Fairy Heredity di StelladelLeone (/viewuser.php?uid=274359)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un'ombra in viaggio ***
Capitolo 2: *** Perchè gli uomini sono tutti dei pervertiti? ***
Capitolo 3: *** Divorata da un demone ***
Capitolo 4: *** Attaco al castello! ***
Capitolo 5: *** Non mi sono persa! Forse... ***
Capitolo 6: *** Mai sottovalutare un Ballo! ***
Capitolo 7: *** Gelosia e Verità ***
Capitolo 8: *** Black Star ***
Capitolo 1 *** Un'ombra in viaggio ***
Yoooo minnaa! Ce l’ho fatta! Anche io
inizio la mia storia ad oc! Non
vedevo l’ora! *saltella tutta eccitata* Lo so che ho
altre…due o tre long in
corso, ma tranquilli: sono in scrittura XD Allora, ho deciso che
accetterò per
ora 12 oc, 6 maschi e 6 femmine,
quindi controllate le altre recensioni prima di mandarmeli :D il
“per ora”
significa che se qualcuno, proprio ci tenesse quanto la sua stessa vita
a
partecipare ma non ci fossero più posti, allora aggiungerei
anche il suo a
patto che si procurasse un altro iscritto del sesso
opposto…MA sappiate che mi
complicate la vita!
Canzone consigliata come sottofondo per il
capitolo: I need your love
di Calvin Harris :D
Ora…buona lettura!
Un’ombra
in viaggio!
Il sole non era ancora sorto nel
cielo violetto e una
leggera brezza faceva frusciare le foglie degli alberi del bosco; tutto
ancora
dormiva sereno, tranne un piccola figura ammantata che rapida e
silenziosa
scivolava lungo il grosso tronco di un pino centenario; i suoi passi
sul
terreno non si udivano nemmeno, l’unico suono era il
frusciare del lungo
mantello nero che la avvolgeva tra i fili d’erba.
L’ombra sottile
camminò per alcuni minuti, fino ad arrivare
in una piccola radura vicino al corso del fiume; lì
cominciò a compiere
flessuosi ed agili movimenti: le mani che stringevano qualcosa di
appuntito e
luccicante, prima descrivevano grandi cerchi poi infliggevano rapide e
silenziose stoccate. Le gambe si muovevano rapide e i muscoli si
tendevano
guizzanti. Era una danza, una danza meravigliosa e attraente, una danza
mortale.
Passato del tempo, la figura, con
mano decisa, scaglio il
pugnale a conficcarsi con mira precisa e velocità
incredibile nel tronco di un
abete. Corse leggiadra a riprendere l’arma, e, dopo averlo
fatta saltare per qualche
istante tra le mani, il pugnale si dissolse in una nuvola nera. Con
soddisfazione si avvicinò alla superfice del fiume per
ammirare il suo nero
riflesso; nel fiume delle morbide labbra rosate sorrisero, di un
sorriso
felino, del sorriso che la pantera rivolge alla preda prima di balzare.
La città di Ninivel,
capitale del Regno di Elmar, che
duemila anni prima, prima
della Grande
Catastrofe, era il Regno di Fiore, era già in fermento
poiché scoccata la
quinta ora*. Le ridanciane e chioccianti signore della città
gironzolavano di
qua e di là per il mercato, facendo frusciare tutte le loro
gonne e sotto gonne
e comprando l’occorrente per il pasto di mezzodì e
per tutta la settimana; i
robusti signori delle bancarelle urlavano a gran voce nella speranza di
attirare le comari, mentre bambine e bambini correvano per il mercato,
giocando
felici in quel colorato caos. Il mercato era uno dei giorni
più belli per i
cittadini: i profumi delle spezie solleticavano il naso dei passanti, i
colori
sgargianti delle stoffe rapivano lo sguardo, il dolce sapore dei
prodotti fatti
in casa deliziava i palati.
Nessuno faceva caso alla piccola
ombra che strisciava
nell’oscurità lungo i muri delle case e lei lo
sapeva, sapeva di essere
invisibile per quegli occhi così indaffarati, e divertita si
godeva anche lei
il mercato, alleggerendo di tanto in tanto qualche incauto passante.
Con un
sorriso di sfida di avvicinò alla bancarella sgargiante del
fruttivendolo e
rapida afferrò una grande mela rossa, che morse con gusto
prima di mescolarsi
alla calca e sparire di nuovo. Come se non fosse mai passata. Non era
forse
quello il suo destino? Un’ombra tra
le
ombre, destinata all’oblio e
all’oscurità…
Mentre guardava rilassata chi passava
per il mercato, vide
un gruppo di ragazzine camminare e ridacchiare e rimase incantata a
guardarle:
parlavano del loro primo bacio. Per una ragazza è uno dei
momenti magici della
vita. Un sorriso malinconico si disegnò sulle sue labbra,
poi scosse la testa
rimproverandosi a mezza voce e cambiò strada. Era
lì per raccogliere
informazioni non per perdersi in fantasie. Aveva rinunciato da tempo a
quel
mondo.
Cautamente si diresse verso
l’ala nord del mercato, quella
vicino alle caserma delle guardie e quindi quella più
pericolosa; lentamente e
mantenendosi nell’ombra si avvicinò ad un gruppo
di guardie che nelle loro
armature argentee chiacchieravano tenendo d’occhio il mercato.
“Quindi sta sera voi siete
di guardia al Palazzo Valleir?”
stava dicendo una di esse rivolta ai suoi compari.
“Già, e io che
programmavo una bevuta in osteria!” sospirò
l’altra, scocciata.
“Cosa che io invece
farò!” disse con una risata la prima
guardia che aveva parlato.
“Dannata Ladra!”
proruppe l’ultimo, “Se non ci fosse lei
potremmo fare dei turni più tranquilla, ma ora che
è arrivata tutti i nobili
richiedono la massima protezione perché hanno paura di
lei”
“Come Valleir, teme che
quel maledetto fantasma riesca a
mettere fuori combattimento le sue venti guardie e rubi lo smeraldo!
Come se
potesse succedere! E quindi a noi ci tocca lavorare!”
“Vorrei tanto sapere chi si
cela sotto quel mantello…” e si
lanciarono in speculazione sulla vera identità della Ladra
Nera, il nuovo
terrore di Elmar. C’era chi sostenesse fosse un uomo, in
realtà, chi una donna
per la piccola statura, chi un demone, chi un fantasma; chi sosteneva
fosse un
antico mago oscuro, chi un ladro fortunato. Ma nessuno ad ora poteva
dirlo con
certezza.
Intanto l’ombra si
allontanava con un ghigno divertito: ora
sapeva tutto quello di cui aveva bisogno. Esultante ritornò
al suo rifugio sul
pino dove rilassandosi si preparò mentalmente per la serata
di lavoro.
La figura ammantata si mosse quando
ormai era scoccata la
dodicesima ora e il cielo tendeva a lillà;
camminò rilassata per le vie ormi
quasi deserte della città, evitando con cura le varie
pattuglie, fino a
giungere in una vietta scura tra catapecchie pressoché
disabitate; da lì si
arrampicò sul tetto di una di queste ed iniziò
una veloce ed entusiasmante
corsa sui tetti al tramonto, così liberante che finalmente
apparve un vero
sorriso sul suo volto. Cosa c’era d meglio che sentire il
vento, simbolo di
libertà, sferzargli il volto, mentre dall’alto
poteva ammirare quella distesa
di case in pietra, che il sole tingeva d’arancio e di rosa?
Finalmente giunse davanti
all’alta torre cittadina e dalla
borsa in cuoio che portava a tracolla, dopo un lungo e difficile
rimestare,
estrasse un piccolo quadernetto. Rilesse velocemente le informazione
sul suo
cliente e fece una smorfia scocciata. Quei tipi li detestava: avrebbero
venduto
loro madre per soldi, figurarsi la sua identità. Doveva
assicurarsi di
spaventarlo talmente tanto da non fargli nemmeno pensare di poterla
fregare.
Con un ghigno si avvicinò
alla parete in ombra della torre e
vi appoggiò una mano, dopodiché
l’attraverso, risucchiata dall’oscurità.
Un’ombra
tra le ombre...
Un uomo grasso e basso attendeva
nervosamente in cima alla
torre e si stava chiedendo se il suo uomo sarebbe mai arrivato, quando,
improvvisamente, la sua stessa ombra proiettata sul pavimento
iniziò a muoversi
di vita propria, contorcendosi e allargandosi. Poi iniziò ad
emergere
dall’ombra, lentamente, una figura ammantata.
L’uomo lanciò un
urlo e si rannicchiò su se stesso, mentre
la figura lo guardava segretamente soddisfatta.
“Sbaglio o lei voleva
vedermi per affidarmi un incarico?”
disse l’ombra.
“Lui si alzò
tremante stringendo al petto una borsa
tintinnante e la guardò stupefatto.
“M-ma lei è
davvero…” iniziò a balbettare, ma
l’altro lo
interruppe avvicinandosi un dito alle labbra.
“Non siamo qui per
discutere la mi identità, le pare?” disse
con un tono di minaccia, “Mi dia la borsa con le istruzione e
metà dei bahal*,
poi se ne vada. Il prossimo appuntamento è sempre qui,
domani sera.”
L’uomo annuì e
le porse la borsa.
“E mi raccomando, non
faccia parola con nessuno di
quest’incontro, altrimenti…” e
lasciò la frase in sospeso, mentre l’altro
deglutiva spaventato.
Dopodiché la figura
salì sul parapetto e, sotto lo sguardo
stupefatto del cliente, si lanciò giù dalla torre.
Sorrise, sentendo l’aria
accarezzarle la faccia; a pochi
metri da terra si concentrò e, invece di schiantarsi per
terra, attraversò il
pavimento in ombra e riemerse all’ombra del suo pino.
La figura lesse le istruzioni che
c’erano nella borsa,
nonostante sapesse già cosa dovesse fare: il cuore degli
uomini è facile da
comprendere; poi contò i bahal per controllare di non esser
stata ingannata,
anche se nessuno sano di mente ci avrebbe mai provato.
Dopo aver mangiato,
ripartì coperta dall’oscurità della
notte; destinazione: Palazzo Velleir. Obbiettivo: lo smeraldo.
Mentre l’adrenalina
cominciava a pervaderla, giunse davanti
al palazzo. Era un grosso e decorato palazzo in pietra, protetto da un
muro di
cinta, con un giardino curato, le persiane in legno e tante, tante
guardie di
ronda.
Tipico.
Silenziosa si appiattì
lungo il muro della casa di fronte al
palazzo e, dopo aver preso le misure, attraversò
l’ombra e riemerse nel
giardino. In un cespuglio di rose, per la precisione.
Con un gemito si districò
dalle spine e corse a nascondersi
dietro un quercia. Perché diavolo i nobili avevano la fissa
delle rose!? Non
potevano piantare margherite o pomodori?!
Sempre imprecando, iniziò
ad analizzare la ronda: le guardie
andavano a due a due. Il percorso era il perimetro del palazzo.
L’incontro tra
due gruppetti di guardie avveniva ogni trenta secondi
all’angolo. Quindi aveva
trenta secondi per stordire le guardie, entrare, prendere lo smeraldo e
scappare.
La figura tese tutti i muscoli fino
allo spasmo.
L’adrenalina in circolazione. Un sorriso ferino sul volto.
Uno.
Le guardie si incontrano e un gruppo
sparisce dietro
l’angolo.
Quattro.
Corre silenziosa fino ad arrivare
alle spalle delle due
guardie.
Otto.
Condensa nella sua mano una frusta di
ombra.
Dieci.
Strozza la prima guardia fino a farle
perdere coscienza
Tredici.
La seconda guardia si accorge di lei
e fa per dare
l’allarme.
Quindici.
Colpisce con un calcio in pancia la
guardia e mentre è
piegata per il dolore, la colpisce nuovamente con un gomito a collo.
Diciotto.
La guardia stramazza la suolo e lei
cerca la finestra della
stanza affianco a quella dello smeraldo.
Venti.
Si arrampica fino al balcone del
secondo piano ed entra
nella stanza.
Ventidue.
Tre guardie bloccano la porta
all’esterno; utilizza i suoi
portali d’ombra si teletrasporta davanti a loro.
Ventiquattro.
Con un tentacolo d’ombra
soffoca le tre guardie.
Ventisei.
Entra nella stanza della pietra, poi
blocca e imbavaglia con
l’ombra le sei guardie all’interno, infine le
sbatte contro il muro per far
perdere loro coscienza e magari anche la memoria.
Ventotto
Rompe la teca e infila lo smeraldo in
borsa. Nella speranza
poi di ritrovarlo.
Ventinove.
Apre la finestra pronta a gettarsi
giù. Si odono urla nella
casa. Devono aver sentito i colpi degli elmi contro le pareti.
Trenta.
Qualcosa la colpisce con forza alla
testa e cade
nell’incoscienza.
La prima cosa che vide fu il cielo
stellato.
“Strano…”
pensò, “Di solito le fronde mi coprono la
visuale…”
Poi, in un drammatico istante, si
ricordò del lavoro,
dell’incursione nel palazzo, della villa…e della
sua perdita di coscienza.
Di scatto si alzò, si
rannicchiò su se stessa e nelle sue
mani si condensarono due spade d’ombra, ricurve con
l’impugnatura a forma di
drago.
“Finalmente sei sveglia,
cominciavo a pensare di averti
ucciso!”
La figura si voltò di
scatto e ritrovò a guardare un ragazzo
appoggiato a braccia incrociate ad un tronco. Aveva un fisico asciutto
e
allenato, una muscolatura ben visibile nonostante la camicia bianca
leggermente
aperta, i pantaloni in pelle neri e il mantello marrone; i capelli
erano biondo
miele, mossi e scompigliati, sopra le spalle; gli occhi erano di una
grigio
incredibile, come il cielo nuvoloso, e il sorriso era il sorriso di un
bastardo.
Questa fu l’analisi, per
nulla condizionata dal fatto di
essersi fatta fregare come una novellina, della figura.
Lentamente si raddrizzò,
ma non fece scomparire le armi.
“Chi sei?”
sibilò.
“Potremmo dire che sono un
ladro anche io...” Disse lui passandosi
una mano tra i capelli.
“Cosa vuoi da
me?”
“Il tuo aiuto.”
Disse tranquillamente.
La figura scoppiò in una
risata cristallina.
“Non potevi chiedermi un
incarico come fanno tutti? Dovevi
per forza tramortirmi’!” iniziò a dire
ironica, ma si ghiacciò pressoché
subito, tornando in modalità difensiva: come aveva fatto a
stordirla? Non era
certo una ladra da quattro soldi!
Con un saltò
indietreggiò dal ragazzo che le si stava
avvicinando.
“ Come siamo
diffidenti…Non potresti togliere quel mantello?
Preferisco parlare con le persone guardandole in faccia, Ladra
Nera.” La figura
si bloccò e strinse le mani a pugno, tanto da far sbiancare
le nocche.
“Tanto ho già
dato un’occhiata mentre eri svenuta…”
disse
con un sorriso malizioso.
Un’imprecazione a dir poco
colorita giunse dal mantello;
come aveva osato, quel pervertito?! Alla prima occasione gli avrebbe
rotto il
naso!
Poi, lentamente la figura
slacciò i lacci del mantello e lo
fece scivolare a terra. In quel momento non era lei ad avere il
coltello dalla
parte del manico…
Il ragazzo la guardò,
stupendosi ancora di chi si celasse
sotto il mantello della Ladra Nera, colei che aveva messo in ginocchio
tutto
Elmar; era poco dire che la giovane ragazza, a occhio sedici anni, che aveva davanti era
bella: i
capelli biondi con sfumature ramate cadevano in morbidi boccoli lungo
la
schiena, mentre gli occhi blu come il mare gli lanciavano occhiate
diffidenti e
innervosite; sulle guance rosse d’imbarazzo per essere
così scoperta erano
impressi quelli che pensava fossero tatuaggi neri, come un rampicante
sottile.
Il busto era avvolto da una morbida camicia nera sopra cui indossava un
corpetto nero con ricami rossi, mentre le gambe allenate erano fasciate
in
pantaloni di pelle nera. LA borsa a tracolla era in cuoio, come la
cintura in
vita a cui teneva appesi vari sacchettini.
“Hai finito di
analizzarmi?” chiese infastidita arrossendo.
“Mmh…
quasi” disse innervosendola e imbarazzandola ancora di
più, “Sei una mezzelfo, vero?”
La Ladra lo fulminò e
digrignò i denti.
“Come lo sai?” Lo
avrebbe definitivamente ucciso.
“Il modo in cui tieni i
capelli: è ovvio che cerchi di
coprire le orecchie leggermente a punta. Piuttosto raro, devo
ammetterlo…”
La ragazza non aveva mi avuto tanta
voglia di fare a pezzi
qualcuno in vita sua, né si era mi sentita tanto indifesa e
imbarazzata. Quanti
anni erano che non si mostrava apertamente a qualcuno? E poi la
guardava come
se volesse mangiarla, quel maniaco!
“Comunque, tornando ai
nostri affari,” la ragazza alzò gli
occhi al cielo: da quando loro due avevano affari in comune?
“Ti ho stordito
perché dubito che altrimenti mi avresti
preso in considerazione: voglio arruolarti per compiere un viaggio alla
ricerca
della Fairy Heredity.”
La ragazza lo guardò
perplessa, mentre ricordi affioravano
nella sua memoria.
“Il tesoro della
leggendaria gilda di maghi…Fairy Tail…la
più forte al mondo prima della Grande
Catastrofe…” mormorò ricordando le
parole
della sua vecchia tata.
“Esatto! Io lo sto cercando
e ho bisogno del tuo aiuto!”
disse il ragazzo.
“E’ una leggenda
per bambini, e comunque ho altro da fare.”
Disse lei voltandosi, prendendo il mantello e facendo per andarsene.
“No,
è reale e io lo
troverò! Non verresti nemmeno se ti offrissi qualcosa in
cambio?” disse il
ragazzo, afferrandola per una spalla, bloccandola e voltandola.
“Potrebbe
interessarti…” le sussurrò prendendole
il mento
tra le dita e avvicinandosi pericolosamente.
La ragazza arrossi di botto e lo
scosto da sé apostrofandolo
gentilmente; purtroppo, facendo
ciò,
la grande Ladra Nera inciampò in una radice e cadde leggiadramente a terra.
L ragazzo scoppiò a ridere.
“Non credo che tu abbia
qualcosa mi interessi.” Disse scettica
mentre si rialzava nel tentativo di mantenere una dignità,
ma il rossore sulle
guance la tradiva parecchio.
“Io
credo di sì: se
prometti di aiutarmi non solo ti porterò fuori dalla
foresta…” iniziò a dire,
ma la ragazza lo interruppe, ferita nell’orgoglio.
“Credi che non sia capace
di uscire da sola?” chiese mentre
un brivido le scese lungo la schiena.
“No, assolutamente no. Ti
ho osservato parecchio e mi sono
accorto che il tuo orientamento è pessimo, motivo per cui
disegni sempre delle
mappe dei posti in cui viaggi. Mappe che io ho bruciato.”
Disse con un ghigno.
La ladra si pietrificò:
sia perché aveva appena scoperto che
il tizio con cui stava parlando era uno stalker di prima categoria, sia
perché
se era vero ciò che aveva detto, lei era amabilmente fregata.
Poi iniziò a frugare come
una forsennata nella borsa. Non
c’era nessuna delle sue preziose mappe.
“Tu.” Disse
gelida mentre le ombre tutto intorno
cominciavano a contorcersi e a tendersi verso di lei,
“Come. Hai. Osato. Toccare. La.
Mia. Roba?!”
“Devo dire che non avevo
mai visto da vicino una borsa
sottoposta ad un incanto di allargamento…”
ciarlò lui senza nemmeno darle
retta.
Iniziò ad avvicinarsi
lentamente alla preda: lo avrebbe
ucciso.
Il ragazzo non si mosse di un passo,
per nulla intimorito,
mentre osservava curioso i tatuaggi sulle guance della ragazza guizzare
e
muoversi come se fossero vivi.
“Io mi fermerei, fossi in
te.” Disse poi ghignando, prima di
estrarre da una tasca della camicia bianca un medaglione in argento.
“Il mio
medaglione!” urlò la ragazza tastandosi il collo.
“Ladro!! Ridammelo
subito!” urlò slanciandosi contro di lui.
“Detto da te!” si
schernì lui balzando lontano dalla belva
che aveva risvegliato.
Poi, con uno schiocco, il medaglione
sparì.
“Nooo!” la
ragazza balzò contro il suo nemico, tentando di
colpirlo con un calcio in pancia; il ragazzo lo scansò
abilmente e la ladra
evocò le due spade cercando di squarciargli il petto, mentre
una rabbia omicida
l’assaliva; ma non fece in tempo ad agire che il ragazzi
scomparve davanti a
lei, per poi comparirle dietro.
“Ma cos..?”
“Silver
rope!” Il pugnale d’argento che aveva
in mano il ragazzo si sciolse e si
ricondensò in una corda, che lui usò per
bloccarla.
“Gnh..mollami
maledetto!” urlò tentando di allontanare la
corda dal suo collo, con scarsi successi.
“Ma come siamo focosi! Mi
chiedo se lo sei anche in am…Argh!”
la ragazza lo colpì negli attributi, arrossendo come non mai.
“PERVERTITOOOOOOOOO!”
Il ragazzo rantolò e
imprecò per qualche secondo, ma non
mollò la presa.
“Okay, questo è
stato un colpo basso…comunque, datti una
calmata, bellezza! Il tuo medaglione non l’ho
distrutto!” la ragazza smise
all’istante di muoversi.
“Sono un mago anche io, se
non hai notato! Sono un silver
claimer e un teletrasportatore, come te! Ho teletrasportato il tuo
medaglio in
un posto segreto e te lo ridarò solo dopo che avremo trovato
la Fairy
Heredity.” disse lasciandola andare e allentandosi il
più possibile da lei. Non
era ben sfidare troppo la sorte.
La ragazza si massaggiò il
collo, guardandolo male.
“Io non sono una
teletrasportatrice!” disse con astio.
“Oh, lo so. Magia del
dominio delle ombre. Un’ombra tra
le ombre…” iniziò a dire,
ma un pugnale si conficco nel tronco a cui era appoggiato, ad un
centimetro di
distanza dal suo orecchio.
“Silenzio!” disse
con voce gelida, mentre le sue mani
venivano ricoperte da neri tatuaggi a rampicante che si muovevano e
quelli
sulle guance riprendevano vita.
“Immaginavo…e
così sei tu, eh? Pensavo fossi una leggenda,
principes…”
“Ho detto
silenzio!” disse lei lanciando un altro pugnale
d’ombra.
“Mi puoi far vedere il
tatuag..” la ragazza lo afferrò per
il colletto.
“STAI ZITTO!” gli
urlò puntando la lama della sua spada alla
gola, mentre la pupilla degli occhi le si restringeva e si allungava.
Lui la guardò sorpreso,
per poi lanciarle uno sguardo di
sfida.
“Altrimenti?”
Lei lo fulminò con quegli
occhi felini.
“Non una parola di
più.” Ansimò infine come sfinita,
lasciandolo andare e allontanandosi. Non doveva perdere il controllo. O
la
bestia sarebbe tornata.
La pupilla tornò normale.
“Se è
l’unico modo per riavere il mio medaglione, allora
verrò a cercare la Fairy Heredity; ma guai a te se dici una
sola parola
riguardo a… me. Se lo fai…”
Il ragazzo alzò un
sopracciglio.
“Ti uccido.” E
lui capì che non stava scherzando.
Mentre un brivido gelido gli scendeva
lungo la schiena, le
sorrise.
“Benvenuta a bordo! Io sono
Rey Leon.” disse tendendogli la
mano, con un’occhiata maliziosa.
Lei la prese arrossendo.
“Miel, la Ladra
Nera.”
“Come, niente cognome
principessa?” chiese lui ridendo e
allontanandosi dal pericolo imminente.
Lei strinse le nocche e lo
fulminò.
“Idiota! Non chiamarmi
così!”
Non ci poteva davvero credere, dopo
anni di solitudine
autoimposta vissuta nell’ombra, aveva accettato di stringere
un patto con un
cretino pervertito, che sapeva tutto di lei, per aiutarlo a cercare una
cosa
che nemmeno esisteva! Doveva essere impazzita.
“Allora, vieni
principessa?” la chiamò lui sorridendo.
Lei sospirò, guardando il
biondo farle cenno di seguirlo.
“Idiota…”
Chissà, forse non sarebbe
stato così male…
*Quinta ora: equivale alle 11, le ore
le si contano dalle
sei.
*Bahal: moneta in uso, in oro
Scheda
personaggio ( *
segnala i campi obbligatori), ma solo se avete letto le altre
recensioni! Siate
dettagliati e prolissi! (guai a chi scrive due righe!)
Nome*
Cognome*
Soprannome
Sesso*:
preparatevi
ragazze: Rey, nonostante sembri un pervertito, non lasciatevi
ingannare: è
davvero un pervertito. (Rey: amante del gentil sesso, prego!
– Miel: sì, certo,
dicono tutti così…)
Età*:
quel cavolo che
vi pare; se però poi avete ottant’anni e siete
delle cariatidi non mi chiedete
la storia d’amore u.u Inoltre farei un po’ fatica a
descrivere i pensieri di un
trentenne perché ho solo sedici anni
-.-‘’
Razza*:
novità! *rullo
di tamburi* potete essere quel che volete: umani, elfi, draghi, animali
parlanti, mezz’elfi, gnomi, fate (ma siete alte al massimo 20
cm, se volete
essere alte normali dovete tirarmi fuori un motivazione convincente
XD), sirene
(quindi vivete in acqua, a meno che non abbiate quella famosa
spiegazione convincete…),
troll, goblin, mannari, vampiri…tutto quel che vi pare
(però vale come sopra:
se siete un troll, poi non chiedetemi la storia romantica u.u non
faccio
miracoli)
Aspetto
fisico*
Segni
particolari
Abiti*:
ragazzi, faccio
presente che siamo in una società MEDIEVALE; quindi niente
t-shirt con stampe,
scarpe da ginnastica etc., etc.… avete seta, lino grezzo,
cuoio, tutta roba non
sintetica o prodotta in industria
Carattere*:
scrivete
tutto ciò che potete, anche abitudini, tic, manie (ex:
quando è imbarazzata si
stropiccia le mani/ quando vede una bella ragazza sbava),
l’impressione che ne
hanno gli altri…devo vederli i vostri oc!
Gusti/passioni*:
non
solo cibo XD
Odi/rancori/
cose che
non piacciono*:
Paure*
ingegnatevi che
poi io mi diverto XD
Passato*
prometto che
affronterò il passato di tutti gli oc,
quindi...sbizzarritevi!
Classe
sociale
Occupazione*:
anche qui
a voi la scelta: maghi erranti, soldati (però ricordo che
Rey e Miel sono
ricercati), armaioli, apprendisti, viaggiatori, mercanti, assassini,
ladri,
contadini, studenti (ma ricordo che solo i nobili studiano), tessitori,
commercianti, mercenari, cacciatori di taglie… anche qua,
guai se ve ne uscite
con: manager! O industriale! Vi uccido -.- Inoltre: siate vari! Accetto
max.
due pg per lavoro! Ah, tranquilli per l’età: si
inizia a lavorare, se non siete
nobili, a 15 anni per le ragazze 14 per i ragazzi :D
Poteri:
non è
obbligatorio perché la magia è un cosa poco
conosciuta
Armi*:
anche la fionda
va bene XD se avete i poteri potete avere anche le armi.
Capacità:
ex:
combattimento corpo a copro, a distanza, nuotare, arrampicarsi,
scappare
(vigliacchi :P), correre, cacciare, pescare.., etc. etc.
Punti
di forza
Punti
deboli* (sì, è
obbligatorio!!)
Obbiettivi:
Spirito animale:
Sogni:
Storia
d’amore: se vi
interessa un altro oc, fatemelo sapere; oppure descrivetemi il tipo di
persona
con cui andrebbe d’accordo (guai alla prima che mi fa la
descrizione di un
ragazzo che poi non è tra gli oc XD)
Amicizie/inimicizie:
Altro
Ok!
Io ho finito!
Buon
viaggio a tutti!
StelladelLeone
Ps:
l’aggiornamento a
quando torno dalla montagna :D
|
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Capitolo 2 *** Perchè gli uomini sono tutti dei pervertiti? ***
YOOOOO MINNAAAAA! Sì, sono riuscita ad
aggiornare in tempo record :D LA
verità è che tutti voi scrittori di storie ad oc
pubblicate alla velocità della
luce *lancia un’occhiataccia ad andry* e quindi mi sono
sentita in colpa per la
mia lentezza. Risultato? Ho supplicato mia zia perché mi
concedesse il computer
per un giorno e mezzo, ho convinto i miei cuginetti piccoli che dovevo
lavorare, ho litigato con la connessione che tra i monti non prende
bene e ho
scritto questo capitolo. Sinceramente sono soddisfatta di
com’è venuto, ma
ovviamente è vostro dovere demolirmi e dirmi come migliorare
:D Mi scuso con
tutti quelli che ho subissato di mail e li ringrazio per avermi
risposto: ma
non si illudano, non finisce qui! Per parlare della storia,
procederà così: 4/5
capitoli per introdurre tutti gli oc, non nell’ordine con cui
me li avete
mandati ma a ispirazione, poi alternerò una capitolo serio,
dove si affrontano
combattimenti duri, il passato degli oc e vari pericoli, a uno
demenziale/comico per farci quattro risate XD Ovviamente tutto questo
mentre il
viaggio continua :D
Ah, Miel dice che odia tutti quelli che hanno
mandato un oc pervertito
e che se vi trova ve la farà pagare: io ho già
pagato il prezzo di Rey…sigh…
Mi scuso anche con tutti i maschi che leggeranno
perché io amo
immaginarmi i combattimenti, ma non credo di essere un
granché a descriverli:
GOME!
Buon viaggio!
Perché
gli uomini sono
tutti dei pervertiti?!
Un’ombra tra le
ombre,
destinata all’oblio
e all’oscurità,
della stirpe perduta
vendicatrice di
morte,
demone solitario per le terre
vagherà;
ma il suo cuore la
spingerà a cercare
la leggenda per vie contorte,
inseguita dal male che la
divora, da
se stessa scapperà,
fin quando la luna
benedirà la sua
sorte.
Allora con lama
d’argento le catene
del giogo spezzerà,
all’erede
illegittimo del potere
aprirà le porte,
un regno di pace
inizierà
e uscirà alla luce
l’ombra tra le
ombre,
angelo di morte, regina
maledetta
della notte per il mondo che verrà.
Che l’argento si
copra con la notte,
questo il re usurpatore temere
dovrà,
perché assieme al
destino porterà
fine a tutte le lotte.
8
Agosto 20888 D. G.C, profezia della Sibilla
Quando finalmente Rey si
alzò, il sole era già sorto da
qualche ora. Sbadigliando e stiracchiandosi si guardò
intorno, per poi
accorgersi, perplesso, di essere solo.
Veloce si alzò in piedi e osservò
bene la radura in cui lui e Miel
avevano dormito. Che fosse scappata? No, aveva ancora il medaglione e
lei non
lo avrebbe mai abbandonato; probabilmente era lì intorno. O
forse si era persa.
Ancora.
Sperando che non fosse accaduto nulla
di grave, iniziò a
vagabondare per il bosco, fin quando non giunse sulle rive di un fiume.
Lì
Miel, lasciato il mantello appoggiato sull’erba, si dedicava
ai suoi
allenamenti mattutini.
Senza far rumore Rey
appoggiò ad un tronco per osservarla,
incantato. La ragazza continuò per altri minuti ad
allenarsi: parata, stoccata,
affondo. Parata, stoccata, affondo. Schiva, salta, colpisci. Taglio,
laterale,
dall’alto. Calcio, pugno, colpo di taglio. Lancio dei pugnali
nell’albero e di
nuovo esercizio con due spade ricurve. Il tutto con gli occhi serrati.
Ad
un certo punto un
sorrisino le increspò le labbra. Poi di colpo
scagliò il pugnale, che si
conficcò con precisione ad un millimetro
dall’orecchi del ragazzo.
“E’ una mania
questa, principessa!” disse lui ghignando e
rilanciando il pugnale ai suoi piedi.
“E’ pericoloso
arrivarmi alle spalle mentre mi alleno.” Lo
rimproverò lei mentre recuperava il mantello e dissolveva il
pugnale.
“Lo so che mi aveva notato.
Hai sorriso alla mia presenza”
disse con un sorriso malizioso avvicinandosi.
“No, ho sorriso al pensiero
di poterti colpire e poi farlo
passare per un’incidente!” disse lei con un sorriso
fintamente ingenuo,
ghiacciando i bollenti spiriti del ragazzo, per poi superarlo.
“Perché lo
fai?” chiese lui, dopo aver recuperato la sua
autostima, guardandola serio.
Lei si paralizzò.
“Cosa?”
“Lo sai benissimo
cosa:” disse lui scrutandola.
“Non so a cosa ti
riferisci.”
“All’allenamento.
Tu non uccidi, se non in caso di estrema
necessità. Ho seguito le tue imprese e le uniche vittime
sono state dei
malfattori o uomini che parlavano troppo. Ma non uccidi per
professione. Perché
allora ogni mattina compi l’allenamento degli
assassini?” chiese infine
portandosi davanti a lei e fissandola con intensità.
Lei abbassò lo sguardo.
“Non ti riguarda. E
comunque dovresti smetterla di
perseguitare le ragazze!” Mormorò poi prima di
riprendere a camminare, “Muoviamoci,
dobbiamo recuperare le provviste per il viaggio”
Lui sospirò, appuntandosi
mentalmente che avrebbe dovuto
insistere su quella questione e la seguì, raggiungendola in
poche falcate.
“Hai idea di come trovare
il tesoro?” chiese dopo qualche
minuto Miel, sciogliendosi leggermente.
“Quasi.”
“Come quasi?!” lo
fulminò lei sbalordita.
“Se è una
leggenda non avrai creduto fosse una passeggiata
trovarlo, principessa?!” ribatté lui ghignando,
“Si da il caso che io abbia una
mappa con segnato i luoghi dove trovare i pezzi della mappa per trovare
il
tesoro. Ovviamente dovremo…prenderli in prestito a tempo
indeterminato, motivo
per cui entri in campo tu.” Disse soddisfatto appoggiandole
una mano sulla
testa.
Lei mentre ancora si chiedeva come
avesse anche solo potuto
pensare di risolvere in breve la questione, arrossì e si
allontanò di scatto.
“E’
complicato…” borbottò infine sotto lo
sguardo divertito
di Rey.
“Ma non mi
dire…” la schernì lui facendole
così pulsare una
vena sulla tempia.
“Voltati un
secondo” disse poi la ragazza fermandosi e
frugando nella sua enorme borsa. Rey la guardò perplesso.
“Non posso entrare a
Nynivel vestita così, attirerei subito
l’attenzione dopo il furto di ieri sera.” disse
mentre lui eseguiva gli ordini.
Subito dopo sentì il
fruscio degli abiti ricadere sull’erba
e la sua fantasia prese strade che solo i maschi possono intraprendere.
“Ora possiamo
andare.” Disse qualche minuto dopo Miel, che
aveva indossato una camicia bianca e aveva cambiato il mantello nero
con uno
bordeaux.
Rey annuì ed uscii insieme
al lei dalla boscaglia per
entrare nella confusione mattutina della capitale.
Un giovane ragazzo camminava
tranquillo per le vie di
Nynivel, con le mani incrociate dietro la testa che giocherellavano con
gli
scuri capelli neri brizzolati. Era la prima volta che giungeva alla
capitale e
lo stava lasciando piacevolmente sorpreso: le locande avevano ottimo
cibo e
liquore delizioso, per non parlare poi delle cameriere che lo servivano.
“Ehi Lucky, cosa potremmo
fare oggi?” chiese ad un certo
punto con allegria al piccolo cane che gli trotterellava affianco.
“Arf, arf!”
“Al mercato? Non dovrebbe
essere una brutta idea, potremmo…”
ma i suoi pensieri vennero distratti da una strana coppia di ragazzi
che
litigava poco lontano da lui.
Interessato si concentrò
meglio per capire le loro parole,
non che fosse un problema visto il suo udito animale.
“No, no e no! Non se ne
parla nemmeno Rey!” stava ripetendo
un piccola furia bionda, davvero ben fornita e carina notò
con suo grande
piacere.
“Per la centesima volta
Miel, come speri di trovarla senza
cavalli? Non possiamo andare a piedi!” le ripeté
il ragazzo, Rey, esasperato,
“E si può sapere cos’hai contro i
cavalli? Non è che hai paura?” disse infine
con tono malizioso.
LA ragazza assunse un colorito molto
vicino a quello del
mantello bordeaux.
“N-non dire
stupidaggini…” balbettò prima di
riprendere a
camminare, ma con meno decisione, “E’ solo che non
mi sembra il caso di
prendere dei cavalli costosi per così poco! Quanto vuoi che
sia lontano quello
stupido tesoro?!” borbottò imbronciata.
“Tesoro?”
pensò il ragazzo dai capelli neri, “le cose si
fanno interessanti.”
“Vieni Lucky, ho trovato qualcosa da
fare…” chiamò il cucciolo con un
sorrisino, iniziando a seguire di nascosto i due tizi strani.
Non sapeva ancora a cosa stava
andando incontro.
Miel pagò il pane e la
carne essiccata con stizza, mentre
una nuvola nera le circondava la testa. Cavalli! Dannazione! Ora come
faceva?!
Quegli stupidi bestioni le mettevano il terrore persino a guardarli,
figurarsi
poi salirgli in groppa! Dannato Rey! Era sicura che l’aveva
capito, ma aveva
insistito lo stesso e l’aveva abbandonata per cercare quegli
stupidi animali!
Il gestore della bancarella
guardò spaventato quella ragazza
con i tatuaggi imprecare con aria omicida al nulla, prima di
incamminarsi verso
la prossima bancarella.
Aveva comperato tutto, ora doveva
solo ritrovare il suo
carceriere. Con un sospiro iniziò a camminare cercando nella
folla una testa
dorata, quando improvvisamente un strana sensazione la mise in allerta.
Subito
si bloccò sul posto e iniziò a guardarsi intorno,
alla ricerca degli occhi che
le stavano perforando la schiena. Ma in quel caos colorato non
riuscì ad
individuare nessuno dall’aria sospetta o che la stesse
fissando.
Sempre con attenzione
ricominciò a camminare portandosi
sempre più all’esterno della calca. Se qualcuno la
stava seguendo, lo avrebbe
obbligato a venire allo scoperto. Avrebbe voluto scandagliare coi suoi
poteri
le ombre presenti, ma non voleva destare troppa attenzione: erano
già passati
sei drappelli di guardie, in allarme per il furto della sera precedente.
Si stava ancora concentrando sul suo
presunto inseguitore,
quando una vista che mai si sarebbe immaginata le fece cadere di mano i
sacchetti.
Rey, solare e allegro, stava
contrattando tranquillamente il
prezzo di due stalloni neri con due ragazzi dall’aria seria.
Uno più alto e
muscoloso addirittura di Rey, con i capelli corvini tagliati corti ma
con un
ciuffo in piedi davanti e la carnagione abbronzata; l’altro
era alto quanto il
suo compagno, coi capelli lunghi legati in una treccia blu scuro, quasi
viola,
e le orecchie a punta.
Con tutta se stessa sperava fosse un
incubo, ma l’armatura
in scaglie di drago nere con un lupo al centro del petto del ragazzo, i
suoi
due tatuaggi sul braccio destro e sul polpaccio sinistro con draghi e
lupi, la
cicatrice che gli rendeva cieco l’occhio sinistro e quella
che gli tagliava
diagonalmente il polpaccio destro, non lasciavano vie di scampo. Amlach
Lumbar
Wolf, il peggiore cacciatore di taglie in circolazione stava parlando
con Rey.
Il suo peggiore nemico era a cinquanta metri da lei. L’unico
che avesse mai
scoperto la sua identità.
Fu un attimo, e prima ancora che si
potesse nascondere, gli
occhi grigio ghiaccio del cacciatore si posarono su di lei e le labbra
si
tirarono in un ghigno, mostrando i canini affilati.
Cercando di mostrarsi tranquilla e
assumendo un’espressione
fredda e ostile in pochi secondi si porto al fianco di Rey, che la
guardò
stranito.
“Rey
allontanati.” Disse piazzandosi davanti al ragazzo e
ringhiando verso Amlach.
“Guarda, guarda chi si
vede…immaginavo fossi qua in giro,
anche se sinceramente temevo fossi già fuggita.”
“ E da chi dovrei fuggire?
Dalle guardie? Da te?”
sibilò lei.
Rey ascoltò attento quella
scambio di battute, chiedendosi
chi fossero i ragazzi con cui prima stava amichevolmente parlando di
cavalli.
Il ragazzo con Wolf lanciò
anche lui un’occhiata stranita al
compagno, mentre i suoi occhi rossicci dalle iridi allungate scrutavano
indagatori la ragazzina che fronteggiava il peggior cacciatore di
taglie mai
esistito con sarcasmo e arroganza, per nulla intimidita nonostante gli
arrivasse a malapena al petto.
“Mi pare che abbiamo un
conto in sospeso noi due…” disse
Amlach facendo un passo avanti, ma Miel non si mosse di un millimetro.
“E se la risolvessimo nella
foresta? Dove non possiamo fare
danni?” chiese gelida dando un’occhiata ai bambini
che correvano poco distanti
da loro.
Il ragazzo si guardò
intorno serio e poi annuì.
Entrambi, coi loro compagni a fianco,
si inoltrarono
nuovamente nel bosco.
Finalmente raggiunsero una radura
circolare, dove Miel e
Amlach si disposero uno di fronte all’altro.
“Rey, stanne
fuori.” Gli intimò Miel vedendo il ragazzo
avvicinarsi a lei. Rey irritato ma senza far domande si
appoggiò a braccia
incrociate ad un albero.
“Shi, pure tu.”
Ordinò anche Amlach all’elfo che lo
accompagnava, che si sistemò a distanza di sicurezza da Rey.
“Sei proprio sicuro di
volerlo fare, cane? Mi pare avessimo
già stabilito chi fosse il vero dominatore delle
ombre.” A sentire il nomignolo
che quel tappo gli aveva affibbiato, Amlach scoprì
nuovamente i canini in un
ringhio. Questa volta l’avrebbe sconfitta.
“Sono
migliorato.” Disse poi freddo, estraendo dal fodero
una katana nera.
Miel scoppiò in una risata
affettata, mentre faceva comparire
dall’ombra sul terreno due corte spade ricurve, che
assomigliavano a due fiamme
nere.
“Non sei riuscito a
battermi due anni fa, che avevo solo
quindici anni, e credi di riuscirci adesso?” chiese ironica
mentre entrambi
iniziavano a girarsi intorno.
“Vedremo. Hai vinto solo
grazie alla tua trasformazione che
mi ha colto di sorpresa.” Disse gelido mentre la scrutava
alla ricerca di
aperture. La Ladra Nera non era un’avversaria da
sottovalutare solo perché era
una ragazzina e di sicuro con lei non poteva utilizzare trucchetti come
il
controllo della persona tramite le ombre o la sua trasformazione:
doveva
batterla d’astuzia, aspettare un’apertura ed
finirla in un colpo solo. Al
pensiero di ucciderla un fitta al cuore turbò Amlach, ma fu
veloce a scacciarla
e concentrarsi sul suo lavoro.
Shi guardò la scena
impassibile, ma interiormente
sconcertato. Quello scricciolo aveva battuto Amlach a quindici anni?!
Era già
un anno che viaggiava insieme a lui come cacciatore di taglie per il re
e non
l’aveva ancora visto perdere. Nemmeno una volta.
Intanto, con una velocità
fuori dalla norma, il ragazzo si
lanciò contro la bionda, menando un fendente che avrebbe
potuto tranciare un
uomo di netto, ma la ragazza si limitò a saltare
all’indietro all’ultimo
momento, senza scomporsi.
Poi fu il suo turno e con un affondo
cercò di staccare la
testa al suo avversario, incrociando le lame a pochi centimetri dal suo
collo,
ma Amlach parò abilmente.
“Quando hai intenzione di
fare sul serio, cane? Non ho tempo
sa sprecare con te!” ringhiò la ragazza
schernendolo. Già era in viaggio con un
pazzo maniaco, ci mancava pure che si fermasse a giocare con lui.
L’altro
assottigliò gli occhi lanciandole un’occhiata
omicida, ma si impose di mantenere al calma.
“Ora. Shadow’s
Blade.” Pronunciò prima di menare un
fendente
in aria con la katana, da cui si staccò un lama nera
d’ombra affilatissima che
volò verso la ragazza.
Miel ghignò e
incrociò le spade davanti al viso: quando la
lama di Amlach le toccò, si dissolse. Il ragazzo
ringhiò e dei tentacoli dalla
sua ombra si protesero come tanti serpenti velenosi verso Miel. Lei si
limitò
ad alzare uno scudo con l’ombra prodotta dal suo mantello,
contro cui i
tentacoli dell’altro si frantumarono impotenti.
Shi osservò i tatuaggi
della ragazza muoversi come se
fossero vivi e finalmente capì chi era
l’avversaria di Amlach.
“Su cane, tutto qui quel
che sai fare? Forse dovresti
trasformarti…” lo provocò ghignando
mentre schivava un pugno avvolto d’ombra
del ragazzo e ricambiava con un calcio.
“Non tentarmi. Non ne ho
bisogno per batterti.” Disse
scagliando un’altra lama d’ombra, che questa volta
riuscì a graffiare il volto
della ragazza. Con un ghigno sadico osservò il sangue
colarle denso dalla
ferita della guancia.
“Forse sei tu ad aver
bisogno della trasformazione…”
Lei imprecò e dopo aver
conficcato la spada nel terreno,
veloce scagliò un pugnale d’ombra contro il
ragazzo, riuscendo a colpirlo di
striscio ad una coscia.
I due rallentarono quella danza
mortale per riprendere
fiato, continuando a girarsi in torno.
“Guardati!” disse
improvvisamente Miel con disprezzo, “Un
cane al guinzaglio di un re despota e schiavista. Con quale coraggio ti
guardi
al mattino davanti allo specchio?” gli chiese mentre
scompariva nell’ombra
proiettata sul terreno.
Solo grazie ai suoi riflessi animali,
Amlach riuscì a
girarsi appena in tempo per parare l’affondo della ragazza,
che saltò indietro
lontano da lui.
“Non voglio sentire
commenti da un ladra demoniaca di bassa
qualità” ringhiò lanciando un altro
tentacolo che l’afferrò per una gamba
facendola cadere.
Veloce la ragazza posò una
mano sull’ombra.
“Talitha!”
urlò e dall’ombra uscì una gigantesca
tigre nera
che si avventò su Amlach che si stava avvicinando alla
ragazza.
Colto di sorpresa il cacciatore
lasciò il controllo
sull’ombra, e Miel con una capriola si rialzò in
piedi.
“Almeno io sono libera,
cane. Sarà anche demoniaca ma tu lo
sei quanto me, caro il mio licantropo” sibilò
mentre Amlach colpiva Talitha che
si dissolse in una nuvola di fumo, “Volevi essere libero! Era
il tuo sogno e
invece sei solo uno schiavo che si illude di poter scegliere!”
“Sta zitta!”
urlò il licantropo estraendo dal fodero sulla
schiena un’enorme spadone a due mani. Solo che,
notò Rey stupito, lui lo
maneggiava con una sola.
Con furia si lanciò contro
la ragazza che schivò i suoi
colpi ansimando. In un secondo, mentre schivava un affondo
particolarmente
pericoloso, sentì tutti i sensi affinarsi alla perfezione i
movimenti del
nemico diventare lenti. Non aveva bisogno di uno specchio per sapere
che i suoi
occhi ora avevano una pupilla ovalizzata. Una sete di sangue le
offuscò di
rosso la vista e un ringhio animale le fece vibrare le labbra.
“Uccidi!
Senza pietà!”
una voce gelida e spietata penetrò nei suoi pensieri e il
desiderio di morte
aumentò nel suo cuore.
No! Non era lei quella! Non era una
belva sanguinaria!
Scuotendo la testa cercò
di ritornare normale, ma così
facendo lo stivale avvolto d’ombra dell’avversario
la prese in pieno petto
scaraventandola qualche metro più indietro. Veloce, ma
tenendosi lo stomaco, la
ragazza si rialzò in piedi e schivò
un’altra lama d’ombra.
“Cosa
c’è?! È la verità! Sei solo
un servo! Non sei più il
ragazzo di otto anni fa.” urlò la ragazza senza
accorgersi che l’altro l’aveva
messa con le spalle ad un albero colpito dai raggi del sole. Era in
trappola.
Eppure invece che la paura sentiva solo delusione verso il ragazzo che
aveva
davanti. Rammarico, rimpianto e disprezzo si agitavano nel suo cuore.
Sia per
lui che per se stessa.
“BASTA!” Amlach
si gettò contro di lei con furia animale, sicuro
di ucciderla; e ci sarebbe riuscito se di colpo la ragazza non fosse
scomparsa.
Disorientato Amlach si
guardò intorno.
“Mi dispiace ma non posso
lasciartela uccidere.” Il
cacciatore si girò a guardare con aria omicida Rey, che
qualche metro più in là
se ne stava in piedi con in braccio una Miel mezza terrorizzata mezza
imbarazzata.
“Rey!” esplose la
ragazza, ma ad una occhiata gelida del
ragazzo si zittì all’istante e iniziò a
guardare insistentemente in basso, a
braccia incrociate, per la vergogna. Quando si lasciava trasportare dai
sentimenti diventava una preda facile: quante volte glielo aveva
ripetuto il
suo Maestro?! Eppure dopo lo scontro di due anni prima era convinta di
aver
scacciato quei sentimenti verso Amlach.
Amlach lo guardò
sospettoso; per quanto potesse sembrare
innocuo quel ragazzo, nei suoi occhi c’era una luce scaltra,
e il fatto che la
Ladra Nera si fosse zittita ad una sua sola occhiata lo convinse a non
sottovalutarlo.
“Mollala! E’ una
ladra e su di lei c’è una grossa taglia. Se
me la consegni riceverai metà della ricompensa.”
Disse avvicinandosi piano e abbassando
leggermente le spade.
Rey scosse la testa. Ancora non
riusciva a capire il legame
tra i due, ma evidentemente quello di due anni prima non era stato il
oro primo
incontro.
“Mi dispiace ma non posso
consegnarti la mia principessa”
disse malizioso facendo desiderare a Miel di avere un badile per
sotterrarsi.
La sua dignità ormai era sparita all’orizzonte.
“Vedi, sono in viaggio per
cercare la Fairy Heredity e ho
bisogno di lei e…” Rey si bloccò
improvvisamente sentendo una mano
incandescente stringersi attorno alla sua gola. Non lo aveva nemmeno
sentito
arrivare, ma dopotutto era un’elfo.
Shi lo aveva afferrato e lo fissava
in attesa di un ordine
di Amlach, ma con un sorrisetto il biondo e la sua
“principessa” scomparvero
per riapparire alle sue spalle.
Shi, fece un salto indietro e si
portò a fianco di Wolf; poi
ghignò mettendosi in posizione d’attacco, mentre
le sue mani prendevano fuoco.
“A quanto pare ci
sarà da divertirsi…”
“Mi dispiace ma non ho
intenzione di combattere con voi,
come ho già detto sono in viaggio e non ho tempo da
sprecare. Anzi…” iniziò a dire
Rey lanciandogli un’occhiata penetrante,
“…sarei disposto ad accogliervi come
compagni di viaggio se a voi va bene.”
“COSA?!” esplose
Miel guardandolo scioccata, “MA sei
impazzito?!” urlò lanciando occhiatacce sia a lui
che al licantropo che l’aveva
quasi uccisa; ma Rey la ignorò completamente, limitandosi a
lanciarle
un’occhiata da far rabbrividire un troll e a stringere la
presa intorno alle
sue spalle.
Miel lo guardò sbalordita:
non era certo incavolato con lei
vero?! Era stato quel licantropo psicopatico a tentare di ucciderla!
Lei si era
solo difesa!
Amlach intanto lo scrutò a
lungo, con serietà.
“E perché
dovrei? Sono Capitano Supremo dell’esercito, il
migliore cacciatore di taglie e…”
“Un povero licantropo al
servizio di ogni capriccio del
nostro re” lo interruppe Rey, “Io vi sto offrendo
la libertà e l’avventura. Ah,
e una parte del tesoro, ovviamente.”
Amlach e Shi si guardarono per un
lunghissimo istante, poi
l’elfo prese la parola.
“Premettendo che qualsiasi
cosa tu sceglierai ti seguirò, Amlach,
in quanto sono ancora un tuo sottoposto…”
Amlach alzò gli occhi al
cielo.
“Dimmi cosa pensi
sinceramente Shi!”
“Sinceramente? Beh, il
nostro re è un’idiota che ci sfrutta
per ogni suo stupido ed infantile desiderio, dalla dubbia
moralità e che pensa
che il mondo sia suo. Io andrei con loro, non so tu ma mi sembra
più
allettante.” disse con un ghigno.
“Diventeremmo
ricercati.” Fece notare il licantropo, ma
l’elfo alzò le spalle.
Amlach si perse nei suoi pensieri, ma
infine parve prendere
una decisione.
“Ci sto!” disse
guardando Rey con fierezza e lanciando
un’occhiata a Miel che significava sicuramente: alla faccia
tua!
Miel per poco non svenne.
“Ditemi che è un incubo, ditemi
che è un incubo…” iniziò a
ripetersi mentalmente.
Rey invece sorrise. Le
difficoltà che il viaggio presentava
sembravano meno pericolose se accompagnati da due guerrieri tali.
Inoltre la
loro conoscenza di Elmar sarebbe stata davvero utile.
“Benvenuti a bordo, non vi
spiacerà giurare di non tradirci,
vero?!” chiese poi sempre sorridendo, ma con una luce
diffidente negli occhi.
Amlach e Shi scossero la testa.
Allora Rey mise a terra Miel, senza
però togliere un braccio
dalle sue spalle, e con l’altra mano prese il pugnale; infine
si praticò un
taglietto sul palmo della mano.
“Un giuramento col sangue
è un giuramento infrangibile e che
nel caso di rottura porta terribili conseguenze…”
disse tendendo una mano ai due
cacciatori, in attesa di scoprire le loro reazioni. Un giuramento di
sangue in
un mondo dove la magia, anche se più rara, aleggiava
nell’aria era una vera e
propria prova di fedeltà.
Amlach estrasse la katana senza
tentennamenti e incise la
sua mano e anche quella di Shi.
Poi i tre ragazzi si scambiarono una
stretta di mano,
giurando di non tradirsi o vendersi, mentre il loro sangue si mischiava
e
cadeva a terra in piccole gocce scarlatte.
Tutto ciò sotto lo sguardo
scocciato della povera Ladra.
“Una sola
condizione.” Disse lanciando un’occhiataccia ad
Amlach, “il mio passato è off-limits,
chiaro?” ringhiò.
Il ragazzo parve pensarci, ma infine
annuì, con grande
sollievo di Miel.
“Bene ora direi che
possiamo presentarci come persone
civili.” Disse infine il biondo sollevato e incuriosito dalla
piega che stavano
prendendo gli eventi.
“Lei è Miel, la
Ladra Nera.” Rassegnata la ragazza si sforzò
di fare un sorriso e un cenno con la mano.
“Io invece sono Rey
Leon.”
“Io sono Amlach Lumbar,
detto Wolf o Shadow, mentre lui è
Shi Kurai” disse Amlach indicando sé e il
compagno, poi si sedette a terra, “E
ora spiegatemi questa storia della Fairy Heredity.”
Miel ancora non si capacitava di come
fosse finita in quella
situazione: da più di dieci minuti era seduta in cerchio con
Amlach, fino a
pochi istanti fa il suo peggior nemico/licantropo, Shi, un elfo
apatico/ghignante col controllo del fuoco, e Rey, un pervertito
ricattatore che
si sapeva trasportare. Aveva sempre evitato gli uomini come la peste,
poiché le
avevano procurato solo dolori a non finire, e ora era seduta
tranquillamente
con un branco di psicopatici. Senza dimenticare che due di loro
conoscevano il
suo passato.
Inoltre si sentiva un goblin fra i
giganti: anche da seduti
la superavano tutti di almeno una trentina di
centimetri…quanto saranno stati
alti?! Uno e ottanta?! Novanta?! Non
è
che la mettessero proprio a suo agio…
Aveva bisogno di farsi una
passeggiata da sola per calmarsi.
Si stava già alzando in
piedi quando la sensazione che
l’aveva colta al mercato si ripresentò
più forte di prima.
Paralizzandosi si
girò a guardare
il bosco alle spalle di Rey.
Un ramo si
spezzò.
“C’è
qualcuno.” Sibilò poi mettendo in allarme gli
altri tre
e facendo apparire le spade. Amlach estrasse la katana, Shi
creò dal nulla una
spada di fiamme e il pugnale in argento di Rey si allungò in
un grosso spadone
a due mani.
“Calmi, calmi, non ho
cattive intenzioni.” Un
ragazzo con un piccolo cane al seguito,
avanzò con le mani alzate in segno di resa nella radura e un
bel sorriso
stampato sul volto.
“Mi dispiace aver origliato
ma ero davvero interessato alla
vostra storia. Sono Jim Mishima e voglio venire con voi alla ricerca
della
Fairy Heredity!” si presentò amichevolmente,
mentre i suoi occhi nocciola
scrutavano incuriositi i presenti nella radura.
“Da quando ci hai
ascoltato?” chiese Rey con un sopracciglio
alzato. Non si era nemmeno accorto di essere seguito…
“Più o meno
dallo scontro della Ladra e di Wolf. Chi
l’avrebbe mai detto che l’incubo di Ninivel fosse
una ragazza così così
carina?!” disse facendo un sorriso a Miel che
arrossì, terrorizzata: no, un
altro pervertito no!
“Comunque,”
continuò guardando Amlach, con aria di leggero
rimprovero “Bisogna dire che per quanto forte, è
stato da codardi attaccare
Miel.”
“E’ la Ladra
Nera” disse Amlach piccato.
“Ma è comunque
una ragazza.” Disse lui alzando le spalle e scuotendo
la testa: per lui le donne erano da proteggere sempre; la prossima
volta
sarebbe intervenuto per fermarli in caso di rissa. Poi tornò
a rivolgersi a
Rey.
“Allora?”
Rey lo studiò.
“E come potresti essermi
utile?” disse calmo alzandosi in
piedi e scrutando l’evidente muscolatura del ragazzo, alto
quanto lui, e la
spada leggera appesa alla cintura intorno ai pantaloni in seta neri;
poi
incuriosito osservò la maglia in seta bianca, convinto di
aver scorto un
luccichio sotto di essa. Che avesse altri brillanti sul petto come
quelli sopra
l’occhio destro?
“Credo che un Dragon
Slayers del tuono potrebbe esservi
utile!” disse con il tono soddisfatto e sicuro di
sé.
I presenti lo guardarono stupefatti
(a parte Shi che alzò
semplicemente un sopracciglio.)
“I leggendari figli dei
draghi…” Mormorò Rey, prima di
stringergli
la mano, “Sei dei nostri!” e a questo
seguì un altro giuramento di sangue.
Infine gli altri, si presentarono di
nuovo; compresa
un’ormai prossima al suicidio Miel.
Jin scrutò per un bel
pezzo la Ladra, incuriosito.
“Devo ammettere che ti
immaginavo un po’ più alta.” Disse
infine con un sorriso.
Miel stava già per
rispondere piccata quando si intromise
Rey.
“Però bisogna
dire che compensa da altre parti.” Illustrò come
una guida turistica guardandole il petto.
Jin annuì convinto
ammirando anche lui il panorama.
“Su questo non ho niente da
ridire.” Disse malizioso Amlach
sdraiandosi su un fianco.
“Già!”
ghignò Shi.
Miel era sull’orlo della
crisi di nervi.
“V-voi…PERVERTITIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!”
Dieci minuti dopo Rey, Jin, Amlach e
Shi erano inginocchiati,
in segno di pentimento, davanti a Miel che in piedi li guardava
imbarazzata e
furente ben avvolta nel suo mantello; su di essi si notavano
rispettivamente un
occhio nero, un labbro gonfio, il segno dello stivale sullo stomaco e
una
guancia rossa.
“Siete dei perfetti
maniaci! Io mi rifiuto di viaggiare da
sola con voi! Voglio un’altra compagna femmina! Brutti
porci!” disse incavolata
come una biscia.
“E cos’hai
intenzione di fare?! Mettere un annuncio sulla
bacheca in piazza?!” chiese Shi sarcastico, nonostante la
furia della ragazza
lo avesse terrorizzato: lo diceva sempre, lui, che non bisognava mai
mettersi
contro una donna infuriata.
“A me non dispiace
l’idea di altre ragazze…” disse Jin
perdendosi tra cameriere affascinanti e immaginarie.
“Dopotutto lei non basta
per tutti e quattro…” sogghignò Amlach,
nonostante lo stivale che la leggiadra ragazza gli aveva piantato nel
petto gli
rendesse difficile la respirazione.
Miel
stava già per
colpirlo con l’intenzione di fargli sputare entrambi i
polmoni quando Rey mise
un mano sulla fronte della ragazza dal dietro e se la strinse al petto.
“Eh no, ragazzi! Un piccolo
avviso: guardare ma non toccare!
La principessa è tutta mia!” disse malizioso
mentre gli altri
ridacchiavano. Purtroppo
si accorse del
pericolo troppo tardi.
“REYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYY!!!!!”
Rey, con due occhi pesti, seguiva con
Jin, Shi e Amlach la
furia bionda che marciava avvolta da un’aurea di terrore
qualche metro davanti
a loro per le viuzze di Ninivel.
Non era mai stata tanto imbarazzata
in vita sua! Quello
stupido maniaco! Sua! Come se lei fosse un’oggetto! Ma
l’avrebbe pagata, eccome
se l’avrebbe pagata…
Miel si stava perdendo in dolci
pensieri di vendetta e
torture sanguinolente, quando la sua attenzione fu attirata da alcune
grida
poco distanti.
Girandosi vide in un piazzetta due
ragazze che sembrava
stessero cercando di calmare alcuni bambini. Una di loro era
leggermente più alta
di Miel, con un seno altrettanto prosperoso ma con un fisico magro e
delicato,
aveva i capelli corti sopra le spalle di uno splendido viola e dei
vestiti
davvero particolari: portava gonna cortissima con la parte in alto in
stoffa
nera, sotto invece era in stoffa verde con due tasche rosse e delle
calze
lunghe fino a metà coscia bianche con due fiocchi rossi in
alto. Inoltre un
piccolo top verde davanti e rosso dietro le fasciava il seno, sopra cui
indossava un kimono rosa scuro, con decorazioni rosse dal bordo giallo,
senza
maniche, anzi che lasciava intravedere buona parte del top; esso si
chiudeva
con tre fiocchi rossi sul davanti: uno sul collo, uno sul seno e
l’ultimo sotto
di esso; dall’ultima chiusura il kimono si apriva e lasciava
vedere la pancia,
cadendo ampio e aperto fino alle ginocchia dove finiva con una fascia
di seta
verde. Per finire portava delle maniche rosa scuro che partivano dal
gomito
tramite un piccolo sbuffo di stoffa rossa con il bordo giallo, molto
strette in
alto ma che si allargavano verso il basso ad ala di pipistrello, con
una luna
gialla e un fiocco rosso per manica. La poverina era inginocchiata
davanti ad
un bambino e stava facendo di tutto per calmarlo ma quello continuava
ad urlare
con fare assatanato indicandole.
L’altra invece era poco
più bassa della compagna(sempre
abbondante di seno) e aveva lunghi boccoli biondo miele; alcuni di essi
formavano una specie di coroncina sulla sua fronte, su cui si posava
una
piccola coroncina intrecciata
di fiori
azzurri, bianchi e lilla. Vestiva un abitino corto in seta azzurra, con
delle
spalline quasi invisibili, mentre ai piedi calzava delle scarpe basse
bianche
in cuoio morbido con un fiocchetto azzurro (ballerine). Essendo di
schiena si
poteva notare su di essa il tatuaggio di due ali bianche spuntare dal
vestito.
Miel guardò incantata
quella ragazza: aveva sentito parlare
di loro dai racconti della sua tata: un angelo…
“Strega! Strega cattiva!
Sei la Ladra Nera!” il bambino
urlava imperterrito indicando l’angelo, seguito dagli altri
bambini che si
stavano radunando intorno a loro.
“Non è vero!
Gigi non è un strega!” urlava la ragazza con il
kimono, disperata mentre Gigi si guardava intorno preoccupata. LA
situazione
stava precipitando.
“Ti ho vista far apparire
della frutta maledetta! Demone! Ci
volevi avvelenare!” alcuni adulti iniziarono ad avvicinarsi
mormorando e
additando le due ragazze.
Miel le guardò e in un
attimo si rivide bambina.
“Demonio!
Demonio! E’
tutta colpa tua se i miei genitori sono morti! Vattene
strega!” urlava il
bambino piangendo, prima di prendere una pietra e lanciarla verso di
lei.
Scuotendo la testa, Miel si riscosse:
non era il momento di
perdersi in ricordi dolorosi.
Dimenticandosi di avvisare i suoi
compagni, che guardavano
anche loro la scena preoccupati, si lanciò verso le due
ragazze.
Senza fermarsi afferrò la
mano della ragazza-angelo e la
strattonò.
“Correte!” non
ebbe bisogno di ripetersi che anche la
ragazza coi capelli viola le seguì. Corsero tra le vie di
Ninivel il più veloce
che potevano, mentre Miel sperava ardentemente di non perdersi. Dietro
di loro
le urla dei cittadini inferociti che davano loro la caccia.
Finalmente vide il bosco e con un
sorriso accelerò.
“Akiko!”
urlò improvvisamente la ragazza-angelo vedendo
l’amica
e il suo portentoso equilibrio inciampare e schiantarsi faccia a terra.
Miel
fece per fermarsi ma voltandosi vide che Amlach, il più
veloce tra i ragazzi,
aveva già preso la ragazza sotto braccio a sacco di patate e
le stava
raggiungendo.
“Grazie Fuffy!”
urlò ridacchiando e riprendendo a correre.
Dolce vendetta.
Un ringhio seccato giunse dalle sue
spalle.
Finalmente Miel trovò una
radura nella parte più interna del
bosco e si fermò per riprendere fiato.
“Grazie mille! Ti siamo
debitrici!” disse la ragazza angelo,
con il respiro accelerato, tendendogli la mano con un bel sorriso che
metteva
in evidenza le sue adorabile guanciotte rosa. Nonostante la corsa, non
sembrava
troppo affaticata: evidentemente aveva una buona resistenza.
“Io sono Giada Angels,
detta Gigi!” si presentò allegra, “E
quella che il tuo amico Fuffy sta mettendo a terra è Akiko
Tsuki!”
Amlach la fulminò, gelido,
mentre posava con delicatezza il
suo bagaglio.
“Non mi chiamo Fuffy, e si
vi riazzardate a chiamarmi così
ve la faccio pagare.”
Miel fece finta di niente e
andò ad accertarsi delle
condizione di Akiko insieme a Gigi, le cui labbra da gatto a stento
trattenevano un ghigno.
La ragazza si mise a sedere un
po’ stordita, ma in fretta
recuperò il sorriso.
“Nyyaaa.
C’è mancato un pelo! Grazie Fuffy!”
disse subito
inchinandosi più volte e stringendo la mano del licantropo
che la guardava
perplesso, sia per il gesto gentile che per l’espressione
felina, e seccato per
esser stato di nuovo chiamato come un cane. Il suo orgoglio lupino ne
stava
risentendo. Maledetto tappo biondo!
Intanto anche Jin, Shi e Rey erano
arrivati e si stavano
presentando gentilmente.
Ci fu un attimo di tensione quando
Akiko, vedendo Lucky, si
paralizzò sul posto e guardando il cucciolo che la salutava
scodinzolando
iniziò a balbettare
“C-c-cane…”
Solo dopo mille raccomandazione di
Jin che Lucky era dolce e
non faceva male ad una mosca, e l’aver notato che
effettivamente era proprio
uno scricciolo, riuscì finalmente a stringere la mano al
ragazzo (controllando
comunque che il cane non si avvicinasse troppo)
“Ci dispiace di avervi
fatto correre ma vi siamo grate per
averci salvato,” disse Giada dopo le varie presentazioni,
“Non pensavo che quei
bambini mi avrebbero scambiato per una strega: volevo solo essere
gentile.”
Vedendo i loro sguardi perplessi
Akiko si affrettò a
spiegare la situazione. “Io e Gigi siamo in viaggio insieme:
io per trovare La
Pietra di Luna rubata e lei per cercare suo padre, BluGreen.”
“Non è un nome
comune.” Fece notare Jin.
“Già”
disse Giada gonfiando il petto, “Mio padre è il
Drago
della Natura! Cioè, in realtà è il mio
padre adottivo e mi ha insegnato il
controllo degli elementi. Per questo stavo facendo cresce delle fragole
con la
mia magia da offrire ai bambini e magari poi da vendere al mercato. Non
sapevo
ci fosse appena stato un furto della ladra Nera”
I ragazzi spalancarono gli occhi per
la sorpresa, mentre
Miel si guardava intorno imbarazzata. Si sentiva dannatamente in colpa.
“Sei anche tu una Dragon
Slayers?!” chiese Jin eccitato,
“Mio padre è il Drago del fulmine!”
spiegò orgoglioso.
“Anche io lo sto cercando!
Ed è il motivo per cui sono in
viaggio con loro” disse poi indicando gli altri compagni.
“In viaggio?”
chiese Akiko guardando curiosa con i suoi
occhi nocciola gli strani ragazzi che le avevano salvate.
“Siamo alla ricerca della
Fairy Heredity e…” ma Rey non
aveva fatto in tempo a finire che Miel, cogliendo al volo
l’opportunità si era
precipitata davanti alle due ragazze e aveva preso loro le mai tra le
sue. Era
la sua occasione!
“E ci piacerebbe tantissimo
se veniste con noi! Ovviamente
vi aiuteremo a ritrovare la tua pietra e tuo padre! Inoltre potrete
avere una
parte del tesoro!” spiegò speranzosa cercando di
fare la faccia più tenera che
potesse.
“Quando vuole sa essere
persuasiva...” ghignò Shi.
Gigi la scrutò con i suoi
occhi azzurro cielo e poi diede
un’occhiata ai ragazzi dietro di lei.
“Saremmo onorati di avere
tali bellezze in viaggio con noi…”
disse seducente Rey, intuendo i suoi tentennamenti.
Giada gli lanciò
un’occhiata disgustata e incenerente, scrocchiandosi
pericolosamente le nocchie, mentre Akiko sgranò gli
occhioni, sorpresa.
“Davvero Rey?! Grazie
mille! Come sei gentile!!!” esclamò
poi allegramente, mentre i presenti cadevano in stato di shock e Gigi
si
passava esasperata una mano sugli occhi: la malizia o la seduzione per
la sua
amica erano parole senza significato…
Con pietà
guardò Miel, arrossita e che minacciava di morte
con lo sguardo Rey, e iniziò a capire perché ci
teneva che andassero con loro.
Con quale cuore avrebbe potuto abbandonarla a tale destino?
“Va bene!”
acconsentì entusiasta abbracciandola. Anche Akiko
ne approfittò per stritolare con gioia la nuova amica.
“Nyyaaa. Che bello si parte
all’avventura!”
Poi Miel tornò di nuovo
seria.
“Giurate quindi di venire
con noi, di non tradirci o
venderci in nessun
caso?” chiese con leggera ansia.
I ragazzi ammiravano stupiti la
subdola strategia della
Ladra.
“Lo giuriamo!”
risposero in coro le altre due.
Illuminandosi Miel le spinse dai loro
compagni.
“Bene è il
momento di fare le vere
presentazioni!” disse sotto lo sguardo confuso delle ignare
viaggiatrici.
“Vere?”
“Lui è Rey Leon:
un maniaco pervertito, di professione ladro,
teletrasportatore e silver claimer, che ci trascinerà in un
assurda caccia al
tesoro! Poi c’è Jin Mishima: altro pervertito,
viaggiatore e Dragon Slayers del
fulmine. Shi Kurai è un elfo dell’elemento fuoco,
cacciatore di taglie
ricercato per aver tradito la corona ed essersi messo in viaggio con
noi;
pervertito pure lui. E il vero nome di Fuffy è Amlach Lumbar
Wolf, il sadico
cacciatore di taglie, ricercato anche lui per aver tradito il re ed
essere
venuto con noi. Ah, è un licantropo maniaco. E infine io:
sono Miel, la Ladra
Nera!” concluse con un sorriso rassicurante, mentre i ragazzi
ghignavano.
Gigi e Akiko spalancarono la bocca.
“Licantropo…maniaco…ladra…nyaaa…”
Akiko si accasciò a terra
con un miagolio.
Tutti si precipitarono intorno a lei.
“E’ ancora
viva?” chiese Amlach scrutando la ragazzina.
“Non dirmi che
l’avete uccisa!” esclamò Miel in preda
al panico.
“Avete?” disse
Shi sarcastico, “Sei stata tu a farle giurare
di venire con noi senza svelarle la verità, che poi le hai
sbattuto in faccia
senza il minimo tatto”
“Effettivamente…”
biascicò Giada guardandola leggermente
offesa.
Miel assunse un’aria
contrita e mortificata.
“Scusami…”
mormorò, “E’ che avevo paura che se vi
avessi
svelato la verità avreste avuto paura di
noi…”
Gigi sbuffò.
“Figurati! Posso battervi
in qualsiasi momento” disse
ridendo e pregustando una bella rissa con quei ragazzi (che intanto la
osservavano come se fosse pazza) che sembrava davvero forti e temibili
avversari.
“Non mi tiro indietro da
un’avventura simile solo perché non
siete dalla parte delle guardie! Inoltre trovo che il re sia malvagio e
stupido, e la gente a cui hai rubato snob e spregevole. Quindi per me
non c’è
problema.”
“Solo una cosa;”
aggiunse poi, “io e Akiko abbiamo lasciato
i nostri animali alla locanda in cui alloggiamo; dovremo andare a
riprenderli
dopo.”
“Nessuno
problema!” disse Miel riconoscente. Era stata
fortunata a trovare due ragazze così aperte e gentili, per
un secondo aveva
temuto avrebbero cercato di denunciarli.
“Facciamo
così” disse Jin gentile, “Ditemi il nome
della
locanda che li vado a recuperare, prima che scoprano a chi
appartengano.”
Gigi annuì riconoscente.
“Alloggiamo alla Locanda
della Luna, Akiko ha una fissa per
la luna, e la nostra camera è la trentadue”
spiegò porgendogli una chiave in
ottone con attaccato un ciondolo a forma di mezzaluna, “si
chiamano Yuki e
Fantasy, e…” Ma non fece nemmeno in tempo a finire
che Jin aveva già iniziato a
correre vero Ninivel.
“Non muovetevi da qui!
Torno subito!” urlò agitando una mano
e seguito dal piccolo Lucky.
“Aspetta
non…!” cercò di avvisarlo, ma il
ragazzo era già
sparito tra le fronde dei pini.
“Effettivamente anche io
dovrei recuperare i cavalli e il
lup…” ma i suoi ragionamenti ad alta voce vennero
interrotti da alcune smorfie
buffe e feline che si disegnarono sul volto di Akiko.
“Nyaaa…”
mugolò poco dopo la ragazza mettendosi a sedere.
Tutti la guardarono ansiosi.
Lei li fissò in silenzio
per un lunghissimo attimo.
“MA è
fantastico!!!” urlò abbracciando di slancio Miel,
scioccata, mentre Gigi ridacchiava sotti i baffi. Per lei non era
difficile
immaginarsi le reazioni dell’amica.
“Ho sempre voluto conoscere
la famosa Ladra Nera e sapere
che mi aiuterai a trovare la Pietra di Luna mi riempie di gioia!!
Nyaa!” urlò
esaltata prima di precipitarsi ad abbracciare Amlach, senza nessun
accenno di
imbarazzo.
Il ragazzo si pietrificò
(non certo perché gli dispiacesse)
e guardò Gigi in cerca di spiegazione.
“E’ fatta
così!” sillabò lei ridacchiando.
“E poi finalmente conosco
un altro mannaro!” disse tutta
entusiasmata lasciando andare il povero Fuffy e facendo una giravolta
su se
stessa.
“Sei anche tu un
licantropo?” chiese Amlach riscuotendosi
dallo shock , ancora più incuriosito da quella buffa
ragazzina pazza.
“No!” disse
scuotendo la testa con vigore, “Io sono una
Gatta Mannara, oltre che la Sacerdotessa della Luna!”
“Sei un gatto?”
disse scioccato Amlach.
“Nyaa!” rispose
lei.
“Ci mancava solo il gatto
mannaro…siamo una gabbia di
mutaforma pazzoidi…” mugugnò andandosi
a sedere sotto un albero per conto suo a
lucidare la sua katana, con
ancora il
sangue di Miel incrostato.
Intanto Gigi scrutava attentamente
Shi.
“Sei davvero un elfo del
Fuoco?” chiese scettica analizzando
la sua lunga giacca nera con il cappuccio, la sua maglietta dello
stesso colore
e i pantaloni neri legati con una cintura di cuoio. Chissà
perché si aspettava
qualcosa di rosso… gli occhi almeno erano di quel colore.
Anche se la pupilla
lo rendeva un po’ inquietante. Non che l’enorme
licantropo dagli occhi ghiaccio
mettesse a proprio agio le persone, finora non aveva ancora sorriso
(quello
malizioso mentre osservava Akiko non contava) e di certo non era un
tipo loquace:
solo Akiko poteva non sentirsi minimamente intimidita da lui.
Il ragazzo annuì con un
ghigno divertito e si diede fuoco
alle mani.
LA ragazza si illuminò,
mentre negli occhi le appariva una
luce assatanata.
“Oh,
oh…” mormorò Akiko guardando
preoccupata l’amica e
attirando su di essa l’attenzione di tutti gli altri.
“Piacere di conoscerti
Shi!” disse lei porgendogli per la
terza volta la mano, “Giada Angels, angelo Dragon Slayers
della natura. Tua
futura moglie. Vuoi avere un figlio perfetto con me?”
“COSA?!”
Allora?
Piaciuto?
Intanto io metto qui in fondo le immagini degli oc comparsi (quelle che
mi sono
state mandate); se ne avete alcune inviatemele al più presto
:D
Akiko
Tsuki:
Amlach
Lumbar: (ho dei
pezzi del nostro Fuffy)_ volto (più o meno) *bava*
_armatura
(ma non ha nè
quell’elmo nè quella spada, né quel
mantello; è per dare un’idea XD):
|
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Capitolo 3 *** Divorata da un demone ***
Divorata da un demone
Yoooooo minna! Eccomi qua! Con un capitolo stra
immenso ma inutile! No
scherzo XD E’ che ho inserito solo tre oc ma ho scritto
tantissimo, mi dispiace
ma non posso farci niente, devo gettare le basi della storia, di tutti
i vari
intrecci ed intrighi XD A proposito, mi sto divertendo un mondo a
legare i
passati dei vostri oc e intrecciarli tra loro, solo che mi capita di
modificarli leggermente, è un problema?? Spero di no! Bene,
io sabato parto per
il mare e non ci sarò per le prossime due settimane quindi
mi scuso già con le
persone a cui non risponderò o con gli autori delle storie
che non recensirò:
gomeeeeee!
Ora vi lascio, devo dedicarmi alla mia guerra con
Andry *ghigno sadico*
*take over sitri soul*
Buona lettura!
Divorata
da un demone
L’urlo scioccato dei
ragazzi risuonò nella foresta facendo
fuggire diversi animali, anche se bisogna ammettere che quello messo
peggio
fosse Shi. Amlach si accorse stupito di come fosse la prima volta che
vedeva
dipinta su volto del compagno un’espressione che non fosse un
ghigno o
l’assoluta impassibilità. In quel momento aveva la
bocca spalancata, gli occhi
rossicci fuori dalle orbite, un colorito cereo e sembrava sul punto di
svenire.
Solo Akiko scuoteva la testa
divertita e, ovviamente, Gigi,
che aspettava seria una risposta.
Un vento freddo soffiò
curioso tra quei ragazzi congelati e
finalmente sembrò risvegliare l’elfo.
“CHE COSA?! MA TU SEI
FUORI! TI SEMBRA NORMALE CHIEDERE UNA
COSA COSÌ AL PRIMO CHE PASSA?! FORSE HAI BISOGNO DI UNA
CAMOMILLA
NANETTA!” Iniziò
a sbraitare Shi
alzandosi in piedi ed allontanandosi dall’angelo con fare
terrorizzato. Quella
era impazzita!
Ma Shi aveva commesso il
più grave errore che mai potesse
immaginare.
Akiko sbiancò
all’istante lanciando occhiate preoccupate
alla compagna improvvisamente irrigidita.
“Oh,
oh…” mormorò spaventata,
“Nyaa…Mettetevi in salvo…”
bisbigliò a mezza voce agli altri compagni prima di scattare
in piedi e tentare
di fuggire dietro un albero. Per fortuna anche gli altri decisero di
seguire il
suo saggio consiglio, altrimenti non ci sarebbe stato nessun Amlach a
rimetterla in piedi dopo che era inciampata e caduta nuovamente di
faccia.
Gigi si alzò in piedi con
una terrificante lentezza mentre
la terra iniziava a tremare; gli alberi ondeggiavano e i venti come
impazziti
frustavano l’aria intorno a lei, nei cui occhi era accesa la
fiamma del fuoco
che non possedeva ma desiderava ardentemente.
“TU!” proruppe
con fare omicida verso il ragazzo, che
paralizzato si chiedeva cos’avesse fatto di male per beccarsi
due psicopatiche
in un giorno solo, “TI SEMBRA IL MODO DI CHIAMARE UNA
RAGAZZA?! NANETTA?!?! MA CHI TI
CREDI DI
ESSERE?!?! TU E LE TUE STUPIDE ORECCHIE A PUNTA: VE LA FARÒ
PAGARE!!!”
Tanto era irata che il tatuaggio
sulla schiena si illuminò
di una purissima luce dorata e da esso si aprirono due maestose ali
angeliche
bianche. Un ghigno sadico si disegnò sulle labbra feline
della ragazza.
“SORA
NO TSUME!!”
urlò prima di colpire con un pugno, attorno a
cui vorticavano lame
taglienti di vento, Shi, che volò per dieci metri, rompendo
con la testa sei
alberi centenari prima di schiantarsi contro una quercia secolare.
Con uno sbuffo la dolce Gigi si
lasciò cadere a terra e
sfoggiò il suo broncio migliore; la terra smise di tremare,
gli alberi di
ondeggiare nel vento impazzito e le grandi ali tornarono ad essere un
innocuo
tatuaggio.
“E io che pensavo di averlo
trovato! Ora mi toccherà
cercarne un altro!” si lamentò infastidita, mentre
un’allegra Akiko la
raggiungeva per accarezzarle la testa.
“Dai Gigi! Magari non
è così male: ha solo fatto un…errore!
Può capitare a tutti. Inoltre ti avevo avvisato di non
essere precipitosa” Disse
ridendo mentre tutti gli altri erano ancor sotto shock.
“Mai chiamarla
nana.” si appuntò Rey mentalmente per la sua
sopravvivenza, deglutendo per lo scampato pericolo.
Amlach intanto era andato a vedere se
doveva scavare o meno
una tomba all’amico, che in quel momento giaceva senza
coscienza nell’erba,
balbettando strane parole riguardo a donne arrabbiate e mostri
sanguinari. Con
un sbuffo, accorgendosi che respirava ancora, se lo caricò
in spalla per poi
lasciarlo cadere pesantemente nella radura dove si trovavano gli altri.
Altro
che angelo, quella era un demonio.
Miel dopo alcuni attimi di silenzioso
sconcerto si lanciò al
collo di Gigi.
“Sei un mito!”
urlò con le lacrime agli occhi: con quella
ragazza a fianco avrebbe potuto domare tutti i pervertiti del mondo!
Rey a quella vista per poco non
svenne: sarebbero stati
tempi duri per lui.
“GIGIIIIIII!”
“KIKOOOOOOO!” due
piccole vocette attirarono l’attenzione di
tutto il gruppo.
In quell’esatto momento
dagli alberi era apparso un povero
Jin, legato come un salame e con gli occhi fuori dalle orbite per lo
shock, a
fianco di Lucky, anche lui legato e con la museruola; ma la cosa
piò scioccante
è che a tenere le corde, erano rispettivamente una gatta
bianca e un piccolo
lemure con gli occhioni blu e la coda a strisce arcobaleno.
Nella radura calò un breve
attimo di silenzio.
“YUKIIIIIIIII”
“FANTASYYYYYYY!”
Akiko e Gigi si lanciarono sopra i due
pover animali, stringendoli in un mega abbraccio.
“Kiko fai piano!”
la sgridò con fare materno la gatta
bianca, “Altrimenti mi strozzerai.”
Akiko obbedì
all’istante e si limitò a cullarla tra le
braccia.
“Siamo davvero contenti che
siate davvero qui. Avevamo paura
che questo tizio ci avesse ingannato!” disse Fantasy
lanciando occhiatacce a
Jin.
Già, Jin. In quel momento
le due ragazze parvero ricordarsi
del loro amico.
“Fantasy, Yuki! Come avete
potuto legarlo e imbavagliarlo!?
È un nostro amico! Scioglieteli subito! Scusaci
Jin!” li rimproverò Gigi. Il
lemure, facendosi piccolo piccolo per l’imbarazzo,
guardò intensamente le varie
funi che scomparvero sotto gli occhi stupefatti del gruppo; nel
contempo la sua
coda divenne a strisce grigie e blu.
La gatta chinò il capo in
segno di scuse davanti al ragazzo,
che intanto si massaggiava i polsi e controllava Lucky.
“Ci dispiace Jin. Non
sapevamo fossi davvero loro amico,
avendo visto il caos che si era creato in città temevamo
fossi uno degli uomini
malvagi che cercavano Kiko e Gigi.”
“Scusaci Jin,
Lucky.” ripeté Fantasy inchinandosi.
Jin, finalmente ripresosi dallo
shock, sbuffò e scosse la
testa, per poi fare uno dei suoi soliti sorrisi.
“Non è niente di
grave. Ho solo preso un infarto quando,
appena entrato nella vostra stanza, sono stato avvolto da funi e
imbavagliato
da due piccoli animaletti.” Già, il poveretto
infatti era stato attaccato non
appena aveva aperto la porta e successivamente, nonostante avesse
spiegato la
situazione ai due, essi non avevano voluto sentire ragioni e
l’avevano scortato
di nascosto e legato al punto da lui indicato.
“Devo ammettere che mi
avete stupito! Non pensavo che alla
gatta sarebbe venuto in mente di usare funi magiche e il piccoletto
sapesse
crearle. Così né io né Lucky abbiamo
potuto usare i nostri poteri. Davvero
ingegnoso” Disse con ammirazione chinandosi per fare una
carezza a Yuki,
lusingata.
“Anche Lucky è
magico?” chiese Gigi incuriosito mentre l’exceed
volava tra le sue braccia.
“Esatto!” poi si
scambiò uno sguardo d’intesa con il
cagnolino e schioccò le dita. Allora Lucky si
ingigantì a dismisura, fino a
diventare alto quanto il padrone.
“Nyaaa!” Akiko
emise un urletto spaventato e corse a
nascondersi dietro Amlach, che giudicava abbastanza grande per
difenderla dalla
bestia.
“Scusa Akiko,”
rise Jin facendo cenno al compagno di
ritrasformarsi, “Non volevo spaventarti.”
La ragazza si rilassò
leggermente e mosse la mano per dire
che non era niente, prima di allontanarsi dalla schiena di Amlach,
parecchio
allibito, e raggiungere Gigi e Miel, che accarezzava Yuki.
“Sei davvero bellissima
Yuki!” disse grattandole le
orecchie, “Sono sicura che andrai d’accordo con
Mizumi!” disse con un sorriso,
prima di congelarsi.
“MIZUMI!?!”
urlò scattando in piedi.
Amlach si passo una mano sul viso,
esasperato.
“Non dirmi che
l’hai di nuovo dimenticata da qualche parte?”
“Zitto Fuffy! Non
è colpa mia! Sono successe un sacco di
cose e non mi è venuto in mente di tornarla a prendere! MI
ucciderà” con ansia
immerse la mano nell’ombra mentre i tatuaggi prendevano vita
e quando la tirò
fuori, su di esse cantava un piccolo pettirosso.
“Ti prego Lily! Vai ad
avvisare Mizumi riguardo dove siamo!”
trillando l’uccellino prese il volo nel cielo limpido. A
questo punto Miel si
girò stizzita verso Amlach.
“E poi mi sembra che anche
il tuo lupo non sia qui o
sbaglio?” chiese ghignando. Amlach distolse lo sguardo,
piccato e dopo aver
messo le mani a cono sulla bocca, proruppe in un lungo ululato.
“Ecco fatto!”
disse con soddisfazione, mentre un altro
ululato echeggiava nella foresta.
Neanche dopo trenta secondi nella
radura entrò regalmente un
grande lupo grigio e si fermò a fianco di Amlach.
“Lupo!”
urlò Miel saltandogli addosso, “Quanto mi sei
mancato” disse affondando il volto nella sua pelliccia.
Sotto lo sguardo infastidito di
Amlach il lupo le strofinò
il naso contro la guancia.
“E’ un piacere
rincontrarti come alleata piccola Miel.” lei
gli sorrise smagliante, “Ma ti consiglio di preparati lei sta
arrivando.”
LA ladra impallidì, sotto
lo sguardo perplesso degli altri.
“Vi consiglio di
allontanarvi…” suggerì ghignando Amlach
indietreggiando insieme al lupo. Tutti gli altri, Rey compreso,
seguirono il
suo esempio. Akiko si avvicinò al lupo e lo
accarezzò entusiasta,
presentandosi.
“Tu non avevi paura dei
cani?” chiese perplesso Amlach, ma
Akiko gli sorriso dolce.
“Io amo tutto
ciò che è legato alla luna e i lupi sono i
suoi figli prediletti.” Disse seria lanciando
un’occhiata innocente ad Amlach,
che si ritrovò suo malgrado ad arrossire.
Poi si sentì.
Un ruggito fece vibrare la foresta.
I ragazzi, tranne Rey che aveva un
udito leggermente più
rozzo e non animalesco, si coprirono le orecchie.
Dalla chioma di un albero al limitare
della radura saltò un
lampo arancio e si abbatté sulla ladra, atterrandola.
Una gigantesca tigre dagli occhi
zaffiro troneggiava sulla
ragazza stesa nell’erba, inerme e spaventata.
La tigre ruggì nuovamente.
“Miel!” la voce
calda e profonda della tigre vibrò di
sdegno.
“Mizumi
midispiacemidispiacemidispiace!” iniziò a dire la
ragazza, “MA sono successe un sacco di cose! Lasciami
spiegare ti prego!”
implorò con i lacrimoni agli occhi.
La tigre emise quello che doveva
essere uno sbuffo
spazientito e tolse le sue enormi zampe dalle spalle della ragazza, poi
venendo
avvolta da una calda luce dorata si rimpicciolì fino a
diventare una piccola
gattina tigrata con un fiocco al collo. Solo gli occhi carichi di
rimprovero
erano rimasti gli stessi e aspettavano una spiegazione
Veloce Miel si mise a sedere e
l’aggiornò sugli ultimi
avvenimenti dal rapimento all’arrivo di Fantasy e Yuki,
tralasciando gli atti
pervertiti (troppo imbarazzanti da ripetere), per poi presentare a
tutti Mizumi,
che aveva deciso di perdonare magnanimamente la ragazza. Quando fu il
turno di
Amlach, la gattina gli si lanciò in braccio sotto lo sguardo
scioccato della
bionda.
“Cretino di un licantropo!
Quanto mi sei mancato!” mugolò
mentre Amlach l’accarezzava ghignando.
“Ora
però” disse poi rivolta agli altri,
“Volete spiegarmi
cosa facciamo?”
“Andiamo prendere il primo
pezzo della mappa!” prese la
parola Rey facendo un passo avanti e spiegando un rotolo di pergamena
ingiallita, “Il primo pezzo è costudito nella
Fortezza di Grandel, a nord di
Ninivel.”
“Stai scherzando
vero?” proruppe Shi ghignando, “Quel posto
è impenetrabile!”
“MA è per questo
che la Ladra è con noi.” Spiegò Rey con
un
sorriso mettendo una mano sul capo alla ragazza, talmente presa dai
suoi
ragionamenti da dimenticarsi di arrossire e togliergliela.
“Io non basto.”,
decretò infine con grande attonimento di
tutti, “Nessun incarico mi ha mai portato ad entrare in quel
castello e per
raccogliere le informazioni necessarie mi ci vorrebbero
mesi…”
“Non possiamo entrare con
la forza?” chiese Jin,
immaginandosi già un bel combattimento, con
l’appoggio di Gigi ma Miel scosse
la testa.
“Quel castello ha centinaia
di stanze e noi non sappiamo
dove sia la mappa, farebbero in tempo ad arrivare tutti i rinforzi
dell’esercito e noi non l’avremmo ancora
trovato.”, distrusse la loro ipotesi
sospirando, “Abbiamo bisogno dell’unico che sia mai
riuscito ad entrare ed
uscire indisturbato…”
Mentre gli altri la guardavano in
attesa di spiegazioni,
Miel pose una mano sull’ombra.
“Garret, sorgi
dall’oscurità!” al risuonare di queste
parole
dall’ombra volò fuori una maestosa aquila nera che
si andò a posare sulla
spalla di Miel, che intanto rovistava nella borsa affannata fino a
tirarne
fuori una pergamena, una penna e un calamaio.
“Nyaa…Miel, a
chi stai scrivendo?” chiese incuriosita Akiko
sbirciando la calligrafia ordinata della ragazza.
“A uno dei pochi insuccessi
di Fuffy.” Rispose lei
ghignando, mentre l’altro le ringhiava in risposta.
“Ovvero?”
insistette Rey perforandola con i suo occhi grigi.
“L’Assassino.
Potremmo dire che siamo amici: gli ho dato una
mano con un lavoretto difficile e da allora ci scambiamo favori di
tanto in
tanto” Cedette infine Miel mentre finiva di arrotolare la
pergamena e legarla
alla zampa dell’aquila, che subito prese il volo per
recapitare il messaggio.
“Che cosa?!”
urlò Amlach; quel maledetto assassino lo aveva
tirato scemo, mai una volta era riuscito a mettergli le mani addosso o
coprire
dov’era, mentre la piccoletta ci teneva una corrispondenza!
Perché non aveva
mantenuto la promessa?!
“Ci
aiuterà?” chiese Gigi scettica, ma Miel
annuì con
sicurezza.
“In cambio ho delle
informazioni per lui.” Spiegò, “ma non
è
questo ora il problema: guardate.” Continuò
afferrando la mappa e indicando una
linea a qualche chilometro dal castello,
“C’è un posto di blocco, valicabile
solo se accompagnati da una guardia.”
“Beh, ma noi non abbiamo
Amlach e Shi?” chiese Akiko
titubante sorridendo ai due, “E’ impossibile che
sappiano già che avete
disertato.”
“Invece è
possibile,” ribatté Shi, “Avremmo dovuto
incontrarci con il sindaco della città questa mattina,
avevamo già avvisato che
eravamo giunti a Ninivel, ma poi siamo spariti nel nulla. Conoscendo i
tempi
che vanno ci sarà perfino una taglia sulla nostra
testa.”
“Io avrei una
soluzione” li interruppe fiero Jin, “Mentre
ero sulla strada per Ninivel a poco tempo da qui, ho fatto la
conoscenza di un
ragazza davvero carina che si esercitava per diventare guardia e,
fidatevi, io
l’avrei scambiata per una guardia stessa, se lei non me
l’avesse spiegato.
Possiamo benissimo convincere lei a venire con noi e
aiutarci.”
“Grande Jin!” si
complimentò Rey scambiandosi un cinque con
il ragazzo.
“Bene,” disse
Miel sorridendo, ormai presa dalla missione,
l’adrenalina che le scorreva nelle vene,
“Metà di noi andranno fare provviste,
mentre l’altra metà andrà con me e Jin
a prendere la ragazza e…”
“Forse è meglio
che tu stia qui.” La interruppe il Dragon
Slayer guardando con interesse l’erba.
“Perché?”
chiese lei lanciandogli un’occhiata circospetta,
mentre il ragazzo arrossiva imbarazzato e indeciso.
Alla fine sospirò e le
tese una pergamena che finora aveva
tenuto in tasca.
Miel lo prese e lo aprì,
con un brutto presentimento che le
si agitava nel cuore.
Era una taglia e sotto la richiesta
c’era il disegno di una
ragazza con un mantello nero che le copriva il volto ma lasciava vedere
la
camicia stretta nel corpetto, i pantaloni in pelle nera, gli stivali e
la borsa
in cuoio.
Finalmente
abbiamo
scoperto la vera identità della Ladra Nera,
No.
Grazie ad un
benefattore che ha finto d’arruolarla per poi fornirci le
informazioni
necessarie,
No!
Ora sappiamo
che
dietro al mantello si cela un giovane maga con il controllo
dell’ombra;
NO!
Viva o morta.
“No…”
mormorò come gli occhi spalancati per il terrore. Tutto
quello che si era costruita, la sua identità, la sua vita
libera, la sua
protezione, era tutto distrutto. Finito. Era scoperta, un bersaglio
facile. Il
re avrebbe capito e l’avrebbe trovata. L’avrebbe
uccisa per una stupida
profezia.
“E
di chi è la colpa
di tutto ciò?” chiese sadica la voce nella sua
testa, “Se quel ragazzo ti
avesse lasciato finire la missione, tu ora saresti al sicuro.”
Con lentezza esasperante
alzò la testa per fissare con odio
animale Rey.
“Uccidilo.”
Un ringhio le scaturì dal
profondo della gola. Mizumi si
trasformò e si pose davanti al ragazzo insieme al lupo,
ringhiando contro Miel.
“Uccidilo!”
Le voci che cercavano di calmarla
introno a lei erano
ovattate. Non vedeva nient’altro se non la sua vittima.
“UCCIDILO!”
La vista le si tinse di rosso sangue
e con un balzo felino
fece per balzare alla gola del ragazzo, ma sei braccia
l’afferrarono in tempo e
la sbatterono di mala grazia sul terreno.
Miel si agitò come
un’indemoniata, come una bestia braccata,
per liberarsi, ma Jin e Shi mantenevano la presa sulle braccia.
“Basta Miel!”
proruppe Amlach gelido premendole la mano
sulla gola, “torna in te…”
Gli occhi ormai felini della ragazzi
incontrarono quelli
grigi di Rey, preoccupati, e poi videro Gigi che aveva creato una
barriera
divento per proteggersi insieme ad Akiko. Da chi? Da lei.
Due lacrime sgorgarono dagli occhi
della ragazza mentre le
pupille tornavano tonde e i tatuaggi terminavano la loro danza
infernale.
“Lasciatemi
andare.” Disse con voce soffocata; Amlach la
fissò per un attimo, poi fece cenno di lasciarla andare.
Miel si rimise in
piedi, passandosi stancamente una mano sul volto.
“Scusa Rey
ho…perso il controllo.” Bisbigliò
guardando per
terra, ma Rey le sorrise e le pose una mano sulla testa.
“Non è successo
niente, principessa.” La rassicurò facendola
arrossire. Poi riprendendo il controllo di sé si
occupò delle mosse successive
del gruppo.
“Jin, Shi, Gigi, voi andate
a prendere la ragazza; Amlach,
Rey, Akiko, voi le provviste. Mizumi vai con loro. Senza discutere. Io
ho da
fare” ordinò poi prima di saltare veloce in
un’ombra e sparire alla vista dei
compagni.
“Dove va?” chiese
Akiko preoccupata per la sua amica e
facendo per seguirla, ma Amlach le mise una mano sulla spalla.
“Va a vendicarsi. E noi non
la possiamo fermare.”
Rey guardò a lungo il
punto in cui era sparita la ragazza,
prima di voltarsi e fare come aveva chiesto loro.
Parata. Stoccata. Affondo.
Parata. Stoccata. Affondo.
Parata. Stoccata. Affond…
“Ehi Asuna!”
La ragazza che si stava esercitando
con la spada,
concentrata, interruppe il suo allenamento; con un sorriso riconobbe il
ragazzo
carino con cui aveva parlato il giorno prima. Mentre osservava la
ragazza
bionda e l’elfo che l’accompagnavano
(chissà perché si guardavano così in
cagnesco) si avvicinò alla staccionata che limitava il
giardino della casa dei
nonni, a cui il ragazzo stava sfacciatamente appoggiato.
Jin fece un sorriso ancora
più ampio quando la vide venirgli
incontro sorridente. Era carina ancor più di quanto
ricordasse! I capelli
castano chiaro le accarezzavano morbidamente la schiena, arrivando fino
a
sfiorargli le cosce; solo due piccole ciocche rispettivamente ai due
lati della
testa, al di sopra delle orecchie, erano intrecciate e poi legate
insieme dietro
la nuca. Gli occhi caramello erano accesi da quella luce giocosa e
allegra che
sembrava illuminarle l’intero volto. Il seno prosperoso era
fasciato in una
specie di armatura formata da un corpetto che si trasformava in un
mantello
cadendo ampio fino a terra dietro, mentre davanti si fermava poco sotto
la
vita, lasciando intravedere la gonna a pieghe rossa e le gambe
allenate,
protette da stivali che le arrivavano alla coscia, anch’essi
bianchi con
profili e decorazioni a croce rosse, come l’armatura. Come
ulteriori protezioni
aveva dei fini spallacci bianchi e dei lunghi guanti del medesimo
colore. Dalla
vita pendeva un duplice cintura sottile a cui era appeso un elegante
fioretto.
“Jin! Che piacere
rivederti! Come mai già da queste parti?”
chiese lanciando occhiate curiose agli amici del ragazzo, rimasti poco
più
indietro, e accarezzando Lucky.
“Loro sono Giada e Shi, due
miei amici. Sinceramente vorrei
farti una proposta: sto partendo per un viaggio alla ricerca della
leggendaria Fairy
Heredity con dei compagni e mi farebbe molto piacere se partecipassi;
anche
perché abbiamo assoluto bisogno del tuo aiuto.”
Chiese Jin diretto e
porgendogli una mano.
Gli occhi di Asuna si illuminarono:
un’avventura! Da tutta
la vita aspetta quel momento. Era uno dei suoi desideri: partire alla
scoperta
di quel vasto mondo o diventare una guardia. MA un ragazza non poteva
diventare
guardia così facilmente, e per questo lei passava tutti i
suoi giorni ad
allenarsi nella speranza di trovare la sua strada. E ora le veniva
proposto un
viaggio che superava ogni sua aspettativa, con nuovi compagni, cose da
scoprire, da imparare, da…
“Asunaaaaaa! E’
pronta la cen…”
LA ragazza si voltò di
scatto e vide sua nonna appoggiata
allo stipite della porta, con il mestolo in mano, mentre
un’ombra le passava
sul viso, come se avesse capito cosa stesse accadendo.
Asuna si rigirò guardare
il ragazzo e la mano che stava per
tendergli l’appoggiò al cuore, mentre esso urlava
di dolore.
“Mi dispiace Jin, non sai
quanto vorrei venire ma…non posso abbandonare
miei nonni.” Concluse con un sorriso mesto guardando terra.
Jin annuì: lui che non
aveva mai provato il calore di una
vera famiglia, poteva solo immaginare quanto essa fosse importane.
“Capisco…”
mormorò con un sorriso triste e scompigliandole i
capelli; poi si girò e riprese la sua strada con Gigi e Shi
che le accennarono
un saluto. Ma Asuna vedeva solo la schiena del ragazzo che si
allontanava, con
le lacrime agli occhi.
Quando furono spariti dietro una
curva, la ragazza si
asciugò le lacrime e corse in casa cercando di fingere che
non fosse accaduto
nulla.
“Nonna cos’hai
fatto da mangiare?” chiese sorridendo e dando
un piccolo bacio sulla guancia rugosa della nonna.
“Chi erano quei ragazzi,
piccola?” ribatte la signora
sistemandosi un ciocca grigia sfuggita allo chignon dietro
l’orecchio.
“Nessu…”
cercò di mentire la ragazza ma la nonna la
interruppe con una mestolata sulla testa.
“Quante volte ti ho detto
che non devi mai dirmi le bugie,
Asuna?!” disse severa aiutando in aria la sua arma. Per la
propria
sopravvivenza la ragazza raccontò tutto, cercando di non far
trasparire quanto
avrebbe voluto andare.
“E si può sapere
cosa fai ancor qui?!” le chiese la nonna
una volta terminato il racconto.
Asuna sgranò gli occhi.
“M-m…io…”
iniziò a balbettare, mentre il nonno entrava in
casa con una borsa in cuoio bianca con decorazioni rosse.
“Oh, bravo caro!”
disse la nonna prendendo la borsa e
mettendola a tracolla della ragazza, “Qua dentro troverai un
cambio, una
mantello morbido, delle provviste, dei soldi e un panno per la tua
spada. Se
mai necessitassi altro mandaci una lettera che provvederemo.”
Le spiegò
orgogliosa mentre il nonno ridacchiava sotto i baffi.
“NO! Io non vi lascio
qui!” disse la ragazza scioccata
allontanandosi di scatto.
La nonna sorrise dolce e le
accarezzò la testa.
“Piccola Asuna, lo so che
non vorresti abbandonarci; ma
credi che io e il nonno saremmo felici se tu abbandonassi il sogno di
una vita
per noi?! Siamo sinceri, non ci rimane chissà quanto tempo e
di certo non
voglio andarmene lasciando qui la mia nipotina da sola! Mi sento molto
più
tranquilla sapendoti con compagnia di quei ragazzi.”
“Ma
nonna…”
“Shht! Non mi contraddire
Asuna!” ribatté severa dandole
ancora una volta il temibile mestolo in testa.
“Tua nonna ha ragione,
bambina mia.” Disse con voce profonda
e calda il nonno, “Per quanto stia estremizzando la
cosa” e qui lanciò
un’occhiataccia alla mogie, che alzò gli occhi al
cielo, “ha davvero ragione:
vai e sii felice. Se un giorno dovessi tornare, ti riaccoglieremo a
casa come
sempre.” Concluse abbracciando forte la nipotina che ormai
piangeva a dirotto.
Anche la nonna abbracciò
Asuna con forza.
“Rendici orgogliosi di
te!” le mormorò con tono fiero
drizzando la schiena. Asuna allora si asciugò le lacrime e
gonfiò il petto.
“Tornerò!
Aspettatemi!” e detto questo sorrise per poi dar
loro le spalle e correre via, sulle tracce di Jin, senza mai voltarsi
indietro.
Perché se l’avesse fatto, non avrebbe mai trovato
il coraggio di affrontare il
suo destino.
La nonna seguì a lungo con
lo sguardo la nipote alla
finestra, mentre il marito le cingeva la vita.
“Sei sicura che sia la cosa
giusta?” le chiese con dolcezza,
osservando una lacrima tracciare una linea argentata sulla guancia
della sua
amata.
“Assolutamente!”
assentì lei el8mindo con un gesto della
mano le tracce della sua debolezza, “Se quado avessi avuto la
sua età e tu
venisti a chiamarmi per partire, qualcuno mi avesse fermato, sarei
morta
dentro!”
Poi sospirò.
“Non ti sembra di tornare
indietro nel tempo? Spero che loro
riescano davvero a trovarla…”
“Credo ce la faranno
egregiamente. Hai visto chi era il
ragazzo?”
“Ovvio! Gli assomiglia come
una goccia d’acqua: il solito
don Giovanni! Ma scommetto che gli occhi sono quelli di sua
madre…”
“Immagino.”
“Chissà
dov’è finito quello stupido
drago…potrebbe scrivere
ogni tanto!” sbuffò irritata, persa in ricordi del
passato, “Sarà meglio che
scriva una lettera a quella testarda di Okami! Altrimenti non
lascerà mai andare
sua nipote…” borbottò allontanandosi
dalla finestra e cercando pergamena e
calamaio.
“Come sai che andranno
anche da lei?” chiese il nonno
divertito, conoscendo già la reazione.
Infatti la signora si mise le mani
sui fianchi e lo fissò
offesa.
“Stai parlando con una
delle migliori veggenti di sempre!
Ricordi?!”
Il nonno ridacchiò.
“Ricordo,
ricordo…”
Intanto nella radura Akiko sfiniva di
chiacchere Amlach
sotto lo sguardo divertito di Rey, mentre gli animali giocavano tra di
loro.
Erano stati primi a ritornare e ora aspettavano impazienti
l’arrivo dei
compagni.
Un fruscio negli alberi
attirò la loro attenzione e dal
fogliame uscì Miel, pallida.
“Miel!”
balzò in piedi Akiko, facendo per andarle incontro,
ma istintivamente si bloccò alla vista del sangue che colava
dalle maniche
della camicia di lei.
“Sei ferita?!”
chiese angosciata cercando di avvicinarsi, ma
la ragazza si ritrasse.
“No Kiko, non è
il mio” disse con un sorriso triste,
“Scusate, ma voglio stare da sola…”
mormorò prima di sparire nella vegetazione.
Rey fece per alzarsi e seguirla ma
Amlach fu più veloce e
sparì anche lui tra gli alberi.
Non fu difficile trovarla: ogni volta
che aveva un problema
si ritirava nel punto più alto e guardava il tramonto in
silenzio.
Con agilità Amlach si
arrampicò in cima al pino e si sedette
vicino alla ragazza che non si mosse in di un millimetro.
Passarono alcuni attimi di completo
silenzio.
“Mi dispiace.”
Miel si girò di scatto a
guardare stupita Amlach, perso ad
osservare il tramonto.
“MA perché hai
infranto la promessa?” le chiese poi
girandosi ad osservarla, ferito. Lo sapeva lei che avrebbe aggiunto
qualcosa!
Era troppo bello per essere vero!
“Cos’altro avrei
dovuto fare?” gli sibilò contro, prima di
sospirare e mutare l’irritazione in dolore, “Garret
era stato assassinato sotto
i miei occhi, ero una ragazzina demoniaca ricercata, l’unica
cosa che sapevo
fare era manipolare le ombre e combattere; ero sola.”
Amlach non rispose. In parte per
colpa sua…si ricordava come
se fosse ieri quando l’aveva trovata: stava viaggiando alla
ricerca di una
tribù di licantropi da uccidere, quando sentì
delle urla provenire dalla
foresta vicina. Corse più veloce che poteva verso la fonte
dei rumori e quando
arrivò, trovò una bambina di otto anni che
erigeva un debole muro di ombre per
proteggersi da sei uomini armati che la volevano uccidere. Irato aveva
falcidiato tutti quegli uomini e salvato la bambina; il piano era
riportarla
dai genitori, ma quando lei rispose che non ne aveva e il re la voleva
uccidere, decise di prenderla con sé. Per un anno
viaggiarono insieme, lei
tenendogli compagnia, lui insegnandole a manipolare le ombre e
diventando il
suo Guardiano; ma poi ebbe notizia di una clan di licantropi e il
desiderio di
vendetta fu più forte. Lasciò la bambina alle
cure di Garret, un ex maestro
assassino suo amico, con la promessa che avrebbe imparato a difendersi,
ma non
avrebbe intrapreso la via della vendetta, del sangue e
dell’oscurità l stessa
che stava percorrendo lui. Quando era ritornato, tre anni dopo
quand’ormai era
cacciatore di taglie del re e suo comandante dell’esercito,
non aveva trovato
nessuno. Si era dannato a cercarla e proprio durante le sue ricerche
aveva
scoperto il passato e il segreto di quella bambina, ma aveva taciuto
tutto e
aveva perseverato nella su ricerca. Ma quando la ritrovò,
era diventata tutto
quello che lui aveva cercato di risparmiarle: un’assassina,
ladra ricercata da
tutto il Regno di Elmar. Era cambiata, a stento l’aveva
riconosciuta, ma lui
era immortale e aveva letto negli occhi della ragazza che aveva di
fronte che
lei l’aveva riconosciuto subito. E allora aveva deciso, se
qualcuno avesse
dovuto ucciderla, sarebbe stato lui.
E ora si trovava a fianco a lei, dopo
aver tenta di
ammazzarla ben due volte, come se niente fosse.
“Mi dispiace.”
Ripeté.
Nella mente Miel vorticavano mille e
più risposte, molte
delle quali da far invida ad uno scaricatore di porto, ma era troppo
stanca per
continuare ad odiarlo. Troppo stanca di essere sola. O quasi, si disse
pensando
a Rey. Voleva tornare a fidarsi di lui come un tempo, voleva liberarsi
almeno
di quel peso.
“Anche a me.”
rispose infine sorridendogli, tornando
indietro nel tempo. Amlach rispose al sorriso e poi entrambi tornarono
ad
ammirare il tramonto.
“Sta
peggiorando.” Esordì ad un certo punto il
licantropo.
Non era una domanda, ma
un’affermazione.
Quelle due semplici parole ebbero il
potere di riportare
sussultando Miel alla realtà.
“E anche questo
è colpa mia…” aggiunse sospirando e
scompigliandosi i capelli.
“Non è
vero” lo smentì la bionda scuotendo mesta la
testa,
“Lo sai che non serve a
rallentarla…finirò per essere divorata comunque,
di
questo passo.”
Amlach si tolse dal collo una
catenina in argento nero con
il ciondolo di una spada.
“Tieni. Ho smesso di essere
il tuo Guardiano quando ho
tentato di ucciderti.”
Miel sbiancò e si
allontanò di scatto.
“Tienimela
lontana!” urlò spaventata, ma Amlach non
l’ascoltò le prese una mano e gliela mise sul
palmo. In un attimo i tatuaggi
presero vita, gli occhi divennero felini e rossi. In un attimo
tornò la ladra
di sempre.
“Devi darla a Rey,
può aiutarti.”
“Rey?!” Miel
arrossì di botto scoccandogli un’occhiataccia,
“Perché lui?!”
“Chissà…”
rispose Amlach con un ghigno malizioso che fece
colorare la faccia della ragazza di quindici tonalità di
bordeaux diverse.
“Ora devo
andare.” Disse poi il licantropo alzandosi in
piedi, mantenendosi in equilibrio sul ramo.
“Come mai?”
Il ragazzo assunse
un’espressione crucciata ed incredula,
come chi ancora non capisce cosa sia successo.
“Non so come ma ho promesso
alla piccoletta coi capelli
viola che le avrei mostrato la mia trasformazione…”
Miel ridacchiò.
“Akiko
eh…” disse con un ghigno malizioso, mentre Amlach
le
tirava uno scappellotto e si lanciava giù
dall’albero.
Miel tornò a guardare il
tramonto, ma quella sera era
destinata a non avere pace.
“Yo!”
“AAAAAH!!”
Miel,
l’impavida ladra, tirò un urlo terrorizzato e
sarebbe caduta dall’albero se Rey
non l’avesse afferrata al volo.
“Tu. Devi. Smetterla. Di.
Teletrasportarti. CAPITO?!” gli
urlò contro facendolo scoppiare a ridere.
“Ti ho portato questi
principessa. I tuoi sono un po’
macabri.” Disse sorridendo e appoggiandogli sul capo dei
vestiti.
“Cosa...?” disse
lei esaminando gli abiti: una camicia
bianca in seta e un mantello blu notte, da donna e di ottima fattura.
Un
sorpresa per lei che indossava sempre cose da uomo, a eccezione del
corpetto.
“Sono bellissimi
ma…ti avevo detto di non rubare niente che
avrebbe potuto attirare l’attenzione?!” lo
rimproverò lei.
“Non li ho rubati, li ho
comprati. Con i miei soldi.” La
tranquillizzò lui alzando le spalle.
Lei arrossì.
“Grazie, Rey.”
Mormorò.
“È un piacere
principessa, e ora non dovresti chiedermi
qualcosa?” chiese prendendole il polso della mano destra,
quella in cui teneva
la collana.
“Hai origliato!”
lo respinse lei offesa e irritata, ma lui
la riafferrò, serio.
“Sì. Voglio
sapere cosa sta succedendo. Cosa ti sta
succedendo.” I suoi occhi grigi brillavano di interesse,
fermezza e
preoccupazione.
Miel sospirò sconfitta.
“Dentro di me è
sigillato dalla nascita un demone, La Regina
maledetta della Notte. E’ un demone tigre, assetato di sangue
e oscurità. Negli
ultimi tempi la mia condizione sta peggiorando e faccio sempre
più fatica a
controllarla, a mantenerla dentro di me. La sento nella mia testa che
mi chiede
sempre sangue e morte. Mi istiga all’assassinio, prende il
controllo del mio
corpo. È la mia maledizione. Presto verrò
divorata da lei e lei guadagnerà la
liberta. Pronta a portare distruzione e dolore. Questa collana
è la chiave per
aprire il sigillo e permettermi di utilizzare appieno i miei poteri e
quelli
della tigre, mantenendo il controllo. Ovviamente non rallenta il
processo di
assorbimento, ma mi permette di essere un’efficiente machin
da guerra fino alla
fine. Il Guardiano è colui che si fa carico della mia vita e
possiede la
chiave, l’unico che può aprire il
sigillo.” Mentre parlava Miel si teneva la
testa tra le mani e guardava terrorizzata davanti sé,
vedendo il mondo grondare
sangue.
Rey ascoltò in silenzio.
“Sarò io il tuo
Guardiano.” Disse con calma e sicurezza.
“NO!”
urlò Miel cercando di allontanarsi, ma Rey fu più
veloce e le strappò di mano la collana.
“NOO!”
Poi Rey la indossò.
Miel voleva solo gridare di non
farlo, di togliersela, che
non sapeva a cosa andava incontro, ma il corpo non rispondeva
più a lei.
“Chi
sei umano?”
chiese la sua voce, gelida come il vento delle montagne.
“Sono Rey e da ora e in poi
sarò il tuo Guardiano, Regina
maledetta della notte.” Rispose il ragazzo sfidando quegli
occhi rosso sangue
dalla pupilla allungata.
“Sarà
interessante.” Rispose lei ghignando
e mostrando i canini.
"Ahahahahah mi dispiace, cara la mia Regina, ma la principessa qui dietro mi fa molta più paura di te, perciò non ho problema a sfidarti. MA voglio dirti una cosa..." in quel momento lo sguardo di Rey divenne serio come non mai e il suo tono freddo "...se oserai farle del male in qualsiasi modo...giuro che ti raggiungerò anche nei più profondi neandri dell'inferno...e ti ucciderò con le mie mani"
“Hahah
non sai
chi stai sfidando, moccioso!”
ringhiò divertita.
“Hai paura?”
“Per
niente, Guardiano.”
Ghignò
ancora, prima di graffiare il ragazzo all’altezza del cuore.
Una luce avvolse i
due e, quando scomparve, la Regina aveva lasciato il posto a Miel.
“Cos’hai fatto?!
Idiota!!” urlò la ragazza prendendo Rey per
i colletto e iniziando a scuoterlo con forza, incurante dei tre tagli
che
colavano sangue sul suo petto, “Perché non mi hai
lasciato finire?! Se adesso
io morissi, morirai anche tu!”
Ormai Miel singhiozzava disperata.
Era quello il legame tra
Guardiano e Regina, se il guardiano fallisce il suo compito e la Regina
muore,
allora anche a lui sarà riservato lo stesso destino.
Rey le sorrise rassicurante, per
nulla turbato.
“Non ho nessuna intenzione
di lasciarti morire, quindi non
devi preoccuparti. Voglio aiutarti. Voglio proteggerti. E non me lo
puoi
impedire.” Le sorrise mettendole una mano sulla nuca e
attirandola a sé; Miel,
a contatto con il petto di Rey, che intanto le accarezzava i capelli,
si lasciò
andare in un pianto disperato, ma liberatorio.
“Dopo essere tornati dagli
altri, dobbiamo andare a cercare
una persona che credo possa aiutarti.”
Lei annuì.
“E dobbiamo anche
medicarti, razza d’idiota!”
Intanto Amlach, nella radura, era
sottoposto ad una delle
prove peggiori. Aveva affrontato, mostri, assassini, ladri, eserciti e
aveva
sempre vinto. Sempre. Eppure ora era in difficoltà. Tremenda
difficoltà. E il
suo compagno assisteva alla scena ghignante, senza degnarsi di
aiutarlo. Non
vedeva vie d’uscita. Quei due grandi occhi cioccolato non
conoscevano pietà.
“Nyaaa…Ti prego
Amlach!” supplicò per l’ennesima volta
Akiko, con gli occhi da cucciolo e le mani incrociate sotto il mento in
segno
di preghiera.
“No.”
Tentò ancora una volta di opporsi il licantropo
gelido, incrociando le braccia.
Shi e Gigi guardavano la scena
divertiti.
“Secondo te quanto
resisterà ancora?” chiese ad un certo
punto Gigi, arrotolandosi un boccolo biondo intorno al dito.
“Visto le tecniche che sta
usando la tua amica, direi poco.”
Rispose Shi mentre il ghigno si allargava. Ancora si stupiva di come
stesse
parlando tranquillamente con la ragazza che lo aveva quasi ucciso, ma
evidentemente
non era una persona che serbava rancore per molto. Per sua enorme
fortuna.
Gigi ridacchiò, quando
Akiko si intestardiva non c’era
niente da fare. Un po’ era dispiaciuta per Amlach, doveva
essere davvero umiliante
per lui.
Infatti quando poco prima Amlach era
ritornato nella radura,
Akiko, che poco prima canticchiava con voce melodiosa, lo aveva
praticamente
travolto, ricordandogli la promessa. A questo punto il ragazzo, spinto
dall’onore, si era trasformato in un gigantesco lupo nero
bipede, alto 2,50
metri, dagli artigli affilati come rasoi e gli occhi cattivi. Tornato
umano,
Amlach si aspettava che Akiko corresse a nascondersi urlando, invece la
ragazza
aveva iniziato a supplicarlo di ritrasformarsi perché volva
provare ad
accarezzarlo. E da lì la questione si era protratta fino a
quel momento.
Non c’è da
stupirsi quindi se Miel, appena tornata nella
radura, fosse scoppiata a ridere come un pazza, come già
facevano Shi e Gigi,
alla vista di Amlach versione licantropo seduto davanti ad Akiko che lo
accarezzava entusiasta tra le orecchie. Il poveretto si era
ritrasformato
subito, ma ormai il danno era fatto. Quindi si limitò a
lanciarsi
all’inseguimento di Miel, che aveva gentilmente chiesto a Rey
di fargli un
collare in argento con scritto “Fuffy”, e di Rey,
che l’aveva accontentata.
Questo teatrino era osservato da una
ragazza con gli occhi
caramello, seduta imbronciata poco lontano.
“Sei ancora arrabbiata
Asuna?” chiese Jin allegro, seduto di
fianco a lei.
“Certo che lo sono! Mi hai
ingannata! Io volevo essere una
guardia e tu mi hai costretto ad andare in viaggio coi peggiori
criminali di
sempre!” sbottò lei puntandogli la spada alla
gola, per la ventiquattresima
volta da quando le avevano spiegato nei dettagli chi erano e la loro
missione.
Jin diventò serio
all’improvviso e incatenò i suoi occhi a
quelli della ragazza.
“Sinceramente Asuna, ti
sembrano davvero malvagi come
vengono dipinti?” le chiese indicandole il gruppo. Amlach
aveva rinunciato alla
sua vendetta e sedeva appartato a lucidare le katane, mentre Akiko gli
stava a
fianco e parlava ininterrottamente; Shi e Gigi avevano iniziato un
piccolo
combattimento tra loro e si provocavano con frecciatine pungenti,
mentre i vari
famigli facevano il tifo. Infine la famosa Ladra Nera stava venendo
proprio
verso di lei, insieme all’altro ragazzo che sembrava
divertirsi un mondo ad
irritarla e a metterla in imbarazzo.
“Ciao! Piacere di
conoscerti! Io sono Miel e il pervertito
al mio fianco è Rey” si presentò la
bionda tendendole la mano.
Asuna la squadrò
diffidente, ma rimase sorpresa da ciò che
realizzò: la famigerata Ladra non era altro che una ragazza
come lei. Bella,
pallida, gli occhi leggermente arrossati, con un normale mantello blu,
nessuna
coda da diavolo o aurea tossica, nessuna cicatrice che la sfigurava o
mantello
fatto di ossa, come molte leggende raccontavano.
Dopo aver lanciato una breve occhiata
a Jin, che sorrideva
come se le avesse letto nel pensiero, strinse la mano alla ragazza.
“Piacere! Asuna
Yuuki!” forse non era stato un errore
intraprendere quel viaggio.
Dopo qualche chiacchera generale, Rey
chiamò gli altri a sé.
“Ragazzi, io e Miel
dobbiamo assentarci qualche ora alla
ricerca di una persona.” Esordì Rey.
“Di chi?” chiese
curiosa Gigi.
“Di un esorcista molto
famoso. Vedete Miel è maledetta e ha
sigillato dentro di sé un demone che la sta divorando,
motivo di quegli strani
avvenimenti di questo pomeriggio,” li informò il
ragazzo con quel tatto che
contraddistingue ogni uomo. A tutti i presenti cadde la mascella,
tranne ad
Amlach che si passò una mano sugli occhi scioccato. MA stava
cercando di morire
quel ragazzo?!
“REY!?”
urlò Miel incollerita ma il ragazzo le pose una mano
davanti alla bocca.
“Sono nostri compagni ora e
hanno il diritto di sapere.”
Disse con gentilezza mentre lei lanciava occhiate preoccupate agli
amici.
“O mamma! Non possiamo fare
niente per aiutare?” chiese
Asuna agitata.
“Cavolo! Non conosco
nessuna magia angelica per aiutarti!”
esplose frustrata Gigi.
“Forse la Fairy Heredity
potrebbe aiutare…” propose Jin
guadagnandosi un cenno d’assenso di Jin.
Miel era commossa: non solo non
scappavano, ma la stavano
anche cercando di aiutare.
“Mi dispiace ragazzi, ma
non credo ci sia una cura.
L’esorcista rallenterà solamente
l’inevitabile…” mormorò
mesta, prima di venir
coinvolta in un mega abbraccio dalle ragazze.
“Un modo
c’è, invece.” Disse Akiko con gioia,
portando un
ventata di speranza inaspettata.
Tutti la guardarono come se fosse una
rara bestia spuntata
dal nulla.
“Ti ricordi che sto
cercando la Pietra di Luna?! Ebbene
questa pietra è potentissima e benefica. Io sono la sua
sacerdotessa e con il
giusto inno, se non mi sbaglio il numero 234, dopo la guarigione dalla
mannarizzazione, posso liberarti da quel demone.”
Miel non credeva alle sue orecchie:
per la prima volta da
sempre, aveva una speranza. Ridendo e piangendo contemporaneamente si
gettò
addosso ad Akiko. MA anche il cuore di Amlach aveva sobbalzato: cura
per la
mannarizzazione…
“Bene ora che sappiamo come
fare, daremo il massimo per
trovare anche questa pietra!” esclamò Gigi,
infiammata, mentre tutti annuivano
e Miel si rialzava e liberava l’amica dalla sua morsa,
tranquillizzandosi. Se
avessero fatto in tempo, sarebbe stata salva…
“Sono contento che almeno
tu abbia avuto qualche bella
notizia, Miel” si complimentò una voce sconosciuta
e tutti si girarono sopresi.
Appoggiato al tronco di un albero a
braccia incrociate,
c’era un ragazzo dal fisico scolpito, visibile nonostante la
maglia senza
maniche in tessuto grezzo e i pantaloni neri, con una massa di capelli
ricci e
castani, legati in una crocchia, e due occhi di un verde penetrante.
“Ed!”
esclamò Miel correndogli incontrò,
“Allora hai
ricevuto il mio messaggio!”
Il ragazzo annuì.
“Ho preferito venir subito
invece che perdere tempo a
mandarti una risposta. E’ strano che tu abbia bisogno di
me” spiegò mentre un
angolo della bocca si alzava leggermente in un accenno di sorriso.
“Abbiamo bisogno di te:
dobbiamo entrare nella Fortezza di
Grandel; ma prima le presentazioni!”
“Ragazzi,”
aggiunse poi, “Vi presento Edward Yoshina,
l’Assassino.”
Tutti si presentarono, nonostante
Amlach e Asuna tenessero
le mani appoggiata sull’elsa della spada.
“Ho anche delle
informazioni per te;” tornò a rivolgersi al
ragazzo, “su di lei.”
Ed si raddrizzò
all’istante perforando con lo sguardo la
ragazza.
“Cosa?” chiese
con una nota d’ansia nella voce.
“L’ho
vista.”
Disse Miel cauta. L’Assassino
sbiancò all’istante e
l’afferrò per le
spalle.
“Dove?” chiese
quasi ringhiando.
“Ed, calmo.”
Disse lei con un gemito, “le spalle.”
Il ragazzo la lasciò
andare subito, temendo di avvelenarla
inavvertitamente e tornando alla sua maschera di freddezza, ma dentro
era un
rimescolarsi di emozioni. Sua sorella!
“Era in un osteria, in
perfetta forma e non era prigioniera,
ma con lei c’era un tizio. Aveva una stella nera sul
polso.”
“BalckStar! Non rispettano
mai le regole dell’assassinio!”
ringhiò lui stringendo i pugni fino a far sbiancare le
nocche.
Miel annuì seria.
“Ci sono delle
regole?” chiese scettica Asuna.
“Ovvio.” Rispose
Ed sprezzante, “Non bisogna mai uccidere
bambini o innocenti, per esempio, bisogna sempre documentarsi sul
bersaglio,
non si uccide per divertimento personale…e così
via. Non sono regole scritte ma
tutti le conoscono.”
“Ma sono tutti
morti.” Intervenne Amlach, “il leggendario
Suono della Morte li ha distrutti tre anni fa.”
Miel scosse la testa.
“Anche noi lo credevamo, ma
qualcuno li sta riorganizzando e
non solo, sta arruolando i maghi peggiori, le belve più
crudeli e sanguinarie. La
cosa che mi lascia più perplessa è che
nell’osteria c’erano sei guardie, ma
nessuna ha detto niente…” mormorò
infine.
“Effettivamente non abbiamo
mai ricevuti ordini riguardo a
questa…gilda.” Disse Shi impassabile, nonostante
l’occhio nero che gli aveva
procurato poco prima Gigi.
“Evviva, altri
nemici!” disse entusiasta Gigi, distogliendo
l’attenzione da alcune ciocche dei suoi capelli completamente
carbonizzate,
indovinate da chi.
“Dov’erano?”
chiese Ed a Miel.
“A dieci minuti da Ninivel,
quando ho provato a
seguirli…sono scomparsi.” Disse crucciata e
frustrata.
“Non fa niente. Hai
già fatto abbastanza:” le disse con un
altro mezzo sorriso.
“Quindi dovete entrare a
Grandel eh?” disse dopo qualche
minuto di silenzio, “E’ uno dei luoghi
più fortificati in assoluto. Cosa
cercate?”
“Vedi
noi…”
“Mi dispiace Ed, ma ora non
abbiamo tempo” li interruppe Rey
prendendo la bionda per un polso, “Ragazzi spigategli voi la
situazione e
invitatelo a venire con noi” disse agli altri, poi con uno
schiocco si
smaterializzò.
“Si può sapere
cos’hai Rey?” chiese Miel una volta riapparsi
in un lugubre foresta. Non avevano nemmeno una torcia e ormai il sole
era
calato. Che differenza faceva aspettare un giorno in più.
Rey sospirò.
“Il nostro esorcista
è un vampiro. E purtroppo credo che
interromperemo la sua caccia.” Spiegò come se
nulla fosse guardandosi intorno.
“Guarda se trovi una scia
di sangue o putrefazione” aggiunse
poi.
Miel scacciò un brivido.
“Dovrebbero essere
loro.”
“Loro?” chiese
Miel mentre annusava l’aria, “non era
uno?”
“Sì, ma ha con
sé
un’accompagnatrice…particolare.”
Spiegò
“Di
là!” disse Miel indicando a nord, verso la parte
più
nebbiosa di quella foresta.
“Okay, fai
strada.” La incoraggio Rey.
Miel si lanciò
all’inseguimento di quell’odore nauseabondo,
in quel mondo dai colori violacei e dalle ombre distorte. Bisogna dire
che la
nebbia non aiutava.
Dopo dieci minuti di corsa,
arrivarono in un punto in cui il
tanfo era tanto intenso che Miel avrebbe preferito svenire. Davanti a
lei c’era
un muro di nebbia fittissimo. Ad un certo punto vide un’ombra
nera, poteva
assomigliare ad un grosso masso, ma aveva tratti troppo dolci e la
parte
superiore si muoveva.
Ad un certo punto un vento freddo
soffiò tra lei e l’ombra,
portando via con sé la nebbia.
La luce della luna, che come la falce
della morta pendeva
sulle loro teste dal cielo, illuminò il cadavere di un
grosso cinghiale sopra
cui era prostrata un’ombra oscura.
Miel terrorizzata fece un passo
indietro ma così facendo
spezzò un rametto. La creatura che si cibava del cadavere
alzò la testa e lei
si trovò fronteggiare due occhi rossi come il sangue che
stava avidamente
bevendo.
Con lentezza si tirò in
piedi e la fissò tanto intensamente di
farle dimenticare di respirare.
“Cos’abbiamo
qui!” disse con voce famelica mentre con calma
si leccava il sangue che gli colava dalle labbra. Il rosso che
risaltava sulla
pelle pallida. Il colore nero della chioma folta e scompigliata del
ragazzo
richiamava alle sue origini: un creatura della notte. Un vampiro.
“Calmo Ashuros. Non te la
puoi mangiare.” Intervenne Rey che
finora era stato in silenzio alle spalle della ragazza, pietrificata
sul posto.
“Rey.” Disse
l’altro sistemandosi su una spalla la pelliccia
di…licantropo?!
Miel soffocò un gemito.
Ashuros finì di
risistemarsi la camicia nera e si pulì i
guanti in pelle nera sporchi di sangue sui pantaloni neri.
L’unica nota di
colore addosso a quel ragazzo, che in occasioni normali avrebbe potuto
essere
scambiato per un diciottenne, era un ciondolo a forma di fiamma rossa
che
riluceva nell’incavo del suo collo.
Un piccolo pipistrello
volò verso di Miel e per la poverina
fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Con un urlo terrorizzato
scagliò un pugnale d’ombra contro
l’esserino, ma a trenta millimetri dal topo con le ali il
vampiro afferrò il
pugnale senza nessun’accenno di affanno.
“Uard non vuole farti del
male, Ladra Nera. Puoi stare
calma.”
A dire il vero quello che la
spaventava di più era lui, ma non
osò dirglielo.
“Come sai chi
sono?” chiese lei facendo un passo avanti, ma
fu una mossa sbagliata, perché dal terreno emerse una figura
spettrale,
brandendo una spada ad una mano.
“Sta lontana da
Ashuros!” sibilò la donna. Sì,
perché il
seno così prosperoso da far pensare avesse una quarta,
stretto nel vestitino
gotico aderente con un ampio scollo e la gonna a balze nera, i capelli
rossi
legati prima in una crocchia dietro la nuca a cui era attorcigliata
intorno un
treccia che poi pendeva libera per una decina di centimetri, facevano
decisamente presupporre fosse un donna.
Miel schivò con un salto
lo stivale stringato nero con tacco
che la stava per colpire.
“Charlotte.
Ferma.” La ragazza dai verdi occhi spenti, che
si vedevano nonostante i ciuffi davanti al viso, si
paralizzò all’istante.
“Sì padron
Ashuros.” Assentì inespressiva chinando il capo.
UNO ZOMBIE!
L’accompagnatrice di quel vampiro era una zombie
psicopatica!
“Riguardo la domanda di
prima, i tatuaggi sono una prova più
che sufficiente.”
Miel non poté trattenersi
dal ringhiare e per questo la tata
la fulminò con odio.
“E’ un piacere
rivederti Ashuros e mi dispiace disturbarti
durante la caccia, ma ho bisogno del tuo aiuto”
Ashuros assentì e fece
cenno di seguirlo. I suoi stivali di
cuoio neri frantumarono senza pietà il cranio del povero
animale, ma lui a
malapena se ne accorse.
Dopo pochi attimi arrivarono in una
radura, dove giaceva una
borsa in tela, nera ovviamente.
“Cos’hai
bisogno?” chiese infine.
“Miel ha sigillato dentro
di sé un demone che la sta
divorando, volevamo sapere se potevi rallentarlo,”
Un barlume d’interesse
luccicò negli occhi del ragazzo,
fiancheggiato dalla sua zombie.
“Dov’è
il sigillo?”
Miel si pose una mano
all’altezza del cuore.
Lui annuì iniziando a
rovistare nella borsa, prima di
togliere alcuni sigilli e un calamaio.
“Spogliati.” Le
intimò poi.
“CHE COSA?!”
urlò lei allontanandosi dal vampiro, appena
eletto pervertito del secolo.
Lui alzò gli occhi al
cielo.
“Come faccio a metterti il
sigillo se tu tieni la camicia?!
Non temere, non sono un don giovanni pervertito come Rey! Nonostante
ora si
stia trattenendo…” lei lo guardò
dubbiosa poi iniziò a slacciarsela. Con sua
grande sorpresa Rey si era già girato.
“E’
così che ci siamo incontrati!” ghignò
intanto Rey, “Ero
con una ragazza, stavo parlando…”
“Sì certo, come
no, parlando…” dissero all’unisono Rey e
Miel.
“Stavo dialogando con lei,
quando Ashuros, che era in
astinenza, è passato e mi ha sentito. Il suo odio represso
per i pervertiti
allora è esploso e me le ha date di santa ragione.”
Miel ghignò mentre faceva
scivolare la camicia a terra. Quel
ragazzo le stava già più simpatico.
“La Regina!”
esclamò Ashuros stupito, esaminando il
tatuaggio che la ragazza aveva all’altezza del cuore: era un
grosso lucchetto a
forma di cuore composto da un lugubre intreccio di rampicanti spinati,
che
ovviamente si muovevano.
“Allora sei
tu…” mormorò scoccandogli
un’occhiata sorpresa.
“Ma lo sanno
tutti…?!” sospirò Miel esasperata.
“Ho vissuto più
di mille anni, cose che per voi sono
leggenda per me sono ricordi.” Disse mentre iniziava a
tracciare affusolati
simboli sui foglietti di carte per i sigilli.
“Farà
male.” L’avvisò.
“Fa niente.”
Tutto pur di smettere di sentire la sua voce.
“Charlotte tienila
ferma.” La zombie si posizionò alle sue
spalle e le bloccò le bracci dietro la schiena.
Allora Ashuros prese il sigillo e
glielo applicò sul
tatuaggio; immediatamente questo prese fuoco ed iniziò a
bruciare.
Miel si morse le labbra per non
urlare ma era come se gli
stesse marchiando a fuoco la pelle. Quando finalmente si spense attorno
al
lucchetto erano comparse quattro catene rosse.
“Dura una settimana poi va
rifatto.” Disse mentre l’aiutava
a sedersi e le porgeva la camicia.
“Una settimana?!
E’ così poco tempo…”
mormorò quando riuscì
a ritrovare fiato.
“Allora non abbiamo scelta.
Ashuros devi venire con noi!”
disse Rey con calma raggiungendoli e sedendosi con loro.
Il vampiro alzò un
sopracciglio scettico e Rey gli raccontò
tutta la storia.
Ashuros ci rifletté per
qualche secondo.
“Accetto.” Disse
porgendo una mano a Rey, per poi ripetere
anche lui il giuramento.
“Lei viene?”
chiese Miel guardando la zombie, che la fulminò
sibilando qualcosa del genere “non sei degna”
“Charlotte va dove vado
io.” Spiegò lui.
“Bene,
direi che possiamo andare
allora.” Chiuse il discorso Rey, prima di mettere una mano
sulla spalla di
Ashuros e cingere la vita di Miel con un braccio; poi si
smaterializzò.
Quando
apparvero nella loro radura,
ad aspettarli c’era un bel fuoco caldo, acceso da Shi, e
zuppa di cervo,
preparata da Asuna, cuoca formidabile, con delle pentole create da
Fantasy. Il
cervo l’aveva procurato Amlach e per poco a Gigi non era
venuto un infarto
quando il gigantesco licantropo era tornato con tra le fauci il povero
ed
indifeso animale grondante di sangue. Ovviamente il dolce angelo si era
premurata di punirlo a dovere e ora il cacciatore sedeva in cerchio con
gli
altri mostrando un bell’occhio nero.
“Yo!
Siete tornati!” saluto Jin,
interrompendo un secondo il suo pasto, per poi rigettarsi con foga sul
cibo.
Ed, leggermente scostato dagli altri, fece loro un cenno e Akiko corse
ad
abbracciare felice Miel insieme a Gigi, che sedeva vicino a Shi il
quale
rivolse loro un ghigno di bentornato.
Amlach
invece ringhiò.
“Vampiro.”
Disse congelando
l’atmosfera amichevole di poco prima. Tutti puntarono gli
occhi sui due nuovi
arrivati.
“Ragazzi”
intervenne Rey, “Questi
sono i nostri nuovi compagni, Ashuros Eriklun, vampiro esorcista,
nemico dei
pervertiti, e la sua zombie servitrice, Charlotte. Entrambi stanno
aiutando
Miel.”
“A
dire il vero sono per metà umano
e lei è la mia tata.” Precisò Ashuros
seguendo Rey e andando a sedersi come gli
altri; intanto Charlotte fulminava qualunque essere femminile osasse
posare gli
occhi sul su Ashuros. Le ragazze avevano già preso in
simpatia il ragazzo, sia
per la sua allergia ai don giovanni, sia perché stava
aiutando Miel, sia perché
era davvero affascinante. Tra i ragazzi, invece, Shi e Ed erano
impassabili,
Jin sorpreso ma amichevole e Amlach ostile. La pelliccia di licantropo
non
aiutava.
“E
cosa mangi?” chiese ingenua
Akiko.
“Sangue
di vergini.” Ripose serio
lui.
La
reazione fu immediata: Gigi
spiegò le ali, Akiko estrasse gli artigli, Asuna la spada e
Miel le due daghe;
tutto questo dopo essersi rispettivamente nascoste dietro Shi, Amlach,
Jin e
Rey.
Ed
ghignò. “Questo sì che è un
metodo interessante per scoprire certe cose…”
“Non
il vostro sangue.” Aggiunse
lui, vedendo gli sguardi seri degli altri.
“Evviva.
Ora sì che mi sento
meglio.” Ribatté Gigi con sarcasmo, ancora dietro
al suo scudo umano dalle
orecchie a punta, scatenando una risata di gruppo.
Ecco
le immagine! Spero di non
avervi annoiato!
Asuna:
Amlach:
Akiko:
Charlotte:
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Capitolo 4 *** Attaco al castello! ***
Yooo minna! Sorpresi?! Sono già qui! Con
un capitolo…inutile *si deprime
in un angolo* Ho scritto 18 pagine e inserti o2 oc…abbiate
pietà…volevo
inserirne quattro ma avrei dovuto aggiungere 5/6 pagine e sarebbe
venuto un
papiro, quindi mi sono fermata. Incredibile eh!? Mmh…beh non
so che altro dire
se non…
BUONA LETTURA!
Attacco
al castello!
Il sole brillava alto nel centro
della cupola celeste quando
finalmente Edward aprì gli occhi; o meglio,
l’occhio, perché il sinistro, di un
verde pallido e smunto rispetto al destro, non avrebbe più
potuto vedere la
luce del sole.
Stiracchiandosi si tirò a
sedere e sbadigliando si guardò
intorno: non c’era nessuno.
Una leggere perplessità
incrinò l’apatia del suo volto:
sapeva che Miel ogni mattina si alzava presto e spariva per allenarsi,
ma gli
altri?
Leggermente irritato si
alzò in piedi ed iniziò a slegarsi e
rilegarsi i capelli, pensando ad ogni possibilità: scappati
di nascosto?
Catturati? Gita? Mangiati?
Il suo stomaco brontolò
sonoramente e guardando il cielo si
rese conto di come fosse già mezzogiorno: la notte prima,
dopo aver discusso
con gli altri di piani d’attacco e strategie, si era
allontanato per sistemare
alcune “questioni” riguardanti il lavoro e non era
tornato prima delle sei, non
c’era da stupirsi se si era svegliato così tardi.
E ora aveva fame. Ma non
c’era nessuno.
La situazione era critica.
Stava già per addentrarsi
a casaccio nella foresta, con fare
scocciato, quando la terra iniziò a tremare e da una
profonda spaccatura nel
terreno davanti a lui saltò fuori Charlotte.
“Padron Ashuros mi ha
lasciato qui affinché io ti guidi da
loro” lo informò apatica, ma con una punta
disprezzo per essere stata lasciata
lì con quel ragazzo strano e non a difendere da seducenti
ragazze il suo
bambino. Strano, perché nonostante fosse emersa dal terreno
di colpo, il
massimo dell’espressione che aveva ottenuto da lui era un
sopracciglio alzato.
“Seguimi.” Gli
intimò prima di inoltrarsi nella foresta.
Quando finalmente si fermarono, dopo
una decina di minuti di
vagabondaggio, erano in una piccola radura al limitare del fiume e
tutti i
componenti del gruppo si trovavano lì.
Al centro Miel e Rey stavano
combattendo tra loro,
scambiandosi una serie di colpi impressionanti. Con sorpresa si rese
conto che
la ragazza era in leggera difficoltà, data soprattutto dal
continuo
teletrasportarsi del ragazzo.
Poco più in là
Akiko stava mostrando ad Amlach la sua
trasformazione parziale in gatta mannara; nonostante tentasse di
nasconderlo,
il licantropo era affascinato dalle morbide orecchie viola e dalla coda
che si
muoveva sinuosa, donando un incosciente e seducente fascino
all’ingenua
ragazza. Non aveva mai visto niente del genere.
Alla loro destra stava seduta
nell’erba a gambe incrociate
Gigi e guardava crucciata e concentrata Shi, che ghignando le mostrava
alcuni
incantesimi di fuoco per poi spiegarle su cosa si dovesse concentrare
per
creare il fuoco. Evidentemente la tappetta voleva a tutti i costi
imparare a
controllare l’elemento che le mancava.
Infine Jin stava insegnando nuove
tecniche di spada ad Asuna
che concentrata si lasciava aiutare a trovare la posizione giusta,
nonostante
ciò necessitasse molto, molto contatto fisico; e questo
spiegava la presenza di
Ashuros che teneva d’occhio i vari pervertiti, seduto a
bordo-radura.
Dopo circa dieci secondi in cui
nessuno lo notava, Edward
decise di rendere pubblica la sua presenza.
“Ho fame.”
Sentenziò.
Tutti lo ignorarono.
“Ho fame!”
Nessuna risposta.
“HO FAME!”
urlò infine, mostrando il suo lato più iracondo.
Per un attimo nella radura ci fu
silenzio.
“Eh?” Gigi fu la
prima a riprendersi, “Non ci avrai preso per
cameriere spero…” gli chiese minacciosa tra fiamme
nere e fulmini dorati.
“Siamo occupate al
momento.” Fece notare distrattamente
Miel, prima di scagliare un pugnale contro Rey, che aveva la guardia
abbassata,
e mancandolo per un soffio.
“Se hai fame vai a cercare
della legna o a cacciare
qualcosa, no?!” lo affondò infine Asuna prima di
tornare ai suoi esercizi con
Jin, il quale, assieme a tutti gli altri ragazzi, a stento si
trattenevano dal
ridere.
Masticando insulti e attorniato da un
aura nera, si allontanò
nella foresta a cercare cibo e legna.
“Ma
sentile…’non ci avrai prese per
cameriere?!?’” iniziò
mimare le voci in falsetto delle compagne, “Magari lo foste,
almeno le cameriere
sono gentili!!” e così via continuò a
borbottare irritato inoltrandosi sempre
di più.
Quando ormai la pila di legna tra le
sue braccia aveva
raggiunto dimensioni notevoli e la sua ira era tornata a nascondersi
dietro il muro
di apatia, come un drago che torna ad acquattarsi nella grotta, un
canto
celestiale attirò la sua attenzione.
Dopo aver lasciato cadere la legna,
come incantato si mise a
seguire quella dolce e bellissima canzone, senza nemmeno accorgersi di
ciò che
faceva.
Più il canto si avvicinava
più si sentiva stregato, e infine
giunse al limitare di una piccola radura, al cui centro c’era
una grosso masso
e seduto su di esso, la ragazza più bella che avesse mai
visto.
Il fisico magro e slanciato,
nonostante il seno prosperoso,
era messo in evidenza dal corto giubbino aderente e smanicato in pelle
nera, le
gambe lunghe sottolineate dai corti pantaloncini blu, dello stesso
colore dei
guanti senza dita da cui partivano delle maniche trasparenti fino al
gomito, le
dita affusolate che accarezzavano le corde d’oro di una lira
azzurra erano
magre e affusolate, e infine il viso dai tratti fini e delicati era
incorniciato
da una cascata di lunghi e fluenti boccoli color pesca, legati da un
lato in
una coda morbida.
Intorno a lei si erano radunati gli
animalo del bosco, come
lepri, cerbiatti, scoiattolo ma anche lupi, orsi e aquile, per
ascoltare il suo
canto melodioso.
Affascinato fece un passo avanti ma
così facendo spezzò un
rametto e in un baleno gli animali fuggirono, richiamando
l’attenzione della
ragazza, che gli puntò contro due grandi occhi a mandorla di
mille sfumature tra
l’acqua marina e il verde.
Tutto di lei richiamava eleganza,
bellezza finezza e…
“Ehi tu! Ricciolino che
vuoi?! Botte?! Per colpa tua mi è
scappato il pranzo!” lo apostrofò la ragazza
fulminandolo con gli occhi e
scrocchiandosi le dita.
Edward per poco non svenne per lo
shock.
“Non volevo.” Si
scusò poi ritrovando la sua solita maschera
di ghiaccio.
“Beh, il danno ormai
è fatto e…” stava dicendo lei, ma
Edward era pietrificato. Sulla spalla della ragazza riluceva una stella
nera.
Agendo d’impulso come al
suo solito si lanciò sulla ragazza,
che presa alla sprovvista non riuscì a reagire e cadde a
terra sotto il peso di
Edward.
“Dov’è?!”
urlò Edward bloccandole i polsi sopra la testa e
mettendosi a cavalcioni su di lei, negli occhi una freddezza che
rasentava la
pazzia.
“Dov’è
mia sorella?!” urlò di nuovo.
Lo sguardo spaesato della ragazza
divenne presto incazzato
nero.
“Che cosa vuoi che ne
sappia io! Idiota non so nemmeno chi
sei!”
“Sei di Black Star, devi
saperlo!” continuò lui stringendo
la presa sui polsi.
“Io non sono più
di Black Star” urlò lei, “Li ho
sterminati
tutti quei maledetti bastardi!” gli rispose per le rime lei
divincolandosi.
“Cos…”
ma l’espressione sorpresa e confusa di Ed lasciò
spazio ad una dolorante quando dal cielo un calcio in pieno volto lo
fece
volare a sbattere contro un albero cinque metri più in
là.
“Giù le mani da
Ama-chan!” urlò una giovane elfa, facendo
svolazzare i suoi lunghi e lisci capelli biondi e fulminando con i
grandi occhi
blu il povero Ed.
Come aveva osato atterrarla in una
posizione cosi
indecente?!? Incavolata nera estrasse un pugnale dagli stivaletti in
cuoio ma,
prima ancora di prendere la mira, dal dietro una mano le
puntò un pugnale in
argento alla gola mentre l’altro braccio la immobilizzava per
la vita.
“Ferma.” La voce
fredda di Ashuros le sibilò nell’orecchio.
“Ferma?! Chi ti credi di
essere?! Arrivare alle spalle di
una ragazza è da codardi!” iniziò a
insultarlo la ragazzina, con grande
sorpresa di Ashuros. Forse era indemoniata…
“Ashuros fermo!”
lo richiamo Edward rimettendosi in piedi,
“C’è stato un errore!”
Dopo un secondo di silenzio, Ashuros
come un lampo si spostò
a fianco del compagno, mentre l’elfa raggiungeva Ama-chan e
la aiutava a
rialzarsi.
“Bene Ricciolino, tu e il
tuo amico, oltre che al pranzo, ci
dovete una spiegazione…” li minacciò la
ragazza. Puntandogli la cetra contro,
mentre l’amica scrutava curiosa il ragazzo che poco prima
l’aveva bloccata.
Lei, che era un elfo, non l’aveva sentito arrivare…
“Dov’è
Charlotte?” chiese Edward al vampiro preoccupato di
un’apparizione inopportuna della tata gelosa.
“Con gli altri.”
Rispose Ashuros continuando ad analizzare
la sua possibile cliente.
“Non volevo attaccarti, ma
quando ho visto la stella pensavo
fossi un membro di Black Star, che ha rapito mia sorella.”
spiegò dall’inizio
Edward per permettere ai due nuovi arrivati di comprendere la
situazione.
“E non lo sei?”
chiese sintetico Ashuros scrutando il
marchio.
“No”
iniziò a dire la ragazza mentre un sorriso sadico le
illuminava il volto, “io sono quella che li ha sterminati
tutti”
“ Il leggendario Suono
della Morte, chi se lo aspettava
fosse una ragazza…” mormorò Ed alzando
addirittura un sopracciglio per la
sorpresa.
“Non chiamatela cosi! Il
suo nome è Amane Chou!” chiarì
l’elfa mettendo le mani suoi fianchi, “E io sono
Yelle Minya, piacere di
conoscervi”
“Io sono Ashuros Eriklun e
mi dispiace deludere la tua
amica, ma non li ha sterminati tutti.” Si presentò
il ragazzo appoggiandosi
svogliato ad un albero.
“Cosa intendi
dire?!” chiese attenta Amane.
“Che stanno riformando la
Gilda.” Sintetizzò Edward.
“Cosa?!Dannazione!
Cosa ne sapete?” chiese con una luce assassina
negli occhi.
“Non molto, è
per questo che sono in viaggio con gli altri.”
Spiegò Edward scuotendo il capo.
“Gli altri?”
chiese Yelle curiosa e Edward, dopo uno sguardo
d’intesa con Ashuros, spiegò la loro avventura e
chi erano i loro compagni.
Alla fine del racconto Yelle e Amane
si guardarono per un
lungo istante, prima di sorridere ai due ragazzi.
“Bene: veniamo con voi!
Kira, vieni fuori!” annunciò Amane,
mentre Ed ghignava; da un masso poco distante saltò fuori
agilmente una gattina
dal manto argento e gli occhi acquamarina. “Non
infastiditela, può congelare
qualsiasi cosa.”
I ragazzi annuirono.
“Venite, vi portiamo da
Rey; tanto per curiosità,” chiese
poi mentre le guidava nel bosco, “Cosa stavate facendo
prima?”
“Cacciavamo!”
rispose Yelle tranquilla, “Ama-chan attira gli
animali con la sua musica e io dall’alto li
catturo.” Spiegò.
“Dall’alto?”
la interrogò Ashuros manifestando una lieve
perplessità.
“Sono una maga del
vento!” gli annunciò orgogliosa l’elfa
per poi dare una dimostrazione pratica e in un turbine di vento alzarsi
in aria
di una decina di metri, “Forte vero?” chiese poi
orgogliosa.
Il vampiro annuì.
“Però ora devi
spiegarmi come hai fatto ad arrivarmi alle
spalle senza che non me ne accorgessi! Non mi sarei mai aspettata che
qualcuno
potesse riuscirci!”
“Sono un vampiro”
rispose lui diretto e incurante, pronta
alla solita faccia spaventata e diffidente.
“Vampiro?! CHE
FORZA!!” esplose Yelle saltellandogli
intorno, “Non ne ho mai conosciuto uno dal vero!”
Ashuros la guardò
apertamente scandalizzato.
“È indemoniata?
Sono un esorcista…” chiese ad Amane
perplesso; la ragazza scoppiò a ridere.
“No, è sempre
così.” Lo rassicurò.
“Ehi Ricciolino quanto
manca?” urlò poi con grande
irritazione del chiamato in causa.
“Poco e non chiamarmi
Ricciolino, sono Edward Yoshina.” La
rimbeccò lui irato.
“Io preferisco
Ricciolino!” insistette lei testarda e
avrebbero continuato a punzecchiarsi a lungo se non fossero finalmente
arrivati.
Il resto del gruppo, in particolare
le ragazze, accolsero
con calore le due nuove arrivate; non fraintendiamo, anche i ragazzi
furono
entusiasti alla vista del corpo delle due, ma Ashuros era abbastanza a
frenare
i loro bollenti spiriti. Per ora.
In breve le due raccontarono di come
Yelle avesse conosciuto
Amane qualche anno prima, mentre viaggiava per vendicare
l’assassinio dei suoi
genitori, e la ragazza le avesse svelato che probabilmente erano membri
superstiti di Black Star. Allora avevano deciso di continuare il loro
viaggio
insieme, ma avevano trovato sempre meno tracce delle loro prede,
finché non si
erano ritrovate a brancolare nel buio.
Rey le accolse con entusiasmo e ben
presto si ritrovarono tutti
intorno al fuoco e ad una deliziosa zuppa di Asuna, ormai eletta cuoca
del
gruppo. Una fortuna che sua nonna le avesse insegnato a cucinare
così bene!
Solo Ashuros se ne stava in disparte
con Charlotte, in
quanto non avesse bisogno di mangiare; ma la sua quiete durò
poco perché Yelle,
finita la prima ciotola, lo raggiunse svolazzando.
“Ti disturbo Ashuros?
Scusa, ma è che sono cosi curiosa!!”
ammise ridendo e sedendogli di fronte, “Anche Charlotte mi
affascina! Puoi
raccontarmi qualcosa di voi? Per favore!” lo
supplicò infine congiungendo le
mani sotto il mento e spalancando gli occhioni.
Ashuros, spiazzato, stava per annuire
quando la lama di una
spada venne puntata alla gola della ragazza.
“Non sei degna.”
Sibilò Charlotte fulminandola.
“Cosa scusa?!”
chiese la ragazza alterandosi e alzandosi in
piedi, “Non ho capito di cosa non sarei degna.”
“Di prenderti tutta questa
confidenza con padron Ashuros.”
La gelò la tata con voce atona.
“E chi saresti tu per
deciderlo?!? Mi sembra abbastanza
grande per decidere da solo con chi parlare o meno!” la voce
di Yelle iniziò a
salire di alcune ottave, mentre il vento si faceva più
freddo e tagliente.
“Parli troppo, fai di tutto
per metterti in mostra davanti a
lui, non sei abbastanza bella né abbastanza forte per
proteggerlo. In
conclusione, non sei degna nemmeno di parlargli.”
Il vento iniziò a
vorticare come impazzito intorno alla
ragazza, facendo danzare i suoi capelli come indemoniati, mentre negli
occhi le
si accendeva una luce di pura furia. Nella radura era sceso un silenzio
tombale
e tutti guardavano le due litiganti, chi interessato allo scontro, chi
preoccupato per l’elfa, chi annoiato.
“Se la metti cosi, vediamo
chi la spunta in combattimento;
se vinco potrò parlargli quanto voglio e tu non dirai
niente.”
“Se vinco io non lo potrai
nemmeno guardare.” sentenziò la
tata gelida.
Ashuros guardava calmo la scena: era
abituato alle
preoccupazioni esagerate della tata. Se si fosse spinta troppo oltre
l’avrebbe
fermata, ma finché si trattava di un incontro leale non
poteva dirle niente.
Per un attimo le due si guardarono in
cagnesco, poi
scattarono.
Charlotte di colpo
sprofondò nel terreno lasciando Yelle a
guardarsi intorno circospetta; quando improvvisamente la terra
incominciò a
tremare, intuendo la tattica dell’avversaria, si
alzò in volo di colpo,
evitando per un pelo la lama della tata.
Con un ghigno si alzò
ancora di più in aria.
“Ora tocca a me!”
sibilò, prima di chiudere gli occhi e
aprire le braccia.
“Wind Scar!”
urlò all’improvviso muovendo di scatto le
braccia in avanti a “x”, generando due lama
d’aria dirette contro la tata.
Con un salto all’indietro
Charlotte evitò il colpo fatale,
rimediano solo un graffio al polpaccio, ma nessuna espressione di
dolore o
fatica si impresse sul volto; poi con velocità si
arrampicò sull’albero,
saltando di ramo in ramo, e, giunta in cima, si lanciò sulla
ragazza a spada
tratta nella speranza di o trafiggerla o abbatterla. Ma
all’ultimo Yelle si
riuscì a spostare e Charlotte ricadde a terra in ginocchio.
“Vediamo di finirla in
fretta…” mormorò Yelle, prima di
alzare la braccia al cielo mentre il vento l’avvolgeva in un
piccolo tornado.
“Dance of the Dragon
Wind!” urlò iniziando a girare su sé
stessa.
Dal tornado si staccò una
gigantesca corrente d’aria che
puntò dritta a Charlotte. Sembrava un gigantesco drago
cinese e quando si abbatté
sulla tata, la scagliò contro l’albero a dieci
metri di distanza.
Senza perdere tempo Yelle estrasse
entrambi i pugnali dagli
stivali e li lanciò con incredibile precisione, forse
aiutata dal vento, a
conficcarsi attraverso le maniche del vestito di Charlotte nel tronco,
così da
bloccarle i movimenti.
“Hai perso.”
Constatò Yelle planando davanti a lei.
“No!”
sibilò la tata inferocita, ma una voce la fermò.
“Basta Charlotte. Ha vinto
Yelle.”
“Si, padron
Ashuros.” Assentì subito la zombie mentre Yelle
la liberava, per poi tenderle una mano. Charlotte la fissò
in silenzio.
“È stato un bel
combattimento, mi piacerebbe combattere
ancora con te” rise Yelle senza abbassare la mano.
Charlotte infine
l’accettò.
“Dimostrami che non sei
brava solo nel combattimento” le
intimò prima di portarsi alle spalle del suo padrone. Per la
prima volta da
millenni aveva preso in considerazione una ragazza per
l’importante compito che
le aveva affidato la madre di Ashuros.
Yelle tutta contenta, venne subito
raggiunta da Amane e
dalle altre.
“Yelle sei stata
grande!” l’amica le batté un cinque.
“Davvero! Voglio allenarmi
anche io con te! Sono la Dragon
Slayer della Natura” la informò Giada, che ora,
dopo lo shopping forzato (per
quelli che l’accompagnavano) per trovare qualcosa di adatto
ad un avventura,
indossava una canottiera in lino bianca lunga fin sotto il bacino, dei
jeans
chiari e degli stivaletti beige alti fino al ginocchio.
“Tu invece utilizza qualche
magia Amane?” chiese Miel
curiosa.
“Si, sono figlia di una
musa e di un mago del caos, quindi utilizzo
entrambe le magie; ma se devo essere sincera quella del caos
è troppo
pericolosa e la sigillo con questo bracciale”
spiegò alzando il polso sinistro,
adornato da un bracciale con una rosa nera “inoltre la spada
che porto sulla
schiena è magica e aumenta le mie
potenzialità.”
Tutte le ragazze la guardavano
affascinate e Yelle rideva
sotto i baffi.
“Nyaa! Dobbiamo farla
vedere ad Amlach!” gioì Akiko afferrandola
per un polso, “Vieni? Amlach adora le spade sono sicura che
gli piacerà!” le
spiegò contenta supplicandola con gli occhi e Amane non ebbe
il coraggio di
rifiutare; così si ritrovò trascinata dalla gatta
mannara, che non vedeva l’ora
di migliorare l’umore di Amlach, guastatosi in precedenza
dall’arrivo del
vampiro.
“Oh, giusto!”
esclamò Yelle battendosi una mano in fronte,
“Presa dalla vittoria mi sono dimenticata perché
combattevo!” e come un fulmine
volò al fianco di Ashuros, lasciando Miel e Gigi a consolare
Asuna che si
deprimeva per essere l’unica non magica.
“Eccomi!” lo
avvisò atterrando davanti a lui, sotto lo
sguardo vigile di Charlotte, “Ho un sacco di
domande!”
Il vampiro aspettò in
silenzio.
“Mmhh…vediamo…perché
il tuo cuore batte?” chiese perplessa,
ascoltando con il suo udito finissimo il lieve battito proveniente dal
petto
del ragazzo.
“Sono per metà
umano. Posso farne a meno se voglio.”
“Cosa fai per
vivere?”
“Pratico
esorcismi.”
“Hai paura
dell’aglio?”
“Ha un cattivo
odore.”
“Chiese?”
“Nessun problema.”
“Paletto nel
cuore?”
“Nemmeno.”
“Argento?”
“Il mio pugnale
è in argento.”
“C’è
qualcosa di cui hai paura.”
“…no.”
Disse dopo un attimo d’esitazione, ma lei gli
lanciò
uno sguardo scettico.
“Bugiardo.”
Ashuros sospirò.
“Maghi della
luce.” Quella ragazzina non stava zitta un
momento e lui non era abituato a intrattenere conversazioni, anche se
in realtà
non era così spiacevole, anzi le sue reazioni lo
incuriosivano.
“Cosa mangi?” Ecco,
sapeva che sarebbe arrivata anche quella domanda.
“Sangue di
vergini” rispose senza scomporsi.
La ragazza sgranò gli
occhi ma non disse niente, in attesa.
Passarono alcuni istanti di silenzio.
“Eh?” chiese
Yelle infine quasi delusa, “Non mi chiedi come
quelli delle storie ‘Folio zukkiare tuo sancue ?!”
spiegò mettendosi le dita in
bocca a mimare dei canini affilati.
Fu inevitabile.
Per la prima volta da non si
ricordava più nemmeno quanto
tempo, Ashuros scoppiò a ridere.
Charlotte guardò per un
attimo la ragazzina, stupita, e poi
sorrise alla vista del suo maestro che rideva. Davvero.
“No, non berrei mai il
vostro. In realtà posso bere
qualsiasi sangue, ma quello di persone vergini mi consente una forza e
una
resistenza ineguagliabile.”
“Quindi non bevi quello di
umani?” chiese confusa.
“Se posso farne a meno no,
ma una volta al mese o prima di
un combattimento è necessario.”
“Oh…puoi
mangiare i cibi umani?”
“Sì.”
“Qual è il tuo
preferito?” chiese Yelle curiosa, sporgendosi
verso di lui.
Ashuros rimase interdetto, dato che
gli alimenti umani non
gli davano energia non li mangiava quasi mai.
“Non lo
so…” ammise infine.
L’elfa fece una faccia
stupita.
“Come non lo sai?! Il mio
sono le more! Adoro le more! Devo
fartele assolutamente assaggiare! Vieni!” li disse tutta
entusiasta prima di
afferrarlo per un polso e trascinarlo verso Giada, che a pranzo aveva
fatto
crescere delle verdure per la zuppa sotto i suoi occhi.
MA quando arrivò, Edward
frenò il suo entusiasmo.
“Bene, Yelle, siete
arrivati al momento giusto. Dobbiamo
iniziare a prepararci per stasera.” Spiegò e i due
furono costretti a sedersi
in cerchio con gli altri. Al centro stava Ed, davanti ad un modellino
della
fortezza che aveva fatto creare a Fantasy.
“Bene, riepilogando i punti
sostanziali: il castello è a
forma rettangolare, a quattro piani, circondato da un gigantesco parco
dove ci
sono sei ronde concnetriche di sentinelle a gruppi di tre; la mappa
probabilmente sarà nell’ala nord del quarto,
circondata da trappole e guardie.
Domande?”
“Quanti minuti passano
dall’incrocio di due gruppi?” chiese
Miel concentrata; non aveva niente a che fare con la ragazzina bionda
spaventata o imbarazzata degli altri giorni: in quel momento era la
Ladra Nera,
concentrata, fredda, calcolatrice. Aveva una missione e non poteva
fallire
“Cambia di giorno in
giorno, solitamente mai più di venti
secondi.”
“Venti secondi bastano e
avanzano” intervenne Amlach sicuro.
“Ehm…forse per
voi, ma io sono una semplice umana” fece
notare Asuna, agitata al pensiero dell’incursione che stavano
pianificando.
“Ti porterà
Jin.” Decise Edward dopo alcuni secondi di
riflessione, “E’ abbastanza forte e veloce per
stare al passo anche con una
ragazza in spalla.”
Asuna arrossì, ma non
avendo niente con cui opporsi si
limitò a tirare fuori la spada e puntarla al petto del
Dragon Slayer.
“Attento a quello che
fai.” Sibilò facendolo scoppiare a
ridere.
“Come pensate di
entrare?” chiese perplessa Amane dopo aver
analizzato il modellino.
“Ora che abbiamo anche voi
due…” mormorò Miel analizzando
nella mente una serie di schemi.
“Yelle, ce la fai a portare
una persona in volo?” chiese Ed.
“Una ragazza
sì.”
Edward annuì e si
scambiò una veloce occhiata con la Ladra.
“Il piano è
questo” spiegò infine Miel, “Ci
apposteremo su
una albero secolare attaccato alle mura a nord e studieremo le
tempistiche
dell’incrocio delle guardie; alla prima occasione io e Rey,
con Edward e Ashuros,
ci tele trasporteremo in questa camera vuota al quarto
piano.” Disse indicando una
finestra gotica.
“Perchè non ci
teletrasporta tutti Rey?” chiese perplessa
Akiko.
“Purtroppo posso spostare
un massimo di due persone con me.”
Spiegò il ragazzo.
“Ma hai portato anche
Charlotte ieri.” Fece notare Gigi.
“Già ma questa
regola si basa per le persone, lei
è…morta.”
Spiegò leggermente imbarazzato, ma la tata non fece nessuna
piega.
“A questo punto Edward
aprirà la finestra e fonderà le
grate, mentre Ashuros farà un giro di circospezione senza
farsi notare per
analizzare la difesa in quell’ala.”
Continuò Miel imperterrita, mentre i
chiamati in causa annuivano, “Alla seconda occasione tutti
gli altri si
sposteranno di fascia in fascia, muovendosi ad ogni incrocio dei gruppi
di
guardie, non appena si danno rispettivamente le spalle, e nascondendovi
nei
cespugli o sugli alberi. Il punto critico arriva ora: al sesto
incrocio,
dovrete correre sotto la finestra del palazzo; li, Gigi, devi far
crescere un
rampicante fino al quarto piano su cui tutti si arrampicheranno per
raggiungerci. Qualcuno ha problemi ad arrampicarsi?” chiese
infine passando in
rassegna i volti concentrati dei compagni. Quando Asuna fece per alzare
la mano
Jin gliela abbassò.
“Io vi
raggiungerò in volo per ultima, mi serve la
concentrazione necessaria per far crescere una pianta cosi grande in
così poco”
avvisò Giada dopo qualche secondo di ragionamento.
‘Non puoi volare mentre fai
crescere la pianta?”
Gigi fece una smorfia, era rischioso,
se si fosse distratta
un secondo avrebbe potuto fermare l’incantesimo…
‘Hai bisogno per forza di
toccare il terreno?” chiese Miel
come illuminata.
Gigi scosse la testa,
“È una questione di concentrazione”
Miel sorrise vittoriosa.
“Yelle, puoi portare Gigi
in volo? Cosi non perderemo tempo
e tu potrai concentrarti tranquillamente”
“Certo, lascia fare a
me!” disse sorridendo all’angelo che
annui, soddisfatta della decisione.
“Okay, qualche
domanda?”
“Non sarebbe più
sicuro andare a gruppetti?” chiese Jin
acuto, ma Miel scosse la testa.
“Noterebbero il rampicante
di Gigi.”
“Cosa facciamo una volta
arrivate su?” chiese pratica Amane.
“Improvvisiamo”
rispose Shi con un ghigno.
Miel annui, seria, “Non
abbiamo altra scelta…Allora ci
siamo, ultime avvertenze: parlate a segni, muovetevi in fretta e
nell’ombra,
niente d’azzardato, se vi perdete tornate immediatamente qui
e mi raccomando,
niente luci.” Avvisò infine.
“Niente luci?
Oh-oh...” mormorò Gigi preoccupata voltandosi
verso Akiko, che sembrava pietrificata.
“C-come n-niente luci?
nyaaa..” mormorò affranta tendendo
una mano verso Miel.
“Non preoccuparti Akiko ci
sono anche io con te!” la
rassicurò Yuki saltandogli in grembo.
“Mi dispiace ma non
è possibile, tutti gli animali
rimarranno qui con i nostri effetti personali, prendete il minimo
indispensabile.” Spense la sua speranza Edward.
“Ashuros,” chiese
Miel voltandosi verso il vampiro,
“Potresti chieder aCharlotte di rimanere qui ocn
loro?”
Il vampiro annui e la tata annui
anch’essa secondo il volere
del padrone.
“Oh
no…” Akiko sembrava sull’orlo dello
svenimento.
“Guarda il lato positivo,
c’è la luna?” ritentò Giada.
Ma Akiko scossa la testa.
“Stasera
c’è la luna nuova…” disse
disperata facendo sentire
in colpa Miel che aveva fissato il piano quella sera proprio per
garantirsi la
copertura delle ombre.
“Hai paura del
buio?” chiese incredulo Amlach.
La ragazza annui tremante.
“Ma non posso non
venire…ci potrebbe essere la Pietra di
Luna…”
mormorò con fare affranto.
Il licantropo sospirò.
“Ti porterò io,
non c’è altra scelta. Tanto saresti
inciampata comunque e avrei dovuto venirti a recuperare lo
stesso.” annunciò
esasperato, ma senza nascondere un ghigno.
“Davvero?! Grazie
Amlach!” lo ringraziò lei commossa.
“Bravo Fuffy, hai risolto
la situazione!” si congratulò Miel
guadagnandosi un’occhiataccia da mettere i brividi.
“Allora se è
tutto chiaro: in marcia! Dobbiamo arrivare al
posto di blocco prima del tramonto!”
“Andiamo a
piedi?” chiese Rey scettico.
“Non abbiamo abbastanza
cavalli per tutti né tempo per
comprarli…” rispose lei innocente e vittoriosa al
tempo stesso.
Per quella volta l’aveva
scampata.
Arrivarono nei pressi della fortezza
che ormai il carro
della notte aveva già steso il suo velo nero sul mondo,
aprendo le porte
all’oscurità e all’ombra. Il suo mondo,
pensò la Ladra Nera con un sorriso
amaro. Controllando dal tetto della torre su cui era salita per dare
un’occhiata alle strade della città, individuando
eventuali guarnigioni o
ronde, respirò a pieni polmoni l’aria fresca; da
lì poteva controllare tutto,
era padrona di quel mondo dai colori scuri e inquietanti. Non si
sentiva mai
tanto libera quanto lo era in cima ad un torre di notte. Ma non era il
momento
di lasciarsi prendere dall’euforia, aveva una missione. Al
posto di blocco era
andato tutto bene grazie ad Asuna, scambiata per davvero per una
guardia, ma la
parte più difficile arrivava ora.
Con un sorriso apri le braccia e si
lasciò cadere
all’indietro. Con
un ghigno senti dei
gridolini preoccupati e dei sospiri esasperati provenire dal basso.
Invece di schiantarsi contro il
pavimento in sassi della
strada, si tuffò nell’ombra come in una cascata
d’acqua fresca e riemerse da
quella sul muro della torre.
“Non farlo mai
più! Ho preso un infarto!” la sgridò
Gigi
abbracciandola, seguita da Akiko e le altre ragazza.
“Scusate, avrei dovuto
avvertirvi prima…” ridacchiò la Ladra
risistemando una ciocca bionda nel cappuccio del mantello, ora
ricoperto
d’ombra nera, come il resto dei suoi abiti.
“Esibizionista…”
mormorò Amlach rimediandosi un pugno in
testa dalla ragazza.
“Miel, come sono le
strade?” chiese Edward freddo.
“Nessuna ronda, possiamo
andare” lo rassicurò lei, prima di
seguirlo con tutti gli altri verso la fortezza.
Dopo circa dieci minuti giunsero alla
quercia secolare di
cui aveva parlato Ed e in silenzio iniziarono a salire, per ultimi
Amlach e
Akiko che si stringeva con forza alla braccio del ragazzo, terrorizzata.
“Va tutto
bene…” le mormorò Amlach, prima di
issarsela in
spalla e arrampicarsi sull’albero.
Senza il minimo rumore si
acquattarono tra le fronde degli
alberi e attesero.
Passarono dieci minuti ad osservare
le ronde e il
territorio: non potevano commettere errori; poi Edward alzò
prima due dita
della mano destra e poi tutte e dieci.
Ogni venti secondi. Erano stati
fortunati.
Per un attimo i ragazzi si guardarono
tra loro mentre
l’adrenalina accendeva gli sguardi e i cuori palpitavano
impazienti.
Poi due gruppi di guardie si
incrociarono.
Rey si smaterializzò con
Ashuros e l’Assassino.
La Ladra Nera, dopo un ultimo sorriso
d’incoraggiamento,
saltò oltre il muro e cadde nell’ombra.
I quattro ricomparvero in una stanza
arredata in stile
vittoriano e, senza bisogno di parole, agirono; Ashuros
sparì nel corridoio
tanto veloce da sembrare essersi teletrasportato, Miel e Rey si
armarono e
schierarono uno a lato della porta e l’altra a lato di Edward.
L’Assassino corse alla
finestra e apri il vetro, poi pose le
mani sulle grate.
“Poison acid, devours
everything!” sibilò mentre dalle sue
mani colava un liquido corrosivo che scioglieva le sbarre.
Poco più in là,
Amlach, dopo aver visto Edward alla
finestra, fece cenno di partire.
Appena i due gruppi di guardie si
diedero le spalle,
scattarono.
Amalch con Akiko abbarbicata sulla
schiena e Jin con Asuna
in testa, seguiti da Amane e Shi, con Yelle e Gigi che volavano a raso
terra in
retroguardia.
I loro passi affondavano
nell’erba senza far rumore, i
respiri che avrebbero dovuto essere ansanti, erano controllati e
trattenuti.
Passarono tutte le fasce di ronde ed arrivarono al lastricato in pietra.
Amlach e Jin ringhiarono capendo che
rischiavano di farsi
sentire: le ragazze e gli elfi non avrebbero avuto problemi a camminare
in
silenzio, ma loro erano pesanti e avevano anche un carico in
più. Dopo uno
sguardo d’intesa si prepararono all’unica cosa
possibile da fare.
Al momento giusto Gigi
saltò fuori e raggiunse in un secondo
il muro della fortezza, pose la mano sulla pietra fredda del pavimento
e una
gigantesca pianta d’edera iniziò ad arrampicarsi e
inerpicarsi lungo la parete,
seguita in volo da Yelle con tra le braccia Gigi, concentrata
sull’energia
vitale della pianta.
Amlach e Jin presero la rincorsa e
con un salto di due metri
si attaccarono alla pianta senza nemmeno toccare terra. Le ragazze si
lasciarono sfuggire un gemito soffocato.
Per
un attimo di puro
terrore la pianta ondeggiò pericolosamente, ma Gigi
riuscì a mantenerla salda;
allora i due cominciarono ad arrampicarsi, seguiti da Shi e Amane.
In diciotto secondi tutti raggiunsero
la finestra del quarto
piano e Gigi strinse le mani a pugni colpo, cosi che la pianta
avvizzì tornando
ad essere polvere.
Nella stanza i ragazzi tirarono un
sospiro di sollievo e
controllarono di esserci tutti, sani e salvi.
Poi Edward fece cenno ad Ashuros di
parlare.
“L’unica stanza
con delle guardie davanti a controllarla è a
dieci minuti da qui, ma per raggiungerla bisogna attraversare un
corridoio che
ha tutta l’aria di essere pieno di trappole.” Li
informò il vampiro.
“Bisogna stordirle prima
che diano l’allarme…” mormorò
la
Ladra, che quasi si confondeva con l’oscurità
della stanza.
“Prima bisogna disattivare
le trappole.” Fece presente Rey,
“Se c’è dell’argento posso
bloccarle ma…”
“Andremo io, Shi ed Ashuros
per primi, gli altri ci seguano
e si preparino al combattimento, dev’essere il più
rapido e silenzioso
possibile” avvisò Edward.
Tutti annuirono e lo seguirono fuori
dalla porta.
Il corridoio che percorsero aveva il
pavimento ricoperto di
moquette a facilitare i loro movimenti e nessuna luce accesa. Sembrava
un posto
stregato.
Akiko conficcò le unghie
più a fondo nel braccio di Amlach
che a stento soffocò un gemito. Se non fosse stata cosi
spaventata e indifesa
le avrebbe urlato contro ogni genere di insulto: probabilmente gli
sarebbero
rimaste le cicatrici.
Finalmente arrivarono destinazione,
dopo aver attraversato
un dedalo di corridoi che faceva pensare al labirinto (Miel si sarebbe
persa in
trenta secondi se Rey non l’avesse afferrata per un polso e
trascinata con sé),
e Ashuros fece segno di guardare nello specchio posto sulla svolta alla
fine
del corridoio: c’erano riflesse sei guardie armate fino ai
denti.
Poi lui, Shi ed Edward, lentamente e
con cautela iniziarono
a camminare nel tunnel degli orrori.
La prima trappola a scattare, fu una
piastrella sul
pavimento che Shi calpestò inavvertitamente e nonostante il
suo peso elfico la
attivò: nei muri opposti si aprirono due cavità
da cui uscirono due draghi in
ottone che ruggirono due vampate di fuoco contro il ragazzo.
A stento Gigi trattenne unna risatina
quando vide Shi,
perfettamente illeso nonostante tutto quel fuoco grazie a delle fiamme
che lo
avvolgevano, guardare come un critico d’arte osserva un
quadro particolarmente
brutto, il muso del drago, per poi creare un’alabarda di
fuoco e, ghignando,
decapitarlo. Stessa cosa ripeté con l’altro.
In seguito Edward fece scattare un
altro trabocchetto per
cui dall’alto cadde una gigantesca palla di metallo sul
ragazzo, che però la
prese al volo e la corrose con il suo acido.
Infine Ashuros innescò un
marchingegno per cui dal pavimento
emersero di scatto degli spuntoni di ferro, che evitò
abilmente per poi
piegarli uno ad uno in modo che non potessero trafiggere nessuno.
“Di sicuro non erano difese
anti-maghi…” pensò la Ladra
divertita.
Tutto il gruppo attraversò
illeso il corridoio e si
prepararono a combattere.
I ragazzi stavano già
dicendo qualcosa di inutile come:
“Ragazze state indietro che ci pensiamo
noi…” quando Gigi, Amane, Yelle, Asuna
e Miel si slanciarono in avanti superandoli di scatto.
Sotto lo sguardo scioccato dei
compagni, Miel creò dei
tentacoli d’ombra che strozzarono due guardie, Gigi mise in
atto un combo con
Yelle e il loro vento fece volare a sbattere altre due contro il muro,
tramortendole, Amane, con la cetra, fece apparire dal nulla un masso
gigante
sulla testa del suo avversario, con consequenziale spiaccicamento a
frittella e
Asuna si limitò a trafiggere l’ultimo nemico.
“Di certo non sono donzelle
indifese…” mormorò Jin con un
sorriso mentre guardava le ragazze scambiarsi un cinque e dei
complimenti.
Shi deglutì per il terrore.
“Entriamo?”
chiese Yelle impaziente guardando la porta.
Edward fece per andare a sciogliere
la maniglia ma Amane,
più pratica, sfondò direttamente la porta,
beccandosi coloriti insulti dal
ragazzo, e tutti si riversarono nella stanza.
Era una camera ben arredata, con
tappeti persiani, armatura
medievali, arazzi, quadri, ma, cosa più importante, al
centro c’era una teca
dove, su un cuscino di velluto rosso, giaceva la mappa.
I ragazzi si sparpagliarono ad
osservare meglio tutte quelle
decorazioni, anche Akiko rassicurata da due torce appese alla parete,
lasciò
libero il braccio di Amlach che aveva assunto uno strano colorito
violaceo;
Miel e Rey invece si precipitarono alla teca e, nella speranza di non
far
scattare allarmi, la Ladra infilò la mano
nell’ombra del piedistallo e la fece
riemergere dentro la teca, dove afferrò la preziosa
pergamena per poi portarla
fuori.
Fu un attimo.
Asuna stava guardando
un’armatura medievale, affascinata
dalla grande spada che teneva ritta tra le due mani.
Fece un passo avanti e il pavimento
fece un sinistro
“Click!”.
Tutti si voltarono verso di lei
pietrificati
Un cavo in fero emersa da buco e
blocco i piedi della
ragazza.
La lama della spada calò
su di lei.
Asuna chiuse gli occhi e una forte
spinta la fece cadere a
terra, battendo la testa.
Qualcosa di caldo le colò
lungo la fronte.
Di scatto apri gli occhi e si
ritrovò faccia a faccia con
due caldi occhi nocciola.
“Jin!”
esclamò in un rantolo, vedendo dalla schiena del
ragazzo spuntare la lama che avrebbe dovuto ucciderla. Dalla bocca del
ragazzo
colava un rivolo di sangue, ma sorrise.
“Devi fare più
attenzione a dove cammini piccola guardia!”
la prese in giro.
“Jin!!” tutti si
precipitarono verso i due ragazzi.
Amlach, con decisione divelse
l’arma dal corpo dell’amico, strappandogli
un gemito e con Rey lo adagiò sul pavimento a pancia in
giù, mentre Edward
scioglieva il cavo che aveva imprigionato Asuna.
“Mi-mi dispiace
Jin…” iniziò a singhiozzare lei,
correndo a
fianco del ragazzo.
Akiko vedendo la spada coperta di
sangue in mano ad Amlach
si accasciò.
“La
prossima sei tu
ragazzina!” sghignazzò l’uomo che
incombeva su di lei, accucciata a terra,
alzando la spada per colpirla. Intorno a lei urla di disperazione,
fuoco,
pianti e sangue. Sangue ovunque.
Terrorizzata
chiuse
gli occhi, piangendo per l’assassinio dei suo genitori,
avvenuto davanti a lei pochi
attimi prima.
Ma il colpo
non arrivò.
Aprì
gli occhi di
scatto.
Due occhi
cioccolato,
identici ai suoi, la guardarono con dolcezza.
“Misaki…”
mormorò con
gemito strozzato, dalla pancia della ragazza davanti a lei emergeva la
punta di
una spada insanguinata. Lo stesso sangue che gocciolava sul suo volto.
Il
sangue di sua sorella.
Il corpo di
Misaki
cadde riverso sul terreno e l’uomo sghignazzò
ferocemente, prima di estrarre la
spada dal corpo e leccare il sangue sulla lama.
Ma lei non
distoglieva
gli occhi da quelli della sorella.
“Che
peccato…era cosi
carina….avremmo potuto giocarci un
po’…” Sogghignò scoprendo i
canini.
“Che
fai piangi?!”
urlò una voce rude e malvagia a dietro di lei, ancora
paralizzata.
Una frusta
la sfregiò
la schiena.
“Scusa…Kiko…”
mormorò
Misaki prima che nei suoi occhi l’ombra della morte divorasse
la luce che aveva
sempre illuminato le loro giornate.
“MISAKIIIIIIIIIIIIII!!!”
un urlo di dolore straziante riecheggiò nel villaggio e una
luce accecante
spazzò via ogni cosa.
“Akiko! Akiko!”
Amlach la scuoteva preoccupato insieme a
Gigi.
Cosa…?” poi
ricordò tutto e vide Jin accasciato e circondato
dagli altri. In un angolo si dimenava Ashuros, legato con alcune catene
create
da Amane, con seduto in grembo Yelle, che parlava a macchinetta di
tutto e un
po’ nella speranza di calmarlo e distrarlo dal sangue.
Non era il momento essere deboli o
perdersi in ricordi; con
forza asciugò le lacrime che le rigavano le guance e sorrise
ai suoi amici.
“Tutto
bene…” mormorò alzandosi in piedi
barcollante.
Amlach e Gigi si guardarono un
attimo, ma infine raggiunsero
Jin con Akiko senza chiedere nulla.
“È tanto
grave?” chiese Amane scrutando la ferità del
ragazzo, che ansimava per il dolore.
“La ferita è
molto profonda…” mormorò Edward.
“Posso guarirlo
io!” assentì sicura Miel avvicinandosi. Una
strana luce era accesa nei suoi occhi. Paura?
“Rey fermala!”
urlò Amlach e subito Rey le bloccò le braccia
dietro la schiena, allontanandola dall’amico.
“Mollami Rey!! Cosa fai?!
Posso aiutarlo!” iniziò a
dimenarsi la ragazza. Il biondo lanciò un’occhiata
dubbiosa al licantropo, ma
lo sguardo che gli rivolse lo convinse a rafforzare la presa.
Edward allora prese le redini del
comando.
“Ho un’amica che
abita a dieci minuti da qui, è imbattile
con le erbe curative!” sentenziò
“Rey prendi Jin, noi
andiamo per primi teletrasportandoci a poco
a poco; Miel guida gli altri là.” Disse prendendo
per i piedi il ragazzo, che
per il dolore iniziò a lanciare una serie di insulti al
mondo e all’amico
impressionanti.
Poi vide lo sguardo terrorizzato
della ladra e si ricordò
del suo piccolo problema orientativo.
“Scusa, come non detto.
Amlach prendi questo sacchetto, ha
il suo odore: rintracciala” disse lanciandogli un sacchettino
in iuta. Il
licantropo annuì.
In un attimo i tre sparirono.
“Okay, Yelle, Gigi, portate
Amane, Asuna e Akiko oltre le
mura.”
Le ragazze annuirono e
l’angelo spiegò le ali afferrando
Akiko e Asuna. Per lei non era un problema il peso, le sue ali erano
forti
abbastanza per tre e nel caso si sarebbe aiutata con il vento.
“Ma voi come
farete?” chiese la gatta mannara preoccupata.
“Ce la caveremo,
andate!” le cinque presero il volo nella
notte senza farselo ripetere.
“Ora ladruncola, siamo
nelle tue mani.” Disse serafico
Amlach mentre si dirigeva verso Ashuros che ancora si dibatteva
guardando
assetato la spada piena di sangue.
Con un ghigno stampato sul volto gli
tirò un pugnò in pieno
viso, così forte da mandarlo k.o.
“Charlotte ti
ucciderà.” Ghignò Shi.
“Quella non può
dire niente, già che gliel’ho salvato”
disse
sprezzante caricandoselo in spalla.
“Che
schifo…” mormorò poi.
Intanto la ragazza aveva collegato il
cervello e capito cosa
voleva da lei Amlach.
“Te lo puoi scordare Fuffy!
Non posso!” rifiutò con un velo
d’isteria nella voce, allontanandosi di scatto.
“Sono sicura che ce la
farai. Ce la devi fare.”
“No!”
urlò lei.
“Non abbiamo
scelta”
Miel lo guardò per un
attimo: aveva ragione.
“Poi non venirti a
lamentare con me se qualcosa va storto
chiaro?” lo fulminò, ma in realtà
tremava.
“Scusa, ma
cos’è che staresti per fare?” chiese Shi
non
capendo il discorso tra i due.
“Portarvi con me
nell’ombra.” Lo gelò lei.
“Non mollate mai la mia
mano, non fermativi, non toccate
nulla e trattenete il respiro. Chiaro?” i due annuirono.
Allora la Ladra si calò il
cappuccio sul viso e afferrò le
mani dei due compagni.
Tre persone. Avrebbe dovuto portare
con sé tre persone!
Le venne una voglia matta di ridere
istericamente.
“Andiamo!” e
prima che potesse ripensarci si gettò nelle
ombre trascinando con sé i compagni.
E in un attimo furono nel Regno delle
Ombre.
Era come vedere il mondo in nero. E
basta. Solo nero.
Eppure si distinguevano le cose,
anche se distorte, vive,
macabre.
Fruscii e sibili si agitavano
nell’oscurità.
O erano
l’oscurità?
Niente era più certo,
niente era più conosciuto, niente
aveva più luce.
La Ladra Nera iniziò a
correre.
I ragazzi non capivano, non
riconoscevano.
Ma lei sì. Era il suo
mondo. L’unico in cui non si perdeva.
L’unico a cui apparteneva.
I compagni la stringevano con forza,
in preda a terrori sconosciuti
e ascoltavano con ansia i suoi ansiti, i suoi respiri affaticati nel
terrore
che scomparissero.
Lì non c’erano
regole, tempo o qualsiasi altra cosa che
potesse dargli una certezza.
Si sentivano abbandonati, persi.
Poi una luce improvvisa
squarciò le tenebre.
La Ladra le corse incontro senza
esitazione.
“Come avete
fatto?” Amane era scioccata: erano appena
atterrate quando dall’ombra della quercia era uscita Miel con
gli altri tre al
seguito.
Amlach lasciò cadere per
terra Ashuros e crollò in
ginocchio, Shi si trattenne a stento dal vomitare e Miel si
accasciò appoggiata
al tronco.
“Cosa succede?!”
chiese Yelle correndo verso di loro,
preoccupata.
“È-è
stato…” ma le parole morirono in gola a Shi. Non
esistevano parole per descrivere quello che aveva visto e provato.
“Siamo passati nel Regno
delle Ombre.” Spiegò Amlach
rialzandosi in piedi a stento.
Le ragazze li
guardarono scioccate
ma non osarono fare altre domande. Non avevano mai visto quelle
espressioni sul
loro volto e non credevano potessero mai mostrarle.
“Miel come
stai?” chiese poi il licantropo
avvicinandosi alla ragazza, “Ce l’hai fatta, siamo
tutti interi siamo…” un
ceffone in pieno viso colpì il ragazzo.
“IDIOTA!”
urlò mentre lacrime gli
scendevano lungo le guance, “Non chiedermelo mai
più Amlach! Mai più!!
Chiaro?!” continuò ad urlare prima di ricadere
seduta a terra in lacrime.
Lui non
l’aveva sentito.
Lui non aveva sentito
l’oscurità
chiedere sangue e nutrimento.
Non aveva sentito
mani trattenerlo
e tirarlo per i vestiti nella speranza che sbagliasse strada.
Non aveva sentito
voci di bambini,
anziani, amici supplicare perché lasciasse andare la loro
mano.
Con grande sorpresa
di tutti,
Amlach non si infuriò ma passo una mano tra i capelli della
ragazza.
“Scusa.”
Glielo aveva raccontato,
una volta, cosa accadeva quando varcava con estranei le porte
dell’oscurità,
dopo che per salvarlo lo aveva portato con lei. Sapeva che questa volta
avevano
rischiato davvero tanto.
Lei annuì
e continuò a piangere,
mentre le amiche le si raccoglievano intorno consolandola e cercando di
calmarla.
Dopo alcuni minuti,
in cui sia Shi
che Ashuros si furono ripresi, Amlach ricordò loro che
dovevano andare e tutti
si misero in cammino dietro di lui, che fiutava l’aria come
un segugio. Miel,
non riuscendo a camminare, aveva evocato Talita e le stava in groppa
con Akiko,
entusiasta ma preoccupata che l’amica crollasse durante il
tragitto.
Ashuros se ne stava
in fondo alla
fila, chiuso nel suo silenzio e si stava maledicendo in ventinove
lingue
diverse per ciò che era accaduto, quando Yelle gli
svolazzò al fianco.
“Stai
meglio?” gli chiese
preoccupata.
Lui annuì.
“Tieni”
disse poi prendendogli una
mano e appoggiandoci dentro quattro o cinque frutti scuri,
“More! Me le sono
fatte creare da Gigi! Ti rimetteranno in forze!”
Ashuros
evitò di ricordargli che
non gli davano energie e le mangiò davanti al suo sguardo
carico di
aspettativa.
“Sono
buone.” Disse infine con
l’accenno di un sorriso e di una luce negli occhi rossi.
“Lo sapevo
che ti sarebbero
piaciute!! Le more sono troppo buone per non piacere! Anche i mirtilli
in
realtà sono buoni ma…” e si
lanciò in una dettagliata descrizione dei suoi cibi
preferiti, camminando seguita da Ashuros che la ascoltava in silenzio,
completamente dimentico di ciò che era accaduto poco prima.
Finito!
Su non fate quelle facce!
Ora metto le immagini dei nuovi oc!
Amlach:
Gigi: e
il bracciale
Amane:
http://instagram.com/p/bv9UMnn6Az/# e
|
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Capitolo 5 *** Non mi sono persa! Forse... ***
Yoooo minnaa!
Eccomi
già qui! Alla faccia di andry, ho pubblicato anche io in
tempo record
nonostante l’inizio della scuola (per i miei standard) ;P
Allora, passando al
capitolo: non mi convince. E’ noioso, corto e banale, inoltre
mi scuso perchè ho usato molto poco gli oc maschi, gomeeeee!
Allora perché pubblicarlo
lo stesso”? Chiederete voi! Perché sono riuscita a
inserire tutti e sei gli oc
mancanti, quindi dalla prossima volta si va solo di avventura! Yuppy!
*cri cri,
cri cri* Okaaaaay, sappiate che con l’aggiunta dei nuovi oc
mi sono venuti
dubbi sulle coppie che avevo formato, quindi dopo una lunga riflessione
ho deciso
di accoppiare Ashuros con Amlach, Edward con Jin, Shi rimane single e
Rey si fa
un harem con tutte le ragazze.
…
Scherzo,
l’ultima cosa
su cui ho dubbi sono le coppie XD Però sarebbe stato
divertente vedere le
vostre facce se scrivevo una AxA o una ExJ XD Rey fa sapere che a lui
l’idea
piace :D
Bene a questo
punto…
Buona lettura!
Non mi sono
persa!
Forse…
Fu dura ma
alla fine, di salto spaziotemporale di salto spaziotemporale, Rey ed
Edward con
a carico Jin, che a ogni spostamento lanciava imprecazioni da far
impallidire
gli amici, arrivarono a destinazione. Era una casa grande ma modesta,
costruita
in pietra a cui tenacemente si aggrappava un’enorme pianta
d’edera e con il
tetto di tegole rosse, e nonostante l’ora tarda le luci erano
ancora accese.
Ad un cenno
di conferma di Ed i due si lanciarono su per gli scalini e fecero per
bussare
alla porta, tutto questo cercando di sballottare il meno possibile il
ferito.
Ma ancora
prima che le loro nocche raggiungessero il battente in ottone affisso
sul legno
scuro d’ebano, la porta si aprì di colpo,
mostrando una donna anziana dai
lunghi e selvaggi capelli blu scuro striati di grigio a boccolo e dai
grandi e
taglienti occhi ghiaccio.
“Puntuale
come sempre…” mormorò dando
un’occhiata di sfuggita alla pendola attaccata al
muro della piccola anticamera.
“Noi...”
attirò la sua attenzione Edward.
“Cosa
ci
fai ancora qua Edward?! C’è un letto pronto per il
tuo amico nella stanza a
destra in fondo al corridoio, non fate troppo rumore che abbiamo un
altro
ospite!” li sgridò sbrigativa facendosi da parte
per farli passare.
I due dopo
essersi lanciati delle occhiate perplesse entrarono di soppiatto e
giunsero
alla camera, dove adagiarono l’amico che a malapena rimaneva
cosciente sul
letto a destra, perché quello di sinistra, come
anticipatogli dalla signora,
era occupato da un ragazzo con i capelli biondi a punta,
così scompigliati da
far credere che un animale li avesse scelti come suo nido, dalla
carnagione
abbronzata e il fisico asciutto ma non eccessivamente muscoloso, che
dormiva
beatamente, sfregandosi di tanto in tano l’occhio destro
attraverso cui passava
una cicatrice lunga fino alla guancia.
“Taraaaaa!
Sono arrivati Edward e i ragazzi di cui ti ho parlato!”
urlò la signora dal pianerottolo
delle scale, alla faccia del silenzio.
Immediatamente
si catapultò giù una ragazza alta e magra ma non
troppo prosperosa, come si
poteva notare grazie al corsetto blu e nero, con lunghi e mossi capelli
neri
dalle punte blu e due occhi azzurro ghiaccio ancora più
chiari di quelli della
signora; nonostante i sandali neri col tacco alto, che si potevano
notare grazie
all’ondeggiare della lunga e ampia gonna in seta bianca con
alcune cinture nere
incrociate da cui pendevano varie bisacce, arrivò illesa e
in perfetto
equilibrio alla camera del malcapitato. Qualcosa che Akiko e Miel non
si
sarebbero neppure sognate.
“Ciao
Ed,
amico di Ed! Parliamo dopo della missione, ora devo occuparmi di
lui.” Disse
sbrigativa con l’accenno di un sorriso prima di cacciarli
fuori dalla porta e chiudersi
dentro con Jin.
Per un
attimo Rey e l’assassino rimasero impalati davanti alla
porta, poi, in sincrono
si girarono verso la signora.
“Potrebbe
spiegarci come sapeva che saremmo arrivati e a cosa si riferiva quella
che
penso sia Tara con ‘la missione’?” chiese
cauto Rey con un sorriso gentile,
mentre Edward alzava un sopracciglio perplesso.
“Laila.”
Ripose lei serafica facendogli cenno di seguirla, per poi farli
accomodare in
un salottino arredato spartanamente ma con buon gusto.
“E
chi
sarebbe Laila?” insistette Rey, diffidente.
“La
nonna
di una vostra compagna di viaggio, Asuna. È una maga e
prevede il futuro. Ha
avuto una visione e mi ha spiegato che sareste venuti qui a
quest’ora per farmi
guarire un vostro amico, che eravate sulle tracce della Fairy Heredity
con Jin
Mashima e che avete bisogno di compagni.” Spiegò
con tranquillità mentre
sorseggiava una tazza di tè. Con sgomento i ragazzi notarono
che sul tavolo
c’erano già due tazze pronte e capirono che la
signora non stava mentendo.
“Signora…”
“Akane,
grazie. Non sono ancora così vecchia da essere chiamata
signora.” intervenne
lei piccata.
“…Akane”
riprese Rey, con l’ombra di un sorriso sul volto, di certo
era un tipo
interessante “ci sta dicendo che sua…”
“Nipote.”
“…nipote
Tara vuole venire con noi?” riuscì a chiedere
infine Rey.
“Esattamente.
È una curatrice eccezionale e il viaggio che state compiendo
è pieno di
pericoli, inoltre sa più che difendersi da sola.”
“È
una
mannara.” Aggiunse sintetico Edward per chiarire.
Rey
spalancò gli occhi e poi fece un sorriso magnetico ad Akane.
“Sarà
un
onore averla con noi.” Disse chinando lievemente il capo.
La signora
scoppiò a ridere.
“E
questo
dove lo hai trovato Edward?!” l’interpellato
ghignò, ma Rey non si scompose e
rise anche lui.
“Comunque,
vi consiglio di prendere con voi anche l’altro ragazzo che
mia nipote sta
curando” aggiunse poi tornando seria e appoggiando la tazza
sul tavolino, “Non
so chi sia, l’abbiamo trovato qualche giorno fa gravemente
ferito, ma il suo
potere è pari ai vostri e il suo cuore nonostante in alcuni
punti sia nebuloso
è sicuramente puro.”
“Akane
riesce a vedere i poteri, le capacità e il cuore
altrui.” Anticipò Edward, Rey
nuovamente.
“Allora
credo proprio che saranno dei nostri!” annunciò
illuminandosi il biondo, ma gli
occhi iniziarono una schermaglia di occhiate con la signora.
Perché lei aveva
visto...
“Bene,
non
avrei accettato un no.” intervenne una voce alle spalle dei
ragazzi, “Di solito
non mi fido degli sconosciuti ma se mia nonna mi dice che posso venire
con voi
allora non ho problemi.”
I due si
girarono e si trovarono faccia a faccia con Tara, un lieve strato di
sudore le
imperlava la pelle ma sorrideva.
“Piacere
Tara
Kurokami, Jin sta bene” si presentò a Rey, che
fece lo stesso e non si stupì
che il suo compagno dongiovanni nonostante ferito avesse cercato di
fare
amicizia, “Certo, avrei preferito che non accettaste anche
l’idiota
pervertito…”
“Chi
è
l’idiota pervertito?!?” chiese il ragazzo biondo
che avevano visto poco prima
nella camera di Jin, fingendosi offeso e comparendo alle spalle della
ragazza.
Tara
alzò
gli occhi al cielo.
“Shoichi
cosa
non capisci di ‘devi stare a…VATTI A RIVESTIRE
PERVERITO!” urlò la ragazza
arrossendo, che, voltatasi, si era accorta che il ragazzo era solo in
intimo.
“Non
ho
capito dove li hai messi…” disse con fare
innocente, sbattendo gli occhi color
del mare, entrambi luminosi: nonostante la cicatrice non era ceco da un
occhio
come Edward o Amlach.
Una grossa
vena iniziò a pulsare sulla fronte della ragazza, che con un
calcio colpì il
ragazzo qualche centimetro sopra l’addome fasciato.
“Mia
piccola infermierina non colpirmi, sono ferito.”
Cercò di mediare con voce
lamentosa indietreggiando e senza perdere il suo sorriso, cosa non da
tutti
visto l’impronta del tacco ancora impressa sulla sua pelle.
“Infermierina?!
INFERMIERINA?!?” urlò inviperita, mentre le punte
dei capelli cominciavano a schiarirsi
in un azzurro più chiaro.
“Tara,
calmati. Shoichi, la tua camicia bianca e il gilet marroncino sono
stesi ad
asciugare, i pantaloni neri sono piegati alla fine del letto e le
scarpe sono
sotto. Per favore rivestiti o torna a letto.” Li
sgridò entrambi senza
scomporsi Akane; subito Shoichi perse il ghigno malizioso e le sorrise
prima di
sparire per il corridoio con un “Sissignora” mentre
le punte dei capelli di
Tara tornarono blu.
“Mia
cara,
dovrai fare qualcosa questa tua indole selvaggia, almeno sfogala fuori
da
questa casa: sfidalo a duello quando guarisce oppure prendi a calci un
albero o
un qualcosa di simile.” La rimproverò bonaria la
nonna, lei era anche peggio da
giovane.
“Voi
due
invece, potete sistemarvi nelle camere degli ospiti su di
sopra” li informò poi
con tranquillità.
“Veramente
tra poco dovrebbero arrivare i nostri compagni e…”
cercò di spiegare Rey.
“Mi
dispiace ma arriveranno domani mattina, a quanto pare si sono persi. Mi
ha già
avvisato Laila.”
“Persi?!”
mormorò Rey sotto shock, poi si passò una mano
sul viso esasperato.
“Dannazione
Miel! Non posso lasciarti sola un secondo!”
borbottò prima di alzarsi dalla
sedia e fare un breve cenno ad Akane.
“Mi
dispiace, anche se credo che lei lo sappia già, ma devo
rifiutare la sua
ospitalità per andare a cercare i miei compagni.”
La signora
annuì.
“Edward,
per favore tu rimani qui, per sicurezza.” Gli disse poi
aprendo la porta di
casa, il ragazzo gli lanciò un’occhiata
interrogativa, ma Rey scosse il capo e
si lanciò fuori.
Effettivamente,
ripensandoci in quel momento, non era stata una grande idea. Per niente.
“Miel,
dì
la verità, ci siamo perse.” Chiese infine Amane
esasperata.
Un aura
nera avvolse la ragazza fra le sue spire.
“N-non
deprimerti Miel…può capitare a tutti uno
sbaglio…” cercò di consolarla Akiko,
mettendole una mando sulla spalla.
“È
vero! E’
successo anche a me spesso di perdermi, ma capita a tutti. Ognuno ha i
suoi
difetti, se non avessimo difetti il mondo mi farebbe paura. Non sarebbe
spaventoso un mondo senza difetti?! E…”
“Yelle
risparmiaci…è un momento
critico…” intervenne sbadigliando Gigi.
“Speriamo
che Jin stia bene…”mormorò Asuna, fra
senso di colpa e preoccupazioni.
Erano
passate due ore da quando erano usciti dalla fortezza,
mezz’ora da quando si
erano separati dai ragazzi; l’idea era stata di Miel: un
gruppo sarebbe corso a
recuperare Charlotte con i cuccioli, l’altro sarebbe corso da
Jin; ovviamente
tutte le ragazze avevano voluto andare dal loro amico, nella speranza
anche di
trovare un letto dove riposare, quindi Amlach aveva spiegato nei minimi
dettagli alla Ladra in che direzione dovevano andare e per quanto
camminare e
poi era corso via con gli altri ragazzi. E questo fu il grande errore
di
strategia del Comandante Lumbar: sopravvalutare Miel e pensare che ce
l’avrebbe
fatta ad arrivare da sola senza una mappa, senza contare che era ancora
k.o.
per il viaggio tra le ombre. Invece si erano perse. Decisamente perse.
Per farvi
capire meglio la drammatica situazione, erano in una stradina in mezzo
ai
campi, nel buio più totale e nel pieno della notte, quindi
senza possibilità di
incrociare un passante, senza cibo o coperte per accamparsi, nessuna
idea su
dove si trovassero, circondate solo dal frinire dei grilli e dai i
sospiri
spaventati di Akiko, che ancora in groppa a Talita, si stringeva il
più
possibile a Miel.
Inoltre erano
tutte stanche morte e in semi catalessi.
Una
catastrofe.
“Cosa
facciamo ora?” chiese Amane, sedendosi a terra, subito
imitata da tutte le
altre.
“Potremmo
provare a mandare dei segnali!” propose Yelle esaltata,
l’unica a riuscire
ancora a parlare ininterrottamente.
“Siamo
ricercate da questa sera, non mi sembra una buona idea.” La
freddò Gigi
sbadigliando.
“Potremmo
tornare indietro.” Tentò Akiko saggiamente.
“Mi
sa che
è l’unica opzione…”
assentì Asuna facendo per alzarsi, ma poi guardandosi
intorno si accorse del grande errore che avevano commesso.
Per
fermarsi avevano aspettato di trovare uno spazio abbastanza largo,
peccato che
non si fossero accorte che lo spazio in questione fosse un crocicchio
circolare.
“Da
dove
siamo venute?” chiese mentre il panico incominciava a
strisciarle dentro.
Le ragazze
si guardarono intorno sperdute, contando ben sei strade diverse.
“Miel?!”
provò Asuna.
La Ladra si
girò con gli occhi allucinati per il sonno, lo sguardo di
chi è sull’orlo di
una crisi isterica e le guance arrossate dall’imbarazzo.
“Non
lo so!
Non lo so! Io non sono capace di orientarmi senza una mappa, anzi, a
volte
nemmeno con quella!!” esplose prima di tuffare la testa tra
le ginocchia che
aveva tirato al petto.
“F-fa
niente...” mormorò Asuna temendo di averle dato il
colpo di grazia, mentre
Akiko ancora una volta le accarezzava i capelli sorridendo comprensiva.
“Aspettate!
Provo a guardare dall’alto!” spiegò
Yelle esultante prima di alzarsi in volo,
avvolta di spire di vento con le braccia semi aperte per mantenersi in
equilibrio.
Con un
elegante giravolta guardò prima a destra, poi a sinistra,
poi di nuovo a destra,
poi di nuovo a sinistra; infine riappoggiò a terra le punta
dei piedi.
“Da
entrambe le parti, dopo un’infinità di campi, ci
sono due paesi, ma non saprei
dire qual è quello da cui siamo venute.”
Spiegò delusa scatenando un coro di
sospiri esasperati e delusi.
“Siamo
fregate. Ed è tutta colpa mia…”
mugolò affranta Miel prima di seppellire il
viso nella pelliccia di Talita che, stanca, si era addormentata vicino
alla
ragazza.
“Scusa
avete bisogno di un aiuto?” chiese una voce cristallina e
sconosciuta. Subito
le ragazze balzarono in piedi, mettendosi in difensiva. Ogni traccia di
stanchezza lavata via dall’adrenalina causata dalla paura,
come le impronte sul
bagnasciuga dalla mareggiata. Chi se ne andava in giro di notte, se non
ladri,
assassini o bande di pazzi?!
Dall’oscurità
emerse una figura eterea: una ragazza alta e magra, dalla pelle diafana
e i
lisci e lunghi capelli candidi come la neve, fasciata in un lucido
abito in
seta e raso nero, il cui corpetto senza spalline riusciva a non
penalizzare la
scarsezza del seno, e la gonna ampia a balze che davanti si fermava a
metà coscia
mentre dietro scendeva fino a sfiorare terra metteva in risalto le sue
gambe da
modella. Ma ciò che più attirava
l’attenzione erano i grandi e magnetici occhi
rosso sangue.
Miel
arricciò il naso: sapeva di…Ashuros.
“Vampiro…”
mormorò indietreggiando e ordinando con una mano a Talita di
sparire.
“Non
voglio
farvi del male!” si precipitò a dire la ragazza
alzando una mano come per
toccarle ma che poi ritirò notando i loro sguardi
diffidenti, “Voglio solo
aiutarvi…” mormorò accennando un
sorriso che mise in mostra i canini affilati.
“Davvero?
Grazie mille, sei molto gentile!” rispose subito Akiko
precipitandosi verso la
ragazze, nonostante le occhiatacce d’avvertimento delle
compagne.
“Lo
sapevo…” bisbigliò Gigi dandosi una
manata in fronte.
“Io
sono
Akiko Tsuki è un piacere conoscerti!” disse
allegra tendendogli una mano.
Dopo
qualche secondo la ragazza ricambiò la stretta sorridendo.
“Il
piacere
è mio. Aria Leto” si presentò.
“E io
sono
Yelle!” sbucò l’elfa dalle spalle della
compagna ridendo.
“Quella
che
volava?”
“Sissignora,
sono una maga! Visto che forza? Ma come hai fatto a vedermi?”
chiese senza
respirare neanche una volta.
“I
vampiri
ci vedono molto bene.”
“Anche
io
ho un amico vampiro e anche lui ci vede bene, si chiama Ashuros
e…”
“Yelle!”
la
rimproverò Amane, “Scusala, parla troppo. Sono
Amane Chou e quelle dietro di me
sono Giada Angels e Miel.” Spiegò poi rivolta alla
vampira.
“Avete
una
storia davvero interessante…” mormorò
facendo vagare lo sguardo da una ragazza
all’altra, come persa in se stessa.
“Scusate!”
disse subito dopo imbarazzata, “Non volevo sbirciare nelle
vostre menti è
che…sapete, di questi tempi non è facile fidarsi
di sconosciuti…” spiegò.
“Non
preoccuparti…” disse Akiko, nonostante si vedesse
forse nervosa.
Miel si era
completamente paralizzata
Intuendo il
malinteso la vampira iniziò a gesticolare ancora di
più.
“No!
Non ho
guardato il vostro passato! Non mi permetterei mai! Inoltre posso solo
guardare
quello che pensate al momento, e alcune di voi stavano pensando a come
tornare
da Rey e all’avventura e…” la sua voce
si spense in un mormorio indistinto.
“Oh,
scusa,
non volevamo metterti a disagio.” Disse finalmente Miel
sorridendole.
“Fa
niente,
è colpa mia!” si riprese la ragazza, “Vi
andrebbe di venire da me per la notte?
Sarete stanche e io sono molto interessata alla vostra
avventura” propose
gentilmente e con briciolo di nervosismo.
Le ragazze
si guardarono tra loro, poi Yelle e Akiko saltarono al collo della
vampira.
“Certo!!
E
grazie mille per l’aiuto! Ci farebbe piacere averti con noi!
...”
“Un’altra
vampira!! Che forza!! Mi affascinano i vampiri! E tu lo sei per intero
ma…”
entrambe iniziarono a parlarle entusiaste in contemporanea, mentre
Aria,
confusa ma felice cercava di rispondere alle loro domande e allo stesso
tempo
di condurre le altre, in coma per la stanchezza, verso casa sua.
Camminarono
per un'altra decina di minuti, superando i campi e inoltrandosi in una
bosco
fitto, prima di arrivare ad una radura al centro del bosco dove sorgeva
una
piccola ma deliziosa casetta in stile gotico circondata da cespugli di
rose
rosse e bianche, attorno cui danzavano mille lucciole, donando un
fascino
incantato e fiabesco a quel luogo.
Le ragazze
senza parole per lo stupore la seguirono verso la casa e Aria
aprì la porta
facendo loro cenno di entrare. Dentro era altrettanto bella: le pareti
erano adornate
con quadri stupendi e perfetti, in angolo del salotto con poltroncine e
divanetti rossi dalle rifiniture bianche c’era un cavalletto
con una tela
appena dipinta ad asciugare.
Ma la cosa
che sbalordì di più le ragazze è che
non erano sole.
Seduta su
di un divanetto, talmente ferma da sembrare una statua, c’era
una ragazza
filiforme dalla pelle pallida, con i capelli biondo platino, tranne per
una
ciocca nera, tenuti in ordine in uno chignon alto sulla nuca; il suo
fisico
messo in risalto dalla corpetto in cuoio nero senza manica a sinistra e
a mezza
a destra, che terminava sotto i seni e dai pantaloni neri aderenti in
pelle,
mentre sul braccio sinistro portavo un bracciale in cuoio nero che
partiva dal
gomito fino al polso, stretto con delle cinghie e ai piedi degli
stivali sempre
neri al ginocchio. Accanto a lei, era appoggiata ordinatamente una
mantella in
seta nera e una katana anch’essa nera con una catana spezzata
che pendeva
dall’elsa.
E gli occhi
erano rossi.
“Osgal!”
esclamò Aria prima di gettarsi alla velocità
della luce tra le braccia della
ragazza che rigidamente ma con l’accenno di un sorriso
ricambiò il saluto.
“Ciao
Aria,
scusa se arrivo all’improvviso ma ero da queste parti e ho
pensato di passare a
trovarti.” Spiegò calma, “Ma loro chi
sono?” chiese poi sollevando un
sopracciglio, a metà tra il perplesso e il minaccioso.
“O
mamma è
vero!” si ricordò delle sue ospiti Aria,
“Questa è una mia amica: Osgalian Knit Walker Van Silmarion.”
Le ragazze si presentarono.
“Osgal!”
disse come presa da un’improvvisa illuminazione,
“Devi venire anche tu con noi!
Sei forte!” le disse con gioia, “Può
vero?” chiese poi a Miel, che sbalordita
si rese conto di come la ragazza avesse già deciso di venire
con loro alla
ricerca della Fairy Heredity.
“S-sì…”
mormorò accennando un sorriso.
“Più
siamo meglio è!” concordò Gigi con un
sorriso a trentaquattro denti, quella
tipa le sembrava forte: avrebbero potuto provare a combattere.
“Mi
dispiace ma di qualsiasi cosa si tratti devo declinare: sono sulle
tracce di un
vampiro indisciplinato o folle e il caso è molto difficile,
al contrario del
solito sembra che miri a persone precise, come dietro ci fosse
un’organizzazione…” mormorò
aggrottando le sopracciglia, non erano molti i
vampiri che potevano vantarsi di esserle sfuggiti.
“A
maggior ragione devi venire con noi.” Si intromise Amane
incrociando le
braccia.
“Cosa
intendi?” indagò Osgal.
Dopo
un rapido scambio d’occhiate le ragazze si accomodarono, chi
per terra, chi su
divanetti e poltroncine, e spiegarono alle vampire la loro missione, la
questione della Gilda oscura Black Star e di come probabilmente quel
vampiro ne
facesse parte.
Alla
fine della spiegazione, Osgal stette qualche minuto in silenzio, poi
annuì.
“Verrò
con voi.” Disse accennando un sorriso, per venire subito
travolta da Yelle e
Akiko, mentre Gigi le proponeva già una sfida, Amane
l’analizzava e Miel era
persa nei suoi pensieri.
“Ho
un favore da chiedervi…” mormorò poi
Aria, attirando l’attenzione di tutte,
“C’è un mio grande amico, che se non gli
proponessi di venir con noi non mi
perdonerebbe mai. Possiamo portarlo?” chiese con gli occhi da
cucciolo.
“Non
intenderai lui?” chiese Osgal assottigliando gli occhi.
“Non
ricominciare!” la rimproverò l’albina
con fare deciso e testardo, “Gli voglio
molto bene ed è forte quanto te, non è pericoloso
o instabile. Verrà con noi!”
disse mentre il suo tono si alzava di alcune ottave e stringeva i pugni
fino a
far sbiancare le nocche.
“Va
bene, tanto ormai siamo praticamente un gruppo
vacanze…” mormorò Miel
sbadigliando.
Aria
le gettò le braccia al collo.
“Grazie,
lo vado subito a chiamare.” E in un secondo sparì.
“Quanto
ci
metterà?” chiese Asuna appoggiandosi al divanetto.
“Una
decina
di minuti, al massimo.” Rispose Osgal tranquilla.
Dieci
minuti dopo, quando le uniche rimaste sveglie erano Miel, che per
tenersi
sveglia contava i respiri di Akiko che le si era addormentata addosso,
e Osgal,
Aria ritornò seguita da un ragazzo dai capelli castani a
spazzola, il fisico
non statuario come quello di Amlach ma ben messo, gli occhi uno rosso e
uno
verde con striature castane e un sorriso allegro che metteva in mostra
i canini
leggermente a punta.
Aria stava
già per urlare che era arrivata, quando vide tutte le sue
nuove amiche
addormentate nelle posizioni più assurde e si trattenne con
un sorrisino.
“Lui
è Eran
Oreal Morden Guivren.” Lo presentò mentre
l’altro le rivolgeva un sorriso
luminoso.
“Osgal.”
Salutò
poi l’altra vampira con un cenno, togliendo la mano dalla
tasca dei pantaloni
grigi, dello stesso colore del gilet che indossava sopra la larga
camicia
bianca e del grande arco dalla corda spessa che portava in spalla.
“Eran.”
Ricambiò lei con un rigido cenno del capo.
“Gli
ho già
spiegato tutto e vuole venire con noi!” spiegò
entusiasta Aria e Miel, che
faceva fatica a tenere le palpebre aperte cercò di sorridere
e di dire qualcosa
ma uno sbadiglio ostacolò i suoi intenti.
Quel
ragazzo era strano…il suo dolore era strano…non
sapeva perché ma gli veniva in
mente l’immagine di Ashuros e Amlach che si abbracciavano.
Urgh!
Eran
scoppiò a ridere.
“Non
ti
preoccupare, dormi pure. Parleremo domani.” Disse gentile e
Miel grata si
appoggiò alle gambe della poltrona cadendo subito in un
sonno profondo, Aria
avrebbe voluto proporre loro di andare a dormire nelle stanze per gli
ospiti ma
non le sembrava carino svegliarle visto quanto erano stanche.
“Bene
ora…”
iniziò a dire Aria, ma qualcuno bussò con
decisione alla porta.
Perplessa
andò ad aprire mentre Osgal poggiava una mano alla katana.
Sull’uscio
di casa sua c’era un ragazzo biondo, con gli occhi grigi
inquieti e il respiro
accelerato, e dietro di lui un branco di ragazzi impazienti.
“Ciao
Rey.
Sono qui le ragazze non preoccuparti ed entrate pure,” disse
gentile lasciando
libero il passaggio, “Ma fate silenzio, stanno
dormendo.”
Il gruppo,
seguendo Rey perplesso, entrò nella casetta facendo meno
rumore possibile.
“Dannazione…”
mormorò con il suo solito sorriso sghembo malizioso ma negli
occhi vi si
leggeva solo sollievo, alla vista di Miel che dormiva pacifica,
“E tu dovresti
essere la Ladra Nera?! Non posso davvero lasciarti da sola un
attimo.”
Amlach
rimase qualche secondo ad osservare il volto tenero di Akiko, incapace
di
distogliere lo sguardo, poi passò in rassegna disgustato i
presenti: altre due
vampire! E un…sul suo viso disegnò una smorfia
perplessa.
Ashuros
stava per scoppiare a ridere alla vista di Yelle spaparanzata su una
poltrona
con la bava alla bocca, ma la sua allegria si spense
all’istante quando
riconobbe chi aveva ospitato le ragazze.
Shi
ghignò divertito
alla vista della testa bionda di Gigi ciondolare, mentre le sue labbra
feline
mormoravano qualcosa di molto simile a “Non
vincerai…maledetto…ridammi la mia
pesca! Dannato Shi…”
“Sono
ancora più belle di quelle dei libri illustrati di
Wong!” mormorò sbalordito un
ragazzo facendosi strada tra gli altri, passandosi una mano tra i
capelli
sparati in aria a punta tenuti su da una fascia rossa mentre si
mangiava con
gli occhi dorati tutte le ragazze presenti nella sala.
“Se
avessi
loro nel mio harem…” mormorò poi
posando troppo a lungo lo sguardo su una certa
ladra bionda.
Una strana
aura malvagia corredata di istinto omicidio lo fece lentamente voltare.
“Cosa
hai
detto Hiroshi?” chiese con un sorriso sadico Rey circondato
da fiamme violacee,
scrocchiandosi le nocche, mentre gli altri dietro di lui venivano anche
loro
avvolti da spire nere.
L’istinto
di sopravvivenza del ragazzo lo spinse a scuotere la testa, deglutendo.
“Rimanete
anche voi qui per la notte?” intervenne Aria, prima di notare
che Hiroshi era a
petto nudo, indossava solo dei pantaloni bianchi larghi, e la guardava
incuriosito.
“N-nel
senso…i-io…l-le
ragazze…v-volete…n-non
intendevo…” iniziò a balbettare prima
di
urtare contro un tavolino e cadere a terra. Il ragazzo agli occhi
dorati si precipitò
ad aiutarla a rialzarsi.
“G-grazie…”
mormorò lei in stato confusionale.
“E’
un
piacere aiutare una ragazza bella come te!” rispose lui con
un sorriso dolce.
“Non
per
rovinare il momento, ma mi spiegate chi siete?” intervenne
Shi ghignando e
guardando i tre padroni di casa, che si guardarono prima di lanciarsi
in una
dettagliata spiegazione dei fatti.
Finito il
resoconto, i due gruppi si presentarono reciprocamente, o meglio quasi
tutti.
Ashuros non si avvicinò nemmeno alle due vampire,
guardandole con profondo
disgusto e ira.
Osgal si
limitò fare lo stesso con lui, fredda, Aria invece fece un
sorriso triste e si
presentò lo stesso.
“Ora
che
siete dei nostri, allora, dobbiamo andare. Edward, un nostro compagno
è rimasto
con Jin, che è ferito e altre due reclute. Useremo il mio
teletrasporto, posso
portare due persone con me alla volta.
“Va
bene e…aspetta!
Me ne stavo per dimenticare! Voi andate! Io vengo per
ultima!” disse prima di
correre ad aprire un’altra porta che dava, con grande shock
dei maschi, su una
stanza le cui pareti erano interamente coperte d’armi
d’ogni tipo.
Mentre Aria
trafficava in quella stanza, i ragazzi si divisero le compagne da
portare.
I primi a
partire con Rey furono Amlach con Akiko tra le braccia, che si era
ancorata al
suo petto come se fosse l’unica sua salvezza, poi Ashuros e
Yelle, che aveva
iniziato a parlare nel sonno di vampiri, more e vento, seguiti da Shi
che si
era messo Gigi, che ancora litigava nel sonno, in spalla come un sacco
di
patate; infine Eran aveva acconsentito a portare Asuna e Hiroshi, dopo
un’occhiata
sadica di Rey, aveva preso con dolcezza Amane.
Quando
finalmente
Aria fu pronta, era armata peggio che per una spedizione militare: in
vita
teneva una spada a sinistra e una falce a destra, dallo stivale
spuntava l’elsa
di un pugnale e tra le braccia teneva come se fosse una bambina una
grossa
balestra.
All’occhiata
divertita di Rey, rispose che non avrebbe mai potuto abbandonare la sua
adorata
piccolina e le scoccò un bacio.
Mentre
ancora scuoteva la testa, scioccato dai suoi nuovi compagni, il biondo
teletrasportò Aria e Osgal, prima di ritornare
un’ultima volta nella casetta
della vampira.
Con un
sorriso soddisfatto e malizioso si diresse verso Miel e la prese tra le
braccia, istintivamente la ragazza si accucciò contro il suo
petto stringendo i
lembi della sua camicia fra le braccia.
“Rey…”
mormorò in un sospiro.
Rey si
ritrovò contro il suo volere ad arrossire violentemente.
“…sei
un
idiota.” Completò la ragazza imbronciandosi.
Il povero
biondo sgranò gli occhi, per poi iniziare a ridacchiare,
cercando di non
svegliarla.
“Sei
davvero una peste, principessa.” Mormorò divertito.
Poi,
sparirono.
Eccoci qui! Spero non vi
abbia disgustato
troppo, nel caso cecherò di farmi perdonare! Prima una cosa: i libri
illustrati a cui si
riferisce Hiroshi, non sono né fumetti, né libri
di fiabe…if you know what I
means…
Ecco le new
entry:
Aria:
Amlach (prima o
poi
riuscirò a metterla visibile):
|
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Capitolo 6 *** Mai sottovalutare un Ballo! ***
Yooooo
minna! Sì, ce l’ho fatta! Ecomi qui! E’
stato un capitolo sofferto ma ce l’ho
fatta! Ho due serie avvertenze oggi:
1)
Io
non esigo delle recensioni, ma chi
recensirà di più vedrà il suo oc
più partecipe; mi sembra giusto che chi è
più
interessato partecipi di più.
Bene!
Spero apprezzerete queste benedette 33 pagine di capitolo,
perché ci ho davvero
sputato sangue XD Il prossimo avviso già che sarà
più breve e meno serio, sarà
uno dei capitoli svago che alternerò a quelli seri :D
Lo dedico a Edward
Yoshina, non solo bravissimo scrittore, ma anche il
miglior
assassino-psicologo (o psicologo-assassino) che io abbia mai
conosciuto: grazie
ED! e a Pit12 che recensisce SEMPRE e spesso per primo: spero di aver
mantenuto
almeno un pochino la promessa dell’altra volta :D
Buona
lettura!
Stella
Mai
sottovalutare un
Ballo!
La
prima cosa che sentì furono due calde braccia avvolgerla
e d’istinto si rannicchiò con un sorriso felino,
quasi facendo le fusa.
La
seconda furono panico, orrore e ira funesta.
“REYYYYY!!!!”
urlò la bionda irata aprendo gli occhi di
scatto.
“Buongiorno
principessa!” la salutò l’altro
minimamente
intenzionato a lasciarla andare dalla prigione in cui l’aveva
catturata, ghignando
maliziosamente.
Con
suo sommo imbarazzo e incredulità, Miel si rese
conto che: uno, Rey era a petto nudo (davvero difficile non notarlo);
due,
erano in una stanza a lei sconosciuta; tre, erano nello stesso letto;
quattro,
lei era bloccata contro il suo petto.
Una
grossa e preoccupante vena iniziò a pulsare sulla
fronte della ragazza e Rey non ebbe il tempo di cogliere i segnali
d’allarme in
tempo.
Una
gigantesca esplosione fece tramare i vetri della
casa in mattone dei Kurokami.
“Finalmente
Miel si è svegliata.” Osservò con
tranquillità un ragazzo riccio imburrandosi una fetta di
pane, seduto attorno a
un grosso tavolo in legno scuro insieme a un branco di ragazzi affamati
che si
ingozzavano di cibo nella piccola e graziosa cucina della casa, un
piano più
sotto di quello dov’era deceduto Rey.
“Mi
sa che le sta prendendo di santa ragione.” Osservò
Shi ghignando prima di immergere il volto nella sua scodella di latte
caldo,
mentre il soffitto sopra di lui tremava pericolosamente.
“Io
lo avevo avvertito…” osservò Amlach
scuotendo la
testa e osservando famelico il bricco in porcellana con il
caffè.
“Gli
sta bene…” affermò piccato Ashuros
guardando
scioccato Yelle infilare nella sua bocca una manciata di more dalle
dimensioni
abnormi, mentre Charlotte dietro di lui annuiva con decisione.
“È
proprio un pervertito.” Sentenziò Amare mescolando
il suo tè, sicura che in questo momento della loro guida
rimanesse solo un
cadavere.
“Io
lo capisco…” mormorò sognante Hiroshi
passando in
rassegna le ragazze al tavolo, che lo guardarono assassine.
“Bisogna
riconoscere che è coraggioso.” Ammise Eran
scompigliandosi i capelli con un sorriso.
“Oppure
è solo stupido.” Lo gelò Osgal, seduta
perfettamente composta sulla sua sedia.
“Ah,
voi donne non potete capire noi uomini…”
sospirò
con finta rassegnazione Shoichi dondolandosi e scambiando un occhiata
complice
con i maschi al tavolo. Evitando il vampiro con manie di assassinio
verso i don
Giovanni, ovviamente.
“Ma
sentilo… che scuse che inventi per la vostra
perversione!” lo schernì Tara, al suo fianco,
colpendolo con un cucchiaio sulla
fronte.
“Le
infermiere dovrebbero essere più gentili!” ribatte
lui piccato di essere stato ancora una volta picchiato e alzando
minacciosamente la zuccheriera.
“Mettila
giù Shoichi, è da vigliacchi colpire una
ragazza!”
intervenne ridendo Jin, completamente ripresosi.
Il
ragazzo se la fece saltare tra le mani con un ghigno
di sfida sul viso, ma al terzo rimbalzo la zuccheriera sparì
dalle sue mani.
“Ma
cos…” esordì sbalordito.
“Tieni
Asuna!” disse gentilmente Aria porgendo
l’oggetto scomparso alla piccola guardia che aveva cercato
invano di recuperare
lo zucchero per il suo latte.
“Grazie
Aria!” rispose contenta la ragazza alla vampira
che sorrisefelice, mentre Shoichi s’imbronciava come un
bambino a cui hanno rubato
le caramelle.
“Avete
già incominciato?” la voce di Miel, fece girare
tutti i presenti verso la cornice della porta.
“Avevamo
una fame tremenda, ma tu dormivo secca e così
non abbiamo resistito.” Spiegò Gigi sorridendole e
facendole cenno di sedersi a
fianco a lei.
“Ehm…Miel?
Rey dov’è?” chiese un’ingenua
Akiko vedendo
che dietro la bionda non c’era nessuno; di fianco a lei
Amlach rischiò di
strozzarsi per l’inutile tentativo di soffocare le risate.
Da
Miel si alzò un’aura nera impressionante.
“Quel
maniaco…” sibilò per poi voltarsi verso
Akiko.
“…l’ho
ucciso.” Sorrise con sguardo folle gelando i
presenti.
“Non
esagerare principessa, altrimenti poi ti prendono
sul serio”
Scompigliandosi
i capelli Rey entrò in cucina con la
camicia slacciata e un grosso livido violaceo sul petto.
Miel
arrossì all’istante e iniziò a
balbettare.
“S-stammi
lontano… maniaco…” Rey
ghignò e cercò di
avvicinarsi ma questa volta Miel ebbe un’idea geniale e corse
a nascondersi
dietro Ashuros.
“Ashuros…
potresti…” iniziò Rey gentilmente,
avvolto da
una luce rosata, ma gli occhi rossi del vampiro lo fulminarono e il
poveretto,
imbronciato, dovette rassegnarsi e sedersi a fare colazione lontano
dalla
ladra, che si sedette tra Gigi e Yelle, vicina di Ashuros.
“Miel,
a proposito, abbiamo dei nuovi compagni!” esordì
Yelle tutta allegra, “Ti presento Hiroshi, Tara
e…”
“TU?!”
urlò Miel in contemporanea a Shoichi, che poco
prima stava battibeccando con Tara.
“Cosa
ci fai tu qui?!” ringhiò la ladra diventando di
otto diverse sfumature di rosso.
“E’
un piacere rivederti biondina.” La salutò Shoichi
rilassandosi dopo lo shock avuto e lanciandole uno sguardo malizioso.
“Vi
conoscete?” chiese Tara perplessa.
“Sì!”
“No!”
esplose Miel schifata, “Potremmo dire che
siamo…rivali di lavoro.” Spiegò
cercando con lo sguardo sul tavolo qualcosa di
abbastanza pesante da lanciargli.
“Non
mi dire…un altro fallimento di Fuffy?!” chiese
Ashuros con finta aria ingenua, ricevendo un ringhio sommesso dal
licantropo.
“Eccome”
rispose lei, “E’…”
“Zitta!”
sibilò lui sporgendosi verso di lei.
“…Oni-oji?”
ma non fu Miel a completare la frase, bensì
Aria, che non era riuscita a trattenersi.
Per
un attimo calò il silenzio nella cucinina.
“Non
sapevo leggessi il pensiero…” mormorò
Shoichi con
un sorriso tirato, “Mi dispiace ragazzi, ma ci tengo
parecchio alla mia
identità segreta…” mormorò
mentre il pavimento iniziava a tremare. I ragazzi
fecero per estrarre le armi quando un piccolo proiettile rosso
centrò in pieno
la testa di Shoichi.
“Shooooooooooo!
Cosa stai combinando?!” chiese irata
una piccola volpe a due code ferma sulla testa del ragazzo; le scosse
si
fermarono all’istante.
“Ka-chan!
Non è colpa mia! Io…” iniziò
a lamentarsi
lui, ma la volpe lo interruppe subito.
“Ti
sembra questo il modo di ringraziare chi ti ha
ospitato?! Scatenare un terremoto?! Si può sapere
cos’hai nella testa!? Chiedi
subito scusa!” lo sgridò, come una mamma con il
suo bambino, sprizzando fuoco.
“Va
bene, va bene: scusa Tara! Contenta?!” borbottò
lui
esasperato e imbronciato.
“Meglio!”
disse lei andando a sedersi sulla sua spalla.
“E
tu saresti il Principe Demone!?” chiese scioccato
Amlach davanti a quella scena, “Non posso
crederci…” si depresse pensando che
non era mai riuscito a catturarlo.
“Un
altro ricercato che si aggiunge!” si depresse Asuna
ricevendo pacche di conforto da Jin, che se la rideva alla grande.
Shoichi
si accorse scioccato che nessuno stava
prendendo le armi, cercando di catturarlo o tentando di chiamare le
guardie.
Miel
si accorse della sua perplessità e gli fece un cenno
con la mano come a tranquillizzarlo.
“Non
preoccuparti, sanno tutto anche di me e la metà di
loro sono ricercati…” spiegò rassegnata
ma senza poter nascondere un sorrisino.
“Mi
hai rubato parecchi lavori sai? Io sono
l’Assassino.” Si presentò Edward
leggermente piccato, facendo scoppiare a
ridere Shoichi.
“Beh,
ma d’altra parte sono il migliore nel mio campo!”
disse con arroganza, tanto che Ed alzò un sopracciglio
scettico e Miel sbuffò.
“Ma
sentitelo: ‘Sono il migliore’”
mimò con una vocetta
stridula, “Quando mai?!” soffiò ferita
nel suo orgoglio professionale.
“Devo
ricordarti cos’è successo l’ultima volta
biondina!?” ribatté lui con un ghigno.
Miel
arrossì.
“Che
cosa è successo l’ultima volta?”
intervenne
Hiroshi palesemente curioso.
“Abbiamo
ballato insieme al Gran Ballo in Maschera di Château
du lac bleu, e poi io gli ho soffiato il bottino.”
Spiegò orgoglioso. Una
strana aurea iniziò a vorticare intorno a Rey, che
nonostante ciò continuava a
sorridere in modo inquietante.
“Ti
sei fatta fregare da questo pervertito?!” le chiese
Amlach scioccato dalla sua incapacità.
“NO!”
urlò Miel a cui usciva fumo dalle orecchie,
“Senza saperlo ci eravamo entrambi infiltrati al Ballo per
rubare il rubino e
per non dare nell’occhio ho dovuto ballare con lui; quando
poi sono andata a
cercare la pietra mi sono persa e quindi quando sono arrivata lui
l’aveva già
rubato e stava scappando. Abbiamo combattuto, ma nel farlo siamo
riusciti a
conoscere le identità l’uno dell’altro e
poi il vigliacco è fuggito con il mio
obbiettivo!” spiegò senza prendere fiato tra una
parola e l’altra.
Shi
scoppiò a ridere e Eran guardò divertito Amane.
“Non
ha un gran senso dell’orientamento, vero?” chiese.
“Per
niente.” rispose lei con un sospiro esasperato.
“Questa
sì che è un idea geniale!”
urlò invece Rey
attirando l’attenzione di tutti e tirando fuori dalla tasca
una mappa, “Uno
degli obbiettivi è proprio Château du lac bleu, un
famoso castello sul lago blu!
E proprio tra due giorni ci sarà un Ballo in
maschera!”
“Sarebbe
l’occasione perfetta…”
mormorò Miel
illuminandosi.
“Così
non rischieremmo che le nostre identità venissero
scoperte…” aggiunse Ed.
“E
potremmo depistare le guardie reali, di sicuro sulle
tracce dei ladri…” completò Amlach
ricevendo un cenno d’assenso di Shi.
“Ma
come facciamo a infiltrarci?” chiese pragmatica
Osgal.
“Ci
faremo passare per dei nobili che sicuramente non
verranno! E Fantasy creerà i biglietti!”
spiegò Rey sempre più convinto delle
sue idee.
“Ma
Fantasy ha bisogno di un modello!” obiettò Gigi.
“Non
c’è problema, dovrei avere ancora quello che avevo
rubato.” La rassicurò Miel correndo a prendere la
sua borsa e poi infilandocisi
fino alla vita.
“E’
normale che una borsa ti riesca a contenere per
metà?” chiese Tara stupita.
“Incantesimo
d’allargamento!” urlò dai profondi
meandri
della borsa Miel, prima di riemergere con un biglietto avorio con
scritte
dorate.
“Quante
volte ti ho detto di ordinare quella borsa?!”
la sgridò Mizumi entrando insieme agli altri animali e
andandosi a sedere sulla
spalla della ragazza.
“Fantasy
saresti capace di riprodurre questi biglietti
ma con nomi diversi?” chiese intanto Gigi al lemure che
annuì sorridente.
“E
i vestiti?” chiese Aria, scatenando un momento di
panico tra i ragazzi.
“Per
quelli non c’è problema: mia nonna è
una sarta!”
li tranquillizzò orgogliosa Tara.
“V-vestiti?!”
chiese cinerea Amane, mentre Yelle la
confortava cercando di non ridacchiare, “Ve lo potete
scordare che io metta un
vestito!” ringhiò poi con sguardo assassino.
Yelle
sospirò afflitta, sapendo che nessuno sarebbe mai
riuscita a convincerla del contrario.
“Che
c’è? Hai paura di un vestitino? Non ti facevo
così
femminuccia”
Una
vena iniziò a pulsare sulla fronte di Amane.
“Cos’hai
detto Ricciolino?!” sibilò colpita
nell’orgoglio.
“Ho
detto che se sei così vigliacca da non avere
nemmeno il coraggio di metterti un vestitino potevi startene a
casa.” Rispose
lui apatico.
“Cerchi
la rissa?” chiese lei alzandosi in piedi con
aria minacciosa.
“Vuoi
prenderle di nuovo?”
“Non
avrai paura?” ribatté lei con un ghigno.
“Quando
vuoi, dove vuoi.” Rispose lui alzandosi come
lei.
“Ora.
Fuori” disse lei, non vedendo l’ora di fare un
buon combattimento.
“A
una condizione: se perdi metti il vestito. E lo
scelgo io.” Disse lui guardandola fisso.
Amane
esitò tanto da far ghignare il ragazzo, che così
scatenò un ondata di rabbia nella rosata.
“Ci
sto! Ma se perdi tu decido io il tuo vestito!”
stabilì lei. Edward alzò le spalle e
uscì nel giardino sul retro, seguito dalla
ragazza e da un curioso Hiroshi.
“Ragazze
voi venite con me, dobbiamo andare a cercare i
vestiti nel laboratorio di mia nonna.” Esordì Tara
uscendo e dirigendosi al
secondo piano, seguita da tutte le fanciulle, chi eccitata, chi con la
morte
negli occhi.
Miel
prima di andare lanciò il suo taccuino a Rey.
“Dentro
ci sono le informazioni su tutti i nobili che
ho conosciuto o ucciso.” Disse prima di sparire sulle scale.
Le
ragazze, dapprima basite e titubanti, ben presto si
lasciarono prendere dalla meraviglia, ammirando quella stanza in legno
dove manichini
con splendidi vestiti posavano immobili nel tempo, aggirandosi stupite
tra
trine, pizzi, colori sgargianti e tessuti d’ogni foggia,
accarezzando le stoffe
incantate. Tutto sotto lo sguardo vigile di Akane.
Intanto
i ragazzi iniziavano a preparare un piano
d’azione e a cercar di trovare i perfetti nobili di cui
prendere il posto,
anche in base a caratteristiche fisiche o di razza.
Solo
Shoichi si accorse di un bambino che dallo stupite
sulla porta guardava alternativamente loro e il piano superiore,
stringendo
forte le nocche e cercando di trattenere le lacrime.
“Oi
Kaito…” iniziò a dire sorridendo
Shoichi, ma il
bambino lo guardò furente, bloccandogli le parole in gola,
prima di lanciare un
enorme sasso sulla testa di Rey che cadde dalla sedia e prese una
grande botta
al fondoschiena
“Ti
odio!” urlò a pieni polmoni prima di scappare via.
“Moccioso…”
sibilò Rey avvolto in una luce nera
alzandosi in piedi con un sorriso psicopatico, tra le risate degli
altri che
per la prima volta vedevano Rey perdere la pazienza per qualcosa che
non fosse
Miel, ma Shoichi gli mise una mano sulla spalla e scosse la testa prima
di
correre dietro al ragazzino.
Lo
trovò sul tetto del piccolo capanno vicino alla
stalla, dietro alla casa, in lacrime.
“Ei,
Kaito…” esordì lasciandosi cadere a
gambe
incrociate al suo fianco; Shoichi aveva conosciuto il fratellino di
Tara
durante la sua convalescenza e il ragazzino l’aveva preso in
simpatia, nonché
lo adorava per le storie avventurose che ogni volta gli raccontava,
anche
ingigantendo la realtà o inventando di sana pianta.
Kaito
continuò a piangere con le mani a pugno a coprire
gli occhi e Shoichi gli scompiglio i capelli blu scuro.
“Allora,
cosa c’è?” chiese paziente mentre il
bambino singhiozzava.
“La
vuole portare via! La vuole portare via!” ripeté
arrabbiato e spaventato al tempo stesso, “Mamma e
papà sono morti e non li
ricordo nemmeno più, i nonni non ci saranno per sempre, lo
so bene, cosa faccio
se si porta via anche mia sorella?” gli chiese disperato.
“Rey
non vuole portartela via, stiamo solo partendo per
un viaggio…” cercò di rassicurarlo il
biondo.
“Bugiardo!”
urlò il bambino spostandosi.
“Vi
ho sentiti parlare! Siete un gruppo di fuorilegge,
i soldati vi inseguono e il tesoro che state cercando è
quasi una leggenda! Mia
sorella potrebbe morire! Chi mi assicura che
tornerà?!” lo accusò, con negli
occhi una luce di sfida che mise in difficoltà Shoichi.
Aveva ragione. Chi
assicurava che alla fine del viaggio sarebbero stati ancora tutti
insieme, sani
e illesi?! Si stavano imbarcando in un’impresa folle, piena
di nemici,
incertezze e pericoli. Cosa poteva dire a quel bambino? Che la sorella
sarebbe
stata bene?! Ma era una bugia e lui non riuscì a mentire
davanti a quegli occhi
così seri, adulti e allo stesso tempo speranzosi, alla
disperata ricerca di una
certezza.
E
poi capì.
Shoichi
rimise la sua mano sulla testa del ragazzo e si
avvicinò al suo volto per guardarlo dritto negli occhi.
“Hai
ragione Kaito. Non ti posso promettere che tua
sorella non morirà…” iniziò
a dire mentre già gli occhi color del cielo del
bambino si riempivano di lacrime, “…ma ti prometto
che la proteggerà a costo
della mia vita.” Concluse con un sorriso.
Kaito
spalancò gli occhi.
“Davvero?!”
chiese incredulo.
“Davvero.”
Lo rassicurò Shoichi portandosi una mano al
cuore e il bambino scoppiò a ridere.
“Allora
va bene! Se uno forte come te proteggerà mia
sorella, sono sicuro che tornerà!” disse con un
sorriso determinato.
“Ma
in cambio tu devi promettere di comportarti come un
vero uomo mentre non c’è!” gli disse
serio, ma senza nascondere un sorrisino
l’altro.
“È
un promessa!” rispose il piccolo orgoglioso,
gonfiando il petto e tendendogli una mano.
“È
una promessa.” Ribadì Shoichi stringendogliela e
sorridendo.
“Kaitoooooo!”
l’urlo di Tara richiamò i due alla
realtà,
che dopo essersi scambiati un’occhiata complice, scesero dal
capanno.
“Kaito
cos’è successo?! Perché hai tirato una
pietra a
Rey?! E perché stai piangendo?!” chiese con la
stessa ansia mista a rimprovero
che solo una sorella può provare, raggiungendo i due e
notando le tracce di
lacrime sulle guance del fratellino.
“Niente!”
mentì lui, mentre alle sue spalle Shoichi
sorrideva.
“Non
raccontarmi…” iniziò lei furente ma il
piccolo
l’abbraccio di slancio bloccandole le parole in bocca.
“Buon
viaggio sorellina! Fatti valere e vedi di tornare
presto!” le disse con un sorriso gigante prima di lasciarla e
correre in casa.
Tara
lo seguì con lo sguardo in silenzio e poi guardò
Shoichi.
“Ieri
sera abbiamo litigato per questa questione del
viaggio… immagino sia merito tuo vero?” chiese
assottigliando gli occhi.
“Ti
dovevo un favore infermierina!” rispose lui
malizioso, facendole l’occhiolino e ottenendo in cambio
un’espressione
frustrata e imbarazzata.
“E
cosa gli avresti detto?” chiese curiosa incrociando
le braccia al petto.
“Segreti
da uomini.” Rispose lui portando le braccia
dietro la nuca e oltrepassandola tranquillo.
Dopo
i primi secondi di shock Tara lo seguì ed entrò
con lui in casa battibeccando.
Da
una delle finestre della casa al secondo piano Amane
osservava i due con un sorriso malinconico.
“Sembra
di tornare indietro nel tempo…” mormorò
nostalgica,” Certo che Laila avrebbe potuto avvisarmi che
oltre a Jin avrei
incontrato anche lui! Chi se lo sarebbe mai aspettato: il figlio di
Inuzuki!
Quel pazzo! Scommetto che è a fare danni con il suo amico
idiota Mishima!”
disse fingendosi esasperata, ma solo per non ammettere a se stessa
quanto le
mancassero.
Nella
cucina la situazione era rimasta invariata, se
non fosse che ora Edward sedeva rilassato su una sedia accanto agli
altri,
mentre Hiroshi si deprimeva in un angolo.
“Mi
sono perso qualcosa?” chiese Shoichi entrando e
buttandosi su una sedia.
“Direi
di sì!” ghignò Jin, “Al
combattimento di Edward
e Amane si aggiunto anche Hiroshi, che però è
stato battuto da Amane, che a sua
volta è stata battuta da Edward. Quindi ora Hiroshi
dovrà indossare ciò che
dice Amane e lei stessa ciò che dice Edward!”
spiegò ridendo, mentre il biondo
si complimentava con Ed.
L’assassino
intanto ripensava al combattimento di poco
prima: dannazione se ci sapeva fare la ragazzina!! Per una che
assomigliava a
una dea aveva un modo di combattere a dir poco violento e cruento,
nonostante
fosse facile intravedere una certa esperienza e capacità di
ragionare anche nei
momenti più critici. Doveva ammettere che solo i lunghi
allenamenti da
assassino gli avevano permesso di batterla. E, cosa che più
lo aveva lasciato
stupito, aveva riconosciuto subito la sconfitta: certo, gli aveva
chiesto una
rivincita, ma aveva acconsentito a mettere il vestito. Lui non sarebbe
stato
capace di farlo. Anche Hiroshi lo aveva stupito: il controllo delle
condizioni
atmosferiche non era da sottovalutare, ma questo lo penalizzava nel
combattimento corpo a corpo e quindi Amane aveva avuto facilmente la
meglio.
“Ehi
Tara” interruppe i suoi pensieri Rey, “Hai dei
cavalli da usare per il viaggio?” chiese con un ghigno
inquietante.
“Certo,
ma dovremo viaggiare a coppie.” Rispose la
mannara, che si stava già incamminando verso il piano
superiore.
“Perfetto!”
gioì il ragazzo avvolto da una aura nera.
“Sei
davvero infido.” Gli fece notare Amlach, senza
però riuscire a nascondere un sogghigno.
Entro
mezzogiorno tutto fu pronto: i vestiti scelti e
le borse con tutto l’occorrente preparato, il piano rifinito
nei minimi
dettagli e…i cavalli sellati e pronti al viaggio.
Miel
guardò terrorizzata l’orrida bestia che la
guardava con i suoi occhi a palla, scuotendo la criniera nera.
“Te
lo puoi scordare che io salga!” urlò
allontanandosi
il più possibile da Rey, che era inquietantemente avvolto da
una luce rosata
piena di cuori e roselline mentre apriva le braccia come ad invitarla a
corrergli
incontro.
Spaventoso.
Purtroppo
le altre ragazza avevano preso la cosa con
filosofia e, dopo varie minacce di morte ai ragazzi nel caso avessero
allungato
le mani, si erano accomodate insieme al ragazzo che preferivano
rispetto agli
altri, ma senza secondi fini. Ovviamente.
“Se
osi anche solo toccarmi dovranno recuperare i tuoi
resti sparpagliati per il terreno!” ringhiò
nuovamente la bionda vedendo che il
ragazzo aveva iniziato ad avvicinarsi, ma quello continuò a
sorridere malizioso
e a camminare. Ed era quella la cosa che la irritava di più:
nonostante tutte
le minacce serie che potesse lasciargli, quell’idiota se ne
fregava altamente e
continuava a fare quello che stava facendo.
“Ashuros
aiutami!” invocò il vampiro, giocando
l’ultima
carta che le rimaneva, ma il peggior nemico dei pervertiti, che era
occupato a cercar
di tenere ferma Yelle davanti a lui che a furia di sporgersi per
accarezzare il
cavallo sarebbe caduta, si limitò a scuotere la testa.
“Miel
non esagerare, devi solo andare a cavallo con
lui, se poi farà qualcosa di
pervertito…” l’allusione fece venire i
brividi a
Rey, ma gettò nel panico la ladra.
“Traditore!”
urlò additandolo ferita e indietreggiando,
prima di inciampare e finire a terra.
In
meno di un secondo l’ombra di Rey la oscurò e la
sua
mano si protese verso di lei.
“Se
non vieni di tua spontanea volontà ti dovrò
prendere con la forza, lo sai vero?!” chiese con un leggero
accenno di minaccia
nella voce e Miel, cercando di mantenere la dignità rimasta,
si alzò in piedi
da sola e si portò al fianco del gigantesco stallone nero
che l’aspettava.
Dopo
averlo guardato male per qualche secondo, tremante
mise un piede sulla staffa e con un balzo cercò di saltare
in sella.
Con
lo splendido risultato di scoprire di non arrivarci
e ricadere a terra.
Amlach
soffocò a stento una risata mentre Akiko, tra le
sue braccia, le rivolgeva un sorriso d’incoraggiamento.
Miel
stava già per riprovarci quando all’improvviso le
mancò la terra sotto i piedi e si ritrovò tra le
braccia di Rey.
“Non
abbiamo tutto il giorno, principessa!” le ricordò
spazientito, prima di montare in sella con un balzo elegante.
“Ma
come…?” chiese stupita guardandolo, ma lui le
rivolse un sorriso enigmatico e fece partire il cavallo al trotto,
zittendo
così la ragazza che affondò il viso nella sua
camicia artigliandolo con le mani
per la paura.
Per
arrivare al castello del Ballo impiegarono una
giornata e mezza di viaggio a cavallo, con una sosta per la notte in
una
radura, durante il quale la strana compagnia che si era riunita intorno
all’enigmatico biondo ebbe tempo di conoscersi e stringere
legami.
Era
già pomeriggio inoltrato quando decisero di
fermarsi per cambiarsi i vestiti e le ragazze si inoltrarono in una
radura più
distante di quella dove si erano fermate, fiduciose che Ashuros sarebbe
riuscito a fermare tutti i pervertiti. Forse.
Appena
le ragazze furono sparite tra il fogliame, tutti
lanciarono un occhiata ad Ashuros che sembrava avvolto da un aura
omicida
incredibile e i cui occhi rossi sembravano dire “Provate a
fare qualcosa e vi
succhio tutto il sangue che avete in corpo”, e poi
sospirarono delusi iniziando
a spogliarsi.
“Bisogna
dire che hanno trovato un ottimo alleato…”
mormorò divertito Edward togliendosi i vestiti per indossare
una camicia bianca
leggermente aperta sul petto che lasciò fuori dai pantaloni
neri in pelle, con
una grossa cintura nera e un mantello del medesimo colore. Un perfetto
Duca
D’Angers, semplice, serio ma elegante.
“Poi
chiamano me cane, intanto lui si comporta come il
loro cucciolo…” osservò sprezzante
Amlach, spogliandosi e guardando con sfida
Ashuros, anche lui liberatosi dei suoi vestiti.
“Cerchi
la rissa Fuffy?” chiese tranquillo inclinando
la testa e facendo baluginare i canini.
“Ma
che perspicace! L’hai capito da solo o te la
suggerito la tua baby-sitter!?” ringhiò il
licantropo.
“Ragazzi,
calmatevi!” intervenne Eran, anche lui
semi-nudo, piazzandosi tra i due, “Non potete odiarvi solo
perché siete di
razze diverse!” fece notare cercando di placare gli animi.
“Stanne
fuori tu!” gli sibilarono, prima di cercare di
colpirsi con un pugno in volto. Peccato che Eran non si fosse spostato
e li
prese lui i due colpi.
“L’avete
voluto voi…” ringhiò a sua volta, con
una luce
assassina negli occhi, prima di tirare un calcio in pancia a Amlach e
un pungo
in volto ad Ashuros, con una velocità inumana.
“Rissa!”
urlò Shi gioioso lanciando via i pantaloni e
lanciandosi al centro della mischia a testa bassa.
Anche
Jin, che aveva voglia di muovere la mani dopo
esser stato bloccato a letto per ben una notte, scagliò via
la maglia e seguì
Shi.
Purtroppo
la sua camicia colpì in faccia Ed che, irato,
si arrotolò le maniche fino al gomito e inseguì
Jin con l’intenzione di fargli
ingoiare la maglia senza accorgersi di ciò che
c’era insieme a quella.
Nel
farlo urtò Hiroshi che in mutande si lanciò nella
rissa per vendicare il suo onore e andò a sbattere contro un
completamente
nudo, per strani motivi, Shoichi che rispose con un pugno nello stomaco
che lo
scagliò contro Rey che, ancora arrabbiato per non aver
potuto dare una
sbirciata ad una certa bionda, decise saggiamente di scaricare la sua
depressione sugli altri. Dimenticandosi i vestiti, ovviamente.
La
più grande battaglia di nudisti era ormai iniziata.
Non
solo volavano calci, pugni e sberle, ma anche
camicie, mantelli, mutande, stivali e tutto ciò che capitava
sotto mano ai
ragazzi.
Ma
ciò le pure e ingenue ragazze che entrarono nella
radura non potevano immaginarlo nemmeno nei loro incubi peggiori.
“Siete
pront…” la voce di Osgal si spense per lo shock
e per la prima volta da quando la conosceva, Eran la vide spalancare la
bocca.
“Una
rissa?” chiese ingenua Akiko dietro di lei,
l’unica già pronta oltre alla vampira e alla
povera Asuna diventata di mille
tonalità di rosso.
Stavano
per richiamare la loro attenzione quando un
povero Jin svestito venne lanciato fuori dalla mischia e cadde addosso
alla
guardia, schiacciandola a terra.
“Asuna?!”
chiese scioccato, ma senza poter impedire ai
suoi occhi di osservare lo scollo dal bordo dorato del vestito in
velluto rosso
che indossava la ragazza, a maniche lunghe, dal gomito in
giù bianche, aderente
fino alla vita e poi leggermente scampanato.
“Kyyaaaa!”
emise Asuna imbarazzata come mai e
soprattutto disarmata, tirando una ginocchiata all’inguine
del ragazzo che
venne sbalzato nuovamente nella mischia.
Vedendo
che nessun’altro si era accorto di loro e che
la rissa continuava, Osgal con una velocità incredibile
decise di intervenir e tirò
un pugno in testa a tutti i ragazzi della radura che si bloccarono per
il
dolore, per poi ritornare al fianco di Akiko che aiutava Asuna a
rialzarsi.
“Avete
dieci minuti da ora per prepararvi.” Minacciò
seria senza nemmeno arrossire, nonostante i ragazzi non stessero
nemmeno
provando a coprirsi.
“Altrimenti?”
la punzecchiò Eran, notando che in quel
vestito nero dal corpetto stretto a maniche corte in vita e la gonna
ampia in
tulle, sembrava molto più femminile del solito.
“Vi
uccido.” Disse senza nessuna inflessione nella
voce.
I
ragazzi si gelarono sul posto.
Poi
si girò e se ne andò a passo lento, seguita da
Asuna che si chiedeva come avrebbe fatto a guardare in faccia il suo
accompagnatore per tutta la serata.
Akiko
salutò contenta i ragazzi e Amlach le si
avvicinò, ancora in mutande e con un sorriso malizioso sul
volto.
“Stai
bene con questo vestito.” Osservò guardando il
grazioso corpo della ragazza fasciato in un vestito in seta viola con
un ampio
scollo e lunghe maniche aderenti fino al gomito e che poi si aprivano
ad ala,
con il corpetto stretto e un fiocco in vita nero che riprendeva i bordi
con lo
stesso tessuto nero.
“Grazie
mille!” rispose lei genuinamente contenta
facendo un giro su se stessa, con segreta soddisfazione del licantropo.
“Ma…”
aggiunse poi perplessa e senza il minimo rossore
sul volto, “…Perché Shoichi
è completamente nudo?” chiese al licantropo, che
si
girò a fulminare il nudista che mandava un bacio alla
ragazza, per poi mettere
una mano sugli occhi puri della ragazza e spedirla dietro Osgal e
Asuna,
esasperato da tanta svampitezza.
Lentamente
i ragazzi, leggermente delusi per non aver
finito la loro scazzottata, tornarono a rivestirsi.
Dieci
minuti dopo Osgal tornò nella radura a
ispezionare la situazione e dopo essersi accorta che tutto era al suo
posto,
chiamò le ragazze, nascoste poco più indietro,
terrorizzate dopo il racconto
dell’orrore di Asuna.
Piano
piano tutte quante entrarono: la prima coraggiosa
fu Yelle, orgogliosa di come le stesse il lungo vestito bianco e
azzurro scuro
con il corpetto a lacci nella parte davanti e con le maniche che si
allargavano
al polso, come delle calle, che si precipitò da Ashuros che
nella sua camicia
bianca leggermente slacciata con gilet nero chiuso, pantaloni neri e
pelliccia
di licantropo, avrebbe fatto battere il cuore a più di una
fanciulla.
Il
Duca di Sang e la sua promessa, la Marchesa di Vent.
A
seguire entrò Gigi, nel suo vestito lillà chiaro
arricciato sotto il seno e senza maniche e con in testa una coroncina
di fiori
del medesimo colore, che dopo aver scrutato la camicia viola di Shi
abbinata a
dei pantaloni neri e mantello dello stesso colore, compiacendosi
segretamente
di come stessero bene i loro vestiti insieme
lo raggiunse.
Sarebbero
stati i giovani Marchesi di Feu Violet, dal sud di Elmar.
Dopo di lei
Tara, con lo stesso vestito di sempre, raggiunse Shoichi che
la guardava con il suo sorriso malizioso, vestito con dei pantaloni al gnocchi neri
con pizzo nero,
camicia nera con
decorazioni
dorate, mantelletta
nera
e
cappello
con piuma bianca.
I
conti di Moonshine.
A
seguire ovviamente Akiko che guardò ammirata Amlach,
maestoso nella una giacca argentata aperta e lunga fino a
metà polpaccio con
ricami più chiari e decorazioni in argento come gli
spallacci e l’enorme monile
sulla cintura nera che teneva la camicia grigia e i pantaloni neri, e
raggiuntolo si complimentò per come gli stesse.
Il
Lord guerriero di Tera e la sua fidanzata elfica,
Livienne.
Anche
Asuna, ripetendosi che le guardie non hanno
paura, raggiunse Jin imbarazzato quanto lei ma in modo meno visibile,
con una
camicia bianca leggermente sbottonata che permetteva di vedere una
catena
dorata al collo, come le rifiniture della lunga giacca nera, come i
pantaloni,
il mantello senza cappuccio e gli stivali.
I
Conti di Break, Giselle e Alec.
Poi
arrivò Aria, che indossava lo stesso vestito di
sempre con l’aggiunta di una fiocco salmone in vita, e
raggiunse il povero
Hiroshi, cercando di non scoppiare a ridere, infilato in una
calzamaglia
salmone abbinata a una camicia giallo canarino con un gilet prugna, il
tutto
coronato da una grossa gorgiera candida.
Il
conte Larve, famoso per il suo pessimo gusto, e la
nobile Arianne.
Edward
guardò fisso le fronde, in attesa della propria
compagna, curioso di sapere se alla fine si era messa davvero il
vestito che
aveva scelto. Lentamente Amane uscì dall’ombra dei
pini e guardando fissi i
suoi piedi camminò verso Edward, che sorrise nel vedere
l’abito blu senza
maniche con varie trine è un fiocco davanti, arricciato e
con il bustino
stretto, mentre la sottogonna era nera; l’abito che aveva
scelto lui e che,
onestamente, le stava molto bene. Ed era perfetto per la promessa sposa
del duca
di Vein, la marchesa di Melody.
“Non
una parola” ringhiò lei e Ed ridacchiò
guardandola. Non che avesse bisogno di parlare; le sue occhiate
esprimevano
benissimo quello che pensava.
Rey
guardò perplesso tra le fronde, alla ricerca di una
familiare chioma bionda.
“Osgal!”
chiamò la ragazza intenta a discutere del
comportamento che avrebbero dovuto assumere come duchi di Lambert, con
Eran,
elegante nei suoi pantaloni grigi scuri con stivali neri alti al
ginocchio,
camicia bianca e gilet stretto, “Dov’è
Miel?” chiese perplesso, mentre le
ragazze si guardavano tra di loro.
“Non
ha voluto cambiarsi con noi…” mormorò
Aria.
“E
ci ha chiesto per favore di non andarla a cercare.”
Concluse stranita Gigi, che comunque non avrebbe mai tradito la fiducia
della
compagna.
“Dov’è
andata?” chiese il biondo.
Il
silenzio regnò nella radura.
“Di
là.” Rispose poi Ashuros dopo aver annusato
l’aria,
ricevendo occhiata assassine da pressoché tutte le ragazze.
“Amlach!”
lo rimproverò Akiko gonfiando le guance e il
licantropo distolse lo sguardo.
“Tanto
Rey lo sa già…” borbottò a
sua discolpa, mentre
l’amico spariva di corsa tra gli alberi.
"Dannati
lacci, dannati corpetto e dannati
vestiti!” borbottava intanto agguerrita Miel, in una piccola
radura solitaria,
lottando con i molteplici lacci sul retro del corpetto del suo vestito
blu
notte, dalla gonna ampia ma sul davanti corta fino alle ginocchia e con
un
delizioso corpetto stringato con le maniche corte che però
lasciavano nude le
spalle. Già delizioso e assolutamente impossibile da
allacciare!
Stava
già per lanciare l’ennesima imprecazione, quando
colse
un fruscio alle sue spalle.
Di
scatto si girò e scagliò un pugnale
d’ombra, ma la
figura scomparve per riapparire a tre centimetri dal suo viso mentre il
pugnale
si conficcava nel tronco di un albero.
“Kyaaaa!”
urlò Miel cadendo all’indietro e facendo
scoppiare a ridere Rey di gusto, “Devi smetterla di
teletrasportarti Rey! Hai
capito?! Basta!” urlò incavolata nera additandolo
mentre con l’altra mano
cercava di tenere su il corpetto del vestito.
“E
tu dovresti piantarla di lanciare pugnali, principessa”
osservò tenendole una mano che la ragazza osservò
diffidente.
“Che
ci fai qui?” gli chiese sospettosa.
“Sono
venuto ad aiutarti” rispose con un sorriso
malizioso che fece arrossire Miel, “Non penserai di riuscire
ad allacciarlo da
sola vero?! Certo, potresti chiedere a una delle ragazze, ma
così vedrebbero il
tatuaggio…” spiegò afferrando il polso
di Miel e tirandola su con la forza.
“Ehi!”
urlò lei indispettita allontanandosi e
guardandolo assassina.
“Ti
stanno aspettando tutti.” Le fece presente lui e
Miel, dopo qualche secondo, mentre il sangue fluiva come impazzito
nelle sue
guance, gli diede le spalle scostò i capelli.
“Ma
guai a quello che fai!” ringhiò con la voce
tremante.
Rey
le si avvicinò e Miel sentì le sue dita fredde
tracciare il contorno del suo tatuaggio a metà della
schiena, scatenandole
piccoli brividi lungo il corpo.
Poi
lentamente e con delicatezza iniziò a intrecciare e
stringere tutti i lacci del corpetto, fino ad arrivare
all’ultimo in alto.
“Fatto.”
Sussurrò soddisfatto all’orecchio della
ragazza, mentre le sue dita le allacciavano al collo un fiocco blu
notte con
decorazioni argentate.
Quando
finalmente si allontanò da lei, facendole così
finalmente connettere il cervello, aveva un sorriso stampato in faccia
che
avrebbe illuminato a giorno una notte di tempesta.
“G-grazie…”
mugugno Miel senza osare guardarlo negli
occhi, chinandosi a prendere il mantello blu notte, che le aveva
comprato lui,
a terra per poi metterselo sulle spalle.
“Andiamo?”
le chiese con un’espressione così soddisfatta
che Miel avrebbe voluto prenderlo a ceffoni.
Prima
di rispondere si prese una decina di secondi per
calmarsi e ammirarlo: con la camicia bianca, i pantaloni blu scuro, il
mantello
come il suo e il cappello dello stesso blu sicurissimo con una piuma
bianca,
sembrava un principe delle favole.
Ma
lei era una ladra, non una principessa, si ricordò
da sola avvicinandosi e dicendogli che potevano andare.
Ma
mentre lui le circondava la vita con un braccio, una
vocetta nella testa gli urlò che nemmeno Rey era un
principe, ma un ladro.
Una
volta giunti anche loro nella radura si presero
qualche secondo per ripetersi i punti principali del piano.
“Allora,”
esordì Rey, “Partiremo a scaglioni ed
entreremo divisi nel castello; ricordatevi che noi non ci conosciamo,
comportatevi come perfetti sconosciuti, non fate niente che non sia
strettamente necessario.” Ricordò e tutti
annuirono concentrati.
“Aspetteremo
quindi la mezzanotte per agire, quando
tutti saranno stanchi e ubriachi! Al primo rintocco del grande orologio
del
castello, ogni coppia si posizioni vicino a finestre, porte, vie
d’uscita,
balconi…tenete d’occhio l’area
circostante e cercate di non dare nell’occhio! A
questo punto Ed e Amane dovranno filarsela di nascosto e andare a
rubare la
mappa.”
“Ancora
non ho capito perché devono andare loro due!”
si lamentò Tara che non vedeva l’ora di entrare in
azione, guadagnandosi un
occhiataccia da Amane.
“Semplice”
intervenne Miel prima che partisse una rissa
tra le due che sembravano non andare d’accordo, “Il
potere magico di Edward è
il più adatto per questo genere di lavoro e la
capacità di creazione di Amane
potrebbe essere straordinariamente utile; inoltre… beh, la
marchesa di Melody è
famosa per le sue sbronze colossali, potrebbe servirvi come scusa per allontanarvi”
spiegò tralasciando che era
famosa anche per ehm… il rapporto appassionato con il
promesso, anche alle
feste e ogni volta che era ubriaca,: Amane l’avrebbe uccisa
se l’avesse
scoperto!
“Anche
per l’uscita, mantenete la calma e comportatevi
normalmente. Il punto di ritrovo è qui, lo stesso che
abbiamo dati ai vostri
cuccioli, che intanto veglieranno ai vari crocicchi insieme a Charlotte
che non
arrivino visite inaspettate.”
“Qualche
domanda?” chiese infine Rey.
Tutti
scossero la testa.
“Perfetto.
Si parte.” Annunciò Rey indossando la sua
maschera blu notte con decorazioni argentate che copriva fino agli
zigomi, come
quella di Miel che però era più femminile e
ricordava una farfalla.
Jin
e Asuna la indossarono rossa con decorazioni nere,
Yelle e Ashuros rispettivamente bianca e nera ma della stessa forma con
le
decorazioni del colore opposto, Osgal e Eran grigia perla, Amlach e
Akiko
argentata, Gigi e Sei viola con decorazioni nere, Edward e Amane blu,
Tara e
Shoichi nera e Aria e Hiroshi salmone.
Poi
a coppie salirono sui rispettivi cavalli e a
distanza l’uno dall’altro partirono con
l’adrenalina che iniziava a scorrere
come impazzita nelle vene.
Già
da lontano si poteva vedere l’enorme castello in
pietra illuminato da centinaia di fiaccole, che maestoso si sbagliava a
ridosso
della montagna, affacciandosi sul lago blu che rifletteva la luce della
luna
pallida.
Era
il momento.
Con
sguardo fiero e il cuore che tremava, una a una le
coppie scesero dai cavalli e li diedero agli scudieri lì
fuori, poi si salutarono
tra loro con la tipica cortesia degli sconosciuti e infine
oltrepassarono il
grande portone di legno del castello per poi entrare nel Salone dei
Balli.
Era
tutto così luminoso e caotico che al primo impatto
i ragazzi si sentirono confusi e persi: una folla di gente mascherata
ballava e
cantava, le signore facevano volteggiare le gonne dei loro abiti di
mille
colori, il profumo del cibo si mischiava ai mille altri degli ospiti,
le luci
dei grossi lampadari davano una luce irreale al momento.
Era
il caos.
Quelli
che più sembravano smarriti erano i Dragon
Slayer e fu una fortuna che avessero accanto i compagni a prendersi
cura di
loro.
L’obbiettivo
sarebbe stato quello di stare il più
lontano possibile dalle persone, mantenendosi in disparte, ma le prime
note
dell’orchestra, mandarono in frantumi i loro piani: se non
volevano essere
scoperti dovevano assolutamente ballare.
I
primi a scendere in pista furono Amlach e Akiko, che
fece gli occhi dolci al licantropo perché la portasse a
ballare.
Amlach
era abituato, non era il primo ballo a cui
partecipava dati i suoi obblighi da generale, ma non aveva mai provato
un tale
piacere nel danzare con un ragazza come quello che stava
inconsapevolmente
provando: Akiko era tremendamente leggere e fragile fra le sue braccia,
tanto
che quando la faceva girare aveva il terrore che altri ballerini gliela
soffiassero senza che nemmeno se ne accorgesse, ma sembrava una piccola
fata
che volava sfiorando a malapena il terreno.
La
ragazza dal canto suo si stava divertendo come mai e
non faceva altro che sorridere smagliante al suo accompagnatore e
ridere
insieme a lui.
Fu
circa durante il terzo ballo, che lo sguardo di
Amlach sembrò oscurarsi.
“Cosa
c’è?” chiese preoccupata Akiko
inclinando la
testa e scrutandolo con i suoi occhioni cioccolato.
“Niente.”
Mormorò lui distogliendo lo sguardo e
facendole fare un elegante giravolta.
“Bugiardo!”
ridacchio lei quando ritornò tra le braccia
del licantropo, sembrava una bambola rispetto a lui, “Allora?
Mi sto iniziando
a preoccupare.” Disse sorridendo, un sorriso che le si spense
quando vide lo
sguardo serio di Amlach.
“Stavo
ripensando…” mormorò lui senza
distogliere i
suoi occhi di ghiaccio, “A quello che è successo
durante la
missione…sembravi…terrorizzata da me.”
Pronunciò infine pensando a come la
ragazza dopo averlo visto con la spada che aveva estratto dal corpo di
Jin,
l’avesse guardato come se avesse visto il proprio incubo e
fosse entrata in una
specie di stato di trance.
Akiko
spalancò gli occhi sorpresa e poi li abbassò
colpevole.
“Mi
dispiace…” rispose, “Ma non è
colpa tua…Sai che sto
cercando la pietra vero? Quello che non ho detto è che
l’hanno rubata quelli di
Black Star… il giorno dello sterminio del mio
villaggio.” Svelò rivolgendogli uno
sguardo triste.
“Cosa
è successo?” chiese Amlach, completamente
assorbito da lei, senza accorgersi più di ciò che
li circondava.
“I
miei genitori erano appena morti, uccisi davanti ai
miei occhi: l’attacco era stato troppo rapido
perché il villaggio potesse difendersi.
Si udivano solo urla, pianti, risate sadiche e il crepitare del fuoco
che
divorava ogni singola cosa. Mi avevano preso, stavano giocando con me,
insultandomi o torturando il corpo dei miei davanti ai miei stessi
occhi. Ma
una bambina che piange e basta non è divertente a
lungo…ben presto decisero di
porre fine alla mia vita e fecero per conficcarmi una spada dritta nel
cuore.
Chiusi gli occhi d’istinto, spaventata, ma quando gli riaprii
l’unica cosa che
vidi fu il sorriso di mia sorella e la spada che le spuntava dal petto.
Si era
sacrificata per me, si era frapposta fra me e il colpo. E sorrideva.
Sorrideva
come a dirmi che mi amava, che ne valeva la pena. Fu quello a
scatenarmi e
mentre l’uomo scaraventava il suo corpo lontano e ammirava il
sangue colare
sulla lama, il mio potere di sacerdotessa si sbloccò e io
spazzai via qualsiasi
cosa fosse rimasta al villaggio.” Terminò,
“Per questo le spade insanguinate mi
spaventano.” svelò con un sorriso triste.
Amlach
era paralizzato: ne aveva viste di cose orribili,
di atti senza pietà e ne aveva commessi altrettanti, ma
pensare che una bambina
così fragile avesse dovuto affrontare queste cose lo rendeva
incapace di
qualsiasi pensiero razionale. Poi una rabbia inumana iniziò
a crescergli nel
petto e istintivamente strinse di più a sé la
ragazza, tremando dalla rabbia.
L’avrebbero
pagata.
L’avrebbero
pagata.
Stava
per dirlo alla ragazza che il grande orologio
scandì il primo rintocco di mezzanotte e i ragazzi, dopo
un’occhiata complice,
si allontanarono verso la finestra col balcone orientale; il passato
lasciò
spazio al presente.
Anche
Yelle si era subito lanciata in pista,
trascinando uno stranito Ashuros che non aveva avuto modo di rifiutarsi
con lei.
Nonostante stessero ballando, Yelle non la smetteva un secondo di
parlare, ma
la cosa più straordinaria è che ad Ashuros faceva
stranamente piacere, non solo
perché Yelle non lo obbligava a rispondere, non cercava
minimamente di
forzarlo, ma perché il modo così semplice e
ingenuo di quella ragazza di vedere
la realtà lo attraeva. Aveva vissuto in un mondo di sangue,
tradimento,
solitudine, pensava ormai non ci fosse altro e che il suo desiderio di
vivere
una vita normale fosse destinato a morire, eppure aveva incontrato
quella
ragazza che pur non avendo avuto un passato facile non faceva altro che
ridere
e parlare, di cercare di coinvolgerlo piano piano, di interessarsi a
lui.
Era…
strano. Quella era l’unica parole che veniva in
mente al ragazzo mentre la faceva volteggiare. Strano.
Ma piacevole; sì
sicuramente piacevole.
Yelle
invece non riusciva a non sentirsi affascinata da
quel ragazzo: così diverso da lei! Eppure le sembrava
così tanto solo… Forse
era per questo che le piaceva così tanto vederlo sorridere:
era una specie di
momento magico e inaspettato, ma soprattutto raro, e lei era
orgogliosissima di
esser una delle poche a farlo addirittura ridere. Ormai
l’aveva presa come una missione,
non sapeva nemmeno lei bene perché, forse era solo il suo
cuore a imporglielo:
doveva fare felice Ashuros.
Il
primo rintocco di mezzanotte fece tacere per la
prima volta Yelle che si separò da Ashuros cercando di
capire dove dovessero
andare; sopprimendo il fastidio che aveva provato nel vederla
allontanarsi così
in fretta, l’afferrò per un polso e la
trascinò verso la porta orientale prima
che venisse travolta dalla folla di ballerini.
Al
contrario il primo ragazzo a prendere l’iniziativa
fu Jin.
“Vuole
concedermi questo Ballo?” chiese con tono
scherzoso facendo un inchino ad Asuna, che si imporporò.
“V-veramente
io…” iniziò lei, ma il ragazzo
l’afferrò
per una mano e la portò al centro del salone iniziando a
ballare con lei.
Dopo
qualche minuto d’imbarazzo iniziale Asuna non
riuscì
a non trattenere un sorrisino divertito.
“Ti
diverti?” le chiese sinceramente interessato Jin,
che esplose in un sorriso smagliante al vigoroso intuire della ragazza.
“Milady
vuole concedermi questo ballo?” chiese un
pomposo ragazzino infilandosi improvvisamente tra i due e prostrandosi
con fare
untuoso.
“No,
Milady non vuole. È mia per tutta la sera!”
ringhiò Jin spintonando via l’inopportuno
ammiratore di Asuna che rabbrividì di
terrore alla vista degli occhi assassini del ragazzo, che prese la sua
bella e
tornò a ballare.
“Poverino,
era terrorizzato…” mormorò divertita
Asuna.
“Se
lo meritava!” borbottò Jin, stringendola di
più a
sé e guardando ogni essere maschile, comprese piante e
oggetti inanimati,
presente in quella sala con crescente odio.
La
ragazza arrossì ma non riuscì a trattenere una
risata, che d’istinto soffocò nella spalla di Jin.
Continuarono
a danzare fino al rintocco della
mezzanotte, quando entrambi furono costretti a interrompersi per andare
posizionarsi a uno dei balconi meridionali.
“Cosa
c’è?” chiese Jin preoccupato sentendo
tremare la
mano di Asuna intrecciata alla sua.
“N-Niente…”
mormorò lei, “È che al contrario di
Amane
non sono riuscita a nascondere la mia spada sotto il vestito e
disarmata mi
sento a disagio. Lo so che anche tutti voi siete disarmati ma io non so
usare
la magia! Se dovesse accadere qualcosa…”
spiegò preoccupata.
“Ti
proteggerà io!” intervenne Jin orgoglioso, ma la
ragazza gonfio le guance.
“Non
sono una damigella in pericolo, sono un’aspirante
guardia! Voglio combattere anche io!” ribatte offesa.
Il
ragazzo parve rifletterci un attimo, poi si
illuminò.
“Trovato.
Se succede qualcosa io metto fuori
combattimento il primo idiota con la spada che passa e poi te la do. Va
bene?”
chiese.
“Perfetto!”
ripose lei rassicurata seguendolo ancora
con la mano ancorata alla sua.
Anche
Eran aveva seguito l’esempio di Jin e provato a
portare a ballare Osgal, che nonostante lo avesse lasciato fare
rimaneva rigida
tra le sue braccia.
Dopo
il terzo ballo in completo silenzio, Eran sospirò
e guardò con un sorriso triste, che non contagiò
gli occhi, la vampira.
“Mi
odi davvero così tanto? Solo perché
sono… quello
che sono?” mormorò cosciente chenonostante il caos
lei potesse sentirlo
benissimo.
Quelle
parole, o forse ancor di più il dispiacere nei
suoi occhi, spiazzò Osgal.
“Io..”
mormorò prima di bloccarsi. Io cosa?! Per anni
aveva detto ad Aria di odiarlo, attribuendo ciò alla sua
natura, al fatto che
fosse una “cosa illegale”, ma era solo una
menzogna. Una menzogna che si
raccontava ogni giorno quando se lo trovava davanti. Perché
la verità è che non
riusciva ad accettare che ciò che la legge stabilita dal
consiglio dei vampiri
più anziani aveva deciso rispetto a quelli come lui,
definiti aborti, potesse
sbagliare, non riusciva ad accettare che in realtà si era
affezionato a lui,
che lo trovava… simpatico. Ma cosa poteva dirgli se la
guardava così? Di sì?
Anche dopo aver iniziato questo viaggio? Dopotutto che male
c’era nell’essere
figlio di un amore così forte da sorpassare qualsiasi
barriera?
“…No.”
Pronunciò infine con a bassissima voce, tanto
che Eran temette d’aver capito male, “Non ti odio
per questo. Non ti odio in
generale.” Svelò mentre per la prima volta da
tempo immemore sentiva le guance
imporporarsi leggermente, mentre guardava interessata i piedi del suo
partner.
“Davvero?!”
chiese sbalordito Erano.
“Se
ho detto no, è no!” sbottò lei irritata
da tutta
quella sorpresa fulminandolo, ma il ragazzo scoppiò a ridere.
“Scusa,
ma pensavo davvero che mi volessi uccidere.
Basta, ora sono contento.” Disse orgoglioso approfittando
dell’improvvisa apertura
che aveva scorto nella ragazza, del suo improvviso rilassamento, per
farla
girare e stringerla più a sé.
“Non
ti montare la testa, ho detto che non ti odio, non
che mi piaci.” Specificò lei, cercando di
recuperare la sua freddezza, mentre
il ragazzo continuava a ridacchiare.
“Va
ben, va bene. Sarà meglio andare ora, l’orologio
sta suonando.” L’avvisò il ragazzo e
appena lei annuì, si mosse diretto al
balcone orientale.
Hiroshi
aveva avuto davvero dei problemi a contenersi
tra tutte quelle donne, ma le gomitate che ogni tanto Aria gli tirava
bastarono
a calmare i suoi bollenti spiriti e a portarlo a ballare.
La
ragazza era davvero incuriosita da quel ragazzo che
assomigliava in maniera terribile ad un bambino, così
curioso, che faceva
domande su tutto, innocente ed ingenuo, quasi senza accorgersi di
quello che
diceva.
Ad
Aria ispirava quasi un istinto di protezione, di
dolcezza.
Un
po’ meno quando cercava di mettere le mani addosso
ad una altra donna “Per scoprire se i libri di Wong avevano
ragione!”, ma alla
fine erano riusciti ad arrivare entrambi al primo rintocco di
mezzanotte e a
posizionarsi al balcone settentrionale.
Qualche
problema lo avevano invece avuto Shi e Gigi;
per l’esattezza il problema principale era stato quello di
riuscire a non
massacrare il compagno mentre ballavano. Se Shi faceva apposta a far
girare
così forte Gigi, a ghignare ogni qualvolta la ragazza
inciampava o a
stuzzicarla sulla sua altezza, cosciente del fatto che non poteva
picchiarlo
davanti a tutti, Gigi gli aveva pestato i piedi così forte
da farlo ululare,
gli aveva stretto così forte la mano da farla scricchiolare
e aveva tirato
delle ginocchiate poderose e aggraziate alle sue parti intime da fargli
venire
gli occhi lucidi.
Ah,
l’amore.
Fu
provvidenziale l’intervento di un vecchio trombone
che chiese di ballare con Gigi, presentandosi con un nome pomposo e
lunghissimo
indice di appartenenza ad una delle classi più alte e del
fatto che non avrebbe
accettato un no dalla ragazza.
Gigi
stava già cadendo nel panico cercando un scusa
valida per rifiutare, quando Shi le pose una mano sulla testa.
“Mi
spiace signore, ma non posso permetterle di ballare
con lei;” disse cortesemente assumendo un espressioni di
scuse, “vede,“
aggiunse poi a bassa voce, fingendo di non doversi far sentire da Gigi,
“a
causa di uno spiacevole incidente ha dei problemi di autocontrollo e
scatti di
violenza, guardi solo come ha ridotto la mia mano! Sono
l’unico al momento che
possa trattenere la furia di questa povera fanciulla.”
Spiegò con tono da
martire mentre Gigi, per sostenere la sua tesi gli tirava un calcio
negli
stinchi.
“Buona
fortuna.” Mormorò allora il trombone prima di
scappare via spaventato.
Appena
fu a distanza i due scoppiarono a ridere di
gusto, tanto che per non attirare l’attenzione Gigi dovette
appoggiare la
fronte alla spalla del ragazzo mentre Shi immergeva il volto nei
boccoli
biondi.
“Hai
visto la sua faccia?!” chiese Gigi singhiozzando,
“Era in preda al panico!”
“E
come non esserlo, mi hai praticamente rotto una gamba
sorridendo come una pazza psicopatica!” aggiunse lui con le
lacrime agli occhi.
“Però
devo ringraziarti, sarei morta piuttosto che
ballare con quel vecchio maniaco!” disse lei schifata, prima
di rivolgergli un
sorriso grato.
“Di
niente.” Rispose lui sorridendo.
Sorridendo.
Non ghignando.
“HAI
SORRISO!” urlò Gigi prima che lui le tappasse la
bocca con una mano, “Hai sorriso!” ripete
abbassando la voce, ma Shi ghignò.
“Sono
sicuro che ti stai sbagliando. Devi aver visto
male.” Si difese prima che il rintocco della mezzanotte
impedisse Gigi di
continuare.
Shoichi
invece aveva dovuto portare al centro della
pista Tara praticamente con la forza, e la ragazza non faceva altro che
guardarlo male e ringhiargli contro ogni due per tre di tenere le mani
a posto.
A buon ragione ovviamente.
“Si
può sapere perché non riesci a rilassarti un
attimo?!” le chiese infine esasperato Shoichi stringendosela
contro con la
forza.
“Perché
non mi fido di te! Razza di maniaco!” ribatté
lei arrossendo.
“Ma
non ti fidi di nessuno.” Le fece notare lui
perforandola con i suoi occhi color del mare.
Lei
rimase spiazzata e distolse lo sguardo.
“O
sbaglio?” insistette lui.
Lei
rimase in silenzio e Shoichi le prese il mento con
la mano, così da obbligarla a guardarlo.
“Lasciami
stare!” ringhiò lei cercando di ritrarsi, ma
Shoichi non la lasciò.
“Mi
dispiace ma non posso lasciarti in pace, ho una
promessa da mantenere.” Le disse dolcemente prima che le
lanciette segnassero
l’inizio del nuovo giorno e loro fossero costretti a lasciare
il discorso in
sospeso e scivolare verso uno dei balconi orientali.
Miel
aveva guardato le coppie disperdersi e il panico
l’aveva presa: non era abituata. Da tempo non camminava tra
la gente, la
confusione la spaventava, il non aver tutto sotto controllo la faceva
sentire
insicura. D’istinto si aggrappò alla manica della
camicia di Rey, che la guardò
intenerito.
“Andiamo
a ballare?” le chiese gentile prendendola per
mano.
“Non
sono capace!” svelò lei terrorizzata, ma il biondo
scoppiò a ridere.
“Tutte
le principesse sanno ballare.” Ribatte sicuro,
ma la ragazza abbassò lo sguardo e sorrise malinconica.
“È
passato troppo tempo ed ero troppo piccola…” stava
già dicendo, ma il ragazzo la condusse gentilmente in pista.
“Fidati.”
Le disse con uno sguardo di cui Miel non
avrebbe mai potuto dubitare.
“Ecco,
brava…metti questa mano sulla mia
spalla…” le
disse mentre metteva una mano dietro la sua schiena e intrecciava le
dita
dell’altra a quella della ragazza, “E ora
seguimi.”
E
iniziarono a ballare.
Aveva
dimenticato quanto le piacesse ballare, era un
vita che non danzava.
Un
sorriso illuminò il suo volto e Rey rimase incantato
a guardarla per qualche secondo, poi si riprese.
“Ti
stai divertendo?” le chiese.
“Sì…”
mormorò imbarazzata dopo che lui l’ebbe fatta
girare.
“Visto
che ti ricordavi?!” le rifaccio contento mentre
lei alzava gli occhi al cielo.
“Va
bene, va bene...avevi ragione! Contento?!”
“Molto!”
rispose lui facendola ridacchiare.
“E
tu?” chiese poi lei all’improvviso perdendo il
sorriso e scrutandolo indagatrice, “Balli bene. Troppo bene
per un semplice
ladro.” Spiegò e improvvisamente il mondo intorno
a loro scomparve. C’erano
solo loro due.
“Un
ladro non può saper ballare?!” chiese Rey senza
perdere il suo sorriso, ma Miel percepì che si era
irrigidito e negli occhi
c’era una strana diffidenza.
“Non
così.” Rispose lei sempre più certa di
ciò che
diceva, “Tu sai tutto di me, ma io cosa so di te? Mi chiedi
di fidarmi di te,
ma perché tu non lo fai con me?” chiese sentendo
il cuore stringerglisi mentre
realizzava la verità.
“E
se non avessi niente da nascondere?” tentò ancora
di
raggirarla.
“Bugiardo!”
lo accusò di cercando di allontanarsi, ma
il ragazzo la strinse a s’è.
“E
se ti dicessi che non è semplicemente il momento? Ti
fideresti?” le chiese serio.
Avrebbe
voluto rispondere di no, ma una strana
tristezza e rassegnazione che vide nel profondo dei suoi occhi grigi e
quel
sorriso malinconico di chi si aspetta un no, la bloccarono.
“Me
lo dirai?” rispose invece appoggiandosi sfinita
alla sua spalla. Sorprendendolo.
“Sì,
te lo prometto.” Sussurrò al suo orecchio,
“Ma
solo quando sarà tutto finito.” Aggiunse poi
mentre batteva il primo rintocco
di mezzanotte così che Miel non sentì.
Quando
Amane aveva visto tutti compagni scendere in
pista a ballare aveva avuto il terrore che Ed facesse la stessa cosa e
l’aveva
guardato di sottecchi, ma il ragazzo era impassibile come al solito.
Ad
un certo di punto Ed richiamò la sua attenzione.
“Io
esco sul balcone. Odio ballare.” Le disse prima di
voltarsi e uscire sul balcone deserto lì vicino.
Amane
rimase un attimo lì imparata, scervellandosi sul
significato nascosto di quelle parole: voleva che andasse con lui o che
rimanesse lì? Cosa doveva fare?!
Stava
già per cadere nel panico, quando la vecchia sé
le diede un calcio mentale: ma cosa stava facendo?! Lei non voleva
essere di
certo abbordata da uno di quei damerini mentre indossava un tale
vestito,
quindi sarebbe uscita! E se a Ed non stava bene, affari suoi! Anzi,
meglio! Lei
faceva quel che voleva.
A
passo di marcia seguì il ragazzo.
Quando
Ed sentì dei tacchi risuonare sulla pietra alle
sue spalle sorrise, ma fu veloce a nasconderlo.
“Anche
io odio ballare.” Esordì Amane appoggiandosi
alla ringhiera del balcone a fianco dell’assassino.
Rimasero
a osservare la luna sottile per alcuni minuti
in completo silenzio.
Fu
Amane la prima a parlare.
“Come
si chiamava?” chiese all’improvvisa continuando a
guardare la signora della notte.
“Amamya.”
Rispose lui secco mentre i suoi occhi si
velavano di tristezza.
“E
le volevi molto bene.” Era un affermazione, non una
domanda, quindi Ed stette in silenzio.
“Dev’essere
bello sapere che da qualche parte c’è
ancora qualcuno che ti ama come solo una famiglia può
amarti.” Sospirò lei
improvvisamente sorridendo mesta alla luna.
Il
ragazzo si girò e guardarle e i suoi occhi
chiedevano esplicitamente una spiegazione.
“Black
Star ha sterminato la mia famiglia, i miei
amici, il mio villaggio…tutto ciò che avevo di
più caro; ma cosa peggiore, io
mi sono alleata con loro. Ho seguito i loro ordini. Mi sono lasciata
addestrare
da loro. Ho vissuto con loro. Ho tradito la mia famiglia.”
Ringhiò stringendo
le nocche a pugno, “Ma mi sono vendicata. Li ho uccisi tutti.
O almeno credevo.
E sai una cosa?!” chiese sorridendo amara, “Non
provo un briciolo di sollievo,
di soddisfazione. Niente. Anzi, mi sento più sola che
prima.” Svelò prima di
abbassare gli occhi.
Edward
non disse ancora niente e Amane lo ringraziò
mentalmente di questo. Perché non c’erano parole
che potessero aiutarla. Sono i
gesti che cambiano una persona, dopotutto.
Il
rintocco di mezzanotte li riscosse ed entrambi
uscirono dai loro ricordi, pronti alla nuova missione.
“Cosa
facciamo?” chiese Amane mentre l’adrenalina le
scorreva in corpo al posto del sangue.
“Fingiti
ubriaca.” Le rispose lui tranquillo.
“Cosa?!”
ribatte lei orripilata.
“O
ti fingi ubriaca o devo farti ubriacare davvero.” La
minacciò lui serio, “Non è che non sei
capace di recitare?” suppose poi ferendo
l’orgoglio della rosata, che di slanciò lo
afferrò per il colletto e soffio:
“Stai a vedere!”
Soddisfatto
Edward prese in braccio la ragazza che
cominciò a ridacchiare come un oca, stringendo le braccia al
collo di Edward.
Nessuno
prestò loro attenzione, nemmeno quando si
inoltrarono nell’ala del castello che in teoria avrebbe
dovuto essere privata e
in partica era adibita alle coppiette ubriache.
Due
guardie si avvicinarono loro per chiedere cosa
stessero facendo.
“Non
mi sembra difficile da indovinare.” Rispose
ironico e malizioso Ed, mentre Amane stampava un bacio sul collo di Ed
e faceva
l’occhiolino alle guardie, che scoppiarono a ridere e
lasciarono passare i
ragazzi che si rinchiusero in una camera.
All’istante
Amane si allontanò dall’assassino che si
concesse un ghigno.
“Niente
male!” commentò facendola diventare bordeaux.
“Che
orrore! Non mi sono mai sentita tanto stupida in
vita mia!” ribatté lei schifata sfregandosi le
labbra e notando leggermente
delusa che Ed era ancora impassibile.
“Passeremo
da fuori. Stai indietro che fondo le grate.”
Le disse prima di voltarsi e andare alla finestra; e se Amane lo avesse
visto
in volto avrebbe notato che le sue guance erano in fiamme.
Dopo
dieci minuti erano entrambi in equilibrio su un
cornicione del castello, le mani aggrappate ai pugnali che Amane aveva
creato con
la cetra che si era legata ad una coscia sotto il vestito.
“Ma
chi me l’ha fatto fare!” mugugnò
terrorizzata
guardando i sette metri di dislivello che li separavano dal giardino.
“Concentrati:
siamo arrivati.” La rimproverò Ed
fondendo le grate e la finestra della stanza con la mappa.
Entrati
si stupirono di come il loro obbiettivo fosse
al centro della stanza, perfettamente visibile, ma velocemente fusero
la teca e
si apprestarono a tornare.
Mentre
erano di nuovo sul cornicione, Edward notò delle
strane fiaccole in lontananza.
Un
brutto presentimento gli attanagliò lo stomaco.
“Sbrigati
Amane!” la incitò, accelerando.
In
una decina di minuti riuscirono a ritornare al
salone e appena i compagnia videro la faccia allarmata di Ed cercarono
di
dirigersi verso l’uscita il più veloce e
silenziosamente possibile.
Perché
un assassino non si scompone mai per niente.
“Edward
cosa sta succedendo?” gli sussurrò preoccupato
Rey trascinandosi dietro Miel.
Ma
proprio mentre tutte le coppie si riunivano e
oltrepassavano il cancello del castello il verso d’allarme di
un falco risuonò
nella notte.
“Garret!”
urlò Miel mentre il falco nero si posava sul
suo polso.
“Non
è possibile…” mormorò
ascoltando i pensieri del
suo messaggero preferito e proprio mentre pronunciava queste parole,
davanti a
lei si accesero una miriade di torce.
L’esercito
era lì.
Per
loro.
Per
un secondo i ragazzi caddero nel panico, ma Rey fu
il primo a riprendersi.
“Cosa
state facendo ragazzi?! Siamo maghi e loro
semplici soldati!” urlò mentre il suo bracciale in
argento diventava un enorme
spadone a due mani.
“Era
da un po’ che non combattevamo seriamente
effettivamente.” Osservò Amlach sorridendo sadico
mentre l’oscurità si
avvolgeva attorno ai suoi pugni.
“Vediamo
chi di noi ne abbatté di più!” porrose
eccitato Shi creando un alabarda di fuoco.
“Vuoi
essere umiliato?!” ribatte Gigi spiegando le ali.
“Finalmente
un po’ di sano combattimento. Tranquilla
Asuna, ci metterò un attimo!” rise Jin mentre
delle piccole scariche
schioccavano intorno al suo corpo.
“Non
abbiamo scelta.” Osservò Osgal snudando i canini.
Eran
si guardava intorno preoccupato: cosa poteva
fare?! Era disarmato e non aveva poteri magici ma…
“Eran
trasformati!” gli urlò Aria scoprendo anche lei i
canini e rimpiangendo la sua amata balestra.
“No!”
urlò Eran terrorizzato.
“Aria
ha ragione: trasformati!” gli ordinò Osgal.
“Non
posso!” urlò addolorato Eran, “Se lo
faccio
scopriranno che…” mormorò a bassa voce.
“…che
sei un incrocio tra un licantropo e un vampiro?!
Mi dispiace ma l’abbiamo capito tutti.” Lo
interruppe sprezzante Ashuros
estraendo il suo pugnale.
“Cosa?!”
boccheggiò il ragazzo incredulo.
“Beh
non era molto difficile da capire…”
spiegò Miel,
“Ogni volta che sento il tuo odore immagino Ashuros e Amlach
che si
abbracciano…”
“Che
schifo!” brontolò il vampiro.
“E
poi i tuoi occhi sono un chiaro segno…”
osservò
Amane mentre Yelle, che era già in volo annuiva.
“Io
non c’ero arrivato…” ammise ridendo
Hiroshi mentre
il cielo si rannuvolava.
Eran
scosse la testa chiedendosi con che gruppo di
pazzi si fosse imbarcato e poi sorrise con il fuoco negli occhi.
“L’avete
voluto voi…” mormorò, prima di
accucciarsi. Il
suo corpo iniziò a cambiare, le ossa del viso ad allungarsi,
il pelo a
crescere, la pupilla ad ingrandirsi e in un battito di ciglia al posto
di Eran c’era
un gigantesco lupo con il pelo al garrese cioccolato.
“Che
carinoooo!” mugolò Akiko con grande
disapprovazione di Amlach.
“Concentrati!”
la rimproverò ma Akiko inciampò e cadde
faccia a terra.
Esasperato
il licantropo andò a rimetterla in piedi.
“Questo
vestito mi intralcia!” si lamentò, presentando
a tutte le altre un grosso problema; ma la soluzione vincente fu ancora
una
volta di Amlach che si inginocchio davanti a lei e, afferrati i lembi
del
vestito creò due enormi spacchi ai fianchi che di poco non
raggiungevano
l’intimo per poi con un pugnale d’ombra accorciarlo
fino a metà coscia.
“Grazie
Amlach!” lo ringraziò la ragazza accarezzando
la testa del ragazzo, troppo occupato a preoccuparsi per la sua sorte
alla
vista di Giada, che lo fulminava dicendo che se la sarebbero vista
dopo, per
accorgersene.
MA
dopo alcuni attimi d’imbarazzo tutte le ragazze,
minacciando i ragazzi di morte atroce, strapparono i loro vestiti come
Akiko;
Yelle però non riusciva a strappare la fodera in seta,
famosa per la sua
proprietà d’essere intaccabile, e quindi
intervenne Ashuros che pianto i canini
nel vestito e li usò per provocare gli spacchi e per
accorciarlo. Avrebbe
voluto seppellirsi quando Amane gli sibilò:
“Maniaco!”
L’esercito
davanti a loro era scioccato e spaventato.
Chi erano questi ragazzi che non si erano nemmeno scomposti alla loro
vista e
stavano scherzando tra loro tranquillamente, ignorandoli?! Ma cosa
ancora più
preoccupante: erano maghi?! Vampiri?! Licantropi?!
Il
panico serpeggiò tra le fila e il comandante irritato
da quella codardia diede il segnale di carica, partendo lui stesso per
primo in
sella al suo cavallo bianco come la neve e sfoderando un gigantesca
spada a due
mani.
E
l’esercito scattò.
Il
primo a muoversi fu Rey, che si teletrasporto
accanto al generale e con la sua spada lo disarcionò.
“Mi
dispiace ma credo che non catturerete nessuno
oggi.” Lo stuzzicò cercando di staccargli la testa
con un colpo al collo, ma
l’uomo riuscì incredibilmente a parare.
“Con
chi credi di avere a che fare ragazzino? Non crederai
di potermi battere solo perché sei un mago?! Ma non
preoccuparti: chi ha detto
che dobbiamo catturarvi vivi?” urlò prima di
esplodere in una grassa risata.
Rey
perse il suo ghignò e punto la spada davanti a lui.
“Mi
faccia vedere allora.” Lo sfidò prima di
teletrasportarsi nuovamente dietro l’avversario.
“Con
piacere.” Rispose l’uomo parando e cercando di
perforargli la pancia.
Miel
guardò senza volerlo Rey e gli corse dietro, ma a
metà si trovò circondata da un manipolo di
guardie.
“Arrenditi
ragazzina!” le urlarono puntandogli le lance
alla gola, ma guardando il corpo scoperto di lei.
Miel
scoppiò a ridere.
“Non
sapete cosa state dicendo!” li avvertì inclinando
la testa, gli occhi blu che rilucevano alla luce delle torce dietro la
maschera.
Poi
sprofondò nell’ombra.
“Non
vi ha insegnato nessuno come ci si comporta con
una donna?!” sibilò all’orecchio di una
guardia riemergendo alle sue spalle e
soffocandola con un una frusta d’ombra, per poi calciare via
il corpo e facendo
segno con un dito alle altre di andarle incontro.
“Fatemi
vedere cosa sapete fare.” Ghignò.
Amlach
si lanciò con una foga assassina nel
combattimento, non risparmiando nessuno; i suoi artigli
d’ombra affondavano
nelle gole delle guardie senza che i suoi occhi mostrassero la minima
pietà, le
ombre smembravano i suoi avversari senza che nemmeno lui se ne
accorgesse, la
morte lo seguiva come un ombra mentre un sorriso sadico fioriva sul suo
volto.
Solo
una cosa lo tratteneva dal trasformarsi in
licantropo e lasciarsi prendere completamente dalla furia: Akiko. La
ragazza si
era trasformata parzialmente in Gatta mannara e combatteva in maniera
straordinaria, le guardie cadevano sotto i suoi artigli ed era talmente
rapida
che le spade non la sfioravano nemmeno. Gli unici problemi erano che,
innanzitutto non colpiva abbastanza forte le guardie da ucciderle e
quindi
Amlach doveva fare tutto il lavoro sporco per lei, e in secondo luogo
inciampava anche senza vestito e il ragazzo doveva proteggerla
all’ultimo. Se
si fosse trasformato, l’avrebbe persa di vista e chi poteva
anche solo
immaginare che fine avrebbe fatto quella stordita!
Invece
la gara tra Shi e Gigi procedeva benissimo: il
ragazzo falcidiava con le sue armi infuocate qualsiasi cosa che
respirasse
vicino a lui, ghignando a tutto spiano e contando ad alta voce e
così irritando
la Dragon Slayer, che inseguiva in volo le guardie per poi abbatterle
con
enormi massi che alzava e scagliava grazie alle radici che spuntavano
dal
terreno. Il culmine lo raggiunse quando sradicò
letteralmente una zolla di
terra così grande che abbatté in un colpo solo
una trentina d uomini; Shi
invece manipolò tutte le fiamme delle torce, che attaccarono
le persone che le
tenevano, dando loro fuoco e divorando le loro carni.
Due
demoni usciti dall’inferno, pronti a cogliere le
anime di coloro che li ostacolavano.
Hiroshi
scatenava insieme a Jin tempeste di fulmini
tutt’intorno a loro, pari a dei abbattevano i nemici avvolti
da folgori che
brillavano a contrasto con le nubi nere del cielo. Jin inoltre non
disdegnava
il combattimento a mani nude e caricava i nemici che alla sua vista
indietreggiavano terrorizzati; nello stesso tempo teneva sotto stretto
controllo Asuna che con la spada che gli aveva procurato abbatteva
elegantemente tutte le guardie che le si facevano incontro pensando
fosse
l’anello debole del gruppo. Quale errore. La ragazza,
migliorata anche grazie
al Dragon Slayer del fulmine, precisa e micidiale colpiva di piatto nei
punti
scoperti i nemici facendoli svenire o tagliava loro i legamenti delle
articolazioni
rendendoli così incapaci di reggersi in piedi o di tenere un
arma.
I
figli della notte potevano invece cenare saziandosi
del sangue delle guardie, che ormai in preda al panico cercavano invano
salvezza.
Veloci
come ombre si spostavano tra i nemici e alle
spalle affondavano loro i canini nel collo, come se fosse burro.
Il
sangue colava sui loro colli alabastrini e gli occhi
rossi brillavano come braci ardenti, svelando la loro natura di demoni.
E
se Aria e Osgal riuscivano a non uccidere le vittime,
che comunque cadevano al suolo prosciugate, Ashuros non si faceva
scrupoli. Più
sangue beveva in quel momento, meno sete avrebbe avuto poi e
più facile sarebbe
stato trattenersi con i compagni feriti: non voleva assolutamente che
finisse
come con Jin.
Le
ragazze sembravano agli occhi degli uomini angeli
della morte, giunte solla terra per punire i loro peccati. Un solo loro
sguardo
aveva il potere di paralizzarli sul posto. Un solo sguardo li faceva
desiderare
di morire per mano loro. Un solo sguardo e gli uomini perdevano la loro
anima.
Poco
lontano due lupi compivano una strage di nemici;
Tara, una grande lupa bianca con sfumature grigio-azzurrine sul muso e
sulla
coda e con la grossa pietra ambra incastonata sulla fronte, squarciava
le gole
balzando sui nemici mentre le loro spade si scontravano contro lo scudo
proiettato dalla pietra, ed Eran abbatteva i nemici e piantava nel loro
petto i
suo artigli che rilucevano letali alla luce della luna.
Shoichi
le scoccava di tanto intanto delle occhiate
ammirate, mentre la terra tremava sotto i suoi piedi; dalle spaccature
che
creava fuoriusciva lava incandescente che eseguiva ogni singolo ordine
del
Principe dei demoni, diventando arma, scagliandosi e avviluppando tra
le sue
spire la vittima, nutrendosi della sua carne. Un sorriso amaro sul suo
volto
mentre le guardie tentavano inutilmente di raggiungerlo, già
con la morte negli
occhi.
Amane
e Yelle lottavano come sempre schiena contro
schiena, proteggendosi l’un l’altra.
L’elfa scatenava la potenza dei venti
creando tornadi e piccole tempeste, sferzando i nemici e impedendo loro
di
avvicinarsi; Amane con la sua spada abbatteva senza pietà
chi sopravviveva alla
furia dell’amica, la sua lama che tracciava ampi cerchi,
lunghi tagli nella
carne di quegli uomini, che trapassava senza difficoltà le
armature, che
rompeva le spade e lance nemiche.
La
sua unica distrazione: Edward Yoshina. L’Assassino.
Fermo
tra decine e decine di corpi corrosi, arti e membra
sparse e irriconoscibili, mentre gemiti di dolore, urla strazianti,
vane
preghiere per mettere fine alle loro sofferenze si alzavano
nell’aria della
notte intorno a lui che osservava gelido l’uomo sdraiato ai
suoi piedi, con le
gambe spezzate e le ossa bianche che uscivano dal ginocchio insieme a
fiori di
sangue, che piangeva e supplicava il perdono. Senza incertezza negli
occhi.
Senza pietà. Senza anima.
Un
assassino è solo un assassino.
“Dimmi,”
lo incitò gelido lasciando colare delle gocce
d’acido sui polsi dell’uomo che iniziò
ad urlare, “Chi vi ha mandato?” chiese
impedendo con un piede che l’uomo provasse a girarsi sulla
pancia e a
strisciare via.
“N-NOOOO….”
Urlò la guardia impazzita.
“Ho
chiesto chi vi ha mandati.” Ripetè lasciandone
colare una maggior quantità.
“I-il
re…IL RE!” urlò contorcendosi come un
verme.
“Come
ci avete trovati?” chiese ancora mentre adesso
l’acido
lo lasciava colare all’altezza dell’ombelico
dell’uomo.
“N-non…non
lo so!” urlò sputando sangue.
“Come.
Ci. Avete. Trovati!” sibilò Edward premendo
l’intera mano sulla pancia dell’uomo che esplose in
un grido disumano.
“U-un
mago…d-dicono che il r-re… sia un
mago!” rivelò
con gli occhi insanguinati e la schiuma bianca alla bocca.
Edward
parve rifletterci in silenzio.
Poi
si alzò.
“Un
traditore come te non merita una morte indolore.”
Sentenziò prima di coagulare nella mano e poi lasciar cadere
all’altezza del
cuore un goccia di acido rosso. Acqua Regia. L’acido peggiore
in assoluto: ci
avrebbe impiegato due ore di atroce sofferenza per raggiungere il cuore
e a
quel punto lo avrebbe ucciso. Non c’era
possibilità di fermarlo né di morire
prima o alleviare la pena.
La
fine della battaglia la decretarono l’arrivo dei
famigli, in particolare Mizumi e il lupo, che misero in fuga le ultime
guardie.
Rey
dopo uno strenuo combattimento in cui aveva deciso
di rinunciare alla magia, infilzò il cuore del comandante
che cadde in
ginocchio.
“Solo
lui combatteva così…”
mormorò guardando il
ragazzo che estraeva la spada,
”Ma
sappi che non hai speranze Rey…non contro di
lui…”
gli rinfacciò beffardo prima di cadere faccia a terra, nella
polvere e nel
sangue.
“Staremo
a vedere.” Rispose lui pulendo la spada nel
mantello e ritrasformandola nel bracciale; poi sorrise e raggiuse gli
altri.
“Tutto
bene, principessa?” chiese alla bionda scompigliandole
i capelli.
“Sì,
era da un po’ che non combattevo sul serio!” disse
con un sorriso ma notando con disappunto che mentre lei era ferita, Rey
era
perfettamente immacolato.
“Se
ti vestirai tutte le volte così, prometto di
portarti più nemici!” ribatté lui
malizioso scrutando lentamente le gambe nude
di lei.
“MANIACO!”
urlò prima di tirargli un pugno in testa da
farlo stramazzare e allontanarsi impettita da lui.
Gigi
e Shi erano un davanti all’altro, tesi e seri come
non mai.
“Al
tre.” Propose lei.
“Al
tre.” Acconsentì lui.
“Uno”
“Due.”
“CINQUANTASEI!”
urlò Gigi.
“CINQUANTASETTE”
urlò in contemporanea Shi.
Per
un attimo ci fu silenzio, poi Gigi cadde a terra
distrutta.
“H-ho
preso…” mormorò affranta mentre
l’elfo scoppiava
a ridere.
“HO
vinto! Ho vinto!” iniziò a canticchiare saltandole
intorno.
“Povero
Shi…” commentò Akiko attirando lo
sguardo
perplesso di Amlach.
“Gigi
odia perdere.” Svelò facendo scoppiare a ridere
il licantropo, nel momento esatto in cui Gigi si alzava avvolta da un
aura nera
e si lanciava all’inseguimento di un terrorizzato, o almeno
così sembrava, Shi.
Intanto
Yelle aveva raggiuto il suo vampiro preferito.
“Tieni.”
Disse gentile porgendogli un fazzolettino
bianco, che doveva essere un rimasuglio del suo vestito. Il ragazzo la
guardò
perplesso e allora l’elfa rise e si sporse verso il suo
volto, iniziando a
pulirlo con delicatezza.
“Eri
sporco di sangue.” Spiegò sotto lo sguardo
scioccato di Ashuros, che per reazione istintiva arrossì.
Per la prima volta
arrossì.
Per
poco Charlotte non svenne.
Osgal
guardò insieme ad Aria, in un brodo di giuggiole,
la scena scuotendo la testa, ma Eran la guardò di sbieco.
“È
una bella cosa che vadano d’accordo, Osgal!” la
rimproverò, ma lei stette in silenzio e Aria
annuì canticchiando avvolta da
cuori e cherubini.
Jin
e Asuna intanto si complimentavano a vicenda, e la
ragazza in particolare lo ringraziava e gli chiedeva altri aiuti per
migliorare.
L’unico
che non partecipava a quel momento di riunione
era Edward che guardava l’uomo che aveva avvelenato
contorcersi da lontano,
impassabile.
“Non
ce n’era bisogno.” Gli disse Amane affiancandolo.
Edward
non disse niente.
La
ragazza sospirò delusa e quando capì che non
avrebbe
nulla raggiuse la vittima di Edward, estrasse la spada e le
tagliò la testa.
Poi
tornò da lui, che la guardava muto.
“Solo
perché ti danno dell’assassino, non che devi
comportarti così” gli disse e per la prima volta
negli occhi di Ed si accese
della sorpresa.
Approfittandone
Amane lo afferrò per un polso.
“Andiamo,
ci aspettano.” Gli disse trascinandolo dietro
di sé verso gli altri che li chiamavano.
Allora!?
Ancora vivi?! Spero di sì, perché ho bisogno di
aiuti per imparare a descrivere
bene i combattimenti di massa: il mio punto debole! Quindi
giù coi consigli! Non preoccupatevi se non ho dato lo stesso
spazio a tutti, è perchè per altri ho i mente
altri momenti!!
Visto che i vestiti erano troppo complicati da descrivere, eccoli qua
quelli che sono riuscita a mettere:
Tatuaggio
di Miel:
Amane:
Ashuros:https://www.google.it/search?hl=en&site=imghp&tbm=isch&source=hp&biw=1280&bih=637&q=ezio+auditore&oq=ezio+audito&gs_l=img.3.0.0l10.1273.3338.0.5380.11.7.0.4.4.0.81.480.7.7.0....0...1ac.1.26.img..0.11.518.li6I-GCmsFo#facrc=_&imgdii=_&imgrc=LavF7cg4y6vq1M%3A%3B4KKX04Hqwpw1BM%3Bhttp%253A%252F%252F2.bp.blogspot.com%252F-nLgseoX80p4%252FUZwYPKBusPI%252FAAAAAAADsGk%252Fs9ugohv5CjI%252Fs400%252FEzio-Auditore-Desmond-assassin-creed-rock-the-sims-b.jpg%3Bhttp%253A%252F%252Fmysims3blog.blogspot.com%252F2013%252F05%252Fassassims-creed-ezio-auditore-desmond.html%3B1200%3B900
più il mantello di licantropo XD
Amlach:
Osgal:
http://www.google.fr/imgres?safe=active&biw=1600&bih=775&tbm=isch&tbnid=tAIzWvQNzEa-EM:&imgrefurl=http://grandepassionemoda.wordpress.com/category/abiti-da-posa/&docid=RDRSnb0Y7WxH3M&imgurl=http://grandepassionemoda.files.wordpress.com/2012/11/abito-da-sposa-nero-gotico-lacci-bustino.jpg%253Fw%253D870&w=400&h=580&ei=nj4zUoO9M-Kv0QWVhYCwBA&zoom=1&iact=hc&vpx=1342&vpy=180&dur=1063&hovh=270&hovw=186&tx=199&ty=162&page=1&tbnh=139&tbnw=96&start=0&ndsp=49&ved=1t:429,r:12,s:0,i:116
Shoichi:
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Capitolo 7 *** Gelosia e Verità ***
Yoooooo minna!
Finalmente sono qui! Vi lascio solo al capitolo che spero davvero vi
piaccia
dato che io sono molto soddisfatta! Un grazie ad Andry che mi ha
sopportato, lo
ha letto in anteprima per darmi un giudizio e mi ha aiutato a
correggere alcuni
dialoghi dei capitoli indietro!
Gelosia
e Verità
Era ormai
mezzogiorno passato quando i ragazzi iniziarono ad aprire gli occhi,
circondati
da profonde occhiaie per la notte insonne. Dopo la vittoria contro
l’esercito,
si erano messi subito in marcia per mettere più distanza
possibile tra loro e
il castello e avevano camminato fino all’alba lungo le coste
del lago,
arrivando dal lato opposto, dove si erano addormentati stanchi come non
mai;
tranne i vampiri che erano andati a caccia e poi avevano fatto la
guardia
durante il loro riposo.
Erano tutti
sdraiati in un piccola fascia erbosa al limitare della riva sabbiosa
del lago,
vicini alle braci di un fuoco fievole tenuto vivo dai vampiri e avvolti
nei
loro mantelli e nelle coperte che Miel aveva tirato fuori dalla borsa
per stare
al caldo; al contrario dei primi giorni di viaggio non c’era
più una linea invisibile
a dividere la zona dei ragazzi e quella delle ragazze, ma erano
tranquillamente
mischiati. Anche perché le ragazze si sapevano difendere
benissimo da sole.
Asuna,
abituata ad alzarsi presto la mattina, fu la prima a riprendersi
completamente
e dopo aver guardato divertita le sue amiche che si alzavano come morti
viventi, Miel in particolare, chiese a Fantasy l’occorrente
per preparare un buon
caffè e del latte per tutti, mentre Aria la aiutava cercando
i biscotti e Osgal
si scambiava fredde occhiate con Ashuros, seduto a debita distanza.
Dopo dieci
minuti in cui la ragazza scaldava le bevande al centro del cerchio che
i
ragazzi imbambolati e affamati avevano inconsapevolmente formato
intorno a lei,
ognuno ebbe tra le mani la sua colazione.
“E
ora?
Cosa si fa?” chiese Giada, interrompendo per prima quel
silenzio sonnolento che
regnava tra loro.
“Dormiamo…”
mormorò Miel cadaverica prima di cadere a peso morto
all’indietro con un
biscotto in bocca per metà, sotto lo sguardo scioccato della
maggior parte dei
presenti.
Ed si
limitò a scuotere la testa, prima di iniziare a litigare
tramite occhiatacce
con Amane per chi avrebbe bevuto il bis di caffè.
“E i
tuoi
allenamenti?” la pungolò Amlach, mentre riempiva
un’altra ciotola di latte per
Akiko, la terza per la precisione.
Un mugolio
si alzò lamentoso dal mantello blu.
“Credo
stia
dicendo che non gli interessa e che vuole solo dormire!”
tradusse ridacchiando
Aria, leggendogli la mente, mentre Eran iniziava a ridere.
Allora
Yelle e Gigi, scambiatasi un’occhiata complice e
completamente ripresesi dopo
il caffè, presero la rincorsa e con uno scattò si
lanciarono sulla ragazza.
“SVEGLIAAAAA!”
urlarono alla povera bionda, schiacciata a terra e con il famoso
biscotto incastrato
in gola, ma minimamente intenzionata ad alzarsi o aprire gli occhi.
“Certo
che
è testarda…” mormorò Akiko,
leccandosi i baffi di latte sorridente e porgendo
nuovamente la tazza ad Amlach, scioccato.
Vedendo che
non ottenevano grandi risultati, Yelle decise di passare
all’arma finale.
“Altrimenti
diciamo a Rey di svegliarti…” sussurrò
subdola all’orecchio della ragazza,
facendo ghignare la maggior parte dei presenti, dotati di un udito
sviluppato.
“Sono
sveglia!” balzò subito in piedi lei nel panico,
mentre i due geni del male si
rotolavano per terra dalle risate.
Persino
Osgal, che sembrava più rilassata del solito, rise
cristallina.
“Voi
siete
infide!” le accusò allora Miel risedendosi
imbronciata.
“Tornando
all’argomento di prima, cosa facciamo ora?” chiese
Eran curioso di conoscere il
prossimo obbiettivo.
I ragazzi
tornarono seri e Rey, che fino a quel momento aveva seguito confuso gli
strani scambi
di battute delle ragazze, estrasse dalla giacca la sua fidata mappa per
spianarla nell’erba davanti sé mentre tutti gli si
stringevano intorno.
“Il
nostro
prossimo obbiettivo è la capitale del Regno dei Nani:
Kibil-nâla.”
Spiegò indicando le
montagne sulla pergamena, “A quasi due settimane di cammino
da qui; anche se
poi dipende dalla velocità con cui ci spostiamo.”
“Dobbiamo
rubare la mappa a dei Nani?” chiese Shoichi mentre Ed
corrugava le
sopracciglia: i Nani non erano da sottovalutare, per niente; erano
molto più
scaltri degli umani, nonché testardi, orgogliosi ed
estremamente violenti. Il
combattimento corpo a corpo con loro era un’idea suicida,
anche per dei maghi,
dato che le loro armature resistevano a qualsiasi cosa, magia compresa.
“Sarebbe
una pazzia.” Rispose infatti Rey confermando i timori dei
ladri e dei generali
del gruppo, “Il pezzo di mappa che ci serve si trova nella
castello del re, Gabilgathol:
una fortezza in pietra impenetrabile, senza punti deboli o vie di fuga.
Inoltre
il sistema delle guardie è molto meglio strutturato dei
nostri e non abbiamo
possibilità di camuffarci: è impossibile, a parte
forse per Miel e Gigi, farci
scambiare per dei nani a causa dell’altezza. Per non parlare
dei nuovi
misteriosi re che sembrano guidare il popolo nanico: Dainvin e
Brynherkinher. Non so
nemmeno se siano i loro
veri nomi…suonano più come appellativi,
onorifici…Li convinceremo a
prestarcela.” Spiegò concentrato senza dar peso a
quello che aveva appena
detto, mentre gli altri lo seguivano senza perdersi una parola.
“Che.
Cosa.
Hai. Detto?!” sibilarono le due bionde saltando in piedi e
tirando in sincrono
un poderoso pugno sulla testa del ragazzo, che preso alla sprovvista
non riuscì
a schivarlo. Shi ghignò sadico all’indirizzo di
Gigi.
Le due stavano per passare
alle maniere forti
quando Aria le spiazzò.
“Ci
sei
stato.” Disse sorpresa con voce fioca guardando Rey stupita
ma senza vederlo
davvero; tutti si bloccarono e fissarono il biondo, anche Shi e Gigi
che si
stavano accapigliando perché il ragazzo aveva
“ghignato in un momento poco
opportuno”.
“Sì.”
Rispose lui secco dopo qualche secondo di silenzio, prima di abbassare
lo
sguardo e riprendere a osservare la mappa, “…molto
tempo fa e neanche allora
riuscì anche solo a vedere i due Re.”
Le maestose
e sfocate immagini che Aria aveva fin d’ora visto vorticare
nella mente del
ragazzo sparirono, lasciando posto all’immagine della cartina.
Una smorfia
si dipinse sul volto di Miel, scocciata: un altro punto interrogativo
che si
aggiungeva alla lista! Fantastico! Ma ricordandosi le parole che le
aveva
rivolto al Ballo e la promessa fattale, si costrinse a risedersi al
fianco del
biondo con un piccolo sbuffo. Tutti gli altri dopo qualche secondo di
esitazione si rilassarono nuovamente, chi più chi meno: Tara
non riuscì a
trattenersi dall’allontanarsi leggermente dal ragazzo e Osgal
strinse le labbra
in una linea sottile, piccata.
“Quale
strada ci convince prendere?” intervenne Jin con un sorriso,
spezzando il
pesante silenzio che era calato sul gruppo.
Rey
accennò
un sorriso in risposta, rilassando anche lui i muscoli che aveva
inconsciamente
contratto.
“Dobbiamo
continuare a seguire il lago fino a che non incontreremo la Men Losse,
la
grande strada che attraversa le montagne; da lì proseguiremo
nei boschi
costeggiandola fino a giungere al confine. Giunti al passo ci
inventeremo
qualcosa per convincerli a farci passare…”
“Di
questi
ultimi tempi lasciano passare molti meno forestieri, ma come
biasimarli? Meno
hanno a che fare con il nostre Re, meglio è per
loro.” Commentò Amlach cupo
mentre Shi annuiva.
“Questo
lasciatelo a me!” esordì Jin sorprendendo tutti,
con un sorriso convinto.
“Cos’hai
intenzione di fare?” chiese Ashuros incrociando le braccia e
scrutandolo come a
volergli carpire il segreto dall’anima.
“Direi
che
è ora di svelarvi un mio piccolo
segreto…” ridacchiò lui prima di
alzarsi in
piedi e, tanto veloce che le ragazze non ebbero il tempo di chiudere
gli occhi,
si tolse la camicia.
Sotto di
esse brillava alla luce del sole una cotta in maglia finissima che
sembrava
fatta di argento liquido.
“Mithril!”
esclamò Ashuros riconoscendo il pregiato e rarissimo
materiale, “Come l’hai
avuta?” chiese, non capacitandosi del fatto.
“È
uno dei
lasciti di mio padre prima di scomparire; è fabbricata dai
nani per le persone
che stimano o per i loro amici, ci faranno entrare se gliela
farò vedere. E
chissà… magari scoprirò un
po’ di più sul mio vecchio.”
spiegò con un sorriso
mesto risedendosi e rinfilandosi la camicia; alla vista di quella
espressione,
Asuna non riuscì a non farsi prendere dalla tristezza per
lui e un’ondata di
dolcezza sembrò sgorgarle dal cuore, così
appoggiò una mano su quella di Jin e
gli rivolse quello che sperava fosse un sorriso confortante.
Il ragazzo
parve sorpreso ma subito si rallegrò del gesto ed
esibì il suo migliore
sorriso, stringendo la piccola mano della guardia, che
arrossì, nella sua.
Gli altri
fecero finta di non vedere e cominciarono a preparare le proprie cose,
pronti
per incamminarsi.
Dopo alcuni
minuti erano tutti pronti e ridendo e scherzando si avviarono lungo la
riva del
lago; camminarono all’ombra del bosco, tra la riva e gli
alberi, fino a
pomeriggio inoltrato, di buona lena, fermandosi solo per una breve
pausa pranzo.
Il carro
del sole stava iniziando a discendere nella volta celeste, quando Yelle
si
fermò all’improvviso e si lasciò cadere
per terra all’indietro.
“Basta!”
mugugnò
incrociando le braccia, mentre tutti si fermavano e la guardavano
perplessi.
Accanto a lei si lasciò cadere sdraiata Gigi insieme ad
Akiko, subito seguite
da Miel.
“Non
potremmo fermarci per oggi? Siamo ancora stanche da
stamattina!” supplicò Akiko
facendo gli occhioni dolci ad Amlach, che guardò
dall’altra parte imbarazzato.
“Mmh…
potrebbe essere pericoloso…” osservò Ed
guardando anche la altre ragazze
sedersi esauste; ma dopotutto avevano camminato senza lamentarsi per
tutta la
giornata e la notte prima l’avevano passata in bianco;
perfino Amane gli
sembrava sul punto di collassare.
“Potremmo
fare il bagno!!” propose eccitato Hiroshi guardando
l’acqua blu poco più in là.
Tutti i ragazzi parvero illuminarsi, a parte Ashuros ovviamente.
“Questa
è
un’ottima idea!” si congratulò Jin
dandogli una pacca sulla spalla e contagiando
con la sua allegria tutto il gruppo; l’idea di un bagno
fresco nell’acqua
cristallina alettava chiunque: divertimento e relax allo stesso tempo.
Perfino
le ragazze per un attimo guardarono speranzose il lago, ma ben presto
si
ricordarono cosa implicava…
“Non
ci
pensiamo neanche pervertiti!” sbottò Gigi
guardandoli malissimo e tirandosi a
sedere, mentre le guance gli si imporporavano e con le braccia si
copriva come
se la volessero spogliare con la forza.
Per un
attimo ci fu un silenzio imbarazzato tra le due fazioni, dato che anche
i
ragazzi avevano realizzato la sconveniente situazione.
“Non
vi
preoccupate, ho io la soluzione!” svelò allegro
Rey accucciandosi di fianco a
Miel, che indietreggiò inorridita, “Mi puoi
passare la borsa?” chiese con un
sorriso da orecchio a orecchio, mentre gli altri seguivano le sue mosse
perplessi e Miel gliela tendeva diffidente.
“Vedete,”
iniziò a spiegare infilandosi nella borsa, “Quando
Akane mi ha chiesto di
spiegarle che percorso avremmo seguito ed ha scoperto che saremmo
passati
vicino al lago, mi ha dato questi strani vestiti che ha detto essere
una delle
invenzioni che portarono gli Altri durante la Grande Catastrofe; sono
di una
stoffa particolare e permettono di fare il bagno senza rimanere
completamente
nudi, sono molto rari e me ne ha dato uno a testa. Li ha chiamati
costumi da
bagno!” terminò orgoglioso riemergendo da
quell’abisso senza fondo con un
mucchio di stoffa colorata in mano.
Un coro di
sorpresa si levò dagli spettatori, perfino Tara ne aveva
soltanto sentito
parlare dalla nonna.
“Ci
sono
anche i nomi!” commentò vedendo e che
c’erano dei cartellini attaccati ai vari
indumenti e iniziando a distribuirli.
Le ragazze
li osservarono prima curiose, poi iniziarono a diventare diffidenti e
infine
arrossirono di botto.
“Ma
sembra
intimo!!” commentò Amane esprimendo il pensiero di
tutte.
“Io
non lo
metto!” annunciò Tara decisa incrociando le
braccia.
“Stai
scherzando vero?!” chiese Shoichi allucinato, “Tu,
ieri, quando ti sei
ritrasformata sei rimasta nuda! NUDA! Ma non hai fatto una piega, non
sei
nemmeno arrossita! Ti sei rivestita basta!” ululò
Shoichi arrossendo al
ricordo, e lui non arrossiva mai.
“È
diverso.
Quello è normale, fa parte della mia natura.”
Commentò pacifica Tara, quasi
scioccata da come il ragazzo che si batteva una mano contro la fronte,
non
capisse un ragionamento così lineare.
“Dai
ragazze!” le pregò Jin con un sorriso entusiasta,
ma da loro si alzò un coro di
proteste.
“Tsk!
Fate
come volete!” si arrese Amlach prima di incamminarsi verso il
bosco, “Io vado a
cambiarmi.” Avvisò, mentre gli amici lo seguivano.
Le ragazze
rimasero per qualche secondo in silenzio a osservare combattute i
costumi che
stringevano tra le mani, con le guance rosse.
“Abbiamo
fatto la cosa giusta, vero?” chiese Akiko titubante.
“Certo!”
rispose severa Osgal ma senza staccare gli occhi dal suo costume.
“N-non
è
dignitoso…” continuò Aria torturando la
strana stoffa.
Il silenzio
calò nuovamente e si udiva solo l’infrangersi
delle piccole onde contro la
spiaggia dorata.
“Sono
comodissimi!” l’urlo entusiasta di Hiroshi fece
sobbalzare le ragazze e neanche
trenta secondi dopo sfrecciò il suddetto ragazzo con degli
strani pantaloni
bianchi tagliati al ginocchio diretto verso l’acqua.
“Non
ha
tutti i torti!” gli diede corda Jin, superando le ragazze
stiracchiandosi,
mentre Asuna sentiva il volto andare a fuoco alla vista dei muscoli
definiti
del ragazzo che avanzava indisturbato nel suo costume nero dai ricami
rossi.
Era anche meglio di quanto ricordasse, dovette ammettere a malincuore.
“Non
vedevo
l’ora di un bel bagno, tu no Amlach?” chiese Eran
camminando sulla sabbia calda
insieme al licantropo, il cui fisico statuario messo in mostra
dall’indossare
solo un costume nero con ricami tribali, riuscì a far
spalancare la mascella ad
Akiko, che gli sorrise raggiante.
Osgal non
mosse un muscolo né arrossì in alcuno modo mentre
i suoi occhi seguivano come
calamitati l’amico nei suoi bermuda grigi.
“Eddai
Ashuros! Ci siamo cambiati tutti!” la voce di Rey, tinta di
rimprovero misto
divertimento, raggiunse le orecchie di Miel, che continuò a
guardare fissa il
lago dove gli altri si erano già lanciati.
“Lascia
perdere Rey…” mormorò Ed avanzando
calmo, fingendo di non aver visto l’occhiata
imbarazzata che Amane aveva lanciato al suo costume viola scuro, quasi
tendente
al nero, prima di rigirarsi.
“Dovresti
lasciarti andare!” ghignò Shi incrociando le
braccia nude dietro la testa prima
di guardare Gigi, ostinatamente voltata, “Ehi Gigi non dici
niente del mio
costume?!” le chiese perfido.
“CHE
COSA
VUOI CHE ME NE FR…” iniziò a urlare la
bionda piccata girandosi e così cadendo
nella trappola dell’elfo, che ghignò soddisfatto
nel vedere gli occhi sgranati
della ragazza percorrere il suo fisico slanciato passando per i bermuda
rossi e
i pettorali definiti.
“Ah…
ehm…”
iniziò a balbettare imbarazzata facendo scoppiare a ridere
il ragazzo che
sorpassandola le scompigliò i capelli con una mano.
“Sei
proprio sicura di non voler venire?” il viso di Rey si
materializzò davanti
agli occhi di Miel, che d’istinto plasmò un
pugnale nero.
Due
pensieri nella sua testa: troppo vicino. Troppo scoperto!
Davvero non
poté fare a meno di ammirare il fisico slanciato ma
muscoloso del ragazzo, che indossava
solo dei bermuda blu scuro.
“S-sul
mio
cadavere!” sibilò distogliendo lo sguardo e
rafforzando la presa sull’arma.
Stava
già
pensando a cosa fare se fosse passato alla forza quando lo
sentì sospirare,
prima di posarle una mano sulla testa e poi raggiungere gli altri
già in acqua.
Da quando
la sua mano era così grande?
“Sembrano
divertirsi…” mormorò Aria distogliendo
lo sguardo da tutti i cuccioli
addormentati poco più in là con Charlotte di
guardia.
“Già…”
annuì Akiko vedendo tutti i ragazzi azzuffarsi con Ashuros
finché non
riuscirono a sollevarlo di peso e lanciarlo in acqua vestito, prima che
Charlotte, che urlava bionica con la spada sfoderata contro Hiroshi,
potesse
fermarli; a quel punto il ragazzo si tolse tutto tranne i pantaloni e
si rassegnò
all’idea di un bagno con gli scalmanati, facendo realizzare a
Yelle, forse per
la prima volta, che Ashuros era davvero un bellissimo ragazzo.
Unanimemente
le ragazze sospirarono nel guardare i loro compagni che iniziavano una
gigantesca battaglia in acqua.
Non erano
neanche passati dieci minuti, che le cose per loro peggiorarono
drasticamente:
un canto melodioso da incantare una roccia si diffuse
nell’aria serale, come
vento primaverile; dal centro del lago nuotarono verso i ragazzi donne
di
eterea bellezza, dai
lineamenti fini e
ipnotici, lunghi capelli di ogni sfumatura di blu e verde intrecciati
con perle
e coralli, la pelle liscia, chiara e traslucida come la luna, il seno
abbondante che straripava dalle conchiglie usate per coprire il minimo
indispensabile
e la coda squamata e sinuosa che fendeva elegante l’acqua.
Sirene.
“Cosa
ci
fanno dei ragazzi carini come voi qui da soli?”
ridacchiò una di loro dai lungi
capelli azzurri e il sorriso malizioso, tracciando un cerchio sul cuore
di Rey,
che sorrise ma con una mano spostò il dito della ragazza.
“Siete
soli?” chiese un’altra dai capelli violacei
prendendo per un braccio Amlach che
alzò un sopracciglio perplesso ma accennò un
sorrisetto.
“Non
preoccupatevi vi facciamo noi compagnia!!” dissero con voce
flautata due sirene
gemelle dagli occhi blu e i capelli verde acqua strusciandosi contro
Jin, che
le guardò con un sorriso ebete.
Le donne
erano il suo punto debole: stava già cedendo. Non che gli
altri fossero messi
meglio, in trenta secondi erano tutti tra le grinfie delle sirene: Ed
non
sembrava molto contento ma non riusciva a scollarsele di dosso, Hiroshi
invece
non faceva che gioire infantile e cercare di convincerle a entrare nel
suo
harem, Eran cercava di comportarsi da galantuomo e non da maniaco allo
stesso
tempo però senza offenderle o essere rude, Shoichi era il
solito don giovanni e
faceva strillare le sirene deliziate e Shi ghignava malizioso,
interiormente
terrorizzato dalla prospettiva di scatenare la loro furia.
“Posso
fare
qualcosa per te?” sussurrò una sirena dalla chioma
blu notte e la voce profonda
appoggiandosi ad una spalla di Ashuros, il quale la osservò
per lunghi istanti
con i suoi occhi rubino che ardevano, tanto da accendere il desiderio
della
sirena con una fiamma; peccato che non sapesse che ciò a cui
stava pensando il
ragazzo in realtà fosse la quantità di energia
che il suo sangue gli avrebbe
procurato e come farne la sua cena senza scioccare, troppo, gli altri.
Peccato che
tutte queste cose, sia perché i compagni erano molto lontano
da riva sia perché
erano troppo prese dai loro pensieri tormentati, le ragazze non le
potevano
sapere.
“Sirene!
Disgustose!” sibilò Amane, che dopo le fate erano
le creature che più aborriva;
che razza di sirene dai facili costumi a strusciarsi così
contro Ed, nemmeno lo
conoscevano! E tra l’altro: perché lui non le
allontanava!?!
“Davvero
indecenti…” mormorò schifata Gigi,
mentre non si perdeva un singolo movimento
di Shi, che vedeva intento a ghignarsela allegramente con quelle oche.
Asuna si
limitò a guardare triste e allo stesso tempo frustrata Jin!
E lei che pensava
che fosse un bravo ragazzo: era solo un pervertito! Come aveva fatto
a… Il
pensiero di Asuna si interruppe a metà mentre lei arrossiva
furiosamente
stringendo le nocche.
“Io
non
sono irritata. Io non sono irritata. Io non sono
irritata…” iniziò a ripetersi
Tara guardando il braccio delle sirene intorno alla vita di Shoichi,
mentre le
punte dei capelli diventavano sempre più chiare.
Osgal
ringhiò sorprendendo Aria, che era intenta a guardare mesta
Hiroshi.
“Osgal!
Non
è che tu sei…?” iniziò a
insinuare ma la vampira spalancò gli occhi imbarazzata
e la interruppe.
“Non
dire
sciocchezze! Semplicemente non sopporto le
sirene…” mormorò tornando a
osservare Eran, la mano che accarezzava la spada.
“Perché
si
comporta così…” mormorò
Yelle crucciata attorcigliando fili d’erba intorno alle
dita. Non capiva: perché Ashuros guardava così
quella sirena?! Lei l’aveva
fatto ridere, ma non l’aveva mai guardata così.
“Idiota!”
sbuffò Miel in direzione di Rey, che a lei pareva stesse
flirtando amabilmente;
e pensare che aveva pensato che fosse migliorato dopo il Ballo! E
invece era
sempre il solito idiota! Sperava che si affogasse! O che la sirena lo
trasformasse in un pomodoro di mare! Anzi no! Dovevano affogare
entrambi! Lui e
quella stupida testa piena d’acqua che non faceva altro che
ridacchiare e
strusciarsigli contro!
“Brucia.”
La voce di Akiko riscosse tutte le ragazze, che si girarono stupite
verso
l’amica; Akiko stava guardando fissa Amlach, intrappolato tra
le braccia della
sirena, con occhi tristi e confusi, “Non riesco a capire
come…ma brucia ogni
secondo di più…” mormorò
appoggiandosi una mano al cuore e stringendo la stoffa
tra le dita.
Ognuna di
loro istintivamente abbassò gli occhi, perché
Akiko aveva ragione, che lo
volessero ammettere o meno, era vero: bruciava.
“Ora
basta!” fu Gigi ad alzarsi in piedi circondata da un aura
nera, “Insegniamo a
quelle sottospecie di sardine cosa succede a chi ruba i compagni degli
altri!”
ringhiò assassina afferrando il suo costume e correndo nella
boscaglia.
“Volentieri!”
sibilò Amane seguendola.
In meno di
trenta secondi non c’era più nessuna ragazza sulla
riva.
“Mi
dispiace ragazze, ma vi devo ripetere che abbiamo compagnia.”
Ripetè esasperato
ma con un sorriso tirato sulle labbra Amlach, cercando di allontanarsi
dalle
due sirene che lo abbracciavano da ambo i lati.
“Non
andare! Giochiamo ancora un po’!” si lamentarono le
due esibendo un broncio
infantile e baciandolo leggermente sul collo, facendolo così
irrigidire.
“Io
non…”
“AMLACHHHHH!”
la risposta del licantropo venne interrotta dalla dolce voce di Akiko.
Amlach si
voltò
e gli cadde la mascella per lo stupore: salutandolo con una mano gli
correva
incontro circondata da piccoli spruzzi d’acqua, Akiko,
fasciata in un costume a
due pezzi bianco con la parte inferiore legata da due fiocchetti.
Stava
ancora guardandola imbambolato, quando la ragazza mise i piedi nel
punto in cui
il fondale precipitava e con un’espressione terrorizzata
sprofondò nell’acqua
scura.
“Akiko!”
Amlach
si scrollò lo cozze di dosso e in tre bracciate raggiunse il
punto dov’era
sparita la ragazza; vedendo che non risaliva si immerse interamente e
subito la
vide agitarsi mentre sprofondava nell’acqua nera. Afferratale
una mano se la
strinse al petto e riemerse velocemente.
Akiko
tossì sputando
l’acqua salmastra.
“Stai
bene?” le chiese il ragazzo preoccupato controllando che
tornasse a respirare.
“Sì
sì…” lo
tranquillizzò lei sorridendogli coi capelli viola che le si
appiccicavano al
viso, “È che non so nuotare!”
spiegò ridacchiando.
“Stai
scherzando?! E allora perché sei entrata?!”
urlò Amlach scioccato, mentre
realizzava che Akiko era davvero un gatto!
Lei
gonfiò
le guance.
“Volevamo
venire anche noi a divertirci con voi!” ribatté,
mentre Amlach alzando lo sguardo
vide le sue compagne avanzare verso di loro avvolte da
un’aura omicida.
Dubitava sinceramente che volessero divertirsi, Gigi aveva tutta
l’aria di
voler uccidere Shi nella maniera più dolorosa mai
esistita…
“Ora
ti
riporto a riva.” Commentò scuotendo la testa e
iniziando a nuotare verso terra,
ma Akiko si aggrappa a lui e lo fulminò con lo sguardo.
“Neanche
per sogno! Io rimango qui con tutti!” insistette guardando
male le famose cozze
da sopra la spalla del ragazzo.
“Ma
non sai
nuotare!”
“Fa
niente!
Sto in braccio a te!” Amlach arrossì di botto e
distolse lo sguardo.
“Come
preferisci razza di testona…” mormorò
sconfitto mentre lei rideva stringendolo
in un abbraccio.
Gigi
avanzando nel suo costume a due pezzi bianco con sfumature viola,
sembrava un
demone sorto dall’inferno e al solo vederla Shi
cominciò a imprecare in antica
lingua elfica. E ora cosa faceva? Era morto. Decisamente morto. Forse
poteva
fuggire. O fingere di annegare. O…
Un’ondata
di gigantesche dimensioni si alzò dietro la ragazza che
sorrise sadica al suo
indirizzo, o così pensava, prima di puntare il dito verso di
lui.
Il piccolo
tsunami si abbatté sul ragazzo, che sentì
qualcosa di viscido ghermirgli il
piede, e sulle sirene, che vennero colpite in pieno e trascinate via al
centro
del lago.
Shi si
sentì come gettato da un cascata, l’acqua che lo
percuoteva togliendogli il
respiro, gli arti che sembravano volersi staccare dal corpo e infine,
quando
pensò che sarebbe annegato, di colpo una forza incredibile
lo scagliò fuori
dall’acqua.
Gigi
guardò
soddisfatta quella sottospecie di elfo traditore penzolare mezzo
svenuto dalla
gigantesca alga che lo tratteneva per una caviglia e con uno schiocco
di dita
lo lasciò ricadere in acqua.
“Ma
che
cos…” riemerse imprecando il ragazzo per poi
pietrificarsi e sbiancare alla
vista del sorriso soddisfatto e inquietante di Gigi a pochi centimetri
da lui.
“Tutto
bene?” chiese con voce melliflua, “Non volevo
prendere anche te… ma sai, quelle
sirene ti erano proprio attaccate e io proprio non le
sopporto.” Spiegò
continuando a sorridere come una psicopatica.
Shi
deglutì.
“N-non
fa
niente…” balbettò spaventato,
indietreggiando tremante. La sopravvivenza prima
di tutto.
Gigi per un
secondo lo guardò stupita, ma divenne subito raggiante.
“Bene!
Che
ne dici allora di una gara?” chiese subito Gigi con grande
shock dell’elfo, che
si ritrovò ad annuire.
“Chi
arriva
più lontano vince!” urlò la bionda
contenta prima di iniziare a nuotare verso
il largo, seguita da Shi, che si ritrovò a sorridere mentre
lottava per
raggiungerla e superarla.
Mai
contraddire una donna, soprattutto se è capace di ucciderti
in ogni maniera
possibile, se è psicopatica e sta sorridendo così
contenta da scaldarti.
Asuna e
Aria, l’una con un costume a pantaloncino e una fascia
arancio e l’altra in un
costume intero con le spalline fini rosa antico con pizzo nero,
puntarono
decise a Jin e Hiroshi, ormai circondati da una folla di sirene.
“Scusate,”
intervenne Asuna con un sorriso gentile mentre le pulsava una vena
sulla tempia,
“Potreste cortesemente andarvene? Sono qui con
noi.” Le sirene si limitarono a
lanciar loro un’occhiata sprezzante, senza accorgersi che
l’attenzione delle
loro prede era ormai totalmente catturata dalle due ragazze.
“Ripeto,”
intervenne Aria, “Sono qui con noi. Se non volete diventare
la mia cena,
sparite.” Minacciò sorridendo in modo che
baluginassero i canini. In un
nanosecondo intorno ai ragazzi non rimase nessuno.
Aria e
Asuna si batterono un cinque ridendo.
“Dai
Aria!”
finse di lamentarsi Hiroshi, “Le stavo convincendo a far
parte del mio harem!”
La ragazzo
lo fulminò prima di colpirlo con un pugno sulla testa.
“Quante
volte ti ho detto che è una cosa indecente!? Smettila di
fare il bambino
Hiroshi!” iniziò a rimproverarlo incrociando le
braccia.
“Lo
stesso
vale per te!” disse gelida Asuna a Jin, che alzò
un sopracciglio divertito.
“Sicura
di
non essere semplicemente gelosa? Guarda che preferisco te a
quelle.” Spiegò
malizioso sorridendo e avvicinandosi a lei, che arrossì di
botto.
“Non
è
vero!” si difese prima di schizzargli l’acqua in
faccia accecandolo.
“Ah,
è così
eh?” mormorò il ragazzo, sfregandosi gli occhi per
poi scambiarsi un cenno
d’intesa con Hiroshi; i due veloci afferrarono le ragazze,
prendendole in
braccio.
“Non
farlo!”
“Non
oserai!” cercarono di dissuaderli le due, ma i ragazzi
osavano eccome e con
forza le scagliarono in aria.
Quando le
due riemersero dall’acqua, grondanti, erano avvolte da un
aria omicida. Avevano
idea di quanto tempo ci avrebbero impiegato ad asciugarsi i capelli al
fuoco?!?!
“Questo
significa GUERRA!” urlarono le due iniziando una battaglia di
spruzzi con i due
amici.
Amane, in
un costume intero blu dall’ampia scollatura coi lacci e una
trina, e Osgal, in
un costume intero nero, avevano raggiunto Ed ed Eran che tentavano di
resistere
all’assalto delle loro fan squamate. Se Ed sembrava a buon
punto, il silenzio e
le occhiate assassine servivano pur a qualcosa, Eran era nel panico: la
sua
indole buona lo spingeva a sorridere mentre cercava di allontanarle e
questo
faceva impazzire le sirene.
Amane stava
già per minacciare di abbrustolire sul fuoco se non avessero
mosso la loro coda
lontano da Edward, quando lo stesso ragazzo, accennandole un sorriso e
ignorando
le sirene, le oltrepassò raggiungendo Amane.
“Ti
sta
bene.” Commentò mentre la ragazza arrossiva,
“Ma pensavo non volessi fare il
bagno…” indagò scrutandola mentre lei
rialzava lo sguardo e lo sfidava a testa
alta.
“Ho
cambiato idea, problemi?” chiese incrociando le braccia. Il
sorriso di Edward
si allargò leggermente mentre scuoteva la testa.
“Libera
di
fare quel che vuoi.” Commentò. Alla vista di
quella scenetta, le sirene che
dopo mezzora non erano riuscite a strappare neanche un accenno di
sorriso al
ragazzo, decisero depresse di concentrarsi sull’altro
ragazzo, che sembrava una
preda più facile.
Eran,
vedendo il nuovo afflusso di sirene, con la bocca mimò ad
Osgal “Aiuto!” e la
ragazza, alzando gli occhi al cielo per la sua inutilità,
nuotò rapidissima
dietro la schiena del ragazzo e appoggiò i canini snudati
sul suo collo; come
reazione istintiva d’autodifesa, il corpo del ragazzo si
scaldò e in un secondo
si trasformò nel grosso lupo cioccolato.
Osgal lo
guardò soddisfatta: lo conosceva davvero troppo bene!
Le sirene
fuggirono a gambe levate terrorizzate.
“Osgal!”
la
rimproverò il ragazzo tornando umano, ma con sua sorpresa,
la vampira non
riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere.
“Sei
impossibile…” mormorò a bassa voce
allora sorridendo, incredulo di come il loro
rapporto stesse cambiando e di come fosse bella quando rideva. Oltre
che
inquietante quando si arrabbiava o era irritata.
Tara,
vedendo da lontano le mosse di Osgal, decise di utilizzare la stessa
mossa e
raggiunto Shoichi e il suo fanclub, con già le punte dei
capelli bianche per
l’irritazione, si trasformò in lupo facendole
fuggire tutte.
“Tara!”
la
guardò stupito Shoichi, ma prima che potesse continuare, la
ragazza si
ritrasformò in umana.
Rimanendo
completamente nuda. Di nuovo.
Le guance
di Shoichi ridiventarono bordeaux e il ragazzo alzò gli
occhi al cielo mentre
imprecava.
“Tu
non sei
normale! E poi non vuoi mettere un costume! Non puoi rimanere nuda
davanti a un
uomo! È pericoloso!” iniziò a
rimproverarla, mentre lei rindossava il suo
costume a due pezzi blu scuro, raccolto sul fondale.
“Io
non
vedo nessun uomo.” Commentò lei con un ghigno,
mentre l’irritazione svaniva e
lei ammirava il “lato tenero” del ragazzo
imbarazzato.
“Che
cosa?”
chiese lui ferito nell’orgoglio avvicinandosi a un soffio
dalle sue labbra.
Tara
arrossì ma non si spostò di un millimetro,
incrociando le braccia sotto il
seno.
“Hai
sentito benissimo. Davanti a me c’è solo un
infantile pervertito.” Sibilò con
il cuore che batteva all’impazzata.
“Perfetto!”
ghignò Shoichi, prima afferrarla per i fianchi e mettersela
in spalla, “Adesso
questo pervertito ti farà implorar…”
stava minacciando quando un calcio nelle
parti intime da parte della ragazza gli fece perdere la presa e ululare
dal
dolore.
“Vuoi
la
guerra? E guerra sia!” ghignò la ragazza prima di
lanciarsi di nuovo contro il
ragazzo tentando di affogarlo.
Ashuros
stava ancora pensando a come fare per mangiarsi la sirena, che intanto
faceva
di tutto per sedurlo, quando un’ombra calò su di
lui.
“ASHUROOOOS!”
come un proiettile con il costume due pezzi blu, Yelle
piombò dal cielo sul
vampiro, affondandolo.
“Yelle!”
la
chiamò stupito riemergendo e sputando acqua il vampiro,
mentre la ragazza
guardava furente coi pugni stretti la sirena, “Che cosa ti
è saltato in mente?”
“Mi
dispiace, ma Ashuros è occupato.”
Informò gelida l’avversaria, ignorando le
proteste e i rimproveri del povero ragazzo. Glielo aveva spiegato
Charlotte,
che non poteva entrare in acqua dato che essendo uno zombie il suo
corpo sarebbe
affondato: doveva mettere in chiaro le cose, facendo a capire alla
sirena che
era il suo compagno e amico, e non aveva tempo per lei; era stata
davvero
gentile a suggerirle le frasi migliori da dire alla sirena per
allontanarla!
“Piccola
elfa, non crederai di poter competere con me…”
sibilò quella mettendo in mostra
le sue forme seducenti e prosperose, da donna adulta.
“Eccome
invece!” ribatté Yelle mentre il vento le faceva
turbinare i capelli biondi
come vivi.
Ashuros seguiva
lo scambio di battute sconcertato: che cosa stava succedendo?!? Poi
girandosi
verso riva vide Charlotte che non perdeva di vista l’elfa, e
capì che ci doveva
essere anche il suo zampino in quella storie.
Con un
sbuffo afferrò Yelle per un polso e la trascinò
via.
“Scusa
un
attimo.” Disse con voce seducente alla sirena.
Quando
furono a debita distanza lasciò andare la compagna e
incrociò le braccia.
“Allora?
Cosa stai combinando?” chiese scrutandolo, senza sapere cosa
aspettarsi in
risposta.
“Non
mi
piace come guardi quella sirena.” Rispose lei fulminandolo,
mentre lui
spalancava gli occhi sorpreso.
“Io…”
“Tu
non mi
guardi così!” aggiunse la ragazza abbassando lo
sguardo, “E mi dà fastidio…”
Ashuros
sospirò passandosi una mano sul viso.
“Non
farti
strane idee Yelle, la mia intenzione era di bere il suo
sangue.” Spiegò
spontaneamente, senza pensare alle conseguenze, ma quando vide la
ragazza
guardarlo con occhi sgranati si pentì
nell’immediato. Ecco, l’aveva spaventata.
Stavolta per certo. Cosa gli era saltato in mente?!
“No!”
urlò
la ragazza gettandogli le braccia al collo, “Non voglio che
bevi il suo sangue!
Bevi il mio!” lo pregò accorata stringendosi a lui.
Ashuros
spalancò gli occhi: era l’ultima cosa che si
aspettava.
“N-non
dire
assurdità...non berrei mai il tuo sangue!” la
rimproverò Ashuros cercando di
sottrarsi all’abbraccio, ma lei non demordeva.
“Tanto
lo
so che non mi uccideresti mai! Non sei un mostro!”
ribattè lei, mentre una
parte della sua mente si chiedeva perché; perché
gli risultasse così inaccettabile
che bevesse il sangue della sirena.
“È
pericoloso e potrei farti male.” Cercò di
dissuaderla con le buone il ragazzo,
che per un attimo aveva sentito il suo cuore riprendere a battere
davvero.
“Farebbe
più male se tu bevessi il suo!” svelò
lei nascondendo il volto contro il suo
collo.
Quelle
parole gelarono il vampiro, che a quel punto non riuscì a
fare altro se non
ricambiare l’abbraccio.
“Hai
vinto.
Non berrò il suo sangue,” disse mentre nella sua
mente cercava di capire il perché
di questa sua fissazione “ma nemmeno il tuo.”
Concluse.
“Va
bene!
Ma non demordo!” lo avvisò sorridendo e, dopo aver
rivolto una linguaccia alla
sirena, si staccò da lui e lo prese per mano, “E
ora torniamo dagli altri, va
bene?”
“Va
bene…”
acconsentì lui mentre un sorriso spontaneo fioriva sulle sue
labbra.
Miel era
stata l’ultima ad entrare e si era immersa subito
nell’acqua, sentendosi così
meno scoperta; dopodiché si era diretta verso Rey e il suo
gruppo di gatte (o
pesci?) morte. Avvicinandosi aveva sentito un’ondata di
sollievo pervaderla nel
vedere che ogni volta che una sirena cercava di toccarlo o abbracciarlo
lui la
respingeva con gentilezza. Ma allora perché continuava a
fare quel sorriso
sghembo?! Maledetto don Giovanni!
Ma ancor prima
che potesse evocare delle armi e squartare tutte quelle svenevoli e
insopportabili seduttrici, Rey la vide avanzare e si
illuminò.
“Mi
dispiace
ragazze, ma come vi ho appena detto, ho già una principessa
che mi aspetta.”
Disse rivolgendo un sorriso dolce a Miel che avvampò.
“Quella?!”
si lamentarono stridule le sirene inorridendo.
“Quella.”
Confermò Rey orgoglioso, prima di raggiungerla e
accarezzarle la testa.
“Sei
davvero carina!” le disse sincero guardando il costume a due
pezzi nero con il
ricamo di un giglio sulla coppa destra.
“G-grazie…”
mormorò lei andando a fuoco e dimenticandosi che lei avrebbe
dovuto prenderlo a
calci e non balbettare colpita dal complimento.
“Ma
Rey…”
balbettarono le sirene, ma Miel le guardò assassina.
“Sparite.”
Sibilò gelida mentre i tatuaggi prendevano vita e si
arrampicavano sul suo
corpo; le sirene terrorizzate nuotarono via.
Rey stava
per dire qualcosa quando un piccolo sasso lo colpì sulla
testa.
“Ehi
voi!
Venite! Stiamo organizzando una guerra!” urlò Jin
con sulle spalle Asuna che
agitava una mano contenta; anche tutte le altre ragazze erano sulle
spalle dei
compagni e Tara si stava già azzuffando con Amane, per la
sfortuna di Ed e
Shoichi.
Rey e Miel
si scambiarono un’occhiata complice, prima che il ragazzo se
la caricasse in
spalla.
“Pronta
principessa?” le chiese lui tenendola saldamente.
“Prontissima!
E sia chiaro: dobbiamo vincere!” rispose lei con un sorriso
di sfida.
Poi si
lanciarono anche loro nella battaglia.
Accade
circa mezz’ora dopo, quando ormai il sole era quasi
completamente scomparso.
Akiko e
Gigi, rispettivamente su Amlach e Shi, si erano portate alle spalle di
Miel per
riuscire ad abbatterla e stavano già per lanciarsi contro di
lei, quando
l’avevano visto.
“Cos’è
quello?” chiese Akiko fermandosi, seguita di Gigi e Shi,
mentre Amlach si
malediceva per essersene dimenticato.
Miel si
pietrificò e istintivamente conficcò le unghie
nelle spalla di Rey, che smise
di affogare Hiroshi.
“Il
simbolo
reale…” mormorò Shi con gli occhi
sgranati.
Sul gruppo
calò il silenzio, gli occhi di tutti fissi su Miel che a
malapena respirava.
Come aveva
potuto dimenticarsene?! Era così presa da Rey che se ne era
completamente
scordata! E ora cosa avrebbe detto?! Tutti quegli anni a scappare dal
suo
destino e ora ci era andata a sbattere contro come un’idiota.
“Forse
è il
caso che usciamo e ne parliamo attorno al fuoco.” Disse calmo
Rey e tutti
capirono il significato sott’intenso della frase: sparite e
lasciateci un
attimo da soli.
“Cos’ho
fatto?” chiese tremante Miel mentre Rey la riportava con
delicatezza nell’acqua
scura davanti a sé.
“Calma
principessa, non è successo niente. Respira. Prima o poi lo
avrebbero scoperto
lo stesso, lo sai.” La confortò posandogli una
mano sulla testa e abbassandosi
alla sua altezza.
“Non
voglio…non
voglio essere guardata come una speranza o come una
maledizione…voglio essere
me stessa e basta…” delle lacrime argentee
rigarono le sue guance mentre lei
poggiava la testa contro il petto del ragazzo.
Rey
sospirò, mentre il cuore gli si stringeva a vederla
così indifesa.
“Non
devi
preoccuparti così tanto, non lo faranno; li conosci, non
sono normali. Sono
sicuro che avranno delle reazioni assolutamente assurde e
imprevedibili. E nel
caso qualcuno dovesse irritarti ti darò una mano a occultare
il cadavere.” Le
disse sorridendo con tono sicuro, tanto da farle scappare una risata.
Asciugandosi
le lacrime la ragazza si staccò da lui e alzò gli
occhi al cielo.
“Non
montarti la testa ma… grazie.” Disse arrossendo;
lui scoppiò a ridere.
“Ma
non è
mica gratis! Prima o poi ti richiederò la mia
ricompensa!” l’avvisò con un
ghigno prima di prenderla per mano e iniziare a trascinarla verso riva.
“Che
cosa?!
Sei proprio un idiota Rey! Il massimo a cui puoi aspirare è
un calcio nelle
parti intime!” inveì lei liberando la mano e
superandolo dopo avergli tirato un
pugno in testa.
Quando
arrivarono alla riva, i loro compagni erano tutti avvolti negli
asciugamani
(presi dalla borsa di Miel e preparati prima di entrare in acqua)
intorno al
fuoco e Miel aveva recuperato il suo autocontrollo.
Dopo aver
preso un respiro profondo e aver stretto i pugni, Miel
avanzò al centro del
cerchio e fece un giro su se stessa in modo che tutti potessero vedere
il
tatuaggio.
“Questo
è
il simbolo dei discendenti della Casata Reale Sildaara. Io sono
l’ultima
discendente in vita della stirpe dei mezzelfi.”
Esordì a testa alta con voce
sicura, prima di tornare a sedersi di fianco a Rey, che le pose un
asciugamano
sulle spalle.
Tutti,
tranne Amlach e Ashuros, la guardavano a bocca aperta e con gli occhi
sgranati,
specialmente i due elfi.
“Come?”
chiese Yelle incredula. Non potava essere! Erano estinti! Ma quando
Miel scoprì
le orecchie la verità fu chiara a tutti.
“È
una
storia lunga…” mormorò le imbarazzata,
mentre tutti si preparavano all’ascolto
rapiti, “Non eravate ancora nati…”
Ashuros
fece per contraddirla ma Yelle gli ficcò una mora in boccia
e gli altri vampiri
lo fulminarono.
“…e
oltre
ai Regni dei Nani, dei Draghi e degli Uomini, un altro regno viveva
prosperoso
e in armonia con gli altri: Il Regno dei Elfi. Ai tempi della Grande
Catastrofe
erano Elfi Puri, ma col tempo il loro sangue si mischiò a
quello degli uomini,
e tra loro nacquero i mezzelfi, una razza che perdeva
l’immortalità in cambio
di una maggior umanità. Era un popolo colto, saggio, che si
distingueva sopra
gli altri per virtù e allo stesso tempo che amava la pace e
cercava il rapporto
con gli altri Popoli; la sua capitale, Tindome, era tanto maestosa e
splendida
da mettere in ombra tutti gli altri Regni. Fu negli stessi anni in cui
salì al
trono con la forza il Re degli uomini che ancora regna oggi, Azazel,
che avvenne
un fatto incredibile: Thalion, il giovane Re degli elfi della stirpe di
Sildaara,
si innamorò di una giovane umana e ne fece la sua regina.
Era la prima volta in
assoluto che il sangue umano contaminava quello della casata reale,
molti ne
erano scontenti e aumentarono le tensioni tra mezzelfi ed elfi puri, ma
ben
presto la notizia fece il giro dei Tre Regni. Da quest’unione
nacqui io. Subito
venni identificata come portatrice delle Regina Maledetta della Notte e
il
popolo puro chiese di uccidermi, ma i miei genitori si rifiutarono e mi
allevarono come se fossi una normale principessa, cercando nello stesso
tempo
una cura. Non potevo giocare con altri bambini, ero accusata di ogni
sfortuna
che colpiva il Regno, molti assassini venivano mandati a uccidermi,
piccole
rivolte si scatenavano contro mio padre… ma io ero felice,
vivevo serena tra i
servitori del palazzo e i miei genitori. Ma al mio ottavo compleanno
avvenne la
catastrofe: al Re degli Uomini venne annunciata la Profezia.”
Miel era
completamente presa dai ricordi, non vedeva nulla intorno a
sé, la mente a
Teluume Rhilde, il palazzo reale di Tindome.
“Un’ombra
tra le ombre,
destinata
all’oblio e all’oscurità,
della
stirpe perduta vendicatrice di morte,
demone
solitario
per le terre vagherà;
ma il suo
cuore la spingerà a cercare la leggenda per vie contorte,
inseguita
dal male che la divora, da se stessa scapperà,
fin quando
la luna benedirà la sua sorte.
Allora con
lama d’argento le catene del giogo spezzerà,
all’erede
illegittimo del potere aprirà le porte,
un regno di
pace inizierà
e
uscirà
alla luce l’ombra tra le ombre,
angelo di
morte, regina maledetta della notte per il mondo che verrà.
Che
l’argento
si copra con la notte,
questo il
re usurpatore temere dovrà,
perché
assieme al destino porterà fine a tutte le lotte.”
Recitò Miel con voce fioca,
“E il Re pensò subito che si riferisse a me, non
che ci fossero dubbi sul
riferimento alla Regina. E quindi terrorizzato e avido di potere,
organizzò una
spedizione militare contro il Regno degli Elfi dopo aver inviato un
ultimatum:
se io non fossi morta, loro avrebbero raso al suolo il regno. I miei
genitori
si rifiutarono e si prepararono a difendersi, ma gli elfi puri non
corsero in
nostro aiuto, non vollero combattere per proteggere il Regno, che
ritenevano
messo in pericolo a causa mia, e preferivano vedermi morire insieme a
tutti i
Sildaara per poi riiniziare da capo. E la strage venne compiuta, i miei
genitori massacrati davanti ai miei occhi. Eppure io, che
più di chiunque altro
avrei dovuto morire, sopravvissi: mia madre mi salvò tramite
il suo sacrificio,
usando le sue ultime forze vitali per aprire un portale elfico e
teletrasportarmi lontano.”
Miel si
interruppe, un ricordo che le tornava prepotente alla mente.
Erano nella sua
camera da letto,
ogni cosa ardeva nelle fiamme rossastre, le porte erano sbarrate con
mobili
rovesciati ma qualcuno cercava di sfondarle.
Una bellissima
donna umana con il volto
fine insanguinato e i capelli biondi bruciati e rovinati, tracciava
intorno a
una piccola bambina mezzelfa un cerchio magico per aprire un portale
elfico,
usando il suo stesso sangue; le fiamme che divoravano
l’intero palazzo le
lambivano le carni e i suoi vestiti, diffondendo un’orribile
tanfo.
“Mamma…mamma…”
singhiozzava Miel
seduta a terra, rivedendo le terribili immagini di suo padre trafitto
con una
spada mentre le proteggeva e dava loro il tempo di scappare. Era colpa
sua.
“Shhhh...va
tutto bene piccola, va tutto
bene…” le ripeteva la madre, le lacrime argentate
che le rigavano il volto
sporco di cenere. Quel volto che le aveva sempre sorriso rassicurante.
Quel
volto che l’aveva salutata ogni mattino. Quel volto
splendente che era pari e
superiore a quello di qualsiasi elfa.
“Guardami”
disse la donna prendendo
il volto della piccola, “Devi scappare, devi fuggire da qui e
lottare per sopravvivere;
non far sapere che sei un mezzelfo a nessuno di cui tu non ti fidi
ciecamente,
non usare i tuoi poteri in pubblico, non arrenderti mai, impara a
combattere,
nasconditi e vivi la tua vita senza di noi. Va bene?”
“Non
voglio andarmene mamma, non
voglio!” ripeteva la bambina aggrappandosi alle mani della
mamma. Non voleva
perdere anche lei, l’unica che le era rimasta,
l’unica che l’amasse.
“Devi!
La mamma non può più venire
con te! Ma ricorda, la mamma ti vuole bene, te ne vorrà
sempre e te ne ha
sempre voluto. Non credere a quello che ti diranno: sei stata il dono
più bello
che io e papà potessimo mai avere. Sei il nostro piccolo
angelo.” Le disse
accarezzandola con la voce rotta dal pianto.
“Mamma…”
“Avrei
voluto tanto vederti crescere...”
Mormorò baciandole la fronte, poi si allontanò da
lei uscendo dal cerchio, “Sii
forte Miel e sii felice. Noi saremo sempre al tuo fianco. Namariee
ainu.” La
salutò sorridendo con gli occhi pieni di lacrime.
“Nooo!”
ma Miel non riuscì a
raggiungerla, la sua mano incontro un’invisibile barriera
scaturita dalle rune
elfiche tracciate sul pavimento, rosse sangue.
“Edr
feno Ilmen!” pronunciò in
elfico sua madre, nonostante sapesse che il prezzo per
un’umana che pratica
magia elfica fosse la vita; una luce accecante avvolse Elen, La Regina
umana
degli Elfi, e il suo corpo sembrò innalzarsi
nell’aria come una bambola di
pezza.
Poi ricadde a
terra senza vita e
Miel scomparve in un bagliore.
Il ricordo
venne interrotto da Aria che si slanciò ad abbracciare Miel,
tremante; la
ragazza si asciugò le lacrime e accarezzò i
capelli della vampira che sembrava
sotto shock.
“Scusa
Aria, non volevo che vedessi.” Si scusò Miel ma la
vampira scosse la testa.
“Mi
dispiace Miel, mi dispiace…” continuava a
ripetere, finché Osgal non la prese
gentilmente per le spalle e si risiedette abbracciando
l’amica.
Tutti
osservarono quella scena gelati, senza riuscire ad immaginare cosa
potesse aver
visto nei ricordi di Miel di tanto orribile.
“A
questo
punto” riprese la ragazza osservando le fiamma,
“Azazel, fece ciò che gli Elfi
Puri non potevano immaginare: sterminò tutti i mezzelfi
viventi, nella speranza
di trovarmi, insieme a molti Elfi Puri. Fu una carneficina, ma venne
venduta
come un’opera di liberazione dal demonio, dissero che i
Sildaara stavano
preparando la conquista degli altri Regni e lo scandalo si spense. Io
venni
salvata da Amlach e successivamente vissi con un assassino in pensione
che mi addestrò
a combattere e difendermi; quando venne ucciso da un antico nemico,
divenni
definitivamente la Ladra Nera.”
Nel
silenzio della notte si udivano solo i respiri tremanti delle ragazze e
quelli
più controllati dei ragazzi.
“Non
so
cosa pensiate ora di me, ma io non cerco vendetta per i miei genitori,
il
sangue nero di Azazel
non li riporterà
in vita. Non voglio sprecare energie o la mia vita per vendicare il mio
popolo,
quelli che ci hanno tradito. Non sono la ragazza della profezia. Sono
la Ladra
Nera e sono in viaggio per aiutare Rey e farmi ridare il mio
medaglione,
nient’altro.” Disse con un sorriso mesto e di
scuse, ma gli altri l’avevano
vista; avevano visto quella luce che pareva fuoco nero ardere negli
occhi di
lei nel parlare di Azazel.
In un
secondo tutte le ragazze, tranne Osgal che fu più riservata,
si lanciarono su
Miel con i lacrimoni agli occhi e iniziarono a tentare di consolarla,
anche se
erano loro alla fine ad essere consolate da lei. I ragazzi si
limitavano a
sorriderle rassicuranti ma riservati. Negli occhi di Rey brillava lo
stesso
fuoco nero che aveva baluginato per un attimo in Miel, così
vorace che sembrava
lo stesse divorando dall’interno.
Fu una
frazione di secondo e un movimento tra le fronde mise in allarme tutto
il
gruppo; Ed scagliò istintivamente un pugnale avvelenato
contro il punto in cui
aveva sentito muoversi.
Un uomo
cadde dall’albero.
Le ragazze
si armarono arretrando, mentre Ed, Rey ed Amlach circondavano
l’uomo.
Aveva una
stella nera tatuata sulla fronte.
“Chi
sei?”
urlò Ed afferrandolo per il colletto e scuotendolo con
forza, ma l’uomo scoppiò
a ridere.
“Ciao
Yoshina! Lumbar, Rey!” li salutò sprezzante,
“È un piacere vedervi tutti qui
riuniti…” disse lanciando uno sguardo agli altri.
“Anche
il
Suono della Morte e la Ladra Nera! Hai riunito proprio un bel gruppo,
eh Rey?!”
chiese sarcastico al biondo, che plasmò il bracciale in un
pugnale e glielo
puntò alla gola.
“Chi.
Sei?”
ripeté gelido, gli occhi che mandavano lampi
d’ira, un’espressione che
minacciava morte.
“Perché
non
provi ad indovinare? Sappi che la risposta non ti
piacerà…” lo sfidò mentre
del
sangue iniziava a sgorgargli dalla bocca.
“Ed
ferma
il veleno, ci serve vivo!” ringhiò Amlach, ma
l’Assassino scosse la testa
arrabbiato.
“Non
sono
io, ha ingerito un veleno potentissimo quando l’abbiamo
scoperto e ormai è in
circolo.” Spiegò frustrato mentre la spia rideva.
“È
davvero
un peccato che non arriverete nemmeno dai nani…”
infierì ringhiando e attirando
l’attenzione di tutti, “Sono in marcia
Rey… Lui sa e ti troverà…”
pronunciò
prima che gli occhi si rivoltassero all’indietro schiumando e
con un colpo di
tosse sputasse sangue e anima.
Ed
lasciò
cadere il cadavere schifato e tirò un pugno al tronco
dell’albero: non era
riuscito a chiedergli niente della sorella!
“Cosa
significava?” intervenne Ashuros, cercando ancora una volta
di districare chi
fosse Rey: perché in quei momenti non sembrava
più lo stupido pervertito con un
sogno assurdo e il complesso del bodyguard verso Miel,
sembrava…un altro.
“Guai.
So
per chi lavora Back Star, anzi chi ne è il
Master.” Disse guardandoli serio
come mai, “Azazel Dread, il Re degli Uomini.”
Yoooooo!
Allora?!
Piaciuto?! Spero di sì! Anche se riguardo il più
grande mistero della storia
non ho ancora dato nessun indizio, sarei curiosa di sapere ora cosa
pensate dei
vari misteri!
Dizionario
nanico:
Kibil-nâla:
Argentoroggia
o Vena d’Argento
Gabilgathol:
Granrocca
Dainvin: unione
del
nome Dain “fuoco” e Vain
“Rosso”: Fuoco Rosso
Brynherkinher:
unione
del nome herinker “Cielo” e Bryn
“Oro” (nel senso di qualcosa che brilla come
l’oro o del colore dell’oro più
brillante: Cielo d’Oro
Dizionario
elfico:
Men Losse: Via
Bianca
Sildaara: Alba
d’argento
Tindome:
Crepuscolo
stellato
Thalion: Forte
Teluume Rhilde:
Palazzo Splendente
Namariee ainu:
addio
angelo
Edr feno
Ilmen!:
Apriti porta dell’Ilmen!
*Ilmen: si
intendo lo
spazio in cui si trovano le stelle.
Elen: nome
usato anche
dagli uomini, ma in elfico significa “Stella”
Azazel: nome
di uno dei quattro signori dell'Inferno
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Capitolo 8 *** Black Star ***
Yoooooo
minna! Buon Natale, buon anno nuovo e buona
Epifania!
Lo
so, sono imperdonabile questa volta; avrete pensato
che ero morta o che avevo abbandonato, invece ero solo in ritardo per
colpa
della scuola e altro. Mi dispiace ragazzi T.T Per farmi perdonare vi
lascio
subito al capitolo immenso (46-47 pagine), solo una cosa prima: lo
dedico ad
ANDRE (andry) perché è penso quello che lo
aspettava di più e che più ho fatto
aspettare, avrebbe dovuto essere il suo regalo di compleanno ma non ce
l’ho
fatta! Scusa!
Buona
lettura!
Black
Star
Era
notte quando
aprii gli occhi.
No.
La notte era rassicurante. Di notte non avevo paura.
Di notte c’erano le stelle.
Era
nero.
Come
l’ombra. Come la morte.
Con
uno scatto mi tirai a sedere accucciata, pronta a
combattere.
Intorno
a me il nulla. Solo nero.
“Ben
svegliata!” una voce tagliente e sarcastica, ma allo
stesso tempo calda e sensuale. Una voce pericolosa.
Mi
girai di scatto e me la trovai davanti; non mi stupii
più di tanto. Avevo capito dov’ero.
“Cosa
ci faccio qui?” le chiesi diretta, mentre invano
cercavo di evocare le mie spade d’ombra.
“Non
ti va una chiacchierata? È da un po’ che non ci
sentiamo dopo tutto…” alluse mentre un lampo
d’ira le brillava negli occhi
scarlatti dalla pupilla felina.
“No
grazie, ormai mi ero abituata a quel gradevole
silenzio!” le risposi a tono, sfidandola con il suo stesso
identico ghigno.
Lei
ringhiò e i peli della coda e delle orecchie si
rizzarono.
“E
se quello che volevi era impedirmi di rimettere il
sigillo,” continuai imperterrita mentre un sorriso sadico mi
si allargava sul
volto, “Te lo puoi sognare: rimarrai sigillata fino a che non
troverò il modo
di cancellarti, di sradicarti da me e da ogni altro.
Vendicherò le vite che hai
divorato, le famiglie che hai distrutto, la felicità che hai
avvelenato!” la
accusai alzando sempre di più la voce fino a ritrovarmi ad
urlare contro di
lei, stringendo le nocche fino a farle sbiancare.
Un
attimo.
I
contorni di lei sfumarono.
Come
se fosse angosciata, ferita e persa, si portò una
mano sugli occhi.
Uno
spasmo.
“Sigillami…”
“C-cosa?”
ribattei facendo un passo indietro, diffidente
e confusa da quel momento, da quella parte di lei che non avevo mai
visto.
E
forse l’avevo solo immaginato, perché tutto era
tornato
come prima.
“Zitta!”
mi ringhiò fremente di rabbia, i capelli ramati
che sembravano animati di vita propria e le danzavano attorno; poi si
calmò e
sogghignò, avvicinandosi a me, “Dopotutto
è infantile dare la colpa ad altri
per qualcosa che non hanno fatto.”
Fu
il mio turno di perdere il controllo.
“Tu
hai fatto tutto questo, Regina!” le ringhiai contro,
ritrovandomi faccia a faccia con lei. Rosso contro blu:
l’unica vera
differenza.
“Ma
io sono te” sussurrò lei con un mezzo sorriso.
Un
bruciore intenso al cuore mi strattonò via.
Nei
miei occhi riflessa solo la luce confusa e impaurita
che c’era nei suoi.
Miel
si svegliò di
soprassalto, ansimante, e si guardò intorno alla ricerca di
sicurezze: vicino a
lei, troppo vicino, c’era Rey che dormiva crucciato e scosso
da tremiti. Aveva
gli incubi? Alla sua destra stavano accoccolate Giada e Akiko,
l’ultima
continuava a parlare nonostante dormisse, e poco più in
là, appoggiati al
tronco di un albero, riposavano Amlach e Shi, ma sospettava che sarebbe
bastato
poco più di un fruscio per farli saltare in piedi e uccidere
qualcuno. Anche
Ed, sdraiato nella sabbia, aveva i muscoli tesi, come pronto a scattare
e non
si sarebbe stupita se fosse stato sveglio, al contrario di Amane e
Yelle che
ronfavano abbracciate vicino al fuoco, mentre Tara riposava un
po’ in disparte,
ovviamente affiancata da Shoichi, che russava e sbavava allo stesso
modo di
Hiroshi, chiaramente afflitto dagli stessi problemi di insonnia degli
altri
ragazzi. Gli unici completamente svegli, a parte lei, erano i vampiri:
Osgal
teneva vivo il fuoco e chiacchierava di tanto in tanto con Eran a
bassissima
voce, Aria dipingeva tranquilla su un blocco schizzi e
Ashuros…non c’era.
Ovvio: l’unico che le serviva era l’unico che non
c’era.
“Tutto
bene Miel?” le chiese
Aria avvicinandosi a lei con fare dolce, mentre gli altri due la
guardavano in
attesa.
“Come
se non lo sapessi!”
borbottò la bionda in risposta, con un sorriso tirato.
“Ehi!”
le rispose fingendosi
offesa la vampira, ma poi ridacchiò, “Strano
però…i tuoi sogni non li
vedo…”
mormorò più a se stessa che a lei.
“Meglio,
ti risparmi un
romanzo dell’orrore!” ci scherzò
l’altra alzandosi in piedi e osservando lo
falce di luna che brillava nel cielo.
“Dov’è
Ashuros?” chiese
prima che Aria potesse risponderle.
“A
caccia.” Le rispose
scrollando le spalle, “Ma ha detto che rimaneva
vicino.” la rassicurò, mentre
la osservava stiracchiarsi e scuotere la testa per scrollarsi il sonno
di
dosso.
“Devi
andare da lui?” le
chiese leggendo nella sua mente come stesse già pianificando
di trovarlo e
rompergli le palle per essersi allontanato da solo.
La
bionda annuì.
“Sì,
lei è
sveglia…” le rispose massaggiandosi la pelle
all’altezza del
cuore. I suoi occhi rossi con quella strana espressione le apparvero di
nuovo
davanti e dovette scuotere la testa per scacciarli.
“Vengo
con te?” chiese Aria,
preoccupata, alzandosi dalla sua posizione accucciata.
“Meglio
di no…” la suggerì
imbarazzata guardando da un'altra parte.
“Non
dovresti muoverti da
sola” le ricordò Osgal con sguardo di freddo
rimprovero, ma Miel sapeva che era
preoccupata.
“È
pericoloso, soprattutto
ora che sappiamo che ci inseguono.” Aggiunse Eran a
supportarla.
Ma
Miel scosse la testa.
“Io
non sono mai sola…”
mormorò con sorriso mesto, prima di lanciarsi
nell’ombra e sparire nella notte.
Lei
ed Ashuros avrebbero
dovuto rivedere il suo concetto di vicino. Decisamente. A lei due
chilometri di
corsa nella notte, non riteneva utile sprecare potere magico per i
passaggi
nell’ombra in prossimità di una probabile
battaglia, seguendo la sua scia
sempre più debole, non sembravano una distanza breve. Stava
già meditando vari
e colorati insulti da lanciargli quando, arrampicatasi su un pino per
cercare
di trovarlo, vide la sua sagoma scura sulla banchina. Uno dei vantaggi
della
Regina, sensi perfetti anche al buio.
La
cosa che smorzò la sua
gioia fu vedere che aveva compagnia. O meglio, l’aveva avuta.
Sentì
uno strano senso di
déjà-vu quando a passi felpati lo raggiunse nella
sabbia e lui si voltò a
osservarla con gli occhi scarlatti; ma al loro primo incontro lui non
vestiva
solo dei pantaloni, non grondava acqua e, soprattutto, non aveva tra le
braccia
il cadavere di una sirena. La riconobbe come la sirena che lo aveva
abbordato
nel pomeriggio: era bella perfino da morta, anzi forse anche di
più; sembrava
perfetta ed eterea, se non per quei due piccoli fori rossi sul collo,
dello
stesso rosso che colava dai canini di lui.
Ashuros
aspettò, immobile.
Voleva vedere quale sarebbe stata la sua reazione, perché lo
sapeva che una
sirena e un cinghiale erano due cose diverse, ma quella gli aveva
scatenato la
sete. La fame. E lui non poteva permettersi di tentare di reprimerla se
intorno
a lui c’erano…amici, che avrebbe potuto uccidere
se preso dalla sete;
soprattutto quando c’era il rischio di combattere e quindi di
ferirsi. No, lui
la sua sete doveva soddisfarla. E il sangue di una creatura magica gli
donava
un potere enorme.
Miel
rimase paralizzata, poi
disse la prima cosa che le passava per la testa.
“Potresti
rivestirti? Mi
metti a disagio.”
Ashuros
spalancò gli occhi
scioccato e poi ridacchiò incredulo, prima di scuotere i
capelli e andare a
riprendere il resto dei suoi vestiti, che rinfilò alla
velocità della luce.
“Niente
urla? Rimproveri?
Insulti? Pugnali?” le chiese mentre Uard gli si appoggiava
sulla spalla e la
scrutava guardingo.
“No
grazie,” rispose lei
scuotendo la testa e sedendosi a terra, mentre cercava di non guardare
la
sirena, “Charlotte?”
“Di
guardia al campo.”
“Bene.”
“Non
ti sciocca che io abbia
appena ucciso una sirena e bevuto il suo sangue?” chiese lui
diretto sedendosi
davanti a lei.
Lei
pensò e pesò bene le
parole della sua risposta.
“Lo
fai per fame, per
necessità…” gli spiegò,
anche se non era sicurissima neanche lei di quel che
gli stava dicendo.
“È
pur sempre omicidio.”
Commentò lui freddo appoggiandosi con le mani sulla sabbia
dietro di lui e
guardando le stelle.
“È
diverso. Un omicidio è
avvicinarsi di soppiatto a un uomo, prenderlo alle spalle e tagliarli
la gola
con la lama del tuo pugnale, per poi abbandonare il
cadavere…Uno è assassinio,
uno è sopravvivenza” ribatté a bassa
voce anche lei osservando la stellata.
“Perché
sei qui?” le chiese
allora Ashuros, infastidito e a disagio dalla piega che aveva preso la
loro
discussione.
“È
sveglia, devi
sigillarla.” Gli spiegò lei, poggiando una mano
sul cuore.
“Come
l’hai percepito?”
indagò lui curioso, mentre prendeva la borsa con il
necessario per l’esorcismo.
“Mi
ha fatto una piacevole
sorpresa nei miei sogni…o nella mia testa, non lo so di
preciso.” Gli spiegò
lei sbottonando la camicia e preparandosi a stringere i denti.
Senza
nessuna piega in pochi
secondi Ashuros le applicò il sigillo sulla pelle che per
poco era rimasta
pesca e la ragazza a stento trattenne le urla.
“È
strano…” borbottò mentre
sistemava il tutto, senza guardarla.
“Cosa?”
chiese lei, mentre
si rialzavano.
“Niente.”
“Me
lo puoi dire?”
“No.”
“Per
favore.”
“No”
Rispose lui secco,
facendo saltare i nervi alla bionda che con uno scatto cercò
di prenderlo di
sorpresa e atterrarlo; peccato che quella a finire a terra alla
velocità della
luce fu lei.
“Sei
mille anni indietro,
nanetta!” la schernì lui iniziando a incamminarsi
con passo lento ma elegante
verso il campo.
Miel
sbuffò stizzita ma poi
una luce maligna si accese nei suoi occhi.
“Se
non me lo dici…dirò a
Yelle della sirena!” lo ricattò ghignando e
mettendosi in piedi vittoriosa.
Ashuros
si fermò ma non si
girò.
“Cosa
ti fa credere che mi
interessi a chi lo dici?” le chiese calmo.
Il
sorriso di Miel si
allargò.
“Il
fatto che Yelle ci ha
raccontato di una vostra discussione in mare…”
alluse con tono noncurante.
Per
un attimo si sentì solo
l’infrangersi dell’acqua salmastra contro gli
scogli.
Poi
Ashuros si materializzò
a tre centimetri dal suo volto.
“La
Regina non ha fatto
molta resistenza per essere sigillata, tutto qua.” Le
spiegò con gli occhi
ardenti, prima di allontanarsi a passo veloce.
Miel
scoppiò a ridere per la
sua reazione e gli corse dietro, nella speranza di stare al suo passo.
Eppure
nella sua testa rimbombava una sola parola, frutto di illusione, “Sigillami…”.
Ormai
era mezzogiorno e la
tensione era più che palpabile tra i ragazzi; come una
nebbia sottile e
appiccicosa si insinuava tra loro e li rendeva tesi come corde di
violino. Non
che avrebbero potuto essere biasimati, braccati ma senza sapere da chi,
ma era
una situazione alquanto pericolosa essendo questi ragazzi un gruppo di
straordinaria forza. Erano una bomba ad orologeria, in particolare le
lunatiche
ragazze.
Tic-Tac.
Avevano
adottato uno schema
difensivo per proteggersi in caso di attacco a sorpresa, anche se
sarebbe stato
difficile farsi cogliere non pronti, con le ragazze al centro e i
ragazzi
disposti intorno a loro con Rey a capo del gruppo; questa decisione
aveva
scatenato parecchi insulti delle ragazze, che si sentivano
sottovalutate, e
aveva aggiunto altra tensione a quella già esistente. Yelle e Akiko erano forse
quelle più allegre,
o almeno tentavano di sembrarlo, chiacchierando allegramente nella
speranza di
alleggerire l’atmosfera. Altre, come Miel, Osgal o Tara,
proseguivano nel più
completo silenzio, quest’ultima accarezzando continuamente il
misterioso
borsellino che aveva in vita; Gigi, Aria e Amane invece tentavano di
dar retta
alle due chiacchierone, ma spesso finivano col distrarsi e perdersi nei
propri
pensieri.
Da
una parte erano tutti
frementi dalla voglia di combattere, dall’altro si rendevano
conto di starsi
immischiando in qualcosa di davvero grosso. Eppure nessuno, neanche per
un
attimo, aveva anche solo pensato di abbandonare; anzi, forse il
pericolo
aggiungeva gusto all’avventura, alla voglia di mettersi in
gioco.
Ad
un certo punto Gigi perse
l’equilibrio e urtò Shi che le ringhiò
contro di fare attenzione, suscitando le
ire della ragazza; solo l’intervento tempestivo di Akiko e
Amlach interruppe
sul nascere la rissa che rischiava di coinvolgere tutto il gruppo. Non
avevano
tempo, dovevano arrivare in fretta dai nani.
“Di
questo passo finiremo
col massacrarci tra noi…” mormorò Miel
affiancando Rey, anche lei insofferente
per la situazione; ciò era poi aggravato dal cambiamento del
ragazzo, che le
sembrava più lontano e sfuggente che mai.
“Non
dobbiamo…Non so cosa
abbiano in mente, ma siamo sicuramente inseguiti e ben presto dovremo
combattere.” Disse sicuro guardandosi intorno come se
all’improvviso gli alti
pini si potessero trasformare in picchieri pronti a colpirli tra le
scapole.
“Non
mi piace l’idea di
essere presa alle spalle…” aggiunse Miel
guardandosi intorno, mentre gli altri
iniziavano a prestare orecchio alla conversazione.
“Non
possiamo fare altro!” ribatté
lui scuotendo la testa convinto e continuando ad avanzare.
“Potremmo
attirarli in una
trappola…voltarci e affrontarli.”
Suggerì lei sentendo l’ardore ribollirle dentro
e la tensione accumulata gorgogliare.
“Non
sappiamo neanche chi
dobbiamo combattere, Miel!” ribatté scaldandosi
anche lui e si fermò voltandosi
a fronteggiarla.
Tic-Tac.
“Io
credo che Miel abbia
ragione. Non ci conviene continuare a camminare, stancandoci e
rischiando che
ci prendano poi nel momento meno opportuno.”
Osservò Edward con calma.
“Ma
è altrettanto stupido
prepararsi a vuoto, non sapendo nemmeno se siamo davvero inseguiti.
Dopotutto
la spia non è potuta tornare a riferire il messaggio e se
l’avessero saputo ci
avrebbero attaccato mentre dormivamo.” Si intromise Amlach,
ragionando da
stratega, con Shi che annuiva al suo fianco.
Tic-Tac.
“Una
bella sgranchita non mi
dispiacerebbe…” aggiunse però Jin
stiracchiandosi con Hiroshi che annuiva
entusiasta.
“Non
stiamo giocando voi
due!” li rimproverò Asuna mettendo istintivamente
la mano alla spada.
Tic-Tac.
“Asuna
ha ragione, non
pensate solo a combattere!” aggiunse Osgal gelandoli.
“Osgal
non reagire così, i
ragazzi non volevano dire quello.” li difese Eran esasperato.
Tic-Tac.
“Io
appoggio l’idea di
attaccare.” Dichiarò Amane feroce, mentre Yelle e
Akiko si scambiavano occhiate
indecise.
“Sono
con te!” urlò Gigi
alzando un pugno al cielo.
“Finiremo
col ferirci
inutilmente.” Controbatté Tara pratica mentre le
punte dei capelli si
schiarivano, “Posso medicarvi io, non fare
miracoli!”
Tic-Tac.
Ognuno
iniziò a dire la sua
e litigare con chi si opponeva, in un caos di voci e opinioni che
avrebbe
assordato chiunque.
Tic-Tac.
“Voi
ragazze dovreste stare zitte
un attimo! Lasciate la decisione a noi, abbiamo più
esperienza.” la voce di
Shoichi rimbombò nelle teste delle ragazze con gelida
perfezione; tutte loro si
gelarono sul posto.
Tic-Tac.
BOOOM.
“CHE
COSA HAI DETTO?” l’urlo
collettivo fece sbiancare Shi, che decise coraggiosamente di arretrare,
e in
pochi secondi tutte le ragazze si erano unite in un unico fronte che si
opponeva ai ragazzi, chi sicuro, chi spaventato a morte, chi indeciso.
“Ho
detto che…” iniziò a
ripete Shoichi con sguardo di sfida, mentre le ragazze li guardavano
con odio
feroce.
“Basta
Shoichi.” Intervenne
Rey facendo un passo avanti, le mani alzate per placare le due fazioni,
“Calmiamoci…” propose passandosi una
mano sugli occhi, come spossato di colpo.
“Se
iniziamo a scannarci tra
noi faremo esattamente il loro gioco,” parlò poi
nuovamente guardandoli a uno a
uno con serietà e decisione, “Penso che a questo
punto l’unica cosa da fare sia
cercare il nemico e poi decidere se attaccare o meno.”
Propose cauto, in attesa
delle loro reazioni; la diplomazia era come camminare su un campo
minato, come
sul filo di una lama. Un passo falso ed eri morto, lo sapeva bene.
“Come
hai intenzione di
fare?” chiese Ashuros, finora rimasto in composto silenzio.
“Teletrasporto.”
Rispose lui
semplicemente, accennando un sorriso, ombra di quello del vecchio Rey.
“Vengo
con te.” Si intromise
allora Miel, facendo un passo avanti nell’erba e con
un’espressione che diceva
chiaramente come non accettasse rifiuti.
“Non
ti fidi?” la prese in
giro Rey scrutando attento i suoi occhi seri e la sua bocca tesa in una
linea
sottile.
“No.”
Rispose lei fredda,
suscitando occhiate di stupore dai suoi amici: quello era qualcosa che
non si
aspettavano; e in realtà nemmeno lei. Avrebbe voluto
rispondere sì o come
minimo dirlo con più dolcezza, ma sapeva che se avesse
tentennato lui non
l’avrebbe portata.
Rey
sospirò.
“Come
vuoi;” acconsentì
voltando la testa per non guardarla negli occhi, “Intanto per
favore voi
continuate ad avanzare, senza scannarvi.” Aggiunse infine con
un sorrisetto e
il gruppo si lasciò andare in un accenno di risata
liberatoria.
“Mizumi,
Lupo: per favore
pensateci voi!” chiese invece Miel con sorrisetto esasperato,
capendo che
avrebbero scatenato una rissa non appena fossero spariti, e il lupo
annuì
mentre la gattina si trasformava nella grossa tigre. A quella mossa sia
Jin che
Hiroshi e Giada sospirarono delusi: addio rissa.
Poi
senza lasciarle dire
altro, Rey la prese per una mano e la strattonò a
sé, stringendola tra le
braccia; scomparirono insieme.
Non
era passato molto tempo,
forse mezz’ora al massimo, e il gruppo stava procedendo sotto
gli occhi vigili
di Mizumi e il Lupo, in attesa fremente, quando Miel e Rey riapparvero.
La
ragazza era pallida e gli occhi subito settarono verso Tara mentre
chiamava il
suo nome, ma non lasciò il ragazzo biondo che era accasciato
su di lei con il
volto cinereo; la camicia bianca era squarciata sul petto diagonalmente
ed era
possibile scorgere un lungo taglio sanguinante, dai bordi irregolari e
purulenti, di un malsano viola. Subito Osgal, Aria e Ashuros si
tapparono il
naso con una mano e si allontanarono, lottando contro la sete bruciante
che
scatenava in loro la vista del sangue; fortunatamente si erano tutti
nutriti da
poco. Yelle, insieme a Eran e Hiroshi, per aiutarli li spinse ancora
più
lontano per poi utilizzare la tecnica delle volte precedenti e, dopo
aver fatto
sedere Ashuros, il più debole di fronte alla tentazione,
sederglisi in grembo e
iniziare a parlare di tutto e un po’ per distrarlo.
“È
stato ferito con un arma
avvelenata!” urlò Miel intanto inginocchiandosi e
appoggiando Rey per terra
sull’erba bagnata, semi incosciente mentre tutti gli si
precipitavano intorno;
con le mani coperte di sangue si aggrappò al braccio del
ragazzo non sapendo
bene cosa fare. Forse poteva… Fortunatamente Tara prese la
situazione sotto il
suo controllo e con fare deciso iniziò a estrarre varie erbe
e bende dalla
borsa, dopo essersi inginocchiata accanto a loro.
“State
lontani, lasciateci
spazio e aria!” ordinò fredda iniziando a
esaminare con rapidità la ferita,
“Jin allontana Miel; Amlach, Shi immobilizzate Rey e Ed dammi
una mano col
veleno” ordinò ancora vedendo la bionda sotto
shock. Subito tutti eseguirono:
tutti si allontanarono portando via gli animali, Jin sollevò
di peso Miel e la
mise a sedere poco lontano tra le altre ragazze che la
tranquillizzarono,
invece Amlach si mise alle spalle di Rey e gli immobilizzò
le braccia e il
torace mentre Shi gli bloccava le gambe; Ed dopo aver passato la mano
con
delicatezza sulla ferita ringhiò.
“Acido
corrosivo! Dobbiamo
fare in fretta…” spiegò prima di
chiudere gli occhi e porre le mani sulla
ferita; con lentezza iniziarono a sollevarsi nell’aria
piccole spirali di
veleno, che pian piano Edward assorbiva nel suo corpo. Tara intanto
aveva
versato alcune gocce di varie boccette su delle bende e si preparava a
medicare
la ferita.
“Ora!”
la avvisò l’assassino
togliendo le mani, lo squarcio depurato; la ragazza subito premette con
forza
le bende sulla ferita, neanche un ombra di indecisione sul suo volto.
All’istante Rey iniziò a urlare per il dolore e a
dimenarsi come posseduto, ma
i suoi amici non lo lasciarono andare e Tara continuò a
pulire la ferita.
Dieci
minuti dopo, di urla e
medicine utilizzate, Rey si accasciò a terra in un sonno
esausto; il petto
ricucito e fasciato, che si alzava con fatica per respirare. Tara
sospirò di
sollievo e iniziò a riporre tutto nella borsa, ma Shoichi le
porse un panno bagnato
e le fece cenno di riposarsi un attimo.
“Hai
fatto un ottimo
lavoro.” le disse sorridendo prima di iniziare a sistemare al
posto suo, mentre
lei si detergeva la fronte sudata per lo sforzo.
“Grazie,
ma è anche merito
di Edward. Quella ferita oltre a essere profonda, era impregnata con
troppo
veleno perché da sola potessi fare qualcosa. Invece
così non ha ferito
nessun’organo vitale.” Spiegò
imbarazzata e voltando la testa, non sentendosi a
suo agio nel venir lodata.
“Penso
che tu sia stata
comunque fantastica, infermierina!” la prese in giro il
ragazzo porgendole la
borsa per poi afferrarla per un braccio e aiutarla a mettersi in piedi.
Intanto
Ed, Shi e Amlach
avevano raggiunto Miel, che dopo esser stata rassicurata che Rey era
fuori
pericolo si era calmata e accarezzava la testa di Mizumi, ancora tigre,
che le
aveva posato in grembo.
“Cosa
è successo?” le chiese
brusco Amlach sedendosi davanti a lei con Shi, mentre Ed si appoggiava
a un
tronco a braccia incrociate.
“Siete
degli insensibili!”
borbottò Gigi abbracciando la bionda che aveva abbassato gli
occhi con le
guance rosse; Amlach la fulminò ma Akiko gli pose una mano
sul ginocchio.
“Gigi
voleva solo dire che è
un argomento delicato, Amlach.” Gli spiegò con un
sorriso dolce che fece
sbuffare il ragazzo e distogliere lo sguardo.
“Scusate,”
li interruppe
Yelle raggiungendoli, “Chiedono se possono
tornare.” Spiegò riferendosi ai
vampiri poco distanti; Tara annuì e mise tra le braccia di
Shi tutte le bende
insanguinate.
“Bruciale
e siamo a posto.”
Gli disse sedendosi con Shoichi insieme agli altri, mentre
l’elfo la fulminava
per averlo scambiato per un forno crematorio, ma in una vampata viola
le
incenerì.
“Era
ora…” esordì sollevato
Hiroshi dopo pochi secondi entrando al fianco di Aria nella radura,
seguito da
Osgal, Eran, Ashuros e Yelle; tutti i vampiri si sedettero il
più lontano
possibile dal ferito, dopo aver constatato che stava bene.
“Allora?
Abbiamo perso già
un quarto d’ora.” Richiamò tutti
all’ordine Amlach, puntando i suoi occhi
freddi su Miel, che continuò a guardare Mizumi.
“Io
e Rey ci stavamo
teletrasportando nell’area circostante per trovare gli
ipotetici inseguitori;
all’inizio siamo rimasti sugli alberi per avere una visuale
migliore, ma ad un
certo punto ci è parso di vedere qualcosa…Allora
ci siamo avvicinati di salto
in salto. È stato un attimo, ci siamo materializzati in una
radura deserta non
accorgendoci di esser finiti nel punto sospetto; ho solo fatto in tempo
a
vedere un uomo incappucciato che saltava fuori dal cespuglio armato di
spada
prima che Rey mi si parasse davanti e venisse ferito al posto mio; poi
mi ha
afferrato per il polso e ci ha teletrasportato lontani. Volevo che si
fermasse
a riposare, perché stava iniziando a perdere conoscenza, ma
lui ha continuato a
teletrasportarci finchè non siamo arrivati.”
Raccontò a bassa voce senza mai
guardarli; si sentiva in colpa per non essersi accorta
dell’imboscata, per
essersi lasciata proteggere e per aver ferito Rey.
“Sono
maghi?” chiese Ed
concentrato mentre Amane accarezzava la testa di Miel, avendo come
tutti gli
altri capito cosa passava per la testa alla biondina.
“Di
sicuro; altrimenti non
avrebbero potuto prevedere il nostro arrivo. E no,” aggiunse
stoppando sul
nascere l’ipotesi di Asuna, “Non è un
caso…”
“Dobbiamo
prepararci
allora?” chiese Gigi con sorriso di sfida scambiandosi un'occhiata di puro e
feroce divertimento con Shi.
“Con
Rey in quelle
condizioni non possiamo fare altro.” Rispose Ed per lei,
staccandosi con un
movimento fluido dall’albero.
“Non
vedo l’ora…” ringhiò
Amane alzandosi in piedi e stiracchiandosi.
A
quel punto tutti
iniziarono a prepararsi; per prima cosa si spostarono in una radura
ampissima,
probabilmente era un vecchio villaggio di ninfe arboree, poi Amlach e
Ed ci
trasportarono Rey ancora incosciente e infine tutti si misero in
attesa: Amlach
lustrava la sua katana, Gigi e Akiko discutevano con Shi alcune
strategie poco
lontane, i vampiri erano immobili pronti a captare ogni segnale del
loro
arrivo, Amane e Yelle chiacchieravano tranquille con Hiroshi, tenute
d’occhio
da Ed che si rilassava poco lontano, Asuna si faceva aiutare da Jin a
ripassare
alcuni colpi e Tara controllava lo stato di Rey con accanto
un’inquieta Miel.
“Arrivano.”
Pronunciò
improvvisamente chiara Aria con lo sguardo vacuo e tutti si gelarono
all’istante, per poi alzarsi e disporsi in una specie di
linea che si
frapponeva tra il ferito e la direzione da cui stava arrivando il
nemico. Se
era possibile, avrebbero affrontato uno o due avversari a testa;
speravano
fosse solo un’avanguardia.
Le
prime a uscire dalla boscaglia furono due
ragazze dalla pelle candida e i capelli neri come il carbone, lisci e
lunghi
fino alla vita, avevano gli stessi lineamenti delicati, gli stessi
occhi rossi
e indossavano lo stesso vestito nero senza maniche lungo fino ai piedi,
l’unica
differenza l’altezza diversa; accompagnavano, quasi come
damigelle, un uomo
dagli stessi tratti ma robusto ed elegante, con un ghigno di
superiorità
stampato sul volto. Ashuros sgranò gli occhi scarlatti e
proruppe in un feroce
ringhio. Lo aveva riconosciuto, era lui…
Subito dietro di loro
arrivò ridendo un
ragazzo alto dai capelli viola scuro a spazzola e innumerevoli tatuaggi
neri su
tutte le braccia insieme a due altri ragazzi più bassi e giovani, uno biondo e uno
rosso.
Sembravano gemelli e i vestiti dai toni scuri sul verde identici lo sembravano
confermare,
mentre il luccichio complice negli occhi era già segnale che
combattessero in
coppia.
“Shoichi
sulla destra.”
Ringhiò Aria concentrata e il ragazzo, che era il
più esterno, fece appena in
tempo a voltarsi per parare un calcio dalla forza impressionante alla
faccia.
“Niente
male!” ringhiò il
grosso uomo dai muscoli scolpiti e l’armatura in cuoio che lo
aveva colpito
scattando indietro tra i suoi compagni, mentre il ragazzo assottigliava
gli
occhi: nonostante l’udito sviluppato neanche si era accorto
di lui…
“Dev’essere
la vampira che legge la mente, Deianira!” trillò
con vocetta stridula una ragazzina con un vestitino a balze nero con un
fiocco
rosa in vita, sporgendosi da dietro l’uomo che aveva colpito
Shoichi, mentre
una ragazza dai capelli rossi e il vestito celeste la raggiungeva
scrutando gli
avversari con i suoi occhi glaciali e stringendo tra le mani due lunghe
ed
eleganti alabarde.
“È
lei.” Rispose affermativa
la vampira di nome Deianira, quella più bassa inclinando
divertita la testa di
lato e osservando Aria, che le ringhiò contro.
“Allora
te ne occupi tu di
lei?” chiese un ragazzo dall’aria svogliata
entrando nella radura con passo
indolente, mentre gli occhi gialli vagavano sulla schiera nemica, le
mani nelle
tasche dei pantaloni neri a contrasto con la troppo larga camicia rossa.
“Chi
vuoi che se ne occupi
se non lei?” chiese ironico un uomo dalla pelle cioccolato
mettendosi al suo
fianco, mentre l’attenzione di tutti si catalizzava per un
attimo sui suoi arti
inferiori e sulle grossa corna che spuntavano dalla fronte da caprone.
“Seconde
me li stiamo
sopravvalutando…” mormorò invece una
donna dal corpo formoso, avvolta in una
veste smeraldo, avvicinandosi al satiro con passo felino, le labbra
pesantemente
truccate di rosso, come i suoi capelli ricci, piegate in una smorfia di
divertita superiorità.
“Saremmo
bastati noi due.”
Ringhiò un uomo dal volto sfigurato da una triplice
cicatrice e il petto nudo,
schierandosi di fronte ad Amlach che lo riconobbe come una delle sue
taglie più
difficili e che…in teoria aveva già catturato.
“Ci
si rivede bastardo!” lo
salutò infatti con un ringhio affamato.
“Quanta
arroganza, l’ultima
volta che ti ho visto se non sbaglio stavi implorando pietà
ai miei piedi.”
Rispose ghignando Amlach e sfoderando la sua katana.
“Per
essere un ragazzino
parla tanto.” Intervenne un ragazzo alto poco più
di un metro e sessanta dai
capelli candidi come la neve e accompagnato da un'enorme tigre dai
denti a
sciabola e il manto nero.
“Non
che tu sia più grande…”
gli rinfacciò infatti la tigre scrutando gli avversari con
gli occhi ambrati.
“Se
avete finito di
chiacchierare noi saremmo anche pronti a prendervi a
calci…” rise Jin
scrocchiandosi le nocche impaziente, ma evidentemente
l’afflusso non era ancora
finito.
Esattamente
al centro si
posizionarono un'alta figura incappucciata con due grosse falci appese
alla
schiena e al suo fianco una donna dalla pelle ambrata vestita con
larghi
pantaloni rossi che si stringevano alle caviglie e un top dello stesso
colore
tagliato sopra la pancia, con gli occhi lasciati scoperti dal velo
nero, come i
suoi capelli legati in una grossa treccia lunga fino al bacino, che
portava
attaccato da orecchio a orecchio che scrutavano gli avversari famelici;
davanti
a loro una grossa guardia imperiale, un ragazzo dall’aria
compita con gli
occhiali e sempre con la divisa delle guardie imperiali e una figura
incappucciata di nero, che assomigliava così a Miel, che
intanto si era
accucciata dietro i suoi amici davanti a Rey.
Edward
aveva quasi delle
difficoltà a respirare tanto era scosso da tremiti per la
bramosia di
massacrarli: tutti, tutti loro…avevano tatuata una stella
nera.
“Ora
possiamo incominciare.”
Sorrise il vampiro prendendo la parola ed entrambe gli schieramenti
scattarono;
ognuno aveva già individuato il suo obiettivo, senza neanche
accordarsi.
Ovviamente
l’Assassino
scattò per primo contro il ragazzo dai capelli viola che
aveva davanti, la
stella nera sulla fronte l’unica cosa che vedeva.
Il
suo pugno coperto di
veleno viola lo colpì con forza contro lo zigomo ma quello
non si spostò di un
solo centimetro e con un sorriso famelico gli afferrò il
polso per poi tirarlo verso
di sé e colpirlo in pancia, facendogli tossire del sangue.
“Tutto
qui? Contro uno con
il dono della rigenerazione cosa puoi fare?” gli
sibilò in un orecchio, mentre
la guancia avvelenata e purulenta cominciava a rimarginarsi.
“Dov’è
lei?” fu l’unica cosa
che rispose Ed prima di colpirlo con una ginocchiata al basso ventre,
per poi
balzare indietro e caricarlo nuovamente con le mani coperte di un
liquido
verdastro.
“Chi?”
gli chiese
l’avversario, “Dovresti interessarti a me,
Assassino, non alla tua sorellina;
sono Scorpio.” si presentò beffardo parando la
sequenza di calci e pugni di
Edward a una velocità impressionante, mentre la pelle si
liquefaceva per poi
risanarsi subito dopo. Ma a Edward non interessava: sapeva di sua
sorella.
Avrebbe provato a cavargli fuori ciò che sapeva con la forza
e se non avesse
ottenuto niente lo avrebbe fatto a pezzi.
Poco
più lontano da loro Shi
sfidava con i colpi della sua katana di fuoco il ragazzo dagli occhi
gialli,
che aveva estratto impassabile e svogliato due grosse fruste appese
sulla
schiena che faceva schioccare intorno a sé; eppure
l’elfo invece di trovarsi in
difficoltà, scivolava rapido tra i colpi e si avvicinava
sempre di più, il
ghigno che si allargava. Fu quando riuscì a ferirlo a una
guancia, che il
ragazzo dagli occhi gialli finalmente depose la maschera e un grosso
sorriso
gli illuminò il volto.
“Finalmente
qualcuno con cui
fare sul serio!” gioì con gli occhi accesi da una
luce folle prima di
incrociare le fruste e farle schioccare a terra mentre lungo tutto il
cuoio
spuntavano grossi spuntoni e uncini dall’aspetto letale.
“Vieni
pure!” lo invitò
mentre la svogliatezza cedeva alla follia e intorno a lui sembrava
sprigionarsi
un aura più intensa. Shi assottigliò gli occhi
nel vedere i movimenti
dell’avversario diventare sempre più veloci e i
colpi sempre più forti e precisi,
mentre gli uncini cominciavano a straziargli le carni.
Con
un salto di lato evitò un
sferzata mentre con una lancia di fuoco rallentava l’altra,
per poi tentare di
sfondare le sue difese e colpirlo con la sua alabarda, ma quello la
dirottò
avvolgendola fra le fruste. Allora Shi la dissolse di colpo e in
quell’attimo
in cui le fruste si afflosciavano un poco ne approfittò per
creare un coltello
di fiamme e lanciarlo con precisione letale nella spalla
dell’avversario, che
però non emise un solo gemito, ma scoppiò a
ridere.
“Niente
male…” ghignò allora
Shi nell’osservarlo e l’altro inclinò la
testa, mentre iniziavano a girare in
tondo studiandosi a vicenda.
“Sono
Double, sarà un
piacere ammazzarti.” si presentò prima di far
scattare nuovamente le fruste.
Intanto
si svolgeva una delle
più incredibile battaglie che si fossero mai combattute: una
battaglia mentale.
Ad Aria erano bastati due tentativi d’affondo per capire il
potere della sua
avversaria, Deianira, e si era subito resa conto di come fosse
l’unica con
qualche speranza di batterla: lei prevedeva il futuro. E ciò
comprendeva le
mosse dell’avversario; quindi non appena lei pensava di fare
una mossa Deianira
la prevedeva e pensava a contrattacco, ma allora Aria gliela leggeva
nella
mente e cambiava mossa…andavano avanti così di
dieci minuti, mentre l’unica
cosa che facevano al di fuori delle loro teste era girarsi intorno.
Osgal aveva
intuito subito cosa stesse accadendo e subito si era scagliata contro
l’altra
vampira, Daiana, per impedirle di attaccare Aria alle spalle e nella
speranza
di eliminarla al più presto per darle una mano; volteggiava
in una danza
selvaggia a katana sguainata con l’altra vampira, armata di
fioretto, menava
abilmente fendenti ai punti vitali come la testa e il cuore, ma quella
si
difendeva con un sorrisino sul viso e cercava di contrattaccare.
Ashuros
era stranamente
grato che le sue compagne stessero tenendo occupate le vampire,
così che lui
potesse dedicarsi completamente al bastardo che aveva davanti: Conte
Sangnoir,
uno dei vampiri nobili traditori. Uno degli assassini di sua madre.
Avrebbe
riconosciuto quel volto ovunque.
Con
uno scatto di lato cercò di staccare di netto un braccio al
suo avversario col pugnale, ma quello lo dirottò con il
bastone da passeggio,
che doveva esser stato opportunatamente modificato per resistere a una
pressione simile.
“Sei
cresciuto Ashuros!” lo
sbeffeggiò quello evitando nuovamente i suoi attacchi con
eleganza, “Ma non sei
ancora all’altezza…dopotutto sei solo un
impuro.” Aggiunse acido sogghignando,
parole a cui Ashuros socchiuse gli occhi con un ringhio feroce e
aumentò la
velocità dei suoi attacchi. Si sarebbe vendicato.
Charlotte
avrebbe voluto
aiutarlo, ma non appena si era lanciata all’attacco dal
terreno era spuntato un
ghoul, un demone in putrefazione affamato di carne umana, agli ordine
del Conte
che la teneva interamente occupata; nonostante sembrasse cadere a pezzi
era
dotato di capacità sovraumane e non risentiva degli effetti
paralizzanti della
sua spada, ma Charlotte non si scomponeva e cercava di fermarlo,
evitando al
contempo i denti e gli artigli della creatura.
Eran
aveva intanto ingaggiato un devastante corpo a corpo con
il satiro, che lo bersagliava di pugni e calci senza tregua con
velocità
animale; se non fosse stato per il suo organismo differente, dopo i
primi colpi
sarebbe caduto a terra con la metà delle ossa rotte e anche
così doveva stare
attento a evitare le corna e gli zoccoli, che avrebbero potuto
tranquillamente
frantumargli il corpo. Avrebbe voluto usare l’arco per
difendersi, ma il nemico
non gli lasciava il tempo di allontanarsi, incalzandolo fin da quando
si era
presentato come Kaleen, senza sosta.
A
qualche metro Tara se la vedeva con quella che non aveva
problemi a definire una psicotica dai facili costumi in verde; non
capiva se le
dava più fastidio il suo atteggiamento da gran donna, il suo
sorriso sicuro e
strafottente o i suoi commenti bastardi su di lei. Non aveva fatto
altro che
farle notare quanto quel vestito fosse fuori moda, il suo corpo scialbo
e la
sua evidente mancanza di sensualità e
femminilità; non che gliene fregasse
qualcosa ma la stava davvero innervosendo, tanto da aver problemi a
rimanere in
forma umana. Si era però accorta subito di come non le
convenisse combattere in
forma di lupo quando la donna con un gesto elegante della mano aveva
evocato
un'onda di rovi da scagliarle contro. Fortunatamente il sangue
licantropo non
era la sua unica risorsa.
Con
rapidità fulminea estrasse dal misterioso sacchetto in tela
che si portava sempre dietro una pietra rossa scintillante, come un
rubino e la
sfregò una volta puntandola verso la nemica: da essa si
irradiò una spirale di
fuoco che bruciò all'istante i rovi della nemica, che
però la guardò con
supponenza giocherellando con i boccolosi capelli bordeaux.
"Tutto
qui?" le chiese con un sorrisetto prima di
allargare le braccia, mentre nuovi rovi si innalzavano dal terreno.
Gigi
avrebbe volentieri sbraitato a Tara di smetterla di dar
fuoco a quei poveri rovi innocenti, ma venne fermata da un profondo
senso di
lealtà per l'amica e di comprensione per la situazione in
cui erano...o forse
solo dalle due grosse alabarde elettrificate dell'avversaria dai
capelli rossi
che la incalzavano senza sosta. Quella ragazza dagli occhi di ghiaccio
sembrava
inarrestabile e impassabile: Gigi l'aveva colpita con rovi, sferzata
d'acqua e
aveva persino lanciatole contro dei macigni, ma quella subiva senza
retrocedere
o sbattere ciglio e Gigi doveva proteggersi innalzando muri di roccia o
cercando
di sviare i colpi con frustate d'aria. Non una parole che usciva dalla
sua
bocca, non un’emozione che passava sul suo viso. Doveva
pensare a una strategia
oppure tentare un attacco di pura forza bruta...e sapeva benissimo
quale
opzione scegliere, pensò mentre un sorrisetto le increspava
le labbra feline.
"Waaaaa!
Lilith si sta proprio scatenando!" rise la
bambina nel suo vestitino a balze saltellando sull'erba e osservando i
combattimenti
che scoppiavano intorno a lei, poi si voltò ad osservare
Akiko che la guardava
indecisa: non poteva attaccare una bambina...
"Pensi
che non sappia difendermi?" le chiese
zuccherina inclinando la testa di lato, mentre i capelli rosa raccolti
nei due
codini ondeggiavano allegri.
Akiko
la guardò presa alla sprovvista e annuì,
accennando
perfino un sorriso.
"Che
ragazza buffa!" rise allora la bambina con un
sorriso gioioso e dolce, gonfiando le guance rosee, "Quasi mi dispiace
doverti uccidere." concluse sgranando gli occhi rosa, che si
illuminarono
di follia.
Akiko
si irrigidì e si mise in posizione di difesa, percependo
all’improvviso
un’intensa aura omicida provenire dalla bambina
che...iniziò a mutare. Gli
occhi rosa diventarono rossi e si allargarono con le pupille che si
restringevano, mentre tutto il corpo veniva scosso da tremiti e le ossa
sembravano
premere per uscire contro la pelle improvvisamente flaccida e piena di
rigonfiamenti; si contorse e deformò in maniera macabra
sotto gli occhi
dell'avversaria fino a diventare un'enorme creatura dal pelo folto e
rossastro,
un incrocio tra un essere umano gigantesco e una bestia simile a una
volpe, con
gli occhi rossi famelici e delle enormi fauci con denti affilati e
aguzzi come
pugnali, le braccia grandi come la stessa Akiko con artigli che
sembravano
scimitarre.
Akiko
sgranò gli occhi e all’istante compì la
semi metamorfosi in gatta mannara: la
battaglia sarebbe stata più dura del previsto.
Amlach
imprecò a mezza voce nel vedere la terrificante
mutazione della bambina: e pensare che si era sentito sollevato vedendo
chi
sarebbe stata l’avversaria di Akiko! Di male in peggio,
quella gatta stordita
si sarebbe sicuramente ferita, inciampando ovunque, o
peggio…doveva finire in
fretta. Si scambiò ancora qualche colpo con suo avversario
assetato di
vendetta, katana contro artigli, e poi decise di fare sul serio.
Con
un colpo deciso dalla sua katana si staccò
un’affilata
falce d’ombra diretta contro il muso ghignante del licantropo
e già si
preparava a scagliarne un’altra, freddo e sicuro di una
vittoria facile, quando
l’avversario sogghignò e incrociò le
braccia davanti al corpo: le mani già
sformate in zampe mutarono ancora e gli artigli si allungarono
bestialmente
fino a essere delle corte spade o dei lunghi pugnali; la lama
d’ombra si
scontrò contro di essi e si dissolse senza intaccarli.
“Cosa
c’è bastardo?” gli chiese latrando e
muovendo gli artigli
alla luce del sole, mentre Amlach socchiudeva gli occhi azzurro
ghiaccio con un
ringhio, “Non avrai pensato che fossi arrivato impreparato
anche questa volta,
vero?” gli chiese mostrando i canini.
“Non
ti sopravvalutare troppo e fammi vedere cosa sai fare.”
Rispose Amlach secco puntandogli contro la lama e scattando. Doveva
finire in
fretta.
Lo
stesso obiettivo si era prefissa Amane, che insieme a Yelle
fronteggiava i gemelli; fin da subito i due ragazzi, sogghignanti e
perfettamente sincronizzati in ogni movimento, si erano dimostrati
avversari
capaci: uno col potere delle illusioni e l’altro della
mutazione, tenevano
testa rispettivamente all’elfa e alla maga della creazione.
Yelle
infatti volteggiava nell’aria sopra di lei spazzando via
con delle folate di vento i cloni o i mostri che improvvisamente le
attaccavano, cercando al contempo di ferire i due ragazzi che non
rimanevano
fermi neanche un secondo, scattando a zig zag per confonderle, mentre
Amane,
arpa alla mano, solidificava scudi per contrastare le spade create dai
rami dal
suo avversario, lance per colpire i sassi che avevano preso la sua
forma,
macigni con cui tentare di spiaccicarli…eppure non
riuscivano a danneggiarli
più di troppo, si muovevano troppo rapidi e tra tutte quelle
copie, animate e
non, non sapevano chi colpire e dovevano scagliare attacchi ad ampio
raggio ma
più deboli.
“Siete
già stanche?” chiesero ad un certo punto
fermandosi e
guardandole ansimare divertiti, “Noi abbiamo appena
iniziato.” Risero sadici,
prima che dal terreno spuntassero numerose altre copie armate.
Shoichi
era stato poche volte così entusiasta di un nemico:
quell’uomo, Greff, era un avversario straordinario. Aveva la
forza naturale di
un rinoceronte e le tecniche di combattimento corpo a corpo al livello
di un
generale, ma era il suo dono che rendeva la lotta indimenticabile:
praticava
una magia per cui la sua pelle diveniva coriacea e praticamente
indistruttibile, nemmeno la sua spada in scaglie di drago era riuscita
a
scalfirla!
“Non
sei male giovanotto!” rise l’omone bloccando un
altro
potentissimo colpo del ragazzo con il palmo, ammirandolo e
sentendo la brama
di sangue bollirgli nelle vene: quello non era un ragazzo normale,
nessuno
avrebbe potuto colpirlo a mani nude e sorridere infiammato, stava solo
aspettando che si scatenasse.
“Non
sto neanche facendo sul serio…” si
vantò Shoichi,
bersagliandolo di pugni e calci in rapida sequenza.
“Allora
è il caso che tu lo faccia!” lo invitò
l’avversario
prima di mutare la pelle del suo intero corpo.
“Come
preferisci!” rispose il biondo saltando
all’indietro e
pestando un piede contro il terreno, che all’istante si
crepò lasciando
fuoriuscire un getto di magma.
Jin
si divertiva ugualmente, nonostante all’inizio avesse
pensato che il ragazzino albino non sarebbe stato granché
come avversario; si
era ricreduto non appena quello lo aveva colpito alla
velocità della luce con
un calcio in faccia, facendolo arretrare di parecchi metri.
“Niente
male.” Si complimentò Jin, capendo che con lui
sarebbe
stato inutile l’uso della spada e iniziando ad accumulare
elettricità.
“Son
Fey e il mio potere è la velocità, giusto per
informarti.
Odio essere sottovalutato.” Gli fece sapere mettendo le mani
in tasca e
sorridendo orgoglioso.
“Jin,
dragon slayer.” Si presentò il moro sorridendo
anch’esso,
“Vediamo se sei veloce come il fulmine.” Lo
sfidò poi prima di scattare contro
di lui, mentre poco distante Hiroshi sfidava la tigre dai denti a
sciabola in
un duello mortale.
Asuna
intanto sospirava di sollievo per la fortuna ricevuta: il
suo avversario sarebbe stata la guardia. Non che fosse felice di
combattere con
una di loro, ma almeno non era dotata di poteri magici o altre cose
strane…se
fosse stato uno degli altri sarebbe durata meno di tre minuti, mentre
ora aveva
ingaggiato una lotta alla pari con quel ragazzo, che possedeva una
tecnica
eccezionale.
“Non
dovresti indossare la divisa delle guardie se poi sei una
fuorilegge.” Le fece notare tentando un affondo allo stomaco
che lei deviò con
la punta della lama per poi tentare di colpirlo al gomito.
“E
tu non dovresti portare la divisa delle guardie se poi ti
allei con una Gilda Oscura.” Gli rispose lei a tono,
schiavando un suo
fendente, mentre lui stringeva le labbra inviperito.
“Silenzio!”
le intimò infatti prima di incalzarla, togliendole
il fiato per rispondere.
Miel
odiava la matematica. Dal profondo. Perché a causa sua ora
Miel si trovava di fronte a quattro avversari, con un ferito da
difendere e la
consapevolezza che fosse una missione quasi impossibile anche per lei.
Certo
c’erano gli animali e poteva evocare aiuti dalle ombre, ma se
qualcuno degli
altri non correva ad aiutarla era messa male...solo che anche loro
sembravano
presi da combattimenti difficili! Cosa poteva fare?!
Stava
giusto pensando a cosa potesse inventarsi quando la
figura con il mantello nero scattò verso di lei, da sola.
Miel sorrise:
evidentemente erano troppo orgogliosi per attaccarla in gruppo e questa
sarebbe
stata la sua, unica, carta vincente. Doveva finirla in maniera pulita e
rapida,
non si allenava nelle tecniche di assassinio per nulla.
Anche
lei scattò con un movimento fluente ed evocò
all’istante
le due daghe ricurve d’ombra, pronta a incrociarle sulla gola
del nemico,
l’altra figura incrociò le braccia davanti al viso
coi polsi rivolti
all’esterno e dalle maniche spuntarono due lunghe e sottile
lame argentate che
si scontrarono con le sue daghe. Lame celate!
Le
due rimasero per un attimo a fare forza l’una contro
l’altra, a contatto, mentre un campanello rimbombava nelle
loro teste, poi la
nemica la spinse all’indietro mentre le lame
d’ombra esplodevano in polvere nera.
Miel d’istinto si abbassò per evitare di essere
pugnalata alla gola e con un
tentacolo d’ombra la trascinò a terra, ma quella
lo fece esplodere e balzò in
piedi con una capriola all’indietro.
Rimasero
a guardarsi immobile, il fiato accelerato.
“Miel?!”
“Shorai?!”
esplosero in contemporanea prima di, a dispetto
della situazione, iniziare a ridere a crepapelle.
“Ma
che diavolo ci fai qua?!” le chiese Miel abbassandosi il
cappuccio e sciogliendo i capelli biondi, una mano sul fianco e
un’espressione
a metà tra il perplesso e il divertito.
“Questa
è la mia domanda!” rispose l’altra
figura con voce
femminile e musicale, scostandosi il cappuccio e il mantello e
permettendo di
fare vedere le sue sembianze: una ragazzina dal fisico sinuoso, avvolto
in una
camicia da donna bianca troppo grande e dei pantaloni in pelle neri,
come i
guanti senza dita e gli stivali alti, con una borsa a tracolla; il viso
aveva
tratti dolci e infantili, con una spruzzatina di lentiggini sul naso,
mentre
gli occhi erano grandi e rosa intenso, a contrasto con i lunghi e mossi
capelli
verde acqua.
“Sono
in viaggio con questo gruppo di scalmanati!” le
spiegò
abbracciandola con affetto mentre quella rispondeva un po’
più rigida, per poi
staccarsi e guardarla in attesa di una risposta.
“Io
sono qua per lavoro: devo uccidervi tutti, tranne il biondo
dietro di te, per ricevere una delle paghe più succulente
della mia vita.”
rispose l’altra pratica con gli occhi che le scintillavano
alla parola “paga”.
Miel
si irrigidì all’istante e si allontanò
di qualche passo.
Lei e Shorai, un’assassina professionista, erano ottime
amiche da anni, avevano
persino viaggiato qualche mese insieme ma…Shorai aveva
bisogno dei soldi per
una questione di famiglia e per i soldi avrebbe fatto di tutto. Di tutto.
“Significa
che mi ucciderai? Per soldi?” le chiese osservando
attentamente ogni suo singolo movimento, in attesa, ma la ragazza,
dall’aspetto
così innocente e allo stesso tempo così letale,
inclinò la testa di lato.
“Se
non vi uccido non avrò i soldi.” Le fece notare,
mentre i
suoi occhi iniziavano a tradire un’ombra di
indecisione…un conto era uccidere
sconosciuti, un conto Miel…Però magari poteva
solo inscenare la sua morte e
farla scappare, far fuori tutti gli altri, prendere la ricompensa e
sparire.
“Propongo
il piano di Oklas…” le disse con un sorrisetto,
riferendosi ad un’avventura passata dove avevano recitato una
cosa simile, ma
Miel sbuffò.
“Non
posso.” Rispose evocando le daghe d’ombra,
“Sono miei
amici, ho dei debiti da pagare e devo recuperare il mio medaglione che
ha
nascosto il biondo dietro di me; li proteggerò.”
Le disse prendendo un grosso
respiro. Cosa diceva sempre il suo maestro? Ah
già…soffocare, doveva soffocare
ogni sentimento ed emozione. Nel suo lavoro non c’erano
spazio per sentimentalismi.
O uccidi o sei ucciso.
“Ho
bisogno di soldi. Per lui.” Replicò Shorai
altrettanto
fredda, ingoiando il dispiacere e l’affetto per Miel,
“Niente di personale.”
“È
lavoro.” Concluse Miel mettendosi in guardia.
“Ferme!”
la voce roca di Rey le interruppe appena prima che
scattassero.
“Rey!”
lo chiamò Miel voltandosi stupita e sospirando di sollievo
nel vederlo seduto e cosciente. Molto cosciente a giudicare dal
luccichio degli
occhi.
“È
per soldi?” chiese il ragazzo direttamente a Shorai, facendo
cenno a Miel di star tranquilla.
“Certo,”
rispose lei abbassando temporaneamente le armi e
osservando il bersaglio speciale della sua missione; se lo aspettava
diverso…
“Te
ne offro il doppio.” Propose Rey con un sorriso
carismatico, “A patto che viaggi con il nostro gruppo e
mantieni a tutti,
compresi i miei compagni, il silenzio su di me.” Concluse poi
osservandola
attento. Miel assottigliò gli occhi all’ultima
parte dell’accordo.
La
ragazza sgranò gli occhi e poi lo guardò
diffidente.
“Il
doppio di 50.000 Bahal?” gli chiese scettica inarcando un
sopracciglio. Se stava scherzando…
“Si.”
Rispose lui serio, “Stiamo andando a prendere la Fairy
Heredity, uno dei più grandi tesori in assoluto; se anche
non dovesse bastare
quello che c’è, ti darò la mia parte. O
troverò un modo per trovarli…” concluse
con un silenzio denso di sottintesi che solo la ragazza
sembrò cogliere e che sorrise
in estasi.
“Direi
che abbiamo un…” iniziò a dire Shorai
convinta ma una
voce rozza la interruppe.
“Cosa
stai facendo assassina da quattro soldi! Sei in missione
per il re non provare neanche a prendere iniziativa!”
sbraitava la grossa
guardia imperiale avanzando verso di lei.
Accadde
in meno di una frazione di secondo.
Con
un balzo felino la ragazza si voltò, si slanciò
verso la
guardia e gli conficcò la lama celata dritta in fronte,
abbattendola a terra e
schiacciandole il torace con il ginocchio.
“Non
osare interrompermi mentre tratto e non rivolgerti mai a
me con quel tono, bastardo.” Gli ringhiò estraendo
lentamente la lama dal cadavere
e rialzandosi, irata.
“Abbiamo
un accordo.” Riprese guardando da sopra la spalla Rey
e poi sorrise a Miel, “Ti muovi o li devo far fuori io quei
due?” le chiese
indicando con un cenno della testa gli ultimi nemici ancora fermi.
Miel
sogghignò mentre accanto a lei sorgeva Talita.
“Cambi
spesso idea…”
“Sono
fatta così!” rispose l’altra
affiancandola con un
sorrisetto.
“Immagino
di non poterci fare nulla.” commentò Miel
scuotendo
la testa e poi, ad uno sguardo d’intesa, scattarono.
Il
combattimento di Scorpio ed Edward si protraeva ormai da
mezz’ora in un corpo a corpo devastante e violento, ma,
mentre Scorpio aveva il
corpo sudato ma illeso, Edward mostrava sempre più lividi,
tagli e persino
qualche osso rotto; eppure non si fermava. Non si era mai fermato e
trovava
anche il fiato per fargli continue domande sulla sorella.
Scorpio
era esaltato, in preda della ferocia di quel
combattimento incredibile e assetato del sangue di
quell’avversario così
temibile.
“Sei
ancora in piedi?” gli chiese ansimante colpendolo con
forza in pancia e facendolo cadere in ginocchio, per poi colpirlo in
faccia con
un altro pugno, il sangue che gli schizzava dalle labbra.
“D-dov’è?”
rispose solo e a fatica Ed, alzando lo sguardo e
trafiggendolo: nei suoi occhi non c’era paura, solo odio e
fermezza; ma Scorpio
rise, pensando che fosse solo una maschera o un principio di
rassegnazione o,
ancora, stupidità; pensando a come presto lo avrebbe
spezzato e avrebbe visto
quegli occhi riempirsi di terrore.
Lo
colpì di nuovo con un calcio, questa volta al braccio,
spezzandolo definitivamente.
“Ancora
con quella ragazzina? Dovresti preoccuparti per te
stesso, Assassino!” gli urlò guardandolo alzarsi a
fatica e sferrargli un pugno
al volto con la mano sana liquefacendolo tanto che per un attimo
brillò al sole
la mascella bianca, ma la pelle crebbe nuovamente sana e lucente.
“Non
sai niente?” chiese ancora Ed saltando all’indietro
per
evitare un calcio laterale e scagliandogli due lame di veleno dalle
braccia
contro, invano.
“Nessuno
sa cos’abbia fatto Azazel di lei, fosse anche la sua
sgualdrina personale! Arrenditi! Implora pietà!”
urlò facendolo piegare in due
con un calcio in pancia per poi colpirlo a pugni uniti sulla nuca
stramazzandolo a terra.
Edward
sputò sangue e ghignò.
Aveva
scoperto quel che poteva scoprire, ora poteva ucciderlo.
Scorpio
lo guardò perplesso, troppo divertito per dargli subito
il colpo finale, mentre quello si rialzava in piedi instabile e si
spolverava i
pantaloni con tranquillità.
“Non
mi sei più utile. Stai per morire.” gli disse
improvvisamente freddo l’Assassino, senza nessuna espressione
sul viso.
“Ma
sentilo! Stai a malapena in piedi, io sono in perfetta forma
e il tuo potere non mi nuoce…e vorresti
uccidermi?!” lo schernì indicando il
suo corpo illeso e guardandolo con disprezzo.
Edward
sorrise. Sadico.
“Vediamo
se la tua guarigione è più veloce del mio
veleno…”
Rispose solamente; poi puntò la mano a pugno contro di lui
e, prima che Scorpio
potesse fare alcunché, da tutte le chiazze e gli schizzi di
sangue vomitati o
colati dalle ferite di Edward sul terreno tutt’intorno a lui
si alzarono volute
di liquido violaceo, ingrossandosi e chiudendolo in una gabbia.
“Che
cosa…?” iniziò a chiedere quello mentre
si vedeva venir
circondato da quelle spire malsane, incredulo e confuso per quello che
stava
accadendo: era chiuso dentro e non aveva vie di fuga, se fosse passato
lo
avrebbero corroso interamente e… poi guardò
Edward negli occhi e sentì il cuore
gelarsi per il terrore. Aveva sbagliato. Completamente sbagliato.
L’unica cosa
che c’era negli occhi di quel ragazzo era la Morte.
La
sua morte.
Edward
aprì la mano di scatto.
Tutte
le spire di veleno si lanciarono su Scorpio avvolgendolo,
divorandolo e fagocitandolo, finché sazie non ricaddero a
terra in innocuo sangue.
Al
centro della pozza scarlatta ossa bianche e lucide.
Edward
sorrise stanco e cadde all’indietro sul terreno, una
mano a proteggersi dal sole.
Se
voleva trovare Amamya, doveva trovare Azazel.
Shi
evitò l’ennesima sferzata saltando
all’indietro, il viso
segnato da un profondo graffio, come il resto del corpo. Di quel passo
Tara
avrebbe dovuto fare gli straordinari…
“Già
stanco?” chiese Double, ridendo folle mentre fischiare
l’aria, anche lui era ferito e pieno di ustioni ma non
sembrava risentirne; anzi,
più lo colpiva, più sembrava preso da una foga
animale.
“Volevo
chiedertelo io!” gli urlò ghignando Shi prima di
evocare la sua fidata katana di fuoco e socchiudere gli occhi
analizzando
l’avversario. Che strategia poteva utilizzare? Quelle
maledette fruste gli
impedivano di colpirlo in maniera letale: o lo respingevano o lo
dirottavano o
ancora peggio lo ferivano in modo da impossibilitargli
l’attacco. Non si era
mai sentito così acceso da un combattimento prima
d’ora, ma se continuava così
si sarebbe ferito e basta…
Il
ragazzo tentò di nuovo di staccargli la testa con un colpo
di frusta, ma Shi si abbassò in tempo per poi tentare un
affondo allo stomaco
ma quello utilizzò l’altra frusta per
scaraventarlo a lato, ferendogli il
fianco.
Shi
rotolò per alcuni metri nella polvere e poi si rimise in
piedi all’istante, senza tenersi nemmeno il fianco con la
mano e mutando la
katana in un’alabarda, per ripartire all’attacco.
“Questo
combattimento mi sta risvegliando!” rise il ragazzo al
cielo prima di incrociare le fruste e fermare l’avanzata di
Shi disegnandogli
una grossa X scarlatta sul petto; l’elfo tossi del sangue e
indietreggiò prima
di essere colpito di nuovo, la sua mente che ragionava veloce, cercando
di quietare
per qualche istante la frenesia del combattimento che lo offuscava.
Quelle
fruste lo stavano danneggiando troppo, non poteva permettersi di subire
danni
troppo gravi, soprattutto in vista di quel viaggio incerto.
Il
problema principale era che le fruste erano due, uncinate e
si muovevano ad alta velocità: se ne evitava illeso una,
l’altra era pronta a
sferzarlo o agganciarlo con gli uncini e scaraventarlo via; se riusciva
a
evitarle entrambe, si trovava in una posizione che non gli permetteva
di attaccare.
Poteva essere un folle, ma quel ragazzo sapeva come tenerlo lontano e
come
manipolarlo.
“Stai
cercando un buco nella mia difesa?” gli chiese Double
inclinando la testa di lato e scrutandolo con vivo interesse,
“Non perdere
tempo e combatti! Non ce ne sono!” gli urlò
riiniziando a far schioccare le
fruste e trascinando nuovamente Shi nella loro danza mortale. Non aveva
punti
deboli? Impossibile! Per quanto le fruste consentissero un sistema di
difesa e
attacco eccezionale, solo il fatto di essere manovrate da un uomo le
rendeva
imperfette…
“Non
sei un po’ troppo sicuro di te?” gli chiese urlando
l’elfo
mentre con un salto laterale evitava l’ennesimo colpo,
cercando di prendere
tempo.
“Sono
realista!” gli rise in faccia l’altro,
approfittando di
un secondo di troppo di immobilità di Shi per allargare le
braccia e poi
scagliare le fruste contro di lui, colpendolo ai fianchi e ai gomiti da
entrambe i lati, chiudendolo nella loro morsa.
Paradossalmente
fu in quel momento di estremo dolore che Shi
intuì la strategia vincente e il suo ghignò si
ampliò soddisfatto.
“Non
rimanerci troppo male, quando ti avrò
ucciso…” gli disse
allora riiniziando ad assecondare i movimenti delle fruste, schivandoli
e
fingendo degli attacchi per non insospettirlo. Doveva solo aspettare il
momento
adatto…
Schivò
con un salto la frusta che mirava alle ginocchia e si
accorse di trovarsi a pochi metri esattamente di fronte al ragazzo; Shi
assottigliò gli occhi e finse di riprendere fiato stremato.
Un secondo dopo,
con luce folle negli occhi il ragazzo allargò di nuovo le
braccia e c fece
scattare di nuovo contemporaneamente entrambe le fruste contro i
fianchu di
Shi.
Gli
uncini gli straziarono la carne delle braccia e dovette
usare tutte il sangue freddo che possedeva per mettere in atto la sua
strategia: con un ghigno di scatto si attorcigliò le fruste
intorno agli
avambracci e le afferrò con le mani nonostante il dolore
lancinante.
Double
perse il suo sorriso folle, confuso dalla mossa
inaspettata, ma non fece in tempo pensare o dire nulla che Shi, con uno
strattone che fece affondare gli uncini ancora più a fondo,
lo tirò a sé.
“Ti
avevo detto di non rimanerci male…” gli
sibilò mentre lo
infilzava dritto allo stomaco con la sua katana di fuoco; Double
sputò sangue
sulla sua spalla, prima che la luce nei suoi occhi, ancora sgranati, si
spegnesse e Shi si togliesse la sua carcassa di dosso per sedersi a
terra
stremato.
“Speriamo
Tara finisca in fretta…questi uncini fanno un male
cane!” si lamentò con uno sbuffo osservando le
fruste del nemico attorcigliate
alle sue braccia. Non era certo così masochista da provare a
togliersele da
solo.
Aria
iniziava a temere che quel combattimento si sarebbe
protratto all’infinito, come poteva fare a vincere contro
un’avversaria che
leggeva il futuro? Aveva anche provato ad attaccarla con la falce e con
la sua
amata balestra, ma quella si era ovviamente limitata a evitare i colpi
con
precisione e velocità calcolate, quindi erano tornate a una
battaglia mentale.
Come se stessero giocando a scacchi senza mai muovere un pezzo. La
domanda vera
era se una delle due sarebbe mai riuscita a dare lo scacco
all’altra.
Esattamente
negli stessi istanti Osgal incalzava la sua
avversaria con la katana, in una sequenza di colpi neanche visibile ad
occhio
umano. Doveva ammetterlo: quella vampira era una degna avversaria, se
non fosse
stata parte del rifiuto della società…allearsi
con una Gilda Oscura per poter
fare ciò che più le pareva. Non c’era
neanche bisogno di chiederle se era lei
una di quelle che stava inseguendo. Mossa furba assicurarsi la
protezione de
re, peccato per lei che Osgal si fosse alleata con un branco di
scalmanati
fuorilegge e non gliene fregasse di meno in quel momento di scatenare
le ire
del re.
“Non
perderti via!” le ringhiò Daiana ferendola ad una
guancia,
ma Osgal non mostrò nessuna espressione e
continuò a combattere, mettendo a
segno sempre più colpi. Certo era brava, ma non era brava
quanto lei che si
allenava da centinai d’anni.
Aria
intanto immaginò di scattare in avanti, fare un finta verso
sinistra e invece giungerle alle spalle da destra per poi tagliarle la
testa
con la falce. Deianira sorrise e progettò di andare incontro
alla finta e
colpirla in pancia di taglio prima che le arrivasse alle spalle, per
poi
approfittare del dolore momentaneo per piantarle i canini in gola e
decapitarla. Aria lo lesse e si preparò ad estrarre la
balestra per scagliare
una serie di colpi in sequenza per prenderla al cuore, ma Deianira
penso come
contromossa ad una corsa tra gli alberi per disorientarla ed evitare i
colpi
fino a giungerle alle spalle e pugnalarla.
Così
non andava. Aria aveva bisogno di un vantaggio, anche un
minuscolo aiuto…
Fu
in quel momento che nella mente di Deianira si intromise
prepotente un’altra visione futura: Osgal che disarmava la
sorella Daiana e la
tranciava a metà di netto.
Fu
questione di pochi secondi: Aria lesse la visione e vide
Deianira immaginare di urlarle di stare attenta, ma subito previde
Osgal
tranciarla mentre la sorella si girava per guardarla; pensò
allora di andarla
aiutare, e Aria pensò quindi di approfittare del momento per
colpirla alle
spalle. L’avversaria cercò di cambiare tattica e
progettò di saltare addosso ad
Aria frontalmente per poi correre ad aiutare la sorella dopo averla
uccisa, ma
Aria le mostrò l’immagine di lei che la squartava
con la falce. Deianira pensò
di prendere la sorella e scappare, ma vide Osgal e Aria che le
raggiungevano e
le incalzavano di nuovo a combattere…e tutto sarebbe tornato
al punto di prima.
Pensò di nuovo, con dolore immane, di abbandonare la sorella
e scappare, ma
vide Aria e Osgal unire le forze per ucciderla.
Dolore.
Sconfitta. Morte.
Qualunque
strada provasse ad immaginare, il futuro che le
attendeva mostrava solo questo.
“Scacco
Matto.” Pronunciò Aria estraendo la balestra e
puntandola dritta al suo cuore.
Deianira
non fece, né disse nulla e allargò le braccia con
un
sorriso di sfida.
Un
dardo le trapassò il cuore.
Osgal
tranciò Daiana.
Le
due sorelle caddero a terra senza vita.
Aria
corse ad abbracciare Osgal e insieme diedero fuoco ai due
corpi.
“Se
non fosse stato per te non avrei mai
vinto…Grazie.” le
mormorò Aria con un sospiro stanco, la testa che le doleva.
“Non
so a cosa tu ti riferisca, ma non c’è di
che.” Le rispose
perplessa Osgal riponendo la katana, mentre l’amica scoppiava
a ridere
liberando la tensione accumulata.
Ashuros
di solito non si faceva prendere dalla rabbia. In
combattimento lui diventava freddo, efficiente…ma in quel
momento gli sembrava
di vedere il mondo tinto di rosso sangue. Quel bastardo…quel
bastardo non
faceva altro che insultare lui, sua madre e il suo padre adottivo
Orligan…richiamava
il momento in cui l’avevano uccisa…ricordava i
dettagli e lui sentiva il sangue
ribollirgli nelle vene. Voleva ucciderlo, più di qualsiasi
altra cosa. Voleva
vedere il terrore nei suoi occhi mentre la vita lo lasciava, mentre
comprendeva
che ora le porte dell’immortalità si erano chiuse
per lui…Voleva anche solo
chiudergli quella maledetta bocca.
“Cosa
c’è ragazzino? Inizi a spazientirti?”
gli chiese ridendo
il conte schivando l’ennesimo affondo del ragazzo e parando
col bastone il
calcio laterale che aveva cercato di infliggergli ruotando su se
stesso; l’uomo
fece pressione con l’asta per spingerlo
all’indietro e cercò di trafiggerlo con
la lama che spuntava dalla punta del bastone e che aveva rivelato dopo
pochi
attimi di combattimento.
Il
ragazzo lo ignorò con un ringhio e tentò di nuovo
di
colpirlo al collo, ma quello lo dirottò e lo ferì
alla guancia pallida; si
scambiavano colpi su colpo in una danza mortale a velocità
folle, la situazione
che non variava né a vantaggio dell’uno
né a vantaggio dell’altro.
“Quello
sguardo d’odio…era lo stesso di tuo padre quando
vide
il cadavere di Luinisia, quella sporca vampira impura che era tua
madre…ma devo
ammettere che non aveva un cattivo sapore.”
Commentò con sprezzo sputando per
terra e Ashuros sentì la sua sentì il suo furore
esplodere e con uno slanciò
cercò di trapassargli il cuore con il pugnale.
L’errore di un attimo e si accorse
di essere caduto nella trappola del vampiro: lo vide appena scostarsi
di lato
prima che la lama calasse e gli tranciasse il braccio destro
all’altezza del
gomito, prima di approfittare del suo sconvolgimento per sorpassarlo e
fare la
stessa cosa con l’altro braccio senza che potesse
difendersi...
Un
dolore assassino lo scosse fin dentro all’anima e dovette
digrignare i denti per non dargli la soddisfazione di sentirlo urlare,
senza
neanche badare ai suoi arti che cadevano per terra; solo grazie al mero
istinto
animale si abbassò e scattò portandosi a distanza
di sicurezza prima che lo
decapitasse. Concentrandosi cercò di rallentare il cuore fin
quasi a fermarlo
così da evitare ingenti perdite di sangue, ma non del tutto.
Ne aveva bisogno.
“Vediamo
se sei più veloce tu a rigenerarti o io a
ucciderti…”
gli propose il conte con un sorrisetto di sfida leccando il sangue di
Ashuros
sulla lama e poi sputandolo a terra disgustato per rimarcare come gli
fosse
inferiore, poi gli scattò incontro bramoso della sua morte.
Il
ragazzo fece una smorfia, trovandosi in difficoltà
nell’attuare
il suo piano di riserva con entrambe le braccia mozzate, e premette il
più
possibile le braccia contro il petto lasciando colare il sangue sui
vestiti.
Certo si stavano a già rigenerando, ma di quel passo sarebbe
stato ucciso prima
di risentirsi le mani.
Con
un balzo all’indietro evitò un colpo al cuore e
abbassandosi di lato evitò l’ennesimo tentativo di
decapitazione.
“Quanto
ci metteva?!” Pensò guardando con irritazione il
sangue
che colava troppo lentamente verso la tasca dei pantaloni in cui si
intravedevano
tre piccoli bozzi.
“Sarebbe
più dignitoso arrendersi mezzosangue…”
infierì ancora
Sangnoir mentre approfittando dell’attimo di distrazione per
tracciare una
lunga striscia bordeaux scuro sulla sua camicia. Ashuros
ringhiò aumentando il
ritmo con cui schivava i fendenti: più ferite doveva
rimarginare, più tempo ci
metteva.
Poi
finalmente sentì un improvviso freddo glaciale spandersi
dalla sua tasca destra e un ghigno gli si dipinse sul viso.
Aspettò che il
conte tentasse un altro affondo, ma invece che evitarlo
saltò in aria
all’indietro e mentre era capovolto dalla sua tasca caddero
tre piccole uova in
pietra, una delle quali baluginava di nero. Esattamente nel momento in
cui i
suoi piedi toccarono terra, il piccolo uovo iniziò a
ingrandirsi a dismisura e
una volta raggiunte le dimensioni di Ashuros si riempì di
crepe; con uno sono
schioccò l’uovo si fratturò fino a
divenire un grosso gargoyle di pietra,
simile a un toro di circa otto metri, armato con una grossa ascia a manico lungo.
Il
conte digrignò i denti e si mise in guardia, mentre Ashuros
mormorava alcune parole al suo guerriero. Poi la creatura
scattò contro di lui
e cercò di decapitarlo con un solo fendente; Sangnoir si protesse con il bastone, ma quello si
incrinò
non reggendo l’urto.
Ashuros
ghignò approfittando dell’occasione per riprendere
fiato e concentrarsi sulla rigenerazione, ovviamente non avrebbe
lasciato il
piacere di squartarlo al gargoyle ma gli avrebbe fatto prendere tempo.
Il
conte intanto cercava di fermare l’inarrestabile avanzata
della bestia in pietra, ma era costretto a retrocedere di colpo in
colpo, su di
lui la lama non aveva effetto. Stava giusto cercando di trovare una
strategia
per abbatterlo prima che fosse troppo tardi, quando con la coda
dell’occhio
vide la coda della bestia giungergli incontro e si protesse
con il
bastone, che andò in frantumi; all’istante, invece
di colpirlo il gargoyle si
spostò di lato e il pugno di Ashuros, perfettamente
risanato, lo colpì dritto
in faccia cogliendolo di sorpresa e scagliandolo contro un albero
Non
fece in tempo a tentare di rialzarsi che già
l’ombra del
suo avversario incombeva su di lui.
“Niente
male moccioso…” commentò sputando a
terra mentre il
ghigno assetato di vendetta di Ashuros si allargava, prima che gli
piantasse il
pugnale nella spalla ancorandolo all’albero per impedirgli di
scappare.
“È
arrivata la tua ora, bastardo.” Si limitò a
ringhiare lui
prima di afferrargli un braccio e piantargli il piede sulla spalla, per
poi
strapparglielo via con un orrendo stridore mentre le urla del conte si
alzavano
nel cielo.
“Uccidimi!”
gli ordinò furioso, ma Ashuros impassabile gli
strappò anche l’altro braccio; poi fu il turno
delle gambe, una alla volta.
Infine
lo addentò alla gola e lo decapitò.
Diede
fuoco ai resti e pulendosi la bocca sputò a terra, un
senso di soddisfazione che gli gorgogliava in petto, mista al disprezzo.
“Non
sei mai stato degno neanche di strisciare ai loro i
piedi…” mormorò disgustato pensando
alla madre e al padre. Voltandosi osservò
con un mezzo sorriso Charlotte che implacabile faceva in minuscoli
pezzi il
ghoul e gli dava fuoco, e poi si sedette a terra a guardare il cielo
per
riprendere fiato…per fortuna aveva bevuto il sangue di
quella sirena o non
avrebbe mai avuto abbastanza energia per affrontare quel combattimento.
Eran
cominciava a sentire la stanchezza e guardando
quell’enorme livido purulento a zoccolo sul petto, che si
intravedeva dalla
camicia strappata, dedusse di dover avere come minimo due costole rotte
che gli
rendevano difficile respirare, nonostante la rigenerazione
più veloce. Aveva
decisamente sottovalutato il suo avversario: non aveva armi o poteri,
ma la sua
forza bestiale uniti agli arti e alle corna caprine riuscivano a
metterlo in
difficoltà senza problemi.
“Non
distrarti!” gli disse quasi con un belato prima di
colpirlo al fianco con un poderoso calcio che lo schiantò
contro un masso; non
fece in tempo a rialzarsi che il satiro gli fu sopra e lo
colpì con entrambe le
mani allo stomaco.
La
forza dell’impatto gli fece vomitare un fiotto di sangue,
mentre la vista per un attimo sembro oscurarsi; non doveva cedere, se
cadeva
nell’incoscienza era finito.
Sfruttando
la scarica di adrenalina che il pensiero di morire
gli aveva scatenato e il suo istinto animale di sopravvivenza, si
trasformò nel
grosso lupo grigio. In quella forma il dolore era più forte,
ma lo erano anche
tutti gli altri sensi e percezioni.
“Il
tuo odore mi sembrava strano…” commentò
l’avversario
cercando di colpirlo con lo zoccolo al muso, ma Eran scartò
di lato. Non amava
bere il sangue, ma a quel pungo era una questione di sopravvivenza: se
fosse
riuscito a morderlo e berne la ferita si sarebbe come minimo
anestetizzata…
doveva lasciarsi dominare dalla sua parte animale se voleva vincere.
Con un
ululato caricò il suo avversario che tentò di
fermare l’avvento del lupo
afferrandogli le zampe e, cadendo all’indietro per
l’urto, piantargli un
zoccolo nella pancia e lanciarlo via. Il lupo guaì con il
sangue che iniziava a
colare e digrignando i denti cominciò a girare intorno al
satiro, che lo
guardava sprezzante.
“Lupi…”
mormorò disgustato prima di lanciarsi nuovamente contro
di lui ma il lupo lo evitò all’ultimo e
aspettò che lo superasse ci slancio per
azzannargli il polpaccio caprino. Il sangue caldo gli fluì
in gola dolce e
invitante, mentre il suo istinto animale ululava di gioia per il sapore
tipico
della capra.
Quasi
preso da una fame insaziabile divelse con ferocia un
brandello di carne e lo ingoiò con gusto, mentre il dolore
pian piano si
leniva.
“Bestia!”
urlò Kaleen con gli occhi iniettati di sangue per il
dolore, ma voltandosi si rese conto di quanto le sue parole fossero
vere e in
un attimo il lupo fu sopra di lui.
Dopo
circa dieci minuti di urla raccapriccianti, Eran tornò in
un forma umana e guardò triste lo scempio compiuto: non
appena il dolore alle
costole risanate era sparito, era riuscito a ritrovare il controllo e a
ritrasformarsi…ma del satiro rimaneva una carcassa. Era
stato troppo lento.
“A
una capra non conviene scontrarsi con un lupo…”
mormorò al
cadavere dagli occhi vitrei prima di allontanarsi pulendosi la bocca
dal
sangue, che lo imbrattava macabramente da capo a piedi.
Avrebbe
ucciso quella donna. L’avrebbe fatta a pezzi.
L’avrebbe
squartata. Si sarebbe cibata delle sue carni.
“E
immagino che squallida come sei tu non abbia neanche mai
avuto un vero uomo al tuo fianco…non che mi
stupisca!” continuò il discorso con
cui stava mettendo a dura prova la pazienza di Tara, le cui punte di
capelli
erano sempre più chiare.
“Stai
zitta!” le ringhiò contro sfregando ancora la
pietra
rossa mentre altre spire di fiamme avvolgevano i rovi di lei, che
sogghignando
ne evocava sempre di più. Vediamo come se la cavava contro
la sua stessa
arma…Tara estrasse un’altra pietra, verde, e
iniziò a sfregare più volte,
evitando gli attacchi della donna che la scrutava sicura ma indagatrice.
Non
appena le sue dite sfiorarono per la nona volta la pietra,
quella mandò dei bagliori verdastri prima di lasciar
scaturire un cono di rovi
contro la donna che assottigliò gli occhi e, con un
movimento della mano, evocò
un muro di edera a proteggerla.
“Tutto
qui?” le chiese mentre la sua edera strangolava i rovi
di Tara e si arrampicava verso la ragazza, che interruppe
l’evocazione,
“Patetica.”
“Lo
avevo capito dal primo sguardo che non saresti stata alla
mia altezza…” mormorò guardandosi le
unghie rosse con indifferenza, le punte
dei capelli della mannara sempre più chiare.
“Mi
sono stufata di sprecare il mio tempo per una come te.”
Aggiunse poi guardandola negli occhi con un sorriso di
superiorità prima di
puntare la mano verso Tara e aprire di scatto il palmo.
Non
fece in tempo a spostarsi che la terra sotto di lei si
crepò con degli schiocchi assordanti e un gigantesco fiore
dai petali viola
emerse come a fauci spalancate e la imprigionò al suo
interno.
“Death’s
Flower’s Prison!” mormorò soddisfatta
chiudendo la
mano a pugno e preparandosi a gustare le urla di dolore della sua
avversaria.
Sarebbe rimasta fino alla fine a guardare.
Tara
lanciò un urlo nel sentire le spine che ricoprivano
l’interno dei petali graffiarle e perforarle la pelle mentre
il fiore iniziava
a stritolarla. Era in una pianta carnivora. Una maledetta pianta
carnivora che
la stava cercando di digerire.
Un
liquido vischioso iniziò a scorrere lungo i petali mentre
l’aria iniziava a mancare. Se nono usciva in fretta sarebbe
diventata un
mucchietto di ossa lucide e la cosa non le garbava. Doveva ancora farla
pagare
a quella donna…
A
spasmi raggiunse con la mano il sacchettino in cuoio e
iniziò
a rovistare tra le pietre: usando quella pietra per liberarsi avrebbe
consumato
quasi tutta la sua energia magica e le sarebbe rimasta una sola
speranza di
batterla, l’effetto sorpresa.
Finalmente
le sue mani si strinsero attorno alla pietra che
cercava, piccola e liscia, nera come la notte e cominciò a
sfregare.
Uno.
Il
liquido cominciò a ricoprirla dalla testa.
Tre.
Gli
aculei cominciarono ad affondare più in
profondità nella
carne.
Sei.
La
sua bocca non trovò più aria e dovette trattenere
il fiato.
Nove.
Le
pareti ormai l’avevano schiacciata ed era ricoperta di
liquido.
Dieci.
Sotto
gli occhi increduli della maga di Black Star il fiore
esplose trafitto da centinaia di lame d’ombra nera schizzando
ogni cosa di
liquido appiccicoso nel raggio di trenta metri.
“Che
cosa?!” sbraitò la donna cercando di intravedere
la sua
avversaria ed evocando dei rovi per proteggersi, ma troppo tardi si
accorse del
grosso lupo bianco sporco di sangue rosso, con tra le zanne un oggetto
scintillante indefinito, che saettava fulmineo tra i rovi.
Tentò di fermarlo
con una sferzata di rovi ma il lupo scivolò sotto di essi
sfregiandosi la schiena
e poi balzò verso di lei con un salto disumano.
A
mezz’aria il lupo si trasformò in una Tara livida
di rabbia e
dolore che rapida si tolse dalle labbra un elegante falcetto dorato,
prima di
precipitare sopra la sua avversaria. Solo un gridolino si
udì nell’aria e un
tonfo macabro accompagnarono il cadere della testa dai capelli rossi
nel
terreno polveroso, la bocca rossa ancora piegata ina smorfia di orrore
e gli
occhi vitrei. Poi anche il corpo si accasciò accanto a lei
mentre Tara cadeva
in ginocchio.
Il
respiro era affannato ma la ragazza cercava strenuamente di
snebbiare la mente. Attorno
a lei
sentiva ancora i rumori dei combattimenti dei suoi compagni ma alzando
la testa
vide alcuni di loro, come Edward o Shi, accasciati sul terreno vivi a
stento.
Non aveva il tempo di riposare. Arrancando si trascinò nuda
fino ai resti del
fiore, dove ritrovò abiti e borsa. A occhio aveva numerosi
graffi, un principio
di infezione e quattro o cinque ferite profonde, più
un’emorragia interna allo
stomaco: doveva medicarsi nel miglior modo possibile nel minor tempo
possibile
e andare ad aiutare gli altri.
Con
le lacrime agli occhi iniziò a passare le bende col
disinfettante sulle ferite.
Doveva
sbrigarsi.
Gigi
doveva ammettere che, per quanto l’avesse divertita
l’idea
di un attacco di forza bruta, non stava ottenendo i risultati sperati.
La
ragazza era ancora in piedi, nonostante numerose escoriazioni e lividi,
e non
cedeva di un passo.
“Puoi
arrenderti se vuoi.” Le disse Gigi con un ghigno mentre
recuperava fiato, ma Lilith non rispose gelandola con lo sguardo, per
poi
riiniziare a far roteare le alabarde elettrificate.
“Come
vuoi.” Continuò allora la dragon slayer irritata
prima
incrociare le braccia al cuore mentre dei piccoli vortici
d’acqua le
vorticavano intorno. “Water Dragon’s
Blade!” pronunciò mentre l’avversaria
scattava e aprendo di scatto le braccia le corse incontro, mentre dalle
dita si
allungavano lunghi artigli di acqua tagliente.
Purtroppo
si rese contro troppo tardi di aver scelto l’elemento
peggiore per uno scontro corpo a corpo; non appena i suo artigli
bloccarono le
alabarde una scarica di elettricità pura le corse nel corpo
facendola urlare.
Fino ad allora era riuscita a farsi solo sfiorare o proteggersi con la
terra,
ma il contatto diretto era…doloroso. Enormemente doloroso.
Con
gemito le ginocchia le cedettero e Lilith le piantò
l’asta
di un alabarda in pancia, scaraventandola via. Gigi rotolò
per alcuni metri con
il sangue che le gocciolava dalle labbra e Lilith la incalzò
senza pietà
cercando di darle il colpo di grazia. Solo all’ultimo la
bionda ebbe la
prontezza di battere a terra il pugno mormorando “Earth
Dragon’s Shield” e un
muro di roccia si alzò dal terreno davanti a lei
proteggendola dall’attacco
finale. Ovviamente Lilith lo distrusse in un colpo, ma così
Gigi ebbe il tempo
di rimettersi in piedi e riprendere fiato.
“Sei
più dura di quanto mi immaginassi.” La
fronteggiò
pulendosi con la mano piena di ustioni le labbra insanguinate. Doveva
andarci
pesante.
“E
tu non sei all’altezza.” Parlò per la
prima volta la ragazza
piantando feroce la punta dell’arma nel terreno. Ora,
c’erano due possibili
modi di interpretare la frase, il primo come “Non sei forte
quanto me e non
puoi battermi” e il secondo, dato il fisico slanciato e
tonico della ragazza,
come “Non sei alta quanto me”. Gigi
percepì più il secondo che il primo,
sfortunatamente per Lilith.
Una
forte pressione iniziò a crescere attorno a lei, tanto che
Lilith indietreggiò mettendosi in posizione di difesa, e una
luce dorata la
circondò mentre i tatuaggi sulla schiena si illuminavano: di
colpo le due
grandi ali bianche si spalancarono e Gigi si sollevò di
qualche centimetro da
terra. Poteva essere un angelo ed averne l’aspetto, ma lo
sguardo era quello di
un demone.
“Infelice
scelta di parole...” commentò tagliente mentre il
vento si alzava e la terra tremava; poi con un colpo d’ali si
lanciò contro la
ragazza a fauci spalancate.
“Air
Dragon’s Roar!” un cono di vento tagliente si
abbatté
sulla rossa scaraventandola all’indietro di alcuni metri;
provò piantare le
alabarde nel terreno per non retrocedere ma non fece in tempo a
rimettere a
fuoco il mondo intorno a se che si trovò davanti Gigi che la
colpì in pieno
volto con un pugno ricoperto di roccia.
“Earth
Dragon’s Fist” Urlò mentre la osservava
andare a
schiantarsi contro un albero, distruggendolo. Più tardi
l’avrebbe sistemato,
vantaggi dell’essere la figlia del Drago della Natura. Stava
per caricare
nuovamente quando udì un forte boato e venne investita da
fiotti di liquido
appiccicoso; dopo essersi guardata intorno confusa e nel tentativo di
levarselo
dal volto, scorse finalmente Tara, poco lontano dai resti di un fiore
gigante,
tornare in forma umana dopo aver ucciso il nemico: era gravemente
ferita eppure
cercava di tornare indietro, conoscendola per andare a prendere il
necessario
per medicare lei e gli altri. Doveva correre ad aiutarla.
Concentrata
tornò a guardare dove poco prima c’era la sua
avversaria, ma quella era sparita e, prima che potesse fare
alcunché, una lama
elettrificata la trafisse. L’urlo di dolore della ragazza
sembrò scuotere la
natura, tanto che Lilith fu allontanata da varie raffiche di vento.
Tenendosi
la spalla sanguinante Givi guardò la sua malconcia
avversaria: una persona normale non si sarebbe ripresa così
velocemente. Doveva
pensare velocemente a come metterla fuori gioco.
Un
ghigno si dipinse sulle labbra feline della ragazza: era
folle, ma era sicuramente il metodo più veloce. O almeno lo
sperava.
Intorno
a lei cominciarono nuovamente ad innalzarsi vortici
d’acqua, ma molto più numerosi e la ragazza
aprì le braccia alzando il volto al
cielo a fauci spalancate.
“WATER
DRAGON’S WRATH!” Uno tsunami in miniatura si
abbatté su
Lilith che tentò di difendersi con le alabarde, ma
dall’interno dell’ondata
emerse Gigi, completamente ricoperta di terra bagnata, che digrignando
i denti
le afferrò con le mani le aste dirottandole
nell’acqua attorno a Lilith e che
le scrociava addosso, bagnandola interamente. In un lampo
d’orrore Lilith capì
il piano della ragazza: avrebbe fulminato entrambe nella speranza di
abbattere
lei, nella speranza che la terra seppur bagnata la risparmiasse un
minimo. Era
folle. Sarebbero morte entrambe.
L’elettricità
si espanse in ogni molecola d’acqua e la voce di
Lilith distorta in maniera disumana per il dolore si unì a
quella di Gigi
innalzandosi al cielo prima che il corpo della rossa cadesse a terra
carbonizzato.
L’armatura
di terra cadde, la pelle di Gigi fumava e le ali
erano scomparse, ma riuscì a rimanere in piedi con un debole
sorriso. Poi
zoppicando e barcollando cercò di raggiungere Tara, ma a
metà strada cadde a
terra stremata.
Akiko
balzò elegante evitando l’ennesima zampata della
mostruosa creatura che poco prima era una bambina dagli occhioni
innocenti.
“Vieni
qui gattino!” proruppe la bestia con tono rauco cercando
afferrarla con i giganteschi artigli, “Giochiamo insieme!
La
ragazza continuò a danzare agile intorno a quella,
infierendole profondi graffi dove riusciva ad avvicinarsi, ma per
quanto sangue
le imbrattasse il pelo la creatura non smetteva di darle la caccia.
“Lasciati
assaggiare!” ringhiò cercando di afferrarla con le
zanne affilate, ma Akiko agile le saltò sul muso
graffiandole tra gli occhi.
Purtroppo non fu abbastanza veloce da saltare lontano che la bestia
riuscì ad
afferrarle la coda e scagliarla a terra di schiena con un forza tale
che le
fece sputare sangue.
Rotolò
di lato prima che le zampe posteriori la schiacciassero
a terra.
“Divertente!”
latrò seguendola con gli occhi scarlatti, “Voglio
vedere più sangue! Più sangue!”
ripeteva cercando di afferrarla, sempre più
rapida.
La
gatta mannara cominciava a stancarsi, quella bestia era
maledettamente resistente…e la voce, quello che le
diceva…le dava i brividi.
Cosa avevano fatto a quella bambina?
Con
un miagolio dolorante non riuscì a schivare e dovette
proteggersi dagli artigli con le braccia, che graffiate perdevano
parecchio
sangue.
Non
poteva andare avanti così.
Da
un cinturino legato alla coscia estrasse una frusta nera con
una luna d’argento che pendeva dal manico e la fece
schioccare a terra.
“Basta!”
tentò di comunicare con la bambina che doveva essere
dentro la bestia, che sperava si facesse intimidire dalla frusta come
un cane.
Le
sue speranze vennero infrante quando tentò nuovamente di
afferrarla e solo un rapido balzo all’indietro la
salvò dall’essere trafitta,
mentre con la frusta le sferzava il palmo zampa.
“Gattino
cattivo! Cattivo!” iniziò a uggiolare la bestia
mentre
gli occhi si riempivano di odio feroce. Lato positivo: aveva trovato un
punto
debole. Lato negativo: ora era arrabbiata.
“I
gatti cattivi vanno puniti!” ringhiò estirpando un
albero
dalle radici e scagliandoglielo contro, con tanta forze che Akiko
riuscì a
balzare di lato solo all’ultimo prima che il tronco
esplodesse in mille schegge
contro il terreno.
“Cattivo!”
ringhiò saltandole addosso, mentre lei riprendeva la
sua agile danza di graffi, schivate e frustate, nella speranza di
abbatterla.
Il manto scarlatto, i colpi sempre più forti ma imprecisi,
la mente annebbiata
dal dolore…
“Basta,
basta! Mi fai male!” piagnucolò la creatura
accucciandosi su se stessa e nella mente di Akiko per un attimo si
frappose
l’immagine di una bambina insanguinata che piangeva. Un
attimo di distrazione
fatale in cui la creatura ringhiando riuscì finalmente ad
afferrarla
graffiandola con gli artigli.
La
creatura ridacchiò mentre Akiko cercava di liberarsi
dimenandosi e respirare diventava sempre più difficile.
“Ho
preso il gattino cattivo! Ho preso il gattino cattivo!”
iniziò a ridere macabra la bestia, scuotendo Akiko di qua e
di là, come una
bambola di pezza.
“Cosa
facciamo ora? Potremmo staccargli la testa! Oppure
provare a vedere com’ è dentro!”
proponeva mentre la ragazza cercava invano di
liberarsi.
“Oppure
potremmo mangiarla!” ringhiò infine seria
osservandola
diaboliao e Akiko, in preda alla disperazione azzannò la
zampa della creatura
dove poco prima l’aveva frustata. Con un ululato di dolore la
bestia la lasciò
cadere e Akiko ansimò nel sentire di nuovo l’aria
nei polmoni.
Doveva
fermarla. Doveva salvare quel che era rimasto della
bambina in quel mostro.
Akiko
iniziò a far schioccare la frusta sempre più
velocemente
e quella cominciò ad allungarsi sempre di più;
poi la fece scattare e
l’attorcigliò intorno alla zampa della bestia
dolorante. Rapida inizio a
saltarle intorno, sotto le gambe, tra le braccia mentre quella
impazzita
cercava di colpirla alla cieca.
Solo
quando fu troppo tardi si accorse di essere finita in
trappola e completamente legata cadde a terra con un tonfo; neanche
allora
smise di dimenarsi furente. Akiko inerpicandosi sul grande corpo della
bestia le
salì sopra fino a trovarsi davanti al suo muso deforme.
“Ritrasformati,
calmati” le disse tentando di sorridere, “Se lo
farai non sarò costretta a farti del male. Sei solo una
bambina, non devi
combattere per forza.” Le sussurrò cercando di
scorgere di nuovo in lei la
bambina che aveva incontrato, ma i suoi occhi riuscivano solo a vedere
le fauci
coperte di bava, la lingua rossa a penzoloni e gli occhi dilatati e
rossi di
sangue.
“Lasciati
assaggiare gattino cattivo! Lasciati assaggiare!
Voglio vedere il tuo sangue! Il tuo sangue!” latrava
guardandola bramosa, gli
occhi folli e persi.
Una
sola lacrima cadde lungo la guancia di Akiko, mentre si
rendeva conto che non c’era più niente della
bambina nella bestia. Qualsiasi
cosa le avessero fatto, la bambina era stata divorata da tempo e quello
che lei
aveva visto erano i rimasugli della pazzia a cui era stata
probabilmente
portata. Forse era un esperimento o una mutazione, l’unica
cosa certa era che
non c’era più nulla da salvare. Rimaneva un solo
modo per liberarla.
Con
un colpo di artigli squarciò la gola morbida della bestia
che spruzzò fiotti di sangue imbrattandola da capo a piedi
mentre gli ultimi
folli latrati le si spegnevano in gola e il corpo si ritrasformava in
quello
della bambina. Solo gli occhi spenti nel suo viso angelico rimasero
quelli
deformi della bestia, lì a fissare la sua avversaria con la
stessa follia che
brillava in lei mentre era viva.
Akiko
indietreggiò addolorata, ritrasse la frusta e si
allontanò il più possibile da
quell’orrore.
Quel
mondo era corrotto.
Amlach
proruppe in un ringhio basso e roco mentre gli artigli
dell’avversario affondavano con piacere nella sua carne.
Quanto aveva atteso
quel momento di dolce vendetta.
“Ti
stai rammollendo…” lo schernì evitando
la katana nera di
Amlach con un balzo all’indietro, leccando il sangue dalle
mani con un brivido
di piacere.
No,
non si stava rammollendo. Si stava innervosendo. Quel
maledetto scarto di prigione si era sottoposto a chissà
quali incanti ed
esperimenti per potenziarsi e ora riusciva a vanificare gli effetti
delle sue
ombre con i lunghi artigli; questo stava trascinando il combattimento
in una
sorta di situazione di stallo e lui doveva affrettarsi, o la gatta
avrebbe
fatto una pessima fine.
Socchiudendo
gli occhi concentrato ordinò all’ombra di
strisciare e avvilupparsi intorno alle gambe del nemico, per poi farlo
cadere
con uno strattone mentre lui gli si lanciava sopra pronto a
trafiggerlo; quello
però blocco la lama tra gli artigli e ululò nel
dirottarla. Amlach ebbe appena
il tempo di evocare degli spuntoni dalle ombre per trafiggergli le
gambe prima
di saltare via per evitare un calcio al ventre.
Senza
fermarsi tentò un altro affondo allo stomaco ma ancora
una volta la lama venne deviata e per poco anche l’occhio
sano di Amlach non fu
accecato; spostando il peso sulla gamba destra e voltandosi di profilo
afferrò
il polso dell’uomo e lo scaraventò in avanti
colpendolo con una ginocchiata al
mento, ma l’avversario sputando sangue gli
conficcò gli artigli nella gamba. La
katana gli tremò nella mano per il dolore ma
cercò comunque di colpirlo alla
schiena sfruttando la posizione piegate dell’altro, il quale
però diede uno
strattone e liberò gli artigli provocandogli otto lunghi
tagli e un dolore tale
che non ebbe la forza di far penetrare a fondo la lama nella schiena.
“Bastardo!”
ruggì allontanandolo con un calcio della gamba
sana; l’altra era ridotta in maniera pietosa: otto squarci
che perdevano sangue
copioso. Doveva muoversi e fermare le emorragie.
I
due si guardarono in cagnesco per alcuni attimi, riprendendo
fiato e cercando di snebbiare la mente dal dolore. Poi Amlach
gettò la katana a
terra e lo guardò con un ghignò derisorio.
“Ora
basta giocare cucciolo.” Pronunciò prima di
acquattarsi e
prorompere in un lungo ululato. Il corpo iniziò a mutare e
il pelo a crescere
fino che al posto di Amlach non ci fu un gigantesco lupo bipede dal
lungo e
folto pelo nero, gli artigli e le zanne affilate come sciabole. E gli
occhi,
gli occhi azzurri come il ghiaccio, freddi come la morte e sena alcuna
pietà.
L’altro
eseguì la trasformazione all’istante, divenendo un
grande lupo bipede grigio…ma non era alla sua altezza.
Neanche fisicamente.
Amlach
si slanciò contro l’avversario come un lampo,
tentacoli
di oscurità che dardeggiavano intorno a lui, e finirono
zampa contro zampa nel
cercare di sovrastare l’avversario; con un ululato si
avventò sul suo collo e
gli affondò le zanne nella carne dura ma ricca di sangue,
che caldo sgorgò
copioso. Il lupo grigio proruppe in un lamento straziante e
colpì con gli
artigli Amlach alla mascella, per poi scagliarlo via, ma lui si
portò via un
brandello abbondante di carne che ingurgitò famelico.
Ringhiando
e sanguinando si girarono attorno e scattarono di
nuovo l’uno contro l’altro; questa volta il nemico
attaccò la zampa posteriore
già martoriata e la morse con foga. Uggiolando Amlach lo
scalciò via colpendolo
al muso e poi lo sovrastò strappandogli a morsi
un’orecchia. I due lupi si
trovarono a rotolare avvinghiati nel sangue e nella polvere fino a che
Amlach
non riuscì a inchiodarlo a terra di peso.
Un
solo vittorioso ululato.
I
suoi artigli si piantarono nel cuore del lupo grigio e le sue
fauci squarciarono la sua gola.
Quando
si rialzò, di nuovo umano, era una maschera di sangue;
con gli occhi cercò Akiko ed ebbe un tremito di terrore nel
veder la bestia
gigantesca cadere a terra alzando un nugolo di polvere e al pensiero di
lei
schiacciata, ma poi la vide emergere viva e vittoriosa.
“Sarà
meglio pulirmi un attimo…” mormorò
dolorante scorgendo il
suo riflesso in una pozza di sangue.
Oh
quanto odiava quei due! Amane avrebbe preso le loro due
testoline identiche e le avrebbe schiantate tra loro! Una, due, tre
volte!
Finché non avesse visto il sangue colare dalle loro stupide
fronti.
“Non
ti muovere mi raccomando, rischi di farti male!”
ghignò il
gemello rosso guardandola sornione.
Ovviamente
la colpa di quella situazione era sua, ma questa
consapevolezza la faceva solo imbestialire di più. Quante
volte glielo aveva
detto Yelle di non combattere come un animale?! Tante. Quante volte
l’aveva
ascoltata? Poche.
Per
questo fantastico motivo ora lei si ritrovava appesa per un
piede a testa in giù da un gigantesco albero sconosciuto,
completamente
disarmata, inerme e tenuta d’occhio dal gemello col potere
delle illusioni che
tranquillo mangiava una mela seduto a terra, schernendola di tanto in
tanto.
Lui lo avrebbe massacrato per primo.
La
verità era che, circa venti minuti prima, quando si era
lanciata in un attacco a testa bassa dopo esser stata provocata, non si
era
accorta di dirigersi in una trappola: non appena era arrivata a sei
metri da
loro, dai sassi, che i due avevano sapientemente disposto sul terreno
senza farsi
notare, erano spuntati dei maledetti alberi che l’avevano
afferrata e
trascinata a tre metri da terra, dove il gemello biondo
l’aveva disarmata e
lasciata appesa, per poi darsi all’inseguimento di Yelle con
la sua spada.
Yelle, che era sicura che se l’avesse salvata
l’avrebbe poi uccisa per esser
stata così stupida.
“Non
mi uccidi?” chiese al ragazzo mentre gli andava il sangue
alla testa; l’interessato si limitò a colpirla in
fronte con il torsolo della
mela.
“Quando
Eon avrà preso anche l’altra.” Aggiunse
dopo un po’
sogghignando e guardando il cielo.
Nell’aria
fredda volteggiavano Yelle, ferita e sanguinante, e
Eon sul dorso di una grossa aquila, prima umile tronco, con la spada di
Amane
insanguinata.
“Arrenditi
elfo! La tua amica è già sotto la custodia di
Noe,
non hai speranze!” gli intimò ridendo prima di
spronare l’aquila e scagliarsi
ancora contro di lei, che scaricò due poderose folate di
vento e salì ancora
più in alto.
Quel
tizio non voleva arrendersi…se almeno fosse riuscita a
liberare Amane! Ma ogni volta che aveva distrutto l’albero
nella speranza che
riuscisse a mettere k.o. l’altro gemello, era pur sempre
maestra del combattimento
corpo a corpo, Noe la stordiva con un’illusione momentanea ma
potente e Eon
ricreava l’albero. Al sesto tentativo fallito aveva deciso di
provare a
concentrarsi solo sul suo avversario, ma non stava ottenendo grandi
risultati.
“Wind
Scar!” urlò nuovamente scagliando il suo attacco,
ma
l’aquila tagliò l’aria di lato
evitandole e fu costretta a spingersi in alto
per non finire tagliata a metà dalla spada.
“Dragon’s
wind!” ritentò col fiato pesante mentre il vortice
a
forma di drago cercava invano di chiudersi intorno
all’aquila. Era stanca.
Amane
guardò impotente la sua amica che senza accorgersene
perdeva quota dopo ogni attacco, per poi risalire di qualche metro
nell’evitare
le picchiate della bestia. Non potevano farcela così, ma non
potevano neanche
arrendersi. Doveva esserci qualcosa…qualunque cosa.
Lo
sguardo le cadde sul bracciale con la rosa nera.
Un
modo c’era. Pericoloso, ma c’era.
“Yelle
trattenne a stento un grido mentre il becco dell’aquila
le sfregiava il braccio e la allontano con un vortice dritto sul muso,
evitando
la spada che mirava alla gola.
“YELLE!”
l’urlo di Amane la raggiunse feroce e subito si
voltò
verso di lei, ancora appesa, “PIANO BLACK ROSE!”
continuò con un ghigno.
Yelle
scoppiò ridere mentre un’ondata di speranza la
investiva.
Ovviamente c’era la possibilità che per lei
finisse comunque male ma…meglio che
uccisa da quei due bastardi.
I
due gemelli si lanciarono uno sguardo confuso, ma non ebbero
tempo di far nulla che le due agirono.
Amane
improvvisamente chiuse gli occhi e si lasciò pendere
dalla corda senza divincolarsi.
Yelle
si lasciò cadere nel vuoto.
Eon
si lanciò al suo inseguimento mentre Neo balzava in piedi e
osservava la prigioniera guardingo.
Yelle
all’altezza di Amane cambiò improvvisamente
direzione,
riprendendo a volare, e si diresse verso di lei, ignorando il suo
inseguitore
sempre più vicino.
“Dancing
on the deserted land, echoing in the silent sky…”
iniziò a mormorare Amane a bassa voce, come una cantilena e
tese il braccio con
il braccialetto all’esterno.
Yelle
richiamò le ultime energie e si spinse avanti, non poteva
farsi prendere adesso. Le sue dita strinsero il bracciale con la rosa
nera e
sotto lo sguardo sorpreso degli altri due, strappandolo
sorpassò Amane
continuando a sfrecciare verso i boschi.
L’aquila
le afferrò col becco la caviglia.
Yelle
urlò precipitando a terra.
Amane
aprì gli occhi di colpo. Occhi neri. Completamente neri.
“…
CRY YOUR WRATH, LULLABY OF CHAOS!” urlò guardando
nel vuoto.
Per
un attimo il tempo si fermò.
Solo
silenzio.
Poi
dal corpo della ragazza eruppe un ondata nera che spazzò
via ogni cosa.
Ogni
albero si sgretolò all’istante, ogni fiore
marcì, ogni
sasso diventò polvere nell’arco di quindici metri.
Ogni
creatura vivente divenne cenere.
Amane
cadde a terra esausta mentre gli occhi le tornavano del
solito incantevole acquamarina.
“Yelle…Yelle…”
iniziò a mormorare mentre si alzava da terra
barcollante, guardando la desolazione intorno a sé. Terra
bruciata. Nera. Era
riuscita a contenersi un minimo e a ridurre il raggio di azione
ma…se lei non si
fosse allontanata abbastanza…
Cercando
di mantenersi calma per evitare di perdere il
controllo corse nella direzione in cui l’aveva vista volare.
“Yelle!
Yelle!” iniziò a chiamare inoltrandosi nel bosco
ancora
vivo e rigoglioso. Doveva essere lì.
Silenzio.
“YELLE!”
urlò ancora disperata, mentre il panico cominciava a
crescere e gli occhi a tornare neri. L’aveva uccisa.
L’aveva
disintegrata.
“Abbassa
la voce Amane, mi gira tutto!” la trillante e scocciata
voce di Yelle la salvò dall’oscurità e
veloce corse verso un cespuglio di more.
La trovò tra i rovi, la caviglia martoriata in maniera
raccapricciante, il
corpo pieno di tagli, le mani che stringevano il bracciale e la spada e
un
sorriso sul volto.
“È
andata bene direi!” proruppe trattenendo le lacrime per il
dolore, mentre Amane, ridendo la tirava fuori da lì e
l’adagiava nell’erba.
“Definisci
bene, per favore!” la rimbrottò amara guardando le
ferite dell’amica che le riallacciava il bracciale al polso.
“Non
sono morta.” Rispose lei alzando le spalle, “E tu
devi
soltanto ricreare l’arpa, dato che sono talmente brava da
aver strappato
all’idiota la spada prima che lo disintegrassi. Ammetto
però, mi sono salvata
per un pelo, lui è diventato cenere in un attimo sotto i
miei occhi.”
“Sei
pazza! Ma non sai che sollievo vederti viva e
chiacchierona come sempre.” le mormorò
abbracciandola, “E ora aspetta qui, vada
a cercare Tara!” le disse allacciando la spada alla schiena e
alzandosi.
“E
se sta ancora combattendo?” le chiese Yelle ficcandosi una
mora in bocca come consolazione.
“La
libererò dal problema!” ghignò Amane
prima di scattare via.
“È
la vecchiaia a rallentarti?” Sho schernì Greff
colpendolo
con un pugno coperto di magma e gli occhi fiammeggianti,
l’umo arretrò di
qualche passo ma resistette e dopo averlo afferrato per il polso lo
scaraventò
lontano con un calcio al ventre.
“I
mocciosi senza esperienza non dovrebbero parlare.”
Ghignò
mettendosi di nuovo in posizione di attacco, prima di caricare il
ragazzo che
atterrava in piedi e faceva esplodere intorno a sè altri due
sprazzi di lava.
Ormai
tutto il terreno intorno a loro era ridotto a un mare di
lava in cui galleggiavano zolle di terra e spuntoni di roccia; da
quando
Shoichi aveva deciso di scatenarsi si erano susseguiti eruzioni e
terremoti uno
dopo l’altro, ma l’avversario incredibilmente
resisteva. Era molto più agile di
ciò che si era aspettato e anche la sua lava sembrava non
disturbarlo troppo.
“Magma
Dragon Fist!” urlò il ragazzo caricando un altro
pugno
ricoperto di lava che si scontrò con quello di Greff; Sho
vide la mano
dell’avversario ustionarsi nonostante la protezione coriacea,
vide le vene del
braccio gonfiarsi per lo sforzo, ma non un gemito uscì dalle
sue labbra, non un
lampo di paura o dolore nei suoi occhi.
“Magma
Dragon Claws!” senza perdere tempo gli sferrò un
calcio
al viso, ma ancora l’uomo si protesse e ghignò.
“Tutto
qua?” gli chiese prima di tirargli una testata tanto
forte da fargli perdere per alcuni secondi la percezione della
realtà; subito
continuò a infierire con un pugno alle costole e un calcio
al fianco, finché Sho
non chiuse di scatto una mano e dal terreno sotto Greff
spuntò un gigantesco
spuntone di roccia; per evitarlo l’uomo fu costretto a
mollare il ragazzo e a
fare un salto all’indietro.
Shoichi
si pulì il sangue che gli colava dal naso e si
tastò le
costole: come minimo gliele aveva incrinate, niente male; gli scocciava
che ora
era costretto a finire in fretta il combattimento per farsi medicare,
si era
appena ripreso da ferite gravi, Ka-chan e Tara lo avrebbero ammazzato
se avesse
continuato a giocare mettendo a repentaglio la sua salute.
“È
stato divertente combattere con te vecchio, ma mi sembra
l’ora di farla finita.” Gli disse arrogante
stiracchiandosi e l’uomo scoppiò a
ridere.
“Fammi
vedere moccioso!” lo invitò prima di scagliarsi
contro
di lui e tentare di colpirlo con un pugno al viso, ma Shoichi, invece
di
difendersi e contrattaccare, lo evitò con un salto
all’indietro e si distanziò
da lui.
“Rock
Dragon Wings!” pronunciò aprendo le braccia e due
gigantesche pareti di pietra si innalzarono ai fianchi di Greff; poi
chiuse le
braccia con un movimento secco davanti a sé e le due pareti
si schiantarono
l’una contro l’altra.
Per
alcuni attimi ci fu un silenzio interrotto solo dal bollire
del magma, poi le due pareti iniziarono a creparsi e sgretolarsi.
“Ripeto:
tutto qui?” chiese tossendo Greff emergendo dai
residui di roccia, il corpo graffiato e sanguinante, ma lo sguardo
fiero.
Shoichi
fece un fischio di ammirazione e incrociò le braccia.
“Sei
niente male, vecchio. Se non fosse che vuoi farmi fuori,
non ti ucciderei.” Gli disse con un ghigno alzando le spalle,
prima di
inginocchiarsi e premere le mani a terra.
“Lo
prendo come un complimenti…Oni-Oji.” Lo
ringraziò l’altro
con un sorriso, spolverandosi le braccia.
Shoichi
lo guardò sorpreso, mentre la terra intorno a lui si
crepava.
“Sai
chi sono?” chiese divertito, ma anche preoccupato che lo
avesse riconosciuto.
“Sono
un veterano…ho visto tante cose, compreso il tuo potere.
E non riesco a capire cosa tu ci faccia qui.” Gli fece
presente mentre si
metteva in posizione di difesa.
“Per
soldi e…beh, ho fatto una promessa e ora devo difendere
una persona.” Rispose il biondo prima il terreno sotto di lui
si spaccasse e
erompesse un cono di lava impressionante.
Dal
cono, a velocità incredibile, scattò Shoichi: le
vene del
corpo rilucevano rosse come se loro stesse di magma, la pelle sembrava
a
scaglie rosse e tutti i suoi arti erano ricoperti di magma.
“Half
Magma Dragon Transformation!” urlò investendo
Greff con
una forza bestiale, “Secret Art of the Magma King
Dragon!” senza fermarsi iniziò
a bersagliarlo di una scarica di calci, pugni, ginocchiate e testate;
infine
gonfiò le guance e lo investi con un cono di magma, un
ruggito che rimbombò nel
cielo.
Shoichi
guardò l’uomo cadere a terra e cercò di
rallentare il
respiro; era sempre una tecnica faticosa. Ma se vinceva nel valeva la
pena.
Stava
già per andarsene, quando udì dei colpi di tosse.
Voltandosi
si ritrovò faccia a faccia con Greff e scioccato si
preparò a infierire, quando l’umo alzò
una mano in segno di resa.
“So
riconoscere una battaglia che non posso vincere…ti chiedo
solo di darmi una morte degna di onore. Sono stato un generale, mi sono
unito
alla gilda oscura solo per volere del re…voglio morire come
un soldato, con la
spada nel cuore, guardando il mio avversario negli occhi e sapendo che
ho perso
perché lui era più abile.” Gli chiese
drizzando la schiena e portandosi una
mano al cuore. Un uomo fiero, un generale vero, senza paura della morte.
Shoichi
sorrise e annuì, estraendo la sua spada in scaglie di
drago.
“Hai
la mia stima generale.” Rispose mentre l’uomo
annullava la
magia e la sua pelle tornava rosa e morbida.
Con
un solo, veloce ed indolore colpo lo trafisse al cuore.
L’uomo
cadde sereno in ginocchio e poi sulla terra.
Shoichi
gli chiuse gli occhi e si allontanò in silenzio.
Jin
e Fey erano ormai lontani dalla radura, presi in una loro
personale gara di velocità altamente distruttiva. Era
impossibile non capire
dov’erano passati: alberi fulminati e distrutti, il terreno
fumante solcato da
strisce nerastre…ma di certo la questione non li preoccupava.
Dovevano
stabilire chi era il più veloce, una questione
d’orgoglio per cui si scambiavano colpi su colpi. Nessuno
voleva cedere.
Jin
saltò un tronco e ruggì un cono di fulmini contro
l’avversario alla sua destra, che lo evitò
scivolando dietro un masso e
riprendendo a correre. Non avevano un obiettivo o una metà,
semplicemente
abbattere o superare l’altro, ma erano sempre pari. Avevano
tentato di
combattere ma Fey si limitava a schivare alla velocità della
luce e tentare di
colpirlo di tanto in tanto, tra l’annoiato e il superiore,
per cui Jin aveva
proposto la gara, lasciando Hiroshi al suo combattimento a mani nude
con la
tigre.
Fey
zigzagava tra gli alberi tenendo d’occhio Jin e al momento
propizio tentò di colpirlo con un calcio laterale al
ginocchio, ma il ragazzo
saltò in aria evitando il colpo e continuò a
sfrecciare ridotto a un fulmine
egli stesso.
“Cominci
ad avere il fiatone?” gli urlò il ragazzo ridendo
e
continuando a spingersi in avanti.
“Sogna
pure!” gli rispose Jin con mentre il cielo rombava,
“Che
ne dici se la finiamo? Voglio dimostrarti chi è il
più veloce!” aggiunse poi
attirando la sua attenzione e tentando un altro ruggito del drago del
fulmine.
“E
come vorresti fare?” chiese il ragazzo sarcastico evitandolo
per un pelo con uno scatto.
“A
quella parete rocciosa là in fondo, parte la vera gara:
vince chi torna prima alla radura!” spiegò Jin
concentrandosi; si era divertito
abbastanza, ora doveva tornare indietro a vedere come se la cavavano
gli altri,
in particolare Asuna, l’unica senza magia.
“Preparati
a mangiare la mia polvere!” accettò Fey con gli
occhi che scintillavano.
In
contemporanea raggiunsero la parete.
Per
non perdere tempo e velocità, la usarono per acquistare
maggiore slancio saltandoci incontro e ripartendo nella direzione
opposta.
Jin
evocò una pioggia di fulmini sul terreno circostante, ma
Fey riuscì a evitarli tutti rimediando solo qualche
bruciatura.
L’albino
approfittò di un ammasso roccioso per prendere la
rincorsa e superare con un salto Jin dall’alto.
Il
dragone ruggì e Fey fu costretto a deviare per non finire
carbonizzato, perdendo il vantaggio.
Due
chilometri.
Uno
fianco all’altro si precipitarono in una galleria
attraverso una caverna e continuarono a correre nel buio pece
illuminato a
intermittenza dalle scariche elettriche emesse da Jin.
Un
chilometro.
Gomito
e gomito sfiorarono la superfice argentata di un
laghetto e risalirono una cascata come se stessero correndo su una
collina.
Cinquecento
metri.
“Mi
spiace Fey.” Mormorò Jin e il ragazzo si
voltò a guardarlo
preso alla sprovvista e pronto ad un attacco, ma rimase a bocca aperta
nell’osservare gli occhi d’oro puro
dell’avversario.
“Thunder Dragon
Slayer Secret Art: Lightening ‘Fly!” L’intero
corpo di Jin venne avvolto da
fulmini dorati e per un attimo a Fey sembrò di veder
spuntare dalla sua schiena
due grosse ali da drago. Poi sparì.
Fey
continuò a correre e in meno di trenta secondi fu alla
radura.
Jin
era già lì, i vestiti carbonizzati, salvi solo i
pantaloni
interi fino al ginocchio e la maglia in mithril.
Fey
lo guardò stupefatto col fiatone e Jin gli puntò
la spada
contro.
“Ho
vinto.” Asserì con un sorriso vittorioso e per
alcuni
attimi i due si scrutarono.
“Hai
vinto.” Annuì alla fine ridendo guardandosi
intorno e,
sotto lo sguardo scioccato di Jin, iniziò a sfregarsi la
mano con la stella
nera, “Se non ti dispiace, invece che ingaggiare una lotta
all’ultimo sangue
con te, me ne andrei pacificamente. Se mi batti in velocità,
non ho molte
speranze in combattimento e sono piuttosto stanco…vi abbiamo
dato la caccia per
giorni. Inoltre gli altri stanno perdendo e questa non è la
mia guerra.” Gli
disse tranquillo per poi mostrargli il dorso della mano: la stella
sparita e
ora scintillava un lupo grigio stilizzato.
“La
Gilda Mercenaria Fenrir...” mormorò Jin abbassando
la spada.
“Non
mi pagano abbastanza per morire per questi
invasati…”
commentò l’albino alzando le spalle e scuotendo la
testa. Jin avrebbe aggiunto
qualcosa, se dal cielo non fosse caduta tra lui e il ragazzo la
gigantesca
tigre dai denti a sciabola con un tonfo assordante.
“Fey…”
ruggì dolorosamente quella barcollando nel tentativo di
alzarsi, il manto carbonizzato i più punti, mentre Hiroshi
raggiungeva Jin
cercando di capire cosa stesse succedendo. Aveva scagliato via il suo
nemico e
voleva finirlo, ma perché Jin se ne stava lì
pacifico a parlare?!
“Basta
Adras. Abbiamo perso, non vale la pena morire qui e abbiamo
già incassato i soldi per il lavoro. Se tutti sono come
loro, di certo non
rimarrà nessuno vivo per inseguirci.” Gli disse
dandogli qualche pacca sul
dorso e la tigre emise un basso brontolio, scocciato ma
d’assenso, alzandosi e
voltandosi.
“Ma
cosa…?” balbettò Hiroshi cecando di
seguirli, ma Jin lo
fermò mettendogli una mano sulla spalla.
“Alla
prossima Jin!” lo salutò con un gesto della mano
prima di
voltarsi e sparire nella vegetazione con Adras, lasciando Jin e Hiroshi
a
guardarsi perplessi e divertiti.
Asuna
aveva ormai raggiunto il limite della pazienza
consentitale.
Con
una parata laterale protesse il fianco e cercò di sfondare
la guardia avversaria.
Quello
stupido ragazzo non aveva fatto altro che ricordarle i
doveri di una guardia, di osservare quanto fosse patetica e soprattutto
dirle
come una donna non avesse possibilità come guardia,
criticando le sue capacità.
Lei non aveva risposto concentrata sul combattimento, ma non
significava che
non sentiva…
“Da
secoli inoltre le donne sono relegate ai lavori domestici
per ovvi motivi che…” continuò a
cianciare quello deviando la punta della lama
alla destra e balzando all’indietro.
“Basta!”
esplose Asuna con gli occhi che ardevano spostando il
peso sul piede sinistro e tentando un affondo laterale, ma il ragazzo
parò e
contrattaccò fulmineo squarciandole la divisa sul fianco.
Asuna
strinse i denti e colpì con forza la sua lama creandogli
un’apertura e ferendolo in profondità alla spalla.
Con quella ferita avrebbe
dovuto come minimo rallentarlo…
Il
ragazzo sogghignò e sistemò gli occhiali balzano
all’indietro; poi spostò la spada nella mano
sinistra.
“Ambidestro.”
Pronunciò con arroganza prima di lanciarsi di
nuovo all’attacco e incalzando la ragazza che rispondeva
colpo su colpo.
Tentò
nuovamente una stoccata ma il ragazzo si difese e
rimasero alcuni istanti a fare forza lama contro lama, incenerendo
l’avversario
con lo sguardo uno a pochi centimetri con l’altro.
Poi
ad Asuna balenò davanti il viso sorridente di Jin: “In uno scontro all’ultimo
sangue non puoi
combattere pulita come se fossi in un’accademia, il tuo
obiettivò è sopravvivere”
Senza
esitazione Asuna colpì allo stomaco il ragazzo con un
pugno deciso e poi alle tempie con l’elsa della spada; lo
stava disarmando
quando il ragazzo la fece cadere a terra con una spazzata improvvisa e
le puntò
rapido la lama alla gola.
“Se
giochi sporco, aspettati che il tuo avversario faccia lo
stesso…” le disse massaggiandosi la pancia
dolorante e tossendo qualche goccia
di sangue.
Asuna
si limitò a guardarlo con odio. Era in trappola.
“Ora…a
te la scelta” le propose sogghignando, “Puoi
arrenderti,
farti ammanettare e venire con me alla capitale per essere processata
per
esserti finta una guardia e alleata con dei malviventi. Oppure puoi
morire qui
come una cagna.” Le disse tracciandole un sottile taglio
sulla gola.
La
ragazza sorrise amara: era proprio un idiota se pensava che
i suoi compagni l’avrebbero lasciata viva fino al processo;
tanto valeva morire
con onore.
“Piuttosto
la morte.” Rispose con disprezzo sputando.
“Come
vuoi…” rispose con evidente gusto
l’altro alzando la
spada, pronto ad abbassarla e trafiggerla.
E
nel momento in cui la lama scintillava sopra di lei Asuna,
sentì un moto di adrenalina, di paura.
Non
voleva morire.
Non
ora.
Non
aveva concluso niente, non aveva mantenuto la sua promessa
e non aveva neanche ringraziato Jin per il suo aiuto con la spada. Che
cosa
stupida da pensare in quell’istante...ma le rodeva di non
avergli dimostrato di
esser migliorata.
Voleva
continuare quel viaggio.
Il
ragazzo abbassò la lama con ferocia e Asuna agì
d’istinto.
Le
sue mani si strinsero intorno al freddo acciaio e riuscirono
a fermare la punta a un centimetro dalla sua gola candida; il filo le
tagliava
le mani in profondità ma lei neanche se ne accorgeva,
concentrata su una sola
cosa: vivere.
Prima
che lui potesse reagire chiuse le gambe e lo colpì con
entrambi i piedi sull’elsa facendogli perdere la presa; di
ritorno lo colpì col
tacco sul cavallo dei pantaloni, facendolo piegare dal dolore
allucinante, e
sfruttando lo slancio si mise in ginocchio.
Lanciò
la spada che aveva tentato di trafiggerla e la riafferrò
per l’elsa; senza neanche pensarci lo infilzò
dritto nello stomaco.
Vide
i suoi occhi dilatarsi e il sangue colarle sulle mani.
Caldo e viscido.
Poi
tossendole sul viso altro sangue, si spense.
Il
peso del corpo del ragazzo che si accasciava su di lei fu
troppo e cadde a terra con il cadavere addosso, mentre la
consapevolezza di
averlo ucciso iniziava a farsi strada in lei. Aveva ucciso un ragazzo.
Con le
sue mani.
“Jin…”
iniziò a singhiozzare spaventata mentre lacrime cristalline
le scendevano lungo le guance e le mani le dolevano terribilmente,
senza forza
per muoversi.
Miel
estrasse affaticata la sua daga d’ombra dal bestione che
giaceva a terra.
“Dannazione
se erano forti…” mormorò barcollante e
cercando di
stimare l’entità dei danni: un lungo taglio sulla
gamba dov’era affondata una
delle falci prima che potesse spezzarle il manico, uno sullo stomaco,
una o più
costole incrinata dovute a dei maledetti calci che l’avevano
presa alla
sprovvista e la spalla sinistra slogata e che lei stessa aveva
sacrificato pur
di prenderlo di sorpresa e conficcargli la daga nel cuore.
“Era
il capo della spedizione, in teoria…”
Commentò Shorai
estraendo la lama celata dalla fronte della donna araba, “In
realtà era questa
cagna a comandare; lei era quella furba e manipolatrice, lui quello
stupido ma
violento.” Le spiegò tenendosi il braccio destro,
massacrato da numerose
escoriazioni dovute alle catene con cui aveva combattuto la donna in
rosso.
“Un
duo temibile eh?” sogghignò Miel chiedendosi come
facesse
l’amica a stare in piedi con una caviglia ridotta in
poltiglia per un tentativo
di difesa andato male.
“Puoi
dirlo forte! E spero non mi rimanga la cicatrice!” si
lamentò passandosi le dita guantata su un profondo sfregio
sulla fronte e che
continuava sulla testa.
“Non
se ti lasci curare da Tara…”la
rassicurò la bionda mentre
osservava Shorai che iniziava a frugare negli abiti dei cadaveri e li
spogliava
di qualsiasi oggetto di valore. Ecco come stava in piedi: il richiamo
dell’oro!
“Non
ti spiace se…?” le chiese fermandosi dalla sua
attività,
ma Miel scosse la testa, ben sapendo che era solo cortesia in nome
della loro
amicizia: non avrebbe permesso a nessuno di prendere questi piccoli
tesori e
probabilmente ora avrebbe fatto il giro anche di tutti gli altri
cadaveri.
“A
proposito” continuò l’assassina,
“Sono contenta di essermi
unita a voi, la mia fazione faceva schifo.”
Commentò pratica mentre Miel si
guardava intorno: tutti i suoi compagni erano massacrati, feriti,
grondanti di
sangue, loro e avversario, e molti non stavano neanche in piedi; Tara,
nonostante ferita, correva ovunque cercando di portare aiuto e aveva
organizzato un piccolo campo medico vicino a Rey, che
l’aiutava cercando ci
rimediare per esser stato inutile nel combattimento o curando ferite
lievi o
trascinando chi come Gigi o Yelle, non aveva le forze di stare in
piedi; in un
angolo Asuna era in piena crisi isterica tra le braccia di Jin, che
tentava di
consolarla e fasciarle le mani.
In
poche parole erano ridotti a degli stracci e sarebbero stati
k.o. per un bel po’ ma…erano vivi.
Avevano
vinto.
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