver preso un abbaglio e che la sua fosse solo una stupida paranoia.

Intanto, in sottofondo, partì una musichetta lenta che sembrava invitare le coppie a riunirsi nel centro della sala e ballare a suon di essa.

Rebekah parve voler accettare quell'invito, tanto che strinse più forte il braccio di Stefan. “Beh, spero che tu ti diverta.” le disse, per tagliare corto. “Cercati un partner di ballo. Di uomini appetibili qui è pieno!” Aggiunse quella parole quando ormai stava per allontanarsi verso il centro della sala insieme al suo compagno.

April non ebbe nemmeno il tempo di rispondere che, guardando quella coppie muoversi nel mezzo della sala, provò di nuovo quel senso di inadeguatezza.

Forse, pensò, rimanere sul divano di casa era l'ipotesi migliore.

Vedendo che tutti avevano un partner con cui danzare, e lei era sola praticamente in mezzo alla sala, decise di andare verso il tavolo dei buffet quasi immacolato, cercando qualcosa di abbastanza appetibile da distoglierla da quel senso di carenza.

Il tempo di posare la mano sulla tovaglia color oro che elegantemente ricopriva la tavola che qualcosa mutò.

Un altro capogiro.

Trovò sostegno su quella superficie; prese lunghi e sonori respiri per poi chiudere gli occhi. Cercò di rimanere dritta sulla schiena, per far sì che nessuno si accorgesse del suo improvviso malessere e magari accorresse in suo aiuto, mettendola in ridicolo davanti a tutti.

Ma nessuno parve notarla, il che era un bene. Erano tutti troppo impegnati a ballare e parlottare tra di loro per accorgersi delle goccioline di sudore che le impregnavano la fronte o del ritmo alterato del suo respiro, quasi accompagnato da un sibilo.

Tutto bene?”

Sì, sto bene,”

April si girò lentamente verso Klaus; non rimase né sorpresa e nemmeno incredula nel ritrovarselo di fronte perché le era bastata la sua voce e il suo inconfondibile profumo per riconoscerlo. Quella sera era stranamente vestito in un completo bianco, cosa insolita per lei che lo aveva visto sempre in abiti scuri. Lo trovò davvero affascinante, in quella veste.

La sua espressione era, però, sempre fredda e quasi infastidita dalla sua presenza. O, forse, era semplicemente irato perché April aveva mentito alla sua domanda con prontezza.

Lei sorrise per affievolire la tensione. “Accidenti, in bianco sembri proprio un angioletto. Sei carino.” gli disse ironica; il dolore sembrava si fosse nascosto dietro un angolo pronto a tornare allo scoperto non appena lei avesse abbassato la guardia.

Ma, almeno fino a quel momento, parve riuscire a celarlo alla perfezione.

O almeno così credeva; Klaus la osservava con attenzione, quasi riuscisse a smascherare la pena che il solo respiro le stava arrecando.

Concordo. Lucifero era un angelo prima di cadere dal Paradiso.” aggiunse lui, prendendo uno stuzzichino di carne da un enorme piatto in vetro, posto nel mezzo del lungo tavolo.

April abbozzò un sorriso, quando notò che, sotto sotto, Klaus sembrava imbarazzato dalla sua frase di poco prima. “Ti credi così cattivo?”

Il ragazzo le lanciò un'occhiata rapida che April non fu in grado di ricambiare. Ma la intimorì.

Bevve un lungo sorso di spumante e guardò le varie coppie che stavano ballando in mezzo alla sala: Rebekah e Stefan sembravano essere quelli che spiccavano maggiormente poiché assomigliavano a due stelle appena scese dal cielo. Erano bellissimi insieme, e sembravano trovare l'una nell'altra quella luce che li rendeva umani nel loro aspetto. Solo quando erano insieme; presi singolarmente sembravano irreali, diversi da tutto il mondo.

Tu invece? Questo vestito mi ricorda molto quello che comprai a mia sorella tempo fa...” disse Klaus, facendo sì che lei si distraesse dal ballo.

April lo guardò nuovamente, sentendosi avvampare mentre il ragazzo lasciava scorrere lo sguardo lungo il vestito che aveva indosso. Avrebbe dovuto immaginarsi che potesse esserci qualcosa di ancora più imbarazzante dietro quel regalo; per poco si portò la mano al volto per nascondersi.

Senti, tua sorella lo ha fatto spacciare per nuovo e non avevo idea che glielo avessi regalato tu!” esclamò imbarazzata. “Dio, vorrei ammazzarla.”

Klaus abbozzò un sorriso, quando vide la ragazza agitarsi come una bambina che aveva appena scoperto la burla della sua amichetta. “Non preoccuparti, non uccido per così poco.” disse, a suon di battuta.

I due rimasero poi in silenzio, continuando a guardare la folla ballare di fronte a loro. Eccetto alcuni uomini che parlavano isolati agli angoli della sala, loro due sembravano gli unici a non essere coinvolti nelle danze.

Ti va di ballare?” Klaus le tese elegantemente la mano, e April si ritrovò così a far scorrere il proprio sguardo lungo le dita affusolate di lui, per risalire poi al suo volto. Il ragazzo stava sorridendole, in una maniera che lei non riusciva proprio ad evitare di ammirare. Provò di nuovo quella strana sensazione, quella di un tumulto improvviso e incontrollabile dentro il proprio petto e rammentò poi il bacio che gli aveva dato pochi giorni prima.

Era in procinto di accettare, bramando il momento in cui i loro corpi si sarebbero mossi al suono di quella soave musica.

Dolore.

Quello non era causato dalle emozioni che Klaus era capace di suscitarle, bensì da quell'ombra oscura che, nascosta dietro un angolo del suo corpo, attendeva che lei abbassasse la guardia e fosse così più vulnerabile. Era riuscito a fregarla attraverso la presenza di quel ragazzo.

Non...non posso, mi dispiace.” si scusò, evitando di incrociare lo sguardo del ragazzo e scuotendo violentemente la testa. “Ho bisogno d'aria.”

Dopo aver abbandonando il proprio bicchiere sulla superficie alle sue spalle, April praticamente fuggì nella direzione che l'avrebbe portata alla balconata della casa, dove avrebbe potuto riprendersi un po' di ossigeno.

Klaus intanto abbassò la mano che aveva teso nella sua direzione.

La seguì con lo sguardo per tutto il tempo in cui lei rimase nella sua visuale e non gli fu difficile capire cosa gli era appena successo.

* * * * *

La trovò circa una mezz'ora dopo da sola, con i gomiti posati sulla pietra della balconata, intenta a guardare il cielo privato delle sue stelle più belle.

Erano giorni che quello era completamente nero, sempre annuvolato e privo di luci, e mai come in quel periodo Klaus si era accorto di quanto il sole e la luna in realtà gli mancassero.

Guardò April, con la schiena ricurva e il volto alzato verso il cielo, mentre con una mano tamburellava sulla superficie. Il vampiro si chiese quali fossero i suoi pensieri in quel momento.

Probabilmente, nella testa, aveva solo dolore. L'espressione di poco prima ne era la prova.

Hai preferito restartene qui da sola piuttosto che ballare con me? La trovo un'offesa bella e buona, sai?”

Quelle furono le parole migliori che riuscì a trovare per poter attirare la sua attenzione su di sé. La ragazza volse lentamente lo sguardo verso lui, tenendo le labbra serrate tra loro e portandosi il proprio bicchiere alle labbra. Non doveva essere il primo di quella sera, e dallo sguardo di April era chiaro che non sarebbe stato nemmeno l'ultimo.

I nostri vestiti sono troppo abbinati. Saremmo apparsi per marito e moglie.” rispose la ragazza, portandosi il calice alle labbra.

Klaus trovò particolarmente azzeccata quella risposta. Affondò le mani dentro le tasche dei pantaloni e alzò lo sguardo verso il cielo scuro. Era certo che di lì a poco sarebbe giunto un temporale.

Intanto April prese a osservare attentamente il bellissimo volto del ragazzo. In quel frangente, mentre la sua attenzione era rivolta al cielo, egli sembrava possedere un'avvenenza più umana. Ben lontana da quella che lei, solitamente, vedeva in lui ogni volta che si soffermava ad ammirarlo.

Ho una domanda che mi ronza in testa dall'altro giorno.” Klaus abbassò gli occhi su di lei, ignorando la maniera in cui lo stava fissando. La ragazza tremò al pensiero che quella domanda doveva originare del giorno del bacio. “Davvero non credi nell'amore, April Ford?”

Oddio, un argomento peggiore non potevi trovarlo, mio caro.” replicò April, scuotendo la testa fermamente. Ebbe bisogno di bere un altro sorso.

Klaus accennò un sorriso; le si fece poi più vicino e in quel momento una nuvola si spostò nel cielo, mostrando un luminoso frammento della luna piena che aveva da sempre brillato sotto quel manto di oscurità.

Il discorso dell'altra sera mi ha lasciato un po' perplesso....se i miei sensi non mi ingannano, tu sei fidanzata.”

Parlando, il vampiro si rese conto di aver espresso quel concetto con una mal nascosta punta di invidia. Si schiarì la voce, sperando così di cancellare via quell'errore, ma April sembrò non accorgersene. Si misero nelle stesse posizioni, con la schiena posata sulla superficie della balconata, e il bicchiere stretto in una mano, pronto a lenire le loro pene non appena lo avessero innalzato alle labbra.

Se non ricordo male, tu eri del mio stesso parere.” gli ricordò April, senza soffermarsi sul riferimento a Christopher.

Ma io, appunto, non sono fidanzato.” disse lui.

Mi stai giudicando per caso?” domandò April, fingendosi offesa ma non essendolo per nulla. Era sempre stata pronta ad accettare i pregiudizi dettati dalla propria apparenza.

Si portò il calice alle labbra e trangugiò un lungo sorso.

Klaus la guardò senza capire; non era la prima volta che gli capitava di non comprendere le stupide decisioni di un essere umano, ma April sembrava più contorta di quanto sembrasse.

Allora perché stai con lui se non lo ami?”

Sì, perché stai con lui, April?

Klaus rifiutava di credere che fosse solamente per la brama di potere e di denaro. Doveva esserci dell'altro sotto, una paura che tormentava la ragazza nel più profondo del suo cuore, e che l'aveva spinta ad adeguarsi a quella decisione presa.

April s'incupì; i suoi occhi scuri si posarono in un punto indefinito di fronte a loro e il bicchiere si fermò prima che potesse raggiungere le labbra. Si prese il suo tempo per rispondere, quasi si fosse accorta che, nella domanda di Klaus, ella avesse trovato la forza di risolvere tutti i suoi dilemmi.

Perché volevo la ricchezza, la fama e lui poteva garantirmele.” rispose. “Ma ora...è altro ciò che voglio. Non so spiegartelo.”

E che cosa vuoi ora?”

Gli occhi scuri della ragazza si fecero stranamente lucidi; sembrava spaventata dal futuro, dal modo in cui esso stava mutando e andando contro i suoi piani. Quella era la paura più comune negli umani, insieme a quella della morte, ed entrambe queste paure lui non era in grado di capirle. Come non capiva nemmeno cosa stesse succedendo in quella ragazza, tanto da non volere più ciò che aveva desiderato per quasi un'intera vita.

Non lo so.” rispose April, e tornò a guardarlo. Il ragazzo si sentì battere qualcosa sotto pelle, all'altezza del petto, mentre quegli occhi lo fissavano a quella maniera. Il viso di April aveva assunto l'aspetto di quello di una bambina desiderava vivere i suoi sogni migliori quando era piccola e credeva ancora che il mondo potesse realizzarli.

Ma cosa aveva causato quella reazione in lei?

Klaus sbatté più volte le palpebre, per imporre a sé stesso di smettere di guardarla.

Torniamo alla domanda di prima, cosa ti ha fatto smettere di credere nell'amore?” le domandò, bevve un lungo sorso e alzò gli occhi verso il cielo. “Credo che la tua ossessione per la ricchezza sia correlata alla risposta a questa domanda.”

April prese fiato, poi lo perse.

Chiuse le palpebre, come se quella domanda stesse risucchiandole la vita dall'interno.

Klaus la osservò, e venne quasi tentato dal ritirare la domanda. Ma il suo egoismo e la sua curiosità vollero avere la meglio. E comunque, appena quel pensiero balenò nella sua mente, April parlò.

Mio padre sparò a mia madre quando ero bambina.” disse, la voce leggermente tremante.

Klaus trattenne il fiato.

Mai si sarebbe aspettato un dramma simile nella vita della ragazza. Aveva pensato che tutto derivasse da un'amore non corrisposto, oppure una delusione mai superata.

Lei si lasciò sfuggire una lacrima, e lui venne quasi preso dalla tentazione d asciugarla.

Ma restò immobile.

Mi dispiace, pensò.

Sì, era ciò che si doveva dire in situazioni del genere, eppure lui non riuscì a pronunciare quelle due semplici parole. Implicava troppo coinvolgimento, troppo cuori, troppi sentimenti...e lui non li possedeva più.

Eppure, riusciva a trovarsi dispiaciuto per lei.

I miei erano molto poveri e vivevamo in una baracca con il minimo indispensabile. Eravamo però felici. Eravamo una famiglia. Mia madre mi portava sempre a giocare in un campo che in primavera fioriva come un giardino dell'Eden. E giocava con me, raccontandomi delle storie e intrattenendomi con quei sogni che l'avevano allietata nella sua adolescenza, perché li considerava ancora vivi e realizzabili.

Ma la povertà ha distrutto l'animo debole di mio padre che ha iniziato a bere e ubriacarsi. Non ci ha mai picchiate ma ha iniziato a estraniarsi da noi, a non essere più il marito e il padre che abbiamo amato. E quando oramai eravamo così poveri da rischiare di morire di fame-ricordo ancora che mia madre rinunciava ai suoi avanzi di cibo per me-lui perse la testa: si procurò una pistola e sparò in testa a mia madre. Io assistetti alla scena perché ero con loro. Ricordo ancora il modo in cui mio padre si voltò verso di me, muovendo la pistola come se volesse puntarmela contro, mentre il sangue di mia madre continuava a macchiare il terreno e i fiori del nostro piccolo giardino dei sogni. Ero paralizzata, ero certa che papà avrebbe sparato anche me. E invece, piangendo, si portò la pistola alla tempia e si uccise.”

April aveva osservato il cielo per tutto il racconto, senza schiodare lo sguardo dalle stelle oscure che brillavano nel firmamento. Aveva mantenuto fermo il tono della voce, malgrado il dolore di quel ricordo le scuotesse le membra esili.

Klaus provò una sorta di profondo dolore di fronte a quel racconto. Era la prima volta che il dramma di un'umana lo faceva rabbrividire a quella maniera.

Non credi più nell'amore perché hai visto morire quello dei tuoi.” constatò.

Aveva visto l'amore dei suoi stessi genitori morire, per mano di un mondo che non aveva avuto pietà di loro. La povertà aveva spinto il padre ad arrendersi, a perdere la testa e uccidere la donna a cui aveva giurato amore eterno. E Dio solo sapeva cosa aveva spinto a placare la propria disperazione per non uccidere anche la piccola April: forse, rendendosi conto del gesto appena compiuto, aveva preferito volgere quel proiettile verso di sé.

Dio, quanto male gli umani erano capaci di fare agli altri e a se stessi. Loro, i vampiri, erano in fin dei conti giustificati, visto che non possedevano più il motore propulsore dell'umanità.

Io ho visto uccidere l'amore da questo mondo.” lo corresse April, spostando lo sguardo sulla punta delle proprie scarpe. “E ho capito che l'amore vero non può esistere se il mondo non te lo permette. Ecco spiegata la mia ossessione per il denaro.”

I due si lanciarono una lunga occhiata; Klaus si trovò sbigottito di fronte alla sofferenza silenziosamente esplosa nelle iridi scure di April.

Tu invece perché non ci credi?” domandò poi lei.

Il vampiro si distolse dai propri pensieri, quando sentì la ragazza rivolgergli quella domanda. La guardò; lei era riuscita a mascherare ancora di più il proprio dolore indossando un sorriso poco credibile ma che riaccese qualcosa in lui. Allontanò lo sguardo da lei e s'inumidì le labbra.

Non ho voglia di parlarne.”

Andiamo! Io l'ho appena fatto e provo la stessa antipatia che tu nutri per me.”

Klaus abbozzò un brevissimo sorriso, per poi tornare a focalizzarsi sul dolore che gli si era acceso nel petto. “C'è un solo tipo di amore.” iniziò a dire. “Quello che non muore mai...ma la persona a cui era rivolto se n'è andata molto tempo fa.” disse, con una nota di rammarico.

Capelli ricci e castani. Occhi scuri. Carnagione olivastra. Un sorriso dolcissimo.

Ricordi dolorosi la riportarono in vita per un attimo, per poi strappargliela di nuovo via al ricordo.

Mi dispiace.” April riuscì a dire senza problemi la frase che aveva spaventato Klaus poco prima. Gli posò una mano sulla spalla e gli regalò un sorriso; lui venne quasi tentato dal ritrarsi.

Quell'umana non aveva alcun diritto di parlargli come se facesse pietà, perché non era così.

Non doveva.

Non poteva.

Ma non riuscì a scacciare la mano della ragazza dalla sua spalla. Rimase però e comunque in silenzio.

Sai, ho conosciuto diverse persone che hanno perso...la persona che amavano, ma questo non vuol dire che tu non sia più capace di innamorarti di nuovo.” disse lei, parlando con tono accorato.

Non mi sembra ti abbia chiesto qualche consiglio...” la mise a tacere Klaus, scoccandole un'occhiata gelida che la fece rabbrividire. “E poi tu sei proprio l'ultima persona che possa darmene uno.”

April sbatté le palpebre, incapace di abituarsi a quei continui cambi di espressione da parte del ragazzo. Lo guardò allontanarsi- poiché Klaus non si sentì più capace di sopportare la vista della ragazza- ma lei lo richiamò a gran voce.

La ragazza lasciò il proprio bicchiere sulla balconata e si era messa ritta sulla schiena, rigida e immobile.

Il vampiro si fermò, volse lo sguardo nella sua direzione e notò che lei stava combattendo con qualcosa che stava spingendola a respirare velocemente, senza poter nascondere i movimenti sotto il suo petto.

Klaus pensò che si sentisse male, ma il male che lei stava affrontando non era fisico.

Era altro.

April?”

È ora di affrontare tutto questo, Niklaus.”

April corse verso di lui, lo raggiunse prima che potesse accorgersene, e posò le labbra sulle sue in un bacio improvviso. Il tutto ebbe la stessa velocità di un singolo sbattere d'ali di farfalla e Klaus si ritrovò a non saper se voler rispondere a quel bacio o meno.

Si ripeteva che doveva respingerla, che non doveva lasciarsi andare a quel momento, ma la sua mente sembrò lontanissima affinché potesse comandare il suo corpo.

April si ritrasse, nel momento stesso in cui lui stava per chiudere le palpebre e lasciarla vincere.

Oddio, scusa.” si scusò April, portandosi le mani alle labbra quando si rese conto di essere stata troppo impulsiva e di aver provato ad avvicinare una fiamma a ghiaccio vivo. Scosse la testa incredula, mentre lui la guardava ma senza ascoltarla. “L'ho fatto di nuovo. Dio, sembro una ninfomane. Mi sono lasciata prendere dal desiderio, tu sei così affascinante e io così brilla e..quello di cui abbiamo parlato prima mi fa male e...”

Klaus pose fine al suo farfugliare nella maniera che meglio gli riuscì.

Ma quando lo fece, pensò quasi che ucciderla sarebbe stata la soluzione più facile.

Le sue labbra raggiunsero quelle di April e fu tutto diverso.

Lei si era limitata a cercare solo un contatto, lui voleva invece prendere tutto di lei con quel bacio.

Dopo un'iniziale attimo di turbamento, la ragazza si abbandonò rapidamente a quel contatto. Le loro lingue si cercarono e si intrecciarono rapidamente, in una sensuale e sinuosa danza di desiderio, di passione, di abbandono l'uno all'altra.

Il ragazzo portò una mano tra i capelli corvini di lei, per tenerla più stretta a sé e April posò le mani sulle sue spalle per di permettersi un contatto prolungato in quel bacio.

Non se ne accorsero nemmeno, ma, in qualche modo, si ritrovarono nella camera da letto di lui.

Ogni pensiero sembrava svanito dalle loro menti; erano rimasti solo i loro corpi che avevano il bisogno strettamente necessario di scoprirsi e di unirsi.

La miglior cura ai loro dolori erano solo loro.

Si avvicinarono ai piedi del letto- April arretrando e Klaus facendosi in avanti verso lei. Il ragazzo volle riprendersi le sue labbra, mentre lei glielo stava involontariamente impedendo, troppo impegnata a cercare di slacciargli la camicia bianca. Alla fine, con un gesto affrettato e rude, April riuscì ad aprirla sul petto nudo e marmoreo di lui, provocando la dipartita di diversi bottoni. Fece scorrere le mani lentamente lungo la pelle diafana di Klaus, sentendole fremere al desiderio di sentirla bruciare a contatto con la propria.

Klaus sorrise, avvertendo la propria brama crescere insieme a quella di lei.

Ripresero a baciarsi, con più foga e passione rispetto a poco prima.

Si ritrovarono poi distesi sul letto; April continuava a cercare di togliergli di dosso gli ultimi indumenti rimasti. Rimase distesa sotto di lui, facendo scorrere le dita verso i pantaloni dl ragazzo.

Le labbra di lui scesero a torturarle il collo prima con baci bollenti, poi con piccoli morsetti che non le fecero alcun male.

La ragazza si morse le labbra, trattenendo a stento un gemito di piacere e gettò la testa all'indietro quando la bocca di lui scese sempre più verso i suoi seni. Non aveva mai fatto caso a quanto le sue mani fossero grandi, non fino a quando le aveva sentite scorrere lungo il suo corpo. Le sue dita affusolate le circuirono il polpaccio, per poi risalire verso la coscia e stringerla con desiderio.

Klaus le aveva alzato leggermente la gonna, per rendere quel contatto più intenso e bollente.

April, intanto, imprecò tra sé e sé, quando si rese conto di essere così poco lucida a causa di quei baci da non riuscire a slacciare i pantaloni di Klaus.

Quest'ultimo la allontanò, tirandosi in ginocchio sul materasso e slacciandosi i pantaloni autunomamente. Se li tolse poi con crudele lentezza, sapendo che April non attendeva altro che un altro bacio da parte sua per poter riprendere a respirare.

Ella quasi sussultò, quando lo vide tornare a stendersi su di lei per riprendere quel gioco di baci e sospiri a cui si erano dedicati da diversi minuti. La ragazza accolse le labbra di lui sulle proprie, in un contatto intenso e disarmante.

Era rimasto solo il suo vestito a rovinare tutto, ma April non riusciva a compiere alcun movimento per separarsi dalle braccia di Klaus e rimediare a quella situazione. Allora prese lui in mano la situazione: le strappò le bretelle dell'abito e, senza curarsi di quel prezioso tessuto, lo sfilò con poca grazia dal corpo di April.

Lei rise, portandosi una mano al viso, bollente di imbarazzo e desiderio. “Che spreco di denaro!” esclamò.

Klaus non rispose; tutto quello che aveva da dire lo trasmise attraverso un ennesimo e lungo bacio con cui la privò dell'anima. Quel contatto poi, con una sorprendente lentezza, si trasformò in qualcosa di più dolce e meno spinto. Il loro divenne solo uno scontrarsi di labbra, di respiri che si spegnevano, di speranze desiderose di vivere per almeno quella notte.

Klaus cercò la mano di lei che gli stringeva i capelli e la strinse alla sua, rendendo quel contatto ancora più intimo e vicino.

April, a un certo punto, allontanò le labbra da quelle di Klaus, come scottata da quel bacio. Colto di sorpresa, il vampiro la guardò sbalordito e confuso, tentato dal riprendersi quanto in quel momento desiderava,

Sapevano entrambi che, di lì a poco, il loro corpi si sarebbero uniti in una cosa sola.

Eppure lei stava bloccando quel momento.

Perché, se fino a poco prima lo aveva cercato insieme a lui?

Che ti prende?” le domandò Klaus, con voce soffusa.

Le sue parole soffiarono tra i capelli corvini della ragazza, sparsi sul lenzuolo bianco e che le circondavano il viso come fosse un angelo. Lei guardava un punto sul soffitto, con aria sofferente.

Io...” Si bloccò per un istante, avvertendo un fastidioso groppo che le impediva di parlare. “Non mi era mai capitata una cosa simile.

Klaus non comprese. “Che vuoi dire?”

Vide le labbra di April serrarsi tra loro, quasi la ragazza avesse vergogna nel lasciar andare quelle parole.

Non mi sono sentita così da tanto tempo.”

Come?”

Me stessa.”

Klaus si ammutolì di fronte a quelle parole. Non seppe cosa dire, ma nemmeno cosa pensare.

L'unica consapevolezza che aveva era di sentirsi quasi grato per quelle parole.

Felice. Entusiasta.

Non avrebbe dovuto permettere una cosa del genere; avrebbe dovuto combattere fino alla fine, impedire che il momento che stavano vivendo avesse luogo, ma arrendersi fu la vittoria migliore che potesse mai concedersi.

Lei lo stava guardando intensamente, aspettandosi una replica. Stava magari aspettando che anche lui le confessasse di sentire a quella maniera, di provare affinità per la sua solitudine, di sentire la propria anima simile alla sua e di non avere più un cuore congelato ma vivo e pronto a battere di nuovo.

Di sentirsi se stesso.

Ma non voleva ammettere quel sentimento che per lui sapeva tanto di menzogna, era troppo.

E lei...

Deglutì, pensando che probabilmente avrebbe dovuto fermarsi prima di concedersi quell'unica notte con April.

Non voleva prenderla in giro, e non voleva farla soffrire.

Era immorale persino per uno come lui.

Ma lei abbatté nuovamente le sue barriere: lo baciò con delicatezza sulle labbra e portò entrambe le mani sulla nuca di lui. Klaus si lasciò andare a quel bacio poi, prima che la ragione e il cuore tornassero a combattersi per riprendere possesso di quel corpo, entrò dolcemente in lei.

La ragazza gettò nuovamente la testa all'indietro, si lasciò andare ad un gemito di piacere, mentre Klaus fissava la sua pelle diafana con estremo desiderio. Il suo sguardo cadde su una vena bluastra che si allungava sotto la pelle del collo della ragazza e il desiderio del suo corpo si unì a quello del sangue. Represse quel suo istinto, cercando di nascondere le vene scure che dovevano essergli apparse ai lati degli occhi, chiuse le palpebre e prese a muoversi dentro di lei.

Le spinte furono all'inizio lente e delicate, Klaus posò le labbra sul collo di lei, baciandolo con dolcezza, per sopprimere la voce del proprio piacere. Sentiva quello di lei aumentare ad ogni spinta; le mani della ragazza erano scese sulla sua schiena nuda, dove aveva affondato le unghie per poter fare fronte alla passione. Si baciarono, con minor foga ma con più intensità rispetto a poco prima, e in quel momento le spinte si fecero più decise. April ne venne colta di sorpresa, soffocò un gemito sulla spalla di lui, mentre il ragazzo lottava con il continuo desiderio di volerla mordere, di prendere tutto quello che poteva di lei.

Corpo. Anima. Sangue. Vita.

Poi si rese conto che le bastava solo una cosa di lei ed era averla vicina, almeno per quel momento. Continuò a muoversi in lei, soffocando i suoi gemiti e rubandole di tanto in tanto un bacio.

Il piacere poi divampò in una fiamma che li avvolse completamente; i due raggiunsero all'unisono l'apice del piacere, le loro labbra ancora unite in un bacio spezzato.

April aprì gli occhi nel momento stesso in cui lo fece lui, entrambi si guardarono e i loro respiri continuarono a combattersi, scontrarsi e uccidersi.

Lentamente il sonno si fece largo tra le loro menti. Klaus le si distese accanto portandosi il braccio a coprirsi gli occhi e prendendo lunghi respiri.

Una voce, l'ultimo sospiro prima dell'arrivo di Morfeo, giunse all'orecchio di uno dei due.

Mi sto innamorando di te.”

* * * * * * * * * *

Klaus si svegliò poche ore dopo, constatando che April non era più nel suo letto.

Il ragazzo si era ritrovato ad accarezzare il punto del materasso in cui ancora giaceva la sagoma della ragazza e respirando ancora il profumo di lei nell'aria. Non ebbe il tempo materiale di chiedersi perché fosse successo e perché April non si trovasse con lui ad affrontare quel momento, che già ebbe l'istinto di scendere al piano di sotto per prendersi un drink con cui soffocare tutte quelle domande.

La festa doveva essere finita da un bel pezzo, e Rebekah e Stefan dovevano essere sicuramente impegnati in uno dei loro passatempi preferiti: il sangue, oppure il sesso.

Quindi il vampiro non poté quantificare la sorpresa che provò nel momento in cui vide Rebekah, con ancora indosso l'abito della festa, camminare a passo rapido nella sua direzione, seguita da uno Stefan stranamente annoiato.

Klaus se ne restò seduto al lungo tavolo al centro della sala, trangugiando del buon liquore alla faccia di tutti i cattivi pensieri. “Quell'espressione sofferente non mi piace, sorellina.”

Va' all'inferno Klaus e dimmi che sei stato tu.” Rebekah ignorò la battutina del fratello e si fermò alla punta opposta del lungo tavolo, battendo i palmi delle mani sulla superficie. Le rughe di espressione sul viso della fanciulla lasciavano intravedere la profonda preoccupazione da cui era logorata.

A fare cosa?”

A uccidere quella donna che hanno trovato poco fuori dalla nostra abitazione.”

Klaus si ammutolì e il suo sguardo slittò prontamente in direzione di Stefan, il quale teneva le mani dentro le tasche dei pantaloni in raso e schioccava la lingua, disinteressato.

Chiedilo a Stefan; solitamente è lui quello che combina casini.” Klaus puntò il dito in direzione del compagno, senza mostrare nessun tipo di timore. Ancora non comprendeva, infatti, quello della sorella.

Stefan alzò le mani in segno di resa, inarcò le sopracciglia e arricciò le labbra sottili. “Rebekah mi è testimone. Quella non l'ho uccisa io.” disse, come se gli dispiacesse non essere l'artefice di quel misfatto.

Quello che seguì fu un lungo silenzio che Stefan non poté comprendere.

Guardò i due fratelli lanciarsi un'occhiata complice e spaventata, mentre Klaus abbassava il bicchiere lentamente sul tavolo. Aveva colto la paura di sua sorella, l'aveva tradotta e aveva lasciato che investisse anche lui.

Non ci sono altri vampiri oltre noi in città.” disse, in un sussurro che sarebbe risultato impercettibile all'orecchio umano.

Rebekah si morse il labbro, iniziando a tremare. “O forse ora non è più così...” aggiunse, guardando fisso suo fratello.

Klaus deglutì nuovamente. Un'ombra di panico e terrore si impossessò del suo animo, facendolo rabbrividire come un bambino di fronte al peggiore dei suoi incubi.

Rebekah aveva ragione, forse non era più così.

E lui li aveva trovati.


Buonsalve a tutti! :D

Questo capitolo/polpettone è un po' più lunghetto del solito e spero di non avervi annoiati. Per ricorreggerlo ci ho messo secoli, vista l'eccessiva lunghezza e i numerosi orrori grammaticali che c'erano xD Anzi, se ne dovreste incrociare altri vi prego di avvertirmi, affinché possa riporvi rimedio. Purtroppo me ne sfugge sempre qualcuno e intanto mi sento analfabeta! .-.

In questo capitolo succedono tante cose a differenza del nulla che capitava nel capitolo scorso.

C'è stata una prima vera interazione tra Bekah e April.

Non so se sia stata un po' inaspettata oppure sciocca, ma trovavo d'obbligo far rapportare a questa maniera due prime donne come lo sono loro. Inoltre ci tengo a precisare che farò dei cambiamenti a livello del personaggio di Rebekah; capirete di che parlo verso la fine della storia, dato che si tratta di un elemento che la riguarda e che nella serie non è presente. Spiegherà il perché lei si sia mostrata così gentile (??) con April.

Il resto si focalizza su April e su Klaus. Si comprende di più sul passato della ragazza e il loro rapporto ha compiuto quel passo in più che forse qualcuno aspettava (?!?!). Sinceramente, vi dico una cosa: le scene hot non sono il mio forte. Mi vengono tutte o banali, oppure volgari, noiose e ripetitive. Perciò non mi stupirei se qualcuno avesse storto il naso nella lettura; purtroppo è così, queste scene sono una pecca per me.

Per quanto riguarda la scena finale, non anticipo nulla, anche perché probabilmente è chiaro di chi sospettano i due fratelli Mikaelson, no? Ma i loro dubbi saranno fondati?

Ora voglio parlare di Katherine, che è stata introdotta nello scorso capitolo. Vi ho già detto che ho deciso di inserirla all'improvviso, malgrado la prima stesura della storia non comprendesse la sua presenza, ma già so che ruolo rivestirà e le scene in cui apparirà. In questo capitolo rappresentare anche lei avrebbe significato creare ancora di più polpettone bello e buono, quindi vi avviso che la rivedrete nel prossimo, capirete come fa April a conoscerla e, sopratutto, perché la vampira abbia deciso di avvicinarsi a lei.

Ora passo come sempre ai ringraziamenti per coloro che leggono silenziosamente e coloro che recensiscono. Grazie anche a tutti coloro che hanno inserito questa storia tra le preferite/ricordate e seguite!

Alla prossima e vi auguro di passare una buona serata! ;)

Ciao ciao bellissimi!

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Capitolo 8
*** And you could have it all, my empire of dirt ***


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http://www.youtube.com/watch?v=wkWo2srE7nY

**La canzone è una cover della bellissima “Hurt” dei Nine Inch Nails, ma ho scelto la versione della Lewis perché la trovavo più consona al capitolo.

-Capitolo 8: And you could have it all, my empire of dirt-

I wear this crown of thorns
Upon my liar's chair
Full of broken thoughts
I cannot repair
Beneath the stains of time
The feelings disappear
You are someone else
I am still right here

(Hurt by Leona Lewis*)


Il mattino successivo a quella notte d'amore, April lasciò la villa dei Mikaelson, come farebbe l'amante di un uomo sposato, pur di non farsi cogliere in flagrante dalla moglie di lui.

Lo fece furtivamente, senza farsi vedere da nessuno, ma non prima di aver guardato per un'ultima volta il volto sereno e rilassato di Niklaus, abbandonato tra le candide lenzuola in cui era stata consumata la loro unione. Solo mentre dormiva sembrava che tutti gli affanni, i dolori e i tormenti del ragazzo l'avessero abbandonato, assopendosi insieme a tutti i suoi sensi.

Era una cosa che non le impedì di sorridere.

Ma allora perché se ne stava andando?

Era una domanda che le sorse spontaneo chiedersi più e più volte, mentre camminava lungo la strada che l'avrebbe portata a casa. Sapeva solo che doveva farlo, che doveva abbandonare quel calore, quella stanza, quella casa e dirigersi al suo appartamento.

Il sole aveva iniziato a sorgere imponente sulle strade di Chicago, quando April rincasò presso la sua umile abitazione. Non gliene importò nulla di essere di nuovo sola tra quelle quattro mura, e che, probabilmente, avrebbe passato il resto della giornata a contare i minuti, le ore fino a quando avrebbe dovuto raggiungere il locale di Gloria per esibirsi.

Era felice.

Felice come non lo era mai stata da qualche anno a quella parte.

Aveva dimenticato cosa significasse abbracciare un sentimento e lasciarsi pervadere da esso, mettendo da parte tutte le ambizioni materialistiche e futili in cui aveva sperato di ritrovarlo. Era bello inseguire un sogno apparentemente impossibile, e sentirlo a pochi passi da sé.

Si abbandonò con la schiena contro la porta e si lasciò baciare da un sorriso sincero e spontaneo, che quasi mutò in una risata di pura gioia.

Finalmente sei tornata.”

April sussultò spaventata, quando udì quelle parole, le quali sembrarono essere state pronunciate dal buio della sua casa. Alzò gli occhi e scorse qualcuno seduto al tavolo dello stretto salotto. La sua figura era tratteggiata dalla luce del sole nascente, visibile dalla finestra alle sue spalle, tanto che April ci mise qualche secondo per associare quella voce e quell'ombra a Christopher.

Il puzzo del sigaro acceso si espandeva all'interno della stanza, insieme a un altro, indecifrabile odore che April avvertiva aleggiarle attorno.

Che ci fai qui?” April si avvicinò lentamente alla soglia del salotto, guardando incredula e sbalordita l'immagine di Christopher. Lui non aveva mai avuto le chiavi del suo appartamento e non si era mai nemmeno permesso di entrarci così, violandone la proprietà.

April avvertì un brivido scorrerle lungo la colonna dorsale, sentendo che quella discussione avrebbe preso una piega improvvisa, qualora, in quel momento, lei gli avesse rivelato la sua intenzione di lasciarlo.

Sì, voleva lasciarlo e non era solo per Klaus.

Era perché aveva dato di nuovo voce ai desideri della giovane e sognante April che sognava molto di più che un patrimonio milionario e numerosi gioielli. E lui avrebbe dovuto capirlo senza problemi; in fondo, non vedeva quel grande amore nemmeno da parte sua e avrebbe potuto trovare benissimo un'altra donna con cui rimpiazzare il bel trofeo che aveva esibito fino ad allora.

Vorrei farti la stessa domanda.”

Christopher si alzò in piedi, con una lentezza disarmante tanto che April ne ebbe quasi paura. Una volta che egli le fu vicino abbastanza vicino da pervaderla con il suo odore, la ragazza fu capace di identificare il secondo olezzo che, all'interno della stanza, si mischiava con quello del tabacco.

Era quello dell'alcool con cui egli doveva essersi consolato nell'attesa che lei tornasse.

Sei ubriaco?” domandò, con un'espressione disgustata.

Dove sei stata?”

Le alitò in viso, scandendo ogni singola parola che uscì dalle sue labbra, e April ritrasse un poco la testa indietro, per non lasciarsi investire da quel fastidioso tanfo. Il suo corpo era teso e irrigidito come la corda di un violino, malgrado i suoi sensi l'allertassero su quanto pericoloso potesse rivelarsi Christopher in quelle circostanze.

C'è stata una festa organizzata da Rebekah Mikaelson.” April decise di rispondere con sincerità, tralasciando però tutta la faccenda con Klaus. Quell'argomento sarebbe stato più opinabile da affrontare in un momento in cui Christopher fosse stato sobrio. “E sono stata invitata. Rifiutare sarebbe stata cattiva educazione.”

Christopher sghignazzò. “Mikaelson...” Il ragazzo barcollò all'indietro, e April non mosse un muscolo per prevenire una sua possibile caduta. “Non è anche il cognome di quel tipo dai capelli biondi con cui hai parlato alla mostra?”

April trattenne un sussulto scoppiatole improvvisamente nel petto, e abbassò gli occhi sul pavimento, per paura che potessero facilmente trasmettere a Christopher il suo timore. Non aveva idea che lui fosse a conoscenza di Klaus, sopratutto della sera della mostra, e sperò che i suoi occhi non avessero anche scorso il momento in cui le labbra di April si erano posate sulla guancia di Klaus. Non perché se ne vergognasse, ma perché mai come in quel momento April trovò Chris terribilmente spaventoso.

Sì, lo è. Qual'è il problema?”

Il problema..il problema...” Christopher scoppiò a ridere in una risata priva di senso che riecheggiò tra le pareti spoglie dell'appartamento. Si portò la mano al volto e si massaggiò la pelle in prossimità degli occhi. “Ci vuoi andare a letto per caso?”

Sei ubriaco Christopher ed è meglio che torni a casa e riposi.”

L'uomo scattò verso di lei, e April mosse un rapido passo all'indietro, guardando con espressione spaventata il volto allucinato dell'uomo da cui, un tempo, voleva un matrimonio regale che le avrebbe assicurato una vita piena di agi e ricchezze. Come poteva essere stata così cieca da non vedere quanta sporcizia quell'uomo potesse nascondere nel suo animo?

Mi sono ubriacato pensando a te a letto con quell'uomo.” disse, digrignando quelle parole tra i denti. “Dovevo sapere che non sei nient'altro che una puttana del sud proprio come tua madre.”

E potrei essere anche meglio delle puttane con cui ti diletti tu?” April non riuscì a trattenersi, malgrado la società dell'epoca disponeva che la donna, in quelle situazioni, non doveva altro che starsi zitta al suo posto, senza replicare. Perché l'uomo aveva il diritto di dire qualsiasi cosa a cui le donne dovevano sottomettersi. Non era più così che voleva vivere, sottostando a regole di una società di cui non avrebbe voluto far parte. Non avrebbe più tollerato umiliazioni simili, sopratutto se includevano anche insulti a sua madre. Non le importò nemmeno sapere come mai Chris fosse a conoscenza di quella vicenda legata al suo doloroso passato, dato che non ne aveva mai parlato con nessuno.

Quello che accadde subito dopo, malgrado fosse prevedibile, la colse di sorpresa.

La mano di Christopher si alzò rapida, per poi colpirle la guancia destra con un colpo deciso e violento. Lo schiaffo fu talmente forte che costrinse April a voltare la testa. La pelle della guancia le divenne calda e dolorante in un nano secondo, e lei prese a massaggiarla con mano tremante. Era sul punto di piangere per il dolore, o forse per la rabbia di non essere stata capace di difendersi come avrebbe dovuto, ma si trattenne, mossa dal proprio orgoglio personale.

Fossi in te..” Christopher l'afferrò rudemente per un braccio, attirandola a sé.

April si lasciò sfuggire un gemito, ma non abbandonò quella forza che spingeva i suoi occhi a trattenere le lacrime. Lo sguardo dell'uomo-vuoto e spento come la sua anima- era terribilmente vicino al suo mentre fissava il suo viso con una rabbia repressa, che Chris avrebbe tanto voluto esternare a un'altra maniera. “Ricorderai che fine ha fatto tua madre per una storia simile a questa. Sappi che io però utilizzerò il proiettile che tuo padre ha usato per spararsi in testa per uccidere qualcun'altro.”

April deglutì, e non riuscì a trattenere le lacrime. Il suo volere di lasciare Christopher una volta per tutte e, magari, vivere qualcosa con Klaus andò in fumo: non avrebbe mai potuto permettere che succedesse qualcosa al ragazzo per mano di quel folle.

Non se lo sarebbe mai perdonato.

Improvvisamente le lacrime scesero rapide lungo il suo volto, ma non per la paura che Christopher aveva piantato in lei, bensì perché un inatteso dolore fisico giunse così intenso dal provocarle l'abbassamento delle palpebre.

Iniziò a tossire ripetutamente e con vigore, senza riuscire a fermarsi, cadendo poi a terra una volta che Christopher, incurante del suo malore, le lasciò il braccio. Egli la guardò come si guarderebbe un verme morente nel terreno, senza alcun sentimento di umanità o compassione.

Cosa che April non desiderava affatto: l'unica cosa che chiese al cielo fu di darle la forza di rialzarsi da quel pavimento e non lasciar Christopher godere di quell'immagine. Ma il bruciore a livello del petto era troppo forte; sembrò come se tutti gli organi del suo corpo fossero stati stretti in una presa invisibile, che li voleva strappare dal punto in cui si trovavano.

Saluta il tuo amichetto, April. Altrimenti lo andrò a salutare io da parte tua.”

April si tenne le mani davanti al viso, continuando a tossire dolorosamente, in maniera quasi disperata.

Vide i passi di Chris muoversi lentamente verso la soglia della porta, per poi aprirla e uscirvi, sbattendosela dietro alle spalle con ira.

Rimase dunque sola, con il volto rigato da lacrime di rabbia e dolore che non riuscì ad arrestare.

Sentì qualcosa di caldo e denso bagnarle il palmo della mano con cui si copriva la bocca e, singhiozzando, se lo portò all'altezza degli occhi.

Tremò e prese lunghi e profondi respiri, deglutendo di tanto in tanto per scacciare il saporaccio che aveva in gola. Fissò priva di emozioni quel grumo di sangue rosso vivo che le bagnava la pelle diafana e pianse con più forza.

* * * * * * * * * * * * * *

C'era un strano profumo di morte nell'aria, quella giornata.

Cibarsi del sangue umano lo rendeva sempre particolarmente euforico: offuscava tutti i cattivi pensieri che solitamente accompagnavano la sua quotidianità e lo faceva sentire libero. E quella mattina i cattivi pensieri erano fin troppi e Klaus, dunque, per poterli lavare via, aveva più che bisogno di sentire quel liquido caldo scorrergli piacevole lungo la gola, soffocando tutti i suoi dispiaceri.

Senza contare che il nettare della vita umana poteva anche scacciare, con il suo odore metallico, il dolce profumo di April che aveva ancora indosso.

Il sangue gli scorse lentamente lungo la gola, mentre i canini affondavano sempre di più nella pallida pelle della sua giovane vittima. Un senso di appagamento gli pervase tutto il corpo, e Klaus strinse maggiormente a sé il corpo della ragazza, in qualcosa di molto simile ad un abbraccio.

Come quelli che quella notte si era scambiato con April.

Al solo pensiero di lei, Klaus morse con maggiore intensità, spostando una mano sulla coscia nuda della sua vittima e stringendola in un artiglio. Quella, in preda a un'estasi mortale, emise un piccolo gemito di piacere.

Come quelli che aveva emesso April quella notte, quando era stata sua.

Di nuovo, la sola immagine di lei lo portò a sperimentare più a fondo il piacere di nutrirsi, come se era certo di trovare una luce alla fine di quel lungo tunnel buio. Baciò il collo della ragazza, per prendere possesso delle goccioline di sangue sfuggite alla sua bocca vorace, e la fanciulla mugugnò qualcosa che lo stimolò a continuare. Le sue labbra si mossero lentamente lungo la sua pelle, con pericolosa sensualità.

Proprio come aveva fatto quella notte con April.

Scacciò il suo pensiero, concedendosi un lungo sorriso prima di farlo, e affondò di nuovo e più a fondo i denti nella carne della giovane ballerina che era riuscito a rimediare per colazione. Il gemito che ne seguì era ben lontano da sembrare un verso di piacere: era troppo debole ;non era altro che il pallido riflesso di un urlo di terrore, quello che si lancia prima che la morte sopraggiunga.

Riesci ad essere persino più teatrale di me.”

Klaus sorrise, nello stesso istante in cui la sua vittima esalò un ultimo respiro, e alzò lo sguardo su Stefan Salvatore. Il giovane vampiro era elegantemente seduto sulla poltrona alla destra del divanetto in cui Klaus era beatamente adagiato insieme al cadavere della ragazza.

Nessuno ti batte in teatralità, amico mio.” gli rispose, lasciando il corpo privo di vita con un gesto rude, in un angolo del divanetto. Si pulì le labbra con il dorso della mano, appurando che erano completamente colorate di rosso, e non riuscì a smettere di sorridere.

I brutti pensieri, però, non attesero molto a sbucare fuori dall'angolo in cui si erano rintanati fino ad allora. Klaus strinse i pugni, quando un sentimento molto simile alla rabbia avvolse il suo cuore spento.

Stefan restò seduto al suo posto, con le gambe elegantemente accavallate e un sorriso sornione sul volto; era uno di quei sorrisi terrificanti che non lasciavano trapelare nulla di positivo. Su quel livello Klaus si sentì quasi superato.

Mi vuoi dire...cosa ha spaventato così tanto te e tua sorella ieri notte?.” gli chiese, tendendo la mano verso il tavolino in legno in mezzo ai due divanetti. Si verso del bourbon in un bicchiere di vetro, e ignorò l'occhiata glaciale che Klaus gli riservò.

Se avessi voluto parlartene, lo avrei già fatto.” rispose secco il vampiro, allungando le braccia lungo lo schienale del divanetto. Lui e Rebekah avevano cercato di racimolare più informazioni possibili riguardo l'omicidio della notte prima. Si erano rivolti persino a Gloria per appurare se si trattasse di lui, ma la strega, assonnata e irritata, non aveva individuato la presenza di quel bastardo da nessuna parte in città. Doveva quindi trattarsi di un altro vampiro presente in città, e che aveva smarrito il manuale di giuste precauzioni da prendere prima di ammazzare una donna così platealmente.

A mente lucida, Klaus si rese conto che avrebbe dovuto capire da subito come stavano le cose. Mikael non avrebbe mai palesato la sua presenza a quella maniera. Dava loro la caccia da troppo tempo, per farsi scoprire poi a quella maniera.

Va bene. Vuoi parlarmi allora della piacevole nottata primaverile che hai passato?” Stefan insistette, lanciando un'occhiata eloquente in direzione del compagno e bevendo un lungo sorso.

L'Originario rammentò come il profumo di April fosse rimasto intrappolato all'interno della sua stanza, tra le lenzuola e sul suo corpo. Un brivido gli corse lungo la schiena, quando realizzò che quei ricordi provocavano in lui delle inequivocabili emozioni. Anche di rabbia, visto che lei poi se n'era andata senza proferire una parola.

Trovo alquanto inquietante il fatto che tu ascolti le mie attività notturne.”

Non è colpa mia se siete stati rumorosi.” lo prese in giro Stefan.

Klaus rise nervosamente, per trattenere il suo desiderio di strappare la lingua a quel giovane e arrogante vampiro. “Anche questo è un argomento su cui è meglio tacere, Salvatore.”

Stefan storse le labbra, fissando un punto nel vuoto e accavallando le gambe. “Sì, ma io mi annoio.” disse. “E hai ammazzato l'unica cosa che poteva sopperire al mio tedio.”

Klaus guardò il cadavere accanto a sé, facendo spallucce. “Non parlerò di questa notte. Io non mi impiccio mai delle tue cose personali.”

E ci credo che non lo fai. Non lo avrei fatto nemmeno io se April fosse stata mia sorella.” rispose Stefan, ammiccando nella sua direzione, lasciandogli intuire ben altro dietro le sue parole.

Klaus si umettò le labbra, quando pensò davvero di volergli strappare il fegato solo per avergli fatto intuire delle sue nottate con Rebekah. Doveva ringraziare solo che gli stava simpatico e che si era rivelato essere un piacevole svago.

Ma inizio a dubitare che qui non si tratti solo di sesso....sembri nutrire una sorta di attrazione per quella donna.” Stefan si piegò in avanti, adagiando i gomiti sulle ginocchia e guardando attentamente Klaus.

Sei ben lontano dal conoscermi e quindi dal fare constatazioni, Salvatore.” Klaus quasi digrignò i denti, di fronte a quell'osservazione.

Stefan spalancò le braccia e corrucciò le labbra. “Ci sono passato anche io, e con me mio fratello.” rispose, rilassandosi ancora di più sulla poltrona. “Vivere una situazione simile ti fa imparare molte cose, ovvero che l'amore è un sentimento da cui è meglio fuggire, piuttosto che da cogliere al volo.”

Klaus abbassò lo sguardo. Quelle parole lasciavano presupporre qualcosa di cui lui era già consapevole, ovvero che Stefan non amava Rebekah, ma che la considerava solamente un piacevole intrattenimento. Non poteva dire però lo stesso di sua sorella, la donna che amava troppo facilmente.

Io non amo April Ford.”

Ma non ti è nemmeno indifferente. E la notte di ieri ne è stata la prova.”

La notte di ieri...ha solo provato che ho desiderato il suo corpo. Questo è tutto.” Klaus si piegò in avanti, preso da un impeto di rabbia in cui avrebbe tanto voluto scattare addosso a Stefan, pur di farlo tacere e farlo smettere di mettergli quei grilli nella sua testa.

Ma non hai bevuto il suo sangue. È quello che amiamo di una donna, dopo averne preso il corpo.” rispose Stefan, indicando la bella e morta ragazza abbandonata accanto a Klaus. “Perché non lo hai fatto?”

Ha un cattivo sapore, il suo sangue.”

Stefan scoppiò in una risatina. “È una battuta?” domandò; si portò il bicchierino alle labbra e ne accarezzò il bordo con quello superiore.

Sta morendo.”

Quello che ne seguì fu un'imbarazzante silenzio, che privò Stefan della sua espressione provocatoria. Klaus provò dell'insensato dolore di fronte a quel pensiero, al pensiero che quella ragazza se ne sarebbe andata molto, troppo presto. Lo faceva riflettere sull'eternità senza fine che gli spettava, sulla pericolosità di quei sentimenti che sentiva di nutrire ma che poi sarebbero stati trasportati via dalla furia del tempo.

Ma non per lui: per gente come lui i sentimenti sarebbero rimasti vivi, nonostante si sarebbe voluto solamente morire.

Come era successo con lei, secoli prima....

Morendo?” ripeté Stefan, facendosi improvvisamente serio, e pronunciando quella parola come se fosse a lui ignota.

Klaus si alzò in piedi; improvvisamente trovò fastidiosa la luce del sole che entrava dalla vetrata alle sue spalle. “È malata, ancora non so di cosa precisamente. Tubercolosi forse.” gli spiegò, scostando le tende in maniera da coprire la finestra. “Credo le manchi poco da vivere.”

Lo hai capito quando hai bevuto il suo sangue?”

Klaus abbassò lo sguardo; la luce del sole continuava a colpirgli il volto, trapassando la tenda. “Forse non hai mai assaggiato il sangue di una persona che il male se lo porta davvero dentro.”

Stefan, alle sue spalle, sbuffò. “Mi sono nutrito di molte persone malate, ma preso dalla fame non ci ho mai fatto caso perché non mi ero invaghito di nessuno di loro.”rispose e si alzò in piedi.

Klaus si girò lentamente verso di lui, con un'espressione infastidita sul volto. “Le tue allusioni mi stanno davvero irritando, Salvatore.” lo minacciò.

Trasformala.”

Quella parola s'inoltrò dentro di lui, tra i suoi pensieri e dentro il suo corpo come un veleno. Ci aveva pensato, aveva pensato di farlo e non avrebbe dovuto crearsi problemi nel compiere un gesto simile.

Ne aveva trasformate a centinaia, di donne, per il semplice gusto di donare loro l'immortalità, scaldare le sue notti insonni e poi ucciderle una volta stancatosi di loro.

Ma con April era diverso: se l'avesse fatto, era solo perché voleva salvarla alla morte, donarle l'immortalità affinché continuasse a vivere.

Ed era sciocco, secondo la sua logica, perché non doveva importargliene nulla dell'umanità di quella ragazza.

La trasformi, le salvi la vita, lei ti sarà devota a vita e farà tutto ciò che vuoi...e quando ti sarai stancato di lei e ne avrai trovato un'altra più bella, le stacchi la testa.” Stefan pronunciò quelle frasi senza sentimento alcuno; si portò l'ultimo residuo di liquore alla bocca e guardò fisso negli occhi cerulei dell'Originario.

Stefan la pensava esattamente come lui, ecco perché si era creato quello strano e perverso legame tra loro. Peccato che, trattandosi di April, quel pensiero non entrava più in gioco.

Oppure, se non vuoi ucciderla, puoi concederla a me. Un triangolo amoroso in cui il conteso sono io, è una cosa nuova.” ridacchiò poi Stefan.

Klaus alzò le labbra verso sinistra, ricreandosi una fossetta ai lati della bocca. “Quello che deciderò di fare di lei sarà un problema mio.” gli disse, guardandolo con sguardo tagliente, malgrado il sorriso sulle sue labbra. “Non mi piacciono gli impiccioni. E, ora come ora, abbiamo tanti problemi più importanti a cui pensare, rispetto ad April.”

Il pensiero del misterioso omicidio avvenuto la notte prima s'inoltrò nuovamente nella sua mente. L'Originario ne fu quasi grato; la preoccupazione dovuta a quell'avvenimento scansò l'angoscia causata dal pensiero della morte di April.

Stefan, però, non si lasciò minacciare da quell'atteggiamento, e posò una mano sulla spalla del compare. Klaus era talmente infervorato, da guardarla come se fosse polvere da ripulire dal suo abito.

Va bene. Mi farò i fatti miei d'ora in poi.” sussurrò, con un sorriso sulle strette labbra. “Ma ricorda: le vite umane, sopratutto quelle deboli e brevi come quelle di April, non contano nulla. Rammenti? Me lo hai insegnato tu.”

* * * * * * * * * * * * * * * * * * *

La prossima volta che dovete uccidere qualcuno, fatelo senza sporcare il tappeto, ve ne prego.”

Non appena Klaus scese in salotto, ritrovò Rebekah già vestita e preparata. Indossava un lungo abito nero, che scendeva generosamente sulle sue curve; una vistosa scollatura a rombo, rasentata di diamanti, mostrava l'abbondante scollatura della ragazza. I capelli erano raccolti in uno chignon, le labbra carnose colorate di rosso e alle orecchie portava dei grandi orecchini in oro.

Era bellissima, ma Klaus la trovò parecchio somigliante a una vedova nera.

Se sei in vena di rimproveri, non parlarmi oggi. Non è aria.” rispose lui bruscamente, e fece per dirigersi verso la porta di ingresso a passo svelto.

Ma Rebekah glielo impedì, afferrandolo per il polso prima che la superasse. “Ehi ehi...dove stai andando?”

Klaus si morse il labbro, infastidito dall'interruzione. Stava vivendo quella tipica fase in cui non avrebbe voluto parlare con nessuno, pur di evitare inutili spargimenti di sangue. “Vado a fare un giro per la città, Bekah. Ho bisogno di certezze.” le disse, volgendo lo sguardo nella sua direzione.

Rebekah abbassò le lunghe e chiare sopracciglia. “Pensavo avessi già appurato che non si è trattato di Mikael e che saremo andati da Gloria stasera.” disse.

Non vado da Gloria stasera.” Klaus distolse lo sguardo dal volto della sorella e riprese possesso del proprio braccio, in maniera brusca. “Faccio un giro per il quartiere più malfamato di Chicago ad ammazzare qualche drogato piuttosto.”

Quella sera si sarebbe esibita April. E, dopo quello che era accaduto, la voglia di rivederla era ben poca.

Forse era più semplice dire che non aveva il coraggio di affrontarla, ma lui non era così sincero con sé stesso da ammetterlo. Fece per uscire da quella lussuosa villa prima che le domande a raffica di Rebekah avessero inizio. Ma lei era troppo veloce in quel campo, e diventava particolarmente fastidiosa se non si rispondeva alle sue domande.

Cadresti così in basso pur di non vederla?”

Klaus si fermò di colpo, con il braccio teso e fermo a mezz'aria verso il pomello del portone. Strinse entrambi i pugni e si girò in direzione della sorella, la quale lo fissava immobile, con le braccia strette al petto e un'espressione seria in volto. “A che gioco stai giocando, Bekah?”

Era strano tutto questo interesse che Rebekah provava nei confronti di April. In secoli e secoli aveva visto i suoi fratelli interessarsi a diverse donne, eppure non si era minimamente avvicinata a nessuna di esse, tanto il suo orgoglio femminile la spingeva a considerare quelle amanti solo delle ombre della sua bellezza. “

Gioco e basta Nik.” rispose, con un velo di furbizia nel tono della voce.

No, non stai giocando e basta.” Klaus le si avvicinò con un paio di rapidi e decisi passi, puntandole il dito contro. I contorni del volto erano delineati dall'ira di non comprendere il comportamento di sua sorella. “Ti sei avvicinata a quella ragazza e pare che tu stia facendo di tutto per farmela ronzare attorno.”

Smettila di negare che ti piace, Nik.”

Non lo nego.” Klaus alzò le braccia in un gesto stizzito, mentre Rebekah spalancava gli occhi, stupita nel sentirglielo dire. “Sei tu che neghi di esserti avvicinata a lei per un motivo che poco mi riguarda. E lo hai fatto da quando ti ho rivelato del suo male...”

Il sorriso di Rebekah, accesosi dopo la dichiarazione di Klaus, si spense rapidamente. Lentamente si estinse come una fiamma sotto la debole pioggia, e nei suoi occhi azzurri prese a splendere una luce che a Klaus non era nuova. Era una luce pura, candida, di qualcosa che il vampiro aveva già visto ma che i millenni di vita gli avevano fatto dimenticare.

Stefan mi sta aspettando.” Rebekah non ebbe lo stesso coraggio posseduto da suo fratello pochi istanti prima, quando aveva rivelato i propri sentimenti, e lo superò, senza degnarlo più di uno sguardo.

Klaus desiderò fermarla, sapere a tutti i costi cosa le passava sotto quella testa bionda, ma qualcosa gli impedì di farlo. Un pensiero che gli trasportò alla mente una possibile ipotesi riguardo quell'atteggiamento di Rebekah.

La seguì con lo sguardo fin quando la bionda non scomparve dietro il portone della loro villa.

E qualcosa gli disse che, quella luce, doveva averla avuta anche lui negli occhi per tutto il giorno.

* * * * * * * * * * * * * * * * *

Niente.

Klaus girò a vuoto per ore e ore, senza trovare alcuna traccia che potesse fargli capire chi era il vampiro con cui aveva a che fare. Preso dal tedio e dal nervosismo, il vampiro decise poi di fare dietrofront e, non seppe come, si ritrovò di fronte all'edificio in cui abitava April.

Fermo sulla strada buia e umida, Klaus guardò verso l'alto, in direzione della finestra della ragazza, trovandovi stranamente una luce di candela accesa. Affinando i sensi, riuscì persino a udire il suo profumo di rosa espandersi nell'aria e il suono del suo respiro flebile.

Non si era esibita da Gloria.

Perché?

Morso dalla curiosità e dalla preoccupazione, il vampiro entrò nell'edificio il più velocemente possibile e si ritrovò davanti alla sua porta, bussandovi ripetutamente. Quando April gli venne ad aprire, era l'esatto opposto della ragazza solare e allegra che aveva incontrato diverse sere prima.

Il suo bel viso era pallido e smorto, le labbra incolori, gli occhi sempre scuri e splendenti sembravano essere affogati in un mare di oscurità. I capelli, che la sera prima erano lucenti e ricadevano attorno al suo viso con dolcezza estrema, erano opachi e raccolti in una treccia malfatta. Eppure, nonostante tutto, l'Originario riuscì a identificare ancora in lei quella calda bellezza che da subito lo aveva colpito.

Quando scorse la sua figura sulla soglia della porta, April ne sembrò quasi seccata. “Cosa ci fai tu qui?” gli chiese, con un tono di stizza.

Klaus se ne sentì quasi oltraggiato; era lui quello in diritto di comportarsi a quella maniera dopo che lei se n'era andata la notte prima. Abbassò lo sguardo e non fu sicuro di voler rispondere; non voleva certo dirle che era giunto a casa sua perché preoccupato per via della sua assenza al locale di Gloria. Le avrebbe fatto intuire troppe cose, che prima avrebbe dovuto capire per davvero lui stesso.

Ma sei ubriaca?” le chiese poi, quando avvertì un puzzo fastidioso provenire dal suo corpo. Quello sopprimeva il suo abitudinario profumo di fiori in piena primavera, e irritò i sensi del vampiro. Emanavano tutti un fetore simile quando si ubriacavano a quella maniera, gli umani?

Togliti questo vizio di rispondere a una domanda con un'altra domanda. Sei seccante.”

April lo guardò con freddezza, lasciando la porta semiaperta davanti a lui e barcollando verso l'umile salotto alle sue spalle, avvolto nel buio, fatta eccezione per la candela che brillava sopra il tavolo, in prossimità di una bottiglia di vodka.

Klaus scorse lo sguardo lungo l'esile corpo della ragazza, la quale indossava una lunga vestaglia da notte scura. Camminando, una bretellina le era scivolata lungo la spalla, rendendola nuda e pallida allo sguardo del vampiro. Lui rabbrividì, scacciando quei pensieri poco casti che corsero nella sua mente.

Lasciami entrare April.” le disse, posando entrambe le mani sugli stipiti della porta e puntando il proprio sguardo sulla figura della ragazza, ormai ad alcuni metri da lui.

Secondo te perché ti ho lasciato la porta aperta?” April lo guardò come se fosse un completo idiota; voltandosi verso di lui, la parte sinistra del volto venne illuminata dalla fiamma della candela, mentre il resto rimase avvolto nell'oscurità. Fu in quel frangente che Klaus si accorse delle invisibile righe di lacrime che avevano marchiato la bella pelle della ragazza.

Definiscimi pure uno all'antica...” rispose il vampiro, dondolandosi per un'istante con le mani ancora sugli stipiti. “Ma non entro in casa tua, se non mi inviti.”

Klaus abbassò gli occhi, quando lo sguardo di April si fece affilato, come se stesse valutando quale possibile giochetto egli stesse per farle. L'umana non aveva la minima idea che, per far entrare un vampiro in casa propria, avrebbe dovuto chiaramente invitarlo.

Tu non stai bene con la testa...avanti, entra.” April si grattò la fronte per poi fargli segno di entrare.

Klaus tirò un sospiro di sollievo quando sentì la barriera invisibile che gli impediva di varcare quella soglia infrangersi improvvisamente. Mosse un passo oltre la porta, in un attimo di titubanza, e un sorriso si allargò sulle sue labbra, come fosse la prima volta che gli capitasse.

O forse era semplicemente sollevato del fatto di potersi riavvicinare ancora a lei.

E chiudi la porta.” Quelle parole, così scontate, vennero pronunciate con una sfumatura di paura nella voce della ragazza.

Klaus sentì il rumore di un brivido serpeggiarle lungo la spina dorsale; sapeva che non era stato lui a provocarla-riconosceva il suono della paura che lui faceva scaturire-ed era certo che si sarebbe informato quanto poteva al riguardo.

Il proibizionismo non dice nulla a te, vero?” Il ragazzo si chiuse la porta alle spalle, con un colpo secco, tanto che riecheggiò nei corridoi grigi e spenti del palazzo in cui April risiedeva.

La ragazza si sedette, riprendendo a trangugiare distrattamente un bicchiere mezzo pieno. “Dopo tutti i soldi che le faccio fare, Gloria mi lascia rubare qualche bottiglia. Non è scema, sa che un paio di volte l'ho già fatto, ma non mi ha mai detto nulla.”

Klaus si avvicinò a lei, ficcando le mani dentro le tasche del suo cappotto scuro e sospirando. Aveva così tanta voglia di gettarle addosso tutte le sue frustrazioni di quella notte, ma non era certo di essere in grado di farlo, viste le condizioni in cui si trovava l'umana.

Perché hai la faccia di una che vorrebbe buttarsi da uno dei grattacieli di Chicago?”

April ridacchiò, posando la schiena contro la sedia e facendo scorrere la mano verso la bottiglia di vodka. “Sto diventando più romantica.” disse, con voce impastata. “Se mai dovessi uccidermi, mi taglierei le vene in bagno.”

Pronunciò quelle parole come se fossero una piacevole battuta e poi si portò la bottiglia alle labbra, lasciandole sorridere non appena quelle si posarono sulla sua illusoria via di fuga.

Klaus trovò quel comportamento e quei modi di parlare a dir poco fastidiosi. Le strappò la bottiglia di mano con un gesto rapido di cui lei nemmeno si accorse. “Che diavolo ti sta succedendo, April?”

La ragazza non riusciva a guardarlo negli occhi; le sembrò che lui stesse guardandola nella stessa maniera in cui lei si era guardata per tutto il giorno allo specchio: con repulsione.

Si strinse le braccia al petto. “Perché, ti interessa?” gli domandò.

Se te lo sto chiedendo è evidente, non trovi?” Klaus alzò la voce più del dovuto, lasciandola rimbombare nel vuoto che risiedeva nell'appartamento di April.

La ragazza si mosse verso di lui rapidamente, pregandolo di abbassare la voce. Provò a prenderlo per mano, ma lui sviò quel contatto indesiderato. “Vorrei ricordarti che sei stata tu quella che stanotte se n'è andata, senza dire una parola. Perciò non hai alcun diritto di comportarti a questa maniera!”

Oh andiamo, non ti sarai mica offeso. Ho dovuto farlo. ”

Perché? Esigo una risposta, April!” Klaus si umettò le labbra per il nervosismo.

Discutere con April era sempre stata quella parte del suo rapporto con lei che tollerava di meno, poiché lei provava sempre a comunque a confonderlo.

Ieri eri ancora la mocciosa che vedeva arcobaleni e unicorni, che voleva viaggiare per il mondo e che voleva vivere come desiderava quando era una bambina.” gli disse. April abbassò gli occhi con tristezza, palesata dal battito crescente del suo cuore. “E ora sei solo un'ubriacona depressa? Cos'è successo?”

Senti, non mascherare il tuo orgoglio ferito dietro queste frasucole da quattro soldi. Voglio che tu mi lasci in pace.” insistette April, restando sulla linea di non rivelare nulla riguardo il proprio comportamento.

Cercò di riprendersi la bottiglia di Vodka nella mano di Klaus, ma lui la tenne adeguatamente lontana dalla sua portata.

D'altra parte, il ragazzo era sul punto di perdere seriamente la pazienza. La vena che aveva preso a pulsargli prepotentemente sulla fronte ne era la prova. “Vuoi che ti lasci in pace allora, April?” le chiese, allontanandola con una mano sulle clavicole, quando la vide insistere per riprendersi la bottiglia.

Sarebbe enormemente gradito, sì!”

Perfetto allora!” Klaus comprese di aver perso il controllo solo dopo aver lanciato la bottiglia sul pavimento, con una violenza inaudita, con cui per poco scalfì le mattonelle dell'appartamento.

April restò così sorpresa da quel gesto da sobbalzare sul posto, osservando come in una scena a rallentatore i frammenti di vetro che scheggiavano nell'aria e il liquido scuro spargersi sul pavimento in una pozza.

Me ne andrò, ma non senza averti detto prima un paio di cose.” Klaus ignorò la vodka che aveva bagnato le sue lussuose scarpe in pelle nera e mantenne lo sguardo fisso su April, che aveva preso a tremare come una foglia inanzi a lui. Quasi avesse paura che gli facesse del male.

Sono anni che non desidero altro che ferire le persone. Faccio loro del male, le abbatto, le abbandono quando da me si aspettano solamente una mano di aiuto. E poi sei arrivata tu. E non credere che non eri anche tu nella mia lista nera: non c'è persona a cui io non faccia del male, anche involontariamente.”

Il suo pensiero andò subito a Rebekah, Kol e Finn.

Forse la sua ottica di mantenere la sua famiglia unita-chiudendo Finn e Kol in delle bare, mantenendo Rebekah ancorata a sé con la minaccia di farle fare la medesima fine-rientrava nel male che lui involontariamente commetteva. Il suo desiderio di proteggere la propria famiglia era legittimo, secondo il proprio modo di vedere, ma sbagliatissimo secondo l'ottica dei suoi fratelli e che forse lui, involontariamente, aveva fatto egoisticamente soffrire. Elijah glielo diceva sempre.

Tu, con il tuo sguardo, mi hai fatto sentire come se....anche io fossi capace di fare involontariamente del bene.”

Calò un silenzio tombale che avvolse entrambi in un freddo abbraccio. Klaus aveva fissato l'intensità negli occhi di April per tutto il tempo, ma quando la sua voce perse la forza di continuare il discorso, si ritrovò ad abbassarli come un timido bambino. “Mi hai fatto rammentare cosa significasse valere per qualcuno.” concluse.

Tornò il silenzio di poco prima, il quale saldò l'invisibile linea di sguardi che legò gli occhi neri di lei con quelli blu di lui.

April stava mordendosi il labbro, nell'intento, probabilmente, di non scoppiare in lacrime. Guardò il proprio riflesso sulla pozzanghera di Vodka sul pavimento: quello era distorto, avvolto nel buio, come perduto in un baratro senza fine. Gli diede le spalle e si portò le mani sui fianchi, guardando lo scenario oltre la finestra del salone.

Sono contenta che questa cosa abbia fatto bene almeno a te.” sussurrò, con voce tremante.

No, non mi hai fatto bene.” Klaus replicò prontamente, con tono incolore. “Mi hai ricordato molte, troppe cose. E ora non hai alcun diritto di comportarti a questa maniera, dopo quello che hai combinato.”

Ti è mai passato per l'anticamera del tuo piccolo cervello che ieri stavo solo sognando a occhi aperti? Che forse ero così fuori di me da concedermi una notte insieme a te?” April fece un giro su sé stessa, spalancando le braccia.

Non stavi sognando April, è stato tutto reale!” esclamò Klaus, avvicinandosi a lei con rapide falcate. Odiava il modo in cui rinnegava tutto, come se facesse più male a lui che a lei. Si ritrovarono a pochi centimetri di distanza e l'alito al sapore di alcool baciò le labbra del vampiro. “E voglio sapere cosa ti ha fatto cambiare idea.”

La realtà, Niklaus.” rispose semplicemente April, con tono rude, quasi avesse rivelato una terrificante verità. Cosa che Klaus reputò tale, perché quella era la risposta che lui dava sempre quando le sue vittime, prima di morire sotto la sua ferocia, gli chiedevano cosa lo avesse reso così malvagio.

Era facile farsi cambiare dalla realtà, piuttosto che combatterla e plasmarla al proprio animo.

Non si può sognare quando il mondo ti impedisce di farlo.”

Klaus però non accettò quella risposta, non da lei, non da colei che avrebbe dovuto allontanare il più possibile simili pensieri da lui. “Io voglio...” disse, a voce dura, afferrando le spalle della ragazza e affondando lo sguardo nel suo. “Sapere cosa ti ha fatto cambiare idea, April!”

Penetrò nella mente della ragazza, catturando i pensieri e le immagini che le balenarono nella mente, mentre lui li faceva suoi. Vide gli occhi della giovane umana sbarrarsi, e il suo corpo opporre meno resistenza.

Christopher mi ha minacciato di ucciderti, perché ha capito che mi sto innamorando di te.”

La presa di Klaus si fece meno stretta sulle spalle di April. La guardò come se avesse detto una bellissima bugia, una di quelle fandonie così irreali ai cuori di chi le ascolta da non risultare possibili.

Con sole 15 parole, April aveva saputo colpirlo per ben due volte: gli aveva rivelato che lo stava proteggendo, e che si stava innamorando di lui.

Una strana, piacevole sensazione si fece largo all'interno del suo petto freddo e spento.

La mente di Klaus allentò la presa sul volere e sui pensieri di April, la quale chiuse per un'istante gli occhi, abbandonandosi ad un istante di debolezza. La vide poi riaprire gli occhi, presa dalla consapevolezza di aver rivelato quello che, probabilmente, era il suo più grande segreto.

E la sua più grande paura.

È per questo che ti stai ubriacando così? Credi che quel damerino possa farmi del male?” chiese Klaus, bisognoso di ulteriori conferme. Voleva ridar vita a quella sensazione che poco prima gli aveva investito il cuore spento; voleva appurare che non era stata solo una cosa fittizia e passeggera.

Io non volevo dirtelo.” sentenziò April.

Lui non può farmi del male.” ridacchiò Klaus, ignorando la frase della ragazza. Le prese il volto tra le mani fredde, e lei si concesse di abbandonarsi a un lungo brivido.

Il vampiro la guardò intensamente negli occhi con l'intento, per la prima volta, di controllare la mente di qualcuno per liberarlo delle sue paure. “Voglio che tu lo sappia, che non tema per la mia incolumità. E che ti lasci andare a ciò che realmente vuoi. Come hai fatto ieri.”

April guardò a fondo gli occhi di Klaus. Scosse debolmente la testa, troppo presa dalla forza di trattenere le calde lacrime che volevano scorrerle lungo il volto. “Io voglio solo viverti, Niklaus.”

E il vampiro non volle sentire nient'altro.

Si avventò sulle labbra di April, coinvolgendole in un bacio carico di bramosia. La ragazza gettò le braccia attorno al suo collo, lasciandosi pervadere dalla soffice sensazione di trovarsi tra le sue braccia.

E, per quella notte, nessuno dei due avrebbe abbandonato l'altro e non lo avrebbe ferito com'erano soliti sempre fare.

* * * * * *

Il mattino seguente si presentò fresco e piovoso.

April sentì il bisogno di non rimanere a casa da sola, bensì di andarsi a prendere un caffè presso il localino in fondo alla sua strada, com'era solito fare da qualche giorno a quella parte.

Non ne comprendeva il motivo, ma ogni mattina, alle nove in punto, si recava là, per farsi preparare un caffè che nemmeno le piaceva più di tanto. Sentiva solo di farlo, senza una plausibile motivazione.

Guardò fuori dalla vetrata che affacciava sulla strada trafficata, con la mano sotto il mento e lo sguardo pensieroso. La notte prima si era di nuovo lasciata andare tra le braccia di Klaus, malgrado tutti i sensi l'avvertissero di quanto potesse essere pericolosa questa relazione con un folle come Christopher ancora in giro. Ma le era bastato guardare Klaus negli occhi, sentire la sua voce penetrarle nella mente, affinché tutte le difese venissero distrutte e potessero esserci solo loro due.

Ormai, era come se la ragazza non avesse più controllo sulla propria razionalità, e questa era una cosa che non comprendeva.

Una cameriera le portò il caffè richiesto, concedendole un sorriso radioso dopo che la ragazza l'ebbe ringraziata. Il tempo affinché questa si fosse allontanata, che un'altra persona giunse al tavolo della giovane cantante, armata del quotidiano di quella mattina.

Toh!” esclamò, gettandolo sul tavolo con un gesto piuttosto rude.

April dovette ritrarsi affinché il cucchiaino adagiato sulla tazza del caffè non le venisse sbalzato in faccia, dopo esser stato colpito dal giornale. Serrò le labbra irritata, riprendendo poi il cucchiaino che le era caduto in grembo.

C'è stata un'altra donna morta, trovata in un vicolo ieri notte.”

Quell'esile figura le si sedette di fronte, con le gambe sensualmente accavallate e le braccia conserte. Arricciò le rosse labbra in maniera spavalda, lasciandosi cadere poi contro lo schienale della poltrona.

April riprese mano al cucchiaino e guardò il giornale con fare disinteressato: la foto di un cadavere coperto da un lenzuolo bianco padroneggiava in prima pagina.

Da quando ti importa se qualcuno muore in questa città, Katherine?” domandò. Prese un po' di zucchero dal contenitore in vetro sul tavolo e se lo versò dentro il caffè.

Katherine inarcò le sottili sopracciglia scure. “Beh, da quando la mia cantante preferita ci vive sola soletta e circondata da mostri cattivi.” la prese in giro, piegandosi sul tavolo con le braccia conserte. Quando April la guardò infastidita, la ragazza le fece un occhiolino. Era sempre stata così, Katherine Pierce: da quando l'aveva conosciuta anni prima, poco dopo esser giunta nella bellissima Chicago, non aveva fatto nient'altro che provocarla e prenderla per i fondelli. Si comportava così con tutti.

Qui vedo solo un mostro. Ed è mascherato da femme fatale dei miei stivali.” rispose la ragazza; tornò poi a concentrarsi sulla tazza, prendendo a girare il cucchiaino lentamente.

Touché.” Katherine si tirò di nuovo indietro con la schiena; i suoi cortissimi capelli scuri erano raccolti in un piccolo chignon che risaltava il suo bel volto ovale, rendendolo più affascinante e luminoso. “Fossi in te la smetterei di ostentare tutta questa antipatia nei miei confronti. Non ti ho mai fatto nulla di male.”

April fece spallucce. “Non siamo nemmeno mai state molto amiche. Proprio per nulla.” le ricordò, alzando poi lo sguardo in quello di Katherine e provando un brivido quando la vide sorridere incurante.

Lei e Katherine si erano conosciute da Gloria ormai tanto tempo prima, e per “conosciute” s'intendeva qualche sguardo carico di rivalità femminile che si erano lanciate di tanto in tanto, seguiti poi da brevissimi attimi di conversazione, basati su argomenti futili e sciocchi come begli uomini e lussuosi gioielli. April non era ancora la famosa cantante che tutti conoscevano, e Katherine Pierce era tutto quello che un uomo potesse desiderare e una donna invidiare. La ragazza rammentò di aver provato una sorta di distorta ammirazione nei suoi confronti, e di aver preso gran parte di ispirazione al suo comportamento materialista proprio da lei. Anche Violet aveva fatto la conoscenza di quella donna ma, essendo poco incline a nutrire antipatia, non aveva avuto alcuno screzio con lei. La loro conoscenza era durata in tutto dieci giorni e poi Katherine era scomparsa nel nulla, senza dire una parola.

E non era cambiata di una virgola dall'ultima volta in cui si erano viste: sempre bellissima e fatale.

Non credo nemmeno che tu sia tornata per venirmi a trovare o per salutare Violet, come hai detto quando ci siamo rincontrate.” April lasciò cadere il cucchiaino dentro il caffè, guardando con sospetto Katherine. Quest'ultima non si lasciò impressionare dagli occhi scuri della ragazza e continuò a guardarli come se quelli non le stessero scavando dentro.

A te non importa nulla né di me e nemmeno della mia amica, perciò voglio sapere perché sei qui con me ora? Che cosa vuoi relamente?”

Katherine sbuffò divertita. “Ma tu lo sai già.” disse, e si piegò anch'essa sul tavolo, annullando le distanze tra il proprio viso e quello di April. Quest'ultima venne tentata dal ritrarsi, ma una luce negli occhi della ragazza glielo impedì. “Solo che non te lo ricordi.”

April affilò lo sguardo; notò qualcosa di insolito nelle iridi scure della ragazza, quasi come se quelli avessero preso a scivolarle dentro fino all'anima, alla ricerca di pensieri e parole che lei avrebbe esternato solo se le labbra di Katherine glielo avessero chiesto.

L'altra, intanto, sorrise provocatoria. “Ci sei andata a letto come ti ho detto di fare?” domandò.

E malgrado April non avesse alcuna intenzione di rivelare un particolare così intimo a quella donna, si ritrovò ad annuire sommessamente. “Sì, l'ho fatto.” rispose, avvampando in volto e senza poter abbassare il capo per nasconderlo. Doveva continuare a guardare Katherine e non pensare al fatto che, le notti passate con Klaus, non erano state dettate dai suoi ordini.

E ti ha rivelato qualcosa? Ti ha detto se sta scappando da qualcuno per caso?” Katherine aveva perso ogni ombra di sarcasmo: era terribilmente seria mentre s'insinuava nei pensieri più nascosti di April, la quale la sentiva in ogni dove, dentro la propria testa.

Cosa vuoi da lui?” si ritrovò a domandare, malgrado il dialogo con Katherine non includesse quella domanda.

Sto scappando da lui da più di 400 anni e l'unica cosa che voglio è stare un piccolo passo davanti a lui. Ma dimentica questo particolare: non ti interessa.” Katherine decise di essere il più sintetica e diretta possibile, contando sul fatto che, poi, April non avrebbe ricordato nulla di quella conversazione. E almeno aveva potuto sfogarsi un po' riguardo una situazione che gravava su di lei da secoli.

E ora dimmi...ti ha rivelato qualcosa, o no?”

April scosse la testa. Non voleva rispondere, ma la propria voce volle essere il più sincera possibile. “È spaventato da qualcosa ma...no, non mi ha detto nulla.” ammise, e il cuore le perse diversi battiti, nel momento in cui tutti i suoi pensieri andarono a perdersi tra i mille sospiri, i mille baci e i mille contatti che c'erano stati tra loro nelle notti precedenti. Erano quelli l'unica cosa che contava; non i segreti che Niklaus aveva per sé e di cui Katherine sembrava necessitare.

Lo immaginavo.” Katherine si mostrò terribilmente delusa; si lasciò di nuovo cadere contro la sedia e si guardò attorno con fare nervoso, mordicchiandosi le labbra piene e borbottando qualche parolaccia. “Anche se sei probabilmente la prima donna con cui si relaziona senza che poi l'ammazzi, lui è furbo. Non ti farà mai capire nulla nemmeno se lo porti in paradiso.”

April restò in silenzio, senza sapere cos'altro aggiungere. Rammentò tutte le conversazioni avvenute con Katherine in quei giorni. Le aveva detto di andarci a letto, di abbandonarsi a tutte le emozioni che lui le provocava e poi di andarsene il mattino successivo. Si erano incontrate poi in quel locale, alle nove in punto, ma Katherine non aveva ottenuto le informazioni che le servivano. Ci aveva provato poi una seconda volta, e anche questa si era rivelata poco fruttifera.

Va bene, non importa.” Katherine batté le mani in maniera teatrale, riprendendo a sorridere e tornando a guardare il bellissimo volto di April. La vide rabbrividire, ma non se ne curò: l'umana doveva trovarsi in quello tipico stato di spossatezza in cui ci si trova nel corso del soggiogamento.

Giocherò in un'altra maniera.”

Che cosa intendi?” April riprese mano alla propria tazza e guardò con fare confuso l'espressione maliziosa della ragazza.

Katherine s'umettò le labbra prima di parlare. “Intendo che ho un piano B, Ford” le disse. “Bisogna sempre averne uno a disposizione, non lo sai?”

E il sorriso che ne seguì venne disegnato dalle mani della rabbia e della vendetta.



Ciao a tutti, miei cari :D come state?

Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

Come abbiamo visto, Katherine ha ripreso a calcare le scene e spero di averla resa IC come avrei voluto mantenerla. Vuole giocare sporco con Klaus, confidando nella sua infatuazione per April per scovare un po' delle sue debolezze e portarsi “un piccolo passo davanti a lui”. Ma, come abbiamo visto, la nostra Petrova non è riuscita nel suo intento. Quale sarà il suo piano B?

Ora vorrei concentrarmi su Klaus: so di averlo reso OOC nella parte in cui lo abbiamo visto insieme ad April. Sì, è stato troppo romantico e sentimentale, ma ho dovuto uscire per un attimo dalle linee del suo personaggio, sempre per mostrare un passo in più (o indietro xD) nella relazione con April. Anche nel discorso riguardo la sua famiglia, Klaus non vuole vittimizzarsi, non so se l'ho lasciato ben intendere: mostra solo di essere consapevole di averla tenuta insieme nel modo più sbagliato possibile, ferendo inconsapevolmente chi ama, perché convinto delle sue ragioni. Mi sono fatta capire? #dicono tutti boh in coro xD#

Comunque, spero di non averlo reso troppo, troppo OOC u.u

Per quanto riguarda il resto, spero che vi sia piaciuto e spero di leggere commenti al riguardo.

Un grazie speciale a chi legge e recensisce questa storia; siete i miei amorini belli ** e grazie a chi ha inserito la storia tra seguite/preferite e ricordate. Per chi ama scrivere, è sempre bello trovare qualcuno che apprezzi i propri lavori, vi adoro!

Alla prossima e buona serata a tutti! :D




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Capitolo 9
*** Looking for heaven, for the devil in me ***


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http://www.youtube.com/watch?v=WbN0nX61rIs

-Capitolo 9: Looking for heaven, for the devil in me-

And I'm damned if I do and I'm damned if I don't
So here's to drinks in the dark at the end of my road
And I'm ready to suffer and I'm ready to hope
It's a shot in the dark and right at my throat
Cause looking for heaven, for the devil in me
Well what the hell I'm gonna let it happen to me?

(Shake it out by Florence+the machine)


April si sentiva particolarmente strana quella sera.

E no, non poteva essere per il fatto che non si esibiva da giorni sul palco, ma per ben altro.

Era qualcosa di legato a Klaus.

Non sapeva dire perché, ma mentre guardava il proprio riflesso allo specchio, il braccio che con movimenti meccanici muoveva il rossetto sulle labbra, gli occhi che catturavano la diversità nel proprio sguardo, avvertiva un forte senso di menzogna.

Come se tutto fosse destinato presto a finire perché molte verità sarebbero presto venute a galla.

Non riusciva a capacitarsi di quel pensiero, dettato unicamente dalla sua testa. Il suo cuore era felice, felice di aver trovato in Klaus una sicurezza che aveva perso da tempo.

Felice di essere innamorata.

Non aveva più preoccupazioni per Christopher, per quello che avrebbe potuto fare a Klaus, perché si era sentita improvvisamente sicura che niente sarebbe accaduto al ragazzo. Anche se non riusciva a identificare il momento in cui aveva assunto quelle sicurezze: un attimo aveva così tanta paura di Christopher da decidere di rinunciare a quel sogno a occhi aperti, e quello dopo non le importava più nulla, di quella paura. Tanto da concedersi di nuovo di far l'amore con Klaus.

Non mi accadrà nulla, le aveva detto lui.

E lei ci aveva creduto, malgrado mancasse di qualsiasi certezza in quelle parole.

Ti ferirà, April. Lui non è quello che pensi e lo scoprirai presto.

Quella voce le riecheggiò nella mente, intricata a ricordi passati che la ragazza non riusciva a visualizzare. Si portò una mano alla fronte, adagiando il rossetto sulla superficie della toletta e socchiudendo lo sguardo mentre fissava, con aria vacua, il proprio riflesso. Era certa di aver sentito qualcuno rivolgerle quelle parole, ma non aveva proprio idea di dove avesse potuto udirle. Anzi, ripassando con il pensiero gli ultimi giorni passati, individuò diversi vuoti, come se alcuni momenti di quelle giornate fossero stati cancellati dalla sua mente.

Voglio evitare che tu mi svenga sul palco stasera.”

La voce di Gloria riecheggiò tra le silenziose pareti del suo camerino. La donna fece il suo ingresso con la solita aria altezzosa e autoritaria che la caratterizzava, con in viso un'espressione più seria del solito e con in mano una tazza fumante.

April la guardò senza capire; terminò di passarsi rapidamente la cipria sul viso e si girò verso la donna. “Che cos'è?” le domandò. “Non ti pare un po' tardi per il thé?”

Non è thé infatti.” Gloria le posò la tazza davanti, sulla superficie della toletta. “È una tisana che ti farà stare meglio.”

All'interno vi era contenuto un liquido verde acqua che dava proprio l'aspetto di essere un thé. Però l'odore che emanava era differente; sapeva di fiori in primavera, di profumo di incenso, aspro e pungente.

Ma io sto bene.” April fece spallucce e assunse l'espressione più sincera che le riuscì. Prese la tazza tra le mani e soffiò sull'alone di fumo che si levava dalla bevanda.

Sapeva che anche quella era una menzogna.

Era stata male anche quel pomeriggio; aveva preso a tossire violentemente e quando si era portata la mano alle labbra, l'aveva trovata leggermente sporca di sangue. Eppure negava a sé stessa qualsiasi preoccupazione, secondo la quale potesse trattarsi di qualcosa di grave.

Non era possibile.

Non lo accettava.

Non allora.

Non dopo Klaus.

Meglio prevenire che curare.” sentenziò Gloria, facendole segno di bere. La sua espressione era buia e sembrava che le stesse nascondendo qualcosa; i suoi occhi nerissimi non si erano mai posati sul suo volto da quando aveva messo piede nel camerino.

April non perse tempo a domandarsi il motivo, visto che Gloria era una donna particolarmente lunatica, sotto quel punto di vista.

Come vuoi.” rispose. “Anche se poi dovrò rimettermi il rossetto daccapo.”

Dopo aver sorriso, iniziò a bere lentamente.

** * * * ** * * ** * * * * *

Quel venerdì sera di Chicago sembrò festoso persino ai suoi occhi di millenario e annoiato vampiro.

La musica Jazz suonava con maggior impeto ed energia per tutto il locale; la gente ballava, sorrideva e si divertiva in una maniera che lui si ritrovava ad osservare con partecipe interesse; le donne erano tutte bellissime e gli uomini erano tutti meno irritanti.

Klaus, Rebekah e Stefan sedevano in un privé loro riservato; delle pesanti tende rosse circondavano il loro tavolo, rendendo solo visibile il palco nel piano sottostante, dove stava suonando un trombettista particolarmente talentuoso. Da quell'altezza si riusciva a scorgere perfettamente chiunque si trovasse al piano inferiore; teste di uomini e donne si muovevano a suon di musica, con armoniosa e disarmante ritmicità.

Che noia!” Stefan non era dello stesso umore di Klaus. Gli sedeva di fronte, affiancato da una Rebekah che sembrava tediata tanto quanto lui, intenta a bere del vino rosso da un calice che teneva elegantemente nella mano sinistra.

Queste donnicciole non mi danno più alcuna soddisfazione.” Il giovane vampiro allontanò il braccio dalle spalle della sua giovane vittima, la quale era riuscito quasi a dissanguare completamente nel giro di pochissimi minuti. Le sistemò la testa, come se fosse una bambola di porcellana, in modo che i profondi segni sul collo fossero ben nascosti dai suoi lunghi capelli scuri. Se qualcuno fosse passato e li avesse visti, avrebbe pensato che quella fosse beatamente addormentata sul divanetto.

Troviamo qualcosa di più divertente da fare.” Stefan rise come un bambino preso da un diabolico desiderio di combinare guai; si pulì le labbra con un tovagliolo bianco e guardò furbamente Klaus e sua sorella.

Rebekah ammiccò nella sua direzione, convinta dalla proposta del suo vampiro. “Buona idea, caro.”

Oh andiamo ragazzi, non diamo troppo spettacolo. C'è troppa gente oggi e i tempi in cui i superstiziosi ci davano la caccia con forconi e torce non mi sono mai andati a genio.” rispose Klaus con un sorrisetto furbo sulle labbra; trangugiò l'ennesimo bicchiere di liquore di quella sera, con un'espressione soddisfatta e serena sul viso.

Intanto il trombettista aveva terminato il suo numero, sotto gli applausi di tutti e Gloria si apprestò ad annunciare la giunta della leonessa a scaldare le notti di Chicago. April salì sul palco sotto i versi di giubilo di tutti i suoi ammiratori; fece scorrere lo sguardo su di loro com'era sempre solita fare per catturarli, fino a quando i suoi occhi si spostarono sul piano superiore, precisamente su di lui.

Come se sapesse che l'avrebbe trovato là.

Come se avrebbe potuto sempre trovarlo.

Gli sorrise, in quella maniera dolce che lui le aveva involontariamente insegnato a fare, e Klaus ricambiò con un rapido gesto che solo lei poté percepire.

Quella sera la ragazza indossava un abito blu, stretto in vita da una cinta scura, e lungo fin sotto i piedi. I capelli erano raccolti in una crocchia, tenuta in sede mediante una treccia dei suoi stessi capelli.

Era truccata pochissimo, con un poco di fard e un po' di rossetto sulle labbra, ma questo non sminuiva la sua bellezza. La rendeva più naturale, più visibile.

Oh, questo è amore.” Stefan parlò in un italiano imperfetto, che Rebekah si sentì in dovere di correggere, visto il lungo periodo che lei e i suoi fratelli avevano passato in Italia.

Stefan però ignorò la precisione della vampira e si piegò sul tavolo, puntando lo sguardo in direzione di Klaus. “Propongo di trasformarla questa sera e di istruirla poi alle gioie vampiresche delle nostre belle nottate. Che ne dici, Nik?”

Non se ne parla proprio Salvatore.” Klaus lo zittì, ignorando l'enorme interrogativo che gli si disegnò nella mente quando Rebekah lanciò un'occhiata preoccupata in direzione di Stefan. “A quello ci penserò io quando sarà il momento giusto.”

Era stranamente inquietante parlare a quel modo, mentre la melodica voce di April faceva da sottofondo alla loro conversazione, ma Klaus non ci diede molto peso.

Vuoi trasformarla?” Rebekah non riuscì a trattenersi dal rivolgergli un'espressione allarmata. Lo guardò stringendo con forza il bicchiere che aveva in mano e sgranò i suoi grandi occhi blu.

Perché no?” Stefan era confuso, ma non stupito dal tono di Rebekah quanto lo era Klaus. “Quella ragazza morirà nel giro di poco tempo e se aspettiamo un altro po', la malattia potrebbe renderla brutta e deperita.”

Rebekah lanciò un'altra occhiataccia in direzione di Stefan, infastidita dal modo in cui lui aveva parlato della vita di April. Quasi contasse poco o nulla rispetto alla sua bellezza. Le sue grandi labbra carnose erano dischiuse, in un'espressione puramente sconvolta e carica di disappunto.

E se lei non volesse essere trasformata?”

Klaus iniziò a nutrire fastidio per quell'atteggiamento della sorella. “Sta morendo. Le farei solamente un favore rendendola come noi.” asserì, sapendo di essere nel giusto.

Bevve un lungo sorso dal suo bicchiere, incolpando mentalmente sua sorella per avergli rovinato la serata con i suoi improvvisi sbalzi di moralità.

O forse era peggio lui che si lasciava coinvolgere da quelle parole?

E la chiudo qui.” concluse.

Rebekah fissò allibita suo fratello, senza però proferire nessun'altra parola. Sapeva quanto pericoloso e irritabile potesse divenire quando veniva costretto ad affrontare argomenti di cui non voleva parlare. Stefan le passò un braccio lungo le spalle, accarezzandole sensualmente la pelle del gomito. “Va bene, questi sono affari tuoi Nik.” disse. “Ma io continuo ad essere annoiato.”

E non è un mio problema.” Klaus rispose stizzito, pronunciando quelle parole come se fossero la giusta conclusione per la precedente frase di Stefan. L'Originale si voltò a guardare in direzione di April, la quale continuava a cantare con la stessa grazia e dolcezza di un angelo caduto dal paradiso.

Gli occhi di Klaus, però, si spostarono involontariamente verso un uomo in mezzo alla folla, il quale stava fissando silenzioso e immobile la figura della cantante. Aveva un'espressione minacciosa e carica di odio sul volto; stonava terribilmente con i volti affascinati e catturati degli altri spettatori.

Klaus provò un moto di rabbia che lo spinse ad agire. “Mio caro Salvatore.” disse, mordicchiandosi il labbro inferiore per qualche secondo. “T'ho appena trovato un ottimo passatempo per stasera. Liberati più veloce che puoi di quel cadavere.”

E, detto ciò, rivolse un sorriso furbo in direzione del compagno.

* * * * * * * * * * * * * * *

April continuava a cantare, sorridente e solare, sul palco del locale, senza accorgersi dei suoi occhi su di lei.

Chiunque avesse potuto immergersi negli occhi di Christopher in quel momento, ne sarebbe stato ingannato, pensando che quelli fossero ricolmi di odio. Ma l'odio era un sentimento, una rosa dai petali neri che germogliava affianco a un fiore più colorato, e lui, per April, non nutriva nessun tipo di sentimento.

Amava il suo bel viso, amava il suo bel corpo, ma non vedeva nient'altro sotto quella facciata.

Lui la guardava con rabbia, per il semplice motivo che la sentiva sfuggirgli dalle dita, come fosse un oggetto di valore, ma senza alcun significato.

Non voleva perderlo solo perché valeva tanto e perché doveva essere una cosa sua.

Niente più.

Questo era ciò che April era per lui.

È sempre un piacere incontrare un ricco magnate di Chicago come voi, Christopher.”

L'uomo si girò lentamente, quando sentì pronunciare il suo nome da qualcuno alle spalle. Si ritrovò il sorriso beffardo di Klaus davanti allo sguardo, gli occhi accesi fissi sul suo volto e una postura regale, elegante e raffinata che Christopher sentì di non aver mai posseduto, nonostante i suoi nobili natali.

Provò invidia perché le mani che si contendevano il suo prezioso gioiello erano migliori delle sue.

Dio, avrebbe potuto sparargli un colpo di pistola proprio in quel momento, davanti a tutta quella folla.

Voi forse non avete idea di chi io sia...” Klaus tese la mano nella sua direzione, in attesa che lui ricambiasse la presa. “Il mio nome è Niklaus Mikaelson...”

So chi siete.” Christopher mantenne le proprie mani gelosamente dentro le tasche dei pantaloni. “Siete uno dei nuovi ricconi più ambiti della città....e il bastardo che vuole scoparsi la mia donna.”

L'espressione sorniona sul volto di Klaus si rabbuiò per un attimo. Christopher ne fu sollevato e non poté fare a meno di sorridere, senza sapere che quel baleno sul viso del ragazzo non era dovuto a un sentimento di paura nei suoi confronti.

Scoparsi?” Klaus fece un passo verso di lui, e questa volta fu l'espressione di Christopher a mutare per un attimo, solo in maniera più percettibile rispetto a come era accaduto poco prima a Klaus. “Non stiamo parlando di un animale da monta.”

Incredibile, quel folle non cercava nemmeno di nascondere la relazione con la sua donna.

Oh, l'avrebbe pagata molto cara per quel suo errore.

Troppo cara.

Figlio di...”

Sono qui per chiarire.” Klaus mantenne l'autocontrollo, malgrado Christopher sembrava sul punto di volerlo colpire in quel momento. Continuò a sorridere, come se la collera dell'umano non lo scalfisse. “Ma credo che dovremmo farlo in un posto più...tranquillo e riservato.”

Klaus alzò l'indice, indicando con precisione il tavolo a cui sedevano Rebekah e Stefan sul piano superiore del locale. Il ragazzo fece un cenno di saluto nella loro direzione.

Perché dovrei aver voglia di chiarire qualcosa con voi?” Christopher guardò con aria minacciosa il volto di Klaus, il quale non la smetteva di dispensare sorrisi incoscienti nella sua direzione.

Perché non dovreste? Siamo sulla stessa barca, ingannati dalla stessa donna.” Klaus fece scorrere lo sguardo verso April, e Christopher si girò nella stessa direzione. La giovane cantante era completamente assorta nella magia della sue emozioni da non essersi accorta di nulla.

Rapidamente, la visione delle cose di Christopher mutò. Klaus era molto, troppo convincente per non farlo dubitare di quanto, fino ad allora, aveva sempre creduto.

April restava una puttana. Ma forse Mikealson non era l'amante infame che gli aveva gettato sopra fango e disonore.

So che probabilmente ancora non mi credete.” proruppe Klaus, malgrado la sua espressione tradisse la convinzione di aver fatto centro. “Ma, abbiate fiducia, dopo che vi avrò spiegato tutto quanto, sarete del mio stesso avviso.”

Christopher serrò la mascella, con aria pensierosa. “Va bene. Ma fate sì che duri poco.” disse infine.

Klaus sorrise, gli fece segno di seguirlo e i due si mossero in direzione degli scalini che li avrebbero condotti al piano superiore del locale.

In quello stesso istante la canzone di April fu sul punto di terminare.

E i suoi occhi preoccupati catturarono l'immagine dei due uomini camminare fianco a fianco nella folla.

* * * * * * * * * * * * * *

Prego, accomodatevi.”

Klaus gli indicò un punto sul divanetto, in cui Christopher sarebbe stato seduto vicino a lui. L'umano valutò gli altri due visi prima di prendere posto: Stefan teneva un braccio adagiato sopra le spalle di Rebekah, la quale fissava Christopher con intensità. Sul viso una smorfia che poteva rappresentare piacere ma anche disgusto. Capirlo gli fu difficile.

Dopo essersi schiarito la voce, l'uomo si sistemò i bottoni della giacca e prese posto, subito dopo che Klaus ebbe fatto lo stesso. “Allora...ditemi ciò che avete da riferirmi e chiudiamola presto.” disse, tenendo lo sguardo basso.

Klaus si trattenne dallo scoppiare in una risata fragorosa.

La situazione era già cambiata.

Fino a pochi secondi prima quel poveraccio era spavaldo e sicuro di sé, ma gli sguardi di Stefan e Rebekah gli avevano fatto realizzare quanto quella situazione sarebbe risultata sgradevole per lui.

Non aveva capito che loro erano vampiri ovviamente, ma si era comunque reso conto di avere solo due occhi contro sei che lo fissavano con attenzione.

Va bene, parto subito.” Klaus incrociò le gambe e allungò entrambe le braccia sullo schienale del divanetto, ponendosi in una posizione comoda quanto poco elegante. “La cosa è molto semplice e vi prenderà pochi minuti del vostro tempo.”

Christopher lo guardò attentamente, iniziando a sudare freddo. Sentì Rebekah e Stefan ridacchiare tra di loro e un brivido gli serpeggiò lungo la schiena.

April è mia.” L'espressione di Klaus mutò improvvisamente: non vi era più alcuna ombra di sorriso sulle sue labbra, il mento era alto e gli occhi luminosi, per marcare il diritto che reclamava su quella ragazza.

Christopher non poté credere a quella sfacciataggine; ne restò così stupito da non potervi nemmeno rispondere prontamente. Il suo respiro iniziò però a farsi lentamente più affrettato, mentre i suoi polmoni si nutrivano di rabbia e disprezzo.

E se vi azzardate di nuovo a minacciarla, vi giuro che vi strapperò le dita una a una e ve le farò mangiare, mi sono spiegato?” continuò Klaus.

E per dita, intende anche quelle dei piedi.” aggiunse Stefan, come se stesse introducendo la parte più bella di una barzelletta.

Voi forse non sapete con chi avete a che fare!” Christopher scattò in piedi, rifiutandosi di far intuire ai nemici che quelle parole era riuscite comunque a infondergli paura.

Oh invece so benissimo con chi ho a che fare. Siete un damerino senza midollo che si diverte a minacciare una ragazza perché la reputa sua proprietà. Non valete nemmeno un singolo passo che camminate.” Klaus rise tra sé e sé, divertito dalla maniera in cui Christopher lo guardava allibito. Ci mancava poco che si mettesse a gridare come una zitella isterica purché lui la smettesse di parlare. “Siete voi... che non avete proprio idea di chi sia io.”

Basta, questo è troppo!” L'umano cercò di sfuggire allo sguardo di Klaus e ai risolini degli altri due. Scattò in piedi, pronto a fuggire a una battaglia verbale che non sarebbe stato capace di sostenere. “Sappiate solo che vi farò pentire amaramente di quanto mi avete detto stasera.”

Ma evidentemente non avete ascoltato bene.” Klaus si alzò in piedi, impedendo così all'uomo di proseguire nel suo cammino. Gli posò una mano sul petto e chinò il capo per poterlo guardare. “Voi non avete idea di chi io sia. E vorrei che mi conosceste un po' meglio.”

Oh so tutto quello che dovrei sapere su di voi...sei un uomo morto!” Christopher ritrovò un poco del suo coraggio, allontanando la mano di Klaus dal proprio petto. L'altro sembrò accettare di buon grado quel gesto, lasciando cadere la propria mano e umettandosi le labbra, spostando poi lo sguardo altrove.

E con voi lo sarà anche April. Trascinerò tutti e due nella tomba.”

Christopher concluse la sua minaccia con un sibilo, nella vana speranza di incutere timore. Detto questo fece per superare Klaus, riuscendoci solo perché questo ebbe la premura di spostarsi.

Christopher, però, non ebbe fatto i conti con un altro dei presenti.

Stefan Salvatore si parò davanti a lui con una velocità disumana. Se lo ritrovò di fronte, malgrado non si fosse nemmeno accorto che il ragazzo si era alzato in piedi. “Sapete, non sono un cavaliere...ma non mi piace il modo di cui parli di quella ragazzetta.”

Detto questo, il vampiro posizionò le proprie mani sulle spalle dell'uomo, spingendolo a sedersi sul divanetto, dove si era trovato fino a pochi secondi prima. Christopher riuscì a metabolizzare il tutto solo quando la cristallina risata di Rebekah risuonò accanto a lui. Stefan si era mosso con una velocità che di umano aveva ben poco, e l'aveva poi riutilizzata per spingerlo a sedere sul divanetto. Allora riuscì a capire per quale motivo, da quando si era seduto insieme a quei tre demoni, aveva provato una strana e intensa sensazione di inquietudine.

Stefan gli si avvicinò a passi lenti e studiati; Klaus si sedette accanto a lui, ammiccando sotto i baffi e riempendosi poi un altro bicchiere di liquore.

M-ma...chi..siete voi?” Christopher cercò di alzarsi, ma i suoi piedi scivolarono goffamente sul pavimento, facendolo affondare ancora di più nel materasso del divanetto. Provocò così l'ilarità di Stefan e Klaus e un lieve rossore gli tinse le gote scarnite.

Rebekah non gli diede modo di pronunciare nessun'altra sillaba: gli prese il mento tra le mani e fece voltare la sua testa verso di lei. Lo fece con una tale forza da fargli quasi scricchiolare il collo.

Siamo solo persone molto, molto annoiate.” gli disse, muovendo con ritmicità le sue bellissime e piene labbra rosse. “E ora, non emetterai un suono per tutto il resto della serata e farai tutto quello che noi ti diremo.”

Quelle parole si impossessarono del libero arbitrio dell'uomo, riducendolo alla stregua di un vegetale dipendente ai desideri dei suoi tre carnefici.

Klaus guardò Rebekah con sadica soddisfazione.

E ora mettiti seduto composto. E spostati un po' più in qua.” Rebekah scivolò alla sua sinistra, e Christopher le obbedì come un bambino soggetto ai rimproveri della madre.

Ci fu così abbastanza spazio affinché anche Stefan potesse sedersi; scavalcò le gambe di Klaus con un abile gesto e lanciò poi uno sguardo complice in direzione del compagno, mentre quest'ultimo si scolava le ultime gocce di liquore.

Ripper, te l'ho mai detto che provo una malsana invidia per il tuo modo di...divertirti?” gli disse; alzò poi le mani per enfatizzare i suoi pensieri appena espressi. “Davvero, mi fai sentire così vecchio e antico. Credo di non sapermi più divertire in maniera adeguata!”

Stefan chinò il capo, accettando il complimento. “Troppo gentile, amico mio.” rispose, congiungendo le mani e sorridendo sotto i baffi.

Rebekah ridacchiò divertita, più dalla paura insita nel tremore di Christopher piuttosto che dello scambio di battute dei suoi due compagni di serata. Quel poveraccio si guardava attorno spaventato, desiderando gridare senza però poterlo fare.

Klaus posò il suo bicchiere davanti a Stefan. “Ti prego, offrimi uno spettacolo allettante questa sera.”

Oh...ma con molto piacere.” Stefan si voltò verso Christopher; la sua parte spaventata, domata dalle precedenti parole di Rebekah, gridò in cerca di aiuto. Tremò più forte, come una foglia, e fissò con orrore lo sguardo vuoto del vampiro.

Vuoi offrirci da bere, Chris?”

Christopher deglutì, sentendo che dietro quella domanda c'era ben altro. “V-volentieri.” rispose, annuendo ripetutamente.

Perfetto allora. Quattro bicchieri Stef.” Rebekah si protese verso il suo amante, alzando quattro dita. Klaus si portò una mano al volto per trattenere le risate. Predispose allora, oltre il proprio bicchiere, quello utilizzato da Rebekah, quello di Stefan e quello che era stato precedentemente offerto alla loro vittima. Li predispose davanti al compagno, attendendo che questi iniziasse il suo spettacolo di divertente sadismo.

A Christopher tremavano le labbra, come se stesse per scoppiare in una crisi di pianto.

Li preparo in un batter d'occhio!” esclamò Stefan. Con uno scatto rapido, afferrò il polso destro dell'umano e affondò i canini nella sua carne. Christopher emise un leggero gemito, mentre il suo sangue colava dalle fauci aperte del vampiro sulla tovaglia del tavolino. Stefan ne bevve solo qualche sorso, per poi portare il polso sopra due dei loro bicchieri, premendo sulla carne per favorire la fuoriuscita del sangue, dalla vene all'interno dei calici.

Caldo caldo, come appena sfornato.” sussurrò il vampiro soddisfatto.

Rebekah volle prendere parte al gioco. “Aspetta, ti aiuto.” disse e afferrò l'altro polso di Christopher, mordendo con maggiore eleganza e minor voracità rispetto al suo amante, per poi prendere a riempire i due bicchieri rimasti.

Lo sguardo di Christopher si fece vacuo, oscillando da un vampiro all'altro, mentre la pelle del suo volto si faceva sempre più pallida e madida di sudore.

Si focalizzò poi su Klaus, il quale preferiva osservare con perverso piacere il gioco messo in atto dai due compagni. Preferì non prenderne direttamente parte perché si conosceva; sapeva che, furioso com'era, avrebbe perso il controllo troppo presto, riducendo così la sofferenza di Christopher al minimo. Lo avrebbe portato immediatamente alla morte, senza infliggergli il dolore che meritava.

Stefan non era così: a lui non piaceva solamente uccidere-l'omicidio per lui rappresentava la ciliegina di una buonissima torta-ma piuttosto preferiva torturare le sue vittime per potersi nutrire della loro paura, mentre lui giocava e si divertiva.

Era quella la vera natura di un vampiro: nutrirsi di paura e sangue. E gioirne.

E Stefan non era coinvolto da alcuna nocività di sentimenti, a differenza di Klaus.

Per quanto riguardava Rebekah invece, lei si prestava al gioco semplicemente perché era annoiata.

Vi prego non...” Christopher parlò con voce flebile e debole, guardando entrambi i propri polsi insanguinati.

Stefan porse un bicchiere a ciascuno di loro. “Alla salute signori.” disse, impugnando il gambo del bicchiere e innalzandolo verso il cielo, come se stessero davvero brindando a qualcosa.

E a cento di questi giorni.” Rebekah fece lo stesso, seguita a ruota da Klaus.

Solo Christopher non si mosse, tenendosi i polsi all'altezza degli occhi lacrimanti e tremando percettibilmente. Avrebbe potuto causare pietà in chiunque, ma non in loro.

Stefan lo guardò contrariato. “Chris caro...perché non brindi con noi?” gli domandò, dandogli una lieve pacca sulle spalle che lo fece gemere di dolore. “Potrei offendermi.”

E fossi in te non lo farei offendere.” Klaus trincò con il sangue dell'umano. “Perché poi delle teste rotolano e qualcuno deve pulire.”

Christopher dissentì, spaventato come un cucciolo. “Vi...vi prego, non fatelo.” li implorò.

Va' a farti fottere amico. Bevi.” Stefan sorrideva, indicandogli il bicchiere che aveva di fronte.

Malgrado il pensiero gli procurasse dei conati di vomito, Christopher guardò il bicchiere riempito di due dita del suo sangue. La sua mano si spostò inevitabilmente verso esso, stringendolo con tutte le dita. Poi, tremante, si portò il bicchiere alle labbra e prese a bere lentamente. Il sapore metallico del sangue gli inondò il palato, e quando questi si spostò lungo la sua faringe, venne colto da numerosi conati di vomito. Si sputò il sangue addosso, sul tavolo, e in parte di nuovo nel bicchiere, mentre i tre vampiri ridevano spassosamente di fronte quello spettacolo.

Christopher, umiliato, spaventato e tremante, si pulì le labbra con il dorso della mano, guardando uno a uno i volti dei vampiri.

Stefan alzò la testa e la sua risata soffocò contro il palmo della mano, quando scorse una figura a pochi passi da loro. Malgrado tutto il suo sorriso non si spense, cogliendo il divertimento che poteva scaturire anche da quella faccenda.

Oh mio dio...”

Klaus smise di sghignazzare non appena riconobbe il suono melodico di quella voce. I suoi occhi si sgranarono per la sorpresa e il panico si impadronì completamente di lui.

Si voltò di scatto verso un punto alle sue spalle e scorse un viso sconvolto e in lacrime a pochi passi da loro.

April aveva visto tutto.

* * * * * *

Perché hai fatto tutto questo Katherine? Non me lo hai mai spiegato per davvero.”

Katherine se ne restò seduta sul bordo del marciapiede, con le gambe sensualmente accavallate e lo sguardo rivolto verso la luna piena che brillava candidamente nel cielo. Usando la propria immaginazione, la poté immaginare intrisa del sangue che aveva bagnato quell'ennesima notte di Chicago. Ne sorrise.

Non te l'ho mai detto perché non volevo intromettermi tra te e la scia di sangue che ti lasci dietro da giorni.” rispose freddamente, posando le mani sull'asfalto e continuando a fissare ostinatamente verso il cielo. Non si curò dell'ombra che, alle sue spalle, si teneva nascosta nel vicolo tra due edifici, quasi provasse vergogna nel farsi vedere alla luce della luna.

La tua stupidità ha un limite che non vorrei mai valicare.”

Lei ama veramente quel Niklaus. Sarebbe stata con lui anche se tu non l'avessi soggiogata.”

Katherine fece spallucce; dondolò avanti e indietro il piede sinistro, sospeso sopra il ginocchio destro, e arricciò le labbra. Parlare di tutta quella situazione la infastidiva, facendola sentire impotente e sola com'era stata per tutti quei secoli. Nemmeno la compagnia della figura alle sue spalle poté risollevarla da quella sensazione. “Lo so. Ma non mi piace aspettare e ho preferito accelerare i tempi.”

Calò un silenzio tombale. Una macchina sfrecciò rapidamente davanti a loro e Katherine riuscì a scorgere dai finestrini le teste di un uomo e di una donna, talmente ubriachi da ridere sguaiatamente. I suoni delle loro voci risuonò per pochi istanti, fin quando la macchina svoltò dietro un angolo.

E cosa otterrai con tutto questo?”

Visto che non posso ottenere ancora quello che voglio.” Katherine fu rapida e risoluta nella risposta; piegò la testa da un lato e mantenne gli occhi scuri fissi sulla luna. “Voglio almeno godermi l'immagine di Klaus di fronte alla perdita dell'unica persona per cui conta qualcosa. Ne vale la pena. Voglio concedermi questa piccola soddisfazione.”

Quella sua risposta, però, non le piacque. Katherine non voleva una sofferenza momentanea per Klaus, voleva che marcisse all'inferno da cui proveniva e che la lasciasse libera di vivere in armonia l'eternità che le si prospettava davanti.

Quello che il vampiro nutriva per April le era sembrato forte, quasi irreale, vista la natura omicida di Klaus. Tanto che ancora stentava a credere di aver puntato così tanto in quell'attrazione fatale nata tra di loro. Aveva provato a sfruttarla, sperando che l'ingenua sensualità di April potesse fornirle informazioni riguardo la fuga a cui anche Klaus e sua sorella erano soggetti, ma ne aveva ricavato il nulla. Si sentì una stupida; aveva intuito che Klaus mai e poi mai avrebbe rivelato ad April uno dei suoi segreti, eppure ci aveva comunque provato.

E chi ti dice che non le cancellerà la memoria nel caso in cui scopra di lui e di sua sorella?” chiese ancora la fastidiosa e curiosa ombra alle sue spalle.

Katherine aveva sempre odiato la domande a raffica, sopratutto se provenivano da una voce così squillante. Si alzò lentamente in piedi, pulendosi la corta gonna del vestito sul didietro e si voltò. Il suo interlocutore era ancora timidamente avvolto nel buio.

Non lo farà. Ho già provveduto a muovere le mie pedine.” rispose, avvicinandosi lentamente a lei. Il suono dei suoi tacchi a spillo riecheggiò nel vuoto della notte. “E, anche se lo farà, il risultato non cambia. Klaus perderà questa piccola battaglia. Sai quello che faremo, no? Non farmelo ripetere.”

Katherine avvertì un moto di fastidio, quando scorse la chioma bionda dell'ombra scuotersi in un gesto di dissenso. “Io non voglio permettertelo.” le disse.

Sfidarla in una notte così carica di rabbia e solitudine; quella sciocca aveva scelto il momento sbagliato per provocare Katherine Pierce. La vampira, presa da un attimo di irrazionalità, scattò velocemente in direzione di quella figura, stringendola per il collo e spingendola violentemente sul marciapiede. Il volto del suo interlocutore divenne finalmente visibile alla luce della luna, pallido e smorto come solo un viso toccato dalla morte poteva essere.

Katherine mostrò i canini, tenendo la mano stretta attorno al collo dell'altra e impedendo a quest'ultima di compiere un qualsiasi movimento che potesse permetterle di liberarsi. Restò dunque chinata su di lei, lanciandole occhiate di fuoco e ira.

Stammi a sentire.” ringhiò la mora, oscillando lievemente i corti capelli scuri. “Sono stanca dei tuoi capricci. Sono stanca delle tue continue perdite di controllo. Ti ricordo che è grazie a me se non sei morta; è grazie a me se continui a bazzicare per queste strade con la tua insulsa vocina stridula e i tuoi occhi da pesce lesso. Ho lasciato che tu ti trasformassi, non perché mi sei simpatica ma perché mi servi.”

La ragazza a terra era sul punto di scoppiare in lacrime. Katherine l'aveva sempre ricordata fastidiosamente emotiva e fragile, e quelle sue caratteristiche erano state amplificate dalla morte sopraggiunta nelle vesti di un vampiro. Quasi si pentì di aver inserito quella pedina sulla sua scacchiera.

Hai capito bene, Violet?”

Io non voglio ucciderla.” piagnucolò Violet, serrando più forte che poté il polso di Katherine. Questa non mostrò alcun segno di disagio; anzi strinse più forte la presa attorno al collo della ragazza, infastidita dalla sua continua ostinazione.

E invece lo farai, se non vuoi che la morte di April sopraggiunga più violenta per mano mia. ”

Detto questo, Katherine fece alzare con uno scatto Violet, tenendola per le spalle una volta messa in piedi e guardandola nei suoi occhi verdi, spenti e vacui. La neo vampira aveva le labbra sporche di sangue, l'abito bianco intriso di macchie rosse e nere in diversi punti.

Katherine si ritrovò a storcere la bocca disgustata di fronte a tale sporcizia. Violet era sempre, perennemente affamata, trascurando così un poco di norme igieniche. Riusciva a essere peggio di Stefan.

Vedi il lato positivo, mia cara.” le disse, facendo salire le mani all'esile volto di Violet. “La malattia la porterà via lentamente, mentre tu lo farai molto velocemente. E, inoltre, la libererai dalla condanna di amare uno come Klaus. Le faremo un doppio favore.”

Violet non trovò le parole per replicare. Katherine la spaventava come nessuno mai aveva fatto prima e le sue parole le si imprimevano nella mente come marcate a fuoco. Non trovò nemmeno la voglia di elaborare una possibile risposta, perché un rumore di passi le segnalò la presenza di un umano, in procinto di avvicinarsi a loro. Si voltò simultaneamente insieme a Katherine, e notò la presenza solitaria di un ragazzo che camminava rapidamente lungo il marciapiede, verso di loro. Non mostrò alcun tipo di timore, quello stolto, nel scorgere le due fanciulle a pochi metri da lui.

Katherine sorrise. Guardò le venuzze scure che si erano formate ai lati degli occhi di Violet e un senso di soddisfazione le si dipinse sul volto. Adorava vedere come i vampiri appena nati fossero terribilmente soggetti al battito di un cuore umano.

Quando l'umano si fermò di colpo, come confuso, decise di concedersi anche lei una notte senza controllo.

Penso che stasera ti farò compagnia per cena.” disse.

E, detto ciò, Katherine tirò fuori i canini, per poi guardare in direzione della loro vittima.

E le urla del ragazzo riecheggiarono nella notte, rendendola più buia di quanto già non fosse.


Buonasera a tutti! :D

Vi dirò, oggi forse sarà perché sono particolarmente felice, ma sono soddisfatta di questo capitolo. Ad eccezione dell'ultima scena di Katherine, il resto mi sembra abbastanza caruccio alla fin fine u.u poi, nel caso fosse il contrario xD, non esitate a dirmelo, mi raccomando!

Come sempre, spero che non ci siano troppi evidenti errori grammaticali, e nel caso ne visionaste qualcuno, fatemelo pure presente! ;)

Parlando del capitolo, penso vi sarete accorti che la scena Klaus-Stefan-Rebekah è ispirata alla 3x03, dove questi tre simpaticoni fanno bere del sangue a quel povero tizio. Ovviamente è un po' modificata a fini di trama, ma spero comunque che abbia ricalcato abbastanza bene le dinamiche della vicenda.

Passando alla scena su Katherine....ho dei forti dubbi su di lei. Nel senso, non mi sembra lei...voi che ne pensate? La mia paura di sfiorare il tanto odiato OOC è sempre presente, sopratutto su personaggi “complicati” come lo è Katherine Pierce.

Il colpo di scena, poi, è stato un effettivo colpo di scena? XD purtroppo manco nella suspence e nel farvi prendere un colpo sono brava ahah.

Comunque, avrei da chiedervi un consiglio: una certa persona (Elyforgotten, la colpa è tutta sua) mi sta spronando a scrivere qualcosa sullo Stefan Rippah di questa storia. Qualcosa che comunque durerà pochi capitoli, massimo 5-6, e che sarà correlato comunque allo scenario di “October & April”. Che ne pensate?

Vabbé, me sto zitta! Ringrazio tutti gli adorabili lettori di questa storia; chi legge silenziosamente e chi recensisce. E grazie anche a coloro che hanno inserito questa storia tra le preferite/ricordate e seguite!

Ci rivediamo alla prossima...o almeno spero! ;)

Buona serata a tutti! Ciao :*


ps: risponderò alle recensioni bellissime dello scorso capitolo proprio adesso!


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Capitolo 10
*** Hoping one day you'll make a dream last, but dreams come slow and they go fast. ***


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http://www.youtube.com/watch?v=xJrEvz6nbv8

*Cover di “Let Her Go” dei Passenger.

-Capitolo 10: Hoping one day you'll make a dream last, but dreams come slow and they go fast-

Only hate the road when you're missing home.

Only miss the sun when it starts to snow.

Only know you love her when you let her go.

(Let her go by Within Temptation)


Nei suoi mille anni di esistenza, Klaus aveva vissuto quel tipo di sguardo senza alcuna vergogna.

Anzi, la paura che sprizzava dagli occhi degli umani quando si trovavano di fronte alla sua vera natura, spesso, lo divertiva, facendolo sentire più superiore di quanto già non fosse.

Ma in quel caso c'era qualcosa di differente.

Klaus odiava vedere il terrore dipinto sul volto di April.

Detestava vederlo riversarsi su di lei attraverso quelle lacrime calde.

Odiava che lei lo guardasse come una sorta di orribile mostro.

Nel corso degli anni aveva anche imparato ad accettare quella considerazione che tutti avevano di lui, e degli altri della sua specie. L'aveva accettato ed era riuscito a conviverci con forza e disinteresse. Ma in quel momento tutto era intollerabile, tanto che Klaus sentì riemerge quella folle, pallida debolezza che aveva posseduto quando era umano.

April aveva paura e lo vedeva come se fosse un mostro.

E la sua debolezza aveva ripreso vita e vigore.

Oh oh...” Stefan teneva ancora gelosamente il polso di Christopher, mentre i suoi occhi erano fissi su April. L'umano era ormai sul punto di svenire, per il peso psicologico a cui era stato sottoposto nel corso di quel gioco sadico, e per via del quantitativo di sangue che aveva perso, sempre nel durante.

April scappò via, prima che Klaus potesse anche solo pronunciare il suo nome.

Nik, inseguila. Potrebbe smascherarci!” Rebekah guardò preoccupata la figura immobile e pietrificata di suo fratello, che venne quindi incentivato ad andare dalla ragazza.

Quella aveva preso a correre tra la folla, singhiozzando delusa e spaventata senza che nessuno potesse udirla o scorgerla. La musica alta soffocava ogni cosa, l'euforia generale data dal divertimento e dall'alcool rendeva tutti quanti ciechi e sordi nei confronti del panico della ragazza. E April correva come una furia, finendo di tanto in tanto contro la schiena di uno e sopra i piedi di un altro.

Klaus non ci mise molto a raggiungerla e, nei pochi secondi che gli ci vollero per farlo, decise che non c'era soluzione migliore che quella di cancellare i ricordi di April a riguardo.

Era la cosa più ovvia da fare ma non poté fare a meno di sentirsi in colpa. Perché lui non voleva ricorrere ai suoi poteri per sopprimere la paura della ragazza, ma non sopportava l'idea che lei lo temesse, che lo considerasse un terribile incubo notturno da cui scappare nel cuore della notte.

Decise di fermarla solo una volta che lei fu fuori dal locale e si fu fermata in prossimità del marciapiede per riprendere aria. Non si era accorta che lui era a pochi metri dalle sue spalle; Klaus la vide portarsi le mani tra i capelli e singhiozzare con maggior impeto, accompagnando il proprio dolore a una lunga serie di colpi di tosse che le scossero violentemente la gabbia toracica.

Viste le sue condizioni fisiche, sarebbe potuta persino morire per uno spavento simile.

Klaus venne scosso da un brivido.

April...” chiamò il suo nome con un calmo sussurro che si adagiò delicatamente nella fredda e tagliente aria di quella notte.

Eppure April sussultò come se lui avesse gridato.

Lo guardò come aveva fatto poco prima, come se si trovasse di fronte a un terribile mostro, e prese a tremare più forte. Era tentata dal correre il più lontano possibile, ma le sue gambe erano come incollate al marciapiede.

Vattene via. Lasciami in pace.” lo implorò, come se fosse sua prigioniera.

Lascia almeno che ti spieghi.” Klaus mantenne l'autocontrollo necessario per non ostentare né rabbia e nemmeno pietà verso i sentimenti e le condizioni di April. Non riusciva a guardare i suoi grandi occhi scuri senza provare un moto di indefinite emozioni. Per spegnere tutto, sarebbe bastato prenderle il viso tra le mani, guardarla in quelle splendide e sincere pozze scure, e cancellare ogni cosa di quella notte.

E non avrebbe più temuto di perderla.

Non voglio...” April mosse dei passi all'indietro, cadendo quasi dal marciapiede. Non perse mai il contatto visivo con lui, per timore che potesse saltarle alla gola da un momento all'altro. “Che tu mi fornisca alcuna spiegazione. Sei un mostro, un vampiro!”

April metabolizzò solo in quel momento la parola che aveva appena abbandonato le sue labbra. Si passò le mani tra i capelli ancora una volta-l'acconciatura ormai completamente sfatta e rovinata, insieme al trucco-e abbassò gli occhi.

Un vampiro...” ripeté.

Sì, è quello che sono.”

Hai ucciso tu Violet...e tutte quelle persone. Siete stati voi.” Le parole di April divennero audaci, cariche di rabbia e di rancore. Ostentava una sicurezza datale dal fatto che non aveva più nulla da perdere-amicizia, famiglia, amore-perché quella sera aveva perso l'unica cosa a cui si era aggrappata per tutto quel tempo e per cui aveva ripreso a vivere.

Klaus avrebbe tanto voluto liberarsi il prima possibile del peso che lei gli aveva messo sulle spalle, cancellando ogni ricordo. E forse avrebbe fatto meglio a cancellare quelli non solo di quella sera ma di tutta la loro relazione. Lui non doveva sopportare il carico di nessuna gioia, ma solo di rancore e sofferenza. Però non voleva rinunciare a quel peso, perché lei ormai lo aveva riposto completamente su di lui e lui lo aveva accettato di buon grado. Aveva accettato l'umanità che lei gli aveva offerto e ormai non voleva più perderla.

Non ho ucciso io la tua amica.” rispose sincero, muovendosi verso di lei. “E quello che hai visto compiere stasera...è stato solo per proteggere te.”

April perseverava nel guardarlo con odio, arretrando lentamente alla sua figura. “Proteggere me?” ripeté lei, ridacchiò nervosamente e il movimento sul suo viso spinse delle tristi e solitarie lacrime a scenderle lungo la pelle. “A te non importa nulla di proteggere me.”

Tu non hai alcun diritto di dire cose del genere!” Klaus gridò furiosamente, il suo ringhiare impetuoso riecheggiò in quella strada buia e desolata di Chicago. Nessuno, eccetto April, poté assistere alla sua collera, poiché tutti troppo presi dai fasti notturni che stavano avendo luogo nel locale.

Klaus si rese conto di averla spaventata di più, ma non gli importò. La rabbia era padrona del suo corpo in quel momento, e nessun sentimento o pensiero razionale poté permettergli di controllarla. “Christopher ti ha minacciata. E io ho pensato di metterlo a tacere, a modo mio!”

Nel tuo modo orribile!” April gli ringhiò contro con altrettanta rabbia, in una maniera che Klaus non si aspettò. Nessuno aveva mai reagito a quella maniera in risposta alla sua ira, malgrado delle volte il vampiro avesse sperato di trovarsi di fronte a qualcuno con abbastanza midollo per farlo. Uccidere gli audaci era più divertente, i deboli li si calpestava con troppa facilità, come fossero vermi. Era fastidioso sapere che l'unica persona che lo avesse sfidato a quella maniera fosse anche la stessa che lui non avrebbe mai voluto uccidere.

Non sei così diverso da lui. Siete mostri, ma in maniera differente.” April si asciugò le lacrime con il dorso della mano, mantenendo il tono della voce fermo, in maniera ammirevole. “Solo che di te mi sono innamorata e di lui no. Ed è questo che fa più male.”

Klaus scosse la testa; la dichiarazione della ragazza accese di nuovo qualcosa in lui. “È questa la mia natura, April, e non puoi cambiarla. Ma accettarla, così come sei riuscita ad accettare me per tutto questo tempo.” cercò di dirle, calmandola prima di abbattere la sua rabbia, violando la sua memoria.

Io ho accettato una parte di te che forse nemmeno esiste.”

A quell'ennesima ostinazione, Klaus non riuscì a contenersi. Scattò rapidamente in direzione di April, spingendola contro il muro di mattoni alle sue spalle. Le tenne le mani sulle braccia, per impedirle di combatterlo e si spinse contro il suo corpo, facendo aderire perfettamente i loro petti. Il vampiro poté sentire il cuore impazzito della ragazza battere contro il suo, spento e privo di vita.

LASCIAMI ANDARE!” April provò a divincolarsi, battendogli le mani sul petto con forza e tossendo di tanto in tanto.

I pensieri martellarono nella testa di Klaus, il quale non la smetteva di stringerla con decisione e di guardarla in viso. “Non conta quello che tu pensi ora.” le disse, mentre lei continuava a gridare e a cercare di respingerlo. “Non conterà più perché non ricorderai nulla di nulla!”

Sì, le avrebbe cancellato la memoria.

Oppure le avrebbe imposto di credere in lui malgrado la sua natura.

Era l'unico modo che aveva per non perderla.

Non c'era tempo per ripensamenti o sensi di colpa. April doveva essere soggiogata affinché non li tradisse, affinché non avesse paura di loro e perché lui pretendeva che così fosse.

Chi credeva di essere, quella piccola umana?

Con quale diritto gli aveva donato qualcosa che non cercava, facendolo arrendere ad esso, per poi riprenderselo con gli interessi?

No, lui non glielo avrebbe permesso.

Fece salire le mani alle guance, pallide e rigate di lacrime, di lei e April chiuse gli occhi, singhiozzando e implorandolo di lasciarla andare.

Guardami!” le ordinò lui, e approfittò del momento in cui lei aprì gli occhi per poterli catturare nei suoi.”Ora dimenticherai quanto hai visto: me, Rebekah, Stefan e Christopher non saranno nemmeno stati un brutto sogno. Queste immagini sfuggiranno ai tuoi ricordi e tutto tornerà com'era prima.”

Quando Klaus terminò il soggiogamento, però, si rese conto che nulla era cambiato: April continuava a gridargli contro, a combatterlo, e a guardarlo con avversione.

Non poteva essere soggiogata.

Doveva aver ingerito della verbena oppure averla addosso.

Questa non ci voleva.

Vattene!” April riuscì a scappare alle braccia di Klaus, solamente quando questi smise di trattenerla. Sbilanciandosi, la ragazza cadde violentemente sul marciapiede, facendo leva sulle mani per non sbatterci di viso contro.

Klaus restò immobile dov'era, arresosi alla debolezza che aveva preso il posto della rabbia. Posò le mani sulla parete dove fino a poco prima si trovava il corpo spaventato di April, e chinò il capo, socchiudendo gli occhi.

Sarebbe stato semplice.

Aveva della verbena in corpo? Perfetto, doveva spezzarle semplicemente il collo e risolvere la faccenda in quello stesso istante.

Ma non voleva farlo.

Non poteva, anche se doveva.

Si voltò a guardare April, ancora semidistesa sul cemento freddo, la quale lo stava fissando con aria interrogativa, pervasa probabilmente dagli stessi pensieri che stavano affliggendo lui. Si guardarono a lungo, con negli occhi nascosti dei sentimenti che nessuno dei due poté decifrare.

Klaus le fu grato, quando lei smise di guardarlo e si alzò debolmente in piedi, per poi prendere la strada opposta al punto in cui si trovava lui. S'incamminò lentamente, quasi volesse metterlo alla prova e verificare fino a che punto il vampiro avrebbe potuto spingersi. Voleva appurare se si sarebbe spinto oltre la sua sopportazione, senza ucciderla, oppure oltre la sua ferocia, strappandole via la carotide con un sol morso.

Klaus non andò oltre nessun limite, se non quello della propria sofferenza.

Si concesse un lungo respiro, voltandosi passivamente verso l'ingresso del locale di Gloria, fin quando si bloccò. La strega lo stava fissando a braccia conserte e con un'espressione seria sul volto.

* * * * * * * * * * * * * *

Il mattino seguente Chicago riprese la sua sobrietà.

Non vi era più nessun ubriaco che vagava per le strade cantando a squarciagola, o donnette di facili costumi che si concedevano per i vicoli bui della città, o ancora i criminali che approfittavano di tutta quella confusione per dare libero sfogo ai loro crimini.

Il sole scacciò via le colpe della notte precedente, ma non quelle di Klaus.

E, sopratutto, non quelle di Gloria.

Quando il vampiro fece ingresso nel suo locale, la trovò intenta a ripulire il bancone con aria stanca, muovendo lentamente un panno di stoffa sulla superficie in legno. Guardandosi attorno, ci si rendeva conto di quanto lavoro la donna avesse ancora da fare per rendere quel locale presentabile per la sera.

Hai dato della verbena alla tua promettente stella.” Klaus cercò di mantenere la calma; scese gli scalini che lo separavano dal bancone e Gloria lo guardò con la coda dell'occhio. Si era già accorta della sua presenza-come ogni strega che si rispetti-e sembrava essere già preparata ad accogliere la sua furia.

Buongiorno anche a te, Niklaus.” gli rispose, riprendendo a pulire il bancone.

Klaus le fu alle spalle. “Voglio sapere perché.” le sussurrò, sfiorandole l'elice dell'orecchio con le labbra. “Credevo che io e te fossimo amici e che non mi giocassi questi brutti scherzi.”

Sì, siamo amici. Ma lo siamo per convenienza.” Gloria si voltò verso di lui, portandosi una mano perfettamente curata sul fianco sinistro. Se c'era una cosa che lo colpiva sempre delle streghe, era il fatto che non avevano mai peli sulla lingua e dicevano sempre ciò che pensavano. Era un atteggiamento ammirevole e che il più delle volte le avevano portate a perdere la testa. Letteralmente.

Tu vieni da me quando ti servo...e io mi sottopongo alle tue regole semplicemente perché potresti strapparmi il cuore dal petto ogni volta che vuoi.”

Proprio come lo vorrei fare adesso.” Klaus parlò con divertito sadismo, ponendo le mani sul bancone alle spalle della donna e inclinando il viso nella sua direzione, in maniera tale che i loro nasi quasi si sfiorarono.

Gloria però non mostrò alcuna paura. Mantenne un fastidioso autocontrollo, da presuntuosa strega, e abbozzò un sorrisetto. “Quando ti ho offerto di spassartela nel mio locale, non ti ho dato il permesso di ammazzare le mie dipendenti.”

Klaus si separò da lei. “Quindi per questo lo hai fatto? Per proteggere le tue stelline.” le disse, camminando lentamente da un lato a un altro. Un atteggiamento tipico che metteva in pratica quando era particolarmente nervoso.

Ti sembrerà strano ma io con questa attività ci campo. Questo locale è appartenuto a mia madre e a sua madre prima di lei...non mi va di perderlo, solo perché tu e i tuoi compari vi annoiate.” rispose Gloria.

Klaus la fissò in silenzio, serrando fortemente le labbra tra di loro. “E io che pensavo lo avessi fatto semplicemente perché ti importasse qualcosa.” disse.

Che ti importasse qualcosa di April.

La falsità che sembrava circondare la vita della ragazza sembrava ferire più lui che lei.

M'importa. Ma la cosa di cui mi importa di più sono i miei affari. Altrimenti aprirei una bottega che venda verbena per salvare le vittime dei vostri giochi.” rispose poi Gloria, riprendendo a occuparsi delle sue faccende domestiche come se nulla fosse. “E poi, vieni tu a fare la morale a me? April è solo un'altra delle piacevoli distrazioni che ti sei concesso e niente più....”

Non portò a termine il resto del suo discorso, perché Klaus si scagliò su di lei con rapidità, facendola voltare verso di lui e cingendole il collo nella mano. Strinse con abbastanza forte da sentire il battito sotto pelle e premette il corpo della donna contro il bordo del bancone, donandosi così la possibilità di spezzarle la spina dorsale qualora avesse deciso di porre vita alla sua magica esistenza.

Gloria non si oppose, stringendogli solamente le dita che lui aveva attorno al suo collo, e cercando di riprendere fiato. “Tu non hai alcun diritto di giudicarmi.” le disse semplicemente. Non voleva farle intendere quanto le sue accuse lo infastidissero, dopo aver ricevuto anche quelle di April. “Smetti di far assumere della verbena ad April, affinché io possa cancellarle il ricordo della precedente notte, e non intrometterti più.”

Mi fa piacere che niente possa cambiarti Klaus.” sussurrò Gloria, con estrema difficoltà nel parlare.

Il vampiro non comprese subito il senso di quella frase, e piegò la testa da un lato in attesa di una spiegazione. Allentò di poco la presa per permetterle di concludere il discorso. “Quella ragazza ha ormai pochissimo da vivere e tu vorresti renderle i suoi ultimi giorni di vita un inferno solamente perché sei fissato con lei. Hai fatto la stessa cosa con Tatia Petrova, se non sbaglio. La storia si ripete.”

Il ricordo di Tatia e il riemergere della consapevolezza che April aveva ormai poco da vivere, riaccesero qualcosa nel petto di Klaus. La sua rabbia venne di nuovo soffocata, le dita smisero di stringere sul collo della strega e il suo corpo arretrò, allontanandosi da lei.

Gloria riprese fiato, tossendo ripetutamente e piegandosi in avanti.

Saremo pure due egoisti, Niklaus. Ma almeno io difendo i miei interessi, difendendo anche lei. Mentre tu difendi solamente i tuoi capricci.” continuò la strega, incurante dell'espressione fredda sul volto di Klaus. Lo guardò con sfida. “Se davvero avessi provato per quell'umana almeno un pizzico di quello che ti legò a Tatia un millennio fa....l'avresti tenuta lontano dalla tua vita. Tu distruggi tutto quello che cade tra le tue mani, basti guardare la tua famiglia.”

Klaus non seppe cosa rispondere, sentendosi completamente dominato dalle parole della strega. Ma non lo diede a vedere, lasciò che lei vedesse nel suo interesse solo una sfida a parlare di più.

Hai distrutto il primo amore che ogni essere vivente prova, quello verso la propria famiglia. Come pensi di non poter allora distruggere April, nel modo in cui hai fatto con loro e con Tatia?”

Klaus distolse lo sguardo. Ricordava ancora il momento in cui aveva trovato il cadavere sventrato della sua amata un millennio prima: l'aveva trovata riversa nel terreno, in una posizione innaturale, come un angelo caduto dal cielo. I suoi bellissimi occhi da cerbiatta erano sgranati, e del sangue colava da quelle labbra che lo avevano baciato fino al giorno prima.

Non l'aveva uccisa lui, non direttamente, ma la sua natura maledetta.

Era stata sacrificata dalla loro madre, affinché lui, Elijah e i suoi fratelli potessero diventare dei vampiri.

E cosa gli faceva pensare che con April, quell'umana che era stata capace di riportare alla sua mente memorie e sentimenti che erano stati seppelliti insieme a Tatia, non sarebbe successa la stessa cosa? Che non avrebbe sofferto anche lei a causa della sua natura?

Non doveva importargliene, era vero, eppure se ne curava dannatamente.

Vedendo che Gloria non aveva più nulla da dire per infierire su di lui, il vampiro le diede le spalle, lasciandola preda della sua sorpresa.

Klaus poi uscì dal locale, sbattendo entrambe le porte, e camminando sotto il sole.

* * * * * * * * * * * *

April si ritrovò ad odiare ogni singolo angolo di Chicago, quasi fosse stata quella città a mentirle e ferirla in quei giorni.

Quella città infame le aveva donato gioia e sorrisi, per poi portarglieli via in soli pochissimi minuti, quando i suoi occhi avevano scorso la mostruosità insita nella bellezza che l'aveva abbagliata.

Christopher.

In lui aveva visto la convenienza di un futuro stabile e ricco che aveva programmato nel periodo in cui veniva sballottata da un orfanotrofio all'altro, pur di non morire povera e sola. Poi si era accorta che la bellezza che vedeva in quell'uomo non era mai esistita, ma che era stata dettata dai suoi occhi ciechi che volevano vedere solo ciò che conveniva loro.

April prese un lungo respiro, destandosi dai suoi pensieri, non appena raggiunse il motivo per cui aveva messo piede in quel cimitero: la lapide di Violet. Quella consisteva di un unico blocco di pietra con sopra inciso il nome completo della sua amica, con le sottostanti date rispettivamente di nascita e di morte e un epitaffio che consisteva di un'unica frase.

La morte non può nulla contro l'amore che noi proviamo per te.

Era da parte dei genitori e del fratello minore.

April provò una fitta allo stomaco, quando s'inginocchiò davanti alla lapide e ne accarezzò le parole sopra incise.

Klaus.

Lui era l'uomo che le aveva aperto gli occhi, che le aveva rammentato quella piccola bambina, la quale sognava i principi delle favole che sua madre le raccontava ogni sera. Le aveva ricordato l'importanza che un sogno può possedere e le aveva ricordato la forza di cui si aveva bisogno per provare almeno a farli realizzare. Aveva portato luce nella sua vita semplicemente prendendovi parte. Aveva fatto sì che lei lo amasse semplicemente standogli accanto.

Ma era stato tutta un'illusione.

Sulla mia lapide non scriveranno mai una frase simile. Si limiteranno solamente a ballarci sopra e basta.”

April rabbrividì-e seppe di non farlo per il freddo intenso di quel pomeriggio-ma perché aveva riconosciuto la voce alle sue spalle.

Come poteva dimenticarla, visto che aveva preso ad albergare nei suoi sogni e anche nei suoi incubi?

Alzò la testa e si voltò a guardare il volto di Klaus, attraversato da un sorriso sornione, mentre socchiudeva lo sguardo per non lasciarsi colpire dalla luce del sole.

Vedere un angelo della morte in mezzo a tante lapidi faceva sempre un certo effetto.

Chi è causa del suo mal....” rispose la ragazza freddamente, meravigliandosi ancora una volta del coraggio con cui si era rivolta a Klaus, malgrado fosse a conoscenza della sua natura oramai.

Quasi si sentisse libera di sfidarlo, malgrado la paura.

Come se lo odiasse abbastanza da rendersi conto che non aveva il coraggio di farle del male.

E ora vattene. Non meriti di stare davanti a lei.”

Klaus però restò immobile nel punto in cui si trovava. “I morti non disdegnano la mia presenza...visto che sono morti.”

Che cosa vuoi da me?” April si alzò di piedi con uno scatto, piazzandosi di fronte al vampiro che la fissava senza palesare nessun pensiero o nessuna emozione. La guardava e basta, come se stessa valutando ciò che avrebbe dovuto pensare oppure provare. “Non puoi semplicemente lasciarmi in pace?!”

Ma lo sto facendo.” Klaus si fece serio; piegò la testa da un lato e s'inumidì le labbra mentre l'espressione sul viso di April si faceva improvvisamente confusa. Se Klaus aveva un pregio era quello di sorprenderla sempre e comunque, sia che le circostanze fossero piacevoli o meno.

Era quella una delle caratteristiche di lui che le avevano fatto battere il cuore.

Sto lasciandoti andare.”

Lasciandoti andare? Ma perché, era mai stata sua? No, non lo era mai stata, visto ch'ella si era abbandonata solamente a un riflesso di lui che probabilmente non esisteva. Si era concessa di provare dei sentimenti reali per una menzogna che aveva sempre giocato con lei.

Ma prima ci sono delle cose che devo chiarire.” Klaus mosse un passo verso di lei e la ragazza si ritrovò come paralizzata. Non riusciva a muovere un muscolo, ad emettere un verso, un respiro, che si ritrovò completamente catturata da ciò che il vampiro stava per dirle. “Non sono quello che tu credi, è vero, ma non mi scuserò per questo. È la mia natura e non la rinnego per nessun motivo.”

April scosse la testa incredula, più per aver deciso di dare una seconda possibilità al vampiro e ascoltarlo, più che per il discorso che lui aveva intrapreso.

Non ho ucciso Violet, almeno non direttamente, e per questo non ti mentirò dicendoti che non ne sono comunque responsabile. E ho deciso di giocare un po' con Christopher ieri sera semplicemente perché lui è uno di quegli uomini che merita una punizione esemplare, come quella di temere il buio ogni volta che ci si trova in mezzo. Non ricorda nulla di quello che ha visto ieri sera ma credimi...probabilmente ci sarà sempre qualcosa dentro di lui che gli ricorderà il terrore che ha nutrito ieri notte. E non ti chiederò scusa per questo.”

Non voglio più ascoltare. Mi stai dando solo altri motivi per odiarti.” April lanciò un'occhiata alla lapide alle sue spalle, scusandosi mentalmente con Violet per aver disturbato il suo sonno eterno solamente perché avrebbe tanto voluto averla al suo fianco in quel momento di solitudine. “E ora vattene via oppure uccidimi. Entrambe le opportunità sono migliori di quella di starti a guardare.”

La ragazza non attese risposta; lo superò, passandogli accanto alla distanza di un millimetro e non avvertì alcuna contro-risposta da parte sua. Né un movimento, né una parola; sembrò solamente intento ad ascoltare i rumori dei passi di April che schiacciavano l'erba umida sottostante.

La ragazza trattenne un respiro, chiedendosi cosa sarebbe accaduto di lì a poco.

Ma c'è una cosa che ti ho tenuto nascosta.” Klaus emise quelle parole, trascinate fino a lei dal vento.

Ma va'! Comunque non m'interessa.” replicò l'altra, continuando ad avanzare, sentendosi mancare il fiato e ogni passo che l'allontanava dalla sua bellissima bugia.

Stai morendo.”

Fu in quel preciso istante che April si arrestò di colpo.

I due continuarono a darsi le spalle, mentre il silenzio della natura sembrò venir soffocato dalla forza di quelle parole, tale da sconfiggere il loro tempo e continuare ad aleggiare nell'aria.

Klaus allora si voltò verso la figura della ragazza e la trovò come pietrificata, con il ginocchio leggermente flesso come se avesse arrestato con troppo preavviso il proprio passo, le spalle curve e lo sguardo basso, rivolto verso un punto ai suoi piedi. Il vampiro poteva sentire il battito del cuore della ragazza mutare in mille differenti emozioni: sorpresa, tristezza, rabbia, incredulità, come se quei battiti si accompagnassero a un pensiero che lei conservava dentro la sua mente. Qualcosa gli disse che lei, in fondo, se lo aspettava.

April si voltò verso di lui; gli occhi lucidi e le labbra tremanti. “Cosa...” Tirò su con il naso, e riprese fiato quando si accorse che la voce le era uscita con difficoltà dalle labbra. “Cosa ti stai inventando ora?”

Klaus mantenne lo sguardo fermo su di lei; riusciva a scorgere quelle crepe sottili che stavano formandosi sulle mura che la circondavano e il vampiro voleva essere pronto a sorreggerla, nel caso quella realtà si fosse abbattuta su di lei.

La notte in cui Violet morì, io attaccai te.” Decise di tacerle della scommessa, di Stefan, dello schifo che sentiva dentro al pensiero di averle fatto del male così gratuitamente.

Come stava facendo anche in quel momento.

Ho bevuto il tuo sangue e...mi sono fermato. Aveva un sapore forte, fastidioso, anormale....e allora ho capito che sei afflitta da un male incurabile.”

April lo guardava con occhi sbarrati.

Dio, doveva reagire in qualche maniera. O lui si sarebbe sentito sprofondare sempre di più nel baratro.

Sono andato un po' più a fondo e ho scoperto che questo male deriva da un batterio chiamato bacillo di Koch. Tubercolosi, in parole povere.”

April scosse lentamente la testa; le lacrime cominciarono a scorrerle copiosamente lungo il viso. “Perché? perché mi stai facendo questo?” gli domandò.

Era giusto che riversasse tutta la rabbia che non poteva lanciare sul mondo, sopra di lui.

Klaus era disposto ad accettarlo, perché forse sarebbe stato l'ultimo, sciocco gesto di umanità che avesse potuto compiere nei confronti di qualcuno. Sopratutto se si trattava di qualcuno che gli era entrato dentro a quella maniera.

Devi sapere la verità, April. Così da...poterlo combattere.”

Klaus comprendeva come lei si sentisse in quel momento: come se tutto l'universo l'avesse abbandonata, lanciandola in un abisso oscuro da cui una persona, da sola, non poteva uscire.

In fondo, la morte umana non era paragonabile al diventare un vampiro?

Si perdeva tutto di sé stessi, con la sola eccezione che i vampiri continuavano a vivere in un corpo che non era più il loro.

Per questo Klaus sentì di capirla.

Le si avvicinò, quando la vide portarsi le mani al volto e iniziare a singhiozzare senza sosta. S'immaginò la testa della ragazza in preda a urlanti pensieri, mentre sperava che tutto quello che stava vivendo in quel momento fosse solo una brutta, bruttissima bugia. Ma lei sapeva, aveva oramai capito che tutto quel dolore fisico, le occhiate eloquenti che Gloria e Violet si lanciavano ogni volta che lei, cocciutamente, sosteneva di stare bene, riportava solo a una risposta che voleva tacere a se stessa.

Come puoi continuare a infierire così su di me...” April lo guardò con un odio tale che Klaus non aveva più vissuto in mille anni di esistenza, se non dentro se stesso. Nessuna delle persone che aveva incontrato, e a cui aveva distrutto l'esistenza, era stata capace di guardarlo a tale maniera. Oppure, semplicemente, lui non se n'era mai accorto perché non gli era mai importato che qualcuno nutrisse del rancore nei suoi confronti.

April...” Pronunciò il suo nome con quella tonalità agrodolce, tipica di chi stava per perdere per sempre il sapore della sua essenza.

Tese la mano verso di lei, e April la schiaffeggiò con foga.

Perché? Perché mi fai questo?” chiese di nuovo, iniziando a colpirgli il petto con sonori e rapidi pugni, quando lui cercò di attirarla a sé con delicatezza. Continuò a gridare istericamente quelle parole, lasciando scorrere una lacrima a ogni pugno con cui lo colpiva.

Stava sfogando su di lui tutto la sua rabbia.

Perché non voleva morire, e non poteva accettare che qualcosa stava succhiandole via ogni secondo della sua esistenza senza una plausibile spiegazione.

Klaus la lasciò fare, sopportando il peso di quella croce sulla sua schiena, troppo fragile per poterla sostenere.

Perché...perché mi stai facendo questo?” I colpi di April si fecero man mano più deboli, mentre i suoi singhiozzi prendevano forza dal dolore che la stava consumando dall'interno. “Perché, perché, perché...”

E crollò.

Cadendo a terra sulle proprie ginocchia, la ragazza sembrò essere sul punto di svenire tra le proprie lacrime. Klaus la sorresse, chinandosi insieme a lei, e lasciando che la ragazza si abbandonasse alle sue braccia per trovarvi riparo.

Perché quando il mondo abbandona una delle sue anime, c'è sempre bisogno di qualcun'altro che ti tiri su. E quel qualcuno voleva essere lui, visto tutto il male che le aveva causato.

Lasciò che lei piangesse, gridasse, che chiedesse al cielo perché la sua vita dovesse venire spezzata così improvvisamente, e le accarezzò delicatamente i capelli, quando lei strinse saldamente il tessuto della sua camicia.

Io posso salvarti.”

I singhiozzi di April continuarono a invadere l'aria fredda che li accompagnava in quell'abbraccio, per poi diminuire progressivamente non appena le parole del vampiro parvero fare presa su di lei. Allontanò Klaus da sé, con delicatezza, un po' presa dal ricordo di essere abbracciata da colui che l'aveva tradita la sera prima, e un po' perché quelle parole la colsero di sorpresa. Fissò i propri occhi in quelli del vampiro e corrugò la fronte pensierosa.

Cosa stai dicendo? Come puoi farlo?” gli domandò con voce flebile e stanca.

Klaus restò in silenzio per diversi secondi, mantenendo le mani sulle spalle della ragazza. Quest'ultima non le aveva scansate, presa da quella piccola luce di speranza che aveva momentaneamente sconfitto l'ombra della morte.

Trasformandoti.” riuscì a dire.Ma lo farò solo se tu vorrai. E poi mi tirerò fuori dalla tua vita. Per l'eternità.”

* * * * * *

Un altro morto in un vicolo e non per mano sua.

Stefan avvertì un brivido di esaltazione scuotergli le membra, mentre i suoi occhi verdi scorrevano sul profilo del cadavere, riverso in posizione innaturale sul marciapiede. Fece scorrere le dita lungo il collo del ragazzo, scorgendovi nella carne due punti profondi. Il lavoro fatto da quel vampiro era a dir poco errato e fugace: la vittima non era morta dissanguata dalla sete del suo aggressore, bensì dalla violenza con cui quest'ultimo aveva affondato i canini nella sua pelle. Quell'idiota, così il giovane Salvatore si sentì in dovere di definire il nuovo vampiro in città, aveva sprecato tutto il sangue, preso dalla foga del momento. Qualcuno avrebbe dovuto insegnargli a controllarsi, ed era comico che un simile pensiero derivò proprio lui. L'unico punto a favore di quel novellino, era che il cadavere era stato nascosto così bene da non essere stato ritrovato, malgrado fosse notte e quello fosse morto da quasi un giorno.

Affondò le dita sulla chiazza di sangue sotto il corpo del cadavere e se le portò alle labbra, assaporandone il sapore metallico, malgrado questi fosse stato alterato dalla pioggia che era leggermente caduta in quella giornata. Fu allora che la luce della luna gli permise di notare qualcosa di insolito nel corpo del caduto: sul polso destro, il cui interno era rivolto verso il cielo, c'erano i segni di un altro morso, effettuato più metodicamente rispetto a quello sul collo.

Due vampiri. Ecco chi stava mietendo vittime al suo posto nelle notti di Chicago.

E sei un imbecille se vieni persino qui a sfidarmi faccia a faccia.” sussurrò poi, in un risolino.

Stefan si mise rapidamente in piedi, affondando le mani dentro le tasche del cappotto e voltandosi lentamente in direzione di qualcuno che si era fermato alle sue spalle. Si era aspettato qualsiasi volto, preparandosi sia all'evenienza che potesse trattarsi di un uomo che di una donna, ma nulla lo aveva preparato a quello che i suoi occhi stavano offrendogli in quel momento.

Mai e poi mai gli era capitato di poter di nuovo posare gli occhi sulla Morte che lui stesso aveva portato.

Scorse il suo sorriso irreale, i suoi occhi verdi affiancati da scure venuzze dovute alla fame, e i biondi capelli che ricadevano selvaggiamente su quel viso che, un tempo, era stato candido e puro come quello di un angelo. Le cui ali erano state spezzate dallo stesso Stefan Salvatore.

Il ragazzo restò immobile, inclinando il capo da un lato. “Violet?”

Venne colto così di sorpresa, da riuscire malamente a respingere l'attacco feroce a cui lo impose la ragazza. Questa agiva con una furia e una collera tali da accrescere ulteriormente la sua forza; lo spintonò a terra e, non appena vide che Stefan era sul punto di alzarsi e replicare, lei gli fu addosso con un ringhio e prendendo qualcosa dalla scollatura del suo elegante vestito.

Stefan non ebbe il tempo di compiere movimento alcuno, quando sentì la punta di un paletto attraversare violentemente le sue carni.


Ciao a tutti! :D

Questo è un capitolo di cui non sono per nulla convinta, lo ammetto. Non mi piace e non saprei nemmeno come commentarlo.

Come avete ben visto, è stato quasi tutto incentrato su Klaus e April e su quello che la ragazza ha visto fare a il povero (?? ovviamente è ironico u.u) Christopher.

La scena su Stefan finale mi convince ben poco. Ora vi direte...come fa un vampiro a farsi abbattere da un altro nettamente più giovane e debole? Ho fatto sì che ciò accadesse perché 1) Stefan è stato colto di sorpresa e 2) Violet è una vampira neofita, spinta dalla fame e dalla collera, e questi due fattori accrescono la sua rabbia. Spero vivamente che la scena non sia risultata una cavolata.

Comunque, volevo avvisarvi di aver messo l'avviso “violenza” alla storia. Perché sì, leggendo le bellissime recensioni allo scorso capitolo, mi sono resa conto che, comunque, la scena è stata piuttosto forte e siccome ce ne sarà un'altra piuttosto violenta, ho deciso di mettere l'avviso. Il rating rosso non penso di sfiorarlo, quindi il bollino rimarrà arancione, molto probabilmente. :P

Concludo, ringraziando tutti i lettori per il sostegno che mi dimostrate!

Ringrazio i lettori silenziosi, che spero stiano comunque apprezzando l'evolversi di questo mio umilissimo racconto.

Ringrazio chi recensisce, perché con le loro parole mi illuminano la giornata.

E ringrazio, infine, chi ha inserito questa storia tra le preferite/seguite e ricordate.

Vi ringrazio infinitamente per tutto.

Inoltre, altra piccola e ultima rottura prima di lasciarvi, credo proprio che una piccola raccolta su Stefan Rippah la scriverò, e sarà incentrata su di lui e Violet, sopratutto. Con apparizioni anche degli altri personaggi di questa storia.

Alla prossima, spero di ricevere vostri pareri!

Ciao, ciao :D


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Capitolo 11
*** Poison hearts will never change, walk away again ***


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http://www.youtube.com/watch?v=iIWHIvaK7DA

-Capitolo 11: Poison hearts will never change, walk away again

Don't waste your touch, you won't feel anything
Or were you sent to save me?
I've thought too much, you won't find anything...

Worthy of redeeming

(The Leaving Song by Afi)

Fu costretta ad ammettere che era particolarmente strano passare un'intera nottata senza dormire.

Il sonno era il miglior rimedio per i malanni delle giornate: Morfeo abbracciava le anime dei suoi caduti e le cullava, liberandoli di tutte le preoccupazioni e le paure che essi vivevano alla luce del sole.

Bastava chiudere gli occhi e abbandonarsi a lui, senza difese.

Ma non tutti i malanni potevano essere curati con il sonno, e perciò April non chiuse occhio per tutta la notte. Si limitò a passeggiare per le strade di Chicago, come un fantasma in cerca di un luogo da chiamare casa, riflettendo su quanto aveva scoperto poche ore prima e sulla proposta avanzata da Klaus riguardo il trasformarla in un vampiro.

Bevve un lungo sorso del secondo bicchiere di whisky di quelle sei del mattino, così tanto lunghe e tormentate da non passare mai. L'uomo oltre il bancone glieli aveva portati entrambi, riservandole un'occhiata gelida nel contempo, ma senza obiettare nulla. Visto l'aspetto trasandato della ragazza, doveva averla presa per una prostituta, ma dato che lei era disposta a pagare ogni bicchiere bevuto, si tenne i suoi pensieri per sé.

Trasformarsi.

La proposta di vivere per sempre, restare giovane per l'eternità e non dover temere mai più la morte era allettante per April. C'erano stati dei momenti, in quella notte, in cui aveva quasi pensato di andare da Klaus e accettare la sua proposta di renderla un vampiro, finché una vocina nella sua testa non iniziava a offuscarle il pensiero, ricordandole che c'era un qualcosa che la faceva tentennare riguardo quella decisione. Non sapeva spiegarlo con certezza, ma era qualcosa che aveva visto negli occhi di Klaus, Rebekah e Stefan, ed era un qualcosa che era a lei sconosciuto.

Bere whisky di prima mattina....non è molto femminile.”

Quello che parlò fu un'ombra, anch'essa seduta al bancone, e poco distante da lei.

April non si era nemmeno accorta di non essere sola nel locale, talmente i suoi pensieri l'avessero isolata dal mondo; guardò con la coda dell'occhio verso il possessore di quella voce sensuale e melodica, e appurò che si trattava di un uomo. Vedere il resto non le importava affatto.

Non farsi i fatti propri....è molto umano.” rispose di rimando, portandosi il bicchiere alle labbra e provocando un risolino da parte dello sconosciuto. Questi però doveva essere una di quelle persone che, più veniva respinta, e più si sentiva stimolata a rompere le scatole.

Accidenti, hai una bella lingua lunga per essere una che non ha dormito tutta la notte e che beve tranquillamente alcolici alle sei del mattino come uno scaricatore di porto!” esclamò, spalancando le braccia.

Guarda che quello che ha tutta questa voglia di parlare sei tu, non io.”

Il ragazzo si zittì per un istante e April lo vide muovere il capo in maniera tale da agitare lievemente i suoi folti capelli scuri. Sentì che lui stava scrutandola.

S'incontrano sempre molti cuori soli quando si vaga in mezzo a tanta gente.” disse lui, portandosi il suo, di bicchiere, alle labbra.

April fissò il vuoto davanti a sé.

Devi essere più disperata di me per ridurti a questo stato.”

A meno che anche tu non stia morendo, qui quella più disperata sono io.” April rispose prontamente, senza porsi limiti o problemi nel rivelare quell'atroce verità. Che importava se aveva appena rivelato una cosa talmente personale come quella a un emerito sconosciuto? Le erano rimasti giorni, ore, forse minuti di vita, e quindi non si sentiva più in dovere di rispettare alcuna regola che fosse di moralità.

Tesoro mio, io sono morto anni fa e ti assicuro...”

Risparmiati i questi discorsi pseudo filosofici del cazzo che voi uomini siete soliti fare quando volete infilarvi nel letto di una donna.” April si voltò verso di lui, ostentando un'acidità nel tono della voce che la rese irriconoscibile persino alle sue orecchie. “Io sto morendo davvero. Nel senso letterale della frase.”

Il ragazzo con cui stava parlando era di una bellezza irreale. Aveva scompigliati capelli scuri, che possedevano il colore del riflesso della notte sull'oceano; occhi cristallini in cui sembrava potersi specchiare, la pelle era bianca come il latte e le labbra rosse come il sangue. Era sicuramente un uomo che faceva cadere le donne ai suoi piedi ma April si chiese, amaramente, cosa se ne faceva un essere umano di qualcosa di così sfuggevole come la bellezza: la morte avrebbe portato via tutto, anche quella.

Sopratutto quella.

L'espressione, fino ad allora seria, del bel moro si trasformò immediatamente in una smorfia simile a un sorriso che la lasciò di stucco. Si poteva ridere in faccia a qualcuno che aveva appena confessato di stare per morire? Incredibile quanto la gente potesse essere sorprendente.

Allora, se questo è vero, sei davvero una stupida a passare il poco tempo che ti rimane bevendo in uno squallido bar piuttosto che vivere.” le disse, e alzò poi il bicchiere in aria come per fare un brindisi in suo onore. “Cincin, bellezza. Hai davvero capito tutto.”

April non replicò in alcuna maniera. Avrebbe dovuto essere arrabbiata con lui, per il modo in cui le si era appena rivolto e per averle riso in faccia malgrado avesse appena confessato di essere prossima alla morte. Ma non le importava; non trovava il senso di provare rabbia quando mancava davvero poco tempo alla fine. Aveva preso a vagare in quella notte buia semplicemente perché voleva schiarirsi le idee e pensare a come organizzare il tempo che restava. Peccato non avrebbe trovato alcuna risposta dentro di sé, visto che tutti i pensieri si erano improvvisamente ammutoliti e si rifiutavano di rispondere alle sue domande.

Tornò a guardare davanti a sé, e le parole le uscirono spontaneamente dalle labbra. “Ti piacerebbe vivere per sempre?”

Come scusa?”

Ti ho chiesto se ti piacerebbe vivere per sempre.” ripeté April, con voce incolore e voltando il proprio sguardo in direzione del ragazzo. Notò che lui la stava guardando con aria stranamente attenta, stringendo in mano il suo bicchiere di liquore. Era logico che fosse stupito; non era una domanda con senso logico quello che lei aveva appena posto, eppure il ragazzo le sembrò essere più turbato che sorpreso.

Fece spallucce. “A chi non piacerebbe vivere altre di queste vite?” rispose, nella maniera più ovvia in cui qualcuno avrebbe potuto rispondere.

April abbozzò un sorrisetto spontaneo, abbassando gli occhi sulle mani adagiate sopra il bancone e cullandosi in quelle parole.

Sì, a chi non sarebbe piaciuto?

Ma non tutti sopporterebbero una situazione simile. Vivere per l'eternità, intendo.” Il ragazzo riprese a parlare dopo qualche secondo di silenzio, quando April aveva iniziato ad ascoltare la voce della propria mente. “Insomma non tutti hanno la forza necessaria per vivere altri dieci, cento, mille anni!”

Tutti, nel loro intimo, sognano l'immortalità.”

Sì, la sognano...ma poi, nel caso la ottenessero, rimpiangerebbero il fatto di averla desiderata.” Il ragazzo si portò il bicchiere alla bocca, lasciando che il liquido all'interno gli accarezzasse le labbra. “Sai, all'apparenza sembrerebbe facile, ma non è così. L'eternità ha un prezzo e in pochi sono capaci di espiarlo: i ricordi si accumulano tutti nella tua testa, divenendo man mano sempre più offuscati fino a scomparire; le persone che hai amato, che ami e che forse avresti potuto amare diverranno polvere, mentre tu continui a vivere la tua esistenza, perdi tutti quei limiti e quelle regole che hai imposto a te stesso quando eri umano e così perdi te stesso. E tutti sanno quanto siano difficili da gestire, i cambiamenti, sopratutto se questi strabaltano completamente la tua natura, rendendoti una persona che non avresti mai voluto essere. Credi davvero di poter sorreggere un peso simile sulle tue spalle, bellezza?”

April ci rifletté su per qualche secondo. “Sì.” rispose.

No, non puoi.” Lui le puntò l'indice contro, sgranando i suoi grandi occhi cerulei su di lei.

La ragazza non poté nemmeno replicare in nessuna maniera, perché l'indecisione che aveva provato dentro di sé quando Occhi di ghiaccio le aveva rivolto quella domanda era completamente trapelata dalla sua risposta.

Perché aveva visto, aveva visto Rebekah, Stefan e Klaus giocare con la vita di quel bastardo di Christopher senza alcun rimorso nel loro sguardo, quasi non contasse nulla. E dubitava che loro, un tempo, quando erano umani, avrebbero mai fatto una cosa simile senza nemmeno pensarci mille volte prima di farlo. Perché il mondo cambia e gli uomini cambiano con lui, malgrado il pianeta cambi sempre e continuamente in peggio. Perciò non si può fare altro che abbracciare l'oscurità pur di sopravvivere. Era una cosa che succedeva nei brevi anni di un'umana esistenza, figurarsi se si viveva per sempre.

Ma lei non voleva morire.

Perciò cosa poteva fare?

Perché non mi reputeresti idonea?” domandò al bel ragazzo, guardandolo con la coda dell'occhio. Sperò che non fosse uno di quei fanatici religiosi che credevano in una vita immateriale dopo la morte, e che quindi voleva spingerla a donarsi a un qualche Dio o robe del genere. Ma visto il modo in cui beveva, e visto che sembrava un così detto tombeur de femmes, dubitava persino che potesse essere un comunissimo credente.

Mi sembri una di quelle persone che ha appena scoperto l'amore. Per la vita, per un uomo, per un cucciolo, io non lo so...ma te lo leggo negli occhi.” Il ragazzo la indicò nuovamente; allora fu chiaro quanto ubriaco fosse. “E credimi le persone come te, se ottenessero l'immortalità, diverrebbero le peggiori.”

E tu come fai a dirlo?”

Visto che, come la vecchia me, non dovresti credere nell'immortalità?, pensò poi.

L'espressione sul pallido e marmoreo volto di Occhi di ghiaccio si fece improvvisamente più serio. I suoi occhi sembravano fissare il vuoto, mentre scorrevano silenziosamente pagine di ricordi che lui aveva ben custodito dentro di sé. “Il mondo mi ha insegnato che chi ama troppo è sempre quello che paga il prezzo più alto.” disse. “In un modo o nell'altro.”

Scese ancora il silenzio; Occhi di ghiaccio continuò deliberatamente a non guardarla, preferendole il bicchiere vuoto davanti a sé, mentre April lo guardava attentamente, valutando le sue parole.

Fino a quando, sentì il bisogno incessante di tornare a casa. Troppe voci inondavano i suoi pensieri.

Scattò in piedi, prendendo la pochette dal bancone e le scarpe che aveva adagiato sul pavimento, e si avvicinò a passi rapidi al ragazzo. “Posso sapere il tuo nome?” gli domandò.

Lui fece un gesto di stizza con la mano, storcendo le labbra. “Senti, se vuoi fare sesso basta chiedere.”

Non voglio...” April stava per rispondergli stizzita, ma si trattenne dandosi un morso sulle labbra. Era ironico come lui, malgrado la frase ricca di malizia, le avesse provocato un senso di ilarità; alzò gli occhi al cielo e prese un lungo respiro. “Dai, come ti chiami?”

L'altro ci mise qualche secondo prima di rispondere. “Damon.” disse, facendo ruotare un bicchierino tra pollice, indice e medio della mano destra, in un giochetto lento e ipnotico di cui lui nemmeno si rese conto, talmente venne di nuovo pervaso dai pensieri.

Damon...” ripeté lei, avvertendo una sorta di inquietudine standogli così vicina. All'apparenza sembrava calmo e tranquillo, ma bastava avvicinarsi per sentire la tempesta che aveva dentro. “Grazie.”

Per cosa? Non abbiamo ancora fatto sesso.” replicò lui, spalancando le braccia e alzando le spalle.

April sorrise e scosse la testa. Sentiva di nuovo le emozioni e i pensieri fluirle dentro, come un fiume che, mano mano che procedeva nel suo corso, si faceva sempre più impetuoso.

Damon, hai l'aspetto di un uomo che ha appena perso l'amore. Per la vita, per una donna, per un cucciolo, io non lo so...ma sappi che un giorno, forse vicino o forse lontano, ritroverai una ragione per tornare ad amare.”

Damon non si aspettò minimamente quelle parole, e lei lo capì dal modo in cui si voltò lentamente nella sua direzione e la fissò negli occhi. Si guardarono in quella maniera per molti minuti, quasi avessero ritrovato delle risposte, una speranza perduta, l'uno nelle parole dell'altra.

Nah, sto bene come sto. Pensa per te piuttosto.” le disse, alzando le mani come volesse scacciare una mosca, e girandosi di nuovo verso il bancone.

April era certa che lui non avrebbe aggiunto nient'altro, perciò si accinse a raggiungere la porta d'uscita del locale. Prima che lei varcasse la soglia e si lasciasse baciare dalle prime luci del mattino, Damon la guardò un'ultima volta.

* * * * * * * * * * * * * * * *

Quella mattina era iniziata proprio nel modo che Klaus si era prospettato, vista la notte a cui stava facendo seguito.

Noiosa.

Apatica.

Infinita.

Klaus aveva perso il conto dei minuti, delle ore-ed era certo non potessero essere giorni solo perché il sole non si era mosso dal punto in cui si era fatto trovare-che aveva passato a fissare il paesaggio oltre la finestra. L'immenso giardino della loro dimora era immobile; ogni tanto il vento smuoveva gli umidi fili d'erba e qualche uccello dalle piume scure rompeva quell'immobilità cercando riposo sopra di loro. Il sole era caldo, ma non abbastanza per combattere la foschia bianca che lo circondava, promettendo che, entro la fine della giornata, sarebbe diventata man mano sempre più pesante, fino a condurre a un vero e proprio temporale.

Nik.”

La voce di Rebekah, rumorosa per natura, quando era così soffice e delicata lasciava solo intendere due cose: o aveva combinato un qualche danno che avrebbe scatenato la sua ira-e ne dubitava, visto che la sorella era rimasta per tutto il tempo a casa-oppure lui era giunto a fargli visita. C'era solo una persona, un fratello, che era capace di mettere a tacere le tempeste che imperversavano nei loro animi da molti secoli a quella parte, e lo faceva con la sua sola presenza.

Klaus si voltò, in maniera passiva, come se avesse compiuto quel gesto semplicemente perché era doveroso.

Elijah era lì.

Accanto a Rebekah, egli indossava un'elegante abito scuro che metteva in risalto la sua figura longilinea e i muscoli tesi delle braccia e delle gambe. I suoi capelli si erano leggermente allungati rispetto all'ultima volta-che, se non andava errando, risaliva a circa vent'anni prima-ed erano tirati all'indietro con del gel. I suoi occhi erano socchiusi, fissi in quelli del fratello, mentre un sorriso serrato gli delineava le labbra.

Klaus avvertì lo stesso un moto di rabbia nei suoi confronti, malgrado fosse quasi sollevato nel rivederlo. Elijah aveva il dono innato della perspicacia, ed era capace di descrivere lo stato d'animo di qualcuno, vampiro o umano che fosse, con un semplice sguardo.

Sicuramente si era accorto di quanto Klaus fosse tormentato, ma perché ne sorrideva?

Elijah...” Klaus si allontanò dalla finestra e camminò in direzione del fratello, il quale continuava ancora a fissarlo, restando accanto a Rebekah. La sorella sembrava il riflesso del sole in primavera, guardava prima l'uno e poi l'altra con un'espressione sognante; faceva sempre così ogni qualvolta i suoi fratelli si rincontravano.

Forse perché, dopo l'allontanamento che coinvolse Elijah e Klaus alla fuga di Katerina e dopo la faccenda delle bare in cui il biondo aveva rinchiuso gli altri fratelli, ormai non si aspettava più l'immagine della famiglia che erano stati quasi un millennio prima. Si aggrappava a quei ricordi e, quando si rendeva conto che quelli non coincidevano più con la sua realtà, si rifugiava in amori sfuggenti e destinati a terminare, come quello per Stefan Salvatore. Che, per la cronaca, era scomparso da circa mezza giornata.

Niklaus.” Elijah si mosse verso di lui, con minore titubanza rispetto al fratello, e gli tese la mano in segno di saluto. “Sono lieto di rivederti, fratello.”

Klaus abbassò lo sguardo sull'arto di Elijah per un secondo, poi decise di non rispondere, perché era troppo nervoso e turbato per essere delicato. “Se sei giunto fin qui da Vienna, c'è solo un motivo e lo sappiamo entrambi.”

Nik, per favore.” Rebekah quasi lo implorò di non rovinare subito tutto, di concedere loro un attimo per trascorrerlo in pace, da fratelli. I mille problemi che li riguardavano potevano benissimo affrontarli nel tempo a venire.

Elijah non mostrò alcun tipo di risentimento per la mancata stretta di mano. Strinse il pugno, la ritirò, e serrò le labbra, senza smettere di sorridere. “Malgrado la lontananza Niklaus, sei proprio come ti ricordavo. E lo stesso vale per te, Rebekah.” Elijah si volse poi verso la sorella, che gli regalò un sorriso sincero e contento, come quelli che lanciano i bambini quando si trovano di fronte al loro parente preferito. Con Klaus lei non aveva mai sorriso a quella maniera.

Eppure...c'è qualcosa di diverso in entrambi. Questa città vi ha forse regalato qualcosa di compiacente?” Il fratello maggiore tornò a guardare nella direzione di Klaus, malgrado la domanda fosse bonariamente rivolta ad entrambi. I suoi occhi neri scavarono in quelli azzurri dell'altro, e Klaus era consapevole che Elijah avesse già capito tutto quanto.

O quasi.

Chicago è una città magica, Elijah.” Rebekah annullò le distanze che la tenevano lontana dai fratelli e guardò il volto di suo fratello. Sorrideva ancora, radiosa come non mai. “È divertente, ricca di musica e vita, e abbiamo conosciuto fuori dal normale, persone che sono diverse da quelle che abbiamo visto ripetersi per tutto questo tempo!”

Stefan Salvatore.

April Ford.

Oh, ma loro non erano fuori dall'ordinario: un vampiro folle e una ragazza dalla lingua lunga afflitta da una malattia mortale, e di esemplari come loro ne avevano visti a bizzeffe nel corso dei secoli, sia lei che Klaus. Era solo cambiato il loro modo di vedere, forse perché erano capitati in uno di quei periodi in cui la noia eterna uccide e si tende a vedere qualcosa di nuovo e interessante ovunque, anche dove questo non è presente.

Non abbiamo tempo di parlare di questo ora, Bekah.” Klaus lanciò un'occhiata di fuoco in direzione della sorella, spegnendole il sorriso come solo lui sapeva fare. “Nostro fratello è qui perché sicuramente c'è un problema. Parlare del tuo millesimo innamoramento non rientra nei piani.”

Non parlarle così. Visto quanto sei suscettibile, Niklaus, mi sembra di aver centrato in pieno quando dico che sei diverso.” Elijah lo guardò in maniera tagliente, una cosa che Klaus non sopportò.

Non propinarti il diritto di rivolgerti a me in quel modo fratello...o devo ricordarti che per il tuo folle e sciocco innamoramento, io ho perso tutto?”

A quelle parole fece seguito un pesante e tetro silenzio, che riportò alla luce vecchi rancori e sentimenti soffocati dall'odio. Elijah abbassò quelle pozze scure che erano i suoi occhi, ma mantenne comunque un proprio tono, senza avere alcuna reazione. Forse non riusciva a dimenticare quella macchia che sentiva sul proprio onore, e con cui si era sporcato per Katerina Petrova. Oppure il solo pensiero della ragazza riaccendeva in lui quei sentimenti che il tempo avrebbe dovuto cancellare.

Voleva dunque dire che forse anche lui non avrebbe dimenticato il volto di April, così come era successo con Tatia ad esempio? Malgrado i sentimenti che lo avevano legato alla prima Petrova non erano ancora lontanamente paragonabili a quelli che stava iniziando a nutrire per April, non poteva permettersi di aggiungere un altro volto a quelli che già lo accompagnavano nei suoi incubi più bui.

Sono venuto qui per avvisarvi: dovete abbandonare Chicago.”

Cosa?”

Rebekah scattò come una molla, mentre Klaus sembrò sentirsi risollevato nel dover lasciare quella città. Il tempo necessario per trasformare April e poi lasciarla andare. Per davvero.

Mikael è vicino?”

È troppo vicino.” lo corresse Elijah, sforzandosi di ignorare gli occhi sgranati di Rebekah su di loro. “Si sta avvalendo dell'aiuto di alcune streghe per arrivare a voi.”

Quindi...è davvero lui che sta mietendo vittime in città?” domandò Klaus, sentendosi pervadere da una sensazione di intenso nervosismo. Il pensiero che loro padre fosse così vicino, e ancora fortemente intenzionato a distruggerlo per quello che aveva fatto in passato, lo inquietava terribilmente.

Elijah si ammutolì per un istante, quasi stesse soppesando le parole con cui rispondere a quella domanda. “Non si tratta di lui. Ma è una cosa di cui mi occuperò io, Niklaus. Voi non ve ne dovete preoccupare.” rispose, sintetico come solo lui poteva essere.

Klaus annuì, non gli importava nulla di quel vampiro in città e si focalizzò unicamente sul concetto di Mikael a un passo da loro. Rifiutò persino l'immagine di April che balenava, di tanto in tanto, nella sua mente.

Va bene. Allora non ci resta che preparare le valigie e scegliere a caso la prossima città in cui andare.” disse, trattenendo il tremore che scosse la sua voce, al pensiero che Mikael potesse essere così vicino. Guardò oltre la spalla di Elijah, in direzione di Rebekah. “Possiamo andare in Europa. Venezia ti è sempre piaciuta, no?”

Rebekah scosse la testa; sembrava sul punto di scoppiare in una crisi di pianto. “Io non me ne voglio andare! Non senza Stefan, io...”

Va' al diavolo, Bekah. Qui rischiamo di farci accoppare e tu pensi alla tua cottarella?”

E tu invece non vedi l'ora di trascinarmi via solo perché vuoi liberarti della tua umana moribonda!” gridò la ragazza, avvicinandosi ad ampie falcate a loro.

Elijah evitò che continuassero a urlarsi contro, semplicemente alzando le mani in segno di resa. “Accanirsi l'uno contro l'altra ora non serve a nulla.” disse. Guardò prima Klaus poi la sorella; la curiosità di sapere di più riguardo quella situazione era tanta, ma si trattenne dal chiedere, per non creare ulteriori dissapori e per cercare di risolvere quelli già esistenti.

No, Elijah. Lui non fa altro che trascinarmi da una parte all'altra del mondo manco fossi un sacco da viaggio e ne sono stanca!” Rebekah lasciò che una lacrima le scorresse lungo la guancia. Non piangeva da moltissimo tempo, probabilmente dall'ultima volta che aveva creduto così fortemente nell'amore da non volerlo lasciare andare via non appena ne trovava un pallido riflesso.

E quand'era successo l'ultima volta? Klaus notò, amaramente, di non ricordarlo, vista l'estrema facilità che la vampira possedeva nell'innamorarsi.

Tu invece partirai, se non vuoi che stacchi la testa a te e al tuo amante e le esponga in un museo, sono stato chiaro?!” gridò Klaus, con tutta la furia che era riuscito a trattenere dentro per quell'intero mese.

Non aveva più nulla da perdere, perché dunque non farsi tornare ad odiare come aveva fatto fino a poco tempo prima?

Rebekah lo guardò turbata, in lacrime, desiderosa di urlargli contro tutto l'astio che doveva nutrire nei suoi confronti in quel momento.

Rebekah, è la cosa migliore da fare con Mikael alle calcagna.” Elijah parlò con più calma, come un arcobaleno dopo la tempesta, ma la ragazza non riuscì comunque a sopportare tali parole. Scuotendo la testa ripetutamente, si portò una mano alla bocca e corse fuori dal salone, lasciandoli così soli.

Klaus non si preoccupò che potesse scappare; Rebekah urlava, faceva i capricci, minacciava di compiere i gesti più assurdi pur di ottenere quello che voleva, ma alla fine tornava sempre in un punto: la sua famiglia.

Dovresti smetterla di rivolgerti così alla tua famiglia. Non hai alcun diritto...”

Va' al diavolo pure tu Elijah.” Klaus non volle più sentire nessuna parola. Voleva solo il silenzio, senza più interessarsi di niente, né della superiorità di Elijah, né della collera di Rebekah e nemmeno della decisione di April.

Niente.

Voleva solo la forza e il coraggio di spegnere tutto e non sentire più niente.

Superando Elijah, con l'intento di uscire da quella casa e prendere un po' d'aria, sentì gli occhi del fratello sulla propria schiena.

* * * * * * * * * * * * * * *

Pensando a casa, la ragazza non si diresse presso il suo triste e solitario appartamento, bensì presso il locale di Gloria, silenzioso e spento a quell'ora del mattino. Entrò utilizzando una delle chiavi della porta sul retro, che la donna le aveva affidato nei casi di necessità.

E quello era un caso di strettissima necessità.

Aveva sperato di trovare la donna, in maniera tale da poter discutere con lei su un certo pensiero che aveva pervaso i suoi pensieri, ma quella non si trovava all'interno del locale. Probabilmente si era ritirata a dormire nel suo appartamento, dopo aver pulito da capo a fondo tutto il bar.

Che sfortuna.”

Goffamente, April si avvicinò al bancone del bar, il quale odorava di fiori e vento di primavera, viste le pulizie a cui era stato soggetto. Lasciò cadere le scarpe sul pavimento, insieme alla borsa, e con un abile movimento si mise a sedere sulla sua superficie in legno levigato, restando in quella posizione seduta per qualche secondo. Lasciò scorrere lo sguardo lungo lo spazio ampio e buio che la circondava, senza ritrovare in esso alcuna somiglianza che le ricordasse il locale nelle ore notturne, quando le luci brillavano, la musica suonava e la sua voce cantava. Era tutto così diverso, quando c'era il buio ad avvolgere tutto.

Un capogiro la colpì e un senso di sopore spinse le palpebre ad abbassarsi. Aveva dimenticato di non aver dormito per nulla quella notte, perciò si mise distesa sul bancone, senza soffermarsi a pensare che quel comportamento potesse essere sconveniente, nel caso qualcuno la trovasse là dentro in quelle condizioni.

Si cullò nella noncuranza, portandosi un braccio a coprire gli occhi e ascoltando i suoi respiri lenti e regolari il tic toc di un orologio a cucù appeso sulla parete e il suono del suo cuore che martellava musicalmente dentro il petto.

Cadde nel sonno nel giro di pochissimi secondi.

Ho sempre adorato i tuoi capelli, April.” Una mano prese ad accarezzarle delicatamente la lunga chioma scura, distesa accuratamente sulla superficie in legno. April riconobbe in quel tocco le dita soffici di Violet che giocavano con i suoi ciuffi. “Sono così neri, così morbidi...”

È grazie all'impacco a cui li sottopongo ogni due giorni. Altrimenti sono grassissimi.”

La risata di Violet risultò soffice e vellutata, come il candore della sua ingenuità. Quando April aprì gli occhi, la vide chinata su di lei. Trovandosi in posizioni diametralmente opposte, il volto della bionda era a testa in giù per gli occhi di April. I lunghissimi capelli dorati di Violet erano arrivati ad accarezzarle la pelle del viso con dolcezza, scorrendo docilmente sulle sue gote. April aveva dimenticato quanto potere quegli occhi verdi avessero nel lenire le sue ferite più profonde.

Mi manchi tanto, amica mia.”

Violet sorrise più calorosamente, portando le mani a posarsi sulle tempie della compagna. “Non preoccuparti, April.” le sussurrò, chinando poi la testa su di lei, per accostare le proprie labbra al suo orecchio. “Io posso vivere per sempre, ora.”

April riaprì gli occhi.

La realtà risultò prettamente differente dal breve sogno in cui era caduta; era buia e dolorosa, non c'erano le luci oniriche o i profumi avvolgenti che un sogno era capace di portare con sé.

L'unica cosa rimasta in comune con quel dono di Morfeo fu il suo corpo disteso su una superficie e il volto di Violet a pochi centimetri dal suo. Anche se pure quello aveva un aspetto diverso da come lo possedeva nel sogno: era scavato, pesanti occhiaie violacee sottostavano a un paio di spenti occhi verdi, privati della vitalità e del vigore che avevano sempre posseduto. Le labbra, piene e rosee, erano tese in una linea retta, quasi avessero perso il potere del sorriso che erano sempre state capaci di emanare.

Violet era morta.

April era stata al suo funerale.

Eppure lei era lì.

Finalmente ti sei svegliata, April.”


Ciao a tutti, bellissimi, come va? :D

Come avete avuto modo di notare, ci sono state due belle apparizioni in questo capitolo e....lo avete apprezzato? ;D Io penso di sì, o almeno credo u.u sta di fatto che queste non saranno le uniche scene in cui loro saranno presenti. Ce ne saranno altre negli ultimi capitoli rimasti, che sono, oltre questo, quattro più l'epilogo. Vi ho dato una bellissima notizia, lo so v.v

Anyway, non ho molto da dire su questo capitolo, eccetto due piccoli punti che volevo chiarire:

  1. la frase in cui April descrive la pelle di Damon bianca come il latte e le sue labbra rosse il sangue è presa dal titolo del romanzo “Bianca come il latte, rossa come il sangue” di Alessandro D'avenia.

  2. Il termine tombeur de femmes, per chi non lo sapesse, vuol dire sciupa femmine, in poche parole ;P

Il prossimo si focalizzerà sopratutto su April e Violet e un altro personaggio che, però, non è Klaus.

Io spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto, e mi piacerebbe molto avere la vostra opinione al riguardo! :D

Vorrei inoltre approfittarne per segnalare, a chi è interessato e segue “The Walking Dead” , la mia prima long su questo fantastico telefilm http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2163696&i=1. Ne approfitto anche per scusarmi con coloro che hanno recensito lo scorso capitolo e non hanno ricevuto risposta; provvederò domani, dato che oggi, purtroppo, ho davvero pochissimo tempo per farlo! Possiate perdonarmi!

Ringrazio come sempre tutti i lettori, silenziosi o meno che siano, per il sostegno dimostrato per questa storia e ringrazio chi l'ha inserita nelle varie cartelle. Vi adoro, dico sul serio.

Un bacione e alla prossima spero! :D ciaoooooo! :3



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Capitolo 12
*** I'm only the monster you made me ***


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http://www.youtube.com/watch?v=DSSfGQU90uY

-Capitolo 12: I'm only the monster you made me-

Take a good look at me now
Do you still recognize me?
Am I so different inside?
This world is trying to change me
And I admit I don't want to change with it
And I admit I can't go on like this anymore


Erase this monster I've become
Forgive me for all the damage done
It's not over
Say it's not over
I'm begging for mercy
I'm only the monster you made me


Finalmente ti sei svegliata.”

April ci mise qualche secondo per metabolizzare quanto le si stava ponendo davanti allo sguardo.

Scattò a sedere rapidamente sul bancone, con una velocità a dir poco sorprendente viste le sue condizioni, e scese poi dal mobile con un balzo, rischiando di slogarsi la caviglia nel durante.

Violet restò seduta, come lei l'aveva trovata: con le gambe accavallate, le mani adagiate fermamente sopra il bancone e il collo proteso verso il corpo dell'altra ragazza.

V-Violet?” April pronunciò il suo nome, quasi fosse una parola celante mille paure.

Vide gli occhi offuscarsi, la testa martellare violentemente come se potesse scoppiare da un momento all'altro e le gambe molli, improvvisamente fatte di pasta-frolla.

Ciao April.”

Violet scese da sopra il bancone, senza provocare il benché minimo rumore quando i suoi piedi atterrarono sul pavimento. Aveva una postura leggermente piegata mentre avanzava verso la figura dell'amica; il capo chino e gli occhi attenti e vacui, fermi sull'esile silhouette di April.

April, d'altro canto, non riusciva a compiere un passo.

Una parte di lei, quella più razionale, aveva già definito la natura della persona che aveva di fronte; l'altra, quella distrutta ma al contempo speranzosa, voleva solamente correre verso l'amica e stringerla più forte che poteva a sé, dirle che le era mancata e che aveva bisogno di lei più di qualsiasi altra cosa al mondo.

Sei davvero tu?” Fu questo, però, tutto quello che lei riuscì a dire.

Violet si fermò, come se la voce rotta d'emozione di April avesse toccato qualcosa in fondo al suo cuore. La fissò a lungo, con fare indeciso.

Sì. In parte.” rispose, drizzandosi lentamente sulla schiena.

April scosse la testa incredula. La sua amica era così diversa da come la ricordava, da come l'aveva vista in sogno: non era altro che il pallido riflesso di una vita troppo presto baciata dalla morte. Niente di lei ricordava la vitalità e la dolcezza che l'avevano caratterizzata.

Ti abbiamo seppellita, Violet.”

E infatti ho fatto un po' di fatica per uscire.” Violet abbassò distrattamente lo sguardo sulle proprie mani e iniziò ad analizzare le dita. “Ho tutte le unghie rovinate.”

Tu dovresti essere morta!” April era sul punto di scoppiare in una vera e propria crisi di nervi. I suoi occhi erano lucidi, le labbra tremanti e il petto scosso da violenti e numerosi singhiozzi.

E lo sono, April.” Violet alzò con uno scatto la testa, puntando gli occhi iniettati di sangue sul volto di April. Sembrava fuori di sé, spinta solo e unicamente da sensi che la ragione non poteva governare. “Ma sono come i tuoi amici ora.”

Violet era un vampiro.

April si portò una mano alle labbra, scuotendo debolmente la testa malgrado avesse intuito tutto sin dal principio. Si sentì tradita, poiché Klaus poteva essere benissimo l'artefice di quanto era successo, malgrado avesse negato di essere colpevole. E si sentì di aver tradito Violet, poiché non era stata capace di proteggerla come lei aveva fatto con April da quando si erano conosciute.

Mi spiace così tanto, Violet.” singhiozzò April, disperata.

Desiderava così tanto gettare le proprie braccia attorno al collo dell'amica perduta, ma sapeva di non poterlo fare.

Perché non aveva alcun diritto.

Perché quella non era più l'amica che aveva avuto e amato, probabilmente.

Ma no, perché dici così?” Violet si lasciò andare a una risata gutturale, che non era mai nata da una voce come la sua. “Io sto bene.” Spalancò le braccia, per dare maggior enfasi al suo entusiasmo. “Sono forte, non ho limiti, posso uccidere senza provare rimorso e, inoltre, posso fare tutto quello che voglio!”

April deglutì, mosse un passo all'indietro, quando vide Violet avanzarne di un paio.

Sarò giovane e bellissima per sempre. Mentre tu, invece, morirai brutta e deperita, a causa del tuo male.” concluse freddamente la vampira, puntandole il dito contro con occhi spiritati.

Quelle parole la ferirono, malgrado April sapesse, in cuor suo, ch'erano state pronunciate da una persona a lei estranea. Quella indossava il volto di Violet, ma era una persona a se stante.

Tu lo sapevi...della mia malattia, vero?” le domandò, conscia che quella non era una domanda da porre a una persona che non voleva perdersi in troppe chiacchiere.

Ma Violet arrestò la propria avanzata di fronte a quella domanda. I suoi occhi si chiusero un poco, tornando ad assumere la loro forma normale, e scrutarono con attenzione il corpo di April. “Era palese, April. Non te ne accorgevi solamente tu.”

April abbassò lo sguardo, senza pronunciare alcuna parola.

Non ti resterà che un mese da vivere, se siamo ottimisti.” Violet scattò verso di lei, tanto che April se la ritrovò ad un palmo dal viso senza nemmeno rendersene conto. Sussultò spaventata, notando che il volto di Violet, più da vicino, risultava essere persino maggiormente diverso di quello che aveva conosciuto.

Era spento, triste, vuoto, non c'era nulla della vitalità che aveva caratterizzato la bellezza di Violet.

Niente in lei ricordava più ad April la persona ch'ella era stata.

Quindi non penso che ti offenderai, se bevo un po' del tuo sangue.”

Le accarezzò il viso dolcemente, lasciando scorrere i polpastrelli lungo la linea della sua guancia. April non riusciva a compiere il benché minimo movimento; le gambe erano molli e le precludevano qualsiasi movimento; gli occhi troppo gonfi di lacrime affinché potesse persino vedere.

Perché ti comporti così, Violet?” piagnucolò disperata, non riuscendo a sopportare il modo in cui la ragazza stava parlandole.

Perché sono tua amica.” Violet rispose con voce soffice e vellutata, ma in maniera falsa e illusoria. Alzò anche l'altra mano, per accarezzarle l'altra guancia. “E ti voglio bene. Tanto da salvarti dalle grinfie di Klaus.”

È...stato lui a trasformarti? A ucciderti?”

Non esattamente. Ma non permetterò che lui trasformi te.”

Detto ciò, Violet strinse violentemente il collo di April con entrambe le mani. Alla ragazza mancò subito il respiro, mentre la vampira la sollevava da terra e la scrutava con con occhi scuri e iniettati di venuzze di sangue. Dalla sua bocca fuoriuscirono due spessi e affilati canini, che andarono a premere ferocemente sulle labbra.

Vil, ti prego...non far..lo.” April provò a pregarla di fermarsi, ma la voce le uscì in un sibilo quasi impercettibile. Le mani della vampira premevano troppo forte attorno alla gola, tanto ch'ella poté sentire nella sua testa il rimbombare della pulsazione della carotide.

Mi spiace, Pril. Ma ho fame. Troppa fame.”

Non ebbe il tempo di compiere nessun'altro movimento, poiché April si ritrovò capitolata a terra e Violet sbalzata contro il bordo del bancone, a pochi metri dal punto in cui si trovava.

April tossì ripetutamente, restando distesa sul pavimento, ma i suoi occhi riuscirono a scrutare un paio di scarpe in pelle nera di fronte a sé, di qualcuno che le stava dando le spalle. Fece scorrere lentamente gli occhi lungo tutta la figura che aveva davanti, scorgendo un paio di pantaloni da smoking nero e una camicia bianca, raggrinzita e sporca.

Di sangue.

Violet restò con la schiena contro il bancone e entrambe le braccia adagiate sopra uno degli sgabelli del bar. I suoi occhi folli erano fermi sulla figura che l'aveva spinta lontano da April.

Eccolo, il mio sire.” lo prese in giro, ridacchiando con una tonalità di voce bassa.

Il cuore è qualche centimetro più sopra, stronza.” La risposta di Stefan Salvatore non giunse inaspettata. Malgrado fosse spettinato, sporco, arrabbiato e impresentabile per i canoni dell'epoca, lui non aveva perso quella verve pungente che April aveva conosciuto e di cui era stata spaventata e inquietata da sempre. Restò seduta sul pavimento, assistendo alla scena silenziosamente, e senza riuscire a pronosticare quello che sarebbe potuto accadere successivamente.

Violet mostrò un sorriso bagnato di sangue, quando Stefan iniziò ad avanzare verso di lei, con passi lenti e metodici, mantenendo gli occhi fissi sul volto della vampira neofita.

Non me ne sono mai intesa di anatomia, purtroppo.” rispose la ragazza, con voce roca.

Ma sono quasi sicuro che avresti potuto benissimo colpirmi dritto al cuore. Eppure non lo hai fatto.” Stefan si fermò quando fu a pochissimi centimetri dai piedi della ragazza. Notò che Violet aveva assunto un'espressione quasi umana, priva di quella sadica vena di follia che aveva caratterizzato i suoi occhi fino a pochi attimi prima. Qualcosa negli occhi verde foglia di Stefan la spinse a provare un brivido, nato dalle più profonde delle sue membra, per poi irradiarsi alla mente, scuotendole i pensieri dal torpore dell'irrazionalità.

April, intanto, era troppo debole per riuscire ad alzarsi in piedi. Ci provò in tutti i modi, tossendo lievemente per il dolore, e facendosi leva sui palmi delle mani e sulle ginocchia, intenta a compiere un movimento che potesse avvicinarla a loro, prevenendo un possibile colpo di testa da parte di Stefan. Poiché, malgrado tutto, lei non voleva che succedesse qualcosa a Violet.

Stefan, però, non compì alcun movimento: rimase immobile a fissare l'esile figura della giovane vampira, con le braccia distese lungo i fianchi e il mento alto. “Chi ti ha trasformata? Avevi sicuramente sangue di vampiro già in circolo prima che venissi uccisa.” domandò.

Violet non rispose; scosse la testa ripetutamente, portandosi le mani alle tempie e prendendo a dondolarsi avanti e indietro come se volesse scacciare la voce di Stefan dai propri pensieri. Rideva e gemeva allo stesso tempo, sembrava che non fosse decisa su che emozione provare. Pareva come se volesse rimuovere qualcosa dentro la sua stessa testa.

Vedendo che lei non avrebbe risposto, Stefan ricorse, imperterrito, a un'altra domanda. “Perché non mi hai ucciso? Sapevi che sarei tornato e te l'avrei fatta pagare....”

Stefan, non farle del male!” Lo minacciò rudemente April, maledicendosi per non essere forte abbastanza, nel fisico e nella mente, da alzarsi in piedi e avanzare verso di loro per bloccare l'eventualità che Stefan la uccidesse.

Il vampiro si chinò davanti a Violet, notando che questa aveva preso a tremare più violentemente dopo che le era stata rivolta quella domanda. Si rannicchiò in se stessa, portandosi le ginocchia al petto e distogliendo lo sguardo dal viso di Stefan.

Perché sapevi anche che avrei potuto fermarti, vero?” Il ragazzo parlò con voce melliflua, sussurrando parole che non poterono giungere alle orecchie di April, ancora a terra alle sue spalle. Questa cercò di affinare l'udito per poter sentire quello che stava dicendole, ma captò solo qualche bisbiglio.

Sapevi che avrei potuto impedirti di ucciderla?”

Non ebbe nemmeno il tempo di terminare la frase, che Violet scattò in piedi di scatto, dirigendosi all'esterno del locale, veloce come una saetta.

April avvertì solo un moto d'aria accarezzarle la pelle e la porta d'ingresso alle sue spalle sbattere con violenza, come se fosse stata una forte folata di vento ad aprirla.

Quando sia lei che Stefan si voltarono, Violet era già scomparsa.

* * * * * *


Perché mi hai salvato la vita?”

April si era alzata in piedi da qualche secondo, ma già sentiva di nuovo il bisogno di sedersi. Era troppo stanca, nel fisico e nella mente, e sentiva troppi pesi gravare sulle sue spalle. Non ne poteva davvero più; avrebbe solamente voluto aprire gli occhi e scoprire che era tutto un incubo.

Che Violet non era morta.

Che lei non era malata.

Che Klaus non era un vampiro.

Anzi, se avesse potuto, avrebbe anche voluto scoprire che i suoi genitori non erano davvero morti. Giusto per rendere quel sogno irrealizzabile ancora più completo.

Stefan, intanto, era nel pieno della sua sfacciataggine: non volendo indossare una camicia sporca del suo stesso sangue, aveva deciso di usufruire di una delle molteplici giacche che erano state dimenticate nel guardaroba del locale. E se ne stava beatamente a petto nudo davanti a lei, mentre sceglieva l'indumento che più si addiceva al suo stile.

Perché hai un bel culetto.” le rispose il vampiro, spostando da un lato all'altro le varie grucce. Le dava le spalle, i muscoli della schiena erano ben tesi e marcati mentre faceva scorrere il braccio all'interno dell'armadio.

April arricciò la bocca, infastidita. “Rispondi e fattela finita, Salvatore.” lo riprese, con tono minaccioso.

Stefan ne rise, quasi risiedesse dell'ironia in quelle parole. “Ma che caratterino!” esclamò, prendendo una delle giacche scure appese. “Ecco perché Klaus stravede per te.”

Si girò verso di lei, portandosi la giacca alle spalle, per poi incrociare lo sguardo rabbioso di April mentre inseriva le braccia dentro le maniche. Sotto quegli occhi color pece carichi di fastidio, il vampiro si ritrovò a deglutire. “Non volevo incappare nell'ira di Klaus, qualora quella t'avesse mangiato la faccia e io non avessi mosso un dito.” rispose. “Sarà, ma io voglio ancora vivere per l'eternità.”

April scosse la testa. “Sei solo un lurido bastardo.” lo rimbeccò.

La risata di Stefan risuonò cristallina all'interno del locale buio. “E tu una sgualdrina morente. Come vedi un epiteto adatto posso trovartelo pure io.”

Calò qualche secondo di silenzio, che nessuno dei due ebbe il coraggio di colmare.

April si alzò debolmente in piedi, apprestandosi a uscire dal locale e andare lontana il più possibile da Stefan. Quest'ultimo, intanto, era tutto intento a sistemarsi i bottoni ai polsi della sua nuova giacca.

Non mi dici nulla...riguardo il fatto che abbia ucciso io Vil?”

April si fermò di colpo, di fronte agli scalini che conducevano all'uscita del locale. Tutti i muscoli del suo corpo si irrigidirono; il martellare insistente del suo cuore divenne l'unico rumore percettibile attorno a loro. Una parte di lei, fino a poco prima, era convinta che potesse essere stato anche Klaus a uccidere la sua amica, così per avere un pretesto in più per diffidare dai sentimenti che nutriva per lui, ma un'altra parte era fermamente convinta che fosse stato Stefan a compiere quell'omicidio. Ricollegò tutti i dubbi, tutti i presentimenti, con gli occhi con cui Violet aveva guardato Salvatore poco prima e le parole che si erano detti , e ne ebbe la conferma.

Non è nel mio interesse giocare il ruolo di benefattore, ma...è me che dovresti odiare, non Klaus. Sì, è vero, lui ha preso parte alla scommessa in cui tu e la tua amichetta dovevate morire insieme quella notte, ma lui poi si è fermato.” Stefan continuava a sistemarsi la giacca con serenità, come se non stesse parlando dell'omicidio di cui si era macchiato. April si girò a guardarlo, con aria vacua. “Io non mi sarei fermato, ti avrei uccisa proprio come ho fatto con Violet.”

Era incredibile come Stefan parlasse di un omicidio con la calma e la pacatezza con cui si parlava di un hobby o di una cosa di poco conto. Tutti i sensi di April erano inondati da un sentimento d'odio puro, per cui quasi venne spinta a mettere le mani addosso al ragazzo e colpirlo fino a fargli male. Ma sapeva che non sarebbe servito a nulla: sarebbe stata solamente lei a farsi male e Violet non sarebbe tornata umana. Poteva solo perseverare nell'odio che nutriva per lui, e basta.

Non hai nemmeno provato un minimo di rimorso nell'ucciderla?”

La voce con cui quella domanda venne pronunciata venne smorzata da un dolore fisico e mentale che bruciava nel petto della ragazza. Guardò il profilo di Stefan, che stava sistemandosi i bottoni frontali della giacca, con fare parecchio apprensivo. Era più interessati nel proprio aspetto estetico che nelle domande di April.

Non mi pento mai dei miei giochi.” Stefan scosse la testa e storse la bocca in un broncio infastidito.

Ed era la verità. Non si poteva nascondere una menzogna con cotanta facilità, pronunciando tale orrore con un'espressione serena e quasi divertita su quel volto di marmo.

April ebbe ribrezzo anche solo nel guardarlo.

Sei solo un cane. Spero che tu muoia presto.” La ragazza ringhiò quelle parole con tutto l'astio che aveva in corpo.

Era solo per colpa di un suo stupido gioco se Violet era morta ed era poi tornata se stessa nelle vesti insanguinate della morte. Era solo colpa sua se aveva perso la sua amica. Lo odiava.

Stefan non si mostrò minimamente scalfito dalle parole della ragazza; ne sorrise, fiero.

Tanto non vivrai tanto a lungo per assicurartene.” rispose, girandosi verso di lei e muovendo un passo verso di lei.

April venne assalita da un moto d'ira, quando vide la sfida con cui il ragazzo la stava fissando. Si divertiva, nel vederla arrabbiata, triste, sofferente. Era così apatico nei confronti dell'umanità da gioire dei dolori provati da terze persone senza il minimo problema.

Non trovando le parole più adatte per rispondergli, e non avendone voglia, April gli diede le spalle e fece per uscire dal locale.

Se vai a cercare Vil, sappi che la probabilità di trovarla cenere è tanta. Non è in possesso di protezioni contro la luce solare come me, povera piccola.” Stefan le gridò quelle parole a gran voce e April si voltò solo un attimo per vederlo mostrarle fiero l'anello che portava al dito.

Ignorandolo, pur di non lasciarsi abbattere dalla collera, la ragazza uscì rapidamente da quel posto.

Stefan, intanto, abbassò lo sguardo con fare pensoso. E il suo sorriso si spense.

* * * * * *

April non seppe perché e per come, ma si ritrovò al cimitero cittadino, di fronte alla silenziosa lapide di Violet.

Era passata da casa solamente per cambiarsi d'abito e per farsi una brevissima doccia, per scacciare lo sporco, il sangue e il tremore che percorreva continuamente le sue ossa. Sudava freddo e in diversi momenti si era sentita come svenire da un momento all'altro, quasi le gambe non potessero sorreggere il peso del suo corpo stanco e spossato. Pensò che, ormai, il tempo stava per scadere e lei stava consumando i suoi attimi nel tentennare su una decisione che, nella sua mente, era ormai ben formata. Eppure, quanto era successo prima con Stefan e Violet, aveva riacceso la fiamma del dubbio e della paura, tanto che la ragazza si ritrovava di nuovo in possesso di mille incertezze.

E il tempo andava avanti, senza aspettarla.

Restò immobile davanti alla lapide, fissando il nome inciso sulla pietra e tacendo le lacrime che urlavano disperate, intrappolate dentro i suoi occhi. Volevano liberarsi, abbatterla definitamente e scorrerle lungo il viso, violente e dolorose, ma lei non volle lasciarle vincere. Anche se era troppo stanca per farlo, non aveva alcuna intenzione di lasciarsi sopraffare da loro. Pensò a Violet, a quanto Stefan aveva detto riguardo alla luce del sole, e si chiese se fosse davvero morta.

In cuor suo, però, lei si era recata in quel luogo di silenzio e morte solamente per rincontrarla.

In qualche modo.

Nel modo meno realistico possibile.

Che ci fai qui?”

April sorrise; malgrado quelle parole avrebbero dovuto scuoterla in brividi di paura, la ragazza rispose con assoluta serenità, continuando a dare le spalle alla persona dietro di sé. “Sei tu che non dovresti essere qui, Violet.”

Sentì Violet schioccare la lingua. “Sotto questa costruzione c'è un'apertura che conduce alle fogne.” disse. “Non disponendo di alcuna protezione, questo è l'unico modo che mi permette di muovermi di giorno.”

Le fornì una spiegazione, malgrado qualcosa le dicesse che April era già, in parte, a conoscenza di tutto.

Non intendevo questo.” April si strinse le braccia al petto. Alzò gli occhi verso il cielo plumbeo, lasciandosi accarezzare dal vento tagliente che aveva preso a soffiare incessantemente sulla terra. L'odore dell'erba appena tagliata si miscelò alla sensazione di angoscia a tristezza che quel posto racchiudeva sempre in sé. Si girò verso la sua amica, ritrovandola nascosta nell'ombra di una cappella funebre, appartenenti a una delle famiglie più antiche e abbienti della città di Chicago. In quel modo, il sole, anche se in quel momento era nascosto dietro un pesante manto di nuvole, non l'avrebbe minimamente scalfita. “Volevo dire che tu non dovresti essere qui. Morta. A parlare con me davanti a una lapide con inciso il tuo nome sopra.”

Violet fissò freddamente il viso di April; il petto si alzava e abbassava in lenti respiri e gli occhi catturarono il luccicore insito nello sguardo della sua amica. Non l'aveva mai vista sofferente prima, nemmeno nei suoi momenti più difficili. Vedere che soffriva così per la sua dipartita, riaccese qualcosa nel suo animo morto. “Non è stata colpa mia se Stefan mi ha preso di mira, quella notte.” disse.

April scosse la testa e strinse le labbra. “Mi spiace così tanto.” le disse, sincera.

Se ti spiace così tanto, smetti di amare Klaus.” Violet alzò la voce, spalancò le braccia e guardò il volto immobile della sua amica con aria spiritata. Stava per perdere di nuovo il controllo; la rabbia e la sete di sangue stavano di nuovo per avere la meglio. “Lui è colpevole quanto Stefan. Se non tu fossi stata malata, avrebbe ucciso anche te!”

Mi sono allontanata da lui, Vil. Ma non posso smettere di amarlo così, nel giro di un baleno.” April si sentì davvero in colpa nel pronunciare quella parole a una persona che aveva perduto la vita, anche se indirettamente, anche per mano del suo uomo. Ma sarebbe stata una grandissima menzogna dirgli che aveva smesso di amare Klaus. Lo odiava per quello che le aveva fatto, che le aveva nascosto, ma nutriva ancora del sentimento nei suoi confronti. Non si potevano cancellare emozioni nate così duramente, affrontando molteplici avversità da entrambe le parti, con una simile facilità. Era una faccenda dolorosa e che richiedeva moltissimo tempo, quella di imporsi di dimenticare una persona.

Violet perseverò nel guardarla con occhi sgranati, ma parve comprendere quanto April aveva appena detto. Una nuvola si scansò da davanti al sole, lasciando che la sua luce irraggiasse tra di loro, su quel terreno desolato, afflitto da mille anime dormienti.

Anime che potevano vedere, ma che non potevano essere viste.

Anime che potevano gridare, ma non potevano essere sentite.

Un po' come lo erano tutti gli esseri umani, in quel mondo così grande. Morti o viventi che fossero.

Perché vuoi uccidermi, Vil? Perché mi ritieni responsabile di quanto ti è successo?” April riuscì difficilmente a trattenere le lacrime, nel pronunciare quelle parole. Ricordò ciò che aveva provato quando Violet strinse la propria mano attorno al suo collo, la sensazione di speranza che le diceva “non aver paura. È Violet, non ti farà mai del male.” quando, invece, la realtà le aveva mostrato che la ragazza l'avrebbe effettivamente uccisa.

Violet rifletté su quella domanda, abbassando lo sguardo. “Perché ho perso il controllo. Ho sempre, perennemente fame, April. Ed è inoltre una cosa che devo fare.” rispose.

Perché devi farlo?!” April parlò con maggiore durezza, quando si accorse di un altro particolare concernente la discussione di Violet e Stefan poco prima. Non era stato lui a trasformarla e, visti i suoi rapporti di fiducia con Klaus e Rebekah, non dovevano essere stati nemmeno loro.

C'era un altro vampiro in città?

Che t'importa? Morirai comunque tra poco.” Violet si strinse le braccia al petto, rispondendo repentina e facendole capire che aveva una verità da nascondere.

April la guardò incredula, così turbata da tutto quello che stava cadendo, da volersi lasciar cadere a terra addormentata, lasciando che il mondo decidesse per lei, affinché lei fosse libera di non lottare più in quell'inferno.

Gli occhi dell'umana spinsero la vampira a fornire una spiegazione più efficiente al riguardo.

Una persona ti vuole morta per fare un torto a Klaus. Io forse ti voglio morta per impedirti di trasformarti in un vampiro.”

April ci mise qualche secondo per metabolizzare quel concetto. Alzò di nuovo gli occhi sul volto di Violet e la vide abbassare il suo, quasi timidamente, in quella maniera che era tutta sua. Decise di non perdersi troppo a lungo in molteplici pensieri, ma di affrontare faccia a faccia le parole di Violet.

Io non voglio morire, Violet.” fu tutto quello che riuscì a dire, con voce incrinata dal pianto. Ripensò a quanto quel ragazzo, Damon, le aveva detto quella mattina e a come l'aveva spinta a prendere quella decisione, malgrado le avesse detto che l'immortalità, il più delle volte, si rivelava essere una dannazione, non un dono. Lei considerava essere la morte più una condanna e non accettava che il fato o che Dio avessero deciso di privarla della sua esistenza così presto. Avrebbe voluto sfidare la natura, mostrare di farcela, perché tutto quello che le stava accadendo era ingiusto. Aveva solo ventidue anni, perché doveva andarsene in quel modo? Senza aver realizzato nessuno dei suoi sogni?

E vuoi diventare come me, Pril?” Violet scoppiò in lacrime, senza che nemmeno April potesse prevederlo. I vampiri passavano da uno stato d'animo all'altro, nel giro di pochissimi secondi. Vide l'amica indicare se stessa, quasi fosse uno dei peggiori incubi che camminavano su quella terra. “Guardami. Non sono che l'ombra di quella che ero. Voglio solo il sangue, la morte e ucciderei persino te in questo momento! Solamente per avere il tuo sangue sul mio palato, te ne rendi conto?”

Violet, ora calmati.” April si fece forza, soffocando le proprie lacrime per fermare il corso di quelle dell'amica. Alzò le mani verso di lei, per farle segno di calmarsi, ma Violet la ignorò, asciugandosi il pianto con il palmo della mano, stretta in se stessa come una bambina spaventata.

Ho paura, April. Ho ucciso tante persone in questi giorni; mi sembra di rivedere i loro volti mentre dormo. Odio quello che sono diventata. Non lo faccio solo perché me l'ha detto lei...ma anche perché non vorrei mai che tu diventassi come me!”

April mosse un passo verso di lei, con più calma possibile. “Violet io...”

Non avvicinarti!” Violet si spinse all'indietro, finendo contro la pietra del mausoleo dietro di sé. I suoi occhi si erano iniettati nuovamente di sangue, non appena l'udito aveva captato il battito del cuore dell'umana. Era di nuovo pronta a scattare verso di lei, affondare i denti nella sua carne e bere il suo sangue fino all'ultima goccia. “Sento il sangue muoversi nelle tue vene!”

Va bene, va bene..” April mosse un passo indietro. Il sole venne di nuovo coperto da una pesante coltre di nuvole. “Ma voglio che tu sappia una cosa. Qualunque cosa accada, io to voglio aiutare. Affronteremo questo, insieme. Ti aiuterò a ritrovare te stessa.”

Violet alzò lo sguardo su di lei; le labbra leggermente socchiuse in un'espressione di stupore.

April le sorrise dolcemente e la speranza le illuminò il volto. La gioia momentanea di quelle parole le accese lo sguardo, sfidando tutte la paure e le angosce che quel mondo le aveva gettato addosso in pochi giorni.

Non sei sola, amica mia. Sarò con te d'ora in poi. Sempre. Fino alla fine. L'affronteremo insieme.”

Violet tirò su con il naso, e sorrise commossa, di fronte alle frasi dell'amica. Quelle risvegliarono qualcosa in lei, qualcosa che sembrava essere andato perduto con Katherine, con la sete di sangue, con il desiderio di vendetta. Quell'oceano di umanità che la investì in quel momento, le strappò via il sorriso dal volto. Guardò il viso luminoso di April, quegli occhi scuri che avevano sorriso assieme a lei nei molteplici attimi insieme, e una nuova consapevolezza avanzò nella sua mente.

Dopo quello che ti ho fatto...saresti disposta a starmi accanto? Per sempre?” rispose, spostò lo sguardo dal sorriso dell'amica, che si era fatto più radioso dopo quell'affermazione, al cielo, dove le nuvole giocavano ancora a rincorrersi per andare a coprire la luce del sole.

April si sentì incredibilmente sollevata nel rivedere il bellissimo sorriso di Violet. Parve come se tutto il dolore, la stanchezza e la paura se ne fossero per sempre andati, come se ci fossero solo lei e Violet, e l'amicizia che le aveva legate fin da subito. “Sì che lo farei.”

E perché?” Violet era seriamente incuriosita. La fece scoppiare a ridere.

Perché sei mia amica. E l'amicizia è uno di quei legami che nemmeno la morte può sconfiggere.”

Si guardarono in attonito silenzio per qualche secondo, continuando a sorridersi a vicenda. Per un attimo, ad April parve di rivedere la luce di vita che aveva sempre illuminato il bel viso di Violet. Una di quelle luci che raramente si incontra in mezzo a una folla di persone, troppo prese dai propri problemi e dai propri drammi di vita per poter apprezzare ogni piccola cosa semplice che li circondava. Violet era capace di sorridere anche solo per il profumo di un fiore o per i raggi del sole.

Grazie mille, amica mia. Staremo davvero insieme.” rispose Violet, continuando a sorridere. Sentendosi ancora più sollevata, April mosse un passo nella direzione dell'amica, con le braccia tese e pronte ad accoglierla in un abbraccio.

Violet sorrise ancora di più. “Ma non sarà qui purtroppo.”

April non comprese quelle parole; si fermò di colpo e affilò lo sguardo con fare pensoso, sbattendo ripetutamente le palpebre. Seguì la traiettoria degli occhi di Violet, puntati verso il sole che stava di nuovo facendo capolino da dietro le nuvole, e comprese troppo tardi quanto stava per accadere.

No!” La sua voce gridò giusto un attimo dopo che Violet mise piede fuori dall'ombra.

Ella chiuse gli occhi, aprì le braccia come per accogliere completamente sul suo corpo i raggi del sole, e avanzò lentamente, muovendo i passi sull'erba. April non fece in tempo a correre verso di lei, che un gridò di dolore si levò dalle labbra dell'amica. Tutto il suo corpo prese fuoco nel momento esatto in cui il sole le sfiorò la pelle, e April si ritrovò di fronte a una torcia umana.

Provò ad avvicinarsi, per gettare il proprio cappotto sul corpo della sua amica, salvandola dalla morte. Ma quella cadde subito sulle ginocchia, il suo grido si fece sempre più smorzato ed ella cadde distesa sul terreno. Smise di divincolarsi nel giro di pochi minuti e tutto quello che rimase di lei fu un corpo carbonizzato, avvolto dalle fiamme e da un alone di fumo.

Far away through the pain, I hear the angels calling
Far away through the pain, I see the demons falling

(Monster You Made by Pop Evil)




Ciao a tutti! :D come state?

Guardando le recensioni dello scorso capitolo, posso dire con certezza che la storia sta probabilmente annoiando...me ne dispiace davvero molto, e sono sicura che andrà ancora peggio dopo quest'ultimo capitolo, di cui non sono assolutissimamente convinta. Voi penserete che me ne esco sempre con queste frasi, ma purtroppo è così: lo penso veramente e non lo faccio per compatirmi xD sono terribilmente autocritica, sempre, e sopratutto quando mi trovo di fronte a miei capitoli che, secondo me, potrebbero essere stati elaborati molto meglio.

Lasciando da parte i miei drammi con cui non voglio tediarvi più di tanto, spero alla fine che il capitolo non vi abbia davvero delusi. Come avete notato, ho dato spazio solamente ad April, Stefan e Violet, con la dipartita poi di quest'ultima. Spero di aver dato lo spazio più giusto alla nostra Vil e al suo rapporto con April e di non essere stata troppo frettolosa nel descrivere tutto quanto.

Alla fine, veniamo a comprendere che April aveva quasi pensato di lasciarsi trasformare, a discapito di quanto le aveva detto Damon nello scorso capitolo, ma Violet, spinta non solo dalla fame e da Katherine, ha cercato in tutti i modi di impedirglielo. Il suo suicidio finale è volutamente ispirato alla morte di Isobel nel corso della seconda stagione, e spero di aver lasciato trasparire il significato nascosto dietro di esso: Violet era un po' fuori di capa, è vero, ma si è resa conto, dopo le parole di April, di essere diventata una persona completamente diversa da quella che la sua amica aveva amato. Presa dalla paura e sentendo il peso di un'eternità di sangue gravarle sulle spalle, Violet ha deciso così di rinunciare a tutto quanto. Non so se la cosa possa risultare banale, ma è la decisione che più mi sembrava in linea con il suo personaggio, ma magari sono conscia che qualcuno avrebbe potuto storcere il naso, leggendo.

Non ho molto altro da dire, ma se ci sono questioni a voi irrisolte, fatemelo pure presente! ;) così come errori grammaticali e sintattici, ovviamente! Tanto, 'sto capitolo è obbiettivamente una caccola!

Grazie mille a tutti, come sempre, per il sostegno donatomi, di cuore. Nell'epilogo ci saranno i giusti ringraziamenti per tutti voi! <3

Quindi, mi dileguo e dico un infinito grazie a chi legge e recensisce, e a coloro che hanno inserito questa storia tra le varie cartelle!

Thank you, merci, danke...e au revoir!

Ciao a tutti! ;3


ps_per farmi perdonare l'orrore appena pubblicato, vi annuncio che nel prossimo capitolo ci sarà, di nuovo, una presenza molto bramata v.v e qualcuno potrebbe incontrare qualcun'altro u.u

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Capitolo 13
*** Look into my eyes, it's where my demons hide ***


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http://www.youtube.com/watch?v=mWRsgZuwf_8

-Capitolo 12: Look into my eyes, it's where my demons hide-

When your dreams all fail
And the ones we hail
Are the worst of all
And the blood's run stale

I want to hide the truth
I want to shelter you
But with the beast inside
There's nowhere we can hide

(Demons by Imagine Dragons)

Aveva sempre sottovalutato la dote del non pensare.

Quando era giovane e umano era solito spremersi le meningi nei modi più assurdi, per compiacere suo padre, per far sorridere Rebekah, per equipararsi ad Elijah e, sopratutto, per farsi amare da lei. Ma, una volta diventato un vampiro, non ci aveva messo molto a spegnere quell'interruttore, che se ne stava perennemente acceso quando si era vivi e tutto era diventato estremamente più facile.

Se voleva uccidere, uccideva.

Se voleva ridere, rideva.

E se voleva ferire anche coloro che amava, feriva e basta, senza pensare alle conseguenze.

Ma in quei giorni tutto era cambiato; nella sua mente ronzava un intero sciame di pensieri, per lo più negativi, che passavano da un fiore della preoccupazione all'altro.

Era preoccupato per la minaccia di Mikael.

Lo era per la fuga, anche se sicuramente momentanea, di Rebekah.

E lo era anche, ovviamente, per April, la quale continuava a tenerlo a debita distanza nonostante quanto si erano detti poche sere prima.

Il tempo scorreva e lui aspettava impazientemente che lei lo raggiungesse, accettando la sua proposta.

Restò seduto sul cornicione in pietra del balcone, sorreggendo un bicchiere ripieno di buon vino e guardando verso la luna piena che brillava in cielo. Il balcone della sua stanza era soppiantato da miriadi di colorate piante di cui lui non si era mai preso cura. Probabilmente era stata Rebekah a farlo.

Alcune foglie di edera sulla parete alle sue spalle gli solleticarono i capelli e la parte del viso a contatto con il muro della sua dimora.

Sbuffò non appena avvertì una presenza leggera, come un soffio di vento che accarezzava la pelle.

Credevo fosse nei tuoi piani ripartire subito.” disse, senza voltarsi verso suo fratello.

Elijah lo fissava dalla soglia della sua stanza. Le luci accese alle sue spalle creavano un magico effetto con l'abbigliamento del vampiro, che sembrava essere più scuro della notte. Le tende bianche erano mosse da quella leggera brezza notturna, ed esse si spostavano, di tanto in tanto, verso Elijah, sfiorandogli dolcemente le spalle.

Sto per farlo infatti.” rispose il vampiro, senza alcun timore.

Allora perché non vai?” Klaus lo guardò con la coda dell'occhio, spalancando le braccia con aria interrogativa, nonostante avesse ben capito il motivo per cui suo fratello non avesse ancora lasciato la loro abitazione.

Elijah restò in silenzio per qualche millesimo di secondo, per poi muoversi con disarmante lentezza verso di lui. Fu così silenzioso e pacato nei suoi movimenti che nessuno avrebbe potuto dire che si fosse mosso, se non lo avesse visto. “Sono curioso, Niklaus. Chi è questa ragazza? Questa April?” domandò. Pronunciò il nome della ragazza come se volesse scoprirlo in ogni lettera che lo componeva.

Nessuno. Rebekah parla semplicemente troppo.” Klaus fu rapido e risoluto nel rispondere alla domanda del fratello, ma non fu abbastanza deciso dal convincerlo di quello che aveva detto. Sbuffò stancamente quando guardò in direzione di Elijah e gli ritrovò un mezzo sorriso ombrato sul volto e lo sguardo affilato, quasi volesse tirare fuori la verità dalle labbra del fratello alla stessa maniera in cui un ipnotizzatore tirava fuori un serpente da un vaso. “Perché mi guardi a quel modo?”

Non me la dai a bere, Niklaus.” rispose Elijah, scuotendo lievemente la testa. Si avvicinò di più a lui. “Questa ragazza ti ha fatto qualcosa. Voglio solo sapere cosa.”

E saperlo ti renderà la nottata più piacevole?” lo sfidò Klaus, guardandolo e bevendo contemporaneamente dal bicchiere.

Elijah sorrise, come divertito. “Soddisferà la mia curiosità, sì.”

Klaus non seppe come rispondere a quella frase, e fissò silenziosamente suo fratello mentre affondava di più le mani dentro le tasche dei propri pantaloni e attendeva con pazienza una sua risposta. Il biondo provò di nuovo quella sensazione di sollievo quando pensò che forse parlare con suo fratello, come accadeva ai vecchi tempi, lo avrebbe aiutato ad accettare la comicità di quella situazione. Anche se non gli era mai capitato di discutere di sentimenti per qualche donna, dato che l'unica che avessero realmente amato li amava entrambi.

È una cantante. E credimi, è brava.” iniziò a raccontare Klaus, poi venne tentato dal chiudere lì il discorso e non aggiungere altro. Ma Elijah aspettava, con un sopracciglio inarcato e un sorrisetto furbo pronto ad accendersi. “Ma non mi ha colpito perché era brava o molto bella, bensì perché nei suoi occhi c'era molta solitudine. E l'ho odiata per avermi fatto provare empatia nei suoi confronti. Tanto che ho cercato di ucciderla...”

Ma non l'hai fatto. Perché?” Elijah piegò la testa da un lato.

Klaus si prese qualche secondo prima di rispondere. “Quando ho bevuto il suo sangue, ho sentito che era marcio. Sai, come quello dei moribondi, con un sapore acido e fastidioso. E ho capito che stava morendo. E quanta tristezza può esserci nel morire soli, Elijah?”

Guardò suo fratello e per la prima volta sentì come se la pensassero alla stessa maniera. “Veniamo a questo mondo soli e soli ce ne andiamo, Niklaus.” rispose. “È questa la natura dell'universo.”

Klaus abbassò lievemente le palpebre con aria pensosa. “E io non volevo questo né per me e né per lei.” rispose. Pensò poi che, forse, lui avrebbe meritato di morire da solo: era conscio dei propri errori e delle proprie azioni e non se ne pentiva. Avrebbe dunque potuto accettare quel prezzo da pagare.

Ma April no.

Lei era come quel ragazzo che lui era stato un tempo, quel Niklaus che non meritava di essere solo e morire tale.

La ragazza sa di essere malata?” domandò ancora Elijah.

Sì, lo ha capito da un po' ma ha nascosto la realtà a se stessa fino a quando io non ho deciso di aprirle gli occhi. Doveva combattere.” rispose. “E io le offrirò l'immortalità.”

L'espressione di Elijah mutò, senza che Klaus se ne rendesse conto subito, troppo intento a mandare giù un lungo sorso dal suo bicchiere, riducendolo a una sola goccia.

Fammi capire.” Il fratello si umettò le labbra e corrugò la fronte. “Gliel'hai offerta o gliel'hai imposta?”

In questo caso non conta.” Klaus si alzò in piedi, lasciando il bicchiere sul cornicione. La luce della luna creò strani magici riflessi sui suoi capelli biondi. “Lei sta morendo e nessuno vuole morire. Le farò solo un dono.”

Rendendola un vampiro? E se lei non lo volesse?” Elijah alzò la voce di una tonalità, tanto che Klaus lo guardò con vivo e curioso interesse.

Tutti vogliono essere come noi, fratello. Sopratutto se è l'unica possibilità per camminare ancora su questa terra.”

Il silenzio della notte li avvolse entrambi.

Elijah non era per nulla convinto delle parole del fratello, e non lo nascondeva: continuava a fissare intensamente Klaus, con un'espressione che parlava più di mille parole.

E comunque...” Klaus si stancò presto di quello sguardo, di quel discorso in generale, e decise di nascondere il sentimento per April in un angolo della propria mente, per non lasciarlo più sfiorare dagli occhi di Elijah. “Perché perdere tempo a parlare di un argomento del genere quando abbiamo problemi di rilevante importanza?”

A quel punto, Elijah smise di fissarlo e si lasciò andare a una lieve risatina, mentre gli occhi si spostavano a fissare il cielo stranamente stellato di quella fredda notte. “Perché? E me lo chiedi? Sembri...”

Un debole?” Klaus lo anticipò sorridendo, ma non alla stessa maniera in cui lo stava facendo lui: sorrise senza sentimento alcuno.

Elijah colse la frecciatina, ma non se ne lasciò colpire. Si spostò giusto in tempo, prima che potesse ferirlo. “No, sembri di nuovo Niklaus.”

Un sussulto al petto sembrò riempire il silenzio. Klaus guardò suo fratello, cercando di non mostrare nessuna reazione emotiva a quelle parole, malgrado dentro di sé fosse scoppiata una violenta tempesta che prometteva di investirlo completamente.

Elijah gli sorrise in maniera tranquilla, umana, fraterna.

Non poteva sopportarlo.

Tu invece resti sempre il fratello che, con la sua debolezza, mi ha impedito di sciogliere la mia maledizione mezzo secolo fa.” rispose, accostando il viso al suo e pronunciando quelle parole a denti stretti.

Fece dunque quello che gli risultava più semplice: cercò di ferirlo, pur di non ammettere a se stesso quanto il fratello avesse ragione. E per cercare anche di convincere lui probabilmente.

Elijah non mostrò alcuna sorpresa a quella parole; non si mostrò nemmeno offeso o altro, si limitò solamente a guardarlo e con un'espressione composta. “Continua pure a mentire a te stesso, Niklaus. È questa, la vera debolezza.”

Pronunciò la sua sentenza prima di scomparire nel nulla, lasciando Klaus in balia di una sua personale considerazione.

Forse, Elijah, aveva ragione.

* * * * * * * * * * * * *

April non aveva mai pianto come aveva fatto sul corpo privo di vita e dato alle fiamme di Violet.

Era stata per minuti, forse ore accanto a lei, sperando in cuor suo che presto avesse aperto gli occhi e avesse scoperto che fosse tutto un incubo. Tutto quanto.

Ma così non era: la sua amica era morta, di nuovo, e lo aveva fatto perché non era stata capace di accettare quello che era diventata e non aveva avuto la forza di cambiare di nuovo e tornare ad essere la persona che era. Le aveva voluto mostrare che si poteva sconfiggere la morte anche in altri modi, senza ottenere l'immortalità, poiché un'anima, uno spirito era capace di vivere per sempre, purché rimanesse integro.

Eppure, la ragazza era stanca di farsi confondere da tutto e tutti.

Dopo una momentanea fase di choc, April provò come a spegnere tutte le sue emozioni e le sue paure, sedendo sugli scalini di fronte alla porta d'ingresso del suo edificio. Aveva il volto ancora rigato di lacrime di sofferenza, una mano tra i capelli leggermente opachi e lo sguardo vacuo e stanco che si soffermava sul marciapiede di fronte a sé.

Presto sarebbe calata la notte e un altro giorno privo di risposte sarebbe giunto.

E lei non poteva più aspettare.

Si tolse la mano dai capelli, drizzò il collo, socchiuse le labbra in un respiro flebile e fissò un punto fermo sulla strada. Era stanca di piangere, di brancolare nel buio in cerca di qualcuno che la risollevasse dal baratro e pensò che fosse ora di affrontare e combattere ogni demone che aveva preso a far marcire la sua essenza. Rivalutò il proprio passato, i propri sogni, le parole di Violet e persino quelle di Klaus e Stefan e un sorriso si dipinse sul suo volto quando finalmente capì che affrontando i suoi demoni sarebbe riuscita a giungere alla risposta che cercava. La decisione stanziava poco più in là, oltre i suoi timori e le sue angosce; bastava un pizzico in più di coraggio per affrontare il tutto e ce l'avrebbe fatta.

Scattò in piedi, finendo quasi addosso a una vecchietta nervosa che stava uscendo dall'edificio per buttare la spazzatura e la rimproverò con parole dure. Corse più veloce che poté verso il suo appartamento, anche se ci mise più del dovuto, dato che aveva le gambe indolenzite e un dolore bruciante al petto che la indeboliva, si lasciò la porta aperta alle spalle e si diresse verso il telefono sul tavolino del salotto.

Alzò la cornetta, digitò il numero del centralino e si fece passare dalle addette il numero desiderato.

Quando udì quella voce risponderle, un brivido le corse lungo la schiena, ma un sorriso mascherò il timore.

Penso sia finalmente ora che io e te parliamo. Ho delle cose da dirti.”

* * * * * *

Rebekah sapeva che il metodo migliore per soffocare la rabbia era una notte con Stefan.

Lo aveva sempre pensato, e il suo pensiero prendeva consistenza ogni volta che era intenta a rotolarsi con lui tra lenzuola macchiate di lussuria e desiderio.

La vampira cambiò rapidamente le posizioni, spingendo l'altro con la schiena contro il materasso e posizionandosi sopra di lui, inarcando la schiena e riempendolo di baci sulle labbra e sul collo. Il suo sapore non la saziava mai, il suo profumo non l'avvolgeva mai abbastanza, e il suo corpo non la dominava mai abbastanza.

O forse pensava così perché era infuriata con Klaus, un po' con Elijah e con tutta la situazione in generale. Il più delle volte Stefan era bravissimo a dominarla.

Oggi mi sembri più....aggressiva del solito.” Stefan le rise sulle labbra, pronunciando quelle parole in un roco sospiro, rotto dall'eccitazione dei loro corpi desiderosi l'uno dell'altra.

Rebekah rispose mordicchiandogli il labbro superiore con malizia. “Aggressiva?” ripeté, come se quella parola la compiacesse. Sentiva le mani di Stefan stringerla più forte a sé, accarezzandole il pizzo del reggiseno nero per poi scorrerle febbrile lungo la spina dorsale e andare a sfiorare il tessuto del suo striminzito slip. “O forse sei tu che, oggi, lo sei meno?”

Da quando era giunta a casa di Stefan, aveva notato che c'era qualcosa di insolito in lui, come se qualcosa lo turbasse nel più profondo, sciogliendo la maschera di cera che copriva perennemente il suo volto. Gli aveva domandato cosa avesse e perché fosse mancato per così tanto tempo, ma lui asserì al fatto che aveva avuto un piccolo problema che le avrebbe poi spiegato in seguito. Era stato molto evasivo e Rebekah era così rabbiosa e desiderosa di sfogare le proprie frustrazioni da farsi accompagnare tranquillamente in camera da letto. Qualsiasi cosa avesse fatto Stefan l'avrebbero affrontata dopo; in quel momento aveva solo bisogno di non sentire nulla.

Rebekah si inumidì le labbra, in preda al desiderio più sfrenato.

Voleva che lui la facesse sua, che sopprimesse la sua rabbia con il suo corpo e che la portasse ad un'estasi tale da dimenticare il motivo di tutti quei sentimenti di astio.

Stefan annuì; le sue mani le scesero fino alle natiche, stringendole con bramosia. Rebekah emise un lieve gemito. “È una cosa che mi piace.” ammise, i suoi occhi verdi illuminati di bramosia.

Perché? Non mi sembra che ti negassi nulla quando non lo ero.” rispose la ragazza, ravvivandosi i capelli biondi da un lato, muovendo la testa. Inarcò la schiena, quando sentì i muscoli del ragazzo tendersi, per far sì che potesse mettersi seduto sul letto.

No, non l'hai mai fatto.” Stefan le cinse i fianchi e la baciò sul petto, facendo poi scorrere la lingua sul zona nuda e non coperta dal tessuto del reggiseno. “Ma...è più bello farlo così.”

Così come?”

Così...” Stefan alzò la testa per sorriderle, in una maniera che però Rebekah non riuscì a decifrare. Non era dolce, ma nemmeno l'esatto contrario: era come il risultato di un mix di emozioni e sentimenti, che il vampiro cercava di sopprimere tutti insieme per impedire che venissero a galla. “Senza coinvolgerci troppo.”

La rabbia, così, accrebbe, facendole persino passare la voglia di sfogarla con Stefan.

Rebekah si morse il labbro stizzita, distogliendo lo sguardo dal ragazzo quando venne colta dall'istinto di staccargli la testa dal collo. “Senza sentimento...va bene.” disse, annuendo mestamente. “Ma che diavolo avete voi uomini nella testa?”

Scese dalle gambe di Stefan, lasciandolo in completa balia della confusione, e andò in direzione della sua vestaglia nera, beatamente adagiata su una poltrona in tessuto rosso dove sarebbe dovuta rimanere fino alla fine del loro rapporto senza coinvolgimento.

Non lo starai facendo davvero, Bekah.” Stefan rise sguaiatamente, lasciandosi cadere di botto sul materasso e portandosi le mani al volto per soffocare la sua ilarità. “Mi lasci qui a marcire di desiderio per una frase che ho detto?”

Allora la prossima volta impara a pensare prima di parlare.” lo ammonì la ragazza. La vestaglia non copriva affatto le sue nudità, ma non gliene importava.

Io non penso prima di parlare, ma tu non pensi prima di prendertela a questa maniera!” Stefan si mise nuovamente a sedere sul letto con uno scatto, l'espressione distorta dalla rabbia crescente. “Ho detto che ti voglio, non dovrebbe bastarti?”

No, non mi basta.” Rebekah andò a prendersi un bicchiere di champagne da un tavolino in vetro che giaceva in mezzo alla stanza. Ringraziò che il suo uomo avesse gli stessi vizi di suo fratello riguardo l'alcool. “Se volevi un corpo con cui giocare, ci sono vie piene di accattivanti prostitute per tutta Chicago. Sei bello, magari ti faranno anche uno sconto.”

Ora basta Rebekah.” Stefan si alzò in piedi, lasciando scivolare il lenzuolo dal suo corpo completamente nudo. Si pose davanti a lei senza alcun pudore, ma la vampira mantenne lo sguardo con fermezza sopra il suo viso. “Mi spieghi che diavolo hai oggi? Se sei infuriata con il mondo, sono fatti tuoi, ma non scontare con me.”

Mettiti un paio di pantaloni.”

Lo farò solo dopo che tu mi avrai spiegato tutto quanto.” Stefan sapeva essere convincente quando voleva. Era stranamente serio nonostante tutto; attendeva una risposta da parte della bionda e non avrebbe desistito fin quando non l'avrebbe ottenuta. Forse gli interessava davvero saperlo, o forse era tutta una recita. O forse era tutto un modo per portare a termine quanto era iniziato su quel letto.

Rebekah bevve un lungo sorso, sperando che fosse quello a domare la sua ira. “Perché voi uomini avete così tanta paura dell'amore?” domandò, spalancando le braccia. Non le importava di esporsi troppo con lui, o di fargli capire quanto lui fosse diventato importante per lei.

Stefan non capì il senso di quella risposta, ma parve aver comunque trovato una risposta al riguardo, preferendola tacere alle orecchie di Rebekah. Questa si inviperì ancora di più.

Insomma, che senso ha fare del sano sesso con qualcuno con cui avete paura a legarvi?”

Io non ho paura a legarmi a te.”

Ah no?”

Già lo sono, mi pare.”

Malgrado le parole di Stefan erano belle da sentire, Rebekah non avvertì nessuna onda di sentimento nella sua voce. Doveva essere per colpa di quel interruttore, fastidiosamente spento. Si era chiesta più volte cosa avesse spinto Stefan a spegnere la propria umanità, poi pensò a Niklaus: l'unica risposta era un'enorme sofferenza. Ma qual'era stata per il giovane vampiro di cui lei si era innamorata?

Davvero? Allora rispondi alla mia domanda.” Rebekah si mosse verso di lui. Le venne quasi di buttare il bicchiere a terra per poter prendergli il volto tra le mani e riempirlo dei suoi baci in ogni angolo di quel viso spigoloso. “Sei disposto a lasciare Chicago insieme a me? Io e te, soli?”

Quella domanda lo sorprese di nuovo, allo stesso modo in cui sorprese la stessa Rebekah. Non si era resa conto di essere arrivata a un livello di sopportazione tale dal farle pronunciare parole che dovevano restare solo pensieri. Il problema era che era stanca di scappare continuamente di stato in stato, di temere costantemente per la sua vita e di seguire Nik come un'ombra ovunque egli andasse, pur di soddisfare ogni suo capriccio. Era ora che, dopo mille anni di sottomissione, prendesse la propria strada nel modo che voleva e con chi voleva lei.

Sì, lo farò.” La risposta di Stefan fu secca, rapida e nemmeno pensata. Lo disse con una serietà tale che lasciò Rebekah con gli occhi sgranati.

Dici sul serio?”

Stefan annuì, un sorriso si delineò sulle sue labbra.

E perché lo faresti?”

Voleva sentirglielo dire.

Voleva sentire quella spiegazione che le avrebbe acceso il cuore come una miccia, tornando quasi a farlo battere di sentimento. Perché una parte di sé- quella più ingenua? No, non voleva essere così pessimista-era convinta che Stefan avesse risposto affermativamente alla sua domanda per lo stesso motivo per cui lei l'aveva posta.

Perché tu mi fai divertire. Mi fai stare bene. Con te posso essere semplicemente quello che voglio essere senza venire giudicato.” rispose Stefan.

Sì, era stata la parte più ingenua di Rebekah a credere in altro, a credere che lui fosse disposto a scappare con lei perché l'amasse. Le parole del vampiro erano belle, ma non significavano comunque quello che lei voleva sentirsi dire.

Non l'amava.

Forse era solo la sua valvola di sfogo per combattere la loro noia eterna.

Aprì bocca per replicare in malo modo alle parole del vampiro, quando questi la bloccò improvvisamente.

Cos'è questo odore così forte?” domandò.

Non sapevo che la mia rabbia adesso odorasse...ma stai cercando di cambiare discorso, per caso?!” Rebekah era sul punto di perdere la testa e di rompere qualche osso.

Ma Stefan era serio; puntò il suo sguardo in direzione della finestra e afferrò un pantalone dalla poltrona vicino alla scrivania sotto il davanzale della finestra stessa, indossandolo rapidamente. “No, riconosco questo...profumo. O meglio, quello che ne rimane.”

Rebekah allora prestò attenzione a quanto il ragazzo stava dicendo.

E allora se ne accorse: di quel profumo, coperto però da odore di fumo e.....sangue?

I due si lanciarono un'occhiata complice, per poi guardare oltre una delle finestre dell'appartamento di Stefan.

Notarono allora un'ombra che, lentamente, stava dirigendosi verso casa.

Era April.

* * * * * * ** * * *

Ford?”

Quando Rebekah varcò la soglia l'uscio dell'edificio in cui abitava Stefan, puntò lo sguardo verso l'ombra di April che continuava ad avanzare nel buio e le dava le spalle. Questa si fermò di colpo, con le braccia leggermente aperte e una nuvoletta di gelo che le abbandonava le labbra. L'odore di sangue si fece più intenso, misto al profumo dolciastro che la ragazza possedeva costantemente sulla pelle.

Va' a vedere, Rebekah.” Stefan restò sulla soglia della porta, stringendo con forza gli stipiti della porta. Quell'odore metallico lo tentava, solleticandogli l'appetito mentre gli si insinuava nella narici. “Io aspetto qui.”

Perché sembrava che la vista di April lo turbasse oltre quell'odore fortissimo di sangue? La vampira poté sentirlo nella tonalità di quella voce profonda, non solo intrisa dal desiderio di mordere ma anche da un sentimento indefinito che lei non riuscì a decifrare.

Ma non capisci, forse vuol dire che Klaus l'ha trasformata...” Rebekah nemmeno si voltò a guardarlo, immaginandosi i suoi bellissimi occhi smeraldini che diventavano neri come la morte. Doveva avvalorare la sua teoria priva di fondamento; quel mix di odori la confondeva, facendole perdere il vero contatto con la realtà. “Tutto questo sangue...”

Era il suo sangue.

Lo aveva sentito presso la loro abitazione quando Klaus aveva portato April, svenuta e ferita, al suo interno. Si lanciò uno sguardo alle spalle, incontrando gli occhi vigili di Stefan, e poi si avvicinò alla schiena della ragazza, con fare tentennante.

April?”

Rebekah non poté fare a meno di notare che la ragazza non stava respirando.

April, va tutto bene?”

Devo andare a casa.”

La voce di April parve come sorta dal nulla. Era grigia come un cielo di ottobre; piatta, vuota come un abisso senza fine. Era come se quelle parole le fossero uscite dalle labbra senza che lei lo volesse realmente, come se fosse così debole da non riuscire nemmeno a contenere i propri pensieri.

Rebekah continuava ad avvertire l'odore pungente del sangue premerle nelle narici, ma c'era qualcosa che non quadrava. La teoria che ella potesse essere stata trasformata iniziò a sfumare nel momento in cui avvertì un suono debole ma inconfondibile: quello del suo cuore.

Guardami, Ford.” Rebekah avvertì uno strano senso di disagio quando il suo principale pensiero perse consistenza, lasciando posto a una preoccupazione più grande. Vedendo che April non rispondeva e non accennava minimamente al seguire il suo volere, la bionda perse la pazienza.

Basta giocare!”Le posò una mano sulla spalla, costringendola così a voltarsi verso di lei. “Dimmi che...”

April si mosse con la stessa volontà che aveva una marionetta e quando Rebekah poté vederne il volto, non c'erano parole per descrivere la sensazione di tuffo al cuore che avvertì a livello del petto.

Il volto di April aveva perso tutta la bellezza e tutto il vigore che possedeva.

E la cosa triste era che non era a causa della malattia che la stava portando via.

Ma per via di lividi gonfi e neri che le deturpavano la pelle pallida. Gli occhi erano gonfi, così come le labbra; in alcuni punti la pelle assumeva un colorito tendente al rosso, in altri punti tendente al violaceo. Gli occhi spenti e vacui non fissavano un punto ben preciso, ma qualcosa lontano da Rebekah, disperso nel buio di quella notte.

Rebekah sentì gli occhi quasi gonfiarsi di lacrime di fronte a quello spettacolo. Le sembrò di avere di fronte un'anima che aveva smarrito la strada di casa.

Oddio...April?”

Fu tutto quello che riuscì a dire: la vampira scattò rapidamente in avanti, non appena vide April chiudere gli occhi e accasciarsi. Le passò le mani sotto le braccia e lasciò che il viso dell'umana affondasse tra i suoi capelli dorati, non appena ella la strinse a sé.

Cadde sulle ginocchia, sorreggendo il peso di una April priva di sensi tra le sue braccia.

Intanto il battito del suo cuore diminuiva sempre più.

* * * * * *

La ringrazio infinitamente. Il vino è davvero buonissimo.”

Katherine ammiccò sensualmente in direzione del giovane cameriere che le aveva offerto la cena e che si stava allontanando dal suo tavolo. Ovviamente, il poveraccio non l'aveva fatto consapevolmente, ma sotto il potere di assoggettamento della vampira. Probabilmente avrebbe anche perso il lavoro quella sera stessa, ma a lei non importava.

Voleva semplicemente godersi quella lunga nottata in grande stile, seduta al salone di uno dei locali più abbienti della città, circondata uomini e donne facoltosi. Si sarebbe divertita a fare la conta per decidere chi di loro sarebbe stato sul menù di quella sera.

Violet era morta.

Quella stupida aveva riacceso le sue emozioni e si era ammazzata per non vivere più in quelle condizioni. Aveva perso la testa, ma Katherine dovette ammettere che quella mocciosa era stata molto furba e che quasi era fiera di averla sopportata per tutti quei giorni: aveva colpito Stefan senza ucciderlo, non perché lei aveva minacciato che le avrebbe strappato la giugulare nel caso lo avesse toccato con un sol dito, ma perché sapeva che lui l'avrebbe fermata dall'uccidere April, in nome del suo legame con Klaus. Ma quella pazza era pur sempre sfuggita al suo controllo; era passata da una decisione all'altra, e alla fine non aveva compiuto quanto Katherine aveva pronosticato.

La vampira si voltò a guardare l'orchestra, la quale stava suonando una musica gradevolissima per tutta la sala, illuminata di luci dorate.

Ma quando aveva saputo che April sarebbe andata da Christopher, aveva messo in atto un altro piano, poiché lei era in possesso di uno schema ben elaborato per ogni lettera dell'alfabeto. Aveva seguito April di nascosto, si era dovuta sorbire il suo ennesimo piantino e il suo ennesimo mancamento e aveva pensato che l'umana fosse una vera cretina nel decidere di affrontare così direttamente i propri demoni. Avrebbe dovuto evitarli e fuggire il più lontano possibile, un po' come stava facendo Katherine da 500 anni, invece aveva deciso di affrontarne uno a uno prima che la morte giungesse. E Katherine sorrise entusiasta, quando ebbe compreso che c'era ancora una possibilità di giocare e di vincere quella battaglia.

April aveva assunto altra verbena, ma Christopher era pulito.

Sei per caso in possesso di duemila dollari per pagare il conto? Io non lo credo.”

Katherine impallidì quando udì quella voce, incredibilmente vicina. Sapeva che proveniva dalla sedia che, fino a pochi attimi prima, era stata libera davanti a sé e che tale sarebbe dovuta rimanere fino al giungere del conto. Si voltò lentamente, stringendo così forte il calice pieno di vino nella sua mano da rischiare di romperlo.

Elijah sedeva elegantemente di fronte a lei, con indosso un elegante abito scuro e le gambe accavallate. Evitava di guardarla, tenendo le labbra leggermente arricciate e il broncio di chi covava dentro una rabbia crescente, ma ch'egli sapeva dominare con cura e maestria.

Katherine l'aveva conosciuto quando era solamente Katerina e mai e poi mai lui si era mostrato arrabbiato con lei. Ma dopo la sua fuga, Elijah doveva essere sicuramente furibondo per averlo tradito e per non essersi fidata di lui, per avergli macchiato il suo onore e aver compromesso il suo rapporto con l'adorato fratellino. E magari c'era anche dell'altro, altro che nessuno dei due voleva confessare.

Stava di fatto, comunque, che Katherine aveva saputo quanto egli potesse essere pericoloso quando si sentiva ferito e tradito da qualcuno.

Deglutì, desiderosa di scappare.

Non farlo.” Elijah alzò mestamente la mano destra. “Ci sono troppe persone. Se provi a fuggire, daresti troppo nell'occhio,”

Era stato furbo. Aveva scelto bene il luogo in cui coglierla di sorpresa, in maniera tale da privarla di qualsiasi eventuale via di fuga. Tipico di una mente intricata e intelligente come la sua.

Come mi hai trovata?” Katherine restò con la mano adagiata sul tavolo e l'altra stretta attorno al calice.

Non aveva il coraggio di alzare lo sguardo su quello di Elijah; il timore di trovare troppi ricordi in quelle pozze scure era forte e lei ne aveva troppa paura.

Vide Elijah piegare la testa da un lato. “I miei fratelli sono troppo occupati a occuparsi dei loro problemi sentimentali per essersene accorti, ma la città pullula di indizi che conducono a te. Io sono molto meno emotivo di loro e li ho colti tutti, uno per uno. Sapevo che eri qui ancora prima che venissi a conoscenza di tutta la storia.”

E sei venuto qui per consegnarmi a tuo fratello?” Katherine guardò con avversione il volto dell'Originale, lasciando il calice sul tavolo e portandosi nervosamente la mani in grembo. “Perché se è così, sappi che non esiterò a uscire fuori da questo locale seduta stante. Poi veditela tu con i sospetti della gente.”

Elijah abbozzò un sorrisetto, tenendo lo sguardo basso. Infilò la mano dentro una delle tasca dei suoi pantaloni ed estrasse un oggetto di ridotte dimensioni. “No.” disse, allungando il pugno chiuso verso di lei, facendola sussultare per il terrore. Sapeva che non l'avrebbe mai colpita, non davanti a così tante persone e perché era pur sempre una donna, ma era così calmo nei movimenti, che le risultava impossibile comprendere quale sarebbe stata la sua mossa successiva. “Volevo ridarti questo.”

Aprì il pugno e qualcosa cadde sopra il piatto immacolato di fronte al volto della vampira: uno dei gioielli di Violet; la vampira lo riconobbe subito perché l'aveva indosso la notte in cui le aveva offerto il proprio sangue, prima che Stefan la uccidesse senza nessuna pietà.

Katherine storse la bocca, fissando il gioiello con disinteresse.

Il risultato delle tue malefatte, Katerina. Dovresti esserne fiera, o sbaglio?” le disse Elijah, con tono leggermente più duro rispetto a poco prima. Aveva preso a fissarla in volto, con fare attento.

Manco mi piace, questo ciondolo. Avrei preferito le sue scarpe.” fu la risposta di Katherine.

Si guardarono direttamente negli occhi, per la prima volta da quando erano entrati in contatto. Elijah le sorrideva mestamente, allungando la mano verso la bottiglia di vino al centro del tavolo e versandosene qualche dito. Katherine prese un lungo respiro, sperando che quella tortura finisse presto.

Perché sei qui, Elijah? Per farmi pentire di aver ucciso un'altra persona? La mia lista è molto lunga. Ho lasciato morire persone più simpatiche di questa mocciosa....”

Elijah la interruppe, allontanandosi il bicchiere dalle labbra. “Sono qui...perché voglio che tu te ne vada da Chicago questa notte stessa.” Tenne lo sguardo basso, l'indice lievemente alzato accanto al manico del calice, per donare maggiore enfasi alle sue parole.

Ci riuscì: Katherine ebbe un brivido.

E voglio che lasci in pace April Ford una volta per tutte.”

Che t'importa di lei? Nemmeno la conosci.” Katherine parlò con una punta di gelosia. Questo era dovuto al fatto che Elijah, il lord dolce e gentile che si era preso cura di lei in Inghilterra secoli prima per poi braccarla come fosse un animale, si preoccupava per una ragazza di cui non sapeva nulla. Era ingiusto, perché lui l'aveva conosciuta e ora la odiava. E ora difendeva un'emerita estranea a spada tratta e con l'onore intaccato.

Elijah bevve un lungo sorso del vino; si piegò poi leggermente sul tavolo, senza scomporre minimamente la postura eretta della sua schiena. Fece oscillare il vino dentro il calice, con fare ipnotico. “Mi hanno parlato di lei e mi ha ricordato una ragazza che ho conosciuto in passato. Una ragazza bellissima, piena di sogni e speranze, distrutti da un destino infausto.”

Katherine capì subito dove volesse andare a parare Elijah. Stava parlando della sua Katerina; una persona di cui la vampira aveva dimenticato sguardo e sorriso ma, a quanto pare, non lo aveva fatto Elijah. La doppelganger destinata a essere sacrificata su un altare di fuoco affinché Klaus avesse potuto risvegliare la propria natura da licantropo, natura ereditata da una scappatella della madre.

Lo vide alzare gli occhi su di lei, di nuovo.

Hai gettato acqua sul tuo riflesso allo specchio, Katerina. Hai tutto il diritto di odiare Niklaus, ma non mettere in mezzo persone innocenti come hai fatto fino ad ora. Quella ragazza non ti ha fatto nulla.”

Si è messa in mezzo. Mi ha fornito una buona possibilità di colpire Klaus alle spalle.” Katherine decise di essere sincera; tanto ormai, se Elijah aveva deciso di bucarle il cuore fuori dal petto, lo avrebbe fatto comunque.

Solo perché si è sinceramente innamorata di lui?”

Perché è stata così folle da farlo, sì. Le persone stupide meritano solo di fare una brutta fine.” Katherine posò violentemente i gomiti sul tavolo, facendo tremare le stoviglie sopra adagiate. Elijah fermò il movimento del traballante cucchiaio accanto al piatto che aveva di fronte. Abbassò gli occhi, irritato, anche se non lo dava a vedere.

Sai, conoscevo una ragazza, Elijah. Una ragazza che, come April, s'innamorò della persona sbagliata, di qualcuno che le avrebbe potuto fare del male. E la sua inettitudine è stata punita con la morte.” Katherine si lasciò andare contro lo schienale della sedia; si strinse le braccia al petto e avvertì un senso di dolore al centro del petto, dopo aver pronunciato quelle parole. Quasi avesse rivelato una delusione che le era bruciata dentro per troppi secoli. Elijah le guardava gli occhi, ma senza palesare alcuna emozione. “Ad April spetta lo stesso, medesimo destino....”

E tu avrai la tua vendetta: mio fratello ne soffrirà.” Elijah lasciò il bicchiere sopra al tavolo, stringendosi le labbra nervosamente. Distolse lo sguardo, lasciandolo scivolare attorno a sé. Katherine attese preoccupata le sue successive parole, perché lei risultò incapace di colmare il silenzio che era calato tra di loro. “È successa una cosa simile all'uomo sbagliato di cui s'innamorò la ragazza di cui parli, probabilmente.”

Katherine sbarrò lo sguardo, sentendo qualcosa batterle poco sotto lo sterno, quasi qualcosa avesse ripreso vigore in lei. Incredibile, il sangue e gli omicidi non l'avevano mai fatta sentire viva come era riuscita a fare quella frase. Quella menzogna, volle imporre a se stessa.

Elijah si chinò nuovamente sul tavolo, facendosi più minaccioso. Katherine non l'aveva mai visto irrigidire la mascella a quel modo. “Ho provato a convincerti con le buone Katerina, ma ora passerò ai modi più cattivi.” Congiunse le mani, intrecciando le dita tra di loro. “Lascia questa città entro stasera e lascia in pace quella fanciulla. Altrimenti non esiterò a catturarti in questo preciso istante e consegnarti a mio fratello, dopo avergli rivelato quello che hai combinato per tutto questo tempo.”

Katherine tremò, ma non volle dare a Elijah la soddisfazione di essere stata colpita nel profondo. “Non lo faresti mai. Non è nel tuo stile.” gli disse, mostrandosi sicura di sé.

Può darsi.” Elijah fece spallucce e sorrise, infilò la mano dentro il taschino della giacca ed estrasse un biglietto del treno. Lo lasciò cadere sul tavolo, in mezzo a loro. Katherine lesse che era un treno diretto per il Washington. “Io però non sfiderei la sorte. Nutro ancora molto risentimento per te, Katerina, ricordalo.”

E dopo quell'ennesima minaccia, di fronte a cui Katherine rabbrividì, Elijah si alzò in piedi, sistemandosi i bordi della giacca e accingendosi a inoltrarsi verso l'uscita del locale.

Katherine afferrò il biglietto tra le mani, osservandolo meticolosamente tra le dita.

Elijah?”

Non si voltò per accertarsene, ma era certa che l'uomo si fosse fermato, e che stesse attendendo il giungere delle sue successive parole.

Sbaglio, o stai cercando anche di salvare quella ragazza che conoscevi?” domandò.

Si voltò lievemente con la testa, notando che il vampiro la stava osservando con la coda dell'occhio. In quel lungo silenzio che seguì, contornato dei rumori della vita mondana che li cercava, Katherine arrivò quasi a desiderare una specifica risposta. La bramava nel profondo del suo cuore, sentendosi una sciocca bambina nel farlo.

Può darsi anche questo.”

Elijah si allontanò a passo svelto, deciso a non rimembrare oltre un'amore senza tempo che non era mai venuto alla luce.

Ma a Katherine non sfuggì il suono del sorriso di Elijah, quando quelle parole ebbero abbandonato le sue labbra.


Ciao a tutti! :D

Come va? L'aggiornamento ha tardato ad arrivare perché, come molti altri come me penso, martedì sono ricominciate le fatidiche lezioni universitarie, perciò gli aggiornamenti non saranno più fissi il venerdì mattina ma giungeranno un po' quando capita. Cercherò di aggiornare una volta a settimana, anche perché siamo praticamente giunti alla fine della storia, ma non garantisco più un'estrema puntualità purtroppo :(

Comunque, questo è un capitolo in cui tutti i personaggi affrontano i loro demoni peggiori: abbiamo Klaus che affronta ancora una volta quell'umanità che lo ha scosso nel più profondo attraverso le parole di Elijah; abbiamo Rebekah che affronta la propria voglia di amare e il suo rapporto con Stefan (che spiegherà quanto accaduto nel prossimo capitolo, qui possiamo dire che erano entrambi in una fase di “transizione” in cui nessuno dei due voleva lasciarsi andare ai propri pensieri); abbiamo April che affronta il suo demone Chris (e le risposte arriveranno, anche in questo caso, nel prossimo capitolo) e infine abbiamo Katherine che affronta moltissimi dei suoi demoni attraverso la figura di Elijah. Malgrado io sia molto incline anche allo Stepherine, non ho potuto trattenermi dal raffigurare un piccolo barlume di Kalijah, malgrado non ci sia stato un risvolto romantico per i due. Sarebbe stato fuori tema e terribilmente OOC da entrambe le parti; il loro primo incontro a Chicago non ho potuto immaginarlo diversamente. Possiamo dire che anche Elijah ha affrontato il suo demone, Katerina, e ha offerto un ultimatum alla nostra Pierce, la quale, ovviamente, non ha potuto rifiutare. Questa scena la dedico in particolar modo ad ELYFORGOTTEN, perché è stata lei a stimolarmi ad ampliare di più gli orizzonti di questa storia, arrivando ad analizzare anche personaggi come lo sono Elijah e Katherine. Mi spiace solo che non ci sia stato un bacio come volevi, ma per le ragioni spiegate prima, non mi sembrava molto in linea con loro in queste circostanze! Spero comunque tu abbia gradito e con te anche gli altri lettori. v.v

Ok, mancano due capitoli e l'epilogo, ragazzi e vi libererete finalmente di me! :D

Ringrazio coloro che hanno continuato a seguire questa storia, a leggerla e commentarla. Siete davvero un grande stimolo per me e mi spronate a mandare avanti questa storia nonostante le mille paure. Anche perché le visite hanno ricevuto un leggero picco nelle ultime settimane e la cosa non può che farmi piacere!

Spero che resisterete con me fino alla fine! XD Anche perché si faranno i giusti ringraziamenti a tutti voi, sìsì! v.v

Alla prossima e buona giornata! :D Ciaoooooooooooooooo <3

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Capitolo 14
*** You say you can't hold it together much longer, and i should look after your heart ***


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http://www.youtube.com/watch?v=wEITD4W88Vk

-Capitolo 14: You say you can't hold it together much longer and i should look after your heart-

My worth is the look in your eyes

My prize the smile playing tricks on your lips and I wonder again
Do you ever dream of the world like I do?
I too fear the change coming on
Rolling out of the blue like a storm
Can you hear it scream at the hurt that I knew?

How I wish you’d only see
How your own choices make your dream
Come out shining true before it can leave you
I wish that you could see
How your own choices make your dream
Come out shining true all around you


What is this chill at my heel?
That makes the protections I've built around my pseudo world premiere
Tearing my utopian fiction apart as it happens to just pass along?

I feel a change coming on
Rolling out of the blue like a storm
Crashing against my delirious thoughts where humanity's waiting alone

(Change by Poets Of The Fall)


Quando Klaus ricevette la telefonata di Rebekah, si precipitò rapidamente presso l'appartamento di April.

Ne avvertì il profumo non appena varcò la soglia d'ingresso dell'edificio. Lo sentì pungergli le narici insieme al fetore del sangue rappreso sul suo corpo e lo sentì mischiarsi con l'odore del dolore e della paura.

Salì le scale due alla volta, muovendosi involontariamente con innata velocità, fino a quando raggiunse l'appartamento della ragazza: vi trovò Stefan, adagiato con aria distante sulla parete opposta al letto di April, mentre fissava lei e Rebekah, con le braccia strette al petto. Le due ragazze erano vicine-la vampira seduta ai bordi del letto con eleganza, e l'umana distesa in un abbraccio fatto di sangue e lenzuola. Rebekah sembrava combattere con il desiderio di accarezzare il volto deturpato dell'umana per farla smettere di tremare, ma qualcosa la bloccava dal farlo. Forse il pensiero di farle male, oppure quello di apparire troppo umana agli occhi dei presenti.

Che diavolo è successo Bekah?” Klaus si sentì sfiatare, quando scorse la rovina sul volto di April. Questa aveva il viso gonfio, la pelle solcata da macchie violacee o nere lungo tutte le guance e il mento. Entrambi gli occhi erano quasi chiusi, le labbra gonfie e i capelli spettinati. La violenza che si era accanita su di lei non aveva conosciuto pietà.

È stato Christopher.” rispose la sorella, senza nemmeno voltarsi verso di lui. Continuò a guardare April con le mano congiunte sul grembo e lo sguardo assente. L'umana era sveglia, e quando scorse la figura di Klaus poco distante dai piedi del letto in cui si trovava, sembrò voler combattere con la debolezza che l'attanagliava pur di potergli dire qualcosa.

Ma Klaus non voleva sentire.

Avrebbe ascoltato ogni singola parola di April solo una volta strappato il fegato di Christopher.

Lei è andata a dirgli che voleva lasciarlo definitivamente e lui l'ha picchiata a sangue.” A quel punto Rebekah si voltò verso il fratello e guardò direttamente la vulnerabilità con cui si era denudato.

Il volto del ragazzo era una maschera di puro odio, di quello che non conosceva confini e che avrebbe sradicato ogni cosa gli si fosse parata davanti, lungo il cammino che lo avrebbe portato a sfociare questo sentimento.

L'abbiamo soggiogato affinché dimenticasse e non minacciasse più April.” aggiunse Stefan, con aria fortemente distaccata. “Ma, a quanto pare, chiunque abbia trasformato Violet ha giocato in furbizia e dev'essere giunto anche a lui. Vuole colpirti in tutti i modi attraverso lei, Klaus.”

Il giovane vampiro parlò giusto per dire qualcosa, non perché gliene importava qualcosa delle condizioni di April, bensì per scrollare di dosso a tutti quanti il senso di angoscia che l'odore del sangue dell'umana aveva gettato sugli altri due.

Klaus si voltò a guardarlo con aria interrogativa, trovando una sorta di novità in tutta quella vicenda.

Rebekah li guardò con aria distante. “Abbiamo molti nemici, Klaus. Troppi. Non riusciremo mai a capire chi ci sta giocando con noi a questa maniera....” disse, troppo preoccupata per formulare un'ipotesi. I suoi occhi slittarono di nuovo verso April, la quale assisteva al dialogo tra i tre vampiri stanca e impotente.

Klaus apprezzò il fatto che la sorella fosse priva di punti di riferimento come lo era lui: ragionare in quel momento, quando era la rabbia a dominare, sarebbe servito solo a fargli perdere ulteriormente il controllo.

Intanto non farò vedere la luce di un nuovo giorno a quel bastardo...” disse, voltandosi deciso come era arrivato e lasciandosi ondeggiare sulla schiena il lungo impermeabile.

K-Klaus?”

La voce di April, della leonessa, era un riflesso di tutto il male che giaceva sul suo corpo. Era flebile, spenta, atona, simile a un lamento di morte. Klaus non ebbe il coraggio di guardarla; si limitò a farlo con la coda dell'occhio e notò che Rebekah si era privata dell'immobilità e aveva teso il braccio verso di April, per impedirle di alzarsi dal materasso. Quest'ultima aveva allungato il braccio verso di Klaus, le sue lacrime erano scese silenziose sulla cute, e il vampiro poté avvertirne il rumore rimbombargli nella testa.

Ti...ti prego...non farlo.” lo implorò.

Lo implorava di non uccidere colui che le aveva fatto tanto male?

Klaus non poté accettarlo, anzi, usò quelle parole per buttare benzina sull'odio e la collera che lo logoravano dall'interno. Elaborò mille modi per uccidere quel verme, nei modi più dolorosi possibili.

Mi spiace. Non posso.” rispose, senza dolcezza, ricorrendo solo alla potenza di quell'amore ferito che aveva deciso di proteggere con il sangue.

Uscì dall'appartamento, seguito dagli sguardi di Stefan e April.

La ragazza urlò debolmente il suo nome, ma il vampiro si richiuse la porta alle spalle giusto in tempo per non poterlo udire indistintamente.

* * * *** * ** * ** * ** ** *

Il modo in cui riuscì a entrare all'interno dell'abitazione di Christopher fu singolare.

Gli aprì la cameriera, Klaus si presentò come un socio in affari del suo amico Chris, questa chiese il permesso del suo padrone per lasciarlo entrare e il vampiro fu dentro. Ordinò alla ragazza di lasciare quella casa il prima possibile- perché stava per dare inizio a uno spettacolo dove non si necessitava di platea- e, finalmente, l'odore di Christopher fu l'unico che riuscì a percepire all'interno di quella costruzione.

Lo trovò dentro il suo enorme salone, mentre armeggiava con una pistola, fischiettando una musichetta jazz che Klaus trovò più che adatta come elogio funebre per la sua morte: patetica e stonata come qualsiasi melodia potesse abbandonare le sue labbra.

Era solo e particolarmente allegro, malgrado il sangue di April odorasse ancora sulle sue mani. Si era sempre chiesto come gli umani potessero credere che dell'acqua potesse cancellare dalle loro pelli i crimini di cui si erano macchiati. Lui aveva ucciso e massacrato, ma ricordava ogni singola vita che aveva spezzato, come una macchia indelebile sul proprio spirito, ormai, inabilitato a tornare candido e puro come forse non era mai stato.

Quell'uomo aveva, invece, già dimenticato il male che aveva fatto ad April.

Sei contento eh?”

Christopher si voltò di scatto e, preso dal panico, sparò due colpi mentre si voltava rapido verso Klaus. Lo prese in pieno petto, ma non ebbe il tempo di reagire in nessun'altra maniera, poiché la sorpresa di vedere il ragazzo che non barcollava sotto i suoi proiettili e che non mostrava dolore gli fece sgranare gli occhi. Il suo cuore perse un battito e Klaus desiderò fargli perdere tutti gli altri in maniera lenta e dolorosa. Il vampiro tirò la testa all'indietro, concedendosi una risata gutturale che nacque dall'abisso nero che si portava dentro.

Quando ti strapperò le labbra avrai poca voglia di sorridere per la gioia, mio caro...” gli disse, e avanzò verso di lui.

Christopher mostrò la stessa spina dorsale che aveva mostrato quando Klaus, Rebekah e Stefan si erano divertiti a giocare con lui: si lasciò cadere a terra, quando le gambe gli cedettero e iniziò a sparare altri colpi, puntando la mano tremante contro il corpo del vampiro. Intanto strisciava all'indietro come un serpente, mentre Klaus continuava ad avanzare verso di lui, incurante dei proiettili che attraversavano la sua pelle.

Ma come? Mostri così tanto fegato quando picchi una ragazzina e con me strisci come un verme che vuole scappare dal becco dell'aquila?” Klaus diede inizio allo spettacolo, colpendo il ragazzo con un calcio alla caviglia. Il dolore fu così intenso che Christopher alzò la pistola verso l'alto, sparando un altro colpo verso il soffitto, prima di perdere l'arma e lasciarla cadere sul pavimento. Il proiettile passò accanto alla tempia destra del vampiro, che si fermò per un secondo non appena avvertì un rivolo di sangue scorrergli lungo lo zigomo.

Sfiorò quel liquido denso e caldo con i polpastrelli di indice e medio della mano destra e se li portò davanti agli occhi.

La fuga all'indietro di Christopher terminò non appena questi finì con la schiena contro il muro. “Ma cosa....cosa sei tu?!” gridò spaventato, come un bambino che gridava di fronte al peggiore dei suoi incubi.

Klaus sorrise, portandosi poi il sangue alle labbra.

La paura.

Era così allettante nutrirsi di lei prima di lanciare il colpo finale. Era un sentimento così tetro, tattile come una nube nera che sfamava la bocca dell'odio. Questa nube si sarebbe dissolta solamente quando la fame del rancore si sarebbe saziata.

Christopher si era nutrito della paura di una ragazza malata quando l'aveva picchiata a sangue, fino a ridurla ad un ammasso di sangue e carne. Lui non si sarebbe fermato fino a quando non avrebbe potuto contare tutte le 206 ossa di Christopher su un lago di sangue.

Di qua ci siamo già passati.” ridacchiò Klaus, tingendosi le labbra e il mento del rosso del proprio sangue. “Portiamoci verso il secondo atto.”

E detto questo, si fiondò sull'umano, gioendo del suo urlo finale.

* * * * * * * * * * * * *

Senti, non costringermi a riempirti di altri lividi, anche perché l'unica parte sana di te è quella dove non batte il sole! Quindi stai ferma.” Rebekah non aveva problemi a fermare April dal suo intento di scendere dal letto e straparlare. Era così debole che anche una zanzara sarebbe stata capace di trattenerla. Ma restava comunque irritante e fastidiosa; combatteva con il suo stesso corpo pur di liberarsi dalle catene della debolezza che la intrappolavano sopra quel letto.

Non...non voglio che lo uccida.” disse, restando seduta sul materasso e cercando di liberarsi dalla presa di Rebekah sui suoi polsi.

Stefan fissava la scena con lo stesso interesse con cui si osserverebbe il deserto. Era rimasto nello stesso punto, immobile e disinteressato, ignorando le parole che abbandonavano le labbra di entrambe le ragazze.

Ma come diavolo ti viene in mente di dire cose del genere? Ti ha ridotta in questo stato e lasciata come un animale per strada....e vuoi che una bestia così viva?” Rebekah era allibita, perché delle volte gli umani erano così masochisti dal non voler punire i loro carnefici? Bontà non era sinonimo di stupidità.

April si lasciò cadere sul materasso, gemendo per il dolore. Rebekah trattenne il fiato, quando si sentì colpevole di aver causato, involontariamente, altra agonia al corpo della ragazza.

Tu non...capisci.”

Ah io non capisco?” esclamò Rebekah, spalancando le braccia. “Spero che sia la pena a parlare per te.”

April fissava il soffitto scuro: numerosi punti erano privi di intonaco, in alcuni persino si potevano scorgere delle gocce di umidità unirsi tra loro per mostrare delle vere e proprie pozze. Le faceva così male tutto il corpo che immaginò qualsiasi tipo di fantasia su quel muro, al fine di renderlo meno triste di quanto non fosse. “Io...vorrei tanto che Christopher muoia.” sussurrò.

Allora che cosa vuoi? Perché fai i capricci?” Rebekah stabilizzò il tono della voce, riassumendo una posizione comoda ed elegante sul letto, accavallando le gambe.

April voleva spiegarglielo, ma il dolore era troppo intenso. Le bruciava dentro come fuoco, tagliava la sua forza con prepotenti e inarrestabili lame, soffocava il suo volere contro un cuscino, senza darle possibilità di combatterlo. Il dolore l'aveva uccisa mentre Christopher la colpiva e stava facendo lo stesso allora che era su quel letto. Non sopportava sentirsi così debole e provata, non con la malattia che incombeva e le avrebbe tolto la vita respiro per respiro.

Non voglio che...lui...lo uccida.” sussurrò, continuando a fissare il soffitto. “Non voglio che si sporchi le mani....non per me. Non di nuovo.”

Rebekah la guardò stupita e incredula. April stava cercando di salvaguardare l'anima di Klaus? Ignorando il fatto che lui potesse vendicarla per in torti subiti?

Nik si è macchiato le mani già molte volte prima di incontrarti.” disse, con più dolcezza, socchiudendo lo sguardo mentre osservava il volto fanciullesco e deturpato della giovane. “Uccidere uno in più o uno in meno non fa differenza.”

April gemette di dolore, quando avvertì una fitta a livello delle costole. Si piegò quasi in due, mentre serrava lo sguardo così forte da farle scivolare le lacrime dalle palpebre.

Rebekah si sforzò di non muoversi dalla sua posizione e lanciò un'occhiata indietro verso Stefan, ancora indifferente. “E ora smetti di parlare, o ti sentirai solo peggio.”

Lui...deve essere diverso. Io lo so.”

Rebekah venne tentata dal chiedere se parlasse di Klaus o Christopher, ma si bloccò giusto in tempo. Visto il modo in cui April era scoppiata in lacrime-forse per il dolore fisico o per quello al cuore-capì che era di suo fratello che parlava. Era sempre di lui che parlava.

Deve....dev'esserci stato un tempo in cui...in cui non avrebbe torto un capello a una mosca. E lui..lui non deve uccidere. Non deve...”

Credi di poterlo cambiare?” La voce di Stefan giunse talmente inaspettata che colse l'attenzione di entrambe le ragazze. Gli occhi smeraldini del vampiro si erano lentamente spostati su di loro, e sembrava come se egli avesse ascoltato la loro conversazione per tutto il tempo, fingendo però di non esserne interessato. Rebekah lo scrutò con attenzione, chiedendosi il perché di quell'improvvisa curiosità. “Credi di potergli togliere la sete di sangue con i tuoi begli occhi?

Mi piacerebbe crederlo.” April tossì debolmente, guardandolo con freddezza.

Allora non sei innamorata di lui.”

Tu non sai niente.”

Scese il silenzio. Rebekah avvertì una stretta al cuore quando sentì la voce di April pronunciare quelle ultime parole: come se si fosse sentita ferita dal fatto che Stefan l'avesse accusata di non amare Klaus. Malgrado fosse terribilmente debole e stanca, aveva comunque trovato la forza per difendere i propri sentimenti e i propri pensieri, di stanziarli dalla rabbia che sentiva verso Niklaus per lasciare prevalere ancora una volta quell'affetto sincero che ha caratterizzato la loro relazione.

L'umana tossì di nuovo con più forza, e Rebekah istintivamente le posò con delicatezza una mano sul ventre,sentendolo spasimarle sotto il palmo. La vampira deglutì sofferente.

Non puoi cambiare un vampiro, Ford.”

No, infatti...voglio solo...tirare la parte migliore di lui come lui ha fatto con me tempo fa.” April abbassò gli occhi lucidi sulla figura del vampiro, il quale la guardò con indifferenza, serrando rudemente la mascella. “Ho..visto quello che è successo a Violet. Prima di morire per la seconda volta, lei era tornata quella che conoscevo. Io...voglio provare a tirar fuori l'umanità dall'animo di Klaus. Almeno...in questi ultimi attimi che mi rimangono. Se proprio devo andarmene, voglio far sì che almeno la parte peggiore di Klaus venga via con me. E che rimanga quella che io...ho amato.”

Quelle parole, così semplici, umane e dettate da un cuore sulla via della morte, lo colpirono nel più profondo. Rebekah lo intuì da come il ragazzo aveva chinato il capo e socchiuso lo sguardo, in riflesso a quelle frasi che gli erano penetrate dentro come veleno. La cosa che la intristì fu, però, che le parole di April lo riportarono a un passato che non aveva ancora seppellito Un passato che non era legato a Rebekah. Non era lei la donna che avrebbe tirato fuori il meglio di Stefan: era qualcuno che era già esistito e che mai sarebbe più rinata probabilmente.

Finiamola con questo vittimismo.”

Stefan si ritrovò rapidamente accanto al letto di April e, senza che Rebekah potesse fare nulla per impedirlo, dell'altro sangue iniziò a scorrere solitario lungo il pallore di un corpo.

** * * * * **** ** * * ** * *

Se il sapore del sangue di Christopher poteva essere descritto con una sola parola, quella era repellente.

Sapeva di sporco e violenza, di lussuria e codardia, di tutto il marcio che potesse risiedere dentro un uomo.

Malgrado il senso di vomito, Klaus premeva sempre con maggiore profondità nella carne dell'uomo ogni qualvolta ricordava il male che aveva arrecato ad April. Voleva privarlo anche della sua ultima goccia di sangue, ma poi si diceva che una morte così rapida e indolore non la meritava.

Klaus voleva fare in modo che giungesse nell'aldilà in maniera tale che, se ci fosse stata una seconda vita dopo la morte, ricordasse il dolore che aveva patito per mano sua. Voleva restare il suo incubo peggiore per ogni notte delle sue future esistenze.

Quando staccò i canini dalla tenera carne del collo di Christopher, gettò la testa all'indietro, lasciando che il sangue gli scivolasse lungo il mento, per poi lasciarlo gocciolare sul pavimento.

L'umano emise un debole gemito, privo di forza e volere per combattere la ferocia di Klaus. Il suo volto era terribilmente pallido, gli occhi quasi vitrei vagavano lentamente nel vuoto, il suo corpo era scosso da spasmi incondizionati che non riusciva a controllare.

Stava morendo, ma Klaus non voleva permetterglielo.

Non così.

Sarebbe stato troppo veloce e indolore per lui.

Non fai il duro con me, come mai?” Klaus lasciò il colletto della sua camicia, portandosi il palmo della mano al mento. Trascinò così il sangue della sua vittima alle labbra, per poi ripulirle con la punta della lingua. Christopher lo fissò con disgusto.

Ah no giusto.” Klaus affilò lo sguardo e serrò la mascella. “Io sono più forte di te, quindi abbassi la cresta.”

T-ti...prego. Smettila.” Christopher scoppiò a piangere, malgrado la cosa non fosse così evidente. Il suo corpo era troppo provato dalle torture per poter rendere manifesto il suo dolore, ma le lacrime avevano preso a scendere lentamente sulla sua pelle, mescolandosi al sangue color cremisi.

Klaus, però, non ebbe pietà alcuna. Anzi, quel comportamento non fece che accrescere ancora il suo desiderio di vendetta nei confronti dell'uomo.

Scommetto che April ti ha detto lo stesso mentre tu la massacravi di botte.” ringhiò, puntandogli il dito contro. Aveva una voglia matta di affondare di nuovo i denti nella sua carne, ma aveva ancora quel poco di forza di volontà che gli permetteva di ben pianificare la sua vendetta.

Christopher pianse più forte, i singhiozzi gli scossero il petto e il dolore alle coste gli provocò un attacco di tosse. “Mi spiace, mi spiace, mi spiace...” ripeté quelle parole sempre più debolmente, chiudendo gli occhi e scuotendo la testa.

Sì, gli dispiaceva davvero. Ma solo perché stava pagando caro il suo gesto.

Se Klaus non avesse reagito, lui non avrebbe mai provato rimorso per quello che aveva fatto e sarebbe andato avanti con la sua vita, con un sorriso sulle labbra. Magari mentre April moriva in un letto di ospedale, con i segni della sua violenza che ridevano di lei, insieme alla malattia che la stava portando via.

Se ti dispiace davvero, allora dovresti essere disposto a pagare per i tuoi crimini.” Klaus scattò su di lui, piegandosi sulle ginocchia e stringendogli la spalla con forza. Premette con il pollice sulla clavicola dell'umano, facendolo gridare di agonia. Musica per le orecchie del vampiro.

Non dovevi permetterti di toccarla nemmeno con un dito.”

E tu quante...quante donne, ragazze, bambine hai...hai ridotto in quello stato?” Christopher venne dominato dalla rabbia; puntò i suoi grandi occhi verdi in quelli del vampiro e digrignò i denti. Sapeva quanto quell'affronto gli sarebbe costato caro. “Ma solo perché non eri innamorato di loro non te n'è importato nulla?”

Klaus scoppiò in una fragorosa risata. “Stai cercando di farmi la morale per caso?” domandò, e strinse più forte la spalla dell'umano, beandosi ancora una volta del suo dolore. “Nelle tue condizioni non è sicuramente la scelta più saggia.”

Christopher tossì, sputando sangue. “Sei solo un mostro.” sussurrò, mentre le corde della sua voce vibravano al suono della paura della morte.

Beh tra mostri ci si intende sempre.” rispose Klaus. Portò l'altra mano sopra la spalla opposta dell'uomo e iniziò a stringere anche in quel punto; spezzargli entrambe le clavicole gli avrebbe fatto un male cane, ne era certo. “Ma..sai cosa? Io sono un mostro, e ho una giustificazione nell'esserlo perché è nella mia natura. Tu sei umano invece; nella tua indole non dovresti comportarti in questo modo orribile. Tu non ne hai alcun diritto.”

Iniziò a premere con entrambi i pollici sulle ossa dell'uomo e iniziò a sentirle sgretolare sotto pelle. Aveva deciso di fare lo stesso con tutte e 24 le costole, per poi passare alle ossa del bacino, degli arti superiori e di quelli inferiori.

Poi, quando Chris non avrebbe più potuto muoversi, Klaus sarebbe passato a giocare con i suoi visceri.

L'umano gridò, con tutta l'aria che aveva nei polmoni. “April non mi ama, proprio perché sono un mostro, è vero.” disse, non appena la pressione delle dita di Klaus si allentò di poco. Riprese a premere non appena lui ebbe ripreso fiato, e sentì che ormai quelle erano sul punto di cedere sotto la sua forza. “Ma come pensi...come pensi...possa amare te dopo quello che stai facendo?”

Sai quanto mi interessa se lei è così folle da volerti lasciare andare?” Klaus si fermò un'istante, fortemente oltraggiato da quelle parole. Sapeva che April lo aveva implorato di non uccidere quel bastardo, e sapeva anche il perché lo avesse fatto, ma non aveva alcuna intenzione di ascoltare nessuna di quelle voci che gli imponevano di arrestarsi dal compiere quel crimine.

Lui non sarebbe cambiato, nonostante quello che provava per April fosse forte abbastanza da fargli credere di desiderare una cosa simile.

Non avresti dovuto ridurla in quello stato e ora sarò io a fartela pagare.”

Basta, era ora di farla finita.

Klaus capì di dover rinunciare al suo ingegnoso piano di tortura quando ebbe ripreso a pensare.

A lui, a April, a loro due insieme.

Avrebbe dunque spezzato il collo a quel bastardo e avrebbe fatto banchettare i corvi con il suo corpo.

E..e..quindi lascerai che April se ne vada...da sola? Circondata da mostri?” Christopher ebbe ancora la forza di parlare, lo spirito di autoconservazione prevaleva su ogni cosa.

E riuscì a fermare Klaus.

Il vampiro lasciò le mani adagiate sul corpo di Christopher e lo guardò con occhi sbarrati. Il fatto che lui sapesse della malattia di April accrebbe la fiamma che gli bruciava dentro, ma le restanti parole soppressero la violenza con cui stava agendo.

April lo aveva implorato di non ucciderlo e, se lui fosse tornato da lei con le mani sporche del sangue del cadavere di Christopher, ella sarebbe morta da sola.

L'avrebbe rinnegato, come aveva fatto qualche sera prima, l'avrebbe allontanato e sarebbe morta sola.

Sola.

Sola.

No, Klaus non lo avrebbe permesso.

Non avrebbe permesso che la ragazza venisse accompagnata dalla solitudine anche nella morte, oltre che nella vita. Ma cosa poteva fare? Dio, desiderava troppo spezzare la vita di Christopher, ma i suoi muscoli erano bloccati da quello stramaledetto peso sul petto.

Voleva, ma non poteva e non doveva.

Per April.

Sì, per le valeva la pena non essere se stesso, almeno per un giorno.

Allontanò le mani dal corpo di Christopher, posando le ginocchia sul pavimento, e abbassando lo sguardo quando sentì l'umano tirare un sospiro di sollievo. Ne avvertì persino sorgere una risata, quando la consapevolezza di essere salvo, di nuovo, prese possesso di lui.

Grazie...grazie...” disse ripetutamente, guadagnandosi un'occhiata fredda da parte di Klaus. Quando scorse quegli occhi di ghiaccio sul suo corpo, il sorriso di Christopher si spense e tutte le barriere che si erano erette crollarono rovinosamente.

Klaus non lo avrebbe lasciato andare.

Aveva avuto un attimo di ripensamento, ma mai lo avrebbe lasciato andare.

L'umano prese a tremare, quando Klaus gli afferrò il volto tra le mani e lo guardò negli occhi. Le dita affusolate erano strette serrate sui suoi zigomi, lasciando presagire che, in pochi secondi, sarebbero state così strette dal potergli spappolare le ossa del viso.

Tu non uscirai di qui senza aver pagato, Christopher.” sentenziò il vampiro, riservandogli un'occhiata velenosa. “Non ti avvicinerai mai più ad April. Non la guarderai, non le parlerai, lei non esisterà più per te e tu non esisterai più per lei.”

Christopher smise di divincolarsi alla presa di Klaus quando sentì le sue parole riecheggiargli nella mente, convincendolo dunque a obbedirgli. Il volere del vampiro divenne il suo.

E già che ci sei...andrai al dipartimento di polizia e confesserai ogni tuo crimine, sopratutto quelli di cui puoi donare delle prove. Andrai in galera e ci resterai per il resto della tua patetica esistenza. E ogni giorno odierai te stesso per essere questa merda.”

Qualcosa dentro Christopher si ribellò: la paura di essere imprigionato, di scontare delle pene, di venire giudicato come il bastardo che effettivamente era stato in vita, tutto questo lo implorava di non obbedire alle parole di Klaus. Ma non aveva nulla con cui opporsi, e in una frazione di secondo si ritrovò ad annuire mestamente, suscitando un risolino da parte del vampiro.

Perdonami, ma non sono così magnanimo da concederti di passarla liscia del tutto.” ridacchiò Klaus, allontanò poi le mani dal viso di Christopher e ne portò solo una a stringergli il mento. “Spero che la permanenza in prigione sia di tuo gradimento. Sai come si divertiranno con un bel tipetto come te?”

Detto questo, e leggendo le parole della paura nelle iridi di Christopher che solo silenziose potevano rimanere, Klaus si alzò in piedi e diede le spalle al corpo immobile dell'umano.

Sorrise mentre varcava la porta di casa di Christopher, e provò uno strano senso di sollievo in quello che aveva appena fatto.

Intanto il sole iniziò a sorgere.

* * * * * * * ** * * * * * * * * * *

Ma quella giornata non poteva terminare senza preoccupazioni?

Quando Klaus rientrò presso l'appartamento di April non trovò altro che vuoto e silenzio e avvertiva uno strano e preoccupante puzzo, come di sangue.

Di April.

Di Stefan.

Colto da un impeto di rabbia, l'Originario si fiondò alla loro villa, spalancando le grandi porte con un semplice gesto della mano e gridando a gran voce il nome della sorella, del suo folle amico, e della sua umana senza però ottenere alcuna risposta. Gridò ancora e ancora i loro nomi, non curandosi di poter svegliare i vicini o di poter offuscare la luce del sole nascente con la propria collera, e si diresse presso le stanze al piano superiore, pregando in cuor suo di non aver ricevuto risposta semplicemente perché aveva a che fare con dei sordi.

Si fermò a circa metà della scalinata, non appena avvertì qualcosa di familiare: l'odore di April, ma c'era qualcosa di diverso in esso. Era come se...

April Ford!” la chiamò, correndo verso il punto da cui sentiva provenire il suo profumo. I suoi passi, rapidi e leggeri, risuonarono tra le buie pareti della villa mentre tutti i suoi sensi erano rivolti unicamente a lei.

Era nella stanza degli ospiti.

Klaus vi giunse in pochi secondi, spalancandone le porte con un gesto rabbioso. La stanza sembrava vuota; la luce faceva capolino oltre le lunghe e bianche tende che coprivano le ampie finestre per poi estendersi lungo il pavimento color cremisi. Il letto era vuoto, ben fatto; i mobili impolverati e silenziosi.

Lei non c'era, ma l'avvertiva comunque.

Nik?”

La sua voce, forte e melodiosa come l'aveva conosciuta e amata, risuonò in un punto alle sue spalle. Si voltò per poterne incontrare poi il radioso sorriso; aveva i lunghi capelli neri bagnati, il volto pallido ancora attraversato da diversi segni e da alcuni lividi, e indosso portava un abito che, sicuramente, era di Rebekah. Probabilmente quello meno provocante ed elegante che possedeva.

Klaus si girò completamente verso di lei, rimirandola nella prima luce del giorno.

Lei avanzò verso di lui, senza mai smettere di sorridere, e allora lui l'avvertì.

Il suo cuore che batteva.

Era ancora viva.

Stefan ti ha dato il suo sangue?” domandò. Anche se sapeva che quella non era la prima domanda che avrebbe voluto rivolgerle, furono quelle le parole che riuscì a pronunciare in sua presenza.

Sì, è per questo che i miei lividi...sono diventati meno visibili.” April chinò la testa, portandosi un ciuffo di capelli dietro le orecchie e sorridendo timidamente. O forse, semplicemente, il ricordo del fluido vitale del ragazzo che le scorreva lungo la faringe un po' la inquietava. Com'era normale che accadesse.

Scese un silenzio imbarazzante in cui nessuno dei due seppe che cosa dire. C'era attesa, tensione, desiderio di dirsi tante cose senza però riuscire a farlo, in quel silenzio che li avvolse.

Come ti è saltato in mente di andare da quel folle del tuo ex-fidanzato?” Klaus allora optò per quello che sapeva fare meglio: essere rude e insensibile.

Oh ti prego, non farmi la predica.” April mosse un passo nella sua direzione, sempre con quel sorriso così umano sulle labbra. “Dovevo prendere di nuovo in mano la mia vita e affrontarla a muso duro. Sono andata da lui perché dovevo chiudere la nostra sciocca relazione definitivamente, punto.”

Klaus tamburellò con il piedi sul pavimento, si morse le labbra e distolse lo sguardo. “Era proprio necessario?” domandò, accorgendosi solo in seguito che le sue parole erano prive di qualsiasi tatto. April stava morendo, e quindi la relazione con Christopher si sarebbe sicuramente conclusa senza che lei lo facesse verbalmente, che senso aveva dunque affrontare una simile situazione? E anche se April avesse preso la decisione di trasformarsi in un vampiro, non era necessario.

Non mi piace scappare.” April si strinse le braccia al petto, e fece spallucce, storcendo la bocca in una smorfia divertente. “Se me ne devo andare, devo farlo per bene.”

Sappi che non ti sopporto quando parli così.” Klaus parlò d'istinto, appurando quel fastidio solamente in quel momento. April parlava senza vittimismo, senza paura e senza nemmeno il coraggio di un'eroina che non temeva la morte: parlava semplicemente come una persona che non voleva dare ascolto al proprio dolore e quindi lo sminuiva.

April venne colpita da quelle parole e tornò improvvisamente seria. “E tu perché non l'hai ucciso?”

Il vampiro non si aspettava quel genere di domanda poiché non aveva idea che la ragazza fosse a conoscenza di quanto era accaduto. Un po' ne provò vergogna, sentendosi quasi sminuito nella propria figura di vampiro cattivo, e si sentì nudo come solo un verme poteva essere.

Ma April lo guardava solo con gli occhi di qualcuno che gli era grato.

Un accordo è un accordo. Tu mi hai chiesto di non ucciderlo e io ho rispettato....”

Il tuo ultimo volere.

Non riuscì a portare a termine la frase, arrestandosi improvvisamente.

April abbozzò un sorrisetto furbo e abbassò gli occhi scuri. “Cosa c'era di diverso...dall'acconsentire all'omicidio di Violet per mano di Stefan?” domandò.

Klaus non si aspettò nemmeno quella domanda. Non aveva idea di come affrontare quell'argomento, ricercando una possibile via di fuga che lo portasse al perdono da parte della ragazza. Non l'avrebbe mai ottenuto, probabilmente l'aver risparmiato Christopher l'aveva fatta sentire speranzosa nel ritrovare qualcosa in lui che era morto da tempo.

E poi tu come fai già a sapere del tuo ex ragazzo?” domandò, cambiando discorso perché una risposta a quella domanda sarebbe stata riccamente carica di sentimentalismo. “Lo devo a quella chiacchierona di Rebekah?”

April scosse la testa, sorridendo. “Non lo sapevo in realtà. Volevo solo verificarlo.” ammise furbamente, strappando un sorriso dalle labbra del vampiro che non si aspettava minimamente che lei lo stesse mettendo alla prova. L'umana si avvicinò di più a lui e la stretta vicinanza parve soffocare entrambi.

Se Christopher non mi avesse picchiata....” April alzò la mano e la fece scorrere delicatamente sullo zigomo destro di Klaus. Quest'ultimo assaporò ogni attimo di quel tocco, socchiudendo gli occhi come preda di un bel sogno. La mano di lei era fredda come il ghiaccio. “Sarei venuta da te.”

Il tono di voce della ragazza scese man mano di una tonalità. Le sue dita si adagiarono sulle labbra rosse e carnose del ragazzo, il pollice scorse sopra quello inferiore.

Hai proprio pianificato tutto, vero Ford?” ridacchiò Klaus, avvertendo diversi brividi caldi serpeggiargli lungo la schiena, a causa del tocco di April.

April sorrise, con tenera dolcezza. “Ho preso la mia decisione, Nik. E tu sei l'unico con cui voglio condividerla. Anche se mi hai fatto male, io ho subito pensato a te.”

Klaus attese che lei continuasse, restando immobile sotto le carezze delle sue mani. Queste scesero lungo le sue ampie spalle, per poi scendere lungo le braccia e cingergli i fianchi. Il respiro caldo e vitale della ragazza soffiò sul collo del vampiro. “Ho deciso di non trasformarmi.”

Dio, lo sapeva.

Eppure Klaus non poté fare a meno di sentirsi morire dentro al sentire pronunciare quella parole. Avvertì una sensazione di pizzicore agli occhi, ma la scacciò battendo ripetutamente le palpebre. Voleva imprecare, gridare, dirle che era una pazza, per poi affondare i canini nella sua carne, ucciderla e farla tornare in vita. Ma questa scena si svolse unicamente nella sua mente.

Perché?” domandò nella realtà, abbassando lo sguardo su di lei.

April stava quasi per piangere, ma con muto orgoglio si mostrava forte e fiera. Proprio come una leonessa. “Perché non serve l'eternità per vivere. Si può vivere un'intera vita anche in pochi attimi.” rispose. “Io in quei giorni con te, ho vissuto più di quanto abbia mai fatto nel resto della mia vita.”

Klaus distolse lo sguardo, quando avvertì gli occhi bruciargli di più.

Anche lui aveva vissuto con April più di quanto aveva fatto nelle altre centinaia di vite che aveva avuto.

Non rammentava un se stesso così vivo da quando aveva amato Tatia e da quando la sua famiglia era unita e umana sotto lo stesso tetto. Pensò che sarebbe stato meglio se la vita fosse finita insieme a quegli amori.

Ma poi non avrebbe incontrato April, e allora si chiese perché lei dovesse rinunciare all'immortalità.

E quindi che cosa vuoi? Non piangerò sul tuo letto di morte, mi rifiuto di farlo.”

Non ti sto chiedendo questo.” April lo interruppe, arrestando quel crescendo di rabbia nella voce del ragazzo. “Io voglio solo che tu continui a farmi vivere. Come hai fatto fino ad ora. Voglio vivere appieno questi ultimi giorni che mi restano.”

Gli accarezzò il volto con un'amorevolezza disarmante, che soppresse tutti i pensieri che attanagliavano Klaus. Posò poi le labbra sulle sue con delicatezza, rubandogli un bacio rapido che però lo uccise.

Abbiamo poco tempo....io non posso sopportarlo, April.” sussurrò sulle sue labbra, la voce gli tremava.

Non si era mai reso conto di quanto la morte fosse odiata e maligna.

Portava sempre via i migliori da quella terra.

April si morse il labbro, con innocente malizia. “Non sprechiamolo allora, Nik.” disse.

Sorrise e abbassò gli occhi sulle labbra del vampiro. Capendo dove la ragazza voleva andare a parare, Klaus posizionò le proprie labbra su quelle di lei, unendole in un passionale bacio. La strinse a sé, cingendole i fianchi e facendo aderire il suo corpo a quello di lei.

Non c'era passione più imponente di quella che si nutriva quando la fine era vicina.

April iniziò ad arretrare, in direzione del letto. Gli slacciò i bottoni della camicia uno per uno, mentre la bocca di Klaus scendeva famelica sul collo della giovane, facendovi scorrere sopra le labbra e la lingua.

Il vampiro portò le mani alla schiena della ragazza, tirando giù rapidamente la zip. Vedendo però che questa si bloccava ad un certo punto, fece voltare rapidamente la ragazza, premendo il petto contro la schiena di lei. La sentì iniziare ad ansimare, mentre la sua bocca continuava a torturarle dolcemente la pelle nivea del collo e con le mani si apprestava a scoprire il suo corpo. Con una la liberò del il vestito, con l'altra esplorò la sua pelle calda e tremante-forse non a causa della frenesia-facendone scorrere il palmo lungo il ventre, poi lungo le gambe.

April tirò la testa all'indietro, lasciandosi andare a un lunghissimo gemito di piacere. Si girò poi, ancora una volta, verso Klaus, liberandolo della camicia e infine dei pantaloni.

Lui la prese tra le braccia, passandole un braccio sotto i polpacci e tenendole l'altro in vita e la portò sopra il letto. La distese con delicatezza, per paura di farle male, e si protese verso di lei, facendo scorrere le mani lungo le lenzuola, verso la testa di lei, per poterla baciare sulle labbra.

April lo lasciò fare, passandogli una mano tra i capelli e cingendogli i fianchi con le ginocchia. Klaus era intenzionato ad amarla come mai nessuno aveva fatto mai prima con lei.

Voleva rendere quella notte unica, indimenticabile, fatta solo per loro due.

Affinché lei ricordasse.

Le baciò la guancia, scendendo poi verso il collo, verso i seni, verso il ventre, lasciando una scia di baci lungo la sua pelle fremente. April inarcò la schiena e si lasciò andare ad un altro segno di piacere, allungando le braccia verso l'alto, fino a sfiorare con le dita le federe dei cuscini.

Niklaus...” sussurrò il suo nome, quello strano, assurdo nome che aveva sempre pronunciato con difficoltà all'inizio della loro storia.

Shh.” Klaus risalì di nuovo all'altezza del suo volto, posandole l'indice sopra le labbra per non farle proferire ancora verbo. Lo fece perché si era accorto che lei stava per piangere, che le barriere che si erano innalzate attorno a lei stavano per cedere e che la paura stava per prendere il sopravvento.

Non poteva permetterglielo, non quella notte.

Le accarezzò dolcemente il viso, mentre con l'altra mano la liberava lentamente dell'intimo, annullando qualsiasi restrizione tra i loro corpi.

Ti amo April.”

Accompagnò quelle parole a un gesto delicato del suo bacino, spingendosi lentamente in lei. Quelle che uscì dalle labbra di April fu un risolino, accompagnato da gemiti di piacere che non poté controllare mentre il vampiro si muoveva in lei. Egli portò le proprie mani a cingere i polsi di lei, mentre lei affondò il viso nell'incavo del collo di lui, per soffocare i suoi versi di piacere e le lacrime che incondizionatamente scendevano lungo le sue guance.

Sentendo la voce di April mossa da singhiozzi e dolci parole sussurrate, Klaus le lasciò i polsi e la fece accoccolare sopra le sue ginocchia, assumendo una posizione seduta. Continuò a muoversi in lei, con gesti controllati ma decisi, stringendola in un abbraccio che non lasciava via di fuga, mentre April si stringeva a lui come se fosse la sua ancora di salvezza.

In un preciso momento del loro amplesso, la passione valicò entrambi. Le spinte si fecero più decise, più forti, più possessive, come se Klaus non avesse più potuto lasciarla andare via.

Il piacere crebbe incessante nel corpo di entrambi, fino a quando l'orgasmo non li travolse e le loro voci risuonarono all'unisono nel buio di quella stanza.

I due poi si accoccolarono l'uno accanto all'altra come se quella non fosse stata la loro ultima notte.

E così, infatti, sarebbe stato.


Il mio valore è lo sguardo nei tuoi occhi,
il mio premio il sorriso che gioca sulle tue labbra
e mi chiedo: sogni mai il mondo come lo sogno io?

Anche io ho paura del cambiamento che arriva
rotolando dal cielo come una tempesta.
Lo senti come urla alle ferite che mi porto dentro?

Quanto vorrei che tu vedessi
come le tue scelte fanno sì che il sogno diventi reale e risplenda
prima che ti possa lasciare.
Vorrei che tu potessi vedere
come le tue scelte fanno sì che il tuo sogno risplenda
nella realtà attorno a te.

Cosa è questo brivido che mi insegue?
E che mette in mostra le protezioni che ho messo attorno al mio mondo immaginario,
facendo a pezzi la mia utopica finzione
proprio quando stava per funzionare?

Sento un cambiamento in arrivo
che rotola dal cielo come una tempesta,
scontrandosi contro i miei pensieri deliranti
dove l’umanità attende da sola.



Ehm....ciao a tutti! *^*

Attendo il lancio delle uova, delle vostre ciabatte, di tutto quello che vi circonda, poiché so che questo capitolo causerà molta delusione.

Ma partiamo con ordine, perché ho molte cose da spiegare, dato che temo di non averlo fatto bene attraverso il capitolo: April non ha perdonato Klaus di punto in bianco per quello che è accaduto a Vil (come è stato detto nel capitolo 12, lei non si è disinnamorata del vampiro, dato che spegnere un sentimento così rapidamente sarebbe stato surreale) ma dopo la morte della migliore amica ha preso la decisione di non trasformarsi e di tornare da Klaus. Voi direte: perché questa decisione in contrasto con il comportamento precedente di April? Semplice (o meglio per me lo è che sono una incasinata complessa xD): ho provato a immedesimarmi in una ragazza che sa di stare per morire e che vorrebbe dare un senso ai suoi ultimi giorni. April ha sempre affermato di aver conosciuto un lato di Klaus che l'ha fatta innamorare e quindi ha deciso di provare a ritrovare questo lato prima di andarsene per sempre. Ha avuto un'ulteriore punto a suo favore quando Klaus non ha ucciso Christopher per lei (anche se, diciamocelo, se lo sarebbe meritato quel bifolco!) ed è qui che decide dunque di rivelare la sua decisione finale. April teme di perdere se stessa diventando un vampiro, asserisce al fatto che ha vissuto più di quanto abbia mai fatto nei momenti in cui è stata con Klaus e non vuole andarsene senza aver vissuto di nuovo quei momenti con quell'uomo che ha conosciuto. Non so se mi sono ben spiegata, probabilmente no come al solito, ma spero comunque che la situazione non risulti banale come possa sembrare a molti.

Inoltre ho deciso di non far venire a galla il nome di Katerina. Questo perché, come ha detto Rebekah, sono molti i nemici della loro famiglia e pensare a un unico soggetto sarebbe stato difficile. Anche se il nome di Kath è sempre il primo a comparire!

Essendo stato questo capitolo un vero e proprio parto, mi scuso se ho fatto un vero e proprio disastro. Sono sempre pronta per ulteriori chiarimenti e per risposte, così come sono pronta a ricevere le vostre mazzate! XP Inoltre, avendo avuto poco tempo per correggere, vi chiedo umilmente sorry se ci sono errori grammaticali...e se vi va, fatemelo pure presente così provvederò a correggerli!

Ringrazio tutti i lettori che mi stanno seguendo, preferendo e ricordando u.u così come ringrazio le fantastiche fanciulle che mi rilasciano sempre dolcissimi commenti, spazzando via la scarsa autostima che ripongo sempre in quello che scrivo!

Spero davvero di ritrovarvi tutti anche nell'ultimo capitolo che pubblicherò la prossima settimana, seguito poi dall'epilogo! ;)

A presto, ciao ciao ^^


ps: le frasi alla fine del capitolo non sono altro che la traduzione della bellissima canzone scelta per il capitolo. I “Poets of the fall” sono un gruppo poco conosciuto qui in Italia, ma meritano davvero tanto! Spero che abbiate ascoltato quella meraviglia *____*

Ok, me ne vado per davvero u.u

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Capitolo 15
*** When everything is made to be broken, i just want you to know who i am ***


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http://www.youtube.com/watch?v=B8UeeIAJ0a0

-Capitolo 15: When everything is made to be broken, i just want you to know who i am-

And I'd give up forever to touch you
'Cause I know that you feel me somehow
You're the closest to heaven that I'll ever be
And I don't want to go home right now

And all I can taste is this moment
And all I can breathe is your life
'Cause sooner or later it's over
I just don't want to miss you tonight

And I don't want the world to see me
'Cause I don't think that they'd understand
When everything's made to be broken
I just want you to know who I am

(Iris by Goo Goo Dolls)

Quando se la ritrovò di fronte, April sentì gli occhi pizzicarle per la commozione.

Giurò di non aver mai visto uno spettacolo ricco di cotanta bellezza inanzi al suo sguardo, avvertì un brivido di gioia attraversale il cuore e venne pervasa da quell'insana felicità che si prova quando si piange per gioia.

Parigi.

Il desiderio di visitare la città dell'amore e delle luci era insito in lei fin da bambina, quando sua madre le raccontò di un viaggio fatto nel corso della sua infanzia, ma April mai e poi mai avrebbe creduto che quel sogno potesse divenire realtà. Perché aveva rinunciato a sognare dopo la morte dei suoi, perché aveva riposto tutte quelle vane e irreali speranze dentro un cassetto, perché perdendo quei sogni aveva perso anche se stessa.

Poi Klaus l'aveva ritrovata.

Mi chiedo cosa tu possa trovarci di così bello in quell'ammasso di ferraglia...” Klaus, il finto e cinico artista accanto a lei, guardava la torre Eiffel con la stessa espressione con cui si guarderebbe il nulla. “Scommetto che nel giro di qualche anno cadrà giù in mille pezzi.”

April chiuse gli occhi e si lasciò andare a un sorriso innocente, che Klaus non poté evitarsi di rimirare con dolcezza. “Se ti fa così ribrezzo, potevi portarmi ovunque e non qui.” gli ricordò.

Klaus emise un sonoro sospiro e tornò a guardare la torre; quella divideva in due il pallido sole che brillava nell'immenso azzurro del cielo. Attorno a loro non vi era nessuno, eccetto un caldo e avvolgente silenzio che rese quello spettacolo magnifico unicamente loro.

Tu mi hai chiesto di venire qui.” le disse.

April lo guardò con un sorriso carico di gioia. “Ma io non ti ho detto nulla, e lo sai. Sei tu che hai voluto violare il mio pensiero.”

Violare è una parola grossa. Sei tu che non volevi dirmi dove diavolo volessi andare.” Klaus si ostinava ad avere la ragione dalla sua parte, e quindi continuò a perseverare nella sua convinzione.

April però trovò il suo comportamento particolarmente divertente. Gli gettò le braccia al collo, in un gesto affettuoso ma non si aspettò che lui ricambiasse. Bastò vedere gli occhi di Klaus insinuarsi nei suoi per capire che il suo atteggiamento, in qualche modo, lo rendeva felice, malgrado non fosse solito lasciarsi andare a gesti di vero e proprio affetto.

E dai, non fare il solito cinico!” gli disse, pronunciando quelle parole a un centimetro dalle sua labbra.

Malgrado il suo grande autocontrollo, Klaus non smetteva di guardargliele con desiderio.

Essere me stesso è essere cinico, April.” le rispose, piegando la testa da un lato. Venne tentato dall'accarezzarle il viso, ma si trattenne quando si rese conto che quel gesto avrebbe esternato troppa dolcezza da parte sua. “E tu dovresti smetterla di essere sempre così espansiva....”

Con un blocco di ghiaccio come te io sarò sempre fuoco.” Lo interruppe April, stranamente divertita. Gli baciò dolcemente le labbra, facendo aderire le loro bocche e assaporando quel contatto intimo. Strinse ancora di più le braccia al collo di Klaus, sentendolo rilassarsi sempre più sotto il suo corpo e sorrise, quando lui, forse involontariamente, si concesse sempre più a quel bacio. La mano di lui salì ad accarezzarle la nuca, a stringerle qualche ciuffo dei suoi capelli, mentre il fuoco divampava tra i loro corpi e le loro labbra.

Klaus?”

Mmm?”

I due si separarono di qualche millimetro, intenti a riprendere da dove avevano appena lasciato, non appena le parole si sarebbero esaurite e i loro baci sarebbero stati tutto quello che restava loro.

Dov'è il dolore?”

* * * * * * * * * * * * * * * * * * *

Rebekah non poté fare altro che restarsene seduta ai piedi di quel letto e ascoltare ogni cosa.

Come una bambina immersa nei propri pensieri, ella teneva lo sguardo basso e le gambe distese sul pavimento, battendo di tanto in tanto la punta del tacco verso il basso, tanto per ammazzare il tempo.

C'era anche Stefan con lei, ma era come se entrambi fossero soli.

Nessuna parola violava il silenzio, nessun contatto lasciava loro intendere che non fossero tali, nessuno sguardo li univa o allontanava. Entrambi sembravano aver rivolto la loro attenzione verso altro, verso qualcosa che risiedeva dietro la porta a pochi passi da loro.

È arrivato il momento.” Stefan pronunciò quelle parole senza sentimento, ostentando una freddezza che quasi costrinse la bella vampira a violare la propria rigidità per voltarsi verso di lui e fulminarlo con lo sguardo. “Ormai siamo al punto di non ritorno.”

Scese di nuovo il silenzio; Stefan abbassò lo sguardo, mentre Rebekah fissò lo spiraglio di luce che s'intravedeva dalla porta davanti a loro. Una parte di lei era quasi curiosa di scoprire a che spettacolo sarebbe andata incontro una volta varcata quella soglia.

È passata più di una settimana. Dovevamo aspettarcelo.” disse la ragazza.

E dovrebbe interessarci? Perché siamo qui? Klaus sa cavarsela da solo e lei se l'è cercata.”

Rebekah restò in silenzio, intenzionata a non rispondere ancora, almeno per il momento.

Nessuno ci ha obbligato a restare qui.” continuò il vampiro.

Io sono rimasta perché non ho niente di meglio da fare. Tu, piuttosto, non sei obbligato.”

Scese di nuovo il silenzio, e quando entrambi avvertirono il suono di un flebile respiro e di parole sussurrate, furono anche i loro, di respiri di morte, ad arrestarsi.

Stefan si passò una mano tra i capelli coperti di gel e portò la propria attenzione verso la finestra accanto a sé, dove il buio della notte avvolgeva il cielo nel suo freddo manto. Si aspettava delle spiegazioni da lei, spiegazioni che non gli importava chiedere, ma che avrebbe atteso gli avesse dato la vampira di sua spontanea volontà. Da parte sua Rebekah, invece, manteneva quel riserbo e quell'orgoglio che era solita conservare quando provava timore nell'esternare quello che aveva dentro.

Sai perché....non le sono saltata al collo per dissanguarla?” gli domandò, senza però pretendere che lui le donasse una risposta soddisfacente e seria, sopratutto quando si parlava di sangue e si evocava l'immagine del cadavere di una ragazza.

Stefan ridacchiò. “Questa bella scena sarebbe stata davvero...eccitante.” disse, e Rebekah sentì i suoi occhi carichi di lussuria posarsi sulle sue spalle. Non provò comunque quei brividi ghiacciati che le scorrevano lungo la schiena ogni volta che lui la guardava con desiderio, perché i suoi pensieri si erano fermati altrove.

Tra pochi minuti April sarà morta.” Rebekah parlò con voce incolore, alzando lievemente le spalle e socchiudendo lo sguardo. “La sua giovane vita umana sta giungendo al termine mentre noi, vecchie anime con indosso un vestito di carne, vivremo per sempre. Mi chiedo se questo sia giusto.”

È lei che ha rifiutato di farsi trasformare, Rebekah, e lo ribadirò fino all'infinito.” Stefan parlò con voce quasi rabbiosa, cosa a cui cercò di rimediare nel momento esatto in cui la vampira originale si voltò a guardarlo.

Egli deglutì, per poi riprendere il discorso una volta che la sua umanità tornò al proprio posto.

Avrebbe potuto benissimo essere come siamo noi, ma non ha voluto.”

Ma a te non sarebbe piaciuto?”

Cosa?”

Morire da umano.”

Stefan non rispose; guardò gli occhi profondi e ipnotici di Rebekah, la quale pendeva dalla sue labbra e dalla risposta che esse le avrebbero donato. Il vampiro abbassò gli occhi. “Entrambi siamo morti da umani, Rebekah. È solo che poi siamo tornati alla vita.” rispose.

La bionda scosse la testa; come si era aspettata, la risposta non la soddisfò minimamente. Tornò a guardare davanti a sé; i sussurri si fecero sempre più rari e lontani. “Quelli che sono tornati non erano gli stessi che se ne sono andati, Stefan.” rispose solamente.

Stefan ebbe la decenza di non aggiungere altro e la ragazza strinse i pugni sulle ginocchia, ricordando il momento esatto in cui un intenso dolore le si era insinuati tra i visceri, portando in seguito a una sensazione di gelo perenne in tutto il corpo, e poi il nulla, la morte.

Trattenne il fiato, provando di nuovo pietà e rammarico per il destino di April.

Sai, Stefan...io ho quattro fratelli. Ma da umana avevo anche un fratello e una sorella più piccoli.” iniziò a raccontare, stringendo i pugni con più fermezza sopra il tessuto del vestito. Stefan osservò le nocche della ragazza farsi sempre più bianche, mentre le unghie s'insinuavano sempre di più dentro i palmi. Quasi lei volesse sanguinare per ricordare a se stessa che era viva.*

Mia sorella si ammalò quando aveva solo dodici anni. Un male simile a quello che ha colpito April, solo che allora non c'era un nome scientifico per definire il tipo di patologia. Così come non c'erano cure al riguardo. Ricordò ch'ella dimagrì fino a diventare pelle e ossa e morì dopo mesi e mesi di agonia.”

Stefan abbassò lo sguardo.

Comprese così per quale motivo Rebekah, spesso, aveva tutelato in tutti i modi April Ford.

Perché le ricordava la sorellina che aveva perduto secoli prima.

Perché la riportava a bramare l'umanità.

Come pensi che dimenticherà Nik questo ennesimo abbandono?” domandò la ragazza,cambiando discorso e immaginandosi il dolore che suo fratello avrebbe provato una volta che April se ne fosse andata per sempre. Anche se non lo dava a vedere, anche se non lo esternava a parole, era palese che si era affezionato parecchio alla ragazza, arrivando forse ad amarla davvero.

Si girò a guardare verso Stefan, quando avvertì che qualcosa in lui doveva essere cambiato. Infatti, il ragazzo aveva gli occhi smeraldini fissi sulla punta delle sue scarpe in pelle; sembrava quasi che stesse viaggiando in quegli spazi sconfinati che erano i suoi ricordi, trovandovi qualcosa che credeva non potesse più esserci.

Non è tanto difficile Rebekah. È una cosa che solo noi vampiri possiamo fare.” rispose, con voce ferma nonostante i suoi occhi gridavano tante, troppe cose. La guardò, ma Rebekah non afferrò subito il significato di quelle parole, visto che era troppo impegnata a immaginare sentimenti ed emozioni negli occhi del suo compagno.

Di cosa siamo capaci, a parte soffrire ed uccidere?” gli domandò.

Stefan abbassò di nuovo gli occhi; la mascella rigida e le palpebre socchiuse. “Basta focalizzarsi su tutto quello che può farci male...e spegnerlo. Del tutto.” disse. Rebekah allora intuì che, per un momento, quello che stava accadendo ad April e Niklaus aveva punzecchiato quella parte di Stefan Salvatore che era andata a farsi benedire anni prima, quando ebbe deciso di rinunciare a quanto di umano potesse esserci in lui, pur di abbracciare completamente la sua natura di vampiro.

Spegnere tutto? Così ci perderemo quanto di più bello ci possa essere nel mondo: l'umanità.” disse Rebekah, con un tono di voce soffuso, consapevole che forse anche Klaus li stava ascoltando, se non era troppo intento a contare gli ultimi battiti del cuore di April. Lei non aveva mai spento l'umanità e pensò di non poter mai essere capace di fare una cosa simile: si arrabbiava, uccideva, gridava, faceva tutto quello che di peggiore un essere umano potesse essere capace, ma provava emozioni, negative che fossero. Stefan invece non era altro che un involucro vuoto, riempito del nulla.

Il mondo ci porta solo sofferenza, Rebekah.” rispose ancora Stefan, ostentando ancora una volta freddezza. “Perché mai dovrei accendere qualcosa che potrebbe uccidermi, come sta succedendo a tuo fratello in questo momento?”

E, dette queste parole, il vampiro lasciò lentamente la stanza, lasciandosi seguire dallo sguardo di Rebekah. Lo sentì chiudersi la porta violentemente alle spalle, e fu allora che Rebekah capì che Stefan non stava parlando solo a lei, e non solo di Klaus: stava ricordando a se stesso l'umanità che aveva perduto.

* * * * * * * * * * * * ** * *

Questa è cattiveria. Pura cattiveria.”

La voce di April era ridotta a un flebile e impercettibile sussurro, che poteva essere ben confuso con il suono dell'aria che li circondava.

Per una volta che non sono stato cattivo, tu mi dici l'esatto contrario?” Klaus avvicinò le labbra all'orecchio sinistro, sfiorandole la pelle arrossata e accaldata. Sorrise dolcemente, accarezzandole i capelli con una mano e facendo sì che il corpo dell'esile ragazza si accoccolasse ancor di più sopra il suo petto. Come un cucciolo di cerbiatto, April tremava contro la sua gabbia toracica, sfiorandogli il mento con i capelli ad ogni movimento della testa. I loro corpi intrecciati erano avvolti dal calore delle lenzuola candide che ricoprivano il letto.

April però continuava a tremare, mantenendo però il proprio sorriso.

Roma, Londra, New York...e ora Parigi? Questo è un colpo grosso, lo sai?”

Klaus si sforzò di sorridere nella stessa maniera in cui lo stava facendo la ragazza, ma non gli riuscì. Lasciò scorrere le labbra lungo i capelli della ragazza, quasi volesse lasciarvi sopra dei baci, ma senza riuscire però a farlo per davvero. Si limitò ad annusare silenziosamente il dolce floreale profumo della ragazza, sentendolo spegnersi lentamente, insieme al cuore di April.

Hai detto che volevi vivere il più possibile prima di....” Non riuscì a continuare quella frase, malgrado il concetto della morte che arrivava e si portava via una vita umana era per lui una cosa nota. Ma aveva dimenticato cosa si potesse provare nel star per perdere qualcuno a cui si teneva. La presa attorno ai fianchi di April si fece più avvolgente. “Insomma, non avremmo avuto il tempo materiale per poter fare un vero e proprio viaggio.”

Sì, non potevano.

Per via della malattia incombente.

Per via di Mikael.

Era un miracolo che entrambi avessero deciso di concedere loro un altro po' del loro tempo da poter vivere insieme.

April non smetteva di tenere le labbra tese in un verso di puro sollievo, nonostante il volto pallido e madido di sudore, il tremore che scuoteva le sue deboli membra, la morte che le stava baciando le labbra e stava succhiando via la sua vita.

Ma perché, perché non la smetteva di sorridere?

Hai fatto molto più di qualsiasi uomo che abbia conosciuto durante tutta la mia vita.” gli rispose, chiudendo gli occhi e adagiando maggiormente la testa sul petto di Klaus.

Devo presupporre che tu ne abbia conosciuti tanti allora.”

Ma perché devi sempre rovinare tutto?”

Klaus e April scoppiarono a ridere insieme; la risata di lui a stento trattenuta, quella di lei libera e fiera. Ma le provocò un intenso dolore toracico che la costrinse a tossire ripetutamente. Il vampiro non poté fare a meno di restare immobile ad ascoltarla, sentendo che lei pian piano se ne stava ormai andando.

Quegli ultimi quattro giorni e mezzo, fatto di sogni e baci, erano passati più velocemente di quanto avrebbe mai pensato.

Avvertì una strana sensazione di vuoto a livello del cuore e della mente, quando iniziò a realizzare che era davvero sul punto di finire, tutto.

Comunque... grazie davvero Klaus, per tutto quello che hai fatto per me.” April pronunciò quelle parole con un debole sorriso sulle labbra, e nascondendo il palmo della mano macchiato del suo sangue alla vista del vampiro. Come se lui non avesse olfatto per poterne sentire l'odore, oppure non avesse la vista per vedere quella macchia sporcare involontariamente il lenzuolo su cui April adagiò la sua mano.

Siamo ancora in tempo per impedirlo April...posso ancora trasformarti.” le disse, con la disperazione di un uomo che vuole combattere il tempo.

April scosse la testa, smettendo di sorridere. “No, ho deciso oramai e lo sai.” disse, con voce cadenzata, di qualcuno che era sul punto di addormentarsi.

Un sonno eterno.

Klaus, sentendo che la risposta della ragazza aveva tardato ad arrivare, si sentì sovrastare da un senso di disperazione crescente. Tenne una mano sulla nuca della ragazza, e l'altra all'altezza del suo ventre.

Per...per favore, April.” Il vampiro tenne il tono di voce saldo, fermo, cercando di non lasciare trasparire il grande rammarico che pungeva sui suoi occhi. Non era da lui, e non voleva cambiare proprio in quel momento, visto che dalla sua forza dipendevano gli ultimi attimi di April.

Sentì il suono delle labbra della ragazza allargarsi in un sorriso.

Che fai, mi preghi adesso? Sappi che mi suona vagamente erotico, su questo letto.” gli disse, cercando di risollevargli il morale, malgrado quello fosse compito di Klaus.

Il vampiro si ritrovò a sorridere insieme a lei, mentre qualcosa premeva con forza sulle sue palpebre per uscire. Tirò la testa all'indietro, ricacciando indietro quella fastidiosa sensazione. “Vedo che non perdi mai la tua vena maliziosa, dolcezza.” le disse.

Attese che lei gli rispondesse, ma, eccetto il rumore del flebile respiro della ragazza, non arrivò nulla. Abbassò gli occhi su di lei, preso dal panico ch'ella si fosse spenta senza che lui se ne fosse accorto, e la sentì schioccare la lingua.

Niklaus?”

Uhm?”

April si morse il labbro, tenendo ancora gli occhi chiusi. “Klaus...credo che sia giunto il momento.” disse, con voce carica di dolore. Non fisico, ma di dolore dell'anima, di quell'anima che stava per essere strappata via alla vita di una giovane e bella donna che gli aveva cambiato la vita come nessuno aveva fatto da secoli.

Klaus non rispose, si morse il labbro e tenne gli occhi bassi sulla nuca di April. La luce delle numerose candele che illuminavano la loro stanza vennero per un istante mosse dai pifferi d'aria che entravano dalle finestre socchiuse. “Non ancora.”

Sì, invece.”

Ti ho detto non ancora!” Klaus parlò con rabbia, rendendosene conto solo successivamente. Strinse più forte April a sé, quasi stesse convincendosi che così facendo l'avrebbe tenuta per sempre accanto a sé. Venne tentato dal violare la promessa fatta, costringerla a bere il suo sangue e poi ucciderla nella maniera più indolore possibile, attendendo che poi tornasse alla vita.

Ma poi l'avrebbe perdonato?

Avrebbe accettato la nuova natura e l'avrebbe ringraziato?

No, per una volta Klaus si sentì in dovere di rispettare la decisione di qualcuno, anche se contro i suoi voleri. Perché, probabilmente, era la stessa cosa che Niklaus e i suoi fratelli avrebbero desiderato avere mille anni prima: la possibilità di scegliere.

Io..” Klaus affondò il viso tra i capelli di April. “Io non voglio...che te ne vada.”

Le sue parole vennero soffocate dal contatto tra le sue labbra e i lunghi capelli corvini della ragazza. La sentì più piccola ed esile tra le sue braccia, come se stesse trasformandosi in polvere ogni secondo che passava.

Ma chi te lo ha detto che me ne sto andando, Klaus? Io sono ancora qui...resterò sempre qui.” disse debolmente.

Oh per favore, risparmiami queste stronzate metafisiche!” Klaus avvolse le clavicole di April in un abbraccio stretto e tormentato. Malgrado bruciasse di rabbia, non riusciva a donare alla propria voce il giusto tono. “Tu verrai seppellita e il tuo corpo verrà divorato dai vermi giorno dopo giorno. Non resterà più nulla di te....”

Tu sai sempre come risollevare il morale, Nik.”

....e io non ti avrò più.”

April riaprì gli occhi per un attimo nell'udire quelle parole. Quelli, malgrado fossero stati sempre neri e penetranti, in quel momento sembravano tendenti all'azzurro. Volse lentamente lo sguardo verso Klaus, i cui occhi combattevano con l'incessante desiderio di piangere. Non le avrebbe mai mostrato quella debolezza, e non avrebbe mai voluto che lei la scoprisse proprio nel suo letto di morte.

Klaus?”

Solo, è così che vuoi lasciarmi, April?” le domandò.

È così che voglio lasciarmi pur di rispettare la tua volontà?

Sentiva ancora qualcosa premere per uscirgli da dentro mentre guardava il volto pallido e smorto di April. Quest'ultima, dopo qualche secondo di riflessione, allungò la mano verso il suo viso, e lo accarezzò con delicatezza, adottando forza nel farlo, pur di fronteggiare la debolezza che l'attanagliava.

Io mi sono innamorata di te, Klaus.” gli disse, e una lacrima scese solitaria lungo il suo viso. Le lacrime di lei erano segno di gran forza, poiché stava affrontando la morte con la paura, ma con il coraggio di andare comunque avanti.

Quelle che lui invece stava cercando inutilmente di trattenere era segno di una grande debolezza: quello di non volerla lasciare andare e di rimanere conseguentemente solo.

Quando si ama non si è mai soli.” April tirò su con il naso, un singhiozzò le morì in gola poiché troppo debole per uscire. “E nemmeno la morte può fare nulla in questo caso.”

Klaus le accarezzò la mano con la quale gli stava toccando il viso e mantenne un'espressione fredda e ferma, mentre lei lo guardava con occhi carichi di amorevolezza.

Però potresti dirmi anche tu che sei innamorato di me, o no? Una volta non basta.” lo provocò April.

Klaus abbozzò un sorriso. “E chi ti dice che io lo sia? Quello era solo un attimo di debolezza.”

Mi stai facendo venire dei dubbi, sai?”

Il vampiro non le diede modo di continuare: avvicinò le labbra a quelle di lei, e le diede un lungo, candido bacio che spinse entrambi a chiudere gli occhi per assaporare quel momento il più possibile. April tirò la testa all'indietro, lasciandosi cullare dalla sensazione di freddo formicolio sulla sua schiena, mentre Klaus le schiudeva lentamente le labbra, per rendere il contatto più intimo.

Sentiva il petto di lei alzarsi e abbassarsi sotto il suo, il cuore battere sotto il palmo della mano che lui le aveva posato sopra la camicia da notte.

Poi qualcosa mutò.

Un'improvvisa freddezza attraversò il corpo di April: le sue labbra, la sua carne...tutto si fece di ghiaccio.

Il suo respiro si era improvvisamente arrestato, il cuore aveva iniziato a battere con una lentezza quasi impercettibile, fino ad arrestarsi del tutto.

Klaus però non staccò le labbra da quelle di lei perché se un barlume di vita le fosse rimasto, lui non voleva abbandonarla. Voleva restarle accanto fino alla morte.

Le lacrime, poche ma dolorose, iniziarono a solcargli il viso, quando alzò il volto da quello di April e poté appurare con i suoi stessi occhi che la ragazza era appena morta.

Morta.

Morta.

Venne colto da un momento di disperazione, desideroso di urlare a gran gola tutto il dolore che lo attanagliava. Venne poi investito da un momento di rabbia, contro April, contro il mondo che gliel'aveva portata via e desiderò distruggere tutto e uccidere chiunque gli sbarrasse la strada.

Gettò la testa all'indietro, chiudendo gli occhi e sentendo qualcosa scattargli dentro. Quel dolore era troppo amplificato, troppo forte, troppo fastidioso, e lui non poté sopportarlo. Allontanò le mani dal corpo di April, ancora disteso in una posizione semi supina, con le labbra rosse schiuse nel loro ultimo bacio di addio, e fissò silenziosamente il soffitto.

Prese quella decisione in un secondo, quando la paura di non saper gestire quel dolore lancinante lo investì.

Lui non era April, non era capace di affrontare qualcosa di così oscuro con il suo coraggio.

Erano secoli che non si lasciava investire da sentimenti del genere, e non poteva permettersi il lusso di farlo proprio allora.

Chiuse gli occhi con maggiore decisione e un sorriso gli solcò le carnose labbra.

Spegnere tutto.

Era allietante il pensiero di poter sentire quel dolore fluire lontano da lui, dal suo corpo e dalla sua anima.

Spegnere tutto.

Lentamente fu proprio la sua anima ad andarsene, insieme a tutto quel dolore e quei desideri di sofferenza che avevano seguito la morte di April.

Una parte di sé gli diceva che non era la soluzione migliore da prendere, ma era l'unica che lo avrebbe fatto sopravvivere più facilmente. E lui voleva, doveva sopravvivere, no?

Abbassò gli occhi, quando sentì qualcosa scattargli dentro. Guardò il corpo privo di vita e provò un pizzicore all'altezza del petto, un qualcosa che durò solo per un secondo e che gli ricordò quello aveva provato solo qualche attimo prima. Ma fu tutta questione di un momento.

Aveva spento tutto.

E April se n'era andata per davvero.

Per sempre.

E con lei tutta la sofferenza che la sua morte gli aveva arrecato.

Sì, perché era la cosa migliore da fare.

Lei aveva assaporato la bellezza dell'umanità con lui e si era lasciata morire, e lui aveva semplicemente fatto lo stesso.

Ora anche lui se n'era andato.

* * * * * *

Stefan camminò per le strade di Chicago, con le mani dentro le tasche dei pantaloni e l'aria assente, di chi non aveva alcuna voglia di sopperire alla propria noia.

Non voleva uccidere.

Non voleva giocare.

Né tanto meno pensare.

Voleva solo camminare nel nulla, sperando di scacciare quel flebile fastidio che si era irradiato dentro il petto. Quanto era successo ad April e Klaus aveva scatenato qualcosa dentro di lui, qualcosa che Stefan non poteva spiegarsi, qualcosa che aveva assopito negli angoli più remoti del suo cuore dopo la morte di Katherine.

Perché anche lui l'aveva persa.

Perché anche lui sentiva che non l'avrebbe mai dimenticata.

Perché lui sentiva ancora di amarla e di odiare se stesso per non averla salvata in tempo.

Aveva scacciato qualsiasi emozione che il suo ricordo potesse procurargli, ma quelle erano prepotentemente tornate a farsi sentire quando aveva ascoltato i sussurri di Klaus e April.

Come pensi che Nik affronterà questo ennesimo abbandono?

Spegnendo tutto.

Ma era quella la risposta più giusta, visto che le emozioni sembravano poterti rincorre qualcuno ovunque andasse?

Si fermò di colpo, quando in fondo alla strada scorse un'ombra immobile, che pareva lo stesse osservando. Se era un ubriacone che aveva intenzione di attaccar briga, aveva scelto il momento sbagliatissimo. Stefan era irritato e avvertiva un certo languorino a livello dello stomaco; lo aveva ignorato fino ad allora poiché preso a filosofare su qualcosa che, invece, avrebbe dovuto subito spegnere, prima che lo investisse completamente.

Stefan s'inumidì le labbra; i suoi occhi si fecero completamente neri per la fame, la rabbia e la voglia di essere di nuovo se stesso, un vampiro affamato di sangue e morte. Ma quando la coltre di nebbia sembrò dileguarsi sotto la luce della luna, il ragazzo si fermò di colpo.

I suoi occhi si fecero sgranati, ma ripresero il loro naturale colorito verde foglia, mentre fissavano un paio di occhi cerulei nell'oscurità. La sua bocca rimase dischiusa in mute parole, mentre delle labbra si allargavano in un sorriso sereno, per via della sua presenza.

Damon se ne stava immobile nel buio, con le mani dentro le tasche dei pantaloni, gli occhi sempre vispi e profondi e un sorrisetto sulle labbra, un qualcosa che Stefan trovò odioso. Ma che gli ricordò tanto di quella vita che lui e suo fratello avevano vissuto insieme, memorie e ricordi che erano tornati a galla con la morte di April. E si ritrovò a nutrire nostalgia per quei tempi andati e rinnegati.

Si aspettò che il fratello gli dicesse qualcosa, che lo rimproverasse per i numerosi crimini commessi oppure che lo abbracciasse, dicendogli che gli era mancato e che sarebbe sempre stato suo fratello. Invece quello non disse nulla: restò immobile a fissarlo per qualche secondo, per poi muovere qualche passo all'indietro e allontanarsi definitivamente.

Stefan sbatté le palpebre più volte. Abbassò poi gli occhi, quando comprese il significato del gesto di Damon.

Lui voleva solo appurare che stesse bene.

Niente più.

Non voleva cambiarlo o portarlo via con sé, ma solo verificare che il suo fratellino fosse in vita.

Ed era bello, non essere davvero completamente soli.

Stefan sentì un sorriso sincero montargli sulle labbra, ma scosse poi la testa, quasi scottato dal tocco di tutte quelle emozioni positive in lui.

Meglio andare a mangiare.” disse, giusto per riprendere in mano il proprio ruolo.

Ma quando diede le spalle al punto in cui fino a poco prima si trovava Damon, non riuscì a non sorridere di nuovo.


*”you bleed just to know that you're alive” ho modificato questa frase della canzone, associandola alla condizione di Rebekah.


Abbelli! :D

Ok, siamo giunti alla fine di questa avventura, anche se in realtà manca il brevissimo epilogo conclusivo per scegliere la casella “completa” nella pubblicazione di questa storia...spero davvero che questo finale non abbia deluso nessuno e che sia stato emozionante come mi sarebbe piaciuto renderlo.

Finalmente abbiamo compreso il motivo per cui Rebekah ha mostrato così tanta affinità per April: è una motivazione che a molti potrebbe risultare banale e scontata, ma è stato un punto cardine per instaurare un rapporto tra queste due bellezze. Inoltre vorrei chiarire il motivo per cui Esther, essendo una strega, non abbia fatto nulla per guarire la figlia: ho deciso di fare così sulla base del fatto che le streghe non hanno il “diritto” di rovesciare l'equilibrio naturale delle cose, e la malattia è, purtroppo, una cosa molto naturale. Inoltre la morte di questa ipotetica sorella ha avuto luogo prima della faccenda di Henrik.

Passando ora a Stefan...a qualcuno ho detto che ci sarebbe stato un barlume di umanità in lui verso la fine della storia, ne siete stati soddisfatti? La scena Defan era d'obbligo per spiegare la presenza di Damon a Chicago. Io ho sempre apprezzato il loro rapporto (quando non era presente l'indecisione di Elena o la stronzaggine di Kath a separarli) e ho deciso di dare loro insieme un brevissimo spazio. Ho fatto sì che non ci fosse un vero e proprio contatto tra i due, ma solo dei semplici sguardi che rendessero entrambi di essere ancora fratelli e di non essere soli a quel mondo. Malgrado la lontananza, i dissapori, entrambi sanno che potranno sempre ritrovarsi.

Per quanto riguarda Klaus e April...beh, su loro non so che dire senza provare un groppo in gola. Chi mi conosce, e probabilmente anche voi che non mi conoscete direttamente, sa quanto io sia autocritica e raramente mi sento soddisfatta di quello che creo. Ma in questo caso mi sono davvero emozionata a scrivere di questi due...e spero che per voi sia stato lo stesso :')

Ok, la chiudo qui. La prossima settimana metterò davvero un punto a questa long, fornendo i giusti ringraziamenti a tutti. Molti di voi mi sono stati davvero vicini, hanno mostrato entusiasmo per questa storia e mi hanno fatto sorridere con le loro parole. Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi che hanno speso tempo nel seguirmi. Ribadisco che ci sarà un vero e proprio ringraziamento nell'epilogo conclusivo e in cui, davvero, non saprei come mostrarvi la gratitudine che vi devo!

Ci rileggiamo la prossima volta e vi auguro di passare una buona serata!

Ciaoooo <3


Cosa non meno importante...il bellissimo banner a inizio capitolo è stato creato dalla bravissima Elle

https://www.facebook.com/pages/E-L-L-Es-stuff/723648977662054?fref=ts

È davvero bravissima, vi consiglio di visionare i suoi lavori perché meritano molto!


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Capitolo 16
*** Epilogo: This fatal love was like poison right from the start ***


Image and video hosting by TinyPic

http://www.youtube.com/watch?v=QOBy7AVc82M

-Epilogo: This fatal love was like poison right from the start-

Fatal torch
final thrill
Love was bound to kill
October & April

E le notti di Chicago tornarono ad essere bagnate dal sangue e soffocate dalla paura.

Klaus si sentì bene, come non lo era stato da molto tempo, mentre succhiava goccia dopo goccia il sangue di una giovane e solitaria fanciulla che aveva deciso di entrare in quel locale alla ricerca di un altro cuore spezzato come il suo.

La poverina aveva scoperto che il fidanzato la tradiva e Klaus si è dunque offerto di farle compagnia.

Dopo un lungo bacio rubato, e una mano che scorreva vorace sul braccio di lei, il vampiro l'aveva azzannata al collo senza alcuna pietà, strappandole la carne e facendo scorrere la lingua lungo la sua pelle bagnata di sangue.

Stava bene, anzi benissimo, mentre la uccideva.

Meglio di quando stava con lei.

Ci volle un secondo per scacciare il ricordo di quella donna dalla sua mente, e lasciare il collo pallido della vittima, ormai morta nel suo abbraccio.

Tutte le donne mi muoiono tra le braccia, pensò ridendo, con le labbra tinte dal colore scarlatto del sangue.

E gli ci volle un altro secondo per scacciare di nuovo il ricordo di lei.

Dio, quanto si stava bene quando nessun vento di umanità attraversava le pareti che avevano murato il suo cuore, impedendole così di arrivare in fondo alla sua anima. Era una sensazione bellissima, e non gli importava di avvertire quello strano senso di vuoto dentro di sé, vuoto da ricolmare con qualcosa che la sua mente rinnegava, ma il ricordo di qualcosa di soffuso reclamava.

Lasciò il cadavere della fanciulla sul divanetto, protendendosi poi verso la tendina che affacciava sulla sala. Non poté dirlo con certezza, ma gli parve di vedere Rebekah e Stefan scambiarsi un bacio appassionato sulla pista da ballo, dopo essersi cibati di un'altra sciocca vittima in uno dei privé ai piani superiori del locale.

Klaus si alzò in piedi, sistemandosi il colletto della camicia e sorridendo soddisfatto.

Erano vampiri.

Lo erano sempre stati, e mai come lo erano allora.

Non c'erano sentimenti.

Non c'erano emozioni.

Non c'erano cuori che battevano o cuori che spiravano.

Niente.

C'erano loro e c'era il sangue.

Fece per uscire dal suo angolo buio, quando una serie di spari rimbombò nel locale. Cadde subito sulle ginocchia per ripararsi dietro alcune poltrone, e lo stesso fecero tutti i presenti, attanagliati dalla paura. Il rumore assordante di grida e proiettili riempirono l'aria.

Il vampiro pensò potesse trattarsi di qualche lotta tra clan mafiosi o che la polizia avesse fatto irruzione nel locale e fosse pronta ad arrestare tutti per la violazione delle leggi del proibizionismo, quando qualcosa lo turbò: vide un uomo che, nell'intento di scappare, venne colpito da uno di quei proiettili. Lo osservò cadere davanti alla tenda del suo privé e notò che il proiettile era fatto di legno.

Mikael li aveva finalmente trovati.

Rebekah!” Klaus scappò fuori dal privé, facendosi largo tra la calca di persone in fuga. Ne scansò alcune, dirigendosi verso sua sorella e Stefan che sembravano essersi nascosti dietro il bancone del bar.

Rebekah, dobbiamo andarcene di qui!” gridò a gran voce, valicando tutte quelle dei presenti.

Spinse via uno stolto grassone che gli finì addosso e lo lasciò cadere a terra; vide poi Rebekah alzarsi rapidamente in piedi per dirigersi verso di lui. La prese per il polso con irruenza, e si apprestò a portarla via, ignorandola mentre pronunciava il nome di Stefan e quest'ultimo faceva lo stesso con lei.

Va', ora ti raggiungo.” Klaus la spinse con poca delicatezza verso la porta che affacciava sul retro, per poi voltarsi verso Stefan.

Ma Nik...”

VAI ORA!”

Sciocca, che tentennava pur di non perdere la mano del suo vampiro.

O meglio del suo amato?

Era ora che tutto questo giungesse a una fine.

Klaus si girò completamente verso Stefan, mentre Rebekah obbediva seccata al volere del fratello. Il suo giovane compagno, intanto, si era chinato per prendere qualcosa dal pavimento, ma Klaus glielo impedì, posando la mano sulla sua spalla e costringendolo a guardarlo.

Mi spiace davvero molto che tutto debba finire qui, Stefan.”

Il giovane vampiro lo guardò con sguardo vacuo, incapace di comprendere quello che stava accadendo. “Non capisco di cosa tu....”

Ti ringrazio per essere stato un amico, un vero amico per me.” Klaus gli impedì di proferire ancora parola. Legò i suoi occhi a quelli di lui, imprigionando la sua volontà a quella di lui.

Aveva poco tempo,prima che Mikael potesse trovarli, e si chiese per quale motivo perdesse tempo a pronunciare quella frase.

Forse per ricordarsi che non era stato solo? Proprio come non lo era stato con lei.

Stefan lo guardò, confuso e turbato.

Ti dimenticherai di me, di Rebekah e di tutto il bel tempo che abbiamo passato insieme.” Klaus posò una mano sulla guancia dell'amico, affilando lo sguardo. “Non rammenterai nulla.”

E sorrise, quando vide che Stefan stava socchiudendo gli occhi, abbassando le palpebre sull'ultimo ricordo che aveva di Klaus.

Oh, ma stava solo facendogli un favore.

Stefan, in fondo, nutriva qualcosa di sincero per Rebekah, e fargli dimenticare di lei era il dono più dolce che lui potesse dargli, visto che non si sarebbero più rivisti.

Stefan aveva già spento tutto, ma una piccola luce si era riaccesa grazie a Rebekah, e Klaus lo privava di questa, solo per rendergli le cose più semplici e non fargli provare quel senso di oscuro dolore che poteva giacere nel cuore di un amante abbandonato e che lui aveva provato tempo prima.

Se avesse potuto, anche lui si sarebbe rimosso dalla mente il ricordo del profumo di April. Anche se una parte di lui gli diceva che non averla mai conosciuta sarebbe stato terribile.

Quando Stefan chiuse completamente gli occhi, Klaus posò di nuovo la mano sulla sua spalla, dandogli una pacca.

E poi scomparì per sempre dalla sua vita.

We were like loaded guns
Sacrificed our lives

We were like love undone
Craving to entwine

Rebekah muoviti! Dobbiamo andarcene subito. Ora.”

Klaus aveva già predisposto tutto per lasciare Chicago ancor prima che Mikael rivelasse il proprio arrivo, ma trovò sua sorella, immobile e in attesa in un vicolo nei pressi del locale di Gloria.

Non senza Stefan.” sussurrò, come una bambina capricciosa che aspettava di avere il gelato che le spettava.

Klaus sospirò, e si guardò attorno preoccupato. “Attendi invano allora.” le disse. “Stefan non ha alcun interesse a venire e noi dobbiamo muoverci.”

No!” Rebekah batté i tacchi sul marciapiede, guardando freddamente il viso del fratello. “Ce ne andremo solo una volta recuperato Stefan da lì dentro. E partiremo tutti e tre insieme.”

Klaus sbuffò seccato, quando vide la sorella dirigersi nuovamente verso la porta sul retro del locale di Gloria. “Sì, sempre se ricorderà chi diavolo sei, Rebekah.” sussurrò scherzosamente, sapendo che lei lo avrebbe sentito.

La sorella si fermò per qualche secondo, immobile e rigida nel buio della loro ultima notte a Chicago.

Su, andiamocene. Muoviti.”

Klaus tese la mano verso di lei, quando la vide girarsi debolmente nella sua direzione. Ricevette un'occhiata sconvolta e bagnata di lacrime da parte della sorella. Quella lo fissò con il labbro superiore tremante, mentre le lacrime iniziarono a scendere solitarie lungo la sua pelle.

Che...” Si schiarì la voce, quando si accorse che questa era tremante. “Che cosa hai fatto?”

Santi numi, perché tutti lo guardavano a quella maniera malgrado lui li stesse aiutando?

Non posso spiegartelo ora. Dobbiamo andare!” L'afferrò per il polso con la stessa mancata delicatezza di poco prima, ma Rebekah si oppose alla sua forza.

Io sono stanca di scappare, lo facciamo da una vita Nik!” esclamò, perdendo quasi l'equilibrio pur di liberarsi della presa di suo fratello.

Allora preferiresti farti ammazzare per caso?”

No, ma io voglio stare con Stefan.” squittì la ragazza.

Klaus fissò il volto di sua sorella, scoccando la lingua, quasi divertito. “Devi scegliere allora, mia cara.” la intimò. “Lui o me?”

Rebekah si morse il labbro con forza, abbassando gli occhi, e senza rispondere. Klaus lo sapeva che, alla fine di tutto, lei avrebbe sempre scelto lui, la sua famiglia, l'unico amore sincero che poteva provare. Tutti gli altri, tutti gli uomini che aveva amato, non erano nulla in confronto all'affetto incondizionato che lei provava per i suoi fratelli. E poi, dopo la faccenda di April, Rebekah era sicuramente più intenzionata a restare vicina al fratello maggiore. Malgrado sapesse che lui avesse rimosso ogni tipo di sentimento dal suo corpo.

Come immaginavo.” disse, soddisfatto di quella vittoria così scontata. “Vado a preparare la....”

Addio Nik.”

Klaus si bloccò, poco dopo aver imboccato il cammino che lo avrebbe portato verso la loro auto, posteggiata in un punto isolato. Gli parve di sentire qualcosa scoppiargli violentemente dentro il petto dopo aver ricevuto quell'ennesima pugnalata, dritta nel punto in cui il suo cuore aveva battuto fino a un millennio prima.

Non era possibile.

Tutti lo stavano abbandonando.

Gli mancò quasi il respiro, a causa della rabbia che incendiò la sua ragione.

Rebekah gli preferiva l'amore.

April gli preferiva la morte.

E lui restava solo.

Il ricordo di quel dolore riemerse in lui, quando comprese che Rebekah aveva per davvero pronunciato quella frase. Lo stava lasciando solo, malgrado April avesse fatto lo stesso pochi giorni prima.

E non puoi fare nulla per impedirmi di andare, Nik.” Rebekah parlava con una disperazione mal celata, poiché l'allontanarsi dal fratello le procurava comunque un'immensa tristezza e rammarico. Non le stava dando altra scelta se non quella di abbandonarlo.“Non puoi cancellarmi il ricordo di Stefan, come hai fatto con lui.”

Come puoi rischiare tutto per qualcosa di effimero come un sentimento!?” Klaus si girò rabbioso verso di lei, vedendola così piccola e inerme nel buio di quel vicolo.

Effimero o meno, è qualcosa che ci rende vivi, Nik.” lo riprese la sorella, scuotendo lievemente la testa e i lunghi capelli biondi. “E io non voglio spegnere tutto, come hai fatto tu per poterla dimenticare. Il fatto che tu non abbia avuto una possibilità, non vuol dire che anche io me ne debba privare.”

Klaus e Rebekah si fissarono a lungo, e per quella che avrebbe dovuto essere l'ultima volta. I loro occhi chiari si legarono, per poi strapparsi nel modo più repentino, quando Rebekah si girò di scatto, pronta a raggiungere il suo Stefan.

Mi spiace, Bekah.”

Rebekah sussultò, nel momento esatto in cui Klaus le si parò davanti e la trafisse con il pugnale, con il quale le avrebbe donato il sonno eterno. Vide sua sorella boccheggiare, le sue mani portarsi la petto, a stringere il manico del pugnale, attorno a cui si trovavano anche le mani di Klaus. Lei alzò gli occhi spegni e lucidi sul fratello, mentre la sua pelle iniziava ad assumere un colorito grigiastro. Era di nuovo ricorso ai pugnali intrisi di cenere di quercia bianca per impedire che un suo fratello se ne andasse. Mai e poi mai avrebbe creduto di usarlo sulla sua sorellina, perché non aveva mai preso per vera l'ipotesi che lei potesse lasciarlo, fedele e devota com'era.

Klaus non provò colpa nel farlo, perché lo faceva per lei.

L'avrebbe salvata da Mikael, da quell'amore che avrebbe condannato sia lei che Stefan, e l'avrebbe salvata dal mondo intero. Non era riuscito a farlo con lei, perché aveva deciso di rispettare la sua decisione, ma non sarebbe accaduto lo stesso con Rebekah. Non avrebbe perso anche lei solo per aver rispetto di lei.

L'avrebbe tenuta con sé per sempre, anche se questo sarebbe significato farla soffrire.

Avrei dovuto continuare a essere me stesso, sempre.” le sussurrò Klaus all'orecchio, nel momento in cui Rebekah parve quasi soffocare e gli cadde tra le braccia. Le accarezzò i capelli morbidi e dorati, proprio come aveva fatto con April la notte in cui morì. “Non l'avrei persa. E ora non perderò te.”

Nik...no.” Rebekah emise i suoi ultimi ansiti, prima di chiudere gli occhi per sempre. Il corpo della ragazza si accasciò contro il suo petto, e Klaus la strinse a sé, cadendo sulle ginocchia insieme a lei.

Si disse che l'aveva salvata, che lo aveva fatto per il suo bene.

Per salvarla, ed era riuscito a farlo.

Sorrise sollevato, prima di prendere la sorella tra le braccia e allontanarsi nel buio.

Sì, un amore non avrebbe ucciso nessuno quella notte.

Anche se, probabilmente,questo sentimento letale avrebbe continuato a vivere come avrebbe fatto nel buio che attanagliò Klaus in quel momento.

Like hate & love
Worlds apart
This fatal love was like poison right from the start
Like light & dark
worlds apart
This fatal love was like poison right from the star

(October & April by The Rasmus Feat. Anette Olzon)





Eravamo come pistole cariche
Abbiamo sacrificato le nostre vite
Eravamo come amore incompiuto
Bramoso di intrecciarci
Fatale torcia
Brivido finale
L'amore doveva morire
Ottobre e aprile

Come odio e amore, come luce e ombra

Mondi lontani

Questo amore fatale è stato come veleno fin dall'inizio....

October & April


Ed eccoci qui con l'epilogo di questa storia! :D

Prima di passare ai ringraziamenti che vi devo, ho delle piccole precisazioni da fare al riguardo. Leggendo le recensioni passate, mi sono resa conto che molti confidavano in una sorta di “pseudo lieto-fine” di questa storia. E, invece,ho deciso di optare per un finale amaro, riprendendo gli eventi della 3x03 in cui Klaus e Rebekah sfuggono a Mikael, lasciandosi dietro il nostro Stefan, anche se le scene sono un po' diverse per rimanere in linea con la trama generale della storia.

Inoltre, nel finale prevale un'altra sorta di amore che chiude questa storia: quello contorto e illogico di Klaus per sua sorella Rebekah, il quale viene reso ancora più possessivo e oscuro dal dolore che Klaus ha provato per la dipartita di April, nonostante abbia cercato di spegnere quanto provato per lei. Lui, permettendo ad April di scegliere della sua vita, si è ritrovato con una voragine nel petto e sa che, se avesse lasciato fare a Rebekah lo stesso, avrebbe provato un ulteriore dolore. Ordunque, il vampiro ha deciso di pugnalare la sorella e tenerla con sé per sempre, proprio come è accaduto nel telefilm alla fine. Spero che comunque questa chiusura non abbia deluso nessuno: essendo una storia drammatica ho preferito chiuderla in questo modo.

E ora...passiamo un po' a ringraziare tutte le meravigliose persone che hanno seguito questa storia.

Ringrazio coloro che hanno inserito questa storia tra i preferiti:

1 -Bekah99
2 -Bunnydelena
3 -Defan64
4 -elyforgotten
5 -fwrgjiwrjnfre
6 -Hayley9
7 -klaroline01
8 -SweetRevengeMCR

Chi l'ha inserita tra le ricordate:

1 -Cristie
2 -
LaPerla

E chi l'ha inserita tra le seguite:

1 -ALLY98
2 -AngelCruelty
4 -Deademia
5 -Desyree92
6 -Iansom
7 -ImAdreamer99
8 -jj96
9 -Kary91
10 -Ketry
11 -kikketta4ever
12 -Mrs Dark
13 -nagi994
14 -piantina
15 -robiva
15 -Sere Le Fay
16 -strayeah_corvaglia
17 -SweetSmile
18 -taisha
19
-Tess 36
20 -_Elisewin_

In particolar modo un sentito e speciale grazie a Elyforgotten, Iansom, Kary91, Taisha, AngelCruelty, Defan64, Tess36, Strayeah_Corvaglia (e anche Bekah99, Imadreamer99, Niandelena e Sere Le Fay) per aver recensito la storia. Molte di loro hanno davvero amato la mia storia e l'ho potuto evincere dalle bellissime parole che mi hanno costantemente rilasciato a ogni capitolo. Hanno fatto sì che credessi in me stessa, nelle mie capacità, nella mia storia, mi hanno fatto ritrovare tra le mani un lavoro che ho apprezzato più di quanto abbia fatto quando ero sola a scriverlo e leggerlo: mi hanno fatto amare il mio stesso lavoro attraverso le loro meravigliose parole. Io davvero non so che cosa dire per potervi far capire quanto siete state importanti per me e quanto mi avete dato in questo lungo periodo. Perciò grazie, grazie, grazie!! Fornirò poi a ciascuna di voi un personale ringraziamento nelle recensioni a cui ancora, purtroppo, non ho potuto rispondere.

Spero di rileggervi presto e di non avervi “tradito” nemmeno ora con la chiusura della mia storia.

Ovviamente ringrazio di cuore anche coloro che hanno letto silenziosamente questo racconto, nella speranza che lo abbiano apprezzato.

Vi auguro di passare una serena domenica e ci rileggiamo alla prossima.

Un bacio a tutti voi.


Lelahel


ps_lo ribadisco, non pensate che sono una cafona: risponderò alle recensioni il prima possibile! u.u scusatemi davvero!

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