Safe harbor

di lilyhachi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I - New direction ***
Capitolo 3: *** II - I need you now ***
Capitolo 4: *** III - Let her go ***
Capitolo 5: *** IV - Leave my body ***
Capitolo 6: *** V - Like an open wound ***
Capitolo 7: *** VI - Closer to the edge ***
Capitolo 8: *** VII - Never let me go ***
Capitolo 9: *** VIII - Everybody hurts ***
Capitolo 10: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Safe harbor

Prologo
 

The world is too heavy,
too big for my shoulders,
come take the weight off me, now.
 
Ecco che lo sente. Un altro rumore.
Altri oggetti che si frantumano contro il muro. Un altro piatto. Un altro bicchiere.
Sente il suo cuore che batte frenetico. Sente la paura prendere possesso di ogni fibra del suo corpo.
Sente che probabilmente passerà un'altra nottata al piano di sotto, mentre suo padre rimarrà a dormire beato nel suo letto, senza curarsi minimamente delle sue urla e delle sue richieste di aiuto. Accetta in silenzio ciò che ne seguirà. Non ha forze, non ha volontà.
Tutto ciò è troppo grande, troppo pesante da sopportare. Il suo cuore non ce la fa.
Vorrebbe tanto che qualcuno lo aiutasse solo ad alleggerire tutto quel dolore.
 
Thousands of answers,
for one simple question,
come take the weight off me, now.
 
“Scusa, sapresti indicarmi l'aula di chimica?”.
Una voce femminile lo colpì improvvisamente. Era dolce.
Isaac rimase un attimo in silenzio senza rispondere, osservando l'esile figura accanto a lui.
La ragazza lo guardava in attesa di una risposta, soffermandosi sul suo viso e sull'enorme livido che gli circondava l'occhio, marchiandolo. La sua espressione era gentile e soprattutto spaesata, come se avesse preferito trovarsi in qualsiasi altro posto.
Stringeva al petto una cartellina, in parte coperta dai lunghi capelli castani, spostati ad un solo lato del collo.
Poteva sentirne l'odore pungente di vaniglia colpirgli le narici.
“Ehm...ci sto andando, puoi seguirmi...se vuoi”.
Tu vorresti parlare ad una bella ragazza in quel modo? La voce di suo padre cominciò a farsi strada nella sua testa.
Dico ma ti sei sentito? Ci sto andando, puoi seguirmi se vuoi. Sei un rammollito!
Isaac scosse la testa, cercando di zittire quella voce odiosa. Forse quella ragazza lo aveva etichettato come un perfetto idiota, considerando anche il modo in cui lo stava osservando. Forse avrebbe girato i tacchi, cercando l'aula da sola.
“Ok, grazie”, esclamò con un leggero sorriso. “Sei gentile”.
Presero a camminare per il corridoio, uno di fianco all'altro, attorniati da un lieve silenzio.
“Ah, io sono Lyla!”, esclamò la ragazza porgendogli una mano.
Isaac la strinse, facendo un cenno con la testa, mentre gli occhi castani di lei attendevano una sua risposta, ma il ragazzo si limitava a fissarla come un pesce lesso.
“Sai, dovresti dirmi il tuo nome ora”, continuò lei con un sorriso luminoso.
“Isaac. Mi chiamo Isaac”.
 
I'm like a kid who just won't let it go,
twisting and turning the colours in rows.
I'm so intensified that's what it is.
This is my rubik's cube,
and all I can't figure it out.

 
Dannato Harris e le sue relazioni di chimica.
Già odiava la chimica, ma quel professore non faceva che incrementare il suo disprezzo.
Certo, era brava e con una media perfetta ma scrivere una relazione di chimica la annoiava.
Le reazioni, le moli e tutto il resto: una materia troppo odiosa per i suoi gusti.
Cercava di affogare il suo disprezzo crescente mentre batteva le dita sulla tastiera del computer, sperando di finire al più presto visto il senso di stanchezza che iniziava a farsi sentire. Un colpetto alla finestra riuscì a distrarla dal suo intento.
Lyla si voltò, intravedendo Isaac fuori dalla sua finestra, e un sorriso si fece largo sul suo viso.
“Entra! Sei venuto per farti aiutare con la relazione?”, domandò, riprendendo a scrivere. “Isaac, ormai persino i miei genitori sanno che siamo compagni di scuola ed amici, hai passato tanti pomeriggi qui a studiare, quindi per quale barbaro motivo continui a preferire la finestra alla porta, si può sapere?”.
Si voltò, sorridendo per quanto quel ragazzo fosse strano in un modo tutto suo, e non appena lo osservò meglio il sorriso venne sostituito da un'espressione preoccupata.
La ragazza si alzò immediatamente, raggiungendo Isaac, seduto sul letto.
Aveva un occhio nero e un paio di tagli sul viso più uno sulla fronte.
Le mani erano arrossate e piene anche esse di tagli e di schegge. Il labbro gli sanguinava.
“Cosa ti è successo?”, domandò, pur conoscendo la risposta.
Era possibile che un uomo fosse capace di fare ciò ad un figlio?
Ad un figlio che aveva stretto tra le braccia quando era soltanto un fagottino?
Isaac non rispose, si limitò a sfoggiare un sorriso amaro, posizionandosi meglio sul letto.
Lyla corse in bagno, prendendo il disinfettante e tutto l'occorrente per aiutarlo in qualche modo.
“Lyla! Mamma sta facendo un po' di cioccolata con i marshmellows!”.
La voce di suo padre la fece sussultare, e la ragazza si precipitò fuori dalla porta con espressione agitata.
“No, papà. Ti ringrazio ma sono un po' grande per i marshmellows!”, rispose Lyla con voce sarcastica e infastidita, mentre il padre la fissava stranito.
“Papà, lascia stare”, intervenne suo fratello dalla sua stanza.
“Sarà quel periodo strano che hanno sempre loro una volta la mese. Scappa!”.
Lyla lanciò uni sguardo truce al fratello minore, che in tutta risposta tornò nella sua camera, mentre suo padre indietreggiò lentamente, decidendo di non disturbarla, così la ragazza torno dentro, chiudendo a chiave la porta in modo da evitare spiacevoli sorprese.
Isaac era ancora seduto e rideva di gusto. La sua risata era così bella e melodiosa.
Avrebbe dovuto ridere molto più spesso.
Era più bello quando lo faceva e lo era anche in quel momento, nonostante il suo viso fosse stravolto e pieno di piccole ferite.
Lyla gli rivolse un sorriso, per poi immergersi nel ruolo di crocerossina.
Non era la prima volta che vedeva Isaac in quelle condizioni. Ogni mattina a scuola lo trovava con qualche ricordino nuovo di zecca, ma non era mai successo che lui si presentasse da lei.
“Scusa se sono venuto qui”, esclamò lui in un sussurro, mentre Lyla gli aveva spostato le ciocche chiare, cominciando a disinfettare. “Non sapevo dove andare”.
“Puoi venire qui quando vuoi”, disse lei di rimando. “Sei il benvenuto”.
Nel suo tono c'era preoccupazione, poteva sentirla e vederla fin troppo bene.
Tutto il suo corpo trasudava preoccupazione. Aveva i capelli castani raccolti in una coda ed era in tenuta da studio, ma rimaneva comunque bellissima, anche vestita nel più semplice dei modi.
Portava una maglietta a righe bianche e blu su un pantalone della tuta della stessa tonalità, e Isaac sorrise quando riuscì a scorgere i calzini decorati con dei piccoli orsetti.
“Isaac, dovresti dirlo a qualcuno!”, esclamò lei d'un tratto, mentre lui rivolse gli occhi sul pavimento, senza rispondere.
Lyla tirò un sospiro, afflitta. Quando aveva iniziato a capire la spiacevole situazione in cui si trovava Isaac, lui le aveva fatto promettere di non dire nulla a nessuno e lei gli era stata fedele, ma ogni volta che lo vedeva ridotto in quello stato, il suo cuore si fermava per qualche momento.
“Stai tranquilla, Lyla”, rispose il ragazzo, tendendo le labbra in un sorriso confortante.
Isaac fece una smorfia di dolore, mentre la mora gli disinfettava il taglio sul labbro.
“Brucia”, esclamò come un bambino capriccioso e ritraendosi sulla tastiera del letto. “Non posso nemmeno ridere che lo sento quasi rompersi!”.
“Non vedo il problema, visto che non ridi quasi mai!”, esclamò lei ironica.
Lui la guardò male, mentre sorrideva soddisfatta della sua affermazione.
La ragazza osservò il taglio sul labbro inferiore, per poi posarvi sopra un leggero bacio, che fece provare ad Isaac una specie di scossa lungo tutta la schiena.
Non fece nemmeno in tempo a chiudere gli occhi, che lei era già lontana e lo guardava sorridendo, mentre lui era rimasto lì fermo con le labbra dischiuse e gli occhi semiaperti.
Quel bacio leggero e dolce lo aveva fatto sentire meglio, annullando ciò che aveva subito poco prima.
Forse è quello il motivo per cui lo aveva fatto: per alleviare il suo dolore.
Lyla si posizionò affianco a lui, accoccolandosi sul suo petto, mentre lo sguardo scendeva sulla mano arrossata e ancora dolente di Isaac. La prese con cautela, intrecciando le dita con le sue e poggiandovi un leggero bacio, cercando di annullare almeno in parte il suo dolore.
Isaac la guardò confuso, e anche se voleva riempirla di domande, non aveva nemmeno il coraggio di proferire parola, perchè la sua testa era troppo annebbiata dai modi confortanti di Lyla.
Si avvicinò a lei, ricambiando il bacio che lei gli aveva dato prima.
Il labbro gli faceva male ma non gli importava, perchè il dolore era compensato dal sapore di lei.
Per quanto tempo aveva desiderato un momento del genere nel profondo del suo animo?
Lei era così bella, intelligente, dolce. Lyla sapeva di fiori e di vaniglia.
Sapeva di cose buone e felici. Sapeva di spensieratezza e di certezze.
La baciava senza sosta, circondandole la vita con la mano libera.
Il tempo sembrava essersi fermato in quella stanza.
Non voleva che lei si preoccupasse, non voleva che lei perdesse le giornate a pensare a lui e a cosa gli stava succedendo. Quello era un suo problema, non di Lyla. Era lui che continuava a subire in silenzio come un bambino che non aveva la forza di combattere, di alzarsi in piedi e cercare di uscire da quello schifo.
Era un suo problema, e si sarebbe dovuto battere presto per risolverlo.
Gli dispiaceva essersi presentato in quel modo, distraendola dai suoi compiti.
Non voleva affliggerla, voleva solo rannicchiarsi tra le sue braccia.
Voleva conforto, voleva un appiglio e Lyla era il suo porto sicuro.
“Vorrei che tu smettessi di provare dolore”, sussurrò lei ad un palmo dal suo viso.
Isaac le sorrise, accarezzandole dolcemente i capelli.
Mi basta stare con te e non sento più dolore”.
 
Isaac non sapeva che in un futuro non molto lontano la sua vita sarebbe cambiata completamente.
Non sapeva che sarebbe uscito da quella situazione fatta solo di abusi e di ferite.
Non sapeva che avrebbe cenato a casa di Lyla come il suo ragazzo.
Non sapeva che Lyla lo avrebbe tenuto stretto in ogni singolo momento, facendo scomparire tutto il dolore che aveva provato nel corso della sua giovane vita.
Non sapeva che lei gli sarebbe stata accanto, sempre.
 
We're lost in the playground,
late night nostalgia.
Open the sky for me, now.

 
 
 
Angolo dell'autrice:
 
Abbiate pietà di me perchè giuro che non ho la più pallida idea di come mi sia uscita questa cosa.
So soltanto che adoro Isaac in maniera spropositata, per me è come un cucciolo bisognoso di amore e di attenzioni, quindi ho provato a far sì che ci fosse una tenera fanciulla a stargli vicino :3. 
L'ho scritta, traendo ispirazione dalla bellissima canzone degli Atlhete “Rubik's Cube” e vi consiglio di ascoltarla, perchè davvero stupenda. Non so quanto faccia schifo da uno a dieci, è il mio primo esperimento nel fandom di Teen Wolf e spero vivamente che non faccia troppo vomitare. Se ci sono errori, vi invito a farmelo notare, poichè l'ho scritta di getto quindi è probabile che ci sia qualche strafalcione u.u.
Lasciate un commento anche piccino piccino, se vi va!
Alla prossima, un abbraccio :)

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Capitolo 2
*** I - New direction ***


Prima di iniziare, guardate un po' qui *-*
Il banner, per il quale devo ringraziare S t r a n g e G i r l che si è gentilmente offerta di farmi questo grandioso banner, suggerendomi anche l'attrice che poteva dare il volto a Lyla (Shiri Appleby, ovvero Liz di Roswell), vista anche la crisi che avevo nel cercare un'attrice che rispecchiasse la descrizione che avevo dato di lei.
Spero vi piaccia il banner perchè io lo adoro!

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Safe Harbor
 
I
 
New Direction
 
 
Da quando la scuola era diventata un luogo piacevole?
Ah già, da sempre.
Isaac preferiva qualsiasi cosa pur di non stare nella stessa casa con suo padre, nemmeno il suo letto era un posto sicuro.
La notte non riusciva quasi mai a dormire, rimaneva sempre vigile, terrorizzato dall'idea che suo padre potesse sbucare da un momento all'altro e fargli del male.
Quella mattina si era procurato un altro occhio nero, semplicemente perchè era sceso un po' più tardi del dovuto in cucina e non aveva fatto in tempo a preparare il caffè.
Decisamente assurdo, ma ormai non lo stupiva più niente.
In compenso, non vedeva l'ora di arrivare a scuola per vedere lei: Lyla.
Sorrise come un ebete mentre camminava a passo veloce in direzione del liceo di Beacon Hills con il suo zaino in spalla, e sorrise maggiormente quando trovò la ragazza ad aspettarlo fuori la scuola.
Gli sorrise da lontano, ma più Isaac si avvicinava, più il sorriso di lei svaniva, per essere sostituito da quella tipica espressione triste e allarmata che il ragazzo conosceva benissimo.
Poteva quasi dire che Lyla ci aveva fatto l'abitudine al suo viso martoriato e nonostante non lo accettasse minimamente, non c'era nulla che potesse fare se non stringerlo a sé ogni volta.
Cominciarono insieme un'altra giornata: ad Isaac non dispiaceva averla affianco ogni ora.
Un ragazzo poteva stancarsi di avere la propria ragazza intorno ma lui non era come tutti gli altri.
Lui aveva bisogno di lei, e poi solo un ragazzo con il cervello pacato di sarebbe stancato di Lyla.
Vedere il suo viso era l'unica cosa che riusciva a tenerlo in vita, a farlo sentire meno abbandonato, meno solo e meno ferito, non soltanto fisicamente.
“Vieni da me a studiare oggi?”, domandò lei, mentre chiudeva l'armadietto.
“Potrei mai studiare chimica da solo?”, chiese Isaac con tono ironico.
“Hai ragione!”, rispose lei, aggrottando un sopracciglio. “Vediamo di far alzare quel voto”.
Isaac sorrise. Lei ci teneva alla sua media, e non soltanto perchè voleva che rigasse dritto a scuola, ma perchè sapeva cosa succedeva quando prendeva un voto anche di poco inferiore alla media.
Quando aveva comunicato a suo padre di avere la sufficienza in chimica, aveva passato la notte nello scantinato. Isaac ricordò il terrore sul volto di lei quando glielo confessò. Da allora non aveva fatto altro che farlo studiare insieme a lei, permettendogli di porre rimedio al suo voto...e magari anche alla sua vita.
Mentre aspettava che Lyla finisse di riporre i libri, venne urtato da un suo compagno di squadra di lacrosse per il quale provava ben poca simpatia, dato che era un idiota patentato.
“Lyla, ma da quando frequenti uno sfigatello di questo genere?”.
Il ragazzo rise, appoggiato sa altri due dei suoi compagni.
“Evapora!”, esclamò la mora con sguardo truce, mentre Isaac non disse nulla.
“Cosa c'è, Lahey?”, continuò lui, fermandosi nel corridoio. “Lasci che sia la tua ragazza a parlare?”.
Il ragazzo si avvicinò, guardando Isaac, per poi soffermarsi su Lyla con un'espressione che non gli piaceva nemmeno un po'. La guardava come fosse una bistecca.
“Lyla, quando capirai che c'è di meglio?”, disse prendendole un braccio.
Lyla cercò di districarsi della presa di quel viscido, ma senza risultato.
Isaac digrignò i denti, e senza pensarci troppo, si scagliò contro di lui.
Ormai aveva già un occhio nero, al limite ne avrebbe guadagnato un altro.
Lyla gridava loro di fermarsi, di smetterla, ma Isaac sentiva la sua voce come un eco lontano.
Era riuscito a rifilare a quel pallone gonfiato soltanto mezzo pugno, per poi essere subito circuito anche dagli altri due, che lo riempirono di pugni nella pancia. Come aveva immaginato, si era anche guadagnato un secondo occhio nero quel giorno e magari la sera ne avrebbe avuto un altro così da battere il record. La rissa finì solo nel momento in cui un ragazzo riuscì a separarli. Isaac si ricordava di lui, visto che faceva parte della sua squadra: Scott McCall, accompagnato dal suo fedele compagno Stiles, il figlio dello sceriffo.
“Andate a farvi un giro!”, esclamò il ragazzo, facendoli allontanare, mentre Lyla gli correva incontro, per accertarsi che stesse bene.
Isaac non era molto bravo a fare a botte, anzi, era una vera frana e non poteva certo essere diversamente visto ciò che aveva subito fin da quando era un bambino.
Solo che era stanco. Era stanco di dover stare sempre rannicchiato in un angolo a coprirsi e a tremare per la paura. Era stanco di essere debole. Se non era in grado di proteggere se stesso, come avrebbe potuto proteggere Lyla anche in contesti banali come quello?
I suoi compagni di squadra idioti si comportavano in quel modo perchè sapevano benissimo che Isaac era un debole, un povero rammollito facile da domare.
Era inutile: ovunque andasse lo trattavano tutti come faceva suo padre.
 
Lyla aveva lo sguardo fisso sul libro di letteratura.
Aveva letto la stessa frase per dieci volte. Dieci.
La sua concentrazione diminuiva di secondo in secondo, portandola a volgere spesso lo sguardo alla finestra. Guardò l'ora: erano le nove di sera e di Isaac nemmeno l'ombra.
Dovevano studiare insieme ma non si era visto.
Per un attimo temette il peggio...e se gli fosse successo qualcosa?
Se il padre gli avesse impedito di studiare con lei per la rissa a scuola? No, il padre di Isaac difficilmente ribatteva quando il figlio studiava con qualcuno, e conoscendo la media scolastica di Lyla, c'era davvero ben poco da contestare.
Guardò di nuovo verso la finestra.
A quell'ora Isaac doveva probabilmente trovarsi al cimitero, poiché gli toccava lavorare spesso per il padre.
Forse semplicemente quel giorno non aveva voglia di vederla, visto l'accaduto.
Lyla sapeva cosa ronzava nella testa di Isaac: si sentiva in colpa e, soprattutto, inadeguato.
 
Forse quella giornata poteva essere etichettata da Isaac come una delle peggiori che potessero mai capitargli e non soltanto per la rissa ed il senso di debolezza costante, ma principalmente per ciò che gli sarebbe capitato da lì a pochi minuti.
La mattina era passata in fretta, forse troppo. Dopo la rissa Lyla lo aveva prima accompagnato in infermeria per fargli medicare le ferite, dopodiché avevano raggiunto l'aula del signor Harris ma tra i due si era mantenuto un silenzio mortale. La colpa era sua, come al solito, perchè non si sentiva all'altezza. Lui adorava Lyla e starle accanto era la miglior cosa che potesse capitargli ma forse lei meritava qualcuno migliore di lui? Qualcuno in grado di difendersi e di proteggerla? Forse qualcuno come quel ragazzo che lo aveva aiutato: Scott. Poteva dire con assoluta certezza di non rispecchiare quelle potenzialità. Forse sarebbe stato meglio lasciarla in pace e smetterla completamente di stravolgerle le giornate con i suoi problemi e con lo studio.
Cercò di concentrarsi sulla musica che stava ascoltando, in modo da non dar voce ai suoi pensieri.
Sarebbe rimasto in quello stato per sempre, facendo sì che le note lo trasportassero, così da permettergli di dimenticare tutto il resto, tutti i problemi, tutto il dolore.
La situazione sarebbe stata ancora più rilassante se non si fosse trovato a lavorare al cimitero quella sera. Odiava lavorare per suo padre ma non aveva poi molte alternative.
Semplicemente o lo faceva oppure suo padre gliele suonava di santa ragione, ma questo non gli impediva certo di odiare lo svolgimento di quel lavoro. Stare al cimitero in piena notte non era solo inquietante ma anche raccapricciante. Le prime volte non riusciva mai a stare tranquillo, si voltava a destra e a manca, anche se non aveva sentito alcun rumore.
Suo padre non aveva fatto altro che prenderlo in giro ogni volta.
Cosa credi? Credi che spunteranno vampiri, licantropi e morti viventi? Tranquillo, al massimo potrebbe sbucare qualche psicopatico dal nulla per sottoporti a qualche rituale.
La voce di suo padre si ripresentava nella sua testa spesso e volentieri. Era stato difficile abituarsi a quell'ambiente, ma per fortuna era riuscito a sopraffare la paura...almeno in parte.
Continuò il suo lavoro, fin quando un rumore non attirò la sua attenzione.
Cominciò a guardarsi intorno in attesa di scorgere qualcosa, nonostante la sua fifa gli facesse sperare che non ci fosse nulla. Forse era stata solo un'impressione, ma ecco che lo sentì di nuovo.
C'era un fruscio di rami, e sembrava che qualcuno si stesse muovendo velocemente fra essi...come se stesse correndo. Forse era un animale.
Isaac guardò con più attenzione davanti a sé e da dietro una lapide riuscì a scorgere una mano, ma più che una mano sembrava una zampa, vista la presenza di lunghi artigli.
“Cos'è?”, esclamò fra sé e sé, aggrottando un sopracciglio.
Il rumore cessò improvvisamente, permettendo al cimitero di tornare al suo silenzio generale.
Isaac tornò a guardarsi intorno per l'ennesima volta: qualcosa si muoveva nell'ombra, avanzando a grandi passi verso di lui. Il ragazzo impallidì e scattò in piedi, senza riuscire ad identificare quella cosa, poiché cadde all'indietro nella fossa che stava terminando di scavare.
La macchina si ribaltò con lui, ed Isaac ebbe modo di sentire il vetro frantumarsi sopra la sua testa, ma per fortuna nessuna scheggia riuscì a colpirlo.
Qualcosa saltò sopra la fossa in cui era caduto: sembrava una specie di animale.
I rumori si fecero più intensi e con essi anche i versi che stava emettendo, sembrava quasi che si stesse cibando di qualcosa.
Isaac si sollevò in piedi, affacciandosi di poco dalla fossa nel terreno. Quello che riuscì a scorgere era alquanto confuso e difficilmente qualcuno gli avrebbe creduto, soprattutto suo padre.
C'era qualcosa che trafugava una tomba. Quando sentì un verso più acuto, Isaac si abbassò subito, sperando che, qualunque cosa ci fosse là fuori, non sarebbe venuta a prenderlo. Il suo cuore non aveva proprio intenzione di arrestare il battito frenetico. Una parte di lui credeva ciecamente che avrebbe fatto una brutta fine. Forse sarebbe successo ciò su cui suo padre lo aveva costantemente preso in giro: forse c'era un pazzo psicopatico che gli avrebbe strappato il cuore e cose simili, o forse Isaac aveva semplicemente visto troppi film dell'orrore.
Sentì un ringhio e poi un mugolio. La macchina venne sollevata e spostata da qualcuno, mentre Isaac guardava verso l'alto con il cuore in gola e le mani che gli tremavano letteralmente per la paura. Pregò con tutto sé stesso che dall'altra parte non ci fosse un mostro o un pazzo.
Rimase tutto il tempo rannicchiato nell'angolo con il fiato sospeso, fin quando non vide una figura ergersi sopra la sua testa: un uomo...un uomo normale.
“Serve aiuto?”, domandò lui, osservando il ragazzo.
Isaac si abbandonò sul terreno, tirando un lungo sospiro di sollievo, peccato che l'uomo che aveva davanti era tutto tranne che “normale”.
 
La tua vita può cambiare. Basta solo che tu mi dica che lo vuoi. Potrai essere più veloce, più forte...sarai in grado di difenderti e di difendere. Potrai cominciare a vivere davvero, Isaac”.
Gli aveva parlato come se lo conoscesse da una vita, come se gli stesse offrendo chissà quale grande possibilità. Inizialmente aveva pensato solo che fosse un povero pazzo ma più Isaac lo osservava, più si rendeva conto che quell'uomo, Derek, diceva il vero.
Lo percepiva dallo sguardo che aveva. I suoi occhi verdi erano fissi su di lui e quando il ragazzo aveva avanzato l'ipotesi che stesse scherzando, ridendogli anche in faccia, gli occhi di Derek si tinsero di rosso e Isaac sperò di aver preso una grossa svista.
Quell'uomo gli stava offrendo una particolare forma di potere.
La sua vita poteva cambiare davvero. Derek gli stava offrendo una strada da percorrere e lui non aveva alcuna intenzione di tirarsi indietro. Avrebbe finalmente smesso di subire gli abusi del padre ma quando udì le parole “sarai in grado di difendere”, il suo primo pensiero andò a Lyla.
Avrebbero smesso di importunarli a scuola. Sarebbe riuscito a difenderla e nessuno lo avrebbe più trattato come un rammollito, incapace di tenersi stretta una ragazza.
Derek aveva la mano tesa verso di lui, in attesa che il ragazzo l'afferrasse, mentre Isaac continuava ad osservarla, cercando di immaginare come sarebbe stata la sua nuova vita.
Le unghie di Derek vennero presto sostituite da artigli che avevano ben poco di umano, ma Isaac le osservava come se fosse rapito: forse quella era un piccolo effetto collaterale che avrebbe potuto sopportare. Rivolse un ultimo sguardo a Derek e poi afferrò la sua mano, andando a stipulare un contratto a vita dal quale non avrebbe avuto alcun modo di tornare indietro.
 
"It's time to begin, isn't it?
I get a little bit bigger, but then
I'll admit I'm just the same as I was.
Now don't you understand?
I'm never changing who I am".
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
 
Meno male che questa doveva essere solo una semplice one shot senza futuro.
Mi spiace ma sono tornata a darvi fastidio, perchè delle compagne di fandom TENTATRICI hanno ulteriormente intaccato il mio cervello già bacato, facendo aumentare la mia voglia di continuare, quindi devo ringraziarle, poiché il secondo capitolo è uscito fuori grazie a loro, quindi ve lo dedico, sperando che non faccia troppo schifo (Pikky, S t r a n g e G i r l e ScandalousLaRabiosa) :3 Comunque, bando alle ciance: il capitolo riprende qualche evento della prima puntata della seconda stagione (con qualche modifica ovviamente). Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va. Onestamente non so come continuerà questa cosa, se come una raccolta di one shot riguardante i momenti più importanti del rapporto Isaac/Lyla oppure con una storia vera e propria, non lo so perchè ho paura di “intrappolarmi” in una storia, senza sapere come andrà a finire. Per ora metto raccolta, poi chi lo sa, andando avanti magari cambio idea u.u
Vabbè, intanto buona lettura :)
Alla prossima C:

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Capitolo 3
*** II - I need you now ***


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Safe harbour
 
II
 
I need you now
 
 
Pulsava nelle sue vene.
Isaac la sentiva: una sensazione nuova che pulsava. Gli bastava rimanere in silenzio e non c'era nemmeno bisogno di tendere le orecchie per stare in ascolto perchè adesso poteva sentire ogni cosa. Fino ad allora, non era stato che un naufrago, un bimbo sperduto in cerca della sua isola ma ora osservava i palmi delle sue mani con una nuova consapevolezza. Si sentiva bene. Si sentiva forte. La vita che aveva sempre desiderato, la libertà che aveva tanto agognato: era tutto lì nelle sue mani.
Sentiva con tutto il suo cuore che avrebbe potuto essere lui a decidere come vivere la sua vita, che non avrebbe avuto più paura. Avrebbe potuto modellarla a suo piacimento, come fosse argilla.
Le sue mani presero a mutare, mostrando gli artigli, e con esse anche il viso di Isaac, che tendeva le labbra in un sorriso mentre prendeva familiarità con quel nuovo potere, mentre i suoi occhi si tingevano di giallo.
 
Isaac!”.
Il libro cadde dritto sul pavimento, producendo un tonfo. Lyla portò le mani sul letto, tastandolo, come se volesse accertarsi che non si trovasse in qualche altro luogo. La consistenza morbida delle coperte le fece tirare un sospiro di sollievo. Aveva fatto un brutto sogno probabilmente. Si portò una mano al petto, regolarizzando il respiro. Non ricordava molto del sogno: era tutto troppo confuso, ma poteva solo rammentare un cimitero e delle strane presenze fra gli alberi, come se ci fosse un animale. Un brivido le percorse la schiena e, alzandosi, recuperò il libro da terra. Lo osservò, toccando leggermente la copertina e sorrise. Forse rileggere “Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban” non era stata una buona idea. Portò le mani al viso, cercando di svegliarsi e si fece coraggio per iniziare una nuova giornata.
La mattina era fredda come al solito ed il cielo era avvolto da qualche leggera nube. Tuttavia, il sole si poteva scorgere tranquillamente, mentre illuminava le strade di Beacon Hills. Lyla camminava amareggiata per la città con una strana sensazione a livello dello stomaco: era un'ansia costante che la portava a voltarsi in continuazione ad ogni angolo, come se qualcuno la stesse osservando. Una parte di lei sperava che Isaac sarebbe spuntato all'improvviso, ma non sarebbe stato così.
Controllò di nuovo il cellulare, osservando lo schermo vuoto senza alcuna icona che indicasse la presenza di nuovi messaggi o chiamate. 
Lyla emise un sospiro triste per poi aggiustare la sciarpa intorno al collo, facendo in modo che i capelli restassero morbidi sulle spalle.
Arrivò al liceo più tardi del solito e con molta calma, visto che aveva un'ora libera, così, non avendo visto ancora Isaac in giro, decise di recarsi al campo di lacrosse per seguire gli allenamenti, ovviamente nella speranza di vederlo.
Infatti, riuscì a vederlo ma non come sperava.
Isaac era fermo, lontano dagli altri a parlare con lo sceriffo Stilinski, il padre di Stiles, che per di più lavorava insieme a suo padre James da quando si erano trasferiti in città. Si voltò un attimo verso di lei, fissandola, per poi voltarsi verso qualcun altro, precisamente verso i due ragazzi che avevano sventato una sua rissa: Scott e Stiles.
 
“Stiles, faresti meglio a parlare!”.
Il ragazzo continuava ad evitarla, camminando con lo zaino in spalla.
“Lyla, cosa vuoi che ne sappia del tuo ragazzo?”.
“Credi che sia una cretina?”, domandò lei, parandosi davanti al ragazzo.
Stiles sapeva ogni cosa che riguardava crimini e omicidi vari, dato che riusciva ad informarsi tramite suo padre, lo sceriffo, a differenza di Lyla che non riusciva a far proferire a suo padre nessuna informazione che potesse esserle d'aiuto.
Si era rivolta a Stiles perchè sapeva per certo che suo padre non le avrebbe detto nulla sul motivo per il quale Isaac era stato portato via e nessuno sembrava saperlo, a parte Stiles che si comportava proprio come se stesse cercando di nasconderle qualcosa. Non aveva molta confidenza con lui, se non quel poco che potevano avere due ragazzi, i cui padri lavorano insieme, ma doveva scoprire cosa stava succedendo.
Stiles emise un sospiro pesante e si guardò intorno, come per accertarsi che nessuno fosse nei paraggi, poi si voltò verso Lyla, alzando un sopracciglio.
“Sei una ragazza irritante!”, esclamò con tono arrendevole.
“Lo so, quasi non ci dormo la notte”, rispose lei, incrociando le braccia al petto.
“Il padre di Isaac è morto”, continuò il ragazzo con voce bassa. “Non si sa per mano di chi”.
Morto? Lyla si portò una mano alla bocca e il pensiero che cercava di reprimere le attraversò la mente come un fulmine a ciel sereno: se sapevano cosa suo padre faceva ad Isaac, questo lo rendeva il primo nella lista dei sospettati, ma non poteva aver fatto una cosa del genere. Eppure, chiunque fosse il colpevole, Lyla non potè fare a meno di pensare per un secondo che forse un po' di giustizia era stata fatta, visto che quell'uomo era un mostro.
“Credono che sia stato lui, vero?”, domandò lei con tono allarmato.
Stiles abbassò lo sguardo e fece un segno di assenso con la testa.
“Non è stato lui” ribattè Lyla con sguardo fermo. Non poteva essere lui.
“Lo so”, rispose lui abbassando lo sguardo.
Lyla lo osservò leggermente interdetta. “Come lo sai?”.
Stiles sembrò ridestarsi a quella domanda. Scosse subito la testa e cambiò argomento.
“Credo che vorranno parlare anche con te”, disse mettendo le mani in tasca. “Sei la sua ragazza”.
 
“Lyla, tu sapevi cosa era costretto a subire Isaac?”.
Lo sceriffo Stilinski le pose quella domanda con tutta la delicatezza possibile, ma Lyla aveva quasi paura di rispondere, perchè dire di sì significava in qualche modo renderla complice e consapevole di quella tortura orribile, quando avrebbe potuto fare qualcosa per sventarla. La ragazza sospirò, cercando di mettere insieme una frase di senso compiuto.
“Va tutto bene, Lyla”, continuò lui, mettendole una mano sulla spalla.
“Lo sapevo”, rispose lei tutto d'un fiato. “Mi aveva fatto promettere di non dire nulla a nessuno, che non voleva denunciarlo perchè aveva paura, ed io gli ho dato ascolto”.
Le parole cominciavano ad uscire senza che se ne rendesse conto.
Era come se stesse venendo su un vomito di parole, come se tutto quello che si era tenuta dentro per tanto tempo stesse uscendo fuori all'improvviso.
Potevo fare qualcosa. Potevo parlare con mio padre. Potevo rendermi utile in qualche modo invece di stare soltanto ferma a curargli le ferite”.
Il padre di Stiles la guardava sorpreso quanto rammaricato. Era una situazione particolare e decisamente fuori dalla norma. Poteva leggere il dispiacere negli occhi della ragazza.
“Ora dov'è lui?”, chiese d'un tratto, ridestando lo sceriffo dalle sue riflessioni.
“Lyla, sai bene che non posso darti certe informazioni”, rispose lui, guardandola con apprensione. “Dobbiamo solo tenerlo sotto custodia fin quando non ne verremo a capo”.
La ragazza abbassò lo sguardo, senza aggiungere altro.
“Puoi andare”, concluse lo sceriffo, conducendola verso la porta.
Aveva potuto notare la differenza fra le testimonianze di due persone che erano a conoscenza degli eventi: Lyla e Jackson. Mentre il ragazzo non aveva fatto altro che rispondere con sufficienza, evidenziando quanto la vicenda non gli riguardasse, quella ragazza era rimasta seduta con le mani sul ventre e parlava con voce rotta, come se si sentisse in qualche modo responsabile di ciò che stava accadendo. Poteva essere Isaac il responsabile? Aveva un movente ma dopo tanti anni di abusi perchè agire proprio ora? Era forse arrivato al limite della sopportazione? Da quanto aveva scoperto, anche grazie a James, quel ragazzo era pazzo di Lyla, quindi perchè macchiarsi di qualcosa che li avrebbe tenuti separati? In qualche modo, doveva venire a capo di quella vicenda.
 
Doveva vederlo. Doveva parlare con lui ad ogni costo.
Non sapeva esattamente come ma l'avrebbe fatto.
Quando era tornata a casa dopo la scuola, non aveva discusso con i suoi genitori di ciò che era successo semplicemente perchè suo padre non era molto incline a parlare di lavoro, ma il modo in cui l'aveva guardata lasciava ben poco spazio alle parole. Conoscendo suo padre, Lyla poteva dire con una certa sicurezza che non riteneva Isaac colpevole dell'omicidio di suo padre ma purtroppo nel suo lavoro le impressioni personali contavano meno delle prove e dei moventi, ed in quel caso erano anche troppi.
Studiare era stata forse la cosa più difficile da fare. Più che altro era rimasta a fissare le pagine e a sfogliarle senza alcuna voglia di leggerne il contenuto, dopodiché con l'arrivo della sera aveva rifilato la pessima scusa che sarebbe uscita con degli amici.
Lyla non era una ragazza impulsiva, anzi, era l'esatto contrario e mai come allora, quella caratteristica poteva darle qualche vantaggio. Non aveva mai mentito alla sua famiglia, semplicemente perchè non ne aveva mai avuto motivo dato che era sempre stata chiara e ferma nelle sue decisioni, trovando il modo di “patteggiare”.
Per questo James non poteva immaginare che in realtà sua figlia stava per andare alla stazione di polizia per vedere il suo ragazzo, tenuto sotto custodia perchè sospettato di omicidio.
Arrivò davanti alla stazione con il fiatone e con il cuore a mille.
Conosceva la stazione di polizia abbastanza bene ed in un modo o nell'altro sarebbe riuscita ad arrivare ad Isaac.
Prima di entrare, notò una jeep parcheggiata fuori che le sembrava quella di Stiles ma non ne era molto sicura. Perchè doveva essere lì a quell'ora? Lyla decise di non pensarci troppo ed entrò.
Non c'era nessuno all'entrata. La ragazza si guardò intorno, non sapendo bene dove andare ed in cerca di un segno, di qualcosa che le avrebbe indicato dove trovare Isaac.
Ed ecco il segno. L'allarme anti-incendio cominciò a suonare, e Lyla prese a correre lungo il corridoio della stazione di polizia, dirigendosi verso l'ultima cella.
Arrivò davanti alla porta spalancata: c'era un uomo, che sembrava essere un vice sceriffo, e poi a terra c'era un ragazzo con una fisionomia fin troppo familiare.
Stiles?!”, domandò con voce confusa.
Il ragazzo si alzò in piedi e la guardò ma Lyla non fece nemmeno in tempo a rendersi conto di cosa stesse succedendo che quest'ultimo la spinse per terra contro il muro, parandosi sopra di lei, come per proteggerla, mentre qualcun altro urlava.
Un tonfo. Qualcuno che veniva spinto contro il muro. Altre urla.
Sembrava che si stesse svolgendo una specie di lotta.
“Lyla, stai giù, ti prego!”, le sussurrò Stiles all'orecchio, continuando a tenerla ferma.
Un altro urlo, ancora più forte di quelli precedenti. Ossa che si spezzavano e poi...un ringhio?
Il suono di un vetro rotto fece voltare Isaac, mettendolo maggiormente in allerta.
Derek era in piedi davanti a lui e lo osservava con espressione truce.
Il licantropo si voltò verso la parete dove vide Stiles rannicchiato ed intento a proteggere e a tenere ferma Lyla, per fare in modo che non vedesse tutto ciò che stava accadendo.
Isaac inspirò l'aria dalle narici e con un ringhio basso fece per dirigersi verso le due figure contro il muro, ma Derek gli si parò davanti, fermandolo con un ringhio così forte che Lyla si sarebbe tappata volentieri le orecchie se solo Stiles avesse smesso di sovrastarla.
Isaac si rannicchiò contro il muro, spaventato, e riprese le sue sembianze umane.
Respirava pesantemente e le mani ancora gli tremavano per l'effetto del ringhio di Derek, mentre il sudore gli bagnava la fronte. Il ragazzo non ci mise molto ad accorgersi di una figura vicino a Stiles ed il cuore gli balzò in gola quando realizzò che si trattava di Lyla.
Stiles lo osservò con espressione confusa. Come le avrebbero spiegato tutto ciò?
Sai, Lyla, il tuo ragazzo è un lupo mannaro! Decisamente no!
“Stiles!”, la voce della ragazza li ridestò. “Non mi piace questo silenzio!”.
Derek, rendendosi conto della situazione abbastanza complicata, afferrò Isaac per il braccio.
Mentre Derek lo trascinava fuori dalla stazione di polizia, Isaac si voltò un paio di volte verso Lyla, ancora immobile sotto le braccia di Stiles.
Forse era un bene che lei non l'avesse visto in quelle condizioni.
Probabilmente avrebbe urlato.
Probabilmente l'avrebbe terrorizzata.
Probabilmente avrebbe desiderato non vederlo mai più.
 
“Stiles, ma che diavolo?!”.
Il ragazzo la tirò su, mentre Lyla cercava inutilmente di rendersi conto di cosa era successo in quella cella. La porta era spalancata ed un uomo era a terra, privo di sensi oppure morto.
“Adesso tu mi dici cosa diamine è successo qui dentro!”, esclamò la ragazza, osservando Stiles con espressione confusa quanto indignata. Prima l'aveva tenuta ferma tutto il tempo, come per proteggerla o semplicemente per impedirle di vedere qualcosa ma cosa poteva essere successo di così terribile da farlo comportare in quel modo decisamente assurdo?
Stiles la fissò, scrollando le spalle, e beccandosi un'altra occhiataccia della ragazza, che era seriamente tentata dal saltargli al collo per farlo parlare ma non fece in tempo a fare niente del genere, poiché l'allarme smise di suonare e dinanzi ai due ragazzi comparvero i loro padri.
Lo sceriffo Stilinski sfoggiò un'espressione rassegnata, accompagnata da un sospiro, e poi si voltò verso il padre di Lyla, che scuoteva la testa in segno di disappunto.
Stiles si dondolava sulle gambe, sotto lo sguardo del padre.
“E' stato lui!”, esclamò il ragazzo, indicando l'uomo per terra.
Lyla si portò le braccia al petto, trovando il pavimento molto più interessante della faccia di suo padre in quel momento. Non aveva trovato Isaac e non aveva la minima idea di dove si trovasse ma una cosa la sapeva con assoluta certezza: quella volta non l'avrebbe passata liscia.
 
La pioggia scorreva fitta, bagnandolo completamente. I capelli erano fradici e con essi anche la maglia che indossava, completamente appiccicata al suo torace.
Isaac continuava a fissare la finestra della camera di Lyla, indeciso su cosa fare.
Stava così bene sotto la pioggia, era una sensazione familiare e confortante.
La pioggia aveva sempre avuto un effetto rilassante e purificatore su di lui, come se potesse cancellare ogni cosa e ripulirlo da tutto il dolore provato e da tutte le ferite che suo padre gli infliggeva. La pioggia si confondeva spesso con le sue lacrime, facendolo sentire protetto.
Isaac si diresse deciso verso la casa della ragazza, cominciando ad arrampicarsi.
Non era mai stato un problema per lui passare da quella finestra per andare da lei ma mai come in quel momento gli sembrava la cosa più stupida da fare, eppure non riusciva a farne a meno.
Forse non l'avrebbe vista per un tempo indefinito, data la piega che gli eventi avevano preso.
Aveva bisogno di rivedere il suo viso.
Aveva bisogno di stringerla.
Aveva il disperato bisogno di sentire le labbra di lei sulle sue.
 
With our eyes wide open we.
We walk the plank, we walk the plank.
So that is the end of the story”
 
 
 
Angolo dell'autrice
 
Eccomi qui con il secondo capitolo. Ho cercato di incastrare Lyla meglio che potevo negli eventi della seconda stagione (in questo caso si tratta della puntata 2x02) e spero di aver fatto un lavoro almeno decente e soprattutto spero che non risulti forzato. Al momento non ho intenzione di farle scoprire cosa è capitato ad Isaac, e questo ovviamente porterà qualche complicazione che potrete notare già nel prossimo capitolo.
Se ci sono errori vi invito sempre a farmelo presente. Lasciate un commento anche piccino piccino se vi va, e un grazie a tutti coloro che hanno recensito e messo tra le preferite/seguite, mi riempie davvero tanto di gioia *-*
Alla prossima, un abbraccio :)
Ps: la canzone alla fine è sempre di Gotye "Eyes wide open" <3

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Capitolo 4
*** III - Let her go ***


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Safe Harbor
 
III
 
Let her go
 
 
Lyla osservava il soffitto, cercando di pensare a qualcosa che non avesse a che fare con Isaac e con quello che era successo alla centrale, di cui sarebbe venuta volentieri a conoscenza. Non aveva avuto modo per mettere Stiles sotto torchio ma presto o tardi ce l'avrebbe fatta, peccato che al momento fosse segregata nella sua stanza. Si voltò su un fianco e cominciò a disegnare piccoli cerchi concentrici sul materasso, ripensando a quando Isaac vi si era steso sopra con il labbro rotto e le nocche sanguinanti. Lei lo aveva soccorso, lo aveva stretto e lo aveva baciato. Le sue labbra le mancavano in maniera soffocante.
Quarantotto ore che non aveva nessun tipo di notizia che gli riguardasse.
Quarantotto ore che non lo abbracciava.
Quarantotto ore che le labbra di lui non erano sulle sue.
La pioggia batteva forte sulla finestra e Lyla poteva sentire il vento muovere le fronde degli alberi.
Tante volte Isaac era andato alla sua finestra anche con i lampi, mentre in quel momento non c'era nulla lì fuori che non fosse vento o pioggia.
 
Isaac era fermo, seduto sul bordo della finestra, dalla quale poteva vedere Lyla distesa sul letto: era rannicchiata in posizione fetale e gli dava le spalle.
Il ragazzo mise un dito sul vetro, senza fare alcun rumore, e cominciò a percorrere la sua figura, come se la stesse accarezzando: voleva bearsi un po' di quella illusione.
Lyla si voltò improvvisamente, scattando a sedere, non appena si accorse di lui. Lo fissò un attimo per accertarsi che lo avesse visto davvero e poi il suo viso si illuminò. Si alzò dal letto e si avvicinò alla finestra, permettendogli di entrare.
Isaac era completamente fradicio e bagnò tutto il tappeto, ma non appena il ragazzo mise i piedi per terra, Lyla gli saltò al collo, stringendolo come se non lo vedesse da mesi.
“Isaac”, esclamò con le braccia strette attorno al suo collo. “Ero così preoccupata”.
Il ragazzo ricambiò l'abbraccio, inzuppandola con tutta l'acqua che aveva addosso, ma a Lyla non sembrava importare affatto: lo avrebbe stretto anche tra le fiamme.
In poco tempo, le labbra di lui furono sulle sue: in quel momento respirare sembrò più facile.
Lyla sorrise sulle sue labbra. “Sei tutto zuppo di acqua!”.
Isaac sfregò il naso bagnato contro il suo per poi lasciarvi un bacio fugace e portò la mano tra i suoi capelli morbidi. Come avrebbe fatto a stare senza di lei? Era ossigeno puro.
Sarebbe impazzito se fosse rimasto altro tempo senza poterla sfiorare.
La ragazza cominciò a percorrere il viso con le sue mani, per accertarsi che stesse bene.
Tutta quella apprensione provocò una stretta allo stomaco di Isaac: lei si preoccupava e lui alla centrale aveva quasi cercato di aggredirla. Scosse la testa, cercando di non pensarci.
“Cosa sta succedendo, Isaac?”, domandò lei, notando il suo sguardo perso nel vuoto. “Cosa è successo a tuo padre? Ti credono responsabile”.
“Lyla”, cominciò lui con voce titubante. Doveva trovare le parole adatte.
Le parole adatte per farle capire il minimo indispensabile ma allo stesso tempo non farla preoccupare, perchè era l'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento.
Isaac sospirava, cercando di parlare. Portò entrambe le mani a circondare il viso di lei.
Lyla, sono un licantropo e sono sospettato di un omicidio che non ho commesso!
No. Quella versione era stata bocciata fin dal principio.
Lyla lo fissava, con gli occhi castani speranzosi quanto preoccupati, ed Isaac non faceva che smarrirsi in essi ogni volta, perdendo il filo delle parole.
Notando la sua indecisione, Lyla per un secondo non riuscì a fare a meno di pensare che fosse coinvolto davvero, ma Isaac non avrebbe mai fatto una cosa del genere.
No. Non poteva. Non doveva essere così.
“Isaac, tu...”, iniziò lei, senza completare la frase.
Sperava che non dicendolo ad alta voce, non sarebbe risultato reale.
Il ragazzo capì subito cosa lei aveva intenzione di chiedergli e cominciò a scuotere la testa.
“No, Lyla”, rispose con voce ferma, aumentando la presa sul suo viso. “Non ho fatto nulla del genere, credimi. Tu sai che è così”.
Lyla sospirò con fare sollevato, ed il suo cuore riprese a battere normalmente, tranquillizzando anche Isaac che poteva sentire le sensazioni di lei come fossero le sue: la ragazza per lui era diventata come un libro aperto.
“Solo che non tutti la pensano così”, continuò il ragazzo, abbassando lo sguardo e abbozzando uno dei suoi sorrisi amari, carichi di un retrogusto malinconico. Era uno di quei sorrisi che Isaac sfoggiava ogni volta che si trovava dinanzi a situazioni che non sapeva fronteggiare.
Come quando suo padre lo umiliava davanti alle altre persone. Allora lui sorrideva in quel modo, perchè era la sua unica arma di difesa. Era l'unico modo per cercare di sopportare tutte quelle piccole torture quotidiane che suo padre gli riservava. Ora il mostro non c'era più: era morto, ma Isaac era così abituato alla sua presenza che si comportava come se ci fosse ancora.
“Cosa è successo alla centrale?”, chiese lei all'improvviso. “Tu eri lì? Ero venuta a cercarti ma è successo qualcosa di così strano. Stiles mi era addosso e sentivo dei rumori, persino dei ringhi”.
“No”, mentì. “Sono andato via prima”. Mentì di nuovo. La guardò, alzando un sopracciglio, e le sue labbra di curvarono in un sorriso. “Ringhi?”, chiese divertito, come per prenderla in giro.
“Dico davvero! Adesso dirai anche tu che ho sbattuto forte la testa”, rispose accigliata. “Isaac, se sei innocente perchè sei fuggito e come hai fatto?”, chiese lei, serrando i pugni sul suo petto.
“Lyla, ti prego”, rispose il ragazzo con un leggero tono di disperazione. “Sono il primo della lista dei sospettati, non potevo restare, io...”.
Non sapeva cosa dire, stava solo temporeggiando. Stava trovando un modo assurdo per rifilare un'altra bugia alla sua ragazza ma cosa altro poteva dirle?
Lyla continuava a guardarlo, in attesa.
“Ascolta”, continuò Isaac, portando le mani sui fianchi di lei. “Non posso spiegarti tutto al momento e dovrò nascondermi per un po', mi staranno sicuramente cercando, tuo padre compreso, ma devi fidarti di me”.
Lyla non rispose, trattenendo il respiro. Il suo cuore batteva frenetico. Sentiva che c'era qualcosa che non quadrava nella parole di Isaac ma sentiva anche che il pensiero di non vederlo per altro tempo la faceva stare male. Isaac sentiva tutta la sua preoccupazione e tutti i suoi dubbi, messi lì ben in evidenza che marciavano a testa bassa, in attesa di trovare una risposta sensata.
Il ragazzo riportò le mani al suo viso, e la baciò nuovamente, per cercare in qualche modo di appianare tutti i suoi dubbi. Non era mai stato bravo ad esprimersi a parole e forse quello era l'unico modo che aveva per far capire a Lyla quanto avesse bisogno di sentirla, e quanto tutto ciò che stava accadendo stravolgeva lei almeno quanto lui.
Lyla rispose al bacio, fin quando il pensiero di lui che non la aspettava più fuori la scuola o di lui che non si arrampicava più sulla sua finestra l'assalì.
Isaac riuscì a sentirlo e, allontanandosi da lei, decise di rassicurarla almeno su quello.
“Verrò a trovarti. Domani sera e nelle sere a venire, io verrò da te.”, esclamò accarezzandole le labbra con il pollice. “Lo prometto”.
Lyla alzò un sopracciglio. “Potrebbero vederti”, rispose, ansiosa.
Non mi vedranno”. La sua voce era sicura e sfoggiò un sorriso sghembo.
Si sarebbe intrufolato da lei ogni sera, solo per starle accanto e per non sentire la sua mancanza, che sentiva anche in quel momento, sapendo che di lì a breve si sarebbero nuovamente separati.
Riprese a baciarla di nuovo con maggiore trasporto, percorrendo il suo corpo come se fosse necessario per sopravvivere. La sua maglia fradicia aderiva completamente a quella di Lyla, che continuava a non curarsene, perchè troppo impegnata a farsi trasportare da quel bacio bagnato.
L'adrenalina cominciò a farsi strada nel corpo di Isaac, che prese a respirare pesantemente. La stringeva in modo bramoso. I suoi gesti da cauti e dolci si erano improvvisamente fatti avidi.
Era sotto l'influenza di una forza che non riusciva ad appianare, ed in condizioni normali non sarebbe stato un problema, ma la sua non era una condizione normale. Spalancò gli occhi e si allontanò di scatto da lei, scuotendo la testa e permettendo alle sue pupille di tornare al loro colore naturale, prima che lei potesse accorgersene.
“Stai bene?”, chiese lei, allungando una mano verso di lui.
“S-sì”, rispose lui, regolarizzando il respiro. “Forse è stata la troppa acqua”.
La ragazza sorrise e si avviò verso il bagno dove prese una coperta ed un asciugamano. Con l'asciugamano cominciò frizionargli i capelli, dopodiché lo avvolse con la coperta, permettendogli di asciugarsi. Lo osservò un attimo, inclinando la testa e portando una mano al mento.
“Sembri un gatto che ha appena fatto il bagno”, esclamò con tono divertito.
Isaac la guardò torvo ma non poté fare a meno di ricambiare il sorriso.
“Ah-ah”, la canzonò alzando gli occhi al cielo. “Divertente”.
Il ragazzo si tolse l'asciugamano dai capelli e gliela lanciò dritta in faccia, facendola ridere.
Dopo che Isaac fu completamente asciutto, si adagiò sul letto insieme a Lyla, coprendola con la coperta e abbracciandola da dietro, per poi posare il viso sulla spalla, posandovi un bacio e ispirando il suo profumo.
“Lui ti manca?”, chiese Lyla, voltando leggermente il viso verso il suo.
I suoi occhi diventarono più tristi. Quando passavano del tempo insieme, Lyla aveva visto un piccolo barlume di felicità in essi, ma dietro si nascondeva sempre quella tristezza continua e lei riusciva a coglierla ogni volta che la intravedeva. Era sempre lì, come un macigno sul suo cuore.
“Sì”. Non aggiunse altro, perchè sapeva che sarebbe bastato e che Lyla avrebbe capito.
Isaac voleva bene a suo padre, e nonostante tutto quello che aveva subito, non riusciva ad odiarlo per quanto ci si mettesse di impegno: era più forte di lui.
Lyla si voltò verso di lui, continuando a tenergli la mano. Gli posò un bacio a fior di labbra e restò accoccolata a lui, senza staccare gli occhi dai suoi.
Con le dita intrecciate alle sue, Isaac le restò accanto, aspettando che si addormentasse prima di andare via e beandosi di quei pochi momenti che aveva passato con lei perchè in cuor suo sapeva che sarebbero diminuiti di giorno in giorno.
 
Isaac arrivò alla stazione abbandonata, che ormai era diventata la sua casa. Non appena ci mise piede, venne praticamente assalito da Derek che lo spinse con forza contro il muro, spezzandogli probabilmente qualcosa, visto che sentì un netto e fastidioso “crack”.
“Sei impazzito?”, chiese il ragazzo con tono infastidito. Essere un suo beta significava farsi sbattere contro il muro ogni volta che rincasava? Sperava seriamente di no.
“Tu sei impazzito!”, esclamò l'alpha con gli occhi tinti di rosso.
Isaac lo guardò confuso, non aveva la minima idea di cosa gli fosse preso.
“Derek si può sapere cosa vuoi?”, domandò ancora il riccio, alzandosi a fatica.
“Cosa voglio?”, chiese lui con tono ironico. “Voglio che tu smetta di intrufolarti in casa di quella ragazza. E' pericoloso per te, per lei e per noi!”.
“Cosa?!”, esclamò Isaac, alzando un sopracciglio. “Mi hai seguito!”.
“Isaac ma non capisci?”, rispose Derek, prendendolo per le spalle. “Sei ricercato per omicidio e il padre di quella ragazza lavora con lo sceriffo. Cosa le hai detto prima? Le hai dato una spiegazione sensata a tutto ciò che è successo?”. Incrociò le braccia al petto con espressione saccente.
“No”, esclamò il ragazzo con tono secco. “Lei però non ha insistito tanto, lei...”.
Derek non gli diede modo di finire la frase che lo sovrastò con la sua voce decisa.
“Potrebbe non insistere adesso”, esclamò con tono brusco. “Eppure continuerà ad insistere tra un po' di tempo e a quel punto cosa farai? Le dirai che sei un licantropo? Vuoi fare questo?”.
“No!”. Non voleva certo spaventarla.
“Sai a malapena controllarti”, continuò l'alpha, allargando le braccia. “Potresti tagliarle la gola e non accorgertene nemmeno”.
“Non lo farei mai”, rispose il ragazzo, allontanando il pensiero di Lyla ferita per causa sua.
“Come tuo alpha ti ordino di non vederla più!”, esclamò Derek, dandogli le spalle.
“Non ci penso nemmeno!”, ribattè lui. Non poteva rinunciare a Lyla, non adesso che aveva bisogno che lei gli stesse accanto più che mai.
Derek si voltò, cambiando espressione.
Per un attimo, Isaac ebbe la sensazione di scorgere una nota di comprensione nel suo sguardo.
Vuoi davvero complicarle la vita, Isaac?”.
La domanda di Derek lo lasciò di sasso. Isaac aveva sempre pensato di essere un peso per Lyla, anche quando era umano. Non faceva altro che recarsi alla sua finestra, pieno di lividi e tagli, e lei era sempre pronta a curarlo, abbandonando tutto ciò che stava facendo in quel momento.
Era sempre disposta a mettere da parte qualsiasi cosa non appena lui bussava a quella finestra.
Credeva che diventando più forte, come Derek, avrebbe smesso di esserlo, ma la domanda del suo alpha lo fece rendere conto che forse stava facendo l'esatto contrario.
Lyla si era già messa nei guai per andare a cercarlo e avrebbe continuato a farlo. Quella sera non aveva insistito tanto per sapere cosa ci fosse sotto, ma Derek non aveva tutti i torti. Sapeva per certo che non si sarebbe mai arresa, perchè lei era troppo determinata per lasciar correre alcune cose.
Vuoi che menta ancora a suo padre? Vuoi metterla in pericolo?”.
Ovvio che non voleva. Lui voleva fare l'esatto contrario: tenerla al sicuro e proteggerla, ma doveva starle lontano per farlo? Dal tono che stava assumendo Derek la risposta sembrava essere “sì”.
“Lei è una ragazza normale, con una vita e una famiglia normale, quante speranze avete?”.
“Ma Allison e Scott...”, cominciò il ragazzo, non riuscendo nemmeno a finire la frase, perchè si rese conto di quanto la loro situazione fosse del tutto diversa dalla sua.
“Allison appartiene ad una famiglia di cacciatori”, rispose Derek con tono apprensivo. “E' diverso”.
Isaac non disse nulla, limitandosi a fissare il pavimento fatiscente di quella vecchia stazione.
 
 
Lyla era seduta sul letto a gambe incrociate. Guardò un'altra volta fuori, speranzosa.
Doveva essere proprio stupida. Si comportava come una dodicenne. Perchè continuava ad osservare la finestra in attesa di vedere Isaac fermo lì fuori a chiederle di entrare?
Erano passati tre giorni da quando l'aveva visto l'ultima volta. Si era addormentata tra le sue braccia e l'ultima cosa che ricordava era di averlo sentito sussurrarle qualcosa all'orecchio mentre stava per cadere nel sonno più profondo, vista la giornata alquanto intensa.
Vorrei rimanere per sempre così, qui con te”.
Quelle erano state le sue parole, che mai come in quel momento le risultavano completamente vuote, prive di significato, come le sue aspettative.
Perchè non era più andato più da lei? Con la manica della felpa si asciugò una lacrima silenziosa che scorreva lungo il viso, cercando di darsi inutilmente una risposta.
Forse l'aveva semplicemente presa in giro o forse c'era un motivo più profondo e sensato che lei probabilmente non riusciva a carpire. Raccolse quel poco di determinazione che le restava e si alzò. Si sedette alla scrivania per fare qualcosa che non prevedesse il pensare ad Isaac ma ovviamente non ottenne affatto il risultato sperato.
 
Perchè ad Isaac sembrava che il mondo stesse crollando improvvisamente sulle spalle?
Poteva avere anche una forza superiore a quella di cento uomini insieme ma da solo non era mai riuscito a reggere un macigno di tali dimensioni, aveva sempre avuto bisogno di qualcuno che gli alleggerisse il carico e quel qualcuno era sempre stato Lyla.
Senza di lei, avrebbe soltanto perso sé stesso, come lo stava perdendo in quel momento, mentre la vedeva seduta alla scrivania, con la testa poggiata sulle sue braccia esili.
Tuttavia, per quanto una parte di lui desiderasse stringerla in quel momento, l'altra sapeva che quella non era la cosa giusta da fare. Correre da lei e continuare a schiacciarla con il peso dei suoi demoni interiori significava comportarsi da perfetto egoista, come aveva fatto anche prima di essere trasformato in un lupo. L'aveva sentito anche mentre la teneva stretta: era preoccupata, aveva paura, avrebbe continuato ad averla e soprattutto si sarebbe messa ancora in pericolo...per lui.
Cosa avrebbe fatto se per un motivo o per un altro fosse arrivato a farle del male?
Sarebbe diventato come suo padre? Il ricordo di come tutto quel dolore era iniziato, di come l'uomo che lo aveva tenuto tra le sue braccia aveva iniziato a fargli del male, lo assalì.
Non voleva diventare come lui. Non voleva far del male al Lyla, e non importava se non ne fosse consapevole mentre lo faceva. Semplicemente non doveva accadere. Isaac non sapeva come togliersi quell'immagine dalla testa, sapeva solo che doveva chiudere gli occhi. Doveva chiudere gli occhi per imprimere il sorriso di lei nella mente, per sopperire quel gelo acuto gli arrovellava le viscere e si espandeva all'altezza del torace, provocato da ciò che stava facendo. Fece un respiro profondo e scese dalla finestra della camera di Lyla, correndo verso “casa”.
Scappava da quella finestra che lei continuava a tenere aperta solo per lui.
Scappava dalla paura che lei potesse rimanere ferita un giorno, a causa sua.
Se tieni davvero a questa ragazza la lascerai in pace, Isaac. E' la scelta migliore”.
Le parole di Derek continuavano a risuonare nella sua testa.
Aveva ragione: era la scelta giusta.
Forse con il tempo, lo sarebbe stata per entrambi.
 
Every time I close my eyes, I feel I cannot turn back.
Every time I close my eyes, I want to fall back into you.
Every time I close my eyes, I want to disappear with you.
And I hope you want to disappear, too”.
 
 

Angolo dell'autrice
 
Ecco il nuovo capitolo! Allora che ve ne pare? Spero tanto che vi sia piaciuto, ho bisogno di un vostro parere, perchè sono un po' combattuta, cioè è credibile l'atteggiamento sia di Lyla che di Isaac? Sappiamo quanto Isaac sia puccioso e protettivo, quindi le parole di Derek lo avrebbero portato sicuramente a riflettere sul pericolo in cui l'avrebbe messa continuando a farsi vedere ogni volta, ma ho paura che risulti forzata come cosa. Voi che dite? Non abbandonatemi :3
Avete visto la nuova puntata? Cosa ne pensate? Io spero solo che nelle prossime Isaac abbia un po' di pace, perchè è decisamente troppo ma troppo maltrattato. Bisogna creare una fondazione per la sua difesa, e basta u.u Vi linko questo video che mi ha in qualche modo aiutato a descrivere le sensazioni di Isaac e vi consiglio la visione: http://www.youtube.com/watch?v=JzYVN5BYVS8.
La canzone alla fine è di Mikky Ekko “Disappear” (chi ha visto l'ultima puntata, la conosce), mentre il titolo è ispirato da un'altra canzone “Let her go” dei The Passengers.
Direi che questo è quanto, ho smesso di tediarvi. Lasciatemi un commento anche piccino piccino se vi va :)
Grazie di cuore a tutti quelli che hanno recensito, messo tra le seguite e le preferite :3
Alla prossima, un abbraccio <3

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Capitolo 5
*** IV - Leave my body ***


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Safe Harbor

IV
 
Leave my body
 
 
Lyla aveva cercato di mantenersi il più discreta e naturale possibile in quei giorni, nonostante suo padre, ogni volta che lei usciva, la guardava in maniera poco convinta e la ragazza arrivò addirittura a pensare che potesse seguirla. Forse credeva che in realtà stesse andando nel luogo segreto in cui si nascondeva il suo ragazzo ricercato per omicidio.
No. Semplicemente andava a casa sua. La verità era che ogni volta che entrava in quella casa ripeteva a sé stessa che sarebbe stata l'ultima, ma ci tornava regolarmente il giorno successivo per esplorarla, come se fosse in cerca di qualcosa. In cerca qualcosa che potesse dirle dove trovare Isaac oppure nella speranza che lui tornasse da un momento all'altro fra quelle mura.
Il ragazzo aveva evitato in tutti i modi che lei entrasse in casa, incontrando suo padre. Le aveva detto chiaramente che non voleva che si incontrassero, forse perchè era al corrente del modo disgustato e rabbioso in cui Lyla avrebbe guardato il signor Lahey. In quei giorni, aveva visto la stanza di Isaac. Aveva visto tutti i suoi fumetti, disposti ordinatamente sulle mensole della libreria. Aveva visto tutti i dischi, messi in maniera disordinata affianco allo stereo. Era rimasto tutto come l'ultima volta in cui lui era stato in quella camera: il letto rifatto, i libri buttati sulla scrivania, il computer. Quando non aveva voglia di frugare fra le sue cose, semplicemente rimaneva distesa sul letto, lasciandosi cullare dall'odore di lui che filtrava attraverso le lenzuola. In realtà, Lyla era consapevole del fatto che tutto ciò non fosse proprio utile al suo stato d'animo, eppure era l'unico modo per farla sentire vicina ad Isaac. Le rimanevano soltanto i ricordi e temeva che con il tempo sarebbero svaniti anche loro.
Quella sera Lyla non ne potè più di dividere la sua routine fra casa, scuola e stupidi tentativi di scoprire qualcosa di utile, così decise che era arrivato il momento di martoriare l'unica persona che forse sapeva qualcosa di più. Si mise in macchina, accendendo subito il riscaldamento e fece per mettere in moto quando un colpo vicino al finestrino la fece sobbalzare.
“Papà!”, esclamò, fingendosi allegra. “Mi hai spaventata”.
“Dove vai, tesoro?”, domandò lui, guardandola di sottecchi.
“Vado da Allison per una controllare una relazione di chimica”, mentì. Non aveva nemmeno molta confidenza con Allison ma doveva pur dire qualcosa.”Torno dopo cena, tranquillo”.
“Sicura che non stai andando dal tuo ex ragazzo magicamente scomparso?”.
L'insinuazione di suo padre le fece ribollire il sangue. La trattava come se fosse complice di qualcosa di cui Lyla non era nemmeno a conoscenza. Per un attimo pensò che forse Isaac la stava tenendo all'oscuro proprio per quello.
“No!”, rispose lei con rabbia senza distogliere lo sguardo. “Sto andando da un'amica, adesso se la smetti, vorrei andarmene”.
Suo padre si allontanò leggermente dalla macchina, e la guardò mettere in moto per poi allontanarsi, senza aggiungere altro, visto che le parole di sua figlia erano bastate.
“Bravo papà, cento punti!”.
Dalla finestra vide suo figlio Jamey, che lo guardava divertito, sottolineando ulteriormente la sua mancanza di tatto.
 
Bussò al campanello, rimanendo in attesa. Sapeva che lo sceriffo Stilinski aveva il turno di notte, così non avrebbe potuto dire nemmeno al padre che era a casa sua, invece che da Allison.
“Ah finalmente!”. Sentì la voce di Stiles da dietro la porta. “E' arrivata la mia piz...”.
Il ragazzo rimase immobile sull'uscio della porta, osservando Lyla, stupito.
“Ciao Stiles!”, esclamò la ragazza con un sorriso. “Vuoi farmi entrare?”.
“Ho qualche altra scelta?”, domandò lui, alzando gli occhi al cielo.
Stiles si spostò per farla entrare in casa, sbattendo un piede a terra come un bambino imbronciato, per poi voltarsi verso di lei e portare le mani ai fianchi.
“Non so dove si nasconde il tuo ragazzo!”, esclamò sbrigativo.
“Stiles”, cominciò lei con voce calma. “So che sai qualcosa e voglio che tu me lo dica”.
“Cosa vuoi che sappia?”, domandò lui esasperato. “Sono solo un povero ragazzo circuito da una tipa irritante e fastidiosa come te”.
“Sai cosa è successo alla stazione”, rispose lei ferma. “C'erano urla e ringhi”.
“Ringhi?”, ripetè lui, ricordandole in qualche modo Isaac. “Avevi sbattuto la testa...per mano mia, aggiungerei. Ti ho fatto sbattere accidentalmente la testa contro il muro ed ecco il risultato”.
Lyla alzò un sopracciglio. “Tu e il tuo amichetto sapete qualcosa”, continuò lei.
Prima che però i due ragazzi potessero continuare la conversazione, Lyla sentì il suono di un cellulare alle sue spalle. Si voltò e vide il cellulare di Stiles sul tavolo della cucina.
Il ragazzo osservò Lyla. Si guardarono un attimo e poi, capendo l'uno le intenzioni dell'altro, si precipitarono sul bordo del tavolo per prendere il cellulare, ma Lyla era più vicina, così riuscì a prenderlo prima del ragazzo, che intanto si dimenava risentito, sperando che non fosse un messaggio che riguardasse quegli stupidi licantropi da strapazzo.
“Bene”, esclamò la ragazza, sfuggendo alle inutili prese di Stiles. Aprì il messaggio velocemente e lesse ad alta voce, scoprendo che si trattava proprio di Scott. “Boyd ora è uno di loro. So che vivono alla stazione abbandonata”.
Quel messaggio per Lyla non aveva assolutamente senso, ma non aveva idea che Scott aveva scritto proprio dove si trovava Isaac. Il ragazzo la fissava, cercando di non far trasparire il suo stato di agitazione, e ricordandosi di prendere a calci Scott non appena lo avesse avuto a tiro.
“Cosa significa?”, domandò, mentre Stiles le strappava il telefono dalle mani.
“Non sono affari tuoi”, rispose il ragazzo, riponendo il cellulare nella tasca sinistra.
“Stiles, smettila di mentire”, asserì la ragazza. “Dalla tua faccia sembra che significhi qualcosa”.
“Invece ti sbagli”, rispose lui, incurvando le labbra in un sorriso sardonico.
“Non vuoi dirmelo, eh?”, domandò Lyla, dondolando sulle gambe. “Bene”.
La ragazza si diresse verso la porta, decisa a scoprire il senso di quel messaggio che aveva fatto cambiare totalmente espressione al figlio dello sceriffo, che intanto le andava dietro, gesticolando.
“Dove vuoi andare?”, chiese, parandosi davanti alla porta.
“A questa fantomatica stazione”, rispose lei in tutta calma, cercando di farlo spostare.
“A quest'ora?”, domandò Stiles con espressione indignata. “E' buio, fa freddo e gira brutta gente”.
Lyla alzò gli occhi al cielo e lo fece spostare, dirigendosi verso la macchina.
Stiles era certo di una cosa: quella ragazza lo avrebbe fatto diventare matto. Si portò le mani alla testa, mentre lei metteva in moto e si recava proprio nel posto in cui avrebbe trovato Isaac. Il ragazzo non sapeva che altro fare, se non sperare che l'allegra brigata non si facesse trovare con zanne ed artigli bene in vista.
 
Lyla spense il motore, rimanendo ad osservare il luogo, che doveva corrispondere alla stazione abbandonata. Non ci era mai venuta, ma era al corrente della sua esistenza, nonostante non sapesse se era quella a cui si riferiva Scott. Scese dall'auto, e cominciò a camminare. L'erba era alta lì intorno, segno del fatto che quasi nessuno metteva piede in quel posto alquanto lugubre. L'odore di erba bagnata le colpì le narici, mentre il vento freddo le pungeva il viso. Lyla arrivò dinanzi ad una porta di legno, che non sembrava nelle condizioni migliori. Quel luogo aveva qualcosa di cupo e lei doveva avere dei seri problemi mentali per recarsi lì da sola e del tutto indifesa. Una volta aperta la porta, vide una luce in fondo alle scale sgangherate e cominciò a scenderle con cautela, cercando di non inciampare. Quando i suoi piedi furono su una superficie solida che non sembrava dare cenni di cedimento, la ragazza alzò lo sguardo, trovandosi davanti un vagone verde in rovina.
La ragazza sussultò quando su di esso scorse la figura di un ragazzo dai capelli neri e la carnagione olivastra. Aveva un volto familiare, che Lyla credeva di aver già visto, ed osservandolo meglio, si rese conto che si trattava di Derek Hale, sospettato di omicidio per poi essere scagionato. La guardava con le mani giunte dietro la schiena, in un atteggiamento composto e calmo. Non molto lontano da lui, c'era un ragazzo, che Lyla riconobbe come Boyd.
“Lei non dovrebbe essere qui”, affermò Derek, continuando a fissarla, e rivolgendosi ad un interlocutore che Lyla non sembrava scorgere, fin quando la figura di Isaac non apparve.
Il ragazzo strinse i pugni, e si voltò verso Derek che, lanciandogli uno sguardo truce si allontanò, seguito da Boyd.
Un'altra figura si faceva largo nell'ombra di quel luogo: Erica, o meglio la nuova versione di Erica, che la fissò, per poi rivolgere ad Isaac un sorriso suadente.
La ragazza tornò a soffermarsi su Isaac. C'era qualcosa di strano in lui. La mascella era serrata. Il suo sguardo era vacuo e rigido, completamente diverso da quello che lei aveva sempre conosciuto, dolce e spesso impaurito.
“Mi hai trovato”, esclamò con tono distaccato.
“Sapevi che l'avrei fatto”, rispose lei, continuando a scrutare il suo viso impassibile.
“Ora che mi hai trovato puoi anche andartene”, continuò il ragazzo senza guardarla negli occhi.
Stronzo. Era così che Isaac si sarebbe definito in quel momento. Stava facendo appello al peggior repertorio che non aveva mai pensato di avere. Lui non era il ragazzo arrogante, che trattava le persone con sufficienza e che credeva fermamente di essere il migliore di tutti. Eppure, in quel momento si stava dimostrando tale.
La ragazza rimase un attimo senza rispondere, chiedendosi se colui che avesse di fronte fosse davvero Isaac.
“Cosa?”, domandò lei, incredula. Fece un passo verso di lui, ma Isaac non perse tempo ad indietreggiare, evitando ogni minimo contatto con lei. “Isaac...cosa mi stai nascondendo?”.
“Nulla”, rispose lui con voce tranquilla. “Semplicemente penso che dovresti andare via. Ora vivo qui”.
“Con quelli?”, domandò lei indicando un posto non molto lontano in cui probabilmente i suoi nuovi “amici” si stavano godendo lo spettacolo, forse ridendo anche di lei.
“Esatto”, rispose lui, incrociando le braccia al petto e sfoggiando un'espressione che proprio non gli apparteneva. La parola “stronzo” continuava ad echeggiare nella testa di Isaac, facendolo sentire un verme.
Lui voleva davvero tenere Lyla fuori da tutte quelle vicende. Uno dei motivi per cui aveva accettato la proposta di Derek era per essere più forte e difendere le persone care. Infatti, l'unica
persona cara che gli era rimasta era Lyla, nonostante si stesse avvicinando sempre di più alla sua definitiva perdita.
Lyla sentiva gli angoli degli occhi che le pizzicavano fastidiosamente e con una mano cominciò a torturare la manica della giacca che indossava. Lo faceva sempre quando si sentiva nervosa e quando era sul punto di piangere.
Isaac lo sapeva e sapeva anche dove colpire.
“Credevo ti fosse successo qualcosa”, esclamò Lyla, tenendo fisso lo sguardo su di lui, ma Isaac non faceva altro che guardare altrove e lei voleva urlargli di avere almeno il coraggio di voltarsi.
“Non sono mai stato meglio”, ribattè il ragazzo, osservando un punto indefinito della parete alle spalle di Lyla e passandosi la mano fra i capelli.
Lyla lo osservò sempre più turbata. Chi era quel pallone gonfiato che aveva di fronte?
Cercava di trovare le parole adatte da dire, ma con lui che si comportava in quel modo, riusciva soltanto a mettere insieme un'accozzaglia di gesti confusi e nervosi, mentre il respiro le si spezzava pian piano.
“Allora perchè non sei venuto più da me?”. La fatidica domanda, come quelle dei quiz televisivi. La domanda da un milione di dollari in cui il concorrente si giocava tutto. “Lo avevi promesso. Se stavi bene, perchè non l'hai fatto?”.
Isaac leggeva nei suoi occhi tutta la speranza, la determinazione, la rabbia che Lyla stava provando in quel momento e dovette fare appello a tutta la forza d'animo che aveva per continuare. Si stava praticamente impegnando per ferirla , perchè lui non aveva mai ferito nessuno, né con i gesti né con le parole, ma in quel momento lo stava facendo così bene che sembrava quasi naturale.
“Avevo di meglio da fare”, rispose con finta arroganza. Desiderava tanto che lei smettesse di guardarlo, perchè provava troppa vergogna per ciò che stava facendo. Si vergognava di sé stesso, dell'incongruenza dei suoi gesti e dei suoi sentimenti.
“E' uno scherzo, vero?”. La voce si ruppe. Qualcosa nel suo petto si ruppe, con un rumore vacuo e lontano, che ricordava tanto quello del vetro che si infrangeva in tanti cocci.
Isaac rise, ma se prima la sua risata era bella e melodiosa, in quel momento sembrava la cosa più orribile che Lyla avesse mai sentito, perchè era una risata divertita da una situazione che di spassoso non aveva proprio nulla.
“Parli come se non fossi tu”, asserì la ragazza, guardandolo e ripetendo a sé stessa che quel mostro che aveva di fronte non aveva proprio nulla di Isaac, se non l'aspetto.
“Sono io”, rispose Isaac, mantenendo un sorriso, che sembrava più un ghigno. “In carne ed ossa”.
Lyla sentì che doveva fare qualcosa. Senza riflettere lo baciò all'improvviso, lasciandolo sorpreso. Impresse le labbra sulle sue, come se sperasse che quel bacio potesse risvegliarlo e farlo tornare in sé, come il bacio del vero amore che c'era in ogni favola che aveva ascoltato da bambina. Sua madre le raccontava che il bacio del vero amore era in grado di spezzare anche la più terribile delle maledizioni, ed in quel momento lei era stata così stupida da credere che Isaac fosse sotto l'effetto di chissà cosa, quando forse si era solo stancato di lei, e non c'era nulla su cui interrogarsi.
Isaac si lasciò trasportare da quel bacio, riprendendo confidenza con quelle labbra che tanto gli erano mancate.
Le sue labbra erano così morbide e piacevoli, che allontanarle sembrava quasi un reato, ma era una cosa che non poteva evitare: la spinse via.
“Senti, Lyla”, cominciò lui, cercando di mantenersi il più distaccato possibile. “Insieme ce la siamo spassata, ma credo sia il momento di prendere strade diverse, non trovi?”
Gli occhi di Lyla che il ragazzo aveva sempre visto pieni di gentilezza, erano colmi di rabbia, come se da un momento all'altro l'avrebbe assalito. Lyla credeva di non aver sentito, più che altro sperava di non averlo sentito pronunciare quelle parole assurde quanto dolorose. Il ragazzo che era accorso ogni sera alla sua finestra, al quale aveva disinfettato le ferite, che l'aveva abbracciata e baciata con una dolcezza che lei non credeva esistesse ancora, le stava davvero dicendo quelle cose?
Non riusciva a ragionare, non riusciva a mettere insieme le parole. Riusciva soltanto a far scorrere nella sua mente tutte le immagini di loro due insieme, poi una rabbia che raramente le apparteneva, aveva invaso ogni fibra del suo corpo, portandola a colpirlo con un secco e rumoroso schiaffo. Lyla lo colpì così forte, che il ragazzo girò la testa da un lato, assottigliando le labbra e riducendo gli occhi azzurri a due fessure, come se si stesse trattenendo. Si voltò verso di lei, massaggiandosi la guancia e fingendo di provare dolore, mentre la risata di Erica giunse alle loro orecchie.
“Con il tempo mi dimenticherai, tranquilla”, aggiunse in tutta calma, sorridendo.
In quel sorriso così esposto e spavaldo, Lyla non riuscì a vedere nemmeno una traccia di tutti quei tormenti e quelle paure che lo avevano afflitto fino a qualche tempo fa. Dov'era il suo Isaac?
“Finisce così?”, domandò lei, rifiutandosi di accettare tutto quello che era successo.
“Direi proprio di sì”, rispose il riccio, massaggiandosi il mento con una mano.
Lyla gli diede le spalle, trattenendo con forza le lacrime, e si precipitò sulle scale, uscendo.
Non aveva nient'altro da fare in quel posto.

Isaac rimase immobile con gli occhi azzurri fissi sul pavimento. Avrebbe sfoderato gli artigli solo per conficcarseli nella pelle, lacerandola, pur sapendo che le ferite si sarebbero rimarginate. Voleva provare dolore. Voleva punirsi per quello che aveva fatto, per quello che le aveva detto, per il modo orribile in cui aveva ferito l'unica cosa bella che gli era rimasta.
Una mano familiare gli strinse la spalla, cercando di dargli conforto.
“Va tutto bene, Isaac”. La voce di Boyd era calma e incoraggiante. “Hai fatto la cosa giusta”.
“Dirà a suo padre dove si trova Isaac?”, domandò Erica con un tono di sufficienza, che fece salire ad Isaac il sangue alla testa. 
“Non lo farà”, rispose Derek con voce tranquilla. “Le ragazze non sono tutte vendicative come te”.
Isaac sentì il bisogno di chiudere gli occhi, mentre la presa di Boyd aumentava, poiché riusciva a percepire l'odio e la rabbia verso sé stesso, che vennero poi sovrastati da un'intensa malinconia che portò Isaac a trattenere il respiro.
Nel frattempo, Lyla era giunta alla macchina. Mise in moto il più velocemente possibile: voleva scappare da quel luogo prima di implodere del tutto. Trattenne il respiro, come se fosse sott'acqua. Provò a calmare in qualche modo quel fastidio, o meglio quel dolore lancinante, che la stava dilaniando dallo stomaco per poi salire alla cassa toracica.
 

I giorni successivi passarono lentamente, così lentamente che a Lyla sembrava quasi di rivivere sempre e solo lo stesso giorno. Tutto uguale, piatto, scarno e doloroso...come il giorno in cui aveva trovato Isaac. Non c'era stato giorno in cui il suo pensiero non fosse rivolto a lui, accompagnato da un sospiro pesante. Ogni tanto si era chiesta se Isaac fosse esistito davvero e se non fosse altro che il frutto della sua immaginazione. La sua famiglia, pur rispettando la sua vita privata, si era mostrata decisamente preoccupata, suo fratello Jamey in particolare. Lui aveva sempre provato una certa simpatia per Isaac, vista la poca differenza d'età ed anche per la reciproca passione per i fumetti, quindi la sua scomparsa non poteva che dispiacergli, ma gli dispiaceva anche vedere sua sorella in quello stato di finta normalità. Suo fratello parlava raramente con lei di questioni personali, ma dopo l'incontro definitivo con Isaac aveva percepito che qualcosa non andava poi così bene. C'erano nottate in cui, mentre la pioggia batteva forte alla sua finestra, Lyla si era ritrovata a girarsi continuamente nel letto, in preda all'ansia. Al suo risveglio, aveva trovato semplicemente suo fratello che dormiva ai piedi del letto. Ogni volta che Lyla chiudeva gli occhi, vedeva il viso di lui ma l'unico ricordo del viso di Isaac era collegato sempre a quel maledetto giorno. I ricordi felici stavano svanendo, per lasciare il posto al loro ultimo incontro in cui lo sguardo di Isaac l'aveva trafitta, insieme a parole uscite da quella bocca che fino ad allora aveva pronunciato sempre parole dolci. Lyla avrebbe potuto permettere alla sua mente di dimenticarlo, come facevano la maggior parte delle persone dopo una “rottura”, se così poteva definirsi almeno quella, ma il punto era che lei in fondo ancora non voleva o semplicemente non ne era capace. C'era voluto poco per capire che lei e Isaac erano esattamente un incastro perfetto, convinzione che era stata sfatata nel giro di un minuto. Lui era ancora dentro di lei e Lyla non riusciva a cacciarlo, perchè a volte aveva bisogno di sfogliare quel libro impolverato che raccoglieva tutti i momenti passati insieme, tutti i sorrisi, i baci, le carezze, le serate alla sua finestra, il sangue delle sue ferite che lei aveva lavato via ogni volta.
Altri giorni, invece, il senso di malinconia veniva sostituito da una rabbia incontrollabile che la rendeva sprezzante rispetto al resto del genere umano.
Quella rabbia l'aveva invasa in un giorno particolare.
Quando era entrata in aula con la faccia da anima in pena tipica della maggior parte degli studenti, era rimasta ferma sulla soglia ad osservare la figura seduta a ben poca distanza da lei: Isaac.
Era stato scagionato ma lei ovviamente non l'aveva saputo prima di trovarselo davanti, a differenza di Stiles.
Stiles, seduto due banchi dietro insieme a Scott, si era voltato verso di lei, e con lui anche Isaac, quasi come se avesse fiutato la sua presenza. Il ragazzo l'aveva guardata un attimo per poi voltarsi subito, mentre lei aveva preso posto il più lontano possibile da lui. Quella sì che era stata una giornata davvero lunga. Per fortuna, Lyla Evans era una ragazza dalle mille risorse, capace di adattarsi a qualsiasi tipo di situazione, anche la più scomoda, e quella era stata soltanto la prima di una lunga serie di situazioni scomode, che l'avrebbero tormentata nei giorni a venire.
 
The stars, the moon, they have all been blown out.
You left me in the dark. No dawn, no day.
I'm always in this twilight. In the shadow of your heart”.
 
 
 
Angolo dell'autrice
 
Eccomi con il nuovo capitolo. Ci ho messo un po' di tempo per pubblicarlo perchè ero molto indecisa sulla seconda parte, visto che inizialmente comprendeva un altro evento (precisamente il rave della puntata 2x08) ma poi ho constatato che succedevano un po' troppe cose quindi ho deciso di dividere. Allora come spero abbiate letto, Lyla è andata da Stiles...ho immaginato che questo incontro sia avvenuto nella puntata 2x03, dopo che Scott ha affrontato Derek sulla pista da pattinaggio (nella mia testa, dopo aver visto che Boyd è stato morso, potrebbe aver avvisato Stiles dell'accaduto tramite messaggio). Mi serviva un espediente che permettesse a Lyla di scoprire dove si trovasse Isaac e visto che la polizia non ne ha idea, a differenza di Scott e Stiles, ho pensato a questa cosa e spero non sia un gran cretinata. Volevo che ci fosse un confronto, per quanto doloroso, che facesse davvero credere a Lyla che ad Isaac non importa di lei, poi ovviamente questo è solo il primo e nel prossimo ce ne sarà un altro (Rave...non dico altro u.u). Sia il titolo che la canzone alla fine sono di Florence & The Machine (la amo!) e sono rispettivamente “Leave my body” e “Cosmic love”. Non credo ci sia altro da dire, spero sempre che vi sia piaciuto, e ringrazio infinitamente tutti coloro che stanno seguendo questa storia. Lasciatemi un commentino se vi va, mi interessa sempre sapere i pareri altrui, sia positivi che negativi :3
Ps: vi consiglio la visione di questo video (sempre su Isaac) che ho scoperto tramite facebook http://www.youtube.com/watch?v=j92DSaDDiFY *-*
Alla prossima, un abbraccio <3

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Capitolo 6
*** V - Like an open wound ***


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Safe harbor
 
V
 
Like an open wound
 

Quando si provoca una lesione, il tessuto ha bisogno di tempo per rigenerarsi. Più la ferita è profonda, maggiore sarà il tempo necessario per la riparazione. Quando è molto profonda, si evita di ricucire per fare in modo che guarisca da sola: viene semplicemente lasciata aperta. Una ferita aperta. La ferita aperta di Lyla era Isaac, e lei non voleva toccarla perchè bruciava. Credeva che con il tempo si sarebbe chiusa. Bisognava soltanto lasciarla in pace e sarebbe guarita da sola. Lyla non aveva passato i suoi giorni rannicchiata in un angolo a piangere dopo la vicenda di Isaac. Le era bastato piangere una sola volta, versando così che tante lacrime che dopo non aveva avuto nemmeno più la forza di versarne altre. Si sentiva svuotata da ogni tipo di sentimento: non provava rabbia, non provava tristezza o malinconia, soltanto un grande senso di vuoto. Le giornate erano passate velocemente ed in maniera monotona da allora. Isaac lo aveva visto sempre di sfuggita, ed in compagnia di Boyd ed Erica, forse la bionda era diventata la sua nuova fiamma. Quando Lyla soffriva, lo faceva in silenzio. Sopportare il dolore in quel modo rendeva le cose più semplici, almeno per lei. L'ultima cosa che voleva era risultare patetica agli occhi dei suoi amici e della sua famiglia. Le bastava sorridere in modo convincente e far finta che andasse tutto bene, quando in realtà il cuore voleva scoppiare per tutte le emozioni che stava riuscendo a reprimere in modo soffocante. Quel suo atteggiamento l'aveva portata a riflettere sulla definizione di “normalità”...il suo comportamento era normale o completamente stupido? Ci stava riflettendo anche in quel momento, mentre con la dita sottili torturava l'orlo del vestito che aveva indossato. Un vestito che non era proprio nel suo genere, ma Ashley l'aveva costretta a metterlo e, non contenta, l'aveva anche obbligata a truccarsi e a sistemare i capelli in maniera diversa dal solito. Infatti, i lunghi capelli castani ricadevano in morbidi boccoli sulle spalle, e quando si era guardata allo specchio aveva quasi stentato a riconoscersi: non lo avrebbe mai ammesso davanti ad Ashley ma in quel momento un piccolo sorriso soddisfatto era apparso sul suo viso.
Quando Lyla e le sue amiche arrivarono, la festa era già nel suo vivo: la musica a palla, le persone addossate l'une alle altre, bevande alcoliche in quantità industriali.
Ashley la prese per mano e la trascinò nel bel mezzo della pista, passandole un bicchiere dal contenuto sconosciuto ed incitandola a bere. Lyla decise di farla contenta e bevve, sotto lo sguardo soddisfatto di quell'amica che senza essere invadente le aveva dato conforto con la sua sola presenza. La gola bruciava, così come la sua ferita
 
Dopo che Scott ebbe consegnato ad Isaac la dose di chetamina da somministrare a Jackson, i due ragazzi cominciarono a farsi largo fra la folla, confondendosi in essa.
Isaac riuscì a scorgere una figura non molto lontana da lui: Lyla. Sembrava a suo agio sulla pista, avvolta in un semplice vestito nero che però ne esaltava la figura. 
Mentre Isaac continuava ad osservare Lyla, pregando con tutto sé stesso che non vedesse ciò che stava per fare, Erica afferrò Jackson dolcemente, facendolo voltare e cominciando a sfiorare il suo collo. Con l'altra mano, la ragazza attirò Isaac a lei, facendo aderire il petto di lui alla sua schiena. Isaac lanciò dei sorrisi complici sia a lei che a Jackson.
Il ragazzo teneva il fianco di Erica con una mano e si muoveva a ritmo di musica, mentre Erica si destreggiava fra lui e il coetaneo. Jackson sembrava completamente soggiogato dalla ragazza, che aveva reclinato la testa all'indietro, lasciando libero accesso a Jackson e cercando con le labbra il viso di Isaac. 
Intanto il ragazzo, senza farsi vedere, cominciò a prendere la chetamina con la mano libera, sperando con tutto il cuore che quella messa in scena fosse almeno servita a qualcosa.
 
Per poco le gambe di Lyla non cedettero, quando la ragazza notò una scena che si stava svolgendo a poca distanza da lei. Si sentiva a disagio, ed un dolore familiare cominciava a farsi spazio dentro di lei, sulla ferita aperta. La sala diventò uno spazio minuscolo e angusto, mentre le pareti sembravano d'un tratto schiacciarla, mentre le persone sembravano aumentare, mentre il respiro cominciava a mancarle per ciò che stava vedendo. Si sarebbe potuta sbriciolare in mille pezzi proprio in quel momento. La ferita bruciava, e il sangue scorreva a fiotti. Restò immobile per un secondo, osservando le labbra carnose di Erica che lambivano quelle di Isaac, e poi l'istinto di uscire da lì fu troppo forte per riuscire a sopprimerlo. Corse via, senza nemmeno guardarsi intorno.
Una volta uscita fuori, prese il cellulare dalla borsa e scrisse un messaggio frettoloso ad Ashley per rifilarle una scusa sul motivo della sua scomparsa, visto che era corsa via senza dire o avvisare nessun altro, e per sua fortuna sembravano tutti troppo brilli per fare domande.
“Lyla!”. Una voce familiare fece voltare la ragazza verso una figura longilinea non molto lontana.
“Stiles”, esclamò lei, trattenendo le lacrime che combattevano per uscire.
“Stai bene?”, chiese il ragazzo, avvicinandosi, mentre in una mano teneva quella che sembrava essere una specie di polvere. Lyla ci si soffermò un attimo ma era troppo confusa e sconvolta per preoccuparsi di cosa stesse facendo il ragazzo.
“Sì, tutto bene”, rispose Lyla, forzando un sorriso. “Forse ho solo bevuto troppo”.
Stiles la guardò turbato, come se avesse percepito il motivo delle sue bugie.
“E' per Isaac, vero?”, chiese d'un tratto, mordendosi poi un labbro e sperando di non aver osato troppo con quella domanda. 
Lyla non rispose, si limitò ad abbassare lo sguardo e a rispondergli con un frettoloso “devo andare”, cominciando ad allontanarsi da quel luogo, sotto lo sguardo mortificato di Stiles. Camminava svelta ed impaziente di tornare nell'unico posto in cui si sentiva al sicuro da tutto il resto, mentre l'alcool che aveva in corpo cominciava ad annebbiarle di poco la mente.
 
Jackson era scappato via e come se non bastasse, Scott era stato sul punto di morire per mano della madre di Allison e Derek aveva provveduto a portarlo da Deaton prima che fosse troppo tardi. Una volta che quella strana serata era giunta al termine, Erica e Boyd volevano prendere la via di quella che era la loro nuova casa ma Isaac non aveva avuto alcuna intenzione di seguirli. Aveva bisogno di fare due passi da solo. Erica provò ad avvicinarsi a lui per cercare di fargli cambiare idea, ma Boyd la fermò, facendole un segno di diniego con il capo, per farle capire che Isaac non era molto di compagnia, così i due ragazzi si avviarono verso la stazione abbandonata. Tuttavia, prima che Isaac potesse allontanarsi, qualcuno gli mise una mano sulla spalla.
Il ragazzo si voltò, trovandosi Stiles di fronte.
“Non sei andato con Derek?”, chiese il ragazzo, osservandolo confuso.
“Li raggiungo dopo, avevo prima una cosa da fare con te”, rispose Stiles.
“Hai intenzione di confessarmi il tuo amore?”, domandò Isaac con tono sarcastico.
“Cavolo, mi hai beccato. In realtà ho sempre avuto un debole per i licantropi con evidenti problemi nel gestire la rabbia e nel relazionarsi con gli altri”. Isaac lo guardò male. “Ero più interessato a sapere cosa diamine stai combinando con Lyla”.
Il ragazzo si incupì subito, abbassando lo sguardo, e infilando le mani nelle tasche dei jeans.
“Non sono affari tuoi”, berciò con voce rude, per poi dargli le spalle ma Stiles gli si parò davanti.
“Probabile, ma ciò non toglie che sei un imbecille”, continuò il ragazzo, allargando le braccia. “Si può sapere che problemi hai? Se le stai facendo del male, smettila!”.
Isaac non stava bene, Stiles lo sentiva. Riusciva a percepire quella leggera nota di malessere nei suoi occhi azzurri, eppure questo non gli impediva certo di calcare la mano, perchè qualunque cosa quel lupo stesse cercando di fare, stava sicuramente danneggiando Lyla e forse anche sé stesso.
“Altrimenti cosa fai?”, mormorò il riccio, digrignando i denti. “Trasformi il mio sedere da lupo mannaro in una pelliccia?”.
“Accidenti, vedo che ricordi anche i miei insulti. Allora, in qualcosa sei bravo”, esclamò Stiles con tono brusco. Non aveva una gran simpatia per Isaac, visto che faceva parte del branco di Derek anche se da un lato gli dispiaceva essere così caparbio con lui.
“La gente muore, Stiles!”, esclamò Isaac all'improvviso con gli occhi colmi di rabbia e risentimento. “La gente muore e noi troviamo corpi squartati e insanguinati per opera di Jackson! E se un giorno uno di quei corpi fosse Lyla? Lei è una ragazza normale, con una vita normale. Non posso sconvolgerla in questo modo! Non voglio che lei si faccia male. Io non...”.
Il ragazzo lasciò la frase a metà, mentre Stiles continuava ad osservarlo, cogliendo perfettamente il senso del suo discorso.
“Io ho bisogno di stare solo”, continuò il ragazzo, mantenendo gli occhi bassi, e allontanandosi sempre di più da quel posto, mentre l'aria notturna si faceva sempre più fredda.
Era perso in tutti i suoi pensieri, che fluttuavano nella sua mente. Era perso nelle parole di Stiles e nel suo definirlo un imbecille. Già, era davvero un imbecille...ma il suo era solo un disperato tentativo di non coinvolgerla in tutte quella vicende. Eppure, lei gli mancava così tanto. Dannazione se gli mancava. Vederla ogni volta e sapere di non potersi avvicinare era una tortura. Avrebbe potuto ma ogni volta che il pensiero di farlo gli attraversava la mente, le parole di Derek cominciavano a rimbombare nella sua testa. Mentre era immerso in tutte quelle inquietudini, una voce non molto lontana lo mise subito in allerta. Avrebbe riconosciuto quella voce ovunque: la voce di Lyla.
 
“Non dovresti camminare sola”. Il ragazzo le sorrise e solo allora lei si rese conto che si trattava di Dean, lo stesso idiota che l'aveva infastidita a scuola, provocando la rissa con Isaac, che era stata poi sventata da Scott. Lyla, potendo sentire l'odore di alcool, si scostò leggermente disgustata.
“So badare a me stessa”, rispose, stringendosi nelle spalle.
Il ragazzo la guardò divertito, aggrottando le sopracciglia, e continuando a camminare.
“Ho visto che con Lahey non è andata”, continuò, facendola voltare.
La ragazza lo guardò male. “Non credo che questo ti riguardi”.
Dean le si parò davanti, alzando le mani in segno di resa, e rivolgendole un sorriso smagliante.
“Dai, volevo approfittarne per farmi avanti e chiederti di uscire”, esclamò.
“La tua delicatezza mi commuove”, rispose la ragazza in tono acido. “No, grazie”.
Il ragazzo le bloccò il braccio.
“Preferisci gli sfigati che poi diventano cattivi ragazzi, eh?”, domandò lui con tono sarcastico.
“Lasciami andare”, gli intimò la ragazza, cercando inutilmente di divincolarsi dalla presa, ma Dean non sembrava propenso ad accontentarla, facendole contrarre il viso in una smorfia di dolore.
“Ti ha detto di lasciarla andare”. Quella voce. La sua voce.
Isaac fissava Dean con lo sguardo truce e le braccia distese lungo i fianchi.
Il ragazzo lasciò la presa sul braccio di Lyla. Dean aveva probabilmente capito che l'unica cosa che gli restava da fare era quella di girare a largo, dato il modo minaccioso in cui Isaac lo fissava.
Il ragazzo si avvicinò a Lyla, intenta a massaggiarsi il braccio leggermente dolorante.
“Tutto bene?”, le chiese, avvicinandosi.
“Sì”, rispose lei con tono serio e con lo sguardo rivolto verso il basso.
“Ti accompagno a casa”, esclamò Isaac, poggiandole una mano dietro la schiena.
Lyla si ritrasse, come se si fosse scottata. “No, grazie”, rispose.
“Non fare la stupida”, ribattè lui, guardandola male. “Non puoi andare da sola”.
“So difendermi”, mentì spudoratamente pur di non fare un tratto di strada insieme a lui.
“Non mi sembrava”, esclamò il riccio con un sorriso ironico.
“Non ho bisogno che tu stia qui!”, esclamò Lyla con tono agitato. Non capiva il suo comportamento e non voleva stargli vicino, perchè le sue parole erano ancora lì, impresse a fuoco sulla sua pelle e bruciavano dannatamente ogni volta che il suo sguardo si posava di lei.
“Vuoi incontrare un altro idiota?”, domandò con rabbia, esasperato dalla sua insistenza. 
“No, ma non voglio nemmeno che tu mi stia vicino”, rispose lei con ferocia, spingendolo via, lontano da lei, lontano dai suoi occhi che la tradivano ad ogni parola.
Isaac rimase fermo ad osservarla con gli occhi velati dalla tristezza.
“Io ti odio”, esclamò Lyla in un sussurro quasi impercettibile. “Ti odio da morire”.
Isaac sentiva il battito del suo cuore che aumentava. Sentiva il suo disagio e la sua sorpresa, perchè Lyla era sorpresa di vedere le sue labbra e il suo viso a poca distanza dal suo; era sorpresa di vedere gli occhi azzurri di lui fissi nei suoi; era sorpresa di leggere in essi il senso di colpa che lo dilaniava.
“Non è vero che mi odi”, rispose Isaac, facendosi ancora più vicino, come una falena inesorabilmente attratta dalla luce.
“Forse dovrei iniziare a farlo!”, ribatté la ragazza, volgendo lo sguardo altrove.
Lei aveva le guance rosse, le labbra gonfie per tutte le volte in cui se le era morse nell'arco di pochi secondi ed Isaac credeva che sarebbe impazzito a breve se fosse stato ancora lì fermo a fissarla.
Un attimo dopo, il ragazzo non riuscì ad evitare di baciarla. Isaac non aveva la minima intenzione di lasciare le sue labbra nemmeno per riprendere fiato, perchè baciare Lyla lo faceva sentire più leggero, lo faceva tornare a quando era ancora umano, ricordandogli tutte le volte in cui si era presentato ferito e sanguinante alla sua finestra, come un naufrago in cerca della sua isola. Aveva perso la concezione del tempo e dello spazio: in quel momento il kanima, il branco, Derek non avevano la minima importanza...c'erano soltanto loro due.
Si staccarono un attimo per riprendere fiato. Isaac la guardava, mentre la fronte era poggiata contro la sua e il respiro tornava regolare. Aveva paura, lo sentiva forte e chiaro, ma questo non gli impedì di chinarsi nuovamente su di lei, baciandola in modo più lento e dolce. Lyla tremò a contatto con le sue labbra, mentre i loro cuori sembravano correre una maratona.
Un attimo di lucidità sembrò far sì che Lyla si svegliasse da quello stato di torpore, portandola a staccarsi da Isaac. Lo spinse via con rabbia, come lui aveva fatto con lei, per poi accorgersi che i suoi occhi da lucidi erano grondanti di lacrime.
“Lyla”, sussurrò Isaac con voce titubante. “I-io...”.
“Tu cosa?”, domandò lei con voce roca. “Tu non puoi fare questo, d'accordo? Io ho sempre tenuto molto a te, mi facevi stare bene...probabilmente ti amavo”. Probabilmente? Aveva sentito la necessità di aggiungere quella parola come se potesse proteggerla dalla verità.
“Tu mi hai fatto del male”, sbottò lei con tono duro. “Mi hai mandata via. Mi hai detto cose orribili. Balli in quel modo con Erica, la baci anche poi vieni qui e baci me? Credi che sia un giocattolo? Una bambola di pezza da trattare a tuo piacimento? Perchè mi hai baciata? Cosa vuoi?”.
Isaac la fissava senza rispondere, mentre Lyla stringeva i pugni per il suo silenzio, che per lei non significava altro che l'ennesima conferma: era solo un giocattolo per lui. Lo era sempre stata e lui voleva giocarci ogni volta che ne aveva voglia, impedendo alla sua ferita di rigenerarsi: Isaac rallentava il processo di guarigione.
Stanca di quel silenzio pungente, stanca di Isaac che continuava a guardarla con i suoi occhi azzurri che sembravano due iceberg, stanca di farsi vedere da lui in quello stato, Lyla gli diede le spalle ancora una volta, lottando con tutta sé stessa per non voltarsi indietro.
Isaac era rimasto immobile sul ciglio della strada, ad osservarla mentre camminava a passo svelto. Non aveva trovato le parole, perchè sapeva che qualunque cosa avesse detto sarebbe stata una bugia, così si era limitato a guardarla andare via ancora una volta, per poi assicurarsi che fosse arrivata a casa e che fosse al sicuro, lontana da lui, tra le mura della sua stanza.
Quante altre volte avrebbe dovuto ferirla? Quante altre volte avrebbe dovuto vederla andare via?
 
∞ 
 
Quel giorno avevano studiato insieme. Lyla aveva subito notato la sua poca predisposizione alla chimica, facendolo studiare con lei ogni volta che ne sentiva il bisogno. Lei era paziente e affabile. Tuttavia, per lui concentrarsi non era sempre facile, con un'insegnante così carina ma almeno ci provava e soprattutto riusciva a non farsi beccare durante quei momenti in cui si ritrovava a guardarla. Dopo aver finito i compiti, Isaac filò a casa ma, per fortuna o per malasorte, lasciò il libro di chimica a casa di lei, senza nemmeno accorgersene. Il fatto che non se ne fosse accorto non era dovuto soltanto al suo poco interesse per la chimica ma anche al fatto che, una volta tornato a casa, Isaac aveva avuto uno dei tanti “confronti” con suo padre, iniziato con piatti e bicchieri rotti, come da consuetudine. Sarebbe corso volentieri a nascondersi pur di sfuggire a quella tortura ma sapeva che tutta quella vicenda sarebbe terminata al piano di sotto. Tutto si aspettava tranne il suono del campanello, mentre suo padre era troppo impegnato a lanciargli oggetti contro per sentirlo. Quando se ne accorsero, suo padre gli ordinò in malo modo di aprire e di fare in fretta, perchè non aveva intenzione di fargliela scampare: doveva essere rinchiuso nel freezer. Isaac si precipitò alla porta, e quando si trovò Lyla davanti, smise per un attimo di respirare.
L'ansia prese possesso del suo corpo; la paura che Lyla potesse incontrare suo padre lo invase. 
“Cosa ci fai qui?”, domandò lui con tono brusco.
“Hai lasciato questo da me”, rispose Lyla con un sorriso incerto, porgendogli il libro.
“Grazie”, esclamò Isaac, afferrando il libro e guardando alle sue spalle con la paura che suo padre sbucasse da un momento all'altro. Lyla ovviamente se ne accorse.
“Tutto bene?”, chiese lei, osservando la casa oltre le sue spalle.
“Sì”, rispose il riccio con tono sbrigativo. “Ora devo andare. Ci si vede a scuola”.
Isaac non le aveva dato nemmeno il tempo di aggiungere altro che aveva chiuso la porta di casa, lasciando Lyla a bocca aperta. Il ragazzo si era poggiato con la schiena alla porta, tirando un sospiro di sollievo, mentre Lyla era tornata a casa, stranita dal comportamento di Isaac.
Quella sera, come aveva previsto, suo padre lo chiuse nel freezer.. Lui aveva urlato, non aveva fatto altro che dimenarsi tutto il tempo, mentre il respiro pian piano si affievoliva e il terrore si faceva strada nel suo cuore. Non erano servite le nocche battute contro la porta, le unghiate con le quali aveva colpito quella superficie fredda.
Era circondato solo dall'odore di sangue che usciva dalle sue mani, mentre quello sul viso si stava seccando poco a poco. 
Quando suo padre decise che aveva sofferto abbastanza, Isaac si era precipitato fuori, in preda agli spasmi, cercando di inspirare quanta più aria possibile mentre suo padre rideva di gusto, definendolo debole e rammollito. Diceva che aveva poca resistenza e sopportazione, non era come suo fratello. Senza curarsi di lui, Isaac corse via. Doveva uscire da quella casa. A suo padre non importava delle fughe serali di Isaac, almeno su quello lo lasciava in pace...forse perchè sperava che non sarebbe tornato. Isaac non si rese conto della strada che aveva percorso fin quando non si trovò dinanzi casa di Lyla. Era semplicemente montato sulla sua bici e si era fatto guidare dall'istinto, non sapeva doveva stava andando, voleva solo fuggire, e senza rendersene conto era arrivato da lei. Rimase per qualche minuto ad osservare la villetta, indeciso sul da farsi. Non poteva certo bussare il campanello e farsi vedere in quelle condizioni dai genitori di Lyla, così si arrampicò, arrivando alla finestra e facendo attenzione a non farsi vedere.
Lyla era sul letto, in pigiama, a leggere un libro, e quando si voltò verso la finestra chiusa e nascosta dalla tenda, riuscì ad intravedere un'ombra. Sussultò e, con il libro stretto fra le mani, si avvicinò con cautela alla finestra, sperando che fosse solo l'ombra di un albero. Scostò velocemente la tenda e fece per colpire la figura con il libro quando una voce familiare la fermò.
“Ferma, ferma! Sono io!”, esclamò Isaac, portando una mano a mezz'aria.
La ragazza emise un sospiro sollevato e lo guardò come se fosse uscito di testa. “Isaac ma che ti salta in mente? Mi hai fatto prendere un colpo. Non potevi bussare il campanello come fanno le persone normali. Ah, no. Tu preferisci le entrate ad effetto, giusto?”.
Cominciò a straparlare, come faceva sempre per scaricare la tensione ed Isaac non riuscì a fare a meno di sorridere mentre la osservava. Lyla ad un tratto si fermò, accorgendosi che qualcosa non andava: Isaac aveva il viso martoriato, le mani sanguinavano ed i polpastrelli erano lacerati. A scuola lo aveva visto spesso con qualche occhio nero e qualche livido, e lui aveva prontamente risposto che si faceva male durante gli allenamenti di lacrosse. Eppure, quella sera era conciato davvero male e Lyla sapeva che il lacrosse centrava ben poco con tutte quelle ferite.
“Isaac”, cominciò mentre il ragazzo metteva piede nella stanza. “Cosa ti è successo?”.
Il ragazzo non rispose, e Lyla afferrò le sue mani, credendo a malapena a ciò che stava vedendo. 
“M-mio padre...”, esclamò il ragazzo con voce titubante. Lo stava davvero dicendo a Lyla? Non ne aveva mai parlato con nessuno perchè credeva che tenendolo per sé sarebbe risultato meno grave. Credeva che il macigno sarebbe stato più leggero fin quando sarebbe gravato solo su di lui. Credeva che nel momento in cui ne avrebbe parlato a qualcuno, sarebbe diventato tutto reale e ancora più doloroso di quanto non fosse già.
Lyla si portò una mano alla bocca, capendo finalmente tutto. Senza dire nulla, corse in bagno per prendere cerotti, bende e disinfettante. Il suo desiderio primario fu quello di curarlo, non certo di giudicarlo. Doveva aiutarlo e basta. Tornò da lui con tutto l'occorrente e lo fece sedere, mentre Isaac la fissava, stranito da quella reazione così inaspettata. Credeva che avrebbe detto qualcosa, che lo avrebbe rimproverato per non averlo denunciato, invece era corsa a prendere tutto ciò che serviva per medicarlo: era una ragazza decisamente singolare.
I due ragazzi erano rimasti nel silenzio più assoluto, come se avessero paura di rompere quella strana atmosfera con parole del tutto inadeguate. Isaac aveva osservato Lyla, che lo aveva medicato nel modo più attento e meticoloso possibile. Quando ebbe finito, si voltò verso di lui.
“Perchè?”. Fu la sua unica ed ultima domanda, dopo la quale era stato solo Isaac a parlare.
Il ragazzo cominciò a raccontarle tutto, fin dal principio. Non aveva minimamente riflettuto, ed era strano. Aveva semplicemente sentito il bisogno di parlare con quella ragazza. 
Non aveva detto tutto nei minimi particolari, ma gli era bastato dire che suo padre non era solito fargli del male in quel modo e che era iniziato tutto con la morte di suo fratello. Lui era l'onore di suo padre, il figlio preferito; era tutto ciò che Isaac non riusciva ad essere, per quanto si sforzasse, e suo padre lo sapeva. Isaac era il fratellino sfigato che non sarebbe mai stato al livello di suo fratello maggiore. Non era niente per suo padre, niente per cui andare fiero. Non era brillante a scuola, non era brillante nel lacrosse e non aveva successo con le ragazze: l'opposto di Camden.
“Promettimi che non lo dirai a nessuno”, sussurrò Isaac con la voce spezzata. “Ti prego”.
La sua era una vera e propria supplica, alla quale Lyla non potè evitare di cedere, per quanto volesse che la vicenda andasse in una direzione diversa. Era un suo desiderio e almeno per il momento, doveva rispettarlo. La ragazza fece un cenno di assenso con la testa.
“Perchè sei venuto da me?”, chiese lei, sospirando.
Isaac le sorrise. “Non lo so, ho pedalato e mi sono ritrovato qui. Mi dispiace”.
“Non devi scusarti”, esclamò Lyla, prendendogli con cautela la mano.
“Forse dovrei andare a casa”, asserì il ragazzo, guardando verso la finestra.
Lyla non voleva che andasse via, non in quello stato. Non voleva che tornasse in quella casa, e senza rispondere semplicemente lo abbracciò forte, come se non volesse lasciarlo andare. Isaac si irrigidì per un attimo, sorpreso, per poi abbandonarsi all'abbraccio, circondando Lyla con le sue braccia leggermente tremanti. Il ragazzo restò con il viso premuto sulla sua spalla, beandosi del suo profumo e del suo calore. Era una sensazione confortante. Non ricordava nemmeno l'ultima volta che aveva ricevuto un abbraccio del genere. Rimasero così: stretti nel loro silenzio.
 
Isaac si era lasciato trasportare da quel ricordo. Lo aiutava a rimanere calmo ogni volta che si agitava oppure si rattristava, pensando a ciò che era successo con lei. Il ricordo di quella sera, in cui il loro rapporto era cambiato, era sempre lì...come una ferita aperta. Come quella sera, Isaac si era fatto di nuovo guidare dall'istinto, fino a ritrovarsi davanti alla clinica del dottor Deaton.
Gli animali iniziarono ad agitarsi per la presenza del licantropo.
Quando Scott lo vide fermo lì, il suo viso rimase decisamente sorpreso, come se Isaac fosse l'ultima persona che si aspettava di veder arrivare allo studio del veterinario.
Il ragazzo sollevò leggermente gli occhi, imbarazzato.
Deaton si voltò verso Scott e poi rivolse ad Isaac un sorriso confortante.
“Tutto a posto, Isaac”, esclamò tranquillo “Siamo aperti”.
 
“Stumble into you is all I ever do.
My memory's hazy and I'm afraid to be alone.
Tear us in two, is all it's gonna do as the headache fades.
This house is no longer a home”.
 
 
Angolo dell'autrice
 
Nuovo capitolo! L'ho messo con due giorni di anticipo perchè era già scritto quindi ho avuto solo bisogno di rivederlo un pò e ovviamente non mi convince ma in effetti quale dei miei capitoli mi convince? xD. Ad ogni modo, spero sempre che vi piaccia e vi invito a segnarlarmi eventuali errori. Il titolo, che ricorre anche più volte nel corso del capitolo, è un chiaro riferimento alla prima puntata della terza stagione (nessuno spoiler, visto che so che alcune aspettano le puntate in italiano ma è solo un discorso fra Scott e Derek^^). Come avevo detto, questo capitolo si sarebbe incentrato sul rave e, conoscendo la puntata. non è stato molto felice ma d'altronde come poteva esserlo? u.u Ormai Stiles è una presenza costante, lo adoro e mi piace farlo interagire con Lyla, spero che lo abbiate apprezzato anche in questo capitolo quando cerca di fare una ramanzina ad Isaac (avete notato il parallelismo con la 2x05? xD). Mi è dispiaciuto scrivere un altro capitolo triste e dannoso per Lyla, visto il bacio che c'è stato ma credo che reprimere un sentimento non sia facile, soprattutto quando non vuoi farlo, quindi l'intento era quello di far "cadere" Isaac, di farlo cedere, e di farlo poi respingere, come ha fatto lui con Lyla nello scorso capitolo. Dal prossimo le cose andranno leggermente meglio, promesso :).
Intanto fatemi sapere cosa ne pensate, non mi abbandonate vi prego *-* potete anche lanciarmi ortaggi e pomodori, perchè so di meritarli u.u
Ho smesso di tediarvi, alla prossima. Un bacio e grazie a tutte le anime pie che seguono questa storia, al prossimo capitolo <3 Ps: la canzone alla fine è dei Placebo "Because I want you", ho pensato che quei versi fossero adatti :3

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Capitolo 7
*** VI - Closer to the edge ***


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Safe harbor
 
VI
 
Closer to the edge
 
 
Isaac rimase buono e zitto per la maggior parte del tempo, osservando i due che lavoravano e notando il loro rapporto. Provò quasi invidia: Deaton era un punto di riferimento per Scott, una guida che lui non aveva mai avuto e che avrebbe tanto desiderato, in quel caso forse non sarebbe uscito così disadattato. Un cane era disteso sul tavolo da laboratorio ed Isaac cominciò a stranirsi quando un odore particolare gli colpì le narici.
Era un odore pungente che non aveva mai sentito in vita sua.
“Perchè ha questo odore?”, chiese il ragazzo mentre si sforzava di sopportarlo.
Deaton e Scott si scambiarono un sorriso complice, come se l'ingenuità di Isaac li divertisse.
“Scott mi ha fatto la stessa domanda qualche mese fa”, cominciò il dottore, voltandosi verso di lui. “Un giorno riusciva a distinguere quali animali stavano migliorando e quali no”. Il suo sguardo si posò sul cane lì disteso ed Isaac riuscì finalmente ad identificare quell'odore: sapeva di morte.
“Lui non sta migliorando, vero?”, chiese, osservando il cane che mugolava, mentre Deaton fece segno di no con il capo. “Ha un cancro”.
“Osteosarcoma. Ha un odore molto preciso”, aggiunse. “Vieni qui”.
Isaac si avvicinò leggermente timoroso mentre il dottore lo scrutava con interesse.
“Sei consapevole di ciò che possono fare le tue nuove abilità", cominciò lui, osservandolo. "Forza, velocità, capacità di guarigione ma ti sei mai chiesto cosa puoi fare per gli altri?”.
Lo sguardo confuso di Isaac si spostava da Deaton a Scott. Ad un tratto, il dottore gli prese la mano con delicatezza, indirizzandola verso la piccola figura pelosa distesa lungo il tavolo. Isaac pensò per un attimo di ritrarsi, spaventato da quello che il dottore aveva intenzione di fare ma lo sguardo rassicurante sia di lui che di Scott gli permise di proseguire. Quando la mano di Isaac venne a contatto con quel corpicino ricoperto da un soffice mantello, una strana sensazione cominciò a farsi strada in lui, partendo dalla mano: il suo battito cardiaco aumentò incessantemente, insieme a quello del cane, le vene lungo la sua mano divennero nere e ben evidenti. Isaac cominciò a sentire uno strano dolore che non riusciva a spiegarsi, quasi come se stesse sentendo l'agonia dell'animale. Si allontanò, spaventato e respirando a fatica.
“Cosa ho fatto?”, chiese con voce roca.
Scott gli sorrise con fare comprensivo. “Ti sei preso un po' del suo dolore”.
“Sì, solo un pochino”, intervenne Deaton. “Ma certe volte basta per fare una grande differenza”.
Isaac nascose il viso dietro la mano, sopraffatto dall'emozione, tirando su con il naso e cercando di nascondere quella strana voglia di piangere che si stava facendo largo in lui, ma Scott lo rassicurò subito, dicendogli che era successo anche a lui. A quel punto, Isaac non riuscì più a trattenersi. Rise, semplicemente, e pianse anche. Il dolore che aveva preso era forte, eppure non riusciva a non sentirsi felice e anche commosso da ciò che era appena avvenuto in quella stanza.
Per la prima volta dopo tanto tempo, non si sentì completamente inutile.
Isaac sapeva perchè si era recato lì: Scott era l'unica persona che forse avrebbe potuto aiutarlo a prendere la decisione più giusta. Ricordava ancora la proposta di Erica che aleggiava nella sua testa, e per quanto non lo attirasse particolarmente, la tentazione di seguirla era forte. Sputò tutto, senza rifletterci troppo. Confessò a Scott le intenzioni di Erica e Boyd, e il ragazzo fu sorpreso del fatto che Isaac stesse chiedendo consiglio proprio a lui. Il fatto era che Isaac si fidava di Scott. Provava una sorta di ammirazione nei suoi confronti, perchè riusciva sempre a fare la cosa giusta, per quanto non lo avrebbe mai ammesso o forse non ne era consapevole. Scott era tutto quello che Isaac avrebbe desiderato diventare, un giorno. Forse Derek non avrebbe approvato, ma Isaac voleva un consiglio, un consiglio sincero; forse Derek gli avrebbe detto di rimanere perchè in realtà senza loro tre non aveva un branco. Scott, invece, poteva dargli un consiglio vero.
“Non vado da nessuna parte, se vuoi saperlo”, esclamò Scott. “Qui ci sono troppe persone che hanno bisogno di me”.
“In questo caso sono fortunato perchè io non ho nessuno”. La voce di Isaac era triste, cupa, spezzata. Non aveva nessuno e la colpa era soltanto sua, lo sapeva, e lo sapeva anche Scott che a quella frase, alzò un sopracciglio, e lo guardò così male che sembrava volesse fulminarlo.
“Non hai nessuno?!”, esclamò, quasi sarcastico. “E di Lyla che mi dici?”.
Isaac fece un leggero sorriso, riflettendo su quanto Stiles non sapesse proprio tenere la bocca chiusa. Doveva certamente aver riferito a Scott tutta la vicenda di qualche sera prima.
“Forse l'ho già incasinata abbastanza”, esclamò il riccio. “Se me ne vado, la lascerò in pace e almeno sarà definitivamente al sicuro da tutto questo”.
Isaac prese a camminare verso l'uscita ma la voce di Scott lo fece voltare.
“Sei un imbecille, Isaac!”, disse lui.
“Vedo che tu e il tuo migliore amico vi divertite ad insultarmi allo stesso modo”, ribattè il ragazzo, alzando gli occhi al cielo. 
Scott lo raggiunse, mettendosi di fianco alla figura di Isaac, che lo sovrastava.
“Io resto perchè tutti coloro a cui tengo hanno bisogno di me, non posso proteggerli lontano da qui”, disse con tono convinto. “Tu vuoi andare via perchè è la strada più semplice, non è vero? Beh, io resto perchè c'è qualcosa per me per cui vale la pena lottare e c'è anche per te, lo sai che è così”.
 
 
La casa era immersa in uno strano silenzio quella sera, forse era per l'assenza di Jamey, che ogni giorno non faceva che creare caos, rendendo quella casa un vero manicomio. Mentre saliva le scale, James Evans ripensava a quanto sua figlia fosse cambiata dal trasferimento , e soprattutto quanto la conoscenza con Isaac Lahey avesse influito in qualche modo.
Sua figlia era sempre stata la piccola di casa, pur essendo la sorella maggiore: era responsabile, e si occupava di tutto, aiutando lui e sua madre, ma c'era sempre stata questa protezione eccessiva nei suoi confronti, a volte sembrava quasi chiusa in una bolla d'aria. Da quando erano arrivati lì, invece, molte cose erano cambiate: Lyla in poco tempo era maturata e lui quasi non se ne era accorto. Il rapporto con Isaac l'aveva cambiata. La sua bambina aveva fatto una scelta, mostrando una maturità ed una forza che forse nemmeno credeva di avere. La stessa forza l'aveva dimostrata dopo la morte del padre di Isaac; da allora qualcosa era accaduto, ne era certo, e avrebbe voluto parlarle, mostrandosi meno autoritario, ma per lui Lyla era un muro insormontabile, poteva provare a scalarlo ma sapeva che sarebbe caduto prima di arrivare in cima. Era tutto più semplice quando era una bambina: le bastava un po' di zucchero filato ed una fiaba per essere felice come una pasqua.
James bussò alla porta di sua figlia, la quale rispose con un immediato “Avanti”; rimase fermo sulla porta, con gli occhi bassi e l'espressione di chi sa di essere nel torto.
La ragazza gli fece cenno di entrare con la mano, e suo padre si accomodò cauto sul letto, cominciando a torturarsi la manica della maglia, proprio come faceva sempre lei quando era nervosa. Lyla sorrise impercettibilmente a quel gesto, notando la lieve somiglianza.
“So che mi pentirò di questa domanda”, cominciò lui leggermente nervoso, e grattandosi la testa. “Credo di doverti chiedere cosa è accaduto con Isaac”.
Lyla emise un sonoro sbuffo, sotto lo sguardo accigliato del padre.
“Lui ha preferito semplicemente una diversa compagnia”, rispose lei in tutta onestà.
Suo padre alzò un sopracciglio. “Non sarà mica...sai...”.
Lyla sbarrò gli occhi. “No, papà! Cosa dici?”.
“Hai detto compagnia diversa!”, ribattè lui.
“Sì, ma non in quel senso”, esclamò Lyla, portando una mano alla fronte. “E' solo entrato in un giro ben diverso dal mio...frequenta ragazzi che sembrano membri di una rock band di successo”.
Il padre continuò ad osservare sua figlia, notando come cercasse di nascondere il suo dispiacere dietro commenti leggermente sarcastici, proprio come lui.
“Posso dire che non sa cosa si perde?”, chiese James con tono dolce.
Lyla non potè fare a meno di sorridere, mentre suo padre si alzò, dirigendosi verso la porta.
Prima di uscire, si voltò ancora verso di lei.
“Lyla”, esclamò con voce sommessa. “Isaac è un bravo ragazzo e...”.
“Tu lo hai arrestato?!”, esclamò Lyla, interrompendolo e beccandosi un'occhiataccia.
James sbuffò. “Ci eravamo sbagliati. Comunque...”, continuò, ponendo particolare enfasi sull'ultima parola, come per avvertirla di stare in silenzio. “Non è stupido. Quello che ti dico ti risulterà assurdo ma Isaac passava buona parte del suo tempo qui e abbiamo potuto constatare che è un ragazzo diverso dagli altri. Deve esserci una spiegazione sensata. So che forse non vuoi aspettarlo, vuoi gettare la spugna, e tutte quelle cose che fate voi donne quando siete ferite, che sono perfettamente sensate, ma credo che tu debba avere fiducia e guardare il quadro di insieme”.
Non aggiunse altro, ed imboccò definitivamente la porta, ma Lyla gli andò incontro, abbracciandolo, prima che potesse uscire.
“Ti voglio bene, papà”, disse in un sussurro.
“Anche io, scricciolo”, rispose James, tenendole la mano. “Ora vai a quella dannata partita”.
 
Il volto dello sceriffo Stilinski venne illuminato da una meravigliosa consapevolezza: suo figlio, che aveva passato l'intero anno in panchina, era in campo, pronto a giocare. L'uomo si alzò felice e non riuscì a trattenere la gioia, incitando suo figlio Stiles che se ne stava in campo più eccitato che mai.
Lyla sorrise a quella scenetta e poi il suo sguardo corse istintivamente alla ricerca di Isaac, di cui però non c'era traccia. Possibile che non avrebbe giocato? Dopo poco tempo, vennero raggiunti da Lydia, la quale, un po' titubante si accomodò tra lei e Melissa, rivolgendo ad entrambe un sorriso imbarazzato, come se qualcosa la turbasse. Intanto, Lyla continuò a concentrarsi sul campo, cercando sempre lui e dandosi della stupida per il suo comportamento, mentre l'occhio indagatore di Ashley la osservava, consapevole di cosa stesse cercando con tanta ansia ed impazienza.
“Cerchi lui?”, chiese l'amica con gli occhi azzurri fissi nei suoi.
Lyla boccheggiò. “N-no...guardavo il campo”. Il suo tono era tutto tranne che convincente, ed infatti l'amica non potè fare a meno di sorridere di fronte al suo tenero imbarazzo.
Si diede di nuovo della stupida. Continuava a cercarlo costantemente, come se ne avesse bisogno per sopravvivere, anche dopo tutto quello che era successo, dopo tutte le cose che lui le aveva detto, dopo che le aveva dato quel bacio che sapeva di bugie e di bisogno incessante.
La partita non cominciò nel migliore dei modi e ciò era dovuto al fatto che Stiles non stava giocando per niente bene, forse c'era un motivo se era sempre stato in panchina. La ragazza strinse i denti, portando una mano alla fronte, mentre Lydia e Melissa assunsero un'espressione corrucciata.
“E' solo un po' nervoso”, esclamò Lydia fiduciosa. “C'è ancora tempo per recuperare”.
La rossa non fece nemmeno in tempo a terminare la frase che Stiles venne colpito in testa dalla palla, provocando la disperazione totale di suo padre che si copriva il viso con le mani. Lyla riuscì persino a vedere Scott in panchina che tentava di alzarsi per entrare in campo, ma il coach non aveva intenzione di permetterglielo.
In quel momento, la ragazza notò una figura che si avvicinava a Scott ed il cuore le balzò in gola, portandola a deglutire diverse volte per nascondere la sorpresa: Isaac.
Il riccio si sedette accanto a Scott, che lo osservava a bocca aperta, ma felice di vederlo lì con lui.
“Sei qui per aiutarmi?”, chiese Scott, vagamente sopreso.
“Sono qui per vincere”, rispose Isaac con un sorriso sghembo.
“Cosa ti ha fatto cambiare idea? Pensavo volessi andare via”, continuò il ragazzo, osservandolo con attenzione. C'era una luce negli occhi di Isaac: qualcosa di diverso e di stranamente sorprendente.
Isaac non rispose. Si limitò a volgere lo sguardo verso una ragazza, quella ragazza che gli aveva fatto battere il cuore fin dal primo momento che l'aveva vista, quella ragazza che si voltò improvvisamente, incrociando lo sguardo con il suo, per poi voltarsi subito.
Scott non aggiunse altro. Non era necessario: Isaac era rimasto perchè, come lui, aveva capito finalmente che c'era ancora qualcuno che aveva bisogno di lui, qualcuno che aveva fatto nascere in Isaac un istinto di protezione che non credeva di possedere. Sarebbe rimasto...per lei, anche se avrebbe dovuto proteggerla senza starle vicino.
Il coach fece entrare Isaac in campo, che in meno di mezz'ora spedì tre giocatori in infermeria, beccandosi un paio di rimproveri dall'allenatore, mentre Lyla lo osservava con il viso contratto in una smorfia di dolore per quei poveri ragazzi. 
“Si può sapere che problemi ha?”, domandò Ashley, allargando le braccia, scoraggiata.
Mentre Isaac continuava a giocare, facendosi largo tra i giocatori come un tornado, venne travolto da Jackson, finendo violentemente a terra. Lyla ebbe un sussulto, alzandosi d'istinto sotto lo sguardo interrogativo di Ashley e di Lydia, mentre Scott era corso dal suo compagno, che non accennava a muoversi. Perchè non si muoveva? Lyla desiderò prendersi a schiaffi mentre si poneva quella domanda e tornò a sedersi, osservando la barella che portava via Isaac.
Perchè continuava a comportarsi in quel modo? Lo amava fino a quel punto?
Si soffermò un attimo sul verbo che aveva utilizzato...”amare”; lo stava usando troppo in quel periodo.
Era proprio innamorata di Isaac? Lyla dovette scuotere velocemente la testa per allontanare la sua mente da quel pensiero. Maledì suo padre e quello che le aveva detto prima di uscire: le aveva detto di guardare il “quadro di insieme”. Ci aveva provato: era andata da lui a chiedergli personalmente una spiegazione, poi lui l'aveva baciata all'improvviso senza un motivo sensato...quello sembrava tutto tranne che un quadro di insieme. Erano solo eventi del tutto disordinati e senza senso, come un puzzle, i cui pezzi dovevano essere messi insieme proprio da lei. Forse doveva continuare a tentare? Forse doveva parlargli ancora una volta? E se avesse ricevuto un altro brutto colpo? Perchè non riusciva a voltare semplicemente pagina, a mettere una pietra sopra, a cucire quella dannata ferita da lui provocata? Ci stava provando con tutta sé stessa ma a volte le sembrava quasi che l'universo stesse provando a farle capire che non doveva.
Sentiva lo sguardo di Lydia Martin addosso mentre cominciava a torturare la manica della maglia e a strizzare forte le palpebre, pur di nascondersi in qualche modo. Sentì Lydia ridere leggermente, ma non era una risata derisoria, anzi, era una risata dolce.
“Vai da lui”, esclamò semplicemente. L'universo stava decisamente tramando contro le sue intenzioni.
La ragazza si voltò. “Non so di cosa tu stia parlando”, rispose brusca.
Lydia sorrise ancora, divertita. “Vai da lui, ti ho detto”.
Non erano mai state molto amiche, si contendevano semplicemente il ruolo di genio della chimica. La loro era una rivalità bonaria, quasi amichevole. Erano due tipi del tutto diversi ma rispettavano la reciproca intelligenza. Si limitavano a dei cenni di saluto con la testa quando si incrociavano, eppure conoscevano bene le rispettive situazioni sentimentali. Forse era quello il motivo che spingeva Lydia ad incoraggiarla, perchè anche Jackson l'aveva allontanata in malo modo, di punto in bianco e senza una spiegazione apparentemente sensata. La verità era che Lydia sapeva come lei si sentisse in quel momento e quanto fosse forte il desiderio di correre da Isaac, nonostante tutto il dolore provato e le lacrime versate.
“Vuoi che ti faccia un disegnino?”, aggiunse la rossa, mentre Lyla continuava a fissarla.
Forse loro due non erano poi così diverse.
 
“E' stato molto divertente, Isaac. Davvero”. La voce gelida e inquietante di Gerard lo trafisse, penetrando nelle sue ossa. “Cosa dici proviamo a renderlo divertente due volte?”.
Mentre gattonava, si fermò, chiudendo gli occhi e accettando ciò che ne sarebbe seguito. Isaac lo sapeva: era spacciato. Il ragazzo continuò a trascinarsi e si aggrappò al lavandino, sollevandosi almeno per guardare in faccia quel vecchio viscido e spietato, mentre Gerard e gli altri cacciatori lo osservavano, come se stessero assistendo ad un pietoso spettacolo.
Il ragazzo si sollevò in piedi, non ancora nel pieno delle sue forze, mentre Gerard sguainava la spada, con gli altri due uomini alle sue spalle. In un modo o nell'altro, Isaac doveva combattere. Non poteva semplicemente farsi tagliare in due come un animale da macello. I suoi occhi si tinsero di giallo, mentre le zanne e gli artigli divennero ben evidenti. Il ragazzo ringhiò, sotto lo sguardo divertito dell'uomo.
“Isaac!”. Una voce femminile proveniente da fuori li fece voltare.
Lyla si bloccò sulla porta dello spogliatoio, osservando la strana scena che si stava svolgendo davanti a lei. I suoi occhi si assottigliarono, per osservare meglio la figura di Isaac. La ragazza alzò un sopracciglio e spostò poi lo sguardo sul preside che sembrava reggere davvero una spada fra le mani, che abbassò prontamente alla vista di lei.
“Signorina Evans”, esclamò Gerard, voltandosi verso la ragazza, e assumendo un tono a dir poco inquietante e cupo. 
Isaac cercò di avventarsi su di lui. “Non la toccare!”.
Il ragazzo venne afferrato ed immobilizzato da uno dei due uomini, mentre Gerard rideva. La sua risata era così baritonale e malvagia, che per un attimo sembrò ricordargli quella di suo padre. Il cacciatore lo tenne fermo per il busto, facendolo inginocchiare e approfittando del fatto che fosse ancora troppo debole per trasformarsi completamente.
Lyla continuava a guardarlo, confusa. “Cosa sta succedendo qui?”, domandò, indietreggiando.
Gerard si avvicinò di più a lei, abbassando la spada.
“Tranquilla, cara. Non devi aver paura di me, forse dovresti averne più di questo ragazzo...non credi?”.
Lyla tornò a guardare Isaac, soffermandosi meglio sul suo viso. C'era qualcosa di diverso: gli occhi sembravano gialli e le sembrò di vedere un paio di zanne. Il suo viso era completamente diverso...sembrava una bestia. Lyla scosse la testa, pensando di aver preso una svista bella e buona.
Gerard, intanto, avanzava verso di lei e Lyla, vedendo lo sguardo che lasciava poco spazio alle buone intenzioni, si voltò di lato, adocchiando una mazza di lacrosse, che afferrò immediatamente.
Il preside rise di gusto al suo insulso tentativo di difesa, seguito da due uomini.
L'altro cacciatore si avventò su di lei, afferrandola per il collo, sotto le proteste disperate di Isaac. L'uomo la tenne ferma, volgendo il viso di lei in direzione della figura di Isaac, inginocchiata.
Gerard, intanto, si voltò verso Isaac, brandendo la spada e conficcandogliela in un fianco.
“Isaac!”, Lyla urlò disperata, cominciando a dimenarsi e a cercare in tutti i modi di liberarsi dalla presa di quell'uomo che continuava a tenerla ferma e a ridere. La disperazione nel vedere il sangue del ragazzo che sgorgava si faceva strada, e Lyla non riusciva a trattenere le lacrime. Perchè gli stavano facendo questo? Voleva liberarsi. Voleva reagire ma non ci riusciva. Sentiva il dolore di Isaac come fosse il suo, mentre una fitta a livello del petto la stava consumando.
Sapeva per certo che non aveva mai provato una sensazione più orribile di quella.
Isaac digrignò i denti, trattenendo un urlo, e quella visione strinse maggiormente il cuore di lei.
Gerard estrasse la spada, soddisfatto, e poi si voltò verso la ragazza, il cui volto era rigato dalle lacrime.
“Oh”, cominciò con un finto tono dispiaciuto. “Non piangere, cara. Non vedi che sta bene?”.
Lyla si voltò di nuovo verso Isaac. Il suo viso era contratto in una smorfia di dolore, ma per la ferita che gli era stata inferta sarebbe dovuto essere a terra agonizzante, invece c'era qualcosa di strano. La ragazza notò che il sangue a livello del fianco cominciò quasi a sparire, come se stesse tornando dentro il corpo di Isaac. Lyla sentiva lo sguardo di tutti i presenti addosso, come se non aspettassero altro che la sua reazione. Isaac si stava letteralmente rigenerando e Lyla dovette sbattere le palpebre più volte per rendersi pienamente conto di ciò che stava accadendo.
Isaac teneva gli occhi fissi in quelli di lei, che lo scrutavano. Cercava di percepire qualunque cosa per capire il suo stato d'animo ma non ci riusciva. Poteva udire solo il suo battito accelerato.
“Evans”, esclamò Gerard, allargando le braccia. “Hai mai sentito parlare di licantropia?”.
Quella fu l'ultima cosa che le orecchie di Isaac riuscirono ad udire, mentre lo sguardo di Lyla saettava dal suo fianco al viso di Gerard, poi semplicemente ci fu il buio.
 
Una voce familiare lo stava chiamando. Era una voce maschile ma era lontana.
Isaac sentiva un sapore metallico in bocca: era sangue, lo stesso sangue che sentiva sulle tempie, caldo e umido, mentre scorreva sul resto del viso. Intanto, la voce continuava a cercare di riportarlo alla realtà, una realtà di cui Isaac aveva perso completamente la percezione. Ricordava soltanto la figura di Lyla in piedi sulla porta e poi più nulla.
“Isaac!”. Scott teneva le mani sulle sue spalle, scuotendolo per farli prendere conoscenza.
Il ragazzo riaprì gli occhi di scatto, portando istintivamente una mano alla testa sanguinante.
“Cosa è successo qui?”, domandò il ragazzo, osservando la ferita fresca sulla sua testa.
“Lyla!”, esclamò Isaac, in preda all'agitazione più totale. “Dov'è lei?”.
Isaac cominciò a dimenarsi, mentre i suoi occhi azzurri cercavano disperatamente Lyla. Vide la mazza di lacrosse abbandonata sul pavimento e un brutto presentimento lo invase.
“Lyla era qui?”, chiese Scott, aiutandolo ad alzarsi.
“Sì, e anche Gerard”, rispose lui ancora in preda all'ansia. “Dove diavolo è? L'ha presa lui!”.
“Isaac, calmati!”, esclamò Scott, prendendolo per la spalla ed aiutandolo ad alzarsi. “Andiamo fuori. Forse è corsa via”.
Quando i due ragazzi tornarono in campo, erano tutti in preda all'euforia per l'imminente vittoria. Scott si guardava attorno spaesato. Sarebbe dovuto succedere qualcosa di terribile ed invece non era successo proprio nulla.
Niente sangue, niente urla, nessun morto. Niente di niente.
Per un attimo, il ragazzo tirò un sospiro di sollievo, ma era troppo presto per cantare vittoria. Le luci che illuminavano il campo si spensero di botto, avvolgendo la platea nel buio più totale, mentre una serie di gridi cominciò a farsi largo nel campo: figure confuse correvano a destra e a manca, in cerca di una via di fuga e terrorizzati da un male senza nome e senza volto.
Isaac cercava disperatamente Lyla, senza nessun risultato, mentre Scott riuscì ad identificare sua madre tra la folla impazzita, e lei gli fece notare che qualcuno in campo era rimasto ferito, proprio come il ragazzo aveva temuto fin dall'inizio. Corsero tutti attorno alla figura distesa che si rivelò essere Jackson, compresa Lydia, in preda al terrore.
Ashley corse verso Isaac, annaspando. “Lyla è con te?”, domandò.
“Speravo fosse con te”, rispose mentre la paura continuava prendere possesso delle sue membra.
“E' venuta negli spogliatoi ma non è più tornata”, continuò la ragazza, respirando pesantemente.
Isaac si voltò verso Scott, il cui sguardo vagava da lui alla figura senza vita di Jackson.
Ad un tratto, lo sceriffo si fece largo fra i giocatori, guardando con attenzione lo spazio circostante.
“Dov'è Stiles? Dov'è mio figlio?”, domandò ansioso. “Dov'è finito mio figlio?”.
 
“Piano con quelle mani!”, esclamò il ragazzo, cercando inutilmente di divincolarsi dalla presa di uno degli scagnozzi di Gerard. “Ehi, non vedi che le fai male?”.
L'altro l'uomo, che era impegnato a trascinare Lyla, tenendole il braccio così forte da farla gemere, lanciò uno sguardo di disapprovazione a Stiles. La ragazza tentò di strattonarlo, senza risultato.
“Stiles, credo che tu debba dirmi un paio di cosette”, esclamò Lyla, voltandosi verso di lui.
“Se ne usciremo vivi, te ne parlerò in presenza di thé e pasticcini”, rispose lui con un sorriso nervoso, mentre quei due continuavano a trascinarli in modo poco gentile.
D'un tratto, Lyla pestò forte il piede dell'uomo, che la stava portando via, con il tacco dello stivale, facendo sì che l'altro cacciatore che teneva Stiles si distraesse, permettendogli di divincolarsi dalla sua presa. Quella tecnica funzionava sempre, soprattutto con Jamey. I due ragazzi presero a correre il più veloce possibile verso la macchina di Lyla, che era quella più vicina, mentre le urla provenienti dal campo si erano ormai esaurite.
“Corri, Stiles!”, urlò la ragazza aumentando il passo e prendendo le chiavi dalla tasca della giacca.
Entrarono velocemente in macchina, mentre i due cacciatori, notando che era inutile inseguirli a piedi, fecero lo stesso, balzando nella loro macchina non molto lontana.
Lyla sfrecciò subito fuori dal parcheggio del liceo mentre i due uomini li seguivano.
Stiles, intanto, si portò le mani alla testa.
“Questo non finirà bene!”.
 
A warning to the people. The good and the evil.
This is war. To the soldier, the civillian.
The martyr, the victim. This is war.
It's the moment of truth and the moment to lie.
The moment to live and the moment to die.
The moment to fight, the moment to fight”.
 
Angolo dell'autrice
 
Eccomi qui, allora che ne ve pare? Anche in questo caso ho cercato di fare il possibile per “incastrare” praticamente Lyla in scene della serie; come avete visto, ho dato un po' più di spazio ad Isaac questa volta, ho un po' modificato il discorso che lui ha con Scott in base alla presenza di Lyla, dandogli così un motivo in più per restare che non sia solo la fiducia che sente verso Scott e c'è stata un bel po' di azione in più. Da tempo progettavo questo mini dialogo fra Lyla e Lydia (mi scuso per la somiglianza dei nomi ma il nome Lyla l'ho scelto per un motivo che spiegherò alla fine) e non sapevo in che momento inserirlo ma alla fine ho scelto questo. La loro situazione non è molto differente secondo me: sono entrambe tenute all'oscuro di tutte queste vicende soprannaturali che si svolgono sotto il loro naso ed i loro ragazzi le hanno lasciate senza spiegazione precisa, spero di non aver “toppato” con questa cosa xD. Infine, entra in scena il rompiballe di turno: Gerard, che non si accontenta solo di Stiles ma decide di prendere anche qualcun altro. Per la serie “facciamo imbestialire i licantropi”. Direi che questo è quanto, spero sempre che vi sia piaciuto. Lasciatemi un commento se vi va anche piccino, ed eventualmente sono sempre pronta ad accogliere ortaggi vari. Se ci sono eventuali errori, fatemelo sempre notare. Ringrazio con tanto amore tutti quei tesori che seguono e recensiscono questa storia: mi spingete a continuare :3. Il capitolo successivo non lo pubblicherò tra una settimana, bensì la settimana dopo ferragosto, probabilmente tra lunedì e martedì; per quanto riguarda il titolo e la canzone alla fine sono dei 30 Seconds to Mars (amore infinito), rispettivamente “Closer to the edge” e “This is war”.
Infine, beccatevi qualche gif di Isaac e Lyla (trovate su tumblr e google) *-*
Alla prossima, un abbraccio <3

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Capitolo 8
*** VII - Never let me go ***


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VII
 
Never let me go
 
Lyla si guardò allo specchio di nuovo, trovando ancora qualcosa che non la convinceva, come il modo in cui aveva sistemato i capelli, il modo in cui la gonna la delineava le gambe, il modo in cui le calzava la maglia. Aveva deciso di vestirsi in maniera semplice, optando per una gonna corta ma non troppo, una maglia bianca a righe nere, con delle calze ed un paio di stivaletti abbinati. Più si guardava e più le sembrava di essersi vestita come una scolaretta. Cominciò a torturarsi i capelli, chiedendosi se doveva lasciarli sciolti o meno. Sbuffò, scontenta, fissando l'orologio: Isaac sarebbe arrivato tra dieci minuti. Mentre era ancora impegnata a scavare nell'armadio in cerca di qualcosa che le piacesse di più, sua madre Candice bussò alla porta.
Tesoro”, cominciò con voce dolce e buttando uno sguardo alla pila di vestiti sul letto. “Cosa stai combinando qui dentro? Sembra che sia passato un uragano”.
La ragazza si sedette sul letto, scoraggiata. “Non so cosa mettere”.
Sua madre rise, portando una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio.
Io sono in difficoltà e tu ridi?”, la rimproverò Lyla con tono offeso.
Candice si avvicinò a sua figlia, mettendole le mani sulle spalle per poi carezzarle i capelli lunghi.
Lyla, sei perfetta”, esclamò con espressione convinta. “Isaac ti adorerebbe anche in pigiama”.
Lyla rise. In effetti, pensò che non poteva stare peggio di quando lui l'aveva vista in tenuta da studio e con i calzini degli orsetti una sera che era andato da lei.
Sua madre le mise una mano sul viso. “Tranquilla, d'accordo?”.
La ragazza fece un cenno convinto con la testa e poi venne distratta dal suono del suo cellulare che stava ad indicare l'arrivo di un nuovo messaggio. Lo aprì ansiosa, scoprendo che si trattava di Isaac: era sotto casa ad aspettarla.
Dopo aver dato un'ultima occhiata a trucco e vestiti, uscì di casa, infilandosi il cappotto e rivolgendo un sorriso ad Isaac che l'aspettava sul marciapiede.
Finalmente!”, esclamò con un sorriso sornione sul volto.
Dai, che vuoi che siano due minuti di attesa?”, domandò lei, avvicinandosi.
Isaac le sorrise. “La prossima volta credo che saranno cinque ma almeno ne vale la pena”.
Il ragazzo posò le labbra sulle sue, donandole un bacio leggero.
Era bello baciare Isaac: sapeva di dolce, una miscela di latte e miele.
Rimasero per qualche minuto fermi a sorridersi come due stupidi in mezzo alla strada, mentre Lyla gli poggiò un bacio sul naso freddo e leggermente rosso per la temperatura fin troppo bassa.
Isaac le prese la mano ed insieme si incamminarono verso il cinema. Quello era il loro primo appuntamento, e per quanto avessero passato tanto tempo insieme, un po' di imbarazzo si faceva ancora sentire.
Era diverso. Non erano usciti come due semplici compagni di scuola, ma come due ragazzi il cui rapporto stava andando ben oltre quello della semplice amicizia.
Più passavano i minuti, più quello stupido imbarazzo, che rendeva sfocati i loro sentimenti, svaniva, lasciando spazio alla complicità e a tutto ciò che prima si erano lasciati sfuggire, a tutto ciò che era sempre stato fra loro ma che nessuno dei due aveva visto fin dall'inizio.
Durante la strada del ritorno, Isaac si fermò qualche isolato prima di casa di Lyla, circondandole la vita con un braccio per chinarsi di nuovo su di lei, facendo scontrare ancora una volta le loro labbra ma con maggiore sicurezza. Baciare Isaac le sembrava la cosa più bella e giusta in tutto il mondo: erano come un incastro perfetto.
Lyla sorrideva, portando le mani ai riccioli morbidi del ragazzo e rispondendo a quel bacio. In quel momento, Lyla si rese conto di essere legata inesorabilmente a lui, di quanto Isaac la facesse stare bene e di quanto quei gesti all'apparenza così semplici fossero in grado di far sentire Isaac più leggero, scemando in qualche modo quella morsa, rappresentata da suo padre, che gli attanagliava le viscere ed il cuore ogni singolo giorno.
Isaac la riportò a casa e Lyla dovette salutarlo per quella sera, anche se non voleva.
Prima di incamminarsi definitivamente verso casa, il ragazzo si avvicinò al suo orecchio per sussurrare un frettoloso “ci vediamo dopo”, che Lyla colse con un luminoso sorriso.
Una volta giunta in camera sua, Lyla aveva lasciato la finestra aperta e si era seduta sul materasso a guardare un film, mentre aspettava l'arrivo di Isaac che ormai aveva reso la finestra della stanza di Lyla come l'entrata principale in quella casa. Quando il ragazzo arrivò, la trovò addormentata davanti alla televisione. Dormiva così beatamente che quasi gli dispiaceva svegliarla, così senza fare troppo rumore, si trascinò fino alla sua figura, sistemandosi dietro di lei. Circondò il suo busto con le braccia, guardando il suo viso totalmente sereno. Le lasciò un bacio fugace sotto l'orecchio. Era un bacio leggero e soffice come una piuma. Aveva quasi paura di poterla svegliare se le sue labbra si fossero posate sul suo viso per più di un minuto. In quel caso, avrebbe interrotto quel sonno beato in cui era caduta e non voleva, perchè quando dormiva era ancora più bella. Osservava le labbra rosee leggermente incurvate, quasi come se stesse sorridendo, e desiderava sfiorare ancora quella pelle bianca come il latte ma dovette evitare per paura di svegliarla. Rimase fermò lì con lei per diversi minuti. Ad un tratto, Lyla sentì un odore familiare destarla dallo stato di sonno in cui era caduta. Mugolò mentre si risvegliava, e si voltò verso di lui per guardarlo attentamente, carezzandogli la guancia con la mano. Lyla non disse nulla, gli sorrise e basta, per poi lasciargli un bacio.
Gli occhi di Isaac sembravano brillare per la gioia, e il ragazzo le rivolse uno dei suoi sorrisi più belli e luminosi.
Cosa c'è?”, domandò Lyla, guardandolo meglio. “Perchè sorridi così?”.
Isaac portò una mano ai suoi capelli, smuovendoli leggermente e tastandone la morbidezza.
Niente”, rispose lui con voce tranquilla, incastonando le iridi azzurre nelle sue. “Sono solo felice che fra tante persone tu abbia chiesto proprio a me dove si trovasse l'aula di chimica”.
 
“Accelera! Quelli ci stanno dietro!”, esclamò Stiles voltandosi ancora indietro.
“Stiles, sto andando a duecento all'ora! Vuoi che ti butti da un macchina in corsa?”, chiese lei con voce ancora più preoccupata della sua. “Piuttosto, vorresti dirmi chi cavolo sono?”.
Il ragazzo la guardò, deglutendo pesantemente. “Ti sembra il momento adatto?”.
“In realtà sì!”, rispose Lyla con tono isterico. “E' tutto uno stupido scherzo per caso? Isaac era ferito, stava sanguinando e poi il sangue è...svanito. Non so nemmeno con certezza cosa diamine ho visto!”.
Stiles si odiò per quello che stava pensando di fare e sperò vivamente che Isaac non l'avrebbe preso a calci, ammesso che fosse sopravvissuto, ma forse era inutile continuare a nasconderle il tutto.
“Cosa altro ti ha detto lo psicopatico?”, chiese lui in un soffio.
“Ha parlato di licantropia”, esclamò la ragazza, senza perdere la concentrazione sulla guida. “E' per caso pazzo il nostro preside? Per quanto ne so i lupi mannari non esistono”.
“In realtà, ti sorprenderebbe sapere quanti ce ne sono a Beacon Hills”, rispose Stiles con estrema naturalezza, lanciando l'ennesima occhiata alle loro spalle.
Lyla sbandò per un attimo a quella affermazione, facendo sbattere Stiles con la testa contro il finestrino.
“Dico ma sei impazzita?!”, chiese lui con tono indignato e massaggiandosi la tempia. “Stiamo cercando di scappare!”.
“Io?!”, rispose lei stizzita. “Mi stai parlando di licantropi!”.
“Credevi che le zanne fossero finte?”, berciò Stiles con tono ironico.
Lyla non fece nemmeno in tempo a rispondere che venne interrotta di nuovo da Stiles, il quale non vedeva più la macchina.
“Dove sono?”, chiese con tono preoccupato, mentre Lyla continuava a sfrecciare per le strade di Beacon Hills.
“Cosa vogliono da noi?”, domandò la ragazza, guardando la strada.
“Non saprei”, rispose Stiles, voltando il capo. “Forse qualche rito sacrificale”.
Lyla lo guardò leggermente spaventata, e Stiles la tranquillizzò prima che potesse dare di matto.
“No, dai. Era uno scherzo”, esclamò con un sorriso tirato. “Almeno spero”.
In quel momento, la macchina che li stava inseguendo spuntò all'improvviso da un vicolo adiacente, tagliando loro la strada. Lyla cercò di evitarla per fuggire ma nel farlo, la macchina sbandò, uscendo fuori strada e ribaltandosi su sé stessa. L'airbag di Lyla non si aprì e Stiles portò istintivamente il braccio sinistro davanti alla figura di lei, cercando di proteggerla per quanto possibile ma il tentativo fu inutile. La ragazza sbattè forte la testa, e sentì un liquido caldo e appiccicoso scivolarle dalla testa fino al collo, macchiandole la maglia. Un dolore lungo tutto il petto la colpì così forte, che Lyla ebbe dei seri dubbi sulle sue condizioni, chiedendosi se non fosse morta, poi perse definitamente i sensi.
L'ultima cosa che vide fu la figura di Stiles accanto a lei.
Stiles si ritrovò sottosopra con tutte le ossa intorpidite ma nessuna rotta, per fortuna. La macchina era decisamente ribaltata e il suo viso era spiaccicato contro il tetto della macchina. C'erano solo vetri rotti ed un fastidioso e pungente odore di sangue. Spostò l'airbag che quasi lo stava soffocando. La fronte gli pulsava velocemente e poteva sentire il liquido caldo ed umido scorrergli lungo il viso fino ad arrivargli alle labbra. Stiles provò a voltarsi verso Lyla, ma riuscì soltanto a vedere di sfuggita il suo viso ricoperto di sangue, prima che qualcuno lo tirasse fuori dall'auto.
“Preso!”, esclamò il cacciatore con i capelli chiari, afferrandolo violentemente. “Tu prendi l'altra!”.
Il secondo uomo si avvicinò al lato del guidatore, abbassandosi.
“Questa qui è svenuta!”, esclamò, voltandosi verso l'altro. “E' viva ma sembra ridotta male!”.
“Lasciala pure qui!”, rispose il primo, tenendo la presa fissa su Stiles che a quelle parole cominciò a dimenarsi ed agitarsi.
“No! No!”, cominciò con voce agitata.
“Gerard voleva anche lei”, rispose l'uomo dai capelli chiari con voce brusca. “Non vedo come possa servirci ora come ora".
“Vi prego!”, asserì Stiles, cercando di non dare peso al dolore alla testa. “Fatemi chiamare almeno un'ambulanza. Siete cacciatori. Avete un codice, giusto? E non mi risulta che questo codice preveda la morte di persone innocenti. Inoltre, suo padre lavora nella polizia, come anche il mio. Credete che vi convenga fare tutto questo? Volete davvero lasciarla morire?”.
Stiles aveva cominciato a straparlare in maniera nervosa, ma sembrava convincente visto che l'uomo dai capelli scuri, ancora inginocchiato vicino alla macchina, si voltò verso l'altro con espressione corrucciata. “Non ha tutti i torti”.
L'altro sbuffò. “D'accordo”, rispose, mentre l'altro prendeva il cellulare dalla borsa di Lyla.
Intanto, Stiles venne trascinato e strattonato verso la macchina, per esserci buttato dentro. Dal vetro del finestrino, vide il cacciatore parlare al telefono e gettarlo poi ai piedi della macchina e correre verso di loro, per salire in auto.
Il ragazzo tenne una mano premuta sul vetro mentre la macchina si allontanava. Guardava il veicolo quasi distrutto e sperava con tutto il cuore che Lyla sarebbe stata bene, mentre lui veniva portato chissà dove.
 
Isaac era in preda all'agitazione più totale.
Scott riusciva a percepirla chiaramente e questo lo rendeva ancora più turbato di quanto non fosse già.
Le persone più importanti per loro erano sparite nella stessa sera ed entrambi sentivano che forse quella non era proprio una coincidenza. A peggiorare la serata, ci aveva pensato Derek che si era presentato dai due ragazzi, interrompendo la loro ricerca insieme a suo zio Peter che, stando agli ultimi avvenimenti, doveva essere morto.
“Quanto altro ci vuole?”, chiese Isaac ad un tratto mentre Peter recuperava un portatile dalle scale di casa Hale.
“Hai fretta?”, chiese l'alpha, storcendo il naso.
“In realtà sarei leggermente preoccupato per Lyla”, rispose il ragazzo con fare acido, avanzando in modo minaccioso. “Non so dove sia, se sta bene, se è nelle mani di Gerard. Non so niente e tu non fai altro che intralciare la mia ricerca!”.
Aveva pronunciato le ultime parole con una voce così rabbiosa che un ringhio gli si era fermato in gola, rendendo i suoi occhi gialli per un secondo...lo avrebbe aggredito volentieri. In quel momento Isaac odiava il suo stesso alpha con tutto il cuore.
Scott gli afferrò una spalla, stringendola per calmarlo, sotto lo sguardo di Derek.
“La troveremo, Isaac”, esclamò il ragazzo. “Devi fidarti di me”.
Isaac non disse nulla, rimanendo con lo sguardo basso ed i pugni stretti. Scott temeva che da un momento all'altro il ragazzo sarebbe saltato alla gola di Derek ma in quel momento preciso, il cellulare di Scott prese a suonare, facendoli sussultare.
Il ragazzo rispose per scoprire che si trattava di sua madre Melissa.
“Mamma non posso parlare adesso”, disse subito il ragazzo, allontanandosi di poco.
“Neanche io posso parlare per quanto sono spaventata”, rispose la donna con voce ansiosa.
“Cosa succede?”, domandò il ragazzo.
“Qualcosa!”, esclamò sua madre. “Non ho idea di quello che stia succedendo ma credo che tu debba venire qui al più presto. Si tratta di Jackson e poi quando sono venuta qui ho visto un'ambulanza arrivare in ospedale. Stavano ricoverando quella ragazza che era alla partita...Lyla!”.
Scott rimase di sasso, chiudendo la telefonata, e avvicinandosi ad Isaac con cautela.
“Isaac!” mormorò con voce incerta. “Credo che abbiamo trovato Lyla!”.
 
Isaac lo sentiva. Sentiva che quel momento sarebbe arrivato prima o poi, mentre correva verso l'entrata dell'ospedale con Scott alle sue spalle il cui intento era sicuramente quello di calmarlo prima che desse di matto.
Provava un dolore lontano e non fisico, ma riusciva a sentirlo come un pezzo di vetro conficcato in mezzo al petto: lo stesso dolore che aveva sentito quando Scott gli aveva detto dov'era Lyla.
Inspirò, guardandosi intorno in cerca di qualcosa. Espirò, mentre Scott lo aveva raggiunto.
Isaac aveva semplicemente ripreso a correre, lasciandosi guidare dall'odore di vaniglia di Lyla misto a sangue secco, che lo fece rabbrividire. Scorse la madre di Scott, Melissa, intenta a parlare con i familiari di Lyla, rassicurandoli.
Questi ultimi si allontanarono, probabilmente convinti dalla signora McCall a prendersi un caffè o altro che potesse permettere a lui di avvicinarsi; infatti, la donna fece segno con la mano a lui e Scott di farsi più vicini.
“Come è successo?”, chiese il ragazzo. “E lei come sta?”.
Melissa poteva leggere il panico più totale nello sguardo di Isaac.
“La macchina era ribaltata”, rispose la donna. “Qualcuno ha chiamato l'ambulanza dal suo stesso cellulare. Era un uomo, ma quando sono arrivati sul posto non c'era nessuno”.
“Credo centri Gerard”, intervenne Scott. “Non mi sembra una coincidenza”.
Isaac digrignò i denti, e l'amico gli mise una mano sulla spalla, stringendola.
“Lei?”, chiese Isaac, trovando il coraggio di alzare lo sguardo da terra.
La madre di Scott sospirò. “Ha subito un brutto colpo. Costole rotte, trauma cranico...al momento non è cosciente, e non sappiamo quando si risveglierà. Hanno fatto il possibile per stabilizzarla, bisogna soltanto aspettare che si risvegli”.
La donna si voltò verso il corridoio. “Non hai molto tempo e c'è qualcosa di là che dovete vedere. Vi aspetto qui”.
Quando Isaac osservò la porta della stanza, deglutì pesantemente, prima di entrare. Non sapeva cosa si sarebbe aspettato di trovare e sentiva che non sarebbe mai stato tranquillo abbastanza.
Entrò e sentì un bip ripetitivo: Lyla era sul letto con la testa fasciata, insieme ad entrambe le braccia. Il volto era pallido e il labbro superiore era percorso da un taglio, come anche qualche altra parte del suo viso.
Isaac sbattè un paio di volte le palpebre, cercando di ricacciare indietro le lacrime.
“Isaac...”, cominciò Scott, avvicinandosi al ragazzo.
“E' tutta colpa mia”, esclamò il ragazzo con voce rauca.
“Sai che non è così”, ribattè Scott con tono quasi indignato.
“E' colpa mia”, esclamò ancora in un sussurro, come se lo stesse ripetendo più a sé stesso.
La voce del suo amico era diventata un eco lontano che Isaac non riusciva a sentire, perchè troppo impegnato a lasciarsi invadere da quella sensazione di continua e ripetitiva imperfezione ed impotenza. Era come se stesse affogando mentre la vedeva immobile su quel letto; affogava nel mare di ricordi che aveva di loro due insieme prima di quel momento; aveva fatto tutto ciò che riteneva necessario per proteggerla: l'aveva allontanata, l'aveva tenuta fuori, eppure eccola lì con chissà quante ossa rotte in un letto d'ospedale perchè era corsa negli spogliatoi ad assicurarsi che uno stupido licantropo come lui stesse bene...chissà se ricordava tutto ciò che era successo.
Si avvicinò alla sua figura, sperando che aprisse gli occhi all'improvviso ma la speranza di Isaac sembrava vana almeno per il momento. Gli sembrava di trovarsi di nuovo rinchiuso nel freezer: voleva urlare, graffiare, dimenarsi per la rabbia e per la disperazione che stava provando, mentre il suo cuore si infrangeva come un'onda su uno scoglio alla vista di lei ridotta in quello stato. Si sedette piano sul letto, facendo attenzione ad ogni minimo movimento, e allungò la mano, afferrando la sua, sulla quale era in mostra una delle tante fasciature.
Le strinse la mano, e respirò con tutta la forza che aveva, alzando gli occhi al cielo per cercare di trattenere le lacrime, mentre un suono gutturale veniva emesso dalla sua gola, come un ringhio basso strozzato da un singhiozzo.
Se fosse morta, il cuore di Isaac sarebbe morto con lei di una morte lenta e dolorosa, consumandosi come una candela, ed ogni frammento sarebbe caduto rovinosamente a terra, come pezzi di cera, fin quando non sarebbe rimasto più niente di esso.
“Mi dispiace”, esclamò semplicemente con voce roca.
“Isaac...”, l'amico, fermo sulla porta, cominciò a chiamarlo con tono debole, vergognandosi di dover interrompere quel momento delicato e straziante. “Dobbiamo andare”.
Il ragazzo accettò quella mera consapevolezza, per quanto fosse tentato dal mandare tutto al diavolo e restare lì fino a quando Lyla non si fosse svegliata. Avvicinò il suo viso a quello di lei e le posò un leggero bacio sulle labbra, sperando con tutto il suo cuore che quel bacio potesse svegliarla, ma non accadde; Lyla continuava a tenere gli occhi chiusi.
Isaac si diede dello stupido per aver pensato anche solo per un secondo di poterla svegliare con un bacio.
Lui non era mica un principe azzurro?
 
Lyla tirò via la coperta con uno scatto felino e si raggomitolò in essa, sotto lo sguardo accigliato di Isaac, che era rimasto sul letto a morire dal freddo.
Ehi!”, esclamò allargando le braccia e voltandosi verso la ragazza. “Andiamo, è solo un film!”.
Solo un film?!”, esclamò lei terrorizzata. “Se invece ci fossero anche qui i fantasmi?”.
Fai sul serio?”, chiese Isaac, palesemente divertito e Lyla si strinse maggiormente nella coperta. Fai proprio sul serio”, aggiunse lui, cominciando a ridere a crepapelle.
Non è divertente!”, ribatté Lyla da sotto lo strato immenso di coperte.
Il ragazzo si avvicinò, spostando le coperte in cui Lyla si era avvolta, per osservare meglio il viso: sembrava una bambina spaventata. Le mancava solo un orsacchiotto da stringere e sarebbe stata perfetta.
Credi anche che sotto il letto ci sia l'uomo nero?”, domandò lui con un sorriso.
Vuoi proprio farmi stare sveglia stanotte!”, ribattè Lyla con tono lamentoso, mentre Isaac non riusciva proprio a smettere di ridere, portandosi le mani alla pancia.
Isaac l'afferrò prontamente, prima che potesse richiudersi nello strato di coperte, e la tenne stretta.
Ci sono io a proteggerti”, esclamò ad un palmo dal suo viso.
Lyla alzò un sopracciglio, poco convinta dalla sua affermazione.
Sei il mio principe azzurro dall'armatura scintillante?”, chiese con un sorriso.
Sì”, rispose lui, convinto. “Se consideriamo che ti ho preso un peluche al luna park, ti offro sempre la mia giacca quando hai freddo e ti apro la porta prima di entrare”.
Questo farebbe di te un principe?”, domandò la ragazza, scostando le coperte, e sedendosi.
Al giorno d'oggi...sì!”, rispose Isaac, avvolgendole la vita con le braccia. "Anche se mi vedo bene con una spada".
Allora sono proprio fortunata”. Lyla gli scoccò un dolce bacio sulla guancia, e da lì cominciò a lasciare una scia umida di baci fino alle labbra di Isaac, incurvate in un sorriso.
Isaac la strinse maggiormente, e poi si staccò un attimo da lei, per dirle qualcosa.
Cosa ne penserebbero i fantasmi di tutto questo?”, chiese, sorridendo in quel modo che ogni volta la faceva sciogliere, nonostante Lyla cercasse di nasconderlo.
Stupido!”, esclamò lei, dandogli un leggero colpetto sulla spalla, per il quale Isaac finse dolore.
Tanto lo so che dormi ancora con una lucetta accesa!”, ribattè Isaac, che non aveva proprio intenzione di smettere di prenderla in giro quella sera, meritandosi così l'ennesimo colpo alla spalla da parte della ragazza.
Vuoi che ti cacci fuori?”, domandò Lyla, portando le mani sui fianchi con fare minaccioso. “Perchè potrei farlo, sai. Mi basta alzarmi ora, farti uscire dalla porta e non dalla finestra, così mio padre ti vede e se scopre delle tue visite dalla finestra ogni sera ti...”.
Lyla non fece in tempo a finire la frase che Isaac la zittì con un bacio, facendole intuire che l'ultima cosa che voleva in quel momento era essere cacciato fuori.
 
Isaac si avvicinò a Scott, tenendo ancora lo sguardo fisso su Lyla, mentre l'amico apriva la porta.
Scott dovette praticamente trascinare il ragazzo, che sembrava stesse per entrare in chissà quale stato di trance o di incoscienza. Una volta voltato il corridoio insieme a Melissa, Scott dovette prendere Isaac per le spalle e scuoterlo violentemente per cercare di farlo rinsavire.
“Isaac!”, esclamò con tono fermo. “Qualunque cosa ti stia passando per la testa, ascoltami. So che in questo preciso momento vorresti morire, so che vorresti stare con lei a tenerle la mano aspettando che si svegli ma, ti prego, ora devi restare qui. Lyla starà bene, lo so per certo, e so che sentirlo non basta ma ho bisogno di te qui. A breve tutto questo sarà finito, te lo prometto. Puoi farcela, per lei...come hai sempre fatto fino ad ora”.
Il respiro di Isaac si regolarizzò e lui non disse nulla, si limitò a fissare il ragazzo con gli occhi lucidi e vacui, mentre si era lasciato cadere con la schiena appoggiata contro il muro, sotto lo sguardo rammaricato di Melissa.
Scott allentò la presa sulle sue spalle e gli tese una mano per aiutarlo a rialzarsi, osservandolo.
Il ragazzo cercò di racimolare quanta più forza d'animo possibile e l'afferrò, alzandosi, e ricevendo un sorriso speranzoso da Scott, mentre Melissa continuava ad osservarli con un sorriso.
“Andiamo”, esclamò il moro, dandogli una pacca sulla spalla.
 
How long have I been in this storm? So overwhelmed by the ocean's shapeless form.
Water's getting harder to tread with these waves crashing over my head.
If I could just see you, everything would be all right.
If I'd to see you, this darkness would turn to light.
And I will walk on water. And you will catch me if I fall.
And I will get lost into your eyes. I know everything will be alright”.
 
 
 
Angolo dell'autrice
 
Ecco il nuovo capitolo! Avevo detto che lo avrei postato lunedì ma alla fine ce l'ho fatta ad anticiparmi un pò. Ho avuto un gran bisogno di rivedere per bene il tutto, perchè questo e i due capitoli che mancano (sì, mancano già due capitoli alla fine ç_ç) sono collegati fra loro quindi ogni piccola modifica in uno mi portava una modifica anche nell'altro quindi ho dovuto fare molta attenzione. Gli eventi sono tratti dall'episodio 2x12, e come al solito ho cercato di inserire Lyla meglio che potevo, coinvolgendola anche nel rapimento di Stiles. Visto che dal prologo alla trasformazione di Isaacè passato un bel pò di tempo, ho inserito qualche flashback per esplorare la storia tra lui e Lyla. Il titolo si ispira all'omonima canzone “Never let me go” di Florence and The Machine, mentre quella alla fine è una strofa della canzone “Storm” dei Lifehouse. Vi lascio di nuovo un paio di immagini alla fine e spero sempre che vi sia piaciuto. Un'ultima cosa...ho una domanda da farvi e spero rispondiate con sincerità: cosa ne pensereste di un eventuale sequel? Ovviamente è soltanto un'idea, perchè ci sono alcune personcine (mi riferisco a Pikky e xXx Veleno Ipnotico xXx...è colpa loro, chiariamo u.u) che mi stanno tentando così tanto che mi hanno portato a buttare giù quale idea. Seguirebbe gli eventi della terza stagione (magari come una raccolta, poi si vede) ma è solo un'idea, nulla di certo, sia chiaro. Voi comunque che ne pensate al riguardo?
Direi che questo è quanto, alla prossima e ringrazio sempre di vero cuore tutti coloro che stanno leggendo, lasciando recensioni e mettendo tra le preferite/seguite...mi rendete troppo felice :).
A presto, un abbraccio <3
 
 

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Capitolo 9
*** VIII - Everybody hurts ***


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VIII
 
Everybody hurts
 
Una macchina sfondò l'entrata del magazzino in cui si trovavano prima che Jackson, sotto forma di kanima, potesse ucciderli tutti come gli era stato ordinato. Non era una macchina qualunque, bensì la jeep di Stiles, e seduta accanto a lui vi era Lydia.
Il ragazzo colpì Jackson in pieno.
“L'ho preso?”, chiese, voltandosi speranzoso verso Scott.
Purtroppo la risposta a quella domanda arrivò in fretta nel momento in cui Jackson balzò sulla jeep del ragazzo, che con un urlo terrorizzato uscì dalla macchina insieme a Lydia.
Stiles corse verso Scott ma Lydia rimase ferma davanti al kanima, chiamando il suo nome, e mostrandogli una chiave che teneva fra le dita. Nessuno osò intervenire mentre Jackson osservava quella chiave con attenzione.
Per un attimo, Isaac temette che le avrebbe tagliato la gola, d'altronde Jackson non era molto in sé, ma quello che vide lasciò tutti decisamente sorpresi...persino lui.
Il ragazzo riconobbe Lydia e ciò che la chiave rappresentava per lui. Si allontanò un attimo da lei, riprendendo per metà la sua forma umana, e fu in quel momento che Peter e Derek agirono, scagliandosi su Jackson e piantando i loro artigli dritti dentro di lui, sotto lo sguardo della rossa.
Lydia afferrò Jackson in tempo, prima che si accasciasse a terra, tenendolo stretto fra le sua braccia.
Isaac osservava la scena, mentre il sangue gli scorreva ancora dal collo per le ferite riportate, e nel vedere Lydia che stringeva il ragazzo con tanto amore e disperazione, non potè fare a meno di pensare a Lyla. Derek gli mise una mano sulla spalla, tirandolo leggermente più vicino a lui, mentre Isaac proprio non riusciva a staccare gli occhi da quella scena così straziante.
“Tu...ancora...”. La voce di Jackson veniva spezzata continuamente dagli ansimi.
“Io ti amo”, sussurrò Lydia. “Sì, io ti amo ancora”.
Jackson lasciò andare la testa sulla spalla della ragazza, chiudendo gli occhi, mentre Lydia lo stringeva ancora più forte, come se non volesse lasciarlo andare, come se sperasse che tutto ciò non stava accadendo davvero, perchè in effetti come poteva credere che il tuo ragazzo fosse un mostro e che stesse per morire fra le sue braccia dopo essere stato ucciso da due licantropi? Lydia si alzò e fece per tornare verso di loro, quando un rumore di artigli sfregò leggero sul pavimento. Si voltarono tutti verso la figura distesa e apparentemente senza vita di Jackson, per vederlo alzarsi in piedi e mostrare con un ringhio i suoi occhi blu da licantropo. La ragazza gli corse incontro, abbracciandolo così forte che in circostanze normali gli avrebbe tolto il fiato, mentre Isaac vide Scott stringere la mano di Allison che fissava la scena con gli occhi lucidi.
Avevano visto morte e rinascita di un ragazzo che aveva chiesto spontaneamente di essere morso, per poi trasformarsi in una creatura squamosa usata per scopi vendicativi. Si era trasformato nel kanima perchè era solo, perchè voleva un amico, qualcuno che lo guidasse, che gli volesse bene, e ci era voluto forse troppo tempo per capire che la persona adatta lo stava stringendo proprio in quel momento; quella persona che era l'unica al mondo in grado di salvarlo, ricordandogli il suo lato umano; ricordandogli che il ragazzo di cui si era innamorata era lì dentro, da qualche parte.
C'era così tanto amore in quel dannato luogo che Isaac cominciava a sentirsi sopraffatto e frustrato per il fatto che lui non potesse stringere il suo. Lyla gli ricordava la sua parte umana ogni volta che lo guardava; gli ricordava quel ragazzino indifeso che correva via in sella alla sua bicicletta ogni volta che suo padre gli faceva del male; gli ricordava quel ragazzo pieno di lividi che le aveva indicato l'aula di chimica; quel ragazzo che si era presentato alla sua finestra completamente spezzato e rotto; quel ragazzo che l'aveva allontanata per tenerla al sicuro; quel ragazzo che poco alla volta aveva imparato e compreso quanto l'amasse con tutto sé stesso. Aveva sbagliato tutto, fin dall'inizio. Una lacrima silenziosa gli rigò il volto, mentre Derek continuava a tenere la mano stretta sulla sua spalla, come se stesse sentendo anche lui il dolore del suo beta, che non faceva altro che pensare al momento in cui sarebbe tornato da Lyla.
 
Dove sei stato, Isaac?”.
La voce di suo padre lo colpì alla schiena come una frusta e lo lasciò immobile con lo zaino in spalla e la mano ferma a pochi centimetri dalla maniglia della porta.
Sono stato a studiare”, rispose lui, voltandosi appena. “Da Lyla”.
Ah, la figlia del vice sceriffo”, esclamò il padre, portando le mani dietro la schiena. “Come funziona? Te la stai lavorando? Credevo che le ragazze le vedessi solo al computer”.
Isaac lo guardò senza dire nulla. Cosa diamine voleva dire quel discorso che suo padre stava tentando di intavolare? Non era realmente interessato al rapporto che aveva con Lyla, anzi, aveva l'espressione che era solito sfoggiare quanto aveva intenzione di umiliarlo in qualche modo.
No”, rispose il ragazzo con voce titubante. “Siamo amici”.
Suo padre rise di gusto, con le mani ancora giunte dietro la schiena.
Dio, Isaac. Non sai nemmeno trovarti una ragazza?”, domandò con voce crudele.
Si era avvicinato pericolosamente a lui, e lo guardava in quel modo che ogni volta gli faceva venire fremiti di terrore per tutto il corpo. Era come se il suo stesso corpo si preparasse ogni volta a quello che stava per succedere, come se sapesse che a breve avrebbe sentito dolore, e cominciava in qualche modo ad abituarsi e ad abituare anche la mente di Isaac, ormai rassegnata.
Non hai proprio nulla di Camden”, esclamò con voce fiera, come se suo fratello fosse ancora vivo, e come se si potessero ancora fare paragoni fra i due. “Non sei venuto su come lui. Al tuo posto, avrebbe già concluso tempo fa. Tu, invece, sei solo uno smidollato!”.
La sua voce era aumentata di qualche tono, e la sua figura lo sovrastava. Era troppo vicino.
Il cuore prese a battere velocemente.
Piccole gocce di sudore cominciarono a colare dalla sua fronte.
La bocca era improvvisamente secca e lo stomaco si attanagliava, trasmettendogli una terrificante sensazione di ansia e di panico: era sempre così, ogni volta.
 
Isaac sobbalzò, rischiando seriamente di cadere dalla poltrona.
Aprì gli occhi di scatto, spaventando anche la figura leggermente china su di lui.
Dinanzi al ragazzo c'era la mamma di Lyla, Candice, che gli stava porgendo una tazza fumante di caffè.
“Isaac, sei stato qui tutta la notte”, esclamò la donna, passandogli la tazza, che Isaac strinse leggermente tra le mani, per darsi un po' di calore.
Normalmente dopo quella notte di sangue e lotte continue fra licantropi, cacciatori e kanima, sarebbe dovuto tornare a casa, cercando di far guarire il numero indefinito di ossa rotte che si era procurato, ma aveva preferito correre in ospedale da Lyla e restarci fin quando lei non avrebbe finalmente aperto gli occhi. Voleva esserci quando lo avrebbe fatto.
I genitori di lei lo avevano visto arrivare, e non c'era stato bisogno di dire nulla. Jamey lo aveva abbracciato, lasciandolo sorpreso e allo stesso tempo felice; il padre di Lyla non aveva detto nulla, gli aveva solo dato una pacca sulla spalla, invitandolo ad entrare; mentre la mamma di Lyla, che era forse la donna più gentile del mondo, insieme a Melissa McCall, gli aveva sorriso così dolcemente da farlo quasi sciogliere, e poi gli aveva preso il braccio, come se quel gesto non fosse altro che un silenzioso ringraziamento per la sua presenza in quel momento.
Isaac si era rannicchiato sulla poltrona nella sua stanza e si era offerto di restare lì, sotto le prime proteste del padre, ma il ragazzo era stato risoluto e avevano tutti capito che niente e nessuno lo avrebbe scrollato da lì per le prossime ventiquattro ore.
“Sto bene”, rispose con voce bassa. “Voglio solo essere qui quando si sveglierà”.
La donna gli sorrise. “Lo so, ma l'idea di andare a casa a farti una doccia e cambiarti non è da gettare via...sei d'accordo?”.
Il ragazzo si osservò un attimo. Aveva ancora i vestiti della sera precedente, e sulla maglia blu spiccava ancora qualche macchia di sangue. Quando la donna se ne era accorta, lui si era sbrigato a rispondere, dicendo che aveva perso sangue dal naso, e sperando che fosse credibile. Sentiva ancora l'odore di sangue e di morte addosso, ma temeva che proprio nel momento in cui avesse messo piede fuori dall'ospedale, lei avrebbe aperto gli occhi e non voleva essere lontano.
Il solo pensiero lo fece stare male. Doveva essere lì, doveva stringerle la mano e dirle così tante cose che avrebbero potuto perdere ore ed ore a parlare di tutto.
“Mi dispiace”, cominciò il ragazzo, abbassando lo sguardo. “Non posso”.
Candice gli sorrise e prima di uscire dalla stanza, si voltò un'ultima volta verso il ragazzo: aveva portato le ginocchia al petto e aveva cominciato a sorseggiare il caffè, senza distogliere lo sguardo dalla figura di Lyla.
Sì, i sentimenti che provava per sua figlia erano decisamente evidenti.
 
Isaac sfogliò il libro di chimica per qualche secondo e poi lo chiuse con un tonfo, rimettendolo sul tavolo, per avvicinarsi a Lyla con una lentezza quasi ipnotizzante.
Hai qualche altra domanda da farmi?”, sussurrò al suo orecchio, portandole una mano attorno alla vita. “Oppure abbiamo finito con lo studio?”.
Lyla gli mise il palmo della mano sul viso e lo allontanò palesemente divertita. Afferrò il libro e si alzò per rimetterlo sulla libreria, ma Isaac si alzò prontamente dalla sedia e la circondò subito con le braccia, mordendosi un angolo della bocca. Quel ragazzo era un provocatore nato e spesso Lyla quasi si stupiva di quanto riuscisse a distrarla nell'arco di un'ora. Studiare con lui si rivelava sempre un'impresa. Isaac era il punto fisso che attirava l'attenzione durante le sessioni di studio; il pensiero che la faceva sorridere ogni volta; il suono del campanello nel momento in cui proprio non se lo aspettava; il marshmellow nella cioccolata; la punta di dolcezza necessaria per cominciare la giornata nella maniera più bella e rassicurante.
Cosa stai facendo?”, domandò Lyla con un sorriso e una punta di nervosismo nella voce.
Sto cercando di baciarti, se sua grazia me lo concede dopo questa sessione di studio”, le sussurrò sulle labbra, facendole sentire il suo respiro sulla pelle.
Permesso accordato”, rispose lei, affondando una mano nei riccioli chiari del ragazzo.
Isaac la baciò con dolcezza, facendo scivolare le mani sulla sua schiena. Non era la prima volta che uno dei tanti pomeriggi di studio finiva in quella direzione; la maggior parte delle volte Isaac non si impegnava nemmeno nel rispondere alle domande, pur di baciarla, ed in quei casi Lyla gliela faceva pagare con il doppio delle domande e degli esercizi di chimica. Doveva essere almeno risoluta in qualche modo, cercando di non cedere troppo facilmente.
Dopo tre volte in cui Isaac se l'era vista male in quel modo, aveva imparato la lezione, cominciando a fare di più la persona seria, ma ogni volta che lo studio terminava, pretendeva da Lyla almeno un bacio come premio per l'impegno e la bravura che aveva dimostrato. Il ragazzo continuava a baciarla, mordendole le labbra, e sorridendo in quel bacio. La sollevò leggermente da terra, facendola ridere, ma una voce proveniente dal corridoio li fece trasalire.
Lyla!”. Sua madre. La ragazza spinse via Isaac che la guardò con espressione interrogativa, per prendere il libro di chimica fra le mani. Spinse Isaac sulla sedia e lei si posizionò sul letto a gambe incrociate e con il libro su di esse, fingendo che stessero ancora studiando.
Sua madre Candice aprì la porta, senza accorgersi della scena che avevano appena improvvisato.
Ehi, ragazzi”, esclamò con un sorriso gentile. “Lyla volevo solo dirti che io e tuo padre stiamo uscendo per una cena con i suoi colleghi. Ci sono diverse cose nel frigo”.
La donna si voltò verso Isaac, che le rivolse un sorriso timido.
Perchè non rimani, Isaac?”, chiese. “Così potete cenare insieme. Tu, Lyla e Jamey”.
Il ragazzo si voltò verso Lyla, come per capire se le andasse bene l'idea, e la ragazza sorrise in risposta, così Isaac accettò volentieri l'invito.
Quando sua madre richiuse la porta, Lyla si accasciò sul letto, emettendo un sospiro di sollievo, mentre Isaac si alzò dalla sedia e si adagiò accanto alla ragazza, poggiando la schiena alla testiera del letto, e sospirando a sua volta, per poi cominciare a ridere.
Isaac! Smetti di ridere!”, esclamò lei con sguardo torvo.
 
Lyla udì un ringhio basso. Sentiva una presenza strana di fronte a lei.
La sensazione che stava provando era anche più spaventosa di quella che si prova quando sembra di cadere nel vuoto. Sentiva i respiri pesanti di una bestia e i ringhi aumentavano. Cominciò a tremare e poi a girovagare per gli spogliatoi di lacrosse.
Scappava da qualcosa che sembrava inseguirla. Cercò di aprire la porta ma era bloccata.
La bestia la stava raggiungendo e lei continuava a correre intorno più veloce che poteva.
Inciampò su qualcosa, e cadde, finendo con le mani a terra. Si voltò un attimo indietro per assicurarsi della posizione della bestia poi riportò lo sguardo sul pavimento: c'era sangue. Le sue mani e il suo viso erano ricoperti di sangue.
Si alzò di scatto e sentì un ringhio più vicino alle sue spalle.
Il sangue continuava a scorrere ma Lyla non capiva quale fosse la sua origine, poi qualcosa la colpì, come una zampata.
La bestia l'aveva colpita. Non era un lupo, o meglio non era un lupo normale. Lyla lo guardò. Era una bestia mostruosa, con le zanne aguzze ma ciò che attirò maggiormente la sua attenzione furono gli occhi...azzurri, come quelli di Isaac. La colpì di nuovo, e un dolore acuto la invase. Provò ad urlare, ma la voce semplicemente non usciva dalla sua bocca, come se non fosse in grado di parlare, mentre la pozza di sangue si allargava.
La bestia la sovrastava e lei capì di essere spacciata.
Sentiva il respiro sulla sua gola, e le zanne che le sfioravano leggermente il collo, pronte a lacerarlo.
C'erano diverse figure attorno a loro ma non riusciva bene ad identificarle.
Vedi? Tu potresti essere solo una delle sue prede”. Gerard.
I vostri sentimenti potrebbero solo mettervi in pericolo. Gli avevo detto di starti lontano”. Derek.
La tua umanità è solo un ostacolo. Sei troppo fragile ed inutile per lui”. Erica.
Stanne fuori, Lyla. Mi ringrazierai un giorno. Non vuoi finire come me”. Stiles.
Un altro ringhio e Lyla strizzò gli occhi.
La ragazza si svegliò, urlando, e dimenandosi nel letto dell'ospedale.
Qualcuno le afferrò immediatamente le braccia, immobilizzandola e calmandola. Lyla si dimenava così velocemente che Isaac fu costretto ad aumentare la presa sui polsi, facendole quasi male.
Lyla guardò gli occhi della figura davanti a lei, e li riconobbe come gli stessi visti in sogno.
“Tu...”, esclamò la ragazza con voce debole e rotta, come se volesse piangere.
Il ragazzo, vedendo che si stava tranquillizzando, la lasciò andare ma non appena lo fece, Lyla si spinse verso il cuscino, allontanandosi da lui, e facendosi piccola piccola.
Isaac notò delle leggere lividure sui polsi, dovute alla sua stretta di prima, e allungò una mano verso di lei, cercando di sfiorare il suo viso, ma la ragazza si ritrasse maggiormente, poggiando il viso sulle ginocchia, come per nascondersi.
Il ragazzo scacciò quel pensiero che tanto gli stava annebbiando la mente e tentò un'ultima volta di avvicinarsi.
Quando la ragazza si strinse di più nelle ginocchia, tremando ed emettendo un singhiozzo strozzato, Isaac ebbe la conferma che aveva cercato di allontanare in quei pochi secondi che gli erano sembrati eterni: Lyla era terrorizzata...dalla sua presenza. Cominciò ad indietreggiare, fino ad uscire dalla stanza di lei con un groppo in gola di cui non riusciva proprio a liberarsi.
Forse ai suoi occhi, Isaac non era altro che un mostro.
 
 
Era stato come finire sul fondo di una piscina, completamente priva di sensi, e trovare la forza per tornare a galla, anche se qualcosa non faceva che tirarla giù, ostacolando i suoi movimenti. Era come un abisso senza fine. Ogni volta che cercava di guardare in basso non vedeva niente se non un abisso nero e per quanto si sforzasse di allargare le braccia per salire, ogni tentativo risultava vano. La cosa più difficile era stata rendersi effettivamente conto di ciò che la circondava.
Aprire gli occhi era stato stranamente facile e veloce ma era come se fossero ancora chiusi, e come se davanti ad essi ci fossero ancora le scene cruente di quell'incubo. Il cervello era ancora annebbiato e proiettato in quello stato di incoscienza durato per circa due giorni, mentre il corpo non era ancora sotto il suo completo controllo.
Ci era voluta qualche ora prima che si svegliasse davvero, rielaborando tutto ciò che era accaduto e realizzando che aveva praticamente spinto Isaac ad andarsene.
Prese il biglietto, adagiato sull'ennesimo mazzo di fiori che aveva ricevuto, e sorrise leggermente, notando che si trattava di Ashley, la quale le aveva scritto che sperava stesse bene e che sarebbe passava dopo la fine delle lezioni per riabbracciarla.
“Toc. Toc”.
Lyla sporse leggermente la testa, per cercare di capire di chi si trattasse, poi un ragazzo dai capelli corti con un numero sconosciuto di merendine tra le mani fece capolino dalla porta.
“Ero a corto di idee e i fiori mi sembravano decisamente banali”, cominciò con il volto allegro. “Così ho pensato di svuotare completamente il distributore”.
Lyla gli regalò un sorriso grato per la premura che le stava dimostrando in quel momento, e per un attimo si sentì davvero orribile per averlo tanto tartassato nei giorni precedenti.
“Come stai, bella addormentata?”, chiese, sedendosi sul letto e porgendole una merendina.
“Sono stata meglio”, rispose la ragazza, scartandola. “Tu?”.
“Bene”, esclamò il figlio dello sceriffo con gli occhi bassi.
La ragazza non ci mise molto a percepire che qualcosa non quadrava. “Stiles?”.
“Mi dispiace”, asserì lui all'improvviso. “Quella macchina ci è venuta addosso, tu sei svenuta. Volevano lasciarti lì a morire, io...”. Non riuscì a terminare la frase.
Lyla gli prese la mano, stringendola. Quel ragazzo l'aveva salvata, per quanto non ci credesse molto.
Se non fosse stato per lui, di certo Lyla in quel momento non sarebbe stata sveglia. Stiles era un amico prezioso, e non la sorprendeva il fatto che Scott tenesse così tanto a lui. Notò la ferita sulla guancia, ricordando l'ultima sera che avevano passato insieme, e gli mise una mano sul viso.
“Ti ringrazio, Stiles”, disse con un filo di voce. “Mi hai protetta...come hai sempre fatto ultimamente”.
Gli rivolse un sorriso, certa del fatto che lui avrebbe capito di cosa parlava.
Il ragazzo mostrò un sorriso molto più convinto, e cominciò a scartare una merendina, cominciando a parlare, nonostante la sua bocca fosse piena di cioccolato.
“Allora...”, cominciò, stiracchiandosi. “Posso dire di avere un'amica del tutto umana?”.
“Allison e Lydia non lo sono?”, chiese la ragazza, alzando un sopracciglio.
“In realtà, sì”, esclamò il ragazzo, grattandosi il mento. “Allison è una cacciatrice, come suo nonno Gerard. Per quanto riguarda Lydia ho dei seri dubbi al riguardo”.
“Mi stai dicendo che Allison va in giro a conficcare spade nei corpi dei lupi?”.
“Esatto!”, rispose prontamente Stiles. “Cioè, no. Non ora. L'altra sera, sì. Oh, cavolo!”.
Il ragazzo pensò seriamente di omettere il piccolo dettaglio che vedeva Allison pugnalare brutalmente Isaac sul torace e alle spalle con due piccoli pugnali: aveva lo strano presentimento che Lyla non sarebbe stata molto felice al riguardo.
Lyla rise debolmente ai vani tentativi di Stiles nello spiegarle tutte le dinamiche.
“Posso farti uno schema se vuoi”, aggiunse il ragazzo, accartocciando le buste di merendine.
“Non so se ce ne sarà bisogno”, rispose Lyla, cominciando a giocherellare con le dita.
“Dov'è Isaac?”, chiese Stiles di getto, pur conoscendo la risposta. Sapeva che si era recato di corsa da lei in ospedale...ed era strano che non fosse lì nemmeno in quel momento.
Lyla chiuse un attimo gli occhi, sforzandosi di non guardare Stiles e di non scoppiare a piangere come aveva fatto sempre da quando si era svegliata. Lo aveva praticamente mandato via, e se ne stava rendendo conto solo adesso. Era così sotto shock al suo risveglio che non si era resa conto di nulla, se non di quell'incubo terrificante che aveva fatto.
Stiles aumentò la stretta alla sua mano, invogliandola a parlare, così la ragazza fece un sospiro profondo e decise di raccontare a lui cosa era accaduto, per quanto le fosse possibile.
“Ricordo chiaramente una specie di incubo prima di svegliarmi”, cominciò Lyla con voce titubante. “C'era sangue ovunque ed un lupo era sopra di me. Era Isaac e stava per uccidermi. Sembrava tutto così reale, poi c'eravate tutti voi che non facevate altro che ripetere di avermi avvertita, che era pericoloso e che io non sono altro che una debole umana. Mi sono svegliata e lui era lì...pronto a calmarmi. Io ero terrorizzata e non sono riuscita a tranquillizzarmi. Ho visto i suoi occhi, gli stessi che avevo visto in sogno ed era come se fossi ancora immersa in quell'orribile incubo, come se il sangue fosse ancora sulle mie mani e sul mio corpo. Mi sono allontanata da lui, terrorizzata. Isaac ha provato ad avvicinarmi ma io non gliel'ho permesso; poi semplicemente lui non c'era più...per colpa mia e della mia dannata reazione”.
Stiles aveva ascoltato ogni singola parola da lei pronunciata, e credeva che la sua reazione non fosse certo da biasimare. Si era ritrovata all'improvviso con un licantropo e tre cacciatori davanti, che dopo aver colpito il suo ex fidanzato licantropo l'avevano trascinata via, a questo particolare già piuttosto fastidioso si era aggiunto il fatto che li avevano inseguiti, la macchina si era ribaltata e lei era finita in ospedale, con costole rotte e spalle lussate. In effetti, come non rimanere sconcertati?
“Lo sai, una volta Scott stava per aggredirmi”, disse Stiles, sorridendole, e Lyla lo osservò decisamente sorpresa dalla tranquillità con cui lo stava dicendo. “In realtà, io rischio sempre la mia vita ora che ci penso. Scott, Derek, Isaac, Boyd, Erica...potrebbero tutti tagliarmi la gola”.
“Scommetto che avrebbero anche dei buoni motivi”, esclamò Lyla.
“Ehi!”, ribattè il ragazzo, leggermente offeso. “Io sono un amore, mentre loro sono dei mostri. Comunque, quello che voglio dirti è che semplicemente ciò non accade perchè sanno controllarsi, e non pensare che io non mi senta inutile quando sono con loro. A volte mi sento un vero idiota, l'unico stupido che non ha gli artigli e che non può aiutarli, se non con il cervello. Solo che ogni tanto è frustrante, sai...stare sempre in panchina, ad aspettare che i tuoi amici tornino vivi, a sperare che il tuo migliore amico non venga tagliato in due”.
Lyla notò la tristezza evidente negli occhi di Stiles.
“Vedi, Lyla”, continuò lui, massaggiandosi il collo. “Una volta che si entra in questo mondo, non è facile uscirne. Bisogna fare una scelta. Non posso negarti che spesso mi sento quasi un peso per loro, perchè se qualcosa va storto devono preoccuparsi anche di me ma io ho fatto una scelta consapevole. Non si può uscire dalla vita delle persone che ami, anche se sono mostri a due teste”.
“C'è qualcuno che ha due teste?”, domandò ad un tratto Lyla, sgranando gli occhi.
“No, era per dire. Nessuno ha due teste...per il momento. Tuttavia, abbiamo avuto a che fare con un lucertolone, che era Jackson sotto mentite spoglie”, Stiles cominciò a gesticolare, sotto lo sguardo ancora poco convinto della ragazza.
“Confortante”. Licantropi, lucertole, cacciatori...sembrava un film dell'orrore.
“Tu non volevi davvero che Isaac andasse via, eri soltanto spaventata” aggiunse lui. “Non hai avuto una settimana molto allegra, devo dire”.
Lyla non riusciva proprio più a ricacciare indietro le lacrime. Con la mano si asciugò gli occhi, sforzandosi di respirare, e assorbendo tutto ciò che Stiles le aveva appena detto. Sentì la mano di Stiles carezzarle il braccio come per consolarla. Avrebbe voluto che anche Isaac fosse ancora lì, che non fosse andato via perchè lei era stata così stupida da spaventarsi a morte. Dopo essersi svegliata ci aveva messo un po' a realizzare tutto quello che era successo. Aveva dovuto trovare una scusa plausibile da rifilare ai suoi genitori. Aveva ricordato le voci lontane udite mentre era ancora in stato di incoscienza; il bip che le fracassava il cervello; una stretta dolce e familiare intorno alla sua mano, che aveva riconosciuto come quella di Isaac; un bacio dolce sulle sue labbra; un “mi dispiace” sussurrato appena con una voce così carezzevole che sembrò sfiorare la sua pelle fredda. Probabilmente si credeva un mostro, invece Lyla, dopo aver ricordato tutti quei piccoli e dolci particolari, pensava che il mostro in questione fosse proprio lei.
“Andrà tutto bene”, la rassicurò il ragazzo. “Vedrai, Lyla”.
“Se invece dovesse succedergli qualcosa per colpa mia?”, domandò lei con voce roca. “Se qualche strano psicopatico volesse usarmi contro di lui? Lui sarebbe debole per colpa mia. Sarei un peso. Derek ed Erica hanno ragione. Loro...”.
“Quando hai parlato con quei due?”, chiese Stiles, confuso.
“No, io...Lo dicevano in quello strano sogno”.
Stiles sbuffò. “Senti, vuoi davvero ascoltare le parole in sogno di un alpha con dei seri problemi nel gestire la rabbia e le relazioni sentimentali, ed una beta psicopatica che gioca a fare Catwoman?”.
“Alpha? Beta?”. Lyla lo guardava come se fosse impazzito.
“Ti spiegherò tutto a tempo debito”, esclamò il figlio dello sceriffo. “Il punto è che loro non sono le persone adatte per dare giudizi in materia, secondo il mio modesto parere. Lyla, siamo nella stessa condizione. Non puoi cominciare a struggerti per qualcosa prima che essa avvenga. Come abbiamo visto, può succedere qualcosa anche se Isaac ti tiene lontana. Basta guardarti adesso”.
Lyla avrebbe tanto desiderato essere più fiduciosa come Stiles ma il fatto che anche in quel caso lei potesse essere usata contro Isaac, la fece sentire ancora peggio. Avrebbe voluto essere forte come Erica, o come Allison, in grado di difendersi da sola, così da non dare preoccupazioni ad Isaac, che aveva così altre cose a cui pensare. Credeva di dover essere lei a proteggerlo, a fare in modo che lui si appoggiasse a lei quando non riusciva a proseguire da solo. Certo, anche lei avrebbe potuto sempre contare su di lui...ma non credeva che il tutto sarebbe avvenuto in vicende del genere. Un conto è essere protette dal proprio ragazzo in circostanze normali, un conto è essere protetta contro licantropi, cacciatori e mostri squamosi...come se la normalità non fosse abbastanza. Lyla cominciò a ripensare a tutto ciò che era successo da poco prima della morte di Isaac e a tutti i suoi disperati tentativi di tenerla fuori il più possibile da tutto ciò.
“E' strano come ora tutti i pezzi tornino al loro posto”, asserì Lyla, riflettendo.
“Cosa intendi dire?”, le domandò Stiles.
“La sera alla stazione di polizia”, cominciò Lyla, ripercorrendo tutti gli eventi. “L'omicidio di suo padre, la sera in cui sono andata da lui. Diciamo che i pezzi del puzzle sono tutti al loro posto”.
“In realtà...”, esclamò Stiles, guardando meglio Lyla. “Ne manca ancora uno”.
“Quale sarebbe?”, domandò lei con un sorriso sarcastico.
“Quello che riguarda il vostro futuro”.
 
I could drag you from the ocean. I could pull you from the fire.
And when you’re standing in the shadows I could open up the sky.
And I could give you my devotion until the end of time.
And you will never be forgotten with me by your side.
And I don’t need this life I just need somebody to die for”.


 
 
Angolo dell'autrice
 
Allora che ve ne pare di questo, ahimè, penultimo capitolo? :).
Spero che non faccia troppa pena sinceramente e che non sembri un minestrone ricco di stupidaggini o di eventi messi a caso. Non so perchè ma mi trasmette questa sensazione, come se avessi descritto solo una sfilza di eventi completamente inutili xD. Quanto mi odiate per il risveglio traumatico di Lyla? xD. Chiedo perdono ma tutta questa vicenda di lupi mannari, ecc. sarebbe traumatica per chiunque e visto quello che è successo a Lyla, ho pensato che non poteva certo svegliarsi come se niente fosse. E' shockata, non avendo avuto il tempo effettivo di realizzare. Non ha nemmeno scoperto il tutto, che ha subito un incidente; per questo è rimasta spaventata da Isaac, considerando anche l'incubo. Isaac, che come sappiamo, odia se stesso e si colpevolizza per ogni cosa, non la prende bene, si allontana ed esce dalla stanza, perchè restare sarebbe inutile, visto lo spavento di lei. Ecco allora che il buon Stiles ha un discorso serio (puntellato da un po' di ironia qua e là) con Lyla, confortandola e facendole capire come ci si sente a stare nella mischia e a sentirsi impotenti, cosa che Lyla sente anche troppo bene, dato che non vuole essere una palla al piede per Isaac, rendendolo soltanto più debole. Ok, ho smesso di scocciarvi xD se ci sono errori fatemelo presente :).
Vi lascio sempre due immagini alla fine, la prima è presa dall'episodio 2x12, e mi piace tantissimo: Derek era proprio tenerello in quella scena, ed anche Isaac. La seconda, invece, è presa a caso, cioè mi piaceva e basta u.u. Il titolo del capitolo viene dall'omonima canzone dei REM, e la strofa alla fine è tratta dalla canzone “Somebody to die for”, del gruppo Hurts :).
Alla prossima settimana con l'epilogo :3.
Un grazie enorme a tutti coloro che stanno seguendo questa storia, non so come farei ad andare avanti...mi confortate tantissimo, quindi grazie grazie grazie <3. A presto, un abbraccio :)

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Capitolo 10
*** Epilogo ***


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A te che sei arrivato fino a qui.

Epilogo
 
Unintended
 
Lyla aveva paura.
La sua paura però non era quella che avrebbe dovuto avere una normale adolescente: non era la paura di andare male ad un compito, non era la paura di non piacere ad un ragazzo o di saltare la festa dell'anno.
No. La sua paura dovuta a ben altre complicazioni, riguardanti un problema noto come licantropia.
Era iniziato tutto da lì, dal momento in cui aveva scoperto il segreto di Isaac.
Da allora, ogni volta che chiudeva gli occhi un nuovo incubo si faceva vivido in lei.
Lyla aveva paura.
Aveva paura di svegliarsi ed accorgersi di essere rimasta sola, di scoprire che erano tutti morti, di scoprire che di Isaac non era rimasto che un corpo senza vita, e di scoprire che lei non avrebbe potuto fare nulla al riguardo.
In effetti, come avrebbe potuto? 
Lei era semplicemente un minuscolo granello di sabbia senza alcuna importanza, una spettatrice di uno show mostruoso e più grande di lei. Ogni volta che si ritrovava a pensarci, la gola diventava improvvisamente secca, lo stomaco si chiudeva in una morsa insopportabile e gli occhi...beh, quelli cominciavano a lacrimare, facendola piangere per tutta la notte.
Lyla aveva paura.
Non aveva fatto che ripetere le stesse frasi nella sua mente ogni secondo; quelle stessi frasi che l'avrebbero accompagnata praticamente ogni giorno.
Ti prego, non morire. Ti prego, non lasciarmi. Ti prego, torna da me tutto intero.
Aveva paura anche in quel momento, mentre era seduta sul letto con un ginocchio al petto, mentre la gamba destra era distesa lungo il materasso e riusciva a malapena a muoverla per il troppo dolore. Era ridotta abbastanza male, ma avrebbe sopportato...per Isaac avrebbe sopportato. Tutte le ferite che si era procurata bruciavano come tizzoni ardenti. Si portò una mano alla bocca e la ritrasse immediatamente per il dolore provocato dalla visibile spaccatura sul labbro superiore.
Come si era giustificata con la sua famiglia? Ah sì, un pirata della strada aveva fatto sbandare la sua macchina, ma d'altronde cosa avrebbe dovuto dirgli? Ehi, papà un gruppo di cacciatori psicopatici ha tagliato la strada a me e Stiles nel tentativo di rapirci ed usarci come ostaggi!
Una frenata brusca, la macchina che si ribaltava, un colpo, uno squarcio e poi solo dolore.
Un dolore che ancora adesso si faceva sentire.
Un dolore che le aveva fatto credere di essere morta.
Un dolore che le aveva fatto capire maggiormente quanto lei fosse debole e umana.
Un dolore che le aveva semplicemente ricordato che forse Isaac non doveva stare insieme a lei.
Lyla cominciò una lotta senza sosta contro quelle dannate lacrime che pregavano di uscire, chiedendosi se stesse facendo la cosa giusta; chiedendosi se aveva fatto bene a seguire il consiglio di Stiles; chiedendosi quando fosse diventata così lamentosa. Solo che non voleva che Isaac vedesse di nuovo quanto lei continuasse ad essere solo una piccola e debole umana. Non voleva che Isaac le stesse dietro. Lei era soltanto un peso morto per lui ed il suo branco, ma Isaac era riuscito ad avvertire sempre tutto, anche quando Lyla si sforzava di nasconderlo.
Ogni volta che era scoppiata in un pianto sommesso, Isaac era sempre stato lì, e semplicemente l'aveva stretta. Aveva baciato i suoi occhi lucidi, l'aveva rassicurata con la sua voce morbida e tutto era diventato d'un tratto più leggero e meno doloroso...perchè Isaac aveva sempre avvertito le preoccupazioni di Lyla come fossero un fiume in piena che lui doveva assolutamente fermare.
La ragazza guardò il cellulare, osservando quanto tempo era trascorso dall'invio del messaggio al cellulare di Isaac, sempre sotto consiglio di Stiles. Erano passati venti minuti e Lyla cominciò a pensare che non sarebbe venuto. Forse era meglio così. Forse non lo meritava.
Si voltò verso la finestra che aveva lasciato aperta, come ogni volta. Non era mai riuscita a chiuderla, perchè chiudere quella finestra significava chiudere il suo cuore ad Isaac e lei non sarebbe mai stata in grado di fare una cosa del genere. Nel momento in cui Lyla intravide Isaac avvicinarsi alla finestra aperta, sentì un groppo in gola, posando il viso sul ginocchio e conficcando le unghie sulla gamba già dolorante.
“Lyla...”. Isaac si avvicinò subito a lei e la mano si posò leggera come una piuma sulla sua spalla.
Lei gli strinse così forte la mano che per un attimo pensò di fargli male, per poi ricordarsi che Isaac probabilmente stava sentendo solo un leggero solletico per quella presa.
Lui le accarezzò il labbro spaccato, facendola indietreggiare per il dolore. Isaac sorrise, ricordando una scena molto familiare in cui però era lui ad essere ferito e a ritrarsi come un bambino capriccioso e scorbutico.
“Non hai paura di me?”, domandò lui con una malinconia così evidente nella voce che per poco Lyla non si sentì male al pensare che era stata lei a provocarla.
“No”, rispose in un sussurro.“Voglio vederti”.
Lyla pronunciò quella frase con un tono così basso, che sembrava un fruscio di foglie percettibile appena alle orecchie di Isaac, che la guardò disorientato.
“Lyla”, cominciò lui con voce bassa, “Non so se...”.
La ragazza gli mise le mani sulle spalle, fissandolo in maniera decisa. Non aveva alcuna intenzione di accettare un no come risposta...bastava guardarla in viso per capirlo.
Isaac fece un cenno di assenso con la testa e abbassò lo sguardo; deglutì pesantemente prima di risollevarlo. Quando lo fece, Lyla non mostrò alcun segno di turbamento, anzi, lo osservò attentamente per poi cominciare a percorrere il suo viso con le mani, come fosse creta , ripensando a quando lo aveva visto per come era davvero la prima volta. Gli occhi erano gialli, ma riuscì a riconoscere un alone azzurro appena accennato. Come aveva potuto anche solo per un secondo aver paura di quegli occhi che la stava guardando in maniera così dolce?
“Mi dispiace”, continuò lei, sentendosi sempre più in colpa. “Non voglio che tu pensi che ti reputi un mostro, perchè non è così. Ero spaventata e mi dispiace, io...”
Isaac poggiò la fronte sulla sua, carezzandole il viso. “Va tutto bene. Ti sono successe tante cose e soltanto per colpa mia. Avrei potuto evitare tutto questo.”.
Lyla sospirò, fermando le lacrime, e aggrappandosi ad Isaac. “Smettila”.
“Saresti potuta morire”, disse lui in un soffio, e guardando il materasso. Aveva combattuto tutto il tempo contro l'immagine di lei in un letto d'ospedale, ferita per colpa sua.
Non riuscivano a fronteggiare il dolore che entrambi avevano provato e che avevano causato all'altro. Non riuscivano a sopportare l'idea di essersi feriti a vicenda.
Lyla si avvicinò maggiormente ad Isaac: più si avvicinava, più il viso del ragazzo tornava normale.
Isaac si portò alle spalle della ragazza, facendo aderire il proprio petto alla sua schiena e stringendole la vita, per avvolgerla con il suo calore. Il ragazzo notò il taglio alla base del collo e un livido ben evidente sulla spalla lussata della ragazza.
“Ti fa molto male?”, chiese con voce morbida.
“Passerà”, rispose lei con tono neutro.
Sfiorò le spalle della ragazza, che gemette per il dolore, portando istintivamente il busto in avanti, ma Isaac la rassicurò, facendola riavvicinare. Isaac posò il palmo aperto sulla spalla, ricordando le parole che gli aveva detto Deaton il giorno in cui era stato alla sua clinica insieme a Scott.
Ti sei mai chiesto cosa puoi fare per gli altri?.
Isaac stava pensando a cosa potesse fare per lei. Il ragazzo, a contatto con la sua pelle, cominciò a sentire il battito di Lyla come fosse il suo; sentiva la sua preoccupazione, la sua ansia, il suo dolore e non soltanto quello fisico dovuto agli ultimi avvenimenti, sentiva anche il dolore dovuto ai suoi sentimenti per lui e al suo stato d'animo. Isaac contrasse il viso in una smorfia di dolore: la testa prese a girargli, le gambe erano doloranti e con esse anche le sue spalle. Strinse i denti, cercando con tutto sé stesso di resistere più che poteva: sarebbe arrivato al limite pur di toglierle ogni singola traccia di dolore, sarebbe arrivato anche ad un passo dalla morte.
Lyla girò leggermente la testa e vide la mano di Isaac farsi scura, le vene erano ben evidenti e nere mentre lei stava iniziando a sentirsi stranamente meglio. Gli occhi azzurri del ragazzo stavano cambiando colore e Lyla intuì che il suo improvviso benessere era dovuto proprio a lui, ma questo non faceva altro che danneggiarlo, e poteva constatarne i segni sulla pelle di lui.
“Isaac”, esclamò la ragazza con tono allarmato, riportandolo alla realtà.
Il ragazzo tolse la mano e Lyla lo sentì tirare su con il naso: aveva gli occhi lucidi, e stava tentando di asciugarli con la manica della felpa.
“Stai bene?”, chiese la ragazza, carezzandogli il viso, e asciugando le sue lacrime con le dita.
Lyla continuò a sfiorare il suo profilo, sotto lo sguardo fisso di Isaac; si soffermò sui suoi occhi ancora lucidi e vi posò un bacio per fare in modo che quelle lacrime potessero evaporare.
Isaac la fece voltare, tornando a stringerla. Quando aveva visto Lyla priva di sensi e con ancora addosso l'odore pungente di sangue secco, gli era sembrato di morire cento volte. Il suo respiro si era fermato e con esso anche il battito del suo cuore. La sua mente era vuota, non riusciva a ragionare, a capire cosa avrebbe dovuto fare in quel momento. Pensava solo che non se lo sarebbe mai perdonato se lei fosse morta ed il senso di colpa gravava famelico sulle sue spalle, divorandolo alla vista del suo corpo ferito. Le mani di lui presero a carezzarle i fianchi, facendo tremare leggermente Lyla. Isaac aveva quasi paura di romperla, come fosse fatta di vetro. Lei era un sogno delicato e soffice, e lui aveva paura di infrangerla in mille pezzi per una sola mossa sbagliata. Doveva stare sempre attento a controllare ogni gesto, ogni bacio e ogni carezza che le donava.
“Isaac”, sospirò lei, con la testa completamente adagiata contro il suo petto, mentre il ragazzo prese a baciare entrambe le spalle, attento e meticoloso ogni volta che sfiorava con le labbra le ferite che marchiavano quella pelle perfetta.
Lyla si voltò verso di lui, desiderosa di incontrare quelle pozze azzurre, e Isaac la strinse con attenzione per non farle male, catturando quelle labbra morbide e dolci. Forse stava sentendo dolore per la spaccatura sul labbro ma a lei sembrava non importare in quel momento, perchè il sapore di Isaac avrebbe guarito quel dolore. Isaac, infatti, voleva cancellare tuttoVoleva coprire quel dolore con i suoi baci, con le sue carezze, voleva nascondere tutto ciò che si celava dietro quelle ferite, perchè lei era troppo preziosa per essere deturpata.
Isaac aveva bisogno di sentirla respirare, di sentire il sapore delle sue labbra, il battito del suo cuore e il calore delle sue mani.
Aveva bisogno di accertarsi che lei fosse lì tra le sue braccia...viva, e che ci sarebbe stata per molto altro tempo ancora.
Aveva bisogno di sapere che non l'aveva persa, nonostante avesse rischiato.
“Perchè sei venuta negli spogliatoi?”, chiese il ragazzo, staccandosi e alzando lo sguardo su di lei.
Lyla rimase un attimo a guardarlo. Quella era un'ottima domanda. Perchè era andata da lui non appena lo aveva visto cadere a terra, immobile?
“Perchè ti amo”. Dirlo la fece sentire un attimo più leggera. Da quanto tempo teneva quella frase chiusa a chiave nel suo cuore? Per quanto aveva evitato di pronunciarla per paura che nel momento esatto in cui l'avrebbe pronunciata, sarebbe tutto svanito all'improvviso?
La baciò di nuovo, lentamente e dolcemente. “Ti amo anche io, Lyla...non sai quanto”.
C'era solo amore in quei gesti e voglia di stare stretti, per paura che qualcuno potesse dividerli.
C'era solo voglia di affogare, di lasciarsi sommergere e cullare da quelle sensazioni.
“Mi dispiace”. Il sussurro di Isaac fu percettibile appena, come un leggerissimo soffio.
“Anche a me”, rispose Lyla, sfiorando il naso di lui con il suo.
“Per cosa?”, domandò Isaac, spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio, pur immaginando cosa le passasse per quella testolina.
“Per essere così umana e fragile”, rispose lei con voce rotta, soffocando un singhiozzo e trattenendo un impeto di rabbia che stava chiuso proprio lì nel suo petto. “Forse dovresti stare con qualcuno che sappia difendersi e starti accanto come si deve...qualcuno come Erica”.
“Tu proprio non vuoi capire”, disse lui con un leggero sorriso mentre la mano risaliva lungo il collo, sotto lo sguardo interrogativo di lei. Si era appena definita inutile, ma Lyla non capiva che era proprio la sua umanità a renderla la cosa più importante nella vita vuota di Isaac.
La mano di Isaac si posò sul cuore di Lyla, che batteva incessantemente come un tamburo.
“Lo senti questo? Lo senti come batte?”, chiese premendo sul suo petto. “Questo non è inutile e fragile".
Lyla inclinò il capo, ascoltando quelle parole che mai avrebbe pensato di udire proprio da Isaac, mentre gli occhi si riempivano ancora di lacrime.
"Hai afferrato le mie mani e mi hai tirato su. Mi hai salvato, Lyla”.
Lei rimase in silenzio a fissarlo con le labbra dischiuse, metabolizzando ogni singola parola.
Lyla non poteva ribattere. Non poteva contrastare ciò che quel ragazzo meraviglioso aveva appena detto.
Quelle erano le parole perfette che non ammettevano contraddizione. 
Lyla sorrise, stringendo la mano di lui che era ancora ferma sul suo cuore.
Per un attimo temette che quello non era altro che un sogno dal quale stava per risvegliarsi, constatando che era soltanto frutto della sua immaginazione.
Il cuore le balzò in gola a quel pensiero terribile.
Credeva che il suo essere licantropo lo portasse lontano da lei; credeva che con la forza che aveva acquistato, lei non gli sarebbe servita a nulla; credeva che non era altro che un peso. Eppure, mai come allora, Lyla sentì realmente quanto Isaac avesse bisogno di lei, licantropo o meno; quanto Isaac avesse bisogno di qualcuno che lo facesse sentire amato e vivo, come ne aveva disperatamente bisogno anche lei.
Entrambi avrebbero sempre avuto bisogno l'uno dell'altro, senza nessun dubbio.
Lei lo baciò ancora, ancora e ancora, per poi poggiare la fronte contro la sua.
Non riuscì a reprimere un sorriso colmo di tutta la felicità che stava provando in quel momento di assoluta perfezione.
Non erano necessarie altre parole inutili perchè ormai era chiaro: Isaac l'avrebbe considerata sempre il suo porto sicuro.
 

She believes in everything and everyone and you and yours and mine.
I waited for a thousand years, for you to come and blow me out my mind.
Hey, Lyla! The stars about to fall, so what you say, Lyla?
The world around us makes me feel so small, Lyla!
If you can't hear me call then I can't say, Lyla!
Heaven help you, catch me if I fall!”.
 
 
 
Angolo dell'autrice
 
E siamo arrivati alla fine di un'altra storia. Volevo cercare di creare un epilogo perfetto ma, ovviamente, non credo di esserci riuscita, nel senso che ho la sensazione che manchi qualcosa. Non è venuto come speravo. Ad ogni modo lascio giudicare a voi.
L'unica precisazione che posso fare riguarda il nome “Lyla” che, come avrete avuto modo di leggere, è tratto dall'omonima canzone degli Oasis. La prima volta che l'ho sentita mi ha subito colpita e non sono mai riuscita a dimenticarla, per questo quando dovevo pensare al nome per il personaggio mi è subito venuta in mente questa splendida canzone, che vi consiglio di ascoltare. Chiedo scusa se vi aspettavate una motivazione più profonda e spero di non avervi deluse. Ovviamente ringrazio tutte quelle persone che hanno letto questa storia e che sono arrivate fin qui, senza voi non ce l'avrei fatta :)
Per quanto riguarda il sequel, come ho già detto altre volte, si vedrà...non è ancora certo, ma intanto sto cercando di scriverlo e posso dirvi che sto davvero facendo un lavoraccio u.u Non credo ci sia altro da dire, se non grazie di vero cuore!
A presto spero, un abbraccio <3

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