Magica Gelosia

di Reb and Jude
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il terribile ritardo di Komachi ***
Capitolo 2: *** Un Misterioso Accompagnatore ***
Capitolo 3: *** Domande, domande e ancora domande! ***
Capitolo 4: *** L'appuntamento ***
Capitolo 5: *** Riflessioni ***
Capitolo 6: *** Prova di coraggio ***
Capitolo 7: *** Nuovi e vecchi sentimenti ***



Capitolo 1
*** Il terribile ritardo di Komachi ***


Magica Gelosia

1° Capitolo

Il Terribile Ritardo Di Komachi

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Quella mattina era iniziata come tutte le altre: giornata soleggiata, non troppo calda, adatta a quella stagione primaverile appena cominciata.

Le nostre cinque ragazze si erano date appuntamento alla Nutts House per le dieci e mezza. E fin qui niente di strano, direte voi. Apparte il fatto che erano le undici passate e Komachi non era ancora arrivata.

Di solito era lei prima ad arrivare, sapete, per dare una mano in negozio. A Nattsu, poi. E invece di lei neanche l’ombra.
Intanto Nattsu, facendo finta di leggero un libro e cercando di nascondere la sua preoccupazione, buttava ogni un occhio all’orologio del negozio e subito alla porta d’ingresso, sperando che la scrittrice dai capelli verdi comparisse da un momento all’altro con il suo dolce sorriso.

-Ehi, cos’è quella faccia? Dì la verità: sei preoccupato perchè Komachi non arriva, eh?- disse Kokoda, sbucando improvvisamente alle spalle dell’amico.
-Io non sono affatto preoccupato. Sono solo sorpreso per il terribile ritardo di Komachi, perchè di solito è molto più diligente e rispetta gli orari. Non fa mai aspettare così a lungo le sue amiche. Tutto qua.- ribattè Nattsu, con aria indignata.
-Sì, certo. Come no...- Kokoda non riuscì a finire la frase perchè interrotto dal potente rombo di un motore.

Il ragazzo, incuriosito, si affacciò alla vetrina del negozio, che dava sulla strada, per capire da dove provenisse quel rumore.
-Ehi, ragazze, venite a vedere! Presto!- gridò.

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Capitolo 2
*** Un Misterioso Accompagnatore ***


Magica Gelosia

2° Capitolo
Un Misterioso Accmpagnatore

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-Che succede? Perchè ci hai chiamate?- dissero Karen, Rin, Urara, Kurumi e Nozomi.
-Guardate un po’ chi è appena arrivato in sella a una moto nera dal motore ruggente?- gridò Kokoda.
-Non ci posso credere!- esclamò Rin.
Davanti al negozio si era fermata una Yamaha nera cromata a due posti, cavalcata da un ragazzo alto e ben piazzato con il classico giubbotto di pelle.
Il passeggero che si trovava dietro scese dal mezzo e, appena si tolse il casco, comparì una folta chioma di capelli verdi, libera di muoversi in quella brezza leggera creata dal vento.
Sì, esatto. Era proprio la nostra Komachi.
 
-Quella è proprio Komachi!- disse Urara.
-Già... e guardate con quale mezzo è arrivata!- aggiunse Kurumi.
-Chissà chi è quel ragazzo...-
-Come, Karen, nemmeno tu che sei la sua migliore amica lo conosci?- le chiese Nozomi.
-No, mi dispiace. Però è strano, perchè di solito mi racconta tutto.- sospirò Karen.
-Già, è molto strano. Dovremmo andare a fondo di questa storia.- proferì Kurumi.
-Faremo sputare il rospo a Komachi. È deciso, sì!- gridò Nozomi.
-Ragazze, ragazze... andateci piano. In fondo anche Komachi ha diritto alla sua privacy...- disse Kokoda.
-Non sono affari che ci riguardano. Se lei vorrà darci delle spiegazioni, bene. Se, invece, deciderà di non parlarne, noi dovremo rispettare la sua decisione.- aggiunse con tono severo Nattsu.
-Uffa, Nattsu! Possibile che tu non sia curioso di sapere cosa c’è dietro?- replicò con aria imbronciata Nozomi.
-Nattsu ha ragione, Nozomi. Dobbiamo lasciarla in pace. Vedrete che ci racconterà tutto quando si sentirà pronta.-
-Ti ci metti anche tu, Karen?-
 
Non ebbero il tempo di finire la conversazione, che la porta del negozio si aprì.
-Ciao a tutti! Vi chiedo scusa per il terribile ritardo, ma ho avuto da fare al negozio dei miei. Comunque volevo presentarvi un mio caro amico, Yusuke, che è stato così gentile da accompagnarmi qui.- disse Komachi.
 
Le ragazze si stupirono nel vederla vestita a quel modo. Infatti indossava un completo molto elegante e casual allo stesso tempo: aveva una camicetta bianca con le spalline a sbuffo, le maniche a ¾ e stretta in vita, un gilet nero lasciato aperto, pantaloni neri super aderenti, scarpe nere con il tacco e una borsa verde petrolio con appesa, a mo’ di portachiavi, la chiave del Regno di Palmier che le aveva donato Nattsu tempo addietro.
E poi vogliamo parlare del suo accompagnatore Yusuke? Era un ragazzo molto alto, capelli lunghi e neri, occhi blu scuro, jeans e giubbotto di pelle blu con una sciarpetta color avorio. Davvero molto, molto carino.
-Sono un assiduo cliente della pasticceria dei genitori di Komachi,- disse Yusuke –un cliente affezionato, per così dire.-

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Capitolo 3
*** Domande, domande e ancora domande! ***


Magica gelosia
 
3° Capitolo
Domande, domandee ancora domande!

 


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Le ragazze non fecero altro che fissare estasiate il nuovo amico di Komachi, riempiendolo di domande per tutto il tempo che Yusuke rimase alla Nutts House.
 
-Credo che adesso sia proprio ora di andare...- disse Yusuke.
-Nooooooooooo! Dai rimani un altro po’!-
-Nozomi! Non essere maleducata. Non puoi obbligarlo a rimanere, si vede che ha altre faccende da sbrigare.- la rimproverò Rin.
-Uffa!- sbuffò l’amica dai capelli rosa.
-Mi dispiace, ragazze. Anch’io sarei voluto rimanere di più, ma ho un altro impegno preso in precedenza molto urgente.- aggiunse Yusuke.
-È stato un piacere conoscerti! Torna quando vuoi.- gli disse Kokoda, stringendogli calorosamente la mano.
-Anche per me!-
-Vieni, Yusuke. Ti accompagno alla porta.-
-Ok, Komachi. Alla prossima, ragazze!-
-Ciaooooooooooooo!- gli risposero tutte in coro.
 
Komachi accompagnò l’amico fino a dove questi aveva parcheggiato la moto.
Nattsu osservò la scena con una certa nota di disappunto nello sguardo e non appena vide il nuovo arrivato salutare la ragazza con un casto bacio sulla guancia, andò su tutte le furie. Sbattè con violenza il libro che stava leggendo e si diresse in camera sua.
Kokoda notò il comportamento del ragazzo e non potè fare a meno di ridere sotto i baffi, perchè vedere Nattsu perdere il controllo non era cosa da tutti i giorni. Poi per gelosia, figuriamoci!
 
Non appena Komachi rientrò al negozio, con le guacce un po’ rosse, le sue amiche le si fiondarono addosso sommergendola di domande!

-Allora, dicci tutto Komachi!-
-Già: come hai conosciuto Yusuke?-
-È carino, vero?-
-Come mai non ne sapevamo niente?-

Intanto Nattsu era sceso e aveva raggiunto il luogo dell’animata discussione, non staccando mai lo sguardo dalla ragazza dagli occhi verdi.
 
-Ragazze, vi prego! Risponderò a tutte le vostre domande.- disse Komachi.

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Capitolo 4
*** L'appuntamento ***


Magica gelosia
 
4° Capitolo
L’appuntamento

 



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Le nostre Pretty Cure circondavano la povera Komachi, che si era condannata da sola, avendo promesso che avrebbe raccontato loro tutto ciò che concerneva Yusuke.
 
-Allora? Cosa volete sapere?- chiese la ragazza dai capelli verdi.
-Prima di tutto perchè non mi hai detto niente? Pensavo di essere la tua migliore amica...- proferì Karen.
-Beh... credevo che non ti interessasse e poi non ce n’è stata occasione...-
-Esci con lui?- domandarono in coro Nozomi, Urara e Rin.
-A-assolutamente no! Siamo solo amici. Anche se...-
-Anche se?-
-Beh, poco fa, quando l’ho accompagnato alla moto, mi ha chiesto se volevo andare al parco con lui domani, nel pomeriggio...- disse Komachi, molto imbarazzata e lanciò una fugace occhiata al suo amato Nattsu, che si trovava un po’ distaccato dal resto del gruppo, col volto inespressivo.
Non appena, però, il ragazzo incrociò lo sguardo della ragazza, lei lo distolse, arrossendo vistosamente.
 
Avrebbe tanto voluto sapere cosa ne pensava, se era almeno un tantino... geloso.
Quanto le sarebbe piaciuto se Nattsu avesse provato gelosia nei suoi confronti... ma tanto non sarebbe mai successo. Si doveva solo che rassegnare. In fondo Yusuke era molto carino, simpatico, dolce e... mostrava interesse per lei! Che male c’era se usciva con qualcuno? Se aspettava a Nattsu... tze!
-Ehi, Komachi? Mi hai sentito?-
La diretta interessata venne riportata alla realtà dalla voce della sua amica Urara.
-Ehm, scusa Urara. Mi ero persa nei miei pensieri...-
-Come Rin e le altre, volevo sapere se hai accettato.-
-Veramente, non ancora. Cioè... credo che accetterò. M-ma non ne sono ancora sicura...- rispose Komachi, gesticolando nervosamente.
-E ci pensi anche?! Non si dice di no a un ragazzo così carino. A prescindere!- le disse Karen.
-Karen ha ragione.- aggiunse Rin.
-Dai, forza. Chiamalo subito e digli che andrai all’appuntamento!- la incoraggiò Urara.
-A-appuntamento?!- gridò Komachi, alquanto sorpresa.
-Già. Che altro può essere secondo te?-
-Komachi andrà all’appuntamento con Yusuke: è deciso sì!- proferì Nozomi.
-Ragazze! Non potete obbligarla a fare qualcosa che non vuole. Komachi, sei tu che devi decidere.- le disse dolcemente Kokoda –Diglielo anche tu, Nattsu.
 
Komachi si girò verso il ragazzo, sperando che le dicesse di non andare, che non doveva uscire con un altro che non fosse lui. Ma tanto non lo avrebbe mai fatto. Ormai lo sapeva. Aveva perso ogni speranza. Si sentiva come la protagonista di uno dei suoi libri. Ma almeno in quelli c’era il “lieto fine”. Nella vita reale era diverso.
 
-Fai come credi.- le rispose Nattsu, abbastanza infastidito dalla piega che aveva preso quella conversazione. Non riusciva più a sopportare quei discorsi. Cosa voleva Kokoda? Che desse a Komachi la sua benedizione? Quella ragazza gli faceva uno strano effetto da qualche giorno a questa parte... ma lui chi era per dirle cosa fare? Nessuno. Nella sua testa c’era una vocina che gli diceva di non lasciarla andare, di dirle di no, perchè avrebbe potuto perderla per... sempre. E poi c’era un’altra vocina che invece gli consigliava di lasciar correre e semplicemente “fregarsene”. Nattsu continuò a sostenere lo sguardo malinconico di Komachi per qualche secondo, cercando disperatamente di farle capire che per lui era... difficile quella situazione. Nemmeno lui sapeva cosa stava succedendo. Fatto sta che, avendone abbastanza di quell’imbarazzante silenzio che si era creato subito dopo la sua affermazione, decise di scendere al piano di sotto.
Komachi guardò il ragazzo andarsene, senza poter fare niente.
 
-Beh, ragazze. Credo sia proprio arrivato il momento che io me ne vada.-
-Come? Così presto?- le chiesero le sue amiche.
-S-sì. Avevo promesso ai miei che li avrei aiutati. Oggi c’è il “pienone” al negozio.- rispose Komachi.
Voleva solo andarsene, sparire. Non ce la faceva a guardare Nattsu, non sopportava più la sua presenza. Era soffocante per lei. Eppure non riusciva a starne senza.
Corse velocemente verso la porta del negozio al piano inferiore, cercando di evitare lo sguardo di Nattsu e nascondere le lacrime che ormai premevano per uscire.
Niente, però, sfugge al ragazzo. Sapeva che c’era qualcosa che non andava. Ma cosa?
Spinto da una forza sconosciuta, uscì fuori del negozio di corsa. Si fermò a guardare l’esile figura di Komachi sparire all’orizzonte, trattenuto lì solamente dal suo stupido orgoglio.

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Capitolo 5
*** Riflessioni ***


Magica gelosia
 
5° Capitolo
Riflessioni




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Non sapeva perché si stesse dirigendo lì.
Ma lo avrebbe tanto voluto sapere…
Quale assurda forza lo stava costringendo a dirigersi proprio lì, da lei?
Ah… ora ricordava: Kokoda.
 
Era successo tutto subito dopo la conversazione, o per meglio dire, l’interrogatorio di Komachi…
 
Le ragazze avevano appena lasciato il negozio.
-Povera Komachi! – sospirò Kokoda, mentre risistemava il tavolino del piano di sopra.
-Le ragazze non l’hanno lasciata un attimo in pace! – aggiunse.
-Già…-
-Cosa c’è, Nattsu? Ti vedo pensieroso… - gli chiese l’amico.
-Mi è sembrato che Komachi stesse piangendo quando se n’è andata via, stamattina. Però non ne capisco il motivo…-
-Ne sei proprio sicuro? Strano…-
-E, inoltre, durante la chiacchierata di oggi, mi ha guardato con aria triste… quasi supplichevole, oserei dire, come se si aspettasse che io la fermassi o le dicessi qualcosa. Ma cosa non saprei…-
In quel momento Kokoda si chiedeva come il suo amico potesse essere così stupido da non capire. Leggeva tanti di quei libri complicati e queste cose non le notava? Avrebbe tanto voluto gridargli la verità che ancora si ostentava a negare: la ragazza provava qualcosa per lui e Nattsu non se ne rendeva conto. Possibile? A quanto pare sì. Che fare?
-IDEA!- Si disse mentalmente il ragazzo dai capelli castani.
-Nattsu, perché non ne parli direttamente con lei?-
-Beh… non ci avevo pensato. Ma in questo modo non invaderei la sua privacy?- chiese perplesso.
-Ma no! Tu sei suo amico, quindi sarebbe normale che tu ti preoccupassi per lei, no?- rispose compiaciuto Kokoda, sicuro che il suo piano sarebbe andato in porto.
-Forse hai ragione. E va bene: andrò a parlare con lei.- affermò convinto il biondo.
 
Ed era così che adesso il povero Nattsu si ritrovava a percorrere la strada che portava al negozio dei genitori di Komachi.
Era stato proprio un ingenuo a cadere nella (per come la vedeva lui) trappola del suo amico Kokoda.
Ma infondo Komachi era una sua amica e voleva solamente capire cosa l’affliggeva, no?
Era normale preoccuparsi per lei.
Solo che negli ultimi giorni non faceva altro che pensare a lei e senza un ragionevole motivo. E poi si era aggiunto il problema “Yusuke”. Non che quel ragazzo fosse un vero e proprio “problema”, però, quando Komachi aveva confidato che il suo amico le aveva chiesto di uscire, doveva ammettere di aver provato una strana e alquanto sgradevole sensazione, un improvviso moto di rabbia priva di senso e una stretta allo stomaco.
Se non fosse stato sicuro del rapporto che intercorreva fra lui e la ragazza dagli occhi verdi, avrebbe ipotizzato che si trattasse di gelosia.
Ma questo era impossibile, no?
 
Mentre faceva tutte queste elucubrazioni, si accorse di essere arrivato a destinazione.
Di fronte a lui c’era la vetrina della pasticcera “Komachi”.
Esitò un attimo davanti la porta d’entrata del negozio, indeciso sul da farsi.
Che cosa le avrebbe detto per convincerla ad aprirsi con lui?
Decise di lasciar perdere il problema: ci avrebbe pensato più tardi.
Non appena aprì la porta si sentì uno strano scampanellio, che avvisò i negozianti dell’entrata di un cliente.
Nattsu si guardò intorno alla “quasi disperata” ricerca del viso di Komachi.
Ma quello che vide fu solo quello di sua sorella Madoka.
-Cerchi mia sorella, vero?- chiese al ragazzo.
-Già.-
-È nel giardino sul retro.- gli disse sorridendo.
-Grazie.-
 
Come aveva detto Madoka, Nattsu trovò Komachi in giardino, seduta per terra e completamente assorta nei suoi pensieri.
Il ragazzo non potè fare a meno di notare l’espressione malinconica sul volto della ragazza, il che lo spronò ancora di più a voler approfondire l’argomento che la turbava a quel modo.
-Disturbo?-

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Capitolo 6
*** Prova di coraggio ***


Magica Gelosia

6° capitolo
Prova di coraggio
 

 

-Disturbo?-

Komachi, al sentire la voce del ragazzo, sobbalzò, improvvisamente distolta dai suoi pensieri.

-N-no, affatto. Vieni, siediti. Stavo solo riflettendo tra me e me…-

Nattsu prese posto accanto a lei sull’erba, incrociando le gambe. Komachi, da parte sua, sentiva l’imbarazzo annebbiarle la mente, rendendola incapace di iniziare un discorso di senso compiuto, mentre uno strano calore le saliva fino ad infiammarle le guance. Per fortuna fu lui a parlare per primo.

-Tutto bene, Komachi?-

Fu presa alla sprovvista e non riuscì a non balbettare, mentre rispondeva. Nattsu le faceva questo strano effetto…

-S-sì… p-perché me lo c-chiedi?-

-Ti ho vista oggi al negozio. Quando te ne sei andata, piangevi.-

Non sapeva cosa rispondere: pensava che non l’avesse notato, o almeno sperava. Che cosa voleva da lei? Perché le faceva quelle domande? Come se già non si sentisse abbastanza debole e inutile
Non faceva altro che rinfacciarglielo. Possibile che non capisse? Che veramente non riuscisse a comprendere quanto la facesse soffrire, con tutte le sue premure? Col tirarla su di morale ogni volta che si sentiva triste, col costante incoraggiamento che le dava per continuare a scrivere…
Era solo lei quella a provare una così forte emozione solo guardandolo leggere, sorridere alle clienti, preoccuparsi dei Pinky con quell’aria così serena… solo lei sentiva crescere questo sentimento nei suoi confronti?

A quanto pare sì.

-Non era niente…- disse, cercando di assumere un tono il più naturale possibile.

Non riusciva nemmeno a guardarlo in faccia per quanto si sentiva imbarazzata.

-Ne sei sicura? Guarda che a me puoi dirlo…-

Dirgli che era pazzamente innamorata di lui, forse?! Come avrebbe potuto trovare il coraggio di dichiararsi? Come se già non bastassero il suo comportamento impacciato e le infinite figuracce che faceva ogni volta che si trovava in sua presenza…

-Potrai anche fare finta che vada tutto bene con gli altri, ma a me non la dai a bere. Cerchi sempre di apparire forte agli occhi delle persone che ti circondano, con me, però, non ce n’è bisogno. Anch’io mi comporto così avvolte, perché temo di poter sembrare debole, nel mostrarmi… umano. Qualche volta fa bene sfogarsi con qualcun altro, sai? Non ti voglio forzare a farlo, ma sappi che se vuoi, io ci sono e ci sarò sempre per te…-

-Per favore, smettila…-

Nattsu non si aspettava una simile reazione. Volse il suo sguardo verso di lei, senza però proferire parola. Voleva che lei si sfogasse con lui, che gli parlasse, che gli dicesse cosa c’era che non andava, perché non riusciva più a vederla soffrire a quel modo.

-Smettila, Nattsu. Non ce la faccio più a sentirti darmi consigli, consolarmi… mi fai solo stare peggio…-

Era stato lui a costringerla a mostrarsi, a fargli vedere cosa nascondeva dentro di sé. Non riusciva più a sopportarlo, aveva raggiunto il limite…

-… perché io so di non meritarmeli quei consigli, perché sono io il problema… lo so. Ma tu non fai altro che darmi false speranze con il tuo atteggiamento gentile nei miei confronti, mi illudi che io possa avere qualche chance con te… che io possa valere qualcosa per te…-

Lo stava guardando dritto negli occhi mentre lasciava che quel fiume di parole continuasse a scorrere dalla sua bocca: ormai era troppo tardi per fermarsi.
Aveva preso finalmente coraggio per confessare ciò che provava.

-Ma è colpa mia… è mia la colpa di voler leggere in ogni tuo gesto qualcos’altro, qualcosa che non esiste e che mai ci sarà. Sono una povera stupida, ma non posso fare a meno di sentire quello che sento… non posso smettere di soffrire ogni volta che mi guardi, che mi sfiori, che mi chiedi se sto bene…-

Aveva anche iniziato a piangere, ma era troppo presa da ciò che stava dicendo per accorgersene.

-… beh, sappi che non sto affatto bene! Mi sento come lacerare dall’interno, mi accorgo che il mio cuore lentamente si sta corrodendo, mentre cerco di dimenticarti, ma inutilmente. Mi dispiace, ma mi sono… mi sono innamorata di te Nattsu e tu nemmeno te ne rendi conto!-

Il ragazzo era rimasto in silenzio per tutto il tempo, lasciando che Komachi potesse finalmente liberarsi del peso che l’affliggeva in un modo tanto crudele. Eppure ora che lo aveva fatto, continuava a vedere il suo volto rigato dalle lacrime perché la causa del suo tormento era… LUI.
Non si era mai accorto di niente, anche se a quanto pare la cosa era palese. Non riusciva a crederci. Quindi, anche lo sguardo triste di quella mattina era rivolto a lui: lo stava supplicando e lui non l’aveva capito.

-Ecco, io… Komachi, io…-

Per la prima volta in vita sua, Nattsu era senza parole.

Komachi parve intuirlo e decise di troncare la conversazione lì: si era già umiliata abbastanza.

-Comunque, dimentica tutto ciò che ti ho detto, Nattsu. È tutto passato. So già che non ricambi i miei sentimenti e ti evito di doverti prendere responsabilità che non sono tue. D’ora in poi comportati come se nulla di questo fosse avvenuto, le cose tra di noi non devono cambiare. Inoltre…-

Lui continuava a guardarla, senza dire niente. C’era un’altra Komachi davanti a lui, ora: una ragazza impassibile che aveva deciso di calpestare la propria dignità e i propri sentimenti, in modo che egli non avesse il dovere di prendere decisioni a riguardo o anche solo di pensarci.
Si sentiva in colpa, come per la distruzione del Regno di Palmier. Era sempre colpa sua. Il suo essere cinico e impenetrabile, l’aveva portato a perdere prima il suo popolo ed ora la sua più cara amica.

Komachi era riuscita in poco tempo a diventare una persona indispensabile alla quale rivolgersi e rivelare inevitabilmente le proprie debolezze. Si era fatta strada lentamente, strato dopo strato, nel suo cuore, facendo sì che questo l’assorbisse rendendola parte di sé. Era diventata l’oggetto delle sue preoccupazioni, dei suoi pensieri e dei suoi… sentimenti.
Nattsu non riusciva a spiegarsi come ci fosse riuscita, ma sapeva che lo aveva fatto. Gli costava ammetterlo, ma forse c’era qualcosa di più che lo legava a lei, qualcosa che  lo spingeva a premurarsi di chiedere sempre sue notizie quando era assente, di leggere le sue storie e dirle che andavano bene, di lasciare che il velo di ghiaccio che lo proteggeva piano piano scivolasse e si sciogliesse in sua presenza, qualcosa che lo aveva costretto ad essere lì in quel momento, quando in realtà non avrebbe dovuto.
Se lui non fosse venuto a trovarla, adesso Komachi non starebbe piangendo davanti ai suoi occhi, rompendo quel rapporto così speciale che li teneva vincolati l’uno all’altro, indissolubilmente.

-…inoltre, ho deciso di accettare l’invito di Yusuke per domani. Si è dimostrato molto gentile nei miei confronti e mi ha aiutato molto al negozio in questi giorni. Glielo dovevo. Domani, quindi, non potrò venire alla Natts House per il motivo che ti ho detto. Se le ragazze chiedono di me, dì loro di non preoccuparsi e che sono con Yusuke.-

Si alzò, passò le mani sulle pieghe della gonna e iniziò ad incamminarsi verso il negozio. Fatto qualche passo, si fermò e si rivolse a Nattsu che era ancora seduto per terra.

-Comunque… grazie della visita.-

Il ragazzo continuò a fissarla, finché la sagoma di Komachi non sparì nel retrobottega del negozio di dolci. Dopo qualche minuto, ripresosi in parte dalla lunga conversazione, decise di alzarsi anche  lui e di incamminarsi verso la Natts House.

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Capitolo 7
*** Nuovi e vecchi sentimenti ***


Magica Gelosia

7° capitolo

Nuovi e vecchi sentimenti
 

 
-Ma è colpa mia… è mia la colpa di voler leggere in ogni tuo gesto qualcos’altro, qualcosa che non esiste e che mai ci sarà. Sono una povera stupida, ma non posso fare a meno di sentire quello che sento… non posso smettere di soffrire ogni volta che mi guardi, che mi sfiori, che mi chiedi se sto bene…-
 
Le parole di Komachi continuavano a rimbombargli nella testa, senza sosta. Non riusciva a non pensarci: rivedeva ogni minuto il volto della ragazza piangere davanti a lui.
 
-… beh, sappi che non sto affatto bene! Mi sento come lacerare dall’interno, mi accorgo che il mio cuore lentamente si sta corrodendo, mentre cerco di dimenticarti, ma inutilmente. Mi dispiace, ma mi sono… mi sono innamorata di te Nattsu e tu nemmeno te ne rendi conto!-
 
Era innamorata di lui! E Nattsu non se n’era mai accorto…
Possibile che fosse così ciecamente stupido? Lei per tutto questo tempo aveva sofferto a causa sua, facendo finta che tutto fosse normale.
Aveva persino provato a dimenticarlo, per togliersi dal cuore il peso di quei sentimenti…
Con il suo modo di agire, Nattsu le aveva inferto una pugnalata dopo l’altra e solo adesso che lei gli aveva confessato il suo tormento, lui ne aveva preso coscienza.
 
Si prese la testa fra le mani, in un estremo gesto di disperazione: non riusciva a trovare rimedio alla situazione.
 
 
-Comunque, dimentica tutto ciò che ti ho detto, Nattsu. È tutto passato. So già che non ricambi i miei sentimenti e ti evito di doverti prendere responsabilità che non sono tue. D’ora in poi comportati come se nulla di questo fosse avvenuto, le cose tra di noi non devono cambiare…-
 
 
Come avrebbe fatto a dimenticare tutto? Non poteva, non dopo aver visto l’effetto che aveva su Komachi.
Non riusciva nemmeno a capire i suoi, di sentimenti: come poteva decidere al posto suo se ricambiasse oppure no? Perché non avrebbe dovuto anche lui caricarsi della responsabilità del dolore della ragazza?
Forse, però, Komachi aveva fatto la scelta giusta per entrambi: fare finta che niente fosse mai successo e riprendere le vecchie abitudini di sempre.
L’avrebbe salutata come faceva di solito, chiedendole come era andata la giornata e come procedeva il suo nuovo romanzo. Avrebbe chiacchierato con lei come faceva tutti i giorni anche con Nozomi e le altre, avrebbe accettato volentieri il suo aiuto nel servire i clienti del negozio e avrebbe ringraziato il cielo del suo intervento ogni qual volta Kokoda avrebbe richiesto altri bignè alla crema per l’ennesima volta.
Ma non era forse un atteggiamento ipocrita questo?
 

***
 

-Ehi, Nattsu. Tutto bene?-
Il ragazzo si accorse di non essere più solo con i suoi pensieri, quando sentì Kokoda rivolgergli la parola: ammetteva che non fosse la persona che desiderava di più al mondo in quel momento –già, perché quella adesso non voleva più parlargli…-, però forse gli avrebbe fatto bene il consiglio di una voce amica. Detto questo, aspettò che l’altro principe gli chiedesse il motivo di tale stato di depressione e sconforto.
-È da quando sei tornato che te ne stai chiuso qui in camera, in silenzio e con quell’aria pensierosa… Non è che per caso centra Komachi?-
Possibile che fosse così semplice capirlo? E perché lui stesso non riusciva a capire la propria angoscia?
Kokoda si avvicinò all’amico, sedendosi accanto a lui sul letto, e con aria spensierata posò le braccia un po’ indietro mettendosi a guardare il soffitto, sapendo che Nattsu non avrebbe alzato lo sguardo per niente al mondo nello stato in cui si trovava.
-Ogni volta che hai quella faccia, vuol dire che sei preoccupato o per il Regno di Palmier o per Komachi: escludendo la prima opzione, capisci che rimane solamente la seconda…- proferì con un sorrisetto che la sapeva lunga e uno sguardo del tipo “Lo-sai-che-ho-ragione-come-sempre”.
 
Il ragazzo, sentendosi in trappola, decise di vuotare il sacco e dopo aver sospirato sonoramente cominciò a parlare.
-Sono andato a trovare Komachi, come mi avevi consigliato tu e le ho chiesto se stava bene e perché si fosse messa a piangere, uscendo dal negozio. Le ho detto che poteva confidarsi con me e che, avvolte, faceva bene sfogarsi e… e… beh, ecco… lei ha iniziato a dire che era tutta colpa mia se lei ora era in quello stato, perché non facevo altro che incoraggiarla, aiutarla e…darle false speranze. Poi ha cominciato a piangere un’altra volta e mi ha confessato di provare qualcosa per me ma io era troppo cieco per accorgermene; a quel punto io ho provato a dire qualcosa ma le parole non volevano uscire e lei, allora, ha preso la cosa come un rifiuto e mi ha chiesto di dimenticare l’accaduto e fare finta di niente… comportarmi come al solito, insomma ma io… come può chiedermi una cosa del genere?! Non capisco…-
 
Kokoda lasciava che Nattsu tirasse fuori tutto ciò che aveva dentro e che si era ostinato a tenere nascosto per tutto quel tempo, limitandosi a passargli semplicemente la mano sulla spalla con fare rassicurante, così che capisse che lui c’era e che avrebbe ascoltato qualsiasi suo sfogo, da buon amico.
Era consapevole che Nattsu avesse bisogno di quel momento, come chiunque ad un certo punto e capiva anche che ora il ragazzo stava affrontando dei sentimenti che gli erano estranei e del tutto nuovi, e che gli risultavano difficili da relazionare con quelli di Komachi, così dirompenti e laceranti, celati e contenuti da fin troppo tempo, tanto da risultare vecchi.
Era la prima volta che dialogava con il proprio cuore, così apertamente, scavando sempre più a fondo per trovare quelle sensazioni tanto importanti e fragili, che gli avevano lentamente riempito l’animo, coperte da quel velo di razionalità e orgoglio che permetteva loro di passare inosservate, caricandosi di ogni cosa che gli occhi di Nattsu percepissero: il sorriso rassicurante di Komachi, il suo dolce profumo di menta e vaniglia, il suo sguardo assorto mentre leggeva, il volto carico di aspettativa che aveva ogni qual volta lui correggeva il suo romanzo, le guance arrossate di quando era imbarazzata, la grazia con cui si muoveva e i suoi occhi determinati come il suo animo durante una battaglia.
Rimase un attimo in silenzio, posando leggera la mano sul suo petto, teso ad ascoltare il battito del proprio cuore che regolarmente accelerava al pensiero di quei ricordi, lanciandogli forti brividi e scosse per tutto il corpo, così che si ridestasse dal quel torpore in cui era caduto.
Kokoda attendeva che l’amico si decidesse a dire qualcosa, mentre ansioso lo guardava tenersi la mano e respirare a fondo.
Che si fosse reso conto dei propri sentimenti?
 

***

 
Komachi si sentiva completamente svuotata.
Come se le avessero prosciugato tutte le sue forze in un istante, un mare di sentimenti che scivolava via da lei come in preda ad un uragano.
Gli aveva detto tutto, tutto e adesso non le rimaneva più niente.
Solamente un’infinita voragine che le straziava il petto e richiedeva di essere sanata con una cascata di lacrime. Ma Komachi non voleva piangere.
Un’orgogliosa forza la tratteneva dal farlo e la incoraggiava ad alzarsi in piedi e rientrare a testa alta al negozio.
Si era tolta un enorme peso dal cuore. Se ne rendeva conto.
Solo ora. Proprio ora.
Era libera adesso, libera di fare qualsiasi cosa le venisse in mente. Si sentiva forte e sicura di sé e, forse, anche pronta ad andare a quell’incontro con Yusuke.
O, per meglio dire, appuntamento.
Sì: era proprio un appuntamento il suo! Perché si ostinava a negarlo?
Era forse sbagliato e troppo assurdo per lei avere questo genere di cose?
Appuntamento… appuntamento… APPUNTAMENTO!
Che bella parola da poter pronunciare.
A quel punto però tutto il suo entusiasmo sparì di colpo, si annullò completamente all’improvviso pensiero che l’appuntamento si ricollegava ai termini “relazione” e “amore”.
-Ma io sono ancora innamorata di Nattsu…-
Un sospiro le scivolò dalle labbra, l’espressione del viso sempre più crucciata e sconsolata.
Che poteva fare?
Subito il ricordo della confessione fatta al ragazzo poche ore prima le balenò nella mente. Un’ondata di imbarazzo le macchiò le guance mentre un grido, soffocato dalle mani corse a coprirle il volto, le sfuggiva.
-Come ho potuto fare una cosa del genere?!-
Passò dal retrobottega per salire direttamente al piano superiore ed evitare lo sguardo pieno di domande dei suoi e di sua sorella; non avrebbe saputo come affrontarli. Specialmente Madoka, che non avrebbe fatto altro che convincerla a spiattellare tutto l’accaduto.
Arrivata in camera sua si chiuse la porta alle spalle e vi si poggiò di peso con la schiena, quasi a cercare un sostegno per tenersi in piedi.
Non ce la faceva più.
Non riusciva a reggere tutta quella pressione, tutte quelle aspettative, tutti quegli sguardi…
Si lasciò scivolare lentamente a terra, esalando l’ennesimo sospiro.
-Una mano mi farebbe comodo in questo momento…-
L’occhio le cadde in automatico sul telefono posto sulla scrivania.
Si alzò, alzò la cornetta, compose il numero e attese.
-Tuu… Tuu… Tuu… Pronto?-
-Pronto, Karen. Sono Komachi. Ho bisogno del tuo aiuto.-

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