How I met my mother

di betabi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno strano incontro ***
Capitolo 2: *** Much bigger on the inside. ***
Capitolo 3: *** Cappelli Parlanti e nuove conoscenze ***



Capitolo 1
*** Uno strano incontro ***


HOW I MET MY MOTHER



  • Uno strano incontro
     
Harry Potter non poteva considerarsi un ragazzo normale. Era stato privato dei suoi genitori, aveva vissuto con dei terribili parenti, aveva frequentato per sei anni una scuola di magia e stregoneria e, come se non bastasse, aveva ucciso il più grande mago oscuro mai esistito. Roba da voler invidiare, insomma.
Eppure, Harry non era felice, non era felice per niente. Dopo aver preso un anno di pausa da tutto e da tutti, girato il mondo da solo, scoprendo comunità magica negli angoli più nascosti della terra, assaggiato pietanze più che strambe, il Ragazzo Sopravissuto era tornato in Inghilterra e si era iscritto all’accademia Auror. Ovviamente, aver ucciso Lord Voldemort concede dei privilegi, e Harry era stato preso tra il corpo di protezione magica del Ministero senza dover fare anni e anni di studi, esami e prove. Era diventato un Auror, così. Dopo otto mesi passati a lavorare freneticamente, senza sosta, senza riposo, il capo del distretto gli aveva concesso un mese di ferie per “prendere una boccata d’aria e riposarsi un po’, passando del tempo con i suoi cari”.
Il Prescelto si trovava così solo con i suoi pensieri e le sue paure. Hermione, Ron, Ginny, erano sempre con lui ma avevano già deciso da un pezzo di dimenticare tutto, di andare avanti nonostante le difficoltà e le perdite.
Harry invece, pur volendo, di andare avanti proprio non ne voleva sentir parlare. Era rimasto fermo a tre anni fa, con il cuore, con la mente, con il corpo che, a parte i dieci centimetri in più e i muscoli messi su con l’addestramento, non era cambiato molto. Harry non voleva dimenticare, ma era stanco di ricevere ogni notte la visita in sogno di tutti i morti caduti durante quella scellerata guerra, non riusciva a scavalcare tutto il dolore che da anni si portava dentro e che aveva creato tra lui e il mondo uno spesso muro invalicabile. Harry si sentiva solo, perché nessuno sembrava capirlo, non capivano il suo mal di vivere e l’angoscia che provava costantemente, giorno dopo giorno. Era difficile vederlo per strada con un sorriso e senza occhiaie, dolce dono delle sue notti insonni. Non partecipava mai alle feste in suo onore e sempre più spesso si recava nel vecchio cimitero di Godic’s Hollow per chiacchierare con i suoi genitori, come se fossero in vita e lui li andasse a trovare a casa, raccontando come andava. Harry ora più che mai sentiva la loro mancanza, l’assenza di un porto solido chiamato famiglia al quale appoggiarsi, dove poter piangere senza doversi vergognare delle lacrime, dove sentirsi protetto, amato senza condizioni. Ron, Ginny, Hermione, tutti i Weasley, Hagrid, lo amavano, ma non avrebbero mai potuto competere con quell’amore che solo i genitori sono in grado di donare. Un amore viscerale e incondizionato.
Harry portava spesso il figlioccio Teddy a passeggiare nei parchi, sperando che almeno lui avrebbe potuto vivere sapendo di poter contare su qualcuno di importante, qualcuno che per lui ci sarebbe sempre stato.
Era un caldo giorno d’agosto e Harry si trovava seduto su un’anonima panchina di uno dei parchi che visitava spesso con il figlio di Lupin, fermo a fissare il cielo sereno, i giardini nel loro impeccabile verde inglese, le famigliole che passavano distratte, felici.
Nauseato da tutta quella visione di allegria Harry stava per alzarsi quando uno strano rumore di fronte a lui lo mise in allerta. Prese la bacchetta dalla tasca aspettando vigile un’imboscata. Pochi secondi dopo il rumore cessò e, davanti ai suoi occhi strabuzzati, si smaterializzò una grande cabina telefonica della polizia, del blu più intenso che il ragazzo avesse mai visto.
Il Prescelto si alzò in piedi, sentendo una serratura girare e pronto a scattare contro il nemico. Dalla porta della cabina uscì un uomo sulla trentina. Indossava una camicia con delle bretelle, un papillon e un paio di pantaloni blu. Ritrovandosi sul marciapiede si guardò intorno prima di notare il ragazzo che lo fissava attentamente.
«Ciao, molto piacere. Sapresti dirmi in che anno siamo? C’è stato un problema durante l’atterraggio».
Harry guardò lo sconosciuto con diffidenza e curiosità allo stesso tempo, c’era qualcosa in lui che emanava sicurezza e dolcezza. L’apparenza inganna si disse mentalmente Harry prima di rivolgersi allo sconosciuto con un tono duro e aspro.
«Chi diavolo sei? Come hai fatto ad apparire dal nulla con quella cabina?» disse con la bacchetta puntata verso il petto dell’uomo.
Lo sconosciuto sorrise «E quel bastoncino cos’è, serve per il sushi?» disse, prendendo dalla tasca dei pantaloni uno strano cacciavite che s’illuminò di luce verde emettendo un rumore metallico e con il quale l’uomo sondò il corpo del ragazzo, per poi avvicinarlo alla testa e leggere qualcosa sul dorso dell’oggetto, visibile solamente a lui.
«Aaah!» esclamò contento l’uomo, facendo sobbalzare di spavento Harry.
«Ma certo, sei un mago! E quella deve essere la tua bacchetta, vero?» disse, scandagliando con l’attrezzo anche la bacchetta magica di Harry.
«Eh già, è proprio una bacchetta magica. 11 pollici, agrifoglio, piuma di Fenice. Sbaglio? Oh no, io non sbaglio mai. Bene, mio giovane mago! Sapresti dirmi in che anno siamo?»
Il Prescelto era sotto shock, chi era quello sconosciuto apparso dal nulla che, con quello strano oggetto aveva capito la sua natura di mago e il nucleo della bacchetta? Era un mago anche lui?
«Non sei un babbano, vero?» chiese il ragazzo allo sconosciuto.
«Babbano?  E cosa vorrebbe dir.. Aah, certo! E’ il modo in cui chiamate i non-maghi, non è così? No, si può dire che non sono un babbano, ma neanche un mago. La mia magia è molto diversa dalla vostra, molto più potente» rispose quello con semplicità
«E cosa sei allora?» domandò Harry che, ormai, non capiva più niente di quella strana conversazione.
«Cosa sono? Chi sono? Semplice, io sono.. il Dottore» rispose quello cercando di avvicinarsi all’orologio di Harry. Il ragazzo però lo strinse e gli puntò la bacchetta alla gola.
«Il Dottore? Ti chiami il Dottore? Cosa vuoi, chi sei, perché sei qui?» disse premendo la punta sempre più nella pelle dell’uomo.
«Calmo ragazzino, non voglio farti niente di male. Mi chiamo il Dottore, il Dottore e basta e, se mi dici in che anno siamo e togli quell’affare dalla mia gola sedendoti su questa bella panchina, forse potrei raccontarti qual cosina in più»
 Il Prescelto, titubante, lo lasciò andare e scivolò sulla panchina. Cosa gli interessava sapere chi era quell’uomo? Se fosse stato pericoloso degli Auror avrebbero già percepito il suo arrivo e lo avrebbero avvisato. E poi, se avesse voluto ucciderlo, tanto meglio, non aveva molto da fare lì.
«Allora Dottore, oggi è il 13 agosto del 2000. Come mai t’interessa tanto?» chiese Harry semplicemente, aveva capito ormai che a fare le domande non era lui, ma quello strano uomo che diceva di chiamarsi Dottore.
«Vedi mio caro..» iniziò l’uomo.
«Harry, mi chiamo Harry» concluse il Bambino Sopravissuto.
«Bene. Vedi mio caro Harry, tu sei un mago, sai bene che esistono cose fuori dal comune e quindi non ti sarà difficile credere a ciò che sto per dirti. Il mio nome è il Dottore, o meglio, ho un vero nome, ma nessuno a parte il sottoscritto lo conosce. Ora, io sono un Signore del Tempo e quella» disse indicando la cabina telefonica «quella bella bambolina sexy è il mio TARDIS, una macchina che viaggia nel tempo, guidata da me ovviamente. Stavo viaggiando verso una galassia distante milioni di anni luce dalla terra ma una tempesta spaziale mi ha portato qui, il mio TARDIS deve essere stato attratto da qualcosa di particolare, da una forza magica straordinaria, una persona speciale. Forse un qualche eroe di guerra, che ha salvato il mondo o robe del genere.. Tu sai chi potrebbe essere? » chiese il Dottore dopo essersi spiegato.
Harry arrossì violentemente, odiava essere al centro dell’attenzione, odiava essere lodato per cose in cui aveva avuto una grandissima dose di fortuna e di buoni amici, odiava dover dare spiegazioni, odiava raccontare la sua storia.
L’uomo notò le sue guance colorate e disse «Non dirmi che questa fantomatica persona è seduta vicino a me!» rise.
Harry lo guardò sbuffando, e si costrinse a dire la verità «Esatto Dottore, ti presento Harry Potter, il Ragazzo che è Sopravvissuto, il Prescelto, il Salvatore. Pff, tutto quello che vorrei è essere un semplice ragazzo, senza questa stupidissima cicatrice in fondo, con due genitori alle spalle, una guerra mai combattuta».
Il Dottore lo osservò attentamente e non ebbe bisogno di usare il suo cacciavite per capire quanto era grande il dolore che quel ragazzo covava dentro da troppo tempo. Gli mise una mano sulle spalle e lo incitò a parlare.
«Ti va di raccontarmi la tua storia, Harry?» gli chiese gentilmente e il ragazzo si sciolse, sentiva, nel profondo, che di quello strano uomo saltato fuori dal nulla poteva fidarsi, sentiva in lui un’aurea di bontà che lo circondava, sentiva che condividevano la stessa, triste, solitudine e così raccontò.
Gli raccontò di Voldemort, delle sue folli idee di conquista del mondo, della prima guerra, di tutti i morti.
 Gli raccontò dei suoi genitori, quelle persone buonissime che avrebbe tanto voluto conoscere e di cui aveva sentito parlare da Remus e Sirius, i loro amici. Gli raccontò dei Malandrini, degli Animagus, del fatto che avevano iniziato a frequentarsi durante il sette anno, di tutto ciò che sapeva su di loro, che gli mancavano come un mutilato avverte la mancanza di un arto. Gli mancavano più di tutto e di tutti e la vendetta non aveva assopito quel bruciante desiderio di vederli, di abbracciarli.
Gli raccontò dei suoi zii, degli anni d’inferno che gli avevano fatto passare e della gioia che aveva provato sapendo di essere un mago.
Gli raccontò degli anni a Hogwarts, gli anni più belli della sua vita nonostante gli innumerevoli incontri con il Signore Oscuro,  della nostalgia che provava per la sua scuola, per non averla potuta godere fino in fondo.
Gli raccontò dei suoi amici Ron e Hermione, della famiglia Weasley, di Hagrid, di Sirius e poi di lei, la ragazza che amava, unico spiraglio di luce in quella sua tristezza, Ginny.
Gli raccontò della sua guerra, quella che aveva vissuto come protagonista e che aveva visto morire tantissime e innocenti persone.
Gli raccontò del senso di vuoto che lo affliggeva, del dolore, della solitudine, della mancanza di voglia di vivere, della depressione.
Gli raccontò tutto, senza mezzi termini, senza finzioni, senza vergogna, senza freni. Gli mise la sua vita in mano e non se ne pentì neanche un istante, perché il Dottore l’aveva ascoltato attentamente, aveva parlato nei momenti in cui la sua voce si incrinava, aveva poggiato la mano sulle sue spalle con discrezione e nei suoi occhi non aveva riscontrato la pietà che accumunava tutti quando raccontava la sua vita, vi aveva trovato consapevolezza e fratellanza, la certezza di sapere che lui sapeva, sapeva cosa si provava a perdere tutto e tutti, sapeva come si ci doveva sentire con quel vuoto sullo stomaco.
Il Dottore lo guardò alla fine del suo discorso.
«Tranquillo Harry, io lo so cosa si prova, lo so bene. Viaggio da 900 anni e ho visto tante di quelle persone morire, tutta la mia razza, la mia famiglia. Ho dovuto lasciare i miei amici, le persone cui mi sono affezionato e girare l’universo da solo, convivendo con la tristezza che tormentava i miei poveri due cuori. Io so cosa si prova» gli disse prima di saltare improvvisamente in piedi, facendolo sobbalzare e tendendogli la mano.
«Ed è per questo amico mio che ti offro un’occasione più unica che rara. Vieni con me, viaggiamo nel tempo e torniamo alla Hogwarts degli anni ‘70, la Hogwarts dei tuoi genitori!» propose entusiasta.
Harry lo guardò perplesso, non gli era piaciuto poi molto viaggiare nel tempo l’ultima volta.
«Ma Dottore, viaggiare nel tempo è pericoloso e qualcuno potrebbe riconoscerci, potremmo distruggere qualcosa. Però.. nello stesso momento.. se Codaliscia morisse i miei genitori potrebbero.. » iniziò a vaneggiare.
L’uomo lo interruppe precipitosamente «Fermo, fermo, fermo! Noi non uccideremo nessuno! Mi dispiace dirti Harry che la morte dei tuoi genitori è un punto fisso della storia, un punto che non può essere cambiato, modificato o alterato altrimenti il tempo si autodistruggerebbe. Io non ti propongo di cambiare la storia, dare una mano alla battaglia o salvare vite, perché non possiamo. Io ti propongo di avere l’opportunità di conoscere i tuoi genitori, diventare loro amico, passare tempo insieme a loro e recuperare quello perso. Ti offro un’occasione che non ricapiterà mai più, ma non posso permetterti di viaggiare con me se il tuo scopo sarà vendicarti» lo ammonì.
Harry lo guardò seriamente negli occhi, cercando di riordinare i suoi pensieri attraverso un filo logico e sensato. Stava davvero per entrare in una cabina telefonica con uno sconosciuto cui aveva raccontato tutta la sua vita per tornare indietro nel tempo e conoscere i suoi genitori  17enni?
Pensò ai suoi amici, alle persone cui sarebbe mancato.
«Quanto staremo via?» chiese al Signore del Tempo.
Lui rise, allargando le braccia «Tutto il tempo che vuoi! Giorni, mesi, anni. Eppure anche se passassimo decenni nel passato io potrei riportarti esattamente in questo parco, durante il 13 Agosto del 2000. Allora, ci stai?»
Il Prescelto ascoltò rapito e sorrise.
«Partiamo».
 
 
 






 
Betabi’s corner
Salve! Si, si, si, lo so che avrei dovuto aggiornare anche un’altra long ma non mi sentivo più ispirata mentre questa che ho appena iniziato trabocca di idee  che la mia testolina sta fabbricando celermente.
Che dire? Amo Doctor Who, amo Harry Potter, amo scrivere. Cosa fare di meglio durante l’estate se non scrivere una bella long sulle mie passioni? L'idea per questa fan fiction mi è arrivata vedendo un post di una ragazza su tumblr

(http://jamespotterstolemyknickers.tumblr.com/post/54265476607/au-when-harry-continues-to-doubt-his-parents). Tranquilli se non conoscete il Dottore, cercherò di spiegarvi tutto passo passo, raccontandovi un po’ anche la sua storia (non pensate che io sia tutto questo pozzo di scienza per quanto riguarda Doctor Who, lo seguo da pochissimo).
Spero di avervi incuriosito almeno un po’ e, tranquilli, aggiornerò o cercherò di aggiornare presto, almeno una volta alla settimana. Per qualsiasi chiarimento o curiosità, non aspettata altro e chiedete, mi fa sempre piacere sapere quello che pensate.
Detto questo ringrazio chi passerà a leggere, a lasciare una recensione o altro, mi renderete davvero felice!
Salut.

 

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Capitolo 2
*** Much bigger on the inside. ***


HOW I MET MY MOTHER




 

  • “Much bigger on the inside”
 

Il Prescelto ascoltò rapito e sorrise.
«Partiamo».

 
Il Dottore sorrise e avanzò verso il Tardis allargando le braccia e invitando Harry a entrare, ma il ragazzo, ricordandosi improvvisamente di qualcosa afferrò la mano tesa dell’uomo e girò leggermente su se stesso.
Dopo la solita sensazione di soffocamento i due si trovarono in meno di qualche secondo in una via Londinese poco frequentata, Grimmauld Place.
Harry fece per avanzare ma fu interrotto dal richiamo del Dottore, rimasto fermo con le mani sullo stomaco e un colorito pallido.
«Non. Farlo. Mai. Più.» disse l’uomo mentre iniziava a riprendere colore in viso.
Il ragazzo lo guardò sorridendo «Ma andiamo, hai detto di viaggiare nel tempo e una semplice Smaterializzazione ti infastidisce? Ti facevo più macho, Dottore» disse mentre scriveva su un foglietto l’indirizzo di Grimmauld Place numero 12.
Dopo la guerra Harry aveva rimosso, con l’aiuto di Hermione, l’incanto Fidelius che era stato fatto alla casa per applicarne un altro di cui lui stesso era il custode segreto.
«Mago di poca fede! Io sono un Signore del Tempo, il mio modo di viaggiare è molto più elegante e tranquillo. Il Tardis non mi farebbe mai risalire la colazione in gola!» disse il Dottore avvicinandosi a lui e prendendo il foglio dalle mani del ragazzo. Dopo aver letto l’indirizzo, vide apparire lentamente un altro palazzo tra il numero undici e il tredici.
Prendendo lo stesso strano oggetto di prima analizzò l’aria davanti a lui ed esclamò «Incanto Fidelius, dico bene? Ah, gran bella magia. Davvero intelligente.» disse, attraversando la soglia di casa.
La vecchia dimora Black era stata completamente cambiata. Tutti i mobili, le teste di elfo, gli oggetti raccapriccianti e oscuri appartenenti alla famiglia purosangue erano stati messi in uno sgabuzzino o venduti a qualche museo magico. Il quadro di Walburga era stato rimosso con un particolare incantesimo e bruciato senza ripensamenti. Le pareti avevano assunto un bel color crema, a terra l’antico parquet era stato tirato a lucido e dei semplici mobili di legno adornavano in maniera spartana la grande casa. Le stanze di Sirius e Regulus erano rimaste intatte, la prima per nostalgia di Harry, la seconda per nostalgia di Krecher che dormiva sullo moquette della stanza del suo defunto padrone.
 
«Allora Signore del Tempo, vuoi dirmi cos’è quell’aggeggio che utilizzi da questa mattina?» chiese curioso il ragazzo mentre saliva le scale, verso la stanza dei coniugi Black, divenuta ormai sua. L’uomo lo seguì e lo guardò prendere alcune cose e metterle in uno zaino.
«Allora, vedila così giovane Potter: voi maghi usate una bacchetta con la quale fate magie io invece uso il mio cacciavite sonico che è un aggeggio, come l’hai definito tu, in grado di aprire qualsiasi serratura e scansionare ogni cosa. E’ tecnologia molto avanzata, proveniente dal mio pianeta, Gallifrey. È la mia bacchetta magica, la mia arma. Ultimamente l’ho aggiornato, adesso funziona anche con il legno!» disse il Dottore con un gran sorriso.
«Ma dimmi un po’ tu, giovane mago, cosa siamo venuti a fare in quella che deduco sia casa tua?»  chiese guardando il ragazzo chiudere nello zaino una pergamena ripiegata su se stessa, un mantello dall’aspetto setoso e una scopa.
«Alcuni oggetti che potrebbero tornarci utili. Una mappa di Hogwarts, il mio Mantello dell’Invisibilità e la Firebolt, ora possiamo andare!» rispose Harry accompagnandolo giù per le scale e poi verso la porta di casa che si chiuse alle spalle.
Il Dottore, mentre lo seguiva e gli tendeva la mano per smaterializzarsi nuovamente nel parco dove il Tardis era parcheggiato, si perse nei suoi pensieri e ricordò Amy e Rory, i suoi vecchi compagni che, quando lo avevano incontrato, si erano gettati nelle sue braccia senza ripensamenti, senza tornare a casa a cercare cose da portare, senza dubbi. Era saggia la scelta che stava facendo? Aveva davvero bisogno di un altro compagno? Si chiese mentre veniva trasportato dal vortice che seguiva la smaterializzazione. Poi si girò e osservò Harry di sottecchi, il viso sciupato e pallido, le occhiaie, lo sguardo spento e si convinse che sì, la sua era stata una decisione saggia. Non era lui ad aver bisogno di un compagno ma il giovane Prescelto, che si era visto strappare la vita da forze maggiori. Era lui il bisognoso di una vicinanza affettiva, una guida verso la felicità perduta. Il Dottore si ripromise che, anche se avesse dovuto bruciare decine di soli, avrebbe fatto tornare a qualsiasi costo il sorriso sul volto di Harry.
«Allora, eccoci arrivati» disse il Bambino Sopravvissuto di fronte al Tardis.
Il Dottore lo aprì e lo spinse dentro, seguendolo e chiudendosi la porta alle spalle.
Harry era senza parole, come d’altronde, qualsiasi umano che fosse entrato in quella cabina telefonica dall’aspetto bizzarro.
«Wow ma.. è.. è più..» iniziò il ragazzo.
«Più grande all’interno sì, ti ci abituerai!» concluse il Dottore.
«Se vuoi farti un bagno di là, c’è la piscina» disse indicandogli con un braccio una porta mentre lui prendeva posizione davanti ad uno schermo attaccato ad un enorme tubo al centro della stanza che pompava uno strano liquido. Il tubo era circondato da una sorta di tavolo pieno di fili, cavi, leve e pulsanti che l’uomo iniziò a premere, girare e tirare con fare sicuro.
«Le coordinate di Hogwarts, Harry?»
Il ragazzo apparve confuso «Io, beh, non saprei. Do.. dovrebbe essere in Scozia a quanto ho capito ma non ne sarei sicuro. Il campo magico tutto intorno al castello è molto potente ed è impossibile usare congegni elettronici all’interno della scuola. Credo che dovremmo atterrare al villaggio di Hogsmeade che è lì vicino e poi andare a piedi.» disse Harry, non molto convinto della sua sentenza appena emessa.
L’uomo rise gioiosamente «Sta tranquillo Harry, neanche le più potenti magie di Godric Grifondoro potranno impedirci di entrare a Hogwarts con il Tardis!» gli rivelò.
«Ma com’è possibile? Tutti gli apparecchi elettrici smettono di funzionare vicino a Hogwarts!» si accigliò il ragazzo.
«Vero» acconsentì l’alieno «Ma ti ricordo ancora una volta che non stai parlando di semplice “tecnologia”, io sono un passo avanti a tutti» gli disse, facendogli l’occhiolino e girandosi verso lo schermo d’avanti a  lui.
Il pavimento tremò improvvisamente con particolare violenza ed Harry stava per cadere al suolo se la mano dell’uomo non l’avesse tenuto in piedi e avvicinato a una ringhiera vicina a lui.
«Ricordi quando ti ho detto che il Tardis viaggia tranquillamente? Ecco, ricorda: il Dottore mente sempre. Questo viaggio sarà assai turbolento: dobbiamo attraversare un punto fisso della storia che riguarda te e, come se non bastasse, dobbiamo oltrepassare gli invalicabili confini della scuola di magia e stregoneria più famosa d’Europa!» e così dicendo strinse anche lui la presa alla ringhiera che circondava il tubo centrale e i suoi aggeggi.
«GERONIMO!» gridò l’uomo prima di ritrovarsi sbalzato da una parte all’altra insieme al compagno.
Passati i dieci minuti peggiori della sua vita, Harry riuscì a mettere i piedi a terra con il pranzo che saliva pericolosamente in bocca.
«Miseriaccia, sto per rimettere!» esclamò il ragazzo.
Il Dottore si allarmò all’istante «Oh ti prego, vai fuori e non mi rovinare il pavimento!» disse mentre lo accompagnava correndo alla porta, spalancandogliela per permettergli di uscire più velocemente.
Lo spettacolo che si parò di fronte fece spalancare la bocca a Harry, e non per rimettere ma semplicemente per lo stupore, la gioia e l’incredulità. Era tutto vero, tutto meravigliosamente vero.
«Per gli slip di Merlino» sussurrò Harry guardando intorno a lui con occhi spalancati e ricolmi di lacrime.
Il Dottore lo affiancò e si guardò intorno «Però, dall’esterno sembra molto più piccola. Questa scuola è..» iniziò a dire prima di essere interrotto da Harry.
«Più grande all’interno sì, ti ci abituerai!» gli fece il verso.
L’uomo si accigliò «In realtà stavo per dire molto antica e intrisa di magia, ma va bene lo stesso» rispose battendogli una pacca sulla spalla per poi osservare il religioso silenzio che li circondava.
La sala grande, quel freddo sabato 10 Gennaio 1977 era diventata improvvisamente all’erta sentendo uno strano rumore provenire tra il tavolo dei Tassorosso e dei Grifondoro. L’improvvisa apparizione di una cabina telefonica della polizia babbana (per coloro che la riconoscevano) poi, aveva fatto ammutolire centinaia di studenti come nessun insegnante o preside era riuscito a fare prima. La vista di due persone uscire da quella cabina aveva reso increduli ancora di più i ragazzi che osservavano con sbalordimento il primo ad essere uscito dalla cabina, che aveva una somiglianza impressionante con il capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro. James Potter.
Un improvviso chiacchiericcio fitto si levò nella sala, che commentava l’avvenimento quando, una voce femminile particolarmente familiare ad Harry si levò sopra tutte facendo battere il cuore nel petto del ragazzo come le ali di un ippogrifo impazzito.
«Potter! E questo come lo spieghi? Mi avevi promesso niente più Malandrinate a Natale!»
Il Prescelto si girò di scatto al suono del suo cognome, trovando poco più in là una ragazza dai folti e mossi capelli rossi che fulminava con due occhi incredibilmente verdi il compagno che cenava davanti a lui.
James guardò Lily Evans con la bocca aperta, per poi rivolgere nuovamente lo sguardo a Harry e girarsi ancora verso la rossa ragazza.
«Io.. io non ne ho la più pallida idea!» esclamò sinceramente lui.                                                        «Non so neanche da dove spunta fuori, per quanto mi riguarda, potrebbe essere un Mangiamorte con le mie sembianze!» continuò per difendersi. A quelle parole, che tutti gli studenti avevano ascoltato, alcuni deboli forme d’incantesimi quali Expelliarmus e Stupeficium si diressero verso Harry e il Dottore. Il Bambino Sopravvissuto alzò svogliatamente la bacchetta e le fatture si dissolsero prima ancora di avvicinarsi ai due.
«Allora, calmiamo un po’ i bollenti spiriti» disse semplicemente il ragazzo, rivolto a tutti.
Il cuore batteva all’impazzata, minacciando di esplodergli in gola da un momento all’altro. Davanti a lui c’erano i suoi genitori, poco più piccoli di qualche anno, in carne e ossa. Perso nelle sue emozioni, il ragazzo non notò il suo defunto preside alzarsi dalla sedia e guardarlo severamente.
«E’ lei chi è, giovanotto, per dire ai miei studenti cosa fare o cosa non fare?» chiese.
Harry rimase pietrificato sul posto. Poter fissare nuovamente lo sguardo in quegli occhi celesti che l’avevano accompagnato per anni, gli donò un’ulteriore fitta allo stomaco e gli tolse la parola. Fortunatamente il Dottore che era rimasto per tutto quel tempo in silenzio al suo fianco si fece avanti e sorrise amichevolmente al preside, allargando le braccia.
«Albus!» esclamò lui gioviale.
L’uomo lo riconobbe subito e lasciò il suo posto dietro il tavolo degli insegnanti per dirigersi verso gli ospiti.
«Dottore!» disse avvicinandosi a lui e abbracciandolo con entusiasmo.
«Sapevo che saresti tornato a trovarmi, prima o poi» gli disse dopo averlo salutato.
Il Dottore gli batté una pacca sulla spalla, dimostrando una confidenza che sembrò quasi sacrilega a tutti i presenti nella sala grande.
«Ho tanto di quel tempo che non puoi neanche immaginare, mi sembrava doveroso fare un salto da un vecchio amico» rispose «E in più, ho portato un baldo giovane a farmi compagnia».
Il preside fissò Harry negli occhi. Verde contro azzurro.
«Sai ragazzo, credo che dovrai spiegarmi un po’ di cose, più tardi. Adesso venite e sedetevi, prendete qualcosa da mangiare, sarete affamati!» e così dicendo l’anziano mago li guidò verso il tavolo degli insegnanti dove fece apparire due sedie per gli ospiti che si accomodarono, per poi rivolgersi all’intera folla confusa di studenti.
«Cari, carissimi studenti, come avete potuto notare tutti, due persone sono venute a trovarci questa sera ed io stesso posso confermare la loro affidabilità. Quest’uomo» disse indicando il Signore del tempo «è il Dottore, un amico di vecchia data che è tornato dopo molto tempo. Se c’è qualcuno di voi che sta dubitando delle difese di Hogwarts, lo capisco, ma vi assicuro che le nostre protezioni sono impenetrabili da forze oscure ed esterne. Il motivo per cui il Dottore è riuscito ad entrare è che lui è una delle persone più potenti che vivano sulla terra. Lord Voldemort non potrebbe riuscire a manifestarsi in mezzo alla Sala Grande come lui neanche se volesse, potete dormire tranquilli per questa notte e per tutte le altre notti che seguiranno la vostra permanenza qui a scuola!» e così dicendo ritornò al suo posto, evitando di far caso al brivido che aveva scosso la scuola al nome del Signore Oscuro. Voldemort era diventato un incubo così oscuro che persino la pronuncia del suo nome scatenava ansia e terrore nei cuori di tutti quelli che non sostenevano le sue folli idee di purezza del sangue.
Il Dottore passò il resto della cena a chiacchierare con il preside, raccontando aneddoti e avventure vissute dall’ultima volta che si erano incontrati. Harry invece non aveva toccato cibo, lo stomaco ancora provato dal viaggio nel Tempo, e aveva trascorso il tempo a fissare con insistenza il tavolo di Grifondoro. Due persone in particolare erano al centro delle sue attenzioni. Lily Evans e James Potter.
Sua madre era davvero bella come dicevano e non gli risultò difficile immaginare perché suo padre e Severus Piton si fossero innamorati di quella ragazza. I capelli le ricadevano sul viso mentre mangiava, la fronte si aggrottava in maniera buffa mentre parlava animatamente con la vicina. Le efelidi che cospargevano il naso e gli zigomi le donavano un’area di dolcezza. Gli occhi verdi, uguali ai suoi, illuminavano chiunque li incontrasse.
James Potter invece era la sua fotocopia tranne per qualche tratto. I capelli scuri erano sparati in tutte le direzioni, aiutati anche dalle sue mani, che salivano spesso a scompigliarli. Gli occhiali squadrati donavano alla sua faccia sottile un’aria da intellettuale e circondavano gli occhi di un caldo nocciola.
Al tavolo rosso e oro intanto un Malandrino di nome Sirius Black osservava con lo stesse interesse il nuovo arrivato, trovando incredibile e impossibile l’eccessiva somiglianza con il suo migliore amico, Ramoso. Tutto nei due era uguale, a eccezione degli occhi, di un verde così incredibile che solo in una persona aveva riscontrato,  Lily Evans. Notando lo sguardo del ragazzo sconosciuto, concentrato su James e la rossa compagna di casata Sirius sussurrò all’orecchio dell’amico.
«Ramoso, io starei attento. Hai notato come quello sta mangiando con gli occhi la tua ragazza?» disse indicando Harry con un cenno del capo.
James e Lily non erano fidanzati ma il capitano di Quidditch riteneva già sua la compagna di casa di cui era innamorato. Aveva passato i primi cinque anni prendendola in giro, facendole scherzi e cercando di attirare in modo infantile la sua attenzione. L’anno successivo aveva capito che il motivo per cui cercava di essere sempre sotto gli occhi della rossa era ben diverso da quello che credeva. Aveva capito che lo strano vuoto allo stomaco che provava sempre in sua presenza non era mal di pancia, ma qualcosa di ben diverso e di molto più pericoloso. Era stato strano come il suo migliore amico, per nulla interessato da faccende “stupide” come quelle di cuore l’aveva preso per le spalle e gli aveva sbattuto in faccia la realtà che lui non riusciva a cogliere. Era innamorato di Lily Evans. Ed era anche un caso perso, visto e considerato la poca attenzione che il prefetto gli rivolgeva. All’inizio dell’ultimo anno James era completamente cambiato. La morte del padre quell’estate e l’incidente di sua madre, durante una missione nel dipartimento Auror avevano inculcato nel cervello del ragazzo qualcosa di diverso dall’importanza di fare scherzi o lanciare incantesimi su chiunque gli si avvicinasse. Per la prima volta aveva capito quanto seria fosse la guerra che impazzava fuori e lo aveva scoperto nel peggiore dei modi, perdendo un genitore. Le sue priorità quindi quell’ultimo anno erano diventate uscire con il massimo dei voti per entrare nell’accademia Auror e dare una svolta alla guerra che lo aveva stravolto interiormente. Tutti quindi avevano potuto notare come l’ex combina guai più famoso del castello aveva abbassato la cresta e dato importanza a cose serie. Tutti l’avevano notato, persino Lily Evans che aveva trovato stupefacente quanto fosse semplice parlare con il capitano di Quidditch quando non era impegnato ad auto compiacersi o a schiantare qualche altro studente. Erano diventate sempre di più quindi le volte in cui si potevano trovare i due a parlare pacificamente, senza la voglia di uccidersi l’un l’altro e, forse, l’elettricità che si avvertiva quando erano vicini, non era solo voglia di omicidio, ma qualcosa di diverso e di altrettanto pericoloso. Qualcosa che scalda i cuori e arrossa le guance. Lily Evans, dopo aver passato le vacanze Natalizie metà con i suoi genitori e metà con i suoi compagni del settimo anno era riuscita a far promettere a James che quell’anno si sarebbe compiuto senza più Malandrinate. Il ragazzo non era sicuro di riuscire a mantenere la promessa, ma sicuramente si sarebbe impegnato.
Così, quando il suo migliore amico gli aveva fatto notare l’insistente sguardo che il ragazzo sconosciuto rivolgeva a Lily s’innervosì particolarmente.
«Eih Evans, hai fatto conquiste!» si rivolse alla rossa.
Lily si girò verso James «Che intendi Potter?» chiese stupita.
Il ragazzo rise «Non hai notato come quello strano tipo ti fissa? Non fa altro da mezz’ora» la avvisò.
L’ex prefetto si girò verso il tavolo degli insegnanti e trovò due occhi verdi, straordinariamente familiari, a guardarla. Ricambiando lo sguardo dello strano sconosciuto Lily aggrottò la fronte. C’era qualcosa d’insolito nell’ospite di Silente, qualcosa che l’attraeva e al tempo stesso la impauriva.
Harry abbassò lo sguardo arrossendo e rivolgendo la sua attenzione al piatto pieno di zuppa che aveva di fronte.
«Non lo trovate strano voi? Due persone si smaterializzano al centro della Sala Grande e uno dei due è la copia sputata di James, anzi, lui è molto più carino. C’è qualcosa sotto secondo me» disse la rossa agli amici che erano seduti vicino a lei.
Il capitano si strozzò col suo succo di zucca «Cosa? Quello non è più bello di me!» disse gesticolando e agitandosi tutto.
Lily scosse il capo e alzò gli occhi al cielo tempestoso che era il soffitto.
«Si James, certo James. Io salgo sopra, ragazze voi venite?» disse alzandosi insieme ad altre tre ragazze.
Dall’altro lato della Sala una mora Serpeverde si alzò e raggiunse le Grifondoro fuori dalla grande porta.
*
Finita la cena, il preside Silente invitò il Dottore e Harry nel suo ufficio per parlare.
Sotto lo sguardo stupito dei suoi amici anche un confuso James Potter fu richiamato dal preside insieme ai due.
Una volta saliti sulla scala protetta dal Gargoyle (“Topoghiacci” era la parola d’ordine), Silente si accomodò dietro la sua scrivania ed evocò tre sedie per gli ospiti.
Padre e figlio si scrutarono a lungo prima che il preside parlasse.
«Signor Potter, deve dirmi qualche cosa?» chiese Silente.
Harry e James sollevarono simultaneamente la schiena dalla scrivania, iniziando a muovere le mani, agitati «Vede Preside..» dissero contemporaneamente.
James si accigliò e si rivolse al giovane Auror «Eih, ha chiamato me!» lo accusò.
Harry arrossì visibilmente e abbassò lo sguardo «Oh si, emh, giusto. Scusa, parla». Disse, timoroso di aver combinato un disastro.
«Vede preside, io non ho la più pallida idea di ciò che è successo e di chi sia questo ragazzo» disse indicando il Prescelto.
Il Dottore allora sorrise e si intromise nella conversazione, per salvare la situazione confusa che si stava creando.
«Albus, Albus, sta tranquillo. Il giovane James Potter non c’entra assolutamente niente con il nostro arrivo. Credo quindi che possa ritornare tranquillamente dai suoi amici» disse. Il preside, credendo al Signore del Tempo congedò il capitano della squadra di Grifondoro che uscì chiudendosi la porta alle spalle e rimanendo nel pianerottolo per cercare di origliare qualcosa.
Silente si rivolse quindi all’uomo «Allora Dottore, dimmi un po’, a cosa devo questa gioiosa visita?» chiese sorridente.
Il Signore del Tempo si rivolse al Prescelto «Vedi Harry, credo sia arrivato il momento di raccontare cosa ci facciamo qui. Ovviamente niente spoiler sul futuro di tutti, racconta in sommi capi» lo invitò.
Harry passò nervosamente le mani sui jeans scuri, in preda al panico. Cosa avrebbe dovuto dire? E se si fosse lasciato scappare qualche importante notizia? Ansiosamente il ragazzo iniziò a parlare. «Emh, allora, salve professore. Il mio nome è Harry…»
Il preside lo interruppe bruscamente con una mano e rivelando con la bacchetta un James dietro la porta disse «Signor Potter, potrebbe cortesemente ritornare al suo dormitorio?» e dopo che il ragazzo si fu scusato e allontanato fece segno ad Harry di continuare. «Ecco, si, sono Harry Potter e vengo da, beh, dal futuro. Precisamente dall’anno 2000. Vede, nel mio tempo la guerra è ormai finita ma ha avuto numerose vittime tra cui i miei genitori, James Potter e Lily Evans ed io ho il desiderio di conoscerli meglio, ovviamente senza alterare in alcuna maniera il corso delle cose. Per questo mi aiuterà il Dottore, vero?» chiese, timoroso di aver detto qualcosa di troppo.
«Perfetto Harry, sei stato perfetto. Ebbene Albus, il mio compito qui è proprio questo, accompagnare il mio giovane amico alla scoperta dei suoi genitori. Ora, la domanda è: ci permetterai di rimanere qui per un po’ di tempo?» chiese al preside.
Silente, sfiorandosi la lunga barba, si prese del tempo per rispondere. «Beh, ti devo un favore e quindi ospitarti qui mi sembra il minimo. Ma prima vorrei chiederti una cosa, domande di protocollo, come sai bene. Qual è stata la prima volta che ci siamo incontrati?» chiese con fare serio all’ospite.
Il Dottore sorrise, capiva la diffidenza del preside. Salvaguardare i suoi studenti era il suo compito e, in tempi di guerra, era un obbligo controllare l’identità e l’affidabilità di tutti.
«1892 caro, ti ho aiutato con la scoperta del dodicesimo uso del Sangue di Drago» rispose semplicemente.
Silente sorrise «Eccellente Dottore, eccellente! Ora, Signor Potter, trovo la sua richiesta davvero molto dolce e interessante e voglio aiutarla. Per questo credo che il modo migliore per stringere amicizia con i suoi genitori sia farlo da alunno. Cosa ne dice se venisse smistato nuovamente in questa scuola?» chiese il preside.
Harry s’illuminò, la sua collaborazione così stretta era più di quello che poteva immaginare e accettò immediatamente. Sarebbe stato bello tornare, anche se solo per pochi mesi, tra i banchi di Hogwarts e recuperare il settimo anno che non aveva mai frequentato.
L’anziano mago allora si alzò per congedarli e mostrargli delle stanze dove avrebbero potuto soggiornare prima dello smistamento di Harry.
«Oh, l’avevo detto io che Potter sarebbe riuscito a conquistare la signorina Evans» disse ridendo.
«Davvero? Mi hanno detto che da giovani non andavano molto d’accordo» rispose stupito Harry.
«Devi sapere caro Harry, che i litigi tra quei due sono i più famosi qui ad Hogwarts, quasi meglio di assistere ad una partita di Quidditch. James però è maturato, la morte di suo padre l’ha molto toccato e lo vedo più desideroso di rendersi utile. Questo ovviamente deve averlo notato anche Lily che sembra aver rivalutato il suo giovane padre. Ah, essere giovani e sentire il morso travolgente dell’amore! Quei due sono così visibilmente innamorati l’uno dell’altra che stupisco di come non l’abbiano ancora capito.» sorrise. Harry si avvicinò alla porta quando questa fu spalancata da una furente professoressa McGranitt.
«Professor Silente, posso sapere cosa sta succedendo? Chi sono questi uomini? » chiese.
Il fatto che due giovani erano riusciti a penetrare le difese del castello con facilità l’aveva scossa non poco e ricevere delle informazioni sugli sconosciuti le sembravano il minimo che il preside potesse fare.
«Minerva, stia tranquilla, nessuno è in pericolo» iniziò, intuendo i timori della professoressa di Trasfigurazione.
«Si ricorda del mio amico, il Dottore? Devo avergliene parlato una volta» chiese.
La donna aggrottò la fronte cercando di ricordare «L’uomo in grado di viaggiare nel Tempo e nello Spazio?» chiese titubante.
«Proprio lui!» sorrise Silente «Vede, questa volta ha portato con sé un amico, Harry, un ragazzo orfano che vorrebbe conoscere di più i suoi genitori» le spiegò brevemente.
«I suoi genitori? Ma preside, questo ragazzo è la copia identica di James Potter e..»
«Non le ricorda nessun altro, Minerva?»
Un lampo di comprensione attraversò il volto della professoressa.
«I suoi occhi.. verdi, come quelli di.. per Merlino. È il figlio di Lily e James!»
Harry sorrise timidamente offrendo la mano destra «Molto piacere, sono Harry Potter»
La donna fissava il vuoto davanti a sé «Io.. non credo che Hogwarts riuscirà a sopportare due Potter contemporaneamente» disse, il terrore nella voce.
«Non si preoccupi, mi hanno detto che caratterialmente sono tutto mia madre!» cercò di rassicurarla.
Lei lo guardò spaesata negli occhi e, per la prima e ultima volta in vita sua, Harry vide la McGranitt svenire.

 
 
 
 
 
Betabi’s Corner
Eihlà! Sì, so che avevo promesso di aggiornare una volta alla settimana ma il mio computer mi ha lasciato e io non avevo neanche finito si salvare tutti i documenti. Il capitolo che era già a metà è così andato perso e mi sono dovuta mettere di santa pazienza per riscriverlo. Inoltre, stasera parto per Dublino e tornerò tra 15 giorni. Capirete che ho avuto un po’ di cose da fare e per questo non ho risposto alle 7, e dico 7, bellissime recensioni che sono arrivate! Spero di essere all’altezza delle aspettative.
Sul capitolo non c’è molto da dire: Harry e il Dottore arrivano a Hogwarts sotto lo sguardo stupito di tutti gli studenti e, soprattutto, di Lily che crede che sia uno scherzo organizzato da James. La situazione tra i due è stabile, non sono proprio amici ma riescono a parlare civilmente e il capitano è già cotto della rossa. Ne vedremo delle belle.
Detto questo conto di aggiornare prima del 7 agosto, partenze permettendo.
Grazie di cuore a chi ha aggiunto questa storia nelle preferite/seguite e a chi ha recensito o recensirà. Per me è davvero importante.
Nel prossimo capitolo aggiungerò i presta volto (per ora sono sicura solo su Karen Gillan e Andrew Garfield).
Ah, inoltre mi servirebbe un banner per la storia, c’è qualche anima pia disposta ad aiutarmi?
Vi mando un bacio dall’Irlanda
Salut.

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Capitolo 3
*** Cappelli Parlanti e nuove conoscenze ***


How I met my mother




 
  • Cappelli Parlanti e nuove conoscenze
 
Lily e le sue quattro amiche si ritrovarono nel salone d’ingresso, dirette verso le scale.
«Ma come ha fatto? Che incantesimo avrà usato?» chiese la rossa, più a se stessa che alle altre, in cerca di una risposta logica al grumo di domande e pensieri incoerenti che le si erano formati in testa alla vista della cabina telefonica della polizia che aveva sputato fuori quelle due persone. L’amico di Silente e il clone di James Potter. Per di più, ad avvalere la sua tesi sulla colpevolezza del Capitano di Grifondoro c’era il fatto che, quando il preside aveva invitato i due nuovi arrivati nel suo ufficio aveva richiamato anche Potter, con un’espressione indefinibile. Doveva aver per forza combinato qualcosa e, questo fatto, più che stupirla (giacché far entrare due estranei dal nulla, nella Sala Grande era impossibile) l’aveva ferita. Credeva che James fosse cambiato in quei mesi. L’anno dei M.A.G.O. era iniziato già da un po’ e lei non aveva ricevuto più neanche un suo invito per Hogsmeade, né imbarazzanti dichiarazioni di amore imperituro, né improvvisi abbracci, pedinamenti nei corridoi, nei bagni, “accidentali” toccatine, sguardi di fuoco, parole allusive. Al posto del solito ragazzo arrogante che credeva di conoscere aveva scoperto una personalità d’oro, fatta di positività, grinta e un inguaribile amore verso gli amici, cui avrebbe affidato la sua stessa vita. Aveva scoperto così com’era facile parlare con James di argomenti che stavano a cuore a entrambi, scherzare per qualche Serpeverde un po’ tonto, ridere per le sue battute fresche e mai volgari, che avevano la capacità di far tornare il sorriso a chiunque. Aveva notato il suo sguardo acceso e caparbio quando si parlava degli esami e della vita fuori da Hogwarts, la vita che lui voleva dedicare, da Auror, a combattere la guerra folle che impazzava dietro le mura del Castello.  Per questo, dopo che lui, qualche settimana prima le aveva promesso di non combinare più guai (anche se un sorriso malizioso gli aveva increspato le labbra piene), credeva di potersi, almeno in parte, fidare. La convinzione che la colpa dell’entrata dei due estranei fosse sue l’aveva ferita, aveva ferito la sua fiducia e l’immagine che ormai si era fatta di James.                                      
Forse, non era mai cambiato.
«Cos’hai detto, rossa?» chiese Marlene, l’unica Serpeverde che avesse un cervello sano, che condivideva le loro idee ed era amica con le Grifondoro da più di sette anni. Era stato Severus a presentare Marlene a Lily, perché la trovava intelligente come loro e, adesso che avevano litigato, a distanza di due anni, la giovane Serpeverde era tutto ciò che gli ricordava il suo migliore amico, l’unica cosa buona che le avesse fatto. Nonostante fosse una ragazza coraggiosa e molto altruista il Cappello Parlante l’aveva smistata nella casa verde e argento, poiché aveva visto in lei l’astuzia, l’intraprendenza, l’ambizione che contraddistinguevano gli studenti di quella casa. A lei non era dispiaciuto per niente (a parte per i compagni, un po’ troppo fomentati da Lord Voldemort), nonostante fosse l’unica Serpe in una famiglia di Grifoni, poiché aveva mantenuto intatti i suoi valori e il suo credo, senza lasciarsi scalfire dalle idee razziste che aleggiavano nella sua Casata.
Lily si riscosse dai suoi pensieri «Niente, pensavo ad alta voce» si schernì, ma la mora Serpeverde non ci cascò.
«Tu credi che Potter abbia fatto entrare quei due qua dentro, nonostante ti avesse fatto una promessa. È vero?» le chiese, guardandola negli occhi. A volte la ragazza si chiedeva se Marlene non fosse una legilimens, riusciva sempre a capire cosa le passasse per la mente.
«S-si» ammise, a testa bassa.
«E, di grazia, mi spieghi come diavolo può aver fatto? Le difese sono impenetrabili, neanche il grande James Potter potrebbe esserci riuscito, lo sai bene»
«Forse hai ragione» concordò con lei.
«Ma certo che ho ragione!» la prese per le spalle «Senti, James è un bravo ragazzo, nonostante a volte si comporti da idiota, e io credo a quello che ci ha detto Silente riguardo a quei due».
Lily la guardò negli occhi «Ma il preside l’ha richiamato nel suo ufficio!» disse, dando sfogo ai suoi turbamenti.
«E ci credo, sono due gocce d’acqua, come pretendi che non si sia insospettito? Vuoi sapere la verità Lily Evans? Allora va a parlare con quel dannato ragazzo appena torna nella vostra Sala Comune!» le disse per poi congedarsi, dicendo di avere dei compiti da finire.
Neanche ad averlo chiamato con un incantesimo di Appello, le ragazze videro correre James Potter per le scale, chiamando il nome della rossa Caposcuola.
«Ah, sono passati i tempi in cui Frank mi rincorreva ovunque!» disse Alice con aria sognante, prima di tirarsi via le altre compagne ridendo e lasciando Lily da sola con il Capitano.
«Li - Lily» riuscì a pronunciare il ragazzo, il fiatone che gli impediva di respirare con calma.
«Tutti quegli allenamenti a Quidditch e non riesci a fare una scala di corsa?» gli chiese per poi aggiungere «Comunque sto andando in Sala Comune, ho una certa fretta» nelle sue parole un tono di delusione.
James le prese il polso prima che la ragazza si girasse «Aspetta!» la chiamò.
«Io, volevo, beh non so, spiegarmi, scusarmi, anche se non ho fatto niente. È solo che …» cominciò a farfugliare. Perché la vicinanza di quella riccioluta ragazza dai capelli rossi lo mandava nel panico? Perché solo con lei in quegli ultimi mesi non riusciva a parlare come una persona normodotata? Perché gli ippogrifi nel suo stomaco decidevano di alzarsi in volo tutti insieme quando i suoi occhi nocciola incontravano lo smeraldo di quelli della ragazza?
«Lascia stare Potter, non c’è bisogno di aggiungere niente» gli rispose, nei suoi occhi si leggeva che era ferita.
«No». Disse. Il tono di voce, questa volta, fermo e deciso. «Mi dispiace che tu abbia dubitato di me ma, credimi, ti ho fatto una promessa e vi manterrò fede. Sono un uomo di parola lo sai e non voglio che la tua fiducia verso di me sia stata compromessa per qualcosa di cui non ho colpa» iniziò a dire.
«Credimi se ti dico che, quando quella spece di cabina si è smaterializzata in sala grande sono stato tanto confuso quanto te, anzi, forse di più visto che uno dei due uomini è la mia copia. Silente mi ha richiamato perché, come te, credeva che potessi aver combinato qualcosa. Ma come avrei potuto far arrivare qualcuno qui, con tutti gli incantesimi difensivi? Neanche quel pazzo di Voldemort ci sarebbe riuscito! Nell’ufficio, dopo che il più grande dei due, mi sembra che ha detto di chiamarsi Dottore, ha confermato che io non avevo fatto niente, il preside mi ha fatto uscire. Ho provato a origliare ma sono stato sgamato» Lily qui fece una smorfia di disappunto.
«Vabbè sì, quello che voglio dire è che, questa volta, io non ho fatto niente e spero che tu voglia credermi».
La mano di James era ancora stretta attorno al polso di Lily ma il suo tocco era delicato, quasi avesse paura di romperla, spezzarla, come se fosse fatta di carta. Quel piccolo lembo di pelle che li univa era capace di far battere il cuore nel petto di James, furioso come un centauro mentre Lily, le guance arrossate, sentiva dei brividi freddi correrle lungo la schiena. Ed era sicura che non avessero niente a che fare con l’ aria invernale.
La Caposcuola lo guardò e sorrise. Come aveva fatto tutti quegli anni ad arrabbiarsi con lui?si chiese, ora non riuscirei a tenergli il broncio neanche volendo.
«Purtroppo ti credo, brutto idiota che non sei altro» lo canzonò, il sorriso ancora sulle labbra.
«La tua fiducia è importante per me» disse sinceramente, con tono serio e Lily non poté fare a meno di arrossire.
«Che dici, saliamo in Sala Comune?» chiese gentile per cambiare discorso.
«Con te andrei anche all’inferno» le disse, ridacchiando.
I due s’incamminarono per le scale insieme, chiacchierando sulla novità che avrebbe fatto discutere per un po’ tutti gli studenti del castello.
 
 
Un raggio di sole particolarmente alto, dimostrazione lampante del mezzogiorno che incalzava, svegliò delicatamente Harry da un bellissimo sonno, il primo dopo tanto tempo.
Stiracchiandosi i muscoli sotto le lenzuola, il prescelto focalizzò il luogo in cui si trovava, una stanza addobbata semplicemente da due letti, probabilmente destinata a qualche professore, e realizzò quanto successo il giorno prima. La realtà, i ricordi, le sensazioni vissute lo travolsero come un’onda, affogandolo nel mare della consapevolezza che segue il risveglio da un lungo sonno. Alzatosi, ispezionò la stanza di cui non ricordava niente. Il preside aveva guidato lui e il Dottore al terzo piano e poi in un corridoio secondario dove, diversi angoli girati dopo, aveva mostrato loro il vecchio ufficio e, da lì, la porta per la stanza da letto e il bagno personale. Da quel momento in poi i ricordi erano sfocati, ricordava di essere tremendamente stanco e l’ultima cosa che aveva visto era il suo accompagnatore intento a girare per la stanza, scandagliando e osservando tutto con un’attenzione quasi maniacale. La notte era così passata senza un risveglio o un’interruzione al suo sonno. Per la prima volta da quelli che gli sembrarono anni, aveva fatto una dormita come Godric comanda, sentendosi riposato e pieno di energie.
Alzandosi dal letto il prescelto notò quello occupato accanto a lui. Sotto un groviglio complicato di coperte spuntava il ciuffo rigoglioso di capelli del Dottore e la sua bocca aperta che respirava rumorosamente. Accanto al baldacchino si era smaterializzato il Tardis, in tutto il suo blu.
Harry camminò in punta di piedi per raggiungere il bagno senza svegliare il compagno di stanza ma, quando uscì profumato e pulito, notò che l’uomo era sveglio e pimpante, pronto per vivere pienamente un’altra giornata.
«Buongiorno compagno di viaggio!» esclamò allegro il Dottore prima di catapultarsi in bagno lasciando un Harry stordito avvicinarsi al letto. Ai piedi del mobile vi erano i vestiti che aveva utilizzato il giorno prima lavati e stirati, probabilmente una gentile concessione degli elfi domestici. Per non dover camminare in mutande per tutta Hogwarts decise di vestirsi e, mentre infilava una Converse nera al piede sinistro, il Signore del Tempo uscì dal bagno già vestito e si avvicinò al Prescelto, mettendogli fretta.
«Forza scansafatiche, dobbiamo visitare Hogwarts!» gli trillò nell’orecchio, visibilmente eccitato all’idea di poter finalmente girare libero per i corridoi di quell’antica scuola senza essere disturbato. Dopo tutto era domenica, nessuno avrebbe prestato caso a loro due, pensò.
Usciti dalla stanza Harry indirizzò l’uomo verso la Sala Grande, dove era appena iniziato il pranzo, avevano tutto un pomeriggio per esplorare il castello.
Il loro ingresso nella sala fu teatrale come quello del giorno prima. Il chiacchiericcio allegro si spense all’istante e tutte le teste si voltarono a guardarli mentre i due si dirigevano al tavolo degli insegnanti, verso Silente. Harry vide di sfuggita sua madre voltare la faccia a James, prima di accomodarsi sulle sedie imbottite del tavolo e prendere un’abbondante porzione di uova e pancetta, pane, salsiccia, zuppa e ogni pietanza che gli passava sotto il naso.
Il Dottore invece non toccò cibo e, anzi, lo vide sussurrare qualcosa nell’orecchio del Preside che sorrise, prima di veder apparire davanti ai due uomini un enorme piatto di bastoncini di pesce e una ciotola stracolma di crema. Il Bambino Sopravvissuto vide l’alieno mangiare le due pietanze insieme e non poté fare a meno di pensare che il suo accompagnatore dovesse essere pazzo. Geniale certo, ma completamente pazzo.
Finito l’abbondante pranzo il Dottore si avvicinò di corsa al ragazzo, un sorriso da bambino stampato in volto. «Allora Harry, dove mi porti? Che mi fai vedere? E' vero che c’è un albero in giardino che cerca di uccidere chiunque gli si avvicini?» disse, gli occhi spruzzati di un entusiasmo contagioso che Harry non si sentì di smontare e decise così di essere a sua completa disposizione per la visita turistica di Hogwarts e dintorni. Poiché il sole sarebbe rimasto ancora per poche ore alto nel cielo, il Prescelto decise di iniziare con l’esterno. Passeggiando mostrò al Dottore gli sconfinati giardini che terminavano con il perimetro della Foresta Proibita. Continuando a camminare, mentre raccontava storie sugli animali che popolavano quegli scuri alberi, Harry gli mostrò la casetta di Hagrid, l’imponente campo di Quidditch, le serre di Erbologia, la rimessa delle barche e il ponte che portava a scuola. L’uomo ascoltava tutto rapito, il naso al cielo mentre cercava di osservare tutto, scansionando di tanto in tanto qualcosa con il suo cacciavite sonico per poi sorridere complice a se stesso nel leggere il risultato della sua ricerca. Finito il giro esterno e calato il sole, il ragazzo condusse l’uomo in ogni piano del castello, cercando di trapassargli quante più informazioni possibili. Gli mostrò il bagno di Mirtilla e l’accesso alla Camera dei Segreti, le aule in cui aveva studiato, i passaggi segreti e i quadri più cordiali, l’accesso alle varie Sale Comuni, l’entrata della cucina, la biblioteca, l’infermeria, la Torre di Grifondoro e quella di Astronomia per poi finire con la stanza delle Necessità e scendere alla volta dei Sotterranei.
Harry non sapeva bene cosa aspettarsi da quel luogo. A lui non erano mai piaciuti e per di più
in quel  periodo traboccavano di neo Mangiamorte e futuri assassini. Nonostante ciò il ragazzo condusse lo stesso il Dottore al piano più basso e, mentre gli mostrava l’aula di pozioni, una voce dura lo interruppe.
«Sembra che tu conosca bene questo castello, Potter 2» disse un ragazzo ben piazzato, dai mossi capelli neri che lo fissava truce, dimostrando di essere il Mangiamorte Mulciber, qualche anno di meno.
«Non mi chiamo Potter» ci tenne a precisare Harry, cercando di sviare i sospetti il più presto possibile.
«Ma non hai negato di conoscere a fondo il castello» lo incalzò Serpeverde mentre veniva affiancato da altri compagni di casa tra i quali Harry riconobbe Severus Piton e un giovane Regulus Black.
«Ci sono molto libri che parlano della tua scuola, per quanto mi riguarda potrei aver benissimo letto in giro» gli rispose. Poi, cercando di allontanarsi dai Sotterranei e da quell’aria di rissa, aggiunse «Mi dispiace ma dobbiamo proprio andare, ci si vede».
La fortuna però non era dalla parte dei nuovi arrivati, poiché furono fermati dai Serpeverde.
«Perché tutta questa fretta? Vogliamo solo conoscervi, non sappiamo neanche come vi chiamate!» disse Regulus, afferrando Harry per un braccio.
Il Dottore s’intromise nella conversazione «Allora, tanto piacere» disse stringendo la mano a un confuso Black e agli altri ragazzi «Io sono il Dottore e lui è Harry...» disse esitando
«Harry?» chiese Mulciber, fremendo di curiosità, una luce malvagia negli occhi.
«Pond. Harry Pond. Direttamente da Edimburgo, già» disse l’uomo dai due cuori, affibbiando ad Harry il primo cognome che gli venne in mente. Quello dei coniugi Pond. I suoi adorati compagni.
Prima che qualcun altro riuscisse ad aprire bocca una fenice argentata si librò in volo nel corridoio per fermarsi davanti al Prescelto e aprire il becco, parlando con la stessa voce del Preside «Dottore, Harry, vi invito a passare nel mio ufficio prima di recarvi in Sala Grande per la cena. Ci sono diverse cose di cui dobbiamo discutere» e così dicendo si dissolse nell’aria.
Il Signore del Tempo prese al volo il cacciavite e scandagliò l’aria, dove prima vi era il Patronus di Silente.
«Per tutti i Dalek, quello era un Incanto Patronus, Harry? Ho sempre voluto vederne uno corporeo!» confessò entusiasmato.
«Dalek? Cos’è un Dalek?» chiese Piton confuso.
Il ragazzo però colse l’occasione al volo per allontanarsi dai Sotterranei.
«Dottore, ha sentito il preside? Dobbiamo andare a parlargli!» e così dicendo s’incammino verso le scale, l’uomo al suo fianco «E’ stato un piacere conoscere voi.. umani!» salutò, non conoscendo i loro nomi e lasciando i Serpeverde a guardarsi confusi negli occhi.
 
Arrivati davanti all’ufficio di Silente i due si resero conto di non conoscere la parola d’ordine per far muovere il Gargoyle di pietra.
«O Merlino, quale sarà adesso?» chiese Harry dando un leggero calcio verso il muro.
«Cioccorane» disse rivolto alla statua, che rimase immobile.
«Api Frizzole» riprovò. Niente.
«Topoghiacci, bolle bollenti, sorbetto al limone, gelatine tutti i gusti+1, Pallini Acidi, Cioccalderoni, Bacchette di Liquirizia!» Harry provò innumerevoli nomi di dolci ma nessuno di questi corrispondeva.
Il Dottore, come destatosi da una trance improvvisa, esclamò «Soufflé al cioccolato!»
Il Gargoyle di pietra ruotò su se stesso sotto lo sguardo sbigottito di Harry che si rivolse all’uomo ancora con la bocca spalancata «Ma come hai fatto?» chiese.
Il Dottore sorrise, salendo le scale che portavano all’ufficio del preside.
«900 anni di esperienza, caro mio» disse, aprendo subito dopo la porta, senza prendersi il lusso di bussare.
«Dottore, Harry, accomodatevi!» invitò l’anziano preside. Il Signore del Tempo gli scoccò due baci sulle guance prima di sprofondare nella poltrona che era appena apparsa.
«Allora emh, professore... ci voleva parlare?» chiese intimidito il Prescelto.
«O si giovanotto, ci sono alcuni punti che credo sia meglio mettere in chiaro prima che si possano verificare spiacevoli inconvenienti.»
I due ospiti si protesero in avanti, le orecchie aperte.
«Allora, come abbiamo già deciso verrai smistato dal Cappello Parlante che deciderà dove meglio assegnarla. A proposito, qual era la sua vecchia casa?» chiese.
«Grifondoro, signore» rispose pronto Harry.
«Benissimo! Non mi sarei aspettato altro sa? Non credo quindi che sarà diversa, anche se, mai dire mai! Il Tempo e le circostanze della vita possono cambiare una persona e il Cappello sa sempre cosa è giusto fare, aspetteremo quindi il suo verdetto» disse, accarezzandosi la barba con fare distratto. «Posso chiederle dove si è procurato quella cicatrice così singolare?» chiese il preside.
«Quando mia madre si sacrificò, ponendosi tra me e Voldemort, la notte che furono assassinati, una parte di lui si attaccò a me e, come unico ricordo dell’Anatema che Uccide che provò a scagliarmi mi rimase questa» gli spiegò, attento a non rivelare troppo.
«Sa, è uguale a suo padre, Signor Potter. Non trova che questa eccessiva somiglianza possa essere notata?» chiese
«Beh, effettivamente avrei dovuto pensarci prima ma, diciamo che il viaggio di andata non è stato proprio una passeggiata. Ormai il danno è fatto signore, tutti mi hanno visto con queste sembianze, a cosa servirà camuffarmi se non a far nascere altre domande?» disse dopo aver ragionato su.
«Ha assolutamente ragione, il suo ragionamento non fa un nodo, anche se io farei scomparire questa cicatrice.» e così dicendo posò delicatamente la bacchetta sulla fronte di Harry che avvertì un leggero formicolio, che svanì nel giro di un secondo; portandosi la mano alla fronte la trovò liscia e priva della sua più famosa caratteristica.
«Ora caro Harry capisce che dobbiamo trovarle una storia, non possiamo certo presentarla come il figlio di due attuali studenti. Dobbiamo trovarle un cognome e qualcosa da raccontare per giustificare il suo improvviso arrivo. Qualche idea, Dottore?» chiese il preside.
« Per quanto riguarda il cognome ci abbiamo già pensato noi. Durante il pomeriggio ci siamo imbattuti in una banda di ragazzi alquanto curiosi e, devo dire la verità, anche un po’ scortesi. Albus, ti presento Harry Pond, da Edimburgo!»
«Perfetto, perfetto» esclamò il preside «idee sulla sua biografia?» si rivolse a Harry.
Il ragazzo ci pensò un po’ su e poi disse lentamente «beh, considerando che viviamo in periodi bui credo che non ci sia niente di male se diciamo che sono un mezzosangue, madre purosangue e padre babbano, giusto per non creare ulteriori problemi e che i miei, prima di essere assassinati a, emh, settembre, mi hanno fatto studiare da privato per paura di Voldemort. Adesso, visto che il Dottore è il mio padrino mi ha portato qui cercando di.. di.. farmi superare questa crisi! Che ne dice, può andare?» buttò fuori, insicuro di ciò che la sua menta aveva partorito.
«Andrà più che bene anche se io opterei per dare una morte diversa ai suoi presunti genitori. Anche all’interno della scuola temo che i Mangiamorte abbiano occhi ovunque e qualcuno dei Serpeverde dell’ultimo anno potrebbe interessarsi alla sua storia e cercare conferma da qualcuno. Capisce cosa intendo?»
«Ha perfettamente ragione, professore. Allora potremmo dire che erano dei collezionisti di oggetti particolari e non hanno riconosciuto un corno di Erumpent che è esploso in casa, uccidendoli!» esclamò, ormai preso da quel nuovo gioco.
«Sa Signor Potter, dovrebbe scrivere dei romanzi o fare l’Auror, ha davvero una bella mente!» sorrise gioviale.
«Faccio già parte del corpo Auror, nella mia epoca, signore» gli disse ricambiando il sorriso con calore.
«Allora sono sicuro che la tua presenza qui sarà più utile di quanto immaginiamo. Purtroppo da queste parti il tempo scorre veloce Dottore e si è già fatta ora di cena, siete pronti?» chiese Silente da sotto gli occhiali a mezzaluna.
«Professore, aspetti! Io non possiedo niente con me! Né divisa, né materiale scolastico, né libri di testo o altro» disse il Prescelto, agitato da tutto quello che stava per vivere.
«Oh, non preoccuparti, un aiuto sarà sempre dato a Hogwarts a chi lo chiede» rispose enigmatico.
I due annuirono e s’incamminarono dietro il preside, seguendolo fino in Sala Grande, Harry con passo malfermo, il Dottore con la sua strana andatura saltellante.
Il Bambino Sopravvissuto sentì gli occhi di tutti puntati sulla sua schiena mentre si dirigeva verso il tavolo degli insegnanti per prendere posto.
Silente aspettò che la Sala si riempisse tutta prima di attirare l’attenzione degli studenti.
«Miei cari studenti, come avrete sicuramente notato due ospiti sono giunti ad Hogwarts e mi sembra quindi il momento di presentarveli come conviene. Per favore, avvicinatevi» li invitò. Il Dottore si alzò in piedi e raggiunse il preside immediatamente mentre Harry si prese un po’ di tempo, cogliendo su di sé uno sguardo smeraldino che gli sciolse il cuore e lo spinse a muovere i suoi passi verso l’anziano mago.
«Vi presento Harry Pond, un giovane mago di Edimburgo. Cosa ci fa la sua presenza qui? Ebbene, la storia di Harry è molto triste da raccontare e credo che nessuno meglio di lui possa narrarvela, sempre se si sente in grado» disse, poggiandogli una mano sulle spalle. Il Prescelto capì che era arrivato il suo momento di parlare e, prendendo un enorme respiro, cercò di essere più credibile possibile.
«Mi chiamo Harry Pond e vengo da Edimburgo. I miei genitori sono morti a causa di un’esplosione causata da un corno di Erumpent lo scorso settembre e da allora il Dottore, mio padrino, si prende cura di me.» fece una pausa, in modo che la notizia della morte dei genitori attecchisse nelle menti degli studenti. «Ho sempre studiato a casa con un professore privato perché, beh, i miei genitori avevano paura. Con il mio padrino però abbiamo deciso che forse era meglio per me cambiare aria e trascorrere l’ultimo anno d’istruzione con dei coetanei, così siamo arrivati qua». Disse, simulando anche un singhiozzo in modo da non dover continuare a parlare a lungo, cedendo il posto. Il Dottore prese  posto del ragazzo e, puntandosi il cacciavite alla gola parlò, usando l’oggetto come microfono.
«Salve Hogwarts!» disse, aprendo le braccia verso la Sala e gli studenti sbigottiti.
«Sono il Dottore e non sapete che enorme piacere sia potermi trovare finalmente in questa scuola! » disse con un sorriso entusiasta, dando modo a tutti i ragazzi di scambiarsi borbottii confusi.
«Bene io, emh, sono il mentore di Harry Pot...» il Prescelto iniziò a tossire animatamente, cercando di far tornare in sé l’uomo, prima che facesse saltare la loro copertura. Il Signore del Tempo comprese il messaggio e si affrettò a rimediare «Pond. Harry Pond. Bene, questo è tutto quello che devo dirvi e, tu, laggiù» gridò a un Grifondoro moro che cercava di aggiustare una Ricordella con del magi-schotch e, individuandolo, scese due gradini e lo raggiunse prendendogli dalle mani l’oggetto e analizzandolo «Come hai fatto a romperlo?» chiese al ragazzo sorpreso. «Mi-mi è caduta signore, era un regalo di mia madre, sono molto sbadato» ammise, arrossendo tutto.
«Oh, non preoccuparti, te la aggiusto io!» disse con un sorriso puntando il cacciavite sonico sulla Ricordella che saldò i lembi rotti, tornando intatta.
«Ecco a te..» disse, aspettando di sapere il nome del giovane.
«Paciock, Frank Paciock, signore» disse.
«Bene Frank Paciock, è stato un piacere ma, ti prego, chiamami Dottore!» gli sorrise, congedandosi improvvisamente e tornando saltellando dal preside e il suo occhialuto amico.
Frank, girandosi verso i Malandrini e le ragazze del suo anno bisbigliò «Per Merlino, quell’uomo è fortissimo!» per poi girarsi nuovamente verso Silente e ascoltare quello che aveva da dire.
L’uomo, ripreso il controllo della situazione si schiarì la gola e continuò a parlare.
«Bene, dopo aver conosciuto un po’ meglio i nostri nuovi amici credo che sia giusto integrare il Signor Pond completamente nella nostra scuola, seppure per un breve periodo. E quale modo migliore se non quello di smistarlo in una delle nostre quattro case?» chiese alla sala.
Ricevendo in risposta solo un silenzio carico di aspettative, mosse leggermente la bacchetta e fece comparire davanti a sé uno sgabello e il Cappello Parlante che vi poggiò sopra.
«Consapevoli di questo episodio più unico che raro invito Harry ad accomodarsi» disse con un sorriso invitando il ragazzo.
Il Dottore però fu più veloce di lui e, riconoscendo il cappello, gli andò in contro abbracciandolo e mettendoselo in testa.
«Vecchio mio, come stai?!» gridò al copricapo che, per tutta risposta, aprì lo strappo e gli rispose.
«Dottore, è davvero lei? Quanti secoli sono passati? Si ricorda di quando ero un giovane berretto che regalò a Godric Grifondoro?» chiese.
L’uomo dai due cuori rise «Ma certo che lo ricordo! Guarda un po’ come sei invecchiato!» disse.
«Ah, mica tutti abbiamo la fortuna di rigenerarci come te!» rispose gioviale il Cappello Parlante.
«Emh emh» Harry si schiarì forte la voce, guardando il Dottore con un’espressione tra l’esasperato e il divertito.
«Dottore, dovremmo continuare» gli disse, nella speranza che capisse che, pubblicizzare la sua immortalità davanti a dei possibili Mangiamorte non era proprio il massimo.
«Oh ma certo Harry» disse, spingendo il ragazzo e infilandogli il copricapo in testa, in attesa dello Smistamento.
La vista di Harry si annebbiò per la prima volta da quando aveva indossato il Cappello Parlante che, probabilmente, stava sondando il suo cervello, conoscendo tutta la sua storia, il futuro, il passato e il presente.
Il ragazzo aveva davvero paura che il cappello, vedendo tutto il sangue che aveva causato, potesse smistarlo in Serpeverde.
Dopo quasi quattro minuti una voce, come l’aveva già sentita due volte, si fece largo tra i pensieri di Harry.
‘Harry Potter, il bambino Sopravvissuto tornato nel passato, che sarà il futuro di questi giovani. A cosa devo la tua visita?’
Harry pensò ‘Voglio solo conoscerli, conoscere i miei genitori. Non ho in mente altro, il mio unico desiderio è poter spendere del tempo con loro. Puoi vederlo nella mia mente’ gli disse.
‘O sì, lo vedo. Che animo nobile il tuo, Signor Potter. Trovo assai ammirevole il fatto che non ti sia fatto abbattere da tutto ciò che le ha gravato sulle spalle in questi diciannove anni, sei un uomo coraggioso Harry, molto più di quello che hai sempre creduto. Non so perché avrò dei ripensamenti tra venti anni, quando ritornerai qui da bambino puro e inconsapevole, perché adesso la mia scelta credo che sia la più ferma che abbia mai fatto’.
E così dicendo gridò a tutta la sala la parola che Harry aspettava con ansia.
«GRIFONFORO!»
 
Harry si sfilò lentamente il Cappello Parlante, guardandolo con riconoscenza e, per un momento, credette di averlo visto sorridere; riportandolo al preside il ragazzo rimase titubante vicino a lui, insicuro su cosa fare.
«Il tuo posto ora è tra i Grifondoro Harry, va, io me la caverò» gli disse il Dottore facendogli un occhiolino.
«Che il banchetto abbia inizio!» esclamò il preside, vedendo apparire su tutti i tavoli numerose pietanze dall’aria prelibata.
Il Prescelto così si girò verso il suo vecchio tavolo, o il suo futuro tavolo, come dir si voglia.
Tutti i Grifondoro stavano battendo le mani al nuovo arrivato, entusiasti. Frank Paciock, la spilla da Caposcuola appuntata con cura sul petto, si alzò in piedi e lo invitò a sedersi vicino a lui, accanto ad una ragazza molto carina, con la faccia rotonda e dei morbidi e corti capelli biondo cenere che si presentò come “Alice Prewett”.
I minuti seguenti furono tutti un susseguirsi di strette di mano e presentazioni dei ragazzi più piccoli, i visi dei Grifondoro si accalcavano nella sua mente e lui era certo che, di lì a poco, non avrebbe ricordato più nessuno. Quando si furono seduti per mangiare fu il turno dei suoi compagni di anno farsi avanti.
Qualche posto più indietro Harry vide sua madre alzarsi e, ancora una volta non riuscì a capacitarsi della sua bellezza. Qualcosa in lei gli ricordava Ginny, forse il portamento fiero, il mento dritto e la sicurezza con cui gli si avvicinava, o la dolcezza negli occhi, circondati da piccole efelidi, oppure il fatto che molti ragazzi avevano alzato lo sguardo al suo passaggio.
Fatto sta che Harry se la ritrovò davanti troppo velocemente, rendendosi conto di averla fissata con occhi spalancati per tutto il tempo.
«Ciao Harry, io sono Lily Evans, l’altra Caposcuola di Grifondoro» si presentò. La voce ancora più calda e rasserenante di quella che ricordava nelle sue memorie e in quelle del suo defunto insegnante di Pozioni.
«Pia-piacere Lily, sono Harry» balbettò stupidamente, come se non conoscesse già il suo nome.
«Si lo so» rise allegramente. Dall’altra parte del tavolo James Potter lo trafisse con lo sguardo.
«Allora, vediamo un po’, lei è Alice Prewett» disse indicando la giovane abbracciata a Frank. «Oh sì, ci siamo già presentati» disse lei con un gran sorriso.
«Benissimo! Allora continuiamo, Mary McDonald, il nostro genietto dell’Aritmanzia» disse, indicando una ragazza dagli occhi piccoli e il viso tondo, circondato da lunghi capelli castani che gli strinse forte la mano, schermendosi dai complimenti.
«Lei è Emmaline Vance» una giovane strega dai capelli biondi e gli occhi verdi, quasi nascosti dalla frangetta, gli tese la mano, presentandosi.
Una ragazza dalla pelle olivastra e dai tratti esotici si alzò dal posto di fronte al suo e gli tese il palmo, mulinando i lunghi capelli corvini.
«Elvira Zehara Pereyra. È un piacere Harry» disse, con un accento spagnolo, per poi risedersi.
Lily sorrise e gli si rivolse nuovamente «Perfetto, ora mancano solo i famosi Malandrini! Ricordati le loro facce Harry, perché temo che saranno i tuoi compagni di stanza» disse  giocosa.
Due giovani ragazzi che Harry riconobbe come Remus Lupin e Peter Minus gli si avvicinarono.
Nonostante le cicatrici profonde che gli davano l’aria di un ventenne, Remus aveva il viso pieno e illuminato di una felicità che gli aveva visto solamente alla nascita del figlioccio. Probabilmente la presenza rassicurante dei suoi migliori amici, di un posto da chiamare casa e di qualcuno a proteggerli gli donava quell’aria pacifica. Harry gli tese la mano pallida, stringendo con forza, quasi a voler imprimere in quella stretta tutta la gratitudine che provava per lui. Il ragazzo sembrò quasi capirlo perché nei suoi occhi passò uno sguardo dolce che si trasmise alla voce, mentre diceva «Ciao Harry, sono Remus Lupin», per poi passare il testimone all’amico.
Lo sguardo del Prescelto divenne improvvisamente tagliente come un rasoio, davanti a lui c’era colui che aveva condannato i suoi genitori a morte sicura. Coda liscia sembrò quasi intuire i suoi pensieri tanto che cercò di farsi piccolo piccolo, per quanto la sua pancetta potesse permettergli.
«Peter Minus, ciao» disse il ragazzo, timidamente. Poco più in là James sembrava aver notato la freddezza di Harry nei confronti dell’amico perché pareva intenzionato a ucciderlo con lo sguardo. Sirius, notando l’irrequietezza di James gli poggiò una mano sulla spalla e si avvicinò al Bambino Sopravvissuto presentandosi «Sirius per gli amici, tu puoi chiamarmi Black» disse freddamente. Il ricordo di tutto ciò che Harry aveva vissuto con il ragazzo di fronte lo avvolse, il senso di colpo lo sopraffò e il ragazzo ebbe bisogno di respirare più volte prima di essere capace di rispondere.
«Allora spero di poterti chiamare presto per nome» gli disse sinceramente.
 Sirius rimase immobile, le sopracciglia inarcate, cercando di trovare qualcosa da dire ma, in quel momento, Lily aveva preso la parola.
«Andiamo Sirius, si è appena trasferito, non fare l’antisociale già da ora!» lo ammonì.
«Certo Evans» disse mentre tornava al suo posto, quasi non gli interessasse ciò che sua madre avesse da dire.
Negli occhi verdi della ragazza passò un lampo di amarezza, che celò subito, prima di rivolgersi a James, gli occhi fissi nel piatto mentre torturava con la forchetta una patata che, a quanto pareva, non aveva voglia di mandar giù.
«E tu Potter, non ti presenti al nostro Harry?» gli chiese, il tono carico di un’aspettativa che non riusciva a nascondere.
Al richiamo del suo nome James si era voltato e aveva ascoltato la ragazza, un’ombra passò nei suoi occhi prima che questi si alzasse e con tono ironico si dirigesse verso il figlio.
«Ma certo Evans, ai suoi ordini! Ciao Pond, sono James Potter, il capitano della squadra di Quidditch» gli disse, poi, vedendo che questi non rispose, continuò.
«Hai notato? Siamo identici, stessa faccia, stesso corpo» disse, storcendo un po’ il naso davanti ai centimetri e ai muscoli in più che Harry possedeva. «Tranne gli occhi...» iniziò ma venne interrotto dal Prescelto che conosceva ormai quella battuta a memoria.
«Si ho gli occhi di...» cominciò prima di fermarsi all’improvviso.
James lo guardò scettico «Hai gli occhi ‘di’ cosa?» chiese.
Harry sentiva le mani sudare. «Di.. versi. Dai tuoi intendo. Sono diversi, già. I miei verdi, i tuoi marroni. Anche gli occhiali sono diversi e...» il ragazzo stava perdendo il filo del discorso, preso dall’imbarazzo e dalla tensione di sfigurare davanti al padre.
La ragazza mora che Harry ricordava come Elvira andò in suo aiuto. «Allora Harry dimmi un po’, sei fidanzato?» chiese, una luce maliziosa negli occhi.
Il Bambino Sopravvissuto fu colto alla sprovvista dalla domanda. «Oh, emh, si. Da tre anni» rispose.
Elvira sembrò un po’ delusa nel pronunciare il suo «O ma che bello! E ne sei innamorato?» chiese, giusto per mantenere viva  la conversazione.
Harry si perse un attimo nei suoi ricordi. L’immagine di Ginny gli esplose nella mente, come in attesa di essere ripescata. Gli vennero in mente i suoi lunghi capelli rossi, gli occhi celesti, le efelidi numerose sul viso e il nasino alla francese che amava tanto baciare. Si ricordò la sua corporatura esile ma forte al tempo stesso e il suo viso sudato dopo una partita di Quidditch. Le carezze, i baci e le notti passate insieme per farsi compagnia e per cercare di abbattere con i loro corpi nudi quel muro di dolore muto che li circondava. In preda ai ricordi Harry si vide schioccare due dita davanti al viso dalla bionda Emmaline che, notando il ritorno del ragazzo tra i presenti, si rivolse all’amica.
«Mi ‘spiace Elvira, ti è andata male. Questo qui è palesemente fuso per la sua fidanzatina. Dicci un po’, come si chiama?» chiese curiosa, con la curiosità che contraddistingue il sesso femminile quando le bocche si riempiono della parola ‘amore’.
Harry sorrise «Si chiama Ginny, ed è bellissima» si trovò ad ammettere.
Tutte le ragazze presenti si ritrovarono a sospirare, quasi sperano di essere loro la Ginny che era capace di far perdere così la testa a un loro coetaneo. L’unica esclusa da quel sentimento sembrava essere Alice Prewett, impegnata a bisbigliare con Frank, immersi nel loro mondo personale, fatto del famoso amore che li aveva colti e uniti.
Harry vide Remus parlare con James e, quando questo lo guardò, gli sembrò che il suo sguardo non fosse più tanto ostile.
Mary si guardò intorno, sbirciando i piatti degli amici. «Qui abbiamo tutti finito di mangiare, che ne dite di salire in Sala Comune? Così mostriamo la strada a Harry e continuiamo a parlare davanti al camino. Ho sempre pensato che questa sala fosse troppo fredda e piena di spifferi» si lamentò. Gli altri approvarono l’idea di Mary e si alzarono dalle panche, dirigendosi fuori dalla sala.
All’esterno il gruppetto si scontrò con sei Serpeverde, capitanati da Mulciber e Avery che si rivolsero direttamente al prescelto.
«Peccato Pond che tu sia finito in mezzo alla feccia del castello, tra Sanguesporco e Traditori del loro sangue» sputò Mulciber velenoso.
Harry vide con la coda dell’occhio Lily stringere un braccio di James, che teneva in mano la bacchetta.
«Ma allora è vero quello che dicono in giro, che qui ci sono degli idioti così grandi da credere che il sangue sia la cosa più importante in un mago. Io fossi in voi metterei come priorità il cervello perché, a quanto pare, è la vostra lacuna più grande» rispose freddo.
Il gruppetto assunse un’aria ostile, pronta allo scontro.
«Sta attendo a come parli Pond, o faremo attenzione a vedere quanto sia puro il tuo di sangue, una volta versato sul pavimento» lo minacciarono.
«Ho visto di peggio che un gruppetto di ragazzetti fomentati dalle idee di un folle, vi auguro una pessima notte» e dettò questo si allontanò, seguito dagli altri Grifondoro stupiti dal suo coraggio.
Sui primi gradini della scalinata una ragazza bellissima chiamò Lily, intimandole di aspettarla. Una volta raggiunto il gruppo Harry scoprì che apparteneva alla casa di Serpeverde.  La strega si avvicinò a Harry e tese la mano, notando il suo sguardo dritto sulla cravatta verde e argento «Tranquillo, sono una Serpeverde ma non mordo, mi chiamo Marlene McKinnon».
Marlene aveva la pelle diafana, così bianca che s’intravedevano, con un po’ di attenzione, tutte le vene sulle braccia. Le labbra erano esangui e il corto caschetto nero circondava un viso magro. Tutta la sua figura era alta e slanciata, simile alle modelle che si vedevano sulle passerelle babbane.
Lily si avvicinò e spiegò a Harry «E’ una nostra amica, purtroppo ha avuto la sfortuna di capitare in casa con le persone sbagliate».
Marlene sbuffò seccata. «E’ da sette anni che li devo sopportare, possiamo gentilmente evitare di parlare di quei Troll e andare in Sala Comune?» disse, salendo i gradini.
Arrivati davanti al ritratto della Signora Grassa, Frank pronunciò la parola d’ordine «C’est la vie» e si arrampicò nella Sala Comune con al seguito gli altri.
Harry rimase sinceramente colpito. Si fidavano davvero così tanto da far entrare una Serpeverde nella loro Sala Comune?
Il rosso ospitale della stanza lo accolse come una vecchia mamma, il calore irradiato dal camino si avvertiva ovunque e il fuoco lanciava lievi ombre che combattevano con la luce delle candele.
Stranamente la comitiva riuscì a trovare un divano libero non troppo lontano dal camino e si sedette, le ragazze di sopra, i ragazzi sdraiati a terra.
Alice prese la parola per prima «Per Merlino Harry, li hai fatti rimanere secchi quegli idioti!» esclamò felice, al ricordo dello spiacevole incontro avvenuto prima.
Lily si aggiunse alla conversazione «Quindi anche tu credi che Voldemort sia un pazzoide?» chiese, curiosa e animata da un animo orgoglioso.
«Pazzoide? Quell’essere è completamente folle, lui e le sue stupide e soprattutto insensate idee razziste sul sangue. Ma andiamo! Siamo negli anni 70, non nel Seicento, a chi vuoi che importi più se uno è Purosangue, Mezzosangue o Nato Babbano? Se abbiamo dei poteri che conta che tipo di sangue ci scorre nelle vene?» disse, il volto arrossato dal discorso che lo aveva preso.
Negli occhi di tutti si poteva leggere la loro ammirazione.
James però lo contraddisse «Le tue sono solo parole, finché non vedi la morte con i tuoi occhi, puoi solo parlare a vanvera».
Harry si accigliò «E tu cosa hai visto qui al sicuro nel castello per poterne parlare?» sapeva di dover essere sotto copertura, fingere, mentire, ma la Guerra gli aveva portato via tutto, come poteva parlare lui?
Un silenzio imbarazzato scese tra i presenti, il Capitano sembrò arrabbiarsi «Come posso parlare mi chiedi? Beh, fammi pensare, mio padre è stato assassinato da un fottuto Mangiamorte mentre lavorava per il Corpo Auror e mia madre non ci è quasi rimasta secca durante una missione. Ti sembra abbastanza?»
Harry riconobbe nel padre la sua stessa rabbia e si rese conto che, il morto di cui parlava era suo nonno. Il nonno di cui non aveva mai sentito parlare.
Rimase così senza parole «O - oh. Mi dispiace, non era mia intenzione».
James sembrò acquietarsi un po’ e, con un cenno di Sirius, si alzò in piedi, seguito dall’amico e Peter.
«Bene gente, andiamo a dormire. Buonanotte!» salutarono. Poi James si girò verso Lily e la fissò con attenzione e qualcosa d’indescrivibile negli occhi.
«Buonanotte Lily» disse.
La ragazza lo guardò stupita, la faccia leggermente scossa «Buonanotte James» disse, il volto un po’ arrossato.
Alice, sogghignando tra sé rivolse nuovamente la sua attenzione a Harry.
«Allora Pond, sei un Testurbante!» disse, emozionata.
Il Prescelto rimase confuso. «Io sono cosa?»
«Un Testurbante, ovvio! Sono delle persone davvero rare, che sono indirizzate a una casa dopo aver avuto il Cappello Parlante in testa per più di cinque minuti. Tu ci sei stato per quasi sette! Cosa ti ha detto?» chiese, curiosa.
Emmaline spintonò scherzosamente Alice. «Signora Paciock, lascia un po’ di privacy al ragazzo!» le disse ridendo.
La serata passò quindi così, tra domande e terzi gradi rivolti a Harry e risa, mentre lui s’inseriva pian piano nel gruppo. Verso le undici Marlene si alzò e fece ritorno nei sotterranei per non dover infrangere il coprifuoco. Un’ora dopo Elvira annunciò di avere sonno e tutti appoggiarono l’idea di andare a dormire. Data la buonanotte a tutti, Remus fermò Harry sulle scale del Dormitorio, desideroso di parlargli.
«Harry, ti dispiace scambiare due parole?» gli chiese gentilmente.
«Certo che no, dimmi pure» rispose, incuriosito.
Il ragazzo, titubante, si rigirò le mani, indeciso su come cominciare. «Io, ecco, volevo chiederti un po’ scusa per il comportamento di James. So che può esserti sembrato un ragazzo scontroso ma, credimi, è una delle persone più buone che conosca. È molto generoso e altruista solo che, beh, non so se dovrei dirtelo ma... lui è innamorato di Lily Evans e, da come la guardavi, credeva che ti piacesse» ammise.
Harry si sentì sollevato. Allora era per quel futile motivo che suo padre gli aveva rivolto quello sguardo astioso.
«O, tranquillo, si nota comunque!» ammise ridendo. «E’ solo che... Lily mi ricorda molto la mia ragazza e, per questo sai..» disse, borbottando.
Remus sembrò a disagio «O certo, tranquillo non devi spiegarmi niente, quando ha sentito che hai una fidanzata si è calmato molto. Credo che lo turbi anche il fatto che voi siate praticamente uguali e lui, beh, ha paura che Lily possa innamorarsi di te, visto che lui non è riuscito a uscire con lei da tre anni» lo informò «E poi, James è distrutto dalla morte del padre, so che puoi capire il suo stato d’animo e ti chiedo quindi di perdonarlo» gli disse in tono confidenziale.
Harry si rabbuiò «Tranquillo lo so bene»
Il ragazzo allora gli batté una pacca sulla spalla «Andiamo a dormire? Ah e, Harry, ti prego non dire niente e James di questa conversazione. Si arrabbierebbe molto, è così orgoglioso» lo pregò.
Harry sorrise «Muto come un pesce!»
I due varcarono la soglia del Dormitorio e tutto quello che trovarono, furono tre ragazzi addormentati e un Frank in procinto di infilarsi a letto.
«Buonanotte Remus» disse Harry, dirigendosi verso il letto a baldacchino che non aveva nessun baule al suo capezzale, intuendo fosse il suo.
Si spogliò e, rimanendo in boxer s’infilò sotto le coperte. Il contatto tra la sua schiena e le lenzuola fu attenuato da qualcosa che sentì scoppiare ed emettere immediatamente un odore che Harry riconobbe come Caccabombe.
Dai tre letti degli addormentati si levarono delle risate e Harry, alzatosi in piedi, si ritrovò sommerso da tre corpi ridenti.
«Benvenuto nell’antro dei Malandrini, Harry!» gli dissero in coro.
Dopo aver fatto una doccia, Harry si ritrovò su letto di Sirius a parlare con i compagni di Dormitorio di cosiddette  “cose da uomini” finché, alle due, non caddero tutti tra le accoglienti braccia di Morfeo.
 
 
Dall’altra parte del castello il Dottore faceva scattare svogliatamente il suo Cacciavite Sonico, accarezzando le pareti del Tardis, incapace di prendere sonno.

 
 
 










betabi's Corner
Salve! vi chiedo scusa se mi sono fatta attendere così tanto ma, tra 15 giorni in Irlanda, la settimanda di depressione post ritorno, i 10 giorni con il campo scout e, beh, il dolce far nulla estivo non sono riuscita ad aggiornare prima, spero di non farvi attendere più tanto anche se avrei una domanda per voi. Ero indecisa se far finire il capitolo qui o più avanti ma non sapevo se l'avreste trovato troppo lungo o noioso quindi vi chiedo: preferite dei capitoli corti che arrivano prima o dei capitoli lunghi che impiegheranno un po' di più per essere aggiornati?
Bene, detto questo parliamo un po' del capitolo, anche se non c'è molto da dire, abbiamo appena presentato la storia e piano piano entreremo nel vivo, non so ancora bene quanti capitoli avrà.
Il Dottore e Harry parlano con Silente, è normale prendere provvedimenti prima di inserirlo nel mondo scolastico. Poi, ho pensato che Harry fosse un Testurbante perchè, con tutte le cose che ha vissuto è normale se il Cappello Parlante ci metta un po' più del normale per frugare la sua testolina.
Tutti i Grifondoro si sono presentati, le ragazze sono entusiaste del nuovo arrivato (in particolar modo Elvira, un personaggio nuovo inventato da me) mentre i ragazzi di meno. Remus è ovviamente gentile ma James, e di conseguenza Sirius, sono ostili nei suoi confronti. Come spiegherà in seguito Lunastorta, Potter è solo geloso e, infatti, in dormitorio non attardano a dargli il loro benvenuto anche se, per accettarlo completamente nel gruppo, ci vorrà un po'.
Come avrete notato i Serpeverde hanno preso già di mira Harry, ma abbiamo dalla nostra una Serpeverde d'eccezione, Marlene McKinnon. Ho voluto rendere il suo personaggio un po' diverso e spostare di casa almeno una delle solite amiche Grifondoro di Lily. Marlene è una purosangue e ha un carattere particolare ma non per questo corrisponde alla solita sfilza di aggettivi con cui si descrivono sempre i Serpeverde. Avrete modo di scoprirla.
Detto questo ringrazio tutti coloro che hanno recensito lo scorso capitolo, chi ha messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi legge in silenzio. Avevo parlato di un banner nello scorso capitolo, vero? Bene, sono in attesa di uno ma intanto potete trovare quello approssimativo nel primo capitolo, fatto dalla pagina facebook
Hogwarts. The perfect house for me.
Come avevo promesso ho trovato i prestavolto per i personaggi che vi linko qui ( http://i39.tinypic.com/1zwj3v6.jpg )
Lily Evans: http://i39.tinypic.com/289x0fa.png
James Potter: http://i44.tinypic.com/9rlvrd.jpg
Dottore: http://i40.tinypic.com/2s7ccw3.png
Harry Potter: http://i43.tinypic.com/35d8gwo.jpg
Sirius Black: http://i43.tinypic.com/ruya87.jpg
Remus Lupin: http://i44.tinypic.com/sm3axc.jpg
Peter Minus: http://i39.tinypic.com/291f487.png
Emmaline Vance: http://i39.tinypic.com/2hy9hlh.jpg
Marlene McKinnon: http://i42.tinypic.com/311qbmg.jpg
Alice Prewett: http://i43.tinypic.com/zui2jc.jpg
Mary McDonald: http://i40.tinypic.com/w6t83d.jpg
Elvira Z. Pereyra: http://i41.tinypic.com/kbd4pt.jpg
Frank Paciock: http://i43.tinypic.com/2aad3dj.png
Regulus Black: http://i42.tinypic.com/34hxmv8.jpg
Severus Piton: http://i42.tinypic.com/sbtwck.jpg

Spero di ricevere i vostri pareri, alla prossima.
Salut.


 

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