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Elisa non
vedeva l’ora di esplorare questo grande castello, dato che ormai tutti i mostri
erano diventati suoi servitori.
Ma non
appena fece tre passi oltre la porta da cui era uscita, successe qualcosa di
imprevedibile.
Qualcuno la
prese da dietro, bloccandola con un braccio, mentre con l’altro le puntava un
coltello alla gola.
Chi
è quest’uomo? Cosa ci fa nel castello del barone?
Che
cosa devo fare?? Sta succedendo tutto così in fretta…
“Pensavi che
tingendo i tuoi capelli di biondo non ti avrei riconosciuto, eh, Alexander?
Ad essere
sincero mi sembri anche molto più basso, ma forse è solo una mia impressione.
Sei così
morbido…
Sembra quasi
che tu sia…”
Detto ciò
affondò il pugnale nel fianco di Elisa, che emise un urlo lungo e acuto.
“…una
ragazza?”
Alexander
udì lo strillo della nuova ospite.
Prendendo
un’ascia bipenne attaccata alla parete, si diresse alla porta.
Una volta
fuori, la prima cosa che vide fu Daniel a terra, con un’espressione confusa,
accanto al corpo di Elisa che si contorceva per il dolore.
I suoi occhi
erano pieni di rabbia, così il colpevole pensò bene di darsi alla fuga.
“DANIEL!!
Dove stai scappando?!”
Mentre gli
gridava dietro, gli lanciò l’ascia contro, senza riuscire a prenderlo.
Il ragazzo
girò l’angolo e l’arma rimase conficcata nel muro.
Subito il
barone si accasciò accanto a lei, prendendola per mano.
“Non ti
preoccupare, mia cara, è tutto finito…”
Che
dolore! Che dolore!
Elisa non
riusciva a pensare ad altro e i suoi pensieri erano tutti ingarbugliati.
Alexander
non riusciva a capire come una semplice coltellata potesse farla piangere così
tanto.
La cosa che
lasciò più sorpreso il barone fu la quantità di Vitae che sprigionava. Riusciva
a percepirla perfettamente.
Senza
pensarci due volte prese l’estrattore di Vitae e glielo mise in mano.
“Tieni
questo, mentre ti porto in un luogo per medicarti.”
La prese
delicatamente in braccio e la condusse all’obitorio, dove teneva tutti gli
attrezzi che potevano essere usati sia per torturare che per curare.
“Continua a
stringere quello che ti ho dato.”
Ripeté
quando la sdraiò su un tavolo, lasciandole pensare che fosse una specie di
contenitore che gli sarebbe sicuramente servito,
perciò non
le sarebbe dovuto scivolare e rompersi.
L’estrattore
era una grande sfera, lentamente trasformava la paura e il dolore in un liquido
azzurro che si trasferiva all’interno di essa.
Nel breve
tragitto il globo non si era riempito che di poche gocce, mentre nel momento in
cui Alexander estrasse il coltello dal fianco,
il fluido
azzurro cominciò ad entrare alla stessa velocità con cui il sangue usciva dalla
ferita.
Il barone
era piuttosto preoccupato.
Anche se il
taglio non era molto profondo, il fluido cremisi non accennava a smettere,
neppure quando ne aveva già cucita metà.
Elisa
tremava e pregava che tutto questo finisse presto, sebbene non fosse totalmente
sicura di salvarsi.
Quando
l’operazione fu finita e la linea richiusa, il sangue smise di fuoriuscire, ma
la ragazza non smetteva di piangere.
Alexander
non sapeva esattamente cosa fare, ma dato chenon era più in pericolo di vita,
la lasciò lì
e si mise a cercare Daniel, che doveva essere ancora nei paraggi.
Dopo circa
mezzora di inutili ricerche, il barone tornò da lei, trovandola a fissare nel
vuoto con gli occhi lucidi per le lacrime versate.
Era seduta
in silenzio sopra il tavolo, abbracciata alla sfera che l’uomo più anziano le
aveva consegnato.
Abbassando
lo sguardo al globo, quest’ultimo rimase a bocca aperta per lo stupore.
Esso era
quasi totalmente pieno del liquido azzurro tanto agognato.
Come era
possibile che una piccola ragazzina come lei potesse produrre così tanta Vitae
in così poco tempo?
Sembrava che
lei stesse per cedere, così gliela sfilò di mano e svuotò la sfera in un
contenitore lì vicino.
Prese una
piccola fiala riposta in un cassetto.
“Bevi
questo.”
“Cos’è…?”
“È laudano.
Ti farà passare il dolore.”
Senza
chiedere altre spiegazioni, lei bevve la pozione con totale fiducia.
Avrebbe
potuto buttarsi da una finestra se lui glielo avesse chiesto.
“Allora?”
“Sto molto
meglio. Grazie, barone.”
“Quando
siamo soli, puoi chiamarmi Alexander.” Disse l’uomo aggiungendo un piccolo
sorriso.
Elisa non lo
aveva mai visto sorridere da quando era arrivata e ciò fece sorridere anche
lei.
“Sei ancora
debole. Vieni, ti condurrò alla tua stanza”
La prese
delicatamente per mano e camminarono insieme fino al letto di lei, dove la
aiutò a stendersi per riposare.
Lui prese
una sedia e si mise a sedere accanto alla ragazza che, arrossendo, chiese:
“Non aveva
alcune cose da rivedere, barone?”
“Alexander.”
Disse di nuovo, un po’ scocciato.
“Ah, giusto.”
“Penso che
la tua salute sia più importante delle mie scartoffie in questo momento.”
Com’è
gentile. Ma…
“…quando
Daniel stava poco bene, anche allora stava in sua compagnia?”
Sul volto
dell’uomo più anziano si formò un sorriso amaro indecifrabile, per poi
cominciare a dire:
“Certo. Ogni
notte veniva nella mia stanza a lamentarsi di aver fatto un incubo, per stare
in compagnia, bere del tè, per poi addormentarsi nel mio letto.
Nel caso gli
incubi fossero più atroci del solito, era mia abitudine leggergli qualche storia
o poesia prima di riaddormentarlo.
Esattamente
come un bambino. Ingenuo. Astuto. Avventato.
Dolce.”
Sospirò e si
soffermarono entrambi a pensare all’ultima parola.
“era così
importante per lei questo... “Daniel”?”
“Era come un
figlio per me.
O forse
qualcosa di più, non so dire con certezza.
Ma come puoi
ben vedere, è impazzito.
Corre per i
corridoi del mio castello, accende a caso le candele che trova lungo il suo
passaggio
e apre i
cassetti delle mie stanze. Non so cosa fare…”
Elisa mise
una mano su quella di Alexander e sussurrò:
“Faremo
qualcosa riguardo a questa situazione, ma non oggi…”
Finito di
parlare, lei chiuse gli occhi e si addormentò per la stanchezza e le emozioni
subite, sospirando leggermente.
Il barone si
ritirò nel suo studio con due cose importanti su cui rimuginare.
Per prima
cosa: la Vitae.
Non ne aveva
mai estratta una tale quantità da un essere che era rimasto in vita dopo le
torture.
In genere
una persona che alla fine del trattamento era morta emetteva al massimo un
quarto della sfera di Vitae,
invece lei
con un piccolo taglio al fianco ne aveva sprigionato quattro volte tanto.
Forse non
era abituata al dolore. I contadini si fanno male più spesso perciò ci erano
abituati.
No, non era
quello… era qualcos’altro.
Per seconda
cosa: Daniel.
Dopo mesi
dalla sua scomparsa, finalmente era riuscito a vederlo.
Magari
potrebbe usare la ragazza come esca per riaccendere un contatto con l’altro
aiutante.
Mentre
Alexander era nel suo studio a pensare a come trarre dalla situazione un
vantaggio,
nel suo
letto Elisa riposava in un sonno senza sogni.
Elisa
correva lungo un corridoio stretto e buio, inseguendo le ombre dei propri
genitori.
Più correva
e più sembrava che si allontanassero.
Per la
stanchezza la ragazza cadde in ginocchio e si fermò a riprendere fiato.
Sentì una
mano che le si appoggiava sulla spalla.
“Non hai
niente da temere, quando sono con te.”
Era la voce di
Alexander.
Con gioia
Elisa si voltò, ma non c’era la figura paterna che si aspettava di trovare.
In piedi dietro
di lei apparì Daniel, con il viso sporco di sangue.
Dalla spalla
la mano si spostò al collo, mentre con l’altra cominciò ad occludere le vie
respiratorie.
La ragazza
si svegliò nel suo letto, portandosi le mani alla gola e respirando
affannosamente.
Era un
incubo…
Devo
andare dal barone.
Fu la prima
cosa che pensò.
Con ancora
indosso i vestiti del giorno precedente, Elisa cominciò a vagare per il
castello alla ricerca della stanza di Alexander.
Dopo molti
tentativi, lei individuò l’unica stanza da cui filtrava un po’ di luce e bussò.
“Avanti”
Con un po’
di timore Elisa fece capolino dalla porta e bisbigliò, in modo quasi
impercettibile:
“Ho fatto un
brutto sogno…”
“Vieni,
accomodati.”
La ragazza
entrò a piccoli passi nella camera.
Il barone
era sdraiato di fianco sul letto, con un libro in mano, probabilmente stava
leggendo qualcosa prima di dormire.
Ecco.
L’ho interrotto. Forse stava per addormentarsi.
“Non essere
timida, vieni qui.”
Ripeté con
un tono più imperativo, scoprendo le coperte accanto a sé.
Con un po’
di titubanza, Elisa si accoccolò sotto le lenzuola e si appoggiò con la schiena
contro quella di Alexander,
come era
abituata a dormire da piccola con sua madre.
“Cosa hai
sognato?”
“I miei
genitori… di nuovo.
Sono
scomparsi qualche tempo fa, delle voci mi hanno detto che dei mostri li avevano
rapiti e portati in questo castello, così sono venuta a cercarli…”
“Non
abbiamo prigionieri vivi da almeno due settimane, temo che ormai siano andati
perduti…”
Pensò
Alexander mordendosi il labbro. “Devo cambiare argomento.”
“Hai sognato
qualcos’altro?”
“L’uomo di
ieri, Daniel, che mi uccideva.”
“Dev’essere
stato terribile… adesso, dormi.”
Ubbidiente,
Elisa chiuse gli occhi e cominciò a rilassarsi, fino a dormire.
La mattina
successiva, La ragazza si svegliò nel letto di Alexander, ma lui non c’era più.
Lei rimase
sotto le coperte ancora un po’, godendosi il caldo del sole mattutino e il profumo
di rose che era ovunque.
Proprio
quando stava per riaddormentarsi, sentì una voce.
“Finalmente
ti sei svegliata, eh?”
Quelle
parole, quella voce, le fecero spalancare gli occhi e lentamente alzò la testa
da sotto le lenzuola.
Nascosto in
un armadio si intravedeva appena un uomo, che uscendo rivelò la sua identità.
Era di nuovo
lui, Daniel, colui che l’aveva aggredita il giorno precedente.
Elisa aprì
la bocca come per gridare aiuto, sperando nell’intervento del barone, ma il
ragazzo fu più veloce e con una mano gliela sigillò, sussurrando:
“Non
gridare, ti prego. C’è stato un equivoco.”
Quando fu
sicuro che non avrebbe cominciato a strillare, le allontanò la mano dal viso,
proseguendo con le spiegazioni.
“Il mio nome
è Daniel, Daniel da Mayfair. Come te sono entrato in questo castello e non ne
sono più uscito.
Tu hai la
possibilità di scappare. Cosa stai aspettando? Perché rimani sotto gli artigli
del barone?”
“Alexander
non ha intenzione di farmi del male! Lui…”
“Ti ha dato
il permesso di chiamarlo per nome? Soltanto io potevo…”
Lo sguardo
del ragazzo era tra il sorpreso e arrabbiato, per il fatto di essere stato
facilmente sostituito.
“Tu lo sai
in cosa consisteva il mio lavoro?”
“No…”
“Lo sospettavo.
Ancora non te l’ha detto.
Il mio
compito era torturare gli uomini, le donne e i bambini che entravano in questo
maniero.
Da loro si
estraeva la Vitae, elemento prezioso che avrebbe contribuito ad aprire il
portale.
Attraverso
di esso Alexander potrà tornare nel suo mondo, perché lui non è umano.
Ha più di
tre secoli, non dorme mai e la sua voce…”
Fissava il
vuoto con un sorriso da stupido
“…è così
bella, manipolatrice.”
“Questo cosa
c’entra con me?” Chiese la ragazza, confusa.
“Ma come,
non capisci??”
Sbottò
Daniel.
“Lui ha
intenzione di farti diventare la sua marionetta, proprio come ha fatto con me!
Chi pensi
abbia rapito i tuoi genitori? Chi pensi li abbia uccisi?
Lui!
Il
leggendario barone di Brennenburg!”
“Non è
possibile… Stai mentendo! Come osi parlare così di Alexander?”
Elisa aveva
cominciato ad urlare.
“Tu non
capisci… Non importa. Parleremo di nuovo in un secondo momento.
Riflettici
su.”
Daniel
accese la lanterna e scappò, uscendo di nascosto dalla porta.
Rimasta
sola, Elisa aveva molte cose a cui pensare.
Si stese sul
letto e appoggiò la testa sopra il cuscino.
Ecco
spiegato perché non trovava i genitori. Le celle erano tutte vuote.
Davvero
Alexander è così cattivo? Era stato così gentile con me…
Non riusciva
a crederci. Sembrava una così buona persona…
Un po’
eccentrico, ma con un fascino tutto suo.
Devo
parlarne con lui.
Elisa prese
il coraggio a due mani e si diresse allo studio del barone.
Ovviamente
era lì, circondato da molte carte, lettere e documenti importanti che
aspettavano soltanto di essere letti e firmati.
“Cosa hai da
dirmi… Sono molto occupato.”
“Ho parlato
con Daniel.”
La penna
d’oca con cui scriveva si spezzò, sporcando tutto il foglio di inchiostro.
La ragazza
aveva ottenuto l’attenzione di Alexander.
“…Cosa ti ha
detto?”
“Mi ha
spiegato la situazione… il portale… le vittime… la Vitae… e tutto il resto.”
“Ah.”
“Quanta
Vitae le serve ancora?”
“Ormai manca
poco, una ventina di litri, più o meno.”
“Posso aiutarla
a raccoglierla.”
Queste
ultime parole fecero sussultare il barone.
A conoscenza
del suo passato, era ancora disposta a sostenerlo?
“Ci
dev’essere qualcosa sotto.” Pensò.
“Per quale
motivo?”
“Io sono la sua
assistente, perciò il mio unico obiettivo è aiutarla.
Lei vuole
tornare a casa?
Lei ci
tornerà, le do la mia parola.”
“Con
qualunque mezzo?”
“Con
qualunque mezzo.” Ripeté lei con convinzione.
“Anche a
costo di farti torturare tu stessa?”
Chiese con
un sorriso beffardo il barone.
“Certamente.”
Tutta questa
sicurezza lo spiazzò, ma subito Alexander si ricompose.
“Benissimo.
Ti aspetto
nel primo pomeriggio all’obitorio,
per fare dei
test per accertare che il tuo corpo sia adatto all’estrazione della Vitae.”
Il barone si
alzò di scatto dalla sedia, dirigendosi verso la porta.
Elisa era
come imbambolata, non consapevole di cosa avesse appena accettato di farsi
fare.
La porta
sbatté con violenza e ciò la riportò bruscamente alla realtà.
Ormai la
parola era data, perciò si incamminò lentamente verso l’obitorio.
Lungo il
tragitto non faceva altro che pensare a dei limiti che poteva mettere.
Magari per
il fatto che fosse una ragazza Alexander sarebbe stato un po’ più gentile con
lei.
Non appena
entrò nella stanza tutte le sue speranze svanirono.
Il barone
aveva già cominciato a preparare seghe, seghetti, pugnali e martelli.
D’istinto
Elisa fece un paio di passi indietro, ma l’orgoglio ebbe la meglio e la spinse
a raggiungerlo.
“Finalmente
sei arrivata. Perché sei così silenziosa?”
Lei gli
lanciò uno sguardo perplesso e arrabbiato, che gli fece scappare una fragorosa
risata.
“Stavo solo
scherzando. Avanti, togliti i vestiti.”
“Cosa? E
perché mai?”
“Per
effettuare la scansione devi indossare il minimo di copertura. Altrimenti come
faccio a vedere quanta Vitae possiedi?”
Un po’
insicura Elisa si tolse tutto il resto, fino a rimanere in camicia e mutande.
Alexander
prese una piccola candela blu e la accese, successivamente spense le luci.
La stanza
buia si riempì di una luce blu, in costante movimento, quasi abbagliante.
Ma il cero
che il barone aveva in mano non emetteva luce.
Infatti essa
era emanata da Elisa, che in quel momento sembrava un alieno tutta blu com’era.
Anche Alexander scaturiva un lieve bagliore, ma molto debole.
“Perfetto…”
sussurrò il barone.
Con velocità
sorprendente Alexander spense la strana candela e riaccese le lampade ad olio, accecando Elisa
per il veloce cambiamento di luce.
Per poi
spaventarla trovandosi a meno di un metro davanti a lei.
“Quando
cominciamo l’estrazione? Non dovrebbero esserci problemi, sei l’essere più sano
e ricco di Vitae che abbia mai visto.”
I suoi occhi
brillavano solo all’idea di poter mettere le mani su una fonte infinita del suo
liquido preziosissimo.
“Se vuole
possiamo cominciare anche subito, ma con alcune condizioni!”
“Giusto,
giusto… ogni cosa ha un suo prezzo.” Alexander si sedette un attimo sul tavolo,
valutando la situazione.
“Per prima
cosa… Non voglio perdere nulla.
I tagli
vanno bene perché poi guariranno. Dita, capelli, ossa, cose del genere non
devono mancare o rompersi nel mio corpo.
Lo stesso
vale per i miei sensi: tatto, vista, udito… devono rimanere tali. Infine devi stare
lontano dal mio viso. Non voglio che tu mi sfiguri.”
Le regole
erano poche e ben progettate, perciò Alexander le accettò.
Con
noncuranza disse: “Sdraiati sul tavolo.”
Elisa eseguì.
Poi il
barone cominciò a chiudere i cinturini intorno ai polsi e le caviglie, alla
ragazza si dipinse la paura sul volto.
“Non
preoccuparti, è solo la procedura. Anche nel caso in cui tu cambi idea sul più
bello…”
Un ghigno si
formò sulle labbra dell’anziano.
“Antipatico.
Non sarei comunque scappata.” Borbottò a bassa voce lei.
“Allora, da
dove preferisci iniziare?”
Alexander
chiese con voce impassibile e un piccolo bisturi nella mano destra.
“…Se fosse
possibile, dalle gambe. Senza toccare i muscoli però.”
“Certo. So
fare il mio lavoro.”
Non appena affondò
l’arma dell’arto, Elisa sentì un dolore lancinante nella zona colpita.
Contemporaneamente
iniziò anche a piangere.
Alexander le
posò una mano fredda sulla fronte e bisbigliò:
“Calmati. Il
dolore è tuo amico.”
Dopo aver
detto ciò il barone estrasse il bisturi e il sangue iniziò a fuoriuscire,
insieme a una quantità spropositata di Vitae.
Elisa
cominciò a tranquillizzarsi. Era come se un peso dal cuore stesse diventando
sempre più leggero.
Stettero
entrambi a guardare il flusso cremisi che scendeva dal tavolo per molti minuti.
“Manca
ancora molto?” bisbigliò la ragazza.
“Direi che
per oggi può bastare.”
Alexander
prese un filo bianco (per non farlo notare troppo sulla carnagione chiara) e
ricucì abilmente la ferita.
“Vado a
prendere altre garze, tu non ti muovere.” disse, ridacchiando.
“Spiritoso.”
Elisa si lasciò scappare uno sbuffo.
La posizione
era molto scomoda e i polsi cominciavano a prudere, per il desiderio di essere liberati.
Un po’ di
sonnolenza cominciò a farla addormentare, ma una voce la risvegliò bruscamente.
“Allora è
vero…?”
La ragazza
si voltò di scatto e alla porta vide Daniel, con un’espressione attonita.
“Ti sei
lasciata torturare da quel mostro?”
“Non sono
cose che ti riguardano.” Rispose lei freddamente.
“Invece sì!
Non voglio che lui ti faccia del male!”
“Allora
liberami da queste cinghie!” urlò Elisa.
Con calma
l’uomo si avvicinò al tavolo e la liberò, una cintura alla volta, aiutandola
poi a sedersi.
Essendo più
vicino a lei notò il sangue che scendeva ancora dalla gamba e si girò
velocemente in un angolo per vomitare.
“Daniel, sei
davvero delicato. È solo un po’ di sangue.” Dopo qualche conato, si è alzato in
piedi, un po’ barcollante e attento a distogliere lo sguardo dalla ferita.
Fece qualche
passo verso di lei quando sentì un rumore alle sue spalle.
Alexander
era tornato con delle fasce in mano, l’espressione sempre indifferente.
La vista del
barone causò il panico totale in Daniel che cominciò a balbettare e dire frasi
sconnesse.
“E così sei
tornato a finire l’opera? Vuoi uccidere la mia ospite?” Chiese Alexander con
voce tagliente.
“M-ma… i-io…
tu! Tu, piuttosto! Cosa…!” e Daniel cominciò a farfugliare cose senza senso man
mano che il barone si avvicinava a lui,
i passi che
risuonavano sul pavimento bagnato.
Alexander
stava pensando a come punirlo, probabilmente lo avrebbe afferrato per le spalle
e scagliato contro il muro, picchiandolo fino ad ucciderlo.
Invece
improvvisamente Daniel cadde a terra, colpito in testa con una bottiglia, i
resti di vetri rotti ancora nelle mani di Elisa.
“Non volevo
che ti ferisse.” Ha detto semplicemente.
Poi è
svenuta.
Al risveglio
ha trovato Alexander accanto a sé, su una sedia vicino al letto.
“Cosa è
successo?”
“Dopo che lo
hai colpito siete svenuti entrambi, ho finito le medicazioni su di te e ti ho
portato qui. Poi ho buttato il nostro clandestino nelle prigioni del castello.”
“Non potrà
più nuocerci?”
“No.” Fu la
risposta secca dell’uomo.
“Perché ho
così tanta Vitae nel mio corpo?”
“Sinceramente
non so spiegarmelo neanch’io. Avrà a che fare con il tuo passato?”
“Sin da
piccola ho sempre serbato rancore e tristezza dentro di me, mentre fuori non lo
lasciavo a vedere, per non far preoccupare i miei genitori.
Forse tutto
il dolore si è accumulato negli anni formando un masso di Vitae nel mio cuore.”
Cercò di spiegare Elisa mettendosi una mano sul petto.
“Questa
ragazza ha un bisogno incredibile di dolcezza.” Pensò il barone. “Per
fortuna ha trovato me.”
“Tieni.” Alexander
le mise in mano una piccola chiave.
“Cos’è?”
“La chiave
delle prigioni. È un simbolo della mia fiducia nei tuoi confronti. Non
perderla.”
“Non lo
farò.” Gli occhi di lei erano decisi, ma ancora pieni di sonno.
“Riposati.
Ti aspetta una settimana pesante, mia cara.”
“Lo so…”
sospirò.
“Buonanotte”
Il barone chiuse delicatamente la porta.
Rimasta
sola, Elisa si scoprì leggermente per osservare il taglio inflitto.
Non sembrava
per niente grave, il sangue non si vedeva e il laudano aveva eliminato anche i
più piccoli dolori.
Le sembrava
di indossare uno stivale a ginocchio, perché alla fine della cucitura in alto
c’era un piccolo fiocco, molto grazioso.
La ragazza
rimase lì ad accarezzare il filo morbido per un po’, poi si stese e cominciò a dormire.