Fairy Heredity

di StelladelLeone
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un'ombra in viaggio ***
Capitolo 2: *** Perchè gli uomini sono tutti dei pervertiti? ***
Capitolo 3: *** Divorata da un demone ***
Capitolo 4: *** Attaco al castello! ***
Capitolo 5: *** Non mi sono persa! Forse... ***
Capitolo 6: *** Mai sottovalutare un Ballo! ***
Capitolo 7: *** Gelosia e Verità ***
Capitolo 8: *** Black Star ***



Capitolo 1
*** Un'ombra in viaggio ***


Yoooo minnaa! Ce l’ho fatta! Anche io inizio la mia storia ad oc! Non vedevo l’ora! *saltella tutta eccitata* Lo so che ho altre…due o tre long in corso, ma tranquilli: sono in scrittura XD Allora, ho deciso che accetterò per ora 12 oc, 6 maschi e 6 femmine, quindi controllate le altre recensioni prima di mandarmeli :D il “per ora” significa che se qualcuno, proprio ci tenesse quanto la sua stessa vita a partecipare ma non ci fossero più posti, allora aggiungerei anche il suo a patto che si procurasse un altro iscritto del sesso opposto…MA sappiate che mi complicate la vita!

Canzone consigliata come sottofondo per il capitolo: I need your love di Calvin Harris :D

Ora…buona lettura!

 

Un’ombra in viaggio!

 

Il sole non era ancora sorto nel cielo violetto e una leggera brezza faceva frusciare le foglie degli alberi del bosco; tutto ancora dormiva sereno, tranne un piccola figura ammantata che rapida e silenziosa scivolava lungo il grosso tronco di un pino centenario; i suoi passi sul terreno non si udivano nemmeno, l’unico suono era il frusciare del lungo mantello nero che la avvolgeva tra i fili d’erba.

L’ombra sottile camminò per alcuni minuti, fino ad arrivare in una piccola radura vicino al corso del fiume; lì cominciò a compiere flessuosi ed agili movimenti: le mani che stringevano qualcosa di appuntito e luccicante, prima descrivevano grandi cerchi poi infliggevano rapide e silenziose stoccate. Le gambe si muovevano rapide e i muscoli si tendevano guizzanti. Era una danza, una danza meravigliosa e attraente, una danza mortale.

Passato del tempo, la figura, con mano decisa, scaglio il pugnale a conficcarsi con mira precisa e velocità incredibile nel tronco di un abete. Corse leggiadra a riprendere l’arma, e, dopo averlo fatta saltare per qualche istante tra le mani, il pugnale si dissolse in una nuvola nera. Con soddisfazione si avvicinò alla superfice del fiume per ammirare il suo nero riflesso; nel fiume delle morbide labbra rosate sorrisero, di un sorriso felino, del sorriso che la pantera rivolge alla preda prima di balzare.

 

La città di Ninivel, capitale del Regno di Elmar, che duemila anni prima,  prima della Grande Catastrofe, era il Regno di Fiore, era già in fermento poiché scoccata la quinta ora*. Le ridanciane e chioccianti signore della città gironzolavano di qua e di là per il mercato, facendo frusciare tutte le loro gonne e sotto gonne e comprando l’occorrente per il pasto di mezzodì e per tutta la settimana; i robusti signori delle bancarelle urlavano a gran voce nella speranza di attirare le comari, mentre bambine e bambini correvano per il mercato, giocando felici in quel colorato caos. Il mercato era uno dei giorni più belli per i cittadini: i profumi delle spezie solleticavano il naso dei passanti, i colori sgargianti delle stoffe rapivano lo sguardo, il dolce sapore dei prodotti fatti in casa deliziava i palati.

Nessuno faceva caso alla piccola ombra che strisciava nell’oscurità lungo i muri delle case e lei lo sapeva, sapeva di essere invisibile per quegli occhi così indaffarati, e divertita si godeva anche lei il mercato, alleggerendo di tanto in tanto qualche incauto passante. Con un sorriso di sfida di avvicinò alla bancarella sgargiante del fruttivendolo e rapida afferrò una grande mela rossa, che morse con gusto prima di mescolarsi alla calca e sparire di nuovo. Come se non fosse mai passata. Non era forse quello il suo destino? Un’ombra tra le ombre, destinata all’oblio e all’oscurità…

Mentre guardava rilassata chi passava per il mercato, vide un gruppo di ragazzine camminare e ridacchiare e rimase incantata a guardarle: parlavano del loro primo bacio. Per una ragazza è uno dei momenti magici della vita. Un sorriso malinconico si disegnò sulle sue labbra, poi scosse la testa rimproverandosi a mezza voce e cambiò strada. Era lì per raccogliere informazioni non per perdersi in fantasie. Aveva rinunciato da tempo a quel mondo.

Cautamente si diresse verso l’ala nord del mercato, quella vicino alle caserma delle guardie e quindi quella più pericolosa; lentamente e mantenendosi nell’ombra si avvicinò ad un gruppo di guardie che nelle loro armature argentee chiacchieravano tenendo d’occhio il mercato.

“Quindi sta sera voi siete di guardia al Palazzo Valleir?” stava dicendo una di esse rivolta ai suoi compari.

“Già, e io che programmavo una bevuta in osteria!” sospirò l’altra, scocciata.

“Cosa che io invece farò!” disse con una risata la prima guardia che aveva parlato.

“Dannata Ladra!” proruppe l’ultimo, “Se non ci fosse lei potremmo fare dei turni più tranquilla, ma ora che è arrivata tutti i nobili richiedono la massima protezione perché hanno paura di lei”

“Come Valleir, teme che quel maledetto fantasma riesca a mettere fuori combattimento le sue venti guardie e rubi lo smeraldo! Come se potesse succedere! E quindi a noi ci tocca lavorare!”

“Vorrei tanto sapere chi si cela sotto quel mantello…” e si lanciarono in speculazione sulla vera identità della Ladra Nera, il nuovo terrore di Elmar. C’era chi sostenesse fosse un uomo, in realtà, chi una donna per la piccola statura, chi un demone, chi un fantasma; chi sosteneva fosse un antico mago oscuro, chi un ladro fortunato. Ma nessuno ad ora poteva dirlo con certezza.

Intanto l’ombra si allontanava con un ghigno divertito: ora sapeva tutto quello di cui aveva bisogno. Esultante ritornò al suo rifugio sul pino dove rilassandosi si preparò mentalmente per la serata di lavoro.

 

 

La figura ammantata si mosse quando ormai era scoccata la dodicesima ora e il cielo tendeva a lillà; camminò rilassata per le vie ormi quasi deserte della città, evitando con cura le varie pattuglie, fino a giungere in una vietta scura tra catapecchie pressoché disabitate; da lì si arrampicò sul tetto di una di queste ed iniziò una veloce ed entusiasmante corsa sui tetti al tramonto, così liberante che finalmente apparve un vero sorriso sul suo volto. Cosa c’era d meglio che sentire il vento, simbolo di libertà, sferzargli il volto, mentre dall’alto poteva ammirare quella distesa di case in pietra, che il sole tingeva d’arancio e di rosa?

Finalmente giunse davanti all’alta torre cittadina e dalla borsa in cuoio che portava a tracolla, dopo un lungo e difficile rimestare, estrasse un piccolo quadernetto. Rilesse velocemente le informazione sul suo cliente e fece una smorfia scocciata. Quei tipi li detestava: avrebbero venduto loro madre per soldi, figurarsi la sua identità. Doveva assicurarsi di spaventarlo talmente tanto da non fargli nemmeno pensare di poterla fregare.

Con un ghigno si avvicinò alla parete in ombra della torre e vi appoggiò una mano, dopodiché l’attraverso, risucchiata dall’oscurità.

Un’ombra tra le ombre...

 

Un uomo grasso e basso attendeva nervosamente in cima alla torre e si stava chiedendo se il suo uomo sarebbe mai arrivato, quando, improvvisamente, la sua stessa ombra proiettata sul pavimento iniziò a muoversi di vita propria, contorcendosi e allargandosi. Poi iniziò ad emergere dall’ombra, lentamente, una figura ammantata.

L’uomo lanciò un urlo e si rannicchiò su se stesso, mentre la figura lo guardava segretamente soddisfatta.

“Sbaglio o lei voleva vedermi per affidarmi un incarico?” disse l’ombra.

“Lui si alzò tremante stringendo al petto una borsa tintinnante e la guardò stupefatto.

“M-ma lei è davvero…” iniziò a balbettare, ma l’altro lo interruppe avvicinandosi un dito alle labbra.

“Non siamo qui per discutere la mi identità, le pare?” disse con un tono di minaccia, “Mi dia la borsa con le istruzione e metà dei bahal*, poi se ne vada. Il prossimo appuntamento è sempre qui, domani sera.”

L’uomo annuì e le porse la borsa.

“E mi raccomando, non faccia parola con nessuno di quest’incontro, altrimenti…” e lasciò la frase in sospeso, mentre l’altro deglutiva spaventato.

Dopodiché la figura salì sul parapetto e, sotto lo sguardo stupefatto del cliente, si lanciò giù dalla torre.

Sorrise, sentendo l’aria accarezzarle la faccia; a pochi metri da terra si concentrò e, invece di schiantarsi per terra, attraversò il pavimento in ombra e riemerse all’ombra del suo pino.

La figura lesse le istruzioni che c’erano nella borsa, nonostante sapesse già cosa dovesse fare: il cuore degli uomini è facile da comprendere; poi contò i bahal per controllare di non esser stata ingannata, anche se nessuno sano di mente ci avrebbe mai provato.

 

Dopo aver mangiato, ripartì coperta dall’oscurità della notte; destinazione: Palazzo Velleir. Obbiettivo: lo smeraldo.

Mentre l’adrenalina cominciava a pervaderla, giunse davanti al palazzo. Era un grosso e decorato palazzo in pietra, protetto da un muro di cinta, con un giardino curato, le persiane in legno e tante, tante guardie di ronda.

Tipico.

Silenziosa si appiattì lungo il muro della casa di fronte al palazzo e, dopo aver preso le misure, attraversò l’ombra e riemerse nel giardino. In un cespuglio di rose, per la precisione.

Con un gemito si districò dalle spine e corse a nascondersi dietro un quercia. Perché diavolo i nobili avevano la fissa delle rose!? Non potevano piantare margherite o pomodori?!

Sempre imprecando, iniziò ad analizzare la ronda: le guardie andavano a due a due. Il percorso era il perimetro del palazzo. L’incontro tra due gruppetti di guardie avveniva ogni trenta secondi all’angolo. Quindi aveva trenta secondi per stordire le guardie, entrare, prendere lo smeraldo e scappare.

La figura tese tutti i muscoli fino allo spasmo. L’adrenalina in circolazione. Un sorriso ferino sul volto.

Uno.

Le guardie si incontrano e un gruppo sparisce dietro l’angolo.

Quattro.

Corre silenziosa fino ad arrivare alle spalle delle due guardie.

Otto.

Condensa nella sua mano una frusta di ombra.

Dieci.

Strozza la prima guardia fino a farle perdere coscienza

Tredici.

La seconda guardia si accorge di lei e fa per dare l’allarme.

Quindici.

Colpisce con un calcio in pancia la guardia e mentre è piegata per il dolore, la colpisce nuovamente con un gomito a collo.

Diciotto.

La guardia stramazza la suolo e lei cerca la finestra della stanza affianco a quella dello smeraldo.

Venti.

Si arrampica fino al balcone del secondo piano ed entra nella stanza.

Ventidue.

Tre guardie bloccano la porta all’esterno; utilizza i suoi portali d’ombra si teletrasporta davanti a loro.

Ventiquattro.

Con un tentacolo d’ombra soffoca le tre guardie.

Ventisei.

Entra nella stanza della pietra, poi blocca e imbavaglia con l’ombra le sei guardie all’interno, infine le sbatte contro il muro per far perdere loro coscienza e magari anche la memoria.

Ventotto

Rompe la teca e infila lo smeraldo in borsa. Nella speranza poi di ritrovarlo.

Ventinove.

Apre la finestra pronta a gettarsi giù. Si odono urla nella casa. Devono aver sentito i colpi degli elmi contro le pareti.

Trenta.

Qualcosa la colpisce con forza alla testa e cade nell’incoscienza.

 

 

 

La prima cosa che vide fu il cielo stellato.

“Strano…” pensò, “Di solito le fronde mi coprono la visuale…”

Poi, in un drammatico istante, si ricordò del lavoro, dell’incursione nel palazzo, della villa…e della sua perdita di coscienza.

Di scatto si alzò, si rannicchiò su se stessa e nelle sue mani si condensarono due spade d’ombra, ricurve con l’impugnatura a forma di drago.

“Finalmente sei sveglia, cominciavo a pensare di averti ucciso!”

La figura si voltò di scatto e ritrovò a guardare un ragazzo appoggiato a braccia incrociate ad un tronco. Aveva un fisico asciutto e allenato, una muscolatura ben visibile nonostante la camicia bianca leggermente aperta, i pantaloni in pelle neri e il mantello marrone; i capelli erano biondo miele, mossi e scompigliati, sopra le spalle; gli occhi erano di una grigio incredibile, come il cielo nuvoloso, e il sorriso era il sorriso di un bastardo.

Questa fu l’analisi, per nulla condizionata dal fatto di essersi fatta fregare come una novellina, della figura.

Lentamente si raddrizzò, ma non fece scomparire le armi.

“Chi sei?” sibilò.

“Potremmo dire che sono un ladro anche io...” Disse lui passandosi una mano tra i capelli.

“Cosa vuoi da me?”

“Il tuo aiuto.” Disse tranquillamente.

La figura scoppiò in una risata cristallina.

“Non potevi chiedermi un incarico come fanno tutti? Dovevi per forza tramortirmi’!” iniziò a dire ironica, ma si ghiacciò pressoché subito, tornando in modalità difensiva: come aveva fatto a stordirla? Non era certo una ladra da quattro soldi!

Con un saltò indietreggiò dal ragazzo che le si stava avvicinando.

“ Come siamo diffidenti…Non potresti togliere quel mantello? Preferisco parlare con le persone guardandole in faccia, Ladra Nera.” La figura si bloccò e strinse le mani a pugno, tanto da far sbiancare le nocche.

“Tanto ho già dato un’occhiata mentre eri svenuta…” disse con un sorriso malizioso.

Un’imprecazione a dir poco colorita giunse dal mantello; come aveva osato, quel pervertito?! Alla prima occasione gli avrebbe rotto il naso!

Poi, lentamente la figura slacciò i lacci del mantello e lo fece scivolare a terra. In quel momento non era lei ad avere il coltello dalla parte del manico…

Il ragazzo la guardò, stupendosi ancora di chi si celasse sotto il mantello della Ladra Nera, colei che aveva messo in ginocchio tutto Elmar; era poco dire che la giovane ragazza, a occhio sedici anni, che aveva davanti era bella: i capelli biondi con sfumature ramate cadevano in morbidi boccoli lungo la schiena, mentre gli occhi blu come il mare gli lanciavano occhiate diffidenti e innervosite; sulle guance rosse d’imbarazzo per essere così scoperta erano impressi quelli che pensava fossero tatuaggi neri, come un rampicante sottile. Il busto era avvolto da una morbida camicia nera sopra cui indossava un corpetto nero con ricami rossi, mentre le gambe allenate erano fasciate in pantaloni di pelle nera. LA borsa a tracolla era in cuoio, come la cintura in vita a cui teneva appesi vari sacchettini.

“Hai finito di analizzarmi?” chiese infastidita arrossendo.

“Mmh… quasi” disse innervosendola e imbarazzandola ancora di più, “Sei una mezzelfo, vero?”

La Ladra lo fulminò e digrignò i denti. 

“Come lo sai?” Lo avrebbe definitivamente ucciso.

“Il modo in cui tieni i capelli: è ovvio che cerchi di coprire le orecchie leggermente a punta. Piuttosto raro, devo ammetterlo…”

La ragazza non aveva mi avuto tanta voglia di fare a pezzi qualcuno in vita sua, né si era mi sentita tanto indifesa e imbarazzata. Quanti anni erano che non si mostrava apertamente a qualcuno? E poi la guardava come se volesse mangiarla, quel maniaco!

“Comunque, tornando ai nostri affari,” la ragazza alzò gli occhi al cielo: da quando loro due avevano affari in comune?

“Ti ho stordito perché dubito che altrimenti mi avresti preso in considerazione: voglio arruolarti per compiere un viaggio alla ricerca della Fairy Heredity.”

La ragazza lo guardò perplessa, mentre ricordi affioravano nella sua memoria.

“Il tesoro della leggendaria gilda di maghi…Fairy Tail…la più forte al mondo prima della Grande Catastrofe…” mormorò ricordando le parole della sua vecchia tata.

“Esatto! Io lo sto cercando e ho bisogno del tuo aiuto!” disse il ragazzo.

“E’ una leggenda per bambini, e comunque ho altro da fare.” Disse lei voltandosi, prendendo il mantello e facendo per andarsene.

 “No, è reale e io lo troverò! Non verresti nemmeno se ti offrissi qualcosa in cambio?” disse il ragazzo, afferrandola per una spalla, bloccandola e voltandola.

“Potrebbe interessarti…” le sussurrò prendendole il mento tra le dita e avvicinandosi pericolosamente.

La ragazza arrossi di botto e lo scosto da sé apostrofandolo gentilmente; purtroppo, facendo ciò, la grande Ladra Nera inciampò in una radice e cadde leggiadramente a terra.

L ragazzo scoppiò a ridere.

“Non credo che tu abbia qualcosa mi interessi.” Disse scettica mentre si rialzava nel tentativo di mantenere una dignità, ma il rossore sulle guance la tradiva parecchio.

 “Io credo di sì: se prometti di aiutarmi non solo ti porterò fuori dalla foresta…” iniziò a dire, ma la ragazza lo interruppe, ferita nell’orgoglio.

“Credi che non sia capace di uscire da sola?” chiese mentre un brivido le scese lungo la schiena.

“No, assolutamente no. Ti ho osservato parecchio e mi sono accorto che il tuo orientamento è pessimo, motivo per cui disegni sempre delle mappe dei posti in cui viaggi. Mappe che io ho bruciato.” Disse con un ghigno.

La ladra si pietrificò: sia perché aveva appena scoperto che il tizio con cui stava parlando era uno stalker di prima categoria, sia perché se era vero ciò che aveva detto, lei era amabilmente fregata.

Poi iniziò a frugare come una forsennata nella borsa. Non c’era nessuna delle sue preziose mappe.

“Tu.” Disse gelida mentre le ombre tutto intorno cominciavano a contorcersi e a tendersi verso di lei,

“Come. Hai. Osato. Toccare. La. Mia. Roba?!”

“Devo dire che non avevo mai visto da vicino una borsa sottoposta ad un incanto di allargamento…” ciarlò lui senza nemmeno darle retta.

Iniziò ad avvicinarsi lentamente alla preda: lo avrebbe ucciso.

Il ragazzo non si mosse di un passo, per nulla intimorito, mentre osservava curioso i tatuaggi sulle guance della ragazza guizzare e muoversi come se fossero vivi.

“Io mi fermerei, fossi in te.” Disse poi ghignando, prima di estrarre da una tasca della camicia bianca un medaglione in argento.

“Il mio medaglione!” urlò la ragazza tastandosi il collo.

“Ladro!! Ridammelo subito!” urlò slanciandosi contro di lui.

“Detto da te!” si schernì lui balzando lontano dalla belva che aveva risvegliato.

Poi, con uno schiocco, il medaglione sparì.

“Nooo!” la ragazza balzò contro il suo nemico, tentando di colpirlo con un calcio in pancia; il ragazzo lo scansò abilmente e la ladra evocò le due spade cercando di squarciargli il petto, mentre una rabbia omicida l’assaliva; ma non fece in tempo ad agire che il ragazzi scomparve davanti a lei, per poi comparirle dietro.

“Ma cos..?”

“Silver rope!” Il pugnale d’argento che aveva in mano il ragazzo si sciolse e si ricondensò in una corda, che lui usò per bloccarla.

“Gnh..mollami maledetto!” urlò tentando di allontanare la corda dal suo collo, con scarsi successi.

“Ma come siamo focosi! Mi chiedo se lo sei anche in am…Argh!” la ragazza lo colpì negli attributi, arrossendo come non mai.

“PERVERTITOOOOOOOOO!”

Il ragazzo rantolò e imprecò per qualche secondo, ma non mollò la presa.

“Okay, questo è stato un colpo basso…comunque, datti una calmata, bellezza! Il tuo medaglione non l’ho distrutto!” la ragazza smise all’istante di muoversi.

“Sono un mago anche io, se non hai notato! Sono un silver claimer e un teletrasportatore, come te! Ho teletrasportato il tuo medaglio in un posto segreto e te lo ridarò solo dopo che avremo trovato la Fairy Heredity.” disse lasciandola andare e allentandosi il più possibile da lei. Non era ben sfidare troppo la sorte.

La ragazza si massaggiò il collo, guardandolo male.

“Io non sono una teletrasportatrice!” disse con astio.

“Oh, lo so. Magia del dominio delle ombre. Un’ombra tra le ombre…” iniziò a dire, ma un pugnale si conficco nel tronco a cui era appoggiato, ad un centimetro di distanza dal suo orecchio.

“Silenzio!” disse con voce gelida, mentre le sue mani venivano ricoperte da neri tatuaggi a rampicante che si muovevano e quelli sulle guance riprendevano vita.

“Immaginavo…e così sei tu, eh? Pensavo fossi una leggenda, principes…”

“Ho detto silenzio!” disse lei lanciando un altro pugnale d’ombra.

“Mi puoi far vedere il tatuag..” la ragazza lo afferrò per il colletto.

“STAI ZITTO!” gli urlò puntando la lama della sua spada alla gola, mentre la pupilla degli occhi le si restringeva e si allungava.

Lui la guardò sorpreso, per poi lanciarle uno sguardo di sfida.

“Altrimenti?”

Lei lo fulminò con quegli occhi felini.

“Non una parola di più.” Ansimò infine come sfinita, lasciandolo andare e allontanandosi. Non doveva perdere il controllo. O la bestia sarebbe tornata.

La pupilla tornò normale.

“Se è l’unico modo per riavere il mio medaglione, allora verrò a cercare la Fairy Heredity; ma guai a te se dici una sola parola riguardo a… me. Se lo fai…”

Il ragazzo alzò un sopracciglio.

“Ti uccido.” E lui capì che non stava scherzando.

Mentre un brivido gelido gli scendeva lungo la schiena, le sorrise.

“Benvenuta a bordo! Io sono Rey Leon.” disse tendendogli la mano, con un’occhiata maliziosa.

Lei la prese arrossendo.

“Miel, la Ladra Nera.”

“Come, niente cognome principessa?” chiese lui ridendo e allontanandosi dal pericolo imminente.

Lei strinse le nocche e lo fulminò.

“Idiota! Non chiamarmi così!”

Non ci poteva davvero credere, dopo anni di solitudine autoimposta vissuta nell’ombra, aveva accettato di stringere un patto con un cretino pervertito, che sapeva tutto di lei, per aiutarlo a cercare una cosa che nemmeno esisteva! Doveva essere impazzita.

“Allora, vieni principessa?” la chiamò lui sorridendo.

Lei sospirò, guardando il biondo farle cenno di seguirlo.

“Idiota…”

Chissà, forse non sarebbe stato così male…

 

 

 

 

*Quinta ora: equivale alle 11, le ore le si contano dalle sei.

*Bahal: moneta in uso, in oro

 

Scheda personaggio ( * segnala i campi obbligatori), ma solo se avete letto le altre recensioni! Siate dettagliati e prolissi! (guai a chi scrive due righe!)

 

Nome*

Cognome*

Soprannome

Sesso*: preparatevi ragazze: Rey, nonostante sembri un pervertito, non lasciatevi ingannare: è davvero un pervertito. (Rey: amante del gentil sesso, prego! – Miel: sì, certo, dicono tutti così…)

Età*: quel cavolo che vi pare; se però poi avete ottant’anni e siete delle cariatidi non mi chiedete la storia d’amore u.u Inoltre farei un po’ fatica a descrivere i pensieri di un trentenne perché ho solo sedici anni -.-‘’

Razza*: novità! *rullo di tamburi* potete essere quel che volete: umani, elfi, draghi, animali parlanti, mezz’elfi, gnomi, fate (ma siete alte al massimo 20 cm, se volete essere alte normali dovete tirarmi fuori un motivazione convincente XD), sirene (quindi vivete in acqua, a meno che non abbiate quella famosa spiegazione convincete…), troll, goblin, mannari, vampiri…tutto quel che vi pare (però vale come sopra: se siete un troll, poi non chiedetemi la storia romantica u.u non faccio miracoli)

Aspetto fisico*

Segni particolari

Abiti*: ragazzi, faccio presente che siamo in una società MEDIEVALE; quindi niente t-shirt con stampe, scarpe da ginnastica etc., etc.… avete seta, lino grezzo, cuoio, tutta roba non sintetica o prodotta in industria

Carattere*: scrivete tutto ciò che potete, anche abitudini, tic, manie (ex: quando è imbarazzata si stropiccia le mani/ quando vede una bella ragazza sbava), l’impressione che ne hanno gli altri…devo vederli i vostri oc!

Gusti/passioni*: non solo cibo XD

Odi/rancori/ cose che non piacciono*:

Paure* ingegnatevi che poi io mi diverto XD

Passato* prometto che affronterò il passato di tutti gli oc, quindi...sbizzarritevi!

Classe sociale

Occupazione*: anche qui a voi la scelta: maghi erranti, soldati (però ricordo che Rey e Miel sono ricercati), armaioli, apprendisti, viaggiatori, mercanti, assassini, ladri, contadini, studenti (ma ricordo che solo i nobili studiano), tessitori, commercianti, mercenari, cacciatori di taglie… anche qua, guai se ve ne uscite con: manager! O industriale! Vi uccido -.- Inoltre: siate vari! Accetto max. due pg per lavoro! Ah, tranquilli per l’età: si inizia a lavorare, se non siete nobili, a 15 anni per le ragazze 14 per i ragazzi :D

Poteri: non è obbligatorio perché la magia è un cosa poco conosciuta

Armi*: anche la fionda va bene XD se avete i poteri potete avere anche le armi.

Capacità: ex: combattimento corpo a copro, a distanza, nuotare, arrampicarsi, scappare (vigliacchi :P), correre, cacciare, pescare.., etc. etc.

Punti di forza

Punti deboli* (sì, è obbligatorio!!)

Obbiettivi:

Spirito animale:

Sogni:

Storia d’amore: se vi interessa un altro oc, fatemelo sapere; oppure descrivetemi il tipo di persona con cui andrebbe d’accordo (guai alla prima che mi fa la descrizione di un ragazzo che poi non è tra gli oc XD)

Amicizie/inimicizie:

Altro

 

Ok! Io ho finito!

Buon viaggio a tutti!

 

StelladelLeone

 

Ps: l’aggiornamento a quando torno dalla montagna :D

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Capitolo 2
*** Perchè gli uomini sono tutti dei pervertiti? ***


YOOOOO MINNAAAAA! Sì, sono riuscita ad aggiornare in tempo record :D LA verità è che tutti voi scrittori di storie ad oc pubblicate alla velocità della luce *lancia un’occhiataccia ad andry* e quindi mi sono sentita in colpa per la mia lentezza. Risultato? Ho supplicato mia zia perché mi concedesse il computer per un giorno e mezzo, ho convinto i miei cuginetti piccoli che dovevo lavorare, ho litigato con la connessione che tra i monti non prende bene e ho scritto questo capitolo. Sinceramente sono soddisfatta di com’è venuto, ma ovviamente è vostro dovere demolirmi e dirmi come migliorare :D Mi scuso con tutti quelli che ho subissato di mail e li ringrazio per avermi risposto: ma non si illudano, non finisce qui! Per parlare della storia, procederà così: 4/5 capitoli per introdurre tutti gli oc, non nell’ordine con cui me li avete mandati ma a ispirazione, poi alternerò una capitolo serio, dove si affrontano combattimenti duri, il passato degli oc e vari pericoli, a uno demenziale/comico per farci quattro risate XD Ovviamente tutto questo mentre il viaggio continua :D

Ah, Miel dice che odia tutti quelli che hanno mandato un oc pervertito e che se vi trova ve la farà pagare: io ho già pagato il prezzo di Rey…sigh…

Mi scuso anche con tutti i maschi che leggeranno perché io amo immaginarmi i combattimenti, ma non credo di essere un granché a descriverli: GOME!

Buon viaggio!

 

Perché gli uomini sono tutti dei pervertiti?!

 

Un’ombra tra le ombre,

destinata all’oblio e all’oscurità,

della stirpe perduta vendicatrice di morte,

demone solitario per le terre vagherà;

ma il suo cuore la spingerà a cercare la leggenda per vie contorte,

inseguita dal male che la divora, da se stessa scapperà,

fin quando la luna benedirà la sua sorte.

Allora con lama d’argento le catene del giogo spezzerà,

all’erede illegittimo del potere aprirà le porte,

un regno di pace inizierà

e uscirà alla luce l’ombra tra le ombre,

angelo di morte, regina maledetta della notte per il mondo che verrà.

Che l’argento si copra con la notte,

questo il re usurpatore temere dovrà,

perché assieme al destino porterà fine a tutte le lotte.

8 Agosto 20888 D. G.C, profezia della Sibilla

 

 

 

 

 

Quando finalmente Rey si alzò, il sole era già sorto da qualche ora. Sbadigliando e stiracchiandosi si guardò intorno, per poi accorgersi, perplesso, di essere solo.  Veloce si alzò in piedi e osservò bene la radura in cui lui e Miel avevano dormito. Che fosse scappata? No, aveva ancora il medaglione e lei non lo avrebbe mai abbandonato; probabilmente era lì intorno. O forse si era persa. Ancora.

Sperando che non fosse accaduto nulla di grave, iniziò a vagabondare per il bosco, fin quando non giunse sulle rive di un fiume. Lì Miel, lasciato il mantello appoggiato sull’erba, si dedicava ai suoi allenamenti mattutini.

Senza far rumore Rey appoggiò ad un tronco per osservarla, incantato. La ragazza continuò per altri minuti ad allenarsi: parata, stoccata, affondo. Parata, stoccata, affondo. Schiva, salta, colpisci. Taglio, laterale, dall’alto. Calcio, pugno, colpo di taglio. Lancio dei pugnali nell’albero e di nuovo esercizio con due spade ricurve. Il tutto con gli occhi serrati.

 Ad un certo punto un sorrisino le increspò le labbra. Poi di colpo scagliò il pugnale, che si conficcò con precisione ad un millimetro dall’orecchi del ragazzo.

“E’ una mania questa, principessa!” disse lui ghignando e rilanciando il pugnale ai suoi piedi.

“E’ pericoloso arrivarmi alle spalle mentre mi alleno.” Lo rimproverò lei mentre recuperava il mantello e dissolveva il pugnale.

“Lo so che mi aveva notato. Hai sorriso alla mia presenza” disse con un sorriso malizioso avvicinandosi.

“No, ho sorriso al pensiero di poterti colpire e poi farlo passare per un’incidente!” disse lei con un sorriso fintamente ingenuo, ghiacciando i bollenti spiriti del ragazzo, per poi superarlo.

“Perché lo fai?” chiese lui, dopo aver recuperato la sua autostima, guardandola serio.

Lei si paralizzò.

“Cosa?”

“Lo sai benissimo cosa:” disse lui scrutandola.

“Non so a cosa ti riferisci.”

“All’allenamento. Tu non uccidi, se non in caso di estrema necessità. Ho seguito le tue imprese e le uniche vittime sono state dei malfattori o uomini che parlavano troppo. Ma non uccidi per professione. Perché allora ogni mattina compi l’allenamento degli assassini?” chiese infine portandosi davanti a lei e fissandola con intensità.

Lei abbassò lo sguardo.

“Non ti riguarda. E comunque dovresti smetterla di perseguitare le ragazze!” Mormorò poi prima di riprendere a camminare, “Muoviamoci, dobbiamo recuperare le provviste per il viaggio”

Lui sospirò, appuntandosi mentalmente che avrebbe dovuto insistere su quella questione e la seguì, raggiungendola in poche falcate.

“Hai idea di come trovare il tesoro?” chiese dopo qualche minuto Miel, sciogliendosi leggermente.

“Quasi.”

“Come quasi?!” lo fulminò lei sbalordita.

“Se è una leggenda non avrai creduto fosse una passeggiata trovarlo, principessa?!” ribatté lui ghignando, “Si da il caso che io abbia una mappa con segnato i luoghi dove trovare i pezzi della mappa per trovare il tesoro. Ovviamente dovremo…prenderli in prestito a tempo indeterminato, motivo per cui entri in campo tu.” Disse soddisfatto appoggiandole una mano sulla testa.

Lei mentre ancora si chiedeva come avesse anche solo potuto pensare di risolvere in breve la questione, arrossì e si allontanò di scatto.

“E’ complicato…” borbottò infine sotto lo sguardo divertito di Rey.

“Ma non mi dire…” la schernì lui facendole così pulsare una vena sulla tempia.

“Voltati un secondo” disse poi la ragazza fermandosi e frugando nella sua enorme borsa. Rey la guardò perplesso.

“Non posso entrare a Nynivel vestita così, attirerei subito l’attenzione dopo il furto di ieri sera.” disse mentre lui eseguiva gli ordini.

Subito dopo sentì il fruscio degli abiti ricadere sull’erba e la sua fantasia prese strade che solo i maschi possono intraprendere.

“Ora possiamo andare.” Disse qualche minuto dopo Miel, che aveva indossato una camicia bianca e aveva cambiato il mantello nero con uno bordeaux.

Rey annuì ed uscii insieme al lei dalla boscaglia per entrare nella confusione mattutina della capitale.

 

 

Un giovane ragazzo camminava tranquillo per le vie di Nynivel, con le mani incrociate dietro la testa che giocherellavano con gli scuri capelli neri brizzolati. Era la prima volta che giungeva alla capitale e lo stava lasciando piacevolmente sorpreso: le locande avevano ottimo cibo e liquore delizioso, per non parlare poi delle cameriere che lo servivano.

“Ehi Lucky, cosa potremmo fare oggi?” chiese ad un certo punto con allegria al piccolo cane che gli trotterellava affianco.

“Arf, arf!”

“Al mercato? Non dovrebbe essere una brutta idea, potremmo…” ma i suoi pensieri vennero distratti da una strana coppia di ragazzi che litigava poco lontano da lui.

Interessato si concentrò meglio per capire le loro parole, non che fosse un problema visto il suo udito animale.

“No, no e no! Non se ne parla nemmeno Rey!” stava ripetendo un piccola furia bionda, davvero ben fornita e carina notò con suo grande piacere.

“Per la centesima volta Miel, come speri di trovarla senza cavalli? Non possiamo andare a piedi!” le ripeté il ragazzo, Rey, esasperato, “E si può sapere cos’hai contro i cavalli? Non è che hai paura?” disse infine con tono malizioso.

LA ragazza assunse un colorito molto vicino a quello del mantello bordeaux.

“N-non dire stupidaggini…” balbettò prima di riprendere a camminare, ma con meno decisione, “E’ solo che non mi sembra il caso di prendere dei cavalli costosi per così poco! Quanto vuoi che sia lontano quello stupido tesoro?!” borbottò imbronciata.

“Tesoro?” pensò il ragazzo dai capelli neri, “le cose si fanno interessanti.”
“Vieni Lucky, ho trovato qualcosa da fare…” chiamò il cucciolo con un sorrisino, iniziando a seguire di nascosto i due tizi strani.

Non sapeva ancora a cosa stava andando incontro.

 

 

Miel pagò il pane e la carne essiccata con stizza, mentre una nuvola nera le circondava la testa. Cavalli! Dannazione! Ora come faceva?! Quegli stupidi bestioni le mettevano il terrore persino a guardarli, figurarsi poi salirgli in groppa! Dannato Rey! Era sicura che l’aveva capito, ma aveva insistito lo stesso e l’aveva abbandonata per cercare quegli stupidi animali!

Il gestore della bancarella guardò spaventato quella ragazza con i tatuaggi imprecare con aria omicida al nulla, prima di incamminarsi verso la prossima bancarella.

Aveva comperato tutto, ora doveva solo ritrovare il suo carceriere. Con un sospiro iniziò a camminare cercando nella folla una testa dorata, quando improvvisamente un strana sensazione la mise in allerta. Subito si bloccò sul posto e iniziò a guardarsi intorno, alla ricerca degli occhi che le stavano perforando la schiena. Ma in quel caos colorato non riuscì ad individuare nessuno dall’aria sospetta o che la stesse fissando.

Sempre con attenzione ricominciò a camminare portandosi sempre più all’esterno della calca. Se qualcuno la stava seguendo, lo avrebbe obbligato a venire allo scoperto. Avrebbe voluto scandagliare coi suoi poteri le ombre presenti, ma non voleva destare troppa attenzione: erano già passati sei drappelli di guardie, in allarme per il furto della sera precedente.

Si stava ancora concentrando sul suo presunto inseguitore, quando una vista che mai si sarebbe immaginata le fece cadere di mano i sacchetti.

Rey, solare e allegro, stava contrattando tranquillamente il prezzo di due stalloni neri con due ragazzi dall’aria seria. Uno più alto e muscoloso addirittura di Rey, con i capelli corvini tagliati corti ma con un ciuffo in piedi davanti e la carnagione abbronzata; l’altro era alto quanto il suo compagno, coi capelli lunghi legati in una treccia blu scuro, quasi viola, e le orecchie a punta.

Con tutta se stessa sperava fosse un incubo, ma l’armatura in scaglie di drago nere con un lupo al centro del petto del ragazzo, i suoi due tatuaggi sul braccio destro e sul polpaccio sinistro con draghi e lupi, la cicatrice che gli rendeva cieco l’occhio sinistro e quella che gli tagliava diagonalmente il polpaccio destro, non lasciavano vie di scampo. Amlach Lumbar Wolf, il peggiore cacciatore di taglie in circolazione stava parlando con Rey. Il suo peggiore nemico era a cinquanta metri da lei. L’unico che avesse mai scoperto la sua identità.

Fu un attimo, e prima ancora che si potesse nascondere, gli occhi grigio ghiaccio del cacciatore si posarono su di lei e le labbra si tirarono in un ghigno, mostrando i canini affilati.

Cercando di mostrarsi tranquilla e assumendo un’espressione fredda e ostile in pochi secondi si porto al fianco di Rey, che la guardò stranito.

“Rey allontanati.” Disse piazzandosi davanti al ragazzo e ringhiando verso Amlach.

“Guarda, guarda chi si vede…immaginavo fossi qua in giro, anche se sinceramente temevo fossi già fuggita.”

“ E da chi dovrei fuggire? Dalle guardie? Da te?” sibilò lei.

Rey ascoltò attento quella scambio di battute, chiedendosi chi fossero i ragazzi con cui prima stava amichevolmente parlando di cavalli.

Il ragazzo con Wolf lanciò anche lui un’occhiata stranita al compagno, mentre i suoi occhi rossicci dalle iridi allungate scrutavano indagatori la ragazzina che fronteggiava il peggior cacciatore di taglie mai esistito con sarcasmo e arroganza, per nulla intimidita nonostante gli arrivasse a malapena al petto.

“Mi pare che abbiamo un conto in sospeso noi due…” disse Amlach facendo un passo avanti, ma Miel non si mosse di un millimetro.

“E se la risolvessimo nella foresta? Dove non possiamo fare danni?” chiese gelida dando un’occhiata ai bambini che correvano poco distanti da loro.

Il ragazzo si guardò intorno serio e poi annuì.

Entrambi, coi loro compagni a fianco, si inoltrarono nuovamente nel bosco.

Finalmente raggiunsero una radura circolare, dove Miel e Amlach si disposero uno di fronte all’altro.

“Rey, stanne fuori.” Gli intimò Miel vedendo il ragazzo avvicinarsi a lei. Rey irritato ma senza far domande si appoggiò a braccia incrociate ad un albero.

“Shi, pure tu.” Ordinò anche Amlach all’elfo che lo accompagnava, che si sistemò a distanza di sicurezza da Rey.

“Sei proprio sicuro di volerlo fare, cane? Mi pare avessimo già stabilito chi fosse il vero dominatore delle ombre.” A sentire il nomignolo che quel tappo gli aveva affibbiato, Amlach scoprì nuovamente i canini in un ringhio. Questa volta l’avrebbe sconfitta.

“Sono migliorato.” Disse poi freddo, estraendo dal fodero una katana nera.

Miel scoppiò in una risata affettata, mentre faceva comparire dall’ombra sul terreno due corte spade ricurve, che assomigliavano a due fiamme nere.

“Non sei riuscito a battermi due anni fa, che avevo solo quindici anni, e credi di riuscirci adesso?” chiese ironica mentre entrambi iniziavano a girarsi intorno.

“Vedremo. Hai vinto solo grazie alla tua trasformazione che mi ha colto di sorpresa.” Disse gelido mentre la scrutava alla ricerca di aperture. La Ladra Nera non era un’avversaria da sottovalutare solo perché era una ragazzina e di sicuro con lei non poteva utilizzare trucchetti come il controllo della persona tramite le ombre o la sua trasformazione: doveva batterla d’astuzia, aspettare un’apertura ed finirla in un colpo solo. Al pensiero di ucciderla un fitta al cuore turbò Amlach, ma fu veloce a scacciarla e concentrarsi sul suo lavoro.

Shi guardò la scena impassibile, ma interiormente sconcertato. Quello scricciolo aveva battuto Amlach a quindici anni?! Era già un anno che viaggiava insieme a lui come cacciatore di taglie per il re e non l’aveva ancora visto perdere. Nemmeno una volta.

Intanto, con una velocità fuori dalla norma, il ragazzo si lanciò contro la bionda, menando un fendente che avrebbe potuto tranciare un uomo di netto, ma la ragazza si limitò a saltare all’indietro all’ultimo momento, senza scomporsi.

Poi fu il suo turno e con un affondo cercò di staccare la testa al suo avversario, incrociando le lame a pochi centimetri dal suo collo, ma Amlach parò abilmente.

“Quando hai intenzione di fare sul serio, cane? Non ho tempo sa sprecare con te!” ringhiò la ragazza schernendolo. Già era in viaggio con un pazzo maniaco, ci mancava pure che si fermasse a giocare con lui.

L’altro assottigliò gli occhi lanciandole un’occhiata omicida, ma si impose di mantenere al calma.

“Ora. Shadow’s Blade.” Pronunciò prima di menare un fendente in aria con la katana, da cui si staccò un lama nera d’ombra affilatissima che volò verso la ragazza.

Miel ghignò e incrociò le spade davanti al viso: quando la lama di Amlach le toccò, si dissolse. Il ragazzo ringhiò e dei tentacoli dalla sua ombra si protesero come tanti serpenti velenosi verso Miel. Lei si limitò ad alzare uno scudo con l’ombra prodotta dal suo mantello, contro cui i tentacoli dell’altro si frantumarono impotenti.

Shi osservò i tatuaggi della ragazza muoversi come se fossero vivi e finalmente capì chi era l’avversaria di Amlach.

“Su cane, tutto qui quel che sai fare? Forse dovresti trasformarti…” lo provocò ghignando mentre schivava un pugno avvolto d’ombra del ragazzo e ricambiava con un calcio.

“Non tentarmi. Non ne ho bisogno per batterti.” Disse scagliando un’altra lama d’ombra, che questa volta riuscì a graffiare il volto della ragazza. Con un ghigno sadico osservò il sangue colarle denso dalla ferita della guancia.

“Forse sei tu ad aver bisogno della trasformazione…”

Lei imprecò e dopo aver conficcato la spada nel terreno, veloce scagliò un pugnale d’ombra contro il ragazzo, riuscendo a colpirlo di striscio ad una coscia.

I due rallentarono quella danza mortale per riprendere fiato, continuando a girarsi in torno.

“Guardati!” disse improvvisamente Miel con disprezzo, “Un cane al guinzaglio di un re despota e schiavista. Con quale coraggio ti guardi al mattino davanti allo specchio?” gli chiese mentre scompariva nell’ombra proiettata sul terreno.

Solo grazie ai suoi riflessi animali, Amlach riuscì a girarsi appena in tempo per parare l’affondo della ragazza, che saltò indietro lontano da lui.

“Non voglio sentire commenti da un ladra demoniaca di bassa qualità” ringhiò lanciando un altro tentacolo che l’afferrò per una gamba facendola cadere.

Veloce la ragazza posò una mano sull’ombra.

“Talitha!” urlò e dall’ombra uscì una gigantesca tigre nera che si avventò su Amlach che si stava avvicinando alla ragazza.

Colto di sorpresa il cacciatore lasciò il controllo sull’ombra, e Miel con una capriola si rialzò in piedi.

“Almeno io sono libera, cane. Sarà anche demoniaca ma tu lo sei quanto me, caro il mio licantropo” sibilò mentre Amlach colpiva Talitha che si dissolse in una nuvola di fumo, “Volevi essere libero! Era il tuo sogno e invece sei solo uno schiavo che si illude di poter scegliere!”

“Sta zitta!” urlò il licantropo estraendo dal fodero sulla schiena un’enorme spadone a due mani. Solo che, notò Rey stupito, lui lo maneggiava con una sola.

Con furia si lanciò contro la ragazza che schivò i suoi colpi ansimando. In un secondo, mentre schivava un affondo particolarmente pericoloso, sentì tutti i sensi affinarsi alla perfezione i movimenti del nemico diventare lenti. Non aveva bisogno di uno specchio per sapere che i suoi occhi ora avevano una pupilla ovalizzata. Una sete di sangue le offuscò di rosso la vista e un ringhio animale le fece vibrare le labbra.

“Uccidi! Senza pietà!” una voce gelida e spietata penetrò nei suoi pensieri e il desiderio di morte aumentò nel suo cuore.

No! Non era lei quella! Non era una belva sanguinaria!

Scuotendo la testa cercò di ritornare normale, ma così facendo lo stivale avvolto d’ombra dell’avversario la prese in pieno petto scaraventandola qualche metro più indietro. Veloce, ma tenendosi lo stomaco, la ragazza si rialzò in piedi e schivò un’altra lama d’ombra.

“Cosa c’è?! È la verità! Sei solo un servo! Non sei più il ragazzo di otto anni fa.” urlò la ragazza senza accorgersi che l’altro l’aveva messa con le spalle ad un albero colpito dai raggi del sole. Era in trappola. Eppure invece che la paura sentiva solo delusione verso il ragazzo che aveva davanti. Rammarico, rimpianto e disprezzo si agitavano nel suo cuore. Sia per lui che per se stessa.

“BASTA!” Amlach si gettò contro di lei con furia animale, sicuro di ucciderla; e ci sarebbe riuscito se di colpo la ragazza non fosse scomparsa.

Disorientato Amlach si guardò intorno.

“Mi dispiace ma non posso lasciartela uccidere.” Il cacciatore si girò a guardare con aria omicida Rey, che qualche metro più in là se ne stava in piedi con in braccio una Miel mezza terrorizzata mezza imbarazzata.

“Rey!” esplose la ragazza, ma ad una occhiata gelida del ragazzo si zittì all’istante e iniziò a guardare insistentemente in basso, a braccia incrociate, per la vergogna. Quando si lasciava trasportare dai sentimenti diventava una preda facile: quante volte glielo aveva ripetuto il suo Maestro?! Eppure dopo lo scontro di due anni prima era convinta di aver scacciato quei sentimenti verso Amlach.

Amlach lo guardò sospettoso; per quanto potesse sembrare innocuo quel ragazzo, nei suoi occhi c’era una luce scaltra, e il fatto che la Ladra Nera si fosse zittita ad una sua sola occhiata lo convinse a non sottovalutarlo.

“Mollala! E’ una ladra e su di lei c’è una grossa taglia. Se me la consegni riceverai metà della ricompensa.” Disse avvicinandosi piano e abbassando leggermente le spade.

Rey scosse la testa. Ancora non riusciva a capire il legame tra i due, ma evidentemente quello di due anni prima non era stato il oro primo incontro.

“Mi dispiace ma non posso consegnarti la mia principessa” disse malizioso facendo desiderare a Miel di avere un badile per sotterrarsi. La sua dignità ormai era sparita all’orizzonte.

“Vedi, sono in viaggio per cercare la Fairy Heredity e ho bisogno di lei e…” Rey si bloccò improvvisamente sentendo una mano incandescente stringersi attorno alla sua gola. Non lo aveva nemmeno sentito arrivare, ma dopotutto era un’elfo.

Shi lo aveva afferrato e lo fissava in attesa di un ordine di Amlach, ma con un sorrisetto il biondo e la sua “principessa” scomparvero per riapparire alle sue spalle.

Shi, fece un salto indietro e si portò a fianco di Wolf; poi ghignò mettendosi in posizione d’attacco, mentre le sue mani prendevano fuoco.

“A quanto pare ci sarà da divertirsi…”

“Mi dispiace ma non ho intenzione di combattere con voi, come ho già detto sono in viaggio e non ho tempo da sprecare. Anzi…” iniziò a dire Rey lanciandogli un’occhiata penetrante, “…sarei disposto ad accogliervi come compagni di viaggio se a voi va bene.”

“COSA?!” esplose Miel guardandolo scioccata, “MA sei impazzito?!” urlò lanciando occhiatacce sia a lui che al licantropo che l’aveva quasi uccisa; ma Rey la ignorò completamente, limitandosi a lanciarle un’occhiata da far rabbrividire un troll e a stringere la presa intorno alle sue spalle.

Miel lo guardò sbalordita: non era certo incavolato con lei vero?! Era stato quel licantropo psicopatico a tentare di ucciderla! Lei si era solo difesa!

Amlach intanto lo scrutò a lungo, con serietà.

“E perché dovrei? Sono Capitano Supremo dell’esercito, il migliore cacciatore di taglie e…”

“Un povero licantropo al servizio di ogni capriccio del nostro re” lo interruppe Rey, “Io vi sto offrendo la libertà e l’avventura. Ah, e una parte del tesoro, ovviamente.”

Amlach e Shi si guardarono per un lunghissimo istante, poi l’elfo prese la parola.

“Premettendo che qualsiasi cosa tu sceglierai ti seguirò, Amlach, in quanto sono ancora un tuo sottoposto…”

Amlach alzò gli occhi al cielo.

“Dimmi cosa pensi sinceramente Shi!”

“Sinceramente? Beh, il nostro re è un’idiota che ci sfrutta per ogni suo stupido ed infantile desiderio, dalla dubbia moralità e che pensa che il mondo sia suo. Io andrei con loro, non so tu ma mi sembra più allettante.” disse con un ghigno.

“Diventeremmo ricercati.” Fece notare il licantropo, ma l’elfo alzò le spalle.

Amlach si perse nei suoi pensieri, ma infine parve prendere una decisione.

“Ci sto!” disse guardando Rey con fierezza e lanciando un’occhiata a Miel che significava sicuramente: alla faccia tua!

Miel per poco non svenne. “Ditemi che è un incubo, ditemi che è un incubo…” iniziò a ripetersi mentalmente.

Rey invece sorrise. Le difficoltà che il viaggio presentava sembravano meno pericolose se accompagnati da due guerrieri tali. Inoltre la loro conoscenza di Elmar sarebbe stata davvero utile.

“Benvenuti a bordo, non vi spiacerà giurare di non tradirci, vero?!” chiese poi sempre sorridendo, ma con una luce diffidente negli occhi.

Amlach e Shi scossero la testa.

Allora Rey mise a terra Miel, senza però togliere un braccio dalle sue spalle, e con l’altra mano prese il pugnale; infine si praticò un taglietto sul palmo della mano.

“Un giuramento col sangue è un giuramento infrangibile e che nel caso di rottura porta terribili conseguenze…” disse tendendo una mano ai due cacciatori, in attesa di scoprire le loro reazioni. Un giuramento di sangue in un mondo dove la magia, anche se più rara, aleggiava nell’aria era una vera e propria prova di fedeltà.

Amlach estrasse la katana senza tentennamenti e incise la sua mano e anche quella di Shi.

Poi i tre ragazzi si scambiarono una stretta di mano, giurando di non tradirsi o vendersi, mentre il loro sangue si mischiava e cadeva a terra in piccole gocce scarlatte.

Tutto ciò sotto lo sguardo scocciato della povera Ladra.

“Una sola condizione.” Disse lanciando un’occhiataccia ad Amlach, “il mio passato è off-limits, chiaro?” ringhiò.

Il ragazzo parve pensarci, ma infine annuì, con grande sollievo di Miel.

“Bene ora direi che possiamo presentarci come persone civili.” Disse infine il biondo sollevato e incuriosito dalla piega che stavano prendendo gli eventi.

“Lei è Miel, la Ladra Nera.” Rassegnata la ragazza si sforzò di fare un sorriso e un cenno con la mano.

“Io invece sono Rey Leon.”

“Io sono Amlach Lumbar, detto Wolf o Shadow, mentre lui è Shi Kurai” disse Amlach indicando sé e il compagno, poi si sedette a terra, “E ora spiegatemi questa storia della Fairy Heredity.”

 

Miel ancora non si capacitava di come fosse finita in quella situazione: da più di dieci minuti era seduta in cerchio con Amlach, fino a pochi istanti fa il suo peggior nemico/licantropo, Shi, un elfo apatico/ghignante col controllo del fuoco, e Rey, un pervertito ricattatore che si sapeva trasportare. Aveva sempre evitato gli uomini come la peste, poiché le avevano procurato solo dolori a non finire, e ora era seduta tranquillamente con un branco di psicopatici. Senza dimenticare che due di loro conoscevano il suo passato.

Inoltre si sentiva un goblin fra i giganti: anche da seduti la superavano tutti di almeno una trentina di centimetri…quanto saranno stati alti?! Uno e ottanta?! Novanta?!  Non è che la mettessero proprio a suo agio…

Aveva bisogno di farsi una passeggiata da sola per calmarsi.

Si stava già alzando in piedi quando la sensazione che l’aveva colta al mercato si ripresentò più forte di prima.

Paralizzandosi si girò a guardare il bosco alle spalle di Rey.                    

Un ramo si spezzò.

“C’è qualcuno.” Sibilò poi mettendo in allarme gli altri tre e facendo apparire le spade. Amlach estrasse la katana, Shi creò dal nulla una spada di fiamme e il pugnale in argento di Rey si allungò in un grosso spadone a due mani.

“Calmi, calmi, non ho cattive intenzioni.”  Un ragazzo con un piccolo cane al seguito, avanzò con le mani alzate in segno di resa nella radura e un bel sorriso stampato sul volto.

“Mi dispiace aver origliato ma ero davvero interessato alla vostra storia. Sono Jim Mishima e voglio venire con voi alla ricerca della Fairy Heredity!” si presentò amichevolmente, mentre i suoi occhi nocciola scrutavano incuriositi i presenti nella radura.

“Da quando ci hai ascoltato?” chiese Rey con un sopracciglio alzato. Non si era nemmeno accorto di essere seguito…

“Più o meno dallo scontro della Ladra e di Wolf. Chi l’avrebbe mai detto che l’incubo di Ninivel fosse una ragazza così così carina?!” disse facendo un sorriso a Miel che arrossì, terrorizzata: no, un altro pervertito no!

“Comunque,” continuò guardando Amlach, con aria di leggero rimprovero “Bisogna dire che per quanto forte, è stato da codardi attaccare Miel.”

“E’ la Ladra Nera” disse Amlach piccato.

“Ma è comunque una ragazza.” Disse lui alzando le spalle e scuotendo la testa: per lui le donne erano da proteggere sempre; la prossima volta sarebbe intervenuto per fermarli in caso di rissa. Poi tornò a rivolgersi a Rey.

“Allora?”

Rey lo studiò.

“E come potresti essermi utile?” disse calmo alzandosi in piedi e scrutando l’evidente muscolatura del ragazzo, alto quanto lui, e la spada leggera appesa alla cintura intorno ai pantaloni in seta neri; poi incuriosito osservò la maglia in seta bianca, convinto di aver scorto un luccichio sotto di essa. Che avesse altri brillanti sul petto come quelli sopra l’occhio destro?

“Credo che un Dragon Slayers del tuono potrebbe esservi utile!” disse con il tono soddisfatto e sicuro di sé.

I presenti lo guardarono stupefatti (a parte Shi che alzò semplicemente un sopracciglio.)

“I leggendari figli dei draghi…” Mormorò Rey, prima di stringergli la mano, “Sei dei nostri!” e a questo seguì un altro giuramento di sangue.

Infine gli altri, si presentarono di nuovo; compresa un’ormai prossima al suicidio Miel.

Jin scrutò per un bel pezzo la Ladra, incuriosito.

“Devo ammettere che ti immaginavo un po’ più alta.” Disse infine con un sorriso.

Miel stava già per rispondere piccata quando si intromise Rey.

“Però bisogna dire che compensa da altre parti.” Illustrò come una guida turistica guardandole il petto.

Jin annuì convinto ammirando anche lui il panorama.

“Su questo non ho niente da ridire.” Disse malizioso Amlach sdraiandosi su un fianco.

“Già!” ghignò Shi.

Miel era sull’orlo della crisi di nervi.

“V-voi…PERVERTITIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!”

 

 

Dieci minuti dopo Rey, Jin, Amlach e Shi erano inginocchiati, in segno di pentimento, davanti a Miel che in piedi li guardava imbarazzata e furente ben avvolta nel suo mantello; su di essi si notavano rispettivamente un occhio nero, un labbro gonfio, il segno dello stivale sullo stomaco e una guancia rossa.

“Siete dei perfetti maniaci! Io mi rifiuto di viaggiare da sola con voi! Voglio un’altra compagna femmina! Brutti porci!” disse incavolata come una biscia.

“E cos’hai intenzione di fare?! Mettere un annuncio sulla bacheca in piazza?!” chiese Shi sarcastico, nonostante la furia della ragazza lo avesse terrorizzato: lo diceva sempre, lui, che non bisognava mai mettersi contro una donna infuriata.

“A me non dispiace l’idea di altre ragazze…” disse Jin perdendosi tra cameriere affascinanti e immaginarie.

“Dopotutto lei non basta per tutti e quattro…” sogghignò Amlach, nonostante lo stivale che la leggiadra ragazza gli aveva piantato nel petto gli rendesse difficile la respirazione.

 Miel stava già per colpirlo con l’intenzione di fargli sputare entrambi i polmoni quando Rey mise un mano sulla fronte della ragazza dal dietro e se la strinse al petto.

“Eh no, ragazzi! Un piccolo avviso: guardare ma non toccare! La principessa è tutta mia!” disse malizioso mentre gli altri ridacchiavano.  Purtroppo si accorse del pericolo troppo tardi.

“REYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYY!!!!!”

 

 

 

Rey, con due occhi pesti, seguiva con Jin, Shi e Amlach la furia bionda che marciava avvolta da un’aurea di terrore qualche metro davanti a loro per le viuzze di Ninivel.

Non era mai stata tanto imbarazzata in vita sua! Quello stupido maniaco! Sua! Come se lei fosse un’oggetto! Ma l’avrebbe pagata, eccome se l’avrebbe pagata…

Miel si stava perdendo in dolci pensieri di vendetta e torture sanguinolente, quando la sua attenzione fu attirata da alcune grida poco distanti.

Girandosi vide in un piazzetta due ragazze che sembrava stessero cercando di calmare alcuni bambini. Una di loro era leggermente più alta di Miel, con un seno altrettanto prosperoso ma con un fisico magro e delicato, aveva i capelli corti sopra le spalle di uno splendido viola e dei vestiti davvero particolari: portava gonna cortissima con la parte in alto in stoffa nera, sotto invece era in stoffa verde con due tasche rosse e delle calze lunghe fino a metà coscia bianche con due fiocchi rossi in alto. Inoltre un piccolo top verde davanti e rosso dietro le fasciava il seno, sopra cui indossava un kimono rosa scuro, con decorazioni rosse dal bordo giallo, senza maniche, anzi che lasciava intravedere buona parte del top; esso si chiudeva con tre fiocchi rossi sul davanti: uno sul collo, uno sul seno e l’ultimo sotto di esso; dall’ultima chiusura il kimono si apriva e lasciava vedere la pancia, cadendo ampio e aperto fino alle ginocchia dove finiva con una fascia di seta verde. Per finire portava delle maniche rosa scuro che partivano dal gomito tramite un piccolo sbuffo di stoffa rossa con il bordo giallo, molto strette in alto ma che si allargavano verso il basso ad ala di pipistrello, con una luna gialla e un fiocco rosso per manica. La poverina era inginocchiata davanti ad un bambino e stava facendo di tutto per calmarlo ma quello continuava ad urlare con fare assatanato indicandole.

L’altra invece era poco più bassa della compagna(sempre abbondante di seno) e aveva lunghi boccoli biondo miele; alcuni di essi formavano una specie di coroncina sulla sua fronte, su cui si posava una piccola coroncina  intrecciata di fiori azzurri, bianchi e lilla. Vestiva un abitino corto in seta azzurra, con delle spalline quasi invisibili, mentre ai piedi calzava delle scarpe basse bianche in cuoio morbido con un fiocchetto azzurro (ballerine). Essendo di schiena si poteva notare su di essa il tatuaggio di due ali bianche spuntare dal vestito.

Miel guardò incantata quella ragazza: aveva sentito parlare di loro dai racconti della sua tata: un angelo…

“Strega! Strega cattiva! Sei la Ladra Nera!” il bambino urlava imperterrito indicando l’angelo, seguito dagli altri bambini che si stavano radunando intorno a loro.

“Non è vero! Gigi non è un strega!” urlava la ragazza con il kimono, disperata mentre Gigi si guardava intorno preoccupata. LA situazione stava precipitando.

“Ti ho vista far apparire della frutta maledetta! Demone! Ci volevi avvelenare!” alcuni adulti iniziarono ad avvicinarsi mormorando e additando le due ragazze.

Miel le guardò e in un attimo si rivide bambina.

Demonio! Demonio! E’ tutta colpa tua se i miei genitori sono morti! Vattene strega!” urlava il bambino piangendo, prima di prendere una pietra e lanciarla verso di lei.

Scuotendo la testa, Miel si riscosse: non era il momento di perdersi in ricordi dolorosi.

Dimenticandosi di avvisare i suoi compagni, che guardavano anche loro la scena preoccupati, si lanciò verso le due ragazze.

Senza fermarsi afferrò la mano della ragazza-angelo e la strattonò.

“Correte!” non ebbe bisogno di ripetersi che anche la ragazza coi capelli viola le seguì. Corsero tra le vie di Ninivel il più veloce che potevano, mentre Miel sperava ardentemente di non perdersi. Dietro di loro le urla dei cittadini inferociti che davano loro la caccia.

Finalmente vide il bosco e con un sorriso accelerò.

“Akiko!” urlò improvvisamente la ragazza-angelo vedendo l’amica e il suo portentoso equilibrio inciampare e schiantarsi faccia a terra. Miel fece per fermarsi ma voltandosi vide che Amlach, il più veloce tra i ragazzi, aveva già preso la ragazza sotto braccio a sacco di patate e le stava raggiungendo.

“Grazie Fuffy!” urlò ridacchiando e riprendendo a correre. Dolce vendetta.

Un ringhio seccato giunse dalle sue spalle.

Finalmente Miel trovò una radura nella parte più interna del bosco e si fermò per riprendere fiato.

“Grazie mille! Ti siamo debitrici!” disse la ragazza angelo, con il respiro accelerato, tendendogli la mano con un bel sorriso che metteva in evidenza le sue adorabile guanciotte rosa. Nonostante la corsa, non sembrava troppo affaticata: evidentemente aveva una buona resistenza.

“Io sono Giada Angels, detta Gigi!” si presentò allegra, “E quella che il tuo amico Fuffy sta mettendo a terra è Akiko Tsuki!”

Amlach la fulminò, gelido, mentre posava con delicatezza il suo bagaglio.

“Non mi chiamo Fuffy, e si vi riazzardate a chiamarmi così ve la faccio pagare.”

Miel fece finta di niente e andò ad accertarsi delle condizione di Akiko insieme a Gigi, le cui labbra da gatto a stento trattenevano un ghigno.

La ragazza si mise a sedere un po’ stordita, ma in fretta recuperò il sorriso.

“Nyyaaa. C’è mancato un pelo! Grazie Fuffy!” disse subito inchinandosi più volte e stringendo la mano del licantropo che la guardava perplesso, sia per il gesto gentile che per l’espressione felina, e seccato per esser stato di nuovo chiamato come un cane. Il suo orgoglio lupino ne stava risentendo. Maledetto tappo biondo!

Intanto anche Jin, Shi e Rey erano arrivati e si stavano presentando gentilmente.

Ci fu un attimo di tensione quando Akiko, vedendo Lucky, si paralizzò sul posto e guardando il cucciolo che la salutava scodinzolando iniziò a balbettare “C-c-cane…”

Solo dopo mille raccomandazione di Jin che Lucky era dolce e non faceva male ad una mosca, e l’aver notato che effettivamente era proprio uno scricciolo, riuscì finalmente a stringere la mano al ragazzo (controllando comunque che il cane non si avvicinasse troppo)

“Ci dispiace di avervi fatto correre ma vi siamo grate per averci salvato,” disse Giada dopo le varie presentazioni, “Non pensavo che quei bambini mi avrebbero scambiato per una strega: volevo solo essere gentile.”

Vedendo i loro sguardi perplessi Akiko si affrettò a spiegare la situazione. “Io e Gigi siamo in viaggio insieme: io per trovare La Pietra di Luna rubata e lei per cercare suo padre, BluGreen.”

“Non è un nome comune.” Fece notare Jin.

“Già” disse Giada gonfiando il petto, “Mio padre è il Drago della Natura! Cioè, in realtà è il mio padre adottivo e mi ha insegnato il controllo degli elementi. Per questo stavo facendo cresce delle fragole con la mia magia da offrire ai bambini e magari poi da vendere al mercato. Non sapevo ci fosse appena stato un furto della ladra Nera”

I ragazzi spalancarono gli occhi per la sorpresa, mentre Miel si guardava intorno imbarazzata. Si sentiva dannatamente in colpa.

“Sei anche tu una Dragon Slayers?!” chiese Jin eccitato, “Mio padre è il Drago del fulmine!” spiegò orgoglioso.

“Anche io lo sto cercando! Ed è il motivo per cui sono in viaggio con loro” disse poi indicando gli altri compagni.

“In viaggio?” chiese Akiko guardando curiosa con i suoi occhi nocciola gli strani ragazzi che le avevano salvate.

“Siamo alla ricerca della Fairy Heredity e…” ma Rey non aveva fatto in tempo a finire che Miel, cogliendo al volo l’opportunità si era precipitata davanti alle due ragazze e aveva preso loro le mai tra le sue. Era la sua occasione!

“E ci piacerebbe tantissimo se veniste con noi! Ovviamente vi aiuteremo a ritrovare la tua pietra e tuo padre! Inoltre potrete avere una parte del tesoro!” spiegò speranzosa cercando di fare la faccia più tenera che potesse.

“Quando vuole sa essere persuasiva...” ghignò Shi.

Gigi la scrutò con i suoi occhi azzurro cielo e poi diede un’occhiata ai ragazzi dietro di lei.

“Saremmo onorati di avere tali bellezze in viaggio con noi…” disse seducente Rey, intuendo i suoi tentennamenti.

Giada gli lanciò un’occhiata disgustata e incenerente, scrocchiandosi pericolosamente le nocchie, mentre Akiko sgranò gli occhioni, sorpresa.

“Davvero Rey?! Grazie mille! Come sei gentile!!!” esclamò poi allegramente, mentre i presenti cadevano in stato di shock e Gigi si passava esasperata una mano sugli occhi: la malizia o la seduzione per la sua amica erano parole senza significato…

Con pietà guardò Miel, arrossita e che minacciava di morte con lo sguardo Rey, e iniziò a capire perché ci teneva che andassero con loro. Con quale cuore avrebbe potuto abbandonarla a tale destino?

“Va bene!” acconsentì entusiasta abbracciandola. Anche Akiko ne approfittò per stritolare con gioia la nuova amica.

“Nyyaaa. Che bello si parte all’avventura!”

Poi Miel tornò di nuovo seria.

“Giurate quindi di venire con noi, di non tradirci o venderci in nessun caso?” chiese con leggera ansia.

I ragazzi ammiravano stupiti la subdola strategia della Ladra.

“Lo giuriamo!” risposero in coro le altre due.

Illuminandosi Miel le spinse dai loro compagni.

“Bene è il momento di fare le vere presentazioni!” disse sotto lo sguardo confuso delle ignare viaggiatrici.

“Vere?”

“Lui è Rey Leon: un maniaco pervertito, di professione ladro, teletrasportatore e silver claimer, che ci trascinerà in un assurda caccia al tesoro! Poi c’è Jin Mishima: altro pervertito, viaggiatore e Dragon Slayers del fulmine. Shi Kurai è un elfo dell’elemento fuoco, cacciatore di taglie ricercato per aver tradito la corona ed essersi messo in viaggio con noi; pervertito pure lui. E il vero nome di Fuffy è Amlach Lumbar Wolf, il sadico cacciatore di taglie, ricercato anche lui per aver tradito il re ed essere venuto con noi. Ah, è un licantropo maniaco. E infine io: sono Miel, la Ladra Nera!” concluse con un sorriso rassicurante, mentre i ragazzi ghignavano.

Gigi e Akiko spalancarono la bocca.

“Licantropo…maniaco…ladra…nyaaa…” Akiko si accasciò a terra con un miagolio.

Tutti si precipitarono intorno a lei.

“E’ ancora viva?” chiese Amlach scrutando la ragazzina.

“Non dirmi che l’avete uccisa!” esclamò Miel in preda al panico.

“Avete?” disse Shi sarcastico, “Sei stata tu a farle giurare di venire con noi senza svelarle la verità, che poi le hai sbattuto in faccia senza il minimo tatto”

“Effettivamente…” biascicò Giada guardandola leggermente offesa.

Miel assunse un’aria contrita e mortificata.

“Scusami…” mormorò, “E’ che avevo paura che se vi avessi svelato la verità avreste avuto paura di noi…”

Gigi sbuffò.

“Figurati! Posso battervi in qualsiasi momento” disse ridendo e pregustando una bella rissa con quei ragazzi (che intanto la osservavano come se fosse pazza) che sembrava davvero forti e temibili avversari.

“Non mi tiro indietro da un’avventura simile solo perché non siete dalla parte delle guardie! Inoltre trovo che il re sia malvagio e stupido, e la gente a cui hai rubato snob e spregevole. Quindi per me non c’è problema.”

“Solo una cosa;” aggiunse poi, “io e Akiko abbiamo lasciato i nostri animali alla locanda in cui alloggiamo; dovremo andare a riprenderli dopo.”

“Nessuno problema!” disse Miel riconoscente. Era stata fortunata a trovare due ragazze così aperte e gentili, per un secondo aveva temuto avrebbero cercato di denunciarli.

“Facciamo così” disse Jin gentile, “Ditemi il nome della locanda che li vado a recuperare, prima che scoprano a chi appartengano.”

Gigi annuì riconoscente.

“Alloggiamo alla Locanda della Luna, Akiko ha una fissa per la luna, e la nostra camera è la trentadue” spiegò porgendogli una chiave in ottone con attaccato un ciondolo a forma di mezzaluna, “si chiamano Yuki e Fantasy, e…” Ma non fece nemmeno in tempo a finire che Jin aveva già iniziato a correre vero Ninivel.

“Non muovetevi da qui! Torno subito!” urlò agitando una mano e seguito dal piccolo Lucky.

“Aspetta non…!” cercò di avvisarlo, ma il ragazzo era già sparito tra le fronde dei pini.

“Effettivamente anche io dovrei recuperare i cavalli e il lup…” ma i suoi ragionamenti ad alta voce vennero interrotti da alcune smorfie buffe e feline che si disegnarono sul volto di Akiko.

“Nyaaa…” mugolò poco dopo la ragazza mettendosi a sedere. Tutti la guardarono ansiosi.

Lei li fissò in silenzio per un lunghissimo attimo.

“MA è fantastico!!!” urlò abbracciando di slancio Miel, scioccata, mentre Gigi ridacchiava sotti i baffi. Per lei non era difficile immaginarsi le reazioni dell’amica.

“Ho sempre voluto conoscere la famosa Ladra Nera e sapere che mi aiuterai a trovare la Pietra di Luna mi riempie di gioia!! Nyaa!” urlò esaltata prima di precipitarsi ad abbracciare Amlach, senza nessun accenno di imbarazzo.

Il ragazzo si pietrificò (non certo perché gli dispiacesse) e guardò Gigi in cerca di spiegazione.

“E’ fatta così!” sillabò lei ridacchiando.

“E poi finalmente conosco un altro mannaro!” disse tutta entusiasmata lasciando andare il povero Fuffy e facendo una giravolta su se stessa.

“Sei anche tu un licantropo?” chiese Amlach riscuotendosi dallo shock , ancora più incuriosito da quella buffa ragazzina pazza.

“No!” disse scuotendo la testa con vigore, “Io sono una Gatta Mannara, oltre che la Sacerdotessa della Luna!”

“Sei un gatto?” disse scioccato Amlach.

“Nyaa!” rispose lei.

“Ci mancava solo il gatto mannaro…siamo una gabbia di mutaforma pazzoidi…” mugugnò andandosi a sedere sotto un albero per conto suo a lucidare la sua katana,  con ancora il sangue di Miel incrostato.

Intanto Gigi scrutava attentamente Shi.

“Sei davvero un elfo del Fuoco?” chiese scettica analizzando la sua lunga giacca nera con il cappuccio, la sua maglietta dello stesso colore e i pantaloni neri legati con una cintura di cuoio. Chissà perché si aspettava qualcosa di rosso… gli occhi almeno erano di quel colore. Anche se la pupilla lo rendeva un po’ inquietante. Non che l’enorme licantropo dagli occhi ghiaccio mettesse a proprio agio le persone, finora non aveva ancora sorriso (quello malizioso mentre osservava Akiko non contava) e di certo non era un tipo loquace: solo Akiko poteva non sentirsi minimamente intimidita da lui.

Il ragazzo annuì con un ghigno divertito e si diede fuoco alle mani.

LA ragazza si illuminò, mentre negli occhi le appariva una luce assatanata.

“Oh, oh…” mormorò Akiko guardando preoccupata l’amica e attirando su di essa l’attenzione di tutti gli altri.

“Piacere di conoscerti Shi!” disse lei porgendogli per la terza volta la mano, “Giada Angels, angelo Dragon Slayers della natura. Tua futura moglie. Vuoi avere un figlio perfetto con me?”

“COSA?!”

 

 

 

 

 

Allora? Piaciuto? Intanto io metto qui in fondo le immagini degli oc comparsi (quelle che mi sono state mandate); se ne avete alcune inviatemele al più presto :D

Akiko Tsuki: http://s3.vidimg.popscreen.com/original/14/eGtyODhqMTI=_o_nightcore---blackout-dj-misterkino-extended-mix.jpg

Amlach Lumbar: (ho dei pezzi del nostro Fuffy)_ volto (più o meno) Jensen Ackles *bava*

_armatura (ma non ha nè quell’elmo nè quella spada, né quel mantello; è per dare un’idea XD): Dark Knight

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Divorata da un demone ***


Divorata da un demone

Yoooooo minna! Eccomi qua! Con un capitolo stra immenso ma inutile! No scherzo XD E’ che ho inserito solo tre oc ma ho scritto tantissimo, mi dispiace ma non posso farci niente, devo gettare le basi della storia, di tutti i vari intrecci ed intrighi XD A proposito, mi sto divertendo un mondo a legare i passati dei vostri oc e intrecciarli tra loro, solo che mi capita di modificarli leggermente, è un problema?? Spero di no! Bene, io sabato parto per il mare e non ci sarò per le prossime due settimane quindi mi scuso già con le persone a cui non risponderò o con gli autori delle storie che non recensirò: gomeeeeee!

Ora vi lascio, devo dedicarmi alla mia guerra con Andry *ghigno sadico* *take over sitri soul*

Buona lettura!

 

Divorata da un demone

 

L’urlo scioccato dei ragazzi risuonò nella foresta facendo fuggire diversi animali, anche se bisogna ammettere che quello messo peggio fosse Shi. Amlach si accorse stupito di come fosse la prima volta che vedeva dipinta su volto del compagno un’espressione che non fosse un ghigno o l’assoluta impassibilità. In quel momento aveva la bocca spalancata, gli occhi rossicci fuori dalle orbite, un colorito cereo e sembrava sul punto di svenire.

Solo Akiko scuoteva la testa divertita e, ovviamente, Gigi, che aspettava seria una risposta.

Un vento freddo soffiò curioso tra quei ragazzi congelati e finalmente sembrò risvegliare l’elfo.

“CHE COSA?! MA TU SEI FUORI! TI SEMBRA NORMALE CHIEDERE UNA COSA COSÌ AL PRIMO CHE PASSA?! FORSE HAI BISOGNO DI UNA CAMOMILLA NANETTA!”  Iniziò a sbraitare Shi alzandosi in piedi ed allontanandosi dall’angelo con fare terrorizzato. Quella era impazzita!

Ma Shi aveva commesso il più grave errore che mai potesse immaginare.

Akiko sbiancò all’istante lanciando occhiate preoccupate alla compagna improvvisamente irrigidita.

“Oh, oh…” mormorò spaventata, “Nyaa…Mettetevi in salvo…” bisbigliò a mezza voce agli altri compagni prima di scattare in piedi e tentare di fuggire dietro un albero. Per fortuna anche gli altri decisero di seguire il suo saggio consiglio, altrimenti non ci sarebbe stato nessun Amlach a rimetterla in piedi dopo che era inciampata e caduta nuovamente di faccia.

Gigi si alzò in piedi con una terrificante lentezza mentre la terra iniziava a tremare; gli alberi ondeggiavano e i venti come impazziti frustavano l’aria intorno a lei, nei cui occhi era accesa la fiamma del fuoco che non possedeva ma desiderava ardentemente.

“TU!” proruppe con fare omicida verso il ragazzo, che paralizzato si chiedeva cos’avesse fatto di male per beccarsi due psicopatiche in un giorno solo, “TI SEMBRA IL MODO DI CHIAMARE UNA RAGAZZA?! NANETTA?!?! MA CHI TI CREDI DI ESSERE?!?! TU E LE TUE STUPIDE ORECCHIE A PUNTA: VE LA FARÒ PAGARE!!!”

Tanto era irata che il tatuaggio sulla schiena si illuminò di una purissima luce dorata e da esso si aprirono due maestose ali angeliche bianche. Un ghigno sadico si disegnò sulle labbra feline della ragazza.

“SORA NO TSUME!!” urlò prima di colpire con un pugno, attorno a cui vorticavano lame taglienti di vento, Shi, che volò per dieci metri, rompendo con la testa sei alberi centenari prima di schiantarsi contro una quercia secolare.

Con uno sbuffo la dolce Gigi si lasciò cadere a terra e sfoggiò il suo broncio migliore; la terra smise di tremare, gli alberi di ondeggiare nel vento impazzito e le grandi ali tornarono ad essere un innocuo tatuaggio.

“E io che pensavo di averlo trovato! Ora mi toccherà cercarne un altro!” si lamentò infastidita, mentre un’allegra Akiko la raggiungeva per accarezzarle la testa.

“Dai Gigi! Magari non è così male: ha solo fatto un…errore! Può capitare a tutti. Inoltre ti avevo avvisato di non essere precipitosa” Disse ridendo mentre tutti gli altri erano ancor sotto shock.

“Mai chiamarla nana.” si appuntò Rey mentalmente per la sua sopravvivenza, deglutendo per lo scampato pericolo.

Amlach intanto era andato a vedere se doveva scavare o meno una tomba all’amico, che in quel momento giaceva senza coscienza nell’erba, balbettando strane parole riguardo a donne arrabbiate e mostri sanguinari. Con un sbuffo, accorgendosi che respirava ancora, se lo caricò in spalla per poi lasciarlo cadere pesantemente nella radura dove si trovavano gli altri. Altro che angelo, quella era un demonio.

Miel dopo alcuni attimi di silenzioso sconcerto si lanciò al collo di Gigi.

“Sei un mito!” urlò con le lacrime agli occhi: con quella ragazza a fianco avrebbe potuto domare tutti i pervertiti del mondo!

Rey a quella vista per poco non svenne: sarebbero stati tempi duri per lui.

“GIGIIIIIII!”

“KIKOOOOOOO!” due piccole vocette attirarono l’attenzione di tutto il gruppo.

In quell’esatto momento dagli alberi era apparso un povero Jin, legato come un salame e con gli occhi fuori dalle orbite per lo shock, a fianco di Lucky, anche lui legato e con la museruola; ma la cosa piò scioccante è che a tenere le corde, erano rispettivamente una gatta bianca e un piccolo lemure con gli occhioni blu e la coda a strisce arcobaleno.

Nella radura calò un breve attimo di silenzio.

“YUKIIIIIIIII”

“FANTASYYYYYYY!” Akiko e Gigi si lanciarono sopra i due pover animali, stringendoli in un mega abbraccio.

“Kiko fai piano!” la sgridò con fare materno la gatta bianca, “Altrimenti mi strozzerai.”

Akiko obbedì all’istante e si limitò a cullarla tra le braccia.

“Siamo davvero contenti che siate davvero qui. Avevamo paura che questo tizio ci avesse ingannato!” disse Fantasy lanciando occhiatacce a Jin.

Già, Jin. In quel momento le due ragazze parvero ricordarsi del loro amico.

“Fantasy, Yuki! Come avete potuto legarlo e imbavagliarlo!? È un nostro amico! Scioglieteli subito! Scusaci Jin!” li rimproverò Gigi. Il lemure, facendosi piccolo piccolo per l’imbarazzo, guardò intensamente le varie funi che scomparvero sotto gli occhi stupefatti del gruppo; nel contempo la sua coda divenne a strisce grigie e blu.

La gatta chinò il capo in segno di scuse davanti al ragazzo, che intanto si massaggiava i polsi e controllava Lucky.

“Ci dispiace Jin. Non sapevamo fossi davvero loro amico, avendo visto il caos che si era creato in città temevamo fossi uno degli uomini malvagi che cercavano Kiko e Gigi.”

“Scusaci Jin, Lucky.” ripeté Fantasy inchinandosi.

Jin, finalmente ripresosi dallo shock, sbuffò e scosse la testa, per poi fare uno dei suoi soliti sorrisi.

“Non è niente di grave. Ho solo preso un infarto quando, appena entrato nella vostra stanza, sono stato avvolto da funi e imbavagliato da due piccoli animaletti.” Già, il poveretto infatti era stato attaccato non appena aveva aperto la porta e successivamente, nonostante avesse spiegato la situazione ai due, essi non avevano voluto sentire ragioni e l’avevano scortato di nascosto e legato al punto da lui indicato.

“Devo ammettere che mi avete stupito! Non pensavo che alla gatta sarebbe venuto in mente di usare funi magiche e il piccoletto sapesse crearle. Così né io né Lucky abbiamo potuto usare i nostri poteri. Davvero ingegnoso” Disse con ammirazione chinandosi per fare una carezza a Yuki, lusingata.

“Anche Lucky è magico?” chiese Gigi incuriosito mentre l’exceed volava tra le sue braccia.

“Esatto!” poi si scambiò uno sguardo d’intesa con il cagnolino e schioccò le dita. Allora Lucky si ingigantì a dismisura, fino a diventare alto quanto il padrone.

“Nyaaa!” Akiko emise un urletto spaventato e corse a nascondersi dietro Amlach, che giudicava abbastanza grande per difenderla dalla bestia.

“Scusa Akiko,” rise Jin facendo cenno al compagno di ritrasformarsi, “Non volevo spaventarti.”

La ragazza si rilassò leggermente e mosse la mano per dire che non era niente, prima di allontanarsi dalla schiena di Amlach, parecchio allibito, e raggiungere Gigi e Miel, che accarezzava Yuki.

“Sei davvero bellissima Yuki!” disse grattandole le orecchie, “Sono sicura che andrai d’accordo con Mizumi!” disse con un sorriso, prima di congelarsi.

“MIZUMI!?!” urlò scattando in piedi.

Amlach si passo una mano sul viso, esasperato.

“Non dirmi che l’hai di nuovo dimenticata da qualche parte?”

“Zitto Fuffy! Non è colpa mia! Sono successe un sacco di cose e non mi è venuto in mente di tornarla a prendere! MI ucciderà” con ansia immerse la mano nell’ombra mentre i tatuaggi prendevano vita e quando la tirò fuori, su di esse cantava un piccolo pettirosso.

“Ti prego Lily! Vai ad avvisare Mizumi riguardo dove siamo!” trillando l’uccellino prese il volo nel cielo limpido. A questo punto Miel si girò stizzita verso Amlach.

“E poi mi sembra che anche il tuo lupo non sia qui o sbaglio?” chiese ghignando. Amlach distolse lo sguardo, piccato e dopo aver messo le mani a cono sulla bocca, proruppe in un lungo ululato.

“Ecco fatto!” disse con soddisfazione, mentre un altro ululato echeggiava nella foresta.

Neanche dopo trenta secondi nella radura entrò regalmente un grande lupo grigio e si fermò a fianco di Amlach.

“Lupo!” urlò Miel saltandogli addosso, “Quanto mi sei mancato” disse affondando il volto nella sua pelliccia.

Sotto lo sguardo infastidito di Amlach il lupo le strofinò il naso contro la guancia.

“E’ un piacere rincontrarti come alleata piccola Miel.” lei gli sorrise smagliante, “Ma ti consiglio di preparati lei sta arrivando.”

LA ladra impallidì, sotto lo sguardo perplesso degli altri.

“Vi consiglio di allontanarvi…” suggerì ghignando Amlach indietreggiando insieme al lupo. Tutti gli altri, Rey compreso, seguirono il suo esempio. Akiko si avvicinò al lupo e lo accarezzò entusiasta, presentandosi.

“Tu non avevi paura dei cani?” chiese perplesso Amlach, ma Akiko gli sorriso dolce.

“Io amo tutto ciò che è legato alla luna e i lupi sono i suoi figli prediletti.” Disse seria lanciando un’occhiata innocente ad Amlach, che si ritrovò suo malgrado ad arrossire.

Poi si sentì.

Un ruggito fece vibrare la foresta.

I ragazzi, tranne Rey che aveva un udito leggermente più rozzo e non animalesco, si coprirono le orecchie.

Dalla chioma di un albero al limitare della radura saltò un lampo arancio e si abbatté sulla ladra, atterrandola.

Una gigantesca tigre dagli occhi zaffiro troneggiava sulla ragazza stesa nell’erba, inerme e spaventata.

La tigre ruggì nuovamente.

“Miel!” la voce calda e profonda della tigre vibrò di sdegno.

“Mizumi midispiacemidispiacemidispiace!” iniziò a dire la ragazza, “MA sono successe un sacco di cose! Lasciami spiegare ti prego!” implorò con i lacrimoni agli occhi.

La tigre emise quello che doveva essere uno sbuffo spazientito e tolse le sue enormi zampe dalle spalle della ragazza, poi venendo avvolta da una calda luce dorata si rimpicciolì fino a diventare una piccola gattina tigrata con un fiocco al collo. Solo gli occhi carichi di rimprovero erano rimasti gli stessi e aspettavano una spiegazione

Veloce Miel si mise a sedere e l’aggiornò sugli ultimi avvenimenti dal rapimento all’arrivo di Fantasy e Yuki, tralasciando gli atti pervertiti (troppo imbarazzanti da ripetere), per poi presentare a tutti Mizumi, che aveva deciso di perdonare magnanimamente la ragazza. Quando fu il turno di Amlach, la gattina gli si lanciò in braccio sotto lo sguardo scioccato della bionda.

“Cretino di un licantropo! Quanto mi sei mancato!” mugolò mentre Amlach l’accarezzava ghignando.

“Ora però” disse poi rivolta agli altri, “Volete spiegarmi cosa facciamo?”

“Andiamo prendere il primo pezzo della mappa!” prese la parola Rey facendo un passo avanti e spiegando un rotolo di pergamena ingiallita, “Il primo pezzo è costudito nella Fortezza di Grandel, a nord di Ninivel.”

“Stai scherzando vero?” proruppe Shi ghignando, “Quel posto è impenetrabile!”

“MA è per questo che la Ladra è con noi.” Spiegò Rey con un sorriso mettendo una mano sul capo alla ragazza, talmente presa dai suoi ragionamenti da dimenticarsi di arrossire e togliergliela.

“Io non basto.”, decretò infine con grande attonimento di tutti, “Nessun incarico mi ha mai portato ad entrare in quel castello e per raccogliere le informazioni necessarie mi ci vorrebbero mesi…”

“Non possiamo entrare con la forza?” chiese Jin, immaginandosi già un bel combattimento, con l’appoggio di Gigi ma Miel scosse la testa.

“Quel castello ha centinaia di stanze e noi non sappiamo dove sia la mappa, farebbero in tempo ad arrivare tutti i rinforzi dell’esercito e noi non l’avremmo ancora trovato.”, distrusse la loro ipotesi sospirando, “Abbiamo bisogno dell’unico che sia mai riuscito ad entrare ed uscire indisturbato…”

Mentre gli altri la guardavano in attesa di spiegazioni, Miel pose una mano sull’ombra.

“Garret, sorgi dall’oscurità!” al risuonare di queste parole dall’ombra volò fuori una maestosa aquila nera che si andò a posare sulla spalla di Miel, che intanto rovistava nella borsa affannata fino a tirarne fuori una pergamena, una penna e un calamaio.

“Nyaa…Miel, a chi stai scrivendo?” chiese incuriosita Akiko sbirciando la calligrafia ordinata della ragazza.

“A uno dei pochi insuccessi di Fuffy.” Rispose lei ghignando, mentre l’altro le ringhiava in risposta.

“Ovvero?” insistette Rey perforandola con i suo occhi grigi.

“L’Assassino. Potremmo dire che siamo amici: gli ho dato una mano con un lavoretto difficile e da allora ci scambiamo favori di tanto in tanto” Cedette infine Miel mentre finiva di arrotolare la pergamena e legarla alla zampa dell’aquila, che subito prese il volo per recapitare il messaggio.

“Che cosa?!” urlò Amlach; quel maledetto assassino lo aveva tirato scemo, mai una volta era riuscito a mettergli le mani addosso o coprire dov’era, mentre la piccoletta ci teneva una corrispondenza! Perché non aveva mantenuto la promessa?!

“Ci aiuterà?” chiese Gigi scettica, ma Miel annuì con sicurezza.

“In cambio ho delle informazioni per lui.” Spiegò, “ma non è questo ora il problema: guardate.” Continuò afferrando la mappa e indicando una linea a qualche chilometro dal castello, “C’è un posto di blocco, valicabile solo se accompagnati da una guardia.”

“Beh, ma noi non abbiamo Amlach e Shi?” chiese Akiko titubante sorridendo ai due, “E’ impossibile che sappiano già che avete disertato.”

“Invece è possibile,” ribatté Shi, “Avremmo dovuto incontrarci con il sindaco della città questa mattina, avevamo già avvisato che eravamo giunti a Ninivel, ma poi siamo spariti nel nulla. Conoscendo i tempi che vanno ci sarà perfino una taglia sulla nostra testa.”

“Io avrei una soluzione” li interruppe fiero Jin, “Mentre ero sulla strada per Ninivel a poco tempo da qui, ho fatto la conoscenza di un ragazza davvero carina che si esercitava per diventare guardia e, fidatevi, io l’avrei scambiata per una guardia stessa, se lei non me l’avesse spiegato. Possiamo benissimo convincere lei a venire con noi e aiutarci.”

“Grande Jin!” si complimentò Rey scambiandosi un cinque con il ragazzo.

“Bene,” disse Miel sorridendo, ormai presa dalla missione, l’adrenalina che le scorreva nelle vene, “Metà di noi andranno fare provviste, mentre l’altra metà andrà con me e Jin a prendere la ragazza e…”

“Forse è meglio che tu stia qui.” La interruppe il Dragon Slayer guardando con interesse l’erba.

“Perché?” chiese lei lanciandogli un’occhiata circospetta, mentre il ragazzo arrossiva imbarazzato e indeciso.

Alla fine sospirò e le tese una pergamena che finora aveva tenuto in tasca.

Miel lo prese e lo aprì, con un brutto presentimento che le si agitava nel cuore.

Era una taglia e sotto la richiesta c’era il disegno di una ragazza con un mantello nero che le copriva il volto ma lasciava vedere la camicia stretta nel corpetto, i pantaloni in pelle nera, gli stivali e la borsa in cuoio.

Finalmente abbiamo scoperto la vera identità della Ladra Nera,

No.

Grazie ad un benefattore che ha finto d’arruolarla per poi fornirci le informazioni necessarie,

No!

Ora sappiamo che dietro al mantello si cela un giovane maga con il controllo dell’ombra;

NO!

Viva o morta.

“No…” mormorò come gli occhi spalancati per il terrore. Tutto quello che si era costruita, la sua identità, la sua vita libera, la sua protezione, era tutto distrutto. Finito. Era scoperta, un bersaglio facile. Il re avrebbe capito e l’avrebbe trovata. L’avrebbe uccisa per una stupida profezia.

“E di chi è la colpa di tutto ciò?” chiese sadica la voce nella sua testa, “Se quel ragazzo ti avesse lasciato finire la missione, tu ora saresti al sicuro.”

Con lentezza esasperante alzò la testa per fissare con odio animale Rey.

“Uccidilo.”

Un ringhio le scaturì dal profondo della gola. Mizumi si trasformò e si pose davanti al ragazzo insieme al lupo, ringhiando contro Miel.

“Uccidilo!”

Le voci che cercavano di calmarla introno a lei erano ovattate. Non vedeva nient’altro se non la sua vittima.

UCCIDILO!”

La vista le si tinse di rosso sangue e con un balzo felino fece per balzare alla gola del ragazzo, ma sei braccia l’afferrarono in tempo e la sbatterono di mala grazia sul terreno.

Miel si agitò come un’indemoniata, come una bestia braccata, per liberarsi, ma Jin e Shi mantenevano la presa sulle braccia.

“Basta Miel!” proruppe Amlach gelido premendole la mano sulla gola, “torna in te…”

Gli occhi ormai felini della ragazzi incontrarono quelli grigi di Rey, preoccupati, e poi videro Gigi che aveva creato una barriera divento per proteggersi insieme ad Akiko. Da chi? Da lei.

Due lacrime sgorgarono dagli occhi della ragazza mentre le pupille tornavano tonde e i tatuaggi terminavano la loro danza infernale.

“Lasciatemi andare.” Disse con voce soffocata; Amlach la fissò per un attimo, poi fece cenno di lasciarla andare. Miel si rimise in piedi, passandosi stancamente una mano sul volto.

“Scusa Rey ho…perso il controllo.” Bisbigliò guardando per terra, ma Rey le sorrise e le pose una mano sulla testa.

“Non è successo niente, principessa.” La rassicurò facendola arrossire. Poi riprendendo il controllo di sé si occupò delle mosse successive del gruppo.

“Jin, Shi, Gigi, voi andate a prendere la ragazza; Amlach, Rey, Akiko, voi le provviste. Mizumi vai con loro. Senza discutere. Io ho da fare” ordinò poi prima di saltare veloce in un’ombra e sparire alla vista dei compagni.

“Dove va?” chiese Akiko preoccupata per la sua amica e facendo per seguirla, ma Amlach le mise una mano sulla spalla.

“Va a vendicarsi. E noi non la possiamo fermare.”

Rey guardò a lungo il punto in cui era sparita la ragazza, prima di voltarsi e fare come aveva chiesto loro.

 

 

Parata. Stoccata. Affondo.

Parata. Stoccata. Affondo.

Parata. Stoccata. Affond…

“Ehi Asuna!”

La ragazza che si stava esercitando con la spada, concentrata, interruppe il suo allenamento; con un sorriso riconobbe il ragazzo carino con cui aveva parlato il giorno prima. Mentre osservava la ragazza bionda e l’elfo che l’accompagnavano (chissà perché si guardavano così in cagnesco) si avvicinò alla staccionata che limitava il giardino della casa dei nonni, a cui il ragazzo stava sfacciatamente appoggiato.

Jin fece un sorriso ancora più ampio quando la vide venirgli incontro sorridente. Era carina ancor più di quanto ricordasse! I capelli castano chiaro le accarezzavano morbidamente la schiena, arrivando fino a sfiorargli le cosce; solo due piccole ciocche rispettivamente ai due lati della testa, al di sopra delle orecchie, erano intrecciate e poi legate insieme dietro la nuca. Gli occhi caramello erano accesi da quella luce giocosa e allegra che sembrava illuminarle l’intero volto. Il seno prosperoso era fasciato in una specie di armatura formata da un corpetto che si trasformava in un mantello cadendo ampio fino a terra dietro, mentre davanti si fermava poco sotto la vita, lasciando intravedere la gonna a pieghe rossa e le gambe allenate, protette da stivali che le arrivavano alla coscia, anch’essi bianchi con profili e decorazioni a croce rosse, come l’armatura. Come ulteriori protezioni aveva dei fini spallacci bianchi e dei lunghi guanti del medesimo colore. Dalla vita pendeva un duplice cintura sottile a cui era appeso un elegante fioretto.

“Jin! Che piacere rivederti! Come mai già da queste parti?” chiese lanciando occhiate curiose agli amici del ragazzo, rimasti poco più indietro, e accarezzando Lucky.

“Loro sono Giada e Shi, due miei amici. Sinceramente vorrei farti una proposta: sto partendo per un viaggio alla ricerca della leggendaria Fairy Heredity con dei compagni e mi farebbe molto piacere se partecipassi; anche perché abbiamo assoluto bisogno del tuo aiuto.” Chiese Jin diretto e porgendogli una mano.

Gli occhi di Asuna si illuminarono: un’avventura! Da tutta la vita aspetta quel momento. Era uno dei suoi desideri: partire alla scoperta di quel vasto mondo o diventare una guardia. MA un ragazza non poteva diventare guardia così facilmente, e per questo lei passava tutti i suoi giorni ad allenarsi nella speranza di trovare la sua strada. E ora le veniva proposto un viaggio che superava ogni sua aspettativa, con nuovi compagni, cose da scoprire, da imparare, da…

“Asunaaaaaa! E’ pronta la cen…”

LA ragazza si voltò di scatto e vide sua nonna appoggiata allo stipite della porta, con il mestolo in mano, mentre un’ombra le passava sul viso, come se avesse capito cosa stesse accadendo.

Asuna si rigirò guardare il ragazzo e la mano che stava per tendergli l’appoggiò al cuore, mentre esso urlava di dolore.

“Mi dispiace Jin, non sai quanto vorrei venire ma…non posso abbandonare miei nonni.” Concluse con un sorriso mesto guardando terra.

Jin annuì: lui che non aveva mai provato il calore di una vera famiglia, poteva solo immaginare quanto essa fosse importane.

“Capisco…” mormorò con un sorriso triste e scompigliandole i capelli; poi si girò e riprese la sua strada con Gigi e Shi che le accennarono un saluto. Ma Asuna vedeva solo la schiena del ragazzo che si allontanava, con le lacrime agli occhi.

Quando furono spariti dietro una curva, la ragazza si asciugò le lacrime e corse in casa cercando di fingere che non fosse accaduto nulla.

“Nonna cos’hai fatto da mangiare?” chiese sorridendo e dando un piccolo bacio sulla guancia rugosa della nonna.

“Chi erano quei ragazzi, piccola?” ribatte la signora sistemandosi un ciocca grigia sfuggita allo chignon dietro l’orecchio.

“Nessu…” cercò di mentire la ragazza ma la nonna la interruppe con una mestolata sulla testa.

“Quante volte ti ho detto che non devi mai dirmi le bugie, Asuna?!” disse severa aiutando in aria la sua arma. Per la propria sopravvivenza la ragazza raccontò tutto, cercando di non far trasparire quanto avrebbe voluto andare.

“E si può sapere cosa fai ancor qui?!” le chiese la nonna una volta terminato il racconto.

Asuna sgranò gli occhi.

“M-m…io…” iniziò a balbettare, mentre il nonno entrava in casa con una borsa in cuoio bianca con decorazioni rosse.

“Oh, bravo caro!” disse la nonna prendendo la borsa e mettendola a tracolla della ragazza, “Qua dentro troverai un cambio, una mantello morbido, delle provviste, dei soldi e un panno per la tua spada. Se mai necessitassi altro mandaci una lettera che provvederemo.” Le spiegò orgogliosa mentre il nonno ridacchiava sotto i baffi.

“NO! Io non vi lascio qui!” disse la ragazza scioccata allontanandosi di scatto.

La nonna sorrise dolce e le accarezzò la testa.

“Piccola Asuna, lo so che non vorresti abbandonarci; ma credi che io e il nonno saremmo felici se tu abbandonassi il sogno di una vita per noi?! Siamo sinceri, non ci rimane chissà quanto tempo e di certo non voglio andarmene lasciando qui la mia nipotina da sola! Mi sento molto più tranquilla sapendoti con compagnia di quei ragazzi.”

“Ma nonna…”

“Shht! Non mi contraddire Asuna!” ribatté severa dandole ancora una volta il temibile mestolo in testa.

“Tua nonna ha ragione, bambina mia.” Disse con voce profonda e calda il nonno, “Per quanto stia estremizzando la cosa” e qui lanciò un’occhiataccia alla mogie, che alzò gli occhi al cielo, “ha davvero ragione: vai e sii felice. Se un giorno dovessi tornare, ti riaccoglieremo a casa come sempre.” Concluse abbracciando forte la nipotina che ormai piangeva a dirotto.

Anche la nonna abbracciò Asuna con forza.

“Rendici orgogliosi di te!” le mormorò con tono fiero drizzando la schiena. Asuna allora si asciugò le lacrime e gonfiò il petto.

“Tornerò! Aspettatemi!” e detto questo sorrise per poi dar loro le spalle e correre via, sulle tracce di Jin, senza mai voltarsi indietro. Perché se l’avesse fatto, non avrebbe mai trovato il coraggio di affrontare il suo destino.

 

La nonna seguì a lungo con lo sguardo la nipote alla finestra, mentre il marito le cingeva la vita.

“Sei sicura che sia la cosa giusta?” le chiese con dolcezza, osservando una lacrima tracciare una linea argentata sulla guancia della sua amata.

“Assolutamente!” assentì lei el8mindo con un gesto della mano le tracce della sua debolezza, “Se quado avessi avuto la sua età e tu venisti a chiamarmi per partire, qualcuno mi avesse fermato, sarei morta dentro!”

Poi sospirò.

“Non ti sembra di tornare indietro nel tempo? Spero che loro riescano davvero a trovarla…”

“Credo ce la faranno egregiamente. Hai visto chi era il ragazzo?”

“Ovvio! Gli assomiglia come una goccia d’acqua: il solito don Giovanni! Ma scommetto che gli occhi sono quelli di sua madre…”

“Immagino.”

“Chissà dov’è finito quello stupido drago…potrebbe scrivere ogni tanto!” sbuffò irritata, persa in ricordi del passato, “Sarà meglio che scriva una lettera a quella testarda di Okami! Altrimenti non lascerà mai andare sua nipote…” borbottò allontanandosi dalla finestra e cercando pergamena e calamaio.

“Come sai che andranno anche da lei?” chiese il nonno divertito, conoscendo già la reazione.

Infatti la signora si mise le mani sui fianchi e lo fissò offesa.

“Stai parlando con una delle migliori veggenti di sempre! Ricordi?!”

Il nonno ridacchiò.

“Ricordo, ricordo…”

 

 

 

Intanto nella radura Akiko sfiniva di chiacchere Amlach sotto lo sguardo divertito di Rey, mentre gli animali giocavano tra di loro. Erano stati primi a ritornare e ora aspettavano impazienti l’arrivo dei compagni.

Un fruscio negli alberi attirò la loro attenzione e dal fogliame uscì Miel, pallida.

“Miel!” balzò in piedi Akiko, facendo per andarle incontro, ma istintivamente si bloccò alla vista del sangue che colava dalle maniche della camicia di lei.

“Sei ferita?!” chiese angosciata cercando di avvicinarsi, ma la ragazza si ritrasse.

“No Kiko, non è il mio” disse con un sorriso triste, “Scusate, ma voglio stare da sola…” mormorò prima di sparire nella vegetazione.

Rey fece per alzarsi e seguirla ma Amlach fu più veloce e sparì anche lui tra gli alberi.

Non fu difficile trovarla: ogni volta che aveva un problema si ritirava nel punto più alto e guardava il tramonto in silenzio.

Con agilità Amlach si arrampicò in cima al pino e si sedette vicino alla ragazza che non si mosse in di un millimetro.

Passarono alcuni attimi di completo silenzio.

“Mi dispiace.”

Miel si girò di scatto a guardare stupita Amlach, perso ad osservare il tramonto.

“MA perché hai infranto la promessa?” le chiese poi girandosi ad osservarla, ferito. Lo sapeva lei che avrebbe aggiunto qualcosa! Era troppo bello per essere vero!

“Cos’altro avrei dovuto fare?” gli sibilò contro, prima di sospirare e mutare l’irritazione in dolore, “Garret era stato assassinato sotto i miei occhi, ero una ragazzina demoniaca ricercata, l’unica cosa che sapevo fare era manipolare le ombre e combattere; ero sola.”

Amlach non rispose. In parte per colpa sua…si ricordava come se fosse ieri quando l’aveva trovata: stava viaggiando alla ricerca di una tribù di licantropi da uccidere, quando sentì delle urla provenire dalla foresta vicina. Corse più veloce che poteva verso la fonte dei rumori e quando arrivò, trovò una bambina di otto anni che erigeva un debole muro di ombre per proteggersi da sei uomini armati che la volevano uccidere. Irato aveva falcidiato tutti quegli uomini e salvato la bambina; il piano era riportarla dai genitori, ma quando lei rispose che non ne aveva e il re la voleva uccidere, decise di prenderla con sé. Per un anno viaggiarono insieme, lei tenendogli compagnia, lui insegnandole a manipolare le ombre e diventando il suo Guardiano; ma poi ebbe notizia di una clan di licantropi e il desiderio di vendetta fu più forte. Lasciò la bambina alle cure di Garret, un ex maestro assassino suo amico, con la promessa che avrebbe imparato a difendersi, ma non avrebbe intrapreso la via della vendetta, del sangue e dell’oscurità l stessa che stava percorrendo lui. Quando era ritornato, tre anni dopo quand’ormai era cacciatore di taglie del re e suo comandante dell’esercito, non aveva trovato nessuno. Si era dannato a cercarla e proprio durante le sue ricerche aveva scoperto il passato e il segreto di quella bambina, ma aveva taciuto tutto e aveva perseverato nella su ricerca. Ma quando la ritrovò, era diventata tutto quello che lui aveva cercato di risparmiarle: un’assassina, ladra ricercata da tutto il Regno di Elmar. Era cambiata, a stento l’aveva riconosciuta, ma lui era immortale e aveva letto negli occhi della ragazza che aveva di fronte che lei l’aveva riconosciuto subito. E allora aveva deciso, se qualcuno avesse dovuto ucciderla, sarebbe stato lui.

E ora si trovava a fianco a lei, dopo aver tenta di ammazzarla ben due volte, come se niente fosse.

“Mi dispiace.” Ripeté.

Nella mente Miel vorticavano mille e più risposte, molte delle quali da far invida ad uno scaricatore di porto, ma era troppo stanca per continuare ad odiarlo. Troppo stanca di essere sola. O quasi, si disse pensando a Rey. Voleva tornare a fidarsi di lui come un tempo, voleva liberarsi almeno di quel peso.

“Anche a me.” rispose infine sorridendogli, tornando indietro nel tempo. Amlach rispose al sorriso e poi entrambi tornarono ad ammirare il tramonto.

“Sta peggiorando.” Esordì ad un certo punto il licantropo.

Non era una domanda, ma un’affermazione.

Quelle due semplici parole ebbero il potere di riportare sussultando Miel alla realtà.

“E anche questo è colpa mia…” aggiunse sospirando e scompigliandosi i capelli.

“Non è vero” lo smentì la bionda scuotendo mesta la testa, “Lo sai che non serve a rallentarla…finirò per essere divorata comunque, di questo passo.”

Amlach si tolse dal collo una catenina in argento nero con il ciondolo di una spada.

“Tieni. Ho smesso di essere il tuo Guardiano quando ho tentato di ucciderti.”

Miel sbiancò e si allontanò di scatto.

“Tienimela lontana!” urlò spaventata, ma Amlach non l’ascoltò le prese una mano e gliela mise sul palmo. In un attimo i tatuaggi presero vita, gli occhi divennero felini e rossi. In un attimo tornò la ladra di sempre.

“Devi darla a Rey, può aiutarti.”

“Rey?!” Miel arrossì di botto scoccandogli un’occhiataccia, “Perché lui?!”

“Chissà…” rispose Amlach con un ghigno malizioso che fece colorare la faccia della ragazza di quindici tonalità di bordeaux diverse.

“Ora devo andare.” Disse poi il licantropo alzandosi in piedi, mantenendosi in equilibrio sul ramo.

“Come mai?”

Il ragazzo assunse un’espressione crucciata ed incredula, come chi ancora non capisce cosa sia successo.

“Non so come ma ho promesso alla piccoletta coi capelli viola che le avrei mostrato la mia trasformazione…”

Miel ridacchiò.

“Akiko eh…” disse con un ghigno malizioso, mentre Amlach le tirava uno scappellotto e si lanciava giù dall’albero.

Miel tornò a guardare il tramonto, ma quella sera era destinata a non avere pace.

“Yo!”

“AAAAAH!!” Miel, l’impavida ladra, tirò un urlo terrorizzato e sarebbe caduta dall’albero se Rey non l’avesse afferrata al volo.

“Tu. Devi. Smetterla. Di. Teletrasportarti. CAPITO?!” gli urlò contro facendolo scoppiare a ridere.

“Ti ho portato questi principessa. I tuoi sono un po’ macabri.” Disse sorridendo e appoggiandogli sul capo dei vestiti.

“Cosa...?” disse lei esaminando gli abiti: una camicia bianca in seta e un mantello blu notte, da donna e di ottima fattura. Un sorpresa per lei che indossava sempre cose da uomo, a eccezione del corpetto.

“Sono bellissimi ma…ti avevo detto di non rubare niente che avrebbe potuto attirare l’attenzione?!” lo rimproverò lei.

“Non li ho rubati, li ho comprati. Con i miei soldi.” La tranquillizzò lui alzando le spalle.

Lei arrossì.

“Grazie, Rey.” Mormorò.

“È un piacere principessa, e ora non dovresti chiedermi qualcosa?” chiese prendendole il polso della mano destra, quella in cui teneva la collana.

“Hai origliato!” lo respinse lei offesa e irritata, ma lui la riafferrò, serio.

“Sì. Voglio sapere cosa sta succedendo. Cosa ti sta succedendo.” I suoi occhi grigi brillavano di interesse, fermezza e preoccupazione.

Miel sospirò sconfitta.

“Dentro di me è sigillato dalla nascita un demone, La Regina maledetta della Notte. E’ un demone tigre, assetato di sangue e oscurità. Negli ultimi tempi la mia condizione sta peggiorando e faccio sempre più fatica a controllarla, a mantenerla dentro di me. La sento nella mia testa che mi chiede sempre sangue e morte. Mi istiga all’assassinio, prende il controllo del mio corpo. È la mia maledizione. Presto verrò divorata da lei e lei guadagnerà la liberta. Pronta a portare distruzione e dolore. Questa collana è la chiave per aprire il sigillo e permettermi di utilizzare appieno i miei poteri e quelli della tigre, mantenendo il controllo. Ovviamente non rallenta il processo di assorbimento, ma mi permette di essere un’efficiente machin da guerra fino alla fine. Il Guardiano è colui che si fa carico della mia vita e possiede la chiave, l’unico che può aprire il sigillo.” Mentre parlava Miel si teneva la testa tra le mani e guardava terrorizzata davanti sé, vedendo il mondo grondare sangue.

Rey ascoltò in silenzio.

“Sarò io il tuo Guardiano.” Disse con calma e sicurezza.

“NO!” urlò Miel cercando di allontanarsi, ma Rey fu più veloce e le strappò di mano la collana.

“NOO!”

Poi Rey la indossò.

Miel voleva solo gridare di non farlo, di togliersela, che non sapeva a cosa andava incontro, ma il corpo non rispondeva più a lei.

“Chi sei umano?” chiese la sua voce, gelida come il vento delle montagne.

“Sono Rey e da ora e in poi sarò il tuo Guardiano, Regina maledetta della notte.” Rispose il ragazzo sfidando quegli occhi rosso sangue dalla pupilla allungata.

“Sarà interessante.” Rispose lei ghignando e mostrando i canini.

"Ahahahahah mi dispiace, cara la mia Regina, ma la principessa qui dietro mi fa molta più paura di te, perciò non ho problema a sfidarti. MA voglio dirti una cosa..." in quel momento lo sguardo di Rey divenne serio come non mai e il suo tono freddo "...se oserai farle del male in qualsiasi modo...giuro che ti raggiungerò anche nei più profondi neandri dell'inferno...e ti ucciderò con le mie mani"

“Hahah non sai chi stai sfidando, moccioso!” ringhiò divertita.

“Hai paura?”

Per niente, Guardiano.” Ghignò ancora, prima di graffiare il ragazzo all’altezza del cuore. Una luce avvolse i due e, quando scomparve, la Regina aveva lasciato il posto a Miel.

“Cos’hai fatto?! Idiota!!” urlò la ragazza prendendo Rey per i colletto e iniziando a scuoterlo con forza, incurante dei tre tagli che colavano sangue sul suo petto, “Perché non mi hai lasciato finire?! Se adesso io morissi, morirai anche tu!”

Ormai Miel singhiozzava disperata. Era quello il legame tra Guardiano e Regina, se il guardiano fallisce il suo compito e la Regina muore, allora anche a lui sarà riservato lo stesso destino.

Rey le sorrise rassicurante, per nulla turbato.

“Non ho nessuna intenzione di lasciarti morire, quindi non devi preoccuparti. Voglio aiutarti. Voglio proteggerti. E non me lo puoi impedire.” Le sorrise mettendole una mano sulla nuca e attirandola a sé; Miel, a contatto con il petto di Rey, che intanto le accarezzava i capelli, si lasciò andare in un pianto disperato, ma liberatorio.

“Dopo essere tornati dagli altri, dobbiamo andare a cercare una persona che credo possa aiutarti.”

Lei annuì.

“E dobbiamo anche medicarti, razza d’idiota!”

 

 

Intanto Amlach, nella radura, era sottoposto ad una delle prove peggiori. Aveva affrontato, mostri, assassini, ladri, eserciti e aveva sempre vinto. Sempre. Eppure ora era in difficoltà. Tremenda difficoltà. E il suo compagno assisteva alla scena ghignante, senza degnarsi di aiutarlo. Non vedeva vie d’uscita. Quei due grandi occhi cioccolato non conoscevano pietà.

“Nyaaa…Ti prego Amlach!” supplicò per l’ennesima volta Akiko, con gli occhi da cucciolo e le mani incrociate sotto il mento in segno di preghiera.

“No.” Tentò ancora una volta di opporsi il licantropo gelido, incrociando le braccia.

Shi e Gigi guardavano la scena divertiti.

“Secondo te quanto resisterà ancora?” chiese ad un certo punto Gigi, arrotolandosi un boccolo biondo intorno al dito.

“Visto le tecniche che sta usando la tua amica, direi poco.” Rispose Shi mentre il ghigno si allargava. Ancora si stupiva di come stesse parlando tranquillamente con la ragazza che lo aveva quasi ucciso, ma evidentemente non era una persona che serbava rancore per molto. Per sua enorme fortuna.

Gigi ridacchiò, quando Akiko si intestardiva non c’era niente da fare. Un po’ era dispiaciuta per Amlach, doveva essere davvero umiliante per lui.

Infatti quando poco prima Amlach era ritornato nella radura, Akiko, che poco prima canticchiava con voce melodiosa, lo aveva praticamente travolto, ricordandogli la promessa. A questo punto il ragazzo, spinto dall’onore, si era trasformato in un gigantesco lupo nero bipede, alto 2,50 metri, dagli artigli affilati come rasoi e gli occhi cattivi. Tornato umano, Amlach si aspettava che Akiko corresse a nascondersi urlando, invece la ragazza aveva iniziato a supplicarlo di ritrasformarsi perché volva provare ad accarezzarlo. E da lì la questione si era protratta fino a quel momento.

Non c’è da stupirsi quindi se Miel, appena tornata nella radura, fosse scoppiata a ridere come un pazza, come già facevano Shi e Gigi, alla vista di Amlach versione licantropo seduto davanti ad Akiko che lo accarezzava entusiasta tra le orecchie. Il poveretto si era ritrasformato subito, ma ormai il danno era fatto. Quindi si limitò a lanciarsi all’inseguimento di Miel, che aveva gentilmente chiesto a Rey di fargli un collare in argento con scritto “Fuffy”, e di Rey, che l’aveva accontentata.

Questo teatrino era osservato da una ragazza con gli occhi caramello, seduta imbronciata poco lontano.

“Sei ancora arrabbiata Asuna?” chiese Jin allegro, seduto di fianco a lei.

“Certo che lo sono! Mi hai ingannata! Io volevo essere una guardia e tu mi hai costretto ad andare in viaggio coi peggiori criminali di sempre!” sbottò lei puntandogli la spada alla gola, per la ventiquattresima volta da quando le avevano spiegato nei dettagli chi erano e la loro missione.

Jin diventò serio all’improvviso e incatenò i suoi occhi a quelli della ragazza.

“Sinceramente Asuna, ti sembrano davvero malvagi come vengono dipinti?” le chiese indicandole il gruppo. Amlach aveva rinunciato alla sua vendetta e sedeva appartato a lucidare le katane, mentre Akiko gli stava a fianco e parlava ininterrottamente; Shi e Gigi avevano iniziato un piccolo combattimento tra loro e si provocavano con frecciatine pungenti, mentre i vari famigli facevano il tifo. Infine la famosa Ladra Nera stava venendo proprio verso di lei, insieme all’altro ragazzo che sembrava divertirsi un mondo ad irritarla e a metterla in imbarazzo.

“Ciao! Piacere di conoscerti! Io sono Miel e il pervertito al mio fianco è Rey” si presentò la bionda tendendole la mano.

Asuna la squadrò diffidente, ma rimase sorpresa da ciò che realizzò: la famigerata Ladra non era altro che una ragazza come lei. Bella, pallida, gli occhi leggermente arrossati, con un normale mantello blu, nessuna coda da diavolo o aurea tossica, nessuna cicatrice che la sfigurava o mantello fatto di ossa, come molte leggende raccontavano.

Dopo aver lanciato una breve occhiata a Jin, che sorrideva come se le avesse letto nel pensiero, strinse la mano alla ragazza.

“Piacere! Asuna Yuuki!” forse non era stato un errore intraprendere quel viaggio.

Dopo qualche chiacchera generale, Rey chiamò gli altri a sé.

“Ragazzi, io e Miel dobbiamo assentarci qualche ora alla ricerca di una persona.” Esordì Rey.

“Di chi?” chiese curiosa Gigi.

“Di un esorcista molto famoso. Vedete Miel è maledetta e ha sigillato dentro di sé un demone che la sta divorando, motivo di quegli strani avvenimenti di questo pomeriggio,” li informò il ragazzo con quel tatto che contraddistingue ogni uomo. A tutti i presenti cadde la mascella, tranne ad Amlach che si passò una mano sugli occhi scioccato. MA stava cercando di morire quel ragazzo?!

“REY!?” urlò Miel incollerita ma il ragazzo le pose una mano davanti alla bocca.

“Sono nostri compagni ora e hanno il diritto di sapere.” Disse con gentilezza mentre lei lanciava occhiate preoccupate agli amici.

“O mamma! Non possiamo fare niente per aiutare?” chiese Asuna agitata.

“Cavolo! Non conosco nessuna magia angelica per aiutarti!” esplose frustrata Gigi.

“Forse la Fairy Heredity potrebbe aiutare…” propose Jin guadagnandosi un cenno d’assenso di Jin.

Miel era commossa: non solo non scappavano, ma la stavano anche cercando di aiutare.

“Mi dispiace ragazzi, ma non credo ci sia una cura. L’esorcista rallenterà solamente l’inevitabile…” mormorò mesta, prima di venir coinvolta in un mega abbraccio dalle ragazze.

“Un modo c’è, invece.” Disse Akiko con gioia, portando un ventata di speranza inaspettata.

Tutti la guardarono come se fosse una rara bestia spuntata dal nulla.

“Ti ricordi che sto cercando la Pietra di Luna?! Ebbene questa pietra è potentissima e benefica. Io sono la sua sacerdotessa e con il giusto inno, se non mi sbaglio il numero 234, dopo la guarigione dalla mannarizzazione, posso liberarti da quel demone.”

Miel non credeva alle sue orecchie: per la prima volta da sempre, aveva una speranza. Ridendo e piangendo contemporaneamente si gettò addosso ad Akiko. MA anche il cuore di Amlach aveva sobbalzato: cura per la mannarizzazione…

“Bene ora che sappiamo come fare, daremo il massimo per trovare anche questa pietra!” esclamò Gigi, infiammata, mentre tutti annuivano e Miel si rialzava e liberava l’amica dalla sua morsa, tranquillizzandosi. Se avessero fatto in tempo, sarebbe stata salva…

“Sono contento che almeno tu abbia avuto qualche bella notizia, Miel” si complimentò una voce sconosciuta e tutti si girarono sopresi.

Appoggiato al tronco di un albero a braccia incrociate, c’era un ragazzo dal fisico scolpito, visibile nonostante la maglia senza maniche in tessuto grezzo e i pantaloni neri, con una massa di capelli ricci e castani, legati in una crocchia, e due occhi di un verde penetrante.

“Ed!” esclamò Miel correndogli incontrò, “Allora hai ricevuto il mio messaggio!”

Il ragazzo annuì.

“Ho preferito venir subito invece che perdere tempo a mandarti una risposta. E’ strano che tu abbia bisogno di me” spiegò mentre un angolo della bocca si alzava leggermente in un accenno di sorriso.

“Abbiamo bisogno di te: dobbiamo entrare nella Fortezza di Grandel; ma prima le presentazioni!”

“Ragazzi,” aggiunse poi, “Vi presento Edward Yoshina, l’Assassino.”

Tutti si presentarono, nonostante Amlach e Asuna tenessero le mani appoggiata sull’elsa della spada.

“Ho anche delle informazioni per te;” tornò a rivolgersi al ragazzo, “su di lei.”

Ed si raddrizzò all’istante perforando con lo sguardo la ragazza.

“Cosa?” chiese con una nota d’ansia nella voce.

“L’ho vista.” Disse Miel cauta. L’Assassino sbiancò all’istante e l’afferrò per le spalle.

“Dove?” chiese quasi ringhiando.

“Ed, calmo.” Disse lei con un gemito, “le spalle.”

Il ragazzo la lasciò andare subito, temendo di avvelenarla inavvertitamente e tornando alla sua maschera di freddezza, ma dentro era un rimescolarsi di emozioni. Sua sorella!

“Era in un osteria, in perfetta forma e non era prigioniera, ma con lei c’era un tizio. Aveva una stella nera sul polso.”

“BalckStar! Non rispettano mai le regole dell’assassinio!” ringhiò lui stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche.

Miel annuì seria.

“Ci sono delle regole?” chiese scettica Asuna.

“Ovvio.” Rispose Ed sprezzante, “Non bisogna mai uccidere bambini o innocenti, per esempio, bisogna sempre documentarsi sul bersaglio, non si uccide per divertimento personale…e così via. Non sono regole scritte ma tutti le conoscono.”

“Ma sono tutti morti.” Intervenne Amlach, “il leggendario Suono della Morte li ha distrutti tre anni fa.”

Miel scosse la testa.

“Anche noi lo credevamo, ma qualcuno li sta riorganizzando e non solo, sta arruolando i maghi peggiori, le belve più crudeli e sanguinarie. La cosa che mi lascia più perplessa è che nell’osteria c’erano sei guardie, ma nessuna ha detto niente…” mormorò infine.

“Effettivamente non abbiamo mai ricevuti ordini riguardo a questa…gilda.” Disse Shi impassabile, nonostante l’occhio nero che gli aveva procurato poco prima Gigi.

“Evviva, altri nemici!” disse entusiasta Gigi, distogliendo l’attenzione da alcune ciocche dei suoi capelli completamente carbonizzate, indovinate da chi.

“Dov’erano?” chiese Ed a Miel.

“A dieci minuti da Ninivel, quando ho provato a seguirli…sono scomparsi.” Disse crucciata e frustrata.

“Non fa niente. Hai già fatto abbastanza:” le disse con un altro mezzo sorriso.

“Quindi dovete entrare a Grandel eh?” disse dopo qualche minuto di silenzio, “E’ uno dei luoghi più fortificati in assoluto. Cosa cercate?”

“Vedi noi…”

“Mi dispiace Ed, ma ora non abbiamo tempo” li interruppe Rey prendendo la bionda per un polso, “Ragazzi spigategli voi la situazione e invitatelo a venire con noi” disse agli altri, poi con uno schiocco si smaterializzò.

 

 

 

 

“Si può sapere cos’hai Rey?” chiese Miel una volta riapparsi in un lugubre foresta. Non avevano nemmeno una torcia e ormai il sole era calato. Che differenza faceva aspettare un giorno in più.

Rey sospirò.

“Il nostro esorcista è un vampiro. E purtroppo credo che interromperemo la sua caccia.” Spiegò come se nulla fosse guardandosi intorno.

“Guarda se trovi una scia di sangue o putrefazione” aggiunse poi.

Miel scacciò un brivido.

“Dovrebbero essere loro.”

“Loro?” chiese Miel mentre annusava l’aria, “non era uno?”

“Sì, ma ha con sé un’accompagnatrice…particolare.” Spiegò

“Di là!” disse Miel indicando a nord, verso la parte più nebbiosa di quella foresta.

“Okay, fai strada.” La incoraggio Rey.

Miel si lanciò all’inseguimento di quell’odore nauseabondo, in quel mondo dai colori violacei e dalle ombre distorte. Bisogna dire che la nebbia non aiutava.

Dopo dieci minuti di corsa, arrivarono in un punto in cui il tanfo era tanto intenso che Miel avrebbe preferito svenire. Davanti a lei c’era un muro di nebbia fittissimo. Ad un certo punto vide un’ombra nera, poteva assomigliare ad un grosso masso, ma aveva tratti troppo dolci e la parte superiore si muoveva.

Ad un certo punto un vento freddo soffiò tra lei e l’ombra, portando via con sé la nebbia.

La luce della luna, che come la falce della morta pendeva sulle loro teste dal cielo, illuminò il cadavere di un grosso cinghiale sopra cui era prostrata un’ombra oscura.

Miel terrorizzata fece un passo indietro ma così facendo spezzò un rametto. La creatura che si cibava del cadavere alzò la testa e lei si trovò fronteggiare due occhi rossi come il sangue che stava avidamente bevendo.

Con lentezza si tirò in piedi e la fissò tanto intensamente di farle dimenticare di respirare.

“Cos’abbiamo qui!” disse con voce famelica mentre con calma si leccava il sangue che gli colava dalle labbra. Il rosso che risaltava sulla pelle pallida. Il colore nero della chioma folta e scompigliata del ragazzo richiamava alle sue origini: un creatura della notte. Un vampiro.

“Calmo Ashuros. Non te la puoi mangiare.” Intervenne Rey che finora era stato in silenzio alle spalle della ragazza, pietrificata sul posto.

“Rey.” Disse l’altro sistemandosi su una spalla la pelliccia di…licantropo?!

Miel soffocò un gemito.

Ashuros finì di risistemarsi la camicia nera e si pulì i guanti in pelle nera sporchi di sangue sui pantaloni neri. L’unica nota di colore addosso a quel ragazzo, che in occasioni normali avrebbe potuto essere scambiato per un diciottenne, era un ciondolo a forma di fiamma rossa che riluceva nell’incavo del suo collo.

Un piccolo pipistrello volò verso di Miel e per la poverina fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Con un urlo terrorizzato scagliò un pugnale d’ombra contro l’esserino, ma a trenta millimetri dal topo con le ali il vampiro afferrò il pugnale senza nessun’accenno di affanno.

“Uard non vuole farti del male, Ladra Nera. Puoi stare calma.”

A dire il vero quello che la spaventava di più era lui, ma non osò dirglielo.

“Come sai chi sono?” chiese lei facendo un passo avanti, ma fu una mossa sbagliata, perché dal terreno emerse una figura spettrale, brandendo una spada ad una mano.

“Sta lontana da Ashuros!” sibilò la donna. Sì, perché il seno così prosperoso da far pensare avesse una quarta, stretto nel vestitino gotico aderente con un ampio scollo e la gonna a balze nera, i capelli rossi legati prima in una crocchia dietro la nuca a cui era attorcigliata intorno un treccia che poi pendeva libera per una decina di centimetri, facevano decisamente presupporre fosse un donna.

Miel schivò con un salto lo stivale stringato nero con tacco che la stava per colpire.

“Charlotte. Ferma.” La ragazza dai verdi occhi spenti, che si vedevano nonostante i ciuffi davanti al viso, si paralizzò all’istante.

“Sì padron Ashuros.” Assentì inespressiva chinando il capo.

UNO ZOMBIE! L’accompagnatrice di quel vampiro era una zombie psicopatica!

“Riguardo la domanda di prima, i tatuaggi sono una prova più che sufficiente.”

Miel non poté trattenersi dal ringhiare e per questo la tata la fulminò con odio.

“E’ un piacere rivederti Ashuros e mi dispiace disturbarti durante la caccia, ma ho bisogno del tuo aiuto”

Ashuros assentì e fece cenno di seguirlo. I suoi stivali di cuoio neri frantumarono senza pietà il cranio del povero animale, ma lui a malapena se ne accorse.

Dopo pochi attimi arrivarono in una radura, dove giaceva una borsa in tela, nera ovviamente.

“Cos’hai bisogno?” chiese infine.

“Miel ha sigillato dentro di sé un demone che la sta divorando, volevamo sapere se potevi rallentarlo,”

Un barlume d’interesse luccicò negli occhi del ragazzo, fiancheggiato dalla sua zombie.

“Dov’è il sigillo?”

Miel si pose una mano all’altezza del cuore.

Lui annuì iniziando a rovistare nella borsa, prima di togliere alcuni sigilli e un calamaio.

“Spogliati.” Le intimò poi.

“CHE COSA?!” urlò lei allontanandosi dal vampiro, appena eletto pervertito del secolo.

Lui alzò gli occhi al cielo.

“Come faccio a metterti il sigillo se tu tieni la camicia?! Non temere, non sono un don giovanni pervertito come Rey! Nonostante ora si stia trattenendo…” lei lo guardò dubbiosa poi iniziò a slacciarsela. Con sua grande sorpresa Rey si era già girato.

“E’ così che ci siamo incontrati!” ghignò intanto Rey, “Ero con una ragazza, stavo parlando…”

“Sì certo, come no, parlando…” dissero all’unisono Rey e Miel.

“Stavo dialogando con lei, quando Ashuros, che era in astinenza, è passato e mi ha sentito. Il suo odio represso per i pervertiti allora è esploso e me le ha date di santa ragione.”

Miel ghignò mentre faceva scivolare la camicia a terra. Quel ragazzo le stava già più simpatico.

“La Regina!” esclamò Ashuros stupito, esaminando il tatuaggio che la ragazza aveva all’altezza del cuore: era un grosso lucchetto a forma di cuore composto da un lugubre intreccio di rampicanti spinati, che ovviamente si muovevano.

“Allora sei tu…” mormorò scoccandogli un’occhiata sorpresa.

“Ma lo sanno tutti…?!” sospirò Miel esasperata.

“Ho vissuto più di mille anni, cose che per voi sono leggenda per me sono ricordi.” Disse mentre iniziava a tracciare affusolati simboli sui foglietti di carte per i sigilli.

“Farà male.” L’avvisò.

“Fa niente.” Tutto pur di smettere di sentire la sua voce.

“Charlotte tienila ferma.” La zombie si posizionò alle sue spalle e le bloccò le bracci dietro la schiena.

Allora Ashuros prese il sigillo e glielo applicò sul tatuaggio; immediatamente questo prese fuoco ed iniziò a bruciare.

Miel si morse le labbra per non urlare ma era come se gli stesse marchiando a fuoco la pelle. Quando finalmente si spense attorno al lucchetto erano comparse quattro catene rosse.

“Dura una settimana poi va rifatto.” Disse mentre l’aiutava a sedersi e le porgeva la camicia.

“Una settimana?! E’ così poco tempo…” mormorò quando riuscì a ritrovare fiato.

“Allora non abbiamo scelta. Ashuros devi venire con noi!” disse Rey con calma raggiungendoli e sedendosi con loro.

Il vampiro alzò un sopracciglio scettico e Rey gli raccontò tutta la storia.

Ashuros ci rifletté per qualche secondo.

“Accetto.” Disse porgendo una mano a Rey, per poi ripetere anche lui il giuramento.

“Lei viene?” chiese Miel guardando la zombie, che la fulminò sibilando qualcosa del genere “non sei degna”

“Charlotte va dove vado io.” Spiegò lui.

“Bene, direi che possiamo andare allora.” Chiuse il discorso Rey, prima di mettere una mano sulla spalla di Ashuros e cingere la vita di Miel con un braccio; poi si smaterializzò.

 

 

Quando apparvero nella loro radura, ad aspettarli c’era un bel fuoco caldo, acceso da Shi, e zuppa di cervo, preparata da Asuna, cuoca formidabile, con delle pentole create da Fantasy. Il cervo l’aveva procurato Amlach e per poco a Gigi non era venuto un infarto quando il gigantesco licantropo era tornato con tra le fauci il povero ed indifeso animale grondante di sangue. Ovviamente il dolce angelo si era premurata di punirlo a dovere e ora il cacciatore sedeva in cerchio con gli altri mostrando un bell’occhio nero.

“Yo! Siete tornati!” saluto Jin, interrompendo un secondo il suo pasto, per poi rigettarsi con foga sul cibo. Ed, leggermente scostato dagli altri, fece loro un cenno e Akiko corse ad abbracciare felice Miel insieme a Gigi, che sedeva vicino a Shi il quale rivolse loro un ghigno di bentornato.

Amlach invece ringhiò.

“Vampiro.” Disse congelando l’atmosfera amichevole di poco prima. Tutti puntarono gli occhi sui due nuovi arrivati.

“Ragazzi” intervenne Rey, “Questi sono i nostri nuovi compagni, Ashuros Eriklun, vampiro esorcista, nemico dei pervertiti, e la sua zombie servitrice, Charlotte. Entrambi stanno aiutando Miel.”

“A dire il vero sono per metà umano e lei è la mia tata.” Precisò Ashuros seguendo Rey e andando a sedersi come gli altri; intanto Charlotte fulminava qualunque essere femminile osasse posare gli occhi sul su Ashuros. Le ragazze avevano già preso in simpatia il ragazzo, sia per la sua allergia ai don giovanni, sia perché stava aiutando Miel, sia perché era davvero affascinante. Tra i ragazzi, invece, Shi e Ed erano impassabili, Jin sorpreso ma amichevole e Amlach ostile. La pelliccia di licantropo non aiutava.

“E cosa mangi?” chiese ingenua Akiko.

“Sangue di vergini.” Ripose serio lui.

La reazione fu immediata: Gigi spiegò le ali, Akiko estrasse gli artigli, Asuna la spada e Miel le due daghe; tutto questo dopo essersi rispettivamente nascoste dietro Shi, Amlach, Jin e Rey.

Ed ghignò. “Questo sì che è un metodo interessante per scoprire certe cose…”

“Non il vostro sangue.” Aggiunse lui, vedendo gli sguardi seri degli altri.

“Evviva. Ora sì che mi sento meglio.” Ribatté Gigi con sarcasmo, ancora dietro al suo scudo umano dalle orecchie a punta, scatenando una risata di gruppo.

 

Ecco le immagine! Spero di non avervi annoiato!

Asuna: 

Amlach:  

 

 Akiko:

 Charlotte: 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Attaco al castello! ***


Yooo minna! Sorpresi?! Sono già qui! Con un capitolo…inutile *si deprime in un angolo* Ho scritto 18 pagine e inserti o2 oc…abbiate pietà…volevo inserirne quattro ma avrei dovuto aggiungere 5/6 pagine e sarebbe venuto un papiro, quindi mi sono fermata. Incredibile eh!? Mmh…beh non so che altro dire se non…

BUONA LETTURA!

 

Attacco al castello!

 

Il sole brillava alto nel centro della cupola celeste quando finalmente Edward aprì gli occhi; o meglio, l’occhio, perché il sinistro, di un verde pallido e smunto rispetto al destro, non avrebbe più potuto vedere la luce del sole.

Stiracchiandosi si tirò a sedere e sbadigliando si guardò intorno: non c’era nessuno.

Una leggere perplessità incrinò l’apatia del suo volto: sapeva che Miel ogni mattina si alzava presto e spariva per allenarsi, ma gli altri?

Leggermente irritato si alzò in piedi ed iniziò a slegarsi e rilegarsi i capelli, pensando ad ogni possibilità: scappati di nascosto? Catturati? Gita? Mangiati?

Il suo stomaco brontolò sonoramente e guardando il cielo si rese conto di come fosse già mezzogiorno: la notte prima, dopo aver discusso con gli altri di piani d’attacco e strategie, si era allontanato per sistemare alcune “questioni” riguardanti il lavoro e non era tornato prima delle sei, non c’era da stupirsi se si era svegliato così tardi. E ora aveva fame. Ma non c’era nessuno.

La situazione era critica.

Stava già per addentrarsi a casaccio nella foresta, con fare scocciato, quando la terra iniziò a tremare e da una profonda spaccatura nel terreno davanti a lui saltò fuori Charlotte.

“Padron Ashuros mi ha lasciato qui affinché io ti guidi da loro” lo informò apatica, ma con una punta disprezzo per essere stata lasciata lì con quel ragazzo strano e non a difendere da seducenti ragazze il suo bambino. Strano, perché nonostante fosse emersa dal terreno di colpo, il massimo dell’espressione che aveva ottenuto da lui era un sopracciglio alzato.

“Seguimi.” Gli intimò prima di inoltrarsi nella foresta.

Quando finalmente si fermarono, dopo una decina di minuti di vagabondaggio, erano in una piccola radura al limitare del fiume e tutti i componenti del gruppo si trovavano lì.

Al centro Miel e Rey stavano combattendo tra loro, scambiandosi una serie di colpi impressionanti. Con sorpresa si rese conto che la ragazza era in leggera difficoltà, data soprattutto dal continuo teletrasportarsi del ragazzo.

Poco più in là Akiko stava mostrando ad Amlach la sua trasformazione parziale in gatta mannara; nonostante tentasse di nasconderlo, il licantropo era affascinato dalle morbide orecchie viola e dalla coda che si muoveva sinuosa, donando un incosciente e seducente fascino all’ingenua ragazza. Non aveva mai visto niente del genere.

Alla loro destra stava seduta nell’erba a gambe incrociate Gigi e guardava crucciata e concentrata Shi, che ghignando le mostrava alcuni incantesimi di fuoco per poi spiegarle su cosa si dovesse concentrare per creare il fuoco. Evidentemente la tappetta voleva a tutti i costi imparare a controllare l’elemento che le mancava.

Infine Jin stava insegnando nuove tecniche di spada ad Asuna che concentrata si lasciava aiutare a trovare la posizione giusta, nonostante ciò necessitasse molto, molto contatto fisico; e questo spiegava la presenza di Ashuros che teneva d’occhio i vari pervertiti, seduto a bordo-radura.

Dopo circa dieci secondi in cui nessuno lo notava, Edward decise di rendere pubblica la sua presenza.

“Ho fame.” Sentenziò.

Tutti lo ignorarono.

“Ho fame!”

Nessuna risposta.

“HO FAME!” urlò infine, mostrando il suo lato più iracondo.

Per un attimo nella radura ci fu silenzio.

“Eh?” Gigi fu la prima a riprendersi, “Non ci avrai preso per cameriere spero…” gli chiese minacciosa tra fiamme nere e fulmini dorati.

“Siamo occupate al momento.” Fece notare distrattamente Miel, prima di scagliare un pugnale contro Rey, che aveva la guardia abbassata, e mancandolo per un soffio.

“Se hai fame vai a cercare della legna o a cacciare qualcosa, no?!” lo affondò infine Asuna prima di tornare ai suoi esercizi con Jin, il quale, assieme a tutti gli altri ragazzi, a stento si trattenevano dal ridere.

Masticando insulti e attorniato da un aura nera, si allontanò nella foresta a cercare cibo e legna.

“Ma sentile…’non ci avrai prese per cameriere?!?’” iniziò mimare le voci in falsetto delle compagne, “Magari lo foste, almeno le cameriere sono gentili!!” e così via continuò a borbottare irritato inoltrandosi sempre di più.

Quando ormai la pila di legna tra le sue braccia aveva raggiunto dimensioni notevoli e la sua ira era tornata a nascondersi dietro il muro di apatia, come un drago che torna ad acquattarsi nella grotta, un canto celestiale attirò la sua attenzione.

Dopo aver lasciato cadere la legna, come incantato si mise a seguire quella dolce e bellissima canzone, senza nemmeno accorgersi di ciò che faceva.

Più il canto si avvicinava più si sentiva stregato, e infine giunse al limitare di una piccola radura, al cui centro c’era una grosso masso e seduto su di esso, la ragazza più bella che avesse mai visto.

Il fisico magro e slanciato, nonostante il seno prosperoso, era messo in evidenza dal corto giubbino aderente e smanicato in pelle nera, le gambe lunghe sottolineate dai corti pantaloncini blu, dello stesso colore dei guanti senza dita da cui partivano delle maniche trasparenti fino al gomito, le dita affusolate che accarezzavano le corde d’oro di una lira azzurra erano magre e affusolate, e infine il viso dai tratti fini e delicati era incorniciato da una cascata di lunghi e fluenti boccoli color pesca, legati da un lato in una coda morbida.

Intorno a lei si erano radunati gli animalo del bosco, come lepri, cerbiatti, scoiattolo ma anche lupi, orsi e aquile, per ascoltare il suo canto melodioso.

Affascinato fece un passo avanti ma così facendo spezzò un rametto e in un baleno gli animali fuggirono, richiamando l’attenzione della ragazza, che gli puntò contro due grandi occhi a mandorla di mille sfumature tra l’acqua marina e il verde.

Tutto di lei richiamava eleganza, bellezza finezza e…

“Ehi tu! Ricciolino che vuoi?! Botte?! Per colpa tua mi è scappato il pranzo!” lo apostrofò la ragazza fulminandolo con gli occhi e scrocchiandosi le dita.

Edward per poco non svenne per lo shock.

“Non volevo.” Si scusò poi ritrovando la sua solita maschera di ghiaccio.

“Beh, il danno ormai è fatto e…” stava dicendo lei, ma Edward era pietrificato. Sulla spalla della ragazza riluceva una stella nera.

Agendo d’impulso come al suo solito si lanciò sulla ragazza, che presa alla sprovvista non riuscì a reagire e cadde a terra sotto il peso di Edward.

“Dov’è?!” urlò Edward bloccandole i polsi sopra la testa e mettendosi a cavalcioni su di lei, negli occhi una freddezza che rasentava la pazzia.

“Dov’è mia sorella?!” urlò di nuovo.

Lo sguardo spaesato della ragazza divenne presto incazzato nero.

“Che cosa vuoi che ne sappia io! Idiota non so nemmeno chi sei!”

“Sei di Black Star, devi saperlo!” continuò lui stringendo la presa sui polsi.

“Io non sono più di Black Star” urlò lei, “Li ho sterminati tutti quei maledetti bastardi!” gli rispose per le rime lei divincolandosi.

“Cos…” ma l’espressione sorpresa e confusa di Ed lasciò spazio ad una dolorante quando dal cielo un calcio in pieno volto lo fece volare a sbattere contro un albero cinque metri più in là.

“Giù le mani da Ama-chan!” urlò una giovane elfa, facendo svolazzare i suoi lunghi e lisci capelli biondi e fulminando con i grandi occhi blu il povero Ed.

Come aveva osato atterrarla in una posizione cosi indecente?!? Incavolata nera estrasse un pugnale dagli stivaletti in cuoio ma, prima ancora di prendere la mira, dal dietro una mano le puntò un pugnale in argento alla gola mentre l’altro braccio la immobilizzava per la vita.

“Ferma.” La voce fredda di Ashuros le sibilò nell’orecchio.

“Ferma?! Chi ti credi di essere?! Arrivare alle spalle di una ragazza è da codardi!” iniziò a insultarlo la ragazzina, con grande sorpresa di Ashuros. Forse era indemoniata…

“Ashuros fermo!” lo richiamo Edward rimettendosi in piedi, “C’è stato un errore!”

Dopo un secondo di silenzio, Ashuros come un lampo si spostò a fianco del compagno, mentre l’elfa raggiungeva Ama-chan e la aiutava a rialzarsi.

“Bene Ricciolino, tu e il tuo amico, oltre che al pranzo, ci dovete una spiegazione…” li minacciò la ragazza. Puntandogli la cetra contro, mentre l’amica scrutava curiosa il ragazzo che poco prima l’aveva bloccata. Lei, che era un elfo, non l’aveva sentito arrivare…

“Dov’è Charlotte?” chiese Edward al vampiro preoccupato di un’apparizione inopportuna della tata gelosa.

“Con gli altri.” Rispose Ashuros continuando ad analizzare la sua possibile cliente.

“Non volevo attaccarti, ma quando ho visto la stella pensavo fossi un membro di Black Star, che ha rapito mia sorella.” spiegò dall’inizio Edward per permettere ai due nuovi arrivati di comprendere la situazione.

“E non lo sei?” chiese sintetico Ashuros scrutando il marchio.

“No” iniziò a dire la ragazza mentre un sorriso sadico le illuminava il volto, “io sono quella che li ha sterminati tutti”

“ Il leggendario Suono della Morte, chi se lo aspettava fosse una ragazza…” mormorò Ed alzando addirittura un sopracciglio per la sorpresa.

“Non chiamatela cosi! Il suo nome è Amane Chou!” chiarì l’elfa mettendo le mani suoi fianchi, “E io sono Yelle Minya, piacere di conoscervi”

“Io sono Ashuros Eriklun e mi dispiace deludere la tua amica, ma non li ha sterminati tutti.” Si presentò il ragazzo appoggiandosi svogliato ad un albero.

“Cosa intendi dire?!” chiese attenta Amane.

“Che stanno riformando la Gilda.” Sintetizzò Edward.

“Cosa?!Dannazione!  Cosa ne sapete?” chiese con una luce assassina negli occhi.

“Non molto, è per questo che sono in viaggio con gli altri.” Spiegò Edward scuotendo il capo.

“Gli altri?” chiese Yelle curiosa e Edward, dopo uno sguardo d’intesa con Ashuros, spiegò la loro avventura e chi erano i loro compagni.

Alla fine del racconto Yelle e Amane si guardarono per un lungo istante, prima di sorridere ai due ragazzi.

“Bene: veniamo con voi! Kira, vieni fuori!” annunciò Amane, mentre Ed ghignava; da un masso poco distante saltò fuori agilmente una gattina dal manto argento e gli occhi acquamarina. “Non infastiditela, può  congelare qualsiasi cosa.”

I ragazzi annuirono.

“Venite, vi portiamo da Rey; tanto per curiosità,” chiese poi mentre le guidava nel bosco, “Cosa stavate facendo prima?”

“Cacciavamo!” rispose Yelle tranquilla, “Ama-chan attira gli animali con la sua musica e io dall’alto li catturo.” Spiegò.

“Dall’alto?” la interrogò Ashuros manifestando una lieve perplessità.

“Sono una maga del vento!” gli annunciò orgogliosa l’elfa per poi dare una dimostrazione pratica e in un turbine di vento alzarsi in aria di una decina di metri, “Forte vero?” chiese poi orgogliosa.

Il vampiro annuì.

“Però ora devi spiegarmi come hai fatto ad arrivarmi alle spalle senza che non me ne accorgessi! Non mi sarei mai aspettata che qualcuno potesse riuscirci!”

“Sono un vampiro” rispose lui diretto e incurante, pronta alla solita faccia spaventata e diffidente.

“Vampiro?! CHE FORZA!!” esplose Yelle saltellandogli intorno, “Non ne ho mai conosciuto uno dal vero!”

Ashuros la guardò apertamente scandalizzato.

“È indemoniata? Sono un esorcista…” chiese ad Amane perplesso; la ragazza scoppiò a ridere.

“No, è sempre così.” Lo rassicurò.

“Ehi Ricciolino quanto manca?” urlò poi con grande irritazione del chiamato in causa.

“Poco e non chiamarmi Ricciolino, sono Edward Yoshina.” La rimbeccò lui irato.

“Io preferisco Ricciolino!” insistette lei testarda e avrebbero continuato a punzecchiarsi a lungo se non fossero finalmente arrivati.

Il resto del gruppo, in particolare le ragazze, accolsero con calore le due nuove arrivate; non fraintendiamo, anche i ragazzi furono entusiasti alla vista del corpo delle due, ma Ashuros era abbastanza a frenare i loro bollenti spiriti. Per ora.

In breve le due raccontarono di come Yelle avesse conosciuto Amane qualche anno prima, mentre viaggiava per vendicare l’assassinio dei suoi genitori, e la ragazza le avesse svelato che probabilmente erano membri superstiti di Black Star. Allora avevano deciso di continuare il loro viaggio insieme, ma avevano trovato sempre meno tracce delle loro prede, finché non si erano ritrovate a brancolare nel buio.

Rey le accolse con entusiasmo e ben presto si ritrovarono tutti intorno al fuoco e ad una deliziosa zuppa di Asuna, ormai eletta cuoca del gruppo. Una fortuna che sua nonna le avesse insegnato a cucinare così bene!

Solo Ashuros se ne stava in disparte con Charlotte, in quanto non avesse bisogno di mangiare; ma la sua quiete durò poco perché Yelle, finita la prima ciotola, lo raggiunse svolazzando.

“Ti disturbo Ashuros? Scusa, ma è che sono cosi curiosa!!” ammise ridendo e sedendogli di fronte, “Anche Charlotte mi affascina! Puoi raccontarmi qualcosa di voi? Per favore!” lo supplicò infine congiungendo le mani sotto il mento e spalancando gli occhioni.

Ashuros, spiazzato, stava per annuire quando la lama di una spada venne puntata alla gola della ragazza.

“Non sei degna.” Sibilò Charlotte fulminandola.

“Cosa scusa?!” chiese la ragazza alterandosi e alzandosi in piedi, “Non ho capito di cosa non sarei degna.”

“Di prenderti tutta questa confidenza con padron Ashuros.” La gelò la tata con voce atona.

“E chi saresti tu per deciderlo?!? Mi sembra abbastanza grande per decidere da solo con chi parlare o meno!” la voce di Yelle iniziò a salire di alcune ottave, mentre il vento si faceva più freddo e tagliente.

“Parli troppo, fai di tutto per metterti in mostra davanti a lui, non sei abbastanza bella né abbastanza forte per proteggerlo. In conclusione, non sei degna nemmeno di parlargli.”

Il vento iniziò a vorticare come impazzito intorno alla ragazza, facendo danzare i suoi capelli come indemoniati, mentre negli occhi le si accendeva una luce di pura furia. Nella radura era sceso un silenzio tombale e tutti guardavano le due litiganti, chi interessato allo scontro, chi preoccupato per l’elfa, chi annoiato.

“Se la metti cosi, vediamo chi la spunta in combattimento; se vinco potrò parlargli quanto voglio e tu non dirai niente.”

“Se vinco io non lo potrai nemmeno guardare.” sentenziò la tata gelida.

Ashuros guardava calmo la scena: era abituato alle preoccupazioni esagerate della tata. Se si fosse spinta troppo oltre l’avrebbe fermata, ma finché si trattava di un incontro leale non poteva dirle niente.

Per un attimo le due si guardarono in cagnesco, poi scattarono.

Charlotte di colpo sprofondò nel terreno lasciando Yelle a guardarsi intorno circospetta; quando improvvisamente la terra incominciò a tremare, intuendo la tattica dell’avversaria, si alzò in volo di colpo, evitando per un pelo la lama della tata.

Con un ghigno si alzò ancora di più in aria.

“Ora tocca a me!” sibilò, prima di chiudere gli occhi e aprire le braccia.

“Wind Scar!” urlò all’improvviso muovendo di scatto le braccia in avanti a “x”, generando due lama d’aria dirette contro la tata.

Con un salto all’indietro Charlotte evitò il colpo fatale, rimediano solo un graffio al polpaccio, ma nessuna espressione di dolore o fatica si impresse sul volto; poi con velocità si arrampicò sull’albero, saltando di ramo in ramo, e, giunta in cima, si lanciò sulla ragazza a spada tratta nella speranza di o trafiggerla o abbatterla. Ma all’ultimo Yelle si riuscì a spostare e Charlotte ricadde a terra in ginocchio.

“Vediamo di finirla in fretta…” mormorò Yelle, prima di alzare la braccia al cielo mentre il vento l’avvolgeva in un piccolo tornado.

“Dance of the Dragon Wind!” urlò iniziando a girare su sé stessa.

Dal tornado si staccò una gigantesca corrente d’aria che puntò dritta a Charlotte. Sembrava un gigantesco drago cinese e quando si abbatté sulla tata, la scagliò contro l’albero a dieci metri di distanza.

Senza perdere tempo Yelle estrasse entrambi i pugnali dagli stivali e li lanciò con incredibile precisione, forse aiutata dal vento, a conficcarsi attraverso le maniche del vestito di Charlotte nel tronco, così da bloccarle i movimenti.

“Hai perso.” Constatò Yelle planando davanti a lei.

“No!” sibilò la tata inferocita, ma una voce la fermò.

“Basta Charlotte. Ha vinto Yelle.”

“Si, padron Ashuros.” Assentì subito la zombie mentre Yelle la liberava, per poi tenderle una mano. Charlotte la fissò in silenzio.

“È stato un bel combattimento, mi piacerebbe combattere ancora con te” rise Yelle senza abbassare la mano.

Charlotte infine l’accettò.

“Dimostrami che non sei brava solo nel combattimento” le intimò prima di portarsi alle spalle del suo padrone. Per la prima volta da millenni aveva preso in considerazione una ragazza per l’importante compito che le aveva affidato la madre di Ashuros.

Yelle tutta contenta, venne subito raggiunta da Amane e dalle altre.

“Yelle sei stata grande!” l’amica le batté un cinque.

“Davvero! Voglio allenarmi anche io con te! Sono la Dragon Slayer della Natura” la informò Giada, che ora, dopo lo shopping forzato (per quelli che l’accompagnavano) per trovare qualcosa di adatto ad un avventura, indossava una canottiera in lino bianca lunga fin sotto il bacino, dei jeans chiari e degli stivaletti beige alti fino al ginocchio.

“Tu invece utilizza qualche magia Amane?” chiese Miel curiosa.

“Si, sono figlia di una musa e di un mago del caos, quindi utilizzo entrambe le magie; ma se devo essere sincera quella del caos è troppo pericolosa e la sigillo con questo bracciale” spiegò alzando il polso sinistro, adornato da un bracciale con una rosa nera “inoltre la spada che porto sulla schiena è magica e aumenta le mie potenzialità.”

Tutte le ragazze la guardavano affascinate e Yelle rideva sotto i baffi.

“Nyaa! Dobbiamo farla vedere ad Amlach!” gioì Akiko afferrandola per un polso, “Vieni? Amlach adora le spade sono sicura che gli piacerà!” le spiegò contenta supplicandola con gli occhi e Amane non ebbe il coraggio di rifiutare; così si ritrovò trascinata dalla gatta mannara, che non vedeva l’ora di migliorare l’umore di Amlach, guastatosi in precedenza dall’arrivo del vampiro.

“Oh, giusto!” esclamò Yelle battendosi una mano in fronte, “Presa dalla vittoria mi sono dimenticata perché combattevo!” e come un fulmine volò al fianco di Ashuros, lasciando Miel e Gigi a consolare Asuna che si deprimeva per essere l’unica non magica.

“Eccomi!” lo avvisò atterrando davanti a lui, sotto lo sguardo vigile di Charlotte, “Ho un sacco di domande!”

Il vampiro aspettò in silenzio.

“Mmhh…vediamo…perché il tuo cuore batte?” chiese perplessa, ascoltando con il suo udito finissimo il lieve battito proveniente dal petto del ragazzo.

“Sono per metà umano. Posso farne a meno se voglio.”

“Cosa fai per vivere?”

“Pratico esorcismi.”

“Hai paura dell’aglio?”

“Ha un cattivo odore.”

“Chiese?”

“Nessun problema.”

“Paletto nel cuore?”

“Nemmeno.”

“Argento?”

“Il mio pugnale è in argento.”

“C’è qualcosa di cui hai paura.”

“…no.” Disse dopo un attimo d’esitazione, ma lei gli lanciò uno sguardo scettico.

“Bugiardo.”

Ashuros sospirò.

“Maghi della luce.” Quella ragazzina non stava zitta un momento e lui non era abituato a intrattenere conversazioni, anche se in realtà non era così spiacevole, anzi le sue reazioni lo incuriosivano.

“Cosa mangi?”  Ecco, sapeva che sarebbe arrivata anche quella domanda.

“Sangue di vergini” rispose senza scomporsi.

La ragazza sgranò gli occhi ma non disse niente, in attesa.

Passarono alcuni istanti di silenzio.

“Eh?” chiese Yelle infine quasi delusa, “Non mi chiedi come quelli delle storie ‘Folio zukkiare tuo sancue ?!” spiegò mettendosi le dita in bocca a mimare dei canini affilati.

Fu inevitabile.

Per la prima volta da non si ricordava più nemmeno quanto tempo, Ashuros scoppiò a ridere.

Charlotte guardò per un attimo la ragazzina, stupita, e poi sorrise alla vista del suo maestro che rideva. Davvero.

“No, non berrei mai il vostro. In realtà posso bere qualsiasi sangue, ma quello di persone vergini mi consente una forza e una resistenza ineguagliabile.”

“Quindi non bevi quello di umani?” chiese confusa.

“Se posso farne a meno no, ma una volta al mese o prima di un combattimento è necessario.”

“Oh…puoi mangiare i cibi umani?”

“Sì.”

“Qual è il tuo preferito?” chiese Yelle curiosa, sporgendosi verso di lui.

Ashuros rimase interdetto, dato che gli alimenti umani non gli davano energia non li mangiava quasi mai.

“Non lo so…” ammise infine.

L’elfa fece una faccia stupita.

“Come non lo sai?! Il mio sono le more! Adoro le more! Devo fartele assolutamente assaggiare! Vieni!” li disse tutta entusiasta prima di afferrarlo per un polso e trascinarlo verso Giada, che a pranzo aveva fatto crescere delle verdure per la zuppa sotto i suoi occhi.

MA quando arrivò, Edward frenò il suo entusiasmo.

“Bene, Yelle, siete arrivati al momento giusto. Dobbiamo iniziare a prepararci per stasera.” Spiegò e i due furono costretti a sedersi in cerchio con gli altri. Al centro stava Ed, davanti ad un modellino della fortezza che aveva fatto creare a Fantasy.

“Bene, riepilogando i punti sostanziali: il castello è a forma rettangolare, a quattro piani, circondato da un gigantesco parco dove ci sono sei ronde concnetriche di sentinelle a gruppi di tre; la mappa probabilmente sarà nell’ala nord del quarto, circondata da trappole e guardie. Domande?”

“Quanti minuti passano dall’incrocio di due gruppi?” chiese Miel concentrata; non aveva niente a che fare con la ragazzina bionda spaventata o imbarazzata degli altri giorni: in quel momento era la Ladra Nera, concentrata, fredda, calcolatrice. Aveva una missione e non poteva fallire

“Cambia di giorno in giorno, solitamente mai più di venti secondi.”

“Venti secondi bastano e avanzano” intervenne Amlach sicuro.

“Ehm…forse per voi, ma io sono una semplice umana” fece notare Asuna, agitata al pensiero dell’incursione che stavano pianificando.

“Ti porterà Jin.” Decise Edward dopo alcuni secondi di riflessione, “E’ abbastanza forte e veloce per stare al passo anche con una ragazza in spalla.”

Asuna arrossì, ma non avendo niente con cui opporsi si limitò a tirare fuori la spada e puntarla al petto del Dragon Slayer.

“Attento a quello che fai.” Sibilò facendolo scoppiare a ridere.

“Come pensate di entrare?” chiese perplessa Amane dopo aver analizzato il modellino.

“Ora che abbiamo anche voi due…” mormorò Miel analizzando nella mente una serie di schemi.

“Yelle, ce la fai a portare una persona in volo?” chiese Ed.

“Una ragazza sì.”

Edward annuì e si scambiò una veloce occhiata con la Ladra.

“Il piano è questo” spiegò infine Miel, “Ci apposteremo su una albero secolare attaccato alle mura a nord e studieremo le tempistiche dell’incrocio delle guardie; alla prima occasione io e Rey, con Edward e Ashuros, ci tele trasporteremo in questa camera vuota al quarto piano.” Disse indicando una finestra gotica.

“Perchè non ci teletrasporta tutti Rey?” chiese perplessa Akiko.

“Purtroppo posso spostare un massimo di due persone con me.” Spiegò il ragazzo.

“Ma hai portato anche Charlotte ieri.” Fece notare Gigi.

“Già ma questa regola si basa per le persone, lei è…morta.” Spiegò leggermente imbarazzato, ma la tata non fece nessuna piega.

“A questo punto Edward aprirà la finestra e fonderà le grate, mentre Ashuros farà un giro di circospezione senza farsi notare per analizzare la difesa in quell’ala.” Continuò Miel imperterrita, mentre i chiamati in causa annuivano, “Alla seconda occasione tutti gli altri si sposteranno di fascia in fascia, muovendosi ad ogni incrocio dei gruppi di guardie, non appena si danno rispettivamente le spalle, e nascondendovi nei cespugli o sugli alberi. Il punto critico arriva ora: al sesto incrocio, dovrete correre sotto la finestra del palazzo; li, Gigi, devi far crescere un rampicante fino al quarto piano su cui tutti si arrampicheranno per raggiungerci. Qualcuno ha problemi ad arrampicarsi?” chiese infine passando in rassegna i volti concentrati dei compagni. Quando Asuna fece per alzare la mano Jin gliela abbassò.

“Io vi raggiungerò in volo per ultima, mi serve la concentrazione necessaria per far crescere una pianta cosi grande in così poco” avvisò Giada dopo qualche secondo di ragionamento.

‘Non puoi volare mentre fai crescere la pianta?”

Gigi fece una smorfia, era rischioso, se si fosse distratta un secondo avrebbe potuto fermare l’incantesimo…

‘Hai bisogno per forza di toccare il terreno?” chiese Miel come illuminata.

Gigi scosse la testa, “È una questione di concentrazione”

Miel sorrise vittoriosa.

“Yelle, puoi portare Gigi in volo? Cosi non perderemo tempo e tu potrai concentrarti tranquillamente”

“Certo, lascia fare a me!” disse sorridendo all’angelo che annui, soddisfatta della decisione.

“Okay, qualche domanda?”

“Non sarebbe più sicuro andare a gruppetti?” chiese Jin acuto, ma Miel scosse la testa.

“Noterebbero il rampicante di Gigi.”

“Cosa facciamo una volta arrivate su?” chiese pratica Amane.

“Improvvisiamo” rispose Shi con un ghigno.

Miel annui, seria, “Non abbiamo altra scelta…Allora ci siamo, ultime avvertenze: parlate a segni, muovetevi in fretta e nell’ombra, niente d’azzardato, se vi perdete tornate immediatamente qui e mi raccomando, niente luci.” Avvisò infine.

“Niente luci? Oh-oh...” mormorò Gigi preoccupata voltandosi verso Akiko, che sembrava pietrificata.

“C-come n-niente luci? nyaaa..” mormorò affranta tendendo una mano verso Miel.

“Non preoccuparti Akiko ci sono anche io con te!” la rassicurò Yuki saltandogli in grembo.

“Mi dispiace ma non è possibile, tutti gli animali rimarranno qui con i nostri effetti personali, prendete il minimo indispensabile.” Spense la sua speranza Edward.

“Ashuros,” chiese Miel voltandosi verso il vampiro, “Potresti chieder aCharlotte di rimanere qui ocn loro?”

Il vampiro annui e la tata annui anch’essa secondo il volere del padrone.

“Oh no…” Akiko sembrava sull’orlo dello svenimento.

“Guarda il lato positivo, c’è la luna?” ritentò Giada.

Ma Akiko scossa la testa.

“Stasera c’è la luna nuova…” disse disperata facendo sentire in colpa Miel che aveva fissato il piano quella sera proprio per garantirsi la copertura delle ombre.

“Hai paura del buio?” chiese incredulo Amlach.

La ragazza annui tremante.

“Ma non posso non venire…ci potrebbe essere la Pietra di Luna…” mormorò con fare affranto.

Il licantropo sospirò.

“Ti porterò io, non c’è altra scelta. Tanto saresti inciampata comunque e avrei dovuto venirti a recuperare lo stesso.” annunciò esasperato, ma senza nascondere un ghigno.

“Davvero?! Grazie Amlach!” lo ringraziò lei commossa.

“Bravo Fuffy, hai risolto la situazione!” si congratulò Miel guadagnandosi un’occhiataccia da mettere i brividi.

“Allora se è tutto chiaro: in marcia! Dobbiamo arrivare al posto di blocco prima del tramonto!”

“Andiamo a piedi?” chiese Rey scettico.

“Non abbiamo abbastanza cavalli per tutti né tempo per comprarli…” rispose lei innocente e vittoriosa al tempo stesso.

Per quella volta l’aveva scampata.

 

 

 

 

Arrivarono nei pressi della fortezza che ormai il carro della notte aveva già steso il suo velo nero sul mondo, aprendo le porte all’oscurità e all’ombra. Il suo mondo, pensò la Ladra Nera con un sorriso amaro. Controllando dal tetto della torre su cui era salita per dare un’occhiata alle strade della città, individuando eventuali guarnigioni o ronde, respirò a pieni polmoni l’aria fresca; da lì poteva controllare tutto, era padrona di quel mondo dai colori scuri e inquietanti. Non si sentiva mai tanto libera quanto lo era in cima ad un torre di notte. Ma non era il momento di lasciarsi prendere dall’euforia, aveva una missione. Al posto di blocco era andato tutto bene grazie ad Asuna, scambiata per davvero per una guardia, ma la parte più difficile arrivava ora.

Con un sorriso apri le braccia e si lasciò cadere all’indietro.  Con un ghigno senti dei gridolini preoccupati e dei sospiri esasperati provenire dal basso.

Invece di schiantarsi contro il pavimento in sassi della strada, si tuffò nell’ombra come in una cascata d’acqua fresca e riemerse da quella sul muro della torre.

“Non farlo mai più! Ho preso un infarto!” la sgridò Gigi abbracciandola, seguita da Akiko e le altre ragazza.

“Scusate, avrei dovuto avvertirvi prima…” ridacchiò la Ladra risistemando una ciocca bionda nel cappuccio del mantello, ora ricoperto d’ombra nera, come il resto dei suoi abiti.

“Esibizionista…” mormorò Amlach rimediandosi un pugno in testa dalla ragazza.

“Miel, come sono le strade?” chiese Edward freddo.

“Nessuna ronda, possiamo andare” lo rassicurò lei, prima di seguirlo con tutti gli altri verso la fortezza.

Dopo circa dieci minuti giunsero alla quercia secolare di cui aveva parlato Ed e in silenzio iniziarono a salire, per ultimi Amlach e Akiko che si stringeva con forza alla braccio del ragazzo, terrorizzata.

“Va tutto bene…” le mormorò Amlach, prima di issarsela in spalla e arrampicarsi sull’albero.

Senza il minimo rumore si acquattarono tra le fronde degli alberi e attesero.

Passarono dieci minuti ad osservare le ronde e il territorio: non potevano commettere errori; poi Edward alzò prima due dita della mano destra e poi tutte e dieci.

Ogni venti secondi. Erano stati fortunati.

Per un attimo i ragazzi si guardarono tra loro mentre l’adrenalina accendeva gli sguardi e i cuori palpitavano impazienti.

Poi due gruppi di guardie si incrociarono.

Rey si smaterializzò con Ashuros e l’Assassino.

La Ladra Nera, dopo un ultimo sorriso d’incoraggiamento, saltò oltre il muro e cadde nell’ombra.

I quattro ricomparvero in una stanza arredata in stile vittoriano e, senza bisogno di parole, agirono; Ashuros sparì nel corridoio tanto veloce da sembrare essersi teletrasportato, Miel e Rey si armarono e schierarono uno a lato della porta e l’altra a lato di Edward.

L’Assassino corse alla finestra e apri il vetro, poi pose le mani sulle grate.

“Poison acid, devours everything!” sibilò mentre dalle sue mani colava un liquido corrosivo che scioglieva le sbarre.

 

Poco più in là, Amlach, dopo aver visto Edward alla finestra, fece cenno di partire.

Appena i due gruppi di guardie si diedero le spalle, scattarono.

Amalch con Akiko abbarbicata sulla schiena e Jin con Asuna in testa, seguiti da Amane e Shi, con Yelle e Gigi che volavano a raso terra in retroguardia.

I loro passi affondavano nell’erba senza far rumore, i respiri che avrebbero dovuto essere ansanti, erano controllati e trattenuti. Passarono tutte le fasce di ronde ed arrivarono al lastricato in pietra.

Amlach e Jin ringhiarono capendo che rischiavano di farsi sentire: le ragazze e gli elfi non avrebbero avuto problemi a camminare in silenzio, ma loro erano pesanti e avevano anche un carico in più. Dopo uno sguardo d’intesa si prepararono all’unica cosa possibile da fare.

Al momento giusto Gigi saltò fuori e raggiunse in un secondo il muro della fortezza, pose la mano sulla pietra fredda del pavimento e una gigantesca pianta d’edera iniziò ad arrampicarsi e inerpicarsi lungo la parete, seguita in volo da Yelle con tra le braccia Gigi, concentrata sull’energia vitale della pianta.

Amlach e Jin presero la rincorsa e con un salto di due metri si attaccarono alla pianta senza nemmeno toccare terra. Le ragazze si lasciarono sfuggire un gemito soffocato.

 Per un attimo di puro terrore la pianta ondeggiò pericolosamente, ma Gigi riuscì a mantenerla salda; allora i due cominciarono ad arrampicarsi, seguiti da Shi e Amane.

In diciotto secondi tutti raggiunsero la finestra del quarto piano e Gigi strinse le mani a pugni colpo, cosi che la pianta avvizzì tornando ad essere polvere.

Nella stanza i ragazzi tirarono un sospiro di sollievo e controllarono di esserci tutti, sani e salvi.

Poi Edward fece cenno ad Ashuros di parlare.

“L’unica stanza con delle guardie davanti a controllarla è a dieci minuti da qui, ma per raggiungerla bisogna attraversare un corridoio che ha tutta l’aria di essere pieno di trappole.” Li informò il vampiro.

“Bisogna stordirle prima che diano l’allarme…” mormorò la Ladra, che quasi si confondeva con l’oscurità della stanza.

“Prima bisogna disattivare le trappole.” Fece presente Rey, “Se c’è dell’argento posso bloccarle ma…”

“Andremo io, Shi ed Ashuros per primi, gli altri ci seguano e si preparino al combattimento, dev’essere il più rapido e silenzioso possibile” avvisò Edward.

Tutti annuirono e lo seguirono fuori dalla porta.

Il corridoio che percorsero aveva il pavimento ricoperto di moquette a facilitare i loro movimenti e nessuna luce accesa. Sembrava un posto stregato.

Akiko conficcò le unghie più a fondo nel braccio di Amlach che a stento soffocò un gemito. Se non fosse stata cosi spaventata e indifesa le avrebbe urlato contro ogni genere di insulto: probabilmente gli sarebbero rimaste le cicatrici.

Finalmente arrivarono destinazione, dopo aver attraversato un dedalo di corridoi che faceva pensare al labirinto (Miel si sarebbe persa in trenta secondi se Rey non l’avesse afferrata per un polso e trascinata con sé), e Ashuros fece segno di guardare nello specchio posto sulla svolta alla fine del corridoio: c’erano riflesse sei guardie armate fino ai denti.

Poi lui, Shi ed Edward, lentamente e con cautela iniziarono a camminare nel tunnel degli orrori.

La prima trappola a scattare, fu una piastrella sul pavimento che Shi calpestò inavvertitamente e nonostante il suo peso elfico la attivò: nei muri opposti si aprirono due cavità da cui uscirono due draghi in ottone che ruggirono due vampate di fuoco contro il ragazzo.

A stento Gigi trattenne unna risatina quando vide Shi, perfettamente illeso nonostante tutto quel fuoco grazie a delle fiamme che lo avvolgevano, guardare come un critico d’arte osserva un quadro particolarmente brutto, il muso del drago, per poi creare un’alabarda di fuoco e, ghignando, decapitarlo. Stessa cosa ripeté con l’altro.

In seguito Edward fece scattare un altro trabocchetto per cui dall’alto cadde una gigantesca palla di metallo sul ragazzo, che però la prese al volo e la corrose con il suo acido.

Infine Ashuros innescò un marchingegno per cui dal pavimento emersero di scatto degli spuntoni di ferro, che evitò abilmente per poi piegarli uno ad uno in modo che non potessero trafiggere nessuno.

“Di sicuro non erano difese anti-maghi…” pensò la Ladra divertita.

Tutto il gruppo attraversò illeso il corridoio e si prepararono a combattere.

I ragazzi stavano già dicendo qualcosa di inutile come: “Ragazze state indietro che ci pensiamo noi…” quando Gigi, Amane, Yelle, Asuna e Miel si slanciarono in avanti superandoli di scatto.

Sotto lo sguardo scioccato dei compagni, Miel creò dei tentacoli d’ombra che strozzarono due guardie, Gigi mise in atto un combo con Yelle e il loro vento fece volare a sbattere altre due contro il muro, tramortendole, Amane, con la cetra, fece apparire dal nulla un masso gigante sulla testa del suo avversario, con consequenziale spiaccicamento a frittella e Asuna si limitò a trafiggere l’ultimo nemico.

“Di certo non sono donzelle indifese…” mormorò Jin con un sorriso mentre guardava le ragazze scambiarsi un cinque e dei complimenti.

Shi deglutì per il terrore.

“Entriamo?” chiese Yelle impaziente guardando la porta.

Edward fece per andare a sciogliere la maniglia ma Amane, più pratica, sfondò direttamente la porta, beccandosi coloriti insulti dal ragazzo, e tutti si riversarono nella stanza.

Era una camera ben arredata, con tappeti persiani, armatura medievali, arazzi, quadri, ma, cosa più importante, al centro c’era una teca dove, su un cuscino di velluto rosso, giaceva la mappa.

I ragazzi si sparpagliarono ad osservare meglio tutte quelle decorazioni, anche Akiko rassicurata da due torce appese alla parete, lasciò libero il braccio di Amlach che aveva assunto uno strano colorito violaceo; Miel e Rey invece si precipitarono alla teca e, nella speranza di non far scattare allarmi, la Ladra infilò la mano nell’ombra del piedistallo e la fece riemergere dentro la teca, dove afferrò la preziosa pergamena per poi portarla fuori.

Fu un attimo.

Asuna stava guardando un’armatura medievale, affascinata dalla grande spada che teneva ritta tra le due mani.

Fece un passo avanti e il pavimento fece un sinistro “Click!”.

Tutti si voltarono verso di lei pietrificati

Un cavo in fero emersa da buco e blocco i piedi della ragazza.

La lama della spada calò su di lei.

Asuna chiuse gli occhi e una forte spinta la fece cadere a terra, battendo la testa.

Qualcosa di caldo le colò lungo la fronte.

Di scatto apri gli occhi e si ritrovò faccia a faccia con due caldi occhi nocciola.

“Jin!” esclamò in un rantolo, vedendo dalla schiena del ragazzo spuntare la lama che avrebbe dovuto ucciderla. Dalla bocca del ragazzo colava un rivolo di sangue, ma sorrise.

“Devi fare più attenzione a dove cammini piccola guardia!” la prese in giro.

“Jin!!” tutti si precipitarono verso i due ragazzi.

Amlach, con decisione divelse l’arma dal corpo dell’amico, strappandogli un gemito e con Rey lo adagiò sul pavimento a pancia in giù, mentre Edward scioglieva il cavo che aveva imprigionato Asuna.

“Mi-mi dispiace Jin…” iniziò a singhiozzare lei, correndo a fianco del ragazzo.

Akiko vedendo la spada coperta di sangue in mano ad Amlach si accasciò.

 

“La prossima sei tu ragazzina!” sghignazzò l’uomo che incombeva su di lei, accucciata a terra, alzando la spada per colpirla. Intorno a lei urla di disperazione, fuoco, pianti e sangue. Sangue ovunque.

Terrorizzata chiuse gli occhi, piangendo per l’assassinio dei suo genitori, avvenuto davanti a lei pochi attimi prima.

Ma il colpo non arrivò.

Aprì gli occhi di scatto.

Due occhi cioccolato, identici ai suoi, la guardarono con dolcezza.

“Misaki…” mormorò con gemito strozzato, dalla pancia della ragazza davanti a lei emergeva la punta di una spada insanguinata. Lo stesso sangue che gocciolava sul suo volto. Il sangue di sua sorella.

Il corpo di Misaki cadde riverso sul terreno e l’uomo sghignazzò ferocemente, prima di estrarre la spada dal corpo e leccare il sangue sulla lama.

Ma lei non distoglieva gli occhi da quelli della sorella.

“Che peccato…era cosi carina….avremmo potuto giocarci un po’…” Sogghignò scoprendo i canini.

“Che fai piangi?!” urlò una voce rude e malvagia a dietro di lei, ancora paralizzata.

Una frusta la sfregiò la schiena.

“Scusa…Kiko…” mormorò Misaki prima che nei suoi occhi l’ombra della morte divorasse la luce che aveva sempre illuminato le loro giornate.

“MISAKIIIIIIIIIIIIII!!!” un urlo di dolore straziante riecheggiò nel villaggio e una luce accecante spazzò via ogni cosa.

 

 

“Akiko! Akiko!” Amlach la scuoteva preoccupato insieme a Gigi.

Cosa…?” poi ricordò tutto e vide Jin accasciato e circondato dagli altri. In un angolo si dimenava Ashuros, legato con alcune catene create da Amane, con seduto in grembo Yelle, che parlava a macchinetta di tutto e un po’ nella speranza di calmarlo e distrarlo dal sangue.

Non era il momento essere deboli o perdersi in ricordi; con forza asciugò le lacrime che le rigavano le guance e sorrise ai suoi amici.

“Tutto bene…” mormorò alzandosi in piedi barcollante.

Amlach e Gigi si guardarono un attimo, ma infine raggiunsero Jin con Akiko senza chiedere nulla.

“È tanto grave?” chiese Amane scrutando la ferità del ragazzo, che ansimava per il dolore.

“La ferita è molto profonda…” mormorò Edward.

“Posso guarirlo io!” assentì sicura Miel avvicinandosi. Una strana luce era accesa nei suoi occhi. Paura?

“Rey fermala!” urlò Amlach e subito Rey le bloccò le braccia dietro la schiena, allontanandola dall’amico.

“Mollami Rey!! Cosa fai?! Posso aiutarlo!” iniziò a dimenarsi la ragazza. Il biondo lanciò un’occhiata dubbiosa al licantropo, ma lo sguardo che gli rivolse lo convinse a rafforzare la presa.

Edward allora prese le redini del comando.

“Ho un’amica che abita a dieci minuti da qui, è imbattile con le erbe curative!” sentenziò

“Rey prendi Jin, noi andiamo per primi teletrasportandoci a poco a poco; Miel guida gli altri là.” Disse prendendo per i piedi il ragazzo, che per il dolore iniziò a lanciare una serie di insulti al mondo e all’amico impressionanti.

Poi vide lo sguardo terrorizzato della ladra e si ricordò del suo piccolo problema orientativo.

“Scusa, come non detto. Amlach prendi questo sacchetto, ha il suo odore: rintracciala” disse lanciandogli un sacchettino in iuta. Il licantropo annuì.

In un attimo i tre sparirono.

“Okay, Yelle, Gigi, portate Amane, Asuna e Akiko oltre le mura.”

Le ragazze annuirono e l’angelo spiegò le ali afferrando Akiko e Asuna. Per lei non era un problema il peso, le sue ali erano forti abbastanza per tre e nel caso si sarebbe aiutata con il vento.

“Ma voi come farete?” chiese la gatta mannara preoccupata.

“Ce la caveremo, andate!” le cinque presero il volo nella notte senza farselo ripetere.

“Ora ladruncola, siamo nelle tue mani.” Disse serafico Amlach mentre si dirigeva verso Ashuros che ancora si dibatteva guardando assetato la spada piena di sangue.

Con un ghigno stampato sul volto gli tirò un pugnò in pieno viso, così forte da mandarlo k.o.

“Charlotte ti ucciderà.” Ghignò Shi.

“Quella non può dire niente, già che gliel’ho salvato” disse sprezzante caricandoselo in spalla.

“Che schifo…” mormorò poi.

Intanto la ragazza aveva collegato il cervello e capito cosa voleva da lei Amlach.

“Te lo puoi scordare Fuffy! Non posso!” rifiutò con un velo d’isteria nella voce, allontanandosi di scatto.

“Sono sicura che ce la farai. Ce la devi fare.”

“No!” urlò lei.

“Non abbiamo scelta”

Miel lo guardò per un attimo: aveva ragione.

“Poi non venirti a lamentare con me se qualcosa va storto chiaro?” lo fulminò, ma in realtà tremava.

“Scusa, ma cos’è che staresti per fare?” chiese Shi non capendo il discorso tra i due.

“Portarvi con me nell’ombra.” Lo gelò lei.

“Non mollate mai la mia mano, non fermativi, non toccate nulla e trattenete il respiro. Chiaro?” i due annuirono.

Allora la Ladra si calò il cappuccio sul viso e afferrò le mani dei due compagni.

Tre persone. Avrebbe dovuto portare con sé tre persone!

Le venne una voglia matta di ridere istericamente.

“Andiamo!” e prima che potesse ripensarci si gettò nelle ombre trascinando con sé i compagni.

 

 

E in un attimo furono nel Regno delle Ombre.

Era come vedere il mondo in nero. E basta. Solo nero.

Eppure si distinguevano le cose, anche se distorte, vive, macabre.

Fruscii e sibili si agitavano nell’oscurità.

O erano l’oscurità?

Niente era più certo, niente era più conosciuto, niente aveva più luce.

La Ladra Nera iniziò a correre.

I ragazzi non capivano, non riconoscevano.

Ma lei sì. Era il suo mondo. L’unico in cui non si perdeva. L’unico a cui apparteneva.

I compagni la stringevano con forza, in preda a terrori sconosciuti e ascoltavano con ansia i suoi ansiti, i suoi respiri affaticati nel terrore che scomparissero.

Lì non c’erano regole, tempo o qualsiasi altra cosa che potesse dargli una certezza.

Si sentivano abbandonati, persi.

Poi una luce improvvisa squarciò le tenebre.

La Ladra le corse incontro senza esitazione.

 

 

 

“Come avete fatto?” Amane era scioccata: erano appena atterrate quando dall’ombra della quercia era uscita Miel con gli altri tre al seguito.

Amlach lasciò cadere per terra Ashuros e crollò in ginocchio, Shi si trattenne a stento dal vomitare e Miel si accasciò appoggiata al tronco.

“Cosa succede?!” chiese Yelle correndo verso di loro, preoccupata.

“È-è stato…” ma le parole morirono in gola a Shi. Non esistevano parole per descrivere quello che aveva visto e provato.

“Siamo passati nel Regno delle Ombre.” Spiegò Amlach rialzandosi in piedi a stento.

Le ragazze li guardarono scioccate ma non osarono fare altre domande. Non avevano mai visto quelle espressioni sul loro volto e non credevano potessero mai mostrarle.

“Miel come stai?” chiese poi il licantropo avvicinandosi alla ragazza, “Ce l’hai fatta, siamo tutti interi siamo…” un ceffone in pieno viso colpì il ragazzo.

“IDIOTA!” urlò mentre lacrime gli scendevano lungo le guance, “Non chiedermelo mai più Amlach! Mai più!! Chiaro?!” continuò ad urlare prima di ricadere seduta a terra in lacrime.

Lui non l’aveva sentito.

Lui non aveva sentito l’oscurità chiedere sangue e nutrimento.

Non aveva sentito mani trattenerlo e tirarlo per i vestiti nella speranza che sbagliasse strada.

Non aveva sentito voci di bambini, anziani, amici supplicare perché lasciasse andare la loro mano.

 

Con grande sorpresa di tutti, Amlach non si infuriò ma passo una mano tra i capelli della ragazza.

“Scusa.” Glielo aveva raccontato, una volta, cosa accadeva quando varcava con estranei le porte dell’oscurità, dopo che per salvarlo lo aveva portato con lei. Sapeva che questa volta avevano rischiato davvero tanto.

Lei annuì e continuò a piangere, mentre le amiche le si raccoglievano intorno consolandola e cercando di calmarla.

Dopo alcuni minuti, in cui sia Shi che Ashuros si furono ripresi, Amlach ricordò loro che dovevano andare e tutti si misero in cammino dietro di lui, che fiutava l’aria come un segugio. Miel, non riuscendo a camminare, aveva evocato Talita e le stava in groppa con Akiko, entusiasta ma preoccupata che l’amica crollasse durante il tragitto.

Ashuros se ne stava in fondo alla fila, chiuso nel suo silenzio e si stava maledicendo in ventinove lingue diverse per ciò che era accaduto, quando Yelle gli svolazzò al fianco.

“Stai meglio?” gli chiese preoccupata.

Lui annuì.

“Tieni” disse poi prendendogli una mano e appoggiandoci dentro quattro o cinque frutti scuri, “More! Me le sono fatte creare da Gigi! Ti rimetteranno in forze!”

Ashuros evitò di ricordargli che non gli davano energie e le mangiò davanti al suo sguardo carico di aspettativa.

“Sono buone.” Disse infine con l’accenno di un sorriso e di una luce negli occhi rossi.

“Lo sapevo che ti sarebbero piaciute!! Le more sono troppo buone per non piacere! Anche i mirtilli in realtà sono buoni ma…” e si lanciò in una dettagliata descrizione dei suoi cibi preferiti, camminando seguita da Ashuros che la ascoltava in silenzio, completamente dimentico di ciò che era accaduto poco prima.

 

 

 

 

Finito! Su non fate quelle facce! Ora metto le immagini dei nuovi oc!

 

Amlach:

 

 Gigi:   e il bracciale  

 

Amane:     http://instagram.com/p/bv9UMnn6Az/# e                                                                                                                                                                            

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Non mi sono persa! Forse... ***


Yoooo minnaa! Eccomi già qui! Alla faccia di andry, ho pubblicato anche io in tempo record nonostante l’inizio della scuola (per i miei standard) ;P Allora, passando al capitolo: non mi convince. E’ noioso, corto e banale, inoltre mi scuso perchè ho usato molto poco gli oc maschi, gomeeeee! Allora perché pubblicarlo lo stesso”? Chiederete voi! Perché sono riuscita a inserire tutti e sei gli oc mancanti, quindi dalla prossima volta si va solo di avventura! Yuppy! *cri cri, cri cri* Okaaaaay, sappiate che con l’aggiunta dei nuovi oc mi sono venuti dubbi sulle coppie che avevo formato, quindi dopo una lunga riflessione ho deciso di accoppiare Ashuros con Amlach, Edward con Jin, Shi rimane single e Rey si fa un harem con tutte le ragazze.

Scherzo, l’ultima cosa su cui ho dubbi sono le coppie XD Però sarebbe stato divertente vedere le vostre facce se scrivevo una AxA o una ExJ XD Rey fa sapere che a lui l’idea piace :D

Bene a questo punto…

Buona lettura!

 

Non mi sono persa! Forse…

 

Fu dura ma alla fine, di salto spaziotemporale di salto spaziotemporale, Rey ed Edward con a carico Jin, che a ogni spostamento lanciava imprecazioni da far impallidire gli amici, arrivarono a destinazione. Era una casa grande ma modesta, costruita in pietra a cui tenacemente si aggrappava un’enorme pianta d’edera e con il tetto di tegole rosse, e nonostante l’ora tarda le luci erano ancora accese.

Ad un cenno di conferma di Ed i due si lanciarono su per gli scalini e fecero per bussare alla porta, tutto questo cercando di sballottare il meno possibile il ferito.

Ma ancora prima che le loro nocche raggiungessero il battente in ottone affisso sul legno scuro d’ebano, la porta si aprì di colpo, mostrando una donna anziana dai lunghi e selvaggi capelli blu scuro striati di grigio a boccolo e dai grandi e taglienti occhi ghiaccio.

“Puntuale come sempre…” mormorò dando un’occhiata di sfuggita alla pendola attaccata al muro della piccola anticamera.

“Noi...” attirò la sua attenzione Edward.

“Cosa ci fai ancora qua Edward?! C’è un letto pronto per il tuo amico nella stanza a destra in fondo al corridoio, non fate troppo rumore che abbiamo un altro ospite!” li sgridò sbrigativa facendosi da parte per farli passare.

I due dopo essersi lanciati delle occhiate perplesse entrarono di soppiatto e giunsero alla camera, dove adagiarono l’amico che a malapena rimaneva cosciente sul letto a destra, perché quello di sinistra, come anticipatogli dalla signora, era occupato da un ragazzo con i capelli biondi a punta, così scompigliati da far credere che un animale li avesse scelti come suo nido, dalla carnagione abbronzata e il fisico asciutto ma non eccessivamente muscoloso, che dormiva beatamente, sfregandosi di tanto in tano l’occhio destro attraverso cui passava una cicatrice lunga fino alla guancia.

“Taraaaaa! Sono arrivati Edward e i ragazzi di cui ti ho parlato!” urlò la signora dal pianerottolo delle scale, alla faccia del silenzio.

Immediatamente si catapultò giù una ragazza alta e magra ma non troppo prosperosa, come si poteva notare grazie al corsetto blu e nero, con lunghi e mossi capelli neri dalle punte blu e due occhi azzurro ghiaccio ancora più chiari di quelli della signora; nonostante i sandali neri col tacco alto, che si potevano notare grazie all’ondeggiare della lunga e ampia gonna in seta bianca con alcune cinture nere incrociate da cui pendevano varie bisacce, arrivò illesa e in perfetto equilibrio alla camera del malcapitato. Qualcosa che Akiko e Miel non si sarebbero neppure sognate.

“Ciao Ed, amico di Ed! Parliamo dopo della missione, ora devo occuparmi di lui.” Disse sbrigativa con l’accenno di un sorriso prima di cacciarli fuori dalla porta e chiudersi dentro con Jin.

Per un attimo Rey e l’assassino rimasero impalati davanti alla porta, poi, in sincrono si girarono verso la signora.

“Potrebbe spiegarci come sapeva che saremmo arrivati e a cosa si riferiva quella che penso sia Tara con ‘la missione’?” chiese cauto Rey con un sorriso gentile, mentre Edward alzava un sopracciglio perplesso.

“Laila.” Ripose lei serafica facendogli cenno di seguirla, per poi farli accomodare in un salottino arredato spartanamente ma con buon gusto.

“E chi sarebbe Laila?” insistette Rey, diffidente.

“La nonna di una vostra compagna di viaggio, Asuna. È una maga e prevede il futuro. Ha avuto una visione e mi ha spiegato che sareste venuti qui a quest’ora per farmi guarire un vostro amico, che eravate sulle tracce della Fairy Heredity con Jin Mashima e che avete bisogno di compagni.” Spiegò con tranquillità mentre sorseggiava una tazza di tè. Con sgomento i ragazzi notarono che sul tavolo c’erano già due tazze pronte e capirono che la signora non stava mentendo.

“Signora…”

“Akane, grazie. Non sono ancora così vecchia da essere chiamata signora.” intervenne lei piccata.

“…Akane” riprese Rey, con l’ombra di un sorriso sul volto, di certo era un tipo interessante “ci sta dicendo che sua…”

“Nipote.”

“…nipote Tara vuole venire con noi?” riuscì a chiedere infine Rey.

“Esattamente. È una curatrice eccezionale e il viaggio che state compiendo è pieno di pericoli, inoltre sa più che difendersi da sola.”

“È una mannara.” Aggiunse sintetico Edward per chiarire.

Rey spalancò gli occhi e poi fece un sorriso magnetico ad Akane.

“Sarà un onore averla con noi.” Disse chinando lievemente il capo.

La signora scoppiò a ridere.

“E questo dove lo hai trovato Edward?!” l’interpellato ghignò, ma Rey non si scompose e rise anche lui.

“Comunque, vi consiglio di prendere con voi anche l’altro ragazzo che mia nipote sta curando” aggiunse poi tornando seria e appoggiando la tazza sul tavolino, “Non so chi sia, l’abbiamo trovato qualche giorno fa gravemente ferito, ma il suo potere è pari ai vostri e il suo cuore nonostante in alcuni punti sia nebuloso è sicuramente puro.”

“Akane riesce a vedere i poteri, le capacità e il cuore altrui.” Anticipò Edward, Rey nuovamente.

“Allora credo proprio che saranno dei nostri!” annunciò illuminandosi il biondo, ma gli occhi iniziarono una schermaglia di occhiate con la signora. Perché lei aveva visto...

“Bene, non avrei accettato un no.” intervenne una voce alle spalle dei ragazzi, “Di solito non mi fido degli sconosciuti ma se mia nonna mi dice che posso venire con voi allora non ho problemi.”

I due si girarono e si trovarono faccia a faccia con Tara, un lieve strato di sudore le imperlava la pelle ma sorrideva.

“Piacere Tara Kurokami, Jin sta bene” si presentò a Rey, che fece lo stesso e non si stupì che il suo compagno dongiovanni nonostante ferito avesse cercato di fare amicizia, “Certo, avrei preferito che non accettaste anche l’idiota pervertito…”

“Chi è l’idiota pervertito?!?” chiese il ragazzo biondo che avevano visto poco prima nella camera di Jin, fingendosi offeso e comparendo alle spalle della ragazza.

Tara alzò gli occhi al cielo.

“Shoichi cosa non capisci di ‘devi stare a…VATTI A RIVESTIRE PERVERITO!” urlò la ragazza arrossendo, che, voltatasi, si era accorta che il ragazzo era solo in intimo.

“Non ho capito dove li hai messi…” disse con fare innocente, sbattendo gli occhi color del mare, entrambi luminosi: nonostante la cicatrice non era ceco da un occhio come Edward o Amlach.

Una grossa vena iniziò a pulsare sulla fronte della ragazza, che con un calcio colpì il ragazzo qualche centimetro sopra l’addome fasciato.

“Mia piccola infermierina non colpirmi, sono ferito.” Cercò di mediare con voce lamentosa indietreggiando e senza perdere il suo sorriso, cosa non da tutti visto l’impronta del tacco ancora impressa sulla sua pelle.

“Infermierina?! INFERMIERINA?!?” urlò inviperita, mentre le punte dei capelli cominciavano a schiarirsi in un azzurro più chiaro.

“Tara, calmati. Shoichi, la tua camicia bianca e il gilet marroncino sono stesi ad asciugare, i pantaloni neri sono piegati alla fine del letto e le scarpe sono sotto. Per favore rivestiti o torna a letto.” Li sgridò entrambi senza scomporsi Akane; subito Shoichi perse il ghigno malizioso e le sorrise prima di sparire per il corridoio con un “Sissignora” mentre le punte dei capelli di Tara tornarono blu.

“Mia cara, dovrai fare qualcosa questa tua indole selvaggia, almeno sfogala fuori da questa casa: sfidalo a duello quando guarisce oppure prendi a calci un albero o un qualcosa di simile.” La rimproverò bonaria la nonna, lei era anche peggio da giovane.

“Voi due invece, potete sistemarvi nelle camere degli ospiti su di sopra” li informò poi con tranquillità.

“Veramente tra poco dovrebbero arrivare i nostri compagni e…” cercò di spiegare Rey.

“Mi dispiace ma arriveranno domani mattina, a quanto pare si sono persi. Mi ha già avvisato Laila.”

“Persi?!” mormorò Rey sotto shock, poi si passò una mano sul viso esasperato.

“Dannazione Miel! Non posso lasciarti sola un secondo!” borbottò prima di alzarsi dalla sedia e fare un breve cenno ad Akane.

“Mi dispiace, anche se credo che lei lo sappia già, ma devo rifiutare la sua ospitalità per andare a cercare i miei compagni.”

La signora annuì.

“Edward, per favore tu rimani qui, per sicurezza.” Gli disse poi aprendo la porta di casa, il ragazzo gli lanciò un’occhiata interrogativa, ma Rey scosse il capo e si lanciò fuori.

 

 

 

Effettivamente, ripensandoci in quel momento, non era stata una grande idea. Per niente.

“Miel, dì la verità, ci siamo perse.” Chiese infine Amane esasperata.

Un aura nera avvolse la ragazza fra le sue spire.

“N-non deprimerti Miel…può capitare a tutti uno sbaglio…” cercò di consolarla Akiko, mettendole una mando sulla spalla.

“È vero! E’ successo anche a me spesso di perdermi, ma capita a tutti. Ognuno ha i suoi difetti, se non avessimo difetti il mondo mi farebbe paura. Non sarebbe spaventoso un mondo senza difetti?! E…”

“Yelle risparmiaci…è un momento critico…” intervenne sbadigliando Gigi.

“Speriamo che Jin stia bene…”mormorò Asuna, fra senso di colpa e preoccupazioni.

Erano passate due ore da quando erano usciti dalla fortezza, mezz’ora da quando si erano separati dai ragazzi; l’idea era stata di Miel: un gruppo sarebbe corso a recuperare Charlotte con i cuccioli, l’altro sarebbe corso da Jin; ovviamente tutte le ragazze avevano voluto andare dal loro amico, nella speranza anche di trovare un letto dove riposare, quindi Amlach aveva spiegato nei minimi dettagli alla Ladra in che direzione dovevano andare e per quanto camminare e poi era corso via con gli altri ragazzi. E questo fu il grande errore di strategia del Comandante Lumbar: sopravvalutare Miel e pensare che ce l’avrebbe fatta ad arrivare da sola senza una mappa, senza contare che era ancora k.o. per il viaggio tra le ombre. Invece si erano perse. Decisamente perse.

Per farvi capire meglio la drammatica situazione, erano in una stradina in mezzo ai campi, nel buio più totale e nel pieno della notte, quindi senza possibilità di incrociare un passante, senza cibo o coperte per accamparsi, nessuna idea su dove si trovassero, circondate solo dal frinire dei grilli e dai i sospiri spaventati di Akiko, che ancora in groppa a Talita, si stringeva il più possibile a Miel.

Inoltre erano tutte stanche morte e in semi catalessi.

Una catastrofe.

“Cosa facciamo ora?” chiese Amane, sedendosi a terra, subito imitata da tutte le altre.

“Potremmo provare a mandare dei segnali!” propose Yelle esaltata, l’unica a riuscire ancora a parlare ininterrottamente.

“Siamo ricercate da questa sera, non mi sembra una buona idea.” La freddò Gigi sbadigliando.

“Potremmo tornare indietro.” Tentò Akiko saggiamente.

“Mi sa che è l’unica opzione…” assentì Asuna facendo per alzarsi, ma poi guardandosi intorno si accorse del grande errore che avevano commesso.

Per fermarsi avevano aspettato di trovare uno spazio abbastanza largo, peccato che non si fossero accorte che lo spazio in questione fosse un crocicchio circolare.

“Da dove siamo venute?” chiese mentre il panico incominciava a strisciarle dentro.

Le ragazze si guardarono intorno sperdute, contando ben sei strade diverse.

“Miel?!” provò Asuna.

La Ladra si girò con gli occhi allucinati per il sonno, lo sguardo di chi è sull’orlo di una crisi isterica e le guance arrossate dall’imbarazzo.

“Non lo so! Non lo so! Io non sono capace di orientarmi senza una mappa, anzi, a volte nemmeno con quella!!” esplose prima di tuffare la testa tra le ginocchia che aveva tirato al petto.

“F-fa niente...” mormorò Asuna temendo di averle dato il colpo di grazia, mentre Akiko ancora una volta le accarezzava i capelli sorridendo comprensiva.

“Aspettate! Provo a guardare dall’alto!” spiegò Yelle esultante prima di alzarsi in volo, avvolta di spire di vento con le braccia semi aperte per mantenersi in equilibrio.

Con un elegante giravolta guardò prima a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra, poi di nuovo a sinistra; infine riappoggiò a terra le punta dei piedi.

“Da entrambe le parti, dopo un’infinità di campi, ci sono due paesi, ma non saprei dire qual è quello da cui siamo venute.” Spiegò delusa scatenando un coro di sospiri esasperati e delusi.

“Siamo fregate. Ed è tutta colpa mia…” mugolò affranta Miel prima di seppellire il viso nella pelliccia di Talita che, stanca, si era addormentata vicino alla ragazza.

“Scusa avete bisogno di un aiuto?” chiese una voce cristallina e sconosciuta. Subito le ragazze balzarono in piedi, mettendosi in difensiva. Ogni traccia di stanchezza lavata via dall’adrenalina causata dalla paura, come le impronte sul bagnasciuga dalla mareggiata. Chi se ne andava in giro di notte, se non ladri, assassini o bande di pazzi?!

Dall’oscurità emerse una figura eterea: una ragazza alta e magra, dalla pelle diafana e i lisci e lunghi capelli candidi come la neve, fasciata in un lucido abito in seta e raso nero, il cui corpetto senza spalline riusciva a non penalizzare la scarsezza del seno, e la gonna ampia a balze che davanti si fermava a metà coscia mentre dietro scendeva fino a sfiorare terra metteva in risalto le sue gambe da modella. Ma ciò che più attirava l’attenzione erano i grandi e magnetici occhi rosso sangue.

Miel arricciò il naso: sapeva di…Ashuros.

“Vampiro…” mormorò indietreggiando e ordinando con una mano a Talita di sparire.

“Non voglio farvi del male!” si precipitò a dire la ragazza alzando una mano come per toccarle ma che poi ritirò notando i loro sguardi diffidenti, “Voglio solo aiutarvi…” mormorò accennando un sorriso che mise in mostra i canini affilati.

“Davvero? Grazie mille, sei molto gentile!” rispose subito Akiko precipitandosi verso la ragazze, nonostante le occhiatacce d’avvertimento delle compagne.

“Lo sapevo…” bisbigliò Gigi dandosi una manata in fronte.

“Io sono Akiko Tsuki è un piacere conoscerti!” disse allegra tendendogli una mano.

Dopo qualche secondo la ragazza ricambiò la stretta sorridendo.

“Il piacere è mio. Aria Leto” si presentò.

“E io sono Yelle!” sbucò l’elfa dalle spalle della compagna ridendo.

“Quella che volava?”

“Sissignora, sono una maga! Visto che forza? Ma come hai fatto a vedermi?” chiese senza respirare neanche una volta.

“I vampiri ci vedono molto bene.”

“Anche io ho un amico vampiro e anche lui ci vede bene, si chiama Ashuros e…”

“Yelle!” la rimproverò Amane, “Scusala, parla troppo. Sono Amane Chou e quelle dietro di me sono Giada Angels e Miel.” Spiegò poi rivolta alla vampira.

“Avete una storia davvero interessante…” mormorò facendo vagare lo sguardo da una ragazza all’altra, come persa in se stessa.

“Scusate!” disse subito dopo imbarazzata, “Non volevo sbirciare nelle vostre menti è che…sapete, di questi tempi non è facile fidarsi di sconosciuti…” spiegò.

“Non preoccuparti…” disse Akiko, nonostante si vedesse forse nervosa.

Miel si era completamente paralizzata

Intuendo il malinteso la vampira iniziò a gesticolare ancora di più.

“No! Non ho guardato il vostro passato! Non mi permetterei mai! Inoltre posso solo guardare quello che pensate al momento, e alcune di voi stavano pensando a come tornare da Rey e all’avventura e…” la sua voce si spense in un mormorio indistinto.

“Oh, scusa, non volevamo metterti a disagio.” Disse finalmente Miel sorridendole.

“Fa niente, è colpa mia!” si riprese la ragazza, “Vi andrebbe di venire da me per la notte? Sarete stanche e io sono molto interessata alla vostra avventura” propose gentilmente e con briciolo di nervosismo.

Le ragazze si guardarono tra loro, poi Yelle e Akiko saltarono al collo della vampira.

“Certo!! E grazie mille per l’aiuto! Ci farebbe piacere averti con noi! ...”

“Un’altra vampira!! Che forza!! Mi affascinano i vampiri! E tu lo sei per intero ma…” entrambe iniziarono a parlarle entusiaste in contemporanea, mentre Aria, confusa ma felice cercava di rispondere alle loro domande e allo stesso tempo di condurre le altre, in coma per la stanchezza, verso casa sua.

Camminarono per un'altra decina di minuti, superando i campi e inoltrandosi in una bosco fitto, prima di arrivare ad una radura al centro del bosco dove sorgeva una piccola ma deliziosa casetta in stile gotico circondata da cespugli di rose rosse e bianche, attorno cui danzavano mille lucciole, donando un fascino incantato e fiabesco a quel luogo.

Le ragazze senza parole per lo stupore la seguirono verso la casa e Aria aprì la porta facendo loro cenno di entrare. Dentro era altrettanto bella: le pareti erano adornate con quadri stupendi e perfetti, in angolo del salotto con poltroncine e divanetti rossi dalle rifiniture bianche c’era un cavalletto con una tela appena dipinta ad asciugare.

Ma la cosa che sbalordì di più le ragazze è che non erano sole.

Seduta su di un divanetto, talmente ferma da sembrare una statua, c’era una ragazza filiforme dalla pelle pallida, con i capelli biondo platino, tranne per una ciocca nera, tenuti in ordine in uno chignon alto sulla nuca; il suo fisico messo in risalto dalla corpetto in cuoio nero senza manica a sinistra e a mezza a destra, che terminava sotto i seni e dai pantaloni neri aderenti in pelle, mentre sul braccio sinistro portavo un bracciale in cuoio nero che partiva dal gomito fino al polso, stretto con delle cinghie e ai piedi degli stivali sempre neri al ginocchio. Accanto a lei, era appoggiata ordinatamente una mantella in seta nera e una katana anch’essa nera con una catana spezzata che pendeva dall’elsa.

E gli occhi erano rossi.

“Osgal!” esclamò Aria prima di gettarsi alla velocità della luce tra le braccia della ragazza che rigidamente ma con l’accenno di un sorriso ricambiò il saluto.

“Ciao Aria, scusa se arrivo all’improvviso ma ero da queste parti e ho pensato di passare a trovarti.” Spiegò calma, “Ma loro chi sono?” chiese poi sollevando un sopracciglio, a metà tra il perplesso e il minaccioso.

“O mamma è vero!” si ricordò delle sue ospiti Aria, “Questa è una mia amica: Osgalian Knit Walker Van Silmarion.” Le ragazze si presentarono.

“Osgal!” disse come presa da un’improvvisa illuminazione, “Devi venire anche tu con noi! Sei forte!” le disse con gioia, “Può vero?” chiese poi a Miel, che sbalordita si rese conto di come la ragazza avesse già deciso di venire con loro alla ricerca della Fairy Heredity.

“S-sì…” mormorò accennando un sorriso.

“Più siamo meglio è!” concordò Gigi con un sorriso a trentaquattro denti, quella tipa le sembrava forte: avrebbero potuto provare a combattere.

“Mi dispiace ma di qualsiasi cosa si tratti devo declinare: sono sulle tracce di un vampiro indisciplinato o folle e il caso è molto difficile, al contrario del solito sembra che miri a persone precise, come dietro ci fosse un’organizzazione…” mormorò aggrottando le sopracciglia, non erano molti i vampiri che potevano vantarsi di esserle sfuggiti.

“A maggior ragione devi venire con noi.” Si intromise Amane incrociando le braccia.

“Cosa intendi?” indagò Osgal.

Dopo un rapido scambio d’occhiate le ragazze si accomodarono, chi per terra, chi su divanetti e poltroncine, e spiegarono alle vampire la loro missione, la questione della Gilda oscura Black Star e di come probabilmente quel vampiro ne facesse parte.

Alla fine della spiegazione, Osgal stette qualche minuto in silenzio, poi annuì.

“Verrò con voi.” Disse accennando un sorriso, per venire subito travolta da Yelle e Akiko, mentre Gigi le proponeva già una sfida, Amane l’analizzava e Miel era persa nei suoi pensieri.

“Ho un favore da chiedervi…” mormorò poi Aria, attirando l’attenzione di tutte, “C’è un mio grande amico, che se non gli proponessi di venir con noi non mi perdonerebbe mai. Possiamo portarlo?” chiese con gli occhi da cucciolo.

“Non intenderai lui?” chiese Osgal assottigliando gli occhi.

“Non ricominciare!” la rimproverò l’albina con fare deciso e testardo, “Gli voglio molto bene ed è forte quanto te, non è pericoloso o instabile. Verrà con noi!” disse mentre il suo tono si alzava di alcune ottave e stringeva i pugni fino a far sbiancare le nocche.

“Va bene, tanto ormai siamo praticamente un gruppo vacanze…” mormorò Miel sbadigliando.

Aria le gettò le braccia al collo.

“Grazie, lo vado subito a chiamare.” E in un secondo sparì.

“Quanto ci metterà?” chiese Asuna appoggiandosi al divanetto.

“Una decina di minuti, al massimo.” Rispose Osgal tranquilla.

Dieci minuti dopo, quando le uniche rimaste sveglie erano Miel, che per tenersi sveglia contava i respiri di Akiko che le si era addormentata addosso, e Osgal, Aria ritornò seguita da un ragazzo dai capelli castani a spazzola, il fisico non statuario come quello di Amlach ma ben messo, gli occhi uno rosso e uno verde con striature castane e un sorriso allegro che metteva in mostra i canini leggermente a punta.

Aria stava già per urlare che era arrivata, quando vide tutte le sue nuove amiche addormentate nelle posizioni più assurde e si trattenne con un sorrisino.

“Lui è Eran Oreal Morden Guivren.” Lo presentò mentre l’altro le rivolgeva un sorriso luminoso.

“Osgal.” Salutò poi l’altra vampira con un cenno, togliendo la mano dalla tasca dei pantaloni grigi, dello stesso colore del gilet che indossava sopra la larga camicia bianca e del grande arco dalla corda spessa che portava in spalla.

“Eran.” Ricambiò lei con un rigido cenno del capo.

“Gli ho già spiegato tutto e vuole venire con noi!” spiegò entusiasta Aria e Miel, che faceva fatica a tenere le palpebre aperte cercò di sorridere e di dire qualcosa ma uno sbadiglio ostacolò i suoi intenti.

Quel ragazzo era strano…il suo dolore era strano…non sapeva perché ma gli veniva in mente l’immagine di Ashuros e Amlach che si abbracciavano. Urgh!

Eran scoppiò a ridere.

“Non ti preoccupare, dormi pure. Parleremo domani.” Disse gentile e Miel grata si appoggiò alle gambe della poltrona cadendo subito in un sonno profondo, Aria avrebbe voluto proporre loro di andare a dormire nelle stanze per gli ospiti ma non le sembrava carino svegliarle visto quanto erano stanche.

“Bene ora…” iniziò a dire Aria, ma qualcuno bussò con decisione alla porta.

Perplessa andò ad aprire mentre Osgal poggiava una mano alla katana.

Sull’uscio di casa sua c’era un ragazzo biondo, con gli occhi grigi inquieti e il respiro accelerato, e dietro di lui un branco di ragazzi impazienti.

“Ciao Rey. Sono qui le ragazze non preoccuparti ed entrate pure,” disse gentile lasciando libero il passaggio, “Ma fate silenzio, stanno dormendo.”

Il gruppo, seguendo Rey perplesso, entrò nella casetta facendo meno rumore possibile.

“Dannazione…” mormorò con il suo solito sorriso sghembo malizioso ma negli occhi vi si leggeva solo sollievo, alla vista di Miel che dormiva pacifica, “E tu dovresti essere la Ladra Nera?! Non posso davvero lasciarti da sola un attimo.”

Amlach rimase qualche secondo ad osservare il volto tenero di Akiko, incapace di distogliere lo sguardo, poi passò in rassegna disgustato i presenti: altre due vampire! E un…sul suo viso disegnò una smorfia perplessa.

Ashuros stava per scoppiare a ridere alla vista di Yelle spaparanzata su una poltrona con la bava alla bocca, ma la sua allegria si spense all’istante quando riconobbe chi aveva ospitato le ragazze.

Shi ghignò divertito alla vista della testa bionda di Gigi ciondolare, mentre le sue labbra feline mormoravano qualcosa di molto simile a “Non vincerai…maledetto…ridammi la mia pesca! Dannato Shi…”

“Sono ancora più belle di quelle dei libri illustrati di Wong!” mormorò sbalordito un ragazzo facendosi strada tra gli altri, passandosi una mano tra i capelli sparati in aria a punta tenuti su da una fascia rossa mentre si mangiava con gli occhi dorati tutte le ragazze presenti nella sala.

“Se avessi loro nel mio harem…” mormorò poi posando troppo a lungo lo sguardo su una certa ladra bionda.

Una strana aura malvagia corredata di istinto omicidio lo fece lentamente voltare.

“Cosa hai detto Hiroshi?” chiese con un sorriso sadico Rey circondato da fiamme violacee, scrocchiandosi le nocche, mentre gli altri dietro di lui venivano anche loro avvolti da spire nere.

L’istinto di sopravvivenza del ragazzo lo spinse a scuotere la testa, deglutendo.

“Rimanete anche voi qui per la notte?” intervenne Aria, prima di notare che Hiroshi era a petto nudo, indossava solo dei pantaloni bianchi larghi, e la guardava incuriosito.

“N-nel senso…i-io…l-le ragazze…v-volete…n-non intendevo…” iniziò a balbettare prima di urtare contro un tavolino e cadere a terra. Il ragazzo agli occhi dorati si precipitò ad aiutarla a rialzarsi.

“G-grazie…” mormorò lei in stato confusionale.

“E’ un piacere aiutare una ragazza bella come te!” rispose lui con un sorriso dolce.

“Non per rovinare il momento, ma mi spiegate chi siete?” intervenne Shi ghignando e guardando i tre padroni di casa, che si guardarono prima di lanciarsi in una dettagliata spiegazione dei fatti.

Finito il resoconto, i due gruppi si presentarono reciprocamente, o meglio quasi tutti. Ashuros non si avvicinò nemmeno alle due vampire, guardandole con profondo disgusto e ira.

Osgal si limitò fare lo stesso con lui, fredda, Aria invece fece un sorriso triste e si presentò lo stesso.

“Ora che siete dei nostri, allora, dobbiamo andare. Edward, un nostro compagno è rimasto con Jin, che è ferito e altre due reclute. Useremo il mio teletrasporto, posso portare due persone con me alla volta.

“Va bene e…aspetta! Me ne stavo per dimenticare! Voi andate! Io vengo per ultima!” disse prima di correre ad aprire un’altra porta che dava, con grande shock dei maschi, su una stanza le cui pareti erano interamente coperte d’armi d’ogni tipo.

Mentre Aria trafficava in quella stanza, i ragazzi si divisero le compagne da portare.

I primi a partire con Rey furono Amlach con Akiko tra le braccia, che si era ancorata al suo petto come se fosse l’unica sua salvezza, poi Ashuros e Yelle, che aveva iniziato a parlare nel sonno di vampiri, more e vento, seguiti da Shi che si era messo Gigi, che ancora litigava nel sonno, in spalla come un sacco di patate; infine Eran aveva acconsentito a portare Asuna e Hiroshi, dopo un’occhiata sadica di Rey, aveva preso con dolcezza Amane.

Quando finalmente Aria fu pronta, era armata peggio che per una spedizione militare: in vita teneva una spada a sinistra e una falce a destra, dallo stivale spuntava l’elsa di un pugnale e tra le braccia teneva come se fosse una bambina una grossa balestra.

All’occhiata divertita di Rey, rispose che non avrebbe mai potuto abbandonare la sua adorata piccolina e le scoccò un bacio.

Mentre ancora scuoteva la testa, scioccato dai suoi nuovi compagni, il biondo teletrasportò Aria e Osgal, prima di ritornare un’ultima volta nella casetta della vampira.

Con un sorriso soddisfatto e malizioso si diresse verso Miel e la prese tra le braccia, istintivamente la ragazza si accucciò contro il suo petto stringendo i lembi della sua camicia fra le braccia.

“Rey…” mormorò in un sospiro.

Rey si ritrovò contro il suo volere ad arrossire violentemente.

“…sei un idiota.” Completò la ragazza imbronciandosi.

Il povero biondo sgranò gli occhi, per poi iniziare a ridacchiare, cercando di non svegliarla.

“Sei davvero una peste, principessa.” Mormorò divertito.

Poi, sparirono.

 

 

 

 Eccoci qui! Spero non vi abbia disgustato troppo, nel caso cecherò di farmi perdonare!  Prima una cosa: i libri illustrati a cui si riferisce Hiroshi, non sono né fumetti, né libri di fiabe…if you know what I means…

Ecco le new entry:

Aria:

Amlach (prima o poi riuscirò a metterla visibile):

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Mai sottovalutare un Ballo! ***


Yooooo minna! Sì, ce l’ho fatta! Ecomi qui! E’ stato un capitolo sofferto ma ce l’ho fatta! Ho due serie avvertenze oggi:

1)      Io non esigo delle recensioni, ma chi recensirà di più vedrà il suo oc più partecipe; mi sembra giusto che chi è più interessato partecipi di più.    

 

Bene! Spero apprezzerete queste benedette 33 pagine di capitolo, perché ci ho davvero sputato sangue XD Il prossimo avviso già che sarà più breve e meno serio, sarà uno dei capitoli svago che alternerò a quelli seri :D

 Lo dedico a Edward Yoshina, non solo bravissimo scrittore, ma anche il miglior assassino-psicologo (o psicologo-assassino) che io abbia mai conosciuto: grazie ED! e a Pit12 che recensisce SEMPRE e spesso per primo: spero di aver mantenuto almeno un pochino la promessa dell’altra volta :D

Buona lettura!

Stella

Mai sottovalutare un Ballo!

 

 

La prima cosa che sentì furono due calde braccia avvolgerla e d’istinto si rannicchiò con un sorriso felino, quasi facendo le fusa.

La seconda furono panico, orrore e ira funesta.

“REYYYYY!!!!” urlò la bionda irata aprendo gli occhi di scatto.

“Buongiorno principessa!” la salutò l’altro minimamente intenzionato a lasciarla andare dalla prigione in cui l’aveva catturata, ghignando maliziosamente.

Con suo sommo imbarazzo e incredulità, Miel si rese conto che: uno, Rey era a petto nudo (davvero difficile non notarlo); due, erano in una stanza a lei sconosciuta; tre, erano nello stesso letto; quattro, lei era bloccata contro il suo petto.

Una grossa e preoccupante vena iniziò a pulsare sulla fronte della ragazza e Rey non ebbe il tempo di cogliere i segnali d’allarme in tempo.

Una gigantesca esplosione fece tramare i vetri della casa in mattone dei Kurokami.

“Finalmente Miel si è svegliata.” Osservò con tranquillità un ragazzo riccio imburrandosi una fetta di pane, seduto attorno a un grosso tavolo in legno scuro insieme a un branco di ragazzi affamati che si ingozzavano di cibo nella piccola e graziosa cucina della casa, un piano più sotto di quello dov’era deceduto Rey.

“Mi sa che le sta prendendo di santa ragione.” Osservò Shi ghignando prima di immergere il volto nella sua scodella di latte caldo, mentre il soffitto sopra di lui tremava pericolosamente.

“Io lo avevo avvertito…” osservò Amlach scuotendo la testa e osservando famelico il bricco in porcellana con il caffè.

“Gli sta bene…” affermò piccato Ashuros guardando scioccato Yelle infilare nella sua bocca una manciata di more dalle dimensioni abnormi, mentre Charlotte dietro di lui annuiva con decisione.

“È proprio un pervertito.” Sentenziò Amare mescolando il suo tè, sicura che in questo momento della loro guida rimanesse solo un cadavere.

“Io lo capisco…” mormorò sognante Hiroshi passando in rassegna le ragazze al tavolo, che lo guardarono assassine.

“Bisogna riconoscere che è coraggioso.” Ammise Eran scompigliandosi i capelli con un sorriso.

“Oppure è solo stupido.” Lo gelò Osgal, seduta perfettamente composta sulla sua sedia.

“Ah, voi donne non potete capire noi uomini…” sospirò con finta rassegnazione Shoichi dondolandosi e scambiando un occhiata complice con i maschi al tavolo. Evitando il vampiro con manie di assassinio verso i don Giovanni, ovviamente.

“Ma sentilo… che scuse che inventi per la vostra perversione!” lo schernì Tara, al suo fianco, colpendolo con un cucchiaio sulla fronte.

“Le infermiere dovrebbero essere più gentili!” ribatte lui piccato di essere stato ancora una volta picchiato e alzando minacciosamente la zuccheriera.

“Mettila giù Shoichi, è da vigliacchi colpire una ragazza!” intervenne ridendo Jin, completamente ripresosi.

Il ragazzo se la fece saltare tra le mani con un ghigno di sfida sul viso, ma al terzo rimbalzo la zuccheriera sparì dalle sue mani.

“Ma cos…” esordì sbalordito.

“Tieni Asuna!” disse gentilmente Aria porgendo l’oggetto scomparso alla piccola guardia che aveva cercato invano di recuperare lo zucchero per il suo latte.

“Grazie Aria!” rispose contenta la ragazza alla vampira che sorrisefelice, mentre Shoichi s’imbronciava come un bambino a cui hanno rubato le caramelle.

“Avete già incominciato?” la voce di Miel, fece girare tutti i presenti verso la cornice della porta.

“Avevamo una fame tremenda, ma tu dormivo secca e così non abbiamo resistito.” Spiegò Gigi sorridendole e facendole cenno di sedersi a fianco a lei.

“Ehm…Miel? Rey dov’è?” chiese un’ingenua Akiko vedendo che dietro la bionda non c’era nessuno; di fianco a lei Amlach rischiò di strozzarsi per l’inutile tentativo di soffocare le risate.

Da Miel si alzò un’aura nera impressionante.

“Quel maniaco…” sibilò per poi voltarsi verso Akiko.

“…l’ho ucciso.” Sorrise con sguardo folle gelando i presenti.

“Non esagerare principessa, altrimenti poi ti prendono sul serio”

Scompigliandosi i capelli Rey entrò in cucina con la camicia slacciata e un grosso livido violaceo sul petto.

Miel arrossì all’istante e iniziò a balbettare.

“S-stammi lontano… maniaco…” Rey ghignò e cercò di avvicinarsi ma questa volta Miel ebbe un’idea geniale e corse a nascondersi dietro Ashuros.

“Ashuros… potresti…” iniziò Rey gentilmente, avvolto da una luce rosata, ma gli occhi rossi del vampiro lo fulminarono e il poveretto, imbronciato, dovette rassegnarsi e sedersi a fare colazione lontano dalla ladra, che si sedette tra Gigi e Yelle, vicina di Ashuros.

“Miel, a proposito, abbiamo dei nuovi compagni!” esordì Yelle tutta allegra, “Ti presento Hiroshi, Tara e…”

“TU?!” urlò Miel in contemporanea a Shoichi, che poco prima stava battibeccando con Tara.

“Cosa ci fai tu qui?!” ringhiò la ladra diventando di otto diverse sfumature di rosso.

“E’ un piacere rivederti biondina.” La salutò Shoichi rilassandosi dopo lo shock avuto e lanciandole uno sguardo malizioso.

“Vi conoscete?” chiese Tara perplessa.

“Sì!”

“No!” esplose Miel schifata, “Potremmo dire che siamo…rivali di lavoro.” Spiegò cercando con lo sguardo sul tavolo qualcosa di abbastanza pesante da lanciargli.

“Non mi dire…un altro fallimento di Fuffy?!” chiese Ashuros con finta aria ingenua, ricevendo un ringhio sommesso dal licantropo.

“Eccome” rispose lei, “E’…”

“Zitta!” sibilò lui sporgendosi verso di lei.

“…Oni-oji?” ma non fu Miel a completare la frase, bensì Aria, che non era riuscita a trattenersi.

Per un attimo calò il silenzio nella cucinina.

“Non sapevo leggessi il pensiero…” mormorò Shoichi con un sorriso tirato, “Mi dispiace ragazzi, ma ci tengo parecchio alla mia identità segreta…” mormorò mentre il pavimento iniziava a tremare. I ragazzi fecero per estrarre le armi quando un piccolo proiettile rosso centrò in pieno la testa di Shoichi.

“Shooooooooooo! Cosa stai combinando?!” chiese irata una piccola volpe a due code ferma sulla testa del ragazzo; le scosse si fermarono all’istante.

“Ka-chan! Non è colpa mia! Io…” iniziò a lamentarsi lui, ma la volpe lo interruppe subito.

“Ti sembra questo il modo di ringraziare chi ti ha ospitato?! Scatenare un terremoto?! Si può sapere cos’hai nella testa!? Chiedi subito scusa!” lo sgridò, come una mamma con il suo bambino, sprizzando fuoco.

“Va bene, va bene: scusa Tara! Contenta?!” borbottò lui esasperato e imbronciato.

“Meglio!” disse lei andando a sedersi sulla sua spalla.

“E tu saresti il Principe Demone!?” chiese scioccato Amlach davanti a quella scena, “Non posso crederci…” si depresse pensando che non era mai riuscito a catturarlo.

“Un altro ricercato che si aggiunge!” si depresse Asuna ricevendo pacche di conforto da Jin, che se la rideva alla grande.

Shoichi si accorse scioccato che nessuno stava prendendo le armi, cercando di catturarlo o tentando di chiamare le guardie.

Miel si accorse della sua perplessità e gli fece un cenno con la mano come a tranquillizzarlo.

“Non preoccuparti, sanno tutto anche di me e la metà di loro sono ricercati…” spiegò rassegnata ma senza poter nascondere un sorrisino.

“Mi hai rubato parecchi lavori sai? Io sono l’Assassino.” Si presentò Edward leggermente piccato, facendo scoppiare a ridere Shoichi.

“Beh, ma d’altra parte sono il migliore nel mio campo!” disse con arroganza, tanto che Ed alzò un sopracciglio scettico e Miel sbuffò.

“Ma sentitelo: ‘Sono il migliore’” mimò con una vocetta stridula, “Quando mai?!” soffiò ferita nel suo orgoglio professionale.

“Devo ricordarti cos’è successo l’ultima volta biondina!?” ribatté lui con un ghigno.

Miel arrossì.

“Che cosa è successo l’ultima volta?” intervenne Hiroshi palesemente curioso.

“Abbiamo ballato insieme al Gran Ballo in Maschera di Château du lac bleu, e poi io gli ho soffiato il bottino.” Spiegò orgoglioso. Una strana aurea iniziò a vorticare intorno a Rey, che nonostante ciò continuava a sorridere in modo inquietante.

“Ti sei fatta fregare da questo pervertito?!” le chiese Amlach scioccato dalla sua incapacità.

“NO!” urlò Miel a cui usciva fumo dalle orecchie, “Senza saperlo ci eravamo entrambi infiltrati al Ballo per rubare il rubino e per non dare nell’occhio ho dovuto ballare con lui; quando poi sono andata a cercare la pietra mi sono persa e quindi quando sono arrivata lui l’aveva già rubato e stava scappando. Abbiamo combattuto, ma nel farlo siamo riusciti a conoscere le identità l’uno dell’altro e poi il vigliacco è fuggito con il mio obbiettivo!” spiegò senza prendere fiato tra una parola e l’altra.

Shi scoppiò a ridere e Eran guardò divertito Amane.

“Non ha un gran senso dell’orientamento, vero?” chiese.

“Per niente.” rispose lei con un sospiro esasperato.

“Questa sì che è un idea geniale!” urlò invece Rey attirando l’attenzione di tutti e tirando fuori dalla tasca una mappa, “Uno degli obbiettivi è proprio Château du lac bleu, un famoso castello sul lago blu! E proprio tra due giorni ci sarà un Ballo in maschera!” 

“Sarebbe l’occasione perfetta…” mormorò Miel illuminandosi.

“Così non rischieremmo che le nostre identità venissero scoperte…” aggiunse Ed.

“E potremmo depistare le guardie reali, di sicuro sulle tracce dei ladri…” completò Amlach ricevendo un cenno d’assenso di Shi.

“Ma come facciamo a infiltrarci?” chiese pragmatica Osgal.

“Ci faremo passare per dei nobili che sicuramente non verranno! E Fantasy creerà i biglietti!” spiegò Rey sempre più convinto delle sue idee.

“Ma Fantasy ha bisogno di un modello!” obiettò Gigi.

“Non c’è problema, dovrei avere ancora quello che avevo rubato.” La rassicurò Miel correndo a prendere la sua borsa e poi infilandocisi fino alla vita.

“E’ normale che una borsa ti riesca a contenere per metà?” chiese Tara stupita.

“Incantesimo d’allargamento!” urlò dai profondi meandri della borsa Miel, prima di riemergere con un biglietto avorio con scritte dorate.

“Quante volte ti ho detto di ordinare quella borsa?!” la sgridò Mizumi entrando insieme agli altri animali e andandosi a sedere sulla spalla della ragazza.

“Fantasy saresti capace di riprodurre questi biglietti ma con nomi diversi?” chiese intanto Gigi al lemure che annuì sorridente.

“E i vestiti?” chiese Aria, scatenando un momento di panico tra i ragazzi.

“Per quelli non c’è problema: mia nonna è una sarta!” li tranquillizzò orgogliosa Tara.

“V-vestiti?!” chiese cinerea Amane, mentre Yelle la confortava cercando di non ridacchiare, “Ve lo potete scordare che io metta un vestito!” ringhiò poi con sguardo assassino.

Yelle sospirò afflitta, sapendo che nessuno sarebbe mai riuscita a convincerla del contrario.

“Che c’è? Hai paura di un vestitino? Non ti facevo così femminuccia”

Una vena iniziò a pulsare sulla fronte di Amane.

“Cos’hai detto Ricciolino?!” sibilò colpita nell’orgoglio.

“Ho detto che se sei così vigliacca da non avere nemmeno il coraggio di metterti un vestitino potevi startene a casa.” Rispose lui apatico.

“Cerchi la rissa?” chiese lei alzandosi in piedi con aria minacciosa.

“Vuoi prenderle di nuovo?”

“Non avrai paura?” ribatté lei con un ghigno.

“Quando vuoi, dove vuoi.” Rispose lui alzandosi come lei.

“Ora. Fuori” disse lei, non vedendo l’ora di fare un buon combattimento.

“A una condizione: se perdi metti il vestito. E lo scelgo io.” Disse lui guardandola fisso.

Amane esitò tanto da far ghignare il ragazzo, che così scatenò un ondata di rabbia nella rosata.

“Ci sto! Ma se perdi tu decido io il tuo vestito!” stabilì lei. Edward alzò le spalle e uscì nel giardino sul retro, seguito dalla ragazza e da un curioso Hiroshi.

“Ragazze voi venite con me, dobbiamo andare a cercare i vestiti nel laboratorio di mia nonna.” Esordì Tara uscendo e dirigendosi al secondo piano, seguita da tutte le fanciulle, chi eccitata, chi con la morte negli occhi.

Miel prima di andare lanciò il suo taccuino a Rey.

“Dentro ci sono le informazioni su tutti i nobili che ho conosciuto o ucciso.” Disse prima di sparire sulle scale.

 

Le ragazze, dapprima basite e titubanti, ben presto si lasciarono prendere dalla meraviglia, ammirando quella stanza in legno dove manichini con splendidi vestiti posavano immobili nel tempo, aggirandosi stupite tra trine, pizzi, colori sgargianti e tessuti d’ogni foggia, accarezzando le stoffe incantate. Tutto sotto lo sguardo vigile di Akane.

Intanto i ragazzi iniziavano a preparare un piano d’azione e a cercar di trovare i perfetti nobili di cui prendere il posto, anche in base a caratteristiche fisiche o di razza.

Solo Shoichi si accorse di un bambino che dallo stupite sulla porta guardava alternativamente loro e il piano superiore, stringendo forte le nocche e cercando di trattenere le lacrime.

“Oi Kaito…” iniziò a dire sorridendo Shoichi, ma il bambino lo guardò furente, bloccandogli le parole in gola, prima di lanciare un enorme sasso sulla testa di Rey che cadde dalla sedia e prese una grande botta al fondoschiena

“Ti odio!” urlò a pieni polmoni prima di scappare via.

“Moccioso…” sibilò Rey avvolto in una luce nera alzandosi in piedi con un sorriso psicopatico, tra le risate degli altri che per la prima volta vedevano Rey perdere la pazienza per qualcosa che non fosse Miel, ma Shoichi gli mise una mano sulla spalla e scosse la testa prima di correre dietro al ragazzino.

Lo trovò sul tetto del piccolo capanno vicino alla stalla, dietro alla casa, in lacrime.

“Ei, Kaito…” esordì lasciandosi cadere a gambe incrociate al suo fianco; Shoichi aveva conosciuto il fratellino di Tara durante la sua convalescenza e il ragazzino l’aveva preso in simpatia, nonché lo adorava per le storie avventurose che ogni volta gli raccontava, anche ingigantendo la realtà o inventando di sana pianta.

Kaito continuò a piangere con le mani a pugno a coprire gli occhi e Shoichi gli scompiglio i capelli blu scuro.

“Allora, cosa c’è?” chiese paziente mentre il bambino singhiozzava.

“La vuole portare via! La vuole portare via!” ripeté arrabbiato e spaventato al tempo stesso, “Mamma e papà sono morti e non li ricordo nemmeno più, i nonni non ci saranno per sempre, lo so bene, cosa faccio se si porta via anche mia sorella?” gli chiese disperato.

“Rey non vuole portartela via, stiamo solo partendo per un viaggio…” cercò di rassicurarlo il biondo.

“Bugiardo!” urlò il bambino spostandosi.

“Vi ho sentiti parlare! Siete un gruppo di fuorilegge, i soldati vi inseguono e il tesoro che state cercando è quasi una leggenda! Mia sorella potrebbe morire! Chi mi assicura che tornerà?!” lo accusò, con negli occhi una luce di sfida che mise in difficoltà Shoichi. Aveva ragione. Chi assicurava che alla fine del viaggio sarebbero stati ancora tutti insieme, sani e illesi?! Si stavano imbarcando in un’impresa folle, piena di nemici, incertezze e pericoli. Cosa poteva dire a quel bambino? Che la sorella sarebbe stata bene?! Ma era una bugia e lui non riuscì a mentire davanti a quegli occhi così seri, adulti e allo stesso tempo speranzosi, alla disperata ricerca di una certezza.

E poi capì.

Shoichi rimise la sua mano sulla testa del ragazzo e si avvicinò al suo volto per guardarlo dritto negli occhi.

“Hai ragione Kaito. Non ti posso promettere che tua sorella non morirà…” iniziò a dire mentre già gli occhi color del cielo del bambino si riempivano di lacrime, “…ma ti prometto che la proteggerà a costo della mia vita.” Concluse con un sorriso.

Kaito spalancò gli occhi.

“Davvero?!” chiese incredulo.

“Davvero.” Lo rassicurò Shoichi portandosi una mano al cuore e il bambino scoppiò a ridere.

“Allora va bene! Se uno forte come te proteggerà mia sorella, sono sicuro che tornerà!” disse con un sorriso determinato.

“Ma in cambio tu devi promettere di comportarti come un vero uomo mentre non c’è!” gli disse serio, ma senza nascondere un sorrisino l’altro.

“È un promessa!” rispose il piccolo orgoglioso, gonfiando il petto e tendendogli una mano.

“È una promessa.” Ribadì Shoichi stringendogliela e sorridendo.

“Kaitoooooo!” l’urlo di Tara richiamò i due alla realtà, che dopo essersi scambiati un’occhiata complice, scesero dal capanno.

“Kaito cos’è successo?! Perché hai tirato una pietra a Rey?! E perché stai piangendo?!” chiese con la stessa ansia mista a rimprovero che solo una sorella può provare, raggiungendo i due e notando le tracce di lacrime sulle guance del fratellino.

“Niente!” mentì lui, mentre alle sue spalle Shoichi sorrideva.

“Non raccontarmi…” iniziò lei furente ma il piccolo l’abbraccio di slancio bloccandole le parole in bocca.

“Buon viaggio sorellina! Fatti valere e vedi di tornare presto!” le disse con un sorriso gigante prima di lasciarla e correre in casa.

Tara lo seguì con lo sguardo in silenzio e poi guardò Shoichi.

“Ieri sera abbiamo litigato per questa questione del viaggio… immagino sia merito tuo vero?” chiese assottigliando gli occhi.

“Ti dovevo un favore infermierina!” rispose lui malizioso, facendole l’occhiolino e ottenendo in cambio un’espressione frustrata e imbarazzata.

“E cosa gli avresti detto?” chiese curiosa incrociando le braccia al petto.

“Segreti da uomini.” Rispose lui portando le braccia dietro la nuca e oltrepassandola tranquillo.

Dopo i primi secondi di shock Tara lo seguì ed entrò con lui in casa battibeccando.

Da una delle finestre della casa al secondo piano Amane osservava i due con un sorriso malinconico.

“Sembra di tornare indietro nel tempo…” mormorò nostalgica,” Certo che Laila avrebbe potuto avvisarmi che oltre a Jin avrei incontrato anche lui! Chi se lo sarebbe mai aspettato: il figlio di Inuzuki! Quel pazzo! Scommetto che è a fare danni con il suo amico idiota Mishima!” disse fingendosi esasperata, ma solo per non ammettere a se stessa quanto le mancassero.

 

Nella cucina la situazione era rimasta invariata, se non fosse che ora Edward sedeva rilassato su una sedia accanto agli altri, mentre Hiroshi si deprimeva in un angolo.

“Mi sono perso qualcosa?” chiese Shoichi entrando e buttandosi su una sedia.

“Direi di sì!” ghignò Jin, “Al combattimento di Edward e Amane si aggiunto anche Hiroshi, che però è stato battuto da Amane, che a sua volta è stata battuta da Edward. Quindi ora Hiroshi dovrà indossare ciò che dice Amane e lei stessa ciò che dice Edward!” spiegò ridendo, mentre il biondo si complimentava con Ed.

L’assassino intanto ripensava al combattimento di poco prima: dannazione se ci sapeva fare la ragazzina!! Per una che assomigliava a una dea aveva un modo di combattere a dir poco violento e cruento, nonostante fosse facile intravedere una certa esperienza e capacità di ragionare anche nei momenti più critici. Doveva ammettere che solo i lunghi allenamenti da assassino gli avevano permesso di batterla. E, cosa che più lo aveva lasciato stupito, aveva riconosciuto subito la sconfitta: certo, gli aveva chiesto una rivincita, ma aveva acconsentito a mettere il vestito. Lui non sarebbe stato capace di farlo. Anche Hiroshi lo aveva stupito: il controllo delle condizioni atmosferiche non era da sottovalutare, ma questo lo penalizzava nel combattimento corpo a corpo e quindi Amane aveva avuto facilmente la meglio.

“Ehi Tara” interruppe i suoi pensieri Rey, “Hai dei cavalli da usare per il viaggio?” chiese con un ghigno inquietante.

“Certo, ma dovremo viaggiare a coppie.” Rispose la mannara, che si stava già incamminando verso il piano superiore.

“Perfetto!” gioì il ragazzo avvolto da una aura nera.

“Sei davvero infido.” Gli fece notare Amlach, senza però riuscire a nascondere un sogghigno.

 

Entro mezzogiorno tutto fu pronto: i vestiti scelti e le borse con tutto l’occorrente preparato, il piano rifinito nei minimi dettagli e…i cavalli sellati e pronti al viaggio.

Miel guardò terrorizzata l’orrida bestia che la guardava con i suoi occhi a palla, scuotendo la criniera nera.

“Te lo puoi scordare che io salga!” urlò allontanandosi il più possibile da Rey, che era inquietantemente avvolto da una luce rosata piena di cuori e roselline mentre apriva le braccia come ad invitarla a corrergli incontro.

Spaventoso.

Purtroppo le altre ragazza avevano preso la cosa con filosofia e, dopo varie minacce di morte ai ragazzi nel caso avessero allungato le mani, si erano accomodate insieme al ragazzo che preferivano rispetto agli altri, ma senza secondi fini. Ovviamente.

“Se osi anche solo toccarmi dovranno recuperare i tuoi resti sparpagliati per il terreno!” ringhiò nuovamente la bionda vedendo che il ragazzo aveva iniziato ad avvicinarsi, ma quello continuò a sorridere malizioso e a camminare. Ed era quella la cosa che la irritava di più: nonostante tutte le minacce serie che potesse lasciargli, quell’idiota se ne fregava altamente e continuava a fare quello che stava facendo.

“Ashuros aiutami!” invocò il vampiro, giocando l’ultima carta che le rimaneva, ma il peggior nemico dei pervertiti, che era occupato a cercar di tenere ferma Yelle davanti a lui che a furia di sporgersi per accarezzare il cavallo sarebbe caduta, si limitò a scuotere la testa.

“Miel non esagerare, devi solo andare a cavallo con lui, se poi farà qualcosa di pervertito…” l’allusione fece venire i brividi a Rey, ma gettò nel panico la ladra.

“Traditore!” urlò additandolo ferita e indietreggiando, prima di inciampare e finire a terra.

In meno di un secondo l’ombra di Rey la oscurò e la sua mano si protese verso di lei.

“Se non vieni di tua spontanea volontà ti dovrò prendere con la forza, lo sai vero?!” chiese con un leggero accenno di minaccia nella voce e Miel, cercando di mantenere la dignità rimasta, si alzò in piedi da sola e si portò al fianco del gigantesco stallone nero che l’aspettava.

Dopo averlo guardato male per qualche secondo, tremante mise un piede sulla staffa e con un balzo cercò di saltare in sella.

Con lo splendido risultato di scoprire di non arrivarci e ricadere a terra.

Amlach soffocò a stento una risata mentre Akiko, tra le sue braccia, le rivolgeva un sorriso d’incoraggiamento.

Miel stava già per riprovarci quando all’improvviso le mancò la terra sotto i piedi e si ritrovò tra le braccia di Rey.

“Non abbiamo tutto il giorno, principessa!” le ricordò spazientito, prima di montare in sella con un balzo elegante.

“Ma come…?” chiese stupita guardandolo, ma lui le rivolse un sorriso enigmatico e fece partire il cavallo al trotto, zittendo così la ragazza che affondò il viso nella sua camicia artigliandolo con le mani per la paura.

 

Per arrivare al castello del Ballo impiegarono una giornata e mezza di viaggio a cavallo, con una sosta per la notte in una radura, durante il quale la strana compagnia che si era riunita intorno all’enigmatico biondo ebbe tempo di conoscersi e stringere legami.

Era già pomeriggio inoltrato quando decisero di fermarsi per cambiarsi i vestiti e le ragazze si inoltrarono in una radura più distante di quella dove si erano fermate, fiduciose che Ashuros sarebbe riuscito a fermare tutti i pervertiti. Forse.

Appena le ragazze furono sparite tra il fogliame, tutti lanciarono un occhiata ad Ashuros che sembrava avvolto da un aura omicida incredibile e i cui occhi rossi sembravano dire “Provate a fare qualcosa e vi succhio tutto il sangue che avete in corpo”, e poi sospirarono delusi iniziando a spogliarsi.

“Bisogna dire che hanno trovato un ottimo alleato…” mormorò divertito Edward togliendosi i vestiti per indossare una camicia bianca leggermente aperta sul petto che lasciò fuori dai pantaloni neri in pelle, con una grossa cintura nera e un mantello del medesimo colore. Un perfetto Duca D’Angers, semplice, serio ma elegante.

“Poi chiamano me cane, intanto lui si comporta come il loro cucciolo…” osservò sprezzante Amlach, spogliandosi e guardando con sfida Ashuros, anche lui liberatosi dei suoi vestiti.

“Cerchi la rissa Fuffy?” chiese tranquillo inclinando la testa e facendo baluginare i canini.

“Ma che perspicace! L’hai capito da solo o te la suggerito la tua baby-sitter!?” ringhiò il licantropo.

“Ragazzi, calmatevi!” intervenne Eran, anche lui semi-nudo, piazzandosi tra i due, “Non potete odiarvi solo perché siete di razze diverse!” fece notare cercando di placare gli animi.

“Stanne fuori tu!” gli sibilarono, prima di cercare di colpirsi con un pugno in volto. Peccato che Eran non si fosse spostato e li prese lui i due colpi.

“L’avete voluto voi…” ringhiò a sua volta, con una luce assassina negli occhi, prima di tirare un calcio in pancia a Amlach e un pungo in volto ad Ashuros, con una velocità inumana.

“Rissa!” urlò Shi gioioso lanciando via i pantaloni e lanciandosi al centro della mischia a testa bassa.

Anche Jin, che aveva voglia di muovere la mani dopo esser stato bloccato a letto per ben una notte, scagliò via la maglia e seguì Shi.

Purtroppo la sua camicia colpì in faccia Ed che, irato, si arrotolò le maniche fino al gomito e inseguì Jin con l’intenzione di fargli ingoiare la maglia senza accorgersi di ciò che c’era insieme a quella.

Nel farlo urtò Hiroshi che in mutande si lanciò nella rissa per vendicare il suo onore e andò a sbattere contro un completamente nudo, per strani motivi, Shoichi che rispose con un pugno nello stomaco che lo scagliò contro Rey che, ancora arrabbiato per non aver potuto dare una sbirciata ad una certa bionda, decise saggiamente di scaricare la sua depressione sugli altri. Dimenticandosi i vestiti, ovviamente.

La più grande battaglia di nudisti era ormai iniziata.

Non solo volavano calci, pugni e sberle, ma anche camicie, mantelli, mutande, stivali e tutto ciò che capitava sotto mano ai ragazzi.

Ma ciò le pure e ingenue ragazze che entrarono nella radura non potevano immaginarlo nemmeno nei loro incubi peggiori.

“Siete pront…” la voce di Osgal si spense per lo shock e per la prima volta da quando la conosceva, Eran la vide spalancare la bocca.

“Una rissa?” chiese ingenua Akiko dietro di lei, l’unica già pronta oltre alla vampira e alla povera Asuna diventata di mille tonalità di rosso.

Stavano per richiamare la loro attenzione quando un povero Jin svestito venne lanciato fuori dalla mischia e cadde addosso alla guardia, schiacciandola a terra.

“Asuna?!” chiese scioccato, ma senza poter impedire ai suoi occhi di osservare lo scollo dal bordo dorato del vestito in velluto rosso che indossava la ragazza, a maniche lunghe, dal gomito in giù bianche, aderente fino alla vita e poi leggermente scampanato.

“Kyyaaaa!” emise Asuna imbarazzata come mai e soprattutto disarmata, tirando una ginocchiata all’inguine del ragazzo che venne sbalzato nuovamente nella mischia.

Vedendo che nessun’altro si era accorto di loro e che la rissa continuava, Osgal con una velocità incredibile decise di intervenir e tirò un pugno in testa a tutti i ragazzi della radura che si bloccarono per il dolore, per poi ritornare al fianco di Akiko che aiutava Asuna a rialzarsi.

“Avete dieci minuti da ora per prepararvi.” Minacciò seria senza nemmeno arrossire, nonostante i ragazzi non stessero nemmeno provando a coprirsi.

“Altrimenti?” la punzecchiò Eran, notando che in quel vestito nero dal corpetto stretto a maniche corte in vita e la gonna ampia in tulle, sembrava molto più femminile del solito.

“Vi uccido.” Disse senza nessuna inflessione nella voce.

I ragazzi si gelarono sul posto.

Poi si girò e se ne andò a passo lento, seguita da Asuna che si chiedeva come avrebbe fatto a guardare in faccia il suo accompagnatore per tutta la serata.

Akiko salutò contenta i ragazzi e Amlach le si avvicinò, ancora in mutande e con un sorriso malizioso sul volto.

“Stai bene con questo vestito.” Osservò guardando il grazioso corpo della ragazza fasciato in un vestito in seta viola con un ampio scollo e lunghe maniche aderenti fino al gomito e che poi si aprivano ad ala, con il corpetto stretto e un fiocco in vita nero che riprendeva i bordi con lo stesso tessuto nero.

“Grazie mille!” rispose lei genuinamente contenta facendo un giro su se stessa, con segreta soddisfazione del licantropo.

“Ma…” aggiunse poi perplessa e senza il minimo rossore sul volto, “…Perché Shoichi è completamente nudo?” chiese al licantropo, che si girò a fulminare il nudista che mandava un bacio alla ragazza, per poi mettere una mano sugli occhi puri della ragazza e spedirla dietro Osgal e Asuna, esasperato da tanta svampitezza.

Lentamente i ragazzi, leggermente delusi per non aver finito la loro scazzottata, tornarono a rivestirsi.

Dieci minuti dopo Osgal tornò nella radura a ispezionare la situazione e dopo essersi accorta che tutto era al suo posto, chiamò le ragazze, nascoste poco più indietro, terrorizzate dopo il racconto dell’orrore di Asuna.

Piano piano tutte quante entrarono: la prima coraggiosa fu Yelle, orgogliosa di come le stesse il lungo vestito bianco e azzurro scuro con il corpetto a lacci nella parte davanti e con le maniche che si allargavano al polso, come delle calle, che si precipitò da Ashuros che nella sua camicia bianca leggermente slacciata con gilet nero chiuso, pantaloni neri e pelliccia di licantropo, avrebbe fatto battere il cuore a più di una fanciulla.

Il Duca di Sang e la sua promessa, la Marchesa di Vent.

A seguire entrò Gigi, nel suo vestito lillà chiaro arricciato sotto il seno e senza maniche e con in testa una coroncina di fiori del medesimo colore, che dopo aver scrutato la camicia viola di Shi abbinata a dei pantaloni neri e mantello dello stesso colore, compiacendosi segretamente di come stessero bene i loro vestiti insieme lo raggiunse.

Sarebbero stati i giovani Marchesi di Feu Violet, dal sud di Elmar.

Dopo di lei Tara, con lo stesso vestito di sempre, raggiunse Shoichi che la guardava con il suo sorriso malizioso, vestito con dei pantaloni al gnocchi neri con pizzo nero, camicia nera con decorazioni dorate, mantelletta nera e cappello con piuma bianca.

I conti di Moonshine.

A seguire ovviamente Akiko che guardò ammirata Amlach, maestoso nella una giacca argentata aperta e lunga fino a metà polpaccio con ricami più chiari e decorazioni in argento come gli spallacci e l’enorme monile sulla cintura nera che teneva la camicia grigia e i pantaloni neri, e raggiuntolo si complimentò per come gli stesse.

Il Lord guerriero di Tera e la sua fidanzata elfica, Livienne.

Anche Asuna, ripetendosi che le guardie non hanno paura, raggiunse Jin imbarazzato quanto lei ma in modo meno visibile, con una camicia bianca leggermente sbottonata che permetteva di vedere una catena dorata al collo, come le rifiniture della lunga giacca nera, come i pantaloni, il mantello senza cappuccio e gli stivali.

I Conti di Break, Giselle e Alec.

Poi arrivò Aria, che indossava lo stesso vestito di sempre con l’aggiunta di una fiocco salmone in vita, e raggiunse il povero Hiroshi, cercando di non scoppiare a ridere, infilato in una calzamaglia salmone abbinata a una camicia giallo canarino con un gilet prugna, il tutto coronato da una grossa gorgiera candida.

Il conte Larve, famoso per il suo pessimo gusto, e la nobile Arianne.

Edward guardò fisso le fronde, in attesa della propria compagna, curioso di sapere se alla fine si era messa davvero il vestito che aveva scelto. Lentamente Amane uscì dall’ombra dei pini e guardando fissi i suoi piedi camminò verso Edward, che sorrise nel vedere l’abito blu senza maniche con varie trine è un fiocco davanti, arricciato e con il bustino stretto, mentre la sottogonna era nera; l’abito che aveva scelto lui e che, onestamente, le stava molto bene. Ed era perfetto per la promessa sposa del duca di Vein, la marchesa di Melody.

“Non una parola” ringhiò lei e Ed ridacchiò guardandola. Non che avesse bisogno di parlare; le sue occhiate esprimevano benissimo quello che pensava.

Rey guardò perplesso tra le fronde, alla ricerca di una familiare chioma bionda.

“Osgal!” chiamò la ragazza intenta a discutere del comportamento che avrebbero dovuto assumere come duchi di Lambert, con Eran, elegante nei suoi pantaloni grigi scuri con stivali neri alti al ginocchio, camicia bianca e gilet stretto, “Dov’è Miel?” chiese perplesso, mentre le ragazze si guardavano tra di loro.

“Non ha voluto cambiarsi con noi…” mormorò Aria.

“E ci ha chiesto per favore di non andarla a cercare.” Concluse stranita Gigi, che comunque non avrebbe mai tradito la fiducia della compagna.

“Dov’è andata?” chiese il biondo.

Il silenzio regnò nella radura.

“Di là.” Rispose poi Ashuros dopo aver annusato l’aria, ricevendo occhiata assassine da pressoché tutte le ragazze.

“Amlach!” lo rimproverò Akiko gonfiando le guance e il licantropo distolse lo sguardo.

“Tanto Rey lo sa già…” borbottò a sua discolpa, mentre l’amico spariva di corsa tra gli alberi.

 

"Dannati lacci, dannati corpetto e dannati vestiti!” borbottava intanto agguerrita Miel, in una piccola radura solitaria, lottando con i molteplici lacci sul retro del corpetto del suo vestito blu notte, dalla gonna ampia ma sul davanti corta fino alle ginocchia e con un delizioso corpetto stringato con le maniche corte che però lasciavano nude le spalle. Già delizioso e assolutamente impossibile da allacciare!

Stava già per lanciare l’ennesima imprecazione, quando colse un fruscio alle sue spalle.

Di scatto si girò e scagliò un pugnale d’ombra, ma la figura scomparve per riapparire a tre centimetri dal suo viso mentre il pugnale si conficcava nel tronco di un albero.

“Kyaaaa!” urlò Miel cadendo all’indietro e facendo scoppiare a ridere Rey di gusto, “Devi smetterla di teletrasportarti Rey! Hai capito?! Basta!” urlò incavolata nera additandolo mentre con l’altra mano cercava di tenere su il corpetto del vestito.

“E tu dovresti piantarla di lanciare pugnali, principessa” osservò tenendole una mano che la ragazza osservò diffidente.

“Che ci fai qui?” gli chiese sospettosa.

“Sono venuto ad aiutarti” rispose con un sorriso malizioso che fece arrossire Miel, “Non penserai di riuscire ad allacciarlo da sola vero?! Certo, potresti chiedere a una delle ragazze, ma così vedrebbero il tatuaggio…” spiegò afferrando il polso di Miel e tirandola su con la forza.

“Ehi!” urlò lei indispettita allontanandosi e guardandolo assassina.

“Ti stanno aspettando tutti.” Le fece presente lui e Miel, dopo qualche secondo, mentre il sangue fluiva come impazzito nelle sue guance, gli diede le spalle scostò i capelli.

“Ma guai a quello che fai!” ringhiò con la voce tremante.

Rey le si avvicinò e Miel sentì le sue dita fredde tracciare il contorno del suo tatuaggio a metà della schiena, scatenandole piccoli brividi lungo il corpo.

Poi lentamente e con delicatezza iniziò a intrecciare e stringere tutti i lacci del corpetto, fino ad arrivare all’ultimo in alto.

“Fatto.” Sussurrò soddisfatto all’orecchio della ragazza, mentre le sue dita le allacciavano al collo un fiocco blu notte con decorazioni argentate.

Quando finalmente si allontanò da lei, facendole così finalmente connettere il cervello, aveva un sorriso stampato in faccia che avrebbe illuminato a giorno una notte di tempesta.

“G-grazie…” mugugno Miel senza osare guardarlo negli occhi, chinandosi a prendere il mantello blu notte, che le aveva comprato lui, a terra per poi metterselo sulle spalle.

“Andiamo?” le chiese con un’espressione così soddisfatta che Miel avrebbe voluto prenderlo a ceffoni.

Prima di rispondere si prese una decina di secondi per calmarsi e ammirarlo: con la camicia bianca, i pantaloni blu scuro, il mantello come il suo e il cappello dello stesso blu sicurissimo con una piuma bianca, sembrava un principe delle favole.

Ma lei era una ladra, non una principessa, si ricordò da sola avvicinandosi e dicendogli che potevano andare.

Ma mentre lui le circondava la vita con un braccio, una vocetta nella testa gli urlò che nemmeno Rey era un principe, ma un ladro.

 

 

Una volta giunti anche loro nella radura si presero qualche secondo per ripetersi i punti principali del piano.

“Allora,” esordì Rey, “Partiremo a scaglioni ed entreremo divisi nel castello; ricordatevi che noi non ci conosciamo, comportatevi come perfetti sconosciuti, non fate niente che non sia strettamente necessario.” Ricordò e tutti annuirono concentrati.

“Aspetteremo quindi la mezzanotte per agire, quando tutti saranno stanchi e ubriachi! Al primo rintocco del grande orologio del castello, ogni coppia si posizioni vicino a finestre, porte, vie d’uscita, balconi…tenete d’occhio l’area circostante e cercate di non dare nell’occhio! A questo punto Ed e Amane dovranno filarsela di nascosto e andare a rubare la mappa.”

“Ancora non ho capito perché devono andare loro due!” si lamentò Tara che non vedeva l’ora di entrare in azione, guadagnandosi un occhiataccia da Amane.

“Semplice” intervenne Miel prima che partisse una rissa tra le due che sembravano non andare d’accordo, “Il potere magico di Edward è il più adatto per questo genere di lavoro e la capacità di creazione di Amane potrebbe essere straordinariamente utile; inoltre… beh, la marchesa di Melody è famosa per le sue sbronze colossali, potrebbe servirvi come scusa per  allontanarvi” spiegò tralasciando che era famosa anche per ehm… il rapporto appassionato con il promesso, anche alle feste e ogni volta che era ubriaca,: Amane l’avrebbe uccisa se l’avesse scoperto!

“Anche per l’uscita, mantenete la calma e comportatevi normalmente. Il punto di ritrovo è qui, lo stesso che abbiamo dati ai vostri cuccioli, che intanto veglieranno ai vari crocicchi insieme a Charlotte che non arrivino visite inaspettate.”

“Qualche domanda?” chiese infine Rey.

Tutti scossero la testa.

“Perfetto. Si parte.” Annunciò Rey indossando la sua maschera blu notte con decorazioni argentate che copriva fino agli zigomi, come quella di Miel che però era più femminile e ricordava una farfalla.

Jin e Asuna la indossarono rossa con decorazioni nere, Yelle e Ashuros rispettivamente bianca e nera ma della stessa forma con le decorazioni del colore opposto, Osgal e Eran grigia perla, Amlach e Akiko argentata, Gigi e Sei viola con decorazioni nere, Edward e Amane blu, Tara e Shoichi nera e Aria e Hiroshi salmone.

Poi a coppie salirono sui rispettivi cavalli e a distanza l’uno dall’altro partirono con l’adrenalina che iniziava a scorrere come impazzita nelle vene.

 

 

Già da lontano si poteva vedere l’enorme castello in pietra illuminato da centinaia di fiaccole, che maestoso si sbagliava a ridosso della montagna, affacciandosi sul lago blu che rifletteva la luce della luna pallida.

Era il momento.

Con sguardo fiero e il cuore che tremava, una a una le coppie scesero dai cavalli e li diedero agli scudieri lì fuori, poi si salutarono tra loro con la tipica cortesia degli sconosciuti e infine oltrepassarono il grande portone di legno del castello per poi entrare nel Salone dei Balli.

Era tutto così luminoso e caotico che al primo impatto i ragazzi si sentirono confusi e persi: una folla di gente mascherata ballava e cantava, le signore facevano volteggiare le gonne dei loro abiti di mille colori, il profumo del cibo si mischiava ai mille altri degli ospiti, le luci dei grossi lampadari davano una luce irreale al momento.

Era il caos.

Quelli che più sembravano smarriti erano i Dragon Slayer e fu una fortuna che avessero accanto i compagni a prendersi cura di loro.

L’obbiettivo sarebbe stato quello di stare il più lontano possibile dalle persone, mantenendosi in disparte, ma le prime note dell’orchestra, mandarono in frantumi i loro piani: se non volevano essere scoperti dovevano assolutamente ballare.

I primi a scendere in pista furono Amlach e Akiko, che fece gli occhi dolci al licantropo perché la portasse a ballare.

Amlach era abituato, non era il primo ballo a cui partecipava dati i suoi obblighi da generale, ma non aveva mai provato un tale piacere nel danzare con un ragazza come quello che stava inconsapevolmente provando: Akiko era tremendamente leggere e fragile fra le sue braccia, tanto che quando la faceva girare aveva il terrore che altri ballerini gliela soffiassero senza che nemmeno se ne accorgesse, ma sembrava una piccola fata che volava sfiorando a malapena il terreno.

La ragazza dal canto suo si stava divertendo come mai e non faceva altro che sorridere smagliante al suo accompagnatore e ridere insieme a lui.

Fu circa durante il terzo ballo, che lo sguardo di Amlach sembrò oscurarsi.

“Cosa c’è?” chiese preoccupata Akiko inclinando la testa e scrutandolo con i suoi occhioni cioccolato.

“Niente.” Mormorò lui distogliendo lo sguardo e facendole fare un elegante giravolta.

“Bugiardo!” ridacchio lei quando ritornò tra le braccia del licantropo, sembrava una bambola rispetto a lui, “Allora? Mi sto iniziando a preoccupare.” Disse sorridendo, un sorriso che le si spense quando vide lo sguardo serio di Amlach.

“Stavo ripensando…” mormorò lui senza distogliere i suoi occhi di ghiaccio, “A quello che è successo durante la missione…sembravi…terrorizzata da me.” Pronunciò infine pensando a come la ragazza dopo averlo visto con la spada che aveva estratto dal corpo di Jin, l’avesse guardato come se avesse visto il proprio incubo e fosse entrata in una specie di stato di trance.

Akiko spalancò gli occhi sorpresa e poi li abbassò colpevole.

“Mi dispiace…” rispose, “Ma non è colpa tua…Sai che sto cercando la pietra vero? Quello che non ho detto è che l’hanno rubata quelli di Black Star… il giorno dello sterminio del mio villaggio.” Svelò rivolgendogli uno sguardo triste.

“Cosa è successo?” chiese Amlach, completamente assorbito da lei, senza accorgersi più di ciò che li circondava.

“I miei genitori erano appena morti, uccisi davanti ai miei occhi: l’attacco era stato troppo rapido perché il villaggio potesse difendersi. Si udivano solo urla, pianti, risate sadiche e il crepitare del fuoco che divorava ogni singola cosa. Mi avevano preso, stavano giocando con me, insultandomi o torturando il corpo dei miei davanti ai miei stessi occhi. Ma una bambina che piange e basta non è divertente a lungo…ben presto decisero di porre fine alla mia vita e fecero per conficcarmi una spada dritta nel cuore. Chiusi gli occhi d’istinto, spaventata, ma quando gli riaprii l’unica cosa che vidi fu il sorriso di mia sorella e la spada che le spuntava dal petto. Si era sacrificata per me, si era frapposta fra me e il colpo. E sorrideva. Sorrideva come a dirmi che mi amava, che ne valeva la pena. Fu quello a scatenarmi e mentre l’uomo scaraventava il suo corpo lontano e ammirava il sangue colare sulla lama, il mio potere di sacerdotessa si sbloccò e io spazzai via qualsiasi cosa fosse rimasta al villaggio.” Terminò, “Per questo le spade insanguinate mi spaventano.” svelò con un sorriso triste.

Amlach era paralizzato: ne aveva viste di cose orribili, di atti senza pietà e ne aveva commessi altrettanti, ma pensare che una bambina così fragile avesse dovuto affrontare queste cose lo rendeva incapace di qualsiasi pensiero razionale. Poi una rabbia inumana iniziò a crescergli nel petto e istintivamente strinse di più a sé la ragazza, tremando dalla rabbia.

L’avrebbero pagata.

L’avrebbero pagata.

Stava per dirlo alla ragazza che il grande orologio scandì il primo rintocco di mezzanotte e i ragazzi, dopo un’occhiata complice, si allontanarono verso la finestra col balcone orientale; il passato lasciò spazio al presente.

 

Anche Yelle si era subito lanciata in pista, trascinando uno stranito Ashuros che non aveva avuto modo di rifiutarsi con lei. Nonostante stessero ballando, Yelle non la smetteva un secondo di parlare, ma la cosa più straordinaria è che ad Ashuros faceva stranamente piacere, non solo perché Yelle non lo obbligava a rispondere, non cercava minimamente di forzarlo, ma perché il modo così semplice e ingenuo di quella ragazza di vedere la realtà lo attraeva. Aveva vissuto in un mondo di sangue, tradimento, solitudine, pensava ormai non ci fosse altro e che il suo desiderio di vivere una vita normale fosse destinato a morire, eppure aveva incontrato quella ragazza che pur non avendo avuto un passato facile non faceva altro che ridere e parlare, di cercare di coinvolgerlo piano piano, di interessarsi a lui.

Era… strano. Quella era l’unica parole che veniva in mente al ragazzo mentre la faceva volteggiare. Strano.

 Ma piacevole; sì sicuramente piacevole.

Yelle invece non riusciva a non sentirsi affascinata da quel ragazzo: così diverso da lei! Eppure le sembrava così tanto solo… Forse era per questo che le piaceva così tanto vederlo sorridere: era una specie di momento magico e inaspettato, ma soprattutto raro, e lei era orgogliosissima di esser una delle poche a farlo addirittura ridere. Ormai l’aveva presa come una missione, non sapeva nemmeno lei bene perché, forse era solo il suo cuore a imporglielo: doveva fare felice Ashuros.

Il primo rintocco di mezzanotte fece tacere per la prima volta Yelle che si separò da Ashuros cercando di capire dove dovessero andare; sopprimendo il fastidio che aveva provato nel vederla allontanarsi così in fretta, l’afferrò per un polso e la trascinò verso la porta orientale prima che venisse travolta dalla folla di ballerini.

 

Al contrario il primo ragazzo a prendere l’iniziativa fu Jin.

“Vuole concedermi questo Ballo?” chiese con tono scherzoso facendo un inchino ad Asuna, che si imporporò.

“V-veramente io…” iniziò lei, ma il ragazzo l’afferrò per una mano e la portò al centro del salone iniziando a ballare con lei.

Dopo qualche minuto d’imbarazzo iniziale Asuna non riuscì a non trattenere un sorrisino divertito.

“Ti diverti?” le chiese sinceramente interessato Jin, che esplose in un sorriso smagliante al vigoroso intuire della ragazza.

“Milady vuole concedermi questo ballo?” chiese un pomposo ragazzino infilandosi improvvisamente tra i due e prostrandosi con fare untuoso.

“No, Milady non vuole. È mia per tutta la sera!” ringhiò Jin spintonando via l’inopportuno ammiratore di Asuna che rabbrividì di terrore alla vista degli occhi assassini del ragazzo, che prese la sua bella e tornò a ballare.

“Poverino, era terrorizzato…” mormorò divertita Asuna.

“Se lo meritava!” borbottò Jin, stringendola di più a sé e guardando ogni essere maschile, comprese piante e oggetti inanimati, presente in quella sala con crescente odio.

La ragazza arrossì ma non riuscì a trattenere una risata, che d’istinto soffocò nella spalla di Jin.

Continuarono a danzare fino al rintocco della mezzanotte, quando entrambi furono costretti a interrompersi per andare posizionarsi a uno dei balconi meridionali.

“Cosa c’è?” chiese Jin preoccupato sentendo tremare la mano di Asuna intrecciata alla sua.

“N-Niente…” mormorò lei, “È che al contrario di Amane non sono riuscita a nascondere la mia spada sotto il vestito e disarmata mi sento a disagio. Lo so che anche tutti voi siete disarmati ma io non so usare la magia! Se dovesse accadere qualcosa…” spiegò preoccupata.

“Ti proteggerà io!” intervenne Jin orgoglioso, ma la ragazza gonfio le guance.

“Non sono una damigella in pericolo, sono un’aspirante guardia! Voglio combattere anche io!” ribatte offesa.

Il ragazzo parve rifletterci un attimo, poi si illuminò.

“Trovato. Se succede qualcosa io metto fuori combattimento il primo idiota con la spada che passa e poi te la do. Va bene?” chiese.

“Perfetto!” ripose lei rassicurata seguendolo ancora con la mano ancorata alla sua.

 

 

Anche Eran aveva seguito l’esempio di Jin e provato a portare a ballare Osgal, che nonostante lo avesse lasciato fare rimaneva rigida tra le sue braccia.

Dopo il terzo ballo in completo silenzio, Eran sospirò e guardò con un sorriso triste, che non contagiò gli occhi, la vampira.

“Mi odi davvero così tanto? Solo perché sono… quello che sono?” mormorò cosciente chenonostante il caos lei potesse sentirlo benissimo.

Quelle parole, o forse ancor di più il dispiacere nei suoi occhi, spiazzò Osgal.

“Io..” mormorò prima di bloccarsi. Io cosa?! Per anni aveva detto ad Aria di odiarlo, attribuendo ciò alla sua natura, al fatto che fosse una “cosa illegale”, ma era solo una menzogna. Una menzogna che si raccontava ogni giorno quando se lo trovava davanti. Perché la verità è che non riusciva ad accettare che ciò che la legge stabilita dal consiglio dei vampiri più anziani aveva deciso rispetto a quelli come lui, definiti aborti, potesse sbagliare, non riusciva ad accettare che in realtà si era affezionato a lui, che lo trovava… simpatico. Ma cosa poteva dirgli se la guardava così? Di sì? Anche dopo aver iniziato questo viaggio? Dopotutto che male c’era nell’essere figlio di un amore così forte da sorpassare qualsiasi barriera?

“…No.” Pronunciò infine con a bassissima voce, tanto che Eran temette d’aver capito male, “Non ti odio per questo. Non ti odio in generale.” Svelò mentre per la prima volta da tempo immemore sentiva le guance imporporarsi leggermente, mentre guardava interessata i piedi del suo partner.

“Davvero?!” chiese sbalordito Erano.

“Se ho detto no, è no!” sbottò lei irritata da tutta quella sorpresa fulminandolo, ma il ragazzo scoppiò a ridere.

“Scusa, ma pensavo davvero che mi volessi uccidere. Basta, ora sono contento.” Disse orgoglioso approfittando dell’improvvisa apertura che aveva scorto nella ragazza, del suo improvviso rilassamento, per farla girare e stringerla più a sé.

“Non ti montare la testa, ho detto che non ti odio, non che mi piaci.” Specificò lei, cercando di recuperare la sua freddezza, mentre il ragazzo continuava a ridacchiare.

“Va ben, va bene. Sarà meglio andare ora, l’orologio sta suonando.” L’avvisò il ragazzo e appena lei annuì, si mosse diretto al balcone orientale.

 

Hiroshi aveva avuto davvero dei problemi a contenersi tra tutte quelle donne, ma le gomitate che ogni tanto Aria gli tirava bastarono a calmare i suoi bollenti spiriti e a portarlo a ballare.

La ragazza era davvero incuriosita da quel ragazzo che assomigliava in maniera terribile ad un bambino, così curioso, che faceva domande su tutto, innocente ed ingenuo, quasi senza accorgersi di quello che diceva.

Ad Aria ispirava quasi un istinto di protezione, di dolcezza.

Un po’ meno quando cercava di mettere le mani addosso ad una altra donna “Per scoprire se i libri di Wong avevano ragione!”, ma alla fine erano riusciti ad arrivare entrambi al primo rintocco di mezzanotte e a posizionarsi al balcone settentrionale.

 

Qualche problema lo avevano invece avuto Shi e Gigi; per l’esattezza il problema principale era stato quello di riuscire a non massacrare il compagno mentre ballavano. Se Shi faceva apposta a far girare così forte Gigi, a ghignare ogni qualvolta la ragazza inciampava o a stuzzicarla sulla sua altezza, cosciente del fatto che non poteva picchiarlo davanti a tutti, Gigi gli aveva pestato i piedi così forte da farlo ululare, gli aveva stretto così forte la mano da farla scricchiolare e aveva tirato delle ginocchiate poderose e aggraziate alle sue parti intime da fargli venire gli occhi lucidi.

Ah, l’amore.

Fu provvidenziale l’intervento di un vecchio trombone che chiese di ballare con Gigi, presentandosi con un nome pomposo e lunghissimo indice di appartenenza ad una delle classi più alte e del fatto che non avrebbe accettato un no dalla ragazza.

Gigi stava già cadendo nel panico cercando un scusa valida per rifiutare, quando Shi le pose una mano sulla testa.

“Mi spiace signore, ma non posso permetterle di ballare con lei;” disse cortesemente assumendo un espressioni di scuse, “vede,“ aggiunse poi a bassa voce, fingendo di non doversi far sentire da Gigi, “a causa di uno spiacevole incidente ha dei problemi di autocontrollo e scatti di violenza, guardi solo come ha ridotto la mia mano! Sono l’unico al momento che possa trattenere la furia di questa povera fanciulla.” Spiegò con tono da martire mentre Gigi, per sostenere la sua tesi gli tirava un calcio negli stinchi.

“Buona fortuna.” Mormorò allora il trombone prima di scappare via spaventato.

Appena fu a distanza i due scoppiarono a ridere di gusto, tanto che per non attirare l’attenzione Gigi dovette appoggiare la fronte alla spalla del ragazzo mentre Shi immergeva il volto nei boccoli biondi.

“Hai visto la sua faccia?!” chiese Gigi singhiozzando, “Era in preda al panico!”

“E come non esserlo, mi hai praticamente rotto una gamba sorridendo come una pazza psicopatica!” aggiunse lui con le lacrime agli occhi.

“Però devo ringraziarti, sarei morta piuttosto che ballare con quel vecchio maniaco!” disse lei schifata, prima di rivolgergli un sorriso grato.

“Di niente.” Rispose lui sorridendo.

Sorridendo. Non ghignando.

“HAI SORRISO!” urlò Gigi prima che lui le tappasse la bocca con una mano, “Hai sorriso!” ripete abbassando la voce, ma Shi ghignò.

“Sono sicuro che ti stai sbagliando. Devi aver visto male.” Si difese prima che il rintocco della mezzanotte impedisse Gigi di continuare.

 

Shoichi invece aveva dovuto portare al centro della pista Tara praticamente con la forza, e la ragazza non faceva altro che guardarlo male e ringhiargli contro ogni due per tre di tenere le mani a posto. A buon ragione ovviamente.

“Si può sapere perché non riesci a rilassarti un attimo?!” le chiese infine esasperato Shoichi stringendosela contro con la forza.

“Perché non mi fido di te! Razza di maniaco!” ribatté lei arrossendo.

“Ma non ti fidi di nessuno.” Le fece notare lui perforandola con i suoi occhi color del mare.

Lei rimase spiazzata e distolse lo sguardo.

“O sbaglio?” insistette lui.

Lei rimase in silenzio e Shoichi le prese il mento con la mano, così da obbligarla a guardarlo.

“Lasciami stare!” ringhiò lei cercando di ritrarsi, ma Shoichi non la lasciò.

“Mi dispiace ma non posso lasciarti in pace, ho una promessa da mantenere.” Le disse dolcemente prima che le lanciette segnassero l’inizio del nuovo giorno e loro fossero costretti a lasciare il discorso in sospeso e scivolare verso uno dei balconi orientali.

 

 

Miel aveva guardato le coppie disperdersi e il panico l’aveva presa: non era abituata. Da tempo non camminava tra la gente, la confusione la spaventava, il non aver tutto sotto controllo la faceva sentire insicura. D’istinto si aggrappò alla manica della camicia di Rey, che la guardò intenerito.

“Andiamo a ballare?” le chiese gentile prendendola per mano.

“Non sono capace!” svelò lei terrorizzata, ma il biondo scoppiò a ridere.

“Tutte le principesse sanno ballare.” Ribatte sicuro, ma la ragazza abbassò lo sguardo e sorrise malinconica.

“È passato troppo tempo ed ero troppo piccola…” stava già dicendo, ma il ragazzo la condusse gentilmente in pista.

“Fidati.” Le disse con uno sguardo di cui Miel non avrebbe mai potuto dubitare.

“Ecco, brava…metti questa mano sulla mia spalla…” le disse mentre metteva una mano dietro la sua schiena e intrecciava le dita dell’altra a quella della ragazza, “E ora seguimi.”

E iniziarono a ballare.

Aveva dimenticato quanto le piacesse ballare, era un vita che non danzava.

Un sorriso illuminò il suo volto e Rey rimase incantato a guardarla per qualche secondo, poi si riprese.

“Ti stai divertendo?” le chiese.

“Sì…” mormorò imbarazzata dopo che lui l’ebbe fatta girare.

“Visto che ti ricordavi?!” le rifaccio contento mentre lei alzava gli occhi al cielo.

“Va bene, va bene...avevi ragione! Contento?!”

“Molto!” rispose lui facendola ridacchiare.

“E tu?” chiese poi lei all’improvviso perdendo il sorriso e scrutandolo indagatrice, “Balli bene. Troppo bene per un semplice ladro.” Spiegò e improvvisamente il mondo intorno a loro scomparve. C’erano solo loro due.

“Un ladro non può saper ballare?!” chiese Rey senza perdere il suo sorriso, ma Miel percepì che si era irrigidito e negli occhi c’era una strana diffidenza.

“Non così.” Rispose lei sempre più certa di ciò che diceva, “Tu sai tutto di me, ma io cosa so di te? Mi chiedi di fidarmi di te, ma perché tu non lo fai con me?” chiese sentendo il cuore stringerglisi mentre realizzava la verità.

“E se non avessi niente da nascondere?” tentò ancora di raggirarla.

“Bugiardo!” lo accusò di cercando di allontanarsi, ma il ragazzo la strinse a s’è.

“E se ti dicessi che non è semplicemente il momento? Ti fideresti?” le chiese serio.

Avrebbe voluto rispondere di no, ma una strana tristezza e rassegnazione che vide nel profondo dei suoi occhi grigi e quel sorriso malinconico di chi si aspetta un no, la bloccarono.

“Me lo dirai?” rispose invece appoggiandosi sfinita alla sua spalla. Sorprendendolo.

“Sì, te lo prometto.” Sussurrò al suo orecchio, “Ma solo quando sarà tutto finito.” Aggiunse poi mentre batteva il primo rintocco di mezzanotte così che Miel non sentì.

 

 

Quando Amane aveva visto tutti compagni scendere in pista a ballare aveva avuto il terrore che Ed facesse la stessa cosa e l’aveva guardato di sottecchi, ma il ragazzo era impassibile come al solito.

Ad un certo di punto Ed richiamò la sua attenzione.

“Io esco sul balcone. Odio ballare.” Le disse prima di voltarsi e uscire sul balcone deserto lì vicino.

Amane rimase un attimo lì imparata, scervellandosi sul significato nascosto di quelle parole: voleva che andasse con lui o che rimanesse lì? Cosa doveva fare?!

Stava già per cadere nel panico, quando la vecchia sé le diede un calcio mentale: ma cosa stava facendo?! Lei non voleva essere di certo abbordata da uno di quei damerini mentre indossava un tale vestito, quindi sarebbe uscita! E se a Ed non stava bene, affari suoi! Anzi, meglio! Lei faceva quel che voleva.

A passo di marcia seguì il ragazzo.

Quando Ed sentì dei tacchi risuonare sulla pietra alle sue spalle sorrise, ma fu veloce a nasconderlo.

“Anche io odio ballare.” Esordì Amane appoggiandosi alla ringhiera del balcone a fianco dell’assassino.

Rimasero a osservare la luna sottile per alcuni minuti in completo silenzio.

Fu Amane la prima a parlare.

“Come si chiamava?” chiese all’improvvisa continuando a guardare la signora della notte.

“Amamya.” Rispose lui secco mentre i suoi occhi si velavano di tristezza.

“E le volevi molto bene.” Era un affermazione, non una domanda, quindi Ed stette in silenzio.

“Dev’essere bello sapere che da qualche parte c’è ancora qualcuno che ti ama come solo una famiglia può amarti.” Sospirò lei improvvisamente sorridendo mesta alla luna.

Il ragazzo si girò e guardarle e i suoi occhi chiedevano esplicitamente una spiegazione.

“Black Star ha sterminato la mia famiglia, i miei amici, il mio villaggio…tutto ciò che avevo di più caro; ma cosa peggiore, io mi sono alleata con loro. Ho seguito i loro ordini. Mi sono lasciata addestrare da loro. Ho vissuto con loro. Ho tradito la mia famiglia.” Ringhiò stringendo le nocche a pugno, “Ma mi sono vendicata. Li ho uccisi tutti. O almeno credevo. E sai una cosa?!” chiese sorridendo amara, “Non provo un briciolo di sollievo, di soddisfazione. Niente. Anzi, mi sento più sola che prima.” Svelò prima di abbassare gli occhi.

Edward non disse ancora niente e Amane lo ringraziò mentalmente di questo. Perché non c’erano parole che potessero aiutarla. Sono i gesti che cambiano una persona, dopotutto.

Il rintocco di mezzanotte li riscosse ed entrambi uscirono dai loro ricordi, pronti alla nuova missione.

“Cosa facciamo?” chiese Amane mentre l’adrenalina le scorreva in corpo al posto del sangue.

“Fingiti ubriaca.” Le rispose lui tranquillo.

“Cosa?!” ribatte lei orripilata.

“O ti fingi ubriaca o devo farti ubriacare davvero.” La minacciò lui serio, “Non è che non sei capace di recitare?” suppose poi ferendo l’orgoglio della rosata, che di slanciò lo afferrò per il colletto e soffio: “Stai a vedere!”

Soddisfatto Edward prese in braccio la ragazza che cominciò a ridacchiare come un oca, stringendo le braccia al collo di Edward.

Nessuno prestò loro attenzione, nemmeno quando si inoltrarono nell’ala del castello che in teoria avrebbe dovuto essere privata e in partica era adibita alle coppiette ubriache.

Due guardie si avvicinarono loro per chiedere cosa stessero facendo.

“Non mi sembra difficile da indovinare.” Rispose ironico e malizioso Ed, mentre Amane stampava un bacio sul collo di Ed e faceva l’occhiolino alle guardie, che scoppiarono a ridere e lasciarono passare i ragazzi che si rinchiusero in una camera.

All’istante Amane si allontanò dall’assassino che si concesse un ghigno.

“Niente male!” commentò facendola diventare bordeaux.

“Che orrore! Non mi sono mai sentita tanto stupida in vita mia!” ribatté lei schifata sfregandosi le labbra e notando leggermente delusa che Ed era ancora impassibile.

“Passeremo da fuori. Stai indietro che fondo le grate.” Le disse prima di voltarsi e andare alla finestra; e se Amane lo avesse visto in volto avrebbe notato che le sue guance erano in fiamme.

Dopo dieci minuti erano entrambi in equilibrio su un cornicione del castello, le mani aggrappate ai pugnali che Amane aveva creato con la cetra che si era legata ad una coscia sotto il vestito.

“Ma chi me l’ha fatto fare!” mugugnò terrorizzata guardando i sette metri di dislivello che li separavano dal giardino.

“Concentrati: siamo arrivati.” La rimproverò Ed fondendo le grate e la finestra della stanza con la mappa.

Entrati si stupirono di come il loro obbiettivo fosse al centro della stanza, perfettamente visibile, ma velocemente fusero la teca e si apprestarono a tornare.

Mentre erano di nuovo sul cornicione, Edward notò delle strane fiaccole in lontananza.

Un brutto presentimento gli attanagliò lo stomaco.

“Sbrigati Amane!” la incitò, accelerando.

In una decina di minuti riuscirono a ritornare al salone e appena i compagnia videro la faccia allarmata di Ed cercarono di dirigersi verso l’uscita il più veloce e silenziosamente possibile.

Perché un assassino non si scompone mai per niente.

“Edward cosa sta succedendo?” gli sussurrò preoccupato Rey trascinandosi dietro Miel.

Ma proprio mentre tutte le coppie si riunivano e oltrepassavano il cancello del castello il verso d’allarme di un falco risuonò nella notte.

“Garret!” urlò Miel mentre il falco nero si posava sul suo polso.

“Non è possibile…” mormorò ascoltando i pensieri del suo messaggero preferito e proprio mentre pronunciava queste parole, davanti a lei si accesero una miriade di torce.

L’esercito era lì.

Per loro.

Per un secondo i ragazzi caddero nel panico, ma Rey fu il primo a riprendersi.

“Cosa state facendo ragazzi?! Siamo maghi e loro semplici soldati!” urlò mentre il suo bracciale in argento diventava un enorme spadone a due mani.

“Era da un po’ che non combattevamo seriamente effettivamente.” Osservò Amlach sorridendo sadico mentre l’oscurità si avvolgeva attorno ai suoi pugni.

“Vediamo chi di noi ne abbatté di più!” porrose eccitato Shi creando un alabarda di fuoco.

“Vuoi essere umiliato?!” ribatte Gigi spiegando le ali.

“Finalmente un po’ di sano combattimento. Tranquilla Asuna, ci metterò un attimo!” rise Jin mentre delle piccole scariche schioccavano intorno al suo corpo.

“Non abbiamo scelta.” Osservò Osgal snudando i canini.

Eran si guardava intorno preoccupato: cosa poteva fare?! Era disarmato e non aveva poteri magici ma…

“Eran trasformati!” gli urlò Aria scoprendo anche lei i canini e rimpiangendo la sua amata balestra.

“No!” urlò Eran terrorizzato.

“Aria ha ragione: trasformati!” gli ordinò Osgal.

“Non posso!” urlò addolorato Eran, “Se lo faccio scopriranno che…” mormorò a bassa voce.

“…che sei un incrocio tra un licantropo e un vampiro?! Mi dispiace ma l’abbiamo capito tutti.” Lo interruppe sprezzante Ashuros estraendo il suo pugnale.

“Cosa?!” boccheggiò il ragazzo incredulo.

“Beh non era molto difficile da capire…” spiegò Miel, “Ogni volta che sento il tuo odore immagino Ashuros e Amlach che si abbracciano…”

“Che schifo!” brontolò il vampiro.

“E poi i tuoi occhi sono un chiaro segno…” osservò Amane mentre Yelle, che era già in volo annuiva.

“Io non c’ero arrivato…” ammise ridendo Hiroshi mentre il cielo si rannuvolava.

Eran scosse la testa chiedendosi con che gruppo di pazzi si fosse imbarcato e poi sorrise con il fuoco negli occhi.

“L’avete voluto voi…” mormorò, prima di accucciarsi. Il suo corpo iniziò a cambiare, le ossa del viso ad allungarsi, il pelo a crescere, la pupilla ad ingrandirsi e in un battito di ciglia al posto di Eran c’era un gigantesco lupo con il pelo al garrese cioccolato.

“Che carinoooo!” mugolò Akiko con grande disapprovazione di Amlach.

“Concentrati!” la rimproverò ma Akiko inciampò e cadde faccia a terra.

Esasperato il licantropo andò a rimetterla in piedi.

“Questo vestito mi intralcia!” si lamentò, presentando a tutte le altre un grosso problema; ma la soluzione vincente fu ancora una volta di Amlach che si inginocchio davanti a lei e, afferrati i lembi del vestito creò due enormi spacchi ai fianchi che di poco non raggiungevano l’intimo per poi con un pugnale d’ombra accorciarlo fino a metà coscia.

“Grazie Amlach!” lo ringraziò la ragazza accarezzando la testa del ragazzo, troppo occupato a preoccuparsi per la sua sorte alla vista di Giada, che lo fulminava dicendo che se la sarebbero vista dopo, per accorgersene.

MA dopo alcuni attimi d’imbarazzo tutte le ragazze, minacciando i ragazzi di morte atroce, strapparono i loro vestiti come Akiko; Yelle però non riusciva a strappare la fodera in seta, famosa per la sua proprietà d’essere intaccabile, e quindi intervenne Ashuros che pianto i canini nel vestito e li usò per provocare gli spacchi e per accorciarlo. Avrebbe voluto seppellirsi quando Amane gli sibilò: “Maniaco!”

 

L’esercito davanti a loro era scioccato e spaventato. Chi erano questi ragazzi che non si erano nemmeno scomposti alla loro vista e stavano scherzando tra loro tranquillamente, ignorandoli?! Ma cosa ancora più preoccupante: erano maghi?! Vampiri?! Licantropi?!

Il panico serpeggiò tra le fila e il comandante irritato da quella codardia diede il segnale di carica, partendo lui stesso per primo in sella al suo cavallo bianco come la neve e sfoderando un gigantesca spada a due mani.

E l’esercito scattò.

 

Il primo a muoversi fu Rey, che si teletrasporto accanto al generale e con la sua spada lo disarcionò.

“Mi dispiace ma credo che non catturerete nessuno oggi.” Lo stuzzicò cercando di staccargli la testa con un colpo al collo, ma l’uomo riuscì incredibilmente a parare.

“Con chi credi di avere a che fare ragazzino? Non crederai di potermi battere solo perché sei un mago?! Ma non preoccuparti: chi ha detto che dobbiamo catturarvi vivi?” urlò prima di esplodere in una grassa risata.

Rey perse il suo ghignò e punto la spada davanti a lui.

“Mi faccia vedere allora.” Lo sfidò prima di teletrasportarsi nuovamente dietro l’avversario.

“Con piacere.” Rispose l’uomo parando e cercando di perforargli la pancia.

 

Miel guardò senza volerlo Rey e gli corse dietro, ma a metà si trovò circondata da un manipolo di guardie.

“Arrenditi ragazzina!” le urlarono puntandogli le lance alla gola, ma guardando il corpo scoperto di lei.

Miel scoppiò a ridere.

“Non sapete cosa state dicendo!” li avvertì inclinando la testa, gli occhi blu che rilucevano alla luce delle torce dietro la maschera.

Poi sprofondò nell’ombra.

“Non vi ha insegnato nessuno come ci si comporta con una donna?!” sibilò all’orecchio di una guardia riemergendo alle sue spalle e soffocandola con un una frusta d’ombra, per poi calciare via il corpo e facendo segno con un dito alle altre di andarle incontro.

“Fatemi vedere cosa sapete fare.” Ghignò.

 

Amlach si lanciò con una foga assassina nel combattimento, non risparmiando nessuno; i suoi artigli d’ombra affondavano nelle gole delle guardie senza che i suoi occhi mostrassero la minima pietà, le ombre smembravano i suoi avversari senza che nemmeno lui se ne accorgesse, la morte lo seguiva come un ombra mentre un sorriso sadico fioriva sul suo volto.

Solo una cosa lo tratteneva dal trasformarsi in licantropo e lasciarsi prendere completamente dalla furia: Akiko. La ragazza si era trasformata parzialmente in Gatta mannara e combatteva in maniera straordinaria, le guardie cadevano sotto i suoi artigli ed era talmente rapida che le spade non la sfioravano nemmeno. Gli unici problemi erano che, innanzitutto non colpiva abbastanza forte le guardie da ucciderle e quindi Amlach doveva fare tutto il lavoro sporco per lei, e in secondo luogo inciampava anche senza vestito e il ragazzo doveva proteggerla all’ultimo. Se si fosse trasformato, l’avrebbe persa di vista e chi poteva anche solo immaginare che fine avrebbe fatto quella stordita!

 

Invece la gara tra Shi e Gigi procedeva benissimo: il ragazzo falcidiava con le sue armi infuocate qualsiasi cosa che respirasse vicino a lui, ghignando a tutto spiano e contando ad alta voce e così irritando la Dragon Slayer, che inseguiva in volo le guardie per poi abbatterle con enormi massi che alzava e scagliava grazie alle radici che spuntavano dal terreno. Il culmine lo raggiunse quando sradicò letteralmente una zolla di terra così grande che abbatté in un colpo solo una trentina d uomini; Shi invece manipolò tutte le fiamme delle torce, che attaccarono le persone che le tenevano, dando loro fuoco e divorando le loro carni.

Due demoni usciti dall’inferno, pronti a cogliere le anime di coloro che li ostacolavano.

 

Hiroshi scatenava insieme a Jin tempeste di fulmini tutt’intorno a loro, pari a dei abbattevano i nemici avvolti da folgori che brillavano a contrasto con le nubi nere del cielo. Jin inoltre non disdegnava il combattimento a mani nude e caricava i nemici che alla sua vista indietreggiavano terrorizzati; nello stesso tempo teneva sotto stretto controllo Asuna che con la spada che gli aveva procurato abbatteva elegantemente tutte le guardie che le si facevano incontro pensando fosse l’anello debole del gruppo. Quale errore. La ragazza, migliorata anche grazie al Dragon Slayer del fulmine, precisa e micidiale colpiva di piatto nei punti scoperti i nemici facendoli svenire o tagliava loro i legamenti delle articolazioni rendendoli così incapaci di reggersi in piedi o di tenere un arma.

 

I figli della notte potevano invece cenare saziandosi del sangue delle guardie, che ormai in preda al panico cercavano invano salvezza.

Veloci come ombre si spostavano tra i nemici e alle spalle affondavano loro i canini nel collo, come se fosse burro.

Il sangue colava sui loro colli alabastrini e gli occhi rossi brillavano come braci ardenti, svelando la loro natura di demoni.

E se Aria e Osgal riuscivano a non uccidere le vittime, che comunque cadevano al suolo prosciugate, Ashuros non si faceva scrupoli. Più sangue beveva in quel momento, meno sete avrebbe avuto poi e più facile sarebbe stato trattenersi con i compagni feriti: non voleva assolutamente che finisse come con Jin.

Le ragazze sembravano agli occhi degli uomini angeli della morte, giunte solla terra per punire i loro peccati. Un solo loro sguardo aveva il potere di paralizzarli sul posto. Un solo sguardo li faceva desiderare di morire per mano loro. Un solo sguardo e gli uomini perdevano la loro anima.

 

Poco lontano due lupi compivano una strage di nemici; Tara, una grande lupa bianca con sfumature grigio-azzurrine sul muso e sulla coda e con la grossa pietra ambra incastonata sulla fronte, squarciava le gole balzando sui nemici mentre le loro spade si scontravano contro lo scudo proiettato dalla pietra, ed Eran abbatteva i nemici e piantava nel loro petto i suo artigli che rilucevano letali alla luce della luna.

 

Shoichi le scoccava di tanto intanto delle occhiate ammirate, mentre la terra tremava sotto i suoi piedi; dalle spaccature che creava fuoriusciva lava incandescente che eseguiva ogni singolo ordine del Principe dei demoni, diventando arma, scagliandosi e avviluppando tra le sue spire la vittima, nutrendosi della sua carne. Un sorriso amaro sul suo volto mentre le guardie tentavano inutilmente di raggiungerlo, già con la morte negli occhi.

 

Amane e Yelle lottavano come sempre schiena contro schiena, proteggendosi l’un l’altra. L’elfa scatenava la potenza dei venti creando tornadi e piccole tempeste, sferzando i nemici e impedendo loro di avvicinarsi; Amane con la sua spada abbatteva senza pietà chi sopravviveva alla furia dell’amica, la sua lama che tracciava ampi cerchi, lunghi tagli nella carne di quegli uomini, che trapassava senza difficoltà le armature, che rompeva le spade e lance nemiche.

 

La sua unica distrazione: Edward Yoshina. L’Assassino.

Fermo tra decine e decine di corpi corrosi, arti e membra sparse e irriconoscibili, mentre gemiti di dolore, urla strazianti, vane preghiere per mettere fine alle loro sofferenze si alzavano nell’aria della notte intorno a lui che osservava gelido l’uomo sdraiato ai suoi piedi, con le gambe spezzate e le ossa bianche che uscivano dal ginocchio insieme a fiori di sangue, che piangeva e supplicava il perdono. Senza incertezza negli occhi. Senza pietà. Senza anima.

Un assassino è solo un assassino.

“Dimmi,” lo incitò gelido lasciando colare delle gocce d’acido sui polsi dell’uomo che iniziò ad urlare, “Chi vi ha mandato?” chiese impedendo con un piede che l’uomo provasse a girarsi sulla pancia e a strisciare via.

“N-NOOOO….” Urlò la guardia impazzita.

“Ho chiesto chi vi ha mandati.” Ripetè lasciandone colare una maggior quantità.

“I-il re…IL RE!” urlò contorcendosi come un verme.

“Come ci avete trovati?” chiese ancora mentre adesso l’acido lo lasciava colare all’altezza dell’ombelico dell’uomo.

“N-non…non lo so!” urlò sputando sangue.

“Come. Ci. Avete. Trovati!” sibilò Edward premendo l’intera mano sulla pancia dell’uomo che esplose in un grido disumano.

“U-un mago…d-dicono che il r-re… sia un mago!” rivelò con gli occhi insanguinati e la schiuma bianca alla bocca.

Edward parve rifletterci in silenzio.

Poi si alzò.

“Un traditore come te non merita una morte indolore.” Sentenziò prima di coagulare nella mano e poi lasciar cadere all’altezza del cuore un goccia di acido rosso. Acqua Regia. L’acido peggiore in assoluto: ci avrebbe impiegato due ore di atroce sofferenza per raggiungere il cuore e a quel punto lo avrebbe ucciso. Non c’era possibilità di fermarlo né di morire prima o alleviare la pena.

 

La fine della battaglia la decretarono l’arrivo dei famigli, in particolare Mizumi e il lupo, che misero in fuga le ultime guardie.

Rey dopo uno strenuo combattimento in cui aveva deciso di rinunciare alla magia, infilzò il cuore del comandante che cadde in ginocchio.

“Solo lui combatteva così…” mormorò guardando il ragazzo che estraeva la spada,

”Ma sappi che non hai speranze Rey…non contro di lui…” gli rinfacciò beffardo prima di cadere faccia a terra, nella polvere e nel sangue.

“Staremo a vedere.” Rispose lui pulendo la spada nel mantello e ritrasformandola nel bracciale; poi sorrise e raggiuse gli altri.

“Tutto bene, principessa?” chiese alla bionda scompigliandole i capelli.

“Sì, era da un po’ che non combattevo sul serio!” disse con un sorriso ma notando con disappunto che mentre lei era ferita, Rey era perfettamente immacolato.

“Se ti vestirai tutte le volte così, prometto di portarti più nemici!” ribatté lui malizioso scrutando lentamente le gambe nude di lei.

“MANIACO!” urlò prima di tirargli un pugno in testa da farlo stramazzare e allontanarsi impettita da lui.

Gigi e Shi erano un davanti all’altro, tesi e seri come non mai.

“Al tre.” Propose lei.

“Al tre.” Acconsentì lui.

“Uno”

“Due.”

“CINQUANTASEI!” urlò Gigi.

“CINQUANTASETTE” urlò in contemporanea Shi.

Per un attimo ci fu silenzio, poi Gigi cadde a terra distrutta.

“H-ho preso…” mormorò affranta mentre l’elfo scoppiava a ridere.

“HO vinto! Ho vinto!” iniziò a canticchiare saltandole intorno.

“Povero Shi…” commentò Akiko attirando lo sguardo perplesso di Amlach.

“Gigi odia perdere.” Svelò facendo scoppiare a ridere il licantropo, nel momento esatto in cui Gigi si alzava avvolta da un aura nera e si lanciava all’inseguimento di un terrorizzato, o almeno così sembrava, Shi.

Intanto Yelle aveva raggiuto il suo vampiro preferito.

“Tieni.” Disse gentile porgendogli un fazzolettino bianco, che doveva essere un rimasuglio del suo vestito. Il ragazzo la guardò perplesso e allora l’elfa rise e si sporse verso il suo volto, iniziando a pulirlo con delicatezza.

“Eri sporco di sangue.” Spiegò sotto lo sguardo scioccato di Ashuros, che per reazione istintiva arrossì. Per la prima volta arrossì.

Per poco Charlotte non svenne.

Osgal guardò insieme ad Aria, in un brodo di giuggiole, la scena scuotendo la testa, ma Eran la guardò di sbieco.

“È una bella cosa che vadano d’accordo, Osgal!” la rimproverò, ma lei stette in silenzio e Aria annuì canticchiando avvolta da cuori e cherubini.

Jin e Asuna intanto si complimentavano a vicenda, e la ragazza in particolare lo ringraziava e gli chiedeva altri aiuti per migliorare.

L’unico che non partecipava a quel momento di riunione era Edward che guardava l’uomo che aveva avvelenato contorcersi da lontano, impassabile.

“Non ce n’era bisogno.” Gli disse Amane affiancandolo.

Edward non disse niente.

La ragazza sospirò delusa e quando capì che non avrebbe nulla raggiuse la vittima di Edward, estrasse la spada e le tagliò la testa.

Poi tornò da lui, che la guardava muto.

“Solo perché ti danno dell’assassino, non che devi comportarti così” gli disse e per la prima volta negli occhi di Ed si accese della sorpresa.

Approfittandone Amane lo afferrò per un polso.

“Andiamo, ci aspettano.” Gli disse trascinandolo dietro di sé verso gli altri che li chiamavano.

 

 

 

Allora!? Ancora vivi?! Spero di sì, perché ho bisogno di aiuti per imparare a descrivere bene i combattimenti di massa: il mio punto debole! Quindi giù coi consigli! Non preoccupatevi se non ho dato lo stesso spazio a tutti, è perchè per altri ho i mente altri momenti!! Visto che i vestiti erano troppo complicati da descrivere, eccoli qua quelli che sono riuscita a mettere:

 

 Tatuaggio di Miel: 

Amane:


Ashuros:https://www.google.it/search?hl=en&site=imghp&tbm=isch&source=hp&biw=1280&bih=637&q=ezio+auditore&oq=ezio+audito&gs_l=img.3.0.0l10.1273.3338.0.5380.11.7.0.4.4.0.81.480.7.7.0....0...1ac.1.26.img..0.11.518.li6I-GCmsFo#facrc=_&imgdii=_&imgrc=LavF7cg4y6vq1M%3A%3B4KKX04Hqwpw1BM%3Bhttp%253A%252F%252F2.bp.blogspot.com%252F-nLgseoX80p4%252FUZwYPKBusPI%252FAAAAAAADsGk%252Fs9ugohv5CjI%252Fs400%252FEzio-Auditore-Desmond-assassin-creed-rock-the-sims-b.jpg%3Bhttp%253A%252F%252Fmysims3blog.blogspot.com%252F2013%252F05%252Fassassims-creed-ezio-auditore-desmond.html%3B1200%3B900 più il mantello di licantropo XD

Amlach:

Osgal: http://www.google.fr/imgres?safe=active&biw=1600&bih=775&tbm=isch&tbnid=tAIzWvQNzEa-EM:&imgrefurl=http://grandepassionemoda.wordpress.com/category/abiti-da-posa/&docid=RDRSnb0Y7WxH3M&imgurl=http://grandepassionemoda.files.wordpress.com/2012/11/abito-da-sposa-nero-gotico-lacci-bustino.jpg%253Fw%253D870&w=400&h=580&ei=nj4zUoO9M-Kv0QWVhYCwBA&zoom=1&iact=hc&vpx=1342&vpy=180&dur=1063&hovh=270&hovw=186&tx=199&ty=162&page=1&tbnh=139&tbnw=96&start=0&ndsp=49&ved=1t:429,r:12,s:0,i:116


Shoichi:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Gelosia e Verità ***


Yoooooo minna! Finalmente sono qui! Vi lascio solo al capitolo che spero davvero vi piaccia dato che io sono molto soddisfatta! Un grazie ad Andry che mi ha sopportato, lo ha letto in anteprima per darmi un giudizio e mi ha aiutato a correggere alcuni dialoghi dei capitoli indietro!

 

 

Gelosia e Verità

 

 

Era ormai mezzogiorno passato quando i ragazzi iniziarono ad aprire gli occhi, circondati da profonde occhiaie per la notte insonne. Dopo la vittoria contro l’esercito, si erano messi subito in marcia per mettere più distanza possibile tra loro e il castello e avevano camminato fino all’alba lungo le coste del lago, arrivando dal lato opposto, dove si erano addormentati stanchi come non mai; tranne i vampiri che erano andati a caccia e poi avevano fatto la guardia durante il loro riposo.

Erano tutti sdraiati in un piccola fascia erbosa al limitare della riva sabbiosa del lago, vicini alle braci di un fuoco fievole tenuto vivo dai vampiri e avvolti nei loro mantelli e nelle coperte che Miel aveva tirato fuori dalla borsa per stare al caldo; al contrario dei primi giorni di viaggio non c’era più una linea invisibile a dividere la zona dei ragazzi e quella delle ragazze, ma erano tranquillamente mischiati. Anche perché le ragazze si sapevano difendere benissimo da sole.

Asuna, abituata ad alzarsi presto la mattina, fu la prima a riprendersi completamente e dopo aver guardato divertita le sue amiche che si alzavano come morti viventi, Miel in particolare, chiese a Fantasy l’occorrente per preparare un buon caffè e del latte per tutti, mentre Aria la aiutava cercando i biscotti e Osgal si scambiava fredde occhiate con Ashuros, seduto a debita distanza.

Dopo dieci minuti in cui la ragazza scaldava le bevande al centro del cerchio che i ragazzi imbambolati e affamati avevano inconsapevolmente formato intorno a lei, ognuno ebbe tra le mani la sua colazione.

“E ora? Cosa si fa?” chiese Giada, interrompendo per prima quel silenzio sonnolento che regnava tra loro.

“Dormiamo…” mormorò Miel cadaverica prima di cadere a peso morto all’indietro con un biscotto in bocca per metà, sotto lo sguardo scioccato della maggior parte dei presenti.

Ed si limitò a scuotere la testa, prima di iniziare a litigare tramite occhiatacce con Amane per chi avrebbe bevuto il bis di caffè.

“E i tuoi allenamenti?” la pungolò Amlach, mentre riempiva un’altra ciotola di latte per Akiko, la terza per la precisione.

Un mugolio si alzò lamentoso dal mantello blu.

“Credo stia dicendo che non gli interessa e che vuole solo dormire!” tradusse ridacchiando Aria, leggendogli la mente, mentre Eran iniziava a ridere.

Allora Yelle e Gigi, scambiatasi un’occhiata complice e completamente ripresesi dopo il caffè, presero la rincorsa e con uno scattò si lanciarono sulla ragazza.

“SVEGLIAAAAA!” urlarono alla povera bionda, schiacciata a terra e con il famoso biscotto incastrato in gola, ma minimamente intenzionata ad alzarsi o aprire gli occhi.

“Certo che è testarda…” mormorò Akiko, leccandosi i baffi di latte sorridente e porgendo nuovamente la tazza ad Amlach, scioccato.

Vedendo che non ottenevano grandi risultati, Yelle decise di passare all’arma finale.

“Altrimenti diciamo a Rey di svegliarti…” sussurrò subdola all’orecchio della ragazza, facendo ghignare la maggior parte dei presenti, dotati di un udito sviluppato.

“Sono sveglia!” balzò subito in piedi lei nel panico, mentre i due geni del male si rotolavano per terra dalle risate.

Persino Osgal, che sembrava più rilassata del solito, rise cristallina.

“Voi siete infide!” le accusò allora Miel risedendosi imbronciata.

“Tornando all’argomento di prima, cosa facciamo ora?” chiese Eran curioso di conoscere il prossimo obbiettivo.

I ragazzi tornarono seri e Rey, che fino a quel momento aveva seguito confuso gli strani scambi di battute delle ragazze, estrasse dalla giacca la sua fidata mappa per spianarla nell’erba davanti sé mentre tutti gli si stringevano intorno.

“Il nostro prossimo obbiettivo è la capitale del Regno dei Nani: Kibil-nâla.” Spiegò indicando le montagne sulla pergamena, “A quasi due settimane di cammino da qui; anche se poi dipende dalla velocità con cui ci spostiamo.”

“Dobbiamo rubare la mappa a dei Nani?” chiese Shoichi mentre Ed corrugava le sopracciglia: i Nani non erano da sottovalutare, per niente; erano molto più scaltri degli umani, nonché testardi, orgogliosi ed estremamente violenti. Il combattimento corpo a corpo con loro era un’idea suicida, anche per dei maghi, dato che le loro armature resistevano a qualsiasi cosa, magia compresa.

“Sarebbe una pazzia.” Rispose infatti Rey confermando i timori dei ladri e dei generali del gruppo, “Il pezzo di mappa che ci serve si trova nella castello del re, Gabilgathol: una fortezza in pietra impenetrabile, senza punti deboli o vie di fuga. Inoltre il sistema delle guardie è molto meglio strutturato dei nostri e non abbiamo possibilità di camuffarci: è impossibile, a parte forse per Miel e Gigi, farci scambiare per dei nani a causa dell’altezza. Per non parlare dei nuovi misteriosi re che sembrano guidare il popolo nanico: Dainvin e Brynherkinher. Non so nemmeno se siano i loro veri nomi…suonano più come appellativi, onorifici…Li convinceremo a prestarcela.” Spiegò concentrato senza dar peso a quello che aveva appena detto, mentre gli altri lo seguivano senza perdersi una parola.

“Che. Cosa. Hai. Detto?!” sibilarono le due bionde saltando in piedi e tirando in sincrono un poderoso pugno sulla testa del ragazzo, che preso alla sprovvista non riuscì a schivarlo. Shi ghignò sadico all’indirizzo di Gigi.

 Le due stavano per passare alle maniere forti quando Aria le spiazzò.

“Ci sei stato.” Disse sorpresa con voce fioca guardando Rey stupita ma senza vederlo davvero; tutti si bloccarono e fissarono il biondo, anche Shi e Gigi che si stavano accapigliando perché il ragazzo aveva “ghignato in un momento poco opportuno”.

“Sì.” Rispose lui secco dopo qualche secondo di silenzio, prima di abbassare lo sguardo e riprendere a osservare la mappa, “…molto tempo fa e neanche allora riuscì anche solo a vedere i due Re.”

Le maestose e sfocate immagini che Aria aveva fin d’ora visto vorticare nella mente del ragazzo sparirono, lasciando posto all’immagine della cartina.

Una smorfia si dipinse sul volto di Miel, scocciata: un altro punto interrogativo che si aggiungeva alla lista! Fantastico! Ma ricordandosi le parole che le aveva rivolto al Ballo e la promessa fattale, si costrinse a risedersi al fianco del biondo con un piccolo sbuffo. Tutti gli altri dopo qualche secondo di esitazione si rilassarono nuovamente, chi più chi meno: Tara non riuscì a trattenersi dall’allontanarsi leggermente dal ragazzo e Osgal strinse le labbra in una linea sottile, piccata.

“Quale strada ci convince prendere?” intervenne Jin con un sorriso, spezzando il pesante silenzio che era calato sul gruppo.

Rey accennò un sorriso in risposta, rilassando anche lui i muscoli che aveva inconsciamente contratto.

“Dobbiamo continuare a seguire il lago fino a che non incontreremo la Men Losse, la grande strada che attraversa le montagne; da lì proseguiremo nei boschi costeggiandola fino a giungere al confine. Giunti al passo ci inventeremo qualcosa per convincerli a farci passare…”

“Di questi ultimi tempi lasciano passare molti meno forestieri, ma come biasimarli? Meno hanno a che fare con il nostre Re, meglio è per loro.” Commentò Amlach cupo mentre Shi annuiva.

“Questo lasciatelo a me!” esordì Jin sorprendendo tutti, con un sorriso convinto.

“Cos’hai intenzione di fare?” chiese Ashuros incrociando le braccia e scrutandolo come a volergli carpire il segreto dall’anima.

“Direi che è ora di svelarvi un mio piccolo segreto…” ridacchiò lui prima di alzarsi in piedi e, tanto veloce che le ragazze non ebbero il tempo di chiudere gli occhi, si tolse la camicia.

Sotto di esse brillava alla luce del sole una cotta in maglia finissima che sembrava fatta di argento liquido.

“Mithril!” esclamò Ashuros riconoscendo il pregiato e rarissimo materiale, “Come l’hai avuta?” chiese, non capacitandosi del fatto.

“È uno dei lasciti di mio padre prima di scomparire; è fabbricata dai nani per le persone che stimano o per i loro amici, ci faranno entrare se gliela farò vedere. E chissà… magari scoprirò un po’ di più sul mio vecchio.” spiegò con un sorriso mesto risedendosi e rinfilandosi la camicia; alla vista di quella espressione, Asuna non riuscì a non farsi prendere dalla tristezza per lui e un’ondata di dolcezza sembrò sgorgarle dal cuore, così appoggiò una mano su quella di Jin e gli rivolse quello che sperava fosse un sorriso confortante.

Il ragazzo parve sorpreso ma subito si rallegrò del gesto ed esibì il suo migliore sorriso, stringendo la piccola mano della guardia, che arrossì, nella sua.

Gli altri fecero finta di non vedere e cominciarono a preparare le proprie cose, pronti per incamminarsi.

Dopo alcuni minuti erano tutti pronti e ridendo e scherzando si avviarono lungo la riva del lago; camminarono all’ombra del bosco, tra la riva e gli alberi, fino a pomeriggio inoltrato, di buona lena, fermandosi solo per una breve pausa pranzo.

Il carro del sole stava iniziando a discendere nella volta celeste, quando Yelle si fermò all’improvviso e si lasciò cadere per terra all’indietro.

“Basta!” mugugnò incrociando le braccia, mentre tutti si fermavano e la guardavano perplessi. Accanto a lei si lasciò cadere sdraiata Gigi insieme ad Akiko, subito seguite da Miel.

“Non potremmo fermarci per oggi? Siamo ancora stanche da stamattina!” supplicò Akiko facendo gli occhioni dolci ad Amlach, che guardò dall’altra parte imbarazzato.

“Mmh… potrebbe essere pericoloso…” osservò Ed guardando anche la altre ragazze sedersi esauste; ma dopotutto avevano camminato senza lamentarsi per tutta la giornata e la notte prima l’avevano passata in bianco; perfino Amane gli sembrava sul punto di collassare.

“Potremmo fare il bagno!!” propose eccitato Hiroshi guardando l’acqua blu poco più in là. Tutti i ragazzi parvero illuminarsi, a parte Ashuros ovviamente.

“Questa è un’ottima idea!” si congratulò Jin dandogli una pacca sulla spalla e contagiando con la sua allegria tutto il gruppo; l’idea di un bagno fresco nell’acqua cristallina alettava chiunque: divertimento e relax allo stesso tempo. Perfino le ragazze per un attimo guardarono speranzose il lago, ma ben presto si ricordarono cosa implicava…

“Non ci pensiamo neanche pervertiti!” sbottò Gigi guardandoli malissimo e tirandosi a sedere, mentre le guance gli si imporporavano e con le braccia si copriva come se la volessero spogliare con la forza.

Per un attimo ci fu un silenzio imbarazzato tra le due fazioni, dato che anche i ragazzi avevano realizzato la sconveniente situazione.

“Non vi preoccupate, ho io la soluzione!” svelò allegro Rey accucciandosi di fianco a Miel, che indietreggiò inorridita, “Mi puoi passare la borsa?” chiese con un sorriso da orecchio a orecchio, mentre gli altri seguivano le sue mosse perplessi e Miel gliela tendeva diffidente.

“Vedete,” iniziò a spiegare infilandosi nella borsa, “Quando Akane mi ha chiesto di spiegarle che percorso avremmo seguito ed ha scoperto che saremmo passati vicino al lago, mi ha dato questi strani vestiti che ha detto essere una delle invenzioni che portarono gli Altri durante la Grande Catastrofe; sono di una stoffa particolare e permettono di fare il bagno senza rimanere completamente nudi, sono molto rari e me ne ha dato uno a testa. Li ha chiamati costumi da bagno!” terminò orgoglioso riemergendo da quell’abisso senza fondo con un mucchio di stoffa colorata in mano.

Un coro di sorpresa si levò dagli spettatori, perfino Tara ne aveva soltanto sentito parlare dalla nonna.

“Ci sono anche i nomi!” commentò vedendo e che c’erano dei cartellini attaccati ai vari indumenti e iniziando a distribuirli.

Le ragazze li osservarono prima curiose, poi iniziarono a diventare diffidenti e infine arrossirono di botto.

“Ma sembra intimo!!” commentò Amane esprimendo il pensiero di tutte.

“Io non lo metto!” annunciò Tara decisa incrociando le braccia.

“Stai scherzando vero?!” chiese Shoichi allucinato, “Tu, ieri, quando ti sei ritrasformata sei rimasta nuda! NUDA! Ma non hai fatto una piega, non sei nemmeno arrossita! Ti sei rivestita basta!” ululò Shoichi arrossendo al ricordo, e lui non arrossiva mai.

“È diverso. Quello è normale, fa parte della mia natura.” Commentò pacifica Tara, quasi scioccata da come il ragazzo che si batteva una mano contro la fronte, non capisse un ragionamento così lineare.

“Dai ragazze!” le pregò Jin con un sorriso entusiasta, ma da loro si alzò un coro di proteste.

“Tsk! Fate come volete!” si arrese Amlach prima di incamminarsi verso il bosco, “Io vado a cambiarmi.” Avvisò, mentre gli amici lo seguivano.

 

Le ragazze rimasero per qualche secondo in silenzio a osservare combattute i costumi che stringevano tra le mani, con le guance rosse.

“Abbiamo fatto la cosa giusta, vero?” chiese Akiko titubante.

“Certo!” rispose severa Osgal ma senza staccare gli occhi dal suo costume.

“N-non è dignitoso…” continuò Aria torturando la strana stoffa.

Il silenzio calò nuovamente e si udiva solo l’infrangersi delle piccole onde contro la spiaggia dorata.

“Sono comodissimi!” l’urlo entusiasta di Hiroshi fece sobbalzare le ragazze e neanche trenta secondi dopo sfrecciò il suddetto ragazzo con degli strani pantaloni bianchi tagliati al ginocchio diretto verso l’acqua.

“Non ha tutti i torti!” gli diede corda Jin, superando le ragazze stiracchiandosi, mentre Asuna sentiva il volto andare a fuoco alla vista dei muscoli definiti del ragazzo che avanzava indisturbato nel suo costume nero dai ricami rossi. Era anche meglio di quanto ricordasse, dovette ammettere a malincuore.

“Non vedevo l’ora di un bel bagno, tu no Amlach?” chiese Eran camminando sulla sabbia calda insieme al licantropo, il cui fisico statuario messo in mostra dall’indossare solo un costume nero con ricami tribali, riuscì a far spalancare la mascella ad Akiko, che gli sorrise raggiante.

Osgal non mosse un muscolo né arrossì in alcuno modo mentre i suoi occhi seguivano come calamitati l’amico nei suoi bermuda grigi.

“Eddai Ashuros! Ci siamo cambiati tutti!” la voce di Rey, tinta di rimprovero misto divertimento, raggiunse le orecchie di Miel, che continuò a guardare fissa il lago dove gli altri si erano già lanciati.

“Lascia perdere Rey…” mormorò Ed avanzando calmo, fingendo di non aver visto l’occhiata imbarazzata che Amane aveva lanciato al suo costume viola scuro, quasi tendente al nero, prima di rigirarsi.

“Dovresti lasciarti andare!” ghignò Shi incrociando le braccia nude dietro la testa prima di guardare Gigi, ostinatamente voltata, “Ehi Gigi non dici niente del mio costume?!” le chiese perfido.

“CHE COSA VUOI CHE ME NE FR…” iniziò a urlare la bionda piccata girandosi e così cadendo nella trappola dell’elfo, che ghignò soddisfatto nel vedere gli occhi sgranati della ragazza percorrere il suo fisico slanciato passando per i bermuda rossi e i pettorali definiti.

“Ah… ehm…” iniziò a balbettare imbarazzata facendo scoppiare a ridere il ragazzo che sorpassandola le scompigliò i capelli con una mano.

“Sei proprio sicura di non voler venire?” il viso di Rey si materializzò davanti agli occhi di Miel, che d’istinto plasmò un pugnale nero.

Due pensieri nella sua testa: troppo vicino. Troppo scoperto!

Davvero non poté fare a meno di ammirare il fisico slanciato ma muscoloso del ragazzo, che indossava solo dei bermuda blu scuro.

“S-sul mio cadavere!” sibilò distogliendo lo sguardo e rafforzando la presa sull’arma.

Stava già pensando a cosa fare se fosse passato alla forza quando lo sentì sospirare, prima di posarle una mano sulla testa e poi raggiungere gli altri già in acqua.

Da quando la sua mano era così grande?

“Sembrano divertirsi…” mormorò Aria distogliendo lo sguardo da tutti i cuccioli addormentati poco più in là con Charlotte di guardia.

“Già…” annuì Akiko vedendo tutti i ragazzi azzuffarsi con Ashuros finché non riuscirono a sollevarlo di peso e lanciarlo in acqua vestito, prima che Charlotte, che urlava bionica con la spada sfoderata contro Hiroshi, potesse fermarli; a quel punto il ragazzo si tolse tutto tranne i pantaloni e si rassegnò all’idea di un bagno con gli scalmanati, facendo realizzare a Yelle, forse per la prima volta, che Ashuros era davvero un bellissimo ragazzo.

Unanimemente le ragazze sospirarono nel guardare i loro compagni che iniziavano una gigantesca battaglia in acqua.

Non erano neanche passati dieci minuti, che le cose per loro peggiorarono drasticamente: un canto melodioso da incantare una roccia si diffuse nell’aria serale, come vento primaverile; dal centro del lago nuotarono verso i ragazzi donne di eterea bellezza,  dai lineamenti fini e ipnotici, lunghi capelli di ogni sfumatura di blu e verde intrecciati con perle e coralli, la pelle liscia, chiara e traslucida come la luna, il seno abbondante che straripava dalle conchiglie usate per coprire il minimo indispensabile e la coda squamata e sinuosa che fendeva elegante l’acqua.

Sirene.

“Cosa ci fanno dei ragazzi carini come voi qui da soli?” ridacchiò una di loro dai lungi capelli azzurri e il sorriso malizioso, tracciando un cerchio sul cuore di Rey, che sorrise ma con una mano spostò il dito della ragazza.

“Siete soli?” chiese un’altra dai capelli violacei prendendo per un braccio Amlach che alzò un sopracciglio perplesso ma accennò un sorrisetto.

“Non preoccupatevi vi facciamo noi compagnia!!” dissero con voce flautata due sirene gemelle dagli occhi blu e i capelli verde acqua strusciandosi contro Jin, che le guardò con un sorriso ebete.

Le donne erano il suo punto debole: stava già cedendo. Non che gli altri fossero messi meglio, in trenta secondi erano tutti tra le grinfie delle sirene: Ed non sembrava molto contento ma non riusciva a scollarsele di dosso, Hiroshi invece non faceva che gioire infantile e cercare di convincerle a entrare nel suo harem, Eran cercava di comportarsi da galantuomo e non da maniaco allo stesso tempo però senza offenderle o essere rude, Shoichi era il solito don giovanni e faceva strillare le sirene deliziate e Shi ghignava malizioso, interiormente terrorizzato dalla prospettiva di scatenare la loro furia.

“Posso fare qualcosa per te?” sussurrò una sirena dalla chioma blu notte e la voce profonda appoggiandosi ad una spalla di Ashuros, il quale la osservò per lunghi istanti con i suoi occhi rubino che ardevano, tanto da accendere il desiderio della sirena con una fiamma; peccato che non sapesse che ciò a cui stava pensando il ragazzo in realtà fosse la quantità di energia che il suo sangue gli avrebbe procurato e come farne la sua cena senza scioccare, troppo, gli altri.

 

 

Peccato che tutte queste cose, sia perché i compagni erano molto lontano da riva sia perché erano troppo prese dai loro pensieri tormentati, le ragazze non le potevano sapere.

“Sirene! Disgustose!” sibilò Amane, che dopo le fate erano le creature che più aborriva; che razza di sirene dai facili costumi a strusciarsi così contro Ed, nemmeno lo conoscevano! E tra l’altro: perché lui non le allontanava!?!

“Davvero indecenti…” mormorò schifata Gigi, mentre non si perdeva un singolo movimento di Shi, che vedeva intento a ghignarsela allegramente con quelle oche.

Asuna si limitò a guardare triste e allo stesso tempo frustrata Jin! E lei che pensava che fosse un bravo ragazzo: era solo un pervertito! Come aveva fatto a… Il pensiero di Asuna si interruppe a metà mentre lei arrossiva furiosamente stringendo le nocche.

“Io non sono irritata. Io non sono irritata. Io non sono irritata…” iniziò a ripetersi Tara guardando il braccio delle sirene intorno alla vita di Shoichi, mentre le punte dei capelli diventavano sempre più chiare.

Osgal ringhiò sorprendendo Aria, che era intenta a guardare mesta Hiroshi.

“Osgal! Non è che tu sei…?” iniziò a insinuare ma la vampira spalancò gli occhi imbarazzata e la interruppe.

“Non dire sciocchezze! Semplicemente non sopporto le sirene…” mormorò tornando a osservare Eran, la mano che accarezzava la spada.

“Perché si comporta così…” mormorò Yelle crucciata attorcigliando fili d’erba intorno alle dita. Non capiva: perché Ashuros guardava così quella sirena?! Lei l’aveva fatto ridere, ma non l’aveva mai guardata così.

“Idiota!” sbuffò Miel in direzione di Rey, che a lei pareva stesse flirtando amabilmente; e pensare che aveva pensato che fosse migliorato dopo il Ballo! E invece era sempre il solito idiota! Sperava che si affogasse! O che la sirena lo trasformasse in un pomodoro di mare! Anzi no! Dovevano affogare entrambi! Lui e quella stupida testa piena d’acqua che non faceva altro che ridacchiare e strusciarsigli contro!

“Brucia.” La voce di Akiko riscosse tutte le ragazze, che si girarono stupite verso l’amica; Akiko stava guardando fissa Amlach, intrappolato tra le braccia della sirena, con occhi tristi e confusi, “Non riesco a capire come…ma brucia ogni secondo di più…” mormorò appoggiandosi una mano al cuore e stringendo la stoffa tra le dita.

Ognuna di loro istintivamente abbassò gli occhi, perché Akiko aveva ragione, che lo volessero ammettere o meno, era vero: bruciava.

“Ora basta!” fu Gigi ad alzarsi in piedi circondata da un aura nera, “Insegniamo a quelle sottospecie di sardine cosa succede a chi ruba i compagni degli altri!” ringhiò assassina afferrando il suo costume e correndo nella boscaglia.

“Volentieri!” sibilò Amane seguendola.

In meno di trenta secondi non c’era più nessuna ragazza sulla riva.

 

 

“Mi dispiace ragazze, ma vi devo ripetere che abbiamo compagnia.” Ripetè esasperato ma con un sorriso tirato sulle labbra Amlach, cercando di allontanarsi dalle due sirene che lo abbracciavano da ambo i lati.

“Non andare! Giochiamo ancora un po’!” si lamentarono le due esibendo un broncio infantile e baciandolo leggermente sul collo, facendolo così irrigidire.

“Io non…”

“AMLACHHHHH!” la risposta del licantropo venne interrotta dalla dolce voce di Akiko.

Amlach si voltò e gli cadde la mascella per lo stupore: salutandolo con una mano gli correva incontro circondata da piccoli spruzzi d’acqua, Akiko, fasciata in un costume a due pezzi bianco con la parte inferiore legata da due fiocchetti.

Stava ancora guardandola imbambolato, quando la ragazza mise i piedi nel punto in cui il fondale precipitava e con un’espressione terrorizzata sprofondò nell’acqua scura.

“Akiko!” Amlach si scrollò lo cozze di dosso e in tre bracciate raggiunse il punto dov’era sparita la ragazza; vedendo che non risaliva si immerse interamente e subito la vide agitarsi mentre sprofondava nell’acqua nera. Afferratale una mano se la strinse al petto e riemerse velocemente.

Akiko tossì sputando l’acqua salmastra.

“Stai bene?” le chiese il ragazzo preoccupato controllando che tornasse a respirare.

“Sì sì…” lo tranquillizzò lei sorridendogli coi capelli viola che le si appiccicavano al viso, “È che non so nuotare!” spiegò ridacchiando.

“Stai scherzando?! E allora perché sei entrata?!” urlò Amlach scioccato, mentre realizzava che Akiko era davvero un gatto!

Lei gonfiò le guance.

“Volevamo venire anche noi a divertirci con voi!” ribatté, mentre Amlach alzando lo sguardo vide le sue compagne avanzare verso di loro avvolte da un’aura omicida. Dubitava sinceramente che volessero divertirsi, Gigi aveva tutta l’aria di voler uccidere Shi nella maniera più dolorosa mai esistita…

“Ora ti riporto a riva.” Commentò scuotendo la testa e iniziando a nuotare verso terra, ma Akiko si aggrappa a lui e lo fulminò con lo sguardo.

“Neanche per sogno! Io rimango qui con tutti!” insistette guardando male le famose cozze da sopra la spalla del ragazzo.

“Ma non sai nuotare!”

“Fa niente! Sto in braccio a te!” Amlach arrossì di botto e distolse lo sguardo.

“Come preferisci razza di testona…” mormorò sconfitto mentre lei rideva stringendolo in un abbraccio.

 

 

Gigi avanzando nel suo costume a due pezzi bianco con sfumature viola, sembrava un demone sorto dall’inferno e al solo vederla Shi cominciò a imprecare in antica lingua elfica. E ora cosa faceva? Era morto. Decisamente morto. Forse poteva fuggire. O fingere di annegare. O…

Un’ondata di gigantesche dimensioni si alzò dietro la ragazza che sorrise sadica al suo indirizzo, o così pensava, prima di puntare il dito verso di lui.

Il piccolo tsunami si abbatté sul ragazzo, che sentì qualcosa di viscido ghermirgli il piede, e sulle sirene, che vennero colpite in pieno e trascinate via al centro del lago.

Shi si sentì come gettato da un cascata, l’acqua che lo percuoteva togliendogli il respiro, gli arti che sembravano volersi staccare dal corpo e infine, quando pensò che sarebbe annegato, di colpo una forza incredibile lo scagliò fuori dall’acqua.

Gigi guardò soddisfatta quella sottospecie di elfo traditore penzolare mezzo svenuto dalla gigantesca alga che lo tratteneva per una caviglia e con uno schiocco di dita lo lasciò ricadere in acqua.

“Ma che cos…” riemerse imprecando il ragazzo per poi pietrificarsi e sbiancare alla vista del sorriso soddisfatto e inquietante di Gigi a pochi centimetri da lui.

“Tutto bene?” chiese con voce melliflua, “Non volevo prendere anche te… ma sai, quelle sirene ti erano proprio attaccate e io proprio non le sopporto.” Spiegò continuando a sorridere come una psicopatica.

Shi deglutì.

“N-non fa niente…” balbettò spaventato, indietreggiando tremante. La sopravvivenza prima di tutto.

Gigi per un secondo lo guardò stupita, ma divenne subito raggiante.

“Bene! Che ne dici allora di una gara?” chiese subito Gigi con grande shock dell’elfo, che si ritrovò ad annuire.

“Chi arriva più lontano vince!” urlò la bionda contenta prima di iniziare a nuotare verso il largo, seguita da Shi, che si ritrovò a sorridere mentre lottava per raggiungerla e superarla.

Mai contraddire una donna, soprattutto se è capace di ucciderti in ogni maniera possibile, se è psicopatica e sta sorridendo così contenta da scaldarti.

 

Asuna e Aria, l’una con un costume a pantaloncino e una fascia arancio e l’altra in un costume intero con le spalline fini rosa antico con pizzo nero, puntarono decise a Jin e Hiroshi, ormai circondati da una folla di sirene.

“Scusate,” intervenne Asuna con un sorriso gentile mentre le pulsava una vena sulla tempia, “Potreste cortesemente andarvene? Sono qui con noi.” Le sirene si limitarono a lanciar loro un’occhiata sprezzante, senza accorgersi che l’attenzione delle loro prede era ormai totalmente catturata dalle due ragazze.

“Ripeto,” intervenne Aria, “Sono qui con noi. Se non volete diventare la mia cena, sparite.” Minacciò sorridendo in modo che baluginassero i canini. In un nanosecondo intorno ai ragazzi non rimase nessuno.

Aria e Asuna si batterono un cinque ridendo.

“Dai Aria!” finse di lamentarsi Hiroshi, “Le stavo convincendo a far parte del mio harem!”

La ragazzo lo fulminò prima di colpirlo con un pugno sulla testa.

“Quante volte ti ho detto che è una cosa indecente!? Smettila di fare il bambino Hiroshi!” iniziò a rimproverarlo incrociando le braccia.

“Lo stesso vale per te!” disse gelida Asuna a Jin, che alzò un sopracciglio divertito.

“Sicura di non essere semplicemente gelosa? Guarda che preferisco te a quelle.” Spiegò malizioso sorridendo e avvicinandosi a lei, che arrossì di botto.

“Non è vero!” si difese prima di schizzargli l’acqua in faccia accecandolo.

“Ah, è così eh?” mormorò il ragazzo, sfregandosi gli occhi per poi scambiarsi un cenno d’intesa con Hiroshi; i due veloci afferrarono le ragazze, prendendole in braccio.

“Non farlo!”

“Non oserai!” cercarono di dissuaderli le due, ma i ragazzi osavano eccome e con forza le scagliarono in aria.

Quando le due riemersero dall’acqua, grondanti, erano avvolte da un aria omicida. Avevano idea di quanto tempo ci avrebbero impiegato ad asciugarsi i capelli al fuoco?!?!

“Questo significa GUERRA!” urlarono le due iniziando una battaglia di spruzzi con i due amici.

 

Amane, in un costume intero blu dall’ampia scollatura coi lacci e una trina, e Osgal, in un costume intero nero, avevano raggiunto Ed ed Eran che tentavano di resistere all’assalto delle loro fan squamate. Se Ed sembrava a buon punto, il silenzio e le occhiate assassine servivano pur a qualcosa, Eran era nel panico: la sua indole buona lo spingeva a sorridere mentre cercava di allontanarle e questo faceva impazzire le sirene.

Amane stava già per minacciare di abbrustolire sul fuoco se non avessero mosso la loro coda lontano da Edward, quando lo stesso ragazzo, accennandole un sorriso e ignorando le sirene, le oltrepassò raggiungendo Amane.

“Ti sta bene.” Commentò mentre la ragazza arrossiva, “Ma pensavo non volessi fare il bagno…” indagò scrutandola mentre lei rialzava lo sguardo e lo sfidava a testa alta.

“Ho cambiato idea, problemi?” chiese incrociando le braccia. Il sorriso di Edward si allargò leggermente mentre scuoteva la testa.

“Libera di fare quel che vuoi.” Commentò. Alla vista di quella scenetta, le sirene che dopo mezzora non erano riuscite a strappare neanche un accenno di sorriso al ragazzo, decisero depresse di concentrarsi sull’altro ragazzo, che sembrava una preda più facile.

Eran, vedendo il nuovo afflusso di sirene, con la bocca mimò ad Osgal “Aiuto!” e la ragazza, alzando gli occhi al cielo per la sua inutilità, nuotò rapidissima dietro la schiena del ragazzo e appoggiò i canini snudati sul suo collo; come reazione istintiva d’autodifesa, il corpo del ragazzo si scaldò e in un secondo si trasformò nel grosso lupo cioccolato.

Osgal lo guardò soddisfatta: lo conosceva davvero troppo bene!

Le sirene fuggirono a gambe levate terrorizzate.

“Osgal!” la rimproverò il ragazzo tornando umano, ma con sua sorpresa, la vampira non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere.

“Sei impossibile…” mormorò a bassa voce allora sorridendo, incredulo di come il loro rapporto stesse cambiando e di come fosse bella quando rideva. Oltre che inquietante quando si arrabbiava o era irritata.

 

Tara, vedendo da lontano le mosse di Osgal, decise di utilizzare la stessa mossa e raggiunto Shoichi e il suo fanclub, con già le punte dei capelli bianche per l’irritazione, si trasformò in lupo facendole fuggire tutte.

“Tara!” la guardò stupito Shoichi, ma prima che potesse continuare, la ragazza si ritrasformò in umana.

Rimanendo completamente nuda. Di nuovo.

Le guance di Shoichi ridiventarono bordeaux e il ragazzo alzò gli occhi al cielo mentre imprecava.

“Tu non sei normale! E poi non vuoi mettere un costume! Non puoi rimanere nuda davanti a un uomo! È pericoloso!” iniziò a rimproverarla, mentre lei rindossava il suo costume a due pezzi blu scuro, raccolto sul fondale.

“Io non vedo nessun uomo.” Commentò lei con un ghigno, mentre l’irritazione svaniva e lei ammirava il “lato tenero” del ragazzo imbarazzato.

“Che cosa?” chiese lui ferito nell’orgoglio avvicinandosi a un soffio dalle sue labbra.

Tara arrossì ma non si spostò di un millimetro, incrociando le braccia sotto il seno.

“Hai sentito benissimo. Davanti a me c’è solo un infantile pervertito.” Sibilò con il cuore che batteva all’impazzata.

“Perfetto!” ghignò Shoichi, prima afferrarla per i fianchi e mettersela in spalla, “Adesso questo pervertito ti farà implorar…” stava minacciando quando un calcio nelle parti intime da parte della ragazza gli fece perdere la presa e ululare dal dolore.

“Vuoi la guerra? E guerra sia!” ghignò la ragazza prima di lanciarsi di nuovo contro il ragazzo tentando di affogarlo.

 

Ashuros stava ancora pensando a come fare per mangiarsi la sirena, che intanto faceva di tutto per sedurlo, quando un’ombra calò su di lui.

“ASHUROOOOS!” come un proiettile con il costume due pezzi blu, Yelle piombò dal cielo sul vampiro, affondandolo.

“Yelle!” la chiamò stupito riemergendo e sputando acqua il vampiro, mentre la ragazza guardava furente coi pugni stretti la sirena, “Che cosa ti è saltato in mente?”

“Mi dispiace, ma Ashuros è occupato.” Informò gelida l’avversaria, ignorando le proteste e i rimproveri del povero ragazzo. Glielo aveva spiegato Charlotte, che non poteva entrare in acqua dato che essendo uno zombie il suo corpo sarebbe affondato: doveva mettere in chiaro le cose, facendo a capire alla sirena che era il suo compagno e amico, e non aveva tempo per lei; era stata davvero gentile a suggerirle le frasi migliori da dire alla sirena per allontanarla!

“Piccola elfa, non crederai di poter competere con me…” sibilò quella mettendo in mostra le sue forme seducenti e prosperose, da donna adulta.

“Eccome invece!” ribatté Yelle mentre il vento le faceva turbinare i capelli biondi come vivi.

Ashuros seguiva lo scambio di battute sconcertato: che cosa stava succedendo?!? Poi girandosi verso riva vide Charlotte che non perdeva di vista l’elfa, e capì che ci doveva essere anche il suo zampino in quella storie.

Con un sbuffo afferrò Yelle per un polso e la trascinò via.

“Scusa un attimo.” Disse con voce seducente alla sirena.

Quando furono a debita distanza lasciò andare la compagna e incrociò le braccia.

“Allora? Cosa stai combinando?” chiese scrutandolo, senza sapere cosa aspettarsi in risposta.

“Non mi piace come guardi quella sirena.” Rispose lei fulminandolo, mentre lui spalancava gli occhi sorpreso.

“Io…”

“Tu non mi guardi così!” aggiunse la ragazza abbassando lo sguardo, “E mi dà fastidio…”

Ashuros sospirò passandosi una mano sul viso.

“Non farti strane idee Yelle, la mia intenzione era di bere il suo sangue.” Spiegò spontaneamente, senza pensare alle conseguenze, ma quando vide la ragazza guardarlo con occhi sgranati si pentì nell’immediato. Ecco, l’aveva spaventata. Stavolta per certo. Cosa gli era saltato in mente?!

“No!” urlò la ragazza gettandogli le braccia al collo, “Non voglio che bevi il suo sangue! Bevi il mio!” lo pregò accorata stringendosi a lui.

Ashuros spalancò gli occhi: era l’ultima cosa che si aspettava.

“N-non dire assurdità...non berrei mai il tuo sangue!” la rimproverò Ashuros cercando di sottrarsi all’abbraccio, ma lei non demordeva.

“Tanto lo so che non mi uccideresti mai! Non sei un mostro!” ribattè lei, mentre una parte della sua mente si chiedeva perché; perché gli risultasse così inaccettabile che bevesse il sangue della sirena.

“È pericoloso e potrei farti male.” Cercò di dissuaderla con le buone il ragazzo, che per un attimo aveva sentito il suo cuore riprendere a battere davvero.

“Farebbe più male se tu bevessi il suo!” svelò lei nascondendo il volto contro il suo collo.

Quelle parole gelarono il vampiro, che a quel punto non riuscì a fare altro se non ricambiare l’abbraccio.

“Hai vinto. Non berrò il suo sangue,” disse mentre nella sua mente cercava di capire il perché di questa sua fissazione “ma nemmeno il tuo.”  Concluse.

“Va bene! Ma non demordo!” lo avvisò sorridendo e, dopo aver rivolto una linguaccia alla sirena, si staccò da lui e lo prese per mano, “E ora torniamo dagli altri, va bene?”

“Va bene…” acconsentì lui mentre un sorriso spontaneo fioriva sulle sue labbra.

 

 

Miel era stata l’ultima ad entrare e si era immersa subito nell’acqua, sentendosi così meno scoperta; dopodiché si era diretta verso Rey e il suo gruppo di gatte (o pesci?) morte. Avvicinandosi aveva sentito un’ondata di sollievo pervaderla nel vedere che ogni volta che una sirena cercava di toccarlo o abbracciarlo lui la respingeva con gentilezza. Ma allora perché continuava a fare quel sorriso sghembo?! Maledetto don Giovanni!

Ma ancor prima che potesse evocare delle armi e squartare tutte quelle svenevoli e insopportabili seduttrici, Rey la vide avanzare e si illuminò.

“Mi dispiace ragazze, ma come vi ho appena detto, ho già una principessa che mi aspetta.” Disse rivolgendo un sorriso dolce a Miel che avvampò.

“Quella?!” si lamentarono stridule le sirene inorridendo.

“Quella.” Confermò Rey orgoglioso, prima di raggiungerla e accarezzarle la testa.

“Sei davvero carina!” le disse sincero guardando il costume a due pezzi nero con il ricamo di un giglio sulla coppa destra.

“G-grazie…” mormorò lei andando a fuoco e dimenticandosi che lei avrebbe dovuto prenderlo a calci e non balbettare colpita dal complimento.

“Ma Rey…” balbettarono le sirene, ma Miel le guardò assassina.

“Sparite.” Sibilò gelida mentre i tatuaggi prendevano vita e si arrampicavano sul suo corpo; le sirene terrorizzate nuotarono via.

Rey stava per dire qualcosa quando un piccolo sasso lo colpì sulla testa.

“Ehi voi! Venite! Stiamo organizzando una guerra!” urlò Jin con sulle spalle Asuna che agitava una mano contenta; anche tutte le altre ragazze erano sulle spalle dei compagni e Tara si stava già azzuffando con Amane, per la sfortuna di Ed e Shoichi.

Rey e Miel si scambiarono un’occhiata complice, prima che il ragazzo se la caricasse in spalla.

“Pronta principessa?” le chiese lui tenendola saldamente.

“Prontissima! E sia chiaro: dobbiamo vincere!” rispose lei con un sorriso di sfida.

Poi si lanciarono anche loro nella battaglia.

 

Accade circa mezz’ora dopo, quando ormai il sole era quasi completamente scomparso.

Akiko e Gigi, rispettivamente su Amlach e Shi, si erano portate alle spalle di Miel per riuscire ad abbatterla e stavano già per lanciarsi contro di lei, quando l’avevano visto.

“Cos’è quello?” chiese Akiko fermandosi, seguita di Gigi e Shi, mentre Amlach si malediceva per essersene dimenticato.

Miel si pietrificò e istintivamente conficcò le unghie nelle spalla di Rey, che smise di affogare Hiroshi.

“Il simbolo reale…” mormorò Shi con gli occhi sgranati.

Sul gruppo calò il silenzio, gli occhi di tutti fissi su Miel che a malapena respirava.

Come aveva potuto dimenticarsene?! Era così presa da Rey che se ne era completamente scordata! E ora cosa avrebbe detto?! Tutti quegli anni a scappare dal suo destino e ora ci era andata a sbattere contro come un’idiota.

“Forse è il caso che usciamo e ne parliamo attorno al fuoco.” Disse calmo Rey e tutti capirono il significato sott’intenso della frase: sparite e lasciateci un attimo da soli.

“Cos’ho fatto?” chiese tremante Miel mentre Rey la riportava con delicatezza nell’acqua scura davanti a sé.

“Calma principessa, non è successo niente. Respira. Prima o poi lo avrebbero scoperto lo stesso, lo sai.” La confortò posandogli una mano sulla testa e abbassandosi alla sua altezza.

“Non voglio…non voglio essere guardata come una speranza o come una maledizione…voglio essere me stessa e basta…” delle lacrime argentee rigarono le sue guance mentre lei poggiava la testa contro il petto del ragazzo.

Rey sospirò, mentre il cuore gli si stringeva a vederla così indifesa.

“Non devi preoccuparti così tanto, non lo faranno; li conosci, non sono normali. Sono sicuro che avranno delle reazioni assolutamente assurde e imprevedibili. E nel caso qualcuno dovesse irritarti ti darò una mano a occultare il cadavere.” Le disse sorridendo con tono sicuro, tanto da farle scappare una risata.

Asciugandosi le lacrime la ragazza si staccò da lui e alzò gli occhi al cielo.

“Non montarti la testa ma… grazie.” Disse arrossendo; lui scoppiò a ridere.

“Ma non è mica gratis! Prima o poi ti richiederò la mia ricompensa!” l’avvisò con un ghigno prima di prenderla per mano e iniziare a trascinarla verso riva.

“Che cosa?! Sei proprio un idiota Rey! Il massimo a cui puoi aspirare è un calcio nelle parti intime!” inveì lei liberando la mano e superandolo dopo avergli tirato un pugno in testa.

 

Quando arrivarono alla riva, i loro compagni erano tutti avvolti negli asciugamani (presi dalla borsa di Miel e preparati prima di entrare in acqua) intorno al fuoco e Miel aveva recuperato il suo autocontrollo.

Dopo aver preso un respiro profondo e aver stretto i pugni, Miel avanzò al centro del cerchio e fece un giro su se stessa in modo che tutti potessero vedere il tatuaggio.

“Questo è il simbolo dei discendenti della Casata Reale Sildaara. Io sono l’ultima discendente in vita della stirpe dei mezzelfi.” Esordì a testa alta con voce sicura, prima di tornare a sedersi di fianco a Rey, che le pose un asciugamano sulle spalle.

Tutti, tranne Amlach e Ashuros, la guardavano a bocca aperta e con gli occhi sgranati, specialmente i due elfi.

“Come?” chiese Yelle incredula. Non potava essere! Erano estinti! Ma quando Miel scoprì le orecchie la verità fu chiara a tutti.

“È una storia lunga…” mormorò le imbarazzata, mentre tutti si preparavano all’ascolto rapiti, “Non eravate ancora nati…”

Ashuros fece per contraddirla ma Yelle gli ficcò una mora in boccia e gli altri vampiri lo fulminarono.

“…e oltre ai Regni dei Nani, dei Draghi e degli Uomini, un altro regno viveva prosperoso e in armonia con gli altri: Il Regno dei Elfi. Ai tempi della Grande Catastrofe erano Elfi Puri, ma col tempo il loro sangue si mischiò a quello degli uomini, e tra loro nacquero i mezzelfi, una razza che perdeva l’immortalità in cambio di una maggior umanità. Era un popolo colto, saggio, che si distingueva sopra gli altri per virtù e allo stesso tempo che amava la pace e cercava il rapporto con gli altri Popoli; la sua capitale, Tindome, era tanto maestosa e splendida da mettere in ombra tutti gli altri Regni. Fu negli stessi anni in cui salì al trono con la forza il Re degli uomini che ancora regna oggi, Azazel, che avvenne un fatto incredibile: Thalion, il giovane Re degli elfi della stirpe di Sildaara, si innamorò di una giovane umana e ne fece la sua regina. Era la prima volta in assoluto che il sangue umano contaminava quello della casata reale, molti ne erano scontenti e aumentarono le tensioni tra mezzelfi ed elfi puri, ma ben presto la notizia fece il giro dei Tre Regni. Da quest’unione nacqui io. Subito venni identificata come portatrice delle Regina Maledetta della Notte e il popolo puro chiese di uccidermi, ma i miei genitori si rifiutarono e mi allevarono come se fossi una normale principessa, cercando nello stesso tempo una cura. Non potevo giocare con altri bambini, ero accusata di ogni sfortuna che colpiva il Regno, molti assassini venivano mandati a uccidermi, piccole rivolte si scatenavano contro mio padre… ma io ero felice, vivevo serena tra i servitori del palazzo e i miei genitori. Ma al mio ottavo compleanno avvenne la catastrofe: al Re degli Uomini venne annunciata la Profezia.” Miel era completamente presa dai ricordi, non vedeva nulla intorno a sé, la mente a Teluume Rhilde, il palazzo reale di Tindome.

“Un’ombra tra le ombre,

destinata all’oblio e all’oscurità,

della stirpe perduta vendicatrice di morte,

demone solitario per le terre vagherà;

ma il suo cuore la spingerà a cercare la leggenda per vie contorte,

inseguita dal male che la divora, da se stessa scapperà,

fin quando la luna benedirà la sua sorte.

Allora con lama d’argento le catene del giogo spezzerà,

all’erede illegittimo del potere aprirà le porte,

un regno di pace inizierà

e uscirà alla luce l’ombra tra le ombre,

angelo di morte, regina maledetta della notte per il mondo che verrà.

Che l’argento si copra con la notte,

questo il re usurpatore temere dovrà,

perché assieme al destino porterà fine a tutte le lotte.” Recitò Miel con voce fioca, “E il Re pensò subito che si riferisse a me, non che ci fossero dubbi sul riferimento alla Regina. E quindi terrorizzato e avido di potere, organizzò una spedizione militare contro il Regno degli Elfi dopo aver inviato un ultimatum: se io non fossi morta, loro avrebbero raso al suolo il regno. I miei genitori si rifiutarono e si prepararono a difendersi, ma gli elfi puri non corsero in nostro aiuto, non vollero combattere per proteggere il Regno, che ritenevano messo in pericolo a causa mia, e preferivano vedermi morire insieme a tutti i Sildaara per poi riiniziare da capo. E la strage venne compiuta, i miei genitori massacrati davanti ai miei occhi. Eppure io, che più di chiunque altro avrei dovuto morire, sopravvissi: mia madre mi salvò tramite il suo sacrificio, usando le sue ultime forze vitali per aprire un portale elfico e teletrasportarmi lontano.”

Miel si interruppe, un ricordo che le tornava prepotente alla mente.

Erano nella sua camera da letto, ogni cosa ardeva nelle fiamme rossastre, le porte erano sbarrate con mobili rovesciati ma qualcuno cercava di sfondarle.

Una bellissima donna umana con il volto fine insanguinato e i capelli biondi bruciati e rovinati, tracciava intorno a una piccola bambina mezzelfa un cerchio magico per aprire un portale elfico, usando il suo stesso sangue; le fiamme che divoravano l’intero palazzo le lambivano le carni e i suoi vestiti, diffondendo un’orribile tanfo.

“Mamma…mamma…” singhiozzava Miel seduta a terra, rivedendo le terribili immagini di suo padre trafitto con una spada mentre le proteggeva e dava loro il tempo di scappare. Era colpa sua.

“Shhhh...va tutto bene piccola, va tutto bene…” le ripeteva la madre, le lacrime argentate che le rigavano il volto sporco di cenere. Quel volto che le aveva sempre sorriso rassicurante. Quel volto che l’aveva salutata ogni mattino. Quel volto splendente che era pari e superiore a quello di qualsiasi elfa.

“Guardami” disse la donna prendendo il volto della piccola, “Devi scappare, devi fuggire da qui e lottare per sopravvivere; non far sapere che sei un mezzelfo a nessuno di cui tu non ti fidi ciecamente, non usare i tuoi poteri in pubblico, non arrenderti mai, impara a combattere, nasconditi e vivi la tua vita senza di noi. Va bene?”

“Non voglio andarmene mamma, non voglio!” ripeteva la bambina aggrappandosi alle mani della mamma. Non voleva perdere anche lei, l’unica che le era rimasta, l’unica che l’amasse.

“Devi! La mamma non può più venire con te! Ma ricorda, la mamma ti vuole bene, te ne vorrà sempre e te ne ha sempre voluto. Non credere a quello che ti diranno: sei stata il dono più bello che io e papà potessimo mai avere. Sei il nostro piccolo angelo.” Le disse accarezzandola con la voce rotta dal pianto.

“Mamma…”

“Avrei voluto tanto vederti crescere...” Mormorò baciandole la fronte, poi si allontanò da lei uscendo dal cerchio, “Sii forte Miel e sii felice. Noi saremo sempre al tuo fianco. Namariee ainu.” La salutò sorridendo con gli occhi pieni di lacrime.

“Nooo!” ma Miel non riuscì a raggiungerla, la sua mano incontro un’invisibile barriera scaturita dalle rune elfiche tracciate sul pavimento, rosse sangue.

“Edr feno Ilmen!” pronunciò in elfico sua madre, nonostante sapesse che il prezzo per un’umana che pratica magia elfica fosse la vita; una luce accecante avvolse Elen, La Regina umana degli Elfi, e il suo corpo sembrò innalzarsi nell’aria come una bambola di pezza.

Poi ricadde a terra senza vita e Miel scomparve in un bagliore.

 

Il ricordo venne interrotto da Aria che si slanciò ad abbracciare Miel, tremante; la ragazza si asciugò le lacrime e accarezzò i capelli della vampira che sembrava sotto shock.

“Scusa Aria, non volevo che vedessi.” Si scusò Miel ma la vampira scosse la testa.

“Mi dispiace Miel, mi dispiace…” continuava a ripetere, finché Osgal non la prese gentilmente per le spalle e si risiedette abbracciando l’amica.

Tutti osservarono quella scena gelati, senza riuscire ad immaginare cosa potesse aver visto nei ricordi di Miel di tanto orribile.

“A questo punto” riprese la ragazza osservando le fiamma, “Azazel, fece ciò che gli Elfi Puri non potevano immaginare: sterminò tutti i mezzelfi viventi, nella speranza di trovarmi, insieme a molti Elfi Puri. Fu una carneficina, ma venne venduta come un’opera di liberazione dal demonio, dissero che i Sildaara stavano preparando la conquista degli altri Regni e lo scandalo si spense. Io venni salvata da Amlach e successivamente vissi con un assassino in pensione che mi addestrò a combattere e difendermi; quando venne ucciso da un antico nemico, divenni definitivamente la Ladra Nera.”

Nel silenzio della notte si udivano solo i respiri tremanti delle ragazze e quelli più controllati dei ragazzi.

“Non so cosa pensiate ora di me, ma io non cerco vendetta per i miei genitori, il sangue nero di  Azazel non li riporterà in vita. Non voglio sprecare energie o la mia vita per vendicare il mio popolo, quelli che ci hanno tradito. Non sono la ragazza della profezia. Sono la Ladra Nera e sono in viaggio per aiutare Rey e farmi ridare il mio medaglione, nient’altro.” Disse con un sorriso mesto e di scuse, ma gli altri l’avevano vista; avevano visto quella luce che pareva fuoco nero ardere negli occhi di lei nel parlare di Azazel.

In un secondo tutte le ragazze, tranne Osgal che fu più riservata, si lanciarono su Miel con i lacrimoni agli occhi e iniziarono a tentare di consolarla, anche se erano loro alla fine ad essere consolate da lei. I ragazzi si limitavano a sorriderle rassicuranti ma riservati. Negli occhi di Rey brillava lo stesso fuoco nero che aveva baluginato per un attimo in Miel, così vorace che sembrava lo stesse divorando dall’interno.

Fu una frazione di secondo e un movimento tra le fronde mise in allarme tutto il gruppo; Ed scagliò istintivamente un pugnale avvelenato contro il punto in cui aveva sentito muoversi.

Un uomo cadde dall’albero.

Le ragazze si armarono arretrando, mentre Ed, Rey ed Amlach circondavano l’uomo.

Aveva una stella nera tatuata sulla fronte.

“Chi sei?” urlò Ed afferrandolo per il colletto e scuotendolo con forza, ma l’uomo scoppiò a ridere.

“Ciao Yoshina! Lumbar, Rey!” li salutò sprezzante, “È un piacere vedervi tutti qui riuniti…” disse lanciando uno sguardo agli altri.

“Anche il Suono della Morte e la Ladra Nera! Hai riunito proprio un bel gruppo, eh Rey?!” chiese sarcastico al biondo, che plasmò il bracciale in un pugnale e glielo puntò alla gola.

“Chi. Sei?” ripeté gelido, gli occhi che mandavano lampi d’ira, un’espressione che minacciava morte.

“Perché non provi ad indovinare? Sappi che la risposta non ti piacerà…” lo sfidò mentre del sangue iniziava a sgorgargli dalla bocca.

“Ed ferma il veleno, ci serve vivo!” ringhiò Amlach, ma l’Assassino scosse la testa arrabbiato.

“Non sono io, ha ingerito un veleno potentissimo quando l’abbiamo scoperto e ormai è in circolo.” Spiegò frustrato mentre la spia rideva.

“È davvero un peccato che non arriverete nemmeno dai nani…” infierì ringhiando e attirando l’attenzione di tutti, “Sono in marcia Rey… Lui sa e ti troverà…” pronunciò prima che gli occhi si rivoltassero all’indietro schiumando e con un colpo di tosse sputasse sangue e anima.

Ed lasciò cadere il cadavere schifato e tirò un pugno al tronco dell’albero: non era riuscito a chiedergli niente della sorella!

“Cosa significava?” intervenne Ashuros, cercando ancora una volta di districare chi fosse Rey: perché in quei momenti non sembrava più lo stupido pervertito con un sogno assurdo e il complesso del bodyguard verso Miel, sembrava…un altro.

“Guai. So per chi lavora Back Star, anzi chi ne è il Master.” Disse guardandoli serio come mai, “Azazel Dread, il Re degli Uomini.”

 

 

 

Yoooooo! Allora?! Piaciuto?! Spero di sì! Anche se riguardo il più grande mistero della storia non ho ancora dato nessun indizio, sarei curiosa di sapere ora cosa pensate dei vari misteri!

 

 

Dizionario nanico:

Kibil-nâla: Argentoroggia o Vena d’Argento

Gabilgathol: Granrocca

Dainvin: unione del nome Dain “fuoco” e Vain “Rosso”: Fuoco Rosso

Brynherkinher: unione del nome herinker “Cielo” e Bryn “Oro” (nel senso di qualcosa che brilla come l’oro o del colore dell’oro più brillante: Cielo d’Oro

 

Dizionario elfico:

Men Losse: Via Bianca

Sildaara: Alba d’argento

Tindome: Crepuscolo stellato

Thalion: Forte

Teluume Rhilde: Palazzo Splendente

Namariee ainu: addio angelo

Edr feno Ilmen!: Apriti porta dell’Ilmen!

*Ilmen: si intendo lo spazio in cui si trovano le stelle.

Elen: nome usato anche dagli uomini, ma in elfico significa “Stella”

Azazel: nome di uno dei quattro signori dell'Inferno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Black Star ***


Yoooooo minna! Buon Natale, buon anno nuovo e buona Epifania!

Lo so, sono imperdonabile questa volta; avrete pensato che ero morta o che avevo abbandonato, invece ero solo in ritardo per colpa della scuola e altro. Mi dispiace ragazzi T.T Per farmi perdonare vi lascio subito al capitolo immenso (46-47 pagine), solo una cosa prima: lo dedico ad ANDRE (andry) perché è penso quello che lo aspettava di più e che più ho fatto aspettare, avrebbe dovuto essere il suo regalo di compleanno ma non ce l’ho fatta! Scusa!

Buona lettura!

 

Black Star

 

 

 

 

Era notte quando aprii gli occhi.

No. La notte era rassicurante. Di notte non avevo paura. Di notte c’erano le stelle.

Era nero.

Come l’ombra. Come la morte.

Con uno scatto mi tirai a sedere accucciata, pronta a combattere.

Intorno a me il nulla. Solo nero.

“Ben svegliata!” una voce tagliente e sarcastica, ma allo stesso tempo calda e sensuale. Una voce pericolosa.

Mi girai di scatto e me la trovai davanti; non mi stupii più di tanto. Avevo capito dov’ero.

“Cosa ci faccio qui?” le chiesi diretta, mentre invano cercavo di evocare le mie spade d’ombra.

“Non ti va una chiacchierata? È da un po’ che non ci sentiamo dopo tutto…” alluse mentre un lampo d’ira le brillava negli occhi scarlatti dalla pupilla felina.

“No grazie, ormai mi ero abituata a quel gradevole silenzio!” le risposi a tono, sfidandola con il suo stesso identico ghigno.

Lei ringhiò e i peli della coda e delle orecchie si rizzarono.

“E se quello che volevi era impedirmi di rimettere il sigillo,” continuai imperterrita mentre un sorriso sadico mi si allargava sul volto, “Te lo puoi sognare: rimarrai sigillata fino a che non troverò il modo di cancellarti, di sradicarti da me e da ogni altro. Vendicherò le vite che hai divorato, le famiglie che hai distrutto, la felicità che hai avvelenato!” la accusai alzando sempre di più la voce fino a ritrovarmi ad urlare contro di lei, stringendo le nocche fino a farle sbiancare.

Un attimo.

I contorni di lei sfumarono.

Come se fosse angosciata, ferita e persa, si portò una mano sugli occhi.

Uno spasmo.

“Sigillami…”

“C-cosa?” ribattei facendo un passo indietro, diffidente e confusa da quel momento, da quella parte di lei che non avevo mai visto.

E forse l’avevo solo immaginato, perché tutto era tornato come prima.

“Zitta!” mi ringhiò fremente di rabbia, i capelli ramati che sembravano animati di vita propria e le danzavano attorno; poi si calmò e sogghignò, avvicinandosi a me, “Dopotutto è infantile dare la colpa ad altri per qualcosa che non hanno fatto.”

Fu il mio turno di perdere il controllo.

“Tu hai fatto tutto questo, Regina!” le ringhiai contro, ritrovandomi faccia a faccia con lei. Rosso contro blu: l’unica vera differenza.

“Ma io sono te” sussurrò lei con un mezzo sorriso.

Un bruciore intenso al cuore mi strattonò via.

Nei miei occhi riflessa solo la luce confusa e impaurita che c’era nei suoi.

 

Miel si svegliò di soprassalto, ansimante, e si guardò intorno alla ricerca di sicurezze: vicino a lei, troppo vicino, c’era Rey che dormiva crucciato e scosso da tremiti. Aveva gli incubi? Alla sua destra stavano accoccolate Giada e Akiko, l’ultima continuava a parlare nonostante dormisse, e poco più in là, appoggiati al tronco di un albero, riposavano Amlach e Shi, ma sospettava che sarebbe bastato poco più di un fruscio per farli saltare in piedi e uccidere qualcuno. Anche Ed, sdraiato nella sabbia, aveva i muscoli tesi, come pronto a scattare e non si sarebbe stupita se fosse stato sveglio, al contrario di Amane e Yelle che ronfavano abbracciate vicino al fuoco, mentre Tara riposava un po’ in disparte, ovviamente affiancata da Shoichi, che russava e sbavava allo stesso modo di Hiroshi, chiaramente afflitto dagli stessi problemi di insonnia degli altri ragazzi. Gli unici completamente svegli, a parte lei, erano i vampiri: Osgal teneva vivo il fuoco e chiacchierava di tanto in tanto con Eran a bassissima voce, Aria dipingeva tranquilla su un blocco schizzi e Ashuros…non c’era. Ovvio: l’unico che le serviva era l’unico che non c’era.

“Tutto bene Miel?” le chiese Aria avvicinandosi a lei con fare dolce, mentre gli altri due la guardavano in attesa.

“Come se non lo sapessi!” borbottò la bionda in risposta, con un sorriso tirato.

“Ehi!” le rispose fingendosi offesa la vampira, ma poi ridacchiò, “Strano però…i tuoi sogni non li vedo…” mormorò più a se stessa che a lei.

“Meglio, ti risparmi un romanzo dell’orrore!” ci scherzò l’altra alzandosi in piedi e osservando lo falce di luna che brillava nel cielo.

“Dov’è Ashuros?” chiese prima che Aria potesse risponderle.

“A caccia.” Le rispose scrollando le spalle, “Ma ha detto che rimaneva vicino.” la rassicurò, mentre la osservava stiracchiarsi e scuotere la testa per scrollarsi il sonno di dosso.

“Devi andare da lui?” le chiese leggendo nella sua mente come stesse già pianificando di trovarlo e rompergli le palle per essersi allontanato da solo.

La bionda annuì.

“Sì, lei è sveglia…” le rispose massaggiandosi la pelle all’altezza del cuore. I suoi occhi rossi con quella strana espressione le apparvero di nuovo davanti e dovette scuotere la testa per scacciarli.

“Vengo con te?” chiese Aria, preoccupata, alzandosi dalla sua posizione accucciata.

“Meglio di no…” la suggerì imbarazzata guardando da un'altra parte.

“Non dovresti muoverti da sola” le ricordò Osgal con sguardo di freddo rimprovero, ma Miel sapeva che era preoccupata.

“È pericoloso, soprattutto ora che sappiamo che ci inseguono.” Aggiunse Eran a supportarla.

Ma Miel scosse la testa.

“Io non sono mai sola…” mormorò con sorriso mesto, prima di lanciarsi nell’ombra e sparire nella notte.

 

Lei ed Ashuros avrebbero dovuto rivedere il suo concetto di vicino. Decisamente. A lei due chilometri di corsa nella notte, non riteneva utile sprecare potere magico per i passaggi nell’ombra in prossimità di una probabile battaglia, seguendo la sua scia sempre più debole, non sembravano una distanza breve. Stava già meditando vari e colorati insulti da lanciargli quando, arrampicatasi su un pino per cercare di trovarlo, vide la sua sagoma scura sulla banchina. Uno dei vantaggi della Regina, sensi perfetti anche al buio.

La cosa che smorzò la sua gioia fu vedere che aveva compagnia. O meglio, l’aveva avuta.

Sentì uno strano senso di déjà-vu quando a passi felpati lo raggiunse nella sabbia e lui si voltò a osservarla con gli occhi scarlatti; ma al loro primo incontro lui non vestiva solo dei pantaloni, non grondava acqua e, soprattutto, non aveva tra le braccia il cadavere di una sirena. La riconobbe come la sirena che lo aveva abbordato nel pomeriggio: era bella perfino da morta, anzi forse anche di più; sembrava perfetta ed eterea, se non per quei due piccoli fori rossi sul collo, dello stesso rosso che colava dai canini di lui.

Ashuros aspettò, immobile. Voleva vedere quale sarebbe stata la sua reazione, perché lo sapeva che una sirena e un cinghiale erano due cose diverse, ma quella gli aveva scatenato la sete. La fame. E lui non poteva permettersi di tentare di reprimerla se intorno a lui c’erano…amici, che avrebbe potuto uccidere se preso dalla sete; soprattutto quando c’era il rischio di combattere e quindi di ferirsi. No, lui la sua sete doveva soddisfarla. E il sangue di una creatura magica gli donava un potere enorme.

Miel rimase paralizzata, poi disse la prima cosa che le passava per la testa.

“Potresti rivestirti? Mi metti a disagio.”

Ashuros spalancò gli occhi scioccato e poi ridacchiò incredulo, prima di scuotere i capelli e andare a riprendere il resto dei suoi vestiti, che rinfilò alla velocità della luce.

“Niente urla? Rimproveri? Insulti? Pugnali?” le chiese mentre Uard gli si appoggiava sulla spalla e la scrutava guardingo.

“No grazie,” rispose lei scuotendo la testa e sedendosi a terra, mentre cercava di non guardare la sirena, “Charlotte?”

“Di guardia al campo.”

“Bene.”

“Non ti sciocca che io abbia appena ucciso una sirena e bevuto il suo sangue?” chiese lui diretto sedendosi davanti a lei.

Lei pensò e pesò bene le parole della sua risposta.

“Lo fai per fame, per necessità…” gli spiegò, anche se non era sicurissima neanche lei di quel che gli stava dicendo.

“È pur sempre omicidio.” Commentò lui freddo appoggiandosi con le mani sulla sabbia dietro di lui e guardando le stelle.

“È diverso. Un omicidio è avvicinarsi di soppiatto a un uomo, prenderlo alle spalle e tagliarli la gola con la lama del tuo pugnale, per poi abbandonare il cadavere…Uno è assassinio, uno è sopravvivenza” ribatté a bassa voce anche lei osservando la stellata.

“Perché sei qui?” le chiese allora Ashuros, infastidito e a disagio dalla piega che aveva preso la loro discussione.

“È sveglia, devi sigillarla.” Gli spiegò lei, poggiando una mano sul cuore.

“Come l’hai percepito?” indagò lui curioso, mentre prendeva la borsa con il necessario per l’esorcismo.

“Mi ha fatto una piacevole sorpresa nei miei sogni…o nella mia testa, non lo so di preciso.” Gli spiegò lei sbottonando la camicia e preparandosi a stringere i denti.

Senza nessuna piega in pochi secondi Ashuros le applicò il sigillo sulla pelle che per poco era rimasta pesca e la ragazza a stento trattenne le urla.

“È strano…” borbottò mentre sistemava il tutto, senza guardarla.

“Cosa?” chiese lei, mentre si rialzavano.

“Niente.”

“Me lo puoi dire?”

“No.”

“Per favore.”

“No” Rispose lui secco, facendo saltare i nervi alla bionda che con uno scatto cercò di prenderlo di sorpresa e atterrarlo; peccato che quella a finire a terra alla velocità della luce fu lei.

“Sei mille anni indietro, nanetta!” la schernì lui iniziando a incamminarsi con passo lento ma elegante verso il campo.

Miel sbuffò stizzita ma poi una luce maligna si accese nei suoi occhi.

“Se non me lo dici…dirò a Yelle della sirena!” lo ricattò ghignando e mettendosi in piedi vittoriosa.

Ashuros si fermò ma non si girò.

“Cosa ti fa credere che mi interessi a chi lo dici?” le chiese calmo.

Il sorriso di Miel si allargò.

“Il fatto che Yelle ci ha raccontato di una vostra discussione in mare…” alluse con tono noncurante.

Per un attimo si sentì solo l’infrangersi dell’acqua salmastra contro gli scogli.

Poi Ashuros si materializzò a tre centimetri dal suo volto.

“La Regina non ha fatto molta resistenza per essere sigillata, tutto qua.” Le spiegò con gli occhi ardenti, prima di allontanarsi a passo veloce.

Miel scoppiò a ridere per la sua reazione e gli corse dietro, nella speranza di stare al suo passo. Eppure nella sua testa rimbombava una sola parola, frutto di illusione, “Sigillami…”.

 

 

Ormai era mezzogiorno e la tensione era più che palpabile tra i ragazzi; come una nebbia sottile e appiccicosa si insinuava tra loro e li rendeva tesi come corde di violino. Non che avrebbero potuto essere biasimati, braccati ma senza sapere da chi, ma era una situazione alquanto pericolosa essendo questi ragazzi un gruppo di straordinaria forza. Erano una bomba ad orologeria, in particolare le lunatiche ragazze.

Tic-Tac.

Avevano adottato uno schema difensivo per proteggersi in caso di attacco a sorpresa, anche se sarebbe stato difficile farsi cogliere non pronti, con le ragazze al centro e i ragazzi disposti intorno a loro con Rey a capo del gruppo; questa decisione aveva scatenato parecchi insulti delle ragazze, che si sentivano sottovalutate, e aveva aggiunto altra tensione a quella già esistente.  Yelle e Akiko erano forse quelle più allegre, o almeno tentavano di sembrarlo, chiacchierando allegramente nella speranza di alleggerire l’atmosfera. Altre, come Miel, Osgal o Tara, proseguivano nel più completo silenzio, quest’ultima accarezzando continuamente il misterioso borsellino che aveva in vita; Gigi, Aria e Amane invece tentavano di dar retta alle due chiacchierone, ma spesso finivano col distrarsi e perdersi nei propri pensieri.

Da una parte erano tutti frementi dalla voglia di combattere, dall’altro si rendevano conto di starsi immischiando in qualcosa di davvero grosso. Eppure nessuno, neanche per un attimo, aveva anche solo pensato di abbandonare; anzi, forse il pericolo aggiungeva gusto all’avventura, alla voglia di mettersi in gioco.

Ad un certo punto Gigi perse l’equilibrio e urtò Shi che le ringhiò contro di fare attenzione, suscitando le ire della ragazza; solo l’intervento tempestivo di Akiko e Amlach interruppe sul nascere la rissa che rischiava di coinvolgere tutto il gruppo. Non avevano tempo, dovevano arrivare in fretta dai nani.

“Di questo passo finiremo col massacrarci tra noi…” mormorò Miel affiancando Rey, anche lei insofferente per la situazione; ciò era poi aggravato dal cambiamento del ragazzo, che le sembrava più lontano e sfuggente che mai.

“Non dobbiamo…Non so cosa abbiano in mente, ma siamo sicuramente inseguiti e ben presto dovremo combattere.” Disse sicuro guardandosi intorno come se all’improvviso gli alti pini si potessero trasformare in picchieri pronti a colpirli tra le scapole.

“Non mi piace l’idea di essere presa alle spalle…” aggiunse Miel guardandosi intorno, mentre gli altri iniziavano a prestare orecchio alla conversazione.

“Non possiamo fare altro!” ribatté lui scuotendo la testa convinto e continuando ad avanzare.

“Potremmo attirarli in una trappola…voltarci e affrontarli.” Suggerì lei sentendo l’ardore ribollirle dentro e la tensione accumulata gorgogliare.

“Non sappiamo neanche chi dobbiamo combattere, Miel!” ribatté scaldandosi anche lui e si fermò voltandosi a fronteggiarla.

Tic-Tac.

“Io credo che Miel abbia ragione. Non ci conviene continuare a camminare, stancandoci e rischiando che ci prendano poi nel momento meno opportuno.” Osservò Edward con calma.

“Ma è altrettanto stupido prepararsi a vuoto, non sapendo nemmeno se siamo davvero inseguiti. Dopotutto la spia non è potuta tornare a riferire il messaggio e se l’avessero saputo ci avrebbero attaccato mentre dormivamo.” Si intromise Amlach, ragionando da stratega, con Shi che annuiva al suo fianco.

Tic-Tac.

“Una bella sgranchita non mi dispiacerebbe…” aggiunse però Jin stiracchiandosi con Hiroshi che annuiva entusiasta.

“Non stiamo giocando voi due!” li rimproverò Asuna mettendo istintivamente la mano alla spada.

Tic-Tac.

“Asuna ha ragione, non pensate solo a combattere!” aggiunse Osgal gelandoli.

“Osgal non reagire così, i ragazzi non volevano dire quello.” li difese Eran esasperato.

Tic-Tac.

“Io appoggio l’idea di attaccare.” Dichiarò Amane feroce, mentre Yelle e Akiko si scambiavano occhiate indecise.

“Sono con te!” urlò Gigi alzando un pugno al cielo.

“Finiremo col ferirci inutilmente.” Controbatté Tara pratica mentre le punte dei capelli si schiarivano, “Posso medicarvi io, non fare miracoli!”

Tic-Tac.

Ognuno iniziò a dire la sua e litigare con chi si opponeva, in un caos di voci e opinioni che avrebbe assordato chiunque.

Tic-Tac.

“Voi ragazze dovreste stare zitte un attimo! Lasciate la decisione a noi, abbiamo più esperienza.” la voce di Shoichi rimbombò nelle teste delle ragazze con gelida perfezione; tutte loro si gelarono sul posto.

Tic-Tac.

BOOOM.

“CHE COSA HAI DETTO?” l’urlo collettivo fece sbiancare Shi, che decise coraggiosamente di arretrare, e in pochi secondi tutte le ragazze si erano unite in un unico fronte che si opponeva ai ragazzi, chi sicuro, chi spaventato a morte, chi indeciso.

“Ho detto che…” iniziò a ripete Shoichi con sguardo di sfida, mentre le ragazze li guardavano con odio feroce.

“Basta Shoichi.” Intervenne Rey facendo un passo avanti, le mani alzate per placare le due fazioni, “Calmiamoci…” propose passandosi una mano sugli occhi, come spossato di colpo.

“Se iniziamo a scannarci tra noi faremo esattamente il loro gioco,” parlò poi nuovamente guardandoli a uno a uno con serietà e decisione, “Penso che a questo punto l’unica cosa da fare sia cercare il nemico e poi decidere se attaccare o meno.” Propose cauto, in attesa delle loro reazioni; la diplomazia era come camminare su un campo minato, come sul filo di una lama. Un passo falso ed eri morto, lo sapeva bene.

“Come hai intenzione di fare?” chiese Ashuros, finora rimasto in composto silenzio.

“Teletrasporto.” Rispose lui semplicemente, accennando un sorriso, ombra di quello del vecchio Rey.

“Vengo con te.” Si intromise allora Miel, facendo un passo avanti nell’erba e con un’espressione che diceva chiaramente come non accettasse rifiuti.

“Non ti fidi?” la prese in giro Rey scrutando attento i suoi occhi seri e la sua bocca tesa in una linea sottile.

“No.” Rispose lei fredda, suscitando occhiate di stupore dai suoi amici: quello era qualcosa che non si aspettavano; e in realtà nemmeno lei. Avrebbe voluto rispondere sì o come minimo dirlo con più dolcezza, ma sapeva che se avesse tentennato lui non l’avrebbe portata.

Rey sospirò.

“Come vuoi;” acconsentì voltando la testa per non guardarla negli occhi, “Intanto per favore voi continuate ad avanzare, senza scannarvi.” Aggiunse infine con un sorrisetto e il gruppo si lasciò andare in un accenno di risata liberatoria.

“Mizumi, Lupo: per favore pensateci voi!” chiese invece Miel con sorrisetto esasperato, capendo che avrebbero scatenato una rissa non appena fossero spariti, e il lupo annuì mentre la gattina si trasformava nella grossa tigre. A quella mossa sia Jin che Hiroshi e Giada sospirarono delusi: addio rissa.

Poi senza lasciarle dire altro, Rey la prese per una mano e la strattonò a sé, stringendola tra le braccia; scomparirono insieme.

 

 

Non era passato molto tempo, forse mezz’ora al massimo, e il gruppo stava procedendo sotto gli occhi vigili di Mizumi e il Lupo, in attesa fremente, quando Miel e Rey riapparvero. La ragazza era pallida e gli occhi subito settarono verso Tara mentre chiamava il suo nome, ma non lasciò il ragazzo biondo che era accasciato su di lei con il volto cinereo; la camicia bianca era squarciata sul petto diagonalmente ed era possibile scorgere un lungo taglio sanguinante, dai bordi irregolari e purulenti, di un malsano viola. Subito Osgal, Aria e Ashuros si tapparono il naso con una mano e si allontanarono, lottando contro la sete bruciante che scatenava in loro la vista del sangue; fortunatamente si erano tutti nutriti da poco. Yelle, insieme a Eran e Hiroshi, per aiutarli li spinse ancora più lontano per poi utilizzare la tecnica delle volte precedenti e, dopo aver fatto sedere Ashuros, il più debole di fronte alla tentazione, sederglisi in grembo e iniziare a parlare di tutto e un po’ per distrarlo.

“È stato ferito con un arma avvelenata!” urlò Miel intanto inginocchiandosi e appoggiando Rey per terra sull’erba bagnata, semi incosciente mentre tutti gli si precipitavano intorno; con le mani coperte di sangue si aggrappò al braccio del ragazzo non sapendo bene cosa fare. Forse poteva… Fortunatamente Tara prese la situazione sotto il suo controllo e con fare deciso iniziò a estrarre varie erbe e bende dalla borsa, dopo essersi inginocchiata accanto a loro.

“State lontani, lasciateci spazio e aria!” ordinò fredda iniziando a esaminare con rapidità la ferita, “Jin allontana Miel; Amlach, Shi immobilizzate Rey e Ed dammi una mano col veleno” ordinò ancora vedendo la bionda sotto shock. Subito tutti eseguirono: tutti si allontanarono portando via gli animali, Jin sollevò di peso Miel e la mise a sedere poco lontano tra le altre ragazze che la tranquillizzarono, invece Amlach si mise alle spalle di Rey e gli immobilizzò le braccia e il torace mentre Shi gli bloccava le gambe; Ed dopo aver passato la mano con delicatezza sulla ferita ringhiò.

“Acido corrosivo! Dobbiamo fare in fretta…” spiegò prima di chiudere gli occhi e porre le mani sulla ferita; con lentezza iniziarono a sollevarsi nell’aria piccole spirali di veleno, che pian piano Edward assorbiva nel suo corpo. Tara intanto aveva versato alcune gocce di varie boccette su delle bende e si preparava a medicare la ferita.

“Ora!” la avvisò l’assassino togliendo le mani, lo squarcio depurato; la ragazza subito premette con forza le bende sulla ferita, neanche un ombra di indecisione sul suo volto. All’istante Rey iniziò a urlare per il dolore e a dimenarsi come posseduto, ma i suoi amici non lo lasciarono andare e Tara continuò a pulire la ferita.

Dieci minuti dopo, di urla e medicine utilizzate, Rey si accasciò a terra in un sonno esausto; il petto ricucito e fasciato, che si alzava con fatica per respirare. Tara sospirò di sollievo e iniziò a riporre tutto nella borsa, ma Shoichi le porse un panno bagnato e le fece cenno di riposarsi un attimo.

“Hai fatto un ottimo lavoro.” le disse sorridendo prima di iniziare a sistemare al posto suo, mentre lei si detergeva la fronte sudata per lo sforzo.

“Grazie, ma è anche merito di Edward. Quella ferita oltre a essere profonda, era impregnata con troppo veleno perché da sola potessi fare qualcosa. Invece così non ha ferito nessun’organo vitale.” Spiegò imbarazzata e voltando la testa, non sentendosi a suo agio nel venir lodata.

“Penso che tu sia stata comunque fantastica, infermierina!” la prese in giro il ragazzo porgendole la borsa per poi afferrarla per un braccio e aiutarla a mettersi in piedi.

Intanto Ed, Shi e Amlach avevano raggiunto Miel, che dopo esser stata rassicurata che Rey era fuori pericolo si era calmata e accarezzava la testa di Mizumi, ancora tigre, che le aveva posato in grembo.

“Cosa è successo?” le chiese brusco Amlach sedendosi davanti a lei con Shi, mentre Ed si appoggiava a un tronco a braccia incrociate.

“Siete degli insensibili!” borbottò Gigi abbracciando la bionda che aveva abbassato gli occhi con le guance rosse; Amlach la fulminò ma Akiko gli pose una mano sul ginocchio.

“Gigi voleva solo dire che è un argomento delicato, Amlach.” Gli spiegò con un sorriso dolce che fece sbuffare il ragazzo e distogliere lo sguardo.

“Scusate,” li interruppe Yelle raggiungendoli, “Chiedono se possono tornare.” Spiegò riferendosi ai vampiri poco distanti; Tara annuì e mise tra le braccia di Shi tutte le bende insanguinate.

“Bruciale e siamo a posto.” Gli disse sedendosi con Shoichi insieme agli altri, mentre l’elfo la fulminava per averlo scambiato per un forno crematorio, ma in una vampata viola le incenerì.

“Era ora…” esordì sollevato Hiroshi dopo pochi secondi entrando al fianco di Aria nella radura, seguito da Osgal, Eran, Ashuros e Yelle; tutti i vampiri si sedettero il più lontano possibile dal ferito, dopo aver constatato che stava bene.

“Allora? Abbiamo perso già un quarto d’ora.” Richiamò tutti all’ordine Amlach, puntando i suoi occhi freddi su Miel, che continuò a guardare Mizumi.

“Io e Rey ci stavamo teletrasportando nell’area circostante per trovare gli ipotetici inseguitori; all’inizio siamo rimasti sugli alberi per avere una visuale migliore, ma ad un certo punto ci è parso di vedere qualcosa…Allora ci siamo avvicinati di salto in salto. È stato un attimo, ci siamo materializzati in una radura deserta non accorgendoci di esser finiti nel punto sospetto; ho solo fatto in tempo a vedere un uomo incappucciato che saltava fuori dal cespuglio armato di spada prima che Rey mi si parasse davanti e venisse ferito al posto mio; poi mi ha afferrato per il polso e ci ha teletrasportato lontani. Volevo che si fermasse a riposare, perché stava iniziando a perdere conoscenza, ma lui ha continuato a teletrasportarci finchè non siamo arrivati.” Raccontò a bassa voce senza mai guardarli; si sentiva in colpa per non essersi accorta dell’imboscata, per essersi lasciata proteggere e per aver ferito Rey.

“Sono maghi?” chiese Ed concentrato mentre Amane accarezzava la testa di Miel, avendo come tutti gli altri capito cosa passava per la testa alla biondina.

“Di sicuro; altrimenti non avrebbero potuto prevedere il nostro arrivo. E no,” aggiunse stoppando sul nascere l’ipotesi di Asuna, “Non è un caso…”

“Dobbiamo prepararci allora?” chiese Gigi con sorriso di sfida scambiandosi un'occhiata di puro e feroce divertimento con Shi.

“Con Rey in quelle condizioni non possiamo fare altro.” Rispose Ed per lei, staccandosi con un movimento fluido dall’albero.

“Non vedo l’ora…” ringhiò Amane alzandosi in piedi e stiracchiandosi.

A quel punto tutti iniziarono a prepararsi; per prima cosa si spostarono in una radura ampissima, probabilmente era un vecchio villaggio di ninfe arboree, poi Amlach e Ed ci trasportarono Rey ancora incosciente e infine tutti si misero in attesa: Amlach lustrava la sua katana, Gigi e Akiko discutevano con Shi alcune strategie poco lontane, i vampiri erano immobili pronti a captare ogni segnale del loro arrivo, Amane e Yelle chiacchieravano tranquille con Hiroshi, tenute d’occhio da Ed che si rilassava poco lontano, Asuna si faceva aiutare da Jin a ripassare alcuni colpi e Tara controllava lo stato di Rey con accanto un’inquieta Miel.

“Arrivano.” Pronunciò improvvisamente chiara Aria con lo sguardo vacuo e tutti si gelarono all’istante, per poi alzarsi e disporsi in una specie di linea che si frapponeva tra il ferito e la direzione da cui stava arrivando il nemico. Se era possibile, avrebbero affrontato uno o due avversari a testa; speravano fosse solo un’avanguardia.

 

Le prime a uscire dalla boscaglia furono due ragazze dalla pelle candida e i capelli neri come il carbone, lisci e lunghi fino alla vita, avevano gli stessi lineamenti delicati, gli stessi occhi rossi e indossavano lo stesso vestito nero senza maniche lungo fino ai piedi, l’unica differenza l’altezza diversa; accompagnavano, quasi come damigelle, un uomo dagli stessi tratti ma robusto ed elegante, con un ghigno di superiorità stampato sul volto. Ashuros sgranò gli occhi scarlatti e proruppe in un feroce ringhio. Lo aveva riconosciuto, era lui…

 Subito dietro di loro arrivò ridendo un ragazzo alto dai capelli viola scuro a spazzola e innumerevoli tatuaggi neri su tutte le braccia insieme a due altri ragazzi più bassi e giovani, uno biondo e uno rosso. Sembravano gemelli e i vestiti dai toni scuri sul verde identici lo sembravano confermare, mentre il luccichio complice negli occhi era già segnale che combattessero in coppia.

“Shoichi sulla destra.” Ringhiò Aria concentrata e il ragazzo, che era il più esterno, fece appena in tempo a voltarsi per parare un calcio dalla forza impressionante alla faccia.

“Niente male!” ringhiò il grosso uomo dai muscoli scolpiti e l’armatura in cuoio che lo aveva colpito scattando indietro tra i suoi compagni, mentre il ragazzo assottigliava gli occhi: nonostante l’udito sviluppato neanche si era accorto di lui…

“Dev’essere la vampira che legge la mente, Deianira!” trillò con vocetta stridula una ragazzina con un vestitino a balze nero con un fiocco rosa in vita, sporgendosi da dietro l’uomo che aveva colpito Shoichi, mentre una ragazza dai capelli rossi e il vestito celeste la raggiungeva scrutando gli avversari con i suoi occhi glaciali e stringendo tra le mani due lunghe ed eleganti alabarde.

“È lei.” Rispose affermativa la vampira di nome Deianira, quella più bassa inclinando divertita la testa di lato e osservando Aria, che le ringhiò contro.

“Allora te ne occupi tu di lei?” chiese un ragazzo dall’aria svogliata entrando nella radura con passo indolente, mentre gli occhi gialli vagavano sulla schiera nemica, le mani nelle tasche dei pantaloni neri a contrasto con la troppo larga camicia rossa.

“Chi vuoi che se ne occupi se non lei?” chiese ironico un uomo dalla pelle cioccolato mettendosi al suo fianco, mentre l’attenzione di tutti si catalizzava per un attimo sui suoi arti inferiori e sulle grossa corna che spuntavano dalla fronte da caprone.

“Seconde me li stiamo sopravvalutando…” mormorò invece una donna dal corpo formoso, avvolta in una veste smeraldo, avvicinandosi al satiro con passo felino, le labbra pesantemente truccate di rosso, come i suoi capelli ricci, piegate in una smorfia di divertita superiorità.

“Saremmo bastati noi due.” Ringhiò un uomo dal volto sfigurato da una triplice cicatrice e il petto nudo, schierandosi di fronte ad Amlach che lo riconobbe come una delle sue taglie più difficili e che…in teoria aveva già catturato.

“Ci si rivede bastardo!” lo salutò infatti con un ringhio affamato.

“Quanta arroganza, l’ultima volta che ti ho visto se non sbaglio stavi implorando pietà ai miei piedi.” Rispose ghignando Amlach e sfoderando la sua katana.

“Per essere un ragazzino parla tanto.” Intervenne un ragazzo alto poco più di un metro e sessanta dai capelli candidi come la neve e accompagnato da un'enorme tigre dai denti a sciabola e il manto nero.

“Non che tu sia più grande…” gli rinfacciò infatti la tigre scrutando gli avversari con gli occhi ambrati.

“Se avete finito di chiacchierare noi saremmo anche pronti a prendervi a calci…” rise Jin scrocchiandosi le nocche impaziente, ma evidentemente l’afflusso non era ancora finito.

Esattamente al centro si posizionarono un'alta figura incappucciata con due grosse falci appese alla schiena e al suo fianco una donna dalla pelle ambrata vestita con larghi pantaloni rossi che si stringevano alle caviglie e un top dello stesso colore tagliato sopra la pancia, con gli occhi lasciati scoperti dal velo nero, come i suoi capelli legati in una grossa treccia lunga fino al bacino, che portava attaccato da orecchio a orecchio che scrutavano gli avversari famelici; davanti a loro una grossa guardia imperiale, un ragazzo dall’aria compita con gli occhiali e sempre con la divisa delle guardie imperiali e una figura incappucciata di nero, che assomigliava così a Miel, che intanto si era accucciata dietro i suoi amici davanti a Rey.

Edward aveva quasi delle difficoltà a respirare tanto era scosso da tremiti per la bramosia di massacrarli: tutti, tutti loro…avevano tatuata una stella nera.

“Ora possiamo incominciare.” Sorrise il vampiro prendendo la parola ed entrambe gli schieramenti scattarono; ognuno aveva già individuato il suo obiettivo, senza neanche accordarsi.

 

Ovviamente l’Assassino scattò per primo contro il ragazzo dai capelli viola che aveva davanti, la stella nera sulla fronte l’unica cosa che vedeva.

Il suo pugno coperto di veleno viola lo colpì con forza contro lo zigomo ma quello non si spostò di un solo centimetro e con un sorriso famelico gli afferrò il polso per poi tirarlo verso di sé e colpirlo in pancia, facendogli tossire del sangue.

“Tutto qui? Contro uno con il dono della rigenerazione cosa puoi fare?” gli sibilò in un orecchio, mentre la guancia avvelenata e purulenta cominciava a rimarginarsi.

“Dov’è lei?” fu l’unica cosa che rispose Ed prima di colpirlo con una ginocchiata al basso ventre, per poi balzare indietro e caricarlo nuovamente con le mani coperte di un liquido verdastro.

“Chi?” gli chiese l’avversario, “Dovresti interessarti a me, Assassino, non alla tua sorellina; sono Scorpio.” si presentò beffardo parando la sequenza di calci e pugni di Edward a una velocità impressionante, mentre la pelle si liquefaceva per poi risanarsi subito dopo. Ma a Edward non interessava: sapeva di sua sorella. Avrebbe provato a cavargli fuori ciò che sapeva con la forza e se non avesse ottenuto niente lo avrebbe fatto a pezzi.

 

Poco più lontano da loro Shi sfidava con i colpi della sua katana di fuoco il ragazzo dagli occhi gialli, che aveva estratto impassabile e svogliato due grosse fruste appese sulla schiena che faceva schioccare intorno a sé; eppure l’elfo invece di trovarsi in difficoltà, scivolava rapido tra i colpi e si avvicinava sempre di più, il ghigno che si allargava. Fu quando riuscì a ferirlo a una guancia, che il ragazzo dagli occhi gialli finalmente depose la maschera e un grosso sorriso gli illuminò il volto.

“Finalmente qualcuno con cui fare sul serio!” gioì con gli occhi accesi da una luce folle prima di incrociare le fruste e farle schioccare a terra mentre lungo tutto il cuoio spuntavano grossi spuntoni e uncini dall’aspetto letale.

“Vieni pure!” lo invitò mentre la svogliatezza cedeva alla follia e intorno a lui sembrava sprigionarsi un aura più intensa. Shi assottigliò gli occhi nel vedere i movimenti dell’avversario diventare sempre più veloci e i colpi sempre più forti e precisi, mentre gli uncini cominciavano a straziargli le carni.

Con un salto di lato evitò un sferzata mentre con una lancia di fuoco rallentava l’altra, per poi tentare di sfondare le sue difese e colpirlo con la sua alabarda, ma quello la dirottò avvolgendola fra le fruste. Allora Shi la dissolse di colpo e in quell’attimo in cui le fruste si afflosciavano un poco ne approfittò per creare un coltello di fiamme e lanciarlo con precisione letale nella spalla dell’avversario, che però non emise un solo gemito, ma scoppiò a ridere.

“Niente male…” ghignò allora Shi nell’osservarlo e l’altro inclinò la testa, mentre iniziavano a girare in tondo studiandosi a vicenda.

“Sono Double, sarà un piacere ammazzarti.” si presentò prima di far scattare nuovamente le fruste.

 

Intanto si svolgeva una delle più incredibile battaglie che si fossero mai combattute: una battaglia mentale. Ad Aria erano bastati due tentativi d’affondo per capire il potere della sua avversaria, Deianira, e si era subito resa conto di come fosse l’unica con qualche speranza di batterla: lei prevedeva il futuro. E ciò comprendeva le mosse dell’avversario; quindi non appena lei pensava di fare una mossa Deianira la prevedeva e pensava a contrattacco, ma allora Aria gliela leggeva nella mente e cambiava mossa…andavano avanti così di dieci minuti, mentre l’unica cosa che facevano al di fuori delle loro teste era girarsi intorno. Osgal aveva intuito subito cosa stesse accadendo e subito si era scagliata contro l’altra vampira, Daiana, per impedirle di attaccare Aria alle spalle e nella speranza di eliminarla al più presto per darle una mano; volteggiava in una danza selvaggia a katana sguainata con l’altra vampira, armata di fioretto, menava abilmente fendenti ai punti vitali come la testa e il cuore, ma quella si difendeva con un sorrisino sul viso e cercava di contrattaccare.

 

Ashuros era stranamente grato che le sue compagne stessero tenendo occupate le vampire, così che lui potesse dedicarsi completamente al bastardo che aveva davanti: Conte Sangnoir, uno dei vampiri nobili traditori. Uno degli assassini di sua madre. Avrebbe riconosciuto quel volto ovunque.

Con uno scatto di lato cercò di staccare di netto un braccio al suo avversario col pugnale, ma quello lo dirottò con il bastone da passeggio, che doveva esser stato opportunatamente modificato per resistere a una pressione simile.

“Sei cresciuto Ashuros!” lo sbeffeggiò quello evitando nuovamente i suoi attacchi con eleganza, “Ma non sei ancora all’altezza…dopotutto sei solo un impuro.” Aggiunse acido sogghignando, parole a cui Ashuros socchiuse gli occhi con un ringhio feroce e aumentò la velocità dei suoi attacchi. Si sarebbe vendicato.

Charlotte avrebbe voluto aiutarlo, ma non appena si era lanciata all’attacco dal terreno era spuntato un ghoul, un demone in putrefazione affamato di carne umana, agli ordine del Conte che la teneva interamente occupata; nonostante sembrasse cadere a pezzi era dotato di capacità sovraumane e non risentiva degli effetti paralizzanti della sua spada, ma Charlotte non si scomponeva e cercava di fermarlo, evitando al contempo i denti e gli artigli della creatura.

 

Eran aveva intanto ingaggiato un devastante corpo a corpo con il satiro, che lo bersagliava di pugni e calci senza tregua con velocità animale; se non fosse stato per il suo organismo differente, dopo i primi colpi sarebbe caduto a terra con la metà delle ossa rotte e anche così doveva stare attento a evitare le corna e gli zoccoli, che avrebbero potuto tranquillamente frantumargli il corpo. Avrebbe voluto usare l’arco per difendersi, ma il nemico non gli lasciava il tempo di allontanarsi, incalzandolo fin da quando si era presentato come Kaleen, senza sosta.

 

A qualche metro Tara se la vedeva con quella che non aveva problemi a definire una psicotica dai facili costumi in verde; non capiva se le dava più fastidio il suo atteggiamento da gran donna, il suo sorriso sicuro e strafottente o i suoi commenti bastardi su di lei. Non aveva fatto altro che farle notare quanto quel vestito fosse fuori moda, il suo corpo scialbo e la sua evidente mancanza di sensualità e femminilità; non che gliene fregasse qualcosa ma la stava davvero innervosendo, tanto da aver problemi a rimanere in forma umana. Si era però accorta subito di come non le convenisse combattere in forma di lupo quando la donna con un gesto elegante della mano aveva evocato un'onda di rovi da scagliarle contro. Fortunatamente il sangue licantropo non era la sua unica risorsa.

Con rapidità fulminea estrasse dal misterioso sacchetto in tela che si portava sempre dietro una pietra rossa scintillante, come un rubino e la sfregò una volta puntandola verso la nemica: da essa si irradiò una spirale di fuoco che bruciò all'istante i rovi della nemica, che però la guardò con supponenza giocherellando con i boccolosi capelli bordeaux.

"Tutto qui?" le chiese con un sorrisetto prima di allargare le braccia, mentre nuovi rovi si innalzavano dal terreno.

 

Gigi avrebbe volentieri sbraitato a Tara di smetterla di dar fuoco a quei poveri rovi innocenti, ma venne fermata da un profondo senso di lealtà per l'amica e di comprensione per la situazione in cui erano...o forse solo dalle due grosse alabarde elettrificate dell'avversaria dai capelli rossi che la incalzavano senza sosta. Quella ragazza dagli occhi di ghiaccio sembrava inarrestabile e impassabile: Gigi l'aveva colpita con rovi, sferzata d'acqua e aveva persino lanciatole contro dei macigni, ma quella subiva senza retrocedere o sbattere ciglio e Gigi doveva proteggersi innalzando muri di roccia o cercando di sviare i colpi con frustate d'aria. Non una parole che usciva dalla sua bocca, non un’emozione che passava sul suo viso. Doveva pensare a una strategia oppure tentare un attacco di pura forza bruta...e sapeva benissimo quale opzione scegliere, pensò mentre un sorrisetto le increspava le labbra feline.

 

"Waaaaa! Lilith si sta proprio scatenando!" rise la bambina nel suo vestitino a balze saltellando sull'erba e osservando i combattimenti che scoppiavano intorno a lei, poi si voltò ad osservare Akiko che la guardava indecisa: non poteva attaccare una bambina...

"Pensi che non sappia difendermi?" le chiese zuccherina inclinando la testa di lato, mentre i capelli rosa raccolti nei due codini ondeggiavano allegri.

Akiko la guardò presa alla sprovvista e annuì, accennando perfino un sorriso.

"Che ragazza buffa!" rise allora la bambina con un sorriso gioioso e dolce, gonfiando le guance rosee, "Quasi mi dispiace doverti uccidere." concluse sgranando gli occhi rosa, che si illuminarono di follia.

Akiko si irrigidì e si mise in posizione di difesa, percependo all’improvviso un’intensa aura omicida provenire dalla bambina che...iniziò a mutare. Gli occhi rosa diventarono rossi e si allargarono con le pupille che si restringevano, mentre tutto il corpo veniva scosso da tremiti e le ossa sembravano premere per uscire contro la pelle improvvisamente flaccida e piena di rigonfiamenti; si contorse e deformò in maniera macabra sotto gli occhi dell'avversaria fino a diventare un'enorme creatura dal pelo folto e rossastro, un incrocio tra un essere umano gigantesco e una bestia simile a una volpe, con gli occhi rossi famelici e delle enormi fauci con denti affilati e aguzzi come pugnali, le braccia grandi come la stessa Akiko con artigli che sembravano scimitarre.
Akiko sgranò gli occhi e all’istante compì la semi metamorfosi in gatta mannara: la battaglia sarebbe stata più dura del previsto.

 

 

Amlach imprecò a mezza voce nel vedere la terrificante mutazione della bambina: e pensare che si era sentito sollevato vedendo chi sarebbe stata l’avversaria di Akiko! Di male in peggio, quella gatta stordita si sarebbe sicuramente ferita, inciampando ovunque, o peggio…doveva finire in fretta. Si scambiò ancora qualche colpo con suo avversario assetato di vendetta, katana contro artigli, e poi decise di fare sul serio.

Con un colpo deciso dalla sua katana si staccò un’affilata falce d’ombra diretta contro il muso ghignante del licantropo e già si preparava a scagliarne un’altra, freddo e sicuro di una vittoria facile, quando l’avversario sogghignò e incrociò le braccia davanti al corpo: le mani già sformate in zampe mutarono ancora e gli artigli si allungarono bestialmente fino a essere delle corte spade o dei lunghi pugnali; la lama d’ombra si scontrò contro di essi e si dissolse senza intaccarli.

“Cosa c’è bastardo?” gli chiese latrando e muovendo gli artigli alla luce del sole, mentre Amlach socchiudeva gli occhi azzurro ghiaccio con un ringhio, “Non avrai pensato che fossi arrivato impreparato anche questa volta, vero?” gli chiese mostrando i canini.

“Non ti sopravvalutare troppo e fammi vedere cosa sai fare.” Rispose Amlach secco puntandogli contro la lama e scattando. Doveva finire in fretta.

 

Lo stesso obiettivo si era prefissa Amane, che insieme a Yelle fronteggiava i gemelli; fin da subito i due ragazzi, sogghignanti e perfettamente sincronizzati in ogni movimento, si erano dimostrati avversari capaci: uno col potere delle illusioni e l’altro della mutazione, tenevano testa rispettivamente all’elfa e alla maga della creazione.

Yelle infatti volteggiava nell’aria sopra di lei spazzando via con delle folate di vento i cloni o i mostri che improvvisamente le attaccavano, cercando al contempo di ferire i due ragazzi che non rimanevano fermi neanche un secondo, scattando a zig zag per confonderle, mentre Amane, arpa alla mano, solidificava scudi per contrastare le spade create dai rami dal suo avversario, lance per colpire i sassi che avevano preso la sua forma, macigni con cui tentare di spiaccicarli…eppure non riuscivano a danneggiarli più di troppo, si muovevano troppo rapidi e tra tutte quelle copie, animate e non, non sapevano chi colpire e dovevano scagliare attacchi ad ampio raggio ma più deboli.

“Siete già stanche?” chiesero ad un certo punto fermandosi e guardandole ansimare divertiti, “Noi abbiamo appena iniziato.” Risero sadici, prima che dal terreno spuntassero numerose altre copie armate.

 

Shoichi era stato poche volte così entusiasta di un nemico: quell’uomo, Greff, era un avversario straordinario. Aveva la forza naturale di un rinoceronte e le tecniche di combattimento corpo a corpo al livello di un generale, ma era il suo dono che rendeva la lotta indimenticabile: praticava una magia per cui la sua pelle diveniva coriacea e praticamente indistruttibile, nemmeno la sua spada in scaglie di drago era riuscita a scalfirla!

“Non sei male giovanotto!” rise l’omone bloccando un altro potentissimo colpo del ragazzo con il palmo, ammirandolo e sentendo la brama di sangue bollirgli nelle vene: quello non era un ragazzo normale, nessuno avrebbe potuto colpirlo a mani nude e sorridere infiammato, stava solo aspettando che si scatenasse.

“Non sto neanche facendo sul serio…” si vantò Shoichi, bersagliandolo di pugni e calci in rapida sequenza.

“Allora è il caso che tu lo faccia!” lo invitò l’avversario prima di mutare la pelle del suo intero corpo.

“Come preferisci!” rispose il biondo saltando all’indietro e pestando un piede contro il terreno, che all’istante si crepò lasciando fuoriuscire un getto di magma.

 

Jin si divertiva ugualmente, nonostante all’inizio avesse pensato che il ragazzino albino non sarebbe stato granché come avversario; si era ricreduto non appena quello lo aveva colpito alla velocità della luce con un calcio in faccia, facendolo arretrare di parecchi metri.

“Niente male.” Si complimentò Jin, capendo che con lui sarebbe stato inutile l’uso della spada e iniziando ad accumulare elettricità.

“Son Fey e il mio potere è la velocità, giusto per informarti. Odio essere sottovalutato.” Gli fece sapere mettendo le mani in tasca e sorridendo orgoglioso.

“Jin, dragon slayer.” Si presentò il moro sorridendo anch’esso, “Vediamo se sei veloce come il fulmine.” Lo sfidò poi prima di scattare contro di lui, mentre poco distante Hiroshi sfidava la tigre dai denti a sciabola in un duello mortale.

 

Asuna intanto sospirava di sollievo per la fortuna ricevuta: il suo avversario sarebbe stata la guardia. Non che fosse felice di combattere con una di loro, ma almeno non era dotata di poteri magici o altre cose strane…se fosse stato uno degli altri sarebbe durata meno di tre minuti, mentre ora aveva ingaggiato una lotta alla pari con quel ragazzo, che possedeva una tecnica eccezionale.

“Non dovresti indossare la divisa delle guardie se poi sei una fuorilegge.” Le fece notare tentando un affondo allo stomaco che lei deviò con la punta della lama per poi tentare di colpirlo al gomito.

“E tu non dovresti portare la divisa delle guardie se poi ti allei con una Gilda Oscura.” Gli rispose lei a tono, schiavando un suo fendente, mentre lui stringeva le labbra inviperito.

“Silenzio!” le intimò infatti prima di incalzarla, togliendole il fiato per rispondere.

 

Miel odiava la matematica. Dal profondo. Perché a causa sua ora Miel si trovava di fronte a quattro avversari, con un ferito da difendere e la consapevolezza che fosse una missione quasi impossibile anche per lei. Certo c’erano gli animali e poteva evocare aiuti dalle ombre, ma se qualcuno degli altri non correva ad aiutarla era messa male...solo che anche loro sembravano presi da combattimenti difficili! Cosa poteva fare?!

Stava giusto pensando a cosa potesse inventarsi quando la figura con il mantello nero scattò verso di lei, da sola. Miel sorrise: evidentemente erano troppo orgogliosi per attaccarla in gruppo e questa sarebbe stata la sua, unica, carta vincente. Doveva finirla in maniera pulita e rapida, non si allenava nelle tecniche di assassinio per nulla.

Anche lei scattò con un movimento fluente ed evocò all’istante le due daghe ricurve d’ombra, pronta a incrociarle sulla gola del nemico, l’altra figura incrociò le braccia davanti al viso coi polsi rivolti all’esterno e dalle maniche spuntarono due lunghe e sottile lame argentate che si scontrarono con le sue daghe. Lame celate!

Le due rimasero per un attimo a fare forza l’una contro l’altra, a contatto, mentre un campanello rimbombava nelle loro teste, poi la nemica la spinse all’indietro mentre le lame d’ombra esplodevano in polvere nera. Miel d’istinto si abbassò per evitare di essere pugnalata alla gola e con un tentacolo d’ombra la trascinò a terra, ma quella lo fece esplodere e balzò in piedi con una capriola all’indietro.

Rimasero a guardarsi immobile, il fiato accelerato.

“Miel?!”

“Shorai?!” esplosero in contemporanea prima di, a dispetto della situazione, iniziare a ridere a crepapelle.

“Ma che diavolo ci fai qua?!” le chiese Miel abbassandosi il cappuccio e sciogliendo i capelli biondi, una mano sul fianco e un’espressione a metà tra il perplesso e il divertito.

“Questa è la mia domanda!” rispose l’altra figura con voce femminile e musicale, scostandosi il cappuccio e il mantello e permettendo di fare vedere le sue sembianze: una ragazzina dal fisico sinuoso, avvolto in una camicia da donna bianca troppo grande e dei pantaloni in pelle neri, come i guanti senza dita e gli stivali alti, con una borsa a tracolla; il viso aveva tratti dolci e infantili, con una spruzzatina di lentiggini sul naso, mentre gli occhi erano grandi e rosa intenso, a contrasto con i lunghi e mossi capelli verde acqua.

“Sono in viaggio con questo gruppo di scalmanati!” le spiegò abbracciandola con affetto mentre quella rispondeva un po’ più rigida, per poi staccarsi e guardarla in attesa di una risposta.

“Io sono qua per lavoro: devo uccidervi tutti, tranne il biondo dietro di te, per ricevere una delle paghe più succulente della mia vita.” rispose l’altra pratica con gli occhi che le scintillavano alla parola “paga”.

Miel si irrigidì all’istante e si allontanò di qualche passo. Lei e Shorai, un’assassina professionista, erano ottime amiche da anni, avevano persino viaggiato qualche mese insieme ma…Shorai aveva bisogno dei soldi per una questione di famiglia e per i soldi avrebbe fatto di tutto. Di tutto.

“Significa che mi ucciderai? Per soldi?” le chiese osservando attentamente ogni suo singolo movimento, in attesa, ma la ragazza, dall’aspetto così innocente e allo stesso tempo così letale, inclinò la testa di lato.

“Se non vi uccido non avrò i soldi.” Le fece notare, mentre i suoi occhi iniziavano a tradire un’ombra di indecisione…un conto era uccidere sconosciuti, un conto Miel…Però magari poteva solo inscenare la sua morte e farla scappare, far fuori tutti gli altri, prendere la ricompensa e sparire.

“Propongo il piano di Oklas…” le disse con un sorrisetto, riferendosi ad un’avventura passata dove avevano recitato una cosa simile, ma Miel sbuffò.

“Non posso.” Rispose evocando le daghe d’ombra, “Sono miei amici, ho dei debiti da pagare e devo recuperare il mio medaglione che ha nascosto il biondo dietro di me; li proteggerò.” Le disse prendendo un grosso respiro. Cosa diceva sempre il suo maestro? Ah già…soffocare, doveva soffocare ogni sentimento ed emozione. Nel suo lavoro non c’erano spazio per sentimentalismi. O uccidi o sei ucciso.

“Ho bisogno di soldi. Per lui.” Replicò Shorai altrettanto fredda, ingoiando il dispiacere e l’affetto per Miel, “Niente di personale.”

“È lavoro.” Concluse Miel mettendosi in guardia.

“Ferme!” la voce roca di Rey le interruppe appena prima che scattassero.

“Rey!” lo chiamò Miel voltandosi stupita e sospirando di sollievo nel vederlo seduto e cosciente. Molto cosciente a giudicare dal luccichio degli occhi.

“È per soldi?” chiese il ragazzo direttamente a Shorai, facendo cenno a Miel di star tranquilla.

“Certo,” rispose lei abbassando temporaneamente le armi e osservando il bersaglio speciale della sua missione; se lo aspettava diverso…

“Te ne offro il doppio.” Propose Rey con un sorriso carismatico, “A patto che viaggi con il nostro gruppo e mantieni a tutti, compresi i miei compagni, il silenzio su di me.” Concluse poi osservandola attento. Miel assottigliò gli occhi all’ultima parte dell’accordo.

La ragazza sgranò gli occhi e poi lo guardò diffidente.

“Il doppio di 50.000 Bahal?” gli chiese scettica inarcando un sopracciglio. Se stava scherzando…

“Si.” Rispose lui serio, “Stiamo andando a prendere la Fairy Heredity, uno dei più grandi tesori in assoluto; se anche non dovesse bastare quello che c’è, ti darò la mia parte. O troverò un modo per trovarli…” concluse con un silenzio denso di sottintesi che solo la ragazza sembrò cogliere e che sorrise in estasi.

“Direi che abbiamo un…” iniziò a dire Shorai convinta ma una voce rozza la interruppe.

“Cosa stai facendo assassina da quattro soldi! Sei in missione per il re non provare neanche a prendere iniziativa!” sbraitava la grossa guardia imperiale avanzando verso di lei.

Accadde in meno di una frazione di secondo.

Con un balzo felino la ragazza si voltò, si slanciò verso la guardia e gli conficcò la lama celata dritta in fronte, abbattendola a terra e schiacciandole il torace con il ginocchio.

“Non osare interrompermi mentre tratto e non rivolgerti mai a me con quel tono, bastardo.” Gli ringhiò estraendo lentamente la lama dal cadavere e rialzandosi, irata.

“Abbiamo un accordo.” Riprese guardando da sopra la spalla Rey e poi sorrise a Miel, “Ti muovi o li devo far fuori io quei due?” le chiese indicando con un cenno della testa gli ultimi nemici ancora fermi.

Miel sogghignò mentre accanto a lei sorgeva Talita.

“Cambi spesso idea…”

“Sono fatta così!” rispose l’altra affiancandola con un sorrisetto.

“Immagino di non poterci fare nulla.” commentò Miel scuotendo la testa e poi, ad uno sguardo d’intesa, scattarono.

 

 

Il combattimento di Scorpio ed Edward si protraeva ormai da mezz’ora in un corpo a corpo devastante e violento, ma, mentre Scorpio aveva il corpo sudato ma illeso, Edward mostrava sempre più lividi, tagli e persino qualche osso rotto; eppure non si fermava. Non si era mai fermato e trovava anche il fiato per fargli continue domande sulla sorella.

Scorpio era esaltato, in preda della ferocia di quel combattimento incredibile e assetato del sangue di quell’avversario così temibile.

“Sei ancora in piedi?” gli chiese ansimante colpendolo con forza in pancia e facendolo cadere in ginocchio, per poi colpirlo in faccia con un altro pugno, il sangue che gli schizzava dalle labbra.

“D-dov’è?” rispose solo e a fatica Ed, alzando lo sguardo e trafiggendolo: nei suoi occhi non c’era paura, solo odio e fermezza; ma Scorpio rise, pensando che fosse solo una maschera o un principio di rassegnazione o, ancora, stupidità; pensando a come presto lo avrebbe spezzato e avrebbe visto quegli occhi riempirsi di terrore.

Lo colpì di nuovo con un calcio, questa volta al braccio, spezzandolo definitivamente.

“Ancora con quella ragazzina? Dovresti preoccuparti per te stesso, Assassino!” gli urlò guardandolo alzarsi a fatica e sferrargli un pugno al volto con la mano sana liquefacendolo tanto che per un attimo brillò al sole la mascella bianca, ma la pelle crebbe nuovamente sana e lucente.

“Non sai niente?” chiese ancora Ed saltando all’indietro per evitare un calcio laterale e scagliandogli due lame di veleno dalle braccia contro, invano.

“Nessuno sa cos’abbia fatto Azazel di lei, fosse anche la sua sgualdrina personale! Arrenditi! Implora pietà!” urlò facendolo piegare in due con un calcio in pancia per poi colpirlo a pugni uniti sulla nuca stramazzandolo a terra.

Edward sputò sangue e ghignò.

Aveva scoperto quel che poteva scoprire, ora poteva ucciderlo.

Scorpio lo guardò perplesso, troppo divertito per dargli subito il colpo finale, mentre quello si rialzava in piedi instabile e si spolverava i pantaloni con tranquillità.

“Non mi sei più utile. Stai per morire.” gli disse improvvisamente freddo l’Assassino, senza nessuna espressione sul viso.

“Ma sentilo! Stai a malapena in piedi, io sono in perfetta forma e il tuo potere non mi nuoce…e vorresti uccidermi?!” lo schernì indicando il suo corpo illeso e guardandolo con disprezzo.

Edward sorrise. Sadico.

“Vediamo se la tua guarigione è più veloce del mio veleno…” Rispose solamente; poi puntò la mano a pugno contro di lui e, prima che Scorpio potesse fare alcunché, da tutte le chiazze e gli schizzi di sangue vomitati o colati dalle ferite di Edward sul terreno tutt’intorno a lui si alzarono volute di liquido violaceo, ingrossandosi e chiudendolo in una gabbia.

“Che cosa…?” iniziò a chiedere quello mentre si vedeva venir circondato da quelle spire malsane, incredulo e confuso per quello che stava accadendo: era chiuso dentro e non aveva vie di fuga, se fosse passato lo avrebbero corroso interamente e… poi guardò Edward negli occhi e sentì il cuore gelarsi per il terrore. Aveva sbagliato. Completamente sbagliato. L’unica cosa che c’era negli occhi di quel ragazzo era la Morte.

La sua morte.

Edward aprì la mano di scatto.

Tutte le spire di veleno si lanciarono su Scorpio avvolgendolo, divorandolo e fagocitandolo, finché sazie non ricaddero a terra in innocuo sangue.

Al centro della pozza scarlatta ossa bianche e lucide.

Edward sorrise stanco e cadde all’indietro sul terreno, una mano a proteggersi dal sole.

Se voleva trovare Amamya, doveva trovare Azazel.

 

 

Shi evitò l’ennesima sferzata saltando all’indietro, il viso segnato da un profondo graffio, come il resto del corpo. Di quel passo Tara avrebbe dovuto fare gli straordinari…

“Già stanco?” chiese Double, ridendo folle mentre fischiare l’aria, anche lui era ferito e pieno di ustioni ma non sembrava risentirne; anzi, più lo colpiva, più sembrava preso da una foga animale.

“Volevo chiedertelo io!” gli urlò ghignando Shi prima di evocare la sua fidata katana di fuoco e socchiudere gli occhi analizzando l’avversario. Che strategia poteva utilizzare? Quelle maledette fruste gli impedivano di colpirlo in maniera letale: o lo respingevano o lo dirottavano o ancora peggio lo ferivano in modo da impossibilitargli l’attacco. Non si era mai sentito così acceso da un combattimento prima d’ora, ma se continuava così si sarebbe ferito e basta…

Il ragazzo tentò di nuovo di staccargli la testa con un colpo di frusta, ma Shi si abbassò in tempo per poi tentare un affondo allo stomaco ma quello utilizzò l’altra frusta per scaraventarlo a lato, ferendogli il fianco.

Shi rotolò per alcuni metri nella polvere e poi si rimise in piedi all’istante, senza tenersi nemmeno il fianco con la mano e mutando la katana in un’alabarda, per ripartire all’attacco.

“Questo combattimento mi sta risvegliando!” rise il ragazzo al cielo prima di incrociare le fruste e fermare l’avanzata di Shi disegnandogli una grossa X scarlatta sul petto; l’elfo tossi del sangue e indietreggiò prima di essere colpito di nuovo, la sua mente che ragionava veloce, cercando di quietare per qualche istante la frenesia del combattimento che lo offuscava. Quelle fruste lo stavano danneggiando troppo, non poteva permettersi di subire danni troppo gravi, soprattutto in vista di quel viaggio incerto.

Il problema principale era che le fruste erano due, uncinate e si muovevano ad alta velocità: se ne evitava illeso una, l’altra era pronta a sferzarlo o agganciarlo con gli uncini e scaraventarlo via; se riusciva a evitarle entrambe, si trovava in una posizione che non gli permetteva di attaccare. Poteva essere un folle, ma quel ragazzo sapeva come tenerlo lontano e come manipolarlo.

“Stai cercando un buco nella mia difesa?” gli chiese Double inclinando la testa di lato e scrutandolo con vivo interesse, “Non perdere tempo e combatti! Non ce ne sono!” gli urlò riiniziando a far schioccare le fruste e trascinando nuovamente Shi nella loro danza mortale. Non aveva punti deboli? Impossibile! Per quanto le fruste consentissero un sistema di difesa e attacco eccezionale, solo il fatto di essere manovrate da un uomo le rendeva imperfette…

“Non sei un po’ troppo sicuro di te?” gli chiese urlando l’elfo mentre con un salto laterale evitava l’ennesimo colpo, cercando di prendere tempo.

“Sono realista!” gli rise in faccia l’altro, approfittando di un secondo di troppo di immobilità di Shi per allargare le braccia e poi scagliare le fruste contro di lui, colpendolo ai fianchi e ai gomiti da entrambe i lati, chiudendolo nella loro morsa.

Paradossalmente fu in quel momento di estremo dolore che Shi intuì la strategia vincente e il suo ghignò si ampliò soddisfatto.

“Non rimanerci troppo male, quando ti avrò ucciso…” gli disse allora riiniziando ad assecondare i movimenti delle fruste, schivandoli e fingendo degli attacchi per non insospettirlo. Doveva solo aspettare il momento adatto…

Schivò con un salto la frusta che mirava alle ginocchia e si accorse di trovarsi a pochi metri esattamente di fronte al ragazzo; Shi assottigliò gli occhi e finse di riprendere fiato stremato. Un secondo dopo, con luce folle negli occhi il ragazzo allargò di nuovo le braccia e c fece scattare di nuovo contemporaneamente entrambe le fruste contro i fianchu di Shi.

Gli uncini gli straziarono la carne delle braccia e dovette usare tutte il sangue freddo che possedeva per mettere in atto la sua strategia: con un ghigno di scatto si attorcigliò le fruste intorno agli avambracci e le afferrò con le mani nonostante il dolore lancinante.

Double perse il suo sorriso folle, confuso dalla mossa inaspettata, ma non fece in tempo pensare o dire nulla che Shi, con uno strattone che fece affondare gli uncini ancora più a fondo, lo tirò a sé.

“Ti avevo detto di non rimanerci male…” gli sibilò mentre lo infilzava dritto allo stomaco con la sua katana di fuoco; Double sputò sangue sulla sua spalla, prima che la luce nei suoi occhi, ancora sgranati, si spegnesse e Shi si togliesse la sua carcassa di dosso per sedersi a terra stremato.

“Speriamo Tara finisca in fretta…questi uncini fanno un male cane!” si lamentò con uno sbuffo osservando le fruste del nemico attorcigliate alle sue braccia. Non era certo così masochista da provare a togliersele da solo.

 

 

Aria iniziava a temere che quel combattimento si sarebbe protratto all’infinito, come poteva fare a vincere contro un’avversaria che leggeva il futuro? Aveva anche provato ad attaccarla con la falce e con la sua amata balestra, ma quella si era ovviamente limitata a evitare i colpi con precisione e velocità calcolate, quindi erano tornate a una battaglia mentale. Come se stessero giocando a scacchi senza mai muovere un pezzo. La domanda vera era se una delle due sarebbe mai riuscita a dare lo scacco all’altra.

Esattamente negli stessi istanti Osgal incalzava la sua avversaria con la katana, in una sequenza di colpi neanche visibile ad occhio umano. Doveva ammetterlo: quella vampira era una degna avversaria, se non fosse stata parte del rifiuto della società…allearsi con una Gilda Oscura per poter fare ciò che più le pareva. Non c’era neanche bisogno di chiederle se era lei una di quelle che stava inseguendo. Mossa furba assicurarsi la protezione de re, peccato per lei che Osgal si fosse alleata con un branco di scalmanati fuorilegge e non gliene fregasse di meno in quel momento di scatenare le ire del re.

“Non perderti via!” le ringhiò Daiana ferendola ad una guancia, ma Osgal non mostrò nessuna espressione e continuò a combattere, mettendo a segno sempre più colpi. Certo era brava, ma non era brava quanto lei che si allenava da centinai d’anni.

Aria intanto immaginò di scattare in avanti, fare un finta verso sinistra e invece giungerle alle spalle da destra per poi tagliarle la testa con la falce. Deianira sorrise e progettò di andare incontro alla finta e colpirla in pancia di taglio prima che le arrivasse alle spalle, per poi approfittare del dolore momentaneo per piantarle i canini in gola e decapitarla. Aria lo lesse e si preparò ad estrarre la balestra per scagliare una serie di colpi in sequenza per prenderla al cuore, ma Deianira penso come contromossa ad una corsa tra gli alberi per disorientarla ed evitare i colpi fino a giungerle alle spalle e pugnalarla.

Così non andava. Aria aveva bisogno di un vantaggio, anche un minuscolo aiuto…

Fu in quel momento che nella mente di Deianira si intromise prepotente un’altra visione futura: Osgal che disarmava la sorella Daiana e la tranciava a metà di netto.

Fu questione di pochi secondi: Aria lesse la visione e vide Deianira immaginare di urlarle di stare attenta, ma subito previde Osgal tranciarla mentre la sorella si girava per guardarla; pensò allora di andarla aiutare, e Aria pensò quindi di approfittare del momento per colpirla alle spalle. L’avversaria cercò di cambiare tattica e progettò di saltare addosso ad Aria frontalmente per poi correre ad aiutare la sorella dopo averla uccisa, ma Aria le mostrò l’immagine di lei che la squartava con la falce. Deianira pensò di prendere la sorella e scappare, ma vide Osgal e Aria che le raggiungevano e le incalzavano di nuovo a combattere…e tutto sarebbe tornato al punto di prima. Pensò di nuovo, con dolore immane, di abbandonare la sorella e scappare, ma vide Aria e Osgal unire le forze per ucciderla.

Dolore. Sconfitta. Morte.

Qualunque strada provasse ad immaginare, il futuro che le attendeva mostrava solo questo.

“Scacco Matto.” Pronunciò Aria estraendo la balestra e puntandola dritta al suo cuore.

Deianira non fece, né disse nulla e allargò le braccia con un sorriso di sfida.

Un dardo le trapassò il cuore.

Osgal tranciò Daiana.

Le due sorelle caddero a terra senza vita.

Aria corse ad abbracciare Osgal e insieme diedero fuoco ai due corpi.

“Se non fosse stato per te non avrei mai vinto…Grazie.” le mormorò Aria con un sospiro stanco, la testa che le doleva.

“Non so a cosa tu ti riferisca, ma non c’è di che.” Le rispose perplessa Osgal riponendo la katana, mentre l’amica scoppiava a ridere liberando la tensione accumulata.

 

 

Ashuros di solito non si faceva prendere dalla rabbia. In combattimento lui diventava freddo, efficiente…ma in quel momento gli sembrava di vedere il mondo tinto di rosso sangue. Quel bastardo…quel bastardo non faceva altro che insultare lui, sua madre e il suo padre adottivo Orligan…richiamava il momento in cui l’avevano uccisa…ricordava i dettagli e lui sentiva il sangue ribollirgli nelle vene. Voleva ucciderlo, più di qualsiasi altra cosa. Voleva vedere il terrore nei suoi occhi mentre la vita lo lasciava, mentre comprendeva che ora le porte dell’immortalità si erano chiuse per lui…Voleva anche solo chiudergli quella maledetta bocca.

“Cosa c’è ragazzino? Inizi a spazientirti?” gli chiese ridendo il conte schivando l’ennesimo affondo del ragazzo e parando col bastone il calcio laterale che aveva cercato di infliggergli ruotando su se stesso; l’uomo fece pressione con l’asta per spingerlo all’indietro e cercò di trafiggerlo con la lama che spuntava dalla punta del bastone e che aveva rivelato dopo pochi attimi di combattimento.

Il ragazzo lo ignorò con un ringhio e tentò di nuovo di colpirlo al collo, ma quello lo dirottò e lo ferì alla guancia pallida; si scambiavano colpi su colpo in una danza mortale a velocità folle, la situazione che non variava né a vantaggio dell’uno né a vantaggio dell’altro.

“Quello sguardo d’odio…era lo stesso di tuo padre quando vide il cadavere di Luinisia, quella sporca vampira impura che era tua madre…ma devo ammettere che non aveva un cattivo sapore.” Commentò con sprezzo sputando per terra e Ashuros sentì la sua sentì il suo furore esplodere e con uno slanciò cercò di trapassargli il cuore con il pugnale. L’errore di un attimo e si accorse di essere caduto nella trappola del vampiro: lo vide appena scostarsi di lato prima che la lama calasse e gli tranciasse il braccio destro all’altezza del gomito, prima di approfittare del suo sconvolgimento per sorpassarlo e fare la stessa cosa con l’altro braccio senza che potesse difendersi...

Un dolore assassino lo scosse fin dentro all’anima e dovette digrignare i denti per non dargli la soddisfazione di sentirlo urlare, senza neanche badare ai suoi arti che cadevano per terra; solo grazie al mero istinto animale si abbassò e scattò portandosi a distanza di sicurezza prima che lo decapitasse. Concentrandosi cercò di rallentare il cuore fin quasi a fermarlo così da evitare ingenti perdite di sangue, ma non del tutto. Ne aveva bisogno.

“Vediamo se sei più veloce tu a rigenerarti o io a ucciderti…” gli propose il conte con un sorrisetto di sfida leccando il sangue di Ashuros sulla lama e poi sputandolo a terra disgustato per rimarcare come gli fosse inferiore, poi gli scattò incontro bramoso della sua morte.

Il ragazzo fece una smorfia, trovandosi in difficoltà nell’attuare il suo piano di riserva con entrambe le braccia mozzate, e premette il più possibile le braccia contro il petto lasciando colare il sangue sui vestiti. Certo si stavano a già rigenerando, ma di quel passo sarebbe stato ucciso prima di risentirsi le mani.

Con un balzo all’indietro evitò un colpo al cuore e abbassandosi di lato evitò l’ennesimo tentativo di decapitazione.

“Quanto ci metteva?!” Pensò guardando con irritazione il sangue che colava troppo lentamente verso la tasca dei pantaloni in cui si intravedevano tre piccoli bozzi.

“Sarebbe più dignitoso arrendersi mezzosangue…” infierì ancora Sangnoir mentre approfittando dell’attimo di distrazione per tracciare una lunga striscia bordeaux scuro sulla sua camicia. Ashuros ringhiò aumentando il ritmo con cui schivava i fendenti: più ferite doveva rimarginare, più tempo ci metteva.

Poi finalmente sentì un improvviso freddo glaciale spandersi dalla sua tasca destra e un ghigno gli si dipinse sul viso. Aspettò che il conte tentasse un altro affondo, ma invece che evitarlo saltò in aria all’indietro e mentre era capovolto dalla sua tasca caddero tre piccole uova in pietra, una delle quali baluginava di nero. Esattamente nel momento in cui i suoi piedi toccarono terra, il piccolo uovo iniziò a ingrandirsi a dismisura e una volta raggiunte le dimensioni di Ashuros si riempì di crepe; con uno sono schioccò l’uovo si fratturò fino a divenire un grosso gargoyle di pietra, simile a un toro di circa otto metri, armato con una grossa ascia a manico lungo.

Il conte digrignò i denti e si mise in guardia, mentre Ashuros mormorava alcune parole al suo guerriero. Poi la creatura scattò contro di lui e cercò di decapitarlo con un solo fendente; Sangnoir si protesse con il bastone, ma quello si incrinò non reggendo l’urto.

Ashuros ghignò approfittando dell’occasione per riprendere fiato e concentrarsi sulla rigenerazione, ovviamente non avrebbe lasciato il piacere di squartarlo al gargoyle ma gli avrebbe fatto prendere tempo.

Il conte intanto cercava di fermare l’inarrestabile avanzata della bestia in pietra, ma era costretto a retrocedere di colpo in colpo, su di lui la lama non aveva effetto. Stava giusto cercando di trovare una strategia per abbatterlo prima che fosse troppo tardi, quando con la coda dell’occhio vide la coda della bestia giungergli incontro e si protesse con il bastone, che andò in frantumi; all’istante, invece di colpirlo il gargoyle si spostò di lato e il pugno di Ashuros, perfettamente risanato, lo colpì dritto in faccia cogliendolo di sorpresa e scagliandolo contro un albero

Non fece in tempo a tentare di rialzarsi che già l’ombra del suo avversario incombeva su di lui.

“Niente male moccioso…” commentò sputando a terra mentre il ghigno assetato di vendetta di Ashuros si allargava, prima che gli piantasse il pugnale nella spalla ancorandolo all’albero per impedirgli di scappare.

“È arrivata la tua ora, bastardo.” Si limitò a ringhiare lui prima di afferrargli un braccio e piantargli il piede sulla spalla, per poi strapparglielo via con un orrendo stridore mentre le urla del conte si alzavano nel cielo.

“Uccidimi!” gli ordinò furioso, ma Ashuros impassabile gli strappò anche l’altro braccio; poi fu il turno delle gambe, una alla volta.

Infine lo addentò alla gola e lo decapitò.

Diede fuoco ai resti e pulendosi la bocca sputò a terra, un senso di soddisfazione che gli gorgogliava in petto, mista al disprezzo.

“Non sei mai stato degno neanche di strisciare ai loro i piedi…” mormorò disgustato pensando alla madre e al padre. Voltandosi osservò con un mezzo sorriso Charlotte che implacabile faceva in minuscoli pezzi il ghoul e gli dava fuoco, e poi si sedette a terra a guardare il cielo per riprendere fiato…per fortuna aveva bevuto il sangue di quella sirena o non avrebbe mai avuto abbastanza energia per affrontare quel combattimento.

 

 

Eran cominciava a sentire la stanchezza e guardando quell’enorme livido purulento a zoccolo sul petto, che si intravedeva dalla camicia strappata, dedusse di dover avere come minimo due costole rotte che gli rendevano difficile respirare, nonostante la rigenerazione più veloce. Aveva decisamente sottovalutato il suo avversario: non aveva armi o poteri, ma la sua forza bestiale uniti agli arti e alle corna caprine riuscivano a metterlo in difficoltà senza problemi.

“Non distrarti!” gli disse quasi con un belato prima di colpirlo al fianco con un poderoso calcio che lo schiantò contro un masso; non fece in tempo a rialzarsi che il satiro gli fu sopra e lo colpì con entrambe le mani allo stomaco.

La forza dell’impatto gli fece vomitare un fiotto di sangue, mentre la vista per un attimo sembro oscurarsi; non doveva cedere, se cadeva nell’incoscienza era finito.

Sfruttando la scarica di adrenalina che il pensiero di morire gli aveva scatenato e il suo istinto animale di sopravvivenza, si trasformò nel grosso lupo grigio. In quella forma il dolore era più forte, ma lo erano anche tutti gli altri sensi e percezioni.

“Il tuo odore mi sembrava strano…” commentò l’avversario cercando di colpirlo con lo zoccolo al muso, ma Eran scartò di lato. Non amava bere il sangue, ma a quel pungo era una questione di sopravvivenza: se fosse riuscito a morderlo e berne la ferita si sarebbe come minimo anestetizzata… doveva lasciarsi dominare dalla sua parte animale se voleva vincere. Con un ululato caricò il suo avversario che tentò di fermare l’avvento del lupo afferrandogli le zampe e, cadendo all’indietro per l’urto, piantargli un zoccolo nella pancia e lanciarlo via. Il lupo guaì con il sangue che iniziava a colare e digrignando i denti cominciò a girare intorno al satiro, che lo guardava sprezzante.

“Lupi…” mormorò disgustato prima di lanciarsi nuovamente contro di lui ma il lupo lo evitò all’ultimo e aspettò che lo superasse ci slancio per azzannargli il polpaccio caprino. Il sangue caldo gli fluì in gola dolce e invitante, mentre il suo istinto animale ululava di gioia per il sapore tipico della capra.

Quasi preso da una fame insaziabile divelse con ferocia un brandello di carne e lo ingoiò con gusto, mentre il dolore pian piano si leniva.

“Bestia!” urlò Kaleen con gli occhi iniettati di sangue per il dolore, ma voltandosi si rese conto di quanto le sue parole fossero vere e in un attimo il lupo fu sopra di lui.

Dopo circa dieci minuti di urla raccapriccianti, Eran tornò in un forma umana e guardò triste lo scempio compiuto: non appena il dolore alle costole risanate era sparito, era riuscito a ritrovare il controllo e a ritrasformarsi…ma del satiro rimaneva una carcassa. Era stato troppo lento.

“A una capra non conviene scontrarsi con un lupo…” mormorò al cadavere dagli occhi vitrei prima di allontanarsi pulendosi la bocca dal sangue, che lo imbrattava macabramente da capo a piedi.

 

 

Avrebbe ucciso quella donna. L’avrebbe fatta a pezzi. L’avrebbe squartata. Si sarebbe cibata delle sue carni.

“E immagino che squallida come sei tu non abbia neanche mai avuto un vero uomo al tuo fianco…non che mi stupisca!” continuò il discorso con cui stava mettendo a dura prova la pazienza di Tara, le cui punte di capelli erano sempre più chiare.

“Stai zitta!” le ringhiò contro sfregando ancora la pietra rossa mentre altre spire di fiamme avvolgevano i rovi di lei, che sogghignando ne evocava sempre di più. Vediamo come se la cavava contro la sua stessa arma…Tara estrasse un’altra pietra, verde, e iniziò a sfregare più volte, evitando gli attacchi della donna che la scrutava sicura ma indagatrice.

Non appena le sue dite sfiorarono per la nona volta la pietra, quella mandò dei bagliori verdastri prima di lasciar scaturire un cono di rovi contro la donna che assottigliò gli occhi e, con un movimento della mano, evocò un muro di edera a proteggerla.

“Tutto qui?” le chiese mentre la sua edera strangolava i rovi di Tara e si arrampicava verso la ragazza, che interruppe l’evocazione, “Patetica.”

“Lo avevo capito dal primo sguardo che non saresti stata alla mia altezza…” mormorò guardandosi le unghie rosse con indifferenza, le punte dei capelli della mannara sempre più chiare.

“Mi sono stufata di sprecare il mio tempo per una come te.” Aggiunse poi guardandola negli occhi con un sorriso di superiorità prima di puntare la mano verso Tara e aprire di scatto il palmo.

Non fece in tempo a spostarsi che la terra sotto di lei si crepò con degli schiocchi assordanti e un gigantesco fiore dai petali viola emerse come a fauci spalancate e la imprigionò al suo interno.

“Death’s Flower’s Prison!” mormorò soddisfatta chiudendo la mano a pugno e preparandosi a gustare le urla di dolore della sua avversaria. Sarebbe rimasta fino alla fine a guardare.

Tara lanciò un urlo nel sentire le spine che ricoprivano l’interno dei petali graffiarle e perforarle la pelle mentre il fiore iniziava a stritolarla. Era in una pianta carnivora. Una maledetta pianta carnivora che la stava cercando di digerire.

Un liquido vischioso iniziò a scorrere lungo i petali mentre l’aria iniziava a mancare. Se nono usciva in fretta sarebbe diventata un mucchietto di ossa lucide e la cosa non le garbava. Doveva ancora farla pagare a quella donna…

A spasmi raggiunse con la mano il sacchettino in cuoio e iniziò a rovistare tra le pietre: usando quella pietra per liberarsi avrebbe consumato quasi tutta la sua energia magica e le sarebbe rimasta una sola speranza di batterla, l’effetto sorpresa.

Finalmente le sue mani si strinsero attorno alla pietra che cercava, piccola e liscia, nera come la notte e cominciò a sfregare.

Uno.

Il liquido cominciò a ricoprirla dalla testa.

Tre.

Gli aculei cominciarono ad affondare più in profondità nella carne.

Sei.

La sua bocca non trovò più aria e dovette trattenere il fiato.

Nove.

Le pareti ormai l’avevano schiacciata ed era ricoperta di liquido.

Dieci.

Sotto gli occhi increduli della maga di Black Star il fiore esplose trafitto da centinaia di lame d’ombra nera schizzando ogni cosa di liquido appiccicoso nel raggio di trenta metri.

“Che cosa?!” sbraitò la donna cercando di intravedere la sua avversaria ed evocando dei rovi per proteggersi, ma troppo tardi si accorse del grosso lupo bianco sporco di sangue rosso, con tra le zanne un oggetto scintillante indefinito, che saettava fulmineo tra i rovi. Tentò di fermarlo con una sferzata di rovi ma il lupo scivolò sotto di essi sfregiandosi la schiena e poi balzò verso di lei con un salto disumano.

A mezz’aria il lupo si trasformò in una Tara livida di rabbia e dolore che rapida si tolse dalle labbra un elegante falcetto dorato, prima di precipitare sopra la sua avversaria. Solo un gridolino si udì nell’aria e un tonfo macabro accompagnarono il cadere della testa dai capelli rossi nel terreno polveroso, la bocca rossa ancora piegata ina smorfia di orrore e gli occhi vitrei. Poi anche il corpo si accasciò accanto a lei mentre Tara cadeva in ginocchio.

Il respiro era affannato ma la ragazza cercava strenuamente di snebbiare la mente.  Attorno a lei sentiva ancora i rumori dei combattimenti dei suoi compagni ma alzando la testa vide alcuni di loro, come Edward o Shi, accasciati sul terreno vivi a stento. Non aveva il tempo di riposare. Arrancando si trascinò nuda fino ai resti del fiore, dove ritrovò abiti e borsa. A occhio aveva numerosi graffi, un principio di infezione e quattro o cinque ferite profonde, più un’emorragia interna allo stomaco: doveva medicarsi nel miglior modo possibile nel minor tempo possibile e andare ad aiutare gli altri.

Con le lacrime agli occhi iniziò a passare le bende col disinfettante sulle ferite.

Doveva sbrigarsi.

 

 

Gigi doveva ammettere che, per quanto l’avesse divertita l’idea di un attacco di forza bruta, non stava ottenendo i risultati sperati. La ragazza era ancora in piedi, nonostante numerose escoriazioni e lividi, e non cedeva di un passo.

“Puoi arrenderti se vuoi.” Le disse Gigi con un ghigno mentre recuperava fiato, ma Lilith non rispose gelandola con lo sguardo, per poi riiniziare a far roteare le alabarde elettrificate.

“Come vuoi.” Continuò allora la dragon slayer irritata prima incrociare le braccia al cuore mentre dei piccoli vortici d’acqua le vorticavano intorno. “Water Dragon’s Blade!” pronunciò mentre l’avversaria scattava e aprendo di scatto le braccia le corse incontro, mentre dalle dita si allungavano lunghi artigli di acqua tagliente.

Purtroppo si rese contro troppo tardi di aver scelto l’elemento peggiore per uno scontro corpo a corpo; non appena i suo artigli bloccarono le alabarde una scarica di elettricità pura le corse nel corpo facendola urlare. Fino ad allora era riuscita a farsi solo sfiorare o proteggersi con la terra, ma il contatto diretto era…doloroso. Enormemente doloroso.

Con gemito le ginocchia le cedettero e Lilith le piantò l’asta di un alabarda in pancia, scaraventandola via. Gigi rotolò per alcuni metri con il sangue che le gocciolava dalle labbra e Lilith la incalzò senza pietà cercando di darle il colpo di grazia. Solo all’ultimo la bionda ebbe la prontezza di battere a terra il pugno mormorando “Earth Dragon’s Shield” e un muro di roccia si alzò dal terreno davanti a lei proteggendola dall’attacco finale. Ovviamente Lilith lo distrusse in un colpo, ma così Gigi ebbe il tempo di rimettersi in piedi e riprendere fiato.

“Sei più dura di quanto mi immaginassi.” La fronteggiò pulendosi con la mano piena di ustioni le labbra insanguinate. Doveva andarci pesante.

“E tu non sei all’altezza.” Parlò per la prima volta la ragazza piantando feroce la punta dell’arma nel terreno. Ora, c’erano due possibili modi di interpretare la frase, il primo come “Non sei forte quanto me e non puoi battermi” e il secondo, dato il fisico slanciato e tonico della ragazza, come “Non sei alta quanto me”. Gigi percepì più il secondo che il primo, sfortunatamente per Lilith.

Una forte pressione iniziò a crescere attorno a lei, tanto che Lilith indietreggiò mettendosi in posizione di difesa, e una luce dorata la circondò mentre i tatuaggi sulla schiena si illuminavano: di colpo le due grandi ali bianche si spalancarono e Gigi si sollevò di qualche centimetro da terra. Poteva essere un angelo ed averne l’aspetto, ma lo sguardo era quello di un demone.

“Infelice scelta di parole...” commentò tagliente mentre il vento si alzava e la terra tremava; poi con un colpo d’ali si lanciò contro la ragazza a fauci spalancate.

“Air Dragon’s Roar!” un cono di vento tagliente si abbatté sulla rossa scaraventandola all’indietro di alcuni metri; provò piantare le alabarde nel terreno per non retrocedere ma non fece in tempo a rimettere a fuoco il mondo intorno a se che si trovò davanti Gigi che la colpì in pieno volto con un pugno ricoperto di roccia.

“Earth Dragon’s Fist” Urlò mentre la osservava andare a schiantarsi contro un albero, distruggendolo. Più tardi l’avrebbe sistemato, vantaggi dell’essere la figlia del Drago della Natura. Stava per caricare nuovamente quando udì un forte boato e venne investita da fiotti di liquido appiccicoso; dopo essersi guardata intorno confusa e nel tentativo di levarselo dal volto, scorse finalmente Tara, poco lontano dai resti di un fiore gigante, tornare in forma umana dopo aver ucciso il nemico: era gravemente ferita eppure cercava di tornare indietro, conoscendola per andare a prendere il necessario per medicare lei e gli altri. Doveva correre ad aiutarla.

Concentrata tornò a guardare dove poco prima c’era la sua avversaria, ma quella era sparita e, prima che potesse fare alcunché, una lama elettrificata la trafisse. L’urlo di dolore della ragazza sembrò scuotere la natura, tanto che Lilith fu allontanata da varie raffiche di vento.

Tenendosi la spalla sanguinante Givi guardò la sua malconcia avversaria: una persona normale non si sarebbe ripresa così velocemente. Doveva pensare velocemente a come metterla fuori gioco.

Un ghigno si dipinse sulle labbra feline della ragazza: era folle, ma era sicuramente il metodo più veloce. O almeno lo sperava.

Intorno a lei cominciarono nuovamente ad innalzarsi vortici d’acqua, ma molto più numerosi e la ragazza aprì le braccia alzando il volto al cielo a fauci spalancate.

“WATER DRAGON’S WRATH!” Uno tsunami in miniatura si abbatté su Lilith che tentò di difendersi con le alabarde, ma dall’interno dell’ondata emerse Gigi, completamente ricoperta di terra bagnata, che digrignando i denti le afferrò con le mani le aste dirottandole nell’acqua attorno a Lilith e che le scrociava addosso, bagnandola interamente. In un lampo d’orrore Lilith capì il piano della ragazza: avrebbe fulminato entrambe nella speranza di abbattere lei, nella speranza che la terra seppur bagnata la risparmiasse un minimo. Era folle. Sarebbero morte entrambe.

L’elettricità si espanse in ogni molecola d’acqua e la voce di Lilith distorta in maniera disumana per il dolore si unì a quella di Gigi innalzandosi al cielo prima che il corpo della rossa cadesse a terra carbonizzato.

L’armatura di terra cadde, la pelle di Gigi fumava e le ali erano scomparse, ma riuscì a rimanere in piedi con un debole sorriso. Poi zoppicando e barcollando cercò di raggiungere Tara, ma a metà strada cadde a terra stremata.

 

 

Akiko balzò elegante evitando l’ennesima zampata della mostruosa creatura che poco prima era una bambina dagli occhioni innocenti.

“Vieni qui gattino!” proruppe la bestia con tono rauco cercando afferrarla con i giganteschi artigli, “Giochiamo insieme!

La ragazza continuò a danzare agile intorno a quella, infierendole profondi graffi dove riusciva ad avvicinarsi, ma per quanto sangue le imbrattasse il pelo la creatura non smetteva di darle la caccia.

“Lasciati assaggiare!” ringhiò cercando di afferrarla con le zanne affilate, ma Akiko agile le saltò sul muso graffiandole tra gli occhi. Purtroppo non fu abbastanza veloce da saltare lontano che la bestia riuscì ad afferrarle la coda e scagliarla a terra di schiena con un forza tale che le fece sputare sangue.

Rotolò di lato prima che le zampe posteriori la schiacciassero a terra.

“Divertente!” latrò seguendola con gli occhi scarlatti, “Voglio vedere più sangue! Più sangue!” ripeteva cercando di afferrarla, sempre più rapida.

La gatta mannara cominciava a stancarsi, quella bestia era maledettamente resistente…e la voce, quello che le diceva…le dava i brividi. Cosa avevano fatto a quella bambina?

Con un miagolio dolorante non riuscì a schivare e dovette proteggersi dagli artigli con le braccia, che graffiate perdevano parecchio sangue.

Non poteva andare avanti così.

Da un cinturino legato alla coscia estrasse una frusta nera con una luna d’argento che pendeva dal manico e la fece schioccare a terra.

“Basta!” tentò di comunicare con la bambina che doveva essere dentro la bestia, che sperava si facesse intimidire dalla frusta come un cane.

Le sue speranze vennero infrante quando tentò nuovamente di afferrarla e solo un rapido balzo all’indietro la salvò dall’essere trafitta, mentre con la frusta le sferzava il palmo zampa.

“Gattino cattivo! Cattivo!” iniziò a uggiolare la bestia mentre gli occhi si riempivano di odio feroce. Lato positivo: aveva trovato un punto debole. Lato negativo: ora era arrabbiata.

“I gatti cattivi vanno puniti!” ringhiò estirpando un albero dalle radici e scagliandoglielo contro, con tanta forze che Akiko riuscì a balzare di lato solo all’ultimo prima che il tronco esplodesse in mille schegge contro il terreno.

“Cattivo!” ringhiò saltandole addosso, mentre lei riprendeva la sua agile danza di graffi, schivate e frustate, nella speranza di abbatterla. Il manto scarlatto, i colpi sempre più forti ma imprecisi, la mente annebbiata dal dolore…

“Basta, basta! Mi fai male!” piagnucolò la creatura accucciandosi su se stessa e nella mente di Akiko per un attimo si frappose l’immagine di una bambina insanguinata che piangeva. Un attimo di distrazione fatale in cui la creatura ringhiando riuscì finalmente ad afferrarla graffiandola con gli artigli.

La creatura ridacchiò mentre Akiko cercava di liberarsi dimenandosi e respirare diventava sempre più difficile.

“Ho preso il gattino cattivo! Ho preso il gattino cattivo!” iniziò a ridere macabra la bestia, scuotendo Akiko di qua e di là, come una bambola di pezza.

“Cosa facciamo ora? Potremmo staccargli la testa! Oppure provare a vedere com’ è dentro!” proponeva mentre la ragazza cercava invano di liberarsi.

“Oppure potremmo mangiarla!” ringhiò infine seria osservandola diaboliao e Akiko, in preda alla disperazione azzannò la zampa della creatura dove poco prima l’aveva frustata. Con un ululato di dolore la bestia la lasciò cadere e Akiko ansimò nel sentire di nuovo l’aria nei polmoni.

Doveva fermarla. Doveva salvare quel che era rimasto della bambina in quel mostro.

Akiko iniziò a far schioccare la frusta sempre più velocemente e quella cominciò ad allungarsi sempre di più; poi la fece scattare e l’attorcigliò intorno alla zampa della bestia dolorante. Rapida inizio a saltarle intorno, sotto le gambe, tra le braccia mentre quella impazzita cercava di colpirla alla cieca.

Solo quando fu troppo tardi si accorse di essere finita in trappola e completamente legata cadde a terra con un tonfo; neanche allora smise di dimenarsi furente. Akiko inerpicandosi sul grande corpo della bestia le salì sopra fino a trovarsi davanti al suo muso deforme.

“Ritrasformati, calmati” le disse tentando di sorridere, “Se lo farai non sarò costretta a farti del male. Sei solo una bambina, non devi combattere per forza.” Le sussurrò cercando di scorgere di nuovo in lei la bambina che aveva incontrato, ma i suoi occhi riuscivano solo a vedere le fauci coperte di bava, la lingua rossa a penzoloni e gli occhi dilatati e rossi di sangue.

“Lasciati assaggiare gattino cattivo! Lasciati assaggiare! Voglio vedere il tuo sangue! Il tuo sangue!” latrava guardandola bramosa, gli occhi folli e persi.

Una sola lacrima cadde lungo la guancia di Akiko, mentre si rendeva conto che non c’era più niente della bambina nella bestia. Qualsiasi cosa le avessero fatto, la bambina era stata divorata da tempo e quello che lei aveva visto erano i rimasugli della pazzia a cui era stata probabilmente portata. Forse era un esperimento o una mutazione, l’unica cosa certa era che non c’era più nulla da salvare. Rimaneva un solo modo per liberarla.

Con un colpo di artigli squarciò la gola morbida della bestia che spruzzò fiotti di sangue imbrattandola da capo a piedi mentre gli ultimi folli latrati le si spegnevano in gola e il corpo si ritrasformava in quello della bambina. Solo gli occhi spenti nel suo viso angelico rimasero quelli deformi della bestia, lì a fissare la sua avversaria con la stessa follia che brillava in lei mentre era viva.

Akiko indietreggiò addolorata, ritrasse la frusta e si allontanò il più possibile da quell’orrore.

Quel mondo era corrotto.

 

 

Amlach proruppe in un ringhio basso e roco mentre gli artigli dell’avversario affondavano con piacere nella sua carne. Quanto aveva atteso quel momento di dolce vendetta.

“Ti stai rammollendo…” lo schernì evitando la katana nera di Amlach con un balzo all’indietro, leccando il sangue dalle mani con un brivido di piacere.

No, non si stava rammollendo. Si stava innervosendo. Quel maledetto scarto di prigione si era sottoposto a chissà quali incanti ed esperimenti per potenziarsi e ora riusciva a vanificare gli effetti delle sue ombre con i lunghi artigli; questo stava trascinando il combattimento in una sorta di situazione di stallo e lui doveva affrettarsi, o la gatta avrebbe fatto una pessima fine.

Socchiudendo gli occhi concentrato ordinò all’ombra di strisciare e avvilupparsi intorno alle gambe del nemico, per poi farlo cadere con uno strattone mentre lui gli si lanciava sopra pronto a trafiggerlo; quello però blocco la lama tra gli artigli e ululò nel dirottarla. Amlach ebbe appena il tempo di evocare degli spuntoni dalle ombre per trafiggergli le gambe prima di saltare via per evitare un calcio al ventre.

Senza fermarsi tentò un altro affondo allo stomaco ma ancora una volta la lama venne deviata e per poco anche l’occhio sano di Amlach non fu accecato; spostando il peso sulla gamba destra e voltandosi di profilo afferrò il polso dell’uomo e lo scaraventò in avanti colpendolo con una ginocchiata al mento, ma l’avversario sputando sangue gli conficcò gli artigli nella gamba. La katana gli tremò nella mano per il dolore ma cercò comunque di colpirlo alla schiena sfruttando la posizione piegate dell’altro, il quale però diede uno strattone e liberò gli artigli provocandogli otto lunghi tagli e un dolore tale che non ebbe la forza di far penetrare a fondo la lama nella schiena.

“Bastardo!” ruggì allontanandolo con un calcio della gamba sana; l’altra era ridotta in maniera pietosa: otto squarci che perdevano sangue copioso. Doveva muoversi e fermare le emorragie.

I due si guardarono in cagnesco per alcuni attimi, riprendendo fiato e cercando di snebbiare la mente dal dolore. Poi Amlach gettò la katana a terra e lo guardò con un ghignò derisorio.

“Ora basta giocare cucciolo.” Pronunciò prima di acquattarsi e prorompere in un lungo ululato. Il corpo iniziò a mutare e il pelo a crescere fino che al posto di Amlach non ci fu un gigantesco lupo bipede dal lungo e folto pelo nero, gli artigli e le zanne affilate come sciabole. E gli occhi, gli occhi azzurri come il ghiaccio, freddi come la morte e sena alcuna pietà.

L’altro eseguì la trasformazione all’istante, divenendo un grande lupo bipede grigio…ma non era alla sua altezza. Neanche fisicamente.

Amlach si slanciò contro l’avversario come un lampo, tentacoli di oscurità che dardeggiavano intorno a lui, e finirono zampa contro zampa nel cercare di sovrastare l’avversario; con un ululato si avventò sul suo collo e gli affondò le zanne nella carne dura ma ricca di sangue, che caldo sgorgò copioso. Il lupo grigio proruppe in un lamento straziante e colpì con gli artigli Amlach alla mascella, per poi scagliarlo via, ma lui si portò via un brandello abbondante di carne che ingurgitò famelico.

Ringhiando e sanguinando si girarono attorno e scattarono di nuovo l’uno contro l’altro; questa volta il nemico attaccò la zampa posteriore già martoriata e la morse con foga. Uggiolando Amlach lo scalciò via colpendolo al muso e poi lo sovrastò strappandogli a morsi un’orecchia. I due lupi si trovarono a rotolare avvinghiati nel sangue e nella polvere fino a che Amlach non riuscì a inchiodarlo a terra di peso.

Un solo vittorioso ululato.

I suoi artigli si piantarono nel cuore del lupo grigio e le sue fauci squarciarono la sua gola.

Quando si rialzò, di nuovo umano, era una maschera di sangue; con gli occhi cercò Akiko ed ebbe un tremito di terrore nel veder la bestia gigantesca cadere a terra alzando un nugolo di polvere e al pensiero di lei schiacciata, ma poi la vide emergere viva e vittoriosa.

“Sarà meglio pulirmi un attimo…” mormorò dolorante scorgendo il suo riflesso in una pozza di sangue.

 

 

Oh quanto odiava quei due! Amane avrebbe preso le loro due testoline identiche e le avrebbe schiantate tra loro! Una, due, tre volte! Finché non avesse visto il sangue colare dalle loro stupide fronti.

“Non ti muovere mi raccomando, rischi di farti male!” ghignò il gemello rosso guardandola sornione.

Ovviamente la colpa di quella situazione era sua, ma questa consapevolezza la faceva solo imbestialire di più. Quante volte glielo aveva detto Yelle di non combattere come un animale?! Tante. Quante volte l’aveva ascoltata? Poche.

Per questo fantastico motivo ora lei si ritrovava appesa per un piede a testa in giù da un gigantesco albero sconosciuto, completamente disarmata, inerme e tenuta d’occhio dal gemello col potere delle illusioni che tranquillo mangiava una mela seduto a terra, schernendola di tanto in tanto. Lui lo avrebbe massacrato per primo.

La verità era che, circa venti minuti prima, quando si era lanciata in un attacco a testa bassa dopo esser stata provocata, non si era accorta di dirigersi in una trappola: non appena era arrivata a sei metri da loro, dai sassi, che i due avevano sapientemente disposto sul terreno senza farsi notare, erano spuntati dei maledetti alberi che l’avevano afferrata e trascinata a tre metri da terra, dove il gemello biondo l’aveva disarmata e lasciata appesa, per poi darsi all’inseguimento di Yelle con la sua spada. Yelle, che era sicura che se l’avesse salvata l’avrebbe poi uccisa per esser stata così stupida.

“Non mi uccidi?” chiese al ragazzo mentre gli andava il sangue alla testa; l’interessato si limitò a colpirla in fronte con il torsolo della mela.

“Quando Eon avrà preso anche l’altra.” Aggiunse dopo un po’ sogghignando e guardando il cielo.

Nell’aria fredda volteggiavano Yelle, ferita e sanguinante, e Eon sul dorso di una grossa aquila, prima umile tronco, con la spada di Amane insanguinata.

“Arrenditi elfo! La tua amica è già sotto la custodia di Noe, non hai speranze!” gli intimò ridendo prima di spronare l’aquila e scagliarsi ancora contro di lei, che scaricò due poderose folate di vento e salì ancora più in alto.

Quel tizio non voleva arrendersi…se almeno fosse riuscita a liberare Amane! Ma ogni volta che aveva distrutto l’albero nella speranza che riuscisse a mettere k.o. l’altro gemello, era pur sempre maestra del combattimento corpo a corpo, Noe la stordiva con un’illusione momentanea ma potente e Eon ricreava l’albero. Al sesto tentativo fallito aveva deciso di provare a concentrarsi solo sul suo avversario, ma non stava ottenendo grandi risultati.

“Wind Scar!” urlò nuovamente scagliando il suo attacco, ma l’aquila tagliò l’aria di lato evitandole e fu costretta a spingersi in alto per non finire tagliata a metà dalla spada.

“Dragon’s wind!” ritentò col fiato pesante mentre il vortice a forma di drago cercava invano di chiudersi intorno all’aquila. Era stanca.

 

Amane guardò impotente la sua amica che senza accorgersene perdeva quota dopo ogni attacco, per poi risalire di qualche metro nell’evitare le picchiate della bestia. Non potevano farcela così, ma non potevano neanche arrendersi. Doveva esserci qualcosa…qualunque cosa.

Lo sguardo le cadde sul bracciale con la rosa nera.

Un modo c’era. Pericoloso, ma c’era.

 

“Yelle trattenne a stento un grido mentre il becco dell’aquila le sfregiava il braccio e la allontano con un vortice dritto sul muso, evitando la spada che mirava alla gola.

“YELLE!” l’urlo di Amane la raggiunse feroce e subito si voltò verso di lei, ancora appesa, “PIANO BLACK ROSE!” continuò con un ghigno.

Yelle scoppiò ridere mentre un’ondata di speranza la investiva. Ovviamente c’era la possibilità che per lei finisse comunque male ma…meglio che uccisa da quei due bastardi.

I due gemelli si lanciarono uno sguardo confuso, ma non ebbero tempo di far nulla che le due agirono.

Amane improvvisamente chiuse gli occhi e si lasciò pendere dalla corda senza divincolarsi.

Yelle si lasciò cadere nel vuoto.

Eon si lanciò al suo inseguimento mentre Neo balzava in piedi e osservava la prigioniera guardingo.

Yelle all’altezza di Amane cambiò improvvisamente direzione, riprendendo a volare, e si diresse verso di lei, ignorando il suo inseguitore sempre più vicino.

“Dancing on the deserted land, echoing in the silent sky…” iniziò a mormorare Amane a bassa voce, come una cantilena e tese il braccio con il braccialetto all’esterno.

Yelle richiamò le ultime energie e si spinse avanti, non poteva farsi prendere adesso. Le sue dita strinsero il bracciale con la rosa nera e sotto lo sguardo sorpreso degli altri due, strappandolo sorpassò Amane continuando a sfrecciare verso i boschi.

L’aquila le afferrò col becco la caviglia.

Yelle urlò precipitando a terra.

Amane aprì gli occhi di colpo. Occhi neri. Completamente neri.

“… CRY YOUR WRATH, LULLABY OF CHAOS!” urlò guardando nel vuoto.

Per un attimo il tempo si fermò.

Solo silenzio.

Poi dal corpo della ragazza eruppe un ondata nera che spazzò via ogni cosa.

Ogni albero si sgretolò all’istante, ogni fiore marcì, ogni sasso diventò polvere nell’arco di quindici metri.

Ogni creatura vivente divenne cenere.

Amane cadde a terra esausta mentre gli occhi le tornavano del solito incantevole acquamarina.

“Yelle…Yelle…” iniziò a mormorare mentre si alzava da terra barcollante, guardando la desolazione intorno a sé. Terra bruciata. Nera. Era riuscita a contenersi un minimo e a ridurre il raggio di azione ma…se lei non si fosse allontanata abbastanza…

Cercando di mantenersi calma per evitare di perdere il controllo corse nella direzione in cui l’aveva vista volare.

“Yelle! Yelle!” iniziò a chiamare inoltrandosi nel bosco ancora vivo e rigoglioso. Doveva essere lì.

Silenzio.

“YELLE!” urlò ancora disperata, mentre il panico cominciava a crescere e gli occhi a tornare neri. L’aveva uccisa.

L’aveva disintegrata.

“Abbassa la voce Amane, mi gira tutto!” la trillante e scocciata voce di Yelle la salvò dall’oscurità e veloce corse verso un cespuglio di more. La trovò tra i rovi, la caviglia martoriata in maniera raccapricciante, il corpo pieno di tagli, le mani che stringevano il bracciale e la spada e un sorriso sul volto.

“È andata bene direi!” proruppe trattenendo le lacrime per il dolore, mentre Amane, ridendo la tirava fuori da lì e l’adagiava nell’erba.

“Definisci bene, per favore!” la rimbrottò amara guardando le ferite dell’amica che le riallacciava il bracciale al polso.

“Non sono morta.” Rispose lei alzando le spalle, “E tu devi soltanto ricreare l’arpa, dato che sono talmente brava da aver strappato all’idiota la spada prima che lo disintegrassi. Ammetto però, mi sono salvata per un pelo, lui è diventato cenere in un attimo sotto i miei occhi.”

“Sei pazza! Ma non sai che sollievo vederti viva e chiacchierona come sempre.” le mormorò abbracciandola, “E ora aspetta qui, vada a cercare Tara!” le disse allacciando la spada alla schiena e alzandosi.

“E se sta ancora combattendo?” le chiese Yelle ficcandosi una mora in bocca come consolazione.

“La libererò dal problema!” ghignò Amane prima di scattare via.

 

“È la vecchiaia a rallentarti?” Sho schernì Greff colpendolo con un pugno coperto di magma e gli occhi fiammeggianti, l’umo arretrò di qualche passo ma resistette e dopo averlo afferrato per il polso lo scaraventò lontano con un calcio al ventre.

“I mocciosi senza esperienza non dovrebbero parlare.” Ghignò mettendosi di nuovo in posizione di attacco, prima di caricare il ragazzo che atterrava in piedi e faceva esplodere intorno a sè altri due sprazzi di lava.

Ormai tutto il terreno intorno a loro era ridotto a un mare di lava in cui galleggiavano zolle di terra e spuntoni di roccia; da quando Shoichi aveva deciso di scatenarsi si erano susseguiti eruzioni e terremoti uno dopo l’altro, ma l’avversario incredibilmente resisteva. Era molto più agile di ciò che si era aspettato e anche la sua lava sembrava non disturbarlo troppo.

“Magma Dragon Fist!” urlò il ragazzo caricando un altro pugno ricoperto di lava che si scontrò con quello di Greff; Sho vide la mano dell’avversario ustionarsi nonostante la protezione coriacea, vide le vene del braccio gonfiarsi per lo sforzo, ma non un gemito uscì dalle sue labbra, non un lampo di paura o dolore nei suoi occhi.

“Magma Dragon Claws!” senza perdere tempo gli sferrò un calcio al viso, ma ancora l’uomo si protesse e ghignò.

“Tutto qua?” gli chiese prima di tirargli una testata tanto forte da fargli perdere per alcuni secondi la percezione della realtà; subito continuò a infierire con un pugno alle costole e un calcio al fianco, finché Sho non chiuse di scatto una mano e dal terreno sotto Greff spuntò un gigantesco spuntone di roccia; per evitarlo l’uomo fu costretto a mollare il ragazzo e a fare un salto all’indietro.

Shoichi si pulì il sangue che gli colava dal naso e si tastò le costole: come minimo gliele aveva incrinate, niente male; gli scocciava che ora era costretto a finire in fretta il combattimento per farsi medicare, si era appena ripreso da ferite gravi, Ka-chan e Tara lo avrebbero ammazzato se avesse continuato a giocare mettendo a repentaglio la sua salute.

“È stato divertente combattere con te vecchio, ma mi sembra l’ora di farla finita.” Gli disse arrogante stiracchiandosi e l’uomo scoppiò a ridere.

“Fammi vedere moccioso!” lo invitò prima di scagliarsi contro di lui e tentare di colpirlo con un pugno al viso, ma Shoichi, invece di difendersi e contrattaccare, lo evitò con un salto all’indietro e si distanziò da lui.

“Rock Dragon Wings!” pronunciò aprendo le braccia e due gigantesche pareti di pietra si innalzarono ai fianchi di Greff; poi chiuse le braccia con un movimento secco davanti a sé e le due pareti si schiantarono l’una contro l’altra.

Per alcuni attimi ci fu un silenzio interrotto solo dal bollire del magma, poi le due pareti iniziarono a creparsi e sgretolarsi.

“Ripeto: tutto qui?” chiese tossendo Greff emergendo dai residui di roccia, il corpo graffiato e sanguinante, ma lo sguardo fiero.

Shoichi fece un fischio di ammirazione e incrociò le braccia.

“Sei niente male, vecchio. Se non fosse che vuoi farmi fuori, non ti ucciderei.” Gli disse con un ghigno alzando le spalle, prima di inginocchiarsi e premere le mani a terra.

“Lo prendo come un complimenti…Oni-Oji.” Lo ringraziò l’altro con un sorriso, spolverandosi le braccia.

Shoichi lo guardò sorpreso, mentre la terra intorno a lui si crepava.

“Sai chi sono?” chiese divertito, ma anche preoccupato che lo avesse riconosciuto.

“Sono un veterano…ho visto tante cose, compreso il tuo potere. E non riesco a capire cosa tu ci faccia qui.” Gli fece presente mentre si metteva in posizione di difesa.

“Per soldi e…beh, ho fatto una promessa e ora devo difendere una persona.” Rispose il biondo prima il terreno sotto di lui si spaccasse e erompesse un cono di lava impressionante.

Dal cono, a velocità incredibile, scattò Shoichi: le vene del corpo rilucevano rosse come se loro stesse di magma, la pelle sembrava a scaglie rosse e tutti i suoi arti erano ricoperti di magma.

“Half Magma Dragon Transformation!” urlò investendo Greff con una forza bestiale, “Secret Art of the Magma King Dragon!” senza fermarsi iniziò a bersagliarlo di una scarica di calci, pugni, ginocchiate e testate; infine gonfiò le guance e lo investi con un cono di magma, un ruggito che rimbombò nel cielo.

Shoichi guardò l’uomo cadere a terra e cercò di rallentare il respiro; era sempre una tecnica faticosa. Ma se vinceva nel valeva la pena.

Stava già per andarsene, quando udì dei colpi di tosse.

Voltandosi si ritrovò faccia a faccia con Greff e scioccato si preparò a infierire, quando l’umo alzò una mano in segno di resa.

“So riconoscere una battaglia che non posso vincere…ti chiedo solo di darmi una morte degna di onore. Sono stato un generale, mi sono unito alla gilda oscura solo per volere del re…voglio morire come un soldato, con la spada nel cuore, guardando il mio avversario negli occhi e sapendo che ho perso perché lui era più abile.” Gli chiese drizzando la schiena e portandosi una mano al cuore. Un uomo fiero, un generale vero, senza paura della morte.

Shoichi sorrise e annuì, estraendo la sua spada in scaglie di drago.

“Hai la mia stima generale.” Rispose mentre l’uomo annullava la magia e la sua pelle tornava rosa e morbida.

Con un solo, veloce ed indolore colpo lo trafisse al cuore.

L’uomo cadde sereno in ginocchio e poi sulla terra.

Shoichi gli chiuse gli occhi e si allontanò in silenzio.

 

Jin e Fey erano ormai lontani dalla radura, presi in una loro personale gara di velocità altamente distruttiva. Era impossibile non capire dov’erano passati: alberi fulminati e distrutti, il terreno fumante solcato da strisce nerastre…ma di certo la questione non li preoccupava.

Dovevano stabilire chi era il più veloce, una questione d’orgoglio per cui si scambiavano colpi su colpi. Nessuno voleva cedere.

Jin saltò un tronco e ruggì un cono di fulmini contro l’avversario alla sua destra, che lo evitò scivolando dietro un masso e riprendendo a correre. Non avevano un obiettivo o una metà, semplicemente abbattere o superare l’altro, ma erano sempre pari. Avevano tentato di combattere ma Fey si limitava a schivare alla velocità della luce e tentare di colpirlo di tanto in tanto, tra l’annoiato e il superiore, per cui Jin aveva proposto la gara, lasciando Hiroshi al suo combattimento a mani nude con la tigre.

Fey zigzagava tra gli alberi tenendo d’occhio Jin e al momento propizio tentò di colpirlo con un calcio laterale al ginocchio, ma il ragazzo saltò in aria evitando il colpo e continuò a sfrecciare ridotto a un fulmine egli stesso.

“Cominci ad avere il fiatone?” gli urlò il ragazzo ridendo e continuando a spingersi in avanti.

“Sogna pure!” gli rispose Jin con mentre il cielo rombava, “Che ne dici se la finiamo? Voglio dimostrarti chi è il più veloce!” aggiunse poi attirando la sua attenzione e tentando un altro ruggito del drago del fulmine.

“E come vorresti fare?” chiese il ragazzo sarcastico evitandolo per un pelo con uno scatto.

“A quella parete rocciosa là in fondo, parte la vera gara: vince chi torna prima alla radura!” spiegò Jin concentrandosi; si era divertito abbastanza, ora doveva tornare indietro a vedere come se la cavavano gli altri, in particolare Asuna, l’unica senza magia.

“Preparati a mangiare la mia polvere!” accettò Fey con gli occhi che scintillavano.

In contemporanea raggiunsero la parete.

Per non perdere tempo e velocità, la usarono per acquistare maggiore slancio saltandoci incontro e ripartendo nella direzione opposta.

Jin evocò una pioggia di fulmini sul terreno circostante, ma Fey riuscì a evitarli tutti rimediando solo qualche bruciatura.

L’albino approfittò di un ammasso roccioso per prendere la rincorsa e superare con un salto Jin dall’alto.

Il dragone ruggì e Fey fu costretto a deviare per non finire carbonizzato, perdendo il vantaggio.

Due chilometri.

Uno fianco all’altro si precipitarono in una galleria attraverso una caverna e continuarono a correre nel buio pece illuminato a intermittenza dalle scariche elettriche emesse da Jin.

Un chilometro.

Gomito e gomito sfiorarono la superfice argentata di un laghetto e risalirono una cascata come se stessero correndo su una collina.

Cinquecento metri.

“Mi spiace Fey.” Mormorò Jin e il ragazzo si voltò a guardarlo preso alla sprovvista e pronto ad un attacco, ma rimase a bocca aperta nell’osservare gli occhi d’oro puro dell’avversario.

“Thunder Dragon Slayer Secret Art: Lightening ‘Fly!” L’intero corpo di Jin venne avvolto da fulmini dorati e per un attimo a Fey sembrò di veder spuntare dalla sua schiena due grosse ali da drago. Poi sparì.

Fey continuò a correre e in meno di trenta secondi fu alla radura.

Jin era già lì, i vestiti carbonizzati, salvi solo i pantaloni interi fino al ginocchio e la maglia in mithril.

Fey lo guardò stupefatto col fiatone e Jin gli puntò la spada contro.

“Ho vinto.” Asserì con un sorriso vittorioso e per alcuni attimi i due si scrutarono.

“Hai vinto.” Annuì alla fine ridendo guardandosi intorno e, sotto lo sguardo scioccato di Jin, iniziò a sfregarsi la mano con la stella nera, “Se non ti dispiace, invece che ingaggiare una lotta all’ultimo sangue con te, me ne andrei pacificamente. Se mi batti in velocità, non ho molte speranze in combattimento e sono piuttosto stanco…vi abbiamo dato la caccia per giorni. Inoltre gli altri stanno perdendo e questa non è la mia guerra.” Gli disse tranquillo per poi mostrargli il dorso della mano: la stella sparita e ora scintillava un lupo grigio stilizzato.

“La Gilda Mercenaria Fenrir...” mormorò Jin abbassando la spada.

“Non mi pagano abbastanza per morire per questi invasati…” commentò l’albino alzando le spalle e scuotendo la testa. Jin avrebbe aggiunto qualcosa, se dal cielo non fosse caduta tra lui e il ragazzo la gigantesca tigre dai denti a sciabola con un tonfo assordante.

“Fey…” ruggì dolorosamente quella barcollando nel tentativo di alzarsi, il manto carbonizzato i più punti, mentre Hiroshi raggiungeva Jin cercando di capire cosa stesse succedendo. Aveva scagliato via il suo nemico e voleva finirlo, ma perché Jin se ne stava lì pacifico a parlare?!

“Basta Adras. Abbiamo perso, non vale la pena morire qui e abbiamo già incassato i soldi per il lavoro. Se tutti sono come loro, di certo non rimarrà nessuno vivo per inseguirci.” Gli disse dandogli qualche pacca sul dorso e la tigre emise un basso brontolio, scocciato ma d’assenso, alzandosi e voltandosi.

“Ma cosa…?” balbettò Hiroshi cecando di seguirli, ma Jin lo fermò mettendogli una mano sulla spalla.

“Alla prossima Jin!” lo salutò con un gesto della mano prima di voltarsi e sparire nella vegetazione con Adras, lasciando Jin e Hiroshi a guardarsi perplessi e divertiti.

 

Asuna aveva ormai raggiunto il limite della pazienza consentitale.

Con una parata laterale protesse il fianco e cercò di sfondare la guardia avversaria.

Quello stupido ragazzo non aveva fatto altro che ricordarle i doveri di una guardia, di osservare quanto fosse patetica e soprattutto dirle come una donna non avesse possibilità come guardia, criticando le sue capacità. Lei non aveva risposto concentrata sul combattimento, ma non significava che non sentiva…

“Da secoli inoltre le donne sono relegate ai lavori domestici per ovvi motivi che…” continuò a cianciare quello deviando la punta della lama alla destra e balzando all’indietro.

“Basta!” esplose Asuna con gli occhi che ardevano spostando il peso sul piede sinistro e tentando un affondo laterale, ma il ragazzo parò e contrattaccò fulmineo squarciandole la divisa sul fianco.

Asuna strinse i denti e colpì con forza la sua lama creandogli un’apertura e ferendolo in profondità alla spalla. Con quella ferita avrebbe dovuto come minimo rallentarlo…

Il ragazzo sogghignò e sistemò gli occhiali balzano all’indietro; poi spostò la spada nella mano sinistra.

“Ambidestro.” Pronunciò con arroganza prima di lanciarsi di nuovo all’attacco e incalzando la ragazza che rispondeva colpo su colpo.

Tentò nuovamente una stoccata ma il ragazzo si difese e rimasero alcuni istanti a fare forza lama contro lama, incenerendo l’avversario con lo sguardo uno a pochi centimetri con l’altro.

Poi ad Asuna balenò davanti il viso sorridente di Jin: “In uno scontro all’ultimo sangue non puoi combattere pulita come se fossi in un’accademia, il tuo obiettivò è sopravvivere”

Senza esitazione Asuna colpì allo stomaco il ragazzo con un pugno deciso e poi alle tempie con l’elsa della spada; lo stava disarmando quando il ragazzo la fece cadere a terra con una spazzata improvvisa e le puntò rapido la lama alla gola.

“Se giochi sporco, aspettati che il tuo avversario faccia lo stesso…” le disse massaggiandosi la pancia dolorante e tossendo qualche goccia di sangue.

Asuna si limitò a guardarlo con odio. Era in trappola.

“Ora…a te la scelta” le propose sogghignando, “Puoi arrenderti, farti ammanettare e venire con me alla capitale per essere processata per esserti finta una guardia e alleata con dei malviventi. Oppure puoi morire qui come una cagna.” Le disse tracciandole un sottile taglio sulla gola.

La ragazza sorrise amara: era proprio un idiota se pensava che i suoi compagni l’avrebbero lasciata viva fino al processo; tanto valeva morire con onore.

“Piuttosto la morte.” Rispose con disprezzo sputando.

“Come vuoi…” rispose con evidente gusto l’altro alzando la spada, pronto ad abbassarla e trafiggerla.

E nel momento in cui la lama scintillava sopra di lei Asuna, sentì un moto di adrenalina, di paura.

Non voleva morire.

Non ora.

Non aveva concluso niente, non aveva mantenuto la sua promessa e non aveva neanche ringraziato Jin per il suo aiuto con la spada. Che cosa stupida da pensare in quell’istante...ma le rodeva di non avergli dimostrato di esser migliorata.

Voleva continuare quel viaggio.

Il ragazzo abbassò la lama con ferocia e Asuna agì d’istinto.

Le sue mani si strinsero intorno al freddo acciaio e riuscirono a fermare la punta a un centimetro dalla sua gola candida; il filo le tagliava le mani in profondità ma lei neanche se ne accorgeva, concentrata su una sola cosa: vivere.

Prima che lui potesse reagire chiuse le gambe e lo colpì con entrambi i piedi sull’elsa facendogli perdere la presa; di ritorno lo colpì col tacco sul cavallo dei pantaloni, facendolo piegare dal dolore allucinante, e sfruttando lo slancio si mise in ginocchio.

Lanciò la spada che aveva tentato di trafiggerla e la riafferrò per l’elsa; senza neanche pensarci lo infilzò dritto nello stomaco.

Vide i suoi occhi dilatarsi e il sangue colarle sulle mani. Caldo e viscido.

Poi tossendole sul viso altro sangue, si spense.

Il peso del corpo del ragazzo che si accasciava su di lei fu troppo e cadde a terra con il cadavere addosso, mentre la consapevolezza di averlo ucciso iniziava a farsi strada in lei. Aveva ucciso un ragazzo. Con le sue mani.

“Jin…” iniziò a singhiozzare spaventata mentre lacrime cristalline le scendevano lungo le guance e le mani le dolevano terribilmente, senza forza per muoversi.

 

 

Miel estrasse affaticata la sua daga d’ombra dal bestione che giaceva a terra.

“Dannazione se erano forti…” mormorò barcollante e cercando di stimare l’entità dei danni: un lungo taglio sulla gamba dov’era affondata una delle falci prima che potesse spezzarle il manico, uno sullo stomaco, una o più costole incrinata dovute a dei maledetti calci che l’avevano presa alla sprovvista e la spalla sinistra slogata e che lei stessa aveva sacrificato pur di prenderlo di sorpresa e conficcargli la daga nel cuore.

“Era il capo della spedizione, in teoria…” Commentò Shorai estraendo la lama celata dalla fronte della donna araba, “In realtà era questa cagna a comandare; lei era quella furba e manipolatrice, lui quello stupido ma violento.” Le spiegò tenendosi il braccio destro, massacrato da numerose escoriazioni dovute alle catene con cui aveva combattuto la donna in rosso.

“Un duo temibile eh?” sogghignò Miel chiedendosi come facesse l’amica a stare in piedi con una caviglia ridotta in poltiglia per un tentativo di difesa andato male.

“Puoi dirlo forte! E spero non mi rimanga la cicatrice!” si lamentò passandosi le dita guantata su un profondo sfregio sulla fronte e che continuava sulla testa.

“Non se ti lasci curare da Tara…”la rassicurò la bionda mentre osservava Shorai che iniziava a frugare negli abiti dei cadaveri e li spogliava di qualsiasi oggetto di valore. Ecco come stava in piedi: il richiamo dell’oro!

“Non ti spiace se…?” le chiese fermandosi dalla sua attività, ma Miel scosse la testa, ben sapendo che era solo cortesia in nome della loro amicizia: non avrebbe permesso a nessuno di prendere questi piccoli tesori e probabilmente ora avrebbe fatto il giro anche di tutti gli altri cadaveri.

“A proposito” continuò l’assassina, “Sono contenta di essermi unita a voi, la mia fazione faceva schifo.” Commentò pratica mentre Miel si guardava intorno: tutti i suoi compagni erano massacrati, feriti, grondanti di sangue, loro e avversario, e molti non stavano neanche in piedi; Tara, nonostante ferita, correva ovunque cercando di portare aiuto e aveva organizzato un piccolo campo medico vicino a Rey, che l’aiutava cercando ci rimediare per esser stato inutile nel combattimento o curando ferite lievi o trascinando chi come Gigi o Yelle, non aveva le forze di stare in piedi; in un angolo Asuna era in piena crisi isterica tra le braccia di Jin, che tentava di consolarla e fasciarle le mani.

In poche parole erano ridotti a degli stracci e sarebbero stati k.o. per un bel po’ ma…erano vivi.

Avevano vinto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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