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di mysticmoon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 10: *** Capitolo Nove ***
Capitolo 11: *** Capitolo Dieci ***
Capitolo 12: *** Capitolo Undici ***
Capitolo 13: *** Capitolo Dodici ***
Capitolo 14: *** Capitolo Tredici ***
Capitolo 15: *** Capitolo Quattordici ***
Capitolo 16: *** Capitolo Quindici ***
Capitolo 17: *** Capitolo Sedici ***
Capitolo 18: *** Capitolo Diciassette ***
Capitolo 19: *** Capitolo Diciotto ***
Capitolo 20: *** Capitolo Diciannove ***
Capitolo 21: *** Capitolo Venti ***
Capitolo 22: *** Capitolo Ventuno ***
Capitolo 23: *** Capitolo Ventidue ***
Capitolo 24: *** Capitolo Ventitre ***
Capitolo 25: *** Capitolo Ventiquattro ***
Capitolo 26: *** Capitolo Venticinque ***
Capitolo 27: *** Capitolo Ventisei ***
Capitolo 28: *** Capitolo Ventisette ***
Capitolo 29: *** Capitolo Ventotto ***
Capitolo 30: *** Capitolo Ventinove ***
Capitolo 31: *** Capitolo Trenta ***
Capitolo 32: *** Capitolo Trentuno ***
Capitolo 33: *** Capitolo Trentadue ***
Capitolo 34: *** Capitolo Trentatre ***
Capitolo 35: *** Capitolo Trentaquattro ***
Capitolo 36: *** Capitolo Trentacinque ***
Capitolo 37: *** Capitolo Trentasei ***
Capitolo 38: *** Capitolo Trentasette ***
Capitolo 39: *** Capitolo Trentotto ***
Capitolo 40: *** Capitolo Trentanove ***
Capitolo 41: *** Capitolo Quaranta ***
Capitolo 42: *** Capitolo Quarantuno ***
Capitolo 43: *** Capitolo Quarantadue ***
Capitolo 44: *** Capitolo Quarantatre ***
Capitolo 45: *** Capitolo Quarantaquattro ***
Capitolo 46: *** Capitolo Quarantacinque ***
Capitolo 47: *** Capitolo Quarantasei ***
Capitolo 48: *** Capitolo Quarantasette ***
Capitolo 49: *** Capitolo Quarantotto ***
Capitolo 50: *** Capitolo Quarantanove ***
Capitolo 51: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Una giovane donna era in piedi davanti ad una lapide di marmo rosa ormai sporcata dal lungo periodo di tempo trascorso dalla sepoltura.
Si trovava in quel luogo da quasi venti minuti eppure non dava segni del desiderio di allontanarsi.
Il mazzo di crisantemi dalle tinte tenui svanivano di fronte all’enorme corona di fiori molto costosi inviati dai genitori di quella ragazza morta troppo giovane, spezzata dalla forte mano del padre di quello che era stato il suo ragazzo di facciata fino a pochi giorni prima del triste evento.
Veronica guardò per l’ultima volta il volto della sorridente Lilly Kane sotto quel sottile vetro, adesso adornato da un giglio candido ed un disegno di una bimba che stringeva la mano il suo papà, segno che Duncan era già stato lì ed era nuovamente scappato verso quella vita che aveva scelto per la sua piccola Lilly, lontana da entrambe le coppie di nonni, dalla prigione dorata della ricchezza e dalla crudele realtà di una Neptune parzialmente pacificata dall’elezione di un nuovo sindaco e di uno sceriffo che aveva finalmente interrotto il novennale controllo della città del bello ma vacuo Don Lamb.
Veronica si alzò in piedi, strinse a sé il lungo cappotto cammello e sorrise debolmente all’amica congelata nel tempo.
Il plumbeo cielo del terzo giorno di ottobre del 2013 era molto diverso da quello terso che aveva accolto l’anima della sua migliore amica, tanto bella quanto superficiale.
Dopo un momento di esitazione Veronica depose una foto che ritraeva loro due ed i rispettivi fidanzati il giorno del loro ultimo ballo. Sfiorò i contorni dei loro visi con nostalgia, pensando con tristezza all’antico gruppo, un ricordo che avrebbe portato per sempre nel cuore ed una realtà che mai più sarebbe potuta essere uguale.
Oggi è il tre ottobre duemilatredici. Lilly… non posso credere che siano trascorsi davvero dieci anni da quel maledetto giorno. Mi sembra ieri che ci divertivamo come delle sceme a casa tua, irritando quel “simpatico donnino” di tua madre Celeste. Quanto abbiamo riso! Ed ora sono qui, a portare i fiori per il decimo anniversario del tuo omicidio. Tutto è cambiato da allora… eravamo insieme e ci eravamo illusi che sarebbe stato così per sempre ma era solo uno stupido sogno da adolescenti. Ero una giovane sciocca allora. Credevo che tutto sarebbe sempre stato rosa e fiori. Non vedevo nulla di ciò che mi circondava. Vorrei tanto essere stata più acuta a quell’epoca. Almeno avrei sofferto molto meno.
Dopo aver lanciato un ultimo sguardo alla lapide ed alla foto dell’amica Lilly Kane, Veronica Mars si ritirò, pronta per andare a lavorare.

La quiete di quella fredda notte autunnale fu rotta da una rumorosissima ambulanza correva a gran velocità per la statale 123, la via più diretta che porta dal luogo dell’incidente al Neptune Memorial Hospital.
Al suo interno i barellieri cercavano in ogni modo di strappare alla signora con la falce la vita di un giovane uomo.
I corti capelli castani erano imbrattati del sangue che fuoriusciva dal naso e dal grande taglio che si era procurato con l’impatto contro il parabrezza della sua auto, mentre il torace presentava un vistoso ematoma all’altezza dello sterno per via dell’urto contro il volante della sua Ferrari.
Le gambe ferite giacevano sotto il lenzuolo bianco, gravemente lesionate dall’impatto della vettura contro il tronco dell’albero.
I paramedici sapevano che il drenaggio che avevano applicato all’addome non sarebbe riuscito a salvarlo se entro un’ora non fosse stato sottoposto a ecografia e operato per arrestare l’emorragia interna.
- Non mollare. Ci siamo quasi- disse il medico al suo incosciente paziente mentre le luci delle prime abitazioni di Neptune scorrevano davanti ai suoi occhi.
Mentre attraversavano l’incrocio di Main Street, l’autista imprecò mentre incrociavano l’auto del nuovo sceriffo locale che, a tutta velocità, si recava sul luogo dell’incidente.
La sua rabbia crebbe dopo che, a seguito della brusca sterzata che era stata costretta a fare l’autovettura il suo occupante, con molta educazione, sporse il braccio dal finestrino semiaperto e, dopo avergli indicato la stella sulla portiera, gli mostrò il dito medio.
- Butch, cosa ti salta in mente?- protestò uno dei paramedici, sporgendo la testa dalla finestrella che dava sull’abitacolo dell’automezzo- Questo tizio rischia di andare all’altro mondo anche senza il tuo impegno in prima persona.
- Mars- ringhiò l’uomo, senza togliere l’occhio destro dalla strada ed il sinistro dallo specchietto retrovisore, dove vedeva ancora l’auto bianca che sia allontanava in direzione opposta.
- Su, dimentica questo incontro e metti quel piede sull’accelleratore. Ci pagano per salvare vite, non per litigare con quel demonio di sceriffo.
Butch ringhiò di nuovo ma fece ciò che gli aveva consigliato il paramedico.

Lo sceriffo, stretto nel suo cappotto, osservava i suoi uomini fare i rilevamenti sul luogo dell’incidente in perfetto silenzio.
L’auto dell’uomo era ancora lì, accartocciata contro il tronco del grande albero sul lato sinistro della strada, ma non vi era segno di frenata né sull’asfalto né sul terreno.
Tutto lasciava pensare a un tentato suicidio. Guardò di nuovo la patente dell’uomo, recuperata nel vano del cruscotto di quella Ferrari ormai inutilizzabile e la infilò in tasca.
Che non era un uomo povero l’aveva capito non appena aveva ricevuto la telefonata del Neptune Memorial.
L’addetta aveva dichiarato di aver ricevuto una chiamata anonima di una donna che, passata lì per caso, aveva visto una costosa auto straniera schiantarsi a tutta velocità contro una quercia sulla statale 123 e che un’ambulanza era già stata inviata sul posto.
Lo sceriffo aveva avvertito una pattuglia e solo dopo che questa aveva fatto un sopralluogo era stata chiamata sul posto.
Non ne aveva compreso il motivo fino a quando un agente non aveva deposto una patente nella sua mano.
Allora aveva capito il motivo: non era uno sconosciuto con molti soldi e la voglia matta di farla finita.
L’uomo che non aveva frenato, forse, era il più celebre degli abitanti di quella città della California chiamata Neptune.

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Capitolo 2
*** Capitolo Uno ***


Capitolo Uno

Capitolo Uno

 

 

Logan Echolls…

Chi l’avrebbe mai detto che ci saremmo rivisti? Sono trascorsi diversi anni dall’ultima volta che le nostre strade si sono incrociate, vero? Quanti sono? Sette? O sono di più? E che cosa ci fa a Neptune il produttore più celebre di Broadway, quello che aveva rinnegato l’intera città di Neptune e la sua cittadinanza in diretta televisiva durante il Super Bowl del 2006? E perché un riccone come te dovrebbe tentare di ammazzarsi schiantandosi contro un albero proprio nelle vicinanze della città dove aveva giurato che non sarebbe più tornato?

Lo sceriffo Mars prese fiato ed entrò nella stanza facendo il minor rumore possibile per non disturbare l’uomo che riposava nella stanza.

Logan Echolls. Celebre produttore di Broadway, donnaiolo impenitente, ricco oltre ogni limite di decenza. La perfetta descrizione di uno zero-nove che ha fatto carriera lontano dalla nostra città e dall’ala protettiva dei suoi celebri genitori, se non fosse per il fatto che i suoi genitori non sono più tra i vivi da qualche anno e che l’unica sorella che aveva si è dimostrata essere figlia di ben altri genitori. E stranamente nessuno che viene a vegliare sul suo riposo drogato. Nessuna top model iperprotettiva o donna in cerca di un marito multimilionario  viene a vedere come sta Logan Echolls. Davvero molto strano. Non mi aspettavo frotte di amici che arrivano su grandi autobus ma almeno una persona che desidera sapere come sta… Che cosa nascondi sotto quelle bende, Logan? Cosa ti ha spinto a tornare a Neptune nonostante qui non ti sia rimasto niente e nessuno?

Si passò distrattamente una mano tra i capelli e si accomodò sulla sedia accanto al letto dell’uomo, osservando bene quell’uomo martoriato dalle ferite.

Il sondino per l’alimentazione forzata copriva parzialmente il suo volto mentre il cranio, dopo essere stato parzialmente rasato per il delicato intervento chirurgico che gli aveva salvato la vita, era stato coperto dalle bende.

I sensori che monitoravano le funzioni cardiache erano visibili sulla parte di petto lasciata scoperta dalla parte superiore del pigiama mentre non poteva vedere l’incisione che i medici avevano praticato per bloccare la grave emorragia interna.

Si trattenne dal toccare il segno scuro che aveva lasciato il volante su quel petto che, per sua fortuna, si sollevava autonomamente e dava la possibilità ai medici di essere molto ottimisti sul totale recupero dell’uomo.

I dottori, viste le condizioni relativamente buone del paziente, avevano dato il permesso allo sceriffo di restare nella stanza con le condizioni di non restare a lungo, non stancare il paziente e, condizione calcata fino all’inverosimile, di non tentare di fargli un interrogatorio perché ancora troppo debole.

Prese dalla valigetta di pelle, sua inseparabile compagna dal giorno in cui, tre mesi prima, l’aveva vista in una vetrina e l’aveva acquistata. Era stato quello il suo primo giorno da sceriffo.

Estrasse con cautela il fascicolo con i dati dell’incidente ed iniziò a leggere il referto medico per la milionesima volta in tre giorni.

Il primo foglio era una semplice scheda di cartoncino bianco e riportava una sintesi delle informazioni del paziente.

 

 

Neptune Memorial Hospital

Modulo di Ricovero

 

Generalità dell’interessato/a

 

Nome: Logan

Cognome: Echolls

Sesso: Maschile

Data di Nascita: 29/01/1987

Luogo di Nascita: Neptune

Stato: California

Cittadinanza: Americana

Indirizzo:       257 W. 55th Street                  

New York City, New York  10019

Ambulanza: 08

 

Cure Prestate: Riduzione di frattura al setto nasale

  Riduzione di fratture esposte e scomposte di entrambi gli arti inferiori

  Splenectomia

  Trattazione di trauma toracico chiuso diretto con frattura dello sterno

  Applicazione di drenaggio per riduzione della pressione intracranica del lobo occipitale

  Applicazione di punti di sutura

  Applicazione di drenaggio per riduzione della pressione intraddominale

  Arresto di emorragia interna addominale

 

 

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Sotto il primo cartoncino c’erano una mezza dozzina di pagine dove si descrivevano nei dettagli gli interventi ed i medicinali che doveva assumere attualmente e che avrebbe dovuto assumere in futuro.

L’ultimo foglio era una copia della sua assicurazione sanitaria.

Schifosamente alta, si disse lo sceriffo tornando al primo foglio della cartella clinica che aveva sottratto con l’inganno ad una ingenua quanto prosperosa infermiera la mattina dopo l’arrivo di Logan all’ospedale, per accertarsi che il Logan Echolls che si era schiantato contro un albero della statale fosse lo stesso ragazzo che aveva conosciuto molti anni prima.

Non ne sapeva molto di medicina ma, dopo aver raccolto le prime informazioni su Logan, aveva dovuto ammettere che l’uomo se l’era cavata per un pelo, come dimostravano anche i tre giorni di completa incoscienza e l’esauriente spiegazione offerta dal primario il giorno precedente.

Avrebbe dovuto attendere qualche giorno prima di metterlo sotto torchio e scoprire se si era trattato di un banale incidente, un tentato omicidio oppure un tentato suicidio.

- A cosa devo l’onore di una tua visita? L’albero che ho colpito ti ha per caso chiesto di indagare su una delle sue ghiande perdute? Oppure Lucifero ha deciso che a prendermi, invece della signora con la falce, fosse la più grande ficcanaso che sia mai esistita sulla faccia della Terra mandata all’altro mondo da un’anima pia con il posto assicurato in paradiso?

La voce di Logan Echolls poteva anche essere un sussurro ma, dovette ammettere, neanche la malattia poteva fermarlo dal fare del sarcasmo.

- Din din! Risposta sbagliata.

- Allora cosa ci fa il tuo bel nasino in questa stanza?

- Sono soltanto un povero sceriffo che viene a visitare la vittima di un incidente sospetto. Faccio il mio dovere.

- Ha fatto un gran bel lavoro, signor Mars. Chi è il suo chirurgo plastico? Se dovessi restare sfigurato andrei da lui.

Veronica Mars sorrise.

- Vedo che neanche la malattia riesce a farti perdere il buonumore, Logan Echolls.

- Sei qui per lavoro?

- Ci speravo, ma non mi piace infierire su una vittima di un incidente stradale, soprattutto con queste lesioni.

Veronica vide le labbra di Logan piegarsi in uno di quei sorrisi strafottenti che, a seconda del periodo, le avevano fatto desiderare di riempigli la faccia di schiaffi o di baci.

- Quindi sei qui per fare visita a un vecchio amico che è malato. Allora un cuore ce l’hai anche tu, Veronica Mars.

Ecco, adesso mi fa sentire una bastarda completa.

Io un cuore l’ho sempre avuto. Sempre. Ma non è detto che lo debba ascoltare ogni volta che fa una bizza. Di certo non mi faccio prendere dagli sghiribizzi del mio istinto come lui e pondero prima di agire.

Senza dire una parola, infilò nuovamente la cartella clinica nella sua borsa e si alzò.

- Tornerò al più presto per l’interrogatorio, Logan Echolls. I medici mi hanno chiesto di non farti stancare ed io rispetterò la loro decisione.

- Sogno o son desto? Veronica Mars che segue le regole? Devo essere finito sul serio all’altro mondo. O è per caso quella stellina dorata che ti ha cambiata in questo modo?

Stizzita, Veronica uscì dalla porta sbattendo la porta e facendo ridere l’uomo fino al punto di rischiare la rottura dei punti all’addome.

 

Veronica Mars stava per uscire dall’ospedale quando la voce argentina di un’infermiera ed il ticchettio irregolare delle sue scarpe sul linoleum del corridoio la costrinsero a fermarsi.

- Veronica! Veronica! Fermati, per favore! Il dottor Crosby vorrebbe parlare urgentemente con te.

Veronica si sforzò di sorridere mentre si voltava verso quella donna dal sorriso aperto.

Se voglio continuare ad essere accettata in questa struttura come paziente e come pubblico ufficiale devo sforzarmi di essere gentile. Ricordati Veronica, sorridi e sii gentile, non dare dell’idiota alle oche patentate e non fare del sarcasmo sui loro modi. Potrebbero sempre tornarti utili. Soprattutto se si tratta delle Donne della Carità, l’associazione di volontariato usata dalle mogli dei milionari e dalle loro figlie per sentirsi utili per il prossimo e quindi espiare la colpa di trattarlo per la maggior parte del tempo come esseri inferiori. Per fortuna ho ancora una conoscenza tra queste, una conoscenza davvero utile.

- Grazie mille per avermi informata, Gia. Andrò subito da lui.

- Figurati! Siamo amiche da tanti anni, no?

- Già.

Veronica sorrise di nuovo e, girati i tacchi, si incamminò verso lo studio del neurochirurgo del Neptune Memorial.

 

Dopo aver bussato alla pesante porta, lo sceriffo Veronica Mars fece il suo ingresso nell’ufficio dell’uomo di mezza età.

Il medico, come ogni volta che la incontrava, non potè fare a meno di ammirare la donna che da poche settimane aveva preso il posto di Lamb. A prima vista si vedeva una sostanziale differenza tra i due: il passo di Veronica era fermo ed il portamento elegante e deciso, quasi come se il carattere deciso di lei si esprimesse in quella sua camminata che, come aveva detto lo sceriffo Lamb qualche giorno prima della sconfitta, ricordava più John Wayne che Naomi Campbell.

Lui avrebbe voluto denigrarla.

Lei l’aveva preso come un complimento.

In fondo, come aveva ammesso la diretta interessata nel suo discorso di insediamento al dipartimento, lei doveva fare lo sceriffo e non la modella.

Di certo non era una brutta donna, ed il medico, mentre ne ammirava la camminata, non poteva che essere d’accordo.

I lunghi capelli biondi erano sciolti, lasciando che incorniciassero il volto delicato ed il collo sottile, oltre a metterne in risalto gli occhi.

Il suo corpo, in quel momento fasciato da semplici jeans e da una maglione rosso a collo alto sul quale spiccava la stella dorata, era ben proporzionato e si era dimostrato in molti casi più resistente di quanto apparisse.

I suoi pensieri furono interrotti dallo strofinare delle gambe della sedia sul linoleum e lo sguardo deciso che la donna gli rivolse.

- Come mai mi ha fatto chiamare?- chiese Veronica saltando qualsiasi preambolo.

L’uomo, per tutta risposta, lasciò scivolare sulla superficie liscia della massiccia scrivania di mogano un plico contenente un foglio simile a quello che aveva nella sua valigetta. Era l’assicurazione sanitaria di Logan e le due copie differivano solo per la data riportata in cima al foglio e il grande timbro con la scritta “ANNULLATA”.

- Cosa significa tutto questo?

- Sceriffo, abbiamo ricevuto oggi questo fax. L’assicurazione sanitaria del signor Loga Echolls è stata annullata.

- E perché mai?

L’uomo le fece cenno di continuare a guardare nel plico e Veronica, non appena vide il foglio sottostante, comprese.

Era un comunicato della banca di Logan: le sue proprietà erano state acquisite dalla banca per coprire i molteplici debiti che l’uomo aveva contratto, lasciandolo senza un dollaro in tasca quindi l’assicurazione sanitaria aveva revocato ogni copertura.

Era datata 01 ottobre 2013.

L’incidente era avvenuto il 03 ottobre 2013, decimo anniversario dell’omicidio di Lilly Kane.

Quindi è per questo che Logan ha tentato di farla finita? Perché non aveva più un soldo? Questo spiegherebbe la sua solitudine. Ma Logan Echolls e il suicidio mi paiono due concetti lontani anni luce. Possibile che sia cambiato a tal punto da pianificare la sua morte in questo modo orribile? Per carità, Logan e la spettacolarità eccessiva sono un binomio inscindibile… ma non posso credere che Logan volesse morire. Mi sembra impossibile. E se invece fosse per frodare l’assicurazione? E’ inutile che io surriscaldi le meningi in questo momento. Prima della perizia meccanica non posso esprimermi, ma se risultasse tentato suicidio… devo controllare l’assicurazione dell’automobile di Logan.

- Sceriffo, mi sta ascoltando?

Il medico riuscì finalmente a interrompere i pensieri dello sceriffo e a farsi dedicare un po’ di attenzione.

- Le stavo dicendo che le cure del paziente hanno un costo molto elevato.

- Cosa vorrebbe dire?

- Lei lo sa come vanno certe cose. Il signor Echolls verrà dimesso non appena sarà giudicato fuori pericolo, avrà un debito con l’ospedale e dovrà pagare i medicinali per tutta la durata della convalescenza.

- Non vorrà dirmi che volete gettare in mezzo alla strada un uomo non autosufficiente che ha perso tutto.

- Esatto, sceriffo. Siamo un ospedale, non un ente assistenziale. E’ per questo che l’ho fatta chiamare.

- E cosa dovrei fare io?

- Trovare una struttura che si occupi di lui. Anche in condizioni normali avrebbe avuto bisogno di riposo ed un graduale ritorno alle normali attività per via dell’emorragia cerebrale, ma con le gambe ridotte in quello stato ne avrà per almeno i prossimi tre mesi, escludendo poi il periodo di riabilitazione e i probabili strascichi delle lesioni.

- In pratica volete gettare in mezzo a una strada un uomo su una sedia a rotelle e scaricare la patata bollente sulla sottoscritta.

- Non la metta in questi termini…

- Oh, io la metto in questi termini, invece. E’ esattamente ciò che state facendo e mi pare normale dirlo apertamente.

Benissimo! Logan ha bisogno di aiuto, sono l’unica che gli fa visita ed ora si pretende anche che sia io a dirgli che dovrà cavarsela da solo perché ha perso tutti i suoi soldi. Quale sarà il mio prossimo compito? Mettere la testa nella bocca di un leone? O fare surf in costume adamitico e coperta di sangue di maiale nella vasca degli squali del parco acquatico di San Diego? No, non posso fare una stupidaggine simile. E’ mio dovere farla.

Veronica prese coraggio e guardò negli occhi il medico.

- E se garantissi io per lui?

- Cosa?

- Posso coprire le spese della degenza del signor Echolls con la mia assicurazione sanitaria?

- No. E’ un’assicurazione personale, signorina Mars.

Benissimo. Quindi dovrò fare ciò che non avrei mai voluto. Papà non me lo perdonerà mai ma devo farlo. E chiedergli anche un altro grosso favore. Per fortuna che le cose di Lily non sono state ancora portate nella nuova casa.

Veronica prese fiato e si alzò.

- Domani mattina Logan Echolls sarà in grado di firmare delle carte?

- Credo di sì…

- Perfetto. Se domattina stipularà la sua nuova assicurazione sanitaria potrà restare qui, giusto?

- Certo. Basterà solo cambiare i dati.

- Perfetto.

- Comunque dovrà cercare un centro in cui farsi ricoverare per la riabilitazione.

- Qui non la fate?

- Certo, ma non possiamo occupare un letto per un paziente…

Udendo questo, la donna si alzò con aria regale e, dopo un’ultima occhiata infuriata al medico, uscì dalla stanza, diretta al parcheggio.

Si sedette nell’abitacolo della sua auto di sceriffo e, aperti i finestrini, prese in mano il telefono per comporre il numero del cellulare di suo padre.

- Ciao tesoro.

- Ciao papà.

- Come sta oggi Logan?

- Si è svegliato e mi pare abbastanza in forma per essere uno che ha rischiato la vita- disse senza il brio che la contraddistingueva.

- Qualcosa non va?

- Papà, devo chiederti due cose.

- Dimmi tutto.

- Per prima cosa, devi perdonarmi ma devo ipotecare la casa.

- La tua nuova casa? Ma Veronica, hai appena finito di pagare!

- Sì, ma devo aiutare Logan.

La rabbia del padre fu chiara.

- Aiutare quel multimilionario viziato che ha cercato di ammazzarsi?

- Calmati papà- disse Veronica- Logan è nei guai. Guai seri. Se non gli presto i soldi per una nuova assicurazione sanitaria… rischia molto.

- Spiegati meglio.

- Ha perso tutto il suo denaro per via dei debiti e l’assicurazione sanitaria gli è stata revocata. Non posso lasciare che lo mandino in mezzo a una strada, soprattutto per il fatto che non può ancora muoversi senza la sedia a rotelle per via di tutte quelle fratture agli arti inferiori. Lo so che non approvi ciò che sto facendo ma lo devo fare.

Keith Mars passò una mano sulla sua liscia pelata, poi si morse il labbro inferiore con fare pensoso e disse:

- Fai come meglio credi.

- Grazie papà. E ora l’altro favore.

- Vuoi che gli compri una casa?

- No. Vorrei che Lily stesse a casa tua per qualche tempo.

- Te lo porti anche a casa, vero?

- Te l’ho detto. Ha bisogno di assistenza continua e nessuno di noi due ha la somma necessaria per garantirgliela. Non so per quanto, ma i medici sono stati chiari. Non posso abbandonare Logan, papà. Non ha più nessuno. Solo io sono andata a visitarlo.

- E sua sorella Trina?

- Stai scherzando, vero? Trina non saprebbe prendersi cura neanche di un cactus. Per favore papà, aiutami.

- Sai che Lily potrebbe soffrirne, vero?

Veronica sospirò, per poi iniziare a ticchettare con le unghie sul cruscotto.

Lily… cosa racconterò a lei? Come posso giustificarmi  per tutto questo con una bambina di sei anni? Come posso spiegarle che potremo vederci pochissimo fino a quando la questione Logan Echolls non sarà sistemata? E soprattutto come faccio a far venire a vivere Logan da noi senza che lei fraintenda o peggio?

- Ho capito, sistemo io la faccenda. Tanto non mi faceva neanche piacere che lo vedesse. Se iniziasse a parlare di lui come “lo zio Logan”… Preferisco evitare che un’altra Mars cada ai suoi piedi per quel suo sorriso da copertina. Benissimo, allora resterà qui. Mi raccomando, sta attenta e ricordati della persona che ti stai mettendo in casa. Mi fido di te- disse Keith Mars per poi riagganciare.

Ho il padre migliore del mondo. E adesso… facciamo ancora più  male a quell’angioletto e riportiamo su il ricco produttore.

Accese il motore e, con la sua tipica fretta, sgommò per dirigersi alla sede di Neptune della National Bank, con il cuore sotto le scarpe ma decisa a fare ciò che era più giusto per il bene di Logan e più ingiusto per se stessa e la sua famiglia.

 

Logan Echolls stava sorseggiando tranquillamente un buon caffé quando lo sceriffo Mars varcò la soglia con un sorriso così sfavillante ed un look così insolito che il caffé gli andò di traverso.

Nonostante fossero trascorsi diversi anni dal loro ultimo incontro, Logan non impiegò neanche un decimo di secondo per capire che c’erano guai in vista per lui.

I lunghi blue jeans di tutti i giorni erano stati sostituiti da un completo di giacca e gonna color panna e da una camicia rosa pallido, con tanto di ballerine bianche ai piedi.

- Buongiorno signor Echolls, oggi è il suo giorno fortunato. Venga avanti, signor Jones.

Un uomo alto, con spessi occhiali ed aria da funerale, entrò nella stanza e, appoggiato un plico sul tavolino pieghevole, porse una penna Logan.

- Firmi qui e la sua pratica sarà conclusa.

- Firmare cosa?

- Firma e zitto, Logan.

- Mi piace leggere ciò che devo firmare…- disse lui, cercando di prendere il foglio che lo sceriffo premeva contro il piano di plastica.

- Ma tu l’hai letto ieri, quindi puoi firmare, Logan. Il signore è qui per testimoniare il fatto che tu stia firmando personalmente e di tua spontanea volontà.

Lo sguardo assassino di Veronica gli fece correre un brivido lungo la schiena.

Sospirò e, scegliendo di fidarsi dello sceriffo che un tempo aveva amato, appose la sua firma al contratto.

L’uomo con l’aria da funerale si concesse un tiepido sorriso e, dopo aver stretto la mano ai due, uscì dalla stanza.

- Cosa mi hai fatto firmare, Veronica Mars?- chiese, calcando le parole in modo tale che fosse impossibile che lo sceriffo potesse fare la finta tonta o glissare sull’argomento.

Veronica sospirò e si mise a sedere, scostando i lunghi capelli dal volto per legarli in una più pratica coda di cavallo.

- Hai appena firmato la tua assicurazione sanitaria. Non so se te ne rendi conto ma ti ho salvato il culo.

Logan scoppiò a ridere.

- E perché mai? La mia assicurazione multimilionaria non andava bene?

Oh oh, qui la questione si fa seria. L’ex multimilionario non sa di essere rimasto all’asciutto. Come posso informarlo ed evitare di sconvolgerlo allo stesso tempo? Credo che dovrò rinunciare a una delle due condizioni. E purtroppo la prima è essenziale. Preparati Logan Echolls, stai per avere un brutto quarto d’ora.

Veronica respirò a fondo un paio di volte, soprattutto per bloccare quella sua linguaccia biforcuta di dirgli che ormai l’unico uso che poteva fare di quel contratto era uno squadrone di aeroplani di carta o al massimo risparmiare sulla carta igienica, poi, guardando negli occhi Logan, calò l’accetta sul collo del paziente.

- Logan… te l’hanno revocata.

- Revocata? E perché?

Veronica si sedette sul letto e, presa una mano di Logan, la strinse tra le sue per creare un legame più forte tra di loro.

- Logan, promettimi che manterrai la calma.

Lo sguardo serio di Veronica gli fece correre un nuovo brivido dietro la schiena. Ai tempi della scuola Veronica assumeva quell’aria solo in casi di estrema gravità e riteneva che il tempo non avesse modificato questo suo modo di fare.

Deglutì nel vano tentativo di togliere di mezzo il rospo che le si era fermato nella sua gola poi parlò.

- Perché dovrei mantenere la calma? Cosa succede, Veronica?

- Ho una brutta notizia.

- Quanto brutta?

- Brutta brutta brutta.

- Hai ripetuto per tre volte la parola “brutta”.

- E’ davvero brutta, Logan. I tuoi debiti…

- I miei debiti? Io non ho debiti! Ho sessanta milioni di dollari!

- Non più, Logan. La tua banca ha requisito sia il tuo denaro che le tue proprietà in data 30 settembre 2013.

Lo sguardo terrorizzato di Logan si perse negli occhi di Veronica, che in risposta strinse con più forza la sua mano.

- Io sono… povero?

- Sì. Non hai più un soldo.

- E’ impossibile.

- Perché?

- Quando sono partito per trascorrere una settimana a Neptune la mia società andava benissimo. Non avevo buchi in bilancio e l’ultimo spettacolo era stato un successone. Come è possibile che io adesso sia ridotto a mendicare denaro da qualcuno in quattro giorni?

Quindi il suo non è stato un tentativo di suicidio. Questo elimina una delle mie opzioni. Adesso restano “incidente stadale” e “tentato omicidio”. E se fosse quest’ultima la causa dell’incidente? Se qualcuno avesse succhiato tutti i soldi a Logan per poi cercare di farlo fuori e quindi eliminare ogni prova o tentativo di rivalsa? Non so se Logan ha fatto testamento ma se così non fosse i suoi soldi sarebbero andati a qualche associazione o magari allo Stato. Sessanta milioni di dollari fanno gola a tutti. Ma chi può averli rubati per poi farli risultare debiti contratti da Logan? Di certo una così ingente somma di denaro  non è molto facile da nascondere. Questo è un nuovo caso per Veronica Mars.

- Veronica, chi ha pagato l’assicurazione sanitaria?

Ecco un'altra gatta da pelare. So bene quanto orgoglioso sia Logan. So quanto lui ci tenga al suo onore ed alla sua reputazione… ma non potevo fare altrimenti. Non potevo lasciare che finisse in mezzo alla strada, malato e privo di qualsiasi aiuto.

Veronica abbassò lo sguardo.

- Hai pagato tu, vero?

- Non credo che saresti stato felice se ti avessi lasciato in mezzo a una strada, vero?- disse, racimolando il coraggio rimasto e tornando a guardare Logan negli occhi- Sì Logan, sono stata io a pagare per te e lo rifarei, se fosse necessario.

- Perché?

- Mettiamola così: o mi sono completamente bevuta il cervello oppure ho un cuore anche io.

L’espressione irritata della donna fece comprendere a Logan che quella frase detta il giorno prima l’aveva colpita molto più di quando si aspettasse.

- Scusami per quella battuta infelice, Veronica. Lo sai che sono un cretino, no? Mi fa molto piacere che tu venga a trovarmi. Finora sei stata l’unica a farlo.

- Vedrai che qualcuno verrà, anche se non credo che il tuo discorso a quel Super Bowl sia stato il metodo più adatto per conservarti i vecchi amici.

- Non verrà nessuno da me, posso scommetterci ciò che vuoi. Chi verrebbe mai a vedere come sto? The Mexican è tuttora ricercato, Weevil sarà di certo in carcere e Dick non vuole più vedermi, neanche in foto, da quando  Beaver

- Non continuare. Ricordo fin troppo bene Cassidy.

La freddezza con cui aveva pronunciato il nome del suo vecchio amico fece capire a Logan che ancora soffriva per quelle ore di puro terrore che le aveva fatto trascorrere.

- Per la miseria, Veronica! Potevi anche sputare fiele, sai?

- Non scherzare, Logan.

- Ti brucia ancora?

- Vediamo un po’… se io avessi cercato di uccidere tuo padre, come avresti reagito?- chiese Veronica con aria inviperita.

Il sorriso di Logan si fece triste e Veronica si rese conto che, per sommi capi, era quello che lei aveva fatto.

- Esempio poco calzante. Scusami Logan.

- Veronica, non ti devi scusare. Tu l’hai fatto per fare giustizia. Lilly Kane, tua migliore amica, ragazza del sottoscritto e sorella del mio migliore amico, è stata uccisa da mio padre e tu l’hai smascherato. Neptune ti deve molto. E anche la famiglia Kane dovrebbe.

- Vallo a dire a Celeste. Dovrebbe suonare più o meno così “ Signora Kane, lei dovrebbe essere grata alla signorina Veronica Mars, che sospettavate essere figlia di vostro marito e della madre adultera della signorina e della quale osteggiavate sia la grande amicizia con vostra figlia sia la relazione amorosa con vostro figlio, perché ha fatto sapere all’intero pianeta che pagavate un malato terminale per fingersi l’assassino di vostra figlia in modo tale da coprire il di lei fratello, malato di epilessia di quarto tipo, che credevate assassino di vostra figlia, che invece è stata uccisa da mio padre perché non voleva che il mondo intero sapesse che se la spassava con la fidanzata minorenne del suo unico figlio maschio. E non scordiamoci del piano attuato dalla signorina per permettere al vostro ultimo rampollo di nascondersi in Messico con la figlia di una sua ex ragazza, figlia di un uomo degenere che attua violenza psicologica sui figli. Per non parlare del fatto che le ha fatto imparare un po’ di modestia dandole più volte della stronza e della puttana, cercando a tutti i costi una macchia nella sua immacolata reputazione per farla cadere con la faccia nella polvere o con il posteriore per terra”. O forse dovresti chiamarla Celeste anche tu? In fondo eri il fidanzato di Lilly ed il migliore amico di Duncan

Logan sorrise di fronte di quell’espressione così da Veronica Mars, un marchio di fabbrica della ragazza con cui aveva intrecciato una relazione tra la fine del secondo e la fine del terzo anno di liceo.

- Non hai perso un grammo del tuo sarcasmo, Mars.

- Certo che no. Non sarei lo sceriffo che sono.

- Purtroppo è fatta così Logan, quindi abituati.

Sulla porta adesso c’era l’ultima persona che Logan avrebbe mai potuto pensare di vedere abbigliata in quel modo.

- Ma… Ma tu sei…Weevil!

- Agente Eliel Navarro per te, Logan Echolls.

- Agente?

- Sì. Weevil è uno dei miei agenti.

- Weevil il motociclista.

- Sì.

- Weevil il picchiatore.

- Sì.

- Weevil il bambolotto di Lilly.

- In quel caso il bambolotto eri tu. Io ero lo stallone.

- Weevil il ladro.

- Ehi, dacci un taglio, Echolls.

- Logan, smettila di interrogarlo. Sei qui per un motivo particolare?

- Certamente. Sono venuto a recuperare uno sceriffo piuttosto impegnato che veglia un produttore e tentato suicida che, da quanto risulta dalla perizia meccanica di quel gioiellino meccanico che è andato distrutto nell’impatto che l’ha ridotto in quello stato, ha trovato un bravo meccanico che ha tagliato i collegamenti tra i freni ed i pedali.

- Veronica, ho ben capito cosa mi ha appena detto Weevil o è stata la morfina a farmi un brutto scherzo. Qualcuno ha cercato di uccidermi?

- Non ci sono dubbi, sceriffo- disse Weevil rivolgendosi a Veronica- Ho dato un’occhiata anche io e sono arrivato alla stessa conclusione. Il pedale non poteva trasmettere l’impulso ai freni quindi ha sbandato.

Veronica guardò Logan con aria seria.

- Te la senti di rispondere a qualche domanda?

- Certamente, sceriffo Mars.

- Agente Navarro…

Weevil fu subito alla porta e la chiuse.

- Sappi che quello che dichiarai avrà valore legale da questo momento in poi.

Logan annuì.

- Cosa è accaduto la sera del tre ottobre?

- Stavo guidando in tutta fretta verso Neptune. Sai quanto ci vuole per percorrere la distanza New York- Neptune in auto?

- Non sei tu che devi fare delle domande- rispose lei severa mentre una piccola risata sfuggiva a Weevil.

- Come vuole, sceriffo. Stavo guidando quando ho perso il controllo della mia auto e mi sono schiantato contro un albero.

- Qualche cosa di strano sulla strada?

- Era buio ma non mi pare che ci fosse qualcosa di strano.

Veronica annuì.

- Quando ha fatto controllare l’auto per l’ultima volta?

- Ero in un’area di servizio a un centinaio di miglia da Phoenix ed il meccanico non ha trovato nulla di strano.

- Puoi essere più preciso sulla località del controllo.

- No. La ricevuta era nei miei vestiti ma non penso che siano ancora reperibili o che quel foglio si sia salvato.

- Capisco… per ora è tutto. Weevil, puoi andare.

L’uomo si passò una mano tra i corti capelli che aveva lasciato crescere e sospirò.

- Ma perché non ho votato per Don Lamb. Lui almeno non avrebbe dimostrato tutta la sensibilità dell’attuale sceriffo- disse, calcando la parola sensibilità mentre Veronica gli lanciava uno sguardo significativo.

Logan, stranamente serio, sfiorò una mano di Veronica con la sua, attirandone l’attenzione.

- Qualsiasi cosa ti spinga a restare qui, ti devo ringraziare con tutto il cuore per l’interessamento e l’aiuto economico. Ti saprò ripagare.

- Ne sono sicura Logan, ma se fossi in te non gioirei così presto. Tra qualche giorno sarai dimesso e allora sì che rimpiangerai il mio aiuto.

- Come potrei?

- Convivere con una bisbetica come la sottoscritta ti basterà per arrivare alla disperazione.

Logan la guardò ancora più stupito.

- Anche questo?

Veronica annuì.

- Sei troppo buona con me. Come potrei sdebitarmi?

- Guarisci al più presto e collabora. Questo dovrebbe bastare, almeno per il momento.

- Sei un’amica.

- Io credevo di essere una stupida, comunque

La mano di Logan si strinse attorno alla sua, spingendola a concedergli maggiore attenzione.

- Ehi, guarda che parlo seriamente. Ti sono grato per tutto ciò che hai fatto e stai facendo per me. Non so come avrei fatto senza di te.

- Io so come avresti fatto e ti assicuro che è meglio ciò che è adesso piuttosto che quella opzione.

- Ne sono certo. Tu avevi sempre ragione. La mia vita è nelle tue mani, Veronica Mars, e sei stata formidabile come al solito.

- Tu hai salvato la mia vita più di una volta, Logan. E’ giusto che, una volta tanto, sia io a dare una mano a te. Gratis, s’intende.

Detto questo la donna lasciò solo l’uomo.

 

Veronica suonò il campanello del signor Mars ed immediatamente la voce infantile che tanto amava la raggiunse.

La porta si spalancò, andando a cozzare contro il muro, ed una bambina dal sorriso smagliante saltò al collo della donna, che dovette aggrapparsi allo stipite per restare in piedi.

- Buonasera, sceriffo.

Il tono canzonatorio di Keith Mars fece sorridere sua figlia. Questo significava che aveva accettato la sua scelta di aiutare Logan Echolls ed era felice che lui la appoggiasse in quella che anche secondo lei era una follia.

- Buonasera papà- rispose, guardando l’uomo ma accarezzando la chioma castana della piccola che la stava abbracciando- Mi sapresti spiegare chi è questa scimmietta che si è aggrappata a me? L’hai rubata ad un circo?

La risata argentina della piccola la fece sorridere.

- Sono la tua scimmietta preferita.

La bambina lasciò andare Veronica continuando a sorridere.

- Forse- disse Veronica, guardando con aria falsamente sospettosa la bimba con le trecce- Ma non prima che si sia fatta un bagno. Hai giocato a calcio anche oggi, vero?

La piccola annuì.

- Ti ho aspettata prima di andare a farla, Veronica.

Veronica… possibile che in quasi sette anni mia figlia continui a chiamarmi per nome? Non è più facile “mamma”? Keith lo chiama normalmente “nonno” ma io resto “Veronica”.

- Cosa ha fatto oggi a scuola la mia piccola Lily?- chiese, nascondendo i suoi pensieri.

- Ho scritto un tema sul nonno.

- Avete fatto un tema sui nonni?

Veronica vide troppo tardi l’espressione del padre e il suo gesto di non chiedere altri particolari su quell’argomento.

Il volto della piccola si fece triste e scosse la testa lentamente.

- Tesoro, perché non vai a farti il bagno e poi continui a raccontare alla mamma come sono andate le cose?

Lily Mars annuì e corse in bagno, lasciando padre e figli in cucina.

Keith le fece segno di sedersi e lei lo fece, imitata dal genitore quasi allo stesso tempo.

- Non dirmi che era un altro…

- Alla scuola elementare i bambini devono farlo almeno una volta all’anno ed anche alle medie è un argomento d’obbligo almeno una volta.

- Ma quando si stancheranno dei titoli strausati come “Descrivi il tuo papà” e “Parla di tuo padre”?

- Mai tesoro. E’ un argomento che tutti i bambini possono affrontare.

- Ma non si rendono conto che con certi temi torturano figli di ragazze madri e gli orfani?

- Non tutti i bambini hanno una famiglia alternativa, tesoro.

Veronica sbuffò e guardò la porta dietro la quale arrivavano i gridolini di gioia della bambina che giocava con la schiuma.

- Le hai già detto che…

- Sì. Per fortuna ho una nipotina con molto sale in zucca. Ha accettato senza batter ciglio la tua decisione. A patto che quando verrà a vivere nella nuova casa tu le regali questo.

Keith Mars passò alla figlia un foglio di carta vergata dalla scrittura incerta della bambina di seconda elementare.

- La Casa della Bambola Valentina… Valentina Lava e Stira… Valentina va al Lavoro… Valentina in Maternità… Valentina 1,2,3… e Valentina che Cucina!... Si può fare.

- Per fortuna che tua figlia adora la bambola verosimile! Se avesse scelto un qualsiasi altro tipo di bambola avresti avuto bisogno di chiedere anche un mutuo alla banca.

- Già.

- Come ha reagito alla notizia?

- Mi è grato. Talmente grato che mi sento una schifezza.

Keith sospirò.

- Stai facendo la cosa giusta, Veronica. Io non sono d’accordo sul fatto che debba occupartene tu ma se davvero è rimasto solo come dici, è giusto che tu gli offra appoggio economico e morale fino a quando non potrà rimettersi in piedi.

- Rimettersi in piedi in tutti i sensi, papà.

- Già. Lo schianto è stato orribile. Hai saputo qualcosa da lui?

Veronica sospirò.

- Dopo aver visto che non sapeva dei suoi problemi e capito che non era un tentativo di suicidio, ho pensato che potesse essersi trattato di un incidente o di un tentativo di omicidio. Poi è arrivato Weevil con i risultati della perizia meccanica.

- Cosa hanno trovato?

- I freni non funzionavano quando ha perso il controllo dell’auto. Qualcuno aveva interrotto i collegamenti.

- Tentativo di omicidio.

- Sì papà.

- Spero che questa storia finisca presto, Veronica. Non voglio che mia nipote perda la madre a causa di uno ZeroNove viziato.

- Logan non è uno zeronove viziato!

- Abbassa la voce!Ti devo ricordare che di là c’è Lily?- sibilò il padre, proseguendo poi a bassa voce- Ti devo ricordare le scenate di quando vi siete lasciati? Ho avuto paura per la tua incolumità. Per non parlare di Aaron.

- Papà, Logan non è suo padre. Mi fido di lui e, se davvero si tratta di un tentativo di omicidio, è mio dovere di sceriffo scoprire chi è stato e sventare ulteriori attentati.

 - Ed è tuo dovere di madre permettere a tua figlia di crescere con te al suo fianco.

- Se io non ci fossi più avrebbe te, papà. Sei stato un padre formidabile per me.

- E’ diverso, Veronica. In primis perché io sono suo nonno e non suo padre, e poi… tu hai avuto una madre almeno fino ai sedici anni. Non ti ho cresciuta da solo. Ho solo completato l’opera fatta da una coppia di genitori.

- Di cui una alcolista e adultera.

- Veronica…

- Papà, preferisco pensare solo a te come genitore. Leanne non si è comportata da madre ed io non voglio più riconoscerla come tale. Le ho chiesto una cosa soltanto… e lei mi ha delusa e rapinata. Non è mia madre.

Keith sbuffò e decise di lasciar perdere, almeno per il momento, la discussione con la figlia.

- Ti voglio bene Veronica, questo non scordarlo mai.

- Lo so papà. Anche io ti voglio bene.

La donna si alzò ed abbracciò teneramente il padre. Quanto era stata male quando aveva creduto di averlo perso! Quella sera aveva persino impugnato una pistola e l’aveva puntata contro quel piccolo stronzo che se la prendeva tanto se qualcuno lo chiamava Beaver, colui che le aveva regalato quell’incubo e che credeva il responsabile della morte del padre. Morte che non aveva raggiunto Keith Mars per pura casualità.

Quella sera è stata la più brutta della mia vita. Se non fosse stato per Logan, non so cosa avrei fatto con quell’arma. Odiavo Beaver e lo volevo vedere morto. Volevo che morisse e così è stato. Ma se Logan non avesse fermato la mia mano, sarei stata io a donargli l’oblio e a quest’ora non sarei quella che sono adesso. Sarei scesa allo stesso livello di quell’assassino se Logan non fosse intervenuto. Devo molto a Logan. Moltissimo. Mi ha tenuta a galla quel tanto che bastava per salvarmi la vita. E’ per questo che adesso è il mio turno di tenerlo a galla e salvarlo da queste sabbie mobili. Io salverò Logan Echolls.

- Papà, io adesso devo andare. Saluta Lily da parte mia e dille che domani mattina passo a prenderla per accompagnarla a scuola.

Detto questo uscì in fretta dall’abitazione e, salita in macchina, si diresse verso la centrale per analizzare più approfonditamente la perizia meccanica della Ferrari di Logan.

 

 

Nota dell’Autrice:

 

Mi dispiace per quelli di voi che speravano che il malato fosse Duncan.

Ci sarà spazio anche per lui ma questo non è il momento.

Cercherò di postare almeno un capitolo alla settimana ma non posso promettervi nulla.

Cercate di non impazzire nell’attesa.

Ora, la data di nascita di Logan è di mia creazione (non sono riuscita a trovarne un’altra) ma dovrebbe avvicinarsi molto a quella reale perché frutto di una riflessione che, se volete, potrete trovare nel forum nella discussione sul telefilm.

Vi fornisco anche un piccolo dizionario medico.

Splenectomia: asportazione chirurgica della milza

Trauma Toracico Diretto Chiuso: trauma toracico senza lesioni esterne causato dall’applicazione di una forza sul torace stesso (in questo caso l’impatto del volante contro lo sterno)

Riduzione di Pressione Intracranica: intervento che permette di ridurre la pressione di liquidi (in questo caso sangue) che, in caso di patologie o emorragia, possono fare pressione sull’encefalo e lederne la funzionalità

Riduzione di Pressione Intraddominale: intervento che permette di ridurre la pressione di liquidi (in questo caso sangue) che, in caso di patologie o emorragia, che possono lesionare la funzionalità degli organi che hanno sede nel ventre

 

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Capitolo 3
*** Capitolo Due ***


Capitolo 2

Lo sceriffo Veronica Mars fu svegliato dal forte odore di caffè che si spandeva per la stanza e dal lieve scalpiccio delle scarpe della persona che lo stava trasportando.
Si stropicciò gli occhi e, sollevandosi, lasciò che il cappotto cammello le scivolasse via dalle spalle.
- Buongiorno, sceriffo Mars. Era comoda la scrivania?
Veronica Mars guardò con gli occhi ancora pieni di sonno l’agente portoricano che le aveva portato il caffè e, a giudicare dalla scatola di cartone rosa accanto al bicchiere con la bevanda fumante, anche qualche dolce.
- Che ora è, Weevil?
- Ora di iniziare a lavorare, sceriffo. Hai dormito qui tutta la notte per studiare…- rispose l’uomo sorridente, guardando intensamente il volto della superiore- A giudicare dalla tua faccia, direi la perizia meccanica della Ferrari di Logan Echolls.
- Si vede così tanto?
- Sì.
- Voglio scoprire il nome di quel meccanico. Hai idea di come possa farlo?
Weevil sorrise divertito.
- Veronica Mars, ti senti bene?
- Perché?
- Quanti possono essere i meccanici che hanno visto una Ferrari targata “DULOVEME”, lungo una strada statale, a un centinaio di chilometri da Phoenix?
- Più di quelli che ammetterebbero di averne manomesso i freni.
- Giusto. Ma una Ferrari non passa inosservata. Fatti dire da Logan quale strada statale ha percorso e noi rintracceremo quel meccanico. Ma prima di andare da lui, Veronica, ti consiglio di lavarti la faccia.
- Perché?
- Perché hai sulla guancia le scritte “Logan” “Echolls” e “DULOVEME” non è esattamente il miglior modo per evitare figuracce.
Solo allora Veronica comprese come aveva fatto Weevil a sapere su cosa si era addormentata: l’inchiostro le aveva macchiato il volto.
Che razza di figura da stacanovista! Mi sono addormentata sulla scrivania mentre leggevo la perizia meccanica e mi sono fatta svegliare da Weevil con tanto di caffè fumante e brioche. E adesso ho anche un timbro falsamente compromettente stampato in faccia! Avrò mai una vita con dei ritmi normali o quasi? Avrò mai una reputazione decente? O sarà sempre la ragazza ficcanaso, un tantino bastarda e assolutamente cinica? Ok, ho vinto le elezioni… ma non so neanche come ho fatto! Se avessi avuto un qualsiasi altro avversario avrei sicuramente perso. Tutti odiano Veronica Mars, questo è chiaro da secoli oramai. Ma la sottoscritta potrà mai essere una normale cittadina di Neptune? Se non la smette con certe figuracce memorabili la risposta è sicuramente un secco e sonoro no.
Rapidamente lo sceriffo donna corse ai bagni, lasciando solo l’uomo che, raccolto il cappotto dello sceriffo, lo riappese.
- Neanche un grazie- sussurrò tra sé e sé, per poi allontanarsi dalla stanza.
Il telefono dalla batteria scarica, spento e solitario, non fu neanche afferrato dal frettoloso sceriffo che trangugiava il suo caffè abbondantemente zuccherato e i due cornetti alla marmellata mentre correva in ospedale.

- Ciao nonnino!
Il volto sorridente di Lily Mars non lasciava trasparire neanche un frammento della tristezza che qualche minuto prima si era espressa in fiumi di lacrime e singhiozzi contro la spalla forte del premuroso nonno.
Keith Mars sorrise e salutò la bambina con un gesto di mano talmente naturale che ben pochi avrebbero capito che in realtà era molto in collera con la figlia che, come spesso accadeva da quando era stata eletta sceriffo di Neptune, prometteva qualcosa alla figlia ma che alla fine ritardava o dimenticava completamente l’impegno preso.
Provò nuovamente a chiamare la donna ma, come per i precedenti quindici tentativi, risultava spento.
- Sissignore- disse a mezza bocca mentre entrava in macchina- dovrò proprio fare un bel discorsetto a quella ragazza.

Veronica Mars, rassettata alla meno peggio per incontrare il paziente, controllò per l’ultima volta la guancia sinistra, quella che era stata macchiata dalle carte.
Ormai erano visibili solo la L di Logan, la H di Echools e uno sbiadito “D.I..N.” e decise che era abbastanza, ad eccezion fatta della chirurgia plastica, quindi scese dall’auto e si diresse verso la costruzione.
Logan non sembrava attenderla, immerso nella lettura di una rivista scandalistica con la sua faccia in prima pagina e il titolone “Milionario Tenta Suicidio”.
- Qualche novità sulla tua vita?
- Sì… ho tentato di suicidarmi nella località in cui è morto il mio primo amore. Le donne lo vedono come un gesto molto romantico. Gli uomini mi danno dell’imbecille che si è giocato tutto in un casinò di Las Vegas. E c’è persino qualche proprietario di casinò che sta dando corda a questa frottola.
- Vogliono guadagnarsi la pagnotta.
- Sì, sono abituato a questo bombardamento da parte dei media, Veronica Mars- sibilò Logan Echolls, dimostrando che il suo umore quella mattina era piuttosto nero.
La donna sospirò e si mise a sedere accanto al letto.
Logan si grattò distrattamente la guancia, osservando per la prima volta la donna che era diventata la sua ragazza in quei sette anni di distanza.
Doveva ammettere che i capelli lunghi donavano alla sua amica, nonostante in quel momento non fossero in perfetto ordine, e che aveva un certo gusto nel vestire, evitando gli abiti troppo formali senza scadere nell’abbigliamento trasandato. Il suo indossare i jeans con una camicia o un maglione le permetteva di combinare comodità, abbigliamento adatto alla sua età e un’aria abbastanza da duro. Anche se la preferiva quando era diciottenne, quando il suo guardaroba era un arcobaleno di colori.
- Scusami Veronica. Questo tipo di giornali mi fa innervosire non poco ma sono gli unici che sono riuscito a procurarmi. Io non ho perso i miei soldi. Mi sono stati rubati.
- Lo so. Hanno manomesso “DULOVEME” per farti fuori ed evitare che tu potessi sospettare di qualcuno, magari hanno causato questo incidente proprio per far credere che tu ti sia suicidato per aver perso i tuoi soldi. Non prevedevano che tu potessi salvarti. Sono qui proprio per discutere di questo.
- Peccato! Speravo che fossi qui per far visita ad un vecchio amico invece è per lavoro. Mi spezzi il cuore, Veronica.
- Smettila di scherzare. Sono qui per risolvere in fretta un caso quindi se prendessi un cuscino e ti soffocassi da solo…
Logan alzò gli occhi al cielo.
- Da detective a killer. Dove hai lasciato la tutina di pelle?
- Nello stesso armadio dove conservi le manette con il pelo rosa e il frustino?
- Ho capito. Tu vuoi avere sempre l’ultima parola ed io devo scoprire chi vuole farmi secco. Avanti, fammi le tue domande, sceriffo.
- Smettila di farla tragica Logan. Tanto più che dire, a dire il vero, ho una sola domanda da farti: su quale strada si trovava il meccanico dove ti sei fermato?
Logan si fece scuro in volto e guardò Veronica con un’espressione indecifrabile che alla donna non piacque per niente.
- La strada che ho percorso? Difficile da dire. Vedi, io ho fatto un viaggio molto strano. Ho seguito molte vie secondarie, Veronica…
- Non mi sai dire dove ti trovavi?
- Non basta sapere che mi trovavo nel raggio di cento chilometri da Phoenix?
- Sicuro che fossero cento?
- No.
Veronica alzò gli occhi al cielo.
- Logan, io non posso mobilitare la protezione civile per rintracciare questo meccanico, quindi sforza quelle circonvoluzioni e dammi qualche indizio utile per sapere chi ha manomesso la tua auto.
Il tono di rimprovero non piacque affatto al paziente.
- Credi di essere spiritosa? Io ci sto provando ma non ricordo molto di quei giorni ed i medici hanno anche parlato di questa possibilità.
Il modo in cui Logan dimostrò le proprie emozioni aveva dell’inquietante: scoprì l’arcata dentale superiore arricciando il labbro ma non era affatto un sorriso.
- Stai parlando dell’amnesia parziale, non è vero?
- Sei perspicace. E adesso vattene.
Veronica sbattè un paio di volte le palpebre, sbalordita, per capire quale passaggio avesse perso del discorso.
- Ti ho detto di sparire dalla mia vista, Mars.
Ma… è impazzito o cosa? Come può aver fatto un voltafaccia simile da un minuto all’altro? Non è mai stato così sgarbato, se non in casi estremi. E adesso perché mi caccia in questo modo? Mi nascondi qualcosa, Logan Echolls, di questo ne sono certa. Ma io non mi faccio sconfiggere da un semplice broncio. Nossignore, tu risponderai alla mia domanda perché conosci la risposta ma non vuoi dirmelo. Per ora ti permetterò di tenere per te il tuo segreto, ma non sperare che io mi arrenda.
- Farò come dici, ma non finisce qui, Logan Echolls.
Detto questo Veronica uscì dalla stanza.
Logan Echolls attese qualche minuto prima di riprendere in mano il giornale e tornare a concentrare la sua attenzione su ciò che vi aveva trovato all’interno.
Per quanto riguardava il testo era una tipica lettera minatoria, scritta usando caratteri presi da riviste e quotidiani, ma questa conteneva anche una foto.
L’immagine rappresentava un uomo con il cranio fracassato e gli occhi sbarrati rivolti al cielo, ormai privi del bagliore vitale.
Sotto di questa vi era la semplice scritta “Prova a dare altre informazioni che possano metterla sulle mie tracce e farete entrambi questa fine” Era firmata L’Onniscente ed in effetti sembrava proprio così.
Logan studiò ancora i tratti dell’uomo, distorti dalla morte violenta ma ancora perfettamente riconoscibili.
Era il meccanico che aveva manomesso la sua automobile e che era stato punito per aver fallito.

Senza neanche chiedere il permesso per entrare, Veronica varcò la soglia di casa Mars e si gettò sul divano sotto lo sguardo critico sia del padre sia della figlia, che stavano cenando in perfetta armonia.
- Sono esausta- dichiarò, raggomitolandosi su questo per poi chiudere gli occhi.
L’occhio del padre colse in pochi secondi sia i segni scuri sotto gli occhi che gli abiti del giorno precedente e capì che sua figlia forse aveva lavorato fino a tardi anche la sera precedente.
Lily fu subito dalla madre e si accoccolò accanto a lei, macchiando d’unto un lembo del cappotto cammello.
Veronica, con gli occhi chiusi ed il sonno che la stava portando via rapidamente, passò un braccio attorno alla figlia e sorrise.
Credo che rimanderò quel discorsetto si disse il signor Mars, guardando la figlia e la nipote che dormivano come sassi.

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Capitolo 4
*** Capitolo Tre ***


Capitolo Tre

Capitolo Tre

 

Un paio di note, destinare ai recensori, prima di iniziare

1-      Come ho scritto anche nel mio account, preferirei delle recensioni in italiano, non quella lingua che usate per gli sms. Se vi è piaciuta tanto la storia potrete anche fare un piccolo sforzo e scrivere parole intere al posto di alcuni indovinelli degni della Sfinge

2-      Nel primo capitolo avevo segnalato che molto probabilmente avrei aggiornato una volta alla settimana e che la data sarebbe potuta slittare un poco. Qualcuno non ha interpretato bene le parole e lasciato delle recensioni che mi chiedevano di aggiornare. Ora, una settimana è di sette giorni, giusto? Allora perché mi sono arrivate suppliche (molto irritanti) a partire da un paio di giorni dalla pubblicazione del secondo capitolo? Non solo sono irritanti ma violano anche il regolamento del sito. Se impiego una settimana per scrivere il capitolo è perché voglio mantenermi su certi standard e mi pare proprio che questo sia gradito da voi recensori. Ora, se dovesse ripetersi una simile richiesta prima dei sette giorni prenderò seri provvedimenti, chiaro?

Grazie per l’attenzione.

 

Veronica sbuffò e, stizzita, gettò in un angolo il foglio di carta vergato dalla sua scrittura minuta e regolare.

Entro un paio d’ore Logan sarebbe stato dimesso dall’ospedale e lei non si era neanche preoccupata di ciò che avrebbe dovuto fare per lui né cosa mancava nella casa che aveva acquistato dopo tanti anni di sacrifici.

Si era laureata alla Hearst in quattro anni, occupandosi contemporaneamente del cafè, dello studio e della Mars Investigation, per non parlare della piccola Lily Mackanzie Mars. Pian piano aveva accumulato una cospicua somma ma ciò che aveva accelerato il processo di acquisto di una casa era stata, poco meno di un anno prima, l’idea di candidarsi per la carica di sindaco di Neptune e l’insperata vittoria su Don Lamb.

E adesso stava buttando via tutta quella fortuna ipotecando la casa per pagare la salute di Logan Echolls, il ragazzo che aveva ammesso tranquillamente di essere innamorato di lei e che la loro storia era epico, dalla forza straordinaria ed altro. E che poi se n’era andato in giro per il mondo in cerca della propria strada e rifugiandosi quasi immediatamente tra le braccia di una bionda modella svedese per consolare il suo cuore infranto.

Colpì il tavolo con il pugno e, prese le chiavi dalla piccola mensola all’ingresso, uscì di casa per andare a fare compere alla cieca.

 

Veronica si mise le mani tra i capelli e guardò con aria assassina gli avversari che la circondavano. Sospettosa, distese una mano per toccare la superficie metallica che rivestiva il dorato liquido. Dopo quella maledetta festa da Shelley Pomroy si era ripromessa di limitare quasi a zero gli alcolici e la sua decisione si era rafforzata quando aveva scoperto quanto l’alcool avesse rovinato sua madre Leanne. Da quel giorno aveva praticamente eliminato gli alcolici, tranne qualche rara occasione in cui sorseggiava dello champagne o un po’ di vino, giusto per assaporarlo ma evitando che ottenebrasse la sua mente.

- Ma che m’importa della birra! Ho altre cose da fare e da comprare- sibilò, infilando nel carrello quattro confezioni di una marca di birra presa a caso dalla scaffalatura per poi agguantare, qualche metro più in là, noccioline e patatine.

Ho fatto compere per me e papà per anni ed ora mi faccio incastrare da Logan Echolls? Ma vai un po’…! Dovrò comprare alimenti sani. Ho già preso patate, carne di manzo e di tacchino, la pastina per il brodo, latte e biscotti… le sigarette le evitiamo ma una scatola di aspirina è d’obbligo. Ed i pannoloni? Dovrò comprare anche quelli? O così o lo aiuto ad andare al bagno o gli compro il pappagallo… ma perché mi sono presa un simile impegno! Ho un lavoro massacrante… ok, la mia agenda è più vuota di un deserto e il 49% degli abitanti di Neptune mi odia ma sono uno sceriffo e devo lavorare.

Veronica, sempre più nervosa, continuò a mettere nel carrello oggetti in modo quasi casuale ed imprecò quando alla cassa le comunicarono la cifra.

E’ l’ultima volta che accolgo un malato a casa mia! Lo giuro! E magari gli farò anche ripagare tutta questa spesa. Accidenti a Logan Echolls!

 

Nelle due settimane che aveva trascorso in ospedale Logan Echolls, usando il computer portatile fornito con non poche reticenze dallo sceriffo, aveva trovato decine di diverse ipotesi sul modo in cui lui avesse perso i suoi soldi, compreso il mantenimento per una donna indiana che aveva dato alla luce con parto plurigemellare ben sei figli suoi ed una donazione totale alle forze del terrorismo mediorientale.

Lui sapeva che nessuna di queste era la verità.

Grazie alla rete era finalmente riuscito a fare chiarezza sulla situazione: il secondo giorno di ottobre si era fermato al “Firing Wheels” sulla Highway 260, a nord-est da Phoenix.

La prima cosa di cui si era reso conto era che aveva sbagliato a calcolare la distanza da Phoenix: la città più vicina a quella sperduta officina era Heber-Overgaard*, che distava 138 miglia da Phoenix e 225 da Tucson e nella cui discarica, qualche giorno prima, era stato ritrovato il cadavere di John Phelps, meccanico ventinovenne abitante nella cittadina e padre di un bimbo di sei mesi gravemente malato.

Nell’articolo che aveva trovato sul giornale locale riportava che al bambino, sin dalla nascita, era stato diagnosticata una particolare forma di aneurisma e che la sua unica speranza era un’operazione molto delicata con il professor Simon Ronald Smith del Neurosurgery Barrow Neurological Institute del St. Joseph Hospital di Phoenix**, operazione che l’assicurazione sanitaria della famiglia del piccolo non poteva coprire.

Logan stava facendo un solitario quando una Veronica Mars scura in volto entrò nella stanza con un aitante infermiere che spingeva la sua sedia a rotelle alla destra ed il medico che si era occupato di lui alla sinistra.

- Buongiorno signor Echolls. E’ pronto per uscire?

- Prontissimo dottore! Non vedo l’ora di andare a vivere con lo sceriffo che proprio adesso sta illuminando la stanza con il suo sorriso migliore.

L’uomo lo guardò, non comprendendo la sua ironia, mentre Veronica assumeva un’espressione così irritata che avrebbe messo in fuga un orso.

- Ma la guardi? Sembra…

- Sembro una che ha voglia di emulare Annie Wilkes, quindi taci o sarà peggio per te- lo zittì Veronica.

Logan capì al volo che la donna non era in vena ma decise di giocare il tutto per tutto. Dopo le sue parole lo sceriffo donna o sarebbe esplosa e l’avrebbe assassinato oppure sarebbe stata al gioco ed avrebbe scherzato con lui.

- Non è che mi farai fare la fine di Paul Sheldon***, Veronica Mars?

Il sorriso che Logan sfoderò la colpì.

No, questo non è il suo solito sorriso, quello che ti fa capire quanto ride di te. Vuole che io accetti il gioco. Vuole scherzare. In fondo lui non ha colpa se non sono la migliore massaia di Neptune e non è neanche colpa sua se viene a vivere da me. Papà mi aveva detto che avrei potuto affidarlo a Trina ma sono stata io a scegliere di salvarlo dalla strada. E’ ingiusto che io metta il muso e lo faccia sentire in colpa. Tanto più che potrei torturarlo tra le mura domestiche invece che davanti a Tarzan e ad un medico privo di senso dell’umorismo.

Con sollievo Logan vide i tratti di Veronica rilassarsi ed una luce nuova illuminarle gli occhi, questa volta divertita.

- Uhm, potrei sempre proporti una mia sceneggiatura…- disse la donna, sfoderando il suo sorriso più furbo.

Il sorriso divertito di Logan le ricordò quando si frequentavano e quella dolce espressione significa più di quella riconoscenza o del divertimento.

- Andiamo Paul?

- Subito, se mi aiuti a mettere insieme i miei bagagli, Annie.

- Quali bagagli ha un uomo povero in canna?

- Magari tutto il ciarpame che una sua ex ragazza nonché sceriffo che indaga sul caso del tentato omicidio ai miei danni ha portato per farmi svagare?

- Che razza di riconoscenza! Appena arrivati a casa ricordami che devo romperti le caviglie.

- E tu che devo ucciderti.

- No no, prima leggerai la mia sceneggiatura e mi dirai se potrai produrla non appena avrai guadagnato nuovamente milioni di dollari e saldato il tuo debito.

- Debito?

Il medico e l’infermiere, incapaci di capire se i due stessero litigando o stessero soltanto scherzando, dovettero assistere in silenzio ad uno scambio di battutine più o meno sagaci tra la donna che fino a un attimo prima era infuriata come non mai e la vittima di un grave incidente che era riuscito con un sorriso a donarle il buon umore.

 

*Heber-Overgaard: questa cittadina è realmente esistente e le distanze sono reali.

** Neurosurgery Barrow Neurological Institute: è un centro di neurochirurgia di fama mondiale che si trova al St. Joseph Hospital di Phoenix, in Arizona. Anche questo è realmente esistente.

***Paul Sheldon: personaggio principale del film “Misery non deve morire”(1990), è l’autore dei romanzi che hanno come protagonista l’eroina Misery. Verrà tenuto in ostaggio dalla pazza Annie Wilkes quando lei, mentre si prende cura di lui in seguito a un incidente stradale, scopre che Misery morirà nel prossimo libro.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo Quattro ***


Capitolo Quattro

Capitolo Quattro

 

Nota Preliminare:

Un paio di chiarimenti per quanto riguarda la storia:

a- mi sono resa conto che qualcuno ha interpretato il Mackanzie del nome di Lily come cognome ma così non è. Se fosse così si potrebbe addirittura pensare che la piccola sia in qualche modo imparentata con la nostra Cindy Mackanzie (Mac), ma voglio dirvi subito che non è così. Il nome proprio della bambina è Lily Mackanzie, il cognome è semplicemente Mars.

b- Molti di voi mi chiedono chi sia questa bambina ma a me pare di essere stata abbastanza chiara in proposito, quindi non vi rivelerò uno dei misteri della fanfiction. Abbiate pazienza e lo scoprirete nel corso dei prossimi aggiornamenti, forse anche in questo.

c- No, non sono un medico e non sto studiando per diventarlo. Sono semplicemente un’appassionata di materie scientifiche (soprattutto l’anatomia e la zoologia), diplomata in un istituto tecnico biologico, che studia per diventare professoressa di lettere.

 

Veronica spinse in casa la sedia a rotelle e, con fare pomposo, disse:

- Siamo giunti a destinazione. Questa è la modesta dimora che è stata ipotecata per pagare la tua nuova assicurazione sanitaria.

Logan, che già aveva potuto ammirare come il giardino fosse un pochino trascurato, non si stupì di vedere un paio di piatti sporchi abbandonati sul tavolo della stanza che aveva la funzione di salotto e sala da pranzo ed una maglietta sporca abbandonata sul divano dalle tinte scure.

Ad un’estremità dell’enorme tavolo dalle grandi gambe c’era un mucchietto di fogli appallottolati ed una penna, mentre all’altra c’erano due tovagliette, un vaso di fiori, i piatti e le posate.

- Ho apparecchiato- gli spiegò, mettendo la sedia a rotelle in corrispondenza del tavolo.

Con orrore si rese conto che il piano era troppo alto perché Logan potesse mangiare a tavola.

Porca miseria! Mi sono scervellata per una stupida spesa e non ho pensato a misurare l’altezza di quell’aggeggio! Ok, dovrà portare il gesso per altri tre mesi e poi ci sarà la rieducazione, quindi in quattro mesi al massimo dovrebbe ricominciare a camminare… ma fino ad allora dove lo farò mangiare?Merda merda merda!

Veronica, grattandosi il capo, guardò Logan e cercò di sorridere in modo abbastanza convincente.

- Mars, guarda che lo vedo quando fingi di essere felice, entusiasta o fiduciosa. Avanti, adesso spiega allo zio Logan cosa ti affligge, anche se mi pare di aver intuito dallo sguardo di fuoco che hai indirizzato al tavolo e dal fatto che io, su questa sedia, non ci arrivi, che non sai dove farmi consumare i pasti.

Ehi, ho per caso scritto in fronte “Pasticciona”? Forse sì, forse no. La cosa certa è che Logan capisce sempre cosa mi passa per la testa e questo è molto, molto negativo. Non solo divido la casa con il mio ex immobilizzato sulla sedia a rotelle, ma anche con una persona che intuisce tutto quello che mi passa per la testa come e meglio di mio padre! Mi manca solo scoprire che ha la vista laser per spiarmi quando faccio la doccia…

- Veronica, scendi dalla nuvoletta rosa e concentrati su di me. Ti ricordi? Logan Echolls, sedia a rotelle, casa di Veronica Mars, Neptune, California, Stati Uniti d’America, continente americano, crosta terrestre, pianeta Terra, sistema solare, via lattea…

Il suo blaterare fu bloccato dalla mano di Veronica che, con aria assassina, gli aveva tappato la bocca ed ora lo guardava con un’espressione che, si disse Logan, era a metà tra Florence Nightingale* e Jack lo Squartatore**.

- Ok, ho capito! Dimmi pure tutto, Logan.

- Ti chiedevo se potevo consumare i miei pasti a letto o nella stanza che mi è stata assegnata.

Veronica si guardò attorno ed annuì.

- Sì. Potremo mangiare insieme anche se consumi i pasti sul divano.

- Divano?

- E’ lì che dormirai. Questa è la stanza più adatta. E’ vicina sia al bagno che alla mia stanza che alla cucina, è spaziosa e ti offre molti confort come libri, DVD, VHS e televisore. Per i cruciverba dovrai andare al gabinetto.

- Io sono scampato alla morte per miracolo e tu mi offri il divano?

- E tutti i confort della mia casa, non dimenticarlo. Per non parlare poi della mia assistenza.

- Anche per andare al gabinetto?

Per tutta risposta Veronica andò nella stanza adiacente per qualche secondo e, pomposamente, porse ad un disgustato Logan un pacco di pannoloni con uno smagliante sorriso stampato in volto.

- Con la speranza che tu sappia cambiarti da solo perché è passato parecchio dall’ultima volta che ho cambiato un pannolino.

Ma che cazzo ho detto?! Perché ho accennato a Lily? Perché mi sono fatta cogliere in castagna in questo modo? E se Logan capisse…

- Certo che Duncan doveva essere proprio uno sfaticato schizzinoso per far cambiare a te i pannolini della figlia. Come avrà fatto in questi anni? E, soprattutto, quando Lilly diventerà una donna, come se la caverà se lo schifavano i pannolini?

Meno male che ha pensato mi riferissi alla figlia di Duncan e Meg! Pensa che colpo se sapesse che la sottoscritta è madre! Come minimo avrebbe un infarto ed io non voglio stare dietro a Logan Echolls per il resto della mia esistenza per avergli causato un infarto o un esaurimento nervoso per il troppo stress emotivo!

- Sì, mi cambierò da solo. O almeno ci proverò. Del resto non sarebbe la prima volta che mi vedi senza mutande, no Veronica?

- Ho preferito rimuovere.

La mano di Logan saettò al polso di Veronica e la costrinse ad abbassarsi fino a guardarlo negli occhi.

Il suo sorriso sardonico fece compiere al suo stomaco un salto carpiato per poi annodarsi.

- Mi pareva che ti piacesse.

- Sono passati secoli da allora, Logan. Adesso sono una laureata in legge che è stata eletta sceriffo di Neptune e non la neodiplomata di quella sera.

- Di quella splendida sera, Veronica.

- Di quella splendida sera- si corresse Veronica, guardandolo negli occhi- Una sera che ho cancellato dalla mia vita così come ogni nostro bacio, Logan. Non sarei riuscita ad accettare la tua partenza se non avessi rimosso tutto.

Detto questo Veronica si liberò di lui e si mise ai fornelli per preparare la cena. Logan, impegnato a studiare la confezione di pannoloni, non notò neanche che una lacrima solitaria era caduta nella minestra che la donna stava scaldando.

 

Elial Navarro guardò per la milionesima volta la Ferrari accartocciata sulla quale aveva viaggiato Logan Echolls e colpì il muro con un pugno.

Lui era un uomo d’azione, non la balia di un’auto scassata!

E pensare che era entrato all’accademia di polizia solo perché sperava di poter aiutare attivamente la comunità latina di Neptune!

Veronica Mars, un anno prima, era andata a trovarlo all’officina di suo zio e gli aveva detto che si sarebbe candidata a sindaco e che desiderava un uomo come lui nel suo staff.

Nessuna scusa era riuscita a farla desistere: Veronica era riuscita a fargli avere il denaro necessario per integrare la sua paga nell’officina ed il diploma che lo sceriffo Don Lamb non gli aveva fatto ottenere per “motivi extrascolastici”, aveva trovato un appartamento con un buon affitto e l’aveva aiutato quando aveva avuto bisogno di una mano con le prove scritte.

Una vera amica, Veronica Mars, di questo Weevil ne era assolutamente convinto.

Nonostante entrambi non avessero un carattere dei più facili il loro rapporto professionale andava avanti alla grande grazie all’aiuto reciproco che si offrivano.

Se la disperazione era leggibile il giorno del suo diploma mancato, adesso si considerava abbastanza sereno: la sua nipotina Ophelia era una seria studentessa al secondo anno della Neptune Junior High e l’anno prima aveva vinto un premio di scrittura creativa, era un agente single ma soddisfatto di dove il destino l’aveva condotto e la sua adorata nonna riposava in una bella tomba coperta di violette e margherite, fiori che la donna adorava, di cui si occupava lui stesso ogni volta che poteva.

Weevil si avvicinò alla targa dell’auto e scosse il capo.

Veronica di certo non si era accorta di nulla perché il suo occhio era tanto acuto quando si trattava di casi a lei estranei quanto cieco se la faccenda la riguardava personalmente.

- Povero Logan Echolls- si disse Weevil- A quest’ora starà facendo cena e se il mio istinto non mi tradisce stasera lo sceriffo gli servirà la sua specialità.

Improvvisamente l’agente sentì il rombo di un motore e l’impatto con la saracinesca del garage, poi il buio lo avvolse.

 

- Ecco qua- disse Veronica, appoggiando il vassoio su una sedia posta di fronte al vecchio amico e affondando la forchetta nella carne- Polpette alla Mars. Sono la mia specialità.

Logan guardò il cibo con aria circospetta poi accettò che Veronica lo imboccasse.

Dopo un primo istante di silenzio, Logan gridò e, sputando la carne in terra, cercò a tastoni la bottiglia dell’acqua minerale e la scolò.

- Ma cosa cazzo ti salta in mente, Mars!? Volevi per caso uccidermi?- chiese lui, guardando con aria omicida la donna che stava raccogliendo la carne ormai immangiabile.

- Che non ti piacciano le mie polpette posso accettarlo ma non sputarle in terra, idiota che non sei altro.

- Cosa c’hai messo, razza di una pazza!- chiese Logan, respirando con la bocca per dare tregua alle sue papille gustative gravemente lesionate dal sapore di quella pietanza.

- Ma cosa vuoi che abbia messo? Carne e un pochino di aromi per dare il sapore piccante.

- Un pochino di aromi?

- Sì. Peperoncino arrivato dall’Italia e tabasco nell’impasto ed un pochino di Ketchup “IperFire” per esaltarne il sapore.

- Esaltare la potenza offensiva, vorrai dire? Quella carne è piccantissima!

- A me piace- disse Veronica, affondando con noncuranza una piccola sfera nella salsa iperpiccante per poi mandarla giù come acqua fresca.

- Tu non sei mai stata normale, Veronica Mars.

Veronica stava per rispondere a tono quando il cellulare squillò.

- Pronto? Qui parla lo sceriffo Mars.

Una pausa, poi il volto della donna divenne pallido.

Veronica riagganciò e subito dopo compose un nuovo numero.

- Papà, puoi portare qui una pizza a Logan ed aiutarlo a mettersi a letto? Non ho tempo per spiegarti. Le chiavi le hai. Io devo correre in centrale.

Veronica assunse un’espressione pensierosa.

- Ok. Fammi sapere quando rientri, ok?

Veronica riagganciò poi afferrò il cappotto.

- Ci penserà Keith a te, almeno per stasera. Io ho da fare.

Detto questo lo sceriffo Veronica Mars svanì nella notte, lasciando solo Logan Echolls.

 

Veronica spalancò la porta della stanza in cui giaceva l’agente Navarro, con il capo coperto di bende ma cosciente e sorridente mentre la nipotina gli stringeva la mano e leggeva con la sua voce dolce.

Ophelia puntò i suoi grandi occhi scuri su Veronica e sorrise timidamente, mentre Veronica si rendeva conto quanto tempo fosse trascorso.

La bambina con lo zainetto delle Powerpuff Girls*** si era tramutata in una ragazzina dai lunghi capelli neri e grandi occhi espressivi, più alta della media delle dodicenni ma di corporatura esile, con uno zaino rosso sulle spalle ed un libro di storia sulle ginocchia.

- Ciao capo- sussurrò l’agente- Ophelia, vai a prendere qualcosa di gustoso allo zio Ilario? Io devo parlare con lo sceriffo.

La ragazzina annuì.

- Potresti fare compagnia a Lily e magari prenderesti qualcosa anche a lei dai distributore automatico?- chiese Veronica porgendole una banconota da cinque dollari mentre sua figlia, aggrappata ai suoi jeans come una piovra, osservava la ragazza più grande di lei con aria curiosa- Oggi offro io, Weevil, ed il resto lo potrà tenere la tua nipotina come paga per aver tenuto compagnia a mia figlia.

L’uomo annuì e Ophelia, presi i soldi in una mano e la piccola Mars nell’altra, svanì nel corridoio.

- Cosa è successo?- chiese Veronica, prendendo il posto della nipote al fianco di Elial Navarro.

- Hanno cercato di rubare DULOVEME e ci sono riusciti. Ha detto il medico che sono stato fortunato a trovarmi abbastanza lontano dalla saracinesca. Sono stato messo KO da una scaffalatura. Mi dispiace.

- Ti sei fatto male solo alla testa?

- Purtroppo no. Microfrattura del piede destro. Come minimo ne avrò per un mese.

- E quando ti dimetteranno?

- Domani sera, se non ci sono complicazioni.

Veronica annuì e sorrise.

- Sono contenta che non ti sia fatto nulla di grave.

- Lo sono di più io, sceriffo. Finalmente avrò un po’ di tempo da passare con Ophelia.

- Andrai a stare da tua sorella?

- No. Mia sorella purtroppo è impegnata con il nuovo bambino così, per aiutarmi, si è offerta Ophelia. Il mio handicap non è grave come quello del tuo amichetto. A proposito, poco prima di essere messo KO ho pensato a quel pover uomo.

- Come mai “pover uomo”?

- Gli hai servito le polpette alla Mars?

- Sì.

- Allora è un pover uomo.

- Le mie polpette sono speciali!

- Ma solo tu riesci a mandarle giù.

- Anche a Lily piacciono molto.

- E’ naturale. Le propini quell’arma da quando aveva tre anni!

- E’ sempre stata una bambina forte.

- Forte come la mamma.

- Già.

- E il papà?

- Il papà non è mai esistito, e lo sai.

- Quindi non gli hai detto nulla.

- Chi ti fa credere che non l’abbia fatto?

- L’istinto? Su, Veronica, non nasconderti dietro un dito. Io penso di sapere chi sia il padre e sono sicuro che se la vedesse lo capirebbe al volo.

- Lily non assomiglia a suo padre- sibilò Veronica con aria molto seria.

- Ok, come non detto.

Weevil continuò a fissare il suo superiore fino a quando lui non le fece una nuova domanda.

- Cosa ha portato via quella carcassa?

- Un carro attrezzi ha sfondato la saracinesca e portato DULOVEME a cinque chilometri da Neptune, da lì è partito qualcosa di diverso ed è stato abbandonato quello. Si è trattato certamente di un automezzo piuttosto massiccio ma quale tipo e quale modello lo sapremo solo quando i nostri esperti sapranno quali tipi di pneumatici montava quel mezzo e rintracciare chi li ha venduti.

- Capisco. In pratica abbiamo perso tutto.

- Certo che no- esclamò Veronica- Abbiamo ancora la perizia meccanica e le fotografie. Vedrai che ne verremo a capo.

Weevil sorrise.

- Ti ho vista così attiva ed energica solo quando si trattava di scoprire chi avesse ucciso Lilly. Si vede lontano un miglio che per te Logan Echolls è importante.

Veronica lo mandò poco elegantemente a quel paese, poi uscì dalla stanza per recuperare la figlia e portarla a casa, dove sarebbe salita sull’auto di nonno Keith e sarebbe tornata a casa con lui mentre lei si sarebbe di nuovo dedicata al suo paziente.

 

Keith Mars e Logan Echolls si studiavano da molti minuti.

Il padre dello sceriffo, dopo aver aiutato il giovane uomo a rifocillarsi e a sistemarsi sull’ampio divano usato come letto, aspettava che lui facesse la prima mossa.

Dal canto suo Logan Echolls non voleva esporsi. Era la prima volta che rivedeva Keith Mars da quando era andato via da Neptune e la sua espressione non era affatto quella di un uomo felice della sua condizione.

- Allora… come stanno le tue gambe, Logan?

La voce briosa di Keith suonò venata da una forzata euforia e Logan lo capiva perfettamente. A nessuno dei due faceva piacere essere in compagnia dell’altro e, se fino al diploma Keith Mars aveva tollerato tutto, quando Logan aveva deciso di andarsene ed aveva rotto con Veronica aveva scelto di non perdonarlo ed il suo proposito si era accresciuto quando l’uomo aveva pronunciato quell’infelice discorso al SuperBowl.

- Maluccio, ma grazie a sua figlia starò bene molto presto.

Logan prese fiato poi parlò con grande serietà.

- Mi spiace molto averla trattata in quel modo, signor Mars. Non avrei mai dovuto alzare le mani su di lei.

Keith ricordava perfettamente la forza del gancio destro di Logan e si massaggiò distrattamente la mascella nel ricordo di quella memorabile battaglia.

- Devo moltissimo a sua figlia e le giuro che farò di tutto per ricompensare la gentilezza di Veronica.

Keith annuì.

- Veronica è ancora molto legata alla sua adolescenza ed è ammirevole. Se fossi stato in lei avrei cercato di rimuovere quel periodo con tutte le mie forze.

- No. L’adolescenza mia e di Veronica è stata molto dura ed io, a differenza di sua figlia, ho preferito negarla con tutta l’area urbana che mi ha visto diventare un uomo.

- E’ normale, Logan.

Il giovane rise.

- No che non è normale. Non vado a visitare la tomba di mia madre Lynn da un secolo, non ho mai voluto sapere dove Aaron è stato sepolto e stavo tornando qui solo perché il decimo anniversario di un decesso è una data molto importante, altrimenti non avrei mai più messo piede sul suolo di Neptune.

Keith provò compassione per quel ragazzo che a diciassette anni aveva perso la sua unica guida e che era diventato uomo contando solo su se stesso.

La mano dell’uomo stempiato prese quella del giovane produttore spiantato.

Logan, senza una parola, ricambiò la stretta e sorrise in modo amichevole al suo avversario di una vita precedente.

Il momento di vicinanza fu rotto dallo squillare del telefono.

- E’ Veronica- disse- La nostra chiacchierata finisce qui, signor Echolls.

- Grazie mille, amico.

Keith Mars aprì la bocca per ribattere ma la chiuse subito e, dopo aver fatto un gesto per liquidare quella provocazione, aprì la porta e lasciò che la figlia, carica di incartamenti e con un sacchetto di carta tra i denti, entrasse in casa.

- Ci vediamo domani- disse l’uomo.

Un mugugno, che il signor Mars interpretò come un sì, fuoriuscì dai denti stretti di sua figlia e lui si ritenne soddisfatto.

Veronica lasciò cadere tutti gli incartamenti del caso Echolls sul tavolo e, aperto il sacchetto, ne estasse tre bicchieroni di caffè e nove bustine di zucchero aromatizzato ai gusti di vaniglia, nocciola e cioccolato.

Solo allora si voltò verso Logan.

- Dovrò passare la notte sveglia. Non preoccuparti, non è qualcosa che ti riguarda e…

Le parole le morirono in gola. Logan aveva lasciato la parte superiore del pigiama aperta e lì, sull’addome, era ancora visibile la lunga e rossastra cicatrice dell’intervento chirurgico che l’aveva privato della milza.

Ma cosa mi prende? Perché non parlo più? Perché quella cicatrice sta calamitando la mia attenzione in questo modo? Logan è ancora più bello di quanto ricordassi ma non è questo il motivo che mi spinge a guardarlo. No, è quel segno. Anche se l’ho detto spesso e con noncuranza lui ha davvero rischiato di morire in quell’incidente. Ho rischiato di vedere per l’ultima volta Logan in una bara di frassino che viene calata nella cappella degli Echolls, carbonizzato o ucciso da un emorragia cerebrale o dissanguato. Logan è sempre lo stesso ma quel giorno è quasi morto. Logan…

L’uomo assisteva sbalordito al mutare del volto di Veronica. Da nervosa era passata a sorpresa ed era arrivata sull’orlo delle lacrime.

- Veronica… cosa ti succede?

La donna scosse il capo e, voltandosi, tornò agli incartamenti, sempre più decisa ad arrivare in fondo a quel caso mentre Logan, pensieroso, osservava il muoversi delle sue spalle durante la scrittura e, come ipnotizzato da quel movimento, cadde in un sonno profondo senza che se ne rendesse conto.

 

Il primo sole del mattino trovò la donna, stanca fino all’inverosimile, china su quelle carte a studiare una targa automobilistica ed un uomo dalle gambe rotte che riposava pacificamente alle sue spalle.

Veronica, stanca morta, guardò Logan per poi sedersi accanto a lui.

Sorrise nel vederlo così tranquillo. Con quell’aria pacifica sembrava più un bambino troppo cresciuto che il caustico Logan Echolls.

Scostò con delicatezza i capelli dalla sua fronte e si sentì morire vedendo la cicatrice del taglio che si era procurato nell’impatto.

Devo difenderlo ad ogni costo. Devo scoprire chi è stato a fargli del male e difenderlo. Non importa quanto tempo ci vorrà o quante notti dovrò passare in bianco per risolvere questo caso. Risolverò il caso anche questa volta, parola di Veronica Mars.

Poi, stanca morta, si trascinò sotto la doccia e cercò di ritrovare un minimo di energia bagnandosi con l’acqua gelida.

Uscì dal vano con l’accappatoio stretto attorno a sé, infreddolita e tremante, e si diresse verso la sua stanza, dove indossò una felpa verde ed un paio di jeans.

Un nuovo giorno era iniziato ed era giunto il momento di ricominciare a fare il lavoro che più amava.

Preparò una caffettiera per Logan e lasciò la tazza su una sedia al suo fianco con un biglietto, poi si diresse verso la casa di suo padre. Doveva raccontargli tutto prima che leggesse il giornale ed accompagnare Lily a scuola, come le aveva promesso la sera prima.

 

* Florence Nightingale (12 Maggio 1820 – 13 Agosto 1910): donna di nobile origine, considerata pioniera della moderna professione infermieristica.

** Jack lo Squartatore : la sua vera identità non è ancora nota. Considerato il primo serial killer della storia, agiva nel malfamato quartiere di Whitechapel, Londra. Cinque sono le vittime canoniche, quattro delle quali prostitute, rinvenute tra il 31 Agosto e l’8 Novembre 1888.

*** Powerpuff Girls: meglio conosciute in Italia come “Le Superchicche”, sono personaggi di una serie animata.

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Capitolo 6
*** Capitolo Cinque ***


Capitolo Cinque

Capitolo Cinque

 

 

Nota introduttiva:

 

Grazie mille a tutti voi, con particolare riferimento a baby  per aver corretto il mio errore. A partire da questo capitolo correggerò in Eli il nome dell’agente Navarro.

Un ringraziamento particolare va anche a Deb. Lei sa il perché.

 

a-     Questo capitolo contiene il testo della canzone “Sway” dei The Perishers, presente anche nell’episodio 2x17 del telefilm e nel soundtrack della serie.

b-     Soltanto leggendo potrete scoprire di chi è figlia Lily Mackanzie Mars quindi evitate di chiederlo

 

Inoltre devo aggiungere che la prossima settimana aggiornerò di venerdì e non di giovedì a causa di impegni che mi terranno lontana dal computer tutto il giorno.

 

 

Veronica ticchettava sul volante al ritmo della delicata canzone che la cantante cantava.

Aveva quasi diciannove anni quando l’aveva sentita per la prima volta ed aveva apprezzato molto quella vocina chiara e musicale, come un passerotto che cinguetta su un ramo.

La considerava la canzone di sua figlia: la canticchiava durante quella dura estate di otto anni prima, accarezzando il suo ventre che ancora non si era arrotondato e, ironia della sorte, il nome che aveva scelto per la figlia era lo stesso della cantante e molto simile a quello della sua migliore amica.

- Ti piace questa canzone, Veronica?

Lily Mars sorrideva alla madre che quella mattina aveva fatto colazione con lei e adesso la stava accompagnando a scuola.

- Sì. La ascoltavo quando aspettavo te.

- Davvero? E’ bella. Ma a me piace di più questa.

Veronica ascoltò le parole della canzone e la riconobbe all’istante.

Mentre le prime parole scivolavano nell’aria la sua mente torno a quel giorno, quando a quel ballo aveva trascinato via Logan dalle grinfie di Gia Goodman prima che lui la insultasse o peggio.

 

I talk to you as to a friend
I hope that's what you've come to be
It feels as though we've made amends
Like we found a way eventually

 

Le sembrò quasi di sentire le mani di Logan che le cingevano la vita, dolci e calde come il giorno in cui tutto aveva avuto inizio, di fronte a quella stanza del Motel Camelot, quando il suo cuore aveva preso il sopravvento sulla sua razionalità per il secondo necessario al suo corpo di far capire a Logan che l’amicizia tra loro, quella strana miscela, non era ciò che sembrava.


It was you who picked the pieces up
When I was a broken soul
And then glued me back together
Returned to me what others stole

 

Si trovò nuovamente a pensare a come i suoi occhi quella sera si fossero persi in quelli di lui, magnetici nella loro semplicità perché brillanti per l’emozione che provava nel poterla avere di nuovo tra le sue braccia dopo una separazione tanto triste e la difficoltà di ritrovare un equilibrio nella loro amicizia venata dalla passionalità di un amore non corrisposto da parte di lui e di un amore ancora poco chiaro da parte di lei.


I don't wanna hurt you
I don't wanna make you sway
Like I know I've done before
I will not do it anymore
I've always been a dreamer
I've had my head among the clouds
Now that I'm coming down
Won't you be my solid ground?


Veronica fece per spegnere la radio ma non vi riuscì, ascoltando ancora quella canzone che aveva ballato con Logan in una sera lontana otto anni, quando erano dei diciottenni con le idee confuse e con la testa piena di pensieri, lei per il caso dell’autobus caduto in mare, lui per via di Hanna, la figlia del dottor Griffith, un uomo usato come testimone dai Fitzpatrick per incolparlo dell’omicidio di Felix in una calda notte d’estate in cui la vita di Logan Echolls aveva ricevuto una nuova scossa.

 

I look at you and see a friend
I hope that's what you wanna be
Are we back now where it all began
Have you finally forgiven me?

 

Un amico…

Già, Logan Echolls, nonostante tutto quello che ho fatto per dimenticarlo resta un mio amico.

Un amico al quale non ho mai smesso di tenere.

Un amico a cui ho spezzato il cuore per il suo bene.

Un amico che adesso rischia di essere vittima di altri attentati alla sua vita e che è stato derubato di ogni centesimo del suo immenso patrimonio.

Un amico di cui sono stata innamorata più di una volta.

Ma lui come la pensa, oggi?

E’ ancora un mio amico?

O è solo una persona che devo proteggere?


You gathered my dreams in
When they all blew away
And then tricked them back into me
You saved me I was almost dead

 

Lily batté le mani, felice, e si voltò verso la madre.

Immediatamente si fece preoccupata.

- Veronica, perché piangi?

Veronica si asciugò subito le lacrime che mai avrebbe voluto versare davanti a sua figlia e sorrise.

- Un bruscolino in un occhio. Non preoccuparti.

La piccola sorrise di nuovo e tornò ad ascoltare la musica.

Già. Un bruscolino di nome Logan Echolls.

 

Adesso che Veronica non era in casa Logan non sapeva cosa fare se non guardare un pochino di televisione.

Stava facendo zapping quando vide un volto a lui noto sullo schermo.

La foto di John Phelps era tra le mani di una giovane donna sorridente che parlava al microfono.

In basso, in sovrimpressione, c’era il nome della donna, Val Phelps, ed era riportato il luogo da cui parlava, ossia da Phoenix, Arizona.

- E’ stato lui, il mio povero marito, a proteggere il nostro angioletto- disse, prima che la telecamera staccasse da lei e inquadrasse la porta di una stanza.

“L’operazione di cui aveva bisogno il piccolo Jonathan, operato due settimane fa, è andata bene e presto il piccolo potrà riprendere una vita normale. E’ tutto dal St. Joseph Hospital di Phoenix, Arizona.”

- Ma che strana coincidenza- sibilò, guardando le gambe coperte dal gesso- E così i soldi per salvare quel bambino sono saltati fuori proprio quando io ho avuto l’incidente. Ma chi poteva volermi morto tanto da pagare una manomissione dei freni circa mezzo milione di dollari?

L’anchorman fece un piccolo commento sulla vicenda poi iniziò a parlare di politica e Logan cambiò canale, trovandosi di fronte ad un nuovo notiziario, questa volta di un’emittente a raggio più limitato.

Questa volta c’era un grande camion in primo piano e, molto sorpreso, Logan vide una Ferrari accartocciata con la targa “DULOVEME” ben visibile.

Poi, in diretta dal dipartimento, apparve Veronica Mars e, a giudicare dalla sua espressione, avrebbe dato battaglia.

Una giornalista dalla chioma rossa si sporgeva verso di lei come un’ossessa.

- L’auto trafugata apparteneva a Logan Echolls, signorina Mars?

- Sì.

- Come mai indagate ancora su questo caso? Non si trattava di tentato suicidio?

Questa volta era stato un giornalista stempiato a fare la domanda.

- Se indaghiamo ancora sul caso è perché la dinamica dell’incidente non è comune.

- E’ vero che il signor Echolls è ora alloggiato in casa sua?

- No comment.

La risposta data da Veronica ad un giovane giornalista che aveva ancora l’acne non bastò a farli smettere.

- Lei è stata la compagna del signor Echolls ai tempi del liceo. Come si sente in questo momento?

- Non vedo come la mia passata relazione con il signor Echolls possa essere argomento di discussione in questa sede.

- Ama ancora il signor Echolls?

Scoccò un’occhiataccia alla persona che le aveva posto quella domanda.

- Non risponderò ad altre domande.

Detto questo, con un gesto deciso sottolineato dall’ondeggiare della chioma dorata della donna, Veronica Mars si girò e lasciò a sé stessi i giornalisti.

Logan ridacchiò. Quella sì che era Veronica Mars, su questo non vi erano dubbi!

 

Veronica tornò a casa con una nuova bracciata di fascicoli dai fogli più o meno svolazzanti e dall’aria molto pesante.

Logan rise vedendo che stringeva tra i denti una cinghia della borsa e cercava di tenerla sollevata il più possibile, operazione poco semplice.

- Vuoi darti al circo? Come clown saresti perfetta, Veronica Mars.

La donna ringhiò, stringendo con maggior forza la cinghia e guardandolo con aria assassina.

Logan si scoprì ancora affascinato da quello sguardo. Gli occhi di Veronica, piuttosto chiari, brillavano più del solito quando la rabbia li scuoteva e, almeno in parte, era anche per quello che gli piaceva giocare con lei. Il brillare di quegli occhi era uno spettacolo che da giovane adorava, anche se all’epoca la preferiva con il volto illuminato dalla gioia.

La sera in cui le aveva confessato quanto l’amasse i suoi occhi gli erano sembrati illuminati dalla luce di ogni stella del firmamento.

E, pensò amaramente, quella sera era stata anche quella dello scontro a fuoco. Solo qualche istante di ritardo ed uno di loro avrebbe avuto una pallottola tra le circonvoluzioni del cervello, devastato dall’impatto.

Una morte che sarebbe potuta essere rapida come un battito di ciglia o lenta come un’eternità di speranze vane. Oppure, ed era quella che più lo spaventava, era la vita che avrebbe dovuto condurre quella persona se fosse sopravvissuta, magari privata del raziocinio o di una qualche funzione.

Veronica gettò ogni cosa sul tavolo ed iniziò a smistare le cartelle, lasciando Logan da solo con i suoi ricordi di adolescenza, un periodo che li aveva visti vicini e lontani a fasi alterne, fino alla dolorosa separazione.

Era accaduto tutto qualche giorno prima del compleanno di Veronica, i primissimi giorni di agosto. E da allora erano stati distanti come lo erano l’Artide e l’Antartide, privi di qualsiasi contatto.

Ed ora lei era uno sceriffo che rilasciava dichiarazioni solo se le domande erano pertinenti e non le facevano perdere la pazienza.

- Veronica…

-  Ti serve qualcosa?- chiese, continuando a giocherellare con una ciocca di capelli usando la matita mordicchiata che aveva in mano.

- Sì. Perché non mi hai detto che avevano rubato l’auto?

- Non era necessario preoccuparti con questi dettagli.

- Dove sei andata ieri sera?

- Da Weevil. Era di guardia all’auto quando hanno fatto irruzione nel garage.

- E’ ferito?

- Più nell’orgoglio che in altro. Ha la testa dura quell’uomo.

- Ma è ferito.

- Sì. Una piccola frattura al piede che lo renderà inabile al lavoro per un mese o poco più. L’hanno tenuto in osservazione ieri sera ma da quanto mi ha detto l’agente Scott è già stato dimesso.

- Capisco. Quindi hanno rubato l’auto.

- Sì, ma a noi restano la perizia meccanica, le foto e tutta la documentazione del caso. Sarò sincera, le indagini si fanno sempre più difficili ogni giorno che passa e senza quel meccanico non sappiamo che pesci prendere ma io non mi scoraggio tanto facilmente. Lo troveremo, Logan.

Veronica sembrava più seria del solito mentre parlava in quel modo e ciò lo spiazzò perché la sua forza vibrava maggiormente quando era calma e fredda, diversa dall’impulsiva ragazza del liceo.

In certi momenti gli sembrava che Veronica non fosse cambiata di una virgola mentre in quelli aveva l’impressione di trovarsi di fronte ad un’estranea.

- Mi fido di te, sceriffo Mars. L’ho sempre fatto e non smetterò di farlo adesso.

Veronica assunse la sua aria da furbetta e si mise a sedere sulla sedia accanto al divano, avvicinando il volto a lui.

I lunghi capelli caddero in avanti, sfiorando il braccio sinistro di Logan, e vennero subito riavviati all’indietro da una mano.

- Quando fai così vuoi qualcosa, Logan. Polpette alla Mars per cena?

- Perché non il napalm, visto che ci siamo?

- Costa troppo! E poi è piuttosto deboluccio.

Logan sorrise.

- Mi vai a prendere un po’ di riso alla cantonese per pranzo?

- E dopo?

- Qualcosa di sano.

- Polpette alla Mars?

- Sei sorda. Ho chiesto qualcosa di sano, non qualcosa che un sano di mente non assaggerebbe neanche sotto tortura.

- Ti assicuro che prima che la nostra convivenza finisca tu adorerai le polpette della sottoscritta.

- Vuoi dire che diverrò pazzo quanto te? Ma non era meglio trovare casa nella discarica, magari sotto un qualche sacchetto pieno di torsoli di mela, o nel cassonetto dietro ad un ristorante cinese? O magari … perché mi guardi in quel modo?

Veronica cancellò dal volto l’ombra oscura che l’aveva attraversata e sorrise, rimettendo la maschera che per un momento si era infranta.

Per un istante le sue parole l’avevano ferita.

La considerava una pazza ed il suo gesto era stato sminuito. Lei aveva messo in gioco ogni suo avere per salvarlo e su questo punto era molto sensibile. Non poteva vivere con sua figlia per evitare che lui scoprisse che era una madre. La sua casa era stata ipotecata per pagargli l’ospedale. Si era portata il lavoro a casa per essere attiva nelle indagini e occuparsi di lui allo stesso tempo. Stava sacrificando ogni privacy pur di averlo sempre sott’occhio ed evitare che qualcuno gli facesse male nuovamente.

- Scusami.  Stavo pensando all’assalto dei giornalisti.

- Sì, ho visto come te la sei cavata.

- Cosa ne pensi?

- Che un bravo sceriffo sa mantenere sempre la calma, anche quando i giornalisti lo assaltano con domande poco attinenti al caso.

- Credi che l’abbia mantenuta?

- Non hai strangolato nessuno di loro…

- Ma l’avrei fatto volentieri.

- Certo che i giornalisti sono proprio degli idioti. Non abbiamo contatti da anni e ti domandano se sei ancora innamorata di me. Come sono stupidi. Veronica Mars, una ragazza di soli ventisei anni, che resta in attesa del ragazzo che ha allontanato da sé motivando la sua decisione come un desiderio di provare ad avere relazioni con più persone prima di legarsi per la vita con una sola?

Veronica si fece triste.

Ricordava perfettamente le sue parole.

- Mi hai detto “Ho bisogno di scoprire se sei davvero tu l’uomo con cui desidero dividere il resto della mia vita, e per farlo le nostre strade devono dividersi, Logan. Sono giovane ed ho bisogno di provare nuove emozioni con delle nuove persone”. Io ti avevo appena donato il mio cuore, ti ho detto di amarti come mai pensavo fosse possibile, ti avevo anche detto che sarei rimasto con te a Neptune per studiare alla Hearst perché sapevo quanto tu ci tenessi a laurearti e quanto desiderassi restare accanto a tuo padre. Ma tu mi hai praticamente bandito dalla tua vita. Ed io sono andato via da Neptune giurando che non vi avrei mai più rimesso piede. Ricordi?

- Sì.

- Spero che tu sia riuscita a fare tutte le esperienze che desideravi, Veronica Mars, perché se tu mi avessi devastato per poi non avere il coraggio di tentare di vivere le nuove esperienze che tanto desideravi io mi arrabbierei sul serio.

Veronica annuì e sorrise, sentendosi morire per il recitare quella parte da cattiva così poco da lei.

- Sì, le ho vissute.

- E la tua conclusione?

- Ho fatto la scelta migliore per entrambi.

Gli occhi di Logan bruciavano di rabbia ma Veronica continuò a guardarlo, dando fondo a tutto il suo coraggio ed il sangue freddo.

- Io forse sono su questa sedia a rotelle per colpa della tua decisione.

Veronica, non lasciarti andare. Mantieni il sangue freddo. Fallo per il bene di entrambi. Non devi mostrarti debole. Non devi mollare la presa. Fredda e gelida, convinta delle tue parole. E smettila di battere, cuore infame! Smettila di guardarmi Logan! Se mi guardi in quel modo farei del male a entrambi ed io non voglio rovinare la vita di nessuno! Non voglio ferire nessuno, non lo capisci?

- Forse- disse Veronica, facendo violenza sulle sue corde vocali per spingerle ad articolare i suoni- Forse ti trovi su quella sedia a rotelle perché hai pestato i piedi a qualcuno più potente di te.

Detto questo uscì dalla casa per evitare quello sguardo ferito e l’aria incredula stampata sul volto di Logan.

- Perdonami Logan- sussurrò, mentre le lacrime cadevano sul volante dell’auto che stava mettendo in moto con le mani scosse da tremiti- Perdonami se la mia vita è una menzogna e perdonami per averti ferito.

Finalmente l’auto partì e, sgommando, Veronica Mars abbandonò a se stesso l’uomo che doveva proteggere.

Non si accorse neanche della vecchia auto italiana posteggiata dall’altra parte della strada e della macchina fotografica che il suo occupante stava utilizzando.

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Capitolo 7
*** Capitolo Sei ***


Capitolo Sei

Capitolo Sei

 

Veronica Mars, con gli occhi accecati dalle lacrime, mise la freccia e svoltò di nuovo.

Guidava ininterrottamente da oramai cinque ore ma non accennava a diminuire la velocità, sfrecciando a velocità elevata sulla Intestate 10.

Stava macinando chilometri su chilometri per andare a parlare con l’unica persona che forse poteva aiutarla.

Sicuramente si sarebbe sorpreso di vederla piombare così all’improvviso e, cosa più importante, non sapeva come giustificarsi con Logan per averlo abbandonato in quella casa ma non le importava.

Aveva bisogno di stare lontana da lui e ritrovare un minimo di equilibrio psichico. E solo Wallace Fennel poteva aiutarla.

Un sorpasso azzardato ad un camion le procurò un sonoro colpo di clacson ma a Veronica non importava altro che macinare le ultime venti miglia delle duecentosettantacinque che separavano Neptune dalla casa di periferia dove la stella dei Phoenix Bulls aveva preso domicilio insieme a sua moglie ed al figlio di lei, un bambino di ormai nove anni nato da un rapporto occasionale della giovane donna.

 

Faticosamente, Logan percorse gli ultimi venti centimetri che lo separavano dal mobile che alloggiava il telefono fisso di casa Mars e, dando un colpo, riuscì a farlo cadere a terra assieme a molti fogli.

Senza pensarci due volte, compose il numero di casa di Keith Mars.

Al terzo squillo la voce del signor Mars giunse al suo orecchio.

- Pronto?

- Amico, sono Logan.

- Ah, il signor Echolls. Come mai hai telefonato?

- Quella squinternata di sua figlia mi ha abbandonato senza pranzo ed io sono temporaneamente disabile.

- Sarà uscita per un attimo…

- Keith Mars, guarda l’orologio. Quella pazza è uscita alle dieci di questa mattina e adesso, alle quattro meno un quarto di pomeriggio, io non l’ho ancora vista tornare.

L’uomo dall’altro capo del telefono sembrò esitare, poi la linea cadde.

- Maledizione!- imprecò, colpendo il pavimento con un pugno.

 

Lily Mars entrò nell’ufficio del nonno con un grande sorriso proprio un attimo dopo che l’uomo aveva interrotto la comunicazione.

Non voleva lasciare in sospeso quel povero ragazzo che, a meno che Veronica non avesse spostato il telefono per consentirgli di fare telefonate, doveva aver faticato parecchio per raggiungere quel mezzo di comunicazione, ma non poteva permettere che Lily sapesse che un estraneo poteva vivere con sua madre mentre a lei ciò non era concesso.

- Chi è?- chiese, indicando la cornetta appoggiata sul tavolo.

- Un cliente. Sta aspettando in linea.

- Allora torno più tardi.

La bambina uscì dalla stanza e subito Keith compose il numero.

Logan rispose immediatamente.

- Pronto?

Il suo tono era tutt’altro che amichevole.

- E’ caduta la linea. Ora raccontami cosa è successo con Veronica.

- Sua figlia è una svitata, ecco cosa!

- Cosa hai detto, amico?

- Non rubarmi le battute, Keith Mars. Abbiamo litigato, questo è vero, e forse ho detto qualcosa di maligno… ma anche lei lo è stata.

- Logan, ti devo portare qui e torturarti oppure mi spieghi in modo chiaro e comprensibile quale è stato l’argomento della vostra disputa? Non ho tutto il pomeriggio libero.

- In breve stavamo parlando… del passato.

- E per l’esattezza di…

- Stavamo parlando del giorno in cui mi ha lasciato. Lei sa quale è stata la sua motivazione, vero?

- Sì. Vivere nuove emozioni con altri ragazzi.

- Esatto. Poi le ho rinfacciato il fatto che forse io sono su questa sedia a rotelle per colpa di sua figlia.

Il signor Mars sentì il sangue ribollirgli nelle vene.

- Come ti sei permesso di fare una cosa simile? Dopo tutti i sacrifici di Veronica per salvarti da una strada!

- Guardi che poi lei ha accennato al fatto che io potessi aver pestato i piedi a qualcuno di potente!

- Come se fosse la prima volta che Logan Echolls fa una cosa simile!

- Non la giustifica.

- E ciò non giustificava te nel dire che forse l’incidente è stato causato da lei. Te ne sei andato da Neptune di tua spontanea iniziativa!

- Non l’avrei mai fatto se Veronica non mi avesse spezzato il cuore. Io ho amato sua figlia in modo illimitato e lei mi ha detto di voler avere altre esperienze!

- L’ha detto per il bene di entrambi!- sbottò Keith Mars, poi riagganciò.

Sperava di non aver gridato troppo forte. Lily avrebbe potuto aver paura e l’ultima cosa che voleva era far star male la sua nipotina per colpa di quel Logan Echolls che non meritava i sacrifici che la figlia aveva fatto per lui.

Prima la menzogna sui suoi sentimenti per permettergli di lasciare Neptune, lui che aveva i mezzi per sostenersi altrove, per girare il mondo e conoscerne ogni bellezza, spezzando il suo cuore in modo dolorosissimo per convincerlo ad allontanarsi il più possibile da quella città che poteva solo soffocarlo e distruggerlo.

Adesso era il turno della casa ipotecata, del lavorare in casa e, soprattutto, della bambina che non poteva vivere con sua madre per evitare che assistesse ai battibecchi tra i due o, ed era ciò che Keith temeva di più, che potessero tornare insieme ed illudere una bambina che non aveva mai avuto un padre che finalmente anche lei ne aveva uno. Meno Lily sapeva di Logan Echolls meglio era.

Sorrise e, alzatosi dalla scrivania, andò in cucina a preparare la merenda alla nipote e pensare in quale modo poteva squagliarsela senza che Lily facesse molto caso a lui.

Non vide neanche il telefono lampeggiare ed un foglio di carta bianca recante l’intestazione del General Hospital di Springfield fuoriuscire dal fax.

 

Quando Veronica riuscì finalmente a trovare la casa dove vivevano Wallace e Jackie la luce del sole era diminuita sensibilmente e l’aria si era fatta molto fredda.

Veronica si diede dell’idiota. Aveva percorso centinaia di chilometri istintivamente, senza pensare a nulla se non di parlare con l’amico della situazione.

Da quando Mac era stata chiamata a lavorare alla sede di New York della Kane Software, un anno dopo la laurea, Veronica si sentiva isolata.

L’unico contatto con una persona amica e che considerava intellettualmente stimolante era Eli Navarro, che adesso era al suo fianco al dipartimento.

Chissà come sta oggi Weevil? Magari potrei telefonargli. E potrei anche telefonare a Logan e spiegargli che tornerò non prima della tarda mattinata di domani. E naturalmente chiedere a papà se può nutrirlo anche stasera. Sei un vero disastro, Veronica Mars. Ti sei comportata in modo sciocco e adesso non puoi più tirarti indietro.

Parcheggiò l’auto di fronte alla villetta dal prato curato e sorrise.

Wallace aveva scelto quella città subito dopo essersi laureato e subito aveva chiesto a Jackie di andare a vivere con lui dopo tre anni di, come lo chiamava Veronica, “T’amo Lontano”.

La ragazza aveva sempre cercato di rifiutare la corte di Wallace che, al contrario, la tempestava di telefonate e si ammazzava di lavoro pur di andare a trovare lei e Trevor almeno una volta al mese. Pian piano Jackie aveva capito quanto potesse tenere a lei il ragazzo e alla fine aveva ceduto alle sue avances ed accettato di andare con lui a Phoenix, città della squadra in cui giocava e luogo dove avevano scelto di stabilirsi in pianta stabile. Se per Wallace il basket era importante, più ancora lo era mantenere immutato il sorriso di quel bambino che un anno prima era diventato a tutti gli effetti Trevor Fennel.

Stava per scendere quando qualcuno bussò al vetro ed il volto sorridete di Jackie le riscaldò il cuore.

- Ciao Veronica. Non ti aspettavamo.

Il sorriso e lo scuotere della sua testa fecero capire alla donna che l’amica doveva avere qualcosa che non andava e la completa mancanza di bagagli le fece capire che era anche una visita non programmata.

- Entriamo in casa, ti va?

Veronica annuì e Jackie, passato un braccio attorno alle sue spalle, la accompagnò nel caldo salotto e la spinse ad accomodarsi sul morbido divano coperto da un telo azzurro cielo e decorato con tre cuscini verde acqua.

Solo allora, Veronica e Jackie furono comodamente sedute l’una accanto all’altra, che la bionda si accorse di quanto fosse prominente il ventre di Jackie.

- Ma tu…

- Io cosa?

- Sei incinta.

- Vero. Volevamo farti una sorpresa.

- Di quanti mesi?

- Cinque, oramai.

Veronica pensò che fosse indelicato dire che sembrava almeno di otto ma Jackie lo intuì.

- Veronica, guarda che non è uno solo.

Il viso della donna si illuminò.

- Sono due?

- Sì. Sono Veronica e Penelope.

- Veronica?

Jackie sorrise e Veronica si sentì invadere da una sensazione di calore di cui aveva dimenticato l’esistenza.

Jackie era radiosa e sprizzava energia. Era bellissima con quella tuta extralarge ed i capelli raccolti in una coda disordinata, con quel sorriso che metteva in mostra i suoi denti perfetti e la luce che illuminava il suo volto.

- Wallace deve essere al settimo cielo.

- Lo è. Adesso è con Trevor a prendere accordi per la serata di domani all’ospedale St. Joseph. Sai, lui e la squadra vanno a fare visita al reparto pediatrico. Ma ora basta parlare di noi. Parlami di te e di Lily. E soprattutto di Logan.

- Si sa fino a qui?

- Certo che sì. Logan Echolls è famoso.

- Spesso lo dimentico.

Jackie sorrise.

- E’ naturale. Lo conosci da una vita e ai tuoi occhi resterà sempre il dolce ragazzo che amavi.

- Forse hai ragione. Lui resterà sempre lo stesso Logan ai miei occhi. Ma è cambiato. Ed anche io lo sono.

- Sceriffo e mamma. A proposito, come l’ha presa Logan?

- Logan? Cosa c’entra Logan?

Lo sguardo di Jackie era più espressivo di mille parole.

- Veronica, lui vive a casa tua. Avrà notato una bambina che si aggira per casa, no?

Veronica scosse il capo.

- Non l’ha mia vista. Non voglio che Lily lo incontri.

- E perché, scusa?

- In primo luogo Logan potrebbe fraintendere e arrabbiarsi ancora di più.

- Tanto non è figlia sua, no?

- No. Come non è figlia mia.

- E allora?

- Non voglio neanche che Lily lo conosca. Hanno cercato di ucciderlo e sarebbe pericoloso vivere con lui.

- Allora perché non presentargliela. Veronica, non puoi nascondere tua figlia per tutto questo tempo. E’ una pazzia.

- Una pazzia che faccio per il bene di entrambi.

- E soprattutto per il tuo.

Il volto di Veronica si fece minaccioso.

- Credi che mi diverta a segregare mia figlia con mio padre? O che sia facile vivere con Logan Echolls dopo averlo lasciato in modo così brutto da fargli giurare di abbandonare Neptune per sempre? Oppure secondo te è facile per me sapere che l’uomo che ho amato per tanto tempo ha rischiato di morire e che colui che ha cercato di fargli del male sia ancora a piede libero? Mi sento uno schifo per le menzogne che ho raccontato e che racconto ancora ma non posso fare altro che lottare e non ho bisogno di te che mi fai la paternale perché non faccio incontrare una bambina con Logan. Sono abbastanza grande per cavarmela da sola, Jackie.

- Allora perché sei qui, in questa casa, a così tante miglia da casa? Perché stai combattendo? No, non credo proprio. Tu sei qui perché tuo padre non può capirti e vuoi essere aiutata e consigliata. Non puoi negare questo, Veronica Mars. Sei scappata perché avevi bisogno di una pausa e noi saremo felici di darti ospitalità per qualche giorno. Ma dovresti chiamare almeno tuo padre per dirgli di Logan. Non penso che immobilizzato a letto possa badare a se stesso.

Veronica abbassò gli occhi sul pavimento.

Merda! Perché non ho pensato a Logan prima di fare una cazzata simile? Lui dipende da me per ogni cosa e adesso sarà nei guai, a stomaco vuoto e di umore pessimo. Come ho potuto lasciare che il mio cervello non recepisse questo basilare concetto: Logan dipende da me come un neonato ed io non posso abbandonarlo. Ma non posso neanche rimettermi in viaggio adesso. Arriverei a casa molto tardi. Ripartirò domani. Magari potrei fare anche delle indagini nei paraggi… sì, farò così. Renderò fruttuoso questo gesto inconsulto. Ma devo avvisare papà e Logan.

Veronica cercò di sorridere all’amica ma il suo volto era ancora stravolto dalle forti emozioni provate poco prima.

Jackie indicò con il capo il telefono e Veronica ringraziò mentalmente il fatto di essersi sbagliata così tanto sul conto di quella ragazza snob che era arrivata a Neptune l’anno del diploma.

 

Keith Mars stava spalmando la marmellata sulla fetta di pane di Lily quando il telefono iniziò a squillare.

Corse immediatamente al telefono.

- Veronica?

- Parlo con il signor Keith Mars?

La voce dall’altra parte della cornetta era di una donna ma non quella di sua figlia Veronica.

- Sì.

- Sono l’infermiera Loren Carter del General Hospital di New York.

- New York?

- Sì signore. Una donna è ricoverata nel nostro reparto di nefrologia. Il nome è… Leanne Reynolds, coniugata fino al 2005 con il signor Keith Mars e madre di Veronica Mars, entrambi residenti a Neptune, California. E’ lei il Keith Mars che stiamo cercando?

- Sì, sono io l’ex marito di Leanne Reynolds. Ma come mai mi avete contattato? Cosa le è accaduto?

- La malattia di sua moglie è arrivata all’ultimo stadio, signore.

- Malattia?

- Le risulta che sua moglie sia un’alcolizzata?

- Sì.

- Sua moglie è stata portata qui ieri. Abbiamo compiuto gli esami di routine ed i risultati delle proteine epatiche ci hanno spinto ad effettuare una ecografia. Devo comunicarle che come conseguenza di questo abuso sua moglie è affetta da cirrosi epatica e che oggi le è stato diagnosticato un epatocarcinoma multiplo. La malattia ha danneggiato gravemente il fisico della sua ex moglie e siamo arrivati ad un momento critico. Purtroppo il suo punteggio dell’insufficienza epatica secondo Child-Turcotte-Pugh è pessimo e non possiamo intervenire se non tentando un trapianto di fegato. L’unico con sanguigno vivente della signora Reynolds è vostra figlia Veronica. Può informarla della situazione, per favore?

- Sì, lo farò.

- La ringrazio. Mi raccomando, lo faccia sapere al più presto a sua figlia. Presto potrebbe diventare inoperabile e allora per la signora non si potrebbe fare altro che cercare di limitare l’espandersi del tumore ed alleviare la sofferenza.

Detto questo riagganciò, lasciando Keith molto preoccupato. Prima Veronica che litigava con il coinquilino e svaniva nel nulla; adesso Leanne che ricompariva dopo tanti anni e, come sempre, per chiedere aiuto a sua figlia. L’ultima volta che madre e figlia si erano incontrate la donna era scappata con i cinquantamila dollari che avrebbero permesso a Veronica di studiare a Stanford, come desiderava.

Non poteva non essere felice per il vivere con la nipotina e la figlia ma avrebbe voluto che sua figlia avverasse i suoi sogni invece che vivere nella cittadina che le riportava alla mente soltanto brutti ricordi.

Veronica sembrava felice della sua vita ma sapeva che non era del tutto vero.

Prima aveva rinunciato a Logan per permettergli di essere libero di realizzarsi lontano dalla città che tanto aveva preteso da lui, poi la Hearst, il grande studio durante il primo semestre e quella bambina che, da quanto gli aveva raccontato, era figlia di una compagna di corso che non la desiderava e che Veronica aveva immediatamente amato, costringendosi a mille sacrifici e a mille bugie.

E adesso Leanne tornava sulla scena per chiedere alla giovane di sottoporsi ad un intervento rischioso e senza certezze per permetterle di tornare a piede libero e rovinarsi nuovamente la vita.

Keith guardò la piccola Lily e iniziò a prepararsi per andare ad aiutare Logan Echolls a soddisfare i suoi bisogni primari.

 

Quando il telefono squillò Logan rispose immediatamente.

- Pronto?

La persona dall’altra parte dell’apparecchio sospirò e lui comprese immediatamente di chi si trattava.

- DOVE DIAVOLO SEI? SCIAGURATA! HAI LASCIATO UN POVERO INVALIDO A DIGIUNO E VOGLIO UNA SPIEGAZIONE IMMEDIATA PER QUESTO TRATTAMENTO, VERONICA MARS!

Veronica sapeva che doveva essere di pessimo umore ma sperava che non la attaccasse con tutta quella violenza.

- Sono… mi trovo a casa di Wallace.

- Wallace?

- Wallace Fennel.

Logan rimase in silenzio qualche istante, segno che il suo cervello stava elaborando la connessione che l’avrebbe portato a capire dove lei si trovasse.

- Veronica- disse lui con voce talmente calma che lei ebbe paura di aver appena fatto perdere il cervello a Logan Echolls- stai cercando di dirmi che ti trovi in Arizona?

- Sì.

Ah, capisco… CAPISCO CHE SEI UNA PAZZA, IDIOTA, MALEDETTA DONNA SCERIFFO CHE E’ CORSA A FARSI CONSOLARE DAL MIGLIORE AMICO SENZA PENSARE AL FATTO CHE SI TROVA A CENTINAIA DI CHILOMETRI DA QUI! PEZZO DI DEFICIENTE!

Veronica accettò quell’esplosione di rabbia. Sapeva di aver sbagliato e di meritare quegli insulti.

- Mi dispiace Logan. Non so cosa mi sia preso e mi sento in colpa…

- Allora alza quel culo e torna immediatamente qui.

- Tornerò tra un paio di giorni.

- Un paio di giorni? Veronica, io ho bisogno di te. Come farò a mangiare? E chi mi aiuterà ad andare in bagno?

Veronica riprese immediatamente il controllo di se stessa, perso quando quel “ho bisogno di te” le aveva fatto mancare un battito.

Quello era stato la stessa frase usata da lui in quel maledetto giorno d’estate. E la sua reazione era stata la stessa di quel giorno.

- Riuscirai a sopravvivere, non preoccuparti. Telefona a mio padre e riferiscigli quello che ti ho detto. Non voglio abusare della gentilezza di Wallace e Jackie.

- Non sono d’accordo su quello che stai facendo. Il mio caso è ancora aperto e hai visto cosa è successo a Weevil?

- Lo faccio anche per risolvere quel caso, Logan. Qui sarò geograficamente più vicina al luogo in cui quell’uomo ha manomesso la tua automobile e magari potrò trovare qualche nuovo indizio.

Logan grugnì ma in cuor suo aveva paura che Veronica si cacciasse in guai ben peggiori dei suoi.

- Va bene. Ti aspetterò.

Veronica sorrise.

- Grazie. Cercherò di tornare il prima possibile.

Detto questo riagganciò, lasciando Logan con le sue paure e con il ricordo di quella lettera minatoria.

 

Wallace Fennel entrò in casa come un immenso sorriso dipinto in volto ed il figlio del suo cuore tra le braccia. Aveva visto l’auto della californiana parcheggiata lì davanti e non vedeva l’ora di riabbracciarla.

- Dove si trova lo sceriffo più sexy della California?- chiese, lasciando scendere a terra Trevor, che corse subito in camera sua, per avere le braccia libere.

Veronica ebbe a malapena il tempo di alzarsi prima che le braccia muscolose di Wallace la stringessero in un abbraccio più che caloroso.

- Quanto mi sei mancata, Mars!

Veronica sorrise.

- Anche tu mi sei mancato Wallace… ma potresti evitare di stritolarmi?

L’uomo rise e lasciò andare l’amica, permettendo a entrambi di studiarsi a vicenda dopo tre anni di distanza.

Veronica notò subito quanto il tempo e la carriera di cestista avessero modificato il fisico di Wallace. Il ragazzo di diciassette anni legato al palo della Neptune High School era diventato un uomo dal pizzetto con un fisico tonico ed occhi luminosi, celebre in tutto il paese per essere il miglior cestista dell’Arizona e componente fondamentale della squadra nazionale.

Dal canto suo, Wallace notò che i capelli lunghi donavano a Veronica un’aria più dolce e materna.

- Come sta la mia figlioccia?

- Molto bene. Se non fosse che vive con suo nonno perché mi occupo di Logan, uomo che ho lasciato a stomaco vuoto stamattina e che deve aver strisciato fino al telefono per rispondere alla mia chiamata.

- Hai lasciato Logan a digiuno? E come mai?

Veronica si fece triste e Wallace decise di sedersi sul divano, accanto alla moglie, e cambiare argomento alla svelta.

- Ho sentito dire che la vita dello sceriffo non è facile.

- Affatto. Adesso stiamo indagando sul caso di Logan ma già da un mese abbiamo iniziato a indagare anche su un brutto caso. Di certo avrete sentito parlare degli omicidi di Coconut Beach.

Jackie intervenne.

- Certo che ne abbiamo sentito parlare. Si tratta di quelle tre ragazze uccise lo scorso settembre e trovate sulla spiaggia a nord di Neptune con il collo spezzato e segni di percosse.

- Esattamente. Con il putiferio scatenato dal caso di Logan non se ne è parlato molto ma stiamo ancora cercando gli uomini che le hanno uccise.

- Gli uomini?

Jackie era diventata piuttosto pallida e Wallace strinse subito la sua mano.

- Sì. Pensiamo che si sia trattato di almeno due persone di sesso maschile. Le tracce sulla sabbia purtroppo sono state cancellate ma una delle ragazze aveva sul collo un segno strano mentre le altre due no. Sul collo di una ragazza c’era una zona di maggiore spessore con una croce incisa al centro.

- Un anello.

- Elementare, Wallace.

- Questi vi ha portato al pensare che fossero due. Ma perché uomini?

- Erano prostitute, Jackie, e tutte e tre in stato interessante.

- Prostitute? Non è possibile. Al telegiornale…

Gli occhi di Jackie riflettevano tutto il suo timore.

Forse non avrei dovuto parlarle di questo caso… ma non posso mentire loro.

- I telegiornali hanno detto che avevano sedici anni. Ma non è corretto.

- Erano più grandi.

- Amanda Stewart aveva quattordici anni. Justine e Camille Randall rispettivamente quindici e tredici. Amanda era svanita dalla casa della famiglia affidataria, a San Diego, tre mesi fa. Le Randall invece provenivano da un istituto dell’Illinois, dal quale sono fuggite lo scorso maggio.

- E’ orrendo!

- Già. Sospettiamo che loro tre non fossero le uniche.

- Vuoi dire… un giro di…

-  Sì. Crediamo che qualcuno raccolga queste ragazzine sbandate e che un’organizzazione le porti dove hanno bisogno di queste baby prostitute. Ho contattato già San Francisco, Los Angeles e San Diego ed anche loro da qualche tempo hanno notato dei casi di morti sospette e percosse a ragazzine ai danni di ragazzine tra i dieci e i sedici anni. Il primo caso a Neptune risale allo scorso mese di marzo, quando Kelly Patterson, una ragazzina di dodici anni, fu portata all’ospedale per un’emorragia addominale che le è stata fatale. I genitori non hanno mai dato il consenso all’autopsia ma io ho le mie fonti.

Wallace e Jackie sorrisero. Veronica aveva raccontato spesso i modi in cui riusciva a convincere Gia Goodman a passarle sottobanco una cartella medica in nome dell’amicizia che le legava.

- Si trattava delle conseguenze di un aborto clandestino.

Jackie e Wallace tornarono serissimi.

- Non sappiamo se sia collegato al caso di Coconut Beach ma la situazione è costantemente monitorata.

- Deve essere orribile- sussurrò Jackie, accarezzando il ventre che conteneva le sue bambine.

- Già. Soprattutto Weevil è preoccupato.

- Perché Eli dovrebbe essere preoccupato?

- Wallace, le ragazzine trovate morte e Kelly Patterson hanno più o meno l’età di sua nipote Ophelia.

- Ophelia? Intendi la bambina della fiera?

Veronica sorrise. Sapeva che Jackie avrebbe capito subito chi era la bambina a cui si riferiva. L’aveva vista, seduta e compunta, mentre lei, Weevil ed altri studenti venivano interrogati sulla sparizione di dodicimila dollari.

- Sì. Adesso è al secondo anno di scuola media inferiore. Non è una ragazzina leggera ma è molto carina e qualcuno potrebbe prendersela anche con lei.

Wallace e Jackie annuirono.

- Per il resto la vita a Neptune è abbastanza piatta.

- Hai notizie di Cindy?

- No, non ancora. Spero che torni dai suoi genitori almeno per Natale. Non vedo anche lei da parecchio. Almeno so che è lontana da quel postaccio.

- Intendi Neptune?

Veronica annuì e la coppia si fece triste vedendo quanto Veronica apparisse tranquilla e serena mentre sapevano che le sue emozioni erano ben altre.

 

Logan sorrise a Keith vedendolo trasportare una bottiglia di vino bianco d’importazione e i piatti con la pasta.

L’uomo era arrivato a casa di Veronica poco dopo la sua telefonata e, dopo aver messo a posto ogni cosa e messo lui sul divano, si era messo ai fornelli e adesso gli stava offrendo un primo piatto dalla paradisiaca fragranza mediterranea.

- Vedo che sembri apprezzare- rise il signor Mars, passandogli il piatto – Olio d’oliva di prima scelta, basilico coltivato dal sottoscritto e pomodoro freschissimo sono i segreti di questo piatto.

Senza parlare Logan si avventò sul contenuto, felice che il signor Mars non avesse cucinato quella bomba piccante come la figlia la sera precedente. Li trovò squisiti sia perché lo erano davvero sia perché aveva una gran fame.

Solo quando anche la terza portata fu nel suo stomaco Logan fu in grado di parlare.

- Li trovo squisiti, amico. Altro che quella pazza di tua figlia e le sue polpette infernali…

- Le polpette alla Mars sono la sua specialità. Anche Lily ne va matta?

- Lilly mangiava quella roba? Sfido che non me l’abbia mai confessato! Quella roba dovrebbe essere fuorilegge.

Il signor Mars rise ma dentro di sé tirava un lungo sospiro di sollievo per non aver rivelato quel segreto.

 

L’Onniscente guardò le foto scattate quella mattina con grande attenzione.

Quel nuovo sceriffo era l’ostacolo che non aveva previsto, la spina nel fianco che non doveva esistere e che aveva rovinato ogni suo piano.

Oltre al fatto che Logan Echolls si fosse salvato da quel disastroso incidente stradale.

Tirò una lunga boccata dalla sigaretta e, dopo aver appoggiato le fotografie sul posacenere di cristallo, ve la appoggiò sopra.

Mentre le fotografie si accartocciavano, distruggendo la fotografia, affondò nella poltrona e sperò che non scoprisse troppo sul caso Echolls perché pagare un killer sarebbe stata una grande spesa, soprattutto per far fuori un personaggio di rilievo come lo sceriffo della contea di Balboa. E, soprattutto, se Logan Echolls continuava a vivere sotto il suo stesso tetto.

Il volto di Veronica Mars, con un ultimo crepitio, fu divorato dalle fiamme e per un istante pensò che quella donna imbronciata, se avesse sorriso più spesso, sarebbe stata assai più carina ed anche una bella donna.

 

Veronica, in silenzio, consumò la cena fornita dai gentilissimi amici.

Wallace stava parlando di qualcosa ma lei non gli prestava attenzione, immersa nei suoi pensieri. Stava pianificando la sua giornata successiva con tanta attenzione dall’essere riportata alla realtà solo dal tocco di Jackie.

- Veronica, tu che ne pensi?

La donna guardò l’amica e sorrise imbarazzata.

- Scusami ma non stavo ascoltando.

- Parlavamo di Jonathan.

- Chi è Jonathan?

- Non sai chi è Jonathan Phelps?- chiese Jackie, sorpresa che l’amica non sapesse nulla di lui.

- No.

- Jackie, ma come puoi pretendere che uno sceriffo impegnato come la nostra Veronica Mars possa occuparsi di un caso dell’Arizona. Veronica, Jonathan Phelps è un bambino di pochi mesi che è stato operato al St. John un paio di settimane fa. Aveva un aneurisma molto grave e non c’erano soldi per operarlo, poi, di punto in bianco, suo padre, un meccanico di Heber-Overgaard, viene trovato orribilmente ucciso in una discarica ed i soldi per l’operazione spuntano dal nulla. Strano, vero?

Wallace vide il volto di Veronica diventare pallido.

- Dove si trova Heber.Overgaard?

- A un centinaio di miglia da qui. Perché?

Logan Echolls… non cento chilometri ma cento miglia! Si sarà sbagliato oppure l’ha fatto di proposito. Non posso aspettare qui. Devo vederlo immediatamente. Devo capire se il suo è stato un errore in buona fede oppure… oppure mi nasconde qualcosa. Ma cosa potrebbe nascondermi? E perché dovrebbe farlo? Perché mentire a me, la persona che sta cercando di risolvere il suo caso? Che sappia chi è il pezzo grosso a cui ha pestato i piedi? E se lo sa perché non mi ha mai detto nulla? Non sono l’unica ad avere dei segreti, a quanto sembra. Non posso restare qui a poltrire. Devo trovare informazioni su questo tizio e sul suo omicidio. Devo trovare immediatamente informazioni.

Prima che Jackie o Wallace potessero fare qualcosa Veronica era balzata in piedi.

- Avete dei quotidiani che trattano di questo bambino e dell’omicidio di suo padre? E’ molto importante.

- Veronica, ma cosa…

- Non ho tempo, Wallace. Li hai?

- No…

- Puoi farmi un favore?

- Di… dimmi.

- Puoi cercare quei quotidiani nell’emeroteca della città e mandarmi delle copie di ogni singolo articolo?

- Veronica… non capisco…

- Wallace, puoi o non puoi?

- Io posso farlo.

Veronica sorrise all’amica.

- Grazie mille Jackie. Vi rimborserò per le spese di spedizione ma adesso devo proprio scappare a Neptune. Mi spiace molto non accettare il vostro invito… ma ne va della vita di Logan.

Detto questo Veronica Mars svanì con la stessa rapidità con cui era comparsa.

 

Nota: vi avviso che a partire da questo aggiornamento la frequenza dei capitoli diminuirà per via dei miei impegni. D’ora in avanti c’è la possibilità che dobbiate attendere anche due o tre settimane per leggere il nuovo capitolo. Abbiate pazienza.

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Capitolo 8
*** Capitolo Sette ***


Capitolo Sette

Capitolo Sette

 

Nota Introduttiva

I  nomi di Piz e Parker non sono una mia invenzione ma personaggi della terza serie. Questo ragazzo e questa ragazza saranno rispettivamente i compagni di stanza di Wallace e Mac. Il loro aspetto fisico dovrebbe essere abbastanza vicino alla realtà, in quanto ho visto alcune foto degli attori che li interpretano ma i caratteri, in quanto personaggi di una serie ancora inedita, potranno essere simili a quelli dei personaggi solo per caso.

 

Logan balzò in piedi come se avesse avuto una molla sotto alla schiena.

Guardò il quadrante del videoregistratore e comprese che era notte fonda e che Keith Mars se n’era andato ore prima. Eppure c’era sicuramente qualcuno in casa.

Nel buio ne intravedeva il profilo sottile e sentiva il suono ovattato provocato dai piedi nudi dell’intruso.

Si maledisse per non aver chiesto al signor Mars che gli fosse lasciato il telefono a portata di mano e, fattosi coraggio, afferrò la sedia accanto al divano e cercò di sollevarla senza fare rumore per attaccare l’intruso nel caso si fosse avvicinato abbastanza al divano.

La sedia scattò in avanti con tutta la forza che poteva imprimerle il malato e centrò in pieno l’obiettivo, mandando il leggero avversario a sbattere con violenza contro il tavolo.

- Che cazzo fai, Logan!

L’uomo comprese solo allora, quando la voce della padrona di casa lo raggiunse, che aveva appena commesso un grave errore.

- Non volevo svegliarti, razza di deficiente! Ma adesso mi sentirai… lascia che mi vada a mettere un po’ di ghiaccio sulla testa e mi sentirai, razza di idiota. Giuro che ti spezzo l’osso del collo se mi hai incrinato qualche costola.

Veronica accese la luce, permettendo così a Logan di ammirare il suo operato. Veronica aveva gli abiti sporchi e si massaggiava la nuca con forza. Dal labbro inferiore scendeva un sottile rivolo di sangue.

- Mi sono morsa- sibilò, pulendosi il labbro con un gesto secco per poi lasciarlo solo.

Razza di idiota! Per poco non mi ammazza! Ma come gli salta in mente di tirarmi contro una sedia?

Imprecando tra sé e sé, Veronica si ritirò in bagno. Era stanca e indolenzita ma doveva assolutamente parlare con Logan di quel meccanico e dei suoi sospetti sulla connessione di questo al suo caso.

 

Nel giro di trenta minuti Veronica fu di nuovo nel salotto, pronta a interrogare Logan Echolls dalla sedia che lui le aveva tirato.

- Veronica, non potremmo rimandare? Ho molto sonno.

- Anche io ho sonno, Logan Echolls, ma non sono tornata qui in piena notte per aspettare fino a domani mattina per sapere se mi hai mentito.

- Mentito?

- Il nome di John Phelps ti dice nulla?

Logan sbuffò. Sapeva che prima o poi l’avrebbe scoperto ma sperava che non arrivasse così presto all’uomo che aveva manomesso l’auto.

- Nulla.

- Non ci credo. Nel giro di poche ore tu hai avuto l’incidente e lui è stato assassinato. E non basta. Il caso vuole che suo figlio, gravemente malato, sia stato operato qualche giorno dopo. Il denaro usato per pagare i medici è misteriosamente apparso in quella dopo che tu sei passato da lì e che quell’uomo ti ha manomesso l’auto.

- Non hai prove.

- Forse no, ma ci sono i registri della sua officina. E se per caso quelli fossero stati manomessi oppure quell’uomo non abbia registrato l’intervento sulla tua auto, restano i testimoni oculari. Quindi, Logan Echolls, dimmi la verità prima che il qui presente sceriffo diventi nervoso.

- E’ impossibile tenerti nascosto qualcosa, vero?

- Cosa volevi nascondermi?

- Veronica, ho pestato i piedi a talmente tante persone ai piani alti che non so neanche chi possa essere quello che vuole uccidermi.

- Cosa volevi nascondermi, Logan Echolls?

- Lettere minatorie, ok? Ricevo delle lettere minatorie da sei mesi e non mi stupisco che qualcuno volesse uccidermi.

- E con questo?

- Cosa non capisci del concetto “uccidere”?

- Il fatto che tu nasconda tutto questo a me, la persona che deve scoprire chi voleva ucciderti quella sera e che, a quanto sembra, cercherà di farlo nuovamente.

- Non sono affari che ti riguardano.

- Se non riguardano me chi dovrebbero riguardare?

- Me soltanto, Veronica Mars. Questa è una faccenda che devo sbrigare da solo.

- E lo sceriffo non c’entra nulla?

- No.

- Non fare il ragazzino, Logan.

- Non è una faccenda che ti riguarda.

Lo sguardo infuriato di Veronica gli fece correre un brivido lungo la schiena ma esteriormente non fece una piega, deciso a dimostrarsi all’altezza della situazione.

- Benissimo, fa come vuoi. Io vado a letto.

Quell’uscita inaspettata di Veronica lo sorprese. Veronica Mars che si arrendeva in modo così facile era come minimo un segno che preannunciava l’Apocalisse.

- Da domani sarai controllato in tutto e per tutto- continuò, dando le spalle all’uomo- Non mi muoverò da questa casa senza di te e dovunque dovrai andare io verrò con te. Questa faccenda non mi riguarda ma io sono la ficcanaso più rompiballe di Neptune quindi mi impiccio senza il tuo permesso. E’ tutto.

Quest’ultima frase si chiuse assieme alla porta della stanza della donna, che si appoggiò alla porta per ascoltare le grasse risate che Logan non riusciva a trattenere. Si era illuso che Veronica Mars lasciasse andare l’osso così facilmente invece quella donna continuava a essere coerente a se stessa.

 

Keith Mars bevve l’ennesima tazza di camomilla, cercando di annegare in quel pallido liquido le sue preoccupazioni.

Perché permettere a Leanne di sconvolgere di nuovo l’equilibrio di Veronica? Prima la sua fuga da casa e la scoperta dell’alcolismo e dell’adulterio, poi il suo ritorno a casa e la nuova delusione, e adesso un terzo ritorno per chiedere denaro per l’operazione e un trapianto parziale di fegato. Perché voleva tormentare ancora la figlia? Aveva già fatto abbastanza per spezzarle il cuore più di una volta eppure eccola, tornava nella sua vita a chiedere nuovamente aiuto.

Keith sospirò e si versò una nuova tazza di quella brodaglia che zuccherava abbondantemente per portare via quel saporaccio. Per via di Lily non conservava alcolici in casa e non ne voleva, soprattutto quando pensava alla ex moglie alcolizzata.

Oltretutto in quel periodo Veronica era già abbastanza provata per la convivenza con Logan.

Quell’uomo, se in giornata, avrebbe fatto perdere la pazienza a Giobbe, figurarsi la sua Veronica! Un tempo si era opposto alla loro relazione ma in quei giorni aveva visto un nuovo lato di Logan Echolls. Non era più l’adolescente immaturo e impulsivo di un tempo ma un uomo che aveva perso tutto nella vita e che adesso si trovava, suo malgrado, circondato dai ricordi di una dolorosa giovinezza in cui aveva perso molte persone a lui care.

Inoltre non capiva ancora il vero motivo per cui sua figlia rifiutava di fargli conoscere Lily e ciò lo insospettiva non poco. Anche perché quel periodo della vita di sua figlia era stato molto strano.

Ricordava ancora il primo periodo di separazione da Veronica. A partire da metà ottobre non era più tornata a casa, telefonando spesso ed incontrandolo qualche volta per un caffé ma restando a vivere nella stanza di Mac e Parker. L’aveva rassicurato dicendo che sarebbe stata una cosa temporanea e così infatti lo era stata. Aveva trascorso anche le festività natalizie con le amiche del college e l’unica volta che era potuto andare a trovarla l’aveva trovata nel letto di Mac, con un libro di Diritto Pubblico in mano e qualche linea di febbre.

Era tornata a vivere in casa soltanto ad aprile, con la bambina di poche settimane in braccio ed un sorriso immenso in volto, dicendo che era figlia di una ragazza di nome Angela Ross che non l’aveva voluta con sé e che Veronica l’aveva convinta a concederle l’affidamento permanente.

La cosa puzzava tremendamente di bruciato, anche perché la bambina somigliava un po’ alla sua Veronica. Sapeva che sua figlia non gli avrebbe mai nascosto una cosa simile ma il sospetto era ancora presente in lui ed ora, questo suo desiderio di nascondere la bambina a Logan, lo rendeva ancora più diffidente.

Quanti grattacapi gli procurava quella figlia!

 

Logan guardava la stanza illuminarsi lentamente ma quello spettacolo non riusciva a metterlo di buon umore come aveva sperato.

Veronica aveva scoperto di John Phelps e questo la metteva in seri pasticci. Quel tale era stato chiaro a riguardo: se avesse scoperto chi era Phelps anche lei sarebbe stata in pericolo di vita. Ma come poteva dirle che adesso la posta in gioco comprendeva anche la sua vita? In quale modo poteva farle comprendere che il suo silenzio era stato solo un modo per evitarle ulteriori problemi?

Sentì il fruscio dei passi di Veronica avvicinarsi e si voltò verso di lei.

Inorridì di fronte alla sua tenuta da notte, composta da una maglia grigio topo infilata al rovescio e dei pantaloni di lana color prugna. Se a questo si abbinavano un cappello da notte rosso fuoco con un pon pon e l’aria di chi non ha chiuso occhio da oltre ventiquattro ore l’effetto era ancora più devastante per la psiche di Logan.

La vide caracollare fino alla sedia accanto a lui ed accomodarvisi pesantemente.

- Cssa voi p’ cl’zion?- chiese con voce spenta.

Logan non capì.

- Come hai detto?

Veronica alzò gli occhi su di lui. Sembrava stanca morta.

- Colazione. Tu colazione cosa- scandì con lo stesso tono.

- E’ l’alba.

- Vedo.

- E’ presto.

- Non per i galli.

Logan si stupì che Veronica riuscisse a fare una battuta anche in quello stato, avvalorando la sua tesi che per lei fosse automatico rispondere a tono.

- Sei stanca. Vai a riposare.

- Non ho sonno.

- Stai dormendo in piedi.

- Non è vero. Ho provato a dormire fino ad ora ma non è successo nulla quindi non ho sonno.

Logan posò la sua mano su una di quelle che Veronica teneva appoggiate in grembo e l’accarezzò.

- Sono io che non ti faccio dormire.

- Non è una novità. Russavi sempre come un trombone.

- Non sto scherzando, Veronica. Ti sto dando troppe preoccupazioni.

- Non è una novità neanche questo. Mi hai persino svegliato nel cuore della notte quando ti mettevi nei guai.

- Dovevo essere una bella piattola.

- Lo sei ancora, ma adesso sono pagata per farmi martirizzare da quelli come te. Se dovessi prendermi un esaurimento nervoso almeno avrei i soldi per pagare uno psicoterapista.

Logan sorrise.

- Non cambierai mai.

Veronica si mise a sedere accanto a lui.

- Logan, io sono cambiata molto in questi anni.

- A me non sembra. Sei sempre impicciona, pungente, alta un metro e uno sputo…

- Ehi! Sei tu a essere uno spilungone.

- Mia cara Veronica, ammettilo che sei tappa.

- Io non sono tappa, Logan Echolls.

- Va bene. Sei una “non alta”.

Veronica sollevò il sopracciglio.

- Senti Veronica, non posso dire di più, altrimenti passerei dall’indorare la pillola al raccontare una barzelletta.

- Mi accontenterò di questo, se proprio non puoi fare di meglio.

- Ti resta la bellezza.

Veronica accennò un sorriso ma si vedeva che non era molto convinta.

- Quello era un complimento. Non penso che tu non ne riceva mai.

- So ancora cosa sia un complimento, Logan.

- Allora cosa c’è che non va? Non vuoi che ti faccia complimenti, Veronica? Basta dirlo e continuo a punzecchiarti come sempre.

- E’ tutto troppo complicato.

- Sei tu che complichi le cose, Veronica Mars. Tra noi era tutto semplicissimo, poi hai voluto essere libera di fare quello che più ti piaceva con altri ragazzi. E’ stato allora che le cose tra noi si sono complicate.

- Non si sono complicate. Sono finite.

- Speravi che io ti aspettassi in questa topaia?

- No.

Logan la guardava negli occhi e colse un’incrinatura in quella voce tranquilla e chiara.

- Non so cosa sia successo veramente e non te lo chiederò, ma ricordati che la nostra storia è epica.

- Era epica.

- Lo è ancora. Fino a quando non mi chiuderanno in una cassa e sarò sotterrato io parlerò al presente di quella storia d’amore.

- Ti ho amato Logan, se questo può aiutarti a mettere il cuore in pace.

- Ed ora?

- Ora sono lo sceriffo Mars che deve prendersi cura di un cliente. Ecco cosa mi lega a te in questo momento. Questo e l’amicizia.

Logan annuì.

Perdonami Logan. Non volevo farti soffrire quel giorno e speravo che tu trovassi un nuovo amore epico a cui dedicarti.

Il silenzio calò tra loro, due figure illuminate dal primo sole del mattino. Lei, lunghi capelli biondi, seduta accanto ad un uomo ferito che ne osservava il profilo pensando malinconicamente al tempo in cui erano una delle coppie più chiacchierate di Neptune.

- Tu come mi vedi ora?- chiese improvvisamente la donna, evitando che il suo sguardo si posasse su di lui.

- Tu per me resterai sempre Veronica.

- E cosa significa?

- Che avrai sempre un posto nel mio cuore, qualsiasi cosa accada e qualsiasi distanza ci separi.

Veronica si alzò di scatto e, evitando di guardarlo, fece per tornare nella sua stanza.

La mano di Logan subito ghermì il suo polso e la costrinse a sedersi nuovamente.

- Veronica, devo dirti una cosa importante quindi guardami.

Veronica fece come le aveva detto senza opporre resistenza, trattenendo a stento le lacrime.

- Veronica, come mai ogni volta che affrontiamo questo argomento scappi?

Nessuna risposta.

- Veronica, è mio diritto sapere.

Ancora silenzio.

- Perché scappi?

- Lasciami.

- Perché?

- Lasciami.

- Perché?

- Ti ho detto di lasciarmi andare, Logan Echolls.

- Hai paura?

- Lasciami andare.

Le loro voci salivano sempre più di tono mentre si affrontavano.

- Tu hai paura!

- Ti ordino di lasciarmi andare!

- Hai paura di me!

- No!

- Tu mi temi.

- No!

- Allora cosa c’è, maledizione?

- Non sono affari tuoi, Logan Echolls. E con questo ho finito.

- Io no!

Veronica alzò una mano per colpirlo ma questo afferrò anche quel polso e la tirò a sè.

- Tu adesso mi dici perché scappi.

- Non ti riguarda.

- Io invece penso che mi riguardi parecchio.

- Non te lo dirò mai. Come non sono affari dello sceriffo il sapere che il proprio protetto riceve lettere minatorie, così non ti riguarda il fatto che io non voglia affrontare un determinato argomento con te. Sono stata abbastanza chiara? E adesso lasciami andare immediatamente.

- Mai! Voglio sapere cosa…

La porta dell’abitazione si spalancò e Logan lasciò andare immediatamente Veronica, sapendo che si trattava del signor Mars, un osso duro se si tentava o si faceva del male alla propria figlia.

- Il televisore si sente dal vialetto, Logan. Ah, non era un film.

Veronica abbassò gli occhi.

- Ciao papà. Sono tornata nella notte perché avevo dimenticato che dovevo interrogare un tizio sul caso di Coconut Beach, questa mattina. In seguito andrò in centrale a prendere tutto il materiale necessario e, dopo aver lasciato quelle carte qui in casa, devo andare a fare spesa. Tu tienilo d’occhio mentre non ci sono e aiutalo a prepararlo perché oggi verrà con me al supermarket. Con questo e tutto.

Detto questo si incamminò verso la porta.

- Tesoro…

- Sì papà?

- Vuoi far sentire quel tizio come a casa sua?

- Oggi sono di pessimo umore, quindi direi di no.

- Allora potresti metterti qualcosa che non sia quel orrendo pigiama?

Veronica si diede un colpo in fronte e, fatto dietrofront, tornò in camera per prepararsi con un diavolo per capello.

 

Keith Mars, nell’attesa che la figlia uscisse, si accomodò su una sedia ma attese che sua figlia non fosse in casa prima di chiedere a Logan cosa aveva scatenato tutte quelle urla.

- Cosa le hai fatto?

- E’ molto semplice, amico: non capisco perché Veronica, ogni volta che parlo della fine della nostra relazione, scappa via come se avessi la peste.

- Innanzitutto non chiamarmi amico. Se proprio non vuoi chiamarmi per cognome chiamami Keith.

- Scusami Keith, è questione di abitudine.

- Perdonato. Tornando a Veronica, se vuoi ti spiegherò ciò che mi è possibile dirti. Quello della vostra separazione è stato un brutto periodo per lei. Ha pianto per diversi giorni dopo la tua partenza e l’inizio dell’università è stato molto difficile.

- Si vedeva con altri ragazzi?

- No, che io sappia.

- Quindi mi ha mollato, si è disperata e non ha fatto ciò che aveva detto che avrebbe fatto dopo la nostra separazione.

- Cosa?

- Provare nuove emozioni con nuove persone.

- No, perlomeno nel periodo estivo.

- E dopo?

- Non so. Ho visto pochissimo mia figlia da ottobre fino a marzo.

- Cosa intende dire?

- Quello che ho detto. Veronica è stata impegnatissima con l’università per i primi sei mesi del corso, poi è riuscita a essere più libera.

- Non doveva alloggiare a casa sua?

- Sì, ma ha preferito restare al campus, ospitata dalla sua amica Mac e dalla compagna di stanza Parker.

- Quindi all’università potrebbe aver incontrato un altro. Forse è per questo che si è allontanata così tanto.

- So che le ronzava attorno un ragazzo dal nome impronunciabile.

- Nome impronunciabile?

- Sì. Si chiamava Stosh Piznarsky o, come preferisco chiamarlo, Piz.

- Piz?

- Sì. Era il compagno di stanza di Wallace. Ronzava attorno a Veronica e credo che fossero amici ma non c’era nulla di più.

- Allora perché mi ha lasciato? Perché?

Keith Mars, vedendo il volto sofferente di Logan, fu sul punto di rivelargli tutta la storia di Lily ma scelse di tacere. Avrebbe dovuto affrontare Veronica per la questione della madre, e questo era già abbastanza complicato senza dover ascoltare i suoi insulti per non aver taciuto a Logan il fatto che la donna avesse una figlia.

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Capitolo 9
*** Capitolo Otto ***


Capitolo Otto

Capitolo Otto

 

Veronica tirò l’ultima boccata dalla sigaretta e la buttò a terra con stizza.

Stava aspettando che il medico finisse la visita di controllo di Logan e ne aveva approfittato per uscire in cortile e tirare fuori una sigaretta.

Non era solita fumare ma nei momenti di tensione era l’unica cosa che riuscisse a rilassarla. Non ne poteva più di quella domanda di Logan. Il motivo per cui l’aveva lasciato era soltanto affare suo e se gli aveva raccontato una frottola era perché in quel modo avrebbe potuto odiarla e dimenticarla più in fretta, potendosi rifare in fretta una vita che somigliasse, come tenore economico, a quella che faceva a Neptune prima di quel maledetto anno 2004. Ma perché non riusciva a farsi una ragione per la loro separazione? Erano passati secoli da allora e lui continuava a farle la stessa domanda.

Si maledisse nuovamente per aver accettato di prendersi cura di Logan Echolls e di aver messo a repentaglio la sicurezza fisica ed economica sua e della figlia pur di proteggerlo.

La convivenza con Logan, a parte quella domanda che le attorcigliava lo stomaco, non era disastrosa come aveva immaginato.

Lo scricchiolio delle ruote sulla ghiaia del sentiero interno al giardino dell’ospedale la fece voltare.

Logan si stava avvicinando a lei, con la cartella clinica appoggiata alle ginocchia ingessate ed uno dei suoi soliti sorrisi dipinti in volto.

- Non sapevo che fumassi- disse, indicando il mozzicone ai suoi piedi.

- Lo faccio solo quando sono molto nervosa.

- Ne passi una anche a me?

- Tu fumi?

- No, ma anche io sono nervoso e devo scaricare un po’ di tensione.

Veronica gli tese il pacchetto e l’accendino con naturalezza e, messasi dietro la sedia, iniziò a spingerlo per i viali del giardino sferzato dal freddo vento di metà novembre.

In perfetto silenzio, i due si diressero verso l’automobile e Veronica, ormai esperta, aiutò Logan a sedersi al suo fianco sul sedile passeggero, per poi richiudere l’attrezzo e deporlo nel bagagliaio.

Solo quando l’auto fu in movimento Logan si decise a parlare.

- Il dottore ha detto che vorrebbe iniziare la terapia di recupero dopo Natale. Tu sei d’accordo, Veronica?

- Ho altra scelta?

- Il medico mi ha parlato di un pensionato gestito dall’ospedale dove potrei pernottare. Non è molto oneroso.

- Logan, tu non hai un soldo ed io non posso permettermi né di pagare una pensione né di perderti d’occhio, quindi non se ne parla assolutamente.

- Per te non ci sarebbero più problemi legati alla nostra convivenza.

- Per quanto straordinario possa rivelarsi questa mia affermazione, che negherò anche sotto tortura e neanche in punto di morte, tu non mi infastidisci con la tua presenza. Tranne per un piccolo particolare.

- La domanda.

- Già. Quella domanda con la quale mi ossessioni da tre settimane e alla quale io non ho intenzione di rispondere.

- Perché?

- Logan, perché vuoi litigare per la milionesima volta?

- Perché è mio diritto sapere per quale motivo mi hai lasciato. Io ne sono uscito distrutto, Veronica.

- Ma ho visto che ti sei ben consolato. La modella di Gucci Lauren Porter … l’attrice di “Smoking” Sandra Malkovich… le gemelle del rock Pauline e Nadine Mustang… l’ereditiera Maureen Banks… e  almeno altre centocinquanta donne tra cameriere, attrici, accompagnatrici, hostess, medici e molte altre professioni. Non mi pare che tu abbia sentito la mia mancanza in questi anni.

- Cazzo Veronica! Ma non capisci niente? E’ stato come con Hannah Griffith! Anzi, meno che con Hannah. Di lei mi ero quasi innamorato, di tutte quelle altre mi sono servito per vincere la mia solitudine.

- La storia del povero milionario solo! Questa mi mancava.

- Non è una balla Veronica. E’ la verità, qualcosa che tu non mi hai mai raccontato in queste settimane. Ho parlato con tuo padre e mi ha detto che a parte un certo Pizzettaro, Pirotsky o Stanislavskyj non c’è stato nessun altro nella tua vita. Allora perché hai mollato me e non hai fatto quello che hai detto? Per quale motivo mi ha distrutto il cuore per poi non vivere quella libertà che tanto desideravi?

Non parlare! Non dirgli nulla Veronica! Non puoi dire nulla a Logan Echolls! Non puoi dirgli la verità né adesso né mai.

- La volevo e basta.

- A costo di passare sul mio cuore?

Veronica tacque.

- Ti credevo diversa, invece ti sei comportata come tutte le altre stronze puttanelle che tanto odiavi.

Veronica esplose.

- Non è vero!- gridò, inchiodando e facendo strombazzare più di un automobilista irritato.

Logan si aggrappò al sedile per evitare di essere sbalzato via quando la donna fece inversione di marcia in maniera ben poco cauta e ripartì sgommando nella direzione opposta.

- Non è vero, Logan!- continuò la donna, con aria furiosa- Vuoi sapere la verità? Ci tieni davvero tanto a sapere perché ti ho allontanato da me in quel modo?

- Sì- sussurrò, incapace di fare altro se non guardare le amare lacrime che stava versando la donna al volante.

Veronica prese fiato più di una volta, sia per raccogliere il coraggio che per combattere i violenti singulti che la squassavano.

Logan la vedeva scuotere il capo e singhiozzare, gli occhi fissi sulla strada inondati di lacrime ed il labbro inferiore tormentato dagli incisivi superiori, sconvolta e arrabbiata allo stesso tempo.

Veronica fece per parlare quando lo squillare del telefono cellulare la riportò alla realtà.

- Pronto?

- Sceriffo Mars- disse l’agente Charlene Jacobson- C’è un’emergenza. Deve venire qui immediatamente.

- In centrale?

- Sì. Lo sceriffo Stangoni di San Francisco vuole vederla.

- Stangoni? Ludovico Stangoni?

- Sì sceriffo. Ha urgente bisogno di parlare con voi. Chiede che lei venga qui immediatamente. Si tratta di Coconut Beach.

- Capisco.

Veronica riagganciò e guardò Logan.

- Ti spiace se ne riparliamo un’altra volta? Questa è davvero un’emergenza.

Logan sbuffò.

- Non fare il bambino.

- Sei tu la persona che si rivela infantile, Veronica.

- Non farmi la paternale.

- Lo faccio. Tuo padre non te ne ha fatte abbastanza quando eri piccola ed è giunto il momento che sia io a fartene una. Scappi ogni volta che tocchiamo il tasto “separazione”, le tue reazioni sono violente e inconsulte oppure sono silenzi impenetrabili e non vuoi dire a me, il diretto interessato, perché è stato abbandonato dicendo che non sono affari miei. Io non ti capisco Veronica e se avessi i soldi necessari me ne sarei andato subito in qualche bella clinica.

- Sei un ingrato. Io ho messo a repentaglio l’unica sicurezza economica che avevo pur di salvare quel tuo posteriore.

- Nessuno te l’ha chiesto. E’ stata una tua iniziativa quella di salvarmi.

Logan vide Veronica impallidire ed abbassare lo sguardo.

- Deve essere questo il mio problema- disse con freddezza- Sono io quella che fa le scelte responsabili. Sono io quella che si fa in quattro pur di aiutare una persona a cui vuole bene. E sono sempre io quella che si prende gli insulti per aver fatto del bene a dei simili ingrati. Io non posso darti una spiegazione simile, Logan. Non ora, perlomeno. Ti chiedo solo una cosa: se il nostro amore contava così tanto per te, aspetta di stare meglio e di conoscere meglio la nuova vita di Veronica Mars. Poi capirai come mai ho fatto una scelta simile senza consultarti.

Logan accettò queste parole. Aveva capito di aver superato il limite di sopportazione di Veronica e di essere stato ingiusto con quella sua recriminazione infantile almeno quanto la sua ostinazione. Avrebbe atteso che Veronica si decidesse a parlargliene senza ricevere pressioni.

 

Veronica, spingendo la sedia a rotelle di Logan, entrò nella centrale in fermento ed immediatamente tutti smisero di parlare per guardare la coppia che, attraversata la sala d’aspetto, si dirigeva verso il suo ufficio.

Un’agente dai lunghi capelli scuri si avvicinò a lei. Era piuttosto giovane ma una pettinatura piuttosto antiquata, le rughe ai lati degli occhi ed il peso eccessivo le davano un aspetto più maturo di quanto non lo fosse.

- Sceriffo Mars, Ludovico Stangoni la aspetta in ufficio con una ragazza.

- Una ragazza? Che tipo di ragazza, agente Jacobson?

- Alta, capelli biondi ed occhi azzurri. L’avevano picchiata.

Logan sentì la sedia bloccarsi e guardò il volto dell’agente.

Aveva un’espressione grave dipinta in volto e immaginò che quella di Veronica fosse simile.

- Età?

- Ne dimostra una quindicina.

- Capisco… Logan, io ho da fare e tu non puoi seguirmi.

- Può stare qui in sala d’attesa. Lo terrò d’occhio io.

Veronica sorrise riconoscente alla donna.

- Torno il prima possibile.

Logan annuì ma in cuor suo non era affatto tranquillo. Nonostante la loro fosse una convivenza molto difficile aveva sviluppato una certa dipendenza nei confronti di Veronica e di suo padre Keith. Sia di giorno che di notte Logan sapeva di avere un membro dell’agguerrita famiglia Mars a pochi passi di distanza e adesso che Veronica svaniva dalla sua vista si sentì indifeso. Questo per una frazione di secondo, poi cercò di convincersi che nulla poteva accadere in una centrale di polizia, soprattutto se a gestirla c’era una belva come la ragazza che gli aveva rubato il cuore anni addietro.

 

Non appena la porta dell’ufficio di Veronica Mars si aprì gli occupanti delle comode poltrone poste di fronte alla scrivania si alzarono in piedi.

Con un sorriso cordiale dipinto in volto Veronica strinse la mano di un’allampanata ragazza bionda dagli occhi grandi e poi si avvicinò ed abbracciò Ludovico Stangoni, un uomo cordiale di mezza età che aveva conosciuto un anno prima, quando, in missione per conto di suo padre nella grande metropoli, era riuscita ad avere un colloquio con lo sceriffo locale e a risultargli talmente simpatica da meritarsi sue affettuose accoglienze dal sapore italiano.

- Ciao Ludovico.

- Ciao Veronica. Mi spiace averti fatta chiamare in fretta e furia ma non ho voluto perdere neanche un secondo.

- Deve essere davvero importante.

- Lo è. Veronica Mars, ti presento Jane Lohan.

La ragazza bionda abbassò lo sguardo.

- Accomodatevi- disse la donna, studiando il volto della ragazza mentre si metteva a sedere di fronte ai due- Volete qualcosa da bere o da mangiare? Il viaggio fino a qui non è una passeggiata.

- Signor sceriffo Mars!

La ragazza adesso si era protesa verso di lei, stringendo con forza il bordo della scrivania e respirando rapidamente, quasi le gentili parole di Veronica l’avessero terrorizzata.

Ludovico posò una mano sulla spalla della giovane e questa tornò compostamente seduta sulla sua sedia, di nuovo a capo chino e nuovamente silenziosa.

- Devi perdonarla, ma Jane è molto nervosa in questo periodo.

- Lo capisco. Sei qui per darmi delle informazioni riguardo l’organizzazione di baby prostitute, vero?

La giovane annuì.

- Prima di farlo dovresti fornirmi qualche dato che ti riguarda, Jane.

La giovane annuì di nuovo.

- Jane Lohan è il tuo vero nome?

- Sì, lo è.

- Da dove vieni?

- Da Boston.

- I tuoi genitori sanno che ti trovi a Neptune?

La ragazza si morse il labbro inferiore.

- Questo posso spiegartelo io. La madre di Jane è morta di parto mentre suo padre è in coma profondo in un istituto privato inesistente.

- Inesistente?

- Sì, ma Jane riceve sempre delle telefonate dal medico che si prende cura del padre. Peccato che lo faccia usando telefoni non rintracciabili e che il suo conto bancario sia protetto. In pratica un uomo irrintracciabile che ha preso in ostaggio quest’uomo. Non avendo parenti viventi ed essendo lei minorenne, non ha potuto scegliere se staccare la spina...

- Io non staccherò mai la spina!- gridò la ragazza, mostrando nuovamente la forza che possedeva- Non mi sarei mai abbassata a fare un simile lavoro se avessi voluto che papà venisse assassinato! Lui si sveglierà. Signor sceriffo Mars, il medico curante di mio padre mi ha detto che ci sono possibilità di risveglio se resisto. Verso quei soldi e lui lo cura. Devo fare quel lavoraccio ma ne vale la pena.

- Quanti anni hai, Jane?

- Diciotto…- sussurrò rapidamente, poi, dopo uno sguardo significativo lanciato dall’uomo, aggiunse- …meno cinque.

- Tredici anni?!

Veronica si stupì di quanto potesse sembrare adulta quella ragazzina. L’altezza poteva anche andare ma quelle curve stonavano con l’età appena dichiarata dal suo collega.

- E’ vero, Jane?

- Sì. Queste- disse, toccando il proprio seno, nascosto sotto una lunga T-shirt- me le ha gonfiate il dottore. Ha fatto tanto male quando ha usato quell’attrezzo per tagliare…

Veronica la fermò. Era disgustata da quello che aveva ascoltato e sapeva che ciò che sarebbe seguito sarebbe stato anche peggio.

- Dice il vero?- chiese Veronica al suo collega.

Per tutta risposta l’uomo porse a Veronica una cartella in cartoncino contenente i risultati di ecografie, analisi del sangue e delle foto.

Veronica inorridì vedendo i segni lasciati da quel brutale chirurgo, poi il suo occhio cadde su un’ecografia addominale.

- Sei incinta.

La ragazzina annuì.

- Quando l’hai scoperto?

- Un paio di giorni fa, all’ospedale. Io credevo che stessi ingrassando.

La donna osservò l’ecografia con maggiore attenzione, rendendosi conto di quanto potesse essere avanzata la gravidanza e quanto poco si notasse su quel corpo asciutto.

- Ti hanno picchiata per farti perdere il bambino.

- Sì. Per fortuna lo sceriffo Stangoni mi ha salvata e ha detto che posso stare un po’ di tempo con lui. E che cercherà il mio papà.

Veronica incontrò lo sguardo di Ludovico e lui sorrise. Sapeva che quell’uomo aveva già sei figli, di cui quattro adottati eppure era disposto a prendersi cura di una ragazzina e del suo bambino che presto sarebbe nato.

- Jane, descrivimi qualcuno di questi uomini.

Per tutta risposta tese a Veronica due fogli. Uno era vergato da una sottilissima scrittura tondeggiante mentre l’altro riportava due disegni eseguiti con un programma per creare identikit molto precisi.

Jane, la tredicenne che aveva subito un intervento di mastoplastica adduttiva per andare in strada e pagare cure che molto probabilmente suo padre biologico non aveva mai ricevuto da un medico così misterioso, sorrise allo sceriffo Mars con fiducia.

- Verrò a San Diego tra qualche giorno per le ispezioni, Ludovico. Spero di trovare in buona salute tutti voi.

- Sicuramente!- esclamò Jane- Ha detto papà che dopodomani mi farà togliere queste brutte cose che mi gonfiano e mi farà andare a scuola molto presto!

Veronica sorrise alla ragazzina e le augurò mentalmente tanta fortuna perché con una simile storia alle spalle la meritava.

Non appena i due furono fuori, Veronica prese in mano nuovamente il referto medico che accertava la gravidanza di Jane.

Dall’ecografia vedeva le mani e i piedi di quella creaturina che sarebbe nata molto probabilmente prima della fine dell’inverno. Era una bambina.

Sorrise, pensando alla prima volta che aveva visto un’ecografia della sua Lily.

Aveva aperto con lentezza la lettera indirizzata a Tamara Stewart e osservato quel corpicino in formazione, piccolo e fragile, che stava facendo del suo meglio per crescere sano e forte e vedere la luce.

Sorrise, accarezzando l’ecografia di Jane e si ricompose solo quando un celebre cigolio la riportò sulla terra, giusto in tempo per prendere un fascicolo sulla sua scrivania e far finta di leggerlo mentre Logan veniva accompagnato nel suo ufficio.

- Un nobile sceriffo al lavoro- ironizzò lui.

- Lei ne ride, signor Echolls, ma la nostra sceriffo è davvero una donna di nobile cuore.

Veronica si ricordò improvvisamente della fotografia di Lily che aveva sul tavolo e, con la delicatezza di un elefante zoppo, atterrò la foto sulla scrivania e si esibì in un sorriso da prima pagina.

- Lei esagera, agente Jacobson.

Logan guardò con curiosità la cornice in argento che Veronica aveva sotto la sua mano ma non indagò oltre. Quella donna era già abbastanza misteriosa e lui non aveva voglia di vedere la foto del suo fidanzato o pseudofidanzato. Magari era proprio quello Stosh Pitznarsky o Pitzrarsky o come diavolo si chiamava quel Piz.

Cosa c’è che non va? Perché mi guarda in quel modo? Sembra quasi che gli abbia pestato un callo o investito il cane con l’auto! Perché ha quell’aria così seria? Chi lo capisce è bravo!

- Logan- disse- tra un paio di giorni dovrò andare a San Diego. Mio padre baderà a te nel caso impieghi più di un giorno per fare luce su questo caso. Certo, sarà faticoso fare su e giù tutto il giorno…

- Scusami Veronica, ma perché non posso andare a stare da lui? Mi metterei sul divano e non darei troppo fastidio a Keith. Questa volta possiamo organizzarci in modo tale da non disturbarlo troppo.

- E poi, se mi permette, sceriffo- disse l’agente Jacobson prima che Veronica potesse azzittirla in altro modo- La piccola Lily sarebbe tanto felice di conoscere un vecchio amico della sua mamma.

Veronica divenne di granito e Logan guardò sbalordito la donna che si prendeva cura di lui.

- Guardi quanto è carina- disse l’agente, sfilando la cornice dalle mani di Veronica per mostrare la piccola Mars.

Sorriso accattivante e denti bianchissimi la piccola Lily Mars si mostrava una bambina dagli occhi castano chiaro ed i capelli di quella stessa tonalità, eccettuati i riflessi dorati.

- Veronica…- sussurrò- io e te dobbiamo parlare in privato.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo Nove ***


Capitolo Nove

Capitolo Nove

 

Logan aveva posato la foto della bambina in grembo e Veronica spingeva la sedia a rotelle lungo il corridoio della centrale con lentezza, quasi cercasse di posticipare il momento in cui si sarebbero dovuti affrontare.

Veronica l’aveva convinto a parlarne in macchina e Logan, dal canto suo, aveva preteso che con quel mezzo sarebbero andati all’uscita della scuola per fargli conoscere la più giovane dei Mars per poi andare tutti a mangiare del cibo cinese da Keith.

Chiunque li avesse incontrati avrebbe stentato a riconoscere in quel tizio dall’aria molto infuriata il sorridente Logan Echolls, prima viziato erede della fortuna di Aaron e Lynn Echolls e fratello della prezzemolina televisiva Trina Echolls e poi famoso e fortunato produttore di New York sempre circondato da donne bellissime e celebri almeno quanto lui. Ora sembrava solo un uomo comune, molto irritato, che stringeva con forza la fotografia di una bambina e, nonostante il profondo disgusto che provava per quell’eventualità, immaginava scene di sesso sfrenato tra Piz, che lui immaginava come un prestante giocatore di football molto intelligente, dalla grande sensibilità e bello come un Dio, e la sua piccola e morbida Veronica.

Dal canto suo, lo sceriffo continuava a spingere la sedia a testa bassa, cercando di mantenere la calma il più a lungo possibile. Sicuramente Logan si era fatto un’idea sbagliata sul conto della bambina. Lo conosceva bene e se c’era qualcosa su cui poteva scommettere era che Logan non potesse capire chi erano i genitori biologici della bambina con le trecce che frequentava la seconda elementare.

Non appena Veronica l’ebbe aiutato a posizionarsi sul sedile Logan iniziò a parlare.

- Lilly- disse, osservando il primo piano della bambina- Certo che tu e Duncan avete poca fantasia. Non pensavo che fossi così banale.

Veronica accennò un sorriso.

- Non è Lilly ma Lily. Una sola elle.

- Ah. Quindi adesso ci sono Lilly Kane, figlia di Duncan, e Lily… Mars, giusto?

- Sì. Lily Mars- disse, soffocando una risatina mentre accendeva il motore.

- Ti somiglia- disse, guardando l’immagine.

- Impossibile.

- Ha il tuo volto. E da grande avrà anche il tuo sorriso.

Veronica gli lanciò un’occhiata di sbieco mentre faceva retromarcia.

- Impossibile, Logan Echolls.

- E perché?

- Perché non l’ho partorita io.

Il silenzio di Logan fu più eloquente di qualsiasi altra parola per Veronica.

Logan guardò a lungo la foto. Lei poteva dire il contrario ma quella bambina aveva qualcosa di lei.

- Allora perché sei sua madre?- domandò.

- Affidamento a tempo indeterminato. Ho seguito la gravidanza di Tamara in tutte le sue fasi. Eravamo molto amiche.

- Tamara?

- Tamara Stewart. Abbiamo studiato insieme alla Hearst. Ha scoperto di essere incinta durante il primo semestre e Lily è nata in primavera. Purtroppo aveva dei problemi così dopo il parto è svanita nel nulla e, sapendomi una persona affidabile, ha deciso che come madre di Lily ero meglio io di lei. Non aveva altri parenti al mondo ed io ho accettato per evitare che la bambina finisse in orfanotrofio.

- A parte il fatto che considerare te una persona affidabile è segno di squilibrio mentale…

Un brivido attraversò la schiena di Logan quando Veronica, senza togliere gli occhi dalla strada, gli afferrò il bavero della camicia con la mano sinistra e sibilò:

- Logan, non scherzare su questo. Stiamo parlando seriamente e non c’è bisogno che tu faccia dell’ironia da quattro soldi.

L’uomo deglutì più volte, impressionato da quel nuovo gesto. Veronica se la prendeva in quel modo soltanto nei momenti più seri. Anche a causa del suo fisico minuto, la sua arma migliore era l’ironia, non la forza bruta e se reagiva in quel modo, si disse Logan, in ballo c’era molto più di quanto Veronica gli aveva rivelato.

- Messaggio ricevuto, sceriffo.

La mano di Veronica tornò immediatamente sul voltante e lui si massaggiò a lungo il collo. Si rese improvvisamente conto di quanto fosse diventata forte in quegli anni. Di certo per diventare sceriffo aveva lavorato lì, con Lamb, per qualche tempo e doveva essersi sottoposta ad allenamenti molto duri per ottenere una forma fisica di cui quel bastardo non potesse lamentarsi.

- Se non sono indiscreto- disse, sperando che Veronica non se la prendesse nuovamente- posso sapere quali problemi aveva la tua amica Tamara?

- Sei indiscreto ma te lo rivelerò comunque. I suoi problemi erano la tossicodipendenza e l’alcolismo. Durante la gravidanza è stata quasi tutto il tempo pulita ma dopo la nascita di Lily non è riuscita più a resistere. Un paio di giorni dopo mi ha affidato la bambina, firmato le carte necessarie per evitare che affidassero Lily ai servizi sociali ed è sparita. Non si è più fatta sentire. Cliff McCormack mi ha aiutata a mantenerne l’affidamento e presto sarò sua madre a tutti gli effetti.

- La bambina lo sa?

- No. Le ho raccontato che sono sua madre e che suo padre…

- Suo padre cosa?

- Non le ho mai raccontato nulla a proposito di Nathan e sicuramente è meglio che non lo scopra mai.

- Cosa intendi dire? Cosa ha fatto questo Nathan per non meritarsi di essere nominato alla propria figlia?

- Era l’uomo che l’ha costretta a lavorare per lui.

- Non capisco cosa ci sia di male.

- E come potresti, se non conosci i dettagli? Ora ti spiego: lei aveva chiesto una proroga del pagamento delle ultime dosi, lui non è stato d’accordo così le ha detto che avrebbe pagato in natura.

- L’ha violentata?

- No. Molto peggio. L’ha legata al letto ed ha chiamato qualche amico disposto a pagare per “farsi un giro”.

- Che bastardo! E dove si trova adesso?

- E’ morto per overdose i primi giorni di settembre del 2006.

- Capisco perché non ne vuoi parlare con Lily. Sarebbe orribile sapere che il proprio padre ha costretto a violenze ripetute la propria madre. Eppure mi domando come una ragazza simile, apparsa dal nulla a Neptune, possa diventare in pochissimi giorni una cliente insolvente e una prostituta che conosce esattamente la paternità del proprio bambino.

Logan lanciò a Veronica uno sguardo significativo.

- Io non ci casco.

-  Io non ti ho mentito.

- Veronica, guarda che so contare. La primavera comprende parte di marzo, tutto il mese di aprile e maggio e parte di giugno. La tua amica è rimasta incinta tra giugno e settembre. Ma se questo tizio è morto a settembre questo mese è da escludere. Non mi risulta che il college inizi a giugno quindi non può essere una studentessa esterna. Conosco tutti gli studenti che hanno frequentato il Neptune negli ultimi tre anni e non c’era nessuna ragazza con quel nome.

- Non potrebbe essere una studentessa diplomata al liceo Pan?

Logan annuì ma la sua espressione rimase poco convinta.

- Perché non mi credi?

- Veronica, quella bambina ti somiglia.

- E allora? Io somiglio a quell’attrice bionda… come si chiama… ah, io somiglio a Kirsten Bell. E con questo? Non siamo mica imparentate.

- Tu non somigli a Kirsten Bell. L’ho conosciuta di persona ed è almeno dieci centimetri più alta di te.

Veronica non rispose alla provocazione ma rallentò e parcheggiò di fronte alla cancellata della Neptune Junior School, sollevata per essere ancora l’unica a conoscere l’unica persona di tutta Neptune a conoscere la verità su quel suo difficile primo semestre alla Hearst e su come aveva ottenuto la creatura che amava più di qualsiasi altra al mondo.

- Manca mezz’ora all’uscita.

- Va bene. Sorvoliamo sulla maternità e paternità di tua figlia. Tanto so che non mi diresti nulla più di questo quindi farò finta di crederci. Ora però passiamo alla prossima domanda.  Voglio sapere il motivo per cui non mi hai mai detto di aver adottato una bambina. E niente balle.

Veronica portò la testa indietro e sospirò.

Quando fa domande Logan diventa davvero esasperante. Ha persino capito che c’è qualcosa di strano nella mia storia, cosa che persino papà ha bevuto senza fare troppe storie. Perché lui deve essere così ostinato? Prima sul perché l’ho lasciato e adesso per Lily. E’ inutile arrampicarmi sugli specchi anche adesso. Gli dirò la verità almeno su questo.

- Non volevo che conoscesse lo zio Logan- disse alla fine, di malavoglia.

- Non volevi che mi conoscesse?

- No.

- E come mai?

Veronica prese fiato poi, sfoderando la sua espressione più seria, iniziò a parlare.

- Logan, Lily ha poco più di sei anni ed una grande fantasia. Non volevo che mia figlia credesse di aver trovato un genitore di sesso maschile. Io e lei viviamo nella casa che ora dividiamo noi due e la tua lunga permanenza avrebbe potuto farle credere che tra noi ci fosse qualcosa che supera l’amicizia. E anche se non fosse arrivata a questo punto avrebbe potuto iniziare a chiamarti zio Logan e affezionarsi a te.

- E questo è un male?

- Non adesso, ma quando sarai guarito? Cosa farai quando non avrai più bisogno di me e della mia famiglia? Te lo dico io. Tu lascerai Neptune e tornerai a New York, tornerai a fare soldi a palate, frequenterai di nuovo le modelle più belle e le attrici più pagate, finirai su ogni tabloid. E immediatamente ti scorderai di nuovo di questa cittadina e dei suoi abitanti, Lily Mars inclusa. Le spezzeresti il cuore andandotene e lo sai bene. Non voglio che Lily subisca questo trauma. La tua vita è lontana da qui.

- Veronica…

- Non ho finito di parlare, Logan. Oltre a tutto questo, non voglio che tu la conosca perché sei nel mirino di qualcuno e l’ultima cosa che voglio fare è mettere a repentaglio la vita della mia unica figlia. L’ho mandata a vivere con Keith per proteggerti meglio, per dedicarti più tempo e per evitare che la mia bambina soffrisse quando tu lascerai di nuovo questi luoghi.

Veronica marcò la conclusione del suo discorso con un sospiro e appoggiò il capo sul poggiatesta, attendendo la replica dell’uomo al suo fianco.

Trascorsero alcuni minuti che alla donna parvero infiniti, poi Logan disse come la pensava a riguardo.

- Non posso biasimarti, Veronica. Io non ho figli e, a parte te e Lilly, penso di non aver mai amato davvero una persona al punto tale da pensare prima a lei che a me stesso. Deve essere stato molto difficile sia per lei sia per te essere separate da me e ti ringrazio per il sacrificio… ma io non voglio questo da te. Ti ho già costretta a fare tante cose senza che tu lo desiderassi ed hai messo a repentaglio la vostra sicurezza economica per me. Basta così. Non voglio far soffrire una bambina e sua madre. Io andrò da un’altra parte e svanirò nel nulla…

- Ti ho già detto che questo è fuori discussione. Resterai da me, punto e basta. Devo risolvere il tuo caso e prendermi cura di te e lo farò perché mi sono presa un impegno e lo porterò avanti fino in fondo.

- Allora rispetta anche l’impegno che hai preso con quella bambina che ti chiama mamma perché non è giusto che tu la metta in secondo piano per fare spazio a me, che sono al tempo stesso amico e lavoro. Fai in modo di passare del tempo anche con tua figlia. Se non vuoi che quella bambina mi ami farò in modo che non si affezioni a me, ma non voglio che mi consideri un ostacolo tra se stessa e sua madre. Non è giusto che io le rubi la mamma in questo modo. Cercherò di non farla affezionare a me in ogni modo ed io tenterò di non trovarla una bambina irresistibile quanto te… ma permettile di stare a casa con noi, Veronica. Ti prego.

Lo sguardo di Logan stupì Veronica. C’era un serio desiderio di conoscere quella bambina e farla stare il più possibile con la madre. Aveva parlato con il cuore in mano e Veronica non poteva ignorarlo.

- Va bene- disse piano- Hai il permesso di conoscere Lily e la riporterò immediatamente a casa. Ma sappi che Lily pretende che si mangino polpette alla Mars almeno una volta alla settimana.

Logan rise di gusto, mentre nella sua mente vedeva quella bambina esibirsi come uno di quegli uomini che mangiano il fuoco negli spettacoli circensi, lanciando quelle polpette in aria per poi arrostirle con il suo soffio incandescente.

 

Lily Mars si fermò di botto quando vide sua madre che la aspettava al cancello assieme alle numerose mamme dell’istituto scolastico.

Sorrise e corse verso la donna con tutta la forza che aveva nelle gambe, felice che la sua mamma fosse lì ad aspettarla. Non lo faceva da parecchio tempo e questo, nonostante non lo ammettesse neanche a se stessa, le faceva molto male.

Logan osservò dall’automobile Veronica che prendeva in braccio la bambina e la stringeva a sé con grande affetto.

Fu allora che vide ciò che non si sarebbe mai aspettato. Il sorriso di Veronica e quello di Lily erano legati dalla medesima gioia, i loro volti erano illuminati dalla stessa luce ma quello di Veronica era solcato da una lacrima solitaria.

Che la lontananza forzata dalla figlia potesse averla fatta soffrire molto l’aveva compreso sin dal suo discorso ma si rese conto che non era quella l’emozione di Veronica. Quando Veronica piangeva di sollievo il suo sorriso era sempre attraversato dal sollievo e non era un sorriso perfetto come quello che aveva in volto. Quella lacrima che scendeva lenta verso il suo collo, si disse, era l’espressione di un grande peso che aveva nel cuore e che non riusciva o non voleva palesare. Ironia della sorte, adesso stavano indagando entrambe ed ambedue cercavano di svelare lati oscuri della vita dell’altro.

- Lily- le sussurrò mentre erano ancora abbracciate- Sai la novità? Torni a casa con me e con una persona.

- Il tuo fidanzato? O è il mio papà?

- Nessuno dei due. Logan è un mio vecchio amico che si è fatto molto male e di cui mi prendo cura.

- Come si è fatto male, mamma?

Veronica era sempre stata sincera con sua figlia e sin da piccolissima la bambina aveva saputo che al mondo c’erano persone buone e persone cattive e che sua madre faceva in modo che le buone stessero bene e che le cattive non potessero andare in giro per la città impunemente.

- Delle persone cattive lo stanno cercando.

- Capisco. Quindi adesso starò a casa con te e con lo zio Logan. Posso aiutarti a farlo stare meglio?

Perfetto Lily! Non l’hai neanche visto e già lo chiami zio e desideri aiutarlo. Ma perché quell’uomo fa lo stesso effetto a tutte le donne Mars? Così adesso io sono sconvolta per questa convivenza a tre e mia figlia vuole fare la crocerossina. Ho paura che le cose andranno di male in peggio, d’ora in avanti.

- Ma certo- rispose Veronica, guidando la bambina verso l’automobile.

Logan sorrise non appena gli occhi della bambina si posarono su di lui poi un enorme sorriso illuminò il suo volto.

- Ma è papà!

La bambina saltò sul sedile posteriore ed abbracciò il collo di Logan da dietro, strofinandosi contro il poggiatesta mentre Veronica e Logan si guardavano stupefatti, Logan perché improvvisamente elevato al ruolo di padre biologico di una bambina che somigliava alla sua ex ragazza ma che ufficialmente era figlia di una sbandata del liceo Pan e di uno spacciatore depravato e Veronica perché la bambina sembrava sicura della sua affermazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo Dieci ***


Prima di iniziare vorrei rispondere a Ginevra Malfoy90.
Mi hai fatto due domande ed io risponderò ad entrambe.
Alla prima non rispondo perché, come ho scritto più volte nelle note, per sapere di chi è figlia Lily dovrai leggere questa storia almeno fino al capitolo undici.
Per la seconda la risposta è “non ho un tempo definito”. Cerco di aggiornare il più regolarmente possibile e, non avendo più molto tempo libero, posso dirti che aggiorno indicativamente ogni tre settimane.
Grazie per la recensione.
Naturalmente colgo l’occasione per ringraziare anche tutti voi che recensite. Grazie mille.
E adesso… bando alle ciance! Vi lascio a questo nuovo e “scoppiettante” capitolo di “Di Nuovo”.

Capitolo Dieci

Se la vista della fotografia aveva sconvolto Logan quell’affermazione gli fece saltare il cuore fuori dal petto e fece partire a razzo la sua fantasia con mille calcoli mentre la donna si limitava a passare lo sguardo dalla bambina all’uomo, sperando che il secondo non iniziasse a far galoppare l’immaginazione come era solito fare.
Lily, ignara di questi sconvolgimenti interiori, continuava a strofinarsi contro il poggiatesta e stringere il collo di Logan. Era felice che la sua mamma fosse andata a prenderla a scuola e appena aveva visto quell’amico di sua madre aveva capito che era senz’altro quello suo padre. Veronica, quando le aveva domandato come fosse il suo papà, gli aveva raccontato che era un uomo bello, alto e con sorriso splendido come il suo. E quell’uomo seduto in macchina era proprio così. Era uguale alla descrizione della mamma quindi quello non poteva essere solo un amico della mamma ma proprio suo padre.
- Mi sei mancato tantissimo papà.
Veronica, con il cuore stretto da una morsa di tristezza aprì la bocca per parlare ma Logan fu più rapido di lei.
- Piccola, calmati- disse l’uomo, cercando di liberarsi dall’abbraccio strangolatore della bimba- Io non sono il tuo papà.
- Sì che sei il mio papà. Sei come ti ha descritto la mamma e lei non mente mai. Per questo non puoi essere lo zio Logan ma sei per forza il mio papà Logan.
Logan rivolse uno sguardo interrogativo a Veronica ma lei stava studiando con grande interesse il selciato ed aveva un’espressione colpevole dipinta in volto.
- Non so cosa ti abbia raccontato la mamma… ma io non sono il tuo papà.
Logan, grazie allo specchietto retrovisore, vide il sorriso di Lily spegnersi.
- Ma lo conoscevo- aggiunse- Io e il tuo papà eravamo amici quando vivevo qui. Ci divertivamo tanto insieme. Se vuoi posso raccontarti qualcosa di lui questa sera, quando torneremo a casa.
- Davvero?- chiese la bimba, lanciando uno sguardo speranzoso alla madre- Torniamo a casa tutti insieme? Veronica annuì.
- Sì. Stasera torni a casa con me e con Logan. - Che bello! Mi racconti qualcosa su papà prima di addormentarmi, zio Logan?
- Certo. Ti racconterò tutto- disse.
Poi guardò Veronica o, perlomeno, la donna che era diventata sceriffo di Neptune. Più che una donna infuriata per il suo andare a briglia sciolta sembrava felice per quel suo comunicare con la bambina.
Solo allora Logan vide il lato materno di Veronica. Nel suo sguardo c’era una calda dolcezza che sembrava accarezzare la sua bambina. Non aveva occhi che per quella creatura che la credeva sua madre. Logan si sentì improvvisamente geloso per l’affetto che Veronica dimostrava per quella bambina. Soltanto una sera l’aveva guardato in quello stesso modo, come se fosse la persona più importante della sua vita.
Lo ricordava perfettamente: Veronica era accoccolata accanto a lui, con il capo appoggiato al suo petto, ascoltando il suo cuore battere. Lui aveva accarezzato il suo collo e sorriso nella sua direzione, lei aveva alzato gli occhi al suo volto ed aveva sorriso. Quel calore l’aveva spiazzato. Era uno sguardo che donava calore, che lo faceva sentire pieno di gioia perché quel calore era esclusivamente per lui. Era lo sguardo dell’amore più profondo, quello che dura in eterno e che non si può distruggere neanche volendolo con tutte le proprie forze. Quel solo sguardo era riuscito a riaccendere la passione ed il resto della notte l’avevano trascorsa coccolandosi con molta dolcezza.
Neanche due settimane dopo lei lo aveva guardato con occhi assai diversi ed aveva confessato che voleva essere libera di vivere altre esperienze lontane da lui.
Dopo quell’ultimo incontro non si erano più incontrati prima dell’incidente che li aveva nuovamente uniti.
Tra loro adesso scorreva un fiume profondissimo, separati da vite assai diverse eppure Veronica aveva buttato immediatamente un ponte per raggiungerlo e l’aveva fatto rientrare nella sua vita senza esitazione, mettendo in gioco ogni punto fermo della sua vita per di aiutarlo.
Logan guardò Veronica negli occhi e sorrise. Non poteva pretendere che quello sguardo tornasse ad essere solo suo, visto che Veronica non era la sua donna e, dal modo in cui si comportava, non sembravano esserci speranze che il loro rapporto potesse tornare ad essere più forte della semplice amicizia.
- Lily Mars, hai davvero una brava mamma- disse, accarezzando i capelli della bambina- La migliore del mondo.
La risata argentina della piccola invase l’abitacolo e per un istante a Logan sembrò di far nuovamente parte di una vera famiglia, qualcosa che lui non aveva mai avuto. Era nato quando suo padre era all’apice della sua carriera di attore, un’ombra che si faceva più presente solo quando lui aveva iniziato a combinare bravate, lasciando segni rossi sulla sua pelle e grande dolore nel suo cuore, sentimento che spesso vedeva riflesso negli occhi di quella madre che si era uccisa, distrutta da quella gabbia dorata in cui era stata imprigionata e dalla quale non sarebbe mai potuta uscire.
Cercò la mano di Veronica sul cambio e, incontratala, si chiuse su di essa e la accarezzò lievemente.
Che cosa diavolo sta combinando Logan? Perché si comporta così? Prima racconta frottole a Lily, poi si complimenta per il mio ruolo di madre e adesso mi accarezza come farebbe un timido spasimante di sedici anni? La botta in testa deve essere stata più forte di quanto sembrava. Perché adesso si comporta così? Che cosa vuole da me? Possibile che queste attenzioni siano disinteressate? Ma certo che lo sono! Che razza di idee mi faccio! Lui può provare riconoscenza nei miei confronti ma da qui a scambiarlo per sentimenti che vanno oltre ne passa! Però è piacevole questa sensazione. Prima la piccola Lily che chiama papà Logan, adesso questa atmosfera rilassata, quasi fossimo una comunissima famiglia americana che va a pranzo dal nonno… ma noi non lo siamo. Non potremo mai essere quella comune famiglia americana. Logan presto tornerà alla ribalta, io devo lavorare per combattere il crimine e Lily… Lily perderà il primo uomo che abbia mai potuto chiamare papà in tutta la sua vita. Non so se sia stata una buona scelta quella di farle conoscere Logan, ma sembra felice di questo ed il resto non conta. L’unica cosa importante è che Lily sia felice.
- Sceriffo Ma-ars…- cantilenò Logan, dandole un piccolo pizzicotto sul dorso della mano per farla concentrare nuovamente sulla realtà.
La voce di Logan e quel pizzicotto la portarono nuovamente nell’auto.
- Perché mi hai pizzicata?
- Non è colpa mia se lo sceriffo sogna ad occhi aperti.
- Cosa vuoi dire?
- Te la fai da sola la multa?
- E perché mai dovrei multarmi?
- Era rosso, Veronica- disse lui, indicandole il semaforo che regolava il traffico dell’incrocio attraverso il quale avevano appena transitato.
- Merda!- imprecò a mezza bocca la donna.

Keith Mars fu piacevolmente sorpreso vedendo i tre avanzare verso la sua abitazione. Aveva sperato a lungo che Veronica smettesse di fingere con Logan e le raccontasse della sua bambina e vederli mentre avanzavano verso di lui, Lily che stringeva la mano di Logan e Veronica che spingeva la sedia a rotelle con il sorriso in volto, lo riempiva di grande gioia.
Da quando aveva rivalutato Logan Echolls aveva sperato che quel giorno arrivasse al più presto. Logan sembrava maturato moltissimo e lui sapeva che a farlo crescere, probabilmente, aveva influito molto il sacrificio di Veronica.
Non capì cosa Lily avesse detto ma i tre scoppiarono a ridere.
Fu allora che Keith Mars comprese quanto pericolosa fosse Neptune.

Veronica si maledisse per aver abbassato la guardia.
Lo spostamento d’aria la fece finire bocconi sull’asfalto, ferendole al mento mentre l’odore di bruciato le feriva le narici.
Sentì distintamente Lily singhiozzare e Logan cercare di tranquillizzarla. Si sentì immediatamente rincuorata per il fatto che stessero bene ma non se la sentiva ancora di alzarsi. La fortuna aveva voluto che istintivamente aveva spinto Logan il più distante possibile e che Lily fosse riuscita a tenere il passo con il supporto medico, così nessuno dei due aveva sentito il calore dell’inferno sulla propria schiena.
Suo padre corse trafelato verso di lei e si accovacciò subito al suo fianco, voltandola supina per controllare se fosse ferita.
- Veronica, ti senti bene?
La donna annuì.
- Sì papà.
- Stai sanguinando.
- E’ un taglietto. Nulla di serio- disse, cercando di nascondere il dolore che le provocava il muovere la mandibola- Non preoccuparti papà. Un po’ di acqua ossigenata, del ghiaccio e un cerotto mi rimetteranno in sesto.
Veronica, aiutata dal padre, si alzò e, premendo un braccio sul mento per evitare che la figlia vedesse il sangue, disse al padre:
- Papà, io vado in centrale a medicare questa ferita e non intendo discutere. Inizierò immediatamente ad indagare su questo attentato. Tu portali dentro in fretta e falli pranzare. Passerò a prenderli stasera. Mi raccomando, sta in guardia.
Detto questo la donna tornò in fretta alla sua automobile e partì, lasciando dietro di sé il padre che accompagnava in casa Logan e Lily.
Diede un ultimo sguardo alla carcassa di moto che qualcuno aveva fatto esplodere e si morse il labbro inferiore fino a farlo sanguinare. Aveva appena accordato a Lily il permesso di vivere con lei e Logan e di già aveva rischiato di farsi del male in quell’atto dimostrativo. Per quanto riguardava quel caso aveva già le idee chiare su due fatti; il primo era che chiunque avesse piazzato quella carica sulla moto non voleva ucciderli ma solo spaventarli, il secondo era che quel qualcuno o una persona pagata da questo qualcuno aveva azionato la bomba con un comando a distanza in un luogo che gli permetteva una perfetta visuale sul viale.

Lily, con le braccia strette al collo del nonno, stava piangendo disperatamente.
Non si era fatta nulla ma era preoccupata per la mamma. Si era fatta male ma non si era fatta curare. Anzi, la donna era scappata verso il suo ufficio che lei aveva visto a malapena l’automobile sfrecciare via.
Logan assisteva in silenzio a quel triste spettacolo. Invidiava il modo in cui la piccola Lily si rifugiava nell’abbraccio di Keith, il modo in cui lui la cullava e le sussurrava parole dolci mentre i suoi singhiozzi diminuivano di frequenza e intensità.
Gettò un’occhiata al suo piatto, ancora colmo della deliziosa pasta che il signor Mars aveva preparato per pranzo. Nessuno dei tre aveva toccato cibo, troppo scossi per mandare giù un solo boccone.
- Papà… voglio andare da papà.
Il pigolio di Lily fece gelare il sangue nelle vene a Keith. Guardò Logan in cerca di una risposta e lui fece cenno di no con la testa.
- Lily, lui non è il tuo papà.
- Lo so- singhiozzò- Ma facciamo che è il mio papà, nonno. Facciamo finta che zio Logan è il mio papà.
Keith sorrise e mise la bambina a sedere sulle gambe ingessate di Logan, al quale si aggrappò con forza e riprese a piangere, mentre lui la stringeva al cuore come se non si trattasse di una pantomima e la piccola fosse davvero la sua bambina.
- La mamma starà bene- le sussurrò- Tu non devi avere paura per lei. La tua mamma è forte e stasera tornerà a casa con noi.
- No- singhiozzò Lily tirando su con il naso- La mamma di sicuro dice che devo continuare a stare con il nonno.
- In effetti sarebbe meglio, piccola…- disse Logan mentre accarezzava i capelli della bambina- … ma io ti ho promesso di raccontarti tante cose del tuo papà quindi non starai qui. Sempre che tu non lo desideri.
La bambina guardò il nonno e sporse il mento.
- Io devo stare con nonno. Lui dopo si sente solo.
- Allora sai cosa facciamo? Adesso vai a fare il riposino pomeridiano e mentre ti addormenti io ti racconto delle storie sul tuo papà.
La bimba sorrise all’uomo e lui ricambiò, incantato da quegli occhi e dalla bambina che li possedeva.
- Va bene zio Logan- sussurrò- Mi porti tu sul lettone di nonno?
- Certo che ti porta lui. Si parte!
Logan sentì la sedia muoversi e sorrise incontrando il volto di Keith Mars, preoccupato per ciò che era accaduto e per l’attaccamento che Logan e Lily stavano sviluppando l’uno per l’altra.

Veronica imprecò mentre tamponava la ferita con l’acqua ossigenata. Per fortuna l’emorragia si era fermata ma la lesione sembrava necessitare di una profonda pulizia a giudicare dalla quantità di disinfettante e acqua ossigenata che stava richiedendo. Bruciava terribilmente ma doveva considerarsi fortunata per averla scampata con così poco danno. Poteva andare molto peggio e lo sceriffo Mars lo sapeva fin troppo bene.
Una volante era già stata inviata sul posto e alcuni agenti stavano perlustrando la zona per trovare qualche indizio.
Veronica, controllando con la coda dell’occhio la posizione della ferita, applicò il grande pezzo di garza e la fermò con del cerotto.
Ho un’aria orribile. Questa giornata è uno schifo completo. Non vedo l’ora che arrivi Natale e, speriamo, un po’ di pace.
Chiuse gli occhi, respirò a fondo e uscì dal bagno, lasciando da soli gli agenti che, intimiditi dall’aria truce del loro superiore, non avevano avuto neanche il coraggio di ricordarle che quello era il gabinetto assegnato al personale di sesso maschile.

Logan baciò lievemente la fronte di Lily poi, spingendosi con le braccia, uscì dalla stanza in cui la piccola riposava.
Keith, con aria molto seria, lo aspettava al tavolo della cucina.
- Logan- disse non appena lui fu nella stanza- voglio una spiegazione per quello che ha detto Lily e per il modo in cui tu le hai risposto.
- Cosa intende dire?
- Hai messo incinta Veronica per poi scappare lontano? Logan scosse il capo.
- Non penso proprio. E poi la bambina non è figlia di tua figlia, Keith.
- Parla piano! Se sentisse tutto questo starebbe malissimo. - Scusami.
- Quindi tu non sei suo padre. Ma sai chi è.
- No. Ho raccontato una balla a Lily per farla contenta. Voleva sapere come era suo padre ed io le ho detto che lo conoscevo e che le avrei raccontato come era.
- Capisco. E cosa le hai raccontato?
- La mia storia con Veronica. Non pretenderai che inventi ogni cosa di sana pianta, Keith Mars.
- Va bene. Scusami per averti aggredito in quel modo ma io voglio fare chiarezza su ciò che è accaduto a quella bambina.
- Capisco. Devi esserle molto legato.
Keith sorrise.
- Le sono legato come un nonno ad una nipote. E tu?
- Io?
- Sì.
Logan rise.
- Keith Mars, oggi ho incontrato quella bambina per la prima volta e ti aspetti che si sia già instaurato un legame?
- Sì, perché Lily è in grado di rubarti il cuore con uno sguardo. Così è stato per me e lo stesso è stato per Veronica.
Logan abbassò lo sguardo. Aveva promesso a Veronica di non farsi coinvolgere troppo da Lily e di non coinvolgere troppo la bambina ma poteva davvero tener fede a questa condizione? Poteva evitare di affezionarsi a quella bambina che l’aveva chiamato papà non appena l’aveva visto e si era stretta a lui come se fosse l’uomo più importante del mondo? Solo Veronica l’aveva abbracciato in quel modo. Era accaduto otto anni prima, quando Veronica si era svegliata nella sua stanza e l’aveva trovato in cucina intento a preparare la colazione. Lì, in quella stessa cucina in cui adesso stava parlando con Keith Mars, Veronica l’aveva abbracciato come se fosse l’ultimo appiglio che c’era tra lei e il nulla, l’essere più importante della sua vita dopo quell’esplosione e la notizia, poi rivelatasi falsa, della morte del signor Mars in un incidente aereo.
Quella bambina gli aveva fatto sentire le stesse emozioni e non poteva negare un forte coinvolgimento emotivo. Che lo volesse o no, si era già affezionato a quella bambina.
- Keith, voglio che tu non dica mai a Veronica la mia risposta alla tua domanda. Mi ucciderebbe se lo sapesse.
- Cosa vuoi dire?
- Ho promesso a Veronica di mantenermi il più distante possibile da Lily per evitare di ferirla quando la mia convalescenza finirà. Purtroppo non posso evitare di sentirmi coinvolto. Lily è una bambina adorabile ed espansiva. Non appena mi ha visto mi ha chiamato papà e non posso fare a meno di volerle bene per l’affetto che mi ha dimostrato. Mi ha abbracciato come se mi conoscesse da sempre e mi sono sentito felice come non lo ero da diversi anni. Keith Mars, mi sono innamorato della tua nipotina. Il sorriso con cui Logan concluse il discorso fece sentire Keith ancora più inquieto. Veronica aveva perfettamente ragione a voler evitare che tra Lily e Logan si stabilisse un legame affettivo ma questo andava oltre qualsiasi previsione. Lily aveva trovato simpatico Logan sin dal primo istante e l’uomo aveva ricambiato allo stesso modo l’affetto dimostrato. Sarebbe stato tutto più facile se Logan non fosse stato un produttore minacciato di morte che viveva nella stessa casa della bambina.
- Non posso che essere d’accordo con l’opinione di Veronica.
- Anche io!- ribatté immediatamente Logan- Ma non posso farci niente se mi sono affezionato a lei. Mi sento come se mi fosse stato chiesto di smettere di respirare o di mangiare. Non posso fare a meno di volerle bene e sono certo che tu questo lo capisci perfettamente.
Keith annuì. Logan aveva ragione su questo punto. Lily era una bambina irresistibile e neanche Logan era riuscito a sfuggire al suo fascino.
- Non penso che sia un problema- gli disse Keith- Se tu vuoi bene a Lily e lei vuole bene a te non è detto che la ferirai. Ma se lo farai, Logan Echolls, ti giuro che la prossima volta ti ritroverai con la spina dorsale rotta, intesi?
- Non ci riuscirai mai Keith, perché se dovessi ferire Lily lo farei da solo e mi strapperei dal petto il cuore con le mie mani nude. Non sopporterei di far male alla figlia di Veronica.
Keith fu felice di quelle parole. Sembrava davvero che Logan tenesse a Lily come un padre ed in cuor suo sperò che la sua Veronica capisse quanto poteva essere importante una figura paterna nella vita di sua figlia.

Veronica arrivò davanti a casa di Keith a notte fonda.
Aveva forti fitte alla mandibola e al collo e fu sul punto di piangere per il dolore quando il padre le chiese come fosse andata in centrale.
In quelle ore di duro lavoro Veronica non era riuscita a sapere molto di ciò che era successo. Una squadra di agenti era stata assegnata al pattugliamento del quartiere in cui si trovava la casa di Veronica e tre agenti avrebbero vigilato sulla casa del padre.
Per preservarle la vita Veronica aveva scelto che Lily rimanesse nella casa di Keith ma, spiegò al padre, lei e Logan sarebbero andati spesso a farle visita. Aveva persino predisposto che un membro del personale ATA fosse sostituito con un’agente sotto copertura.
Pregò il padre di dirlo il mattino successivo alla figlia poi, caricato Logan sull’automobile, tornò verso la casa che, per qualche ora felice, sembrava destinata ad accogliere i membri di quella che sembrava una famiglia come tante altre.

Logan, vedendo Veronica molto affaticata, cercò di facilitarle il compito di aiutarlo a scendere dall’automobile ma era pur sempre troppo per la donna sofferente.
Non appena Logan fu sulla sedia le ginocchia di Veronica cedettero e lei cadde sul cemento del vialetto.
- Veronica!
La mano di Logan si avvicinò il più possibile alla donna ma non riusciva a raggiungerla.
- Sto bene- sussurrò, rialzandosi a fatica.
Era mortalmente stanca ma non poteva lasciare Logan a se stesso. Era davvero troppo presto per cedere.
- Veronica, tu sei molto stanca. Posso entrare da solo.
Per tutta risposta la donna iniziò a spingere la sedia verso la rampa che portava alla porta.
Logan, dal canto suo, cercò di aiutarla il più possibile per la deambulazione e Veronica riuscì a portare a termine il suo compito.
Solo quando la donna si sedette per prepararsi al metterlo sul divano Logan notò la macchia scura che insozzava le garze sotto al collo.
- Non è un graffio- constatò.
- Lo è.
- Ti fa molto male.
- E chi te lo dice?
Veronica era piuttosto irritata nel sentire la voce di Logan contraddirla ma non aveva la forza di attaccare.
- Hai disinfettato bene la ferita?
- Certo.
- Sei sicura?
Veronica esplose.
- Ma cosa vuoi da me? Non sono una bambina, Logan Echolls. So badare a me stessa. Ho cresciuto una figlia, non so se l’hai notato. Ho vissuto otto anni in questa schifosissima città prendendomi cura di lei e di mio padre. Mi sono laureata e adesso sono sceriffo. Affronto il pericolo ogni giorno ed attualmente sto cercando di salvarti il culo! Oggi mia figlia ha rischiato la vita per un’autobomba ed io non sono riuscita a cavare un ragno dal buco in quasi dodici ore di lavoro nonostante io sia maledettamente brava in questo lavoro! Non ho bisogno di sentirmi chiedere se sto bene o se mi sono curata abbastanza. Non ho bisogno della tua compassione, Logan, e neanche che tu ti preoccupi per la mia salute perché so cavarmela.
- Sei solo una stupida Veronica- rispose Logan- Io mi preoccupo per te. Ho avuto paura che tu o Lily poteste farvi male in quell’incidente e quella tua ferita mi preoccupa. Mi preoccupa il fatto che tu sia stanca e mi preoccupo per come potrebbe prendere tua figlia la decisione di lasciarla a casa di tuo padre! Ma perché te la prendi tanto se io mi preoccupo per te? Tu mi stai accanto, mi curi, mi sfami ed io non posso fare altro che offrirti questo per ricambiare. Non capisci che io ci tengo davvero a te?
- Non devi!
- Sì che devo. Cazzo, ti sei fatta male per colpa mia! Quella carica esplosiva voleva ferire me non te! Quello stronzo vuole ferire me e non gli importa nulla se tu o Lily restate coinvolte. Mi vuole morto. Non so perché lo desidera ma è così ed io non posso cambiare le cose. Per questo io mi preoccupo. E se non fosse per questo io mi preoccuperei ugualmente.
- Perché?
Veronica vide il volto di Logan contrarsi in una smorfia di pura sofferenza.
- Perché sei la mia Veronica Mars. Io ti ho amata per anni, maledizione. Tu mi hai fatto dimenticare Lilly… mi hai aiutato a cercare mia madre quando nessuno credeva che potesse essere viva… e la nostra è stata una storia epica.
- Sono passati otto anni Logan.
- Lo so. Tu mi hai lasciato e hai detto di aver cercato nuove emozioni. Non so se tu abbia trovato qualcuno o se tuo padre abbia fatto centro… ma per me non è finita otto anni fa e vorrei tanto che fosse stato così anche per te.
Molte lacrime striavano il volto di Veronica.
- Mi dispiace- singhiozzò- Per me è finita prima di lasciarti.
Detto questo si rifugiò in camera sua e chiuse la porta, soffocando i singhiozzi contro il cuscino e maledicendosi per le menzogne raccontate.

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Capitolo 12
*** Capitolo Undici ***


Capitolo Undici

La porta della stanza di Veronica Mars si aprì lentamente ed il cigolio di ruote raggiunse anche quella stanza, un santuario che Logan non aveva mai visto.
Le pareti erano dipinte di un bianco immacolato, decorate con qualche piccolo quadro e con delle foto. Con grande sorpresa Logan potè constatare che lui era presente in ben tre delle dieci foto appese al muro.
La prima era la foto dell’ultimo ballo a cui avevano partecipato insieme a Lilly. La foto ritraeva i quattro amici in abito da sera, belli e felici. Logan, suo malgrado, si trovò a pensare a come quegli abiti rappresentassero perfettamente Lilly e Veronica.
Entrambe erano spalla a spalla, in abito lungo, bellissime e sorridenti mentre giocavano con l’obiettivo ma, mentre l’abito di Veronica era di un bianco immacolato, con sottili bretelline e molto sobrio, quello di Lilly era dorato coperto di lustrini che la facevano scintillare, con una scollatura generosa che metteva in evidenza i seni dal latteo candore.
Anche lui e Duncan sembravano molto differenti. Il suo sorriso più accattivante non era nulla in confronto allo splendore dell’abito della sua dama ma risaltava in quella foto e lo faceva apparire naturale. Al contrario, il volto di Duncan, che sporgeva dal Veronica, era finto, l’espressione simile a quella dei duri dei film.
Nella successiva c’erano loro due, Veronica e Logan, stretti in un abbraccio che dimostrava palesemente i loro sentimenti. La sua Veronica guardava il suo volto e sembrava in estatica adorazione. Erano in riva al mare, entrambi in costume da bagno e forse la foto era stata scattata da Wallace quel giorno che avevano organizzato una sortita alla spiaggia per distrarre Mac e Dick dalla morte di Beaver. Con i due non aveva funzionato ma Logan ricordava perfettamente quanto fosse stato difficile sciogliere il nodo che teneva su la parte superiore di quel bikini color lavanda mentre, ufficialmente, facevano un bagno romantico al tramonto.
La terza foto fu quella che lo sconvolse di più: in quella compariva soltanto lui, con un premio in mano, stretto tra tre modelle canadesi belle e prosperose che lo strattonavano nel tentativo di guadagnarsi uno dei suoi celebri sorrisi. Ricordava ancora il giorno in cui il fotografo del New York Times l’aveva scattata. Aveva vinto il premio di produttore dell’anno dell’anno 2010 e si sentiva l’uomo più felice su questo pianeta, con una casa perfetta, una carriera perfetta ed un mucchio di donne perfette che lo osannavano e riscaldavano il suo letto ogni notte.
Sentì una fitta al cuore pensando a quanto aveva perso, ma non perché gli mancasse quel mondo dorato fatto di copertine patinate e di donne accondiscendenti. Lui provava pena per il se stesso di quella foto, un uomo sciocco che non aveva ancora capito quanto rischiava nello stuzzicare persone pericolose e che non pensava mai a quella donna con tanti segreti ed una bambina adorabile.
Si avvicinò al letto di Veronica e la guardò dormire.
Il letto era sfatto ma Veronica non aveva infilato alcun pigiama né si era messa sotto le coperte. Giaceva scomposta su quel grande letto coperto da una trapunta rosa decorata da fiori gialli, il volto affondato nel cuscino ed il respiro regolare di chi è immerso in un sonno profondo.
- Sono io la causa dei tuoi guai- sussurrò- E mi dispiace causarti tanti problemi. Ma non chiedermi di non preoccuparmi per la tua salute perché non ci sto. Non ci sono stato otto anni fa e non ci starò adesso, chiaro Veronica Mars? Lo sai che se hai bisogno di qualcuno che ti pari il fondoschiena io ci sono. Basta chiedere ed io arrivo ad aiutarti. Ma non mi chiedere di non farlo perché è impossibile. Devo ripagarti in qualche modo, no?
Logan fece retromarcia e uscì chiudendo la porta alle sue spalle, lasciando Veronica sola nella stanza.
Veronica, con il volto ancora premuto contro il cuscino, sussurrò:
- Saperti vivo è già una ricompensa per il mio lavoro.
Veronica si mise a sedere sul letto e guardò la foto che più amava. La ritraeva con Lily neonata e Mac al suo fianco.
Senza pensarci due volte prese il cellulare dalla borsa e compose il numero di Mac. Aveva assoluto bisogno di parlarle.

Al settimo squillo una mano pallida sbucò dall’enorme trapunta verde e cercò a tastoni il cellulare appoggiato sul comodino, trovandolo solo quando il telefono aveva squillato dodici volte.
- Pronto?
La voce impastata di Cindy Mackanzie fece capire subito a Veronica che non tutti potevano essere svegli a quell’ora.
- Ciao Mac.
- Buonanotte Veronica… non so se sulla costa occidentale avete modificato a vostro piacere il fuso orario ma qui a New York abbiamo ancora quello vecchio e sono quasi le cinque del mattino.
- Scusami tanto… ma avevo bisogno di parlarti.
- Alle cinque del mattino di New York quindi le due di notte di Neptune?
- Sì.
- Dimmi tutto.
- Logan ha conosciuto Lily.
La donna si svegliò completamente.
- Logan? Quel Logan?
- Ma no quello! Logan, quello del telefilm Gilmore Girls.
- Scusami per la domanda idiota ma fino a un minuto fa dormivo, dato che qui per andare a lavorare devo svegliarmi alle sei per essere in ufficio alle otto.
- Scusami tu. Non avrei voluto chiamarti ma sono in crisi profonda.
- Raccontami tutto.
Veronica iniziò a raccontare come era iniziata la convivenza con Logan e Mac non la interruppe fino a quando non finì di esporle i fatti della giornata.
- Capisco- disse la donna dai capelli corti- In effetti è un gran bel problema. Tuo padre cosa ne dice?
- Non gliene ho ancora parlato ma cosa vuoi che dica? Lui si preoccupa per la salute di Lily e crede che il lavoro sia sacro quindi si prenderà cura di lei per tutto il tempo necessario per la cattura di chiunque voglia uccidere Logan.
- A proposito di Logan… come vanno le cose tra voi due?
- Come vuoi che vadano? Malissimo, ma devo continuare a tenere duro.
- Io te l’avevo detto che dovevi parlargliene subito invece di scaricarlo in quel modo vergognoso. Hai spezzato il cuore a lui e tu hai sofferto come non mai perché devi tenerti tutto dentro.
- E’ una storia finita.
- Non sono tanto sicura che sia finita…
Il tono malizioso di Mac fece saltare su Veronica.
- Sì che lo è.
La risata di Mac le ferì le orecchie.
- Non ridere. E’ la verità.
- E le foto nella tua stanza? Perché scommetto che nella tua stanza hai appeso almeno tre foto con Logan.
- Ok, ci sono quelle foto ma non significano nulla. E’ solo un amico.
- Sì, un amico…
- Metti in dubbio la mia parola, Cindy?
- Non chiamarmi Cindy. Che quella bastarda di Arpy mi chiami così ogni volta che mi incontra mi basta e avanza per questa e per altre quattro vite.
- Arpy… ma perché tratti così quella che poteva essere mia suocera? E’ una persona così celestiale…
- Infernale. Celeste Kane è una creatura arrivata sulla Terra direttamente dall’inferno. E’ la moglie bisbetica di Lucifero che lui ha scacciato perché troppo stronza persino per i suoi canoni!
- Tesoro… chiudi quel telefono e torna qui sotto. C’è qualcuno che sente molto la tua mancanza.
Una voce maschile fece trasalire Veronica. Mac non era sola in quella stanza e conosceva benissimo quella voce.
- Mac, mi devi una spiegazione.
- Fai finta di non aver sentito. E’ un tantino ubriaco.
- A me sembrava perfettamente lucido e sveglio. Soprattutto in una determinata zona del suo corpo.
- Fai allusioni piccanti, Veronica Mars?
- Sì. Sarò fuori allenamento…
- Fuori allenamento è dire poco. Cavolo, ti rendi conto che l’ultimo con cui sei stata è l’uomo che adesso vive lì con te?
- Non me lo ricordare.
- Perché non provi a parlargli di quella questione della separazione?
- Smettila Mac. Quando sarà il momento lo saprà.
- Come vuoi…
Mac sembrava delusa e Veronica cercò di tirarla su facendole la proposta a cui pensava da diversi giorni.
- Senti Mac, perché tu e lo stallone non venite a farmi visita per Natale?
- Mi spiace Veronica ma abbiamo già un impegno…
Veronica dissimulò la delusione con un “Capisco” che fece sorridere la ragazza che si trovava nella Grande Mela.
- Sai…- continuò la bruna- In quel periodo avevo intenzione di portarlo a casa per presentarlo ai miei genitori...
- Allora tornate a Neptune!
- Sì. Possiamo vederci.
- Fantastico!
- Bene… adesso scappò…
Veronica sentì distintamente un gemito.
- Mac?
- A presto.
Veronica riagganciò in fretta e chiuse gli occhi. Di certo non si aspettava di trovare Mac in simile compagnia.

Con timore Veronica staccò la garza dalla ferita, trovandola ancora arrossata e dolorante. Le faceva molto male, più del giorno precedente, e sapeva di non potersela cavare da sola in quell’occasione.
Con passo pesante si diresse verso il soggiorno, trovando Logan sulla sua sedia, perfettamente sveglio. Solo allora Veronica realizzò che senza il suo aiuto l’uomo aveva dovuto passare la notte in quella posizione.
- Mi dispiace- sussurrò.
Logan capì al volo cosa intendesse dire.
- Non fa niente. Eravamo stanchi e scossi ed abbiamo detto e fatto cavolate. Sei qui per permettermi di dare un’occhiata a quella ferita?
Veronica annuì.
- Per farti perdonare mi farai mettere sul letto in camera tua?
Veronica annuì, felice per il sorriso che Logan le rivolgeva dopo lo scontro della sera precedente.
Spinse la sedia fino al suo letto e, con fatica, lo issò sul morbido giaciglio dalle coperte scomposte. Solo allora prese dal bagno tutto il necessario per pulire bene la dolorosa escoriazione e tornò dall’uomo comodamente sprofondato tra i cuscini.
Ora che c’era la luce del giorno ad illuminarla Logan poté ammirare la stanza in tutto il suo semplice splendore. Il letto era a due piazze, nonostante Veronica fosse una donna sola, e la cassettiera in legno di ciliegio che si trovava alla destra del letto era decorata da una cornice con la foto di Lily neonata e Veronica che la stringeva tra le braccia sorridendo.
Le foto che quella notte non aveva notato ritraevano tutte le persone che erano entrate a far parte del mondo di Veronica, in un modo o nell’altro. C’era una foto che la ritraeva con Lilly Kane in piscina ed una abbracciata con Duncan, una foto della figlia di Duncan e Meg che spegneva le candeline del suo terzo compleanno ed una della famiglia Fennell. Una ritraeva Mac e Dick in compagnia di una ragazza bionda e di un ragazzo castano che lui identificò come la compagna di stanza di Mac, Pinky o come diavolo aveva detto che si chiamava Keith, e quello che lui aveva ribattezzato “il Pizzettaro”.
Alla sinistra del letto una grande porta-finestra dava sul balcone e lasciava filtrare attraverso le tendine rosate la luce del sole.
Logan la trovò una bella stanza, grande e ammobiliata con gusto, rispecchiando la semplicità di Veronica.
- Comodo questo letto- disse non appena la vide rientrare.
- Sì- rispose lei, sedendosi accanto a lui- L’ho scelto molto comodo.
- E’ anche piuttosto grande. L’hai comprato per soddisfare tutti i tuoi amanti contemporaneamente?
Veronica accusò il colpo.
Non ne posso più! Perché continua a punzecchiarmi? Non mi perdonerà mai per quelle parole, lo so, ma potrebbe evitare di infilare il dito nella piaga ogni volta che abbiamo una conversazione decente.
- Scusami.
Veronica lo guardò, sinceramente sorpresa per quella parola pronunciata piano.
- Non sono fatti miei- aggiunse- Non dovrei continuare a fare battute simili sul tuo conto quando tu sei così gentile nei miei confronti. Sono proprio ingiusto nei tuoi confronti e vorrei…
- Non c’è stato più nessuno dopo di te.
Questa volta fu Logan quello sorpreso dalla rivelazione di Veronica. L’aveva sperato, l’aveva sospettatati, l’aveva persino immaginato nell’area più nascosta del suo cervello, ma adesso era tutto diverso. Quello non era frutto della sua immaginazione. Veronica era davanti a lui, il mento ferito tenuto alto con fierezza e gli occhi chiari pieni di sincerità.
- Come?
- Ho detto che tu sei stato l’ultimo. Ti ho raccontato una balla, Logan. Non chiedermi perché l’ho fatto ma era per il tuo bene.
- Il mio bene? Mi hai spezzato il cuore per il mio bene? E se volevi ferirmi cosa facevi? Mi buttavi giù da un ponte? Veronica sapeva che Logan aveva tutto il diritto di infuriarsi e lo lasciò fare.
- Cazzo Veronica!- continuò- Io ti amavo, lo capisci? Io amavo te come e più della mia stessa vita…
- Lo so. Non ti avrei mai lasciato se tu non ti fossi dimostrato così coinvolto.
- Dovevo essere freddo per essere amato da te?
- No! Logan, non posso dirti tutto…
- Devi dirmi tutto. Ormai non è più una tua scelta, Veronica Mars. Tu mi amavi ancora quando mi hai lasciato?
Veronica strinse i pugni e rispose.
- No. Non ti amavo più. La scusa degli uomini era una balla per liberarmi del tuo essere appiccicoso. Sei contento adesso?
Logan le afferrò i polsi e la attrasse a sé.
- Guardami negli occhi, Veronica Mars- sibilò- e dimmi che non mi amavi più quel giorno. Devi dirmelo con sincerità, perché se non è così… ti amavo Veronica e potremmo ricominciare ad essere amici perché tra noi c’era un’alchimia particolare e voglio bene a Lily come se fosse figlia mia.
Logan, con orrore, vide le guance di Veronica perdere rapidamente colore.
Lui… lui vuole bene a Lily. Lui le vuole bene come a una figlia. Ma non può. Non deve. Non deve.
- Non dirlo mai più- sussurrò, la voce rotta dalle lacrime ed il volto ridotto a una maschera di dolore- Non dire mai più una cosa simile. Tu sei pericoloso… hai tanti soldi… sei abituato a vivere nel lusso… presto te ne andrai via da qui e le farai del male… tu te ne andrai di nuovo Logan…
- E se non volessi farlo?
- Lo farai… tu vuoi una vita migliore.
- Quella che tu chiami vita migliore non è la vita che fa per me.
- Logan- gridò Veronica, ormai fuori di sé per la disperazione- quello è il tuo mondo! Tu sei nato in quel mondo e vi sei cresciuto! Non puoi sfuggire a quello che sei Logan ed io non voglio che Lily soffra quando tu prenderai quella porta e svanirai di nuovo nel nulla quindi ti chiedo di starle lontano.
- Non voglio starle lontano! Io le voglio bene, maledizione! Le voglio bene, Veronica.
- Non posso permetterti di farle questo!
- Ma perché? Perché hai così tanta paura? Perché non ti fidi di me, Veronica? Non ti sei fidata allora e non ti fidi neanche adesso ed io non capisco questa tua paura, Veronica Mars. Tua figlia mi ha rubato il cuore in poche ore ed anche lei mi vuole bene. Per quale motivo non vuoi che lei si affezioni a me se è mia intenzione restare qui.
- Perché se tu dovessi ripensarci nostra figlia non riuscirebbe a sopportarlo, Logan.
Logan la guardò stupito e Veronica non potè fare a meno di maledirsi per aver avuto la lingua così lunga.

Nota Finale: Sono cattiva? Lo sapevo già. Colgo l’occasione per ringraziarvi delle recensioni e darvi appuntamento per il prossimo capitolo.

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Capitolo 13
*** Capitolo Dodici ***


Capitolo Dodici

Capitolo Dodici

 

Nota Introduttiva: ve l’ho fatto aspettare a lungo questo capitolo, vero? Pensavate che avessi smesso sul più bello, giusto? Invece no. Questo capitolo era pronto già due giorni prima dello scorso aggiornamento ma volevo prima completare il capitolo tredici. Ed è stato questo che mi ha bloccata, soprattutto perché adesso ho a disposizione il computer solo un paio di giorni alla settimana e poco tempo per scrivere usando altri supporti. Questo per farvi capire come mai d’ora in poi, tranne rari casi, questa storia verrà aggiornata ad intervalli discontinui. Cercherò di aggiornare, in media, una volta al mese ma non preoccupatevi se passerà altro tempo. Purtroppo il tempo è poco ed io, da studentessa al terzo anno di università, devo iniziare a pensare anche alla tesi. Non interromperò la storia, non preoccupatevi, ma vi chiedo un po’ di comprensione nel caso l’aggiornamento dovesse ritardare.

Ok, conclusa la parentesi sui tempi di aggiornamento, vi avviso che la scena dell’ascensore non è farina del mio sacco ma si tratta della scena che apre la puntata 2x11 del telefilm. Citerò alla lettera le battute pronunciate da Logan e Veronica nella versione italiana e riporterò il più fedelmente possibile espressioni ed ambienti. Su queste io non ho alcun diritto ma sono coperte da copyright.

Buona lettura.

 

- Perché se tu dovessi ripensarci nostra figlia non riuscirebbe a sopportarlo, Logan.

Al suono di quelle parole ogni tassello del puzzle tornò al proprio posto ed una scena tornò nella mente di Logan, nitida come non mai.

Quel giorno Veronica era di fretta.

La sua vita era stata sconvolta dalla maternità di Meg e dalla successiva morte della ragazza e voleva arrivare immediatamente alla stanza del suo ragazzo per fornirgli tutto il sostegno possibile.

Era entrata come una furia in quell’ascensore enorme con la grande parete dorata proprio di fronte alle porte scorrevoli e lì lo aveva trovato, appoggiato in un angolo dell’ampio ascensore. In fondo, lui alloggiava nella stanza di Duncan ed era più che naturale che facessero la stessa strada.

Lei, naturalmente, si era messa nell’angolo opposto ed aveva incrociato le braccia, dato che quello non era esattamente l’incontro che avrebbe desiderato fare.

Era immersa nei suoi  pensieri quando lui si era deciso a parlare.

- Andiam.

Per rompere il ghiaccio lui aveva pronunciato un’unica parola e lei aveva raccolto la provocazione immediatamente, voltandosi scocciata verso di lui.

- Cosa hai detto?

- Oh, la tua divisa. Andiam, andiamo a lavorar…

Come sempre lei  aveva sfoderato il suo sorriso per poi controbattere.

- Immagino che questo faccia di me Biancaneve.

- Immagino che tu stia andando dal depresso.

- Come sta Sordido?

- Non lo so. Non esce dalla sua camera. Neanche le vecchie vedove reagiscono così.

Dopo quelle parole aveva fatto una pausa ben studiata poi, implacabile, le aveva inferto quella coltellata che all’epoca le aveva fatto tanto male. Lei era innamorata di Duncan e lui diceva di amare lei. Ma quella gravidanza li aveva divisi spiritualmente e nel giro di pochi giorni sarebbero stati distanti anche fisicamente. E lui, Logan, il sarcastico Logan Echolls, aveva deciso di ferirla ancora di più gettandole quella manciata di sale sulla ferita aperta. Non poteva dirsi infelice per quella crisi ma non era stato per il suo interesse che aveva ferito Veronica con quelle parole. Desiderava soltanto ridere di quella storia che l’aveva separato da quella che credeva essere la donna della sua vita.

- Cavolo, deve averla davvero amata, Meg.

Quel nome, pronunciato in modo che suonasse più marcato delle altre parole, l’aveva ferita ma non fatta vacillare.

- Beh, poi c’è anche quell’altra questione…sai,  non può vedere sua figlia.

- Una figlia. Come è potuto succedere?

Il modo in cui aveva calcato sulla parola “figlia”, quasi fosse una bestemmia, le aveva fatto male e non aveva detto altro fino a quando non erano entrati nella stanza di Duncan.

Ed ora, otto anni dopo, Logan comprese perché Veronica l’avesse allontanato da sé in quel modo così repentino e violento. Quella battuta doveva essere rimbombata nella testa di Veronica sin da quando si era accorta di avere un ritardo e doveva averle fatto molto male quando il test di gravidanza aveva dato esito positivo. Per questo lei lo aveva allontanato da Neptune nell’unico modo che conosceva, ossia facendogli a pezzi il cuore.

Logan guardò la donna davanti a lui. Le grandi lacrime erano ferme sulle guance e le sue mani, strette a pugno, erano tenute ferme dalle sue. Era estremamente seria e ciò lo faceva sentire ancora peggio perché dimostrava che non mentiva in merito a quella questione.

- E’ per la storia dell’ascensore che tu hai fatto tutto questo, vero?

- Quale ascensore?

- Lo sai perfettamente.

Veronica abbassò lo sguardo.

- E’ per questo che l’hai fatto. Tu mi hai spezzato il cuore per proteggere nostra figlia.

- Tu non la volevi. Non eri pronto, Logan.

- Forse hai ragione. A diciannove anni non eravamo pronti a questo. Ma dopo quell’età? Io ti avrei dato soldi…

- Non volevo i tuoi soldi, Logan, e non li voglio neanche adesso. Ti ho amato immensamente ma quando ho visto quelle strisce azzurre sul test di gravidanza mi sono sentita persa. Il modo in cui hai detto la parola figlia quel giorno mi è tornata in mente in quel preciso istante. C’era odio nella tua voce… e tanta rabbia… disprezzavi con tutto il cuore quella bambina e Duncan perché si era fatto incastrare in quel modo. Non ho neanche tentato di dirtelo, Logan, perché sapevo che tu avresti reagito malissimo e mi avresti parlato con quel tono. Non potevo permettere neanche che questa gravidanza ti tarpasse le ali. Tu avevi i mezzi per andartene da qui, per avere una vita migliore… con quale coraggio avrei potuto costringerti ad una vita da frustrato nella città che ti ha visto perdere una dopo l’altra le persone che amavi?

Logan aveva le lacrime agli occhi sentendo Veronica. Nonostante una parte di lui gli dicesse di non fidarsi di quella storia strappalacrime dopo le bugie che lei gli aveva raccontato Logan non poteva fare a meno di credere ad ogni parola pronunciata da Veronica in quel soliloquio.

- Ti credo- sussurrò.

Veronica si rilassò immediatamente poi, esitante, liberò i polsi dalla morsa di Logan e tese le braccia verso di lui.

Logan non esitò un solo istante. Abbracciò Veronica con tutta la sua forza e la donna fece lo stesso, nascondendo il volto contro la camicia spiegazzata che l’uomo indossava. Quello era il primo vero abbraccio che si scambiavano da anni.

 

- Ahia!

Veronica protestò, guardando il volto che la sovrastava.

Logan aveva insistito perché appoggiasse la testa sulle sue gambe ingessate in modo tale da poter agire in tutta comodità. Tutt’altro che comoda stava Veronica, con il collo dolorante per la lesione e l’acqua ossigenata che le bruciava inesorabilmente la carne lesionata.

Dopo quella che le sembrava un’ora di tortura Logan non aveva ancora finito di pulire la ferita e lei iniziava davvero ad averne le tasche piene.

- Sta giù!- ordinò lui, spingendola in basso facendo pressione sulla parte alta del petto, dove le clavicole si congiungevano con lo sterno, quando Veronica cercò di mettersi a sedere.

- Non hai ancora finito? Sono secoli che mi fai soffrire.

- Abbi pazienza. Abbiamo iniziato dieci minuti fa Veronica e da allora non fai altro che lamentarti.

- Ma fa male!

- Stringi i denti. Sei o no lo sceriffo? E poi mi risulta che tu abbia partorito quindi non può essere così doloroso.

Veronica fece una smorfia.

- Non me lo ricordare… avrei potuto girare il film “Il Parto Più Movimentato del Mondo”. Pensa che a papà ho dovuto raccontare che andavo a New York per accompagnare Wallace da Jackie e l’abbiamo dovuta fare tutta in treno perché nell’ultimo trimestre è vietato andare in aereo.

Logan sorrise. Adesso che Veronica non gli nascondeva più il fatto che Lily fosse loro figlia sembrava molto più rilassata e di umore migliore.

- Quindi l’hai fatta nascere a New York per depistare tuo padre.

- Veramente a New York non ci sono mai arrivata. Il povero Wallace mi ha dovuta portare con urgenza in ospedale quando siamo arrivati a Washington. Naturalmente ho usato un nome falso in caso mio padre indagasse.

- Quale?

- Katherine Smith. Un nome del tutto anonimo.

- E’ stato doloroso?

Veronica rise e si tirò su.

- Facciamo pausa qualche minuto. Voglio raccontarti tutto comodamente spaparanzata su questo letto.

Logan annuì e, aiutato da Veronica, si mise comodo.

Soltanto allora Veronica iniziò a raccontare.

- Mi chiedevi se è stato doloroso. Ed io ti rispondo che lo era da morire. Nostra figlia mi ha fatto penare ben sedici ore prima di nascere. Ma ne è valsa la pena perché era la bambina più bella del mondo.

- Quanto pesava quando è nata?

- Tre chili e duecento grammi ed era lunga quarantanove centimetri.

- L’altezza l’ha presa da te.

Un pizzicotto fece capire a Logan che la sua compagna non aveva gradito la battuta.

- L’importante è che sia nata sana e forte.

- Fortissima. Per fortuna che sono passata presto al tiralatte per evitare che qualcuno capisse che era figlia mia.

- Chi sapeva che eri incinta?

- Wallace l’ha scoperto quando ero ormai al sesto mese. E, per forza di cose, anche Piz, Parker e Mac ne erano al corrente.

- Piz?

- Sì. Un tipo che mi faceva il filo alla Hearst. Il suo vero nome era Stosh Piznarsky e stava in stanza con Wallace.

- Sì, tuo padre mi ha spiegato a grandi linee chi era Piz. Ma volevo sapere… tu gli davi corda?

L’aria irritata di Logan le fece capire come la pensasse riguardo a Piz e non potè trattenersi dallo scoppiare a ridere.

- Sei geloso.

- Vaneggi.

- Penso proprio di no. Logan Echolls, tu sei geloso.

Logan si fece scuro in volto e rispose:

- Sì. Sono geloso da quando tuo padre mi ha parlato di lui. Ho avuto paura che tu mi avessi lasciato per lui e, se ci tieni a saperlo, ho fatto anche pensieri allucinanti di te e lui. E’ stato orrendo pensare che lui poteva starti accanto liberamente mentre io ero ancora innamorato di te. E adesso che so di essere padre, sono geloso anche perché quel tipo è potuto stare con mia figlia più di quanto sia riuscito a farlo io. Lui ha visto crescere Lily mentre io ero nella Grande Mela a fare soldi a palate, ignaro di aver dato inizio ad una nuova vita e convinto che la mia ragazza mi avesse lasciato perché si era stancata di me. Sei soddisfatta adesso, Veronica Mars?

- Non dovresti- disse Veronica, cercando di restare tranquilla quando in realtà era piuttosto agitata- Piz era un amico ed io non gli ho mai permesso nulla. Nulla di nulla, chiaro? Io non potevo impegnarmi con lui.

- E perché?

- Perché al cuore non si comanda, Logan Echolls.

- E con questo?

- Se il mio cuore era a New York non poteva battere Neptune.

La semplicità con cui Veronica aveva pronunciato quella frase colpì Logan come se avesse sfondato con la testa un parabrezza. Era frastornato da quella confessione così sincera e dolce.

Guardò il volto di Veronica per alcuni minuti, studiando ogni particolare di quelle guance leggermente imporporate e quegli occhi che brillavano. La ferita non deturpava affatto quel volto familiare, lo stesso che aveva occupato molte delle notti di New York e per il quale aveva pianto amare lacrime anni prima.

- Logan… stai arrossendo.

La voce di Veronica lo riportò bruscamente alla realtà.

- Mi amavi.

- Sì.

- Anche io. Avrei rinunciato a tutto per te.

- E’ andata bene così, Logan. Tu avevi diritto alla tua vita. Se ti avessi legato a questo luogo con Lily presto avresti odiato me e la nostra bambina perché eravamo un ostacolo alla tua realizzazione.

- Tu pensi troppo, Veronica.

La donna chiuse gli occhi e sospirò.

- Forse hai ragione. Eppure sento di aver fatto la scelta giusta.

- Una scelta che non dovevi affrontare da sola, dato che decideva anche la mia vita.

- L’ho fatto per il tuo bene.

- No. L’hai fatto per il tuo, Veronica. Perché così sarebbe stato tutto più facile.

Veronica rise. Una risata aspra che, Logan sapeva, preannunciava tempesta.

- Certo! Andare a New York in treno, documentarmi per rendere assolutamente perfetta la versione dell’adozione, nascondere a tutto il mondo che quella bambina è davvero figlia mia. Questo per te è facile?

- Più facile che affrontarmi sapendo che non era nei miei progetti riprodurmi.

- Forse sì- rispose, cercando di calmarsi- Ma l’ho fatto anche per difendere te, che tu ci creda o no.

- Ci credo e lo sai, ma non penso che sia tutto qui.

Veronica arrossì.

- Sì. Forse l’ho fatto anche per paura che tu mi spezzassi il cuore. Lo so che avrei…

Le parole le morirono in gola. Logan l’aveva stretta contro di sé con forza e lei, sorpresa, si era trovata senza parole, premuta contro l’uomo che aveva amato e che adesso era solo la vittima della violenza.

- Come hai giustificato la mia assenza?- sussurrò Logan.

Veronica si fece seria.

- Wallace l’aveva capito che eri tu il padre ma io non l’ho mai confermato. Parker non sapeva chi fossi quindi ho optato per la balla dell’incontro di una notte con uno sconosciuto. Mac invece lo sapeva che eri tu il padre.

- Vuoi dirmi che solo Mac lo sapeva?

La donna annuì.

- Perché mi hai protetto?

- Amore- rispose lei con semplicità- Non volevo che la tua reputazione fosse rovinata quindi ho raccontato montagne di bugie e nascosto ai più il fatto che la bambina fosse davvero mia figlia.

- Continuo a dire che ti sei complicata parecchio la vita.

- Affatto- rispose lei, guardando il muro davanti a sé- Ho creato un mondo in cui Lily non è la figlia illegittima di un ragazzo ricco e di una ragazza senza arte né parte. Ho preferito che fossi la donna che l’ha adottata appena nata piuttosto che la madre diciannovenne che è rimasta incinta per errore.

Logan cercò la sua mano e la strinse.

- Duncan e Meg.

- Sono così prevedibile?

- Sei umana, Veronica Mars. Come umano lo sono io. Per questo resterò qui. Nostra figlia ha bisogno di me.

- Grazie Logan… ma le racconteremo tutto quando sarà più grande e potrà capire, va bene? Non voglio destabilizzarla ancora di più.

- Sarà dura ma farò come vuoi.

- Ho sonno.

- Anche io. Grazie a qualcuno questa notte ho passato una nottataccia.

- Ti aiuto a stenderti poi vado sul divano.

Veronica lo aiutò a mettersi giù e si alzò.

- Guarda che c’è spazio a sufficienza- le fece notare Logan, accennando alla piazza vuota al suo fianco.

- Non mi pare il caso.

- Hai paura che il poveretto con le gambe ingessate ti salti addosso?

Il sorriso giocoso di Logan spinse Veronica ad assecondarlo.

- Conoscendo il soggetto preferisco evitare.

- Ma non dovresti. Noi siamo amici.

- Siamo amici ma preferisco soprassedere.

- Mi dai almeno il bacio della buonanotte?

- No- rispose la donna, trattenendosi a stento dal ridere.

- E perché?

- Sono le nove del mattino.

Detto questo Veronica lo lasciò solo e, gettatasi sul divano, piombò in un sonno così profondo che non sentì né il cercapersone suonare né il suono delle sirene dei vari autoveicoli che transitavano verso il Coronado Bridge.

 

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Capitolo 14
*** Capitolo Tredici ***


Capitolo Tredici


- Veronica! Apri Veronica! Veronica!
- Bussano alla porta, Veronica! Ti svegli sì o no?
Le urla che venivano dalla sua camera da letto e dall’altra parte della porta finalmente riuscirono a destare lo sceriffo Mars dal torpore.
Camminò alla cieca verso l’ingresso ed aprì la porta sbadigliando in faccia all’ultimo uomo che avrebbe voluto vedere sulla faccia della Terra.
- Devo prenderlo per un’offesa, sceriffo Mars?
Quella voce le fece immediatamente chiudere la bocca e guardare male l’uomo che dopo il fallimento delle elezioni aveva deciso di abbandonare Neptune per prendere servizio a Springfield, in Illinois.
- Ciao Don. Quale fetido miasma ti porta qui?
- Il fetore dei soldi del tuo amichetto ed la puzza di bruciato, Mars- disse, porgendole una grande busta gialla con il suo nome scritto sopra con il pennarello nero- Sapendo che sarei venuto qui a trascorrere qualche giorno di ferie l’ispettore Madsen del dipartimento di polizia di Springfield mi ha chiesto di consegnartelo personalmente. Poi ho incontrato quel malvivente che hai fatto entrare nel dipartimento come agente… Weeneel o Weebil, mi pare si chiami.
- Si tratta di Eli Navarro detto Weevil e lo sai perfettamente Don, ma preferirei se tu ti riferissi a lui come all’agente Navarro.
- Come ti pare. Stavo tornando qui e ho visto quella colonna di fumo.
- Una colonna di fumo?
- Sì. Quel mastino non mi ha detto molto ma pare che sia esploso qualcosa sul Coronado Bridge e che lo sceriffo non si riusciva a rintracciare. E’ strano che tu non ti sia accorta di nulla. Ci stavi dando dentro con quel riccastro paralitico che ha tentato di ammazzarsi, Mars?
Prima che potesse capire cosa fosse quello spostamento d’aria Don Lamb era steso per terra, con il naso sanguinante ed un piede dello sceriffo appoggiato sullo sterno. Lo sguardo che gli stava rivolgendo la donna rifletteva tutta la rabbia che ribolliva in lei.
- Prova a dire di nuovo una cosa simile, Don Lamb, ed il tuo adorato Bob Madsen ti rivedrà sotto forma di un dado. Sono stata abbastanza chiara o devo passare ai fatti?
Per tutta risposta l’uomo l’afferrò per la caviglia e cercò di togliersela di dosso, tentativo inutile perché adesso la donna aveva appoggiato l’altro piede sulla sua faccia e stava facendo pressione con il calcagno sulla sua bocca.
- La smetti di fare l’idiota e te ne vai dal mio giardino, Don?
- Stronza- sibilò, alzando le mani in segno di totale resa.
- Grazie- disse Veronica scendendo dall’ex sceriffo.
In silenzio recuperò la spessa busta e tornò in casa, dall’uomo che aveva dormito nella sua stanza.
- Sei una stronza, Veronica Mars- sentì gridare Logan mentre la donna entrava nella stanza.
- Quell’uomo non ha cambiato di una virgola la sua opinione su di te o sbaglio?
- Non sbagli. Non ha ancora accettato il fatto che sia stata eletta sceriffo al suo posto e questo non ha di certo migliorato i suoi modi nei miei confronti. Peccato per lui che adesso sono io quella che fa le regole e che ho alle spalle mesi di duro allenamento- disse, gettando la busta sul letto.
Poi aprì l’armadio e, dopo una rapida occhiata, si sfilò la maglietta.
- Ehi!
Veronica si voltò verso di lui, continuando a spogliarsi di fronte all’ospite.
- Cosa c’è?
- Non è uno spettacolo spiacevole, Veronica… ma non ho pagato per uno streaptease.
- Chiudi gli occhi, se non mi vuoi vedere in biancheria intima. Questa è la mia camera e devo cambiarmi in fretta perché è successo qualcosa sul Coronado Bridge- rispose, gettandogli addosso i pantaloni.
Logan non rispose, troppo impegnato a guardare Veronica e studiare come il tempo avesse modificato il corpo della donna che, senza che lui lo sapesse, lo aveva reso padre.
- Cosa succede, Logan Echolls? Riesco ancora a lasciarti senza parole con la mia sola presenza?
Come risposta Logan fischiò.
La sua morbida bellezza era immutata. Si notava che sotto il sottile strato di adipe c’erano dei muscoli scattanti ma ciò che lui vedeva era una Veronica Mars più matura ma sexy quanto lo era il giorno in cui si erano separati, un candelotto di dinamite piccolo ma molto pericoloso.
Alla vista di quel corpo seminudo nella mente di Logan riaffiorarono i ricordi delle molte volte in cui avevano giocato su questo stuzzicarsi, quel compiere piccoli gesti, calcolati per far perdere la testa all’altro ed ora, in quella stanza molto diversa dalla lussuosa suite in cui viveva Logan all’epoca dei fatti, sembrava essersi improvvisamente ricreata quell’atmosfera di sensuale complicità.
Poi Veronica si infilò la camicia della divisa e Logan si rese conto di aver solo sognato che quella fosse la stessa complicità. Quella era solo una sua amica che si stava cambiando in fretta per andare a lavorare e che non poteva perdere tempo allo spettacolo che offriva al suo ospite.
Veronica prese il cappotto abbandonato su una sedia di vimini posta accanto alla finestra e si avvicinò alla porta.
- Sta attenta- disse Logan in fretta, quasi vergognandosi di quelle parole.
- Non preoccuparti. Il pericolo è il mio mestiere.
- Sta attenta comunque. Io voglio… voglio essere al tuo fianco quando dirò a nostra figlia che sono suo padre.
Veronica si avvicinò al letto e gli posò una mano sulla fronte.
- Sì, hai la febbre da Veronica. Niente più streaptease per te.
Detto questo uscì in fretta, ridendo per la sua stessa battuta, mentre Logan si malediceva per aver perso il controllo di fronte a quella versione della sua ex.

Eli Navarro, ripresosi da poco dall’infortunio del garage della stazione di polizia, si avvicinò in fretta allo sceriffo appena arrivato.
Non aveva avuto molte occasioni di parlare con Veronica nei giorni precedenti e se ne dispiaceva molto. Voleva ringraziarla per la visita in ospedale e riferirle un particolare che aveva scoperto essere importante soltanto un paio di giorni prima.
- Veronica, dovrei parlarti immediatamente.
- Prima di tutto spiegami cosa è accaduto di preciso qui.
L’agente Navarro annuì per poi accompagnarla lungo il Coronado Bridge.
Al centro di questo, nera ed accartocciata, stava un automobile con un passeggero a bordo. Il volto, ormai essiccato, fece rabbrividire Veronica. Sembrava carta forno bruciacchiata e tirata sulle ossa del cranio.
- Un'altra persona che non doveva parlare- disse l’agente, indicando il torace dell’uomo. Il torace ustionato riportava la scritta “Informer” incisa nella pelle.
- Sappiamo di chi si tratta?
- Louiz Rodriguez, residente a Phoenix e forse agente infiltrato in qualche organizzazione a delinquere. Il dipartimento dello sceriffo Clements non vuole collaborare con noi né fornirci informazioni.
- Carl mi sentirà. Cosa dovevi dirmi prima, Eli?
L’uomo si avvicinò a lei fino a sfiorarle l’orecchio con le labbra.
- Prima di perdere conoscenza ho notato una cosa: uno di quei malviventi indossava delle scarpe.
- Mi pare normalissimo.
- Sì, ma è strano che indossasse proprio queste scarpe- disse, porgendole un foglio di giornale in cui Veronica, con sua grande sorpresa, vide l’immagine di dozzine di scarpe che un normale furfantello non avrebbe mai potuto permettersi. Quelle cerchiate erano delle scarpe particolari, di pelle scura di caimano.
- Sei sicuro fossero questo modello e non un’imitazione?
Per tutta risposta le passò una lente d’ingrandimento.
- Guarda il tacco.
Veronica notò immediatamente qualcosa di strano, un’escrescenza.
- Sembra un bozzo.
- Non lo è. Si tratta di un particolare segno di riconoscimento della calzatura, una sorta di firma dell’artista. Il maestro calzolaio di Fermo, in Italia, è stato chiaro: sono pochissime le persone che possono permettersi scarpe simili.
- Potrebbero essere imitazioni perfette.
- Imitazioni fatte usando come modello le originali e scarpe assai appariscenti. Non ve ne sono di modelli popolari, quindi chiunque abbia indossato quelle scarpe o ha soldi da spendere o ha avuto come modello un’originale di queste scarpe molto rare.
Veronica si illuminò.
- Scommetto che ti sei fatto dare una lista di quelli che hanno comprato queste scarpe.
Eli Navarro, soddisfatto per aver fatto colpo sul suo superiore, le porse una lista di circa cinquanta nomi.
Il sorriso di Veronica alla vista di quei nomi gli fecero comprendere che aveva appena sbancato alla lotteria.
- Ricordami di darti una promozione- disse Veronica, mettendo la lista in tasca.
- Non sono stato io a trovare quella foto. Ophelia mi ha fatto vedere quel giornale l’altro giorno e ho capito che questo indizio poteva dare una svolta alle indagini o almeno aiutarci a restringere il campo.
- Allora fai passare tua nipote al mio ufficio… diciamo tra quattro anni.
- Perché?
- Perché se questo si rivelasse davvero così importate le dovrò come minimo un’automobile, sergente Navarro.
- Sergente?
- Sì, ma non andarlo a dire in giro prima della notizia ufficiale. Tu indaga sull’identità di quest’uomo. Voglio sapere tutto di lui, intesi? Avevo già deciso di fare di te qualcosa di diverso, agente Navarro, ma se riesci a farmi avere quelle informazioni entro… facciamo entro le venti di questa sera, la prima cosa che farò domani sarà ufficializzare questa notizia.
- E se non riuscissi a fartele avere per quell’ora?
- Dovrai pazientare altre due settimane, agente. Adesso io vado a casa a prendermi cura dell’inquilino in casa mia. Non vorrei che mentre sono fuori qualcuno attenti nuovamente alla sua vita.
L’uomo annuì e Veronica, dopo un rapido sorriso, si diresse verso l’automobile.
Weevil osservò l’auto allontanarsi sempre più, preoccupato per quella situazione. Veronica era sempre l’efficientissimo sceriffo di ogni giorno ma il trattare di quei due casi molto spinosi poteva metterla in pericolo. Quella benda bianca che spiccava sul suo collo era una prova di quali rischi stesse correndo occupandosi del caso Echolls ed il vivere con il suo ex non doveva essere affatto facile per lei. Ricordava quale luce si vedesse negli occhi di quella teenager quando osservava Logan. Era cotta al tempo delle superiori e forse lo era ancora adesso, diversi anni dopo il loro ultimo incontro, dato che non aveva mai visto Veronica intrattenere relazioni non professionali con esseri umani di sesso maschile. Di certo doveva essersi scottata moltissimo quando si erano separati, lo aveva visto nei suoi occhi le rare volte che l’aveva incontrata. Poi era arrivata la piccola Lily Mackanzie e tutto era migliorato, eppure a quella Veronica mancava ancora qualcosa della curiosa ragazza delle superiori e lui sapeva anche che cosa: allo sceriffo Mars mancava quella luce di vivacità che era propria della giovane detective della Neptune High School, incubo del vicepreside e poi preside Van Clemmons, una luce che brillava nei suoi occhi quando interagiva con il viziato ed unico figlio legittimo di Aaron Echolls.
Scosse il capo ed iniziò a cercare prove tra i resti carbonizzati del veicolo, sperando di riuscire a meritarsi quella promozione e, il giorno dopo, poter festeggiare con la sua famiglia regalando alla nipote un bel libro oppure un capo firmato.

Logan si sorprese quando sentì Veronica rientrare in casa così presto.
Era uscita in fretta e furia neanche due ore prima, senza aiutarlo a scendere dal letto, mangiare o andare al gabinetto. Doveva ammettere che come infermiera era piuttosto negligente ma come sceriffo e come madre se la cavava decisamente meglio.
Sorrise quando entrò nella stanza da letto ma immediatamente smise, notando il pallore del suo volto. Stabilì che al Coronado Bridge le cose dovessero essere andate piuttosto male.
- Qualcosa non va?
La donna scosse il capo e si diresse verso il bagno.
Accidenti a me! Io, Veronica Mars, celebre per il suo amore per il piccante e per avere lo stomaco foderato di acciaio, mi sto sentendo male per aver visto un uomo carbonizzato? Insomma, non era poi così disgustoso… No, era davvero orrendo ma non era così brutto. Ho visto di peggio eppure mi ha sconvolto lo stomaco. Ma come mai? Mi sto per caso rammollendo? si chiese Veronica mentre il nodo che le aveva attanagliato lo stomaco si scioglieva, portato via dal conato di vomito che avrebbe presto fatto portare via dallo sciacquone.
Logan sentì il suono strozzato della donna e comprese che non doveva sentirsi affatto bene.
Quando Veronica tornò da lui aveva le guance più colorite ma la sua espressione non era migliorata molto rispetto a quando era entrata.
Senza dire una parola, si gettò sul letto accanto a Logan, si raggomitolò dalla sua parte e chiuse gli occhi.
Si sorprese quando sentì la mano di lui che scivolava tra i capelli e la accarezzava.
- Non farò domande- dichiarò lui- Non voglio sapere cosa è accaduto al Coronado Bridge, soprattutto perché molto probabilmente non riguarda il mio caso, ma voglio aiutarti e non so fare altro che questo, in simili condizioni fisiche.
La donna sorrise. Suo padre Keith spesso faceva la stessa cosa quando aveva avuto una giornata dura ma adesso era molto diverso. Era rilassante quanto quando lo faceva suo padre ma il fatto che lui fosse Logan lo rendeva qualcosa di meno casto del tocco gentile di un padre. Quello era il contatto umano che si aveva con una persona esterna dal nucleo familiare, un tocco meno disinteressato e più elettrizzante, se fatto da una persona per la quale si nutrono forti sentimenti. Eppure in quelle carezza le sembrava di cogliere soltanto un dolce contatto di anime molto lontane che cercando di consolarsi nonostante la distanza tra loro sia composta da molti campi sconosciuti. Logan, che non sapeva neanche come mai fosse così giù di morale, stava toccando ben più che i lunghi capelli biondi dello sceriffo. Stava sfiorando un’anima confusa che non sapeva neanche come mai il suo corpo avesse reagito in un determinato modo a uno spettacolo piuttosto forte.
Come una gattina che fa le fusa, Veronica si avvicinò a Logan fino a quando la sua testa non si trovò a contatto con il lato della sua cassa toracica. Chiuse gli occhi e si rilassò.
Logan non era mai stato un ragazzo con cui poteva rilassarsi nel vero senso del termine eppure quel giorno le sembrava che non esistesse nulla di più distensivo di quel giovane uomo che le accarezzava i capelli. Ascoltando il battito del suo cuore Veronica si addormentò nuovamente, cullata da quel ritmo vitale e dall’innocente contatto di Logan, che qualche minuto dopo non si accorse neanche di essere scivolato anche lui nel medesimo stato di incoscienza.

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Capitolo 15
*** Capitolo Quattordici ***


Capitolo Quattordici

Veronica per poco non soffocò con la fetta di pane tostato con la marmellata che stava mangiando.
Secondo lei Logan, disteso sul divano, non avrebbe potuto dire una cosa più stupida e più pericolosa.
Ok, era Natale e questo era il primo che avrebbero trascorso assieme come due veri genitori, ma non per questo poteva portare una potenziale bersaglio di qualche organizzazione criminale in un centro commerciale, soprattutto se in compagnia di loro figlia, una bambina che era già scampata per miracolo ad un altro attentato alla vita del padre.
- Non se ne parla nemmeno, Logan Echolls- disse, bevendo del succo d’arancia per far scendere giù quel boccone- Non puoi chiedermi di fare questo e ti rendi conto perfettamente quali sono i motivi per i quali non posso permetterlo. Mia figlia…
- Nostra figlia- puntualizzò l’uomo.
- Sì, nostra figlia. Il punto resta che la bambina rischia la vita a stare in tua compagnia.
- Voglio fare un regalo a mia figlia, per la miseria!
- Ed io voglio che resti viva. Mi pare che un regalo possa goderselo solo da viva.
- Ma se non vado a comprarlo non avrà nulla da godersi. Ti prego Veronica, non puoi dirmi che non posso andare a fare compere con te e la mia bambina. E’ il nostro primo Natale tutti insieme, come una buona coppia di amici che ha generato una nuova vita e che si spartisce civilmente il suo affetto.
Finché non te ne andrai e ti scorderai di nuovo di noi aggiunse mentalmente Veronica imburrando la mano invece che il pane.
- Ti supplico Veronica! Non puoi farmi questo. Io devo fare un regalo alla mia bambina o non mi sentirò mai un vero padre.
Logan cercò inutilmente di sollevarsi dal divano e Veronica si precipitò subito da lui. Sabato, esattamente di lì a quarantotto ore, avevano appuntamento per rimuovere l’ingessatura, effettuare delle nuove radiografie e, nel caso di esiti incoraggianti, iniziato la terapia riabilitativa per recuperare il tono muscolare della muscolatura degli arti inferiori nel giro di una settimana.
- Sta giù!
- Di cosa ti preoccupi? Mi sento un leone. E poi tra un paio di giorni me la tolgono questa armatura.
- Già. Ne sarai entusiasta.
- Molto. Ma sarei più felice se potessi andare a spasso con la mia bambina e la mia guardia del corpo personale.
Veronica sospirò e firmò la sua condanna a morte.
- Va bene Logan. Dopodomani andremo al centro commerciale per comprare il regalo di Natale di Lily e festeggeremo anche la fine del tuo periodo di ingessatura. Ma se succede anche una sola cosa sospetta o Lily si fa male ti rispedisco a New York in una scatola di croccantini per gatti, intesi? E guai a te se le spifferi che è davvero tua figlia, sono stata abbastanza chiara?
Logan annuì energicamente e le gettò le braccia al collo.
- Farò il bravo, te lo giuro. Sarò un papà modello. La porterò sulle mie ginocchia, le comprerò tutto ciò che desidera, le racconterò tante storie divertenti sulla nostra adolescenza. E naturalmente ascolterò con attenzione tutto quello che mi dirà di lei. Grazie Veronica. Grazie mille.
- So già che me ne pentirò. Anche perché i soldi dovrò prestarteli io, ma so che non appena potrai me li restituirai tutti- disse, ricambiando con un sorriso quell’abbraccio che la stava stritolando.
- Ti giuro che ti restituirò tutto, fino all’ultimo penny. Dovrò trovare un impiego umile ma che m’importa. Io voglio stare con nostra figlia ed aiutarti a crescerla.
La mano che le accarezzava la schiena era calda e rassicurante e, visto che lui non sembrava desiderare staccarsi, lei si rilassò in quell’abbraccio rassicurante.
- Sei ancora deciso a restare qui a Neptune?- sussurrò.
- Sì. Voglio aiutarti a crescere nostra figlia e lo farò.
- Se vuoi davvero passare molto tempo con Lily potresti… potresti restare a vivere qui con noi. La casa è abbastanza grande per tutti e tre.
- Vivere con te? Tu vuoi davvero che venga a vivere qui quando per due mesi di soggiorno sono stato solo un peso?
- Non sei stato un peso. Il vero peso me lo sono creata da sola non dicendoti nulla di nostra figlia. Il vero problema ero io ed il mio segreto. Ma adesso non c’è più questo problema e potremmo stare qui tutti insieme. Almeno fino a quando tu non desidererai avere una compagna.
- Oppure fino a quando non troverai un padre adeguato per Lily.
- Se aspetti un simile evento allora invecchierai in questa casa. Non cerco un padre per Lily e non l’ho mai cercato. Ed ora sono più che convinta a non farlo perché lei ce l’ha già un padre premuroso che desidera prendersi cura di lei.
- Quindi ti fidi di me.
- Diciamo che non ho altra scelta. Sei suo padre, non posso impedirti di vederla e... e poi sei Logan.
- Cosa significa?
- Che l’esperienza mi dice che non potrei fidarmi ma io mi fido perché… non lo so perché ma mi fido di te.
La strinse ancora di più a sé e, portò il volto accanto al suo orecchio sinistro. Veronica sentì il suo respiro solleticarle il volto mentre un mano scostava dalla guancia una ciocca di capelli biondi.
- Veronica- sussurrò- Sei la migliore amica che uno stupido come me potesse trovare. Ti ringrazio.
Le labbra di Logan si posarono un istante sulla guancia della donna.
- Non ho fatto nulla di speciale- disse, separandosi a malincuore dall’uomo che le stava tanto a cuore per poterlo guardare negli occhi- Sei mio amico e l’esserci persi di vista non significava che l’affetto reciproco non esistesse. Forse dovevamo solo aspettare di crescere per ritrovarci.
Detto questo iniziò a mettere a posto ciò che avevano usato per colazione.

La prima cosa che fece Lily quando vide i due fu gettare le braccia al collo di Logan e sedersi sulle sue ginocchia non più ingessate.
Andiamo bene… si disse Veronica dando una piccola pacca sulla schiena della figlia per esortarla a sedersi sul sedile posteriore in quanto l’espressione che Logan aveva in volto non era delle più serene.
La bimba scavalcò e, messasi a sedere, iniziò ad armeggiare con la cintura di sicurezza.
- Che bello! Andiamo a fare spese tutti insieme e papà non è più ingessato!- esclamò non appena poté smettere di concentrarsi sulla cintura.
Veronica inchiodò e guardò con aria assassina Logan.
- Come l’hai chiamato, tesoro?- chiese alla bambina, controllando a malapena il tremito che spezzava la sua voce.
- Papà- disse la bambina sorridendo innocentemente, ignara che avesse colto la verità sull’identità dell’uomo sin dal primo istante in cui l’aveva visto- Lo so che zio Logan non è il mio papà ma assomiglia tanto a come lo descrivi tu quindi… posso chiamarlo papà? Ti prego!
Veronica tirò un sospiro di sollievo e sorrise esitante.
- Certo… se a zio Logan fa piacere.
Logan colse nei suoi occhi quella particolare luce che indicava gravissimo pericolo per la sua incolumità. Aveva imparato che quando Veronica era irritata i suoi occhi sembravano diventare tizzoni ardenti ed in quei casi era meglio assecondarla in tutto e per tutto se si voleva restare illesi.
- Sarebbe meglio che tu mi chiamassi zio Logan, piccola- disse, cercando il suo sguardo nello specchietto retrovisore.
La bimba portò le braccia al ventre e mise il broncio, guardando avanti con la stessa luce che qualche istante prima aveva illuminato gli occhi della donna al volante. Di certo in questo erano perfettamente uguali lei e sua madre.
- Va bene piccola- disse.
Il grande sorriso che illuminò il volto della bimba lo ipnotizzò. Era uguale al suo, non c’erano dubbi e Veronica, lanciando un rapido sguardo mentre fermava l’auto al semaforo, era dello stesso parere. Avevano le stesse fossette e lo stesso potere magnetico di incantare quei due ed in effetti lei si era innamorata di entrambi anche per quel particolarissimo sorriso.

Non appena Logan fu sulla sua sedia la bambina si mise di fronte a lui con aria triste.
- Non puoi più camminare papà Logan?
L’uomo sorrise e si protese per accarezzarle la guancia.
- Non adesso, piccola mia. Oggi ho tolto il gesso ma non posso ancora camminare ma molto presto lo farò e appena starò bene andremo tutti insieme a correre sulla spiaggia, a passeggiare dove vuoi e tante altre cose ancora. Ma devi avere pazienza. Riuscirai ad aspettare?
La bimba annuì ma non sembrava molto tranquilla mentre, stretta la mano del padre, camminava accanto alla sedia spinta dalla madre. Logan aveva insistito per portare con sé anche i tripodi che il medico gli aveva consegnato con la raccomandazione di non strafare con gli sforzi, soprattutto nei primi tempi, ed ora Veronica aveva paura che intendesse fare qualche passo almeno per accontentare la loro bambina.
Non dovette aspettare molto per sapere che aveva ragione a sospettarlo.
Non erano neanche arrivati davanti alla grande porta a vetri che Logan la fermò.
- Veronica, mi passeresti i tripodi?
- I medici ti hanno sconsigliato di fare sforzi inutili.
- Infatti non è uno sforzo inutile. Veronica, sono stato immobilizzato su un divano per quasi tre mesi. Permettimi di fare il mio primo passo da uomo rinato mentre sono assieme a te e a tua figlia. La mia nuova vita inizia oggi Veronica e voglio che ricominci con i miei primi passi.
Veronica lesse nei suoi occhi un grande desiderio di farlo e sorrise. Gli passò i particolari sostegni e l’aiutò a sollevarsi dalla sedia mentre la bambina assisteva estasiata all’impresa dell’uomo.
- Sei tanto alto!- esclamò quando Logan riuscì a mettersi in posizione eretta.
L’uomo sorrise alla bambina ma si vedeva che il dolore alle gambe lo stava mettendo a dura prova.
- Credo sia meglio che tu ti sieda- disse, appoggiando una mano sulle sue che, strette fino allo spasimo, stringevano l’impugnatura dei sostegni.
- No, grazie- disse cercando di tramutare la smorfia di dolore che gli deformava il volto in un sorriso - Sai che mi sembravi più alta?
Veronica ricambiò il sorriso.
- In effetti tu mi sembravi più basso ieri. Ma adesso siediti.
Logan, per tutta risposta, fece il primo passo verso la porta e Veronica non poté fare altro che cingergli la vita con le braccia e sperare che l’uomo non inciampasse mentre camminavano verso la porta, seguiti dalla bambina che spingeva con fatica la sedia a rotelle vuota.
Avevano appena superato la porta quando una sirena ferì le loro orecchie. Logan sobbalzò e perse uno dei tripodi.
Veronica immediatamente cercò di aiutarlo a sostenersi passando davanti a lui e, con uno sforzo sovrumano, riuscì a sopportare la pressione di quel peso morto per qualche secondo, sperando che qualcuno la aiutasse o che la bambina si portasse alle loro spalle per permetterle di spingere a sedere l’uomo che diventava ogni secondo più pesante.
Lily intervenne subito ma sbagliò i suoi calcoli. Spinse contro i polpacci dell’uomo la sedia sperando di riuscire a farlo cadere all’indietro ma lui, sbilanciato dal colpo, finì per cadere in avanti trascinando sotto di sé la madre di lei.
Immediatamente le mani di molte persone, richiamate dal fracasso, riuscirono a sollevare Logan per metterlo a sedere e altrettante aiutarono Veronica a rimettersi in piedi.
- Accidenti- disse la donna massaggiandosi il fondoschiena- L’ho sempre detto che pesi come un bisonte, Logan.
- State bene, sceriffo?- chiese un uomo di mezz’età.
La donna sorrise ed annuì.
- Non si preoccupi. Piuttosto, tu ti sei fatto male Logan? L’uomo le fece un cenno affermativo, stretto da un abbraccio della piccola Lily che singhiozzava.
- Lily, qualcosa non va?- chiese, avvicinandosi alla bambina.
La piccola non parlò ma i suoi singhiozzi si fecero ancora più forti.
- Si sente in colpa. Crede che l’abbia fatto solo perché lei me l’aveva chiesto.
La donna prese in braccio la figlia e la strinse a sé, accarezzandole i capelli e dandole gentili pacche sulla schiena.
- Non ci siamo fatti male, piccola. E poi zio Logan voleva camminare. Dopo tanto tempo fermo è normale che l’abbia voluto fare. Ha solo sbagliato perché ha cercato di strafare ma non è per colpa tua che siamo caduti. E’ colpa sua. Non è vero Logan?
Anche senza che Veronica gli facesse l’occhiolino Logan aveva capito che doveva farsi carico di ogni responsabilità e non contraddire Veronica. Che tra lui e la bambina si era creato rapidamente un rapporto di reciproco affetto era una bella cosa ma non era ancora in grado di capire come la madre che l’aveva cresciuta il modo migliore per farle tornare il buonumore.
Inaspettatamente Logan vide balzare su la piccola.
- Non è vero! Non è stata colpa solo di zio Logan! E’ anche mia e pure tua, mamma. Noi non l’abbiamo aiutato abbastanza ma d’ora in poi noi saremo più brave ed eviteremo che caschi di nuovo.
La donna annuì e lasciò scendere la bambina, che subito tornò al fianco di Logan e sfoderò il suo sorriso più luminoso.
- Adesso andiamo a divertirci.
Logan annuì, felice che la bambina fosse tornata ad essere la radiosa figlia di Veronica Mars e sua.
Entrarono immediatamente in un grande negozio di giocattoli ed iniziarono ad esplorarlo in lungo e in largo. Lily individuò immediatamente il settore dei peluche e vi trascinò letteralmente la coppia, poi prese il telefono cellulare della madre e attivò la fotocamera per scattare qualche bella fotografia.
Logan e Veronica ridevano a crepapelle vedendola passare da un Winnie Pooh alto cinque centimetri ad un orso rosa da un metro e settanta passando per cavalli blu e rossi, orsi multicolori con code vaporose e altri animali strani e colorati che la bambina scovava e con i quali si faceva fotografare ma che non chiedeva di comprare. Poi convinse anche loro a farsi fotografare con i pupazzi più svariati e quando ne uscirono un’ora dopo erano molto allegri.
- Adesso dove andiamo?- chiese la bambina.
- Credo che sia meglio fare una puntatine in un negozio di vestiti. Logan deve prendere qualcosa da mettersi per la festa di Natale.
- Facciamo una festa?
- Certo. Ci verranno a trovare zia Cindy con il suo fidanzato e zio Wallace con la zia Jackie e Trevor.
La bimba iniziò a battere le mani per la gioia.
- Tu conosci gli zii, papà Logan?
- Conosco lo zio Wallace ma non la zia Cindy- spiegò.
Non aveva mai trovato Wallace il massimo della simpatia ma era un tipo a posto ed aveva aiutato molte volte Veronica a togliersi dai guai e a investigare, oltre ad essere stato la spalla su cui spesso Veronica aveva pianto tante amarissime lacrime. Un tipo innocuo su cui lei poteva contare ed un ottimo giocatore di basket.
Solo qualche secondo dopo si rese conto che Veronica rideva.
- Ma certo che conosci la zia Cindy!
- Io conosco questa Cindy? E chi sarebbe?
- Il nome Cindy Mackanzie non ti dice niente?
- No.
- E se ti dicessi che è un genio dei computer e che adesso lavora alla sede di New York della Kane Software?
Solo in quel momento Logan comprese.
- Non starai parlando di Mac?
- Esatto. Non sapevi che il suo nome è Cindy?
L’uomo scosse il capo. Mac, al contrario di Wallace, non gli sembrava innocua. L’aveva vista all’opera con i computer e sapeva perfettamente che se irritata ed armata di una connessione internet poteva diventare molto pericolosa. L’aveva vista diventare ancora più cupa dopo la fine catastrofica della sua relazione con Cassidy “Beaver” Casablancas. Ma era una tipa interessante, per quanto particolare, ed in un certo senso gli era stata anche simpatica.
Eppure non si sentiva tranquillo. Tutte quelle emozioni risalivano a diversi anni prima ed ora tutto era cambiato radicalmente. Innanzitutto adesso lui era il povero spiantato e loro le persone abbienti, poi c’erano anche le minacce di morte, gli attentati alla sua vita ed il segreto che riguardava Lily. Era tutto molto diverso da quando lui era lo ZeroNove borioso e pieno di sé, furbo e tagliente, ricco da fare schifo e grande calcolatore. Si scoprì terrorizzato e non si accorse di ciò che Veronica gli stava sventolando davanti al naso fino a quando la donna, irritata, non gli strofinò con forza la ruvida stoffa dei jeans contro la fronte.
- Ma sei impazzita?- ringhiò.
- Ti piacciono sì o no?- chiese con aria severa.
- Non se li usi per scartavetrarmi la faccia.
- Pare che le maniere forti siano l’unica cosa che fa effetto su di te.
- Stavo pensando ad altro.
- Ma dai? Io pensavo di averti chiesto sei volte se questi ti piacevano solo perché ti piaceva ascoltare il suono della mia voce quando passa da pacata ad irritata.
- Ehi, raffredda i bollenti spiriti, Mars!
- Papà… mamma…
La vocina sottile di Lily fece ricordare loro che non erano da soli come nelle lunghe giornate in cui erano stati costretti a stare tappati in casa.
Veronica fu la prima a sorridere.
- Siamo dei bravi attori, vero?
- Stavate litigando.
- Ma cosa dici? No! Stavamo facendo finta di litigare ma noi ci vogliamo tanto bene, vero Veronica?
La donna annuì con vigore e la bimba parve tranquillizzarsi.
- Tesoro- disse la donna- Andiamo a vedere qualcosa per te mentre Logan si prova i pantaloni?
La bimba, docile, si fece guidare dalla donna verso il reparto dei bambini mentre Logan, sinceramente dispiaciuto per lo sciocco litigio di poco prima, entrava nel camerino usando i tripodi e provava i pantaloni scelti da Veronica.

Lily stava osservando con poco entusiasmo una magliettina azzurra con la stampa di un fiore rosso quando il telefono di Veronica squillò.
Il numero apparso sul display la fece quasi trasalire.
Quel numero appariva raramente sul telefono ed ogni volta per lei era un tuffo al cuore.
- Pronto?
- Ciao Veronica.
- Ciao Roger. Qualche problema?
- Affatto! Lois ed io volevamo fare un saltino da te a Natale. Possiamo?
- Sei sicuro che sia una buona idea? Adesso ho ospiti.
- Ah, quindi Logan Echolls è ancora da te. Mi farebbe piacere vederlo e per quanto mi riguarda non fa differenza. Ti vorrei chiederti però di non dirgli del mio arrivo. Voglio che sia una sorpresa.
- Va bene. Vi fermerete a lungo?
- Solo qualche ora. Il tempo di farvi visita e ripartire.
- Va bene. Quando verresti?
- Tra una settimana va bene?
- Ok. Stammi bene Roger e salutami Lois e le bambine.
Quando chiuse lo sportellino notò lo sguardo incuriosito di sua figlia.
- Lo zio Roger viene a trovarci?
La donna annuì e la bambina sorrise.
- Che bello! Non lo ricordo neanche lo zio Roger! Si è trasferito all’estero quando ero molto piccola, vero?
- Sì, ma non dirlo a zio Logan. Vuole fargli una sorpresa.
La piccola annuì e, felice, iniziò a dedicarsi all’osservazione dei capi di vestiario con maggiore entusiasmo.
Non so come potrebbe prenderla Logan… di sicuro gli verrà un colpo. Ma sarà certamente felice di conoscere lei.

Quando Veronica tornò da lui fu sorpresa da ciò che Logan aveva tra le braccia. Era un abito lungo, di colore verde acqua.
- Quello dove l’hai preso?- chiese.
- Se io devo mettermi in ghingheri anche tu non devi essere da meno- spiegò.
Lily soffocò il risolino tappandosi la bocca con le mani e Veronica gli concesse un sorriso.
La mano di Veronica cercò il cartellino del prezzo e non appena vide che era a tre cifre scosse il capo.
- Non posso.
- Perché?
- Non posso permettermelo.
- Almeno provalo. Mi piacerebbe vedere come ti sta.
Sospirò ma accettò l’abito porto dall’uomo ed entrò nel camerino per indossarlo.
Qualche istante dopo aprì la porta del camerino e fu accolta dal rumore provocato dallo scatto della fotocamera del cellulare.
Lily era accanto a Logan ed aveva scattato la foto. Lui la stava guardando con attenzione e sorrideva.
L’abito aveva la gonna troppo lunga per la sua altezza ma le calzava bene. La modesta scollatura a V metteva a nudo una modesta porzione del suo torace ed il corpetto esaltava le sue forme. Le braccia erano coperte da un tessuto velato dello stesso colore ed aveva una cintura dorata in vita.
Il sorriso di Veronica era incerto. Non sapeva se essere felice o imbarazzata per quello sguardo che la studiava, inteso e carico di calore. Logan, dal canto suo, non aveva contemplato la possibilità che Veronica potesse essere così attraente con quell’abito. Nonostante quello fosse solo un abito la trovava molto diversa e più attraente.
- Sei tanto bella, mamma.
- Grazie tesoro.
- E tu papà? Cosa dici alla mamma?
Logan spostò lo sguardo dal suo corpo al suo volto ed incontrò gli occhi di Veronica.
- La tua mamma è sempre la più bella del mondo- disse piano.
- Ed io? - sbottò la bimba un attimo prima di frapporsi tra lui e Veronica per costringerlo ad affrontarla – Io non sono bella, papà?
- Tu sei la più bella stella del mio universo. Sei la mia bambina.
La piccola si buttò tra le braccia dell’uomo e Veronica sentì improvvisamente un groppo in gola. Aveva gli occhi lucidi quanto quelli della figlia mentre guardava quella scena di affetto.
Lei gli vuole bene e lui ricambia. Perché non dirle adesso che Logan è davvero suo padre? Perché continuare a farle credere che sia uno zio? Certo, io e Logan non stiamo insieme e forse un giorno lui desidererà creare un nuovo nucleo familiare con un’altra donna e magari avere dei figli. Ma perché riempire di menzogne la testa di nostra figlia? Perché non dirle “Tesoro, lui non è tuo zio ma il tuo papà”? Forse farebbe domande oppure non vorrebbe più vederlo perché penserebbe che lui ci abbia abbandonate quando invece lui non sapeva neanche che aspettassi un figlio. Ma se glielo dicessi adesso mi odierebbe e mi darebbe della bugiarda. Non avrebbe tutti i torti a dirmi che il mio comportamento è stato scorretto… No, meglio non dirglielo adesso. Quando sarà grande potrebbe capitarle la stessa cosa e allora capirà cosa ha significato per me cacciare Logan con una scusa così stupida. O magari non mi perdonerà mai per averla privata tutta la vita di un padre. Che cosa posso fare?
- Mamma, lo compri?
La voce della sua bambina riportò Veronica al presente. - No tesoro. Dobbiamo rimetterlo a posto.
- Ti sta d’incanto. Dovresti acquistarlo.
- Non iniziare anche tu, Logan. Non posso permettermi una spesa simile.
- Ma è bellissimo, Veronica! E poi lo pagherei io.
Veronica lo guardò di traverso.
- Hai dei soldi?
- No, ma te li restituirò quando li avrò. Senti, quell’abito ti sta d’incanto Veronica ed è giusto che tu ti faccia un regalo di Natale.
Veronica sbuffò e rientrò nel camerino, passando poi sulla porta l’abito ai due che l’aspettavano fuori. Le piaceva davvero molto quell’abito e le stava bene ma non poteva spendere quei soldi, soprattutto adesso che c’era anche Logan da sfamare ed i regali di Natale comperare.
Troppo impegnata a rivestirsi non si accorse che sia l’abito che i suoi familiari non erano più vicini a lei. Solo quando fu fuori vide la coppia alla cassa con l’abito appoggiato sul bancone.
Furibonda si avvicinò ai due poi vide gli occhi di sua figlia pieni di lacrime, così come quelli della commessa.
- Oggi offriamo tutto noi, signora Sceriffo Mars- singhiozzò la donna consegnandole la busta- Lei è così buona!
Veronica lanciò un’occhiata a Logan ma non se la sentì di rifiutare la busta portale dalla donna. In fondo così risparmiava un bel po’ di soldi.
Guidò fuori dal negozio i due e li accompagnò al bar dove, dopo aver ordinato qualcosa da mettere sotto i denti, iniziò a indagare.
- Allora Logan, quale metodo hai utilizzato oggi?
- Non l’ha suggerito papà. E’ stata una mia idea.
- Mi spiace signorina ma non ci credo. Cosa ti ha detto di fare?
- Assolutamente nulla. Mi sono messa a piangere perché tu non volevi comprare questo vestito e la signora ha detto che te lo offriva. E poi ha detto qualcosa sul fatto che papà fosse sulla sedia a rotelle…
Veronica guardò Logan come se volesse folgorarlo.
- Ti ha per caso chiamato papà davanti a quella donna?
- Certo che no!- continuò la bambina, evitando che Logan parlasse- Gli ho detto che era lo zio Logan…
- Bene.
- E poi ho detto a papà che ero contenta. Ho detto proprio “Papà, sono davvero tanto contenta che questa signora regala il vestito alla mamma”. E anche lui è stato tanto tanto felice.
- L’hai chiamato papà.
- Sì, ma mica l’ho detto a lei! Io l’ho detto a lui.
Il sorriso angelico di Lily bastò a rendere meno incerto il sorriso di Veronica ma non per questo i suoi occhi dimostravano pietà per l’uomo che sedeva davanti a lei e ricambiava il gesto di cortesia con aria incerta.
La tensione fu rotta dall’arrivo dell’enorme tazza di cioccolata calda della bambina e dai caffè degli adulti.
Veronica fu troppo impegnata a impedire che la sua bambina si sporcasse per pensare a Logan e a quell’assurdo permesso che aveva concesso a sua figlia poi, quando Lily riuscì a consumare la bevanda senza sporcarsi, Veronica scelse di lasciar perdere la questione.
Si fermarono per un minuto in un negozio di fotografia per far stampare le fotografie del videofonino poi continuarono il loro giro per negozi.
Quando tornarono al negozio per ritirare le foto erano stanchi, stracarichi di pacchi e pacchetti e molto più rilassati.
Lily, provata da quella giornata, affondò nel sedile e lasciò che la madre le mettesse la cintura di sicurezza poi chiuse gli occhi ed in pochi istanti era già profondamente addormentata.
Veronica si mise subito al posto di guida e mise in moto, procedendo a bassa velocità sia per il traffico sia per non svegliare la bambina sul sedile posteriore.
Era completamente concentrata sulle auto davanti a lei quando Logan parlò.
- Grazie mille.
- Prego- rispose rapidamente.
- Sei per caso in collera?
- No. Solo stanca.
- Vuoi che guidi io?
- Vuoi scherzare? Sei stato ingessato fino a stamattina e non riesci neanche a reggerti in piedi.
- Scusami. Ho parlato senza riflettere. E oggi ho agito senza riflettere. Con la mia fretta di rimettermi in piedi avrei potuto fare del male a te o alla bambina.
- Non fa niente- rispose lei accostando.
Logan la vide abbozzare un sorriso e voltarsi verso di lui.
- E’ normale che tu lo desiderassi, Logan. Sei un padre che vuole far felice la sua bambina a tutti i costi. Anzi, voglio dirti che tu sei un ottimo padre, Logan Echolls. Lily è al centro del tuo mondo e questo lo fanno solo i padri che amano con tutto il cuore il proprio figlio. Voglio che tu faccia parte del nostro mondo e che tu viva con me e la bambina fino a quando lo vorrai.
Logan guardava Veronica a bocca aperta, stupito che la donna avesse pronunciato quel discorso mentre c’era anche la bambina sul sedile posteriore.
- Davvero?- sussurrò.
- Sì. Sei ufficialmente un inquilino di casa Mars. E sto pensando seriamente che forse dovremmo dire al più presto a Lily e a tutti quanti che lo zio Logan è davvero papà Logan e che non l’ho adottata.
Si voltarono verso la bambina che dormiva sul sedile posteriore. Non aveva sentito nulla ed era ancora serena, con le braccia strette attorno all’abito di sua madre.
- Sì. E’ giusto che lo sappia ma non adesso. Sarebbe molto pericoloso. Vorrei gridarlo al mondo intero che è la mia bambina ma quella gentaglia potrebbe farle del male per ferire me oppure te. Lo faremo quando tutto questo sarà finito.
Veronica annuì, rimise in moto e ripartì alla volta dell’abitazione di suo padre.

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Capitolo 16
*** Capitolo Quindici ***


Capitolo Quindici

Nota dell’Autrice: la frase sul bigliettino è tratta dalla puntata 2x11 “Donut Run” (“Il Rapimento”) della serie quindi è coperta da copyright.
I flashback di Logan e Veronica che riguardano la festa dopo il diploma e la mattina dopo sono tratti dalla puntata 2x22 “Not Pictured” (“Nessuna Foto”) del telefilm. Mi sono limitata ad interpretare le emozioni e le espressioni, lasciando immutate le situazioni e l’ordine cronologica degli eventi.
La frase citata da Logan è tratta dall’episodio 2x20 “Look Who’s Stalking” (“Guardarsi le Spalle”) del telefilm quindi è coperta da copyright.
I riferimenti alle feste sono tratti dalla puntata 1x21 “A Trip to the Dentist” (“Visita dal Dentista”) e 2x20 “Look Who’s Stalking” (“Guardarsi le Spalle”)
Vi ringrazio ancora per le recensioni.

Veronica sbuffò per la quindicesima volta in tre minuti e si voltò nuovamente per controllare che l’abito che indossava non fosse sporco o spiegazzato o rovinato.
Tra meno di un’ora lei e Logan avrebbero dovuto essere a casa di suo padre per festeggiare il Natale con Lily, la famiglia Fennel al completo, Mac con il suo accompagnatore segreto e a loro, come le era stato comunicato pochissime ore prima, si sarebbero uniti anche Roger e Lois.
Un lieve bussare alla porta la fece sobbalzare. Non si era ancora abituata alla novità dell’inizio della terapia riabilitativa di Logan ed il fatto che adesso lui riuscisse ad alzarsi dal divano e fare qualche passo con i tripodi stava cambiando radicalmente la sua vita. Prima fra tutte era arrivata l’abitudine di chiudere a chiave sia la porta del bagno sia quella della sua stanza nel caso in cui stesse facendo qualcosa di molto privato.
Si diresse rapidamente verso la porta e l’aprì.
Logan era appoggiato contro lo stipite e sorrideva, soddisfatto per essere riuscito ad arrivare fino a quella stanza senza usare altri supporti se non i muri.
Poi la luce nei suoi occhi cambiò il suo sguardo percorreva il corpo di Veronica, affascinato da quella vista.
Prima di aiutare Logan a prepararsi aveva scelto di vestirsi e adesso era lì, davanti a lui, fasciata dall’abito che le avevano regalato al centro commerciale. L’aveva fatto accorciare e adesso i suoi piedi, calzanti decoltè bianche, erano visibili sotto l’orlo. I capelli erano trattenuti in una coda parzialmente raccolta alla sommità del capo, lasciando che lunghe ciocche scivolassero sulla schiena e sulle spalle. Sugli occhi aveva applicato solo un lieve strato di ombretto bianco ed esaltato la forma usando la matita. Il make up era completato dal lucidalabbra trasparente.
- Sei molto bella, Veronica.
- Grazie mille per il complimento- disse, vorticando su se stessa con fare civettuolo- Ma è solo uno straccetto, signor Echolls.
Logan rise. Erano molto più sereni da quando il grande segreto che li divideva non era più tale e se possibile il loro rapporto era migliorato molto senza la componente amorosa e quella bambina che li impegnava.
Eppure in fondo al cuore era ancora il Logan Echolls adolescente, quello che aveva frequentato Lilly Kane e che era riuscito ad andare avanti solo quando aveva baciato la migliore amica della defunta ragazza, quello che era stato geloso della relazione tra il suo migliore amico e la sua ex ragazza, lo stesso che in una cucina tristissima aveva abbracciato una Veronica Mars convinta di essere rimasta orfana di padre a causa dell’esplosione di un aereo innescata da quello che credeva essere il piccolo ed innocuo Beaver, il fratello minore di un rozzo ragazzo biondo che adesso era uno degli uomini più ricchi del paese. E a quella vista avrebbe voluto almeno fare un complimento più significato a quella che era stata la sua Veronica.
Stava per parlare quando si morse la lingua.
Lei era la madre di sua figlia, l’unica che potesse decidere se lui poteva vivere o no in quella casa, quella che pagava tutto e che poteva ripensarci in pochi secondi, lasciandolo in mezzo a una strada se si fosse azzardato a dire o fare qualcosa di sconveniente.
Si limitò a guardare la donna che aveva segnato la sua vita vorticare per la stanza e sorridergli come faceva un tempo, quando erano Veronica e Logan la coppia di ragazzi innamorati e non Veronica e Logan gli genitori molto amici che convivono sotto lo stesso tetto perché lei è lo sceriffo della città e lui l’uomo squattrinato che qualcuno tenta di ammazzare.

Ophelia, sorridente, stringeva al petto il grande libro regalatole dallo zio promosso da poco.
- Grazie zio Eli!- squittiva ogni cinque minuti, gettandogli le braccia al collo dopo aver appoggiato sulla sedia l’Enciclopedia di Anatomia Comparata che l’uomo si era fatto mandare espressamente dalla casa editrice per ringraziare la nipote di averlo aiutato nelle indagini.
La casa di Eli Navarro non era molto grande ma l’allegra compagnia non sembrava accorgersi di stare stretta. Quell’anno il neopromosso sergente Navarro aveva invitato tutta la famiglia a casa sua per il cenone ma non aveva resistito così aveva consegnato il regalo alla nipotina prima di mangiare.
Adorava Ophelia sin da quando era una neonata che si agitava tra le braccia di sua sorella e adesso che si stava dimostrando un’ottima ragazzina, diligente e gentile. Sapeva che presto avrebbe sofferto per la questione economica. I suoi genitori non erano affatto poveri ma non potevano competere con i ricconi delle ville. Eli sapeva che molto probabilmente sarebbe stata iscritta al liceo Pan per evitarle certe scocciature ma la preparazione non lo soddisfaceva e presto avrebbe fatto il grande passo, chiedendo ai suoi genitori se poteva assicurare a Ophelia una vita migliore pagandole gli studi a partire da quelli liceali.
Eli strinse a sé la ragazzina e ringraziò il cielo che non fosse nelle condizioni in cui aveva ritrovato le ragazze di Coconut Beach.

Veronica aiutò l’uomo a scendere dall’automobile imprecando e chiuse lo sportello con un gesto rabbioso.
Erano in tremendo ritardo per via dell’indecisione di Logan e non le piaceva far aspettare i suoi ospiti, soprattutto visto che era a casa del padre che si sarebbero incontrati.
Passò un braccio attorno alla vita di Logan e lui, supportato dai tripodi, riuscì a muoversi con la fretta che pretendeva la sua accompagnatrice e raggiungere la porta senza farsi del male.
Immediatamente qualcuno spalancò l’uscio e la piccola Lily si slanciò verso Logan, facendolo vacillare. Veronica e Logan istintivamente rafforzarono la stretta e l’uomo non cadde a terra.
- Ciao mamma! Ciao papà!- gridò la piccola strofinando il volto contro i pantaloni dell’uomo- Guarda chi è venuto a trovarci!
Logan alzò lo sguardo e si trovò a fissare un volto dai tratti familiari. Un uomo dai capelli castani stretti in un piccolo codino e baffi a spazzola dello stesso colori li stava fissando sull’uscio, stringendo a sé una bimba poco più grande di Lily con lunghi capelli biondi ed occhi chiari che, timorosa, guardava i tre.
Davanti a loro, sulla porta, c’erano Duncan Kane con sua figlia Lilly.
- Ciao Roger- disse Veronica sbrigativamente- Vuoi entrare in casa di tua spontanea volontà oppure devo chiamare il carro attrezzi per rimuoverti?
L’uomo fece spazio e diede il cambio a Veronica nell’accompagnare Logan in casa ma non parlò.
I suoi occhi continuavano a vagare da Logan a Veronica a Lily per poi tornare al primo e ricominciare.
Non era sorpreso di trovarsi davanti a Logan ed il fatto che stesse stringendo Veronica l’aveva giustificato per via del suo parziale handicap ma il fatto che la bambina lo chiamasse papà lo stupiva molto. Ricordava ancora quando aveva espresso chiaramente il suo pensiero riguardo sua figlia Lilly: l’aveva chiamata “palla al piede” e “scocciatura”, aveva definito Meg “irresponsabile” e “approfittatrice fallita”. E adesso veniva fuori che la bambina che Veronica aveva adottato era in realtà sua figlia? Non era molto più grande della sua quindi aveva cambiato idea rapidamente. Ma di chi era figlia? Veronica aveva detto che l’aveva adottata e che era figlia di una tossicodipendente e di uno sbandato… possibile che il caso avesse voluto che lei adottasse proprio la figlia di Logan? No, quindi era stato certamente qualcosa di pilotato, un colpo basso di Logan per ferire Veronica che l’aveva scaricato. Ma come aveva fatto a convincere la donna a prendersi cura di lei? Che l’avesse ricattata?
Logan guardava di sottecchi l’uomo che lo sosteneva. Veronica l’aveva chiamato Roger ma si vedeva che era Duncan Kane e che quella era sua figlia Lilly. Una Lilly Kane che già somigliava alla zia e alla mamma per via dei capelli e gli occhi ma così simile al padre per quell’espressione seria con cui lo studiava. Sì, quelli erano i fuggitivi spariti da Neptune anni addietro, quando la bambina era appena nata ed i suoi nonni volevano spedirla in qualche istituto.
Veronica intuì la tensione tra i due e cercò di stemperarla a suo modo.
- Logan Echolls, ti presento Duncan Kane e sua figlia Lilly, meglio noti come Roger Marsters e sua figlia Lois.
- Roger?- chiese Logan.
- Sì. Come Roger Moore- spiegò l’uomo.
- E Lois?
- Lois sta per Lois Maxwell, l’attrice che interpretò Miss Moneypenny in molti film di James Bond- rispose l’uomo, poi aggiunse- Ti prego Logan, non fare uno dei tuoi soliti commenti.
- Ma certo che no…- fece lui, poi sfoderò il suo sorriso migliore e affondò- Però permettimi di dire che l’umorismo non ti manca. Hai ribattezzato te e tua figlia con i nomi degli attori di una serie di film sulle spie! E adesso mi verrai a dire che il cognome viene dall’attore che interpretava Spike in Buffy.
Veronica soffocò a fatica una risata mentre Logan, osservando il volto dell’amico, capiva di aver colpito nel segno.
- Veronica- disse- Baffi o no, nome diverso o no, questo qui è per davvero il mio vecchio amico.
Diede una pacca amichevole a Duncan e la padrona di casa tirò un sospiro di sollievo vedendo che almeno Logan aveva rotto il ghiaccio e Duncan sembrava più rilassato di qualche istante prima, quando li aveva visto abbracciati sulla veranda e con la bambina che chiamava Logan papà.
Che sia stato questo a irritarlo? Al telefono sembrava tranquillissimo e anche piuttosto felice di rivedere Logan mentre adesso… adesso sembra quasi ostile. Possibile che sia geloso?No, impossibile. Insomma, io mi sono fatta una vita e anche lui ne ha una. Siamo stati insieme e ci siamo amati ma è finita da diversi anni ormai. E abbiamo avuto anche dei figli da altre persone. Non dovrebbe prendersela se sono in compagnia del padre di mia figlia. Soprattutto perché tra me e Logan non c’è nulla dal giorno in cui l’ho scaricato. Siamo amici ma questo non significa che questo sentimento debba diventare amore. Non è mica obbligatorio che ogni volta che ci riavviciniamo come amici si debba finire insieme. Ed il fatto che adesso viviamo insieme e che lo faremo anche in futuro non significa nulla di nulla. No, nulla di nulla. Anche se Lily potrebbe affezionarsi moltissimo a lui e soffrire se e quando si farà una nuova famiglia. Ma è impossibile che tra me e Logan possa tornarci ad esserci qualcosa. Un conto era quando eravamo adolescenti idealisti innamorati dell’amore… adesso siamo adulti e sappiamo come vanno le cose. Inoltre lui non potrebbe superare l’astio nei miei confronti per il modo in cui ci siamo separati. Gli ho spezzato il cuore e lui è riuscito a ripararlo egregiamente grazie alle tante belle donne che gli ronzavano intorno. Il mio cuore, invece, è stato sanato dal sorriso della mia bambina e dalla sua vivace curiosità. Non ho bisogno di un uomo e l’unico che davvero desidererei avere al mio fianco è Logan e soltanto perché è giusto che Lily cresca con una figura paterna. Ormai anche Logan è un capitolo chiuso per quanto riguarda l’amore. Lui è solo un caro amico. Un amico e basta, qualsiasi cosa ne pensino Wallace Fennel, Duncan Kane o Keith Mars.
- Pianeta Terra chiama sceriffo Mars. Pianeta Terra chiama sceriffo Mars. E’ in contatto sceriffo Mars?
La voce di Wallace riuscì a riportarla dagli altri. Erano tutti in salotto ed aspettavano lei, ancora vicina alla porta d’ingresso.
Veronica entrò alla svelta e sorrise agli invitati. Wallace era seduto sul divano, tra una raggiante Jackie ed un Trevor che sfoggiava un sorriso uguale a quello di sua madre. Il padre era in piedi accanto alla poltrona sulla quale sedevano Mac ed il suo ragazzo.
Veronica studiò quella figura dall’aria familiare e solo quando fu in piedi, l’uomo allampanato e con un naso importante che aveva la vita cinta dal braccio destro di una sorridente Cindy Mackanzie, lo riconobbe.
- Corny?! Sei tu?
- Indovinato Veronica.
- Ma… come… quando… non capisco.
- Te lo spiego io- intervenne Mac- Lui ha aperto una pasticceria nei pressi di casa mia. Sono diventata sua cliente affezionata, una cosa tira l’altra…
- E ho conquistato la mia Cindy prendendola per la gola.
Veronica guardò l’amica con aria interrogativa e lei si limitò ad arrossire e a farfugliare.
- Cindy sta cercando di dirti- spiegò Corny con un sorriso- che io adoro questo suo nome da Barbie.
I presenti risero di gusto e Mac avvampò maggiormente.
- Mi fa piacere rivederti. E sono felice che la nostra Cindy abbia trovato un po’ di calore nella fredda New York- disse Veronica, accomodandosi sulla sedia accanto a quella di Logan- La sanguisuga… scusami Duncan, volevo dire Arpy… no, volevo dire la celestiale creatura che è la madre del qui presente Roger…
- Non perché trovi qualcosa di poco calzante negli epiteti con cui tu ti riferisci a lei, ma, sceriffo Mars, la smetterai un giorno o l’altro di prendere per i fondelli mia madre?- chiese l’uomo ridendo.
- Solo quando tua madre smetterà di distruggere il sistema nervoso di tutti i suoi sottoposti per diventare un’allegra ed affettuosa nonnina che prepara biscotti al cioccolato e torte di mele, amico mio.
- Quindi mai- concluse Logan- Non so da quanto tempo tu non veda tua madre, Duncan, ma ti assicuro che non è cambiata di una virgola. Io l’ho vista qualche mese fa ad un party di Bill Gates e trattava la sua assistente come un cagnolino disubbidiente.
- Lo so. Povera Angela! Si è licenziata dopo quel maledetto party. Per fortuna che Jake pretende che io resti al reparto della protezione dei sistemi operativi o sarei potuta essere io la sua nuova vittima in virtù dell’amicizia con Veronica.
Corny le diede qualche affettuosa pacca sulle spalle e lei si accomodò ancora meglio su di lui.
- E a te come vanno le cose, Wallace?- chiese Logan.
- Non si vede? Sono un papà felice ed un marito soddisfatto, faccio un lavoro che adoro e sono amico di uno sceriffo californiano che può arrivare a casa mia in qualsiasi momento del giorno o della notte.
- Uno sceriffo affascinante, non scordarlo.
- Ma mai affascinante quanto la sua consorte in dolce attesa, vero?
Wallace rise, preso tra l’amica più cara che aveva e la donna che amava.
- Veronica è in gamba ma non potrebbe mai essere affascinante come mia moglie. Non sono come i qui presenti Logan Echolls e Duncan Kane che si sono contesi la ficcanaso più impicciona di Neptune per mesi e mesi.
- Per poi essere scaricati entrambi, non scordiamolo- aggiunse la moglie.
- Ehi, io non sono stato scaricato!- protestò Duncan- Ho avuto impegni in Messico.
- E in Australia- aggiunse Veronica.
- E Santo Domingo.
Tutti si voltarono verso Corny.
- Duncan ed io ci siamo incontrati quattro anni fa a Santo Domingo- spiegò.
- Resta comunque il fatto che Veronica alla fine del liceo ha preferito Logan. Almeno per qualche mese.
- Poi sono stato scaricato anche io. E Veronica si è girata mezza università.
Lo sguardo infuocato di Keith Mars fece rimpiangere a Logan di aver aperto bocca.
- Scherzavo. Veronica non farebbe mai una cosa simile. Aveva solo bisogno di spazi che io e la mia ingombrante presenza non potevamo lasciarle così è stato meglio per me lasciare Neptune e andare a vivere a New York. E Veronica ha trovato la sua felicità con un angioletto tutto speciale.
Lo sguardo di Duncan si fece di brace udendo quelle parole e la sua Lilly si mise al suo fianco, intuendo al volo che qualcosa turbava la serenità del genitore.
Lily Mars, dal canto suo, si arrampicò sulle ginocchia di Logan e l’abbracciò. Logan ricambiò e sorrise, facendo cenno a Veronica di unirsi a loro. La donna accettò l’invito dell’uomo e abbracciò la sua bambina.
Fu in quel momento che la bomba esplose.
- Papà, si assomigliano proprio tanto!
Lilly Kane puntava il dito verso il gruppetto.
- La zia Veronica assomiglia tanto a Lily ma anche quel signore le assomiglia tanto! Quello è il suo papà di sicuro! Me l’hanno spiegato a scuola!
La somiglianza era troppo palese perché potesse essere nascosta a lungo. Un conto era vederli separatamente, ma in quel momento con un solo sguardo si potevano vedere tutti e tre i componenti dell’improvvisata famigliola e la somiglianza tra i genitori e la loro bambina diventava più che evidente.
Veronica guardò terrorizzata suo padre che la osservava con aria delusa.
Corny era rimasto a bocca aperta mentre Jackie annuiva. Lei lo aveva capito da molto che Lily era figlia di Veronica e di Logan, così come lo aveva intuito Wallace.
La piccola Lily guardò l’uomo deliziata.
- Lo sapevo che eri il mio papà!- esclamò- Lo sapevo! Lo sapevo!
Felice come una pasqua, Lily non si accorse della grande rabbia che covava Duncan e del sorriso incerto del nonno.
- Logan, tu aspettami qui- sussurrò Veronica per poi avvicinarsi al padre e condurlo in un’altra stanza per discuterne.
Non appena furono nell’altra stanza Keith iniziò a parlare.
- Sai che lo sospettavo?- disse l’uomo lasciandosi cadere a sedere sul suo letto- Ho iniziato a sospettarlo quando ho visto quella bimba. Nonostante adesso somigli molto più a Logan che a te Lily era la tua fotocopia da neonata. Lo stesso viso paffuto e lo mento. Nonostante tutto mi sono fidato… ed aspettavo solo che tu mi raccontassi la verità. E invece è stata una bambina di otto anni a metterti con le spalle al muro, Veronica.
- Mi dispiace tanto papà- disse accomodandosi accanto a lui.
- No, non devi dirlo. Hai fatto la tua scelta e se eri abbastanza matura da diventare madre lo eri anche per scegliere cosa era meglio per me e per lei. E anche per Logan, a quanto sembra.
- Lui lo sapeva…
- Lo sapeva? E non…
- Fermati un attimo. Lui non l’ha scoperto stasera ma non significa che sapesse tutto fin dall’inizio. Gli ho confessato tutta la verità soltanto un mesetto fa. Ti giuro che prima anche lui non sapeva nulla.
- Ecco perché non volevi che sapesse dell’esistenza della bambina. Ti ha fatto del male?
- No papà. Sapevo che non era pronto per avere a che fare con una figlia ed ho preferito allontanarlo piuttosto che far soffrire nostra figlia.
- E te. Perché ciò che hai fatto ha impedito anche a te di soffrire, non mentire. Tu hai cacciato Logan Echolls dalla tua vita anche perché avevi paura che lui potesse rinfacciarti di essere incinta.
- Lo amavo papà. Ho preferito ricordarlo per il suo amore piuttosto che per il suo disgusto.
- Deve essere stato molto difficile per te continuare ad andare avanti sapendo di aver allontanato un ragazzo che ti amava veramente. O che almeno diceva di amarti veramente, visto che si è consolato fin troppo in fretta. Non so come potrebbe prenderla Lily quando si stancherà di lei e se ne andrà.
Veronica rise e si sdraiò sul letto.
- Logan è un uomo testardo e manipolatore, scaltro come una volpe e desideroso di trovare conforto. In quel periodo soffriva per me e si è sfogato con molte donne. Ma non si stancherà di Lily. L’affetto che li lega è fortissimo e lei non lo deluderà come ha fatto la sottoscritta. Lily vuole bene a Logan per quello che è, incondizionatamente. Ed è proprio questo che lui ha cercato nella sua vita. Logan Echolls cercava qualcuno che potesse amarlo e basta ed ora ce l’ha. E’ sua figlia, una bambina alla quale è bastato un secondo per capire che quello era suo padre.
- Sei sicura di poterti fidare?
- Sì.
Veronica rispose senza la minima esitazione ed il padre si stupì di questa fiducia.
- Spero con tutto il cuore che la tua fiducia non sia riposta in una persona che non la merita. Lily non lo sopporterebbe.
Immediatamente Veronica si tirò su e guardò suo padre negli occhi prima di rispondere.
- Logan non sarebbe mai capace di fare del male a nostra figlia. Lui non è Aaron Echolls e merita fiducia. Per questo gli ho offerto di rimanere a vivere con me e Lily quando sarà fuori pericolo.
- Tu hai fatto cosa?!
- Hai capito benissimo, papà. D’ora in poi Lily avrà entrambi i genitori. E’ la scelta migliore sia per lei che per Logan.
- E per te? E’ anche la scelta giusta per te?
- Papà, la priorità è la serenità di Lily. Come tu hai rinunciato a qualcosa per fare felice me io rinuncerò a qualcosa per la felicità della mia bambina.
Il padre abbracciò la figlia con dolcezza.
- Sono fiero di te, Veronica.
- Sei stato tu ad allevarmi così, papà.
- Non solo io.
Gli occhi velati del padre fecero capire a Veronica che si riferiva a sua madre Leanne.
- La mamma mi ha abbandonata per proteggermi ma ha anche tradito la mia fiducia per ben due volte.
- Veronica… avrei dovuto dirtelo prima ma la mamma sta male.
La donna impallidì.
- Sta male? Cosa vuoi dire?
- L’ho saputo qualche settimana fa…
- Qualche settimana fa?! E non mi hai detto niente?
- Non volevo che ti preoccupassi.
- Sta bene adesso, vero?
- Sì, i medici dicono che sta meglio… hanno scongiurato la possibilità di dover fare un trapianto di fegato e la chemioterapia sta avendo effetto.
- Fegato? Trapianto? Chemioterapia? Aveva un tumore…
L’uomo annuì.
- Ce l’ha ancora ma è in regressione. Adesso la stanno curando a Springfield.
- Bene… grazie per avermelo detto in tempo.
- Veronica… quella è per te.
Keith Mars indicò una busta gialla posta sulla cassettiera e la donna la prese ed aprì.
All’interno c’erano una cartella clinica, una lettera e cento dollari.
Rapidamente Veronica aprì il foglio di carta e, spostata la fotografia contenuta in questa, iniziò a leggere il testo scritto al computer.

Cara Veronica,
so di non essere stata una buona madre e di non meritarmi nulla ma ti scrivo questa lettera con tutto il mio affetto.
Mi dispiace tanto non essermi fatta viva negli ultimi anni ma non ti meritavi un fastidio in più.
Non so se hai una famiglia, se sei single o sposata o chissà cos’altro, se adesso anche tu hai bambini o se ancora non ne hai messi in cantiere.
So solo che sei un bravo sceriffo.
Mi ha causato dispiacere non aver avuto tue notizie dopo la telefonata a casa di papà ma ti capisco.
Io non merito una figlia brillante come te e tu non meriti una madre incasinata come la sottoscritta.
Spero che tu possa passare delle ottime feste con papà e chiunque altro ha la possibilità di starti accanto.
Io non merito un simile privilegio.
Ti mando un bacio ed i soldi che ho risparmiato nel tentativo di restituirti quelli che ti ho rubato nove anni fa.

Seguiva una firma scarabocchiata e tremolante.
- Non riusciva a scrivere- osservò la donna mentre la ripiegava e osservava la foto.
Sua madre, avvolta in una vestaglia verde, aveva i capelli molto corti ma sorrideva radiosa tra un’infermiera ed una ragazzina di massimo quindici anni con lunghe trecce bionde che assomigliava all’infermiera.
Sul retro della foto erano riportati due nomi, Patricia ed Amelie, con due frecce che indicavano chi c’era in corrispondenza della punta di queste.
- Cento dollari… In nove anni ha messo da parte cento dollari dei cinquantamila che mi avrebbero permesso di studiare in un qualsiasi college. Praticamente undici dollari all’anno. Un record.
- Veronica…
- Papà, tu non hai criticato la mia scelta ed io non criticherò la tua. Faremo questa cena come se nulla fosse accaduto. Io dimenticherò la mamma e tu dimenticherai la storia dell’adozione di Lily. La notte di Natale deve portare pace ed armonia, soprattutto ai bambini ed ai malati. Io adesso devo occuparmi della mia bimba e del suo papà malato. Ne parleremo di nuovo, non preoccuparti, ma questo non mi sembra proprio il momento più adatto.
Detto questo la donna lasciò la busta sulla cassettiera e tornò dai suoi ospiti.

Veronica, seduta tra Logan e Duncan sul divano, osservava i presenti danzare al centro della stanza.
Mentre Jackie, nel suo splendido abito amaranto, volteggiava tra le braccia del suo affettuoso marito e Corny cercava di evitare gli alluci di Mac, fasciata in uno sgargiante abito giallo canarino, suo padre aveva in braccio Lilly Kane e volteggiava con la sorridente bambina in braccio mentre Trevor e Lily ondeggiavano nel tentativo di imitare gli adulti.
- Sembra ieri, non è vero?- esordì Logan.
I due si voltarono e lo guardarono nel tentativo di capire a cosa si stesse riferendo l’amico.
- Intendo dire, sembra che si sia svolta ieri l’ultima festa a cui abbiamo partecipato tutti e tre assieme.
Duncan annuì.
- Era la tua festa di compleanno, Logan, quando io scoprii che stavi con Veronica e tu ti domandavi se tuo padre se avesse iniziato a festeggiarlo con tre mesi di anticipo o nove di ritardo.
- Già. Una pessima festa davvero. Non era un granché in cucina e molto peggio lo era nel ruolo di padre.
- Devo ammettere che era un killer piuttosto capace- disse Veronica, cercando di sdrammatizzare un po’ la situazione- In occasione della festa successiva è quasi riuscito a farmi secca.
- La sera in cui è stato sbattuto in galera per aver ucciso tua sorella.
- Già, la sera in cui la nostra Veronica lo scoprì e rischio di morire carbonizzata e quella in cui io, ubriaco per essere sospettato dalla mia ragazza di aver eliminato la mia ex, sono stato aggredito da Weevil e la sua banda.
La donna sospirò.
- Bei tempi! Allora ficcavo il naso ovunque e rischiavo la vita per pochi spiccioli.
- Perché, adesso cosa fai?- chiese Logan con ironia.
- Ficco il naso e rischio la vita per pochi spiccioli ma adesso è tutto perfettamente legale, Logan.
Il sorriso smagliante di Veronica fece sorridere entrambi gli uomini.
- E ricordi l’ultima festa a cui abbiamo partecipato tu ed io, Veronica?
- Fin troppo bene, Logan. Ho trascorso le ore più brutte della mia vita quel giorno.
Il suo sguardo si posò su suo padre e una scarica adrenalinica la fece rabbrividire.
Ricordava ancora come le era sembrato che il suo cuore andasse in frantumi quando aveva sentito l’esplosione dell’aereo di Woody Goodman, la fredda morsa della paura che le mozzava il fiato mentre Beaver le puntava contro la pistola e quel suo essere felice di aver ucciso così tante persone... poi era riuscita a contattare Logan e lui era arrivato, aveva combattuto prima per salvarla dal ragazzo folle e dopo per evitare che fosse lei a togliergli la vita usando la stessa pistola con la quale era stata minacciata.
I suoi ricordi erano annebbiati dopo il ritrovamento di Mac, quasi come se il suo organismo la volesse salvare evitando di immagazzinare gli attimi di disperazione che erano seguiti, lasciandole solo il vago ricordo di essersi addormentata sul divano mentre era in braccio a Logan, il capo appoggiato alla sua spalla destra e le gambe sulle sue, seduta e avvinta al ragazzo che meno di un anno prima aveva detto di amarla ma che in quel momento era lì solo in qualità di amico. Tutto tornava chiaro la mattina successiva. Nell’ultimo sogno di quella pessima notte si rivedeva svegliarsi di soprassalto dopo aver sognato un piccolo spettacolino che il padre aveva fatto per lei quando era molto piccola. I due pupazzi rosa si accusavano vicendevolmente di puzzare ed il volto di suo padre era tra i due, sorridente come sempre, poi chiedeva a lei quale odore fosse quello e lei rispondeva che era odore di bacon. Era stato quell’odore a svegliarla quella mattina e l’aveva spinta a correre in cucina invocando il padre. Invece si trattava di Logan e lei aveva cercato rifugio tra le sue braccia, disperata come poche altre volte in vita sua.
Immediatamente Logan posò una mano sul quella di lei.
Ricordava fin troppo bene il volto disperato di Veronica in quei terribili momenti. Aveva capito che qualcosa non andava quando quell’sms era apparso sul display del suo cellulare. Diceva “Incontriamoci sul tetto subito”. Lui era corso lì e si era trovato davanti ad una scena spaventosa: Veronica che giaceva sul pavimento di cemento, supina, una mano sul braccio sinistro ed il volto ridotto ad una maschera di sofferenza, e Beaver che le puntava contro una pistola e parlava di far incolpare suo padre Aaron per la sua morte. Era stato in quei minuti così concitati che Veronica aveva puntato contro Cassidy una pistola e singhiozzato che il ragazzo aveva ucciso suo padre, che era responsabile dell’incidente dello scuolabus e che alla festa di Shelly Pomroy aveva abusato di lei. Eppure il ricordo più triste di quelle ore era quello della mattina dopo, quando lei si era svegliata ed era corsa in cucina chiamando, speranzosa, il padre. Si era sentito morire quando sul suo volto era apparso il disappunto e la delusione nel vederlo ai fornelli ed era stato lui ad avvicinarsi in fretta alla ragazza e a stringerla a sé, il corpo minuto scosso dai singhiozzi ed il capo appoggiato all’altezza del suo cuore, distrutta dal dolore in quella mattina estiva che avrebbe potuto segnare per sempre la sua vita.
Duncan stava per parlare ma Veronica fu più rapida di lui.
- E’ ora di tornare a casa nostra, Logan. La giornata è stata molto stancante per entrambi.
- Non restate ancora un po’?- chiese Duncan.
Veronica scosse il capo.
- Non è il caso, Duncan. Mi spiace lasciarvi così presto ma sono esausta e non me la sento di prolungare. Inoltre Logan non si è ancora completamente ristabilito e preferirei che non si stancasse troppo. Voi divertitevi pure senza di noi.
Immediatamente Duncan afferrò la mano di Veronica.
- Non te ne andare. Non ancora.
L’occhiataccia lanciatagli da Logan lo irritò più dello sguardo severo che gli rivolgeva Veronica.
- Duncan, ho detto che devo andarmene.
- Lui può riposarsi in un’altra stanza.
- Anche io sono molto stanca, non solo Logan. Torniamo a casa perché se fossi più stanca non ce la farei ad arrivare fino a casa e con questo chiudo la discussione.
- Allora resta qui a dormire. E’ casa tua, no?
La mano di Logan si posò su quella di Duncan e la costrinse a liberare quella di Veronica.
- Ha detto di no, Duncan. Fattene una ragione- disse l’uomo guardando in cagnesco il vecchio amico.
Non gli piaceva affatto il modo in cui le dita di Duncan si erano serrate attorno a quelle di Veronica. Quella stretta era possessiva, troppo piena di forza per essere una semplice stretta finalizzata a trattenere un’amica.
- Tu non ti impicciare. E’ una faccenda che riguarda me e Veronica, non te- sibilò Duncan.
- Io vivo con lei quindi mi riguarda.
- Tu potrai anche vivere con lei ma non sei il suo uomo Logan Echolls.
- Neanche tu lo sei, Duncan Kane.
- Ma il sottoscritto non ha mai fatto del male a Veronica mentre tu l’hai fatta soffrire più volte.
- Io però non le ho mai nascosto la gravidanza di una mia ex ragazza.
Veronica, livida di rabbia, balzò in piedi.
- La smettete di mettermi in mezzo come se fossi solo una bambola di pezza o uno stupido trofeo da conquistare? Io sono una persona, non un campo di battaglia. Duncan Kane… non so cosa tu pretenda dalla sottoscritta ma non accetto che qualcuno mi faccia pressione in questo modo. Ho detto che sono stanca e torno a casa ed è esattamente questo che farò.
- Devo parlarti.
- Hai avuto tutta la serata per parlarmi.
- E’ una cosa piuttosto personale.
- Capisco… Logan, mi concedi qualche minuto? Duncan ed io andremo a parlare in veranda ed in breve saremo di nuovo qui.
- Vuoi davvero parlare con lui?- chiese, lanciando poi una nuova occhiata di brace all’amico.
- Sì. E’ necessario che io parli a quattr’occhi con Duncan.
Il suo tono non ammetteva repliche e Logan sapeva che non gli conveniva esagerare con le pressioni su Veronica, soprattutto perché a casa sarebbe stato lui quello che avrebbe dovuto subire le sue ire.
- Va bene. Non preoccuparti, io ti aspetto qui.
Veronica si alzò e, seguita da Duncan, uscì dalla porta.
Immediatamente Logan si spostò su una sedia più vicina all’uscio. Non voleva che Veronica affrontasse la situazione se questa fosse diventata particolarmente spinosa.

Veronica si allontanò il minimo possibile dalla porta di casa di suo padre. Aveva intenzione di chiudere in fretta con quella discussione che già presagiva essere piuttosto spiacevole.
- Duncan, vieni subito al punto- disse piantandosi di punto in bianco davanti a lui.
- Non mi pare il caso di parlarne qui…
- Adesso o mai più.
- Veronica…
- Duncan, sono stanca e voglio tornare a casa mia quindi muoviti. Parla in fretta e chiudiamo subito questa discussione.
- E’ una questione complicata, Veronica, e ti pregherei di non chiamarmi Duncan quando siamo all’esterno di casa tua.
- Come vuoi tu, Roger- disse la donna, guardandolo con rabbia mentre calcava l’ultima parola- Ma continuo a insistere perché tu ti esprima il più in fretta possibile.
- Veronica… volevo chiederti di venire con me.
- Con te? Venire dove?
- Andremo in Svezia. Ho trovato lavoro come programmatore…
- E cosa c’entro io?
- Vorrei che tu e Lily veniste con noi.
- Stai scherzando.
- Certo che no. Insomma… ho già comprato una bella casa e da qualche mese siamo stati dichiarati morti… pensavo che noi due potremmo ricominciare da dove abbiamo lasciato, capisci?
- Ricominciare che cosa, Duncan?
- La nostra storia. Non ricordi il nostro biglietto? “Le vere storie d’amore non hanno mai fine 4 8 15 16 23 42”.
Veronica ricordava fin troppo bene quel bigliettino trovato in un biscotto della fortuna. Era lo stesso bigliettino che aveva riposto in un libro quando aveva deciso di provare di nuovo ad avere una relazione con Logan e che ancora si trovava tra quelle pagine. Il bigliettino che le ricordava una storia finita da molto tempo.
- Non essere sciocco Duncan. E’ una storia di otto anni fa.
Duncan si fece scuro in volto.
- No Veronica- disse in tono duro- Non è una semplice storia di otto anni fa. Quella era la nostra storia.
- Appunto. Era. E’ finita.
- Non può finire.
- Duncan, per me è finita da parecchio tempo. Siamo amici e lo saremo sempre… ma non dovresti continuare ad essere ossessionato da questa storia. Tra noi non c’è quello che c’era all’epoca.
- E’ per Logan, vero? Anche questa volta state facendo le cose di nascosto. Non vuoi che gli abitanti di Neptune sappiano che il loro sceriffo ha una relazione con un ricco produttore di Broadway. Tu lo ami ancora.
- Duncan, sei impazzito? La nostra storia è finita anni fa ed il fatto che Logan viva con me non c’entra.
- Avanti Veronica, non giocare. Lo so che tu desideri lo stallone da monta e fino ad ora era lui il migliore. Belloccio, simpatico, con la battuta pronta, di nuovo ricco appena risolverai il caso… ma ora è diverso! Ci sono io e possiamo tornare a stare insieme. Lascia Logan e vieni con me. Smettila di giocare con un bello e bastardo ed inizia con me la tua vita da donna matura.
- Sei orrendo- sibilò Veronica - Tu credi che io sia stata con Logan solo per usarlo come un surrogato? Mi conosci davvero così poco, Duncan Kane? Io ho amato Logan e se non riesci a capirlo non ho più nulla da dirti.
Veronica, con passo deciso, si diresse verso la porta ma improvvisamente su agguantata dall’uomo.
- Non può essere finita così! Non può!
- Lasciami.
- No.
- Duncan, lasciami andare!
- Ho detto no! Non può essere finita così!
- Rifatti una vita e lasciami andare.
Duncan afferrò anche l’altro polso della donna.
- No.
- Duncan Kane, lasciami subito andare.
Per tutta risposta Duncan la mandò a cozzare con le spalle contro la parete e si chinò su di lei.
Veronica si dimenò mentre Duncan Kane la baciava con la forza.
Disgustata, la donna sentiva quelle labbra prepotenti cercare una risposta dalle sue, una piccola scintilla che potesse indicare che ancora vi era un sentimento d’amore a legare quei corpi.
Cercò di dargli una ginocchiata ma l’abito le impediva i movimenti delle gambe e con i polsi bloccati contro la parete non riusciva ad opporsi a Duncan.
Cercava ancora di liberarsi quando qualcuno afferrò l’uomo per la maglia e l’allontanò da lei.
Sorpreso, Duncan mollò la presa ed un destro lo mandò al tappeto.
- Non provare mai più a farle una cosa simile! Mai più, hai capito!- ruggì la persona che aveva aiutato Veronica.
Duncan, furioso, guardò Logan Echolls rivolgergli uno sguardo disgustato. Logan era uscito dall’abitazione non appena aveva sentito cessare il suono delle loro voci e, dopo un attimo di stupore nel vederli baciarsi, aveva capito che Veronica era costretta da Duncan ed era intervenuto con la massima rapidità che gli permettevano le sue gambe ancora molto deboli.
Quello scambio di sguardi durò qualche istante poi Logan rivolse la sua attenzione a Veronica.
- Veronica, stai bene?
La donna, ancora con la schiena contro la parete, deglutì e si massaggiò i polsi in silenzio mentre scrutava il volto preoccupato del suo convivente.
Altro che bene! Mi sento uno schifo! Ho voglia di vomitare, per la miseria! Duncan non aveva più avuto scatti di violenza ed ora… ora… Era solo per baciarmi ma era forte…mi ha fatto male… è stato ossessivo… mi sento uno straccio! La serata è stata un vero disastro! Non ne posso più! Ma non posso mostrarmi debole. Io non posso mostrarmi debole… non posso… non posso…
- Portami a casa- sussurrò.
- Non vuoi salutare gli altri?
- Mi scuserò per telefono ma, ti prego… torniamo a casa immediatamente.
Vedendo gli occhi lucidi di Veronica l’uomo non se lo fece ripetere due volte.
Passò un braccio sulle spalle della donna con cui viveva e insieme si diressero lentamente verso l’automobile.
- Aspetta Veronica! Io…
- Fermo dove sei! Se osi avvicinarti di nuovo a lei ti denuncio!- gridò Logan voltandosi verso Duncan Kane che, rimessosi in piedi, stava per avvicinarsi alla coppia.
Logan aveva l’aria di una persona che non scherza affatto mentre guardava Duncan Kane che, con il labbro sanguinante, assisteva impotente all’allontanarsi di Veronica, splendida nel suo vestito lungo e accompagnata da un uomo che camminava a fatica al suo fianco usando un supporto.
- Veronica, non puoi andartene così!
Con la coda dell’occhio Logan vide le lacrime brillare negli occhi di Veronica e il suo labbro inferiore tormentato dagli incisivi superiori.
- Veronica- sussurrò- Se vuoi posso farlo io.
- No- sussurrò – Se lo facessi tu non capirebbe. Devo essere io.
Logan la vide prendere fiato e voltarsi, le mani che strofinavano freneticamente i polsi e lo sguardo fermo.
- Duncan, tu sei il passato. Dimentica me e rifatti una vita.
Detto questo si affrettò con Logan e, giunti alla macchina, fu lei a mettersi al posto di guida.
- Sei sicura di poter guidare?- chiese Logan.
- Sì. Ho bisogno di sfogarmi e credo che questo possa aiutarmi.
Detto questo allacciò le cinture di sicurezza e partì a razzo, lasciandosi indietro Duncan e tutti i suoi problemi.

- Veronica…
La voce di Logan Echolls era pacata e lieve, quasi come se avesse timore di rompere quel silenzio.
- Sì?
Il tono non era dei più amichevoli ma Logan parlò ugualmente.
- Posso chiederti cosa voleva Duncan da te?
- Certamente. In fondo ti riguarda.
- Mi riguarda?
- Sì. Non direttamente ma riguarda anche te. Lui voleva riprendere la nostra storia dal punto in cui l’avevamo lasciata otto anni fa. Un tentativo molto sciocco, secondo me.
- Sciocco?
- Sì. Insomma, come poteva pretendere che io lasciassi tutto e tutti di punto in bianco per seguirlo in capo al mondo e rinverdire una storia che in otto anni di stasi non ho mai avuto la minima intenzione di riprendere? Ci siamo sentiti qualche volta ma da qui a dire di essere ancora innamorata di lui ne passa parecchio.
- Tu sei rimasta in contatto con Duncan?
La donna annuì.
- Tu eri già andato via quando Duncan mi chiamò la prima volta. E’ stato per Natale ed io quasi non riuscivo a credere che fosse lui.
- Io e te non ci siamo più sentiti, invece.
- E’ stato meglio così. Io avrei potuto rovinarti la vita con una sola parola, lo sai.
- Forse hai ragione. Almeno per quanto riguarda il passato. Volevo dire che tu mi hai protetto e hai fatto il meglio per proteggere nostra figlia da quel bambinone immaturo che ero. Duncan, al contrario di me, è riuscito ad essere padre nonostante fosse così giovane e braccato dalla polizia.
- Non dovresti confrontarti con Duncan.
- Sai che forse avresti potuto pensarci a lui? Insomma, è un bell’uomo, responsabile e ti adora, cosa che non guasta…
- Ma io non lo amo, Logan Echolls, e una famiglia che non è fondata sull’amore non è tale.
L’uomo osservò il profilo della donna alla guida, illuminata dai neon e dalle luci intermittenti di quella fredda notte di dicembre. Sembrava molto più serena rispetto a quando erano davanti alla casa di suo padre.
- Logan, eravamo molto giovani quando Duncan è partito e all’inizio ho persino vagliato la possibilità di attendere il suo ritorno. Ma poi sei tornato nella mia vita ed ho capito che se provavo ancora attrazione per te il mio non era un sentimento più forte di una salda amicizia. Per questo gli ho detto di no. Dal giorno del ballo alternativo ho capito di aver smesso di amarlo e di ritenerlo solo un caro amico. Potrebbe essere anche un santo o l’uomo perfetto… ma se non c’è amore anche da parte mia nulla potrebbe far funzionare la nostra storia.
- Mi amavi?
- Certo. Come ti ho detto quello che ci legava, per quanto mi riguarda, era un grande amore. Non so se Lily sia stata un deterrente ma io non ho più provato un simile affetto per nessun altro da allora. Ti ho amato moltissimo e mi sei molto caro anche adesso.
Logan non disse nulla e solo dopo quasi un minuto di silenzio Veronica ebbe il coraggio di fare la sua domanda.
- E tu?
- Io cosa?
- Tu… tu mi amavi?
Logan sorrise.
- Io amavo ogni cosa di te. Se mi permetti di citare me stesso… “La nostra storia è epica. Dura per anni, conquista continenti, vite rovinate, massacri, epica”. La nostra storia era davvero epica, Veronica. Per quanto fosse difficile amarmi tu lo facevi sempre. Mi hai protetto e amato come mai nessuna prima. La nostra storia era speciale come ben poche lo sono. Sai, una volta ho persino pensato che avrei potuto scrivere una canzone sulla nostra storia. Bellissima ma difficoltosa come tutte le belle canzoni. Sono felice di averla vissuta e di aver dato la vita a mia figlia proprio quando vivevo quella storia. Lily è la rappresentazione di quanto fosse speciale l’amore che ci univa.
- Sono felice che tu ami nostra figlia. In tutti questi anni ho avuto paura che non mi avresti mai perdonata per avertelo nascosto. O peggio, che tu mi avresti odiata per non aver abortito.
Logan rimase in silenzio.
Per quanto odiasse quel pensiero sapeva perfettamente che la sua prima reazione sarebbe stata quella di costringerla ad uccidere la loro bambina perché imprevista.
- Lo avrei fatto- sussurrò – Intendo il chiederti di abortire. E’ brutto da dire ma io l’avrei fatto.
- Lo so. Eravamo dei teenager e non era il momento per avere dei figli. Quando ancora non sapevo se era un ritardo o meno mi ero detta che forse l’avrei fatto, forse sarei andata all’ospedale e avrei fatto finire la sua vita prima che potessi affezionarmi ma quando ho visto quelle due strisce blu sul test di gravidanza ho capito che non potevo, che già la amavo e che non avrei potuto rinunciare a lei. Per questo ho preso quella decisione e… e ti ho ferito.
- Tu mi hai salvato Veronica Mars ed un mese fa hai fatto di me l’uomo più felice del mondo.
- Ma questa sera ho distrutto il sogno di Duncan Kane. Non mi perdonerà mai per quello che ho fatto.
- La vita è fatta anche di sconfitte. Duncan se ne farà una ragione e troverà una nuova donna da amare. Ci vorrà del tempo per ingoiare il rospo ma vedrai che piano piano ricomincerà a guardarsi attorno. Se tu non lo ami molto probabilmente significa che non eri la donna che fa per lui.
La donna abbassò il capo.
E noi? Se questa regola valesse anche per noi cosa mai potrebbe significare? Ci amavamo quindi, secondo questo tuo ragionamento io e te saremmo fatti l’uno per l’altra eppure siamo qui, nella stessa auto, e non proviamo alcuna attrazione l’uno per l’altra. Anche se… anche se ogni giorno che trascorre mi scopro più attratta da questo tuo nuovo volto, Logan Echolls. Quando ti ascolto capisco quanto tu possa essere maturato in questi anni e sento il cuore pieno di calore quando stringi a te la nostra bambina. E qualche volta vorrei che tu scivolassi in camera mia anche solo per poter riposare di nuovo nel tuo abbraccio che mi fa sentire protetta e sentire le dita tra i capelli, quelle dolci carezze che mi rilassano e trasportano lontano. Vorrei tanto che questa tua teoria fosse infallibile ma non è così. Tu ed io non siamo altro che amici, genitori single che convivono e che presto inizieranno a crescere assieme la loro bambina, con vite parallele separate e relazioni separate. Non siamo anime gemelle, Logan Echolls. Non possiamo essere anime gemelle se l’attrazione non è reciproca.
Logan osservò a lungo quel profilo illuminato dai lampioni, il mento fermo e la fronte increspata da sottili rughe che indicavano il suo stato d’animo piuttosto preoccupato, gli occhi chiari fissi sulla strada ed i lunghi capelli che le cadevano sulle spalle in modo disordinato.
L’uomo stava per parlare nuovamente ma la donna fermò l’automobile lasciando le chiavi all’interno di questa e scese.
Logan osservò Veronica Mars allontanarsi ed entrare in casa sua, poi diede una testata al parabrezza per punirsi.
Quando fu in casa udì lo scrosciare dell’acqua della doccia e si mise a dormire, ignorando che l’acqua che bagnava il volto di Veronica, in quel momento contratto dal dolore, non fosse solo quella che scivolava sul suo corpo dall’alto.

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Capitolo 17
*** Capitolo Sedici ***


Capitolo Sedici

La mattina dopo Veronica fu svegliata dal profumo di pancetta che si spandeva per la stanza.
Rapidamente si mise a sedere sul letto ma una fitta alla tempia la fece ricadere immediatamente sul letto mentre Logan si avvicinava a lei per controllare se si sentisse bene.
Non parlò ma il suo sguardo valeva più di qualsiasi domanda avesse potuto fargli.
- Sono gli strascichi della fatica di ieri sera.
- E delle tante lacrime versate per Duncan Kane- aggiunse l’uomo osservandola con aria seria.
- Lo ammetto, detective Echolls- rispose Veronica alzando le braccia- E’ vero. E, visto che ci sono, confesso anche che ho ucciso io il Colonnello Mustard nella serra con un candelabro.
L’uomo non riuscì a non sorridere di fronte a quella battuta. Soltanto delle lievi occhiaie scure tradivano il fatto che Veronica si fosse disperata quella notte ed il fatto che avesse già iniziato a scherzarci sopra era buon segno.
Quella mattina aveva deciso di cucinare lui la colazione e poi portargliela a letto per tirarle su il morale. Era andato tutto liscio fino al momento di entrare nella stanza. Solo dopo qualche goffo tentativo era riuscito a varcare quella che in quei giorni stava diventando una barriera meno insormontabile e, sedutosi sul letto, aveva atteso che Veronica percepisse il profumo della pietanza e si svegliasse.
Era stato in quei momenti che Logan aveva studiato con attenzione Veronica. Dalla pesante trapunta sbucava la parte superiore del suo corpo, coperta da una maglietta stinta di colore grigio che cadeva su di lei come un vestito. Il suo volto l’aveva sempre affascinato ed ora che poteva nuovamente osservarlo senza imbarazzo si era sentito felice nel ritrovare tanti vecchi tratti caratteristici che solo lui era stato in grado di cogliere. Quelle ciglia lunghe che rafforzavano il suo sguardo più penetrante o che, sbattute come solo lei sapeva fare, intenerivano anche il cuore più duro; quella fronte delicata; il mento deciso; le labbra che da ragazzo era solito baciare e che spesso gli erano mancate. Tutto in quella donna lo riportava indietro nel tempo.
Poi Veronica si era svegliata e, accusato un dolore al capo, era ricaduta sul letto. Lui aveva capito in quel momento che Veronica doveva essere ancora giù per la sera precedente e a stento era riuscito a trattenersi. Quella notte aveva riflettuto ed era arrivato alla conclusione che forse avrebbe fatto bene a picchiare Duncan invece che atterrarlo soltanto. Nessun motivo, neppure il più nobile, gli dava il diritto di forzare Veronica in quel modo e lui lo odiava per ciò che le aveva fatto. Veronica era molto resistente, era vero, ma non era Wonder Woman. Lei non era l’invincibile eroina dei fumetti ma uno sceriffo con una figlia ed una donna con dei sentimenti. La sera precedente l’aveva guardato con i suoi occhi limpidi e supplicato di portarla a casa come una qualsiasi donna bisognosa di aiuto. Quella era una Veronica che si vedeva raramente ma esisteva e viveva nella Veronica coriacea che sembrava in grado di sostenere il mondo con un dito.
Goffamente Logan si avvicinò a lei e l’abbracciò.
- E questo per cosa me lo sono meritato? – chiese ridendo.
- Per non avermi abbandonato.
Veronica non comprese cosa intendesse dire Logan con quelle parole ma accettò di buon grado l’abbraccio.
- Un giorno o l’altro mi sdebiterò, Veronica.
- Tu non sarai mai in debito con me, Logan Echolls. Innanzitutto perché indagando sul tuo caso faccio soltanto il mio lavoro e poi… - Veronica si liberò dal suo abbraccio per guardarlo dritto negli occhi- E poi, Logan, io ti devo una figlia. Il mio debito non potrà mai estinguersi.
L’uomo rimase in silenzio, osservando Veronica separarsi completamente da lui ed iniziare a mangiare la pancetta.
Sorrise quando Veronica, presi forchetta e coltello dal suo tovagliolo e tagliata un pezzo di pancetta, la infilzò con la posata e iniziò a imitare il rumore di un aereo mentre faceva volteggiare in aria l’utensile.
- Boing 747 della Pan Am in arrivo sulla pista uno…
Logan, obbediente, aprì la bocca e prese il pezzo di carne offertole dalla donna.
Poi lui fece altrettanto con lei.
Continuarono a imboccarsi a vicenda per molti minuti, ridendo come dei bambini.
Improvvisamente qualcuno tossicchiò per far notare la sua presenza.
Era stato Keith Mars a farlo ed in quel momento era sulla porta. Accanto a lui c’era Duncan Kane, le labbra serrate ed i pugni stretti, che li guardava come un marito tradito che coglie la moglie adultera in flagranza di reato.
- Voleva salutarvi- disse Keith rapidamente – Lily e Lilly sono in automobile, tesoro. Vado da loro e quando avrete finito di “salutarvi” le farò entrare. Non voglio che vi sentano litigare.
Veronica annuì ed il padre rapidamente si defilò, ben sapendo che certe questioni vanno risolte da soli, senza interferenza di terze persone che potrebbero solo peggiorare la situazione con i loro interventi.
Keith aveva appena chiuso la porta alle sue spalle quando Duncan esplose.
- Allora non è solo uno stallone da monta, Veronica?
- A chi hai dato dello stallone da monta, desaparecido?!
- Non è il momento di parlare di queste cose, Logan! Duncan, solo perché Logan mi ha portato la colazione a letto non significa che tra noi sia accaduto qualcosa questa notte, chiaro?
- Vero ma dovete essere davvero molto intimi per imboccarvi a vicenda come due piccioncini.
Prima che Veronica potesse rispondere Logan intervenne.
- Tu sei pazzo! Adesso è vietato per un amico imboccare una propria amica e viceversa? Per te è segnale di intimità? Sì, Veronica ed io siamo stati intimi ma adesso è finita e se la stavo imboccando era per sollevarle un po’ il morale dopo che uno stronzo del tuo calibro l’ha fatta sentire in colpa per essersi rifatta una vita dopo la tua fuga con il frutto della tua relazione con Meg Manning! Tu hai abbandonato Veronica, l’hai contattata mesi dopo la tua fuga e ti aspetti che la vostra relazione sia come lo era anni fa? Ma dove hai la testa, Duncan Kane?
- Io la amo!
- Ma io non amo te, Duncan. E’ finita, chiaro?
- No! Maledizione no!
Duncan diede un pugno alla parete ed uscì dalla stanza. Pochi istanti dopo si sentì il rumore di vetri andati in frantumi e Veronica si precipitò nel salotto.
Il vetro della credenza in cui conservava i plichi delle indagini era in frantumi ai suoi piedi e adesso molti dei fogli giacevano sparpagliati sul pavimento. Duncan Kane stringeva con forza il grande plico di fogli che conteneva la documentazioni del caso di Logan nella mano, ora grondante sangue e con numerose schegge di vetro che spuntavano dalla carne.
- Metti quella roba sul tavolo- sibilò.
L’uomo scosse il capo.
- Ti ho detto di mettere quel plico sul tavolo, Duncan Kane.
- No.
La negazione era scandita con un tono tale da far capire a Veronica fino a che punto sarebbe dovuta spingersi per rimettere mano su quei fogli.
- Duncan, non costringermi a farlo.
- Cosa credi di fare?
- Sono lo sceriffo, Duncan. Potrei arrestarti.
- Non sei in servizio e non mi faresti mai una cosa simile.
- Puoi metterci la mano sul fuoco? Hai la certezza che io non ti arresterei?
- Non lo faresti mai.
- Va bene. Hai due possibilità: o lasci quei plichi sul mio tavolo ed esci fuori di qui immediatamente, in modo tale che tutto sia a posto o quasi oppure ti arresto per sottrazione di atti ufficiali e danni colposi in casa di un pubblico ufficiale.
- Ma mi tireresti fuori in breve tempo, lo so.
- Questo tu saresti in grado di perdonarti per aver firmato la sua condanna, Veronica Mars? sarebbe dovuta spingersi per rimettere manosarebbe potuto essere vero se tu non fossi stati chi tu sei. Se io dovessi accusarti sarei costretta a dire chi sei quindi il caso di rapimento della figlia di Meg Manning verrebbe riaperto. Sai cosa significa? Che la tua bambina finirebbe in mano al padre di Meg e soffrirebbe molto. Vuoi davvero che la tua Lilly subisca una simile tortura psicologica, Duncan Kane?
- E tu saresti in grado di perdonarti per aver firmato la sua condanna, Veronica Mars? Hai pianto per avermi piantato in asso ma non proveresti compassione per quella bambina che ti adora e chiama zia Veronica da quando ha iniziato a parlare? Saresti in grado di andare avanti con questa colpa?
- E’ ingiusto da parte tua metterla davanti a questa scelta, Duncan Kane.
Logan, aggrappato allo stipite, guardava Duncan con aria disgustata.
- Credi che ricattarla potrebbe spingerla ad apprezzarti più di quanto faccia adesso? Credi che mettendola davanti ad una simile scelta questa donna possa amarti? Non sai quanto ti sbagli, Duncan Kane. Per questo ricatta Veronica potrebbe odiarsi tutta la vita e odiare te. Non credi sia meglio lasciarsi da buoni amici piuttosto che da eterni rivali?
- Con quale coraggio ti rivolgi a me?- sibilò Duncan- Io mi sarei preso cura della madre di mia figlia in tutti i modi ma purtroppo non l’ho potuto fare perché è morta ed ora volevo almeno aiutare la donna che credo di aver sempre amato come una sorella a far crescere sua figlia.
Veronica aprì la bocca.
Lui non mi ama! Non almeno come un uomo ama una donna. Lui mi ama come se fossi sua sorella. Allora perché tutte queste storie che riguardano la gelosia? Perché dovrebbe essere contrario ad una mia relazione con Logan? A meno che… Ma allora perché quel bacio?
- Duncan… tu credi che Logan abbia abbandonato me e Lily? Perché se è così non hai capito la situazione.
I due uomini la guardarono.
- Lui non ti ha abbandonata?
Prima che Veronica potesse rispondere Logan intervenne.
- Certo che no! Non mi sarei mai comportato in modo così vile, Duncan, e tu dovresti saperlo. Eri il mio migliore amico, per la miseria!
Duncan arrossì violentemente rendendosi conto di quanto fosse stato ridicolo il suo comportamento.
- Io… io credevo…
- Sbagliavi. Avresti dovuto chiedercelo invece che pensare cose orrende come questa. Dio, pensavi davvero che avrei potuto lasciare Veronica se avessi saputo in quale stato si trovava? Credi davvero che le avrei lasciata crescere da solo la nostra bambina, il…
Logan si voltò per un istante verso Veronica, quasi cercando il suo assenso per le parole che stava per pronunciare.
- … il frutto del nostro amore. Come tu non sei riuscito a lasciare in mano a quegli psicopatici dei nonni la bambina tua e di Meg io non avrei potuto abbandonare la donna che amavo e la cosa più bella che abbiamo fatto insieme.
- E’ vero- disse Veronica- Ho creduto che fosse la cosa migliore per entrambi e per questo ho allontanato Logan ed inventato una storia che giustificasse il fatto che io avessi una bambina. Lui l’ha scoperto solo qualche settimana fa.
In silenzio, Duncan lasciò scivolare i fogli sul pavimento e strinse i pugni.
- Mi dispiace. Io credevo… Sapete una cosa? Non avrei dovuto immaginare nulla. E’ colpa mia se ci troviamo in questa situazione. Veronica, pagherò ciò che ho rotto e poi… poi andrò a sotterrarmi in Svezia per qualche anno ossia fino a quando non smetterò di sentirmi un completo idiota.
Logan sorrise e fece un passo avanti.
- L’avrei pensato anche io se fossi stato nei tuoi panni- sussurrò mentre gli stringeva la mano illesa- Lo sceriffo Mars crede di non aver bisogno di nessuno ma in realtà non può fare a meno di noi.
Duncan sorrise all’amico, riconoscente per quella semplice battuta.
Veronica, senza proferire parola, andò in bagno a prendere il necessario per medicare la brutta ferita e lo consegnò a Logan.
- Pensaci tu per qualche minuto.
- Veronica… cosa vuoi fare?
- Darti il numero di un medico fidato per farsi curare al meglio quella ferita, non preoccuparti. E’ molto discreto ma adesso visita a San Francisco quindi dovrai fare scalo lì prima di partire per l’Europa.
- Come fai a sapere che non scoprirà chi sono? Non penso tu abbia avuto bisogno di aiuto clandestino prima d’ora.
Veronica scoccò un’occhiataccia all’uomo con la mano ferita.
- Duncan Kane, secondo te la sottoscritta da chi si è fatta seguire quando era un stato interessante?
Logan sorrise al pensiero e lasciò che la donna con cui viveva andasse a trovare quel numero di telefono.
- Sbaglio sempre tutto, vero amico?
- E’ solo molto nervosa.
- Deve essere stato molto difficile per te. Sapere di vostra figlia, intendo.
Logan scosse il capo.
- Affatto. Dal primo momento in cui mi ha visto quella bambina ha saputo chi ero e scoprire che in realtà era davvero la mia bambina è stato quasi naturale. E’ una bimba fantastica e mi vuole bene come nessun altra persona al mondo.
- Sei fortunato ad essere amato da due splendide ragazze.
- Amato da due ragazze? Credi ancora che tra me e Veronica ci sia qualcosa più di un profondo affetto?
Duncan si rese conto di aver superato per l’ennesima volta il limite e abbassò il capo, restando in silenzio mentre l’altro gli medicava alla meglio le ferite.

Veronica crollò sul divano non appena Duncan se ne fu andato e Logan la raggiunse rapidamente per sedersi al suo fianco.
- Logan…- sussurrò Veronica.
- Sì?
- Credi che rivedremo di nuovo Duncan?
- Non lo so. Ha commesso diversi errori mentre si trovava qui, uno dei quali è stato quello di mentirti sulle sue emozioni.
- Non so quanto e quando abbia mentito, Logan. Quel bacio… quello non era affatto un bacio fraterno.
- Veronica, lui doveva pur convincerti in qualche modo.
- E se invece la menzogna fosse quella di oggi?
Veronica scosse il capo e portò le mani alle tempie, massaggiandole come per calmare un forte mal di testa.
- Non lo so. Non so più cosa pensare di lui, Veronica. Non è più il ragazzo che conoscevo al liceo. Deve essere triste non riuscire a legarsi a nulla nel presente e non riuscire a vedere uscita nel futuro.
- Perché dici così?
- Veronica, la sua unica certezza è il passato. Non sa se potersi fidare di altre persone nel suo presente perché potrebbe perdere la sua bambina e non sa fino a quando durerà questa sua fuga perché un giorno o l’altro potrebbero rintracciarlo, togliergli Lilly e chiuderlo per il resto della sua vita in una cella.
Veronica annuì meccanicamente.
- Vuoi che ti prepari una camomilla per calmarti?
La donna guardò l’orologio. Era quasi ora di pranzo.
- Meglio di no, Logan. Ordiniamo qualcosa in qualche rosticceria, pizzeria o dovunque tu voglia.
L’uomo annuì poi sorrise.
- Veronica, hai un po’ di carne macinata?
La donna scosse il capo.
- Telefono a tuo padre.
- Non capisco cosa tu voglia fare.
- Vorrei fare un pranzo di Natale con nostra figlia e tuo padre.
- E cosa c’entra la carne macinata?
- Come farai a insegnarmi a fare le polpette alla Mars senza l’ingrediente principale?
La trovata funzionò. Veronica finalmente gli sorrise.
- Sai che dovrai mangiarle, vero?
Al solo pensiero l’uomo sentì la propria gola seccarsi ma annuì.
- Bene. Allora fai questa telefonata e poi vai in camera.
L’uomo aggrottò la fronte.
- Logan… hai notato che siamo entrambi in pigiama?
La risata di Logan e l’improvvisa stretta in cui si trovò intrappolata la fecero sentire decisamente meglio.

Logan bevve una nuova sorsata dal suo bicchiere d’acqua gelata poi prese nuovamente in mano la forchetta e ingurgitò una nuova polpetta piccantissima sotto lo sguardo divertito del clan Mars al completo.
Lily era stata entusiasta di poter mangiare con i suoi e Keith era rimasto piacevolmente sorpreso vedendo sua figlia e Logan ridere e scherzare, lei davanti ai fornelli con un variopinto grembiule e lui seduto alle sue spalle con un piatto in mano, pronto a passarle quello che aveva identificato come pan carrè imbevuto di tuorlo d’uovo e farcito con prosciutto cotto e mozzarella.
Dopo aver ricevuto gli ingredienti dallo stempiato detective, Veronica, Lily, Keith e Logan avevano cucinato le polpette alla Mars e, nello stesso clima di spensierata allegria, stavano pranzando con i frutti della loro fatica.
- Papà non regge le polpette alla Mars- rise Lily.
- Ma io non sono un Mars.
- Quando sposerai la mamma lo sarai, vero nonno?
Keith guardò Logan e Veronica arrossire di fronte a quella candida constatazione della loro bambina. Far capire a Lily che loro erano una famiglia ma non doveva aspettarsi che i suoi non fossero genitori sentimentalmente coinvolti sarebbe stato davvero molto difficile e doloroso.
- Ma lui non diventerà un Mars, tesoro- disse Veronica.
La bambina la guardò con aria dubbiosa mentre gli uomini la scrutavano nel tentativo di capire cosa stesse cercando di dire.
- Voglio dire che… che forse saremo noi a prendere il cognome di papà.
La bambina guardò il padre corrugando la fronte.
- Echolls?
L’uomo annuì e la piccola sorrise.
- Mi piace. Lily Echolls mi piace. Ma Veronica Echolls no.
- Allora mi chiamerò Veronica Echolls Mars.
- Meglio Mars Echolls- intervenne il padre- Suona meglio.
Veronica stava per ribattere quando lo squillare del telefono la spinse ad allontanarsi da tavola.

- Pronto?
- Veronica, ci sono brutte notizie- disse Weevil con voce concitata- Il custode del liceo Pan ha trovato il cadavere di una ragazza nella palestra. Sembrerebbe trattarsi di un suicidio ma dovresti venire immediatamente sul posto.
- C’è qualcosa di strano?
- Lo capirai quando arriverai.
- Va bene. Ci vediamo lì tra qualche minuto.
Veronica chiuse il cellulare e corse in cucina.
- Papà, ho un caso urgente e devo scappare. Restate qui a fare compagnia a Logan.
Senza dare il tempo a Keith di reagire Veronica uscì di casa infilandosi alla meno peggio un paio di scarpe da ginnastica.

Ciò che Veronica vide aveva qualcosa di raccapricciante.
Una ragazza di circa sedici anni penzolava dal quadrato svedese, il collo stretto nella morsa di un improvvisato cappio e le mani infilate sotto questo, come se avesse riflettuto sul gesto quando il cappio aveva iniziato a farla agonizzare.
I lunghi capelli biondi coprivano parzialmente la sciarpa in pile con la quale aveva fatto il cappio e i grandi occhi neri guardavano il vuoto privi di qualsiasi luce.
- Non capisco cosa ci sia di strano, se non il fatto che abbia tentato di salvarsi- disse Veronica guardando i suoi uomini rimuovere il corpo dall’attrezzo ginnico.
L’ispanico si limitò a indicare una scarpa che si trovava sul morbido tappatone sotto l’attrezzo. Non apparteneva alla ragazza che penzolava a piedi nudi sopra le loro teste e non poteva appartenere a lei perché era un modello maschile in pelle, palesemente molto costoso, di almeno sei misure superiore al suo numero di piede.
Riconobbe immediatamente di quale scarpa si trattava e guardò il cadavere che la sovrastava.
Pallida e con le labbra cianotiche, la ragazza morta sembrava fissarla ed incolparla per quello che era successo.
- Voglio sapere tutto di lei- sussurrò la donna- E voglio che qualcuno convinca i genitori a far fare una autopsia sul suo cadavere. Sono certa che questa non fosse una ragazza come tutte le altre.

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Capitolo 18
*** Capitolo Diciassette ***


Capitolo Diciassette

Veronica entrò a tentoni nella stanza.
Aveva trascorso tutto il pomeriggio e la sera in dipartimento, cercando qualunque informazione su una ragazzina bionda scomparsa nei pressi di Neptune e sul suo possibile collegamento all’incidente di Logan o l’attentato ai loro danni ma non vi erano segnalazioni ed alla fine, praticamente trascinata alla macchina da Weevil, era stata costretta a tornare a casa a dormire.
Esausta, aveva pensato di gettarsi sul divano ma l’aveva trovato già occupato da suo padre quindi si era diretta verso la sua stanza.
Stava per gettarsi sul morbido giaciglio senza curarsi neanche di svestirsi quando vide chi riposava sul suo letto.
Logan era disteso in posizione supina, le gambe divaricate e le braccia spalancate, mentre Lily riposava su di lui, raggomitolata sotto una coperta di pile.
La testa della bambina era appoggiata all'altezza del cuore dell’adorato padre.
- Ciao- sussurrò Logan aprendo gli occhi e voltandosi verso di lei.
- Logan, non dovresti essere sveglio. Sono le tre passate.
- Sei scappata via così in fretta che mi sono preoccupato. Doveva essere davvero qualcosa di importante.
La donna annuì e si sedette accanto a lui.
- E’ stata una giornataccia. Hanno trovato una ragazza impiccata al liceo Pan e temo abbia qualcosa a che fare con la questione che ti riguarda.
Logan prese delicatamente Lily e la depose sul letto poi si alzò e, presa per mano Veronica, la guidò fuori dall’abitazione.
- Non voglio che sentano- disse l’uomo accomodandosi sulle scale e spingendo la sua compagna a fare altrettanto.
- Cosa c’è Logan?
- Dimmi la verità, Veronica. Il mio caso è molto complesso?
- Mai quanto quello di Lilly Kane.
- Non scherzare.
- Non scherzo. Quello è stato uno dei miei casi più difficili.
- Perchè era Lilly la vittima, vero?
- Non solo. Era complicato anche perchè tu e Duncan eravate tra i sospettati.
- Ma a livello pratico? Insomma... se fosse uno qualsiasi ad essere quello che rischia la morte come lo definiresti?
- E’ un caso molto complicato, Logan, ed il fatto che manca il reperto principale, ossia la tua automobile, lo rende ancora più difficile.
- Con quella saresti riuscita a scoprire di più?
- Sì. Avrei potuto controllare tutto e sapere esattamente cosa era stato manomesso, con cosa e chissà quanto altro… Ma non possiamo farci nulla. Per questo devo continuare a cercare prove, anche a costo di subire altri attentati come quello del mese passato.
- Mi spiace averti messa in questa brutta situazione. Forse sarebbe stato meglio se io fossi morto…
In un istante la guancia di Logan iniziò a scottare ed arrossarsi mentre la sagoma di cinque dita diventava sempre più nitida sulla sua pelle.
Veronica, tremante, diede un pugno al pavimento.
- Scusami ma non sono riuscita a trattenermi. Hai detto una bestialità immensa, Logan Echolls.
- Dicevo sul serio. Forse…
- Forse nulla, chiaro? Io risolverò il caso e vivrai qui con noi e saremo felici e liberi e… io non so cosa saremo ma saremo sempre Logan e Veronica, uniti per sempre dalla loro adorata bambina.
Una domanda salì alle sue labbra e Logan non riuscì a fermarla.
- Veronica… cosa ti ha spinto a pagarmi l’ospedale? Perché hai riposto così tanta fiducia in una persona così mediocre?
Veronica sorrise lievemente e lui si sentì mancare il fiato. Era il sorriso più triste che avesse mai visto, con quelle lacrime a stretto trattenute nei suoi occhi ed un angolo della bocca leggermente sollevato, eppure riusciva a mozzargli il fiato in gola. Sembrava una donna disperata e forse lo era davvero.
- Sei il padre di mia figlia e l’unico uomo che abbia mai amato. Ti avrei aiutato anche se tossicodipendente o ridotto ad un vegetale. Tu avresti fatto lo stesso per me, Logan, io ne sono certa.
Logan scosse il capo.
- No, non l’avrei fatto. Tu mi avevi spezzato il cuore e se tu avessi avuto bisogno di aiuto ti avrei abbandonata. Io non sono mai stato così buono come te, Veronica.
Veronica si alzò in piedi mentre lui si prendeva la testa tra le mani dandosi dell’idiota per ciò che le aveva detto.
Quelle braccia forti attorno al collo e la pressione di quel corpo contro la sua schiena lo presero alla sprovvista.
- Non credo alla tua bugia, Logan Echolls- sussurrò al suo orecchio.
- Perché sei sicura che lo fosse?
- Perché sei Logan Echolls.
Dette quelle ultime parole Veronica lo lasciò andare e tornò in casa, lasciando che quei sussurri ed il calore del suo respiro facessero il loro effetto sullo stupefatto Logan Echolls.
Quando tornò in casa, mezz’ora dopo, Veronica aveva infilato il pigiama e dormiva profondamente nel letto matrimoniale, gli occhi chiusi, un braccio a circondare il corpo della sua bambina ed una coperta con un tema floreale gettata sulle spalle.
Senza pensarci due volte Logan si distese dall’altra parte e, avvicinatosi alle dormienti, passò un braccio sulle due donne della sua vita per stringerle contro di sé.
Per qualche lunghissimo minuto, come se fosse stato conquistato da quella schietta e semplice dimostrazione di fiducia, continuò a fissare il volto di Veronica, adesso disteso, e sperò che quella pace non fosse soltanto un breve momento di vita ma una promessa di un radioso futuro come una sola, felice famiglia. Una come tante altre.

La boccuccia umida di Lily si spalancò, mettendo in mostra uno spazio vuoto in cui cominciava a fare capolino un candido dente definitivo.
I genitori non si erano ancora svegliati e lei non voleva che accadesse. Sembravano tranquilli e felici in quella posizione e lei non voleva proprio che il suo risveglio li disturbasse.
Aveva sempre saputo che sua madre era una donna particolare. L’aveva visto sin dal primo giorno di scuola materna, quando lei era arrivata accompagnata dalla mamma in quella che sarebbe stata la sua classe per i successivi tre anni.
Lei, una bambina che sapeva cosa fosse un padre ma non ne aveva mai avuto uno, aveva finalmente capito quale differenza ci fosse tra lei ed i suoi compagni: un padre era un uomo che prendeva in braccio i propri figli o li filmava, che sorrideva e scambiava fugaci baci con una madre eccitata e piangente.
Non solo lei non aveva un padre ma sua madre le aveva raccomandato di fare a botte con quelli più grandi che cercavano di usare la stazza per sottometterla. Non era commossa ma decisa. Poi era sparita di corsa e non l’aveva rivista prima della sera, quando l’aveva trovata china sui libri, cosa che non le era nuova visto che era cresciuta con una madre che faceva la studentessa.
Alle scuole elementari aveva capito ancora di più quanto fosse diversa perché i compagni la guardavano con sospetto e qualcuno le aveva rivolto parole offensive alle quali sua madre non aveva risposto solo grazie al pronto intervento del nonno.
Poi c’era stato il primo tema “Parla del tuo papà e della tua mamma”. Lily aveva scritto solo la parte che riguardava la madre poi, in preda alla rabbia, aveva strappato il foglio in mille pezzi quindi la maestra, un’anziana donna che non era di Neptune, aveva chiamato la madre per discuterne.
Veronica si era sentita in colpa quando aveva saputo quale era stato il motivo per il quale la figlia, sempre molto calma e controllata, si era comportata in quel modo vergognoso e quella sera, per la prima volta in sette anni, aveva provato il desiderio di non aver nascosto la paternità a Logan. Un padre lontano e disinteressato era sempre meglio di nessun padre, si era detta. Ma poi aveva ripensato a Logan in quell’ascensore e si era data dell’idiota per quell’idea così sciocca.
Ma adesso la giovane Mars non avrebbe più dovuto aver timore di quel tipo di tema. Ora anche lei aveva un papà e una mamma come la maggior parte dei bambini ed era davvero molto felice di questo. Quando sarebbe tornata a scuola avrebbe raccontato a tutti che adesso anche lei aveva un papà ed avrebbe potuto fare tutti i compiti che la maestra voleva perché adesso lei ne aveva uno di papà e gli voleva un bene dell’anima.
Lentamente scivolò via e, scesa dal letto, si recò in cucina in punta di piedi.
Sia la madre che il nonno le avevano sempre proibito di usare i fornelli o il coltello ma Lily non aveva bisogno di questi per fare colazione. Con passo sicuro si diresse verso il frigorifero e prelevò la bottiglia del latte poi, tranquillamente, trotterellò fino alla sua stanza e, preso un libro, si mise a leggere.

Keith Mars rimase impietrito quando, svegliatosi, andò a controllare se Logan e Lily dormivano ancora.
Per un momento si era chiesto come mai ci fosse una ciocca bionda sulla sua spalla ma poi aveva visto che quella che dormiva accanto a Logan, la mano di lui posta con fare protettivo sul fianco di lei, non era la nipotina di sette anni ma sua figlia Veronica.
Erano molto teneri in quella posizione, questo era indubbio, ma il timore che sua figlia potesse cacciarsi in guai davvero pessimi perché stava riallacciando la relazione con il padre di sua figlia lo fece rabbrividire.
Non aveva mai scordato che Aaron Echolls era un folle criminale e che non solo era simpatico ma appariva come una stella in decadenza dall’aria rassicurante, come i padri che interpretava qualche tempo prima del suicidio di sua moglie Lynn.
Stava per chiamarli quando sua nipote apparve e gli fece cenno di fare silenzio.
- Nonno, noi andiamo- sussurrò la piccola- Lasciamo dormire mamma e papà.
Keith dovette annuire e, silenziosi come gatti, si allontanarono da casa Mars.

Il primo a svegliarsi fu Logan e non fu stupito di vedere che nel sonno lui e Veronica si erano avvicinati.
Non era affatto dispiaciuto di avere una mano sulla sua vita e adorava respirare quella fragranza così personale, quello che lui chiamava “profumo di Veronica” e che aveva rimpianto per diversi mesi dopo la loro brusca separazione.
Tese una mano verso di lei ed accarezzò quei capelli, perdendosi in quella massa bionda che adorava da una vita intera e ripensando a quando lo faceva mentre lei riposava nel suo letto della suite al Neptune Grand. Non era durata a lungo, forse soltanto una manciata di volte in quel mese scarso che era stato il periodo tra il diploma e il loro litigio, e sul momento non aveva neanche pensato a quanto gli piacesse sentire il suo respiro tranquillo e respirare l’aroma dei suoi capelli fino a quando non si erano separati in modo definitivo.
Cosa sta facendo? Perché lo fa? Logan, spiegami perché mi stai facendo tutto questo. Io… io mi sento bene eppure so che non dovrei. Non dovrei sentirmi così bene perché so che questo non è reale, che è solo un istante che svanirà non appena i miei occhi si apriranno. E’ bello poterti sentire così vicino ma non so quanto questo sia positivo. Perché questa è solo un’illusione ed io lo so.
- Veronica, sei sveglia?
Il suono della sua voce la fece sobbalzare. Aprì gli occhi e fissò Logan con aria smarrita, quasi non sapesse dove si trovava.
Poi saltò in piedi e corse in cucina, lasciando Logan con un palmo di naso a fissare il letto dove fino a qualche istante lei riposava pacificamente.
Veronica, aggrappata saldamente al tavolo della stanza, respirava a fatica.
Non sapeva perché aveva avuto quella reazione così violenta e non voleva indagare oltre. Era stato bellissimo lasciarsi accarezzare da Logan ma non voleva che lui sapesse che le piaceva. Tra loro non poteva esserci nulla di più che una pacifica amicizia e collaborazione per tirare su loro figlia, innanzitutto perché lui, tra le tante bellissime donne che potevano concedersi a lui, non avrebbe certo scelto la bassa ragazza di Neptune tutta pepe e lavoro, e poi non voleva provare di nuovo ad avere una relazione con lui perché le altre due volte le cose erano andate molto male e questa volta l’onda d’urto devastante della loro rottura avrebbe potuto investire anche un’innocente bambina di sette anni.
Improvvisamente Veronica si guardò attorno. Non aveva pensato a Lily fino a quel momento ed ora si chiedeva dove potesse essersi cacciata.
Corse verso la stanza da letto ma fu bloccata da Logan che ne usciva.
- Hai visto Lily?
Il pallore di Veronica spaventò non poco Logan.
- No. Quando mi sono svegliato lei non c’era. Hai chiesto a tuo padre?
Naturalmente lo sguardo di Veronica saettò verso il divano vuoto e l’uomo la vide rilassarsi sensibilmente.
- Deve essere andata via con papà. Per un attimo ho pensato… ho pensato che potessero averla presa… che le avessero fatto qualcosa…
- Mi dispiace Veronica. E’ colpa mia se tu ti preoccupi di questo.
La donna alzò il mento e lo guardò in volto. I suoi occhi erano lucidi.
- Ti sei scordato come va la vita a Neptune? Ricordi quanti mi adoravano al liceo? Ecco, la situazione è la stessa anche adesso. Nostra figlia viene discriminata perché è figlia mia, la insultano perché io sono sua madre e i più grandi hanno sempre cercato di farle del male proprio perché lei è Lily Mars. La storia non cambia, Logan. Io resto sempre Veronica Mars e i cugini, nipoti e figli di conoscenti di persone alle quali ho pestato i piedi odiano e denigrano Lily per il suo cognome ed il fatto che è mia figlia. Anche se hanno che l’ho adottata per loro la situazione non cambia e sarà sempre così. Lei è più in pericolo in quanto figlia mia piuttosto che per il fatto che è figlia tua. Sono io il genitore che mette in pericolo l’incolumità di nostra figlia.
- Ma tu hai vinto le elezioni per diventare sceriffo.
- E’ vero. Con il cinquantuno percento dei voti.
- Cosa vuoi dire?
- Che quarantanove persone su cento non hanno cambiato idea sul conto di Veronica Mars. E tu credi che ci siano molti zeronove tra i cinquantuno? Affatto. Io sono stata votata dai ceti più bassi e da qualche riccone dissidente che non dirà mai apertamente “Io appoggio lo sceriffo Mars”. Sono stata eletta ma nessuno ammetterà mai di aver votato in mio favore. Nessuno.
Logan la vide tirare su con il naso e assumere nuovamente il suo piglio deciso.
- Adesso devo andare in dipartimento. Tornerò appena possibile.
- Vengo con te.
- No!
- E’ sul mio caso che vai a lavorare quindi io esigo di vedere con i miei occhi come vanno le indagini sul mio conto.
- Non se ne parla neanche.
- Infatti non ne parleremo. Io ti accompagno a lavoro.
Detto questo fece un passo verso la porta.
- Sul venire con me al lavoro va bene ma tu non guiderai la mia auto fino a quando non avrò la certezza che ne sei in grado, chiaro?
Logan sorrise come era solito fare da ragazzo e andò a infilarsi qualcosa di consono all’occasione.

Eli Navarro sorrise mentre metteva una sedia in un angolo della stanza per permettere a Logan Echolls di accomodarsi nell’ufficio dello sceriffo senza disturbare il normale svolgimento delle attività.
- Grazie mille, agente Navarro.
- Non c’è di che, Mr Echolls. E comunque adesso sono tenente.
- Mi scusi per l’errore, tenente Navarro.
La serie di false moine che quei due stavano facendo iniziava a irritare profondamente lo sceriffo.
- Tenente Navarro, lei è pagato per lavorare e non per fare salotto con la vittima quindi adesso vada a prendere il materiale che il qui presente signor Echolls vuole visionare.
L’uomo sogghignò ma obbedì. Veronica era una cara amica ma ogni tanto era giusto stuzzicarla un po’, soprattutto se a dargli manforte era Logan Echolls, ragazzo che lui non sopportava ai tempi delle superiori ma artista della risata.
- E tu- sibilò Veronica quando Weevil fu fuori- evita di fare il cretino con il mio personale. Ti ricordo che sto lavorando per salvarti la vita.
- Lo so e te ne sono grato. Ma questo già lo sai e non starò a perdere tempo a ripetertelo o ti farei perdere tempo.
Veronica alzò gli occhi al cielo. Quando voleva Logan sapeva come esasperarla in pochi minuti.
- Quello che voglio dirti è che… se me lo permetterai, naturalmente… vorrei aiutarti.
- Logan… tu sei la vittima quindi è normale che mi fornisca la tua collaborazione.
- Non in quel senso.
- E in quale senso, se è lecito chiederlo?
Veronica adesso lo studiava con aria preoccupata.
- Vorrei lavorare qui in dipartimento. Naturalmente non ti chiedo una raccomandazione o altro…
- No. E con questo io ho chiuso la questione e non provare a dire di nuovo una cazzata simile o stavolta ti picchio a sangue.
Logan guardò sbalordito quel volto contratto dalla rabbia mal controllata.
- Veronica… non capisco…
- E’ il mio lavoro Logan, non il tuo. Tu trovati qualcosa da fare che non metta in pericolo la tua vita più di quanto già non lo sia. E smettiamola qui, ti prego.
Logan annuì. Aveva intuito che cosa non andava nella sua idea e si rese conto che era stato stupido da parte sua il solo pensare una cosa simile.
Veronica aveva più volte rischiato di perdere il padre perché questi si era cacciato in guai molto seri e presto anche Lily avrebbe capito quanto la madre rischiasse nel fare quel genere di lavoro, sempre che non l'avesse già scoperto andando a trovare la madre in ospedale. Se anche lui fosse diventato un poliziotto la paura di loro figlia sarebbe raddoppiata ed avrebbe rischiato di perdere entrambi i genitori invece che uno solo. Troppo per una bambina di sette anni che era scampata ad un’autobomba soltanto qualche settimana prima.
- Veronica, ho detto una grandissima stronzata e lo so, solo che io…
- Collabora in quanto vittima e sarai ugualmente d’aiuto.
- Mi sento inutile, Veronica- disse, alzandosi e avvicinandosi allo sceriffo- Non faccio mai nulla di nulla. Passo il tempo ad oziare e non dovrebbe essere così. Io ho voglia di lavorare, di rendermi utile.
- Lo so e mi dispiace Logan… ma non posso permetterti ancora di fare più di quanto già stai facendo. E’ per il tuo bene.
- Lo so che fai tutto quanto per il mio bene, Veronica- sussurrò chinandosi verso di lei attraverso la scrivania- E mi dispiace questo perché sono inutile ed incapace di aiutarti. Io combino casini su casini, ti devasto la vita e spendo i tuoi soldi ma non posso fare nulla per te.
- Fai da padre a nostra figlia. E’ questa la cosa più importante adesso.
- Per te sono proprio inutile, vero?
- Facendo da padre a Lily farai moltissimo, Logan. Non sai quanto sia stata male quando i compagni di scuola rimarcavano la mancanza di una figura paterna nella sua vita. Ha sofferto molto e stasera ti mostrerò delle foto, se lo desideri.
Logan annuì e sorrise. Si fidava ciecamente di Veronica e sapeva che non raccontava più panzane a riguardo di Lily da quando aveva rivelato che era sua figlia.
La porta fu spalancata da una pedata e subito Veronica e Logan furono da Eli Navarro per aiutarlo a trasportare uno scatolone di atti.
- Questo è tutto quello che abbiamo raccolto sul caso Echolls. Ho pensato che desiderasse visionarlo di persona.
Logan prese il primo foglio che gli capitò a tiro ed iniziò a leggere mentre Veronica mordicchiava una matita digitando qualcosa sulla tastiera del suo computer.
La donna aveva sotto gli occhi una fotografia del cadavere della ragazza suicidatasi al liceo Pan e la stava confrontando con una lista di fotografie di ragazze scomparse da casa negli ultimi mesi.
Non sapeva perché pensava che dovesse trattarsi di una ragazza scomparsa invece che una del posto ma sperava che la sua intuizione non fosse errata.
Weevil si sporse attraverso la scrivania per vedere cosa stesse facendo lo sceriffo.
- Veronica- disse- non è ancora arrivato il responso delle ricerche. Non sappiamo se avesse dei parenti qui a Neptune né altrove né se possiamo eseguire l’autopsia da te richiesta. Perché ti accanisci a cercarla su una lista di ragazze scompare da casa se non sappiamo da dove provenga?
- Io so che è scappata di casa.
Logan alzò la testa dal foglio con la testimonianza di Mindy Solomon, la donna che aveva avvisato l’ospedale dell’incidente occorso a Logan e rintracciata da Veronica stessa il giorno successivo.
- Di cosa parlate?
- La suicida che aveva la scarpa.
Logan guardò Eli con aria interrogativa.
- Veronica, non gli parli mai del suo caso?
- Certo che gliene parlo ma non posso scendere nei dettagli alle tre di notte.
- In effetti hai ragione… Gli riassumo io la situazione?
- Se vuoi…
Eli sbuffò. Quando lo sceriffo era impegnato era tempo sprecato rivolgerle la parola se non per parlarle del caso di cui si stava occupando.
Logan appoggiò il foglio sul piano della scrivania e ascoltò attentamente il tenente Navarro per la manciata di minuti che impiegò per chiarirgli la macabra scena che avevano visto la sera prima.
Logan si sporse per osservare la foto che Veronica aveva sul pc e impallidì.
- Veronica…
- Logan, non disturbarmi.
- Veronica, io la conosco quella ragazzina.
Immediatamente due paia d’occhi si posarono su di lui.
- Ha i capelli biondi ma sono certo che quella è Karen, la figlia del mio vecchio amico Patrick Hamilton.
Veronica immediatamente digitò il nome indicato da Logan ed immediatamente la foto di quella che era sicuramente la ragazza che cercavano.
Lunghi capelli scuri che incorniciavano un volto inconfondibile ed un sorriso disarmante, Karen Hamilton, un’esile ragazza di quindici anni compiuti qualche giorno prima, era segnalata nella pagina delle sparizioni del 23 Novembre.
Il padre, in data 24 Novembre, aveva scritto un toccante messaggio che chiedeva alla figlia di tornare da lui e che avrebbe fatto qualsiasi cosa per poterla riavere a casa sana e salva.
- Almeno adesso abbiamo un genitore a cui chiedere l’autorizzazione per fare questa autopsia. Non sono affatto convinta che sia soltanto un suicidio, Oltretutto, visto che il padre è un tuo amico, potrebbe essere maggiormente disposto a autorizzarci se tu potessi mettere una buona parola per mio conto. Magari vorrà anche sapere come stai, visto il vostro rapporto di amicizia.
- No, non penso proprio…
Veronica aggrottò la fronte mentre sul volto di Weevil si accese la luce della comprensione.
- Patrick Hamilton è l’ex marito di Maureen Sanders, vero?
A quel punto anche Veronica capì come mai l’uomo non potesse essere troppo ben disposto nei suoi confronti. Aveva letto sui rotocalchi della rovinosa fine di quell’amore durato sedici anni. In giugno il divorzio era diventato ufficiale ma il fattaccio risaliva al 2009, quando Logan Echolls si era fatto pizzicare in compagnia dell’attrice di soap opera Maureen Sanders. La donna aveva abbandonato il marito per stare con lui, Logan l’aveva scaricata una settimana più tardi per l’avvenente ventenne che interpretava la figlia della donna nel programma televisivo, scatenando altre furiose polemiche.
- Comunque dobbiamo avvisarlo che sua figlia è stata ritrovata.
- E che è collegata ai tentativi di uccidermi.
Veronica annuì e cercò on-line un qualche numero di telefono per contattare il produttore Patrick Hamilton.

Patrick Hamilton era seduto alla sua scrivania ma aveva la testa altrove.
Quel tizio dalle spalle larghe era stato molto chiaro a proposito quando era entrato nel suo ufficio. Avrebbe riavuto sua figlia soltanto nel caso in cui avesse firmato quelle carte in bianco, senza chiedere per cosa fossero o altro. Doveva soltanto firmare e tacere.
Purtroppo lui aveva tirato la corda, rifiutandosi di firmare fino a quando non avesse visto cosa stava firmando, e quest’uomo qualche giorno prima gli aveva inviato un disco che conteneva la sequenza del sequestro.
Vedeva le gambe della figlia, esili come quelle della madre, muoversi verso la telecamera ed improvvisamente cadere, sbucciandosi le ginocchia, proprio davanti alla telecamera. Un uomo stava legando le sottili braccia strette al corpo e, sciolta la cravatta della divisa dell’istituto privato in cui studiava, la bendava. Gli ultimi secondi mostravano Karen che veniva spinta in un furgoncino anonimo.
Poi lo schermo divenne nero ed apparve la scritta “Non hai firmato? Allora tua figlia andrà da Nettuno a Marte”.
Si era scervellato per giorni per capire dove sua figlia si trovasse e cosa significassero i due pianeti.
Fu richiamato alla realtà dal suono dell’interfono.
- Sì?
- Signore, c’è una donna che vuole parlarvi.
La voce di miss Molly Prescott non era il solito cinguettare e questo lo demoralizzò ancora di più.
- Non voglio sentire nessuno. Dille di richiamare dopo le feste.
Ci fu qualche secondo di silenzio poi la comunicazione riprese.
- Signore, la signorina Mars dice che deve parlarle urgentemente ma non vuole dirmi di quale argomento si tratta.
- Mars?
- Sì. E’ lo sceriffo di Neptune, California.
- Passamela immediatamente.
In pochi istanti Patrick Hamilton sentì la voce di una donna.
- Parlo con il signor Patrick Hamilton?
- Sì.
L’uomo iniziò a lisciarsi nervosamente i baffi in attesa che la donna gli dicesse qualcosa della figlia.
- Mi spiace averla importunata.
- Non mi disturba affatto. Mi dica, Karen sta bene?
Veronica tacque per un istante.
- Signor Hamilton, non so come lei sappia che è di sua figlia che voglio parlarle…
- E’… è scappata di casa. Avevamo litigato- sussurrò passando una mano tra i folti capelli brizzolati.
Veronica lanciò un’occhiata gli uomini che la fissavano.
Dal tono di voce si capiva che l’uomo all’altro capo del telefono era in lacrime e lei era quella che doveva devastarlo.
- Signor Hamilton, sua figlia è stata trovata al liceo Pan di Neptune.
- Sta bene?
- Signor Hamilton, sua figlia è morta.
- Co… cosa? Ma…
- Pare che abbia usato una sciarpa.
Nessun rumore dall’altro capo del telefono.
- Signor Hamilton, mi dispiace molto…
- L’ho uccisa, se ne rende conto?
- Non è colpa sua.
- L’ho persa per una sciocchezza simile!
- Signor Hamilton…
- Sì, signorina Mars?
- Dovrebbe venire qui per… per il riconoscimento del cadavere e per... per il consenso ad eseguire una autopsia che ne accerti la causa di morte. Lo so che è difficile per lei farlo…
- Sarò lì il prima possibile, sceriffo Mars, ma non posso spostarmi prima di una settimana. Devo…
- Signore, le faxo il modulo per il consenso all’autopsia.
- Come mai questa fretta?
Veronica guardò Logan e sospirò.
- Stiamo indagando su un giro di baby prostitute, signore, e l’autopsia serve per escludere senza ombra di dubbio sua figlia dalla lista di possibili vittime.
- Va… va bene.
In pochi minuti il modulo tornò indietro compilato e firmato.
- Grazie per la sua collaborazione, signor Hamilton, e sentite condoglianze da parte del dipartimento di polizia di Neptune.
L’uomo borbottò qualcosa e riagganciò.
- E’ l’ultima volta che ti copro, chiaro Logan?
L’uomo annuì e sperò con tutto il cuore di non dover mai dire a Patrick Hamilton che sua figlia era stata uccisa per un motivo connesso al suo tentativo di omicidio.

Alla fine di quella giornata di lavoro sulla scrivania dello sceriffo Veronica Mars c’era una nuova cartella zeppa di fogli e dati.
La vittima era Karen Hamilton, nata a New York il 18 dicembre 1998 da Maureen Sanders e Patrick Hamilton. Aveva studiato tutta la vita nelle migliori scuole private di New York. I suoi risultati scolastici erano mediocri e vi erano molti rapporti disciplinari in cui erano menzionate la sua promiscuità. Tra le carte, non si sa come, vi era anche una lista di domande che i tre riconobbero subito: era un test di purezza simile a quello per il quale durante il loro secondo anno di liceo l’intero liceo di Neptune aveva dato di matto e che aveva creato il legame di amicizia ancora esistente con Mac.
- Porca miseria, Veronica! Questa era più sgualdrina di te!- disse Weevil indicando il venti di Karen Hamilton. Logan scosse la testa.
- Ti sbagli Weevil. Veronica aveva meno. Non è vero porcellina?
Veronica per tutta risposta pizzicò Logan.
- Quanto ti fecero risultare, Veronica? Diciannove?
- Ehi, guarda che fonti attendibili mi dicono si era passata in tutti i versi l’intera squadra di nuoto!
- La smetti, Logan Echolls? Qui sto lavorando. Ed anche tu dovresti farlo, tenente Navarro, se non vuoi essere degradato.
- Lo sceriffo ha degli ottimi argomenti, eh?
- Sempre.
- Comunque, se proprio vuoi saperlo… era quattordici.
- Con un punteggio simile le squadre di nuoto dovevano essere almeno tre!- esclamò Eli ma l’occhiataccia di Veronica lo zittì prima che potesse aggiungere altro.
- Continuiamo a controllare quale collegamento c’è tra il signor Echolls e quella ragazzina. Logan, sei sicuro di non aver fatto qualcosa prima di partire? Qualcosa che potrebbe aver spinto quella ragazzina a venire da te.
- Veronica, ti ripeto per la milionesima volta che non vado a letto con una minorenne, soprattutto se so che ha solo quindici anni.
- Magari perché se ti pizzicavano i genitori come minimo ti scuoiavano.
L’occhiata di Logan era piuttosto eloquente e Weevil si zittì nuovamente.
Osservava da mesi l’evoluzione di quella situazione di convivenza tra i due ex ed era pronto a scommettere che presto qualcosa sarebbe cambiato. Quando Veronica non lo vedeva Logan la osservava e sorrideva appena, solo con un angolo della bocca, quasi come se avesse paura che lei potesse scoprirlo. Dal canto suo Veronica non sembrava rendersi conto di quanto stesse accadendo e neanche del fatto che il suo sguardo era diverso quando si rivolgeva a Logan. C’era della chimica tra quei due e Eli Navarro sospettava che l’ostacolo fosse la paura di poter fallire nuovamente con quel rapporto ballerino che li aveva uniti e separati troppo spesso.

Era ormai notte fonda eppure Veronica non si decideva a smettere di lavorare.
Non era una novità che facesse tardi con le indagini ma quella era la prima volta che non era sola nel suo ufficio. Infatti Logan l’aveva stoicamente aiutata fino a quando, trenta minuti prima, non era crollato sul tavolo e si era addormentato.
Anche Veronica era molto stanca ma non riusciva a smettere di lavorare al computer per mettere a posto tutti i pezzi del puzzle ma non riusciva proprio a capire come potesse essere collegata con il tentato omicidio di Logan.
Una vendetta della donna tradita è assai improbabile e lo stesso vale per l’ex marito. Inoltre non so con quali soldi Logan potrebbe pagare qualcuno per uccidere una ragazzina né come avrebbe potuto farlo. Quella ragazzina e la sua famiglia sono comunque invischiate in questa faccenda. Ma come? Possibile che quell’uomo mi abbia nascosto qualcosa? E perché non si precipita qui a recuperare la salma della figlia? Sarebbe stata una reazione più che normale per un uomo disperato. Quel signor Hamilton non me la racconta giusta. Devo indagare anche sul suo conto.
Continuò a fare ricerche su quell’uomo e continuò a digitare parole chiave sul motore di ricerca fino a quando, esausta, rischiò di cedere al sonno.
Si diede un pizzicotto e riprese a lavorare concentrandosi sul tenere gli occhi ben aperti.
Le sue mani erano rosse e gonfie quando Logan, poco prima dell’alba, si svegliò e la trovò con il volto a pochi centimetri dallo schermo del computer, decisa a fare ricerche anche fino alla mattina dopo.
- Buongiorno.
Veronica grugnì.
- Veronica, non sei una bambina quindi non ti farò la solita paternale sul fatto che ti rovini la vista se stai così vicina allo schermo… ma è esattamente quello che dovrei fare. Hai lavorato tutta la notte?
Veronica grugnì di nuovo.
- Sei molto loquace stamattina.
- Smettila Logan, sono stanca.
- Sai che dovresti andare a dormire?
- Non ora. Ho da fare.
- Non penso proprio.
Detto questo Logan afferrò la sedia di Veronica e la spinse lontano dalla scrivania, trascinando lo sceriffo.
Veronica si alzò e si diresse verso lo strumento ma prima che potesse raggiungerlo Logan l’aveva afferrata e messa in spalla.
- Quanto pesi!- sibilò mentre faceva faticosamente qualche passo verso l’uscita del commissariato.
Veronica non gridava ma si dibatteva come un pesce agonizzante e quando giunsero nell’atrio furono molte le persone che si voltarono ad osservare quello che per tutti tranne che per uno sghignazzante Eli Navarro appena arrivato sembrava un vero e proprio sequestro di persona.
- Vi riporterò domani il vostro sceriffo- annunciò Logan mentre apriva la porta ed iniziava a scendere le scale.
Fu felice di notare che Veronica dormiva quando, affaticato, la depose sul sedile passeggero e le metteva la cintura di sicurezza.

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Capitolo 19
*** Capitolo Diciotto ***


Capitolo Diciotto

Il cellulare dello sceriffo Mars iniziò a squillare intorno alle undici e Logan si sbrigò a rispondere al posto della donna.
Il sole era appena sorto quando Logan aveva portato a braccia Veronica in casa e l’aveva messa a letto, stando molto attento a non interrompere il suo riposo.
Lui si era sistemato sul divano ma prima aveva recuperato il suo cellulare per evitare che questo la svegliasse. Era suo dovere concederle un po’ di tregua visto che praticamente per due giorni si era dedicata ininterrottamente al suo caso.
L’uomo, svegliatosi da poco, afferrò il telefono prima che potesse squillare una seconda volta.
- Pronto?
- Logan?
- Sei tu Weevil?
- Sì. Devo parlare immediatamente con Veronica.
- Sta dormendo. E’ stata in piedi tutta la notte ed in questi giorni non ha dormito molto. Puoi dirlo a me?
- Mi spiace ma no. Non posso darti informazioni che devo comunicare allo sceriffo.
- Lo so che è una questione urgente ma non è possibile concederle ancora un altro paio di ore di sonno? E’ esausta.
Logan sentì l’uomo sospirare.
- Mi spiace Logan ma è davvero il caso di svegliarla. Si tratta di Patrick Hamilton.
- Cosa è successo?
- Non posso dirtelo.
- Devi dirmelo! E’ collegato al mio caso ed era anche un mio amico, Eli!
- Non posso Logan. Mi dispiace.
- Pretendo che tu mi dica cosa è successo a Patrick!
- Ed io pretendo di sapere cosa ci fai con il mio telefono cellulare in mano, Logan Echolls.
Veronica era a pochi metri da lui e sembrava molto irritata.
- E’ il tenente Navarro- disse tendendole l’apparecchio.
Veronica prese il telefono e meno di un minuto dopo lo spense.
- Cosa credevi di fare?
- Scusai Veronica, ho sbagliato.
- No, non hai sbagliato. Sei stato molto gentile a prendere quella telefonata per me ma non ce n’era bisogno. Non sarebbe stata la prima volta che Eli mi butta giù dal letto dopo una notte insonne.
- Ma stavolta non eri sola in casa. Potevo prenderla io quella telefonata e l’ho fatto perché eri talmente stanca… Volevo fare qualcosa di concreto per esserti d’aiuto.
- Mi sei stato d’aiuto e mi sarai ancora più d’aiuto se andrai a stare a casa di mio padre per restarvi senza fare storie.
- Cosa succede?
- Nulla.
- So che c’entra Patrick.
- Non sono affari che ti riguardino.
- Sono quasi stato ammazzato e lui c’entra qualcosa.
- Proprio perché questo qualcosa deve essere qualcosa di molto concreto devo chiederti di starne fuori.
- Cosa è successo?
- Ha avuto un incidente. E’ in gravi condizioni in una clinica privata di New York e noi dobbiamo andare da lui prima che qualcuno arrivi prima di noi per farlo tacere in eterno.
- Non puoi chiedermi di restare qui.
- Non te lo chiedo. Il mio è un ordine, Logan.
- Potrei esserti utile. Conosco quella città come le mie tasche, conosco tutte le persone più in vista…
- E magari è proprio una di loro che voleva ucciderti. Non posso farti da babysitter per New York. Ti prego Logan, almeno in questa occasione dai retta a me e va a stare da mio padre e Lily. Io tornerò tra un paio di giorni, tre al massimo.
Logan abbassò il capo e sospirò.
- Non sono affatto tranquillo per come potrebbero mettersi le cose ma va bene. Se sono davvero un peso per te, se ti sarei davvero così inutile e d’impiccio a New York… io resterò qui a Neptune ad aspettare il tuo ritorno assieme a nostra figlia.
- Grazie per la comprensione.
- Però pretendo una cosa da te: devi giurami che sarai sempre all’erta, che sarai sempre in compagnia di un altro poliziotto in grado di darti manforte, che non ti caccerai in guai più grandi di te e che se fossi in pericolo scapperai a gambe levate per tornare qui da noi.
- Questa non è una cosa. Sono quattro.
- Non scherzare. Parlo seriamente.
Detto questo Logan si allontanò dalla donna che stava per andarsene.

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Capitolo 20
*** Capitolo Diciannove ***


Capitolo Diciannove

Nota dell'autrice:aggiornamento straordinario del Primo Maggio. Non era mia intenzione pubblicarlo così presto ma ho deciso di condividere con voi questo nuovo capitolo prima del previsto. Vi ringrazio tutti per le splendide recensioni e vi auguro buon divertimento.

L’aereo della Pan-am era atterrato a New York alle ore 10 di un freddo e uggioso mattino newyorkese e già lo sceriffo Veronica Mars era di pessimo umore.
L’aereo su cui viaggiava in compagnia del tenente Eli Navarro era stato costretto a fare scalo a Washington per un guasto e il ritardo di ben quattro ore la irritava non poco.
Voleva arrivare all’ospedale dove era stato ricoverato Patrick Hamilton il prima possile.
Il tenente Navarro l’aveva chiamata la mattina precedente per avvertirla che il signor Hamilton era stato trovato nel suo ufficio con una pallottola nel petto ed una pistola stretta nella mano destra.
Era saltata sul primo aereo che avevano trovato ma quel contrattempo aveva mandato in fumo tutti i suoi piani.
- Chiama un taxi- ringhiò all’amico che l’aveva accompagnata- Io devo fare una telefonata a casa.
- Già ti manca?
- Non farti strane idee, Eli. Logan non mi manca affatto.
Weevil sorrise e Veronica sentì l’impulso di strangolarlo.
- Io parlavo di tua figlia, sceriffo.
Ma porcaccia miseria! Ci son cascata con tutte le scarpe nel suo sporco giochetto! So benissimo che voleva provocarmi e che accennava a Logan ma no, lui vuole giocare… vuole divertirsi alle mie spalle… vuole ridere di me con tutta la centrale… Uffa! E’ inutile rimuginarci tanto. Ormai l’ha fatto… tanto vale che chiami casa e parli anche con lui. In fondo sto lavorando per lui.
Usci dall’ampio atrio dell’aeroporto e compose il numero di telefono dell’abitazione del padre.
Fu sorpresa quando a risponderle fu Logan.
- Pronto?
- Logan?
- Ciao Veronica.
- Dove sono Lily e mio padre?
- Lily non sta molto bene e tuo padre l’ha portata all’ambulatorio medico per una visita.
Al suono di quelle parole Veronica strinse con forza la cornetta. Se sua figlia diceva di non sentirsi bene doveva stare davvero male. Non era da lei lamentarsi tanto per una semplice infreddatura.
- Ha la febbre?
- Un pochino. Sono le orecchie che le fanno molto male.
- Perché non sei andato con lei?
- Sapevamo che entro breve avresti telefonato e tuo padre mi ha detto che era meglio se io restavo qui a prendere la telefonata e tranquillizzarti. Penso che non sia nulla di troppo serio.
- Tu non conosci nostra figlia. Se si lamenta vuol dire che sta davvero male, Logan.
- Calmati, ok? Lily sarà guarita per il tuo ritorno.
- Scusami ma…
Logan sentì un singhiozzo soffocato dall’altra parte e comprese quanto potesse essere preoccupata la sua ex ragazza per la salute della loro bambina.
- Veronica, non piangere. Starà benissimo.
- Non sto piangendo- singhiozzò tirando su con il naso.
- Ci credo. Tant’è vero che io mi chiamo Pasquale!
- Non scherzare.
- E tu non negare di avere dei sentimenti- ribattè brusco, poi addolcì il suo tono di voce- E’ normale essere preoccupati se una persona amata sta male, Veronica, quindi non nasconderlo. Io ti capisco perfettamente perché sono preoccupato quanto te per Lily. E’… è la prima volta che sono presente quando la mia bambina si ammala e non so se sarò all’altezza di fare anche le tue veci. Sarà la prima volta che sarò davvero un genitore per nostra figlia perché dipenderà completamente da me, uno sconosciuto che ha amato come un padre sin dal primo momento.
Eli Navarro aprì la bocca per informare il suo capo che era arrivato il taxi ma ci ripensò immediatamente. Vide Veronica con una mano davanti alla bocca e il volto bagnato dalle lacrime ma non sembrava triste. Tra le dita era visibile il suo sorriso e adesso piangeva perchè sinceramente commossa per le parole appena dette da Logan.
- Ti affido nostra figlia- sussurrò- Abbine cura.
Senza dire altro riagganciò, lasciando Logan soddisfatto per essere riuscito a calmarla almeno un po’.

Con il suo studiatissimo passo da sceriffo Veronica fece il suo ingresso nell’ampio atrio pavimentato di marmo di quell’enorme clinica privata dove il tentato suicida era stato ricoverato.
Aveva indossato quelli che Weevil chiamava “stivali da sfondamento” ossia dei vecchi stivali pieni di graffi e molto pesanti che, se indossati in ampie stanze come quella, facevano un baccano immenso ed impedivano agli impiegati della stanza di dire “non mi ero accorto che fosse entrata”.
Subito un uomo stempiato addetto all’accoglienza dei pazienti si avvicinò.
- Signora, posso esservi utile?
- Sì- disse mentre gli mostrava il suo distintivo e quello del collega- Io sono lo sceriffo di Neptune, California. Il mio nome è Veronica Mars mentre questo è il sergente Eli Navarro. Vorremmo sapere in quale stanza riposa il signor Hamilton.
- Mi spiace sceriffo ma non posso esaudire la sua richiesta.
- Lei sa che in questo modo sta intralciando le indagini?
L’uomo annuì.
- Lo so ma non posso.
- Come mai?
- Sceriffo Mars, devo informarvi che il signor Patrick Hamilton è morto questa notte intorno alle tre. Si è trattato di un arresto respiratorio.
- Ne è certo?
L’uomo annuì.
- Va bene. Possiamo almeno vedere la salma?
- Lo conoscevate?
- Sì, in un certo senso.
La prontezza di Weevil fece sorridere Veronica. Aveva fatto bene a portarlo con lei.
- In un certo senso?
- Siamo qui in vece del signor Echolls. Dovevamo consegnare al suo amico Patrick un suo messaggio.
- Non vi credo- disse l’uomo guardandosi attorno- Ma non mi piace affatto il modo in cui è morto.
Quella frase sussurrata fece drizzare le antenne a Veronica.
- Cosa intende dire con “il modo in cui è morto”?
L’uomo fece cenno di seguirlo ed in men che non si dica i tre furono nell’obitorio.
- L’ex signora Hamilton arriverà in serata e nel frattempo l’hanno messo in una cella frigorifera.
L’uomo guardò la lavagnetta dove erano elencate le trenta celle frigorifere con accanto il nome dell’occupante e l’aprì, mostrando ai due il cadavere del noto newyorkese.
- Vedete, io qui conosco tutto e tutti. Lavoro in questa clinica da trent’anni ed ho parlato spesso con il povero signor Hamilton. Non lo conoscevo tanto bene da poter dire che non avrebbe mai pensato al suicidio ma posso assicurarvi che non è stato lui a sparare quel colpo.
- Perché?- chiese Eli.
Per tutta risposta l’uomo sollevò la mano sinistra dell’uomo, mostrando il medio segnato da un chiarissimo callo dello scrittore.
- Patrick Hamilton era mancino.
- E con questo?
- La pallottola ha bucato il polmone sinistro.
- Non è impossibile spararsi al polmone sinistro con la mano sinistra.
- Questo è vero, tenente Navarro, ma è molto scomodo- rispose Veronica - Inoltre suicidarsi con una pallottola al polmone è una pazzia. Si muore dissanguati ma tra atroci dolori. Se ha sparato a sinistra avrebbe dovuto puntare al cuore o alla testa. Avrebbe sofferto molto meno e avrebbe avuto pochissime speranze di sopravvivere. Se invece un destro gli avesse sparato con il preciso intento di farlo soffrire come un cane tutto questo avrebbe avuto molto più senso.
- Soprattutto perché il signor Hamilton è stato trovato con la pistola nella mano destra, sceriffo.
- Quindi lei sospetta che si sia trattato di omicidio.
L’uomo annuì.
- Ha qualche altra informazione da darci?
- No, penso di no.
La donna annuì.
- La ringrazio molto signor… che maleducati! Non le abbiamo neanche chiesto come si chiama.
-Porter. Mark Porter. Mi fa molto piacere conoscerla, sceriffo Mars. Ho sentito parlare molto di voi.
Veronica aggrottò la fronte, incuriosita da questa informazione.
- Cosa vuole dire?
- Voi non siete Veronica Mars, sceriffo di Neptune, California?
- Sì.
- Allora non sbaglio. Era proprio di voi che il signor Echolls parlava.
- Lei conosce Logan Echolls?
L’uomo annuì.
- Certo che lo conosco. Quante volte è arrivato qui per farsi medicare!
- Medicare?
- Sì. Le solite risse, nulla di speciale. Non si è mai fatto molto male. Noi lo coprivamo con la scusa delle analisi o di altro per evitare che i paparazzi si avventassero tutti su di lui. Era molto seguito.
- Sì, se ne è accorta- intervenne Weevil ridacchiando.
- Fatto sta che parlava spesso di Veronica Mars. Diceva “Veronica Mars se la sarebbe cavata in questo modo…” e “la mia amica Veronica non avrebbe mai fatto una cosa simile…” quando era sobrio, raccontandomi delle vostre indagini al limite della legalità. Quando era sbronzo invece vi chiamava.
- Mi chiamava?
- Sì. Invocava il vostro aiuto mentre era sveglio e vi pregava di non andarvene mentre dormiva.
La donna annuì e sorrise.
- La ringrazio per l’aiuto signor Porter. Ora il mio collega ed io dobbiamo andarcene ma mi ha fatto molto piacere conoscerla.
Detto questo Veronica Mars si allontanò da quella clinica, decisa più che mai a fare luce sulle risse di Logan e a mettere le mani su qualsiasi documento si trovasse nell’ufficio del signor Hamilton.

Logan guardò preoccupato il visino arrossato della figlia e sorrise.
Il medico le aveva diagnosticato una parotite ed ora il padre la stava premurosamente imboccando.
Aveva preferito evitare di dire a Veronica che lui immaginava potesse trattarsi di quella malattia. La parotite, comunemente definita con il nome di orecchioni, era una malattia tipica dell’infanzia che guariva molto in fretta ma preferiva non farla preoccupare troppo mentre era concentrata su quel caso.
Era molto nervoso, soprattutto adesso che aveva sentito singhiozzare Veronica. La capiva perfettamente e sapeva quanto doveva essere difficile per lei lavorare e non poter correre dalla sua bambina ma non poteva permetterle di lasciar perdere, non tanto perché si trattava del suo caso ma perché la notizia del tentato suicidio di Patrick Hamilton era diventata di dominio pubblico la sera prima e quella della sua morte lo era da quella mattina.
Sapeva che Veronica non era arrivata in tempo per interrogarlo ma di certo lei, la ficcanaso più in gamba che avesse mai conosciuto, sarebbe stata in grado di trovare qualcosa anche senza quell’importante testimone.
Improvvisamente si trovò a pensare a Mark Porter e a quanto aveva fatto per lui quel simpatico vecchietto. Quante volte aveva sorseggiato un cappuccino nella sua guardiola, leggendo il giornale in attesa che i suoi bodyguard lo raggiungessero per portarlo a casa!
Pensò a quante volte doveva avergli parlato di Neptune e soprattutto della studentessa bionda che gli aveva rapito il cuore con naturalezza e che con la stessa semplicità l’aveva devastato. Conoscendo quel chiacchierone del portinaio Logan immaginò che ne avesse parlato anche con lei e lui si sorprese di non essere affatto imbarazzato da quell’eventualità.
Lily guardò il padre e sorrise.
- Pensi alla mamma, vero?
Logan guardò la sua bambina e quel sorriso deformato dalle guance rosse e gonfie.
- Sì tesoro. Pensavo proprio alla mamma.
- Non preoccuparti. Lei è bravissima e certamente tra un paio di giorni tornerà a casa.
- Lo so. La mamma è uno sceriffo bravissimo.
La bimba annuì.
- E’ sempre stata bravissima. Mi ricordo quando io e nonno andavamo alla centrale a prenderla dopo il servizio. Era in palestra e si allenava perché lo sceriffo di prima era cattivo e la mandava nei posti bui.
- Nei posti bui?
La piccola annuì con vigore.
- Sì sì. Mamma doveva portare sempre la pistola e qualche volta l’hanno portata anche all’ospedale. Io non ho paura quando mamma va nei posti bui ma quando la portano là ne ho tanta. Non mi piace l’odore che c’è lì, non mi piacciono i dottori e soprattutto non mi piacciono le ferite.
- Neanche a me piacciono le ferite.
- A me non piaceva che tu avessi le gambe rotte.
- Adesso sto bene.
- E non mi piace che qualcuno faccia del male al nonno o a te o alla mamma.
L’espressione corrucciata della bambina spinse Logan a darle un buffetto sul naso per farla sorridere.
- Se a New York va tutto bene molto presto nessuno vorrà più farmi del male.
- E se non va tutto bene? Cosa succede alla mamma se non va tutto bene?
- Andrà tutto bene. La mamma tornerà e tu sarai guarita.
- E tu papà?
- Io? Io sarò lo stesso uomo ma sarò molto felice perché le donne della mia vita staranno meglio.
La piccola si strinse al padre con forza e lui ricambiò con il medesimo affetto quell’abbraccio.
Keith Mars sospirò. Aveva sentito tutto il discorso tra padre e figlia ed era sempre più preoccupato per come sarebbero potute andare a finire le cose. Ma questa volta non era preoccupato per il fatto che Logan si potesse allontanare da Veronica e Lily. Era preoccupato per come si sarebbero potute concludere le indagini e per il destino del padre di sua nipote.

Weevil guardò nuovamente l’orologio e sbuffò.
Stava flirtando con la segretaria di Patrick Hamilton da quaranta minuti e non ne poteva più di quella logorroica rossa che sciorinava profili astrologici e consigli secondo il Feng Shui mentre sbatteva le ciglia con fare ammiccante.
Era una bella donna, questo non poteva negarlo, e quell’abitino striminzito metteva in risalto le curve del suo corpo ma Eli non apprezzava molto quel suo costante chiacchiericcio e, soprattutto, a lui non erano mai piaciute le rosse.
Eli Navarro adorava i grandi occhi scuri di Samantha MorningSide e quel suo sorriso timido che gli rivolgeva quando chiacchieravano nell’attesa che Ophelia scegliesse un nuovo libro da portare a casa. La piccola bibliotecaria, che con le sue dita sottili schiacciava i tasti per registrare il prestito del libro scelto dalla nipotina del tenente, era una presenza fissa nei suoi sogni e nessuna newyorkese ciarliera poteva fargliela dimenticare.
Veronica nel frattempo si era infiltrata nell’ufficio e stava facendo il possibile per trovare la password per entrare nel computer del signor Hamilton.
Aveva già controllato tutta la documentazione sul tavolo e negli archivi ma sapeva già che ciò che cercava non poteva essere in vista e neanche conservato quindi era passata al cestino della carta straccia ma neanche in quello aveva trovato nulla di significativo così era passata al computer con il suo complicatissimo sistema di sicurezza.
Maledizione! Questa ferraglia non vuole proprio collaborare. Ho tentato ogni password possibile ed immaginabile ma niente! Di certo non posso chiedere a Mac di aiutarmi… come diavolo faccio a sapere chi ti ha ammazzato se tu non mi aiuti a entrare in questo stupido computer, Patrick Hamilton? Di certo non puoi essere stato tanto imprudente da usare il tuo nome come password!
Infuriata digitò il nome dell’uomo nello spazio della password e diede invio.
Neanche questa volta il computer le permise l’accesso.
Furiosa, Veronica afferrò la spillatrice e fece per dare una martellata allo schermo LCD quando si fermò.
Il vicepreside del suo liceo aveva appuntato sotto la sua puntatrice le password per le diverse cartelle del computer. Perché Patrick Hamilton non poteva aver fatto la stessa cosa o almeno usato un procedimento simile? In fondo non era molto giovane e con tutti i suoi impegni forse aveva appuntato da qualche parte le parole chiave.
Veronica sollevò tutto ciò che trovò nella stanza poi, ormai frustrata, sollevò anche ogni soprammobile sulla scrivania. Fu sotto il monitor che la donna trovò il foglietto con tutte le parole che cercava.
Rapida prese la penna USB che aveva nascosto negli stivali e scaricò tutto ciò che poteva essere minimamente interessante poi, rapida, scivolò nuovamente nella hall e fece cenno ad un sollevato Weevil che poteva smettere chi chiacchierare con la segretaria.

Solo quando furono nella camera da letto della casa gentilmente offerta da Mac, seduti su un morbido letto matrimoniale e con una quantità industriale di prodotti di fast food Weevil le rivolse nuovamente la parola.
- Come minimo mi devi offrire il viaggio di ritorno- disse.
- Non basterebbe un caffè da Starbucks?
- Mi spiace ma neanche un’autobotte di caffè potrebbe ripagarmi per la tortura di aver chiacchierato con quella piattola.
- Hai scoperto qualcosa di interessante?
L’uomo annuì.
- Sì. Ho scoperto che ieri le ha dato la giornata libera.
- Questo non è significativo.
- Lo è se pensi che ha improvvisamente annullato tutti gli impegni di quel giorno ma non l’incontro con il regista del suo prossimo spettacolo più o meno alla stessa ora del suo tentato suicidio. Se vuoi ucciderti non inviti qualcuno proprio mentre sei morente. Potresti essere salvato.
La donna annuì.
- Altro?
- Nulla. Era troppo impegnata a raccontarmi come devo orientare i mobili di casa mia per avere maggiore fortuna.
- Capisco.
- E tu cosa hai fatto in quell’ufficio?
- Ho litigato con il computer fino a quando non ho ripensato al preside Clemmons.
- Cosa c’entra lui?
- Una vecchia storia di password e schedari.
- Solo tu conosci aneddoti simili, Veronica.
- Evitiamo di divagare. Ho preso parecchio materiale dal suo database e dalla casella di posta ma dovrò chiedere a qualcuno del dipartimento di rintracciare anche quelle cancellate. Devo sapere tutto di quelle e-mail. Forse lì c’è la chiave di tutto questo.
- Perché me lo dici?
Veronica gli porse la penna USB.
- Devi inviare questi dati a mio padre e al dipartimento mentre domattina tornerai a Neptune.
- Cosa? Tu non torni?
- Devo fare un paio di cosucce.
- Come andare a cercare informazioni di Logan nei bassifondi? No, non posso lasciarti andare da sola in quei quartieri, Veronica Mars.
- Ti ricordo che sono secoli che ho a che fare con i Fitzpatrick.
Il sorriso sardonico di Weevil la fece imbestialire.
- Questa è la Grande Mela, baby. Neptune in confronto è un’oasi felice. Lascia fare a me. Sei tu quella che dovrebbe tornare a Neptune visto che tua figlia non sta bene. Io me la caverò, non preoccuparti per me.
- Non sarebbe professionale lasciarti solo. Siamo una squadra.
- Veronica, tu sei una madre prima di uno sceriffo.
Weevil vide la commozione in quegli occhi chiari e, alzatosi, la salutò frettolosamente. Sapeva che Veronica Mars non amava che qualcuno vedesse la sua commozione, soprattutto se le lacrime le salivano agli occhi due volte durante la stessa giornata.

Erano quasi le undici quando il telefono della stanza in cui alloggiava lo sceriffo Mars squillò.
Veronica si era addormentata con la televisione accesa e trovò il telefono a tastoni.
- Pronto?
- Ciao mamma.
Veronica fu completamente sveglia in un istante. La voce della sua bambina era estremamente bassa quindi significava che non stava bene.
- Tesorino, non stai bene?
- No mamma. Non sto bene.
- Allora fai la brava e fila subito a nanna. Io torno domattina.
- Davvero? Così presto?
- Sì.
- Allora ci vediamo domani! Ti passo papà.
Immediatamente la cornetta passò da Lily a Logan e Veronica sentì suo padre chiedere all’uomo di salutargli la figlia mentre lui portava a letto la nipotina.
- Pronto?
- Logan, cosa ha Lily?
- Torni domattina?
- Come sta nostra figlia?
- Ti devo venire a prendere all’aeroporto?
- Logan, non cambiare argomento.
- Ha la parotite.
- Lily ha gli orecchioni?
- Sì. La febbre non è molto alta ed il medico ha detto che in pochi giorni anche il dolore passerà. La sto tenendo al caldo e le ho fatto mangiare una bella minestrina a pranzo e a cena visto che dire che le fa male ingoiare. Le ho somministrato l’antipiretico ogni otto ore ma nessun antidolorifico perché, come hai detto tu, abbiamo una bambina che sopporta bene il dolore. Non devi preoccuparti.
- Non mi preoccupo. Lily ha un ottimo padre.
- Grazie per le belle parole, Veronica. Adesso risponderai alle mie domande?
- Certamente. Domattina torno a Neptune. Puoi prenotarmi tu un posto sul primo volo del mattino?
- Sarà fatto. Ma perché solo uno?
- Weevil resterà qui per indagare sulle risse di un certo produttore di Broadway di tua conoscenza.
- Mark Porter, vero?
- Sì. Lo trovo adorabile.
- E’ un brav’uomo. Chiacchiera molto ma sono felice che l’abbia fatto.
- Logan… perché non mi hai detto delle risse?
- Forse perché preferisco non pensarci. Io sono quello che sono adesso soltanto grazie a quell’incidente. Hai visto anche tu i rotocalchi e sai cosa ho fatto in questi anni, quanto valevano per me le amicizie e quanto io sia stato uno sciupa femmine. Ma io non sono più lo stesso da quando sei rientrata nella mia vita, Veronica Mars. E poi non penso che Bobby Young possa organizzare una cosa simile. E’ qualcuno di grosso, Veronica. Davvero molto grosso.
- Lo so Logan ma non voglio lasciare nulla di intentato. Io voglio salvarti.
- Lo so e te ne sono immensamente grato ma sono certo che non si tratta di lui.
- Comunque Weevil resterà qui per indagare. Ci vediamo domani.
Detto questo riagganciò.
Solo allora, quando nessun Mars poteva sentire la sua dichiarazione, Logan riuscì a sussurrare un “Ti amo” alla plastica della cornetta.

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Capitolo 21
*** Capitolo Venti ***


Nota dell'Autrice: prima di lasciarvi alla lettura vorrei fare una correzione. Nel primo capitolo ho scritto che Logan era nato il 12 Agosto. Ho sbagliato. Non mi pare ci sia una data esatta ma nella penultima puntata della prima serie si parlava di quanto mancasse al giorno del compleanno di Logan. Io mi ero basata su quello ma ho fatto un errore: ho ricordato le indicazioni al contrario. In pratica io ricordavo che era in anticipo di pochi mesi e in ritardo di molti (mi pare si parlasse di tre e nove). Invece era l'esatto opposto, quindi il compleanno di Logan non è da collocarsi in luglio-agosto (tre mesi dopo la festa in questione, che si svolge più o meno a fine aprile) ma tre mesi prima, quindi tra gennaio e febbraio. Adesso la data pubblicata è il 29 Gennaio. Volevo solo chiarire questo particolare perché il compleanno di Logan verrà festeggiato e qualcuno avrebbe potuto avere da ridire. La data è stata modificata. Grazie per l'aver letto questa nota e... Buona Lettura

Capitolo Venti

Non appena ebbe visto il padre Veronica corse verso di lui e lo abbracciò.
Era stata lontana da lui solo poche ore e non poteva dire di averne sentito la mancanza ma era felice che ad aspettarla ci fosse lui.
Era stanca e preoccupata per la figlia e per l’uomo con cui l’aveva concepita, sollevata per il fatto di essere lì e di nuovo preoccupata perché aveva accettato di lasciare Weevil da solo in quella bolgia infernale.
New York City era pericolosa ed il fatto che Weevil la affrontasse da solo non le usciva dalla testa.
Si strinse ancora di più al padre e sospirò.
- Sono felice che tu possa passare l’ultimo giorno dell’anno a casa- le sussurrò l’uomo.
- Sono preoccupata per Eli. Non potrei mai perdonarmi di averlo lasciato solo per correre a casa da voi. Forse non sarei dovuta ripartire così in fretta.
- Non devi preoccuparti. Weevil sa cavarsela anche da solo. E poi puoi mandare un altro paio di agenti fidati a dargli manforte.
La donna annuì e si concesse un sorriso, pensando a chi potesse mandare ad aiutare l’amico in quella difficilissima indagine.

Veronica si sorprese quando Logan, dietro di lei, la strinse a sé con una forza che giudicava eccessiva ma non disse nulla. Lo sentiva tremare violentemente e sapeva che quel suo viaggio a New York non l’aveva fatto felice.
Logan si era sentito completamente tranquillo solo quando Veronica aveva rimesso piede in casa ed ora che poteva stringerla a sé desidera trasmetterle tutto il suo affetto.
Erano andati assieme a guardare la loro bambina riposare ed improvvisamente aveva sentito l’impulso di abbracciarla e l’aveva fatto senza pensare alle domande che lei avrebbe potuto fargli.
- Lo so che è stata dura restare qui ad aspettare- sussurrò lei.
- Non sai quanta paura ho avuto. Quella città non fa per te. Sono moltissime le persone che avrebbero potuto farti del male solo perché stavi indagando sul mio caso.
- Mi sento in colpa per aver lasciato da solo Eli ma entro qualche ora sarà in buona compagnia. Ho già inviato l’agente Gonzales ad aiutarlo.
- A me basta che non ci sia tu. Nostra figlia non potrebbe sopportare di vivere senza la sua mamma.
- E tu, Logan? Tu potresti fare da padre a nostra figlia se non ci fossi io?
- Cercherei di andare avanti per il suo bene. Ma tu sarai sempre con noi quindi è inutile preoccuparsi.
- Non è una possibilità poi così remota. Già qualcuno tentò di uccidermi.
- Intendi mio padre?
- No. O almeno, non solo lui.
- Beaver… e Liam Fritzpatrick.
- Già. Un bel record per una ragazzina delle superiori, vero?
- Sarebbe un bel record per chiunque.
Veronica chiuse gli occhi prima di parlare di nuovo.
- Patrick Hamilton è stato assassinato.
Logan si irrigidì immediatamente.
- Cosa dici? La televisione ha detto…
- Non ci sono prove incriminanti quindi non si può fare un’accusa formale… ma è così. O è stato talmente stupido da tentare il suicidio all’ora di un importante appuntamento, sparandosi con una mano che non era la dominante in un punto del corpo dove la morte non è immediata per poi soffocarsi da solo durante la notte… o qualcuno ha fatto credere che avesse tentato il suicidio e poi l’ha messo a tacere per sempre. Per questo motivo adesso devo andare in ufficio e tu devi restare anche stasera in questa casa.
Detto questo si liberò di quel tenero abbraccio e, dopo dato un lieve bacio sulla fronte della figlia, lasciò la stanza.

Si accorse subito che qualcosa non andava.
Di solito l’ultimo dell’anno non c’era tutto quel movimento in dipartimento.
- Sceriffo, stavo per chiamarla!
L’agente Jacobson corse trafelata da lei.
- E’ successo di nuovo.
- Cosa è successo?
- Tre ragazzine. Questa volta hanno davvero esagerato, sceriffo.
- Non riesco a seguirla. Sia più chiara, per piacere.
- Hanno trovato tre ragazzine lungo la strada per Neptune. Erano in un’automobile che si è schiantata contro un albero. Alla maggiore hanno legato i polsi al volante e i piedi sull’accelleratore. Non è riuscita a frenare e sono andate a sbattere. Nessuna delle tre è sopravvissuta.
- Ci sono indizi che potrebbero aiutarci a capire chi abbia fatto questo?
- No, ma hanno inciso sul ventre di ognuna la parola “puttana”.
- Merda! Ancora! Età delle ragazze?
- Apparentemente intorno ai diciotto ma sappiamo cosa fanno quei pazzi quindi è meglio attendere i risultati degli esami autoptici.
- Questa storia deve finire. Domattina alle dieci voglio nel mio ufficio gli agenti Martin, Lorena, Philips e Montgomey.
Detto questo Veronica uscì nuovamente.

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Capitolo 22
*** Capitolo Ventuno ***


Capitolo Ventuno

Nota dell’Autrice
: in questo capitolo compariranno ed avranno una parte attiva Parker Lee e Stosh Piznarsky, personaggi che appariranno solo a partire dalla terza serie. Saranno presenti descrizioni fisiche fedeli agli originali ma, visto che questo è un Universo Alternativo, loro non hanno mai conosciuto Logan. Inoltre, per non rovinarvi al sorpresa quando vedrete le puntate in italiano, questi personaggi saranno liberamente interpretati e manipolati dalla sottoscritta quindi reazioni, caratteri e comportamenti nei confronti dei personaggi che già conoscete non riflettono la loro natura originale.

Logan sapeva che ormai avrebbe dovuto farci il callo al vedere Veronica tornare da lavoro ridotta a uno straccio ma non riuscì a dispiacersi quando vide il suo volto pallido apparire alla porta.
Keith e Lily dormivano nelle rispettive stanze mentre lui si era accomodato sul divano per attendere il suo ritorno.
Era molto preoccupato per la sua salute. Aveva visto con i suoi occhi con quanto impegno lei si occupasse di ogni caso e quanto si infervorasse quando questo diveniva ancora più fitto eppure sentiva che non era sano che lei prendesse così a cuore il suo lavoro, logorandosi e trascurando una figlia che la adorava ma viveva nel terrore che la madre non tornasse mai più.
- Veronica- sussurrò- qualcosa non va?
La donna si voltò verso di lui e lo fissò.
Sapeva che non doveva sorprendersi di trovarlo sveglio ma lo era. Era tremendamente colpita da quel piccolo gesto e prima che potesse fermarle grandi lacrime rotolarono lungo le sue gote.
- Veronica… perché stai piangendo?
- Non sto piangendo- rispose tirando su con il naso- Ti sbagli.
L’uomo sorrise e avvicinatosi a lei passò le mani sulle sue guancie bagnate.
- Allora come mai adesso ho le mani bagnate?
- La pioggia.
Detto questo si diresse verso la sua stanza.
Maledetta me stessa! Perché l’ho fatto? Logan è tanto dolce e gentile, si preoccupa per me ed io… io non mi sento così bene con nessun altro uomo! Sto diventando pazza, maledizione! Lui non è l’uomo adatto a me e lo sappiamo tutti e due che tra noi non potrà mai esserci altro che questa splendida amicizia, queste dolci attenzioni che non comportano impegni sentimentali e rapporti fisici più stretti di un bacio sulla guancia o un abbraccio. Allora perché quando lui mi abbraccia vorrei di più? Perché più tempo passa più mi sento legata a lui? E non è solo per amore di Lily, lo sento… Ma non funzionerà mai. Come potrebbe continuare ad amare per sette anni la ragazza che gli ha devastato l’anima? Per mille ottime ragioni la mia amicizia con Logan deve restare tale. Né più né meno di quello che è adesso. Sì, non deve cambiare.
Come faceva sempre in situazioni simili Veronica si infilò sotto la doccia e solo allora, quando lo scrosciare dell’acqua poteva coprire il suono della sua voce, si abbandonò al pianto e ai singhiozzi.

Quando Logan si svegliò trovò Veronica intenta a preparare la colazione per tutta la famiglia.
La notte le aveva ridato un po’ di colore al volto ma la tristezza era chiarissima mentre spalmava la marmellata su una fetta di pane tostato.
Nonostante questo appena notò che era sveglio sorrise e per un istante Logan si domandò se non fosse stata solo una sua impressione quella tristezza nei gesti del frizzante sceriffo. Poi scosse la testa. Veronica aveva qualcosa che non andava ma evidentemente non voleva parlargliene.
- Buongiorno Logan.
- Buongiorno Miss Mars.
Logan, stiracchiandosi, si alzò per poi posizionarsi davanti al piano dove la donna stava cucinando.
- Ti ho svegliato?
- Se sono stato svegliato è stato perché questo pane tostato voleva essere assaporato dal sottoscritto.
Addentò una fetta di pane con la marmellata e la guardò sorridendo, come un cane che osserva felice il suo padrone con un bastoncino tra i denti.
- E’ stato un pensiero gentile da parte tua.
- Lo so, questa fetta me ne sarà grata per il resto della sua breve vita nel mio apparato digerente- disse mentre masticava.
- No, intendevo ieri sera. Ero giù e tu hai cercato di aiutarmi ma ti ho cacciato in malo modo. Te ne sono molto grata, Logan.
- Per te mi butterei anche tra le fiamme, Veronica.
Le parole gli erano sfuggite di bocca e sperò di non doversene pentire. Veronica adesso lo fissava sorridendo.
- Lo so. Ne sono sempre stata convinta. So che sei il mio più caro amico.
Ok! Veronica, sei ufficialmente una stupida. Ma perché ogni volta che lui sembra fare un passo avanti tu vuoi rimarcare che deve trattarsi solo e soltanto di amicizia? Quanto ti costa illuderti un pochino? Lui voleva solo farti capire che tiene a te e anche tu l’hai rimarcato… solo che così fa ancora più male.
Logan si morse il labbro, indeciso se giocarsi la sua ultima carta quel giorno, l’ultimo dell’anno 2013.
Stava per parlare quando la loro bambina chiamò la donna e Veronica uscì dalla stanza in tutta fretta, trasportando un vassoio di leccornie per la piccola ammalata.
Logan la seguì a ruota, grato per il tempismo della sua bambina.

Mentre Veronica la imboccava Logan controllò la temperatura corporea della bambina.
- Oggi hai solo trentasette e mezzo, tesoro.
- Ma fanno ancora male le orecchie.
La madre sorrise.
- Vedrai che non perderai neanche un giorno di scuola.
L’aria delusa di padre e figlia la fece scoppiare a ridere, richiamando anche l’attenzione di Keith.
- Tesoro, cosa c’è di così divertente?
- Dovevi vedere la loro faccia! E’ uguale!
- La mamma ci sta prendendo in giro- disse la bimba incrociando le braccia e facendo sporgere il labbro inferiore, chiaro segno di offesa ed espressione che Keith riconobbe al volo.
- Questa invece è della mamma.
Stavolta fu Logan a ridere.
- Ma di cosa vi stupite, ragazzi? E’ normale che assomigli a voi due. Piccola, la mamma non l’ha fatto per offenderti… e se l’ha fatto ci penseranno il tuo vecchio nonno ed il papà a farti chiedere scusa.
Logan e Veronica si guardarono.
- Mi dispiace Lily- disse la madre- Sono stata davvero una cafona. Non ridevo di te. Io ridevo perché era la prima volta che vi vedevo fare la stessa espressione nello stesso momento. Non era per offendere te e tuo padre.
- Davvero avevo la stessa espressione di papà?
Veronica annuì.
- Allora ti perdono.

Logan e Veronica percorrevano spediti i corridoi affollatissimi del centro commerciale. Il fatto che lui avesse accettato di stare sulla sedia a rotelle dava loro il grande vantaggio di avere una specie di grande sfollagente che faceva scansare tutti e permetteva loro di muoversi in fretta.
Dovevano comprare tutto il necessario per festeggiare l’ultimo dell’anno e il capodanno e Veronica era piuttosto nervosa.
Erano al reparto merendine quando una voce squillante fermò Veronica.
- Veronica! Che piacere vederti!
C’era una donna bionda era davanti a lei. Non era una nemica perché sorrideva e nei grandi occhi azzurri c’era del calore.
Logan non poté fare a meno di ammirare la bellezza della donna. Non era altissima ma proporzionata e con un sorriso meraviglioso.
- Parker!- esclamò Veronica- Ma che cosa ci fai qui?
- Sono venuta a passare il Capodanno con Mac e Cornelius. Loro sono in cerca di qualche ingrediente per fare dei muffin speciali.
- Hai trovato lavoro?
- Non ancora ma credo che presto troverò un posto.
Parker sorrise ed inclinò il capo di lato.
- Mac mi ha detto che la moglie del suo capo cerca una segretaria. Ha tentato di dissuadermi in mille modi ma non ce la farà. Voglio ottenere quel posto e lo otterrò. E poi una donna che si chiama Celeste non può essere così terribile, no?
Logan e Veronica scoppiarono contemporaneamente a ridere.
- Vorresti lavorare per quel demonio di Celeste Kane? Ragazza, tu devi essere completamente pazza.
Parker guardò l’uomo sulla sedia a rotelle e si illuminò.
- Ma tu sei Logan Echolls! Sei il produttore di Broadway! Sono immensamente onorata di conoscerla, signore! Io sono Parker Lee, un’amica di Veronica che vive a Denver, in Colorado. Io… mi sto rendendo ridicola. Mi spiace.
Logan sorrise.
- Affatto. Una bella donna come te non si rende mai ridicola.
Parker arrossì per il complimento.
- Veronica, non mi avevi mai detto di conoscere Logan Echolls.
- Ti ricordi il Logan di cui qualche volta parlavamo io e Mac?
Parker guardò a bocca aperta Veronica.
- Tu sei quel Logan?
L’uomo rise ed annuì.
- Non ci posso credere… E’ lui! E’ lui il tuo ex! Sei una ex di Logan Echolls! Io non lo immaginavo!
Veronica stava per rispondere quando qualcuno le coprì gli occhi e ridacchiò.
Sapeva chi era. Se c’era Parker lui non poteva essere molto lontano.
Logan si voltò e lo vide.
Non c’era bisogno di digli chi fosse.
Stosh, Piznarsky, Piz o Pizzettaro. Nulla cambiava variando il nome del ragazzo castano che copriva gli occhi di Veronica.
Non era troppo bello e questo lo sollevò. Capelli castani ed occhi anonimi, un bel sorriso ma il fisico lasciava a desiderare sia per l’altezza che per la struttura gracile.
Insomma, questo tanto temuto Piz era in realtà un tipo molto comune, quasi anonimo.
- Ciao Piz- disse la donna liberandosi di lui.
- Ciao sceriffo.
Il bacio sulla guancia che seguì l’abbraccio tra i due infiammò Logan in un istante ma non si mosse. Lui non aveva alcun diritto di essere furibondo, soprattutto perché non era nulla di speciale in quella piccola effusione.
Logan si alzò, sbalordendo ancora di più una Parker che ormai pendeva dalle sue labbra.
Piz sembrò notarlo solo allora.
- E’ un tuo amico, Veronica?
Veronica guardò Logan e si stupì di vedere che fissava male Piz, quasi come se fosse geloso di lui.
Scosse il capo per cacciare quel pensiero sciocco.
- Lui è il padre di mia figlia ed il migliore amico che una persona possa desiderare. Si chiama Logan. E lui, Logan, è stato il compagno di stanza di Wallace all’università. Si chiama Stosh Piznarsky.
- Piacere di conoscerti, Stosh- disse Logan con tono tuttaltro che affabile.
- Piacere. E così tu sei lo spacciatore che ha messo incinta quella prostituta.
Logan non lo colpì solo perché non sapeva quello che diceva.
- Piz, ti ricordi quando ti dicevo che non potevo uscire… era perché ero incinta. Di Logan, che non è affatto uno spacciatore.
Non stupì nessuno dei tre che Piz, dopo essere diventato bianco come la carta, cadesse a terra.

Piz appoggiò il bicchierino con il whisky sul tavolo al quale si erano seduti.
Logan aveva caricato Piz sulla sedia a rotelle come se nulla fosse e mentre Veronica e Parker finivano di fare la spesa l’aveva portato al bar a bere qualcosa di forte e fare quattro chiacchiere con lui.
Sapeva che non aveva nulla da temere da lui eppure era morbosamente geloso di quel tizio e voleva chiarirsi le idee, magari anche strangolandolo per aver immaginato di poter toccare la sua donna.
- E così lei è stata la tua ragazza.
- Sì.
- E avete una figlia.
- Esatto.
- Ti avrà raccontato che ho provato ad avere una relazione con lei.
- Solo qualche accenno da parte del padre. Lei non me ne ha quasi parlato. Doveva raccontarmi qualcosa?
- No. Non c’è mai stato nulla tra noi due. A parte l’amicizia.
Piz si sentiva in soggezione di fronte a quell’uomo con la barba sfatta, un colosso alto almeno una testa più di lui e molto più forte. Era naturale che Veronica non volesse lui dopo essere stata con quella specie di Big Jim dagli occhi castani che adesso lo fissava come se volesse incenerirlo.
- Capisco perché Veronica non voleva uscire con me. Era incinta e l’ha nascosto praticamente a tutti. Ma non capisco perché poi non abbia mai accettato. Capisco gli impegni ma c’erano anche il padre o le ragazze. Loro potevano badare a lei qualche ora… eppure nulla. Ammetto di esserci rimasto parecchio male ma adesso che ti vedo capisco come mai non volesse saperne di me. Al contrario, ho notato che tu non ti sei fatto alcuno scrupolo a rifarti una vita a New York.
- Non sapevo che Veronica fosse incinta.
L’uomo scosse il capo.
- Cosa significa quel gesto?
- Che non meritavi Veronica.
Logan si alzò in piedi e Piz fece altrettanto, guardandosi in cagnesco.
Fu solo il destino che evitò lo scontro.
Veronica e Parker, stracariche e seguite a ruota da Corny e Mac, arrivarono proprio in quel momento, annunciando che in onore dell’ultimo giorno dell’anno avrebbero passato la serata assieme al “Blue Moon”, un locale di proprietà di un vecchio amico di Cornelius che per l’occasione glielo aveva prestato per permettergli di festeggiare con qualche amico mentre lui era alle Maldive con la moglie ed i cognati.

Più la guardava più Logan trovava che quell’abito lungo stesse d’incanto sul corpo di Veronica.
Si sentiva mozzare il fiato osservando quale grazia naturale ci fosse nei suoi movimenti, spesso così decisi e forti da riuscire a bloccare un aggressore e adesso così delicati mentre gli sistemava la cravatta.
Avevano già messo la figlia a letto e Keith si era organizzato perché Cliff McCormack venisse a fargli compagnia assieme ad una bella bottiglia di vino e qualche DVD di film di Quentin Tarantino.
- Ti ho mai detto che sei un incanto con quell’abito?
- Mi pare proprio di sì.
- Allora te lo dico di nuovo. Veronica Mars con questo vestito sei talmente bella da mozzare il fiato.
- Attento con i complimenti, Logan Echolls.
- Potresti pensare che ti stia cercando di sedurre perché tu mi lasci guidare?
- A dire il vero pensavo che tu tentassi di sedurmi perché volevi soltanto il mio corpo, Logan Echolls, ma adesso è tutto chiaro. No, prima che tu possa guidare la mia auto voleranno gli asini e i leoni faran crì-crì.
Sorrise con aria furba e si voltò.
Che sciocca sono stata! Ci sono cascata come una pera cotta per l’ennesima volta. Lui non vuole me, non dopo tutto il male che gli ho fatto. Eppure io non voglio che lui non mi guardi più come una donna. Io amo ancora Logan Echolls ma non posso illudermi che per lui io sia più della buona amica che ha messo incinta. Più passa il tempo più mi sento confusa e preoccupata.
- Veronica…- disse Logan- Non era mia intenzione addolcirti con quel complimento. Io penso davvero che tu sia bellissima. Te lo giuro sul mio patrimonio.
Veronica lo guardò.
- Logan, tu un patrimonio non ce l’ha più.
- Grazie per avermelo ricordato.
- Prego.
- Allora lo giuro sulla mia stessa vita. Che io possa essere assassinato da quei bastardi se tu non sei la donna più affascinante che io abbia mai visto.
Veronica scosse la testa e tornò a dirigersi verso la porta.
- Accetto il complimento ma so per certo che tu hai incontrato donne milioni di volte più belle della sottoscritta.
Veronica stava per uscire quando Logan la raggiunse e parlò.
- La madre della mia bambina per me resterà sempre la donna più bella del mondo.
Veronica sorrise e si sollevò in punta di piedi per baciargli la guancia.
Logan si sentì pervadere da un grande calore e sorrise a sua volta.
- Grazie Veronica- sussurrò.
- Te lo sei meritato.
Logan si trattenne a stento dal chinarsi e dimostrarle con un gesto i suoi veri sentimenti. Lei era lì accanto a lui, gli occhi luminosi ed un sorriso dolcissimo in volto, splendida in un abito che faceva risaltare la sua pelle chiara ed i capelli biondissimi che le coprivano la schiena.
- Adesso è meglio andare, altrimenti gli altri si preoccuperanno.
La voce di Veronica lo distolse dai suoi dolci pensieri.
- E non provare a chiederlo- aggiunse la donna- perché tanto sarò io a guidare.
Logan rise e con un gesto fluido le cinse la vita.
- Secondo te chi ha guidato quando sei stata portata via dalla centrale di polizia?
Il suo sussurro la fece rabbrividire.
Se continua di questo passo non so per quanto ancora potrò tenere la bocca chiusa. Più lui si avvicina più io cedo.
- Non se ne parla- disse con voce ferma- Guido io.
E dopo aver detto questo sgusciò via, allontanandosi per evitare che lui la acciuffasse di nuovo.

Le tre coppie erano comodamente sprofondate nei divanetti e stavano banchettando con gli alcolici del locale ed il cibo sapientemente cucinato da Cornelius.
Il più brillo del gruppo era certamente Piz che, seduto tra Veronica e Parker, ogni tanto sorseggiava della birra che le ragazze cercavano inutilmente di portarle via.
Logan stava raccontando ai due nuovi arrivati la serata del ballo alternativo dell’ultimo anno.
- Voi dovevate immaginare l’espressione schifata di quella snob di Madison Sinclair quando si è trovata ad una festa invasa di ragazzi dei quartieri poveri vestiti a festa e il qui presente Cornelius che distribuiva biscotti fatti in casa.
- I tuoi ricordi arrivano solo fino a lì, suppongo.
- Io ricordo anche di aver parlato di una epopea, Veronica. Un’opera cavalleresca in cui dominava la distruzione ed il sangue, spargimenti di sangue e continenti devastati.
- Un’opera triste che si concludeva con la nascita di un bellissimo giglio bianco che sanava i conflitti e riportava la pace.
- Un’opera molto allegorica- commentò Corny.
- O una bella scopata tra lo sceriffo e lo straccione belloccio.
Cinque paia di occhi si voltarono orripilante verso Piz.
- Tesoro… cosa stai farneticando?
- Che magari è stata quella notte che hanno messo in cantiere la bambina. E’ stata quella la notte che mi ha impedito di avere una relazione con quella che adesso è una mia carissima amica. Sono grato per quella notte.
La rabbia di Logan, cresciuta a dismisura nell’ultimo minuto, scemò all’improvviso.
- Cosa vuoi dire?
- Non sarei mai uscito con una la mia Parker se Veronica non mi avesse rifiutato. E’ bella mia moglie, vero?
Solo allora notò che Piz aveva la fede nuziale al dito.
- Ma voi due siete sposati!
- Hai un gran colpo d’occhio.
L’osservazione sarcastica di Piz lo fece ridere. Come era stato sciocco ad essere geloso di quel tizio.
- Amico mio- disse protendendosi verso di lui- Permettimi di dirti che si vedeva lontano un miglio che eri geloso del sottoscritto. Come se uno sfigato come me potesse aspirare ad avere una relazione con una donna simile, un esemplare di donna più unico che raro. Un diamante come Veronica dovrebbe essere ricoperto di attenzioni ed io non sarei mai stato abbastanza.
Logan e Veronica guardarono confusi il sorriso ebete di Piz svanire.
- Veronica- disse l’uomo con tono duro- io pensavo di non meritarti ma sbagliavo. Se ti sei svenduta per un po’ di luce ad un riccone che adesso sta prosciugando le tue finanze non sei la donna che pensavo tu fossi e forse ero io ad essere troppo per te. Hai voluto finire nella merda e adesso facci il bagno.
Un silenzio gelido scese tra i presenti.
Corny aveva appena addentato un biscotto ed era rimasto con le dita strette sul dolce che spuntava dalle sue labbra, Mac lo guardava con aria stupita mentre Parker era insolitamente pallida e tratteneva il fiato.
- Come hai osato insultarla?- sibilò Logan.
- Ho detto la verità, Echolls.
In vino veritas…quindi è questo che Stosh pensa di me. Crede che io mi sia venduta a Logan quando in realtà ogni secondo che stavo con lui era genuino e sincero. Non l’ho mai fatto perché era uno ZeroNove. Io l’ho fatto perché era… è ancora l’unica persona che riesce a donarmi il sorriso quando sono giù, l’unico che mi fa sentire speciale senza cercare di soffocarmi o chiudermi in una gabbia per difendermi. Lui mi amava per quello che ero davvero.
- Puoi pensare quello che vuoi, Stosh Piznarsky – disse Veronica alzandosi in piedi- e sono certa che domattina ci sarà il senso di colpa a fare compagnia al tuo colossale mal di testa, ma sappi che se io ti avrei detto di no anche se non ci fosse stata la mia splendida bambina. Il mio amore per Logan era sincero e non l’avrei mai tradito, neanche se tu fossi stato l’essere più perfetto sulla faccia della terra. E non permetterti mai più di giudicarmi per le persone che frequento. Parker, per favore, domani rinfrescagli la memoria nel caso non ricordasse qualche passaggio.
- Ti brucia la verità?
- Parker, permetti?- chiese Veronica.
- Cosa?
Prima che la donna potesse capire e che Veronica potesse agire Logan mandò Piz a terra con un pugno al volto poi prese la donna che aveva accompagnato e lasciò il locale.

Veronica non parlò fino a quando non fu davanti alla stazione di polizia.
- Logan, torna a casa con l’auto.
- E tu?
- Chiamerò mio padre domattina o contatterò te o prenderò una delle auto del dipartimento... insomma, mi inventerò qualcosa.
- Perché?
- Perché cosa?
- Perché vuoi stare qui quando potresti tornare a casa?
- Ho bisogno di sfogarmi e l’unico modo che conosco è indagare. Se ho molta adrenalina in circolo lavoro decisamente meglio.
- Non puoi lavorare a casa?
Logan guardò speranzoso la donna che stava scendendo dall’auto.
Aveva un pessimo presentimento ed i lampi in lontananza non lo aiutavano a tranquillizzarsi.
- Va bene. Ma promettimi che non uscirai di pattuglia da sola.
Veronica sorrise ed annuì e Logan, con un sospiro, mise in moto l’automobile.
Nel giro di dieci minuti un’auto del dipartimento con a bordo lo sceriffo Mars si allontanò dall’edificio.

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Capitolo 23
*** Capitolo Ventidue ***


Capitolo Ventidue

Veronica stava percorrendo le vie dei quartieri più degradati di Neptune con l’automobile del dipartimento ma la sua mente non era esattamente lì.
Pensava alla serata che si era conclusa un’ora prima e non poteva fare a meno di sentirsi triste per ciò che aveva detto Piz.
Certo che Piz c’è andato giù pesante… Povera Parker, penso ci sia rimasta piuttosto male per il suo comportamento e per ciò che ha detto. Non pensavo di averlo interessato così tanto invece…Forse l’ho ferito con i miei continui rifiuti ma non potevo farci nulla. Era un amico ma si vedeva che lui voleva qualcosa di più, un qualcosa che io non potevo dargli e che mai potrò dargli. Logan è importante. Lo amavo, amo e forse lo amerò ancora per molto tempo. Lui potrà non amarmi più ma io non so come potrò togliermelo dalla testa. Di sicuro non potrò eliminarlo frequentando il marito di una mia amica, simpatico e premuroso... ma non Logan. Io amo ancora Logan, questo devo ammetterlo soprattutto con me stessa, e non so cosa fare per cancellare questo sentimento. Ce la farò a vivere con lui reprimendo il desiderio di baciarlo ogni volta che mi abbraccia? E riuscirò a sopportarlo quando porterà a casa la sua nuova fiamma? Lily di certo non capirà perché il suo papà porta a casa e bacia una donna che non è sua madre… o forse lo capirà ma si rifiuterà di accettarlo. Ed anche io non potrò accettare quella tortura. Forse non avrei dovuto proporgli di vivere tutti insieme… No, non potevo evitare di farlo. Anche una illusione come quella potrebbe far felice Lily. E me. Perché anche io, nonostante tutta la mia maturità e la mia esperienza, preferisco reprimermi, preferisco sentirmi lacerare vedendolo tra le braccia di un'altra donna, preferisco vivere quella dolce menzogna piuttosto che perderlo di nuovo.
Un grido subito soffocato la riportò immediatamente alla realtà.
Veronica Mars, sceriffo di Neptune, inchiodò e, impugnando una ricetrasmittente nella sinistra e la pistola nella destra, scese dall’automobile.
Pioveva a dirotto ma lo sceriffo non si preoccupò di prendere qualcosa che le avrebbe evitato di bagnarsi ma impedito la fluidità dei movimenti.
Si avvicinò di soppiatto al vicolo da quale proveniva il grido e vide due sagome davanti a un cassonetto dell’immondizia.
- Dacci il braccialetto- sibilò una delle due figure a qualcuno che si trovava davanti a loro, forse dentro il cassonetto o magari accanto a questo.
Una voce tremante sussurrò qualcosa ed il secondo tipo calciò quella persona.
Il grido di dolore fece stringere con maggiore forza la pistola allo sceriffo, che iniziò a strisciare verso i due.
I due malviventi, entrambi di sesso maschile, impugnavano un coltello a testa e dalla mano sinistra di quello più alto, quello che non aveva dato il calcio, pendeva una cintura che gocciolava.
Più Veronica si avvicinava più il singhiozzare si faceva forte. Dalla tonalità della voce poteva trattarsi di una donna o di un ragazzino piuttosto giovane.
- Molla il braccialetto, troia.
Il sibilare di quello con la catena in mano fece escludere a Veronica la possibilità che si trattasse di un ragazzino ma si stupiva che una donna con un braccialetto abbastanza prezioso da poter essere rubato si trovasse a quell’ora di notte e con quel tempaccio in un quartiere simile.
Vide il più basso abbassarsi sulla donna e tirarle il polso sul quale indossava uno scintillante bracciale, probabilmente in oro.
- Fermi! Mani in alto!
Veronica puntò contro i due la pistola e questi la guardarono. Molto probabilmente erano matricole del liceo, entrambi di origine ispanica.
Il più alto aveva un orecchino sul lobo destro e tre sul sinistro mentre l’altro indossava un solo, grosso anello al naso, come quelli che si mettevano ai tori.
- Ehilà! Il nostro beneamato sceriffo si sporca le mani con due pesci piccoli come noi, Rosco.
Il basso sogghigna alla battuta del suo compare poi sorride con aria pericolosa.
- Vogliamo insegnare al nostro sceriffo a farsi i fatti suoi, Larry?
I due si avvicinarono minacciosamente alla donna che puntava contro di loro la pistola, per nulla intimoriti che la donna potesse sparare.
Veronica non fece un passo indietro né distolse lo sguardo dai due. E forse fu quello il suo errore.
Lo sceriffo si sentì afferrare all’improvviso per la vita e finì contro il muro, perdendo la pistola.
Il rumore di uno sparo non era una novità per quel quartiere e nessuno dei tre malviventi rimase ferito dal colpo d’arma da fuoco.
Il primo calcio le fece sanguinare il naso mentre il secondo la fece cadere su un fianco.
Veronica prese la ricetrasmittente e l’attivò.
- Aiuto! Ho bisogno di rinforzi in River Street…
Le grida che seguirono questo messaggio furono agghiaccianti.
L’uomo con la cinta in mano l’aveva iniziato a colpirla con l’estremità in metallo sulla schiena, facendole vedere tutte le stelle del firmamento, mentre un suo compare afferrò la ricetrasmittente e la pestava, mandandola in frantumi.
- Pessima idea, sceriffo- sibilò Rosco prendendo la pistola dal selciato bagnato e, appoggiatosi al suo compare dal nome sconosciuto, la puntò contro la donna che giaceva sul selciato.
- Non ti conviene usarla- disse lo sceriffo asciugandosi il sangue dal volto con una manica della divisa chiara mentre osservava il volto dei due malviventi.
- Non ci fai paura, scricciolo.
Veronica fece a malapena in tempo a notare il suo dente d’oro poi l’uomo che l’aveva afferrata per la vita le diede un calcio al petto facendola finire a gambe all’aria con un gran mal di testa.
- Se uccidi lo sceriffo per un semplice scippo- aggiunse mentre si tirava nuovamente a sedere- avrai tutta Neptune alle calcagna.
- Magari solo il cinquantuno percento!
La grassa risata di Larry fece sghignazzare anche gli altri due e Veronica ne approfittò.
Si lanciò a testa bassa contro il più vicino, facendolo vacillare e cadere sul suo compare con la pistola in mano.
Veronica afferrò la pistola ma una ginocchiata alla schiena la mandò nuovamente al tappeto.
Stavolta non mollò la presa ma loro erano in superiorità numerica e praticamente illesi mentre lei era dolorante.
Un coltello saettò verso di lei ma Veronica si spostò, restando ferita in modo superficiale al braccio destro e finendo tra i piedi di un altro che la calciò nuovamente verso il suo compare.
Una pesante scarpa la colpì alla tempia ed il mondo esplose attorno a lei in mille stelle mentre un altro piede la faceva piegare in due con un calcio allo stomaco.
Sentì qualcuno forzare la sua mano a lasciare la presa ed una fredda lama scivolò sulla sua guancia senza ferirla.
Sono perduta. Mi ammazzeranno e Logan e Lily… io non voglio morire, maledizione! Sono Veronica Mars e mi salverò. Sono sopravvissuta a malviventi meno anonimi di questi. Non mi farò far fuori da tre scippatori qualsiasi.
Strinse i denti e cercò di premere il grilletto ma non ebbe bisogno di sparare.
Il suono delle sirene in lontananza fece trasalire il suo aggressore, che passò dal tentativo di disarmarla alla concitata ricerca delle chiavi della volante nella sua tasca.
Si sollevò lentamente a sedere ma per riuscire a stare in piedi ebbe bisogno di appoggiarsi al muro.
Vide attraverso la pioggia scrosciante le auto sfrecciare davanti a lei, inseguendo l’auto del dipartimento che stava cercando di allontanarsi a tutta velocità dal luogo della rapina.
Zoppicò fino al cassonetto ma lì accanto, a parte un elastico per capelli di spugna verde, non era rimasto nulla della donna.
Stanca, dolorante e bagnata fradicia, lo sceriffo Veronica Mars recuperò l’oggetto e si incamminò per arrivare a casa sua.

Erano da poco passate le quattro del mattino quando la porta di casa Mars si aprì facendo il minor rumore possibile e lo sceriffo entrò in casa.
Aveva un occhio semichiuso, zoppicava e il sangue macchiava il suo volto ed il lato destro della camicia dell’uniforme. I lividi al costato le facevano soffrire ogni respiro, si sentiva bruciare la schiena e la testa le girava ma non poteva mollare.
Era quasi giunta al frigo quando le forze le mancarono.
Si aggrappò disperatamente a una delle sedie, le lacrime agli occhi e mille fitte che la devastavano.
Strinse i denti per non gridare, preoccupata di svegliare Logan, ma un istante dopo si accorse che non ve n’era bisogno in quanto delle braccia forti la sollevarono e la deposero sul divano.
- Logan- sussurrò prima di essere accecata dalla luce del lampadario.
- Cosa diavolo ti è successo, Veronica!
Il tono preoccupato ed il suo volto stravolto le fecero capire di non essere affatto un bello spettacolo.
- Mi hanno picchiata…- disse cercando di mettersi a sedere.
- Veronica, lascia che te lo dica un esperto- rispose Logan mentre la aiutava a sollevarsi e le cingeva con cautela le spalle con una pesante coperta di lana- Di certo non sembri una appena tornata da una sfilata di moda.
- Sono orribile?
- Sei ferita e questo spiega la tua pessima cera- rispose lui mettendo a bollire una pentola con dell’acqua.
- Suppongo che tu non sia andata in ospedale a farti controllare- aggiunse mentre afferrava una busta di piselli surgelati e gliela passava per fargliela applicare sul volto pesto.
- Sono un osso duro, non lo scordare. Non ho bisogno di un ospedale ma di una notte di buon sonno.
- E di un buon cerone. Sempre che il tuo scopo non fosse quello di interpretare la mascotte del WWF.
Il tentativo di sorridere di Veronica fu vano. La sua sembrava più una smorfia di dolore che un’espressione di gioia.
-Credo sia il caso di ripulire quelle ferite e cambiarti questi vestiti. Vuoi che ti porti in camera tua?
Veronica annuì poi guardò Logan.
- Grazie.
- Dovere, sceriffo.
Logan la sollevò e trasportò in camera, dove la depose sul letto.
- Vuoi che ti lasci sola mentre ti cambi?
La donna sorrise quando vide il palese imbarazzo dipinto sul suo volto.
- Con questo braccio non penso di riuscirci, Logan. Mi potresti aiutare? I pigiami sono in quel cassetto.
Logan annuì e cercando di mantenersi il più distaccato possibile sbottonò la camicia e la sfilò con la massima delicatezza dalle braccia doloranti di Veronica. Lo stesso fece con gli stivali e i pantaloni, lasciando Veronica con indosso solo la biancheria.
- Credo che prima di metterti il pigiama dovremmo disinfettare queste escoriazioni.
La donna annuì e si lasciò manipolare da Logan come una bambola. Prima lasciò che le pulisse via il sangue con una pezza bagnata con acqua calda per eliminare il sangue coagulato e il fango da lei, godendosi il calore trasmesso dalla stoffa bagnata e calda; poi si fece fasciare la ferita al braccio e disinfettare il labbro sanguinante.
- Quelle erano cinghiate- disse cupo mentre la aiutava a infilare la parte superiore della sua tenuta da notte.
La donna annuì e lo osservò, incapace di capire cosa passasse in quel momento nella mente di Logan.
Logan non si stupiva di vedere nei suoi occhi la curiosità, il desiderio di capire perché avesse un’espressione malinconica dipinta in volto. Aveva molto fiuto per il mistero ma questo non l’aveva mai scoperto. Si conoscevano da quando erano dodicenni ma lei, come del resto tutto il pianeta esclusa sua sorella Trina ed i loro defunti genitori, sapeva quale bestia fosse Aaron Echolls tra le mura domestiche; nessuno immaginava con quale perverso sadismo mandava suo figlio all’anta in cui conservava le cinture per fargli scegliere con quale arma essere sferzato con forza mentre la madre soffocava i gemiti nella stanza accanto.
Le dita calde della donna si posarono sulla mano che esitava su uno dei rossi segni delle cinghiate, richiamando Logan all’ordine.
Il suo viso, quella sera segnato da un lungo taglio sulla guancia sinistra, era vicinissimo al suo e quegli occhi lucidi misero a dura prova il suo autocontrollo.
Nonostante il labbro gonfio e l’occhio tumefatto non fossero un bello spettacolo a lui sembrava che in quel momento fosse più bella che mai.
- Sei sicura di non esserti rotta qualcosa?- sussurrò nel tentativo di distrarsi e magari allontanare un pochino Veronica da lui.
La donna annuì e lui decise di fidarsi. In quel momento non lo preoccupavano i lividi ma il suo volto arrossato e gli occhi lucidi.
Finì di farle indossare il pigiama e la mise sotto le coperte poi andò in bagno a recuperare il termometro.
Senza dire una parola Veronica lo mise sotto l’ascella e dieci minuti dopo, quando un sonno agitato l’aveva già rapita, Logan constatò che la sua temperatura corporea aveva già superato abbondantemente i trentanove gradi.
Logan scosse il capo.
Sperava che almeno la febbre non facesse la sua comparsa ma era rimasto deluso.
Si recò in cucina e prese un sacchetto per il freezer, acqua fredda, dei cubetti di ghiaccio e uno strofinaccio.
Il ghiaccio fu messo nel sacchetto e avvolto nello strofinaccio in modo tale che non fosse così freddo poi l’applicò sul bernoccolo che le avevano procurato con un calcio.
Solo allora lavò la pezza con la quale l’aveva pulita e, dopo averle fatto trangugiare una dose di antipiretico, iniziò a farle delle spugnature su fronte e polsi per facilitare l’abbassarsi della temperatura corporea.
Rimase accanto a lei, perfettamente sveglio, tutta la notte e ogni volta che iniziava a agitarsi e delirare le stringeva la mano e sussurrava all’orecchio di stare tranquilla perché adesso c’era lui a prendersi cura di lei.

La mattina dopo Keith fu svegliato dal telefono.
- Pronto?- disse sbadigliando e reggendosi la testa per il gran dolore del doposbornia.
- Buongiorno Keith.
- Logan?
- Sì, sono io. Lily dorme?
- Penso di sì.
- Puoi assicurartene?
- Cosa succede?
- Nulla di grave ma per favore controlla che la bambina sia a letto o almeno non possa ascoltare la nostra conversazione.
- Si tratta di Veronica, vero?
- Sì.
- E’ all’ospedale?
- No, ma non sta molto bene.
- Cosa le è successo?
- Non lo so con esattezza ma quel che è certo è che l’hanno picchiata.
- Picchiata?! Ma come è potuto succedere? E perché tu non sai esattamente cosa le è successo? Non eravate insieme?
- Ci siamo separati intorno all’una. C’è stata una discussione con quel Piz e Veronica ne era rimasta colpita. Mi ha mandato a casa mentre lei è andata in dipartimento e penso sia uscita di pattuglia. So solo che attorno alle quattro era in cucina con i segni del pestaggio e bagnata fradicia.
- Adesso come sta?
- Ha la febbre ancora abbastanza alta ma sono riuscito a ridurla. Stanotte ha sfiorato i quaranta.
- Ed il resto?
- Ha parecchi lividi, un bernoccolo e un paio di escoriazioni. Sarà in piedi in pochi giorni ma dovresti inventare una scusa per evitare che Lily si preoccupi. Ci penserò io a chiamare il dipartimento per far sapere che sta bene e che per qualche giorno non potrà tornare a lavorare. E’ meglio che resti qualche giorno a riposo.
- Grazie Logan.
- Grazie di cosa?
- Di prenderti cura delle mie donne speciali in questo modo. Sarai un padre eccellente e saresti anche un marito perfetto.
Prima che Logan potesse rispondere l’uomo aveva riattaccato e si era già maledetto quattro volte per aver detto questo all’uomo che aveva causato tanto dolore a sua figlia quando erano adolescenti.

Il risveglio di Veronica fu brusco.
Logan, dopo aver chiamato la centrale, si era assopito sulla poltrona e di certo non si aspettava che Veronica si svegliasse così presto.
- E’ giorno!- strillò Veronica balzando a sedere sul letto e ricadendo subito dopo sul materasso imprecando per il dolore che sembrava aver invaso ogni centimetro del suo corpo.
Il grido di Veronica lo svegliò all’istante e, strofinandosi gli occhi, si avvicinò al letto.
- Logan, è giorno!
Veronica ripeté il concetto e lo guardò con aria imbronciata.
- Sì, c’ho fatto caso- disse Logan per poi portare una mano alla bocca per coprire uno sbadiglio- Hai presente quella questione del moto rotatorio che i pianeti compiono sul proprio asse? Ecco, questo strambo fenomeno che le persone normali chiamano giorno terrestre come se non si trattasse della scoperta di un vaccino contro l’ebola è una diretta conseguenza di questo fenomeno naturale.
- Logan, ti pregherei di non ironizzare su questo fatto visto che devo andare a lavoro.
Il sorriso di Logan la fece infuriare ancora di più.
- Per quale motivo sei di buon umore?
- Ho chiamato la centrale- rispose mentre si accomodava sul letto- Sei in ferie fino a mercoledì.
- Logan, non so se l’hai notato… ma è oggi mercoledì!
- Naturalmente intendo dire mercoledì prossimo, mio intrepido sceriffo.
Prima di proseguire Logan smise di sorridere.
- Veronica, ieri notte sei tornata ridotta ad un mucchietto di carne macinata e di certo non puoi tornare a lavorare.
- In effetti mi sento tutta rotta- ammise la donna sospirando.
- Visto che sei sveglia vado a prepararti un bel the con i biscotti.
- I biscotti?
Logan si alzò e sorrise.
- Mac e Corny sono passati stamattina. Ho detto che dormivi e che avevi avuto da fare stanotte quindi non si sono trattenuti. Avevano l’aereo per tornare a New York visto che Jake desidera riavere Mac al lavoro entro domani.
- Che barbaro!
- Mai quanto Celeste. Mi piacerebbe vedere la faccia di Parker quando si accorgerà di essere alle dipendenza di Lucifero in persona.
- In questo caso il diavolo veste Versace e Valentino*.
- Concordo.
Logan si allontanò dalla stanza con il sorriso sulle labbra ed il cuore un po’ più leggero. Aveva paura che Veronica potesse aver bisogno di una visita al pronto soccorso ma il vederla ridere e scherzare come al solito lo tranquillizzava almeno un poco. Ma non per questo avrebbe permesso a Lily di scoprire che sua madre era a casa con i segni di una rissa sulla faccia.

Veronica sorseggiò di malavoglia il the che Logan le aveva preparato.
Avrebbe tanto desiderato afferrare il caffè che lui stava beatamente sorseggiando sulla poltrona ma il solo pensiero le faceva dolere tutte le ossa.
- Veronica- disse Logan improvvisamente andandosi a sedere sul letto- Quelli della centrale hanno detto che se domani o dopodomani ti senti meglio dovresti andare in centrale per il riconoscimento di quei tre balordi. Li possono trattenere in quanto colti in flagranza di reato.
- Ossia il furto d’auto.
- Esattamente.
- E’ stata una fortuna, in un certo senso.
Il sorriso di Veronica era amaro e Logan colse immediatamente il concetto. Veronica stava pensando alla colluttazione dalla quale era uscita pesta e sanguinante.
Non avrebbe voluto fare domande così presto ma aveva un forte desiderio di conoscere cosa fosse accaduto così, appoggiata a terra la tazza con la bevanda scura, strinse la mano di Veronica e, serio, le pose una domanda semplicissima.
- Perché una fortuna?
-Se fossero arrivati un pochino prima avrebbero visto il loro sceriffo letteralmente preso a calci da tre cretini e questo avrebbe di certo distrutto la mia fama di donna indistruttibile. Mi sono fatta fregare da tre cretini.
- Erano armati, non è vero Veronica? Riconosco una ferita da arma da taglio quando ne vedo una e quella sul tuo braccio è una di queste.
La donna annuì.
- Credo che questo sia il caso di dire che sono salva per un pelo. Stavano cercando di togliermi la pistola quando sono arrivati i rinforzi. Se non fossero arrivati forse non sarei qui in questo momento.
Chiuse gli occhi nel tentativo di non mostrare a Logan gli occhi lucidi.
- Come ho fatto ad essere così imprudente, Logan? Avrebbero potuto uccidermi… avrebbero potuto uccidere quella persona… avrei dovuto chiamare subito i rinforzi invece di agire. Sono stata molto stupida e imprudente.
- Non agitarti. Sei ancora molto debole e non dovresti strapazzarti con questo senso di colpa. Hai fatto il tuo lavoro.
- Sei molto gentile e non merito questo trattamento. Tu me l’avevi chiesto di non fare cretinate ma non ti ho dato ascolto ed eccomi qua. Sicuramente vorrai sapere come mai sono finita in questo pasticcio ma non me lo chiedi perché sai quanto potrebbe darmi fastidio ripensarci. Sei un vero gentiluomo, Logan Echolls.
- Io so cosa provi. E’ doloroso rivivere certi momenti e non voglio chiederti come è accaduto tutto questo.
- E se fossi io a volertelo dire?
Quella domanda, pronunciata da una voce venata di timore, lo fece sorridere.
- Io sarei tutto orecchi perché ho paura di quello che ti è accaduto. All’inizio ho avuto persino paura di doverti trasportare all’ospedale.
Sfiorò il bernoccolo e Veronica imprecò.
- Ma sei stupido?! Fa male, maledizione!
Solo quando ebbe parlato vide quanta pena avesse Logan negli occhi. Sembrava sul punto di scoppiare a piangere e Veronica immediatamente lo strinse a sé con forza, trattenendo il fiato quando il suo busto dolorante entrò in contatto con lui.
- Ho avuto paura di perderti. Quando ti ho vista così conciata ho avuto paura che potessi essere ferita più gravemente di quanto sembrava. Cosa avrei fatto da solo?
- Il tuo meglio. Tu, da bravo padre, avresti fatto di tutto per rendere felice la nostra piccola Lily.
- Come hai fatto tu in mia assenza.
- E come avrei fatto se ti fosse accaduto qualcosa quel maledetto giorno d’ottobre.
- Ma Lily non avrebbe sofferto. Non mi conosceva neanche. Veronica rise e Logan comprese.
- Hai ragione. Con una maestra del tuo calibro un giorno o l’altro l’avrebbe scoperto di certo la verità ma ciò non toglie che io sarei stato un signor Nessuno per lei. Credo che quell’incidente sia stato provvidenziale. Ha cambiato la mia vita in meglio.
Si trattenne a stento dall’aggiungere quanto sarebbe potuta migliorare se lei fosse stata intenzionata a provare di nuovo ad avere una relazione.
Dopo averle accarezzata la schiena si distaccò da Veronica e sorrise imbarazzato.
- Ora è meglio che tu riposi o la febbre si alzerà di nuovo.
Le porse il termometro e attese che fosse il momento di controllare quanto fosse alta la sua temperatura quella mattina.
Trascorsero un paio di minuti poi Veronica sospirò.
- Qualcosa non va? Ti serve qualcosa?
- No, nulla. Stavo pensando.
- A un uomo?
Veronica distese le labbra nel suo sorriso furbetto.
- In effetti sì. Mi domandavo se l’altra sera un tizio avesse avuto ragione ad accusarlo di essere geloso della sottoscritta o se l’alcool gli annebbiava la mente.
Logan si rilassò.
- Vorresti sapere se quel tizio ha parlato in preda ai fumi dell’alcool?
- A dire il vero volevo sapere se l’altro, per l’esattezza un tipo alto e squattrinato, fosse davvero geloso di questo mio amico.
- Ci terrei a precisare che in confronto a te anche il Grande Puffo è alto.
- Ci terrei a precisare che in questa casa le bollette le pago io.
Il pollice di Logan sfiorò la sua fronte per qualche istante.
- Gelosissimo.
La parola gli era uscita dalle labbra come se non fosse stato lui a parlare.
- Come?
- Hai sentito benissimo, miss Mars. Ero molto geloso di quel tizio. Lo sono da quando tuo padre me l’ha nominato la prima volta come uno dei tuoi spasimanti del college e da allora mi è antipatico.
- Non posso dire di non sentirmi lusingata… ma Piz è un bravo ragazzo.
- Quello ti ha insultata ieri sera!
- Era ubriaco.
- Ciò non lo giustifica per l’insulto di ieri sera.
- Logan, Piz può pensare quello che vuole. A me non importa affatto quello che gli passa per la testa e di sicuro non mi lascio influenzare da quelle parole. Io non sono pentita di quello che ho fatto in passato e di quanto sto facendo adesso. E’ la mia vita e non devo render conto a lui, che si è sposato con Parker e che dice di essere l’uomo più felice di questo mondo. Io ho la mia felicità ed è vivere con mio padre, mia figlia e un uomo che mi ha fatto battere il cuore come se lo facessi solo per far piacere a lui. Forse è la verità del suo pensiero ma di certo non è la mia verità. Io sono stata al tuo fianco perché quello che provavo era Amore. E lo dico con la A maiuscola Logan. Ti posso giurare sulla mia stessa vita che nessuno è mai più riuscito a farmi battere il cuore come sapevi fare tu. Ero completamente andata e non ti avrei mai nascosto il fatto di essere incinta se non avessi creduto di fare la cosa più giusta per Lily e per noi.
Veronica sorrise e chiuse gli occhi. Era esausta e in pochi istanti scivolò nuovamente tra le braccia di Morfeo, ignara della confusione che avevano scatenato le sue parole nel cuore di Logan.
Lo amava ancora? Non aveva parlato al presente eppure aveva anche detto che lui era tuttora l’unico in grado di farla essere felice. Lo voleva solo come amico, convivente e padre di sua figlia o magari il suo desiderio era avere un fidanzato che poi si sarebbe tramutato in un marito e, alla fine dei loro giorni, un compagno nel sonno eterno, seppellito al suo fianco nella terra di un cimitero di campagna oppure tumulato in una cappella familiare in marmo rosa, con una scritta che riguardava la loro storia infinita incisa nella pietra?
Se soltanto avesse avuto una certezza non si sarebbe sentito così nervoso.
Controllò distrattamente la febbre e, visto che era tornata ad un livello preoccupante, le fece sorseggiare l’acqua con la pastiglia di antipiretico.
Sfiorò il taglio sulla sua guancia e sperò che non rimanesse nessun segno di quello scontro. Se Lily avesse visto anche un solo livido si sarebbe preoccupata moltissimo.

*: la battuta è un omaggio allo stupendo libro “Il Diavolo veste Prada” di Lauren Weisberger e all’omonimo film con Anne Hathaway e Meryl Steep.

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Capitolo 24
*** Capitolo Ventitre ***


Capitolo Ventitre

Veronica, febbricitante, mise piede sul marciapiede davanti al dipartimento e se Logan non si fosse sbrigato ad acchiapparla avrebbe rischiato di finire a faccia in giù sull’asfalto.
Era stata pestata soltanto una trentina di ore ma aveva insistito per fare il suo dovere e l’uomo l’aveva accompagnata, conscio che da sola rischiava di finire male.
La febbre non si era abbassata di molto ma quel piccolo miglioramento l’aveva spinta ad abbandonare il letto per fare il suo dovere di onesto cittadino. Doveva assicurarsi che quei tre furfantelli finissero in galera.
Non furono pochi quelli che si stupirono di rivedere lo sceriffo ed altrettanti impallidirono di fronte al suo volto pesto e il corpo seduto sulla sedia a rotelle abbandonata da Logan non più di un paio di settimane prima.
Logan aveva cercato di dissuaderla ed alla fine il compromesso di non camminare aveva soddisfatto sia il novello infermiere che il dolorante sceriffo.
Veronica non avrebbe mai voluto mostrarsi debole davanti ai suoi uomini ma adesso, obbediente ma umiliato, attraversava l’ampio atrio per raggiungere l’ufficio del vice sceriffo Leo D’Amato, l’uomo che l’avrebbe sostituita in quei giorni e, particolare che Logan non avrebbe mai potuto dimenticare, ragazzo di Veronica prima che loro si mettessero insieme per la prima volta.
Per evitare figuracce e scenate di gelosia Logan innanzitutto osservò le mani dell’uomo che non appena li vide arrivare andò ad aprire la porta. Cercava un anello che lo eliminasse dalla piazza.
Logan non trovò l’anello ma Veronica, solerte, gli diede un colpetto per spronarlo a stringere la mano a Leo, il quale sorrideva radioso come la prima volta che i due si erano incontrati.
Fisicamente, Logan notò, l’uomo sembrava quasi uguale al giovane che aveva baciato la sua Veronica quando erano ancora al liceo nonostante all’epoca avesse da poco superato i vent’anni e adesso viaggiasse rapidamente verso i trenta.
- Mi spiace molto per quello che le è capitato, sceriffo Mars- disse quando si fu accomodato alla scrivania- Non appena mi hanno comunicato che sarebbe venuta qua ho mandato a prelevare i malviventi per l’identificazione. Prima vuole rilasciare una deposizione o vedere quei bastardi?
La donna sorrise e porse a lui un foglio già firmato.
- Sono pronta a ripeterle tutto ciò che ho scritto in un dettagliato interrogatorio, vice sceriffo D’Amato.
Leo lo prese e lo mise in una cartella.
- E il signor Echolls? Anche lui deve deporre?
Logan scosse il capo, sollevato che quell’uomo non sembrasse interessato a fare colpo su Veronica ma svolgere il suo lavoro.
- Benissimo. Se permette, signor Echolls, io porterei lo sceriffo per ascoltare ciò che ha da dire. Può aspettarmi nell’ufficio dello sceriffo, se lo desidera.
- Effettivamente preferirei essere nelle vicinanze nel caso lo sceriffo non si senta molto bene. Sempre che non sia un problema per lei, vicesceriffo.
Leo fece cenno a Logan di seguirli lungo un corridoio e gli indicò una serie di tre sedie accanto alla porta che lui ricordava essere quella degli interrogatori.
- Può scegliere quella che vuole.
Logan sorrise e lui, dopo aver ricambiato per un secondo il segno d’amicizia, entrò nella stanza con Veronica.

L’attesa di Logan fu breve.
In trenta minuti Leo spinse fuori la sedia a rotelle di Veronica e con un sorriso la porse all’uomo.
- Lo sceriffo è di nuovo tutto suo, signor Echolls.
Logan non poté trattenersi dall’accarezzare il volto della donna febbricitante. Si era a malapena reso conto di quanto fosse stato preoccupato mentre lei restava da sola nella stanza degli interrogatori.
- Come ti senti?- le sussurrò.
- Se ti dicessi che mi sento bene mi crederesti?
- Hai le guance rosse, gli occhi lucidi e scotti.
- Va bene. Allora ti rispondo che sto davvero da schifo.
Logan sorrise e sperò che Leo si sbrigasse a condurli nella stanza dove Veronica avrebbe dovuto identificare i suoi aggressori.
- Sceriffo, se non se la sente possiamo rimandare.
Leo si era accucciato accanto a Logan, in modo tale da avere gli occhi alla stessa altezza di quelli di Veronica.
La donna scosse il capo.
- Meglio farlo adesso e togliersi il pensiero.
Nonostante la preoccupazione Logan trovava questa opinione corretta.
- Ci vorrà molto?- chiese al vicesceriffo.
- Affatto, signor Echolls. Sono già là. Impiegheremo soltanto qualche minuto. Seguitemi.
Logan si mise immediatamente a spingere la sedia mentre Veronica, già esausta, si sforzava di rimanere sveglia.
Sentiva il suo corpo andare a fuoco e nonostante avesse fatto ben poco si sentiva già priva di forze. Chiuse gli occhi e non si accorse di non essere cosciente.
Aprì gli occhi non appena Logan posò una mano sul suo braccio.
Guardò i sei soggetti allineati lungo la parete oltre la lastra di vetro e riconobbe subito i due che aveva visto malmenare la sconosciuta.
- Il numero tre e in numero cinque sono sicuramente due dei malviventi che ho visto quella sera.
Il terzo non l’aveva visto in modo chiaro. Il buio e la pioggia le avevano impedito di focalizzare bene il suo volto ma ricordava i nomi con i quali si erano chiamati.
- Tra loro si chiamavano Larry e Rosco- aggiunse indicando i due che aveva già identificato.
Portò le mani alla testa e serrò le palpebre, quasi questo la potesse aiutare nella ricerca di una soluzione.
Ricordava che aveva notato qualcosa ma non ricordava cosa.
- Veronica…
Due mani fresche si posarono sulle sue guancie e la fronte di Logan entrò in contatto con la sua, donandole un po’ di refrigerio.
- Veronica, non stancarti.
Il suo sussurro le attraversò il cervello come un lampo dorato.
- D’oro. Il terzo aveva un dente d’oro. Non so altro. Era buio e non l’ho visto bene in faccia ma aveva un dente d’oro.
Sentì Logan rilassarsi poi tutto divenne confuso.

Nota dell’Autrice: ma quanto sono cattiva! No, sto scherzando. Preferivo solamente dividere la parte della centrale con quella che è in assoluto la scena che più ci tenevo a scrivere per questa fan fiction visto che la storia è nata praticamente grazie al mio desiderio di scrivere questo particolare momento.

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Capitolo 25
*** Capitolo Ventiquattro ***


Capitolo Ventiquattro

Nota dell’Autrice
: lascio questa nota solo per dedicare questo capitolo a Uma Thurman, Quentin Tarantino e tutti coloro che hanno realizzato il bellissimo film “Kill Bill”. La storia è nata grazie a questo film e non smetterò mai di ringraziare la mia curiosità per avermi spinta a vedere questo geniale parto della mente umana. Il seguente capitolo contiene accenni ai film “Kill Bill Vol.1” e “Kill Bill Vol.2”.


Nonostante la premura di Logan di evitare scossoni quando l’automobile iniziò a muoversi Veronica si svegliò.
Sollevò con circospezione una mano e non fu sorpresa di trovare sulla fronte un fazzoletto bagnato.
- Hai un febbrone da cavallo- commentò Logan continuando a fissare la strada.
- Mi sento uno schifo.
- Sai che l’avevo immaginato?
Veronica ridacchiò.
- Sono svenuta?
- Esatto.
- Ma che bella figura che ho fatto! Prima mi sono lasciata pestare da tre cretini e poi svengo in centrale.
Logan accostò e, voltandosi verso di lei, le strinse una mano.
- Veronica, hai quasi quarantuno di febbre. L’abbiamo misurata e ti abbiamo dato anche dell’antipiretico per abbassarla. E aggiungo che sono tuttora tentato di portarti in ospedale quindi ti pregherei di non fare dell’ironia. Tu sei malata Veronica e fino a quando non ti sarai completamente rimessa sarò io a comandare e gestire quella casa.
Contro qualsiasi previsione Veronica annuì.
- Hai ragione Logan. Io sto male e credo che la cosa migliore sia che tu badi a me per qualche giorno.
- Sono felice che una volta ogni tanto tu mi dia ascolto.
Il sorriso disteso di Logan contagiò anche Veronica.
Logan è molto preoccupato, lo so. Mi sono comportata da incosciente in questi giorni e nonostante tutto lui continua ad assecondarmi e a sostenermi. Ma come cavolo fa a sopportare una come me? Con quale coraggio vuole vivere con una persona che non lo ascolta? Lui non è mio marito quindi non è obbligato a sopportarmi. Potrebbe fare il padre di Lily ovunque lo desideri…allora perché è deciso a vivere con me? E’ solo la mancanza di denaro che lo costringe a passare del tempo con me e si preoccupa proprio per questo? No, Logan non è il tipo da fare una cosa simile. E’ vero che siamo stati lontani tanti anni ma adesso viviamo insieme da quattro mesi e penso di conoscerlo abbastanza da poter dire che non lo fa per i soldi. Oppure sì? No, non devo neanche pensarlo. Lui è premuroso e dolce perché prova davvero affetto nei miei confronti. Lui è Logan e mi vuole bene. Lui mi vuole bene.
Aprì gli occhi, rendendosi conto solo in quel momento che li aveva chiusi, e vide Logan chino su di lei, la sua fronte fresca contro la sua, così vicino che se solo avesse desiderato avrebbe potuto baciarlo.
- Scommetto che potrei friggerti un uovo in testa, se solo lo volessi- disse Logan con voce bassa e minacciosa.
- Vorresti fare che cosa?- chiese Veronica, a metà tra il divertito e il preoccupato.
- Ho appena detto che potrei friggerti un uovo in testa.
Adesso Logan l’aveva detto con tono neutro ma la guardava aspettando una sua risposta a tono.
- Tu non conosci Bill.
Veronica guardò Logan con aria interrogativa.
Ok, gli è partito il cervello. Il suo encefalo è andato in ferie di punto in bianco. O forse è il mio che è andato a farsi friggere e ho perso qualche frase?
- Veronica Mars- disse Logan con tono di rimprovero – Tu non conosci Bill e dobbiamo rimediare immediatamente a questa mancanza.
Veronica ringraziò il cielo di avere la cintura di sicurezza perché Logan ripartì con un sobbalzo e si diresse a tutta birra verso una meta a lei sconosciuta.
Quando finalmente l’auto si fermò e Logan si catapultò fuori dall’abitacolo Veronica scoprì di essere solo davanti a un anonimo Blockbuster.
Logan uscì in pochi minuti dall’edificio e stringeva in mano un DVD.
- Ecco qua Bill- disse mettendole in grembo l’oggetto.
Mentre lui ripartiva e la riconduceva a casa, questa volta molto più dolcemente, Veronica studiò la luminosa copertina del DVD.
Lo sfondo era giallo e ritraeva una donna con che indossava una sgargiante tuta color canarino con inserti neri. I capelli biondi dell’attrice le arrivavano alle spalle e i suoi occhi erano molto chiari.
Solo quando il suo occhio decifrò la scritta nera del titolo comprese quello che sembrava il farneticare di un pazzo.
- E così Bill sarebbe una persona che questa tizia vorrebbe uccidere.
Logan annuì e sorrise.
- E’ un classico, Veronica, e non riesco a capacitarmi di come tu possa non conoscere questo capolavoro. E’ un film piuttosto lungo, questo è vero, ma merita molto. E poi Tarantino è il massimo!
- E di Uma Thurman che mi dici?
- Anche l’occhio vuole la sua parte, Mars. E poi lei in questo film è magnifica. Se per te va bene lo possiamo vedere stasera.
- Perché non ora?
Logan sorrise.
- Perché con quel febbrone non credo resisteresti quasi quattro ore davanti allo schermo.
- Mettimi alla prova. Che ti costa?
La risata di Logan la stupì.
- Perché ridi?
- Perché mi sembri una bambina che fa i capricci con quel faccino arrossato. Sei carinissima.
Veronica si sentì avvampare per quell’inaspettato quanto diretto complimento.
- E quando ti senti in imbarazzo lo diventi ancora di più. Va bene Miss Mars, mi hai convinto. Va bene, andiamo a comprare il pranzo poi ci metteremo comodi per vedere il film.

Logan inserì il DVD nel lettore, appositamente spostato nella camera della padrona di casa per permettere alla malata di stare comodamente sotto le coperte, e tornò al letto, infilandosi al fianco di Veronica sotto la pesante trapunta.
Nonostante le proteste Veronica era riuscita a convincerlo che, vista l’assenza di sintomi che implicavano il sistema gastrointestinale, poteva mangiare qualsiasi cibo quindi adesso, sulla coperta, avevano appoggiato le scatole con gli hamburger e le patatine fritte comprate in un fastfood.
- Sei sicura di sentirtela?- le chiese Logan.
- Logan, non lo vuoi vedere?
La risata di Logan fu più che sufficiente per farle capire che per lui era un piacere farlo.
- La febbre si è abbassata, io mi sento meglio e ho anche appetito. Credo che sia il momento migliore per farlo. Soprattutto perché non potrei neanche scappare visto che le gambe non mi reggono.
- Non dirmi che non hai problemi a farti maciullare da un gruppo di ladruncoli ma hai paura di un film?
- Affatto- rispose Veronica con tono neutro.
Logan si trattenne a stento dal ridere quando, dopo quella risposta, Veronica si voltò verso di lui e con la medesima falsa indifferenza aggiunse una domanda.
- E’ molto sanguinolento?
Per tutta risposta fece partire il film e, passato un braccio attorno alle sue spalle, la fece appoggiare a lui.
- Per sicurezza- disse mentre lei lo guardava con aria sorpresa.
- E’ sanguinolento.
- Pensa che la versione distribuita in Oriente lo è molto di più. E poi non lo è quanto la tua vita.
- Mi tranquillizzi… soprattutto se mi fai pensare che in tre anni di liceo la sottoscritta ha rischiato seriamente la vita per tre volte. Due volevano spararmi e uno voleva che finissi arsa viva.
- Non dimentichiamoci che il bruto che voleva farti arrosto era mio padre, amante e assassino della mia ragazza.
Veronica bloccò il film e, tiratasi su, si mise davanti a lui in modo che la guardasse in volto. Il suo sorriso era triste.
- Perdonami se ti faccio pensare a cose tristi, Logan. So che volevi molto bene a tuo padre.
L’uomo scosse il capo.
- No. Non gli volevo bene.
- Logan…
- Veronica, io volevo bene a mia madre e sopportavo mio padre. Forse quando ero davvero molto piccolo gli volevo bene ma non ne sono certo.
- I bambini vogliono sempre bene ai genitori.
La risata di Logan la spaventò. C’era dolore in quella che voleva essere solo l’espressione della leggerezza dell’affermazione.
- Non quando il suddetto padre è talmente sadico da accompagnarti all’armadio per scegliere la cinta con cui vuoi essere preso a cinghiate.
Veronica impallidì.
Cosa? Aaron Echolls picchiava Logan? E lo puniva in quel modo orrendo? Un bambino costretto a scegliere con quale cintura essere frustato? Come può un padre essere così cattivo nei confronti del figlio. Io capisco la necessità di punire Logan. Ricordo come era da ragazzino e non mi sarei stupita che qualche volta potesse punirlo duramente. E dopo aver visto ciò che ha fatto a Lilly e ciò che voleva fare a me non posso dirmi completamente stupita… ma di certo non sarei mai riuscita ad immaginare che potesse costringerlo a fare una cosa simile se non fosse stato Logan a dirmelo.
- Non lo sapevo- sussurrò.
- Tu sei la prima a cui lo racconto. Neanche Duncan ha mai saputo questo lato del carattere di Aaron Echolls.
- Quindi tu…
- Se mi stai chiedendo se abbia capito con cosa ti hanno picchiata quando ho visto quei lividi ti rispondo di sì. Ho riconosciuto il segno lasciato dal cuoio. Ti hanno presa a cinghiate.
Veronica annuì.
- Faceva male. Ma doveva fare più male a te.
- Non sbagli ma non per ciò che pensi tu. Non era per il fatto che mio padre mi torturasse mandandomi a scegliere la cintura o il fatto che fosse lui a frustarmi. E’ umiliante ammetterlo… ma fa male perché ho lasciato che lui mi picchiasse fino a qualche giorno prima del suo arresto.
Veronica non riuscì a soffocare completamente il risolino ma i suoi occhi erano lucidi per le lacrime trattenute.
- Non ridere! E’ umiliante pensare ad un ragazzo grande e grosso di diciassette anni che le prende dal padre come un bambino di cinque.
- Se non fosse così tremendo ci sarebbe del comico.
Con calma Logan la riportò giù.
- Adesso non pensiamoci più, ok? Grazie a te quell’uomo non mi potrà più fare del male né potrà farlo ad altri.
- Era tuo padre, Logan! Come puoi essere così freddo!
- Non tutti hanno un rapporto bello come quello che hai tu con tuo padre. E poi non sei tu quella che ha un pessimo rapporto con sua madre?
Colpita e affondata.
- E’ vero- ammise Veronica dopo aver sbuffato e riportato il sorriso sulle labbra di Logan Echolls.
- Scusami per il colpo diretto.
- E tu scusami per averti trattato in quel modo poco fa. Sei libero di avere il rapporto che vuoi con i tuoi genitori e non ho il diritto di giudicare il tuo atteggiamento. Ciò che ha fatto tuo padre è stato orribile e forse hai ragione a provare quelle sensazioni. Ti prego, dimentica ciò che ho detto.
L’uomo annuì e, preso il telecomando, fece ripartire il film dal principio.

La tensione era al culmine. La Sposa e O-Ren Ishii si stavano fronteggiando in un candido giardino, il tempo scandito dal ritmico battito del bambù su un sasso.
Scie di sangue macchiavano il terreno coperto di neve e gli abiti delle due contendenti. L’orientale dall’aria decisa indossava un kimono bianco come il manto nevoso sotto i suoi piedi scalzi. Stava studiando con attenzione la stanca e insanguinata avversaria in tuta gialla per coglierne le debolezze o perlomeno per trovare l’area del corpo maggiormente lesionata dallo scontro con gli Ottantotto Folli e con Gogo Yubara, la giovane ma letale guardia del corpo della cinoamericana.
Veronica e Logan guardavano lo schermo come incantati, quasi trattenendo il fiato nel vedere cosa sarebbe accaduto di lì a qualche secondo.
Poi accadde. Veronica vide saettare la spada della bionda poi lo sgomento dipinto sul volto della cinoamericana e subito dopo il particolare della sua testa.
Istintivamente si rifugiò contro Logan, stringendosi a lui con quanta forza aveva.
Non sapeva cosa l’avesse spinta a farlo. Se fosse stata la tensione della scena, lo sgomento letto sul volto della donna in fin di vita o semplicemente la sorpresa per la rapidità della scena non lo sapeva ma adesso era lì, avvinghiata a Logan come non lo era da otto lunghi anni, gli occhi chiusi premuti contro il suo maglione e i pugni stretti.
- Ehi- le sussurrò all’orecchio- E’ già finita.
Veronica riaprì gli occhi e guardò nuovamente lo schermo ma non si allontanò.
Il resto del film Veronica lo vide stretta nell’abbraccio di Logan, il capo appoggiato al suo torace e le mani strette al suo maglione mentre le dita dell’uomo giocavano distrattamente con i lunghi capelli biondi della compagna.

- Noi non finiremo così, vero Logan?.
Le immagini di Beatrix Kiddo raggomitolata nel bagno a piangere per il suo Bill le spezzavano il cuore eppure non era in lei che Veronica si ritrovava.
- Mi stai chiedendo se un giorno ti ucciderò con una mossa segreta insegnatami da un maestro cinese con una barba assurda?
- Una specie.
Logan immaginava quale sorriso avesse in volto Veronica in quel momento e chinò il capo di lato per osservare quella che era la sua espressione preferita.
- No Veronica, non ho intenzione di ucciderti. Tu mi hai strappato il cuore ma non mandato in coma per quattro anni e mezzo. E soprattutto non mi hai sparato un colpo in testa da distanza ravvicinata.
- Mi dispiace moltissimo Logan. Ho sbagliato.
- Lo sai che sono stato io quello che ti ha dato una buona ragione per nascondermi Lily. Il passato non conta. L’importante è questo momento.
- Quindi non mi ucciderai.
- No.
Veronica prese il telecomando e mandò indietro il DVD per rivedere la scena della morte di Bill.
- Lei lo amava ancora- sussurrò.
Logan non rispose. Guardava l’espressione distrutta della donna interpretata da Uma Thurman ma pensava a Veronica.
Anche Veronica aveva deciso di scappare per paura.
In quel film si vedeva riflesso sia nei panni della vittima che in quelli del carnefice, così come la sua bionda compagna.
- Sai perché mi piace questo film?
Veronica scosse il capo. Aveva detto che gli piaceva da molto tempo quindi non poteva trattarsi soltanto della vaga similarità con la loro vicenda.
- La Sposa mi ricorda tanto te.
- Io assomiglierei a Uma Thurman?
Logan sorrise.
- Ti piacerebbe essere alta un metro e ottantatre invece di uno e cinquantacinque, vero?
- Adesso non prendere in giro.
- Mi hai frainteso Veronica ed una battuta servita in questo modo non potevo lasciarmela scappare. Io parlavo proprio del personaggio che interpreta. Ogni volta che vedo sullo schermo Beatrix Kiddo non posso fare a meno di ricordare il periodo in cui indagavi sulla morte di Lilly. Come lei tu cercavi di vendicare la sua morte mandando in galera il suo assassino. Volevi la tua vendetta a tutti i costi, non ti arrendevi davanti a nessuna difficoltà. Come te lei una donna che sa amare eppure può essere spietata. Sai una cosa? Amo tuttora la tua forza e la tua freddezza in certi frangenti. Eri e sei sempre così forte e determinata che sin dalle prime scene del film non posso fare a meno di pensare a te, la bella e letale vendicatrice di Lilly Kane.
- Ti ringrazio per il complimento Logan. Lo era, vero?
L’uomo annuì.
- Comunque è davvero un bellissimo film. Un tantino violento nella prima parte… ma affascinante.
- Mi fa piacere che ti sia piaciuto… ma adesso potresti staccarti?
- E perché mai? Sei comodissimo e devo ammettere che mi piacciono parecchio queste coccole.
Come per rimarcare il concetto Veronica sorrise maliziosa e si strofinò contro di lui, che sorridendo riprese ad accarezzarle i capelli.
- Sei davvero molto gentile.
- Ma non sono di legno, Veronica, quindi è meglio che ti sposti.
Veronica rise nervosamente.
Cosa vorrà dire? Cioè, lo so che cosa vuole dire… Ma perché a me? No, sicuramente intendeva dire che sono pesante. Sì, deve essere così. Meglio continuare a stuzzicarlo un po’.
- Non capisco dove tu voglia arrivare.
- Voglio dire, Veronica Mars- disse cercando di spostare la donna la cui vicinanza lo stava mettendo davvero a dura prova- che è ben noto sono un uomo con degli istinti molto animaleschi e che se una donna vuole restare intera non dovrebbe mai avvicinarsi in questo modo ad uno come me, soprattutto se è una bella donna. E tu lo sei, Veronica.
- Lo dici perché sono la padrona di casa?
- Colpito e affondato, baby.
Mi piace quando Logan ed io ci stuzzichiamo in questo modo. Mi sono mancate tanto queste piccole frecciatine e queste battutine pungenti. E’ quasi come se tornassimo indietro nel tempo, quando non c’erano pazzi assassini sulle nostre tracce. Chissà cosa sarebbe accaduto se Lilly non fosse morta… Logan ed io ci saremmo messi insieme? Sarebbe stato bello uscire assieme a Meg, Duncan e la piccola Lilly, magari accompagnati anche dalla nostra Lilly con il suo nuovo spasimante. Certo ci sarebbe stata parecchia confusione con Lilly, Lilly e Lily. Se Aaron Echolls non avesse ucciso Lilly la nostra vita sarebbe stata molto diversa. Magari sarebbero rimasti insieme ed io sarei finita con Wallace o Weevil o Leo oppure con Piz… No, forse avrei trovato qualcuno di diverso. Wallace è un fratello e Eli è un adorabile rompiscatole ma non riuscirei a vederli come potenziali partner neanche tra cento anni. Con Leo forse sarebbe potuto accadere qualcosa… ma con Stosh no. Piz è un bravo ragazzo e un caro amico ma non potrei mai mettermi con uno come lui. Forse non sarebbe cambiato nulla tra me e Logan se la mia migliore amica non fosse morta… Solite frecciatine, solite battute stupide e solida amicizia. Serate a casa di Lilly e Logan con il mio maritino Duncan e i suoceri venuti dall’inferno… Party all’ultima moda con Madison Sinclaire… Non avrei retto un solo giorno in un ambiente simile. Sono felice della mia vita ma triste per la morte di Lilly. Mi sento uno schifo ad essere soddisfatta per questi momenti con Logan… ma è così. Mi piace Logan e sono felice di aver scelto di accoglierlo a casa mia.
Il sentire qualcosa di caldo e umido posarsi sulla sua pelle la svegliò.
Logan aveva posato le labbra sulla sua fronte per sentirle la temperatura.
- Hai di nuovo la febbre alta.
- Non così alta.
- Hai dormito quasi tre ore.
- Cosa?!
- Sono quasi le otto.
Veronica cercò di spostarsi ma il braccio con cui Logan la circondava non la lasciò muovere.
- Lasciami andare.
- Andare dove?
- A cucinare.
- Ah, non ce n’é bisogno.
Veronica aggrottò la fronte.
- Perfetto! Resta così che io vado a prendere le uova.
Veronica comprese.
- Ah ah! Molto spiritoso signor Echolls.
- Se non avessi fatto il produttore avrei potuto fare l’attore comico.
- Non dureresti due giorni.
- Ah sì? Allora non mi lasci altra scelta.
Logan si mosse in fretta e in un secondo Veronica si trovò contro il materasso con le mani di Logan che le facevano solletico ovunque.
- Te la sei cercata, Mars. Vedi che sono perfettamente in grado di farti ridere?
Veronica, nonostante il dolore alle costole, rideva come una pazza, incapace di liberarsi del suo pesante aggressore che la stava torturando.
- Mi sei mancata tantissimo Veronica- le sussurrò all’orecchio.
- Anche io ho sentito molto la tua mancanza- disse passandogli le braccia attorno al collo.
Non sapeva se fosse il sorriso luminoso di Logan a farla sentire così leggera oppure la luce in quegli occhi da cucciolo che adorava ma sentì l’impulso di aggiungere qualcosa alla sua frase.
- Io ti amo ancora.
Ecco fatto. L’ho detto. Adesso lui se ne andrà gridando. Gli ho fatto troppo male perché lui possa provare ancora qualcosa per me. E lo capisco da come mi guarda. Sembra sorpreso… lo sarei anche io se una pazza scatenata che mi ha mollato perché incinta mi dicesse quasi otto anni dopo la nostra separazione che è ancora innamorata di me. Ho rovinato di nuovo la nostra vita, Lily. Perdonami. Ti ho strappato di nuovo tuo padre ma dovevo... MA CHE COSA DIAVOLO STA FACENDO QUESTO PAZZO CHE HO PRESO IN CASA?! STIAMO SCHERZANDO?! PER QUALE FOLLE ED ILLOGICO MOTIVO LOGAN ECHOLLS MI STA BACIANDO?!
Persa come era nei suoi pensieri Veronica si era accorta che labbra di Logan si erano avvicinate alle sue solo quando vi si erano posate.
Logan era rimasto sorpreso della repentina dichiarazione di Veronica ma non per questo non aveva seguito il suo cuore. Amava ancora la minuta sceriffo e di certo non l’avrebbe costretta a ripetergli il suo interesse nei suoi confronti una seconda volta, anche perché immaginava che adesso che c’era anche Lily nella loro relazione sarebbe stato difficile che lei facesse di nuovo una dichiarazione così esplicita. Per il bene di loro figlia dovevano andare con i piedi di piombo e, conoscendo Veronica, quell’ammissione doveva esserle costata parecchio.
Dopo il primo momento di smarrimento Veronica non ebbe problemi a riprendere possesso delle labbra che aveva sognato da quando aveva mollato Logan e non si preoccupò dei dolori al collo quando lui le poggiò una mano sulla nuca per avvicinarla ancora di più alla sua bocca.
Fu lui a interrompere il bacio.
- Wow!
Veronica sorrise vedendo i suoi occhi nocciola resi lucidi dall’emozione ma la sua mente era altrove, analitica e razionale come sempre.
- Perché? – chiese.
- Perché che cosa?
- Il bacio.
Veronica si tirò a sedere faticosamente e continuò.
- Insomma… io ti ho spezzato il cuore e trattato come un cane fino a un paio di mesi fa. Dovresti odiarmi per il modo in cui ti ho trattato, essermi amico o almeno provare riconoscenza per quello che ho fatto per te dall’incidente... ma non è logico baciarmi dopo averti detto che ti amo ancora.
Logan aveva la sua solita aria furba e Veronica si trattenne a stento dallo sbuffare.
Ma che razza di logica sconclusionata ha quest’uomo?
- Mi puoi spiegare perché hai quella faccia?
- Perché la risposta è semplice.
- Ossia?
- Io ti amo.
- Tu… cosa?
Logan rise.
- Non mi pare il momento di fare dello spirito. Non è logico.
- Ma è la realtà. Io amo lo sceriffo Veronica Mars.
Ok, è sincero… questo significa che la botta in testa deve aver fatto parecchi danni. Come diavolo può amare me? Gli ho causato solo guai e ha rischiato anche un’ulcera sanguinante vivendo con me… e lui dice di amarmi? Sì, l’infermità mentale deve essere una tara familiare della famiglia Echolls. Ma ha detto che mi ama. Se dovessimo provare nuovamente ad avere una relazione sentimentale dovrei arrestarmi per essermi approfittata della sua instabilità psichica? Molto probabile. Si necessita comunque specificare che lui sembrava perfettamente in grado di intendere e di volere. D’altra parte io sono a conoscenza di questi gravi problemi mentali tipici della sua famiglia… Perché una persona sana di mente non potrebbe mai dire che mi ama dopo tutto quello che gli ho fatto. Sempre che non sia un masochista.
- E’ impossibile…
- Tu hai detto di amarmi eppure non ti trovi... illogica.
- Per me è diverso.
- E perché mai?
- Ce ne sono molti di motivi.
- Ad esempio?
- Ad esempio io non ho avuto altri uomini. Tu, scusa la franchezza, ti sei passato la popolazione femminile di mezza New York City.
- Non lo nego- disse Logan con aria seria- E sai perché l’ho fatto? Nel vano tentativo di dimenticarti. Ho provato bionde e brune, magre e grasse, giovani e vecchie eppure non ne ho trovata una che mi facesse sentire a mio agio come lo ero con te, Veronica. Io amo te e l’ho sempre fatto… ed è per questo che ho cercato di affogare il tuo ricordo tra mille inutili avventure. Ma non ce l’ho fatta e penso l’avrai notato per via della rapidità con cui le prendevo e lasciavo.
- Va bene, su questo punto ti credo anche perché ricordo bene il precedente. Ma per il resto? Come puoi passare sopra al resto?
- Quale resto?
- Il modo schifoso in cui ti ho trattato prima che tu scoprissi di Lily. Ti ho invitato a vivere a casa mia e poi abbandonato, trascurato, affamato…
- In effetti se quello era amore io mi chiamo Rosario.
Veronica si passò una mano tra i capelli con rabbia.
- Sono stata una stupida…
- Amo anche la tua parte stupida.
Veronica ricambiò il sorriso di Logan.
- Sei sicuro che non si tratti di una qualche patologia psichica tipica degli Echolls o un trauma cranico, vero?
- Magari sono stati tutti i pugni presi a New York.
Veronica non rispose.
E se non funzionasse? Se noi tornassimo insieme ma poi litigassimo e Logan se ne andasse da questa casa? Le avrei tolto nuovamente il padre. Perché riprovarci? Io lo amo e lui mi ama ma non è poi così serio… io l’ho aspettato soltanto per otto anni… non è poi così tanto tempo… Ma chi cavolo cerco di prendere in giro? Lo amo. Lui mi ricambia e Lily sarà felicissima che i suoi genitori stiano di nuovo insieme… Una vera famiglia felice. Perché mai non tentare? Per paura che finisca? No, non posso separarmi da lui solo perché ho paura che potrebbe finire. E se poi non finisse? Ci abbiamo provato già due volte ma questa potrebbe essere quella buona. Forse sarà proprio la presenza di Lily a rendere solida la nostra relazione. Io sono maturata e anche lui sembra diverso dal cretino che organizzava combattimenti clandestini ai tempi del secondo anno delle superiori. Logan è un uomo ed io sono una donna… Possiamo farcela a tenere in piedi una relazione seria. O forse no? Forse non siamo ancora abbastanza maturi.
Veronica guardò Logan e si perse nel suo ennesimo sorriso.
Io lo amo. E’ questo l’importante. Ce la faremo a superare tutto. Dobbiamo pensare anche a Lily e vedendoci insieme lei sarà più felice. Sì, io voglio provarci di nuovo. Voglio stare insieme a Logan.
Lentamente sollevò le braccia e le passò attorno al collo di Logan.
- Vogliamo provarci di nuovo?
Logan la baciò e questo le bastò per capire che il nuovo tentativo aveva appena avuto inizio.

Nota di MysticMoon del giorno 19/08/2007: lo so che aggiorno molto lentamente ma lo faccio per non lasciarvi un tempo eccessivo senza aggiornamenti. Ho davvero parecchio da fare in questo periodo quindi non trovo molto tempo per scrivere. Oltre a questo ho altri tre capitolo completi da pubblicare ed uno in corso quindi di materiale da leggere ne avrete ancora per qualche mese. Fate passare questo periodo e poi riavrete aggiornamenti più ravvicinati

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Capitolo 26
*** Capitolo Venticinque ***


Capitolo Venticinque

Keith Mars entrò in casa della figlia facendo il minor rumore possibile.
Il silenzio che regnava nell’abitazione gli fece pensare che forse non erano in casa ma, viste le condizioni della figlia, optò per la possibilità che Logan la stesse vegliando mentre lei dormiva e si fosse appisolato anche lui.
Con cautela entrò nella stanza della figlia e cercò Logan con lo sguardo ma sulla sedia sembrava non esserci allora si dedicò alla figlia.
Keith Mars non riuscì a trattenersi dall’imprecare quando vide Veronica che dormiva beatamente nel suo letto, il lenzuolo a coprire la nudità della parte inferiore del suo corpo ed il torace di Logan, contro il quale si era rannicchiata, a nascondere parte di quella superiore.
Fece un passo all’indietro nel tentativo di allontanarsi prima che si svegliassero ma lo stupore l’aveva reso goffo.
Iniziò a borbottare “Ricorda, quando entri nella stanza di tua figlia devi bussare. Ricorda, quando entri nella stanza di tua figlia devi bussare” mentre camminava a ritroso ma urtò con il gomito la credenza ed il tintinnare dei cocci svegliò Veronica.
- Chi è là?- chiese mettendosi a sedere.
- Tesoro… sono io. Papà.
Veronica si rilassò immediatamente.
- Entra pure papà.
L’uomo sbirciò appena nella stanza poi si ritrasse, rosso in viso per l’imbarazzo.
- Non prima che ti sia messa qualcosa addosso, Veronica!
- Cosa stai… Oh cazzo!
Veronica afferrò il lenzuolo e se lo tirò fino al mento per coprirsi mentre Logan, svegliato dal trambusto, si stiracchiava.
- Buongiorno Keith.
- Buongiorno Logan. Potresti farmi il favore di coprirti anche tu? Se c’è qualcosa che mi piace meno vedere mia figlia senza niente addosso è guardare i gioielli di famiglia di quello per il quale i vestiti se li è tolti.
Logan rise e cercò a tentoni almeno i boxer ma trovò solo la parte superiore del pigiama di Veronica.
- Questa è tua, tesoro- le sussurrò posandogliela sulle spalle.
Veronica sorrise e in cambio gli sventolò davanti al naso i boxer.
- Sì, penso che siano miei. Io non potrei mai mettermi quella roba che tu chiami mutandine.
- Ed io non vorrei mai vederti con certa roba addosso. Se mai dovesse accadere ti assicuro che metterò il lucchetto al cassetto della mia biancheria.
- Ragazzi, potreste evitare di parlare di certe cose davanti a un padre che ha appena scoperto sua figlia a letto con il padre di sua nipote?
Logan e Veronica ridacchiarono.
- A me pare normalissimo, papà.
- Non prendermi in giro! Lo sai benissimo cosa intendo dire. E lo sai anche tu, Logan Echolls, quindi smettila di sghignazzare.
Cercando di non ridere come degli idioti Logan e Veronica si resero presentabili ed in pochi minuti raggiunsero il salotto, dove il signor Mars li attendeva con l’espressione di chi non è molto felice di ciò che ha visto.
- Logan, si tratta di qualcosa di una notte oppure è qualcosa di serio?
Il fatto che fosse stato diretto e che il suo tono fosse molto duro fece smettere ai ragazzi di sorridere.
- E’ una cosa molto seria, Keith. Io amo Veronica.
- Quindi non è un banale prurito sessuale.
- Assolutamente no.
Non ho mai visto essere così serio. Fino a un attimo fa scherzavamo ma adesso è serissimo. Non vuole sbagliare di nuovo e neanche io. Stavolta abbiamo pensato a lungo a cosa fare, abbiamo sofferto perché non volevamo vedere ciò che l’altro provava e ci siamo trattenuti per il bene di Lily ma adesso che abbiamo deciso di tentare ci penseremo migliaia di volte prima di separarci. Per il bene della nostra bambina la nostra relazione sarà saldissima.
- E tu Veronica?
- Lo amo papà. Lo amo da nove anni a questa parte.
Keith annuì.
- Mi sembrate piuttosto decisi.
- Lo siamo, Keith. Non può trattarsi di una semplice coincidenza il fatto che nessuno dei due abbia smesso di amare l’altro e che non sia riuscito a trovare la felicità se non dopo esserci ritrovati. Abbiamo reagito in modo differente, questo è vero, ma i nostri sentimenti sono gli stessi. Io amo Veronica. Mi ha salvato la vita e fatto diventare un uomo migliore. Se lei lo desiderasse sarei disposto a sposarla anche in questo preciso momento perché è con lei e con nostra figlia che voglio vivere la mia vita.
Veronica lo guardò con aria sbalordita.
Spo… sposarci? La signora Echolls? Io? Se lo desiderassi potrei chiedergli di sposarci e non direbbe di no. Ci siamo appena rimessi insieme e lui sarebbe disposto anche a sposarmi adesso se questo facesse contento papà. Lily sarebbe contentissima ed io sarei al settimo cielo. Ma non voglio sposarmi per capriccio. Quando sarà il momento giusto lo faremo.
- E’ una dichiarazione piuttosto impegnativa, Logan Echolls, ma dimostra la serietà dei tuoi intenti. Keith Mars, con aria pomposa, prese la mano di Logan e la pose su quella di Veronica.
- Hai il permesso di frequentare mia figlia.
Logan e Veronica risero divertiti ed anche Keith si unì a loro.
- Tornando ad argomenti seri- disse protendendosi per prendere la mano della figlia- Come stai tesoro?
- Meglio. Logan è un ottimo infermiere.
- Poco fa mi ha detto che ero bravo anche in qualcos’altro…
Veronica gli tappò la bocca con l’altra mano.
- Ignoralo. Non preoccuparti papà. Starò benissimo in pochi giorni.
L’uomo annuì.
- Ci credo. Per dedicarsi a certe attività devi sentirti in gran forma.
Veronica tappò la bocca anche al padre.
- Tu- disse rivolgendosi a Logan- Non fare osservazione riguardo ai nostri incontri davanti a mio padre.
Veronica si voltò verso il padre.
- E tu… è già stato abbastanza traumatico quando avevi una relazione con la madre di Wallace quindi astieniti dal fare allusioni, soprattutto se sono sulla figlia che tu ti vergogni a vedere in compagnia di un uomo. E’ chiaro a entrambi il concetto?
I due annuirono.
- Bene… allora io adesso vado a farmi una doccia. Credo che non sia il caso che tu ti fermi, papà.
Logan sorrise malizioso.
- Non vorrai lasciare Lily da sola. Anzi, che ne dici di portare Logan con te? Io non posso venire con questo occhio ancora mezzo pesto ma tu puoi andare da nostra figlia. Puoi prendere la mia automobile.
- Se non è un problema preferirei che fosse Keith a guidare. Sarò qui tra un paio di minuti.
Keith annuì e Veronica, seguita a ruota da Logan, si diresse verso la sua stanza.
- Logan, ti pregherei di non dirle nulla, almeno per il momento.
- Hai ancora qualche dubbio sul mio conto?
Sorpresa, Veronica si voltò.
Logan aveva l’aria ferita e si pentì di non essere stata più specifica.
- Oppure sei tu a non essere sicura di ciò che hai appena ammesso davanti a tuo padre?
Per tutta risposta Veronica lo baciò.
- E questo cosa significa?
- Che sono lusingata dalla proposta di matrimonio ma non voglio costringerti a farlo. Quando sarà il momento giusto ci sposeremo. E vorrei aggiungere che quando diremo a Lily che i suoi genitori sono tornati insieme preferisco esserci anche io. Purtroppo non posso farmi vedere da lei con il braccio bendato e l’occhio pesto e, a dirla tutta, non mi sento neanche abbastanza in forma per attraversare questa stanza.
La tensione si sciolse quando Logan sorrise.
- Scusami. Non volevo accusarti è solo che…
- Non fa niente. Adesso preparati.
Logan scosse il capo.
- Non posso lasciarti sola. Hai ancora la febbre e potrebbe rialzarsi.
- So cavarmela per una mattina, non preoccuparmi. Guarderò di nuovo Kill Bill e prima di prendere l’antipiretico come una brava bambina sorseggerò il the che mi preparerai. Che ne dici di andare con papà e Lily a fare la spesa? Ormai lei dovrebbe stare abbastanza bene per uscire e noi abbiamo bisogno di riempire la dispensa.
- Mi hai convinto. Ma prima voglio metterti a letto.
Rapido Logan afferrò Veronica e la depose sul morbido letto.
- Non cacciarti nei guai, mi raccomando- disse mentre le rimboccava le coperte.
- Non penso di poter fare molti danni stando a letto.
- Danni no, ma qualche rumorino molto tenero sì.
Strofinò il naso contro quello di Veronica poi corse in bagno per prepararsi.

Veronica, addormentata, percepiva a malapena ciò che stava accadendo.
Sentì la porta aprirsi e immaginò che fosse Logan.
Rimase ad occhi chiusi e attese.
Per prima giunse una carezza delicata sulla guancia fatta con il dorso della mano.
Poi un dito sfiorò il suo naso e le labbra e qualche secondo dopo un soffio le scostò una ciocca di capelli dalla fronte.
Poi sentì qualcosa stringersi attorno al collo, una stretta cattiva e molto salda.
Veronica si portò le mani al collo e toccò il freddo fil di ferro con la quale qualcuno la stava strangolando.
- Voglio che tu sia cosciente- sussurrò al suo orecchio il suo aggressore- Voglio che tu sappia che stai morendo, sceriffo Mars.
Veronica aprì gli occhi ed iniziò a lottare contro la persona con la calza nera in testa ma presto le forze iniziarono ad abbandonarla e tutto divenne rosso e nero.
Cercò a tastoni qualcosa per difendersi e quando ebbe in mano qualcosa si voltò.
Colpì alla cieca, debole e incapace di coordinare i movimenti.
Sentì l’oggetto infrangersi ed il dolore della carne tagliata le fece emettere un grido muto.
- Troia!- sibilò il figuro stringendo con maggiore forza il ferro che affondava implacabile nella carne del collo dello sceriffo.
Poi sulla sua nuca calò qualcosa di leggero, probabilmente un cuscino, ed il suo capo fu premuto contro il materasso.
Papà… Lily… Logan… mi dispiace.
Con un ultimo pensiero Veronica si abbandonò all’oblio della morte.

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Capitolo 27
*** Capitolo Ventisei ***


Capitolo Ventisei

Nota dell’Autrice
: ok, lo ammetto, vi ho lasciato un pochino in sospeso… ma un pizzico di suspance non fa affatto male.

Keith si era posteggiato davanti a casa Mars ed ora aiutava Logan a scaricare la spesa.
Lily, chiusa in macchina, protestava vivacemente perché il padre ed il nonno non volevano che entrasse in casa. A lei avevano detto che la madre aveva l’influenza e che quindi era meglio se non si vedevano, soprattutto perché lei si era appena ripresa dalla parotite e rischiava di ammalarsi di nuovo.
Logan, con la prima busta, si avvicinò sorridendo all’abitazione ma quando fu davanti alla porta il sangue si gelò nelle sue vene: la porta era spalancata ma lui era certo di averla chiusa.
Immediatamente si bloccò e, stampandosi in faccia un sorriso, si voltò verso Keith.
- Keith, non preoccuparti, riparti pure. Faccio io.
L’uomo sorrise e continuò ad avvicinarsi a lui.
- Non c’è problema. Ti aiuto volentieri.
- Non preoccuparti. Faccio da solo. Tu appoggia la busta sul vialetto e porta a casa Lily.
Questa volta Keith si fermò.
- E l’ultima busta?
Incapace di aspettare oltre Logan si slanciò verso la porta aperta.
- Veronica…- sussurrò non appena ebbe chiuso la porta alle sue spalle.
Si sentiva le gambe molli. Non sapeva come mai ma aveva una fifa blu. Non aveva neanche preso in considerazione la possibilità che lei fosse uscita da casa con la febbre.
Sentiva che c’era qualcosa che non andava e che Veronica era coinvolta.
Rapido entrò nella stanza della sua compagna e si guardò attorno.
La finestra era aperta e sul letto, a faccia in giù, giaceva Veronica Mars.
Non sapeva come mai le sue gambe debolissime riuscissero a sorreggerlo ma in quel momento non gli importava. Nella sua mente c’era soltanto Veronica, la donna della sua vita. Giaceva immobile sul letto, il capo nascosto sotto il cuscino ed il sangue macchiava le lenzuola.
Si trattenne a malapena dal gridare il suo nome mentre si avvicinava alla donna, cosciente che se Lily avesse sentito qualcosa si sarebbe insospettita e sarebbe voluta entrare in casa scoprendo qualcosa di terribile.
Voltò rapidamente Veronica e liberò il suo collo dal fil di ferro, scoprendo l’orrendo segno lasciato.
Passò una mano sulle sue labbra cianotiche e si accorse che non respirava. Rapido controllò anche il polso.
Assente.
- Cazzo no! Adesso no! Veronica non puoi farmi questo! Non adesso!- sibilò iniziando a praticarle la respirazione artificiale ed il massaggio cardiaco.
Tirò un sospiro di sollievo quando, pochi istanti dopo, Veronica tossì e riprese a respirare autonomamente.
Logan, controllando con cura i movimenti delle sue gambe per evitare di ruzzolare a terra, uscì.
Trovò Lily stretta al nonno, scossa dai singhiozzi.
Keith guardò Logan con rimprovero.
- L’hai spaventata. Cosa diavolo t’è preso?
Logan non rispose ma grandi lacrime di sollievo iniziarono a scorrere rapidamente lungo le sue guance.
Keith intuì che era successo qualcosa di serio e, passando rapidamente la bimba al genitore, corse all’interno della casa.
Trovò sua figlia sul letto, la mano destra insanguinata e il fil di ferro sulle coperte. Respirava ma il segno attorno al suo collo era certamente collegato al fil di ferra appoggiato sulle coltri.
Si chinò su quella che sarebbe rimasta per sempre la sua bambina poi uscì.
Senza una parola recuperò la bambina piangente e la mise in macchina.
Prima di lasciarlo abbracciò Logan e sussurrò:
- Portala all’ospedale.
Logan ricambiò il gesto d’affetto ed annuì.

Per un momento ebbe l’impressione di essere diventata cieca.
Davanti ai suoi occhi c’era solo qualcosa di bianco immacolato.
Tese la mano destra per tentare di toccarlo ma una fitta di dolore la fece cadere nuovamente sul lenzuolo.
Cavolo… ma da morta non dovrebbe essere tutto bello, bianco e senza dolore? Questa mano mi fa vedere le stelle! Chissà se c’è pure Dante da queste parti, quello che ha scritto la Divina Commedia… E ci sarà anche Lilly?
- …ego Veronica, guardami per piacere!
La donna sbatté le palpebre un paio di volte e solo allora si rese conto della presenza di Logan. Aveva l’aria di una persona che non aveva dormito e gli occhi gonfi di lacrime.
Allora non sono morta… Certo che devo essere una delle erbacce più coriacee di questo pianeta!
- Veronica, mi senti?
La donna cercò di prendere fiato ma un sordo dolore alla gola la fece desistere.
Batté le palpebre.
- E’ un sì?
Di nuovo un battito.
- Veronica, sei in ospedale. Qualcuno ha cercato di strangolarti mentre ero fuori. I medici ti hanno messo dei punti alla mano destra e tra un paio di giorni ti faranno uscire. Vado a telefonare a tuo padre. Tu riposa.
Veronica batté nuovamente le palpebre e Logan, tranquillizzato, lasciò la stanza.
Ed io che credevo di esserci arrivata vicina qualche giorno fa… E’ stato oggi? O sono rimasta incosciente per più giorni? Ma chi può avere interesse per farmi fuori in questo modo? Io non ho nemici… parte tutti i malviventi di Neptune… ed i ricchi uomini che non possono accettare una ficcanaso come me… e chiunque sia legato ai casi di Coconut Beach e di Logan Echolls… In pratica sono tutti sospetti tranne papà, Lily e Logan. E’ bello sapere di essere così amati.
Veronica si addormentò nuovamente e non si accorse che qualcuno si era introdotto furtivo nella sua stanza.

Dopo aver chiuso la porta alle sue spalle Logan si appoggiò alla porta e passò una mano sugli occhi.
Dopo aver visto Lily e Keith allontanarsi era corso in casa e, presa Veronica tra le braccia, aveva guidato come un forsennato fino all’ospedale ed era entrato nel Pronto Soccorso con un’aria talmente stravolta che una gentile infermiera gli aveva iniettato un calmante.
Aveva vegliato Veronica tutto il giorno, teso e con le lacrime agli occhi, attendendo con ansia che si svegliasse.
I medici avevano optato per trattenerla più per via della debilitazione dovuta alla malattia da raffreddamento che per quel sottile segno nero bluastro che le cingeva il collo ma la sua preoccupazione era proprio quel tentato omicidio. Chi poteva essere tanto disperato da introdursi in casa dello sceriffo in pieno giorno per ucciderlo? E come facevano a sapere che lei era addormentata perché febbricitante? Cosa volevano da Veronica? Era davvero lei l’obiettivo di quel pazzo oppure si trattava di una vendetta trasversale, di un avvertimento diretto a lui?
Era già stato spaventoso essere la vittima di un folle che aveva cercato di farlo schiantare contro un albero e fatto esplodere un autobomba davanti alla casa del padre di Veronica ma adesso era peggio. Prima di quel giorno di inizio Ottobre lui era solo un uomo solo che cercava di annegare un viso tra mille, una persona ricca da fare schifo ma priva di una famiglia mentre adesso ne aveva una. Prima aveva scoperto che quella bimba dal sorriso disarmante era sua figlia e adesso Veronica era tornata ad essere la compagna della sua vita. Adesso non era più l’uomo solo che era partito da New York poco meno di tre mesi prima. E adesso sentiva crescere ad un ritmo allucinante il senso di soffocamento che provava dal giorno in cui aveva scoperto che qualcuno aveva tentato di farlo fuori e si era appropriato di tutto il suo denaro.
Si portò le mani al volto e barcollò sino al bagno. Non riuscì a raggiungere il lavandino: scivolò sul pavimento e giacque lì, piangente, fino a quando un uomo non chiamò un’infermiera.

Keith Mars entrò nella stanza trasportando un enorme mazzo di fiori per la figlia.
Aveva affidato Lily a Cliff McCormack, l’unico che potesse badare a lei quando lui e la figlia erano fuori combattimento, pregandolo di evitare di far capire alla bambina che sua madre era stata quasi uccisa e che adesso era ricoverata al Neptune Memorial Hospital.
La prima reazione alla vista della donna china sulla figlia addormentata fu quella di chiamare aiuto ma questa si voltò rapidamente per fargli cenno di tacere e l’uomo si tranquillizzò all’istante.
Dal fazzoletto che le copriva la testa sfuggivano ciocche biondo-biancastre e gli occhi chiari erano coperti da occhiali da vista dalla montatura sottile. Il suo viso dimostrava che aveva superato i cinquanta ma l’abbigliamento era giovanile. O così appariva a Keith Mars quella donna in jeans e magliettina attillata multicolore che quando lui era entrato stava accarezzando la guancia dello sceriffo.
Keith Mars, imbronciato, mise frettolosamente a posto i fiori poi, afferrato il polso della donna con una mano ed il suo borsone di stoffa con l’altra, la condusse fuori dalla stanza con la forza.
- Cosa diavolo ci fai qui, Leanne?- le disse quando finalmente ebbero raggiunto il cortile della struttura ospedaliera.
- Se ti dicessi che sono venuta a fare visita a mia figlia perché è stata ricoverata in ospedale non ci crederesti?
- No. Non sei mai stata un granché come bugiarda ed in questo momento stai mentendo.
Leanne sorrise debolmente e si mise a sedere su una panchina.
- Non posso proprio nasconderti la verità, vero Keith?
- No Leanne. Te lo leggo in faccia che non è questo il motivo principale per cui sei venuta fin qui.
- Ok, ammetto che all’inizio il motivo che mi ha spinta a venire qui a Neptune era per chiedere aiuto a te e Veronica… ma ieri sera, quando ho preso una stanza al motel Camelot, ho saputo cosa era successo e ti assicuro che tutto il resto ha perso importanza. Sono davvero preoccupata per la salute di nostra figlia e stamattina avevo già deciso di non chiedere il vostro intervento ma solo di fare visita a Veronica, preferibilmente evitando di farmi vedere. Te lo giuro.
Keith studiò bene l’ex moglie. La donna di cui si era innamorato era solo un pallido ricordo già da molto tempo, nascosta sotto litri e litri di alcool che avevano affogato la sua coscienza al punto di spingerla a sottrarre con l’inganno i soldi del college della sua unica figlia quando questa aveva solo diciassette anni.
Eppure in quel momento provava solo pena.
- Ti credo, Leanne. Sei sua madre.
- Grazie per la fiducia, Keith.
L’uomo si accomodò accanto a quella che per molti anni era stata la compagna della sua vita.
Sotto quel fazzoletto doveva avere i capelli corti per via della terapia ma era più colorita di quanto si aspettasse ed anche più in carne della foto che aveva inviato qualche tempo prima. Forse dopo il rischio corso aveva seriamente messo la testa a posto e smesso di bere.
- Leanne, credo che tu debba parlarci- disse Keith, spezzando il silenzio che era sceso tra di loro.
- Come?
- Credo che possa fare bene a entrambe parlare di nuovo. Non vi vedete da quasi nove anni e ci sono tante novità.
- Non vorrà mai parlare con me e tu lo sai. Le ho fatto troppo male per sperare che voglia avere di nuovo a che fare con me. E’ meglio che me ne vada in silenzio, senza che lei sappia che sono stata qui.
Keith scosse il capo.
- Non credo sia una buona idea. Veronica lo negherebbe con tutte le sue forze ma io so che le sei mancata molto.
- Le ho rovinato la vita. Le ho tolto i soldi del college.
- Nostra figlia è molto forte. Pensa che è riuscita ad ottenere una borsa di studio per l’Hearst College.
- Avrei voluto assistere alla sua cerimonia di diploma e a quella di laurea… ma non potevo farlo.
- Troppo impegnata?
Leanne abbassò lo sguardo prima di parlare.
- Già. Io e la bottiglia eravamo troppo legate per separarci. Non avevo il diritto di rovinare alcuni dei giorni più importanti della vita di quella figlia forte e determinata che hai cresciuto.
- Se non vuoi vedere Veronica almeno vuoi vedere un’altra persona?
- Chi?
Keith aiutò la donna ad alzarsi e la guidò verso la sua automobile.

Leanne non capiva dove volesse andare a parare Keith.
Senza spiegarle dove stavano andando l’aveva caricata in auto e portata davanti alla casa dipinta di bianco dove viveva un vecchio amico di suo marito, l’avvocato Cliff McCormack.
Ricordava con piacere le cene con quell’uomo allegro e brillante, uno scapolo convinto ed idealista che coccolava Veronica come se fosse sua nipote.
- Keith, dove vuoi arrivare? Perché siamo davanti alla casa dove abitava Cliff McCormack?
- Perché ci abita ancora.
- Vuoi farmi parlare con Cliff?
- Non solo.
- Cosa vuoi dire?
- Lo scoprirai presto ma, per favore, evita qualsiasi reazione eccessiva. E’ importante che tu resti fredda. - Keith- disse Leanne con aria seria- Smettila con gli indovinelli e dimmi cosa succede.
Per tutta risposta scese dall’auto e, trascinata fuori Leanne, la accompagnò fino alla porta dell’abitazione.
Cliff impiegò una manciata di secondi per aprire l’uscio e, alla vista di Leanne, divenne di marmo.
- Ciao Cliff. Sono venuto a riprendere Lily con questa mia amica. Ci fai entrare?
L’uomo annuì e si fece da parte, lasciando che i due entrassero in casa e trovassero una bimba triste sul divano.
- Ciao tesoro.
La bimba corse dal nonno e l’abbracciò.
- Ciao… Lily?
La bambina alzò lo sguardo sulla nuova arrivata e la studiò. Si vedeva che aveva più o meno l’età del nonno ma mentre lui sembrava un muro solido quella donna aveva l’aria fragile e malata.
- Ciao. Chi sei tu?
- Sono L… Lory, una vecchia amica di tuo padre.
- Del mio papà?
- Sì.
Leanne alzò lo sguardo su Keith e si rese conto che sorrideva.
- E lui dove sta adesso?
- Lui chi?
- Il mio papà.
Leanne non capiva bene la situazione. Quella bambina somigliava vagamente a Keith ed aveva dedotto che perlomeno l’uomo avesse avuto una relazione con qualche donna e che quella fosse sua figlia. Possibile che non fosse così e che Keith avesse adottato quella bambina per colmare il vuoto di una Veronica sempre più assente?
- Il papà sta con la mamma, tesoro- rispose il nonno.
- Mamma ha ancora la febbre?
- Un pochino.
- Mi porti a vederla? Per piacere!
Keith sorrise e la prese in braccio.
- E’ meglio di no.
- Ma tu hai appena detto che non ha tanta febbre! E dai, nonno! Portami da mamma!
Nonno. Leanne realizzò solo dopo aver sentito quella parola che la bambina che Keith stringeva a sé amorevolmente era la figlia di Veronica. Non immaginava che sua figlia potesse avere avuto una bambina così presto né che potesse essere una bambina già così grande.
Con gli occhi pieni di lacrime guardò Keith.
- Perché invece di andare dalla mamma non andiamo a casa assieme a questa mia amica?
- No. Voglio andare da mamma. Adesso.
La bambina aveva il broncio e a Leanne sembrò di rivedere sua figlia che faceva i capricci per avere le caramelle.
- Vuoi andare dalla tua mamma?
La bambina e suo nonno si voltarono verso di lei, la prima con aria felice mentre il secondo assai scontento.
- Sì. Mi accompagni tu?
- Non posso ma io conosco la tua mamma da tanto tempo. Posso raccontarti qualche storia divertente su di lei.
La bambina la guardò dubbiosa ma alla fine annuì.
Ascoltare delle nuove storie su sua madre era sempre meglio che fare il broncio per ottenere qualcosa che sapeva di non poter ottenere.

Logan aprì gli occhi all’improvviso e si ritrovò in un ambiente fiocamente illuminato.
Ricordava vagamente di aver avuto un crollo nel bagno ma gli sembrava esagerato somministrargli un altro calmante e metterlo in una stanza. Non era mica un paziente! O forse lo era?
Di certo non riusciva a stare in piedi da quando aveva trovato Veronica semiasfissiata su quel letto e se pensava a cosa rischiava sua figlia si sentiva soffocare.
Si mise a sedere a fatica per poi guardarsi attorno.
Si sorprese quando si rese conto di essere su una branda messa accanto al letto dal quale la sua Veronica lo stava osservando, il viso appoggiato alla mano sinistra mentre la destra teneva sul volto la maschera per l’ossigeno.
- Mi fa piacere vedere che stai meglio.
Veronica sorrise.
- E’ proprio vero che ti rendi conto dell’importanza delle cose soltanto quando queste non ci sono.
Corrugò la fronte e Logan capì che lei non aveva inteso bene quello che cercava di dirle.
- Volevo dire che mi mancano le tue chiacchiere continue ed i tuoi rimproveri. Vorrei che tu potessi parlare di nuovo. So che accadrà tra qualche ora… ma in questo preciso istante mi manca il suono della tua voce.
Quando lo desideri sei davvero dolcissimo, Logan Echolls.
Veronica tese la mano a Logan e questi la sfiorò con la punta delle dita, troppo distante per arrivare oltre.
- Ti amo.
Veronica posò una mano sulla mascherina e fece cenno di mandargli un bacio.
- Lo so.
L’uomo chiuse nuovamente gli occhi e lo stesso fece la sua compagna.

Keith depose la bimba nel suo letto poi tornò nel salotto per parlare con l’ex moglie con più calma.
Avevano trascorso la serata ricordando eventi divertenti dell’infanzia di Veronica e mangiando cibo cinese con un sottofondo di musica classica scelta da Leanne. Aveva giustificato la sua scelta dicendo che c’era magia nel mescolare la Turandot con il cibo del paese in cui era ambientata e la bambina aveva trovato interessantissimo questo punto di vista, tempestando sua nonna di domande riguardanti questi abbinamenti musico-culinari e, dopo aver preso maggiore confidenza, riguardo alla sua vita.
Keith si era irritato per tutte le bugie che Leanne le stava raccontando ma d’altra parte sapeva che non poteva e non voleva dirle la verità. Nonostante la sua grande maturità Lily era ancora troppo piccola per capire certe cose e se poi un giorno Leanne le avesse detto che era sua nonna sarebbe stato ancora più difficile per lei accettarlo.
Keith si sedette al suo fianco e attese che fosse la donna a iniziare.
- Sono nonna- disse dopo qualche minuto trascorso a guardare la casa che fino a un decennio prima era sua.
- Già. La nostra Veronica è diventata mamma quando non aveva neppure vent’anni.
- Suppongo non sia stato qualcosa di programmato.
Keith scosse il capo.
- Se è per questo io ho scoperto che Lily era sua figlia solo un paio di settimane fa.
- Come?
- Mi ha sempre raccontato di aver ottenuto l’affidamento della figlia di una sua compagna di college. Diceva che il padre era un poco di buono e che la madre era di poco migliore di lui quindi le aveva lasciato la custodia totale della bambina. Avevo dei sospetti ma alla fine è riuscita a ingannare anche me. Sai chi l’ha scoperto?
- Chi?
- La figlia di Duncan Kane, Lilly.
- Duncan Kane è stato qui?
- Sì. E’ passato per Natale.
- Sapevo che aveva avuto una bambina da una sua compagna di liceo che è morta poco dopo il parto e che poi era scomparso… ma non immaginavo che potesse trovarsi nuovamente da queste parti.
- E’ stata una visita di cortesia. Penso sia stato anche perché in questo modo ha potuto rivedere sia Logan che Veronica.
- Ho saputo anche la questione di quel produttore… Una volta usciva con Veronica, vero?
Keith sorrise e Leanne comprese.
- Il papà di Lily.
- Esatto. Nostra nipote ha il sorriso degli Echolls.
- Veronica ha avuto una figlia dal figlio di quell’assassino di Aaron Echolls?
Keith annuì.
- Quindi lui ha mollato Veronica incinta e se n’è andato.
- Sbagli. Quando Veronica è rimasta incinta è stata lei a decidere di allontanarlo. L’unica persona che conosceva la vera identità di entrambi i genitori di Lily Mackanzie Mars era Cindy Mackanzie, la migliore amica di Veronica. Le uniche persone che sapevano della gravidanza, a parte Cindy, erano Parker Lee, compagna di stanza di Cindy, e Wallace Fennell, il migliore amico di Veronica. Loro sapevano solo che era Veronica incinta e non la ragazza fittizia che aveva creato per ingannarmi. Ha usato un nome banale e mi ha depistato, quella piccola volpe.
- E’ la degna figlia di suo padre. Spero solo che non abbia ereditato da te anche i pessimi gusti in fatto di compagno di vita.
Keith studiò il sorriso triste di Leanne.
- A te non piace molto il fatto che Logan sia il padre di Lily, vero?
- No, non mi piace.
- Penso che dovrai abituarti. Si sono rimessi insieme il giorno prima dell’aggressione e lui sembra piuttosto motivato. Si è persino offerto di sposare Veronica su due piedi, se era questo ciò che lei desiderava.
- Allora non mi resta che sperare che lei sia più fortunata di noi.
- Già.
Cadde di nuovo il silenzio tra le due persone di mezza età sedute su quel divano. Non vi era traccia dell’antica intimità e dell’affetto reciproco. Adesso c’erano rispetto e cortesia e a legarli l’uno all’altra solo una donna che riposava al Neptune Memorial Hospital ed una bimba che riposava nella stanza accanto.
- Domattina andrò a vedere come sta Veronica. Leanne, se lo desideri mi puoi accompagnare.
- Ci penserò sopra. Adesso puoi riaccompagnarmi al motel?
- Preferisco non lasciare Lily da sola. Ti preparerò un letto sul divano o, se preferisci, puoi andare nella nostra camera e sarò io a dormire sul divano.
- Andrà benissimo qui, Keith.
Si diressero insieme nella stanza da letto dell’uomo e recuperarono il necessario per approntare un giaciglio adeguato.
Quando ebbero finito Keith sorrise, rimangiandosi all’istante una battutaccia sullo stipetto dei liquori chiuso a doppia mandata che gli era salita alle labbra, fece un cenno di mano alla donna.
Leanne, grata per quel poco di calore che l’uomo si sforzava di donarle, quella notte chiuse gli occhi con una tranquillità che non era più sua dal giorno in cui la figlia della sua migliore amica e persona che l’aveva aiutata ad uscire dal tunnel dell’alcool era svanita nel nulla dopo una serata trascorsa con gli amici.

Nota dell'Autrice: ragazzi, vi ringrazio molto per i bellissimi commenti che avete lasciato alla mia storia. Spero di non deludere le vostre aspettative.

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Capitolo 28
*** Capitolo Ventisette ***


Capitolo Ventisette

Veronica fu grata al medico quando le inietto del nuovo antidolorifico per alleviarle il dolore alla gola, molto meno per il divieto di sorseggiare un pochino di caffè o altro liquido che non fosse acqua a temperatura ambiente.
Le sue condizioni non era preoccupanti, le avevano detto, ma preferivano trattenerla almeno per quella giornata e parte della successiva allo scopo di controllare quel febbrone che l’aveva bruciata negli ultimi giorni.
Logan, seduto accanto a lei, sorseggiava distrattamente una camomilla che aveva preso al distributore mentre lei, scontenta, cercava di immaginare che l’acqua non più molto fresca che aveva nel bicchiere fosse una bella tazza di caffè.
Odiava restare distesa su quel lettino, controllata a vista di un Logan con l’aria preoccupata che faceva finta di leggere un settimanale femminile quando in realtà studiava ogni suo respiro.
Porcaccia la miseria! Oggi sto bene! Se non fosse per questo stramaledetto dolore alla gola sarei quasi in forma. Mi dispiace tanto di aver fatto preoccupare tutti, soprattutto Logan… ma non sono una mummia, santo cielo! Io sono Veronica Mars ed ho bisogno di muovermi, correre, infilarmi in qualche vicolo buio per farmi pestare… Non ho bisogno di riposare in un ospedale dove il massimo dell’attività è guardare Logan che finge di leggere. Sarebbe più credibile se stesse fissando il topless di qualche attricetta o l’ultimo scandalo di Paris Hilton ma di certo non è da lui interessarsi ai problemi di qualche neomamma preoccupata perché il suo bebè ha pochi capelli in testa.
La porta della stanza si aprì cigolando ed i due occupanti si voltarono all’istante per sapere chi fosse andato a trovare Veronica così di buon ora.
Per qualche istante Logan non capì come mai il volto della donna accanto a Keith Mars fosse così tirato e perché Veronica si stesse tormentando le labbra con i denti poi notò il gesto di Keith e si tolse rapidamente dai piedi. Era bastato quel gesto per fargli riconoscere Leanne Reynolds.
- Ciao tesoro.
Veronica la guardò in volto prima risponderle.
- Che cosa ci fai qui?
- Sono venuta a farti visita.
- Visto che non hai capito ti ripeterò la domanda: che cosa ci fai qui?
La donna si sedette accanto a lei.
- Piccola…- sussurrò posando una mano su quella di Veronica.
- Non chiamarmi piccola. Non ho più cinque anni- rispose sfilando la mano.
- Ti prego, Veronica…
- Leanne, che cosa ti serve? Denaro? Alloggio? O forse è la terza opzione, ossia la scomparsa di una persona?
- Era la terza, va bene? In origine sono venuta qui per chiedere a te o a tuo padre di aiutarmi a rintracciare una persona ma dopo che ho scoperto che stavi male non ne ho neanche accennato a tuo padre. Te lo giuro, io sono qui perché volevo vederti e parlarti dopo tanti anni senza avere notizie.
- Penso che tu ne abbia, se sei venuta in compagnia di papà. Avrai visto la bambina mia e di Logan.
- Mia nipote è un amore.
Lo sguardo di Veronica si fece freddo.
- Lei non è tua nipote. E’ Lily Mackanzie Mars, per ora, e presto avrà il cognome di suo padre. Non ha nulla, neanche un briciolo del DNA di Leanne Reynolds.
- Veronica…
- Tu non sei mia madre, chiaro? Mi hai derubata e questo non potrò mai dimenticarlo. Prima hai intascato i soldi della mia università andandotene dalla clinica, poi ti sei intascata i cinquantamila dollari di Celeste Kane e sei andata a darti alla pazza gioia fino a quando il fisico non ti ha più sostenuta ed ha persino cercato la sottoscritta per un trapianto di fegato. E adesso questa ricomparsa. Tu torni da me solo quando sai di poter guadagnare qualcosa, Leanne. E che cosa volevi chiedermi adesso? Un polmone?
La donna si trattenne a stento dallo scoppiare a piangere di fronte al duro atteggiamento della figlia.
- Ho sbagliato a venire qui.
- Non sai quanto. Qualche anno fa avrei anche potuto accoglierti a braccia aperte ma non più. Mi hai abbandonata e derubata, hai sprecato i soldi del mio college a bere e rovinarti la salute. Come puoi pretendere che io possa dimenticare una cosa simile?
- Sono tua madre, Veronica.
- Lo so chi sei. Io lo so che sei la donna che mi ha dato la vita e che mi vuoi bene… ma non riesco a perdonarti per ciò che hai fatto. Hai tradito la mia fiducia e sei sparita nel nulla. Mi hai delusa profondamente. E adesso per favore dimmi per quale motivo sei venuta qui a Neptune.
Leanne chinò il capo ed estrasse dalla borsa una busta gialla.
- Volevo chiederti aiuto a nome di una mia amica- disse porgendole la busta.
- Quale amica?
- Patrica Morrison, l’infermiera della foto che ti inviai. Nella busta ci sono tutti i miei risparmi.
Veronica aprì la busta e ne estrasse un assegno da 2000 dollari, una lettera e la foto della ragazzina che era con loro nella foto.
- Sono venuta qui per chiederti aiuto. Il suo ex marito le ha portato via sua figlia di quattordici anni, Amelie. Non sappiamo come sia riuscito a rintracciarla ma una sera è uscita con degli amici e, stando a quanto hanno detto i ragazzi che erano con lei, l’ha trascinata via dal locale.
- E’ un caso da tribunale dei minori, non da investigatore privato e nemmeno da sceriffo della contea di Balboa.
Leanne sospirò ed estrasse una nuova foto dalla sua borsa.
In questa era ritratta una ragazza dagli scuri capelli, spettinati e tagliati corti con dolci occhi castani pieni di paura ed il mascara che le rigava le gote. Era seduta su uno sgabello, il viso segnato da un ematoma vicino all’occhi sinistro ed un filo di sangue che colava dal lato destro della bocca. Indossava una minigonna di pelle nera e il top monospalla candido era stato abbassato fino alla vita, lasciando in mostra la biancheria intima.
- E’ Amelie, non ci sono dubbi - disse indicando una voglia sul suo avambraccio nudo- E quelli sono gli stessi vestiti che indossava quella sera. Non so perché ma qualcuno mi ha inviato otto foto via e-mail.
- Che tipo di foto?
- Questa è quella in cui è più vestita e solo in un'altra è sola. Non voglio dirti altro perché… perché fanno vedere che cosa le hanno fatto e… e ti assicuro che è stato qualcosa di davvero orribile.
- Pensi sia il padre a farle fare questo? Se così fosse la moglie avrebbe più possibilità di vincere.
- Non saprei dirti a quando risalgono questi scatti ma posso assicurarti che quello che l’ha preso assomigliava a Jack ma non poteva essere lui. Amelie è stata portata via tre settimane fa.
- Ha un alibi?
- Lui è stato trovato morto un paio di giorni fa in una discarica di Tucson ed il suo stato di decomposizione era abbastanza avanzato da far pensare che sia morto almeno un mese prima del periodo in cui quella persona è venuta a prendere Amelie. A me la mail è arrivata da quattro giorni ed io sono scappata immediatamente a Neptune con tutti i soldi che posseggo.
- Come ha preso Patricia la morte del marito?
- Non lo so ma certamente sta cercando sua figlia e se dovesse trovare certe foto in qualche sito… non so cosa farebbe. In passato ha sofferto di depressione e non saprei se potrebbe rifarlo oppure no. Per questo sono qui. Ti chiedo di aiutare Patricia a ritrovare al più presto sua figlia. Non è un favore personale, Veronica. Questi sono una parte dei soldi che dovevo restituirti… ma voglio usarli per pagare le ricerche di Amelie. Aiutami per favore. E’ la figlia della persona che più mi ha aiutata a guarire e uscire dal tunnel dell’alcolismo. Non è un favore personale che ti chiedo.
Veronica annuì e le porse il denaro.
- Non voglio i tuoi soldi. Lo faremo gratis.
Leanne le porse nuovamente l’assegno.
- E’ tuo in qualsiasi caso.
- Tieniti i tuoi soldi. Non ne abbiamo bisogno.
- Veronica…
- Devi rifarti una vita, mamma. Hai bisogno di quel denaro.
- Mi hai chiamata mamma.
- Sì, l’ho fatto. E, se ti chiedi per quale motivo l’ho fatto, è perché mi hai appena dimostrato di essere la donna che mi ha cresciuta. Tu sei mia madre, la donna generosa che si fece del male per difendere sua figlia dalla furia di Celeste Kane.
- Veronica, ti ring…
La porta si aprì rapidamente e Logan entrò nella stanza, bianco come un cencio.
- Veronica, vieni a vedere di sotto!
Prima che lei o Leanne potessero muovere un muscolo l’uomo aveva gettato via le coperte, preso tra le braccia Veronica ed era uscito di nuovo.
- Cosa diavolo ti è pre…
Veronica non riuscì a completare la frase. Di fronte a loro stava una ragazzina di origine ispanica di massimo dieci anni. Era bagnata fradicia ed in lacrime. Indossava un maglioncino verde strappato all’altezza del collo mentre all’altezza del ginocchio sinistro si allargava una macchia di sangue sui blue jeans.
Logan la mise giù e Veronica prese immediatamente tra le braccia Rebecca, la sorella minore di Ophelia.
- Cosa è successo, piccola?
- Zio Eli mi ha sempre detto… mi ha sempre detto di correre da Veronica se succedeva qualcosa di brutto - singhiozzò la bimba sulla spalla della donna ferita- Hanno… hanno preso Ophelia! Due uomini grandi e grossi volevano prendere anche me ma la mia sorellina… la mia sorellina… Aiutami, zia Veronica!
Veronica Mars strinse a sé la bambina terrorizzata e iniziò a prepararsi psicologicamente alla guerra.
La situazione sta diventando ingestibile. Abbiamo un pazzo furioso che vuole ammazzarmi, un folle assassino che desidera fare fuori Logan, una quattordicenne forzata e fotografata o dal padre o da qualcun altro ed ora hanno rapito Ophelia. Spero che la prima sia connessa alla seconda ma non che la quarta sia connessa alla terza…Weevil non sopporterebbe che succedesse qualcosa di simile alla sua dolce nipotina e neppure io lascerò che facciano di Ophelia un’altra delle baby prostitute. Non sopporterei di trovarla a pezzi in un cassonetto o in una automobile andata in fiamme come quelle poverette di Coconut Beach. O merda! Coconut Beach! Coconut Bitch! Le coconut! E’ un’idea folle e poco credibile… ma è pur sempre un’idea ed è mio dovere non scartarla a priori. Devo immediatamente andare in centrale.
- Logan- disse Veronica- vai da mio padre e chiedigli di andare a prendere i genitori di Rebecca poi, per favore, vai a prendere il foglio per la dimissione dall’ospedale. Io intanto telefono a Cliff per fargli fare il Lily-sitter per qualche ora.
- Veronica, tu non puoi uscire. Stai ancora male.
- Mai quanto starà male Ophelia se non agisco in fretta. Per favore, fa quello che ti ho detto, Logan.
L’uomo annuì e fece ciò che la donna che amava gli aveva ordinato.

Nota dell’Autrice: colgo nuovamente l’occasione per ringraziare tutti per la pazienza che state dimostrando e scusarmi per la lentezza con cui sto scrivendo ma sono davvero, davvero, davvero impegnatissima. Suky, ti ringrazio per la recensione, mi scuso per il ritardo e ti dico che sto per laurearmi in Lettere Moderne (era una domanda che avevi fatto qualche tempo fa). Se mi sarà possibile ed avrò materiale sufficiente per assicurarvi gli aggiornamenti fino a marzo inoltrato per Natale posterò anche il capitolo successivo.

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Capitolo 29
*** Capitolo Ventotto ***


Capitolo Ventotto

La bionda donna guardò l’uomo di fronte a lei come se potesse spezzargli il collo solo fissandolo.
- Sceriffo… anzi Veronica, ti ho detto che non puoi lavorare se sei in malattia.
- Io devo lavorare.
- Ti hanno dimessa dieci minuti fa dall’ospedale, santo cielo!
- Vicesceriffo D’Amato, io ho bisogno di lavorare quindi si lei immediatamente dalle scatole. E, per essere precisa, sono stata dimessa da ben sedici minuti.
- Non è possibile.
- Benissimo.
Leo D’Amato sorrise, illudendosi che la donna potesse aver capito le sue motivazioni.
Rebecca era nella saletta con i suoi genitori a sorseggiare qualcosa di caldo mentre attendevano che qualcuno si occupasse della deposizione della bambina e Weevil le aveva assicurato che sarebbe stato lì in serata.
In fondo, come Veronica sapeva benissimo, i due si adoravano.
Povero Eli. Non l’ho visto piangere quasi mai ma oggi al telefono… L’ho capito che stava piangendo tutte le lacrime che aveva in corpo nonostante stesse cercando di sembrare forte. Sono certa che con lui le cose andranno decisamente meglio ma prima di tutto devo riuscire a convincere Leo.
- Vicesceriffo… è licenziato.
Leo smise immediatamente di ridacchiare.
- Stai scherzando.
- Se non mi restituisci all’istante l’ufficio ti precluderò qualsiasi impiego, anche quello da lavavetri agli incroci.
Leo, nonostante sapesse che la donna non poteva fare una cosa simile così facilmente, le consegnò le chiavi della stanza.
- Sai che dovresti smetterla di riempirti di caffè prima di venire in ufficio?
- E’ già tanto che stamattina mi abbiano fatto bere un goccio d’acqua quindi la pregherei di andare a cercare qualcuno che possa acquistare da Starbucks dei caffè per me, i coniugi Velasquez, il signor Mars, la signora Reynolds ed il signor Echolls. E anche un bicchierone di latte e cacao per la piccola Rebecca Velasquez. Questo è tutto- disse tra i denti la donna incamminandosi verso quello che considerava il suo reame.
- Capo…
- Sì?
- Se ci vado io me lo offre anche a me il caffè prima che io vada a pulire i palloni al liceo Pan?
- Te lo offro e ti assumo di nuovo soltanto se me lo consegni tra cinque minuti.
Leo rise, fece il saluto militare e schizzò via.

Logan la raggiunse in ufficio qualche istante dopo che lei si era accomodata in poltrona.
Rapidamente fece scattare il chiavistello e, avvicinatosi alla scrivania, prese il suo viso tra le mani e la baciò con passione.
- Logan! Sono in ufficio!- sussurrò sottraendosi.
- Ci avevo fatto caso. Ci sono anche io qui- sussurrò prima di rapire di nuovo le sue labbra in un bacio ardente.
- Logan, non mi sembra il caso di baciarci in pubblico.
- Consideri la foto di nostra figlia un pubblico?
Lanciarono uno sguardo al sorriso della loro bambina e Logan, dedicando alla sua Veronica un sorriso malizioso, abbassò la fotografia per poi passarle un braccio attorno alle spalle ed impossessarsi per la terza volta delle sue labbra.
- Devo lavorare, Logan Echolls- disse, respingendolo in maniera definitiva pochi istanti prima che qualcuno tentasse di aprire la porta.
Rapidamente tolse il chiavistello e le persone da lei convocate si accomodassero nella stanza assieme a Leo.
Veronica si fece seria e dispose sulla sua scrivania i fascicoli dei casi di baby prostitute assassinate, le foto portate da sua madre e il fascicolo appena compilato su Ophelia.
- Credo che sia tutto collegato- disse a bruciapelo.
La sorella di Eli Navarro si strinse al fianco del marito ed iniziò a singhiozzare.
- Veronica- intervenne Keith- ci stai forse dicendo che… che secondo te anche loro sono in mano di quei mostri?
Annuì.
- Penso che questi uomini abbiano una rete capillare negli Stati Uniti e si informino sui casi di ragazzine scomparse o problematiche, quindi probabilmente sono all’interno di qualche ufficio dei servizi sociali o tra le forze dell’ordine. Nei casi in cui le ragazzine sono meno protette o più disponibili le “prelevano”.
Veronica guardò i genitori di Ophelia prima di continuare.
- Eli voleva adottare ufficialmente Ophelia, vero?
La donna annuì.
- Le è così legato… e noi abbiamo così tanti figli e pochi soldi… mio cognato ha proposto di diventarne il tutore legale e tutti noi eravamo d’accordissimo, soprattutto Ophelia. La mia bambina…
- Agiremo il più in fretta possibile, signora Velasquez, ma prima devo fare una domanda a mia madre. I genitori della ragazzina sono entrambi americani?
La donna scosse il capo.
- Il marito era canadese.
Veronica annuì.
- Logan, cosa mi dici della figlia del tuo collega Patrick Hamilton?
- Entrambi i genitori con la cittadinanza americana ma Patrick è nato in Inghilterra.
- Veronica… non capisco…
- Papà, è facile. Chiunque abbia ucciso e rapito queste ragazzine mi ha lasciato un chiaro messaggio.
- Ossia?
- Coconut Beach.
Tutti la guardarono incuriositi.
- Logan, ti ricordi come erano definite al liceo le persone di origini non americane che frequentavano quelli che invece le avevano?
- Non ti capisco…
- Ti ricordi Carmen, la ragazza di origini ispaniche del tuo amico Tad?
- Sì.
- E ricordi come venivano chiamate le ragazze e i ragazzi come lei?
- Ma certo! Lei era una delle Noci di Cocco!*
- Noci di cocco?
Leanne guardò l’ex marito.
- Le Coconut, Keith. Ricordi? Anche quando andavamo noi al liceo si usava questo soprannome in senso dispregiativo.
I presenti fissarono allibiti lo sceriffo.
- Ma- aggiunse Logan subito dopo- quello era un modo di chiamare solo quelli di origine ispanica.
- Non ne abbiamo la certezza ma da quanto mi risulta ognuna di quelle ragazzine ha origini solo parzialmente americane. Questo ragionamento legherebbe tutte le ragazzine e…
- E legherebbe un pezzo grosso di quella organizzazione a Neptune, vero?
Veronica annuì.
- Sì Logan. Sarebbe esatto se fosse così, ma non abbiamo prove per dimostrare né la mia affermazione né l’implicazione di una qualsiasi persona che ha frequentato il nostro liceo negli ultimi… trentacinque anni?
Leanne annuì.
- Ed era già una pratica adottata da qualche anno- aggiunse.
- In pratica siamo a un punto morto?
Veronica guardò l’uomo devastato dal dolore.
- E’ l’unica pista che abbiamo, signor Velasquez, e le giuro che la seguiremo. Presto sua figlia tornerà a casa sana e salva ma lei deve avere fiducia in me. Non perda la speranza.
- Mi ha appena detto di avere una pista molto debole e che mia figlia potrebbe essere in mano a delle persone che potrebbero farle del male! Mi appello a lei in quanto madre, signora Mars: come si sentirebbe se le dicessero che la sua bambina è stata rapita per soddisfare qualche uomo dai gusti perversi? Come si sentirebbe se le forze dell’ordine le dicessero che non sanno esattamente in quale modo potrebbero salvarla? Mi risponda, sceriffo.
- Ne morirei, signor Velasquez- rispose Veronica con calma- Ma non ha altra scelta. Deve fidarsi di me e permettermi di seguire l’unica pista che abbiamo, per quanto debole. Non ho detto che non verranno vagliate altre ipotesi.
L’uomo annuì poi, presa la moglie per mano, si alzò.
- Lascio tutto nelle sue abili mani, sceriffo. Mio cognato Eli si fida di lei e noi faremo altrettanto. Salvi nostra figlia, sceriffo Mars.
Veronica annuì e l’uomo tentò di distendere le labbra in una pallida imitazione di un sorriso.

Logan, è la scelta giusta? E’ corretto che sia oggi il giorno in cui nostra figlia sappia che presto saremo una famiglia? Io rischio la vita ogni giorno e tu sei l’obiettivo di qualche pazzo assassino… Stare insieme fornirà una nuova sicurezza alla nostra bambina, lo so… Ma è giusto tentare? E se poi andasse male di nuovo?
Veronica, il collo cinto da una spessa sciarpa per evitare che i segni dello strangolamento si vedessero e tanto trucco per nascondere i segni del pestaggio, strinse la mano di Logan e lo guardò, cercando nei suoi occhi una risposta alle sue domande.
Sì, è giusto così. Saremo una famiglia e saremo felici. Lily potrà avere anche un fratellino o una sorellina…Tu potrai avere una vera famiglia, diversa da quell’immagine di stereotipata felicità che era la tua vita familiare quando eri un ricco e viziato zeronove, Lily potrà avere il padre e la sicurezza che la figura paterna rappresenta ed io… io potrò vivere per sempre felice e contenta con l’uomo fatto per me, bello e spiritoso, un serpente a sonagli con la lingua tagliente che nasconde una persona dal gran cuore, braccia forti tra le quali rifugiarmi dopo una notte di coccole e zero noia. Logan Echolls, è giusto affrontare la nostra bambina e lo so… ma ho ugualmente paura della vita, tanto bella un momento e tanto bastarda quello successivo, un saliscendi che odio ed amo allo stesso tempo. Ma so che è giusto vivere e che questa gioia resterà anche se tutto si rivelasse un mio colossale errore.
Leanne guardò la figlia dal naso arrossato, aggrappata al braccio del suo compagno più per piacere personale che per reale necessità di sostegno.
- Lo so che ti ho fatta soffrire tanto, Veronica, e non dirò nulla di nulla a tua figlia- disse mentre le dava le spalle- Alla fine di questa storia svanirò dal nulla dal quale sono venuta e non avrai più notizie di me. Sono felice di vedere che sei felice con l’uomo che hai scelto e ti sono grata per l’aiuto che mi hai dato. Non dimenticherò mai questi giorni ed un giorno ti restituirò tutto ciò che ti devo.
- Lo so, Leanne.
Veronica non aggiunse altro. Non poteva fare finta che tutto fosse a posto, anche se quello fosse stato l’ultimo giorno che avrebbe potuto trascorrere con la madre. Quei furti l’avevano ferita profondamente non tanto per la quantità di denaro sottrattole ma per la fiducia che aveva riposto in una donna che non la meritava affatto.
Keith suonò il campanello e un attimo dopo Lily era tra le sue braccia.
- Nonnino! Sei tornato a casa! Cliff non mi fa vedere i cartoni animati!
L’uomo guardò il suo amico avvocato.
- E perché no?
- Tu faresti vedere il film di South Park a una bambina di sette anni, Keith Mars?- rispose l’altro, tornando a sedersi sul divano.
- Veronica alla sua età guardava tutti i film gialli con Keith- rispose Leanne entrando in casa.
- Ma io ti ricordo che dopo i primi venti minuti sia io che la mia perspicace figliola indovinavamo chi era il colpevole e mettevamo su la videocassetta di Bambi.
- Molto interessante ricordare la tenera infanzia dello sceriffo locale, ragazzi… ma ci fate entrare? Qui fuori si gela e Veronica ha ancora un po’ di febbre.
La piccola Lily si accorse solo allora che dietro suo nonno c’erano i genitori.
- Mamma! Papà!
Le bastarono pochi secondi per divincolarsi dalla stretta del nonno ed abbracciare la vita della madre mentre tante piccole lacrime bagnavano le sue guance. Veronica si chinò su di lei e immediatamente le sottili braccia della bambina le cinsero il collo ed il faccino arrossato si nascose contro la sua spalla mentre la madre si limitava a stringerla a sé nel tentativo di trasmetterle tutto il calore possibile, conscia che per l’ennesima volta il suo lavoro aveva fatto soffrire la sua bambina e che potenzialmente poteva ancora farla soffrire perché, ben nascosti sotto il maglione, i segni delle cinghiate continuavano a dolerle ad ogni respiro.
Logan le diede una carezza sul capo e Veronica riprese il controllo necessario per entrare in casa ed accomodarsi sul divano, accanto a sua madre, mentre Cliff andava a prendere da bere nel frigorifero come se fosse a casa sua.
La piccola non aveva intenzione di separarsi dalla madre, sedendo sulle sue ginocchia e stringendosi a lei come se fosse sua ferma intenzione non lasciarla andare mai più.
- Piccola…- disse Logan, in piedi dietro alle donne della sua vita, cercando la mano destra di Veronica con la sua- La mamma ed io abbiamo una cosa molto importante da dirti.
La bambina immediatamente si fece attenta.
- Cosa papà?
- Papà ed io… abbiamo deciso di vivere tutti assieme.
La bambina li guardò con aria delusa.
- Lo fate già- disse con semplicità.
- Ma ci sarai anche tu, piccola.
Lily sospirò e li guardò. L’uomo si stupì di vedere l’espressione scettica della propria figlia.
- L’abbiamo fatto e sono stata rispedita dal nonno in meno di un giorno. E’ meglio lasciare stare.
- Quello che mamma e papà stanno cercando di dirti, tesoro…- iniziò Keith ma una gomitata dell’ex-moglie lo azzittì.
- Quello che la mamma ed io stiamo cercando di dirti è che noi… noi…
- … siamo tornati insieme- finì Veronica tutto d’un fiato.
Il climax di gioia che cresceva a velocità impressionante nel petto della loro bambina era visibile nei suoi occhi: questi prima si sgranarono poi si illuminarono di luce ed infine si riempirono di lacrime.
- Davvero? Avrò una mamma e un papà come tutti gli altri? Un papà e una mamma che si danno i baci sulle labbra?
Veronica annuì.
- E laverete assieme i piatti?
- A quello ci penserà la lavastoviglie.
- E uscirete assieme lasciandomi dal nonno perché lui è il mio babysitter?
Logan annuì.
- E vi farete le carezze sul letto mentre siete tutti nudi?
A quelle parole tutti i presenti guardarono la bambina con aria stralunata. E quella dove l’aveva sentita la loro innocente bambina?
- Mi ha detto Carlos che i suoi si divertono tanto a farle… anche se dice che a volte ci sono anche tante altre persone ed io non ho ben capito se è una cosa che fanno solo tra le mamme e i papà oppure le fanno anche le persone che si vogliono bene.
Gli sguardi che i cinque adulti si lanciavano reciprocamente erano eloquenti.
- Tesoro… non sono cose di cui parlare adesso- disse Veronica.
- No? E quando?
- Quando… quando parleremo delle api e dei fiori.
I cenni di assenso con cui suo padre, rosso in viso, disse quelle parole fece capire alla bambina che quell’argomento o non piaceva agli adulti o era uno di quegli argomenti di cui si parla poco e in privato.
- Va bene… quindi stasera torno a casa con voi.
Logan e Veronica si guardarono. Se Lily fosse tornata a casa assieme a loro quasi sicuramente avrebbe notato i numerosi lividi che segnavano il corpo della madre e si sarebbe preoccupata.
- Perché non ti fermi a dormire qui? La mamma deve lavorare e papà la aiuterà. Noi potremmo andare a sciare con la mia amica.
La piccola guardò il nonno con aria delusa ma annuì. Ormai era abituata a essere scaricata dalla madre quando aveva molto da lavorare. Si liberò con stizza dall’abbraccio materno e andò dritta da Leanne.
- Allora domattina andiamo a sciare.
La donna sorrise ed annuì.
- Va bene. Adesso puoi dire a mamma e papà devono andare a casa.
- Ma…
- E devi dire alla mia mamma- continuò, tirando su con il naso un paio di volte- Che ho visto il telegiornale.
- Tesoro…
- … Quindi so si è truccata ed ha il fazzoletto per non farmi preoccupare ma io… io mi preoccupo di più se mi dice le bugie. Adesso vado a dormire.
Detto questo la bambina lasciò la stanza con le mani sugli occhi.

*: Logan coglie l'assonanza tra le parole "beach", che significa spiaggia e "bitch" che significa "puttana"

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Capitolo 30
*** Capitolo Ventinove ***


Nota dell'Autrice: prima che il mio tempo libero vada a farsi benedire per l'ennesima volta aggiorno questa storia e vi informo che il prossimo capitolo arriverà non prima della metà di marzo, ossia dopo il mio personalissimo giorno X. Vi avviso inoltre che questo è il penultimo capitolo completo che ho sul mio computer quindi c'è la possibilità che la data di uscita del trentesimo capitolo slitti di un altro paio di settimane... farò il possibile perché questo non accada ma non preoccupatevi se dovessi ritardare, ok? Ora vi lascio a quello che, penso, vi interessi...

Capitolo Ventinove


Pur di non pensare a sua figlia non appena mise piede in casa Veronica si gettò a capofitto sul lavoro mentre Logan la supportava in ogni modo possibile.
Cucinò la cena e pulì la stanza mentre la donna, china sulle carte sparse sul tavolo, cercava di scoprire se la sua deduzione era esatta o meno, sperando con tutto il cuore che la ragazzina non venisse sfruttata come lo era la ragazza nelle foto consegnatele da sua madre e come lo erano state le tante ragazzine trovate morte in quei mesi.
Da quando aveva iniziato a indagare su quel caso di prostituzione minorile Veronica aveva sentito come un nodo allo stomaco. La disgustava e non approvava il fatto che delle ragazzine facessero sesso ma fino a quando si trattava unicamente di una loro scena poteva perlomeno aggrapparsi a questo ma l’orrore di vedere giovani e giovanissime usato come trastullo per qualche pervertito, addirittura costrette con la violenza a concedersi completamente al depravato di turno, per poi essere uccise se rimaste incinte dopo l’ennesima esperienza con quello che secondo Veronica era soltanto un maniaco da evirare… No, a quella sensazione lo sceriffo Veronica Mars non riusciva neppure a dare un nome.
Lei non ricordava nulla di quei minuti, questo era vero, ma anche lei aveva provato la disperazione di essere stata violentata e di non essere stata in grado di fare nulla per evitarlo. Tra il 2005 ed il 2006 aveva vissuto solo un anno di sollievo, quando dopo una lunga ricerca aveva scoperto che l’incontro durante il quale era diventata davvero una donna l’aveva avuto con Duncan e si era trattato di qualcosa di dolce ed affettuoso. Poi aveva scoperto di avere la clamidia e qualche settimana dopo aveva scoperto che l’anno precedente il piccolo, dolce e ingenuo fratello minore di Dick Casablancas era in realtà un pazzo assassino che dodici mesi prima le aveva mentito. Cassidy, quel ragazzino intelligente che tutti, suo padre e suo fratello compresi, sottovalutavano perché apparentemente un ragazzo talmente timido e delicato da non riuscire a staccarsi di dosso l’odioso soprannome di Beaver, alla festa di Shelley Pomroy era rimasto in sua compagnia abbastanza a lungo da abusare di lei prima che il rampollo dei Kane la trovasse supina nella dependance e, in stato di coscienza alterata, si abbandonasse alla passione in compagnia di una ragazza altrettanto confusa che aveva abbandonato perché convinto che in realtà lei fosse il frutto della relazione extraconiugale di suo padre con la madre dell’allora sedicenne.
A quel pensiero Veronica lanciò una rapida occhiata a Logan, il ragazzo che in una calda sera di inizio estate era salito sul tetto del Neptune Grand e le aveva impedito di uccidere il folle diciassettenne con la pistola che fino a poco prima era stata puntata contro di lei. Ricordava ancora il timore che aveva letto negli occhi di Logan che, di lato e con circospezione, si era avvicinato a lei che, tremante e sul punto di premere il grilletto, sputava in fretta tutta la crudele verità sul conto di un ragazzo che era riuscito a ingannare per molti mesi il suo fiuto da detective. Sulla sua mano, ogni volta che ripensava a quei momenti, poteva sentire il tocco deciso della mano di Logan, un ricordo che molto spesso aveva richiamato alla mente nei momenti più difficili, primo tra tutti quando aveva messo al mondo sua figlia. Non aveva mai rivelato a Wallace che quando lui, con il camice e la mascherina, le stringeva la mano per farle coraggio mentre le doglie si facevano via via più violente, aveva immaginato che quella pelle scura fosse in realtà la rosea epidermide che una decina di mesi prima le aveva impedito di rovinarsi la vita con le sue mani.
Si alzò e, avvicinatasi a Logan in silenzio, lo fece voltare.
- Ciao tesoro.
- Non te ne andare più- sussurrò.
- Mai. Nessuno potrà più separarmi dalla mia Veronica.
La sua risposta, pronunciata con lo stesso tono della richiesta della donna, fu seguita dal chinarsi dell’uomo sulla compagna e dallo sfiorarsi leggero delle loro labbra.
- Ti amo come nessun uomo ha mai amato prima- continuò- Amo il tuo coraggio ed il tuo sorriso, amo la tua ironia ed il modo in cui mi dai i calci quando dormiamo, amo quel tuo orrendo pigiama e il tuo bellissimo…
Lasciò scivolare gli occhi verso il basso, fermandosi laddove la sua camicia si tendeva in avanti.
- … cuore- disse, sfoderando il suo sorriso più accattivante.
Veronica finse di credere che lui accennava sin dall’inizio al suo spirito e non alle sue forme e con un ultimo bacio si allontanò da lui.
- Torno a lavorare.

Non erano ancora passate le otto quando Eli, tornato da New York più in fretta di quanto prevedesse, fece squillare il telefono di casa Mars.
- Veronica- esordì l’uomo nella speranza che il suo superiore avesse qualche notizia in grado di tranquillizzarlo.
- Ciao Eli.
Il suo tono era lo specchio del suo pessimo umore.
- Non hai saputo nulla?
- Ci sto lavorando- rispose la donna, passandosi distrattamente una mano tra i capelli mentre guardava le carte in disordine sul tavolo.
Non era riuscita a trovare miglior collegamento di quello delle “Noci di Cocco” e dei problemi familiari ma non era del tutto convinta che la soluzione potesse essere proprio da queste ipotesi.
- Lo so e ti ringrazio tanto per lo sforzo che stai facendo. Mi è giunta voce che gli ultimi giorni sono stati abbastanza movimentati per te.
- Movimentati è un eufemismo. Davvero pessimi.
- Che strano… Io ho sentito dire che non sono stati del tutto negativi. Mi hanno per caso informato male?
Veronica sorrise.
- Te l’ha detto l’uccellino?
- No. A dire il vero me l’ha detto un felino dalla folta criniera travestito da vicesceriffo di origini greche, un tipico animale da centrale di polizia che ringrazia sentitamente il vetro della porta del tuo ufficio.
Veronica appoggiò la fronte al tavolo.
- Non dirmi che sono già la regina del pettegolezzo.
- Non ancora ma dai retta a me, capo: in meno di tre giorni quella scrivania diverrà lo scenario su cui tu e il tuo aitante convivente avrete sperimentato ogni posizione del kamasutra.
Veronica lanciò un’occhiata a Logan, adesso chino su una padella per controllare la cottura della frittata.
- Prova a farlo e sei finito, Eli Navarro- sibilò.
- Altre minacce?
- Esatto.
Per qualche secondo l’uomo non parlò.
- Eli, ci sei?
- Sì.
Veronica comprese che adesso la conversazione era tornata seria e smise di sorridere.
- Senti… non fare sciocchezze Eli, ok? Ti giuro che troverò quei porci prima che facciano del male a Ophelia.
- Io proverò a trattenermi, se questo può farti stare più tranquilla… ma giuro che se le torcono anche un solo capello io finirò sulla sedia elettrica perché ti assicuro che li ammazzerò a mani nude.
- Weevil, ti prego…
- Cazzo, devo essere impazzito a dirti una cosa simile… ma lo penso, Veronica, e non posso nascondertelo perché anche se lo facessi tu lo capiresti in meno di un istante che io sarei in grado di ammazzarli nel caso che Ophelia…
- Non accadrà, te l’assicuro. Ma tu devi restare calmo, capisci?
- Non preoccuparti, lo so che devo stare calmo… ma non ce la faccio. Lo sai che quella ragazzina per me è come una figlia?
- Stamattina ho incontrato tua sorella e tuo cognato in centrale e mi hanno detto tutto quanto.
- Quindi sai anche che volevo diventare il suo tutore… Sai che lei voleva stare con me e che io desideravo crescerla…
Veronica si morse il labbro mentre immaginava l’uomo che stringeva il telefono, sull’orlo di una crisi di nervi ma incapace di versare una singola lacrima perché troppo orgoglioso per lasciarsi andare nella solitudine del suo appartamento.
- Lo so, Eli, e se si trattasse di Lily sarei anche io così preoccupata… ma non dobbiamo perdere la calma. Noi la troveremo e starà bene. Questa sera Leo è andato a controllare in un pub a San Francisco indicatoci da quella che per ora è l’unica ragazza riuscita a scappare da quei pazzi. Se Ophelia è ancora in città l’uomo giusto per riuscire a salvarla è Leo. Abbi fede.
- Va bene. Forse te l’ho già detto in altre occasioni… ma voglio che tu sappia che ho completa fiducia nel tuo intuito. Scusami se ti sono sembrato un pazzo e se ti sei preoccupata per il mio benessere… Grazie mille Veronica Mars. Sei davvero un’amica preziosa.
Detto questo l’uomo riagganciò.
Veronica sospirò.
mi rendo conto di quanto Eli stia male per questa faccenda ma non posso fare nient’altro che lavorarci e sperare per il meglio… Leo, per favore, cerca di scoprire qualcosa questa sera o rischio di perdere il controllo…
Solo quando le braccia di Logan le cinsero la vita si rese conto di non essere tornata a sedersi dopo aver risposto al telefono, restando in piedi nel mezzo della stanza a fissare un punto indefinito del divano.
- Sta su. Tutto andrà per il meglio- le sussurrò Logan sfiorandole la guancia con la sua, ruvida per via della barba di un giorno- Tu adesso devi pensare solo a rimetterti in forze e a fare la brava festeggiata.
- Festeggiata?
Logan la fece voltare. La frittata che lui stava preparando qualche minuto prima era in un piatto al centro della tavola, gialla e dall’aspetto invitante. Attorno Logan aveva disposto altri sei piatti, due per ogni tipo di cibo cucinato.
- Lo so che non è molto per una cena di compleanno…
- Compleanno? Ti sbagli, Logan. Io non compio gli anni.
- Li hai compiuti un paio di settimane fa.
Veronica chiuse gli occhi. Sì, Logan ricordava bene ma lei non ci aveva pensato. Era nata poco dopo la metà di dicembre, il diciassette per l’esattezza. Lui invece avrebbe compiuto gli anni tre settimane dopo, il ventinove gennaio duemilaquattordici.
- Che sciocca. L’avevo dimenticato…- sussurrò.
- Il mio sceriffo preferito ha troppe cose a cui pensare per ricordarsi dei compleanni ma il suo inutile convivente con cui ha avuto una figlia e con il quale sta avendo una relazione seria ne ha parecchio e questa cena vuole essere il suo regalo per augurare allo sceriffo più sexy che Neptune abbia mai avuto un felice compleanno.
Le labbra sfiorarono il suo collo e Veronica trasalì.
Il segno rossastro sul suo collo li fece ripiombare nella triste realtà della loro situazione: avevano tentato di ammazzare sia lei che Logan, loro figlia era offesa perché sua madre non la credeva abbastanza matura per accettare i rischi del suo mestiere ed aveva un agente infuriato che desiderava uscire di casa, trovare i rapitori di sua nipote e fargli sputare tutti i denti a suon di calci.
Si allontanò da lui a malincuore.
- Scusami Logan…
- Lo so che fa male.
- Va tutto storto ed io sono inutile.
- Non dirlo neanche per scherzo. Sei formidabile.
- Non abbastanza da salvare Ophelia o per capire che mia figlia si preoccupa di più quando svanisco nel nulla che quando sto male. Non sono affatto formidabile se in tutti questi mesi non sono riuscita a scoprire chi è la persona che voleva eliminarti.
- Veronica, tu non sei Wonderwoman e non ti fa bene cercare di esserlo.
- Lo so, ma in certi giorni… in certi giorni io vorrei esserlo davvero. Devo proteggere i miei cari e a volte è talmente difficile che desidereo davvero avere dei superpoteri. In questi giorni mi sento impotente.
Dava le spalle all’uomo ma lui sapeva che in quel momento i suoi occhi erano pieni di lacrime che il suo smisurato orgoglio le impediva di versare.
Le braccia di Logan la ghermirono nuovamente.
- Trattenere dentro di noi il dolore avvelena l’anima.
Quelle poche parole a malapena sussurrate la prostrarono. Le lacrime scorsero lungo le sue guance grandi e rapide, salate gocce che Logan asciugava con piccoli baci fugaci, confortando teneramente quella donna che si nascondeva sotto la granitica Veronica Mars che ogni giorno indossava, oltre all’uniforme, una maschera di sicurezza che a volte non aveva.

Veronica, stretta tra le braccia di Logan, aprì gli occhi per un istante.
La luce della luna illuminava a malapena la stanza, donando al volto dell’uomo un pallore innaturale.
- Come ho fatto tutti questi anni senza di te?- sussurrò.
Il suo respirare lento e profondo indicavano che dormiva della grossa quindi la donna continuò.
- Solo tu sei in grado di lasciarmi ferite incapaci di cicatrizzare e al tempo stesso curare quelle che sembrano più profonde. Come fai a farmi questo effetto, Logan Echolls? Chi sei tu? Quanto potere hai su di me?
Accarezzo il capo del suo uomo, sentendo a malapena sotto le dita la cicatrice che l’incidente aveva lasciato sulla sua fronte e si maledisse per essere stata tanto stupida da non aver ancora rintracciato la persona che in un certo senso aveva offerto una seconda opportunità a quella che era stata una ragazza incinta troppo spaventata e diffidente per confidare a qualcuno che il suo bambino era figlio del rampante produttore che faceva il dongiovanni con ogni donna possibile.
Si passò distrattamente una mano sul ventre e sperò di non rimanere incinta prima di aver scoperto chi era stato a far del male a Logan. Le sarebbe piaciuto dare un fratellino a Lily ma metterlo al mondo mentre il padre era ancora in pericolo di vita e lei era minacciata da un folle che non aveva nulla da perdere non era esattamente una scelta azzeccata. Di certo non avrebbe detto di no se fosse accaduto casualmente ma non poteva programmare una cosa simile e si ripromise di mettere al corrente anche Logan di questa sua riflessione e chiedere il suo parere in proposito.
Sarebbe bello se avessimo un altro bambino… o magari altri due o tre… ma prima dovremmo sposarci… Non sono mai stata una che sogna l’abito bianco però vorrei sposarmi con il mio peso forma, tipo qualche mese dopo il parto o prima del terzo mese. Per fortuna quando ho avuto Lily si notava poco… se papà avesse scoperto che cosa nascondevo come minimo mi avrebbe scuoiata. Chissà se quella storia della forma della pancia è vera… era pancia a punta e pancia tonda? O ventre basso e ventre alto? E come si capiva che cosa si aspettava? Mi sa che sono… sono un pochino arrugginito… riguardo alla gravidanza… Non è un pensiero molto da me ma… ma vorrei… tornare a … a fare la mamma… a tempo pie… pieno o quasi… come con la nostra piccola… Lily… bella… bella di mamma…
Con questi dolci pensieri Veronica si abbandonò nuovamente al sonno, ignara dell’ambulanza che ululava nella notte e di quell’uomo che nel delirio invocava il suo nome e quello di una bambina di dodici anni.

Nota dell’Autrice: lo so, nella serie il compleanno di Veronica, citato nella puntata 2x01 “Normalità”, è nel periodo estivo (più o meno tra luglio e agosto) ma vedendo gli episodi in cui Veronica esce con Leo (questa nota la sto scrivendo il 03/10/2007, il giorno in cui Italia1 replica la puntata 1x18 “Allarme Bomba”) viene detto che la differenza di età tra Leo e Veronica è di ventinove mesi. Ora, sapendo che Leo è del segno del Leone (lo afferma lui nel primo episodio in cui compare, 1x 11 “La Verità”) Veronica non può compiere gli anni nel medesimo periodo. Facendo un paio di calcoli si può immaginare che il suo compleanno sia più o meno in dicembre. Ecco il perché della cena di compleanno in ritardo proposta in questo capitolo.

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Capitolo 31
*** Capitolo Trenta ***


Nota dell'Autrice del 02/03/2008:Sorpresa! No, non è un capitolo avviso. No, non è uno scherzo. No, non è un capitoletto riempitivo per farvi contenti. Il vero motivo è che ho iniziato a scrivere il capitolo trentaquattro quindi posso rispettare il limite di tre capitoli come mi sono imposta di rispettare quindi, nonostante il giorno X non sia ancora arrivato (ma siamo agli sgoccioli)posso fornirvi un capitolo nuovo di zecca. Vi avviso sin da adesso che vi terrò un pochino con il fiato sospeso concluso questo capitolo... mi perdonate, vero? Adesso vi lascio a "Di Nuovo" ringraziandovi per l'affetto con cui seguite questa storia

Capitolo Trenta


Veronica fu svegliata dal trambusto che proveniva dalla cucina.
Diede un’occhiata alla sveglia e si rese conto che non erano neanche le sei del mattino quindi si alzò in piedi, recuperò a tentoni il pigiama abbandonato sul pavimento dopo la naturale conclusione della serata con Logan e con passo elefantiaco si diresse verso la stanza in cui suo padre e Logan stavano discorrendo.
Si avvicinò alla porta socchiusa, attenta a non farsi scoprire, e si mise in ascolto.
- … è ancora troppo provata e preferirei non lo sapesse in modo brusco.
- Ha il diritto di saperlo, Keith.
- Lo so ma non voglio ci stia male… era un suo vecchio amico.
- Per fortuna il vicesceriffo d’Amato l’ha fermato…
- Logan, lui l’ha quasi ammazzato, per la miseria!
- Ma almeno è servito. Appena uscirà dall’ospedale quel maniaco finirà a marcire in cella.
Dopo qualche istante di silenzio suo padre riprese a parlare.
- Spero solo non sia troppo tardi anche per le altre ragazzine…
- Come l’ha presa Weevil?
- Come può averla presa? Malissimo, visto lo stato in cui è conciato quel porco.
Veronica sbiancò, immaginando cose orribili sul conto di Ophelia.
- Ma Ophelia era… ha subito…
- Per fortuna Leo le ha evitato almeno quello… ma per il resto… Povera ragazzina, non lo dimenticherà tanto presto.
- L’importante è che non le abbiano fatto subite il trattamento di tutte le altre ragazzine. E’ riuscito a liberare solo lei?
Di nuovo silenzio e Veronica si azzardò a sbirciare.
- A casa di Norris Clayton abbiamo trovato soltanto Ophelia.
Norris Clayton?! Quel Norris Clayton?! Lo stesso Norris Clayton che qualche volta mi ha difeso dai bulli?! Il medesimo Norris Clayton che mi ha invitata a uscire poco dopo aver baciato Logan per la prima volta?! E’ lui quel porco che ha rapito le ragazzine? E’ lui il responsabile della morte di tante innocenti?
- Ma è sicuro che sia stato lui a…
- Non ci sono molti dubbi, Logan. Ophelia era mezza nuda, legata e imbavagliata dentro una cassa. Non l’ha neppure sedata ma era incosciente per via di un colpo in testa. Deve aver lottato parecchio prima di farsi mettere lì dentro.
- Quindi è ferita.
- Quello stronzo le ha rotto un braccio e spezzato un dente, oltre a colpirla con qualcosa di abbastanza pesante. Ne avrà per qualche giorno ma in definitiva se l’è cavata molto meglio di molte altre ragazzine.
- E Norris?
- Norris è in terapia intensiva. Ha un serio trauma cranico, quattro costole rotte e qualche dente in meno. Eli Navarro è pur sempre il tosto capo dei PCHers e vedere la sua nipotina in quello stato gli ha fatto perdere le staffe. E’ già una fortuna che non l’abbia accoppato.
- Certo, è arrivato il vicesceriffo a fermarlo!
Keith rise.
- Quell’occhio nero se ne andrà molto presto, non preoccuparti Logan.
- E la stampella?
- Per quella in effetti dovrà aspettare qualche tempo in più. Hanno parlato di almeno un mese.
- Eli c’è andato giù pesante ed io sono completamente d’accordo con lui.
- Lo so e sono del tuo stesso parere, Logan… ma non è la scelta migliore usare la violenza per risolvere certe faccende. E tu, carissima figliola, esci dal tuo nascondiglio. Si vede la tua ombra.
La donna uscì dall’oscurità.
- Scusate, non volevo origliare mentre mi rubavate il mestiere.
- Quante volte dovrei dirtelo che devi startene buona?
Veronica si voltò verso il suo uomo.
- Ancora una volta, per piacere. Quando mi ingiungi di stare calma hai una espressione estremamente sexy.
Il sorriso accattivante di Logan le fece capire di aver fatto centro ed il bacio che seguì fu la meritata ricompensa per aver stemperato almeno un poco la tensione.
- Vi ricordo che io sono ancora qui e che sono un padre con i piedi per terra che stava parlando del tuo lavoro, figliola, quindi potresti evitare di stuzzicare il tuo fidanzato mentre sono presente? Già è stato traumatico entrare nella vostra stanza con la certezza di trovarvi di nuovo in costume adamitico e con una quantità esigua di coperte a nascondere le vostre… vergogne.
Veronica e Logan risero di fronte all’uomo che non sembrava esattamente pronto a trovare sua figlia in compagnia di un uomo che si stava dimostrando sempre più maturo e pronto a diventare il degno consorte della sua bambina.
- Tornando seri- disse Keith- Il tuo sottoposto ha detto di aver ricevuto una telefonata in cui gli indicavano la casa di Norris come luogo in cui era custodita Ophelia. Sai chi potrebbe voler salvare quella ragazzina?
- Papà, Ophelia è molto benvoluta.
- Quindi potrebbe essere stata aiutata da chiunque a Neptune?
- Più della metà della popolazione, lo sai. Ma visto che Norris è un nostro concittadino direi che non tutta la popolazione di Neptune si preoccupa del benessere di quella ragazzina. Anche se non mi sarei mai aspettata una cosa simile da Norris.
- Veronica, ti devo ricordare che quel tizio collezionava armi antiche e si esercitava nel lancio degli shuriken nel suo garage?
- Lo so cosa faceva Norris e posso affermare che negli ultimi anni non sembrava cambiato poi molto… ma, scusa la franchezza, da uno con dei simili gusti non mi sarei mai aspettato né l’organizzare una tratta di ragazzine non completamente americane né una spedizione in cassa. Da un tipo con quei gusti posso aspettarmi qualche orrenda tortura con una donna ben carrozzata legata ad una tavola o incatenata al muro… e magari un gatto a nove code... cosa avete da fissarmi?
Keith e Logan stavano guardando Veronica con gli occhi sgranati, come se le fosse improvvisamente spuntato un bubbone verde e viola in mezzo alla fronte.
- Sai che quando ti ci metti sei davvero perversa, figliola?
- Concordo con lui.
- Scusate tanto se sto cercando di entrare nella mente del nostro sospetto sfruttatore di ragazzine minorenni e spesso non consenzienti, single e con un lavoro non troppo remunerativo alla Kane Software.
Lo sguardo dei suoi cari non cambiò.
- Io vado a vestirmi e scappo all’ospedale. Papà… quando tu e Logan avrete smesso di fare quelle facce da pesce lesso potreste raggiungermi all’ospedale, anche se accompagnare uno sceriffo convalescente sarebbe decisamente meglio.
Logan si riscosse all’istante.
- Vado a prepararmi e sono da te.
La donna annuì e, seguita come un’ombra dal suo compagno, si rifugiò nella sua stanza per mettersi in ordine.

La reazione di Norris alla sua vista fu totalmente inaspettata: Veronica Mars, introdottasi nella stanza di terapia intensiva grazie alla complicità della cara vecchia Gia, si sarebbe aspettata tutto da lui fuorché quelle grandi lacrime che iniziarono immediatamente a scorrere lungo le sue gote.
- Vero… nica… aiutami… aiutami… ti prego…
Si mise a sedere accanto al letto.
- Ho solo un paio di minuti quindi stammi bene a sentire: se sei stato davvero tu sei uno sporco maiale che vorrei uccidere con le mie mani ma se sei solo una vittima, come io sospetto che tu sia, dovrai dirmi tutto quello che sai.
- Non sono… stato… io. Lo giu… giuro.Tutto… tutto… lui sa tutto…
- Benissimo- disse Veronica, imputando al trauma quell'ultima balbettante affermazione- Parlerò con il medico per accordarmi per la prossima visita. Riposa bene e prega che tu sia stato sincero con me oppure la prossima volta ti troverai in un monolocale preso alle pompe funebri.
Detto questo la donna uscì.
Fase uno: completa. Ho spaventato il maggior sospettato ed allo stesso tempo mi sono dimostrata disponibile al colloquio. Se Norris si fida di me parlerà senza troppi spargimenti di sangue e potrà scagionarsi. Nel caso invece fosse colpevole farò in modo che non esca più dalla cella. Certo che se fosse davvero lui… è strano ma per una volta tanto non riesco a credere all’evidenza.
Logan, che l’aspettava seduto fuori dal reparto, le sorrise nel tentativo di distoglierla dai suoi cupi pensieri ma non ebbe effetto.
Veronica, quasi come se non lo avesse visto, tirò avanti e si diresse verso l’ascensore.
Logan la raggiunse un attimo prima che le porte si chiudessero alle sue spalle.
- Veronica…
La donna si voltò verso di lui.
- Che ci fai tu qui?
- Veronica… ti ho accompagnata io qui.
- Davvero?
L’uomo annuì.
- Non lo ricordavo.
- Ti senti bene?
- N… no, non credo.
Logan annullò la distanza tra loro e poggiò la fronte sulla sua.
- Non mi pare che tu abbia la feb…
La sua frase si interruppe quando la sua bocca venne impegnata in ben altra attività. La donna di statura minuta aveva infatti approfittato del fatto che lui si fosse abbassato verso di lei per cingergli il collo e, alzatasi in punta di piedi, impadronirsi delle labbra del suo uomo.
- Ora va meglio- disse con voce flautata la donna.
- Sei machiavellica, Mars- sussurrò Logan prima di riappropriarsi per un altro istante dalla bocca della sua bionda compagna.
- Lo dovresti sapere già da un pezzo.
- Ti ho detto che ti amo, sceriffo?
- Non nell’ultima ora.
Gia Goodman sorrise nel sentirli tubare in quel modo. Era salita sull’ascensore un piano dopo di loro ma i due sembravano non essersene accorti, troppo presi da loro stessi, e lei ne era felice. Nonostante non fossero grandi amiche lei era molto affezionata alla ragazza che l’aveva sottratta alle attenzioni di Lucky, il custode del liceo di Neptune che avevano frequentato assieme sette anni prima ed il vederla così innamorata la rallegrava non poco. Non l’aveva mai detto allo sceriffo ma pensava che fosse un po’ troppo cupa e dura per risultare femminile mentre adesso… ora era diversa. Non meno dura, questo no, ma era come se Veronica fosse diventata più simile al suo alter ego del reparto dolciumi, ossia resistente fuori ma con un gustoso cuore di morbido caramello all’interno.
Il dolce momento venne interrotto dallo squillare del cellulare della bionda.
- Pronto?

Lily guardò con aria di rimprovero la donna che gli stava davanti ma non aprì bocca.
Sapeva perfettamente che gli adulti le mentivano per il suo bene ma non sopportava che lo facessero. Era una bambina ma era soprattutto la figlia dello sceriffo e quindi abbastanza preparata ad affrontare certi eventi. E poi, aggiunse tra sé e sé, era stata anche vittima di un tentato omicidio qualche mese prima quindi non vedeva il motivo di tutta quella segretezza riguardo alle condizioni di sua madre.
- Lily… lo so che è brutto…
- No. Tu non lo sai.
- Credimi piccola, io lo so.
- Tu non sai niente!
La piccola abbassò gli occhi ed arrossì. Non aveva mai risposto in un modo tanto maleducato ad un adulto che si rivolgeva a lei in modo gentile.
- Scusami… sono stata cattiva.
- No. E’ naturale che tu abbia paura per la tua mamma.
- Tu anche avevi paura quando il mio nonno era lo sceriffo?
La donna annuì.
- E hai paura anche quando la mia mamma sta male?
Leanne annuì nuovamente.
- Anche io. Io voglio sapere se sta bene però nessuno pensa che sono abbastanza grande quindi mi raccontano tante bugie. E penso che anche tu e nonno mi avete raccontato una bugia.
- Piccola…- sussurrò Leanne dopo qualche istante di silenzio, tendendo la mano verso la testolina castana della nipote.
- Lo so che lo fai perché mi vuoi bene… ma non sono stupida.
- Cosa vuoi dire?
La piccola si mise a sedere meglio sul divano e, guardando la donna, iniziò a parlare.
- Io ho pensato a una cosa – disse la piccola, mostrando alla donna la mano chiusa a pugno per poi iniziare a sollevare un dito per ogni punto che elencava- Tu assomigli alla mia mamma. Lei assomiglia a me. La mia amica Lilly ha detto che papà è il mio papà perché assomiglia a me. E mamma assomiglia a nonno. Se io assomiglio al mio papà e alla mia mamma… la mia mamma assomiglia al suo papà e alla sua mamma. Se il suo papà io lo chiamo nonno… io devo chiamarti nonna.
Leanne sorrise.
- Sei sveglia proprio come tua madre alla tua età.
- Me l’ha detto anche la maestra. Però sono arrabbiata con te, con la mamma, con papà e con il nonno perché non me l’avete detto.
Leanne sospirò.
- Io sono una persona… cattiva.
- Non mi sembri cattiva- osservò.
- Lo sono… o forse lo ero. Non lo so neanche io cosa sono adesso. Però ho fatto cose cattive ed è per questo che non te l’abbiamo detto. Non volevamo farti sapere che io ero la tua cattivissima nonna.
- Va bene… però adesso posso chiamarti nonna?
La donna sorrise ed abbracciò la bimba di sua figlia.

Veronica inchiodò e Logan ringraziò la sua buona stella di aver allacciato la cintura di sicurezza.
La donna non gli aveva neanche detto dove erano diretti quando l’aveva caricato sulla volante della polizia per poi accendere la sirena e partire a razzo.
Non che lui non avesse tentato di chiederle quale fosse la loro destinazione… ma Veronica gli aveva lanciato un’occhiata che aveva imparato a classificare nella categoria “mortali” quindi aveva taciuto e si era lasciato trasportare per delle ore su quelle strade molto trafficate, pregando ogni santo per ognuno dei numerosi sorpassi azzardati compiuti dalla sua folle dolce metà. Lui adorava le auto sportive e le sue numerose multe per eccesso di velocità erano state il tema di molti articoli dei giornali scandalistici ma in quel caso era seriamente preoccupato per il veicolo che stavano utilizzando. La “nuova” auto dello sceriffo era una Audi con una decina di anni sul groppone ma dai freni impeccabili, una di quelle auto per persone che vogliono viaggiare sicure e non adatta a un folle sceriffo che a sirene spiegate tentava di farsi strada in quel fiume di automobili.

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Capitolo 32
*** Capitolo Trentuno ***


Capitolo Trentuno

Nota dell'Autrice
: scusate per il ritardo nella pubblicazione ma ho impiegato davvero parecchio a completare i capitoli trentaquattro e trentacinque quindi i tempi si sono dilatati un poco. Non posso prevedere quando aggiornerò di nuovo... mi spiace non potervi anticipare i tempi ma posso assicurarvi che in un modo o nell'altro questa fanfiction verrò conclusa. Non ricordo a chi mandai una mail in cui dicevo che intendevo chiuderla in quaranta capitoli... qui smentisco ufficialmente quell'affermazione e a tempo debito vedrete come mai la storia non si concluderà tanto presto (non mi piace affrettare i tempi). Abbiate pazienza e vedrete cosa accade.


Wallace era davanti a loro, i grandi occhi scuri resi lucidi dalle lacrime ed i capelli spettinati.
Stringeva al petto una copertina rosa contente qualcosa che si muoveva debolmente.
Veronica fece qualche timido passa avanti e, in silenzio, prese dalle sue braccia il tenero fagottino roseo che dormiva placidamente per stringerlo a sé. Immaginava che quella piccola bimba color caffellatte avesse grandi occhi scuri e nonostante fossero pochi i capelli che coprivano il suo capo la donna notò che erano ricciuti come quelli di suo padre.
- Lei è Veronica Angela Fennel- sussurrò Wallace lasciandosi cadere su una poltroncina.
- E’ bellissima, Wallace.
- Lo so. E’ la mia piccola stella.
- Sono venuta il prima possibile… come stanno?
- Penelope è in incubatrice, costantemente monitorata e sotto ossigeno, mentre Jackie… lei è là dentro che piange. Si sta dando la colpa per quello che è accaduto.
Prima che Veronica potesse fare qualcosa Logan passò un braccio attorno alle spalle di Wallace e lo strinse a sé con il massimo dell’affettuosità che riusciva a dimostrare.
- Non dovrebbe fare così.
- Lo so… gliel’ho detto anche io… ma forse non sono stato troppo convincente.
- Avete litigato?
- No. Non voglio arrivare a certi livelli. Non oggi e non per quello che è successo.
- Wallace…- disse Logan soppesando attentamente i termini per evitare che Veronica lo scannasse ed allo stesso tempo cercando di essere il più delicato possibile nel far sorridere il neo papà- Potresti dirmi che cosa ha la tua bambina visto che il qui presente sceriffo di Neptune mi ha caricato su un auto e portato qui senza spiegarmi neanche che stavamo venendo qui?
L’uomo ridacchio debolmente.
- Grazie Veronica… Logan, hanno diagnosticato alla mia bambina ha una grave cardiopatia.
- Accidenti… ma guarirà, giusto?
- Vogliono operarla il più presto possibile… ma è molto piccola e non sanno neanche se ce la farà. Inoltre… l’operazione è complicata e forse non sarebbe definitiva. Tra qualche mese potrebbe aver bisogno addirittura di un trapianto di cuore e non ci sono molti donatori adatti a lei e neanche voglio augurare a un genitore di perdere un figlio così piccolo... lo so di essere patetico ma è la mia bambina.
- Non sei affatto patetico, Wallace- disse immediatamente Wallace.
- Mi dispiace molto- disse Logan- Io impazzirei se sapessi che Lily rischia la vita ma devi essere forte. Anzi, dovete essere forti. Tu e Jackie dovete lottare assieme alla vostra bambina, Wallace. Io non sono padre da molto tempo… anzi, tu lo sei molto più di me… non so neanche se ho il diritto di parlarti in questo modo…
- Sei un vero amico, Logan. E sei un padre modello, fattelo dire da uno che lo è da qualche anno più di te.
Il sorriso di Wallace lo tranquillizzò all’istante. Non era esattamente la persona più adatta a dare consigli ad un padre preoccupato ma l’aveva fatto istintivamente, sperando di poter aiutare quello che per Veronica era stato più di un amico, quasi un fratello. E non era solo un modo di dire. I due, ricordava Logan, erano stati davvero molto vicini a diventare fratellastri visto che i loro genitori erano follemente innamorati. Poi il padre biologico di Wallace era tornato ed aveva mandato in frantumi il loro rapporto ma non aveva diviso i ragazzi. Wallace era stato la spalla su cui Veronica aveva pianto ed era naturale che adesso che ne aveva bisogno lei era letteralmente volata da lui per confortarlo ed aiutarlo in quel difficile momento. Era stato anche per questo che Logan aveva deciso di parlare. Non dimenticava che era stato Wallace ad accudire la sua compagna quando aveva messo al mondo la loro bambina, forse era stato persino in sala parto a stringere la mano di Veronica mentre la loro bambina vedeva la luce ed era stato certamente lui il primo a stringerla e cullarla mentre sua madre si riposava. Anzi, si corresse Logan, l’unico che l’avesse fatto in quell’ospedale. Doveva molto a Wallace e per dimostrarglielo lo lasciò andare e si alzò in piedi.
- Lasciamo Veronica ad affrontare tua moglie. Noi andiamo a bere qualcosa al bar, va bene? Giusto per tirarti un pochino su.
Logan, che si aspettava uno sguardo pieno di rimprovero da parte di Veronica, si stupì di vederla sorridere lievemente ed annuire per confermargli che era d’accordo.
- Ok.
Wallace si avvicinò alla sua bambina e le baciò delicatamente la fronte.
- Ciao angioletto. Vai da mamma con zia Veronica- sussurrò al fagottino addormentato- Te le affido, Veronica. So che le mie ragazze sono in ottime mani.
Veronica sorrise.
Ricordo ancora quel giorno…ero così stanca ed irritabile eppure Wallace è stato al mio fianco per tutto il tempo. Prima di addormentarmi ho baciato sulla fronte la mia piccola Lily e sussurrato “Wallace, te la affido. So che la mia bambina è in ottime mani” e lui l’ha stretta al cuore come se fosse figlia sua, dolce come se fosse lui il padre della mia bambina. Adesso è il momento di fare altrettanto.
- Non preoccuparti. Staremo bene e presto anche Penelope starà benone. Abbi fiducia in me, Wallace.
L’uomo annuì poi, accompagnato dal compagno di Veronica, si diresse verso gli ascensori.

Logan passò all’uomo seduto accanto a lui la birra che aveva ordinato e, afferrata la sua, ne prese una lunga sorsata.
- Mi dispiace tanto per tua figlia, Wallace.
- Ti ringrazio. Spero che ce la faccia e, soprattutto, spero che Veronica riesca a tirare su Jackie.
- Se c’è qualcuno che può farcela quella è Veronica Mars.
- Lo so. Mi fido di lei. E a proposito di Veronica… non ci avete detto nulla a Natale perché vi vergognavate oppure è stato qualcosa di inaspettato?
- Di cosa stai parlando?
- Del fatto che tu e Veronica state di nuovo insieme, ovviamente.
- Si nota così tanto?
Wallace rise.
- Fratello, non hai più l’aria da cane bastonato e questo può voler dire soltanto che finalmente tu e Veronica vi siete decisi a provarci di nuovo.
- Sì, è vero. Veronica ci ha messo un po’ a decidersi ed io non volevo affatto metterle fretta. Adesso non possiamo più fare come facevamo da ragazzi…
Wallace annuì.
- Ti capisco. Penso che accada a tutti quando si rendono conto che con un bambino di mezzo la storia d’amore deve avere un livello superiore oppure si rischia di fare del male anche a lui. Io l’ho capito quando Jackie mi ha fatto capire che se davvero volevo stare con lei avrei prima di tutto farle capire che consideravo Trevor come qualcosa della massima importanza.
- Non dimenticare che tu sei un bravo ragazzo. Io non sono mai stato un tipo molto affidabile ed ho dovuto faticare molto per far capire a Veronica che adesso potevamo stare davvero assieme. Lily mi fa sentire vivo come non mai. E’ come se riuscire a respirare per la prima volta, è qualcosa che ti riempie per farti capire quanto sia importante avere una cosa simile. Finalmente anche io ho una vera famiglia e questa volta non andrà in frantumi. Non lo permetterò.
- Ed io farò lo stesso. Devo essere forte anche per Jackie in questo momento- disse Wallace prima di ingollare d’un sorso il boccale di birra.
- Ben detto, amico. Altro giro?
Wallace annuì e Logan si augurò che il migliore amico della sua compagna non avesse notato quella scintilla di paura che aveva attraversato il suo cervello e si era rispecchiata negli occhi, un pensiero che lui aveva soffocato in fretta sia perché doloroso sia perché sapeva che prima o poi avrebbe dovuto fare i conti con quel passato.

Veronica entrò nella stanza silenziosa facendo il minor rumore possibile.
Jackie era seduta sul letto, il volto nascosto tra le mani e le spalle scosse dai suoi silenziosi singhiozzi.
- Sono venuta il prima possibile- sussurrò.
La donna immediatamente alzò gli occhi su di lei.
- Perché le ho fatto questa, Veronica? Che male mi aveva fatto la mia povera bambina? Cosa?
Immediatamente Veronica si sedette al suo fianco e le tese il tenero fagottino assopito.
- Non è colpa tua.
- L’ho messa al mondo io- singhiozzò stringendo al petto la bambina sana- Se non è mia di chi è la colpa?
- Del destino, del caso, del fato, di una serie di malaugurata coincidenze ma sta certa che non è colpa tua.
- Me l’ha detto anche Wallace… ma non ci credo. Io sono colpevole, Veronica, e nulla potrà farmi cambiare idea.
- Jackie… può capitare a chiunque.
- Ma a te non è successo.
- E a te è successo solo una volta su tre. Trevor e Veronica sono sani.
- Ma Penelope no.
- Guarirà.
- E’ così piccola… così fragile…
- I neonati sono più robusti di quanto pensi. E non sei una pessima madre. Pensa che io la prima volta che ho preso in braccio Lily ho pensato che fosse un tantino brutta con quel ciuffo castano dritto in testa!
- Tu non l’hai fatta nascere con una malformazione al cuore, Veronica.
- Neanche tu, Jackie. Non devi dire neanche per scherzo una cosa simile. La opereranno, lei se la caverà e quando sarà il momento troveranno un cuore per Penelope. Fidati di me quando ti dico che la vostra bambina sarà felice e vi donerà tanti nipotini.
Jackie ridacchiò.
- Appena nata e già pensi al suo matrimonio… corri davvero tanto, Veronica Mars.
- Almeno sono riuscita a farti sorridere.
- Vuoi andare a vederla?
Quell’improvvisa domanda lasciò Veronica di sasso.
- Vuoi…
- Forse sarà una delle poche volte che potrò vedere mia figlia e se dovesse… se per disgrazia le cose non dovessero andare bene voglio ricordarmi bene il volto della mia terza figlia.
Veronica annuì e fece per dirigersi verso la porta.
- Veronica…
- Sì?
- Potresti lasciare mia figlia nella culla? Temo che tu ti sia leggermente dimenticata della tua omonima.
Veronica si ricordò solo in quel momento di quel fagottino che riposava tra le sue braccia e, sorridendo, depose la piccola nella culla accanto al letto del madre. L’occhio non poteva non cadere anche sulla seconda culla, quella con il cartellino che indicava che in quel piccolo spazio avrebbe dovuto riposare la sorella gemella di quella che adesso dormiva della grossa, ma non disse una parola. Non voleva provocare altre reazioni nell’amica già molto provata dal modo in cui il suo sogno di maternità si era tramutato in un incubo.

Veronica guardò con aria accigliata i due uomini stesi sul letto matrimoniale di casa Fennel.
Non vi erano dubbi sul motivo di quel loro crollo: li aveva trovati praticamente spalmati al bancone del bar nel quale Logan aveva portato Wallace per tirargli su il morale, con un conto astronomico che lei aveva pagato con i suoi soldi.
Li aveva caricati in macchina e la fortuna aveva voluto che non vomitassero sui sedili ma il loro cantare canzonette sguaiate ridendo come idioti l’aveva innervosita quasi come se l’avessero fatto ed ora, guardandoli distesi sul letto con gli occhi semichiusi, distrutti dallo sforzo di aver liberato i loro stomaci delle quattro birre e le due bottiglie di whisky nel water che lei, dopo essersi infilata una vecchia tuta di Jackie, aveva pulito con non poca fatica, non le facevano affatto tenerezza.
Aveva accordato a Logan quell’uscita perché sperava che avrebbe aiutato Wallace a tirarsi su, non ad alzare il gomito in maniera assurda! Capiva che il cestista avesse bisogno di distrarsi un poco per ciò che era accaduto ma non era un buon motivo per superare il limite di così tanto.
Gettò ai due una coperta e ringraziò il cielo che la madre di Jackie, arrivata in città per aiutare la figlia con le nuove nate, avesse capito che il suo supporto in ospedale era secondario rispetto a quello che poteva fare per il nipote più grande. Veronica era stata sollevata quando Jackie le aveva detto che la madre aveva portato il piccolo Trevor a fare una gita al Grand Canyon con l’intenzione di fermarsi in una cittadina lì vicino almeno per un paio di giorni e l’aveva aiutata a non fare a pezzi i due quando l’avevano salutata con il capo appoggiato al bancone ed il proprietario che la fissava con aria accigliata per aver lasciato quei due incustoditi.
- Ragazzi- disse- io vado a farmi una doccia perché grazie a voi puzzo come una latrina. Andrò a dormire nella stanza di Trevor quindi mi troverete lì nel caso ci fosse bisogno di qualcosa. Inoltre vi lasciò queste bacinelle nel caso il vostro stomaco non si fosse ancora svuotato del tutto. Sono stata abbastanza chiara o devo ripetere?
Logan, con un sorriso beota stampato in faccia, annuì e biascicò qualcosa che somigliava parecchio a un “Sì Scruffy-Doo*”.
Wallace fece cenno con il pollice di aver capito cosa aveva detto poi se lo ficcò in bocca ed iniziò a succhiarlo.
- Siamo messi bene…- sussurrò Veronica spegnendo la luce e augurandosi che si mettessero davvero a dormire.

Veronica fu svegliata di soprassalto dalla pesante caduta di un corpo sul lettino del bambino.
- Cosa diavolo…- gridò lei affondando le unghie il primo pezzo di carne che trovò a portata di mano, un orecchio.
- CA…!
Quell’imprecazione soffocata le fece mollare immediatamente la presa: la voce era quella di Logan.
- Tesoro- disse l’uomo massaggiandosi il padiglione auricolare- Ho già tanto male alla testa quindi non c’è bisogno di cercare di bucarmi l’orecchio per punirmi della cavolata che ho fatto.
Veronica ridacchiò.
- Sei in pieno possesso delle tue facoltà mentali?
- Non del tutto.
- Questa è una delle conseguenze di una sbornia, lo sapevi?
- Sei sempre così delicata quando cerchi di non far pesare i miei errori…
- L’hai detto anche tu di aver fatto una cavolata.
- Hai ragione ma non è un buon motivo per calcare la mano. E poi devi anche tenere da conto che io sono sofferente.
- Penso che tu possa avere ragione. Sei già stato punito per il tuo errore ed anche io.
- Scusa... ti ho delusa?
Veronica lo guardò con aria severa.
- Di certo non sono fiera del fatto che tu abbia fatto ubriacare a quel modo Wallace e neanche del fatto che tu fossi così sbronzo… ma qualche ora senza pensare a Penelope non può che fargli bene.
- L’hai vista?
Veronica annuì.
- E’ davvero così grave?
- E’ uno scricciolo pieno di tubi, Logan. E’ tutto così grande… e lei invece è tanto piccola.
- Pensi che guarirà?
- Non sono un medico, quindi non so dirlo…
Veronica sospirò prima di continuare.
- Stringeva quei piccoli pugni con tanta forza, Logan… sembrava quasi che volesse dirmi “Guardami zia Veronica, io sono forte e voglio vivere”. E’ tanto piccola quanto forte e sono certa che prima di morire lotterà con tutte le sue forze per restare con i suoi genitori e i suoi fratelli.
Logan sorrise.
- Come ho fatto tutti questi anni senza di te?
Veronica rimase senza fiato.
E’ esattamente la stessa domanda che ho pronunciato la sera della nostra cena di compleanno e lui dormiva della grossa. Possibile che Logan abbia finto di essere addormentato per spiarmi? No, non lo credo possibile. E poi per quale motivo avrebbe dovuto farlo? Non sono esattamente la persona più interessante del mondo… ma allora perché?
- Qualcosa non va?
Veronica sorrise.
- No. Nulla.
Logan le accarezzò i capelli.
- Sono troppo stanco anche solo per alzarmi. Posso dormire qui con te?
- E’ un letto per bambini, Logan. Rischiamo di romperlo.
- No, sono troppo stanco per alzarmi.
Il broncio di Logan le ricordò quello della sua bimba e sorrise senza volerlo davvero.
- Ridi delle mie sofferenze, Mars?
- Rido perché quando fai quella faccia sei tale e quale a nostra figlia.
- Affatto. Quando Lily è imbronciata è uguale a te.
- Facciamo fifty-fifty?
- Ti amo.
- Non è una risposta- disse Veronica cercando di ignorare quelle due parole che tanto le scaldavano il cuore.
- Lo è. Significa che hai sempre ragione tu.
- Questa è una verità universalmente riconosciuta- rispose lei scendendo dal letto- E detto questo io vado a invadere il territorio nemico.
Logan la guardò con aria interrogativa.
- Io il lettone non lo lascio tutto a Wallace per spartire un lettino con uno spilungone con l’alito che sa di alcool come te, Echolls.
- Guarda che anche Air Fennell** ha l’alito che sa di alcool e, a differenza di me, non è l’uomo della tua vita quindi non è giusto che tu vada in quella stanza per spartire con lui quel letto.
- E chi ha mai detto che ci sarà anche lui?
Detto questo Veronica uscì dalla stanza e meno di due minuti dopo Logan sentì un tonfo ed una imprecazione, seguita da rapidi passi in direzione della stanza in cui si trovava lui.
Wallace guardò all’interno con l’aria irritata e, passandosi una mano tra i capelli gli chiese:
- Ma la tua ragazza ha l’abitudine notturna di buttare sul pavimento il padrone di casa e legittimo proprietario del letto matrimoniale su cui vuole dormire o io sono un caso eccezionale?
Logan rise e si fece da parte per far accomodare Wallace sul lettino.
- Dormire nel letto di mio figlio in compagnia di Logan Echolls…- borbottò mentre cercava di farsi spazio sul piccolo letto- Questa me la paghi, Veronica Mars.
Per Logan fu impossibile evitare di ridacchiare.
- E tu non ridere o ti butto giù dal letto come ha fatto la tua degna compagna e mando a dormire sul divano!
Logan soffocò la risata e si alzò.
Non ebbe dubbi sulla stanza in cui doveva recarsi e i suoi sospetti furono confermati dalla figura che lo aspettava seduta sul letto, i lunghi capelli biondi a incorniciarle il volto e il sorriso in volto.
L’uomo sorrise alla sua adorata compagna e si sedette al suo fianco.
- Te lo dico nuovamente: sei machiavellica, Mars.
- Anche io ti amo.
- Era il tuo piano sin dall’inizio, vero?
- Tu mi offendi… come puoi pensare che io abbia cacciato il mio migliore amico dal suo letto matrimoniale ben sapendo che sarebbe venuto da te a protestare e dividere il letto, per poi cacciarti dalla stanza dopo essersi conto di essersi coricato con una iena ridens e che quindi tu saresti venuto qui a cercare conforto? E solo per vendicarmi del fatto che mi avete fatto venire il mal di testa con delle canzonette oscene e fatto ripulire quello schifo che avete combinato in bagno?
Logan annuì vigorosamente.
- Accidenti… sto diventando prevedibile.

*: qui è necessaria una nota per far capire a tutti il processo compiuto dalla mia mente malata. Letteralmente scruffy significa “trasandato”, come dovrebbe essere Veronica dopo aver pulito il bagno ma in questo caso Logan si riferisce anche a Scruffy, il portiere della Planet Express che qualche volta appare nel cartone animato “Futurama” di Matt Groening. Logan collega il pulire il bagno con Veronica per questo motivo. Il suffisso “Doo” è invece un riferimento a Scooby-doo. Alla fine degli anni Settanta al pavido Scooby-doo e ai suoi compagni venne affiancato un piccolo cane, nipote di Scooby ma coraggioso ed anche un poco imprudente, Scrappy-doo, a cui Logan fa riferimento per indicare Veronica. Essendo ubriaco l’uomo mescola i termini creando questo neologismo e naturalmente Veronica, essendo all’oscuro di questo processo riflessivo, non capisce neanche che cosa voglia dire Logan riferendosi a lei con quel termine.
**: è un riferimento all’episodio 1x16 “Betty and Veronica” (“Il Vero Padre”), dove Veronica chiama Wallace in quel modo per richiamare alla mente il cestista Micheal “Air” Jordan.

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Capitolo 33
*** Capitolo Trentadue ***


Capitolo Trentadue

Quella mattina Veronica fu svegliata da un potente terremoto.
Frastornata aprì gli occhi, scoprendo che quello squassamento altro non era che Wallace che cercava di destarla scuotendola.
- Wallace… che c’è?- biascicò mettendosi a sedere.
L’uomo le tese il telefono cellulare senza dire una parola.
- Pronto?
- Veronica…
La voce di Weevil rispecchiava tutta la sua preoccupazione e Veronica si sentì immediatamente sveglissima.
- Eli, cosa c’è?
- Norris è morto.
- Cosa?
- L’hanno trovato morto un’ora fa.
- Cause naturali?
- Omicidio. Aveva una lama da trenta centimetri piantata nel cuore.
- Qualche sospetto?
- In primis io, visto che sono stato quello che l’ha pestato e che ho passato tutta la notte qui in ospedale con Ophelia.
- Ok, riformulo la domanda: qualche vero sospettato?
- Uno di quei maniaci pedofili.
- Quindi persone a noi ancora ignote. Perfetto! Voglio che tu richieda le registrazioni di tutte le telecamere esterne dell’ospedale.
- Veronica… non è tutto qui.
- No?
- No. C’era un messaggio… per te.
- Cosa?!
- Veronica… sta calma.
- Cosa c’era scritto?
- Non innervosirti, per favore.
- Cosa diavolo ha scritto quel pazzo su quel messaggio?!
Logan si mise a sedere accanto a lei, guardando preoccupata il volto paonazzo della sua compagna.
- Veronica… non devi aver paura… lo prenderemo.
- Eli Navarro dimmi IMMEDIATAMENTE cosa ha scritto l’assassino di Norris in quel messaggio o ti mando a dirigere il traffico dei pinguini al Polo Sud!
- C’era scritto… “Mars, la prossima sarà tua figlia”.
Lily… quel pazzo vuole fare del male a mia figlia. Che razza di madre sono? Mia figlia rischia la vita per le mie mancanze… sono davvero orrenda. Sono peggio di mia madre. Lei ha rinunciato a me per difendermi mentre io sono stata tanto egoista da volerle restare vicino, facendo di lei un bersaglio.
Logan la vide perdere improvvisamente tutto il colorito e istintivamente le passò un braccio attorno alle spalle mentre Veronica perdeva ogni grammo della sua forza.
La mano che stringeva ancora il telefono cadde sulla coperta e la donna si appoggiò a Logan.
Non svenne, non se lo sarebbe mai permesso, ma non riusciva più a muovere un muscolo.
Logan sciolse con delicatezza la presa della donna sul cellulare e se lo portò all’orecchio.
- Pronto?
- Ciao Logan.
- Weevil?
- Sì. Veronica è svenuta?
- No- disse fissando la pallida donna che fissava il vuoto davanti a sé- Ma sembra che le sia passato sopra un autotreno.
- Non volevo che la prendesse così male. In fondo non è ancora successo nulla e ora che lo sappiamo possiamo proteggerla.
- Lily.
- Sì.
- Qualcuno ha ucciso Norris e poi lasciato un messaggio con delle minacce a nostra figlia, ho capito bene?
- Sì.
- Noi torniamo il prima possibile. Occupatevene fino ad allora.
- Puoi contarci, amico.
- Grazie.
Logan riagganciò poi, gettato il cellulare sul letto, strinse a sé Veronica con tutta la forza che aveva in corpo.
Lo sceriffo era rigido, gli occhi fissi nel vuoto e inariditi dal timore che quella innocente bambina potesse fare una brutta fine solo perché figlia di uno sceriffo che faceva il suo lavoro.
- Piangi- le sussurrò Logan all’orecchio- Se vuoi puoi piangere, Veronica.
La donna non reagì.
- Veronica, dobbiamo stare tranquilli. Troveranno quel pazzo e non accadrà nulla alla nostra bambina.
Ancora nessuna reazione.
- Veronica… non devi aver paura.
- Non devo aver paura? Tu hai rischiato di morire schiantandoti contro un albero su un auto dai freni manomessi, è esplosa un’autobomba davanti casa di mio padre, qualcuno è entrato in casa mia per strangolarmi e adesso minacciano di morte persino mia figlia! Io non vorrei avere paura, Logan, ma non posso! Non posso non essere spaventata da tutto questo! La mia vita è una continua minaccia alla mia persona e a quelli che amo e non è giusto che per colpa mia una bambina di sette anni debba essere l’obiettivo di un pazzo furioso che ci vuole morti!
- Le cose potrebbero non essere collegate…
Troppo tardi Logan si rese conto di aver peggiorato la situazione.
- Credi che la cosa mi tranquillizzi? Pensi che sapere che un pazzo voglia farmi del male per una ragione ed uno voglia farlo per un motivo diverso possa farmi stare più tranquilla?
Non una lacrima scendeva sul suo volto ma per Logan era doloroso guardarla in quello stato: mai, neanche quando stava per sparare a Cassidy Casablancas, l’aveva vista così spaventata.
- Devi avere fiducia.
- Ma come faccio ad essere fiduciosa? La situazione è tragica.
- Devi esserlo.
Veronica guardò Wallace.
- Tu hai detto sia a me sia a Jackie di avere fiducia anche se non abbiamo alcun motivo per essere ottimisti- continuò il cestista- Ti sei appellata alla speranza e lo stesso devi fare tu adesso. Tu dici spesso agli altri di avere fiducia nel lavoro altrui, che tutto si aggiusterà… adesso fallo con te stessa, Veronica. Sforzati di avere fiducia, sii positiva e lotta con le unghie e con i denti come hai sempre fatto. Fa la tua parte in questo gioco e lascia fare la loro agli altri. Abbi fede e vedrai che tutto andrà nel migliore dei modi. Credi in Eli Navarro e nei tuoi agenti, credi in tuo padre Keith e nel tuo fidanzato Logan e soprattutto fidati di Lily Mackenzie Mars, quella bambina giudiziosa che sa perfettamente che al mondo ci sono persone malvagie con cui non deve fare amicizia e che quindi starà ancora più attenta se tu le darai un buon motivo per farlo.
- Ha ragione lui. Dobbiamo fare del nostro meglio per proteggerla ma disperandoci non saremo di alcun aiuto. Dobbiamo essere forti.
- Lo so… - disse Veronica alzandosi in piedi - ma resta il fatto che non sia giusto che sia stata minacciata la mia bambina. Wallace, mi dispiace tanto ma…
- Nessun problema. Tornate a casa. E’ più importante Lily in questo momento.
- Io resto.
Le parole di Logan stupirono entrambi.
- E’ giusto che uno di noi resti, anche solo per badare a Trevor o fare qualche commissione per conto tuo- continuò Logan – Se io restassi qui almeno fino a quando Jackie potrà tornare a casa il carico sulle spalle tue e di tua suocera sarà minore, potrete passare più tempo con i bambini e riposare un poco quando non sarete in ospedale. Veronica è essenziale per le indagini a Neptune ma io no.
- Ti ricordo che sei il bersaglio di qualche pazzo.
- Veronica, sono più o meno tre mesi che nessuno tenta di farmi fuori e non credo che qualche giorno senza protezione potrebbe peggiorare la situazione.
- Se a Wallace va bene…
Il cestista annuì, grato che Logan restasse con lui anche solo per qualche giorno.
- Allora va bene.
Veronica uscì dalla stanza e vi tornò un paio di minuti dopo porgendo a Logan due banconote da cento dollari.
- Per ora ho questi… ti manderò qualcosa appena potrò.
Logan scosse il capo e spinse verso di lei il denaro.
- Non devi privarti dei tuoi soldi in un momento simile. Mi manderai il denaro quando sarà il momento.
Veronica gli mise i soldi in grembo.
- Non sono miei. Siamo una famiglia quindi non esiste nessun mio e nessun tuo ma soltanto un nostro. E’ giusto che tu abbia sempre in tasca un poco del nostro denaro in caso di emergenza.
- Non è giusto…
- Ho fretta. Ti manderò dell’altro denaro tra qualche giorno. Ti lascerei anche il telefono cellulare ma potrebbe chiamarmi Eli… mi spiace. Wallace, spiega a Jackie che ho avuto una emergenza, dai un bacino a Trevor, Penelope e Veronica e soprattutto fammi sapere tutte le novità.
Detto questo Veronica uscì dalla stanza e qualche minuto dopo era già distante da casa Fennell, pigiando con forza sull’acceleratore per raggiungere più in fretta Neptune e la sua bambina.

Lily tentò con tutte le sue forze di liberarsi dalla stretta ferrea di quelle braccia, protestando vivacemente e tirando calci alla donna che la teneva ferma contro la sua volontà.
Aveva intuito che sua madre non stava bene dal modo in cui era entrata in casa, un tornado dallo sguardo spiritato che non aveva chiuso neanche la porta dietro di sé prima di abbracciarla con quella disperazione che lei percepiva ma non riusciva a comprendere.
Le piaceva che sua madre le dedicasse quelle particolari attenzioni ma adesso esagerava davvero, strapazzandola come una bambola mentre le accarezzava i capelli dai riflessi dorati.
Keith e Leanne osservavano la scena da lontano. Non avevano riferito a Lily il bieco messaggio inviato a sua madre attraverso l’omicidio Norris ma sapevano che invece a Veronica sarebbe stato detto e che una volta arriva a casa avrebbe iniziato a fare la madre iperprotettiva e affettuosa.
Veronica si concentrava solo sulla sua bambina, impegnandosi solo a stringerla e sentirla al sicuro tra le sue braccia, lontana da qualsiasi minaccia di un qualunque psicopatico che volesse vendicarsi di lei.
E’ la mia bambina… è innocente… perché mai lei dovrebbe pagare per le mie azioni? Perché non se la prendono solo con me? Minacciare di morte una bambina è la cosa più orrenda che possano fare e di certo hanno sbagliato obiettivo? Io lo troverò e gli farò sputare tutti i denti! Io ho paura per la mia bambina ma non per quello che potrebbero fare a me. Chiunque osi alzare un dito sulla mia bambina dovrà vedersela con me. E lo stesso vale per chiunque oserà torcere un solo capello al mio Logan. Non avrò pace fino a quando queste persone non saranno punite e la mia famiglia non sarà salva.

Nota dell’Autrice: e pensare che solo qualche giorno fa (02/02/2008) temevo di dover far slittare la pubblicazione di questo capitolo a data da destinarsi… Lo so, è un capitolo breve ma segna un momento di transizione nella storia. Nei prossimi capitolo capirete come mai considero questo capitolo una svolta nella trama della storia… vi ringrazio per le bellissime recensioni e spero di non deludervi con i prossimi capitoli di “Di Nuovo”.

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Capitolo 34
*** Capitolo Trentatre ***


Capitolo Trentatre

Nota dell'Autrice: non mi va di girarci troppo intorno quindi sarò un tantino brutale: dopo questo capitolo ne ho pronti solo altri quattro e sono bloccata da circa tre mesi, quindi la pubblicazione dei nuovi capitoli sarà molto lenta per assicurarvi dei capitoli nuovi almeno fino a Natale... spero per allora di aver almeno scritto la metà di ciò che devo scrivere per concludere questa storia e magari anche completarla visto che trovo sia il momento di terminarla. Detto questo vi assicuro che i prossimi non saranno capitoli privi di sorprese.

La piccola Lily sbuffò.
Suo padre era via da ormai due settimane e sua madre… sua madre sembrava anche lei lontana da Neptune visto che dopo quell’abbraccio stritolatore la vedeva al massimo un paio di minuti al giorno, quando portava un sacchetto della spesa che consegnava rapidamente a Keith per poi precipitarsi di nuovo in centrale.
Non andava più a scuola da quando sua madre era tornata e la sua sola consolazione era che sua nonna Leanne aveva accettato di restare in casa con lei e con il nonno, tutti e tre confinati tra quattro mura e controllati a vista da un paio dei sottoposti di sua madre. Non sapeva esattamente il motivo per cui sua madre aveva fatto tutto quello ma iniziava ad avere davvero paura.

Logan era preoccupato.
Veronica non si faceva sentire mai di sua spontanea volontà e quando la chiamava lei parlava a monosillabi.
Aveva consultato dal computer di Wallace il quotidiano multimediale di Neptune, scoprendo che lo sceriffo aveva messo il coprifuoco alle ore venti, che chiunque venisse trovato fuori da casa propria a quell’ora veniva trasportato in centrale per passare una notte al fresco e che Neptune era pattugliata palmo a palmo dai poliziotti.
Aveva provato a parlarne con la sua donna ma lei aveva glissato per poi riagganciare in capo a un paio di minuti.
Per fortuna le condizioni della figlia di Jackie e Wallace erano migliorate e entro una settimana l’avrebbero operata, permettendo così all’uomo di tornare in California per aiutare Veronica a gestire quella sua paura folle.

Veronica sbagliò mira ed imprecò voltandosi verso l’uomo che le aveva poggiato una mano sulla spalla.
- Che vuoi, Weevil?- chiese togliendosi le cuffie protettive.
- Veronica… vorrei parlarti.
- Spara.
- Appunto. Vorrei parlarti senza quella pistola in mano e magari davanti a una cisterna di camomilla.
Con un gesto secco la donna mise la sicura e infilò la sua pistola nella fondina.
- Stai per caso insinuando che io sono nervosa?
- Non lo insinuo, Veronica. Tu lo sei ed il fatto che tu viva praticamente in centrale è solo una delle prove del tuo nervosismo.
- Sono fatti miei.
- Non se questo influisce sul clima cittadino.
- Non c’è mica la legge marziale!
- Ma ci manca poco che tu ci chieda di sparare a vista se vediamo qualcuno circolare tra le venti e le sei e questo non è poco.
- Smettila di prendermi in giro.
- Non ti prendo in giro, stanne certa. Tutt’altro. Cominci a spaventarmi.
- Vai a fare il maestro di asilo nido se hai paura. Sei un poliziotto.
- Ti dai una calmata, Mars? Ho paura che tu stia esagerando e dato che siamo amici cerco di fartelo notare.
- Non cambierò in funzione della nostra amicizia.
- E io non ti chiedo una cosa simile ma ti pregherei di non esagerare con il terrore che qualcuno possa fare del male alla tua famiglia.
- Logan è stato vittima di un sabotaggio, un’autobomba è esplosa davanti a casa di mio padre, qualcuno ha tentato di strangolarmi e adesso minacciano di morte mia figlia. Dimmi esattamente dove sto esagerando, Eli.
- Esageri nell’imporre questo rigore. Sei uno sceriffo ma non siamo in un film sul Far West né in guerra.
- Ti ricordo che siamo in piena emergenza prostituzione e che tua nipote per poco finisce su un marciapiede a fare quel mestiere.
- Grazie per avermelo ricordato. Mia nipote che ogni notte ha gli incubi e piange nel sonno non è abbastanza.
- Se fossi in te io sarei fuori a pattugliare le strade di questa maledetta città.
- Ho capito. Non vuoi ascoltarmi.
- Accidenti, quanto sei perspicace!
Il latinoamericano strinse i denti e la guardò dritto negli occhi.
- Sappi che io non picchio le donne ma adesso un ceffone te lo darei volentieri.
Detto questo si voltò e la lasciò sola.
Veronica non diede molto peso a ciò che il suo sottoposto aveva detto.
Rapidamente si mise di nuovo le cuffie e riprese a esercitarsi con quelle anonime sagome che lei identificava tutte come il folle sanguinario che voleva fare del male alla cosa più bella che aveva.

Logan era seduto sul divano di casa Fennell quando il telefono squillò.
- Pronto?
- Logan?
- Ciao Keith. E’ successo qualcosa?
- No… a parte Veronica che crede di essere Rudolph Giuliani*.
- Lo so.
- Volevo parlare proprio con te. Quando torni?
- Non appena Penelope sarà fuori pericolo dovrei tornare.
- Ci vorrà ancora molto?
- Come mai?- chiese incuriosito.
- Perché qui c’è una bambina cresciuta con un solo genitore che adesso non ne ha più neanche uno.
- Come scusa?
- Veronica ha sorvolato sulla faccenda del tornare a casa, vero?
Logan non capiva.
- Cosa stai cercando di dirmi?
- Che la madre di tua figlia è talmente impegnata a difendere la vostra bambina che praticamente ci ha murati viva con un paio di carcerieri ad ogni ora del giorno e non torna più a casa. La vediamo soltanto quando ci porta la spesa, giusto qualche minuto al giorno. E Eli parla di un vero e proprio esaurimento nervoso. Non so esattamente quanto dorma e quanto caffè beva ma mi ha parlato di un interesse al limite dell’ossessione per il poligono di tiro.
- Ossessione per il poligono di tiro?
- Non sbaglia un centro a quanto pare.
- Preoccupante.
- Già.
- Credi che se io tornassi le cose migliorerebbero?
- Non so… ma tentare non nuoce.
- Tornerò appena possibile, Keith. Hanno bisogno di me anche qui.
- Lo so.
Il silenzio cadde tra loro e Logan era sul punto di riagganciare quando Keith riprese a parlare.
- Sembra ieri…
- Cosa?
- Che tu eri il viziato ed egoista rampollo degli Echolls, il tipico ragazzo che fa quello che vuole senza pensare alle conseguenze che i suoi gesti possono avere sugli altri… ed eccoti padre e amico fidato.
- Grazie per le belle parole, Keith.
- Te le meriti. Sei diventato un brav’uomo.
- E tu sei un ottimo padre ed un nonno fantastico. Grazie per aver badato a Veronica e Lily in questi anni. Non sarò mai in grado di restituirti il favore.
- A me basta che tu ami la mia bambina e protegga quel piccolo angioletto che è la mia nipotina. Ma adesso pensa solo ai vostri amici e non pensare a Neptune. Forse Eli ha esagerato…
- Io lo spero… ma ho paura che sia esattamente come dice lui. Sarebbe da Veronica agire in questo modo. Soprattutto dopo questa svolta repressiva.
- Allora non posso fare altro che augurarmi che tu possa tornare presto tra noi per farla ragionare.
- Contaci Keith. Mi passi Lily?
- Meglio di no. E’ piuttosto… irritata.
- Si sente abbandonata… allora dille che tornerò prestissimo.
- Lo farò. Buonanotte Logan.
- Buonanotte papà.
- Non allargarti.
Logan rise.
- Buonanotte Keith.

Nota dell’Autrice: ho preferito scrivere un capitolo breve come introduzione alla nuova fase della mia storia piuttosto che condensare tutto in un capitolo che potrebbe risultare piuttosto pesante. Questo permetterà a me di sviluppare con tutta tranquillità la situazione che andrà a crearsi nel prossimo capitolo.

*: Rudolph Giuliani, sindaco di New York dal 1994 al 2001, è celebre per la Tolleranza Zero, politica di repressione del crimine molto rigida.

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Capitolo 35
*** Capitolo Trentaquattro ***


Premessa: aggiorno nuovamente questa storia ma non sono buone le notizie che vi porto. Siete tanto carini da seguire la storia ma a dirla tutta io non saprei dirvi né come né quando né se questa storia avrà mai un finale. Non scrivo più come un tempo, sono tuttora in hiatus e non saprei dirvi quando avrà fine perché da ormai un paio d'anni a questa parte ho dei nuovi stimoli che non riguardano le fanfiction. D'altro canto a questa storia tengo particolarmente e ci tengo a concluderla quindi ho pensato a un compromesso: pubblicherò gli ultimi capitoli che ho scritto, ossia questo, il 35, il 36 e il 37. Sono vecchiotti, questo è vero, ma è pur sempre qualcosa e proverò a mettere insieme il resto della storia. Questo capitolo comunque dovrebbe soddisfare un po' della vostra curiosità... anche perché è abbastanza lungo. Ci sentiamo presto e grazie ancora per i commenti e le e-mail che tuttora continuano ad arrivare. Sono davvero felice che questa storia vi piaccia e mi dispiace tenervi con il fiato sospeso. Ciao, MysticMoon

Capitolo Trentaquattro

Logan osservò quel corpicino scuro che giaceva nell’incubatrice.
Un grande cerotto era stato applicato sulla cassa toracica e tanti fili collegavano la piccola Penelope Fennell agli apparecchi di monitoraggio.
Per fortuna l’operazione era perfettamente riuscita e i valori erano buoni quindi Wallace l’aveva convinto a prendere il primo treno diretto a Neptune, che sarebbe arrivato lì nel giro di qualche ora.
Si trovava lì per salutare Jackie e la piccola creatura che stava combattendo con tutte le sue forze per non soccombere eppure i suoi pensieri erano rivolti alla spaventosa Veronica che stava terrorizzando Neptune.
Aveva davvero paura che potesse combinare una qualche sciocchezza e non vedeva l’ora di raggiungerla per poterla sostenere e soprattutto farla ragionare.

Veronica trangugiò con una sola sorsata la grande tazza di caffè che si era fatta portare da lei senza neanche assaporarlo, troppo concentrata a leggere per l’ennesima volta il referto consegnatole dal medico legale tre giorni dopo l’omicidio di Clayton Norris.
Chiunque fosse entrato in quella stanza doveva lavorare in ospedale o essere stato tanto scaltro da confondersi con il personale in servizio quella notte.
Aveva interrogato ogni singola infermiera ed infermiere in servizio quella notte, messo sotto torchio tutti i medici e perfino terrorizzato la parente di una degente che aveva affermato di aver visto una donna che indossava il camice entrare nella stanza dell’uomo, donna che l’agente che controllava la stanza di Norris aveva detto essere la dottoressa Angela Sanders, il medico di guardia di quella notte che era andata a controllare che non vi fossero problemi con il paziente gravemente ferito.
La donna aveva detto che Norris era ancora vivo alle 22 e che riposava tranquillamente ed il fatto era confermato dal referto autoptico che collocava il decesso tra le due e le quattro di quella notte, quindi ore dopo che quella donna aveva visto entrare la dottoressa nella stanza.
Non erano state riscontrate tracce di sonnifero nell’organismo di Norris quindi la donna aveva detto la verità.
In compenso qualcuno aveva somministrato una dose massiccia di eparina a Norris, velocizzando il processo emorragico che l’aveva ucciso. Veronica era subito arrivata alla conclusione che chi l’aveva somministrata a Norris doveva aver somministrato anche il sonnifero che aveva messo fuori combattimento la sua guardia, trovata incosciente e legata mani e piedi in uno sgabuzzino per le scope, ma la sua deduzione era invalidata dal fatto che quell’uomo non avesse mangiato né bevuto nulla durante il suo turno di guardia ed effettivamente il test tossicologico era negativo anche per lui. Per ora l’agente era stato sospeso in via cautelare e piantonato ventiquattro ore su ventiquattro da un suo agente per evitare che l’unico sospettato dell’omicidio potesse scappare.
Il bussare alla porta del suo ufficio la fece sobbalzare.
- Avanti.
Leo entrò nella stanza con un’espressione amareggiata dipinta in volto.
- Veronica…
- Dimmi Leo.
- Mentre eravamo di pattuglia abbiamo trovato qualcosa di pessimo in strada- disse porgendole una cartella rossa con un post-it arancione applicato sopra- Tra poco dovrebbe arrivare la telefonata dall’ospedale ma poi ho visto…
- Cosa?
Leo non era tipo da tentennare in quel modo se non c’era qualcosa di enorme in ballo quindi gli strappò di mano la cartella.
Non appena vide cosa c’era scritto sul post-it impallidì e comprese che cosa aveva visto il fidato vicesceriffo.
- E’ vero quello che è scritto su quei documenti?
Lo sceriffo annuì.
- Allora penso sia meglio che tu vada immediatamente all’ospedale.
Veronica annuì ed corse via dal suo ufficio, pronta a dirigersi vero l’ospedale a sirene spiegate.

Contro qualsiasi aspettativa dei nonni Lily fu molto felice di vedere suo padre apparire sulla porta della loro abitazione: non appena l’ebbe stretto a sé lo riempì di baci da capo a piedi per buona parte della serata, interrompendo persino il suo proverbiale abbuffarsi di polpette alla Mars per accoccolarsi contro il torace del suo adorato padre che le accarezzava i capelli affettuosamente e le permetteva di consumare il pasto seduta sulle sue ginocchia, ridendo mentre la sua bambina si sporcava di sugo e macchiava anche la sua t-shirt della stessa salsa.
Logan aveva preferito chiamare Weevil per farsi accompagnare dalla stazione a casa del padre dello sceriffo ed aveva fatto promettere a quel giovane che ormai considerava un amico di non rivelare allo sceriffo che era tornato in città.
Il suo piano era semplice: il giorno dopo le avrebbe fatto una sorpresa alla sua compagna apparendo sulla porta per prendere le buste della spesa, lei sarebbe stata di umore migliore e tutto quanto sarebbe andato a posto in pochi giorni.

Una bimba di cinque anni dai grandi occhi azzurri la fissava con aria supplichevole.
Era seduta su quel letto bianco come una bambola di porcellana a cui era stato applicato un cerotto troppo grande sul braccio, lasciato scoperto dal lungo strappo che si era aperto nell’abitino bianco e rosa che indossava. Davanti a lei aveva una tazza di latte al cioccolato e tanti biscotti.
- Prue…
La piccola continuava a fissarla ma non dava segno di riconoscerla.
- Ciao piccola. Io sono Veronica Mars, lo sceriffo.
- Veronica… lo sceriffo?
- Non ti ricordi di me, vero?- disse chinandosi al suo fianco.
La bimba scosse il capo.
- In effetti avevi solo un paio d’anni l’ultima volta che ci siamo viste.
La piccola non rispose, limitandosi a sorseggiare un poco del latte caldo contenuto nella tazza in attesa che la donna dicesse altro.
- Ti va di venire a casa con me?
- No, signora - rispose lei mettendo il broncio all’istante per poi voltarsi in direzione del letto alla sua destra- Io voglio stare con la mia mamma.
Anche Veronica guardò il letto accanto a quello della piccola e ciò che vi vedeva le spezzava il cuore.
La donna dai lunghi capelli biondi non avrebbe più aperto i suoi occhi azzurri ma nessuno aveva avuto il coraggio di dirlo alla bambina seduta sul letto alla sua sinistra, chiamando il numero telefonico stretto nella mano della bambina che era stata risparmiata da chiunque le avesse attaccate.
Non erano in molti quelli che potevano ricordarsi le fattezze di quella che all’epoca era una sedicenne molto timida che era stata allontanata da Neptune in fretta e furia per evitare che frequentasse un pessimo soggetto eppure, se adesso si trovava in un letto d’ospedale con un proiettile piantato nel cervello e dei macchinari che la trattenevano con la forza nel regno dei vivi, qualcuno doveva averla riconosciuta.
La pallottola nella sua testa non l’aveva uccisa ma i medici con cui Veronica aveva parlato qualche minuto prima le avevano fatto capire che non c’erano più speranze di ripresa per quella donna dalla delicata bellezza: con tutta probabilità entro le nove del mattino successivo sarebbe stata dichiarata la morte cerebrale e si sarebbe potuto procedere con l’espianto degli organi, lasciando sola al mondo quella bimba con i codini che somigliava come una goccia d’acqua alla madre.
Veronica si era stupita non poco quando, tre anni prima, aveva trovato sulla porta della casa che condivideva con il padre Hannah Margareth Griffith, giunta a Neptune in gran segreto con quella bella bambina in braccio ed un gran numero di documenti in una grande borsa di pelle che aveva a tracolla.
Non erano mai state amiche ai tempi del liceo: essendo studentesse di anni diversi era mancata l’occasione di conoscersi ed il fatto che Logan provasse ancora qualcosa per lei ai tempi della sua relazione con Hannah non aveva certo facilitato i contatti tra le due ragazze quindi Veronica era rimasta senza fiato quando la bionda era arrivata a casa sua mentre Keith non era presente e le aveva raccontato in fretta la sua storia.
Frequentava il secondo anno all’università del Vermont quando, dopo una festa ad alto tasso alcolico per festeggiare il ventunesimo compleanno di una coinquilina, qualcuno l’aveva trascinata nella camera di un motel, dove si era svegliata nuda e pesta: quell’uomo di cui non riusciva a ricordare il nome l’aveva violentata per poi scappare lasciandole il conto da pagare.
Quando si era accorta di essere incinta non aveva avuto dubbi sul fatto che avrebbe tenuto con sé quella creatura a qualunque costo, per questo aveva mandato al diavolo i genitori che volevano obbligarla ad abortire, abbandonato gli studi e trovato un lavoro per mantenere entrambe in quella casa.
Nove mesi dopo quel maledetto compleanno era nata Prudence Sarah, detta Prue, e da allora, aveva detto la ragazza, la sua vita aveva avuto un nuovo senso.
Veronica era molto stupita quando la donna l’aveva condotta da un notaio e, motivandolo come il bisogno di sapere di poter lasciare a una persona in grado di difendere la sua bambina da chiunque volesse farle del male, l’aveva dichiarata tutrice legale di sua figlia Prudence Sarah per svanire nel nulla il giorno successivo fino ad allora.
Perdonami Hannah per non essere stata in grado di difendere anche te. Giuro che vendicherò te e proteggerò tua figlia con la stessa determinazione con cui l’hai difesa tu. Mi spiace solo non avere un’altra occasione per poterti conoscere meglio… se le cose fossero andate diversamente forse avremmo potuto essere grandi amiche.
Veronica accarezzò con dolcezza i capelli che spuntavano sotto la benda che copriva il capo di quella semisconosciuta che le aveva affidato la cosa più preziosa che aveva per timore che qualcuno le facesse del male.
- La mamma si sveglierà presto?
Veronica si accomodò sul letto della piccola.
- Lo vorrei tanto, tesoro… ma no.
I grandi occhi della piccola si riempirono di lacrime.
- Ma si sveglierà, vero?
- Piccola… la tua mamma non si sveglierà.
- Perché no?
- Perché delle persone cattive le hanno fatto del male.
- E’ morta… come il papà?
Veronica immaginava che Hannah potesse aver raccontato una storia simile alla piccola quindi annuì. In fondo era la stessa panzana che lei aveva raccontato a Lily in tutti quegli anni e Logan non l’aveva costretta con la forza a concepire loro figlia.
- Non ancora tesoro…
- Allora come fai a dire che non si sveglia più?
Veronica sapeva di essersi infilata in un vicolo cieco ma tentò di spiegarle la questione.
- Vedi… a volte quando le persone si fanno molto male i dottori non possono curarle ma è possibile tenerle in vita in modo tale che queste persone possano salvarne altre.
- Come?
- Si usano delle macchine, tesoro, poi si prende un pezzettino e lo si regala a quelli a cui quel pezzettino funziona male. La tua mamma non può guarire ma tante persone potranno vivere grazie ai pezzettini che lei ha deciso di regalare.
- Ma io voglio la mia mamma…- singhiozzò.
- Non si può.
- Ma io ho solo la mamma… dove vado io se mamma non c’è più?
- Ci sono io. Quando eri molto piccola la tua mamma mi aveva fatto firmare un documento in cui diceva che io avrei dovuto prendermi cura di te e voglio farlo. Sempre che tu sia d’accordo.
- Ma tu non sei la mia mamma…- singhiozzò la piccola.
- Lo so… puoi chiamarmi signora Mars o sceriffo o Veronica o zia o come preferisci. Io non…
- Posso chiamarti zia Veronica?
- Certo.
- Posso abbracciarti?
La donna strinse a sé la bambina e lasciò che piangesse per la sua mamma mentre Veronica cercava di trovare un modo piuttosto delicato per dire a Logan che la figlia di una sua ex adesso era diventata una sua responsabilità.

Leanne saltò su non appena udì la chiave girare nella toppa e non riuscì a pronunciare neanche una parola quando vide la figlia entrare nella stanza con una biondissima bambina addormentata tra le braccia.
- Ciao mamma- sussurrò la donna avvicinandosi al divano.
- Chi è?- rispose lei con lo stesso tono.
- La tua nuova nipote.
Lo sguardo dell’ex moglie di Keith Mars valeva più di mille domande.
- Adesso mettiamola a letto- sussurrò Veronica.
Subito Leanne si fece da parte per permettere alla figlia di coricare la bambina sul divano.
Quando la bambina fu coperta madre e figlia si diressero verso la stanza di Keith e Leanne si ricordò troppo tardi di avvisare la figlia.
Sul grande letto matrimoniale, antico retaggio del matrimonio nonché talamo in cui il signor Mars aveva consumato le sue relazioni successive, riposavano in tre: Logan, Lily e Keith dormivano della grossa, con la piccola stretta tra i corpi dei due uomini che amavano lei e sua madre.
- Che ci fa qui Logan?
- E’ arrivato stasera. Voleva farti una sorpresa.
Veronica annuì e socchiuse la porta.
- Mi spiace svegliarli ma sarà meglio dirglielo adesso piuttosto che fargli trovare una bambina di cinque anni che dorme in salotto.
- Credo di sì.
Veronica scosse lievemente il padre che, borbottando, si tirò a sedere.
- Buongiorno- bofonchiò.
- Sono le tre di notte, papà.
- E’ successo qualcosa?
- In effetti sì- rispose Leanne, lasciando che la figlia si avvicinasse al compagno ed alla loro bambina.
Sfiorò con le labbra la fronte di entrambi e, come si aspettava, ottenne la stessa reazione da entrambi: sia Logan che Lily si stropicciarono gli occhi e, sorridendo beatamente, si voltarono dall’altra parte.
- Ehi…- sussurrò Veronica all’orecchio di sua figlia- La mamma è tornata a casa.
La piccola aprì un occhio e Veronica comprese di aver fatto un grande torto a sua figlia non tornando mai a casa in quelle tre settimane.
- Che vuoi? Torna a lavoro. Non ti voglio.
Ogni affermazione era una pugnalata al petto dello sceriffo ma Veronica strinse i denti.
- La mamma lo fa solo per il tuo bene.
- Lo so ma sei stata cattiva.
- Ti voglio bene.
- Lo so… ma mi manchi. Io voglio stare un po’ con te ma è da Natale che non stiamo un pochino insieme.
- La mamma deve lavorare tanto…
- Ha ragione Lily.
Veronica sapeva di avere torto e quella frase di Logan le faceva malissimo.
- Hai trascurato nostra figlia- continuò.
- Lo so.
- Per fortuna adesso ci penserà papà a prendersi cura della nostra bambina. Farò il mammo a tempo pieno.
Veronica sorrise, felice che Logan cercasse di aiutarla.
- Grazie… ma adesso parliamo di cose serie- disse sedendosi sul bordo del letto.
Logan e Lily si tirarono a sedere e tutti e quattro guardarono lo sceriffo che era stato tanto impegnato da un mese a quella parte.
- C’è un nuovo membro della famiglia- disse Veronica, affrettandosi poi ad aggiungere – E no, non sono incinta.
- Mi hai comprato un animaletto?- chiese Lily.
- No.
- Veronica è tornata a casa stasera… con una bambina- disse sua madre- Adesso dorme sul divano e dice che è... sua figlia.
Logan le lanciò un’occhiata di brace, ferito per quell’affermazione che sottintendeva il fatto che Veronica non gli fosse stata fedele come aveva affermato fino ad allora.
- Tesoro… cosa significa?- chiese Keith – Un’altra figlia segreta?
- No papà- disse Veronica guardando però Logan- La bambina non è biologicamente mia figlia. E questa volta è vero che non lo è.
I tre tirarono un sospiro di sollievo.
- Papà- continuò Veronica, stavolta posando lo sguardo sul genitore - Non te ne ho parlato all’epoca perché credevo fosse eccessivo da parte sua preoccuparsi in questo modo… ma a quanto pare aveva ragione lei. Questa sera una pattuglia ha trovato una donna con un proiettile in testa e sua figlia di cinque anni accanto. Sono madre e figlia.
- Sono?
- Sì mamma. Questa donna non è ancora morta ma i medici mi hanno informata che il coma è irreversibile. Domattina al più tardi verrà dichiarata la morte cerebrale e, come da lei disposto, i suoi organi verranno donati.
- Non capisco…
- Papà, io sono la tutrice legale di quella bambina.
I tre adulti ammutolirono.
- Quindi è una tua amica- osservò il suo compagno – Questa è sul serio figlia di una tua compagna d’università, giusto?
Veronica scosse il capo.
- Logan… la conosci piuttosto bene anche tu. Anzi, questa donna la conosci sicuramente meglio di me.
Logan perse colore.
- Chi è?
- Si tratta di Hannah.
- Hannah? Vuoi dire…
Veronica annuì.
- Esatto, parlo di Hannah Griffith.
- Hannah… sta morendo? E ha una figlia? E’ anche lei…
-No, Prue non ha alcun legame di sangue con te. Ti parrà strano ma tre anni fa è arrivata qui con la bambina in gran segreto e mi ha chiesto di esserne la tutrice per proteggerla nel caso qualcuno le facesse del male. E’ sparita nel nulla dopo che io avevo firmato le carte. E’ stata l’unica volta che l’ho vista in questi anni e pensavo che fosse solo un caso di paranoia invece...
Logan scosse il capo.
- Non capisco… perché te? Non siete mai state amiche.
- Non lo so neanche io come mai ha scelto di affidarla a me… ma l’ha fatto ed io ho accettato di difendere quella bambina da chiunque voglia farle del male, soprattutto adesso che ho visto sua madre morente in quel letto d’ospedale.
- Posso andare a vederla?
- Se ti accompagno io…
- No… intendevo la bambina.
- Certo. Dorme sul divano.
In silenzio il gruppetto raggiunse la porta per osservare la piccina dai capelli dorati che fortunatamente riposava tranquilla.
- Come si chiama?- chiese Keith.
- Prue. Prudence Sarah Griffith.
- Quindi era una ragazza madre.
- Diciamo di sì- disse Veronica, evitando di parlare di un argomento troppo forte per le orecchie di sua figlia.
- Ma… non ha dei parenti?
- No mamma. I genitori di Hannah l’hanno allontanata dopo la sua scelta di non rinunciare a lei e il padre della bambina è… morto.
Sperava che i suoi cenni e le sue pause venissero colti dai genitori e da Logan ma non da quella bimba che ascoltava in silenzio.
- Quindi adesso ho una sorellina- osservò Lily tornando a sedersi sul letto.
- Se vuoi e se Prue è d’accordo… sì.
- Quanti anni ha?
- Cinque. Ha compiuto gli anni il mese scorso.
- Solo tre meno di me.
Veronica annuì, appuntando mentalmente l’avvicinarsi dell’ottavo compleanno di sua figlia.
- Quindi potrò giocare con lei. Non sarò più sola.
La donna fu felice di vedere un angolo della bocca di sua figlia alzarsi, segno che l’idea di avere una sorella non le era poi tanto sgradita come aveva pensato che potesse risultare a quella bimba abituata ad avere tutte per sé le attenzioni degli adulti.
- Certo tesoro.
- E tu? Tu cosa farai, mamma?
Veronica alzò gli occhi su Logan in cerca di una risposta.
- Mi accompagni a trovare Hannah?
La domanda postale dal giovane non la colse di sorpresa ma la fece sentire triste. Sperava che Logan dicesse qualcosa riguardo Prue ed il fatto che adesso si fosse ritrovato ad essere padre di una seconda bambina.
Veronica annuì.
- Lo accompagno subito all’ospedale. Torneremo il prima possibile, piccola.
Lily annuì e cercò di sorridere ma si notava che non era molto felice.
- Te lo giuro.
- Va bene.
Logan passò un braccio attorno alla vita di Veronica e la guidò verso la porta.
- Papà…
La voce di Lily lo richiamò all’ordine.
- Scusami tesoro. Ci vediamo dopo, ok?
- Non importa se mi saluti.
- Allora cosa c’è?
La piccola sollevò due oggetti marroni e Logan si colpì la fronte con il palmo della mano: stava uscendo di casa in pigiama e senza scarpe.

Veronica aveva appena messo in moto l’Audi quando Logan fece la domanda che si aspettava di ricevere.
- Perché non me l’hai detto?
- Te l’ho detto… credevo che Hannah fosse troppo preoccupata e poi non si è più fatta viva.
- Avresti dovuto dirmelo.
- Lo so. Non era mia intenzione nascondertelo ma davvero io non ci pensavo più da diverso tempo.
- Ti credo.
- Ma?
- Nessun ma.
- Deve esserci un ma, invece- disse Veronica continuando a guardare la strada- E’ la figlia di una ragazza di cui eri innamorato.
- Non confondere il semplice affetto con l’amore. Io volevo bene a Hannah, non lo nego, e mi spiace moltissimo che stia morendo ma io ho amato solo una donna in vita mia e sai perfettamente di chi si tratta.
- Lilly, lo so.
- Mi fa piacere vedere il tuo sorriso, tesoro- disse Logan stringendo la mano che la donna aveva sopra al cambio- ma non scherzare su cose così serie, Veronica. Quello per Lilly era un grandissimo affetto che sfiorava l’amore ma non c’era quello che provo per te. Io ti amo da impazzire.
- Scusami- sussurrò arrossendo violentemente.
- Tu mi ami?
- Certamente. Lo sai che ti amo immensamente.
Logan tacque per qualche minuto.
- In questi giorni ho avuto paura di essere solo una scocciatura per te.
- Come hai potuto pensarlo!
- Perché mi hai trattato con freddezza al telefono? Andiamo Veronica… non sei stata esattamente affettuosa in questi giorni.
- Questo non giustifica il tuo dubbio.
- Non lo giustifica?
- No. Davvero bastano un paio di settimane per farti pensare che otto anni di fedeltà non significhino nulla?
- Io non ho detto questo.
- No… ma volevi farlo. Su, dillo.
- Non dico un bel niente perché non è assolutamente vero ciò che pensi. Io sono stato sulle spine per quasi un mese sentendoti solo per telefono mentre tu giocavi allo sceriffo dal pugno di ferro e chiudevi in casa la nostra famiglia. Sono tuttora in pensiero, Veronica, per questo te ne parlo.
La donna inchiodò.
- Possibile che nessuno in questa città sappia pensare al bene che questo nuovo regime sta portando?
- Credo che lo dicessero anche i capi francesi al tempo del Terrore.
- Smettila di prendermi in giro, Logan.
Veronica si trovò improvvisamente tra Logan e il finestrino, i polsi stretti in una morsa d’acciaio e due braci che fissavano i suoi occhi.
- Non ti sto prendendo in giro, maledizione! Ho paura! Me la sto facendo addosso per nostra figlia perché qualcuno vuole ammazzarla e per te perché stai perdendo il controllo ed io non voglio perderti!
- Mi… mi fai male.
- Veronica…
- Lasciami andare!
Logan obbedì e lo schiaffo raggiunse in fretta il suo obiettivo.
- Io lo faccio solo per il vostro bene.
- Anche io. Anche Weevil. Tutti quelli che ti dicono che stai esagerando lo fanno per il tuo bene ma non per questo tu reputi giusto ciò che noi ti diciamo. Come puoi pretendere che noi accettiamo supini le tue disposizioni se tu in primis lotti con le unghie e con i denti per non fare una cosa simile?
- Stampatevi bene in testa che io sono la legge, Logan Echolls.
Logan tornò a sedersi sul suo sedile e tacque, ferito da quella affermazione così sbagliata della sua donna.

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Capitolo 36
*** Capitolo Trentacinque ***


Nota dell'autrice: come potete notare, anche se molto lentamente, la storia avanza. Tenterò di scrivere il finale della storia entro l'estate. Il problema è se sarà l'estate 2011 o quella 2111.
Scherzi a parte, tenterò di chiuderla, questo ve l'assicuro, ma per ora vi chiedo di accontentarvi del poco che ho da offrirvi. Sono ancora in hiatus e non ho idea quando finirà... e se finirà.


Capitolo Trentacinque

La piccola Prue si era svegliata molto presto e fortunatamente a vegliarla c’era Leanne, che aveva immediatamente sorriso a quella che già sentiva come la sua seconda nipotina.
- Chi sei tu? – chiese la piccola- Dove è andata zia Veronica?
- Zia Veronica è dalla tua mamma con un loro amico. Io sono Leanne, la mamma di Veronica ma tu puoi chiamarmi come vuoi.
La bambina sorrise.
- Io non ho mai avuto una nonna. Posso chiamarti nonna?
- Certamente.
- Abiti con zia Veronica?
- No. Io abito molto lontano da qui.
- Dove?
- A Chicago.
- Anche io ho abitato a Chicago! Io e la mamma…
La voce le morì in gola al pensiero che forse la sua mamma non c’era più e Leanne fu rapida a sollevarla per mettersela sulle ginocchia prima che dai suoi occhi iniziassero a sgorgare le lacrime.
- Comunque- continuò Leanne per indirizzare i suoi pensieri altrove- questa non è casa di Veronica ma del suo papà.
- Non ho mai avuto un nonno. E’ buono?
- Ti piacerà tantissimo nonno Keith.
- Nonno Keith e nonna Leanne… mi piace!
- Inoltre avrai anche una compagna di giochi.
Gli occhi della bambina brillarono di gioia.
- Davvero?
- Sì. Veronica ha una bambina di quasi otto anni che si chiama Lily.
- Mi piace il nome Lily! Mi piace tanto!
La piccola rivolse gli occhi pieni di speranza alla donna.
- Zia Veronica ha anche un marito?
- Un marito no… ma ha un fidanzato. E’ il papà di Lily e si chiama Logan.
- Peccato che Veronica non è la mia mamma… se no potevo avere una sorella e un papà. Ho sempre voluto una sorella e un papà.
Leanne la strinse a sé.
- Prue… lo so che Veronica non potrà mai essere come la tua vera mamma ma sono sicura che se un giorno lo vorrai la potrai chiamare mamma.
- Davvero?
Leanne annuì e Prue sorrise.
- Nonna Leanne…
- Sì tesoro?
- Credo che la mamma ha fatto proprio bene a lasciarmi con zia Veronica.
Leanne le accarezzo i sottili capelli biondi con dolcezza e la piccola, chiusi gli occhi, si appisolò di nuovo.

Keith non si stupì affatto quando, dopo aver consumato una colazione veloce a base di caffè amaro, Veronica era schizzata sotto la doccia dopo aver lanciato un’occhiata assassina a Logan, che dal canto suo rideva e scherzava con sua figlia e cercava di coinvolgere nel divertimento anche la figlia di Hannah ma per tutto il tempo aveva tenuto un occhio costantemente puntato su Veronica.
Logan si alzò qualche secondo dopo la sua compagna e fece cenno a Keith di seguirlo.
- Non so se sia stata una buona idea…
Keith lo guardò con aria interrogativa.
- Intendo dire… parlarle.
- Sta uscendo di testa, Logan, e l’unico in grado di aiutarla a capire che sta esagerando sei tu.
- Io non ne sarei tanto sicuro.
- Un buco nell’acqua?
- Peggio. Si crede davvero Rudolph Giuliani.
L’uomo si lasciò cadere sul letto e sbuffò.
- Possibile che non dia retta neanche a te?
- A quanto pare è possibilissimo. Abbiamo iniziato a litigare e mi sono guadagnato anche un bel ceffone.
- La situazione sta peggiorando…
- Lo so. Come ho già detto a tua figlia io me la sto letteralmente facendo sotto per ciò che sta accadendo. Vogliono uccidere Lily, Veronica è uscita di testa e per qualche motivo Hannah è tornata qui a Neptune ed ora è morta…
Keith posò una mano sulla spalla del ragazzo spaventato.
- Logan, sta calmo. Riusciremo a far rinsavire Veronica e a mettere tutto in chiaro senza romperci neanche un osso, chiaro? Dobbiamo avere fiducia nel suo grandissimo fiuto. Veronica non è facile da raggirare e per quanto si possa ironizzare sulla percentuale di voti con cui è stata eletta sceriffo Veronica Mars è una donna abbastanza amata in questa città.
- Io ho paura di quelli che non la amano, Keith. Per farla fuori bastano soltanto una buona esca ed una pallottola.
- Sii ottimista. Ce la caveremo. Ce la siamo sempre cavata e ce la caveremo anche questa volta.
- Vorrei essere fiducioso quanto te…

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Capitolo 37
*** Capitolo Trentasei ***


Veronica, piegata sulla sua scrivania, stava fissando con intensità la piccola agenda che le avevano consegnato all’ospedale, decisa ad aprirla per scoprire che cosa nascondeva Hannah Griffith dietro il suo viso acqua e sapone e il dolce sorriso.
Quando era andata all’ospedale con Logan aveva lasciato il compagno a vegliare la sua ex ragazza mentre lei si era recata in amministrazione per ritirare i suoi effetti personali.
Una corpulenta infermiera di colore le aveva consegnato una borsetta contenente i documenti suoi e della bambina, una chiave del motel Camelot, un cellulare, una piccola agenda ed il portafoglio, dimostrando che quello non era stato affatto un tentativo di rapina finito male, tesi alla quale lo sceriffo non aveva dato alcun peso.
Il fatto che le ricerche nella stanza del motel fossero state un completo fallimento non aveva migliorato il suo umore.
Tra i pochi averi di Prue e Hannah di indizi non ve ne era traccia e lo sceriffo si sentiva a disagio a frugare nella vita privata di una ragazza che conosceva appena ma che, a giudicare dal contenuto di quella stanza, le aveva affidato il suo bene più prezioso.
Dopo un'ora di infruttuose ricerche Veronica aveva deciso di mettere in un paio di buste tutti gli averi di Hannah e della bambina e depositarli nei magazzini della centrale per poterli controllare con maggiore cura.
Ora, finalmente sola e priva di altri impegni, poteva studiare con calma l'agendina, sperando che il suo contenuto potesse aiutarla.
La prima pagina riportava i dati anagrafici della donna mentre dietro aveva attaccato con il nastro adesivo una fototessera che la ritraeva con sua figlia neonata fatta in una cabina automatica.
Veronica continuò a scorrere ogni pagina, appuntando sul suo fedele computer ogni nome e numero di telefono che vi compariva, poi sorrise e staccò la piccola foto di madre e figlia.
Girò distrattamente la foto e si sorprese di trovare scritto, con una scrittura molto minuta l'url di un sito internet e la parola "hmpeyrlupe".
Incuriosita Veronica digitò "www.milkygrace.blog.com" nel browser e si trovò davanti due campi vuoti per accedere a quel blog protetto.
Subito inserì la parola in entrambi e immediatamente davanti ai suoi occhi apparve una schermata nera con una scritta in grassetto di colore bianco.

“Cara Veronica,
se stai leggendo questo messaggio significa che sono riusciti a farmi fuori e che la mia piccola Prue è in grave pericolo.
Non chiedermi come ho fatto ma mi sono infilata in un grandissimo pasticcio.
Ho lavorato in uno squallido pub di Chicago, il “Moonlight Club” prima come cameriera e poi… mi imbarazza molto ammetterlo, ma per soldi sono arrivata a fare molto di più.
Preferisco che tu veda le foto per capire cosa facevo io e cosa facevano a quelle ragazze, spesso contro la loro volontà.
Alcune sono minorenni anche se dichiarano di essere maggiorenni e nessuna di loro ha una famiglia.
Lo so che sei profondamente disgustata da ciò che ti sto dicendo, ma ho fatto finta di essere anche io molto giovane pur di guadagnare quei soldi per la mia bimba e farle avere una vita migliore.
Circa due settimane fa il proprietario mi ha chiesto di trascrivere per lui alcuni documenti. Dopo circa due ore lui è uscito a fare pranzo e io ho pensato di controllare la mia posta elettronica... ma ho aperto per errore una cartella e dentro c'erano le foto di diverse ragazze che avevano lavorato con noi ed erano state licenziate. Erano state uccise in maniera atroce e ho avuto paura che sarei morta anche io così e che si sarebbero presi la mia bambina.
In quel momento però ho pensato a te, a quando ci siamo viste l'ultima volta e soprattutto a quello che hai fatto per tutta la vita, ossia combattere per la giustizia quindi ho preso la chiavetta USB su cui stavo trascrivendo i documenti e vi ho scaricato il maggior quantitativo di materiale possibile, mi sono mandata una mail contenente una parte delle fotografie per avere un backup e poi, con la scusa di andare a prendere una boccata d'aria, sono andata a prendere Prue e sono scappata da Chicago.
Stavo venendo da te con la mia bambina e spero di essere riuscita a salvare almeno lei.
Ti prego, fa finire quei pedofili in galera.

Hannah Griffith
Phoenix, 7 febbraio 2014


Veronica andò subito alla galleria fotografica e si trovò davanti ad un archivio che avrebbe fatto gola a qualsiasi depravato: c’erano ragazze giovani, tutte apparentemente tra i quindici e i diciotto anni, nude o quasi, in compagnia di uomini anche piuttosto anziani con delle palesi intenzioni nei loro riguardi o che già mettevano in atto i loro intenti.
In alcune compariva anche Hannah, svestita quanto loro e ugualmente palpeggiata o oltre.
Veronica scorse in fretta le foto e si stupì quando notò la presenza di qualcuno di noto tra queste: Amelie Morrison, la figlia dell’infermiera amica di sua madre, era avvinta a un palo per la lap dance e si stava esibendo per quello che Veronica riconobbe come un felicissimo Richard Casablancas junior che, educato come al solito, aveva appoggiato sopra al tavolo i piedi calzanti un paio di costosissime scarpe.
Di nuovo, oltre al colore di capelli, la ragazza adesso aveva qualcos’altro che, strizzato in una canotta in rete decisamente piccola anche per il suo corpo eccessivamente magro, cercava di sfuggire da ogni piccolo foro.
La foto successiva la fece rabbrividire: Veronica notò subito lo scintillare di quella che poteva sembrare una cavigliera come tante altre ma che in realtà era un anello da cui penzolava una corta catenella che tratteneva presso il palo la ragazzina e si sentì male per quella mano posata sulla natica della ragazzina ora coperta solo dalla gonna di sottilissimo tulle nero.
Immediatamente esaminò le proprietà del file.
Fu con disappunto che lesse la nota scritta da Hanna.
“La chiamavano Nelly. Scattata il 01/02/2014, tre giorni prima che si gettasse sotto un treno nella metropolitana. Quella mattina aveva avuto un aborto spontaneo, non è chiaro se sia accaduto a causa dell’anoressia o per le percosse di Jeremy.”
Prese in mano il telefono e compose il numero di casa Mars.
A rispondere fu suo padre.
- Pronto?
- Papà, passami immediatamente la mamma. Ho novità su quella ragazza.
- Quale ragazza?
- La figlia della sua amica.
- Buone notizie?
- Pessime.
- Quanto?
- Si è suicidata.
Suo padre tacque e Veronica si morse la lingua.
La sua risposta era stata troppo rapida ed il suo tono molto freddo, eccessivamente distaccato per appartenere a quello sceriffo determinato ma con un grande cuore.
- Passami la mamma. Devo essere io a darle la notizia ma prima voglio chiederti un favore… dovresti cercare informazioni su Richard Casablancas junior e su qualsiasi persona di nome Jeremy collegata al Moonlight Club di Chicago.
- Ma non era il migliore amico di Logan?
- Sì, per questo chiederò anche a lui. Sempre che voglia ancora parlarmi dopo il piccolo incidente di stanotte.
- Veronica… ha paura.
- Per questo lo faccio. Per non farvi più avere paura. Per favore, adesso passami mamma e fammi quel piccolo favore.
- Va bene.
Pochi secondi dopo Veronica sentì parlottare i suoi genitori.
- Mamma?
- Eccomi tesoro. Tuo padre mi ha detto che hai notizie su Amelie.
- Sì... ma sono pessime.
- Cosa intendi dire?
- La tua amica deve andare a cercare notizie negli ospedali… riguardo un cadavere.
- Cosa…
- Deve cercare una ragazza anoressica dai capelli scuri che ha subito una mastoplastica adduttiva e che si è gettata sui binari della metropolitana il 4 febbraio scorso. Aveva avuto un aborto un paio di giorni prima.
- No…
- Mi dispiace…
- Amelie… la sua Amelie…
- Mamma…
Veronica chiuse gli occhi ed ascoltò sua madre singhiozzare disperata mentre stringeva a sé il telefono, quasi quel gesto potesse confortarla almeno un poco per il destino di quella adorabile ragazzina.
Improvvisamente i suoi singhiozzi si fecero ovattati e improvvisamente qualcuno parlò.
- Veronica…
- Logan.
- Tuo padre si sta occupando di Leanne. E’ a pezzi.
- Lo so. Quella ragazzina è morta.
- Mi dispiace immensamente.
- Spero solo che…
Improvvisamente lo sceriffo ammutolì.
Mentre parlava al telefono Veronica aveva ripreso a guardare le foto ed era appena giunta a quella che mai avrebbe voluto vedere: Logan Echolls che infilava delle banconote da cento dollari in mano a tre gemelle che indossavano solo dei sandali argentati.
- Logan… cosa ne sai del Moonlight Club?
- Moonlight Club? Cosa sarebbe?
- Un locale di Chicago nel quale a quanto pare sei stato…
Veronica controllò la data.
Era datato 30 settembre 2013 e riportava i nomi di Lolly, Molly e Dolly.
- Un paio di giorni prima di fare l’incidente.
- Possibile… mi sono fermato in molti locali durante quel viaggio.
- Questo dovresti ricordartelo… hai dato a Lolly, Molly e Dolly almeno duecento dollari a testa.
- Hai bevuto per caso? Io avrei pagato le Powerpuff Girls?
- Ti rinfresco la memoria… tu sei stato in un locale di spogliarello e hai pagato tre prostitute gemelle che forse non avevano neanche i sedici anni che dimostravano.
- Si chiamavano come loro quelle tre?
- Sì.
Logan non potè fare a meno di sorridere: in quel sì stizzito era riflessa tutta la gelosia della sua adorata Veronica, quella che ancora non credeva di essere in un film di Sergio Leone.
- Mi spiace, va bene?
- Non sono affari che mi riguardano il modo in cui spendevi i tuoi soldi prima di…
- Prima di ritrovarci?
- Volevo dire prima dell’incidente, ma fa lo stesso. Non mi importa come spendevi i tuoi soldi allora e neanche mi importa come li spende il tuo degno compare.
- Il mio degno compare?
- Parlo di Richard Casablancas junior.
- Dick? Cosa c’entra Dick?
- In quella che presumo essere l’ultima foto di quella ragazza compare un tizio che gli somiglia molto. E, come puoi immaginare, le sta toccando il culo.
- Pensavo peggio… sarebbe molto da lui.
- Sai dove possiamo rintracciarlo?
- Non ne ho proprio idea. E’ sempre in giro per il mondo. E poi ti ricordo che da quando sono qui non mi ha mai fatto neanche una telefonata e questo non mi pare affatto il comportamento di un amico.
- Non è neanche un comportamento molto educato mettere i piedi sul tavolo, se è per questo... ma non è mai stata una persona molto educata quindi non mi stupisco affatto. Scusami ma adesso devo tornare a lavorare.
Logan stava riagganciando quando sentì nuovamente la voce di Veronica.
- Logan…
- Sono qui- rispose immediatamente lui.
Veronica si morse il labbro inferiore. Non sapeva neppure il motivo che l’aveva spinta a fermarlo. Forse si trattava di gelosia per l’avere davanti quella foto delle prostitute che Logan pagava, forse si trattava semplicemente di senso di colpa, ma doveva dirgli qualcosa di bello per ricucire il loro rapporto prima che fosse troppo tardi.
- Ti amo. Ricordatelo.- sussurrò.
Veronica riagganciò, lasciando Logan dall’altra parte con un sorriso ebete dipinto in volto mentre lei non riusciva a capacitarsi per quelle due parole praticamente singhiozzate al telefono, devastata dal timore di avere ragione e dal rimorso per quello schiaffo dato nel cuore della notte.

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Capitolo 38
*** Capitolo Trentasette ***


Nota dell'Autrice: volevo comunicarvi che questo è il famigerato capitolo sul quale sono stata bloccata la bellezza di tre anni, quindi prendetevela un po' anche con lui. XD
Scherzi a parte, come potete notare non è passato molto tempo dall'ultimo aggiornamento e finalmente posso dire che, forse, la storia tornerà a essere aggiornata a ritmi più rapidi di quelli tenuti negli ultimi... anni. Non dovrei sparire di nuovo nel nulla: ho già pronti altri tre capitoli freschi di scrittura dopo questo e diverse buone idee per la conclusione, che ormai è vicina (preferisco non fare previsioni troppo precise ma, salvo imprevisti, dovrei finire intorno al quarantacinquesimo capitolo).
Dopo questa introduzione che probabilmente avrà spazientito i più ansiosi vi lascio con un ringraziamento: grazie per aver scelto di leggere questa storia e, ai lettori più datati, grazie per l'enorme pazienza che avete e state dimostrando.


Quella sera Veronica tornò a casa per cena.
Come se non fosse ormai un gesto piuttosto sporadico entrò in casa e, presa una sedia, si accomodò tra Lily e Logan per poi far scivolare una mano sul ginocchio del suo compagno ed attendere che questo la stringesse, gesto che non si fece attendere più di una manciata di secondi.
Scoprì con sommo dispiacere che sua madre Leanne non aveva aspettato che un paio d’ore prima di chiudere tutte le sue cose nella valigia e prendere il primo aereo per Chicago, lasciando a Veronica un biglietto con poche frasi.
“Mi dispiace Veronica,”- aveva scritto con la sua calligrafia resa irregolare dal tremore e bagnate qua e là dalle grandi lacrime che aveva versato mentre lo scriveva -“ma non posso lasciarla sola. Avrei voluto rimanere a fare la nonna per le mie nipotine… ma non posso abbandonarla in un momento simile. Telefonerò appena possibile. Non so se tornerò a disturbare la tua vita… ma vorrei tanto farmi perdonare occupandomi qualche volta delle mie nipotine. Un bacio da Leanne Reynolds”.
Veronica stava rileggendo quel biglietto quando una mano si posò sulla sua spalla.
Logan si era seduto accanto a lei sul morbido divano e la scrutava con aria preoccupata.
- Sei strana- sussurrò.
- Lo so. Non ci voleva Veronica Mars per scoprirlo.
- Noto con piacere che il tuo senso dell’umorismo non è stato intaccato dalla follia.
- Ancora con questa storia?- chiese lei con tono minaccioso.
Logan fu altrettanto brusco.
- Andrò avanti con questa storia fino a quando non la smetterai di agire come un pistolero folle, quindi abituati.
- Vuoi litigare?
Logan chiuse gli occhi e trasse un respiro profondo, consapevole di aver fatto un grave sbaglio a lasciarsi andare per un istante all'impulso di rimproverarla.
- No- rispose pacato- Voglio farti ragionare per il bene dell’intero genere umano.
- Accidenti! Ti sei preso davvero un bell’impegno!
- Non prendermi in giro. Lo sai benissimo cosa voglio dire.
- Già, lo so cosa vuoi dire… che sono una pazza perché voglio difendervi da quell’orda di persone che sembra intenzionata a sterminare la famiglia Mars e l’unico Echolls rimasto.
Un sorriso attraversò il viso di Logan per un istante.
- L’idea di un film con il titolo “L’Ultimo degli Echolls” sarebbe interessante… ma voglio restare serio e dirti che stai esagerando.
- Ti sbagli.
Il controllo che aveva ripreso con tanta fatica pochi istanti prima andò a farsi benedire. Se Veronica era tanto testarda da non ascoltare quando le si parlava con calma, allora avrebbe dovuto fare ricorso a un tono meno pacato.
- Maledizione Veronica, non devi ridurti in questo stato per colpa di quei bastardi. Tuo padre è un ex sceriffo mentre io ho una buona mira e so usare una pistola quindi di noi non devi preoccuparti. Le bambine sono sempre con noi quindi neanche di loro devi preoccuparti…
- Allora mi spieghi di chi mi dovrei preoccuparmi?
- Di te stessa. Ti supplico Veronica, sii egoista e pensa alla tua salute. Ne hai passate tante da quando sono tornato in città… chiunque avrebbe un…
Logan non era sicuro che il termine “esaurimento nervoso” sarebbe piaciuto a Veronica ma non poteva fare a meno di esternarle con sincerità le sue crescenti preoccupazioni riguardo alla sua salute mentale.
- Un cosa, Logan?- chiese Veronica puntandogli addosso il suo proverbiale sguardo di fuoco.
- Esaurimento nervoso, va bene?
- Io non sono pazza!- gridò la donna balzando in piedi- Come ti permetti di dirmi una cosa simile, Echolls?
Logan raccolse tutta la poca calma che gli era rimasta in corpo e si alzò in piedi.
- Mi permetto di dirlo perché io ti amo ed è mio dovere proteggerti da qualsiasi cosa, anche se il pericolo è in te e se tu non vuoi essere protetta.
- Sai che so cavarmela da sola!
- Certo… tanto che una volta ti ho raccolta con il cucchiaino in soggiorno e qualche giorno dopo ti ho trovata nel letto più morta che viva perché qualcuno ha tentato di strangolarti con del fil di ferro!
- Come ti…
- Mi permetto quanto voglio perché ho paura, Veronica! Io ti amo e non voglio vederti sotto tre metri di terra prima del tempo!
Keith entrò con calma nel salotto.
- Quando la finirete di scannarvi che ne dite di andare di là a tranquillizzare Prue e Lily? La figlia di Hannah ha paura che se la zia Veronica morisse verrebbe abbandonata in strada mentre Lily… lei è terrorizzata perché ha paura che sua madre faccia la stessa fine di quella di Prue, oltre al fatto che ha appena rivissuto tutte le sue paure degli ultimi mesi in tre secondi netti.
- Io…
- Ha ragione Logan, Veronica. Datti una calmata, ok? Lui magari lo dice con troppa foga ma è la preoccupazione che nutriamo tutti quanti. Stai esagerando.
Non una parola uscì dalle labbra di Veronica.
Infuriata, recuperò la borsa e senza neanche salutare le bambine lasciò casa Mars.

Peter Turner aveva sempre sognato di fare il poliziotto.
Sin da bambino il suo sogno nel cassetto era seguire le orme del suo defunto padre.
Dato che al liceo era stato sempre vittima di bullismo desiderava proteggere gli innocenti.
Voleva mantenere l’ordine pubblico perché fin troppe volte aveva letto sul giornale di uomini e donne feriti o uccisi per il solo motivo di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
E poi c'era lei, April Labbra di Fuoco.
Peter venerava a tal punto la sua pistola da averle dato un nome e non gli importava se poteva quasi far pensare al nome d'arte di una pornoattrice.
La adorava a tal punto che lucidava almeno una volta al giorno con meticolosità.
Anche in quel momento la stava lucidando, appoggiato all’auto perché stanco di starsene seduto in quell’abitacolo puzzolente e solo perché il suo compagno di pattuglia era andato a prendere l’ennesimo caffè per tenersi sveglio.
Improvvisamente vide un lampo argentato e un’auto che si avvicinava a fari spenti al punto in cui si trovava a velocità sostenuta.
Fece cenno di fermarsi al conducente.
L’auto continuò ad avanzare.
Il giovane si innervosì ma, cercando di controllarsi, fece nuovamente cenno di fermarsi all’automobilista.
Nulla.
L’uomo allora scelse di agire come aveva ordinato lo sceriffo: se non si fermava al terzo alt erano autorizzati a mirare direttamente al trasgressore.
- Fermati- ruggì puntando la pistola verso l’abitacolo.
Forse fu la sua mano irrequieta a tradirlo o forse solo il desiderio di premere il grilletto.
Il proiettile saettò rapido fuori dall’arma e andò a piantarsi nel sedile passeggero, fortunatamente vuoto visto che il conducente aveva sterzato bruscamente quando si era accorto della pistola.
Il conducente perse il controllo del veicolo e un attimo dopo l'automobile impattò violentemente contro un palo della luce.
Solo allora l’uomo si avvicinò all’Audi argentata e riconobbe nella bionda conducente con il volto piantato nell’airbag il suo sceriffo.

Logan correva per quei corridoi divenuti oramai familiari come se il pavimento di linoleum fosse coperto di carboni ardenti.
Una gentile infermiera l’aveva informato che Veronica era stata portata al Pronto Soccorso priva di conoscenza perché vittima di un incidente stradale e a lui era bastato per riagganciare, chiamare un taxi e farsi portare all’ospedale.
Entrò nella stanza e fu sorpreso di trovare Veronica non solo perfettamente in sé ma sbraitante contro un ragazzo più o meno di vent’anni che, a capo chino e con un berretto della polizia stretto tra le mani, stava ascoltando paziente e remissivo la lavata di capo che gli stava impartendo il suo superiore.
Degnò Logan solo di un’occhiata poi tornò a concentrarsi sul suo giovane sottoposto per completare la tirata.
- E adesso vattene a casa e scolati una boccetta di Valium, Peter. Ne hai davvero bisogno.
Il giovane fece il saluto migliore che poteva e uscì dalla stanza alla stessa velocità con cui Logan aveva fatto l’opposto.
- Chiudi la porta per favore.
Il tono di Veronica era troppo gelido per ammettere repliche quindi Logan obbedì all’istante per poi avvicinarsi alla donna.
Era appoggiata a tre cuscini ed i medici le avevano applicato un grosso cerotto sulla fronte, segno di una emorragia dovuta all’apertura leggermente tardiva dell’airbag. Il braccio sinistro era stato ingessato mentre il destro era appeso al collo.
- Come stai?
- Lieve trauma cranico, frattura dell’omero sinistro, microfrattura del piede destro e lussazione della spalla destra. Mi è andata bene visto come sono ridotti l’auto e il palo della luce.
- Ma come è potuto succedere?
Veronica si morse il labbro inferiore, segno di colpevolezza.
- Cosa è accaduto?
- Le mie folli regole hanno scosso i nervi un po’ a tutti…
- Cosa hai fatto?
Veronica lo guardò con la sua tipica aria da cucciolo ferito sperando che le sue condizioni e quello sguardo bastassero a salvarla da quella domanda.
- E’ inutile. Anche mi fai gli occhi dolci io non mollo quindi dimmi cosa è successo.
- Quel pivello… mi ha sparato.
- Cosa?!
- Per fortuna ha sbagliato mira ma io ho perso il controllo dell’auto e sono andata a schiantarmi contro quel palo.
- Senza motivo?
- Andavo a tutta birra e non mi sono fermata all’alt.
Logan socchiuse gli occhi per farle capire che doveva vuotare completamente il sacco.
- Tre alt, ok?
- Sicura?
- Va bene, lo ammetto: ero anche a fari spenti.
- E hai avuto persino il coraggio di rimproverarlo?
- Certo. Avrebbe dovuto riconoscere l’auto dello sceriffo.
- Sai quante auto ci sono come quella a Neptune?
- Meno delle utilitarie?
- Ah, non venirlo a chiedere a me. Fino a prova contraria sei tu lo sceriffo. Comunque ne ho viste un buon numero quindi è naturale che lui non l’abbia riconosciuta.
- Ok, va bene… ammetto di aver esagerato con queste regole deliranti, ok? Non avrei mai dovuto ordinare di mirare ad altezza d’uomo in certi casi.
- Certi casi? Ad altezza d’uomo?
- A quanto pare ero talmente furiosa da non essermi neppure accorta dei tre segnali di stop che mi ha fatto.
- Ma hai ordinato di sparare ad altezza d’uomo nel caso di mancato stop! Sei completamente uscita di testa, Veronica! In certi casi si mira alle gomme in modo tale da fermare con conseguenze meno letali di un colpo diretto al conducente! Tu hai dato disposizioni aberranti!
- Lo so ma volevo salvarvi! Ho sbagliato ma volevo salvarvi!
Logan non esitò un istante: il grido di Veronica era venato di paura troppo a lungo repressa quindi l’abbracciò con forza, senza pensare al suo dolore. Veronica aveva bisogno di sfogarsi e quindi non l’avrebbe lasciata neanche se lei l’avesse voluto.
- Mi fai male!
- Lo so- sussurrò.
- Lasciami!
- No.
- Lasciami Logan- lo supplicò lei.
- No.
- Logan…- singhiozzò la donna- Basta.
- Non posso. Non posso lasciarti andare.
- Sei pazzo!- singhiozzò mentre un fiume di lacrime sgorgava finalmente dai suoi occhi, liberando ogni singola emozione che la donna aveva represso in quelle lunghissime settimane di follia.
- Sì, sono un pazzo- sussurrò Logan lasciando che il suo abbraccio si facesse meno ferreo mentre una mano andava a posarsi sulla nuca di Veronica per far aderire maggiormente la sua fronte alla spalla- Sì, ti sto facendo male. Sì, sono solo uno stupido buzzurro egoista capace solo di protestare ma che nei fatti non è in grado di essere di grande aiuto e non sono neanche un granché bravo a calmare le acque perché sono troppo impulsivo e grido troppo quando sono spaventato o infuriato… io sono solo un povero scemo ma non posso lasciarti andare adesso che sei tornata con noi, l’umana Veronica Mars che ha rischiato di farsi ammazzare per uno dei suoi folli provvedimenti. Non lasciarmi, Veronica. Non lasciarmi più.
Per la miseria… li ho spaventati davvero tanto e sono stata talmente stupida da non riuscire neanche a capire quanto sbagliavo a imprigionare la mia famiglia in una casa sicurissima mentre fuori… fuori ero stata anche io a rendere meno sicura questa città senza neanche saperlo. Quanti incidenti ho causato! Quante persone sono morte per le mie folli disposizioni! Molti non erano dei santi ma qualcuno… qualcuno potrebbe essere stata una persona distratta come me ma non avere i miei stessi riflessi. Sono stata davvero una pazza ed ora lo capisco… devi difendere la mia famiglia senza soffocarla, devo proteggere la popolazione di Neptune senza instaurare una sorta di dittatura marsiana fondata su alcune disposizioni fin troppo dure per i trasgressori. Devo ritrovare un equilibrio… e credo proprio che avrò un bel po’ di tempo visto che ci vorranno almeno un paio di settimane prima che io possa anche solo pensare di tornare in servizio. Certo che quest’anno la mia assicurazione medica mi è proprio servita! Passo più tempo in ospedale piuttosto che a casa mia!
La donna sorrise contro quella spalla, divertita da quel suo ultimo pensiero, e continuò a piangere mentre le carezze di Logan la riscaldavano e facevano sentire al sicuro per la prima volta dopo tanti giorni di puro terrore.

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Capitolo 39
*** Capitolo Trentotto ***


Capitolo Trentotto

Veronica, imboccata da Logan, stava facendo cena quando Lily e Prue entrarono nella stanza.
Se la figlia di Hannah sembrava piuttosto sollevata vedendola sana, salva e cosciente, lo stesso non si poteva dire di Lily, che sfoggiava la sua migliore espressione imbronciata.
- Ciao ragazze- le salutò, facendo cenno a Logan di appoggiare il piatto ormai quasi vuoto sul vassoio.
Prue corse subito da Logan per sedersi accanto a lui sul letto mentre Lily si avvicinò al letto dall’altra parte, accomodandosi su una sedia.
- Vi ha accompagnate Keith?
Prue annuì.
- E’ alle macchinette- specificò Lily, lasciando intendere persino alla più piccola che era irritata.
- Prue, che ne dici se io e te andiamo a prendere qualcosa per Veronica? Chissà, magari potremmo prendere anche una barretta di cioccolato.
La bimba non se lo fece ripetere due volte: saltò svelta già dal letto e raggiunse la porta prima che Logan potesse muovere un solo muscolo.
Del resto sia a Veronica sia a Lily era chiaro il motivo dell’improvvisa proposta dell’uomo: voleva che le sue donne parlassero.
Non appena la porta si chiuse, Veronica decise di fare la prima mossa.
- Tesoro, vuoi sederti qui accanto a me?
- No.
Cominciamo bene…
- Lily, amore, io…
- Non chiamarmi amore!
- Io…
- Io, io, io… sempre io!
- Piccola…
- Non sono piccola! Ho quasi otto anni, mamma! Non sono più piccola!
- Tu per me sarai sempre piccola. Sei la mia bambina.
- Non è vero.
- Lily…
- Se sono davvero la tua bambina perché alle riunioni della scuola viene il nonno?- chiese con le lacrime agli occhi- Perché al bacio della buonanotte ci pensa sempre papà? Perché in questi giorni ho visto più nonna Leanne di te, mamma? Io non sono la tua bambina!
- Amore…
- Non mi vuoi più bene!- gridò la bambina scoppiando a piangere disperatamente – Io ti voglio tanto bene ma tu no! Perché tu non mi vuoi più bene? Perché lavori tanto? Perché mi fai avere tanta paura, mamma? Perché ti fai sempre male ultimamente? Io ho paura! E tu non pensi mai a me!
Veronica lottò contro le ingessature fino a quando non riuscì a toccare la figlia che, a occhi chiusi, piangeva accanto alla seggiola alla sua destra.
- Io ti voglio bene, Lily. Sei la cosa più importante che ho, lo sai. Però… però io ho dei doveri. Lo sai, no?
I singhiozzi della piccola si attenuarono ed aprì gli occhi per guardare sua madre.
- Lo so…
- Vuoi sederti vicino a me? Voglio dirti una cosa molto importante.
La bambina obbedì. Salì rapidamente sulla sedia e, toltasi le scarpe, salì sul letto per poi lasciarsi cadere a gambe incrociate vicino alle gambe della madre.
- Ricordi quando abbiamo avuto quell’incidente?
- Quello della macchina?
- Sì. Hai capito che qualcuno vuole fare del male a papà, no?
- Sì.
- Io sto cercando quelle persone.
- Lo so.
- Sei proprio una bambina intelligente. Ed è per questo che voglio dirti una cosa che tante mamme non direbbero a una bambina della tua età.
- Cosa?
- Non seguo solo il caso di papà. Hai sentito cosa è successo a Rebecca e Ophelia, le nipoti dell’agente Navarro?
- Una persona cattiva ha portato via Ophelia e ha cercato di prendere anche Rebecca- rispose subito la piccola.
- Ophelia non è l’unica che quelle persone hanno portato via. Tante ragazzine più o meno dell’età di Ophelia sono state portate via. Gli hanno fatto cose tanto brutte, piccola.
Alla vista del pallore della figlia Veronica fu sul punto di fermarsi ma decise di non farlo: sua figlia aveva diritto di sapere come mai la stava trascurando.
- Quanto brutte?- sussurrò la bimba.
- Tantissimo.
- Non torneranno più dalla loro mamma e dal loro papà, vero?
Veronica annuì.
- Anche alla mamma di Prue, vero?
Con le lacrime agli occhi Veronica annuì.
- Forse sì.
- Non è giusto.
- Lo so. Per questo io devo lavorare tanto. Devo trovare quelle persone e fargliela pagare per aver fatto del male a tante ragazzine e a tanti genitori. Lo so che ti trascuro, angelo mio… ma devo farlo. Lo capisci, vero?
- Sì mamma.
- Comunque per qualche giorno dovrò stare a casa, quindi avremo tempo di stare un po’ di più insieme- disse muovendo a fatica le braccia.
- Tutti e quattro assieme?
Veronica annuì.
- E il nonno?
- Se vuole stare con noi…
Lily si passò per l’ultima volta le mani sugli occhi e sorrise.
- Va bene, mamma. Ti perdono anche stavolta.
Detto questo Lily abbracciò sua madre e restò così fino a quando Logan e Prue, accompagnati da Keith, entrarono nella stanza.
Lo sguardo che le rivolse il padre valeva più di mille parole: Logan gli aveva raccontato tutto e se fossero rimasti soli le avrebbe fatto una ramanzina di almeno un’ora su quanto era stata stupida ad attuare misure tanto drastiche per il controllo della criminalità, tra l’altro un sistema che non era riuscito a salvare la vita a una giovane madre.
Tuttavia Keith non parlò della vicenda e si resero conto di quanto fosse tardi solo quando un’infermiera avvisò i visitatori che sarebbero dovuti andare via entro cinque minuti.
Sorridendo Veronica la ringraziò per averli avvisati e, baciati tutti i suoi familiari, li guardò lasciarla sola nella stanza d’ospedale, rassicurando le piccole riguardo al suo rapido ritorno a casa.

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Capitolo 40
*** Capitolo Trentanove ***


Capitolo Trentanove

Fedele alla parola data, Veronica venne dimessa due giorni dopo la visita delle sue bambine e, annunciò a cena, sarebbe rimasta a casa almeno tre settimane per far guarire la gamba ferita.
Sia Lily sia Prue si dimostrarono entusiaste della notizia e quella sera, distese tra Logan e Veronica nel letto matrimoniale, guardarono film della Disney fino ad addormentarsi.
- Sembrano davvero sorelle- commentò Veronica non appena Logan, di ritorno in camera da letto dopo aver trasportato le bambine nei loro letti, ebbe chiuso la porta alle sue spalle.
- Già- commentò sedendosi sul letto- Ora siamo proprio una famiglia.
- Una famiglia…
- Ti sembra strano?- chiese stendendosi.
- A essere sincera… sì. Insomma, se qualcuno mi avesse detto sei mesi fa che sarei stata qui con te gli avrei dato del pazzo. Figurarsi se poi avesse aggiunto che avremmo avuto persino una seconda figlia!
- Tu immagina che sei mesi fa io ero milionario!
- Milionario e circondato da donne splendide – replicò Veronica.
Logan sorrise e le accarezzò il viso con il dorso della mano.
- Milionario e infelice, vorrai dire.
- Dalle foto non si direbbe- commentò Veronica prima di lasciar svanire quell’ultima ombra di sorriso che le era rimasto dipinto sul viso.
- Ti giuro che non sapevo fossero minorenni.
- Ti credo – replicò Veronica puntando i suoi occhi in quelli del compagno – Io ti credo, Logan Echolls. Non sono irritata per questo. Non ora, almeno.
- Pensi ad Amelia?
- Penso ad Amelia, che non vedrà mai più sua madre, ma penso anche ad Hannah, che è morta per salvare tante ragazzine e ha lasciato orfana sua figlia, e penso ovviamente ad Ophelia e tutte le ragazzine rapite.
- Credi ci sia un nesso?
- Sì. Tremo al solo pensiero ma sì, temo che il giro in cui era Hannah sia collegato al nostro caso.
- Chi hai costretto a darti informazioni?
- Nessuno.
- Chi, Veronica?- chiese tirandosi a sedere senza tuttavia smettere di guardarla negli occhi.
- Leo.- ammise la donna- E’ venuto a trovarmi ieri sera e mi ha raccontato le ultime novità.
- E sono…
- Tutte le ragazzine che sono state identificate nelle foto di Hannah sono estranee ai nostri casi di omicidio ma nessuna di loro ha entrambi i genitori statunitensi o nati nel nostro paese. Se solo avessi la chiavetta USB di cui parlava Hannah…
- C’è una chiavetta USB?
- Non tra la sua roba, purtroppo- ammise lo sceriffo– Devono avergliela portata via durante l’aggressione.
- E di chiedere informazioni a Prue non se ne parla.
- Esatto.
- E’ un problema se domani vado io a controllare tra la roba di Hannah?
L’occhiataccia lanciatagli da Veronica lo fece sorridere.
- E’ solo per essere sicuri che non ci sia nulla. Tra l’altro potrei recuperare anche un paio dei peluche di Prue. Penso sarebbe felicissima di averli.
- Chiedi a Leo, se proprio vuoi farlo.
L’espressione contrariata di Veronica lo divertiva non poco.
- Vorrei frugare tra le cose della mia ex ragazza morta per scoprire la verità.
- Non ti ho detto di non farlo.
- Però non ti piace l’idea.
- Non mi piace che tu finisca troppo coinvolto nel mio lavoro – replicò.
- Veronica, io sono un sopravvissuto ad un omicidio. Più coinvolto di così… E poi non devi essere gelosa.
- Io non sono gelosa.
- Veronica…
La donna si tirò a sedere a fatica.
- Non sono gelosa.
- Non hai motivo di esserlo, e lo sai- replicò, cercando di convincerla a distendersi di nuovo.
- Hai ragione- disse tornando giù – E poi… diciamo che non è più una minaccia.
- Potrei innamorarmi di Prue quando crescerà…
- Provaci, Logan Echolls, e te la farò pagare cara per il resto della tua vita… – ribattè piccata.
Logan si protese su di lei.
- La nostra storia è epica. Tu e io.
Sorpresa, Veronica decise di stare al gioco.
- Epica come?
- Dura per anni. Conquista continenti. Vite rovinate. Massacri. Epica.
Logan fece una pausa per chinarsi su di lei fin quasi a sfiorarla.
- L’estate sta arrivando e noi non ci vedremo più.
- Prova a mollarmi con due figlie a carico che ti concio per le feste- rispose Veronica.
Come risposta Logan baciò con dolcezza la donna che amava ogni giorno di più.
- Ho sentito le campane- sussurrò Veronica.
- In un canyon? Oppure mentre c’era la neve a New York?*- chiese lui.
- Le ho sentite a Neptune, California. Per la precisione in questa stanza.
- E’ parso di sentirle anche a me, ma non ne sono sicuro. Riproviamo?- sussurrò Logan prima di baciarla di nuovo.

Weevil fu molto sorpreso di trovarsi di fronte Logan.
Abituato alla caparbietà di Veronica avrebbe immaginato che potesse essere lei, armata di stampelle o su una sedia a rotelle, la persona che voleva parlargli.
- Ciao Logan.
- Ciao Wee… Eli.
- Come mai vuoi parlarmi?
- Voglio controllare gli effetti personali di Hannah Griffith.
- Non puoi farlo. Non sei un poliziotto- replicò.
- Ma sono il compagno dello sceriffo, che è a sua volta la tutrice della bambina a cui appartengono quelle cose.
Eli Navarro scrollò le spalle.
- E’ lei la tutrice, non tu.
- Eli, ho bisogno di vedere quelle cose.
- Lo so. Come so anche che non lo fai per la bambina, o perlomeno non solo per quello. La cosa che non so è che cosa sospetta Veronica per mandare te a controllare di nuovo quegli oggetti. Certo, se tu me lo dicessi…
Logan comprese quale erano le sue intenzioni e comprendeva anche come mai volesse prima qualche spiegazione: se Hannah e il locale di Chicago in cui aveva lavorato erano collegati ai ritrovamenti di quelle che a Neptune erano chiamate “coconut girls” significava che quelle stesse persone che avevano assassinato la sua ex ragazza e tante altre ragazze erano quelle che avevano cercato di portare via le sue nipotine.
- Penso che tu sappia tutto quello che sospetta Veronica, Weevil.
- Forse. O forse no. Quindi adesso vuota il sacco e fallo alla svelta.
- I tuoi modi non sono molto adatti a un agente di polizia.
Il sorriso che Logan sfoderò un secondo dopo fece comprendere all’agente che scherzava.
Dopo aver fatto un profondo sospiro Weevil rispose.
- Scusami Logan…
- Non devi. Capisco il tuo stato d’animo. Se chi ha ammazzato ad Hannah è davvero connesso ai nostri casi delle coconut girls quei bastardi sono gli stessi che hanno cercato di fare del male alle tue nipoti, quindi hai tutto il diritto di essere teso e voler sapere cosa ha in mente Veronica. Come hai capito sospetta un collegamento tra i recenti omicidi di ragazzine qui da noi e il locale in cui Hannah ha lavorato a Chicago. Come tu sai nel messaggio lasciato da Hannah per Veronica veniva citata anche una chiavetta USB con molti più dati della galleria messa in rete, tuttavia di questa non ha lasciato altre informazioni. Veronica pensa sia stata rubata durante l’aggressione, ma prima di darci per vinti io preferirei controllare di nuovo le sue cose. Ecco tutto.
Weevil annuì.
- Devo ammettere che è improbabile che ci sia sfuggito… ma non è impossibile. Va bene, ti aiuterò anche io a riesaminare gli oggetti di Hannah.
- Grazie Eli.
- Per oggi va bene anche Weevil- disse l’agente mentre frugava nel cassetto per prendere le chiavi del deposito.

Logan tornò a casa per pranzo ed era a dir poco demoralizzato.
Né lui né Weevil avevano trovato qualcosa che non fosse già catalogato e, quando ormai avevano capito che non c’era nulla da trovare, Logan aveva recuperato un paio di peluche per Prue e se n’era andato.
Ad accoglierlo trovò Prue, che alla vista delle sue cose iniziò a saltellare entusiasta tendendo le braccia verso la busta dalla quale spuntavano i suoi pupazzi.
Con un sorriso Logan le porse la busta e la piccola schizzò in camera per far vedere a Veronica quello che le aveva portato l’uomo mentre lui si metteva ai fornelli per cucinare.
Veronica sorrise alla piccola quando questa svuotò la busta sul letto e non si accorse della smorfia fatta dalla bambina alla vista di un particolare pupazzo.
Solo quando la piccola, andata a chiudere la porta, si voltò per guardarla con aria serissima lo sceriffo comprese che qualcosa non funzionava come avrebbe dovuto.
- Piccola, qualcosa non va?- le chiese.
La bambina non rispose ma, tornata al letto, vi salì e afferrò per le orecchie un coniglio di peluche marrone chiaro con un panciotto blu piuttosto liso e vari rammendi che testimoniavano il fatto che ne avesse passate molte.
La piccola sollevò la coda a batuffolo dell’animale e indicò a Veronica una cucitura in particolare.
Solo allora nei suoi grandi occhi chiari apparvero le lacrime.
- Mamma… mamma mi ha detto che dovevo dirlo solo a te. E’ un segreto. Coniglione si è rotto la coda. Mamma l’ha aggiustata ma ha detto che solo tu potevi guarirlo davvero.
Veronica intuì all'istante cosa significavano quelle parole.
- Prue, vicino al lavandino del bagno ci sono le forbici per le unghie. Me le puoi portare così posso curare Coniglione?
La piccola annuì e un attimo dopo Veronica iniziò a scucire la coda poi con due dita ispezionò l’imbottitura del coniglio fino a quando non sentì qualcosa di diverso sotto le sue dita.
Hannah era stata molto prudente: non solo aveva nascosto la chiavetta USB nel peluche più morbido della figlia ma l’aveva infilato in un sacchetto pieno d’ovatta che rendevano ancora più difficile individuare il piccolo corpo estraneo.
- Grazie piccola. Tu e la tua mamma siete state molto, molto coraggiose e molto, molto brave- disse Veronica abbracciando la figlia adottiva.

Quella sera fu molto diversa dalla precedente: se la notte prima Logan e Veronica si erano coccolati a letto, quella erano un fascio di nervi che, assieme a Weevil e Leo, osservava sul computer della centrale di polizia l’enorme quantità di foto di ragazzine minorenni e controllava se c’era qualche ragazza nella quale si erano già imbattuti in quei mesi d’indagini.
Non ci volle molto prima che la foto di una Jane Lohan apparentemente più giovane di cinque anni facesse la sua comparsa sullo schermo.
Tra le informazioni era segnalato quello che Veronica temeva: alla voce padre era scritto “finito”.
Si voltò verso Weevil.
- Eli, domani notifica il fatto allo sceriffo Ludovico Stangoni di San Diego.
Il tenente annuì.
Nel giro di qualche ora e dopo diversi caffè quasi tutte le ragazze assassinate avevano un nome o almeno una rosa di possibili identità limitata.
- Dobbiamo inviare questo database ad altri- commentò Leo poco prima dell’alba – E’ una rete nazionale di prostituzione minorile e noi non abbiamo le forze necessarie per agire in solitaria.
- Concordo- commentò Veronica - Dobbiamo unire le forze per mettere fine a questo traffico di vite umane.

*: la risposta di Logan è una citazione di "I Hear the Bells" di Mike Doughty, la canzone che si sente in sottofondo musicale nell'episodio Look Who's Stalking (2x20) proprio della scena del ballo alternativo in cui Logan parla a Veronica e definisce la loro storia "epica".

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Capitolo 41
*** Capitolo Quaranta ***


Capitolo Quaranta

Nonostante per Veronica fosse una vera tortura stare alla larga dalla centrale di polizia quando c’era tutto quel fermento, la donna mantenne la promessa di rimanere a casa con le bambine.
In compenso Logan divenne ufficialmente il suo portavoce ed era costretto a trascorrere buona parte della giornata in compagnia di Eli e Leo per poi raccontare ogni minimo dettaglio alla compagna una volta tornato a casa.
In più di un’occasione aveva provato l’istinto di risponderle male mentre gli faceva per l’ennesima volta una domanda nella speranza di ricevere maggiori informazioni dalla sua nuova risposta, ma si era sempre morso la lingua; sapeva che per Veronica era difficile stare in disparte quanto per lui lo era memorizzare ogni minimo dettaglio della sua giornata quindi non voleva prendersela con lei con questo suo interesse quasi maniacale per ogni singola parola pronunciata da questo sceriffo che raccontava un particolare incidente avvenuto sotto la sua giurisdizione o quell’uomo al telefono che gridava contro coloro che non avevano ancora trovato notizie più aggiornate sulla figlia rapita.
Del resto Logan poteva consolarsi anche con un altro fatto: non era il solo a subire il terzo grado da parte di Veronica. Lo stesso trattamento riservato a Logan lo subivano infatti sia Leo sia Weevil, anche se il fatto che lo facesse via telefono permetteva ai due sottoposti della donna di sbatterle il telefono in faccia quando superava il limite.
Tuttavia Veronica riservava quel trattamento ai tre solo dopo aver messo a letto le sue bambine.
Il resto della giornata Veronica si concentrava solo e soltanto su Prue, alla quale faceva fare esercizi di prescrittura per ovviare al fatto che non aveva ancora trovato un posto in una scuola materna, e Lily, che dopo i compiti si accoccolava sul divano con la madre e la sorella minore per ascoltare Veronica che leggeva un libro o guardare insieme i cartoni animati.
Per due settimane Veronica si comportò da madre molto presente e quando il medico la chiamò per togliere il gesso alla gamba la mattina successiva dovette ammettere di essere un poco dispiaciuta per l’interruzione di quella tranquilla quotidianità, ma questo non cambiava il fatto di avere una gran voglia di tornare al lavoro per assicurare quei bastardi alla giustizia.
Dopo aver affidato Prue al padre di buon ora, andò con Logan in ospedale e prima delle 9:30 era già seduta nel suo ufficio pronta a lavorare nonostante il braccio sinistro sarebbe rimasto ingessato ancora per un mese abbondante.
La prima cosa che Veronica fece fu chiamare a rapporto sia Leo che Weevil per fare il punto della situazione.
- Non vi tedierò con un discorso riguardo l’essere gentili con il proprio superiore ferito e quindi quanto sia stato sgarbato il vostro comportamento durante certe telefonate - disse Veronica, lanciando loro una penetrante occhiataccia non appena si furono accomodati ai due lati di Logan sulle sedie poste di fronte alla sua scrivania- perché voglio subito andare al punto della questione: determinare con la maggior precisione possibile quale sia la situazione delle indagini riguardanti questo traffico di ragazzine minorenni con uno o più genitori non statunitensi. Leo?
- Il locale di Chicago in cui Hannah Griffith lavorava, il Moonlight Club, è stato chiuso non appena la donna è scappata con le informazioni contenute nel sito internet e nella chiavetta USB. E’ stato spiccato un mandato d’arresto per il proprietario dei locali, tale Gilbert Sullivan di ottantaquattro anni d’età, domiciliato a Sidney, ma dall’interrogatorio è risultato completamente estraneo ai fatti e rilasciato. Dalla sua testimonianza l’attività doveva essere gestita da suo nipote Stanley Carter, di trenta anni, ma il ragazzo è stato trovato morto un anno fa apparentemente a causa di un’overdose di cocaina, decesso di cui sia il signor Sullivan sia il resto della famiglia risultavano all’oscuro.
- Apparentemente?
Leo le porse una foto raccapricciante: dal torso in su quella persona era una massa di carne e sangue dalla quale spuntavano ciuffi di capelli che, a giudicare dai pochi ciuffi che non erano insanguinati, probabilmente erano biondi.
- L’esame tossicologico ha stabilito che è morto a causa della droga e che questo scempio sia stato fatto post mortem – spiegò.
- Quindi?
- Le possibilità sono due: o il morto non è Stanley Carter o qualcuno ha usato la sua identità per oltre un anno.
- Abbiamo una foto decente?
- Sì- rispose Leo, porgendo a Veronica la foto segnaletica di un ragazzo dai lunghi capelli scuri e gli occhi iniettati di sangue.
- Non era in ottima forma- osservò la donna.
- No. E purtroppo non è una foto molto recente.
Veronica osservò la data stampata in rosso in basso a destra: riportava la data del 3 agosto di quattro anni prima.
- Non ne abbiamo di più recenti?
- Il detective Wright di Chicago ci sta ancora lavorando- disse Weevil - Per ora sappiamo solo che da quando è stato arrestato per spaccio pare essere rimasto più che pulito, dose letale a parte.
- Nessun altro reato, Eli?
- Nessuno fino a quel momento. Ha anche completato con successo un periodo di riabilitazione in una comunità del Vermont. Per questo lo zio gli ha lasciato il locale da gestire. Era un’occasione di riabilitarsi anche agli occhi della famiglia. Un’occasione che, a quanto pare, ha sprecato alla grande.
Veronica rivolse al sottoposto uno sguardo interrogativo.
Leo le passò delle altre foto che ritraevano la casa del giovane, un’accetta insanguinata e, soprattutto, l’esile ragazzina riversa sul pavimento a pochi metri da lui con numerose ecchimosi e segni delle iniezioni sulle braccia sottili lasciate nude dalla canottiera, l’unico indumento che aveva ancora addosso. Anche lei era coperta di sangue ma non era dato sapere quale fosse quello dell’uomo che presumibilmente aveva ucciso in preda al delirio della droga oppure il suo, sgorgato dal profondo taglio che le aveva reciso la giugulare.
- Abbiamo il nome?
Logan passò il fascicolo della ragazza a Weevil.
- Paula Rivera, tredici anni, nata ad Atlanta da madre messicana e padre ignoto. La madre è in un centro di igiene mentale da quando Paula aveva sette anni e da allora era stata affidata ad un orfanotrofio. Aveva precedenti per taccheggio e la direttrice della struttura in cui era ospitata aveva registrato sulla sua scheda personale che spesso era stata trovata a fumare sostanze legali e non nei bagni. Per non parlare dei suoi sospetti riguardo al fatto che avesse iniziato a frequentare degli uomini più grandi in cambio di denaro.
- La tipica ragazzina difficile.
- Già.
- Frequentava il locale?
- Non lo sappiamo. Da quando è venuta fuori la storia della prostituzione i vicini sono molto più reticenti a parlare. Però la direttrice dell’orfanotrofio ha detto che una settimana prima della sua morte Paula le è stata riportata la polizia dopo un furto e la ragazzina aveva preso dei soldi proprio dalla cassa del locale di Stanley. E’ stata persino denunciata.
- Non mi pare esattamente l’inizio di una love story- commentò Logan.
- Già. Però è qualcosa che li lega. – replicò Weevil – La ragazzina potrebbe aver deciso di vendicarsi e la cosa le è sfuggita di mano.
- Oppure questo tizio gestiva un giro di prostituzione minorile sin da allora e lei era una delle sue amanti che gli ha fatto qualche sgarro. Sempre che un giorno non abbiano preso della roba tagliata male, qualcosa è andato storto e si siano uccisi a vicenda.
Veronica annuì ma l’ipotesi di Leo aveva qualcosa che non la convinceva: poteva una ragazzina così gracile maneggiare un’accetta con tanta forza e così tante volte, soprattutto se con un’arteria recisa e dopo aver atteso che l’uomo spirasse?
Ovviamente la sua risposta era no.
- Penso proprio che questo caso sia ancora più complicato di quanto pensassimo- commentò Veronica – Io dubito che una ragazzina con la gola tagliata possa fare una cosa simile usando un’arma tanto pesante. Paula Rivera non aveva il tempo di fare una cosa simile. Probabilmente aveva davvero una qualche relazione con Stanley e magari hanno assunto la droga assieme, ma deve essere stato qualcun altro a sgozzare lei e sfigurare lui.
- Veronica, hai qualche idea?
- Sì Leo. Penso che quella ragazzina possa addirittura trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato. Da quanto sangue ha addosso pare chiaro che sia stata uccisa dopo di lui. Le hanno fatto l’esame tossicologico?
- Sì. – rispose Eli - Anche lei risultava positiva alla cocaina.
- E le ecchimosi?
- Si suppone che sia stato Stanley a lasciarle i segni quando ha tentato di ucciderla.
- Quindi nessun segno di approcci di natura sessuale.
- Esatto.
Veronica sospirò. La faccenda si faceva ancora meno chiara.
Stanley Carter era davvero l’uomo morto? Cosa ci faceva quella ragazzina in casa di dell’uomo che l’aveva denunciata per furto con indosso solo una canotta? E chi li aveva uccisi? Improvvisamente Veronica ebbe un’intuizione.
Preso il fascicolo del caso iniziò febbrilmente a cercare l’informazione che forse avrebbe potuto confermare la sua supposizione.
Sorrise trionfante quando vide che su un lato del collo della ragazza erano segnalate delle ecchimosi e delle fibre di stoffa, entrambe definite “irrilevanti”. e che sul luogo del crimine non erano stati trovati i suoi indumenti intimi.
- Leo, chiama il dipartimento di polizia di Chicago. Voglio sapere ogni singola segnalazione riguardante quella ragazzina. E chiedi che il cadavere venga riesumato per ulteriori indagini scientifiche. Ah, e voglio sapere dalla direttrice dell’orfanotrofio se nei giorni tra il tentato furto e la morte di Paula sono scomparsi dei soldi. O magari un cellulare o una macchina fotografica.
- Veronica… hai capito qualcosa?- chiese Logan.
- Non ne sono sicura… ma penso che il modo in cui sia stata uccisa quella ragazza nasconda più di quanto sembri. Probabilmente aveva delle ecchimosi sul collo lasciate da un qualche genere di atto violento che sono state cancellate tagliandole la gola. Io forse ho capito di cosa si trattava e perché Paula era lì.
- Parla- la esortò Weevil.
- E’ solo una mia supposizione… ma potrebbe trattarsi di un ricatto. Paula viene denunciata per furto e decide di vendicarsi. Prende una macchina fotografica e va a casa di Stanley per fargli foto compromettenti in sua compagnia. Purtroppo da Stanley ci sono le persone che l’hanno imbottito di droga e sfigurato che per non farla parlare le tolgono la macchina fotografica per poi ammazzare anche lei iniettandole la droga e tagliandole la gola, fingendo che sia successo tutto a causa di un litigio finito male. Ma per averne la certezza dobbiamo far riaprire quel caso. Se troviamo chi ha ammazzato Stanley potremmo scoprire anche chi ha gestito per tutto l’anno il suo locale e smantellare questo orrendo traffico liberando le ragazze che hanno ancora con loro prima...
Veronica non aggiunse la frase che tutti e quattro pensavano, ma era chiaro che stava per dire “prima che le eliminino”.
- Va bene, procediamo in questo modo- disse Leo prima di alzarsi ed andare ad eseguire gli ordini dati da Veronica.
- Veronica, tu faresti meglio a tornare a casa- disse Weevil – Ti farò sapere stasera se ci sono novità, ma tu faresti meglio a non affaticarti troppo il primo giorno.
Veronica stava per dirgli che non era affatto vero che era stanca quando si rese conto che il vecchio amico le stava dando una via d’uscita per passare qualche ora extra con le bambine quindi sorrise e annuì.
- Va bene.
- Senti… ti dispiace se continuo a controllare il database fornito da Hannah da qui?
- Nessun problema- lo rassicurò Veronica.
Logan le offrì la mano per aiutarla ad alzarsi e, sorreggendola, uscì dall’ufficio.
Eli attese che i due fossero usciti dalla centrale per sedersi sulla poltrona di Veronica e aprire il database.
Aveva pensato a una cosa ma essendo poco più che un’intuizione non si sentiva ancora pronto a spiegare ai suoi colleghi e soprattutto a Veronica cosa aveva pensato.
In quei lunghi giorni Eli Navarro aveva esaminato quel database fino alla nausea, ascoltato e fatto decine di telefonate ed esaminato molti fascicoli di indagini in corso che riguardavano la prostituzione minorile ma una minuzia aveva colpito la sua attenzione: la scarpa italiana che aveva visto mesi e mesi prima durante il furto dell’auto di Logan somigliava in maniera impressionante ad un paio di scarpe che aveva visto in una delle foto fornite da Hannah.
Messosi al computer fu semplice per il tenente trovare la foto e fare ricerche.
Se aveva ragione non solo uno dei clienti del Moonlight Club era invischiato nel giro fino al collo, ma quasi sicuramente era anche l’uomo che probabilmente aveva pagato per vedere morto Logan Echolls.

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Capitolo 42
*** Capitolo Quarantuno ***


Nota dell'autrice: no, non è un pesce d'aprile. XD
Questo è un vero aggiornamento e ci stiamo davvero avvicinando al finale.
Non voglio fare previsioni su quando finirò perché l'ultima volta che ne ho fatte vi ho lasciati a secco per mesi, ma sappiate che la mia intenzione è darvi non solo un finale degno di questo nome, ma soprattutto una conclusione formata da capitoli che non escano con un intervallo di tempo superiore ai 7 giorni (sempre che non mi giri bene e decida di postarvi tutto d'un colpo).
Visto che questo è l'ultimo capitolo prima della fase che definirei "di non ritorno" (nel senso che dopo questo i capitoli conterranno davvero roba succulenta e che lasciarvi a secco per troppi giorni sarebbe una violazione della Carta dei Diritti Umani) vi chiedo scusa sin da ora per la possibile attesa che dovrete soffrire prima di vedere questa storia riprendere.
Sperando di riuscire a chiudere questa storia per il suo settimo anniversario (quindi inizio luglio), vi saluto e ringrazio ancora per la pazienza che avete. Vi assicuro che saprò ricompensarvi.


Capitolo Quarantuno

Eli Navarro aveva le palpebre pesanti e gli occhi arrossati ma era ben deciso a proseguire con il suo lavoro.
Se aveva ragione e quelle scarpe avevano davvero il tassello sul tacco, firma del maestro calzaturiero italiano che le aveva prodotte, probabilmente aveva risolto il caso riguardante Logan Echolls e trovato una persona interna al giro di prostituzione minorile.
Non era mai stato troppo bravo con il computer ma non poteva far fare quel lavoro a nessun altro.
Certo, c’era Cindy Mackenzie, che pur non essendo sua amica lo era di Veronica e quindi le avrebbe fatto il favore in un baleno, ma non voleva dirlo a nessuno, soprattutto alla compagna di Logan, prima di esserne certo.
Veronica tendeva a fare colpi di testa se veniva toccata nel personale e Logan Echolls era sempre stato una testa calda quindi non era il caso di esporgli i suoi sospetti fino a quando non fosse stato assolutamente certo che la sua accusa era fondata, per questo stava lavorando in segreto da molti giorni.
Un improvviso trillo lo fece trasalire, ma superò la sorpresa in un attimo: aprì la sua casella di posta e sorrise vedendo che il messaggio di posta che tanto aspettava era finalmente arrivato.
Il suo sorriso si allargò rapidamente man mano che leggeva la risposta, perché confermava quello che aveva scoperto per puro caso il mese precedente durante l'ennesimo controllo delle prove raccolte in quei mesi.
Dopo aver gettato una rapida occhiata all’orologio, che segnava le tre passate, decise che poteva andare a dormire.
Se c'era stata una cosa che voleva, era inchiodare senza la possibilità di scampo il cervello dietro il rapimento di sua nipote. E, se non poteva farlo in maniera tanto schiacciante, avrebbe fatto del suo meglio per offrirgli il minor numero possibile di vie di fuga, quindi doveva farlo quando era completamente lucido.

Lo sceriffo di Neptune venne strappata dalle braccia di Morfeo dal crudele squillo del telefono.
– Pronto?- disse con voce impastata dal sonno.
- Veronica, sono io!
- Se sei il tizio delle telefonate erotiche in piena notte, sappi che posso rintracciarti in cinque minuti e venire a prenderti a calci in quindici… anzi, facciamo dodici visto che mi hai svegliata in piena notte e sono piuttosto incazzata.
- Veronica, sono Eli.
- Ah.- replicò lanciando un'occhiata all'orologio che segnava le 2:55 di notte - Vista l'ora spero che sia davvero qualcosa d'importante.
- Lo è. Tieniti forte perché questa è grossa. Ti ricordi quando una settimana fa ti chiesi se potevo restare in centrale a indagare sul caso delle Coconut Girls?
- Eli, potresti smetterla di cincischiare e venire al sodo?
- E va bene. Ignazio Giorni.
- Chi sarebbe questo tizio? Il tuo pizzaiolo di fiducia?
- E’ un maestro calzaturiero italiano.
- Geniale. Ci hai messo 5 minuti su Google a trovarlo?
- Anche meno. Ma non è questo il punto.
- Allora quale è?
- Te l'ho appena detto.
- Ossia?
- Produce scarpe.
- Va bene. E tu vorresti un aumento per comprartele?
- No... ma un aumento me lo darai non appena avrai capito cosa sto cercando di dirti.
- Non prendertela a male, ma spero che all'epifania si giunga presto perché ho sonno.
- Ti passerà.
- Sembri molto sicuro per essere uno che mi ha svegliata in piena notte, cosa che ha dimezzato la tua possibilità di ottenere un aumento. Vai avanti.
- Ignazio Giorni è un maestro calzaturiero italiano che ha prodotto le scarpe di caimano che ho visto la sera in cui hanno rubato la macchina di Logan. E posso assicurarti che è così con una sicurezza che sfiora il 100%.
Veronica era improvvisamente sveglissima.
- Altro?
- E' stato lui a realizzare anche la scarpa trovata nella palestra del liceo Pan.
- Questo lo sapevamo già.
- Quello che non sai è che il nostro vecchi amico Dick Casablanca ha queste stesse scarpe nella foto fornita da Hannah Griffith.
Che cosa?! Dick? Dietro a tutti i guai degli ultimi mesi c’è quel maiale idiota di Dick? No, probabilmente Eli ha preso un abbaglio.
- Non è una prova- replicò Veronica.
- Lo so. Ma è un sospetto. E poi non dimenticare che quelle scarpe sono dei pezzi unici firmati dal maestro calzaturiero.
- E queste scarpe hanno la firma di costui.
- Esatto.
- Sei sicuro che non possano essere contraffatte?
- Sì, e ti spiego anche il perchè. Il maestro Giorni ha un segreto per evitare la contraffazione: quando confeziona le sue scarpe inserisce una lamina d'oro tra la suola e il tacco.
- E la nostra scarpa ce l'ha?
- Sì. L'ho scoperto per caso il mese scorso e ho chiesto conferma.
- Questo non lo collega direttamente con il caso di Logan, però.
- Lo so, ma non è finita qui. Negli ultimi mesi Dick si è dedicato alle spese pazze.
- Quanto pazze?
- Abbastanza da far pensare che si potrebbe chiedere un controllo del suo conto in banca per sapere se all’inizio di ottobre le sue sostanze sono aumentate di circa sessanta milioni di dollari, oltre che cercare di scoprire i suoi spostamenti e le sue conversazioni telefoniche.
Una scarpa… tutto in una scarpa! Se davvero Weevil ha ragione manca solo il movente. Uno diverso dalla morte di Cassidy, dato che tecnicamente lui era solo uno spettatore ed è rimasto amico di Logan in questi anni. In fondo Logan è odiato da tanti… ma non può essere. Dick è un suo caro amico. Certo, non si è mai fatto vedere dall’incidente… ma è possibile che gli abbia fatto una cosa simile?
- Veronica, sei ancora lì?
- Scusa. Dicevi?
- Potremmo aver appena risolto il caso di Logan e trovato una persona interna al giro di prostituzione minorile.
Veronica sorrise.
- Non noi. Tu.
Veronica deglutì prima di continuare a parlare.
- Weevil, forse tu hai appena salvato la vita di decine di ragazze oltre che la mia e quella di Logan e delle bambine. Grazie.
- Puoi sempre darmi quell’aumento per farmi comprare un paio di esclusivissime scarpe italiane.
- Ci vediamo domani in centrale, ok? Così mi fai vedere tutto quanto.
- Ok sceriffo.
Veronica sospirò e chiuse la conversazione.
- Weevil ha scoperto qualcosa?
Veronica trasalì.
Logan si era seduto sul letto e la fissava alla luce della luna.
- Dormi. Ne parliamo domani.
Nonostante la curiosità Logan non se lo fece ripetere due volte: si distese sul letto e, abbracciata Veronica, scivolò di nuovo nel sonno molto in fretta mentre il cervello della donna andava a mille in cerca di un motivo logico per cui il migliore amico delle scuole superiori di Logan volesse ucciderlo che portava sempre e soltando a un unico punto: Cassidy “Beaver” Casablanca.
Troppo impegnata a pensare Veronica non si accorse neanche che quei pensieri iniziavano via via a farsi più confusi ed alla fine si addormentò.

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Capitolo 43
*** Capitolo Quarantadue ***


Capitolo Quarantadue

Nota dell'Autrice: che ci crediate o no, ho quasi finito la storia. E con quasi intendo dire che mancano solo l'ultimo capitolo e l'epilogo. Come promesso, aspettatevi che gli ultimi capitoli vengano pubblicati tutti abbastanza in fretta. Per essere precisi, verranno pubblicati nei prossimi quattro giorni. Esatto: salvo imprevisti, la storia verrà conclusa il giorno del suo settimo anniversario. E ora, dopo avervi tediati, vi lascio alla lettura.

Veronica fu svegliata dalla meravigliosa sensazione di qualcuno che le accarezzava i capelli.
Pigramente si stiracchiò e aprì gli occhi.
- Buongiorno sceriffo.
- Buongiorno vittima.
- Adesso me lo vuoi dire cosa voleva Weevil stanotte?
La mente assonnata di Veronica si schiarì di colpo.
- Logan...
L’espressione della sua compagna fece intuire a Logan che ciò che non andava era una cosa davvero grave.
- Dimmi tutto. Sono pronto.
- Dick Casablancas.
- E’ successo qualcosa a Dick?
- No.
- Allora cosa c’è?
- Dobbiamo ancora averne la conferma… ma probabilmente è invischiato nel caso delle ragazzine uccise.
- Non è una novità che gli piacciano quelle giovani... e poi abbiamo solo una foto come nel mio caso, no?
- Non è così semplice.
- Probabilmente non lo sapeva…
- Logan, una scarpa uguale a quella di Dick è stata trovata nella palestra del liceo Pan.
- Ci saranno migliaia di quelle scarpe.
- Ignazio Giorni ha fatto a mano quelle scarpe.
- E con ciò? Può averle fatte per chiunque.
- E' impossibile contraffare quelle scarpe alla perfezione senza perderci del denaro, e quelle sono originali.
- Però...
- Logan… quello stesso tipo di scarpa era indossata dalla persona che ha rubato la tua auto dal deposito della polizia.
- E allora?
- Dick ha fatto spese folli in questi mesi. Davvero folli, da quanto mi ha fatto intuire Weevil.
- No…
- Eli è sicuro che siano quel tipo di scarpe…
- No!
- E poi Dick non si è fatto vivo neanche una volta da quando sei rimasto ferito…
- Dick è mio amico, Veronica!
La sua rabbia non la fece desistere.
- Logan, Dick potrebbe essere la persona che ti vuole morto e un interno del sistema delle Coconut Girls, cosa che spiegherebbe anche il motivo per cui qui, statisticamente, si sono verificati più casi del genere rispetto ad altre città. Mi dispiace.
Logan si portò una mano agli occhi. Non poteva credere a quello che gli aveva detto Veronica. Che con ogni probabilità uno dei suoi migliori amici fosse una specie di pappone che amava le minorenni era un conto, ma che avesse cercato di ammazzarlo per impossessarsi dei suoi soldi era tutt'altra cosa.
- Non ci credo- disse Logan scendendo dal letto – Lo so che è plausibile, Veronica, ma non posso crederci. Non senza prove diverse da una sola scarpa che potrebbe appartenere a qualsiasi riccone del pianeta. E’ innocente fino a prova contraria.
- Mi pare giusto- concordò Veronica – ma voglio che tu sia pronto quando lo chiameremo qui per interrogarlo.
L’uomo annuì poi prese la porta del bagno e un attimo dopo Veronica sentì l’acqua della doccia scrosciare, segno che probabilmente anche Logan aveva imparato quel trucco per nascondere una crisi di pianto.

Quel giorno Logan aveva preferito restare in casa, così Veronica aveva potuto scavare a fondo nella vita di Dick.
I risultati della sua ricerca non la mettevano di buon umore così come avrebbero dovuto: o Dick aveva vinto alla lotteria oppure aveva davvero trovato il modo per appropriarsi dei soldi di Logan.
Da novembre a quella parte aveva comprato una villa a dir poco principesca, una dozzina di auto costosissime con ogni optional possibile ed immaginabile e persino un’isola dei Caraibi venduta dagli eredi di un famosissimo attore morto l’anno prima.
Certo, quello spendere denaro a destra e a manca non era esattamente un comportamento da genio del crimine ma tutte quelle spese erano davvero molto sospette.
Tra l’altro anche i dati delle compagnie aeree non erano dalla sua parte: Dick volava molto spesso a Chicago da ogni angolo del pianeta.
Tuttavia Veronica non era convinta che potesse essere tutto così semplice.
In fondo era solo una scarpa!
Certo, si trattava di una scarpa molto particolare, ma per quanto potesse sospettare di lui per il caso delle ragazzine uccise, non poteva certo inchiodarlo soltanto per una banale calzatura!
Logan l'aveva definito “innocente fino a prova contraria” e anche lei doveva ricordarsi di ciò.
Lanciata un'occhiata all'orologio per confermare che era ora di andare a casa, notò che poteva permettersi di prendersi qualche altro minuto per stampare l’immenso tabulato telefonico dell’uomo per portarlo a casa.
Stava per infilare tutti i fogli in borsa quando gli ultimi fogli scivolarono a terra e Veronica fu costretta a recuperarli. Sapeva che probabilmente non erano rilevanti le telefonate fatte oltre un anno prima, ma aveva preferito ottenere tutti i dati ottenibili.
L’occhio le cadde su un numero estero che, da quanto vedeva sui fogli sparsi sul pavimento, era stato chiamato diverse dozzine di volte.
Non era una grande esperta di gossip, ma avendo passato molte ore in ospedale aveva avuto modo di conversare molto più di quanto le piacesse con Gia e, visto che Dick era un suo ex, lei l’aveva tempestata di informazioni che lo riguardavano.
Proprio per questo sapeva che era abitudine di Dick sbandierare le sue conquiste a destra e a manca senza il minimo pudore e che negli ultimi due anni l'ex compagno di scuola non aveva avuto una storia con una qualche bellezza europea.
Per scrupolo Veronica digitò il numero di telefono sul motore di ricerca e si trovò di fronte all’home page di una clinica bulgara che dalla foto pareva lussuosissima.
Una clinica esclusiva per i pazienti in stato vegetativo permanente e quelli che avevano bisogno di riabilitazione dopo aver vissuto anni in quello stato.
Come mai Dick ha chiamato tanto spesso un posto simile? Una relazione con un’infermiera con successiva paternità?
Non appena ebbe formulato il pensiero Veronica si diede della sciocca.
Dick aveva negato la paternità persino dei biondissimi gemelli di una bellezza colombiana dai tratti latini che aveva fatto il test del DNA per provare che fossero figli suoi ed attualmente era in causa perché non voleva versare i miseri alimenti che la donna aveva chiesto continuando a dire che non erano figli suoi!
Dick non era proprio tipo da farsi incastrare e anche se era in trappola continuava a negare le sue responsabilità.
L’unica cosa che era mai sembrato importargli erano i membri biologici e più stretti della sua famiglia quindi la madre, il padre e il defunto fratello.
Al pensiero di Cassidy a Veronica scese un brivido gelido lungo la schiena.
Dick non era un genio del crimine, ma Cassidy aveva dato prova alla tenera età di 17 anni di essere un killer spietato e calcolatore, uno che non avrebbe avuto problemi ad uccidere persino una bambina.
E che differenza c'era tra l'uccidere una bambina e il farlo con un'adolescente?
E se Cassidy fosse ancora vivo?
Colta da quell’idea accantonò quella di andare a casa e si rimise a controllare i dati di Dick in cerca di qualche indizio.

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Capitolo 44
*** Capitolo Quarantatre ***


Capitolo Quarantatre

Erano passate da poco le due di notte quando qualcuno bussò alla porta del suo ufficio.
Veronica alzò gli occhi giusto in tempo per vedere la maniglia abbassarsi e Logan apparire sulla soglia.
- Se stai per chiedermi delle bambine – disse lui prima che potesse aprire bocca – sappi che tuo padre è stato molto comprensivo e sta dormendo sul divano. La vera domanda è cosa ci fai ancora qui a quest’ora.
- Scusa se non ti ho avvisato – disse Veronica stiracchiandosi – ma dovevo assolutamente fare dei controlli o non sarei riuscita a dormire questa notte.
- Sono controlli sul conto di Dick, vero?- chiese Logan accomodandosi davanti a lei.
- Sì, proprio su di lui- rispose Veronica.
- E’ colpevole?
A Veronica si chiuse la gola.
- Per quanto riguarda le ragazzine, è assai probabile che lo sia. Per quanto riguarda il tuo caso... Logan, come dici tu lui è innocente fino a prova contraria, ma non posso nasconderti il fatto che penso sia altamente probabile- ammise- Tuttavia sono convinta che non sia lui il cervello dell’operazione.
- Questo avrei saputo dirtelo anche io. Sono suo amico, ma non sono tanto stupido da considerarlo una persona intelligente.
Il suo debole sorriso fece stringere il cuore a Veronica.
Mi dispiace tanto di farti tanto male, Logan... ma più guardo queste carte e più sono convinta che dietro tutto questo ci siano Dick e, per quanto impossibile possa sembrare, Cassidy. Vorrei poter lasciar perdere e mandare indietro le lancette del tempo, ma non posso proprio proteggerti da questa realtà.
Hai qualche idea su chi sia la mente? - chiese l'uomo.
Veronica cercò di nascondergli la verità abbassando lo sguardo, ma il trucco non funzionò.
- Immagino che questo sia un sì. Avanti, dimmelo.
- Logan…
- Lo sai, no?
- Non con certezza.
- Ma hai dei sospetti su questa persona, vero?
- Già.
- Uomo o donna?
- Logan, non sono sicura sia davvero lui...
- Dunque è un uomo. Lo conosco?
- Logan…
- Ti ho fatto una domanda e vorrei tu mi rispondessi. Lo conosco?
Veronica si infilò una mano tra i capelli. I suoi sospetti erano fondati su supposizioni alimentate dai suoi ricordi di adolescente e dalle informazioni avute da Gia quindi era piuttosto restia anche lei ad accettare la possibilità che la sua intuizione fosse veritiera.
- Ti prego… chi è che voleva uccidermi? Ho diritto di sapere chi voleva vedermi morto, Veronica. Ti supplico…
La voce rotta di Logan distrusse ogni sua reticenza a parlare.
Immediatamente si alzò per raggiungerlo dall’altra parte della scrivania ed abbracciarlo.
- Logan, lo so che può sembrare folle e assai improbabile... ma ho paura che dietro tutto questo ci sia la mano di Cassidy- sussurrò.
Logan si liberò subito dell’abbraccio di Veronica per guardarla dritto negli occhi.
- Beaver?
- Sì.
- E’ morto da anni. Io ho visto il suo cadavere sull’asfalto. C'eri anche tu.
- Lo so. Lo so che abbiamo visto il cadavere sull'asfalto e che l'hanno portato via in un sacco nero, Logan… ma l'hai detto anche tu che Dick non è abbastanza intelligente per organizzare tutto il casino in cui siamo rimasti invischiati.
- Non è una prova, Veronica.
Veronica sospirò e si accomodò nella sedia accanto a quella del suo compagno.
- Lo so, ma ho notato una cosa strana. Forse non è nulla…
- Cosa?
- Delle telefonate all’estero.
- Dick è un uomo d’affari. Non è normale che chiami persone dall'altra parte del mondo?
- Lo so che è normale e che è un impianto accusatorio traballante, ma se ho dei sospetti è perché ho dei buoni motivi.
Logan abbassò lo sguardo.
- Scusami. Lo so che lo fai a fin di bene e so che non dovrei interromperti... ma pensare che il mio migliore amico ha cercato di ammazzarmi è una cosa che mi manda fuori di testa.
- Lo capisco, Logan. Per questo non vorrei parlarti di questa faccenda. Eppure, ora che lo sai, non posso evitare di spiegarti come sono arrivata a questa conclusione e confrontarmi con te, che conosci Dick molto meglio di me.
- Allora non avere pietà. Ha qualche domanda da farmi, sceriffo Mars?
Logan, vorrei poterti evitare una simile tortura ma visto che siamo in gioco devo fare la mia mossa, per quanto possa farti male rispondere alle mie domande.
- A dire il vero sì. Una domanda ce l'ho. Forse non è niente e magari è qualcosa che tu sai già e tutto questo castello costruito in aria crollerà…
- Di cosa si tratta?
- Logan, Dick ha iniziato a chiamare spesso la Bulgaria a partire dall'estate di due anni fa. Sai chi chiamava?
- Bulgaria?
- Sì. Dal luglio del 2012 ha fatto decine di chiamate ad una clinica lussuosissima in Bulgaria per pazienti in stato vegetativo e la loro riabilitazione in caso di risveglio.
- Non ne sapevo nulla… ma non significa che si tratti di Beaver.
- Richard Casablancas Senior è in Ecuador e sua madre vive a Los Angeles con il suo ricchissimo terzo marito. E se a Dick è mai importato di qualcuno in vita sua è proprio dei membri più stretti della sua famiglia, Logan.
- Questo non prova che Beaver sia vivo.
- Lo so, per questo ti ho detto che è solo un sospetto. Tuttavia, Logan, facciamo finta che ci sia la certezza che lui sia vivo. Se così fosse, cosa penseresti?
- Che l’aver sventato il suo piano, raccontato degli abusi di Woody e rivelato che è un folle assassino siano tutti ottimi moventi per volermi eliminare. Ma perché avrebbe attaccato solo me?
- Non ha attaccato solo te - gli ricordò Veronica- Se si tratta davvero di Cassidy dopo il fallimento dell’incidente stradale verso Neptune ti ha usato come specchietto per le allodole.
- Cosa vuoi dire?
- Se tu fossi morto lui avrebbe messo in atto un qualche piano per uccidere anche me e nostra figlia. Il suo insuccesso gli ha offerto tuttavia un modo ancora più semplice per eliminare i suoi problemi: continuare a puntare te e contare sul fatto che noi fossimo al tuo fianco, così se fossimo rimaste coinvolte nessuno penserebbe che gli attentati possano essere fatti non solo ai danni dell’uomo derubato di tutti i suoi soldi.
Logan scosse la testa.
- Cassidy era piuttosto spietato.
- Esatto.
- Quindi tu supponi che…
- Penso che Cassidy sia stato in coma più o meno fino a giugno o luglio 2012- disse Veronica prendendo i fogli che aveva sparpagliato sul tavolo – e che abbia fatto riabilitazione fino a quanto Dick non è andato a prenderlo, sicuramente fornendogli una nuova identità, lo scorso marzo.
- E poi?
- Non posso inventare tutto l’impianto accusatorio di sana pianta, ma continuando con le ricerche che sto facendo potremmo trovare sia le prove delle mie supposizioni che quelle dell’organizzazione del tuo tentato omicidio.
- Ma potrebbe essere anche tutto falso.
- Certo.
Logan conosceva bene l’espressione dipinta sul volto di Veronica.
- Grazie per il contentino, amore… ma ti conosco bene ormai. Quando fai quella faccia si capisce che il tuo sesto senso marziano ti ha detto che le tue supposizioni probabilmente corrispondono alla realtà.
- Mi dispiace.
- Lo so. Non ti nascondo che una piccola parte di me in questo momento ti detesta per avermi raccontato tutte quelle cose sul mio migliore amico, ma lo so che sei sinceramente dispiaciuta per avermi causato questa sofferenza.
- Logan...
- Non preoccuparti. Starò bene. In un modo o nell'altro, quando scoprirai la verità io starò bene.
Detto questo Logan abbracciò di nuovo Veronica e scoppiò a piangere, consapevole che la sua Veronica aveva quel lavoro perché era davvero brava e dotata.
Se lei temeva che Cassidy fosse vivo, molto probabilmente aveva fatto centro.

Logan si accorse di essersi addormentato solo quando percepì il profumo del caffè che Veronica gli sventolava sotto il naso.
- Grazie- disse con la voce impastata dal sonno mentre lo prendeva.
Solo dopo essersi quasi ustionato la gola con il caffè bollente ed amaro Logan notò l’aria stanca della sua compagna.
- Hai un’aria orribile, Mars.
- Lo so.
- Trovato qualcosa?
- Nulla a cui sono potuta accedere in maniera legale.
- Cosa vuoi dire?
- Che tra qualche ora dovrò chiamare Jake Kane.
- Spero di non aver capito bene.
- Ho bisogno di Mac per penetrare in alcune banche dati. Con i mezzi convenzionali e legali ci metterei troppo tempo e temo non ce ne sia molto per quelle ragazzine.
- Veronica? - Sì.
- E se Dick non fosse coinvolto?
- Sarà la prova che il mio intuito non è infallibile.
- Ma lui è coinvolto, vero?
- Logan, ti amo troppo per raccontarti una bugia. Io vorrei che non fosse coinvolto, ma se per quanto riguarda Cassidy le mie sono solo supposizioni, il legame tra Dick e il giro di prostituzione minorile è provato da quella foto e dalle scarpe.
- Quindi sei assolutamente sicura.
- E' davvero molto probabile.
- Ma se venissi scoperta…
- Lo so. Ma devo salvare te e le nostre bambine, oltre che quelle povere ragazze sfruttate, e devo farlo in fretta. Lo capisci?
Logan annuì e Veronica gli sorrise.
- Vogliamo andare a casa? Ho bisogno di una doccia e di una dormita. E magari avrò bisogno di compagnia.
Quell'affermazione strappò una risata a Logan.
- Ti accompagno volentieri ma penso che non ti terrò compagnia. Ho già un impegno.
- Con chi?
- Tuo padre.
Veronica annuì e sorrise ma non era affatto sicura di essere riuscita a dissimulare bene la sua delusione.

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Capitolo 45
*** Capitolo Quarantaquattro ***


Capitolo Quarantaquattro

Keith lanciò un’occhiata sospettosa a Logan.
Il compagno di sua figlia non solo l’aveva caricato in macchina quasi con la forza circa trenta minuti prima, ma adesso aveva parcheggiato la macchina a un lato di una strada deserta e, a giudicare dal modo in cui respirava. sembrava sul punto di iperventilare.
- Keith… - disse all’improvviso.
- Logan…
- Voglio chiederti una cosa importante, qualcosa che potrebbe cambiare completamente la tua vita. Capisco sia una decisione importante da prendere, che tu abbia bisogno di tempo per rifletterci e che potresti non essere d’accordo. Certo, io spero che tu sia d’accordo con questa cosa. Davvero, vorrei davvero che tu fossi d’accordo ma non andrò contro il tuo volere, se non sarai d’accordo con questo.
Keith scoppiò a ridere: era ovvio dove Logan voleva andare a parare.
- Senti – disse – Correggimi se sbaglio... ma tu mi hai portato in questo luogo isolato per chiedermi da uomo a uomo il permesso di sposare Veronica, giusto?
Annuì.
- Cosa faresti se io ti dicessi di no?
- Io… non lo so.
- Davi per scontato che io concedessi la mano di mia figlia al ragazzo di cui è innamorata da anni nonché padre di mia nipote?
- A dire il vero sì. Insomma, immaginavo che avresti fatto qualche storia, che magari ti saresti anche preso qualche giorno per rifletterci... ma sì, non ho preso in considerazione neanche per un momento che tu mi dicessi di no. Perché è un no il tuo, giusto?
Keith sorrise.
- Metti in moto la macchina, sciocco.
- Cosa?
- Metti in moto la macchina.
- Ma… la tua risposta?
- E’ questa. Metti in moto la macchina. Abbiamo tanto da fare e poco tempo per farlo, quindi conviene darci una mossa invece che stare qui a perdere tempo. Prima di tutto pretendo che mi porti in oreficeria per farmi vedere in quale anello di fidanzamento verranno investiti i miei soldi e a ordinare le fedi. Poi dobbiamo trovare un luogo in cui celebrare le nozze e uno per il ricevimento. E non dimentichiamoci dei fiori e gli addobbi. Ed il vestito, ma questo mi pare fin troppo ovvio.
Logan lo guardava intontito.
- La smetti di tergirversare? Metti in moto. Io devo chiamare Cliff: ci manderà i dati delle migliori wedding planner mentre siamo per strada.
Logan continuò a fissarlo senza muovere un muscolo.
- E smettila di fissarmi come un pesce lesso, Echolls! Potrei ripensarci da un momento all'altro e per il tuo bene dovrai farmi investire una quantità di denaro tale da impedirmi di tirarmi indietro. Ti assicuro che se non metti in moto entro dieci secondi...
Il motore rombò all’istante, strappando a Keith un sorriso.

Nonostante fosse in casa e badasse a Prue e Lily, Veronica non riusciva a togliersi dalla testa la possibilità che il defunto Beaver non fosse affatto defunto.
Se Cassidy fosse vivo lo sapremmo. Dal tetto l'abbiamo visto su quell'asfalto, morto, con Dick che piangeva al suo capezzale... possibile che quando l'ambulanza l'ha portato via non fosse morto? Possibile che nessuno si sia accorto che era vivo? No, è impossibile. I Casablancas sono ricchi e possono aver messo a tacere i paramedici e la polizia... ma non posso credere che sia possibile. Nessuno sarebbe tanto pazzo da lasciare un pluriomicida impunito, per quanto in condizioni disperate, neanche quell'idiota di Don Lamb.
Veronica riesaminò il suo ultimo pensiero e scosse la testa.
Andiamo! Non è possibile! Solo un completo imbecille avrebbe potuto fare una cosa simile! Neanche uno del calibro di Don Lamb! No, non può essere stato tanto folle. E' un cretino ma no, non può averlo fatto. Assolutamente no.
Veronica sospirò e scosse di nuovo la testa.
Perché nonostante cercasse di convincersi del contrario, da anni pensava che se fosse stata una sua responsabilità su ogni dizionario ci sarebbe stata la foto di Don Lamb in corrispondenza di “imbecille”.
Decisa a togliersi quel tarlo dalla testa prese in mano il telefono e compose il numero della centrale per chiedere a uno dei suoi di darle il numero dell'ispettore Madsen di Springfield, Illinois.
Se voleva avere quell'informazione non poteva di certo chiedere gentilmente a Don di confessare per telefono, visto anche il loro ultimo incontro ben poco amichevole, ma magari sarebbe riuscita a convincere Madsen a spedire a Neptune l'ex sceriffo Lamb per qualche giorno e, con la complicità di uno dei suoi agenti, sapere se quello che aveva visto portare via da un'ambulanza sette anni prima era un cadavere oppure no.

Mentre aspettavano che il gioielliere portasse gli anelli da far vedere a Logan, gli uomini stilarono una lista di cose a cui pensare per il matrimonio, rendendosi conto di quanto potesse essere costare uno sposalizio.
- Keith, è una cifra troppo grande perché tu possa prestarmela.
- Una volta che Veronica avrà risolto il tuo caso riavrai tutti i tuoi soldi e potrai restituirmi quelli che mi dovrai. Del resto, che io sappia, il matrimonio dovrebbe essere pagato dalla famiglia della sposa.
- Lo capisco… ma è troppo. Tra l’altro non so neanche se la sposa mi dirà di sì o di no.
Keith alzò gli occhi al cielo.
- Senti, non dovrei essere io a dirtelo… ma io non avrei dubbi a riguardo: Veronica ti dirà di sì. Ora il punto è fare in modo che il vostro matrimonio sia all’altezza degli standard della mia unica figlia nonché quella che, ricordalo bene, sarà sempre la mia principessa. E, ovviamente, anche la proposta di matrimonio dovrà essere all’altezza di mia figlia. Hai già qualche idea di come farla? Cliff una volta mi ha consigliato un ristorante di San Diego che è la fine del mondo. Sempre che non abbiano aumentato troppo i prezzi, perché effettivamente era un po’ caro già all'epoca.
- Marziano, ti ringrazio molto, ma vorrei chiederti dove hai messo il vero Keith Mars.
L'uomo rise di gusto.
- Logan, non dovresti stupirti. Io voglio il meglio per la mia bambina. Certo, se avessi potuto scegliere lo sposo non avrei scelto te... ma visto che il principe William è già accasato e con prole, devo accontentarmi e dare a mia figlia il meglio che posso offrirle. E poi tu non sei tanto male, devo ammetterlo.
- Grazie Keith.
- Diciamo che ti sei meritato la promozione sul campo, Logan.
- Posso abbracciarti?
- No.

Quando Logan riuscì a rientrare in casa era pomeriggio inoltrato.
Fu felice di vedere che Veronica era ancora in casa con le bambine a guardare la TV.
Quell'immagine di normale vita familiare lo riempiva di felicità e la scatoletta coperta di velluto che stava tormentando nella tasca gli ricordava che presto sarebbero stati una famiglia anche agli occhi della legge.
Certo, non aveva ancora deciso quando fare la proposta a Veronica, ma sperava che lei gli accordasse la possibilità di portarla a cena fuori entro la settimana.
- Tesoro, sono a casa!
Lily e Prue saltarono subito in piedi mentre Veronica si alzò con calma, stiracchiando con calma le membra ancora doloranti per la lunga notte appena passata in bianco.
- Bentornato. Ti sei divertito oggi con papà?
- Molto.
- Mi fa piacere che tu e papà passiate del tempo insieme.
- Piace anche a me stare in compagnia di Keith... ma non quanto stare con le mie piccole grandi donne.
Gli fece piacere vedere Veronica esitare, indecisa se prendersela per il “piccola” o ringraziarlo per il “grande”.
Alla fine la donna decise che era meglio non replicare.
- Su bambine, andiamo a cucinare per papà.
Logan le guardò andare ai fornelli poi si lasciò cadere sul divano, cercando di architettare un piano per spingere la sua bella a lasciare le bambine a Keith per uscire con lui ma ottenendo come unico risultato quello di sprofondare tra le braccia di Morfeo.

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Capitolo 46
*** Capitolo Quarantacinque ***


Capitolo Quarantacinque

Logan si stava maledicendo per il suo pessimo tempismo.
Dato che non poteva accusarlo formalmente di aver coperto la finta morte di un pluriomicida minorenne, Veronica non era riuscita a farsi mandare Lamb a Neptune per interrogarlo, cosa che ovviamente l'aveva messa di malumore e quindi decisamente poco ben disposta ad andare a divertirsi una sera con Logan.
Come se questo non bastasse, Mack era arrivata in città da quasi due settimane e Veronica le stava sempre appiccicata anche per diciotto ore al giorno, rendendogli così praticamente impossibile tirare fuori l'anello per farle la proposta di matrimonio.
E come se questo combinarsi di eventi non fosse già abbastanza, ci si metteva anche la data che aveva fissato per il matrimonio.
Logan aveva avuto la magnifica idea di chiedere all'addetta ai ricevimenti del Neptune Grand Hotel di prenotare la sala nella prima data disponibile.
Certo, aveva risparmiato perché aveva coperto una data rimasta libera a causa di una disdetta, ma questo significava che adesso aveva solo altre tre settimane per farle la proposta.
Dulcis in fundo c'era l'incubo rappresentato dal vestito da sposa.
Se avesse saputo prima che esistevano un vero e proprio vocabolario di termini per descriverne uno, avrebbe visto con maggiore attenzione almeno qualche un paio di episodi di uno di quei programmi che mostravano spose in piena crisi di nervi alle prese con una lunga e tediosa scelta dell'abito che culminava sempre con la sposina in lacrime, probabilmente più per il prezzo astronomico di un abito che avrebbe indossato una volta sola nella vita e giusto per una manciata di ore che per reale commozione.
Per sua sfortuna tutte le volte che la sua ex Reneé gli aveva chiesto di farle compagnia lui non l'aveva fatto.
E se ne era pentito molto amaramente quando l'addetta al reparto gli aveva chiesto quale modello cercava.
Come se questo non fosse stato sufficiente, si era unito anche Keith al tentativo di farlo uscire di testa, anche se a posteriori Logan si era detto che, conoscendolo almeno un po', avrebbe dovuto immaginare quale tipo di abito da sposa avrebbe voluto che Veronica indossasse. Veronica era la persona che più amava al mondo e ai suoi occhi di padre era ancora la sua bambina, una creaturina delicata che avrebbe dovuto indossare un abito da principessa, qualcosa di ben diverso dal modello a sirena che a lui, lo sposo, sarebbe piaciuto vedere addosso a Veronica e, probabilmente, un tipo di abito diverso da quello che avrebbe potuto incontrare il gusto della sua "non ancora promessa" sposa.
Alla fine erano arrivati alla conclusione che Veronica avrebbe dovuto sceglierlo da sola il suo abito da sposa... cosa che complicava ancora di più la situazione visti i tempi strettissimi.
Il rumore dei passi di Veronica lo sottrasse dai suoi pensieri.
Logan balzò in piedi un attimo prima che Veronica facesse il suo ingresso nella stanza assieme a Mack.
Udì a malapena il rumore della scatolina che cadeva a terra ma fu lesto a colpirla con una scarpa per mandarla sotto al divano, lontano dagli occhi di Veronica.
Se c'era una cosa che non voleva fare era una maldestra proposta di matrimonio a Veronica di fronte a Mack.
- Stasera Mack mangia da noi- annunciò Veronica mentre apriva il frigorifero per estrarne due buste d'insalata.
- Quindi menù vegetariano. Alle bambine non piacerà.- osservò Logan.
- Secondo me invece gradiranno molto – replicò la padrona di casa estraendo una busta di patatine fritte e una scatola di pizze dal surgelatore.
Mack ridacchiò.
- Il novello paparino ha ancora molto da imparare, eh?
- Sì, lo ammetto.
- Però impara in fretta – osservò Veronica.
- Senti senti... come mai questo complimento?
- Niente di particolare.
- Straordinario molto straordinario?
- Ti conosce troppo bene, questo bisogna ammetterlo- commentò Mack.
- Devo tornare a New York con Mack.
- Vai di nuovo nella Grande Mela. Quando partirete?
- Partiremo domani in mattinata.
- E quanto starai via?
- Penso non più di una settimana. Forse anche meno. Abbiamo bisogno di maggiore potenza d'attacco.
- Tradotto in linguaggio umano "dobbiamo infiltrarci alla Kane Software per scoprire se il tuo migliore amico è coinvolto nel giro di prostituzione minorile ipoteticamente gestito dal suo fratellino psicopatico ufficialmente defunto". Ho sbagliato la traduzione, tesoro?
- Purtroppo no, hai tradotto il messaggio in maniera eccellente. Ho bisogno di Mack nel suo ambiente naturale se voglio scoprire qualcosa.
Logan intuì dall'aria cupa di Mack che quello non era soltanto un favore che faceva a Veronica ma una faccenda personale.
- Sono sicuro che scoprirete la verità – commentò Logan prima di avvicinarsi alle ragazze per aiutarle a preparare la cena.

Logan era uscito da poco per accompagnare Mack in albergo quando Veronica notò la scatoletta foderata di velluto blu con cui Prue e Lily stavano giocando.
- Bambine, dove l'avete trovata quella? L'avete presa in camera di mamma?
- No.
- Sapete che non dovete dire le bugie, vero?
- Lo sappiamo – replicò Prue – Infatti non è una bugia.
- Era sotto il divano – precisò Lily.
Veronica si insospettì. - Tesoro, me la puoi dare?
Prue le porse subito la scatola.
Quando Veronica la aprì smise di respirare per un istante: conteneva un anello d'oro bianco con un rubino incastonato all'interno di una corona di piccoli brillanti.
- Che bell'anello, mamma!- commentò Lily.
- E' tuo?
- Non lo so.
- Secondo me te l'ha comprato papà.
Lo sguardo sognante delle bambine la spinse a chiudere subito la faccenda.
- E' meglio che andiate a dormire, bambine – disse Veronica chiudendo la scatolina per poi infilarsela in tasca.
Le piccole annuirono e mano nella mano si diressero verso il bagno per prepararsi ad andare a dormire.
Calmati Veronica. Sicuramente è un semplice regalo. Deve essere un semplice regalo, perché se non lo è... no, non posso illudere le bambine se non è davvero quello che potrebbe essere quindi prima di mettersi a costruire castelli in aria devo assolutamente parlare con Logan. E lui mi confermerà che è un pensierino e che è stato comprato in un negozio di bigiotteria. Un negozio di bigiotteria fatta molto bene, lo ammetto, ma deve essere per forza bigiotteria. Non può essere vero, cavolo! Non ha denaro suo! Certo, potrebbe averglielo prestato papà... e se è denaro prestato non può essere un semplice regalo... Ma no! Non devo illudermi! Non può essere un anello... con quel significato lì. No no, non può esserlo. Non ne abbiamo mai parlato. Non come se ne dovrebbe parlare, almeno. Non può essere un anello di fidanzamento, giusto Veronica? Insomma, di queste cose le coppie parlano prima, giusto? Se c'è l'intenzione di sposarsi prima se ne parla... si riflette sulla cosa... si pianifica... se si è ossessionati dall'organizzazione, dato che la maggior parte delle volte la proposta di matrimonio è una cosa che una donna al massimo si aspetta ma di certo non è pianificata a tavolino. Ma no, è impossibile. Non è un anello di fidanzamento. O, al massimo, lo sarà solo quando Logan mi avrà fatto ufficialmente la proposta di matrimonio che tanto so già non arriverà. No no, è impossibile. E poi adesso sono troppo impegnata per sposarmi. Insomma, Logan non mi chiederebbe mai di organizzare un matrimonio mentre sono nel pieno di un'indagine tanto complicata e pericolosa. Lui sa perfettamente che questo non è affatto il momento migliore per diventare marito e moglie quindi sono sicurissima che quest'anello non è un anello di fidanzamento ma al massimo un pensiero carino che mi ha preso. Sì, assolutamente. Questo non è assolutamente un anello di fidanzamento e resterò la signorina Mars per ancora molti e molti anni.
La voce di Lily riuscì a riportarla alla realtà.
- Mamma? Non vieni a darci il bacio della buonanotte?
- Arrivo!
Comunque, per sicurezza, chiederò conferma a Logan appena tornerà a casa.

Logan sentì un brivido corrergli lungo la schiena quando vide Veronica seduta sul letto con quell'espressione tanto seria.
- Cosa ho fatto?
- Senti Logan, non voglio girarci troppo intorno... Le bambine hanno trovato questa sotto il divano- replicò lei mostrandogli la scatolina che le aveva fatto frullare così tanti pensieri per la testa.
- Oh.
- La tua reazione è "oh"?
- Sì.
- Che cosa significa?
Logan sorrise.
- Tu cosa pensi che significhi?
- Qui le domande le faccio io.
- Non se conosci già la risposta, amore.
- Io non conosco la risposta.
- Sì che la conosci. Dimmi cosa pensi che sia.
Lo ODIO quando cerca di cavarmi di bocca qualcosa che non oso neanche pensare!
- E' un anello.
- Ti sembra un normalissimo anello?
- No.
- Allora che tipo di anello?
- Un anello... di fidanzamento.
- Infatti lo è.
- Quindi tu...
Logan sorrise. Non aveva immaginato di farle la proposta in quel modo, ma vista anche l'imminente partenza di Veronica era meglio cogliere l'occasione.
- Veronica Mars, vuoi sposarmi?
L'ha detto? L'ha detto sul serio? Lui mi ha chiesto di... Il cuore non batte. Ho un infarto. Non respiro. Ho bisogno della rianimazione cardiopolmonare. Ah no, ecco che il cuore riparte. Oh no, adesso sta andando al galoppo. Troppo al galoppo. Un defibrillatore. Mi serve un defibrillatore. Sto ansimando! Io non sono il tipo di persona che ansima! Io non sono una di quelle stupidelle che davanti all'anello di fidanzamento ha una crisi respiratoria, cavolo! Io non sono una tipa da senza fiato, cribbio! No, adesso devo calmarmi. Calmati Veronica. Usa il tuo proverbiale sangue freddo. Del resto è una cosa naturale in una relazione, no? Prima ci si mette insieme... ci si bacia... si hanno rapporti sessuali... e poi ci si sposa. Ci si sposa. Ci. Si. Sposa. Lui mi ha chiesto di sposarlo. Lui mi ha chiesto di sposarlo! Di sposarlo! Io! Sposare Lui! Logan! Logan mi ha appena chiesto di sposarlo! Mi sento felice. Anzi, di più. Mi sento tanto più che felice. Sono così felice che non esiste una parola abbastanza significativa per descrivere la mia felicità. Ma allora perché diavolo sto piangendo!
- Veronica, ti senti bene?
- Sì.
- Ok. Perché mi sembrava che non stessi respirando.
- Sì.
- Non respiravi più?
- Sì.
- Veronica, ma sei sicura di sentirti bene?
- Sì.
- Veronica... correggimi se sbaglio, ma "sì" è la risposta a "Vuoi sposarmi?", giusto?
- Sì.
- Ho capito bene?
- Sì.
- Sì ho capito bene o sì vuoi sposarmi?
- Sì. Sì, sto bene. Sì hai capito bene. Sì... io voglio sposarti.
- Allora penso sia il momento che tu ti metta questo- disse Logan prendendo la scatola dalla sua mano.
- E' bellissimo – sussurrò Veronica mentre lui le infilava l'anello.
- Mai quanto te.
- Grazie. Hai già qualche idea su come organizzarci? Ogni periodo dell'anno ha i suoi pro e contro per un matrimonio.
- A dire il vero ho già pensato a tutto io, tesoro.
- Quindi davi per scontato che ti dicessi di sì.
- No... Va bene, sì. Ho fatto male?
Veronica sorrise.
- No. Hai fatto bene. Quindi è già tutto pronto ed io non dovrò uscire di testa tra posti da assegnare, portate, sale ricevimenti e tutto il resto?
- Esatto. L'unica cosa che manca è il tuo vestito.
- Manca solo il mio vestito?
- Sì.
- E il resto invece...
- Tutto organizzato.
- Quindi hai già fissato la data.
- Esattamente.
A Veronica bastò guardarlo per capire che riguardo a quel dettaglio c'era qualcosa che avrebbe voluto nasconderle.
- Ho paura di chiedertelo ma... quando ci sposeremo?
- Non hai impegni per il sabato dopo il prossimo, vero?
Lo sguardo che Veronica gli rivolse valeva più di mille insulti.

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Capitolo 47
*** Capitolo Quarantasei ***


Capitolo Quarantasei

Logan era seduto in macchina ad aspettare che Lily uscisse da scuola.
Veronica era partita per New York quattro giorni prima ma dalle sue telefonate pareva che lei e Mack non fossero ancora riuscite a scoprire nulla di particolarmente rilevante su Dick.
Aveva già detto a Veronica tutto quello che sapeva: più di una volta Dick era stato trovato in possesso di sostanze stupefacenti ed in compagnia di qualche prostituta, ma nulla di troppo rilevante: la droga era in piccole quantità e le squillo erano tutte donne adulte agli occhi della legge.
Del resto le bravate di Dick erano note quanto le sue, quindi non era stato difficile per Veronica mettere a confronto le affermazioni di Logan con le notizie pubblicate sui giornali.
Peccato che non fossero i piccoli reati che Veronica cercava: lei voleva conoscere ogni più sordida azione compiuta dal primogenito di Richard Casablancas e trovare qualcosa che non aveva avuto il coraggio di raccontare neanche al suo migliore amico.
Logan non dubitava che qualcosa sarebbe saltato fuori, ma temeva che per compiere le indagini Veronica potesse impiegare ben più della settimana prevista e rischiare di far saltare le nozze.
Udì in lontananza la campanella suonare e si voltò in direzione del portone.
Vide Lily uscire in compagnia delle sue compagne di scuola ed avvicinarsi sorridente.
Un istante dopo il mondo esplose intorno a lui.
Frammenti di vetro esplosero alle sue spalle e lo spostamento d'aria lo spinse in avanti.
Registrò a malapena l'espressione di puro orrore sul volto della sua bambina mentre finiva bocconi sul sedile del passeggero, con il cambio conficcato nell'addome e la schiena in fiamme a causa delle schegge che si erano conficcate nella pelle.
Grida di terrore gli ferirono le orecchie e l'odore del fumo invase le sue narici nei secondi in cui rimase disteso nell'auto, intontito dal colpo.
Si stava tirando su quando qualcuno gli infilò in testa un sacchetto di stoffa che a giudicare dall'odore doveva aver contenuto o una forma di gorgonzola o le scarpe di qualcuno con seri problemi ai piedi.
Logan, ancora non del tutto lucido, non riuscì a opporre una resistenza troppo efficace quando qualcuno gli puntò un ginocchio contro la schiena per tenerlo giù mentre una seconda persona lo ammanettava ed una terza gli abbassava i pantaloni il minimo necessario per infilargli un ago nella natica sinistra.
Intontito per il colpo ricevuto e per il narcotico che faceva rapidamente effetto, Logan venne trascinato fuori dalla vettura e spinto all'interno di quello che, a giudicare dal dolore che gli causò alle ginocchia l'impatto con il pavimento metallico, doveva essere un mezzo adibito al trasporto merci.
Si accorse a malapena che qualcuno gli sfilava le scarpe per legargli le caviglie con una robusta fune ma distinse in maniera sorprendentemente nitida un visino sporco di terra che spuntava dietro la sua macchina.
Un attimo dopo la portiera si chiuse e la vettura partì a tutta velocità, lasciandosi dietro di sé una massa di bambini terrorizzati e una colonna di puzzolente fumo nero.

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Capitolo 48
*** Capitolo Quarantasette ***


Capitolo Quarantasette

Veronica guardò a malapena il display del cellulare quando lo sentì squallare per l'ennesima volta.
- Di nuovo tuo padre? - chiese Mack.
La donna annuì.
- Dovresti rispondergli. Deve essere importante se ti sta chiamando per la terza volta in dieci minuti, no?
- No. Risponderò dopo.
- Non credo sia una buona idea.
- Sa che sto lavorando - rispose Veronica rifiutando la chiamata - Capirà.
O almeno lo spero.
Ma quando, 3 minuti dopo, la quarta chiamata arrivò, Mack decise di prendere in mano la situazione prima che Veronica rifiutasse di nuovo la chiamata: strappando letteralmente di mano il telefono a Veronica, rispose alla chiamata.
- Pronto?
- Mack, sei tu?
- Sì signor Mars.
- Devo parlare con Veronica.
- E' molto impegnata al momento. Può dire a me.
- Va bene. Si tratta di qualcosa di serio.
- Quanto serio?
- Qualcuno ha fatto esplodere un'autobomba di fronte alla scuola di Lily.
- Sta bene?
- Lei sì, ma Logan è stato rapito.
Il pallore sul volto dell'amica convinse Veronica a mettere da parte le ricerche, ma quando cercò di prendere il suo cellulare l'amica scosse la testa.
- Mack, Veronica deve tornare subito a casa.
- Sono d'accordo. Ma prima mi dica come stanno le bambine. - Prue era qui a casa con me quindi non ha visto nulla, e come ti ho detto Lily non è stata coinvolta nell'esplosione. Però è molto scossa per la sparizione del padre.
- Ha visto qualcosa?
- Sì. Le lezioni erano appena finite quando si è verificata l'esplosione. Lily ha notato l'auto parcheggiata di fronte alla scuola ed è corsa dal padre. Quando ha visto tre tizi che lo caricavano su un furgoncino si è nascosta dietro l'auto del padre per avere qualche dettaglio da riferire a Eli.
- E' stata davvero in gamba.
- E' stata molto in gamba: ha preso il numero di targa e ha descritto i rapitori.
- Degna figlia di sua madre.
- Indubbiamente.
- Quindi sapete anche chi cercare.
- Purtroppo no. Il mezzo risulta rubato ed il fumo le ha impedito di vederli benissimo, ma è comunque un'ottima pista da seguire. Mack, ora devo riagganciare. Mi fido di te per far sapere tutto a Veronica.
- Può contare su di me.
- Grazie.
Mack riagganciò per poi guardare l'amica.
- Mack...
- Ricordi quando mi hai detto la verità sui miei genitori?
- Sì.
- Anche questa è grossa, quindi cerca di stare tranquilla.
- E' successo qualcosa alle bambine?
- Sì e no.
- Cosa vuoi dire?
- E' esplosa un'autobomba di fronte alla scuola di tua figlia.
- Lei è...
- No no. Sia lei che Prue stanno bene...
- Allora si tratta di Logan?
- Sì.
- E' ferito?
- Non lo sa nessuno.
- Cosa vuoi dire?
- L'hanno rapito.
- Come...
- Se fossi te, penserei che abbiano usato l'autobomba come diversivo.
- Quindi se tu fossi in me penseresti l'hanno fatta esplodere per creare caos e far passare inosservato il rapimento di Logan.
- Sì.
- E' vero. Io penserei proprio questo. Tuo padre ha detto se c'è una pista?
- Sì, c'è. Lily ha visto su quale auto l'hanno portato via...
- Ma penso ci fosse molto fumo...
- ... e ha preso il numero di targa.
- E se si fosse fatta male? E se quei tizi l'avessero vista e avessero rapito anche lei? E' stata a dir poco sconsiderata!
- Concordo. E' proprio tua figlia.
Veronica si concesse un mezzo sorriso.
- Già. E' proprio mia figlia. E adesso devo tornare a Neptune a salvare il suo papà.
- Vengo con te...
- No. Tu continua a cercare. Sicuramente sono stati quei bastardi a rapire Logan.
- Dick e Beaver?
- Poco importa se sono loro o no. Chiunque sia la mente di tutto questo, devo incastrarla a tutti i costi. E se poi ci dovesse essere la sedia elettrica per lui o lei o loro... meglio. Se scopri qualcosa contattami immediatamente.
- Va bene. Puoi contare su di me.

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Capitolo 49
*** Capitolo Quarantotto ***


Capitolo Quarantotto

Veronica era molto preoccupata per l'incolumità di Logan, ma non poteva fare a meno di essere fiera della sua bambina.
L'esplosione l'aveva terrorizzata, ma la paura che suo padre si fosse fatto male aveva avuto il sopravvento e, sfuggita alla sorveglianza della maestra grazie alla confusione generale, era corsa verso l'auto, dove aveva visto quegli uomini portare via suo padre, così si era nascosta e, come le avevano insegnato la madre e il nonno, aveva osservato tutto con attenzione, cercando di memorizzare il maggior numero di informazioni possibili sui rapitori e sul furgoncino che avevano usato.
Sia il nonno che la madre l'avevano sgridata duramente per il rischio corso, ma avevano anche dovuto ammettere che aveva fatto un lavoro eccellente nonostante la cortina di fumo.
Non solo Lily aveva memorizzato il numero di targa, ma aveva notato che sul fianco del furgoncino scuro usato dai rapitori c'era l'immagine bianca di un vaso di fiori.
Inoltre era riuscita a vedere abbastanza bene due dei tre malviventi: quelli che aveva visto meglio erano entrambi alti quanto il padre ma più muscolosi, entrambi portavano una giacca nera con una scritta di cinque o sei caratteri sulla schiena, uno di loro aveva i capelli molto scuri tagliati corti e un grande cerotto sulla mano destra mentre l'altro aveva i capelli più chiari che gli arrivavano alle spalle. Il terzo, invece, l'aveva descritto come più basso degli altri e zoppicante, ma non sapeva di che colore avesse i capelli perché si era tirato sulla testa il cappuccio della maglia rossa che indossava.
Non era molto, ma era comunque abbastanza per lavorarci.
E poi c'era sempre il piccolo segreto.
Non aveva rivelato a nessuno, neanche a suo padre, di aver installato una cimice all'interno del telefonino di Logan per casi d'emergenza come quello.
Certo, probabilmente quelle persone sospettavano che Logan potesse avere un qualche dispositivo di localizzazione addosso, ma forse nella foga del momento non avevano pensato di toglierglielo e magari l'avevano gettato via solo in seguito, stringendo l'area da ispezionare per trovarlo, oppure si erano limitati a spegnerlo pensando che in questo modo il normale segnale emesso dall'apparecchio non fosse più attivo.
In qualsiasi caso, se il cellulare ce l'aveva ancora Logan avrebbe potuto trovarlo in pochi minuti.
Seduta alla sua scrivania, la donna accese il computer e iniziò a pregare perché il telefono cellulare di Logan fosse quantomeno addosso al suo promesso sposo.

Logan si morse il labbro per evitare di gridare quando il pugno lo colpì allo stomaco.
Non sapeva quanto fosse passato dal momento in cui era stato caricato su quell'auto a quello in cui si era svegliato seduto su quella scomoda sedia con una benda sugli occhi, ma sperava che Veronica fosse già tornata a casa da New York e avesse iniziato le indagini perché temeva che non l'avrebbero lasciato a lungo in vita.
Si era addormentato e svegliato un paio di volte, sempre e solo per pochi istanti, prima di quell'ultimo traumatico risveglio con un pugno nello stomaco e anche in quel momento avrebbe potuto riaddormentarsi.
Se non fosse stato per il dolore, ovviamente.
Non poteva certo riaddormentarsi con il sangue che invadeva la sua bocca e quei colpi allo stomaco dati per il semplice gusto per sentirlo gridare, anche se supponeva che avrebbe potuto svenire, ottenendo il medesimo risultato.
Improvvisamente sentì il rumore dei passi di due persone e la persona che lo stava pestando si fermò.
Probabilmente una di quelle persone era il capo perché in un batter d'occhio sentì il suono di molte paia di scarpe che si allontanavano da lui e, infine, il cigolare di una porta che veniva chiusa.
- Non dovresti essere vivo già da un pezzo, lo sai?
Nonostante non suonasse esattamente come l'ultima volta che l'aveva sentita, Logan riconobbe quella voce.
- Neanche tu. Anzi, tu dovresti aver già sfamato generazioni di vermi.
Qualcuno lo afferrò per i capelli, tirandogli indietro la testa per fargli sentire il freddo di una lama sul collo.
- Logan Logan Logan... non sei cambiato affatto. Sempre così logorroico. Tutta questa storia non ti ha insegnato a tenere la bocca chiusa?
- Quello mai, e in questo momento in special modo, dato che non posso né prenderti a calci né romperti i denti con un pugno. Devo pur far qualcosa, no?
Un violento pugno fece fare crack alla cartilagine del suo naso e un ruscello di sangue iniziò a colare sui suoi vestiti.
- Ora ti è chiaro chi spacca che cosa a chi?
Logan rise.
- Non lo sai ancora, ma ti sei messo in un grosso guaio – continuò Logan – Veronica sa che sei tu. L'ha capito da tempo ormai.
- Perché credi che ti ho prelevato ora, Logan?
- Perché ti eri stufato di farti credere morto?
- Per dare una lezione a quella troia della tua ragazza, ecco perché! Per farle capire che se non la smette di cercare informazioni sua figlia farà la stessa fine che ha fatto quella gran troia della tua ex e quella che stai per fare tu.
- Quindi sei stato tu a uccidere Hannah.
- Non personalmente, ma sì: ho pagato io l'uomo che l'ha ammazzata. E se avessi saputo che quella sporca puttana sapeva molto più del necessario e che aveva mandato del materiale incriminante all'interno di quello stupido peluche avrei bruciato quell'animale di pezza e anche la bambina che ci stava attaccata. A proposito, ho saputo che adesso ti occupi anche di quella figlia di puttana, quindi forse farò qualcosa anche a lei. Non so, magari potrei insegnarle a fare lo stesso mestiere della madre. Sai, per seguire la tradizione di famiglia.
Se avesse potuto Logan sarebbe balzato su per strappargli la faccia a morsi, ma era completamente impotente.
- Ti farà marcire in una cella. - disse con rabbia - Sempre che non ti mettano a friggere per direttissima sulla sedia elettrica, ovviamente.
L'uomo rise.
- Non ridere tanto, Beaver.
La risata s'interruppe di colpo.
- Non chiamarmi con quello stupido soprannome o ti ammazzo subito!- lo minacciò.
- Mi avresti già ucciso se ne avessi le palle.
Sentì lo spostamente d'aria sul viso ma prima che venisse colpito.
- Per favore, smettila.
Se il pugno non era arrivato, al suono di quella voce a Logan sembrò che l'avessero accoltellato.
- Grazie Dick. Sei un amico. Anzi no. Sei uno stronzo che mi ha tradito per fregarsi i miei soldi assieme a suo fratello.
- Non l'ho fermato per fare un piacere te, stanne certo.
- Ah, lo so. Non hai cercato di salvarmi neanche quando ha deciso di ammazzarmi. O magari l'idea di farmi secco è stata tua?
- Smettila Logan.
- Io mi fidavo di te, lo sai?
- Oh, adesso inizia la parte sentimentale dello show! - commentò Beaver.
Logan fece finta di non averlo sentito.
- Eri il mio più vecchio e migliore amico, l'unico che mi sia sempre stato vicino in questi anni. Tu per me eri quasi come il fratello che non ho mai avuto, Dick. Perché hai voluto farmi questo? Perché mi volevi morto?
Dick rimase in silenzio, ma al suo posto rispose Cassidy.
- Ma cosa credevi? Che la vostra amicizia fosse più forte del legame di sangue? Che il profumo dei soldi non fosse invitante per uno spendaccione che in pochi anni ha sperperato tutto il denaro che aveva in droghe e puttane? E dire che fino a qualche mese fa anche tu andavi matto per l'odore delle banconote.
- E' vero Dick? Non avevi più denaro?
- Logan...
- Io mi fidavo di te e tu hai tentato di ammazzarmi per avere altri soldi da sprecare?
Dick rimase in silenzio.
- Abbi almeno il coraggio di rispondere, cazzo! Eri al verde e hai tentato di ammazzarmi! Non hai neanche pensato alla possibilità di chiedermi un prestito. Sai che te li avrei dati, Dick, ma tu hai preferito collaborare con tuo fratello prima creando un circuito nazionale di prostituzione minorile e poi collaborando alla sua vendetta nei miei confronti e in quelli di Veronica!
- Hai fatto male! - ribatté Beaver- Pensavi davvero che ti avrebbe perdonato per aver quasi ammazzato suo fratello con quella sgualdrina di Veronica Mars? Pensi che sia stato felice di vedere la nostra famiglia andare in pezzi? Sei stato tu a fare lo sbaglio, Logan. Tu ti sei fidato di Dick. Credevi che la giustizia fosse quello che gli interessava. L'errore è stato solo e soltanto tuo.
Logan attese che anche Dick parlasse ma non una parola uscì dalla sua bocca.
- Hai ragione. Ho sbagliato io. Ma Veronica non sbaglierà. Presto vi arresterà e finirete sulla sedia elettrica sia per quello che avete fatto a me sia per quelle ragazzine che avete fatto ammazzare.
- Che ipocrita che sei!- commentò Beaver - Non te n'è mai fregato nulla delle coconut girls quando andavamo a scuola! Non fregava a nessuno 09 di quelle troiette mezzosangue.
- Non erano prostitute minorenni che venivano uccise quando diventavano scomode o incontrollabili, ma semplici compagne di scuola.
- Poco importa. Sempre della stessa razza sono.
Logan stava per rispondere quando la porta si aprì con un tonfo. - Beaver, a me invece importa la tua opinione. Sul serio. Ho bisogno di qualche dettaglio in più, se non ti dispiace. Ma magari tu e il tuo fratellino me li racconterete in centrale, quindi... mani in alto e ben in vista, fratelli Casablancas, perché siete in arresto per sfruttamento della prostituzione. Per il momento, ovviamente.
Il sorriso che apparve sul viso di Logan si tramutò in pochi istanti in un riso incontrollato che gli faceva lacrimare gli occhi.
- Veronica Mars - sibilà Beaver come se fosse un insulto.
- Cassidy e Richard Casablanca.
- Eli Navarro detto Weevil.
- Vicesceriffo Leo D'Amato.
- Potreste evitare di fare i cretini voi due? - sbottò Keith - E poi i ragazzi Casablancas sanno benissimo chi siamo. A proposito, ciao Beaver. E' da un pezzo che non ci si vede. Vorrei ancora ringraziarti per aver tentato di uccidermi otto anni fa. Un pensiero davvero molto carino da parte tua.
- Keith Mars, sei una persona che non mi è mancata affatto. Del resto, a chi mai potrebbe venire nostalgia della compagnia di un ex sceriffo pingue e stupido?
- Io – sghignazzò Logan - Adoro le battute che non fanno ridere di Keith.
- Ma Logan è masochisa o ha una crisi isterica? - sussurrò Weevil a Leo.
- Se avete finito di fare salotto, vi ripeto il mio ordine: mettete le mani bene in alto e allontanarvi da Logan. In caso contrario, vi assicuro che questa volta impallinerò un Casablancas, fosse anche l'ultima cosa che faccio in vita mia.
- Focosa la tua ragazza!- commentò Cassidy. - Allontanatevi da lui o giuro che uno di voi due finirà sul pavimento con una pallottola nel cranio.
Logan non poteva vedere nulla ma si immaginava gli sguardi attoniti che sicuramente si stavano scambiando Leo, Weevil e Keith.
Ed aveva paura.
Nonostante stesse ridendo come un cretino a causa del crollo nervoso causato dallo stress, Logan stava letteralmente morendo di paura.
Non trovava del tutto negativo il ritorno di quella Veronica assetata di vendetta, doveva ammetterlo, ma sapeva che una volta passata la rabbia un omicidio avrebbe potuto distruggere Veronica.
Inaspettatamente udì un colpo di pistola, seguito immediatamente da altri ed un istante dopo un fortissimo bruciore si irradiò dalla sua spalla sinistra e cadde all'indietro, battendo la testa contro il pavimento e perdendo i sensi.

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Capitolo 50
*** Capitolo Quarantanove ***


Capitolo Quarantanove

Quando Logan riprese conoscenza al suo capezzale c'era Weevil.
- Mi fa male la testa.
- Tutto normale. Hai dato una bella capocciata, amico, ed il tuo naso è rotto in due punti.
- Altre fratture?
- Giusto un paio di costole incrinate.
- Tu come stai? Con quella benda non ho visto nulla.
- Mi sono preso un proiettile di striscio al braccio, proprio come te- commentò il latino accennando con il mento alla spalla sinistra di Logan, coperta da una garza insanguinata- Giusto qualche punto di sutura e una cicatrice da portare con orgoglio.
- E gli altri? Qualche ferita seria?
- No. Stanno tutti abbastanza bene.
- Anche Veronica?
- Soprattutto Veronica. Pensa che lei è già al lavoro. Quando sono andato via stava interrogando il tuo vecchi amico Dick. Il fratellino è un osso duro, ma il tuo amico ha già iniziato a cantare come un cardellino.
- Non è mai stato un duro.
- Decisamente no.
- Sono rimasto privo di sensi a lungo?
- Giusto una giornata e mezza.
- Sul serio?!
- Sì. Del resto non si trattava solo del trauma cranico; dovevi smaltire anche tutto quel sonnifero che l'hanno messo in corpo.
- Capisco. Le mie bambine come hanno preso la cosa?
- Direi che l'hanno presa bene. Erano un po' preoccupate per te, ma siamo riuscite a tranquillizzarle con la notizia della cattura delle persone che volevano farti del male. Penso ci sia nonno Keith con loro. Ha preso un colpo alla spalla e per qualche giorno avrà il braccio fuori uso, ma per il resto sta benone.
- Mentre Veronica è illesa, giusto?
Weevil sospirò.
- Sì, te l'ho già detto che la tua bella è sana e salva. Certo, ha qualche graffio e un paio di lividi... ma la peggio l'ha avuta sicuramente Beaver.
- Cosa vuoi dire?
- Ti descriverò come è andata. In pratica quando quel cretino di Pete Turner ha fatto partire il primo colpo è iniziata una sparatoria.
- Ero bendato ma non sono ancora diventato sordo.
- Lo so. Il punto è che in quel putiferio i loro scagnozzi se la sono data a gambe e Beaver si è beccato una pallottola in una gamba. Mentre stavo ammanettando Dick, Veronica si è letteralmente avventata su Beaver. Abbiamo avuto seriamente paura che lo scorticasse vivo.
Logan rise di gusto.
- Avrei voluto vedere la scena!
- Ti assicuro che è stata davvero folle: Leo cercava di tirarla via e io cercavo di allontanare Beaver dalle sue grinfie ma Veronica è riuscita comunque a fargli la faccia a strisce... per non parlare delle due ciocche di capelli che gli ha strappato. Ha un aspetto terribile, te l'assicuro. Sembra più una zebra che un castoro!
Le risate di Logan e Weevil attirarono l'attenzione di un paio di infermiere, che rivolsero loro sguardi di disapprovazione che servirono solo a farli ridere più di prima.

Logan aveva già mangiato quando Veronica arrivò.
Aveva ancora indosso la divisa e i suoi capelli erano un disastro, ma Logan potò constatare che un livido sotto l'occhio destro era l'unico segno visibile della colluttazione.
Tuttavia Logan quel dettaglio lo notò a malapena: non appena vide che era sveglio Veronica volò letteralmente verso di lui per abbracciarlo.
Non devo piangere. Non devo farlo. E' vivo. Lui è vivo. Lui è vivo ed è al sicuro. Allora perché sto piangendo? Perché cavolo mi sono messa a piangere quando lui presto starà bene e quest'incubo è finalmente finito?
- Veronica...
- Non mi dire di smettere di piangere, Logan, perché non posso farlo – sussurrò - Ho avuto paura. Ho avuto davvero tanta paura, quindi non dirmi di smettere di piangere. Ho tutto il diritto di piangere, ok?
- Ok. Ma io a dire il vero volevo chiederti di cambiare spalla perché quella su cui stai piangendo è quella ferita.
Veronica si ritrasse all'istante, mostrando a Logan il viso congestionato dal pianto.
- Scusami. Non volevo farti male.
- Lo so, tesoro – disse Logan asciugandole le lacrime con un angolo del lenzuolo- Comunque , quando ti sarai calmata, mi piacerebbe che tu mi raccontassi come la mia super futura moglie mi ha trovato tanto in fretta. E non voglio bugie. Ho preso una botta in testa ed ero drogato, ma non abbastanza da non notare che il mio ritrovamento è stato piuttosto celere.
Dal modo in cui Veronica abbassò gli occhi Logan intuì che aveva violato di nuovo la sua privacy.
- Fammi indovinare. E' un insetto piccino piccino.
- Già.
- Non era nel tacco delle scarpe perché me le hanno tolte... e non era neanche nella cintura perché non la indossavo... Quindi doveva essere in una cosa molto utile che di solito mi porto sempre dietro...
- Era nel telefonino. Contento?
- Molto. Mi piacciono i classici.
- A dire il vero ho pensato che metterla nel luogo più ovvio di tutti era la scelta migliore, dato che sono nota per le mie scelte poco ovvie.
- Per l'ennesima volta hai visto giusto.
- Lo ammetto, sono orgogliosa di me stessa.
- Non ti montare la testa adesso, Mars.
- Comunque devo ammettere che, anche senza, probabilmente sarei riuscita a rintracciarti.
- Davvero?
- Sì.
- Sono stati tanto sciocchi da lasciare delle tracce?
- No, devo ammettere che quelli che ti hanno portato via erano dei professionisti piuttosto precisi.
- Allora come avresti fatto?
- Grazie a Lily.
- Parli di Lilly Kane? No, perché io sapevo che i morti di solito danno i numeri della lotteria ma non le indicazioni per trovare il nascondiglio dei malviventi.
- No, non parlo di Lilly! Mi riferisco a Lily Mackenzie Mars... o Mars Echolls o Echolls Mars. Nostra figlia, insomma.
Logan era sinceramente impressionato.
- Vuoi dire proprio la nostra Lily?
- Esatto.
- E come avrebbe fatto?
- Loro speravano che l'esplosione fosse un buon diversivo per non farsi notare e invece è stata la nostra bambina a trarne vantaggio. Si è nascosta dietro la tua macchina e ha visto tutto. Ha descritto chi ti ha preso, ha riconosciuto la marca del furgoncino ed ha persino preso il numero di targa. E sì, quando starai meglio avrai il diritto di farle una bella ramanzina sui rischi che ha corso.
- Lo farò. Dopo averle regalato un castello in Francia, ovviamente.
Veronica rise.
- Comunque noto una certa somiglianza con una ficcanaso di mia conoscenza.
- Già.
- Però tu avevi l'arma segreta.
- Sì, lo ammetto.
- Anche in questo caso la mia gratitudine per avermi salvato supera l'indignazione per la scoperta di avere una cimice di cui non conoscevo l'esistenza nel telefonino.
- Mi dispiace.
- Non devi dispiacerti. E' stato un bene che tu sia arrivata tanto in fretta.
- Già. Ho notato che stavi cercando di farti ammazzare.
- Ho perso la testa.
- Naturale.
- Comunque a tempo debito ringrazierò la mia piccola eroina con un bel regalo, sappilo.
- E' stata davvero fantastica... ma non so quanto possa essere educativo farle un dono per aver fatto qualcosa che non avrebbe dovuto fare.
- Hai ragione. Allora faremo un grande regalo anche a Prude. Del resto senza di lei non saresti mai arrivata alla soluzione del caso.
- Concordo.
- Abbiamo due figlie fuori dal comune.
- Sì. Sono fantastiche.
Logan annuì poi, fattosi serio, si sistemò meglio sui cuscini.
- Adesso dimmi tutto quello che hai saputo. Weevil mi ha raccontato che Dick sembrava molto ben disposto a parlare stamattina, cosa che invece in quel posto...
- Era un capannone.
- .... in quel capannone non ha quasi aperto bocca.
- Oh, con me ha parlato, e l'ha fatto anche a lungo.
- Hai impiegato molto per convincerlo?
- No. E' bastato fargli capire che nella sua posizione rischiava di essere condannato a morte per le colpe del fratello e si è sciolto come un panetto di burro in un forno.
- Cosa ti ha detto?
- Tutto quanto. Come avrai intuito Cassidy non è morto quella sera. I Casablancas hanno corrotto Lamb per far credere a tutti che Beaver fosse morto. Poco dopo aver simulato la sua morte, Richard senior è scappato di nuovo all'estero e si è organizzato perché Cassidy venisse ricoverato in quella clinica bulgara nella speranza che un giorno si riprendesse. Dick ed i suoi ha continuato a pagare tutti questi anni di degenza e nel frattempo il tuo amico ha messo su un piccolo giro di squillo con quel maiale di Chicago, una cosa che comunque forniva ben poco denaro per gli standard elevati del tuo migliore amico. All'inizio avevano fornito un posto a un paio di minorenni che si prostituivano per guadagnarsi da vivere, ma guadagnavano più con il bar che con le ragazze. Tutto è cambiato quando Cassidy si è svegliato: hanno fatto uccidere il socio, facendo prendere a Dick il suo posto, e hanno allargato il giro all'intera città. Solo allora hanno commissionato a piccole organizzazioni criminali il rapimento di ragazzine minorenni che vivevano in qualche struttura pubblica o che avevano una situazione familiare difficile. A occhio e croce gli arresti sono stati trecentottanta in tutti gli Stati Uniti, Alaska e Hawaii compresi. Quasi tutti se la caveranno con un po' di galera.
- E poi hanno puntato alla vendetta e ai miei soldi.
- Esatto. Con la direzione di Cassidy Dick ha corrotto un impiegato dell'agenzia di assicurazioni con cui hai stipulato la tua polizza per anticiparne la scadenza. Idem per il direttore della tua banca. Non appena sei partito ti ha ripulito il conto e con quel denaro pagato il meccanico che ha manomesso i freni della tua Ferrari.
- E il resto l'abbiamo vissuto, ho capito.
Veronica sorrise e gli prese il viso tra le mani.
- Lo so che il tradimento di Dick ti causa sofferenza, ma adesso è tutto finito.
- Tutto?
- Tutto.
Gli occhi di Logan si riempirono di lacrime.
- Sai che mi hai salvato.
- Già.
- Avresti potuto fregartene di me... e invece non solo hai scoperto chi voleva la mia morte, ma mi hai anche accudito, mi hai donato una figlia...
- E una ce l'ha donata Hannah.
- Veronica, nove mesi fa io ero un uomo superficiale e vuoto, un guscio vuoto... e poi sei arrivata tu. Hai cambiato completamente la mia vita.
- E' per questo che mi sposi.
- No. E' per questo che ti amo. Ti amo perché tu sai portare alla luce lati di me che non penso neanche di avere.
- Ho una certa capacità di far redimere i cattivi ragazzi, in effetti.
- Già... ma non provare a redimerne altri.
- Ah no?
- No. Ti è concesso redimere solo me.
- E perché?
- Non voglio concorrenza. Tu sei l'amore della mia vita. Morirei se ti dovessi perdere.
- Ti capisco. Quando ieri non ti sei svegliato ho creduto che...
- Non dirlo. Stiamo bene. Io presto uscirò da questo ospedale e tra una settimana...
- E tra una settimana ci sposeremo. Diventeremo marito e moglie. A proposito...
Veronica aprì la borsa e ne estrasse un plico composto da tre fogli.
- L'ho fatto preparare da Cliff – disse passandoglielo.
Logan capì subito di cosa si trattava.
- Vuoi che io firmi un accordo prematrimoniale?
- Sì. - Credi che il nostro matrimonio non possa durare e che io ti ruberò la casa?
- Leggilo.
Man mano che leggeva Logan comprese.
- Non vuoi tutelare te. Vuoi tutelare me.
- Già. Ho avviato stamattina le pratiche perché ti venga restituito il denaro che ti è stato rubato da Dick. Non so quando potrai riavere tutta la somma, ma dai conti di Dick dovrebbe uscire un po' di denaro e il resto lo recupererai dalla vendita delle cose che gli hanno sequestrato.
Logan sorrise poi, preso tra i denti un angolo del plico, lo strappò in due parti.
- Voglio, anzi, pretendo la comunione dei beni. E non me ne pentirò mai, quindi non osare neanche dirlo. Quello che è tuo è mio e quello che è mio è tuo.
- Allora apprezzerai i prossimi fogli che vorrei che firmassi. E questi non li stracciare, perché se no non saranno pronti per sabato prossimo.
Logan sorrise vedendo quei due fogli: uno era una domanda di riconoscimento di paternità per Lily mentre l'altro era l'atto di adozione nei confronti di Prue.
- Queste le firmo molto volentieri – disse prendendo la penna che Veronica gli stava porgendo – Quel giorno nessuno potrà negare che noi quattro siamo una famiglia.
Veronica sorrise quando ebbe le carte firmate in mano.
- Sai vero che così facendo se chiedessi il divorzio diventerei ricca sfondata grazie agli alimenti che dovresti dare alle ragazze?
- Non credo proprio.
- Hai stracciato il documento per la separazione dei beni.
- Lo so, ma tanto io e te non ci separeremo mai. Il nostro giuramento sarà davvero finché morte non ci separi, perché quando in una storia epica gli eroi si sposano, il loro è sempre un “e vissero per sempre felici e contenti”.
- Davvero?
- Certo. E' una ricompensa. Dopo tanti anni di separazione, dopo aver conquistato continenti o, se vogliamo essere specifici, tu Neptune ed io New York, dopo aver rovinato le vite di tante persone ed esserci massacrati in modi diversi, ci siamo ritrovati e scoperti ancora innamorati l'uno dall'altra. Ce lo meritiamo un happy ending degno della più bella delle favole.
- Hai ragione- sussurrò Veronica prima di stringersi di nuovo a lui, grata di aver ritrovato il suo Logan Echolls.

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Capitolo 51
*** Epilogo ***


Epilogo

Veronica alzò gli occhi al cielo per l'ennesima volta e trattenne il respiro mentre Mack stringeva i lacci del suo abito nuziale.
Dato il pochissimo preavviso aveva fatto molta fatica a trovare un abito da sposa che fosse adatto a lei e al tempo stesso non avesse bisogno di troppe modifiche da apportare per essere perfetto, ma alla fine gli addetti di Kleinfield avevano trovato il vestito adatto.
Ovviamente non aveva detto nulla a Logan del fatto che a New York aveva passato un intero pomeriggio all'interno della più celebre boutique di abiti da sposa del paese invece che a lavorare al suo caso, ma era sicura che le avrebbe perdonato questo piccolo segreto.
L'abito era abbastanza semplice, con una gonna non troppo voluminosa e una cintura luccicante in vita che richiamava il diadema che aveva tra i capelli abilmente acconciati da Jackie in una pettinatura semiraccolta che la faceva sembrare un po' più alta ed al tempo stesso, grazie alle varie ciocche sciolte e fissate in boccoli con l'arricciacapelli, le conferivano un'aria sbarazzina.
Per il trucco leggero Parker aveva suggerito l'uso di tonalità fredde che richiamassero il colore dei suoi occhi quindi sulle palpebre era stato applicato un lieve strato d'ombretto che andava dal bianco all'azzurro, mentre per le labbra Veronica era stata categorica: al massimo concedeva loro un filo di lucidalabbra trasparente e così le ragazze erano state costrette a fare, nonostante la campagna "pro rossetto vermiglio" si fosse protratta dal giorno in cui erano arrivate fino al momento in cui la scontenta Parker aveva applicato ciò che la sposa desiderava.
- Sei bellissima, tesoro.
La voce di sua madre riportò immediatamente Veronica alla realtà.
- Grazie mamma.
- Si vede che sei nervosa.
- Chi, io? Ma no!
- Guarda che è normale. Tra poco sarai sposata.
- Lo so... ma non sono nervosa. Davvero.
- Non credo. Tu sei uguale a tuo padre e lui è in piena crisi di panico. Temo che da un minuto all'altro scoppierà in lacrime. Sempre che non decida di rapirti quando il sacerdote chiederà se c'è qualcuno contrario alle nozze.
- Dai mamma, non esagerare!
- Infatti non esagero. Quando l'ho lasciato con le bambine tremava come una foglia. Ti vuole molto bene.
- Lo so. E' sempre stato il padre migliore del mondo.
- E' vero. Keith è davvero una persona straordinaria. Sono stata davvero fortunata ad aver avuto un marito come lui.
- Mi dispiace interrompervi – disse Jackie – ma penso che la signorina Mars sia attesa da qualcuno.
Veronica e Leanne risero, poi la sposa fece un respiro profondo e si diresse verso il soggiorno.

Keith Mars si era ripromesso di non commuoversi alla vista di sua figlia in abito da sposa, ma quando Veronica apparve sulla porta i suoi occhi si inumidirono all'istante.
- Papà...
- Sei bellissima, tesoro.
- E' la stessa cosa che ha detto la mamma.
- Perché è la verità. Tu per me sei sempre la più bella del mondo, ma oggi sei ancora più bella del solito.
- Papà, perché vuoi far commuovere pure me!- protestò Veronica asciugando in fretta la lacrimuccia che il padre le aveva fatto spuntare – Per fortuna che ho il mascara waterproof. Su su, bando alle ciance. Devo andare da Logan o penserà che ho cambiato idea.
Keith rise.
- Papà, dove sono le bambine? Mamma aveva detto che erano qui con te.
- Penso siano andate fuori con le ragazze.
- Sembra proprio che non mi vogliano vedere vestita da sposa.
- Dai, non farci caso. Sono bambine.
Veronica annuì e, preso il padre sottobraccio, si avviò con lui verso la porta, pronta ad andare in chiesa per la cerimonia.
Trovò le sue bambine in compagnia di Mack, Parker e Jackie, le sue damigelle.
Indossavano entrambe un abito di una tonalità molto tenue di azzurro che arrivava loro al ginocchio, con scarpette lucide rosa e una coroncina di fiori bianchi tra i capelli.
E tutte e due erano impegnate a coccolare un pony dal manto pezzato attaccato a un piccolo calesse che pareva più interessato ai fiori tra i loro capelli che alle loro effusioni.
- Un pony!
- Sono o non sono il tuo papà? Ne volevi uno da quando avevi tre anni... ed eccoti qua il tuo pony.
- Vuoi dire che è mio?
- Già.
- Mi hai comprato un pony per il mio matrimonio? Ti sarà costato molto.
- Tecnicamente no.
- Cosa vuoi dire?
Leanne decise di intervenire.
- Tuo padre sta cercando di dirti che dalla confisca dei beni di quel Casablancas Logan ha ottenuto anche diversi cavalli, tra cui questo che ha rivenduto a tuo padre a un prezzo simbolico.
- Non dovevi dirglielo! Nostra figlia penserà che sono spilorcio!
- Papà... hai pagato tutto il matrimonio. Nessuno potrebbe mai pensare che tu sia spilorcio. E io non posso proprio farlo dopo tutto quello che hai fatto per me dal giorno in cui sono nata. Sei grande papà.
Veronica abbracciò il padre e questa volta non fu una questione di una sola lacrimuccia.
A rompere l'idillio ci pensò Mack.
- Scusatemi, ma rischiamo di fare tardi. Tu Veronica aspetta qui il cocchiere. Ci vediamo in chiesa.
- Io andrò in chiesa su quello? E avrò un cocchiere?
- Esatto - confermò il padre - Non preoccuparti, arriverà presto.
- Ma lo conosco?
- Lo vedrai molto presto. Dovrebbe essere qui a momenti.- disse il padre.
Come se l'avessero evocato, il rombo di una motocicletta riempì l'aria e un minuto dopo Weevil, con il cilindro sottobraccio, si avvicinò a casa Mars.
- Il suo cocchiere, sceriffo.
- Da quando in qua tu sai guidare un calesse?
- Sono tante le cose che non sai di me, Mars. Fidati, so quello che faccio.
- Samantha dove l'hai lasciata?
- Mi aspetta in chiesa. Lo stesso posto in cui qualcun altro è atteso, quindi salta in carrozza.
Aiutata da Eli, Veronica si accomodò sul calesse e salutò con la mano i familiari e le amiche, che li avrebbero preceduto in automobile.
Weevil si accomodò a cassetta e, dopo aver indossato il cappello, con un colpo di redini fece partire il calesse.

- Logan, potresti smetterla di stritolare quel fazzoletto? - disse Wallace tentando di strappargli di mano il pezzo di stoffa che da un quarto d'ora stava torcendo in maniera ossessiva.
- E' in ritardo.
- Sì, Veronica è in ritardo. In ritardo di due minuti! Sai quanto ha ritardato Jackie il giorno del nostro matrimonio?
- Cinque minuti?
- Quasi mezz'ora.
- Quindi dici che non dovrei preoccuparmi?
- Per la trentesima volta... NO. E' un obbligo della sposa arrivare in ritardo al proprio matrimonio quindi smettila di prendertela con il fazzoletto e rilassati. Veronica arriverà, vi sposerete, mangerete e poi metterete in cantiere un terzo figlio. O magari il terzo e il quarto.
- Non sei di conforto, lo sai?
- Lo so. Ma sono stufo di sentirti ansimare come una sposina. Quello sarebbe compito di Veronica.
- Secondo me in questo momento starà sbuffando come un mantice - sghignazzò Logan.
- Già - replicò Wallace - Probabilmente siete nello stesso stato e lei starà martirizzando Weevil.
- Che antipatico che sei!
Con un gesto brusco Logan recuperò il fazzoletto e riprese a tormentarlo.
Per sua fortuna l'attesa fu breve: meno di cinque minuti dopo l'anziana organista iniziò a suonare la marcia nuziale e Logan passò il fazzoletto a Wallace, in piedi accanto a lui in qualità di testimone.
Trattenne il fiato fino a quando, dopo aver visto entrare le sue bambine con i cestini pieni di petali di rosa al braccio seguite a breve distanza dalle damigelle e dalla madre della sposa, i suoi occhi si posarono Keith Mars e sulla splendida sposa che camminava al suo fianco.
Era talmente colpito dalla sua bellezza che Wallace dovette rifilargli una gomitata per farlo avvicinare a Keith e Veronica, fermi ai piedi dell'altare in attesa che lui prendesse la mano di Veronica da quella del padre.
- Te la affido. Trattala bene... – sussurrò Keith posando la mano di Logan su quella di sua figlia.
- E guai a me se la faccio soffrire. Ti raggiungerò ovunque sarai per fare di te carne macinata per l'impasto delle polpette alla Mars – finì Logan – Lo so. E ti assicuro che se dovesse accadere mi metterei io stesso in un gigantesco tritacarne.
Keith fece un mezzo sorriso e si ritirò al banco, accomodandosi accanto alle bambine e alla sua ex moglie mentre Veronica saliva i tre gradini al braccio di Logan.
- Sapevo che avresti scelto i gigli- sussurrò Veronica accomodandosi al suo posto - E' stato molto bello da parte tua.
- Lei sarebbe stata felice di essere con noi in un giorno simile- replicò Logan - Sarebbe stata la damigella d'onore più bella del mondo.
- Ma anche la più birichina- aggiunse Veronica.
Logan aveva dato disposizioni precise perché tutta la chiesa venisse addobbata con dei gigli bianchi, i fiori che rievocavano in tutti il ricordo di un'innocente ragazza di diciassette anni che più di dieci anni prima era stata barbaramente uccisa dall'attore con il quale aveva intrecciato una relazione, perché sapeva quanto fosse importante per Veronica la sua defunta migliore amica.
In nome di quell'affetto aveva invitato anche Duncan e sua figlia alla cerimonia, scoprendo con piacere che lui aveva portato con sé Tatiana, un'insegnante di origini russe che indubbiamente amava la piccola Lilly Kane quanto il padre della bambina.
- Prima di iniziare volevo dirti una cosa, Veronica.
- Cosa? Che sono bellissima?
- No. Volevo dirti che sei la creatura più meravigliosa del creato.
- Anche tu stai molto bene – commentò Veronica sistemandogli la rosa rossa che aveva appuntata al taschino della giacca.
- Mai quanto te – sussurrò avvicinandosi per baciarla.
La voce del prelato li interruppe.
- Signor Echolls, vorrei ricordarle che quella è una cosa da fare alla fine della cerimonia, non all'inizio.
Tutta la chiesa rise e Veronica poggiò una mano sul petto di Logan.
- Dai, c'è tempo. Tra un'ora potrai baciarmi quanto vuoi. Abbiamo aspettato tanto tempo, possiamo aspettare un'altra oretta, no?
Per tutta risposa Logan le rubò un piccolo bacio a fior di labbra.
- Un'ora era davvero un'attesa troppo lunga senza un piccolo incentivo.
Veronica, cercando di controllarsi, si rivolse al prelato.
- Conviene iniziare, padre. Non so quanto ancora riuscirò a controllarlo.
La risata dell'anziano contagiò tutti i presenti e fu difficile tornare seri per dare inizio alla cerimonia che avrebbe reso Veronica e Logan marito e moglie.

Nota dell'Autrice: e fu così che prima dello scoccare della mezzanotte ho pubblicato l'epilogo di questa storia che, sarò sincera, ho temuto davvero per moltissimi mesi che sarebbe rimasta incompleta.
Spero vi sia piaciuto questo finale.
Nel caso non abbiate gradito il fatto di aver trattato un po' poco gli eventi successivi alla risoluzione del caso, non preoccupatevi perché è probabile che in futuro pubblichi una one-shot a riguardo. Se vi domandate perché non abbia inserito la cosa come capitolo, ecco la risposta: volevo un finale allegro e il matrimonio era l'occasione perfetta.
Per chiudere vi ringrazio per l'immensa pazienza che avete avuto nei miei confronti e per i commenti che avete lasciato in questi sette anni. Grazie di cuore, MysticMoon

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